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Paracelso - Arbor scientiarum

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II. Brevi accenni alla medicina ippocratica e galenica: il giuramento di Ippocrate e gli umori<br />

di Galeno<br />

Secondo Ippocrate la malattia poteva essere causata da quattro fluidi corporei detti “umori”:<br />

sangue, flemma, bile e atrabile. Per una salute ottimale questi fluidi dovevano essere in equilibrio;<br />

la malattia insorgeva a causa di eccesso di uno di essi. Scopo del medico era di ripristinare<br />

l’equilibrio umorale del paziente. I rimedi consistevano prevalentemente in pozioni di erbe e altre<br />

sostanze vegetali o minerali considerate, non sempre a torto, medicamentose. La pratica più diffusa<br />

era il salasso, che avrebbe dovuto mitigare l’eccesso del sangue e contestualmente far sfogare gli<br />

umori superflui presenti in esso.<br />

Gli umori del sistema ippocratico sono stati adottati successivamente da Galeno, che li identificò<br />

con i quattro tipi fondamentali di temperamento umano: sanguigno (speranzoso, coraggioso,<br />

amoroso, espansivo); flemmatico (calmo); bilioso (collerico e irascibile); astrabiliare (malinconico,<br />

depresso, tendente all’inganno e alla codardia).<br />

Tutti i malanni che procuravano febbre alta, brividi, infiammazione e rossore, pallore e tremori<br />

potevano essere imputati a uno squilibrio degli umori. Nelle persone sane questi squilibri venivano<br />

corretti dall’espulsione dei rifiuti corporei: sudore, lacrime, urina, feci, pus; quando ciò non<br />

avveniva era compito del medico provocare tali escrezioni e secrezioni. La teoria di Galeno non<br />

escludeva affatto l’uso dei farmaci, ne prescriveva anzi molti, tanto che nel tardo Medioevo<br />

l’aggettivo “galenici” divenne un vero e proprio sinonimo per “farmaci”.<br />

Nel periodo in cui visse <strong>Paracelso</strong> i medici distinguevano nettamente fra sé e i chirurghi, poiché<br />

era mentalità diffusa che fosse ignobile e suicida toccare davvero il corpo di un malato o eseguire<br />

un’operazione. Era un compito umile e relegato al rango più basso della medicina: la chirurgia. Tale<br />

riluttanza a entrare in contatto con la carne e il sangue era per di più giustificata da Ippocrate: il<br />

giuramento ippocratico che i medici pronunciavano al momento della laurea, vietava di usare il<br />

coltello e di praticare la cauterizzazione (curare ferite, medicare). <strong>Paracelso</strong>, al contrario dei suoi<br />

colleghi, riteneva questa divisione della medicina in teoria e pratica assurda.<br />

III. <strong>Paracelso</strong> in Italia<br />

Intorno al 1512 Paracelo si diresse verso la culla del Rinascimento: l’Italia. Secondo Francesco<br />

Guicciardini, per l’Italia la fine dell’Quattrocento fu l’inizio di anni di infelicità, che aprirono la<br />

strada a orribili calamità. Il quadro politico italiano vedeva, a Venezia, la Serenissima repubblica<br />

lagunare, retta da un doge, il quale era eletto dalle principali famiglie delle città-stato; il Regno di<br />

Napoli, che occupava tutta l’Italia meridionale; lo Stato della Chiesa, che dominava grosso modo<br />

tutta l’Italia centrale. Nel 1492, salì al pontificio Rodrigo Borgia, Alessandro VI. Firenze era<br />

dominata dalla famiglia de’ Medici, però fra il 1494 e il 1513 fu soppiantata da una repubblica, in<br />

seguito a una rivolta istigata dal frate domenicano Gerolamo Savonarola. Quinto protagonista del<br />

potere politico italiano era il Ducato di Milano, che comprendeva anche la città di Pavia, nota per la<br />

sua Facoltà universitaria di Medicina.<br />

A quei tempi la guerra sembrava il passatempo dei re. L’Italia era in continua lotta per offese<br />

provocate ai propri governati, intrighi ed imbrogli per estorcere privilegi; l’uomo comune era<br />

trascinato in guerra per la follia dei re. <strong>Paracelso</strong> fu a Pavia, poi Mantova, Venezia, Padova. In una<br />

data imprecisata del 1513 raggiunse Ferrara. La città era governata dal duca Alfonso I d’Este,<br />

sposato con Lucrezia Borgia. Alla Facoltà di Medicina insegnava il famoso Niccolò Leoniceno,<br />

gran conoscitore della Cabala e delle dottrine neoplatoniche, specialista nella sifilide.<br />

Quando <strong>Paracelso</strong> arrivò a Ferrara, Leoniceno era già molto vecchio; morì infatti nel 1524,<br />

all’età di novantasei anni. Un altro insegnate che probabilmente <strong>Paracelso</strong> incontrò fu Giovanni<br />

Manardo, che fece un accurato studio sulla preparazione dei farmaci e mise in dubbio l’uso<br />

dell’astrologia in medicina. È probabile che abbia anche incontrato, subendone la fascinazione e<br />

l’influsso, Michele Savonarola.<br />

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