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LNS Agosto 2021

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1

Anno XXXIV - N° 688 - Agosto 2021

Mensile indipendente «strettamente» livornese - OMAGGIO

Torre di Calafura (foto Andrea Dani)

Mario Puccini, un artista consapevole - Il nostro ‘Chiello’ ora è anche “The

King” - Pisa-Livorno: Che scazzottata quel 30 marzo ‘59 - A Livorno manca

sempre uno per fare cento! - Eventi: Effetto Venezia e Mascagni Festival


2


Una stella

straordinaria

(bidam) - Con la scomparsa di Valfredo Zolesi,

Livorno ha perduto uno dei suoi figli più

illustri. Era nato, per la verità, nello splendido

promontorio di Monte Argentario, ma in

terra labronica ha

vissuto fin da piccolo,

diplomandosi

all’Iti, insegnando al

Nautico per poi

gettarsi, anima e

corpo, nel mondo

aerospaziale. Con

la sua Kayser Italia

srl, fondata con

altri partner nel

1986, ma dal ‘95 tutta in mano alla famiglia

dell’imprenditore livornese (al suo fianco ci

sono i figli David e Sara), ha fatto passi da

gigante, lavorando a stretto contatto con grandi

realtà come l’ASI (Agenzia Spaziale Italiana)

e l’ESA (Agenzia Spaziale Europea),

in modo particolare nel settore delle Scienze

della Vita (Biologia e Fisiologia), tanto da

essere riconosciuta, proprio in questo campo,

l’impresa privata numero uno di tutta

Europa. La sua azienda ha partecipato a oltre

100 missioni spaziali con esperimenti

scientifici eseguiti in orbita grazie all’altissima

specializzazione dei 67 addetti (quasi tutti

laureati, per la maggior parte di Livorno,

altro motivo di eccellenza per l’economia del

territorio) che operano nell’azienda di via di

Popogna. Insomma, il nome di Livorno ha

viaggiato in mezzo alle stelle e oltre.

Le qualità di questo eccezionale uomo non si

sono fermate solo nel campo dell’imprenditoria

aerospaziale: è stata anche una persona

di grande spiritualità che, dal 1991, ha dedicato

il suo tempo libero a favore della comunità:

consacrato diacono dal vescovo

Ablondi si è messo al servizio della Chiesa

livornese, prima nelle parrocchie di Santa

Lucia ad Antignano (dove è avvenuto l’estremo

saluto), di San Giuseppe a Nibbiaia (capo

della comunità dal 1996), di San Leopoldo a

Vada e del Sacro Cuore dei Salesiani.

Padre-parroco-ingegnere-scienziato, se ne è

andata una stella che brillerà per sempre nel

cuore dei livornesi e nella storia della città.

3

Reg. Trib. Livorno n. 451 del 6/3/1987

Direzione e Redazione:

Editrice «Il Quadrifoglio» sas

di Palandri Giulia & C.

Via G. Razzaguta 26/13 (Collinaia)

Livorno - Tel. 0586/1732178

e-mail: ediquad@gmail.com

Direttore responsabile:

Bruno Damari

Redattori: Luciano Canessa, Stefania

D’Echabur, Claudia Damari,

Sommario

MOSTRA

5 MARIO PUCCINI, un artista consapevole

Giorgio Mandalis

CAMPIONI

11 Il nostro ‘Chiello’ ora è anche “The King”

Capitano e protagonista assoluto del prestigioso

trionfo degli azzurrri alla rassegna

europea 2020 ha portato in alto anche

il nome della sua amatissima Livorno.

Bruno Damari

AMARCORD

13 Che scazzottata quel 30 marzo ‘59!

Tra i ricordi, più o meno belli, quel derby Pisa-Livorno sospeso

per impraticabilità campo sullo 0-2 che scatenò una gigantesca rissa

per l’odiosa esultanza dei nerazzurri Luciano Canessa

ATTU

TTUALITÀ

18 A Livorno manca sempre uno per fare cento!

L’incredibile vicenda della nuova collocazione della statua del Villano

priva di qualsiasi indicazione e su un pratino spelacchiato

ENCICLOPEDIA

21 Livornesi dentro e fuori (5° inserto: pagg. 33-40)

EVENTI

31-35 Daniele Caluri

e la sua Livorno

‘A braccia aperte’

Annalisa Gemmi

IMMERSIVA e la città sensoriale - Mascagni Festival

CIRCOLI SPORTIVI

36 Circolo Velico Antignano, ieri e oggi

Giovanni Giorgetti

PORTUALI

41 Le “Carovane” (3ª e ultima puntata) Adastro Brilli

LIVORNESITÀ

45 Quiz - ...a spasso per la città - Proverbi - Che razza di Livornese sei?

Edoardo Damari, Marcello Faralli,

Annalisa Gemmi, Michela

Gini, Giovanni Giorgetti, Antonella

Landi, Scilla Lenzi, Lorena

Luxardo, Giorgio Mandalis,

Ruggero Morelli, Giulia Palandri,

Marco Rossi. Photo: Roberto

Onorati.

Pubblicità: Ed. Il Quadrifoglio

info@editriceilquadrifoglio.it

Stampa: HelloPrint - Gazzada

Schianno (VA)

Chiuso in tipografia: 17/7/ 2021


4


mostra

5

In mostra al Museo della Città fino al 19 settembre oltre 130 opere dell’artista livornese

definito dal critico Emilio Cecchi nel 1913 un “Van Gogh involontario”

MARIO

PUCCINI,

fig. 1

un artista

consapevole

La copertina del catalogo della mostra di Mario Puccini.

di Giorgio Mandalis

Il 2 Luglio

2021

si è inaugurata

presso i

locali del

Museo

della Città una spettacolare

retrospettiva dedicata a Mario

Puccini, il grande pittore

livornese morto a Firenze nel

1920. La pandemia ha fatto

slittare di un anno il progetto

che avrebbe dovuto essere

realizzato dopo la mostra su

Modigliani e la Scuola di Parigi,

essendo i due artisti labronici

scomparsi nella stesso

anno. Ora, con giustificato

ritardo, è finalmente possibile

ammirare oltre 130 opere

del Maestro, provenienti

da musei, gallerie e soprattutto

da collezioni private milanesi

e fiorentine a cui si

aggiungono alcuni dipinti di

Fattori e della sua scuola che

portano a quasi 150 il numero

dei quadri in esposizione.

Purtroppo una quantità veramente

esigua di dipinti pucciniani

risulta conservata nei

musei pubblici, quindi si tratta

di un’occasione da non

perdere per ammirare un

gran numero di opere, molte

delle quali inedite e quasi tutte

destinate a tornare presto

nelle sedi private che le custodiscono.

Curatrice della

mostra, che resterà aperta

sino al 19 Settembre, è stata

la dott. Nadia Marchioni, che

assieme alla dott. Elisabetta

Palminteri Matteucci aveva

svolto lo stesso ruolo per la

Mario Puccini /Livorno 1869 -

Firenze 1920).

bella retrospettiva dedicata a

Puccini a Seravezza nel

2015. Merito della curatrice

è stato anche quello di avere

accostato nella mostra livornese

alcune opere di Fattori

e di altri suoi allievi, quali Plinio

Nomellini e Guglielmo

Micheli, per stabilire dei confronti

tra alcune opere giovanili

di Puccini e quelle del

Maestro e dei compagni di

studio, a dimostrazione di una

temperie comune che si pone

alla base della formazione dei

cosiddetti “postmacchiaioli”,

prima che ognuno elaborasse

uno stile personale e imboccasse

il proprio percorso

artistico.

I promotori ed organizzatori

a cui pure va la gratitudine

di tutti gli appassionati

d’arte sono stati il Comune

di Livorno, la Fondazione

Livorno, la Fondazione Livorno

- Arte e Cultura, la

Regione Toscana che ha

concesso il patrocinio e la

Banca di Credito Cooperativo

di Castagneto Carducci

per il suo contributo finanziario.

* * *

Se Modigliani, fino ad anni

non lontanissimi - diciamolo

apertamente - poco amato a

Livorno, ha assunto da tempo

una notorietà internazionale

e le sue opere hanno raggiunto

quotazioni stratosferiche,

Puccini, che ebbe invece

un’influenza determinante

sugli artisti della scuola labronica,

si è mantenuto nei

limiti di un mercato poco più

che nazionale e di quotazioni

per quanto importanti assolutamente

imparagonabili. Inoltre,

mentre la scomparsa di

Dedo fu annunciata su Il Telegrafo

da un trafiletto che titolava

in modo stringato

“Muore a Parigi il fratello pittore

dell’On. Modigliani” (un

“fratello di”, ancora indegno

di essere ricordato per i meriti

propri), la scomparsa di

Puccini scatenò un terremoto

all’interno dell’ambiente

pittorico locale, al punto


6

mostra

che nello stesso 1920 fu

creato il Gruppo Labronico

composto da artisti accomunati

dall’incondizionata ammirazione

per il collega scomparso

e con l’intento ambizioso

di traslarne la salma all’interno

del Famedio di Montenero,

assieme ai grandi Livornesi

come Pollastrini e Fattori

(per limitarci ai pittori),

cosa che sarà realizzata con

ingente ritardo solo nel 1987.

Gli artisti del Gruppo avevano

compreso che Puccini nella

sua pittura aveva saputo

aggiornare in una prospettiva

novecentesca senza però

spingersi fino al tradimento,

le lezioni del maestro indiscusso

e venerato, Giovanni

Fattori, e i suggerimenti di

quell’ufficiale in seconda che

fu Silvestro Lega. A partire

dagli anni Venti alcuni di loro

attraverseranno un periodo

“pucciniano”, a testimonianza

della ricezione della nuova

strada indicata dalle sue

opere, basti ricordare fra tutti

le influenze cromatiche esercitate

su Ulvi Liegi, su un

sorprendente Carlo Domenici,

non ancora ammanierato

nelle sue ripetitive scene rurali,

e soprattutto su Giovanni

March che al cosiddetto

fauvismo pucciniano sarà per

molti anni legato.

* * *

Il titolo della mostra reca, sotto

il nome dell’Autore a cui è

dedicata, una scritta corsiva

a lui riferita e ripresa da una

lettera di quell’indiscusso arbiter

elegantiarum che fu

per molti anni il letterato fiorentino

Emilio Cecchi (1884-

1966, nel riquadro), esteta,

critico d’arte, critico letterario

e tante altre cose ancora.

Vi si legge: “Van Gogh involontario”.

Il richiamo al

grande artista olandese certamente

nelle intenzioni di

Il critico d’arte Emilio Cecchi.

Cecchi vuole essere un accostamento

lusinghiero anche

se ridimensionato dal susseguente

aggettivo “involontario”.

È su questa presunta

“involontarietà” che si concentra

parte dell’apparato

critico del ricco catalogo edito

da Pacini che documenta

la retrospettiva, in particolare

il contributo del prof. Vincenzo

Farinella dal titolo

esplicito “‘Altro che incoscienza!!’

Mario Puccini,

l’Europa e il museo”.

A dare impulso alla reputazione

di Puccini come “anima

ingenua e primitiva” era

stato Mario Tinti, autore della

prima monografia dedicatagli

(1931), dove compare la

definizione qui posta tra virgolette.

Almeno un’altra fonte secondaria

ha poi contribuito a

costruire l’immagine di Mario

Puccini come artista geniale

ma bizzarro. Si tratta dei

tre capitoli che gli dedica

Llewelyn Lloyd in “Tempi

andati” (1951). Pur trattandosi

di un amico artista che

egli ammirava, il pittore anglo

livornese non gli fece un

bel servizio. La data tardiva

di pubblicazione, suggerisce

certamente un interessante

ricupero della memoria, condita

da gustosi aneddoti e da

testimoniati momenti biografici,

ma registrato in un’epoca

che ha visto nel frat-


mostra

tempo tante e tali trasformazioni

nella società e

nell’arte da apparire come

una proiezione costruita a posteriori

di un’età divenuta già

leggendaria e le pagine sono

pertanto da leggersi molto in

filigrana. Per fare solo un

esempio, Lloyd ci presenta

Puccini mentre sbadiglia davanti

alle fotografie di opere

di Cézanne e di Van Gogh,

che gli venivano mostrate dal

grande collezionista fiorentino

Gustavo Sforni (1888-

1939) nella cui abitazione era

stato condotto dallo stesso

Lloyd. Ma sarà proprio lo

Sforni, pittore lui stesso e profondo

conoscitore delle tendenze

dell’arte europea contemporanea,

a esprimere un

giudizio antitetico scrivendo

una lettera ad Oscar Ghiglia

nel 1913: “La mia serata a

Livorno è stata bellissima:

ho trovato tutti e ho passato

un paio d’ore con Puccini

che è un vero artista e

con lui si respira: sentirai

quando lo vedrai. Altro che

incoscienza!! Rimarrai sorpreso.

Io credo che quell’uomo

lì è ancora in tempo

a superare di gran lunga

quello che ha fatto fino

ad ora...”.

Invece Gastone Razzaguta,

grande disegnatore (spesso

confrontato col viareggino

Lorenzo Viani), scrittore e

per molti anni segretario del

gruppo Labronico, ha sempre

insistito sulla lucidità e consapevolezza

di Puccini, almeno

fin da quando, nel 1937,

aveva scritto un articolo apparso

sul Corriere del Tirreno,

in cui ricordava tra le altre

cose che Puccini aveva

conseguito con lode il titolo

di Professore in disegno tecnico

presso l’Accademia di

Belle Arti di Firenze e che era

anche un ottimo conoscitore

della lingua francese, insomma

tutt’altro che “uno stravagante,

un mattoide o giù

di lì...”, fatto salvo ovviamente

il quadriennio di internamento

a Siena dove in età

giovanile era stato curato per

problemi psichici e poi dimesso

in salute. Ancora nel capitolo

che gli dedica in “Virtù

degli artisti labronici”

(1943) Razzaguta insiste senza

mezzi termini sul fatto che

Puccini era persona beneducata,

di famiglia benestante,

che “sapeva benissimo

quello che faceva in arte”,

e incolpa chi aveva romanzato

la sua biografia avendo

interesse a presentarlo come

un personaggio “rozzo e

istintivo”.

Vediamo, per farci solo una

pallida idea, alcune opere in

mostra. Un richiamo fattoriano

del “Pio bove” del Museo

Civico di Livorno (fig.1)

si può riscontrare nel giovanile

“Bove giacente” di Puccini

(fig.2), proveniente dalla

ricchissima collezione

Rangoni di Firenze. L’animale

è colto di schiena come nell’acquaforte

del Maestro, ma

diventa protagonista assoluto

dello spazio, da cui sono stati

eliminati il cielo e la campagna

in cui Fattori

lo colloca;

inoltre il

gioco d’ombra

trasforma

il manto bianco

in un colore

azzurro

verdastro del

tutto innaturale,

perché a

Puccini interessano

le

forme e il colore

molto più

del ritratto

naturalistico.

Un simile at-

7

Fig. 1 - Giovanni Fattori, Pio Bove, acquaforte su zinco, su carta

pesante chiara, 46,3x66,4 cm, Museo Civico ‘G. Fattori’, Livorno.

Fig. 2 - Mario Puccini, Bove giacente, olio su tavola, 20,3x31,4

cm, collezione Rangoni.

teggiamento è riscontrabile

anche nella produzione più

matura di paesaggio in cui

mancano quasi sempre riferimenti

precisi e di riconoscimento

toponomastico che

un vedutista non avrebbe

mai omesso: i colori sono

sempre più infuocati e stridenti,

come nel pagliaio protagonista

di una scena campestre

che potrebbe essere

stata ripresa ovunque

(fig.3); e quando Puccini dipinge

il porto protagonisti diventano

i riflessi, il cromatismi

delle vele da cui filtra la

luce, i cordami annodati che

talvolta lo strato dell’impasto

ad olio rende quasi in rilie-

Fig. 3 - Mario Puccini, Pagliai, 1914, olio su tavola, 34x50 cm, collezione Rangoni.


8 mostra

L’ORTO

DELLA SALUTE

Infusi & Decotti

Estratti & Compresse

Fiori di Bach & Oli Essenziali

IL GIARDINO

DELLA BELLEZZA

Latti & Acque

Creme & Maschere

Essenze & Bagni

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mostra

9

vo (fig.4). I pochi dipinti

in cui appare chiaramente Livorno

sono poco riconoscibili

se non si conosce com’era

la città prima della guerra: le

grotticelle del Molo Mediceo,

il ponte alla Sassaia, il torrione

di San Rocco del Lazzeretto

di San Leopoldo non esistono

più. Invano cercheremo

vedute cittadine delle

piazze principali o degli stabilimenti

balneari, luoghi trafficati

che su Puccini non

esercitavano alcun interesse.

* * *

Non è possibile in questa sede

inoltrarci oltre nella complessa

produzione pittorica e nel

contesto culturale in cui nasce

e si sviluppa l’arte pucciniana.

Per questo rinviamo

alla mostra e al catalogo, coi

contributi della curatrice Nadia

Marchioni, di Gianni

Schiavon, di Elisabetta Matteucci

e con gli approfondimenti

di Michele Pierleoni,

Simonella Condemi, Stefano

Fig. 4 - Mario Puccini, Barca con garitta, olio su tavoletta, 38x28

cm, collezione Rangoni.

A sin.: Giorgio Mandalis con la curatrice della mostra Nadia

Marchioni. Sullo sfondo il quadro di M. Puccini, Il Lazzaretto,

olio su tela, 1911 circa, 227x88, collezione privata, courtesy

Galleria d’Arte Goldoni, Livorno. (foto Damari)

Marson, Elisabetta Annino.

Ne compare anche uno a

mia firma sulla Livorno dei

tempi dell’Artista. Le Industrie

Grafiche Pacini sono

riuscite ad imprimere alle

tavole un cromatismo molto

prossimo a quello dei dipinti

originali, editando un

prezioso scrigno di meraviglie,

il cui copyright appartiene

a Fondazione Livorno

- Arte e Cultura. A tutti

gli enti, istituzioni e persone

fisiche che hanno reso

possibile l’imperdibile evento

va la riconoscenza dei

Livornesi e di tutti gli appassionati

e studiosi di storia

dell’arte. •


10 attualità


campioni

11

Il nostro ‘Chiello’,

ora è anche

“The King”

Capitano e protagonista assoluto

del prestigioso trionfo degli azzurri

alla rassegna europea 2020

ha portato in alto anche il nome

della sua amatissima Livorno

di Bruno Damari

“Il primo ricordo più bello? Sicuramente

è stata la partita Piacenza-Livorno

del 29 maggio 2004, quella

della promozione in serie A degli amaranto.

Una gioia immensa per me che

sono prima di tutto tifoso del Livorno

e viverla da protagonista è un ricordo

che porterò sempre con me”: parole di Giorgio Chiellini

(tratte dal suo sito ufficiale alla voce “carriera”), tra gli

eroi assoluti del trionfo degli azzurri di Mancini a Euro 2020,

tanto che, al rientro in Italia con la coppa in mano e la corona

in testa, si è meritato l’appellativo di “The King” (senza contare

l’onorificenza di ‘Ufficiale’ dell’Ordine al Merito della

Repubblica Italiana conferitagli dal presidente Mattarella).

Già, ne è passato di tempo (anche se sembra ieri...) da quel

magico 2004 che sentenziò il ritorno dei colori amaranto in

A, dopo una lunga attesa di 55 anni. Chiellini non aveva

ancora compiuto 20 anni (avrebbe spento le candeline il 14

agosto) ma, già allora, al suo quarto campionato con il Livorno

(3 presenze nel 2000/01 in C1, 5 nel 2001/02 in C1 e 6

nel 2002/03 in B), fu un grande protagonista. Mister Mazzarri,

praticamente, lo utilizzò sempre: su 46 giornate, Giorgio

scese in campo 41 volte, lo stesso numero di Cristiano

Lucarelli e Ruotolo; solo Protti (sempre presente) e Vigiani

(42 presenze) fecero di meglio. Tra l’altro, Chiellini realizzò

ben 4 reti: e la prima, messa a segno l’8 ottobre 2003 in

Livorno-Messina (3-0, con reti a seguire di Lucarelli e Protti),

rientra tra le giornate indimenticabili del giocatore, essendo

stato il primo gol da professionista.

