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Anno XXXIV - N° 688 - Agosto 2021
Mensile indipendente «strettamente» livornese - OMAGGIO
Torre di Calafura (foto Andrea Dani)
Mario Puccini, un artista consapevole - Il nostro ‘Chiello’ ora è anche “The
King” - Pisa-Livorno: Che scazzottata quel 30 marzo ‘59 - A Livorno manca
sempre uno per fare cento! - Eventi: Effetto Venezia e Mascagni Festival
2
Una stella
straordinaria
(bidam) - Con la scomparsa di Valfredo Zolesi,
Livorno ha perduto uno dei suoi figli più
illustri. Era nato, per la verità, nello splendido
promontorio di Monte Argentario, ma in
terra labronica ha
vissuto fin da piccolo,
diplomandosi
all’Iti, insegnando al
Nautico per poi
gettarsi, anima e
corpo, nel mondo
aerospaziale. Con
la sua Kayser Italia
srl, fondata con
altri partner nel
1986, ma dal ‘95 tutta in mano alla famiglia
dell’imprenditore livornese (al suo fianco ci
sono i figli David e Sara), ha fatto passi da
gigante, lavorando a stretto contatto con grandi
realtà come l’ASI (Agenzia Spaziale Italiana)
e l’ESA (Agenzia Spaziale Europea),
in modo particolare nel settore delle Scienze
della Vita (Biologia e Fisiologia), tanto da
essere riconosciuta, proprio in questo campo,
l’impresa privata numero uno di tutta
Europa. La sua azienda ha partecipato a oltre
100 missioni spaziali con esperimenti
scientifici eseguiti in orbita grazie all’altissima
specializzazione dei 67 addetti (quasi tutti
laureati, per la maggior parte di Livorno,
altro motivo di eccellenza per l’economia del
territorio) che operano nell’azienda di via di
Popogna. Insomma, il nome di Livorno ha
viaggiato in mezzo alle stelle e oltre.
Le qualità di questo eccezionale uomo non si
sono fermate solo nel campo dell’imprenditoria
aerospaziale: è stata anche una persona
di grande spiritualità che, dal 1991, ha dedicato
il suo tempo libero a favore della comunità:
consacrato diacono dal vescovo
Ablondi si è messo al servizio della Chiesa
livornese, prima nelle parrocchie di Santa
Lucia ad Antignano (dove è avvenuto l’estremo
saluto), di San Giuseppe a Nibbiaia (capo
della comunità dal 1996), di San Leopoldo a
Vada e del Sacro Cuore dei Salesiani.
Padre-parroco-ingegnere-scienziato, se ne è
andata una stella che brillerà per sempre nel
cuore dei livornesi e nella storia della città.
3
Reg. Trib. Livorno n. 451 del 6/3/1987
Direzione e Redazione:
Editrice «Il Quadrifoglio» sas
di Palandri Giulia & C.
Via G. Razzaguta 26/13 (Collinaia)
Livorno - Tel. 0586/1732178
e-mail: ediquad@gmail.com
Direttore responsabile:
Bruno Damari
Redattori: Luciano Canessa, Stefania
D’Echabur, Claudia Damari,
Sommario
MOSTRA
5 MARIO PUCCINI, un artista consapevole
Giorgio Mandalis
CAMPIONI
11 Il nostro ‘Chiello’ ora è anche “The King”
Capitano e protagonista assoluto del prestigioso
trionfo degli azzurrri alla rassegna
europea 2020 ha portato in alto anche
il nome della sua amatissima Livorno.
Bruno Damari
AMARCORD
13 Che scazzottata quel 30 marzo ‘59!
Tra i ricordi, più o meno belli, quel derby Pisa-Livorno sospeso
per impraticabilità campo sullo 0-2 che scatenò una gigantesca rissa
per l’odiosa esultanza dei nerazzurri Luciano Canessa
ATTU
TTUALITÀ
18 A Livorno manca sempre uno per fare cento!
L’incredibile vicenda della nuova collocazione della statua del Villano
priva di qualsiasi indicazione e su un pratino spelacchiato
ENCICLOPEDIA
21 Livornesi dentro e fuori (5° inserto: pagg. 33-40)
EVENTI
31-35 Daniele Caluri
e la sua Livorno
‘A braccia aperte’
Annalisa Gemmi
IMMERSIVA e la città sensoriale - Mascagni Festival
CIRCOLI SPORTIVI
36 Circolo Velico Antignano, ieri e oggi
Giovanni Giorgetti
PORTUALI
41 Le “Carovane” (3ª e ultima puntata) Adastro Brilli
LIVORNESITÀ
45 Quiz - ...a spasso per la città - Proverbi - Che razza di Livornese sei?
Edoardo Damari, Marcello Faralli,
Annalisa Gemmi, Michela
Gini, Giovanni Giorgetti, Antonella
Landi, Scilla Lenzi, Lorena
Luxardo, Giorgio Mandalis,
Ruggero Morelli, Giulia Palandri,
Marco Rossi. Photo: Roberto
Onorati.
Pubblicità: Ed. Il Quadrifoglio
info@editriceilquadrifoglio.it
Stampa: HelloPrint - Gazzada
Schianno (VA)
Chiuso in tipografia: 17/7/ 2021
4
mostra
5
In mostra al Museo della Città fino al 19 settembre oltre 130 opere dell’artista livornese
definito dal critico Emilio Cecchi nel 1913 un “Van Gogh involontario”
MARIO
PUCCINI,
fig. 1
un artista
consapevole
La copertina del catalogo della mostra di Mario Puccini.
di Giorgio Mandalis
Il 2 Luglio
2021
si è inaugurata
presso i
locali del
Museo
della Città una spettacolare
retrospettiva dedicata a Mario
Puccini, il grande pittore
livornese morto a Firenze nel
1920. La pandemia ha fatto
slittare di un anno il progetto
che avrebbe dovuto essere
realizzato dopo la mostra su
Modigliani e la Scuola di Parigi,
essendo i due artisti labronici
scomparsi nella stesso
anno. Ora, con giustificato
ritardo, è finalmente possibile
ammirare oltre 130 opere
del Maestro, provenienti
da musei, gallerie e soprattutto
da collezioni private milanesi
e fiorentine a cui si
aggiungono alcuni dipinti di
Fattori e della sua scuola che
portano a quasi 150 il numero
dei quadri in esposizione.
Purtroppo una quantità veramente
esigua di dipinti pucciniani
risulta conservata nei
musei pubblici, quindi si tratta
di un’occasione da non
perdere per ammirare un
gran numero di opere, molte
delle quali inedite e quasi tutte
destinate a tornare presto
nelle sedi private che le custodiscono.
Curatrice della
mostra, che resterà aperta
sino al 19 Settembre, è stata
la dott. Nadia Marchioni, che
assieme alla dott. Elisabetta
Palminteri Matteucci aveva
svolto lo stesso ruolo per la
Mario Puccini /Livorno 1869 -
Firenze 1920).
bella retrospettiva dedicata a
Puccini a Seravezza nel
2015. Merito della curatrice
è stato anche quello di avere
accostato nella mostra livornese
alcune opere di Fattori
e di altri suoi allievi, quali Plinio
Nomellini e Guglielmo
Micheli, per stabilire dei confronti
tra alcune opere giovanili
di Puccini e quelle del
Maestro e dei compagni di
studio, a dimostrazione di una
temperie comune che si pone
alla base della formazione dei
cosiddetti “postmacchiaioli”,
prima che ognuno elaborasse
uno stile personale e imboccasse
il proprio percorso
artistico.
I promotori ed organizzatori
a cui pure va la gratitudine
di tutti gli appassionati
d’arte sono stati il Comune
di Livorno, la Fondazione
Livorno, la Fondazione Livorno
- Arte e Cultura, la
Regione Toscana che ha
concesso il patrocinio e la
Banca di Credito Cooperativo
di Castagneto Carducci
per il suo contributo finanziario.
* * *
Se Modigliani, fino ad anni
non lontanissimi - diciamolo
apertamente - poco amato a
Livorno, ha assunto da tempo
una notorietà internazionale
e le sue opere hanno raggiunto
quotazioni stratosferiche,
Puccini, che ebbe invece
un’influenza determinante
sugli artisti della scuola labronica,
si è mantenuto nei
limiti di un mercato poco più
che nazionale e di quotazioni
per quanto importanti assolutamente
imparagonabili. Inoltre,
mentre la scomparsa di
Dedo fu annunciata su Il Telegrafo
da un trafiletto che titolava
in modo stringato
“Muore a Parigi il fratello pittore
dell’On. Modigliani” (un
“fratello di”, ancora indegno
di essere ricordato per i meriti
propri), la scomparsa di
Puccini scatenò un terremoto
all’interno dell’ambiente
pittorico locale, al punto
6
mostra
che nello stesso 1920 fu
creato il Gruppo Labronico
composto da artisti accomunati
dall’incondizionata ammirazione
per il collega scomparso
e con l’intento ambizioso
di traslarne la salma all’interno
del Famedio di Montenero,
assieme ai grandi Livornesi
come Pollastrini e Fattori
(per limitarci ai pittori),
cosa che sarà realizzata con
ingente ritardo solo nel 1987.
Gli artisti del Gruppo avevano
compreso che Puccini nella
sua pittura aveva saputo
aggiornare in una prospettiva
novecentesca senza però
spingersi fino al tradimento,
le lezioni del maestro indiscusso
e venerato, Giovanni
Fattori, e i suggerimenti di
quell’ufficiale in seconda che
fu Silvestro Lega. A partire
dagli anni Venti alcuni di loro
attraverseranno un periodo
“pucciniano”, a testimonianza
della ricezione della nuova
strada indicata dalle sue
opere, basti ricordare fra tutti
le influenze cromatiche esercitate
su Ulvi Liegi, su un
sorprendente Carlo Domenici,
non ancora ammanierato
nelle sue ripetitive scene rurali,
e soprattutto su Giovanni
March che al cosiddetto
fauvismo pucciniano sarà per
molti anni legato.
* * *
Il titolo della mostra reca, sotto
il nome dell’Autore a cui è
dedicata, una scritta corsiva
a lui riferita e ripresa da una
lettera di quell’indiscusso arbiter
elegantiarum che fu
per molti anni il letterato fiorentino
Emilio Cecchi (1884-
1966, nel riquadro), esteta,
critico d’arte, critico letterario
e tante altre cose ancora.
Vi si legge: “Van Gogh involontario”.
Il richiamo al
grande artista olandese certamente
nelle intenzioni di
Il critico d’arte Emilio Cecchi.
Cecchi vuole essere un accostamento
lusinghiero anche
se ridimensionato dal susseguente
aggettivo “involontario”.
È su questa presunta
“involontarietà” che si concentra
parte dell’apparato
critico del ricco catalogo edito
da Pacini che documenta
la retrospettiva, in particolare
il contributo del prof. Vincenzo
Farinella dal titolo
esplicito “‘Altro che incoscienza!!’
Mario Puccini,
l’Europa e il museo”.
A dare impulso alla reputazione
di Puccini come “anima
ingenua e primitiva” era
stato Mario Tinti, autore della
prima monografia dedicatagli
(1931), dove compare la
definizione qui posta tra virgolette.
Almeno un’altra fonte secondaria
ha poi contribuito a
costruire l’immagine di Mario
Puccini come artista geniale
ma bizzarro. Si tratta dei
tre capitoli che gli dedica
Llewelyn Lloyd in “Tempi
andati” (1951). Pur trattandosi
di un amico artista che
egli ammirava, il pittore anglo
livornese non gli fece un
bel servizio. La data tardiva
di pubblicazione, suggerisce
certamente un interessante
ricupero della memoria, condita
da gustosi aneddoti e da
testimoniati momenti biografici,
ma registrato in un’epoca
che ha visto nel frat-
mostra
tempo tante e tali trasformazioni
nella società e
nell’arte da apparire come
una proiezione costruita a posteriori
di un’età divenuta già
leggendaria e le pagine sono
pertanto da leggersi molto in
filigrana. Per fare solo un
esempio, Lloyd ci presenta
Puccini mentre sbadiglia davanti
alle fotografie di opere
di Cézanne e di Van Gogh,
che gli venivano mostrate dal
grande collezionista fiorentino
Gustavo Sforni (1888-
1939) nella cui abitazione era
stato condotto dallo stesso
Lloyd. Ma sarà proprio lo
Sforni, pittore lui stesso e profondo
conoscitore delle tendenze
dell’arte europea contemporanea,
a esprimere un
giudizio antitetico scrivendo
una lettera ad Oscar Ghiglia
nel 1913: “La mia serata a
Livorno è stata bellissima:
ho trovato tutti e ho passato
un paio d’ore con Puccini
che è un vero artista e
con lui si respira: sentirai
quando lo vedrai. Altro che
incoscienza!! Rimarrai sorpreso.
Io credo che quell’uomo
lì è ancora in tempo
a superare di gran lunga
quello che ha fatto fino
ad ora...”.
Invece Gastone Razzaguta,
grande disegnatore (spesso
confrontato col viareggino
Lorenzo Viani), scrittore e
per molti anni segretario del
gruppo Labronico, ha sempre
insistito sulla lucidità e consapevolezza
di Puccini, almeno
fin da quando, nel 1937,
aveva scritto un articolo apparso
sul Corriere del Tirreno,
in cui ricordava tra le altre
cose che Puccini aveva
conseguito con lode il titolo
di Professore in disegno tecnico
presso l’Accademia di
Belle Arti di Firenze e che era
anche un ottimo conoscitore
della lingua francese, insomma
tutt’altro che “uno stravagante,
un mattoide o giù
di lì...”, fatto salvo ovviamente
il quadriennio di internamento
a Siena dove in età
giovanile era stato curato per
problemi psichici e poi dimesso
in salute. Ancora nel capitolo
che gli dedica in “Virtù
degli artisti labronici”
(1943) Razzaguta insiste senza
mezzi termini sul fatto che
Puccini era persona beneducata,
di famiglia benestante,
che “sapeva benissimo
quello che faceva in arte”,
e incolpa chi aveva romanzato
la sua biografia avendo
interesse a presentarlo come
un personaggio “rozzo e
istintivo”.
Vediamo, per farci solo una
pallida idea, alcune opere in
mostra. Un richiamo fattoriano
del “Pio bove” del Museo
Civico di Livorno (fig.1)
si può riscontrare nel giovanile
“Bove giacente” di Puccini
(fig.2), proveniente dalla
ricchissima collezione
Rangoni di Firenze. L’animale
è colto di schiena come nell’acquaforte
del Maestro, ma
diventa protagonista assoluto
dello spazio, da cui sono stati
eliminati il cielo e la campagna
in cui Fattori
lo colloca;
inoltre il
gioco d’ombra
trasforma
il manto bianco
in un colore
azzurro
verdastro del
tutto innaturale,
perché a
Puccini interessano
le
forme e il colore
molto più
del ritratto
naturalistico.
Un simile at-
7
Fig. 1 - Giovanni Fattori, Pio Bove, acquaforte su zinco, su carta
pesante chiara, 46,3x66,4 cm, Museo Civico ‘G. Fattori’, Livorno.
Fig. 2 - Mario Puccini, Bove giacente, olio su tavola, 20,3x31,4
cm, collezione Rangoni.
teggiamento è riscontrabile
anche nella produzione più
matura di paesaggio in cui
mancano quasi sempre riferimenti
precisi e di riconoscimento
toponomastico che
un vedutista non avrebbe
mai omesso: i colori sono
sempre più infuocati e stridenti,
come nel pagliaio protagonista
di una scena campestre
che potrebbe essere
stata ripresa ovunque
(fig.3); e quando Puccini dipinge
il porto protagonisti diventano
i riflessi, il cromatismi
delle vele da cui filtra la
luce, i cordami annodati che
talvolta lo strato dell’impasto
ad olio rende quasi in rilie-
Fig. 3 - Mario Puccini, Pagliai, 1914, olio su tavola, 34x50 cm, collezione Rangoni.
8 mostra
L’ORTO
DELLA SALUTE
Infusi & Decotti
Estratti & Compresse
Fiori di Bach & Oli Essenziali
IL GIARDINO
DELLA BELLEZZA
Latti & Acque
Creme & Maschere
Essenze & Bagni
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mostra
9
vo (fig.4). I pochi dipinti
in cui appare chiaramente Livorno
sono poco riconoscibili
se non si conosce com’era
la città prima della guerra: le
grotticelle del Molo Mediceo,
il ponte alla Sassaia, il torrione
di San Rocco del Lazzeretto
di San Leopoldo non esistono
più. Invano cercheremo
vedute cittadine delle
piazze principali o degli stabilimenti
balneari, luoghi trafficati
che su Puccini non
esercitavano alcun interesse.
* * *
Non è possibile in questa sede
inoltrarci oltre nella complessa
produzione pittorica e nel
contesto culturale in cui nasce
e si sviluppa l’arte pucciniana.
Per questo rinviamo
alla mostra e al catalogo, coi
contributi della curatrice Nadia
Marchioni, di Gianni
Schiavon, di Elisabetta Matteucci
e con gli approfondimenti
di Michele Pierleoni,
Simonella Condemi, Stefano
Fig. 4 - Mario Puccini, Barca con garitta, olio su tavoletta, 38x28
cm, collezione Rangoni.
A sin.: Giorgio Mandalis con la curatrice della mostra Nadia
Marchioni. Sullo sfondo il quadro di M. Puccini, Il Lazzaretto,
olio su tela, 1911 circa, 227x88, collezione privata, courtesy
Galleria d’Arte Goldoni, Livorno. (foto Damari)
Marson, Elisabetta Annino.
Ne compare anche uno a
mia firma sulla Livorno dei
tempi dell’Artista. Le Industrie
Grafiche Pacini sono
riuscite ad imprimere alle
tavole un cromatismo molto
prossimo a quello dei dipinti
originali, editando un
prezioso scrigno di meraviglie,
il cui copyright appartiene
a Fondazione Livorno
- Arte e Cultura. A tutti
gli enti, istituzioni e persone
fisiche che hanno reso
possibile l’imperdibile evento
va la riconoscenza dei
Livornesi e di tutti gli appassionati
e studiosi di storia
dell’arte. •
10 attualità
campioni
11
Il nostro ‘Chiello’,
ora è anche
“The King”
Capitano e protagonista assoluto
del prestigioso trionfo degli azzurri
alla rassegna europea 2020
ha portato in alto anche il nome
della sua amatissima Livorno
di Bruno Damari
“Il primo ricordo più bello? Sicuramente
è stata la partita Piacenza-Livorno
del 29 maggio 2004, quella
della promozione in serie A degli amaranto.
Una gioia immensa per me che
sono prima di tutto tifoso del Livorno
e viverla da protagonista è un ricordo
che porterò sempre con me”: parole di Giorgio Chiellini
(tratte dal suo sito ufficiale alla voce “carriera”), tra gli
eroi assoluti del trionfo degli azzurri di Mancini a Euro 2020,
tanto che, al rientro in Italia con la coppa in mano e la corona
in testa, si è meritato l’appellativo di “The King” (senza contare
l’onorificenza di ‘Ufficiale’ dell’Ordine al Merito della
Repubblica Italiana conferitagli dal presidente Mattarella).
Già, ne è passato di tempo (anche se sembra ieri...) da quel
magico 2004 che sentenziò il ritorno dei colori amaranto in
A, dopo una lunga attesa di 55 anni. Chiellini non aveva
ancora compiuto 20 anni (avrebbe spento le candeline il 14
agosto) ma, già allora, al suo quarto campionato con il Livorno
(3 presenze nel 2000/01 in C1, 5 nel 2001/02 in C1 e 6
nel 2002/03 in B), fu un grande protagonista. Mister Mazzarri,
praticamente, lo utilizzò sempre: su 46 giornate, Giorgio
scese in campo 41 volte, lo stesso numero di Cristiano
Lucarelli e Ruotolo; solo Protti (sempre presente) e Vigiani
(42 presenze) fecero di meglio. Tra l’altro, Chiellini realizzò
ben 4 reti: e la prima, messa a segno l’8 ottobre 2003 in
Livorno-Messina (3-0, con reti a seguire di Lucarelli e Protti),
rientra tra le giornate indimenticabili del giocatore, essendo
stato il primo gol da professionista.
