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Capitolo primo<br />
Ero appesa al braccio di uno degli uomini più belli che avessi mai<br />
visto, e lui mi stava fissando negli occhi.<br />
– Pensa a... Brad Pitt – sussurrai. I suoi occhi castano scuro mi<br />
scrutarono con vago interesse. D’accordo, era la tattica sbagliata.<br />
Evocai nella mente l’immagine dell’ultimo compagno di Claude, un<br />
buttafuori di un locale di striptease.<br />
– Pensa a Charles Bronson, oppure a… Edward James Olmos –<br />
suggerii, e la mia ricompensa fu l’affiorare di uno sguardo intenso e<br />
rovente sotto quelle lunghe ciglia.<br />
In un attimo, la sua espressione divenne tale da far pensare che fosse<br />
sul punto di sollevare la mia lunga gonna frusciante e di abbassare il<br />
corpetto push-up molto aderente per possedermi fino a quando non lo<br />
avessi implorato di smettere. Sfortunatamente per me, e per tutte le altre<br />
donne della Louisiana, Claude militava in un’altra squadra. Il suo ideale<br />
non era una bionda prosperosa; per destare il suo fuoco interiore ci voleva<br />
un soggetto duro, rude e cupo, magari con un po’ di barba lunga.<br />
– Maristella, sposta indietro quella ciocca di capelli – ordinò da<br />
dietro la macchina fotografica Alfred Cumberland, un massiccio uomo di<br />
colore con capelli e baffi grigi. Maristella Cooper avanzò di un rapido<br />
passo, portandosi davanti alla macchina per assestare una ciocca dei miei<br />
lunghi capelli biondi. Io ero inarcata all’indietro contro il braccio destro di<br />
Claude, con la mano sinistra (nascosta all’obiettivo) aggrappata<br />
disperatamente alla schiena della sua giacca nera e il braccio destro<br />
sollevato in modo da avere la mano delicatamente appoggiata sulla sua<br />
spalla, mentre lui mi cingeva la vita con la sinistra. Credo che lo scopo di<br />
quella posa fosse di dare l’idea che lui stesse per adagiarmi al suolo e<br />
farmi sua.<br />
Claude indossava la giacca nera, pantaloni al ginocchio dello stesso<br />
colore, calze bianche e una camicia, anch’essa bianca, con del merletto al<br />
collo; io portavo un lungo abito azzurro dall’ampia gonna sovrastante una<br />
quantità di sottogonne. Come ho già accennato, il corpetto di quell’abito<br />
era decisamente succinto, con corte maniche che mi lasciavano scoperte le<br />
spalle, motivo per cui ero lieta che nello studio facesse abbastanza caldo,<br />
anche se il grosso riflettore (che a me sembrava grande quanto il piatto di<br />
un satellite) non emanava tutto il calore che mi sarei aspettata.
Al Cumberland cominciò a scattare fotografie, mentre Claude mi<br />
fissava con espressione appassionata e io facevo del mio meglio per<br />
ricambiarlo. Nel corso delle ultime settimane, la mia vita privata era stata...<br />
ecco, diciamo che era stata vuota, per cui ero fin troppo pronta a cedere<br />
alla passione. Anzi, ero addirittura pronta a prendere fuoco.<br />
Maristella, che aveva una splendida carnagione fra il bruno e il<br />
dorato, abbinata a ricci capelli scuri, era pronta a intervenire per eventuali<br />
ritocchi dell’ultimo minuto, armata di una grossa cassetta di makeup, di<br />
spazzole e pettini. Quando Claude e io eravamo arrivati nello studio, ero<br />
rimasta stupita nel riconoscere la giovane assistente del fotografo. Non<br />
avevo più visto Maristella da quando a Shreveport era stato eletto il nuovo<br />
capobranco, alcune settimane prima, occasione in cui non avevo avuto<br />
modo di osservarla bene, perché il confronto per la scelta del capobranco<br />
era stato un evento spaventoso e sanguinario. Adesso però avevo la<br />
possibilità di studiarla con attenzione, e potevo vedere che si era<br />
completamente ripresa dall’essere stata investita da una macchina, in<br />
gennaio. Del resto, i lupi mannari guariscono in fretta.<br />
Anche Maristella mi aveva riconosciuta, ed era stato per me un<br />
sollievo quando mi aveva sorriso, considerato che la mia posizione nei<br />
confronti del branco di Shreveport era quanto meno incerta, al momento.<br />
Senza che mi fossi davvero offerta di farlo, mi ero ritrovata a schierarmi<br />
involontariamente dalla parte del candidato che era uscito sconfitto dal<br />
confronto per la posizione di capobranco, e il figlio del candidato in<br />
questione, Alcide Herveaux, che io consideravo forse qualcosa più di un<br />
amico, riteneva che io gli fossi venuta meno nel corso del combattimento,<br />
mentre il nuovo capobranco, Patrick Furnan, sapeva che io ero legata alla<br />
famiglia Herveaux. Di conseguenza, ero rimasta sorpresa quando<br />
Maristella si era messa a chiacchierare con me nell’aiutarmi a chiudere il<br />
vestito per poi spazzolarmi i capelli. Poi aveva proceduto ad applicare più<br />
makeup di quanto ne avessi mai sfoggiato in tutta la mia vita, ma quando<br />
alla fine mi ero guardata nello specchio, avevo dovuto ringraziarla: avevo<br />
un aspetto davvero splendido, anche se non somigliavo più a Sookie<br />
Stackhouse.<br />
Se non fosse stato gay, anche Claude avrebbe potuto restarne colpito.<br />
Lui è il fratello della mia amica Claudine e si guadagna da vivere facendo<br />
lo strip per le signore all’Hooligans, un club di cui è divenuto il<br />
proprietario. Claude è semplicemente uno schianto, alto un metro e ottanta,<br />
con ondulati capelli neri, grandi occhi castani, un naso perfetto e labbra<br />
piene al punto giusto. Porta i capelli abbastanza lunghi da coprire gli
orecchi, anche se sono stati alterati chirurgicamente in modo da apparire<br />
arrotondati come quelli umani e non appuntiti, come erano in origine...<br />
un’alterazione visibile soltanto per chi sa come funziona il mondo del<br />
soprannaturale e che è in grado di riconoscere Claude per ciò che è in<br />
effetti, una fata. Badate, non sto usando un termine peggiorativo per<br />
indicare il suo orientamento sessuale: dico sul serio, lui appartiene alla<br />
razza dei fairy, le fate.<br />
– Attiva la macchina del vento – ordinò Al a Maristella che, dopo<br />
aver armeggiato un poco per posizionare il grosso ventilatore, procedette<br />
ad avviarlo. Adesso, pareva che io e Claude ci trovassimo al centro di una<br />
vera bufera di vento: i miei capelli si estendevano dietro di noi come una<br />
coltre bionda, anche se quelli di Claude, stretti in una coda di cavallo,<br />
rimanevano immobili. Dopo che Al ebbe scattato qualche fotografia per<br />
catturare quel tipo di look, Maristella sciolse i capelli di Claude e li<br />
modellò in modo che gli ricadessero su una spalla e venissero sospinti in<br />
avanti dall’aria, creando uno sfondo per il suo profilo perfetto.<br />
– Meraviglioso – commentò Al, scattando altre fotografie. Poi<br />
Maristella modificò un paio di volte l’orientamento del ventilatore, in<br />
modo che il vento ci investisse da direzioni differenti, e infine Al mi<br />
annunciò che potevo raddrizzarmi, cosa che feci con cautela.<br />
– Spero di non averti pesato troppo sul braccio – dissi a Claude, che<br />
era tornato freddo e composto.<br />
– No, nessun problema. Avete un po’ di succo di frutta, qui intorno? –<br />
ribatté lui, dimostrando ancora una volta di non essere certo Mister<br />
Cortesia.<br />
La graziosa mannara gli indicò un piccolo frigorifero in un angolo<br />
dello studio.<br />
– Le tazze sono sopra il frigo – avvertì, seguendo Claude con lo<br />
sguardo e sospirando. Quella era una reazione frequente nelle donne, dopo<br />
che si erano trovate a parlare con Claude, e quel sospiro sottintendeva<br />
sempre un tacito “che peccato”.<br />
Dopo aver controllato che Al fosse impegnato ad armeggiare con la<br />
sua attrezzatura, Maristella mi rivolse uno smagliante sorriso; anche se era<br />
una mannara, cosa che mi rendeva difficile leggere i suoi pensieri, stavo<br />
intercettando da lei il fatto che aveva qualcosa da dirmi... e che non era<br />
certa di come avrei reagito.<br />
La telepatia non è una cosa divertente. L’opinione che hai di te stessa<br />
risente del sapere quello che gli altri pensano sul tuo conto, senza calcolare<br />
che essere telepatica ti impedisce di frequentare uomini normali. Provate a
pensarci sopra (e ricordate che io mi posso accorgere se lo state facendo<br />
davvero, oppure no).<br />
– Alcide ha attraversato dei momenti difficili da quando suo padre è<br />
stato sconfitto – affermò Maristella, tenendo bassa la voce. Claude era<br />
impegnato a sorseggiare il suo succo di frutta e a rimirarsi in uno specchio,<br />
e Al Cumberland si era ritirato nel suo ufficio per rispondere a una<br />
chiamata ricevuta sul cellulare.<br />
– Non ne dubito – replicai.<br />
Dal momento che Jackson Herveaux era stato ucciso dal suo<br />
avversario, era prevedibile che adesso suo figlio stesse attraversando un<br />
periodo di alti e bassi. – Ho mandato un messaggio di condoglianze<br />
all’ASPCA, e so che esse verranno inoltrate ad Alcide e a Janice –<br />
aggiunsi. Janice era la sorella minore di Alcide e, come secondogenita, non<br />
era una mannara, cosa che mi induceva a chiedermi quale spiegazione le<br />
avesse dato Alcide per la morte del padre. In risposta alle mie<br />
condoglianze avevo ricevuto un biglietto di ringraziamento prestampato,<br />
del genere distribuito dalle pompe funebri, senza neppure una parola<br />
personale aggiunta al testo.<br />
– Ecco... – riprese Maristella. Quale che fosse la cosa che voleva<br />
dirmi, pareva le fosse difficile parlarne, ma io riuscii comunque a<br />
intravederne la forma nella sua mente. Per un momento, il dolore mi<br />
trapassò come un coltello, ma subito riuscii a controllarlo e a coprirlo con<br />
il mio orgoglio, cosa che avevo imparato a fare fin da quando ero piccola.<br />
Raccolto un album con un campionario delle fotografie di Alfred,<br />
cominciai a sfogliarlo senza quasi vedere le fotografie di matrimoni, bar<br />
mitzvah, prime comunioni e anniversari. Dopo un po’, richiusi l’album e lo<br />
posai, cercando di apparire noncurante anche se sapevo che la cosa non<br />
stava funzionando.<br />
– Sai, Alcide e io non siamo mai stati veramente una coppia –<br />
affermai, sfoggiando un sorriso smagliante come quello di Maristella.<br />
Potevo anche aver avuto desideri e speranze, ma essi non erano mai giunti<br />
a maturazione, perché si era sempre trattato del momento sbagliato.<br />
Gli occhi di Maristella, di una tonalità castana molto più chiara di<br />
quelli di Claude, si sgranarono per la meraviglia... o era paura?<br />
– Avevo sentito dire che eri in grado di farlo, ma è difficile a credersi<br />
– commentò.<br />
– Già – annuii, stancamente. – Ebbene, sono lieta che tu e Alcide<br />
stiate uscendo insieme, e comunque non avrei voce in capitolo anche se la<br />
cosa mi seccasse, il che non è. – Quel discorso era piuttosto confuso e
contorto (e non del tutto vero), ma credo che Maristella riuscì a capire<br />
benissimo cosa stavo cercando di fare: salvare la faccia.<br />
Quando non avevo più avuto notizie di Alcide, nelle settimane<br />
seguite alla morte di suo padre, avevo capito che qualsiasi sentimento lui<br />
potesse aver nutrito per me era <strong>morto</strong>. Quello era stato un colpo duro, ma<br />
non letale perché, realisticamente, non mi ero mai aspettata niente di più<br />
da Alcide. Lui però mi piaceva, dannazione, e faceva male scoprire di<br />
essere stata rimpiazzata con apparente facilità. Dopo tutto, prima che suo<br />
padre morisse, Alcide mi aveva proposto di andare a vivere insieme,<br />
mentre adesso se la stava facendo con quella giovane mannara, e magari<br />
stava anche progettando di avere dei cuccioli con lei.<br />
Bloccai sul nascere quella sequenza di pensieri, ingiungendomi di<br />
vergognarmi di me stessa.<br />
Comportarmi da cagna (cosa che, a pensarci bene, Maristella era<br />
davvero, almeno per tre notti al mese) non mi sarebbe servito a nulla.<br />
Dovevo vergognarmi doppiamente.<br />
– Spero che siate molto felici – dissi.<br />
Senza parlare, Maristella mi porse un altro album, recante la scritta<br />
RISERVATO, e quando lo aprii mi resi conto che era riservato solo a occhi<br />
sovrannaturali. In esso c’erano fotografie di cerimonie che gli umani non<br />