Oltre che con la maglia del Livorno, Chiellini, nello stes-

Piacenza, 29 maggio 2004, la data storica che Giorgio Chiellini ricorda

ancora con piacere. Qui il giocatore esulta con Protti, Lucarelli,

Ruotolo e Vigiani dopo la conquista della serie A che mancava a

Livorno da 55 anni. (dal libro Amaranto story 3 di Bruno Damari).


12

campioni

so anno (2004), si tolse altre

grandi soddisfazioni anche

con gli “azzurrini” conquistando

con l’Italia Under 23

il bronzo alle Olimpiadi di

Atene; nel 2003 conquistò invece

l’Europeo Under 19.

Dopo un inizio così scoppiettante

di carriera, tutte le grosse

squadre iniziarono a mettere

gli occhi sul nostro

“Chiello”. La prima fu la

Roma che nel 2003 acquistò

la comproprietà del cartellino

del giocatore ma se lo

fece scappare nel 2004 quando

lo perse alle buste (la società

giallorossa è ancora lì a

mangiarsi le mani...) a causa

della grave crisi finanziaria in

cui versava la società. La Juventus

non si fece scappare

l’occasione e mise sotto contratto

il giocatore che poi girò

alla Fiorentina per fargli fare

esperienza. Con i viola,

Chiellini esordì nel massimo

campionato il 12 settembre

2004 in Roma-Fiorentina.

Sulla panchina toscana si avvicendarono

Buso e Zoff e

la squadra si salvò all’ultima

giornata. Chiellini fu tuttavia

tra coloro che non delusero,

sempre schierato da titolare

(37 presenze e tre gol, dei

quali uno alla ‘sua’ Juventus,

quello del vantaggio del 2-1

in un memorabile 3-3 finale).

foto R. Onorati

Giorgio Chiellini con la maglia

del Livorno che, nei primi anni

2000, ha contribuito alle promozioni

in B ed in serie A.

E proprio con i viola, Giorgio

affrontò da avversario per la

prima volta anche il ‘suo’ Livorno:

parità all’andata al

‘Comunale’ (1-1 con reti di

Riganò e Lucarelli) e sonora

sconfitta al ritorno al ‘Picchi’

(2-0 con doppietta del ‘solito’

Lucarelli), anche se, in

cuor suo, la delusione del ko

fu smaltita molto prima dei

suoi compagni. Il derby toscano

se lo aggiudicò il Livorno

pure nella classifica finale:

ottavo posto, con la

Roma, per gli amaranto (45

punti) contro il sedicesimo

per i viola (42 punti). Scudetto

invece alla quasi invincibile

Juventus di Capello con 86

punti, contro i 79 del Milan.

A proposito dei bianconeri

c’è un’altra data da ricordare,

quella del 22 maggio 2005,

Livorno-Juventus, penultima

di campionato, che segnò

l’addio al calcio di Igor Protti.

Il bomber amaranto mise

a segno il gol dell’1-1 dopo il

vantaggio di Nedved; nella ripresa

Lucarelli accese ancor

più l’entusiasmo dei tifosi che

gremivano il “Picchi” in ogni

ordine di posto (oltre 20mila

spettatori!). Poi Trezequet

riequilibrò il match. Che tempi,

ragazzi! E che fine (ahinoi)

abbiamo fatto!

Ma torniamo al nostro

“Chiello” che, a 23 anni, a

partire dal campionato 2005/

06, va a conquistarsi il posto

di titolare da terzino sinistro

della Juventus, maglia numero

3, che non mollerà più. Collezionerà

una carriera brillantissima,

fatta da grandi successi

e numeri. Cerchiamo di

riepilogarli. Con i bianconeri

ha vinto nove campionati consecutivi

di Serie A (dal 2011

al 2019), cinque Coppe Italia

e cinque Supercoppe di Lega,

sfiorando la Champions nella

finale di Cardiff 2017 con

il Real Madrid (1-4). Con 535

presenze è al quarto posto

nella graduatorie di tutti tempi,

alle spalle di Del Piero 705,

Buffon 685 e Scirea 552. E

l’avventura in bianconero

Giorgio

Chiellini

con la moglie

Carolina

Bonistalli

(anche lei

livornesissima)

bacia uno

dei suoi tanti

trofei conquistati

con la maglia

della Juventus.

(sempre con la fascia di capitano)

che sembrava fosse

giunta al traguardo, invece,

alla luce di quanto fatto agli

Europei, continua come minimo

per un’altra stagione.

Con la Nazionale ha trionfato

nel recente Europeo 2020

e ha collezionato 112 presenze,

alle spalle di Buffon

176, Cannavaro 136, Maldini

Paolo 126, De Rossi 117

e Pirlo 116.

Fin qui il film di una carriera

eccezionale. Ma Giorgio

Chiellini è un campione anche

fuori dal campo. Diplomatosi

all’Enriques, nel 2010

si è laureato in economica e

commercio a Torino e nel

2017 ha conseguito la laurea

magistrale in business administration,

con 110 e lode.

Sposatosi nel 2014 al Santuario

di Montenero con Carolina

Bonistalli (anche lei livornesissima,

figlia di Enrico

Bonistalli, agente marittimo,

già presidente Asamar), la

coppia ha due figlie, Nina e

Olivia, di sei e due anni.

Giorgio Chiellini, dopo la tragica

alluvione del novembre

2017, è sceso in campo direttamente

per Livorno: con

il prof. Lamberto Gianni è

stato l’ideatore della campagna

“AiutamoLI”, raccolta di

fondi a sostegno della città

colpita da naufragio, che

coinvolse, a cascata, altri

grandi nomi del calcio, da

Protti a Lucarelli, a Pavoletti,

Amelia, Galante, Allegri

ecc. Inoltre, da svariati anni,

sostiene, in forma del tutto

anonima, l’Associazione Paraplegici

Livorno. E chissà

quante altre iniziative sociali

portano il suo nome.

Ecco perché Giorgio Chiellini

è amato da tutti, anche dai

non sportivi. Lavoro, sacrificio,

umiltà, bravura e tanta

attenzione per il prossimo. •


amarcord

13

Grande euforia per la vittoria degli azzurri agli Europei anche se a Livorno offuscata dalla avvilente

situazione della squadra amaranto - Tra i ricordi, più o meno belli, quel derby Pisa-Livorno sospeso

per impraticabilità del campo sullo 0-2 che scatenò una gigantesca rissa per l’odiosa esultanza dei nerazzurri

Che scazzottata quel 30 marzo ’59!

Il campionato

europeo

di calcio

c o n

l’Italia di

Roberto

Mancini che ha giocato bene

conquistando l’ambito titolo di

Campione d’Europa, ha scatenato

un’euforia calcistica in

tutto il Paese ed anche a Livorno.

Il perché è presto detto,

il covid e il lockdown hanno

creato in tutti il bisogno di

aggrapparsi a qualcosa e

l’Italia del Mancio è stata un

facile pretesto. Ha riportato

tutti alla grande gioia dell’82

(l’urlo lacerante di Tardelli, le

strade di Livorno invase da

auto, motorini, trombe e bandiere),

di Italia ’90, (non vincemmo,

ma la canzone della

Nannini Notti magiche dette,

e dà tuttora, i brividi) e

quella del 2006 (poo-po-popo-po-poo.po...).

Comunque va detto che l’entusiasmo

di tanti livornesi è

stato offuscato dalla triste

condizione del Livorno calcio!

Ma dove siamo finiti? In

serie D, per demeriti sul campo

e societari. Anni di passione,

di tifo genuino, di trasferte,

oltraggiati da brutti individui

(meglio non fare

nomi) che si sono litigati la

società e poi ci hanno sputato

in faccia. Quante partite!

Quante trasferte (Reggio

Emilia, Perugia, Treviso, Piacenza,

Milano ecc.). Bei tempi,

passati troppo alla svelta.

Eppure tra le tante trasferte,

di Luciano Canessa

veramente tante, quella che

più mi vive nel cuore è stata

la prima, che una vecchia

scritta in rigoroso stampatello,

non criptica, Pisa merda,

su un muro vicino casa mia,

mi ricorda sempre.

Quella mattina del 30 marzo

1959, avevo 14 anni, mi svegliai

con un forte odore di

calcio. Nel pomeriggio avrei

visto realizzata la mia prima

trasferta e non in un campo

qualunque o per una partita

qualsiasi. Si trattava di Pisa-

Livorno! Campionato di calcio

1958/59, serie C. Il giorno

prima era piovuto perciò

corsi ad alzare frettolosamente

la serranda per vedere il

cielo. Plumbeo, plumbeo da

far spavento, ma almeno non

pioveva, non in quel momento.

Il mio accompagnatore

era mio cognato, Mauro. In

treno mi chiedevo come fosse

l’Arena Garibaldi; sai com’è,

Pisa era stata Repubblica

Marinara ecc., quelle

cose insomma imparate a

scuola, per cui mi aspettavo

una struttura importante.

Quando me lo trovai davanti

agli occhi, realizzai che non

poteva competere con il nostro,

tutto in cemento armato

e con quella Torre di Maratona,

tutta nostra, impreziosita

da due terrazzi esagerati,

e bella da mozzare il fiato.

La curva dell’Arena Garibaldi

era concepita con tubi di

metallo e tavolacci di legno

per la seduta e il camminamento;

sotto si vedeva l’erba

alta e l’incuria. I posti non

erano numerati in gradinata

Pisa-Livorno - Il primo gol di Mungai al 42’ che poi raddoppiò al 44’.

La ‘sventola’ con la quale il portiere amaranto Bertocchi mandò

ko il pisano Morelli.

e nelle curve, inoltre non era

contemplata la separazione

delle tifoserie avversarie, così

livornesi e pisani poterono stare

gli uni accanto agli altri.

Allora era così.

Per chi non ricorda quel tempo

e per i più giovani, va detto

che il Livorno, guidato da

Ivo Fiorentini, quello del “quasi”

scudetto del 1943, era

partito benissimo. Era stato

acquistato anche, in ultimo,

Mario Manenti, brasiliano del

Botafogo. Pensavamo tutti al

Botafogo di Garrincha, Didì

e Nilton Santos (tre numi),

invece si trattava, e lo sapemmo

dopo, del Botafogo di Ribeirao

Preto, praticamente

una sorta di Juventus di Torino

e Juventus-Castellammare

di Stabia. Anche “Il Telegrafo”

non lo sapeva e del

Botafogo fasullo ci informò in

ritardo.

Ma torniamo alla partita.

Pronti, via. Il Pisa cominciò

a testa bassa e Sicurani


14


amarcord

sembrava farla da padrone

impostando tutte le azioni

dei cuginacci; Bernardis non

riusciva a contenerlo. Il tifo

saliva. Costanzo Balleri e Pisetta

in difesa, sfruttando la

loro altezza, allontanavano di

testa tutti i cross provenienti

dal fondo. Il Pisa andò anche

in rete ma l’arbitro annullò

per fuori gioco grazie a capitan

Armando Picchi che,

come al solito, capì tutto prima

degli altri. Poi, verso la

mezz’ora, la maledizione scese

sull’Arena Garibaldi sotto

forma di acquazzone. Mai più

visto piovere come quel pomeriggio,

si aprirono tutte le

cateratte del cielo. Gli ombrelli

praticamente inservibili,

ma per il Livorno si fa questo

e altro. Il Pisa continuava

ad attaccare ma quanto

poteva durare a quel ritmo e

con quella pioggia? Infatti rallentò

e il Livorno venne fuori.

Mancavano, ormai, pochi minuti

alla fine del primo tempo,

appena cinque minuti.

Mio cognato mi disse di scendere

sotto i tavolacci della

curva per ripararci un po’ e

così facemmo, come del resto

fecero altri. Eravamo lì

da pochi secondi quando

udimmo un boato “Goooooo”.

Chi aveva segnato?

Salimmo di corsa, con l’affanno

che ci opprimeva, e

salimmo con l’ansia a fette e

ancora i colori amaranto si

abbracciavano urlando sotto

la pioggia battente.

“Chi ha segnato?”.

“Mungai!”.

“Mungaaai?”. Sembrava di

rivivere la scena di un minuto

prima. Stavolta rimanemmo

su, cascasse giù il mondo

15

non saremmo scesi a ripararci

(tanto peggio di così, eravamo

di strizzo), ma di lì a

poco l’arbitro Liverani fischiò

la fine del primo tempo. Non

avevo visto mezzo gol, però

si vinceva 2 a 0 ed ero felice

lo stesso, anche se sentivo

che qualcosa mi mancava!

Al rientro in campo dei giocatori

pioveva molto meno,

ma il campo era un acquitrino.

La fascia di campo davanti

alla gradinata era impraticabile

e là buttavano

sempre la palla i giocatori pisani,

là dove non scorreva,

così cominciarono a chiedere

la sospensione. La voce

Un gruppo di tifosi livornesi prima dell’inizio dell’acquazzone.

vedemmo maglie amaranto

che si abbracciavano.

“Chi ha segnato?”.

“Mungai”.

“Mungai?”. Ma come era

possibile! Il giocatore più tecnico

del Livorno, per nulla incline

allo scontro fisico, a rete

in quel campo allagato! I soliti

intenditori di calcio (allora

si sentivano tutti Gianni Brera)

avevano scritto che non

era il caso farlo giocare quel

giorno.“Non tocca palla

oggi!”. Ridiscendemmo di

nuovo, raggianti, con il cuore

gonfio, appagati del vantaggio,

ma dopo pochi secondi

sentimmo un altro boato. Riche

girò con insistenza nei

giorni successivi era che i dirigenti

pisani fecero bloccare

le canalette di sfogo dell’acqua.

Intanto gli scontri si

facevano più duri a causa

delle condizioni pessime del

campo. Compagno, la nostra

ala destra, cresciuto nel vivaio

della Roma, quello che

meglio degli altri teneva palla

davanti, subì un brutto fallo;

ci fu reazione, Liverani

espulse lui e Beretta. Intorno

all’arbitro cominciarono le

spinte e i gollettoni, ma si

andò avanti fino al ventesimo

quando Liverani, incredibilmente,

sospese la partita

per impraticabilità del campo.

L’avesse interrotta entro

i primi dieci minuti della ripresa

sarebbe rientrato nella

logica, ma al ventesimo era

totalmente fuori luogo; evidente

il condizionamento della

panchina pisana. I giocatori

neroazzurri saltarono dalla

gioia come se avessero

vinto al totocalcio. Mal gliene

incolse! Umberto Mannocci,

livornese per nascita

ma allenatore del Pisa, entrò

in campo saltellando e ridendo,

e dopo uno scambio di

battute con gli amaranto (per

questo ebbe 6 mesi di squalifica)

si prese un pugno da

k.o. (prognosi di 20 giorni

s.c.) da Pisetta, il quale fu

aggredito, a sua volta, da

Francesconi.

Da qui la rissa gigantesca,

tutti contro tutti, una scaz

zottata generale con il pubblico

che compostamente

guardava il campo diventato

un ring. (Solo due spettatori

livornesi invasero il campo a

dar man forte). Dopo il k.o.

di Pisetta, Bertocchi 1 , il


16 amarcod


amarcord

vecchio portiere del Livorno,

ormai alla fine della

carriera (un importante passato

col Palermo e la Spal in

serie A), che era a quindici

metri da me, abbandonò la

porta e cominciò a sciagattare

di botte tutti quelli che

incontrava. Non ce n’era per

nessuno, era una furia. Poi lo

persi di vista e rimasi sorpreso

di una strana scazzottata

tra Mario Manenti e un giocatore

pisano, uno strano corpo

a corpo con soltanto colpi

al ventre.

Intorno botte da orbi, sventole

da far paura, con le forze

dell’ordine, insufficienti,

che non sapevano come contenere

quella rissa. Chi voleva

separare i contendenti era

costretto suo malgrado, per

difendersi, a usare le mani e

a menare pure lui. Rividi Bertocchi

trattenuto dalle forze

dell’ordine che cercava di liberarsi

per continuare a zombare

tutti quelli che gli capitavano

davanti. Scene impossibili

da dimenticare. Dopo

dieci minuti da far west tornò

pian piano la calma più per

stanchezza, credo, che per

merito delle forze dell’ordine.

Rimanemmo ad aspettare,

non si sa che cosa. Un ripensamento

dell’arbitro? “Vergogna”

dicevano i livornesi.

“Esultare per la sospensione

di una partita!”. Va detto,

per amor di verità, che la

stragrande maggioranza degli

spettatori pisani non si abbandonò

a manifestazioni di

gioia.

L’allenatore Fiorentini, ritenuto

responsabile delle precedenti

due sconfitte casalinghe

consecutive con Ravenna

e Siena che compromisero

il campionato, dette le dimissioni

alla fine della partita

cogliendo di sorpresa la tifoseria.

Ma evidentemente furono

dimissioni richieste dalla

società che lo sostituì immediatamente

con Vinicio

Viani, già allenatore della

squadra due anni prima. Il

recupero della partita con il

Pisa avvenne il 15 aprile e

finì, senza incidenti, 1 a 1 con

gol di Gratton, che quell’anno

fu capocannoniere con 21

reti, e Beretta. Il Livorno finì

al 5° posto in classifica generale

e l’Ozo Mantova, dopo

lo spareggio col Siena, fu promosso

in serie B 2 .

Fine di un ricordo. E ora?

Con le questioni di cuore non

si scherza, perciò ora noi livornesi,

lontani pro-nipoti di

Enrico Bartelloni e dei risi’atori

dai muscoli esagerati,

di Mascagni e Modigliani ma

anche vivaci studenti che si

improvvisano Modigliani ridicolizzando

critici d’arte di

fama mondiale, noi livornesi

dicevo, spigolosi e socievoli,

indifferenti e appassionati,

grideremo ancora con indomito

spirito labronico “Forza

Livornoooo”. Ora e

sempre, alla facciaccia di

quei brutti individui i cui nomi

è meglio non fare.

1

Renato Bertocchi di Collesalvetti,

mani forti da muratore,

aveva un carattere impulsivo,

nessuno lo ha mai

visto porgere l’altra guancia.

Le sue intemperanze, molto

plateali, gli crearono problemi

e molte espulsioni. In carriera,

per due volte aveva già

rincorso i giocatori avversari

per tutto il campo (gli attaccanti

Quaresima e Pascutti).

In quel 30 marzo 1959, a

Pisa, le dette di santa ragione

a vari giocatori pisani e

ricevette solo tre giornate di

squalifica, perché in quel

bailamme non si capiva nulla

e l’arbitro non poté accer-

17

tare il grado di responsabilità

dei singoli giocatori. Comunque

Balleri e Mungai ebbero

la squalifica di una giornata.

Sei mesi più tardi, all’inizio del

campionato , appagato dal

calcio, Bertocchi accese il

motore della sua auto e ritornò

al paese, Collesalvetti.

Aveva 35 anni.

2

Nelle sue fila annoverava

Negri, futuro portiere della

Nazionale, Micheli (alla fine

del campionato andò alla Spal,

in serie A, insieme a Balleri e

Picchi) Cadé e Giagnoni, insomma

uno squadrone.

Le foto sono state riprese

da Il Telegrafo dell’epoca.

Tabellini, squalifiche,

recupero e classifica finale

L’inizio della partita con lo scambio dei fiori tra i capitani Roberto

Balestri (l’ex morino che poi indosserà la maglia amaranto dal

1962 al 1965) e l’indimenticato Armandino Picchi.

SERIE C - 28ª giornata (29/3/1959)

PISA: Ciceri, Francesconi, Felloni, Sicurani, Beretta, Morelli,

Ribechini, Vicariotto, Nundini, Balestri, Ricoveri.

LIVORNO: Bertocchi, Picchi, De Petrillo, Pisetta, Balleri, Manenti,

Compagno, Mazzucchi, Gratton, Bernardis, Mungai.

ARBITRO: Liverani di Torino.

RETI: 42’ e 44’ Mungai.

