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6-Decisamente morto - only fantasy

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Capitolo primo<br />

Ero appesa al braccio di uno degli uomini più belli che avessi mai<br />

visto, e lui mi stava fissando negli occhi.<br />

– Pensa a... Brad Pitt – sussurrai. I suoi occhi castano scuro mi<br />

scrutarono con vago interesse. D’accordo, era la tattica sbagliata.<br />

Evocai nella mente l’immagine dell’ultimo compagno di Claude, un<br />

buttafuori di un locale di striptease.<br />

– Pensa a Charles Bronson, oppure a… Edward James Olmos –<br />

suggerii, e la mia ricompensa fu l’affiorare di uno sguardo intenso e<br />

rovente sotto quelle lunghe ciglia.<br />

In un attimo, la sua espressione divenne tale da far pensare che fosse<br />

sul punto di sollevare la mia lunga gonna frusciante e di abbassare il<br />

corpetto push-up molto aderente per possedermi fino a quando non lo<br />

avessi implorato di smettere. Sfortunatamente per me, e per tutte le altre<br />

donne della Louisiana, Claude militava in un’altra squadra. Il suo ideale<br />

non era una bionda prosperosa; per destare il suo fuoco interiore ci voleva<br />

un soggetto duro, rude e cupo, magari con un po’ di barba lunga.<br />

– Maristella, sposta indietro quella ciocca di capelli – ordinò da<br />

dietro la macchina fotografica Alfred Cumberland, un massiccio uomo di<br />

colore con capelli e baffi grigi. Maristella Cooper avanzò di un rapido<br />

passo, portandosi davanti alla macchina per assestare una ciocca dei miei<br />

lunghi capelli biondi. Io ero inarcata all’indietro contro il braccio destro di<br />

Claude, con la mano sinistra (nascosta all’obiettivo) aggrappata<br />

disperatamente alla schiena della sua giacca nera e il braccio destro<br />

sollevato in modo da avere la mano delicatamente appoggiata sulla sua<br />

spalla, mentre lui mi cingeva la vita con la sinistra. Credo che lo scopo di<br />

quella posa fosse di dare l’idea che lui stesse per adagiarmi al suolo e<br />

farmi sua.<br />

Claude indossava la giacca nera, pantaloni al ginocchio dello stesso<br />

colore, calze bianche e una camicia, anch’essa bianca, con del merletto al<br />

collo; io portavo un lungo abito azzurro dall’ampia gonna sovrastante una<br />

quantità di sottogonne. Come ho già accennato, il corpetto di quell’abito<br />

era decisamente succinto, con corte maniche che mi lasciavano scoperte le<br />

spalle, motivo per cui ero lieta che nello studio facesse abbastanza caldo,<br />

anche se il grosso riflettore (che a me sembrava grande quanto il piatto di<br />

un satellite) non emanava tutto il calore che mi sarei aspettata.


Al Cumberland cominciò a scattare fotografie, mentre Claude mi<br />

fissava con espressione appassionata e io facevo del mio meglio per<br />

ricambiarlo. Nel corso delle ultime settimane, la mia vita privata era stata...<br />

ecco, diciamo che era stata vuota, per cui ero fin troppo pronta a cedere<br />

alla passione. Anzi, ero addirittura pronta a prendere fuoco.<br />

Maristella, che aveva una splendida carnagione fra il bruno e il<br />

dorato, abbinata a ricci capelli scuri, era pronta a intervenire per eventuali<br />

ritocchi dell’ultimo minuto, armata di una grossa cassetta di makeup, di<br />

spazzole e pettini. Quando Claude e io eravamo arrivati nello studio, ero<br />

rimasta stupita nel riconoscere la giovane assistente del fotografo. Non<br />

avevo più visto Maristella da quando a Shreveport era stato eletto il nuovo<br />

capobranco, alcune settimane prima, occasione in cui non avevo avuto<br />

modo di osservarla bene, perché il confronto per la scelta del capobranco<br />

era stato un evento spaventoso e sanguinario. Adesso però avevo la<br />

possibilità di studiarla con attenzione, e potevo vedere che si era<br />

completamente ripresa dall’essere stata investita da una macchina, in<br />

gennaio. Del resto, i lupi mannari guariscono in fretta.<br />

Anche Maristella mi aveva riconosciuta, ed era stato per me un<br />

sollievo quando mi aveva sorriso, considerato che la mia posizione nei<br />

confronti del branco di Shreveport era quanto meno incerta, al momento.<br />

Senza che mi fossi davvero offerta di farlo, mi ero ritrovata a schierarmi<br />

involontariamente dalla parte del candidato che era uscito sconfitto dal<br />

confronto per la posizione di capobranco, e il figlio del candidato in<br />

questione, Alcide Herveaux, che io consideravo forse qualcosa più di un<br />

amico, riteneva che io gli fossi venuta meno nel corso del combattimento,<br />

mentre il nuovo capobranco, Patrick Furnan, sapeva che io ero legata alla<br />

famiglia Herveaux. Di conseguenza, ero rimasta sorpresa quando<br />

Maristella si era messa a chiacchierare con me nell’aiutarmi a chiudere il<br />

vestito per poi spazzolarmi i capelli. Poi aveva proceduto ad applicare più<br />

makeup di quanto ne avessi mai sfoggiato in tutta la mia vita, ma quando<br />

alla fine mi ero guardata nello specchio, avevo dovuto ringraziarla: avevo<br />

un aspetto davvero splendido, anche se non somigliavo più a Sookie<br />

Stackhouse.<br />

Se non fosse stato gay, anche Claude avrebbe potuto restarne colpito.<br />

Lui è il fratello della mia amica Claudine e si guadagna da vivere facendo<br />

lo strip per le signore all’Hooligans, un club di cui è divenuto il<br />

proprietario. Claude è semplicemente uno schianto, alto un metro e ottanta,<br />

con ondulati capelli neri, grandi occhi castani, un naso perfetto e labbra<br />

piene al punto giusto. Porta i capelli abbastanza lunghi da coprire gli


orecchi, anche se sono stati alterati chirurgicamente in modo da apparire<br />

arrotondati come quelli umani e non appuntiti, come erano in origine...<br />

un’alterazione visibile soltanto per chi sa come funziona il mondo del<br />

soprannaturale e che è in grado di riconoscere Claude per ciò che è in<br />

effetti, una fata. Badate, non sto usando un termine peggiorativo per<br />

indicare il suo orientamento sessuale: dico sul serio, lui appartiene alla<br />

razza dei fairy, le fate.<br />

– Attiva la macchina del vento – ordinò Al a Maristella che, dopo<br />

aver armeggiato un poco per posizionare il grosso ventilatore, procedette<br />

ad avviarlo. Adesso, pareva che io e Claude ci trovassimo al centro di una<br />

vera bufera di vento: i miei capelli si estendevano dietro di noi come una<br />

coltre bionda, anche se quelli di Claude, stretti in una coda di cavallo,<br />

rimanevano immobili. Dopo che Al ebbe scattato qualche fotografia per<br />

catturare quel tipo di look, Maristella sciolse i capelli di Claude e li<br />

modellò in modo che gli ricadessero su una spalla e venissero sospinti in<br />

avanti dall’aria, creando uno sfondo per il suo profilo perfetto.<br />

– Meraviglioso – commentò Al, scattando altre fotografie. Poi<br />

Maristella modificò un paio di volte l’orientamento del ventilatore, in<br />

modo che il vento ci investisse da direzioni differenti, e infine Al mi<br />

annunciò che potevo raddrizzarmi, cosa che feci con cautela.<br />

– Spero di non averti pesato troppo sul braccio – dissi a Claude, che<br />

era tornato freddo e composto.<br />

– No, nessun problema. Avete un po’ di succo di frutta, qui intorno? –<br />

ribatté lui, dimostrando ancora una volta di non essere certo Mister<br />

Cortesia.<br />

La graziosa mannara gli indicò un piccolo frigorifero in un angolo<br />

dello studio.<br />

– Le tazze sono sopra il frigo – avvertì, seguendo Claude con lo<br />

sguardo e sospirando. Quella era una reazione frequente nelle donne, dopo<br />

che si erano trovate a parlare con Claude, e quel sospiro sottintendeva<br />

sempre un tacito “che peccato”.<br />

Dopo aver controllato che Al fosse impegnato ad armeggiare con la<br />

sua attrezzatura, Maristella mi rivolse uno smagliante sorriso; anche se era<br />

una mannara, cosa che mi rendeva difficile leggere i suoi pensieri, stavo<br />

intercettando da lei il fatto che aveva qualcosa da dirmi... e che non era<br />

certa di come avrei reagito.<br />

La telepatia non è una cosa divertente. L’opinione che hai di te stessa<br />

risente del sapere quello che gli altri pensano sul tuo conto, senza calcolare<br />

che essere telepatica ti impedisce di frequentare uomini normali. Provate a


pensarci sopra (e ricordate che io mi posso accorgere se lo state facendo<br />

davvero, oppure no).<br />

– Alcide ha attraversato dei momenti difficili da quando suo padre è<br />

stato sconfitto – affermò Maristella, tenendo bassa la voce. Claude era<br />

impegnato a sorseggiare il suo succo di frutta e a rimirarsi in uno specchio,<br />

e Al Cumberland si era ritirato nel suo ufficio per rispondere a una<br />

chiamata ricevuta sul cellulare.<br />

– Non ne dubito – replicai.<br />

Dal momento che Jackson Herveaux era stato ucciso dal suo<br />

avversario, era prevedibile che adesso suo figlio stesse attraversando un<br />

periodo di alti e bassi. – Ho mandato un messaggio di condoglianze<br />

all’ASPCA, e so che esse verranno inoltrate ad Alcide e a Janice –<br />

aggiunsi. Janice era la sorella minore di Alcide e, come secondogenita, non<br />

era una mannara, cosa che mi induceva a chiedermi quale spiegazione le<br />

avesse dato Alcide per la morte del padre. In risposta alle mie<br />

condoglianze avevo ricevuto un biglietto di ringraziamento prestampato,<br />

del genere distribuito dalle pompe funebri, senza neppure una parola<br />

personale aggiunta al testo.<br />

– Ecco... – riprese Maristella. Quale che fosse la cosa che voleva<br />

dirmi, pareva le fosse difficile parlarne, ma io riuscii comunque a<br />

intravederne la forma nella sua mente. Per un momento, il dolore mi<br />

trapassò come un coltello, ma subito riuscii a controllarlo e a coprirlo con<br />

il mio orgoglio, cosa che avevo imparato a fare fin da quando ero piccola.<br />

Raccolto un album con un campionario delle fotografie di Alfred,<br />

cominciai a sfogliarlo senza quasi vedere le fotografie di matrimoni, bar<br />

mitzvah, prime comunioni e anniversari. Dopo un po’, richiusi l’album e lo<br />

posai, cercando di apparire noncurante anche se sapevo che la cosa non<br />

stava funzionando.<br />

– Sai, Alcide e io non siamo mai stati veramente una coppia –<br />

affermai, sfoggiando un sorriso smagliante come quello di Maristella.<br />

Potevo anche aver avuto desideri e speranze, ma essi non erano mai giunti<br />

a maturazione, perché si era sempre trattato del momento sbagliato.<br />

Gli occhi di Maristella, di una tonalità castana molto più chiara di<br />

quelli di Claude, si sgranarono per la meraviglia... o era paura?<br />

– Avevo sentito dire che eri in grado di farlo, ma è difficile a credersi<br />

– commentò.<br />

– Già – annuii, stancamente. – Ebbene, sono lieta che tu e Alcide<br />

stiate uscendo insieme, e comunque non avrei voce in capitolo anche se la<br />

cosa mi seccasse, il che non è. – Quel discorso era piuttosto confuso e


contorto (e non del tutto vero), ma credo che Maristella riuscì a capire<br />

benissimo cosa stavo cercando di fare: salvare la faccia.<br />

Quando non avevo più avuto notizie di Alcide, nelle settimane<br />

seguite alla morte di suo padre, avevo capito che qualsiasi sentimento lui<br />

potesse aver nutrito per me era <strong>morto</strong>. Quello era stato un colpo duro, ma<br />

non letale perché, realisticamente, non mi ero mai aspettata niente di più<br />

da Alcide. Lui però mi piaceva, dannazione, e faceva male scoprire di<br />

essere stata rimpiazzata con apparente facilità. Dopo tutto, prima che suo<br />

padre morisse, Alcide mi aveva proposto di andare a vivere insieme,<br />

mentre adesso se la stava facendo con quella giovane mannara, e magari<br />

stava anche progettando di avere dei cuccioli con lei.<br />

Bloccai sul nascere quella sequenza di pensieri, ingiungendomi di<br />

vergognarmi di me stessa.<br />

Comportarmi da cagna (cosa che, a pensarci bene, Maristella era<br />

davvero, almeno per tre notti al mese) non mi sarebbe servito a nulla.<br />

Dovevo vergognarmi doppiamente.<br />

– Spero che siate molto felici – dissi.<br />

Senza parlare, Maristella mi porse un altro album, recante la scritta<br />

RISERVATO, e quando lo aprii mi resi conto che era riservato solo a occhi<br />

sovrannaturali. In esso c’erano fotografie di cerimonie che gli umani non<br />

avevano mai modo di vedere... una coppia di vampiri, vestiti con un<br />

costume elaborato e in posa davanti a un ankh gigantesco; un giovane che<br />

si stava trasformando in un orso, presumibilmente per la prima volta; un<br />

branco di mannari i cui membri erano tutti nella loro forma di lupo. Al<br />

Cumberland, fotografo del soprannaturale. Non mi meravigliava che lui<br />

fosse stato la prima scelta di Claude per la realizzazione delle fotografie<br />

con cui sperava di aprirsi la strada verso una carriera come modello.<br />

– Riprendiamo – annunciò Al, uscendo in tutta fretta dall’ufficio nel<br />

richiudere il cellulare. – Maristella, siamo appena stati prenotati per un<br />

doppio matrimonio nella sperduta cittadina dove abita Miss Stackhouse –<br />

aggiunse. Mi chiesi se fosse stato assunto per una normale cerimonia<br />

umana o per un evento soprannaturale, ma evitai di chiederlo, perché<br />

sarebbe stato scortese.<br />

Claude e io tornammo ad abbracciarci e, seguendo le istruzioni di Al,<br />

io sollevai la gonna in modo da mettere in mostra le gambe. Non ritenevo<br />

che nell’epoca a cui si riferiva il mio vestiario le donne fossero solite<br />

abbronzarsi o depilarsi le gambe, mentre le mie erano dorate e lisce come<br />

quelle di un bambino, ma del resto probabilmente a quei tempi era anche<br />

improbabile che gli uomini fossero andati in giro con la camicia


sbottonata.<br />

– Solleva la gamba come se intendessi avvilupparla intorno a lui –<br />

ordinò Alfred. – Adesso, Claude, questa è la tua occasione per fare faville.<br />

Voglio da te un’espressione come se stessi per tirarti giù i pantaloni.<br />

Vogliamo che alle lettrici si acceleri il respiro al solo guardarti.<br />

Il portfolio di fotografie di Claude doveva essere utilizzato quando<br />

lui si fosse iscritto al concorso per Mr. Romance, indetto ogni anno dalla<br />

rivista Romantic Times Bookclub.<br />

Quando aveva espresso la propria ambizione ad Al, che credo avesse<br />

incontrato a un party, lui gli aveva consigliato di farsi fare alcune<br />

fotografie insieme a una donna del genere che spesso appariva sulle<br />

copertine dei romanzi rosa, aggiungendo che la sua bellezza bruna sarebbe<br />

risaltata maggiormente accanto a una bionda dagli occhi azzurri. Io ero<br />

risultata essere la sola bionda prosperosa che Claude conoscesse e che<br />

fosse disposta ad aiutarlo senza chiedere nulla in cambio, perché anche se<br />

c’erano alcune spogliarelliste che sarebbero state disponibili, loro si<br />

sarebbero aspettate di essere pagate. Con il suo solito tatto, Claude mi<br />

aveva spiegato tutto questo mentre ci dirigevamo allo studio del fotografo;<br />

naturalmente, avrebbe potuto tenere per sé quei dettagli, cosa che mi<br />

avrebbe permesso di continuare a provare piacere all’idea di aiutare il<br />

fratello della mia amica, ma rientrava nel suo tipico modo di fare<br />

condividere ogni dettaglio.<br />

– D’accordo, Claude, ora togliti quella camicia – avvertì Alfred.<br />

Claude era abituato a sentirsi dire di togliersi i vestiti. Il suo ampio<br />

petto glabro aveva una muscolatura davvero impressionante, e lui faceva<br />

una splendida figura senza camicia, ma la cosa non mi fece nessun effetto.<br />

Forse, stavo diventando immune al suo fascino.<br />

– La gonna, e la gamba – mi ricordò Alfred. Cercai di dirmi che<br />

quello era soltanto un lavoro... Al e Maristella erano senza dubbio<br />

professionali e impersonali, e nessuno sarebbe potuto essere più freddo di<br />

Claude... ma non ero abituata a tirarmi su la gonna davanti ad altra gente,<br />

un gesto che per me aveva una valenza molto personale. Anche se mettevo<br />

in mostra quella stessa porzione di gambe quando indossavo i calzoncini<br />

corti, e la cosa non mi faceva certo arrossire, in qualche modo l’atto di<br />

tirare su quella gonna lunga era intriso di una maggiore sensualità.<br />

Stringendo i denti, procedetti a sollevare la stoffa, ripiegandola a intervalli<br />

in modo che rimanesse in posizione.<br />

– Signorina Stackhouse, la sua espressione deve dare l’idea che tutto<br />

questo le stia piacendo – avvertì Al, scrutandomi da dietro la macchina


fotografica con la fronte aggrottata in un’espressione contrariata.<br />

Cercai di non mettere il broncio. Avevo detto a Claude che gli avrei<br />

fatto quel favore, e i favori devono essere fatti volentieri. Sollevai quindi la<br />

gamba fino ad avere la coscia parallela al pavimento, in quella che speravo<br />

fosse una posizione aggraziata, posai entrambe le mani sulle spalle nude di<br />

Claude e lo fissai. La sua pelle risultava calda e liscia al tatto... ma non era<br />

né erotica né eccitante.<br />

– Lei ha l’aria annoiata, Signorina Stackhouse – sottolineò Alfred, –<br />

mentre dovrebbe dare l’impressione di essere sul punto di saltargli<br />

addosso. Maristella, falla apparire più... più. – Maristella scattò in avanti<br />

per abbassare maggiormente le maniche dalle mie spalle e si lasciò<br />

prendere un po’ la mano dall’entusiasmo, tanto da farmi sentire grata per<br />

l’estrema aderenza del corpetto.<br />

Il nocciolo del problema consisteva nel fatto che Claude poteva<br />

anche apparire splendido e nudo per tutto il giorno senza che io lo<br />

desiderassi, perché era un brontolone dai modi scortesi, e non sarebbe stato<br />

il mio tipo neppure se fosse stato eterosessuale... non dopo che avessi<br />

passato dieci minuti a conversare con lui.<br />

Come Claude aveva fatto in precedenza, avrei dovuto cercare un<br />

surrogato nelle mie fantasticherie.<br />

Pensai a Bill, il vampiro, il mio primo amore sotto ogni aspetto, ma<br />

invece di provare desiderio fui assalita dall’ira, perché da settimane Bill<br />

stava uscendo con un’altra donna.<br />

D’accordo, che dire allora di Eric, il capo di Bill, l’antico vampiro<br />

vichingo che, in gennaio, aveva condiviso la mia casa e il mio letto per<br />

alcune settimane? No, in quella direzione c’era il pericolo, perché Eric<br />

conosceva un segreto che volevo rimanesse nascosto per il resto dei miei<br />

giorni, anche se lui non era consapevole di custodirlo nella propria<br />

memoria, da qualche parte, perché nel periodo in cui aveva abitato da me<br />

era stato affetto da amnesia.<br />

Alcuni altri volti mi affiorarono nella mente... c’era il mio capo, Sam<br />

Merlotte, il proprietario del Merlotte’s Bar, ma era non proprio il caso di<br />

pensare al proprio capo, nudo. D’accordo, perché non Alcide Herveaux,<br />

allora? Niente da fare, era una strada da non imboccare, soprattutto se si<br />

considerava che ero il presenza della sua attuale ragazza. A quanto pareva,<br />

ero a corto di materiale reale, per cui avrei dovuto ricorrere a uno dei miei<br />

favoriti fittizi.<br />

Anche le stelle del cinema mi apparivano però scialbe, al confronto<br />

del mondo soprannaturale in cui mi ero trovata a vivere da quando Bill era


entrato per la prima volta da Merlotte’s. L’ultima esperienza anche<br />

remotamente erotica che avessi avuto, stranamente, era consistita nel farmi<br />

leccare il sangue dalla gamba ferita, un’esperienza che era stata...<br />

sconcertante e che, perfino in quelle circostanze, aveva fatto vibrare dentro<br />

di me corde profonde. Ricordai il modo in cui la testa calva di Quinn si era<br />

mossa mentre lui procedeva a disinfettare il mio graffio in modo quanto<br />

mai personale, rammentai la presa salda delle sue grandi dita calde sulla<br />

mia gamba...<br />

– Così va bene – annunciò Alfred, cominciando a scattare fotografie<br />

a raffica. Dopo un po’ Claude posò la mano sulla mia coscia nuda quando<br />

sentì che i muscoli cominciavano a tremarmi per lo sforzo di mantenere la<br />

posizione. Ancora una volta, un uomo mi stava stringendo una gamba,<br />

anche se solo con la forza appena necessaria a sorreggerla, cosa che mi era<br />

di considerevole aiuto, ma che non aveva niente di erotico.<br />

– Ora alcuni scatti sul letto – annunciò Al, proprio quando stavo per<br />

decidere di non poter resistere oltre.<br />

– No – rispondemmo in coro Claude e io.<br />

– Ma fa parte del pacchetto – protestò Alfred. – Non avete bisogno di<br />

spogliarvi, sapete, io non faccio quel genere di fotografie, perché mia<br />

moglie mi ucciderebbe. Dovete soltanto sdraiarvi sul letto così come siete,<br />

con Claude sollevato su un gomito e intento a guardarla, Signorina<br />

Stackhouse.<br />

– No – ribadii con fermezza. – Gli scatti alcune foto da solo<br />

nell’acqua, sarà molto meglio. – In un angolo dello studio c’era una finta<br />

polla, e delle fotografie di Claude, apparentemente nudo, con l’acqua che<br />

gli gocciolava lungo il torso sarebbero state eccitanti per qualsiasi donna<br />

che non lo avesse conosciuto di persona.<br />

– Che te ne pare, Claude? – domandò Al.<br />

– Credo che sarebbe grandioso, Al – dichiarò lui, narcisista come<br />

sempre, cercando di non apparire troppo entusiasta.<br />

Nell’avviarmi verso il camerino, impaziente di togliermi quel<br />

costume e di tornare a infilarmi i jeans, mi guardai intorno in cerca di un<br />

orologio, perché dovevo iniziare a lavorare alle cinque e mezza e dovevo<br />

ancora tornare fino a Bon Temps per indossare l’uniforme da lavoro, prima<br />

di andare da Merlotte’s.<br />

– Grazie, Sookie – mi gridò dietro Claude.<br />

– Non c’è di che, Claude. Buona fortuna per la tua carriera di<br />

modello – risposi, ma lui era già intento a contemplarsi in uno specchio.<br />

– Arrivederci Sookie – disse Maristella, nell’accompagnarmi alla


porta. – Mi ha fatto piacere rivederti.<br />

– Lo stesso vale per me – mentii. Attraverso i rossicci canali contorti<br />

della mente di un mannaro, potevo leggere che Maristella non riusciva a<br />

capire come potessi rinunciare ad Alcide. Dopo tutto, lui possedeva un suo<br />

fascino rude, era un compagno divertente e un maschio dal sangue caldo e<br />

dalle dichiarate tendenze eterosessuali, oltre a possedere una sua ditta di<br />

rilevamenti e a essere un uomo facoltoso.<br />

La risposta mi affiorò spontanea nella mente, e la pronunciai prima di<br />

avere il tempo di riflettere.<br />

– Qualcuno sta ancora cercando Debbie Pelt? – domandai, più o<br />

meno nello stesso modo in cui si tende a tormentare un dente che duole.<br />

Per molto tempo, Debbie era stata a intervalli l’amante di Alcide, ed era<br />

stata una vera carogna.<br />

– Non le stesse persone – replicò Maristella, incupendosi in volto,<br />

perché pensare a Debbie non le piaceva più di quanto piacesse a me, anche<br />

se per motivi senza dubbio diversi dai miei. – A quanto ho sentito, i<br />

detective assunti dalla famiglia Pelt hanno rinunciato all’incarico, dicendo<br />

che se avessero continuato a indagare avrebbero mangiato loro tutti i soldi.<br />

La polizia non lo dice apertamente, ma è finita a sua volta in un vicolo<br />

cieco. Io ho incontrato i Pelt soltanto una volta, quando sono venuti a<br />

Shreveport, subito dopo la scomparsa di Debbie. Sono una famiglia<br />

decisamente selvaggia – aggiunse, un’affermazione quanto mai drastica,<br />

venendo da una mannara. – La figlia, Sandra, è la peggiore. Era fuori di sé<br />

per la scomparsa di Debbie, ed è per amor suo che i Pelt stanno ancora<br />

consultando delle persone, lontano da qui. In verità, credo che Debbie sia<br />

stata rapita, o che magari si sia uccisa. Forse, quando Alcide l’ha ripudiata,<br />

ha perso il controllo alla grande.<br />

– Forse – borbottai, senza convinzione.<br />

– Alcide sta meglio senza di lei. Spero che continui a rimanere<br />

scomparsa – dichiarò Maristella.<br />

Era la mia stessa opinione, solo che io, al contrario di Maristella,<br />

sapevo con esattezza cosa fosse successo a Debbie, il che costituiva il<br />

cuneo che mi aveva separata da Alcide.<br />

– Mi auguro che lui non la riveda mai più – continuò Maristella, il<br />

bel viso incupito che lasciava trasparire il lato selvaggio della sua natura.<br />

Alcide poteva anche uscire con Maristella, ma era chiaro che non si<br />

era confidato con lei, dato che sapeva benissimo che non avrebbe rivisto<br />

Debbie mai più, e che la colpa di questo era mia.<br />

Le avevo sparato, uccidendola.


Io ero più o meno venuta a patti con il mio gesto, ma il fatto in se<br />

stesso, nudo e crudo, continuava a tornare a galla. È impossibile uccidere<br />

qualcuno e uscire da quell’esperienza senza essere cambiati. Le<br />

conseguenze ti alterano la vita.<br />

Due preti entrarono nel bar.<br />

Queste parole suonano come la battuta iniziale di una barzelletta, ma<br />

quei preti non avevano con sé un canguro e nel bar non c’era seduto un<br />

rabbino, e neppure una bionda. In vita mia ho visto una quantità di bionde,<br />

un canguro allo zoo e mai nessun rabbino... e avevo visto molte volte<br />

anche quei due preti, che avevano l’abitudine di cenare insieme ogni due<br />

settimane.<br />

Padre Dan Riordan, dal volto rasato e rubicondo, era il prete cattolico<br />

che veniva a celebrare la messa nella piccola chiesa di Bon Temps una<br />

volta alla settimana, al sabato, e Padre Kempton Littrell, pallido e barbuto,<br />

era il prete episcopale che celebrava la Santa Eucaristia nella minuscola<br />

chiesa episcopale di Clarice, ogni due settimane.<br />

– Salve, Sookie – salutò Padre Riordan, che era irlandese, un vero<br />

Irlandese e non solo tale di origine; portava spessi occhiali dalla montatura<br />

nera, ed era sulla quarantina.<br />

– Buona sera, padre. Salve anche a lei, Padre Littrell. Cosa vi posso<br />

portare?<br />

– Io gradirei uno Scotch com ghiaccio, Signorina Sookie. E tu,<br />

Kempton?<br />

– Oh, io una birra, e un po’ di patatine fritte, per favore – rispose il<br />

prete episcopale, che indossava occhiali dalla montatura dorata, era più<br />

giovane di Padre Riordan e aveva un cuore coscienzioso.<br />

– Certo – assentii, sorridendo a entrambi. Dal momento che potevo<br />

leggere i loro pensieri, sapevo che erano tutti e due uomini sinceramente<br />

buoni, e questo mi rendeva felice, perché è sempre sconcertante leggere il<br />

contenuto della mente di un religioso e scoprire che lui non è migliore di te<br />

e che non sta neppure cercando di esserlo.<br />

Dal momento che fuori era ormai buio, non rimasi sorpresa quando<br />

Bill entrò nel locale, ma non avrei potuto dire lo stesso per i preti. In<br />

America, le diverse Chiese non erano ancora venute a patti con la realtà<br />

costituita dai vampiri, e definire confusa la loro linea politica era un mite<br />

eufemismo. Proprio in quel periodo, la Chiesa Cattolica stava tenendo un<br />

sinodo per decidere se dovesse dichiarare tutti i vampiri dannati e come<br />

tali anatema per i cattolici, o accettarli in seno alla congregazione in vista<br />

di una loro possibile conversione. La Chiesa Episcopale aveva votato


contro la possibilità da parte dei vampiri di far parte del clero, anche se era<br />

loro permesso ricevere la comunione... ma una fetta sostanziosa della<br />

comunità laica era decisa a lasciare che lo facessero solo passando sul suo<br />

corpo. Purtroppo, la maggior parte di quei laici non capiva quanto fosse<br />

possibile il verificarsi di una simile eventualità.<br />

Entrambi i preti osservarono con espressione contrariata mentre Bill<br />

mi elargiva un rapido bacio sulla guancia e andava a sedersi al suo tavolo<br />

preferito; dal canto suo, Bill quasi non li degnò di uno sguardo e aprì il<br />

giornale, cominciando a leggere.<br />

Il suo aspetto era sempre serio, come se stesse vagliando la pagina<br />

finanziaria o le ultime notizie relative all’Iraq, ma io sapevo che stava<br />

leggendo per prima cosa la colonna dedicata ai consigli ai lettori, e poi i<br />

fumetti, anche se spesso non capiva le battute.<br />

Bill era solo, il che costituiva già di per sé un gradevole<br />

cambiamento, considerato che di solito portava con sé l’adorabile Selah<br />

Pumphrey, che io detestavo. Dal momento che Bill era stato il mio primo<br />

amore e il mio primo amante, forse i miei sentimenti per lui non sarebbero<br />

mai morti del tutto, e forse lui stesso non voleva che morissero,<br />

considerato che pareva trascinare Selah da Merlotte’s ogni volta che<br />

uscivano insieme. Supponevo che lo facesse per sbandierarla davanti ai<br />

miei occhi, ma d’altro canto questo non era certo il genere di<br />

comportamento da tenere con qualcuno che non ti interessava più, giusto?<br />

Senza che dovesse chiederlo, gli portai la sua bevanda preferita,<br />

TrueBlood tipo 0, gliela posai davanti su un tovagliolo e mi stavo girando<br />

per andarmene quando una mano fredda mi sfiorò il braccio: il suo tocco<br />

mi causava sempre una sorta di scossa, e forse non avrebbe mai smesso di<br />

farlo. Bill mi aveva sempre lasciato capire che lo eccitavo, e dopo tutta una<br />

vita senza relazioni e senza fare sesso, io avevo cominciato a inorgoglirmi<br />

per il fatto che lui mi trovava attraente, con il risultato che altri uomini<br />

avevano iniziato a guardarmi come se fossi diventata più interessante.<br />

Adesso sapevo perché la gente pensava tanto al sesso; l’istruzione in<br />

materia impartitami da Bill era stata completa.<br />

– Sookie, rimani per un momento – chiese. Abbassai lo sguardo sui<br />

suoi occhi castani, che apparivano ancora più scuri nel volto pallido; anche<br />

i suoi capelli erano castani, lisci e ordinati, e il suo corpo snello aveva<br />

spalle ampie e braccia muscolose, ricordo del contadino che era stato un<br />

tempo. – Come te la passi?<br />

– Sto bene – risposi, cercando di non apparire sorpresa, in quanto<br />

non capitava spesso che Bill indulgesse in una conversazione spicciola,


che non era il suo forte. Anche quando stavamo insieme, non era mai stato<br />

quello che si definirebbe un tipo loquace, oltre a essere la prova che anche<br />

un vampiro poteva essere uno stacanovista del lavoro; nella fattispecie,<br />

Bill era diventato un fanatico del computer. – A te le cose vanno bene?<br />

– Sì. Quando andrai a New Orleans per reclamare la tua eredità?<br />

Adesso ero davvero sorpresa (cosa possibile perché non sono in<br />

grado di leggere la mente dei vampiri, il che spiega anche perché mi<br />

piacciano tanto: è meraviglioso stare con qualcuno che per me è un<br />

mistero). Mia cugina era stata assassinata a New Orleans sei settimane<br />

prima, e Bill si era trovato con me quando un emissario della Regina della<br />

Louisiana era venuto a informarmi dell’accaduto... e a consegnarmi il<br />

colpevole perché lo giudicassi.<br />

– Suppongo che andrò a dare un’occhiata all’appartamento di Hadley<br />

il mese prossimo, o anche dopo. Non ho ancora parlato con Sam per<br />

chiedergli dei giorni liberi.<br />

– Mi dispiace che tu abbia perso tua cugina. Ne hai sofferto?<br />

Non avevo più visto Hadley da anni, e sarebbe stato più strano di<br />

quanto possa descrivere rivederla dopo che era diventata una vampira, ma<br />

essendo io una persona che aveva ben pochi parenti in vita, detestavo<br />

l’aver perso anche uno solo di essi.<br />

– Un poco – risposi.<br />

– Non sai ancora quando potrai andare?<br />

– Non l’ho deciso. Ricordi il suo avvocato, il Signor Cataliades? Ha<br />

detto che mi avrebbe avvertita una volta che il testamento fosse stato<br />

omologato, e ha promesso di mantenere l’appartamento intatto per me. E<br />

quando il consigliere della regina ti dice che il posto rimarra intatto, ci devi<br />

credere. Se proprio vuoi sapere la verità, in realtà la cosa non mi interessa<br />

molto.<br />

– Quando andrai a New Orleans vorrei poter venire con te, se non ti<br />

dispiace avere un compagno di viaggio.<br />

– Accidenti – commentai, con appena una nota di sarcasmo. – A<br />

Selah non seccherà? Oppure hai intenzione di portare anche lei? – In quel<br />

caso, sarebbe davvero stato un viaggio allegro.<br />

– No – rispose soltanto, e si chiuse in se stesso. Sapevo per<br />

esperienza che quando assumeva quell’espressione era impossibile<br />

cavargli qualcosa di bocca... d’accordo, adesso ero davvero confusa.<br />

– Ti terrò informato – dissi, cercando di capire dove volesse andare a<br />

parare. Anche se mi era doloroso stare in sua compagnia, mi fidavo di lui<br />

perché sapevo che non mi avrebbe mai fatto del male e non avrebbe


permesso ad altri di farmene. Però c’è più di un modo per fare del male a<br />

una persona.<br />

– Sookie – mi chiamò Padre Littrell.<br />

Mentre mi avviavo, mi guardai alle spalle e sorpresi sulle labbra di<br />

Bill un piccolo sorriso intriso di soddisfazione; non sapevo con esattezza<br />

cosa significasse, ma mi piaceva vederlo sorridere. Possibile che sperasse<br />

di ridare vita alla nostra relazione?<br />

– Non eravamo certi se volessi o meno essere interrotta – disse Padre<br />

Littrell. Lo fissai, confusa.<br />

– Eravamo un po’ preoccupati, nel vederti parlare con il vampiro così<br />

a lungo – aggiunse Padre Riordan. – Quella progenie dell’inferno stava<br />

cercando forse di farti cadere vittima del suo incantesimo?<br />

D’un tratto, il suo accento irlandese smise di essere affascinante,<br />

mentre lo fissavo con espressione interrogativa.<br />

– Sta scherzando, vero? Sa che Bill e io siamo usciti insieme per un<br />

lungo periodo, ed è ovvio che non è molto informato riguardo alla<br />

progenie dell’inferno, se crede che Bill possa farne parte – ribattei. Avevo<br />

visto cose molto più oscure di Bill nella nostra bella cittadina di Bon<br />

Temps e nei suoi dintorni, e alcune di esse erano state umane. – Padre<br />

Riordan, io capisco la mia vita e capisco la natura dei vampiri meglio di<br />

come potrà mai farlo lei. Padre Littrell – continuai, – vuole senape dolce o<br />

ketchup sulle patatine?<br />

Padre Littrell, che appariva vagamente stordito, optò per la senape<br />

dolce e io mi allontanai, sforzandomi di scrollarmi di dosso l’accaduto e<br />

chiedendomi cosa avrebbero fatto quei due preti se avessero saputo cosa<br />

era successo nel bar un paio di mesi prima, quando l’intera clientela si era<br />

unita per liberarmi di qualcuno che stava cercando di uccidermi.<br />

Dal momento che quel qualcuno era stato un vampiro, probabilmente<br />

i due religiosi avrebbero approvato la cosa.<br />

Prima di andarsene, Padre Riordan si avvicinò per “scambiare<br />

qualche parola” con me.<br />

– Sookie, so che in questo momento non è molto ben disposta nei<br />

miei confronti, ma le devo chiedere una cosa per conto di qualcun altro. Se<br />

con il mio comportamento l’ho resa meno incline a darmi ascolto, la prego<br />

di ignorarlo e di concedere a queste persone la considerazione che lei<br />

vorrebbe ricevere al loro posto.<br />

Sospirai. Se non altro, Padre Riordan si sforzava di essere un<br />

brav’uomo. Annuii, sia pure con riluttanza.<br />

– È una brava ragazza – approvò Padre Riordan. – Sono stato


contattato da una famiglia di Jackson...<br />

Tutti i miei campanelli d’allarme presero a suonare: Debbie Pelt era<br />

originaria di Jackson.<br />

– Si tratta della famiglia Pelt. So che ha sentito parlare di loro.<br />

Stanno ancora cercando notizie della figlia, che è scomparsa in gennaio...<br />

si chiamava Debbie. Mi hanno contattato perché il loro parroco mi conosce<br />

e sa che servo la congregazione di Bon Temps. I Pelt vorrebbero venire a<br />

trovarla, Sookie, vogliono parlare con chiunque abbia visto la figlia, la<br />

notte in cui è scomparsa, ma temevano che se si fossero presentati alla sua<br />

porta, lei avrebbe rifiutato di riceverli. Hanno paura che lei sia irritata per<br />

essere stata interrogata dai loro investigatori privati e anche dalla polizia, e<br />

che possa essere indignata per tutto questo.<br />

– Non li voglio vedere – dichiarai. – Padre Riordan, ho già detto tutto<br />

quello che so. – Era vero, solo che non lo avevo detto alla polizia, o ai Pelt.<br />

– Non voglio più parlare di Debbie – aggiunsi, e anche questo era vero,<br />

molto vero. – Riferisca loro che, con tutto il dovuto rispetto, non c’è più<br />

niente di cui parlare.<br />

– Lo farò, Sookie, ma devo dire che sono deluso.<br />

– Bene, devo allora supporre che questa sia stata una brutta serata per<br />

me dal principio alla fine, considerato che ho perso la buona opinione che<br />

lei aveva di me.<br />

Se ne andò senza aggiungere una sola parola, il che era esattamente<br />

quello che volevo.


Capitolo secondo<br />

La notte successiva, era ormai vicina l’ora di chiusura quando<br />

successe un’altra cosa strana. Sam ci aveva appena segnalato di<br />

cominciare ad avvertire i clienti che quella sarebbe stata l’ultima<br />

consumazione, quando qualcuno che pensavo non avrei rivisto mai più<br />

entrò da Merlotte’s.<br />

Muovendosi molto silenziosamente per un uomo tanto massiccio, si<br />

soffermò appena oltre la soglia per guardarsi intorno alla ricerca di un<br />

tavolo libero, e io mi accorsi di lui solo per via di un fugace riflesso della<br />

luce soffusa sulla sua testa rasata. Era molto alto, con spalle molto larghe,<br />

un naso marcato e grandi denti candidi evidenziati da piene labbra rosse e<br />

da una carnagione olivastra; il suo abbigliamento era costituito da una<br />

giacca sportiva color bronzo, camicia e calzoni neri, a cui aveva abbinato<br />

lucidi mocassini dello stesso colore, anche se sarebbe apparso più naturale<br />

con stivali da motociclista.<br />

– Quinn – mormorò Sam, bloccandosi nell’atto di mescolare un Tom<br />

Collins. – Cosa ci fa qui?<br />

– Non sapevo che lo conoscessi – replicai, sentendomi arrossire nel<br />

rendermi conto che appena il giorno precedente avevo pensato a quel<br />

colosso calvo. Era stato lui a leccarmi via il sangue dal polpaccio...<br />

un’esperienza interessante.<br />

– Nel mio mondo, tutti conoscono Quinn – rispose Sam, inespressivo<br />

in volto. – Sono però sorpreso che tu lo abbia incontrato, dato che non sei<br />

una mutaforma. – Diversamente da Quinn, Sam non è molto alto o<br />

massiccio, ma è molto forte, come tutti i mutaforma, con ricciuti capelli fra<br />

il rosso e il dorato che gli incorniciano la testa come un’aureola.<br />

– L’ho incontrato al confronto per la posizione di capobranco –<br />

spiegai. – Lui era il... era il cerimoniere.<br />

Naturalmente, Sam e io avevamo parlato del cambiamento avvenuto<br />

ai vertici del branco di Shreveport, perché quella città non è molto lontana<br />

da Bon Temps, e ciò che i mannari fanno laggiù ha parecchia importanza<br />

per qualsiasi mutaforma.<br />

Un vero mutaforma, come Sam, è in grado di trasformarsi in<br />

qualsiasi cosa, anche se ciascuno di essi ha un suo animale preferito; a<br />

confondere ulteriormente le acque, tutti coloro che possono passare dalla<br />

forma umana a quella animale si definiscono mutaforma, anche se ben


pochi sono dotati della versatilità di Sam. I mutaforma che si possono<br />

trasformare soltanto in un tipo di animale si definiscono mannari: tigri<br />

mannare (come Quinn), orsi mannari, lupi mannari. I lupi sono i soli che si<br />

ritengano semplicemente “mannari”, e si considerano superiori a qualsiasi<br />

altro mutaforma per cultura e durezza.<br />

I mannari sono il più numeroso sottogruppo di mutaforma, anche se<br />

sono decisamente pochi in confronto alla popolazione totale dei vampiri,<br />

cosa che ha svariate motivazioni. Innanzitutto, il numero delle nascite fra i<br />

mannari è basso, il livello di mortalità infantile è più elevato rispetto a<br />

quello della popolazione umana in generale, e soltanto il primo figlio nato<br />

da una coppia di mannari purosangue diventa a sua volta un mannaro<br />

purosangue. La trasformazione si verifica durante la pubertà... come se<br />

quello non fosse già di per sé un periodo difficile.<br />

I mutaforma sono molto riservati, un’abitudine per loro difficile da<br />

infrangere, anche quando si trovano in compagnia di un’umana strana e<br />

comprensiva quanto lo sono io; di conseguenza, essi non si sono ancora<br />

rivelati pubblicamente, e io stessa sto imparando a conoscere il loro mondo<br />

solo a piccoli passi.<br />

Per quanto lo consideri un amico, perfino Sam ha molti segreti che<br />

ignoro. Lui si trasforma in un collie, e spesso viene a farmi visita in quella<br />

forma (a volte fermandosi a dormire sul mio scendiletto)<br />

Quanto a Quinn, l’ho sempre visto soltanto nella sua forma umana.<br />

Quando avevo parlato a Sam del combattimento fra Jackson<br />

Herveaux e Patrick Furnan per la conquista della posizione di capo del<br />

branco di Shreveport, non avevo accennato a Quinn; adesso Sam mi stava<br />

fissando con espressione accigliata, contrariato che gli avessi taciuto quel<br />

particolare, ma io non lo avevo fatto di proposito. Guardando in direzione<br />

di Quinn, vidi che aveva sollevato appena il naso, segno che stava fiutando<br />

l’aria per seguire un odore. Chi stava cercando?<br />

Poi lui si diresse verso un tavolo della mia sezione, sebbene ce ne<br />

fossero parecchi vuoti nell’area più vicina, gestita da Arlene, e allora<br />

compresi che stava cercando me.<br />

Questo mi causò una serie di sentimenti contrastanti. Lanciai<br />

un’occhiata in tralice a Sam, per vedere la sua reazione; ormai, mi fidavo<br />

di lui da cinque anni, e non mi era mai venuto meno.<br />

Sam mi rivolse un cenno di assenso, sia pure con aria tutt’altro che<br />

soddisfatta.<br />

– Va’ a vedere che cosa vuole – disse, con voce tanto bassa da essere<br />

quasi un ringhio.


A mano a mano che mi avvicinavo a quel nuovo cliente, mi feci<br />

sempre più nervosa, sentendo le guance che mi si arrossavano? Perché mi<br />

stavo agitando tanto?<br />

– Salve, Signor Quinn – salutai, consapevole che sarebbe stato<br />

stupido fingere di non averlo riconosciuto. – Cosa le posso portare? Stiamo<br />

per chiudere purtroppo, ma c’è ancora il tempo per una birra o per un<br />

drink.<br />

Lui chiuse gli occhi e trasse un profondo respiro, come se mi stesse<br />

inalando.<br />

– La riconoscerei anche in una stanza buia – affermò con un sorriso,<br />

ampio quanto splendido.<br />

Distolsi lo sguardo, reprimendo a fatica l’involontario sorriso che mi<br />

era salito alle labbra. Mi stavo comportando in modo... timido.<br />

Io non ero mai timida, anche se civettuola sarebbe stato forse un<br />

termine più adeguato, per quanto lo detestassi.<br />

– Suppongo che dovrei ringraziarla – azzardai con cautela. – Era un<br />

complimento?<br />

– Era inteso come tale. Chi è quel cane dietro il banco che mi sta<br />

intimando con lo sguardo di stare alla larga da lei?<br />

Nelle sue intenzioni, il termine cane era inteso in senso letterale, e<br />

non come un insulto.<br />

– È il mio capo, Sam Merlotte.<br />

– Ha interesse per lei.<br />

– Spererei proprio di sì, considerato che lavoro per lui da circa<br />

cinque anni.<br />

– Hmmm. Che ne è di quella birra?<br />

– Arriva. Di che marca?<br />

– Bud.<br />

– Gliela porto subito – dissi, girandomi per andarmene. Mi resi conto<br />

che lui mi stava guardando perché mi sentii addosso il suo sguardo e<br />

appresi dalla sua mente, che pure era una ben difesa mente mutaforma, che<br />

quello sguardo era pieno di ammirazione.<br />

– Che cosa vuole? – chiese Sam, che pareva quasi... avere il pelo<br />

ritto. Se si fosse ritrovato nella forma di cane, di certo il pelo della sua<br />

schiena sarebbe stato tutto irto.<br />

– Una Bud – risposi.<br />

– Sai che non intendevo questo – ribatté Sam, fissandomi con aria<br />

accigliata.<br />

Scrollai le spalle, perché non avevo idea di cosa Quinn volesse.


Sam sbatté il boccale pieno sul bancone vicino alle mie dita,<br />

strappandomi un sussulto, e io lo trapassai con un’occhiata, per essere<br />

certa di fargli capire che la cosa non mi era piaciuta, prima di portare la<br />

birra a Quinn.<br />

Lui mi pagò la consumazione e aggiunse una buona mancia, anche se<br />

non tanto elevata da risultare offensiva, e dopo averla intascata io<br />

procedetti a fare il giro degli altri tavoli.<br />

– È venuto a trovare qualcuno qui nella zona? – domandai, nel<br />

ripassare vicino a Quinn dopo aver sgombrato uno degli altri tavoli.<br />

Intorno, la maggior parte dei clienti stava pagando e stava lasciando<br />

Merlotte’s alla spicciolata, per lo più diretta a casa, e a letto, anche se nelle<br />

campagne vicine c’era un bar notturno di cui Sam fingeva di ignorare<br />

l’esistenza. Se poteva esserci un bar per padri di famiglia, quello era<br />

Merlotte’s.<br />

– Sì, lei – rispose.<br />

Questo mi lasciò senza alternative, dal punto di vista della<br />

conversazione, quindi continuai per la mia strada e scaricai i bicchieri dal<br />

vassoio così distrattamente che per poco non ne feci cadere uno. Non<br />

riuscivo a ricordare di essermi mai sentita tanto confusa e nervosa.<br />

– È una visita d’affari o personale? – domandai, la volta successiva<br />

che gli passai accanto.<br />

– Entrambe le cose.<br />

Parte del piacere si dissolse nel sentire dell’aspetto relativo agli<br />

affari, ma questo servì a rendermi più all’erta, il che era un bene, perché è<br />

necessario avere la mente lucida al massimo quando si ha a che fare con le<br />

creature sovrannaturali, i cui scopi e desideri esulano dalla comprensione<br />

delle persone normali. Questa era una cosa che sapevo bene, in quanto per<br />

tutta la mia vita ero stata l’involontaria depositaria di scopi e desideri<br />

umani e “normali”.<br />

Quando rimase una delle poche persone ancora presenti nel bar, a<br />

parte le altre cameriere e Sam, Quinn si alzò in piedi, guardando verso di<br />

me con aria piena di aspettativa, e io mi avvicinai sfoggiando lo<br />

smagliante sorriso che mi appare sempre sulle labbra quando sono tesa. Mi<br />

interessò notare che Quinn era teso quasi quanto me, cosa che potevo<br />

percepire nei suoi schemi mentali.<br />

– Vorrei venire a parlarle a casa sua, se per lei va bene – disse,<br />

fissandomi con espressione seria. – Se questo la mette a disagio, possiamo<br />

vederci altrove, ma le voglio parlare stanotte, a meno che non sia esausta.<br />

Quella richiesta era stata formulata in toni decisamente cortesi. Poco


lontano, Arlene e Danielle si stavano sforzando di non fissarci... o, per<br />

meglio dire, si stavano sforzando di fissare Quinn soltanto quando lui non<br />

poteva coglierle sul fatto... ma Sam ci aveva volto le spalle e stava<br />

armeggiando con qualcosa dietro il bancone, ignorando l’altro mutaforma,<br />

il che costituiva un comportamento molto scortese.<br />

In fretta, passai al vaglio la richiesta di Quinn. Se fosse venuto a casa<br />

mia, mi sarei trovata alla sua mercé, perché vivo in un posto isolato, dove<br />

il mio vicino meno distante è il mio ex, Bill, che vive dall’altra parte del<br />

cimitero. D’altro canto, se Quinn fosse stato qualcuno con cui uscivo<br />

abitualmente, gli avrei permesso di portarmi a casa senza pensarci due<br />

volte, e dal poco che riuscivo a intercettare dai suoi pensieri, sapevo che<br />

non aveva cattive intenzioni.<br />

– D’accordo – assentii infine, e lui si rilassò, sfoggiando di nuovo<br />

quel suo ampio sorriso.<br />

Mentre mi allontanavo con il suo bicchiere vuoto, mi resi conto che<br />

tre paia di occhi mi stavano fissando con disapprovazione, Sam perché<br />

contrariato, Arlene e Danielle perché incapaci di capire come qualcuno<br />

potesse preferirmi a loro... anche se Quinn aveva un aspetto tale da mettere<br />

in guardia due cameriere esperte come loro. Da lui esalava infatti un<br />

sentore di alienità che doveva essere percepibile perfino per il più prosaico<br />

fra gli umani.<br />

– Fra un momento avrò finito – garantii.<br />

– Faccia con comodo.<br />

Provvidi a riempire i piccoli contenitori rettangolari di porcellana su<br />

ogni tavolo con bustine di zucchero e di dolcificante, mi accertai che i<br />

porta tovagliolini fossero tutti pieni e controllai saliere e pepiere; ben<br />

presto, ebbi finito e passai nell’ufficio a salutare Sam e a prelevare la mia<br />

borsetta.<br />

Quinn si avviò per seguirmi a bordo di un pick-up verde scuro che<br />

appariva nuovo di zecca sotto le luci del parcheggio, con le gomme e i<br />

cerchioni lucidi, la cabina estesa e il piano di carico coperto. Mi sarei<br />

sentita pronta a scommettere che quel furgone era dotato di tutti gli<br />

optional: decisamente, era il veicolo più elaborato che avessi visto da<br />

parecchio tempo. Mio fratello Jason ne sarebbe andato matto, lui che<br />

aveva fatto dipingere spirali rosa e acquamarina sui lati del suo furgone.<br />

Mi diressi a sul lungo la Hummingbird Road, poi svoltai a sinistra<br />

nel mio viale di accesso, percorrendolo attraverso due acri di bosco prima<br />

di raggiungere la radura in cui sorgeva la nostra vecchia casa di famiglia.<br />

Prima di andare al lavoro avevo acceso le luci esterne, in aggiunta alla luce


di sicurezza automatica montata su un palo, quindi la radura era ben<br />

illuminata. Aggirai la casa, parcheggiando sul retro, e Quinn si venne a<br />

fermare accanto alla mia macchina.<br />

Sceso dal furgone, si guardò intorno sotto la luce di sicurezza. Il<br />

cortile era ordinato, il vialetto in ottimo stato e di recente avevo ridipinto la<br />

baracca degli attrezzi, sul retro. Purtroppo niente poteva mascherare il<br />

serbatoio del gas, ma mia nonna aveva piantato una quantità di fiori, in<br />

aggiunta a quelli che la mia famiglia vi aveva disseminato nell’arco dei<br />

centocinquanta anni circa vissuti in quella casa. Io vi abitavo dall’età di<br />

sette anni, e la adoravo.<br />

La mia casa non ha nulla di grandioso. Nata come una fattoria di<br />

famiglia, è stata ampliata e rimodellata nel corso degli anni. Io la tengo<br />

pulita e cerco di mantenere il prato in buono stato; le riparazioni più<br />

massicce esulano dalle mie capacità, ma a volte Jason mi dà una mano.<br />

All’inizio, lui non era stato contento che la nonna mi avesse lasciato la sua<br />

casa e la terra annessa, ma del resto lui si era trasferito a casa dei nostri<br />

genitori quando aveva compiuto ventun anni, e io non gli avevo mai<br />

chiesto di ripagarmi la mia metà della proprietà, per cui mi pareva che il<br />

testamento della nonna fosse stato giusto; Jason, però, aveva impiegato un<br />

po’ di tempo per arrivare ad ammettere che la nonna aveva fatto la cosa<br />

migliore.<br />

Negli ultimi tempi, poi, i nostri rapporti si erano fatti più stretti.<br />

Aperta la porta posteriore, precedetti Quinn in cucina, e lui si guardò<br />

intorno con curiosità mentre io appendevo la giacca allo schienale di una<br />

delle sedie accostate al tavolo a cui ero solita consumare i miei pasti.<br />

– Questo locale non è finito – osservò.<br />

In effetti, gli armadietti erano posati per terra, in attesa di essere<br />

montati; dopo, sarebbe stato necessario dipingere l’intera stanza e<br />

installare i piani di lavoro. Solo allora avrei potuto tirare un sospiro di<br />

sollievo.<br />

– La mia vecchia cucina è bruciata alcune settimane fa – spiegai. –<br />

All’impresario edile avevano annullato un lavoro, per cui ha potuto<br />

ricostruirmela in tempo record; poi però gli armadietti non sono arrivati in<br />

tempo, e lui ha dovuto dirottare i suoi uomini su un altro lavoro. Adesso<br />

che gli armadietti sono arrivati, loro hanno quasi finito dall’altra parte,<br />

quindi credo che a breve torneranno da me. – Nel frattempo, se non altro,<br />

potevo godere del piacere di essere di nuovo a casa mia. Sam era stato<br />

terribilmente gentile, permettendomi di vivere in una delle case che dava<br />

in affitto (e dovevo ammettere di aver apprezzato i pavimenti a piombo, le


tubature nuove e i vicini), ma non c’era niente di paragonabile all’essere a<br />

casa propria.<br />

Il nuovo piano di cottura era già installato, quindi potevo cucinare, e<br />

avevo sistemato un’asse di compensato sopra gli armadietti, in modo da<br />

usarla come piano di lavoro per cucinare.<br />

Il nuovo frigorifero emetteva un ronzio sommesso, del tutto diverso<br />

dal fragore di quello vecchio di trent’anni posseduto dalla nonna. L’aria di<br />

nuovo di quella cucina mi colpiva tutte le volte che attraversavo il portico<br />

posteriore, ora più grande e racchiuso, per aprire la nuova porta più<br />

massiccia, dotata di spioncino e di chiavistello di sicurezza.<br />

– Qui comincia la parte vecchia della casa – spiegai, precedendolo<br />

fuori della cucina e nel corridoio. Nel resto della casa era stato necessario<br />

sostituire solo poche assi del pavimento, e tutto era pulito e ridipinto di<br />

fresco; pareti e soffitto non erano stati i soli a essere macchiati dal fumo, il<br />

cui odore era stato la cosa più difficile da sradicare. Avevo sostituito<br />

alcune tende, gettato un paio di tappeti e pulito, pulito e ancora pulito, cosa<br />

che per parecchio tempo aveva occupato ogni mio momento libero.<br />

– Un buon lavoro – commentò Quinn, osservando come fossero state<br />

unite le due parti della casa.<br />

– Venga in salotto – suggerii, compiaciuta. Mi piaceva mostrare la<br />

casa a qualcuno, adesso che i divani erano puliti, che non c’erano gomitoli<br />

di polvere in giro e che i vetri dei quadri brillavano; le tende del salotto<br />

erano state sostituite, cosa che avevo avuto intenzione di fare da quasi un<br />

anno.<br />

Benedetta fosse l’assicurazione, e anche il denaro che mi ero<br />

guadagnata nascondendo Eric al suo nemico. Certo, avevo aperto un bel<br />

buco nei miei risparmi, ma al momento del bisogno avevo avuto a<br />

disposizione il denaro necessario, e questa era una cosa di cui potevo<br />

essere grata.<br />

Nel camino, tutto era pronto per accendere il fuoco, ma faceva<br />

ancora troppo caldo per questo. Quinn sedette su una poltrona e io presi<br />

posto di fronte a lui.<br />

– Posso offrirle da bere... una birra, un po’ di caffè, o un tè freddo? –<br />

chiesi, conscia del mio ruolo di padrona di casa.<br />

– No, grazie – rispose con un sorriso. – È da quando l’ho incontrata a<br />

Shreveport che desideravo rivederla.<br />

Cercai di continuare a fissarlo, nonostante il sopraffacente impulso di<br />

abbassare lo sguardo sui miei piedi, o sulle mani. I suoi occhi erano in<br />

realtà di un color porpora molto, molto scuro.


– Quello è stato un giorno difficile per gli Herveaux – dissi.<br />

– Lei è uscita con Alcide, per qualche tempo – osservò lui, in tono<br />

neutro.<br />

Passai al vaglio un paio di possibili risposte.<br />

– Non lo vedo dal giorno del confronto per la posizione di<br />

capobranco – replicai infine.<br />

– Quindi lui non è il suo compagno fisso? – insistette Quinn, con un<br />

ampio sorriso.<br />

Scossi il capo.<br />

– Allora lei è single?<br />

– Sì.<br />

– Non ci sono calli che potrei pestare?<br />

– Non ho detto questo – ribattei, cercando di sorridere, senza troppo<br />

successo. C’erano dei calli, che non sarebbero stati felici di essere pestati,<br />

ma che non avevano nessun diritto di mettersi in mezzo.<br />

– Suppongo di poter gestire qualche ex contrariato. Allora, le va di<br />

uscire con me?<br />

Lo studiai per un paio di secondi, riflettendo intensamente. Dal suo<br />

cervello stavo ricevendo soltanto un senso di speranza, nessuna traccia di<br />

inganno o di manovre utilitaristiche, e quando passai a esaminare le mie<br />

riserve personali, le vidi dissolversi come neve al sole.<br />

– Sì, mi va – assentii. Il suo splendido sorriso candido mi indusse a<br />

sorridere a mia volta, ora con sincerità.<br />

– Ecco fatto, abbiamo risolto la parte piacevole del discorso. Ora<br />

veniamo alla parte di affari, che non c’entra niente – annunciò lui.<br />

– D’accordo – annuii, smettendo di sorridere. Avevo sperato di avere<br />

l’occasione di rimandare, perché qualsiasi affare che lui poteva voler<br />

trattare con me doveva essere collegato al mondo soprannaturale e, come<br />

tale, era causa di ansia.<br />

– Ha sentito parlare del summit regionale?<br />

Si riferiva al summit dei vampiri: i re e le regine di un gruppo di stati<br />

si sarebbero riuniti per conferire riguardo a... cose di vampiri.<br />

– Eric me ne ha accennato.<br />

– E l’ha già assunta per lavorare là?<br />

– Ha accennato che potrebbe aver bisogno di me.<br />

– Lo chiedo perché la Regina della Louisiana ha scoperto che mi<br />

trovavo nella zona e mi ha chiesto di accaparrarle i suoi servizi. Ritengo<br />

che la sua richiesta annulli quella di Eric.<br />

– Questo lo dovrà chiedere a Eric.


– Credo che lei dovrebbe limitarsi a informarlo. Per Eric, i desideri<br />

della regina sono ordini.<br />

Mi accorsi di aver assunto un’espressione sgomenta. Non desideravo<br />

parlare di niente con Eric, lo sceriffo dell’Area Cinque della Louisiana,<br />

perché i suoi sentimenti nei miei confronti erano confusi, e vi garantisco<br />

che ai vampiri non piace sentirsi confusi. Eric aveva perso la memoria<br />

riguardo al breve periodo che aveva trascorso nascosto nella mia casa, e<br />

quel buco nei suoi ricordi lo stava facendo impazzire, perché gli piaceva<br />

avere il controllo di tutto, il che implicava una consapevolezza completa<br />

delle proprie azioni in ogni secondo di ogni notte. Di conseguenza, lui<br />

aveva aspettato che gli chiedessi di fare qualcosa per me, e in cambio<br />

aveva preteso come pagamento che gli fornissi un resoconto del tempo in<br />

cui aveva abitato presso di me.<br />

Forse, avevo esagerato un poco con la mia franchezza. Eric non era<br />

rimasto precisamente sorpreso nell’apprendere che avevamo fatto sesso,<br />

ma era rimasto sconvolto quando gli avevo riferito di come si fosse offerto<br />

di rinunciare alla sua posizione nella gerarchia dei vampiri, conquistata<br />

con tanta fatica, per venire a vivere con me.<br />

Se conosceste Eric, vi rendereste conto di quanto una cosa del genere<br />

sia per lui del tutto intollerabile.<br />

Adesso non mi parlava più, quando ci incontravamo mi fissava come<br />

se stesse cercando di far riaffiorare i propri ricordi di quel particolare<br />

periodo, per dimostrare che avevo mentito, e mi rattristava vedere come la<br />

relazione che avevamo avuto... non la segreta felicità di quei pochi giorni<br />

trascorsi insieme, ma il divertente rapporto fra un uomo e una donna che<br />

avevano poco in comune a parte il senso dell’umorismo... paresse non<br />

esistere più.<br />

Sapevo che spettava a me informarlo che la sua regina lo aveva<br />

scavalcato, ma non ero certa di volerlo fare.<br />

– Il suo sorriso è scomparso del tutto – osservò Quinn, che si era<br />

fatto serio a sua volta.<br />

– Ecco, Eric è un... – cominciai, senza sapere come finire la frase. –<br />

È un tipo complicato – conclusi.<br />

– Cosa faremo al nostro primo appuntamento? – domandò Quinn.<br />

Era bravo a cambiare discorso.<br />

– Potremmo andare al cinema – suggerii, per cominciare.<br />

– Infatti, e dopo potremmo andare a cena a Shreveport, magari da<br />

Ralph and Kacoo’s – suggerì lui.<br />

– Ho sentito dire che il loro etouffee di aragosta è buono –


commentai.<br />

– A chi non piace l’etouffee di aragosta? Oppure, potremmo andare al<br />

bowling.<br />

Il mio prozio era stato un patito del bowling. Mi pareva ancora di<br />

vedere davanti a me i suoi piedi, chiusi nelle scarpe da bowling, e<br />

rabbrividii.<br />

– Non so giocare – mi schermii.<br />

– Allora potremmo andare a vedere una partita di hockey.<br />

– Questo potrebbe essere divertente.<br />

– Potremmo cucinare insieme qui nella sua cucina e guardare un film<br />

sul suo DVD.<br />

– Questo è meglio tenerlo di riserva per il futuro – ribattei, perché la<br />

cosa mi sembrava un po’ troppo personale per un primo appuntamento;<br />

anche se non avevo esperienza in fatto di primi appuntamenti, sapevo che<br />

la vicinanza di una camera da letto non era mai una buona cosa, a meno di<br />

essere pronta ad accettare che l’evolversi della serata potesse portarti lì.<br />

– Potremmo andare a vedere The Producers. Stanno per<br />

rappresentarlo allo Strand.<br />

– Davvero? – esclamai. Adesso ero eccitata. Il restaurato Strand<br />

Theater di Shreveport ospitava produzioni teatrali itineranti che andavano<br />

dalle commedie ai balletti, e io non avevo mai visto una vera commedia.<br />

Ma... una cosa del genere non sarebbe stata terribilmente costosa? D’altro<br />

canto, Quinn non l’avrebbe suggerito, se non avesse potuto permetterselo,<br />

giusto? – È possibile farlo?<br />

Lui annuì, compiaciuto della mia reazione.<br />

– Posso prenotare per questo weekend. Cosa mi dice dei suoi turni di<br />

lavoro?<br />

– Venerdì notte sono libera – risposi allegramente. – E... ecco, sarei<br />

lieta di contribuire all’acquisto del biglietto.<br />

– Sono stato io a invitarla, è mia ospite – dichiarò Quinn, con<br />

fermezza. Potevo leggere nei suoi pensieri che trovava la mia offerta<br />

sorprendente... e toccante. Hmmm. La cosa non mi piaceva. – D’accordo,<br />

allora è deciso – continuò. – Non appena tornerò al mio computer,<br />

ordinerò i biglietti online. So che ce ne sono ancora di buoni a<br />

disposizione, perché prima di venire qui ho vagliato le alternative a nostra<br />

disposizione.<br />

Naturalmente, io avevo già cominciato a chiedermi cosa fosse meglio<br />

indossare, ma accantonai la cosa per rifletterci sopra in seguito.<br />

– Quinn, lei dove abita?


– Ho una casa fuori Memphis.<br />

– Oh – mormorai, pensando che quella sembrava una distanza<br />

eccessiva per mantenere una relazione.<br />

– Sono socio di una ditta chiamata Special Events. Siamo una sorta<br />

di branca segreta della Extreme(ly Elegant) Events. Ha visto il nostro logo,<br />

E(E)E, vero? – spiegò, tracciando le parentesi nell’aria, e io annuii; la<br />

E(E)E organizzava una quantità di eventi in tutta la nazione. – Siamo<br />

quattro soci che lavoriamo a tempo pieno per la Special Events, e<br />

impieghiamo alcune persone a tempo pieno o part-time. Dal momento che<br />

viaggiamo molto, abbiamo ovunque dei posti in cui alloggiare. Alcuni<br />

sono soltanto una stanza a casa di amici o di collaboratori, altri sono veri<br />

appartamenti. In quest’area alloggio a Shreveport, in una casa per gli ospiti<br />

sul retro della dimora di un mutaforma.<br />

In due minuti avevo appreso una quantità di cose sul suo conto.<br />

– Quindi organizzate eventi per il mondo soprannaturale, come il<br />

confronto per il ruolo di capobranco – osservai. Quello era stato un lavoro<br />

pericoloso, che aveva richiesto una quantità di attrezzature specializzate. –<br />

Ma che altro c’è da fare? Confronti come quello non devono essere molto<br />

frequenti. Quanto deve viaggiare? E che genere di altri eventi speciali può<br />

organizzare?<br />

– In genere mi occupo dell’area che va dalla Georgia Sudorientale al<br />

Texas, e dal Tennessee alla Florida – rispose, protendendosi in avanti, le<br />

grandi mani appoggiate sulle ginocchia. – In quegli stati, chi vuole<br />

organizzare un combattimento per il ruolo di capobranco, un rito di<br />

ascensione per uno sciamano o una strega, o un matrimonio gerarchico fra<br />

vampiri, e vuole farlo nel modo giusto, deve venire da me.<br />

Ricordai le straordinarie fotografie nell’album di Al Cumberland.<br />

– Quindi c’è abbastanza lavoro da tenerla impegnata? – domandai.<br />

– Oh, sì – annuì. – Naturalmente, in parte sono lavori stagionali. I<br />

vampiri si sposano d’inverno, perché le notti sono molto più lunghe.<br />

L’anno scorso ho tenuto un matrimonio gerarchico a New Orleans, in<br />

gennaio. Altri eventi sono collegati al calendario Wicca, o alla pubertà.<br />

Non riuscivo neppure a cominciare a immaginare le cerimonie da lui<br />

organizzate, ma la loro descrizione avrebbe dovuto essere rimandata a<br />

un’altra occasione.<br />

– E ha altri tre soci che svolgono questa stessa attività a tempo<br />

pieno? Mi dispiace, so che sembra che la stia sottoponendo a un<br />

interrogatorio, ma questo è un modo di guadagnarsi da vivere davvero<br />

interessante.


– Mi fa piacere che la pensi così. È necessario possedere una quantità<br />

di talenti, e si deve avere una mente portata per l’organizzazione e la cura<br />

dei dettagli.<br />

– E si deve essere davvero molto duri – mormorai, seguendo i miei<br />

pensieri.<br />

– Questo non è un problema – sorrise.<br />

Sì, non pareva che essere duroper lui potesse essere un problema.<br />

– E si deve anche essere bravi a valutare le persone, in modo da poter<br />

pilotare i clienti nella giusta direzione, e lasciarli soddisfatti del lavoro<br />

svolto per loro – aggiunse.<br />

– Mi potrebbe raccontare qualche storia? Oppure il suo lavoro è<br />

sottoposto al vincolo del segreto professionale?<br />

– I clienti firmano un contratto, ma nessuno di loro ha mai richiesto<br />

la clausola del segreto professionale – rispose. – Alla Special Events non si<br />

hanno molte occasioni di parlare del lavoro che si svolge, dato che la<br />

maggior parte dei nostri clienti vivono ancora al di sotto della superficie<br />

del mondo normale, e in realtà è una sorta di sollievo poterne parlare con<br />

qualcuno. Di solito, alle ragazze devo raccontare che faccio il consulente,<br />

o qualche altra fandonia del genere.<br />

– Anche per me è un sollievo poter parlare senza preoccuparmi che<br />

mi possa sfuggire qualche segreto.<br />

– Allora è una fortuna che ci siamo incontrati, giusto? – osservò,<br />

tornando a sfoggiare quel suo sorriso candido. – Ora però è meglio che la<br />

lasci riposare, dato che ha appena finito di lavorare – concluse, alzandosi<br />

in piedi e stiracchiandosi una volta eretto in tutta la sua statura, un gesto<br />

impressionante in un soggetto muscoloso come lui. Era possibile che<br />

sapesse che effetto faceva quando si stiracchiava, una riflessione che mi<br />

indusse ad abbassare lo sguardo per nascondere un sorriso. Non mi<br />

dispiaceva di certo che volesse fare colpo su di me.<br />

Protendendosi a prendermi la mano, mi issò in piedi con un<br />

movimento fluido e disinvolto. Potevo sentire la sua attenzione concentrata<br />

su di me, la sua mano calda e dura intorno alla mia, che avrebbe potuto<br />

frantumare.<br />

Una donna qualsiasi non si sarebbe trovata a riflettere sulla rapidità<br />

con cui l’uomo con cui usciva avrebbe potuto ucciderla, ma del resto io<br />

non sarò mai una donna qualsiasi, cosa di cui sono consapevole fin da<br />

quando sono stata abbastanza grande da comprendere che non ogni<br />

bambino poteva capire quello che i membri della sua famiglia pensavano<br />

sul suo conto, che non tutte le bambine sapevano quando gli insegnanti le


trovavano simpatiche o le disprezzavano, o le paragonavano al fratello<br />

(anche a quel tempo, Jason era stato a suo modo affascinante), che non<br />

tutte le bambine avevano uno zio strano che cercava di sorprenderle da<br />

sole a ogni riunione di famiglia.<br />

Quindi permisi a Quinn di tenermi la mano e sollevai lo sguardo a<br />

incontrare quello dei suoi occhi purpurei, concedendomi per un momento<br />

di crogiolarmi nella sua ammirazione.<br />

Sì, sapevo che era una tigre... e non intendo dire soltanto a letto,<br />

anche se ero disposta a supporre che anche là fosse possente e feroce.<br />

Sorrisi quando le sue labbra mi sfiorarono la guancia in un bacio<br />

della buonanotte.<br />

Mi piace un uomo che sa quando accelerare i tempi... e quando è<br />

meglio non farlo.


Capitolo terzo<br />

La notte successiva ricevetti una telefonata, da Merlotte’s.<br />

Naturalmente, non è una bella cosa essere chiamati al telefono sul<br />

lavoro, e Sam non lo gradisce affatto, a meno che non si tratti di<br />

un’emergenza di qualche tipo. Dal momento che io ne ricevevo meno di<br />

qualsiasi altra delle cameriere... potevo contare sulle dita di una mano le<br />

volte in cui mi avevano telefonato sul lavoro... cercai di non sentirmi in<br />

colpa nel segnalare a Sam che avrei preso la telefonata dall’apparecchio<br />

del suo ufficio.<br />

– Pronto – dissi, in tono cauto.<br />

– Ciao, Sookie – rispose una voce familiare.<br />

– Oh, ciao, Pam – replicai, con un senso di sollievo che però durò<br />

soltanto un secondo. Pam era il braccio destro di Eric, ed era sua progenie,<br />

nel senso vampirico del termine.<br />

– Il capo ti vuole vedere – annunciò Pam. – Ti sto chiamando dal suo<br />

ufficio.<br />

L’ufficio di Eric, nel retro del suo locale, il Fangtasia, era<br />

adeguatamente insonorizzato, tanto che potevo sentire a stento la KDED,<br />

la stazione radio interamente dedicata ai vampiri, suonare in sottofondo la<br />

versione di Clapton di After Midnight.<br />

– Splendido. La sua posizione è troppo elevata perché faccia da sé le<br />

sue telefonate?<br />

– Sì – rispose Pam, che poteva essere definita solo come una persona<br />

dalla mentalità letterale.<br />

– Di cosa si tratta?<br />

– Sto eseguendo le sue istruzioni – ribatté Pam. – Lui mi dice di<br />

chiamare la telepate, e io ti chiamo. Sei stata convocata.<br />

– Pam, mi serve qualche altra spiegazione. Non ho particolarmente<br />

voglia di vedere Eric.<br />

– Stai facendo la recalcitrante?<br />

Oh-oh. Quella era una parola che non avevo ancora trovato sul mio<br />

calendario Una Parola al Giorno.<br />

– Non sono certa di capire cosa intendi – ammisi, perché era meglio<br />

confessare apertamente la mia ignoranza che cercare di cavarmela<br />

fingendo.<br />

Pam emise un lungo sospiro sofferto.


– Stai puntando i piedi – precisò, con il suo accento inglese che si<br />

faceva più marcato, – mentre non dovresti farlo. Eric ti tratta molto bene –<br />

aggiunse, in tono vagamente incredulo.<br />

– Non intendo abbandonare il lavoro o rinunciare al mio tempo libero<br />

per venire fino a Shreveport solo perché Mister Grande e Potente vuole<br />

che scatti nell’obbedire ai suoi ordini – protestai, fornendo motivazioni che<br />

mi parevano ragionevoli. – Se vuole dirmi qualcosa, può sempre alzare i<br />

tacchi e venire qui, oppure prendere in mano il telefono di persona.<br />

– Se avesse voluto prendere personalmente il telefono, lo avrebbe<br />

fatto. Mi ha ordinato di dirti che devi trovarti qui venerdì notte alle otto.<br />

– Spiacente, non posso.<br />

Seguì una significativa pausa di silenzio.<br />

– Non verrai?<br />

– Non posso. Ho un appuntamento – spiegai, cercando di impedire a<br />

una sfumatura di compiacimento di trapelarmi dalla voce.<br />

Ci fu un altro istante di silenzio, poi Pam ridacchiò.<br />

– Oh, questa è grandiosa davvero – commentò. – Sarà un piacere<br />

dirlo a Eric.<br />

Quella sua reazione fece nascere in me un senso di disagio.<br />

– Senti, Pam – cominciai, chiedendomi se non fosse il caso di fare<br />

una rapida marcia indietro, – ascolta...<br />

– Oh, no – mi interruppe, quasi ridendo apertamente, cosa che non<br />

era da lei.<br />

– Riferiscigli che lo ringrazio per le bozze del calendario – aggiunsi.<br />

Sempre teso a trovare nuovi modi per aumentare gli introiti del<br />

Fangtasia, Eric aveva escogitato l’idea di un calendario di vampiri da<br />

mettere in vendita nel piccolo negozio di articoli da regalo. Lui stesso era<br />

Mister Gennaio, e aveva posato con l’ausilio di un letto e di una lunga<br />

veste di pelliccia bianca, il tutto su uno sfondo grigio chiaro da cui<br />

pendevano scintillanti fiocchi di neve giganteschi. Eric però non indossava<br />

la veste... no, non indossava proprio niente. Teneva un ginocchio piegato<br />

posato sul letto, l’altro piede poggiava per terra e lui fissava direttamente<br />

la macchina con occhi roventi (di certo avrebbe potuto impartire a Claude<br />

qualche lezione); i suoi lunghi capelli biondi gli ricadevano sulle spalle in<br />

una criniera arruffata, la mano destra stringeva la veste di pelliccia gettata<br />

sul letto, in modo che essa salisse a coprire di stretta misura le parti<br />

critiche, e il corpo era leggermente girato, per mettere in evidenza la curva<br />

del suo splendido posteriore. Una sottile scia di peluria bionda puntava<br />

come una freccia a sud dell’ombelico, e urlava praticamente a gran voce


“arma nascosta”!<br />

E io sapevo che l’arma di Eric era più una .357 Magnum che un<br />

revolver a canna corta.<br />

In qualche modo, non ero mai arrivata a guardare le altre foto,<br />

soltanto quella di gennaio.<br />

– Oh, glielo riferirò – promise Pam. – Eric ha detto che a molte<br />

persone non sarebbe piaciuto che comparissi nel calendario destinato alle<br />

donne... quindi figuro in quello per gli uomini. Ti piacerebbe che ti<br />

mandassi anche una copia della mia fotografia?<br />

– Questo mi sorprende, davvero... mi riferisco al fatto che non ti sia<br />

seccato posare – osservai, in quanto mi riusciva difficile immaginarla<br />

nell’atto di partecipare a un progetto che sfruttasse i gusti umani.<br />

– Eric mi dice di posare, e io lo faccio – fu la pratica risposta.<br />

Anche se Eric esercitava su Pam un notevole potere, essendo il suo<br />

creatore, io non lo avevo mai sentito chiederle di fare nulla che non le<br />

andasse a genio; forse lui la conosceva molto bene, o forse Pam era<br />

disposta a fare praticamente qualsiasi cosa.<br />

– Nella fotografia, ho in mano una frusta – continuò Pam, i cui gusti<br />

sessuali erano svariati e diversificati. – Il fotografo dice che venderà un<br />

milione di copie.<br />

– Ne sono certa, Pam – confermai, dopo un minuto passato a<br />

contemplare l’immagine mentale evocata dalle sue parole. – Io però credo<br />

che ne farò a meno.<br />

– Noi tutti che abbiamo acconsentito a posare avremo una<br />

percentuale sugli incassi.<br />

– Ma Eric avrà una fetta più grande degli altri.<br />

– Ecco, lui è lo sceriffo – mi fece ragionevolmente notare Pam.<br />

– Giusto. Okay, ci sentiamo – conclusi, e accennai a riattaccare.<br />

– Aspetta, cosa devo dire a Eric?<br />

– Limitati a dirgli la verità.<br />

– Sai che si infurierà – sottolineò Pam, che non sembrava affatto<br />

spaventata; anzi, pareva gongolare.<br />

– Ebbene, questo è un suo problema – ribattei, con una sfumatura di<br />

infantilismo, e questa volta chiusi la comunicazione. Di certo, un Eric<br />

infuriato sarebbe stato un problema con cui avrei dovuto vedermela io.<br />

Avevo la sgradevole sensazione che opporre un rifiuto a Eric fosse<br />

stata una mossa grave, e non avevo idea di cosa sarebbe successo.<br />

All’epoca in cui avevo conosciuto lo sceriffo dell’Area Cinque, io uscivo<br />

ancora con Bill, e quando aveva voluto usare il mio insolito talento, Eric


aveva minacciato di fargli del male per costringermi a obbedire. Poi io<br />

avevo rotto con Bill e questo aveva privato Eric di qualsiasi mezzo di<br />

coercizione, finché non avevo avuto bisogno di un favore da lui, e per<br />

ottenerlo ero stata costretta a fornirgli l’arma più potente di tutte, la<br />

confessione che ero stata io a uccidere Debbie Pelt. Il fatto che fosse stato<br />

lui a nascondere il corpo e la macchina di Debbie, e che non ricordasse<br />

dove si trovavano, non aveva importanza, perché quell’accusa, anche se<br />

non fosse mai stata comprovata, anche se io fossi riuscita a impormi di<br />

confutarla, sarebbe stata sufficiente a rovinarmi per tutta la vita.<br />

Per il resto di quella notte, mentre svolgevo il mio lavoro al bar mi<br />

ritrovai di continuo a chiedermi se Eric avrebbe davvero rivelato il mio<br />

segreto. Dopo tutto, se avesse riferito alla polizia quello che avevo fatto,<br />

avrebbe dovuto ammettere di essere stato mio complice, giusto?<br />

Mi stavo dirigendo verso il bancone quando venni intercettata dal<br />

Detective Andy Bellefleur. Conosco Andy e sua sorella Portia da tutta una<br />

vita, perché anche se sono di qualche anno più vecchi di me, hanno<br />

frequentato le mie stesse scuole e sono cresciuti nella stessa città; come<br />

me, anche loro sono stati allevati prevalentemente dalla nonna. Ormai da<br />

qualche mese, Andy stava uscendo con una giovane insegnante, Halleigh<br />

Robinson, e quella sera aveva un segreto da condividere e un favore da<br />

chiedermi.<br />

– Senti, lei ordinerà il cestino di pollo – esordì, senza preamboli,<br />

mentre io guardavo verso il loro tavolo, per essere certa che Halleigh fosse<br />

seduta con le spalle rivolte verso di me. – Quando porti il cibo al tavolo,<br />

accertati che insieme ci sia questa, nascosta – aggiunse, mettendomi in<br />

mano una piccola scatola di velluto, insieme a una banconota da dieci<br />

dollari.<br />

– Certo, Andy, nessun problema – sorrisi.<br />

– Grazie, Sookie – rispose, e per una volta sfoggiò a sua volta un<br />

sorriso, sincero e terrorizzato.<br />

Andy aveva avuto ragione: quando andai al loro tavolo, Halleigh<br />

chiese il cestino di pollo.<br />

– Fallo con una dose extra di patatine – dissi alla nostra nuova cuoca,<br />

nel riferire l’ordine, perché volevo un camuffamento abbondante. Lei volse<br />

le spalle ai fornelli per fissarmi con irritazione. Al bar abbiamo avuto un<br />

vasto assortimento di cuochi, di ogni età, colore, sesso e preferenza<br />

sessuale; una volta, abbiamo avuto perfino un vampiro. Attualmente il<br />

nostro cuoco era una donna di colore di mezz’età, Callie Collins, così<br />

grassa e grossa da indurmi a chiedermi come facesse a passare tante ore in


piedi in quella cucina rovente.<br />

– Patatine extra? – ripeté, come se non avesse mai sentito parlare di<br />

una cosa del genere. – Niente da fare. I clienti ottengono l’extra di patatine<br />

quando lo pagano, e non solo perché sono tuoi amici.<br />

Il caratteraccio di Callie poteva forse essere attribuito al fatto che lei<br />

era abbastanza vecchia da ricordare i brutti tempi del passato, quando<br />

bianchi e neri avevano scuole diverse, sale d’attesa separate e perfino<br />

fontanelle diverse a cui bere; io però non rammentavo nessuna di quelle<br />

cose, e non ero disposta a tenere presente il bagaglio esistenziale che lei si<br />

portava dietro ogni volta che le rivolgevo la parola.<br />

– Hanno pagato l’extra – mentii, perché non mi andava di fornire una<br />

spiegazione attraverso lo sportello di servizio, dove chiunque fosse stato<br />

abbastanza vicino avrebbe potuto sentirmi; invece, avrei coperto la<br />

differenza con un dollaro della mia mancia, perché nonostante i nostri<br />

trascorsi dissapori, auguravo a Andy ogni felicità con la sua maestrina.<br />

Inoltre, qualsiasi donna che stesse per diventare la nipote acquisita di<br />

Caroline Bellefleur si meritava almeno un momento romantico.<br />

Quando Callie mi avvertì che il cestino era pronto, mi affrettai a<br />

ritirarlo; infilare la scatoletta sotto le patatine fu più difficile di quanto<br />

avessi immaginato, e richiese qualche rapida e discreta manovra di<br />

assestamento. Intanto, mi domandai se Andy si era reso conto che il velluto<br />

della scatoletta si sarebbe macchiato di unto e coperto di sale... ma del<br />

resto quello era il suo gesto romantico, non il mio.<br />

Nell’avvicinarmi al tavolo con il vassoio, ero così piena di allegra<br />

anticipazione che Andy dovette avvertirmi (con una severa occhiata) di<br />

assumere un’espressione più neutra nel servire loro il cibo. Andy aveva già<br />

davanti a sé un boccale di birra, mentre Halleigh aveva optato per un<br />

bicchiere di vino bianco; come si conveniva a una maestra delle<br />

elementari, infatti, non era una forte bevitrice. Non appena ebbi finito di<br />

servirli, mi affrettai ad allontanarmi senza neppure chiedere loro se<br />

volevano qualche altra cosa, come avrebbe dovuto fare una brava<br />

cameriera, e da quel momento mi fu impossibile rimanere distaccata da<br />

quanto stava succedendo.<br />

Anche se cercai di non dare nell’occhio, continuai a osservare la<br />

coppia come meglio potevo. Andy era sui carboni ardenti, e il suo cervello<br />

era in preda a una pura e semplice agitazione. Non era totalmente certo che<br />

la sua proposta venisse accettata, e stava esaminando mentalmente tutte le<br />

obiezioni che Halleigh avrebbe potuto sollevare: il fatto che lui era più<br />

vecchio di quasi dieci anni, la sua pericolosa professione...


Registrai il momento in cui lei vide la scatoletta. Forse non era carino<br />

da parte mia spiare mentalmente quel momento tanto speciale, ma se devo<br />

essere sincera, non ci pensai neppure. Anche se di solito erigo robuste<br />

barriere protettive, sono abituata a insinuarmi nella mente delle persone<br />

quando colgo qualcosa di interessante, così come sono solita considerare il<br />

mio talento più uno svantaggio che un vantaggio, motivo per cui suppongo<br />

di sentirmi autorizzata a sfruttare tutto il poco divertimento che me ne può<br />

derivare.<br />

Stavo dando loro le spalle, impegnata a sgomberare un tavolo che<br />

avrei dovuto lasciare al nostro garzone, quindi ero abbastanza vicina da<br />

sentire cosa stavano dicendo.<br />

Halleigh rimase immobile per un lungo momento.<br />

– Nel mio cibo c’è una scatoletta – disse infine, tenendo la voce<br />

molto bassa, perché pensava che le sue proteste avrebbero potuto irritare<br />

Sam.<br />

– Lo so – rispose Andy. – L’ho fatta mettere io.<br />

A quel punto lei comprese, e il funzionamento del suo cervello<br />

cominciò ad accelerare, con i pensieri che praticamente si affastellavano<br />

gli uni sugli altri sulla spinta dell’entusiasmo.<br />

– Oh, Andy – sussurrò. Doveva aver aperto la scatoletta. Riuscii a<br />

stento a trattenermi dal voltarmi per guardarla in faccia.<br />

– Ti piace?<br />

– Sì, è splendido.<br />

– Vuoi accettarlo e portarlo?<br />

Seguì una pausa di silenzio. La mente di lei era molto confusa: una<br />

parte stava urlando di gioia, l’altra era turbata.<br />

– Sì, ma a una condizione – rispose infine, lentamente.<br />

Potei avvertire il senso di shock di Andy. Qualsiasi cosa si fosse<br />

aspettato, non si era trattato di questo.<br />

– E sarebbe? – domandò, in un tono che d’un tratto era molto più<br />

quello del poliziotto che non dell’innamorato.<br />

– Che andremo a vivere in una casa tutta nostra.<br />

– Cosa?<br />

Di nuovo aveva colto Andy di sorpresa.<br />

– Ho sempre avuto l’impressione che tu partissi dal presupposto che<br />

saresti rimasto nella casa della tua famiglia, con tua nonna e tua sorella,<br />

anche dopo esserti sposato. È una casa splendida, e tua nonna e Portia sono<br />

due donne eccezionali.<br />

Halleigh stava dimostrando di avere tatto.


– Però a me piacerebbe avere una casa tutta mia – concluse con<br />

gentilezza, conquistandosi la mia ammirazione.<br />

A quel punto dovetti per forza allontanarmi, perché avevo dei tavoli<br />

da servire, ma mentre riempivo dei boccali di birra, sgombravo i piatti<br />

vuoti e portavo altro denaro a Sam, alla cassa, continuai a sentirmi piena di<br />

meravigliato rispetto per la posizione assunta da Halleigh.<br />

La dimora dei Bellefleur era infatti la più bella di Bon Temps, e la<br />

maggior parte delle giovani donne sarebbe stata disposta a dare una o due<br />

dita pur di andare a viverci, soprattutto da quando la vecchia casa era stata<br />

ampiamente ristrutturata e rimodernata grazie al denaro proveniente da un<br />

misterioso sconosciuto. In realtà, quello sconosciuto era Bill; avendo<br />

scoperto che i Bellefleur erano suoi discendenti, lui si era reso conto che<br />

non avrebbero mai accettato denaro da un vampiro, quindi aveva<br />

organizzato tutta quella manovra della “misteriosa eredità”, e Caroline<br />

Bellefleur si era data da fare a spenderla per rimettere a nuovo la dimora<br />

con lo stesso entusiasmo con cui Andy divorava un cheeseburger.<br />

Andy mi intercettò qualche minuto più tardi, bloccandomi mentre ero<br />

diretta al tavolo di Sid Matt Lancaster, cosa che costrinse l’anziano<br />

avvocato ad aspettare un po’ più del dovuto per avere il suo hamburger con<br />

patatine.<br />

– Io devo sapere, Sookie – affermò, in tono urgente ma con voce<br />

molto bassa.<br />

– Che cosa, Andy? – domandai, allarmata dalla sua intensità.<br />

– Lei mi ama? – Nella sua mente era percepibile un senso di<br />

umiliazione per essere giunto a farmi quella domanda. Lui però era<br />

orgoglioso, e aveva bisogno di una rassicurazione di qualche tipo riguardo<br />

al fatto che Halleigh non voleva soltanto il suo cognome o la sua dimora di<br />

famiglia, come aveva scoperto essere il caso con altre donne. Ebbene,<br />

sapeva già come stavano le cose riguardo alla casa: Halleigh non la voleva,<br />

e Andy era disposto a trasferirsi con lei in una casa più piccola e umile, se<br />

davvero era innamorata di lui.<br />

Prima di allora, nessuno mi aveva mai chiesto una cosa del genere.<br />

Dopo aver desiderato per tanti anni che la gente mi credesse, che<br />

comprendesse il mio strano talento, stavo scoprendo che dopo tutto essere<br />

presa sul serio non mi piaceva poi molto. Andy però stava aspettando una<br />

risposta, e non gli potevo opporre un rifiuto, anche perché era uno degli<br />

uomini più cocciuti che avessi mai conosciuto.<br />

– Ti ama tanto quanto tu ami lei – dissi. Lui mi lasciò andare il<br />

braccio, permettendomi di proseguire verso il tavolo di Sid Matt, e nel


guardarmi indietro vidi che era ancora fermo a fissarmi.<br />

Ruminaci sopra, Andy Bellefleur, pensai. Subito dopo, mi vergognai<br />

un poco di me stessa... ma dopo tutto, lui non avrebbe dovuto farmi quella<br />

domanda, se non voleva conoscere la risposta.<br />

C’era qualcuno nei boschi circostanti la casa.<br />

Non appena rientrata, mi ero preparata per andare a letto, perché uno<br />

dei miei momenti favoriti, nell’arco della giornata, era quello in cui<br />

riuscivo infine a infilarmi la camicia da notte. La temperatura era<br />

abbastanza calda da non rendere necessaria una vestaglia, quindi stavo<br />

circolando per casa con indosso soltanto la mia vecchia T-shirt blu lunga<br />

fino al ginocchio; mentre lavavo i piatti, avevo teso l’orecchio ai suoni<br />

della notte, pervasa del gracchiare delle rane e del frinire degli insetti, e<br />

adesso stavo pensando di chiudere la finestra della cucina, perché in marzo<br />

l’aria notturna era ancora pungente.<br />

All’improvviso, quei suoni che avevano fatto apparire viva e<br />

amichevole la notte si interruppero senza preavviso.<br />

Mi immobilizzai con le mani immerse nell’acqua calda saponata.<br />

Sbirciare fuori nell’oscurità non servì a niente, tranne che a farmi rendere<br />

conto di quanto dovessi essere visibile io, in piedi davanti a una finestra<br />

spalancata dalle tende aperte. Il cortile era rischiarato dalla luce di<br />

sicurezza, ma al di là degli alberi che cingevano la radura, il bosco si<br />

stendeva cupo e silenzioso.<br />

Là fuori c’era qualcosa. Cercai di sondare con la mente e trovai<br />

un’attività di qualche tipo, però non abbastanza nitida da poter essere<br />

definita.<br />

Pensai allora di telefonare a Bill, ma lo avevo già fatto altre volte in<br />

passato, quando avevo temuto per la mia sicurezza, e non potevo<br />

permettere che la cosa diventasse un’abitudine. Oppure... forse<br />

l’osservatore annidato nel bosco era Bill stesso. A volte, andava in giro di<br />

notte, e di tanto in tanto passava a controllare come stavo. Il mio sguardo<br />

si appuntò sul telefono fissato alla parete, sopra l’estremità del piano di<br />

cucina (o meglio, sopra dove si sarebbe trovato il piano di cucina, una<br />

volta installato).<br />

Il mio nuovo telefono era un cordless, quindi avrei potuto afferrarlo,<br />

trincerarmi in camera da letto e chiamare Bill in un istante, visto che il suo<br />

numero era registrato nella selezione rapida. Se lui mi avesse risposto,<br />

avrei saputo che ciò che si trovava nel bosco era qualcosa di cui mi dovevo<br />

preoccupare.<br />

Se però si fosse trovato in casa, si sarebbe precipitato da me, perché


avrebbe interpretato la mia chiamata come un: “Oh, Bill, per favore, vieni<br />

a salvarmi! Non so cosa altro fare, se non chiamare in mio soccorso un<br />

grosso, forte vampiro!”<br />

Alla fine, mi costrinsi ad ammettere di sapere già che ciò che si<br />

trovava nel bosco, qualsiasi cosa fosse, non era Bill. Avevo percepito un<br />

segnale cerebrale di qualche tipo, mentre se si fosse trattato di un vampiro<br />

non avrei intercettato niente; solo in due occasioni avevo colto un fugace<br />

segnale mentale proveniente da un vampiro, ed era stato simile a una<br />

scarica di energia elettrica in una condizione di assenza di corrente.<br />

Inoltre, il telefono era vicino alla porta posteriore, che non era chiusa<br />

a chiave.<br />

Una volta che mi fui ricordata della porta aperta, nulla al mondo<br />

avrebbe potuto farmi rimanere vicino al lavandino. Mi precipitai alla porta,<br />

uscii sul portico posteriore e feci scattare il chiavistello della porta esterna<br />

in vetro, poi rientrai in cucina e sprangai il pesante battente di legno, che<br />

avevo fatto munire di catenella e di un chiavistello di sicurezza.<br />

Quando ebbi finito, mi appoggiai contro di esso. Meglio di chiunque<br />

altro, sapevo quanto porte e serrature fossero inutili. Per un vampiro,<br />

quella barriera fisica era praticamente inesistente... ma un vampiro aveva<br />

bisogno di un invito per poter entrare. Le porte costituivano un ostacolo<br />

maggiore per i mannari, però non erano lo stesso un problema perché,<br />

grazie alla loro forza incredibile, i mannari potevano andare dove<br />

volevano. Lo stesso valeva per ogni altro tipo di mutaforma.<br />

Allora, perché diavolo non lasciavo la mia casa aperta a tutto e a<br />

tutti?<br />

Comunque, mi sentivo meravigliosamente meglio, adesso che<br />

c’erano due porte sprangate fra me e ciò che si annidava nei boschi.<br />

Sapevo che anche la porta anteriore era chiusa e sprangata, dato che non<br />

veniva aperta da giorni, in quanto non ricevevo molte visite e di solito<br />

entravo e uscivo dal retro.<br />

Con cautela, tornai alla finestra, che chiusi e bloccai, tirando anche le<br />

tende. Avevo fatto tutto il possibile per aumentare la mia sicurezza, quindi<br />

tornai a dedicarmi ai piatti da lavare. Per un momento, dovetti<br />

appoggiarmi al lavandino per aspettare che le gambe smettessero di<br />

tremarmi, cosa che fece apparire una chiazza di bagnato sul davanti della<br />

mia T-shirt, ma mi costrinsi a continuare fino a quando tutti i piatti furono<br />

nello scolapiatti e il lavandino fu pulito e asciutto.<br />

A quel punto, tornai a tendere l’orecchio. I boschi continuavano a<br />

essere silenziosi, ma per quanto rimanessi in ascolto con tutti i sensi a mia


disposizione, quel vago segnale non tornò a registrarsi nel mio cervello.<br />

Era scomparso.<br />

Per qualche tempo rimasi seduta in cucina, con la mente ancora<br />

sottosopra, ma poi mi costrinsi a seguire la consueta routine notturna.<br />

Quando mi spazzolai i denti, il battito del mio cuore era ormai tornato alla<br />

normalità, e nell’infilarmi nel letto giunsi quasi a persuadermi che non era<br />

successo niente là fuori, nella silenziosa oscurità. Quasi, perché sto sempre<br />

attenta a essere onesta con me stessa, e sapevo che qualche creatura si era<br />

aggirata nel mio bosco, qualcosa di ben più grosso e temibile di un<br />

procione.<br />

Avevo spento da poco la luce quando sentii insetti e rane avviare di<br />

nuovo il loro coro, e quando esso continuò ininterrotto, infine mi<br />

addormentai.