avevano mai modo di vedere... una coppia di vampiri, vestiti con un<br />
costume elaborato e in posa davanti a un ankh gigantesco; un giovane che<br />
si stava trasformando in un orso, presumibilmente per la prima volta; un<br />
branco di mannari i cui membri erano tutti nella loro forma di lupo. Al<br />
Cumberland, fotografo del soprannaturale. Non mi meravigliava che lui<br />
fosse stato la prima scelta di Claude per la realizzazione delle fotografie<br />
con cui sperava di aprirsi la strada verso una carriera come modello.<br />
– Riprendiamo – annunciò Al, uscendo in tutta fretta dall’ufficio nel<br />
richiudere il cellulare. – Maristella, siamo appena stati prenotati per un<br />
doppio matrimonio nella sperduta cittadina dove abita Miss Stackhouse –<br />
aggiunse. Mi chiesi se fosse stato assunto per una normale cerimonia<br />
umana o per un evento soprannaturale, ma evitai di chiederlo, perché<br />
sarebbe stato scortese.<br />
Claude e io tornammo ad abbracciarci e, seguendo le istruzioni di Al,<br />
io sollevai la gonna in modo da mettere in mostra le gambe. Non ritenevo<br />
che nell’epoca a cui si riferiva il mio vestiario le donne fossero solite<br />
abbronzarsi o depilarsi le gambe, mentre le mie erano dorate e lisce come<br />
quelle di un bambino, ma del resto probabilmente a quei tempi era anche<br />
improbabile che gli uomini fossero andati in giro con la camicia
sbottonata.<br />
– Solleva la gamba come se intendessi avvilupparla intorno a lui –<br />
ordinò Alfred. – Adesso, Claude, questa è la tua occasione per fare faville.<br />
Voglio da te un’espressione come se stessi per tirarti giù i pantaloni.<br />
Vogliamo che alle lettrici si acceleri il respiro al solo guardarti.<br />
Il portfolio di fotografie di Claude doveva essere utilizzato quando<br />
lui si fosse iscritto al concorso per Mr. Romance, indetto ogni anno dalla<br />
rivista Romantic Times Bookclub.<br />
Quando aveva espresso la propria ambizione ad Al, che credo avesse<br />
incontrato a un party, lui gli aveva consigliato di farsi fare alcune<br />
fotografie insieme a una donna del genere che spesso appariva sulle<br />
copertine dei romanzi rosa, aggiungendo che la sua bellezza bruna sarebbe<br />
risaltata maggiormente accanto a una bionda dagli occhi azzurri. Io ero<br />
risultata essere la sola bionda prosperosa che Claude conoscesse e che<br />
fosse disposta ad aiutarlo senza chiedere nulla in cambio, perché anche se<br />
c’erano alcune spogliarelliste che sarebbero state disponibili, loro si<br />
sarebbero aspettate di essere pagate. Con il suo solito tatto, Claude mi<br />
aveva spiegato tutto questo mentre ci dirigevamo allo studio del fotografo;<br />
naturalmente, avrebbe potuto tenere per sé quei dettagli, cosa che mi<br />
avrebbe permesso di continuare a provare piacere all’idea di aiutare il<br />
fratello della mia amica, ma rientrava nel suo tipico modo di fare<br />
condividere ogni dettaglio.<br />
– D’accordo, Claude, ora togliti quella camicia – avvertì Alfred.<br />
Claude era abituato a sentirsi dire di togliersi i vestiti. Il suo ampio<br />
petto glabro aveva una muscolatura davvero impressionante, e lui faceva<br />
una splendida figura senza camicia, ma la cosa non mi fece nessun effetto.<br />
Forse, stavo diventando immune al suo fascino.<br />
– La gonna, e la gamba – mi ricordò Alfred. Cercai di dirmi che<br />
quello era soltanto un lavoro... Al e Maristella erano senza dubbio<br />
professionali e impersonali, e nessuno sarebbe potuto essere più freddo di<br />
Claude... ma non ero abituata a tirarmi su la gonna davanti ad altra gente,<br />
un gesto che per me aveva una valenza molto personale. Anche se mettevo<br />
in mostra quella stessa porzione di gambe quando indossavo i calzoncini<br />
corti, e la cosa non mi faceva certo arrossire, in qualche modo l’atto di<br />
tirare su quella gonna lunga era intriso di una maggiore sensualità.<br />
Stringendo i denti, procedetti a sollevare la stoffa, ripiegandola a intervalli<br />
in modo che rimanesse in posizione.<br />
– Signorina Stackhouse, la sua espressione deve dare l’idea che tutto<br />
questo le stia piacendo – avvertì Al, scrutandomi da dietro la macchina
fotografica con la fronte aggrottata in un’espressione contrariata.<br />
Cercai di non mettere il broncio. Avevo detto a Claude che gli avrei<br />
fatto quel favore, e i favori devono essere fatti volentieri. Sollevai quindi la<br />
gamba fino ad avere la coscia parallela al pavimento, in quella che speravo<br />
fosse una posizione aggraziata, posai entrambe le mani sulle spalle nude di<br />
Claude e lo fissai. La sua pelle risultava calda e liscia al tatto... ma non era<br />
né erotica né eccitante.<br />
– Lei ha l’aria annoiata, Signorina Stackhouse – sottolineò Alfred, –<br />
mentre dovrebbe dare l’impressione di essere sul punto di saltargli<br />
addosso. Maristella, falla apparire più... più. – Maristella scattò in avanti<br />
per abbassare maggiormente le maniche dalle mie spalle e si lasciò<br />
prendere un po’ la mano dall’entusiasmo, tanto da farmi sentire grata per<br />
l’estrema aderenza del corpetto.<br />
Il nocciolo del problema consisteva nel fatto che Claude poteva<br />
anche apparire splendido e nudo per tutto il giorno senza che io lo<br />
desiderassi, perché era un brontolone dai modi scortesi, e non sarebbe stato<br />
il mio tipo neppure se fosse stato eterosessuale... non dopo che avessi<br />
passato dieci minuti a conversare con lui.<br />
Come Claude aveva fatto in precedenza, avrei dovuto cercare un<br />
surrogato nelle mie fantasticherie.<br />
Pensai a Bill, il vampiro, il mio primo amore sotto ogni aspetto, ma<br />
invece di provare desiderio fui assalita dall’ira, perché da settimane Bill<br />
stava uscendo con un’altra donna.<br />
D’accordo, che dire allora di Eric, il capo di Bill, l’antico vampiro<br />
vichingo che, in gennaio, aveva condiviso la mia casa e il mio letto per<br />
alcune settimane? No, in quella direzione c’era il pericolo, perché Eric<br />
conosceva un segreto che volevo rimanesse nascosto per il resto dei miei<br />
giorni, anche se lui non era consapevole di custodirlo nella propria<br />
memoria, da qualche parte, perché nel periodo in cui aveva abitato da me<br />
era stato affetto da amnesia.<br />
Alcuni altri volti mi affiorarono nella mente... c’era il mio capo, Sam<br />
Merlotte, il proprietario del Merlotte’s Bar, ma era non proprio il caso di<br />
pensare al proprio capo, nudo. D’accordo, perché non Alcide Herveaux,<br />
allora? Niente da fare, era una strada da non imboccare, soprattutto se si<br />
considerava che ero il presenza della sua attuale ragazza. A quanto pareva,<br />
ero a corto di materiale reale, per cui avrei dovuto ricorrere a uno dei miei<br />
favoriti fittizi.<br />
Anche le stelle del cinema mi apparivano però scialbe, al confronto<br />
del mondo soprannaturale in cui mi ero trovata a vivere da quando Bill era
entrato per la prima volta da Merlotte’s. L’ultima esperienza anche<br />
remotamente erotica che avessi avuto, stranamente, era consistita nel farmi<br />
leccare il sangue dalla gamba ferita, un’esperienza che era stata...<br />
sconcertante e che, perfino in quelle circostanze, aveva fatto vibrare dentro<br />
di me corde profonde. Ricordai il modo in cui la testa calva di Quinn si era<br />
mossa mentre lui procedeva a disinfettare il mio graffio in modo quanto<br />
mai personale, rammentai la presa salda delle sue grandi dita calde sulla<br />
mia gamba...<br />
– Così va bene – annunciò Alfred, cominciando a scattare fotografie<br />
a raffica. Dopo un po’ Claude posò la mano sulla mia coscia nuda quando<br />
sentì che i muscoli cominciavano a tremarmi per lo sforzo di mantenere la<br />
posizione. Ancora una volta, un uomo mi stava stringendo una gamba,<br />
anche se solo con la forza appena necessaria a sorreggerla, cosa che mi era<br />
di considerevole aiuto, ma che non aveva niente di erotico.<br />
– Ora alcuni scatti sul letto – annunciò Al, proprio quando stavo per<br />
decidere di non poter resistere oltre.<br />
– No – rispondemmo in coro Claude e io.<br />
– Ma fa parte del pacchetto – protestò Alfred. – Non avete bisogno di<br />
spogliarvi, sapete, io non faccio quel genere di fotografie, perché mia<br />
moglie mi ucciderebbe. Dovete soltanto sdraiarvi sul letto così come siete,<br />
con Claude sollevato su un gomito e intento a guardarla, Signorina<br />
Stackhouse.<br />
– No – ribadii con fermezza. – Gli scatti alcune foto da solo<br />
nell’acqua, sarà molto meglio. – In un angolo dello studio c’era una finta<br />
polla, e delle fotografie di Claude, apparentemente nudo, con l’acqua che<br />
gli gocciolava lungo il torso sarebbero state eccitanti per qualsiasi donna<br />
che non lo avesse conosciuto di persona.<br />
– Che te ne pare, Claude? – domandò Al.<br />
– Credo che sarebbe grandioso, Al – dichiarò lui, narcisista come<br />
sempre, cercando di non apparire troppo entusiasta.<br />
Nell’avviarmi verso il camerino, impaziente di togliermi quel<br />
costume e di tornare a infilarmi i jeans, mi guardai intorno in cerca di un<br />
orologio, perché dovevo iniziare a lavorare alle cinque e mezza e dovevo<br />
ancora tornare fino a Bon Temps per indossare l’uniforme da lavoro, prima<br />
di andare da Merlotte’s.<br />
– Grazie, Sookie – mi gridò dietro Claude.<br />
– Non c’è di che, Claude. Buona fortuna per la tua carriera di<br />
modello – risposi, ma lui era già intento a contemplarsi in uno specchio.<br />
– Arrivederci Sookie – disse Maristella, nell’accompagnarmi alla
porta. – Mi ha fatto piacere rivederti.<br />
– Lo stesso vale per me – mentii. Attraverso i rossicci canali contorti<br />
della mente di un mannaro, potevo leggere che Maristella non riusciva a<br />
capire come potessi rinunciare ad Alcide. Dopo tutto, lui possedeva un suo<br />
fascino rude, era un compagno divertente e un maschio dal sangue caldo e<br />
dalle dichiarate tendenze eterosessuali, oltre a possedere una sua ditta di<br />
rilevamenti e a essere un uomo facoltoso.<br />
La risposta mi affiorò spontanea nella mente, e la pronunciai prima di<br />
avere il tempo di riflettere.<br />
– Qualcuno sta ancora cercando Debbie Pelt? – domandai, più o<br />
meno nello stesso modo in cui si tende a tormentare un dente che duole.<br />
Per molto tempo, Debbie era stata a intervalli l’amante di Alcide, ed era<br />
stata una vera carogna.<br />
– Non le stesse persone – replicò Maristella, incupendosi in volto,<br />
perché pensare a Debbie non le piaceva più di quanto piacesse a me, anche<br />
se per motivi senza dubbio diversi dai miei. – A quanto ho sentito, i<br />
detective assunti dalla famiglia Pelt hanno rinunciato all’incarico, dicendo<br />
che se avessero continuato a indagare avrebbero mangiato loro tutti i soldi.<br />
La polizia non lo dice apertamente, ma è finita a sua volta in un vicolo<br />
cieco. Io ho incontrato i Pelt soltanto una volta, quando sono venuti a<br />
Shreveport, subito dopo la scomparsa di Debbie. Sono una famiglia<br />
decisamente selvaggia – aggiunse, un’affermazione quanto mai drastica,<br />
venendo da una mannara. – La figlia, Sandra, è la peggiore. Era fuori di sé<br />
per la scomparsa di Debbie, ed è per amor suo che i Pelt stanno ancora<br />
consultando delle persone, lontano da qui. In verità, credo che Debbie sia<br />
stata rapita, o che magari si sia uccisa. Forse, quando Alcide l’ha ripudiata,<br />
ha perso il controllo alla grande.<br />
– Forse – borbottai, senza convinzione.<br />
– Alcide sta meglio senza di lei. Spero che continui a rimanere<br />
scomparsa – dichiarò Maristella.<br />
Era la mia stessa opinione, solo che io, al contrario di Maristella,<br />
sapevo con esattezza cosa fosse successo a Debbie, il che costituiva il<br />
cuneo che mi aveva separata da Alcide.<br />
– Mi auguro che lui non la riveda mai più – continuò Maristella, il<br />
bel viso incupito che lasciava trasparire il lato selvaggio della sua natura.<br />
Alcide poteva anche uscire con Maristella, ma era chiaro che non si<br />
era confidato con lei, dato che sapeva benissimo che non avrebbe rivisto<br />
Debbie mai più, e che la colpa di questo era mia.<br />
Le avevo sparato, uccidendola.