NOTE: Espulsi al 53’ Compagno e Beretta per reciproche

scorrettezze. Al 65’ la partita è stata sospesa per impraticabilità

del terreno. Spettatori paganti: 10.400.

PROVVEDIMENTI DISCIPLINARI: Inibizione per 6 mesi

a Mannocci (Pisa); squalifica per tre giornate: Bertocchi (Livorno);

squalifica per una giornata: Balleri e Mungai (Livorno),

Ricoveri, Beretta e Francesconi (Pisa); ammoniti con

diffida: Compagno, De Petrillo, Pisetta, Manenti, Mazzucchi,

Gratton e Bernardis del Livorno; Ciceri, Felloni, Sicurani,

Morelli, Ribechini, Vicariotto e Nundini del Pisa. Ammenda

di 130mila lire al Livorno.

RECUPERO: La partita fu recuperata il 15 aprile 1959 e terminò

1-1 con reti di Gratton (46’) e Beretta (83’).

CLASSIFICA FINALE: Ozo Mantova e Siena 58; Spezia

50; Biellese 48: LIVORNO 46; Sarom Ravenna 45; Pro Vercelli

42; Sanremese, Treviso e Pisa 41; Forlì 40; Pro Patria e

Carbosarda 39; Varese, Mestrina e Casale 35; Lucchese 33;

Legnano 31; Cremonese e Piacenza 29; Pordenone 25.

L’Ozo Mantova fu promosso in serie B dopo spareggio vincente

col Siena a Genova. Nessuna retrocessione per allargamento

a tre gironi della serie C.


18 attualità

MONUMENTO AL VILLANO: privo di qualsiasi indicazione e su un pratino spelacchiato

A Livorno

manca

sempre uno

per fare

cento!

/bidam) - Il Monumento al

Villano, simbolo della difesa

popolare del castello di Livorno

durante l’assedio del 1496,

dal 19 marzo scorso, data peraltro

non banale perché ricorda

l’anniversario dell’elevazione

di Livorno a Città,

avvenuta nel 1606, ha trovato,

dopo apposito restauro e

la costruzione di un nuovo

basamento in marmo con

fontana, la nuova collocazione

in piazza del Municipio, all’incrocio

tra viale degli Avvalorati

e scali del Corso. Iniziativa

caldeggiata dall’Associazione

“Repubblica dei villani”,

coordinata da Lenny

Bottai, che pure si è accollata

la raccolta fondi per le spese

di restauro della statua e il

trasferimento dalla vecchia

sede di largo Fratelli Rosselli.

Decisamente una iniziativa

da applaudire che rende più

visibile la statua, realizzata nel

1956 dagli scultori Vitaliano

De Angelis e Giulio Guiggi,

in un percorso ideale che racconta

la vera essenza della

livornesità, che parte dalla

Fortezza Vecchia, passa da

piazza del Municipio e dalla

La storia della statua

La statua fu realizzata nel 1956 dagli scultori Vitaliano

De Angelis e Giulio Guiggi, ed è la terza versione

dell'opera simbolo della difesa popolare del

Castello di Livorno durante l'assedio del 1496. Di

quella originale, in macigno o marmo, attribuita

allo scultore Romolo del Tadda, realizzata oltre

un secolo dopo l’epoca degli avvenimenti, si persero

le tracce secoli fa.

Un nuovo Monumento al Villano, in gesso, fu realizzato

a inizio Novecento, ma fu distrutto nel 1922

in occasione di un assalto di squadracce fasciste

alla sede del Partito Repubblicano, dove era custodito.

Dal dopoguerra la terza versione dell'opera si trovava

in largo Fratelli Rosselli, per volontà del sindaco

Nicola Badaloni. Anche l'inaugurazione della

scultura in largo Fratelli Rosselli avvenne in data

19 marzo (nel 1956, 350° anniversario dell’elevazione

di Livorno a Città).

statua del Villano, prosegue costeggiando

il murales che ricorda

le Leggi Livornine sugli

Scali delle Pietre, per concludersi

con la Fortezza Nuova.

Tutto bene. Anzi, no. A distanza

di 5 mesi il monumento

è ancora sprovvisto di

qualsiasi indicazione (sic!).

Né un cartello turistico, né

l’indicazione degli scultori, né

una targa per spiegare ai turisti,

ma anche agli stessi livornesi,

il senso e il valore

“del simbolo della storia di

Livorno e della livornesità,

quella più genuina e

popolare” (parole del sindaco

Salvetti all’inaugurazione).

E poi, quel pratino spelacchiato

(altro sic!), è un altro

schiaffone allo stesso Villano

e all’intera città.

A Livorno, ahinoi, ne manca

sempre uno (quando va bene)

per arrivare a cento. •


colpo d’occhio

d

19

colpo d’occhio!

“D’ORDINE & C.

SI PROIBISCE AD OGNI PERSONA

DI QUALUNQUE GRADO E CONDIZIONI

IL FARE IMMONDIZIE, GIUOCHI, E

STREPITI DI QUALSIVOGLIA SORTE

SOTTO ED INTORNO ALLE LOGGE,

DI QUESTA REAL DOGANA

ALLA PENA DELLA CATTURA

CARCERE ED ARBITRIO RIGOROSO

NON OBBEDENDO, O TRASGREDENDO & C.

DATO DALLA CANCELLERIA CRIMINALE

DEL GOVERNO DI LIVORNO

LI 21 AGOSTO 1781

È quanto si legge sulla targa all’ingresso

(lato Piazza Grande, oggi chiuso da

apposita cancellata) della Camera di

Commercio, gia Reale Dogana. Datata

1781, quando la città era governata

dal gonfaloniere Giovan Paolo Lorenzi,

non si può certo dire che all’epoca

c’era una certa rigidità. E meno male

che oggi tale ordinanza non è più in atto.

Altrimenti le celle delle Sughere andavano,

come minimo, centuplicate!


20


33 Bayley

21

Livornesi dentro e fuori

Enciclopedia di personaggi scomparsi

che hanno lasciato traccia nella città

a cura di BRUNO DAMARI

• Sono riportati personaggi scomparsi, livornesi e non, che abbiano lasciato traccia nella città, secondo fonti e

notizie ricavate da quotidiani, riviste, libri e siti internet. • Sono pure inseriti i personaggi presenti nella toponomastica

cittadina e coloro che sono ricordati con l’intitolazione di associazioni, luoghi e spazi pubblici. • I Caduti

per la Patria saranno elencati in una apposita sezione. • In caso di inesattezze e/o dati incompleti e di personaggi

non inseriti perché sfuggiti alle nostre ricerche, si pregano i sigg. lettori di comunicarcelo: al termine delle pubblicazioni

degli inserti, provvederemo ad aggiornare il tutto nella sezione “Appendice”. • Scrivere a: ediquad@gmail.com

Inserto 5 aggiornato al 17/7/21

BATTISTI CAMILLO (Trento 24 agosto

1910 - Livorno 6 dicembre 1981) - Dirigente.

Ultimo dei tre figli del martire irredentista

Cesare (v.). Laureatosi in Ingegneria, si

stabilì a Livorno quando fu chiamato a dirigere

la Richard Ginori.

BATTISTI CESARE (Trento (allora facente

parte dell’Impero austro-ungarico) 4 febbraio

1875 - 12 luglio 1916, di Cesare e

Maria Teresa Fogolari) - Patriota e giornalista.

Fondatore nel 1896 del giornale socialista

L’Avvenire del lavoratore e, nel 1900, Il

popolo, si batté per l’autonomia del Trentino.

Arruolatosi nell’esercito italiano, benché

appartenente al Parlamento di Vienna,

fu catturato dagli Austriaci con Fabio Filzi

(v.), processato e impiccato nel Castello del

Buon Consiglio a Trento. Nel 1918 gli è

stata dedicata la strada posta da piazza della

Vittoria a via Paoli. Assieme a Guglielmo

Oberdan e Nazario Sauro è così ricordato

con una lapide posta in via Grande: «O trinità

di martirio - santaficata su le forche

dell’Austria! GUGLIELMO OBERDAN

CESARE BATTISTI NAZARIO SAURO - I

Livornesi Vi ricordano - con inestinguibile

amore - pari all’odio eterno - per tutti gli

oppressori per tutti i tiranni - per tutti i

nemici d’Italia - una libera immortale. Le

Associazioni Patriottiche - Dic. 1918».

BATTISTINI ANTONIO (San Donato Val

di Comino (FR) 20

settembre 1943 - Livorno

7 dicembre

1994, di Giuli e Jolanda

Proietti) - Sindacalista.

Entrò giovanissimo

nelle file

della Cgil livornese

con un percorso che

lo portò a ricoprire gli

incarichi di segretario della Funzione Pubblica,

segretario della Filt e membro della

segreteria della Camera del Lavoro. Grande

studioso ed esperto in materia porti e logistica,

nel 1994 dette alle stampe, assieme

alla prof.sa Dionisia Cazzaniga Francesetti,

il libro «Traffici e porti nel mercato globale».

Gli è stato intitolato il salone del

Terminal Crociere della Stazione Marittima

con la seguente targa: “Questa stazione

crociere è intitolata ad ANTONIO BATTI-

STINI uno studioso, un sindacalista, un

uomo che con le sue idee e la sua azione ha

contribuito alla crescita del porto di Livorno

- Livorno, 9 ottobre 1999”.

BATTISTINI CESARE (Montecchio 1 gennaio

1945 - Livorno 6 marzo 2000, di Giulio

e Iolanda Provetti) - Sindacalista. Dipendente

Atl, si è distinto come componente

del direttivo Filt Cgil.

BATTISTINI LUCA (Livorno 1959 - Pisa

25 ottobre 2016) - Volontario - Sin da piccolo,

ebbe una grave patologia al cuore che

lo rese invalido. Ma la disabilità non gli impedì,

nel corso degli anni, di dedicarsi anima e

corpo al prossimo. Conosciuto da tutti come

“Luchino”, già dagli anni Settanta militò come

volontario della Comunità Impegno e del Centro

Mondialità. Attivissimo nella raccolta di

fondi e materiale per i bisognosi, fu tra i

primi a ideare la raccolta di tappi di plastica

e portare i fondi in Tanzania.

BATTISTONI ULIVIERO (Pontasserchio

(PI) 1938 - Livorno 2 agosto 1988) - Direttore

didattico. Maestro elementare, insegnò

nelle isole dell’Arcipelago Toscano, a

Venturina e Castagneto Carducci. Nel 1981

fu trasferito a Livorno alle “Pilo Albertelli”,

portando una ventata di entusiasmo e

innovazione da quel gran studioso ed educatore

che era. Raggiunse la carica di direttore

didattico. Pur colpito in maniera inarrestabile

da sclerosi laterale amiotrofica e

costretto a muoversi su una carrozzella, rimase

al suo posto di lavoro, dove si faceva

portare letteralmente di peso, fino a che le

forze fisiche lo sorressero.

BATUELLO PIERO (1945 - Livorno 4 gennaio

2016) - Carrozziere.

Nel 1964 fondò,

assieme al socio

Elio Belli, la Carrozzeria

Liburnia in via

Mastacchi. Fu anche

dirigente della Cna,

esponente della

Commissione provinciale

dell’artigianato

e del Centro sociale artigiani livornesi.

BAUSANI LELIO (Porto Santo Stefano

(GR) 19 marzo 1919 - Livorno 28 giugno

2015, di Bernardino e Sabina Sturmann) -

Religioso. Mons. Ordinato sacerdote a Livorno

nel 1942, fu parroco, tra le altre, della

chiesa di San Benedetto e di Santa Lucia.

Appassionato di musica sacra, nel 1967 si

diplomò in Musica Corale e Direzione di

Coro al “Boccherini”, ma già dai suoi primi

anni di sacerdozio ad Antignano mise in

piedi un coro di uomini e donne, formando

così il primo nucleo della Corale “Domenico

Savio” che sarà fondata ufficialmente nel

1965 quando don Lelio divenne Canonico

Penitenziere della Cattedrale. Qui usò casa

propria e la chiesa di S. Giulia per le prove

della Corale che diverrà il Coro del Duomo

di Livorno. Oltre ad aver contagiato generazioni

di ragazzi e ragazze alla musica sacra,

molti dei quali hanno raggiunto le vette

dell’arte musicale, dai primi tentativi del

1941 fino alle ultimissime composizioni,

datate 2003, ha lasciato oltre 200 opere,

catalogate e messe a disposizione di tutti

nella sezione “Spartiti” del sito internet

www.donleliobausani.it. Il 15 Giugno 2009

fu nominato Cappellano di Sua Santità dal

Santo Padre Benedetto XVI.

BAYLEY ELIZABETH ANN con. Seton

(New York 28 agosto 1774 - Emmitsburg

(Maryland) 14 gennaio 1821, di Richard e

Catherine Charlton). Santa. Di famiglia protestante,

all’età di 19 anni sposò il ricco

commerciante William Magee Seton (v.), a

cui diede cinque figli. A causa dei problemi

polmonari del marito, i due coniugi e la figlia

maggiore, nel novembre 1803 raggiunsero

Livorno, ospiti della famiglia di Filippo

Filicchi (v.), console degli Stati Uniti,

con la speranza di trovare guarigione nel

salubre clima labronico. All’arrivo in porto,

furono trattenuti nel Lazzaretto S. Jacopo

a causa di un focolaio da “febbre gialla”

contratta nel porto di New York; il marito

morì un mese dopo all’ospedale di Pisa

e fu sepolto nel Cimitero Anglicano di via

Verdi. Durante la permanenza a Livorno, la

B. si avvicinò alla fede cattolica e, durante

una visita al Santuario di Montenero, ebbe

come una rivelazione circa la presenza reale

di Gesù nell’Eucarestia, di cui poi scrisse:

“M’inginocchiai in terra dinanzi all’altare”.

Ritornò negli Stati Uniti e abbracciò

la nuova confessione nel marzo 1805. Ab-


Bayona 34

22

bandonata dalla famiglia, oppostasi duramente

a questa decisione, per vivere e mantenere

le figlie dovette contare sugli aiuti

finanziari che i Filicchi le facevano giungere

da Livorno. Dette vita a Baltimora ad

una Scuola Femminile Cattolica e, nel 1909,

fondò ad Emmitsburg il primo nucleo dell’Istituto

Religioso “Figlie della carità di

San Giuseppe”. Papa Giovanni XXIII la

riconobbe tra i Beati il 18 dicembre 1959;

Paolo VI l’ha proclamata Santa il 14 settembre

1975: fu la prima persona nata negli

Stati Uniti ad essere canonizzata. Nel

1968 a S. Elisabetta Anna Seton è stata dedicata

la chiesa di piazza M. Lavagna, nel

cui giardino è posta una sua statua, assieme

ai busti di suo marito e di Filippo Filicchi.

Una lapide sulla facciata della Chiesa

di San Jacopo così la ricorda: «Da New

York sua città natale - venuta al mare e al

sole d’Italia - a cercare sollievo alla salute

affranta del marito - la Beata ELISABET-

TA ANNA SETON - fra le mura dell’antico

vicino Lazzaretto di S. Leopoldo - abbandonata

in Dio con animo forte e sereno -

sostenne la dura quarantena - dal novembre

al dicembre 1803 - Mons. Bardi». Nella

Chiesa di Santa Caterina è apposta invece

la seguente iscrizione: «In questa chiesa

- particolarmente dinanzi - a questo altare

- la beata - ELISABETTA ANNA SETON -

nel primo trimestre 1804 - quando ancora

era anglicana - ascoltò più volte la S. Messa

- irresistibilmente attratta - ad adorare

Gesù - presente nel mistero eucaristico - e

a unirsi al suo sacrificio - G.B.». È pure

ricordata con una lapide all’interno dell’ex

Palazzo del Paradisino, ove fu ospite della

famiglia Filicchi.

BAYONA ISACCO (Salonicco (Grecia) 21

luglio 1926 - Livorno

14 gennaio 2013,

di Raffaele e Diamante

Jacob). Ultimo

testimone livornese

della Shoah. Di

famiglia ebraica, a seguito

delle leggi razziali

fu arrestato con

i familiari il 20 dicembre

1943 e deportato ad Auschwitz dove

gli venne tatuato il numero di matricola

173404. Liberato dai russi il 27 gennaio

1945, tornò a Livorno senza però la madre,

due sorelle e un fratello che furono uccisi

nel campo di concentramento. Gestore di

un banco al mercato di via Buontalenti, per

il resto della vita ha contribuito con le parole

a far luce sui crimini della Shoah raccontandoli

ai ragazzi delle scuole o nelle

“Giornate della Memoria”. Nel 2010 ricevette

al Quirinale dal presidente Napolitano

la medaglia d’oro. In suo ricordo, in occasione

della “Giornata della Memoria”

2014, è stata posta davanti alla casa dove

viveva in via della Posta, angolo via della

Madonna, una “pietra d’inciampo”, con la

seguente scritta: “Qui abitava, ISACCO

BAYONA, nato 1926, arrestato 20 dicembre

1943, deportato, Auschwitz, sopravvissuto”.

BAZZALI CARLO (Livorno 6 agosto 1938

- Rozzano (MI) 21

aprile 2013) - Bonsaista.

Dopo essersi

cimentato nella pittura

e nella scultura

a sbalzo nel gruppo

Toscana Arte, a partire

dagli anni Settanta

si gettò anima e

corpo alla coltivazione

di bonsai. Nel 1977 fondò, presso il bosco

dei Cappuccini di via Cecconi, con

l’amico e collega Domenico Landi, lo “Studio

Bonsai Livorno” (oggi intestato a suo

nome), specializzandosi nello stile “Driftwood”

(particolare tecnica di intervento

volta ad esaltare l’armonia del bonsai con

parti di legno secco). Istruttore e giudice

I.B.S. (Collegio Nazionale Istruttori Bonsai

e Suiseki), ha lasciato varie pubblicazioni.

Vincitore di numerosi premi, suoi

esemplari fanno parte di importanti collezioni

nazionali.

BAZZI GIACOMO (Livorno 1949 - 27 gennaio

2018) - Attivista. Ex dipendente della

Trw, ha lasciato una decisa impronta come

militante di Rifondazione Comunista, di cui

è stato consigliere della Circoscrizione 1.

Non solo partecipava alle assemblee, cortei

e manifestazioni in piazza, ma con la

sua macchina fotografica, video interviste e

articoli documentò decenni di lotte politiche

e sociali della nostra città, lasciando un

prezioso ed inedito archivio della “vera sinistra”,

come spesso amava sottolineare.

Fu anche un attivo collaboratore con la Libera

università popolare “Alfredo Bicchierini”

di Livorno. In suo ricordo è stato indetto

annualmente, a partire dal 2018, il

“Premio Nazionale Giacomo Bazzi” di fotografia

su temi politici e sociali.

BAZZI MANLIO (Livorno 1919 - 22 novembre

2014) - Commerciante. Nel 1961

dette vita in via Machiavelli al panificio “Il

vecchio forno” che portò avanti sino a tarda

età per cedere poi il passo ai nipoti.

BEATO ANGELICO (Vicchio di Mugello

(FI) 1400 ca. - Roma 18 febbraio 1455) -

Nome con cui è noto il pittore rinascimentale

Frà Giovanni da Fiesole, al secolo Guido

di Pietro Trosini. Fu autore di molti capolavori

tra i quali la celeberrima Annunciazione.