Capitolo quarto<br />

Quando mi alzai, il mattino successivo, composi il numero di mio<br />

fratello; non avevo trascorso una buona nottata, ma se non altro ero<br />

riuscita a dormire un poco. Jason rispose al secondo squillo.<br />

– Pronto – disse, in tono un poco distratto.<br />

– Ciao, fratello, come ti vanno le cose?<br />

– Senti, ti devo parlare, ma adesso non posso farlo. Passerò da te,<br />

probabilmente fra un paio d’ore – rispose, e chiuse la comunicazione senza<br />

neppure salutare, dando l’impressione di essere molto preoccupato per<br />

qualcosa. Bene, avevo proprio bisogno di un’altra complicazione.<br />

Lanciai un’occhiata all’orologio, riflettendo che un paio d’ore mi<br />

avrebbero dato il tempo di lavarmi e di fare un salto in città, al negozio di<br />

alimentari, visto che Jason sarebbe arrivato verso mezzogiorno e che, se lo<br />

conoscevo bene, si sarebbe aspettato di trovare il pranzo pronto. Raccolsi i<br />

capelli in una coda di cavallo, poi li ripiegai e fermai con l’elastico in<br />

modo da ottenere una specie di ciuffo a ventaglio che mi ondeggiasse<br />

sopra la testa; anche se cercavo di non ammetterlo con me stessa, pensavo<br />

che quello stile di pettinatura fosse divertente e, in certa misura, grazioso.<br />

Era una di quelle fresche e pungenti mattine di marzo, del genere che<br />

promette un pomeriggio caldo; il cielo era così luminoso e soleggiato da<br />

risollevarmi lo spirito, ed entrai in Bon Temps con il finestrino abbassato,<br />

cantando a pieni polmoni insieme alla radio. Quella mattina, avrei cantato<br />

perfino insieme a Weird Al Yankovic.<br />

Mentre oltrepassavo i boschi, qualche casa e un campo pieno di<br />

mucche (e di un paio di bufali... non si sa mai cosa la gente sceglie di<br />

allevare), il disk jockey suonò Blue Hawaii, presentandolo come un grande<br />

successo del passato, e io mi trovai a chiedermi dove fosse il vampiro ora<br />

conosciuto come Bubba. Non lo vedevo più da tre o quattro settimane, ma<br />

forse i vampiri della Louisiana lo avevano spostato in un altro<br />

nascondiglio, o forse se ne era andato per i fatti suoi, come faceva di tanto<br />

in tanto. Era in quelle occasioni che si vedevano poi apparire lunghi<br />

articoli su quei giornali scandalistici che sono in vendita al supermercato,<br />

vicino alla cassa.<br />

Proprio mentre stavo vivendo quel momento di beata felicità e di<br />

appagamento, fui assalita da una di quelle idee vagabonde che affiorano<br />

nei momenti più impensati.


Quanto sarebbe bello se Eric fosse qui con me in macchina, pensai.<br />

Sarebbe davvero splendido, con i capelli agitati dal vento, e saprebbe<br />

apprezzare questo momento. Certo, prima di essere incenerito dal sole.<br />

Poi mi resi conto di aver pensato a Eric perché quello era il genere di<br />

giornata che si desiderava condividere con la persona a cui si teneva<br />

maggiormente, la persona di cui si gradiva di più la compagnia, e quella<br />

persona sarebbe stata Eric, se fosse stato ancora come era quando si<br />

trovava sotto l’effetto della maledizione scagliatagli contro da una strega...<br />

un Eric che non era stato indurito da secoli di politica vampiresca, che non<br />

provava disprezzo per gli umani e per i loro affari, che non era a capo di<br />

numerose imprese finanziarie e non era responsabile della vita e delle<br />

entrate di numerosi umani e vampiri.<br />

In altre parole, l’Eric che lui non sarebbe mai più tornato a essere.<br />

Ding-dong, la strega era morta ed Eric era tornato al suo carattere di<br />

sempre. Questo Eric nuovamente integro era guardingo nei miei confronti,<br />

mi era affezionato e non si fidava affatto di me (o dei suoi sentimenti).<br />

Esalai un profondo sospiro e la canzone mi morì sulle labbra. Stava<br />

per estinguersi anche nel mio cuore quando mi ingiunsi di smetterla di fare<br />

l’idiota malinconica. Ero giovane, ero sana, la giornata era splendida e<br />

avevo in vista un appuntamento per venerdì sera. A quel punto mi promisi<br />

un trattamento speciale, e invece di andare direttamente all’alimentari<br />

passai da Tara’s Togs, di proprietà della mia amica Tara Thornton.<br />

Non vedevo più Tara da qualche tempo, perché si era presa una<br />

vacanza per andare a far visita a una zia, nel Texas meridionale, e al ritorno<br />

aveva lavorato al negozio fino a tarda ora, o almeno questo era ciò che mi<br />

aveva detto quando le avevo telefonato per ringraziarla per la macchina.<br />

Quando la mia cucina era bruciata, anche la mia auto era andata a fuoco, e<br />

Tara mi aveva prestato la sua vecchia macchina, una Malibu di due anni,<br />

perché si era procurata un’auto nuova (meglio non sapere come) e non<br />

aveva ancora avuto modo di vendere la Malibu.<br />

Con mio estremo stupore, circa un mese prima, Tara mi aveva<br />

spedito per posta il certificato di proprietà e l’atto di vendita dell’auto,<br />

insieme a una lettera in cui diceva che adesso essa era mia. Io l’avevo<br />

chiamata per protestare, ma lei si era mostrata inamovibile, e alla fine non<br />

mi era rimasto altro da fare se non accettare con buona grazia quel dono.<br />

Sapevo che lei lo considerava una sorta di pagamento per averla<br />

tirata fuori da una terribile situazione; per aiutarla io mi ero dovuta<br />

indebitare con Eric, ma non mi era dispiaciuto, perché Tara era mia amica<br />

da tutta la vita. Adesso era al sicuro, sempre che fosse stata abbastanza


furba da tenersi alla larga dal mondo soprannaturale.<br />

Pur essendo grata e sollevata per il fatto di possedere il veicolo più<br />

nuovo che avessi mai avuto, sarei stata più felice se la nostra amicizia<br />

fosse rimasta ininterrotta; finora mi ero tenuta a distanza, supponendo che<br />

la mia presenza ricordasse a Tara troppe cose spiacevoli, ma adesso mi<br />

sentivo di tentare di strappare quel velo che ci divideva. Forse, Tara aveva<br />

avuto abbastanza tempo per riprendersi.<br />

Tara’s Togs si trovava in un centro commerciale sul lato meridionale<br />

di Bon Temps. Davanti al negozio era parcheggiata un’altra macchina, e<br />

nel vederla decisi che la presenza di una terza persona sarebbe stata utile,<br />

in quanto avrebbe reso l’incontro meno personale.<br />

Quando entrai, Tara era impegnata a servire Portia, la sorella di Andy<br />

Bellefleur, quindi cominciai a esaminare i capi di taglia dieci, e poi quelli<br />

di taglia otto. Portia era seduta al tavolo della ditta Isabelle’s, il che era<br />

estremamente interessante, in quanto Tara era la rappresentante locale<br />

della Isabelle’s Bridal, una ditta nazionale il cui catalogo è una sorta di<br />

bibbia per tutte le cose connesse al matrimonio. È anche possibile<br />

visionare campioni dei vestiti da damigella presso il rappresentante locale,<br />

in modo da poter poi ordinare la taglia giusta, e ogni vestito viene fornito<br />

in venti colori diversi; i vestiti da sposa, venticinque diversi modelli, sono<br />

altrettanto famosi. La ditta fornisce anche inviti per la festa di consegna<br />

dei regali, decorazioni, giarrettiere, doni per le damigelle e qualsiasi altro<br />

articolo immaginabile connesso al matrimonio. Nonostante tutto questo,<br />

però, Isabelle’s era pur sempre una ditta che si rivolgeva alla classe media,<br />

mentre Portia era senza dubbio una donna dell’alta borghesia.<br />

Dal momento che viveva con sua nonna e suo fratello nella dimora<br />

dei Bellefleur, su Magnolia Street, Portia era cresciuta circondata da una<br />

sorta di decadente splendore gotico, e adesso che la dimora era stata<br />

riparata, e che sua nonna riceveva più spesso ospiti, lei era apparsa<br />

decisamente più felice, nelle occasioni in cui mi era capitato di<br />

intravederla in città. Portia non veniva spesso da Merlotte’s, ma quando lo<br />

faceva aveva più tempo da dedicare agli altri, e a volte arrivava perfino a<br />

sorridere. Appena oltre la trentina, insignificante, aveva come unica<br />

attrattiva i folti e lucidi capelli castani.<br />

Adesso stava pensando matrimonio, e Tara stava pensando soldi.<br />

– Devo parlare di nuovo con Halleigh, ma credo che ci serviranno<br />

quattrocento inviti – stava dicendo Portia. Sentii la mascella che mi si<br />

rilassava per lo stupore.<br />

– D’accordo, Portia. Se non ti secca pagare l’urgenza, possiamo


averli entro dieci giorni.<br />

– Oh, bene – annuì Portia, compiaciuta. – Naturalmente, Halleigh e<br />

io avremo vestiti diversi, ma abbiamo pensato di cercare di scegliere lo<br />

stesso abito per tutte le damigelle, magari in colori differenti. Che ne<br />

pensi?<br />

Io pensavo che avrei finito per morire di curiosità. Anche Portia stava<br />

per sposarsi? Con quel contabile di Clarice, magro come uno stecco, con<br />

cui era uscita ultimamente? Tara intravide la mia espressione al di sopra<br />

dell’espositore di abiti, e mentre Portia era intenta a esaminare il catalogo<br />

mi strizzò l’occhio: era decisamente soddisfatta di avere una cliente ricca,<br />

e a quanto pareva le cose erano a posto fra noi due. Mi sentii pervadere dal<br />

sollievo.<br />

– Credo che avere lo stesso abito in colori diversi... che armonizzino,<br />

è ovvio... sarebbe davvero originale – affermò Tara. – Quante saranno le<br />

damigelle?<br />

– Cinque per ciascuna – rispose Portia, sempre concentrata sulla<br />

pagina che aveva davanti. – Posso portare a casa una copia del catalogo?<br />

In questo modo, Halleigh e io potremo esaminarlo stanotte.<br />

– Ne ho una sola copia, perché uno dei modi in cui Isabelle’s<br />

accumula soldi è facendo pagare uno sproposito per ogni dannato catalogo<br />

– replicò Tara, con un accattivante sorriso. Sapeva vendersi bene, quando<br />

era necessario. – Comunque, ti permetterò di portarlo a casa se mi giuri e<br />

mi prometti di restituirlo domani.<br />

Portia eseguì il gesto infantile di tracciarsi sul cuore il segno della<br />

croce e si infilò sotto il braccio lo spesso catalogo; quel giorno sfoggiava<br />

uno dei suoi “completi da avvocato”, gonna e giacca di una sorta di tweed<br />

marrone, con sotto una camicetta di seta, il tutto abbinato a calze beige e a<br />

scarpe a tacco basso e borsetta dello stesso colore. Un insieme monotono e<br />

piatto.<br />

Portia era eccitata, e la sua mente era una carambola di immagini<br />

felici. Sapeva che come sposa sarebbe apparsa un po’ stagionata,<br />

soprattutto al confronto di Halleigh, ma finalmente sarebbe stata una<br />

sposa!<br />

Avrebbe avuto la sua parte del divertimento, i regali, l’attenzione e<br />

gli abiti, per non parlare dell’avere infine un marito. Nel sollevare lo<br />

sguardo, mi vide aggirarmi fra gli espositori di vestiti, ma quel giorno la<br />

sua felicità era tanto profonda da arrivare a inglobare perfino me.<br />

– Ciao, Sookie – salutò, raggiante. – Andy mi ha detto di come lo hai<br />

aiutato a organizzare la sua piccola sorpresa per Halleigh. Lo apprezzo


davvero molto.<br />

– È stato divertente – risposi, sfoggiando a mia volta un sorriso<br />

cortese. – Allora è vero che dobbiamo fare le congratulazioni anche a te? –<br />

aggiunsi. Sapevo che non ci si sarebbe dovuti congratulare con la sposa,<br />

ma soltanto con lo sposo, però non ritenevo che a Portia la cosa potesse<br />

seccare.<br />

E infatti non le dispiacque affatto.<br />

– In effetti, sto per sposarmi – confessò, – e abbiamo deciso di tenere<br />

una cerimonia doppia, insieme a Andy e a Halleigh. Il ricevimento si terrà<br />

a casa.<br />

Era ovvio. Perché avere una dimora del genere, se poi non vi si<br />

tenevano dei ricevimenti?<br />

– Ci sarà parecchio da lavorare per organizzare un matrimonio del<br />

genere per... per quando? – domandai, cercando di mostrarmi comprensiva<br />

e interessata.<br />

– Aprile. Non me ne parlare – rise Portia. – La nonna è già fuori di<br />

sé. Ha chiamato ogni servizio di catering che conosce per trovare qualcuno<br />

che fosse disponibile per la seconda settimana di aprile e alla fine ha<br />

trovato la Extreme(ly Elegant) Events, che si era liberata a causa<br />

dell’annullamento di un’altra prenotazione. Inoltre, il tizio che gestisce lo<br />

Sculptured Forest, a Shreveport, passerà a trovarla questo pomeriggio.<br />

Almeno secondo gli onnipresenti cartelli pubblicitari, lo Sculptured<br />

Forest era il più grande centro di progettazione paesaggistica e il principale<br />

vivaio di piante della zona.<br />

L’aver assunto sia lo Sculptured Forest sia la Extreme(ly Elegant)<br />

Events significava che quel doppio matrimonio sarebbe stato l’evento<br />

sociale dell’anno, a Bon Temps.<br />

– Stiamo pensando a un matrimonio all’aperto, a casa, con tendoni<br />

montati nel giardino – spiegò Portia. – Se dovesse piovere, dovremo<br />

spostarci in chiesa, e trasferire il ricevimento presso il Renard Parish<br />

Community Building. Terremo le dita incrociate.<br />

– Mi sembra splendido – affermai, non riuscendo a trovare altro da<br />

dire. – Ma come farai a continuare a lavorare, con tutte queste cose da<br />

organizzare?<br />

– Me la caverò, in qualche modo.<br />

Mi chiesi il perché di tanta premura. Perché le due coppie felici non<br />

volevano aspettare l’estate, quando Halleigh non avrebbe lavorato? Perché<br />

non attendereche Portia potesse liberare il proprio calendario dagli<br />

impegni e concedersi un matrimonio e una luna di miele come si deve? E


poi, l’uomo che frequentava non era un contabile? Di certo, la stagione<br />

delle tasse era il peggior periodo possibile in cui decidere di sposarsi.<br />

O forse... che Portia fosse incinta? Se così era, però, lei non ci stava<br />

pensando affatto, e dubitavo che in caso di gravidanza sarebbe riuscita a<br />

pensare ad altro. Accidenti, se mai avessi scoperto di essere incinta, io<br />

sarei stata così felice! A patto, naturalmente, che l’uomo in questione mi<br />

amasse e volesse sposarmi, perché non ero abbastanza forte da allevare un<br />

bambino da sola, e mia nonna si sarebbe rivoltata nella tomba se fossi<br />

diventata una ragazza madre. Da quel punto di vista, l’evolversi della<br />

mentalità moderna le era passata accanto senza neppure scomporle un<br />

capello.<br />

Con tutti questi pensieri che mi ronzavano per la testa, impiegai un<br />

minuto a elaborare le parole successive di Portia.<br />

– Cerca quindi di tenerti libera per il secondo sabato di aprile – stava<br />

dicendo, con la cosa più simile a un sorriso affascinante che le fosse<br />

possibile sfoggiare.<br />

Promisi che lo avrei fatto, faticando a mettere insieme le parole a<br />

causa dello stupore. Portia doveva essere tanto eccitata per il matrimonio<br />

imminente da dare i numeri.<br />

Perché mai la mia presenza poteva essere desiderata alla cerimonia?<br />

Io non ero certo amica intima di nessuno dei Bellefleur.<br />

– Intendiamo chiedere a Sam di occuparsi del bar, al ricevimento –<br />

proseguì intanto Portia, e subito il mio mondo tornò ad allinearsi secondo<br />

schemi più familiari: voleva che fossi presente per aiutare Sam.<br />

– Sarà un matrimonio pomeridiano? – chiesi.<br />

Sapevo che a volte Sam accettava lavori esterni, ma di solito il sabato<br />

era una giornata di lavoro intenso, da Merlotte’s.<br />

– No, sarà di sera – precisò Portia. – Però ho già parlato con Sam<br />

questa mattina, e lui ha acconsentito.<br />

– Allora d’accordo – dissi.<br />

Portia arrossì, evidentemente cogliendo nel mio tono più di quanto in<br />

effetti ci fosse stato.<br />

– Glen ha alcuni clienti che desidera invitare, e che possono venire<br />

solo di sera – spiegò, anche se non le avevo chiesto nulla. Glen Vicks era il<br />

contabile... finalmente avevo estrapolato il suo cognome dalla memoria.<br />

Poi, ogni elemento del puzzle andò al suo posto, e compresi infine la causa<br />

dell’imbarazzo di Portia: evidentemente, i clienti di Glen erano vampiri.<br />

Bene, bene, bene.<br />

– Di certo sarà un matrimonio splendido, e sono impaziente di


assistervi – sorrisi, – dal momento che sei stata così gentile da invitarmi.<br />

Il mio fraintendimento era deliberato e, come previsto, ebbe l’effetto<br />

di farla arrossire ancora di più. Per associazione di idee, questo mi fece<br />

venire in mente un’altra cosa, tanto importante da indurmi a violare una<br />

delle mie regole personali.<br />

– Portia – dissi, lentamente, perché volevo essere certa che capisse<br />

cosa intendevo, – dovresti invitare Bill Compton.<br />

Portia detestava Bill... provava avversione per tutti i vampiri... ma in<br />

passato era uscita con lui per portare avanti uno dei suoi complotti<br />

personali, e Bill a quell’epoca aveva assecondato la sua finzione di provare<br />

interesse per lui anche se si era reso conto che la sua sola vicinanza le<br />

faceva accapponare la pelle, perché aveva voluto scoprire quali fossero le<br />

sue effettive intenzioni. Soltanto in seguito aveva scoperto che i Bellefleur<br />

erano i suoi soli parenti superstiti, e che Portia era in effetti la sua pro-propro-pro-pro-pronipote,<br />

o qualcosa del genere; a quel punto, aveva fatto<br />

avere loro, in via anonima, una spropositata quantità di denaro.<br />

Potevo “sentire” quello che Portia stava pensando, e cioè che avevo<br />

voluto ricordarle di proposito le poche volte in cui era uscita con Bill.<br />

Quella era una cosa che non gradiva rammentare, e la irritava che io<br />

l’avessi rispolverata.<br />

– Perché me lo suggerisci? – mi chiese in tono freddo,<br />

guadagnandosi la mia ammirazione per non essere semplicemente uscita<br />

dal negozio a passo di carica. Tara intanto stava mostrando di essere<br />

impegnata al tavolo della ditta Isabelle’s, ma sapevo che stava ascoltando<br />

la nostra conversazione, perché il suo udito era perfetto.<br />

Dopo un feroce dibattito interiore, alla fine ciò che Bill voleva ebbe<br />

la meglio su ciò che io volevo per lui.<br />

– Non ha importanza – dissi con riluttanza. – È il tuo matrimonio,<br />

spetta a te decidere gli inviti.<br />

Portia mi stava guardando come se mi stesse vedendo davvero per la<br />

prima volta.<br />

– Lo frequenti ancora? – domandò.<br />

– No, adesso lui esce con Selah Pumphrey – replicai, in tono piatto e<br />

vuoto.<br />

Portia mi trapassò con un’occhiata indecifrabile e, senza aggiungere<br />

una parola, si avviò verso la sua macchina.<br />

– Cosa diavolo è successo fra voi due? – domandò Tara.<br />

Non potevo rispondere, quindi cambiai argomento, scegliendone uno<br />

che fosse più vicino al cuore di commerciante di Tara.


– Sono felice che gli affari ti vadano bene – dissi.<br />

– Lo sono anch’io. Se non avesse dovuto combinare tutto in così<br />

poco tempo, puoi scommettere che Portia Bellefleur non si sarebbe mai<br />

servita di Isabelle’s – replicò con franchezza Tara. – Se ne avesse avuto la<br />

possibilità, sarebbe andata e venuta da Shreveport un milione di volte per<br />

sistemare tutto; quanto a Halleigh, è semplicemente trascinata sulla scia di<br />

Portia, poveretta. Passerà di qui questo pomeriggio, e io le mostrerò le<br />

stesse cose che ho fatto vedere a Portia... cose che lei sarà costretta ad<br />

approvare. Comunque, tanto meglio per me. Vogliono il pacchetto<br />

completo, perché il sistema usato da Isabelle garantisce la consegna di<br />

tutto nei tempi stabiliti: inviti, biglietti di ringraziamento, vestiti,<br />

giarrettiere, doni per le damigelle, perfino l’abito per la madre della<br />

sposa... la Signora Caroline ne comprerà uno, e anche la madre di<br />

Halleigh... prenderanno tutto qui, direttamente da me, o dal catalogo di<br />

Isabelle’s. A proposito, cosa ti ha portata da queste parti? – chiese quindi,<br />

squadrandomi da capo a piedi.<br />

– Mi serve un vestito per un appuntamento. Andremo a vedere una<br />

commedia, a Shreveport – spiegai. – Poi devo andare all’alimentari e<br />

tornare a casa per cucinare il pranzo a Jason. Allora, hai qualcosa da<br />

mostrarmi?<br />

– Oh, devo avere qualche cosetta – rispose Tara, con un sorriso ora<br />

degno di un predatore.


Capitolo quinto<br />

Jason arrivò un po’ in ritardo, cosa di cui fui contenta, perché quando<br />

si presentò avevo finito di cuocere la pancetta e stavo mettendo gli<br />

hamburger nella padella; inoltre, avevo aperto il pacchetto dei panini,<br />

mettendone due sul piatto di Jason, e avevo sistemato sul tavolo un<br />

sacchetto di patatine, oltre a versare un bicchiere di tè e metterlo accanto al<br />

suo posto. Jason entrò senza bussare, come faceva sempre. Almeno<br />

esteriormente, non era cambiato molto da quando era diventato una<br />

pantera mannara, dato che era sempre biondo e attraente, alla vecchia<br />

maniera: quello che intendo è che lui aveva un aspetto piacevole, ma era<br />

anche il genere di uomo che tutti si soffermavano a guardare al suo<br />

ingresso in una stanza. Oltre ad avere fascino, aveva sempre avuto anche<br />

una vena di cattiveria, però da quando era stato trasformato aveva<br />

cominciato in certa misura a comportarsi da persona migliore, per quanto<br />

non fossi ancora riuscita a stabilire da cosa questo potesse dipendere.<br />

Forse, diventare un animale selvaggio una volta al mese bastava a<br />

soddisfare qualche desiderio inconscio di cui lui non era stato consapevole.<br />

Dal momento che la sua trasformazione non era genetica, ma causata<br />

da un morso, lui era diventato una sorta di ibrido. In un primo momento,<br />

ne era rimasto deluso, ma adesso aveva superato la cosa, e da parecchi<br />

mesi stava frequentando una ragazza che era una pantera mannara<br />

purosangue, Crystal; lei viveva in una minuscola comunità che si trovava<br />

ad alcuni chilometri di distanza, in aperta campagna... e potete credermi se<br />

vi dico che l’aperta campagna circostante Bon Temps, Louisiana, è<br />

davvero tale.<br />

Recitata una breve preghiera, cominciammo a mangiare, ma Jason<br />

non si lanciò sul cibo con l’abituale entusiasmo; dal momento che a me<br />

l’hamburger sembrava essere buono come sempre, supposi che la sua<br />

mente fosse concentrata su qualcosa d’importante, senza però essere grado<br />

di leggere di cosa si trattasse, perché da quando lui era stato trasformato, i<br />

suoi pensieri non erano più altrettanto decifrabili.<br />

Cosa che, per lo più, era fonte di sollievo.<br />

Dopo un paio di bocconi, Jason posò l’hamburger e il suo intero<br />

atteggiamento esteriore cambiò: era pronto a parlare.<br />

– C’è qualcosa che ti devo dire – annunciò. – Crystal non vuole che<br />

ne parli con nessuno, ma io sono davvero molto preoccupato per lei. Ieri...


ha avuto un aborto spontaneo.<br />

Chiusi gli occhi per alcuni secondi, durante i quali fui assalita da<br />

venti pensieri diversi, senza riuscire a completare nessuno di essi.<br />

– Mi dispiace moltissimo – replicai. – Spero che lei stia bene...<br />

– Non vuole andare dal dottore – affermò Jason, fissandomi, del tutto<br />

dimentico del cibo nel piatto.<br />

– Ma deve farlo – obiettai in tono ragionevole. – Ha bisogno di un<br />

D&R. – Non sapevo con esattezza cosa significasse quell’acronimo, D&R,<br />

ma sapevo che dopo un aborto spontaneo si doveva andare in ospedale, e<br />

che questa era la terapia a cui si era sottoposti. La mia amica e collega<br />

Arlene era stata sottoposta a un D&R, e me ne aveva parlato parecchie<br />

volte. Davvero parecchie. – Ecco, consiste nel... – proseguii, ma Jason mi<br />

interruppe subito.<br />

– Ehi, non c’è bisogno che tu me lo dica – mi bloccò, mostrandosi<br />

estremamente a disagio. – So soltanto che lei non vuole andare<br />

all’ospedale a causa del fatto che è una pantera mannara. Ci è dovuta<br />

andare quando è stata ferita da quel maiale selvatico, proprio come Calvin<br />

ha dovuto andarci quando gli hanno sparato, ma entrambi sono guariti<br />

tanto in fretta da suscitare commenti fra i dottori, stando a quanto Crystal<br />

ha sentito dire, per cui adesso lei non ci vuole tornare. È a casa mia, ma...<br />

ecco, non sta bene, e sta peggiorando, invece di migliorare.<br />

– Cosa succede? – domandai.<br />

– Perde troppo sangue, e le gambe non funzionano a dovere – spiegò<br />

Jason, deglutendo a fatica. – Riesce a stento a reggersi in piedi, tanto meno<br />

a camminare.<br />

– Hai chiamato Calvin? – incalzai. Calvin Norris, lo zio di Crystal,<br />

era il capo della piccola comunità di pantere mannare di Hotshot.<br />

– Non vuole che lo informi. Ha paura che Calvin mi uccida per<br />

essere stato con lei. Non voleva che lo dicessi neppure a te, ma ho bisogno<br />

di aiuto.<br />

Anche se sua madre era morta, Crystal aveva parenti di sesso<br />

femminile in abbondanza a Hotshot, e ciascuna di esse ne avrebbe di certo<br />

saputo più di me riguardo a quella situazione, dato che non avevo mai<br />

avuto un bambino, non ero mai stata incinta, e non ero una mutaforma.<br />

Provai a spiegarlo a Jason.<br />

– Non voglio che rimanga seduta per tutto il tempo necessario ad<br />

andare a Hotshot, soprattutto non nel mio furgone – ribatté, mostrandosi<br />

cocciuto come un mulo.<br />

Per un minuto pensai che la sua maggiore preoccupazione fosse che


Crystal gli macchiasse di sangue i sedili, e stavo per saltargli alla gola,<br />

quando lui aggiunse: – Le sospensioni hanno bisogno di essere sostituite, e<br />

ho il terrore che essere sballottata nel furgone su quella strada dissestata<br />

possa peggiorare le sue condizioni.<br />

Stando così le cose, avrebbero potuto essere le sue parenti ad andare<br />

da Crystal, ma ancora prima di aprire bocca compresi che Jason avrebbe<br />

trovato un motivo per porre il veto anche a quella soluzione. Era chiaro<br />

che aveva in mente un piano di qualche tipo.<br />

– D’accordo – mi arresi. – Cosa vuoi che faccia?<br />

– Non mi hai forse detto che quella volta in cui sei rimasta ferita, i<br />

vampiri hanno chiamato un dottore speciale perché si occupasse della tua<br />

schiena?<br />

Non mi andava di pensare a quella notte. La mia schiena recava<br />

ancora le cicatrici causate dall’attacco della menade, e il veleno presente<br />

nei suoi artigli per poco non mi aveva uccisa.<br />

– Sì, la Dottoressa Ludwig – confermai, lentamente. Medico curante<br />

di tutte le creature strane e soprannaturali, la Dottoressa Ludwig era lei<br />

stessa a dir poco strana. Era estremamente bassa... molto, molto bassa, e i<br />

suoi lineamenti non erano proprio normali, tanto che per me sarebbe stata<br />

una notevole sorpresa scoprire che era del tutto umana. Mi era capitato di<br />

vederla per una seconda volta durante il combattimento per il ruolo di<br />

capobranco, e in entrambe le occasioni mi ero trovata a Shreveport, per cui<br />

c’erano buone probabilità che quello fosse il posto dove viveva.<br />

Dal momento che non volevo trascurare la soluzione più ovvia, tirai<br />

fuori l’elenco telefonico di Shreveport dal cassetto sottostante il telefono a<br />

parete: in effetti, risultava una Dottoressa Amy Ludwig. Amy? Faticai a<br />

reprimere una risata.<br />

Contattare direttamente la Dottoressa Ludwig mi creava non poco<br />

nervosismo, ma quando vidi quanto Jason fosse preoccupato, non me la<br />

sentii di protestare all’idea di fare una semplice, miserabile telefonata.<br />

Il telefono squillò quattro volte, poi entrò in funzione una segreteria<br />

telefonica, e una voce meccanica recitò: “Risponde la segreteria telefonica<br />

della Dottoressa Amy Ludwig. La Dottoressa Ludwig non accetta nuovi<br />

pazienti, forniti o meno di assicurazione, non desidera ricevere campioni<br />

farmaceutici e non ha bisogno di assicurazioni di nessun tipo. Inoltre, non<br />

è interessata a investire il suo denaro o a fare elargizioni a enti di<br />

beneficienza che non abbia scelto personalmente”. Seguì una lunga pausa<br />

di silenzio, nel corso della quale, presumibilmente, la maggior parte delle<br />

persone che chiamava interrompeva la comunicazione. Io non lo feci, e


dopo un momento sentii un altro scatto sulla linea.<br />

– Pronto? – disse una vocetta burbera.<br />

– La Dottoressa Ludwig? – domandai, cauta.<br />

– Sì. Non accetto nuovi pazienti! Sono troppo impegnata – dichiarò,<br />

mostrandosi insieme cauta e impaziente.<br />

– Sono Sookie Stackhouse. Lei è la Dottoressa Ludwig che mi ha<br />

curata nell’ufficio di Eric, al Fangtasia?<br />

– Lei è la giovane donna avvelenata dagli artigli della menade?<br />

– Sì. Ci siamo riviste alcune settimane fa, ricorda?<br />

– E dove sarebbe successo? – chiese. Lo ricordava benissimo, ma<br />

voleva un’altra prova della mia identità.<br />

– In un edificio vuoto, in una zona industriale.<br />

– E chi stava dirigendo lo spettacolo, laggiù?<br />

– Un grosso uomo calvo, di nome Quinn.<br />

– Oh, d’accordo – sospirò la dottoressa. – Che cosa vuole? Sono<br />

piuttosto impegnata.<br />

– Ho una paziente per lei. La prego di visitarla.<br />

– Portatela da me.<br />

– Sta troppo male per poter essere spostata.<br />

Sentii la dottoressa borbottare fra sé, ma non riuscii a decifrare le sue<br />

parole.<br />

– Uff – sbuffò infine. – Va bene, Signorina Stackhouse, mi spieghi<br />

qual è il problema.<br />

Le riferii la cosa come meglio potevo, mentre Jason si aggirava per la<br />

cucina, troppo preoccupato per riuscire a rimanere seduto e fermo.<br />

– Idioti. Stupidi – dichiarò infine la Dottoressa Ludwig. – Mi spieghi<br />

come arrivare a casa sua, poi mi potrà portare dove si trova la ragazza.<br />

– Potrei dover uscire per andare al lavoro prima che lei arrivi qui –<br />

obiettai, dopo aver guardato l’orologio e aver calcolato quanto tempo la<br />

dottoressa avrebbe impiegato ad arrivare da Shreveport. – Troverà mio<br />

fratello ad aspettarla.<br />

– È lui il responsabile?<br />

Non avevo idea se la dottoressa si stesse riferendo alla parcella per i<br />

suoi servizi o alla gravidanza, ma comunque fosse, le risposi senza mezzi<br />

termini che il responsabile era Jason.<br />

– Sta arrivando – dissi a mio fratello, dopo aver fornito le indicazioni<br />

alla dottoressa e aver chiuso la comunicazione. – Non so quanto si faccia<br />

pagare, ma le ho detto che ci avresti pensato tu.<br />

– Certo, certo. Come farò a riconoscerla?


– Non puoi scambiarla per nessuno che tu conosca. Ha detto di avere<br />

un autista, cosa che avrei dovuto immaginare, considerato che lei non è<br />

abbastanza alta da poter vedere al di sopra del volante.<br />

Lavai i piatti, mentre Jason continuava ad agitarsi. Chiamò Crystal<br />

per sentire come stava, e parve rassicurato da quello che lei gli disse; alla<br />

fine, gli chiesi di uscire per rimuovere le ragnatele dalla baracca degli<br />

attrezzi. Dato che pareva incapace di aspettare tranquillo, tanto valeva che<br />

si rendesse utile.<br />

Mentre caricavo la lavatrice e indossavo la mia divisa da cameriera<br />

(pantaloni neri, T-shirt bianca con scollo a barchetta con la scritta<br />

Merlotte’s ricamata a sinistra sul petto, Adidas nere), riflettei sulla<br />

situazione. Ero molto combattuta, perché da un lato ero preoccupata per<br />

Crystal, e dall’altro lei non mi era simpatica. Mi dispiaceva che avesse<br />

perso il bambino, perché sapevo che si trattava di una triste esperienza, ma<br />

ne ero anche contenta perché non volevo che Jason la sposasse, ed ero<br />

sicura che lo avrebbe fatto, se la gravidanza fosse proseguita. Mi guardai<br />

intorno, alla ricerca di qualcosa che mi facesse sentire meglio, e provai ad<br />

aprire l’armadio per dare un’occhiata al mio vestito nuovo, quello che<br />

avevo comprato da Tara’s Togs in vista del mio appuntamento, ma neppure<br />

questo riuscì a darmi un po’ di piacere.<br />

Alla fine, optai per quello che avevo progettato di fare prima di<br />

sentire la notizia di Jason: presi un libro e mi sistemai su una sedia sul<br />

portico anteriore, leggendo qualche frase di tanto in tanto e ammirando il<br />

pero che cresceva nel giardino anteriore, coperto di fiori bianchi e di api<br />

ronzanti.<br />

Il sole splendeva, le giunchiglie avevano appena superato il loro<br />

momento di massimo splendore, e avevo un appuntamento per venerdì<br />

sera. Inoltre, avevo già fatto la mia buona azione quotidiana, chiamando la<br />

Dottoressa Ludwig. La morsa di preoccupazione che mi attanagliava lo<br />

stomaco si allentò un poco.<br />

Ogni tanto, potevo sentire vaghi rumori giungere fino a me dal<br />

cortile posteriore, segno che Jason aveva trovato qualcosa con cui tenersi<br />

occupato, dopo aver avuto ragione delle ragnatele. Forse, stava strappando<br />

le erbacce dalle aiuole, una prospettiva che mi fece illuminare in volto:<br />

quella sarebbe stata una cosa gentile da parte sua, considerato che io non<br />

condividevo la passione di mia nonna per il giardinaggio. Mi piaceva<br />

ammirarne i risultati, ma non apprezzavo l’intero procedimento quanto era<br />

stata solita fare lei.<br />

Avevo già controllato più volte l’orologio quando, con mio sollievo,


vidi arrestarsi nell’area di parcheggio anteriore una Cadillac perlacea e<br />

alquanto imponente, sul cui sedile anteriore, accanto al posto di guida,<br />

sedeva una figura minuscola. La portiera del guidatore si aprì e dal veicolo<br />

scese una mannara di nome Amanda; lei e io avevamo avuto le nostre<br />

divergenze, ma ci eravamo separate in buoni rapporti, ed era comunque un<br />

sollievo vedere qualcuno che conoscevo. Amanda, che aveva l’aspetto<br />

della tipica mamma bianca di classe media, era sulla trentina, con capelli<br />

rossi che apparivano naturali, contrariamente a quelli della mia amica<br />

Arlene.<br />

– Salve, Sookie – mi salutò. – Quando la dottoressa mi ha detto dove<br />

eravamo dirette, ne sono stata sollevata, perché sapevo già come arrivare<br />

qui.<br />

– Non sei il suo autista abituale? A proposito, mi piace quel taglio di<br />

capelli.<br />

– Oh, grazie. – Amanda sfoggiava un nuovo taglio di capelli, corto e<br />

spettinato, quasi da ragazzo, che stranamente le donava. Dico stranamente,<br />

perché lei era una donna decisamente femminile. – Non mi ci sono ancora<br />

abituata – ammise, passandosi una mano sul collo. – A dire il vero, di<br />

solito è il mio figlio maggiore a fare da autista alla Dottoressa Ludwig, ma<br />

oggi è a scuola, naturalmente. La persona che sta male è tua cognata?<br />

– La fidanzata di mio fratello – precisai, cercando di far buon viso a<br />

cattivo gioco. – Si chiama Crystal, ed è una pantera mannara.<br />

Amanda assunse un’espressione quasi rispettosa. Spesso i mannari<br />

mostravano solo disprezzo per gli altri mutaforma, ma una creatura<br />

formidabile come una pantera non poteva non attirare la loro attenzione. –<br />

Avevo sentito dire che c’era un gruppo di pantere, qui da qualche parte, ma<br />

prima d’ora non ne ho mai incontrata una.<br />

– Io devo andare al lavoro, ma mio fratello ti farà strada fino a casa<br />

sua.<br />

– Allora non sei poi così intima con la fidanzata di tuo fratello?<br />

Rimasi sconcertata dal sottinteso che potessi essere meno che<br />

preoccupata per la salute di Crystal. Avrei forse dovuto accorrere al suo<br />

capezzale e lasciare a casa mia Jason perché facesse da guida al dottore?<br />

Improvvisamente, il modo in cui prima avevo goduto dei miei momenti di<br />

pace mi apparve come un’insensibile mancanza di considerazione nei<br />

confronti di Crystal. Quello non era però il momento di crogiolarmi nei<br />

sensi di colpa.<br />

– Se devo essere sincera, no, non siamo così intime – ammisi. –<br />

Jason è parso certo che non ci fosse niente che potevo fare per lei, e la mia


presenza non le sarebbe stata di molto conforto, considerato che non nutre<br />

nei miei confronti più simpatia di quanta io ne provi per lei.<br />

– D’accordo. Dove si trova? – chiese ancora Amanda, con una<br />

scrollata di spalle.<br />

In quel momento, con mio sollievo, Jason aggirò di corsa l’angolo<br />

della casa.<br />

– Splendido! – esclamò. – È lei la dottoressa?<br />

– No – rispose Amanda. – Io sono l’autista, almeno per oggi. La<br />

dottoressa è in macchina.<br />

– Vi accompagno da Crystal. L’ho appena sentita al telefono, e non<br />

sta migliorando.<br />

– Chiamami al lavoro, Jason, e fammi sapere come sta, d’accordo? –<br />

dissi, assalita da un’altra ondata di rimorso. – Dopo il lavoro posso venire<br />

a passare la notte da te, se avrai bisogno di me.<br />

– Grazie, sorellina – rispose, elargendomi un rapido abbraccio, poi<br />

assunse un’aria imbarazzata nel continuare: – Ecco, sono contento di non<br />

aver mantenuto il segreto, come Crystal voleva che facessi. Lei non<br />

credeva che l’avresti aiutata.<br />

– Mi piace pensare di essere una persona abbastanza buona da aiutare<br />

qualcuno che ne abbia bisogno, indipendentemente dal fatto che si vada<br />

d’accordo o meno – replicai. Di certo Crystal non poteva aver supposto<br />

che sarei rimasta indifferente, o che la sua sofferenza mi avrebbe<br />

addirittura fatto piacere!<br />

Sgomenta, rimasi a guardare i due veicoli molto diversi fra loro<br />

percorrere il mio vialetto per tornare sulla Hummingbird Road. Quando<br />

chiusi a chiave la porta di casa e salii a mia volta in macchina, non ero di<br />

umore molto buono.<br />

Per rimanere in tema con una giornata ricca di eventi, non appena<br />

varcai la soglia della porta posteriore di Merlotte’s, quel pomeriggio, Sam<br />

mi chiamò dal suo ufficio.<br />

Andai a vedere cosa voleva, sapendo in anticipo che dentro c’erano<br />

alcune altre persone che mi stavano aspettando. Con mio sgomento, scoprii<br />

che Padre Riordan mi aveva teso una imboscata.<br />

A parte il mio capo, nell’ufficio c’erano quattro persone, e Sam era<br />

tutt’altro che contento, anche se si stava sforzando di non darlo a vedere.<br />

Con mia sorpresa, percepii che neppure Padre Riordan era molto contento<br />

dei suoi accompagnatori. Avevo il sospetto di sapere di chi si trattasse.<br />

Merda. Non solo Padre Riordan si era portato dietro i Pelt, ma con loro<br />

c’era anche una giovane donna di circa diciassette anni che doveva essere


la sorella di Debbie, Sandra.<br />

Tutti e tre mi fissarono intensamente. I due Pelt più anziani erano alti<br />

e snelli. Lui portava gli occhiali e aveva una calvizie incipiente, con gli<br />

orecchi che gli sporgevano dalla testa come i manici di una brocca; sua<br />

moglie era attraente, anche se un po’ troppo truccata, indossava un<br />

completo pantaloni di Donna Karan e aveva borsetta e scarpe che recavano<br />

un logo famoso. Sandra Pelt vestiva in modo più casual, con jeans e T-shirt<br />

che aderivano molto alla sua figura esile.<br />

Quasi non sentii Padre Riordan presentare formalmente i Pelt, perché<br />

ero sopraffatta dall’irritazione per la portata di quella loro intrusione nella<br />

mia vita. Avevo detto a Padre Riordan che non li volevo incontrare, e<br />

tuttavia eccoli lì. I due Pelt più anziani mi stavano praticamente divorando<br />

con i loro occhi avidi. Selvaggi, così li aveva definiti Maristella, ma il<br />

termine che mi stava affiorando nella mente era piuttosto disperati.<br />

Sandra costituiva un ben altro paio di maniche: dal momento che era<br />

la secondogenita, non era... non poteva essere... una mutaforma come i<br />

suoi genitori, ma non era neppure un normale essere umano. Poi però il<br />

mio cervello colse qualcosa che mi diede da riflettere: Sandra Pelt era una<br />

mutaforma di qualche tipo. Avevo sentito descrivere i Pelt come genitori<br />

molto più attaccati alla loro seconda figlia di quanto lo fossero stati a<br />

Debbie, e adesso, nell’attingere direttamente da loro pezzi e frammenti di<br />

informazione, stavo cominciando a capire da cosa questo potesse<br />

dipendere. Sandra Pelt poteva anche essere un’adolescente, ma era<br />

formidabile, ed era una mannara purosangue.<br />

Questo però era impossibile, a meno che...<br />

D’accordo. Debbie Pelt, una volpe mannara, era stata adottata. Avevo<br />

appreso che i mannari erano propensi a soffrire di problemi connessi alla<br />

fertilità, quindi supposi che i Pelt avessero rinunciato ad avere un loro<br />

piccolo mannaro e avessero adottato una bambina che fosse almeno un<br />

qualche tipo di mutaforma, anche se non della loro specie. Perfino una<br />

volpe purosangue doveva essere apparsa loro un’alternativa migliore a una<br />

semplice umana. Poi, avevano adottato un’altra figlia, una mannara.<br />

– Sookie – esordì Padre Riordan, con una sfumatura contrariata<br />

nell’affascinante voce irlandese. – Oggi Barbara e Gordon si sono<br />

presentati davanti alla mia porta. Ho detto loro tutto quello che lei mi<br />

aveva incaricato di riferire in merito alla scomparsa di Debbie, ma non si<br />

sono accontentati, e hanno insistito perché li portassi qui.<br />

La mia intensa ira nei confronti del prete diminuì un poco, ma solo<br />

per essere sostituita da un’altra emozione. L’ansia causata da


quell’incontro era tale che sentii il mio abituale sorriso nervoso affiorarmi<br />

sul volto. Lo indirizzai ai Pelt, avvertendo l’ondata della loro<br />

disapprovazione.<br />

– Mi dispiace per la vostra situazione, e mi dispiace che dobbiate<br />

continuare a chiedervi che ne sia stato di Debbie, ma non so che altro dirvi<br />

– affermai.<br />

Una lacrima scivolò lungo la guancia di Barbara Pelt; aperta la borsa,<br />

ne prelevai un fazzoletto di carta che le consegnai, perché si asciugasse il<br />

viso.<br />

– Pensava che lei volesse portarle via Alcide – affermò Barbara.<br />

Non si dovrebbe parlare male dei morti, ma nel caso di Debbie Pelt,<br />

questo era semplicemente impossibile.<br />

– Intendo essere franca, Signora Pelt – dichiarai, anche se non sarei<br />

stata poi così franca. – All’epoca della sua scomparsa, Debbie era<br />

fidanzata con un tizio, un uomo chiamato Clausen, se ben ricordo –<br />

proseguii, vedendola annuire con riluttanza. – Quel fidanzamento ha<br />

lasciato ad Alcide l’assoluta libertà di uscire con chiunque gli andasse, e<br />

abbiamo trascorso un po’ di tempo insieme. – Di nuovo, era tutto vero. –<br />

Adesso però non ci vediamo più da settimane, e lui sta frequentando<br />

un’altra, quindi la convinzione di Debbie era sbagliata.<br />

Sandra si morse il labbro. Snella, con la pelle chiara e i capelli<br />

castano scuro, sfoggiava pochissimo trucco e aveva denti candidi e<br />

regolari. I suoi orecchini a cerchio erano tanto grandi da poter servire da<br />

trespolo a un parrocchetto, e i suoi abiti erano costosi.<br />

A giudicare dalla sua espressione irosa, quello che stavo dicendo non<br />

le piaceva per niente, ma del resto era una adolescente, soggetta a intensi<br />

impeti emotivi. Ricordavo come fosse stata la mia vita quando avevo la<br />

sua età, e la compativo.<br />

– Dal momento che li conosceva entrambi – riprese Barbara Pelt,<br />

ignorando le mie parole e scegliendo con cura le proprie, – deve sapere che<br />

avevano... hanno... un intenso rapporto di amore-odio, indipendentemente<br />

da qualsiasi cosa Debbie abbia fatto.<br />

– Oh, questo è vero – convenni, forse in tono non abbastanza<br />

rispettoso. Se c’era qualcuno a cui avevo fatto un grande favore, uccidendo<br />

Debbie Pelt, quello era Alcide Herveaux; altrimenti, lui e Debbie<br />

avrebbero continuato a farsi a brandelli a vicenda per anni, se non per tutta<br />

la vita.<br />

Lo squillo del telefono costrinse Sam a volgerci le spalle, ma non<br />

prima che intravedessi un sorriso sul suo volto.


– Noi riteniamo che ci debba essere qualcosa che lei sa, qualche<br />

piccolo particolare che ci possa aiutare a scoprire cosa è successo a nostra<br />

figlia. E se... se è morta, vogliamo che il suo assassino sia consegnato alla<br />

giustizia.<br />

Fissai i Pelt per un lungo momento, sentendo sullo sfondo la voce di<br />

Sam reagire con stupore a qualcosa che gli stava venendo detto al telefono.<br />

– Signore e Signora Pelt, Sandra – ribattei. – Quando Debbie è<br />

scomparsa, ho parlato con la polizia, ho collaborato appieno con essa, e<br />

poi ho parlato con i vostri investigatori, quando si sono presentati qui, sul<br />

mio posto di lavoro, proprio come avete fatto voi. Ho permesso loro di<br />

venire a casa mia, e ho risposto alle loro domande. – Solo, non ero stata<br />

sincera. (Sapevo che tutta quella costruzione era una menzogna, ma stavo<br />

facendo quanto di meglio mi era possibile.) – Mi dispiace moltissimo per<br />

la vostra perdita, e comprendo la vostra ansia di scoprire cosa sia successo<br />

a Debbie – continuai, parlando lentamente in modo da poter scegliere con<br />

cura le parole, poi trassi un profondo respiro e conclusi: – Però questa<br />

storia deve finire. Il troppo è troppo, e io non ho niente da aggiungere a<br />

quanto vi ho già detto.<br />

Con mia sorpresa, Sam mi aggirò e uscì in fretta, diretto al bar, senza<br />

dire una parola a nessuno di noi. Padre Riordan lo seguì con lo sguardo,<br />

sorpreso, e la mia ansia di vedere i Pelt andarsene aumentò, perché era<br />

chiaro che stava succedendo qualcosa.<br />

– Capisco cosa intende dire – affermò Gordon Pelt, rigido. Era la<br />

prima volta che apriva bocca, e non pareva contento di trovarsi dove si<br />

trovava, o di fare quello che stava facendo. – Mi rendo conto che non<br />

abbiamo proceduto in questa faccenda nel migliore dei modi, ma sono<br />

certo che ci scuserà, pensando a quello che abbiamo passato.<br />

– Oh, sicuramente – assentii, e anche se non era la completa verità,<br />

quella non era neppure una totale menzogna. Richiusa la borsetta, la riposi<br />

nel cassetto della scrivania di Sam in cui tutte le cameriere tenevano la<br />

loro borsa e mi affrettai ad andare nel bar.<br />

Lo sconvolgimento generale mi investì all’istante: qualcosa non<br />

andava, e quasi ogni cervello presente nel locale stava trasmettendo un<br />

segnale in cui l’agitazione si mescolava a un senso di ansia che rasentava il<br />

panico.<br />

– Cosa succede? – domandai a Sam, infilandomi dietro il bancone.<br />

– Ho appena informato Holly che la scuola ha telefonato per<br />

avvertire che il suo bambino è scomparso.<br />

– Cosa è accaduto? – incalzai, sentendo un brivido gelido che mi


partiva dalla base della schiena.<br />

– Di solito la mamma di Danielle preleva Cody da scuola quando va<br />

a prendere Ashley, la bambina di Danielle.<br />

Danielle Gray e Holly Cleary erano amiche dai tempi delle superiori,<br />

e la loro amicizia era continuata anche attraverso il fallimento del<br />

matrimonio di entrambe. Amavano lavorare nello stesso turno, e la madre<br />

di Danielle, Mary Jane Jasper, che era un vero salvavita per la figlia, ogni<br />

tanto estendeva la propria generosità anche a Holly. Ashley doveva avere<br />

circa otto anni e l’altro figlio di Danielle, Mark Robert, ne aveva circa<br />

quattro, mentre l’unico figlio di Holly, Cody, ne aveva sei, ed era in prima.<br />

– La scuola ha permesso a qualcun altro di prendere Cody? –<br />

esclamai. Avevo sentito dire che gli insegnanti erano stati messi in guardia<br />

dal permettere a padri privi di autorizzazione di prelevare i figli.<br />

– Nessuno sa cosa sia successo al bambino. La maestra di turno,<br />

Halleigh Robinson, era fuori e stava guardando i bambini salire sulle<br />

rispettive macchine. Dice che Cody si è ricordato improvvisamente di aver<br />

lasciato sul banco un disegno che aveva fatto per la mamma e che è corso<br />

dentro per prenderlo. Non ricorda di averlo visto tornare fuori, ma quando<br />

è entrata a controllare non è riuscita a trovarlo.<br />

– Quindi la Signora Jasper era là ad aspettare Cody?<br />

– Sì, era la sola rimasta, seduta nella sua macchina con la nipote.<br />

– Questa faccenda mi spaventa parecchio. Credi che David ne sappia<br />

qualcosa?<br />

David, l’ex di Holly, viveva a Springhill, dove si era risposato.<br />

Mentre parlavo vidi i Pelt che se ne andavano: una fonte di irritazione in<br />

meno.<br />

– Pare di no. Holly lo ha chiamato sul lavoro, e non ci sono dubbi sul<br />

fatto che sia rimasto là per tutto il pomeriggio. Lui ha telefonato alla sua<br />

nuova moglie, che era appena rientrata dall’essere andata a prendere i suoi<br />

bambini alla scuola di Springhill. Per sicurezza, la polizia locale è passata<br />

a perquisire la loro casa, e adesso David sta venendo qui.<br />

Holly era seduta a uno dei tavoli, e anche se non stava piangendo, il<br />

suo era il volto di qualcuno che avesse visto l’inferno dall’interno.<br />

Accoccolata per terra accanto a lei, Danielle le teneva la mano e le stava<br />

parlando in tono urgente e sommesso; Alcee Beck, uno dei poliziotti locali,<br />

era seduto allo stesso tavolo, intento a parlare al cellulare, e aveva davanti<br />

a sé un blocco per appunti e una penna.<br />

– Hanno frugato la scuola?<br />

– Sì. Andy si trova là, insieme a Kevin e a Kenya. – Kevin e Kenya


erano due agenti di pattuglia in uniforme. – E Bud Dearborn è al telefono,<br />

per attivare un Allarme Ambra.<br />

Per un momento, mi soffermai a pensare a come Halleigh si dovesse<br />

sentire in quel momento. Aveva appena ventitré anni, e quello era il suo<br />

primo incarico come insegnante, e anche se non aveva fatto niente di<br />

sbagliato, almeno per quanto potevo stabilire, quando scompariva un<br />

bambino non c’era nessuno che sfuggisse dall’essere incolpato.<br />

Provai quindi a riflettere su come potevo essere d’aiuto. Quella era<br />

un’opportunità unica di utilizzare il mio piccolo handicap per il bene<br />

comune. Per anni, avevo tenuto la bocca chiusa riguardo a ogni sorta di<br />

cose, perché la gente non voleva sapere, non voleva avere intorno<br />

qualcuno in grado di fare quello che io potevo fare.<br />

Il modo in cui sopravvivevo era tenendo la bocca chiusa, perché per<br />

gli umani che mi circondavano era facile dimenticare o non credere,<br />

quando non veniva loro sbattuta in faccia la prova tangibile del mio strano<br />

talento.<br />

A voi piacerebbe avere intorno una donna in grado di sapere se state<br />

tradendo il vostro coniuge, e con chi? O di sapere, nel caso di un uomo,<br />

che desiderate segretamente indossare biancheria di pizzo? Vi andrebbe di<br />

frequentare una ragazza a conoscenza della vostra più segreta opinione sul<br />

conto degli altri e di tutte le vostre pecche nascoste?<br />

No, credo proprio di no.<br />

Come potevo però tirarmi indietro, ora che era coinvolto un<br />

bambino?<br />

Guardai verso Sam, che incontrò il mio sguardo con espressione<br />

triste.<br />

– È dura, vero, cher? – commentò. – Cosa intendi fare?<br />

– Qualsiasi cosa sia necessaria. Però, devo farla adesso – replicai.<br />

– Va’ alla scuola, allora – annuì.


Capitolo sesto<br />

Non avevo idea di come sarei riuscita a realizzare quello che mi<br />

proponevo, così come non sapevo chi sarebbe stato disposto a riconoscere<br />

che potevo essere d’aiuto. Naturalmente, davanti alla scuola elementare<br />

era raccolta una folla: un gruppo di una trentina di adulti era in piedi<br />

sull’erba, accanto al marciapiede antistante la scuola, e lo sceriffo Bud<br />

Dearborn stava parlando con Andy sul prato davanti all’ingresso. La Betty<br />

Ford Elementary era la stessa scuola che avevo frequentato io; a quel<br />

tempo l’edificio era stato abbastanza nuovo, una struttura diritta, in<br />

mattoni, a un solo piano, contenente un atrio, gli uffici, l’asilo, le aule della<br />

prima classe e la caffetteria; c’era poi un’ala sulla destra riservata alle<br />

seconde classi e una sulla sinistra per le terze, e il tutto era completato da<br />

un piccolo edificio ricreativo, usato come palestra in caso di cattivo tempo,<br />

situato alle spalle della scuola, nell’ampio cortile per la ricreazione, e<br />

raggiungibile tramite un passaggio coperto.<br />

Naturalmente, davanti al complesso c’erano le aste che reggevano<br />

due bandiere, quella degli Stati Uniti e quella della Louisiana, e mi piaceva<br />

passare di lì in macchina in giornate ventose come quella, per vederle<br />

sventolare, così come mi piaceva pensare a tutti quei bambini che si<br />

trovavano all’interno, impegnati a essere soltanto bambini. Quel giorno<br />

però le bandiere erano state ammainate e soltanto le corde legate vibravano<br />

sotto il soffio del vento teso; il prato della scuola era punteggiato qua e là<br />

da una carta di caramella o da un foglio per appunti accartocciato, e la<br />

bidella della scuola, Madelyn Pepper (chiamata da tutti “Signora Maddy”)<br />

se ne stava seduta su una sedia di plastica davanti alla porta principale, con<br />

il carrello per le pulizie fermo accanto a lei. Bidella da molti anni, la<br />

Signora Maddy era una donna dai processi mentali molto lenti, ma era una<br />

grande lavoratrice ed era assolutamente affidabile. A guardarla, appariva<br />

identica a come era stata quando io frequentavo quella scuola: alta, robusta<br />

e pallida, con una lunga massa di capelli tinti color biondo platino. In quel<br />

momento, stava fumando una sigaretta, come sempre. Da anni la preside,<br />

la Signora Garfield, stava portando avanti una battaglia contro di lei per<br />

quella sua brutta abitudine, ma la Signora Maddy ne era sempre uscita<br />

vittoriosa: fumava fuori, però continuava a fumare. Quel giorno, la Signora<br />

Garfield appariva del tutto indifferente alla cosa ed era tesa quanto la<br />

Signora Maddy, ma molto meno abile nel non darlo a vedere. Moglie di un


ministro Metodista-Episcopale, la Signora Garfield indossava un completo<br />

color senape, calze color carne e scarpe nere.<br />

Gradualmente, mi portai fino alla prima fila della piccola folla,<br />

ancora incerta su come procedere per quello che dovevo fare. Andy mi<br />

vide per primo, e batté un colpetto sulla spalla di Bud Dearborn. Bud, che<br />

stava parlando al cellulare, si girò a guardarmi, e io rivolsi a entrambi un<br />

cenno di saluto. Lo Sceriffo Dearborn non mi aveva in simpatia, e anche se<br />

era stato amico di mio padre non mi aveva mai potuta soffrire. Per lui, le<br />

persone rientravano in due sole categorie: quelle che infrangevano la legge<br />

e potevano essere arrestate, e quelle che non la infrangevano e non<br />

potevano esserlo, per lo più soggetti che semplicemente non erano ancora<br />

stati colti in flagrante, almeno per il suo modo di vedere. In un certo senso,<br />

io ricadevo in un’area imprecisata fra quelle due categorie: lui si sentiva<br />

certo che fossi colpevole di qualcosa, ma non riusciva a capire di cosa si<br />

trattasse.<br />

Anche Andy non mi aveva molto in simpatia, ma credeva nelle mie<br />

capacità. Con un gesto quasi impercettibile, accennò con la testa verso<br />

sinistra, e anche se non potevo vederlo in faccia, notai che Bud Dearborn<br />

reagì irrigidendosi per l’ira e incurvandosi un poco in avanti, con un<br />

linguaggio corporeo da cui si capiva che era infuriato con il detective.<br />

Uscendo dal capannello di cittadini ansiosi e curiosi, aggirai l’ala<br />

riservata alle terze classi e mi portai sul retro della scuola. Il cortile della<br />

ricreazione, grande all’incirca la metà di un campo da football, era<br />

recintato, e il cancello, di solito chiuso da una catena fermata con un<br />

lucchetto, era stato aperto, probabilmente per facilitare le ricerche. Vidi<br />

Kevin Pryor, il giovane e magro agente di pattuglia che vinceva sempre la<br />

gara del 4K alla Festa dell’Azalea, chinarsi a sbirciare in un canale di<br />

drenaggio, dall’altra parte della strada; nel fosso, l’erba era alta, e i<br />

pantaloni della sua uniforme scura erano spolverati di polline giallo.<br />

La sua collega, Kenya, prosperosa quanto Kevin era esile, si trovava<br />

dall’altra parte della strada, all’estremità opposta dell’isolato, e potevo<br />

vedere la sua testa muoversi di qua e di là nel passare al vaglio i cortili<br />

circostanti.<br />

La scuola occupava un intero isolato nel cuore di un’area<br />

residenziale; intorno, tutte le case erano abitazioni modeste, con giardini<br />

altrettanto modesti, il genere di quartiere disseminato di cesti da basket e<br />

di biciclette, di cani che abbaiavano e di vialetti fiancheggiati da<br />

marciapiedi decorati a gesso.<br />

Quel giorno, ogni superficie era ricoperta da un sottile strato di


polvere gialla, segno che stava cominciando la stagione del polline. Se si<br />

lavava la macchina sul proprio vialetto, si vedeva un cerchio giallo intorno<br />

al canale di scolo delle acque piovane, la pancia dei gatti era colorata di<br />

giallo e lo stesso valeva per le zampe dei cani, e una persona su due<br />

circolava con gli occhi arrossati e una scorta di fazzolettini di carta.<br />

Ne vidi parecchi sparsi per terra nel cortile della ricreazione,<br />

costellato da chiazze di erba novella e da altre di terra battuta, nei punti in<br />

cui i bambini tendevano maggiormente a raggrupparsi. Sullo spiazzo in<br />

cemento antistante la porta della scuola era stata dipinta una grande mappa<br />

degli Stati Uniti, con il nome di ciascuno stato tracciato con caratteri nitidi<br />

e precisi. La Louisiana era il solo stato dipinto di un colore rosso acceso e<br />

il suo contorno era occupato dall’immagine di un pellicano; troppo lunga<br />

per poter competere con il pellicano, la parola Louisiana era stata dipinta<br />

sul cemento, nel punto in cui ci sarebbe dovuto essere il Golfo del<br />

Messico.<br />

Andy emerse dalla porta posteriore, il volto contratto in<br />

un’espressione dura e tesa che lo faceva apparire più vecchio di dieci anni.<br />

– Come sta Halleigh? – gli chiesi.<br />

– È nella scuola e sta piangendo – rispose. – Dobbiamo trovare<br />

questo bambino.<br />

– Cosa ne dice Bud? – domandai, oltrepassando il cancello.<br />

– Non me lo chiedere. Ma se c’è qualcosa che puoi fare per noi,<br />

abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile.<br />

– Ti stai mettendo in una posizione difficile – osservai.<br />

– Anche tu.<br />

– Dove sono le persone che si trovavano nella scuola quando lui è<br />

corso dentro?<br />

– Sono ancora tutte lì, tranne la preside e la bidella.<br />

– Le ho viste fuori.<br />

– Le farò rientrare. Tutte le insegnanti sono nella caffetteria. A<br />

un’estremità c’è un piccolo palco: siediti lì, e vedi se riesci a percepire<br />

qualcosa.<br />

– D’accordo – assentii, non avendo nessuna idea migliore.<br />

Andy si avviò verso l’ingresso anteriore della scuola per andare a<br />

prendere la preside e la bidella, e io entrai dall’estremità del corridoio<br />

riservato alle terze. Fuori da ogni classe, le pareti erano decorate da disegni<br />

a colori vivaci, e nel soffermarmi a contemplare quelle rudimentali figure<br />

umane che facevano picnic o pescavano, sentii le lacrime che mi salivano<br />

agli occhi, trovandomi per la prima volta a desiderare che i miei poteri


fossero psichici, invece che telepatici. In quel caso, avrei potuto<br />

visualizzare che cosa era successo a Cody, invece di dover aspettare che<br />

qualcuno ci pensasse. Non avevo mai incontrato nessuno che possedesse<br />

poteri psichici, ma mi rendevo conto che si doveva trattare di un talento<br />

assai poco affidabile, a volte non abbastanza specifico e altre volte fin<br />

troppo dettagliato. La mia piccola stranezza era molto più sicura, e su<br />

questa base stavo cercando di convincermi di poter aiutare quel bambino.<br />

Mentre mi dirigevo verso la caffetteria, gli odori propri della scuola<br />

generarono in me un’ondata di ricordi, per la maggior parte dolorosi,<br />

anche se qualcuno di essi era piacevole.<br />

Quando ero stata così piccola, non avevo avuto nessun controllo sulla<br />

mia telepatia e nessuna idea in merito a cosa ci fosse in me che non<br />

andava, e il fatto che i miei genitori mi avessero trascinata da una serie di<br />

specialisti di cure mentali per capire cosa ci fosse in me che non andava<br />

era servito a estraniarmi ulteriormente dai miei coetanei. Per lo più, però,<br />

gli insegnanti erano stati gentili con me, si erano resi conto che stavo<br />

facendo del mio meglio per imparare, e che se in qualche modo finivo per<br />

essere costantemente distratta, questo non accadeva per mia scelta.<br />

Quell’odore misto di gesso, cancellini, carta e libri stava facendo<br />

riaffiorare ogni cosa.<br />

Ricordavo ogni porta e ogni corridoio come se avessi appena lasciato<br />

quel posto. Adesso le pareti erano color pesca, invece che bianco opaco,<br />

come le rammentavo, e al posto del linoleum marrone c’era una moquette<br />

grigia, ma a parte questo la struttura della scuola era immutata. Senza<br />

esitazioni, oltrepassai una porta e mi ritrovai sul piccolo palcoscenico, che<br />

si trovava a un’estremità del refettorio. Se ben ricordavo, quell’ambiente<br />

veniva definito “stanza polifunzionale”, con l’area di servizio che poteva<br />

essere isolata mediante dei paravento e i tavolini che potevano essere<br />

piegati e rimossi. Adesso erano disposti nella stanza in file ordinate, e le<br />

persone che li occupavano erano tutti adulti, con l’eccezione dei figli di<br />

alcune insegnanti, che si erano trovati in classe quando era stato dato<br />

l’allarme.<br />

Scovata una piccola sedia di plastica, la sistemai dietro le tende, sulla<br />

sinistra del palco, poi chiusi gli occhi e cominciai a concentrarmi,<br />

perdendo la consapevolezza del mio corpo a mano a mano che escludevo<br />

tutti gli stimoli esterni e lasciavo la mia mente libera di vagare.<br />

È colpa mia, colpa mia, colpa mia! Perché non mi sono accorta che<br />

non era tornato fuori? O magari mi è sgusciato accanto? Potrebbe essere<br />

salito su una macchina senza che lo vedessi?


Povera Halleigh. Era seduta in disparte, e il mucchietto di fazzolettini<br />

usati che aveva accanto mostrava come avesse passato il tempo durante<br />

l’attesa. Lei era del tutto innocente, quindi passai oltre con il mio<br />

sondaggio.<br />

Oh mio Dio, grazie, mio Dio, che non è mio figlio a essere<br />

scomparso...<br />

Andare a casa e mangiare qualche biscotto...<br />

Non posso passare a comprare la carne per gli hamburger, magari<br />

posso chiamare Ralph e chiedergli di passare dal Sonic... no, non va bene,<br />

abbiamo già mangiato fast food ieri sera...<br />

Sua madre è una cameriera, chissà quanti malviventi conosce!<br />

Probabilmente è stato uno di loro.<br />

E quella sfilza continuava sullo stesso tono, una litania di pensieri<br />

innocui. I bambini stavano pensando tutti a spuntini o alla televisione, ed<br />

erano anche spaventati. Gli adulti, per lo più, erano molto spaventati per i<br />

loro figli, e preoccupati per l’effetto che la scomparsa di Cody avrebbe<br />

avuto sulla loro famiglia e sulla loro classe.<br />

– Fra un momento arriverà lo Sceriffo Dearborn, e allora vi<br />

divideremo in due gruppi – annunciò Andy Bellefleur.<br />

Gli insegnanti si rilassarono, perché quelle erano istruzioni familiari,<br />

del genere che loro stessi avevano spesso impartito.<br />

– Faremo delle domande a ciascuno di voi, a turno, e dopo ve ne<br />

potrete andare. So che siete preoccupati, e abbiamo degli agenti che stanno<br />

setacciando la zona, ma forse potremo ottenere da voi qualche<br />

informazione che ci aiuti a trovare Cody.<br />

In quel momento entrò la Signora Garfield, preceduta dalla sua ansia,<br />

che potei percepire come una nera nube temporalesca. La Signora Maddy<br />

veniva subito dietro di lei, tanto che potevo sentire le ruote del suo<br />

carrello, carico del bidone per i rifiuti e dei prodotti per le pulizie, il cui<br />

odore familiare la avviluppava. Naturalmente, lei aveva cominciato a<br />

pulire appena finite le lezioni, quindi doveva essersi trovata in una delle<br />

classi, e con ogni probabilità non aveva visto niente. La Signora Garfield<br />

poteva essere stata nel suo ufficio; il direttore dei miei tempi, invece, il<br />

Signor Hefferman, era stato solito restare fuori con la maestra di turno<br />

finché i bambini non se ne erano andati tutti, in modo che i genitori<br />

avessero la possibilità di parlargli dei progressi... o della mancanza di<br />

progressi... dei loro figli.<br />

Anche senza sporgermi a guardare da dietro la tenda polverosa, non<br />

ebbi difficoltà a seguire i movimenti delle due donne. La Signora Garfield


era una sfera di tensione tanto intensa da caricare di elettricità l’aria<br />

intorno a lei, e la Signora Maddy era avviluppata dall’odore dei prodotti<br />

per le pulizie e dai rumori causati dal carrello. Il suo stato d’animo era<br />

avvilito, e più di ogni altra cosa lei voleva tornare alla sua routine. Maddy<br />

Pepper poteva anche essere una donna dall’intelligenza limitata, ma amava<br />

il suo lavoro perché era brava a svolgerlo.<br />

Mentre me ne stavo seduta lì, appresi una quantità di cose. Scoprii<br />

che una delle insegnanti era lesbica, anche se era sposata e aveva tre figli,<br />

e appresi che un’altra maestra era incinta, ma non lo aveva ancora detto a<br />

nessuno. Appresi anche che la maggior parte di quelle donne (non c’erano<br />

insegnanti di sesso maschile alle elementari) era stressata dalla<br />

molteplicità di impegni dovuti alla famiglia, al lavoro e alla frequentazione<br />

della chiesa. La maestra di Cody, in particolare, era molto avvilita, perché<br />

il bambino le piaceva, anche se pensava che sua madre fosse strana;<br />

peraltro, riteneva anche che Holly si stesse sforzando di essere una buona<br />

madre, e questo serviva a compensare l’avversione che provava per il suo<br />

abbigliamento gotico.<br />

Nulla di quanto appresi mi aiutò però a scoprire dove fosse Cody,<br />

almeno finché non mi avventurai nella testa di Maddy Pepper.<br />

Quando sopraggiunse alle mie spalle, Kenya mi trovò piegata su me<br />

stessa, con la mano premuta sulla bocca e lacrime silenziose che mi<br />

scorrevano sulla faccia, incapace di alzarmi per andare a cercare Andy o<br />

chiunque altro. Adesso sapevo dove si trovava il bambino.<br />

– Andy mi ha mandata per scoprire cosa sai – sussurrò Kenya,<br />

estremamente contrariata da quell’incarico, perché anche se mi trovava<br />

simpatica, non pensava che potessi fare niente per aiutare la polizia, e<br />

riteneva che Andy fosse uno sciocco a mettere a repentaglio la sua carriera,<br />

chiedendomi di starmene là nascosta.<br />

In quel momento, colsi un’altra cosa, vaga e debole, e balzai in piedi,<br />

afferrando Kenya per una spalla.<br />

– Guardate nel bidone dei rifiuti, quello caricato sul carrello, subito!<br />

– ingiunsi, a bassa voce, ma in tono che speravo essere abbastanza urgente<br />

da accendere il fuoco sotto i piedi di Kenya. – È lì dentro, ed è ancora<br />

vivo!<br />

Kenya non fu tanto impulsiva da lanciarsi oltre la tenda, balzare giù<br />

dal palco e precipitarsi verso il carrello della bidella. Invece, mi scoccò<br />

un’occhiata molto penetrante.<br />

Emergendo da dietro la tenda, rimasi a guardare mentre lei scendeva<br />

con calma i pochi gradini antistanti il palco e si dirigeva verso il punto in


cui era seduta Maddy Pepper, con le dita che tamburellavano su una<br />

gamba, segno che aveva voglia di una sigaretta. Quando si rese conto che<br />

Kenya le si stava avvicinando, un opaco senso di allarme trillò nel suo<br />

cervello; quando poi vide Kenya protendersi a toccare il grosso bidone dei<br />

rifiuti, scattò in piedi, gridando:<br />

– Non volevo farlo! Non volevo farlo!<br />

Nella stanza, tutti si girarono verso il punto da cui venivano quelle<br />

grida, ogni volto improntato alla stessa, identica espressione di orrore, e<br />

Andy si affrettò ad avvicinarsi. Adesso Kenya era china sul bidone e stava<br />

frugando al suo interno, gettando tutt’intorno da sopra la spalla una vera<br />

tempesta di neve di fazzolettini usati. Quando trovò quello che stava<br />

cercando, si immobilizzò per un secondo, poi si chinò maggiormente in<br />

avanti, rischiando quasi di cadere nel bidone.<br />

– È vivo – gridò a Andy. – Chiama il 911!<br />

– Stava lavando il pavimento quando lui è rientrato di corsa in classe<br />

per prendere il disegno – spiegò Andy; adesso, eravamo seduti da soli nella<br />

caffetteria. – Non so se hai potuto sentirlo. C’era molto chiasso nella<br />

stanza.<br />

Annuii, perché avevo potuto leggere i pensieri di Maddy, mentre lei<br />

parlava. Durante tutti quegli anni di lavoro, non le era mai capitato di<br />

avere con gli studenti un problema che non potesse essere risolto con un<br />

energico rimprovero da parte sua. Quel giorno, Cody era entrato di corsa<br />

nella classe, con le scarpe e i risvolti dei pantaloni pieni di polline, che<br />

aveva disseminato sul pavimento lavato di fresco. Maddy aveva gridato<br />

per rimproverarlo, e Cody si era spaventato, sussultando, cosicché i suoi<br />

piedi erano scivolati sul pavimento bagnato e lui era caduto all’indietro,<br />

battendo la testa. Il corridoio era interamente coperto di moquette da una<br />

porta all’altra per ridurre il rumore, ma lo stesso non valeva nelle classi, e<br />

la testa del bambino era rimbalzata contro il linoleum.<br />

Credendo di averlo ucciso, Maddy si era affrettata a nascondere il<br />

corpo nel posto più vicino. Rendendosi conto che se il bambino era <strong>morto</strong><br />

lei avrebbe perso il lavoro, aveva obbedito all’impulso di cercare di celare<br />

l’accaduto, senza avere nessun piano preciso o idea di cosa sarebbe<br />

successo; non aveva neppure pensato a come liberarsi del corpo, e non<br />

aveva preso in considerazione quanto si sarebbe sentita infelice e<br />

colpevole al riguardo.<br />

Per passare sotto silenzio la parte da me avuta nella vicenda, cosa che<br />

la polizia e io ritenevamo essere la soluzione migliore, Andy aveva<br />

suggerito a Kenya di dichiarare di essersi improvvisamente resa conto che


il solo angolo della scuola che non avesse ancora perquisito era il bidone<br />

dei rifiuti di Maddy Pepper.<br />

– È esattamente quello che ho pensato – aveva replicato Kenya, il<br />

volto rotondo atteggiato a un’espressione indecifrabile. – Mi sono detta<br />

che avrei dovuto perquisirlo, o almeno frugarci, per vedere se il rapitore ci<br />

aveva buttato dentro qualcosa.<br />

Kevin l’aveva fissata con espressione accigliata, percependo<br />

qualcosa di nascosto sotto la superficie di quella conversazione, perché<br />

non era uno stupido, men che meno quando si trattava di Kenya.<br />

I pensieri di Andy mi apparivano fin troppo chiari.<br />

– Non chiedermi mai più di farlo – ingiunsi.<br />

Lui annuì, ma stava mentendo. Davanti a sé, vedeva un panorama<br />

fatto di casi risolti e di malfattori messi sotto chiave, stava contemplando<br />

come Bon Temps sarebbe stata ripulita, una volta che io gli avessi detto chi<br />

erano i malfattori e lui avesse trovato modo di incriminarli.<br />

– Non intendo farlo – ribadii. – Non ti aiuterò di continuo. Sei tu il<br />

detective, e devi scoprire le cose in maniera legale, in modo da mettere<br />

insieme un caso che regga in tribunale. Se comincerai a servirti sempre di<br />

me, è inevitabile che tu diventi trasandato, i casi non reggeranno e tu ti<br />

creerai una cattiva reputazione – continuai, sentendomi disperata e<br />

impotente, perché non pensavo che le mie parole avrebbero avuto effetto.<br />

– Lei non è una bacchetta magica – osservò Kevin.<br />

Kenya si mostrò stupita, e Andy reagì in modo più che sorpreso,<br />

perché ai suoi occhi quello era un vero atto di eresia, considerato che<br />

Kevin era solo un agente di pattuglia e che lui era un detective. Inoltre,<br />

Kevin era un uomo silenzioso, che ascoltava i colleghi ma offriva di rado<br />

un proprio parere; considerato che era notoriamente dominato dalla madre,<br />

forse aveva imparato fin da piccolo a tenere per sé i propri pensieri.<br />

– Non puoi scrollarla e ricavarne la risposta giusta – continuò Kevin.<br />

– Dovrai trovare le risposte da solo. Non sarebbe giusto impossessarti della<br />

vita di Sookie per poter fare meglio il tuo lavoro.<br />

– Giusto – convenne Andy, che peraltro non era convinto. – Ritengo<br />

però che ogni cittadino dovrebbe desiderare di vedere la propria città<br />

liberata da ladri, violentatori e assassini.<br />

– E cosa mi dici degli adulteri, o delle persone che prelevano più di<br />

un giornale dal distributore? Dovrei denunciare anche quei soggetti? E<br />

magari anche i ragazzini che copiano agli esami?<br />

– Sai cosa intendo, Sookie – ribatté, pallido in volto e furente.<br />

– Sì, so cosa intendi, quindi scordatelo. Ti ho aiutato a salvare la vita


di quel bambino... non indurmi a rimpiangere di averlo fatto – tagliai corto,<br />

e me ne andai da dove ero entrata, passando dal cancello posteriore e<br />

fiancheggiando il lato della strada, fino a dove avevo lasciato la macchina.<br />

Tornai indietro guidando con estrema cautela, perché stavo ancora<br />

tremando per l’intensità delle emozioni che si erano addensate quel<br />

pomeriggio nella scuola.<br />

Arrivata al bar, scoprii che Holly e Danielle se ne erano andate...<br />

Holly per raggiungere il figlio all’ospedale, e Danielle per accompagnarla,<br />

perché lei era troppo scossa per guidare.<br />

– La polizia sarebbe stata lieta di darle un passaggio – spiegò Sam, –<br />

ma io sapevo che qui Holly non ha nessuno, a parte Danielle, quindi ho<br />

ritenuto che fosse meglio lasciare che andasse con lei.<br />

– Naturalmente, questo mi lascia qui a lavorare da sola – ribattei in<br />

tono pungente, pensando che stavo venendo punita due volte per aver<br />

aiutato Holly.<br />

– Ho chiamato Tanya Grissom – rispose Sam, con un sorriso a cui<br />

non potei fare a meno di rispondere. – Mi aveva detto che le sarebbe<br />

piaciuto darci una mano per tappare eventuali buchi.<br />

Tanya Grissom si era appena trasferita a Bon Temps ed era venuta<br />

subito da Merlotte’s per presentare una domanda di lavoro, spiegando a<br />

Sam che si era mantenuta al college facendo la cameriera.<br />

Là, le riusciva di mettere insieme più di duecento dollari di mance<br />

per notte, cosa che, come le avevo detto in tutta franchezza, a Bon Temps<br />

non sarebbe mai successa.<br />

– Hai provato prima a chiamare Arlene e Charlsie? – chiesi,<br />

rendendomi poi subito conto di aver superato la linea del consentito,<br />

perché ero soltanto una cameriera, non il proprietario, e non spettava a me<br />

ricordare a Sam che avrebbe dovuto contattare le dipendenti che avevano<br />

maggiore anzianità prima di rivolgersi alla nuova venuta; Tanya era<br />

indubbiamente una mutaforma, e temevo che Sam potesse fare dei<br />

favoritismi.<br />

– Sì, l’ho fatto – rispose, in tono pratico, e non irritato. – Arlene ha<br />

detto di avere un appuntamento, e Charlsie era impegnata con il nipotino.<br />

Mi ha anche lasciato capire che non continuerà a lungo a lavorare; credo<br />

voglia occuparsi a tempo pieno del bambino quando sua nuora riprenderà a<br />

lavorare.<br />

– Oh – mormorai, sconcertata all’idea che mi sarei dovuta abituare a<br />

una persona nuova.<br />

Naturalmente, le cameriere andavano e venivano, e io ne avevo viste


parecchie varcare la porta del personale di Merlotte’s nell’arco degli anni...<br />

accidenti, erano già cinque... in cui avevo lavorato per Sam. Durante la<br />

settimana, Merlotte’s era aperto fino a mezzanotte, e lo era fino all’una il<br />

venerdì e il sabato.<br />

Sam aveva provato a tenere aperto la domenica, ma aveva constatato<br />

che non conveniva, quindi adesso il locale era chiuso, a meno che non<br />

venisse noleggiato per una festa privata.<br />

Sam cercava anche di ruotare i nostri turni in modo che tutte<br />

avessimo la possibilità di lavorare in quello notturno, più remunerativo,<br />

quindi c’erano giorni in cui lavoravo dalle undici alle cinque (o alle sei e<br />

mezza, se c’era molto da fare), e altri in cui lavoravo dalle cinque all’ora di<br />

chiusura. Sam aveva provato a fare una serie di esperimenti con i giorni e<br />

gli orari, fino a trovare quello che risultava migliore per tutti, si aspettava<br />

da noi un po’ di flessibilità, e in cambio era tanto gentile da lasciarci libere<br />

per funerali, matrimoni e altre pietre miliari dell’esistenza.<br />

Prima di cominciare a lavorare per lui, io avevo svolto un paio di<br />

altri lavori, e indubbiamente Sam era di gran lunga la persona con cui si<br />

lavorava meglio. In qualche modo, lungo la strada, lui era diventato<br />

qualcosa di più del mio datore di lavoro, e adesso era un mio amico.<br />

Quando avevo scoperto che era un mutaforma, la cosa non mi aveva<br />

disturbata affatto, ma adesso ero preoccupata per lui, perché avevo sentito<br />

circolare nella comunità dei mutaforma delle voci secondo cui i mannari<br />

stavano pensando di rendere nota la loro esistenza, come avevano già fatto<br />

i vampiri. La mia preoccupazione era che la gente di Bon Temps potesse<br />

non accettarlo per quello che era: gli altri avrebbero pensato che in tutti<br />

quegli anni lui li aveva ingannati, oppure avrebbero accettato con<br />

naturalezza la cosa? Da quando i vampiri avevano fatto la loro rivelazione<br />

così accuratamente orchestrata, la vita come la conoscevamo era cambiata,<br />

in tutto il mondo. Una volta che l’iniziale senso di shock si era dissipato,<br />

alcune nazioni avevano cominciato a lavorare per includere i vampiri nel<br />

flusso generale della vita, mentre altre li avevano dichiarati esseri nonumani<br />

e avevano incitato la cittadinanza a ucciderli a vista (cosa più facile<br />

a dirsi che a farsi).<br />

– Sono certa che Tanya se la caverà bene – dissi, per altro in un tono<br />

che suonò incerto perfino ai miei stessi orecchi. Agendo d’impulso... e<br />

posso solo supporre che si trattasse di un effetto ritardato dell’ondata di<br />

emozioni che mi aveva investita quel giorno... gettai le braccia intorno al<br />

collo di Sam e lo abbracciai. Lui sapeva di pelle e capelli puliti, di un<br />

dopobarba delicato e un po’ anche di vino e di birra... l’odore proprio di


Sam, che inalai nei polmoni come se fosse stato ossigeno.<br />

Sorpreso, lui ricambiò l’abbraccio, e per un secondo il calore del suo<br />

corpo mi fece sentire quasi piacevolmente stordita, poi entrambi ci<br />

traemmo indietro, perché dopo tutto eravamo sul posto di lavoro e c’erano<br />

alcuni clienti sparsi per la sala. Di lì a poco entrò Tanya; era un bene che io<br />

e Sam ci fossimo separati, perché non volevo certo indurla a pensare che<br />

quella fosse una sorta di abitudine.<br />

Tanya era più bassa del mio metro e sessantotto di statura, ed era una<br />

donna di aspetto piacevole, vicina alla trentina, con lucidi capelli corti e<br />

diritti il cui colore castano era quasi uguale a quello degli occhi. La bocca<br />

era piccola, il naso rotondo, la figura gradevole, e io non avevo<br />

assolutamente nessun motivo per trovarla antipatica, ma non ero contenta<br />

di vederla, e questo mi faceva vergognare di me stessa, perché sapevo che<br />

avrei dovuto darle la possibilità di dimostrarmi quale fosse davvero il suo<br />

carattere.<br />

In ogni caso, presto o tardi lo avrei scoperto. Una persona non può<br />

nascondere la sua vera natura, non a me, a patto che sia un normale essere<br />

umano, perché anche se cerco di non ascoltare, non posso escludere ogni<br />

pensiero. Nel periodo in cui ero uscita con Bill, lui mi aveva aiutata a<br />

imparare come schermare la mia mente, e da allora la mia vita era stata più<br />

facile, oltre che più piacevole e rilassata.<br />

Tanya era una donna sorridente, questo dovevo riconoscerglielo.<br />

Sorrideva a Sam, a me, ai clienti, e il suo non era un sorriso nervoso come<br />

il mio, del genere che diceva: “sto sentendo un gran chiasso nella mia testa<br />

e sto cercando di apparire normale esteriormente”; no, il sorriso di Tanya<br />

pareva piuttosto annunciare che lei era graziosa, disinvolta e si sarebbe<br />

accattivata la simpatia di tutti. Prima di prendere il vassoio e di mettersi al<br />

lavoro, pose una serie di domande decisamente sensate, da cui compresi<br />

che aveva effettiva esperienza come cameriera.<br />

– Cosa c’è che non va? – domandò Sam.<br />

– Niente – replicai. – È solo che...<br />

– Sembra abbastanza simpatica – continuò lui. – Credi che in lei ci<br />

sia qualcosa che non va?<br />

– Niente che io sappia – dichiarai, cercando di apparire allegra e<br />

decisa, pur sapendo che avevo cominciato a sfoggiare il mio sorriso<br />

nervoso. – Guarda, Jane Bodehouse sta chiedendo un altro drink. Dovremo<br />

chiamare di nuovo suo figlio.<br />

In quel momento, Tanya si girò a guardarmi, quasi avesse sentito su<br />

di sé il mio sguardo. Adesso il suo sorriso era scomparso, sostituito da


un’espressione così calma da indurmi ad aggiornare immediatamente la<br />

mia valutazione del suo talento di attrice. Per un momento, ci fissammo a<br />

vicenda con fermezza, poi lei mi rivolse un raggiante sorriso e riprese a<br />

camminare verso il tavolo successivo, chiedendo all’uomo che lo occupava<br />

se gli andava un’altra birra.<br />

Mi domando se Tanya sia interessata a Sam, pensai all’improvviso,<br />

ma nel rifletterci sopra non ritenni che fosse così. Inoltre, la giornata era<br />

già stata abbastanza spossante senza che mi creassi altri motivi di<br />

preoccupazione... e Jason non mi aveva ancora chiamata.<br />

Dopo il lavoro, tornai a casa con la mente oppressa da molti pensieri:<br />

Padre Riordan, i Pelt, Cody, l’aborto di Crystal.<br />

Percorsi il vialetto che attraversava il bosco, e quando sbucai nella<br />

radura, parcheggiando dietro la casa, vicino alla porta posteriore, fui<br />

colpita ancora una volta dall’isolamento che mi circondava. Aver vissuto in<br />

città per alcune settimane mi faceva apparire la casa ancora più solitaria, e<br />

per quanto fossi felice di esservi tornata, essa non mi appariva più quella<br />

che era stata prima dell’incendio.<br />

Mi capitava di rado di preoccuparmi per il fatto di vivere da sola in<br />

un luogo isolato, ma nel corso degli ultimi mesi ero rimasta impressionata<br />

da quanto fossi vulnerabile; più di una volta avevo corso seri rischi, e un<br />

paio di volte nel rientrare avevo trovato degli intrusi ad aspettarmi. Adesso<br />

avevo fatto installare solide serrature su entrambe le porte, avevo lo<br />

spioncino sul davanti e sul retro, e mio fratello mi aveva regalato<br />

definitivamente la sua doppietta Benelli.<br />

Naturalmente, avevo luci potenti installate agli angoli della casa, ma<br />

non mi andava di lasciarle accese per tutta la notte, per cui stavo<br />

prendendo in considerazione l’eventualità di acquistare una di quelle luci<br />

attivate dal movimento. Il problema era che, vivendo in una grande radura<br />

nel cuore di un bosco, capitava spesso che di notte gli animali<br />

attraversassero il mio cortile, per cui quella luce si sarebbe accesa a ogni<br />

piccolo opossum che fosse passato davanti a essa.<br />

Il secondo punto a sfavore dell’acquisto di una luce del genere era...<br />

a cosa poteva servire?<br />

Il genere di cose di cui avevo paura non era tale da farsi intimidire da<br />

una luce, e sarei soltanto riuscita a vederle meglio prima che mi<br />

divorassero, senza contare che nei dintorni non c’erano vicini che<br />

potessero essere svegliati o allarmati da una luce notturna che si accendeva<br />

all’improvviso. Stranamente, mi era capitato di rado di avere paura,<br />

quando mia nonna era viva; lei era stata forte ed energica, per una donna


vicina all’ottantina, ma non avrebbe potuto difendermi neppure da una<br />

mosca... e tuttavia, in qualche modo, il semplice fatto di non essere sola mi<br />

aveva fatta sentire più sicura.<br />

Dopo tutte quelle riflessioni connesse al pericolo, ero in uno stato di<br />

tensione quando infine scesi dalla macchina. Nell’aggirare la casa, ero<br />

passata vicino a un furgone parcheggiato sul davanti, e fu con l’infelice<br />

sensazione di essere sul punto di dover affrontare una scenata che<br />

attraversai la casa per aprire la porta principale. Mi pareva fosse passata<br />

una settimana, invece di poche ore, da quel tranquillo momento di<br />

interludio in cui avevo osservato le api, seduta sul portico.<br />

Calvin Norris, capo delle pantere mannare di Hotshot, scese dal<br />

furgone e salì i gradini. Barbuto, sulla quarantina, Calvin era un uomo<br />

serio, che avvertiva appieno il peso delle responsabilità; evidentemente,<br />

aveva appena finito di lavorare, dato che indossava ancora la camicia e i<br />

jeans azzurri propri di tutti i dipendenti della Norcross.<br />

– Sookie – salutò, con un cenno del capo.<br />

– Prego, entra – risposi, sia pure con riluttanza. D’altronde, Calvin<br />

era sempre stato soltanto cortese con me, e un paio di mesi prima mi aveva<br />

aiutata a salvare mio fratello, quando era stato tenuto in ostaggio, quindi<br />

gli dovevo quanto meno un comportamento altrettanto civile.<br />

– Mia nipote mi ha chiamato, una volta che il pericolo era passato –<br />

annunciò in tono pesante, sedendo sul divano in risposta a un mio cenno di<br />

invito. – Credo che tu le abbia salvato la vita.<br />

– Mi fa davvero molto piacere sapere che Crystal sta meglio. Io ho<br />

fatto soltanto una telefonata – replicai, prendendo posto sulla mia poltrona<br />

preferita; accorgendomi di essermi accasciata per la stanchezza, mi<br />

costrinsi a squadrare le spalle, nel chiedere: – La Dottoressa Ludwig è<br />

riuscita a fermare l’emorragia?<br />

Calvin annuì, fissandomi con un’espressione solenne in quei suoi<br />

occhi strani.<br />

– Si rimetterà – disse. – Le nostre donne hanno spesso degli aborti,<br />

ed era per questo che speravamo... ecco...<br />

Sussultai, sentendo gravare pesantemente sulle mie spalle la speranza<br />

di Calvin che io diventassi la sua compagna. Non avrei saputo dire perché<br />

mi sentissi colpevole, credo a causa della sua delusione... ma dopo tutto<br />

non era certo colpa mia se l’idea non mi attirava.<br />

– Suppongo che Jason e Crystal si sposeranno – continuò Calvin, in<br />

tono pratico. – Devo ammettere che tuo fratello non mi va molto a genio,<br />

ma del resto non sono io quello che deve sposarlo.