Io ero più o meno venuta a patti con il mio gesto, ma il fatto in se<br />
stesso, nudo e crudo, continuava a tornare a galla. È impossibile uccidere<br />
qualcuno e uscire da quell’esperienza senza essere cambiati. Le<br />
conseguenze ti alterano la vita.<br />
Due preti entrarono nel bar.<br />
Queste parole suonano come la battuta iniziale di una barzelletta, ma<br />
quei preti non avevano con sé un canguro e nel bar non c’era seduto un<br />
rabbino, e neppure una bionda. In vita mia ho visto una quantità di bionde,<br />
un canguro allo zoo e mai nessun rabbino... e avevo visto molte volte<br />
anche quei due preti, che avevano l’abitudine di cenare insieme ogni due<br />
settimane.<br />
Padre Dan Riordan, dal volto rasato e rubicondo, era il prete cattolico<br />
che veniva a celebrare la messa nella piccola chiesa di Bon Temps una<br />
volta alla settimana, al sabato, e Padre Kempton Littrell, pallido e barbuto,<br />
era il prete episcopale che celebrava la Santa Eucaristia nella minuscola<br />
chiesa episcopale di Clarice, ogni due settimane.<br />
– Salve, Sookie – salutò Padre Riordan, che era irlandese, un vero<br />
Irlandese e non solo tale di origine; portava spessi occhiali dalla montatura<br />
nera, ed era sulla quarantina.<br />
– Buona sera, padre. Salve anche a lei, Padre Littrell. Cosa vi posso<br />
portare?<br />
– Io gradirei uno Scotch com ghiaccio, Signorina Sookie. E tu,<br />
Kempton?<br />
– Oh, io una birra, e un po’ di patatine fritte, per favore – rispose il<br />
prete episcopale, che indossava occhiali dalla montatura dorata, era più<br />
giovane di Padre Riordan e aveva un cuore coscienzioso.<br />
– Certo – assentii, sorridendo a entrambi. Dal momento che potevo<br />
leggere i loro pensieri, sapevo che erano tutti e due uomini sinceramente<br />
buoni, e questo mi rendeva felice, perché è sempre sconcertante leggere il<br />
contenuto della mente di un religioso e scoprire che lui non è migliore di te<br />
e che non sta neppure cercando di esserlo.<br />
Dal momento che fuori era ormai buio, non rimasi sorpresa quando<br />
Bill entrò nel locale, ma non avrei potuto dire lo stesso per i preti. In<br />
America, le diverse Chiese non erano ancora venute a patti con la realtà<br />
costituita dai vampiri, e definire confusa la loro linea politica era un mite<br />
eufemismo. Proprio in quel periodo, la Chiesa Cattolica stava tenendo un<br />
sinodo per decidere se dovesse dichiarare tutti i vampiri dannati e come<br />
tali anatema per i cattolici, o accettarli in seno alla congregazione in vista<br />
di una loro possibile conversione. La Chiesa Episcopale aveva votato
contro la possibilità da parte dei vampiri di far parte del clero, anche se era<br />
loro permesso ricevere la comunione... ma una fetta sostanziosa della<br />
comunità laica era decisa a lasciare che lo facessero solo passando sul suo<br />
corpo. Purtroppo, la maggior parte di quei laici non capiva quanto fosse<br />
possibile il verificarsi di una simile eventualità.<br />
Entrambi i preti osservarono con espressione contrariata mentre Bill<br />
mi elargiva un rapido bacio sulla guancia e andava a sedersi al suo tavolo<br />
preferito; dal canto suo, Bill quasi non li degnò di uno sguardo e aprì il<br />
giornale, cominciando a leggere.<br />
Il suo aspetto era sempre serio, come se stesse vagliando la pagina<br />
finanziaria o le ultime notizie relative all’Iraq, ma io sapevo che stava<br />
leggendo per prima cosa la colonna dedicata ai consigli ai lettori, e poi i<br />
fumetti, anche se spesso non capiva le battute.<br />
Bill era solo, il che costituiva già di per sé un gradevole<br />
cambiamento, considerato che di solito portava con sé l’adorabile Selah<br />
Pumphrey, che io detestavo. Dal momento che Bill era stato il mio primo<br />
amore e il mio primo amante, forse i miei sentimenti per lui non sarebbero<br />
mai morti del tutto, e forse lui stesso non voleva che morissero,<br />
considerato che pareva trascinare Selah da Merlotte’s ogni volta che<br />
uscivano insieme. Supponevo che lo facesse per sbandierarla davanti ai<br />
miei occhi, ma d’altro canto questo non era certo il genere di<br />
comportamento da tenere con qualcuno che non ti interessava più, giusto?<br />
Senza che dovesse chiederlo, gli portai la sua bevanda preferita,<br />
TrueBlood tipo 0, gliela posai davanti su un tovagliolo e mi stavo girando<br />
per andarmene quando una mano fredda mi sfiorò il braccio: il suo tocco<br />
mi causava sempre una sorta di scossa, e forse non avrebbe mai smesso di<br />
farlo. Bill mi aveva sempre lasciato capire che lo eccitavo, e dopo tutta una<br />
vita senza relazioni e senza fare sesso, io avevo cominciato a inorgoglirmi<br />
per il fatto che lui mi trovava attraente, con il risultato che altri uomini<br />
avevano iniziato a guardarmi come se fossi diventata più interessante.<br />
Adesso sapevo perché la gente pensava tanto al sesso; l’istruzione in<br />
materia impartitami da Bill era stata completa.<br />
– Sookie, rimani per un momento – chiese. Abbassai lo sguardo sui<br />
suoi occhi castani, che apparivano ancora più scuri nel volto pallido; anche<br />
i suoi capelli erano castani, lisci e ordinati, e il suo corpo snello aveva<br />
spalle ampie e braccia muscolose, ricordo del contadino che era stato un<br />
tempo. – Come te la passi?<br />
– Sto bene – risposi, cercando di non apparire sorpresa, in quanto<br />
non capitava spesso che Bill indulgesse in una conversazione spicciola,
che non era il suo forte. Anche quando stavamo insieme, non era mai stato<br />
quello che si definirebbe un tipo loquace, oltre a essere la prova che anche<br />
un vampiro poteva essere uno stacanovista del lavoro; nella fattispecie,<br />
Bill era diventato un fanatico del computer. – A te le cose vanno bene?<br />
– Sì. Quando andrai a New Orleans per reclamare la tua eredità?<br />
Adesso ero davvero sorpresa (cosa possibile perché non sono in<br />
grado di leggere la mente dei vampiri, il che spiega anche perché mi<br />
piacciano tanto: è meraviglioso stare con qualcuno che per me è un<br />
mistero). Mia cugina era stata assassinata a New Orleans sei settimane<br />
prima, e Bill si era trovato con me quando un emissario della Regina della<br />
Louisiana era venuto a informarmi dell’accaduto... e a consegnarmi il<br />
colpevole perché lo giudicassi.<br />
– Suppongo che andrò a dare un’occhiata all’appartamento di Hadley<br />
il mese prossimo, o anche dopo. Non ho ancora parlato con Sam per<br />
chiedergli dei giorni liberi.<br />
– Mi dispiace che tu abbia perso tua cugina. Ne hai sofferto?<br />
Non avevo più visto Hadley da anni, e sarebbe stato più strano di<br />
quanto possa descrivere rivederla dopo che era diventata una vampira, ma<br />
essendo io una persona che aveva ben pochi parenti in vita, detestavo<br />
l’aver perso anche uno solo di essi.<br />
– Un poco – risposi.<br />
– Non sai ancora quando potrai andare?<br />
– Non l’ho deciso. Ricordi il suo avvocato, il Signor Cataliades? Ha<br />
detto che mi avrebbe avvertita una volta che il testamento fosse stato<br />
omologato, e ha promesso di mantenere l’appartamento intatto per me. E<br />
quando il consigliere della regina ti dice che il posto rimarra intatto, ci devi<br />
credere. Se proprio vuoi sapere la verità, in realtà la cosa non mi interessa<br />
molto.<br />
– Quando andrai a New Orleans vorrei poter venire con te, se non ti<br />
dispiace avere un compagno di viaggio.<br />
– Accidenti – commentai, con appena una nota di sarcasmo. – A<br />
Selah non seccherà? Oppure hai intenzione di portare anche lei? – In quel<br />
caso, sarebbe davvero stato un viaggio allegro.<br />
– No – rispose soltanto, e si chiuse in se stesso. Sapevo per<br />
esperienza che quando assumeva quell’espressione era impossibile<br />
cavargli qualcosa di bocca... d’accordo, adesso ero davvero confusa.<br />
– Ti terrò informato – dissi, cercando di capire dove volesse andare a<br />
parare. Anche se mi era doloroso stare in sua compagnia, mi fidavo di lui<br />
perché sapevo che non mi avrebbe mai fatto del male e non avrebbe
permesso ad altri di farmene. Però c’è più di un modo per fare del male a<br />
una persona.<br />
– Sookie – mi chiamò Padre Littrell.<br />
Mentre mi avviavo, mi guardai alle spalle e sorpresi sulle labbra di<br />
Bill un piccolo sorriso intriso di soddisfazione; non sapevo con esattezza<br />
cosa significasse, ma mi piaceva vederlo sorridere. Possibile che sperasse<br />
di ridare vita alla nostra relazione?<br />
– Non eravamo certi se volessi o meno essere interrotta – disse Padre<br />
Littrell. Lo fissai, confusa.<br />
– Eravamo un po’ preoccupati, nel vederti parlare con il vampiro così<br />
a lungo – aggiunse Padre Riordan. – Quella progenie dell’inferno stava<br />
cercando forse di farti cadere vittima del suo incantesimo?<br />
D’un tratto, il suo accento irlandese smise di essere affascinante,<br />
mentre lo fissavo con espressione interrogativa.<br />
– Sta scherzando, vero? Sa che Bill e io siamo usciti insieme per un<br />
lungo periodo, ed è ovvio che non è molto informato riguardo alla<br />
progenie dell’inferno, se crede che Bill possa farne parte – ribattei. Avevo<br />
visto cose molto più oscure di Bill nella nostra bella cittadina di Bon<br />
Temps e nei suoi dintorni, e alcune di esse erano state umane. – Padre<br />
Riordan, io capisco la mia vita e capisco la natura dei vampiri meglio di<br />
come potrà mai farlo lei. Padre Littrell – continuai, – vuole senape dolce o<br />
ketchup sulle patatine?<br />
Padre Littrell, che appariva vagamente stordito, optò per la senape<br />
dolce e io mi allontanai, sforzandomi di scrollarmi di dosso l’accaduto e<br />
chiedendomi cosa avrebbero fatto quei due preti se avessero saputo cosa<br />
era successo nel bar un paio di mesi prima, quando l’intera clientela si era<br />
unita per liberarmi di qualcuno che stava cercando di uccidermi.<br />
Dal momento che quel qualcuno era stato un vampiro, probabilmente<br />
i due religiosi avrebbero approvato la cosa.<br />
Prima di andarsene, Padre Riordan si avvicinò per “scambiare<br />
qualche parola” con me.<br />
– Sookie, so che in questo momento non è molto ben disposta nei<br />
miei confronti, ma le devo chiedere una cosa per conto di qualcun altro. Se<br />
con il mio comportamento l’ho resa meno incline a darmi ascolto, la prego<br />
di ignorarlo e di concedere a queste persone la considerazione che lei<br />
vorrebbe ricevere al loro posto.<br />
Sospirai. Se non altro, Padre Riordan si sforzava di essere un<br />
brav’uomo. Annuii, sia pure con riluttanza.<br />
– È una brava ragazza – approvò Padre Riordan. – Sono stato
contattato da una famiglia di Jackson...<br />
Tutti i miei campanelli d’allarme presero a suonare: Debbie Pelt era<br />
originaria di Jackson.<br />
– Si tratta della famiglia Pelt. So che ha sentito parlare di loro.<br />
Stanno ancora cercando notizie della figlia, che è scomparsa in gennaio...<br />
si chiamava Debbie. Mi hanno contattato perché il loro parroco mi conosce<br />
e sa che servo la congregazione di Bon Temps. I Pelt vorrebbero venire a<br />
trovarla, Sookie, vogliono parlare con chiunque abbia visto la figlia, la<br />
notte in cui è scomparsa, ma temevano che se si fossero presentati alla sua<br />
porta, lei avrebbe rifiutato di riceverli. Hanno paura che lei sia irritata per<br />
essere stata interrogata dai loro investigatori privati e anche dalla polizia, e<br />
che possa essere indignata per tutto questo.<br />
– Non li voglio vedere – dichiarai. – Padre Riordan, ho già detto tutto<br />
quello che so. – Era vero, solo che non lo avevo detto alla polizia, o ai Pelt.<br />
– Non voglio più parlare di Debbie – aggiunsi, e anche questo era vero,<br />
molto vero. – Riferisca loro che, con tutto il dovuto rispetto, non c’è più<br />
niente di cui parlare.<br />
– Lo farò, Sookie, ma devo dire che sono deluso.<br />
– Bene, devo allora supporre che questa sia stata una brutta serata per<br />
me dal principio alla fine, considerato che ho perso la buona opinione che<br />
lei aveva di me.<br />
Se ne andò senza aggiungere una sola parola, il che era esattamente<br />
quello che volevo.