Nel Duomo di Livorno, nella Cappella

del Santissimo Sacramento, è conservata

una sua opera, il “Cristo coronato di

spine” (tempera e oro su tavola cm. 55x39,

datata tra il 1430 e il 1438). Si tratta di un

primo piano altamente espressivo del volto

di Gesù negli ultimi momenti del suo

calvario, quando, dopo esser stato flagellato,

per scherno, viene coronato di spine e

coperto con una veste scarlatta, simbolo

della regalità. Inizialmente attribuito alla

“Scuola di Giotto”, tutta la critica più recente

è concorde nel considerare il dipinto

come opera del B.A. Tuttavia è ancora aperto

il dibattito sull’ipotesi che l’opera sia un

prototipo completamente nuovo o una versione

ispirata alla tavola “Volto del Cristo”

del pittore fiammingo Jan Van Eych realizzata

nel 1438 e conservata a Berlino. Non

si conosce la destinazione originaria del dipinto

né dove fosse stato conservato fino

al 1837, quando giunse a Livorno attraverso

il mercato antiquario e fu donato alla

parrocchia di S. Maria del Soccorso da Silvestro

Silvestri (v.). Trafugata nel dopoguerra

e successivamente ritrovata, la tavola

è stata portata per la prima volta all’attenzione

dell’opinione pubblica mondiale

nel 1955 come opera certa del Maestro,

nella mostra celebrativa del Beato Angelico,

tenutasi a Firenze nel Museo di San

Marco. Nel corso degli anni il dipinto è stato

protagonista di varie esposizioni; tra le

più recenti sono da ricordare quella a Colonia,

dedicata al volto di Cristo, in occasione

della XX Giornata mondiale della Gioventù

(2005) e quella monografica sul B.A.,

tenutasi al Metropolitan Museum of Art di

New York dall’ottobre 2005 al gennaio

2006. Il restauro, l’allestimento e la messa

in sicurezza dell’opera sono curati dalla

Fondazione Maurizio Caponi (v.).

BECCARIA CESARE (Milano 15 marzo

1738 - 28 novembre 1794) - Giurista, filosofo,

economista e letterato. Figura di spicco

dell’Illuminismo, autore del celebre trattato

“Dei delitti e delle pene” che si stampò

a Livorno nel 1764 nella tipografia Marco

Coltellini (v.). Fu menzionato nella seguente

lapide posta all’epoca in via della Banca

(oggi trasferita nel cortile del Palazzo di

Giustizia di via Falcone e Borsellino): «Qui

ebbe la tipografia MARCO COLTELLINI e

fu pubblicata nell’aprile del 1764 la prima

edizione “Dei delitti e delle pene” di CESA-

RE BECCARIA e dal 1770 al 1779 l’opera

immensa dell’ENCICPLOPEDIA FRANCE-

SE in trentatre grandi volumi. F.P. 1883».

BECKFORD GUGLIELMO (Fonthill (Regno

Unito) 1759 - Bath (Regno Unito)

1844) - Scrittore inglese. Gran viaggiatore,

ebbe modo di visitare anche la nostra città

tra il 1780 e il 1782 e di annotarne le impressioni

nel suo libro Italy (“...si profilò

all’orizzonte la torre del Fanale: il cielo e il

mare splendevano di una luce ambrata e le

navi apparivano attraverso una nebbia

d’oro, della quale non possiamo avere

un’idea nei nostri climi nordici. Quella prospettiva,

mista alla fresca brezza marina,


35

23

Belforte, famiglia

m’incantarono: mi affrettai verso il porto

e salii su di una scogliera contro cui venivano

ad infrangersi le onde...”).

BECUZZI LIDO (Livorno 11 maggio 1935

- 28 giugno 1987, di Sestilio e Leda Scateni)

- Sindacalista. Funzionario della Esso,

svolse intensa attività come dirigente del

sindacato chimici Filcea-Cgil.

BEDARIDA DAVID (Livorno 20 maggio

1936 - 2 ottobre

2013) - Medico.

Dott. Svolse la professione

di neurologo

e poi di psichiatra

negli ospedali di

Pontedera, Livorno,

Grosseto e Aosta

per finire la carriera

come primario all’ospedale di Piombino.

Fece parte del coro della Comunità Ebraica

di Livorno. È scomparso a seguito di un

incidente stradale.

BEDARIDA GUGLIELMO (Livorno 1925

- Lodi (MI) 5 aprile 1989) - Primario ematologo.

Prof. Laureatosi in medicina all’università

di Roma nel 1955, si specializzò

nelle malattie del sangue e proseguì gli studi

e la ricerca a livello internazionale presso

l’Istituto di immunoematologia del Centro

Hayem di Parigi. Rientrò in Italia per

dirigere l’Istituto Trasfusionale Avis di

Pavia. Dopo una parentesi trascorsa all’Istituto

di Genetica Medica dell’Università

di Torino, nel 1971 fu chiamato quale

Primario ematologo dell’ospedale Maggiore

di Lodi. Ha lasciato un’imponente opera

scientifica di circa 200 pubblicazioni.

BEDARIDA GUIDO (Ancona 18 febbraio

1900 - Livorno 18 agosto 1962, di Davide e

Fortunata Ottolenghi) - Storico e scrittore.

Avv. Conosciuto anche con lo pseudonimo

Eliezer ben David. Giunse nella nostra città

all’età di 15 anni. Dopo la laurea in giurisprudenza

esercitò la professione di avvocato.

Con il fratello Umberto (v.), portò

avanti anche l’azienda di famiglia, la Casalana

Bedarida, società specializzata nel

commercio di lana per materassi. Studioso

e gran conservatore del patrimonio giudeolivornese,

e in particolare del bagitto, scrisse

arguti e deliziosi sonetti tanto da essere

definito “il sommo scrittore e poeta del

bagitto livornese”. Fu direttore della “Rassegna

mensile d’Israele” e socio fondatore

della sezione livornese dell’Associazione

Italia-Israele. Ha lasciato numerosi testi,

quali Ebrei d’Italia (Livorno, Soc. Editrice

Tirrena, 1948) e Ebrei di Livorno - Tradizioni

e gergo in 180 sonetti (Ed. Felice Le

Monnier, Firenze, 1956). Nel 2009 è stato

ricordato dalla Comunità Ebraica di Livorno

con una giornata di studio presso la Sala

Consiliare della Provincia di Livorno dal

titolo “Guido Bedarida, l’uomo e la sua

opera storica e letteraria”. Nel 2011 gli è

stato intitolato il nuovo tratto di strada da

via Campania a via Sicilia. Il 27 gennaio

2021, Giorno della Memoria, nei locali dell’Ordine

degli avvocati, presso il tribunale

civile di Livorno in via De Larderel, il suo

nome è stato inserito tra i nove elencati in

una targa “In memoria degli avvocati e di

tutti gli ebrei perseguitati dalle leggi razziali

e vittime della Shoah”.

BEDARIDA MASSIMO (Livorno 1922 -

11 gennaio 2018) - Imprenditore. Negli anni

‘80 rivestì la carica di presidente della Comunità

Ebraica di Livorno.

BEDARIDA ROBERTO (Livorno 16 marzo

1928 - 18 settembre

2008, di Umberto

e Laura Franco) -

Imprenditore. Ing.

Laureatosi in ingegneria,

fu docente all’università

di Pisa.

Nel contempo, portò

avanti l’azienda di

famiglia, la Casalana

Bedarida, specializzata

nel commercio di lana per materassi.

BEDARIDA UMBERTO (Ancona 8 febbraio

1896 - Livorno 6 febbraio

1966, di Davide

e Fortunata Ottolenghi)

- Comm. Industriale.

Si trasferì

giovanissimo a Livorno

e con il fratello

Guido (v.) subentrò

nell’azienda di

famiglia, la Casalana

Bedarida, società specializzata nel commercio

di lana per materassi. Fu fondatore e

presidente della Betron Industria e Ricerche

Elettroniche SpA di Livorno, una azienda

di alta specializzazione, fornitrice per il

suo settore, delle Forze Armate. Fece parte

dei consigli di amministrazione dell’Associazione

Industriale, della Cassa di Risparmi,

della Giunta della C.C.I.A., del Comitato

Estate Livornese e dell’Ente Provinciale

per il Turismo.

BEDOGNI ODETTE con. Fremura, in arte

Delia Scala (Bracciano

(Roma) 25 settembre

1929 - Livorno

15 gennaio 2004,

di Aldo e Iolanda Redighieri)

- Attrice,

soubrette. Fra le più

complete show girl

del teatro leggero italiano,

con la coppia Garinei & Giovannini,

tra gli anni ‘50/’60 interpretò commedie

musicali di gran successo (quali Giove in

doppiopetto e L’adorabile Giulio con Carlo

Dapporto; Buonanotte Bettina con Walter

Chiari; My fair lady con Gianrico Tedeschi;

Rinaldo in campo con Domenico

Modugno; Un trapezio per Lisistrata con

Nino Manfredi e Il gioco della tartaruga

con Renato Rascel). Fu grande protagonista

anche alla televisione con Canzonissima

(1959 e 1960) a fianco di Nino Manfredi

e Paolo Panelli. Abbandonò quarantenne

la scena artistica quando ancora era alla ribalta

nazionale. Nella vita privata, non nascose

mai la sua battaglia contro il cancro

dopo che negli anni Settanta, operata dal

professor Bucalossi, il cui aiuto era Umberto

Veronesi, e curata con la chemio e la

cobalto-terapia in anni in cui la chirurgia

oncologica muoveva i primi passi, fu considerata

una miracolata. Sposatasi in seconde

nozze con Arturo Fremura, nel 1986 si stabilì

a Livorno, conducendo vita riservata. Ma

era sempre pronta a scendere in piazza nelle

manifestazioni annuali “L’arancia per la

vita” e “Un’azalea per la mamma” per la

raccolta fondi a favore dell’Airc che, grazie

anche alla sua presenza, hanno sempre trovato

la massima risposta da parte dei livornesi.

BELFIORE CORRADO (Noto (SR) 25 novembre

1933 - Livorno 30 gennaio 2001, di

Alfonso e Concetta Buonarrivo) - Fotografo.

Figlio d’arte, iniziò ad imparare la professione

nello studio del padre a Noto. Nel

1956 si trasferì a Livorno e aprì uno studio

fotografico in via Salvestri, che poi trasferì

in via Bat Yam. Per quasi mezzo secolo

immortalò immagini di storia livornese. Fu

anche il fotografo legato ai parà della Folgore

della vicina caserma «Vannucci».

BELFORTE, famiglia - Antica famiglia

ebraica di tipografi-editori. Nel 1834 SA-

LOMONE BELFORTE (1806-1869) costituì

la “Salomone Beforte & C.”, azienda

tipografica con sede in via Serristori, al 5°

piano di un palazzo popolare, specializzandosi

nella pubblicazione di opere in lingua

ebraica su commissione, in particolare

dai paesi orientali. Gli succedette il figlio

Giuseppe (Livorno 1830-1894) e, nel 1890,

il nipote Giulio (Livorno 1857-1921), che,

rimasto unico proprietario delle attrezzature

tipografiche e delle opere stampate,

impresse uno sviluppo industriale all’azienda,

trasferitasi al piano terra del Palazzo

Corridi in via della Madonna, arricchendola

di una litografia, una legatoria, una libreria

e una cartoleria, diversificando le pubblicazioni

anche con testi scolastici. Nel

‘900, a causa di una malattia, gli subentrò la

moglie Emma Castelli (v., Livorno 1864-

1937) e successivamente i figli Guido (Livorno

1885-1950), Aldo Luigi (Livorno

1886-1970), e Gino (v., Livorno 1895-

1986). L’espansione dell’azienda proseguì

con edizioni d’arte e la pubblicazione della

rivista «Liburni civitas». Nel 1938 le leggi


Belforte Gino 36

24

razziali costrinsero i Belforte a cedere l’attività

ad amici e a trasformare l’azienda in

“Società editrice tirrena”, editrice anche del

quotidiano Il Telegrafo. La guerra e i bombardamenti

alleati distrussero lo stabilimento

e la libreria. Nel 1950 succedettero a

Guido il figlio Giulio (Livorno 1912-

1969), il genero Ettore Guastalla e il figlio e

il genero di Aldo Luigi: Piero Belforte (Livorno

1921-1999) e Giorgio Bianchini (v.,

1921-2015). Con quest’ultimo, nel 1964 la

tipografia si spostò in via G. Gozzano, trasformandola

in “Belforte Grafica di Giorgio

Bianchini e C.” (poi, dal 1997, Media

Print). L’attività editoriale riprese a cura di

Paolo Belforte (v., Livorno 1923-2018)

negli anni ’70 con edizioni di storia locale,

psicologia, pedagogia e arte d’avanguardia.

Negli anni ’80 il marchio divenne “Belforte

Editore Libraio srl”. Alla fine degli anni ’90

la Libreria e il marchio editoriale di Salomone

Belforte furono rilevati dai nipoti di

Guido Belforte: il gallerista ed editore Guido

Guastalla con la moglie e i figli. In seguito

Paolo Belforte con altri soci proseguì l’attività

editoriale sotto il marchio della Belforte

& C. In occasione del bicentenario della

casa editrice è uscito il libro Salomone

Belforte & C. Duecento anni di un editore.

1805-2005 a cura di Guido e Silvia Guastalla,

(Salomone Belforte & C., Livorno, 2006).

BELFORTE GINO (Livorno 6 ottobre 1895

- 6 agosto 1986, di

Giulio e Emma Castelli)

- Tipografo-

Editore. Di questo

personaggio protagonista

di quasi un

secolo di vita cittadina,

riportiamo la

biografia scritta da

lui stesso con le indicazioni

che fosse consegnata al Tirreno

dopo la sua morte. “E’ nato a Livorno il 6

ottobre 1895. Ottenuta la maturità al liceo

classico, si iscrisse all’Università di Pisa,

nella facoltà di giurisprudenza. Chiamato

alle armi il 1° giugno del 1915, partecipò

come ufficiale di complemento nell’arma di

fanteria, alla prima guerra mondiale prendendo

parte a molti combattimenti. Ferito

e mutilato di guerra, decorato con medaglia

di bronzo al valor militare e croce di guerra,

raggiunse il grado di colonnello. Nel 1946

fu Commissario dell’Istituto del Nastro

Azzurro ricostituendo la sezione di Livorno;

fu anche consigliere della Associazione

mutilati di guerra. Professionalmente dedicò

circa cinquanta anni della sua intensa

attività e col massimo entusiasmo all’editoria

ed alla tipografia: dopo la prima guerra

mondiale come comproprietario e direttore

dello Stabilimento Grafico Belforte e

della Casa Editrice Belforte, e dopo la seconda

guerra - per tredici anni - come presidente

ed amministratore della Società Editrice

Italiana, editrice del quotidiano «Il

Telegrafo» e altri periodici. Nel 1921 fondò,

nel prestigioso spazio (già del corniciaio

Gustavo Mors (v.): ndr) affacciato

sulla centralissima piazza Cavour, all’angolo

con via Indipendenza, la Bottega d’Arte

(la prima in Italia) e la diresse per trenta

anni dando vita a manifestazioni artistiche

di primo piano. Fiducioso nella rinascita di

Livorno, dopo le distruzioni della guerra,

fu presidente del Consorzio Giappone e

della Società Immobiliare Blocco Giappone

dando il via alla ripresa della via Grande

con la difficile ricostruzione del Blocco

Giappone. Per molti anni fu vice-presidente

della Associazione fra gli Industriali della

Provincia di Livorno; reggente della Banca

d’Italia; socio della Cassa di Risparmi;

membro della Commissione provinciale per

le imposte ed assolse molti altri incarichi.

Rotariano convinto dal 1946, fu per sei anni

segretario e per due presidente del Rotary

Club di Livorno. Appassionato di sport fu

prima segretario della Virtus Juventusque e

poi segretario dell’Unione Sportiva Livorno

dalla sua fondazione e nei momenti del

suo massimo splendore. Per la sua dirittura,

il disinteresse, la comprensione, la passione

che metteva in tutto ciò che intraprendeva,

ebbe moltissimi amici di tutti i

ceti sociali”.

BELFORTE PAOLO (Livorno 19 aprile

1923 - 27 settembre

2018, di Aldo Luigi

e Luisa Fiano) - Editore

e libraio. Discendente

da una famiglia

di editori-librai

di ultrasecolare

esperienza, nell’immediato

dopoguerra

portò avanti la storica

Libreria Belforte di via Grande 91, esercizio

aperto nel lontano 1803, come recitava

la targa originaria al suo ingresso. Uomo

di profonda cultura, gentile ed elegante, il

suo non è stato “solo” un negozio di libri o

punto di prenotazione testi scolastici di ogni

ordine e grado, ma un centro di iniziative

culturali conosciuto ed apprezzato in tutta

Italia. Indimenticabili le serate con

l’“Incontro con l’autore” con artisti, scrittori

e giornalisti che si sono avvicendati all’interno

della sua libreria, come Giuseppe

Viviani, Silvano Ceccherini, Luciano Caruso,

Giovanni Campus, Franco Antonicelli,

Oriana Fallaci, Aldo Santini, Gina Lagorio

e molti altri. Lo stesso senatore Giovanni

Spadolini la prediligeva non mancando di

visitarla durante i suoi soggiorni a Castiglioncello.

La sua presenza nell’editoria,

dopo che la libreria era stata trasformata,

dimezzata e trasferita a partire dagli anni

‘90, nel 2003 è proseguita con la creazione

della Belforte Cultura, con a fianco le figlie

Laura, Francesca e Paola.

BELIMBAU ADOLFO (Il Cairo (Egitto)

1845 - Firenze 1938) - Pittore. Nacque in

Egitto da famiglia livornese dove momentaneamente

si era trasferita per seguire i

propri interessi commerciali nel campo

della importazione e vendita di tappeti

orientali. Si avvicinò alla pittura frequentando

la scuola di Felice Provenzal (v.) per

poi aprire uno studio in Corso Amedeo, in

collaborazione con l’amico e pittore Eugenio

Cecconi (v.), che gli affibbiò il soprannome

di “Bau”. All’Esposizione di Firenze

del 1881, un suo dipinto “Un momento

di riposo” (indicato dai dizionari d’arte

anche come “Fra un capitolo e l’altro” o

“Un pisolino”) del 1872 fu acquistato dal

Re d’Italia, poi donato dallo stesso alla

Galleria di Arte Moderna a Palazzo Pitti.

Si impose anche alle esposizioni di Torino,

Milano e Venezia. Si affermò pure nelle

riproduzioni grafiche e fotomeccaniche

tanto che alla mostra “Photographisce

Union”, svoltasi a Monaco di Baviera tra

il 1893 e 1894, ottenne una valida reputazione

europea. Tra i suoi dipinti più noti

la “Casa di Don Verità”, conservato al

Museo civico “G. Fattori”, e “Una fonte a

Livorno” (quella all’angolo tra via G. Garibaldi

e via G. Galilei), conservato pure a

Palazzo Pitti. La famiglia Belimbau costituì

una munifica fondazione con scopi culturali.

BELLABARBA GAETANO (Falerone

(FM) 24 gennaio

1934 - Livorno 5

giugno 2009, di

Umberto e Ermelinda

Eugeni) - Imprenditore.

Si trasferì

a Livorno nel

dopoguerra, e insieme

al fratello Luciano,

fondò l’omonima

società, che ben presto divenne tra le

più importanti nei lavori stradali e movimento

terra. In tempi assai recenti legò il

suo nome all’urbanizzazione di tutta la

zona di Banditella, ai grandi lavori della

Porta a Terra e all’immenso autoparco del

Faldo a Guasticce. La passione per lo sport

lo portò ad essere anche uno dei grandi

personaggi dell’Ippodromo «Caprilli»: fu

proprietario di una scuderia e di numerosi

purosangue, raccogliendo molti successi su

tutte le piste italiane. Per alcune stagioni

sponsorizzò anche la squadra del Rugby

Livorno.

BELLANDI FERRUCCIO (Livorno 24

gennaio 1904 - 1 agosto 1972, di Francesco

e Corinna Ciano) - Commendatore. Fu

presidente dell’U.S. Livorno dal 1954 al

1957, con due campionati di serie C e una

promozione in serie B.

BELLANDI ROBERTO (Montalcino (SI)


37 Benamozegh Elia

25

26 marzo 1944 - Collesalvetti (LI) 31 gennaio

2004, di Emilio e Ida Vicidomini) -

Sindacalista. Lavoratore portuale, per svariati

anni svolse attività come sindacalista

della Uil-trasporti. Fu tra i maggiori protagonisti

della massoneria livornese: maestro

venerabile della loggia Bovio, una delle

più antiche e prestigiose delle città, ricoprì

anche la carica di presidente del Grande

Oriente di Livorno.

