REVISTA CONNESSIONE - EDIÇÃO XV - FEVEREIRO DE 2022
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pazzì di gioia come non accadeva dal 1982. Tra l’altro,
la nostra nuova star non aveva nascosto la sua passione
per la bellezza femminile e, infatti, nei giorni di
riposo si era precipitato a fare il tifo per la mitica Katarina
Witt, inimitabile regina del pattinaggio artistico
già a Sarajevo 1984 e nuovamente a Calgary 1988. Nel
frattempo Zurbriggen, principale antagonista nella
Coppa del Mondo, non era stato da meno aggiudicandosi
la discesa come solo i grandi campioni sanno fare
ovvero con un numero di pettorale sfavorevole e una
pista deteriorata dai passaggi degli altri concorrenti.
Quattro anni più tardi, sulle nevi francesi di Albertville
1992, Tomba si confermò in gigante
a spese di Giradelli con un finale
al cardiopalma ma le gioie per i tifosi
italiani giunsero anche in campo femminile.
Deborah Compagnoni, valtellinese
di Bormio, dominò il Supergigante
inaugurando il suo fantastico
ciclo di trionfi a Cinque Cerchi che
la videro sul gradino più alto ancora
a Lillehammer 1994 e Nagano 1998,
entrambe le volte in gigante. Nessuno
sciatore o sciatrice era ed è mai stato
capace di conquistare la medaglia
più prestigiosa per tre edizioni di fila.
Ho nominato Lillehammer, località
norvegese in cui i Giochi Invernali
furono organizzati dopo due anni dai
precedenti in modo tale da non aver
luogo nello stesso anno di quelli estivi. Di quell’Olimpiade
non potrò mai dimenticare la scossa di adrenalina
pura durante l’ultima frazione della staffetta 4x10
km di sci di fondo. In testa c’erano come da pronostico
i norvegesi padroni di casa, seguiti come un’ombra
dal quartetto tricolore formato da Maurilio De Zolt,
Marco Albarello, Giorgio Vanzetta e Silvio Fauner.
Quest’ultimo aveva il compito più arduo dovendo sfidare
l’imbattibile Bjørn Dhælie ma gli rimase a ruota
come Gimondi faceva con Merckx. Sul rettilineo conclusivo,
davanti a una folla in delirio che spingeva il
proprio beniamino, Fauner con uno sprint formidabi-
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