06.03.2021 Views

Magazzino di filosofia n. 38/2021

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Stefano Peverada

Gorgia (1)*

Avvertenza dell’A.

Questo lavoro ha avuto uno strano destino. Scritto circa 15 anni fa, è stato subito

messo in un cassetto, dove è rimasto per quasi tre lustri senza avere avuto nemmeno

un lettore. Forse aspettava solo il momento giusto per vedere la luce, chissà, oggi

mi piace pensarlo. Le circostanze che hanno favorito il presentarsi di questa occasione

sono state oltremodo fortuite e paradossali, rocambolesche al limite del romanzesco.

Devo unicamente all’interesse del prof. Alfredo Marini se il presente

saggio (che è rimasto invariato nella sua stesura originale, senza alcun tipo di revisione)

ha avuto finalmente la possibilità di una pubblicazione. A lui vanno quindi i

miei più sentiti ringraziamenti, con stima e affetto.

Milano, Novembre 2020

NOTA DELL’AUTORE

Il presente saggio non è solamente un contributo critico alla riscoperta di una delle

grandi figure della filosofia occidentale, ma rappresenta un'occasione in vista di un

ripensamento radicale di quella stessa storia. L’evento cruciale che ne ha deciso

una volta per sempre la curvatura teoretica, vale a dire l'avvento della metafisica

platonica, viene infatti interpretato alla luce di nuove categorie di comprensione. In

estrema sintesi si può affermare che qui l’opera platonica è fatta oggetto di una profonda

ricontestualizzazione. Rigettata e per così dire re-immersa all’interno delle

sue originarie spinte speculative, essa viene esplicitamente interpretata, nei suoi

principali snodi concettuali, come una precisa risposta rispetto a quelle. Questo significa,

in ultima analisi, leggere il Platonismo come una elaborazione alternativa

rispetto alla Sofistica, con riferimento particolare alle figure dei due pensatori che

avevano costruito le linee-guida del movimento, Protagora di Abdera e Gorgia da

Lentini. In tal senso il saggio che segue è una sorta di creatura gemellare rispetto a

quello da noi precedentemente dedicato al sofista di Abdera** e ne costituisce la più

naturale prosecuzione, al punto che essi andrebbero coerentementi letti come

un’unica opera.

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