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Leseprobe_Metastasio_Briefe

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Alberto Beniscelli<br />

innevato, dice <strong>Metastasio</strong>, «mi piace il concorde silenzio di tutti i viventi». La metereologia<br />

è occasione di ripensamento sul trascorrere delle cose, il sopraggiungere della<br />

vecchiaia, la metamorfosi dell’io, o del noi, come segno del mutamento delle cose<br />

stesse: «Ah, caro fratello, siam noi, non è il mondo che invecchia», scrive al fratello<br />

Leopoldo. Insomma, la misurazione del divenire conduce al substrato psichico e prevede<br />

un continuo esercizio terapeutico. Se il teatro metastasiano è leggibile come un<br />

faticato processo di serenizzazione, se è un’operazione di stampo “farmacologico”, il<br />

ductus epistolare è esso stesso pharmakon, remedium etico-comportamentale – con tutto<br />

ciò che precede, da Petrarca a Montaigne – da suggerire alle sue corrispondenti e da<br />

esercitare in proprio, secondo un dosaggio pratico prima ancora che teorico, tendente<br />

all’ascolto, all’analisi, al rallentamento. A ben vedere, <strong>Metastasio</strong> aveva trovato nella<br />

perlustrazione del soi-même e nel colloquio con le anime solidali le ragioni che lo indurranno<br />

a sognare ma lo convinceranno altresì a non praticare la via del ritorno.<br />

Macrotesto da leggersi come una delle più limpide autobiografie settecentesche<br />

per il fatto stesso di affidare il racconto alla sola «voce» autoriale – epistolario infatti,<br />

sul modello petrarchesco delle Familiares, e non carteggio –, le lettere metastasiane si<br />

allargano a ventaglio, fino a coprire un vasto spazio geografico. Al vettore cronologico-memoriale<br />

che origina la cifra stilistica dominante – si tratta di un registro<br />

volutamente abbassato rispetto alle altezze della parola cantata, al modo di sorvegliatissimo<br />

contraltare ironico-prosastico alla poesia in versi, e comunque garante dei<br />

nuclei sentimentalmente più intimi – si affiancano altre frecce, disposte in orizzontale<br />

e intersecate tra loro, tanto da comporre una fitta rete. Queste direttrici corrispondono<br />

a altrettanti viaggi, che raggiungono le principali capitali dell’Europa moderna.<br />

Se non si sposta <strong>Metastasio</strong>, si mettono per strada le sue quasi tremila missive,<br />

verso Dresda, Stoccarda, Londra, Parigi, Pietroburgo, Madrid, Lisbona, le città e i<br />

paesi della Penisola, e Roma, e Napoli.<br />

Il continente raffigurato dall’epistolarità metastasiana non ha nulla dello scenario<br />

idoneo alle scorribande romanzesche, non vi compaiono i luoghi e i toponimi propri<br />

dell’avventura, come in tanta memorialistica settecentesca. Le allusioni a fatiche, imprevisti,<br />

ripartenze, liaisons amorose non mancano ma non coinvolgono l’autore, mai<br />

visibile in azione, piuttosto i suoi emissari e i suoi interlocutori, questi sì spesso in<br />

viaggio, secondo le ricostruzioni deducibili dalla sinottica delle lettere. Giuseppe<br />

Bonechi, corrispondente di <strong>Metastasio</strong> dopo il loro incontro a Vienna, è tramite di<br />

tracce epistolari da Pietroburgo, via Firenze, al Portogallo di don José di Braganza.<br />

Carlo Broschi, il Farinello, frequentato a Napoli in occasione dell’esordio dell’Angelica<br />

e interprete canoro della melodrammaturgia metastasiana sulle scene viennesi,<br />

veneziane, londinesi, viaggiando, dà modo al poeta di penetrare nei recessi della corte<br />

madrilena di Filippo V e Elisabetta Farnese. Giuseppe Riva, Francesco Algarotti,<br />

Giovanni Claudio Pasquini manterranno aperta in nome di <strong>Metastasio</strong> la via per<br />

Dresda e l’entourage di Augusto III.<br />

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