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Il falso castello accusatorio contro Silone

Capita talora che la menzogna, reiteratamente ripetuta, finisca per diventare verità, e che la verità, non altrettanto reiteratamente proclamata, finisca per diventare menzogna. È ciò che potrebbe verificarsi nei confronti di Ignazio Silone, accusato falsamente dagli storici Mauro Canali e Dario Biocca di essere stato per dieci anni una spia fascista, mentre in realtà fu sempre un antifascista. L’accusa è stata ribadita da Canali recentemente in una sua conferenza pubblica, tenuta il 9 settembre 1918 a Sulmona. E ciò ha indotto l’autore del presente saggio a intervenire, ancora una volta, in difesa della verità storica, che rischia di essere trasformata in falsità.

Capita talora che la menzogna, reiteratamente ripetuta, finisca per diventare verità, e che la verità, non altrettanto reiteratamente proclamata, finisca per diventare menzogna. È ciò che potrebbe verificarsi nei confronti di Ignazio Silone, accusato falsamente dagli storici Mauro Canali e Dario Biocca di essere stato per dieci anni una spia fascista, mentre in realtà fu sempre un antifascista. L’accusa è stata ribadita da Canali recentemente in una sua conferenza pubblica, tenuta il 9 settembre 1918 a Sulmona. E ciò ha indotto l’autore del presente saggio a intervenire, ancora una volta, in difesa della verità storica, che rischia di essere trasformata in falsità.

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ranti in legno – indica che esse provengono dallo stesso informatore:

Quaglino.

Può questa serie di indizi costituire la prova che il redattore

del rapporto informativo dell’aprile 1923 è Quaglino e non

Silone? Sia nel campo giuridico sia in quello storico, gli indizi,

per assurgere a dignità di prova devono essere gravi, cioè

consistenti e resistenti alle possibili obiezioni e perciò, attendibili

e convincenti; precisi, cioè specifici e non generici,

insuscettibili di diverse interpretazioni e non equivoci; concordanti,

cioè tra loro collegati e accordabili con la medesima

ipotesi ricostruttiva del fatto da provare. Ebbene, gli indizi

sopraelencati hanno queste caratteristiche, per cui può ritenersi

che costituiscono la prova che l’«amico» incontrato a

Genova da Bellone sia Quaglino e non Silone. Le motivazioni

addotte da Canali a sostegno della tesi che l’«amico» in contrato

da Bellone a Genova nell’aprile 1923 fosse Silone non si

basano su alcun indizio ma, come si è visto, su due falsità

storiche da lui inventate. La prima consistente nel fatto che

da Berlino arrivarono rapporti fiduciari alla questura romana

solo nel periodo del soggiorno di Silone nella città tedesca,

per cui deve esserne lui l’autore. La seconda, invece, sul

fatto che l’autore del rapporto redatto a Genova in presenza

di Bellone nell’aprile 1923 non può essere Quaglino, perchè

all’epoca già «bruciato» come spia e impossibilitato, quindi,

ad avvicinare i dirigenti comunisti. Dal che deriverebbe che

l’autore di tali rapporti deve necessariamente essere Silone.

«Le prove del doppio gioco» di Silone, dunque, non esistono.

Tali prove, invece, esistono per Quaglino che svolse attività

spionista per dieci anni in danno del partito comunista, fingendosi

sempre un suo militante.

La prova che il rapporto informativo dell’aprile 1923 non sia

stato redatto da Silone, qualora ce ne fosse bisogno, deriva

anche da una perizia grafica eseguita nel 2001 dalla dottoressa

Anna Petrecchia, consulente tecnico presso il Tribunale

di Roma, che comparò lo stesso con alcune scritture autografe

di Silone. Le sue conclusioni, formulate il 19 gennaio 2001,

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