Ero sconcertata. Non sapevo se quel matrimonio fosse un’idea di<br />

Jason, di Crystal o dello stesso Calvin. Di certo, Jason non aveva pensato<br />

al matrimonio, quella mattina, a meno che avesse trascurato di parlarne a<br />

causa della sua preoccupazione per Crystal.<br />

– Ecco, neppure io vado matta per Crystal, ma non sono io a sposarla<br />

– replicai, traendo un profondo respiro. – Farò del mio meglio per dare<br />

loro una mano, se decideranno di... di farlo. Come sai, Jason è<br />

praticamente tutta la mia famiglia.<br />

– Sookie – riprese lui, in tono d’un tratto molto più incerto. – C’è<br />

un’altra cosa di cui ti voglio parlare.<br />

Questo era evidente, e non avevo modo di evitarlo.<br />

– So che quando sei venuta a trovarmi qualcosa che ti è stato detto ti<br />

ha indotta a prendere le distanze da me, e mi piacerebbe sapere di cosa si<br />

tratta. Non posso riparare un danno, se non ne conosco la natura.<br />

Trassi un profondo respiro, valutando con cura quello che stavo per<br />

dire.<br />

– Calvin, so che Terry è tua figlia – affermai quindi. In occasione<br />

della visita che avevo fatto a Calvin dopo che era stato dimesso<br />

dall’ospedale, quando gli avevano sparato, avevo conosciuto a casa sua la<br />

giovane Terry e sua madre, Maryelizabeth; anche se non vivevano là, era<br />

chiaro che le due donne trattavano quel posto come un’estensione della<br />

loro casa... e Terry mi aveva chiesto se avrei sposato suo padre.<br />

– Sì – confermò Calvin. – Te lo avrei detto, se me lo avessi chiesto.<br />

– Hai altri figli?<br />

– Sì, altri tre.<br />

– Da madri diverse?<br />

– Da tre madri diverse.<br />

Avevo avuto ragione.<br />

– Per quale motivo? – chiesi, per essere sicura.<br />

– Perché sono un purosangue – replicò lui, come se la cosa fosse<br />

stata evidente. – Dal momento che soltanto il primo figlio di una coppia<br />

purosangue diventa una vera e propria pantera, dobbiamo cambiare<br />

partner.<br />

Ero profondamente grata di non aver mai preso in seria<br />

considerazione l’eventualità di sposare Calvin, perché altrimenti in quel<br />

momento avrei vomitato. Ciò che avevo sospettato, dopo aver assistito al<br />

rituale connesso alla successione al ruolo di capobranco, era vero.<br />

– Quindi non è soltanto il figlio primogenito di una donna a diventare<br />

un mutaforma purosangue... è il suo primo figlio con un determinato uomo


– ricapitolai.<br />

– Esatto – confermò Calvin, mostrandosi sorpreso che lo avessi<br />

ignorato. – Il primo figlio di qualsiasi coppia di purosangue è un vero<br />

mutaforma. Di conseguenza, se la nostra popolazione si riduce<br />

eccessivamente, un maschio purosangue si deve accoppiare con il maggior<br />

numero possibile di donne purosangue, per innalzare il nostro numero.<br />

– D’accordo – dissi, poi aspettai un momento, per ritrovare il<br />

controllo, prima di domandare: – Pensavi davvero che mi sarebbe andato<br />

bene che tu continuassi a fecondare altre donne, se ci fossimo sposati?<br />

– No, non mi sarei mai aspettato questo da una esterna – rispose, in<br />

tono pratico. – Credo sia tempo che mi sistemi con una sola donna. Ho<br />

fatto il mio dovere, come capo.<br />

Cercai di non levare gli occhi al cielo. Se si fosse trattato di chiunque<br />

altro, avrei sghignazzato, ma Calvin era un uomo onorevole, e non<br />

meritava quella reazione.<br />

– Adesso voglio accoppiarmi per la vita, e sarebbe un bene per il<br />

branco se potessi inserire sangue nuovo nella comunità. Ti sarai accorta<br />

che ci siamo uniti fra di noi per troppo tempo. I miei occhi non possono<br />

quasi passare per occhi umani, e Crystal impiega un tempo infinito a<br />

trasformarsi. Dobbiamo aggiungere qualcosa di nuovo al nostro<br />

patrimonio genetico, come lo definiscono gli scienziati. Se tu e io<br />

avessimo un bambino, il che era ciò che speravo, non si tratterebbe mai di<br />

un mutaforma purosangue, ma potrebbe poi riprodursi in seno alla<br />

comunità, portandovi nuovo sangue e nuovi talenti.<br />

– Perché avevi scelto me?<br />

– Mi piaci – rispose, quasi con timidezza. – E sei davvero graziosa –<br />

aggiunse, sfoggiando un raro sorriso, davvero dolce. – Per anni ti ho<br />

osservata, nel bar. Sei gentile con tutti, lavori sodo e non hai nessuno che<br />

si prenda cura di te come meriti. Inoltre, sai di noi, e per te non sarebbe un<br />

grosso shock.<br />

– Anche altri tipi di mutaforma fanno la stessa cosa? – domandai, in<br />

tono tanto sommesso da faticare io stessa a sentirmi, fissandomi le mani<br />

serrate in grembo e riuscendo a stento a respirare nell’attendere la risposta.<br />

Gli occhi verdi di Alcide stavano riempiendo i miei pensieri.<br />

– È loro dovere, quando il branco diventa troppo piccolo – rispose<br />

lentamente Calvin. – Cosa stai pensando, Sookie?<br />

«Quando sono andata ad assistere al confronto per la posizione di<br />

capobranco, a Shreveport, quello che ha vinto... Patrick Furnan... ha fatto<br />

sesso con una giovane mannara, anche se era sposato. A quel punto ho


cominciato a farmi delle domande.<br />

– Ho mai avuto la minima possibilità, con te? – domandò Calvin, che<br />

pareva aver tratto le proprie conclusioni. Non lo si poteva biasimare se<br />

voleva preservare il proprio modo di vivere... se i mezzi da lui usati mi<br />

riuscivano sgradevoli, quello era un problema mio.<br />

– Tu mi interessavi sul serio – risposi, – ma sono troppo umana per<br />

pensare di avere i figli di mio marito tutt’intorno a me. Sarebbe troppo...<br />

sarei costantemente sconvolta, sapendo che mio marito ha fatto sesso quasi<br />

con ognuna delle donne con cui avrei a che fare ogni giorno. – A pensarci<br />

bene, Jason invece si sarebbe integrato benissimo nella comunità di<br />

Hotshot. Feci una breve pausa, e quando Calvin rimase in silenzio,<br />

aggiunsi: – Spero che mio fratello sarà accolto bene nella vostra comunità,<br />

indipendentemente dalla mia risposta.<br />

– Non so se lui capisce quello che facciamo – affermò Calvin. –<br />

Crystal aveva già avuto un aborto in passato, il figlio di un maschio<br />

purosangue, e adesso ha abortito anche il bambino di tuo fratello. A mio<br />

parere questo significa che Crystal farebbe meglio a non cercare ancora di<br />

avere un bambino purosangue, e che forse potrebbe non riuscire a dare un<br />

figlio neppure a tuo fratello. Ti senti obbligata a discuterne con lui?<br />

– Non dovrebbe spettare a me parlare della cosa con Jason...<br />

toccherebbe a Crystal di farlo – ribattei, incontrando lo sguardo di Calvin.<br />

Stavo per aggiungere che se tutto quello che Jason voleva erano dei<br />

bambini, allora non era certo obbligato a sposarsi, ma mi bloccai in tempo,<br />

rendendomi conto che quello era un tasto sensibile.<br />

Nell’andarsene, Calvin mi strinse la mano in un modo strano,<br />

formale, che ritenni segnare la fine del suo corteggiamento. Non ero mai<br />

stata molto attratta da Calvin Norris, e non avevo mai preso in seria<br />

considerazione l’idea di accettare la sua offerta, ma sarei meno che onesta<br />

se non ammettessi di aver fantasticato sulla possibilità di avere un marito<br />

con la testa sulle spalle, un buon lavoro e tutti i vantaggi a esso connessi,<br />

un marito che venisse subito a casa dopo il lavoro e passasse le giornate<br />

libere ad aggiustare le cose che si rompevano. C’erano uomini così,<br />

uomini che non si trasformavano in niente altro, che erano vivi<br />

ventiquattro ore al giorno, sette giorni su sette... lo sapevo dall’aver<br />

sondato così tante menti, al bar.<br />

Temo che ciò che mi aveva veramente colpita nella confessione... o<br />

spiegazione... di Calvin, era ciò che essa mi poteva rivelare sul conto di<br />

Alcide.<br />

Alcide aveva destato in me affetto e desiderio. Pensare a lui mi


induceva a chiedermi come sarebbe stato essere sua moglie, a<br />

domandarmelo in un modo molto personale e del tutto diverso dalle<br />

riflessioni impersonali riguardanti la sicurezza pratica che Calvin poteva<br />

offrire. Dopo essere stata costretta a sparare alla sua precedente fidanzata,<br />

avevo praticamente abbandonato la segreta speranza che Alcide aveva<br />

destato dentro di me, ma qualcosa nel mio intimo aveva persistito<br />

nell’aggrapparsi a quel pensiero, qualcosa che avevo continuato a<br />

nascondere anche a me stessa, perfino dopo aver scoperto che lui stava<br />

uscendo con Maristella.<br />

Anche quel giorno, nel parlare con i Pelt, avevo fermamente negato<br />

che Alcide avesse qualsiasi interesse nei miei confronti, ma una parte del<br />

mio animo, che si sentiva sola, aveva coltivato una speranza.<br />

Mi alzai lentamente in piedi, sentendomi addosso il doppio dei miei<br />

anni, e passai in cucina per tirare fuori dal freezer qualcosa per cena. Non<br />

avevo fame, ma avrei finito per mangiare molto tardi se non avessi<br />

preparato qualcosa adesso, come ribadii severamente a me stessa.<br />

Quella sera non arrivai però mai a cucinarmi la cena.<br />

Invece, mi appoggiai contro lo sportello del frigorifero, e piansi.


Capitolo settimo<br />

Il giorno successivo era venerdì: non solo quella settimana era il mio<br />

giorno di riposo, ma avevo anche un appuntamento, quindi era<br />

praticamente un giorno memorabile, che mi rifiutai di rovinare sentendomi<br />

depressa. Anche se faceva ancora freddo per un passatempo del genere,<br />

feci una delle cose che preferivo: mi misi un bikini, mi spalmai di crema<br />

abbronzante e mi andai a sistemare al sole sulla sedia a sdraio regolabile<br />

che avevo acquistato in saldo al Wal-Mart alla fine dell’estate precedente.<br />

Mi portai dietro un libro, la radio e un cappello, e mi sistemai sul prato<br />

anteriore, dove c’erano meno alberi e fiori che potessero incoraggiare gli<br />

insetti a pungere. Passai il tempo leggendo, cantando insieme alla radio e<br />

mettendomi lo smalto alle unghie delle mani e dei piedi; anche se all’inizio<br />

avevo avuto un po’ di pelle d’oca, ben presto il sole mi aveva scaldata, e<br />

quel giorno non c’era vento che potesse farmi sentire freddo.<br />

So che prendere il sole è una cosa perversa e cattiva, che un giorno la<br />

pagherò, eccetera, ma è uno dei pochi piaceri gratuiti che mi posso<br />

concedere.<br />

Nessuno venne a trovarmi, da dove ero seduta non potevo sentire il<br />

telefono e dal momento che c’era il sole non potevano esserci vampiri in<br />

giro, quindi ebbi una mattinata deliziosa, tutta per me. Verso l’una decisi di<br />

fare un salto in città per fare un po’ di spesa e comprare un nuovo<br />

reggiseno, e mi fermai alla cassetta della posta, sistemata sulla<br />

Hummingbird Road, per vedere se il postino era già passato. Sì: nella<br />

cassetta c’erano la bolletta della TV via cavo e quella della corrente<br />

elettrica, il che era deprimente, ma dietro un volantino che pubblicizzava<br />

una svendita da Sears trovai anche un invito alla festa di presentazione dei<br />

doni di nozze di Halleigh. Ecco... accidenti. Ero sorpresa, ma anche<br />

compiaciuta. Naturalmente, avevo vissuto accanto a Halleigh, in una delle<br />

villette bifamiliari di proprietà di Sam, mentre la mia casa veniva riparata,<br />

dopo l’incendio; in quel periodo, noi ci eravamo viste almeno una volta al<br />

giorno, quindi non era del tutto assurdo che lei mi avesse inserita nella lista<br />

degli invitati. Possibile che fosse anche sollevata per la rapidità con cui era<br />

stata risolta la questione della scomparsa di Cody?<br />

Non ricevevo molti inviti, quindi averne avuto uno servì ad<br />

accentuare il mio senso di benessere. Sull’invito era specificato che si<br />

apprezzavano regali per la cucina, ed era una vera fortuna che lo avessi


trovato mentre stavo per andare al Wal-Mart Supercenter di Clarice.<br />

Dopo aver riflettuto a lungo, comprai una pirofila da due litri della<br />

Corning Ware, un oggetto che tornava sempre utile (comprai anche del<br />

succo di frutta, del formaggio piccante, pancetta, carta da regali e un<br />

reggiseno blu davvero grazioso con mutandine coordinate, ma questo non<br />

ha importanza).<br />

Una volta a casa, dopo aver portato dentro gli acquisti, impacchettai<br />

la scatola della pirofila con un po’ di carta argentata e vi attaccai sopra un<br />

grosso fiocco bianco, poi scrissi sul calendario la data e l’ora della festa e<br />

posai l’invito sul pacchetto. Su quel fronte, era tutto pronto.<br />

Sentendomi particolarmente virtuosa, dopo aver pranzato procedetti<br />

a pulire dentro e fuori il mio frigorifero nuovo, poi feci un bucato con la<br />

mia lavatrice altrettanto nuova, desiderando per la centesima volta che gli<br />

armadietti fossero già stati installati, perché ero stanca di cercare le cose in<br />

mezzo alla confusione sparsa sul pavimento.<br />

Una volta finito, feci il giro della casa per accertarmi che fosse in<br />

ordine, dato che Quinn mi sarebbe venuto a prendere. Senza permettermi<br />

di soffermarmi a riflettere, cambiai le lenzuola e pulii il mio bagno... non<br />

che avessi intenzione di finire a letto con Quinn, ma era sempre meglio<br />

essere preparati, giusto? Inoltre, mi faceva sentire bene sapere che tutto era<br />

pulito e ordinato. Disposti degli asciugamani puliti in entrambi i bagni,<br />

spolverai il salotto e la camera da letto, poi passai rapidamente<br />

l’aspirapolvere, e prima di infilarmi sotto la doccia spazzai perfino i due<br />

porticati, pur sapendo che sarebbero stati di nuovo coperti da uno strato di<br />

polline giallo prima ancora che io fossi rientrata dal mio appuntamento.<br />

Mi asciugai i capelli al sole, probabilmente riempiendoli di polline,<br />

poi mi truccai con cura... un po’ di ombretto, un sacco di mascara, un po’<br />

di fard e il rossetto. Non usavo molti cosmetici, ma era divertente truccarsi<br />

per qualcosa che non fosse andare al lavoro. A quel punto, indossai la mia<br />

biancheria nuova, che mi fece sentire speciale: pizzo blu notte.<br />

Mi contemplai nello specchio per verificare l’effetto e sollevai i<br />

pollici in segno di approvazione per me stessa. Bisogna pur fare il tifo per<br />

se stessi, giusto?<br />

Il completo che avevo acquistato da Tara’s Togs era blu intenso, fatto<br />

di una maglia pesante che aderiva meravigliosamente alla persona. Chiusi i<br />

pantaloni, infilai il top, che era senza maniche e si incrociava e legava sul<br />

seno, e feci qualche esperimento per valutare la profondità della scollatura,<br />

optando infine per una via di mezzo fra il sexy e il volgare.<br />

Dato che più tardi mi sarebbe potuto servire, prelevai quindi


dall’armadio lo scialle nero che Alcide mi aveva regalato per sostituire<br />

quello vandalizzato da Debbie Pelt, mi infilai i sandali neri e procedetti a<br />

scegliere che gioielli abbinare, optando infine per una catena d’oro<br />

appartenuta a mia nonna e un paio di semplici orecchini a forma di sfera.<br />

In quel momento suonarono alla porta, e io guardai l’orologio, un po’<br />

sorpresa che Quinn fosse in anticipo di quindici minuti, senza contare che<br />

non avevo sentito arrivare il suo furgone. Quando aprii la porta, chi trovai<br />

fermo sulla soglia non fu Quinn, ma Eric.<br />

Sono certa che il mio sussulto di sorpresa gli diede parecchia<br />

soddisfazione.<br />

Mai aprire la porta senza prima controllare, mai supporre di sapere<br />

chi c’è dall’altra parte. E pensare che era stato per questo che avevo fatto<br />

installare gli spioncini! Quanto ero stata stupida. Eric doveva aver volato,<br />

dato che non si vedeva una macchina da nessuna parte.<br />

– Posso entrare? – chiese cortesemente. Mi aveva squadrata bene, e<br />

dopo aver apprezzato quello che stava vedendo, si era reso conto che la<br />

mia tenuta non era stata studiata pensando a lui, cosa di cui non era affatto<br />

contento. – Devo supporre che stessi aspettando qualcuno?<br />

– In effetti sì, e preferirei che tu restassi dall’altra parte della soglia –<br />

ribattei, indietreggiando in modo che lui non mi potesse raggiungere.<br />

– Hai detto a Pam che non volevi venire a Shreveport – affermò. Oh,<br />

sì, era decisamente infuriato. – E così eccomi qui, per scoprire perché non<br />

vuoi rispondere alla mia chiamata. – Di solito, il suo accento era molto<br />

tenue, ma quella notte mi accorsi che era piuttosto marcato.<br />

– Non ne avevo il tempo – spiegai. – Stasera devo uscire.<br />

– Lo vedo – annuì, in tono più calmo. – Con chi?<br />

– Pensi davvero che siano affari tuoi? – ribattei, fissandolo negli<br />

occhi con aria di sfida.<br />

– Certamente – fu la placida risposta, che mi lasciò sconcertata.<br />

– E perché mai dovrebbero esserlo? – ritorsi, quando mi fui un po’<br />

ripresa.<br />

– Tu dovresti essere mia. Ho dormito con te, mi sono preso cura di te.<br />

Ti ho... assistita finanziariamente.<br />

– Hai pagato del denaro che mi dovevi, per servizi che ti ho reso –<br />

precisai. – Puoi anche aver dormito con me, ma non di recente, e non hai<br />

mostrato in nessun modo di volerlo fare di nuovo. Se ti importa di me, hai<br />

davvero un modo molto strano di dimostrarlo. Non ho mai sentito che<br />

“evitare totalmente una persona, salvo impartirle ordini tramite tirapiedi”<br />

fosse un modo per dimostrare interessamento. – Ero consapevole che quel


discorso fosse un po’ confuso, ma sapevo anche che lui aveva capito.<br />

– Stai definendo Pam una tirapiedi? – chiese, con un vago accenno di<br />

sorriso sulle labbra. Subito dopo, tornò a essere seccato, lo capii dal modo<br />

in cui si alterò il suo accento. – Non sono tenuto a gironzolarti intorno per<br />

dimostrartelo. Io sono lo sceriffo e tu... tu fai parte del mio seguito.<br />

Sapevo di avere la bocca spalancata, ma non potevo farci niente.<br />

“Prendere mosche”, così mia nonna era stata solita definire<br />

quell’espressione, e in quel momento mi sembrava di averne prese<br />

parecchie.<br />

– Il tuo seguito? – riuscii a farfugliare. – Ebbene, al diavolo tu e il<br />

tuo seguito. Non sta a te dirmi cosa fare!<br />

– Sei obbligata a venire con me al convegno – scandì Eric, con gli<br />

occhi fiammeggianti. – È stato per questo che ti ho convocata a<br />

Shreveport, per parlare con te delle date e prendere accordi per il viaggio.<br />

– Io non sono obbligata ad andare da nessuna parte con te, amico. Sei<br />

stato scavalcato.<br />

– Amico? Amico!?<br />

A quel punto, le cose sarebbero degenerate se non fosse sopraggiunto<br />

Quinn, che era a bordo di una Lincoln Continental invece che del solito<br />

furgone. Per un momento, mi concessi il piacere di indulgere in un senso<br />

di puro snobismo al pensiero di viaggiare su quella macchina, compiaciuta<br />

all’idea di sedere in una lussuosa berlina, anche se avevo scelto un<br />

completo pantaloni pensando al fatto che sarei dovuta salire su un pick-up.<br />

Attraversato il portico, Quinn salì i gradini con sobria rapidità, senza<br />

dare l’impressione di affrettarsi e tuttavia sopraggiungendo in un attimo;<br />

gli sorrisi, perché appariva davvero splendido in un abito a giacca grigio<br />

scuro, abbinato a una camicia di un cupo color porpora e a una cravatta<br />

che fondeva i due colori in un motivo cachemire. Un semplice cerchio<br />

d’oro gli pendeva da un orecchio.<br />

Quanto a Eric, i suoi canini cominciavano a essere visibili.<br />

– Salve, Eric – salutò con calma Quinn, la cui voce profonda mi<br />

vibrò lungo la colonna vertebrale. – Sookie, sei davvero uno splendido<br />

bocconcino – aggiunse, sorridendomi in modo tale da far estendere la<br />

vibrazione a un’area del tutto diversa del mio corpo. Non avrei mai<br />

creduto di poter trovare attraente un altro uomo, in presenza di Eric, e mi<br />

sarei sbagliata.<br />

– Anche tu hai un ottimo aspetto – risposi, cercando di non sorridere<br />

come un’idiota. Farsi sorprendere a sbavare non era elegante.<br />

– Che cosa hai detto a Sookie, Quinn?


I due si squadrarono a vicenda. Non ritenevo di essere io la fonte<br />

della loro animosità reciproca: io ero solo il sintomo, non la malattia,<br />

costituita da qualcosa che si celava al di sotto della situazione attuale.<br />

– Le ho detto che la regina ha bisogno della sua presenza al<br />

convegno come parte del suo seguito, e che la convocazione della regina<br />

ha la precedenza sulla tua.<br />

– E da quando in qua la regina impartisce i suoi ordini tramite un<br />

mutaforma? – obiettò Eric, con voce piatta e carica di disprezzo.<br />

– Da quando questo mutaforma le ha reso un prezioso servizio nello<br />

svolgere il suo lavoro – rispose senza esitazione Quinn. – Il Signor<br />

Cataliades ha suggerito a sua maestà che io sarei potuto tornarle utile in<br />

veste di diplomatico, e i miei soci sono stati lieti di concedermi tutto il<br />

tempo necessario per assolvere qualsiasi incarico lei mi avesse assegnato.<br />

Non ero del tutto certa di riuscire a seguire fino in fondo quella<br />

conversazione, ma ne stavo afferrando il senso generale.<br />

Eric era esasperato, per usare un’interessante voce riportata dal mio<br />

calendario Una Parola al Giorno; anzi, era così infuriato che i suoi occhi<br />

stavano quasi emettendo scintille.<br />

– Questa donna è stata e sarà mia – disse, in tono così definitivo da<br />

indurmi quasi a controllarmi il posteriore alla ricerca di un marchio.<br />

– Piccola, sei sua oppure no? – chiese Quinn, spostando lo sguardo<br />

su di me.<br />

– No – dichiarai.<br />

– Allora andiamo a goderci lo spettacolo – decise Quinn, che non<br />

appariva spaventato, e neppure preoccupato. Sia che quella sua reazione<br />

fosse sincera, o che stesse presentando una facciata, la cosa era comunque<br />

davvero notevole.<br />

Per raggiungere la macchina di Quinn dovetti passare accanto a Eric,<br />

e non riuscii a trattenermi dal sollevare lo sguardo su di lui. Essergli tanto<br />

vicina quando era infuriato non era una cosa salutare, e dovevo stare sul<br />

chi vive, perché capitava di rado che Eric si vedesse mettere i bastoni fra le<br />

ruote nelle questioni importanti, e il fatto che io fossi stata accaparrata<br />

dalla Regina della Louisiana... la sua regina... era una questione<br />

importante. Il mio appuntamento con Quinn era un’altra cosa che non gli<br />

stava andando giù, ma avrebbe dovuto rassegnarsi e inghiottirla.<br />

Poi ci ritrovammo entrambi in macchina, e Quinn eseguì un’abile<br />

retromarcia per girare la Lincoln verso la Hummingbird Road, mentre io<br />

esalavo una serie di respiri lenti e cauti. Mi ci vollero alcuni momenti di<br />

silenzio perché tornassi a sentirmi di nuovo calma, ma a poco a poco le


mani mi si rilassarono; soltanto allora mi resi conto che il silenzio si era<br />

protratto troppo, e mi impartii mentalmente una scrollata.<br />

– Vai spesso a teatro, durante i tuoi viaggi di lavoro? – chiesi, per<br />

fare conversazione.<br />

Quinn scoppiò in una risata ricca e profonda, che pervase la<br />

macchina.<br />

– Sì – rispose. – Vado al cinema e a teatro, e a qualsiasi evento<br />

sportivo che mi capiti. Mi piace vedere la gente agire dal vero. Per questo<br />

non guardo molta televisione e preferisco uscire dalla mia stanza di hotel o<br />

dal mio appartamento per vedere le cose mentre succedono, o magari per<br />

farle succedere io stesso.<br />

– Quindi sai ballare?<br />

– Sì – replicò, scoccandomi una rapida occhiata.<br />

– Mi piace ballare – sorrisi. In effetti, ero piuttosto brava, anche se<br />

non mi capitavano molte occasioni per fare pratica. – Non me la cavo<br />

affatto a cantare – confessai, – ma ballare mi piace davvero molto.<br />

– La cosa suona promettente.<br />

Pensai che avremmo dovuto vedere come si sarebbe sviluppata<br />

quella serata, prima di prendere qualsiasi appuntamento per andare a<br />

ballare, ma riflettei che almeno sapevamo di avere in comune qualcosa che<br />

piaceva a entrambi.<br />

– Mi piace il cinema – continuai, – ma non credo di essere mai stata<br />

a vedere dal vivo nessun evento sportivo, tranne quelli scolastici. Non me<br />

ne perdo uno. Football, basket, baseball... vado a vederli tutti, quando il<br />

lavoro me lo permette.<br />

– Praticavi qualche sport, alle superiori? – domandò Quinn.<br />

Ammisi di aver giocato a softball, e lui mi raccontò di aver invece<br />

giocato a basket, il che non era una sorpresa, se si considerava la sua<br />

statura.<br />

Quinn era una persona con cui era facile parlare, e ascoltava con<br />

attenzione quello che gli dicevo; inoltre, guidava bene e non imprecava<br />

contro gli altri conducenti, come faceva sempre Jason, che tendeva a<br />

essere un guidatore impaziente.<br />

Stavo aspettando che eventuali nodi venissero al pettine, che<br />

giungesse quel particolare momento... sapete cosa intendo... quello in cui<br />

la persona con cui si è usciti confessa improvvisamente qualcosa che non<br />

siete proprio in grado di tollerare: per esempio si rivela essere un razzista o<br />

un omofobo, dichiara che non sposerà mai nessuna che non sia una<br />

Battista (o una del sud, o una bruna, o chissà che altro), ti parla dei figli


avuti dalle sue prime tre mogli, descrive quanto gli piaccia essere<br />

sculacciato o racconta le proprie giovanili esperienze come torturatore di<br />

gatti o di ranocchi. Quando arriva quel particolare momento, per quanto ci<br />

si stia divertendo, si capisce che la relazione è finita prima di cominciare, e<br />

in genere io non avevo neppure bisogno di aspettare che quelle cose mi<br />

venissero dette verbalmente, perché potevo leggerle direttamente nella<br />

testa del soggetto in questione ancora prima di uscire con lui.<br />

Non ero mai stata popolare presso gli uomini normali. Che lo<br />

ammettessero o meno, non riuscivano a tollerare l’idea di uscire con una<br />

ragazza che sapeva con esattezza con che frequenza si masturbassero, o<br />

che avessero pensieri licenziosi riguardo a un’altra donna, o che si<br />

chiedessero come sarebbe stata la loro insegnante senza i vestiti addosso.<br />

Quando parcheggiammo dall’altro lato della strada rispetto allo<br />

Strand, Quinn aggirò la macchina per venire ad aprirmi la portiera, e mi<br />

prese la mano mentre attraversavamo la strada, un comportamento cortese<br />

che mi fece piacere.<br />

C’erano parecchie persone che stavano entrando nel teatro, e tutte<br />

parevano guardare verso Quinn... ma del resto era inevitabile che un uomo<br />

calvo e alto come lui attirasse l’attenzione. Personalmente, stavo cercando<br />

di non pensare alla sua mano, che era enorme, molto calda e molto<br />

asciutta.<br />

– Ti stanno guardando tutti – commentò lui, nel tirare fuori di tasca i<br />

biglietti.<br />

– Oh, non credo proprio – replicai, serrando le labbra per non<br />

scoppiare a ridere.<br />

– Per quale altro motivo ci starebbero fissando, allora?<br />

– Guardano te – spiegai, stupita.<br />

Lui scoppiò in quella profonda risata che mi faceva vibrare<br />

interiormente.<br />

Avevamo dei posti davvero ottimi, centrali e nelle prime file, e Quinn<br />

occupava il suo in maniera così totale da indurmi a chiedermi se le persone<br />

alle sue spalle riuscissero a vedere qualcosa. Con curiosità, abbassai lo<br />

sguardo sul programma che avevo in mano e scoprii di non conoscere il<br />

nome di nessuno degli attori, ma decisi che non mi importava. Nel<br />

sollevare lo sguardo, scoprii che Quinn mi stava fissando e sentii la faccia<br />

che avvampava di rossore, mentre provavo l’improvviso desiderio di<br />

chiudere meglio il top del completo per nascondere ogni centimetro di<br />

scollatura.<br />

– Stanno decisamente guardando te – dichiarò lui, sorridendo. Chinai


in fretta il capo, combattuta fra soddisfazione e imbarazzo.<br />

Le persone che hanno visto The Producers sono moltissime, quindi<br />

non indugerò a descriverne la trama, tranne per dire che la commedia parla<br />

di gente credulona e di adorabili furfanti, e che è molto divertente. Io ne<br />

apprezzai ogni singolo minuto: era meraviglioso guardare delle persone<br />

recitare proprio davanti a me, e a un livello così professionale. La guest<br />

star, quell’attore che le persone più anziane fra il pubblico parevano<br />

riconoscere, gestì il ruolo principale con stupefacente sicurezza di sé.<br />

Anche Quinn rise, e dopo l’intervallo mi prese nuovamente la mano: le<br />

mie dita si chiusero con naturalezza intorno alle sue, e non mi sentii per<br />

nulla imbarazzata da quel contatto.<br />

Improvvisamente, risultò che era già passata un’ora, e che la<br />

commedia era finita. Ci alzammo in piedi insieme a tutti gli altri, anche se<br />

era evidente che ci sarebbe voluto del tempo perché il teatro si svuotasse;<br />

intanto, Quinn prese il mio scialle e lo tenne allargato perché mi potessi<br />

avvolgere in esso. Gli dispiaceva che mi stessi coprendo, una sensazione<br />

che colsi direttamente dal suo cervello.<br />

– Grazie – dissi, tirandogli una manica per essere certa che mi stesse<br />

guardando, perché volevo che sapesse quanto significava per me quella<br />

esperienza. – È stato semplicemente grandioso.<br />

– È piaciuto anche a me. Vuoi andare a mangiare qualcosa?<br />

– D’accordo – assentii, dopo un momento.<br />

– Hai dovuto pensarci sopra?<br />

In effetti, avevo avuto una sorta di pensiero fulmineo riguardo a<br />

parecchie cose diverse che, se le avessi enumerate, sarebbero suonate più o<br />

meno così: Deve essersi divertito, altrimenti non starebbe suggerendo di<br />

prolungare la serata. Domattina mi devo alzare e andare al lavoro, ma<br />

non vorrei perdere questa opportunità. Se andiamo a mangiare dovrò stare<br />

attenta a non rovesciarmi niente sui vestiti nuovi. è il caso di fargli<br />

spendere altro denaro, considerato quanto sono costati i biglietti?<br />

– Oh, stavo calcolando le calorie – spiegai, battendomi un colpetto<br />

sul posteriore.<br />

– Non hai niente che non vada, davanti o di dietro – dichiarò Quinn,<br />

con occhi così pieni di calore da farmici crogiolare. Sapevo di essere più<br />

formosa di quanto fosse ideale; quando avevo sentito Holly dire a Danielle<br />

come ridursi a portare qualsiasi taglia al di sopra dell’ottava fosse<br />

semplicemente disgustoso, per tre interi minuti mi ero sentita molto<br />

infelice, perché erano rari i momenti in cui riuscivo a entrare in un’ottava.<br />

Avrei volentieri riferito a Quinn quella conversazione, se non mi fossi


sentita certa di dare l’impressione di essere a caccia di complimenti.<br />

– Lascia che sia io a offrire il ristorante – proposi.<br />

– Con tutto il dovuto rispetto per il tuo orgoglio, no, non lo farò –<br />

ribatté Quinn, fissandomi dritto negli occhi per essere certo di farmi capire<br />

che parlava sul serio.<br />

Nel frattempo, avevamo raggiunto il marciapiede. Sorpresa dalla<br />

veemenza da lui dimostrata, non sapevo come reagire: da un lato, mi<br />

sentivo sollevata, perché dovevo stare attenta nelle spese, ma a un altro<br />

livello sapevo che era giusto da parte mia offrirmi di pagare la cena, e che<br />

mi avrebbe fatto piacere che lui avesse accettato.<br />

– Sai che non sto cercando di offenderti, giusto? – dissi.<br />

– Capisco che ti stai ponendo su un piano di eguaglianza – replicò.<br />

Lo guardai con aria dubbiosa, ma constatai che era serio.<br />

– Sono convinto che tu sia assolutamente pari a me sotto ogni aspetto<br />

– proseguì Quinn, – ma sono stato io a chiederti di uscire, quindi spetta a<br />

me provvedere a finanziare la nostra serata.<br />

– E se fossi stata io a chiederlo a te?<br />

– In quel caso, sarei stato costretto a lasciare che fossi tu a occuparti<br />

dei costi della serata – ammise, con aria cupa. Lo disse con riluttanza, ma<br />

lo disse. Distogliendo lo sguardo, mi concessi un sorriso.<br />

Le macchine stavano abbandonando il parcheggio una dopo l’altra;<br />

dal momento che ce la eravamo presa comoda nel lasciare il teatro, adesso<br />

l’auto di Quinn appariva sola e abbandonata nella seconda fila...<br />

improvvisamente, il mio allarme mentale si mise a squillare: da qualche<br />

parte, nelle nostre vicinanze, c’era un’intensa ostilità unita a intenzioni<br />

malvagie.<br />

– Qualcosa non va – dissi, serrando il braccio di Quinn e lasciandolo<br />

subito andare in modo che fossimo liberi di agire; intanto, avevamo<br />

lasciato il marciapiede, avviandoci per attraversare la strada in direzione<br />

del parcheggio.<br />

Senza replicare, Quinn si guardò intorno con attenzione, poi sbottonò<br />

la giacca con la mano sinistra, in modo da potersi muovere liberamente,<br />

serrando poi i pugni. Dal momento che era un uomo spinto da un intenso<br />

istinto protettivo, mi oltrepassò per pararsi davanti a me.<br />

L’attacco, naturalmente, giunse da un punto alle nostre spalle.


Capitolo ottavo<br />

Con un movimento tanto rapido e indistinto da non essere scindibile<br />

in singoli gesti che i miei occhi potessero individuare, una bestia mi<br />

mandò a sbattere contro Quinn, che barcollò in avanti di un passo. Nel<br />

tempo che lui impiegò a girarsi di scatto, io mi ritrovai a terra, sovrastata<br />

da un essere ringhiante che era mezzo uomo e mezzo lupo, e nel frattempo<br />

un secondo mannaro si materializzò come dal nulla, balzando sulla schiena<br />

di Quinn.<br />

La creatura che incombeva su di me era un mannaro reso tale da<br />

poco, la sua trasformazione tanto recente che doveva essere stato morso<br />

nell’arco delle precedenti tre settimane. La sua frenesia era tale che aveva<br />

attaccato prima ancora di aver ultimato la parziale trasformazione possibile<br />

a quanti diventavano mannari per essere stati morsi, e mentre cercava di<br />

strangolarmi, la sua faccia si stava ancora allungando per diventare un<br />

muso. Quel ragazzo non avrebbe mai ottenuto la splendida forma di lupo<br />

propria dei mannari purosangue, era “creato, non nato”, per usare la<br />

definizione dei mannari stessi. Braccia e gambe erano ancora umane, ma<br />

aveva la testa di lupo e il corpo coperto di pelo, ed era selvaggio quanto un<br />

mannaro purosangue.<br />

Artigliai quelle mani che mi stavano serrando il collo con tanta<br />

ferocia. Quella notte, non portavo indosso la mia catena d’argento, l’avevo<br />

scartata perché avevo ritenuto che sarebbe stata di cattivo gusto,<br />

considerato che il mio accompagnatore era a sua volta un mutaforma, e<br />

adesso mi ritrovai a pensare vagamente che essere di cattivo gusto mi<br />

avrebbe forse salvato la vita... l’ultimo pensiero coerente che riuscii a<br />

formulare per alcuni momenti, mentre sollevavo di scatto le ginocchia per<br />

cercare di colpire il mio aggressore abbastanza forte da costringerlo ad<br />

abbandonare la presa.<br />

Dai pochi pedoni ancora in circolazione giunsero intanto delle grida<br />

di allarme, seguite dall’urlo più penetrante dell’assalitore di Quinn, quando<br />

venne scaraventato attraverso l’aria come se fosse stato sparato da un<br />

cannone.<br />

Una grossa mano afferrò quindi il mio aggressore per il collo e<br />

procedette a sollevarlo; sfortunatamente, la mezza bestia non accennò ad<br />

allentare la presa intorno alla mia gola, che cominciò a essere sempre più<br />

schiacciata dalla sua stretta a mano a mano che anch’io mi sollevavo dal


marciapiede.<br />

Quinn si dovette rendere conto della mia situazione disperata, perché<br />

sferrò con la mano libera al mannaro uno schiaffo tale da catapultargli la<br />

testa all’indietro, stordendolo al punto da fargli abbandonare la presa sul<br />

mio collo prima di afferrarlo per le spalle e di scaraventarlo da un lato; il<br />

ragazzo atterrò sul selciato e rimase immobile.<br />

– Sookie – chiamò Quinn, che non pareva avere neppure il respiro<br />

affannoso. Chi era senza fiato ero invece io, che stavo lottando per indurre<br />

la mia gola a dilatarsi quanto bastava a permettermi di inalare un po’ di<br />

ossigeno. Potevo sentire una sirena della polizia che si avvicinava, cosa di<br />

cui ero profondamente grata. Insinuandomi un braccio sotto le spalle,<br />

Quinn mi sollevò; questo mi permise finalmente di respirare, con un senso<br />

di meravigliosa beatitudine. – Riesci a respirare bene? – mi domandò, e<br />

quando ebbi trovato la forza di annuire, insistette: – Niente di rotto, nella<br />

gola?<br />

Cercai di portarmi una mano al collo, ma in quel momento essa parve<br />

riluttante a collaborare.<br />

Poi il volto di Quinn riempì il mio campo visivo, e alla luce vaga di<br />

un lampione notai che era su di giri.<br />

– Se ti hanno fatto del male li ucciderò – ringhiò. In quel momento,<br />

mi parve una splendida notizia.<br />

– Morsi – ansimai, e lui subito assunse un’aria inorridita,<br />

affrettandosi a controllarmi con le mani e lo sguardo alla ricerca di segni di<br />

morsi. – Non io – precisai. – Loro. Non sono nati mannari... e forse erano<br />

drogati – aggiunsi, traendo un respiro profondo.<br />

Quella era la sola possibile spiegazione per un comportamento tanto<br />

folle.<br />

Intanto, un massiccio agente di colore si stava avvicinando in tutta<br />

fretta.<br />

– Serve un’ambulanza allo Strand – stava dicendo a qualcuno che si<br />

trovava sulla sua spalla... no, stava parlando in una piccola<br />

ricetrasmittente. Scossi la testa per schiarirmi la mente.<br />

– Ha bisogno di un’ambulanza, signora – insistette intanto il<br />

poliziotto. – Quella ragazza laggiù dice che un uomo l’ha gettata a terra e<br />

ha cercato di strangolarla.<br />

– Sto bene – dichiarai, anche se avevo la voce rauca e la gola mi<br />

faceva indubbiamente male.<br />

– Signore, lei è con questa donna? – continuò il poliziotto, rivolto ora<br />

a Quinn; quando si girò, la luce cadde sulla piastrina con il suo nome, che


ecava la scritta boling.<br />

– Sì, sono con lei.<br />

– Ed è stato lei a... a toglierle di dosso quei teppisti?<br />

– Sì.<br />

Il collega di Boling, che era una sua copia caucasica, venne intanto a<br />

raggiungerci, scrutando Quinn con qualche riserva, dovuta all’aver<br />

esaminato i nostri assalitori, che avevano ripreso la loro forma umana<br />

prima dell’arrivo della polizia e che, ovviamente, erano nudi.<br />

– Uno ha una gamba rotta – riferì, – e l’altro lamenta di avere una<br />

spalla slogata.<br />

– Hanno avuto quello che si meritavano – dichiarò Boling, scrollando<br />

le spalle. Forse era frutto della mia immaginazione, ma mi pareva che<br />

anche lui si facesse un po’ più cauto nel guardare verso il mio<br />

accompagnatore.<br />

– Hanno avuto più di quanto si aspettassero – ribatté in noto neutro il<br />

suo collega. – Signore, conosce uno o l’altro di quei ragazzi? – chiese<br />

quindi, accennando in direzione dei due, che erano esaminati da un agente<br />

sceso da una seconda macchina, un uomo più giovane e atletico dei<br />

colleghi. I due assalitori erano appoggiati uno all’altro e avevano l’aria<br />

stordita.<br />

– Non li ho mai visti prima – dichiarò Quinn. – E tu, piccola? –<br />

aggiunse, abbassando lo sguardo su di me con espressione interrogativa.<br />

Scossi il capo. Cominciavo a stare meglio, almeno quanto bastava<br />

per sentirmi in una posizione di netto svantaggio, stesa là per terra. Volevo<br />

alzarmi, e lo dissi a Quinn. Prima che i poliziotti potessero nuovamente<br />

consigliarmi di aspettare l’ambulanza, Quinn riuscì a farmi alzare in piedi<br />

il meno dolorosamente possibile.<br />

Abbassai lo sguardo sul mio splendido completo nuovo, che era<br />

adesso molto sporco.<br />

– In che stato sono, dietro? – domandai a Quinn, sentendo io stessa la<br />

paura che mi permeava la voce, e gli volsi la schiena, scrutandolo con<br />

ansia da sopra la spalla. Quinn parve leggermente sorpreso, ma procedette<br />

a esaminarmi.<br />

– Niente strappi – riferì. – Forse ci sono uno o due punti in cui la<br />

stoffa si è graffiata un poco sull’asfalto.<br />

Scoppiai in lacrime. Probabilmente, avrei comunque cominciato a<br />

piangere indipendentemente da tutto, perché stavo avvertendo una violenta<br />

reazione all’adrenalina che mi aveva invasa quando eravamo stati attaccati,<br />

ma il mio tempismo fu perfetto. Quanto più piangevo, tanto più i poliziotti


si mostrarono comprensivi, e come bonus aggiuntivo Quinn mi trasse fra le<br />

sue braccia, permettendomi di appoggiare la guancia contro il suo petto, e<br />

di ascoltare il battito del suo cuore, una volta che ebbi smesso di<br />

singhiozzare. In un colpo solo mi ero liberata della mia reazione nervosa<br />

all’aggressione subita ed ero riuscita a disarmare i poliziotti, anche se<br />

sapevo che stavano continuando a porsi degli interrogativi riguardo a<br />

Quinn e alla sua forza fisica.<br />

Un altro poliziotto, fermo vicino a uno degli assalitori, quello<br />

scaraventato lontano da Quinn, lanciò un richiamo ai colleghi, che<br />

andarono a raggiungerlo, lasciandoci soli per qualche momento.<br />

– Una mossa astuta – mormorò Quinn, contro il mio orecchio.<br />

– Mmmm – borbottai, addossandomi maggiormente a lui.<br />

– Continua così – sussurrò lui, accentuando la stretta delle sue<br />

braccia intorno a me, – e dovremo congedarci per andare in cerca di una<br />

stanza.<br />

– Mi dispiace – mi scusai, ritraendomi leggermente per guardarlo. –<br />

Chi credi che li abbia assoldati?<br />

Forse lui fu sorpreso che lo avessi capito, ma dal suo cervello non<br />

trapelò nulla, perché la reazione chimica che aveva scatenato le mie<br />

lacrime aveva anche reso ancor più complicato l’intrico della sua mente.<br />

– Ho tutte le intenzioni di scoprirlo – ribatté. – Come va la tua gola?<br />

– Fa male – ammisi, con voce roca, – ma so che non ha nulla che non<br />

vada, e siccome non ho un’assicurazione, non voglio andare in ospedale.<br />

Sarebbe uno spreco di tempo e di denaro.<br />

– Allora non ci andremo – garantì, chinandosi a baciarmi su una<br />

guancia. Io girai la faccia verso di lui, cosicché il bacio successivo atterrò<br />

nel punto giusto, divampando quasi subito in qualcosa di più intenso.<br />

Entrambi stavamo risentendo degli effetti dell’ondata di adrenalina.<br />

Il rumore di una voce che si schiariva mi restituì la lucidità mentale,<br />

con la stessa rapidità con cui avrei potuto ritrovarla se l’Agente Boling ci<br />

avesse rovesciato addosso una secchiata di acqua gelata.<br />

Disimpegnandomi dal bacio, affondai di nuovo il volto contro il petto<br />

di Quinn, consapevole di non potermi ancora muovere per un paio di<br />

minuti, perché potevo sentire la prova tangibile della sua eccitazione<br />

premere contro di me; anche se quelle non erano le circostanze più adatte<br />

per una valutazione, ero certa che in lui tutto fosse proporzionato, e faticai<br />

a resistere all’impulso di sfregare il mio corpo contro il suo. Sapevo che<br />

questo avrebbe peggiorato la sua situazione, dal punto di vista pubblico,<br />

ma adesso ero di un umore molto migliore, e mi stavo forse sentendo


addirittura maliziosa, e vispa, molto vispa. Affrontare insieme quella prova<br />

aveva probabilmente accelerato l’evolversi della nostra relazione quanto<br />

avrebbero potuto farlo quattro successivi appuntamenti.<br />

– Ha altre domande da farci, agente? – chiese Quinn, con voce non<br />

del tutto calma.<br />

– Sì, signore. Se lei e la signora volete venire con noi alla stazione di<br />

polizia, abbiamo bisogno di raccogliere la vostra deposizione. Provvederà<br />

a farlo il Detective Coughlin, mentre noi portiamo in ospedale i<br />

prigionieri.<br />

– D’accordo, ma dobbiamo proprio farlo stanotte? La mia amica è<br />

esausta e ha bisogno di riposare. Questa è stata per lei una prova molto<br />

dura.<br />

– Non ci vorrà molto – mentì l’agente. – Siete certi di non aver mai<br />

visto prima questi due teppisti? Lo chiedo perché questa aggressione<br />

sembra avere una base molto personale, se mi è permesso dirlo.<br />

– Nessuno di noi due li conosce.<br />

– E la signora persiste nel rifiutare le cure mediche?<br />

Annuii.<br />

– Allora va bene così, gente. Spero non abbiate altri problemi.<br />

– Grazie per essere accorsi tanto in fretta – dissi, girando la testa<br />

quanto bastava a incontrare lo sguardo dell’Agente Boling. Lui ricambiò lo<br />

sguardo con aria tesa, e lessi nella sua mente che era preoccupato per la<br />

mia sicurezza, accanto a un uomo violento come Quinn, capace di<br />

scagliare due ragazzi a parecchi metri di distanza. Il poliziotto non si era<br />

davvero reso conto che l’attacco era stato una cosa personale, che non si<br />

era trattato di una casuale rapina.<br />

Andammo alla stazione di polizia su un’autopattuglia. Non so cosa<br />

avessero in mente gli agenti, so solo che il collega di Boling ci garantì che<br />

ci avrebbero riaccompagnati alla nostra auto, motivo per cui accettammo<br />

la loro richiesta. Forse, non volevano che avessimo l’opportunità di parlare<br />

fra noi da soli, anche se non ne compresi il motivo. La sola cosa che<br />

poteva aver destato in loro dei sospetti era la taglia di Quinn, unita alla<br />

perizia con cui si era liberato degli aggressori.<br />

– Se hai bisogno di farmi sapere qualcosa con urgenza, pensala<br />

rivolgendoti a me, e io ti sentirò – dissi a Quinn, nei pochi istanti in cui<br />

rimanemmo soli prima che un agente si mettesse al volante.<br />

– Utile – commentò lui. La violenza sembrava averlo in certo modo<br />

rilassato, e nel massaggiarmi il palmo con il pollice stava pensando che in<br />

quel momento gli sarebbe piaciuto passare trenta minuti a letto con me, o


anche quindici; perfino dieci minuti, sia pure sul sedile posteriore di<br />

un’auto, sarebbero stati fantastici. Cercai di non scoppiare a ridere, ma non<br />

riuscii a trattenermi, e quando si rese conto che avevo colto con chiarezza i<br />

suoi pensieri, lui scosse il capo con fare contrito.<br />

Finita questa faccenda, dobbiamo trovare un posto dove andare,<br />

pensò poi, di proposito. Mi augurai che non intendesse che voleva affittare<br />

una stanza o portarmi a fare sesso a casa sua, perché quella notte non lo<br />

avrei fatto, indipendentemente da quanto potessi trovarlo attraente; il<br />

desiderio era però svanito quasi del tutto dal suo cervello, e potevo<br />

percepire che i suoi scopi erano di genere diverso, per cui annuii.<br />

Quindi cerca di non stancarti troppo, aggiunse. Annuii ancora, pur<br />

non avendo idea di come ci si ammaginava che facessi, e mi ripromisi di<br />

cercare di risparmiare le forze.<br />

La stazione di polizia era più o meno come mi aspettavo che fosse;<br />

indipendentemente da tutto ciò che di buono si può dire di Shreveport,<br />

infatti, non si può negare che abbia la sua dose di criminalità. La nostra<br />

presenza non destò quindi particolare attenzione, almeno finché gli agenti<br />

che si erano trovati sulla scena non conferirono con quelli che si trovavano<br />

nell’edificio, il tutto con più di un’occhiata di soppiatto in direzione di<br />

Quinn, tesa a studiarlo senza parere: senza dubbio, ai loro occhi lui<br />

appariva abbastanza formidabile da far attribuire alla normale forza fisica<br />

il modo in cui aveva sconfitto i due assalitori, ma l’incidente era stato<br />

piuttosto strano, le deposizioni dei testimoni contenevano ulteriori<br />

stranezze...<br />

Poi, il mio sguardo si posò su un volto familiare. Uh-oh.<br />

– Salve, Detective Coughlin – salutai, ricordando infine perché quel<br />

nome mi suonasse familiare.<br />

– Signorina Stackhouse... – rispose lui, dimostrando quasi il mio<br />

stesso entusiasmo. – Che cosa ha combinato questa volta?<br />

– Siamo stati aggrediti – spiegai.<br />

– L’ultima volta che l’ho vista, era fidanzata con Alcide Herveaux, e<br />

voi due avevate appena trovato i cadaveri più massacrati che io abbia mai<br />

visto – osservò, in tono noncurante. Il suo ventre pareva essersi fatto<br />

ancora più grosso nei pochi mesi trascorsi da quando lo avevo incontrato<br />

sulla scena di un omicidio, lì a Shreveport. Come molti uomini dal ventre<br />

spropositato, lui portava i calzoni cachi abbottonati sotto quella sporgenza,<br />

e dal momento che la sua camicia era a larghe strisce blu e bianche,<br />

l’effetto complessivo era quello di un tendone che sovrastasse un tratto di<br />

terra battuta.


Mi limitai ad annuire, perché in realtà non avevo niente da dire.<br />

– Il Signor Herveaux si è ripreso dalla perdita di suo padre? –<br />

insistette Coughlin.<br />

Il corpo di Jackson Herveaux era stato trovato mezzo dentro e mezzo<br />

fuori da un serbatoio pieno d’acqua, in una vecchia fattoria che<br />

apparteneva alla famiglia. Anche se i giornali avevano arpeggiato sulla<br />

stranezza di alcune delle sue ferite, era parso chiaro che gli animali<br />

selvatici avessero rosicchiato alcune delle ossa. La teoria dominante era<br />

che il vecchio Herveaux fosse precipitato nel serbatoio e si fosse rotto una<br />

gamba nella caduta; in qualche modo, era poi riuscito a raggiungere il<br />

bordo e a issarsi parzialmente fuori del serbatoio, ma a quel punto doveva<br />

essere svenuto. Dal momento che nessuno sapeva che si era recato alla<br />

fattoria, non c’erano stati soccorsi, e lui era <strong>morto</strong> là, solo.<br />

Alla morte di Jackson aveva assistito una folla di persone, fra cui<br />

anche l’uomo che avevo accanto.<br />

– Non ho più parlato con Alcide da quando suo padre è stato ritrovato<br />

– replicai, in tutta sincerità.<br />

– Santo cielo, mi dispiace davvero che le cose fra voi non abbiano<br />

funzionato – commentò il Detective Coughlin, fingendo di non vedere che<br />

quella sera ero in compagnia di un altro uomo. – Di certo, voi due eravate<br />

una bella coppia.<br />

– Sookie è bella, indipendentemente da chi è con lei – interloquì<br />

Quinn.<br />

Gli sorrisi, e ne fui ricambiata: senza dubbio, lui stava facendo tutte<br />

le mosse giuste.<br />

– Signorina Stackhouse, se vuole seguirmi, metteremo per iscritto la<br />

sua deposizione, e dopo se ne potrà andare.<br />

La mano di Quinn si serrò intorno alla mia in un gesto di<br />

avvertimento. Ehi, un momento, chi è la telepate, qui? pensai, nel<br />

ricambiare la stretta. Ero perfettamente consapevole che secondo il<br />

Detective Coughlin io dovevo essere colpevole di qualcosa, e che lui<br />

avrebbe fatto del suo meglio per scoprire di cosa si trattava, ma in realtà io<br />

non ero colpevole di niente.<br />

Noi eravamo stati i bersagli scelti per l’attacco, lo avevo letto nella<br />

mente degli assalitori... ma perché?<br />

Il Detective Coughlin mi condusse in una stanza piena di scrivanie e<br />

tirò fuori un modulo da un cassetto. Intorno, tutti continuarono a lavorare.<br />

Alcune scrivanie erano vuote, senza dubbio “chiuse per la notte”, ma altre<br />

erano occupate, c’erano persone che andavano e venivano dalla stanza, e


un giovane detective biondo era impegnato a scrivere al computer, a due<br />

scrivanie di distanza da me.<br />

Essendo sul chi vive, avevo aperto la mente, quindi ero in grado di<br />

avvertire se mi stava guardando pur senza voltarmi, e sapevo che era stato<br />

piazzato a quella scrivania dal Detective Coughlin, o che quanto meno gli<br />

era stato ordinato di studiarmi a fondo, mentre mi trovavo nella stanza.<br />

Quando infine mi decisi a fissarlo negli occhi, lo shock del<br />

riconoscimento fu reciproco: avevo già visto quel giovane alla lotta per la<br />

posizione di capobranco, era il mannaro che aveva rivestito il ruolo di<br />

secondo di Patrick Furnan e che io avevo sorpreso a barare. Maristella mi<br />

aveva riferito che la sua punizione era consistita nell’avere la testa rasata, e<br />

gli era stata inflitta anche se il suo candidato aveva vinto. Adesso i suoi<br />

capelli avevano appena cominciato a ricrescere, e nei suoi occhi si leggeva<br />

nei miei confronti l’odio intenso proprio di chi sa di essere colpevole.<br />

D’impulso, accennò ad alzarsi, perché il suo primo istinto era stato quello<br />

di pestarmi per bene, ma poi registrò il fatto che qualcuno pareva aver già<br />

provveduto al riguardo, e sogghignò.<br />

– Quello è il suo collega? – domandai al Detective Coughlin.<br />

– Cosa? – Il detective, che era stato intento a scrutare lo schermo del<br />

computer con l’ausilio di un paio di occhiali da lettura, guardò in direzione<br />

del giovane mannaro, poi riportò lo sguardo su di me, continuando: – Sì, è<br />

il mio nuovo collega. Il tizio che mi ha accompagnato sull’ultima scena del<br />

crimine su cui ci siamo conosciuti è andato in pensione il mese scorso.<br />

– Come si chiama? Il nuovo collega, intendo.<br />

– Perché, è il prossimo che vuole agganciare? Lei non pare proprio<br />

capace di sistemarsi con un singolo uomo, vero, Signorina Stackhouse?<br />

Se fossi stata una vampira, avrei potuto costringerlo a rispondermi, e<br />

se fossi stata davvero abile, lui non si sarebbe neppure reso conto di averlo<br />

fatto.<br />

– Diciamo piuttosto che sono gli uomini che non riescono a<br />

sistemarsi con me, Detective Coughlin – ribattei; lui mi fissò in modo<br />

strano, poi accennò con un dito in direzione del detective biondo.<br />

– Lui è Cal, Cal Myers – spiegò. Intanto, parve aver trovato il<br />

modulo giusto, perché cominciò a farmi esporre di nuovo tutti i dettagli<br />

dell’incidente, domande a cui risposi con sincera indifferenza: per una<br />

volta, non avevo proprio niente da nascondere.<br />

– Mi sono chiesta se fossero drogati – osservai, quando ebbi finito.<br />

– Si intende molto di droghe, Signorina Stackhouse? – ribatté<br />

Coughlin, tornando a fissarmi con quei suoi occhietti penetranti.


– Non direttamente, è ovvio, ma di tanto in tanto nel bar viene<br />

qualcuno che ha preso qualche sostanza che non avrebbe dovuto usare.<br />

Quei due giovani sembravano proprio... sotto l’influenza di qualcosa.<br />

– Ebbene, all’ospedale esamineranno loro il sangue, e allora lo<br />

sapremo.<br />

– Dovrò tornare ancora?<br />

– Per testimoniare contro di loro? Certo.<br />

– D’accordo – assentii, nel mio tono più neutro e deciso, consapevole<br />

che non avevo alternative. – Abbiamo finito?<br />

– Suppongo di sì – annuì, incontrando il mio sguardo con quegli<br />

occhietti castani pieni di sospetto. Risentirmene sarebbe stato inutile,<br />

perché aveva assolutamente ragione nel ritenere che in me ci fosse<br />

qualcosa di poco chiaro, qualcosa che lui non sapeva. Dopo tutto,<br />

Coughlin stava facendo del suo meglio per essere un buon poliziotto... di<br />

colpo, mi dispiacque per lui, costretto ad annaspare in un mondo che<br />

conosceva soltanto a metà.<br />

– Non si fidi del suo collega – sussurrai. Mi aspettavo che lui<br />

esplodesse e facesse avvicinare Cal Myers per mettermi in ridicolo davanti<br />

a lui, ma qualcosa nel mio tono o nel mio sguardo lo indusse a bloccare<br />

quell’impulso. Le mie parole di avvertimento avevano fatto leva su un<br />

campanello d’allarme che stava già suonando in un angolo del suo<br />

cervello, forse dal primo momento in cui aveva conosciuto il mannaro.<br />

Coughlin non disse niente, neppure una parola. La sua mente era<br />

piena di paura, mista a disgusto... ma era convinto che stessi dicendo la<br />

verità. Dopo un secondo, mi alzai e lasciai la stanza: con mio estremo<br />

sollievo, Quinn mi stava aspettando nell’ingresso.<br />

Un agente... non Boling... ci riportò fino alla macchina di Quinn, ed<br />

entrambi rimanemmo in silenzio per tutto il tragitto. Trovammo la Lincoln<br />

ad attenderci in solitario splendore nel parcheggio, di fronte allo Strand,<br />

ora sprangato e buio. Tirate fuori le chiavi, Quinn aprì l’auto con il<br />

comando elettronico e prendemmo posto a bordo, con gesti lenti e stanchi.<br />

– Dove andiamo? – chiesi.<br />

– All’Hair of the Dog – rispose.


Capitolo nono<br />

L’Hair of the Dog si trovava nelle vicinanze di King’s Highway, non<br />

lontano dal Centenary College. L’edificio aveva una vecchia facciata di<br />

mattoni, e le grandi finestre che davano sulla strada erano coperte da<br />

opache tende color crema, particolari che notai mentre svoltavamo lungo il<br />

lato sinistro dell’edificio, per percorrere sobbalzando un vicolo che portava<br />

a un’area di parcheggio, sul retro.<br />

Lasciammo l’auto in quel piccolo appezzamento coperto di erbacce e<br />

disseminato di lattine vuote, vetri rotti, preservativi usati e cose anche<br />

peggiori, visibili nonostante la fioca illuminazione. Nel parcheggio c’erano<br />

parecchie motociclette, alcune utilitarie economiche e un paio di Suv. Sulla<br />

porta posteriore spiccava un cartello con la scritta: RISERVATO AL<br />

PERSONALE – VIETATO L’INGRESSO.<br />

Anche se i miei piedi stavano cominciando a protestare contro i<br />

tacchi alti, a cui non erano abituati, dovemmo ripercorrere il vicolo fino<br />

all’ingresso principale, e a mano a mano che ci avvicinavamo all’ingresso<br />

sentii intensificare una sensazione di gelo che mi attanagliava la spina<br />

dorsale. Poi l’incantesimo si impadronì di me così bruscamente da darmi<br />

l’impressione di essere andata a sbattere contro un muro, e mi indusse ad<br />

arrestarmi di colpo. Lottai per andare avanti, ma non riuscivo a muovermi,<br />

e potevo avvertire l’odore della magia: il locale aveva delle protezioni.<br />

Qualcuno aveva pagato una somma notevole a una strega perché<br />

apponesse sulla porta un incantesimo di allontanamento.<br />

Mentre mi sforzavo di non cedere all’impulso di girarmi e di<br />

mettermi a camminare in un’altra direzione, qualsiasi altra, Quinn mosse<br />

qualche passo in avanti e infine si girò a fissarmi con aria sorpresa, almeno<br />

finché non si rese conto di cosa stava succedendo.<br />

– L’avevo dimenticato – affermò, con la sorpresa che gli risuonava<br />

anche nella voce. – Avevo scordato che sei umana.<br />

– Sembra un complimento – ribattei, con una certa fatica. Nonostante<br />

il freddo della notte, avevo la fronte imperlata di sudore per lo sforzo di<br />

spingere in avanti un piede di un paio di centimetri.<br />

– Ecco fatto – disse Quinn, prendendomi fra le braccia proprio come<br />

Rhett avrebbe fatto con Rossella O’Hara. Subito la sua aura mi avviluppò,<br />

attenuando la sgradevole compulsione ad allontanarmi, e io trassi un<br />

profondo respiro di sollievo. Adesso la magia non era più in grado di


iconoscermi come umana, almeno non del tutto, e per quanto il locale<br />

continuasse ad apparirmi poco interessante e quasi repellente, fui in grado<br />

di entrare senza sentirmi male.<br />

Forse fu a causa dei perduranti effetti dell’incantesimo, ma anche<br />

dopo che fummo entrati, il bar non cessò di apparirmi quasi repellente.<br />

Non sarebbe esatto dire che il nostro ingresso fece cessare ogni<br />

conversazione, ma di certo il rumore presente nel locale si attenuò in modo<br />

marcato; un jukebox stava suonando Bad Moon Rising, che è per i mannari<br />

una sorta di inno nazionale, e l’assortimento di mannari e di mutaforma<br />

presenti sembrava impegnato a valutare la situazione.<br />

– Gli umani non sono ammessi in questo locale! – esclamò una<br />

donna molto giovane, balzando oltre il bancone con uno scatto muscoloso<br />

e avanzando verso di noi. Indossava calze a rete, stivali a tacco alto, un top<br />

aderente senza spalline in pelle rossa... ecco, un top che avrebbe voluto<br />

essere di pelle, ma che più probabilmente era di similpelle... e una striscia<br />

di stoffa nera che senz’altro lei definiva una gonna. Sembrava che si fosse<br />

infilata una sorta di tubo, calandoselo addosso, e il tutto era tanto aderente<br />

da dare l’impressione che si potesse arrotolare su se stesso da un momento<br />

all’altro, come una tenda.<br />

La ragazza non apprezzò il mio sorriso, che giustamente interpretò<br />

come un commento al suo modo di vestire.<br />

– Porta fuori di qui il tuo culo umano – ingiunse, con un ringhio.<br />

Purtroppo, non doveva aver fatto molta pratica nell’intimidire la gente, e il<br />

suo ringhio non suonò particolarmente minaccioso, con il risultato che il<br />

mio sorriso si accentuò. Essendo dotata dello scarso autocontrollo proprio<br />

di tutti i mannari molto giovani, la ragazza trasse indietro la mano per<br />

sferrarmi un pugno.<br />

A quel punto, Quinn ringhiò.<br />

Quel suono scaturì dalle profondità del suo ventre, tanto tonante e<br />

profondo da penetrare in ogni angolo del locale. Il barista, un tipo vestito<br />

da motociclista, con barba e capelli piuttosto lunghi e le braccia nude<br />

coperte di tatuaggi, allungò la mano sotto il bancone. Capii che stava per<br />

tirare fuori una doppietta.<br />

Non per la prima volta, mi chiesi se non avrei dovuto cominciare a<br />

circolare armata, cosa di cui, in tutta la mia vita di persona osservante delle<br />

leggi, non avevo mai visto la necessità fino a pochi mesi prima. In quel<br />

momento, il jukebox smise di suonare, e sul bar scese un silenzio<br />

assordante quanto lo era stato il rumore di poco prima.<br />

– Per favore, non tirare fuori quell’arma – dissi al barista, sfoggiando


uno smagliante sorriso; potevo sentire le mie labbra tendersi in quella sorta<br />

di sorriso troppo marcato e luminoso, che mi faceva apparire un po’<br />

sballata. – Veniamo in pace – aggiunsi, sulla spinta di un impulso assurdo,<br />

mostrando i miei palmi vuoti.<br />

Un mutaforma che era in piedi accanto al bancone scoppiò in una<br />

risata sorpresa quanto divertita, e la tensione generale diminuì<br />

leggermente. La ragazza abbassò il pugno lungo il fianco e indietreggiò di<br />

un passo, lo sguardo che si spostava di continuo fra Quinn e me, e le mani<br />

del barista tornarono a essere visibili.<br />

– Salve, Sookie – salutò poi una voce familiare. Amanda, la mannara<br />

dai capelli rossi che il giorno precedente aveva fatto da autista alla<br />

Dottoressa Ludwig, era seduta a un tavolo, in un angolo in ombra (a dire il<br />

vero, la sala sembrava piena di angoli in ombra).<br />

Insieme a lei c’era un uomo massiccio vicino alla quarantina, ed entrambi<br />

erano forniti di drink e di una ciotola di salatini; al loro tavolo sedeva<br />

anche un’altra coppia, che mi dava le spalle. Quando i due si girarono con<br />

cautela, come se qualsiasi movimento brusco potesse scatenare violenza,<br />

riconobbi Alcide e Maristella. Il cervello di Maristella era un ammasso<br />

confuso di ansia, di orgoglio e di tensione, quello di Alcide era<br />

semplicemente combattuto: non sapeva con esattezza cosa stesse provando<br />

in quel momento.<br />

Ebbene, la cosa valeva per entrambi.<br />

– Salve, Amanda – risposi, in tono allegro quanto il mio sorriso,<br />

perché non sarebbe stato salutare permettere a quel silenzio di protrarsi<br />

troppo a lungo.<br />

– Sono onorata di avere nel mio locale il leggendario Quinn –<br />

affermò Amanda; da questo compresi che, indipendentemente da qualsiasi<br />

altro lavoro potesse svolgere, lei era la proprietaria dell’Hair of the Dog. –<br />

Voi due siete in giro per passare una serata in città, oppure la vostra visita<br />

ha una ragione specifica?<br />

Dal momento che non avevo idea del perché fossimo lì, dovetti<br />

lasciare che fosse Quinn a rispondere, cosa che a mio parere non mi fece<br />

fare una bella figura.<br />

– C’è una ragione molto valida, anche se desideravo da tempo<br />

visitare il tuo bar – replicò Quinn, adottando uno stile elegante e formale<br />

che pareva scaturito dal nulla.<br />

Amanda accolse le sue parole con un cenno del capo, che parve<br />

essere anche un segnale per invitare Quinn a proseguire.<br />

– Questa sera, la mia compagna e io siamo stati aggrediti in un luogo


pubblico, dove c’erano altri civili tutt’intorno a noi – annunciò.<br />

La cosa non parve sconvolgere o stupire nessuno; anzi, Miss Sfida<br />

alla Moda arrivò addirittura a scrollare le nude spalle ossute.<br />

– Siamo stati aggrediti da mannari – precisò Quinn.<br />

Questo ottenne una notevole reazione. Teste e mani sussultarono per<br />

poi immobilizzarsi, e Alcide accennò ad alzarsi in piedi, per poi lasciarsi<br />

ricadere sulla sedia.<br />

– Mannari del branco della Zanna Lunga? – chiese Amanda, in tono<br />

incredulo.<br />

– Gli aggressori erano là per uccidere, quindi non ho perso tempo a<br />

fare domande – ribatté Quinn, scrollando le spalle. – Entrambi erano<br />

mannari molto giovani, tali per essere stati morsi, e a giudicare dal loro<br />

comportamento, erano drogati.<br />

Le sue parole provocarono altre reazioni sconvolte. Stavamo<br />

causando una sensazione notevole.<br />

– Sei ferita? – mi chiese Alcide, come se Quinn non fosse stato là al<br />

mio fianco.<br />

Per tutta risposta inclinai la testa all’indietro, in modo da rendere<br />

visibile il collo, smettendo di sorridere. Ormai i lividi lasciati dalle mani<br />

del ragazzo avevano cominciato a scurire in modo vistoso. Intanto, avevo<br />

avuto modo di riflettere intensamente.<br />

– Come amica del branco, non mi sarei aspettata che potesse<br />

succedermi qualcosa, qui a Shreveport – dissi.<br />

Partivo dal presupposto che la mia posizione di amica del branco non<br />

fosse cambiata con il nuovo regime, o almeno mi auguravo che non lo<br />

fosse; in ogni caso, quello era il mio asso nella manica, e lo avevo giocato.<br />

– Il Colonnello Flood aveva dichiarato Sookie amica del branco –<br />

affermò inaspettatamente Amanda. Gli altri mannari si fissarono a vicenda,<br />

creando un momento di incertezza.<br />

– Che ne è stato dei cuccioli? – chiese il motociclista dietro il<br />

bancone.<br />

– Sono sopravvissuti – rispose Quinn, fornendo prima la notizia più<br />

importante.<br />

L’intero locale parve esalare un sospiro collettivo, anche se non avrei<br />

saputo dire se fosse di sollievo o di rammarico.<br />

– Sono nelle mani della polizia – continuò Quinn. – Dal momento<br />

che ci hanno attaccati davanti ad altri umani, è stato impossibile evitare<br />

che la polizia fosse coinvolta.<br />

Mentre ci recavamo al bar, avevamo discusso di Cal Myers. Quinn lo


aveva soltanto intravisto, ma naturalmente lo aveva riconosciuto per ciò<br />

che era. Adesso mi chiesi se avrebbe sollevato la questione della sua<br />

presenza alla stazione di polizia, ma lui non ne fece parola; del resto,<br />

perché fare commenti riguardo a qualcosa che di certo i mannari già<br />

sapevano? Senza contare che il branco si sarebbe schierato in modo<br />

compatto contro qualsiasi estraneo, indipendentemente da quanto potesse<br />

essere diviso al suo interno.<br />

Il coinvolgimento della polizia nelle questioni dei mannari era una<br />

cosa poco desiderabile, e anche se la presenza di Cal Myers all’interno<br />

delle forze dell’ordine poteva essere d’aiuto, ogni indagine elevava la<br />

possibilità che gli umani venissero a sapere dell’esistenza di creature che<br />

preferivano l’anonimato.<br />

Non avevo idea di come i mutaforma avessero fatto a volare (o<br />

strisciare o galoppare) per così tanto tempo al di sotto dei radar, ed ero<br />

convinta che il costo in termini di vite umane fosse stato notevole.<br />

– Dovresti portare Sookie a casa – osservò Alcide. – È stanca.<br />

– Ce ne andremo solo dopo aver ricevuto da voi l’assicurazione che<br />

il branco indagherà a fondo su questo attacco ingiustificato – ribatté<br />

Quinn, circondandomi con un braccio e traendomi contro di sé.<br />

Un bel discorso. Quinn pareva essere un maestro nell’esprimersi con<br />

diplomatica fermezza, anche se a dire il vero era un po’ sopraffacente: un<br />

senso di potere esalava da lui in un flusso costante, e la sua presenza fisica<br />

aveva un impatto innegabile.<br />

– Riferiremo tutto questo al capobranco, e sono certa che lui<br />

indagherà – stava dicendo Amanda. – Qualcuno deve aver assoldato quei<br />

cuccioli.<br />

– Qualcuno li ha trasformati, tanto per cominciare – precisò Quinn. –<br />

O forse adesso il vostro branco si abbassa a mordere teppisti da strada per<br />

poi mandarli in giro in cerca di cibo fra i rifiuti?<br />

D’accordo, a questo punto l’atmosfera era senza dubbio ostile.<br />

Sollevai lo sguardo sul mio grosso compagno, e scoprii che Quinn<br />

stava per perdere il controllo.<br />

– Grazie di tutto – dissi ad Amanda, sentendo il mio sorriso nervoso<br />

che tornava a tendermi gli angoli della bocca. – Alcide, Maristella, è stato<br />

un piacere vedervi, ma adesso dobbiamo andare. Il viaggio fino a Bon<br />

Temps è lungo – aggiunsi, agitando la mano in direzione del barista<br />

motociclista e di Miss Calze a Rete. Lui rispose con un cenno del capo, lei<br />

si accigliò: probabilmente, non le interessava diventare mia amica.<br />

Sgusciando via da sotto il braccio di Quinn, gli presi quindi la mano nella


mia.<br />

– Avanti, Quinn, andiamocene – lo incitai.<br />

Per un breve, sgradevole momento, i suoi occhi non parvero<br />

riconoscermi, poi la sua espressione si schiarì e lui si rilassò.<br />

– Certo, piccola – annuì, quindi salutò i mannari ed entrambi<br />

volgemmo loro le spalle per uscire. Anche se la piccola folla includeva<br />

Alcide, di cui mi fidavo sotto la maggior parte degli aspetti, quella fu per<br />

me un’esperienza piena di disagio.<br />

Quanto a Quinn, non riuscivo a percepire in lui paura o ansia, quindi<br />

doveva essere dotato di una concentrazione e di un autocontrollo enormi,<br />

oppure davvero non aveva paura di un bar pieno di lupi mannari, il che<br />

poteva anche essere ammirevole, ma era comunque un po’... irrealistico.<br />

La risposta esatta risultò essere “concentrazione e autocontrollo<br />

enormi”, come scoprii non appena arrivammo nel parcheggio scarsamente<br />

illuminato. Quinn si mosse, troppo in fretta perché potessi vederlo, e io mi<br />

ritrovai addossata alla macchina, con la bocca di lui sulla mia. Dopo un<br />

istante di sorpresa, mi adeguai prontamente: l’aver condiviso un pericolo<br />

tende ad avere un effetto del genere, e quella era la seconda volta nell’arco<br />

del nostro primo appuntamento. Era forse un cattivo presagio? Accantonai<br />

quel pensiero razionale quando le labbra e i denti di Quinn si spostarono<br />

fino a trovare quel punto vulnerabile e sensibile fra la spalla e l’attaccatura<br />

del collo. Emisi un suono incoerente, perché insieme all’eccitazione che<br />

sempre mi derivava dall’essere baciata in quel punto stavo anche provando<br />

innegabili fitte di dolore a causa dei lividi che mi circondavano la gola.<br />

Una combinazione sgradevole.<br />

– Scusami, scusami – mormorò lui, contro la mia pelle, senza che le<br />

sue labbra sospendessero il loro assalto. Sapevo che se avessi abbassato la<br />

mano avrei potuto ricambiare con un tocco intimo, e non sto dicendo di<br />

non essere stata tentata di farlo. Stavo però imparando un po’ per volta a<br />

usare una certa cautela... anche se non abbastanza, purtroppo, come<br />

riflettei con quella piccola frazione della mia mente che non era travolta<br />

dall’onda di calore che, dal basso del mio corpo, stava salendo a incontrare<br />

la sensazione rovente prodotta dalle labbra di Quinn. Accidenti... Oh...<br />

Mi mossi contro di lui. Fu un riflesso istintivo, ma fu anche un<br />

errore, perché la sua mano mi scivolò sotto il seno e il suo pollice<br />

cominciò ad accarezzarlo. Rabbrividii, con un sussulto, consapevole che<br />

adesso anche lui stava ansimando un poco. Era come essere saltata sul<br />

predellino di una macchina già lanciata a tutta velocità lungo una strada<br />

buia.


– D’accordo – ansimai, ritraendomi un poco. – D’accordo, meglio<br />

fermarsi qui.<br />

– Ummm – mi mormorò all’orecchio, sfiorandomelo con la lingua e<br />

strappandomi un altro sussulto.<br />

– Non intendo farlo – dichiarai, in un tono che voleva essere<br />

definitivo, poi feci appello alla mia determinazione e aggiunsi: – Quinn,<br />

non intendo fare sesso con te in questo orribile parcheggio sporco!<br />

– Neppure un po’ di sesso?<br />

– No. Assolutamente no!<br />

– La tua bocca dice una cosa – affermò, baciandola, – e il tuo corpo<br />

ne dice un’altra – continuò, baciandomi la spalla.<br />

– Ascolta la bocca, dongiovanni.<br />

– Dongiovanni?<br />

– D’accordo. Quinn.<br />

– Va bene – sospirò lui, raddrizzandosi con un sorriso contrito. – Mi<br />

dispiace. Non era mia intenzione saltarti addosso in quel modo.<br />

– Entrare in un posto dove non si è precisamente i benvenuti e<br />

uscirne illesi è un’esperienza eccitante – osservai.<br />

– Esatto – convenne, con un profondo respiro.<br />

– Tu mi piaci molto – dissi. In quel momento, potevo leggergli nella<br />

mente in modo abbastanza chiaro e sapevo di piacergli a mia volta...<br />

davvero tanto, e che gli sarei piaciuta ancora di più su un letto.<br />

– Tuttavia – continuai, fortificando le mie posizioni, – ho avuto un<br />

paio di esperienze che sono state per me un avvertimento ad andarci piano.<br />

E stanotte non ci sono andata piano con te, anche considerando le... ah... le<br />

speciali circostanze. – D’un tratto, mi sentivo tanto spossata da essere<br />

pronta a crollare seduta, con la schiena che doleva e un lieve crampo al<br />

ventre. Per un momento la cosa mi preoccupò, poi mi ricordai del ciclo<br />

mensile. Quella era di certo la goccia che faceva traboccare il vaso,<br />

aggiunta a una serata di eccitazione e di percosse.<br />

Quinn mi stava fissando, e si stava ponendo degli interrogativi al mio<br />

riguardo, anche se non ero in grado di dire con esattezza cosa lo<br />

preoccupasse.<br />

– Chi di noi due era il bersaglio, fuori del teatro? – chiese d’un tratto.<br />

Era chiaro che aveva smesso di pensare al sesso. Bene.<br />

– Credi si trattasse di uno soltanto di noi? – replicai.<br />

– È quanto avevo supposto – ammise, dopo un momento di<br />

riflessione.<br />

– Dobbiamo anche chiederci chi sia stato ad assoldarli. Suppongo


che abbiano ricevuto un pagamento di qualche tipo... droga, o denaro, o<br />

entrambe le cose. Credi che parleranno?<br />

– Non credo che sopravviveranno alla notte, in prigione.


Capitolo decimo<br />

Alla notizia non venne neppure elargita la prima pagina; invece,<br />

venne relegata nella sezione delle notizie locali del giornale di Shreveport.<br />

OMICIDI IN CARCERE, recitava il titolo. Sospirai.<br />

“Due minorenni che attendevano di essere trasferiti dalle celle di<br />

detenzione alla Casa di Rieducazione Minorile sono stati uccisi la scorsa<br />

notte, poco dopo la mezzanotte.”<br />

Il giornale mi veniva consegnato ogni mattina e veniva lasciato<br />

nell’apposita cassetta, accanto a quella delle lettere, posta in fondo al<br />

vialetto. Quando vidi l’articolo stava ormai facendo buio, e io ero seduta<br />

nella mia macchina, sul punto di imboccare la Hummingbird Road per<br />

andare al lavoro. Era la prima volta che uscivo, quel giorno, dopo aver<br />

dedicato la giornata a dormire, fare il bucato e fare un po’ di giardinaggio.<br />

Nessuno era venuto a trovarmi, nessuno aveva telefonato. Mi ero aspettata<br />

che almeno Quinn chiamasse, giusto per controllare come stavo... ma non<br />

lo aveva fatto.<br />

“I due minorenni, tradotti alla stazione di polizia sotto l’accusa di<br />

aggressione e percosse, erano stati posti in una delle celle di detenzione in<br />

attesa dell’arrivo dell’autobus della Casa di Rieducazione Minorile, il<br />

mattino successivo. Le celle di detenzione destinate ai minori non sono in<br />

vista di quelle riservate agli adulti, e i due erano i soli minorenni trattenuti<br />

nel corso della notte. In un momento imprecisato, sono stati strangolati da<br />

una o più persone ignote. Nessuno degli altri prigionieri ha riportato danni<br />

e tutti hanno negato di aver visto qualsiasi attività sospetta. Entrambi i<br />

giovani avevano una lunga fedina penale. ‘Avevano spesso avuto a che<br />

fare con la polizia’, asserisce una fonte vicina agli inquirenti.<br />

“‘Intendiamo andare a fondo a questa faccenda’, afferma il Detective<br />

Dan Coughlin, che ha risposto alla chiamata per il reato per cui i giovani<br />

erano stati arrestati e stava conducendo le indagini. ‘Erano stati arrestati<br />

per aver presumibilmente aggredito una coppia in modo strano, e la loro<br />

morte è altrettanto strana.’ Il suo collega, Cal Myers, aggiunge: ‘Sarà fatta<br />

giustizia’. ”<br />

Quelle parole mi parvero minacciose.<br />

Gettato il giornale sul sedile accanto, tirai fuori la posta dalla cassetta<br />

e la aggiunsi al piccolo mucchio, pensando che l’avrei esaminata dopo il<br />

turno di lavoro da Merlotte’s.


Quando arrivai al bar ero di umore pensoso. Assorta a riflettere sulla<br />

sorte dei due che mi avevano assalita la notte precedente, quasi non feci<br />

una piega quando scoprii che avrei lavorato insieme alla nuova dipendente<br />

di Sam. Tanya era sorridente ed efficiente come sempre, e Sam era molto<br />

soddisfatto di lei; quando me lo ribadì per la seconda volta, gli feci notare<br />

in tono un po’ pungente che me lo aveva già detto.<br />

Fui lieta di vedere Bill entrare e occupare un tavolo nella mia sezione<br />

della sala, perché volevo avere una scusa per allontanarmi prima di dover<br />

rispondere all’interrogativo che stava prendendo forma nella mente di<br />

Sam: perché Tanya non ti piace?<br />

Non mi aspettavo di trovare di mio gradimento tutti quelli che<br />

incontravo, non più di quanto mi aspettassi di piacere a tutti, ma di solito<br />

avevo un motivo per provare antipatia per qualcuno, qualcosa di più di una<br />

vaga diffidenza unita a un’altrettanto vaga avversione. Anche se Tanya era<br />

una mutaforma di qualche tipo, avrei dovuto essere in grado di leggere la<br />

sua mente e di apprendere quanto bastava per confermare o negare i miei<br />

istintivi sospetti, ma non potevo leggere dentro di lei, ottenevo soltanto<br />

qualche parola, di tanto in tanto, come da una stazione radio sintonizzata<br />

male. Sarebbe stato logico pensare che fossi contenta di aver trovato<br />

qualcuna della mia età e del mio stesso sesso, che poteva forse diventare<br />

un’amica; invece, rendermi conto che lei era un libro chiuso mi aveva<br />

turbata. Inoltre, stranamente, Sam non aveva detto una sola parola riguardo<br />

a quella che era la sua natura di base, nessun commento del tipo “oh, è una<br />

talpa mannara”, oppure “è una vera mutaforma, come me”, o qualcosa del<br />

genere.<br />

Quando mi avviai per prendere l’ordinazione di Bill ero alquanto<br />

turbata, e il mio cattivo umore aumentò alla vista di Selah Pumphrey ferma<br />

sulla soglia e intenta a scrutare la sala, probabilmente per cercare di<br />

individuare Bill. Borbottando fra me e me qualche imprecazione, girai sui<br />

tacchi e mi allontanai. Davvero poco professionale.<br />

Dopo un po’, quando lanciai un’occhiata verso il loro tavolo, scoprii<br />

che Arlene era andata a prendere la loro ordinazione, e che Selah mi stava<br />

fissando. Ero in vena di scorrettezze, e mi concessi di origliare: Selah si<br />

stava chiedendo perché Bill volesse sempre incontrarsi con lei in quel bar,<br />

dove la gente era manifestamente ostile, e stentava a credere che un uomo<br />

oculato e sofisticato come lui fosse mai uscito con una cameriera. A<br />

giudicare da quanto aveva sentito dire, io non ero neppure stata al college,<br />

e per di più, mia nonna era stata assassinata.<br />

Suppongo che questo mi rendesse equivoca, ai suoi occhi.


Cerco sempre di prendere tutte le cose con un minimo di buon<br />

senso... dopo tutto, avrei potuto schermarmi in modo efficace da quei<br />

pensieri, ed era risaputo che le persone che origliavano non sentivano mai<br />

niente di buono sul loro conto, giusto? Era un vecchio adagio, ma era vero.<br />

Mi dissi (circa sei volte di fila) che non avevo avuto il diritto di ascoltare i<br />

suoi pensieri, e che andare a prenderla a sberle o a strapparle tutti i capelli<br />

sarebbe stata un’azione troppo drastica, ma l’ira continuò a crescere dentro<br />

di me senza che riuscissi a riportarla sotto controllo, tanto che usai più<br />

forza del necessario nel depositare tre birre davanti a Catfish, a Dago e a<br />

Hoyt. Tutti e tre mi fissarono con stupore, contemporaneamente.<br />

– Stiamo facendo qualcosa che non va, Sookie? – mi domandò<br />

Catfish. – Oppure hai soltanto il tuo ciclo mensile?<br />

– Non avete fatto niente – risposi. In effetti, era il mio periodo del<br />

ciclo, e... oh. Sì, ecco di cosa si trattava. Avevo già avuto un avvertimento<br />

con il dolore alla schiena, i crampi allo stomaco e le dita gonfie: il mio<br />

piccolo amico era venuto a trovarmi, me ne resi conto nel momento stesso<br />

in cui compresi cosa stesse contribuendo al mio generale senso di<br />

irritazione.<br />

Lanciai un’occhiata in direzione di Bill, e lo sorpresi a fissarmi, con<br />

le narici dilatate: poteva avvertire l’odore di sangue, cosa che mi destò un<br />

acuto imbarazzo, facendomi arrossire violentemente. Per un secondo,<br />

intravidi una manifesta bramosia sul suo volto, poi i suoi lineamenti<br />

persero qualsiasi espressione.<br />

Se pure non stava piangendo di amore non corrisposto sulla soglia<br />

della mia casa, almeno stava soffrendo un poco. Nel contemplarmi nello<br />

specchio dietro il bancone vidi un sorrisetto compiaciuto affiorarmi sulle<br />

labbra.<br />

Un’ora più tardi, sopraggiunse un secondo vampiro, una donna. Fissò<br />

Bill per un momento, gli rivolse un cenno di saluto e andò a occupare un<br />

tavolo nella sezione di Arlene, che si affrettò ad andare a prendere<br />

l’ordinazione. Le vidi parlare per un momento, ma ero troppo occupata per<br />

verificare di cosa si trattasse, senza contare che avrei comunque dovuto<br />

passare attraverso Arlene per sentire la vampira, perché per me la mente<br />

dei vampiri è silenziosa come una tomba (oh, oh). Un momento più tardi,<br />

Arlene si fece strada fra i tavoli per venire verso di me.<br />

– La ragazza morta ti vuole parlare – disse, senza moderare affatto la<br />

voce, con il risultato che parecchie teste si girarono nella nostra direzione.<br />

Arlene non è dotata di molta sottigliezza... o di tatto, se è per questo.<br />

Dopo essermi accertata che tutti i miei clienti fossero serviti,


aggiunsi il tavolo della vampira.<br />

– Cosa posso fare per te? – domandai, con la voce più bassa<br />

possibile. Sapevo che la vampira mi avrebbe sentita comunque, perché i<br />

vampiri hanno un udito fenomenale, e una vista altrettanto acuta.<br />

– Tu sei Sookie Stackhouse? – chiese la vampira. Era molto alta,<br />

quasi un metro e ottanta, ed era frutto di una mescolanza di razze che<br />

aveva dato un risultato eccellente. La sua pelle era di un colore dorato, i<br />

suoi capelli erano neri, folti e crespi, raccolti in treccine. Le sue braccia<br />

erano cariche di gioielli, ma per contro il suo abbigliamento era molto<br />

semplice, una camicetta bianca a maniche lunghe dal taglio severo,<br />

pantaloni neri e sandali in tinta.<br />

– Sì – confermai. – Posso esserti utile? – aggiunsi, notando che mi<br />

stava scrutando con un’espressione che potevo definire soltanto dubbiosa.<br />

– È stata Pam a mandarmi qui – rispose. – Mi chiamo Felicia. – La<br />

sua voce era affascinante ed esotica quanto il suo aspetto, faceva pensare a<br />

grandi spiagge e a drink al rum.<br />

– Piacere di conoscerti, Felicia – dissi, cortesemente. – Spero che<br />

Pam stia bene.<br />

Dal momento che i vampiri non hanno problemi di salute, quel<br />

commento lasciò perplessa Felicia.<br />

– Sembra che stia bene – replicò, incerta. – Mi ha mandata qui<br />

perché mi presentassi a te.<br />

– D’accordo, adesso ti conosco – annuii, confusa quanto lei lo era<br />

stata poco prima.<br />

– Pam ha detto che tu hai l’abitudine di uccidere i baristi del<br />

Fangtasia – continuò Felicia, un’espressione meravigliata nei grandi occhi<br />

da cerbiatta. – Mi ha detto di venire qui a implorare la sua misericordia,<br />

ma a me sembra che tu sia una semplice umana.<br />

Tipico di Pam.<br />

– Ti stava prendendo in giro – spiegai, con la massima gentilezza<br />

possibile. A quanto pareva, Felicia non era certo la volpe più astuta del<br />

pollaio: super udito e super vista non equivalevano a una super<br />

intelligenza. – Pam e io siamo amiche, in un certo senso, e le piace<br />

mettermi in imbarazzo. Suppongo che si diverta a fare lo stesso anche con<br />

te, Felicia. Non ho intenzione di fare del male a nessuno. È vero –<br />

insistetti, vedendola assumere un’espressione scettica, – ho una brutta<br />

reputazione, per quanto riguarda i baristi del Fangtasia, ma si è trattato...<br />

ecco, si è trattato solo di coincidenze. E sono davvero umana,<br />

completamente – continuai, consapevole che stavo farfugliando.


Dopo averci ruminato sopra per un momento, Felicia parve sollevata,<br />

cosa che la fece apparire ancora più graziosa. Spesso Pam aveva più di un<br />

motivo per fare qualcosa, e questo mi indusse a chiedermi se non avesse<br />

mandato Felicia da me in modo che potessi notare quanto era attraente...<br />

cosa che non sarebbe certo sfuggita a Eric. Era possibile che Pam stesse<br />

cercando di seminare zizzania, considerato che detestava quando la vita si<br />

faceva noiosa.<br />

– Che ne dici di tornare a Shreveport e di divertirti con il tuo capo? –<br />

suggerii, cercando di essere gentile.<br />

– Con Eric? – domandò l’adorabile vampira, mostrandosi stupita. – È<br />

piacevole lavorare per lui, ma a me non piacciono gli uomini.<br />

Lanciai un’occhiata in direzione dei tavoli della mia zona, non solo<br />

per controllare se qualcuno aveva bisogno urgente di una consumazione,<br />

ma anche per verificare se qualcuno stesse ascoltando il nostro dialogo.<br />

Hoyt aveva praticamente la lingua penzoloni, e Catfish dava l’impressione<br />

di essere stato colpito proprio in mezzo agli occhi; quanto a Dago,<br />

appariva gradevolmente sconvolto.<br />

– Allora, Felicia, come sei finita a Shreveport, se non ti secca che te<br />

lo chieda? – domandai, riportando la mia attenzione sulla nuova vampira.<br />

– Oh, la mia amica Indira mi ha chiesto di venire qui. Ha detto che<br />

essere asserviti a Eric non è poi tanto male – spiegò Felicia, scrollando le<br />

spalle per indicare quanto la cosa fosse “non tanto male”. – Non richiede<br />

prestazioni sessuali se una donna non è incline a farlo, ed esige in cambio<br />

soltanto alcune ore di lavoro al bar e di assolvere incarichi speciali, di<br />

tanto in tanto.<br />

– Quindi ha la reputazione di essere un buon capo?<br />

– Oh, sì – confermò Felicia, che appariva quasi sorpresa. –<br />

Naturalmente, non è un rammollito.<br />

Rammollito non era una parola che si poteva usare in abbinamento<br />

con il nome Eric.<br />

– E non conviene contrariarlo. È una cosa che non perdona –<br />

continuò in tono pensoso. – Ma finché adempi agli obblighi che hai verso<br />

di lui, Eric si comporta allo stesso modo con te.<br />

Questo coincideva più o meno con l’idea che mi ero fatta di Eric:<br />

sotto alcuni aspetti, lo conoscevo molto bene... anche se da altri punti di<br />

vista non era così.<br />

– Qui sarà molto meglio che nell’Arkansas – disse Felicia.<br />

– Perché hai lasciato l’Arkansas? – domandai, incapace di<br />

trattenermi. Felicia era la vampira più ingenua e sprovveduta che avessi


mai conosciuto.<br />

– A causa di Peter Threadgill – spiegò. – Il re. Lui ha appena sposato<br />

la vostra regina.<br />

Sophie-Anne LeClerq della Louisiana non era assolutamente la mia<br />

regina, ma la curiosità mi spinse a continuare la conversazione.<br />

– Cosa c’è che non va in Peter Threadgill?<br />

Quella domanda mise un po’ in difficoltà Felicia, che ci rifletté sopra<br />

prima di rispondere.<br />

– Tende a nutrire rancore – disse infine, accigliandosi. – E non è mai<br />

contento di quello che ha. Non gli basta di essere il vampiro più antico e<br />

più forte dello stato. Una volta diventato re... e aveva tramato per anni per<br />

farsi strada fino a quella posizione... ha continuato a essere scontento. Lo<br />

stato in sé aveva qualcosa che non gli andava, capisci?<br />

– Qualcosa come “qualsiasi stato che mi abbia come re non è<br />

abbastanza buono perché ne sia il re”?<br />

– Proprio così – annuì Felicia, quasi che fossi stata molto intelligente<br />

a elaborare una frase del genere. – Ha trattato per mesi con la Louisiana,<br />

tanto che perfino Fiore di Giada si è stancata di sentirlo parlare della<br />

regina. Infine, lei ha acconsentito a stipulare l’alleanza, e dopo una<br />

settimana di festeggiamenti il re si è incupito di nuovo. Di colpo, anche<br />

questo non era abbastanza: lei doveva amarlo, rinunciare a tutto per lui –<br />

concluse, scuotendo il capo.<br />

– Quindi non è stato un matrimonio d’amore?<br />

– L’amore è l’ultimo motivo per cui i re e le regine dei vampiri si<br />

sposano – spiegò Felicia. – Adesso lui è in visita alla regina, a New<br />

Orleans, e io sono felice di trovarmi all’estremità opposta dello stato.<br />

Non riuscivo a mettere a fuoco il concetto di una visita fra marito e<br />

moglie, ma ero certa che presto o tardi sarei riuscita a capire.<br />

Mi sarebbe interessato apprenderne di più, ma era ora che tornassi al<br />

lavoro nella mia zona del bar.<br />

– Grazie per la visita, Felicia, e non ti preoccupare di niente. Sono<br />

lieta che tu lavori per Eric – dissi.<br />

– E io sono lieta che tu non abbia intenzione di uccidermi – rispose<br />

Felicia, rivolgendomi un sorriso smagliante che metteva bene in mostra i<br />

denti. – Ti garantisco che adesso che so chi sei, non avrai nessuna<br />

possibilità di prendermi di sorpresa – continuò: di colpo, la sua vera natura<br />

di vampira le affiorò nello sguardo, strappandomi un brivido.<br />

Sottovalutarla poteva essere letale: non era intelligente, ma era di<br />

certo feroce.


