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Voci di Moda N.47 - Dicembre 2021

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L’opinione di...

Angela Magnani

La terra e i giovani stanno urlando,

perchè non li sentiamo?

Che il mondo stia cambiando è sotto gli occhi di tutti e allora

perché i “grandi” della Terra sembrano ancora non rendersene

conto? Sono anni che gli scienziati non fanno altro che avvisarci

di ciò a cui saremmo andati incontro, decenni in cui si è parlato

di disastri ambientali, buco dell’ozono, scioglimento dei ghiacciai

eppure nessuno si è mai preoccupato di dargli veramente

ascolto; tutt’ora che il cambiamento climatico è lampante ad

ognuno di noi, questo sembra ancora non essere il più grande

problema da affrontare.

C’è un divario generazionale che sta spaccando in due la società

mondiale, i giovani sono molto più consapevoli della crisi

climatica perché la subiranno più degli over 55. Il problema è

che a essere decisive sono le scelte degli elettori e dei governanti

anziani, che non vogliono cambiare stile di vita e politiche

per un problema che non li toccherà e il successo della lotta

al riscaldamento globale passa tutta da qui, purtroppo. Che

mondo lasceremo ai nostri figli? É una domanda che molto

spesso abbiamo sentito pronunciare dai nostri genitori preoccupati

per il futuro. Da qualche anno a porsela non sono più

gli adulti ma i figli, coloro che saranno gli adulti di domani, che

chiedono a gran voce di essere ascoltati, considerati e, soprattutto,

pretendono maggiore tutela per il Pianeta che dovranno

abitare ancora per molto tempo. Ad aprire la strada agli attivisti

“teen” è stata Greta Thunberg che, in poco tempo, ha fatto

il giro del mondo sfidando i potenti della Terra per chiedere una

maggiore attenzione al problema globale del clima. Dopo di lei

sono stati tanti i giovanissimi che hanno aderito alle campagne

Friday for Future e sono diventati, pian piano, dei veri e propri

portabandiera nei rispettivi Paesi di questa marcia. Giovani la

cui voce si è fatta sentire forte e chiara nei giorni scorsi in occasione

della COP26 a Glasgow. Oggi non possiamo più ignorare

la crisi climatica che stiamo vivendo.

Sull’estrema urgenza

di intensificare la risposta

globale per far

fronte al problema diventa essenziale sensibilizzare l’opinione

pubblica e consolidare la conoscenza di cause e conseguenze

del cambiamento climatico, rafforzando il dialogo tra scienza e

società civile. Da vari sondaggi è emerso che la disinformazione,

in un’epoca in cui la notizia è alla portata di tutti, è molto

elevata. Secondo uno studio condotto da Enea (Agenzia nazionale

per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico

sostenibile) l’84% dei partecipanti crede che l’industria sia

il settore più inquinante mentre questo primato è del settore

energetico. Solo il 21% è consapevole che il settore agricolo è

tra i più impattanti per emissioni di carbonio, subito dopo quello

energetico. Con il 42% di risposte corrette emerge una certa

consapevolezza che il trattamento rifiuti è tra gli ultimi settori

per emissioni di gas climalteranti. Per affrontare la doppia sfida

dell’emergenza climatica e della pandemia mondiale di Covid

che devasta le popolazioni e le economie e per aumentare la

preparazione e la resilienza ai disastri naturali e alle future pandemie,

è imperativo che gli Stati agiscano in conformità con i

principi alla base del diritto allo sviluppo e, per garantire che gli

impegni derivanti dalla COP26 non rimangano vuote promesse

ma siano attuati nello spirito della Convenzione e dell’Accordo

di Parigi, gli Stati parti devono garantire un rapido seguito,

elaborando e rendendo pubblici piani di attuazione concreti.

Un altro mondo è possibile, garantire lo stile di vita che fino ad

ora tutti noi abbiamo avuto il privilegio di condurre è d’obbligo

nei confronti di coloro che da anni si battano per avere il diritto

a un Pianeta migliore.

Angela Magnani

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