Capitolo secondo<br />
La notte successiva, era ormai vicina l’ora di chiusura quando<br />
successe un’altra cosa strana. Sam ci aveva appena segnalato di<br />
cominciare ad avvertire i clienti che quella sarebbe stata l’ultima<br />
consumazione, quando qualcuno che pensavo non avrei rivisto mai più<br />
entrò da Merlotte’s.<br />
Muovendosi molto silenziosamente per un uomo tanto massiccio, si<br />
soffermò appena oltre la soglia per guardarsi intorno alla ricerca di un<br />
tavolo libero, e io mi accorsi di lui solo per via di un fugace riflesso della<br />
luce soffusa sulla sua testa rasata. Era molto alto, con spalle molto larghe,<br />
un naso marcato e grandi denti candidi evidenziati da piene labbra rosse e<br />
da una carnagione olivastra; il suo abbigliamento era costituito da una<br />
giacca sportiva color bronzo, camicia e calzoni neri, a cui aveva abbinato<br />
lucidi mocassini dello stesso colore, anche se sarebbe apparso più naturale<br />
con stivali da motociclista.<br />
– Quinn – mormorò Sam, bloccandosi nell’atto di mescolare un Tom<br />
Collins. – Cosa ci fa qui?<br />
– Non sapevo che lo conoscessi – replicai, sentendomi arrossire nel<br />
rendermi conto che appena il giorno precedente avevo pensato a quel<br />
colosso calvo. Era stato lui a leccarmi via il sangue dal polpaccio...<br />
un’esperienza interessante.<br />
– Nel mio mondo, tutti conoscono Quinn – rispose Sam, inespressivo<br />
in volto. – Sono però sorpreso che tu lo abbia incontrato, dato che non sei<br />
una mutaforma. – Diversamente da Quinn, Sam non è molto alto o<br />
massiccio, ma è molto forte, come tutti i mutaforma, con ricciuti capelli fra<br />
il rosso e il dorato che gli incorniciano la testa come un’aureola.<br />
– L’ho incontrato al confronto per la posizione di capobranco –<br />
spiegai. – Lui era il... era il cerimoniere.<br />
Naturalmente, Sam e io avevamo parlato del cambiamento avvenuto<br />
ai vertici del branco di Shreveport, perché quella città non è molto lontana<br />
da Bon Temps, e ciò che i mannari fanno laggiù ha parecchia importanza<br />
per qualsiasi mutaforma.<br />
Un vero mutaforma, come Sam, è in grado di trasformarsi in<br />
qualsiasi cosa, anche se ciascuno di essi ha un suo animale preferito; a<br />
confondere ulteriormente le acque, tutti coloro che possono passare dalla<br />
forma umana a quella animale si definiscono mutaforma, anche se ben
pochi sono dotati della versatilità di Sam. I mutaforma che si possono<br />
trasformare soltanto in un tipo di animale si definiscono mannari: tigri<br />
mannare (come Quinn), orsi mannari, lupi mannari. I lupi sono i soli che si<br />
ritengano semplicemente “mannari”, e si considerano superiori a qualsiasi<br />
altro mutaforma per cultura e durezza.<br />
I mannari sono il più numeroso sottogruppo di mutaforma, anche se<br />
sono decisamente pochi in confronto alla popolazione totale dei vampiri,<br />
cosa che ha svariate motivazioni. Innanzitutto, il numero delle nascite fra i<br />
mannari è basso, il livello di mortalità infantile è più elevato rispetto a<br />
quello della popolazione umana in generale, e soltanto il primo figlio nato<br />
da una coppia di mannari purosangue diventa a sua volta un mannaro<br />
purosangue. La trasformazione si verifica durante la pubertà... come se<br />
quello non fosse già di per sé un periodo difficile.<br />
I mutaforma sono molto riservati, un’abitudine per loro difficile da<br />
infrangere, anche quando si trovano in compagnia di un’umana strana e<br />
comprensiva quanto lo sono io; di conseguenza, essi non si sono ancora<br />
rivelati pubblicamente, e io stessa sto imparando a conoscere il loro mondo<br />
solo a piccoli passi.<br />
Per quanto lo consideri un amico, perfino Sam ha molti segreti che<br />
ignoro. Lui si trasforma in un collie, e spesso viene a farmi visita in quella<br />
forma (a volte fermandosi a dormire sul mio scendiletto)<br />
Quanto a Quinn, l’ho sempre visto soltanto nella sua forma umana.<br />
Quando avevo parlato a Sam del combattimento fra Jackson<br />
Herveaux e Patrick Furnan per la conquista della posizione di capo del<br />
branco di Shreveport, non avevo accennato a Quinn; adesso Sam mi stava<br />
fissando con espressione accigliata, contrariato che gli avessi taciuto quel<br />
particolare, ma io non lo avevo fatto di proposito. Guardando in direzione<br />
di Quinn, vidi che aveva sollevato appena il naso, segno che stava fiutando<br />
l’aria per seguire un odore. Chi stava cercando?<br />
Poi lui si diresse verso un tavolo della mia sezione, sebbene ce ne<br />
fossero parecchi vuoti nell’area più vicina, gestita da Arlene, e allora<br />
compresi che stava cercando me.<br />
Questo mi causò una serie di sentimenti contrastanti. Lanciai<br />
un’occhiata in tralice a Sam, per vedere la sua reazione; ormai, mi fidavo<br />
di lui da cinque anni, e non mi era mai venuto meno.<br />
Sam mi rivolse un cenno di assenso, sia pure con aria tutt’altro che<br />
soddisfatta.<br />
– Va’ a vedere che cosa vuole – disse, con voce tanto bassa da essere<br />
quasi un ringhio.
A mano a mano che mi avvicinavo a quel nuovo cliente, mi feci<br />
sempre più nervosa, sentendo le guance che mi si arrossavano? Perché mi<br />
stavo agitando tanto?<br />
– Salve, Signor Quinn – salutai, consapevole che sarebbe stato<br />
stupido fingere di non averlo riconosciuto. – Cosa le posso portare? Stiamo<br />
per chiudere purtroppo, ma c’è ancora il tempo per una birra o per un<br />
drink.<br />
Lui chiuse gli occhi e trasse un profondo respiro, come se mi stesse<br />
inalando.<br />
– La riconoscerei anche in una stanza buia – affermò con un sorriso,<br />
ampio quanto splendido.<br />
Distolsi lo sguardo, reprimendo a fatica l’involontario sorriso che mi<br />
era salito alle labbra. Mi stavo comportando in modo... timido.<br />
Io non ero mai timida, anche se civettuola sarebbe stato forse un<br />
termine più adeguato, per quanto lo detestassi.<br />
– Suppongo che dovrei ringraziarla – azzardai con cautela. – Era un<br />
complimento?<br />
– Era inteso come tale. Chi è quel cane dietro il banco che mi sta<br />
intimando con lo sguardo di stare alla larga da lei?<br />
Nelle sue intenzioni, il termine cane era inteso in senso letterale, e<br />
non come un insulto.<br />
– È il mio capo, Sam Merlotte.<br />
– Ha interesse per lei.<br />
– Spererei proprio di sì, considerato che lavoro per lui da circa<br />
cinque anni.<br />
– Hmmm. Che ne è di quella birra?<br />
– Arriva. Di che marca?<br />
– Bud.<br />
– Gliela porto subito – dissi, girandomi per andarmene. Mi resi conto<br />
che lui mi stava guardando perché mi sentii addosso il suo sguardo e<br />
appresi dalla sua mente, che pure era una ben difesa mente mutaforma, che<br />
quello sguardo era pieno di ammirazione.<br />
– Che cosa vuole? – chiese Sam, che pareva quasi... avere il pelo<br />
ritto. Se si fosse ritrovato nella forma di cane, di certo il pelo della sua<br />
schiena sarebbe stato tutto irto.<br />
– Una Bud – risposi.<br />
– Sai che non intendevo questo – ribatté Sam, fissandomi con aria<br />
accigliata.<br />
Scrollai le spalle, perché non avevo idea di cosa Quinn volesse.
Sam sbatté il boccale pieno sul bancone vicino alle mie dita,<br />
strappandomi un sussulto, e io lo trapassai con un’occhiata, per essere<br />
certa di fargli capire che la cosa non mi era piaciuta, prima di portare la<br />
birra a Quinn.<br />
Lui mi pagò la consumazione e aggiunse una buona mancia, anche se<br />
non tanto elevata da risultare offensiva, e dopo averla intascata io<br />
procedetti a fare il giro degli altri tavoli.<br />
– È venuto a trovare qualcuno qui nella zona? – domandai, nel<br />
ripassare vicino a Quinn dopo aver sgombrato uno degli altri tavoli.<br />
Intorno, la maggior parte dei clienti stava pagando e stava lasciando<br />
Merlotte’s alla spicciolata, per lo più diretta a casa, e a letto, anche se nelle<br />
campagne vicine c’era un bar notturno di cui Sam fingeva di ignorare<br />
l’esistenza. Se poteva esserci un bar per padri di famiglia, quello era<br />
Merlotte’s.<br />
– Sì, lei – rispose.<br />
Questo mi lasciò senza alternative, dal punto di vista della<br />
conversazione, quindi continuai per la mia strada e scaricai i bicchieri dal<br />
vassoio così distrattamente che per poco non ne feci cadere uno. Non<br />
riuscivo a ricordare di essermi mai sentita tanto confusa e nervosa.<br />
– È una visita d’affari o personale? – domandai, la volta successiva<br />
che gli passai accanto.<br />
– Entrambe le cose.<br />
Parte del piacere si dissolse nel sentire dell’aspetto relativo agli<br />
affari, ma questo servì a rendermi più all’erta, il che era un bene, perché è<br />
necessario avere la mente lucida al massimo quando si ha a che fare con le<br />
creature sovrannaturali, i cui scopi e desideri esulano dalla comprensione<br />
delle persone normali. Questa era una cosa che sapevo bene, in quanto per<br />
tutta la mia vita ero stata l’involontaria depositaria di scopi e desideri<br />
umani e “normali”.<br />
Quando rimase una delle poche persone ancora presenti nel bar, a<br />
parte le altre cameriere e Sam, Quinn si alzò in piedi, guardando verso di<br />
me con aria piena di aspettativa, e io mi avvicinai sfoggiando lo<br />
smagliante sorriso che mi appare sempre sulle labbra quando sono tesa. Mi<br />
interessò notare che Quinn era teso quasi quanto me, cosa che potevo<br />
percepire nei suoi schemi mentali.<br />
– Vorrei venire a parlarle a casa sua, se per lei va bene – disse,<br />
fissandomi con espressione seria. – Se questo la mette a disagio, possiamo<br />
vederci altrove, ma le voglio parlare stanotte, a meno che non sia esausta.<br />
Quella richiesta era stata formulata in toni decisamente cortesi. Poco
lontano, Arlene e Danielle si stavano sforzando di non fissarci... o, per<br />
meglio dire, si stavano sforzando di fissare Quinn soltanto quando lui non<br />
poteva coglierle sul fatto... ma Sam ci aveva volto le spalle e stava<br />
armeggiando con qualcosa dietro il bancone, ignorando l’altro mutaforma,<br />
il che costituiva un comportamento molto scortese.<br />
In fretta, passai al vaglio la richiesta di Quinn. Se fosse venuto a casa<br />
mia, mi sarei trovata alla sua mercé, perché vivo in un posto isolato, dove<br />
il mio vicino meno distante è il mio ex, Bill, che vive dall’altra parte del<br />
cimitero. D’altro canto, se Quinn fosse stato qualcuno con cui uscivo<br />
abitualmente, gli avrei permesso di portarmi a casa senza pensarci due<br />
volte, e dal poco che riuscivo a intercettare dai suoi pensieri, sapevo che<br />
non aveva cattive intenzioni.<br />
– D’accordo – assentii infine, e lui si rilassò, sfoggiando di nuovo<br />
quel suo ampio sorriso.<br />
Mentre mi allontanavo con il suo bicchiere vuoto, mi resi conto che<br />
tre paia di occhi mi stavano fissando con disapprovazione, Sam perché<br />
contrariato, Arlene e Danielle perché incapaci di capire come qualcuno<br />
potesse preferirmi a loro... anche se Quinn aveva un aspetto tale da mettere<br />
in guardia due cameriere esperte come loro. Da lui esalava infatti un<br />
sentore di alienità che doveva essere percepibile perfino per il più prosaico<br />
fra gli umani.<br />
– Fra un momento avrò finito – garantii.<br />
– Faccia con comodo.<br />
Provvidi a riempire i piccoli contenitori rettangolari di porcellana su<br />
ogni tavolo con bustine di zucchero e di dolcificante, mi accertai che i<br />
porta tovagliolini fossero tutti pieni e controllai saliere e pepiere; ben<br />
presto, ebbi finito e passai nell’ufficio a salutare Sam e a prelevare la mia<br />
borsetta.<br />
Quinn si avviò per seguirmi a bordo di un pick-up verde scuro che<br />
appariva nuovo di zecca sotto le luci del parcheggio, con le gomme e i<br />
cerchioni lucidi, la cabina estesa e il piano di carico coperto. Mi sarei<br />
sentita pronta a scommettere che quel furgone era dotato di tutti gli<br />
optional: decisamente, era il veicolo più elaborato che avessi visto da<br />
parecchio tempo. Mio fratello Jason ne sarebbe andato matto, lui che<br />
aveva fatto dipingere spirali rosa e acquamarina sui lati del suo furgone.<br />
Mi diressi a sul lungo la Hummingbird Road, poi svoltai a sinistra<br />
nel mio viale di accesso, percorrendolo attraverso due acri di bosco prima<br />
di raggiungere la radura in cui sorgeva la nostra vecchia casa di famiglia.<br />
Prima di andare al lavoro avevo acceso le luci esterne, in aggiunta alla luce