Oltre che con la maglia del Livorno, Chiellini, nello stes-
Piacenza, 29 maggio 2004, la data storica che Giorgio Chiellini ricorda
ancora con piacere. Qui il giocatore esulta con Protti, Lucarelli,
Ruotolo e Vigiani dopo la conquista della serie A che mancava a
Livorno da 55 anni. (dal libro Amaranto story 3 di Bruno Damari).
12
campioni
so anno (2004), si tolse altre
grandi soddisfazioni anche
con gli “azzurrini” conquistando
con l’Italia Under 23
il bronzo alle Olimpiadi di
Atene; nel 2003 conquistò invece
l’Europeo Under 19.
Dopo un inizio così scoppiettante
di carriera, tutte le grosse
squadre iniziarono a mettere
gli occhi sul nostro
“Chiello”. La prima fu la
Roma che nel 2003 acquistò
la comproprietà del cartellino
del giocatore ma se lo
fece scappare nel 2004 quando
lo perse alle buste (la società
giallorossa è ancora lì a
mangiarsi le mani...) a causa
della grave crisi finanziaria in
cui versava la società. La Juventus
non si fece scappare
l’occasione e mise sotto contratto
il giocatore che poi girò
alla Fiorentina per fargli fare
esperienza. Con i viola,
Chiellini esordì nel massimo
campionato il 12 settembre
2004 in Roma-Fiorentina.
Sulla panchina toscana si avvicendarono
Buso e Zoff e
la squadra si salvò all’ultima
giornata. Chiellini fu tuttavia
tra coloro che non delusero,
sempre schierato da titolare
(37 presenze e tre gol, dei
quali uno alla ‘sua’ Juventus,
quello del vantaggio del 2-1
in un memorabile 3-3 finale).
foto R. Onorati
Giorgio Chiellini con la maglia
del Livorno che, nei primi anni
2000, ha contribuito alle promozioni
in B ed in serie A.
E proprio con i viola, Giorgio
affrontò da avversario per la
prima volta anche il ‘suo’ Livorno:
parità all’andata al
‘Comunale’ (1-1 con reti di
Riganò e Lucarelli) e sonora
sconfitta al ritorno al ‘Picchi’
(2-0 con doppietta del ‘solito’
Lucarelli), anche se, in
cuor suo, la delusione del ko
fu smaltita molto prima dei
suoi compagni. Il derby toscano
se lo aggiudicò il Livorno
pure nella classifica finale:
ottavo posto, con la
Roma, per gli amaranto (45
punti) contro il sedicesimo
per i viola (42 punti). Scudetto
invece alla quasi invincibile
Juventus di Capello con 86
punti, contro i 79 del Milan.
A proposito dei bianconeri
c’è un’altra data da ricordare,
quella del 22 maggio 2005,
Livorno-Juventus, penultima
di campionato, che segnò
l’addio al calcio di Igor Protti.
Il bomber amaranto mise
a segno il gol dell’1-1 dopo il
vantaggio di Nedved; nella ripresa
Lucarelli accese ancor
più l’entusiasmo dei tifosi che
gremivano il “Picchi” in ogni
ordine di posto (oltre 20mila
spettatori!). Poi Trezequet
riequilibrò il match. Che tempi,
ragazzi! E che fine (ahinoi)
abbiamo fatto!
Ma torniamo al nostro
“Chiello” che, a 23 anni, a
partire dal campionato 2005/
06, va a conquistarsi il posto
di titolare da terzino sinistro
della Juventus, maglia numero
3, che non mollerà più. Collezionerà
una carriera brillantissima,
fatta da grandi successi
e numeri. Cerchiamo di
riepilogarli. Con i bianconeri
ha vinto nove campionati consecutivi
di Serie A (dal 2011
al 2019), cinque Coppe Italia
e cinque Supercoppe di Lega,
sfiorando la Champions nella
finale di Cardiff 2017 con
il Real Madrid (1-4). Con 535
presenze è al quarto posto
nella graduatorie di tutti tempi,
alle spalle di Del Piero 705,
Buffon 685 e Scirea 552. E
l’avventura in bianconero
Giorgio
Chiellini
con la moglie
Carolina
Bonistalli
(anche lei
livornesissima)
bacia uno
dei suoi tanti
trofei conquistati
con la maglia
della Juventus.
(sempre con la fascia di capitano)
che sembrava fosse
giunta al traguardo, invece,
alla luce di quanto fatto agli
Europei, continua come minimo
per un’altra stagione.
Con la Nazionale ha trionfato
nel recente Europeo 2020
e ha collezionato 112 presenze,
alle spalle di Buffon
176, Cannavaro 136, Maldini
Paolo 126, De Rossi 117
e Pirlo 116.
Fin qui il film di una carriera
eccezionale. Ma Giorgio
Chiellini è un campione anche
fuori dal campo. Diplomatosi
all’Enriques, nel 2010
si è laureato in economica e
commercio a Torino e nel
2017 ha conseguito la laurea
magistrale in business administration,
con 110 e lode.
Sposatosi nel 2014 al Santuario
di Montenero con Carolina
Bonistalli (anche lei livornesissima,
figlia di Enrico
Bonistalli, agente marittimo,
già presidente Asamar), la
coppia ha due figlie, Nina e
Olivia, di sei e due anni.
Giorgio Chiellini, dopo la tragica
alluvione del novembre
2017, è sceso in campo direttamente
per Livorno: con
il prof. Lamberto Gianni è
stato l’ideatore della campagna
“AiutamoLI”, raccolta di
fondi a sostegno della città
colpita da naufragio, che
coinvolse, a cascata, altri
grandi nomi del calcio, da
Protti a Lucarelli, a Pavoletti,
Amelia, Galante, Allegri
ecc. Inoltre, da svariati anni,
sostiene, in forma del tutto
anonima, l’Associazione Paraplegici
Livorno. E chissà
quante altre iniziative sociali
portano il suo nome.
Ecco perché Giorgio Chiellini
è amato da tutti, anche dai
non sportivi. Lavoro, sacrificio,
umiltà, bravura e tanta
attenzione per il prossimo. •
amarcord
13
Grande euforia per la vittoria degli azzurri agli Europei anche se a Livorno offuscata dalla avvilente
situazione della squadra amaranto - Tra i ricordi, più o meno belli, quel derby Pisa-Livorno sospeso
per impraticabilità del campo sullo 0-2 che scatenò una gigantesca rissa per l’odiosa esultanza dei nerazzurri
Che scazzottata quel 30 marzo ’59!
Il campionato
europeo
di calcio
c o n
l’Italia di
Roberto
Mancini che ha giocato bene
conquistando l’ambito titolo di
Campione d’Europa, ha scatenato
un’euforia calcistica in
tutto il Paese ed anche a Livorno.
Il perché è presto detto,
il covid e il lockdown hanno
creato in tutti il bisogno di
aggrapparsi a qualcosa e
l’Italia del Mancio è stata un
facile pretesto. Ha riportato
tutti alla grande gioia dell’82
(l’urlo lacerante di Tardelli, le
strade di Livorno invase da
auto, motorini, trombe e bandiere),
di Italia ’90, (non vincemmo,
ma la canzone della
Nannini Notti magiche dette,
e dà tuttora, i brividi) e
quella del 2006 (poo-po-popo-po-poo.po...).
Comunque va detto che l’entusiasmo
di tanti livornesi è
stato offuscato dalla triste
condizione del Livorno calcio!
Ma dove siamo finiti? In
serie D, per demeriti sul campo
e societari. Anni di passione,
di tifo genuino, di trasferte,
oltraggiati da brutti individui
(meglio non fare
nomi) che si sono litigati la
società e poi ci hanno sputato
in faccia. Quante partite!
Quante trasferte (Reggio
Emilia, Perugia, Treviso, Piacenza,
Milano ecc.). Bei tempi,
passati troppo alla svelta.
Eppure tra le tante trasferte,
di Luciano Canessa
veramente tante, quella che
più mi vive nel cuore è stata
la prima, che una vecchia
scritta in rigoroso stampatello,
non criptica, Pisa merda,
su un muro vicino casa mia,
mi ricorda sempre.
Quella mattina del 30 marzo
1959, avevo 14 anni, mi svegliai
con un forte odore di
calcio. Nel pomeriggio avrei
visto realizzata la mia prima
trasferta e non in un campo
qualunque o per una partita
qualsiasi. Si trattava di Pisa-
Livorno! Campionato di calcio
1958/59, serie C. Il giorno
prima era piovuto perciò
corsi ad alzare frettolosamente
la serranda per vedere il
cielo. Plumbeo, plumbeo da
far spavento, ma almeno non
pioveva, non in quel momento.
Il mio accompagnatore
era mio cognato, Mauro. In
treno mi chiedevo come fosse
l’Arena Garibaldi; sai com’è,
Pisa era stata Repubblica
Marinara ecc., quelle
cose insomma imparate a
scuola, per cui mi aspettavo
una struttura importante.
Quando me lo trovai davanti
agli occhi, realizzai che non
poteva competere con il nostro,
tutto in cemento armato
e con quella Torre di Maratona,
tutta nostra, impreziosita
da due terrazzi esagerati,
e bella da mozzare il fiato.
La curva dell’Arena Garibaldi
era concepita con tubi di
metallo e tavolacci di legno
per la seduta e il camminamento;
sotto si vedeva l’erba
alta e l’incuria. I posti non
erano numerati in gradinata
Pisa-Livorno - Il primo gol di Mungai al 42’ che poi raddoppiò al 44’.
La ‘sventola’ con la quale il portiere amaranto Bertocchi mandò
ko il pisano Morelli.
e nelle curve, inoltre non era
contemplata la separazione
delle tifoserie avversarie, così
livornesi e pisani poterono stare
gli uni accanto agli altri.
Allora era così.
Per chi non ricorda quel tempo
e per i più giovani, va detto
che il Livorno, guidato da
Ivo Fiorentini, quello del “quasi”
scudetto del 1943, era
partito benissimo. Era stato
acquistato anche, in ultimo,
Mario Manenti, brasiliano del
Botafogo. Pensavamo tutti al
Botafogo di Garrincha, Didì
e Nilton Santos (tre numi),
invece si trattava, e lo sapemmo
dopo, del Botafogo di Ribeirao
Preto, praticamente
una sorta di Juventus di Torino
e Juventus-Castellammare
di Stabia. Anche “Il Telegrafo”
non lo sapeva e del
Botafogo fasullo ci informò in
ritardo.
Ma torniamo alla partita.
Pronti, via. Il Pisa cominciò
a testa bassa e Sicurani
14
amarcord
sembrava farla da padrone
impostando tutte le azioni
dei cuginacci; Bernardis non
riusciva a contenerlo. Il tifo
saliva. Costanzo Balleri e Pisetta
in difesa, sfruttando la
loro altezza, allontanavano di
testa tutti i cross provenienti
dal fondo. Il Pisa andò anche
in rete ma l’arbitro annullò
per fuori gioco grazie a capitan
Armando Picchi che,
come al solito, capì tutto prima
degli altri. Poi, verso la
mezz’ora, la maledizione scese
sull’Arena Garibaldi sotto
forma di acquazzone. Mai più
visto piovere come quel pomeriggio,
si aprirono tutte le
cateratte del cielo. Gli ombrelli
praticamente inservibili,
ma per il Livorno si fa questo
e altro. Il Pisa continuava
ad attaccare ma quanto
poteva durare a quel ritmo e
con quella pioggia? Infatti rallentò
e il Livorno venne fuori.
Mancavano, ormai, pochi minuti
alla fine del primo tempo,
appena cinque minuti.
Mio cognato mi disse di scendere
sotto i tavolacci della
curva per ripararci un po’ e
così facemmo, come del resto
fecero altri. Eravamo lì
da pochi secondi quando
udimmo un boato “Goooooo”.
Chi aveva segnato?
Salimmo di corsa, con l’affanno
che ci opprimeva, e
salimmo con l’ansia a fette e
ancora i colori amaranto si
abbracciavano urlando sotto
la pioggia battente.
“Chi ha segnato?”.
“Mungai!”.
“Mungaaai?”. Sembrava di
rivivere la scena di un minuto
prima. Stavolta rimanemmo
su, cascasse giù il mondo
15
non saremmo scesi a ripararci
(tanto peggio di così, eravamo
di strizzo), ma di lì a
poco l’arbitro Liverani fischiò
la fine del primo tempo. Non
avevo visto mezzo gol, però
si vinceva 2 a 0 ed ero felice
lo stesso, anche se sentivo
che qualcosa mi mancava!
Al rientro in campo dei giocatori
pioveva molto meno,
ma il campo era un acquitrino.
La fascia di campo davanti
alla gradinata era impraticabile
e là buttavano
sempre la palla i giocatori pisani,
là dove non scorreva,
così cominciarono a chiedere
la sospensione. La voce
Un gruppo di tifosi livornesi prima dell’inizio dell’acquazzone.
vedemmo maglie amaranto
che si abbracciavano.
“Chi ha segnato?”.
“Mungai”.
“Mungai?”. Ma come era
possibile! Il giocatore più tecnico
del Livorno, per nulla incline
allo scontro fisico, a rete
in quel campo allagato! I soliti
intenditori di calcio (allora
si sentivano tutti Gianni Brera)
avevano scritto che non
era il caso farlo giocare quel
giorno.“Non tocca palla
oggi!”. Ridiscendemmo di
nuovo, raggianti, con il cuore
gonfio, appagati del vantaggio,
ma dopo pochi secondi
sentimmo un altro boato. Riche
girò con insistenza nei
giorni successivi era che i dirigenti
pisani fecero bloccare
le canalette di sfogo dell’acqua.
Intanto gli scontri si
facevano più duri a causa
delle condizioni pessime del
campo. Compagno, la nostra
ala destra, cresciuto nel vivaio
della Roma, quello che
meglio degli altri teneva palla
davanti, subì un brutto fallo;
ci fu reazione, Liverani
espulse lui e Beretta. Intorno
all’arbitro cominciarono le
spinte e i gollettoni, ma si
andò avanti fino al ventesimo
quando Liverani, incredibilmente,
sospese la partita
per impraticabilità del campo.
L’avesse interrotta entro
i primi dieci minuti della ripresa
sarebbe rientrato nella
logica, ma al ventesimo era
totalmente fuori luogo; evidente
il condizionamento della
panchina pisana. I giocatori
neroazzurri saltarono dalla
gioia come se avessero
vinto al totocalcio. Mal gliene
incolse! Umberto Mannocci,
livornese per nascita
ma allenatore del Pisa, entrò
in campo saltellando e ridendo,
e dopo uno scambio di
battute con gli amaranto (per
questo ebbe 6 mesi di squalifica)
si prese un pugno da
k.o. (prognosi di 20 giorni
s.c.) da Pisetta, il quale fu
aggredito, a sua volta, da
Francesconi.
Da qui la rissa gigantesca,
tutti contro tutti, una scaz
zottata generale con il pubblico
che compostamente
guardava il campo diventato
un ring. (Solo due spettatori
livornesi invasero il campo a
dar man forte). Dopo il k.o.
di Pisetta, Bertocchi 1 , il
16 amarcod
amarcord
vecchio portiere del Livorno,
ormai alla fine della
carriera (un importante passato
col Palermo e la Spal in
serie A), che era a quindici
metri da me, abbandonò la
porta e cominciò a sciagattare
di botte tutti quelli che
incontrava. Non ce n’era per
nessuno, era una furia. Poi lo
persi di vista e rimasi sorpreso
di una strana scazzottata
tra Mario Manenti e un giocatore
pisano, uno strano corpo
a corpo con soltanto colpi
al ventre.
Intorno botte da orbi, sventole
da far paura, con le forze
dell’ordine, insufficienti,
che non sapevano come contenere
quella rissa. Chi voleva
separare i contendenti era
costretto suo malgrado, per
difendersi, a usare le mani e
a menare pure lui. Rividi Bertocchi
trattenuto dalle forze
dell’ordine che cercava di liberarsi
per continuare a zombare
tutti quelli che gli capitavano
davanti. Scene impossibili
da dimenticare. Dopo
dieci minuti da far west tornò
pian piano la calma più per
stanchezza, credo, che per
merito delle forze dell’ordine.
Rimanemmo ad aspettare,
non si sa che cosa. Un ripensamento
dell’arbitro? “Vergogna”
dicevano i livornesi.
“Esultare per la sospensione
di una partita!”. Va detto,
per amor di verità, che la
stragrande maggioranza degli
spettatori pisani non si abbandonò
a manifestazioni di
gioia.
L’allenatore Fiorentini, ritenuto
responsabile delle precedenti
due sconfitte casalinghe
consecutive con Ravenna
e Siena che compromisero
il campionato, dette le dimissioni
alla fine della partita
cogliendo di sorpresa la tifoseria.
Ma evidentemente furono
dimissioni richieste dalla
società che lo sostituì immediatamente
con Vinicio
Viani, già allenatore della
squadra due anni prima. Il
recupero della partita con il
Pisa avvenne il 15 aprile e
finì, senza incidenti, 1 a 1 con
gol di Gratton, che quell’anno
fu capocannoniere con 21
reti, e Beretta. Il Livorno finì
al 5° posto in classifica generale
e l’Ozo Mantova, dopo
lo spareggio col Siena, fu promosso
in serie B 2 .
Fine di un ricordo. E ora?
Con le questioni di cuore non
si scherza, perciò ora noi livornesi,
lontani pro-nipoti di
Enrico Bartelloni e dei risi’atori
dai muscoli esagerati,
di Mascagni e Modigliani ma
anche vivaci studenti che si
improvvisano Modigliani ridicolizzando
critici d’arte di
fama mondiale, noi livornesi
dicevo, spigolosi e socievoli,
indifferenti e appassionati,
grideremo ancora con indomito
spirito labronico “Forza
Livornoooo”. Ora e
sempre, alla facciaccia di
quei brutti individui i cui nomi
è meglio non fare.
1
Renato Bertocchi di Collesalvetti,
mani forti da muratore,
aveva un carattere impulsivo,
nessuno lo ha mai
visto porgere l’altra guancia.
Le sue intemperanze, molto
plateali, gli crearono problemi
e molte espulsioni. In carriera,
per due volte aveva già
rincorso i giocatori avversari
per tutto il campo (gli attaccanti
Quaresima e Pascutti).
In quel 30 marzo 1959, a
Pisa, le dette di santa ragione
a vari giocatori pisani e
ricevette solo tre giornate di
squalifica, perché in quel
bailamme non si capiva nulla
e l’arbitro non poté accer-
17
tare il grado di responsabilità
dei singoli giocatori. Comunque
Balleri e Mungai ebbero
la squalifica di una giornata.
Sei mesi più tardi, all’inizio del
campionato , appagato dal
calcio, Bertocchi accese il
motore della sua auto e ritornò
al paese, Collesalvetti.
Aveva 35 anni.
•
2
Nelle sue fila annoverava
Negri, futuro portiere della
Nazionale, Micheli (alla fine
del campionato andò alla Spal,
in serie A, insieme a Balleri e
Picchi) Cadé e Giagnoni, insomma
uno squadrone.
Le foto sono state riprese
da Il Telegrafo dell’epoca.
Tabellini, squalifiche,
recupero e classifica finale
L’inizio della partita con lo scambio dei fiori tra i capitani Roberto
Balestri (l’ex morino che poi indosserà la maglia amaranto dal
1962 al 1965) e l’indimenticato Armandino Picchi.
SERIE C - 28ª giornata (29/3/1959)
PISA: Ciceri, Francesconi, Felloni, Sicurani, Beretta, Morelli,
Ribechini, Vicariotto, Nundini, Balestri, Ricoveri.
LIVORNO: Bertocchi, Picchi, De Petrillo, Pisetta, Balleri, Manenti,
Compagno, Mazzucchi, Gratton, Bernardis, Mungai.
ARBITRO: Liverani di Torino.
