Vere bugie false verità - Cineforum del Circolo
Vere bugie false verità - Cineforum del Circolo
Vere bugie false verità - Cineforum del Circolo
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
Riconoscimenti<br />
Nel 2006<br />
Premio ADIRCAE, Spagna: miglior film straniero<br />
David di Donatello: miglior film <strong>del</strong>l’Unione Europea<br />
Premio Golden Trailer: miglior thriller<br />
Premio Goya, Spagna: miglior film europeo<br />
Premio San Jordi, Spagna: miglior film Woody Allen<br />
Recensioni<br />
Poichè i primi film di Woody Allen sono così divertenti come pochi altri, si<br />
pensa spesso che il suo temperamento sia essenzialmente comico, cosa<br />
che porta a contrarietà e equivoci. Qua e là, Allen tenta di dissipare la<br />
confusione, insistendo a volte elegantemente e a volte malamente, sul fatto<br />
che la sua visione <strong>del</strong> mondi sia essenzialmente nichilista. Ha mostrato, film<br />
dopo film, un’assoluta mancanza di fede in qualsiasi principio di ordine<br />
morale nell’universo – e ancora, le persone pensano che stia scherzando.<br />
In “Match Point”, il suo film più soddisfacente <strong>del</strong>l’ultimo decennio, il regista porta ancora<br />
una volta la brutta notizia, con una luce, un tocco sicuro. Questa è una coppa di<br />
Champagne condita di stricnina. Si dovrebbe tornare indietro all’impetuoso, immorale<br />
apogeo di Ernst Lubitsch o di Billy Wilder per trovare un cinismo così abilmente tramutato<br />
in intrattenimento. Proprio all’inizio l’eroe di Allen spiega che il ruolo <strong>del</strong>la fortuna nelle<br />
vicende umane è spesso sottovalutato. Successivamente, le aspre implicazioni di questa<br />
idea saranno evidenti, ma di primo acchito sembra bizzarro come ciò che Fred Astaire<br />
dice in “Cerco il mio amore” (The Gay Divorcèe, 1934, Mark Sandrich): che “caso è il<br />
nome sciocco <strong>del</strong> fato”.<br />
L’intendimento di Allen qui è di beffare il suo pubblico, o almeno di fuorviarlo, con una<br />
storia la cui superficie dorata cela l’oscurità che c’è al di sotto. La sua scaltrezza – un altro<br />
nome per la sua arte – fa muovere la storia con lo slancio leggero di un’opera teatrale<br />
ben fatta. Paragoni con “Crimini e misfatti” sono inevitabili, dato che i temi e alcuni<br />
elementi <strong>del</strong>la trama sono simili, ma il bagaglio filosofico di “Match Point” è più<br />
solidamente e discretamente costruito. C’è qualche occasione di discorso e nessuna di<br />
quelle battute corte di autocompiacimento che sono diventate, nei film recenti di Allen,<br />
più tic che shtick (in yiddish “tema comico”).<br />
E nemmeno è presente un surrogato <strong>del</strong> regista nel giovane, affiatato e splendido cast.<br />
Se doveste entrare dopo i titoli di testa, potreste impiegare <strong>del</strong> tempo a capire chi ha<br />
diretto questo film.<br />
Certo, dopo un po’ lo capireste. I segnaposto letterari abituali sono al loro posto:<br />
sicuramente nessun altro sceneggiatore avrebbe potuto scrivere un battuta come<br />
“Tesoro, hai visto la mia copia di Strindberg?” o mandare i suoi protagonisti a letto con un<br />
tascabile di Dostoevskij. Ma mentre un soffio di fatalismo russo rimane nell’aria – e molto<br />
più di un soffio di misoginia stindberghiana – queste non sembrano essere le influenze più<br />
salienti. L’ambientazione <strong>del</strong> film è una rivisitazione di Henry James (la Londra opulenta,<br />
con qualche estraneo sociale e culturale che ronza intorno agli alveari <strong>del</strong> privilegio); il<br />
concetto deve qualcosa ai libri con Ripley di Patricia Highsmith; e il motore narrativo è<br />
puramente Theodore Dreiser – fame, lussuria, ambizione, avidità.<br />
Quando “Match Point” è stato proiettato a Cannes la scorsa primavera, alcuni critici<br />
britannici hanno obiettato che la sua rappresentazione di Londra era inaccurata,<br />
42