– Non ho intenzione di prendere di sorpresa nessuno, tanto meno un<br />

vampiro – garantii.<br />

Lei rispose con un cenno secco del capo e lasciò il locale nello stesso<br />

modo improvviso in cui era giunta.<br />

– Cosa voleva? – domandò Arlene, quando ci ritrovammo al banco<br />

nello stesso momento per delle ordinazioni; notai che anche Sam stava<br />

ascoltando.<br />

– Lavora al Fangtasia, a Shreveport, e voleva semplicemente fare la<br />

mia conoscenza – spiegai, con una scrollata di spalle.<br />

– Adesso devono venire a farsi approvare da te? – commentò Arlene,<br />

fissandomi. – Sookie, hai bisogno di evitare i morti e di passare più tempo<br />

con i vivi.<br />

– Da dove ti è venuta un’idea del genere? – ribattei, fissandola a mia<br />

volta.<br />

– Ti comporti come se non fossi in grado di pensare con la mia testa<br />

– fu la risposta.<br />

Arlene non aveva mai avuto pensieri come quello in tutta la sua vita.<br />

Il suo secondo nome era tolleranza, soprattutto perché era troppo<br />

indulgente per prendere posizione dal punto di vista morale.<br />

– Ecco, sono sorpresa – spiegai, fin troppo consapevole di quanto<br />

fosse aspro il giudizio che avevo appena tranciato riguardo a una persona<br />

che avevo sempre considerato un’amica.<br />

– Sai, ho cominciato ad andare in chiesa insieme a Rafe Prudhomme.<br />

Mi piaceva Rafe Prudhomme, un uomo molto tranquillo, sulla<br />

quarantina, che lavorava per la Pelican State Title Company, ma non avevo<br />

mai avuto la possibilità di conoscerlo bene, non avevo mai ascoltato i suoi<br />

pensieri... e forse era stato un errore.<br />

– Che genere di chiesa frequenta? – domandai.<br />

– Si tratta della Confraternita del Sole, quella nuova chiesa.<br />

Sentii il cuore che mi sprofondava, quasi alla lettera. Non mi presi<br />

neppure la briga di sottolineare che la Confraternita era un’accolita di<br />

bigotti, uniti dall’odio e dalla paura.<br />

– La Confraternita del Sole non è una vera chiesa, sai – dissi soltanto.<br />

– C’è una sua branca qui nelle vicinanze?<br />

– A Minden – rispose Arlene. – Sapevo che la cosa non ti sarebbe<br />

piaciuta. Però là ho visto anche il prete cattolico, Padre Riordan, quindi<br />

perfino i membri del clero approvano la cosa. Ci siamo stati nelle ultime<br />

due domeniche, la sera.<br />

– E credi a quella roba?


In quel momento, uno dei clienti di Arlene la chiamò, e lei fu ben<br />

lieta di allontanarsi.<br />

Il mio sguardo cercò quello di Sam: entrambi eravamo turbati. La<br />

Confraternita del Sole era un’organizzazione contro i vampiri e contro la<br />

tolleranza, e la sua influenza si stava espandendo. Alcune sue enclavi non<br />

erano militanti, ma molti suoi membri predicavano odio e paura nella loro<br />

forma più estrema, e se la Confraternita aveva una lista segreta di soggetti<br />

da colpire, potevo essere certa che essa includesse il mio nome. I fondatori<br />

della Confraternita, Steve e Sarah Newlin, erano stati infatti scacciati dalla<br />

loro chiesa di Dallas, estremamente redditizia, a causa del fatto che io<br />

avevo interferito con i loro piani. Da allora, ero sopravvissuta a un paio di<br />

tentativi di assassinio, ma c’era sempre la possibilità che i membri della<br />

Confraternita mi trovassero e mi tendessero un’imboscata. Mi avevano<br />

vista a Dallas, e anche a Jackson, e presto o tardi avrebbero capito chi ero<br />

e dove vivevo.<br />

Avevo un sacco di cose di cui preoccuparmi.


Capitolo undicesimo<br />

Il mattino successivo, Tanya si presentò a casa mia. Era domenica,<br />

non dovevo lavorare e mi sentivo decisamente allegra. Dopo tutto, Crystal<br />

stava guarendo, Quinn pareva trovarmi di suo gusto e non avevo più<br />

sentito Eric, il che forse significava che mi avrebbe lasciata in pace. A<br />

volte, cerco di essere ottimista. Il detto preferito di mia nonna, tratto dalla<br />

Bibbia, era “Ti basti per questo giorno il male che lo accompagna”. A<br />

quanto mi aveva spiegato, il suo significato era che non ci si doveva<br />

preoccupare del domani, o delle cose che era impossibile cambiare. Quella<br />

era una filosofia che mi sforzavo di praticare, ma la maggior parte delle<br />

volte mi riusciva difficile applicarla. Quel giorno, farlo era facile.<br />

Gli uccelli stavano trillando e ciangottando, gli insetti ronzavano e<br />

l’aria carica di polline era piena di pace, come se le piante la stessero<br />

emettendo insieme al polline stesso. Io ero seduta sul portico anteriore,<br />

avvolta nella mia vestaglia rosa e intenta a sorseggiare un caffè mentre<br />

ascoltavo Car Talk, sulla Red River Radio; mi sentivo davvero bene<br />

quando una piccola Dodge Dart risalì ansimando il mio vialetto. Non<br />

riconobbi la macchina, ma non ebbi difficoltà a riconoscere chi la guidava,<br />

e la mia serenità svanì sotto l’impatto di una folata di sospetto: adesso che<br />

sapevo dell’esistenza nelle vicinanze di un’enclave della Confraternita, la<br />

presenza indagatrice di Tanya mi appariva infatti ancora più sospetta. Le<br />

semplici regole della cortesia mi impedivano di mandarla via, senza<br />

provocazioni maggiori di quelle avute finora, ma non le riservai neppure<br />

un sorriso di benvenuto, mentre mi alzavo in piedi sul portico.<br />

– Buon giorno, Sookie! – esclamò, nello scendere dalla macchina.<br />

– Ciao, Tanya – risposi, per mera educazione.<br />

– Uh... tutto bene? – chiese, arrestandosi a metà strada dai gradini.<br />

Rimasi in silenzio.<br />

– Avrei dovuto chiamare prima, vero? – osservò, cercando di apparire<br />

insieme contrita e accattivante.<br />

– Sarebbe stato meglio. Non mi piacciono le visite improvvise.<br />

– Mi dispiace. Prometto che chiamerò, la prossima volta – garantì,<br />

riprendendo ad avanzare verso i gradini. – Hai un’altra tazza di caffè?<br />

A quel punto, violai una delle regole più basilari dell’ospitalità.<br />

– No, non questa mattina – ribattei, posizionandomi in cima ai<br />

gradini per impedirle l’accesso al portico.


– Ecco... Sookie – cominciò, in tono incerto. – Questa mattina sei<br />

davvero di cattivo umore.<br />

Mi limitai a squadrarla con fermezza.<br />

– Non mi meraviglia che Bill Compton stia uscendo con un’altra –<br />

commentò lei, con una risatina. Immediatamente, comprese di aver<br />

commesso un errore. – Scusami – aggiunse in fretta, – forse non ho bevuto<br />

abbastanza caffè. Non avrei dovuto dirlo. Quella Selah Pumphrey è<br />

insopportabile, vero?<br />

Adesso è troppo tardi, Tanya, pensai.<br />

– Con lei, almeno, sai come stanno le cose – replicai. Era un<br />

messaggio chiaro? – Ci vediamo al lavoro.<br />

– D’accordo. La prossima volta ti chiamo prima, capito? – annuì, con<br />

un sorriso ampio quanto vuoto.<br />

– Ho capito. – La guardai risalire sulla sua piccola auto, rivolgermi<br />

un allegro gesto di saluto e fare un sacco di manovre inutili per girare la<br />

Dart e tornare verso la Hummingbird Road. Rimasi a osservarla mentre si<br />

allontanava, attendendo che il rumore del motore si fosse spento del tutto<br />

prima di rimettermi a sedere. Lasciando il libro che stavo leggendo sul<br />

tavolino di plastica adiacente alla sedia da giardino, sorseggiai il resto del<br />

caffè senza però ritrovare il piacere che aveva accompagnato i primi sorsi.<br />

Tanya stava tramando qualcosa.<br />

Era come se avesse una vera e propria insegna al neon che le brillava<br />

sopra la testa, e avrei solo voluto che quell’insegna fosse stata tanto gentile<br />

da dirmi cosa lei fosse, per chi lavorasse e quale poteva essere il suo<br />

scopo, anche se supponevo che avrei dovuto scoprirlo da sola. Avrei<br />

origliato nella sua mente a ogni possibile occasione, e se questo non avesse<br />

funzionato... e a volte poteva non funzionare, perché non solo lei era una<br />

mutaforma, ma non era possibile indurre le persone a pensare a quello che<br />

ti serviva, su richiesta... avrei dovuto adottare misure più drastiche.<br />

Quali, non ne avevo idea.<br />

Nel corso dell’ultimo anno, avevo in qualche modo assunto il ruolo<br />

di guardiana delle creature soprannaturali del mio piccolo angolo del<br />

nostro stato. Ero una sorta di simbolo della tolleranza fra le diverse specie,<br />

e avevo appreso una quantità di cose riguardo a quell’altro universo che<br />

circondava la (prevalentemente ignara) razza umana. In un certo senso era<br />

piacevole, sapere cose che gli altri ignoravano, ma complicava la mia vita<br />

già difficile, e mi portava ad addentrarmi in strade sperdute e pericolose, in<br />

mezzo a esseri che volevano disperatamente tenere segreta la loro<br />

esistenza.


In casa trillò il telefono, e io mi riscossi dalle mie cupe riflessioni per<br />

andare a rispondere.<br />

– Ciao, piccola – disse una voce calda, dall’altro capo del filo.<br />

– Quinn – risposi, cercando di non mostrarmi troppo entusiasta. Non<br />

ero emotivamente coinvolta con quell’uomo, ma in quel momento avevo<br />

bisogno che succedesse qualcosa di positivo, e Quinn era formidabile e<br />

attraente.<br />

– Che cosa stai facendo?<br />

– Oh, ero seduta sul portico, in vestaglia, a bere un caffè.<br />

– Vorrei essere là a berne una tazza con te.<br />

Hmmm. Un pio desiderio o un’effettiva e indiretta richiesta di invito?<br />

– Ce n’è in abbondanza, nella caffettiera – replicai con cautela.<br />

– Sono a Dallas, altrimenti arriverei in un attimo – rispose.<br />

Mi sgonfiai come un palloncino.<br />

– Quando sei partito? – chiesi, perché quella mi sembrava la<br />

domanda più sicura e meno invadente.<br />

– Ieri. Ho ricevuto una telefonata dalla madre di un tizio che di tanto<br />

in tanto lavora per me. Lui ha lasciato a metà una cosa a cui stavamo<br />

lavorando a New Orleans, settimane fa, e pur essendo piuttosto seccato<br />

della cosa non ero preoccupato, non proprio, perché è una sorta di<br />

freelance, che ha un sacco di castagne sul fuoco in tutto il paese. Sua<br />

madre sostiene però che non si è ancora fatto vedere da nessuna parte, e<br />

pensa che gli sia successo qualcosa, quindi sto dando un’occhiata a casa<br />

sua e vagliando i suoi file per darle una mano, ma sono finito in un vicolo<br />

cieco. La sua pista sembra scomparire a New Orleans. Domani tornerò a<br />

Shreveport. Devi lavorare?<br />

– Sì, il primo turno. Finirò verso le cinque.<br />

– Allora che ne diresti di invitarmi a cena? Porto io le bistecche, se<br />

hai la griglia.<br />

– A dire il vero, ce l’ho. È piuttosto vecchia, ma funziona.<br />

– Hai la carbonella?<br />

– Devo controllare – replicai, perché non avevo più cucinato<br />

all’aperto da quando mia nonna era morta.<br />

– Non è un problema, ne porterò un po’.<br />

– D’accordo, penso io a tutto il resto.<br />

– Affare fatto.<br />

– Ci vediamo alle sei?<br />

– Alle sei.<br />

– D’accordo. A domani, allora.


A dire il vero, mi sarebbe piaciuto parlare più a lungo con lui, ma<br />

non ero certa di cosa dire, perché non avevo mai avuto molte occasioni di<br />

fare conversazione con i ragazzi, visto che i miei primi appuntamenti<br />

risalivano all’anno precedente, quando avevo conosciuto Bill. Avevo un<br />

sacco di terreno da recuperare, non ero come Lindsay Popken, che era stata<br />

Miss Bon Temps l’anno in cui io mi ero diplomata alle superiori. Lindsay<br />

era stata in grado di ridurre i ragazzi in uno stato di idiozia e di indurli ad<br />

andarle dietro come iene intontite. L’avevo osservata spesso, e ancora non<br />

riuscivo a capire come facesse, perché non mi era mai parso che parlasse<br />

di qualcosa in particolare. Avevo perfino provato ad ascoltare il suo<br />

cervello, che era però risultato pieno prevalentemente di chiacchiere vuote.<br />

Alla fine, avevo concluso che quella di Lindsay era una tecnica istintiva,<br />

basata sul non dire mai niente di serio.<br />

Oh, bene, basta con le reminiscenze. Rientrai in casa per vedere di<br />

cosa avevo bisogno per prepararmi alla visita di Quinn, la sera successiva,<br />

e per fare una lista degli acquisti necessari. Sarei andata a fare spese, il che<br />

era un modo piacevole di trascorrere la domenica pomeriggio. Mi infilai<br />

sotto la doccia con la prospettiva di una giornata gradevole.<br />

Un bussare alla porta mi interruppe una trentina di minuti più tardi,<br />

mentre mi stavo mettendo il rossetto. Questa volta mi ricordai di guardare<br />

dallo spioncino, e ciò che vidi mi avvilì. Ciò nonostante, fui costretta ad<br />

aprire la porta.<br />

Una lunga limousine nera dall’aria familiare era parcheggiata sul mio<br />

vialetto... e la mia precedente esperienza connessa a quell’auto mi stava<br />

inducendo ad aspettarmi problemi e notizie spiacevoli.<br />

L’uomo... l’essere... in piedi sul mio portico era l’avvocato e il<br />

rappresentante personale della regina dei vampiri della Louisiana, e il suo<br />

nome era Cataliades, con l’accento sulla seconda sillaba. Lo avevo<br />

incontrato per la prima volta quando era venuto a riferirmi che mia cugina<br />

Hadley era morta, lasciandomi sua erede. Non solo era morta, era stata<br />

assassinata, e il vampiro responsabile della cosa era stato punito sotto i<br />

miei occhi. Quella era stata una notte che mi aveva riservato molteplici<br />

shock: avevo scoperto non solo che Hadley aveva lasciato questo mondo,<br />

ma che lo aveva lasciato come vampira, e che era stata una favorita della<br />

regina, nel senso biblico del termine.<br />

Hadley era stata uno dei pochi membri rimasti della mia famiglia, per<br />

cui avevo avvertito la sua perdita, ma allo stesso tempo avevo dovuto<br />

riconoscere che, da adolescente, lei aveva causato molto dolore a sua<br />

madre e molta sofferenza a mia nonna. Se fosse vissuta, forse avrebbe


cercato di farsi perdonare... o forse no. Comunque, non ne aveva avuta la<br />

possibilità.<br />

Trassi un profondo respiro, e aprii la porta.<br />

– Signor Cataliades – dissi, sentendo il mio solito sorriso ansioso<br />

distendermi le labbra. L’avvocato della regina era un uomo che pareva<br />

formato da una serie di cerchi, con la faccia rotonda, il ventre ancora più<br />

rotondo, e lucidi e circolari occhi neri. Non ritenevo che fosse umano...<br />

almeno, non del tutto... ma non ero certa di cosa potesse essere. Senza<br />

dubbio, non era un vampiro, visto che era là davanti a me, sotto la piena<br />

luce del giorno, e non era neppure un mannaro o un mutaforma, visto che<br />

non c’era un’aura rossastra che gli circondasse il cervello.<br />

– Signorina Stackhouse – rispose, rivolgendomi uno smagliante<br />

sorriso. – Che piacere rivederla.<br />

– Lo stesso vale per me – replicai, mentendo a spada tratta, poi esitai,<br />

sentendomi di colpo nervosa e dolorante. Come tutti gli altri esseri<br />

soprannaturali con cui avevo a che fare, senza dubbio anche Cataliades si<br />

sarebbe accorto che avevo il mio ciclo mensile. Davvero grandioso. – Non<br />

vuole entrare?<br />

– Grazie, mia cara – disse, e io mi trassi da parte, piena di remore a<br />

lasciar entrare quella creatura nella mia casa.<br />

– Prego, si sieda – lo invitai, decisa a essere cortese. – Le andrebbe<br />

qualcosa da bere?<br />

– No, grazie. Pare che stesse per andare da qualche parte – osservò,<br />

fissando con aria accigliata la borsetta che avevo gettato su una sedia nel<br />

dirigermi alla porta.<br />

Stava succedendo qualcosa che non capivo.<br />

– Sì – confermai, inarcando le sopracciglia con aria interrogativa. –<br />

Era mia intenzione andare al negozio di alimentari, ma posso rimandare di<br />

un’oretta.<br />

– Allora non ha fatto i bagagli per venire a New Orleans con me?<br />

– Cosa?<br />

– Ha ricevuto il mio messaggio?<br />

– Quale messaggio?<br />

Ci fissammo a vicenda, con pari sgomento.<br />

– Le ho mandato una messaggera con una lettera del mio ufficio<br />

legale – spiegò il Signor Cataliades. – Dovrebbe essere arrivata qui quattro<br />

notti fa. La lettera era sigillata con la magia, e soltanto lei poteva aprirla.<br />

Scossi il capo, lasciando che la mia espressione sconcertata<br />

rispondesse da sola.


– Mi sta dicendo che Gladiola non è stata qui? Mi aspettavo che<br />

arrivasse al più tardi mercoledì notte. Non credo che avesse una macchina,<br />

perché le piace correre. – Per un istante, si concesse un sorriso indulgente,<br />

che però svanì subito, tanto che se avessi battuto le palpebre non lo avrei<br />

neppure visto. – Mercoledì notte – ripeté, quasi a pungolare la mia<br />

memoria.<br />

– Quella è stata la notte in cui ho sentito qualcuno, fuori – dissi,<br />

rabbrividendo nel ricordare quanto mi fossi sentita tesa, quella notte. –<br />

Nessuno si è presentato alla porta, nessuno ha cercato di entrare in<br />

qualsiasi modo o mi ha telefonato. C’era soltanto la sensazione di qualcosa<br />

che si stava muovendo, e fuori gli animali si sono azzittiti.<br />

A una creatura potente come quell’avvocato soprannaturale era<br />

impossibile apparire sconcertata, ma lui si fece molto pensoso. Dopo un<br />

momento, si alzò pesantemente in piedi e mi rivolse un inchino,<br />

accennando verso la porta. Insieme, tornammo fuori, e una volta sul<br />

portico lui si girò verso la macchina, accennando con la mano.<br />

Una donna molto snella scese dal posto di guida della limousine. Era<br />

più giovane di me, intorno ai vent’anni, e come il Signor Cataliades era<br />

umana solo in parte. I suoi capelli rossi erano pettinati in una serie di<br />

punte, il suo trucco pareva applicato con la cazzuola e il suo vestiario era<br />

tale da far scomparire al confronto perfino l’incredibile tenuta di quella<br />

ragazza dell’Hair of the Dog: calze a strisce rosa shocking e nere, stivaletti<br />

alla caviglia neri, a tacco altissimo, una gonna nera a balze, trasparente, e<br />

un top rosa a canottiera.<br />

La sua sola vista mi tolse il respiro.<br />

– Ciao, come va? – salutò allegramente, con un sorriso che mise in<br />

mostra denti aguzzi e molto bianchi, di cui un dentista si sarebbe<br />

innamorato, appena prima di rimetterci un dito.<br />

– Salve – risposi, protendendo la mano. – Io sono Sookie<br />

Stackhouse.<br />

Anche con quei tacchi assurdi, lei superò molto in fretta la distanza<br />

che ci separava. La sua mano era minuscola e ossuta.<br />

– Lieta di conoscerti. Io sono Diantha – si presentò.<br />

– Un nome grazioso – commentai.<br />

– Grazie.<br />

– Diantha – affermò il Signor Cataliades, – ho bisogno che tu<br />

conduca una ricerca per mio conto.<br />

– Per trovare?<br />

– Ho molta paura che si tratti dei resti di Glad.


Il sorriso scomparve dal volto della ragazza.<br />

– È una balla? – disse, scandendo le parole.<br />

– No, Diantha, non lo è – rispose l’avvocato.<br />

Diantha si sedette sui gradini e si tolse le scarpe e le calze a strisce,<br />

all’apparenza per nulla preoccupata che, in loro assenza, la sua gonna<br />

trasparente non lasciasse niente all’immaginazione. Dal momento che<br />

l’espressione del Signor Cataliades non cambiò minimamente, decisi di<br />

poter essere una donna abbastanza di mondo da ignorare a mia volta la<br />

cosa.<br />

Non appena si fu liberata degli indumenti, la ragazza si mise in<br />

movimento, stando china sul terreno e annusando in modo tale da farmi<br />

capire che doveva essere ancor meno umana di quanto avessi supposto. Lei<br />

però non si muoveva come i mannari che avevo visto, e neppure come le<br />

pantere mutaforma: il suo corpo pareva girarsi e curvarsi in un modo che<br />

non aveva semplicemente nulla a che vedere con i mammiferi.<br />

Il Signor Cataliades la stava osservando, con le mani incrociate<br />

davanti a sé, e poiché lui rimaneva in silenzio, anch’io mi trattenni dal<br />

parlare, mentre la ragazza saettava di qua e di là per il cortile come un<br />

colibrì impazzito, vibrando di un’energia ultraterrena quasi tangibile.<br />

Per quanto si muovesse, però, non la sentii produrre un solo rumore.<br />

Di lì a poco, Diantha si fermò vicino a una macchia di cespugli, al<br />

limitare del bosco, e si chinò a guardare qualcosa che si trovava sul<br />

terreno, rimanendo del tutto immobile. Poi, senza distogliere lo sguardo,<br />

sollevò una mano, come una scolara che avesse trovato la risposta giusta.<br />

– Andiamo a vedere – suggerì il Signor Cataliades. Con quel suo<br />

modo di fare deciso, attraversò il vialetto e si avviò sull’erba, fino alla<br />

macchia di cespugli di mirto sul limitare del bosco.<br />

Quando ci avvicinammo, Diantha non sollevò lo sguardo,<br />

continuando a fissare qualcosa che si trovava a terra, dietro i cespugli.<br />

Accorgendomi che aveva il volto rigato di lacrime, trassi un profondo<br />

respiro prima di decidermi a vedere cosa stesse catturando la sua<br />

attenzione.<br />

Quella ragazza era stata un po’ più giovane di Diantha, ma altrettanto<br />

esile, con i capelli tinti di un biondo carico che contrastava con la pelle<br />

color cioccolato al latte; nella morte, le sue labbra si erano ritratte,<br />

rivelando denti candidi e aguzzi quanto quelli di Diantha. Stranamente, il<br />

suo corpo non era malconcio quanto mi sarei aspettata, considerato che<br />

doveva trovarsi là fuori da parecchi giorni: c’erano soltanto poche<br />

formiche che le camminavano addosso, invece della consueta massa di


insetti... e lei non aveva poi un brutto aspetto, per una persona che era stata<br />

tagliata in due all’altezza della vita.<br />

Per un momento mi sentii ronzare la testa, e temetti che sarei crollata<br />

in ginocchio. Avevo visto cose piuttosto orribili, inclusi due massacri, ma<br />

non avevo mai visto nessuno tagliato in due, come quella ragazza: potevo<br />

scorgere i suoi visceri, che non avevano nulla di umano, e pareva inoltre<br />

che le due metà fossero state cauterizzate nel venire separate, con una<br />

minima perdita di sangue.<br />

– Hanno usato una spada d’acciaio – disse il Signor Cataliades. –<br />

Un’ottima spada.<br />

– Cosa ne dobbiamo fare dei suoi resti? – domandai. – Posso<br />

procurare una vecchia coperta.<br />

Anche senza chiederlo, sapevo che non avremmo chiamato la polizia.<br />

– Dovremo bruciarla – decise il Signor Cataliades. – Il posto più<br />

sicuro sarebbe laggiù, Signorina Stackhouse, sulla ghiaia del parcheggio.<br />

Aspetta visite?<br />

– No – replicai, sconvolta su molteplici livelli. – Mi dispiace<br />

chiederlo, ma... perché deve essere... bruciata?<br />

– Nessuno si nutre di un demone, o anche di un mezzo demone,<br />

come Glad o Diantha – replicò lui, con lo stesso tono con cui mi avrebbe<br />

spiegato che il sole sorge a est. – Non lo fanno neppure gli insetti, come<br />

vede. E il terreno non può assimilarla, come fa con i resti umani.<br />

– Non vuole riportarla a casa? Dalla sua gente?<br />

– Diantha e io siamo la sua gente, e non è nostra usanza riportare i<br />

morti nel luogo dove vivevano.<br />

– Ma cosa l’ha uccisa?<br />

Il Signor Cataliades si limitò a inarcare un sopracciglio.<br />

– Certo, è ovvio che è stata uccisa da qualcosa che l’ha tagliata a<br />

metà, lo vedo da me! Ma cosa o chi impugnava quell’arma?<br />

– Diantha, tu che ne pensi? – chiese il Signor Cataliades, come se<br />

stesse tenendo una lezione.<br />

– Qualcosa di molto, molto forte e furtivo – replicò la ragazza. – Si è<br />

avvicinato a Gladiola, che non era una sprovveduta. Noi non siamo facili<br />

da uccidere.<br />

– E non ho visto traccia della lettera che aveva con sé – aggiunse il<br />

Signor Cataliades, protendendosi a scrutare il terreno. – Ha della legna da<br />

ardere, Signorina Stackhouse? – chiese quindi, raddrizzandosi.<br />

– Sissignore, c’è una buona quantità di pezzi di legno di quercia sul<br />

retro, vicino alla baracca degli attrezzi. – Jason aveva tagliato alcuni alberi


abbattuti dall’ultima bufera di ghiaccio.<br />

– Ha bisogno di fare i bagagli, mia cara?<br />

– Sì – annuii, quasi troppo sopraffatta per rispondere. – Cosa? A che<br />

scopo?<br />

– Per il viaggio a New Orleans. Può partire subito, vero?<br />

– Io... credo di sì. Però, devo chiederlo al mio capo.<br />

– Allora Diantha e io ci occuperemo di questo, mentre lei si procura<br />

il permesso e fa i bagagli – decise il Signor Cataliades.<br />

Lo fissai interdetta.<br />

– D’accordo – dissi infine. Mi pareva di non riuscire a pensare con<br />

molta chiarezza.<br />

– Poi dobbiamo partire per New Orleans – continuò lui. – Credevo di<br />

trovarla pronta, e che Glad si fosse fermata qui per aiutarla.<br />

A fatica, distolsi lo sguardo dal cadavere per fissare l’avvocato.<br />

– Non capisco tutta questa faccenda – cominciai... poi ricordai<br />

qualcosa. – Il mio amico Bill voleva venire a New Orleans con me, quando<br />

fossi andata a sgombrare l’appartamento di Hadley. Se gli sarà possibile<br />

organizzarsi, potrebbe venire con noi?<br />

– Lei vuole che Bill venga? – osservò lui, con una sfumatura di<br />

sorpresa nella voce. – Bill gode del favore della regina, quindi la sua<br />

presenza non mi dispiacerà.<br />

– D’accordo, però dovrò aspettare che faccia buio per mettermi in<br />

contatto con lui – osservai. – Spero che sia in città.<br />

Avrei potuto telefonare a Sam, ma volevo andare da qualche parte<br />

per allontanarmi dallo strano funerale che stava per svolgersi sul mio<br />

vialetto.<br />

Quando mi allontanai in macchina, il Signor Cataliades stava<br />

trasportando fuori dal bosco la metà inferiore del piccolo corpo floscio.<br />

Silenziosa, Diantha lo seguiva spingendo una carriola piena di legna.


Capitolo dodicesimo<br />

– Sam, ho bisogno di essere libera per qualche giorno – dissi,<br />

tenendo bassa la voce.<br />

Anche se avevo notato gli altri veicoli parcheggiati accanto al suo<br />

furgone, quando avevo bussato alla porta della sua casa mobile, ero<br />

rimasta sorpresa di scoprire che aveva degli ospiti. JB du Rone e Andy<br />

Bellefleur erano appollaiati sul divano di Sam, con alcune birre e una<br />

ciotola di patatine a portata di mano, su un tavolino: evidentemente, Sam<br />

era impegnato in un tipico rito di fratellanza maschile.<br />

– State guardando lo sport? – aggiunsi, cercando di non apparire<br />

stupita, mentre da sopra la spalla di Sam rivolgevo un cenno di saluto a JB<br />

e a Andy, che lo ricambiarono, JB con entusiasmo, Andy con minor foga.<br />

Se si potesse dire che un cenno della mano è ambivalente, il suo lo sarebbe<br />

stato.<br />

– Uh, sì, basket. Gioca la LSU... dunque, i giorni liberi ti servono<br />

subito?<br />

– Sì, è una sorta di emergenza – replicai.<br />

– Puoi dirmi di cosa si tratta?<br />

– Devo andare a New Orleans per sgombrare l’appartamento di mia<br />

cugina Hadley.<br />

– E devi farlo proprio adesso? Sai che Tanya ha cominciato da poco e<br />

che Charlsie si è licenziata definitivamente, a quanto dice. Arlene non è<br />

più affidabile come un tempo, e Holly e Danielle sono ancora sconvolte<br />

per quell’incidente successo a scuola.<br />

– Mi dispiace – risposi. – Se vuoi licenziarmi e trovare qualcun’altra,<br />

posso capirlo – affermai. Mi si spezzava il cuore a dire una cosa del<br />

genere, ma dovevo farlo, per onestà nei confronti di Sam.<br />

Lui si chiuse alle spalle la porta della casa mobile e uscì sul portico<br />

con espressione ferita.<br />

– Sookie – ribatté, dopo un secondo, – sei stata totalmente affidabile<br />

per almeno cinque anni, e mi hai chiesto dei giorni liberi al massimo due o<br />

tre volte in tutto. Non intendo licenziarti solo perché ti serve qualche<br />

giorno di ferie.<br />

– Oh, bene – mormorai, sentendomi arrossire, perché non ero<br />

abituata alle lodi. – La figlia di Liz potrebbe venire a darti una mano.<br />

– Farò qualche telefonata – replicò in tono blando. – Come andrai a


New Orleans?<br />

– Mi danno un passaggio.<br />

– Chi? – chiese in tono gentile. Non voleva che mi infuriassi perché<br />

stava ficcando il naso nei miei affari (potevo leggerglielo nella mente).<br />

– L’avvocato della regina – spiegai, in tono ancora più sommesso.<br />

Per quanto tolleranti nei confronti dei vampiri in generale, i cittadini di<br />

Bon Temps si sarebbero potuti alterare alquanto se avessero saputo che il<br />

loro stato aveva una regina vampiro, e che il suo governo segreto<br />

influenzava la loro vita sotto molti aspetti. D’altro canto, data la cattiva<br />

fama dei politici della Louisiana, era anche possibile che non ci trovassero<br />

niente di anormale.<br />

– Stai davvero andando a svuotare l’appartamento di Hadley? –<br />

insistette.<br />

Gli avevo parlato della seconda, definitiva morte di mia cugina.<br />

– Sì. E devo anche scoprire che cosa mi ha lasciato.<br />

– La cosa mi sembra molto improvvisa – osservò Sam, che appariva<br />

turbato, passandosi una mano fra i ricciuti capelli ramati fino a farli stare<br />

ritti sulla testa come un alone. Aveva proprio bisogno di tagliarli.<br />

– Sì, lo sembra anche a me. Il Signor Cataliades aveva cercato di<br />

avvertirmi in anticipo, ma la sua messaggera è stata uccisa.<br />

Sentii Andy gridare all’indirizzo della televisione, eccitato da<br />

qualche fase del gioco. Stranamente, non avevo mai pensato che lui<br />

potesse essere un patito di sport, e neppure JB, se era per questo, così<br />

come non avevo mai fatto caso a tutte le volte che avevo sentito gli uomini<br />

pensare a buoni passaggi di palla o a tiri da tre punti, mentre le donne con<br />

cui erano parlavano di tendine nuove o dei brutti voti che il figlio aveva<br />

preso in algebra.<br />

Nel rifletterci, adesso, mi chiesi se lo scopo dello sport non fosse<br />

quello di dare agli uomini un’alternativa sicura per evitare problemi più<br />

spinosi.<br />

– Non dovresti andare – affermò immediatamente Sam. – Sembra<br />

che possa essere pericoloso.<br />

– Devo – ribattei, scrollando le spalle. – Hadley ha lasciato tutto a<br />

me. Devo farlo. – Non ero affatto calma quanto cercavo di sembrare, ma<br />

ritenevo che urlare e protestare non mi sarebbe servito a nulla.<br />

Sam accennò a parlare, poi parve ripensarci.<br />

– Si tratta del denaro, Sook? – chiese infine. – Ti serve il denaro che<br />

ti ha lasciato?<br />

– Sam, non so se Hadley possedesse anche soltanto un centesimo.


Lei era mia cugina, e devo fare questo per lei. E poi...<br />

Stavo per dirgli che quel viaggio a New Orleans doveva essere in<br />

qualche modo importante, visto che qualcuno si stava dando tanto da fare<br />

per impedirmi di partire, ma sapevo che Sam tendeva a preoccuparsi,<br />

soprattutto quando io ero coinvolta, e non volevo che si agitasse, quando<br />

non c’era niente che potesse dire per dissuadermi dal partire. Non mi<br />

considero cocciuta, ma ritenevo che quello fosse l’ultimo servigio che<br />

potevo rendere a mia cugina.<br />

– Perché non porti Jason con te? – suggerì Sam, prendendomi la<br />

mano. – Anche lui era cugino di Hadley.<br />

– A quanto pare, lui e Hadley avevano avuto degli attriti, verso la fine<br />

– spiegai. – È per questo che lei ha lasciato tutto a me. Inoltre, in questo<br />

momento Jason ha già fin troppi problemi.<br />

– Altri problemi, a parte dare ordini a Hoyt e farsi qualsiasi donna<br />

che resti ferma abbastanza a lungo da permetterglielo? – ribatté.<br />

Lo fissai. Sapevo che non era un grande fan di mio fratello, ma non<br />

avevo mai saputo che la sua antipatia arrivasse a quei livelli.<br />

– Si dà il caso di sì – dichiarai, con voce gelida quanto un boccale di<br />

birra. Considerato l’antagonismo dimostrato da Sam, non avevo nessuna<br />

intenzione di parlare dell’aborto avuto dalla ragazza di mio fratello mentre<br />

me ne stavo lì ferma su un portico.<br />

Sam distolse lo sguardo, scuotendo il capo in un gesto di disgusto nei<br />

confronti di se stesso.<br />

– Mi dispiace, Sookie, mi dispiace davvero – si scusò poi. – Credo<br />

solo che Jason dovrebbe badare maggiormente all’unica sorella che ha. Tu<br />

sei così leale nei suoi confronti...<br />

– Ecco, non permetterebbe mai che mi accadesse qualcosa – obiettai,<br />

sconcertata. – Lui mi difenderebbe.<br />

– Naturalmente – convenne Sam, ma prima ancora che parlasse io<br />

colsi una sfumatura di dubbio nella sua mente.<br />

– Devo andare a fare i bagagli – dissi. Detestavo congedarmi in quel<br />

modo, perché indipendentemente da quelli che potevano essere i suoi<br />

sentimenti nei confronti di Jason, Sam era importante per me, e lasciarlo<br />

con quell’attrito fra noi mi turbava. Potevo però sentire gli altri due che,<br />

nella casa mobile, gridavano a causa di qualche fase della partita, e sapevo<br />

che dovevo permettere a Sam di tornare ai suoi ospiti e al suo divertimento<br />

domenicale. Lui mi depose un bacio su una guancia.<br />

– Se hai bisogno di me, chiamami – disse, dando l’impressione di<br />

voler aggiungere molte altre cose. Annuii, poi mi volsi e scesi i gradini,


diretta alla macchina.<br />

– Bill, hai detto che volevi venire a New Orleans con me, quando<br />

fossi andata a reclamare l’eredità di Hadley, giusto?<br />

Finalmente, si era fatto buio, e avevo potuto chiamare Bill. Selah<br />

Pumphrey aveva risposto al telefono, e con voce gelida aveva passato la<br />

chiamata a Bill.<br />

– Sì.<br />

– Il Signor Cataliades è qui, e vuole partire al più presto.<br />

– Avresti potuto avvertirmi prima, quando hai saputo che stava<br />

arrivando – obiettò Bill, senza però apparire irritato, o anche solo sorpreso.<br />

– Ha mandato una messaggera, ma è stata uccisa nel mio bosco.<br />

– Hai trovato tu il corpo?<br />

– No, è stata una ragazza che è arrivata insieme a lui. Si chiama<br />

Diantha.<br />

– Allora quella che è morta è Gladiola.<br />

– Sì – confermai, sorpresa. – Come fai a saperlo?<br />

– Quando si arriva in uno stato, è norma di cortesia presentarsi al re o<br />

alla regina, se si ha intenzione di fermarsi a lungo – spiegò Bill. – Ho visto<br />

le ragazze di tanto in tanto, in quanto fungono da messaggere della regina.<br />

Fissai il telefono che avevo in mano con la stessa pensosità con cui<br />

avrei guardato in faccia Bill, se fosse stato presente, incapace di arrestare<br />

la successione di pensieri che mi si stava affastellando nella mente: Bill si<br />

aggirava nel mio bosco... e Gladiola era stata uccisa là, senza fare rumore,<br />

in modo efficiente e preciso, per mano di qualcuno che conosceva molto<br />

bene il mondo soprannaturale, qualcuno che aveva saputo di dover usare<br />

una spada d’acciaio, e che era stato abbastanza forte da attraversare il<br />

corpo di Gladiola con un solo colpo.<br />

Quelle erano le caratteristiche di un vampiro... ma molte altre<br />

creature soprannaturali avrebbero potuto fare la stessa cosa.<br />

Per potersi avvicinare abbastanza da usare la spada, l’assassino aveva<br />

dovuto essere estremamente rapido, o avere un’aria innocua, dato che<br />

Gladiola non aveva sospettato di essere sul punto di venire uccisa.<br />

Forse, lei lo conosceva.<br />

E il modo in cui il suo corpo minuto era stato lasciato abbandonato<br />

fra i cespugli, con indifferenza... all’uccisore non era importato che io lo<br />

trovassi o meno, anche se naturalmente l’assenza di putrefazione, dovuta<br />

alla natura demoniaca della vittima, aveva contribuito a evitarne il<br />

ritrovamento.<br />

Ciò che l’assassino aveva voluto era stato il suo silenzio, ma perché


ucciderla?<br />

Se il massiccio avvocato mi aveva detto tutta la verità, il messaggio<br />

di cui era latrice aveva avuto soltanto lo scopo di prepararmi al viaggio a<br />

New Orleans, e io sarei partita comunque, anche se lei non aveva potuto<br />

consegnarmelo. Cosa si era ottenuto, quindi, mettendola a tacere?<br />

Altri due o tre giorni di ignoranza da parte mia? Non mi sembrava<br />

granché, come movente.<br />

All’altra estremità del filo, Bill stava aspettando che ponessi fine alla<br />

mia lunga pausa di silenzio. Quella era una delle cose che mi erano sempre<br />

piaciute di lui, il fatto che non sentisse il bisogno di riempire i vuoti nella<br />

conversazione.<br />

– L’hanno bruciata sul vialetto – dissi.<br />

– È naturale. È il solo modo per eliminare qualcosa che possieda<br />

sangue demoniaco – replicò Bill, peraltro in tono assente, come se fosse<br />

stato impegnato in profonde riflessioni riguardo a qualche altra cosa.<br />

– È naturale? E io come facevo a saperlo?<br />

– Se non altro, adesso lo sai. Gli insetti non li mangiano, il loro corpo<br />

non si decompone, e fare sesso con loro ha un effetto corrosivo.<br />

– Diantha sembra così vivace e obbediente.<br />

– Certo, quando è con suo zio.<br />

– Il Signor Cataliades è suo zio? – domandai. – Ed era anche lo zio di<br />

Glad?<br />

– Oh, sì. Cataliades è per buona parte un demone, ma suo fratello<br />

Nergal è un demone purosangue. Nergal ha parecchi figli per metà umani,<br />

ovviamente avuti tutti da madri diverse.<br />

Non ero certa del perché la cosa fosse tanto ovvia, ma non avevo<br />

intenzione di chiederglielo.<br />

– Stai permettendo a Selah di sentire tutto questo?<br />

– No, è in bagno, a fare la doccia.<br />

D’accordo, ero ancora gelosa... e invidiosa: Selah godeva del lusso<br />

dell’ignoranza, che a me era negato. Il mondo era decisamente più<br />

gradevole quando non si conosceva l’aspetto soprannaturale della vita.<br />

Certo. Ignorandolo, ci si doveva preoccupare soltanto di carestie,<br />

guerre, serial killer, AIDS, tsunami, vecchiaia e del virus Ebola.<br />

– Piantala, Sookie – ingiunsi a me stessa.<br />

– Prego? – chiese Bill.<br />

– Senti, Bill – ripresi, riscuotendomi, – se vuoi venire a New Orleans<br />

con me e con l’avvocato, vieni qui entro i prossimi trenta minuti. Se non ti<br />

vedrò arrivare, supporrò che tu abbia altro da fare.


E chiusi la comunicazione. Avrei avuto a disposizione tutto il viaggio<br />

in macchina fino a New Orleans per riflettere sulla situazione.<br />

– Verrà entro i prossimi trenta minuti, o non verrà affatto –<br />

comunicai all’avvocato, che era ancora fuori.<br />

– Mi fa piacere sentirlo – gridò di rimando il Signor Cataliades,<br />

fermo vicino a Diantha, che era impegnata a lavare con la pompa<br />

dell’acqua la chiazza nera rimasta sulla ghiaia del vialetto.<br />

Tornata nella mia stanza, prelevai lo spazzolino da denti e passai in<br />

esame la lista mentale delle cose da fare. Avevo lasciato un messaggio<br />

sulla segreteria telefonica di Jason e chiesto a Tara se poteva venire ogni<br />

giorno a prelevare la posta e il giornale, e avevo dato da bere alle mie<br />

poche piante da interno (mia nonna era stata convinta che il posto delle<br />

piante, come degli uccelli e dei cani, fosse all’esterno; ironicamente, dopo<br />

la sua morte mi ero procurata alcune piante da interno, e mi stavo<br />

sforzando in ogni modo di tenerle in vita).<br />

Quinn!<br />

Non aveva il cellulare a portata di mano, o comunque non<br />

rispondeva, quindi gli lasciai un messaggio vocale. Era appena il nostro<br />

secondo appuntamento, ed ero costretta ad annullarlo.<br />

– Devo andare a New Orleans per sgombrare l’appartamento di mia<br />

cugina – dissi, non sapendo bene fino a che punto ragguagliarlo sulla<br />

situazione. – Lei viveva in un posto su Chloe Street, e non so se là c’è o<br />

meno un telefono, quindi... è possibile che dovrò limitarmi a richiamarti al<br />

mio rientro. Mi dispiace che i nostri progetti siano saltati.<br />

Speravo che lui riuscisse quanto meno a percepire che ero<br />

sinceramente dispiaciuta di non poter cenare con lui.<br />

Bill arrivò mentre stavo portando la mia borsa da viaggio alla<br />

macchina. Aveva con sé uno zaino, cosa che mi apparve buffa, ma mi<br />

trattenni dal sorridere nel vedere la sua espressione: Bill appariva pallido e<br />

teso anche per un vampiro, e mi ignorò completamente.<br />

– Cataliades – disse, con un cenno di saluto, – vorrei un passaggio, se<br />

è possibile. Mi dispiace per la vostra perdita – aggiunse, lanciando<br />

un’occhiata a Diantha, che stava alternando lunghi e furiosi monologhi in<br />

una lingua incomprensibile a momenti in cui assumeva un’espressione<br />

assente, associabile a un profondo stato di shock.<br />

– Mia nipote è morta prematuramente – affermò Cataliades, con il<br />

consueto tono deciso. – La sua fine non resterà invendicata.<br />

– Certo – convenne Bill, con la sua voce fredda. Poi, mentre Diantha<br />

apriva il bagagliaio, si portò sul retro della macchina per gettarvi dentro il


suo zaino. Chiusa a chiave la porta principale, scesi in fretta i gradini per<br />

aggiungere il mio bagaglio al suo. Prima che lui registrasse che mi stavo<br />

avvicinando, riuscii a intravedere il suo volto, e ciò che vidi mi sconvolse.<br />

Bill appariva disperato.


Capitolo tredicesimo<br />

Ci furono momenti, durante il viaggio verso sud, in cui sentii il<br />

desiderio di condividere tutti i miei pensieri con i miei compagni. Il Signor<br />

Cataliades guidò per un paio d’ore, poi cedette il volante a Diantha.<br />

L’avvocato e Bill non erano molto propensi alla conversazione spicciola, e<br />

io avevo per la mente troppe cose per aver voglia di socializzare, quindi<br />

eravamo tutti alquanto silenziosi.<br />

Ero comoda, più di quanto mi fosse mai capitato di esserlo su<br />

un’auto, perché avevo uno dei sedili posteriori tutto per me, mentre Bill e<br />

Cataliades occupavano l’altro. La limousine era l’estrema espressione di<br />

lusso automobilistico, almeno ai miei occhi: con i sedili rivestiti in cuoio e<br />

ultra imbottiti, era molto spaziosa e rifornita con bottigliette d’acqua e di<br />

sangue sintetico, e con un cestino di snack. A quanto pareva, il Signor<br />

Cataliades aveva una vera passione per i Cheetos.<br />

Per un po’, tenni gli occhi chiusi e riflettei. Naturalmente, il cervello<br />

di Bill era impenetrabile per me, e quello del Signor Cataliades lo era quasi<br />

altrettanto; esso emetteva un sommesso ronzio che era quasi rilassante e<br />

simile a quello prodotto dal cervello di Diantha, che era però molto più<br />

acuto. Mentre stavo parlando con Sam avevo sentito affiorare dentro di me<br />

un particolare pensiero, ed ero decisa a elaborarlo finché esso era fresco<br />

nella mia mente. Quando ebbi finito di vagliarlo, decisi infine di<br />

condividerlo.<br />

– Signor Cataliades – dissi, inducendo l’avvocato ad aprire gli occhi;<br />

quanto a Bill, mi stava già guardando. C’era qualcosa che gli frullava per<br />

la testa, qualcosa di strano. – Lei sa che mercoledì, la notte in cui la sua<br />

ragazza si sarebbe dovuta presentare da me, io ho sentito qualcosa nel<br />

bosco.<br />

Cataliades e Bill annuirono entrambi.<br />

– Quindi supponiamo che quella sia la notte in cui è stata uccisa.<br />

Di nuovo, ottenni due cenni di assenso.<br />

– Ma perché? Chiunque sia stato, doveva sapere che presto o tardi lei<br />

mi avrebbe contattata, o sarebbe venuto a trovarmi per scoprire cosa fosse<br />

successo. Anche se non sapeva del messaggio che Gladiola aveva con sé,<br />

l’assassino deve aver immaginato che la sua scomparsa sarebbe stata<br />

notata, più prima che poi.<br />

– Un’osservazione ragionevole – convenne il Signor Cataliades.


– Ma la notte di venerdì io sono stata aggredita in un parcheggio, a<br />

Shreveport.<br />

Vi garantisco che quell’affermazione ebbe tutto l’effetto che potevo<br />

desiderare. Se avessi collegato entrambi a una macchina per l’elettroshock<br />

e somministrato loro una scarica, non avrei potuto avere una reazione<br />

altrettanto dinamica.<br />

– Perché non me lo hai detto? – chiese Bill, con gli occhi accesi<br />

dall’ira e i canini allungati.<br />

– Perché avrei dovuto? Non usciamo più insieme, e neppure ci<br />

vediamo regolarmente.<br />

– Quindi tenermi nascosta una cosa tanto grave è il tuo modo di<br />

punirmi perché esco con un’altra?<br />

Neppure nelle mie più sfrenate fantasticherie (che avevano incluso<br />

scene come Bill che rompeva con Selah da Merlotte’s e poi mi confessava<br />

pubblicamente che lei non era mai stata alla mia altezza) mi sarei<br />

immaginata una simile reazione. Anche se nella macchina era molto buio,<br />

mi parve di vedere il Signor Cataliades levare gli occhi al cielo. Forse<br />

anche lui trovava spropositata quella reazione.<br />

– Bill, non ho mai cercato di punirti – affermai; quanto meno, non mi<br />

pareva di averlo fatto. – Semplicemente, non condividiamo più i particolari<br />

delle nostre rispettive vite. A dire il vero, io ero fuori con un altro, quando<br />

sono stata attaccata. Credo di essere ormai abituata al fatto che essere<br />

insieme, tu e io, non faccia più parte dello scenario.<br />

– Con chi eri?<br />

– Non che siano affari tuoi, ma dal momento che è pertinente al resto<br />

della storia... sto uscendo con Quinn. Abbiamo avuto un appuntamento e<br />

ne avevamo pianificato un altro.<br />

– Quinn la tigre – commentò Bill, inespressivo in volto.<br />

– Tanto di cappello a lei, giovane signora – affermò il Signor<br />

Cataliades. – Il suo coraggio è pari al suo discernimento.<br />

– A dire il vero non sto chiedendo l’approvazione di nessuno –<br />

dichiarai, nel tono più neutro che mi fu possibile. – E neppure mi interessa<br />

un’eventuale disapprovazione – aggiunsi, agitando una mano a indicare<br />

che la questione non era aperta a discussione. – Ecco cosa voglio che<br />

sappiate: gli assalitori erano due giovani mannari.<br />

– Mannari – ripeté il Signor Cataliades, in un tono che non riuscii a<br />

decifrare. – Che genere di mannari?<br />

Una domanda valida. L’avvocato era perspicace.<br />

– Erano stati trasformati con un morso – spiegai, – e credo fossero


anche drogati.<br />

Questo indusse nei miei interlocutori un momento di riflessione.<br />

– Cosa è successo durante e dopo l’attacco? – chiese infine Bill,<br />

spezzando il prolungato silenzio.<br />

Descrissi l’aggressione e ciò che vi aveva fatto seguito.<br />

– E così Quinn ti ha portata all’Hair of the Dog – osservò Bill. – Ha<br />

davvero ritenuto che quella fosse una reazione appropriata?<br />

Era evidente che era infuriato, ma come al solito non ne sapevo il<br />

perché.<br />

– Potrebbe aver funzionato – osservò Cataliades. – Rifletti. Non le è<br />

successo niente altro, quindi a quanto pare la minaccia di Quinn ha avuto il<br />

suo effetto.<br />

Cercai di non dare a vedere che non avevo capito di cosa stava<br />

parlando, ma suppongo che gli occhi di vampiro di Bill dovettero decifrare<br />

lo stesso la mia espressione.<br />

– Quinn li ha sfidati – spiegò, in tono ancora più freddo del solito. –<br />

Ha detto loro che eri sotto la sua protezione, e che ti avrebbero fatto del<br />

male a loro rischio e pericolo. Li ha accusati di essere i responsabili<br />

dell’attacco, ma al tempo stesso ha ricordato loro che, se pure erano<br />

innocenti, era loro responsabilità fare giustizia di chi aveva complottato la<br />

cosa.<br />

– Mi sono resa conto di tutto questo – replicai in tono paziente. –<br />

Credo che Quinn li stesse avvertendo, non sfidando, il che costituisce una<br />

grossa differenza. Quello che non ho capito è... ecco, all’interno del branco<br />

non dovrebbe succedere niente di cui Patrick Furnan non sia a conoscenza,<br />

giusto? Adesso è lui il grande capo, quindi perché non andare dritti da<br />

Patrick? Perché andare nel locale luogo di abbeverata?<br />

– Una domanda molto interessante – convenne Cataliades. – Quale<br />

sarebbe la tua risposta, Compton?<br />

– La sola che possa venire in mente... e cioè che Quinn potrebbe<br />

sapere che si sta già fomentando una ribellione contro Furnan. E lui ha<br />

gettato combustibile sul fuoco, informando i ribelli del fatto che Furnan sta<br />

cercando di uccidere un’amica del branco.<br />

Non stavamo parlando di eserciti. Il branco poteva contare al<br />

massimo trentacinque membri, forse qualcuno di più se si aggiungevano i<br />

militari della Base Aeronautica di Barksdale, quindi sarebbero bastate<br />

cinque persone per creare una ribellione.<br />

– Perché non si limitano a eliminarlo? – domandai. Come credo<br />

possiate immaginare, non sono molto esperta di politica.


Il Signor Cataliades mi stava sorridendo, potevo percepirlo anche se<br />

la macchina era buia.<br />

– Una soluzione così diretta, così classica. Così americana –<br />

commentò. – Ebbene, Signorina Stackhouse, le cose stanno in questo<br />

modo: i mannari possono essere selvaggi, certo, ma hanno delle regole, e<br />

la pena per l’uccisione del capobranco, tranne che in una sfida diretta, è la<br />

morte.<br />

– Ma chi potrebbe infliggere quella pena, se il branco tenesse segreta<br />

l’uccisione?<br />

– A meno che il branco non sia disposto a uccidere l’intera famiglia<br />

Furnan, credo che i familiari del capobranco sarebbero lieti di informare la<br />

gerarchia dei mannari dell’omicidio di Patrick. Ora, forse lei conosce i<br />

mannari di Shreveport meglio di molti altri: fra loro ci sono spietati<br />

assassini che non esiterebbero a massacrare la moglie e i figli di Furnan?<br />

Pensai ad Amanda, ad Alcide, a Maristella.<br />

– No, sono di una pasta completamente diversa – ammisi.<br />

– Se si trattasse di vampiri, ne troverebbe molti di più disposti a<br />

commettere un simile atto di tradimento – continuò l’avvocato. – Non lo<br />

pensi anche tu, Compton?<br />

– I vampiri devono pagare un prezzo, se uccidono un altro vampiro –<br />

sottolineò poi Bill, rigido.<br />

– Se sono affiliati a un clan – precisò in tono mite il Signor<br />

Cataliades.<br />

– Non sapevo che i vampiri avessero dei clan – osservai. Apprendevo<br />

di continuo cose nuove.<br />

– È un concetto decisamente nuovo, parte di un tentativo di<br />

regolarizzare il mondo dei vampiri in modo che appaia più accettabile per<br />

gli umani. Se il modello americano finirà per attecchire, il mondo dei<br />

vampiri diventerà molto più simile a un’enorme corporazione<br />

multinazionale che a un assortimento di crudeli succhiasangue governati in<br />

modo alquanto elastico.<br />

– Ci rimetterebbe in colore e tradizione per guadagnare in termini di<br />

profitto – mormorai. – Come il Wal-Mart contrapposto al Dad’s<br />

Downtown Hardware.<br />

– Proprio così, Signorina Stackhouse, ha ragione – rise il Signor<br />

Cataliades. – Entrambi hanno i loro sostenitori, e il summit a cui<br />

parteciperemo fra alcune settimane vede questo argomento nelle prime<br />

posizioni del suo ordine del giorno.<br />

– Per passare da ciò che avverrà fra alcune settimane a qualcosa che


è un po’ più in argomento, perché mai Patrick Furnan dovrebbe cercare di<br />

uccidermi? Non gli piaccio, e sa che mi schiererei con Alcide, se fossi<br />

costretta a scegliere fra loro due, ma che importanza ha? Io non conto<br />

niente. Perché avrebbe dovuto pianificare tutto questo... trovare due<br />

ragazzi disposti ad aggredirmi, morderli e mandarli contro Quinn e me... se<br />

non c’era una grossa posta in gioco?<br />

– Ha l’abilità di porre domande valide, Signorina Stackhouse. Vorrei<br />

che le mie risposte lo fossero altrettanto.<br />

Avrei anche potuto tenere per me i miei pensieri, considerate le<br />

informazioni che stavo ottenendo dai miei compagni di viaggio.<br />

Il solo motivo per uccidere Gladiola, o almeno il solo che la mia<br />

diretta mente umana era in grado di vedere, era stato quello di ritardare da<br />

parte mia il ricevimento del messaggio di prepararmi a partire per New<br />

Orleans. Inoltre, Gladiola avrebbe fornito in certa misura una barriera<br />

protettiva fra me e qualsiasi cosa che avesse cercato di aggredirmi, o<br />

quanto meno sarebbe stata più difficile da cogliere di sorpresa.<br />

Così come erano andate le cose, lei era già morta nel bosco quando<br />

io ero andata al mio appuntamento con Quinn. Un momento. Come<br />

avevano fatto quei giovani lupi a sapere dove trovarmi? Shreveport non<br />

era poi così grande, ma non potevano aver sorvegliato tutte le strade di<br />

accesso, nella remota possibilità che io mi facessi vedere. D’altro canto, se<br />

un mannaro mi aveva vista entrare a teatro insieme a Quinn, i miei nemici<br />

avevano saputo che sarei rimasta là per un paio d’ore, e che avevano il<br />

tempo di organizzarsi.<br />

Se la mente che c’era dietro alla cosa fosse stata avvertita con<br />

maggiore anticipo, aggredirmi sarebbe stato più facile... per esempio, se<br />

qualcuno avesse saputo in anticipo che Quinn mi aveva chiesto di andare a<br />

teatro con lui. Ma chi aveva saputo che avevo un appuntamento con lui?<br />

Ecco, lo avevo detto a Tara, quando avevo comprato il vestito, e mi pareva<br />

di averne accennato con Jason, quando lo avevo chiamato per sapere come<br />

stava Crystal. Avevo detto a Pam di avere un appuntamento, ma non mi<br />

pareva di aver anche menzionato di chi si trattasse.<br />

E poi c’era Quinn stesso.<br />

Quell’idea mi addolorò a tal punto che dovetti ricacciare indietro le<br />

lacrime. Naturalmente, non conoscevo molto bene Quinn e neppure potevo<br />

valutare il suo carattere sulla base del tempo che avevo trascorso con lui...<br />

durante gli ultimi mesi avevo imparato che non si poteva conoscere<br />

davvero qualcuno così in fretta, che ci potevano volere anni prima di<br />

sapere quale fosse il vero carattere di una persona. Quella realizzazione mi


aveva scossa profondamente, perché ero abituata a conoscere le persone<br />

molto bene, molto in fretta, e l’aver commesso degli errori di valutazione<br />

riguardo al carattere di alcuni esseri sovrannaturali mi aveva colta<br />

emotivamente impreparata. Abituata alla rapida valutazione resa possibile<br />

dalla telepatia, ero stata ingenua e imprudente.<br />

E adesso ero circondata da creature del genere.<br />

Mi raggomitolai in un angolo dell’ampio sedile e chiusi gli occhi,<br />

perché avevo bisogno di starmene per un po’ nel mio mondo, senza<br />

permettere ad altri di entrarvi. Mi addormentai in quella macchina buia,<br />

con un semi-demone e un vampiro seduti di fronte a me e una mezzademone<br />

al volante.<br />

Quando mi svegliai, avevo la testa appoggiata sulle ginocchia di Bill;<br />

la sua mano mi stava accarezzando con gentilezza i capelli, e il tocco<br />

familiare delle sue dita mi diede serenità, destando anche quella<br />

sensazione sensuale che Bill era sempre stato capace di risvegliare in me.<br />

Impiegai un momento a ricordare dove ci trovavamo e cosa stavamo<br />

facendo, poi mi sollevai a sedere, intontita e arruffata. Il Signor Cataliades<br />

sedeva ancora sul sedile opposto, e pareva dormire, anche se era<br />

impossibile esserne certi. Se fosse stato umano, lo avrei saputo senza tema<br />

di errore.<br />

– Dove siamo? – domandai.<br />

– Siamo quasi arrivati – rispose Bill. – Sookie...<br />

– Hmm? – borbottai, stiracchiandomi con uno sbadiglio e<br />

desiderando di potermi lavare i denti.<br />

– Se vuoi, ti aiuterò a vagliare l’appartamento di Hadley.<br />

Ebbi la sensazione che all’ultimo momento lui avesse cambiato idea<br />

riguardo a quello che voleva dire.<br />

– Se avrò bisogno di aiuto, saprò dove andare – replicai, in modo<br />

adeguatamente ambiguo. Cominciavo ad avere una gran brutta sensazione<br />

riguardo all’appartamento di Hadley, e a pensare che forse la sua eredità<br />

era più una maledizione che una benedizione. Eppure il fatto che lei avesse<br />

di proposito escluso Jason dal testamento, perché le era venuto meno<br />

quando aveva avuto bisogno di aiuto, lasciava presumere che la sua<br />

intenzione fosse stata quella di farmi un regalo. D’altro canto, quando era<br />

morta Hadley non era più umana, era una vampira, e questo doveva averla<br />

cambiata. Oh, sì. Guardando dal finestrino, scorsi dei lampioni e alcune<br />

altre macchine che si muovevano nel buio. Stava piovendo, ed erano le<br />

quattro del mattino. Mi chiesi se ci fosse una International House of<br />

Pancakes nelle vicinanze. Ne avevo visitata una, una volta, ed era stato


splendido. Era successo in occasione dell’unico altro mio viaggio a New<br />

Orleans, quando ero alle superiori. Avevamo visitato l’acquario, il museo<br />

degli schiavi e la Cattedrale di St. Louis, sulla Jackson Square. Era stato<br />

splendido vedere qualcosa di nuovo, pensare a tutte le persone che erano<br />

passate di lì, all’aspetto che dovevano aver avuto, nell’abbigliamento<br />

dell’epoca. D’altro canto, essendo una telepate ancora assai poco abile a<br />

schermarsi, non avevo avuto vita facile, andando in giro con un gruppo di<br />

altri adolescenti.<br />

E adesso i miei compagni di viaggio erano molto meno facili da<br />

“leggere” e molto più pericolosi.<br />

Poi arrivammo in una tranquilla zona residenziale, e la limousine<br />

accostò al marciapiede, fermandosi.<br />

– L’appartamento di sua cugina – annunciò il Signor Cataliades,<br />

mentre Diantha apriva la portiera. Io scesi sul marciapiede, mentre il<br />

Signor Cataliades si spostava per poter uscire a sua volta dal veicolo, e Bill<br />

rimaneva bloccato dietro di lui.<br />

Mi trovavo davanti a un muro alto quasi due metri, con un’apertura<br />

corrispondente al vialetto di accesso; al chiarore incerto dei lampioni era<br />

difficile dire cosa ci fosse al di là di essa, ma pareva si trattasse di un<br />

piccolo cortile con un vialetto circolare dalla curva molto stretta, al cui<br />

centro era visibile una massa di vegetazione, anche se era impossibile<br />

distinguere le singole piante. Nell’angolo anteriore destro c’era una<br />

baracca per gli attrezzi, e l’edificio principale, a due piani, era a forma di L<br />

rovesciata, per sfruttare al massimo la profondità dell’appezzamento.<br />

Adiacente, c’era un altro edificio simile, almeno per quanto riuscivo a<br />

distinguere. L’abitazione di Hadley era dipinta di bianco, con imposte<br />

verde scuro.<br />

– Quanti appartamenti ci sono qui, e qual è quello di Hadley? –<br />

chiesi al Signor Cataliades, che mi stava dietro.<br />

– C’è quello del piano terra, dove vive la proprietaria, e quello del<br />

piano superiore, che adesso è suo per tutto il tempo che vorrà, in quanto la<br />

regina sta continuando a pagare l’affitto, finché il testamento non verrà<br />

omologato. Non le è parso giusto che dovesse essere pagato con l’eredità<br />

di Hadley. – Quello era un discorso molto formale, anche venendo dal<br />

Signor Cataliades.<br />

– Non capisco perché non si è limitata a mettere tutta la roba di<br />

Hadley in un magazzino – riuscii a dire soltanto, intontita com’ero dalla<br />

stanchezza. – Avrei potuto vagliarla là.<br />

– Si abituerà al modo in cui la regina fa le cose – rispose.


Non c’era nulla che potessi replicare.<br />

– Per il momento, potrebbe semplicemente mostrarmi come entrare<br />

nell’appartamento di Hadley, in modo che possa disfare il bagaglio e<br />

dormire un poco? – domandai.<br />

– Ma certo, ma certo. Inoltre, l’alba è vicina, quindi il Signor<br />

Compton deve raggiungere il quartier generale della regina per trovare<br />

riparo dalla luce del giorno – convenne Cataliades; Diantha si era già<br />

avviata su per le scale, che io riuscivo a stento a distinguere e che si<br />

snodavano su per la parte più corta della L, posizionata in fondo<br />

all’appezzamento. – Ecco la chiave, Signorina Stackhouse. La lasceremo a<br />

sistemarsi non appena Diantha sarà tornata giù. Potrà conoscere la<br />

proprietaria domani.<br />

– Certo – annuii, e mi incamminai con passo pesante su per la scala,<br />

aggrappandomi alla ringhiera di ferro battuto. Quel posto non era affatto<br />

come me lo ero immaginato. Mi ero aspettata che Hadley avesse un luogo<br />

simile agli appartamenti del Kingfisher Arms, il solo condominio di<br />

appartamenti di Bon Temps, mentre quella sembrava di più una piccola<br />

dimora privata.<br />

Diantha aveva depositato la mia sacca sportiva e il mio borsone<br />

vicino a una delle porte del secondo piano. C’era un’ampia veranda che<br />

correva lungo le finestre e le porte del secondo piano, e che forniva ombra<br />

a chi si fosse trovato al pianterreno, e un’aura di magia aleggiava intorno a<br />

porte e finestre. Riconoscendola, mi resi conto che l’appartamento era<br />

stato sigillato con qualcosa di più delle semplici serrature.<br />

Esitai, con la chiave in mano.<br />

– La riconoscerà – avvertì l’avvocato, dal cortile.<br />

Con movimenti goffi, mi decisi allora ad aprire la porta, e fui<br />

investita da una corrente di aria calda, dovuta al fatto che l’appartamento<br />

era rimasto chiuso per settimane. Mi chiesi se qualcuno fosse entrato per<br />

arieggiare i locali.<br />

All’interno, l’odore non era sgradevole e l’aria era soltanto stantia,<br />

segno che il climatizzatore era stato lasciato acceso. Annaspai a tentoni<br />

fino a trovare la luce più vicina, una lampada su un piedistallo di marmo,<br />

posta a destra della porta; una volta accesa, essa proiettò una polla di luce<br />

dorata sui lucidi pavimenti di legno e su alcuni arredi di finto antiquariato<br />

(almeno, supponevo che fosse finto). Avanzai di un altro passo<br />

nell’appartamento, cercando di immaginare Hadley al suo interno...<br />

Hadley, che si era messa il rossetto nero per la foto scolastica, e che era<br />

solita comprare le scarpe al Payless.


– Sookie – disse Bill, alle mie spalle, per farmi sapere che era fermo<br />

appena fuori della soglia. Non lo invitai a entrare.<br />

– Adesso devo andare a letto, Bill. Ci vediamo domani. Hai il<br />

numero di telefono della regina?<br />

– Cataliades ha infilato un biglietto da visita nella tua borsetta mentre<br />

dormivi.<br />

– Ah, bene. Buona notte.<br />

E gli chiusi la porta in faccia. Sapevo che era un gesto maleducato,<br />

ma lui se ne stava fermo lì, e in quel momento non me la sentivo di<br />

parlargli, perché svegliarmi con la testa sulle sue ginocchia mi aveva<br />

lasciata turbata; era come se fossimo stati ancora insieme.<br />

Dopo un minuto, sentii i suoi passi che si avviavano giù per le scale:<br />

in tutta la mia vita, non avevo mai provato tanto sollievo nell’essere sola.<br />

A causa della notte trascorsa in macchina del breve sonnellino che avevo<br />

fatto, mi sentivo disorientata, arruffata e disperatamente bisognosa di<br />

lavarmi i denti. Era ora di esplorare l’appartamento, con particolare enfasi<br />

sull’individuazione del bagno.<br />

Mi guardai intorno con attenzione. La parte più corta della L<br />

rovesciata era occupata dal salotto, in cui ora mi trovavo, un ambiente<br />

unico che includeva la cucina, addossata alla parete opposta, sulla destra.<br />

Sulla mia sinistra, un corridoio formava il lato lungo della L, ed era<br />

fiancheggiato su un lato da porte finestra che si affacciavano sulla veranda,<br />

mentre sull’altro lato era delimitato da un muro punteggiato di porte.<br />

Con le borse in mano, mi avviai lungo il corridoio, sbirciando oltre<br />

ciascuna porta aperta. Non riuscii a trovare un interruttore che permettesse<br />

di illuminarlo, anche se doveva essercene uno, visto che c’erano lampade<br />

disseminate a intervalli regolari, ma la luce lunare che entrava a fiotti dalle<br />

finestre mi permise di vedere quello che mi serviva. Grazie a Dio, la prima<br />

stanza risultò essere il bagno, anche se dopo un attimo mi resi conto che<br />

non era quello di Hadley, perché era molto piccolo, molto pulito, e<br />

conteneva soltanto un angusto box doccia, una toilette e un lavandino, ma<br />

nessun oggetto personale. Oltrepassandolo, lanciai un’occhiata al di là<br />

della porta successiva, una piccola stanza che doveva essere stata<br />

concepita come camera degli ospiti. Hadley vi aveva installato una<br />

scrivania con un computer e tutti i suoi annessi e connessi, oggetti che per<br />

me non avevano molto interesse.<br />

In aggiunta a uno stretto divano letto, la stanza conteneva una libreria<br />

ingombra di scatole e di libri, che mi ripromisi di esaminare l’indomani.<br />

La porta seguente era chiusa: aprendola di una fessura per sbirciare


dentro, vidi che si trattava di uno stretto armadio a muro, i cui scaffali<br />

erano pieni di oggetti che non mi presi il tempo di identificare.<br />

Con mio sollievo, la porta successiva risultò essere quella del bagno<br />

padronale, dotato di doccia e di vasca da bagno, e di un ampio lavandino<br />

incassato in un tavolino da toeletta, la cui superficie era ingombra di<br />

cosmetici e di un arricciacapelli elettrico ancora infilato nella presa.<br />

Cinque o sei boccette di profumo erano allineate su uno scaffale, e il cesto<br />

della biancheria sporca conteneva alcuni asciugamani appallottolati e<br />

costellati di chiazze scure. Mi chinai fino ad accostare la faccia, e così da<br />

vicino essi emanarono un fetore allarmante, tanto che non riuscii a capire<br />

come esso avesse fatto a non pervadere tutto l’appartamento. Preso l’intero<br />

cesto, aprii una delle porte finestra sull’altro lato del corridoio e lo<br />

depositai all’esterno, lasciando accesa la luce del bagno perché intendevo<br />

tornarvi di lì a poco.<br />

L’ultima porta, disposta ad angolo retto rispetto alle altre, in modo da<br />

formare la fine del corridoio, si apriva sulla camera da letto di Hadley;<br />

abbastanza ampia, anche se non quanto quella che io avevo a casa, essa<br />

conteneva un altro grande armadio pieno di vestiti. Il letto era fatto, il che<br />

non era tipico di Hadley e mi indusse a chiedermi chi fosse entrato in<br />

quell’appartamento dopo che lei era stata uccisa. Di certo, qualcuno ci era<br />

stato, prima che esso venisse sigillato con la magia. Naturalmente, la<br />

camera da letto era completamente al buio, con le finestre coperte da<br />

splendidi pannelli di legno dipinto, e in essa c’erano due porte, distanziate<br />

appena quanto bastava perché una persona si potesse posizionare fra di<br />

esse.<br />

Posai le mie sacche per terra, vicino al cassettone, frugai dentro di<br />

esse fino a trovare la borsa dei cosmetici e gli assorbenti, poi tornai in<br />

bagno, dove prelevai dalla piccola borsa il dentifricio e lo spazzolino,<br />

concedendomi il piacere di lavarmi i denti e la faccia, cosa che mi fece<br />

sentire un po’ più umana, sia pure di stretta misura. Spenta la luce in<br />

bagno, trassi indietro le coltri del letto, che era basso e largo: la vista delle<br />

lenzuola mi sorprese a tal punto da farmi rimanere là a fissarle con le<br />

labbra arricciate dal disgusto. Satin nero... per l’amor di Dio! E non era<br />

neppure vero satin, ma qualcosa di sintetico. Avrei preferito del percalle, o<br />

del cotone 100%, ma non avevo intenzione di mettermi alla ricerca di altre<br />

lenzuola a quell’ora del mattino... e poi, se Hadley non ne avesse avute di<br />

altro tipo?<br />

Mi infilai... o meglio, strisciai... nel grande letto, e dopo essermi<br />

contorta un poco fino ad abituarmi al contatto di quelle lenzuola, riuscii ad


addormentarmi fra di esse senza problemi.


Capitolo quattordicesimo<br />

– Svegliati! Svegliati! – stava incitando qualcuno, pizzicandomi un<br />

dito di un piede. Mi risvegliai di colpo sulla spinta di un’ondata di terrore,<br />

e nell’aprire gli occhi mi ritrovai in una stanza sconosciuta, inondata dalla<br />

luce del sole, con una donna altrettanto sconosciuta ferma ai piedi del letto.<br />

– Chi diavolo sei tu? – domandai, irritata ma non spaventata, perché<br />

la donna non aveva un’aria pericolosa. Il suo viso dagli occhi azzurro<br />

intenso era incorniciato da corti capelli castani, e il suo abbigliamento, un<br />

po’ in anticipo sulla stagione, era costituito da calzoncini cachi e camicetta<br />

aperta su un top color corallo.<br />

– Sono Amelia Broadway, e sono la proprietaria dell’edificio.<br />

– Perché mi stai svegliando?<br />

– La scorsa notte ho sentito Cataliades, nel cortile, e ho pensato che ti<br />

avesse portata qui perché sgombrassi l’appartamento di Hadley. Volevo<br />

parlarti.<br />

– E non potevi aspettare che mi svegliassi? E poi, perché hai usato la<br />

chiave per entrare, invece di suonare il campanello? Cosa ti è saltato in<br />

mente?<br />

Questo la sorprese. Per la prima volta, Amelia Broadway mostrò di<br />

rendersi conto che avrebbe potuto gestire meglio la situazione.<br />

– Ecco, vedi... ero preoccupata – confessò, in tono avvilito.<br />

– Davvero? Anch’io – ribattei, – quindi puoi unirti al club.<br />

Attualmente, ho un sacco di preoccupazioni, ma adesso esci di qui e<br />

aspettami in salotto, d’accordo?<br />

– Certo, è una cosa fattibile – rispose.<br />

Prima di alzarmi, aspettai che il battito del mio cuore fosse tornato<br />

alla normalità, poi rifeci rapidamente il letto e tirai fuori di che vestirmi<br />

dalla sacca da viaggio. Con passo strascicato andai quindi in bagno, e nel<br />

passare da una stanza all’altra, intravidi la mia ospite non invitata, che<br />

stava spolverando il salotto con qualcosa che somigliava notevolmente a<br />

una camicia da uomo di flanella.<br />

Mi feci la doccia più in fretta che potevo, applicai un po’ di trucco ed<br />

emersi dal bagno a piedi scalzi, ma con indosso un paio di jeans e una Tshirt<br />

blu.<br />

Amelia Broadway smise di lavorare per fissarmi.<br />

– Non somigli affatto a Hadley – dichiarò, in un tono da cui non


iuscii a capire se la riteneva una cosa positiva o negativa.<br />

– E non sono affatto come lei, in niente – dichiarai, secca.<br />

– Questo è un bene. Hadley era decisamente orribile – affermò<br />

inaspettatamente Amelia. – Ooops. Scusami, ho mancato di tatto.<br />

– Davvero? – commentai, e anche se cercai di mantenere normale la<br />

mia voce, un po’ di sarcasmo dovette filtrare. – Ora, se sai dov’è il caffè,<br />

me lo potresti indicare? – aggiunsi, esaminando per la prima volta la zona<br />

cucina alla luce del giorno. Era realizzata in mattoni a vista e rame, con un<br />

piano di lavoro e un frigorifero in acciaio inossidabile, e un lavandino il<br />

cui rubinetto doveva costare più dei miei vestiti. Una cucina piccola, ma<br />

costosa, come il resto della casa.<br />

Tutto questo per una vampira che non aveva neppure bisogno di<br />

cucinare.<br />

– La caffettiera di Hadley è là – accennò Amelia, e finalmente<br />

l’avvistai: era nera, e si confondeva con il mobilio. Hadley era sempre<br />

stata una patita del caffè, quindi supposi che anche dopo essere diventata<br />

una vampira avesse tenuto una scorta della sua bevanda preferita;<br />

nell’aprire l’armadietto sovrastante la caffettiera, trovai infatti due<br />

confezioni di Community Coffee e alcuni filtri. La prima lattina risultò<br />

essere ancora sigillata, ma la seconda era già aperta, e piena a metà. Mi<br />

soffermai a inspirare con piacere lo splendido profumo del caffè, che<br />

sembrava incredibilmente fresco.<br />

Preparata la caffettiera, l’accesi e attesi che il caffè filtrasse; intanto,<br />

scovai due tazze e le sistemai accanto alla caffettiera; la zuccheriera era lì<br />

vicino, ma conteneva solo pochi residui di zucchero, induriti, che rovesciai<br />

nella pattumiera, dotata di sacchetto ma vuota, segno che era stata ripulita<br />

dopo la morte di mia cugina. Mi chiesi quindi se Hadley avesse tenuto un<br />

po’ di latte in polvere nel frigorifero, cosa che nel Sud era solita fare la<br />

gente che non usava spesso il latte.<br />

Quando aprii il frigorifero, però, dentro trovai soltanto cinque<br />

bottiglie di TrueBlood.<br />

Questo, più di qualsiasi altra cosa, mi fece infine realizzare che mia<br />

cugina Hadley era diventata una vampira, prima di morire. Non c’era<br />

nessun altro che avessi conosciuto prima che venisse trasformato, e per me<br />

fu un certo shock. Avevo così tanti ricordi di Hadley, alcuni lieti, altri<br />

sgradevoli... ma in tutti quei ricordi mia cugina era viva, e il suo cuore<br />

batteva. Rimasi ferma a fissare quelle bottiglie con le labbra serrate, finché<br />

non mi fui ripresa abbastanza da richiudere con gentilezza l’anta del<br />

frigorifero.


Dopo aver cercato invano del latte in polvere in tutti gli armadietti,<br />

dissi ad Amelia che speravo il caffè nero fosse di suo gradimento.<br />

– Certo, andrà benissimo – rispose lei, con fare compito: era chiaro<br />

che stava cercando di fare sfoggio del suo miglior modo di comportarsi,<br />

cosa di cui potevo soltanto essere grata. Nel parlare, si appollaiò su una<br />

delle poltrone di Hadley, che avevano una graziosa fodera di seta gialla<br />

stampata con fiori rosso e blu scuro, ma avevano le gambe troppo sottili<br />

per piacermi. Non amo il mobilio dall’aria fragile, mi piacciono le poltrone<br />

che appaiono in grado di poter reggere gente massiccia e pesante senza<br />

scricchiolare, che non diano l’impressione di rovinarsi se solo ci rovesci<br />

sopra un po’ di Coca Cola o se il tuo cane decide di farci sopra un<br />

sonnellino. Cercai di sistemarmi sul divano di fronte alle poltrone, che<br />

risultò grazioso ma scomodo, confermando i miei sospetti su quel genere<br />

di arredi.<br />

– Allora, Amelia, che cosa sei? – domandai.<br />

– Prego?<br />

– Che cosa sei?<br />

– Oh, una strega.<br />

– L’avevo immaginato – annuii. Infatti non avevo colto quella<br />

sensazione di soprannaturale che ricavavo dalle creature le cui stesse<br />

cellule erano state alterate dalla loro natura intrinseca. Amelia aveva<br />

acquisito la sua “diversità”. – Hai apposto tu gli incantesimi per sigillare<br />

l’appartamento?<br />

– Sì – confermò, con un certo orgoglio, studiandomi attentamente.<br />

Mi ero accorta che l’appartamento era stato protetto con degli incantesimi,<br />

e anche del fatto che lei era un membro dell’altro mondo, quello nascosto,<br />

quindi anche se ero forse una normale umana, ero comunque al corrente di<br />

molte cose. Lessi tutti quei pensieri nella sua mente con la massima<br />

facilità, come se lei mi avesse detto ogni cosa. Amelia trasmetteva con una<br />

nitidezza eccezionale, i suoi pensieri mi giungevano limpidi e puliti quanto<br />

lo era la sua carnagione. – La notte in cui Hadley è morta, l’avvocato della<br />

regina mi ha telefonato. Naturalmente, stavo dormendo. Lui mi ha detto di<br />

sigillare questo appartamento, che Hadley non sarebbe tornata, ma che la<br />

regina voleva che la casa rimanesse intatta per la sua erede. Il mattino<br />

successivo sono venuta su e ho cominciato a pulire. – E aveva indossato<br />

guanti di gomma: potevo vederlo nell’immagine mentale che aveva di se<br />

stessa, relativa al mattino successivo alla morte di Hadley.<br />

– Hai anche buttato la spazzatura e rifatto il letto? – chiesi.<br />

– Sì, l’ho fatto – ammise, mostrandosi imbarazzata. – Non mi ero


esa conto che “intatto” significava “non toccato”! Cataliades è venuto qui<br />

e mi ha strigliata per bene, ma sono contenta di aver buttato fuori il<br />

pattume. Lo strano è che quella notte qualcuno ha frugato nel bidone dei<br />

rifiuti, prima che potessi metterlo fuori perché ne prelevassero il<br />

contenuto.<br />

– Suppongo tu non sappia se hanno preso qualcosa, vero?<br />

Lei mi scoccò un’occhiata incredula.<br />

– Non faccio l’inventario dei rifiuti – dichiarò; poi, con riluttanza,<br />

aggiunse: – Era stato trattato con un incantesimo, ma non so a cosa<br />

servisse.<br />

D’accordo, quelle non erano buone notizie. Amelia non voleva<br />

ammettere neppure con se stessa che la casa potesse essere stata presa di<br />

mira da un assalto soprannaturale. Era orgogliosa che le protezioni da lei<br />

apposte avessero resistito, ma non aveva pensato a proteggere il bidone dei<br />

rifiuti.<br />

– Ah, ho anche prelevato tutte le sue piante e le ho portate giù da me<br />

per poterle curare più facilmente, ma se le vuoi portare via con te nel tuo<br />

Buco-nelle-Campagne, sei la benvenuta.<br />

– Si chiama Bon Temps – precisai, e Amelia sbuffò, dimostrando il<br />

tipico disprezzo dei cittadini per le piccole città. – Quindi, tu sei la<br />

proprietaria di questo edificio – continuai, – e hai affittato il piano di sopra<br />

ad Hadley... quando?<br />

– Circa un anno fa. Lei era già una vampira – rispose Amelia, – ed<br />

era da tempo l’amichetta della regina. Ho pensato che quella fosse una<br />

buona garanzia, sai? Mi sono detta che nessuno avrebbe attaccato lo<br />

zuccherino della regina, o avrebbe tentato di entrare con la forza in casa<br />

sua.<br />

Avrei voluto chiederle come poteva permettersi lei stessa di vivere in<br />

un posto così bello, ma era una domanda troppo scortese perché potessi<br />

formularla.<br />

– Quindi ti mantieni facendo la strega? – chiesi, cercando di<br />

mostrarmi poco interessata alla risposta.<br />

Lei scrollò le spalle, ma parve compiaciuta della mia domanda.<br />

Anche se sua madre le aveva lasciato molto denaro, era felice di riuscire a<br />

mantenersi da sé, cose che “sentii” nella sua mente, nitide come se me le<br />

avesse dette lei stessa.<br />

– Sì, mi guadagno da vivere – confermò, cercando invano di apparire<br />

modesta. Aveva lavorato duramente per diventare una strega, ed era<br />

orgogliosa del proprio potere.


Decifrare i suoi pensieri era facile come leggere un libro.<br />

– Se gli affari vanno a rilento, do una mano a un amico che ha un<br />

negozio di magia vicino a Jackson Square. Ci vado a leggere le carte –<br />

ammise, – e a volte faccio da guida ai turisti in un tour magico di New<br />

Orleans: è una cosa divertente, e se riesco a spaventarli per bene, ottengo<br />

grosse mance. Fra una cosa e l’altra, quindi, me la cavo bene.<br />

– Esegui magie notevoli – osservai, e lei annuì, compiaciuta. – Per<br />

chi lo fai, dato che il mondo normale non ammette che la magia sia<br />

possibile? – incalzai.<br />

– Gli esseri sovrannaturali pagano davvero bene – rispose, sorpresa<br />

dalla mia domanda. In realtà, non avevo avuto bisogno di chiederlo, ma mi<br />

era più facile dirigere i suoi pensieri verso l’informazione giusta se<br />

formulavo delle domande ad alta voce. – Soprattutto vampiri e mannari.<br />

Non amano le streghe, ma i vampiri, in particolare, vogliono sfruttare ogni<br />

piccolo vantaggio possibile. Gli altri non sono così ben organizzati –<br />

continuò, accantonando con un gesto distratto le creature più deboli del<br />

mondo soprannaturale, come i pipistrelli mannari, i mutaforma e così via.<br />

Tendeva a sottovalutare il potere degli altri esseri sovrannaturali, e questo<br />

era un errore.<br />

– Cosa mi dici delle fate? – continuai, incuriosita.<br />

– Hanno già abbastanza magia per conto loro, non hanno bisogno di<br />

me – rispose, scrollando le spalle. – So che una persona come te può avere<br />

difficoltà ad accettare che esista un talento invisibile e naturale, che mette<br />

in discussione tutto ciò che ti è stato insegnato da piccola.<br />

Soffocai a stento uno sbuffo di incredulità. Di certo, Amelia non<br />

sapeva niente sul mio conto. Ignoravo di cosa avessero parlato lei e<br />

Hadley, ma senz’altro non si era trattato della famiglia di mia cugina.<br />

L’affiorare di quell’idea mi fece suonare nella mente una sorta di<br />

campanello, avvisandomi che era una strada che andava esplorata.<br />

Tuttavia, accantonai la cosa per rifletterci sopra in seguito: al momento,<br />

dovevo occuparmi di Amelia Broadway.<br />

– Quindi potresti affermare di avere un notevole talento<br />

soprannaturale? – domandai.<br />

– Ho un po’ di talento – rispose con modestia, ma la sentii reprimere<br />

un’ondata di orgoglio. – Per esempio, ho apposto un incantesimo di stasi<br />

su questo appartamento, quando non ho potuto finire di ripulirlo. Anche se<br />

è rimasto chiuso per mesi, non hai sentito odori, giusto?<br />

Questo spiegava il mancato diffondersi del fetore degli asciugamani<br />

sporchi.


– Quindi esegui opere di magia per gli esseri sovrannaturali, leggi le<br />

carte vicino a Jackson Square e a volte fai da guida ai turisti. Non è<br />

esattamente un normale lavoro di ufficio – osservai.<br />

– Esatto – annuì, felice e orgogliosa.<br />

– Decidi tu i tuoi orari – continuai. Subito, sentii affiorare nella<br />

mente di Amelia il sollievo per non essere più costretta ad andare in<br />

ufficio, anche se aveva lavorato per tre anni in un ufficio postale, prima di<br />

diventare una strega a tutti gli effetti.<br />

– Sì – confermò.<br />

– Quindi mi aiuterai a sgomberare l’appartamento di Hadley? Sarò<br />

lieta di pagarti il disturbo.<br />

– Certo che ti aiuterò. Prima mi libererò della sua roba, prima potrò<br />

affittarlo di nuovo. Quanto al pagarmi, perché non vediamo prima quanto<br />

tempo ti posso dedicare? A volte mi capita di ricevere... ecco, definiamole<br />

delle chiamate di emergenza – rispose, sfoggiando un sorriso degno della<br />

pubblicità di un dentifricio.<br />

– La regina non ha continuato a pagarti l’affitto, dopo la morte di<br />

Hadley?<br />

– Certo, lo ha fatto, ma mi mette i brividi pensare che tutta la roba di<br />

Hadley è ancora qui. E poi, ci sono stati un paio di tentativi di effrazione,<br />

l’ultimo solo due giorni fa.<br />

A quel punto, smisi anche di fingere di sorridere.<br />

– All’inizio – continuò Amelia, imperturbata, – ho pensato che fosse<br />

come quando muore qualcuno e il necrologio appare sul giornale: capita<br />

che ci siano tentativi di effrazione, durante il funerale. Naturalmente, però,<br />

non stampano necrologi per i vampiri, credo perché sono già morti, o forse<br />

perché gli altri vampiri non mandano il necrologio ai giornali... sarebbe<br />

interessante, vedere come hanno gestito la cosa. Perché non provi a<br />

mandare tu qualche riga su Hadley? Comunque, sai quanto i vampiri<br />

amino i pettegolezzi, quindi suppongo che alcune persone abbiano saputo<br />

che lei era morta definitivamente, per la seconda volta, soprattutto dopo<br />

che Waldo è scomparso dalla corte. Tutti sanno che Hadley non gli<br />

piaceva. Inoltre, i vampiri non organizzano funerali, quindi non credo che<br />

l’effrazione fosse da collegare a questo. In ogni caso, New Orleans ha un<br />

elevato tasso di criminalità.<br />

– Oh, tu conoscevi Waldo – osservai, per interrompere quel flusso di<br />

parole. Waldo, che era stato un tempo il favorito della regina... non a letto,<br />

mi pareva di capire, ma come lacché... si era risentito di essere soppiantato<br />

da mia cugina Hadley. Quando Hadley aveva continuato a essere la


favorita della regina per un periodo di tempo che non aveva precedenti,<br />

Waldo l’aveva attirata nel St. Louis Cemetery Number One, fingendo di<br />

volere il suo aiuto per evocare lo spirito di Marie Laveau, la famosa regina<br />

voodoo di New Orleans, solo che invece l’aveva uccisa e aveva riversato<br />

la colpa sulla Confraternita del Sole.<br />

Il Signor Cataliades mi aveva spinta nella direzione giusta, finché<br />

ero arrivata a rendermi conto della colpevolezza di Waldo, e la regina mi<br />

aveva dato l’opportunità di giustiziarlo di persona... cosa che costituiva la<br />

sua idea di fare un grosso favore a qualcuno. Naturalmente, io avevo<br />

declinato quell’onore, ma adesso Waldo era del tutto <strong>morto</strong>, proprio come<br />

Hadley. Rabbrividii nel pensarci.<br />

– Ecco, lo conoscevo meglio di quanto volessi – ammise Amelia, con<br />

quella franchezza che sembrava essere la sua principale caratteristica. –<br />

Noto però che stai parlando al passato. Posso quindi osare di sperare che<br />

Waldo abbia raggiunto la sua destinazione definitiva?<br />

– Puoi farlo – annuii.<br />

– Oh... bene, bene, bene – commentò allegramente. Se non altro,<br />

avevo rasserenato la giornata a qualcuno. Potevo vederle nella mente<br />

quanto lei avesse detestato quell’antico vampiro, e non potevo biasimarla,<br />

perché Waldo era stato disgustoso. Amelia era una donna determinata, cosa<br />

che doveva fare di lei una strega formidabile, ma in quel momento avrebbe<br />

dovuto concentrarsi sulle altre possibilità connesse alla mia presenza, e<br />

non lo stava facendo.<br />

A quanto pareva, c’erano degli svantaggi nell’essere concentrati su<br />

una cosa soltanto.<br />

– Quindi vuoi sgomberare l’appartamento di Hadley perché pensi che<br />

così la tua casa non verrà più presa di mira da questi ladri che hanno<br />

saputo della sua morte? – domandai.<br />

– Esatto – confermò lei, trangugiando un ultimo sorso di caffè. – E<br />

mi piace anche sapere che qui c’è qualcun altro. Avere sulla testa un<br />

appartamento vuoto mi mette i brividi. Se non altro, i vampiri non si<br />

possono lasciare alle spalle uno spettro.<br />

– Non lo sapevo – ammisi. A dire il vero, non ci avevo mai neppure<br />

pensato.<br />

– Niente spettri di vampiri – confermò allegramente Amelia, –<br />

neppure uno. Si deve essere umani, per lasciarsi alle spalle uno spettro.<br />

Ehi, vuoi che ti legga le carte? So che fa un po’ paura, ma ti garantisco che<br />

sono davvero brava! – Stava pensando che sarebbe stato divertente<br />

elargirmi lo stesso genere di emozioni che faceva provare ai turisti, visto


che non mi sarei fermata a lungo a New Orleans, ed era anche convinta<br />

che quanto più si fosse mostrata gentile con me, tanto più mi sarei<br />

spicciata a sgombrare le cose di Hadley, permettendole di riavere l’uso del<br />

suo appartamento.<br />

– Certo. Se vuoi, puoi farlo anche subito – assentii lentamente,<br />

perché quello mi pareva un buon modo per valutare quanto Amelia fosse<br />

effettivamente dotata. Di certo, non somigliava per nulla all’immagine<br />

stereotipa della strega, il suo aspetto lindo e sano faceva pensare piuttosto<br />

a una felice casalinga di classe media, con la sua Ford Explorer e il suo<br />

setter irlandese. In un attimo, però, lei tirò fuori un mazzo di tarocchi da<br />

una tasca dei calzoncini e si protese sul tavolino da caffè per disporre le<br />

carte in modo rapido e professionale, che ai miei occhi non aveva il<br />

minimo senso.<br />

Per un minuto buono meditò su ciò che aveva davanti, lo sguardo che<br />

vagava da una carta all’altra, prima di fissarsi sul tavolino.<br />

Un attimo più tardi arrossì in volto e chiuse gli occhi, come se si<br />

sentisse mortificata.<br />

– D’accordo – disse infine, con voce calma e piatta. – Che cosa sei?<br />

– Una telepate.<br />

– Perché non imparo mai che non bisogna partire da una serie di<br />

supposizioni? – esclamò.<br />

– Nessuno pensa che io faccia paura – osservai, cercando di essere<br />

gentile, ma lei sussultò.<br />

– Ebbene, questo è un errore che non ripeterò – affermò. – Sembravi<br />

saperne sul mondo soprannaturale più di quanto ne sappia una persona<br />

comune.<br />

– E imparo qualcosa di più ogni giorno che passa – commentai, in un<br />

tono che suonò cupo ai miei stessi orecchi.<br />

– Adesso dovrò riferire al mio consulente che ho preso un grosso<br />

granchio – commentò, cupa quanto più le era possibile apparire, il che non<br />

era molto.<br />

– Hai un... un mentore?<br />

– Sì, una strega più anziana che ci monitorizza nel corso dei nostri<br />

primi tre anni da professionisti.<br />

– E come fate a sapere quando siete diventati professionisti?<br />

– Oh, si deve superare un esame – spiegò Amelia, alzandosi in piedi<br />

e andando al lavandino, dove lavò in un attimo la caffettiera e il filtro,<br />

riponendoli con ordine sullo scolapiatti, prima di asciugare il lavandino.<br />

– Quindi domani cominceremo a imballare tutto?


