Vere bugie false verità - Cineforum del Circolo
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kitsch. Ma quando <strong>del</strong> già collaudato si mette proprio tutto, si ha un’architettura come la<br />
Sagrada Famiglia di Gaudì, che sfiora la genialità». Insomma, uno stereotipo è uno<br />
stereotipo, cento (consapevoli?) possono fare un capolavoro. I soliti sospetti <strong>del</strong> giovane<br />
americano Bryan Singer, «noir» nerissimo accolto come una rivelazione e grande successo<br />
uscito dal Sundance Film Festival ’95, crede di fare la Sagrada Famiglia <strong>del</strong> mystery, e<br />
invece costruisce un piccolo tempio kitsch al genere.<br />
E non a caso cita a battuta <strong>del</strong> capitano Renault di Casablanca dopo l’assassinio di<br />
Stressner: «Round up the usual suspects», fermate i soliti sospetti.<br />
Non che il copione elaborato da Christopher Mc Quarrie per Singer (di cui aveva scritto<br />
anche il film di debutto, “Public Access”, tanto interessante quanto sgangherato) difetti di<br />
ingegnosità e di soluzioni brillanti. Ma, per via <strong>del</strong> tono drammatico serissimo, sfiora<br />
continuamente l’effetto contrario. Vorrebbe essere nero, molto nero, e fa sorridere. […]<br />
Irene Bignardi, La Repubblica, 3 dicembre 1995<br />
L’intera vicenda dei Soliti sospetti, film di culto per la generazione più<br />
giovane dei cinéphiles americani, ruota intorno alla figura di Kaiser Söse, un<br />
misterioso criminale di orgine ungherese. Del tenebroso personaggio si sa<br />
volutamente poco, ma l’uomo è temibile al punto che si esita a<br />
pronunciarne il nome. […] In realtà non è altro che fascinazione, rispetto,<br />
persino ammirazione. Bryan Singer, regista di talento per il quale non è difficile prevedere<br />
una brillante carriera, racconta una storia truculenta con un tono di commedia. […]<br />
Singer confeziona un prodotto firmato […] che risulta limitato proprio dal fatto che oltre la<br />
superficie non c’è una vera e propria provocazione, ma soltanto la volontà di<br />
intrattenere. Il che sarebbe assolutamente legittimo se il film non tirasse in ballo temi che<br />
invocano un approfondimento, our se all’interno di una commedia.<br />
Antonio Monda, La magnifica illusione, 2003<br />
Due le statuette conquistate a Hollywood grazie all’interpretazione di Kevin<br />
Spacey e alla sceneggiatura di McQuarrie.<br />
Quando uscì nel ’95, anche in Italia alcuni parlarono di intrigo «confuso»,<br />
storia «sconclusionata». Non erano preparati a cercare tra le pieghe di un<br />
racconto che è solo apparentemente complicato e che invece pian piano<br />
cambia pelle da «semplice» giallo diventa un’acuta riflessione sulla presenza<br />
<strong>del</strong> Male nella nostra società. Magari vicino a noi. […]<br />
La sceneggiatura di Christopher McQuarrie (un meritatissimo Oscar, così come Kevin<br />
Spacey) è talmente ben congeniata […] che addentrarsi nella trama rischierebbe di<br />
ridurre il divertimento.<br />
Ognuno può vedere la propria fascinazione per l’orrore, e che questo mondo non sia il<br />
migliore possibile, piuttosto un pericoloso labirinto dove nessuno può sentirsi sicuro di<br />
sostenere di non essere stato, almeno una volta, complice <strong>del</strong> Male.<br />
Paolo Mereghetti, Corriere <strong>del</strong>la Sera, 2 ottobre 2003<br />
Thriller di azione violenta che sembra talvolta in bilico tra la parodia e il<br />
fantastico. Recitazione di squadra con K. Spacey claudicante – che prese<br />
l’Oscar come miglior attore non protagonista con Christopher McQuarrie<br />
per la sceneggiatura – sopra tutti. (***)<br />
Morando Morandini, Il Morandini - Dizionario dei film 2004<br />
[…] Il grande successo internazionale (per Bryan Singer) arriva nel 1995 con I<br />
soliti sospetti, intelligente thriller che, attraverso un labirinto di flashback,<br />
soggettive e sequenze ingannatrici, conduce lo spettatore verso un finale<br />
sorprendente e una riflessione sull’atto <strong>del</strong> raccontare.<br />
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