RETI: 42’ e 44’ Mungai.
NOTE: Espulsi al 53’ Compagno e Beretta per reciproche
scorrettezze. Al 65’ la partita è stata sospesa per impraticabilità
del terreno. Spettatori paganti: 10.400.
PROVVEDIMENTI DISCIPLINARI: Inibizione per 6 mesi
a Mannocci (Pisa); squalifica per tre giornate: Bertocchi (Livorno);
squalifica per una giornata: Balleri e Mungai (Livorno),
Ricoveri, Beretta e Francesconi (Pisa); ammoniti con
diffida: Compagno, De Petrillo, Pisetta, Manenti, Mazzucchi,
Gratton e Bernardis del Livorno; Ciceri, Felloni, Sicurani,
Morelli, Ribechini, Vicariotto e Nundini del Pisa. Ammenda
di 130mila lire al Livorno.
RECUPERO: La partita fu recuperata il 15 aprile 1959 e terminò
1-1 con reti di Gratton (46’) e Beretta (83’).
CLASSIFICA FINALE: Ozo Mantova e Siena 58; Spezia
50; Biellese 48: LIVORNO 46; Sarom Ravenna 45; Pro Vercelli
42; Sanremese, Treviso e Pisa 41; Forlì 40; Pro Patria e
Carbosarda 39; Varese, Mestrina e Casale 35; Lucchese 33;
Legnano 31; Cremonese e Piacenza 29; Pordenone 25.
L’Ozo Mantova fu promosso in serie B dopo spareggio vincente
col Siena a Genova. Nessuna retrocessione per allargamento
a tre gironi della serie C.
18 attualità
MONUMENTO AL VILLANO: privo di qualsiasi indicazione e su un pratino spelacchiato
A Livorno
manca
sempre uno
per fare
cento!
/bidam) - Il Monumento al
Villano, simbolo della difesa
popolare del castello di Livorno
durante l’assedio del 1496,
dal 19 marzo scorso, data peraltro
non banale perché ricorda
l’anniversario dell’elevazione
di Livorno a Città,
avvenuta nel 1606, ha trovato,
dopo apposito restauro e
la costruzione di un nuovo
basamento in marmo con
fontana, la nuova collocazione
in piazza del Municipio, all’incrocio
tra viale degli Avvalorati
e scali del Corso. Iniziativa
caldeggiata dall’Associazione
“Repubblica dei villani”,
coordinata da Lenny
Bottai, che pure si è accollata
la raccolta fondi per le spese
di restauro della statua e il
trasferimento dalla vecchia
sede di largo Fratelli Rosselli.
Decisamente una iniziativa
da applaudire che rende più
visibile la statua, realizzata nel
1956 dagli scultori Vitaliano
De Angelis e Giulio Guiggi,
in un percorso ideale che racconta
la vera essenza della
livornesità, che parte dalla
Fortezza Vecchia, passa da
piazza del Municipio e dalla
La storia della statua
La statua fu realizzata nel 1956 dagli scultori Vitaliano
De Angelis e Giulio Guiggi, ed è la terza versione
dell'opera simbolo della difesa popolare del
Castello di Livorno durante l'assedio del 1496. Di
quella originale, in macigno o marmo, attribuita
allo scultore Romolo del Tadda, realizzata oltre
un secolo dopo l’epoca degli avvenimenti, si persero
le tracce secoli fa.
Un nuovo Monumento al Villano, in gesso, fu realizzato
a inizio Novecento, ma fu distrutto nel 1922
in occasione di un assalto di squadracce fasciste
alla sede del Partito Repubblicano, dove era custodito.
Dal dopoguerra la terza versione dell'opera si trovava
in largo Fratelli Rosselli, per volontà del sindaco
Nicola Badaloni. Anche l'inaugurazione della
scultura in largo Fratelli Rosselli avvenne in data
19 marzo (nel 1956, 350° anniversario dell’elevazione
di Livorno a Città).
statua del Villano, prosegue costeggiando
il murales che ricorda
le Leggi Livornine sugli
Scali delle Pietre, per concludersi
con la Fortezza Nuova.
Tutto bene. Anzi, no. A distanza
di 5 mesi il monumento
è ancora sprovvisto di
qualsiasi indicazione (sic!).
Né un cartello turistico, né
l’indicazione degli scultori, né
una targa per spiegare ai turisti,
ma anche agli stessi livornesi,
il senso e il valore
“del simbolo della storia di
Livorno e della livornesità,
quella più genuina e
popolare” (parole del sindaco
Salvetti all’inaugurazione).
E poi, quel pratino spelacchiato
(altro sic!), è un altro
schiaffone allo stesso Villano
e all’intera città.
A Livorno, ahinoi, ne manca
sempre uno (quando va bene)
per arrivare a cento. •
colpo d’occhio
d
19
colpo d’occhio!
“D’ORDINE & C.
SI PROIBISCE AD OGNI PERSONA
DI QUALUNQUE GRADO E CONDIZIONI
IL FARE IMMONDIZIE, GIUOCHI, E
STREPITI DI QUALSIVOGLIA SORTE
SOTTO ED INTORNO ALLE LOGGE,
DI QUESTA REAL DOGANA
ALLA PENA DELLA CATTURA
CARCERE ED ARBITRIO RIGOROSO
NON OBBEDENDO, O TRASGREDENDO & C.
DATO DALLA CANCELLERIA CRIMINALE
DEL GOVERNO DI LIVORNO
LI 21 AGOSTO 1781
È quanto si legge sulla targa all’ingresso
(lato Piazza Grande, oggi chiuso da
apposita cancellata) della Camera di
Commercio, gia Reale Dogana. Datata
1781, quando la città era governata
dal gonfaloniere Giovan Paolo Lorenzi,
non si può certo dire che all’epoca
c’era una certa rigidità. E meno male
che oggi tale ordinanza non è più in atto.
Altrimenti le celle delle Sughere andavano,
come minimo, centuplicate!
20
33 Bayley
21
Livornesi dentro e fuori
Enciclopedia di personaggi scomparsi
che hanno lasciato traccia nella città
a cura di BRUNO DAMARI
• Sono riportati personaggi scomparsi, livornesi e non, che abbiano lasciato traccia nella città, secondo fonti e
notizie ricavate da quotidiani, riviste, libri e siti internet. • Sono pure inseriti i personaggi presenti nella toponomastica
cittadina e coloro che sono ricordati con l’intitolazione di associazioni, luoghi e spazi pubblici. • I Caduti
per la Patria saranno elencati in una apposita sezione. • In caso di inesattezze e/o dati incompleti e di personaggi
non inseriti perché sfuggiti alle nostre ricerche, si pregano i sigg. lettori di comunicarcelo: al termine delle pubblicazioni
degli inserti, provvederemo ad aggiornare il tutto nella sezione “Appendice”. • Scrivere a: ediquad@gmail.com
Inserto 5 aggiornato al 17/7/21
BATTISTI CAMILLO (Trento 24 agosto
1910 - Livorno 6 dicembre 1981) - Dirigente.
Ultimo dei tre figli del martire irredentista
Cesare (v.). Laureatosi in Ingegneria, si
stabilì a Livorno quando fu chiamato a dirigere
la Richard Ginori.
BATTISTI CESARE (Trento (allora facente
parte dell’Impero austro-ungarico) 4 febbraio
1875 - 12 luglio 1916, di Cesare e
Maria Teresa Fogolari) - Patriota e giornalista.
Fondatore nel 1896 del giornale socialista
L’Avvenire del lavoratore e, nel 1900, Il
popolo, si batté per l’autonomia del Trentino.
Arruolatosi nell’esercito italiano, benché
appartenente al Parlamento di Vienna,
fu catturato dagli Austriaci con Fabio Filzi
(v.), processato e impiccato nel Castello del
Buon Consiglio a Trento. Nel 1918 gli è
stata dedicata la strada posta da piazza della
Vittoria a via Paoli. Assieme a Guglielmo
Oberdan e Nazario Sauro è così ricordato
con una lapide posta in via Grande: «O trinità
di martirio - santaficata su le forche
dell’Austria! GUGLIELMO OBERDAN
CESARE BATTISTI NAZARIO SAURO - I
Livornesi Vi ricordano - con inestinguibile
amore - pari all’odio eterno - per tutti gli
oppressori per tutti i tiranni - per tutti i
nemici d’Italia - una libera immortale. Le
Associazioni Patriottiche - Dic. 1918».
BATTISTINI ANTONIO (San Donato Val
di Comino (FR) 20
settembre 1943 - Livorno
7 dicembre
1994, di Giuli e Jolanda
Proietti) - Sindacalista.
Entrò giovanissimo
nelle file
della Cgil livornese
con un percorso che
lo portò a ricoprire gli
incarichi di segretario della Funzione Pubblica,
segretario della Filt e membro della
segreteria della Camera del Lavoro. Grande
studioso ed esperto in materia porti e logistica,
nel 1994 dette alle stampe, assieme
alla prof.sa Dionisia Cazzaniga Francesetti,
il libro «Traffici e porti nel mercato globale».
Gli è stato intitolato il salone del
Terminal Crociere della Stazione Marittima
con la seguente targa: “Questa stazione
crociere è intitolata ad ANTONIO BATTI-
STINI uno studioso, un sindacalista, un
uomo che con le sue idee e la sua azione ha
contribuito alla crescita del porto di Livorno
- Livorno, 9 ottobre 1999”.
BATTISTINI CESARE (Montecchio 1 gennaio
1945 - Livorno 6 marzo 2000, di Giulio
e Iolanda Provetti) - Sindacalista. Dipendente
Atl, si è distinto come componente
del direttivo Filt Cgil.
BATTISTINI LUCA (Livorno 1959 - Pisa
25 ottobre 2016) - Volontario - Sin da piccolo,
ebbe una grave patologia al cuore che
lo rese invalido. Ma la disabilità non gli impedì,
nel corso degli anni, di dedicarsi anima e
corpo al prossimo. Conosciuto da tutti come
“Luchino”, già dagli anni Settanta militò come
volontario della Comunità Impegno e del Centro
Mondialità. Attivissimo nella raccolta di
fondi e materiale per i bisognosi, fu tra i
primi a ideare la raccolta di tappi di plastica
e portare i fondi in Tanzania.
BATTISTONI ULIVIERO (Pontasserchio
(PI) 1938 - Livorno 2 agosto 1988) - Direttore
didattico. Maestro elementare, insegnò
nelle isole dell’Arcipelago Toscano, a
Venturina e Castagneto Carducci. Nel 1981
fu trasferito a Livorno alle “Pilo Albertelli”,
portando una ventata di entusiasmo e
innovazione da quel gran studioso ed educatore
che era. Raggiunse la carica di direttore
didattico. Pur colpito in maniera inarrestabile
da sclerosi laterale amiotrofica e
costretto a muoversi su una carrozzella, rimase
al suo posto di lavoro, dove si faceva
portare letteralmente di peso, fino a che le
forze fisiche lo sorressero.
BATUELLO PIERO (1945 - Livorno 4 gennaio
2016) - Carrozziere.
Nel 1964 fondò,
assieme al socio
Elio Belli, la Carrozzeria
Liburnia in via
Mastacchi. Fu anche
dirigente della Cna,
esponente della
Commissione provinciale
dell’artigianato
e del Centro sociale artigiani livornesi.
BAUSANI LELIO (Porto Santo Stefano
(GR) 19 marzo 1919 - Livorno 28 giugno
2015, di Bernardino e Sabina Sturmann) -
Religioso. Mons. Ordinato sacerdote a Livorno
nel 1942, fu parroco, tra le altre, della
chiesa di San Benedetto e di Santa Lucia.
Appassionato di musica sacra, nel 1967 si
diplomò in Musica Corale e Direzione di
Coro al “Boccherini”, ma già dai suoi primi
anni di sacerdozio ad Antignano mise in
piedi un coro di uomini e donne, formando
così il primo nucleo della Corale “Domenico
Savio” che sarà fondata ufficialmente nel
1965 quando don Lelio divenne Canonico
Penitenziere della Cattedrale. Qui usò casa
propria e la chiesa di S. Giulia per le prove
della Corale che diverrà il Coro del Duomo
di Livorno. Oltre ad aver contagiato generazioni
di ragazzi e ragazze alla musica sacra,
molti dei quali hanno raggiunto le vette
dell’arte musicale, dai primi tentativi del
1941 fino alle ultimissime composizioni,
datate 2003, ha lasciato oltre 200 opere,
catalogate e messe a disposizione di tutti
nella sezione “Spartiti” del sito internet
www.donleliobausani.it. Il 15 Giugno 2009
fu nominato Cappellano di Sua Santità dal
Santo Padre Benedetto XVI.
BAYLEY ELIZABETH ANN con. Seton
(New York 28 agosto 1774 - Emmitsburg
(Maryland) 14 gennaio 1821, di Richard e
Catherine Charlton). Santa. Di famiglia protestante,
all’età di 19 anni sposò il ricco
commerciante William Magee Seton (v.), a
cui diede cinque figli. A causa dei problemi
polmonari del marito, i due coniugi e la figlia
maggiore, nel novembre 1803 raggiunsero
Livorno, ospiti della famiglia di Filippo
Filicchi (v.), console degli Stati Uniti,
con la speranza di trovare guarigione nel
salubre clima labronico. All’arrivo in porto,
furono trattenuti nel Lazzaretto S. Jacopo
a causa di un focolaio da “febbre gialla”
contratta nel porto di New York; il marito
morì un mese dopo all’ospedale di Pisa
e fu sepolto nel Cimitero Anglicano di via
Verdi. Durante la permanenza a Livorno, la
B. si avvicinò alla fede cattolica e, durante
una visita al Santuario di Montenero, ebbe
come una rivelazione circa la presenza reale
di Gesù nell’Eucarestia, di cui poi scrisse:
“M’inginocchiai in terra dinanzi all’altare”.
Ritornò negli Stati Uniti e abbracciò
la nuova confessione nel marzo 1805. Ab-
Bayona 34
22
bandonata dalla famiglia, oppostasi duramente
a questa decisione, per vivere e mantenere
le figlie dovette contare sugli aiuti
finanziari che i Filicchi le facevano giungere
da Livorno. Dette vita a Baltimora ad
una Scuola Femminile Cattolica e, nel 1909,
fondò ad Emmitsburg il primo nucleo dell’Istituto
Religioso “Figlie della carità di
San Giuseppe”. Papa Giovanni XXIII la
riconobbe tra i Beati il 18 dicembre 1959;
Paolo VI l’ha proclamata Santa il 14 settembre
1975: fu la prima persona nata negli
Stati Uniti ad essere canonizzata. Nel
1968 a S. Elisabetta Anna Seton è stata dedicata
la chiesa di piazza M. Lavagna, nel
cui giardino è posta una sua statua, assieme
ai busti di suo marito e di Filippo Filicchi.
Una lapide sulla facciata della Chiesa
di San Jacopo così la ricorda: «Da New
York sua città natale - venuta al mare e al
sole d’Italia - a cercare sollievo alla salute
affranta del marito - la Beata ELISABET-
TA ANNA SETON - fra le mura dell’antico
vicino Lazzaretto di S. Leopoldo - abbandonata
in Dio con animo forte e sereno -
sostenne la dura quarantena - dal novembre
al dicembre 1803 - Mons. Bardi». Nella
Chiesa di Santa Caterina è apposta invece
la seguente iscrizione: «In questa chiesa
- particolarmente dinanzi - a questo altare
- la beata - ELISABETTA ANNA SETON -
nel primo trimestre 1804 - quando ancora
era anglicana - ascoltò più volte la S. Messa
- irresistibilmente attratta - ad adorare
Gesù - presente nel mistero eucaristico - e
a unirsi al suo sacrificio - G.B.». È pure
ricordata con una lapide all’interno dell’ex
Palazzo del Paradisino, ove fu ospite della
famiglia Filicchi.
BAYONA ISACCO (Salonicco (Grecia) 21
luglio 1926 - Livorno
14 gennaio 2013,
di Raffaele e Diamante
Jacob). Ultimo
testimone livornese
della Shoah. Di
famiglia ebraica, a seguito
delle leggi razziali
fu arrestato con
i familiari il 20 dicembre
1943 e deportato ad Auschwitz dove
gli venne tatuato il numero di matricola
173404. Liberato dai russi il 27 gennaio
1945, tornò a Livorno senza però la madre,
due sorelle e un fratello che furono uccisi
nel campo di concentramento. Gestore di
un banco al mercato di via Buontalenti, per
il resto della vita ha contribuito con le parole
a far luce sui crimini della Shoah raccontandoli
ai ragazzi delle scuole o nelle
“Giornate della Memoria”. Nel 2010 ricevette
al Quirinale dal presidente Napolitano
la medaglia d’oro. In suo ricordo, in occasione
della “Giornata della Memoria”
2014, è stata posta davanti alla casa dove
viveva in via della Posta, angolo via della
Madonna, una “pietra d’inciampo”, con la
seguente scritta: “Qui abitava, ISACCO
BAYONA, nato 1926, arrestato 20 dicembre
1943, deportato, Auschwitz, sopravvissuto”.
BAZZALI CARLO (Livorno 6 agosto 1938
- Rozzano (MI) 21
aprile 2013) - Bonsaista.
Dopo essersi
cimentato nella pittura
e nella scultura
a sbalzo nel gruppo
Toscana Arte, a partire
dagli anni Settanta
si gettò anima e
corpo alla coltivazione
di bonsai. Nel 1977 fondò, presso il bosco
dei Cappuccini di via Cecconi, con
l’amico e collega Domenico Landi, lo “Studio
Bonsai Livorno” (oggi intestato a suo
nome), specializzandosi nello stile “Driftwood”
(particolare tecnica di intervento
volta ad esaltare l’armonia del bonsai con
parti di legno secco). Istruttore e giudice
I.B.S. (Collegio Nazionale Istruttori Bonsai
e Suiseki), ha lasciato varie pubblicazioni.
Vincitore di numerosi premi, suoi
esemplari fanno parte di importanti collezioni
nazionali.
BAZZI GIACOMO (Livorno 1949 - 27 gennaio
2018) - Attivista. Ex dipendente della
Trw, ha lasciato una decisa impronta come
militante di Rifondazione Comunista, di cui
è stato consigliere della Circoscrizione 1.
Non solo partecipava alle assemblee, cortei
e manifestazioni in piazza, ma con la
sua macchina fotografica, video interviste e
articoli documentò decenni di lotte politiche
e sociali della nostra città, lasciando un
prezioso ed inedito archivio della “vera sinistra”,
come spesso amava sottolineare.
Fu anche un attivo collaboratore con la Libera
università popolare “Alfredo Bicchierini”
di Livorno. In suo ricordo è stato indetto
annualmente, a partire dal 2018, il
“Premio Nazionale Giacomo Bazzi” di fotografia
su temi politici e sociali.
BAZZI MANLIO (Livorno 1919 - 22 novembre
2014) - Commerciante. Nel 1961
dette vita in via Machiavelli al panificio “Il
vecchio forno” che portò avanti sino a tarda
età per cedere poi il passo ai nipoti.
BEATO ANGELICO (Vicchio di Mugello
(FI) 1400 ca. - Roma 18 febbraio 1455) -
Nome con cui è noto il pittore rinascimentale
Frà Giovanni da Fiesole, al secolo Guido
di Pietro Trosini. Fu autore di molti capolavori
tra i quali la celeberrima Annunciazione.
