Il Piano Vino di Canarino (pdf) - Trentino Wine Blog
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parole degli amministratori e dei tecnici dell’azienda. Ad un<br />
certo punto esce fuori il <strong>di</strong>scorso del Pinot Grigio. Da quelle<br />
parti, si intuisce, sono tutti d’accordo nel considerarlo se non<br />
un autoctono, almeno un descrittore forte del territorio. “<strong>Il</strong><br />
vino<br />
veramente autoctono è … il pinot grigio. In cantina – trascrivo<br />
letteralmente dall’Osservatorio – il <strong>di</strong>rettore Gallo ha trovato<br />
vecchie carte dei mitici anni 60 che riportano il conferimento <strong>di</strong><br />
pinot grigio in quantità in cantina”. La bufalabugia, dunque, si<br />
è autoavverata: nel sentire comune, nella percezione vissuta e<br />
agita, il Pinot Grigio (vitigno internazionale che più<br />
internazionale <strong>di</strong> così si muore) è <strong>di</strong>ventato elemento<br />
identificativo, non solo economico, ma anche sociale e storico<br />
<strong>di</strong> un territorio, tanto da indurre qualcuno ad<strong>di</strong>rittura a<br />
cimentarsi in improbabili ricerche storiografiche. Dunque, a<br />
<strong>di</strong>fferenza della poesia erroneamente attribuita a Neruda, qui è<br />
facile immaginare da dove sia nata questa leggenda<br />
roveraitercooperativarotaliana.<br />
Dalla strategia commerciale – e poi<br />
produttiva – a cui si è ciecamente affidato il management<br />
deterritorializzato e deterritorializzante che guida, e ha<br />
guidato, le centrali industrialistiche del vino trentino; a cui si<br />
sono inchinate (inginocchiate e messe a novanta gra<strong>di</strong>) anche<br />
le istituzioni (Strada del <strong>Vino</strong> e Provincia, questi i due marchi<br />
che compaiono sul cartello). Si è autoavverata a tal punto,<br />
questa bufalabugia devastante – devastante perché cancella la<br />
memoria e fa piazza pulita del profilo antropologico <strong>di</strong> un<br />
territorio – da essere vissuta come una verità dogmatica.<br />
Come un’icona concettuale in<strong>di</strong>scutibile a cui affidare la<br />
rappresentazione sintetica <strong>di</strong> un territorio. Uno dei tanti, e<br />
nemmeno il più significativo, fra le migliaia <strong>di</strong> territori che nel<br />
mondo affidano le proprie fortune economiche al Pinot Grigio,<br />
dalla Val d’A<strong>di</strong>ge veronese alla California. La manipolazione<br />
culturale e sociologica si è autoavverata e si è simbolicamente<br />
iconizzata in quella scritta: Zona del Pinot Grigio. Ricerche<br />
storiche comprese.<br />
Insegnava Marc Augè, antropologo francese <strong>di</strong> un certo valore<br />
e <strong>di</strong> una certa autorevolezza, che la <strong>di</strong>stinzione fra un Luogo e<br />
un Non Luogo, da un punto <strong>di</strong> vista antropologico, passa<br />
attraverso la verifica <strong>di</strong> alcune categorie interpretative: quelle<br />
<strong>di</strong> identità, <strong>di</strong> storicità e <strong>di</strong> relazionalità. Non mi pare che il<br />
PinotGrigio-McDonald’s, potentissima macchina che produce<br />
denaro e che annichilisce storia (perché la storia non principia<br />
nei mitici anni Sessanta del secolo scorso), identità territoriale<br />
e relazionalità consapevole, riesca ad integrare<br />
significativamente nemmeno una <strong>di</strong> queste categorie.<br />
Consiglierei, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> cambiare la scritta che appare alle porte<br />
<strong>di</strong> Roverè della Luna e <strong>di</strong> sostituirla con questa: Non Luogo del<br />
Pinot Grigio. Potrebbe essere ad<strong>di</strong>rittura turisticamente più