BELLI IVANO (Livorno 1932 - 14 maggio

2012) - Docente. Prof. Dopo essersi laureato

in matematica e fisica a Pisa, insegnò

all’Iti Galilei e poi all’Enriques. Negli anni

Settanta, con un gruppo di colleghi, dette

vita ai cosiddetti ‘Quaderni dell’Enriques’,

che non solo contribuirono a modificare l’insegnamento

della matematica, ma furono

diffusi in tutta Italia. Fu anche consigliere

della Circoscrizione 2 nelle file del Pci.

BELLI LUCIANO (Livorno 29 maggio 1937

- 27 aprile 2002, di Dino e Gina Castellacci)

- Militante politico. Dipendente dell’Enel,

svolse attività politica nelle file della

Dc e poi del Ppi, e fu consigliere della

Circoscrizione 4. Si distinse anche nel mondo

del volontariato nelle file della Caritas.

BELLINCIONI GEMMA (Monza (MI) 18

agosto 1864 - Napoli

23 aprile 1950) -

Soprano. Tra i più

noti soprani del tardo

XIX secolo che

ebbe successo nei

maggiori teatri di tutto

il mondo. Il 17

maggio 1890 trionfò

al ‘Costanzi’ di

Roma nella ‘prima’ di Cavalleria Rusticana

di Mascagni, con a fianco il marito tenore

Roberto Stagno (v.), magistrali interpreti

di Santuzza e Turiddu. All’indomani di

quel successo, lo stesso Maestro invitò i

coniugi a prendere qualche settimana di vacanza

a Livorno e della città se ne innamorarono

subito. Acquistarono Villa Morazzana

e vi trascorsero qualche anno: qui,

nella cappellina attigua, fu battezzata la

loro figlia Bianca (Budapest 1888 - Milano

1980, che pure seguì la vocazione lirica),

ove in seguito, vi celebrerà le nozze con il

figlio dell’editore Ricordi. Entrambi i coniugi

sono sepolti in un monumentale sacello

nel piccolo cimitero di Montenero,

ove si legge: “Qui riposano - Roberto Stagno

e Gemma Bellincioni - Gloria dell’arte

lirica - 26 aprile 1897 - 23 aprile 1950”.

BELLITI MARIO (Chianni (PI) 20 gennaio

1947 - Livorno 13 gennaio 2010, di Giuseppe

e Maria Nannetti) - Dipendente statale,

fu tra i soci-fondatori degli «Amici di

Montenero-La Frassineta», associazione

sorta per la valorizzazione e il rilancio dell’immagine

della comunità montenerina. In

particolare, si distinse nel pellegrinaggio

che, nel 2000, portò la Comunità attraverso

la via Francigena, a cavallo, in piazza

San Pietro a Roma, dove venne donata

un’immagine della Madonna di Montenero

al pontefice Giovanni Paolo II.

BELLOMI LORENZO (Verona 1929 - Negra

(VR) 1996) - Mons. Ordinato sacerdote

nel 1951, giunse a Livorno nel 1955 e

fino al 1964 ricoprì la mansione di segretario

particolare e consigliere dell’allora vescovo

di Livorno Andrea Pangrazio. Insegnante

di religione all’istituto Sacro Cuore,

si impegnò nelle file della Fuci e negli scouts.

In seguito divenne vescovo di Trieste.

BELLONI LUCIANO (Livorno 13 ottobre

1922 - 8 ottobre 2009, di Antonio e Savina

Fronti) - Dirigente politico. Operaio del

Cantiere Navale negli anni ’60, è stato un

esponente di spicco del partito socialista

livornese, ricoprendo la carica di vicesegretario

provinciale. Fu anche amministratore

dell’Aamps e presidente della società

Porto Industriale.

BELLOSO MARIO (Lerici (SP) 1883 - Livorno

1965) - Farmacista. Dott. Dopo aver

conseguito la laurea in Farmacia, si trasferì

a Montenero quando divenne titolare della

locale farmacia (già del dott. Farnesi) che

spostò in un edificio di sua proprietà in via

delle Pianacce. Fu più volte premiato dall’Ordine

dei Farmacisti per la sua attività

anche creativa, dal momento che non disdegnava

di preparare ed allestire prodotti

terapeutici.

BELLUCCI FRANCO (Livorno 1945 - 30

agosto 2020) - Artista,

esponente dell’Art

Brut. Vittima

di una lesione cerebrale

sin dalla tenera

età che lo privò anche

della capacità di

parlare, trascorse

l’infanzia e l’adolescenza

nell’Ospedale

psichiatrico di Volterra. Soprannominato

Hulk per la sua straordinaria e distruttiva

forza fisica, nel 1998, fu accolto al Centro

di Salute Mentale «Franco Basaglia» di

Livorno. Grazie al team di “porte aperte”

del laboratorio Blu Cammello, sotto la direzione

del visual designer Riccardo Bargellini,

quì iniziò un percorso di recupero

esistenziale, dedicandosi a legare tra loro

vari oggetti trovati, in materiali disparati,

creando la cosiddetta arte del ready made

sotto forma di assemblaggi ispirati alla violenza

e in stile naïf. Dal 2007 le sue creazioni

approdarono in Belgio, Francia e Germania,

per essere poi incluse nella mostra

collettiva Banditi dell’Arte alla Halle Saint

Pierre a Parigi nel 2012. Furono poi presentate

in una mostra personale al MAD

Musée de Liège nel 2014-2015 e a quella di

Art Brut Banditi dell’Arte, tenutasi a Tokyo

nel luglio 2015.

BELLUCCI GIOVANNI (Piombino (LI) 10

ottobre 1909 - Livorno 28 luglio 1954, di

Ovidio) - Medico. Dott. Laureatosi nel

1933 a Pisa, fu assunto tre anni più tardi

agli Spedali Riuniti di Livorno come assistente

incaricato del Laboratorio di analisi,

per poi divenire, nel 1952, Primario batteriologo.

Ricoprì anche la carica di segretario

dell’Ordine dei Medici della provincia

di Livorno.

BELLUCCI OVIDIO (Scansano (GR) 16

aprile 1878 - Livorno 3 settembre 1956) -

Medico. Dott. Iniziò la professione nel

1900 a Grosseto, per poi proseguirla a

Piombino e quindi, nel 1920, a Livorno dove

fu medico condotto e responsabile sanitario

della Cassa Mutua Marittimi.

BELLUOMINI MAURIZIO (Livorno

1955 - Managua (Nicaragua) 2001) - Imprenditore.

Nel 1990 intraprese l’attività

di import-export di legname rivolta ai mercati

del Nord Europa e del Sudamerica, che

lo portò a fare la spola tra Livorno e i paesi

del Centro e Sud America, soprattutto Nicaragua,

Uruguay e Brasile.

BELTRAMINI FERDINANDO (Livorno

16 maggio 1925 - 20 giugno 1989, di Bruno

e Saffo Vannoni) - Imprenditore. Titolare

dell’omonima ditta di autotrasporti della

Italesplosivi, incaricata di fornire l’esplosivo

alle cave della Toscana.

BEMPORAD ITALO (Livorno 2 agosto

1850 - 15 gennaio 1936, di Felice e Allegra

Almagia) - Corista della Società Corale

“Guido Monaco” di Livorno, nel 1919 ricoprì

la carica di presidente.

BENAMOZEGH ELIA (Livorno 24 aprile

1823 - 6 febbraio 1900, di Avraham e Clara

Curiat) - Rabbino, cabalista, filosofo. Nato

da una famiglia sefardita marocchina, originaria

di Fez, trascorse tutta la sua vita a

Livorno dove esercitò l’ufficio rabbinico.

Grazie ai suoi numerosi scritti (tra i quali

Morale juive et morale chrétienne, 1867;

Israel et l’humanité, 1914), fu uno dei personaggi

più importanti del mondo ebraico

internazionale, assai conosciuto, studiato

e apprezzato anche negli ambienti non ebraici.

Fu anche definito il “Rabbino del Risorgimento”

per il suo sostegno alla causa dell’indipendenza

italiana. È sepolto nel Cimitero

Monumentale Ebraico di viale I.

Nievo 134. Sulla facciata della Comunità

Israelitica si legge la seguente epigrafe: «Sia

perenne memoria che in questa città nacque

il giorno 24 aprile 1823 ELIA BENA-


Benamozegh Gino

26

38

MOZEGH. Insigne ebraista, profondo teologo,

vibrante carità di patria in tempi

difficili, autore di opere dai grandi ammirate,

consacrò la vita intera alla ricerca

del vero, scienza e fede, volle segnacolo in

vessillo e l’avvenire religioso della umana

famiglia». Nel 1984 gli è stata dedicata

la piazza dove è posto il Tempio e la stessa

Comunità israelitica. Nel 2014, nell’ambito

dell’Amicizia Ebraico Cristiana di Livorno

e nel centenario della pubblicazione dell’opera

Israel et l’humanité, è stato ricordato a

Villa Fabbricotti con la giornata convegno

“Livorno - Benamozegh, il rabbino del dialogo”.

BENAMOZEGH GINO (Livorno 14 novembre

1896 - Roma 29 novembre 1965) -

Giornalista. Specializzato in problemi aeronautici,

è stato redattore dell’agenzia

Ansa dall’ottobre 1946 al 30 aprile 1954 e

redattore del Giornale d’Italia. E’ stato

anche direttore del Centro Italiano Notazioni

Stampa.

BENASSI LANCIOTTO (Livorno 20 aprile

1912 - 19 marzo 2012) - Confratello

della Misericordia di Livorno, si iscrisse il

9 aprile 1930 e da allora il suo legame con

l’associazione è stato indissolubile fino a

poche ore dalla morte. Nominato Protettore

della Misericordia e poi Capo guardia

emerito, è scomparso poco prima di compiere

100 anni quando aveva già ricevuto

riconoscimenti dalla Confederazione nazionale

delle Misericordie e dalla Santa Sede

attraverso una speciale benedizione del

Santo padre Benedetto XVI.

BENASSI PIERO (Livorno 1915 - 2002) -

Pittore. Autodidatta, iniziò con una pittura

tradizionale per poi trovare la sua personalità

espressiva in una tavolozza di figurazione

stilizzata, ove predominò la figura

femminile, quasi novecentesca, rievocando

tendenze liberty, con valida e poetica

fantasia. Fu socio del Gruppo Labronico

e dell’Accademia Scienze, Lettere, Arti

di Milano. Partecipò a varie esposizioni

all’estero, specie in Francia e Stati Uniti.

BENCI ANTONIO (Santa Luce (PI) 30

marzo 1783 - Livorno 25 gennaio 1843) -

Letterato, pedagogista ed educatore. Ebbe

un’intelligenza fuori del normale: a tre anni

leggeva e a sei traduceva il latino. Scrisse

romanzi (il più noto fu Piero d’Orezza,

ambientato durante la lotta per l’indipendenza

della Corsica), opere teatrali, articoli

su storia, politica e pedagogia. Fu il primo

traduttore italiano della Storia della

guerra de’ Trentanni di F. Schiller. Di famiglia

fiorentina, viaggiò molto e fu amico

di Alessandro Manzoni, Giuseppe Mazzini,

Johann Wolfgang von Goethe e molti

altri uomini illustri italiani ed europei. Visse

a Livorno per una quindicina d’anni. Qui

dette vita ad un apprezzabile cenacolo di

cultura. Per suo volere, fu sepolto nel piccolo

cimitero che esisteva attiguo alla Chiesa

di San Jacopo: alla sua demolizione, avvenuta

nel 1915, la salma fu traslata nella

cripta della chiesa stessa con la seguente

lapide: «Antonio Benci - Letterato e Matematico

- Pedagogista ed Educatore - N. 30

marzo 1783 - M. 25 gennaio 1843». Nel

1893 gli fu intestato l’imponente edificio

scolastico appena innalzato in via Bernardina.

BENCINI ADRIANO (Livorno 5 ottobre

1922 - 3 marzo

2011, di Enzo e

Adriana Aliboni) -

Luminare della medicina,

una delle colonne

portanti dell’Ospedale

livornese

Prof. Dott. Laureatosi

in medicina

e chirurgia all’università

di Padova, si formò presso l’università

statale di Milano, frequentando per

lunghi periodi le più rinomate scuole chirurgiche

d’Europa, come la clinica chirurgica

dell’università di Stoccolma e il settore

della chirurgia toracica dell’università di

Uppala. Proprio in questo periodo raggiunse

i primi successi internazionali, ideando

e sperimentando la prima macchina per la

circolazione extracorporea, il primo pacemaker

e il primo defibrillatore. Mise a punto

anche l’intervento sul “Glomo carotideo”

per la cura dei pazienti asmatici, che

negli anni ’60/’70 ebbe un vasto clamore

attirando pazienti da tutto il mondo. Tantissime

le sue pubblicazioni su importanti

riviste internazionali. Dopo aver vinto un

concorso, nel 1961 divenne primario negli

Spedali Riuniti di Livorno dapprima in

Chirurgia toracica e successivamente in

Chirurgia generale, carica che tenne fino al

1985, anno del suo pensionamento. È stato

un sostenitore della carotidoglomectomia

per la cura degli asmatici. Per primo a Livorno

impiantò un pace maker cardiaco.

Nel 1982 fu tra i soci fondatori e primo

presidente della ricostituita Società Medico-Chirurgica

Livornese. Per oltre 40 anni

fu socio anche del Rotary Club Livorno

che lo ricordò nel 2013 donando un defibrillatore

alla Svs di Livorno. È stato sepolto

a Fauglia nella cappella di famiglia.

BENCINI GIOVANNI (Livorno 1957 - 20

marzo 2020) - Dirigente comunale. Dr. Laureatosi

in economia e commercio a Pisa, nel

1984 fu assunto dal Comune di Livorno in

qualità di provveditore economo dell’Istituto

Pascoli, ed in seguito di direttore. Passato

dirigente, negli anni ha poi curato i

settori della Sicurezza sociale, delle Politiche

abitative, del Patrimonio, dei Servizi

alla persona, dei Servizi sociali e dei Servizi

demografici. Il suo ultimo incarico fu

delle attività amministrative per il postalluvione

2017.

BENCINI GUIDO (Livorno 8 maggio 1963

- Fauglia (PI) 9 ottobre 2019) - Skipper.

Figlio del chirurgo di fama mondiale Adriano

Bencini (v.), la sua vita è rimasta legata

al mare. Capitano di lungo corso diplomatosi

al Nautico “C. Cappellini” di Livorno,

è stato skipper professionista su barche a

vela della classe Ior e su grandi yacht da

crociera. È stato anche al comando della

“Signora del vento” (la prima nave scuola

della Marina Mercantile, seconda per dimensioni

solo alla nave scuola “Amerigo

Vespucci” della Marina Militare) e, per lungo

tempo, al servizio della navigazione

commerciale della flotta D’Amico.

BENDINELLI ANGELO (Lari (PI) 1876 -

Livorno 1942) - Tenore. Lasciò gli studi in

legge per dedicarsi alla lirica, debuttando al

Teatro San Marco di Livorno nel 1902.

Grazie ad una voce carezzevole e gentile si

affermò nei più grandi teatri italiani e del

mondo. Dopo il 1922, alternò la carriera

all’insegnamento.

BENDINELLI GUSTAVO (Livorno 23

gennaio 1937 - Pisa 7 agosto 2008, di Giorgio

e Zulma Taglioli) - Odontotecnico.

Dopo aver frequentato fin da ragazzo lo

studio dello zio, il celebre Barcali, continuò

nell’attività di odontotecnico.

BENDINELLI MAURIZIO (Livorno 5

aprile 1948 - 29 dicembre 2008, di Luigino

e Carla Terzar) - Vigile e sindacalista. Nel

1971 entrò nel corpo dei vigili urbani e vi

rimase fino al pensionamento (2006), svolgendo

attività dapprima in strada, poi al

reparto motociclisti ed infine all’Annona.

Come sindacalista, fu il primo segretario

provinciale della Sulpm e si distinse in molte

battaglie a favore dei lavoratori, a partire

dalla vertenza sicurezza che nel 2004 vide

a Livorno la manifestazione cui confluirono

i vigili urbani di tutta Italia.

BENDINELLI ROBERTO (Livorno 2 luglio

1954 - 22 agosto

2020) - Personaggio

popolare.

Ex calciatore delle

giovanili del Livorno

negli anni Settanta

e lavoratore

Aamps, conosciuto

da tutti come “Il

Mela”, soprannome

che gli era stato

affibbiato da bambino per via di quella faccia

tonda con le gote rosse. Malgrado i suoi

problemi fisici (ha avuto entrambe le gambe

amputate a causa del diabete), era una

figura sempre sorridente e allegra, partico-


39

27

Benifei

larmente conosciuto nel quartiere di Borgo

Cappuccini, che girava con la sua motoretta

elettrica, assiduo frequentatore della Cantina

Senese e del Bar Sirena, con la barzelletta

sempre pronta e simpatici aneddoti.

Per la sua livornesità, schiettezza ed ironia

fu anche intervistato da Rai5 in occasione

di un servizio sulla città. Rilasciò l’ultima

sua intervista al mensile LIVORNOnonstop

nel mese di Aprile 2020.

BENEDETTI ERMANNO (Collesalvetti

(LI) 1928 - Bologna 4 agosto 2013) - Giornalista.

Cresciuto alla redazione sportiva

de Il Telegrafo, fu uno degli inviati al seguito

del Livorno Calcio. Nel 1968 passò al

quotidiano bolognese Stadio e, per oltre un

trentennio, seguì le vicende calcio del Bologna,

divenendo una storica ed “illustre firma”.

Dopo la pensione fu opinionista dell’emittente

televisiva “È tv”, con la rubrica

“Il caminetto di Ermanno”.

BENEDETTI GIUSEPPE (Brescia 19 luglio

1909 - Livorno 23 luglio 1986, di Piero

e Maria Zucco) - Medico. Prof. Dott. Laureatosi

a Pisa col massimo dei voti nel 1932,

fu allievo tra i più brillanti del prof. Cassano,

insieme al quale è stato relatore in Italia

e all’estero in molteplici convegni. Si specializzò

in patologia medica e metodologia

clinica e, in seguito, all’università di Firenze,

in geriatria e gerontologia. Dopo aver

vinto l’apposito concorso, dal 1948 divenne

primario dell’Ospedale di Livorno. In

tale veste mostrò doti non comuni di professionalità,

umanità e rara capacità clinica.

Autore di numerosi lavori scientifici, fu un

ricercatore di prim’ordine nel settore del

metabolismo e delle epatopatie.

BENEDETTI MARIA GRAZIA (Livorno

10 febbraio 1937 - 7 novembre 1995, di

Gastone e Elba Braccini) - Ristoratrice.

Ottima cuoca, iniziò giovanissima nel campo

della ristorazione e, con il marito Umberto,

aprì il «Rogiolo» a Quercianella per

passare, nel 1972, ad un’esperienza di quattro

anni all’isola di Capraia. Rientrata a Livorno,

la coppia gestì per nove anni il ristorante

“da Grazia” a Montenero, quindi

con le figlie, dette vita al locale in via del

Seminario, dal nome “Rincontriamoci”.

BENEDETTI MARIO (Livorno 1931 - 23

novembre 2020) - Pittore. Attraverso una

creatività gentile e poetica, si impose con

una tavolozza chiarista e d’avanguardia. Fu

tra i frequentatori del Cenacolo della Valle

Benedetta.

BENEDICTI CATERINA (Livorno 1859 -

1939, di Stefano) - Docente e scrittrice.

Prof. Si dedicò per tutta la vita all’insegnamento.

Fu tra le fondatrici dei Ricreatori

Scolastici e fece parte del Consiglio Direttivo

dell’Unione Magistrale Nazionale.

Collaborò con Il Telegrafo con articoli inerenti

la scuola. Lasciò un Sillabario su cui

hanno imparato a leggere diverse generazioni,

e un libro per ragazzi che ebbe enorme

diffusione «Lo scolaro di Maestro Michele».

Lasciò la scuola dopo oltre 40 anni

di servizio, meritandosi la medaglia d’oro

dei benemeriti della pubblica istruzione e

l’onorificenza dei SS. Maurizio e Lazzaro.