Nel Duomo di Livorno, nella Cappella
del Santissimo Sacramento, è conservata
una sua opera, il “Cristo coronato di
spine” (tempera e oro su tavola cm. 55x39,
datata tra il 1430 e il 1438). Si tratta di un
primo piano altamente espressivo del volto
di Gesù negli ultimi momenti del suo
calvario, quando, dopo esser stato flagellato,
per scherno, viene coronato di spine e
coperto con una veste scarlatta, simbolo
della regalità. Inizialmente attribuito alla
“Scuola di Giotto”, tutta la critica più recente
è concorde nel considerare il dipinto
come opera del B.A. Tuttavia è ancora aperto
il dibattito sull’ipotesi che l’opera sia un
prototipo completamente nuovo o una versione
ispirata alla tavola “Volto del Cristo”
del pittore fiammingo Jan Van Eych realizzata
nel 1438 e conservata a Berlino. Non
si conosce la destinazione originaria del dipinto
né dove fosse stato conservato fino
al 1837, quando giunse a Livorno attraverso
il mercato antiquario e fu donato alla
parrocchia di S. Maria del Soccorso da Silvestro
Silvestri (v.). Trafugata nel dopoguerra
e successivamente ritrovata, la tavola
è stata portata per la prima volta all’attenzione
dell’opinione pubblica mondiale
nel 1955 come opera certa del Maestro,
nella mostra celebrativa del Beato Angelico,
tenutasi a Firenze nel Museo di San
Marco. Nel corso degli anni il dipinto è stato
protagonista di varie esposizioni; tra le
più recenti sono da ricordare quella a Colonia,
dedicata al volto di Cristo, in occasione
della XX Giornata mondiale della Gioventù
(2005) e quella monografica sul B.A.,
tenutasi al Metropolitan Museum of Art di
New York dall’ottobre 2005 al gennaio
2006. Il restauro, l’allestimento e la messa
in sicurezza dell’opera sono curati dalla
Fondazione Maurizio Caponi (v.).
BECCARIA CESARE (Milano 15 marzo
1738 - 28 novembre 1794) - Giurista, filosofo,
economista e letterato. Figura di spicco
dell’Illuminismo, autore del celebre trattato
“Dei delitti e delle pene” che si stampò
a Livorno nel 1764 nella tipografia Marco
Coltellini (v.). Fu menzionato nella seguente
lapide posta all’epoca in via della Banca
(oggi trasferita nel cortile del Palazzo di
Giustizia di via Falcone e Borsellino): «Qui
ebbe la tipografia MARCO COLTELLINI e
fu pubblicata nell’aprile del 1764 la prima
edizione “Dei delitti e delle pene” di CESA-
RE BECCARIA e dal 1770 al 1779 l’opera
immensa dell’ENCICPLOPEDIA FRANCE-
SE in trentatre grandi volumi. F.P. 1883».
BECKFORD GUGLIELMO (Fonthill (Regno
Unito) 1759 - Bath (Regno Unito)
1844) - Scrittore inglese. Gran viaggiatore,
ebbe modo di visitare anche la nostra città
tra il 1780 e il 1782 e di annotarne le impressioni
nel suo libro Italy (“...si profilò
all’orizzonte la torre del Fanale: il cielo e il
mare splendevano di una luce ambrata e le
navi apparivano attraverso una nebbia
d’oro, della quale non possiamo avere
un’idea nei nostri climi nordici. Quella prospettiva,
mista alla fresca brezza marina,
35
23
Belforte, famiglia
m’incantarono: mi affrettai verso il porto
e salii su di una scogliera contro cui venivano
ad infrangersi le onde...”).
BECUZZI LIDO (Livorno 11 maggio 1935
- 28 giugno 1987, di Sestilio e Leda Scateni)
- Sindacalista. Funzionario della Esso,
svolse intensa attività come dirigente del
sindacato chimici Filcea-Cgil.
BEDARIDA DAVID (Livorno 20 maggio
1936 - 2 ottobre
2013) - Medico.
Dott. Svolse la professione
di neurologo
e poi di psichiatra
negli ospedali di
Pontedera, Livorno,
Grosseto e Aosta
per finire la carriera
come primario all’ospedale di Piombino.
Fece parte del coro della Comunità Ebraica
di Livorno. È scomparso a seguito di un
incidente stradale.
BEDARIDA GUGLIELMO (Livorno 1925
- Lodi (MI) 5 aprile 1989) - Primario ematologo.
Prof. Laureatosi in medicina all’università
di Roma nel 1955, si specializzò
nelle malattie del sangue e proseguì gli studi
e la ricerca a livello internazionale presso
l’Istituto di immunoematologia del Centro
Hayem di Parigi. Rientrò in Italia per
dirigere l’Istituto Trasfusionale Avis di
Pavia. Dopo una parentesi trascorsa all’Istituto
di Genetica Medica dell’Università
di Torino, nel 1971 fu chiamato quale
Primario ematologo dell’ospedale Maggiore
di Lodi. Ha lasciato un’imponente opera
scientifica di circa 200 pubblicazioni.
BEDARIDA GUIDO (Ancona 18 febbraio
1900 - Livorno 18 agosto 1962, di Davide e
Fortunata Ottolenghi) - Storico e scrittore.
Avv. Conosciuto anche con lo pseudonimo
Eliezer ben David. Giunse nella nostra città
all’età di 15 anni. Dopo la laurea in giurisprudenza
esercitò la professione di avvocato.
Con il fratello Umberto (v.), portò
avanti anche l’azienda di famiglia, la Casalana
Bedarida, società specializzata nel
commercio di lana per materassi. Studioso
e gran conservatore del patrimonio giudeolivornese,
e in particolare del bagitto, scrisse
arguti e deliziosi sonetti tanto da essere
definito “il sommo scrittore e poeta del
bagitto livornese”. Fu direttore della “Rassegna
mensile d’Israele” e socio fondatore
della sezione livornese dell’Associazione
Italia-Israele. Ha lasciato numerosi testi,
quali Ebrei d’Italia (Livorno, Soc. Editrice
Tirrena, 1948) e Ebrei di Livorno - Tradizioni
e gergo in 180 sonetti (Ed. Felice Le
Monnier, Firenze, 1956). Nel 2009 è stato
ricordato dalla Comunità Ebraica di Livorno
con una giornata di studio presso la Sala
Consiliare della Provincia di Livorno dal
titolo “Guido Bedarida, l’uomo e la sua
opera storica e letteraria”. Nel 2011 gli è
stato intitolato il nuovo tratto di strada da
via Campania a via Sicilia. Il 27 gennaio
2021, Giorno della Memoria, nei locali dell’Ordine
degli avvocati, presso il tribunale
civile di Livorno in via De Larderel, il suo
nome è stato inserito tra i nove elencati in
una targa “In memoria degli avvocati e di
tutti gli ebrei perseguitati dalle leggi razziali
e vittime della Shoah”.
BEDARIDA MASSIMO (Livorno 1922 -
11 gennaio 2018) - Imprenditore. Negli anni
‘80 rivestì la carica di presidente della Comunità
Ebraica di Livorno.
BEDARIDA ROBERTO (Livorno 16 marzo
1928 - 18 settembre
2008, di Umberto
e Laura Franco) -
Imprenditore. Ing.
Laureatosi in ingegneria,
fu docente all’università
di Pisa.
Nel contempo, portò
avanti l’azienda di
famiglia, la Casalana
Bedarida, specializzata
nel commercio di lana per materassi.
BEDARIDA UMBERTO (Ancona 8 febbraio
1896 - Livorno 6 febbraio
1966, di Davide
e Fortunata Ottolenghi)
- Comm. Industriale.
Si trasferì
giovanissimo a Livorno
e con il fratello
Guido (v.) subentrò
nell’azienda di
famiglia, la Casalana
Bedarida, società specializzata nel commercio
di lana per materassi. Fu fondatore e
presidente della Betron Industria e Ricerche
Elettroniche SpA di Livorno, una azienda
di alta specializzazione, fornitrice per il
suo settore, delle Forze Armate. Fece parte
dei consigli di amministrazione dell’Associazione
Industriale, della Cassa di Risparmi,
della Giunta della C.C.I.A., del Comitato
Estate Livornese e dell’Ente Provinciale
per il Turismo.
BEDOGNI ODETTE con. Fremura, in arte
Delia Scala (Bracciano
(Roma) 25 settembre
1929 - Livorno
15 gennaio 2004,
di Aldo e Iolanda Redighieri)
- Attrice,
soubrette. Fra le più
complete show girl
del teatro leggero italiano,
con la coppia Garinei & Giovannini,
tra gli anni ‘50/’60 interpretò commedie
musicali di gran successo (quali Giove in
doppiopetto e L’adorabile Giulio con Carlo
Dapporto; Buonanotte Bettina con Walter
Chiari; My fair lady con Gianrico Tedeschi;
Rinaldo in campo con Domenico
Modugno; Un trapezio per Lisistrata con
Nino Manfredi e Il gioco della tartaruga
con Renato Rascel). Fu grande protagonista
anche alla televisione con Canzonissima
(1959 e 1960) a fianco di Nino Manfredi
e Paolo Panelli. Abbandonò quarantenne
la scena artistica quando ancora era alla ribalta
nazionale. Nella vita privata, non nascose
mai la sua battaglia contro il cancro
dopo che negli anni Settanta, operata dal
professor Bucalossi, il cui aiuto era Umberto
Veronesi, e curata con la chemio e la
cobalto-terapia in anni in cui la chirurgia
oncologica muoveva i primi passi, fu considerata
una miracolata. Sposatasi in seconde
nozze con Arturo Fremura, nel 1986 si stabilì
a Livorno, conducendo vita riservata. Ma
era sempre pronta a scendere in piazza nelle
manifestazioni annuali “L’arancia per la
vita” e “Un’azalea per la mamma” per la
raccolta fondi a favore dell’Airc che, grazie
anche alla sua presenza, hanno sempre trovato
la massima risposta da parte dei livornesi.
BELFIORE CORRADO (Noto (SR) 25 novembre
1933 - Livorno 30 gennaio 2001, di
Alfonso e Concetta Buonarrivo) - Fotografo.
Figlio d’arte, iniziò ad imparare la professione
nello studio del padre a Noto. Nel
1956 si trasferì a Livorno e aprì uno studio
fotografico in via Salvestri, che poi trasferì
in via Bat Yam. Per quasi mezzo secolo
immortalò immagini di storia livornese. Fu
anche il fotografo legato ai parà della Folgore
della vicina caserma «Vannucci».
BELFORTE, famiglia - Antica famiglia
ebraica di tipografi-editori. Nel 1834 SA-
LOMONE BELFORTE (1806-1869) costituì
la “Salomone Beforte & C.”, azienda
tipografica con sede in via Serristori, al 5°
piano di un palazzo popolare, specializzandosi
nella pubblicazione di opere in lingua
ebraica su commissione, in particolare
dai paesi orientali. Gli succedette il figlio
Giuseppe (Livorno 1830-1894) e, nel 1890,
il nipote Giulio (Livorno 1857-1921), che,
rimasto unico proprietario delle attrezzature
tipografiche e delle opere stampate,
impresse uno sviluppo industriale all’azienda,
trasferitasi al piano terra del Palazzo
Corridi in via della Madonna, arricchendola
di una litografia, una legatoria, una libreria
e una cartoleria, diversificando le pubblicazioni
anche con testi scolastici. Nel
‘900, a causa di una malattia, gli subentrò la
moglie Emma Castelli (v., Livorno 1864-
1937) e successivamente i figli Guido (Livorno
1885-1950), Aldo Luigi (Livorno
1886-1970), e Gino (v., Livorno 1895-
1986). L’espansione dell’azienda proseguì
con edizioni d’arte e la pubblicazione della
rivista «Liburni civitas». Nel 1938 le leggi
Belforte Gino 36
24
razziali costrinsero i Belforte a cedere l’attività
ad amici e a trasformare l’azienda in
“Società editrice tirrena”, editrice anche del
quotidiano Il Telegrafo. La guerra e i bombardamenti
alleati distrussero lo stabilimento
e la libreria. Nel 1950 succedettero a
Guido il figlio Giulio (Livorno 1912-
1969), il genero Ettore Guastalla e il figlio e
il genero di Aldo Luigi: Piero Belforte (Livorno
1921-1999) e Giorgio Bianchini (v.,
1921-2015). Con quest’ultimo, nel 1964 la
tipografia si spostò in via G. Gozzano, trasformandola
in “Belforte Grafica di Giorgio
Bianchini e C.” (poi, dal 1997, Media
Print). L’attività editoriale riprese a cura di
Paolo Belforte (v., Livorno 1923-2018)
negli anni ’70 con edizioni di storia locale,
psicologia, pedagogia e arte d’avanguardia.
Negli anni ’80 il marchio divenne “Belforte
Editore Libraio srl”. Alla fine degli anni ’90
la Libreria e il marchio editoriale di Salomone
Belforte furono rilevati dai nipoti di
Guido Belforte: il gallerista ed editore Guido
Guastalla con la moglie e i figli. In seguito
Paolo Belforte con altri soci proseguì l’attività
editoriale sotto il marchio della Belforte
& C. In occasione del bicentenario della
casa editrice è uscito il libro Salomone
Belforte & C. Duecento anni di un editore.
1805-2005 a cura di Guido e Silvia Guastalla,
(Salomone Belforte & C., Livorno, 2006).
BELFORTE GINO (Livorno 6 ottobre 1895
- 6 agosto 1986, di
Giulio e Emma Castelli)
- Tipografo-
Editore. Di questo
personaggio protagonista
di quasi un
secolo di vita cittadina,
riportiamo la
biografia scritta da
lui stesso con le indicazioni
che fosse consegnata al Tirreno
dopo la sua morte. “E’ nato a Livorno il 6
ottobre 1895. Ottenuta la maturità al liceo
classico, si iscrisse all’Università di Pisa,
nella facoltà di giurisprudenza. Chiamato
alle armi il 1° giugno del 1915, partecipò
come ufficiale di complemento nell’arma di
fanteria, alla prima guerra mondiale prendendo
parte a molti combattimenti. Ferito
e mutilato di guerra, decorato con medaglia
di bronzo al valor militare e croce di guerra,
raggiunse il grado di colonnello. Nel 1946
fu Commissario dell’Istituto del Nastro
Azzurro ricostituendo la sezione di Livorno;
fu anche consigliere della Associazione
mutilati di guerra. Professionalmente dedicò
circa cinquanta anni della sua intensa
attività e col massimo entusiasmo all’editoria
ed alla tipografia: dopo la prima guerra
mondiale come comproprietario e direttore
dello Stabilimento Grafico Belforte e
della Casa Editrice Belforte, e dopo la seconda
guerra - per tredici anni - come presidente
ed amministratore della Società Editrice
Italiana, editrice del quotidiano «Il
Telegrafo» e altri periodici. Nel 1921 fondò,
nel prestigioso spazio (già del corniciaio
Gustavo Mors (v.): ndr) affacciato
sulla centralissima piazza Cavour, all’angolo
con via Indipendenza, la Bottega d’Arte
(la prima in Italia) e la diresse per trenta
anni dando vita a manifestazioni artistiche
di primo piano. Fiducioso nella rinascita di
Livorno, dopo le distruzioni della guerra,
fu presidente del Consorzio Giappone e
della Società Immobiliare Blocco Giappone
dando il via alla ripresa della via Grande
con la difficile ricostruzione del Blocco
Giappone. Per molti anni fu vice-presidente
della Associazione fra gli Industriali della
Provincia di Livorno; reggente della Banca
d’Italia; socio della Cassa di Risparmi;
membro della Commissione provinciale per
le imposte ed assolse molti altri incarichi.
Rotariano convinto dal 1946, fu per sei anni
segretario e per due presidente del Rotary
Club di Livorno. Appassionato di sport fu
prima segretario della Virtus Juventusque e
poi segretario dell’Unione Sportiva Livorno
dalla sua fondazione e nei momenti del
suo massimo splendore. Per la sua dirittura,
il disinteresse, la comprensione, la passione
che metteva in tutto ciò che intraprendeva,
ebbe moltissimi amici di tutti i
ceti sociali”.
BELFORTE PAOLO (Livorno 19 aprile
1923 - 27 settembre
2018, di Aldo Luigi
e Luisa Fiano) - Editore
e libraio. Discendente
da una famiglia
di editori-librai
di ultrasecolare
esperienza, nell’immediato
dopoguerra
portò avanti la storica
Libreria Belforte di via Grande 91, esercizio
aperto nel lontano 1803, come recitava
la targa originaria al suo ingresso. Uomo
di profonda cultura, gentile ed elegante, il
suo non è stato “solo” un negozio di libri o
punto di prenotazione testi scolastici di ogni
ordine e grado, ma un centro di iniziative
culturali conosciuto ed apprezzato in tutta
Italia. Indimenticabili le serate con
l’“Incontro con l’autore” con artisti, scrittori
e giornalisti che si sono avvicendati all’interno
della sua libreria, come Giuseppe
Viviani, Silvano Ceccherini, Luciano Caruso,
Giovanni Campus, Franco Antonicelli,
Oriana Fallaci, Aldo Santini, Gina Lagorio
e molti altri. Lo stesso senatore Giovanni
Spadolini la prediligeva non mancando di
visitarla durante i suoi soggiorni a Castiglioncello.
La sua presenza nell’editoria,
dopo che la libreria era stata trasformata,
dimezzata e trasferita a partire dagli anni
‘90, nel 2003 è proseguita con la creazione
della Belforte Cultura, con a fianco le figlie
Laura, Francesca e Paola.
BELIMBAU ADOLFO (Il Cairo (Egitto)
1845 - Firenze 1938) - Pittore. Nacque in
Egitto da famiglia livornese dove momentaneamente
si era trasferita per seguire i
propri interessi commerciali nel campo
della importazione e vendita di tappeti
orientali. Si avvicinò alla pittura frequentando
la scuola di Felice Provenzal (v.) per
poi aprire uno studio in Corso Amedeo, in
collaborazione con l’amico e pittore Eugenio
Cecconi (v.), che gli affibbiò il soprannome
di “Bau”. All’Esposizione di Firenze
del 1881, un suo dipinto “Un momento
di riposo” (indicato dai dizionari d’arte
anche come “Fra un capitolo e l’altro” o
“Un pisolino”) del 1872 fu acquistato dal
Re d’Italia, poi donato dallo stesso alla
Galleria di Arte Moderna a Palazzo Pitti.
Si impose anche alle esposizioni di Torino,
Milano e Venezia. Si affermò pure nelle
riproduzioni grafiche e fotomeccaniche
tanto che alla mostra “Photographisce
Union”, svoltasi a Monaco di Baviera tra
il 1893 e 1894, ottenne una valida reputazione
europea. Tra i suoi dipinti più noti
la “Casa di Don Verità”, conservato al
Museo civico “G. Fattori”, e “Una fonte a
Livorno” (quella all’angolo tra via G. Garibaldi
e via G. Galilei), conservato pure a
Palazzo Pitti. La famiglia Belimbau costituì
una munifica fondazione con scopi culturali.
BELLABARBA GAETANO (Falerone
(FM) 24 gennaio
1934 - Livorno 5
giugno 2009, di
Umberto e Ermelinda
Eugeni) - Imprenditore.
Si trasferì
a Livorno nel
dopoguerra, e insieme
al fratello Luciano,
fondò l’omonima
società, che ben presto divenne tra le
più importanti nei lavori stradali e movimento
terra. In tempi assai recenti legò il
suo nome all’urbanizzazione di tutta la
zona di Banditella, ai grandi lavori della
Porta a Terra e all’immenso autoparco del
Faldo a Guasticce. La passione per lo sport
lo portò ad essere anche uno dei grandi
personaggi dell’Ippodromo «Caprilli»: fu
proprietario di una scuderia e di numerosi
purosangue, raccogliendo molti successi su
tutte le piste italiane. Per alcune stagioni
sponsorizzò anche la squadra del Rugby
Livorno.
BELLANDI FERRUCCIO (Livorno 24
gennaio 1904 - 1 agosto 1972, di Francesco
e Corinna Ciano) - Commendatore. Fu
presidente dell’U.S. Livorno dal 1954 al
1957, con due campionati di serie C e una
promozione in serie B.
BELLANDI ROBERTO (Montalcino (SI)
37 Benamozegh Elia
25
26 marzo 1944 - Collesalvetti (LI) 31 gennaio
2004, di Emilio e Ida Vicidomini) -
Sindacalista. Lavoratore portuale, per svariati
anni svolse attività come sindacalista
della Uil-trasporti. Fu tra i maggiori protagonisti
della massoneria livornese: maestro
venerabile della loggia Bovio, una delle
più antiche e prestigiose delle città, ricoprì
anche la carica di presidente del Grande
Oriente di Livorno.
