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L’opinione di...
Angela Magnani
La terra e i giovani stanno urlando,
perchè non li sentiamo?
Che il mondo stia cambiando è sotto gli occhi di tutti e allora
perché i “grandi” della Terra sembrano ancora non rendersene
conto? Sono anni che gli scienziati non fanno altro che avvisarci
di ciò a cui saremmo andati incontro, decenni in cui si è parlato
di disastri ambientali, buco dell’ozono, scioglimento dei ghiacciai
eppure nessuno si è mai preoccupato di dargli veramente
ascolto; tutt’ora che il cambiamento climatico è lampante ad
ognuno di noi, questo sembra ancora non essere il più grande
problema da affrontare.
C’è un divario generazionale che sta spaccando in due la società
mondiale, i giovani sono molto più consapevoli della crisi
climatica perché la subiranno più degli over 55. Il problema è
che a essere decisive sono le scelte degli elettori e dei governanti
anziani, che non vogliono cambiare stile di vita e politiche
per un problema che non li toccherà e il successo della lotta
al riscaldamento globale passa tutta da qui, purtroppo. Che
mondo lasceremo ai nostri figli? É una domanda che molto
spesso abbiamo sentito pronunciare dai nostri genitori preoccupati
per il futuro. Da qualche anno a porsela non sono più
gli adulti ma i figli, coloro che saranno gli adulti di domani, che
chiedono a gran voce di essere ascoltati, considerati e, soprattutto,
pretendono maggiore tutela per il Pianeta che dovranno
abitare ancora per molto tempo. Ad aprire la strada agli attivisti
“teen” è stata Greta Thunberg che, in poco tempo, ha fatto
il giro del mondo sfidando i potenti della Terra per chiedere una
maggiore attenzione al problema globale del clima. Dopo di lei
sono stati tanti i giovanissimi che hanno aderito alle campagne
Friday for Future e sono diventati, pian piano, dei veri e propri
portabandiera nei rispettivi Paesi di questa marcia. Giovani la
cui voce si è fatta sentire forte e chiara nei giorni scorsi in occasione
della COP26 a Glasgow. Oggi non possiamo più ignorare
la crisi climatica che stiamo vivendo.
Sull’estrema urgenza
di intensificare la risposta
globale per far
fronte al problema diventa essenziale sensibilizzare l’opinione
pubblica e consolidare la conoscenza di cause e conseguenze
del cambiamento climatico, rafforzando il dialogo tra scienza e
società civile. Da vari sondaggi è emerso che la disinformazione,
in un’epoca in cui la notizia è alla portata di tutti, è molto
elevata. Secondo uno studio condotto da Enea (Agenzia nazionale
per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico
sostenibile) l’84% dei partecipanti crede che l’industria sia
il settore più inquinante mentre questo primato è del settore
energetico. Solo il 21% è consapevole che il settore agricolo è
tra i più impattanti per emissioni di carbonio, subito dopo quello
energetico. Con il 42% di risposte corrette emerge una certa
consapevolezza che il trattamento rifiuti è tra gli ultimi settori
per emissioni di gas climalteranti. Per affrontare la doppia sfida
dell’emergenza climatica e della pandemia mondiale di Covid
che devasta le popolazioni e le economie e per aumentare la
preparazione e la resilienza ai disastri naturali e alle future pandemie,
è imperativo che gli Stati agiscano in conformità con i
principi alla base del diritto allo sviluppo e, per garantire che gli
impegni derivanti dalla COP26 non rimangano vuote promesse
ma siano attuati nello spirito della Convenzione e dell’Accordo
di Parigi, gli Stati parti devono garantire un rapido seguito,
elaborando e rendendo pubblici piani di attuazione concreti.
Un altro mondo è possibile, garantire lo stile di vita che fino ad
ora tutti noi abbiamo avuto il privilegio di condurre è d’obbligo
nei confronti di coloro che da anni si battano per avere il diritto
a un Pianeta migliore.
Angela Magnani
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