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Una data rivoluzionaria, ricordata come l’inizio
delle rivendicazione LGBT+, il cui mese
è stato dedicato al pride, alla celebrazione
dell’orgoglio della comunità. Ma cosa avvenne
di preciso quella notte? Come purtroppo era
solito, lo Stonewall Inn, uno dei pochi locali
accessibili anche per drag queen e transessuali,
era stato oggetto di un’ennesima retata della
polizia: le irruzioni nei locali frequentati da
omosessuali erano frequenti all’epoca, in un
periodo in cui l’omosessualità era considerata
un “comportamento deviato” ed era illegale in
49 stati americani. Ma stavolta non li trovarono
arrendevoli e molte persone cominciarono
ad opporsi all’arresto. Bastò un gesto per cambiare
la storia: si dice che Marsha (la cui P.
nel nome sta per “Pay It No Mind”, fregatene,
come risposta alle domande sul suo genere) abbia
lanciato un bicchiere contro uno specchio,
urlando “I got my civil rights”, anche io ho i
miei diritti. Basta soprusi, basta oppressioni:
fu la scintilla dei “moti di Stonewall”. Marsha
e Sylvia Rivera, altra celebre attivista, furono
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tra le prime persone a caricare le forze dell’ordine.
Nelle ore successive gli scontri divennero
sempre più violenti e una folla di migliaia di
persone si ritrovò davanti al locale per alimentare
le proteste, che continuarono ad intermittenza
per cinque notti consecutive. Dopo
Stonewall, Marsha si unì al Gay Liberation
Front e a partire dal 1972 fondò con Rivera
la Street Transvestite Action Revolutionaries,
un’organizzazione che dava accoglienza a giovani
drag queen e transgender in difficoltà, la
prima negli Stati Uniti guidata da una donna
trans e nera. Negli anni successivi ebbe diversi
problemi di salute mentale e visse per strada
prostituendosi. Lo stress derivato dalle enormi
difficoltà e privazioni di una vita precaria, accompagnata
dai continui arresti (più di 100)
minarono nel profondo la sua salute fisica e
mentale. Il 6 luglio del 1992 il suo corpo fu
trovato mentre galleggiava nel fiume Hudson.
La polizia dichiarò la morte un suicidio, ma
diverse persone, compresa Rivera, propendono
per un’aggressione.
Marsha incarnava tutto ciò che disgustava
la benpensante società americana dell’epoca:
era gay, transgender, drag queen e nera.
Ma a soli 23 anni decise di dire no, di rivoltarsi
contro una società che le proibivano di
vivere la sua vita a modo suo, di esprimere
la sua sessualità, di essere libera. Un personaggio,
quello di Marsha, come un perfetto
crocevia delle rivolte che tutt’oggi, dopo più
di trent’anni da Stonewall, continuano ad infuocare
il mondo. Ed un coraggio, quello di
cambiarlo, il mondo, che non ha dimenticato
di tramandare alle nuove generazioni. Una figura
che avrebbe molto da dire su quello che
sta avvenendo in questi ultimi mesi nel mondo.
Nella sua America, che ha lottato tanto per
cambiare, sembra che la stessa police brutality
di cui aveva sofferto lo Stonewall Inc continui
ad imperversare. Ma, come nel ‘69, non ha tro-