di sicurezza automatica montata su un palo, quindi la radura era ben<br />
illuminata. Aggirai la casa, parcheggiando sul retro, e Quinn si venne a<br />
fermare accanto alla mia macchina.<br />
Sceso dal furgone, si guardò intorno sotto la luce di sicurezza. Il<br />
cortile era ordinato, il vialetto in ottimo stato e di recente avevo ridipinto la<br />
baracca degli attrezzi, sul retro. Purtroppo niente poteva mascherare il<br />
serbatoio del gas, ma mia nonna aveva piantato una quantità di fiori, in<br />
aggiunta a quelli che la mia famiglia vi aveva disseminato nell’arco dei<br />
centocinquanta anni circa vissuti in quella casa. Io vi abitavo dall’età di<br />
sette anni, e la adoravo.<br />
La mia casa non ha nulla di grandioso. Nata come una fattoria di<br />
famiglia, è stata ampliata e rimodellata nel corso degli anni. Io la tengo<br />
pulita e cerco di mantenere il prato in buono stato; le riparazioni più<br />
massicce esulano dalle mie capacità, ma a volte Jason mi dà una mano.<br />
All’inizio, lui non era stato contento che la nonna mi avesse lasciato la sua<br />
casa e la terra annessa, ma del resto lui si era trasferito a casa dei nostri<br />
genitori quando aveva compiuto ventun anni, e io non gli avevo mai<br />
chiesto di ripagarmi la mia metà della proprietà, per cui mi pareva che il<br />
testamento della nonna fosse stato giusto; Jason, però, aveva impiegato un<br />
po’ di tempo per arrivare ad ammettere che la nonna aveva fatto la cosa<br />
migliore.<br />
Negli ultimi tempi, poi, i nostri rapporti si erano fatti più stretti.<br />
Aperta la porta posteriore, precedetti Quinn in cucina, e lui si guardò<br />
intorno con curiosità mentre io appendevo la giacca allo schienale di una<br />
delle sedie accostate al tavolo a cui ero solita consumare i miei pasti.<br />
– Questo locale non è finito – osservò.<br />
In effetti, gli armadietti erano posati per terra, in attesa di essere<br />
montati; dopo, sarebbe stato necessario dipingere l’intera stanza e<br />
installare i piani di lavoro. Solo allora avrei potuto tirare un sospiro di<br />
sollievo.<br />
– La mia vecchia cucina è bruciata alcune settimane fa – spiegai. –<br />
All’impresario edile avevano annullato un lavoro, per cui ha potuto<br />
ricostruirmela in tempo record; poi però gli armadietti non sono arrivati in<br />
tempo, e lui ha dovuto dirottare i suoi uomini su un altro lavoro. Adesso<br />
che gli armadietti sono arrivati, loro hanno quasi finito dall’altra parte,<br />
quindi credo che a breve torneranno da me. – Nel frattempo, se non altro,<br />
potevo godere del piacere di essere di nuovo a casa mia. Sam era stato<br />
terribilmente gentile, permettendomi di vivere in una delle case che dava<br />
in affitto (e dovevo ammettere di aver apprezzato i pavimenti a piombo, le
tubature nuove e i vicini), ma non c’era niente di paragonabile all’essere a<br />
casa propria.<br />
Il nuovo piano di cottura era già installato, quindi potevo cucinare, e<br />
avevo sistemato un’asse di compensato sopra gli armadietti, in modo da<br />
usarla come piano di lavoro per cucinare.<br />
Il nuovo frigorifero emetteva un ronzio sommesso, del tutto diverso<br />
dal fragore di quello vecchio di trent’anni posseduto dalla nonna. L’aria di<br />
nuovo di quella cucina mi colpiva tutte le volte che attraversavo il portico<br />
posteriore, ora più grande e racchiuso, per aprire la nuova porta più<br />
massiccia, dotata di spioncino e di chiavistello di sicurezza.<br />
– Qui comincia la parte vecchia della casa – spiegai, precedendolo<br />
fuori della cucina e nel corridoio. Nel resto della casa era stato necessario<br />
sostituire solo poche assi del pavimento, e tutto era pulito e ridipinto di<br />
fresco; pareti e soffitto non erano stati i soli a essere macchiati dal fumo, il<br />
cui odore era stato la cosa più difficile da sradicare. Avevo sostituito<br />
alcune tende, gettato un paio di tappeti e pulito, pulito e ancora pulito, cosa<br />
che per parecchio tempo aveva occupato ogni mio momento libero.<br />
– Un buon lavoro – commentò Quinn, osservando come fossero state<br />
unite le due parti della casa.<br />
– Venga in salotto – suggerii, compiaciuta. Mi piaceva mostrare la<br />
casa a qualcuno, adesso che i divani erano puliti, che non c’erano gomitoli<br />
di polvere in giro e che i vetri dei quadri brillavano; le tende del salotto<br />
erano state sostituite, cosa che avevo avuto intenzione di fare da quasi un<br />
anno.<br />
Benedetta fosse l’assicurazione, e anche il denaro che mi ero<br />
guadagnata nascondendo Eric al suo nemico. Certo, avevo aperto un bel<br />
buco nei miei risparmi, ma al momento del bisogno avevo avuto a<br />
disposizione il denaro necessario, e questa era una cosa di cui potevo<br />
essere grata.<br />
Nel camino, tutto era pronto per accendere il fuoco, ma faceva<br />
ancora troppo caldo per questo. Quinn sedette su una poltrona e io presi<br />
posto di fronte a lui.<br />
– Posso offrirle da bere... una birra, un po’ di caffè, o un tè freddo? –<br />
chiesi, conscia del mio ruolo di padrona di casa.<br />
– No, grazie – rispose con un sorriso. – È da quando l’ho incontrata a<br />
Shreveport che desideravo rivederla.<br />
Cercai di continuare a fissarlo, nonostante il sopraffacente impulso di<br />
abbassare lo sguardo sui miei piedi, o sulle mani. I suoi occhi erano in<br />
realtà di un color porpora molto, molto scuro.
– Quello è stato un giorno difficile per gli Herveaux – dissi.<br />
– Lei è uscita con Alcide, per qualche tempo – osservò lui, in tono<br />
neutro.<br />
Passai al vaglio un paio di possibili risposte.<br />
– Non lo vedo dal giorno del confronto per la posizione di<br />
capobranco – replicai infine.<br />
– Quindi lui non è il suo compagno fisso? – insistette Quinn, con un<br />
ampio sorriso.<br />
Scossi il capo.<br />
– Allora lei è single?<br />
– Sì.<br />
– Non ci sono calli che potrei pestare?<br />
– Non ho detto questo – ribattei, cercando di sorridere, senza troppo<br />
successo. C’erano dei calli, che non sarebbero stati felici di essere pestati,<br />
ma che non avevano nessun diritto di mettersi in mezzo.<br />
– Suppongo di poter gestire qualche ex contrariato. Allora, le va di<br />
uscire con me?<br />
Lo studiai per un paio di secondi, riflettendo intensamente. Dal suo<br />
cervello stavo ricevendo soltanto un senso di speranza, nessuna traccia di<br />
inganno o di manovre utilitaristiche, e quando passai a esaminare le mie<br />
riserve personali, le vidi dissolversi come neve al sole.<br />
– Sì, mi va – assentii. Il suo splendido sorriso candido mi indusse a<br />
sorridere a mia volta, ora con sincerità.<br />
– Ecco fatto, abbiamo risolto la parte piacevole del discorso. Ora<br />
veniamo alla parte di affari, che non c’entra niente – annunciò lui.<br />
– D’accordo – annuii, smettendo di sorridere. Avevo sperato di avere<br />
l’occasione di rimandare, perché qualsiasi affare che lui poteva voler<br />
trattare con me doveva essere collegato al mondo soprannaturale e, come<br />
tale, era causa di ansia.<br />
– Ha sentito parlare del summit regionale?<br />
Si riferiva al summit dei vampiri: i re e le regine di un gruppo di stati<br />
si sarebbero riuniti per conferire riguardo a... cose di vampiri.<br />
– Eric me ne ha accennato.<br />
– E l’ha già assunta per lavorare là?<br />
– Ha accennato che potrebbe aver bisogno di me.<br />
– Lo chiedo perché la Regina della Louisiana ha scoperto che mi<br />
trovavo nella zona e mi ha chiesto di accaparrarle i suoi servizi. Ritengo<br />
che la sua richiesta annulli quella di Eric.<br />
– Questo lo dovrà chiedere a Eric.
– Credo che lei dovrebbe limitarsi a informarlo. Per Eric, i desideri<br />
della regina sono ordini.<br />
Mi accorsi di aver assunto un’espressione sgomenta. Non desideravo<br />
parlare di niente con Eric, lo sceriffo dell’Area Cinque della Louisiana,<br />
perché i suoi sentimenti nei miei confronti erano confusi, e vi garantisco<br />
che ai vampiri non piace sentirsi confusi. Eric aveva perso la memoria<br />
riguardo al breve periodo che aveva trascorso nascosto nella mia casa, e<br />
quel buco nei suoi ricordi lo stava facendo impazzire, perché gli piaceva<br />
avere il controllo di tutto, il che implicava una consapevolezza completa<br />
delle proprie azioni in ogni secondo di ogni notte. Di conseguenza, lui<br />
aveva aspettato che gli chiedessi di fare qualcosa per me, e in cambio<br />
aveva preteso come pagamento che gli fornissi un resoconto del tempo in<br />
cui aveva abitato presso di me.<br />
Forse, avevo esagerato un poco con la mia franchezza. Eric non era<br />
rimasto precisamente sorpreso nell’apprendere che avevamo fatto sesso,<br />
ma era rimasto sconvolto quando gli avevo riferito di come si fosse offerto<br />
di rinunciare alla sua posizione nella gerarchia dei vampiri, conquistata<br />
con tanta fatica, per venire a vivere con me.<br />
Se conosceste Eric, vi rendereste conto di quanto una cosa del genere<br />
sia per lui del tutto intollerabile.<br />
Adesso non mi parlava più, quando ci incontravamo mi fissava come<br />
se stesse cercando di far riaffiorare i propri ricordi di quel particolare<br />
periodo, per dimostrare che avevo mentito, e mi rattristava vedere come la<br />
relazione che avevamo avuto... non la segreta felicità di quei pochi giorni<br />
trascorsi insieme, ma il divertente rapporto fra un uomo e una donna che<br />
avevano poco in comune a parte il senso dell’umorismo... paresse non<br />
esistere più.<br />
Sapevo che spettava a me informarlo che la sua regina lo aveva<br />
scavalcato, ma non ero certa di volerlo fare.<br />
– Il suo sorriso è scomparso del tutto – osservò Quinn, che si era<br />
fatto serio a sua volta.<br />
– Ecco, Eric è un... – cominciai, senza sapere come finire la frase. –<br />
È un tipo complicato – conclusi.<br />
– Cosa faremo al nostro primo appuntamento? – domandò Quinn.<br />
Era bravo a cambiare discorso.<br />
– Potremmo andare al cinema – suggerii, per cominciare.<br />
– Infatti, e dopo potremmo andare a cena a Shreveport, magari da<br />
Ralph and Kacoo’s – suggerì lui.<br />
– Ho sentito dire che il loro etouffee di aragosta è buono –
commentai.<br />
– A chi non piace l’etouffee di aragosta? Oppure, potremmo andare al<br />
bowling.<br />
Il mio prozio era stato un patito del bowling. Mi pareva ancora di<br />
vedere davanti a me i suoi piedi, chiusi nelle scarpe da bowling, e<br />
rabbrividii.<br />
– Non so giocare – mi schermii.<br />
– Allora potremmo andare a vedere una partita di hockey.<br />
– Questo potrebbe essere divertente.<br />
– Potremmo cucinare insieme qui nella sua cucina e guardare un film<br />
sul suo DVD.<br />
– Questo è meglio tenerlo di riserva per il futuro – ribattei, perché la<br />
cosa mi sembrava un po’ troppo personale per un primo appuntamento;<br />
anche se non avevo esperienza in fatto di primi appuntamenti, sapevo che<br />
la vicinanza di una camera da letto non era mai una buona cosa, a meno di<br />
essere pronta ad accettare che l’evolversi della serata potesse portarti lì.<br />
– Potremmo andare a vedere The Producers. Stanno per<br />
rappresentarlo allo Strand.<br />
– Davvero? – esclamai. Adesso ero eccitata. Il restaurato Strand<br />
Theater di Shreveport ospitava produzioni teatrali itineranti che andavano<br />
dalle commedie ai balletti, e io non avevo mai visto una vera commedia.<br />
Ma... una cosa del genere non sarebbe stata terribilmente costosa? D’altro<br />
canto, Quinn non l’avrebbe suggerito, se non avesse potuto permetterselo,<br />
giusto? – È possibile farlo?<br />
Lui annuì, compiaciuto della mia reazione.<br />
– Posso prenotare per questo weekend. Cosa mi dice dei suoi turni di<br />
lavoro?<br />
– Venerdì notte sono libera – risposi allegramente. – E... ecco, sarei<br />
lieta di contribuire all’acquisto del biglietto.<br />
– Sono stato io a invitarla, è mia ospite – dichiarò Quinn, con<br />
fermezza. Potevo leggere nei suoi pensieri che trovava la mia offerta<br />
sorprendente... e toccante. Hmmm. La cosa non mi piaceva. – D’accordo,<br />
allora è deciso – continuò. – Non appena tornerò al mio computer,<br />
ordinerò i biglietti online. So che ce ne sono ancora di buoni a<br />
disposizione, perché prima di venire qui ho vagliato le alternative a nostra<br />
disposizione.<br />
Naturalmente, io avevo già cominciato a chiedermi cosa fosse meglio<br />
indossare, ma accantonai la cosa per rifletterci sopra in seguito.<br />
– Quinn, lei dove abita?