BENENATI CARLA con. Ribecai (Livorno

22 luglio 1971 - 26 luglio 2006, di Silvano e

Anna Gioia) - Appartenente all’ANFN

(Associazione Nazionale Famiglie Numerose),

già madre di quattro bambini in tenera

età, rifiutò le cure per un tumore pur di

salvare il bambino che portava in grembo.

Poco tempo prima di morire scrisse “La storia

di Carla” (una meravigliosa testimonianza

della sua storia e della sua lotta contro la

malattia) che è stata inserita nel sito del Centro

famiglia diocesano di Livorno. In suo ricordo

le è stata intitolata la nuova struttura

del Centro famiglia di via Galilei 11.

BENETTI GINO (Livorno 1939 - 6 agosto

2011) - Militante politico. Iscrittosi giovanissimo

al Pci, entrò a far parte della storica

sezione “Pessi” e, negli anni Settanta,

diventò membro della consulta che si trasformò

poi nella Circoscrizione 5. Oltre a

ricoprire l’incarico di responsabile della

commissione sport, fece parte dello staff

della Coppa Barontini e fu responsabile della

commissione tecnica del Palio marinaro.

BENETTI MANLIO (Livorno 26 maggio

1888 - 28 agosto 1970, di Aldino e Rosina

Nelli) - Militante politico. Tra gli esponenti

più in vista del socialismo livornese a

partire dagli anni ’20, fu perseguitato durante

il ventennio fascista e più volte dovette

abbandonare la città per sfuggire alla

polizia del regime. Entrato a far parte del

Comitato di Liberazione, durante la seconda

guerra mondiale, fu eletto al Comune

nelle liste del Psi. Fu anche corrispondente

dell’Avanti e de Il lavoratore di Trieste.

BENETTI OSMANA con. Benifei (Livorno

21 dicembre

1923 - 10 febbraio

2016) - Partigiana e

protagonista della

Resistenza livornese.

Cav. Fu tra le

fondatrici dei Gruppi

di Difesa della

Donna, organizzazione

sorta nel 1943

per iniziativa del Pci con l’intento di promuovere

la Resistenza femminile in ogni ambiente

sociale e di organizzare una rete di

aiuti alle famiglie di carcerati, internati e partigiani.

Nel 1945 si sposò con Garibaldo

Benifei (v.), suo compagno di militanza, e

fu il primo matrimonio civile del dopoguerra

celebrato a Livorno, scambiandosi fedi

d’acciaio, regalate agli sposi dai lavoratori

del Cantiere. A fianco del marito, si impegnò

negli anni presso le scolaresche a mantenere

vivo il ricordo della Memoria e i valori

della Resistenza. Presidente onoraria

dell’Associazione Nazionale Perseguitati

Politici Italiani Antifascisti, nel 2015 ricevette

dal Comune di Livorno la “Livornina

d’oro”, massima onorificenza cittadina. Nel

2016 le è stata intitolata la scuola d’infanzia

che fa parte del 5° Circolo Didattico/De

Amicis.

BENIACAR famiglia - Famiglia ebraica

composta dal padre Moise, dalla madre

Estrea Levi e dai figli Bulissa, Giacomo e

Matilde, costretta a fuggire dalla Turchia

per l’avvento delle leggi razziali, nel 1933

trovò rifugio dai nonni a Livorno (dove nacque

Perla). Durante i bombardamenti del

maggio del ‘43, la famiglia sfollò a Borgo a

Buggiano, ma tutti i componenti furono arrestati

su delazione e deportati nei campi

di concentramento, dai quali solo Matilde

riuscirà a sopravvivere. Quest’ultima, tornata

a Livorno, fu una delle prime testimoni

italiane della Shoah e l’ultima della Comunità

Ebraica livornese. In ricordo di BE-

NIACAR MATILDE (Smirne (Turchia) -

18 gennaio 1926 - Cecina (LI) 19 dicembre

2016) e BENIACAR PERLA (Livorno 19

giugno 1935 - Auschwitz (Polonia) 26 febbraio

1944), in occasione della “Giornata

della Memoria”, rispettivamente del 2013

e 2018, sono state poste davanti alla casa

dove vivevano, in via D. Cassuto 1 (allora

via Reale), le seguenti “pietre d’inciampo”:

“Qui abitava, MATILDE BENIACAR, nata

1922, arrestata 25.1.1944, Borgo a Buggiano,

deportata, Auschwitz, liberata”;

“Qui abitava, PERLA BENIACAR, nata

1935, arrestata 25.1.1944, Borgo a Buggiano,

deportata, Auschwitz, assassinata

26.2.1944”.

BENIFEI GARIBALDO (Campiglia Marittima

(LI) 31 gennaio

1912 - Livorno

24 aprile 2015) -

Partigiano e memoria

storica di Livorno.

Cav. Ultimo di 12

fratelli (il padre, pure

di nome Garibaldo,

morì tre mesi prima

che egli nascesse), di

famiglia sovversiva e antifascista, fu costretto

a 10 anni a fuggire a Livorno per sottrarsi

alle persecuzioni degli squadristi. Nel

1931 entrò nell’organizzazione comunista

clandestina e fu più volte arrestato per attività

sovversiva. Tornato in libertà, partecipò

alle riunioni della “Concentrazione antifascista”,

dalla quale sarebbe sorto il CLN

di Livorno, ed entrò nella Resistenza. Nel

1945 si sposò con Osmana Benetti (v.), sua


Benigni

28

40

compagna di militanza, e fu il primo matrimonio

civile del dopoguerra celebrato a Livorno,

scambiandosi fedi d’acciaio, regalate

agli sposi dai lavoratori del Cantiere. A

fianco della moglie, si impegnò negli anni

presso le scolaresche a mantenere vivo il

ricordo della Memoria e i valori della Resistenza.

Iscritto al PCI, al PDS, ai DS e quindi

al PD, fu presidente dell’Associazione Nazionale

Perseguitati Politici Italiani Antifascisti.

Raccontò parte della sua vita nel libro

Per la libertà, edito nel 1996 dalla Coop

Toscana Lazio. Nel 2007 ricevette dal Comune

di Livorno la “Livornina d’oro”, massima

onorificenza cittadina, mentre nel 2013

il Comune di Sarzana gli conferì l’onorificenza

civica “XXI Luglio 1921”. È scomparso

all’età di 103 anni ed era il partigiano

più vecchio d’Italia. In suo ricordo, l’8 settembre

2015, nel 72° anniversario dell’Armistizio,

il Comune di Livorno ha affisso

di fronte alla Sala del consiglio, la seguente

lapide: “In memoria e a onore dell’antifascista

Garibaldo Benifei i livornesi vollero

questo ricordo nel Palazzo Comunale. Firmato,

il sindaco di Livorno Filippo Nogarin”.

Gli è stata pure intitolata la Banda

Libera SVS e il gozzo del Labrone.

BENIGNI LUIGI (Livorno 15 settembre

1909 - 7 dicembre

1969, di Mario e Virginia

Ciucci) - Attore

e commediografo,

per tutti «Gigi».

Ebbe grande successo

a partire dal 1935

quando, assieme a

Beppe Orlandi (v.),

scrisse e interpretò

La ribotta a Montenero che, assieme a Li

sfollati (1946) rappresentano i classici del

teatro vernacolare livornese. Altre commedie

di successo, scritte ancora con Orlandi,

alle quali più tardi si aggiunse il nome di

Gino Lena (v.) furono Gli spiriti in casa

della pizziata (1935), Il miraggio di Hollywood

(1936), La pia dè Tolomei (1941) I

‘asigliani (1947) La ‘hiesta (1949), La ‘asa

aperta (1955), L’asiatia (1958), Il palio

marinaro (1959). La maggior parte di questi

testi teatrali vernacolari trae origine dall’ambiente

familiare, visto in chiave prevalentemente

comica. Un’altra particolarità è

che i personaggi delle “popolane livornesi”

sono interpretati da attori uomini e che nei

testi non appare mai la parolaccia o la volgarità

pur trattando situazioni scabrose. Il

suo vernacolo è stato apprezzato in tutta

Italia.

BENINCASA SERGIO (Livorno 15 gennaio

1934 - Roma 9 dicembre 2016) - Giornalista.

Iniziò l’attività giornalistica nella redazione

livornese de La Nazione occupandosi

prevalentemente di cronaca e sport.

Nel ’55 fece parte della pattuglia che aprì le

redazioni umbre del

quotidiano fiorentino.

Subito dopo si

trasferì a Milano,

alla redazione centrale

del Guerin

Sportivo di Gianni

Brera. Tornato a Livorno,

nel 1961 divenne

capo servizi

sportivi e responsabile della pagina della

cultura de Il Telegrafo.Nel 1970 fece parte

del team di inviati del Corriere dello Sport

ai Mondiali di calcio del Messico. Nel 1971

si trasferì a Roma come cronista parlamentare

per l’Agenzia nazionale ASCA. Nel

1975 tornò al Telegrafo come capo redazione

interni. Nel 1978, con l’arrivo del

“Gruppo Caracciolo”, divenne capo-redattore

e poi direttore responsabile del quotidiano

livornese, che nel frattempo riprese a

chiamarsi Il Tirreno. Fu poi direttore de La

Provincia Pavese e del Gazzettino di Vigevano.

Nel 1981 tornò di nuovo all’ASCA,

ma questa volta in qualità di direttore e,

simultaneamente, svolse l’incarico di capo

ufficio stampa di Remo Gaspari, allora ministro

alle Poste, alla Funzione pubblica e

alla Difesa. Dal 1986 si trasferì a Perugia in

qualità di direttore del Corriere dell’Umbria

e, in seguito, di altre testate della stessa

regione. Nel 2004 pubblicò il libro di

memorie intitolato “Da Gigi Riva a Berlusconi.

Cinquant’anni di cronaca di un giornalista

tosco-umbro”.

BENINI LUIGI (Civitavecchia (Roma) 21

febbraio 1906 - Livorno 20 febbraio 1998,

di Oreste e Gemma Teci) - Pittore. Per tutti

“Gigi”, si fece apprezzare per la sua tavolozza

spontanea e per i suoi temi umoristici.

Di professione camionista nel settore

petrolifero, portava sempre appresso un carboncino

col quale ritraeva amici e conoscenti.

Partecipò a diversi Premi “Rotonda”.

BENUCCI FRANCESCO (Livorno 1745 -

Firenze 1824) - Cantante. Si impose alla

fine del XVIII secolo come basso/baritono

dalla voce morbida e sonora e per presenza

scenica. Legato alle opere di Wolfgang Amadeus

Mozart, ricoprì il ruolo di protagonista

ne Le nozze di Figaro (1786) e di Così

fan tutte (1790).

BENVENUTI BENVENUTO (Livorno 5

ottobre 1881 - 15

gennaio 1959) - Pittore

divisionista. Avviatosi

alla Scuola di

arti e mestieri di Lorenzo

Cocchi, ne ricevette

una vocazione

paesaggistica

macchiaiola, interessandosi

soprattutto

alla pittura di Adolfo Tommasi. La svolta

al divisionismo avvenne dopo l’incontrò

con il critico d’arte e pittore Vittore Grubicy

de Dragon, del quale diviene l’allievo

più assiduo, soggiornando periodicamente

a Milano dal 1905, fino alla morte dello

stesso nel 1920, diventandone anche l’erede

testamentario. Nel frattempo riscosse

largo successo a Parigi nelle mostre alla

Galleria Grubicy (1907) e al Salon d’Automne

(1909). Tornato definitivamente a

Livorno nel 1921, proseguì nella sua matrice

pittorica riscuotendo consensi di pubblico

e critica, allargando i suoi orizzonti

anche alla grafica, in particolare disegni e

litografia. Partecipò alle esposizioni livornesi

del Gruppo Labronico e della galleria

Bottega d’arte, dove, 1923, allestì la sua

prima mostra personale, a cui fecero seguito

quelle al Circolo di Cultura di Bologna

(1927), alla Galleria Scopinich di Milano

(1935) e alla Saletta Rizzi di Firenze (1935).

Una progressiva cecità a partire dagli anni

Cinquanta lo portarono anzitempo all’abbandono

della pittura. Nel 1970 gli è stata

intitolata la strada posta tra via del Littorale

e via F.D. Falcucci, a Quercianella. Nel

2001 il Comune di Livorno ha allestito a

Villa Mimbelli la mostra monografica “Benvenuto

Benvenuti. Dal vero al simbolo.

1881-1959”. Alcune opere del Maestro

sono state donate dal figlio Ettore (Livorno

13 giugno 1926 - 29 dicembre 2011) al

museo «G. Fattori» (Maternità del 1923,

che si affianca alle altre due già presenti

nella collezione civica: Villa al mare del 1911

e Torre di Calafuria del 1920) e alla Fondazione

Cassa di Risparmi di Livorno.

BENVENUTI CARLO (Livorno 8 febbraio

1716 - Varsavia (Polonia) 12 dicembre 1789)

- Scienziato. Gesuita. Compì i primi studi

a Livorno poi, sedicenne, iniziò a Roma il

noviziato nella Compagnia di Gesù. Dotato

di grande ingegno, studiò e insegnò teologia,

matematica, filosofia, letteratura, storia,

geografia e lingue. Ebbe la sua prima

cattedra a Fermo, poi fu chiamato nel Collegio

Romano, ove papa Clemente XIV gli

conferì pure la cattedra di liturgia. Trascorse

gli ultimi anni in Polonia. Ha lasciato

dotti scritti, tra i quali Sinossi di fisica generale

e una dissertazione di fisica intitolata

De lumine.

BENVENUTI GASTONE (Livorno 1916 -

10 gennaio 1973) - Pittore e docente. Difensore

del neo-realismo, si espresse con

un linguaggio accessibile, affrontando

un’ampia tematica con toni spesso violenti;

cercò in ogni opera la sintesi. Esordì nell’immediato

dopoguerra in rassegne regionali

e nazionali, ottenendo varie affermazioni.

Si dedicò anche all’insegnamento

come docente di disegno e pittura nella sezione

di «Villa Maria» della Libera Accademia

«Trossi Uberti».

(5 - continua)


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30 storia


eventi

31

Il noto disegnatore ha realizzato il (bellissimo) manifesto di Effetto Venezia 2021

Daniele Caluri

e la sua Livorno

‘A braccia aperte’

Una città che vuol ripartire

con ottimismo e creatività

Riflettori

puntati

su

Daniele

Caluri,

noto fumettista

e disegnatore livornese di fama

internazionale, che ha realizzato

il bellissimo manifesto di

“Effetto Venezia 2021”, la manifestazione

che si svolgerà dal

4 all’8 agosto prossimi.

Un’immagine, quella della locandina,

che emoziona, un

cerchio storico con le più importanti

bellezze livornesi.

Colori caldi accompagnati da

suggestive luci serali, una città

riflessa nel nostro mare,

con deliziose palme che spuntano

alle spalle di storici edifici

e solitari gabbiani che si ele-

di Annalisa Gemmi

Il manifesto di Effetto Venezia 2021 realizzato da Daniele Caluri

vano in volo, il tutto, accompagnato

da un calmo e tranquillo

tramonto estivo.

Questa è Livorno, la vera Livorno,

fatta di storia e di storie,

di arte, mare e vita.

Lo slogan che spunta al centro

del manifesto è rappresentata

da una chiara e semplice

scritta: “A braccia aperte”;

una frase che invita ed accoglie

tutti, perché da sempre

Livorno rappresenta, con il

suo mare, un invito “aperto”.

- Daniele, prima di tutto

complimenti per la tua realizzazione

artistica, un bel successo

meritato! Raccontaci di come

hai accolto l’offerta di realizzare

la locandina per “Effetto Venezia

2021”, quali sono state le

tue prime impressioni e idee.

Grazie mille per i complimenti,

mi fa davvero piacere. In

effetti, quando sono stato contattato

da Riccardo Antonini,

sono rimasto contento, sia

dell’idea di affidare l’immagine

di uno dei festival più

amati della città a un artista

livornese, sia del fatto che

l’artista di quest’anno fossi io.

Quando mi sono incontrato

col sindaco abbiamo fatto una

chiacchierata in cui ho cercato

di capire quale fosse il tema

portante, le suggestioni di cui

tenere conto dopo un anno

così terribile come quello che

ci lasciamo alle spalle. Attraverso

lo slogan “A braccia

aperte” mi ha espresso la volontà

di un’intera città di accogliere,

di ripartire. E in questo

senso eventuali immagini

di gente festante, o in qualche

modo di spettacoli e messe

in scena non mi sembravano

sufficienti. È così che mi

si è creata in mente l’immagine

di un abbraccio ar-


32

eventi

Daniele Caluri (Livorno,

1971) dal 2008 è docente

di disegno e storia dell’arte

al liceo scientifico

‘F. Enriques’ di Livorno.

È anche autore di fumetti

da anni, durante i quali

ha collaborato con Feltrinelli,

Bonelli, Glénat, Panini,

Il Vernacoliere, Il

Male di Vauro e Vincino.

Come autore unico ha creato

le serie di Fava di Lesso,

Nedo, Luana la Bebisìtter;

in collaborazione

con Emiliano Pagani ai testi

ha creato le serie di Don

Zauker e Nirvana. È inoltre

disegnatore per Martin

Mystère e Dylan Dog. Pluripremiato

in concorsi nazionale,

ha all’attivo anche

varie mostre personali.

chitettonico composto da

elementi caratterizzanti il

quartiere Venezia. Un insieme

di palazzi disposti ad arco che

attraverso le luci prende quasi

vita, che chiama all’avvicinamento

e al di là del quale sta

cominciando la festa, sotto il

crepuscolo estivo di Livorno.

- Abbiamo visto che prima dell’esecutivo

hai realizzato dei

bei bozzetti a matita, ci puoi

raccontare le varie fasi di realizzazione?

In questo caso è stato abbastanza

facile: una volta trovata

l’idea giusta, ho disegnato

un rapido abbozzo a

matita, giusto per mostrare

dove volessi andare a parare.

Devo dire che Riccardo e

Luca hanno capito immediatamente,

e mi hanno dato la

massima fiducia. A quel punto

ho realizzato il disegno definitivo,

a china su carta;

quindi ho eseguito la scansione

e l’ho colorato in digitale,

cercando di armonizzare al

meglio i colori per poter ottenere

il risultato più suggestivo.

Tutta la tavolozza si basa

sul contrasto che c’è fra

l’arancio e l’azzurro, che essendo

colori complementari si

esaltano a vicenda, e quindi

in questa fase l’attenzione si

è rivolta principalmente a non

scadere nel pacchiano, oltre

che a far sì che gli stessi colori

risultassero efficaci anche

nel processo di stampa.

- Cosa rappresenta per te questa

creazione artistica? Svelaci

qualche piccolo segreto realizzato

con più trasporto emotivo

o con più dedizione.

C’è l’acqua, c’è il cielo e ci

sono i palazzi settecenteschi:

diciamo che gli ingredienti

per una scenografia che si fa

da sé c’erano già in partenza.

Io mi sono divertito a trasformarli

in qualcos’altro; una

specie di isola brillante e sospesa

in un attimo di passaggio.

Graficamente, il passaggio

è dalle ore diurne a quelle

notturne del festival; più

allegoricamente, mi piace

pensare al momento di passaggio

potenziale che sta vivendo

Livorno: da città troppo

a lungo rinunciataria e attorcigliata

su se stessa, a città

che prova davvero a ripartire,

in diversi aspetti che la

caratterizzano. In questo senso,

forse la cosa che mi ha

coinvolto maggiormente è stata

proprio la resa del cielo in

quel particolare, brevissimo

attimo: non più giorno, ma

non ancora notte, quando

l’azzurro cede il passo al blu

profondo, si tinge di una specie

di lilla all’orizzonte e le

nuvole si stirano con la brezzolina

della sera.

- Livorno, una città cara a tutti

noi, cosa ti auguri e cosa ti

aspetti da questa città a livello

artistico?

Guarda, mi auguro che prosegua

convintamente in questo

suo rialzare la testa. Livorno,

a livello culturale e

artistico ha molto da offrire,

e spesso questo patrimonio

viene ignorato non solo da

turisti sbigottiti di fronte a

quello che ritenevano improbabile,

ma non di rado anche

dagli stessi livornesi. E tuttavia

questa sua storia c’è, e la

sua eco si riverbera nelle mille

realtà cittadine che hanno

attitudine al fare artistico, declinato

nei linguaggi più disparati.