BELLI IVANO (Livorno 1932 - 14 maggio
2012) - Docente. Prof. Dopo essersi laureato
in matematica e fisica a Pisa, insegnò
all’Iti Galilei e poi all’Enriques. Negli anni
Settanta, con un gruppo di colleghi, dette
vita ai cosiddetti ‘Quaderni dell’Enriques’,
che non solo contribuirono a modificare l’insegnamento
della matematica, ma furono
diffusi in tutta Italia. Fu anche consigliere
della Circoscrizione 2 nelle file del Pci.
BELLI LUCIANO (Livorno 29 maggio 1937
- 27 aprile 2002, di Dino e Gina Castellacci)
- Militante politico. Dipendente dell’Enel,
svolse attività politica nelle file della
Dc e poi del Ppi, e fu consigliere della
Circoscrizione 4. Si distinse anche nel mondo
del volontariato nelle file della Caritas.
BELLINCIONI GEMMA (Monza (MI) 18
agosto 1864 - Napoli
23 aprile 1950) -
Soprano. Tra i più
noti soprani del tardo
XIX secolo che
ebbe successo nei
maggiori teatri di tutto
il mondo. Il 17
maggio 1890 trionfò
al ‘Costanzi’ di
Roma nella ‘prima’ di Cavalleria Rusticana
di Mascagni, con a fianco il marito tenore
Roberto Stagno (v.), magistrali interpreti
di Santuzza e Turiddu. All’indomani di
quel successo, lo stesso Maestro invitò i
coniugi a prendere qualche settimana di vacanza
a Livorno e della città se ne innamorarono
subito. Acquistarono Villa Morazzana
e vi trascorsero qualche anno: qui,
nella cappellina attigua, fu battezzata la
loro figlia Bianca (Budapest 1888 - Milano
1980, che pure seguì la vocazione lirica),
ove in seguito, vi celebrerà le nozze con il
figlio dell’editore Ricordi. Entrambi i coniugi
sono sepolti in un monumentale sacello
nel piccolo cimitero di Montenero,
ove si legge: “Qui riposano - Roberto Stagno
e Gemma Bellincioni - Gloria dell’arte
lirica - 26 aprile 1897 - 23 aprile 1950”.
BELLITI MARIO (Chianni (PI) 20 gennaio
1947 - Livorno 13 gennaio 2010, di Giuseppe
e Maria Nannetti) - Dipendente statale,
fu tra i soci-fondatori degli «Amici di
Montenero-La Frassineta», associazione
sorta per la valorizzazione e il rilancio dell’immagine
della comunità montenerina. In
particolare, si distinse nel pellegrinaggio
che, nel 2000, portò la Comunità attraverso
la via Francigena, a cavallo, in piazza
San Pietro a Roma, dove venne donata
un’immagine della Madonna di Montenero
al pontefice Giovanni Paolo II.
BELLOMI LORENZO (Verona 1929 - Negra
(VR) 1996) - Mons. Ordinato sacerdote
nel 1951, giunse a Livorno nel 1955 e
fino al 1964 ricoprì la mansione di segretario
particolare e consigliere dell’allora vescovo
di Livorno Andrea Pangrazio. Insegnante
di religione all’istituto Sacro Cuore,
si impegnò nelle file della Fuci e negli scouts.
In seguito divenne vescovo di Trieste.
BELLONI LUCIANO (Livorno 13 ottobre
1922 - 8 ottobre 2009, di Antonio e Savina
Fronti) - Dirigente politico. Operaio del
Cantiere Navale negli anni ’60, è stato un
esponente di spicco del partito socialista
livornese, ricoprendo la carica di vicesegretario
provinciale. Fu anche amministratore
dell’Aamps e presidente della società
Porto Industriale.
BELLOSO MARIO (Lerici (SP) 1883 - Livorno
1965) - Farmacista. Dott. Dopo aver
conseguito la laurea in Farmacia, si trasferì
a Montenero quando divenne titolare della
locale farmacia (già del dott. Farnesi) che
spostò in un edificio di sua proprietà in via
delle Pianacce. Fu più volte premiato dall’Ordine
dei Farmacisti per la sua attività
anche creativa, dal momento che non disdegnava
di preparare ed allestire prodotti
terapeutici.
BELLUCCI FRANCO (Livorno 1945 - 30
agosto 2020) - Artista,
esponente dell’Art
Brut. Vittima
di una lesione cerebrale
sin dalla tenera
età che lo privò anche
della capacità di
parlare, trascorse
l’infanzia e l’adolescenza
nell’Ospedale
psichiatrico di Volterra. Soprannominato
Hulk per la sua straordinaria e distruttiva
forza fisica, nel 1998, fu accolto al Centro
di Salute Mentale «Franco Basaglia» di
Livorno. Grazie al team di “porte aperte”
del laboratorio Blu Cammello, sotto la direzione
del visual designer Riccardo Bargellini,
quì iniziò un percorso di recupero
esistenziale, dedicandosi a legare tra loro
vari oggetti trovati, in materiali disparati,
creando la cosiddetta arte del ready made
sotto forma di assemblaggi ispirati alla violenza
e in stile naïf. Dal 2007 le sue creazioni
approdarono in Belgio, Francia e Germania,
per essere poi incluse nella mostra
collettiva Banditi dell’Arte alla Halle Saint
Pierre a Parigi nel 2012. Furono poi presentate
in una mostra personale al MAD
Musée de Liège nel 2014-2015 e a quella di
Art Brut Banditi dell’Arte, tenutasi a Tokyo
nel luglio 2015.
BELLUCCI GIOVANNI (Piombino (LI) 10
ottobre 1909 - Livorno 28 luglio 1954, di
Ovidio) - Medico. Dott. Laureatosi nel
1933 a Pisa, fu assunto tre anni più tardi
agli Spedali Riuniti di Livorno come assistente
incaricato del Laboratorio di analisi,
per poi divenire, nel 1952, Primario batteriologo.
Ricoprì anche la carica di segretario
dell’Ordine dei Medici della provincia
di Livorno.
BELLUCCI OVIDIO (Scansano (GR) 16
aprile 1878 - Livorno 3 settembre 1956) -
Medico. Dott. Iniziò la professione nel
1900 a Grosseto, per poi proseguirla a
Piombino e quindi, nel 1920, a Livorno dove
fu medico condotto e responsabile sanitario
della Cassa Mutua Marittimi.
BELLUOMINI MAURIZIO (Livorno
1955 - Managua (Nicaragua) 2001) - Imprenditore.
Nel 1990 intraprese l’attività
di import-export di legname rivolta ai mercati
del Nord Europa e del Sudamerica, che
lo portò a fare la spola tra Livorno e i paesi
del Centro e Sud America, soprattutto Nicaragua,
Uruguay e Brasile.
BELTRAMINI FERDINANDO (Livorno
16 maggio 1925 - 20 giugno 1989, di Bruno
e Saffo Vannoni) - Imprenditore. Titolare
dell’omonima ditta di autotrasporti della
Italesplosivi, incaricata di fornire l’esplosivo
alle cave della Toscana.
BEMPORAD ITALO (Livorno 2 agosto
1850 - 15 gennaio 1936, di Felice e Allegra
Almagia) - Corista della Società Corale
“Guido Monaco” di Livorno, nel 1919 ricoprì
la carica di presidente.
BENAMOZEGH ELIA (Livorno 24 aprile
1823 - 6 febbraio 1900, di Avraham e Clara
Curiat) - Rabbino, cabalista, filosofo. Nato
da una famiglia sefardita marocchina, originaria
di Fez, trascorse tutta la sua vita a
Livorno dove esercitò l’ufficio rabbinico.
Grazie ai suoi numerosi scritti (tra i quali
Morale juive et morale chrétienne, 1867;
Israel et l’humanité, 1914), fu uno dei personaggi
più importanti del mondo ebraico
internazionale, assai conosciuto, studiato
e apprezzato anche negli ambienti non ebraici.
Fu anche definito il “Rabbino del Risorgimento”
per il suo sostegno alla causa dell’indipendenza
italiana. È sepolto nel Cimitero
Monumentale Ebraico di viale I.
Nievo 134. Sulla facciata della Comunità
Israelitica si legge la seguente epigrafe: «Sia
perenne memoria che in questa città nacque
il giorno 24 aprile 1823 ELIA BENA-
Benamozegh Gino
26
38
MOZEGH. Insigne ebraista, profondo teologo,
vibrante carità di patria in tempi
difficili, autore di opere dai grandi ammirate,
consacrò la vita intera alla ricerca
del vero, scienza e fede, volle segnacolo in
vessillo e l’avvenire religioso della umana
famiglia». Nel 1984 gli è stata dedicata
la piazza dove è posto il Tempio e la stessa
Comunità israelitica. Nel 2014, nell’ambito
dell’Amicizia Ebraico Cristiana di Livorno
e nel centenario della pubblicazione dell’opera
Israel et l’humanité, è stato ricordato a
Villa Fabbricotti con la giornata convegno
“Livorno - Benamozegh, il rabbino del dialogo”.
BENAMOZEGH GINO (Livorno 14 novembre
1896 - Roma 29 novembre 1965) -
Giornalista. Specializzato in problemi aeronautici,
è stato redattore dell’agenzia
Ansa dall’ottobre 1946 al 30 aprile 1954 e
redattore del Giornale d’Italia. E’ stato
anche direttore del Centro Italiano Notazioni
Stampa.
BENASSI LANCIOTTO (Livorno 20 aprile
1912 - 19 marzo 2012) - Confratello
della Misericordia di Livorno, si iscrisse il
9 aprile 1930 e da allora il suo legame con
l’associazione è stato indissolubile fino a
poche ore dalla morte. Nominato Protettore
della Misericordia e poi Capo guardia
emerito, è scomparso poco prima di compiere
100 anni quando aveva già ricevuto
riconoscimenti dalla Confederazione nazionale
delle Misericordie e dalla Santa Sede
attraverso una speciale benedizione del
Santo padre Benedetto XVI.
BENASSI PIERO (Livorno 1915 - 2002) -
Pittore. Autodidatta, iniziò con una pittura
tradizionale per poi trovare la sua personalità
espressiva in una tavolozza di figurazione
stilizzata, ove predominò la figura
femminile, quasi novecentesca, rievocando
tendenze liberty, con valida e poetica
fantasia. Fu socio del Gruppo Labronico
e dell’Accademia Scienze, Lettere, Arti
di Milano. Partecipò a varie esposizioni
all’estero, specie in Francia e Stati Uniti.
BENCI ANTONIO (Santa Luce (PI) 30
marzo 1783 - Livorno 25 gennaio 1843) -
Letterato, pedagogista ed educatore. Ebbe
un’intelligenza fuori del normale: a tre anni
leggeva e a sei traduceva il latino. Scrisse
romanzi (il più noto fu Piero d’Orezza,
ambientato durante la lotta per l’indipendenza
della Corsica), opere teatrali, articoli
su storia, politica e pedagogia. Fu il primo
traduttore italiano della Storia della
guerra de’ Trentanni di F. Schiller. Di famiglia
fiorentina, viaggiò molto e fu amico
di Alessandro Manzoni, Giuseppe Mazzini,
Johann Wolfgang von Goethe e molti
altri uomini illustri italiani ed europei. Visse
a Livorno per una quindicina d’anni. Qui
dette vita ad un apprezzabile cenacolo di
cultura. Per suo volere, fu sepolto nel piccolo
cimitero che esisteva attiguo alla Chiesa
di San Jacopo: alla sua demolizione, avvenuta
nel 1915, la salma fu traslata nella
cripta della chiesa stessa con la seguente
lapide: «Antonio Benci - Letterato e Matematico
- Pedagogista ed Educatore - N. 30
marzo 1783 - M. 25 gennaio 1843». Nel
1893 gli fu intestato l’imponente edificio
scolastico appena innalzato in via Bernardina.
BENCINI ADRIANO (Livorno 5 ottobre
1922 - 3 marzo
2011, di Enzo e
Adriana Aliboni) -
Luminare della medicina,
una delle colonne
portanti dell’Ospedale
livornese
Prof. Dott. Laureatosi
in medicina
e chirurgia all’università
di Padova, si formò presso l’università
statale di Milano, frequentando per
lunghi periodi le più rinomate scuole chirurgiche
d’Europa, come la clinica chirurgica
dell’università di Stoccolma e il settore
della chirurgia toracica dell’università di
Uppala. Proprio in questo periodo raggiunse
i primi successi internazionali, ideando
e sperimentando la prima macchina per la
circolazione extracorporea, il primo pacemaker
e il primo defibrillatore. Mise a punto
anche l’intervento sul “Glomo carotideo”
per la cura dei pazienti asmatici, che
negli anni ’60/’70 ebbe un vasto clamore
attirando pazienti da tutto il mondo. Tantissime
le sue pubblicazioni su importanti
riviste internazionali. Dopo aver vinto un
concorso, nel 1961 divenne primario negli
Spedali Riuniti di Livorno dapprima in
Chirurgia toracica e successivamente in
Chirurgia generale, carica che tenne fino al
1985, anno del suo pensionamento. È stato
un sostenitore della carotidoglomectomia
per la cura degli asmatici. Per primo a Livorno
impiantò un pace maker cardiaco.
Nel 1982 fu tra i soci fondatori e primo
presidente della ricostituita Società Medico-Chirurgica
Livornese. Per oltre 40 anni
fu socio anche del Rotary Club Livorno
che lo ricordò nel 2013 donando un defibrillatore
alla Svs di Livorno. È stato sepolto
a Fauglia nella cappella di famiglia.
BENCINI GIOVANNI (Livorno 1957 - 20
marzo 2020) - Dirigente comunale. Dr. Laureatosi
in economia e commercio a Pisa, nel
1984 fu assunto dal Comune di Livorno in
qualità di provveditore economo dell’Istituto
Pascoli, ed in seguito di direttore. Passato
dirigente, negli anni ha poi curato i
settori della Sicurezza sociale, delle Politiche
abitative, del Patrimonio, dei Servizi
alla persona, dei Servizi sociali e dei Servizi
demografici. Il suo ultimo incarico fu
delle attività amministrative per il postalluvione
2017.
BENCINI GUIDO (Livorno 8 maggio 1963
- Fauglia (PI) 9 ottobre 2019) - Skipper.
Figlio del chirurgo di fama mondiale Adriano
Bencini (v.), la sua vita è rimasta legata
al mare. Capitano di lungo corso diplomatosi
al Nautico “C. Cappellini” di Livorno,
è stato skipper professionista su barche a
vela della classe Ior e su grandi yacht da
crociera. È stato anche al comando della
“Signora del vento” (la prima nave scuola
della Marina Mercantile, seconda per dimensioni
solo alla nave scuola “Amerigo
Vespucci” della Marina Militare) e, per lungo
tempo, al servizio della navigazione
commerciale della flotta D’Amico.
BENDINELLI ANGELO (Lari (PI) 1876 -
Livorno 1942) - Tenore. Lasciò gli studi in
legge per dedicarsi alla lirica, debuttando al
Teatro San Marco di Livorno nel 1902.
Grazie ad una voce carezzevole e gentile si
affermò nei più grandi teatri italiani e del
mondo. Dopo il 1922, alternò la carriera
all’insegnamento.
BENDINELLI GUSTAVO (Livorno 23
gennaio 1937 - Pisa 7 agosto 2008, di Giorgio
e Zulma Taglioli) - Odontotecnico.
Dopo aver frequentato fin da ragazzo lo
studio dello zio, il celebre Barcali, continuò
nell’attività di odontotecnico.
BENDINELLI MAURIZIO (Livorno 5
aprile 1948 - 29 dicembre 2008, di Luigino
e Carla Terzar) - Vigile e sindacalista. Nel
1971 entrò nel corpo dei vigili urbani e vi
rimase fino al pensionamento (2006), svolgendo
attività dapprima in strada, poi al
reparto motociclisti ed infine all’Annona.
Come sindacalista, fu il primo segretario
provinciale della Sulpm e si distinse in molte
battaglie a favore dei lavoratori, a partire
dalla vertenza sicurezza che nel 2004 vide
a Livorno la manifestazione cui confluirono
i vigili urbani di tutta Italia.
BENDINELLI ROBERTO (Livorno 2 luglio
1954 - 22 agosto
2020) - Personaggio
popolare.
Ex calciatore delle
giovanili del Livorno
negli anni Settanta
e lavoratore
Aamps, conosciuto
da tutti come “Il
Mela”, soprannome
che gli era stato
affibbiato da bambino per via di quella faccia
tonda con le gote rosse. Malgrado i suoi
problemi fisici (ha avuto entrambe le gambe
amputate a causa del diabete), era una
figura sempre sorridente e allegra, partico-
39
27
Benifei
larmente conosciuto nel quartiere di Borgo
Cappuccini, che girava con la sua motoretta
elettrica, assiduo frequentatore della Cantina
Senese e del Bar Sirena, con la barzelletta
sempre pronta e simpatici aneddoti.
Per la sua livornesità, schiettezza ed ironia
fu anche intervistato da Rai5 in occasione
di un servizio sulla città. Rilasciò l’ultima
sua intervista al mensile LIVORNOnonstop
nel mese di Aprile 2020.
BENEDETTI ERMANNO (Collesalvetti
(LI) 1928 - Bologna 4 agosto 2013) - Giornalista.
Cresciuto alla redazione sportiva
de Il Telegrafo, fu uno degli inviati al seguito
del Livorno Calcio. Nel 1968 passò al
quotidiano bolognese Stadio e, per oltre un
trentennio, seguì le vicende calcio del Bologna,
divenendo una storica ed “illustre firma”.
Dopo la pensione fu opinionista dell’emittente
televisiva “È tv”, con la rubrica
“Il caminetto di Ermanno”.
BENEDETTI GIUSEPPE (Brescia 19 luglio
1909 - Livorno 23 luglio 1986, di Piero
e Maria Zucco) - Medico. Prof. Dott. Laureatosi
a Pisa col massimo dei voti nel 1932,
fu allievo tra i più brillanti del prof. Cassano,
insieme al quale è stato relatore in Italia
e all’estero in molteplici convegni. Si specializzò
in patologia medica e metodologia
clinica e, in seguito, all’università di Firenze,
in geriatria e gerontologia. Dopo aver
vinto l’apposito concorso, dal 1948 divenne
primario dell’Ospedale di Livorno. In
tale veste mostrò doti non comuni di professionalità,
umanità e rara capacità clinica.
Autore di numerosi lavori scientifici, fu un
ricercatore di prim’ordine nel settore del
metabolismo e delle epatopatie.
BENEDETTI MARIA GRAZIA (Livorno
10 febbraio 1937 - 7 novembre 1995, di
Gastone e Elba Braccini) - Ristoratrice.
Ottima cuoca, iniziò giovanissima nel campo
della ristorazione e, con il marito Umberto,
aprì il «Rogiolo» a Quercianella per
passare, nel 1972, ad un’esperienza di quattro
anni all’isola di Capraia. Rientrata a Livorno,
la coppia gestì per nove anni il ristorante
“da Grazia” a Montenero, quindi
con le figlie, dette vita al locale in via del
Seminario, dal nome “Rincontriamoci”.
BENEDETTI MARIO (Livorno 1931 - 23
novembre 2020) - Pittore. Attraverso una
creatività gentile e poetica, si impose con
una tavolozza chiarista e d’avanguardia. Fu
tra i frequentatori del Cenacolo della Valle
Benedetta.
BENEDICTI CATERINA (Livorno 1859 -
1939, di Stefano) - Docente e scrittrice.
Prof. Si dedicò per tutta la vita all’insegnamento.
Fu tra le fondatrici dei Ricreatori
Scolastici e fece parte del Consiglio Direttivo
dell’Unione Magistrale Nazionale.
Collaborò con Il Telegrafo con articoli inerenti
la scuola. Lasciò un Sillabario su cui
hanno imparato a leggere diverse generazioni,
e un libro per ragazzi che ebbe enorme
diffusione «Lo scolaro di Maestro Michele».