– Perché non farlo subito?<br />

– Ecco, vorrei esaminare per conto mio le cose di Hadley – spiegai,<br />

cercando di non apparire irritata.<br />

– Oh. Certo, capisco – annuì, sforzandosi di dare l’impressione di<br />

averci già pensato lei stessa. – E suppongo che stanotte dovrai andare a<br />

trovare la regina, giusto?<br />

– Non lo so.<br />

– Oh, scommetto che ti stanno aspettando? La scorsa notte non c’era<br />

là fuori un vampiro alto, bruno e avvenente? Aveva un’aria familiare.<br />

– Bill Compton – dissi. – Sì. Ha vissuto nella Louisiana per anni, e<br />

ha svolto degli incarichi per conto della regina.<br />

Amelia mi fissò con un’espressione sorpresa nei limpidi occhi<br />

azzurri.<br />

– Oh, credevo conoscesse tua cugina.<br />

– No – dissi. – Grazie per avermi svegliata, in modo che possa<br />

mettermi al lavoro, e anche per essere disposta ad aiutarmi.<br />

Lei era contenta di potersene andare, perché io non ero risultata<br />

essere ciò che si aspettava, e adesso voleva riflettere su di me, e fare<br />

alcune telefonate alle sue consorelle streghe dell’area di Bon Temps.<br />

– Holly Cleary – consigliai. – È quella che conosco meglio.<br />

Sussultando, Amelia mi salutò con aria un po’ sconvolta e se ne andò<br />

nello stesso modo inatteso con cui era giunta.<br />

Improvvisamente, mi sentii vecchia. Avevo fatto sfoggio del mio<br />

talento, e nell’arco di un’ora avevo trasformato una giovane strega sicura<br />

di sé in una donna ansiosa.<br />

Mentre mi procuravo una matita e un blocco per appunti... che<br />

risultarono essere dove avrebbero dovuto trovarsi, nel cassetto più vicino<br />

al telefono... e mi accingevo a stilare un piano di azione, mi consolai<br />

pensando che Amelia aveva avuto un notevole bisogno di quello scrollone<br />

mentale. Se non fosse giunto da me, sarebbe infatti potuto arrivare da<br />

qualcuno che voleva davvero farle del male.


Capitolo quindicesimo<br />

Mi servivano degli scatoloni, questo era certo, e avrei avuto bisogno<br />

anche di notevoli quantità di nastro adesivo, di un pennarello e,<br />

probabilmente, di un paio di forbici. Infine, poi, mi sarebbe servito anche<br />

un furgone, per riportare a Bon Temps ciò che avrei deciso di conservare.<br />

Avrei potuto chiedere a Jason di venire a prendermi, o affittare un furgone<br />

o informarmi con il Signor Cataliades se ce n’era uno che potevo prendere<br />

a prestito. Se la roba da portare via fosse stata parecchia, avrei potuto forse<br />

noleggiare un’auto e una roulotte. Non avevo mai fatto prima una cosa del<br />

genere, ma quanto poteva essere difficile? Comunque, visto che per il<br />

momento non c’era nessuno che potesse accompagnarmi a comperare le<br />

cose che mi servivano, tanto valeva che cominciassi a vagliare cosa<br />

conservare: prima avessi iniziato, prima avrei finito e sarei potuta tornare<br />

al mio lavoro, lontano dai vampiri di New Orleans. In un angolo della mia<br />

mente, ero lieta che Bill fosse venuto con me, perché per quanto a volte mi<br />

potessi sentire infuriata con lui, costituiva comunque una presenza<br />

familiare: dopo tutto, era il primo vampiro che avessi conosciuto, e ai miei<br />

occhi il modo in cui ci eravamo incontrati sembrava ancora quasi<br />

miracoloso.<br />

Lui era entrato nel bar, e io ero rimasta affascinata nello scoprire che<br />

non potevo leggergli nella mente; più tardi, quella stessa sera, lo avevo<br />

salvato da due dissanguatori. Sospirai, pensando a quanto fosse stato bello<br />

il nostro rapporto, finché lui non era stato richiamato dalla sua creatrice,<br />

Lorena, ora a sua volta definitivamente morta.<br />

Mi riscossi, perché quello non era il momento di perdersi lungo il<br />

viale dei ricordi. Invece, era necessario agire e prendere decisioni, la prima<br />

delle quali fu di iniziare il mio vaglio di vestiti.<br />

Dopo quindici minuti, mi resi conto che quella sarebbe stata la parte<br />

più facile, perché ne avrei dato via la maggior parte: non solo i miei gusti<br />

erano radicalmente diversi da quelli di mia cugina, ma lei era anche stata<br />

più esile di seno e di fianchi, oltre ad avere occhi e capelli di colore<br />

diverso dai miei. Hadley aveva amato vestiti scuri e di taglio appariscente,<br />

mentre io preferivo vestire in modo molto meno vistoso. Ebbi qualche<br />

esitazione davanti a un paio di gonne e camicette nere e semitrasparenti,<br />

ma quando le provai mi accorsi di avere l’aspetto di una di quelle<br />

vampirofile che frequentavano il bar di Eric, il che non era certo il genere


di immagine che aspiravo ad avere. Alla fine, nel mucchio della roba da<br />

tenere finirono soltanto una manciata di top, alcuni calzoncini e dei<br />

pigiami.<br />

Trovata una grossa confezione di sacchetti per il pattume, me ne<br />

servii per riporre i vestiti scartati, e a mano a mano che finivo di riempire<br />

ciascun sacco lo trasportai fuori sulla veranda, per mantenere in ordine<br />

l’appartamento.<br />

Quando mi ero messa al lavoro era all’incirca mezzogiorno, e le ore<br />

trascorsero in fretta, dopo che ebbi scoperto come far funzionare il CD<br />

player di Hadley. Gran parte della musica da lei acquistata era opera di<br />

artisti che non erano mai stati fra i miei preferiti, il che non costituiva una<br />

grande sorpresa, ma ascoltarli fu comunque interessante. Hadley<br />

possedeva una marea di CD dei No Doubt, dei Nine Inch Nails, degli<br />

Eminem e di Usher.<br />

Avevo appena cominciato a esaminare i cassetti della camera da letto<br />

quando mi accorsi che si stava facendo buio e mi soffermai un momento<br />

sulla veranda, nell’aria mite della sera, per osservare la città risvegliarsi in<br />

vista della notte imminente. Adesso, infatti, New Orleans era una città che<br />

viveva di notte: già in passato la sua vita notturna era stata sfacciata e<br />

turbolenta, ma ormai essa era diventata un tale centro di raccolta per i nonmorti<br />

che la sua stessa natura era cambiata. Ora gran parte del jazz<br />

eseguito lungo Bourbon Street era suonato da mani che avevano visto la<br />

luce del sole per l’ultima volta decenni prima. Nell’aria, aleggiavano vaghi<br />

accordi di musica, provenienti da feste lontane; sedendomi sulla veranda,<br />

rimasi ad ascoltare per un po’, sperando di avere modo di visitare un poco<br />

la città nel corso della mia permanenza, perché New Orleans era stata<br />

diversa da qualsiasi altro posto dell’America prima dell’afflusso dei<br />

vampiri, e continuava a esserlo anche adesso.<br />

Sospirando, mi resi poi conto di essere affamata. Naturalmente,<br />

Hadley non aveva scorte di cibo nel suo appartamento, e non avevo certo<br />

intenzione di mettermi a bere sangue o di chiedere altro ad Amelia. Quella<br />

notte, però, chiunque fosse venuto a prendermi per accompagnarmi dalla<br />

regina, sarebbe forse stato disposto a fare una tappa presso un alimentari.<br />

Chiedendomi se non fosse ormai ora di fare una doccia e di<br />

cambiarmi, stavo già per rientrare nell’appartamento quando il mio<br />

sguardo si posò sugli asciugamani ammuffiti che avevo messo fuori la<br />

notte precedente. Adesso il loro odore era molto più intenso, cosa che mi<br />

sorprese, perché mi sarei aspettata che ormai esso fosse diminuito. Invece,<br />

il loro fetore risultò tale da indurmi a trattenere il fiato per il disgusto


quando prelevai il cesto per portarlo dentro, con l’intento di lavare gli<br />

asciugamani. In cucina, trovai uno di quegli apparecchi che combinavano<br />

asciugatrice (sopra) e lavatrice (sotto), in una sorta di torre di pulizia.<br />

Cercai di scrollare gli asciugamani, che però si erano asciugati in una<br />

massa rigida e stropicciata; esasperata, assestai uno strattone al bordo<br />

sporgente di uno di essi, e dopo aver opposto un po’ di resistenza, i grumi<br />

di sostanza che tenevano incollate le pieghe della stoffa cedettero,<br />

permettendo all’asciugamano di spugna azzurra di stendersi sotto i miei<br />

occhi.<br />

– Oh, merda! – esclamai, nell’appartamento silenzioso. – Oh, no.<br />

Il fluido che si era seccato in mezzo agli asciugamani era sangue.<br />

– Oh, Hadley – mormorai, – che cosa hai fatto?<br />

L’impatto dell’odore fu violento quanto quello del senso di shock, e<br />

mi indusse a sedermi al piccolo tavolo da pranzo, nell’angolo cottura. Le<br />

scaglie di sangue secco si erano riversate sul pavimento e mi si erano<br />

appiccicate alle braccia, ma di certo non potevo leggere i loro pensieri, o<br />

quelli di un asciugamano. Il mio talento non mi era di nessun aiuto in<br />

quella situazione, avevo bisogno di... di una strega. Sì, proprio come quella<br />

che avevo mandato via, dopo averle impartito una lezione.<br />

Prima però dovevo controllare tutto l’appartamento, per vedere se<br />

riservava altre sorprese.<br />

E in effetti ne riservava.<br />

Il cadavere era nella cabina armadio del corridoio.<br />

Anche se non emanava nessun odore, probabilmente il corpo di quel<br />

giovane era lì da quando mia cugina era morta. Possibile che fosse quello<br />

di un demone? Ma il giovane in questione non somigliava affatto a<br />

Diantha o a Gladiola, o anche al Signor Cataliades. D’altronde, se gli<br />

asciugamani avevano cominciato a puzzare, sarebbe stato logico pensare...<br />

oh, bene, forse ero solo stata fortunata. Comunque, quelle erano tutte cose<br />

a cui dovevo trovare una risposta, e avevo il sospetto che la chiave per<br />

riuscirci fosse al piano di sotto.<br />

Quando bussai alla porta di Amelia, lei venne subito ad aprire.<br />

Guardando dentro da sopra la sua spalla, vidi che il suo appartamento, per<br />

quanto ovviamente strutturato come quello di Hadley, era pieno di colori<br />

chiari e di energia.<br />

Le piacevano tinte come il giallo, il crema, il corallo e il verde, il suo<br />

arredamento era moderno, con grossi cuscini, e le superfici di legno erano<br />

state lucidate fino a brillare. Come avevo sospettato, la casa di Amelia era<br />

immacolata.


– Sì – chiese, con fare ancora un po’ avvilito.<br />

– Dunque – esordii, come se stesse porgendo un ramoscello d’olivo,<br />

– io ho un problema, e ho il sospetto che ne abbia uno anche tu.<br />

– Cosa ti induce ad affermarlo? – ribatté. Adesso, il suo viso così<br />

aperto si era fatto indecifrabile, come se mantenere un’espressione neutra<br />

potesse impedirmi di leggerle nella mente.<br />

– Hai apposto un incantesimo di stasi sull’appartamento, giusto? Per<br />

mantenere tutto esattamente com’era. E lo hai fatto prima di apporre sigilli<br />

di protezione contro gli intrusi?<br />

– Sì, te l’ho già detto – confermò, cauta.<br />

– Nessuno è più entrato nell’appartamento da quanto Hadley è<br />

morta?<br />

– Non ti posso dare la mia parola in merito, perché suppongo che una<br />

strega o un mago molto abili avrebbero potuto fare breccia nel mio<br />

incantesimo – rispose. – Per quanto ne so, però, lì non c’è stato più<br />

nessuno.<br />

– Quindi non sai di aver sigillato un cadavere all’interno?<br />

Non so che genere di reazione mi fossi aspettata, ma di certo Amelia<br />

prese la cosa con molta calma.<br />

– D’accordo – disse con voce ferma, forse deglutendo un po’ a fatica.<br />

– Di chi si tratta?<br />

Le sue palpebre stavano battendo un po’ più in fretta del normale.<br />

Forse, non era poi così calma.<br />

– Non lo so, davvero – replicai con cautela. – Devi venire a vedere.<br />

Lo hanno ucciso là – proseguii, mentre salivamo le scale, – e hanno<br />

ripulito tutto con degli asciugamani, che erano nel cesto della biancheria<br />

sporca. – Poi le spiegai in che stato avevo trovato gli asciugamani.<br />

– Holly Cleary dice che hai salvato la vita a suo figlio – osservò d’un<br />

tratto Amelia.<br />

Questo mi prese alla sprovvista, e mi fece anche provare un certo<br />

imbarazzo.<br />

– La polizia lo avrebbe trovato – mi schermii. – Io ho solo accelerato<br />

un po’ le cose.<br />

– Il dottore ha detto a Holly che se il bambino fosse arrivato<br />

all’ospedale più tardi, forse non sarebbe stato possibile arrestare<br />

l’emorragia cerebrale – sottolineò Amelia.<br />

– Allora è andato tutto bene – dissi, sempre più a disagio. – Come sta<br />

Cody?<br />

– Bene – rispose la strega. – Si rimetterà.


– Nel frattempo, noi abbiamo un problema proprio qui – le ricordai.<br />

– Okay, vediamo questo cadavere – annuì Amelia, sforzandosi al<br />

massimo per mantenere salda la voce.<br />

Quella strega cominciava a essermi simpatica.<br />

La condussi alla cabina armadio, che avevo lasciato aperta. Lei entrò<br />

senza emettere nessun suono e uscì subito dopo, con il volto tinto di una<br />

sfumatura leggermente verdastra sotto l’abbronzatura, appoggiandosi alla<br />

parete.<br />

– È un mannaro – disse, un momento più tardi. L’incantesimo da lei<br />

apposto sull’appartamento aveva avuto anche lo scopo di mantenere tutto<br />

fresco, ma il sangue aveva cominciato già a puzzare un poco prima che<br />

esso venisse eseguito, e il mio ingresso nell’appartamento aveva fatto sì<br />

che la magia cessasse di operare. Adesso gli asciugamani puzzavano di<br />

marcio, e anche se il corpo ancora non emanava odore... cosa che mi<br />

sorprendeva un poco... mi aspettavo che cominciasse a farlo da un<br />

momento all’altro, perché di certo si sarebbe decomposto rapidamente ora<br />

che non era più controllato dall’incantesimo di Amelia, che stava facendo<br />

un evidente sforzo per non sottolineare quanto la sua magia avesse<br />

funzionato bene.<br />

– Lo conosci? – chiesi.<br />

– Sì, lo conosco – annuì. – Perfino a New Orleans, la comunità<br />

sovrannaturale non è poi così vasta. Quello è Jake Purifoy. Si è occupato<br />

della sicurezza per il matrimonio della regina.<br />

D’un tratto, sentii il bisogno di sedermi. Uscita dalla cabina armadio,<br />

scivolai lungo il muro fino a sedere appoggiata a esso, di fronte ad Amelia,<br />

che si sedette a sua volta a ridosso della parete opposta. Quasi non sapevo<br />

da dove cominciare a fare domande.<br />

– Ti riferisci a quando ha sposato il Re dell’Arkansas? – esordii,<br />

ricordando quello che Felicia aveva detto, e la foto delle nozze che avevo<br />

visto nell’album di Al Cumberland. C’era davvero stata la regina, sotto<br />

quell’acconciatura elaborata? E quando aveva accennato a dover prendere<br />

degli accordi per un matrimonio a New Orleans, Quinn aveva inteso<br />

riferirsi a quel matrimonio?<br />

– Secondo Hadley, la regina è bisex – spiegò Amelia. – Quindi la<br />

risposta è sì, ha sposato quel tizio, e adesso hanno un’alleanza.<br />

– Non possono avere figli – osservai. Sapevo che era ovvio, ma non<br />

riuscivo a capire quella faccenda dell’alleanza.<br />

– No, ma a meno che qualcuno non li trafigga con un paletto,<br />

vivranno in eterno, quindi non hanno il problema di trasmettere la loro


eredità. Ci vogliono mesi, perfino anni, di trattative per determinare le<br />

regole per un matrimonio del genere, e la stesura del contratto può<br />

richiedere un tempo altrettanto lungo. Dopo, devono firmarlo entrambi, e<br />

quella è una grande cerimonia, che si svolge subito prima del matrimonio.<br />

In realtà, i due non sono obbligati a vivere insieme, ma solo a farsi visita<br />

un paio di volte all’anno... visite di tipo coniugale.<br />

Per quanto affascinante, al momento attuale tutto questo era proprio<br />

secondario.<br />

– Quindi questo tizio nella cabina armadio faceva parte delle guardie<br />

di sicurezza – riepilogai, mentre mi chiedevo se avesse lavorato per Quinn.<br />

Dopo tutto, Quinn non aveva forse detto che uno dei suoi dipendenti era<br />

scomparso a New Orleans?<br />

– Già. Naturalmente, io non sono stata invitata al matrimonio, ma ho<br />

aiutato Hadley a vestirsi. Lui è venuto a prenderla.<br />

– Jake Purifoy è venuto a prendere Hadley per portarla al<br />

matrimonio?<br />

– Sì. Quella notte era tutto in tiro anche lui.<br />

– Ti riferisci alla notte del matrimonio.<br />

– Sì, la notte prima che Hadley morisse.<br />

– Li hai visti andare via?<br />

– No. Ho solo... No. Ho sentito la macchina che si fermava, ho<br />

guardato dalla finestra del salotto e ho visto Jake che entrava. Lo<br />

conoscevo già, superficialmente, perché avevo un’amica che usciva con<br />

lui, quindi sono tornata a fare quello che stavo facendo... stavo guardando<br />

la TV, credo... e dopo un po’ ho sentito la macchina che se ne andava.<br />

– Quindi lui potrebbe non essersene mai andato.<br />

Amelia mi fissò con gli occhi sgranati.<br />

– È possibile – ammise infine; da come parlava, pareva avesse la<br />

bocca molto arida.<br />

– Hadley era da sola, quando lui è venuto a prenderla... giusto?<br />

– Quando ho lasciato il suo appartamento, lei era là da sola.<br />

– Tutto quello che ero venuta a fare, era sgombrare l’appartamento di<br />

mia cugina – dissi, rivolgendomi prevalentemente ai miei piedi nudi. – E<br />

lei non mi era neppure molto simpatica. Adesso mi ritrovo con un cadavere<br />

per le mani. L’ultima volta che mi sono liberata di un cadavere – continuai,<br />

rivolta ora alla strega, – avevo un aiutante grosso e forte, e lo avevamo<br />

avvolto in una tenda da doccia.<br />

– Davvero? – mormorò Amelia, con un filo di voce, dando<br />

l’impressione di non essere troppo felice di ricevere quella informazione.


– Sì – annuii. – Non lo avevamo ucciso noi, abbiamo solo dovuto<br />

liberarci del corpo, perché temevamo di essere incolpati della sua morte,<br />

cosa che sono certa sarebbe successa.<br />

Nel parlare, continuai a fissarmi lo smalto delle unghie dei piedi.<br />

Quando lo avevo applicato, era stato di un bel rosa carico, ma adesso<br />

dovevo ravvivarlo o rimuoverlo. Smettendola con quel misero tentativo di<br />

pensare ad altro, tornai alle mie cupe meditazioni relative al cadavere. Era<br />

steso per terra nella cabina armadio, spinto sotto lo scaffale più basso e<br />

coperto da un lenzuolo. Avevo l’impressione che Jake Purifoy fosse stato<br />

un uomo avvenente, a giudicare dai capelli castano scuro e dalla struttura<br />

muscolosa. Anche se era stato vestito per andare a un matrimonio, e con<br />

notevole eleganza, a sentire Amelia, adesso era nudo, e questo poneva il<br />

secondario interrogativo su dove fossero finiti i suoi vestiti.<br />

– Potremmo semplicemente chiamare la regina – suggerì Amelia. –<br />

Dopo tutto, se il corpo era qui, Hadley deve averlo ucciso o aver almeno<br />

nascosto il cadavere. È impossibile che Jake sia <strong>morto</strong> la notte in cui lei è<br />

andata con Waldo al cimitero.<br />

– Perché no? – domandai, assalita da un improvviso, orribile<br />

pensiero. – Hai un cellulare? – continuai alzandomi in piedi, e quando<br />

Amelia annuì, ordinai: – Chiama il palazzo della regina, e avvertili di<br />

mandare qualcuno qui, subito.<br />

– Cosa? – Amelia mi fissò con espressione confusa, mentre già stava<br />

componendo il numero.<br />

Guardando nella cabina armadio, vidi le dita del cadavere che<br />

cominciavano a contrarsi.<br />

– Si sta ridestando – avvertii, a bassa voce.<br />

Amelia impiegò solo un secondo a capire cosa intendessi dire.<br />

– Parla Amelia Broadway, di Chloe Street! Mandate qui un vampiro<br />

anziano, subito! – gridò al telefono. – C’è un nuovo vampiro che si sta<br />

risvegliando!<br />

Adesso era anche lei in piedi, e stavamo correndo verso la porta.<br />

Non riuscimmo a raggiungerla.<br />

Jake Purifoy era già al nostro inseguimento, ed era affamato.<br />

Dal momento che Amelia si trovava dietro di me (io mi ero mossa<br />

per prima) lui si tuffò in avanti e le afferrò una caviglia. Amelia cadde a<br />

terra urlando, e io mi girai di scatto per aiutarla. In quel momento non<br />

stavo pensando, perché altrimenti avrei continuato a correre fino a varcare<br />

la porta. Le dita del nuovo vampiro erano strette come una catena intorno<br />

alla caviglia nuda di Amelia, e lui la stava tirando verso di sé lungo il


pavimento lucido, mentre lei artigliava il legno con le dita nel tentativo di<br />

arrestare la propria avanzata verso quella bocca spalancata, con i canini<br />

completamente estesi. Afferrandola per i polsi, presi a tirare a mia volta.<br />

Non avevo conosciuto Jake Purifoy quando era in vita, quindi non sapevo<br />

come era stato, e in quel momento non riuscivo a trovare sul suo volto<br />

niente di umano a cui potessi appellarmi.<br />

– Jake! – urlai. – Jake Purifoy! Svegliati!<br />

Com’era prevedibile, questo non servì assolutamente a niente. Jake<br />

era stato trasformato in qualcosa che non era un incubo, ma uno stato<br />

permanente di diversità da cui non poteva essere risvegliato: lui era la sua<br />

condizione. Mentre tirava stava emettendo un verso terrificante, il suono<br />

più famelico che avesse mai sentito; poi affondò i denti nel polpaccio di<br />

Amelia, che urlò.<br />

Era come se fosse stata azzannata da uno squalo, e se avessi tirato<br />

maggiormente, lui avrebbe potuto staccare il pezzo di carne intorno a cui si<br />

erano chiusi i suoi denti. Adesso stava succhiando, e io ne approfittai per<br />

sferrargli un calcio alla testa con il piede nudo, imprecando contro il fatto<br />

che ero scalza: infusi in quel calcio tutta la mia forza, ma esso non ebbe il<br />

minimo effetto su quel nuovo vampiro, che emise un verso di protesta e<br />

continuò a succhiare, mentre la strega continuava a urlare per il dolore e il<br />

senso di shock. Sul tavolo, dietro uno dei divani, c’era un alto candelabro<br />

di vetro, molto pesante. Tolta la candela, lo afferrai con entrambe le mani e<br />

lo calai con tutte le mie forze sulla testa di Jake Purifoy: dalla ferita<br />

cominciò a colare del sangue, con l’estrema lentezza propria dei vampiri, e<br />

il candelabro si spezzò per l’impatto, lasciandomi a fronteggiare a mani<br />

vuote un vampiro infuriato. Lui sollevò la faccia sporca di sangue,<br />

fissandomi con occhi roventi, un genere di sguardo che mi auguro di non<br />

dover vedere mai più per il resto della mia vita, perché esprimeva l’ira<br />

insensata di un cane impazzito. Se non altro, lui aveva lasciato andare la<br />

gamba di Amelia, che stava cercando di strisciare via. Dal momento che<br />

era ferita, i suoi movimenti erano rallentati, ma si stava sforzando di<br />

allontanarsi, con le lacrime che le rigavano il volto e il respiro affannoso<br />

che risuonava stentoreo nel silenzio della notte. Intanto, sentii un ululato di<br />

sirene che si avvicinava, e mi augurai che fosse diretto verso di noi, anche<br />

se sapevo che sarebbe arrivato troppo tardi. In quel momento, il vampiro<br />

spiccò un balzo da dove si trovava, gettandomi a terra, e non ebbi più il<br />

tempo di pensare a niente.<br />

I suoi denti mi affondarono nel braccio con tanta forza da indurmi a<br />

credere che fossero arrivati fino all’osso; se non avessi sollevato il braccio,


probabilmente quei canini mi sarebbero penetrati nella gola, infliggendo<br />

una ferita letale, ma anche se l’alternativa attuale poteva essere preferibile,<br />

il dolore era così intenso da rischiare di farmi perdere i sensi, il che non<br />

sarebbe stato consigliabile. Il corpo di Jake Purifoy mi gravava addosso, le<br />

sue mani mi bloccavano a terra il braccio libero e le sue gambe<br />

immobilizzavano le mie. Intanto, un altro tipo di fame si stava destando<br />

nel nuovo vampiro, appetito di cui potevo sentire la prova tangibile<br />

premere contro la mia coscia. Liberando una mano, lui prese a strattonarmi<br />

i calzoncini.<br />

Oh, no... era davvero una situazione disperata. Entro i prossimi<br />

minuti sarei morta lì a New Orleans, nell’appartamento di mia cugina,<br />

lontana dai miei amici e dalla mia famiglia.<br />

Il nuovo vampiro aveva la faccia e le mani coperte di sangue.<br />

Poi mi accorsi che Amelia stava strisciando goffamente verso di noi,<br />

con la gamba che si lasciava dietro una scia di sangue. Sarebbe dovuta<br />

fuggire, perché non mi poteva salvare... non c’erano più neppure<br />

candelabri a disposizione. Lei aveva però un’altra arma, come dimostrò nel<br />

protendere una mano che tremava.<br />

– Utinam hic sanguis in ignem commutet! – urlò, toccando il<br />

vampiro.<br />

Lui si sollevò di scatto, urlando e artigliandosi la faccia, che si era<br />

improvvisamente ricoperta di minuscole lingue di fiamma azzurra.<br />

In quel momento, la polizia fece irruzione. Anche gli agenti erano<br />

vampiri.<br />

Per un interessante momento, essi credettero che fossimo state noi ad<br />

attaccare Jake Purifoy: sanguinanti e urlanti, Amelia e io venimmo<br />

addossate a forza a una parete. Nel frattempo, però, l’incantesimo che<br />

Amelia aveva gettato sul non-<strong>morto</strong> perse la sua efficacia, e lui si lanciò<br />

contro il poliziotto più vicino, che il caso volle essere una donna di colore,<br />

dal portamento eretto e dal naso aquilino. La donna estrasse lo sfollagente,<br />

utilizzandolo con assoluta indifferenza nei confronti dei denti del nuovo<br />

vampiro; intanto il suo collega, un uomo molto basso con la pelle del<br />

colore del caramello, si affrettò ad aprire una bottiglia di TrueBlood, che<br />

portava infilata alla cintura come se fosse stata un elemento qualsiasi del<br />

suo equipaggiamento, strappando il sigillo con i denti e infilando<br />

l’apertura nella bocca avida di Jake Purifoy. Improvvisamente scese il<br />

silenzio, mentre il nuovo vampiro succhiava avidamente il contenuto della<br />

bottiglia e il resto di noi ansimava e sanguinava.<br />

– Adesso sarà più calmo – disse la donna, con una intonazione da cui


compresi che era molto più africana che americana. – Credo che lo<br />

abbiamo sottomesso.<br />

Amelia e io ci lasciammo cadere a terra, ma solo dopo che un cenno<br />

dell’altro poliziotto ci ebbe fatto capire che non eravamo più sospettate di<br />

niente.<br />

– Ci dispiace di non aver capito subito chi fosse il cattivo della<br />

situazione – si scusò l’agente, con voce morbida come il burro. – Voi<br />

signore state bene?<br />

Era una fortuna che il suo tono fosse così rassicurante, perché aveva i<br />

canini completamente estesi, credo in reazione alla violenza e alla<br />

presenza del sangue; comunque fosse, era una cosa che sconcertava, in un<br />

agente di polizia.<br />

– Non credo proprio – replicai. – Amelia sta perdendo parecchio<br />

sangue, e credo che lo stesso valga anche per me. – Nella saliva dei<br />

vampiri era presente una piccola dose di una sostanza anestetica, insieme a<br />

un elemento che risanava. Esso era però destinato a richiudere i minuscoli<br />

fori prodotti dai canini, non ampie lacerazioni nella carne umana. –<br />

Abbiamo bisogno di un dottore – aggiunsi. Nel Mississippi avevo<br />

conosciuto un vampiro in grado di risanare gravi ferite, ma quello era un<br />

talento raro.<br />

– Siete entrambe umane? – chiese il poliziotto. Intanto, la sua collega<br />

stava parlando sommessamente al nuovo vampiro in una lingua straniera.<br />

Con ogni probabilità, l’ex-lupo mannaro non era in grado di capire cosa gli<br />

stesse dicendo, ma poteva recepire di essere al sicuro. Le ustioni sul suo<br />

volto stavano già guarendo.<br />

– Sì – risposi.<br />

Mentre aspettavamo l’arrivo dei paramedici, Amelia e io restammo<br />

appoggiate una all’altra, in silenzio. Quello era il secondo corpo che<br />

trovavo in un armadio, oppure era il terzo? Mi chiesi perché osassi ancora<br />

aprire la porta di un qualsiasi armadio.<br />

– Avremmo dovuto capirlo – disse Amelia. – Non emetteva odore,<br />

avremmo dovuto capirlo.<br />

– A dire il vero, io l’ho capito, ma siccome ci sono arrivata solo<br />

trenta secondi prima che lui si svegliasse, non è servito a un accidente di<br />

niente – replicai, con voce sfinita quanto la sua.<br />

Poi tutto si fece molto confuso. Continuavo a pensare che quello<br />

sarebbe stato un buon momento per svenire, perché quello in corso non era<br />

un procedimento di cui volevo essere parte cosciente, ma in qualche modo,<br />

non riuscii a perdere conoscenza. I paramedici erano due uomini giovani e


molto gentili, in apparenza convinti che fossimo state intente a divertirci<br />

con un vampiro quando la situazione era sfuggita al controllo. Supposi che<br />

nessuno dei due avrebbe provato a invitare me o Amelia a uscire, non nel<br />

prossimo futuro.<br />

– Non conviene avere a che fare con i vampiri, cherie – disse quello<br />

che si stava occupando di me; il nome scritto sulla sua targhetta era<br />

DELAGARDIE. – Si suppone che le donne li trovino molto attraenti, ma<br />

non immagina quante povere ragazze siamo costretti a ricucire. E mi<br />

riferisco a quelle fortunate – continuò in tono cupo. – Come si chiama,<br />

signorina?<br />

– Sookie – dissi. – Sookie Stackhouse.<br />

– Lieto di conoscerla, Signorina Sookie. Lei e la sua amica sembrate<br />

ragazze per bene, e dovreste frequentare persone migliori, persone vive.<br />

Adesso questa città è invasa dai non-morti, ma a dire la verità era meglio<br />

quando tutti respiravano. Ora vi porteremo all’ospedale, dove vi<br />

applicheranno i punti. Le stringerei la mano, se non fosse tutta sporca di<br />

sangue – aggiunse, sfoggiando un candido sorriso affascinante. – Le sto<br />

dando gratuitamente un buon consiglio, signorina.<br />

Riuscii a sorridere, ma quello fu l’ultimo sorriso per qualche tempo a<br />

venire, perché il dolore cominciava a farsi sentire, e dovetti concentrarmi<br />

per resistere a esso.<br />

Amelia era una vera guerriera. Anche se stava serrando i denti per<br />

mantenere il controllo, riuscì a rimanere calma per tutto il tragitto fino<br />

all’ospedale, dove il pronto soccorso risultò essere quanto mai affollato.<br />

Da un lato il fatto che stavamo sanguinando e che eravamo scortate<br />

da due poliziotti, e dall’altro una buona parola messa per noi dal cordiale<br />

Delagardie e dal suo collega, fecero sì che io e Amelia venissimo sistemate<br />

immediatamente nei cubicoli divisi da tende. Non eravamo una vicina<br />

all’altra, ma almeno eravamo in fila per essere visitate da un medico, cosa<br />

di cui ero grata. Sapevo che la procedura era stata rapida, per il pronto<br />

soccorso di un centro urbano.<br />

Mentre ascoltavo la confusione che mi circondava, cercai di non<br />

imprecare per il dolore al braccio, e nei momenti in cui esso non era<br />

eccessivo, mi chiesi cosa ne fosse stato di Jake Purifoy. I due vampiri<br />

poliziotti lo avevano portato in cella, oppure gli era stato perdonato tutto<br />

perché era un vampiro appena trasformato, e senza nessuno che lo<br />

guidasse? Sapevo che era stata varata una legge al riguardo, ma non<br />

riuscivo a ricordarne i termini. Inoltre, mi riusciva difficile essere<br />

preoccupata per Purifoy, anche se sapevo che lui era una vittima della sua


nuova condizione, che il vampiro da cui era stato creato gli sarebbe dovuto<br />

rimanere accanto per guidarlo nella fase di famelicità che accompagnava il<br />

primo risveglio. Con ogni probabilità, il vampiro responsabile della cosa<br />

era mia cugina Hadley, che di certo non si era aspettata di essere<br />

assassinata. Soltanto l’incantesimo di stasi apposto da Amelia<br />

sull’appartamento aveva impedito a Jake di risvegliarsi mesi prima, e<br />

quella era una strana situazione, probabilmente senza precedenti in tutti gli<br />

annali dei vampiri. E poi, a diventare vampiro era stato un lupo mannaro!<br />

Non avevo mai sentito parlare di una cosa del genere! Era ancora in grado<br />

di trasformarsi?<br />

Ebbi a disposizione un buon lasso di tempo per pensare a quelle cose<br />

e anche ad alcune altre, perché Amelia era troppo lontana per poter parlare<br />

con lei, anche ammesso che si fosse sentita di fare conversazione; dopo<br />

circa venti minuti, durante i quali venni disturbata soltanto da<br />

un’infermiera venuta ad annotare alcune informazioni, vidi Eric sbirciare<br />

oltre la tenda.<br />

– Posso entrare? – chiese in tono rigido. Notando che aveva gli occhi<br />

dilatati e che parlava soppesando le parole, mi resi conto che per un<br />

vampiro l’odore di sangue presente nel pronto soccorso doveva essere<br />

pervasivo ed eccitante, come dimostrò il lieve allungarsi dei suoi canini.<br />

– Sì – assentii, perplessa per la sua presenza a New Orleans. In<br />

realtà, non ero dell’umore adatto per affrontarlo, ma non sarebbe servito a<br />

nulla dirgli che non poteva entrare nel cubicolo, perché quello era un<br />

edificio pubblico, e lui non era vincolato dalle mie parole. Inoltre, avrebbe<br />

potuto semplicemente rimanere dall’altro lato della tenda e continuare a<br />

parlarmi finché non avesse scoperto ciò per cui era venuto: Eric sapeva<br />

essere molto persistente.<br />

– Cosa ci fai qui in città, Eric? – domandai.<br />

– Sono venuto per trattare con la regina riguardo ai tuoi servigi nel<br />

corso del summit. Inoltre, sua maestà e io dobbiamo decidere l’entità del<br />

seguito che potrò portare con me – spiegò, sorridendomi; l’effetto fu<br />

sconcertante, con quei canini allungati e tutto il resto. – Siamo quasi<br />

arrivati a un accordo. Posso portarmi dietro tre persone, ma voglio riuscire<br />

ad arrivare a quattro.<br />

– Oh, Eric, per l’amore di Dio – scattai. – Questa è la scusa più<br />

zoppicante che abbia mai sentito. Hai presente quell’invenzione moderna<br />

nota come telefono? – Nel parlare, mi mossi con irrequietezza sullo stretto<br />

letto, incapace di trovare una posizione comoda, perché avevo tutti i nervi<br />

che vibravano ancora per la paura scatenata dal mio scontro con Jake,


nuovo figlio della notte. Speravo che quando avessi finalmente visto un<br />

dottore, mi sarebbe stato somministrato un potente antidolorifico. –<br />

Lasciami in pace, d’accordo? Non hai nessuna rivendicazione su di me, e<br />

neppure una responsabilità nei miei confronti.<br />

– Invece sì – ribatté, avendo la sfacciataggine di mostrarsi sorpreso. –<br />

Noi abbiamo un legame. Ti ho dato il mio sangue, quando avevi bisogno di<br />

rimetterti in forze per liberare Bill, a Jackson. E stando a quanto affermi,<br />

abbiamo fatto spesso l’amore.<br />

– Mi hai costretta tu a dirtelo – protestai. Sapevo che la mia voce<br />

suonava un poco lamentosa, ma ritenevo di averne il diritto, dannazione.<br />

Eric aveva acconsentito a salvare una mia amica se gli avessi detto la<br />

verità, e quello era stato un ricatto, giusto? Sì, io lo consideravo tale.<br />

Adesso però non c’era modo di cancellare quello che gli avevo detto.<br />

– A proposito, come mai sei qui? – sospirai.<br />

– La regina tiene sotto attento controllo quello che succede ai<br />

vampiri della sua città. Ho pensato di venire a fornire supporto morale. E<br />

poi, naturalmente, se tu avessi bisogno di essere ripulita dal sangue... sarei<br />

lieto di farlo – aggiunse, esaminandomi il braccio con un bagliore nello<br />

sguardo.<br />

Quasi sorrisi, sia pure con estrema riluttanza. Non si arrendeva mai.<br />

– Eric – salutò la voce fredda di Bill, che oltrepassò la tenda per<br />

raggiungere Eric al mio capezzale.<br />

– Perché non mi sorprende vederti qui? – commentò Eric, in un tono<br />

da cui si capiva con chiarezza che era contrariato.<br />

La sua ira non era qualcosa che Bill potesse ignorare, perché Eric gli<br />

era superiore di rango e poteva guardarlo dall’alto della sua considerevole<br />

età, in quanto Bill aveva più o meno centotrentacinque anni, mentre Eric<br />

ne aveva forse più di mille (una volta glielo avevo chiesto, ma lui pareva<br />

davvero non saperlo con precisione).<br />

Eric aveva una personalità portata per il comando, mentre Bill<br />

preferiva essere indipendente. La sola cosa che avevano in comune era di<br />

aver fatto entrambi l’amore con me, e che in quel momento mi stavano<br />

scocciando tutti e due in pari misura.<br />

– Al quartier generale della regina, ho sentito sulla frequenza radio<br />

della polizia che degli agenti vampiri erano stati chiamati per sottomettere<br />

un vampiro appena creato, e ho riconosciuto l’indirizzo – affermò Bill, a<br />

titolo di spiegazione. – Naturalmente, ho scoperto dove fosse stata portata<br />

Sookie, e sono venuto più in fretta che potevo.<br />

Chiusi gli occhi.


– Eric, la stai stancando – osservò Bill, con voce ancora più fredda<br />

del solito. – Dovresti lasciarla in pace.<br />

Seguì un lungo momento di silenzio, intriso di una intensa<br />

emozione. Riaprendo gli occhi, spostai lo sguardo da un volto all’altro, e<br />

per una volta desiderai di poter leggere nella mente dei vampiri.<br />

Stando a quanto riuscivo a dedurre dalla sua espressione, Bill stava<br />

rimpiangendo le proprie parole, ma perché? Quanto a Eric, lo stava<br />

fissando con una complessa espressione in cui la determinazione si<br />

mescolava a qualcosa di meno definibile... rammarico, forse.<br />

– Capisco perfettamente perché tu voglia tenere Sookie isolata,<br />

finché si trova a New Orleans – affermò Eric. Notai che la sua r si era fatta<br />

più marcata, come gli accadeva quando era infuriato.<br />

Bill distolse lo sguardo.<br />

Nonostante il dolore pulsante che mi attanagliava il braccio,<br />

nonostante la mia generale esasperazione nei confronti di entrambi,<br />

qualcosa dentro di me si mise sul chi vive, perché il tono di Eric era<br />

inconfondibilmente carico di significato, e la mancanza di reazione da<br />

parte di Bill era strana... e preoccupante.<br />

– Cosa significa? – domandai, spostando lo sguardo dall’uno<br />

all’altro.<br />

Nel parlare, cercai di puntellarmi sui gomiti, poi decisi di<br />

appoggiarmi su uno soltanto, quando l’altro, quello del braccio ferito, mi<br />

causò una violenta fitta di dolore, e premetti il pulsante per sollevare la<br />

testata del letto. – Cosa sono tutti questi misteriosi sottintesi, Eric? Bill?<br />

– Eric non dovrebbe farti agitare in un momento già così difficile –<br />

replicò infine Bill.<br />

Anche se non era mai stata eccessivamente espressiva, adesso la sua<br />

faccia era “più chiusa di un portone sprangato”, per usare una definizione<br />

di mia nonna.<br />

Eric si limitò a incrociare le braccia sul petto, abbassando lo sguardo<br />

su di esse.<br />

– Bill? – insistetti.<br />

– Chiedigli perché è venuto a Bon Temps, Sookie – suggerì Eric, in<br />

tono molto sommesso.<br />

– Ecco, il vecchio Signor Compton era <strong>morto</strong>, e lui voleva reclamare<br />

la sua... – Mi interruppi. Non sapevo neppure come cominciare a<br />

descrivere l’espressione apparsa sul volto di Bill, la cui vista accelerò i<br />

battiti del mio cuore e mi generò un nodo di angoscia nello stomaco. –<br />

Bill? – implorai.


Eric mi volse le spalle, ma non prima che scorgessi la compassione<br />

espressa per un attimo dai suoi lineamenti. Potevo anche non essere in<br />

grado di leggere nella mente di un vampiro, ma in quel caso il linguaggio<br />

corporeo era più che sufficiente: Eric si era girato perché non voleva<br />

guardare mentre il coltello mi affondava nel cuore.<br />

– Sookie, lo avresti scoperto quando avessi visto la regina... forse<br />

sarei riuscito a tenertelo nascosto, perché so che non capirai... ma Eric ha<br />

provveduto a impedirmelo – affermò Bill, trapassando Eric con uno<br />

sguardo che avrebbe potuto aprirgli un buco nel cuore. – Quando tua<br />

cugina Hadley è diventata la favorita della regina...<br />

Improvvisamente compresi ogni cosa, seppi cosa lui stesse per dire, e<br />

mi sollevai a sedere sul letto d’ospedale con un sussulto, una mano<br />

premuta sul petto, perché mi sembrava che il cuore mi si stesse<br />

frantumando. Bill intanto continuò a parlare, anche se io stavo scuotendo<br />

con veemenza il capo.<br />

– A quanto pare, Hadley ha parlato molto di te e del tuo talento, per<br />

fare colpo sulla regina e tenere desto il suo interesse. Sua maestà sapeva<br />

che io ero originario di Bon Temps, e ci sono state notti in cui mi sono<br />

chiesto se lei non abbia mandato qualcuno a uccidere l’ultimo Compton,<br />

per accelerare le cose. O forse, lui è davvero <strong>morto</strong> di vecchiaia. – Bill<br />

stava fissando il pavimento, e non vide la mia mano sinistra, protesa verso<br />

di lui in un gesto che lo supplicava di fermarsi.<br />

– Lei mi ha ordinato di tornare alla mia casa umana, di fare in modo<br />

di incontrarti, di sedurti, se fosse stato necessario...<br />

Non potevo respirare. Per quanto mi comprimessi il petto con la<br />

mano destra, non riuscivo ad arrestare il frantumarsi del cuore, l’avanzata<br />

del coltello che mi penetrava sempre più nella carne.<br />

– Lei voleva che il tuo talento fosse imbrigliato per suo uso e<br />

consumo – continuò Bill, e aprì la bocca per aggiungere altro. Avevo lo<br />

sguardo così velato che non riuscivo a vederci bene, per cui non ero in<br />

grado di mettere a fuoco la sua espressione, e neppure mi importava. Ero<br />

però decisa a non piangere in sua presenza. Non lo avrei fatto.<br />

– Vattene – dissi con uno sforzo terribile. Qualsiasi altra cosa fosse<br />

successa, non potevo tollerare di lasciargli vedere la sofferenza che mi<br />

aveva causato.<br />

Lui cercò di guardarmi negli occhi, ma i miei erano troppo velati di<br />

lacrime, e il suo sguardo non mi poté trasmettere quello che voleva,<br />

qualsiasi cosa fosse.<br />

– Per favore, lasciami finire.


– Non voglio vederti mai più, in tutta la mia vita – sussurrai. – Mai<br />

più.<br />

Lui non parlò, anche se le sue labbra si mossero come se stesse<br />

cercando di formare una parola, o una frase. Io però scossi il capo.<br />

– Vattene – ripetei, con una voce così soffocata dall’odio e<br />

dall’angoscia da non sembrare neppure la mia. Bill si volse e oltrepassò la<br />

tenda, lasciando il cubicolo del pronto soccorso; grazie a Dio, Eric<br />

continuò a darmi le spalle, e si limitò ad allungare una mano per battermi<br />

un colpetto su una gamba, prima di andarsene a sua volta.<br />

Volevo urlare. Volevo qualcuno da uccidere a mani nude.<br />

Dovevo starmene da sola, perché non volevo che nessuno mi vedesse<br />

soffrire così tanto, di un dolore mescolato alla rabbia più profonda e<br />

intensa che avessi mai provato. Ira e sofferenza erano tanto intense da<br />

farmi stare male, e al loro confronto il morso di Jake Purifoy era diventato<br />

una cosa insignificante.<br />

Non potevo rimanere ferma. Con una certa difficoltà, riuscii a<br />

scendere dal letto, e nel farlo notai, con una parte stranamente distaccata<br />

della mia mente, che avevo ancora i piedi nudi, e che erano terribilmente<br />

sporchi.<br />

Barcollando, uscii dall’area di primo intervento, individuai la porta<br />

della sala d’attesa e mi diressi da quella parte, scoprendo che camminare<br />

era un problema.<br />

Un’infermiera frettolosa mi venne incontro, con un portablocco a<br />

molla in mano.<br />

– Signorina Stackhouse, un dottore sarà da lei entro pochi minuti. So<br />

che ha dovuto aspettare, e mi dispiace, ma...<br />

Mi girai a guardarla e lei sussultò, indietreggiando di un passo,<br />

mentre io continuavo ad avanzare verso la porta, con passo incerto ma con<br />

un intento molto chiaro: volevo uscire di lì. A parte questo, non sapevo<br />

altro. Raggiunta la porta, la spinsi, poi mi trascinai attraverso la sala<br />

d’attesa affollata di gente, fondendomi alla perfezione con quella miscela<br />

di pazienti e di accompagnatori, che attendevano di vedere un dottore.<br />

Alcuni di essi erano ancora più sporchi e insanguinati di me, alcuni erano<br />

più vecchi, e qualcuno era molto più giovane. Appoggiandomi al muro con<br />

una mano, continuai ad avanzare verso le porte esterne.<br />

E raggiunsi l’uscita.<br />

Fuori regnava una quiete molto maggiore, e faceva caldo, con appena<br />

un alito di vento. Ero a piedi nudi, senza un soldo, ferma sotto le luci<br />

intense che rischiaravano la porta del pronto soccorso, e non avevo


nessuna idea di dove mi trovassi rispetto alla casa di Amelia, nessuna idea<br />

di dove stessi andando. Almeno, non ero più in ospedale.<br />

Un senzatetto mi si parò davanti.<br />

– Hai qualche spicciolo, sorella? – domandò. – La fortuna ha piantato<br />

in asso anche me.<br />

– Ti sembra che io abbia qualcosa? – ribattei, in tono ragionevole.<br />

Lui si mostrò intimidito quanto lo era stata l’infermiera.<br />

– Scusami – disse, indietreggiando.<br />

– NON HO NIENTE! – urlai, avanzando di un passo verso di lui; poi,<br />

con voce perfettamente calma, aggiunsi: – Vedi, non ho mai avuto niente,<br />

fin dal principio.<br />

Il senzatetto farfugliò qualcosa, spaventato, ma io lo ignorai e<br />

cominciai a camminare. Al suo arrivo, l’ambulanza aveva svoltato a destra,<br />

quindi girai a sinistra. Non riuscivo a ricordare quanto fosse durato il<br />

tragitto, perché ero stata impegnata a chiacchierare con Delagardie... ero<br />

stata una persona diversa. Camminai, e camminai ancora, passando sotto le<br />

palme, sentendo in lontananza il ritmo caldo della musica, sfiorando le<br />

imposte scrostate delle case allineate lungo il marciapiede.<br />

Su una strada lungo la quale c’erano alcuni bar, un gruppo di giovani<br />

uscì da un locale proprio mentre stavo passando, e uno di essi mi afferrò<br />

per un braccio. Mi girai urlando, galvanizzata dalla paura, e con uno sforzo<br />

lo sbattei contro un muro; lui rimase fermo là, stordito, massaggiandosi la<br />

testa, e i suoi amici lo trascinarono via.<br />

– Lasciala perdere, è pazza – mormorò uno di essi, mentre si<br />

avviavano nella direzione opposta alla mia.<br />

Dopo qualche tempo, mi ripresi quanto bastava per interrogarmi su<br />

quello che stavo facendo. Le risposte che ottenni furono però vaghe, finché<br />

non inciampai nella pavimentazione sconnessa e non caddi, escoriandomi<br />

un ginocchio abbastanza da farlo sanguinare. Quella nuova fonte di dolore<br />

servì a schiarirmi un po’ di più la mente.<br />

– Lo stai facendo perché si dispiacciano di averti fatta soffrire? – mi<br />

chiesi, ad alta voce. – Oh, mio Dio, povera Sookie! Se n’è andata<br />

dall’ospedale, impazzita di dolore, e si è aggirata da sola per le pericolose<br />

strade di New Orleans perché Bill l’ha sconvolta!<br />

Non volevo che il nome di Bill mi affiorasse mai più sulle labbra.<br />

Quando fui un po’ più lucida... appena un poco... l’intensità della mia<br />

reazione cominciò a sorprendermi. Se avessi scoperto ciò che avevo<br />

appreso quella sera quando stavamo ancora insieme, lo avrei ucciso, ne ero<br />

consapevole, con una chiarezza cristallina. E il motivo per cui mi ero


dovuta allontanare dall’ospedale mi era altrettanto chiaro: in quel<br />

momento, non avrei potuto sopportare di avere a che fare con chiunque.<br />

Ero stata aggredita alla sprovvista dalla scoperta più dolorosa che<br />

potesse esserci: il primo uomo che avesse mai detto di amarmi, non mi<br />

aveva amata affatto.<br />

La sua passione era stata artificiale.<br />

Il suo corteggiamento era stato coreografato.<br />

Dovevo essergli apparsa una preda così facile, così credulona, così<br />

pronta a darsi al primo uomo che avesse dedicato un minimo sforzo al<br />

tentativo di conquistarmi. Conquistarmi! Una parola che, in se stessa,<br />

aumentava la mia sofferenza, perché lui non mi aveva mai vista come una<br />

cosa preziosa, da conquistare.<br />

Finché quella falsa facciata non era stata abbattuta, in un istante, non<br />

mi ero resa conto di quanta parte della mia vita, nel corso dell’ultimo anno,<br />

si fosse basata sul falso presupposto della stima e dell’amore di Bill.<br />

– Gli ho salvato la vita – mi dissi, incredula. – Sono andata a Jackson<br />

e ho rischiato la vita per salvare la sua, perché lui mi amava. – Una parte<br />

del mio cervello sapeva che questo non era del tutto esatto: io lo avevo<br />

fatto perché lo amavo. Contemporaneamente, rimasi stupefatta nel<br />

rendermi conto che l’attrazione esercitata dalla sua creatrice era stata per<br />

Bill ancora più potente degli ordini della sua regina. In quel momento non<br />

ero però nella condizione di cercare il pelo nell’uovo, a livello emotivo.<br />

Quando pensai a Lorena, infatti, un’altra realizzazione mi investì come un<br />

pugno nello stomaco. – Ho ucciso qualcuno per lui – mormorai, le mie<br />

parole che fluttuavano sommesse nel buio della notte. – Oh, mio Dio, ho<br />

ucciso qualcuno per lui.<br />

Ero coperta di graffi, lividi, sangue e sporcizia quando infine, nel<br />

sollevare lo sguardo, vidi un cartello che diceva CHLOE STREET.<br />

Lentamente, misi a fuoco il fatto che quella era la strada in cui si trovava<br />

l’appartamento di Hadley, quindi svoltai a destra e ripresi a camminare.<br />

La casa era tutta buia, segno che forse Amelia era ancora in ospedale.<br />

Non avevo idea di che ora fosse, o di quanto a lungo avessi camminato.<br />

L’appartamento di Hadley era chiuso a chiave. Scesa al piano di<br />

sotto, presi uno dei vasi di fiori che Amelia aveva disposto intorno alla sua<br />

porta, lo trasportai di sopra e lo usai per infrangere uno dei pannelli di<br />

vetro del battente. Non suonarono allarmi; del resto, ero certa che la<br />

polizia non avesse saputo che codice inserire per attivare l’allarme, quando<br />

se ne era andata dopo aver concluso i suoi rilevamenti.<br />

Attraversai l’appartamento, che era ancora sottosopra per la nostra


lotta con Jake Purifoy: avevo altre pulizie che mi aspettavano l’indomani<br />

mattina... o comunque quando la mia vita fosse ricominciata. Entrata in<br />

bagno, mi tolsi gli abiti che indossavo, e indugiai per un momento a<br />

osservarli, valutandone le condizioni, prima di passare nel corridoio, aprire<br />

la portafinestra più vicina e buttarli giù dalla veranda. Avrei voluto che<br />

tutti i problemi fossero altrettanto facili da risolvere. A quel punto, però, la<br />

mia vera personalità stava cominciando a risvegliarsi quanto bastava per<br />

farmi sentire colpevole all’idea di lasciare in giro del disordine che<br />

qualcun altro avrebbe dovuto mettere a posto, il che non era il modo di<br />

fare degli Stackhouse. Quel filo di razionalità affiorante fu abbastanza<br />

forte da spingermi a scendere le scale per recuperare gli indumenti sporchi.<br />

Dopo aver incastrato una sedia sotto la porta che avevo rotto e aver<br />

inserito l’allarme, usando i numeri che Amelia mi aveva dato, mi infilai<br />

sotto la doccia: l’acqua mi fece bruciare l’assortimento di tagli e di graffi,<br />

e il morso profondo che avevo al braccio riprese a sanguinare. Essendo<br />

una vampira, mia cugina non aveva naturalmente tenuto in casa un kit di<br />

pronto soccorso, ma alla fine riuscii a trovare alcuni tamponi di cotone<br />

circolari, che lei aveva probabilmente usato per rimuovere il trucco, e<br />

frugando nei sacchi di vestiario scartato recuperai una ridicola sciarpa con<br />

una stampa leopardata. Goffamente, applicai i tamponi sul morso e li<br />

fasciai con la sciarpa, legandola più stretta possibile.<br />

Quanto meno, adesso le orribili lenzuola costituivano l’ultima delle<br />

mie preoccupazioni. Infilata a fatica una camicia da notte, mi adagiai sul<br />

letto, pregando di trovare l’oblio.


Capitolo sedicesimo<br />

Mi svegliai senza sentirmi riposata, e con la sgradevole sensazione<br />

che avrei presto ricordato cose spiacevoli.<br />

Sensazione quanto mai accurata.<br />

Le cose spiacevoli avrebbero però dovuto aspettare il loro turno,<br />

perché la mia giornata stava cominciando con una sorpresa: Claudine era<br />

sdraiata sul letto accanto a me, puntellata su un gomito e intenta a<br />

contemplarmi con espressione compassionevole, e Amelia si trovava<br />

all’altra estremità del letto, intenta a leggere seduta su una poltrona, con la<br />

gamba fasciata appoggiata su uno sgabello imbottito.<br />

– Come mai sei qui? – chiesi a Claudine. Dopo aver visto Eric e Bill<br />

la notte prima, cominciavo a chiedermi se tutti quelli che conoscevo mi<br />

stessero seguendo. Magari Sam sarebbe entrato nella stanza da un<br />

momento all’altro.<br />

– Ti ho detto che sono la tua fata madrina – replicò Claudine, che di<br />

solito era la fata più allegra che conoscessi. Adorabile come donna quanto<br />

il suo gemello Claude lo era come uomo, Claudine era forse ancora più<br />

affascinante di lui, perché la sua personalità gentile le traspariva dallo<br />

sguardo. Come Claude, anche lei aveva occhi e capelli scuri, e una<br />

carnagione molto chiara; quel giorno indossava aderenti pantaloni al<br />

polpaccio azzurro chiaro, insieme a una tunica coordinata, azzurra e nera, e<br />

appariva adorabilmente eterea, almeno quanto è possibile esserlo con<br />

indosso dei pantaloni al polpaccio.<br />

– Potrai spiegarmelo subito dopo che sarò andata in bagno –<br />

aggiunsi, ricordando l’acqua che avevo trangugiato la notte precedente,<br />

non appena ero arrivata a tiro del lavandino, assetata a causa dei miei<br />

vagabondaggi. Claudine scese con grazia dal letto, e io la imitai più<br />

goffamente.<br />

– Attenta – consigliò Amelia, quando cercai di alzarmi in piedi<br />

troppo in fretta.<br />

– Come va la gamba? – domandai, una volta che il mondo si fu<br />

raddrizzato. Per precauzione, Claudine mi stava sorreggendo saldamente<br />

per un braccio; vederla mi aveva fatto piacere, ed ero sorprendentemente<br />

contenta di vedere anche Amelia, perfino zoppicante com’era.<br />

– Molto indolenzita – rispose, – ma al contrario di te, io sono rimasta<br />

in ospedale per farmi curare adeguatamente la ferita. – Nel parlare, chiuse


il libro e lo posò sul tavolino adiacente la sedia. Il suo aspetto era un po’<br />

migliore di quello che dovevo avere io, ma di certo non era la strega<br />

allegra e raggiante che era stata il giorno prima.<br />

– Abbiamo avuto un’esperienza istruttiva, vero? – commentai, poi il<br />

respiro mi si bloccò in gola quando ricordai esattamente quante cose avevo<br />

appreso.<br />

Claudine mi aiutò a raggiungere il bagno, ma mi lasciò sola quando<br />

le garantii che ero in grado di cavarmela; dopo aver fatto tutto quello che<br />

dovevo, scoprii che mi sentivo meglio, quasi umana. Intanto, Claudine<br />

aveva tirato fuori alcuni vestiti dalla mia sacca, e sul comodino c’era una<br />

tazza da cui saliva una voluta di vapore. Con cautela, mi sedetti a ridosso<br />

della testiera, con le gambe incrociate, e mi accostai la tazza alla faccia per<br />

poter inspirare il profumo del suo contenuto.<br />

– Spiegami la faccenda della fata madrina – dissi, perché per il<br />

momento non me la sentivo di parlare di niente di più urgente.<br />

– Le fate sono gli esseri soprannaturali basilari – replicò Claudine. –<br />

Da noi derivano gli elfi, i folletti benigni, gli angeli e i demoni. Anche gli<br />

spiriti acquatici, gli omini verdi, e gli altri spiriti naturali... sono tutti una<br />

forma di fata.<br />

– E tu cosa sei? – interloquì Amelia. Non aveva pensato che forse se<br />

ne sarebbe dovuta andare, e la sua presenza pareva andare bene anche a<br />

Claudine.<br />

– Sto cercando di diventare un angelo – rispose, piano,<br />

un’espressione luminosa nei grandi occhi castani. – Dopo essere stata per<br />

anni... ecco, credo che tu possa definirmi una buona cittadina... finalmente<br />

mi è stata assegnata una persona da proteggere. La qui presente Sookie. E<br />

lei mi ha tenuta davvero molto occupata – aggiunse, mostrandosi felice e<br />

orgogliosa.<br />

– Non dovresti prevenire le sofferenze da parte mia? – domandai. Se<br />

era così, Claudine stava facendo davvero un ben misero lavoro.<br />

– No, e vorrei poterlo fare – ribatté, con un’espressione avvilita sul<br />

viso ovale. – Però posso aiutarti a riprenderti dai disastri, e a volte riesco a<br />

prevenirli.<br />

– Intendi dire che le cose sarebbero peggiori, senza te nei dintorni?<br />

Lei annuì energicamente.<br />

– Accetterò la tua parola al riguardo – dichiarai. – Come mai si è<br />

ritenuto che avessi bisogno di una fata madrina?<br />

– Non mi è concesso dirlo – si schermì Claudine.<br />

– Qui non stiamo apprendendo molto – intervenne Amelia, levando


gli occhi al cielo. – E in considerazione dei problemi che abbiamo avuto la<br />

scorsa notte, forse tu non sei la più competente fra le fate madrine... eh?<br />

– Certo, Signorina Ho-Sigillato-l’Appartamento-Perché-Tutto-<br />

Rimanesse-Fresco! – reagii, sentendomi irragionevolmente indignata per<br />

quell’offesa alla competenza della mia madrina.<br />

Amelia armeggiò per alzarsi dalla sedia, rossa in volto per l’ira.<br />

– Ebbene, io lo avevo sigillato! Lui si sarebbe ridestato comunque,<br />

non importa quando! Io ho solo ritardato la cosa!<br />

– Sarebbe stato d’aiuto sapere che lui era là dentro!<br />

– E sarebbe stato utile che tua cugina non lo avesse ucciso, tanto per<br />

cominciare!<br />

Entrambe bloccammo a metà la nostra diatriba.<br />

– Claudine? – domandai. – Sei certa che sia successo proprio questo?<br />

– Non lo so – ammise lei, in tono placido. – Non sono onnipotente e<br />

onnisciente. Quando posso, cerco di intervenire. Ricordi quando ti sei<br />

addormentata al volante e sono arrivata in tempo per salvarti?<br />

E per poco non mi aveva procurato un attacco cardiaco,<br />

materializzandosi in un attimo sul sedile accanto al mio.<br />

– Sì, lo ricordo – annuii, cercando di mostrarmi grata e umile.<br />

– È davvero molto, molto difficile arrivare da qualche parte così in<br />

fretta – continuò, – e posso farlo soltanto se c’è una vera emergenza.<br />

Voglio dire, un’emergenza di vita o di morte. Per fortuna, ho avuto un po’<br />

più di tempo, quando la tua casa ha preso fuoco...<br />

Claudine non aveva intenzione di spiegarci le regole del gioco, e<br />

tanto meno la natura di chi le aveva create. A quanto pareva, mi sarei<br />

dovuta arrangiare, basandomi sulla fede che mi aveva aiutata per tutta la<br />

vita. A pensarci bene, se ero in errore, non volevo saperlo.<br />

– Interessante – commentò Amelia. – Però abbiamo alcune altre cose<br />

di cui parlare.<br />

Forse, si stava mostrando così permalosa perché lei non aveva una<br />

sua fata madrina.<br />

– Da cosa vorresti cominciare? – domandai.<br />

– Perché hai lasciato l’ospedale, la scorsa notte? – domandò, il volto<br />

pieno di risentimento. – Avresti dovuto avvertirmi. Al rientro, mi sono<br />

trascinata su per queste scale per cercarti, ma tu eri dentro e avevi barricato<br />

la porta. Di conseguenza, sono dovuta tornare giù per quella dannata scala,<br />

prendere le mie chiavi ed entrare da una porta finestra, correndo... con<br />

questa gamba... fino all’allarme per disattivarlo. E tutto per poi trovare<br />

seduta sul tuo letto questa signora, che avrebbe potuto farmi entrare senza


tanta fatica.<br />

– Non potevi aprire le finestre con la magia? – domandai.<br />

– Ero troppo stanca – dichiarò Amelia, dignitosa. – Dovevo ricaricare<br />

le mie batterie mentali, per così dire.<br />

– Per così dire – ripetei, in tono asciutto. – Ebbene, la scorsa notte,<br />

ho scoperto che... – Mi bloccai. Semplicemente, non ero in grado di<br />

parlarne.<br />

– Che cosa hai scoperto? – incalzò Amelia. Era esasperata, e non<br />

potevo certo biasimarla per questo.<br />

– Che Bill, il suo primo amore, era stato mandato a Bon Temps per<br />

sedurla e conquistarsi la sua fiducia – spiegò Claudine. – La scorsa notte,<br />

lui glielo ha confessato, e lo ha fatto davanti all’unico altro suo amante,<br />

anche lui un vampiro.<br />

Come riassunto, era perfetto.<br />

– Ecco... una vera fregatura – mormorò Amelia, con un filo di voce.<br />

– Già – ribattei.<br />

– Ouch.<br />

– Sì.<br />

– Non posso ucciderlo per te – affermò Claudine. – Mi<br />

costringerebbe a muovere troppi passi indietro.<br />

– Non importa – la rassicurai. – Non vale la pena che tu perda i tuoi<br />

punti-folletto per lui.<br />

– Oh, io non sono un folletto – spiegò con gentilezza Claudine. –<br />

Credevo lo avessi capito. Io sono una fata purosangue.<br />

– Non ci provare, strega – ingiunsi ad Amelia, che si stava sforzando<br />

di non ridere.<br />

– Sì, telepate.<br />

– Adesso che si fa? – domandai, in generale, perché non volevo più<br />

parlare del mio cuore infranto e della mia autostima a brandelli.<br />

– Cerchiamo di capire cosa è successo – dichiarò la strega.<br />

– E come? Chiamiamo quelli di CSI?<br />

Claudine si mostrò confusa, cosa da cui dedussi che probabilmente le<br />

fate non guardavano la televisione.<br />

– No – rispose Amelia, con elaborata pazienza. – Effettuiamo una<br />

ricostruzione ectoplasmatica.<br />

Adesso ero certa che la mia espressione confusa fosse identica a<br />

quella di Claudine.<br />

– D’accordo, lasciate che vi spieghi – continuò Amelia, ora<br />

sorridente. – Ecco cosa dobbiamo fare.


Al settimo cielo alla prospettiva di poter sfoggiare i suoi meravigliosi<br />

poteri di strega, si dilungò quindi nel fornire a me e a Claudine chiarimenti<br />

sulla procedura da seguire. Era una cosa che richiedeva tempo e<br />

consumava molte energie, il che spiegava perché non venisse fatta più<br />

spesso; inoltre, era necessario radunare più streghe... quattro, secondo i<br />

suoi calcoli... per coprire la quantità di metri quadrati su cui si era<br />

articolato l’omicidio di Jake.<br />

– E mi serviranno streghe vere – concluse. – Operatori qualificati e<br />

non una praticona Wicca. – A quel punto, dissertò a lungo sulle Wicca, che<br />

disprezzava perché considerava un mucchio di imitatori dilettanti adoratori<br />

degli alberi... una definizione che emergeva con chiarezza dai suoi<br />

pensieri. Quel suo pregiudizio mi dispiacque, perché avevo avuto modo di<br />

conoscere alcune Wicca davvero notevoli.<br />

– Non sono certa che dovremmo essere presenti alla cosa – obiettò<br />

infine Claudine, guardandomi con espressione dubbiosa.<br />

– Tu puoi andare, Claudine – ribattei, perché ero pronta a<br />

sperimentare qualsiasi cosa, pur di distogliere la mente dal grosso buco che<br />

avevo nel cuore. – Io intendo assistere. Devo sapere che cosa è successo<br />

qui. Attualmente, nella mia vita ci sono troppi misteri.<br />

– Stanotte però devi andare dalla regina, dato che non lo hai fatto ieri<br />

– mi ricordò lei. – Fare visita alla regina è un’occasione che richiede un<br />

vestiario adeguato, quindi ti dovrò accompagnare a fare spese... non credo<br />

tu voglia indossare qualche abito di tua cugina.<br />

– Non riuscirei comunque a entrarci – osservai.<br />

– E non vuoi neppure provarci – ribatté lei, in tono altrettanto aspro.<br />

– Adesso vedi di darci un taglio, Sookie Stackhouse.<br />

Sollevai lo sguardo su di lei, permettendole di vedere il dolore che mi<br />

opprimeva.<br />

– Sì, lo capisco – affermò, battendomi un colpetto gentile su una<br />

guancia. – So che fa molto male, ma devi passarci sopra e dimenticare. È<br />

soltanto un uomo.<br />

Ma era stato il mio primo uomo.<br />

– Mia nonna gli ha servito la limonata – dissi, assurdamente, e in<br />

qualche modo questo mi fece scoppiare di nuovo in lacrime.<br />

– Ehi, mandalo a farsi fottere, okay? – consigliò Amelia.<br />

Fissai quella giovane strega, pensando che era graziosa, coriacea e<br />

completamente matta. Un tipo a posto.<br />

– Sì, certo – annuii. – Quando vuoi fare quella cosa ecto quel che è?<br />

– Devo prima fare alcune telefonate, vedere chi riesco a mettere


insieme – rispose. – Naturalmente, la notte è sempre il momento migliore<br />

per la magia. Quando andrai a rendere omaggio alla regina?<br />

– Appena farà buio – risposi, dopo averci pensato per un momento. –<br />

Diciamo verso le sette.<br />

– La cosa dovrebbe richiedere più o meno due ore – rifletté Amelia,<br />

mentre Claudine annuiva. – D’accordo, chiederò agli altri di essere qui alle<br />

dieci, per avere un po’ di spazio di manovra. Sai, sarebbe splendido se la<br />

regina fosse disposta a pagare lei la cosa.<br />

– Quanto vuoi chiedere?<br />

– Io lo farò gratuitamente, per poter vivere quell’esperienza e poter<br />

dire di averlo fatto – spiegò in tutta franchezza Amelia, – ma gli altri<br />

vorranno un po’ di verdoni. Diciamo trecento a testa, più il costo dei<br />

materiali.<br />

– E ti serviranno altre tre streghe?<br />

– Mi piacerebbe metterne insieme altre tre, anche se non so se<br />

riuscirò a trovare quelle che mi servono, con un così breve preavviso...<br />

bene, farò del mio meglio. Anche due soltanto potrebbero bastare. E i<br />

materiali necessari dovrebbero richiedere... – Effettuò un rapido calcolo<br />

mentale, poi concluse: – Diciamo più o meno una sessantina di dollari.<br />

– E io cosa dovrò fare? Voglio dire, qual è la mia parte?<br />

– Osservare. Mi occuperò io del sollevamento pesi.<br />

– Chiederò alla regina – dissi, poi trassi un profondo respiro, e<br />

aggiunsi: – Se non sarà lei a pagare, lo farò io.<br />

– Bene, allora è tutto deciso – dichiarò Amelia, e uscì allegramente<br />

dalla camera da letto con passo zoppicante, contando sulle dita. Un<br />

momento più tardi la sentii scendere le scale.<br />

– Dovrò curarti il braccio – disse Claudine, – poi andremo a cercare<br />

qualcosa che tu possa indossare.<br />

– Non voglio spendere soldi per una visita di cortesia alla regina dei<br />

vampiri – protestai. Soprattutto, non mi andava di farlo alla luce del fatto<br />

che avrei potuto dover pagare io le streghe.<br />

– Non devi farlo, è un mio regalo.<br />

– Puoi anche essere la mia fata madrina, ma non devi spendere<br />

denaro per me... – cominciai, poi fui assalita da una rivelazione<br />

improvvisa, ed esclamai: – Sei stata tu a pagare il mio conto d’ospedale, a<br />

Clarice!<br />

– Sì – ammise Claudine, scrollando le spalle. – Il denaro veniva dal<br />

club di striptease, non dal mio lavoro normale.<br />

Claudine era comproprietaria del locale di spogliarello di Ruston,


della cui gestione era però Claude a occuparsi totalmente, mentre Claudine<br />

lavorava al servizio clienti di un grande magazzino. La gente dimenticava<br />

le proprie lamentele, quando si trovava davanti al suo sorriso.<br />

In verità, spendere il denaro del club di striptease non mi seccava<br />

quanto mi sarebbe dispiaciuto intaccare i risparmi personali di Claudine.<br />

Non era logico, ma era vero.<br />

Claudine aveva parcheggiato la macchina sul vialetto circolare del<br />

cortile: quando scesi, la trovai ad attendermi seduta al volante. Con<br />

l’ausilio del kit di pronto soccorso che teneva in auto, lei mi aveva già<br />

fasciato il braccio, e mi aveva aiutata a vestirmi; per quanto dolorante, il<br />

braccio non pareva essersi infettato, ma mi sentivo debole, come se avessi<br />

avuto l’influenza, o qualche altra malattia che provocasse la febbre alta e<br />

la perdita di una grande quantità di fluidi, per cui mi muovevo con<br />

lentezza.<br />

Il mio abbigliamento consisteva in jeans, sandali e una T-shirt,<br />

perché quello era tutto ciò che avevo.<br />

– <strong>Decisamente</strong>, non puoi andare dalla regina vestita in questo modo –<br />

sentenziò Claudine, in tono deciso.<br />

Sia che avesse una notevole familiarità con New Orleans o che fosse<br />

fortunata nello shopping, si recò direttamente in un negozio del Garden<br />

District. Quello era proprio il genere di negozio che io avrei ignorato, se<br />

fossi stata in giro a fare acquisti da sola, ritenendolo adeguato a donne<br />

molto più sofisticate e abbienti di me.<br />

Claudine invece si fermò nel suo parcheggio, e quarantacinque<br />

minuti dopo avevamo il vestito che mi serviva, un abito di chiffon a<br />

maniche corte e contenente una quantità di colori: turchese, rame, bronzo e<br />

avorio. I sandali da abbinare erano marrone.<br />

Adesso, tutto quello che mi mancava era l’iscrizione al country club.<br />

– Lascia sciolti i capelli – consigliò Claudine, che si era appropriata<br />

del talloncino del prezzo. – Non ti serve un’acconciatura elaborata, con<br />

quell’abito.<br />

– Sì, fa già molta figura da solo – convenni. – Chi è Diana von<br />

Fustenberg? Non è un po’ troppo costoso? E un po’ troppo scollato, per la<br />

stagione?<br />

– Potresti avere un po’ di freddo indossandolo in marzo – ammise<br />

Claudine, – ma ti tornerà comodo da portare ogni estate, per anni. Ti sta<br />

benissimo, e la regina saprà che hai avuto la cura di indossare qualcosa di<br />

speciale per andare a incontrarla.<br />

– Non puoi venire con me? – chiesi. – No, certo che no – aggiunsi


subito. I vampiri erano attirati dalle fate come i colibrì dall’acqua<br />

zuccherata.<br />

– Potrei non sopravvivere – rispose, riuscendo ad apparire<br />

imbarazzata all’idea che quella prospettiva la trattenesse dall’essermi<br />

accanto.<br />

– Non ti preoccupare. Dopo tutto, il peggio è già successo, giusto? –<br />

ribattei, allargando le mani. – Erano soliti minacciarmi, sai? Dicevano che<br />

se non avessi fatto questo o quello, se la sarebbero presa con Bill. Ehi, sai<br />

una cosa? Non mi importa più.<br />

– Rifletti, prima di parlare – consigliò Claudine. – Non conviene<br />

parlare senza riflettere, con la regina. Neppure un goblin lo farebbe.<br />

– Prometto di stare attenta – garantii. – Apprezzo davvero che tu sia<br />

venuta fin qui, Claudine.<br />

Lei mi abbracciò con calore; era tanto alta ed esile che fu un po’<br />

come abbracciare un morbido albero.<br />

– Vorrei che tu non avessi avuto bisogno che lo facessi – rispose.


Capitolo diciassettesimo<br />

La regina possedeva un intero isolato di edifici nel centro di New<br />

Orleans, a circa tre isolati dal Quartiere Francese, il che di per sé rivelava<br />

quanto denaro riuscisse a incamerare. Cenammo di buon’ora... mi ero resa<br />

conto di essere davvero affamata... poi Claudine mi lasciò a due isolati di<br />

distanza, perché il traffico e l’affollamento di turisti congestionavano le<br />

vicinanze del quartier generale della regina. Anche se il pubblico di solito<br />

non sapeva che Sophie-Anne LeClerq era una regina, tutti sapevano che<br />

era una vampira molto ricca, che possedeva una notevole quantità di<br />

immobili e investiva elevate cifre di denaro nella comunità. Inoltre, le sue<br />

guardie del corpo erano alquanto pittoresche, e avevano ottenuto uno<br />

speciale permesso per poter circolare armate in città. Tutto questo<br />

significava che il complesso del suo ufficio/abitazione figurava sulla lista<br />

delle cose che i turisti dovevano vedere, soprattutto di notte.<br />

Anche se di giorno l’area in cui sorgeva l’edificio era aperta al<br />

traffico, di notte le strade circostanti potevano essere raggiunte soltanto a<br />

piedi; i bus parcheggiavano a un isolato di distanza, e le guide turistiche<br />

conducevano i gruppi di visitatori lungo il perimetro dell’edificio<br />

modificato; molti giri turistici, nonché decine di gruppetti di turisti fai-date<br />

includevano quello che le guide definivano il “quartier generale dei<br />

vampiri” nel loro itinerario.<br />

Le misure di sicurezza erano fin troppo evidenti, perché quell’isolato<br />

sarebbe stato un eccellente bersaglio per i dinamitardi della Confraternita<br />

del Sole; in altre città, attività possedute da vampiri erano già state<br />

attaccate, e la regina non aveva nessuna intenzione di perdere in quel<br />

modo la sua vita-dopo-la-morte.<br />

Il servizio di guardia era svolto da vampiri, che avevano un’aria<br />

davvero spaventosa, dando l’impressione che la regina possedesse una sua<br />

squadra SWAT. Sebbene i vampiri fossero già di per sé letali, la regina<br />

aveva scoperto che gli umani prestavano più attenzione se riuscivano a<br />

riconoscere la sagoma che avevano di fronte per ciò che era, motivo per<br />

cui le guardie non solo erano armate in modo pesante, ma erano anche<br />

dotate di un giubbotto antiproiettile, indossato sopra un’uniforme<br />

anch’essa nera. Una tenuta da killer davvero elegante.<br />

Durante la cena, Claudine mi aveva ragguagliata su tutto questo, e<br />

adesso mi sentivo ben informata; inoltre, con indosso quel vestito nuovo,


mi sentivo come se stessi andando a un garden party dato dalla Regina<br />

d’Inghilterra. Se non altro, non ero costretta a portare un cappello, ma i<br />

sandaletti marrone a tacco alto erano una calzatura pericolosa da usare su<br />

quella pavimentazione sconnessa.<br />

– Ammirate il quartier generale della più famosa vampira di New<br />

Orleans, Sophie-Anne LeClerq – stava annunciando a un gruppo di turisti<br />

una guida che sfoggiava una sorta di tenuta dell’era coloniale, con cappello<br />

a tricorno, calzoni al ginocchio, calze e scarpe con la fibbia. Mi soffermai<br />

ad ascoltare, e lo sguardo dell’uomo si posò su di me, facendosi più<br />

interessato nel notare il mio abbigliamento. – Se decidete di fare visita a<br />

Sophie-Anne, non potete vestirvi sportivamente – continuò, accennando<br />

nella mia direzione. – Questa giovane signora porta un vestito adatto a un<br />

colloquio con la... con una delle più note vampire americane. – E sorrise al<br />

suo gruppo, invitandolo ad apprezzare il suo riferimento.<br />

In realtà, c’erano almeno altri cinquanta vampiri altrettanto<br />

importanti.<br />

Forse, essi non erano portati alla vita pubblica e non erano pittoreschi<br />

quanto Sophie-Anne LeClerq, ma quella era una cosa che il pubblico<br />

ignorava.<br />

Invece di essere circondato da un’appropriata aria esotica quanto<br />

letale, il “castello” della regina somigliava maggiormente a una macabra<br />

Disneyland, grazie ai venditori di souvenir, alle guide turistiche e ai<br />

curiosi. C’era perfino un fotografo.<br />

Quando mi avvicinai al primo cordone di guardie, un uomo mi si<br />

parò davanti all’improvviso e mi scattò una fotografia. Paralizzata dal<br />

bagliore del flash, rimasi ferma a guardare verso di lui... o almeno nella<br />

direzione in cui ritenevo si trovasse... finché la vista non tornò alla<br />

normalità.<br />

Quando fui in grado di vederlo con chiarezza, scoprii che era un<br />

ometto sporco, munito di una macchina fotografica e di un’espressione<br />

decisa; senza offrirsi di vendermi la fotografia, o dirmi dove potevo<br />

acquistarla, e senza neppure fornirmi qualche spiegazione, l’ometto tornò<br />

immediatamente a quella che supposi essere la sua postazione abituale, su<br />

un angolo dalla parte opposta della strada.<br />

L’incidente mi lasciò addosso una brutta sensazione, e quando infine<br />

parlai con una delle guardie, i miei sospetti trovarono conferma.<br />

– È una spia della Confraternita – affermò infatti il vampiro,<br />

accennando in direzione dell’ometto. Nel frattempo, aveva localizzato il<br />

mio nome su una lista fissata su un portablocco. Di costituzione robusta,


con la pelle bruna e un naso curvo quanto un arcobaleno, quel vampiro<br />

doveva essere nato in Medio Oriente, molto tempo prima; la targhetta<br />

fissata con il velcro sul suo elmetto recava il nome RASUL.<br />

– Ci è proibito ucciderlo – proseguì, come se mi stesse spiegando<br />

un’usanza folcloristica piuttosto imbarazzante. E sorrise, il che fu<br />

un’esperienza di per sé un po’ sconcertante: dal momento che l’elmetto gli<br />

scendeva sulla fronte e che la cinghia gli circondava il mento, io potevo<br />

vedere soltanto una piccola porzione della sua faccia, che pareva<br />

prevalentemente costituita da denti candidi quanto aguzzi. – Quel tizio<br />

della Confraternita fotografa tutti quelli che entrano ed escono di qui, e<br />

pare non ci sia nulla che noi possiamo fare al riguardo, dato che vogliamo<br />

mantenere buoni rapporti con gli umani.<br />

Poiché figuravo sulla lista dei visitatori, Rasul aveva supposto<br />

correttamente che fossi un’alleata dei vampiri, e mi stava trattando con un<br />

cameratismo che trovai rilassante.<br />

– Sarebbe però splendido se succedesse qualcosa alla sua macchina<br />

fotografica – suggerii. – Sai, la Confraternita mi sta già dando la caccia.<br />

Anche se mi sentivo colpevole a chiedere a un vampiro di causare un<br />

incidente a un altro essere umano, ci tenevo abbastanza alla mia vita da<br />

volerla salvare.<br />

Gli occhi del vampiro brillarono mentre passavamo sotto un<br />

lampione, riflettendone la luce che per un momento li fece apparire rossi,<br />

come accade a volte agli occhi umani quando un fotografo usa il flash.<br />

– Stranamente, le sue macchine hanno già avuto alcuni incidenti –<br />

replicò Rasul. – Due di esse sono state fracassate in modo irreparabile,<br />

quindi... che importanza può avere un incidente in più o in meno? Non ti<br />

garantisco nulla, adorabile signora, ma faremo del nostro meglio.<br />

– Grazie davvero – risposi. – Apprezzerò qualsiasi cosa possiate fare.<br />

Più tardi, parlerò con una strega, che forse potrebbe risolvervi questo<br />

piccolo problema, magari facendo in modo che tutte le immagini risultino<br />

sovraesposte, o qualcosa del genere. Dovreste provare a telefonarle.<br />

– È un’idea eccellente. Quella è Melanie – annunciò la guardia,<br />

mentre arrivavamo alla porta principale. – Ora ti affiderò a lei e tornerò al<br />

mio posto. Ci possiamo rivedere quando uscirai, in modo da darmi il nome<br />

e l’indirizzo della strega?<br />

– Certo – assentii.<br />

– Nessuno ti ha mai detto che hai un odore incantevolmente simile a<br />

quello di una fata? – aggiunse Rasul.<br />

– Oh, è perché sono stata in compagnia della mia fata madrina –


spiegai. – Mi ha portata a fare shopping.<br />

– E il risultato è stato splendido – dichiarò, con galanteria.<br />

– Sei un adulatore – ribattei, senza però riuscire a trattenermi dal<br />

rispondere al suo sorriso. La notte precedente, il mio ego aveva ricevuto un<br />

duro colpo in pieno petto (ma non ci stavo pensando), e una piccola cosa,<br />

come l’ammirazione di quella guardia, era esattamente ciò di cui avevo<br />

bisogno, anche se in realtà era stato l’odore di Claudine a scatenarla.<br />

Melanie era una donna dall’aspetto delicato, anche nella sua divisa<br />

da SWAT.<br />

– Yum... odori di fata – osservò, nel consultare il proprio portablocco.<br />

– Tu sei quella Stackhouse? La regina ti aspettava la scorsa notte.<br />

– Sono stata ferita – spiegai, mostrando il braccio fasciato; grazie a<br />

una massiccia quantità di antidolorifico, il dolore era ridotto a un sordo<br />

pulsare.<br />

– Sì, l’ho sentito dire. Quello nuovo se la sta spassando alla grande,<br />

stanotte. Ha ricevuto istruzioni, ha un mentore e ha trovato un donatore<br />

volontario. Quando avrà la mente un po’ più lucida, forse ci potrà dire<br />

com’è successo che è stato trasformato.<br />

– Significa che potrebbe non ricordarlo? – domandai, con voce<br />

flebile, nel rendermi conto che la vampira stava parlando di Jake Purifoy.<br />

– Se si è trattato di un attacco a sorpresa, a volte capita che ci<br />

mettano del tempo a ricordare – spiegò Melanie, con una scrollata di<br />

spalle. – Ma il ricordo riaffiora sempre, prima o poi. E nel frattempo lui<br />

otterrà un pasto gratis. Sai, quegli stupidi umani si mettono in nota per<br />

godere di quel privilegio – aggiunse, ridendo della mia espressione<br />

interrogativa. – Non è divertente, una volta superata l’eccitazione del<br />

nutrirsi, di per se stesso. L’eccitazione era sempre stata quella della caccia<br />

– concluse. Chiaramente, Melanie non apprezzava la nuova politica<br />

vampiresca di nutrirsi soltanto da umani consenzienti, oppure con sangue<br />

sintetico. Era evidente che sentiva la mancanza della sua alimentazione di<br />

un tempo.<br />

Per pura cortesia, cercai di mostrarmi interessata.<br />

– Semplicemente, non è la stessa cosa quando è la preda a fare la<br />

prima mossa – borbottò la vampira, scuotendo il capo con un accenno di<br />

esasperazione. Dal momento che era tanto minuta, l’elmetto quasi le<br />

oscillò sulla testa, cosa che mi strappò un sorriso.<br />

– Quindi, lui si sveglia e voi fate entrare un volontario? Un po’ come<br />

mettere un topo vivo nella teca di un serpente? – domandai, sforzandomi<br />

di rimanere seria, perché non volevo dare a Melanie l’impressione di


prendermi gioco di lei.<br />

– Più o meno – ammise, dopo avermi squadrata con sospetto per un<br />

momento. – Però è stato istruito, e ci sono altri vampiri presenti.<br />

– E il volontario sopravvive?<br />

– Firmano una liberatoria, prima di entrare – fu la cauta risposta di<br />

Melanie.<br />

Rabbrividii.<br />

Rasul mi aveva scortata dall’altro lato della strada fino all’ingresso<br />

principale del dominio della regina, un edificio di uffici, a tre piani, che<br />

risaliva forse agli anni Cinquanta e che si estendeva per un intero isolato.<br />

In altre città, la cantina sarebbe diventata il rifugio primario dei vampiri,<br />

ma a New Orleans questo era impossibile a causa dell’elevata faglia<br />

freatica. Per questo motivo, tutte le finestre erano state trattate in modo<br />

molto particolare: i pannelli che le coprivano erano decorati con temi<br />

ispirati al Mardi Gras, con il risultato che il cupo edificio di mattoni era<br />

punteggiato di disegni rosa, porpora e verdi, su uno sfondo bianco o nero.<br />

Sulle imposte c’erano anche chiazze iridescenti, per un effetto complessivo<br />

alquanto sconcertante.<br />

– Come si regola la regina, quando deve dare una festa? – domandai,<br />

perché nonostante le imposte vivaci, quel prosaico edificio rettangolare<br />

non aveva proprio nulla di festoso.<br />

– Oh, per questo possiede un vecchio monastero – spiegò Melanie. –<br />

Entrando, puoi prendere un depliant al riguardo. È là che vengono tenute<br />

tutte le cerimonie di stato. Alcuni dei vampiri più antichi non riescono a<br />

entrare in quella che era la cappella, ma a parte questo... inoltre,<br />

tutt’intorno c’è un alto muro, facile da pattugliare, e le decorazioni sono<br />

davvero gradevoli. La regina ha un appartamento, laggiù, ma non è<br />

abbastanza sicuro da potervi vivere tutto l’anno.<br />

Non riuscii a trovare nessun commento da fare; del resto, dubitavo<br />

che avrei mai visto la residenza di stato della regina. D’altro canto,<br />

Melanie pareva annoiata, e propensa a chiacchierare.<br />

– Da quanto ho sentito, sei la cugina di Hadley, giusto? – domandò.<br />

– Sì.<br />

– Strano, pensare di avere parenti ancora in vita – osservò, e per un<br />

momento il suo sguardo si fece remoto e malinconico quanto più poteva<br />

esserlo quello di un vampiro. Poi, lei parve riscuotersi mentalmente. –<br />

Hadley non era male, per essere tanto giovane, però pareva dare un po’<br />

troppo per scontata la sua longevità di vampira. Non avrebbe mai dovuto<br />

pestare i calli a uno antico e astuto come era Waldo – concluse, scuotendo


il capo.<br />

– Questo è dannatamente certo – convenni.<br />

– Chester – chiamò quindi Melanie. Chester era la guardia<br />

successiva, ed era in compagnia di una figura familiare, anch’essa<br />

abbigliata con quella che stavo cominciando a considerare una tenuta da<br />

SWAT.<br />

– Bubba! – esclamai, nel momento stesso in cui lui chiamava il mio<br />

nome. Poi ci abbracciammo, con estremo divertimento degli altri vampiri:<br />

di norma, infatti, i vampiri non si stringono neppure la mano, e nella loro<br />

cultura, abbracciarsi è quanto meno eccentrico.<br />

Fui lieta di notare che non avevano dato a Bubba un’arma, ma<br />

soltanto il vestiario proprio delle guardie. Lui aveva un’aria splendida in<br />

quella tenuta militare, e non esitai a dirglielo.<br />

– Il nero si intona a meraviglia con i tuoi capelli – dichiarai.<br />

– Sei davvero gentile – rispose, sfoggiando il suo famoso sorriso. –<br />

Grazie.<br />

Un tempo, tutto il mondo aveva conosciuto il suo volto e il suo<br />

sorriso. Quando lo avevano portato all’obitorio di Memphis, un vampiro<br />

che vi lavorava come inserviente aveva notato in lui un fievolissimo<br />

bagliore di vita e, essendo un suo grande fan, si era assunto la<br />

responsabilità di trasformarlo, dando vita a una leggenda. Purtroppo, il<br />

corpo di Bubba era stato talmente saturo di droghe e di danni fisici che la<br />

trasformazione non era stata coronata da un pieno successo, con il risultato<br />

che adesso Bubba veniva fatto passare di mano in mano, nel mondo dei<br />

vampiri, da quel vero incubo delle public relations che era.<br />

– Da quanto tempo sei qui, Bubba? – domandai.<br />

– Oh, un paio di settimane, ma mi piace davvero molto – dichiarò. –<br />

Ci sono un sacco di gatti randagi.<br />

– Già – annuii, cercando di non visualizzare la cosa troppo da vicino.<br />

I gatti mi piacciono molto, e lo stesso si poteva dire anche per Bubba, sia<br />

pure da un punto di vista molto diverso.<br />

– I pochi umani che lo hanno intravisto, hanno pensato che fosse un<br />

imitatore – mi confidò a bassa voce Chester, che era stato un ragazzo di<br />

campagna dai capelli color sabbia e dai denti poco curati, quando era stato<br />

trasformato; Melanie era tornata alla sua postazione, e adesso ero affidata a<br />

lui. – Il più delle volte, non ci sono problemi, ma di tanto in tanto capita<br />

che lo chiamino con il suo nome di un tempo, o che gli chiedano di<br />

cantare.<br />

Adesso Bubba cantava molto di rado, anche se capitava di


convincerlo a esibirsi in una o due canzoni ben note, il che costituiva<br />

un’occasione memorabile. Il più delle volte, però, lui negava di poter<br />

emettere anche una sola nota, e di solito si agitava moltissimo se lo si<br />

chiamava con il suo nome originale.<br />

Chester mi condusse all’interno dell’edificio, con Bubba che ci<br />

veniva dietro. Descrivemmo una svolta e salimmo di un piano, incontrando<br />

un numero sempre maggiore di vampiri, e alcuni umani, che erano diretti<br />

di qua e di là con l’aria di sapere quello che stavano facendo. Era come<br />

trovarsi in un qualsiasi complesso di uffici, in un giorno feriale, con la sola<br />

differenza che gli impiegati erano vampiri, e che il cielo fuori era buio,<br />

nella misura in cui questo era possibile a New Orleans. Mentre<br />

camminavamo, notai che alcuni vampiri apparivano più a loro agio di altri,<br />

e notai come tutti quelli dall’aria guardinga recassero sul colletto la stessa<br />

spilla, con la forma dello stato dell’Arkansas.<br />

Evidentemente, quei vampiri dovevano fare parte del seguito del<br />

marito della regina, Peter Threadgill. Uno dei vampiri della Louisiana<br />

andò a sbattere contro uno di quelli dell’Arkansas, che ringhiò in modo<br />

tale da farmi pensare per un momento che quel piccolo incidente avrebbe<br />

fatto scoppiare uno scontro nel corridoio.<br />

Accidenti, sarei stata felice quando fossi potuta uscire di lì.<br />

L’atmosfera era davvero tesa.<br />

Chester si fermò davanti a una porta che non appariva diversa da<br />

nessuna delle altre, tranne per la presenza di due vampiri davvero massicci<br />

di guardia davanti a essa. Quei due dovevano essere stati considerati dei<br />

giganti, alla loro epoca, dato che dovevano essere alti quasi due metri, e a<br />

giudicare dal loro aspetto sembravano fratelli, anche se questo poteva<br />

dipendere solo dalla taglia e dal modo di fare, oltre che dalla stessa tonalità<br />

castana dei capelli. Massicci di spalle, barbuti, con i capelli raccolti in una<br />

coda di cavallo che scendeva loro lungo la schiena, i due sembravano<br />

eccellenti candidati per il wrestling professionale. Uno dei due aveva<br />

un’enorme cicatrice che gli attraversava la faccia, naturalmente acquisita<br />

prima di morire, mentre l’altro doveva aver contratto in vita una malattia<br />

della pelle di qualche tipo. Quei due non erano là per figura, erano<br />

assolutamente letali. (A proposito, un paio di anni prima, un promotore<br />

aveva avuto l’idea di creare un circuito di wrestling riservato ai vampiri,<br />

ma la cosa era morta sul nascere, perché al primo incontro uno dei vampiri<br />

aveva strappato un braccio all’avversario, durante una diretta in TV. A<br />

quanto pareva, i vampiri non riuscivano a capire il concetto del<br />

combattimento come mera esibizione.)