– Ho una casa fuori Memphis.<br />
– Oh – mormorai, pensando che quella sembrava una distanza<br />
eccessiva per mantenere una relazione.<br />
– Sono socio di una ditta chiamata Special Events. Siamo una sorta<br />
di branca segreta della Extreme(ly Elegant) Events. Ha visto il nostro logo,<br />
E(E)E, vero? – spiegò, tracciando le parentesi nell’aria, e io annuii; la<br />
E(E)E organizzava una quantità di eventi in tutta la nazione. – Siamo<br />
quattro soci che lavoriamo a tempo pieno per la Special Events, e<br />
impieghiamo alcune persone a tempo pieno o part-time. Dal momento che<br />
viaggiamo molto, abbiamo ovunque dei posti in cui alloggiare. Alcuni<br />
sono soltanto una stanza a casa di amici o di collaboratori, altri sono veri<br />
appartamenti. In quest’area alloggio a Shreveport, in una casa per gli ospiti<br />
sul retro della dimora di un mutaforma.<br />
In due minuti avevo appreso una quantità di cose sul suo conto.<br />
– Quindi organizzate eventi per il mondo soprannaturale, come il<br />
confronto per il ruolo di capobranco – osservai. Quello era stato un lavoro<br />
pericoloso, che aveva richiesto una quantità di attrezzature specializzate. –<br />
Ma che altro c’è da fare? Confronti come quello non devono essere molto<br />
frequenti. Quanto deve viaggiare? E che genere di altri eventi speciali può<br />
organizzare?<br />
– In genere mi occupo dell’area che va dalla Georgia Sudorientale al<br />
Texas, e dal Tennessee alla Florida – rispose, protendendosi in avanti, le<br />
grandi mani appoggiate sulle ginocchia. – In quegli stati, chi vuole<br />
organizzare un combattimento per il ruolo di capobranco, un rito di<br />
ascensione per uno sciamano o una strega, o un matrimonio gerarchico fra<br />
vampiri, e vuole farlo nel modo giusto, deve venire da me.<br />
Ricordai le straordinarie fotografie nell’album di Al Cumberland.<br />
– Quindi c’è abbastanza lavoro da tenerla impegnata? – domandai.<br />
– Oh, sì – annuì. – Naturalmente, in parte sono lavori stagionali. I<br />
vampiri si sposano d’inverno, perché le notti sono molto più lunghe.<br />
L’anno scorso ho tenuto un matrimonio gerarchico a New Orleans, in<br />
gennaio. Altri eventi sono collegati al calendario Wicca, o alla pubertà.<br />
Non riuscivo neppure a cominciare a immaginare le cerimonie da lui<br />
organizzate, ma la loro descrizione avrebbe dovuto essere rimandata a<br />
un’altra occasione.<br />
– E ha altri tre soci che svolgono questa stessa attività a tempo<br />
pieno? Mi dispiace, so che sembra che la stia sottoponendo a un<br />
interrogatorio, ma questo è un modo di guadagnarsi da vivere davvero<br />
interessante.
– Mi fa piacere che la pensi così. È necessario possedere una quantità<br />
di talenti, e si deve avere una mente portata per l’organizzazione e la cura<br />
dei dettagli.<br />
– E si deve essere davvero molto duri – mormorai, seguendo i miei<br />
pensieri.<br />
– Questo non è un problema – sorrise.<br />
Sì, non pareva che essere duroper lui potesse essere un problema.<br />
– E si deve anche essere bravi a valutare le persone, in modo da poter<br />
pilotare i clienti nella giusta direzione, e lasciarli soddisfatti del lavoro<br />
svolto per loro – aggiunse.<br />
– Mi potrebbe raccontare qualche storia? Oppure il suo lavoro è<br />
sottoposto al vincolo del segreto professionale?<br />
– I clienti firmano un contratto, ma nessuno di loro ha mai richiesto<br />
la clausola del segreto professionale – rispose. – Alla Special Events non si<br />
hanno molte occasioni di parlare del lavoro che si svolge, dato che la<br />
maggior parte dei nostri clienti vivono ancora al di sotto della superficie<br />
del mondo normale, e in realtà è una sorta di sollievo poterne parlare con<br />
qualcuno. Di solito, alle ragazze devo raccontare che faccio il consulente,<br />
o qualche altra fandonia del genere.<br />
– Anche per me è un sollievo poter parlare senza preoccuparmi che<br />
mi possa sfuggire qualche segreto.<br />
– Allora è una fortuna che ci siamo incontrati, giusto? – osservò,<br />
tornando a sfoggiare quel suo sorriso candido. – Ora però è meglio che la<br />
lasci riposare, dato che ha appena finito di lavorare – concluse, alzandosi<br />
in piedi e stiracchiandosi una volta eretto in tutta la sua statura, un gesto<br />
impressionante in un soggetto muscoloso come lui. Era possibile che<br />
sapesse che effetto faceva quando si stiracchiava, una riflessione che mi<br />
indusse ad abbassare lo sguardo per nascondere un sorriso. Non mi<br />
dispiaceva di certo che volesse fare colpo su di me.<br />
Protendendosi a prendermi la mano, mi issò in piedi con un<br />
movimento fluido e disinvolto. Potevo sentire la sua attenzione concentrata<br />
su di me, la sua mano calda e dura intorno alla mia, che avrebbe potuto<br />
frantumare.<br />
Una donna qualsiasi non si sarebbe trovata a riflettere sulla rapidità<br />
con cui l’uomo con cui usciva avrebbe potuto ucciderla, ma del resto io<br />
non sarò mai una donna qualsiasi, cosa di cui sono consapevole fin da<br />
quando sono stata abbastanza grande da comprendere che non ogni<br />
bambino poteva capire quello che i membri della sua famiglia pensavano<br />
sul suo conto, che non tutte le bambine sapevano quando gli insegnanti le
trovavano simpatiche o le disprezzavano, o le paragonavano al fratello<br />
(anche a quel tempo, Jason era stato a suo modo affascinante), che non<br />
tutte le bambine avevano uno zio strano che cercava di sorprenderle da<br />
sole a ogni riunione di famiglia.<br />
Quindi permisi a Quinn di tenermi la mano e sollevai lo sguardo a<br />
incontrare quello dei suoi occhi purpurei, concedendomi per un momento<br />
di crogiolarmi nella sua ammirazione.<br />
Sì, sapevo che era una tigre... e non intendo dire soltanto a letto,<br />
anche se ero disposta a supporre che anche là fosse possente e feroce.<br />
Sorrisi quando le sue labbra mi sfiorarono la guancia in un bacio<br />
della buonanotte.<br />
Mi piace un uomo che sa quando accelerare i tempi... e quando è<br />
meglio non farlo.
Capitolo terzo<br />
La notte successiva ricevetti una telefonata, da Merlotte’s.<br />
Naturalmente, non è una bella cosa essere chiamati al telefono sul<br />
lavoro, e Sam non lo gradisce affatto, a meno che non si tratti di<br />
un’emergenza di qualche tipo. Dal momento che io ne ricevevo meno di<br />
qualsiasi altra delle cameriere... potevo contare sulle dita di una mano le<br />
volte in cui mi avevano telefonato sul lavoro... cercai di non sentirmi in<br />
colpa nel segnalare a Sam che avrei preso la telefonata dall’apparecchio<br />
del suo ufficio.<br />
– Pronto – dissi, in tono cauto.<br />
– Ciao, Sookie – rispose una voce familiare.<br />
– Oh, ciao, Pam – replicai, con un senso di sollievo che però durò<br />
soltanto un secondo. Pam era il braccio destro di Eric, ed era sua progenie,<br />
nel senso vampirico del termine.<br />
– Il capo ti vuole vedere – annunciò Pam. – Ti sto chiamando dal suo<br />
ufficio.<br />
L’ufficio di Eric, nel retro del suo locale, il Fangtasia, era<br />
adeguatamente insonorizzato, tanto che potevo sentire a stento la KDED,<br />
la stazione radio interamente dedicata ai vampiri, suonare in sottofondo la<br />
versione di Clapton di After Midnight.<br />
– Splendido. La sua posizione è troppo elevata perché faccia da sé le<br />
sue telefonate?<br />
– Sì – rispose Pam, che poteva essere definita solo come una persona<br />
dalla mentalità letterale.<br />
– Di cosa si tratta?<br />
– Sto eseguendo le sue istruzioni – ribatté Pam. – Lui mi dice di<br />
chiamare la telepate, e io ti chiamo. Sei stata convocata.<br />
– Pam, mi serve qualche altra spiegazione. Non ho particolarmente<br />
voglia di vedere Eric.<br />
– Stai facendo la recalcitrante?<br />
Oh-oh. Quella era una parola che non avevo ancora trovato sul mio<br />
calendario Una Parola al Giorno.<br />
– Non sono certa di capire cosa intendi – ammisi, perché era meglio<br />
confessare apertamente la mia ignoranza che cercare di cavarmela<br />
fingendo.<br />
Pam emise un lungo sospiro sofferto.
– Stai puntando i piedi – precisò, con il suo accento inglese che si<br />
faceva più marcato, – mentre non dovresti farlo. Eric ti tratta molto bene –<br />
aggiunse, in tono vagamente incredulo.<br />
– Non intendo abbandonare il lavoro o rinunciare al mio tempo libero<br />
per venire fino a Shreveport solo perché Mister Grande e Potente vuole<br />
che scatti nell’obbedire ai suoi ordini – protestai, fornendo motivazioni che<br />
mi parevano ragionevoli. – Se vuole dirmi qualcosa, può sempre alzare i<br />
tacchi e venire qui, oppure prendere in mano il telefono di persona.<br />
– Se avesse voluto prendere personalmente il telefono, lo avrebbe<br />
fatto. Mi ha ordinato di dirti che devi trovarti qui venerdì notte alle otto.<br />
– Spiacente, non posso.<br />
Seguì una significativa pausa di silenzio.<br />
– Non verrai?<br />
– Non posso. Ho un appuntamento – spiegai, cercando di impedire a<br />
una sfumatura di compiacimento di trapelarmi dalla voce.<br />
Ci fu un altro istante di silenzio, poi Pam ridacchiò.<br />
– Oh, questa è grandiosa davvero – commentò. – Sarà un piacere<br />
dirlo a Eric.<br />
Quella sua reazione fece nascere in me un senso di disagio.<br />
– Senti, Pam – cominciai, chiedendomi se non fosse il caso di fare<br />
una rapida marcia indietro, – ascolta...<br />
– Oh, no – mi interruppe, quasi ridendo apertamente, cosa che non<br />
era da lei.<br />
– Riferiscigli che lo ringrazio per le bozze del calendario – aggiunsi.<br />
Sempre teso a trovare nuovi modi per aumentare gli introiti del<br />
Fangtasia, Eric aveva escogitato l’idea di un calendario di vampiri da<br />
mettere in vendita nel piccolo negozio di articoli da regalo. Lui stesso era<br />
Mister Gennaio, e aveva posato con l’ausilio di un letto e di una lunga<br />
veste di pelliccia bianca, il tutto su uno sfondo grigio chiaro da cui<br />
pendevano scintillanti fiocchi di neve giganteschi. Eric però non indossava<br />
la veste... no, non indossava proprio niente. Teneva un ginocchio piegato<br />
posato sul letto, l’altro piede poggiava per terra e lui fissava direttamente<br />
la macchina con occhi roventi (di certo avrebbe potuto impartire a Claude<br />
qualche lezione); i suoi lunghi capelli biondi gli ricadevano sulle spalle in<br />
una criniera arruffata, la mano destra stringeva la veste di pelliccia gettata<br />
sul letto, in modo che essa salisse a coprire di stretta misura le parti<br />
critiche, e il corpo era leggermente girato, per mettere in evidenza la curva<br />
del suo splendido posteriore. Una sottile scia di peluria bionda puntava<br />
come una freccia a sud dell’ombelico, e urlava praticamente a gran voce
“arma nascosta”!<br />
E io sapevo che l’arma di Eric era più una .357 Magnum che un<br />
revolver a canna corta.<br />
In qualche modo, non ero mai arrivata a guardare le altre foto,<br />
soltanto quella di gennaio.<br />
– Oh, glielo riferirò – promise Pam. – Eric ha detto che a molte<br />
persone non sarebbe piaciuto che comparissi nel calendario destinato alle<br />
donne... quindi figuro in quello per gli uomini. Ti piacerebbe che ti<br />
mandassi anche una copia della mia fotografia?<br />
– Questo mi sorprende, davvero... mi riferisco al fatto che non ti sia<br />
seccato posare – osservai, in quanto mi riusciva difficile immaginarla<br />
nell’atto di partecipare a un progetto che sfruttasse i gusti umani.<br />
– Eric mi dice di posare, e io lo faccio – fu la pratica risposta.<br />
Anche se Eric esercitava su Pam un notevole potere, essendo il suo<br />
creatore, io non lo avevo mai sentito chiederle di fare nulla che non le<br />
andasse a genio; forse lui la conosceva molto bene, o forse Pam era<br />
disposta a fare praticamente qualsiasi cosa.<br />
– Nella fotografia, ho in mano una frusta – continuò Pam, i cui gusti<br />
sessuali erano svariati e diversificati. – Il fotografo dice che venderà un<br />
milione di copie.<br />
– Ne sono certa, Pam – confermai, dopo un minuto passato a<br />
contemplare l’immagine mentale evocata dalle sue parole. – Io però credo<br />
che ne farò a meno.<br />
– Noi tutti che abbiamo acconsentito a posare avremo una<br />
percentuale sugli incassi.<br />
– Ma Eric avrà una fetta più grande degli altri.<br />
– Ecco, lui è lo sceriffo – mi fece ragionevolmente notare Pam.<br />
– Giusto. Okay, ci sentiamo – conclusi, e accennai a riattaccare.<br />
– Aspetta, cosa devo dire a Eric?<br />
– Limitati a dirgli la verità.<br />
– Sai che si infurierà – sottolineò Pam, che non sembrava affatto<br />
spaventata; anzi, pareva gongolare.<br />
– Ebbene, questo è un suo problema – ribattei, con una sfumatura di<br />
infantilismo, e questa volta chiusi la comunicazione. Di certo, un Eric<br />
infuriato sarebbe stato un problema con cui avrei dovuto vedermela io.<br />
Avevo la sgradevole sensazione che opporre un rifiuto a Eric fosse<br />