Lasciò la scuola dopo oltre 40 anni
di servizio, meritandosi la medaglia d’oro
dei benemeriti della pubblica istruzione e
l’onorificenza dei SS. Maurizio e Lazzaro.
BENENATI CARLA con. Ribecai (Livorno
22 luglio 1971 - 26 luglio 2006, di Silvano e
Anna Gioia) - Appartenente all’ANFN
(Associazione Nazionale Famiglie Numerose),
già madre di quattro bambini in tenera
età, rifiutò le cure per un tumore pur di
salvare il bambino che portava in grembo.
Poco tempo prima di morire scrisse “La storia
di Carla” (una meravigliosa testimonianza
della sua storia e della sua lotta contro la
malattia) che è stata inserita nel sito del Centro
famiglia diocesano di Livorno. In suo ricordo
le è stata intitolata la nuova struttura
del Centro famiglia di via Galilei 11.
BENETTI GINO (Livorno 1939 - 6 agosto
2011) - Militante politico. Iscrittosi giovanissimo
al Pci, entrò a far parte della storica
sezione “Pessi” e, negli anni Settanta,
diventò membro della consulta che si trasformò
poi nella Circoscrizione 5. Oltre a
ricoprire l’incarico di responsabile della
commissione sport, fece parte dello staff
della Coppa Barontini e fu responsabile della
commissione tecnica del Palio marinaro.
BENETTI MANLIO (Livorno 26 maggio
1888 - 28 agosto 1970, di Aldino e Rosina
Nelli) - Militante politico. Tra gli esponenti
più in vista del socialismo livornese a
partire dagli anni ’20, fu perseguitato durante
il ventennio fascista e più volte dovette
abbandonare la città per sfuggire alla
polizia del regime. Entrato a far parte del
Comitato di Liberazione, durante la seconda
guerra mondiale, fu eletto al Comune
nelle liste del Psi. Fu anche corrispondente
dell’Avanti e de Il lavoratore di Trieste.
BENETTI OSMANA con. Benifei (Livorno
21 dicembre
1923 - 10 febbraio
2016) - Partigiana e
protagonista della
Resistenza livornese.
Cav. Fu tra le
fondatrici dei Gruppi
di Difesa della
Donna, organizzazione
sorta nel 1943
per iniziativa del Pci con l’intento di promuovere
la Resistenza femminile in ogni ambiente
sociale e di organizzare una rete di
aiuti alle famiglie di carcerati, internati e partigiani.
Nel 1945 si sposò con Garibaldo
Benifei (v.), suo compagno di militanza, e
fu il primo matrimonio civile del dopoguerra
celebrato a Livorno, scambiandosi fedi
d’acciaio, regalate agli sposi dai lavoratori
del Cantiere. A fianco del marito, si impegnò
negli anni presso le scolaresche a mantenere
vivo il ricordo della Memoria e i valori
della Resistenza. Presidente onoraria
dell’Associazione Nazionale Perseguitati
Politici Italiani Antifascisti, nel 2015 ricevette
dal Comune di Livorno la “Livornina
d’oro”, massima onorificenza cittadina. Nel
2016 le è stata intitolata la scuola d’infanzia
che fa parte del 5° Circolo Didattico/De
Amicis.
BENIACAR famiglia - Famiglia ebraica
composta dal padre Moise, dalla madre
Estrea Levi e dai figli Bulissa, Giacomo e
Matilde, costretta a fuggire dalla Turchia
per l’avvento delle leggi razziali, nel 1933
trovò rifugio dai nonni a Livorno (dove nacque
Perla). Durante i bombardamenti del
maggio del ‘43, la famiglia sfollò a Borgo a
Buggiano, ma tutti i componenti furono arrestati
su delazione e deportati nei campi
di concentramento, dai quali solo Matilde
riuscirà a sopravvivere. Quest’ultima, tornata
a Livorno, fu una delle prime testimoni
italiane della Shoah e l’ultima della Comunità
Ebraica livornese. In ricordo di BE-
NIACAR MATILDE (Smirne (Turchia) -
18 gennaio 1926 - Cecina (LI) 19 dicembre
2016) e BENIACAR PERLA (Livorno 19
giugno 1935 - Auschwitz (Polonia) 26 febbraio
1944), in occasione della “Giornata
della Memoria”, rispettivamente del 2013
e 2018, sono state poste davanti alla casa
dove vivevano, in via D. Cassuto 1 (allora
via Reale), le seguenti “pietre d’inciampo”:
“Qui abitava, MATILDE BENIACAR, nata
1922, arrestata 25.1.1944, Borgo a Buggiano,
deportata, Auschwitz, liberata”;
“Qui abitava, PERLA BENIACAR, nata
1935, arrestata 25.1.1944, Borgo a Buggiano,
deportata, Auschwitz, assassinata
26.2.1944”.
BENIFEI GARIBALDO (Campiglia Marittima
(LI) 31 gennaio
1912 - Livorno
24 aprile 2015) -
Partigiano e memoria
storica di Livorno.
Cav. Ultimo di 12
fratelli (il padre, pure
di nome Garibaldo,
morì tre mesi prima
che egli nascesse), di
famiglia sovversiva e antifascista, fu costretto
a 10 anni a fuggire a Livorno per sottrarsi
alle persecuzioni degli squadristi. Nel
1931 entrò nell’organizzazione comunista
clandestina e fu più volte arrestato per attività
sovversiva. Tornato in libertà, partecipò
alle riunioni della “Concentrazione antifascista”,
dalla quale sarebbe sorto il CLN
di Livorno, ed entrò nella Resistenza. Nel
1945 si sposò con Osmana Benetti (v.), sua
Benigni
28
40
compagna di militanza, e fu il primo matrimonio
civile del dopoguerra celebrato a Livorno,
scambiandosi fedi d’acciaio, regalate
agli sposi dai lavoratori del Cantiere. A
fianco della moglie, si impegnò negli anni
presso le scolaresche a mantenere vivo il
ricordo della Memoria e i valori della Resistenza.
Iscritto al PCI, al PDS, ai DS e quindi
al PD, fu presidente dell’Associazione Nazionale
Perseguitati Politici Italiani Antifascisti.
Raccontò parte della sua vita nel libro
Per la libertà, edito nel 1996 dalla Coop
Toscana Lazio. Nel 2007 ricevette dal Comune
di Livorno la “Livornina d’oro”, massima
onorificenza cittadina, mentre nel 2013
il Comune di Sarzana gli conferì l’onorificenza
civica “XXI Luglio 1921”. È scomparso
all’età di 103 anni ed era il partigiano
più vecchio d’Italia. In suo ricordo, l’8 settembre
2015, nel 72° anniversario dell’Armistizio,
il Comune di Livorno ha affisso
di fronte alla Sala del consiglio, la seguente
lapide: “In memoria e a onore dell’antifascista
Garibaldo Benifei i livornesi vollero
questo ricordo nel Palazzo Comunale. Firmato,
il sindaco di Livorno Filippo Nogarin”.
Gli è stata pure intitolata la Banda
Libera SVS e il gozzo del Labrone.
BENIGNI LUIGI (Livorno 15 settembre
1909 - 7 dicembre
1969, di Mario e Virginia
Ciucci) - Attore
e commediografo,
per tutti «Gigi».
Ebbe grande successo
a partire dal 1935
quando, assieme a
Beppe Orlandi (v.),
scrisse e interpretò
La ribotta a Montenero che, assieme a Li
sfollati (1946) rappresentano i classici del
teatro vernacolare livornese. Altre commedie
di successo, scritte ancora con Orlandi,
alle quali più tardi si aggiunse il nome di
Gino Lena (v.) furono Gli spiriti in casa
della pizziata (1935), Il miraggio di Hollywood
(1936), La pia dè Tolomei (1941) I
‘asigliani (1947) La ‘hiesta (1949), La ‘asa
aperta (1955), L’asiatia (1958), Il palio
marinaro (1959). La maggior parte di questi
testi teatrali vernacolari trae origine dall’ambiente
familiare, visto in chiave prevalentemente
comica. Un’altra particolarità è
che i personaggi delle “popolane livornesi”
sono interpretati da attori uomini e che nei
testi non appare mai la parolaccia o la volgarità
pur trattando situazioni scabrose. Il
suo vernacolo è stato apprezzato in tutta
Italia.
BENINCASA SERGIO (Livorno 15 gennaio
1934 - Roma 9 dicembre 2016) - Giornalista.
Iniziò l’attività giornalistica nella redazione
livornese de La Nazione occupandosi
prevalentemente di cronaca e sport.
Nel ’55 fece parte della pattuglia che aprì le
redazioni umbre del
quotidiano fiorentino.
Subito dopo si
trasferì a Milano,
alla redazione centrale
del Guerin
Sportivo di Gianni
Brera. Tornato a Livorno,
nel 1961 divenne
capo servizi
sportivi e responsabile della pagina della
cultura de Il Telegrafo.Nel 1970 fece parte
del team di inviati del Corriere dello Sport
ai Mondiali di calcio del Messico. Nel 1971
si trasferì a Roma come cronista parlamentare
per l’Agenzia nazionale ASCA. Nel
1975 tornò al Telegrafo come capo redazione
interni. Nel 1978, con l’arrivo del
“Gruppo Caracciolo”, divenne capo-redattore
e poi direttore responsabile del quotidiano
livornese, che nel frattempo riprese a
chiamarsi Il Tirreno. Fu poi direttore de La
Provincia Pavese e del Gazzettino di Vigevano.
Nel 1981 tornò di nuovo all’ASCA,
ma questa volta in qualità di direttore e,
simultaneamente, svolse l’incarico di capo
ufficio stampa di Remo Gaspari, allora ministro
alle Poste, alla Funzione pubblica e
alla Difesa. Dal 1986 si trasferì a Perugia in
qualità di direttore del Corriere dell’Umbria
e, in seguito, di altre testate della stessa
regione. Nel 2004 pubblicò il libro di
memorie intitolato “Da Gigi Riva a Berlusconi.
Cinquant’anni di cronaca di un giornalista
tosco-umbro”.
BENINI LUIGI (Civitavecchia (Roma) 21
febbraio 1906 - Livorno 20 febbraio 1998,
di Oreste e Gemma Teci) - Pittore. Per tutti
“Gigi”, si fece apprezzare per la sua tavolozza
spontanea e per i suoi temi umoristici.
Di professione camionista nel settore
petrolifero, portava sempre appresso un carboncino
col quale ritraeva amici e conoscenti.
Partecipò a diversi Premi “Rotonda”.
BENUCCI FRANCESCO (Livorno 1745 -
Firenze 1824) - Cantante. Si impose alla
fine del XVIII secolo come basso/baritono
dalla voce morbida e sonora e per presenza
scenica. Legato alle opere di Wolfgang Amadeus
Mozart, ricoprì il ruolo di protagonista
ne Le nozze di Figaro (1786) e di Così
fan tutte (1790).
BENVENUTI BENVENUTO (Livorno 5
ottobre 1881 - 15
gennaio 1959) - Pittore
divisionista. Avviatosi
alla Scuola di
arti e mestieri di Lorenzo
Cocchi, ne ricevette
una vocazione
paesaggistica
macchiaiola, interessandosi
soprattutto
alla pittura di Adolfo Tommasi. La svolta
al divisionismo avvenne dopo l’incontrò
con il critico d’arte e pittore Vittore Grubicy
de Dragon, del quale diviene l’allievo
più assiduo, soggiornando periodicamente
a Milano dal 1905, fino alla morte dello
stesso nel 1920, diventandone anche l’erede
testamentario. Nel frattempo riscosse
largo successo a Parigi nelle mostre alla
Galleria Grubicy (1907) e al Salon d’Automne
(1909). Tornato definitivamente a
Livorno nel 1921, proseguì nella sua matrice
pittorica riscuotendo consensi di pubblico
e critica, allargando i suoi orizzonti
anche alla grafica, in particolare disegni e
litografia. Partecipò alle esposizioni livornesi
del Gruppo Labronico e della galleria
Bottega d’arte, dove, 1923, allestì la sua
prima mostra personale, a cui fecero seguito
quelle al Circolo di Cultura di Bologna
(1927), alla Galleria Scopinich di Milano
(1935) e alla Saletta Rizzi di Firenze (1935).
Una progressiva cecità a partire dagli anni
Cinquanta lo portarono anzitempo all’abbandono
della pittura. Nel 1970 gli è stata
intitolata la strada posta tra via del Littorale
e via F.D. Falcucci, a Quercianella. Nel
2001 il Comune di Livorno ha allestito a
Villa Mimbelli la mostra monografica “Benvenuto
Benvenuti. Dal vero al simbolo.
1881-1959”. Alcune opere del Maestro
sono state donate dal figlio Ettore (Livorno
13 giugno 1926 - 29 dicembre 2011) al
museo «G. Fattori» (Maternità del 1923,
che si affianca alle altre due già presenti
nella collezione civica: Villa al mare del 1911
e Torre di Calafuria del 1920) e alla Fondazione
Cassa di Risparmi di Livorno.
BENVENUTI CARLO (Livorno 8 febbraio
1716 - Varsavia (Polonia) 12 dicembre 1789)
- Scienziato. Gesuita. Compì i primi studi
a Livorno poi, sedicenne, iniziò a Roma il
noviziato nella Compagnia di Gesù. Dotato
di grande ingegno, studiò e insegnò teologia,
matematica, filosofia, letteratura, storia,
geografia e lingue. Ebbe la sua prima
cattedra a Fermo, poi fu chiamato nel Collegio
Romano, ove papa Clemente XIV gli
conferì pure la cattedra di liturgia. Trascorse
gli ultimi anni in Polonia. Ha lasciato
dotti scritti, tra i quali Sinossi di fisica generale
e una dissertazione di fisica intitolata
De lumine.
BENVENUTI GASTONE (Livorno 1916 -
10 gennaio 1973) - Pittore e docente. Difensore
del neo-realismo, si espresse con
un linguaggio accessibile, affrontando
un’ampia tematica con toni spesso violenti;
cercò in ogni opera la sintesi. Esordì nell’immediato
dopoguerra in rassegne regionali
e nazionali, ottenendo varie affermazioni.
Si dedicò anche all’insegnamento
come docente di disegno e pittura nella sezione
di «Villa Maria» della Libera Accademia
«Trossi Uberti».
(5 - continua)
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30 storia
eventi
31
Il noto disegnatore ha realizzato il (bellissimo) manifesto di Effetto Venezia 2021
Daniele Caluri
e la sua Livorno
‘A braccia aperte’
Una città che vuol ripartire
con ottimismo e creatività
Riflettori
puntati
su
Daniele
Caluri,
noto fumettista
e disegnatore livornese di fama
internazionale, che ha realizzato
il bellissimo manifesto di
“Effetto Venezia 2021”, la manifestazione
che si svolgerà dal
4 all’8 agosto prossimi.
Un’immagine, quella della locandina,
che emoziona, un
cerchio storico con le più importanti
bellezze livornesi.
Colori caldi accompagnati da
suggestive luci serali, una città
riflessa nel nostro mare,
con deliziose palme che spuntano
alle spalle di storici edifici
e solitari gabbiani che si ele-
di Annalisa Gemmi
Il manifesto di Effetto Venezia 2021 realizzato da Daniele Caluri
vano in volo, il tutto, accompagnato
da un calmo e tranquillo
tramonto estivo.
Questa è Livorno, la vera Livorno,
fatta di storia e di storie,
di arte, mare e vita.
Lo slogan che spunta al centro
del manifesto è rappresentata
da una chiara e semplice
scritta: “A braccia aperte”;
una frase che invita ed accoglie
tutti, perché da sempre
Livorno rappresenta, con il
suo mare, un invito “aperto”.
- Daniele, prima di tutto
complimenti per la tua realizzazione
artistica, un bel successo
meritato! Raccontaci di come
hai accolto l’offerta di realizzare
la locandina per “Effetto Venezia
2021”, quali sono state le
tue prime impressioni e idee.
Grazie mille per i complimenti,
mi fa davvero piacere. In
effetti, quando sono stato contattato
da Riccardo Antonini,
sono rimasto contento, sia
dell’idea di affidare l’immagine
di uno dei festival più
amati della città a un artista
livornese, sia del fatto che
l’artista di quest’anno fossi io.
Quando mi sono incontrato
col sindaco abbiamo fatto una
chiacchierata in cui ho cercato
di capire quale fosse il tema
portante, le suggestioni di cui
tenere conto dopo un anno
così terribile come quello che
ci lasciamo alle spalle. Attraverso
lo slogan “A braccia
aperte” mi ha espresso la volontà
di un’intera città di accogliere,
di ripartire. E in questo
senso eventuali immagini
di gente festante, o in qualche
modo di spettacoli e messe
in scena non mi sembravano
sufficienti. È così che mi
si è creata in mente l’immagine
di un abbraccio ar-
32
eventi
Daniele Caluri (Livorno,
1971) dal 2008 è docente
di disegno e storia dell’arte
al liceo scientifico
‘F. Enriques’ di Livorno.
È anche autore di fumetti
da anni, durante i quali
ha collaborato con Feltrinelli,
Bonelli, Glénat, Panini,
Il Vernacoliere, Il
Male di Vauro e Vincino.
Come autore unico ha creato
le serie di Fava di Lesso,
Nedo, Luana la Bebisìtter;
in collaborazione
con Emiliano Pagani ai testi
ha creato le serie di Don
Zauker e Nirvana. È inoltre
disegnatore per Martin
Mystère e Dylan Dog. Pluripremiato
in concorsi nazionale,
ha all’attivo anche
varie mostre personali.
chitettonico composto da
elementi caratterizzanti il
quartiere Venezia. Un insieme
di palazzi disposti ad arco che
attraverso le luci prende quasi
vita, che chiama all’avvicinamento
e al di là del quale sta
cominciando la festa, sotto il
crepuscolo estivo di Livorno.
- Abbiamo visto che prima dell’esecutivo
hai realizzato dei
bei bozzetti a matita, ci puoi
raccontare le varie fasi di realizzazione?
In questo caso è stato abbastanza
facile: una volta trovata
l’idea giusta, ho disegnato
un rapido abbozzo a
matita, giusto per mostrare
dove volessi andare a parare.
Devo dire che Riccardo e
Luca hanno capito immediatamente,
e mi hanno dato la
massima fiducia. A quel punto
ho realizzato il disegno definitivo,
a china su carta;
quindi ho eseguito la scansione
e l’ho colorato in digitale,
cercando di armonizzare al
meglio i colori per poter ottenere
il risultato più suggestivo.
Tutta la tavolozza si basa
sul contrasto che c’è fra
l’arancio e l’azzurro, che essendo
colori complementari si
esaltano a vicenda, e quindi
in questa fase l’attenzione si
è rivolta principalmente a non
scadere nel pacchiano, oltre
che a far sì che gli stessi colori
risultassero efficaci anche
nel processo di stampa.
- Cosa rappresenta per te questa
creazione artistica? Svelaci
qualche piccolo segreto realizzato
con più trasporto emotivo
o con più dedizione.
C’è l’acqua, c’è il cielo e ci
sono i palazzi settecenteschi:
diciamo che gli ingredienti
per una scenografia che si fa
da sé c’erano già in partenza.
Io mi sono divertito a trasformarli
in qualcos’altro; una
specie di isola brillante e sospesa
in un attimo di passaggio.
Graficamente, il passaggio
è dalle ore diurne a quelle
notturne del festival; più
allegoricamente, mi piace
pensare al momento di passaggio
potenziale che sta vivendo
Livorno: da città troppo
a lungo rinunciataria e attorcigliata
su se stessa, a città
che prova davvero a ripartire,
in diversi aspetti che la
caratterizzano. In questo senso,
forse la cosa che mi ha
coinvolto maggiormente è stata
proprio la resa del cielo in
quel particolare, brevissimo
attimo: non più giorno, ma
non ancora notte, quando
l’azzurro cede il passo al blu
profondo, si tinge di una specie
di lilla all’orizzonte e le
nuvole si stirano con la brezzolina
della sera.
