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Vere bugie false verità - Cineforum del Circolo

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un’obiezione che i newyorkesi, abituati a visitare la Manhattan di fantasia di Allen,<br />

possono solo salutare con alzate di spalle e sospiri stanchi. Estirpare una sceneggiatura<br />

ambientata originalmente negli Hampton e rimpiantarla in terra britannica ha rinfrescato<br />

e affilato la storia, che dipende non solo dall’osservazione di una particolare situazione<br />

sociale, ma piuttosto anche da una teoria generale <strong>del</strong> comportamento umano. Londra<br />

è Manhattan vista attraverso una lente; la Tate Modern sta al posto <strong>del</strong> Museum of<br />

Modern Art; Covent Garden prende il posto <strong>del</strong> Lincoln Center.<br />

La brezza <strong>del</strong> film è la fredda precisione che lo rende così fortemente piacevole.<br />

L’oscurità <strong>del</strong>l’esistenza casuale e insignificante è stata raramente così divertente e il<br />

morso di Allen non è mai stato così affilato e profondo. Per un film così bello non è<br />

questione di risata.<br />

A. O. Scott, The New York TImes, 28 dicembre 2005<br />

Diceva un saggio cinese che sulla soglia <strong>del</strong>la terza età ogni uomo si trova<br />

di fronte due strade, l’una in discesa e l’altra in salita. La prima induce a<br />

scivolare più o meno dolcemente verso l’indifferenza, il progressivo distacco<br />

e la cancellazione; e la seconda, invece, induce a inerpicarsi gambe in<br />

spalla verso quell’ultima meta che in fondo al cuore nessuno vorrebbe<br />

raggiungere…<br />

Oltrepassata la settantina, superate le sue note turbolenze e esistenziali e vari intoppi<br />

professionali dovuti alla sopravvenuta ostilità <strong>del</strong> pubblico americano, Woody Allen ha<br />

felicemente scelto la strada giusta, scoprendo di avere ancora il fiato <strong>del</strong>lo scalatore.<br />

Scrivendo e dirigendo Match Point ha accettato una sfida a tutto campo, senza ricorrere<br />

alle sue tradizionali risorse. Niente più Manhattan, Londra; niente più Jazz, musica lirica;<br />

niente più risate, ma un conflitto d’anime che sconfina nella tragedia. […]<br />

Ho anticipato, forse esagerando, che in Match Point non c’è niente da ridere, ma si<br />

sorride spesso: e proprio al culmine <strong>del</strong>la tragedia, un paio di «punch lines» (le battute a<br />

effetto sicuro che sono la specialità di Woody) scatenano l’ilarità generale e introducono<br />

un finale in chiave di riso amaro. […]<br />

In questo film, il cui tema deve essere profondamente radicato nell’anima sua perché<br />

l’aveva anticipato facendolo raccontare da un personaggio di Crimini e misfatti (1989),<br />

Allen fa una stoica e dispettosa riverenza al caso come giudice cieco e inappellabile<br />

degli eventi umani.<br />

A voler cercare il pelo nell’uovo di un film pressoché perfetto, mi è parsa una stonatura<br />

l’apparizione dei due fantasmi nel sottofinale. Ma non è il caso di trovare difetti in<br />

un’opera che rivela una qualità molto rara nel cinema, quella di valere quanto uno di<br />

quei libri che lasciano il segno. A Woody, che nel frattempo ha girato a Londra un<br />

secondo film e ne sta preparando un terzo, non si può che raccomandare di proseguire<br />

così. Fortuna aiutando, la strada in salita che ha intrapreso con Match Point potrebbe<br />

essere ancora ricca di soddisfazioni per lui e per noi.<br />

Tullio Kezich, Corriere <strong>del</strong>la Sera, 13 gennaio 2006<br />

Il nuovo film di Woody Allen rappresenta una piccola rivoluzione nella sua<br />

filmografia. Se il discorso amoroso resta centrale, infatti, cambiano il<br />

contesto (Londra), lo stile <strong>del</strong>le immagini e <strong>del</strong>la scenografia. il commento<br />

musicale (lirica anziché jazz), perfino la durata (2 ore). […] Allen tesse una<br />

ragnatela intorno a Chris, per arrivare alla conclusione che il crimine è<br />

socialmente determinato, che l’abisso sociale spinge al <strong>del</strong>itto. Adepto di<br />

Dostoevskij, mette assieme lotta di classe e senso di colpa; poi compie una piroetta<br />

cinica, portando lo spettatore verso una soluzione aspra e divertente nello stesso tempo.<br />

Ateo dichiarato, Woody si sottrae all’epilogo edificante per imporci una morale <strong>del</strong>la<br />

favola squisitamente amorale: tutto dipende dalla fortuna; come quando la palla da<br />

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