Quei due erano muniti di un assortimento di coltelli, e ciascuno di<br />

essi portava un’ascia alla cintura... del resto, supponevo che se qualcuno<br />

fosse riuscito ad arrivare fin lì, le armi da fuoco non avrebbero fatto<br />

nessuna differenza. Inoltre, entrambi avevano come arma il loro stesso<br />

corpo.<br />

– Bert, Bert – salutò Chester, rivolgendo un cenno a ciascuno dei<br />

due. – Questa è Sookie Stackhouse. La regina vuole vederla.<br />

E si volse per andarsene, lasciandomi con le guardie del corpo della<br />

regina.<br />

– Non posso credere che abbiate tutti e due lo stesso nome –<br />

osservai, solo perché urlare mi pareva una cattiva idea. – Di certo lui si<br />

deve essere sbagliato.<br />

Due paia di occhi castani mi fissarono attentamente.<br />

– Io sono Sigebert – dichiarò poi quello sfregiato, con un pesante<br />

accento che non riuscii a identificare, e che fece suonare il suo nome come<br />

See-ya-bairt. Evidentemente, Chester aveva usato una versione molto<br />

americanizzata di quello che doveva essere un nome davvero antico. –<br />

Cvesto è mio fratello Wybert.<br />

Questo è mio fratello, Way-bairt?<br />

– Salve – dissi, cercando di non sussultare. – Io sono Sookie<br />

Stackhouse.<br />

Non parvero per nulla impressionati. In quel momento, uno dei<br />

vampiri con la spilletta passò oltre, scoccando ai due fratelli un’occhiata<br />

intrisa di disprezzo a stento velato, e l’atmosfera nel corridoio si fece<br />

letale. Sigebert e Wybert seguirono con lo sguardo il vampiro, una donna<br />

alta che indossava un tailleur, finché non ebbe svoltato un angolo, poi<br />

riportarono la loro attenzione su di me.<br />

– La regina è... impegnata – disse Wybert. – Quando vorrà che entri<br />

nella sua stanza, la luce si accenderà – aggiunse, indicando una luce<br />

rotonda inserita nel muro, a destra della porta.<br />

Quindi ero bloccata lì per un tempo indefinito... finché la luce non si<br />

fosse accesa.<br />

– I vostri nomi hanno un significato? – chiesi, cercando di fare<br />

conversazione. – Mi sembra che siano... ecco... che sia inglese antico... –<br />

La voce mi si spense.<br />

– Noi eravamo Sassoni. Nostro padre andò dalla Germania in<br />

Inghilterra, come voi chiamate ora – spiegò Wybert. – Il mio nome<br />

significa Luminosa Battaglia.<br />

– E il mio Luminosa Vittoria – aggiunse Sigebert.


Ricordai un programma che avevo visto su History Channel. Con il<br />

tempo, i Sassoni erano diventati Anglo-Sassoni, ed erano stati in seguito<br />

sopraffatti dai Normanni.<br />

– Quindi siete stati allevati per diventare guerrieri – osservai,<br />

cercando di apparire intelligente.<br />

– Non c’era niente altro – replicò Sigebert, scambiando un’occhiata<br />

con il fratello. L’estremità della sua cicatrice si contraeva, quando parlava,<br />

ed era difficile evitare di fissarla. – Eravamo figli di un capo guerriero.<br />

Mi vennero in mente un centinaio di domande da porre in merito alla<br />

loro vita di umani, ma non mi parve il caso di formularle in piena notte,<br />

nel bel mezzo di un corridoio di un palazzo di uffici.<br />

– Come siete diventati vampiri? – chiesi invece, e subito aggiunsi: –<br />

O forse è una domanda di cattivo gusto? Se lo è, dimenticate che abbia<br />

parlato. Non voglio pestare i calli a nessuno.<br />

Vedendo Sigebert abbassare lo sguardo sui propri piedi, dedussi che<br />

quei due non erano particolarmente ferrati in fatto di inglese colloquiale.<br />

– Questa donna... molto bella... lei è venuta da noi la notte prima<br />

della battaglia – spiegò Wybert, con esitazione. – Ha detto... che saremmo<br />

diventati più forti se lei... ci avesse fatti suoi.<br />

I due fratelli mi fissarono interrogativamente, e io annuii, per<br />

mostrare di aver capito ciò che Wybert stava dicendo, e cioè che la<br />

vampira aveva dato a intendere di essere interessata solo a dividere il loro<br />

letto. O forse i due avevano capito che lei intendeva dissanguarli? Non ero<br />

in grado di determinarlo, e pensai che si doveva essere trattato di una<br />

vampira molto ambiziosa, se si era sentita sicura di poter sottomettere<br />

contemporaneamente quei due umani.<br />

– Lei non ha detto che dopo avremmo combattuto solo di notte –<br />

aggiunse Sigebert, scrollando le spalle per indicare che c’era stato un<br />

tranello di cui non si erano resi conto. – Noi non abbiamo fatto molte<br />

domande! Eravamo troppo impazienti di averla! – Nel parlare, sorrise. Vi<br />

garantisco che non c’è niente che spaventi quanto un vampiro a cui<br />

rimangano in bocca solo i canini. Era possibile che Sigebert avesse ancora<br />

alcuni molari, che la mia statura mi impediva di vedere, ma la dentatura<br />

abbondante, anche se storta, di Chester cominciava ad apparirmi splendida,<br />

al confronto.<br />

– Deve essere successo davvero molto tempo fa – commentai, perché<br />

non mi veniva in mente niente altro da dire. – Da quanto tempo lavorate<br />

per la regina?<br />

Sigebert e Wybert si fissarono a vicenda.


– Da quella notte – rispose poi Wybert, stupito che non avessi capito.<br />

– Le apparteniamo.<br />

Il mio rispetto nei confronti della regina, e forse anche la paura che<br />

mi ispirava, aumentarono in maniera esponenziale. Sophie-Anne, se questo<br />

era davvero il suo nome, era stata coraggiosa, strategica e attiva nella sua<br />

carriera di capo di vampiri. Aveva portato quei due con sé e se li era tenuti<br />

vicini, sfruttando un vincolo che colui di cui non avrei mai più pronunciato<br />

il nome, neppure dentro di me, mi aveva spiegato essere, per un vampiro,<br />

più forte di qualsiasi altro legame emotivo.<br />

Con mio sollievo, la luce sul muro divenne verde.<br />

– Entra – disse Sigebert, spingendo il pesante battente. Lui e Wybert<br />

mi rivolsero un identico cenno di saluto mentre varcavo la soglia ed<br />

entravo in una stanza che sembrava un qualsiasi ufficio manageriale.<br />

Sophie-Anne LeClerq, Regina della Louisiana, e un vampiro<br />

maschio, erano seduti a un tavolo rotondo coperto da mucchi di<br />

documenti. In passato, avevo incontrato la regina una volta soltanto,<br />

quando era venuta a casa mia per notificarmi la morte di mia cugina, e in<br />

quell’occasione non avevo notato quanto doveva essere stata giovane<br />

quando era morta... forse addirittura non più che quindicenne. Sophie-<br />

Anne era una donna elegante, più bassa di me di una decina di centimetri,<br />

e curata fino all’ultimo ciglio. Trucco, vestito, capelli, calze, gioielli... tutto<br />

era perfetto.<br />

Il vampiro seduto al tavolo con lei era la sua controparte maschile,<br />

abbigliato con un completo il cui prezzo sarebbe bastato a pagare per un<br />

anno le mie bollette della TV via cavo, e talmente curato nella pettinatura e<br />

nella manicure, talmente profumato, da non sembrare quasi più un uomo;<br />

nel mio sperduto angolo di mondo, non capitava spesso di vedere un uomo<br />

tanto raffinato. Supposi che si trattasse del nuovo re, e mi chiesi anche se<br />

era <strong>morto</strong> così tirato a lucido, se i dipendenti delle pompe funebri lo<br />

avevano ripulito e agghindato in quel modo per il suo funerale, senza<br />

sapere che la sua discesa sotto terra sarebbe stata soltanto temporanea. Se<br />

le cose stavano così, allora lui era meno antico della sua regina, ma forse<br />

l’età non era il solo requisito necessario, se si mirava a diventare un<br />

sovrano.<br />

Nella stanza c’erano altre due persone. Un uomo basso era in piedi<br />

circa un metro più indietro rispetto alla sedia della regina, a gambe larghe<br />

e con le mani intrecciate davanti a sé. Con i capelli biondi tagliati corti, gli<br />

occhi azzurro chiaro e il volto che mancava di maturità, quell’uomo<br />

sembrava una sorta di grosso bambino, dotato però della muscolatura di un


adulto; abbigliato con un completo elegante, era armato di sciabola e di<br />

pistola.<br />

Alle spalle del vampiro seduto al tavolo c’era una donna, anch’essa<br />

una vampira, vestita interamente di rosso... calzoni, T-shirt, scarpe<br />

sportive... un colore che, sfortunatamente per lei, non le si addiceva affatto.<br />

I suoi tratti asiatici mi facevano pensare che fosse originaria del Vietnam,<br />

anche se probabilmente ai suoi tempi esso aveva avuto un altro nome, le<br />

sue unghie erano naturali, senza smalto, e i capelli parevano essere stati<br />

tagliati all’altezza del mento con un paio di forbici arrugginite, a<br />

incorniciare un volto che era quello scialbo elargitole da Dio, senza<br />

neppure un filo di trucco a migliorarlo. Affibbiata sulle spalle, portava una<br />

spada dall’aspetto terrificante.<br />

Dal momento che non ero stata istruita su un particolare protocollo<br />

da seguire, salutai la regina con un profondo cenno del capo.<br />

– Lieta di rivederti, signora – salutai, cercando di guardare con<br />

espressione cortese il re al suo fianco, nel rivolgere anche a lui un cenno di<br />

saluto, per poi fare lo stesso, in maniera meno marcata, con i due tizi in<br />

piedi, che dovevano essere guardie del corpo. La cosa mi fece sentire<br />

un’idiota, ma non li volevo ignorare, anche se essi non parvero avere<br />

problemi a ignorare me, dopo avermi squadrata da capo a piedi.<br />

– Ho sentito che hai avuto alcune avventure a New Orleans – osservò<br />

la regina, usando un argomento neutro per aprire la conversazione. Non<br />

stava sorridendo, ma del resto avevo l’impressione che non fosse un<br />

genere di ragazza che sorrideva molto.<br />

– Sì, signora.<br />

– Sookie, questo è mio marito, Peter Threadgill, Re dell’Arkansas –<br />

continuò Sophie-Anne, senza la minima espressione affettuosa sul volto.<br />

Pareva mi stesse dicendo il nome del suo barboncino.<br />

– Come va? – salutai, tornando a chinare il capo, e in fretta aggiunsi:<br />

– Signore. – D’accordo, la cosa cominciava già a stancarmi.<br />

– Signorina Stackhouse – rispose lui, prima di riportare la propria<br />

attenzione sui documenti che aveva davanti; il tavolo rotondo era grande,<br />

ed era completamente ingombro di lettere, stampati di computer e un<br />

assortimento di altre carte... rendiconti bancari?<br />

Pur sentendomi sollevata di non costituire un oggetto di interesse per<br />

il re, stavo cominciando a chiedermi per quale motivo mi trovassi lì. Lo<br />

scoprii quando la regina iniziò a interrogarmi in merito alla notte<br />

precedente, domande a cui risposi raccontando in modo esplicito tutto<br />

quello che era successo.


Lei si fece molto seria quando le raccontai dell’incantesimo di stasi<br />

apposto da Amelia, e dell’effetto che esso aveva avuto sul corpo.<br />

– Non credi che la strega sapesse della presenza del corpo, quando ha<br />

eseguito l’incantesimo? Mi chiese. Intanto mi accorsi che il re, pur avendo<br />

lo sguardo fisso sui documenti, non ne aveva sfogliato neppure uno mentre<br />

noi due stavamo parlando... o forse, era molto lento a leggere.<br />

– No, signora. So per certo che Amelia non sapeva che lui fosse lì.<br />

– Lo hai ricavato con il tuo talento telepatico?<br />

– Sì, signora.<br />

A quel punto, Peter Threadgill mi guardò, e questo mi permise di<br />

notare che i suoi occhi erano di un grigio insolitamente glaciale, inseriti in<br />

un volto pieno di angoli affilati: il naso era come una lama, le labbra erano<br />

sottili e diritte, gli zigomi alti.<br />

Il re e la regina erano entrambi avvenenti, ma il loro era un genere di<br />

bellezza che non faceva presa su di me, e avevo l’impressione che il<br />

sentimento fosse reciproco, grazie a Dio.<br />

– Tu sei la telepate che la mia cara Sophie vuole portare con sé al<br />

congresso – osservò Peter Threadgill.<br />

Dal momento che mi stava dicendo qualcosa che già sapevo, non mi<br />

pareva necessario rispondere, ma la discrezione ebbe in me la meglio sulla<br />

pura e semplice irritazione.<br />

– Sì, sono io – annuii.<br />

– Anche Stan ne ha uno – commentò la regina, rivolta al marito, ed<br />

esprimendosi come se i vampiri collezionassero telepati nello stesso modo<br />

in cui un patito di cani poteva collezionare springer spaniel.<br />

Il solo Stan che conoscessi era un capo vampiro di Dallas, e l’unico<br />

telepate che avessi mai incontrato viveva in quella città, quindi da quelle<br />

poche parole della regina dedussi che la vita di Barry il Fattorino doveva<br />

essere cambiata parecchio, da quando lo avevo incontrato. A quanto<br />

pareva, adesso lavorava per Stan Davis; non sapevo peraltro se Stan fosse<br />

uno sceriffo, o addirittura un re, perché a quell’epoca non ero stata a<br />

conoscenza del fatto che i vampiri avevano dei sovrani.<br />

– Quindi adesso stai cercando di rendere il tuo seguito all’altezza di<br />

quello di Stan? – domandò Peter Threadgill a sua moglie, in un tono<br />

nettamente privo di tracce di affetto. Dai molti indizi che avevo raccolto,<br />

mi ero fatta l’idea che quello non fosse un matrimonio d’amore, e a mio<br />

parere non era neppure dettato dall’attrazione fisica. Sapevo che la regina<br />

era stata attratta da mia cugina Hadley, e i due vampiri di guardia alla porta<br />

avevano affermato che era stata lei a sconvolgere il loro mondo. Peter


Threadgill non si avvicinava minimamente a nessuna delle due estremità di<br />

quello spettro, ma forse questo dimostrava soltanto che la regina era<br />

“onnisessuale”, ammesso che un termine del genere esistesse. Avrei dovuto<br />

verificare, una volta tornata a casa... se mai ci fossi tornata.<br />

– Se Stan ritiene vantaggioso assumere una persona del genere, di<br />

certo la cosa è da prendere in considerazione... soprattutto dal momento<br />

che è qualcosa che è facile procurarsi.<br />

Ero merce di stock.<br />

Peter Threadgill scrollò le spalle. Non che mi fossi fatta molte<br />

aspettative, ma avrei supposto che il re di uno stato gradevole, povero e<br />

panoramico come l’Arkansas fosse meno sofisticato e più alla mano, con<br />

un certo senso dell’umorismo. Forse, Threadgill era un politicante<br />

opportunista originario di New York City, anche se era impossibile dedurlo<br />

dal suo modo di parlare, perché i vampiri tendevano ad avere accenti<br />

propri delle parti più disparate del mondo.<br />

– Allora, cosa pensi che sia successo nell’appartamento di Hadley? –<br />

domandò la regina; mi resi conto che eravamo tornate all’argomento<br />

originale.<br />

– Non so chi abbia attaccato Jake Purifoy – risposi, – ma la notte in<br />

cui Hadley è andata al cimitero insieme a Waldo, il corpo dissanguato di<br />

Jake era chiuso in quella cabina armadio. Quanto a come ci sia finito, non<br />

saprei dirlo. È per questo che stanotte Amelia eseguirà quell’ecto qualche<br />

cosa.<br />

L’espressione della regina cambiò, rivelando infine un effettivo<br />

interesse.<br />

– Intende effettuare una ricostruzione ectoplasmatica? Ne ho sentito<br />

parlare, ma non ne ho mai vista una.<br />

Quanto al re, appariva più che interessato: per un momento, sembrò<br />

decisamente infuriato.<br />

– Amelia si chiedeva se ti sarebbe andato di... di finanziare la cosa –<br />

continuai, costringendomi a riportare la mia attenzione sulla regina. Mi<br />

domandai se avrei dovuto aggiungere un “mia signora”, ma non riuscii a<br />

indurmi a farlo.<br />

– Sarebbe un buon investimento, dato che questo nostro più nuovo<br />

vampiro avrebbe potuto causare notevoli problemi a tutti noi. Se si fosse<br />

scatenato fra la popolazione... sarò lieta di pagare.<br />

Trassi un sospiro di puro sollievo.<br />

– E credo anche che verrò ad assistere – aggiunse però la regina,<br />

prima che potessi esalare il fiato.


Quella mi parve la peggiore idea del mondo, perché pensai che la<br />

presenza della regina avrebbe intimidito Amelia, schiacciandola fino a<br />

farle colare fuori tutta la sua magia. Tuttavia, non potevo certo dire a<br />

Sophie-Anne che non era gradita.<br />

– Non credo che dovresti andare – osservò con voce fluida e<br />

autoritaria Peter Threadgill, che aveva sollevato di scatto lo sguardo in<br />

reazione all’annuncio della regina. – Per i gemelli e per Andre sarà difficile<br />

proteggerti, in un quartiere come quello.<br />

Mi chiesi come facesse il Re dell’Arkansas ad avere anche una<br />

minima idea di come fosse il quartiere in cui aveva vissuto Hadley, che era<br />

in realtà una tranquilla zona medio-borghese, soprattutto se paragonato alla<br />

sorta di zoo costituito dal quartier generale dei vampiri, con il suo flusso<br />

costante di turisti, di picchettatori e di fanatici muniti di macchina<br />

fotografica.<br />

Sophie-Anne si stava già preparando a uscire, preparativi che<br />

consistettero nel lanciarsi un’occhiata in uno specchio, per accertarsi che la<br />

sua perfetta facciata continuasse a essere perfetta, e nell’infilarsi un paio di<br />

scarpe a tacco altissimo che si erano trovate sotto il tavolo. Fino a quel<br />

momento, lei era stata seduta a piedi nudi, un dettaglio che la rese molto<br />

più reale ai miei occhi: c’era una personalità, sotto quella esteriorità.<br />

– Suppongo gradiresti che Bill ci accompagnasse – mi disse poi la<br />

regina.<br />

– No – scattai. D’accordo, c’era una personalità... sgradevole e<br />

crudele.<br />

La regina parve però sinceramente sorpresa. Suo marito si mostrò<br />

indignato per la mia scortesia, sollevando di scatto la testa e fissandomi<br />

con quegli strani occhi grigi accesi dall’ira, ma Sophie-Anne parve<br />

semplicemente sconcertata dalla mia reazione.<br />

– Credevo steste insieme – osservò, in tono assolutamente neutro.<br />

Ricacciai indietro la mia prima risposta, sforzandomi di ricordare a<br />

chi stavo parlando.<br />

– No, non più – risposi, con voce che era quasi un sussurro, poi trassi<br />

un profondo respiro e feci uno sforzo enorme, aggiungendo: – Chiedo<br />

scusa per essere stata tanto brusca. Per favore, perdonami.<br />

La regina si limitò a fissarmi per qualche altro secondo, senza che<br />

riuscissi a cogliere il minimo indizio riguardo ai suoi pensieri, alle sue<br />

emozioni, o alle sue intenzioni. Era come guardare un antico vassoio<br />

d’argento... una superficie lucida, dalla decorazione elaborata, e dura al<br />

tatto. Come avesse potuto Hadley essere tanto avventurosa da dividere il


letto con quella donna era qualcosa che esulava dalla mia comprensione.<br />

– Sei scusata – replicò infine.<br />

– Sei troppo clemente – osservò suo marito, la cui superficie,<br />

almeno, stava cominciando in certa misura ad assottigliarsi. Le sue labbra<br />

si arricciarono in qualcosa di simile a un ringhio, mentre io mi rendevo<br />

conto di non voler essere l’oggetto dell’attenzione di quegli occhi luminosi<br />

per un altro secondo; inoltre, non mi piaceva il modo in cui quella ragazza<br />

asiatica mi stava fissando, senza contare che mi venivano i crampi ogni<br />

volta che davo un’occhiata al suo taglio di capelli. Santo cielo, perfino<br />

l’anziana signora che veniva a fare la permanente a mia nonna tre volte<br />

all’anno era stata in grado di fare un lavoro migliore del Folle Falciatore di<br />

Erbacce!<br />

– Tornerò fra una o due ore, Peter – affermò Sophie-Anne, in tono<br />

molto scandito e tanto tagliente che avrebbe potuto attraversare un<br />

diamante. L’uomo basso le fu accanto in un attimo, inespressivo in volto,<br />

offrendole il braccio per aiutarla ad alzarsi. Dedussi si trattasse di Andre.<br />

L’atmosfera era tanto tesa che si tagliava con il coltello. Oh, quanto<br />

avrei voluto essere altrove!<br />

– Mi sentirei molto più tranquillo se sapessi che Fiore di Giada è con<br />

te – suggerì il re, accennando alla donna vestita di rosso. Fiore di Giada un<br />

accidente; quella donna sembrava più l’Assassino di Pietra, considerato<br />

che la sua espressione non era cambiata di una virgola, quando aveva<br />

sentito l’offerta del re.<br />

– Questo però lascerebbe te senza nessuna protezione – obiettò la<br />

regina.<br />

– Non direi proprio. L’edificio è pieno di guardie e di vampiri fedeli<br />

– replicò Peter Threadgill.<br />

D’accordo, quella era una sfumatura che perfino io avevo recepito.<br />

Le guardie della regina erano state distinte dai vampiri fedeli, che supposi<br />

essere quelli che lo stesso Threadgill aveva portato con sé.<br />

– In tal caso, naturalmente, sarò orgogliosa di essere scortata da una<br />

combattente come Fiore di Giada.<br />

Accidenti. Non riuscivo a capire se la regina stava dicendo sul serio,<br />

o se stava cercando di placare il nuovo marito accettando la sua offerta, o<br />

ancora se stava ridendo fra sé di quella goffa strategia da lui attuata per<br />

garantire che una sua spia fosse presente alla ricostruzione ectoplasmatica.<br />

La regina si servì quindi di un interfono per contattare la stanza sicura in<br />

cui Jake Purifoy veniva istruito in ciò che comportava essere un vampiro.<br />

– Raddoppiate la sorveglianza di Purifoy – ordinò, – e avvertitemi


non appena dovesse ricordare qualcosa.<br />

Una voce ossequiosa le garantì che lei sarebbe stata la prima a essere<br />

informata.<br />

Mi chiesi perché fosse necessaria una doppia sorveglianza per Jake.<br />

Mi riusciva difficile sentirmi preoccupata davvero per la sua sicurezza,<br />

anche se evidentemente la regina lo era.<br />

E così ci avviammo... la regina, Fiore di Giada, Andre, Sigebert,<br />

Wybert e io. Probabilmente, dovevo essermi già trovata altre volte in una<br />

compagnia tanto assortita, ma non saprei dire quando. Dopo aver percorso<br />

una quantità di corridoi, entrammo in un garage sorvegliato e ci<br />

accalcammo in una limousine, mentre Andre accennava con un pollice a<br />

una delle guardie, segnalandole di mettersi al volante. Fino a quel<br />

momento, non lo avevo ancora sentito pronunciare una sola parola. Con<br />

mio piacere, l’autista risultò essere Rasul, che mi fece l’impressione di un<br />

vecchio amico, paragonato agli altri.<br />

Sigebert e Wybert si mostrarono a disagio in auto. Quei due erano i<br />

vampiri più inflessibili che avessi mai incontrato, tanto da indurmi a<br />

chiedere se per loro lo stretto rapporto con la regina non fosse stato un<br />

danno. Questo aveva fatto sì che non dovessero cambiare, e cambiare con i<br />

tempi era stato la chiave della sopravvivenza dei vampiri, fino alla Grande<br />

Rivelazione, così come continuava a esserlo nelle nazioni che non avevano<br />

accettato l’esistenza dei vampiri con la tolleranza esibita dall’America.<br />

Quei due vampiri sarebbero stati lieti di vestirsi di pelli e di stoffa tessuta<br />

in casa, e sarebbero apparsi del tutto a loro agio calzando stivali di cuoio<br />

fatti a mano e reggendo uno scudo sul braccio.<br />

– Il tuo sceriffo, Eric, è venuto a parlarmi, la scorsa notte – mi disse<br />

la regina.<br />

– L’ho visto all’ospedale – annuii, sperando che il mio tono suonasse<br />

disinvolto quanto il suo.<br />

– Tu capisci che quel nuovo vampiro, quello che prima era un<br />

mannaro... non ha avuto scelta. Lo capisci?<br />

– È una cosa che sento dire spesso riguardo ai vampiri – replicai,<br />

ricordando tutte le volte in cui, in passato, Bill mi aveva spiegato le cose<br />

dicendo che non aveva potuto fare diversamente. A quel tempo gli avevo<br />

creduto, ma adesso non ero più certa che fosse così. In effetti, mi sentivo<br />

tanto stanca e infelice da non avere quasi più voglia di continuare a cercare<br />

di mettere ordine nell’appartamento di Hadley, nei suoi beni e nei suoi<br />

affari, ma ero consapevole che se fossi tornata a casa a Bon Temps<br />

lasciando qui le cose in sospeso, non avrei fatto altro che starmene seduta a


imuginare.<br />

Lo sapevo, ma in quel momento la realtà era difficile da affrontare.<br />

Era proprio tempo di rivolgermi uno dei miei soliti rincuoranti,<br />

quindi ricordai severamente a me stessa che quella sera avevo già vissuto<br />

uno o due momenti piacevoli, e che ne avrei avuti altri, ogni giorno, fino a<br />

riuscire a ricostruire il mio precedente stato di appagamento. Avevo<br />

sempre amato la vita, e sapevo che sarei tornata ad amarla, ma prima di<br />

arrivare a farcela avrei dovuto attraversare una quantità di momenti<br />

difficili.<br />

Non ritenevo di essere mai stata una persona che si facesse molte<br />

illusioni, perché quando si può leggere nella mente degli altri non restano<br />

molti dubbi in merito a quanto anche le persone migliori possano essere<br />

cattive.<br />

Ma quella era stata una cosa che non avevo proprio visto arrivare.<br />

Con mio orrore, le lacrime cominciarono a scivolarmi lungo le<br />

guance; tirato fuori un fazzolettino di carta dalla borsetta, mi tamponai il<br />

volto, consapevole che tutti i vampiri mi stavano fissando, Fiore di Giada<br />

con l’espressione più identificabile che le fosse finora apparsa sul volto: il<br />

disprezzo.<br />

– Stai soffrendo? – domandò la regina, indicando il braccio ferito.<br />

Non ritenevo che le importasse davvero; piuttosto, ero certa che si<br />

fosse imposta per così tanto tempo di fornire sempre la risposta umana più<br />

corretta, che ormai quello era diventato per lei un riflesso istintivo.<br />

– È un dolore di cuore – spiegai... e subito mi sarei morsa la lingua.<br />

– Oh – fece lei. – Bill?<br />

– Sì – confermai, deglutendo a fatica e facendo del mio meglio per<br />

porre fine a quella manifestazione emotiva.<br />

– Io ho pianto per Hadley – affermò inaspettatamente Sophie-Anne.<br />

– È stato un bene che avesse qualcuno a cui importava di lei –<br />

replicai, e dopo un momento, aggiunsi: – Mi avrebbe fatto piacere essere<br />

informata della sua morte prima di come lo sono stata. – Avevo cercato di<br />

esprimermi nel modo più cauto possibile, nel protestare per aver scoperto<br />

che mia cugina era morta solo settimane dopo che questo era successo.<br />

– C’erano dei motivi che mi hanno costretta ad aspettare prima di<br />

mandare Cataliades da te – spiegò Sophie-Anne. Il suo volto liscio e i suoi<br />

occhi limpidi erano impenetrabili come un muro di ghiaccio, ma ebbi la<br />

netta impressione che lei avrebbe preferito che non avessi sollevato<br />

l’argomento. La fissai, cercando qualche indizio al riguardo, e lei accennò<br />

in modo molto fugace con lo sguardo in direzione di Fiore di Giada, che


sedeva alla sua destra. Non avevo idea di come quella vampira asiatica<br />

potesse sedere in una posa tanto rilassata con quella lunga spada affibbiata<br />

alla schiena, ma avevo la netta sensazione che dietro quel volto<br />

inespressivo e quegli occhi piatti, lei stesse ascoltando tutto quello che<br />

dicevamo.<br />

Per non correre rischi, decisi che non avrei più aperto bocca, e il<br />

resto del tragitto si svolse in silenzio.<br />

Rasul rifiutò di entrare nel cortile con la limousine, e questo mi fece<br />

ricordare che anche Diantha aveva parcheggiato lungo la strada. Quando<br />

Rasul venne ad aprire la portiera per la regina, Andre scese per primo, si<br />

guardò intorno a lungo e infine annuì, per indicare che la regina poteva<br />

scendere senza rischi dal veicolo; intanto, Rasul si teneva sul chi vive, con<br />

il fucile in mano, pronto a individuare eventuali assalitori, e Andre<br />

appariva altrettanto vigile.<br />

Fiore di Giada scivolò poi a sua volta dal sedile posteriore, andando<br />

ad aggiungersi agli altri occhi attenti che scrutavano l’area.<br />

Proteggendo la regina con il loro corpo, i tre entrarono quindi nel<br />

cortile, mentre Sigebert scendeva dall’auto, con l’ascia in mano, e<br />

aspettava che lo seguissi; dopo che lo ebbi raggiunto, lui e Wybert mi<br />

scortarono oltre il cancello aperto in modo molto meno cerimonioso di<br />

quello che gli altri avevano usato con la regina.<br />

Avevo visto la regina a casa mia, protetta soltanto da Cataliades,<br />

l’avevo vista nel suo ufficio, con una sola guardia del corpo... e forse non<br />

mi ero resa conto di quanto la sicurezza fosse importante per Sophie-Anne,<br />

quanto dovesse essere precaria la sua presa sul potere. Avrei voluto sapere<br />

da chi tutte quelle guardie la stessero proteggendo, chi potesse voler<br />

uccidere la regina della Louisiana.<br />

Forse tutti i sovrani dei vampiri correvano tanti pericoli... o forse si<br />

trattava solo di lei. Improvvisamente, il convegno di vampiri previsto per<br />

quell’autunno mi apparve come una prospettiva molto più spaventosa di<br />

quanto lo fosse stato in precedenza.<br />

Il cortile era ben illuminato, e Amelia si trovava sul vialetto circolare<br />

insieme a tre amici, nessuno dei quali, per onore di cronaca, era una<br />

vecchia munita di scopa. Uno di essi era un ragazzo che sembrava un<br />

missionario mormone, a giudicare dai calzoni neri, dalla camicia bianca,<br />

dalla giacca scura e dalle lucide scarpe nere. C’era anche una bicicletta,<br />

appoggiata a un albero nel centro del cerchio, quindi forse lui era davvero<br />

un missionario mormone. Appariva tanto giovane da indurmi a pensare che<br />

potesse essere ancora nell’età della crescita. La donna alta ferma accanto a


lui era sulla sessantina, ma aveva ancora un corpo flessuoso, ed era vestita<br />

con una T-shirt aderente, calzoni di maglia e sandali, il tutto completato da<br />

enormi orecchini a cerchio. La terza strega aveva più o meno la mia età,<br />

fra i venticinque anni e la trentina, ed era una ispanica dalle guance piene e<br />

dalle labbra rosse, con ondulati capelli neri e un corpo che aveva più curve<br />

di una svolta a S. Sigebert manifestò nei suoi confronti una particolare<br />

ammirazione (evidente dal suo sorriso lascivo) ma lei mostrò di ignorare<br />

tutti i vampiri, come se non fosse stata in grado di vederli.<br />

Anche se poteva essere rimasta sorpresa nel veder sopraggiungere<br />

tutti quei vampiri, Amelia gestì le presentazioni con una perfetta<br />

padronanza di sé.<br />

– Vostra maestà – le sentii dire... evidentemente, la regina si era già<br />

identificata prima che io sopraggiungessi, – questi sono i miei colleghi.<br />

Bob Jessup, Patsy Sellers e Terencia Rodriguez, che noi chiamiamo Terry<br />

– elencò quindi, accennando verso di loro con la mano come se stesse<br />

illustrando i pregi di una nuova auto.<br />

Le streghe si scambiarono un’occhiata prima di rivolgere alla regina<br />

un breve cenno del capo. Il volto di Sophie-Anne era così impenetrabile<br />

che mi fu difficile capire come avesse accolto quella mancanza di<br />

deferenza; comunque, lei ricambiò il cenno, e l’atmosfera rimase<br />

tollerabile.<br />

– Ci stavamo preparando per la nostra ricostruzione – continuò<br />

Amelia. Il suo tono era permeato di assoluta sicurezza, ma notai che le<br />

mani le stavano tremando, e i suoi pensieri non trasmettevano certo la<br />

confidenza espressa dalla sua voce. Dentro di sé, Amelia stava<br />

riesaminando tutti i preparativi fatti, elencando freneticamente gli oggetti<br />

magici che aveva messo insieme, valutando ansiosamente i suoi compagni<br />

per l’ennesima volta, per assicurarsi che fossero all’altezza, e così via.<br />

Tardivamente, mi resi conto che lei era una perfezionista.<br />

Mi chiesi poi dove fosse Claudine. Forse aveva visto arrivare i<br />

vampiri, ed era prudentemente fuggita a rifugiarsi in un angolo buio.<br />

Mentre mi guardavo intorno alla sua ricerca, ci fu un momento in cui la<br />

sofferenza interiore che stavo cercando di tenere a bada mi tese<br />

un’imboscata. Fu come uno di quei momenti che avevo sperimentato dopo<br />

la morte di mia nonna, quando mi ero trovata a fare qualcosa di familiare,<br />

come lavarmi i denti, e all’improvviso l’angoscia mi aveva sopraffatta.<br />

Impiegai un po’ a ritrovare il controllo e a riprendere contatto con la realtà<br />

circostante.<br />

Sapevo che per qualche tempo sarebbe stato così, e che dovevo


soltanto stringere i denti e sopportare.<br />

Mi costrinsi a concentrarmi su quanti mi circondavano. Le streghe si<br />

erano messe in posizione. Bob si era seduto nel cortile, su una sedia da<br />

giardino, e lo osservai con interesse mentre tirava fuori delle polveri da<br />

alcune bustine a cerniera e prelevava una scatola di fiammiferi dal taschino<br />

della camicia. Amelia intanto era arrivata in cima alla scala che portava<br />

all’appartamento, Terry aveva preso posizione a metà della scala e la<br />

strega alta e anziana, Patsy, era già sulla veranda, da dove stava guardando<br />

verso di noi.<br />

– Se volete osservare, probabilmente quassù sarebbe la posizione<br />

migliore – avvertì Amelia.<br />

La regina e io salimmo le scale, mentre le guardie si raggrupparono<br />

vicino al cancello, in modo da essere il più lontane possibile dalla magia;<br />

perfino Fiore di Giada pareva provare rispetto per il potere che stava per<br />

essere utilizzato, anche se non mostrava di rispettare le streghe come<br />

individui.<br />

Naturalmente, Andre seguì la regina su per le scale, ma a giudicare<br />

dalle sue spalle accasciate, mi parve tutt’altro che entusiasta della cosa.<br />

Era piacevole concentrarmi su qualcosa che non fosse ruminare sulla<br />

mia infelicità, quindi ascoltai con interesse mentre Amelia, pur dando<br />

l’impressione che avrebbe preferito essere altrove a giocare a beach volley,<br />

ci impartiva alcune istruzioni riguardo all’incantesimo che stava per<br />

eseguire.<br />

– Abbiamo calcolato di cominciare due ore prima di quando ho visto<br />

arrivare Jake – spiegò, – quindi potreste vedere una quantità di roba<br />

noiosa, che non c’entra niente. Se dovesse diventare troppo pesante per<br />

tutti, proverò ad accelerare un poco gli eventi.<br />

Improvvisamente, fui assalita da un pensiero che mi abbagliò per la<br />

sua semplicità. Avrei chiesto ad Amelia di tornare a Bon Temps con me, e<br />

di ripetere quella procedura nel mio cortile: in questo modo, avremmo<br />

scoperto che cosa era successo a Gladiola. Aver avuto quell’idea mi fece<br />

sentire meglio, e mi indusse a prestare maggiore attenzione a quanto stava<br />

succedendo.<br />

– Cominciamo! – gridò Amelia, e prese immediatamente a recitare<br />

delle parole, in una lingua che supposi essere latino. Dalla scala e dal<br />

cortile sentii salire fievoli echi delle sue parole, a mano a mano che le altre<br />

streghe si univano al rituale.<br />

Non avevamo idea di cosa aspettarci, e dopo un paio di minuti stare<br />

lì ad ascoltare quella cantilena divenne stranamente noioso, tanto che


cominciai a domandarmi cosa mi sarebbe successo se la regina si fosse<br />

davvero annoiata.<br />

Poi mia cugina Hadley entrò nel salotto.<br />

Rimasi così sconvolta che per poco non le rivolsi la parola, ma<br />

quando mi soffermai a guardare meglio, mi accorsi che non si trattava<br />

davvero di Hadley. Quel simulacro aveva la sua forma, e si muoveva come<br />

lei, ma i suoi colori erano superficiali: i suoi capelli non erano veramente<br />

scuri, davano solo l’impressione di esserlo. Lei sembrava un acquerello<br />

ambulante, ed era possibile veder tremolare la superficie della sua<br />

immagine. Comunque, la osservai avidamente, perché era passato molto<br />

tempo dall’ultima volta che ci eravamo viste. Hadley appariva più matura,<br />

naturalmente, e anche più dura, con una piega sardonica sulle labbra e<br />

un’espressione scettica negli occhi.<br />

Indifferente alla presenza di chiunque altro nella stanza, la<br />

ricostruzione andò verso il divano, prese un inesistente telecomando e lo<br />

girò verso la televisione. Mi ritrovai a guardare effettivamente verso lo<br />

schermo, per vedere se vi sarebbe apparso qualcosa, ma logicamente esso<br />

rimase spento.<br />

Poi percepii un movimento accanto a me, e lanciai un’occhiata alla<br />

regina: se io ero rimasta sconvolta, lei appariva elettrizzata. Non avrei mai<br />

creduto che potesse aver davvero amato Hadley, ma adesso avevo la prova<br />

che lo aveva fatto, nella misura in cui ne era capace.<br />

Osservammo Hadley lanciare di tanto in tanto un’occhiata alla<br />

televisione, mentre si applicava lo smalto alle dita dei piedi, beveva un<br />

inesistente bicchiere di sangue e faceva una telefonata.<br />

Non potevamo sentire cosa stava dicendo, potevamo solo vedere, e<br />

anche questo soltanto entro un raggio visivo limitato.<br />

Qualsiasi oggetto verso cui lei protendeva la mano, si manifestava<br />

esclusivamente nell’istante in cui veniva toccato, non prima, quindi si<br />

poteva essere certi di quello che stava facendo soltanto quando iniziava a<br />

utilizzarlo.<br />

Quando si protese per posare il bicchiere di sangue sul tavolino, con<br />

la mano ancora intorno al bicchiere, vedemmo quest’ultimo, il tavolino<br />

con gli altri oggetti presenti su di esso, e Hadley, contemporaneamente, il<br />

tutto coperto da quella patina luminescente. Il tavolino fantasma era<br />

sovrimposto a quello reale, che si trovava ancora quasi nello stesso esatto<br />

punto in cui era stato quella notte, giusto per rendere la cosa ancora più<br />

strana.<br />

Poi Hadley lasciò andare il bicchiere, ed esso scomparve insieme al


tavolino.<br />

Lanciai un’occhiata ad Andre, scoprendo che aveva gli occhi sgranati<br />

e fissi, la massima espressione che gli avessi scorto sul volto. Se la regina<br />

era addolorata, e io ero affascinata e triste, Andre era semplicemente<br />

terrorizzato.<br />

La scena si protrasse per qualche altro minuto, fino a quando Hadley<br />

sentì evidentemente qualcuno bussare alla porta (la sua testa si girò verso<br />

di essa e lei si mostrò sorpresa), si alzò in piedi (il divano fantasma, situato<br />

forse quattro centimetri più a destra di quello reale, cessò di esistere) e<br />

percorse la stanza, passando attraverso le mie scarpe da tennis, che erano<br />

accanto al divano, affiancate.<br />

D’accordo, tutto questo era strano, ma era anche affascinante.<br />

Presumibilmente, le persone che si trovavano nel cortile avevano<br />

visto il visitatore salire le scale esterne, dato che sentii uno dei due Bert...<br />

mi parve Wybert... emettere una sonora imprecazione. Quando Hadley aprì<br />

la porta, Patsy, che si era posizionata sulla veranda, aprì anche il battente<br />

reale, in modo che potessimo vedere, e l’espressione contrita di Amelia mi<br />

rivelò quanto fosse seccata per non averci pensato in anticipo.<br />

Fermo sulla porta c’era (il fantasma di) Waldo, un vampiro che era<br />

stato per anni al seguito della regina. Negli anni precedenti la sua morte,<br />

aveva subito molte percosse, che gli avevano lasciato una pelle<br />

permanentemente segnata. Essendo stato un magrissimo albino, Waldo<br />

aveva avuto un aspetto orribile, in quell’unica notte in cui lo avevo<br />

incontrato; come immagine spettrale, appariva decisamente migliore.<br />

Hadley parve sorpresa di vederlo, un’espressione abbastanza marcata<br />

da essere facilmente riconoscibile, poi si mostrò disgustata, ma si trasse<br />

comunque da parte per lasciarlo entrare.<br />

Quando tornò verso il tavolino per recuperare il bicchiere, Waldo si<br />

guardò intorno, come per verificare se nell’appartamento ci fosse qualcun<br />

altro, e la tentazione di mettere in guardia Hadley divenne tanto forte da<br />

essere quasi irresistibile.<br />

Dopo una breve conversazione, che naturalmente non potemmo<br />

sentire, Hadley scrollò le spalle e parve acconsentire a qualcosa, forse il<br />

piano di cui Waldo mi aveva parlato, la notte in cui aveva confessato di<br />

aver ucciso mia cugina. Lui aveva detto che era stata Hadley ad avere<br />

l’idea di andare al St. Louis Cemetery Number One per evocare lo spirito<br />

della regina voodoo Marie Laveau, ma a giudicare dalle prove, pareva<br />

fosse stato invece Waldo a suggerire la cosa.<br />

– Che cosa ha in mano? – domandò Amelia, con la voce più bassa


possibile, e Patsy venne avanti dalla veranda per controllare.<br />

– Un depliant – rispose, cercando a sua volta di parlare piano. – Su<br />

Marie Laveau.<br />

Poi Hadley guardò l’orologio che aveva al polso e disse qualcosa a<br />

Waldo... evidentemente qualcosa di scortese, a giudicare dalla sua<br />

espressione e dal cenno della testa con cui gli indicò la porta. Tutto il suo<br />

linguaggio corporeo stava dicendo di no, con la massima chiarezza<br />

possibile.<br />

E tuttavia, la notte successiva lei era andata con lui. Cosa era<br />

successo che poteva averla indotta a cambiare idea?<br />

Hadley tornò nella camera da letto, e noi la seguimmo. Guardandoci<br />

alle spalle, vedemmo Waldo posare il depliant sul tavolino vicino alla<br />

porta, nel lasciare l’appartamento.<br />

Mi diede uno strano senso di voyeurismo, starmene nella camera da<br />

letto di Hadley insieme ad Amelia, alla regina e ad Andre, intenta a<br />

guardare mentre mia cugina si toglieva la vestaglia per indossare un vestito<br />

molto estroso.<br />

– Lo ha indossato al party, la notte precedente il matrimonio –<br />

osservò la regina, in tono sommesso. L’abito era attillatissimo e molto<br />

scollato, di stoffa rossa resa ancora più scura da paillette dello stesso<br />

colore, e abbinato a splendide scarpe decolleté di coccodrillo.<br />

Evidentemente, Hadley era decisa a far rimpiangere alla regina ciò che<br />

stava per perdere.<br />

Osservammo Hadley pavoneggiarsi davanti allo specchio, pettinarsi<br />

in due modi diversi e riflettere a lungo su quale rossetto mettersi. Intanto,<br />

la novità della cosa si stava esaurendo, e io sarei stata disposta ad<br />

accelerare il procedimento, ma pareva che la regina non riuscisse a<br />

smettere di contemplare di nuovo la sua amata, e io non intendevo di certo<br />

protestare, soprattutto se si considerava che era lei a pagare.<br />

Hadley si girò di qua e di là davanti allo specchio, all’apparenza<br />

soddisfatta da quello che stava vedendo, poi scoppiò in lacrime.<br />

– Oh, mia cara... mi dispiace così tanto – sussurrò la regina.<br />

Sapevo esattamente come si stava sentendo Hadley, e per la prima<br />

volta provai nei confronti di mia cugina quel senso di affinità che si era<br />

perso nel corso di anni di separazione. Nella ricostruzione, si trattava della<br />

notte precedente alle nozze della regina, e Hadley sarebbe dovuta andare al<br />

party, vedere la regina insieme al suo fidanzato. E poi, la notte successiva<br />

avrebbe dovuto presenziare al loro matrimonio, o almeno così pensava,<br />

ignorando che per allora lei sarebbe stata già morta, definitivamente morta.


– Sta salendo qualcuno – avvertì Bob, la cui voce arrivò fino a noi<br />

attraverso la portafinestra aperta che dava sulla veranda. Nello spettrale<br />

mondo della ricostruzione, il campanello dovette suonare, perché Hadley<br />

si irrigidì, si guardò un’ultima volta nello specchio (attraversandoci con lo<br />

sguardo, dato che eravamo davanti a esso) e si costrinse visibilmente a<br />

controllarsi. Quando si avviò lungo il corridoio, aveva la solita andatura<br />

arrogante, e il suo volto semitrasparente sfoggiava un freddo accenno di<br />

sorriso.<br />

Aprì la porta, e dal momento che la strega Patsy aveva lasciato aperta<br />

quella vera, dopo l’“arrivo” di Waldo, potemmo vedere il battente<br />

fantasma che si schiudeva. Jake Purifoy indossava uno smoking e aveva un<br />

aspetto davvero splendido, come aveva detto Amelia. Mentre lui entrava<br />

nell’appartamento, lanciai un’occhiata ad Amelia, e vidi che stava<br />

contemplando con rimpianto il fantasma del mannaro.<br />

Era chiaro che a Purifoy non andava di essere stato mandato a<br />

prelevare la cocca della regina, ma che era troppo cortese per prendersela<br />

con Hadley. Con pazienza, rimase in attesa mentre lei preparava una<br />

minuscola borsetta e si pettinava un’ultima volta i capelli, poi entrambi<br />

uscirono.<br />

– Stanno scendendo – avvertì Bob, e noi tutti oltrepassammo la porta,<br />

per poi attraversare la veranda e affacciarci alla ringhiera. I due fantasmi<br />

stavano salendo su una macchina semitrasparente, che uscì dal cortile.<br />

Quello era il punto in cui cessava l’area influenzata dall’incantesimo,<br />

quindi nel varcare il cancello l’auto fantasma cessò di esistere, proprio<br />

vicino al gruppo di vampiri accalcato in quel punto. Sigebert e Wybert<br />

avevano gli occhi sgranati e un’espressione solenne, Fiore di Giada<br />

appariva scontenta e Rasul aveva un’aria vagamente divertita, come se<br />

stesse pensando a tutte le storielle divertenti che avrebbe potuto<br />

raccontare, nella sala delle guardie.<br />

– È ora di accelerare le cose – decise Amelia, che adesso appariva<br />

stanca, tanto da indurmi a chiedermi quanto fosse notevole lo sforzo a cui<br />

si stava sottoponendo per coordinare quell’atto di magia.<br />

Lei, Patsy, Terry e Bob presero a cantilenare all’unisono un altro<br />

incantesimo. Se in quello sforzo di gruppo c’era un anello debole, si<br />

trattava di Terry: la giovane strega dal volto rotondo stava sudando<br />

abbondantemente, e tremava per la fatica di portare avanti il proprio<br />

contributo magico, il volto così contratto da destare in me una certa<br />

preoccupazione.<br />

– Calma, fate con calma! – esortò Amelia, rivolta alla sua squadra,


nel notare gli stessi sintomi di cedimento. Poi tutti ripresero a cantilenare,<br />

e Terry parve riuscire a dosare meglio le sue forze, almeno a giudicare dal<br />

fatto che non aveva più un’aria tanto disperata.<br />

– Adesso... rallentate... – disse Amelia, e il cantilenare assunse un<br />

ritmo più lento.<br />

La macchina riapparve al cancello... questa volta passando attraverso<br />

Sigebert, che era avanzato di un passo, credo per poter osservare meglio<br />

Terry... poi si arrestò bruscamente, mezza dentro e mezza fuori del cortile.<br />

Hadley si catapultò fuori del veicolo. Stava piangendo, e già da<br />

qualche tempo, a giudicare dalla sua espressione. Jake Purifoy scese<br />

dall’altro lato e rimase fermo, con le mani appoggiate sopra lo sportello,<br />

parlando con lei da sopra il tetto della macchina.<br />

Fu allora che la guardia personale della regina, Andre, aprì bocca per<br />

la prima volta.<br />

– Hadley, ci devi dare un taglio, sai? A lui non importa... – cominciò,<br />

poi parve perdere il filo e scosse il capo, concludendo: – A lui importa<br />

salvare la faccia.<br />

Noi tutti lo fissammo. Stava forse comunicando con lo spirito di<br />

Hadley?<br />

Poi Andre spostò lo sguardo su Hadley.<br />

– Ma, Jake, non posso sopportarlo – recitò. – So che lei lo deve fare<br />

per motivi politici, ma mi vuole mandare via! Non posso sopportarlo!<br />

Andre sapeva leggere le labbra, perfino labbra ectoplasmatiche.<br />

Dopo un attimo, riprese a parlare.<br />

– Hadley, entra in casa e dormici sopra. Non puoi andare al<br />

matrimonio, se intendi fare una scenata. Sai che metteresti in imbarazzo la<br />

regina e rovineresti la cerimonia, e se questo dovesse succedere, il mio<br />

capo mi ucciderebbe. Questo è il più grande evento a cui abbiamo mai<br />

lavorato.<br />

Mi resi conto che stava parlando di Quinn. Quindi Jake Purifoy era il<br />

dipendente della cui scomparsa Quinn mi aveva parlato.<br />

– Non posso sopportarlo – ripeté Hadley, che adesso stava urlando.<br />

Questo era evidente dal modo in cui si muoveva la sua bocca, ma per<br />

fortuna Andre non ritenne necessario imitarla. Era già abbastanza surreale<br />

sentire le parole di Hadley uscire dalla sua bocca. – Ho fatto qualcosa di<br />

terribile! – Quell’annuncio melodrammatico suonò molto strano,<br />

pronunciato dalla voce monocorde di Andre.<br />

Hadley corse su per le scale, e Terry si spostò istintivamente per<br />

lasciarla passare. Aperta la porta (che era già aperta), Hadley entrò a


precipizio nel suo appartamento, e noi tutti ci girammo a guardare verso<br />

Jake. Lui sospirò, si raddrizzò e si allontanò dalla macchina, che<br />

scomparve mentre lui apriva un cellulare e componeva un numero. La<br />

telefonata durò meno di un minuto, senza che lui facesse pause per<br />

ricevere una risposta, quindi era logico supporre che avesse trovato una<br />

segreteria telefonica.<br />

– Capo – recitò Andre, – devo informarti che penso ci saranno<br />

problemi. L’amica della regina non riuscirà a controllarsi, durante la<br />

cerimonia.<br />

Oh mio Dio, dimmi che Quinn non ha fatto uccidere Hadley! mi<br />

dissi, annientata da quel pensiero. Mentre ancora quell’idea mi si stava<br />

formando nella mente, però, Jake si avvicinò al retro della macchina, che<br />

tornò ad apparire quando lui la sfiorò, passando amorevolmente la mano<br />

lungo il contorno del bagagliaio nel farsi sempre più vicino all’area<br />

all’esterno del cancello... da dove una mano si protese all’improvviso per<br />

afferrarlo. L’area influenzata dalle streghe non si estendeva al di là della<br />

recinzione, quindi il resto del corpo era assente, e l’effetto di una mano che<br />

si materializzava dal nulla per afferrare l’ignaro mannaro fu spaventosa,<br />

degna di un film dell’orrore.<br />

Quella situazione era esattamente come uno di quei sogni in cui si<br />

vedeva sopraggiungere il pericolo ma non si poteva parlare: nessun<br />

avvertimento da parte nostra avrebbe infatti potuto prevenire ciò che era<br />

già successo. Noi tutti rimanemmo però sconvolti: i due Bert lanciarono un<br />

grido, Fiore di Giada snudò la spada, tanto in fretta che non riuscii a<br />

vedere la sua mano muoversi, e la regina rimase a bocca aperta.<br />

Potevamo vedere soltanto i piedi di Jake che si dibattevano. Poi essi<br />

cessarono di muoversi.<br />

Noi tutti ci fissammo a vicenda, perfino le streghe, la cui<br />

concentrazione prese ad attenuarsi al punto che il cortile cominciò a<br />

riempirsi di nebbia.<br />

– Streghe! – ingiunse però Amelia, in tono aspro. – Al lavoro!<br />

In un momento, la caligine si dissolse. I piedi di Jake continuavano<br />

tuttavia a essere immobili, e di lì a poco i loro contorni si fecero sempre<br />

meno nitidi: stava scomparendo alla vista, come tutti gli altri oggetti privi<br />

di vita. Nell’arco di alcuni secondi, però, mia cugina apparve sulla veranda<br />

e guardò in basso, con espressione cauta e preoccupata: evidentemente,<br />

aveva sentito qualcosa. Noi tutti registrammo il momento in cui lei vide il<br />

corpo, poi la vedemmo lanciarsi lungo le scale con rapidità vampirica e<br />

superare d’un balzo il cancello, scomparendo alla vista. Di lì a poco fu di


itorno, trascinando per i piedi il corpo, ora visibile come un tavolo o una<br />

sedia, perché lei lo stava toccando; Hadley si chinò quindi sul cadavere, e<br />

noi tutti potemmo vedere che Jake aveva una grande ferita al collo. La sua<br />

vista era nauseante, anche se devo dire che i vampiri che stavano seguendo<br />

la scena non parvero tanto nauseati, quanto affascinati.<br />

L’ectoplasmatica Hadley si guardò intorno, sperando in un aiuto, e<br />

assunse un’espressione disperatamente incerta, mentre le sue dita<br />

continuavano a premere contro il collo di Jake, alla ricerca di un battito.<br />

Alla fine, si chinò su di lui, e gli disse qualcosa.<br />

– È il solo modo – tradusse Andre. – Forse mi odierai, ma è il solo<br />

modo.<br />

Vedemmo Hadley lacerarsi il polso con i canini, e accostarlo,<br />

sanguinante, alla bocca di Jake, poi vedemmo il sangue colargli fra le<br />

labbra, e lui che si riprendeva abbastanza da afferrarle le braccia e trarla<br />

verso di sé. Quando infine lo costrinse a lasciarla andare, Hadley appariva<br />

esausta, e lui sembrava essere in preda alle convulsioni.<br />

– I mannari non sono buon materiale per vampiri – sussurrò Sigebert.<br />

– Prima d’ora non avevo mai visto un mannaro trasformato.<br />

Di certo, la transizione era stata difficile per il povero Jake Purifoy, al<br />

punto che nel vedere la sua sofferenza cominciai a perdonargli l’orrore<br />

della sera precedente. Mia cugina Hadley lo prese fra le braccia e lo<br />

trasportò su per la scala, soffermandosi di tanto in tanto a guardarsi<br />

intorno.<br />

La seguii un’ultima volta, accompagnata dalla regina, e la vedemmo<br />

togliere a Jake i vestiti lacerati, avvolgergli un asciugamano intorno al<br />

collo fino ad arrestare l’emorragia e sistemarlo con cura nel ripostiglio,<br />

coprendolo e chiudendo la porta, in modo che il sole del mattino non<br />

potesse bruciarlo nei tre giorni necessari alla trasformazione.<br />

Hadley ficcò quindi l’asciugamano insanguinato nel cesto della<br />

biancheria sporca, e ne infilò un altro nella fessura sottostante la porta del<br />

ripostiglio, per accertarsi che Jake non corresse rischi.<br />

Fatto questo, si sedette nel corridoio, a riflettere, poi tirò fuori il<br />

cellulare e compose un numero.<br />

– Sta chiedendo di Waldo – disse Andre, e quando le labbra di<br />

Hadley ripresero a muoversi, continuò: – Sta prendendo appuntamento per<br />

la notte successiva. Dice che deve parlare con lo spettro di Marie Laveau,<br />

se esso apparirà davvero. Afferma di avere bisogno di un consiglio.<br />

La conversazione durò per qualche altro momento, poi Hadley chiuse<br />

il cellulare e si alzò in piedi, raccogliendo il vestiario lacero e insanguinato


dell’ex-mannaro e chiudendolo in un sacchetto per i rifiuti.<br />

– Dovresti prendere anche l’asciugamano – consigliai, in un sussurro,<br />

ma mia cugina lasciò il cesto dei panni sporchi così com’era, e come lo<br />

avrei trovato al mio arrivo. Infine, Hadley prelevò le chiavi della macchina<br />

da una tasca dei pantaloni di Jake e scese le scale, salendo sull’auto con il<br />

sacchetto e allontanandosi.


Capitolo diciottesimo<br />

– Vostra maestà, ci dobbiamo fermare – disse Amelia, e la regina<br />

rispose con un cenno della mano che poteva anche essere un assenso.<br />

Terry era talmente sfinita che si stava appoggiando pesantemente alla<br />

ringhiera della scala, e sulla veranda Patsy appariva quasi scavata in volto;<br />

Bob, con la sua aria da secchione, pareva non aver risentito di nulla, ma lui<br />

si era saggiamente sistemato su una sedia fin dall’inizio. A un tacito<br />

segnale di Amelia, i quattro procedettero ad annullare l’incantesimo, e a<br />

poco a poco l’atmosfera spettrale si fece meno marcata, mentre noi<br />

tornavamo a essere uno strano gruppo male assortito raccolto in un cortile<br />

di New Orleans, invece di essere gli impotenti testimoni di una<br />

rievocazione magica.<br />

Amelia si recò quindi alla baracca per gli attrezzi, sull’angolo,<br />

prelevandone alcune sedie pieghevoli; quando Sigebert e Wybert<br />

mostrarono di non capire come esse funzionassero, lei e Bob provvidero ad<br />

aprirle.<br />

Una volta che le streghe e la regina si furono sedute, rimase un solo<br />

posto libero, e io lo occupai, dopo un silenzioso scambio di occhiate con<br />

gli altri quattro vampiri.<br />

– Sappiamo già cosa è successo la notte seguente – osservai,<br />

sentendomi un po’ stupida nel mio abito elegante, e con i sandali a tacco<br />

alto. Sarebbe stato piacevole poter indossare i miei vestiti abituali.<br />

– Uh, chiedo scusa, ma anche se voi lo sapete, il resto di noi lo<br />

ignora, e vorremmo capire di cosa si tratta – interloquì Bob,<br />

apparentemente ignaro del fatto che avrebbe dovuto tremare al cospetto<br />

della regina.<br />

Quel giovane con l’aria da secchione era in qualche modo simpatico,<br />

e comunque tutte e quattro le streghe avevano lavorato duramente, per cui<br />

se volevano sentire il resto della storia, non mi pareva ci fosse motivo di<br />

non permetterglielo. La regina non sollevò obiezioni, e perfino Fiore di<br />

Giada, che aveva intanto riposto la spada nel fodero, si mostrò<br />

leggermente interessata.<br />

– La notte successiva, Waldo ha attirato Hadley nel cimitero con la<br />

storia della tomba di Marie Laveau e della tradizione vampirica che i morti<br />

potevano evocare i morti... in quel caso, la sacerdotessa voodoo Marie<br />

Laveau. Hadley voleva che lo spettro rispondesse alle sue domande, cosa


che Waldo le aveva garantito essere possibile, se si fosse seguito il giusto<br />

rituale. La notte in cui l’ho incontrato, Waldo mi ha spiegato perché<br />

Hadley aveva acconsentito alla cosa, ma adesso so che lui ha mentito, e<br />

posso immaginare una quantità di altri motivi per cui Hadley ha accettato<br />

ad andare con lui al St. Louis Cemetery – spiegai, mentre la regina annuiva<br />

in silenzio. – Credo volesse sapere come sarebbe stato Jake, quando si<br />

fosse risvegliato, e che volesse scoprire cosa farne di lui. Non poteva<br />

lasciare che morisse, lo avete visto, ma non voleva ammettere con nessuno<br />

di aver creato un vampiro, soprattutto uno che era stato un mannaro.<br />

Stavo parlando a un pubblico molto attento. Sigebert e Wybert si<br />

erano accoccolati ai lati della regina, e parevano affascinati dalla storia.<br />

Per loro, questo doveva essere come andare al cinema.<br />

Tutte le streghe apparivano interessate a sentire i retroscena degli<br />

eventi di cui erano appena state testimoni, e perfino Fiore di Giada mi<br />

stava fissando attentamente. Soltanto Andre appariva immune, e<br />

impegnato a svolgere il suo compito di guardia del corpo, scrutando di<br />

continuo il cortile e il cielo per prevenire eventuali attacchi.<br />

– È anche possibile che Hadley abbia creduto che lo spettro potesse<br />

consigliarla su come riconquistare l’affetto della regina... senza offesa,<br />

signora – aggiunsi, ricordandomi troppo tardi che la regina in questione era<br />

seduta a un metro da me, su una sedia pieghevole da giardino che aveva<br />

ancora il cartellino del prezzo del Wal-Mart attaccato allo schienale.<br />

Sophie-Anne agitò soltanto una mano con aria distratta, così<br />

sprofondata nei suoi pensieri da farmi perfino dubitare che mi avesse<br />

sentita.<br />

– Non è stato Waldo a dissanguare Jake Purifoy – affermò d’un<br />

tratto, con mio stupore. – Waldo non poteva immaginare che quando fosse<br />

riuscito a uccidere Hadley e fosse venuto a farmi rapporto, riversando la<br />

colpa sulla Confraternita del Sole, questa astuta strega avrebbe sigillato<br />

l’appartamento di Hadley in modo molto letterale, includendo un<br />

incantesimo di stasi. Waldo aveva già un piano, e chiunque ha ucciso Jake<br />

aveva un piano distinto dal suo... forse quello di accusare Hadley della<br />

morte di Jake e della sua rinascita, cosa che l’avrebbe condannata a essere<br />

imprigionata in una cella per vampiri. Forse, l’assassino pensava che Jake<br />

avrebbe ucciso Hadley quando si fosse ridestato, dopo tre giorni... e forse<br />

lui lo avrebbe fatto.<br />

Amelia cercò di assumere un atteggiamento modesto, ma fu una<br />

battaglia persa. Le sarebbe dovuto riuscire facile, dato che il solo motivo<br />

per cui aveva apposto quell’incantesimo era stato di impedire che


l’appartamento puzzasse come una pattumiera, quando infine fosse stato<br />

riaperto, cosa di cui sia lei che io eravamo ben consapevoli. Tuttavia,<br />

quello era stato un incantesimo decisamente ben riuscito, e io non avevo<br />

certo intenzione di rovinare il suo momento di gloria.<br />

Amelia provvide da sola a farlo.<br />

– O forse – aggiunse, avventatamente, – qualcuno ha pagato Waldo<br />

perché togliesse di mezzo Hadley, in un modo o nell’altro.<br />

Dovetti abbassare all’istante i miei schermi mentali, perché tutte le<br />

streghe presero a emanare segnali di panico così intensi che trovarcisi in<br />

mezzo era intollerabile. Sapevano che quanto Amelia aveva appena detto<br />

avrebbe sconvolto la regina, e che quando la Regina della Louisiana era<br />

sconvolta, quanti la circondavano tendevano a esserlo ancora di più.<br />

Sophie-Anne si alzò di scatto dalla sedia, costringendo noi tutti ad<br />

alzarci a nostra volta in piedi, con goffa premura. Amelia si era appena<br />

sistemata con le gambe ripiegate, quindi fu particolarmente lenta a reagire,<br />

il che le stava solo bene.<br />

Intanto, Fiore di Giada indietreggiò di un paio di passi dagli altri<br />

vampiri, forse solo per avere più spazio per manovrare la spada, un gesto<br />

che Andre fu l’unico a notare, a parte me. Il suo sguardo si appuntò, fisso,<br />

sulla guardia del corpo del re.<br />

Non so cosa sarebbe successo, se in quel momento la macchina di<br />

Quinn non fosse arrivata.<br />

Sceso dalla grossa auto nera, lui ignorò la scena come se non fosse<br />

esistita, e venne verso di me, passandomi con disinvoltura un braccio<br />

intorno alle spalle e chinandosi per elargirmi un rapido bacio. Non so come<br />

paragonare un bacio a un altro. Tutti gli uomini baciano in modo diverso,<br />

giusto? E questo dice qualcosa riguardo al loro carattere. Quinn mi baciò<br />

come se fra noi fosse stata in corso una conversazione.<br />

– Piccola – disse, dopo che io ebbi avuto l’ultima parola. – Sono<br />

arrivato in un buon momento? Cosa è successo al tuo braccio?<br />

L’atmosfera si fece un po’ più rilassata, mentre lo presentavo alle<br />

persone che si trovavano nel cortile. Naturalmente, lui conosceva tutti i<br />

vampiri, ma non aveva mai avuto modo di incontrare le streghe, e si<br />

allontanò un poco da me per stringere loro la mano. Patsy e Amelia, che<br />

dovevano aver sentito parlare di lui, si stavano sforzando di non apparire<br />

troppo entusiaste nel ricambiare il saluto.<br />

A questo punto, dovetti togliermi dallo stomaco il peso consistente<br />

nel dover riferire a Quinn il resto delle notizie della serata.<br />

– Il mio braccio è stato morso – cominciai. Lui attese, fissandomi


intensamente. – Sono stata morsa da un... ecco, temo che abbiamo scoperto<br />

cosa sia successo al tuo dipendente. Si chiamava Jake Purifoy, vero?<br />

– Cosa significa? – Sotto l’illuminazione intensa del cortile, potevo<br />

vedere che la sua espressione si era fatta guardinga: sapeva che stava per<br />

ricevere delle cattive notizie, cosa che chiunque avrebbe dedotto,<br />

trovandosi di fronte un gruppo assortito come il nostro.<br />

– È stato dissanguato e abbandonato qui nel cortile. Per salvargli la<br />

vita, Hadley lo ha trasformato. È diventato un vampiro.<br />

Quinn impiegò qualche secondo a capire le mie parole, poi vidi la<br />

comprensione affiorare sul suo volto a mano a mano che lui si rendeva<br />

conto dell’enormità di quello che era successo a Jake Purifoy.<br />

Un attimo dopo, il suo viso si fece di pietra, e io mi sorpresi ad<br />

augurarmi che lui non mi guardasse mai più in quel modo.<br />

– La trasformazione è avvenuta senza il consenso del mannaro –<br />

aggiunse la regina. – Naturalmente, un mannaro non acconsentirebbe mai a<br />

diventare uno di noi – precisò, in un tono stizzoso che non mi sorprese:<br />

sapevo che vampiri e mannari nutrivano una reciproca avversione, e che<br />

soltanto il fatto che fossero uniti contro il mondo normale impediva a<br />

quell’avversione di divampare in una vera e propria guerra aperta.<br />

– Sono passato da casa tua – mi disse Quinn, inaspettatamente. –<br />

Volevo vedere se eri tornata da New Orleans, prima di venire qui a cercare<br />

Jake. Chi ha bruciato un demone nel tuo vialetto?<br />

– Qualcuno ha ucciso Gladiola, la messaggera della regina, quando è<br />

venuta a portarmi un messaggio – spiegai, causando una certa agitazione<br />

fra i vampiri che mi circondavano. Naturalmente, la regina era stata<br />

informata della morte di Gladiola, perché il Signor Cataliades non poteva<br />

certo aver mancato di ragguagliarla, ma nessun altro ne aveva ancora<br />

sentito parlare.<br />

– Nel tuo cortile muoiono un sacco di persone, piccola – osservò<br />

Quinn, in tono peraltro assente; non mi sentii di biasimarlo per la sua<br />

freddezza.<br />

– Soltanto due – ribattei, sulla difensiva, dopo aver effettuato un<br />

rapido calcolo mentale. – Non lo definirei “un sacco”. – Naturalmente, se<br />

si aggiungevano le persone che erano morte dentro la casa... troncai quel<br />

pensiero sul nascere.<br />

– Sapete una cosa? – interloquì Amelia, con voce acuta e<br />

artificiosamente colloquiale, – credo che noi streghe andremo a farci un<br />

giretto fino a quella pizzeria sull’angolo fra Chloe e Justine Street. Se<br />

avrete bisogno di noi, ci troverete là. D’accordo, ragazzi?


Bob, Patsy e Terry raggiunsero il cancello aperto con più rapidità di<br />

quanto mi sarei aspettata da parte loro, e non avendo ricevuto cenni dalla<br />

regina, i vampiri si trassero da parte per lasciarli passare. Amelia non si era<br />

neppure presa la briga di recuperare la borsetta... mi augurai per lei che<br />

avesse il portafoglio in una tasca e le chiavi di casa nell’altra.<br />

Avrei quasi voluto andare con loro... un momento! Cosa mi impediva<br />

di farlo? Guardai con desiderio il cancello, ma Fiore di Giada si spostò in<br />

modo da bloccare il passaggio e mi fissò, gli occhi simili a buchi neri nel<br />

volto rotondo: non le andavo proprio a genio. Andre, Sigebert e Wybert mi<br />

trovavano indifferente, e Rasul avrebbe forse potuto considerarmi una<br />

compagnia accettabile per passare un’oretta in città, ma Fiore di Giada<br />

avrebbe goduto nel tranciarmi la testa con la sua spada, e questo era un<br />

dato di fatto. Non ero in grado di leggere nella mente dei vampiri (tranne<br />

qualche rapidissima sbirciata saltuaria, cosa che costituiva il mio grande<br />

segreto), però sapevo leggere il linguaggio del suo corpo, e l’espressione<br />

dei suoi occhi.<br />

Non conoscevo il motivo di quell’animosità nei miei confronti, e a<br />

questo punto non ritenevo che potesse avere la minima importanza.<br />

– Rasul, ben presto torneremo a casa – disse intanto la regina, che nel<br />

frattempo aveva riflettuto.<br />

Rasul si inchinò e si diresse alla macchina.<br />

– Signorina Stackhouse – continuò Sophie-Anne, spostando su di me<br />

lo sguardo, che pareva scaturire da due lampade oscure.<br />

Poi mi prese per mano e salì con me nell’appartamento di Hadley,<br />

con Andre che ci veniva dietro come qualcosa che fosse stato legato con<br />

una corda alla caviglia della sua regina. Per tutto il tragitto, continuai ad<br />

avvertire l’impulso, assai poco saggio, di strappare la mia mano da quella<br />

della regina che, naturalmente, era fredda, asciutta e forte, anche se lei<br />

stava badando a non stringere troppo.<br />

Trovarmi così vicina a quell’antica vampira mi faceva vibrare come<br />

una corda di violino, e non riuscivo a capire come Hadley avesse potuto<br />

sopportarlo. Sophie-Anne mi condusse nell’appartamento, e richiuse la<br />

porta alle nostre spalle; a quel punto, era probabile che neppure i vampiri,<br />

con il loro udito eccellente, potessero sentire la nostra conversazione, e<br />

risultò subito chiaro che questo era stato il suo intento.<br />

– Non dovrai riferire a nessuno quello che ti dirò – furono infatti le<br />

sue prime parole.<br />

Scossi il capo, resa muta dall’apprensione.<br />

– Ho cominciato la mia vita in quella che è poi diventata la Francia


settentrionale, circa... mille e cento anni fa.<br />

Deglutii a fatica.<br />

– Non sapevo dove mi trovassi, naturalmente, ma credo fosse la<br />

Lotaringia. Nel corso dell’ultimo secolo, ho cercato di ritrovare il luogo in<br />

cui ho vissuto i miei primi dodici anni di vita, ma non potrei riuscirci<br />

neppure se ne andasse della mia vita – continuò, accompagnando quelle<br />

parole con un’aspra risata. – Mia madre era la moglie dell’uomo più ricco<br />

della cittadina, il che significava che lui aveva due maiali in più rispetto a<br />

chiunque altro. Allora, il mio nome era Judith.<br />

Mi sforzai di non apparire sconvolta, solo interessata, ma fu una dura<br />

lotta.<br />

– Quando avevo circa dieci, o forse dodici anni, un venditore<br />

ambulante giunse da noi, lungo la strada. Ne fummo eccitati, perché era da<br />

sei mesi che non vedevamo una faccia nuova – continuò, senza peraltro<br />

sorridere o dare l’impressione di ricordare quell’eccitazione, mentre<br />

scrollava le spalle. – Quell’uomo portava con sé una malattia che non<br />

avevamo mai conosciuto... adesso credo si trattasse di qualche forma di<br />

influenza... e nell’arco di due settimane dal suo arrivo, nella nostra<br />

cittadina morirono tutti, tranne me e un ragazzo un po’ più grande.<br />

Seguì un momento di silenzio, mentre entrambe riflettevamo<br />

sull’accaduto. O almeno, io lo feci; quanto alla regina, credo stesse<br />

ricordando, mentre Andre, a giudicare dalla sua espressione, avrebbe<br />

potuto anche pensare al principe delle banane, in Guatemala.<br />

– Non piacevo a Clovis – riprese Sophie-Anne. – Ne ho dimenticato<br />

il motivo, qualcosa che riguardava i nostri padri... non rammento più. Le<br />

cose sarebbero potute andare diversamente, se gli fossi piaciuta. Invece, mi<br />

violentò e mi portò nella cittadina più vicina, dove cominciò a offrirmi in<br />

giro, per denaro, naturalmente, o in cambio di cibo. Anche se l’influenza si<br />

era intanto diffusa in tutta la regione, noi non ci ammalammo mai.<br />

Adesso stavo cercando di guardare dappertutto meno che verso di lei.<br />

– Perché eviti il mio sguardo? – mi chiese. Il suo modo di formulare<br />

le frasi e il suo accento erano cambiati mentre parlava, come se avesse<br />

appena imparato l’inglese.<br />

– Mi dispiace così tanto per te – dissi.<br />

Lei emise un suono simile al soffiare di un gatto, che produsse<br />

appoggiando i denti superiori al labbro inferiore e inspirando parecchia<br />

aria per poi espellerla.<br />

– Non ti disturbare a farlo – replicò, – perché quello che è successo<br />

dopo è stato che ci siamo accampati nei boschi, e un vampiro ci ha trovati.


– Quel ricordo pareva farle piacere... si stava concedendo un vero e<br />

proprio viaggio sul viale dei ricordi. – Quel vampiro era affamato, e ha<br />

aggredito Clovis per primo, perché era più grosso; quando ha finito con<br />

lui, però, si è preso un momento per guardarmi e pensare che sarebbe stato<br />

piacevole avere una compagna. Si chiamava Alain. Per tre o più anni ho<br />

viaggiato con lui. A quel tempo, i vampiri vivevano in segreto,<br />

naturalmente, esistevano soltanto nelle storie che le vecchie raccontavano<br />

accanto al fuoco, e Alain era abile a far sì che le cose rimanessero in quel<br />

modo. Lui era stato un prete, e gli piaceva molto sorprendere altri preti nel<br />

loro letto – aggiunse, sorridendo di quella reminiscenza.<br />

Io scoprii che la mia compassione stava diminuendo rapidamente.<br />

– Alain continuava a promettere che mi avrebbe trasformata, perché<br />

naturalmente io volevo diventare come lui, volevo la sua forza – riprese,<br />

fissandomi per un momento.<br />

Annuii con vigore, perché quella era una cosa che potevo capire.<br />

– Quando aveva bisogno di denaro, per comprare vestiti, o cibo per<br />

me, lui però faceva la stessa cosa che aveva fatto Clovis, mi vendeva per<br />

denaro, e sapeva che se mi avesse trasformata quegli uomini si sarebbero<br />

accorti che ero fredda, e che io li avrei morsi. Alla fine, mi sono stancata<br />

delle sue false promesse.<br />

Annuii, per indicare che stavo prestando attenzione, il che era vero,<br />

anche se in un angolo della mia mente mi stavo chiedendo dove diavolo<br />

intendesse andare a parare quel lungo monologo, e perché mi venisse<br />

elargita quella storia tanto interessante quanto deprimente.<br />

– Poi una notte siamo arrivati in un villaggio, il cui capo ha<br />

riconosciuto Alain per ciò che era. Quello stupido si era dimenticato di<br />

essere già passato di lì, e di aver dissanguato la moglie di quell’uomo!<br />

Così, gli abitanti lo hanno legato con una catena d’argento... ti garantisco<br />

che è stato stupefacente vederne una in un villaggio così piccolo... e lo<br />

hanno gettato in una capanna, con l’intenzione di tenerlo prigioniero<br />

finché il prete locale non fosse tornato da un viaggio, per poi esporlo al<br />

sole in una cerimonia religiosa di qualche tipo. Era un villaggio povero,<br />

ma gli accumularono addosso tutti i pezzi d’argento e tutto l’aglio che<br />

possedevano, nello sforzo di mantenerlo incapacitato.<br />

«Sapevano che ero umana, e che lui aveva abusato di me – continuò,<br />

con una risata. – Così, non mi hanno legata, e la famiglia del capo<br />

villaggio ha discusso della possibilità di tenermi come schiava, visto che<br />

avevano perso una donna per colpa del vampiro. Sapevo che genere di vita<br />

sarebbe stato.


Adesso, l’espressione sul suo volto era straziante e insieme<br />

raggelante. Reagii restando del tutto immobile.<br />

– Quella notte, ho smosso alcune assi indebolite, sul retro della<br />

capanna, sono strisciata dentro e ho detto ad Alain che lo avrei liberato,<br />

dopo che mi avesse trasformata. Discutemmo per parecchio tempo, ma alla<br />

fine lui acconsentì, e io scavai nel pavimento di terra un buco abbastanza<br />

grande da contenere il mio corpo. Secondo il nostro piano, Alain mi<br />

avrebbe dissanguata e poi mi avrebbe seppellita sotto il suo pagliericcio,<br />

compattando come poteva il pavimento di terra battuta... poteva muoversi<br />

quanto bastava per riuscirci. La terza notte io sarei risorta, avrei spezzato<br />

le sue catene e gettato via l’aglio, anche se questo mi avrebbe ustionato le<br />

mani, poi saremmo fuggiti insieme nel buio. – D’un tratto, Sophie-Anne<br />

scoppiò in una risata, proseguendo: – Il prete però è tornato prima che<br />

scadessero i tre giorni, e quando finalmente mi sono aperta un varco fra la<br />

terra, Alain era ormai cenere sparsa dal vento. La capanna in cui lo<br />

avevano rinchiuso era quella del prete, ed è stato lui a spiegarmi cosa era<br />

successo.<br />

Ebbi la sensazione di conoscere già la battuta conclusiva di quella<br />

storia.<br />

– Okay. Suppongo che quel prete sia stato il tuo primo pasto. – E<br />

sfoggiai il mio luminoso sorriso.<br />

– Oh, no – mi corresse Sophie-Anne, un tempo chiamata Judith. –<br />

Gli ho detto che ero l’angelo della morte, e che lo avrei risparmiato perché<br />

era stato così virtuoso.<br />

Considerate le condizioni in cui era stato Jake Purifoy, quando si era<br />

risvegliato per la prima volta, non ebbi difficoltà a immaginare che sforzo<br />

terribile dovesse essere stato per un nuovo vampiro riuscire a controllarsi.<br />

– E dopo che cosa hai fatto? – domandai.<br />

– Dopo alcuni anni, ho trovato un orfano come me, che vagava a sua<br />

volta nei boschi – rispose, girandosi a guardare verso la sua guardia del<br />

corpo. – Da allora, siamo rimasti sempre insieme.<br />

Finalmente, vidi apparire sul volto liscio di Andre una espressione:<br />

devozione assoluta.<br />

– Lo stavano costringendo a vendersi, come era successo a me –<br />

precisò con gentilezza la regina. – Ho posto rimedio alla cosa.<br />

Sentii un brivido gelido corrermi lungo la schiena. Non avrei saputo<br />

trovare qualcosa da dire neppure se mi avessero pagata.<br />

– Il motivo per cui ti ho annoiata con tutta la mia antica storia –<br />

proseguì la regina, riscuotendosi e sedendo ancora più eretta, – è stato di


spiegarti perché ho preso Hadley sotto la mia ala. Anche lei era stata<br />

molestata dal suo prozio. Lui aveva molestato anche te?<br />

Annuii. Non avevo idea che lui fosse arrivato persino a Hadley. Con<br />

me, non era giunto a violentarmi solo perché i miei genitori erano morti e<br />

io ero andata a vivere con mia nonna.<br />

I miei genitori non avevano creduto alle mie accuse, ma ero riuscita a<br />

convincere la nonna del fatto che stavo dicendo la verità più o meno nel<br />

periodo in cui lui mi avrebbe finalmente considerata matura, intorno ai<br />

nove anni.<br />

Naturalmente, Hadley era stata più grande di me. Era chiaro che<br />

avevamo in comune più cose di quante avessi creduto.<br />

– Mi dispiace, non lo sapevo – mormorai. – Grazie per avermelo<br />

detto.<br />

– Hadley parlava spesso di te – aggiunse la regina.<br />

Già, grazie, Hadley, grazie per avermi servito su un piatto d’argento<br />

la peggiore... no, un momento, questo non era giusto.<br />

Scoprire l’enorme inganno perpetrato da Bill non era stata la cosa<br />

peggiore che mi fosse mai successa, anche se non era neppure molto in<br />

giù, nella mia lista personale.<br />

– È quanto sono venuta a sapere – replicai, in tono freddo e secco.<br />

– Sei infuriata per il fatto che ho mandato Bill a indagare su di te, a<br />

scoprire se potevi essermi utile – osservò la regina.<br />

Trassi un profondo respiro, e mi costrinsi a smettere di serrare i denti.<br />

– No, non sono infuriata con te. Tu non puoi fare a meno di essere<br />

come sei, e non mi conoscevi neppure – cominciai, poi trassi un altro<br />

profondo respiro, prima di continuare: – Sono infuriata con Bill, che mi<br />

conosceva e ha portato avanti il tuo programma in modo molto completo e<br />

ben calcolato. E comunque, perché te ne dovrebbe importare? – Stavo<br />

agendo spinta dal bisogno di drenarmi dal dolore. Sapevo che il mio tono<br />

stava rasentando l’insolenza, e che questa non era una cosa saggia, quando<br />

si aveva a che fare con una potente vampira, ma lei aveva toccato il mio<br />

punto più dolente.<br />

– Perché eri cara a Hadley – fu l’inattesa risposta di Sophie-Anne.<br />

– Non lo si sarebbe detto, a giudicare dal modo in cui ha cominciato<br />

a trattarmi, una volta adolescente – ribattei. A quanto pareva, avevo deciso<br />

che la linea migliore da seguire era quella della spericolata sincerità.<br />

– Le dispiaceva di questo – disse la regina. – Soprattutto dopo che è<br />

diventata una vampira e ha scoperto cosa significava fare parte di una<br />

minoranza. Perfino qui a New Orleans esistono dei pregiudizi. Abbiamo


parlato spesso della sua vita, quando eravamo sole.<br />

Non sapevo cosa mi mettesse più a disagio, l’idea che la regina e mia<br />

cugina Hadley avessero fatto sesso, o che dopo avessero parlato di me.<br />

Non mi importa se due adulti consenzienti fanno sesso, in qualsiasi<br />

cosa questo consista, a patto che siano d’accordo, ma neppure sento il<br />

bisogno di conoscere ogni dettaglio, perché qualsiasi curiosità potessi<br />

avere mai nutrito al riguardo è stata annegata da anni di immagini colte<br />

nella mente degli avventori del bar.<br />

Quella conversazione cominciava a farsi decisamente lunga, mentre<br />

io volevo che la regina arrivasse al dunque.<br />

– Il punto è – continuò lei, – che ti sono grata di avermi dato, per<br />

mezzo delle streghe, una migliore idea di come Hadley sia morta. Inoltre,<br />

mi hai permesso di scoprire l’esistenza di un complotto molto più esteso di<br />

quello che poteva essere stato ordito dal cuore geloso di Waldo.<br />

Avevo davvero fatto tutto questo?<br />

– Quindi, ti sono debitrice. Ora dimmi cosa posso fare per te.<br />

– Ah... ecco, mandarmi un mucchio di scatoloni, in modo che possa<br />

imballare la roba di Hadley e riportarla a Bon Temps? E magari mandare<br />

qualcuno a prendere le cose che non voglio, per portarle a qualche ente di<br />

beneficienza?<br />

Sophie-Anne distolse lo sguardo, e mi sentii pronta a giurare che<br />

stesse reprimendo un altro sorriso.<br />

– Sì, credo di poterlo fare – rispose. – Domani manderò qui qualche<br />

umano per fare quelle cose.<br />

– Sarebbe meraviglioso se poi qualcuno potesse caricare le cose che<br />

voglio su un furgone e guidarlo fino a Bon Temps – aggiunsi. – Magari,<br />

potrei tornare a casa su quel furgone, giusto?<br />

– Anche questo non è un problema – dichiarò.<br />

Era arrivato il momento di chiedere il favore più grosso.<br />

– Devo proprio venire a quel convegno? – domandai, consapevole<br />

che stavo forzando un po’ troppo la mano.<br />

– Sì.<br />

D’accordo, quello era un muro di pietra.<br />

– Ma ti pagherò profumatamente – precisò.<br />

Mi illuminai in volto. Parte del denaro guadagnato con i precedenti<br />

servizi resi ai vampiri era ancora sul mio conto in banca, e le mie finanze<br />

avevano tratto un grosso respiro di sollievo quando Tara mi aveva venduto<br />

la sua “macchina” per il prezzo nominale di un dollaro, ma ero così<br />

abituata a vivere all’osso, finanziariamente parlando, che una boa di


sicurezza era sempre la benvenuta. Avevo sempre paura di potermi<br />

rompere una gamba, o che si guastasse il motore della macchina, o che mi<br />

bruciasse la casa... un momento, questo era già successo... ecco, c’erano<br />

altri disastri che potevano succedere, come un vento molto forte che<br />

strappasse lo stupido tetto di latta voluto da mia nonna, o qualche altra<br />

cosa del genere.<br />

– Vorresti conservare qualcosa di Hadley? – domandai, non appena il<br />

flusso dei miei pensieri si allontanò dal denaro.<br />

Negli occhi le affiorò qualcosa che mi sorprese.<br />

– Mi hai tolto le parole di bocca – affermò, con un adorabile accenno<br />

di accento francese.<br />

Uh-oh. Non poteva trattarsi di niente di buono, se stava cercando di<br />

usare il suo fascino con me.<br />

– Avevo chiesto a Hadley di nascondere qualcosa per me – continuò,<br />

e subito il mio rilevatore di balle prese a trillare come una sveglia. – Se<br />

dovessi trovarlo nel mettere via le sue cose, mi piacerebbe riaverlo.<br />

– Che aspetto ha?<br />

– È un gioiello – rispose. – Mio marito me lo ha dato come dono di<br />

fidanzamento, e io l’ho casualmente lasciato qui, prima che ci sposassimo.<br />

– Se vuoi guardare nel cofanetto dei gioielli di Hadley, accomodati<br />

pure – la invitai immediatamente. – Se quel gioiello ti appartiene, è giusto<br />

che tu lo riabbia.<br />

– Questo è molto gentile da parte tua – affermò, con la consueta<br />

espressione indecifrabile. – Si tratta di un diamante... un grosso diamante...<br />

montato su un bracciale di platino.<br />

Non ricordavo di aver visto niente di simile fra la roba di Hadley, ma<br />

del resto non avevo guardato con cura, perché era stata mia intenzione<br />

imballare il cofanetto dei gioielli così com’era, per poterne poi vagliare<br />

con comodo il contenuto a Bon Temps.<br />

– Per favore, controlla subito – suggerii. – So che sarebbe un passo<br />

falso, perdere un regalo di tuo marito.<br />

– Oh, non hai idea di quanto lo sarebbe – rispose con gentilezza<br />

Sophie-Anne, e per un momento chiuse gli occhi, quasi fosse stata troppo<br />

ansiosa per parlare. – Andre – disse quindi, e quella parola bastò perché lui<br />

passasse nella camera da letto... cosa che fece senza chiedere indicazioni,<br />

come non mancai di notare; in sua assenza, la regina apparve stranamente<br />

incompleta, tanto che mi chiesi come mai lui non l’avesse accompagnata a<br />

Bon Temps. D’impulso, glielo domandai.<br />

Lei mi fissò, con un’espressione vacua nei cristallini occhi sgranati.


– Non era previsto che ci si accorgesse della mia assenza – spiegò. –<br />

Sapevo che se Andre fosse stato visto a New Orleans, tutti avrebbero<br />

supposto che anch’io fossi là.<br />

Mi domandai se fosse vero anche il contrario, se tutti avrebbero<br />

supposto che Andre, a sua volta, si trovasse dovunque era la regina. Questo<br />

mi fece affiorare un pensiero nella mente, ma esso si dissolse prima che<br />

potessi metterlo a fuoco.<br />

In quel momento, Andre tornò indietro, e con un cenno infinitesimale<br />

del capo comunicò alla regina di non aver trovato ciò che lei voleva<br />

recuperare. Per un momento, Sophie-Anne parve decisamente contrariata.<br />

– Hadley lo ha fatto in un momento d’ira – mormorò, dandomi<br />

l’impressione di parlare con se stessa, – ma in questo modo potrebbe<br />

causare la mia caduta, da dove si trova adesso. – Poi il suo viso tornò ad<br />

assumere la consueta espressione rilassata.<br />

– Terrò gli occhi aperti riguardo al bracciale – promisi; avevo il<br />

sospetto che il valore di quel gioiello non consistesse nella sua preziosità<br />

intrinseca. – Non potrebbe essere stato lasciato qui la notte prima delle<br />

nozze? – chiesi quindi, con cautela.<br />

Avevo il sospetto che Hadley avesse rubato il bracciale alla regina in<br />

un gesto di ripicca per il fatto che lei si stava sposando. Sembrava un atto<br />

tipico di Hadley. Se solo avessi saputo prima che lei aveva nascosto il<br />

monile, avrei potuto chiedere alle streghe di far tornare ancora più indietro<br />

l’orologio della loro ricostruzione ectoplasmatica, così avremmo potuto<br />

vedere dove lei lo aveva messo.<br />

– Devo riaverlo – replicò la regina, con un secco cenno di assenso. –<br />

Certo capisci che non è il valore del diamante a preoccuparmi, vero? Devi<br />

comprendere che un matrimonio fra due sovrani vampiri non è un’unione<br />

d’amore, in cui molte cose possano essere perdonate. Perdere un dono del<br />

proprio sposo è una grave offesa, e il re si aspetta che sfoggi i suoi doni al<br />

nostro ballo di primavera, fra due notti da ora... – La voce le si spense, e<br />

perfino Andre parve quasi preoccupato.<br />

– Capisco il sottinteso – annuii. Avevo già notato la tensione che<br />

permeava i corridoi del quartier generale di Sophie-Anne, per cui sapevo<br />

che si sarebbe scatenato l’inferno, e che sarebbe stata lei a pagarne le<br />

conseguenze. – Se è qui, lo riavrai, d’accordo? – aggiunsi, allargando le<br />

mani in un gesto inteso a chiederle se mi credeva.<br />

– D’accordo – concluse lei. – Andre, non posso trascorrere qui altro<br />

tempo. Fiore di Giada riferirà il fatto che sono venuta quassù con Sookie,<br />

quindi... Sookie, dobbiamo fingere di aver fatto sesso.