- Livorno, una città cara a tutti
noi, cosa ti auguri e cosa ti
aspetti da questa città a livello
artistico?
Guarda, mi auguro che prosegua
convintamente in questo
suo rialzare la testa. Livorno,
a livello culturale e
artistico ha molto da offrire,
e spesso questo patrimonio
viene ignorato non solo da
turisti sbigottiti di fronte a
quello che ritenevano improbabile,
ma non di rado anche
dagli stessi livornesi. E tuttavia
questa sua storia c’è, e la
sua eco si riverbera nelle mille
realtà cittadine che hanno
attitudine al fare artistico, declinato
nei linguaggi più disparati.
Sarebbe bello immaginare
formati e contenitori di
rilievo, che incoraggiassero
quelli che provano a uscire dal
mero dilettantismo, e dessero
una dignità più ampia alle varie
opere, rispetto a quella
strettamente locale. Le strutture
ci sono, le teste anche.
Confido nella costruzione di
una mentalità più a lungo raggio,
che richiede sicuramente
un bel po’ di lavoro, ma può
anche generarne molto di più.
-Hai un sogno nel cassetto che
ti piacerebbe realizzare a Livorno?
Spero di si!
Eh eheh… Certo che ce l’ho:
ridipingere il Mausoleo a Ciano
come il Deposito di Zio
Paperone. Sarebbe bellissimo
dare vita a quello che a tutti
gli effetti è un ecomostro privo
di valore storico, artistico,
religioso, in chiave post-Pop,
surreale e dadaista. Non me lo
faranno fare mai.
Il mausoleo di Ciano immaginato
da Daniele Caluri.
eventi
33
La start up livornese sarà ancora protagonista a ‘Effetto Venezia’
IMMERSIVA
e la città sensoriale
In occasione della 36 a kermesse
livornese “Effetto Venezia”
torna IMMERSIVA, la
start up livornese che grazie
all’utilizzo di tecnologie immersive
quali scenografie virtuali,
videomapping, realtà virtuale,
realtà aumentata, audio
3d, proiezioni 360° ha fatto
molto parlare di sé per le spettacolari
esperienze multisensoriali
che ha regalato al pubblico
a partire da gennaio 2020.
Dal 4 all’8 agosto Immersiva
farà di più: all’interno delle
cantine del Palazzo del Monte
dei Pegni (ingresso da Palazzo
delle colonne in Via Borra
29) sarà allestito un percorso
multisensoriale fatto di pillole
esperienziali, piccoli assaggi di
come potrebbe essere in un
futuro il primo Centro Espositivo
Multisensoriale al mondo,
un centro in grado di combinare
i cinque sensi attraverso
tecnologie innovative per la
diffusione di arte, scienza,
cultura e spettacolo.
Il pubblico sarà accompagnato
in un viaggio onirico sospeso
nozione del tempo e dello
spazio organizzato in tre stanze
ognuna delle quali racconterà
un’esperienza diversa.
Il “Castello di Livorno”, è il
primo ambiente virtuale realizzato
all’interno del progetto
“Immersiva virtual experience”
e sarà il tema della Sala 1
con regia e scenografia di Nicola
Buttari, consulenza storica
Gaetano Ciccone e Olimpia
Vaccari, modellazione e
approfondimenti Riccardo
Minuti e Marco Mancini.
Il “Castello di Livorno” presentato
in anteprima è una ricostruzione
3D della Livorno
medievale di fine Quattrocento,
realizzata con nuove tecnologie
grafiche, navigabile in
prima persona e fruibile gratuitamente
attraverso il web.
Sarà infatti poi possibile accedervi
liberamente on line, in
modo gratuito e senza alcuna
registrazione tramite un link
che verrà pubblicato sui social
di Immersiva Livorno.
In questa prima rappresentazione,
viene presentata una
fase preliminare di ricostruzione
virtuale del lavoro, dove i
visitatori muniti di joystick
potranno esplorare due ambienti:
la quadratura dei pisani
con il varatoio annesso e una
parte del centro abitato, oltre
ad interagire con una mappa
geo-localizzata, scoprendo
così dove sorgeva l’antico
borgo. Il visitatore potrà muoversi
negli ambienti e fra le
strade della Livorno antica attraverso
i sistemi di realtà virtuale.
Attraverso il confronto tra
mappe, manoscritti e documenti
catastali, grazie alla collaborazione
con l’associazione
culturale “Livorno com’era”,
è stata progettata in
tempi da record una mappa
dell’antico borgo medievale
geo-localizzata sulla attuale
città labronica che consente di
identificare con precisione i
luoghi dell’antico Castello di
Livorno, dopo che fu circondato
di mura e munito di fortezze,
nel periodo che precede
l’avvento di Cosimo Primo
e il decollo definitivo del castello
verso la città.
Parallelamente allo sviluppo
della mappa sono stati costruiti
diversi modelli 3d di edifici
e fortificazioni per un progetto
che prevederà percorsi didattici
per le scuole e coinvolgere
i giovani alla scoperta della
storia della propria città, entusiasmando
con una esperienza
innovativa e originale.
La Sala 2 avrà il titolo di Immersiva
Cube Una città (Livorno).
Le città sono sempre
molteplici, si possono nascondere
su sé stesse assumendo
forme distinte, evidenti come
allo sguardo o mentali, celate
tra pensieri e gli scambi che vi
si consumano. Tre videoinstallazioni
per raccontare la
stessa città in 3 modi diversi
grazie all’autore Martino Chiti
ed alla collaborazione di: Linda
Lombardo, Chiara Cunzolo,
Marta Reda, Gianna Landucci,
Marco Zaninello Associazione
Randi, Circolo Didattico
Antonio Benci, Comunità
straniere di Livorno.
CITTÀ #1 - Una fantasmagoria
di immagini e suoni plasmati
dai luoghi, i colori, il cibo, la
musica, le tradizioni portate
dalla diaspora. Riconoscere,
nelle distinte culture, una nuova
forma in cui il territorio si
arricchisce di vite sconosciute
e lo sconosciuto si appropria
di un nuovo territorio senza
perdere il contatto con la
terra d’origine.
CITTÀ #2 - Il mondo osservato
attraverso gli occhi dei
bambini. Uno sguardo privo di
costruzioni, spontaneo. Il progetto
si colloca all’interno
dell’accordo di rete “La scuola
cammina” al fine di promuovere
inclusione sociale e un modo
differente di intendere la didattica
e l’educazione.
34
eventi
CITTÀ #3 - Frammenti
di parole e volti che riflettono
sugli stereotipi di genere nelle
relazioni tra adolescenti. Sfaccettature
che compongono
un’idea. Un percorso che ha
l’obiettivo di ascoltare e comprendere
l’immaginario degli
adolescenti, di comunicarlo
per sensibilizzare sulla specificità
del loro stare in relazione
col mondo, facendone
emergere la complessità. Le
testimonianze di ragazzi e ragazze
ci restituiscono la visione
di come siamo influenzati
dagli stereotipi imposti dalla
società e, allo stesso tempo,
ci aiutano a costruire una riflessione
altra, piu? libera da
condizionamenti e habitus.
Immersiva performance
room animerà la sala n° 3
che si trasformerà in una “cattedrale”
dall’acustica suggestiva
che diverrà teatro in cui performers
incontreranno l’arte
digitale per dare vita a esperienze
multisensoriali di forte
impatto emotivo. Sono previsti
due eventi/spettacolo: Stardust
e Ritratti musicali.
“Stardust” coinvolge cantanti,
musicisti e ballerini che si
alterneranno in un dialogo tecnologico
con la video installazione
di Nicola Buttari per interpretare
il concetto di equilibrio
e armonia utilizzando anche
la famosa sequenza numerica
di Fibonacci inserita ad
hoc nell’algoritmo che genera
il flusso particellare e che in
questo caso reagirà agli stimoli
sonori live. Parteciperanno
Barbara Luccini, Leonardo
Diana, Massimo Signorini e
Daniela Maccari.
“Ritratti musicali”, è un’anteprima
assoluta: il 7 e 8 agosto
dalle 22 alle 23,30 verrà
presentato il progetto “Emotional
Piano Experience“,
nato dalla collaborazione
con il celebre
pianista classico
Gabriele Baldocci.
Il pianista con questa
performance rinnova
l’antica pratica dell’improvvisazione
classica e la trasfor-
ma, attraverso un mix multisensoriale
di musica e tecnologia,
in un’installazione artistica.
Gabriele infatti leggerà
nell’anima del visitatore che
avrà di fronte e improvviserà
un ritratto musicale, partendo
dalle emozioni suscitate dall’interazione
empatica tra egli
stesso e l’altro. Caratteristica
della performance è la sua singolarità,
cioè la sua irriproducibilità.
Essa esiste solo nel
momento della sua esecuzione,
nella singolarità dello spazio
che occupa e per quello
spettatore presente.
Buona esperienza multisensoriale
a tutti!!!! •
eventi
35
APPUNTAMENTI DA NON PERDERE
Immersiva e Mascagni Festival
AMICO FRITZ (31 luglio -
1 agosto - Lago Alberto, Guasticce)
“Tutto tace, eppur tutto al cor
mi parla”.
Immaginate due ragazzi che,
dal primo istante in cui incrociano
gli sguardi nelle loro giovini
vite, si innamorano perdutamente.
Immaginate due
ragazzi che sperano di sfiorarsi,
abbracciarsi, baciarsi, ma
non hanno il coraggio di dichiararsi.
La storia de L’Amico
Fritz ruota tutta attorno a
questo amore, che alla fine –
come nelle migliori fiabe – si
realizzerà. Freschezza, natura,
la musica messa al centro della
massima attenzione da Mascagni
dopo il successo di Cavalleria
Rusticana.
Il progetto produttivo de
L’Amico Fritz, prima opera
rappresentata al Mascagni Festival
in coproduzione con la
stagione lirica del Teatro Goldoni
di Livorno, ruota interamente
intorno a due temi, giovinezza
e formazione. Giovinezza
per la tematica raccontata
nell’opera, giovinezza nel
progetto formativo che la compone:
solisti selezionati dalla
Mascagni Academy, regista
Giulia Bongiselezionata dall’Accademia
dell’Opera di Verona.
E ancora, costumi realizzati
dall’Accademia Ligustica di
Genova. Il tutto con la suggestiva
scenografia in videomapping
realizzata da Immersiva.
Immersiva curerà l’impianto
scenografico fisico e virtuale
che diverrà un contenitore
atemporale di una vicenda che
parla di buoni sentimenti, di
accoglienza, di condivisione e
di passioni, quali l’amore genuino,
e l’amore per la natura. Un
palcoscenico sospeso nel tempo,
dotato di un sistema tecnologico
che permette di raccontare
l’invisibile, l’inenarrabile.
Video design: Nicola Buttari,
Martino Chiti. Scenografia:
Andrea Comotti. Light Design:
Emiliano Pascucci.
TERRAZZA MASCAGNI
(30 agosto-5 settembre)
Spazio espositivo culturale
“Il Villaggio Mascagni”
Il villaggio Mascagni sarà un
vero e proprio villaggio culturale
multisensoriale dedicato
alla forte personalità del celebre
compositore livornese.
Mascagni infatti, oltre alla
musica, aveva molte passioni.
Amava il gioco dello scopone,
il sigaro, il biliardo, il
tamburello, la bicicletta e il collezionismo
(quadri, orologi,
pipe, penne, scatole per sigari,
cravatte, gilet, bacchette per
dirigere, strumenti musicali).
Pietro Mascagni oltre ad essere
stato un artista di primo
livello, è stato un uomo che
ha fatto tendenza per la sua
eleganza, per il taglio di capelli
alla Mascagni, per essere
stato il primo a comporre per
il cinema, per le sue composizioni
musicali innovative. Saranno
presenti espositori di
brand di alto livello di prodotti
MADE IN ITALY amati da
Mascagni, oppure ispirati a lui,
alla musica e alla multisensorialità.
La musica è un elemento
sensoriale che per eccellenza
si sposa col gusto e con l’olfatto.
Multisensorialità come
strumento emozionale è anche
la caratteristica principale di
Immersiva, organizzatore di
questo evento.
Consulenza scientifica a cura del
Comitato Promotore Maestro
Pietro Mascagni, Orari apertura:
18-24. Ingresso tramite
carnet di esperienze.
PALAZZO PANCALDI
Ore 22 - Video tributo al M°
Pietro Mascagni a cura di
Guia Farinelli Mascagni (pronipote
diretta della figlia Emi).
Dalle 21 alle 24 - Videoproiezioni
dedicate alle aziende sponsor
sostenitrici di Immersiva.
GRAND HOTEL PALAZZO
- MASCAGNI DIGITAL ART
EXPERIENCE
Dalle 21 alle 24 - Videomapping
realizzato in collaborazione
con Bright Festival, manifestazione
culturale impegnata
nella promozione della creatività
digitale a livello internazionale.
Lo spettacolo sarà
aperto da Immersiva, per poi
lasciare spazio ad alcuni tra i
più famosi studi di arte digitale
italiani e ad artisti emergenti,
già molto talentuosi, che
presenteranno le loro creazioni
originali dedicate all’opera di
Mascagni, sotto la direzione
artistica di Stefano Fake, pioniere
delle mostre di arte immersiva
e artista digitale riconosciuto
a livello internazionale
e la consulenza scientifica di
Guia Farinelli Mascagni del
Comitato Promotore Maestro
Pietro Mascagni. •
36 circoli sportivi
La prestigiosa storia del CVA da sempre fucina di illustri personaggi e promettenti giovani
Circolo Velico Antignano, ieri e oggi
Questo
inverno
sono tornato
al
Circolo
Velico
Antignano,
che
mi aveva visto socio dal 1965
con la mia barca a vela classe
nazionale S, con una certa
emozione. Là avevo conosciuto
i migliori costruttori di barche
dell’epoca come Giuliano
Garfagnoli e Aldo Renai, eccellenti
regatanti come Oreste
Vaglini, Ettore Visibelli, i fratelli
Mazzantini e Sellari, Renato
Bargoni, Gigi Monteleone,
Massimo Camerini e Marco
Savelli ed inoltre fatto delle
amicizie che, dopo oltre cinquant’anni,
sono ancora vive
e vivide. Gli amici sono: Alberto
Paoletti, Ettore Visibelli,
Gigi Monteleone, Vittorio Porciatti,
Mario Maffei e Giovanni
Minach.
La piacevole sorpresa (ma
non tanto) è stata che nel circolo
c’è ancora lo stesso entusiasmo
dei miei tempi quando
era presidente l’ing. Carlo
Alberto Bitossi.
L’attuale presidente, il dottor
Andrea Mazzoni, iscritto dal
1988, mi fa il punto della situazione:
sono 187 i soci
iscritti al Circolo e 100 posti
barca sono disponibili all’ormeggio
nel porticciolo. Le barche
per i corsi sono nove 420
e sette Optimist. Vi sono anche
quattro Trident della società
Strapoggia da poter usare
in caso di bisogno.
Il vivaio dei giovani è curato
da ben quattro allenatori: Enrico
Maltini, Chiara Mori Ubaldini,
Benedetta Banti e Antonio
Panicchi. Completa la
squadra il marinaio Michele e
lasciato prematuramente in
modo tragico e assurdo - e
mio cugino Franco Visibelli
formarono il motore che sospinse
l’idea “Circolo Velico”.
Io avevo dodici anni e ricordo
che non mi era chiaro che
cosa effettivamente si volesse
realizzare, ma il discorso m’incuriosiva.
Seguendo mio cugino
conoscevo continuamente
persone nuove, tutte più grandi
di me, che con entusiasmo
parlavano di realizzare qualcosa.
Era forse il 1953 e il
CVA esisteva ma solo sulla
carta perché senza una sede
sociale è come rappresentare
un governo in esilio. C’era
Luigi Savelli a ospitare i confratelli
di vela ma senza il riconoscimento
dell’USVI
(Unione Società Veliche Italiane)
e senza un capannone
(ufficio - sede - ricovero attrezzi)
non si poteva pen-
di Giovanni Giorgetti
la collaboratrice di segreteria
Chiara. Lo scorso anno due
equipaggi dei corsi si erano
qualificati per i campionati del
mondo sul lago di Garda per
la classe 420 ma, purtroppo,
il Coronavirus ha sospeso tutto.
I corsi di vela si svolgono durante
tutto l’anno al costo di
150 euro, una cifra modica per
uno sport veramente formativo
per il carattere dei giovani,
perché li costringe a riflettere
ed agire rapidamente anche di
fronte ad avvenimenti imprevisti.
Ai corsi ci si può iscrivere fin
da sei anni e mi fatto veramente
impressione vedere dei ragazzini
muoversi agilmente, e
soprattutto con tanto entusiasmo
e determinazione, a bordo
degli Optimist.
Per la parte storica del Circolo
mi sono avvalso del qui sotto
scritto del 1996 di Ettore
Visibelli, che fin da giovinetto
ha vissuto tutte le vicende del
glorioso C.V.A.
C’era una volta
il Circolo Velico
Antignano
Alcuni scogli prospicienti
guardavano il mare verso un
braccetto esile di molo che
non avrebbe protetto una barca
ormeggiata manco da un
modesto scirocco e parlavano
del fascino che esercita la
vela.
Accanto, poco più oltre, i
Bagni Roma erano l’unica
struttura esistente a protendersi
verso il mare.
Chi fossero i componenti di
Il moletto di Antignano ai primi del ‘900 e come si presenta oggi.
quel gruppo esiguo lo ricordo
e spero di non dimenticare
nessuno, anche se so benissimo
che ciò è impossibile. Per
questo chiedo scusa già fin
d’ora ai tanti che ometterò di
citare e che certamente moltissimo
hanno fatto per il Circolo
Velico Antignano.
In quel capannello, di fronte
agli scogli che tratteggiavano
lo scheletro di un moletto,
parlavano di vela con un trasporto
che colpiva la mia fantasia
di ragazzo che di vela
proprio non sapeva un bel
niente. Si alternavano amichevolmente
in un dialogo
che affratellava idee ed entusiasmi,
collaborazione e ricordi,
progetti futuri e costi
relativi.
Giuliano Garfagnoli, Giovanni
Bientinesi e la sora
Wanda, Luigi Savelli, Giovanni
Lena - che ci avrebbe
•
circoli sportivi
37
sare a nessuna attività
sportiva, né tanto meno diportistica.
E il capannone fu costruito
ma senza sacrificio e con
l’aiuto di Luigi Savelli.
Mi chiedevo quale comun denominatore
accumunasse persone
tanto originali - ognuna
a suo modo - così diverse nell’indole,
nell’umore e nell’estrazione.
A ben considerare
era solo l’entusiasmo per
una disciplina che avrebbe
dovuto in seguito assorbirmi
fino ai capelli, nell’età che va
dai quindici ai trenta.
Al gruppo si unirono ben presto
altri antignanesi. Carlo
Alberto Bitossi portò la sua
geniale personalità di creativo
ma non meno di lui contribuirono
sinergicamente allo
slancio dei padri fondatori:
Ivo Volpi, Piero Gufoni, Bruno
Casabona e Bibi Del Vivo.
Quando mi ricordo dell’ing.
Maucera, del dott. Bargoni,
di Giovanni Falchetti e di
Oreste Vaglini, del dott. Favilla,
di Massimo Camerini,
di Gino Fracchia... gli anni
cinquanta volgevano al termine,
il moletto si era trasformato
in porticciolo (anzi porto
di III Categoria, mi fu detto)
e i primi beccaccini, unicamente
ai più numerosi 4.50
- la deriva nazionale - facevano
bella mostra sui piazzali,
richiamando numerosi i
curiosi e gli appassionati in
occasione delle regate più o
meno importanti.
Foto di gruppo dei fondatori del CVA.
Tre illustri personaggi del CVA: (da sin.) Giuliano Garfagnoli,
Giovanni Bientinesi e Luigi Savelli.
