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ultraterreno di autosufficienza; 3 dall’altra il personaggio, tra mitico e
mistico, impareggiabile manipolatore di anime e straordinario affabulatore,
camaleontico sostenitore degli opposti, artista dell’impossibile, dell’assurdo
e del paradossale, che con raffinata seduzione incantatoria sfugge
continuamente tra le nostre dita. Grande illusionista, egli è sempre altrove
rispetto alla percezione pubblica della sua immagine. 4
Somma di tutte le contraddizioni, nella pratica ininterrotta di
padroneggiamento del mondo il sofista venuto da Lentini ne ha proclamato
l’irrealtà; eccellente nel pensiero, ha dichiarato l’universale impensabilità
dell’esistente; infine, da superiore maestro del dire ha dimostrato come
limite necessario quello di un’assoluta e radicale indicibilità. Tenere
l’irreale, pensare l’impensabile e dire l’indicibile – il compito perverso di
una totale soppressione e di una completa confusione dei confini giunge qui
al compimento definitivo, tanto che la forma perfetta della sua parola sembra
dissolversi a ogni passo nell’informità assurda che tutto sfuma e confonde.
Con un gioco di prestigio il sofista ha fatto apparire e al contempo
scomparire il mondo. Il suo gesto, estremo e destabilizzante, traccia il
cerchio perfetto del diabolico: il male infatti assume tutti i volti e nega di
continuo di essere ciò che appare.
Questo superbo atleta del ragionamento, questo sublime genio del male
intrinseco alla ratio, ha consegnato all’Occidente una dottrina che non solo
resiste come summa perpetua del nichilismo teoretico, ma porta con sé l’eco
di una maledizione che non si riesce a disinnescare. Con un morso alla
giugulare, come un vampiro, Gorgia ha da tempo immemorabile avvelenato
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Filostrato riferisce che Gorgia “arrivato al teatro di Atene, fu così ardito [ἐϑάρρησεν]
da affermare: ‘Proponete un argomento’ e per primo lanciò questa sfida, dimostrando apertamente
di sapere tutto [πάντα µὲν εἰδέναι], poiché sarebbe stato in grado di parlare di tutto
[περὶ παντὸς] nella maniera più conveniente [τῷ καιρῷ]” (Vite dei Sofisti, I, 482). Il punto
è confermato anche da Platone (Menone 70a-c). L’estrema arditezza del sofista, al limite del
sostenibile, è riecheggiata anche da Isocrate: “E infatti come potrebbe qualcuno superare
Gorgia, che ebbe l’arditezza [τολµήσαντα] di affermare che nessuno degli enti è?” (riportato
da Atanasio di Alessandria, Proleg. Syll.= 82 B 5a DK). Sempre Filostrato, ricordando le
innovazioni gorgiane nella tecnica dei sofisti [σοφιστῶν τέχνη] e considerandolo “come
padre” [ὥσπερ ἐς πατέρα] della stessa, lo paragona addirittura, per importanza, alla figura
di Eschilo nell’ambito della tragedia (ivi, 492) e afferma che “non vi è in alcun modo da
stupirsi se egli fu ammirato da tutti” [εἰ µὲν ὑπὸ τῶν πολλῶν ἐϑαυµάσϑη, οὔπω ϑαῦµα],
al punto che in occasione del suo Discorso Pitico gli sarebbe stata consacrata una statua d’oro
nel santuario di Apollo a Delfi (ivi, 493, ma ne parla anche Ateneo di Naucrati riportando
Ermippo, 82 A 15a DK e Pausania, 82 A7 DK).
Quando gli fu chiesto il segreto di una vita tanto longeva, Gorgia avrebbe risposto così:
“il non avere mai fatto nulla per qualcun altro” (Athen., XII, 548 D = DK 82 A 11).
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È tema spiccatamente platonico, per cui si veda oltre.
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