Sarebbe bello immaginare

formati e contenitori di

rilievo, che incoraggiassero

quelli che provano a uscire dal

mero dilettantismo, e dessero

una dignità più ampia alle varie

opere, rispetto a quella

strettamente locale. Le strutture

ci sono, le teste anche.

Confido nella costruzione di

una mentalità più a lungo raggio,

che richiede sicuramente

un bel po’ di lavoro, ma può

anche generarne molto di più.

-Hai un sogno nel cassetto che

ti piacerebbe realizzare a Livorno?

Spero di si!

Eh eheh… Certo che ce l’ho:

ridipingere il Mausoleo a Ciano

come il Deposito di Zio

Paperone. Sarebbe bellissimo

dare vita a quello che a tutti

gli effetti è un ecomostro privo

di valore storico, artistico,

religioso, in chiave post-Pop,

surreale e dadaista. Non me lo

faranno fare mai.

Il mausoleo di Ciano immaginato

da Daniele Caluri.


eventi

33

La start up livornese sarà ancora protagonista a ‘Effetto Venezia’

IMMERSIVA

e la città sensoriale

In occasione della 36 a kermesse

livornese “Effetto Venezia”

torna IMMERSIVA, la

start up livornese che grazie

all’utilizzo di tecnologie immersive

quali scenografie virtuali,

videomapping, realtà virtuale,

realtà aumentata, audio

3d, proiezioni 360° ha fatto

molto parlare di sé per le spettacolari

esperienze multisensoriali

che ha regalato al pubblico

a partire da gennaio 2020.

Dal 4 all’8 agosto Immersiva

farà di più: all’interno delle

cantine del Palazzo del Monte

dei Pegni (ingresso da Palazzo

delle colonne in Via Borra

29) sarà allestito un percorso

multisensoriale fatto di pillole

esperienziali, piccoli assaggi di

come potrebbe essere in un

futuro il primo Centro Espositivo

Multisensoriale al mondo,

un centro in grado di combinare

i cinque sensi attraverso

tecnologie innovative per la

diffusione di arte, scienza,

cultura e spettacolo.

Il pubblico sarà accompagnato

in un viaggio onirico sospeso

nozione del tempo e dello

spazio organizzato in tre stanze

ognuna delle quali racconterà

un’esperienza diversa.

Il “Castello di Livorno”, è il

primo ambiente virtuale realizzato

all’interno del progetto

“Immersiva virtual experience”

e sarà il tema della Sala 1

con regia e scenografia di Nicola

Buttari, consulenza storica

Gaetano Ciccone e Olimpia

Vaccari, modellazione e

approfondimenti Riccardo

Minuti e Marco Mancini.

Il “Castello di Livorno” presentato

in anteprima è una ricostruzione

3D della Livorno

medievale di fine Quattrocento,

realizzata con nuove tecnologie

grafiche, navigabile in

prima persona e fruibile gratuitamente

attraverso il web.

Sarà infatti poi possibile accedervi

liberamente on line, in

modo gratuito e senza alcuna

registrazione tramite un link

che verrà pubblicato sui social

di Immersiva Livorno.

In questa prima rappresentazione,

viene presentata una

fase preliminare di ricostruzione

virtuale del lavoro, dove i

visitatori muniti di joystick

potranno esplorare due ambienti:

la quadratura dei pisani

con il varatoio annesso e una

parte del centro abitato, oltre

ad interagire con una mappa

geo-localizzata, scoprendo

così dove sorgeva l’antico

borgo. Il visitatore potrà muoversi

negli ambienti e fra le

strade della Livorno antica attraverso

i sistemi di realtà virtuale.

Attraverso il confronto tra

mappe, manoscritti e documenti

catastali, grazie alla collaborazione

con l’associazione

culturale “Livorno com’era”,

è stata progettata in

tempi da record una mappa

dell’antico borgo medievale

geo-localizzata sulla attuale

città labronica che consente di

identificare con precisione i

luoghi dell’antico Castello di

Livorno, dopo che fu circondato

di mura e munito di fortezze,

nel periodo che precede

l’avvento di Cosimo Primo

e il decollo definitivo del castello

verso la città.

Parallelamente allo sviluppo

della mappa sono stati costruiti

diversi modelli 3d di edifici

e fortificazioni per un progetto

che prevederà percorsi didattici

per le scuole e coinvolgere

i giovani alla scoperta della

storia della propria città, entusiasmando

con una esperienza

innovativa e originale.

La Sala 2 avrà il titolo di Immersiva

Cube Una città (Livorno).

Le città sono sempre

molteplici, si possono nascondere

su sé stesse assumendo

forme distinte, evidenti come

allo sguardo o mentali, celate

tra pensieri e gli scambi che vi

si consumano. Tre videoinstallazioni

per raccontare la

stessa città in 3 modi diversi

grazie all’autore Martino Chiti

ed alla collaborazione di: Linda

Lombardo, Chiara Cunzolo,

Marta Reda, Gianna Landucci,

Marco Zaninello Associazione

Randi, Circolo Didattico

Antonio Benci, Comunità

straniere di Livorno.

CITTÀ #1 - Una fantasmagoria

di immagini e suoni plasmati

dai luoghi, i colori, il cibo, la

musica, le tradizioni portate

dalla diaspora. Riconoscere,

nelle distinte culture, una nuova

forma in cui il territorio si

arricchisce di vite sconosciute

e lo sconosciuto si appropria

di un nuovo territorio senza

perdere il contatto con la

terra d’origine.

CITTÀ #2 - Il mondo osservato

attraverso gli occhi dei

bambini. Uno sguardo privo di

costruzioni, spontaneo. Il progetto

si colloca all’interno

dell’accordo di rete “La scuola

cammina” al fine di promuovere

inclusione sociale e un modo

differente di intendere la didattica

e l’educazione.


34

eventi

CITTÀ #3 - Frammenti

di parole e volti che riflettono

sugli stereotipi di genere nelle

relazioni tra adolescenti. Sfaccettature

che compongono

un’idea. Un percorso che ha

l’obiettivo di ascoltare e comprendere

l’immaginario degli

adolescenti, di comunicarlo

per sensibilizzare sulla specificità

del loro stare in relazione

col mondo, facendone

emergere la complessità. Le

testimonianze di ragazzi e ragazze

ci restituiscono la visione

di come siamo influenzati

dagli stereotipi imposti dalla

società e, allo stesso tempo,

ci aiutano a costruire una riflessione

altra, piu? libera da

condizionamenti e habitus.

Immersiva performance

room animerà la sala n° 3

che si trasformerà in una “cattedrale”

dall’acustica suggestiva

che diverrà teatro in cui performers

incontreranno l’arte

digitale per dare vita a esperienze

multisensoriali di forte

impatto emotivo. Sono previsti

due eventi/spettacolo: Stardust

e Ritratti musicali.

“Stardust” coinvolge cantanti,

musicisti e ballerini che si

alterneranno in un dialogo tecnologico

con la video installazione

di Nicola Buttari per interpretare

il concetto di equilibrio

e armonia utilizzando anche

la famosa sequenza numerica

di Fibonacci inserita ad

hoc nell’algoritmo che genera

il flusso particellare e che in

questo caso reagirà agli stimoli

sonori live. Parteciperanno

Barbara Luccini, Leonardo

Diana, Massimo Signorini e

Daniela Maccari.

“Ritratti musicali”, è un’anteprima

assoluta: il 7 e 8 agosto

dalle 22 alle 23,30 verrà

presentato il progetto “Emotional

Piano Experience“,

nato dalla collaborazione

con il celebre

pianista classico

Gabriele Baldocci.

Il pianista con questa

performance rinnova

l’antica pratica dell’improvvisazione

classica e la trasfor-

ma, attraverso un mix multisensoriale

di musica e tecnologia,

in un’installazione artistica.

Gabriele infatti leggerà

nell’anima del visitatore che

avrà di fronte e improvviserà

un ritratto musicale, partendo

dalle emozioni suscitate dall’interazione

empatica tra egli

stesso e l’altro. Caratteristica

della performance è la sua singolarità,

cioè la sua irriproducibilità.

Essa esiste solo nel

momento della sua esecuzione,

nella singolarità dello spazio

che occupa e per quello

spettatore presente.

Buona esperienza multisensoriale

a tutti!!!! •


eventi

35

APPUNTAMENTI DA NON PERDERE

Immersiva e Mascagni Festival

AMICO FRITZ (31 luglio -

1 agosto - Lago Alberto, Guasticce)

“Tutto tace, eppur tutto al cor

mi parla”.

Immaginate due ragazzi che,

dal primo istante in cui incrociano

gli sguardi nelle loro giovini

vite, si innamorano perdutamente.

Immaginate due

ragazzi che sperano di sfiorarsi,

abbracciarsi, baciarsi, ma

non hanno il coraggio di dichiararsi.

La storia de L’Amico

Fritz ruota tutta attorno a

questo amore, che alla fine –

come nelle migliori fiabe – si

realizzerà. Freschezza, natura,

la musica messa al centro della

massima attenzione da Mascagni

dopo il successo di Cavalleria

Rusticana.

Il progetto produttivo de

L’Amico Fritz, prima opera

rappresentata al Mascagni Festival

in coproduzione con la

stagione lirica del Teatro Goldoni

di Livorno, ruota interamente

intorno a due temi, giovinezza

e formazione. Giovinezza

per la tematica raccontata

nell’opera, giovinezza nel

progetto formativo che la compone:

solisti selezionati dalla

Mascagni Academy, regista

Giulia Bongiselezionata dall’Accademia

dell’Opera di Verona.

E ancora, costumi realizzati

dall’Accademia Ligustica di

Genova. Il tutto con la suggestiva

scenografia in videomapping

realizzata da Immersiva.

Immersiva curerà l’impianto

scenografico fisico e virtuale

che diverrà un contenitore

atemporale di una vicenda che

parla di buoni sentimenti, di

accoglienza, di condivisione e

di passioni, quali l’amore genuino,

e l’amore per la natura. Un

palcoscenico sospeso nel tempo,

dotato di un sistema tecnologico

che permette di raccontare

l’invisibile, l’inenarrabile.

Video design: Nicola Buttari,

Martino Chiti. Scenografia:

Andrea Comotti. Light Design:

Emiliano Pascucci.

TERRAZZA MASCAGNI

(30 agosto-5 settembre)

Spazio espositivo culturale

“Il Villaggio Mascagni”

Il villaggio Mascagni sarà un

vero e proprio villaggio culturale

multisensoriale dedicato

alla forte personalità del celebre

compositore livornese.

Mascagni infatti, oltre alla

musica, aveva molte passioni.

Amava il gioco dello scopone,

il sigaro, il biliardo, il

tamburello, la bicicletta e il collezionismo

(quadri, orologi,

pipe, penne, scatole per sigari,

cravatte, gilet, bacchette per

dirigere, strumenti musicali).

Pietro Mascagni oltre ad essere

stato un artista di primo

livello, è stato un uomo che

ha fatto tendenza per la sua

eleganza, per il taglio di capelli

alla Mascagni, per essere

stato il primo a comporre per

il cinema, per le sue composizioni

musicali innovative. Saranno

presenti espositori di

brand di alto livello di prodotti

MADE IN ITALY amati da

Mascagni, oppure ispirati a lui,

alla musica e alla multisensorialità.

La musica è un elemento

sensoriale che per eccellenza

si sposa col gusto e con l’olfatto.

Multisensorialità come

strumento emozionale è anche

la caratteristica principale di

Immersiva, organizzatore di

questo evento.

Consulenza scientifica a cura del

Comitato Promotore Maestro

Pietro Mascagni, Orari apertura:

18-24. Ingresso tramite

carnet di esperienze.

PALAZZO PANCALDI

Ore 22 - Video tributo al M°

Pietro Mascagni a cura di

Guia Farinelli Mascagni (pronipote

diretta della figlia Emi).

Dalle 21 alle 24 - Videoproiezioni

dedicate alle aziende sponsor

sostenitrici di Immersiva.

GRAND HOTEL PALAZZO

- MASCAGNI DIGITAL ART

EXPERIENCE

Dalle 21 alle 24 - Videomapping

realizzato in collaborazione

con Bright Festival, manifestazione

culturale impegnata

nella promozione della creatività

digitale a livello internazionale.

Lo spettacolo sarà

aperto da Immersiva, per poi

lasciare spazio ad alcuni tra i

più famosi studi di arte digitale

italiani e ad artisti emergenti,

già molto talentuosi, che

presenteranno le loro creazioni

originali dedicate all’opera di

Mascagni, sotto la direzione

artistica di Stefano Fake, pioniere

delle mostre di arte immersiva

e artista digitale riconosciuto

a livello internazionale

e la consulenza scientifica di

Guia Farinelli Mascagni del

Comitato Promotore Maestro

Pietro Mascagni. •


36 circoli sportivi

La prestigiosa storia del CVA da sempre fucina di illustri personaggi e promettenti giovani

Circolo Velico Antignano, ieri e oggi

Questo

inverno

sono tornato

al

Circolo

Velico

Antignano,

che

mi aveva visto socio dal 1965

con la mia barca a vela classe

nazionale S, con una certa

emozione. Là avevo conosciuto

i migliori costruttori di barche

dell’epoca come Giuliano

Garfagnoli e Aldo Renai, eccellenti

regatanti come Oreste

Vaglini, Ettore Visibelli, i fratelli

Mazzantini e Sellari, Renato

Bargoni, Gigi Monteleone,

Massimo Camerini e Marco

Savelli ed inoltre fatto delle

amicizie che, dopo oltre cinquant’anni,

sono ancora vive

e vivide. Gli amici sono: Alberto

Paoletti, Ettore Visibelli,

Gigi Monteleone, Vittorio Porciatti,

Mario Maffei e Giovanni

Minach.

La piacevole sorpresa (ma

non tanto) è stata che nel circolo

c’è ancora lo stesso entusiasmo

dei miei tempi quando

era presidente l’ing. Carlo

Alberto Bitossi.

L’attuale presidente, il dottor

Andrea Mazzoni, iscritto dal

1988, mi fa il punto della situazione:

sono 187 i soci

iscritti al Circolo e 100 posti

barca sono disponibili all’ormeggio

nel porticciolo. Le barche

per i corsi sono nove 420

e sette Optimist. Vi sono anche

quattro Trident della società

Strapoggia da poter usare

in caso di bisogno.

Il vivaio dei giovani è curato

da ben quattro allenatori: Enrico

Maltini, Chiara Mori Ubaldini,

Benedetta Banti e Antonio

Panicchi. Completa la

squadra il marinaio Michele e

lasciato prematuramente in

modo tragico e assurdo - e

mio cugino Franco Visibelli

formarono il motore che sospinse

l’idea “Circolo Velico”.

Io avevo dodici anni e ricordo

che non mi era chiaro che

cosa effettivamente si volesse

realizzare, ma il discorso m’incuriosiva.

Seguendo mio cugino

conoscevo continuamente

persone nuove, tutte più grandi

di me, che con entusiasmo

parlavano di realizzare qualcosa.

Era forse il 1953 e il

CVA esisteva ma solo sulla

carta perché senza una sede

sociale è come rappresentare

un governo in esilio. C’era

Luigi Savelli a ospitare i confratelli

di vela ma senza il riconoscimento

dell’USVI

(Unione Società Veliche Italiane)

e senza un capannone

(ufficio - sede - ricovero attrezzi)

non si poteva pen-

di Giovanni Giorgetti

la collaboratrice di segreteria

Chiara. Lo scorso anno due

equipaggi dei corsi si erano

qualificati per i campionati del

mondo sul lago di Garda per

la classe 420 ma, purtroppo,

il Coronavirus ha sospeso tutto.

I corsi di vela si svolgono durante

tutto l’anno al costo di

150 euro, una cifra modica per

uno sport veramente formativo

per il carattere dei giovani,

perché li costringe a riflettere

ed agire rapidamente anche di

fronte ad avvenimenti imprevisti.

Ai corsi ci si può iscrivere fin

da sei anni e mi fatto veramente

impressione vedere dei ragazzini

muoversi agilmente, e

soprattutto con tanto entusiasmo

e determinazione, a bordo

degli Optimist.

Per la parte storica del Circolo

mi sono avvalso del qui sotto

scritto del 1996 di Ettore

Visibelli, che fin da giovinetto

ha vissuto tutte le vicende del

glorioso C.V.A.

C’era una volta

il Circolo Velico

Antignano

Alcuni scogli prospicienti

guardavano il mare verso un

braccetto esile di molo che

non avrebbe protetto una barca

ormeggiata manco da un

modesto scirocco e parlavano

del fascino che esercita la

vela.

Accanto, poco più oltre, i

Bagni Roma erano l’unica

struttura esistente a protendersi

verso il mare.

Chi fossero i componenti di

Il moletto di Antignano ai primi del ‘900 e come si presenta oggi.

quel gruppo esiguo lo ricordo

e spero di non dimenticare

nessuno, anche se so benissimo

che ciò è impossibile. Per

questo chiedo scusa già fin

d’ora ai tanti che ometterò di

citare e che certamente moltissimo

hanno fatto per il Circolo

Velico Antignano.

In quel capannello, di fronte

agli scogli che tratteggiavano

lo scheletro di un moletto,

parlavano di vela con un trasporto

che colpiva la mia fantasia

di ragazzo che di vela

proprio non sapeva un bel

niente. Si alternavano amichevolmente

in un dialogo

che affratellava idee ed entusiasmi,

collaborazione e ricordi,

progetti futuri e costi

relativi.

Giuliano Garfagnoli, Giovanni

Bientinesi e la sora

Wanda, Luigi Savelli, Giovanni

Lena - che ci avrebbe


circoli sportivi

37

sare a nessuna attività

sportiva, né tanto meno diportistica.

E il capannone fu costruito

ma senza sacrificio e con

l’aiuto di Luigi Savelli.

Mi chiedevo quale comun denominatore

accumunasse persone

tanto originali - ognuna

a suo modo - così diverse nell’indole,

nell’umore e nell’estrazione.

A ben considerare

era solo l’entusiasmo per

una disciplina che avrebbe

dovuto in seguito assorbirmi

fino ai capelli, nell’età che va

dai quindici ai trenta.

Al gruppo si unirono ben presto

altri antignanesi. Carlo

Alberto Bitossi portò la sua

geniale personalità di creativo

ma non meno di lui contribuirono

sinergicamente allo

slancio dei padri fondatori:

Ivo Volpi, Piero Gufoni, Bruno

Casabona e Bibi Del Vivo.

Quando mi ricordo dell’ing.

Maucera, del dott. Bargoni,

di Giovanni Falchetti e di

Oreste Vaglini, del dott. Favilla,

di Massimo Camerini,

di Gino Fracchia... gli anni

cinquanta volgevano al termine,

il moletto si era trasformato

in porticciolo (anzi porto

di III Categoria, mi fu detto)

e i primi beccaccini, unicamente

ai più numerosi 4.50

- la deriva nazionale - facevano

bella mostra sui piazzali,

richiamando numerosi i

curiosi e gli appassionati in

occasione delle regate più o

meno importanti.

Foto di gruppo dei fondatori del CVA.

Tre illustri personaggi del CVA: (da sin.) Giuliano Garfagnoli,

Giovanni Bientinesi e Luigi Savelli.

Furono gli anni della S, deriva

nazionale a restrizione,

che vide contese epiche in

Toscana. Antignano, Livorno,

Piombino, su tutte pluricampioni

nazionali i fratelli Mazzantini

dettarono legge ponendosi

ai vertici della categoria,

con un Bientinesi sempre

in agguato, vecchio corridore

motociclista convertito

alla vela, pronto a piazzare

zampate vittoriose quando

il “bordo lungo” gli era favorevole

in bolina.

