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Paracelso - Arbor scientiarum

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da camere ben distinte, nelle quali sono installate determinate funzioni mentali: memoria, fantasia,<br />

ragione. <strong>Paracelso</strong> credeva che l’immaginazione di una persona potesse avere un effetto diretto su<br />

quella di un’altra. Il potere dell’immaginazione godeva della fiducia di <strong>Paracelso</strong>, il che lo porta a<br />

concludere che alcune malattie sono prodotti della mente; in tale caso, la cura deve venire dalla<br />

stessa fonte. Dice a proposito: >.<br />

Follia o dannazione?<br />

Al culmine della caccia alle streghe, tra il 1580 ed il 1650, in Europa si tennero dai cento ai<br />

duecentomila procedimenti. Quelle di Agrippa e <strong>Paracelso</strong> furono voci solitarie del neoplatonismo e<br />

della magia naturale. Nel XVI secolo tocco a Johann Weyer, discepolo di Agrippa, a lanciare la<br />

sfida più convincente e ammirevole all’ossessione per le streghe. Divenne medico del duca<br />

Guglielmo V, e nel 1553 pubblicò De praestigis daemonum, che secondo il giudizio di Sigmund<br />

Freud era uno dei dieci testi più importanti di medicina mai scritti. Il Weyer fu riconosciuto un<br />

precursore della psicologia e della psicoanalisi. Per lui le streghe non erano possedute dal diavolo,<br />

erano semplicemente pazze, afflitte da disturbi psichici, o soffrivano da allucinazioni provocate da<br />

droghe, vittime innocenti di false accuse. Considerava assurdo supporre che esistono esseri umani<br />

emissari del diavolo, in grado di fare cadere in possessione o di evocare dèmoni obbedienti ai loro<br />

comandi. Sostiene che le streghe non sono davvero pericolose e che la stregoneria è una falsità;<br />

perseguitare le streghe significava, per lui, opprimere persone che per quanto un po’ squilibrate, non<br />

sono più malvagie di chiunque altro. Diagnosticò in molti casi un eccesso di malinconia, che<br />

affliggeva le donne in particolari mesi dell’anno. Il libro di Weyer fu lettissimo nell’Europa del<br />

Nord, Inghilterra soprattutto, dove ispirò analoghi testi di Sir Reginald Scott.<br />

Per <strong>Paracelso</strong> l’interesse per i disturbi psichici e le malattie della mente era evidente fin<br />

dall’inizio della sua carriera. Scrisse un libro sulle malattie che causano la pazzia nei primi anni<br />

Venti del XVI secolo, presentando una visione nuova, secondo cui questi disturbi “si sviluppano<br />

sulla predisposizione dell’uomo”: l’unica origine della malattia è la natura. Per natura si deve<br />

intendere la cosmologia chimica da lui elaborata; le patologie mentali possono essere motivate<br />

razionalmente, come quelle corporee, in termini di processi alchemici. Secondo <strong>Paracelso</strong> ci sono<br />

quattro manifestazioni di pazzia: i lunatici, spinti dalla perdita della ragione dall’influsso della luna,<br />

la quale esercita una specie di magnetismo sugli umori corporei e “strappa la ragione dalla testa<br />

dell’uomo”. Questo tipo di pazzia può essere curata con medicine. Secondo tipo di pazzia: gli insani<br />

che hanno ereditato la follia o l’hanno acquisita nell’utero; difficili da curare. Poi ci sono i vesani, la<br />

cui demenza deriva da veleni contenuti in cibi e bevande. La quarta categoria di matti sono i<br />

malinconici, che sono pazzi per costituzione a causa dell’eccessivo spiritus vitae nel cervello. Nati<br />

sotto Saturno, i malinconici sono però i più originali e creativi, secondo credenze diffuse almeno dal<br />

secolo di Elisabetta I Tudor.<br />

Il ballo di san Vito<br />

<strong>Paracelso</strong> accenna anche agli ossessi umani posseduti dal diavolo; per lui perfino la possessione<br />

diabolica poteva essere operata tramite la manipolazione meccanica, anche se illecita, di forze<br />

occulte: allora la magia naturale poteva trovare un rimedio. <strong>Paracelso</strong> studiò molto la malattia del<br />

ballo di san Vito, patologia causata da infezioni encefaliche, che provocano involontari movimenti<br />

del corpo scomposti delle membra. Per curare questa malattia, secondo <strong>Paracelso</strong>, bisognava<br />

chiudere i pazienti in un luogo buio e sgradevole, lasciare il paziente a pane e acqua, per il tempo<br />

necessario affinché questo ultimo non cominciasse ad adottare una nuova e più semplice opinione e<br />

idea del mondo. <strong>Paracelso</strong> chiama questa malattia corea lasciva, e in effetti ancora oggi è nota come<br />

corea. Un altro rimedio suggerito per il ballo di san Vito era far plasmare al paziente un’immagine<br />

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