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VERONA MEDICA

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ASSOCIAZIONIprezioso, lontano dai luoghi della cura edelle sue questioni più dibattute, ma peroffrirli con tenace umiltà e decisa libertàalla riflessione dei colleghi, degli uominidi governo e di amministrazione e deicittadini che sono attenti e pensosi perle sorti della medicina nel tempopresente e negli anni avvenire.3) Alle radici della dignità dellʼuomosofferente e dellʼumanità della medicinaIn questa circostanza vorrei riprenderee meditare con voi alcune espressioniche troviamo nella Sacra Scrittura, nellesue primissime pagine. Sono testilontani, lontanissimi; contengono paroletanto antiche dell’uomo forse del tuttoinattuali e incapaci di parlare al presente,estranee al paziente e al medico di oggi.Qualcuno potrebbe ritenere che il farviriferimento sia una forma illegittima dipiegare le pagine sacre alle nostreesigenze e alla ricerca di risposte adomande che la Bibbia come tale nonsi pone. Al contrario, noi siamo certi chela parola di Dio è sempre viva e attuale,capace di fare luce sulla realtà di ogniuomo e di tutto l’uomo, anche quello delmalato e del medico, sulle sue esigenzepiù radicali e inalienabili, con la forzadunque di rivelare dell’uomo ciò che è erimane perenne. Quella di Dio è unaparola che ci offre risposte che si alimentanoalla sostanza delle cose, dalla qualescaturisce il loro valore e il significatoultimo. La parola biblica dà risposte chesprigionano una luce profonda e originaleanche sui problemi attuali, quandoaddirittura non si mostrano comerisposte profetiche.L’inizio della Rivelazione divina sull’origene,sulla consistenza e sul destinodell’uomo è segnato dai versetti 26 e 27del libro della Genesi: due versetti soli,ma immensi,che spalancano orizzontiinattesi e affascinanti. Leggo: >. E’ nell’immagine diDio che consiste tutta la dignità originariae perenne dell’uomo, dignità che nulla -né la malattia della anima, il peccato, néquella del corpo, l’infermità – può cancellare.Come scrive Giovanni Paolo IInell’enciclica Evangelium vitae, (n.34).L’uomo è immagine di Dio in quanto èpersona. Egli gode, per partecipazionedell’essere stesso del creatore, di unatrascendenza che lo differenzia sostanzialmenteda ogni altro essere vivente,lo pone in dialogo personale con Dio econ gli altri uomini e lo abilita ad esercitareun dominio responsabile su tutto ilcreato. Riflettendo su questo primo datodella Rivelazione, la ragione ci porta ariconoscere che la medicina che voiprofessate è umana per vocazione, nonper opzione, sia pure auspicabile e lodevole,di chi la esercita. La medicina nonpuò che essere “umana”, perché innessuna condizione fisica o psichica_neppure quando ha perso la capacità diesercitare le facoltà umane, come lacoscienza, la parola, l’autonomia delmovimento o il controllo delle proprieazioni- il paziente perde la sua umanità.In questa luce, la vicenda della “umanizzazionedella medicina”, che occupauno spazio importante nel movimento dipensiero della bioetica, diventa allora lastoria del recupero di un’evidenza originaledella “ragione medica” (o comealcuni preferiscono dire del “pensierodella cura”): la differenza antropologicatra l’uomo e l’animale istituisce una differenzaassiologica che è normativa perl’agire del medico e per l’organizzazionedell’assistenza sanitaria.Con un’espressione che può apparireparadossale, potremmo esprimere inquesta forma il percorso consegnato aciascuno di noi: la medicina può diventareo ridiventare “umana” solo perchéessa già lo è nella sua esigenza edevidenza originaria, ossia solo se ilmedico abbraccia per scelta ciò che gliè offerto come compito dalla naturastessa dell’essere malato che gli stadinanzi , orientando così la sua libertàverso il bene della persona inferma edivenendo così egli stesso virtuoso (virbonus sanandi peritus, secondo ladescrizione classica del medico).Anche quando è gravemente e persistentementemalato, l’uomo è e resta, come dicel’ardita e incisiva espressione del Salmo8 sopra citato (v. 6): non è mai “meno diun uomo”come invece vorrebbe vederlochi considera la vita di alcuni di questipazienti “non degna di esserevissuta”,”priva di valore umano”, caricasolo di “una sofferenza senza senso”.Non così è secondo il disegno di Dio,che ha voluto affidare alla sofferenza lasublime dignità di uno strumento per ilriscatto della nostra umanità dal giogodel male, facendo di essa, nella personadi Gesù- il Verbo incarnato, il figlio di Diofatto uomo- il prezzo della redenzione.Con la sua passione, Gesù ha datodignità alla sofferenza dell’uomo, haavvalorato il dolore innocente di chi ècolpito da una malattia senza saperne ilperché, ha dischiuso un inaudito orizzontedi senso a chi patisce nel corpo,nella mente e nello spirito. Come affermaGiovanni Paolo II nella lettera apostolicaSalvifici doloris, >(n.19).Così (n.20).Non è forse questo”nuovo significatodella sofferenza” ciò che è capace diridare un volto umano a ciascun ammalato,in qualunque condizione fisica epsichica si trovi, e di far scoprire almedico, anche sul corpo del più criticoo cronico dei suoi pazienti, quei segniumanissimi della passione di Cristo che,dal giorno del Calvario, si sono impressinel corpo di ogni uomo che soffre, quasistigmate nascoste nelle piaghe e nellepieghe dei tessuti malati?La nuova medicina scientifica, deveessere veramente “umana”, ha bisognodi riscoprire la semeiotica antropologicadella passione di Cristo, la scientiaCrucis, una scienza antica ma perennementeattuale, dal momento che laredenzione si attua in ogni uomo e inogni momento della storia.<strong>VERONA</strong> <strong>MEDICA</strong>41

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