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1 Palin Reazione

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costo di una penosa esclusione. Egli si sente

cronicamente ‘di troppo’, ‘l’Altro’, e non sa dare

valore alla propria identità perché nessun altro

sembra averlo mai fatto. La sua vita, attraversata

da tale sentimento di non valore, è uno

sforzo per ottenere quell’accoglienza che gli

è stata negata attraverso la conformità. Così,

per paura di venire nuovamente abbandonato,

egli abbandona se stesso.

presa di coscienza della propria ‘diversità’,

con la pretesa che essa venga rispettata e

accolta. Questa è una reazione non solo più

sana, ma anche più utile al fine del concreto

raggiungimento del proprio benessere. Anzi,

si può dire che mentre la prima descritta

sia una non-reazione (poiché caratterizzata

dalla passività), questa sia una reazione vera

e propria.

#Area Gramsci

#Area Gramsci

parte e il trattamento ricevuto dalla società

dall’altra non fanno altro che ricordare loro

che ciò che sono non è che una devianza,

qualcosa di ‘diverso’ dal ‘normale’, una stranezza

o persino il sintomo di una patologia.

Di recente, nelle direttive per le vaccinazioni

anti-Covid rilasciate dall’Asl 5 di La Spezia si

leggeva fra i soggetti considerati ‘con comportamenti

a rischio’ «omosessuali, tossicodipendenti

e soggetti dediti alla prostituzione».

La Regione Liguria, dopo le polemiche sollevate

in particolare dalla menzione ingiustificata

degli omosessuali, si è scusata e ha poi

dichiarato che tali linee guida fossero state

riprese direttamente da quelle del Ministero

della Salute. Se già era grave che ciò fosse

emerso a livello regionale, è ancora più preoccupante

che all’origine del problema vi fossero

direttive nazionali. Il copia-incolla acritico

che sarebbe stato alla base di questo errore

è il sintomo di pregiudizi che ancora resistono

anche fra i membri delle istituzioni; è

semplicemente inaccettabile che in documenti

ufficiali si parli di comportamenti a rischio in

relazione ad un orientamento sessuale che

nulla ha a che fare con l’effettivo stile di vita

di un individuo.

Dunque, riprendendo l’analisi sulla natura

della non appartenenza, il risultato che si

ottiene è un sentimento di solitudine, isolamento

e soprattutto abbandono. Si finisce

così per avvertire la propria identità come

non apprezzata, non pienamente valida, e

di conseguenza non ci si sente sicuri nell’esprimerla.

Ci si domanda quindi: qual è la

reazione di un individuo quando il suo bisogno

di appartenere viene negato?

Fanon si sofferma nell’analizzare l’influenza

che la condizione di abbandono ha su un individuo,

e su come gli impedisca di esprimersi

autenticamente. Non essendosi mai sentito

accolto per quello che è, ‘l’abbandonico’

non crede di poter essere se stesso se non a

Passivizzandosi, si fanno propri inconsciamente

tutti quei giudizi per cui si è sofferto, e

si finisce per partecipare anche direttamente

alla propria stessa oppressione.

Si pensi a quanto è comune vedere donne

fare victim-blaming (colpevolizzazione della

vittima) nei confronti di altre donne che hanno

subìto una violenza sessuale, spostando sulla

vittima la responsabilità dell’esperienza traumatica

vissuta; è evidente che per una donna

sia controproducente rinforzare quella stessa

mentalità che non le permette di sentirsi al

sicuro nel camminare da sola per strada. Ma

d’altronde come si può difendere il proprio

valore – in questo caso di donna – se semplicemente

non lo si conosce?

Fanon intende proprio questo quando,

parlando della liberazione dell’uomo di colore,

insiste su come questa debba significare

innanzitutto liberazione da se stesso, smettendo

di essere «schiavo dei propri archetipi»;

è necessario che si rigettino tutti i pregiudizi

che si sono interiorizzati o che ci si è arresi a

credere veri pur di sentire meno la sofferenza

del sentimento di appartenenza negato.

Le lotte per l’affermazione dei diritti delle

minoranze non sono affatto espressione di

questo atteggiamento passivo, ma anzi di un

giustificato risentimento che spinge a farsi attivamente

partecipi della propria liberazione.

Di contro, in questa ‘seconda fase’, poiché si

è imparato a conoscere il proprio valore, si è

anche in grado di provare una legittima rabbia

verso chi lo ha ignorato.

Dunque, in opposizione allo sforzo di conformarsi

per ottenere l’accettazione, vi è la piena

Non è certamente scontato che un individuo

riesca a maturare fin da subito la coscienza

del valore della propria identità e a difenderla

in un ambiente ostile, ma nel momento in cui

ci riesce può finalmente mettersi in contatto

con i membri della propria stessa minoranza

o di altre minoranze (intersezionalità) e coniugare

lo sforzo di cambiare lo status quo. Solo

con la nascita di questa coscienza prima

individuale e poi collettiva sono pensabili i

processi di liberazione.

Una liberazione che avviene per ‘gentile e

spontanea concessione’ della maggioranza,

infatti, non è sufficiente, perché non è il risultato

di una reale dialettica: essa sarà avvenuta

attraverso le stesse dinamiche di potere

che pongono le minoranze in una posizione

di soggezione e dipendenza.

Il tema dell’appartenenza aiuta a leggere e

comprendere in modo più profondo la natura

delle lotte e del malcontento espresso dalle

minoranze, poiché ne costituisce il punto

centrale.

Il gay pride non è – come spesso si sente

dire – un semplice show, un’inutile spettacolarizzazione

della realtà queer: esso è, al

contrario, una reazione diretta all’oppressione.

Difendere l’orgoglio gay significa respingere

la mentalità per cui essere gay dovrebbe

essere motivo di vergogna. Analogamente,

mostrare apertamente le identità queer in

tutte le loro sfaccettature è la reazione ad

una realtà che suggerisce di nasconderle o

che le ignora. Insomma: finché ci si continuerà

a lamentare del gay pride se ne continuerà

anche a confermare la necessità.

Allo stesso modo, lo slogan Black Lives Matter

96 Minoranze: le conseguenze del non appartenere

Minoranze: le conseguenze del non appartenere

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