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Magazzino di filosofia n. 38/2021

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ultraterreno di autosufficienza; 3 dall’altra il personaggio, tra mitico e

mistico, impareggiabile manipolatore di anime e straordinario affabulatore,

camaleontico sostenitore degli opposti, artista dell’impossibile, dell’assurdo

e del paradossale, che con raffinata seduzione incantatoria sfugge

continuamente tra le nostre dita. Grande illusionista, egli è sempre altrove

rispetto alla percezione pubblica della sua immagine. 4

Somma di tutte le contraddizioni, nella pratica ininterrotta di

padroneggiamento del mondo il sofista venuto da Lentini ne ha proclamato

l’irrealtà; eccellente nel pensiero, ha dichiarato l’universale impensabilità

dell’esistente; infine, da superiore maestro del dire ha dimostrato come

limite necessario quello di un’assoluta e radicale indicibilità. Tenere

l’irreale, pensare l’impensabile e dire l’indicibile – il compito perverso di

una totale soppressione e di una completa confusione dei confini giunge qui

al compimento definitivo, tanto che la forma perfetta della sua parola sembra

dissolversi a ogni passo nell’informità assurda che tutto sfuma e confonde.

Con un gioco di prestigio il sofista ha fatto apparire e al contempo

scomparire il mondo. Il suo gesto, estremo e destabilizzante, traccia il

cerchio perfetto del diabolico: il male infatti assume tutti i volti e nega di

continuo di essere ciò che appare.

Questo superbo atleta del ragionamento, questo sublime genio del male

intrinseco alla ratio, ha consegnato all’Occidente una dottrina che non solo

resiste come summa perpetua del nichilismo teoretico, ma porta con sé l’eco

di una maledizione che non si riesce a disinnescare. Con un morso alla

giugulare, come un vampiro, Gorgia ha da tempo immemorabile avvelenato

3

Filostrato riferisce che Gorgia “arrivato al teatro di Atene, fu così ardito [ἐϑάρρησεν]

da affermare: ‘Proponete un argomento’ e per primo lanciò questa sfida, dimostrando apertamente

di sapere tutto [πάντα µὲν εἰδέναι], poiché sarebbe stato in grado di parlare di tutto

[περὶ παντὸς] nella maniera più conveniente [τῷ καιρῷ]” (Vite dei Sofisti, I, 482). Il punto

è confermato anche da Platone (Menone 70a-c). L’estrema arditezza del sofista, al limite del

sostenibile, è riecheggiata anche da Isocrate: “E infatti come potrebbe qualcuno superare

Gorgia, che ebbe l’arditezza [τολµήσαντα] di affermare che nessuno degli enti è?” (riportato

da Atanasio di Alessandria, Proleg. Syll.= 82 B 5a DK). Sempre Filostrato, ricordando le

innovazioni gorgiane nella tecnica dei sofisti [σοφιστῶν τέχνη] e considerandolo “come

padre” [ὥσπερ ἐς πατέρα] della stessa, lo paragona addirittura, per importanza, alla figura

di Eschilo nell’ambito della tragedia (ivi, 492) e afferma che “non vi è in alcun modo da

stupirsi se egli fu ammirato da tutti” [εἰ µὲν ὑπὸ τῶν πολλῶν ἐϑαυµάσϑη, οὔπω ϑαῦµα],

al punto che in occasione del suo Discorso Pitico gli sarebbe stata consacrata una statua d’oro

nel santuario di Apollo a Delfi (ivi, 493, ma ne parla anche Ateneo di Naucrati riportando

Ermippo, 82 A 15a DK e Pausania, 82 A7 DK).

Quando gli fu chiesto il segreto di una vita tanto longeva, Gorgia avrebbe risposto così:

“il non avere mai fatto nulla per qualcun altro” (Athen., XII, 548 D = DK 82 A 11).

4

È tema spiccatamente platonico, per cui si veda oltre.

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