Furono gli anni della S, deriva
nazionale a restrizione,
che vide contese epiche in
Toscana. Antignano, Livorno,
Piombino, su tutte pluricampioni
nazionali i fratelli Mazzantini
dettarono legge ponendosi
ai vertici della categoria,
con un Bientinesi sempre
in agguato, vecchio corridore
motociclista convertito
alla vela, pronto a piazzare
zampate vittoriose quando
il “bordo lungo” gli era favorevole
in bolina.
Gli Snipe, i Beccaccini, crebbero
negli anni ’60, iniziando
in sordina sulla scia dei
castiglioncellesi e solvaini,
sicuramente antesignani nella
categoria. La flotta del
conte Bossi Pucci era un punto
di riferimento e prima che
Savelli, Vaglini, Bargoni e
tutta la flotta antignanese
salisse in cattedra come
un’armata invincibile, furono
Guglielmi e Migone, con
il loro “L’M L’M” a rappresentare
il punto di riferimento
per gli snipisti regatanti,
mietendo successi per il Circolo
Nautico Castiglioncello.
Direi che le Olimpiadi di
Roma lanciarono un programma
innovativo per lo sviluppo
della vela agonistica. Fu
a seguito della competizione
internazionale che l’USVI si
trasformò in FIV (Federazione
Italiana Vela): ai circoli
che ne avevano fatto richiesta
furono donati i Finn costruiti
per i Giochi Olim-
38 circoli sportivi
circoli sportivi
39
pici e al CVA fu assegnato
il Via Vai, che tante soddisfazioni
ci avrebbe regalato
con Oreste Vaglini al timone.
Nel ’62 passa in federazione
il progetto Corsi Olimpia per
propagandare la vela fra i
giovani e costruire l’embrione
tra i giovani dei futuri
campioni. Al CVA ho curato
personalmente l’organizzazione
della scuola, aiutato dal
tutto il Consiglio Direttivo che
ha sempre creduto nell’utilità
di creare un vivaio di giovani
e soprattutto da Luigi Monteleone,
oggi affermato
istruttore di vela in quel di
Portoferraio dove gestisce
da più di venticinque anni
l’affermata scuola Casa de
la vela.
Con i FJ si sono affermati
tantissimi ragazzi e ragazze
che hanno coniugato agonismo,
diporto e divertimento.
A metà degli anni sessanta i
Corsi Olimpia del CVA hanno
ricevuto per due anni di
seguito il contributo federale
come prima scuola italiana di
vela per numero di candidati
portati con successo agli esami,
per attività svolta e per
risultati ottenuti. Ed erano in
Italia i corsi, dove le ragazze
preponderavano per numero.
Tutte brave, peccato che,
dopo aver dimostrato ai maschi
di essere brave come loro
ed anche più di loro, decidessero
troppo presto di passare
a passatempi più romantici,
abbandonando l’attività agonistica.
Negli anni sessanta il CVA
spopola con i beccaccini. Lo
Snipe in Italia s’identifica con
Antignano. E Antignano nell’Italia
della vela diviene sinonimo
di Snipe. Abbondano
le imbarcazioni regatanti e i
risultati ottenuti, si rafforza
ovunque la simpatia riscossa
dagli antignanesi e viene apprezzata
da tutti l’efficiente
organizzazione offerta, non
disgiunta dalla calda ospitalità
riservata a tutti quelli che
vengano a cimentarsi in acque
labroniche. Marco Savelli
domina da juniores in campo
internazionale con più di un
prodiere (evidentemente li consumava
ed era costretto a sostituirli).
Vaglini e Cini portarono
il Gambacorta a crescenti
affermazioni. Bargoni
e Renai sono sempre presenti
nel gruppo di testa, non disdegnando
importanti vittorie.
Ma quello che sorprende sono
i rincalzi tra i quali emerge
sempre il comprimario di turno
che va a cogliere risultati
tutt’altro che insignificanti.
Daniele Lupidi che ha lasciato
un cocente rimpianto in
tutti noi con la sua prematura
e inattesa scomparsa, era sempre
là a gareggiare con i primi,
taciturno ma col suo grande
sorriso di bravo ragazzo.
Massimo Camerini, i fratelli
Sellari, Stefano Carrara e Gabriele
Cantù, il senior Bientinesi
con l’ing. Mauceri e qualche
volta anch’io ci alternavamo
in un gioco di squadra,
non senza qualche scaramuccia
interna che poi è in fin dei
Andrea Mazzoni presidente del CVA
Alcuni giovanissimi regatanti al rientro al moletto. Nel riquadro:
l’aiuto didattica istruttrice Matilde Carriero nonchè regatante
su 420.
conti il pepe della competizione.
Giuliano Garfagnoli - il
“Barcauro”, come lo aveva
definito Enrico Balata vedendolo
in mare da solo al timone
della sua lancia, spuntare
in controluce mezzo uomo e
mezza barca dal costato in giù
- era il direttore che orchestrava
la regata. Oggi lo si chiamerebbe
“il tattico” - non so?
- ma lui era il nostro punto di
riferimento.
“Guardatemi - ci diceva - la
bolina sta tra voi e la boa. Voi
non lo sapete dove gira il vento.
Io si! Non andate dove vi
pare. Guardate dove vado io:
il bordo da fare è da quella
parte!”.
Giuliano, quanta passione,
quanto accanimento, quanti
ricordi.....
Ettore Visibelli
40
portuali
41
Storia dei lavoratori del Porto di Livorno fra gli anni Ottocento e i giorni nostri
Le Carovane dei Navicellai,
Facchini, Saccaioli e Granaioli
Terza e ultima puntata della storia dei lavoratori
del Porto di Livorno che Adastro Brilli,
classe 1948, oggi portuale in pensione,
ha raccolto per diletto in un quaderno. L’autore
ci presenta un quadro completo di come
lavoravano i nostri nonni e bisnonni, in un
clima di fatica e sudore ma sempre familiare,
pronti alle battute e agli scherzi. Cita
tanti nomi, tanti personaggi (tutti regolarmente ‘marchiati’
con il soprannome, che si sono portati dietro per tutta la
vita), molti aneddoti che val la pena riprendere.
Riportiamo alcune parti del suo diario, così come è stato
scritto, per apprezzarne ancor più la genuinità.
(3) - Dopo aver dato spazio
nei precedenti numeri alle Carovane
dei Gobbi, dei Carbonai
e dei Marmaioli, il “diario”
del Brilli termina con
quelle dei Navicellai, dei Facchini,
dei Saccaioli e dei Granaioli.
I Navicellai, come si capisce
dal loro nome, utilizzavano i
navicelli, grossi barconi oggi
quasi del tutto scomparsi (ne
sono conservati uno o due
quale testimonianza di una realtà
lavorativa che non esiste
più). Erano larghi metri 3,64
e lunghi metri 12,83, costruiti
in legno da artigiani, chiamati
maestri d’ascia. Tra questi,
famosa la famiglia di Alfredo
Cecchi che noleggiava i navicelli
dal 1880; dopo di lui prese
il suo posto il nipote Emilio
che è stato uno dell’ultimi calafati.
Il termine calafatare è una parola
marinaresca, significa
“stoppare” e incatramare le
fessure dei navicelli. Venivano
trainati da barche a motore
quando dovevano uscire in
alto mare, con i quali si provvedeva
al trasporto delle merci
da terra alle navi e vicever-
sa, navigando per i canali adiacenti
al porto, in particolare
modo nel quartiere della Venezia,
dove vi erano magazzini
per lo stoccaggio della merce.
La merce, tramite l’Arno,
giungeva anche da Firenze e
da Pisa e, attraverso un apposito
canale, detto appunto dei
navicelli, giungeva a Livorno
per essere smistata a bordo
delle navi, un lavoro quindi che
richiedeva esperienza e buona
conoscenza delle tecniche
di navigazione.
La merce trasportata riguardava
soprattutto carbone fossile,
sabbia
per le vetrerie,
terraglie,
laterizi, farina,
pietrisco
e altri materiali
da costruzione.
La navigazione
veniva fatta
con tre tipi
di navicelli,
da 12 a 22
tonn. e quella
sull’Arno,
veniva esercitata
in tre
modi: a braccia
d’uomo (mediante delle
pertiche, con la trazione per
mezzo di fiumi), a vela, utilizzando
i venti, ed a vapore
medianti alcuni piccoli rimorchiatori
che facevano servizio
lungo il canale. Tutto questo
dette vita alla famosa carovana
dei Navicellai.
I Navicellai a sua volta erano
al sevizio delle case di spedizione
e spesso la merce veniva
caricata giorni prima dell’imbarco
alla nave; in quelle
occasione, per evitare eventuali
furti, i lavoratori effettuavano
la vigilanza anche di notte,
dove ogni tanto si appisolavano
sugli stessi barconi.
Di questa carovana storica,
nata nel 1892 come associazione
di mutuo soccorso, fra
i maggiori esponenti si ricordano
la famiglia Volpi (avevano
navicelli di proprietà,
con loro dipendenti), i Magagnini
(anch’essi proprietari di
navicelli), e, tra i lavoratori diretti,
i vari Suardi, Voliani, Bastrei,
Raugei, Brogi, Mazzantini,
Cappelli, Salvadori, Politi
(detto “tru tru”), Paci ed altri
In occasione dell’accorpamento
anche i Navicellai confluirono
nella Compagnia Portuale
del tiraggio merci varie
istituita nel 1929.
Un’altra Carovana era quella
dei Facchini Tabacchi Greggi,
i cui dipendenti lavoravano
il tabacco confezionato in
grosse botti di legno, stoccate
poi negli appositi magazzini,
e spedite mediante vagoni
ferroviari o camion per l’eventuale
trasporto in altre città.
Questa carovana di facchini
lavorava per conto dello Stato,
dato che il tabacco era di
predomino statale. Uno dei
nuclei più noti faceva capo alla
famiglia Barbaro,
C’erano poi i Saccaioli (anche
in questo caso il nome ne
identifica la funzione), lavoratori
che svolgevano l’operazione
di insaccaggio delle merci
sfuse: si trattava principal-
Un navicello carico di merce sotto bordo di una nave.
I “sacchiaioli” all’opera.
mente di grano, avena,
orzo, sale, zucchero, pepe,
semi, farine di ogni genere. Alcuni
saccaioli erano originari di
San Giovanni alla Vena (Pisa) e
una delle più note famiglie era
la famiglia Marconcini.
Il grano e i cereali in genere
venivano prima immessi in
appositi silos, per poi essere
insaccati. Ogni sacco pesava
101 kg. e, a spalla, i componenti
della Carovana dei facchini
Regi caricavano camion,
navicelli o bastimenti. trattavasi
di un lavoro, come è facile
capire, molto faticoso, che
veniva suddiviso in turni. Ogni
facchino usava mettere dalla
testa alle spalle una pezza di
stoffa o una balla di juta allo
scopo di evitare il più possibile
sfregamenti sulla pelle provocati
dall’attrito col carico
(pensate solo quale sarebbe
stato il risultato a caricarsi sulle
spalle i sacchi di sale
che colavano acqua!!!).
Fra i componenti di
spicco della Carovana
dei Facchini
Regi, si ricordano i
vari Lilla, Battini,
Corucci, Lenzi,
Dino Lorenzini (detto
“Cammello”, che
dagli anni ‘70 diverrà
dirigente della
Clp), Del Corona,
Salvadori, Catanzano,
Quercioli, Marconcini,
Nosilia,
Colombini, Bulli,
Dalli, Urbino Paoli, Brondi, Lavoratori,
Agretti, De Vanni, Angarelli,
Varese Brilli, Lancella,
Scola, Baggiani, Mantovani,
Spagnoli, Batoni, Bracci, Balleri,
Bastrei, Mannocci, Falchini,
Gambis, Reboa, Trocar,
Norfini, Balestri, Fanelli Battini,
Lucchesi, Rocchi, Colombi,
Colombini, Biagiotti, Bois,
Becchere, Castiglioni, Argenti,
Arnieri, Baldassatici, famiglia
Manteri ecc.
42
Con l’occasione vi racconto
un simpatico aneddoto riguardante
un certo Corucci,
abitante nel quartiere della Venezia
e facente parte di questa
Carovana.
Il periodo è quello di prima
della guerra e gli abitanti di
tutti i piani alti (non esistevano
gli ascensori) erano soliti,
per risparmiare tempo e fatica,
calare dei panierini fino al
terreno per tirare su la spesa.
Corucci immancabilmente tutti
i giorni chiamava la moglie
ad alta voce, in modo da farsi
sentire da tutto il vicinato, dicendole
di calare il panierino,
dove lui avrebbe messo il pollo,
cosa che, data la grande
miseria d’allora, destava l’invidia
di tutti.
Un bel giorno però, la moglie
tirò su troppo velocemente
con il panierino che, urtando
i fili della stesa dei panni, si
rovesciò facendo cadere il
contenuto a terra: tutti così
poterono vedere che si trattava
di patate sulle quali erano
infilate delle penne di pollo.
Tre noti portuali: Cinzio Bulli e Dino Lorenzini, entrambi della
Carovana Facchini regi e Omero Morucci dei Gobbi (Carovana
della quale ne abbiamo parlato nel numero scorso).
portuali
Da quel giorno il Corucci fu
soprannominato “sette polli”.
Mentre un certo Cinzio Bulli,
a quell’epoca d’accordo con
altri lavoratori, dato che i momenti
erano quelli dell’arrangiarsi,
avevano escogitato,
con altri compagni, un “furtarello”
di merce in un magazzino.
Si dettero così appuntamento
ad un ora stabilita per
poi agire: una volta dentro il
magazzino, l’accordo era di
chiamarsi. Il Bulli, non sapendo
che qualcuno aveva fatto
la “spia” alla polizia, iniziò a
chiamare ad alta voce “Siamo
tutti?”. I militaria allora
uscirono allo scoperto dicendo
“Eccoci” e lo fermarono.
In porto è diventato un detto,
quando si usa dire “Siamo Tutti?”,
la risposta è “Sì lo disse
anche Francesco il Bulli”. Saporito
La carrellata termina con la
Carovana dei Granaioli.
I facchini di questa caravona
si occupavano dello scarico e
carico della merce sfuse (grano,
orzo, avena ecc..) che arrivava
con navi o bastimenti,
spesso caricati “a tappo”, cioè
a dire a pieno carico. In questi
casi il natante si doveva fermare
in rada, perché in porto
non esisteva fondale sufficientemente
profondo, e doveva
essere quindi alleggerito. I facchini
raggiungevano il mezzo
con dei motoscafi e con le
pale riempivano coffe e teloni
resistenti, che, imbracati al
gancio del verricello venivano
scaricati nei navicelli anco-
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portuali
43
rati sui fianchi della nave.
La nave, così alleggerita, poteva
entrare in porto ed ormeggiare
alla banchina adiacente
allo stabilimento del Silos;
allora entravano in funzione
i facchini che mediante
bocchette di aspirazione trasferivano
il carico nella gigantesca
costruzione. Il materiale
che residuava a ridosso delle
serrette o staminarie (chiamate
in gergo portuale “pisciatoi”),
veniva pulito e riunito
adoperando pale e scope
di saggina e successivamente
aspirato nei silos fino ad
esaurimento.
Quest’ultimo lavoro veniva
fatto di solito dai lavoratori occasionali,
perché come al solito
il lavoratore socio portuale
prendeva tutto il buono,
dato che il guadagno era sul
tonnellaggio.
I facchini lavoravano con
grossi fazzoletti in testa e si
tappavano la bocca per proteggersi
dalla polvere che veniva
sollevata durante il lavoro; era
l’unica prevenzione che veniva
usata, in un contesto in cui
le norme antinfortunistiche
nonché igieniche erano molto
tenui e non venivano rispettate
“perché - come dicevano i vecchi
- se si sta attenti
a tutto non si lavora
più”.
Invece quando alcuni
lavoratori si
presentavano al
posto di lavoro con
bracciali e anelli,
molte volte venivano
rimandati indietro
“perché per
stare attenti ai gioielli
non avrebbero
potuto lavorare”,
questa era la
legge dei vecchi
portuali.
(3 - fine)
L’autore del ‘Diario’Adrasto Brilli ai tempi in
cui era portuale. A destra: lo zio Luciano Brilli.
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perché il Fosso era direttamente
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Canale dei Navicelli.
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uno scarpone.
- Tutto ‘r grasso ‘un fu bono,
tutto ‘r magro ‘un fu
male.
- Il male ‘un s’augura a nessuno.
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trova ‘r sole ne’ ‘ampi.
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QUIZ A PUNTEGGIO PER SAGGIARE LA TUA LIVORNESITÀ
LIVORNESE DOC O ALL’ACQUA DI ROSE?
Scoprilo rispondendo a queste domande; quindi controlla punteggio e valutazione:
1
A
B
C
2
A
B
C
3
A
B
C
4
A
B
C
Di quale nazionalità è la
popolazione straniera più
presente a Livorno?
Ucraina
Albania
Romania
... e a quanto ammonta il totale
dei residenti stranieri
presenti in città al 31/12/19?
22.720
12.197
8.125
A quanto ammonta la superficie
del Comune di
Livorno?
77,6 km 2
104,5 km 2
132,8 km 2
Chi progettò la Chiesa di
San Ferdinando?
G.B. Foggini
G. Del Fantasia
A. Della Valle
A quale anno risalgono le
5 9
“Leggi livornine”?
1593
1722
1654
... e da chi furono promulgate?
Ferdinando I
Cosimo III
Leopoldo I
Dove è posto il Cimitero
greco-ortodosso?
Via G. Verdi
Via M. Mastacchi
Viale I. Nievo
... e intorno a quale anno
fu aperto?
1902
1786
1840
L’edificio dei Bagnetti della
Puzzolente fece da sfondo ad
una scena di un film. Quale?
Ovo Sodo
Tutti a casa
I sequestrati di Altona
Quanto è alto il Grattacielo
di piazza Matteotti?
mt. 122
mt. 91
mt. 136
... e di quanti piani è
composto?
RISPOSTE: 1 (C), 2 (B), 3 (B), 4 (A), 5 (A), 6 (A), 7 (B), 8 (C), 9 (B), 10 (B), 11 (A), 12 (B)
Meno di 2 risposte corrette: ...all’acqua di rose - Da 3 a 6 risposte corrette: ...sui generis
Da 7 a 10 risposte corrette: alla moda - Nessun errore: LIVORNESE DOC honoris causa
Quiz visivo e di orientamento a conferma del tuo grado di livornesità
...di SCOGLIO,
di FORAVIA
o... PISANO?
Qui a fianco c'è la foto di una strada
della tua città. Sai riconoscere di
quale via si tratta?
Se rispondi ESATTAMENTE significa
che sei un... livornese di scoglio!
Se rispondi CONFONDENDO la via
con altra della stessa zona, significa
che sei un... livornese di foravia,
Se NON RIESCI A CAPACITARTI di
quale via si tratta, allora significa
che... sei un pisano!
Per la risposta, vedi pag. 47
A
B
C
6
A
B
C
7
A
B
C
8
A
B
C
Grado di difficoltà:
10
11
12
26
38
32
Chi ha vinto il primo
Palio Marinaro dell’anno
2000?
Salviano
Borgo
Ovo Sodo
Che razza di livornese sei?
A
B
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B
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B
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v. Costanza 57/73 - 0586403434
Ideal Bimbo
v. Cimarosa 64 - 0586852027
CR Cristiani infissi
v. Cimarosa 106/110 - 0586854725
Ed. La Leccia di Frisini Gabriele
v. Piera della Francesca 15
Panificio “La Bontà”
v. Molise 11 (Coteto) - 3890614956
APPENA FUORI LIVORNO
Tabaccheria Borrelli
v. Aurelia 136/D, Stagno - 3281667204
Autofficina 2000 - Fauglia
v. Postignano 18 - 0507216978
Ristorante Il Rogiolo – Quercianella
v. Colombo 26 - 3385093300
Gelateria Arcobaleno – Quercianella v.
Pascoli 22 - 0586491556
Che razza di livornese sei?
La strada in questione, di cui
a pag. 45, è
via Francesco Bonaini
posta tra piazza della Vittoria
e via Serafino de Tivoli.
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