Gli Snipe, i Beccaccini, crebbero

negli anni ’60, iniziando

in sordina sulla scia dei

castiglioncellesi e solvaini,

sicuramente antesignani nella

categoria. La flotta del

conte Bossi Pucci era un punto

di riferimento e prima che

Savelli, Vaglini, Bargoni e

tutta la flotta antignanese

salisse in cattedra come

un’armata invincibile, furono

Guglielmi e Migone, con

il loro “L’M L’M” a rappresentare

il punto di riferimento

per gli snipisti regatanti,

mietendo successi per il Circolo

Nautico Castiglioncello.

Direi che le Olimpiadi di

Roma lanciarono un programma

innovativo per lo sviluppo

della vela agonistica. Fu

a seguito della competizione

internazionale che l’USVI si

trasformò in FIV (Federazione

Italiana Vela): ai circoli

che ne avevano fatto richiesta

furono donati i Finn costruiti

per i Giochi Olim-


38 circoli sportivi


circoli sportivi

39

pici e al CVA fu assegnato

il Via Vai, che tante soddisfazioni

ci avrebbe regalato

con Oreste Vaglini al timone.

Nel ’62 passa in federazione

il progetto Corsi Olimpia per

propagandare la vela fra i

giovani e costruire l’embrione

tra i giovani dei futuri

campioni. Al CVA ho curato

personalmente l’organizzazione

della scuola, aiutato dal

tutto il Consiglio Direttivo che

ha sempre creduto nell’utilità

di creare un vivaio di giovani

e soprattutto da Luigi Monteleone,

oggi affermato

istruttore di vela in quel di

Portoferraio dove gestisce

da più di venticinque anni

l’affermata scuola Casa de

la vela.

Con i FJ si sono affermati

tantissimi ragazzi e ragazze

che hanno coniugato agonismo,

diporto e divertimento.

A metà degli anni sessanta i

Corsi Olimpia del CVA hanno

ricevuto per due anni di

seguito il contributo federale

come prima scuola italiana di

vela per numero di candidati

portati con successo agli esami,

per attività svolta e per

risultati ottenuti. Ed erano in

Italia i corsi, dove le ragazze

preponderavano per numero.

Tutte brave, peccato che,

dopo aver dimostrato ai maschi

di essere brave come loro

ed anche più di loro, decidessero

troppo presto di passare

a passatempi più romantici,

abbandonando l’attività agonistica.

Negli anni sessanta il CVA

spopola con i beccaccini. Lo

Snipe in Italia s’identifica con

Antignano. E Antignano nell’Italia

della vela diviene sinonimo

di Snipe. Abbondano

le imbarcazioni regatanti e i

risultati ottenuti, si rafforza

ovunque la simpatia riscossa

dagli antignanesi e viene apprezzata

da tutti l’efficiente

organizzazione offerta, non

disgiunta dalla calda ospitalità

riservata a tutti quelli che

vengano a cimentarsi in acque

labroniche. Marco Savelli

domina da juniores in campo

internazionale con più di un

prodiere (evidentemente li consumava

ed era costretto a sostituirli).

Vaglini e Cini portarono

il Gambacorta a crescenti

affermazioni. Bargoni

e Renai sono sempre presenti

nel gruppo di testa, non disdegnando

importanti vittorie.

Ma quello che sorprende sono

i rincalzi tra i quali emerge

sempre il comprimario di turno

che va a cogliere risultati

tutt’altro che insignificanti.

Daniele Lupidi che ha lasciato

un cocente rimpianto in

tutti noi con la sua prematura

e inattesa scomparsa, era sempre

là a gareggiare con i primi,

taciturno ma col suo grande

sorriso di bravo ragazzo.

Massimo Camerini, i fratelli

Sellari, Stefano Carrara e Gabriele

Cantù, il senior Bientinesi

con l’ing. Mauceri e qualche

volta anch’io ci alternavamo

in un gioco di squadra,

non senza qualche scaramuccia

interna che poi è in fin dei

Andrea Mazzoni presidente del CVA

Alcuni giovanissimi regatanti al rientro al moletto. Nel riquadro:

l’aiuto didattica istruttrice Matilde Carriero nonchè regatante

su 420.

conti il pepe della competizione.

Giuliano Garfagnoli - il

“Barcauro”, come lo aveva

definito Enrico Balata vedendolo

in mare da solo al timone

della sua lancia, spuntare

in controluce mezzo uomo e

mezza barca dal costato in giù

- era il direttore che orchestrava

la regata. Oggi lo si chiamerebbe

“il tattico” - non so?

- ma lui era il nostro punto di

riferimento.

“Guardatemi - ci diceva - la

bolina sta tra voi e la boa. Voi

non lo sapete dove gira il vento.

Io si! Non andate dove vi

pare. Guardate dove vado io:

il bordo da fare è da quella

parte!”.

Giuliano, quanta passione,

quanto accanimento, quanti

ricordi.....

Ettore Visibelli


40


portuali

41

Storia dei lavoratori del Porto di Livorno fra gli anni Ottocento e i giorni nostri

Le Carovane dei Navicellai,

Facchini, Saccaioli e Granaioli

Terza e ultima puntata della storia dei lavoratori

del Porto di Livorno che Adastro Brilli,

classe 1948, oggi portuale in pensione,

ha raccolto per diletto in un quaderno. L’autore

ci presenta un quadro completo di come

lavoravano i nostri nonni e bisnonni, in un

clima di fatica e sudore ma sempre familiare,

pronti alle battute e agli scherzi. Cita

tanti nomi, tanti personaggi (tutti regolarmente ‘marchiati’

con il soprannome, che si sono portati dietro per tutta la

vita), molti aneddoti che val la pena riprendere.

Riportiamo alcune parti del suo diario, così come è stato

scritto, per apprezzarne ancor più la genuinità.

(3) - Dopo aver dato spazio

nei precedenti numeri alle Carovane

dei Gobbi, dei Carbonai

e dei Marmaioli, il “diario”

del Brilli termina con

quelle dei Navicellai, dei Facchini,

dei Saccaioli e dei Granaioli.

I Navicellai, come si capisce

dal loro nome, utilizzavano i

navicelli, grossi barconi oggi

quasi del tutto scomparsi (ne

sono conservati uno o due

quale testimonianza di una realtà

lavorativa che non esiste

più). Erano larghi metri 3,64

e lunghi metri 12,83, costruiti

in legno da artigiani, chiamati

maestri d’ascia. Tra questi,

famosa la famiglia di Alfredo

Cecchi che noleggiava i navicelli

dal 1880; dopo di lui prese

il suo posto il nipote Emilio

che è stato uno dell’ultimi calafati.

Il termine calafatare è una parola

marinaresca, significa

“stoppare” e incatramare le

fessure dei navicelli. Venivano

trainati da barche a motore

quando dovevano uscire in

alto mare, con i quali si provvedeva

al trasporto delle merci

da terra alle navi e vicever-

sa, navigando per i canali adiacenti

al porto, in particolare

modo nel quartiere della Venezia,

dove vi erano magazzini

per lo stoccaggio della merce.

La merce, tramite l’Arno,

giungeva anche da Firenze e

da Pisa e, attraverso un apposito

canale, detto appunto dei

navicelli, giungeva a Livorno

per essere smistata a bordo

delle navi, un lavoro quindi che

richiedeva esperienza e buona

conoscenza delle tecniche

di navigazione.

La merce trasportata riguardava

soprattutto carbone fossile,

sabbia

per le vetrerie,

terraglie,

laterizi, farina,

pietrisco

e altri materiali

da costruzione.

La navigazione

veniva fatta

con tre tipi

di navicelli,

da 12 a 22

tonn. e quella

sull’Arno,

veniva esercitata

in tre

modi: a braccia

d’uomo (mediante delle

pertiche, con la trazione per

mezzo di fiumi), a vela, utilizzando

i venti, ed a vapore

medianti alcuni piccoli rimorchiatori

che facevano servizio

lungo il canale. Tutto questo

dette vita alla famosa carovana

dei Navicellai.

I Navicellai a sua volta erano

al sevizio delle case di spedizione

e spesso la merce veniva

caricata giorni prima dell’imbarco

alla nave; in quelle

occasione, per evitare eventuali

furti, i lavoratori effettuavano

la vigilanza anche di notte,

dove ogni tanto si appisolavano

sugli stessi barconi.

Di questa carovana storica,

nata nel 1892 come associazione

di mutuo soccorso, fra

i maggiori esponenti si ricordano

la famiglia Volpi (avevano

navicelli di proprietà,

con loro dipendenti), i Magagnini

(anch’essi proprietari di

navicelli), e, tra i lavoratori diretti,

i vari Suardi, Voliani, Bastrei,

Raugei, Brogi, Mazzantini,

Cappelli, Salvadori, Politi

(detto “tru tru”), Paci ed altri

In occasione dell’accorpamento

anche i Navicellai confluirono

nella Compagnia Portuale

del tiraggio merci varie

istituita nel 1929.

Un’altra Carovana era quella

dei Facchini Tabacchi Greggi,

i cui dipendenti lavoravano

il tabacco confezionato in

grosse botti di legno, stoccate

poi negli appositi magazzini,

e spedite mediante vagoni

ferroviari o camion per l’eventuale

trasporto in altre città.

Questa carovana di facchini

lavorava per conto dello Stato,

dato che il tabacco era di

predomino statale. Uno dei

nuclei più noti faceva capo alla

famiglia Barbaro,

C’erano poi i Saccaioli (anche

in questo caso il nome ne

identifica la funzione), lavoratori

che svolgevano l’operazione

di insaccaggio delle merci

sfuse: si trattava principal-

Un navicello carico di merce sotto bordo di una nave.


I “sacchiaioli” all’opera.

mente di grano, avena,

orzo, sale, zucchero, pepe,

semi, farine di ogni genere. Alcuni

saccaioli erano originari di

San Giovanni alla Vena (Pisa) e

una delle più note famiglie era

la famiglia Marconcini.

Il grano e i cereali in genere

venivano prima immessi in

appositi silos, per poi essere

insaccati. Ogni sacco pesava

101 kg. e, a spalla, i componenti

della Carovana dei facchini

Regi caricavano camion,

navicelli o bastimenti. trattavasi

di un lavoro, come è facile

capire, molto faticoso, che

veniva suddiviso in turni. Ogni

facchino usava mettere dalla

testa alle spalle una pezza di

stoffa o una balla di juta allo

scopo di evitare il più possibile

sfregamenti sulla pelle provocati

dall’attrito col carico

(pensate solo quale sarebbe

stato il risultato a caricarsi sulle

spalle i sacchi di sale

che colavano acqua!!!).

Fra i componenti di

spicco della Carovana

dei Facchini

Regi, si ricordano i

vari Lilla, Battini,

Corucci, Lenzi,

Dino Lorenzini (detto

“Cammello”, che

dagli anni ‘70 diverrà

dirigente della

Clp), Del Corona,

Salvadori, Catanzano,

Quercioli, Marconcini,

Nosilia,

Colombini, Bulli,

Dalli, Urbino Paoli, Brondi, Lavoratori,

Agretti, De Vanni, Angarelli,

Varese Brilli, Lancella,

Scola, Baggiani, Mantovani,

Spagnoli, Batoni, Bracci, Balleri,

Bastrei, Mannocci, Falchini,

Gambis, Reboa, Trocar,

Norfini, Balestri, Fanelli Battini,

Lucchesi, Rocchi, Colombi,

Colombini, Biagiotti, Bois,

Becchere, Castiglioni, Argenti,

Arnieri, Baldassatici, famiglia

Manteri ecc.

42

Con l’occasione vi racconto

un simpatico aneddoto riguardante

un certo Corucci,

abitante nel quartiere della Venezia

e facente parte di questa

Carovana.

Il periodo è quello di prima

della guerra e gli abitanti di

tutti i piani alti (non esistevano

gli ascensori) erano soliti,

per risparmiare tempo e fatica,

calare dei panierini fino al

terreno per tirare su la spesa.

Corucci immancabilmente tutti

i giorni chiamava la moglie

ad alta voce, in modo da farsi

sentire da tutto il vicinato, dicendole

di calare il panierino,

dove lui avrebbe messo il pollo,

cosa che, data la grande

miseria d’allora, destava l’invidia

di tutti.

Un bel giorno però, la moglie

tirò su troppo velocemente

con il panierino che, urtando

i fili della stesa dei panni, si

rovesciò facendo cadere il

contenuto a terra: tutti così

poterono vedere che si trattava

di patate sulle quali erano

infilate delle penne di pollo.

Tre noti portuali: Cinzio Bulli e Dino Lorenzini, entrambi della

Carovana Facchini regi e Omero Morucci dei Gobbi (Carovana

della quale ne abbiamo parlato nel numero scorso).

portuali

Da quel giorno il Corucci fu

soprannominato “sette polli”.

Mentre un certo Cinzio Bulli,

a quell’epoca d’accordo con

altri lavoratori, dato che i momenti

erano quelli dell’arrangiarsi,

avevano escogitato,

con altri compagni, un “furtarello”

di merce in un magazzino.

Si dettero così appuntamento

ad un ora stabilita per

poi agire: una volta dentro il

magazzino, l’accordo era di

chiamarsi. Il Bulli, non sapendo

che qualcuno aveva fatto

la “spia” alla polizia, iniziò a

chiamare ad alta voce “Siamo

tutti?”. I militaria allora

uscirono allo scoperto dicendo

“Eccoci” e lo fermarono.

In porto è diventato un detto,

quando si usa dire “Siamo Tutti?”,

la risposta è “Sì lo disse

anche Francesco il Bulli”. Saporito

La carrellata termina con la

Carovana dei Granaioli.

I facchini di questa caravona

si occupavano dello scarico e

carico della merce sfuse (grano,

orzo, avena ecc..) che arrivava

con navi o bastimenti,

spesso caricati “a tappo”, cioè

a dire a pieno carico. In questi

casi il natante si doveva fermare

in rada, perché in porto

non esisteva fondale sufficientemente

profondo, e doveva

essere quindi alleggerito. I facchini

raggiungevano il mezzo

con dei motoscafi e con le

pale riempivano coffe e teloni

resistenti, che, imbracati al

gancio del verricello venivano

scaricati nei navicelli anco-

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portuali

43

rati sui fianchi della nave.

La nave, così alleggerita, poteva

entrare in porto ed ormeggiare

alla banchina adiacente

allo stabilimento del Silos;

allora entravano in funzione

i facchini che mediante

bocchette di aspirazione trasferivano

il carico nella gigantesca

costruzione. Il materiale

che residuava a ridosso delle

serrette o staminarie (chiamate

in gergo portuale “pisciatoi”),

veniva pulito e riunito

adoperando pale e scope

di saggina e successivamente

aspirato nei silos fino ad

esaurimento.

Quest’ultimo lavoro veniva

fatto di solito dai lavoratori occasionali,

perché come al solito

il lavoratore socio portuale

prendeva tutto il buono,

dato che il guadagno era sul

tonnellaggio.

I facchini lavoravano con

grossi fazzoletti in testa e si

tappavano la bocca per proteggersi

dalla polvere che veniva

sollevata durante il lavoro; era

l’unica prevenzione che veniva

usata, in un contesto in cui

le norme antinfortunistiche

nonché igieniche erano molto

tenui e non venivano rispettate

“perché - come dicevano i vecchi

- se si sta attenti

a tutto non si lavora

più”.

Invece quando alcuni

lavoratori si

presentavano al

posto di lavoro con

bracciali e anelli,

molte volte venivano

rimandati indietro

“perché per

stare attenti ai gioielli

non avrebbero

potuto lavorare”,

questa era la

legge dei vecchi

portuali.

(3 - fine)

L’autore del ‘Diario’Adrasto Brilli ai tempi in

cui era portuale. A destra: lo zio Luciano Brilli.

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antica, risalente a

molto prima del 1843. Forse

perché il Fosso era direttamente

comunicante (attraverso

la Dogana d’Acqua) con il

Canale dei Navicelli.

Proverbi

livornesi

- Nulla è ‘n po’ poino.

- Ogni bella scarpa diventa

uno scarpone.

- Tutto ‘r grasso ‘un fu bono,

tutto ‘r magro ‘un fu

male.

- Il male ‘un s’augura a nessuno.

- Chi si leva all’alba de’ granchi

trova ‘r sole ne’ ‘ampi.

Se trovi degli

errori in questo

giornale,

tieni presente

che sono

stati messi di

proposito.

Abbiamo cercato di soddisfare

tutti, anche coloro

che sono sempre alla ricerca

di errori!

QUIZ A PUNTEGGIO PER SAGGIARE LA TUA LIVORNESITÀ

LIVORNESE DOC O ALL’ACQUA DI ROSE?

Scoprilo rispondendo a queste domande; quindi controlla punteggio e valutazione:

1

A

B

C

2

A

B

C

3

A

B

C

4

A

B

C

Di quale nazionalità è la

popolazione straniera più

presente a Livorno?

Ucraina

Albania

Romania

... e a quanto ammonta il totale

dei residenti stranieri

presenti in città al 31/12/19?

22.720

12.197

8.125

A quanto ammonta la superficie

del Comune di

Livorno?

77,6 km 2

104,5 km 2

132,8 km 2

Chi progettò la Chiesa di

San Ferdinando?

G.B. Foggini

G. Del Fantasia

A. Della Valle

A quale anno risalgono le

5 9

“Leggi livornine”?

1593

1722

1654

... e da chi furono promulgate?

Ferdinando I

Cosimo III

Leopoldo I

Dove è posto il Cimitero

greco-ortodosso?

Via G. Verdi

Via M. Mastacchi

Viale I. Nievo

... e intorno a quale anno

fu aperto?

1902

1786

1840

L’edificio dei Bagnetti della

Puzzolente fece da sfondo ad

una scena di un film. Quale?

Ovo Sodo

Tutti a casa

I sequestrati di Altona

Quanto è alto il Grattacielo

di piazza Matteotti?

mt. 122

mt. 91

mt. 136

... e di quanti piani è

composto?

RISPOSTE: 1 (C), 2 (B), 3 (B), 4 (A), 5 (A), 6 (A), 7 (B), 8 (C), 9 (B), 10 (B), 11 (A), 12 (B)

Meno di 2 risposte corrette: ...all’acqua di rose - Da 3 a 6 risposte corrette: ...sui generis

Da 7 a 10 risposte corrette: alla moda - Nessun errore: LIVORNESE DOC honoris causa

Quiz visivo e di orientamento a conferma del tuo grado di livornesità

...di SCOGLIO,

di FORAVIA

o... PISANO?

Qui a fianco c'è la foto di una strada

della tua città. Sai riconoscere di

quale via si tratta?

Se rispondi ESATTAMENTE significa

che sei un... livornese di scoglio!

Se rispondi CONFONDENDO la via

con altra della stessa zona, significa

che sei un... livornese di foravia,

Se NON RIESCI A CAPACITARTI di

quale via si tratta, allora significa

che... sei un pisano!

Per la risposta, vedi pag. 47

A

B

C

6

A

B

C

7

A

B

C

8

A

B

C

Grado di difficoltà:

10

11

12

26

38

32

Chi ha vinto il primo

Palio Marinaro dell’anno

2000?

Salviano

Borgo

Ovo Sodo

Che razza di livornese sei?

A

B

C

A

B

C

A

B

C

A

B

C


46

amarcord

Cara, vecchia Livorno

I Bagni dello Scoglio della Regina (edificati nel 1846) in una cartolina dei primi del ‘900


47

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In Vino Veritas

v. Costanza 57/73 - 0586403434

Ideal Bimbo

v. Cimarosa 64 - 0586852027

CR Cristiani infissi

v. Cimarosa 106/110 - 0586854725

Ed. La Leccia di Frisini Gabriele

v. Piera della Francesca 15

Panificio “La Bontà”

v. Molise 11 (Coteto) - 3890614956

APPENA FUORI LIVORNO

Tabaccheria Borrelli

v. Aurelia 136/D, Stagno - 3281667204

Autofficina 2000 - Fauglia

v. Postignano 18 - 0507216978

Ristorante Il Rogiolo – Quercianella

v. Colombo 26 - 3385093300

Gelateria Arcobaleno – Quercianella v.

Pascoli 22 - 0586491556

Che razza di livornese sei?

La strada in questione, di cui

a pag. 45, è

via Francesco Bonaini

posta tra piazza della Vittoria

e via Serafino de Tivoli.


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