stata una mossa grave, e non avevo idea di cosa sarebbe successo.<br />
All’epoca in cui avevo conosciuto lo sceriffo dell’Area Cinque, io uscivo<br />
ancora con Bill, e quando aveva voluto usare il mio insolito talento, Eric
aveva minacciato di fargli del male per costringermi a obbedire. Poi io<br />
avevo rotto con Bill e questo aveva privato Eric di qualsiasi mezzo di<br />
coercizione, finché non avevo avuto bisogno di un favore da lui, e per<br />
ottenerlo ero stata costretta a fornirgli l’arma più potente di tutte, la<br />
confessione che ero stata io a uccidere Debbie Pelt. Il fatto che fosse stato<br />
lui a nascondere il corpo e la macchina di Debbie, e che non ricordasse<br />
dove si trovavano, non aveva importanza, perché quell’accusa, anche se<br />
non fosse mai stata comprovata, anche se io fossi riuscita a impormi di<br />
confutarla, sarebbe stata sufficiente a rovinarmi per tutta la vita.<br />
Per il resto di quella notte, mentre svolgevo il mio lavoro al bar mi<br />
ritrovai di continuo a chiedermi se Eric avrebbe davvero rivelato il mio<br />
segreto. Dopo tutto, se avesse riferito alla polizia quello che avevo fatto,<br />
avrebbe dovuto ammettere di essere stato mio complice, giusto?<br />
Mi stavo dirigendo verso il bancone quando venni intercettata dal<br />
Detective Andy Bellefleur. Conosco Andy e sua sorella Portia da tutta una<br />
vita, perché anche se sono di qualche anno più vecchi di me, hanno<br />
frequentato le mie stesse scuole e sono cresciuti nella stessa città; come<br />
me, anche loro sono stati allevati prevalentemente dalla nonna. Ormai da<br />
qualche mese, Andy stava uscendo con una giovane insegnante, Halleigh<br />
Robinson, e quella sera aveva un segreto da condividere e un favore da<br />
chiedermi.<br />
– Senti, lei ordinerà il cestino di pollo – esordì, senza preamboli,<br />
mentre io guardavo verso il loro tavolo, per essere certa che Halleigh fosse<br />
seduta con le spalle rivolte verso di me. – Quando porti il cibo al tavolo,<br />
accertati che insieme ci sia questa, nascosta – aggiunse, mettendomi in<br />
mano una piccola scatola di velluto, insieme a una banconota da dieci<br />
dollari.<br />
– Certo, Andy, nessun problema – sorrisi.<br />
– Grazie, Sookie – rispose, e per una volta sfoggiò a sua volta un<br />
sorriso, sincero e terrorizzato.<br />
Andy aveva avuto ragione: quando andai al loro tavolo, Halleigh<br />
chiese il cestino di pollo.<br />
– Fallo con una dose extra di patatine – dissi alla nostra nuova cuoca,<br />
nel riferire l’ordine, perché volevo un camuffamento abbondante. Lei volse<br />
le spalle ai fornelli per fissarmi con irritazione. Al bar abbiamo avuto un<br />
vasto assortimento di cuochi, di ogni età, colore, sesso e preferenza<br />
sessuale; una volta, abbiamo avuto perfino un vampiro. Attualmente il<br />
nostro cuoco era una donna di colore di mezz’età, Callie Collins, così<br />
grassa e grossa da indurmi a chiedermi come facesse a passare tante ore in
piedi in quella cucina rovente.<br />
– Patatine extra? – ripeté, come se non avesse mai sentito parlare di<br />
una cosa del genere. – Niente da fare. I clienti ottengono l’extra di patatine<br />
quando lo pagano, e non solo perché sono tuoi amici.<br />
Il caratteraccio di Callie poteva forse essere attribuito al fatto che lei<br />
era abbastanza vecchia da ricordare i brutti tempi del passato, quando<br />
bianchi e neri avevano scuole diverse, sale d’attesa separate e perfino<br />
fontanelle diverse a cui bere; io però non rammentavo nessuna di quelle<br />
cose, e non ero disposta a tenere presente il bagaglio esistenziale che lei si<br />
portava dietro ogni volta che le rivolgevo la parola.<br />
– Hanno pagato l’extra – mentii, perché non mi andava di fornire una<br />
spiegazione attraverso lo sportello di servizio, dove chiunque fosse stato<br />
abbastanza vicino avrebbe potuto sentirmi; invece, avrei coperto la<br />
differenza con un dollaro della mia mancia, perché nonostante i nostri<br />
trascorsi dissapori, auguravo a Andy ogni felicità con la sua maestrina.<br />
Inoltre, qualsiasi donna che stesse per diventare la nipote acquisita di<br />
Caroline Bellefleur si meritava almeno un momento romantico.<br />
Quando Callie mi avvertì che il cestino era pronto, mi affrettai a<br />
ritirarlo; infilare la scatoletta sotto le patatine fu più difficile di quanto<br />
avessi immaginato, e richiese qualche rapida e discreta manovra di<br />
assestamento. Intanto, mi domandai se Andy si era reso conto che il velluto<br />
della scatoletta si sarebbe macchiato di unto e coperto di sale... ma del<br />
resto quello era il suo gesto romantico, non il mio.<br />
Nell’avvicinarmi al tavolo con il vassoio, ero così piena di allegra<br />
anticipazione che Andy dovette avvertirmi (con una severa occhiata) di<br />
assumere un’espressione più neutra nel servire loro il cibo. Andy aveva già<br />
davanti a sé un boccale di birra, mentre Halleigh aveva optato per un<br />
bicchiere di vino bianco; come si conveniva a una maestra delle<br />
elementari, infatti, non era una forte bevitrice. Non appena ebbi finito di<br />
servirli, mi affrettai ad allontanarmi senza neppure chiedere loro se<br />
volevano qualche altra cosa, come avrebbe dovuto fare una brava<br />
cameriera, e da quel momento mi fu impossibile rimanere distaccata da<br />
quanto stava succedendo.<br />
Anche se cercai di non dare nell’occhio, continuai a osservare la<br />
coppia come meglio potevo. Andy era sui carboni ardenti, e il suo cervello<br />
era in preda a una pura e semplice agitazione. Non era totalmente certo che<br />
la sua proposta venisse accettata, e stava esaminando mentalmente tutte le<br />
obiezioni che Halleigh avrebbe potuto sollevare: il fatto che lui era più<br />
vecchio di quasi dieci anni, la sua pericolosa professione...
Registrai il momento in cui lei vide la scatoletta. Forse non era carino<br />
da parte mia spiare mentalmente quel momento tanto speciale, ma se devo<br />
essere sincera, non ci pensai neppure. Anche se di solito erigo robuste<br />
barriere protettive, sono abituata a insinuarmi nella mente delle persone<br />
quando colgo qualcosa di interessante, così come sono solita considerare il<br />
mio talento più uno svantaggio che un vantaggio, motivo per cui suppongo<br />
di sentirmi autorizzata a sfruttare tutto il poco divertimento che me ne può<br />
derivare.<br />
Stavo dando loro le spalle, impegnata a sgomberare un tavolo che<br />
avrei dovuto lasciare al nostro garzone, quindi ero abbastanza vicina da<br />
sentire cosa stavano dicendo.<br />
Halleigh rimase immobile per un lungo momento.<br />
– Nel mio cibo c’è una scatoletta – disse infine, tenendo la voce<br />
molto bassa, perché pensava che le sue proteste avrebbero potuto irritare<br />
Sam.<br />
– Lo so – rispose Andy. – L’ho fatta mettere io.<br />
A quel punto lei comprese, e il funzionamento del suo cervello<br />
cominciò ad accelerare, con i pensieri che praticamente si affastellavano<br />
gli uni sugli altri sulla spinta dell’entusiasmo.<br />
– Oh, Andy – sussurrò. Doveva aver aperto la scatoletta. Riuscii a<br />
stento a trattenermi dal voltarmi per guardarla in faccia.<br />
– Ti piace?<br />
– Sì, è splendido.<br />
– Vuoi accettarlo e portarlo?<br />
Seguì una pausa di silenzio. La mente di lei era molto confusa: una<br />
parte stava urlando di gioia, l’altra era turbata.<br />
– Sì, ma a una condizione – rispose infine, lentamente.<br />
Potei avvertire il senso di shock di Andy. Qualsiasi cosa si fosse<br />
aspettato, non si era trattato di questo.<br />
– E sarebbe? – domandò, in un tono che d’un tratto era molto più<br />
quello del poliziotto che non dell’innamorato.<br />
– Che andremo a vivere in una casa tutta nostra.<br />
– Cosa?<br />
Di nuovo aveva colto Andy di sorpresa.<br />
– Ho sempre avuto l’impressione che tu partissi dal presupposto che<br />
saresti rimasto nella casa della tua famiglia, con tua nonna e tua sorella,<br />
anche dopo esserti sposato. È una casa splendida, e tua nonna e Portia sono<br />
due donne eccezionali.<br />
Halleigh stava dimostrando di avere tatto.
– Però a me piacerebbe avere una casa tutta mia – concluse con<br />
gentilezza, conquistandosi la mia ammirazione.<br />
A quel punto dovetti per forza allontanarmi, perché avevo dei tavoli<br />
da servire, ma mentre riempivo dei boccali di birra, sgombravo i piatti<br />
vuoti e portavo altro denaro a Sam, alla cassa, continuai a sentirmi piena di<br />
meravigliato rispetto per la posizione assunta da Halleigh.<br />
La dimora dei Bellefleur era infatti la più bella di Bon Temps, e la<br />
maggior parte delle giovani donne sarebbe stata disposta a dare una o due<br />
dita pur di andare a viverci, soprattutto da quando la vecchia casa era stata<br />
ampiamente ristrutturata e rimodernata grazie al denaro proveniente da un<br />
misterioso sconosciuto. In realtà, quello sconosciuto era Bill; avendo<br />
scoperto che i Bellefleur erano suoi discendenti, lui si era reso conto che<br />
non avrebbero mai accettato denaro da un vampiro, quindi aveva<br />
organizzato tutta quella manovra della “misteriosa eredità”, e Caroline<br />
Bellefleur si era data da fare a spenderla per rimettere a nuovo la dimora<br />
con lo stesso entusiasmo con cui Andy divorava un cheeseburger.<br />
Andy mi intercettò qualche minuto più tardi, bloccandomi mentre ero<br />
diretta al tavolo di Sid Matt Lancaster, cosa che costrinse l’anziano<br />
avvocato ad aspettare un po’ più del dovuto per avere il suo hamburger con<br />
patatine.<br />
– Io devo sapere, Sookie – affermò, in tono urgente ma con voce<br />
molto bassa.<br />
– Che cosa, Andy? – domandai, allarmata dalla sua intensità.<br />
– Lei mi ama? – Nella sua mente era percepibile un senso di<br />
umiliazione per essere giunto a farmi quella domanda. Lui però era<br />
orgoglioso, e aveva bisogno di una rassicurazione di qualche tipo riguardo<br />
al fatto che Halleigh non voleva soltanto il suo cognome o la sua dimora di<br />
famiglia, come aveva scoperto essere il caso con altre donne. Ebbene,<br />
sapeva già come stavano le cose riguardo alla casa: Halleigh non la voleva,<br />
e Andy era disposto a trasferirsi con lei in una casa più piccola e umile, se<br />
davvero era innamorata di lui.<br />
Prima di allora, nessuno mi aveva mai chiesto una cosa del genere.<br />
Dopo aver desiderato per tanti anni che la gente mi credesse, che<br />
comprendesse il mio strano talento, stavo scoprendo che dopo tutto essere<br />
presa sul serio non mi piaceva poi molto. Andy però stava aspettando una<br />
risposta, e non gli potevo opporre un rifiuto, anche perché era uno degli<br />
uomini più cocciuti che avessi mai conosciuto.<br />
– Ti ama tanto quanto tu ami lei – dissi. Lui mi lasciò andare il<br />
braccio, permettendomi di proseguire verso il tavolo di Sid Matt, e nel
guardarmi indietro vidi che era ancora fermo a fissarmi.<br />
Ruminaci sopra, Andy Bellefleur, pensai. Subito dopo, mi vergognai<br />
un poco di me stessa... ma dopo tutto, lui non avrebbe dovuto farmi quella<br />
domanda, se non voleva conoscere la risposta.<br />
C’era qualcuno nei boschi circostanti la casa.<br />
Non appena rientrata, mi ero preparata per andare a letto, perché uno<br />
dei miei momenti favoriti, nell’arco della giornata, era quello in cui<br />
riuscivo infine a infilarmi la camicia da notte. La temperatura era<br />
abbastanza calda da non rendere necessaria una vestaglia, quindi stavo<br />
circolando per casa con indosso soltanto la mia vecchia T-shirt blu lunga<br />
fino al ginocchio; mentre lavavo i piatti, avevo teso l’orecchio ai suoni<br />
della notte, pervasa del gracchiare delle rane e del frinire degli insetti, e<br />
adesso stavo pensando di chiudere la finestra della cucina, perché in marzo<br />
l’aria notturna era ancora pungente.<br />
All’improvviso, quei suoni che avevano fatto apparire viva e<br />
amichevole la notte si interruppero senza preavviso.<br />
Mi immobilizzai con le mani immerse nell’acqua calda saponata.<br />
Sbirciare fuori nell’oscurità non servì a niente, tranne che a farmi rendere<br />
conto di quanto dovessi essere visibile io, in piedi davanti a una finestra<br />
spalancata dalle tende aperte. Il cortile era rischiarato dalla luce di<br />
sicurezza, ma al di là degli alberi che cingevano la radura, il bosco si<br />
stendeva cupo e silenzioso.<br />
Là fuori c’era qualcosa. Cercai di sondare con la mente e trovai<br />
un’attività di qualche tipo, però non abbastanza nitida da poter essere<br />
definita.<br />
Pensai allora di telefonare a Bill, ma lo avevo già fatto altre volte in<br />
passato, quando avevo temuto per la mia sicurezza, e non potevo<br />
permettere che la cosa diventasse un’abitudine. Oppure... forse<br />
l’osservatore annidato nel bosco era Bill stesso. A volte, andava in giro di<br />
notte, e di tanto in tanto passava a controllare come stavo. Il mio sguardo<br />