– Spiacente, ma chiunque mi conosce sa che non vado a letto con le<br />

donne. Non so a chi ti aspetti che Fiore di Giada faccia rapporto... –<br />

(naturalmente, si trattava del re, però in quel momento mi sembrava poco<br />

diplomatico far capire che conoscevo i loro affari), – comunque se hanno<br />

fatto qualche ricerca, sanno almeno questo, di me.<br />

– Allora forse puoi aver fatto sesso con Andre – suggerì con calma, –<br />

e mi avete permesso di guardare.<br />

Mi vennero in mente parecchie domande, la prima delle quali era<br />

“questa è la procedura abituale, con te?” seguita da “è grave perdere un<br />

bracciale, ma non lo è farsela con qualcun altro?” Tuttavia, mi costrinsi a<br />

tenere la bocca chiusa. Se qualcuno mi avesse costretta, puntandomi una<br />

pistola alla tempia, indipendentemente dalle mie preferenze sessuali in<br />

realtà avrei scelto di fare sesso con la regina, piuttosto che con Andre,<br />

perché lui mi metteva i brividi. Ma se si trattava soltanto di fingere...<br />

Con gesti pratici, Andre si tolse la cravatta, la ripiegò e se la mise in<br />

tasca, procedendo poi a slacciare alcuni bottoni della camicia. Quando mi<br />

avvicinai con cautela, mi prese fra le braccia e mi tenne stretta, premuta<br />

contro di lui, chinando la testa sul mio collo. Per un secondo, pensai che<br />

mi avrebbe morsa, e fui assalita da un impeto di panico assoluto, ma lui si<br />

limitò ad annusarmi, il che costituisce un atto deliberato, per un vampiro.<br />

– Metti la bocca sul mio collo – ordinò, dopo aver annusato ancora, a<br />

lungo. – Il tuo rossetto mi macchierà.<br />

Feci come mi aveva detto. La sua pelle era fredda come il ghiaccio, e<br />

tutta quella situazione era... ecco, era peggio che strana. Ripensai alla<br />

sessione di fotografie con Claude: a quanto pareva, ultimamente stavo<br />

passando un sacco di tempo a fingere di fare sesso.<br />

– Adoro l’odore di fata. Credi che lei sappia di avere sangue di fata?<br />

– domandò Andre a Sophie-Anne, mentre io stavo procedendo a sporcarlo<br />

con il rossetto.<br />

Ritrassi la testa di scatto, fissandolo negli occhi, e lui sostenne il mio<br />

sguardo. Mi stava ancora tenendo stretta, e sapevo che in questo modo<br />

stava garantendo che ciascuno di noi due avesse addosso l’odore dell’altro,<br />

come se fossimo effettivamente stati insieme. A quanto pareva, non era<br />

intenzionato a fare sul serio, il che fu un sollievo.<br />

– Io... cosa? – esclamai, certa di non aver sentito bene. – Che cosa<br />

ho?<br />

– Lui ha fiuto per le fate, il mio Andre – dichiarò la regina,<br />

mostrandosi vagamente orgogliosa.<br />

– Oggi sono stata in giro con la mia amica Claudine – spiegai. – Lei


è una fata, ed è da lì che viene l’odore. – <strong>Decisamente</strong>, mi dovevo fare una<br />

doccia.<br />

– Permetti? – chiese Andre, e senza aspettare una risposta mi graffiò<br />

il braccio ferito con un’unghia, appena al di sopra della fasciatura.<br />

– Ouch! – protestai.<br />

Lui lasciò che un po’ di sangue gli colasse sul dito, poi se lo portò<br />

alla bocca e lo assaporò come se fosse stato un sorso di vino pregiato.<br />

– No, questo odore di fata non è stato trasmesso per contatto –<br />

dichiarò quindi. – Ce l’hai nel sangue. – E mi fissò in modo tale da farmi<br />

intendere che la sua affermazione tagliava la testa al toro. – Hai una<br />

piccola percentuale di sangue di fata. Possibile che tua nonna, o tuo nonno,<br />

lo fossero per metà?<br />

– Non so niente di tutto questo – mi schermii, sapendo che suonava<br />

stupido, ma non avendo idea di che altro dire. – Se uno dei miei nonni era<br />

meno che cento per cento umano, questa è un’informazione che non hanno<br />

tramandato.<br />

– No, certo che no – convenne in tono pratico la regina. – La<br />

maggior parte degli umani che discende dalle fate tiene nascosta la cosa,<br />

perché non ci crede davvero. Meglio pensare che i loro genitori siano pazzi<br />

– aggiunse, scrollando le spalle. – Quel sangue però spiegherebbe perché<br />

tu abbia pretendenti sovrannaturali, ma nessun ammiratore umano.<br />

– Non ho ammiratori umani perché non li voglio avere – precisai,<br />

decisamente stizzita. – Posso leggere nella loro mente, e questo li elimina<br />

in partenza dalla gara. Sempre che non si auto-eliminino da soli a causa<br />

della mia reputazione di “svitata” – aggiunsi, vittima ancora una volta<br />

della mia eccessiva onestà.<br />

– È una triste osservazione sul conto degli umani, il fatto che nessuno<br />

di essi sia tollerabile per chi è in grado di leggere loro nella mente –<br />

commentò la regina.<br />

Supponendo che quella fosse la valutazione definitiva del valore<br />

della capacità telepatica, decisi che sarebbe stato meglio interrompere lì la<br />

conversazione. Avevo molte cose su cui riflettere.<br />

Scendemmo le scale, Andre per primo, poi la regina e io in coda.<br />

Andre aveva insistito perché mi togliessi le scarpe e gli orecchini, in modo<br />

che si potesse dedurre che mi ero spogliata e che poi mi ero limitata a<br />

infilarmi di nuovo il vestito.<br />

Gli altri vampiri, che stavano aspettando obbedienti nel cortile,<br />

scattarono sull’attenti quando ci videro scendere. La faccia di Fiore di<br />

Giada non si alterò minimamente mentre lei decifrava gli indizi tesi a


indicare che cosa avessimo combinato nell’ultima mezz’ora, ma quanto<br />

meno non si mostrò scettica. I due Bert parvero cogliere il sottinteso, senza<br />

peraltro il minimo interesse, come se lo scenario costituito da Sophie-Anne<br />

intenta a guardare la sua guardia del corpo fare sesso (con una donna che<br />

gli era praticamente sconosciuta) fosse decisamente una cosa di routine.<br />

Il volto di Rasul, che era fermo sul vialetto, in attesa di altre<br />

istruzioni, lasciò trapelare un lieve rammarico, come se lui stesse<br />

desiderando di essere stato incluso nella cosa. Quinn, d’altro canto, serrò<br />

la bocca in una linea talmente cupa da far pensare che avesse inghiottito<br />

una spilla da balia. Lì c’era da correre ai ripari.<br />

Mentre uscivamo dall’appartamento di Hadley, però, la regina mi<br />

aveva detto in modo specifico di non condividere la sua storia con<br />

nessuno, ponendo un marcato accento su quel nessuno.<br />

Avrei dovuto trovare il modo di informare Quinn senza parlargli<br />

proprio di tutto.<br />

Senza ulteriori discussioni o convenevoli, i vampiri si<br />

ammucchiarono nella macchina, mentre io avevo la mente talmente piena<br />

di idee, di congetture e di tutto ciò che si trovava nel mezzo, da sentirmi<br />

ubriaca. Volevo chiamare mio fratello Jason, e spiegargli che dopo tutto<br />

non era poi così irresistibile, che il merito era tutto del suo sangue di fata,<br />

giusto per vedere cosa avrebbe risposto. No, un momento, Andre aveva<br />

lasciato intendere che gli umani non erano influenzati dalla vicinanza delle<br />

fate, come lo erano invece i vampiri; questo significava che gli umani non<br />

desideravano nutrirsi delle fate, ma che non le trovavano neppure<br />

sessualmente attraenti (cosa di cui dubitavo, ricordando la folla che di<br />

solito circondava Claudine, da Merlotte’s). Inoltre, Andre aveva detto che<br />

anche le altre creature soprannaturali erano attratte dal sangue di fata, ma<br />

non perché le vedessero come cibo, come accadeva ai vampiri. Per Eric<br />

sarebbe stato un sollievo, giusto? Lui sarebbe stato davvero felice di sapere<br />

che non mi amava sul serio! Che era sempre stata colpa del mio sangue di<br />

fata!<br />

Rimasi a guardare la limousine che si allontanava. Mentre io ero<br />

impegnata a lottare contro un’onda composta da almeno sei diverse<br />

emozioni, Quinn ne stava tenendo sotto controllo una soltanto.<br />

Me lo ritrovai davanti, furibondo.<br />

– Come ti ha convinta a farlo, Sookie? – domandò. – Se avessi<br />

urlato, sarei arrivato lassù in un attimo. Oppure ti andava di farlo? Avrei<br />

giurato che non fossi il tipo.<br />

– Non sono andata a letto con nessuno, questa notte – dichiarai,


fissandolo negli occhi. Dopo tutto, così non stavo rivelando nulla di quanto<br />

la regina mi aveva detto, stavo solo... correggendo un errore. – Mi va<br />

benissimo che lo pensino gli altri... ma non tu – aggiunsi, soppesando le<br />

parole.<br />

Lui mi scrutò per un lungo momento, i suoi occhi che frugavano nei<br />

miei come se stesse leggendo qualcosa scritto dietro di essi.<br />

– Ma ti piacerebbe andare a letto con qualcuno, questa notte? –<br />

domandò. Poi mi baciò, molto a lungo, tenendomi incollata a sé, lì nel<br />

cortile. Le streghe non tornarono, i vampiri rimasero alla larga, e soltanto<br />

qualche macchina saltuaria che passava lungo la strada o qualche sirena in<br />

lontananza vennero a ricordarmi che eravamo nel cuore di una città.<br />

Quell’abbraccio era ciò che di più diverso potevo immaginare dall’essere<br />

tenuta da Andre fra le sue braccia. Quinn era caldo, potevo sentire i suoi<br />

muscoli muoversi sotto la pelle e il suo cuore che batteva, potevo percepire<br />

il ribollire dei suoi pensieri, che attualmente erano concentrati<br />

soprattuttosul letto che sapeva esserci da qualche parte, di sopra,<br />

nell’appartamento di Hadley. Adorava il mio odore, la sensazione che davo<br />

al tatto, il contatto delle mie labbra... e una parte consistente del suo corpo<br />

lo stava provando in maniera tangibile, una parte che in quel momento era<br />

premuta fra di noi.<br />

Ero stata a letto con altri due uomini, e in entrambe le occasioni, la<br />

cosa non aveva funzionato. Non ne avevo saputo abbastanza su di loro,<br />

avevo agito d’impulso, e si dice che si dovrebbe imparare dai propri errori.<br />

In quel momento, però, non mi sentivo particolarmente furba.<br />

Fortunatamente per la mia capacità decisionale, il telefono di Quinn<br />

scelse proprio quel frangente per suonare, che fosse benedetto. Ero stata a<br />

un passo dal buttare dalla finestra tutti i miei buoni proponimenti, perché<br />

mi ero sentita spaventata e sola per tutta la sera, Quinn mi era<br />

relativamente familiare, e mi desiderava davvero molto.<br />

Lui però non la pensava come me... tutt’altro... e imprecò quando il<br />

telefono suonò per la seconda volta.<br />

– Scusami – disse, con una nota di furia nella voce, e rispose a quel<br />

dannato telefono.<br />

– D’accordo – riprese, dopo aver ascoltato per un momento il suo<br />

interlocutore. – D’accordo, arrivo. Jake chiede di me – spiegò poi,<br />

chiudendo con un gesto secco l’apparecchio.<br />

Io ero talmente stordita da una strana combinazione di desiderio<br />

fisico e di sollievo che impiegai un momento a mettere insieme i pezzi.<br />

Jake Purifoy, il dipendente di Quinn, stava vivendo la sua seconda notte da


vampiro, e dopo essersi nutrito a spese di un volontario, pareva essersi<br />

ripreso abbastanza da voler parlare con Quinn. Dopo tutto, era rimasto in<br />

animazione sospesa in una cabina armadio per settimane, e aveva bisogno<br />

di mettersi al corrente di molte cose.<br />

– Allora devi andare – dissi, notando con orgoglio che la mia voce<br />

era praticamente salda come una roccia. – Forse, ricorderà chi lo ha<br />

attaccato. E domani ti devo riferire quello che abbiamo visto qui stanotte.<br />

– Avresti detto di sì, se fossimo rimasti indisturbati per un altro<br />

minuto? – domandò.<br />

– Se lo avessi fatto, poi me ne sarei pentita – risposi, dopo aver<br />

riflettuto per un momento. – Non perché non ti voglia, il che non è. Ma<br />

nell’ultimo paio di giorni mi si sono aperti gli occhi, e so che sono<br />

piuttosto facile da ingannare. – Nel parlare, cercai di mostrarmi pratica, e<br />

non infelice, perché a nessuno piace una donna lamentosa, men che meno<br />

a me. – Non sono interessata ad avviare una relazione del genere con<br />

qualcuno che ha semplicemente gli ormoni sottosopra in questo momento,<br />

non mi sono mai prefissa di essere il tipo di donna da una notte e via. Se<br />

farò sesso con te, voglio essere certa che sia perché tu vuoi restare con me<br />

almeno per un po’, e perché ti piaccio per via di chi sono, e non di cosa<br />

sono.<br />

Un milione di altre donne doveva aver fatto quello stesso discorso, e<br />

io ero sincera quanto una qualsiasi di esse.<br />

E Quinn fornì la risposta perfetta.<br />

– Chi vorrebbe avere soltanto una notte con te? – replicò, e se ne<br />

andò.


Capitolo diciannovesimo<br />

Dormii del sonno dei morti... ecco, forse non proprio, ma ci andai<br />

vicino quanto più era possibile per un umano. Come in sogno, sentii le<br />

streghe rientrare rumorosamente nel cortile, ancora impegnate a<br />

congratularsi a vicenda con un entusiasmo corroborato dall’alcol. Avevo<br />

scovato fra la biancheria da letto un paio di semplici, oneste lenzuola di<br />

cotone, sbattendo quelle di seta nera nella lavatrice, quindi mi fu ancora<br />

più facile scivolare di nuovo nel sonno.<br />

Quando mi alzai, erano passatele dieci di mattina e qualcuno stava<br />

bussando alla porta, per cui percorsi barcollando il corridoio per andare ad<br />

aprire, dopo essermi infilata un paio di calzoni da ginnastica di spandex<br />

appartenuti a Hadley e un top rosa carico. Attraverso lo spioncino vidi un<br />

mucchio di scatoloni, e questo mi indusse ad aprire con entusiasmo la<br />

porta.<br />

– La Signorina Stackhouse? – domandò il giovane uomo di colore<br />

che teneva in mano gli scatoloni da montare, e quando io annuii, aggiunse:<br />

– Mi è stato ordinato di portarle tutti gli scatoloni che vuole. Trenta vanno<br />

bene, per cominciare?<br />

– Oh, sì – approvai. – Andranno benissimo.<br />

– Ho anche ricevuto istruzioni di portarle qualsiasi cosa di cui possa<br />

aver bisogno per il trasloco. Ho qui nastro isolante, alcuni pennarelli,<br />

forbici ed etichette.<br />

La regina mi aveva mandato un traslocatore personale.<br />

– Voleva anche dei bollini colorati? Ci sono persone che gradiscono<br />

mettere le cose del salotto in scatoloni con un bollino arancione, quelle<br />

della camera da letto in scatole con bollino verde, e così via.<br />

Non avevo mai traslocato, a meno di calcolare l’aver portato un paio<br />

di sacchi di vestiario e di asciugamani nella villetta arredata di Sam,<br />

quando la mia cucina era andata a fuoco, quindi non avevo idea di quale<br />

fosse il modo migliore di procedere. Ebbi un’esaltante visione di file<br />

ordinate di scatoloni, ciascuno con i suoi bollini colorati sui lati, in modo<br />

che non ci potessero essere confusioni di sorta... poi di colpo tornai alla<br />

realtà: non avrei riportato così tante cose a Bon Temps. Era difficile fare<br />

una valutazione, dal momento che si trattava di un territorio sconosciuto,<br />

ma sapevo di non volere gran parte del mobilio.<br />

– Non credo che avrò bisogno dei bollini, comunque grazie lo stesso


– risposi. – Comincerò con questi scatoloni, e dopo le potrò dire se me ne<br />

servono altri, d’accordo?<br />

– Adesso glieli monto – si offrì il giovane, che aveva capelli molto<br />

corti e le ciglia più ricurve che avessi mai visto; solo le mucche, a volte,<br />

avevano ciglia del genere; il suo vestiario era costituito da una camicia<br />

bianca da golf, calzoni sportivi cachi e scarpe da ginnastica.<br />

– Chiedo scusa, non ho sentito il suo nome – dissi, mentre lui tirava<br />

fuori un grosso rotolo di nastro adesivo da un voluminoso sacchetto per la<br />

spesa, mettendosi al lavoro.<br />

– Oh, chiedo scusa – replicò, usando per la prima volta un tono di<br />

voce naturale. – Mi chiamo Everett O’Dell Smith.<br />

– Piacere di conoscerla – risposi, mentre lui smetteva di lavorare per<br />

il tempo necessario a stringermi la mano. – Come mai è finito qui ad<br />

aiutarmi?<br />

– Oh, io frequento la Tulane Business School, e uno dei miei<br />

professori ha ricevuto una telefonata dal Signor Cataliades, che è... ecco, è<br />

il più famoso avvocato per vampiri della zona... e il mio professore è<br />

specializzato in giurisprudenza vampirica. Il Signor Cataliades aveva<br />

bisogno di una persona che potesse circolare di giorno. Voglio dire, lui può<br />

andare in giro di giorno, ma gli serviva un fattorino. – Intanto, aveva già<br />

montato tre scatoloni.<br />

– E cosa avrà in cambio?<br />

– In cambio potrò presenziare in tribunale con lui nei suoi prossimi<br />

cinque casi, e guadagnerò un po’ di denaro, che mi serve davvero molto.<br />

– Questo pomeriggio avrà il tempo di accompagnarmi alla banca di<br />

mia cugina?<br />

– Certamente.<br />

– Non starà perdendo delle lezioni, vero?<br />

– Oh, no, ho due ore di tempo, prima della prossima lezione.<br />

A quanto pareva, Everett aveva già seguito una lezione e messo<br />

insieme tutto quel materiale prima ancora che io mi alzassi, ma del resto<br />

lui non era stato in piedi per metà della notte a guardare il simulacro della<br />

cugina morta che se ne andava in giro.<br />

– Potrebbe anche portare questi sacchi pieni di vestiti al più vicino<br />

centro dell’Esercito della Salvezza o a un altro centro assistenziale? –<br />

Questo mi avrebbe permesso di sgombrare la veranda e mi avrebbe dato<br />

allo stesso tempo la sensazione di aver già concluso qualcosa. Avevo<br />

esaminato con cura tutti gli indumenti, per essere certa che Hadley non ci<br />

avesse nascosto dentro niente, e adesso mi stavo chiedendo cosa se ne


sarebbe fatto l’Esercito della Salvezza di quel vestiario, considerato che<br />

Hadley aveva avuto gusti che tendevano verso l’aderente e il succinto, per<br />

usare degli eufemismi.<br />

– Sì, signora – rispose il ragazzo, tirando fuori un blocchetto per<br />

appunti e annotando qualcosa, prima di tornare a fissarmi con la massima<br />

attenzione. – C’è altro? – domandò.<br />

– Sì, in casa non c’è niente da mangiare. Quando torna, in<br />

pomeriggio, mi potrebbe portare qualcosa? – risposi, dato che potevo bere<br />

l’acqua del rubinetto, ma di certo non potevo materializzare il cibo dal<br />

nulla.<br />

In quel momento un richiamo che giungeva dal cortile mi indusse ad<br />

affacciarmi alla ringhiera: Quinn era fermo di sotto, con in mano un<br />

sacchetto contenente qualcosa di unto, la cui vista mi fece venire<br />

l’acquolina in bocca.<br />

– Sembra che il problema del cibo sia stato risolto – riferii a Everett,<br />

segnalando a Quinn di salire.<br />

– Cosa posso fare per rendermi utile? – domandò Quinn. – Ho<br />

pensato che tua cugina poteva non avere in casa cibo o caffè, così ti ho<br />

portato alcuni bignè e del caffè tanto forte che ti farà spuntare i peli sul<br />

petto.<br />

Era una battuta che avevo già sentito altre volte, ma che riusciva<br />

ancora a farmi sorridere.<br />

– Oh, proprio quello a cui miravo – risposi. – Passami tutto. A dire il<br />

vero qui c’è del caffè, ma non ho ancora avuto il tempo di farlo, perché il<br />

qui presente Everett è il genere di persona che assume il controllo della<br />

situazione.<br />

– Sa che non è vero – sorrise Everett, che era al decimo scatolone, –<br />

ma mi fa piacere sentirglielo dire.<br />

Presentai i due uomini, e dopo avermi consegnato il sacchetto, Quinn<br />

diede una mano a Everett a montare gli scatoloni, mentre io mi sedetti al<br />

tavolo da pranzo di vetro e mangiai i bignè fino all’ultima briciola,<br />

trangugiando anche tutto il caffè; alla fine ero letteralmente coperta di<br />

zucchero a velo, ma non mi importava.<br />

– Sei vestita del tuo cibo, piccola – osservò Quinn, girandosi a<br />

guardarmi e cercando di nascondere un sorriso.<br />

– Ma non ho peli sul petto – ribattei, abbassando lo sguardo sulla<br />

scollatura del top.<br />

– Posso verificare? – ribatté lui. Scoppiai a ridere, poi andai in bagno<br />

a lavarmi i denti e spazzolarmi i capelli, entrambe operazioni essenziali, e


ne approfittai per verificare come mi stessero i vestiti di Hadley che mi ero<br />

infilata. I pantaloni di spandex nero arrivavano a mezza coscia, e<br />

probabilmente Hadley non doveva averli mai indossati perché dovevano<br />

essere stati troppo larghi per i suoi gusti; su di me, apparivano molto<br />

aderenti, anche se non quanto sarebbe piaciuto a lei, al punto da poter<br />

contare i... oh, non importa. Il top rosa carico lasciava vedere le spalline<br />

rosa chiaro del mio reggiseno, per non parlare di quattro o cinque<br />

centimetri di stomaco, ma grazie al Peck’s Tan-a-Lot (situato all’interno di<br />

Peck’s Bunch-o-Flicks, un videonoleggio di Bon Temps) quello stomaco<br />

era ben abbronzato. Di certo, Hadley si sarebbe messa qualche gioiello<br />

nell’ombelico, e nel guardarmi nello specchio cercai di immaginarmi con<br />

un bottone d’oro o qualcosa di simile indosso... no, proprio no. Mi infilai<br />

un paio di sandali decorati da perline di cristallo e per circa trenta secondi<br />

mi sentii decisamente affascinante.<br />

Poi cominciai a parlare con Quinn di quello che intendevo fare<br />

durante la giornata, e invece di gridare passai dalla camera da letto al<br />

corridoio, portando con me la spazzola e l’elastico per i capelli.<br />

Chinandomi all’altezza della vita, mi spazzolai i capelli a testa in giù e li<br />

raccolsi sulla cima della testa in una coda di cavallo, certa che fosse<br />

centrata perché, nel corso degli anni, i miei movimenti erano diventati<br />

automatici; fermata la coda con l’elastico, mi raddrizzai e la gettai<br />

all’indietro sulla schiena.<br />

Adesso, i capelli mi arrivavano fin sotto le scapole. Solo allora mi<br />

accorsi che Quinn ed Everett avevano smesso di lavorare, e mi stavano<br />

fissando.<br />

Quando li fissai a mia volta, entrambi si affrettarono a tornare a<br />

quello che stavano facendo.<br />

D’accordo, a me non sembrava di aver fatto niente di interessante,<br />

ma pareva che invece fosse proprio così. Scrollando le spalle, sparii in<br />

camera da letto per applicare un po’ di trucco, e nel darmi un’altra occhiata<br />

allo specchio, mi resi infine conto che forse qualsiasi cosa avessi fatto,<br />

vestita in quel modo, doveva risultare molto interessante, almeno per un<br />

maschio pienamente funzionale.<br />

Quando riemersi, Everett se n’era andato, e Quinn mi porse un pezzo<br />

di carta su cui lui aveva annotato il proprio numero di cellulare.<br />

– Ha detto di chiamarlo, se ti servissero altre scatole – spiegò, – e ha<br />

portato via tutti i sacchi di vestiti. Sembra che tu non abbia per niente<br />

bisogno di me.<br />

– Non c’è confronto – sorrisi. – Everett non mi ha portato grassi e


caffeina, questa mattina, mentre tu lo hai fatto.<br />

– Allora, quali sono i piani, e come posso aiutarti?<br />

– Okay, il piano è... – cominciai. In realtà, però, non avevo piani più<br />

specifici del vagliare tutta la roba e fare una scelta, e quella era una cosa<br />

che Quinn non poteva fare per me. – Che ne dici di tirare fuori tutto dagli<br />

armadietti di cucina, mettendolo dove io possa vederlo e scegliere cosa<br />

tenere e cosa buttare? – proposi infine. – Dopo potrai imballare quello che<br />

deciderò di tenere, e trasferire sulla veranda gli oggetti scartati. Spero che<br />

non si metta a piovere – aggiunsi, notando che il cielo si stava<br />

rannuvolando in fretta. – Mentre lavoriamo, ti metterò al corrente di quello<br />

che è successo la scorsa notte.<br />

Nonostante la minaccia di pioggia, lavorammo per tutta la mattina, ci<br />

facemmo portare una pizza per pranzo e riprendemmo il lavoro nel<br />

pomeriggio. La roba che non volevo finì nei sacchi del pattume, e Quinn<br />

potenziò ulteriormente i suoi muscoli trasportandoli nel cortile e<br />

mettendoli nella piccola baracca che aveva contenuto le sedie pieghevoli,<br />

ancora sparse sul prato. Cercai di ammirare i suoi muscoli soltanto quando<br />

lui non mi stava guardando, e mi parve di riuscire a farlo con successo.<br />

Quinn si mostrò molto interessato al racconto della ricostruzione<br />

ectoplasmatica, e discutemmo a lungo di cosa potessero significare tutti<br />

quegli eventi, senza però arrivare a nessuna conclusione. Per quel che<br />

Quinn ne sapeva, Jake non aveva nemici fra i vampiri, e per questo<br />

riteneva che fosse stato ucciso più per l’imbarazzo che questo avrebbe<br />

causato a Hadley che non per qualcosa che lui stesso avesse fatto.<br />

Amelia non si fece vedere né sentire, tanto che cominciai a chiedermi<br />

se fosse andata a casa di Bob il Mormone, o se lui non si fosse fermato da<br />

lei e si stessero divertendo alla grande nel suo appartamento... forse, lui era<br />

un vero drago, sotto quella camicia bianca e quei pantaloni neri.<br />

Mi guardai intorno nel cortile, constatando che la bicicletta di Bob<br />

era ancora appoggiata al muretto di mattoni. Dal momento che il cielo si<br />

stava facendo sempre più nero a ogni momento che passava, la misi al<br />

riparo nella baracca, insieme ai sacchi.<br />

Trascorrere tutta la giornata con Quinn stava attizzando il mio fuoco<br />

interiore. Lui si era tolto la camicia, rimanendo in canottiera e jeans, e mi<br />

stavo chiedendo come potesse essere senza neppure quegli indumenti<br />

addosso. Inoltre, non ritenevo di essere la sola impegnata a fare congetture<br />

su come potesse apparire nudo, perché di tanto in tanto riuscivo a cogliere<br />

qualche flash dalla mente di Quinn, mentre era impegnato a portare sacchi<br />

giù per le scale o a imballare pentole e padelle in qualche scatola, e quei


flash non riguardavano certo il vagliare la posta o il fare il bucato.<br />

Mi rimaneva abbastanza presenza di spirito da pensare ad accendere<br />

una lampada, quando sentii risuonare in lontananza il primo tuono: New<br />

Orleans stava per essere innaffiata per bene.<br />

Subito dopo, ripresi a flirtare con Quinn, pur senza dire una parola,<br />

accertandomi che lui potesse vedermi bene se mi allungavo a prelevare un<br />

bicchiere da un armadietto, o se mi chinavo ad avvolgerlo in un pezzo di<br />

carta di giornale. Forse un quarto di me stessa era imbarazzato, ma il resto<br />

si stava divertendo. Di recente... ecco, diciamo pure sempre... il<br />

divertimento non era stato un fattore dominante nella mia vita, e adesso<br />

stavo godendo a fondo di quella mia piccola passeggiata sul lato selvaggio<br />

dell’esistenza.<br />

Al piano di sotto, sentii il cervello di Amelia entrare in funzione,<br />

almeno in un certo senso. Lavorando in un bar, quella era una sensazione<br />

con cui avevo familiarità, e sapevo cosa significava: Amelia soffriva di<br />

postumi di sbornia. Sorrisi fra me, quando la strega pensò a Bob, che stava<br />

ancora dormendo accanto a lei. A parte un basilare “come ho potuto?”, il<br />

pensiero più coerente di Amelia era che aveva un terribile bisogno di un<br />

caffè. Non se la sentiva neppure di accendere una luce nell’appartamento,<br />

reso sempre più buio dalla tempesta in avvicinamento, perché una<br />

maggiore illuminazione le avrebbe fatto dolere ulteriormente gli occhi.<br />

Mi girai con un sorriso, pronta a dire a Quinn che avremmo potuto<br />

avere presto notizie di Amelia, solo per trovarlo proprio dietro di me, con<br />

il volto atteggiato a un’espressione che non permetteva fraintendimenti.<br />

Lui era pronto a qualcosa di del tutto diverso.<br />

– Dimmi che non vuoi che ti baci, e mi tirerò indietro – affermò, poi<br />

prese a baciarmi.<br />

Io non dissi una parola.<br />

Quando la differenza di statura divenne un problema, Quinn si limitò<br />

a sollevarmi e ad appollaiarmi sul bordo del piano di cucina. Fuori, risuonò<br />

un rombo di tuono, mentre io allargavo le ginocchia per permettergli di<br />

avvicinarsi più che poteva, e lo circondavo con le gambe. Lui mi sfilò<br />

l’elastico dai capelli, un processo non del tutto indolore, e vi passò in<br />

mezzo le dita, serrandole intorno a essi e inspirando a fondo, come se<br />

stesse estraendo il profumo da un fiore.<br />

– Per te va bene? – chiese con voce roca, quando le sue dita<br />

trovarono il bordo inferiore del mio top e vi scivolarono sotto; tastato il<br />

reggiseno, riuscì poi a capire a tempo di record come fare a slacciarlo.<br />

– Bene? – ripetei, come stordita. Non sapevo se volevo dire “Bene?


Dannazione, sì, spicciati!” oppure “Vuoi sapere quale parte di questo va<br />

bene?” ma naturalmente Quinn interpretò quella mia singola parola come<br />

un semaforo verde, spingendo da parte il reggiseno e passando i pollici sui<br />

miei capezzoli, che erano già eretti. Pensai che sarei esplosa, e soltanto la<br />

previsione di cose migliori che ancora dovevano venire mi trattenne dal<br />

perdere il controllo sul momento. Mi contorsi per portarmi ancor più sul<br />

bordo del piano di cucina, in modo che la grossa sporgenza sul davanti dei<br />

jeans di Quinn arrivasse contro il cavallo dei miei pantaloni: era<br />

stupefacente, come combaciavano. Lui si premette contro di me, si ritrasse<br />

e premette ancora, il rigonfiamento dei suoi jeans che andava a colpire<br />

proprio il punto giusto, così facile da raggiungere attraverso il sottile ed<br />

elastico spandex.<br />

Gridai ancora, aggrappandomi a lui in un cieco momento di orgasmo,<br />

in cui avrei potuto giurare di essere stata catapultata in un altro universo;<br />

adesso il mio respiro era più simile a un susseguirsi di singhiozzi, e mi ero<br />

avviluppata intorno a lui come se fosse stato il mio eroe, cosa che in quel<br />

momento era di certo.<br />

Il suo respiro era ancora affannoso, e lui si stava muovendo ancora<br />

contro di me, cercando a sua volta l’orgasmo, dopo che io avevo avuto così<br />

rumorosamente il mio. Gli succhiai il collo, mentre insinuavo una mano<br />

fra noi due e lo accarezzavo attraverso i jeans, e improvvisamente lui<br />

emise un grido rauco quanto lo era stato il mio, serrando convulsamente le<br />

braccia intorno a me.<br />

– Oh, mio Dio – mormorò, – oh, Dio.<br />

Con gli occhi ancora serrati, mi baciò il collo, la guancia, le labbra,<br />

più e più volte.<br />

– Piccola – disse quindi, quando il suo respiro... e il mio... furono<br />

tornati quasi alla normalità, – non ero più venuto così da quando avevo<br />

diciassette anni e mi trovavo sul sedile di dietro della macchina di mio<br />

padre, con Ellie Hopper.<br />

– Quindi è una cosa positiva – borbottai.<br />

– Ci puoi scommettere – garantì.<br />

Rimanemmo stretti ancora per un momento, durante il quale mi<br />

accorsi infine della pioggia che martellava contro le finestre e le porte, e<br />

dei tuoni che rimbombavano nell’allontanarsi. Il mio cervello stava<br />

pensando di disattivarsi per un breve sonnellino, ed ero pigramente<br />

consapevole che la mente di Quinn era altrettanto sonnolenta, mentre lui<br />

mi riagganciava il reggiseno. Dabbasso, Amelia stava preparando il caffè<br />

nella cucina buia, e Bob si stava svegliando in reazione a quel


meraviglioso profumo, chiedendosi dove fossero i suoi pantaloni. E nel<br />

cortile c’erano dei nemici che si stavano avvicinando in silenzio, già<br />

avviati su per la scala.<br />

– Quinn! – esclamai, proprio nel momento in cui il suo udito acuto<br />

coglieva il rumore dei loro passi. Immediatamente, lui entrò nella modalità<br />

da combattimento... poiché non mi ero trovata a casa mia, dove potevo<br />

controllare i simboli sul calendario, non mi ero resa conto di quanto<br />

fossimo vicini alla luna piena. Adesso le mani di Quinn non erano più<br />

munite di dita, ma di artigli lunghi almeno sei centimetri, e i suoi occhi si<br />

erano fatti obliqui, completamente dorati e con dilatate pupille nere. Il<br />

cambiamento stesso delle ossa del volto lo aveva trasformato in un alieno.<br />

Negli ultimi dieci minuti avevo fatto in un certo modo l’amore con<br />

quell’uomo, e adesso non avrei saputo riconoscerlo se lo avessi incontrato<br />

per la strada.<br />

Quello però non era il momento di pensare a nulla se non a come<br />

meglio difenderci. Io ero l’anello debole, quindi avrei fatto meglio a<br />

sfruttare il vantaggio della sorpresa. Scendendo dal piano di cucina,<br />

oltrepassai in fretta Quinn, in direzione della porta, prelevando la lampada<br />

dal suo piedistallo. Quando il primo mannaro fece irruzione oltre la soglia,<br />

lo colpii sulla testa, facendolo barcollare; il compagno che lo seguì<br />

inciampò nel suo corpo che si dibatteva, e Quinn fu più che pronto ad<br />

affrontare il terzo. Purtroppo, ce n’erano altri sei.


Capitolo ventesimo<br />

Ci vollero due di loro per ridurmi all’impotenza, mentre io<br />

continuavo a urlare, mordere e colpire con tutte le mie forze. Per Quinn ne<br />

occorsero quattro, e riuscirono a sottometterlo solo perché uno di essi<br />

aveva uno storditore elettrico; altrimenti, sono certa che lui li avrebbe<br />

eliminati tutti, sei o otto che fossero, invece di abbattere soltanto i tre di<br />

cui si era occupato prima che gli altri gli arrivassero addosso.<br />

Sapevo che mi avrebbero sopraffatta, e che mi sarei potuta<br />

risparmiare qualche livido, e magari un osso rotto, se non avessi opposto<br />

resistenza, ma ho il mio orgoglio e inoltre, dal punto di vista pratico,<br />

volevo essere certa che Amelia sentisse quello che stava succedendo sopra<br />

la sua testa: lei avrebbe fatto qualcosa... non sapevo cosa, ma ero certa che<br />

avrebbe agito in qualche modo.<br />

Alla fine venni trascinata giù per le scale da due uomini massicci che<br />

non avevo mai visto, gli stessi che mi avevano legato i polsi con il nastro<br />

adesivo; mentre lo facevano, mi ero sforzata di tenere i polsi il più<br />

distanziati possibile, ma non ero certa di aver fatto un buon lavoro.<br />

– Mmmm, profuma di sesso – commentò il più basso dei due,<br />

pizzicandomi il sedere. Ignorai il suo disgustoso sogghigno lascivo e trassi<br />

un po’ di soddisfazione dalla vista del livido che il mio pugno gli aveva<br />

lasciato sullo zigomo (pugno che, tra parentesi, aveva le nocche doloranti e<br />

ammaccate: non si può colpire qualcuno senza pagarne le conseguenze).<br />

Dovettero trasportare Quinn di peso, e non furono per niente delicati,<br />

sballottandolo giù per le scale e facendolo perfino cadere una volta, a<br />

causa della sua mole. Uno dei colpi ricevuti gli aveva lacerato la pelle<br />

sopra l’occhio sinistro, e anche lui era stato legato con il nastro adesivo,<br />

cosa che mi indusse a chiedermi che ne sarebbe stato del suo pelo quando<br />

esso fosse stato rimosso.<br />

Per qualche momento, ci tennero fermi nel cortile, affiancati, e Quinn<br />

mi guardò come se desiderasse disperatamente parlarmi. Il sangue che<br />

usciva dalla ferita sopra l’occhio gli colava lungo la guancia, e lui appariva<br />

ancora intontito dalla scarica dello storditore; intanto, le sue mani stavano<br />

tornando ad avere un aspetto normale. Tentai di lanciarmi verso di lui, ma i<br />

mannari badarono a tenerci separati.<br />

Poi nel vialetto entrarono due furgoni bianchi e lunghi, senza<br />

finestrino posteriore, che recavano su un fianco la scritta BIG EASY


ELECTRIC; il logo era stato coperto con il fango, cosa che appariva<br />

alquanto sospetta. Entrambi i conducenti balzarono a terra, e quello del<br />

primo veicolo ne spalancò gli sportelli posteriori.<br />

Mentre i nostri catturatori ci trascinavano verso quel furgone, il resto<br />

degli assalitori venne trasportato giù per la scala, e posso garantire con<br />

piacere che gli uomini feriti da Quinn erano in condizioni molto peggiori<br />

delle sue: gli artigli possono recare danni incredibili, soprattutto se usati<br />

con la forza di cui dispone una tigre. Il tizio che avevo colpito con la<br />

lampada era privo di sensi, e quello che aveva raggiunto per primo Quinn<br />

forse era <strong>morto</strong>; di certo, era coperto da molto sangue, e c’erano parti di lui<br />

ora esposte alla luce che si sarebbero dovute trovare invece nel suo ventre.<br />

La cosa mi fece affiorare sul volto un sorriso di soddisfazione,<br />

mentre gli uomini che mi trattenevano mi spingevano dentro il furgone,<br />

che scoprii essere cosparso di rifiuti e di sporcizia: niente da dire, quella<br />

era davvero un’operazione di alta classe. Una rete metallica separava i<br />

sedili anteriori dal piano di carico posteriore, i cui scaffali erano stati<br />

svuotati, probabilmente per fare posto a noi.<br />

Venni infilata nello stretto spazio fra le due file di scaffali, e Quinn<br />

venne incastrato all’interno dopo di me, cosa che costò parecchia fatica ai<br />

nostri catturatori, perché lui era ancora molto intontito. Mentre i due<br />

uomini che si erano occupati di noi richiudevano le porte posteriori del<br />

furgone, gli altri provvidero a caricare i mannari caduti sul secondo<br />

veicolo. Evidentemente, i due furgoni erano stati parcheggiati per breve<br />

tempo sulla strada, in modo che noi non li sentissimo entrare nel vialetto,<br />

ed erano stati poi spostati nel cortile quando i nostri assalitori erano stati<br />

pronti a caricarci a bordo, perché perfino gli abitanti di una città rissosa<br />

come New Orleans avrebbero notato alcuni corpi malconci che venivano<br />

infilati dentro due furgoni... sotto una pioggia battente.<br />

Mi augurai che i mannari non pensassero a prelevare anche Amelia e<br />

Bob, e pregai che Amelia fosse tanto intelligente da nascondersi, invece di<br />

tentare qualche impulsivo e coraggioso atto di magia. So che è una<br />

contraddizione, pregare per una cosa (chiedere un favore a Dio) e nello<br />

stesso tempo sperare che i tuoi nemici vengano uccisi.<br />

Tutto quello che posso dire è che questa è una cosa che i cristiani<br />

hanno sempre fatto fin dall’inizio... almeno i cattivi cristiani, come me.<br />

– Via, via, via – gridò l’uomo basso, che era salito sul sedile<br />

anteriore. Il conducente lo accontentò con uno stridio di pneumatici del<br />

tutto inutile, lasciando il cortile a precipizio, come se avessero appena<br />

sparato al presidente e noi lo stessimo trasportando al Walter Reed


Hospital.<br />

Mentre lasciavamo Chloe Street, svoltando per andare verso la nostra<br />

destinazione, quale che potesse essere, Quinn si riprese infine del tutto.<br />

Aveva le mani legate dietro la schiena, una cosa scomoda e dolorosa, e la<br />

sua testa non aveva smesso di sanguinare, per cui mi aspettavo che lui<br />

continuasse a essere intontito, se non addirittura in stato di shock. Invece, i<br />

suoi occhi misero gradualmente a fuoco il mio volto.<br />

– Piccola, ti hanno pestata per bene – disse. Non dovevo avere un<br />

aspetto molto buono.<br />

– Già, ma tu sembri essere nella mia stessa barca – ribattei. Sapevo<br />

che il conducente e il suo compagno ci potevano sentire, però non me ne<br />

importava niente.<br />

– Bel protettore, sono risultato essere – continuò Quinn, sforzandosi<br />

di sorridere.<br />

Secondo il modo di vedere dei mannari, io non ero molto pericolosa,<br />

quindi le mie mani erano state legate davanti a me, e non dietro. Ne<br />

approfittai per contorcermi fino a riuscire a esercitare pressione sul taglio<br />

che Quinn aveva alla fronte, cosa che dovette fargli ancora più male, anche<br />

se non emise una sola parola di protesta.<br />

Il movimento del furgone, gli effetti delle percosse e il costante<br />

sballottamento, unito alla puzza dei rifiuti che ci circondavano, fecero sì<br />

che i dieci minuti successivi fossero decisamente sgradevoli. Mi<br />

meravigliava che in una città disseminata di tanti ristoranti famosi, quale<br />

era New Orleans, quel furgone fosse disseminato di sacchetti del Burger<br />

King e di tazze di cartone della Tac Bell.<br />

Se avessi avuto modo di frugare in mezzo a quei rifiuti, forse sarei<br />

riuscita a trovare qualcosa di utile.<br />

– Quando siamo insieme, veniamo attaccati da mannari – osservò<br />

Quinn.<br />

– È colpa mia – dissi. – Mi dispiace davvero di averti trascinato in<br />

questa storia.<br />

– Oh, certo – ribatté. – Ma del resto sono famoso per frequentare<br />

gente violenta.<br />

Eravamo distesi faccia a faccia, e nel parlare lui mi urtò con una<br />

gamba. Stava cercando di dirmi qualcosa, che però non riuscivo a capire.<br />

Sul sedile anteriore, i due uomini si stavano scambiando commenti<br />

riguardo a una ragazza graziosa che stava attraversando la strada, a un<br />

semaforo, e il solo ascoltare la loro conversazione era quasi sufficiente a<br />

indurre una donna ad abiurare per sempre gli uomini... ma se non altro essa


significava che non ci stavano ascoltando.<br />

– Ricordi quando ti ho parlato del mio problema mentale – dissi,<br />

soppesando le parole. – Ricordi cosa ti ho spiegato al riguardo?<br />

Intontito dalla ferita, lui impiegò un minuto a capire, ma poi colse il<br />

suggerimento. Il suo volto si contrasse come se fosse stato sul punto di<br />

spaccare a metà un’asse con un colpo di karate o si fosse accinto a qualche<br />

altra cosa che richiedeva tutta la sua concentrazione, poi il suo pensiero mi<br />

penetrò nella mente.<br />

Telefono, nella mia tasca, mi disse. Il problema era che il telefono si<br />

trovava nella tasca destra, e che lui era disteso proprio su quel fianco,<br />

senza avere certo lo spazio necessario per girarsi.<br />

La cosa richiese una quantità di manovre, che ovviamente non<br />

volevo venissero notate dai nostri catturatori, ma alla fine riuscii a<br />

insinuare le dita nella tasca di Quinn, riservandomi di fargli notare che, in<br />

quelle circostanze, i suoi jeans erano troppo aderenti (cosa che in<br />

circostanze diverse non sarebbe stato affatto un problema). Tirare fuori<br />

quel telefono, con il furgone che ondeggiava e i nostri assalitori che ci<br />

controllavano ogni pochi minuti, fu una cosa davvero difficile.<br />

Quartier generale della regina, selezione rapida, mi comunicò,<br />

quando sentì il telefono che gli usciva di tasca. Quell’informazione era<br />

però inutile per me, perché non sapevo come accedere alla selezione<br />

rapida. Mi ci vollero alcuni minuti per farlo capire a Quinn, e ancora<br />

adesso non so come ci riuscii, ma alla fine lui pensò il numero di telefono,<br />

che io composi goffamente, per poi premere il pulsante di chiamata. Forse,<br />

non avevamo pensato a tutti gli aspetti del nostro piano, perché non appena<br />

una voce rispose alla chiamata, i mannari la sentirono.<br />

– Non lo hai perquisito? – chiese in tono incredulo il conducente al<br />

passeggero.<br />

– Diavolo, no. Stavo cercando di infilare lui nel furgone e di<br />

togliermi in fretta da sotto la pioggia – ringhiò l’uomo che mi aveva<br />

pizzicato il sedere. – Accosta, dannazione!<br />

Qualcuno ha ricevuto il tuo sangue? mi chiese mentalmente Quinn,<br />

anche se ormai avrebbe potuto parlare ad alta voce. Il mio cervello perse<br />

un prezioso secondo per elaborare la domanda.<br />

– Eric – dissi, ad alta voce, perché ormai i mannari erano scesi a terra<br />

e stavano correndo verso gli sportelli posteriori del furgone.<br />

– Quinn e Sookie sono stati rapiti da alcuni mannari – gridò Quinn<br />

nel telefono, che gli tenevo vicino alla bocca. – Eric Northman può<br />

rintracciare Sookie.


Mi augurai che Eric fosse ancora a New Orleans, e che chi aveva<br />

risposto al telefono, al quartier generale della regina, non facesse parte<br />

della congiura. Intanto, i due mannari avevano già aperto gli sportelli<br />

posteriori, e ci stavano trascinando fuori. Uno di essi mi sferrò un pugno e<br />

l’altro colpì Quinn al ventre, poi mi strapparono il telefono dalle dita<br />

gonfie e lo gettarono nello spesso sottobosco che cresceva al lato della<br />

strada. Il conducente si era fermato su un lotto di terreno vuoto, ma più in<br />

su e più in giù lungo la strada erano visibili case su palafitte, ben<br />

distanziate e sovrastanti un mare d’erba. Il cielo era troppo coperto per<br />

permettermi di capire in che direzione stessimo andando, ma ormai ero<br />

certa che ci fossimo diretti a sud, verso le paludi. Nel riuscire a leggere<br />

l’orologio del conducente, rimasi sorpresa di scoprire che erano già le tre<br />

del pomeriggio passate.<br />

– Sei uno stupido idiota, Clete! Chi hanno chiamato? – gridò una<br />

voce proveniente dal secondo furgone, che si era accostato al lato della<br />

strada quando il nostro si era fermato. I nostri catturatori si guardarono a<br />

vicenda con una identica espressione costernata che mi avrebbe fatta<br />

ridere, se non fossi stata tanto dolorante. Sembrava quasi che si fossero<br />

esercitati ad apparire stupidi.<br />

Questa volta, Quinn venne perquisito minuziosamente, cosa che<br />

fecero anche con me, sebbene non avessi tasche o altri posti in cui<br />

nascondere qualcosa, a meno che non volessero controllare anche nei miei<br />

orifizi. Per un secondo, pensai che Clete... Mister Pizzica-Sederi... lo<br />

avrebbe fatto, quando le sue dita si serrarono con forza sullo spandex dei<br />

pantaloni, strappandomi un verso orribile, un soffocato sussulto di paura.<br />

Anche Quinn dovette pensare la stessa cosa, perché dalla sua gola uscì un<br />

suono che era più di un ringhio, era un ruggito rauco, profondo e<br />

assolutamente minaccioso.<br />

– Lascia stare la ragazza, Clete, e rimettiamoci in viaggio – ingiunse<br />

l’alto conducente, in un tono di voce che pareva sottintendere un “con te<br />

ho chiuso”. – Non so chi sia questo tizio, ma non credo che si trasformi in<br />

una nutria.<br />

Mi chiesi se Quinn si sarebbe servito della propria identità per<br />

minacciarli, dato che la maggior parte dei mannari pareva conoscerlo o<br />

averlo sentito nominare, ma lui non fece il proprio nome, e questo mi<br />

indusse a tacerlo a mia volta.<br />

Clete mi caricò di nuovo sul furgone continuando a borbottare<br />

commenti del tipo “Da quando in qua sei diventato Dio? Non sei tu a<br />

comandarmi”, e così via. Invece, era chiaro che l’uomo alto era il suo


capo, il che era un bene, perché volevo avere qualcuno con un po’ di<br />

cervello e un brandello di decenza che si parasse fra me e le sue dita<br />

lunghe.<br />

Ebbero parecchia difficoltà a spingere di nuovo Quinn nel furgone<br />

contro la sua volontà, tanto che alla fine due uomini dell’altro furgone<br />

dovettero intervenire, sia pure con molta riluttanza, per aiutare Clete e il<br />

conducente. Questa volta, legarono anche le gambe di Quinn, usando uno<br />

di quei lacci di plastica con la punta scanalata che si inserisce nel foro<br />

all’altra estremità, qualcosa di simile al laccio che avevamo usato per<br />

chiudere il sacchetto in cui avevamo cotto al forno il tacchino, il Giorno<br />

del Ringraziamento. La sola differenza fu che quello usato su Quinn era di<br />

plastica nera e si bloccava con quella che sembrava una chiave da manette.<br />

Le mie gambe non vennero legate.<br />

Capivo che Quinn si fosse infuriato per come mi avevano trattato, al<br />

punto da lottare per liberarsi, ma il risultato ultimo era stato che adesso le<br />

sue gambe erano legate e le mie no... perché io continuavo a non costituire<br />

una minaccia, almeno secondo il modo di vedere dei nostri rapitori.<br />

E probabilmente avevano ragione, perché non mi riusciva di pensare<br />

a niente che avrei potuto fare per impedire loro di portarci dove stavamo<br />

andando. Non avevo un’arma, e anche se stavo cercando di rosicchiare il<br />

nastro adesivo che mi bloccava le mani, i miei denti non parevano<br />

abbastanza forti da riuscire a intaccarlo. Mi riposai per un momento,<br />

chiudendo stancamente gli occhi, stordita da quell’ultimo colpo, che mi<br />

aveva aperto una lacerazione sulla guancia. Una grossa lingua ruvida mi<br />

passò sulla faccia sanguinante, una prima e poi una seconda volta.<br />

– Non gridare – disse una voce gutturale, tanto strana che aprii gli<br />

occhi per verificare che fosse davvero quella di Quinn.<br />

Quinn era tanto potente che poteva arrestare la trasformazione, dopo<br />

che era iniziata, e avevo il sospetto che potesse anche attivarla a suo<br />

piacimento, anche se avevo notato che un combattimento la scatenava<br />

automaticamente in qualsiasi mutaforma. Quinn aveva manifestato i suoi<br />

artigli nel corso dello scontro nell’appartamento di Hadley, cosa che aveva<br />

quasi alterato le sorti della lotta a nostro favore, e sul lato della strada si<br />

era talmente infuriato con Clete che il naso gli si era allargato e appiattito,<br />

e i denti si erano trasformati in minuscole daghe.<br />

– Perché non ti sei trasformato completamente? – sussurrai.<br />

Perché qui dentro non resterebbe spazio anche per te, piccola.<br />

Quando mi trasformo, sono lungo più di due metri e peso circa<br />

duecentoventi chili.


Era un’informazione sufficiente a sconvolgere qualsiasi ragazza.<br />

Potevo soltanto essere grata che lui fosse stato tanto previdente. Tornai a<br />

osservarlo.<br />

Non sei disgustata?<br />

Davanti, Clete e il conducente stavano recriminando uno contro<br />

l’altro per via dell’incidente del telefono.<br />

– Nonno, che denti grandi hai – sussurrai. I canini superiori e<br />

inferiori erano così lunghi e acuminati da fare davvero paura<br />

(stupidamente, mi trovai a pensare che definirli canini poteva suonare<br />

come un insulto, per un felino).<br />

Erano aguzzi e affilati. Affilati. Sollevai le mani fino ad<br />

accostargliele alla bocca, e lo supplicai con lo sguardo, sperando che<br />

capisse. Decifrare il suo volto alterato era difficile, ma mi parve di intuire<br />

che lui fosse preoccupato: la situazione in cui eravamo stava destando i<br />

suoi istinti protettivi, tuttavia l’idea che gli proponevo faceva appello ad<br />

altri istinti.<br />

Ti farò sanguinare, mi avvertì, facendo un notevole sforzo, perché<br />

adesso era in parte animale, e i processi mentali animaleschi non<br />

seguivano necessariamente gli stessi percorsi di quelli umani.<br />

Mi serrai il labbro inferiore fra i denti per non sussultare, quando le<br />

sue zanne affondarono nel nastro adesivo. Lui dovette esercitare una certa<br />

pressione perché i suoi canini, lunghi sette centimetri, lo trapassassero, il<br />

che fece sì che i più corti ma affilati incisivi mi penetrassero nella pelle,<br />

per quanto lui stesse attento per cercare di evitarlo. Le lacrime presero a<br />

rotolarmi lungo le guance in un flusso costante, e lo sentii esitare.<br />

Agitando le mani legate, lo incitai a proseguire, e con riluttanza si rimise al<br />

lavoro.<br />

– Ehi, George, la sta mordendo – commentò Clete, dal sedile<br />

anteriore. – Posso vedere le sue mascelle che si muovono.<br />

Per fortuna, eravamo tanto vicini, e la luce era tanto scarsa che lui<br />

non riuscì a vedere come in effetti Quinn stesse mordendo i miei legami.<br />

Questo era un bene, e io stavo cercando disperatamente di trovare cose<br />

buone a cui aggrapparmi, perché in quel momento il mondo mi appariva<br />

davvero molto, molto cupo, mentre me ne stavo distesa su un furgone che<br />

viaggiava sotto la pioggia su una strada sconosciuta, da qualche parte nella<br />

Louisiana meridionale.<br />

Ero furente, sanguinante, dolorante e con il peso del corpo che<br />

gravava sul braccio sinistro, già ferito. Quello che volevo, la cosa ideale,<br />

sarebbe stata ritrovarmi pulita, fasciata e in un bel letto dalle lenzuola


ianche... d’accordo, pulita, fasciata e con indosso una camicia da notte<br />

altrettanto pulita. E poi, anche Quinn sarebbe dovuto essere in quel letto,<br />

nella sua forma umana, anche lui pulito e fasciato. E lui sarebbe dovuto<br />

essere riposato, e non avere niente indosso...<br />

Alla fine, il dolore causato dalle braccia ferite e sanguinanti divenne<br />

impossibile da ignorare, e mi impedì di concentrarmi abbastanza da restare<br />

aggrappata al mio piacevole sogno a occhi aperti. Proprio quando ero sul<br />

punto di gemere... o forse di mettermi direttamente a urlare... sentii i miei<br />

polsi che si separavano.<br />

Per qualche secondo rimasi distesa immobile, ansimando e cercando<br />

di controllare la mia reazione al dolore. Purtroppo, Quinn non poteva<br />

rosicchiare anche i propri legami, perché aveva le mani bloccate dietro la<br />

schiena. Alla fine, però, riuscì a girarsi in modo che potessi vedere i suoi<br />

polsi.<br />

– Cosa stanno facendo? – chiese George.<br />

Clete guardò verso di noi, ma io badai a tenere i polsi ravvicinati, e la<br />

giornata buia gli impedì di vedere con chiarezza.<br />

– Non stanno facendo niente. Ha smesso di morderla – riferì,<br />

apparentemente deluso.<br />

Quinn intanto aveva trapassato il nastro adesivo con un artiglio; esso<br />

però non era affilato lungo i bordi, come una scimitarra, e il suo potere<br />

risiedeva nella punta acuminata, abbinata alla forza immane di una tigre, e<br />

poiché Quinn non riusciva a fare leva abbastanza da esercitare tale forza,<br />

l’operazione sarebbe andata per le lunghe e, sospettavo, il nastro si sarebbe<br />

separato rumorosamente quando lui fosse riuscito a lacerarlo.<br />

Non ci rimaneva molto tempo. Da un momento all’altro perfino<br />

quell’idiota di Clete si sarebbe accorto che non era tutto come doveva<br />

essere, quindi avviai la difficile manovra necessaria per arrivare con le<br />

mani alle caviglie di Quinn, senza far notare il fatto che non erano più<br />

legate. Nell’intravedere il mio movimento, Clete si girò a guardare, e io mi<br />

accasciai contro gli scaffali vuoti, le mani strettamente congiunte in<br />

grembo, cercando di assumere un’espressione disperata, cosa che mi fu fin<br />

troppo facile. Dopo qualche secondo, Clete perse interesse e si accese una<br />

sigaretta, dandomi la possibilità di esaminare la striscia di plastica che<br />

bloccava le caviglie di Quinn. Mi ricordava il laccio usato per il sacchetto<br />

del tacchino del Ringraziamento, quel cordino era di plastica nera, spessa e<br />

resistente, e io non avevo un coltello per tagliarlo o la chiave per aprirlo.<br />

Mi parve però che Clete avesse commesso un errore nell’applicare quella<br />

sorta di manette, e mi affrettai a cercare di trarne vantaggio. Naturalmente,


Quinn aveva ancora le scarpe, che provvidi a slacciare e a sfilare. A quel<br />

punto, il suo piede cominciò a scivolare all’insù all’interno del cerchio di<br />

plastica: come avevo sospettato, le scarpe gli avevano tenuto separati i<br />

piedi, lasciando un po’ di spazio di manovra.<br />

Anche se i polsi e le mani mi stavano sanguinando sui suoi calzini<br />

(che gli avevo lasciato perché la plastica non lo graffiasse) me la stavo<br />

cavando piuttosto bene, e lui si stava dimostrando stoico nel sopportare il<br />

modo drastico in cui gli manovravi il piede. A un certo punto, sentii le sue<br />

ossa protestare per la strana torsione a cui le stavo sottoponendo, ma il<br />

piede scivolò finalmente fuori, libero.<br />

Mi ci era voluto più tempo a pensare a quella manovra che a<br />

eseguirla. Mi pareva che fossero passate ore.<br />

Tirato via il laccio di plastica, lo nascosi fra i rifiuti e guardai verso<br />

Quinn, che annuì. Il suo artiglio si agganciò più saldamente nel nastro<br />

adesivo, lacerandolo fino a far apparire un buco con un rumore per fortuna<br />

minimo. Intanto, io tornai a sdraiarmi accanto a lui per mascherare ciò che<br />

stava facendo.<br />

Infilati entrambi i pollici nel buco da lui praticato nel nastro adesivo,<br />

provai a tirare, ottenendo ben poco. C’è un motivo per cui il nastro adesivo<br />

è tanto popolare: è una sostanza affidabile.<br />

Dovevamo fuggire da quel furgone prima che raggiungesse la sua<br />

meta, e dovevamo riuscire ad allontanarci prima che il secondo furgone si<br />

fermasse dietro al nostro. Disperata, mi misi a frugare fra i sacchetti per<br />

panini e i contenitori di cartone per patatine sparsi sul fondo, e alla fine, in<br />

una piccola fessura fra il lato e il fondo del veicolo, trovai un minuscolo<br />

cacciavite Phillips, lungo e sottile.<br />

Lo fissai, e trassi un profondo respiro, consapevole di cosa dovessi<br />

fare. Le lacrime ripresero a scorrermi sul volto: sapevo che mi stavo<br />

comportando da piagnucolona, ma non potevo farci niente. Infine, guardai<br />

verso Quinn, il cui sguardo si era fatto inflessibile, perché sapeva bene<br />

quanto me cosa andasse fatto. Proprio in quel momento, il furgone rallentò<br />

e descrisse una svolta, lasciando una strada distrettuale abbastanza ben<br />

tenuta per imboccare quello che sembrava un sentiero ghiaioso che correva<br />

fra i boschi e che fui certa essere un viale d’accesso. Eravamo vicini alla<br />

nostra destinazione.<br />

Quella era l’occasione migliore che avremmo avuto, forse l’unica.<br />

– Allunga i polsi – mormorai, e conficcai il cacciavite nel buco già<br />

presente nel nastro adesivo, allargandolo. Tornai ad affondare il cacciavite<br />

una seconda e un’ultima volta, proprio mentre i due uomini si giravano,


avendo percepito i miei movimenti frenetici. Mentre Quinn si sforzava di<br />

spezzare i legami danneggiati, io mi issai in ginocchio e mi aggrappai al<br />

divisorio di rete con la mano sinistra.<br />

– Clete! – chiamai. Lui si girò, protendendosi fra i sedili per<br />

avvicinarsi al divisorio e vedere meglio, e io trassi un profondo respiro per<br />

poi piantare con la destra il cacciavite attraverso le maglie di rete del<br />

divisorio nella sua guancia.<br />

Lui prese a urlare e a sanguinare, e George si affrettò ad accostare.<br />

Intanto, Quinn liberò infine i polsi, con un ruggito, poi entrò in azione<br />

come un fulmine, e nel momento stesso in cui il furgone si arrestò, lui e io<br />

ci lanciammo fuori dalle porte posteriori, spiccando la corsa verso i boschi<br />

che, per fortuna, erano subito a ridosso della strada.<br />

Un paio di sandali infradito ornati di perline non era la calzatura più<br />

adatta a correre per boschi, cosa che tengo a sottolineare in questa sede, e<br />

Quinn era in calzini, ma riuscimmo a guadagnare comunque terreno, e<br />

quando infine il sorpreso conducente del secondo furgone si fermò,<br />

permettendo ai suoi passeggeri di lanciarsi al nostro inseguimento,<br />

eravamo già scomparsi alla vista di chi si trovava sulla strada.<br />

Continuammo a correre, perché i nostri inseguitori erano mannari, e<br />

quindi erano in grado di trovare le nostre tracce. Io stringevo ancora in<br />

mano il cacciavite, che avevo estratto dalla guancia di Clete, e ricordo di<br />

aver riflettuto che era pericoloso correre impugnando un oggetto<br />

appuntito; poi pensai alle dita tozze di Clete che tastavano fra le mie<br />

gambe e non mi sentii più tanto colpevole per quello che gli avevo fatto.<br />

Di lì a poco, nel superare con un salto un albero abbattuto coperto da<br />

viticci spinosi, il cacciavite mi scivolò di mano, e non ebbi il tempo di<br />

fermarmi a cercarlo.<br />

Dopo aver corso per qualche tempo, arrivammo alla palude.<br />

Naturalmente, la Louisiana abbonda di paludi e di bayou, luoghi ricchi di<br />

animali selvatici e anche belli da visitare, magari facendo un giro in canoa<br />

o qualcosa del genere.<br />

Però, attraversarli a piedi, sotto una pioggia battente, è tutt’altro che<br />

gradevole.<br />

Dovetti farmi forza per riuscire a seguire Quinn nell’acqua, che era<br />

scura e fredda perché eravamo ancora in primavera; d’estate, sarebbe<br />

risultata calda come un brodo. In una giornata nuvolosa come quella, una<br />

volta che ci fossimo venuti a trovare sotto gli alberi che sporgevano sulla<br />

palude, saremmo risultati quasi invisibili per i nostri inseguitori, il che era<br />

un bene; quelle condizioni significavano però anche che saremmo riusciti a


scorgere qualsiasi animale in agguato solo quando fossimo stati sul punto<br />

di calpestarlo, o quando ci avesse morsi, il che non era altrettanto positivo.<br />

Notando l’ampio sorriso di Quinn, ricordai che alcune tigri avevano<br />

un habitat naturale che comprendeva la presenza di paludi. Bene, almeno<br />

uno di noi era contento.<br />

L’acqua si fece sempre più profonda, e ben presto ci trovammo<br />

costretti a nuotare, cosa che Quinn fece con una grazia che ebbe in certo<br />

modo l’effetto di intimidirmi, mentre mi sforzavo di muovermi nel modo<br />

più silenzioso e furtivo possibile. Per un secondo, mi sentii così spaventata<br />

e infreddolita da cominciare a pensare che... no, non sarebbe stato meglio<br />

essere ancora nel furgone, ma per un istante poco ci mancò che lo pensassi<br />

davvero.<br />

Ero terribilmente stanca, con i muscoli che tremavano in<br />

conseguenza della scarica di adrenalina che aveva accompagnato la nostra<br />

fuga, seguita dalla corsa fra i boschi e preceduta dalla lotta<br />

nell’appartamento, e prima ancora... oh, mio Dio, avevo fatto sesso con<br />

Quinn. In un certo senso. Sì, decisamente lo avevo fatto. Più o meno.<br />

Non avevamo più parlato, da quando eravamo schizzati fuori del<br />

furgone. Improvvisamente, ricordai di avergli visto perdere sangue da un<br />

braccio mentre cominciavamo a correre, segno che nel liberarlo dovevo<br />

averlo colpito almeno una volta con il cacciavite.<br />

E io che stavo a lamentarmi dei miei mali...<br />

– Quinn, lascia che ti aiuti – dissi.<br />

– Aiutarmi? – ripeté. Non riuscii a decifrare il suo tono, e dal<br />

momento che stava nuotando davanti a me nell’acqua scura, non lo potei<br />

vedere in volto, ma la sua mente... ah. La sua mente era piena di un<br />

groviglio di confusione e di rabbia che lui non riusciva ad accantonare da<br />

nessuna parte. – Ho forse aiutato te? Ti ho liberata? Ti ho protetta da quei<br />

fottuti mannari? No, ho lasciato che quel figlio di una cagna ti palpasse, e<br />

sono rimasto a guardare senza poter fare niente – infuriò.<br />

Ah, si trattava di orgoglio maschile.<br />

– Mi hai liberato le mani – gli feci notare, – e adesso mi puoi aiutare.<br />

– Come? – ribatté, girandosi verso di me, cosa che mi permise di<br />

vedere fino a che punto fosse infuriato. Il fatto che gli uomini siano più<br />

forti delle donne è uno dei misteriosi squilibri creati da Dio. Mia nonna<br />

sosteneva che quello era il Suo modo di mantenere la bilancia in<br />

equilibrio, perché le donne erano più dure e resistenti degli uomini; non<br />

ero certa che fosse vero, ma sapevo che Quinn, forse perché era un uomo<br />

grosso e formidabile, e forse perché era una tigre mannara che poteva


trasformarsi in una bestia splendida e letale, era fuori di sé dalla rabbia<br />

perché non aveva ucciso tutti i nostri aggressori e non mi aveva salvata<br />

dall’essere insozzata dalle loro mani.<br />

Io stessa avrei notevolmente preferito quello scenario, soprattutto alla<br />

luce della nostra situazione attuale, ma gli eventi non erano andati in quel<br />

modo. – Quinn – dissi, con voce stanca quasi quanto tutto il resto di me<br />

stessa, – loro dovevano essere diretti da qualche parte qui intorno. Da<br />

qualche parte in questa palude.<br />

– Ed è per questo che abbiamo cambiato direzione – annuì lui. In<br />

quel momento vidi un serpente arrotolato su un ramo d’albero proteso<br />

sull’acqua, proprio alle sue spalle, e la mia espressione dovette rivelare<br />

quanto la cosa mi sconvolgeva, perché Quinn si girò con velocità<br />

fulminea, chiuse la mano intorno a quel serpente e lo scrollò un paio di<br />

volte. Un attimo dopo il rettile era <strong>morto</strong> e si stava allontanando<br />

sull’acqua, trascinato dalla lenta corrente, e Quinn pareva sentirsi molto<br />

meglio. – Non sappiamo dove stiamo andando, ma di certo ci stiamo<br />

allontanando da loro. Giusto? – domandò.<br />

– Non ci sono altri cervelli attivi nel mio raggio di percezione –<br />

replicai, dopo aver controllato, – però non ho mai appurato quanto questo<br />

raggio sia esteso. Questo è tutto quello che ti posso dire. Adesso,<br />

cerchiamo di uscire per un momento dall’acqua, mentre riflettiamo,<br />

d’accordo? – conclusi, tremando da capo a piedi.<br />

Avanzando a guado nell’acqua, Quinn mi prese fra le braccia.<br />

– Attaccati al mio collo – disse.<br />

Certo, se voleva agire da gentiluomo, a me andava benissimo, quindi<br />

gli circondai il collo con le braccia, e lui riprese ad avanzare.<br />

– Andrebbe meglio per te se ti trasformassi in una tigre? – domandai.<br />

– Potrei doverlo fare più tardi, e oggi mi sono già trasformato<br />

parzialmente due volte – rispose, – quindi è meglio che per ora conservi le<br />

forze.<br />

– Che genere di tigre sei?<br />

– Una tigre del Bengala – spiegò.<br />

In quel momento, la pioggia che tamburellava sull’acqua smise di<br />

cadere. Questo ci permise di sentire delle voci, cosa che ci indusse a<br />

immobilizzarci e a sollevare entrambi la faccia in direzione del suono.<br />

Sentii qualcosa di grosso scivolare nella palude sulla nostra destra, e<br />

spostai lo sguardo in quella direzione, terrorizzata all’idea di cosa avrei<br />

visto... l’acqua però risultò quasi immobile, come se quel qualcosa si fosse<br />

limitato a fenderla. Sapevo che venivano organizzati tour dei bayou a sud


di New Orleans, e che i locali guadagnavano parecchio portando laggiù i<br />

turisti perché potessero vedere gli alligatori. L’aspetto positivo era che i<br />

nativi ci guadagnavano, e i turisti ottenevano di vedere qualcosa che<br />

altrimenti non avrebbero mai visto; l’aspetto negativo era che a volte i<br />

locali gettavano in acqua delle esche succulente per attirare gli alligatori,<br />

per cui supponevo che ormai quelle bestie associassero gli esseri umani al<br />

cibo.<br />

Posai la testa sulla spalla di Quinn e chiusi gli occhi, aspettando. Le<br />

voci però non accennarono ad avvicinarsi, non sentimmo latrati di lupi e<br />

niente mi azzannò una gamba per cercare di trascinarmi sott’acqua.<br />

– Sai, è questo che fanno gli alligatori – dissi a Quinn. – Ti tirano<br />

sotto, ti fanno annegare e poi ti ficcano da qualche parte, per poterti usare<br />

come spuntino.<br />

– Piccola, oggi non finiremo in pasto ai lupi, e neppure agli alligatori<br />

– ribatté, con una risata che gli vibrò sonora e profonda nel petto. Dopo un<br />

momento, riprendemmo ad avanzare nell’acqua, mentre gli alberi e i tratti<br />

di terreno emerso si facevano più vicini, e i canali più stretti, e alla fine<br />

arrivammo a uno spiazzo di terreno solido abbastanza ampio da ospitare<br />

un capanno.<br />

Quinn mi stava in buona parte sorreggendo, quando uscimmo<br />

barcollando dall’acqua.<br />

Come rifugio, il capanno era ben poca cosa. Forse un tempo era stato<br />

un eccellente campo per cacciatori, per quanto composto solo da tre pareti<br />

e da un tetto, ma adesso era un rottame,per lo più diroccato, perché il legno<br />

era marcito e il tetto di metallo si era piegato e infossato, divorato a tratti<br />

dalla ruggine. Mi avvicinai a quella costruzione, frugando con cura, ma<br />

non riuscii a trovare niente che potessimo usare come arma.<br />

Quinn intanto era occupato a strapparsi dai polsi quanto restava del<br />

nastro adesivo, senza neppure sussultare quando qualche pezzo di pelle<br />

veniva via con esso; da parte mia, tentai di fare la stessa cosa con<br />

maggiore delicatezza, e dopo un po’ ci rinunciai.<br />

Sgomenta, mi accasciai a terra, appoggiata a una ruvida quercia, la<br />

cui corteccia cominciò immediatamente ad affondarmi nella schiena, e<br />

pensai a tutti i germi che ci dovevano essere nell’acqua, e che si stavano<br />

ora riversando nel mio organismo, essendovi penetrati attraverso i tagli che<br />

avevo sui polsi. Senza dubbio anche il morso non ancora guarito, coperto<br />

dalla benda ora sporca, aveva ricevuto la sua sgradevole porzione di germi,<br />

e la faccia mi si stava gonfiando per le percosse ricevute. Ricordai di<br />

essermi guardata allo specchio, il giorno precedente, e di aver constatato


che i segni lasciati sul mio collo dai mannari di Shreveport erano<br />

finalmente quasi scomparsi. La cosa mi era davvero servita a molto!<br />

– A quest’ora, Amelia dovrebbe aver fatto qualcosa – dissi, con<br />

ottimismo. – Probabilmente, avrà chiamato il quartier generale dei<br />

vampiri, quindi anche se la nostra telefonata non ha raggiunto nessuno<br />

disposto ad aiutarci, forse qualcuno ci sta già cercando.<br />

– Dovrebbero incaricare dei dipendenti umani – osservò Quinn. –<br />

Anche se il cielo è tanto scuro, tecnicamente è ancora giorno.<br />

– Bene, almeno ha smesso di piovere – commentai.<br />

In quel momento, la pioggia riprese a cadere. Vagliai la possibilità di<br />

farmi venire una crisi di nervi, ma non mi parve il caso di consumare tutta<br />

quella energia, anche perché non c’era niente che potessi fare al riguardo:<br />

la pioggia avrebbe continuato a scendere dal cielo, per quante crisi di<br />

rabbia mi fossi fatta venire.<br />

– Mi dispiace di averti coinvolto in tutto questo – affermai.<br />

– Sookie, non so se dovresti essere tu a dire a me che ti dispiace –<br />

ribatté Quinn, con particolare enfasi sui pronomi. – Tutto è successo<br />

sempre quando eravamo insieme.<br />

Era vero, e cercai di credere che non fosse colpa mia. In qualche<br />

modo, però, ero convinta che fosse proprio così.<br />

– Che genere di relazione hai con Alcide Herveaux? – chiese poi<br />

Quinn, di punto in bianco. – La scorsa settimana lo abbiamo visto in quel<br />

bar, con quell’altra ragazza, ma quel poliziotto di Shreveport ha detto che<br />

tu eri fidanzata con lui.<br />

– Quella era una balla – spiegai, accasciata nel fango. Eccomi qui,<br />

nel cuore di una palude della Louisiana meridionale, sotto la pioggia<br />

battente...<br />

Ehi, un momento! Fissai la bocca di Quinn, che si stava ancora<br />

muovendo, e mi resi conto che lui stava dicendo qualcosa, ma continuai a<br />

seguire lo snodarsi di quel pensiero improvviso, timorosa che finisse per<br />

impantanarsi contro qualche ostacolo. Se sopra la mia testa ci fosse stata<br />

una lampadina, in quell’istante si sarebbe accesa.<br />

– Gesù Cristo, Pastore di Giudea – mormorai, in tono reverente. –<br />

Ecco chi sta facendo tutto questo.<br />

– Hai individuato il responsabile? – domandò Quinn, accoccolandosi<br />

davanti a me. – Quanti nemici hai?<br />

– Quanto meno, so chi ha mandato quei mannari trasformati e chi ci<br />

ha fatti rapire – replicai, rifiutando di lasciarmi depistare. Accoccolata là<br />

insieme a Quinn, sotto la pioggia battente, come se fossimo stati un paio di


cavernicoli, continuai a parlare mentre lui mi ascoltava.<br />

Discutemmo quindi delle diverse possibilità.<br />

E infine elaborammo un piano.


Capitolo ventunesimo<br />

Adesso che sapeva cosa fare, Quinn si dimostrò inesorabile. Dal<br />

momento che le nostre condizioni non potevano essere peggiori di quelle<br />

che già erano, decise che conveniva cominciare a muoversi, e mentre io mi<br />

limitavo praticamente a seguirlo e a non intralciarlo, prese a esplorare la<br />

zona in cerca di odori. Alla fine, però, si stancò di stare accoccolato.<br />

– Intendo trasformarmi – annunciò, e procedette a spogliarsi con<br />

rapida efficienza, arrotolando i vestiti in un fagotto compatto (anche se<br />

fradicio) che mi consegnò perché lo trasportassi, mentre riflettevo con<br />

piacere che tutte le congetture da me formulate riguardo al suo corpo erano<br />

state esatte. Lui aveva cominciato a togliersi i vestiti senza la minima<br />

esitazione, ma quando si era accorto che lo stavo osservando si era<br />

immobilizzato per permettermi di guardarlo: anche nella penombra, e sotto<br />

la pioggia battente, il suo corpo era una vera opera d’arte, per quanto<br />

sfregiata, un grosso blocco di muscoli dai polpacci al collo.<br />

– Ti piace quello che stai vedendo? – domandò.<br />

– Oh, eccome – risposi. – Sei più appetitoso di quanto potrebbe<br />

esserlo un Happy Meal per un bambino di tre anni.<br />

Quinn mi rivolse un ampio sorriso compiaciuto, poi si accoccolò al<br />

suolo, e io compresi cosa stava per succedere. Intorno a lui, l’aria prese a<br />

tremolare e a vibrare, poi il suo corpo iniziò a trasformarsi, all’interno di<br />

quel bozzolo. I muscoli fluirono e tremarono, rimodellandosi, le ossa si<br />

modificarono, il pelo scaturì da chissà dove, dentro di lui... anche se<br />

sapevo che era impossibile, che si trattava di un’illusione. Il suono che<br />

accompagnò il processo fu orribile, una sorta di insieme di umidi<br />

scoppiettii e crepitii, misti ad altri rumori più secchi, come se qualcuno<br />

stesse rimestando una pentola piena di colla rigida mista a pezzi di legno e<br />

rocce.<br />

Alla fine, mi ritrovai davanti una tigre.<br />

Se era stato splendido come uomo, nudo, Quinn era altrettanto bello<br />

come tigre. Il suo pelo era di una cupa tonalità arancione, attraversata da<br />

strisce nere e sfumata di bianco sul ventre e sul muso. I suoi occhi, ora<br />

obliqui, si erano fatti d’oro, e lui era lungo circa due metri e alto almeno<br />

un metro, alla spalla. Era incredibile quanto fosse immenso. Le zampe,<br />

adesso che si erano del tutto sviluppate, erano grandi come piatti, gli<br />

orecchi arrotondati erano semplicemente deliziosi. Mi si avvicinò in


silenzio, con una grazia insolita in una forma tanto massiccia, e prese a<br />

sfregare la grossa testa contro di me con tanta energia da gettarmi quasi a<br />

terra, facendo le fusa con un rumore simile a quello di un enorme, felice<br />

contattore Geiger.<br />

Il suo folto pelo risultava come oleoso al tatto, cosa da cui supposi<br />

che dovesse essere decisamente impermeabile. Poi lui emise un breve<br />

ruggito, e d’un tratto sulla palude scese il silenzio. Non sarebbe stato<br />

logico aspettarsi che gli animali selvatici della Louisiana riconoscessero il<br />

ruggito di una tigre, giusto? Invece lo riconobbero per ciò che era, e si<br />

affrettarono a tacere e a nascondersi.<br />

Con gli animali, non abbiamo le stesse esigenze in fatto di rispetto<br />

dello spazio personale che abbiamo nel trattare con le persone. Mi<br />

inginocchiai accanto alla tigre che era stata Quinn e che, in qualche modo<br />

magico, lo era ancora, e l’abbracciai. Mi disturbava un poco che il suo<br />

odore fosse tanto simile a quello di una vera tigre, e costrinsi la mia mente<br />

ad aggirare la realtà di fatto che lui era una tigre, al cui interno si annidava<br />

Quinn.<br />

Quando ci avviammo attraverso la palude, rimasi un po’ sconcertata<br />

nel vedere la tigre marcare il suo nuovo territorio... non era qualcosa che ci<br />

si aspettasse di veder fare al proprio compagno... ma decisi che mostrare di<br />

risentirmene sarebbe stato ridicolo, senza contare che avevo già abbastanza<br />

problemi a sforzarmi di mantenere la sua andatura. Adesso Quinn stava<br />

cercando una pista, cosa che ci portò a percorrere parecchia strada, e con<br />

l’aumentare dello sfinimento il mio senso della meraviglia andò svanendo<br />

a mano a mano che mi sentivo sempre più infreddolita, affamata e di<br />

cattivo umore. A quel punto, dubitavo che avrei potuto percepire i pensieri<br />

di una persona, anche se essa si fosse trovata proprio sotto i miei piedi.<br />

Poi la tigre si immobilizzò con il naso sollevato a sondare l’aria,<br />

mosse appena la testa, con gli orecchi che vibravano per individuare una<br />

particolare direzione, e infine si volse a guardarmi... e anche se le tigri non<br />

possono sorridere, percepii una netta sensazione di trionfo che emanava da<br />

quel grosso felino. Esso girò la testa verso est, tornò a voltarsi verso di me<br />

e poi riprese a guardare in quella direzione, in un invito a seguirlo chiaro<br />

quanto il suono di una campana.<br />

– D’accordo – dissi, posandogli una mano sulla spalla.<br />

E ci rimettemmo in cammino. Il tragitto attraverso la palude parve<br />

durare un’eternità, anche se in seguito calcolai che quell’“eternità” aveva<br />

probabilmente ammontato a una trentina di minuti. A poco a poco, il<br />

terreno si fece più solido, l’acqua scomparve progressivamente e


lasciammo la palude per addentrarci nella foresta.<br />

Quando il furgone aveva svoltato su quella strada sterrata, avevo<br />

supposto che fossimo vicini alla destinazione dei nostri rapitori, e avevo<br />

avuto ragione. Nello sbucare sul limitare della radura che circondava la<br />

piccola casa, ci venimmo a trovare sul lato ovest della costruzione, che era<br />

rivolta a nord, una posizione da cui potevamo vedere tanto il cortile<br />

anteriore quanto quello posteriore. Il furgone in cui ci avevano tenuti<br />

prigionieri era parcheggiato sul retro, mentre nel piccolo spiazzo sul<br />

davanti dell’abitazione c’era un’auto, una GMC berlina.<br />

Di per sé, la piccola casa era simile a un milione di altre in tutta<br />

l’America rurale: a pianta quadrata, era di legno dalla vernice chiara, con<br />

imposte verdi alle finestre e montanti dello stesso colore che sostenevano<br />

il tetto del piccolo porticato anteriore. I due uomini del furgone, Clete e<br />

George, erano accoccolati sulla sua superficie di cemento, per sfruttare il<br />

poco riparo che esso offriva, per quanto potesse essere inadeguato.<br />

Sul retro della casa c’era un altro porticato identico ma ancora più<br />

angusto, grande a stento abbastanza da contenere un barbecue a gas e uno<br />

spazzolone per i pavimenti, e per di più aperto alla furia degli elementi<br />

che, per la cronaca, stava facendo del suo meglio per scatenarsi.<br />

Nascosi i vestiti di Quinn ai piedi di una mimosa; intanto, la tigre<br />

aveva fiutato Clete, e aveva ritratto le labbra, mettendo in mostra zanne<br />

lunghe e spaventose quanto i denti di uno squalo.<br />

La pioggia pomeridiana aveva abbassato la temperatura, per cui<br />

George e Clete stavano entrambi tremando a causa della fredda umidità<br />

della sera... e stavano fumando. In forma umana, e intenti a fumare, i due<br />

mannari non potevano avere un senso dell’olfatto migliore di quello di due<br />

comuni mortali, come dimostrava il fatto che non stavano dando nessun<br />

segno di essersi accorti della presenza di Quinn. Supponevo infatti che la<br />

loro reazione sarebbe stata decisamente drammatica, se avessero fiutato<br />

l’odore di una tigre, nella Louisiana meridionale.<br />

Muovendomi fra gli alberi, costeggiai la radura fino a venirmi a<br />

trovare molto vicina al furgone, che aggirai fino a raggiungere il lato del<br />

passeggero. Lo sportello non era chiuso a chiave, e potevo vedere lo<br />

storditore elettrico, che era ciò a cui stavo mirando. Tratto un profondo<br />

respiro, aprii lo sportello, augurandomi che l’accendersi della luce interna<br />

non destasse l’interesse di chiunque potesse trovarsi affacciato alla finestra<br />

posteriore della casa; afferrato lo storditore, che si trovava in mezzo a un<br />

assortimento di oggetti, fra i due sedili, richiusi la portiera quanto più<br />

silenziosamente possibile. Per fortuna, la pioggia parve attutire il lieve


umore, e quando non accadde nulla mi concessi un tremante sospiro di<br />

sollievo, prima di indietreggiare fino al limitare del bosco e di<br />

inginocchiarmi accanto a Quinn.<br />

Lui mi leccò la guancia; apprezzando l’affetto espresso da quel gesto,<br />

anche se non l’odore del suo alito di tigre, gli grattai la testa (in qualche<br />

modo, baciare il suo pelo non mi attirava in modo particolare). Fatto<br />

questo, indicai la finestra di sinistra, sul lato ovest della casa, che doveva<br />

essere quella del salotto. Quinn non annuì, e neppure mi diede un<br />

“cinque”, entrambi gesti che sarebbero stati assai poco da tigre, anche se io<br />

mi ero aspettata di ricevere da lui qualche segnale, prima di entrare in<br />

azione. Invece, si limitò a fissarmi.<br />

Alzandomi in piedi con cautela, avanzai nel breve tratto di spazio<br />

aperto fra la foresta e la casa, accostandomi con estrema cautela alla<br />

finestra illuminata.<br />

Non volevo apparire di colpo alla vista come qualcosa che uscisse da<br />

una scatola a sorpresa, quindi mi tenni addossata alla parete e mi spostai<br />

gradualmente di lato, fino a poter sbirciare dentro da un angolo del vetro. I<br />

coniugi Pelt, Barbara e Gordon, erano seduti su un divano “pseudocoloniale”<br />

che risaliva agli anni Sessanta, e il loro linguaggio corporeo<br />

lasciava chiaramente trasparire quanto fossero contrariati; Sandra, la figlia,<br />

stava camminando avanti e indietro davanti a loro, anche se lo spazio a<br />

disposizione era decisamente scarso per un comportamento del genere,<br />

dato che quel salotto era tanto piccolo da poter risultare comodo soltanto<br />

per una famiglia composta da un singolo elemento. I due Pelt più anziani<br />

erano vestiti in modo convenzionale, come per una fotografia di famiglia,<br />

mentre Sandra sfoggiava aderenti pantaloni elasticizzati cachi e una felpa a<br />

maniche corte a strisce colorate, una tenuta più adatta per rimorchiare<br />

qualche bel ragazzo in un centro commerciale che per torturare un paio di<br />

persone. E tuttavia, la tortura era ciò a cui lei stava progettando di<br />

dedicarsi, come indicava una sedia a schienale rigido, che intasava<br />

ulteriormente la stanza e a cui erano già state fissate cinghie e manette.<br />

Un particolare familiare era costituito da un rotolo di nastro adesivo,<br />

pronto accanto alla sedia.<br />

Mi ero sentita piuttosto calma, finché non avevo visto quel nastro.<br />

Ignoravo se le tigri sapessero contare, ma sollevai lo stesso tre dita,<br />

nel caso che Quinn mi stesse guardando. Muovendomi lentamente, con<br />

cautela, mi accoccolai e mi spostai verso sud fino a trovarmi sotto la<br />

seconda finestra. Stavo cominciando a sentirmi piuttosto orgogliosa della<br />

mia capacità di muovermi di soppiatto, cosa che avrebbe dovuto mettermi


in guardia dall’incorrere in un potenziale disastro: dopo tutto, l’orgoglio<br />

precede sempre la caduta.<br />

Sebbene la finestra fosse buia, quando mi sollevai, posizionandomi<br />

per sbirciare dentro, mi trovai a guardare attraverso il vetro dritto negli<br />

occhi di un ometto dalla carnagione scura, con baffi e pizzi. L’uomo era<br />

seduto a un tavolo, proprio vicino alla finestra, e aveva in mano una tazza<br />

di caffè che, per la sorpresa, lasciò cadere sul tavolo, schizzandosi di<br />

liquido caldo le mani, il petto e il mento.<br />

L’uomo urlò, anche se non mi parve che stesse articolando parole<br />

vere e proprie, e in risposta sentii subito del movimento provenire dalla<br />

porta anteriore e dalla stanza sul davanti.<br />

Bene... la frittata era fatta.<br />

Aggirai l’angolo della casa e salii di corsa i gradini del piccolo<br />

portico più veloce di un fulmine, spalancando con uno strattone la porta a<br />

zanzariera e spingendo il battente di legno per poi lanciarmi in cucina<br />

brandendo lo storditore elettrico. L’ometto si stava ancora tamponando la<br />

faccia con un asciugamano quando usai lo storditore su di lui, facendolo<br />

crollare come un sacco di patate. Wow!<br />

Tuttavia quel dannato storditore aveva bisogno di tempo per<br />

ricaricarsi, come scoprii quando Sandra Pelt, che aveva avuto il vantaggio<br />

di essere già in piedi, fece irruzione in cucina, le labbra ritratte sui denti.<br />

Su di lei lo storditore non ebbe il minimo effetto, e un attimo dopo mi<br />

piombò addosso come... come un lupo infuriato.<br />

Lei però aveva ancora la forma di una ragazza, e io ero disperata,<br />

oltre che disperatamente infuriata.<br />

Nella mia vita ho assistito ad almeno un paio di dozzine di risse da<br />

bar, da qualche scambio di pugni a vere e proprie scazzottate, quindi so<br />

lottare, e in quel momento ero disposta a fare qualsiasi cosa fosse stata<br />

necessaria. Sandra era feroce, ma era meno pesante e meno esperta di me,<br />

e dopo qualche rapidissimo momento passato a lottare, sferrare pugni e<br />

strappare capelli, mi ritrovai a sovrastarla, tenendola bloccata al suolo.<br />

Sandra stava ringhiando e facendo schioccare i denti, ma non era in grado<br />

di arrivare al mio collo, e io ero pronta a sferrarle una testata, se fosse stato<br />

necessario.<br />

– Lasciami entrare! – tuonò una voce in lontananza, che supposi<br />

essere quella di Quinn, proveniente da dietro qualche porta.<br />

– Spicciati a venire dentro! – gridai di rimando. – Ho bisogno di<br />

aiuto!<br />

Sandra si stava infatti contorcendo sotto di me, e non osavo neppure


cercare di modificare la presa.<br />

– Sta’ ferma, Sandra, dannazione! – ansimai.<br />

– Fottiti! – ringhiò lei, raddoppiando i propri sforzi.<br />

– A dire il vero, questa scena è in un certo senso eccitante –<br />

commentò una voce familiare, e nel sollevare lo sguardo, vidi Eric che ci<br />

stava contemplando con quei suoi occhi azzurri. Il suo aspetto era<br />

immacolato, e lui appariva perfettamente pulito nei jeans con tanto di<br />

piega e in una inamidata camicia a strisce blu e bianche. Anche i suoi<br />

capelli biondi erano lucidi, puliti e (cosa più invidiabile) asciutti. In quel<br />

momento lo odiai profondamente, perché io mi sentivo fradicia e sporca<br />

all’ennesima potenza.<br />

– Qui mi farebbe comodo un po’ di aiuto – scattai.<br />

– Certamente, Sookie – rispose, – anche se tutti quei contorcimenti<br />

mi piacevano davvero. Lascia andare la ragazza e alzati.<br />

– Solo se tu sei pronto ad agire – ribattei, con il respiro sempre più<br />

affannoso per lo sforzo di tenere bloccata Sandra.<br />

– Io sono sempre pronto ad agire – garantì Eric, con uno smagliante<br />

sorriso. – Sandra, guardami.<br />

Naturalmente, lei era troppo furba per cascarci e serrò prontamente<br />

gli occhi, raddoppiando i propri sforzi. In un attimo riuscì a liberare un<br />

braccio, traendolo indietro per dare maggior forza al pugno che intendeva<br />

sferrare, ma Eric si inginocchiò e le afferrò la mano prima che potesse<br />

raggiungere la mia testa.<br />

– Basta così – ingiunse, in un tono del tutto diverso che indusse<br />

Sandra a spalancare gli occhi per la sorpresa. Anche se Eric non era ancora<br />

riuscito a catturare il suo sguardo con il proprio, supposi che ormai la<br />

avesse sotto controllo e rotolai di lato, restando sdraiata sul poco spazio<br />

libero rimasto sul pavimento della piccola cucina. Mister Piccolo e Bruno<br />

(e Bruciacchiato e Stordito), che supponevo essere il proprietario della<br />

casa, giaceva raggomitolato sotto il tavolo.<br />

Eric, che stava incontrando quasi la mia stessa difficoltà a controllare<br />

Sandra, occupava un’altra notevole porzione dello spazio disponibile.<br />

Esasperato dalla mannara, alla fine lui optò per una soluzione molto<br />

semplice, cominciando a serrare il polso che aveva intrappolato. Sandra<br />

urlò, poi smise di dibattersi.<br />

– Non è leale – protestai, lottando contro un’ondata di stanchezza e<br />

di sofferenza.<br />

– Tutto lo è – replicò Eric, piano.<br />

Il suo commento non mi piacque affatto.


– Di cosa stai parlando? – domandai, ma lui si limitò a scuotere il<br />

capo. – Dov’è Quinn? – chiesi allora.<br />

– La tigre si è occupata di due dei vostri rapitori – spiegò Eric, con<br />

uno sgradevole sorriso. – Ti andrebbe di andare a vedere?<br />

– Non in modo particolare – rifiutai, chiudendo di nuovo gli occhi. –<br />

Devo supporre che siano morti?<br />

– Sono certo che vorrebbero esserlo – replicò Eric. – Cos’hai fatto a<br />

quell’ometto che è lì per terra?<br />

– Se te lo dicessi, non mi crederesti.<br />

– Mettimi alla prova.<br />

– L’ho spaventato a tal punto che si è rovesciato addosso il caffè, e<br />

poi l’ho abbattuto con uno storditore elettrico che avevo sottratto dal<br />

furgone.<br />

– Oh – mormorò Eric, poi emise uno strano suono, una sorta di<br />

ansito, e nell’aprire gli occhi vidi che stava ridendo in silenzio.<br />

– I Pelt? – domandai.<br />

– Rasul li tiene sotto controllo – rispose Eric. – A quanto pare, hai un<br />

altro ammiratore.<br />

– Oh, è solo a causa del mio sangue di fata – ribattei, con irritazione.<br />

– Sai, non è giusto. Non piaccio ai maschi umani... ne conosco almeno<br />

duecento che non uscirebbero con me neppure se venissi data in omaggio<br />

insieme a un furgone della Chevrolet... ma siccome le creature<br />

soprannaturali sono attratte dall’odore di fata, vengo accusata di essere una<br />

calamita per gli uomini. Non ti pare terribilmente sbagliato?<br />

– Hai sangue di fata – ripeté Eric, come se avesse appena ricevuto<br />

una illuminazione. – Questo spiega molte cose.<br />

Questo ferì i miei sentimenti.<br />

– Certo, non potevo semplicemente piacerti – commentai, troppo<br />

stanca e dolorante per essere coerente. – Oh, no, accidenti, doveva esserci<br />

una ragione. E non si tratta della mia frizzante personalità, oh, no! Si tratta<br />

del mio sangue, perché è speciale. Non io, non sono io a essere speciale...<br />

E avrei continuato su quel tono, se Quinn non avesse affermato:<br />

– Personalmente, non mi importa un accidente delle fate.<br />

A questo punto, nella cucina non rimaneva più spazio disponibile.<br />

– Stai bene? – domandai con voce tremante, alzandomi in piedi.<br />

– Sì – rispose, con il suo tono di voce più profondo. Era tornato a<br />

essere del tutto umano, ed era anche del tutto nudo; lo avrei abbracciato<br />

molto volentieri, ma mi sentivo un poco imbarazzata a farlo davanti a Eric,<br />

in considerazione di quel “del tutto”.


