memorie di un uomo semplice - FerrariDatabase.com

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mitico Gilles Villeneuve e mecenate del libro. E poi: Franco Gozzi, braccio destro di Enzo Ferrari e riservatissimo custode delle vicende del Cavallino rampante, e Scaglietti Sergio (la sequenza cognome-nome è volutamente e affettuosamente rispettosa del suo modo di firmarsi e presentarsi), creatore delle più belle macchine uscite da Maranello. Per intenderci, modelli tipo la 250 California, la 250 GTO, la Berlinetta passo corto, ma anche 250 Testa Rossa e 500 Mondial, insomma, cose così. In autostrada, a 70 all’ora, circondato dalla neve, in un paesaggio lunare e ovattato, guidavo tranquillo la mia 4x4. E pensavo. Pensavo a uomini come Scaglietti, alla loro grandezza assoluta, al genio delle loro realizzazioni. Mi è subito venuto in mente il libro che stavo leggendo su Michelangelo, la sua semplicità e la pulsione di fare, di creare e, non sembri eccessivo né blasfemo, tra le due personalità ho trovato parecchi punti di contatto. Come Michelangelo, Scaglietti ha avuto una clientela fatta di re, ministri, personalità; gli è mancato giusto un papa, ma solo perché la sua opera è stata meno spirituale di quella del Buonarroti, anche se altrettanto estatica. Come Michelangelo, anche Sergio si trovava di fronte alla materia grezza da plasmare. Che fosse una lastra d’alluminio piuttosto che un blocco di marmo di Carrara da cui “estrarre la figura che vi stava dentro”, aveva poca importanza: un dettaglio legato alla diversa natura dei due lavori, da svolgere, entrambi e comunque, con il solo ausilio di un martello. Come succede quasi sempre, probabilmente per una strana forma di miopia intellettuale, si tende a dare il giusto peso alle persone di genio a partire da un paio di generazioni dopo la loro scomparsa: tutto ciò che è contemporaneo sembra destinato ad essere valutato con colpevole leggerezza. Se è un destino che ha accomunato Michelangelo e una moltitudine di altri grandi, con Scaglietti è invece il caso di aprire gli occhi ora, di spalancarli adesso, e di ripensare subito a cosa ha fatto. Rendendosi conto di come le sue creazioni facciano impazzire il mercato delle auto d’epoca; di come ci siano persone, in ogni parte del globo, disposte a fare qualsiasi cosa e sborsare qualunque cifra per avere una delle sue opere; di come il mondo dell’auto non sia stato in grado di proporre nulla di così perfetto nei decenni a seguire; e di quanto i suoi modelli siano senza tempo, immutati nel fascino e nella freschezza del disegno, di un’eleganza classica, che non invecchia e che, anzi, diventa un punto di riferimento. Chiariamo A partire dal 1951, ha realizzato le più belle auto del Cavallino, spesso decidendone la forma mentre le costruiva. A colpi di martello, quello del battilastra, e di ingegno. una cosa: l’automobile non si è dimenticata di Scaglietti; la Ferrari gli ha persino dedicato una vettura, la 612, e il programma di personalizzazione dei modelli del Cavallino si intitola alla sua carrozzeria. Credo però che siamo noi, appassionati cultori delle quattro ruote, ammiratori della bellezza automobilistica, a dover contribuire a ricordare come lo stile e il gusto si siano evoluti non solo per merito dei grandi designer e delle firme altisonanti della carrozzeria italiana ma anche grazie alla creatività e al talento di uomini semplici, “colpevoli” solo di essere defilati e riottosi e, per questo, dimenticabili. A questo pensavo, all’impegno di Gozzi e Giacobazzi, mentre guidavo lento nella neve, verso Modena. In ritardo di mezz’ora all’appuntamento con Scaglietti Sergio, carrozzaio. Memorie di un uomo semplice Testo e foto Alessandro Giudice Personaggi 37
L’ê andéda acsé 38 Personaggi ê andéda acsè (È andata L’ così) è il titolo in modenese della biografia di Sergio Scaglietti scritta da Franco Gozzi. 240 pagine, testo in italiano e inglese, tiratura di 1.500 copie fuori commercio stampato dal Poligrafico Artioli, il volume è realizzato sottoforma di intervista, con domande che diventano spunti di discussione e suggerimento, e risposte che rivelano i risvolti e i retroscena più incredibili e inaspettati di un mondo, quello della Ferrari e delle corse automobilistiche, apparentemente semplice ma in realtà complicatissimo. Del lungo, gustoso e - per certi versi - esilarante racconto di una vita, abbiamo selezionato alcuni passi particolarmente interessanti. Giusto per avere un’idea della ricchezza di valori ed esperienze di una persona semplice, che ha dedicato il suo straordinario talento a un uomo leggendario come Enzo Ferrari (che lui chiamava, con bonario rispetto, l’Omone) e alle sue macchine. Il primo colloquio con Ferrari Gozzi: Come andò il colloquio? Scaglietti: Colloquio? Parlò soltanto lui. Lui seduto, io in piedi, mi propose un accordo per carrozzare un suo nuovo modello, la 500 Mondial che stava per entrare in produzione e di seguito, senza aspettare risposta, passò a precisare le condizioni, la commessa, il pagamento con fatture a mese, i tempi di consegna eccetera eccetera. Io dicevo solo “sì” ad ogni singola voce. Tutto predisposto. Quando stavo per uscire mi mise in mano anche il simbolo che aveva disegnato per contrassegnare la produzione, già pronto con la S di Scaglietti e i colori, da adottare come marchio della carrozzeria. Ero frastornato. Ero emozionato. (…) Questo era successo sabato sera. Il lunedì mattina c’era già un camion della Ferrari davanti al capannone con un autotelaio da scaricare e la relativa bolla d’ordine. Testo Franco Gozzi Foto © Ferrari SpA Sul nome delle auto G. (…) Testarossa. Sai com’è saltato fuori questo nome? S. Perché in officina eravamo rimasti senza vernice nera per le teste del motore, quella pittura increspata che copre i carter degli assi a camme. C’era disponibile solo un fusto di colore rosso e fu usato per tamponare la carenza e poi, visto che risultava gradito all’occhio, siamo andati avanti col rosso e non l’avete più fatto smettere. Sei contento se noi dell’officina una volta tanto abbiamo dato lo spunto a te, che sudavi in ufficio, per un nome di successo? Bizze da primadonna S: L’attore Ernest Borgnine venne in officina quando noi eravamo già a San Lazzaro e mi spiegò: “I miei erano di Carpi e siamo emigrati in America nel ’32. Quando ero ancora in Italia e vedevo passare le Alfa Romeo sognavo che da grande avrei comperato una macchina simile
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