PiùMe Magazine Ottobre 2023
E' uscito il magazine PiùMe di Settembre in copertina, questo mese Madonna! Ritira la tua copia gratuita in negozio o consultala online!
E' uscito il magazine PiùMe di Settembre in copertina, questo mese Madonna!
Ritira la tua copia gratuita in negozio o consultala online!
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
REPORTAGE<br />
proporzione in calo della popolazione in età attiva da cui deriva<br />
la forza-lavoro del paese e, di conseguenza, sullo sviluppo e<br />
le sue prospettive future. Bastano pochi conti per capirlo. La<br />
popolazione che supera i 65 anni incide per circa il 24% sul<br />
numero totale della popolazione italiana e arriverà a superare il<br />
35% verso la metà del secolo; i giovani non arrivano al 13%,<br />
mentre la fascia d’età compresa tra i 15 e i 64 anni (considerata<br />
l’età attiva) ha un peso che ora supera il 60% ma arriverà<br />
attorno al 53% tra venti, trent’anni. “Questo aspetto – spiega<br />
la professoressa Rettaroli – ha delle positività perché significa<br />
che la popolazione vive di più, è maggiormente in salute, è più<br />
attiva alla partecipazione sociale ma, di contro, la decrescita<br />
dei giovani è un aspetto molto critico perché non c’è sufficiente<br />
rinnovo della popolazione attiva che non riuscirà a compensare<br />
quella in età non attiva. Le analisi europee ci dicono che dopo<br />
il 2050 il rapporto tra ultra sessantacinquenni e popolazione<br />
in età da lavoro si assesterà attorno al 50%. In Italia, e questo<br />
è uno dei pochi dati certi, la situazione è tra le più critiche se<br />
si pensa che da qui al 2040 usciranno dal mercato del lavoro<br />
perché andranno in pensione i nati del cosiddetto baby boom.”<br />
Meno forza lavoro meno sviluppo più spese sanitarie<br />
Ciò che accadrà con questi scenari è incerto perché finora una<br />
situazione simile non si è mai verificata. Di sicuro questi numeri<br />
ci dicono che tra meno di trent’anni poco più di una persona su<br />
due sarebbe in età da lavoro, con un 52% di persone tra i 20-<br />
66 anni che dovrebbero provvedere alla cura e alla formazione<br />
delle persone sotto i venti anni (16%). È chiaro che saremo di<br />
fronte a un modello di sviluppo del tutto nuovo con limiti di<br />
sostenibilità ancora non chiari: “se diminuisce il numero dei<br />
lavoratori e aumentano gli anziani – fa notare la professoressa<br />
– il peso demografico si sposta di più da chi produce<br />
lavoro a chi consuma attraverso i costi del welfare e quelli<br />
sanitari”.<br />
Parola d’ordine invertire la rotta e in fretta.<br />
Come? Investire su donne, giovani e immigrati<br />
Se si guarda ai paesi europei più virtuosi, come ad<br />
esempio Germania e Svezia, che sono riuscite ad invertire<br />
la tendenza al calo delle nascite, se ne deduce che cambiare<br />
la situazione italiana è possibile, purché si intervenga in<br />
tempi rapidi e soprattutto con politiche continuative e non<br />
a singhiozzo. “Per cambiare la situazione – dice Rettaroli –<br />
si deve porre mano ad obiettivi di medio e lungo periodo.<br />
La demografia non cambia in un giorno ed ha i suoi<br />
tempi. Il riequilibrio demografico passa dall’aumento delle<br />
nascite, ma ci vogliono 20 anni circa perché i nuovi nati<br />
diventino individui in età attiva. Allora, nell’immediato, si<br />
dovrebbero valorizzare le risorse che già ci sono e sono<br />
ancora poco sfruttate: i giovani, le donne e gli immigrati”.<br />
Favorire, cioè, con aiuti e politiche ad hoc l’entrata dei<br />
giovani nel mondo del lavoro, li spingerebbe ad uscire di<br />
casa e farsi una famiglia; incentivare le donne a partecipare<br />
al sistema produttivo allineando il dato alla media europea,<br />
significa attuare politiche di sostegno alle famiglie, come<br />
ad esempio aumentare i posti negli asili nido, lavorare su<br />
misure di conciliazione dei tempi delle donne e soprattutto<br />
aprirsi ad concezioni di vera parità di genere. E ancora<br />
governare i flussi migratori – spiega Rettaroli - per attirare<br />
stranieri con caratteristiche che sono utili al paese e con<br />
risorse che permettano la loro integrazione. Come ha già<br />
fatto la Germania. Su questo aspetto la sensibilità sta<br />
aumentando anche nel nostro paese, soprattutto nelle aree<br />
più produttive.”<br />
28 29<br />
M A G A Z I N E<br />
M A G A Z I N E