– Ho lasciato i tuoi vestiti là fuori, nel bosco – dissi. – Vado a<br />

prenderli.<br />

– Posso farlo io.<br />

– No, so dove sono, e comunque non potrei bagnarmi più di così –<br />

ribattei. Inoltre, non ero abbastanza sofisticata da sentirmi a mio agio in<br />

una stanza con un uomo nudo, uno svenuto, una ragazza decisamente<br />

orribile e un terzo uomo che era stato un mio amante.<br />

– Fottiti, cagna! – mi ringhiò dietro l’amabile Sandra, poi urlò ancora<br />

quando Eric mise bene in chiaro che non gli piacevano gli insulti.<br />

– Altrettanto a te – ribattei, incamminandomi sotto la pioggia.<br />

Oh, sì, stava ancora piovendo.<br />

E io stavo ancora rimuginando su quella faccenda del sangue di fata<br />

mentre recuperavo il fagotto fradicio dei vestiti di Quinn. Sarebbe stato<br />

facile scivolare nella depressione, se avessi pensato che il solo motivo per<br />

cui ero mai piaciuta a qualcuno era perché avevo sangue di fata.<br />

Naturalmente, c’era sempre quel vampiro a cui era stato ordinato di<br />

sedurmi... in quel caso, il sangue di fata era soltanto stato un bonus in più...<br />

no, no, no, non ci volevo pensare.<br />

Se guardavo alla cosa da un punto di vista razionale, il sangue era<br />

parte di me quanto lo era il colore dei miei occhi, o la qualità dei miei<br />

capelli. Esso non aveva fatto assolutamente nulla per la mia nonna mezzafata,<br />

sempre supponendo che il gene mi fosse giunto tramite lei, e non<br />

tramite uno degli altri miei nonni. Lei aveva sposato un umano che non<br />

l’aveva trattata in modo diverso da come avrebbe fatto se il suo sangue<br />

fosse stato semplice, vecchio sangue umano di gruppo A, ed era stata<br />

uccisa da un umano che non aveva saputo niente del suo sangue, a parte<br />

quale fosse il suo colore. Partendo dallo stesso presupposto, quel sangue<br />

non aveva comportato nessuna differenza neppure per mio padre che, in<br />

tutta la sua vita, non aveva mai incontrato un vampiro che si fosse<br />

interessato a lui a causa di esso... o, se lo aveva fatto, aveva badato a<br />

tenerlo per sé, cosa che non mi pareva probabile. E il suo sangue di fata<br />

non aveva salvato mio padre dalla piena improvvisa che aveva spazzato il<br />

furgone dei miei genitori giù dal ponte, nel fiume rigonfio. Se poi quel<br />

sangue mi era giunto tramite mia madre, ebbene... anche lei era morta in<br />

quel furgone, e sua sorella Linda era morta di cancro quando era ancora<br />

sulla quarantina, indipendentemente dal suo retaggio.<br />

E non ritenevo che quel meraviglioso sangue di fata avesse fatto<br />

molto neppure per me. Forse, alcuni vampiri si erano mostrati un po’ più<br />

interessati e amichevoli nei miei confronti rispetto a quanto lo sarebbero


stati altrimenti, ma non potevo dire che quello fosse stato un grande<br />

vantaggio.<br />

In effetti, molte persone avrebbero asserito invece che l’attenzione<br />

dimostratami dai vampiri era stata il grande fattore negativo della mia vita,<br />

e io stessa sarei potuta rientrare fra di esse, soprattutto adesso che mi<br />

trovavo ferma là sotto la pioggia battente, con in mano i vestiti di un’altra<br />

persona e chiedendomi che diavolo dovevo farne.<br />

Avendo chiuso l’intero cerchio del mio ragionamento, tornai a fatica<br />

verso la casa. Si sentivano una quantità di gemiti provenire dal portico<br />

anteriore, presumibilmente emessi da Clete e George: sapevo che sarei<br />

dovuta andare a controllare, ma non riuscii a trovare la forza di farlo.<br />

In cucina, l’ometto bruno stava cominciando a riprendersi, con gli<br />

occhi che si aprivano e si serravano, e la bocca che si contraeva; adesso<br />

aveva le mani legate dietro la schiena, e anche Sandra era stata legata, con<br />

del nastro adesivo, cosa che mi rallegrò non poco, perché mi pareva<br />

un’elegante forma di giustizia poetica. Aveva perfino un rettangolo di<br />

nastro piazzato sulla bocca, cosa che supposi essere opera di Eric. Quanto<br />

a Quinn, aveva trovato un asciugamano che si era fissato intorno alla vita,<br />

cosa che gli dava un’aria molto... perbene.<br />

– Grazie, piccola – disse, recuperando i vestiti e strizzandoli sopra il<br />

lavandino, mentre io grondavo sul pavimento. – Mi chiedo se ci sia<br />

un’asciugatrice.<br />

Aprendo un’altra porta, scoprii una minuscola stanza che fungeva da<br />

dispensa/ripostiglio, con una serie di scaffali su una parete, mentre l’altra<br />

era occupata da uno scaldabagno e da una piccola combinazione di<br />

lavatrice e asciugatrice.<br />

– Passameli – dissi a Quinn, che si avvicinò con i vestiti.<br />

– Devi asciugare anche i tuoi, piccola – osservò. Notai come la sua<br />

voce esprimesse una stanchezza pari alla mia. Trasformarsi da umano in<br />

tigre, e viceversa, senza che ci fosse la luna piena, e in un arco di tempo<br />

tanto breve, doveva essere stato molto difficile.<br />

– Magari, potresti scovarmi un asciugamano? – domandai,<br />

procedendo a sfilarmi con estrema fatica i pantaloni bagnati. Senza una<br />

sola battuta, o un sorriso, lui andò a vedere cosa riusciva a trovare, e tornò<br />

portando con sé alcuni vestiti, presumibilmente provenienti dalla camera<br />

da letto dell’ometto: una T-shirt, calzoni corti e calzini.<br />

– È il meglio che ho potuto fare – si scusò.<br />

– Ed è più di quanto sperassi – replicai. Una volta usato<br />

l’asciugamano e infilati i vestiti asciutti e puliti, mancò poco che piangessi


per la gratitudine. Ringraziai Quinn con un abbraccio, poi andai ad<br />

appurare cosa ne avremmo fatto dei nostri ostaggi.<br />

I Pelt erano seduti per terra nel salotto, saldamente ammanettati e<br />

sorvegliati da Rasul. Barbara e Gordon erano apparsi molto miti, quando<br />

erano venuti da Merlotte’s e si erano incontrati con me nell’ufficio di Sam,<br />

ma adesso non avevano più niente di mite, e furia e malizia contrastavano<br />

tristemente con i loro tratti borghesi.<br />

Eric portò dentro anche Sandra, scaricandola sul pavimento, poi si<br />

andò a posizionare su una soglia, Quinn si piazzò sull’altra (che rivelò dare<br />

accesso alla camera da letto dell’ometto) e Rasul, che impugnava una<br />

pistola, allentò un poco la sua vigilanza, ora che aveva ricevuto rinforzi<br />

così formidabili.<br />

– Dov’è l’ometto? – chiese. – Sookie, sono lieto di trovarti con un<br />

così bell’aspetto, anche se il vestiario che indossi è al di sotto dei tuoi<br />

standard abituali.<br />

I calzoni erano indumenti da fatica, la camicia era troppo ampia e i<br />

calzini erano la ciliegina sulla torta.<br />

– Sai davvero come far sentire bella una ragazza, Rasul – replicai,<br />

riuscendo a mettere insieme un mezzo sorriso da offrirgli, poi sedetti sulla<br />

sedia a schienale rigido, e domandai a Barbara Pelt: – Cosa intendevate<br />

farne di me?<br />

– Lavorarti finché non ci avessi detto la verità e Sandra non fosse<br />

stata soddisfatta – rispose. – La nostra famiglia non poteva avere pace,<br />

finché non avessimo appreso la verità, e io so che è dentro di te.<br />

Ero turbata, anzi, più che turbata, perché in quel momento non<br />

sapevo proprio cosa dirle.<br />

– Siete venuti soltanto voi due? – domandai, spostando lo sguardo da<br />

Eric a Rasul.<br />

– Il giorno in cui due vampiri non potranno controllare una manciata<br />

di mannari, sarà quello in cui tornerò a essere umano – dichiarò Rasul, con<br />

un’espressione così sprezzante che mi sentii tentata di ridere. Lui però<br />

aveva assolutamente ragione (anche se aveva avuto l’aiuto di una tigre);<br />

appoggiato allo stipite, Quinn appariva decisamente pittoresco, sebbene in<br />

quel momento la sua vasta distesa di pelle liscia non mi interessasse<br />

affatto.<br />

– Eric – dissi, – cosa devo fare?<br />

Lui si mostrò sorpreso, perché non gli avevo mai chiesto un<br />

consiglio, prima di allora. D’altro canto, il segreto non era soltanto mio.<br />

Dopo un momento, annuì.


– Vi racconterò cosa è successo a Debbie – decisi, rivolta ai Pelt.<br />

Non chiesi a Quinn o a Rasul di lasciare la stanza: intendevo liberarmi<br />

subito di quel peso, sia del perdurante senso di colpa, sia della presa che<br />

Eric aveva su di me.<br />

Avevo ripensato così spesso a quella sera, che le parole mi uscirono<br />

di bocca in modo automatico. Non piansi, perché avevo già versato tutte le<br />

mie lacrime mesi prima, in privato.<br />

Quando ebbi finito, i Pelt rimasero seduti a fissarmi, e io li fissai a<br />

mia volta.<br />

– È tipico della nostra Debbie – affermò poi Barbara Pelt. – Questa<br />

storia è vera.<br />

– Lei aveva una pistola – aggiunse Gordon Pelt. – Gliel’avevo<br />

regalata per Natale, due anni fa.<br />

I due mannari si fissarono a vicenda.<br />

– Lei era... vendicativa – aggiunse Barbara, dopo un momento, poi si<br />

girò verso Sandra, e proseguì: – Ricordi quando siamo dovuti andare in<br />

tribunale, al tempo in cui frequentava le superiori, perché aveva messo<br />

della supercolla nella spazzola di quella cheerleader? Quella che stava<br />

uscendo con il suo ex-ragazzo? Altra cosa tipica della nostra Debbie, vero?<br />

Sandra annuì, ma il nastro adesivo sulla bocca le impedì di<br />

rispondere; grosse lacrime le stavano colando lungo le guance.<br />

– E tu continui a non ricordare dove l’hai messa? – chiese poi<br />

Gordon a Eric.<br />

– Se lo ricordassi, ve lo direi – replicò Eric, in un tono che<br />

sottintendeva: “non che mi importi”.<br />

– Siete stati voi ad assoldare i due ragazzi che ci hanno attaccati, a<br />

Shreveport? – interloquì Quinn.<br />

– È stata Sandra – ammise Gordon. – Noi non ne abbiamo saputo<br />

nulla, se non dopo che lei li aveva già morsi. Aveva promesso loro... – Si<br />

interruppe, scuotendo il capo, poi riprese: – Li ha mandati a Shreveport per<br />

assolvere al loro incarico, ma poi sarebbero dovuti tornare a casa per<br />

ricevere la ricompensa, e il nostro branco di Jackson li avrebbe fatti<br />

uccidere, perché nel Mississippi non sono ammessi mannari trasformati<br />

con un morso, vengono uccisi a vista. Quei ragazzi avrebbero fatto il nome<br />

di Sandra come della loro creatrice, e il branco l’avrebbe abiurata. Barbara<br />

si intende un poco di magia, ma non tanto da poter sigillare la bocca a quei<br />

ragazzi, quindi una volta scoperto cosa stava succedendo, abbiamo<br />

assoldato un mannaro di un altro stato perché li rintracciasse. Lui non è<br />

riuscito a fermarli, o a impedire il loro arresto, quindi ha dovuto farsi


arrestare e andare in prigione con loro, per risolvere il problema. Ha<br />

corrotto Cal Myers perché lo mettesse in cella con loro. Naturalmente,<br />

abbiamo punito Sandra per quello che aveva fatto – concluse, scuotendo il<br />

capo.<br />

– Oh, le avete tolto il cellulare per una settimana? – ribattei,<br />

pensando che avevo il diritto di suonare sarcastica. Anche quando<br />

collaboravano, quei Pelt erano persone decisamente orribili. – Siamo<br />

rimasti feriti entrambi – continuai, indicando Quinn, – e adesso quei due<br />

ragazzi sono morti. A causa di Sandra.<br />

– Lei è nostra figlia – dichiarò Barbara. – Ed era convinta di<br />

vendicare l’assassinio della sorella.<br />

– E dopo avete assoldato tutti i mannari che erano sul secondo<br />

furgone, e anche i due stesi nel cortile anteriore – riepilogai. – Quinn,<br />

moriranno?<br />

– Potrebbero morire, se i Pelt non li porteranno da un dottore per<br />

mannari. Di certo non possono andare in un ospedale per umani.<br />

I suoi artigli avevano lasciato segni inconfondibili.<br />

I due Pelt si fissarono e scrollarono le spalle.<br />

– Pensavamo che ci avreste uccisi – osservò poi Gordon. – Avete<br />

intenzione di lasciarci andare? Quali garanzie chiedete?<br />

Non avevo mai incontrato nessuno come loro, prima di allora, e mi<br />

stava riuscendo sempre più facile capire da chi Debbie avesse assimilato la<br />

sua affascinante personalità, adottata o meno che fosse.<br />

– La garanzia che non sentirò mai più parlare di questa storia – dissi.<br />

– Né io né Eric.<br />

– Sookie è un’amica del branco di Shreveport – intervenne Quinn,<br />

che come Rasul aveva ascoltato attentamente, in silenzio. – I suoi membri<br />

sono molto infuriati che lei sia stata attaccata nella loro città, e adesso<br />

sappiamo chi ne sia stato il responsabile.<br />

– Abbiamo sentito dire che non gode del favore del nuovo<br />

capobranco – osservò Barbara, con una sfumatura di disprezzo nella voce.<br />

Adesso che non temeva più per la propria vita, stava tornando alla<br />

personalità di sempre. Tutti e due mi erano piaciuti di più quando erano<br />

spaventati.<br />

– Potrebbe non rimanere capobranco a lungo – osservò Quinn, una<br />

nota di minaccia nella voce pacata. – E anche se resterà in carica, non<br />

potrà annullare la protezione offerta dal branco, perché è stata garantita dal<br />

precedente capobranco. L’onore stesso del branco ne sarebbe distrutto.<br />

– Faremo ammenda presso il branco di Shreveport – affermò in tono


stanco Gordon.<br />

– Avete mandato voi Tanya a Bon Temps? – domandai.<br />

– Sì, sono stata io – dichiarò Barbara, mostrandosi orgogliosa di se<br />

stessa. – Sai che la nostra Debbie era stata adottata? Lei era una volpe<br />

mannara.<br />

Annuii, mentre Eric si mostrò perplesso, ma del resto non ritenevo<br />

che avesse mai incontrato Tanya.<br />

– Tanya è un membro della famiglia originaria di Debbie, e voleva<br />

fare qualcosa per aiutarci. Ha pensato che se fosse venuta a Bon Temps e<br />

avesse cominciato a lavorare con te, ti saresti potuta lasciar sfuggire<br />

qualcosa. Ci ha detto che ti sei mostrata troppo sospettosa per accettare la<br />

sua offerta di amicizia. Credo che potrebbe rimanere a Bon Temps, perché<br />

mi è parso di capire che l’aver trovato nel proprietario del bar una persona<br />

tanto attraente sia stato per lei un bonus inatteso.<br />

In un certo senso, era gratificante scoprire che, come avevo<br />

sospettato, Tanya non era stata degna di fiducia, ma mi chiesi se avevo il<br />

diritto di raccontare tutto quanto a Sam, a titolo di avvertimento. Avrei<br />

dovuto rifletterci sopra in seguito.<br />

– E l’uomo che possiede questa casa? – continuai, sentendo<br />

l’interessato gemere e lamentarsi in cucina.<br />

– È un ex-compagno di scuola di Debbie – spiegò Gordon. – Gli<br />

abbiamo chiesto se potevamo prendere a prestito la sua casa per questo<br />

pomeriggio, e lo abbiamo pagato. Non parlerà, dopo che ce ne saremo<br />

andati.<br />

– Cosa mi dite di Gladiola? – chiesi infine, ricordando le due sezioni<br />

del suo corpo che bruciavano sul mio vialetto, il volto del Signor<br />

Cataliades e il dolore di Diantha.<br />

Tutti e tre mi fissarono con espressione sconcertata.<br />

– Gladiola? – ripeté Barbara, che appariva sinceramente perplessa. –<br />

Adesso non è neppure la stagione adatta per i gladioli.<br />

Quello era un vicolo cieco.<br />

– Allora, siete d’accordo sul fatto che siamo pari? – domandai, senza<br />

mezzi termini. – Ho fatto del male a voi, e voi ne avete fatto a me. Siamo<br />

pari?<br />

Sandra scosse la testa, ma i suoi genitori la ignorarono, mentre io<br />

ringraziavo Dio per il nastro isolante. Poi Gordon e Barbara si fissarono a<br />

vicenda.<br />

– Hai ucciso Debbie, ma riteniamo che tu lo abbia fatto per autodifesa<br />

– disse Gordon. – E la nostra figlia superstite ha usato metodi


estremi e illegali per attaccarti... Lo dico di malavoglia, ma credo che<br />

dovremo acconsentire a lasciarti in pace, a partire da oggi.<br />

Sandra emise un assortimento di strani versi.<br />

– Con queste clausole, però – continuò Gordon, il cui volto si era<br />

fatto duro come una roccia: lo yuppie aveva ceduto il posto al mannaro. –<br />

Non darai la caccia a Sandra, e resterai fuori del Mississippi.<br />

– Affare fatto – risposi all’istante. – Voi potete controllare Sandra<br />

quanto basta perché si attenga a questo accordo? – Era una domanda<br />

scortese, ma valida, perché Sandra aveva più fegato di un intero esercito, e<br />

dubitavo molto che i Pelt avessero mai avuto un effettivo controllo<br />

sull’una o l’altra delle figlie.<br />

– Sandra – disse Gordon a sua figlia, i cui occhi lo fissarono<br />

fiammeggianti dal volto costretto al silenzio. – Sandra, questa è legge.<br />

Stiamo dando la nostra parola a questa donna, e la nostra parola è<br />

vincolante anche per te. Se mi opporrai resistenza, ti sfiderò alla prossima<br />

luna piena, e ti abbatterò al cospetto del branco.<br />

Madre e figlia si mostrarono parimenti sconvolte, Sandra molto più<br />

della madre. Socchiuse gli occhi, e soltanto dopo un lungo momento si<br />

decise ad annuire.<br />

Mi augurai che Gordon vivesse a lungo e godesse sempre di buona<br />

salute, perché se si fosse ammalato, o fosse <strong>morto</strong>, Sandra non si sarebbe<br />

più sentita vincolata dall’accordo, ne ero dannatamente sicura. Mentre<br />

uscivo da quella piccola casa nella palude, ritenni di avere ragionevoli<br />

probabilità di non rivedere mai più i Pelt per tutta la mia vita, il che mi<br />

andava benissimo.


Capitolo ventiduesimo<br />

Il giorno successivo, appena dopo il tramonto, Amelia stava frugando<br />

nella sua cabina armadio; improvvisamente, quando ormai era arrivata<br />

proprio in fondo, gli attaccapanni smisero di scorrere sui sostegni.<br />

– Credo di averne uno adatto – riferì, in tono quasi sorpreso.<br />

Seduta sul bordo del letto, attesi che riemergesse dalla cabina<br />

armadio. Mi ero concessa almeno dieci ore di sonno, mi ero fatta con<br />

cautela una doccia, mi ero medicata, e mi sentivo cento volte meglio di<br />

prima. Amelia, dal canto suo, risplendeva di felicità e di orgoglio: non solo<br />

Bob il Mormone si era rivelato un meraviglioso compagno di letto, ma per<br />

di più loro due si erano svegliati in tempo per assistere al rapimento mio e<br />

di Quinn, e per avere la splendida idea di chiamare la dimora della regina<br />

dei vampiri, invece della polizia. Non avevo ancora avuto cuore di dirle<br />

che anche Quinn e io eravamo riusciti a telefonare, perché in effetti non<br />

sapevo quale delle due chiamate fosse stata la più efficace, e mi piaceva<br />

vedere Amelia tanto contenta.<br />

Non era stata affatto mia intenzione andare alla festa della regina,<br />

almeno fin dopo la visita in banca che avevo fatto insieme al Signor<br />

Cataliades. Una volta tornata nell’appartamento di Hadley, però, nel<br />

ricominciare a imballare le cose di mia cugina avevo sentito uno strano<br />

rumore nel prendere il contenitore del caffè, e adesso, se volevo evitare un<br />

disastro, dovevo per forza andare al party primaverile della regina,<br />

l’evento sovrannaturale dell’anno. Avevo cercato di mettermi in contatto<br />

con Andre, al quartier generale della regina, ma una voce mi aveva riferito<br />

che lui non poteva essere disturbato; non potevo fare a meno di chiedermi<br />

chi stesse rispondendo quel giorno al telefono, alla Centrale dei Vampiri.<br />

Possibile che si trattasse di uno dei seguaci di Peter Threadgill?<br />

– Sì, ce l’ho! – ribadì Amelia. – Ah, ecco, ha un taglio un po’ audace.<br />

Sono stata damigella d’onore a un matrimonio estremo – spiegò,<br />

emergendo dall’armadio con i capelli arruffati e una luce di trionfo negli<br />

occhi, e facendo ruotare l’attaccapanni perché potessi ammirare appieno il<br />

vestito, che aveva dovuto fermare con degli spilli, perché c’era ben poco<br />

da appendere.<br />

– Accidenti – mormorai, a disagio. Fatto prevalentemente di chiffon<br />

verde lime, il vestito aveva una profonda scollatura a V che arrivava quasi<br />

alla vita, e una sola, stretta spallina che passava intorno al collo.


– Era il matrimonio di una stella del cinema – continuò Amelia,<br />

dando l’impressione di avere una quantità di ricordi piacevoli di quella<br />

cerimonia. Dal momento che il vestito era anche a schiena nuda, mi chiesi<br />

come facessero quelle donne di Hollywood a tenere coperti i seni. Usavano<br />

forse il nastro bi-adesivo? O qualche tipo di colla? Non avevo più rivisto<br />

Claudine da quando era scomparsa nel cortile, prima della ricostruzione<br />

ectoplasmatica, quindi dovevo supporre che fosse tornata al suo lavoro e<br />

alla sua vita, a Monroe, il che era un peccato, perché in quel momento i<br />

suoi speciali servigi mi sarebbero stati molto utili. Doveva esserci un<br />

incantesimo delle fate che costringesse un vestito a rimanere al suo posto.<br />

– Se non altro, non ci vuole uno speciale reggiseno da indossare sotto<br />

– osservò Amelia, cercando di rendersi utile, ed era vero: con quell’abito,<br />

era impossibile indossare qualsiasi reggiseno. – E ho anche le scarpe<br />

intonate, se entri in un numero trentotto.<br />

– Questo sarà di notevole aiuto – dissi, cercando di apparire<br />

soddisfatta e grata. – Non è che potresti sistemarmi i capelli?<br />

– No – rispose Amelia, accennando alla propria capigliatura corta. –<br />

Li lavo, li spazzolo, e questo è tutto. Però posso chiamare Bob... lui è un<br />

parrucchiere – aggiunse, con gli occhi che le si illuminavano di gioia.<br />

Cercai di non mostrarmi troppo stupefatta. Parrucchiere presso le<br />

pompe funebri? pensai, ma fui abbastanza intelligente da tenere per me<br />

quella riflessione. Semplicemente, Bob non somigliava affatto a nessun<br />

parrucchiere che avessi mai visto.<br />

Dopo un paio d’ore, ero più o meno riuscita a entrare nel vestito, ed<br />

ero truccata e pettinata.<br />

Bob aveva fatto un lavoro eccellente con i miei capelli, anche se mi<br />

aveva ricordato più volte di stare immobile, con dei modi che mi avevano<br />

reso leggermente nervosa.<br />

Quinn arrivò con la sua macchina, in perfetto orario.<br />

Quando Eric e Rasul mi avevano scaricata a casa, verso le due del<br />

mattino, Quinn era salito sulla sua auto e se ne era andato al suo alloggio,<br />

dovunque fosse, anche se si era soffermato a depormi un lieve bacio sulla<br />

fronte, prima che mi avviassi su per le scale. Amelia era uscita dal suo<br />

appartamento, felice di vedermi di ritorno sana e salva, e dopo averle<br />

parlato avevo dovuto chiamare il Signor Cataliades, che mi aveva cercata;<br />

lui mi aveva chiesto se stavo bene e aveva detto di volere che andassi con<br />

lui in banca per finire di sistemare la situazione finanziaria di Hadley. Dal<br />

momento che non avevo potuto andarci con Everett, avevo acconsentito<br />

con gratitudine.


Quando ero rientrata nell’appartamento di Hadley, dopo essere stata<br />

in banca, avevo però trovato sulla segreteria telefonica un messaggio in cui<br />

mi si diceva che la regina si aspettava di vedermi quella sera alla sua festa,<br />

nel vecchio monastero.<br />

– Non voglio che lasci la città senza rivedermi – erano state le parole<br />

che il suo segretario umano mi aveva riferito per suo conto, prima di<br />

informarmi che era richiesto l’abito da sera. Dopo la scoperta che avevo<br />

fatto, quando mi ero resa conto che sarei dovuta andare alla festa, mi ero<br />

precipitata a casa di Amelia, in preda al panico.<br />

Adesso il vestito mi stava causando un diverso genere di panico. Pur<br />

essendo un po’ più bassa di Amelia, io ero più formosa di lei, e quell’abito<br />

mi obbligava a stare molto eretta.<br />

– La suspense mi sta uccidendo – dichiarò Quinn, adocchiandomi il<br />

torace. Lui appariva splendido con lo smoking. Le bende che mi<br />

fasciavano i polsi spiccavano nitide sullo sfondo dell’abbronzatura, come<br />

strani braccialetti; una di esse mi stava in effetti causando un acuto disagio,<br />

tanto che ero ansiosa di togliermela, ma i miei polsi sarebbero dovuti<br />

restare come erano ancora per qualche tempo, anche se potevo finalmente<br />

lasciare scoperto il morso al braccio. Forse, la suspense riguardo allo<br />

sballottamento dei miei seni avrebbe distratto l’attenzione degli altri<br />

partecipanti alla festa dal fatto che un lato del mio volto era gonfio e<br />

segnato da lividi.<br />

Quinn, dal canto suo, dava naturalmente l’impressione che non gli<br />

fosse successo nulla: non solo aveva la rapida capacità di risanamento<br />

tipica della maggior parte dei mutaforma, ma era avvantaggiato dallo<br />

smoking, che poteva coprire una quantità di ferite.<br />

– Non farmi sentire ancora più imbarazzata di quanto già non sia –<br />

dissi. – Per un solo centesimo, sarei pronta a strisciare di nuovo a letto e a<br />

dormire per una settimana.<br />

– Approvo il pensiero, anche se ridurrei il tempo dedicato al sonno –<br />

commentò sinceramente Quinn. – Per la tua pace mentale, comunque,<br />

credo che prima noi si abbia cose migliori da fare. In ogni caso, la mia<br />

suspense era relativa alla tua visita in banca, non al vestito che, secondo il<br />

mio modo di vedere, è una cosa positiva in ogni caso: se ci rimani dentro<br />

bene, se ne sbuchi fuori, ancora meglio.<br />

Distolsi lo sguardo, cercando di controllare un involontario sorriso.<br />

– La visita in banca – ripetei, pensando che quell’argomento<br />

sembrava costituire un terreno sicuro. – Ecco, non c’era molto sul suo<br />

conto, cosa che mi ero aspettata, perché Hadley non aveva molto buon


senso, con il denaro. Anzi, non aveva molto buon senso, punto e basta.<br />

Però la cassetta di sicurezza...<br />

La cassetta di sicurezza aveva contenuto il certificato di nascita di<br />

Hadley, una licenza di matrimonio e un decreto di divorzio risalente a oltre<br />

tre anni prima... entrambi recanti il nome dello stesso uomo, come<br />

constatai con piacere... e una copia laminata del necrologio di mia zia.<br />

Hadley aveva saputo della morte di sua madre, e le era importato<br />

abbastanza da conservare il necrologio. Inoltre c’erano fotografie della<br />

nostra infanzia, di mia madre e di sua sorella, di mia madre con Jason e<br />

me, e di Hadley; ce n’era perfino una della nonna, con suo marito. La<br />

cassetta conteneva anche una graziosa collana di zaffiri e di diamanti (che<br />

il Signor Cataliades disse essere stata un dono della regina per Hadley) e i<br />

relativi orecchini. C’erano poi anche un altro paio di cose su cui<br />

desideravo riflettere.<br />

Però non c’era il bracciale della regina, che aveva costituito, credo, il<br />

motivo per cui il Signor Cataliades mi aveva voluta accompagnare: si era<br />

aspettato di trovare là il monile, e si era mostrato alquanto ansioso quando<br />

gli avevo porto la cassetta, in modo che ne potesse visionare di persona il<br />

contenuto.<br />

– Questo pomeriggio, dopo che Cataliades mi ha riaccompagnata<br />

all’appartamento di Hadley, ho finito di imballare le cose della cucina –<br />

spiegai a Quinn, osservando la sua reazione, perché non avrei mai più dato<br />

per scontato il disinteresse dei miei compagni. Dopo aver visto la sua<br />

calma assoluta, mi sentii convinta quasi del tutto che il giorno precedente<br />

lui non mi avesse aiutata a imballare per cercare qualcosa.<br />

– Questo è un bene – annuì lui. – Mi dispiace di non essere riuscito a<br />

passare ad aiutarti, oggi, ma stavo chiudendo la posizione di Jake presso la<br />

Special Events, e ho dovuto chiamare i miei soci per informarli. Poi ho<br />

dovuto chiamare anche la ragazza di Jake, perché lui non è ancora<br />

abbastanza lucido e controllato da avvicinarla, sempre che lei lo voglia<br />

rivedere. Non è un’amante dei vampiri, per usare un eufemismo.<br />

In quel momento, non lo ero neppure io. Non riuscivo a immaginare<br />

la vera ragione per cui la regina volesse la mia presenza al party, ma<br />

adesso ne avevo io una per volerla vedere. Quinn mi sorrise, e ricambiai,<br />

augurandomi che da quella serata potesse uscire almeno qualcosa di<br />

buono. Dovevo ammettere con me stessa di essere piuttosto curiosa di<br />

vedere il posto dove la regina teneva le sue feste, e in un certo senso ero<br />

anche contenta di aver avuto modo di vestirmi con eleganza e di apparire<br />

graziosa, dopo tutto quello sguazzare nella palude.


Durante il tragitto, fui per tre volte sul punto di avviare una<br />

conversazione con Quinn, ma in tutte e tre le occasioni, quando arrivai al<br />

dunque, tenni la bocca chiusa.<br />

– Ci stiamo avvicinando – mi avvertì lui, quando raggiungemmo uno<br />

dei quartieri più vecchi di New Orleans, il Garden District. Incastonate<br />

all’interno di splendidi giardini, le case di quella zona dovevano avere un<br />

valore di molte volte superiore alla dimora dei Bellefleur, e proprio in<br />

mezzo a quelle splendide abitazioni c’era la nostra meta, un alto muro che<br />

si estendeva per un intero isolato: quello era il monastero restaurato che la<br />

regina utilizzava per i suoi intrattenimenti. Era possibile che sul retro della<br />

proprietà ci fossero altri cancelli, ma quella notte il traffico era incanalato<br />

soltanto attraverso l’entrata principale, sorvegliata in modo massiccio dalle<br />

guardie più efficienti di tutte: i vampiri. Ero certa che oltre alle guardie, la<br />

regina avesse tutte le normali misure di sicurezza, come telecamera,<br />

rilevatori di movimento a infrarossi, filo spinato e magari perfino cani da<br />

guardia, e mi chiesi se fosse paranoica, o saggia, o se semplicemente non<br />

si sentisse amata nella sua città di adozione.<br />

C’erano party in cui l’elite dei vampiri a volte si mescolava all’elite<br />

degli umani, ma quella notte la festa era riservata soltanto alle creature<br />

soprannaturali, ed era il primo grande ricevimento che i neosposi avessero<br />

dato da quando erano diventati una coppia.<br />

All’ingresso c’erano tre vampiri della regina, affiancati da tre<br />

vampiri dell’Arkansas. I seguaci di Peter Threadgill indossavano tutti<br />

un’uniforme, anche se avevo il sospetto che il re la definisse una livrea:<br />

maschi e femmine, i vampiri dell’Arkansas erano tutti vestiti con abito a<br />

giacca bianco, camicia blu e panciotto rosso. Non sapevo se il re volesse<br />

dimostrarsi ultra-patriottico, o se avesse scelto quei colori perché<br />

figuravano anche sulla bandiera dell’Arkansas, oltre che su quella degli<br />

Stati Uniti, ma comunque fosse, quella tenuta andava al di là del cattivo<br />

gusto e si meritava un posto tutto suo nella sala della vergogna, nel campo<br />

della moda.<br />

E pensare che Threadgill vestiva in modo così tradizionalista! Quella<br />

era forse qualche tradizione di cui non avevo mai sentito parlare?<br />

Accidenti, perfino io avevo troppo buon gusto per apprezzare un insieme<br />

del genere, anche se compravo la maggior parte dei miei vestiti al Wal -<br />

Mart!<br />

Quinn presentò alle guardie l’invito della regina, ma esse<br />

contattarono comunque la casa. Quinn appariva a disagio, e io mi augurai<br />

che fosse preoccupato quanto me a causa delle estreme misure di


sicurezza, e del fatto che i vampiri di Threadgill si erano sforzati così tanto<br />

di distinguersi dai seguaci della regina; intanto, stavo anche riflettendo<br />

intensamente sul motivo per cui la regina potesse essersi sentita costretta a<br />

fornire ai vampiri del re una spiegazione in merito al perché era salita con<br />

me nell’appartamento di Hadley, e stavo ripensando all’ansia che aveva<br />

lasciato trasparire nel chiedermi del braccialetto.<br />

Poi pensai al fatto che le porte erano sorvegliate da vampiri di<br />

entrambe le fazioni, segno che nessuno dei due monarchi si fidava della<br />

protezione fornita dal consorte.<br />

Mi parve che passasse un tempo molto lungo prima che ci venisse<br />

dato il permesso di proseguire, e durante l’attesa Quinn si mostrò<br />

silenzioso quanto me.<br />

I giardini risultarono splendidi e ben curati, e di certo erano molto<br />

ben illuminati.<br />

– Quinn, c’è qualcosa che non va – osservai. – Cosa sta succedendo<br />

qui? Credi che ci permetteranno di andarcene?<br />

– Non ci lasceranno uscire – rispose lui, che non appariva più sereno<br />

di quanto lo fossi io. – Adesso dobbiamo andare avanti.<br />

Strinsi maggiormente a me la minuscola borsetta, desiderando di<br />

avere al suo interno qualcosa di più letale di un fondotinta, un rossetto e un<br />

assorbente interno. Intanto, Quinn continuò a guidare con cautela lungo il<br />

vialetto che portava alla facciata del monastero.<br />

– Che cosa hai fatto oggi, a parte lavorare al tuo attuale aspetto? – mi<br />

chiese.<br />

– Ho fatto un sacco di telefonate, e una di esse ha dato i risultati<br />

sperati – risposi.<br />

– Telefonate? A chi?<br />

– Stazioni di benzina, lungo tutta la strada fra New Orleans e Bon<br />

Temps.<br />

Lui si girò a fissarmi, e in quel momento io richiamai la sua<br />

attenzione sul vialetto, giusto in tempo per permettergli di frenare.<br />

Un leone ci stava attraversando la strada con tutta calma.<br />

– D’accordo, quello cos’è? Un animale o un mutaforma? – chiesi,<br />

sentendomi sempre più nervosa a ogni minuto che passava.<br />

– Un animale – rispose Quinn.<br />

Questo eliminava l’eventualità dei cani da guardia. Mi augurai<br />

soltanto che il muro di cinta fosse abbastanza alto da impedire al leone di<br />

valicarlo.<br />

Parcheggiammo davanti all’antico monastero, un grande edificio a


due piani che non era stato costruito per essere bello, ma funzionale, con il<br />

risultato di essere una vasta struttura anonima. Nel centro della facciata<br />

c’era una piccola porta, e minuscole finestre erano disposte a intervalli<br />

regolari, cose che rendevano quel posto facile da difendere. Davanti alla<br />

porta erano di stanza altri sei vampiri, tre di essi abbigliati con eleganza,<br />

ma in modo diverso... di certo succhiasangue della Louisiana... e altri tre<br />

dell’Arkansas, nella loro vistosa livrea.<br />

– Quella tenuta è decisamente brutta – commentai.<br />

– Ma è facile da individuare, anche al buio – obiettò Quinn, che<br />

pareva immerso in profonde e significative riflessioni.<br />

– Già – convenni. – E non è forse questo lo scopo? In modo da poter<br />

subito... oh. – Interrompendomi, ci meditai sopra, poi ripresi: – Certo,<br />

nessuno si vestirebbe in quel modo, per caso o di proposito, in nessuna<br />

circostanza, a meno che non fosse davvero importante poter essere<br />

identificato all’istante.<br />

– È possibile che Peter Threadgill non sia poi così devoto a Sophie-<br />

Anne – osservò Quinn.<br />

Scoppiai in una risatina sorpresa, quando due dei vampiri della<br />

Louisiana ci aprirono la portiera della macchina, con gestitalmente<br />

coordinati da dover avere richiesto delle esercitazioni. Melanie, la guardia<br />

che avevo incontrato al quartier generale della regina, mi prese la mano<br />

per aiutarmi a scendere dalla vettura e mi sorrise. Aveva un aspetto molto<br />

migliore adesso che non era infagottata nel suo equipaggiamento da SWAT<br />

e indossava invece un grazioso vestito giallo, con scarpe a tacco basso. Ora<br />

che non portava più l’elmetto, potevo vedere che i suoi capelli erano corti,<br />

ricciuti e castano chiaro.<br />

Mentre le passavo accanto, lei trasse un profondo respiro e assunse<br />

un’espressione estatica.<br />

– Oh, il profumo delle fate! – esclamò. – Mi fa cantare il cuore.<br />

Le assestai un colpetto scherzoso. Dire che ero sorpresa sarebbe<br />

equivalso a minimizzare, perché in genere i vampiri non erano noti per il<br />

loro senso dell’umorismo.<br />

– Bel vestito – commentò Rasul. – Anche se un po’ audace, vero?<br />

– Non potrebbe mai essere troppo audace, per me – rincarò Chester.<br />

– Hai un aspetto davvero succulento.<br />

Ritenni che non poteva essere una coincidenza se i tre vampiri che<br />

avevo conosciuto al quartier generale della regina erano gli stessi di<br />

servizio quella notte alla porta, ma non riuscii a capire cosa questo potesse<br />

significare. In silenzio, i tre vampiri dell’Arkansas stavano seguendo il


nostro scambio di battute con occhi freddi: di certo non erano sorridenti e<br />

rilassati quanto i loro compagni.<br />

C’era decisamente qualcosa che non quadrava, ma essendo attorniata<br />

da vampiri dall’udito acuto, non c’era niente che potessi dire al riguardo.<br />

Quinn mi offrì il braccio, e insieme imboccammo un lungo corridoio<br />

che si stendeva per quasi tutto l’edificio; una vampira con la livrea di<br />

Threadgill era ferma accanto alla porta di una stanza che sembrava fungere<br />

da reception.<br />

– Vuole lasciare qui la sua borsa? – domandò, mostrandosi<br />

manifestamente seccata per essere stata relegata nel ruolo di guardarobiera.<br />

– No, grazie – rifiutai, e per un momento pensai che lei me l’avrebbe<br />

sfilata da sotto il braccio.<br />

– Posso perquisirla? – insistette la vampira. – Verifichiamo che non<br />

ci siano armi.<br />

La fissai, cosa sempre rischiosa a farsi, con un vampiro.<br />

– Certo che no. Non ho armi! – protestai.<br />

– Sookie – intervenne Quinn, cercando di non mostrarsi allarmato. –<br />

Devi permetterle di guardarti nella borsa. È la procedura.<br />

– Avresti potuto dirmelo – ribattei in tono tagliente, trapassandolo<br />

con lo sguardo.<br />

La guardia, che era una giovane e snella vampira, con una figura<br />

valorizzata dal taglio dei pantaloni bianchi, afferrò la mia borsetta con aria<br />

di trionfo e la rovesciò su un vassoio, riversando rumorosamente sulla sua<br />

superficie metallica i pochi oggetti in essa contenuti: un fondotinta<br />

compatto, un rossetto, un tubetto di colla, un fazzoletto, una banconota da<br />

dieci dollari e un assorbente interno, nel suo rigido applicatore di plastica,<br />

avvolto nella sua bustina, anch’essa di plastica.<br />

Quinn non era tanto sprovveduto da arrossire, ma ebbe la discrezione<br />

di distogliere lo sguardo. La vampira, che era morta molto tempo prima<br />

che le donne cominciassero a portare oggetti del genere nella borsetta, mi<br />

chiese lo scopo dell’assorbente, e annuì quando glielo ebbi spiegato.<br />

Riposta ogni cosa nella borsetta, me la restituì e ci segnalò con un cenno<br />

che potevamo proseguire lungo il corridoio, girandosi verso le persone<br />

sopraggiunte alle nostre spalle, una coppia di mannari sulla sessantina,<br />

prima ancora che noi fossimo usciti dalla stanza.<br />

– Cosa stai combinando? – mi chiese Quinn, tenendo la voce il più<br />

bassa possibile, mentre ci avviavamo.<br />

– Dobbiamo superare altre ispezioni? – domandai, altrettanto piano.<br />

– Non lo so, ma non vedo altre guardie, più avanti.


– Devo fare una cosa – decisi. – Aspettami, mentre cerco la più<br />

vicina toilette per signore.<br />

Tramite lo sguardo e la pressione della mano sul suo braccio, cercai<br />

di comunicargli che entro pochi minuti tutto sarebbe andato a posto, e mi<br />

augurai sinceramente che fosse la verità. Era chiaro che Quinn non era<br />

soddisfatto del mio comportamento, ma attese fuori della toilette per<br />

signore (Dio solo sapeva per cosa fosse stata usata quella stanza, quando<br />

l’edificio era un monastero) mentre io mi infilavo in uno dei cubicoli e<br />

apportavo qualche ritocco. Quando uscii, avevo gettato il contenitore<br />

dell’assorbente nel piccolo bidone dei rifiuti, uno dei miei polsi era stato<br />

nuovamente fasciato e la mia borsetta era un po’ più pesante.<br />

La porta in fondo al corridoio dava accesso a una stanza molto vasta,<br />

che era stata il refettorio dei monaci; anche se le pareti erano ancora in<br />

pietra e c’erano grosse colonne a sorreggere il soffitto, tre sulla sinistra e<br />

tre sulla destra, il resto della sala aveva adesso un aspetto molto diverso. Il<br />

pavimento era di legno, sgombero al centro per permettere le danze, c’era<br />

una piattaforma per i musicisti vicino al tavolo dei rinfreschi e di fronte,<br />

all’altra estremità della stanza, una seconda piattaforma era destinata ai<br />

sovrani.<br />

Tutt’intorno alle pareti, parecchie sedie erano disposte per permettere<br />

la conversazione, e l’intero ambiente era decorato in bianco e in blu, i<br />

colori della Louisiana. Una delle pareti ospitava murali che descrivevano<br />

scene tipiche di tutto lo stato: una palude, la cui vista mi fece rabbrividire,<br />

una raffigurazione di Bourbon Street, un campo che veniva arato e alberi<br />

che venivano tagliati, un pescatore che tirava su la sua rete, sulla Gulf<br />

Coast. Mi accorsi che in quelle scene apparivano solo esseri umani, e mi<br />

chiesi quale fosse la loro motivazione; poi mi girai a osservare la parete in<br />

cui era inserita la soglia dalla quale ero appena entrata, e vidi il lato<br />

vampirico della vita della Louisiana: un gruppo di allegri vampiri che<br />

suonavano il violino, un poliziotto vampiro che pattugliava il Quartiere<br />

Francese, un vampiro che faceva la guida, accompagnando alcuni turisti in<br />

un giro di una delle Città dei Morti. Notai che non si vedevano vampiri che<br />

pasteggiassero a base di umani, o che bevessero alcunché, e compresi che<br />

quella era una dichiarazione nel campo delle pubbliche relazioni, così<br />

come mi domandai pure se essa riuscisse a ingannare qualcuno. Tutto<br />

quello che si doveva fare era sedere a tavola con i vampiri per ricordare<br />

quanto essi fossero in realtà differenti.<br />

Ma non era per questo che io ero lì. Mi guardai intorno fino a<br />

individuare la regina, e infine la vidi in piedi vicino al marito, vestita con


un abito di seta arancione a maniche lunghe, che le conferiva un aspetto<br />

favoloso. Le maniche lunghe potevano forse apparire un po’ strane in<br />

quella serata tiepida, ma del resto i vampiri non notavano cose del genere.<br />

Peter Threadgill indossava uno smoking, che lo faceva apparire altrettanto<br />

notevole; alle sue spalle, Fiore di Giada aveva la solita spada affibbiata alla<br />

schiena anche se sfoggiava un vestito di paillettes rosse (che le stava<br />

orrendamente). Andre, anche lui armato di tutto punto, era come sempre<br />

accanto alla regina, e di certo Wybert e Sigebert non potevano essere molto<br />

lontani. Infine li individuai, accanto a una porta che supposi dare accesso<br />

all’appartamento privato della regina: entrambi apparivano terribilmente a<br />

disagio con indosso lo smoking, come due orsi a cui fossero state fatte<br />

indossare delle scarpe.<br />

Anche Bill era nella stanza. Lo intravidi nell’angolo più lontano,<br />

nella direzione opposta a quella in cui si trovava la regina, e rabbrividii per<br />

il disgusto.<br />

– Hai troppi segreti – si lamentò Quinn, seguendo la direzione del<br />

mio sguardo.<br />

– Sarò lieta di rivelartene alcuni, molto presto – promisi, mentre ci<br />

mettevamo in coda per essere ricevuti dalla coppia reale. – Quando<br />

arriveremo dai sovrani, precedimi, e mentre parlo con la regina, provvedi a<br />

distrarre il re, d’accordo? Poi ti spiegherò tutto.<br />

Raggiungemmo prima il Signor Cataliades che, supposi, stava<br />

rivestendo una sorta di ruolo di segretario di stato per la regina... o forse<br />

sarebbe stato meglio definirlo procuratore generale?<br />

– Mi fa piacere rivederla, Signor Cataliades – dissi, nel mio tono più<br />

formale. – Ho una sorpresa per lei.<br />

– È possibile che debba aspettare – ribatté lui, con una sorta di rigida<br />

cordialità. – La regina sta per fare il primo ballo con il suo nuovo re, e<br />

siamo tutti così impazienti di vedere il regalo che il re le ha fatto.<br />

– Come sta sua nipote? – chiesi, guardandomi intorno senza però<br />

vedere Diantha.<br />

– La mia nipote superstite è a casa, con sua madre – precisò lui,<br />

cupo.<br />

– È un vero peccato – osservai. – Questa sera sarebbe dovuta essere<br />

qui.<br />

Questo lo indusse a fissarmi con maggiore interesse.<br />

– Senza dubbio – disse.<br />

– Ho saputo che qualcuno di qui si è fermato a fare benzina<br />

mercoledì scorso, nell’andare a Bon Temps – dissi. – Qualcuno che porta


una lunga spada. Ora, lasci che le metta questo in tasca, a me non serve<br />

più.<br />

Con quelle parole, mi allontanai da lui e mi girai verso la regina,<br />

tenendo una mano sul polso ferito, da cui era scomparsa la fasciatura.<br />

Protesi quindi la mano destra, e la regina fu costretta a stringerla<br />

nella sua. Forzarla a seguire l’usanza umana di stringersi la mano era una<br />

cosa su cui avevo fatto affidamento, e mi sentii enormemente sollevata nel<br />

vedere che la manovra era riuscita. Intanto Quinn aveva oltrepassato la<br />

regina per avvicinarsi al re.<br />

– Sono certo che vostra maestà si ricorda di me – esordì. – Sono stato<br />

il coordinatore delle vostre nozze. I fiori sono risultati essere come li<br />

voleva?<br />

Alquanto sorpreso, Peter Threadgill concentrò lo sguardo su Quinn, e<br />

Fiore di Giada si concentrò a sua volta su ciò che il suo re stava facendo.<br />

Sforzandomi di muovermi in fretta, ma non a scatti, premetti la mano<br />

sinistra, e ciò che conteneva, sul polso della regina. Lei non sussultò, ma<br />

forse si sentì tentata di farlo; poi abbassò lo sguardo sul polso, per vedere<br />

cosa vi avessi messo sopra, e chiuse gli occhi in un gesto di sollievo.<br />

– Sì, mia cara, abbiamo gradito molto la nostra visita – disse,<br />

improvvisando. – Andre l’ha apprezzata tanto quanto me.<br />

Nel parlare, lanciò un’occhiata alle proprie spalle e Andre, cogliendo<br />

il suggerimento, chinò il capo nella mia direzione, come tributo al mio<br />

supposto talento di amante. Ero così felice che quella situazione fosse<br />

finita che gli rivolsi un sorriso smagliante, da lui accolto con aria<br />

vagamente divertita. Poi la regina sollevò appena il braccio per fargli<br />

cenno di avvicinarsi, e quando questo le fece scivolare indietro la manica,<br />

sul volto di Andre apparve un sorriso scintillante quanto il mio.<br />

Distratta dal movimento in avanti di Andre, Fiore di Giada seguì con<br />

il proprio la direzione del suo sguardo: i suoi occhi si dilatarono per la<br />

sorpresa, e di certo lei non sorrise... anzi, si mostrò infuriata. Intanto, il<br />

Signor Cataliades stava fissando con espressione del tutto neutra la spada<br />

che lei portava sulla schiena.<br />

Poi il re congedò Quinn, e venne il mio turno di porgere i miei<br />

omaggi a Peter Threadgill, Re dell’Arkansas.<br />

– Ho sentito che ieri ha avuto un’avventura nelle paludi – commentò,<br />

in tono freddo e indifferente.<br />

– Sì, signore, ma credo che sia andato tutto per il meglio – replicai.<br />

– È stata gentile a venire – continuò. – Adesso che ha sistemato le<br />

cose in merito all’eredità di sua cugina, sono certo che tornerà presto a


casa, vero?<br />

– Oh, sì, molto presto – garantii, il che era l’assoluta verità. Sarei<br />

tornata a casa, a patto che fossi sopravvissuta a quella serata, cosa che<br />

attualmente non mi pareva di avere molte probabilità di fare. Avevo<br />

effettuato un rapido conto, nella misura in cui questo mi era possibile con<br />

tutta quella folla, ed ero giunta alla conclusione che nella stanza c’era una<br />

ventina di vampiri che indossavano la vistosa livrea dell’Arkansas, e<br />

almeno altrettanti seguaci della regina.<br />

Mi allontanai dalla coppia reale, e i due mannari che erano entrati<br />

dopo Quinn e me presero il mio posto; mi parve che l’uomo fosse il<br />

vicegovernatore della Louisiana, e mi augurai che avesse una buona<br />

assicurazione sulla vita.<br />

– Cosa succede? – domandò Quinn.<br />

Lo pilotai verso un punto vicino alla parete, e con gentilezza lo<br />

manovrai fino a fargli addossare la schiena al muro, perché nel parlare<br />

volevo dare le spalle a chiunque nella stanza sapesse leggere sulle labbra.<br />

– Sapevi che uno dei bracciali della regina era scomparso? – gli<br />

chiesi.<br />

– Uno dei bracciali di diamanti che il re le ha dato come regalo di<br />

nozze? – replicò lui, scuotendo il capo e abbassando la testa per depistare<br />

chiunque ci stesse osservando.<br />

– Sì, era scomparso, fin dalla morte di Hadley – confermai.<br />

– Se il re ne venisse a conoscenza e potesse costringere la regina ad<br />

ammettere di averlo dato a un’amante, questo gli fornirebbe un valido<br />

motivo per chiedere il divorzio.<br />

– E cosa otterrebbe, in quel caso?<br />

– Cosa non otterrebbe, vuoi dire! Quello è stato un matrimonio<br />

gerarchico fra vampiri, e non c’è niente di più vincolante. Credo che il<br />

contratto di matrimonio fosse lungo trenta pagine.<br />

Adesso capivo molto meglio la situazione.<br />

Una vampira splendidamente abbigliata in un abito fra il grigio e il<br />

verde cosparso di scintillanti fiori d’argento sollevò un braccio per ottenere<br />

l’attenzione della folla, che a poco a poco fece silenzio.<br />

– Sophie-Anne e Peter vi danno il benvenuto al loro primo<br />

intrattenimento congiunto – annunciò la vampira, con una voce tanto dolce<br />

e musicale da far venire voglia di restare ad ascoltarla per ore. Avrebbero<br />

dovuto assumerla per fare da presentatrice alla Notte degli Oscar, o alla<br />

nomina di Miss America. – Sophie-Anne e Peter vi invitano tutti a passare<br />

una meravigliosa serata danzando, mangiando e bevendo. I padroni di casa


apriranno le danze con un valzer.<br />

Nonostante il suo agghindato aspetto esteriore, avevo l’impressione<br />

che Peter si sarebbe trovato più a suo agio ballando la quadriglia, ma con<br />

una sposa come Sophie-Anne, la scelta era valzer o niente. Peter avanzò<br />

verso sua moglie, le braccia allargate per avviare la danza, e con la sua<br />

penetrante voce di vampiro suggerì:<br />

– Cara, mostra loro i bracciali.<br />

Rivolgendo alla folla uno smagliante sorriso, Sophie-Anne sollevò le<br />

braccia per far scivolare indietro le maniche, e due bracciali identici,<br />

adorni di due enormi diamanti che ammiccavano e scintillavano sotto la<br />

luce dei lampadari, furono esposti all’ammirazione degli ospiti.<br />

Per un momento, Peter Threadgill rimase del tutto immobile, come se<br />

qualcuno lo avesse colpito con una pistola paralizzante; poi modificò il<br />

proprio atteggiamento nel farsi avanti e prendere una delle mani di lei nelle<br />

proprie per fissare il bracciale, prima di lasciar andare quella mano e<br />

afferrare l’altra. Anche il secondo braccialetto superò però il suo esame<br />

silenzioso.<br />

– Splendido – disse, e se pure nel parlare esibì in parte i canini, i più<br />

poterono supporre che questo fosse dovuto all’eccitazione destata in lui<br />

dalla sua splendida consorte. – Li indossi entrambi.<br />

– Certamente, mio caro – convenne Sophie-Anne, con un sorriso<br />

sincero quanto il suo.<br />

Poi iniziarono a ballare, anche se qualcosa nel modo in cui il re stava<br />

conducendo la sua regina nella danza mi fece capire che lui si stava<br />

lasciando prendere la mano dall’ira. Aveva elaborato un grande piano, e<br />

adesso io glielo avevo rovinato... ma per fortuna lui ignorava la parte che<br />

avevo avuto nella faccenda, sapeva soltanto che in qualche modo Sophie-<br />

Anne era riuscita a recuperare il bracciale e a salvare la faccia, e che a lui<br />

non restavano più scuse per giustificare ciò che aveva avuto intenzione di<br />

fare.<br />

Adesso avrebbe dovuto tirare i remi in barca, e anche se<br />

probabilmente in futuro avrebbe escogitato qualche altro modo per<br />

detronizzare la sua regina, se non altro io sarei stata lontana dalla mischia.<br />

Quinn e io ci spostammo verso il tavolo dei rinfreschi, che era<br />

posizionato sul lato meridionale della vasta sala, accanto a una delle spesse<br />

colonne. Dietro di esso parecchi camerieri muniti di coltello erano pronti a<br />

servire fette di prosciutto o di roast-beef, e c’erano panini in abbondanza<br />

con cui accompagnarle. Il profumo che emanavano era meraviglioso, ma<br />

ero troppo nervosa per pensare a mangiare, e mi limitai a un bicchiere di


ginger ale, che Quinn mi andò a prendere al bar.<br />

Intanto, io osservai la coppia che danzava, e mi aspettai che<br />

scoppiasse l’inferno.<br />

– Non sono adorabili, insieme? – commentò una donna elegante dai<br />

capelli grigi, che mi resi conto essere quella che era entrata subito dopo di<br />

me.<br />

– Sì, è vero – convenni.<br />

– Io sono Genevieve Thrash – si presentò la donna, – e quello è mio<br />

marito David.<br />

– Lieta di conoscerla – replicai. – Io sono Sookie Stackhouse, e<br />

quello è il mio amico, John Quinn.<br />

Mentre parlavo, Quinn si mostrò sorpreso, e questo mi indusse a<br />

chiedermi se quello fosse il suo vero nome. I due uomini, la tigre e il<br />

mannaro, si strinsero la mano, mentre io e Genevieve continuavamo a<br />

osservare la coppia che danzava.<br />

– Il suo vestito è davvero grazioso – osservò Genevieve, con l’aria di<br />

essere sincera. – Ci vuole un corpo giovane per sfoggiare un abito come<br />

quello.<br />

– Apprezzo davvero le sue parole – risposi. – In realtà sto mostrando<br />

il mio corpo più di quanto sia abituata a fare, e il suo commento mi fa<br />

sentire un po’ meglio.<br />

– So per certo che il suo compagno apprezza la sua tenuta – osservò<br />

lei, – e lo stesso vale per quel giovane laggiù.<br />

Nel parlare, accennò appena con la testa, e nel guardare nella<br />

direzione da lei indicata vidi... Bill. Aveva un aspetto davvero magnifico<br />

con indosso lo smoking, ma il solo fatto di essere nella stessa stanza con<br />

lui mi provocava un intenso dolore interiore.<br />

– Ho ragione nel ritenere che suo marito sia il vicegovernatore? –<br />

domandai.<br />

– Ha perfettamente ragione.<br />

– Come ci si sente a essere la moglie del vicegovernatore?<br />

Lei mi raccontò alcune storie divertenti riguardo a persone che aveva<br />

incontrato nel seguire la carriera politica del marito.<br />

– E cosa fa il suo giovane accompagnatore? – chiese quindi, con<br />

quell’aperto interesse che doveva aver aiutato suo marito nella sua scalata<br />

politica.<br />

– È un coordinatore di eventi – spiegai, con una lieve esitazione.<br />

– Davvero interessante. Lavora anche lei?<br />

– Oh, sì, signora. Sono una cameriera – spiegai.


La cosa ebbe un effetto un po’ sorprendente sulla moglie di un<br />

politico, ma lei accolse la spiegazione con un sorriso.<br />

– Oh, è la prima che abbia mai conosciuto – ammise allegramente.<br />

– E lei è la prima moglie di vicegovernatore che io abbia mai<br />

conosciuto – replicai. Dannazione, adesso che la conoscevo, la trovavo<br />

simpatica, e mi sentivo responsabile per lei. Quinn e David stavano<br />

chiacchierando poco più in là, credo parlando di pesca.<br />

– Signora Thrash – dissi, – so che lei è una mannara, e che questo<br />

significa che è dura quanto più si può esserlo, ma intendo darle comunque<br />

un consiglio.<br />

Lei mi fissò con espressione interrogativa.<br />

– Un consiglio che è oro colato – aggiunsi.<br />

– D’accordo – annuì lentamente, inarcando le sopracciglia. – La<br />

ascolto.<br />

– Entro la prossima ora, o giù di lì, qui succederà qualcosa di molto<br />

brutto... tanto brutto che molte persone potrebbero rimanere uccise. Ora,<br />

lei può restare, e divertirsi finché questo non succederà, per poi chiedersi<br />

perché non mi ha dato ascolto, oppure se ne può andare adesso, fingendo<br />

di sentirsi male, e risparmiarsi un sacco di dispiaceri.<br />

Lei mi fissò con espressione intensa. Potevo sentirla chiedersi se<br />

doveva prendermi sul serio; dopo tutto, non sembravo una svitata o una<br />

pazza, sembravo una normale e attraente giovane donna accompagnata da<br />

un uomo davvero affascinante.<br />

– Mi sta minacciando? – chiese infine.<br />

– No, signora, sto cercando di salvarle la pelle.<br />

– Prima ci concederemo una danza – affermò, giungendo a una<br />

decisione. – David, tesoro, facciamo un giro sulla pista da ballo e poi<br />

congediamoci. Ho la peggiore emicrania che mi sia mai venuta.<br />

Premurosamente, David interruppe la propria conversazione con<br />

Quinn per accompagnare la moglie su un tratto di pista libero e lanciarsi<br />

nel valzer insieme alla coppia reale di vampiri, che parvero sollevati di<br />

avere compagnia.<br />

Stavo cominciando a rilassarmi, ma un’occhiata da parte di Quinn mi<br />

rammentò che dovevo rimanere molto eretta.<br />

– Adoro quel vestito – commentò. – Vogliamo danzare?<br />

– Sai ballare il valzer? – domandai, sperando che la bocca non mi si<br />

fosse spalancata troppo.<br />

– Sì – annuì, senza chiedermi se io sapessi farlo. In effetti, avevo<br />

osservato con attenzione i passi della regina, e anche se non avevo mai


allato il valzer pensavo che ci sarei riuscita, perché ballare è una cosa che<br />

mi piace e che so fare, anche se non so cantare.<br />

Era meraviglioso avere il braccio di Quinn che mi circondava e<br />

muovermi con grazia sulla pista da ballo. Per qualche momento dimenticai<br />

ogni cosa e godetti del semplice piacere di contemplare il mio cavaliere,<br />

sentendomi come si sente una ragazza quando sta ballando con un uomo<br />

con cui si aspetta di fare l’amore, prima o poi. Il contatto delle dita di<br />

Quinn con la mia schiena nuda mi faceva formicolare la pelle.<br />

– Presto o tardi – osservò lui, – riusciremo a trovarci in una stanza<br />

con un letto, una porta dotata di serratura con la chiave, e niente telefoni.<br />

Mentre gli sorridevo, vidi i Thrash che uscivano, e mi augurai che la<br />

loro macchina fosse già pronta alla porta. Quello fu l’ultimo pensiero<br />

normale che riuscii a formulare per qualche tempo.<br />

Una testa volò oltre la spalla di Quinn; il suo movimento era troppo<br />

rapido perché potessi capire a chi apparteneva, ma mi parve comunque<br />

familiare. Uno spruzzo di sangue creò poi una nuvola rossastra sulla sua<br />

scia.<br />

Emisi un suono che non era né un urlo né un sussulto, ma piuttosto<br />

una sorta di Eeeeep.<br />

Anche se la musica continuò a risuonare ancora per un lungo<br />

momento, Quinn si bloccò di colpo e si guardò intorno in tutte le direzioni,<br />

cercando di capire cosa stesse succedendo e in che modo potessimo<br />

sopravvivere agli eventi. Avevo creduto che potessimo concederci almeno<br />

una danza, ma ora sapevo che ce ne saremmo dovuti andare con i due<br />

mannari.<br />

– Spalle contro il muro – consigliò Quinn, tirandomi verso il lato<br />

della sala. Se non altro, sapevamo da che parte stava arrivando il pericolo,<br />

ed era stata una buona mossa da parte sua allontanarsi da essa... ma in quel<br />

momento qualcuno ci venne a sbattere contro, e Quinn perse la presa<br />

intorno alla mia mano.<br />

Adesso c’erano molte urla e una quantità di movimento. Le urla<br />

provenivano tutte dai mannari e dalle altre creature soprannaturali che<br />

erano state invitate al party, mentre il movimento era prodotto<br />

prevalentemente dai vampiri, che stavano cercando i rispettivi alleati in<br />

mezzo a quel caos. Fu a quel punto che l’orribile tenuta indossata dai<br />

seguaci del re dimostrò la propria utilità, perché risultò semplice e<br />

immediato riconoscerli come tali. Naturalmente, questo fece anche di loro<br />

dei facili bersagli, se si era qualcuno che non aveva in simpatia il re e i<br />

suoi uomini.


Un esile vampiro di colore con i capelli raccolti in treccine brandiva<br />

una spada ricurva che pareva aver materializzato dal nulla e che aveva la<br />

lama insanguinata, cosa da cui dedussi che doveva essere lui il tagliatore di<br />

teste. Dal momento che indossava quell’orribile livrea, era qualcuno da cui<br />

dovevo tenermi alla larga, perché se potevo avere degli alleati in quel caos,<br />

di certo non si trattava di nessuno che lavorasse per Peter Threadgill.<br />

Intanto, ero riuscita a ripararmi dietro una delle colonne di sostegno<br />

all’estremità occidentale della sala, e stavo cercando di capire quale fosse<br />

il modo più sicuro per lasciare la stanza quando urtai con il piede qualcosa<br />

che si spostò; abbassando lo sguardo, vidi che si trattava della testa<br />

decapitata, e che essa apparteneva a Wybert. Per una frazione di secondo,<br />

mi chiesi se essa si sarebbe mossa o avrebbe parlato, ma la decapitazione<br />

era decisamente definitiva, a qualsiasi specie si appartenesse.<br />

– Oh – gemetti, poi decisi che avrei fatto meglio a controllarmi, se<br />

non volevo finire per somigliare a Wybert, almeno sotto un aspetto molto<br />

importante.<br />

Dei combattimenti si erano scatenati in tutta la sala. Io non avevo<br />

visto l’incidente che aveva fatto precipitare gli eventi, ma era chiaro che il<br />

vampiro di colore doveva aver aggredito Wybert con qualche pretesto,<br />

decapitandolo... e dal momento che Wybert era stato una delle guardie del<br />

corpo della regina e che Mister Treccine era uno dei seguaci di Peter,<br />

quell’atto aveva avuto un effetto quanto mai decisivo.<br />

La regina e Andre erano in piedi, schiena contro schiena, nel centro<br />

della sala. Andre impugnava una pistola in una mano e un coltello<br />

nell’altra, mentre la regina aveva prelevato un coltello da carne dal buffet.<br />

Un cerchio di vampiri in giacca bianca li circondava, e quando uno di essi<br />

cadeva, un altro era pronto a prendere il suo posto: sembrava quasi<br />

l’ultima resistenza di Custer, con la regina nei panni del generale. Sigebert<br />

era in pari misura sotto assedio sul podio della banda, che si era dissolta<br />

nei suoi singoli componenti; alcuni degli orchestrali, in parte mannari e in<br />

parte vampiri, si erano lanciati nella mischia, mentre altri stavano cercando<br />

di fuggire. Quanti stavano facendo del loro meglio per lasciare la stanza si<br />

andavano però accalcando sulla porta di accesso al lungo corridoio, con il<br />

risultato di bloccarla.<br />

Il re era a sua volta sotto attacco da parte dei miei tre amici, Rasul,<br />

Chester e Melanie. Ero certa che avrei trovato Fiore di Giada a<br />

proteggergli le spalle, ma fui lieta di vedere che lei aveva altri problemi a<br />

causa del Signor Cataliades, che stava facendo del suo meglio per... ecco,<br />

pareva che stesse soltanto cercando di toccarla, mentre lei lo teneva a bada


con la sua grande spada, la stessa che aveva tranciato in due Gladiola.<br />

Nessuno dei due faceva progressi, né pareva propenso a ritrarsi dal<br />

confronto.<br />

In quel momento qualcuno mi appiattì al suolo con tanta forza da<br />

togliermi il fiato per un instante. Reagii sferrando un colpo, ma il solo<br />

risultato fu di vedermi bloccare anche la mano e di trovarmi schiacciata<br />

sotto un grosso corpo.<br />

– Ti ho presa – disse Eric.<br />

– Cosa diavolo stai facendo?<br />

– Ti sto proteggendo – dichiarò, sorridendo per l’eccitazione della<br />

battaglia, con gli occhi azzurri che brillavano come zaffiri.<br />

Eric adorava le mischie.<br />

– Non vedo nessuno che cerchi di attaccarmi – gli feci notare. – Mi<br />

pare che la regina abbia più bisogno di me del tuo aiuto, ma apprezzo la<br />

tua preoccupazione.<br />

Sul trasporto dell’eccitazione, Eric mi elargì un lungo bacio<br />

appassionato, poi afferrò la testa di Wybert.<br />

– Bowling per vampiri! – esclamò allegramente, nello scagliare<br />

quell’oggetto disgustoso contro il vampiro di colore, con tanta forza e<br />

precisione da fargli cadere di mano la spada, di cui si impadronì spiccando<br />

un grande balzo, per poi calarla con estrema forza sul suo proprietario.<br />

Lanciando un grido di guerra che non era più risuonato per un migliaio di<br />

anni, attaccò quindi il cerchio di vampiri che assediava la regina e Andre,<br />

vibrando colpi con tanto selvaggio abbandono da essere quasi splendido,<br />

in un certo senso.<br />

Un mutaforma che stava cercando un’altra via per uscire dalla stanza<br />

mi venne a sbattere contro con forza sufficiente a spostarmi dalla mia<br />

posizione relativamente sicura. Di colpo, ci furono troppe persone fra me e<br />

la colonna, e questo mi impedì di tornare indietro. Dannazione! Potevo<br />

vedere la porta che Wybert e suo fratello avevano sorvegliato: essa si<br />

trovava dall’altra parte della stanza, ma era la sola via di uscita accessibile,<br />

e qualsiasi modo per lasciare la stanza andava bene. Mi avviai per cercare<br />

di raggiungerla sgusciando lungo le pareti, in modo da non dover<br />

attraversare spazi aperti troppo pericolosi.<br />

Un vampiro in giacca bianca mi si parò davanti.<br />

– Ti stavamo cercando! – tuonò. Anche in un simile momento, riuscii<br />

a notare una serie di particolari da cui si capiva che quello era un vampiro<br />

giovane, che aveva conosciuto tutti i vantaggi della vita moderna... denti<br />

regolari che avevano portato l’apparecchio, e un fisico alto e robusto che


aveva sperimentato la nutrizione moderna.<br />

– Guarda! – dissi, traendo da parte un lato del corpetto. Lui obbedì,<br />

grazie a Dio, e io gli sferrai un calcio nei testicoli con tanta forza da<br />

pensare che gli sarebbero usciti dalla bocca. Quello era un modo infallibile<br />

per abbattere un uomo, indipendentemente dalla sua natura intrinseca, e<br />

quel vampiro non fece eccezione, permettendomi di aggirarlo e di<br />

raggiungere la parete orientale, quella in cui si apriva la porta sgombra.<br />

Mi mancava forse un metro per raggiungerla quando qualcuno mi<br />

afferrò un piede, facendomi perdere l’equilibrio e scivolare su una pozza di<br />

sangue, crollando in ginocchio. Dal colore, era chiaro che si trattava di<br />

sangue di vampiro.<br />

– Cagna – ringhiò Fiore di Giada. – Sgualdrina.<br />

Non mi pareva di averla mai sentita parlare, fino a quel momento, e<br />

avrei preferito che avesse continuato a tacere. Una mano dopo l’altra, lei<br />

prese quindi a trascinarmi verso i suoi canini estesi, impossibilitata ad<br />

alzarsi per uccidermi perché le mancava una gamba. Quando me ne accorsi<br />

per poco non vomitai, ma mi trattenni perché ero troppo preoccupata a<br />

cercare di salvarmi; le mie mani però scivolavano sul liscio pavimento di<br />

legno, e le ginocchia non riuscivano a fare presa su di esso, impedendomi<br />

di tenermi lontana dalla vampira. Non sapevo se Fiore di Giada sarebbe<br />

morta o meno a causa di quella terribile ferita, ma sapevo che i vampiri<br />

erano in grado di sopravvivere a molte cose che avrebbero ucciso un<br />

umano, il che costituiva una grossa parte del fascino...<br />

Riscuotiti, Sookie, mi ingiunsi, brutalmente.<br />

Lo shock stava cominciando a fare presa su di me.<br />

Protendendo disperatamente una mano, riuscii ad aggrapparmi a uno<br />

stipite e presi a tirare con tutte le mie forze, senza però potermi liberarei<br />

dalla presa di Fiore di Giada, le cui dita cominciavano ad affondarmi nella<br />

carne della caviglia. Ancora un momento e me l’avrebbe spezzata, il che<br />

mi avrebbe reso impossibile camminare.<br />

Con il piede libero presi a tempestare di calci la faccia della minuta<br />

donna asiatica, ma per quanto il naso e le labbra cominciassero a<br />

sanguinarle, lei non abbandonò la presa. Non avvertiva neppure i miei<br />

colpi.<br />

Poi Bill le balzò sulla schiena, atterrando con forza sufficiente a<br />

spezzarla, e infine la presa che lei aveva sulla mia caviglia si rilassò. Mi<br />

affrettai ad allontanarmi, mentre Bill sollevava un coltello da carne molto<br />

simile a quello che la regina aveva avuto in mano, e prendeva ad<br />

affondarlo ripetutamente nel collo di Fiore di Giada fino a staccarle la


testa, il tutto senza smettere di guardarmi.<br />

Non disse una parola, mi rivolse solo quella lunga, cupa occhiata. Poi<br />

scomparve, e io mi affrettai ad abbandonare la sala.<br />

L’appartamento della regina era al buio, il che non era una cosa<br />

positiva: chi poteva sapere cosa si annidasse nel buio, là dove non arrivava<br />

il chiarore che filtrava dalla sala da ballo?<br />

Ci doveva essere una porta che comunicava con l’esterno, perché la<br />

regina non si sarebbe mai lasciata senza una via di fuga. Se ricordavo bene<br />

come era orientato l’edificio, procedendo dritto davanti a me avrei dovuto<br />

raggiungere la parete giusta. Facendomi coraggio, decisi che sarei<br />

avanzata senza tergiversare: basta strisciare lungo le pareti.<br />

Con mia sorpresa, la cosa funzionò, almeno fino a un certo punto.<br />

Attraversai una stanza, che supposi essere un salotto, ed entrai in quella<br />

che doveva essere la camera da letto della regina, dove un movimento<br />

appena percettibile tornò a destare il mio timore e mi indusse a cercare a<br />

tentoni lungo la parete l’interruttore della luce. Quando lo attivai, scoprii<br />

di essere in compagnia di Peter Threadgill, che stava fronteggiando Andre.<br />

In mezzo a loro c’era un letto, sul quale giaceva la regina, che era stata<br />

gravemente ferita. Come Peter Threadgill, anche Andre era privo della<br />

spada, ma aveva una pistola, e quando accesi la luce sparò dritto in faccia<br />

al re, due volte.<br />

Dietro il corpo di Peter Threadgill c’era una porta, che doveva dare<br />

accesso ai gradini, quindi cominciai a spostarmi lungo il perimetro della<br />

stanza con le spalle addossate alla parete, senza che nessuno mi prestasse<br />

attenzione.<br />

– Andre, se lo uccidi dovrò pagare una multa enorme – affermò con<br />

assoluta calma la regina, che si teneva una mano premuta contro il fianco e<br />

aveva lo splendido vestito arancione intriso di sangue.<br />

– Ma non ne varrebbe la pena, signora?<br />

Seguì una lunga pausa di silenzio da parte della regina, mentre io mi<br />

affannavo ad aprire almeno sei chiavistelli.<br />

– Nel complesso, direi di sì – affermò infine Sophie-Anne. – In fin<br />

dei conti, il denaro non è tutto.<br />

– Oh, bene – commentò allegramente Andre, sollevando la pistola.<br />

Mi accorsi che nell’altra mano stringeva un paletto, ma non mi soffermai a<br />

vedere come lo avrebbe utilizzato.<br />

Mi avviai attraverso il prato nelle mie scarpette da sera verdi che,<br />

incredibilmente, erano ancora intatte. Anzi, erano in condizioni perfino<br />

migliori della mia caviglia, che Fiore di Giada aveva danneggiato al punto


che cominciai a zoppicare dopo aver mosso appena una decina di passi.<br />

– Attenta al leone – mi avvertì la voce della regina; girandomi, vidi<br />

che Andre la stava trasportando fuori dell’edificio.<br />

Mentre mi chiedevo da che parte stesse il grosso felino in questione,<br />

esso apparve proprio davanti a me. Un minuto prima, la via di fuga era<br />

sgombra, e adesso era bloccata da un leone. Le luci di sicurezza si erano<br />

disattivate, e sotto il chiarore della luna quella bestia appariva così<br />

splendida e letale che la paura mi strappò l’aria dai polmoni.<br />

Il leone emise un basso verso gutturale.<br />

– Vattene – dissi. Non avevo assolutamente niente con cui<br />

affrontarlo, ed ero alla fine della resistenza. – Vattene! – urlai. – Vai via di<br />

qui!<br />

Ed esso sgusciò via fra i cespugli.<br />

Quello non era certo il suo tipico modo di comportarsi, ma forse<br />

aveva fiutato l’avvicinarsi di una tigre, dato che pochi secondi più tardi<br />

Quinn avanzò sull’erba come un enorme sogno silenzioso, sfregando<br />

contro di me la grossa testa prima che proseguissimo insieme fino al muro<br />

di cinta. Adagiata al suolo la sua regina, Andre spiccò un balzo fino alla<br />

sommità della recinzione con aggraziata facilità, e prese a sradicare il filo<br />

spinato con le mani nude, a stento protette con la giacca lacera.<br />

Quando ebbe finito tornò giù, sollevò con cura Sophie-Anne e si<br />

raccolse su se stesso, per poi valicare il muro in un singolo balzo.<br />

– Ecco, quella è una cosa che io non posso fare – osservai, con voce<br />

che suonò irritabile ai miei stessi orecchi. – Posso salire sul tuo dorso? Mi<br />

toglierò le scarpe.<br />

Quinn si addossò al muro e io mi infilai i sandali sul braccio per il<br />

cinturino. Non volevo fare male alla tigre caricandole troppo peso sulla<br />

schiena, ma d’altro canto volevo andare via di lì più di quanto avessi mai<br />

voluto qualsiasi altra cosa, o quasi, quindi mi bilanciai su di esso cercando<br />

di essere il più leggera possibile e finalmente riuscii a issarmi in cima al<br />

muro; da lì, guardai verso il basso, e mi parve che il marciapiede fosse<br />

molto, molto distante.<br />

Dopo tutto quello che avevo affrontato quella notte, mi pareva<br />

stupido esitare a lasciarmi cadere di un metro o due, ma per parecchi<br />

lunghi momenti rimasi seduta su quel muro, ingiungendo a me stessa di<br />

non fare l’idiota. Alla fine, riuscii a rigirarmi sullo stomaco e mi lasciai<br />

spenzolare il più possibile.<br />

– Uno, due, tre! – contai ad alta voce.<br />

Poi lasciai la presa.


Per un paio di minuti rimasi semplicemente stesa dove mi trovavo,<br />

stordita e sconcertata per come era andata quella serata.<br />

Ero là, sdraiata su un marciapiede della parte storica di New Orleans,<br />

con i seni che pendevano fuori del vestito, i capelli arruffati, i sandali<br />

appesi a un braccio e una grossa tigre che mi leccava la faccia. Nel<br />

frattempo, infatti, Quinn aveva saltato il muro con relativa facilità.<br />

– Credi che sarebbe meglio per te tornare indietro come una tigre o<br />

come un grosso uomo nudo? – domandai. – In entrambi i casi attirerai<br />

l’attenzione, ma penso che come tigre avresti maggiori probabilità di farti<br />

sparare addosso.<br />

– Questo non sarà necessario – intervenne una voce, poi Andre<br />

incombette sopra di me, nell’aggiungere: – Sono qui con la regina, nella<br />

sua auto, e vi porteremo dove dovete andare.<br />

– È davvero gentile da parte vostra – replicai, mentre Quinn<br />

procedeva a trasformarsi.<br />

– Sua maestà ritiene di essere in debito con te.<br />

– Io non la vedo in questo modo – ribattei. Perché mi stavo<br />

mostrando così schietta proprio adesso? Non potevo tenere la bocca<br />

chiusa? – Dopo tutto, se non avessi trovato e restituito il bracciale, il re<br />

avrebbe...<br />

– Scatenato comunque la guerra stanotte – concluse per me Andre,<br />

aiutandomi a rialzarmi in piedi, per poi procedere, in modo del tutto<br />

impersonale, a riassestare il mio seno destro all’interno del succinto abito<br />

verde. – Avrebbe accusato la regina di aver infranto la sua parte del<br />

contratto, in base alla quale tutti i doni dovevano essere onorati in quanto<br />

simboli del matrimonio, le avrebbe fatto causa e lei avrebbe perso quasi<br />

tutto, oltre a essere disonorata. Era pronto ad agire, in un modo o<br />

nell’altro, ma quando la regina ha sfoggiato il bracciale, lui ha dovuto<br />

ricorrere alla violenza. Ra Shawn ha dato inizio a tutto decapitando Wybert<br />

per essergli andato a sbattere contro.<br />

Supposi che Ra Shawn fosse stato il vampiro con le treccine.<br />

Non ero certa di aver capito bene tutto, ma ero altrettanto certa che<br />

Quinn avrebbe potuto spiegarmelo, in un momento in cui avessi avuto più<br />

cellule cerebrali da usare per assimilare le informazioni.<br />

– Lui è rimasto così deluso quando ha visto che la regina aveva il<br />

bracciale, e che era quello giusto! – aggiunse Andre, che pareva essersi<br />

trasformato in un chiacchierone, poi mi aiutò a salire nell’auto.<br />

– Dov’era? – chiese la regina, che era stesa su uno dei sedili.<br />

L’emorragia era cessata, e solo il modo in cui teneva serrate le labbra


indicava che stava soffrendo.<br />

– Nel barattolo di caffè che sembrava ancora sigillato – spiegai. –<br />

Hadley era davvero brava nei lavori manuali, e aveva aperto quel barattolo<br />

con la massima cura, ci aveva messo dentro il bracciale e aveva risigillato<br />

il tutto con la colla.<br />

C’erano molte altre cose da spiegare, riguardo al Signor Cataliades, a<br />

Gladiola e a Fiore di Giada, ma ero troppo stanca per offrire<br />

spontaneamente altre notizie.<br />

– Come hai fatto a superare i controlli? Sono certa che gli addetti lo<br />

stessero cercando.<br />

– Avevo il bracciale vero e proprio sotto le bende – risposi. – Il<br />

diamante però sporgeva troppo, quindi ho dovuto staccarlo e l’ho messo<br />

nel contenitore di un assorbente interno. La vampira che mi ha perquisita<br />

non ha pensato a tirare fuori l’assorbente e non sapeva con esattezza che<br />

aspetto dovesse avere, perché non aveva più avuto un ciclo mestruale da<br />

secoli.<br />

– Ma il bracciale era integro – obiettò la regina.<br />

– Oh, dopo che mi hanno frugato nella borsa sono andata nella<br />

toilette delle signore. Nella borsetta avevo anche un tubetto di supercolla.<br />

La regina parve non sapere cosa dire.<br />

– Grazie – mormorò, dopo una lunga pausa. Intanto Quinn era salito<br />

in macchina con noi, del tutto nudo, e io mi appoggiai contro di lui, mentre<br />

Andre si metteva alla guida e avviava il veicolo.<br />

Ci lasciarono nel cortile, dove Amelia era seduta su una delle sedie<br />

da giardino, con un bicchiere di vino in mano.<br />

Quando scendemmo dalla macchina, posò il bicchiere per terra con<br />

estrema cura e ci scrutò.<br />

– D’accordo, non so come reagire – dichiarò infine. Dietro di noi, la<br />

grossa macchina lasciò il cortile: Andre stava portando la sua regina in un<br />

nascondiglio sicuro... non chiesi dove, perché non volevo saperlo.<br />

– Ti dirò tutto domani – promisi ad Amelia. – Il camion per il<br />

trasloco sarà qui nel pomeriggio, e la regina ha promesso di mandare<br />

qualcuno per caricarlo e guidarlo. Devo tornare a Bon Temps.<br />

La prospettiva di tornare a casa mi appariva tanto dolce da poterla<br />

quasi assaporare sulla lingua.<br />

– Quindi hai un sacco di cose da fare, a casa? – domandò Amelia,<br />

mentre Quinn e io cominciavamo a salire le scale. Supponevo che<br />

avremmo potuto dormire nello stesso letto, dato che eravamo troppo sfiniti<br />

per dare il via a qualsiasi cosa: quella non era la notte adatta per avviare


una relazione, sempre ammesso che non lo avessi già fatto... e forse era<br />

così.<br />

– Ecco, ci sono un sacco di matrimoni a cui devo andare – risposi, –<br />

e devo anche rientrare al lavoro.<br />

– Hai una camera per gli ospiti vuota?<br />

– Forse – ribattei, fermandomi a metà della scala. – Per caso te ne<br />

serve una?<br />

La scarsità della luce non mi permise di determinarlo con certezza,<br />

ma mi parve che Amelia apparisse imbarazzata.<br />

– Ho provato qualcosa di nuovo con Bob – confessò, – ma non ha<br />

funzionato proprio come doveva.<br />

– Lui dov’è? – chiesi. – All’ospedale?<br />

– No, è qui – spiegò lei, indicando un nanetto decorativo da giardino.<br />

– Dimmi che stai scherzando – implorai.<br />

– Sto scherzando – ammise. – Questo è Bob... non è carino? –<br />

aggiunse, sollevando un grosso gatto nero con il petto bianco, che era<br />

raggomitolato in un vaso vuoto.<br />

– Certo. Portalo con te. Mi piacciono i gatti.<br />

– Lieto di sentirtelo dire, piccola – interloquì Quinn. – Ero troppo<br />

stanco per trasformarmi completamente.<br />

Solo allora lo guardai davvero... e mi accorsi che adesso aveva la<br />

coda.<br />

– Dormirai sul pavimento – decretai.<br />

– Piccola...<br />

– Dico sul serio. Domani riuscirai a tornare completamente umano,<br />

giusto?<br />

– Certo. Di recente mi sono trasformato troppe volte. Ho solo<br />

bisogno di riposare.<br />

– Ci vediamo domani, Sookie – disse Amelia, che stava fissando la<br />

coda con occhi sgranati. – Ci aspetta un viaggetto insieme, e dopo rimarrò<br />

con te per un po’!<br />

– Ci divertiremo un sacco – convenni stancamente, nel salire il resto<br />

delle scale, lieta come non mai di aver riposto la chiave della porta nelle<br />

mutandine. – Sai che divertimento – borbottai, mentre lasciavo ricadere<br />

quel che restava del vestito e aprivo la porta.<br />

Avevo già fatto la doccia e lasciato il bagno a Quinn quando sentii<br />

bussare. Ero abbastanza decente, con un top e i pantaloni del pigiama, e<br />

anche se avrei voluto ignorare quella visita, mi costrinsi ad aprire.<br />

Bill aveva un aspetto abbastanza buono, per qualcuno che aveva


appena combattuto in una guerra. Quello smoking non sarebbe mai più<br />

stato utilizzabile, ma almeno lui non stava sanguinando e le eventuali ferite<br />

che poteva aver riportato si erano già risanate.<br />

– Ti devo parlare – disse, con voce tanto sommessa e debole da<br />

indurmi a uscire di un passo dall’appartamento. Mi sedetti per terra sulla<br />

veranda, e lui mi sedette accanto.<br />

– Devi permettermi di dirtelo, una volta soltanto – affermò. – Io ti<br />

amavo. Ti amo. No. Lasciami finire – continuò, quando sollevai una mano<br />

per protestare. – Lei mi ha mandato là, è vero, ma dopo averti incontrata...<br />

dopo aver imparato a conoscerti... io... ti ho amata.<br />

Quanto tempo dopo che mi aveva portata a letto era nato questo<br />

supposto amore? Come potevo mai credergli, dal momento che mi aveva<br />

mentito in modo tanto convincente dal primo momento in cui lo avevo<br />

incontrato, fingendosi disinteressato perché vedeva quanto fossi<br />

affascinata dal primo vampiro che avessi mai incontrato?<br />

– Ho rischiato la vita per te – ribattei, faticando a parlare. – Ho dato a<br />

Eric potere su di me, in eterno, per amor tuo, quando ho accettato il suo<br />

sangue. Ho ucciso per te. Queste non sono cose che do per scontate, anche<br />

se tu forse lo fai. Se per te questa è la quotidianità, non lo è per me. Non so<br />

se potrò mai cessare di odiarti.<br />

Mi alzai, con movimenti lenti e affaticati, e con mio sollievo lui non<br />

fece l’errore di cercare di aiutarmi.<br />

– Probabilmente mi hai salvato la vita, stanotte – aggiunsi,<br />

abbassando lo sguardo su di lui, – e di questo ti ringrazio. Ma non voglio<br />

rivederti mai più.<br />

– Io ti amo – ribadì con cocciutaggine, come se quel fatto fosse così<br />

stupefacente e costituisse una tale innegabile verità da far sì che io dovessi<br />

credergli. Ebbene, gli avevo creduto, ed ecco a cosa mi aveva portata.<br />

– Quelle parole non sono una formula magica – ribattei. – Non ti<br />

apriranno il mio cuore.<br />

Bill aveva più di centotrenta anni, ma in quel momento sentii di<br />

potergli tenere testa. Rientrata in casa, mi chiusi la porta alle spalle, la<br />

sprangai e mi costrinsi a percorrere il corridoio, fino alla camera da letto.<br />

Quinn, che si stava asciugando, si girò per mostrarmi il suo<br />

muscoloso posteriore.<br />

– Niente pelo – disse. – Posso dividere il letto?<br />

– Sì – assentii, strisciando sotto le coperte. Lui si infilò nel letto<br />

dall’altro lato e si addormentò nell’arco di trenta secondi. Dopo uno o due<br />

minuti, mi spostai verso di lui e gli posai la testa sul petto.


E ascoltai il battito del suo cuore.


Capitolo ventitreesimo<br />

Il giorno successivo, Everett era alla guida del furgone, e io e Amelia<br />

lo stavamo seguendo sulla piccola auto della strega. Quando mi ero alzata,<br />

al mattino, Quinn se ne era già andato, lasciandomi un biglietto in cui<br />

diceva che mi avrebbe chiamato dopo aver assunto qualcuno che prendesse<br />

il posto di Jake Purifoy e aver concluso il lavoro successivo, che era a<br />

Huntsville, nell’Alabama... un Rito di Ascensione, così lo aveva definito,<br />

anche se non avevo idea di cosa si trattasse. Il biglietto si era concluso con<br />

un commento riguardo al vestito verde, qualcosa di molto personale che<br />

non intendo ripetere in questa sede.<br />

Mentre mi preparavo, Amelia aveva fatto le valigie, ed Everett aveva<br />

diretto due uomini massicci nell’operazione di carico degli scatoloni che<br />

intendevo portare con me a Bon Temps. Quando fosse tornato indietro,<br />

avrebbe portato alla Caritas il mobilio che avevo scartato; lo avevo offerto<br />

a lui, ma dopo aver guardato quell’antiquariato fasullo, aveva detto che<br />

quel genere di mobili non faceva per lui. Dopo avevo sistemato il mio<br />

bagaglio nell’auto di Amelia e ci eravamo avviate, con il gatto Bob sul<br />

sedile posteriore, in un trasportino rivestito di tovaglioli di carta e dotato di<br />

cibo e di acqua. La sua lettiera era sul fondo della macchina.<br />

– La mia mentore ha scoperto quello che ho fatto, ed è molto<br />

scontenta di me – confessò Amelia, cupa.<br />

La cosa non mi sorprendeva, ma non mi parve diplomatico farlo<br />

notare, considerato quanto Amelia mi era stata d’aiuto.<br />

– Adesso però lui sente la mancanza della sua vita – mi limitai a<br />

sottolineare, nel tono più neutro possibile.<br />

– Questo è vero, ma sta vivendo un’esperienza incredibile – ribatté<br />

Amelia, nel tono di una persona decisa a guardare il lato positivo degli<br />

eventi. – Mi farò perdonare da lui, in qualche modo.<br />

Non ero certa che quello fosse qualcosa di cui ci si poteva “far<br />

perdonare”.<br />

– Scommetto che presto riuscirai a farlo tornare se stesso – dichiarai,<br />

cercando di mostrarmi sicura della cosa. – A Shreveport ci sono alcune<br />

streghe davvero in gamba che potrebbero aiutarti – aggiunsi. Questo,<br />

naturalmente, se Amelia fosse riuscita a vincere i suoi pregiudizi nei<br />

confronti delle Wicca.<br />

– Grandioso – annuì, mostrandosi più allegra. – Intanto, si può sapere


cosa diavolo è successo la scorsa notte? Voglio sentire tutti i particolari.<br />

Supponevo che l’intera storia fosse ormai nota a tutta la comunità<br />

sovrannaturale, e che quindi potevo vuotare il sacco, per cui le raccontai<br />

tutto.<br />

– Ma come ha fatto Cataliades a sapere che era stata Fiore di Giada a<br />

uccidere Gladiola? – domandò Amelia.<br />

– Ecco... gliel’ho detto io – ammisi, con un filo di voce.<br />

– E come facevi a saperlo?<br />

– Quando i Pelt mi hanno detto di non aver assoldato nessuno che<br />

sorvegliasse la casa, ne ho dedotto che l’assassino fosse qualcuno mandato<br />

da Peter Threadgill per ritardare il momento in cui avrei ricevuto il<br />

messaggio di Cataliades. Lui aveva sempre saputo che la regina aveva<br />

perso quel bracciale per colpa di Hadley, forse perché aveva delle spie fra<br />

la gente della regina, o forse perché qualcuno dei suoi seguaci più stupidi,<br />

come Wybert, se lo era lasciato sfuggire. Non deve essere stato difficile<br />

osservare i movimenti delle due ragazze che la regina usava come<br />

messaggere, e quando una di esse è venuta a portarmi il messaggio della<br />

regina, Fiore di Giada l’ha seguita e l’ha uccisa. La ferita era decisamente<br />

letale, e dopo aver visto la spada di Fiore di Giada, e avergliela vista<br />

estrarre così in fretta da rendermi impossibile seguirne il movimento, ho<br />

supposto che lei fosse una probabile candidata al ruolo di killer. In più, la<br />

regina ha detto che se Andre era a New Orleans tutti supponevano che ci<br />

fosse anche lei... in tal caso, doveva essere vero anche il contrario, giusto?<br />

Se il re era a New Orleans, tutti avrebbero supposto che ci fosse anche<br />

Fiore di Giada, mentre lei era nei boschi, fuori della mia casa. – Il ricordo<br />

mi strappò un brivido. – Ho avuto la conferma dopo aver telefonato a un<br />

sacco di stazioni di rifornimento. Alla fine, ho parlato con un benzinaio<br />

che ricordava chiaramente Fiore di Giada.<br />

– Ma perché Hadley ha rubato quel bracciale?<br />

– Per gelosia, credo, e per il desiderio di mettere in difficoltà la<br />

regina. Non credo che lei abbia compreso le implicazioni del suo gesto, e<br />

quando se ne è resa conto, ormai era troppo tardi, perché il re aveva già<br />

elaborato i suoi piani. Fiore di Giada l’ha sorvegliata per un po’, e ha colto<br />

l’opportunità di aggredire e uccidere Jake Purifoy, nella speranza che la<br />

colpa ricadesse su Hadley. Qualsiasi cosa che l’avesse screditata si sarebbe<br />

infatti riflessa anche sulla regina. Loro non potevano sapere che lei lo<br />

avrebbe trasformato.<br />

– Che ne sarà di Jake? – chiese Amelia, che appariva turbata. – Mi<br />

piaceva. Era un uomo gentile.


– Potrebbe ancora esserlo, solo che adesso è un vampiro gentile.<br />

– Non sono certa che esista una cosa del genere – affermò a bassa<br />

voce la mia compagna di viaggio.<br />

– Certi giorni, non ne sono certa neppure io.<br />

Per un po’, viaggiammo in silenzio.<br />

– Allora, parlami di Bon Temps – chiese infine Amelia, per superare<br />

quel blocco nella conversazione.<br />

Cominciai a parlarle della cittadina, del bar dove lavoravo, della festa<br />

di presentazione dei regali di nozze a cui ero stata invitata e dei matrimoni<br />

imminenti.<br />

– Sembra tutto molto piacevole – commentò Amelia. – Ehi, so che<br />

mi sono praticamente auto-invitata. Non ti dispiace, vero?<br />

– No – risposi, con una rapidità che mi lasciò sorpresa di me stessa. –<br />

No, sarà piacevole avere compagnia... per un po’ – aggiunsi, con cautela. –<br />

Cosa ne farai della tua casa di New Orleans, durante la tua assenza?<br />

– Everett ha detto che non gli sarebbe dispiaciuto occupare<br />

l’appartamento di sopra, dato che sua madre sta diventando difficile da<br />

sopportare. Si può permettere di affittarlo, perché ha un così buon lavoro<br />

presso Cataliades, e baderà lui alle mie piante e al resto fino al mio ritorno.<br />

In caso di necessità, potrà sempre mandarmi una e-mail – aggiunse,<br />

riferendosi al computer portatile che aveva nel bagagliaio. Per la prima<br />

volta, ci sarebbe stato un computer nella casa degli Stackhouse. Seguì una<br />

pausa, poi con voce esitante, chiese: – Come ti senti, adesso? Voglio dire,<br />

riguardo al tuo ex e a tutto il resto...<br />

– Ho un grosso buco nel cuore – ammisi, dopo aver riflettuto. – Ma<br />

si richiuderà.<br />

– Non vorrei dare l’impressione di fare della psicologia spicciola –<br />

replicò lei, – ma non lasciare che il suo richiudersi sigilli il dolore<br />

all’interno, d’accordo?<br />

– È un buon consiglio – convenni. – Spero di riuscire a seguirlo.<br />

Ero stata assente solo per pochi giorni, anche se erano stati giorni<br />

pieni di eventi. A mano a mano che mi avvicinavo a Bon Temps, mi chiesi<br />

se Tanya fosse riuscita a indurre Sam a chiederle di uscire, e se avrei<br />

dovuto rivelare a Sam il fatto che lei era una spia. Adesso Eric non aveva<br />

più bisogno di sentirsi confuso nei miei confronti, dato che il nostro grosso<br />

segreto non era più tale, e non aveva più neanche modo di ricattarmi. I Pelt<br />

avrebbero mantenuto la parola data? Forse Bill avrebbe intrapreso un<br />

lungo viaggio, e magari mentre era via un paletto gli sarebbe<br />

accidentalmente caduto sul cuore.


Non avevo avuto notizie di Jason, mentre ero a New Orleans, e mi<br />

domandai se stesse ancora pensando di sposarsi. Mi augurai che Crystal si<br />

fosse ripresa, e questo mi indusse a chiedermi se la Dottoressa Ludwig<br />

accettava pazienti coperti da assicurazione. Il doppio matrimonio dei<br />

Bellefleur sarebbe stato un evento interessante, anche se vi avrei<br />

partecipato in veste di addetta al bar.<br />

Trassi un profondo respiro, dicendomi che la mia vita non era poi<br />

così male, e cominciai perfino a credere che fosse vero. Forse avevo un<br />

nuovo ragazzo, e di certo avevo una nuova amica ed eventi a cui guardare<br />

con aspettativa. Tutto andava bene e ne sarei dovuta essere grata.<br />

Che importanza aveva quindi se sarei stata obbligata a partecipare a<br />

un convegno di vampiri, al seguito della regina? Avremmo alloggiato in un<br />

hotel elegante, ci saremmo vestiti di conseguenza e avremmo partecipato a<br />

lunghe riunioni noiose, se tutto ciò che gli altri mi avevano sempre detto<br />

riguardo ai convegni era vero.<br />

Accidenti, quanto poteva essere brutta una cosa del genere?<br />

Meglio non pensarci.<br />

FINE


Ringraziamenti<br />

I miei ringraziamenti vanno a una quantità di persone: l’insegnante di<br />

latino dei figli di Jerrilyn Farmer; Toni L.P. Kelner e Steve Kelner, amici e<br />

consiglieri; Ivan Van Laningham, che possiede conoscenze e opinioni in<br />

merito a una quantità di argomenti; il Dottor Stacy Clanton, di cui si può<br />

dire la stessa cosa; Alexandre Dumas, autore de I Tre Moschettieri, che<br />

tutti dovrebbero leggere; Anne Rice, per aver vampirizzato New Orleans; e<br />

quel lettore che da Uncle Hugo’s ha indovinato in anticipo la trama di<br />

questo libro… tanto di cappello a tutti voi.

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