si appuntò sul telefono fissato alla parete, sopra l’estremità del piano di<br />
cucina (o meglio, sopra dove si sarebbe trovato il piano di cucina, una<br />
volta installato).<br />
Il mio nuovo telefono era un cordless, quindi avrei potuto afferrarlo,<br />
trincerarmi in camera da letto e chiamare Bill in un istante, visto che il suo<br />
numero era registrato nella selezione rapida. Se lui mi avesse risposto,<br />
avrei saputo che ciò che si trovava nel bosco era qualcosa di cui mi dovevo<br />
preoccupare.<br />
Se però si fosse trovato in casa, si sarebbe precipitato da me, perché
avrebbe interpretato la mia chiamata come un: “Oh, Bill, per favore, vieni<br />
a salvarmi! Non so cosa altro fare, se non chiamare in mio soccorso un<br />
grosso, forte vampiro!”<br />
Alla fine, mi costrinsi ad ammettere di sapere già che ciò che si<br />
trovava nel bosco, qualsiasi cosa fosse, non era Bill. Avevo percepito un<br />
segnale cerebrale di qualche tipo, mentre se si fosse trattato di un vampiro<br />
non avrei intercettato niente; solo in due occasioni avevo colto un fugace<br />
segnale mentale proveniente da un vampiro, ed era stato simile a una<br />
scarica di energia elettrica in una condizione di assenza di corrente.<br />
Inoltre, il telefono era vicino alla porta posteriore, che non era chiusa<br />
a chiave.<br />
Una volta che mi fui ricordata della porta aperta, nulla al mondo<br />
avrebbe potuto farmi rimanere vicino al lavandino. Mi precipitai alla porta,<br />
uscii sul portico posteriore e feci scattare il chiavistello della porta esterna<br />
in vetro, poi rientrai in cucina e sprangai il pesante battente di legno, che<br />
avevo fatto munire di catenella e di un chiavistello di sicurezza.<br />
Quando ebbi finito, mi appoggiai contro di esso. Meglio di chiunque<br />
altro, sapevo quanto porte e serrature fossero inutili. Per un vampiro,<br />
quella barriera fisica era praticamente inesistente... ma un vampiro aveva<br />
bisogno di un invito per poter entrare. Le porte costituivano un ostacolo<br />
maggiore per i mannari, però non erano lo stesso un problema perché,<br />
grazie alla loro forza incredibile, i mannari potevano andare dove<br />
volevano. Lo stesso valeva per ogni altro tipo di mutaforma.<br />
Allora, perché diavolo non lasciavo la mia casa aperta a tutto e a<br />
tutti?<br />
Comunque, mi sentivo meravigliosamente meglio, adesso che<br />
c’erano due porte sprangate fra me e ciò che si annidava nei boschi.<br />
Sapevo che anche la porta anteriore era chiusa e sprangata, dato che non<br />
veniva aperta da giorni, in quanto non ricevevo molte visite e di solito<br />
entravo e uscivo dal retro.<br />
Con cautela, tornai alla finestra, che chiusi e bloccai, tirando anche le<br />
tende. Avevo fatto tutto il possibile per aumentare la mia sicurezza, quindi<br />
tornai a dedicarmi ai piatti da lavare. Per un momento, dovetti<br />
appoggiarmi al lavandino per aspettare che le gambe smettessero di<br />
tremarmi, cosa che fece apparire una chiazza di bagnato sul davanti della<br />
mia T-shirt, ma mi costrinsi a continuare fino a quando tutti i piatti furono<br />
nello scolapiatti e il lavandino fu pulito e asciutto.<br />
A quel punto, tornai a tendere l’orecchio. I boschi continuavano a<br />
essere silenziosi, ma per quanto rimanessi in ascolto con tutti i sensi a mia
disposizione, quel vago segnale non tornò a registrarsi nel mio cervello.<br />
Era scomparso.<br />
Per qualche tempo rimasi seduta in cucina, con la mente ancora<br />
sottosopra, ma poi mi costrinsi a seguire la consueta routine notturna.<br />
Quando mi spazzolai i denti, il battito del mio cuore era ormai tornato alla<br />
normalità, e nell’infilarmi nel letto giunsi quasi a persuadermi che non era<br />
successo niente là fuori, nella silenziosa oscurità. Quasi, perché sto sempre<br />
attenta a essere onesta con me stessa, e sapevo che qualche creatura si era<br />
aggirata nel mio bosco, qualcosa di ben più grosso e temibile di un<br />
procione.<br />
Avevo spento da poco la luce quando sentii insetti e rane avviare di<br />
nuovo il loro coro, e quando esso continuò ininterrotto, infine mi<br />
addormentai.
Capitolo quarto<br />
Quando mi alzai, il mattino successivo, composi il numero di mio<br />
fratello; non avevo trascorso una buona nottata, ma se non altro ero<br />
riuscita a dormire un poco. Jason rispose al secondo squillo.<br />
– Pronto – disse, in tono un poco distratto.<br />
– Ciao, fratello, come ti vanno le cose?<br />
– Senti, ti devo parlare, ma adesso non posso farlo. Passerò da te,<br />
probabilmente fra un paio d’ore – rispose, e chiuse la comunicazione senza<br />
neppure salutare, dando l’impressione di essere molto preoccupato per<br />
qualcosa. Bene, avevo proprio bisogno di un’altra complicazione.<br />
Lanciai un’occhiata all’orologio, riflettendo che un paio d’ore mi<br />
avrebbero dato il tempo di lavarmi e di fare un salto in città, al negozio di<br />
alimentari, visto che Jason sarebbe arrivato verso mezzogiorno e che, se lo<br />
conoscevo bene, si sarebbe aspettato di trovare il pranzo pronto. Raccolsi i<br />
capelli in una coda di cavallo, poi li ripiegai e fermai con l’elastico in<br />
modo da ottenere una specie di ciuffo a ventaglio che mi ondeggiasse<br />
sopra la testa; anche se cercavo di non ammetterlo con me stessa, pensavo<br />
che quello stile di pettinatura fosse divertente e, in certa misura, grazioso.<br />
Era una di quelle fresche e pungenti mattine di marzo, del genere che<br />
promette un pomeriggio caldo; il cielo era così luminoso e soleggiato da<br />
risollevarmi lo spirito, ed entrai in Bon Temps con il finestrino abbassato,<br />
cantando a pieni polmoni insieme alla radio. Quella mattina, avrei cantato<br />
perfino insieme a Weird Al Yankovic.<br />
Mentre oltrepassavo i boschi, qualche casa e un campo pieno di<br />
mucche (e di un paio di bufali... non si sa mai cosa la gente sceglie di<br />
allevare), il disk jockey suonò Blue Hawaii, presentandolo come un grande<br />
successo del passato, e io mi trovai a chiedermi dove fosse il vampiro ora<br />
conosciuto come Bubba. Non lo vedevo più da tre o quattro settimane, ma<br />
forse i vampiri della Louisiana lo avevano spostato in un altro<br />
nascondiglio, o forse se ne era andato per i fatti suoi, come faceva di tanto<br />
in tanto. Era in quelle occasioni che si vedevano poi apparire lunghi<br />
articoli su quei giornali scandalistici che sono in vendita al supermercato,<br />
vicino alla cassa.<br />
Proprio mentre stavo vivendo quel momento di beata felicità e di<br />
appagamento, fui assalita da una di quelle idee vagabonde che affiorano<br />
nei momenti più impensati.
Quanto sarebbe bello se Eric fosse qui con me in macchina, pensai.<br />
Sarebbe davvero splendido, con i capelli agitati dal vento, e saprebbe<br />
apprezzare questo momento. Certo, prima di essere incenerito dal sole.<br />
Poi mi resi conto di aver pensato a Eric perché quello era il genere di<br />
giornata che si desiderava condividere con la persona a cui si teneva<br />
maggiormente, la persona di cui si gradiva di più la compagnia, e quella<br />
persona sarebbe stata Eric, se fosse stato ancora come era quando si<br />
trovava sotto l’effetto della maledizione scagliatagli contro da una strega...<br />
un Eric che non era stato indurito da secoli di politica vampiresca, che non<br />
provava disprezzo per gli umani e per i loro affari, che non era a capo di<br />
numerose imprese finanziarie e non era responsabile della vita e delle<br />
entrate di numerosi umani e vampiri.<br />
In altre parole, l’Eric che lui non sarebbe mai più tornato a essere.<br />
Ding-dong, la strega era morta ed Eric era tornato al suo carattere di<br />
sempre. Questo Eric nuovamente integro era guardingo nei miei confronti,<br />
mi era affezionato e non si fidava affatto di me (o dei suoi sentimenti).<br />
Esalai un profondo sospiro e la canzone mi morì sulle labbra. Stava<br />
per estinguersi anche nel mio cuore quando mi ingiunsi di smetterla di fare<br />
l’idiota malinconica. Ero giovane, ero sana, la giornata era splendida e<br />
avevo in vista un appuntamento per venerdì sera. A quel punto mi promisi<br />
un trattamento speciale, e invece di andare direttamente all’alimentari<br />
passai da Tara’s Togs, di proprietà della mia amica Tara Thornton.<br />
Non vedevo più Tara da qualche tempo, perché si era presa una<br />
vacanza per andare a far visita a una zia, nel Texas meridionale, e al ritorno<br />
aveva lavorato al negozio fino a tarda ora, o almeno questo era ciò che mi<br />
aveva detto quando le avevo telefonato per ringraziarla per la macchina.<br />
Quando la mia cucina era bruciata, anche la mia auto era andata a fuoco, e<br />
Tara mi aveva prestato la sua vecchia macchina, una Malibu di due anni,<br />
perché si era procurata un’auto nuova (meglio non sapere come) e non<br />
aveva ancora avuto modo di vendere la Malibu.<br />
Con mio estremo stupore, circa un mese prima, Tara mi aveva<br />
spedito per posta il certificato di proprietà e l’atto di vendita dell’auto,<br />
insieme a una lettera in cui diceva che adesso essa era mia. Io l’avevo<br />
chiamata per protestare, ma lei si era mostrata inamovibile, e alla fine non<br />
mi era rimasto altro da fare se non accettare con buona grazia quel dono.<br />
Sapevo che lei lo considerava una sorta di pagamento per averla<br />
tirata fuori da una terribile situazione; per aiutarla io mi ero dovuta<br />
indebitare con Eric, ma non mi era dispiaciuto, perché Tara era mia amica<br />
da tutta la vita. Adesso era al sicuro, sempre che fosse stata abbastanza
furba da tenersi alla larga dal mondo soprannaturale.<br />
Pur essendo grata e sollevata per il fatto di possedere il veicolo più<br />
nuovo che avessi mai avuto, sarei stata più felice se la nostra amicizia<br />
fosse rimasta ininterrotta; finora mi ero tenuta a distanza, supponendo che<br />
la mia presenza ricordasse a Tara troppe cose spiacevoli, ma adesso mi<br />
sentivo di tentare di strappare quel velo che ci divideva. Forse, Tara aveva<br />
avuto abbastanza tempo per riprendersi.<br />
Tara’s Togs si trovava in un centro commerciale sul lato meridionale<br />
di Bon Temps. Davanti al negozio era parcheggiata un’altra macchina, e<br />
nel vederla decisi che la presenza di una terza persona sarebbe stata utile,<br />
in quanto avrebbe reso l’incontro meno personale.<br />
Quando entrai, Tara era impegnata a servire Portia, la sorella di Andy<br />
Bellefleur, quindi cominciai a esaminare i capi di taglia dieci, e poi quelli<br />
di taglia otto. Portia era seduta al tavolo della ditta Isabelle’s, il che era<br />
estremamente interessante, in quanto Tara era la rappresentante locale<br />
della Isabelle’s Bridal, una ditta nazionale il cui catalogo è una sorta di<br />
bibbia per tutte le cose connesse al matrimonio. È anche possibile<br />
visionare campioni dei vestiti da damigella presso il rappresentante locale,<br />
in modo da poter poi ordinare la taglia giusta, e ogni vestito viene fornito<br />
in venti colori diversi; i vestiti da sposa, venticinque diversi modelli, sono<br />
altrettanto famosi. La ditta fornisce anche inviti per la festa di consegna<br />
dei regali, decorazioni, giarrettiere, doni per le damigelle e qualsiasi altro<br />
articolo immaginabile connesso al matrimonio. Nonostante tutto questo,<br />
però, Isabelle’s era pur sempre una ditta che si rivolgeva alla classe media,<br />
mentre Portia era senza dubbio una donna dell’alta borghesia.<br />
Dal momento che viveva con sua nonna e suo fratello nella dimora<br />
dei Bellefleur, su Magnolia Street, Portia era cresciuta circondata da una<br />
sorta di decadente splendore gotico, e adesso che la dimora era stata<br />
riparata, e che sua nonna riceveva più spesso ospiti, lei era apparsa<br />
decisamente più felice, nelle occasioni in cui mi era capitato di<br />
intravederla in città. Portia non veniva spesso da Merlotte’s, ma quando lo<br />
faceva aveva più tempo da dedicare agli altri, e a volte arrivava perfino a<br />
sorridere. Appena oltre la trentina, insignificante, aveva come unica<br />
attrattiva i folti e lucidi capelli castani.<br />
Adesso stava pensando matrimonio, e Tara stava pensando soldi.<br />
– Devo parlare di nuovo con Halleigh, ma credo che ci serviranno<br />
quattrocento inviti – stava dicendo Portia. Sentii la mascella che mi si<br />
rilassava per lo stupore.<br />
– D’accordo, Portia. Se non ti secca pagare l’urgenza, possiamo
averli entro dieci giorni.<br />
– Oh, bene – annuì Portia, compiaciuta. – Naturalmente, Halleigh e<br />
io avremo vestiti diversi, ma abbiamo pensato di cercare di scegliere lo<br />
stesso abito per tutte le damigelle, magari in colori differenti. Che ne<br />
pensi?<br />
Io pensavo che avrei finito per morire di curiosità. Anche Portia stava<br />
per sposarsi? Con quel contabile di Clarice, magro come uno stecco, con<br />
cui era uscita ultimamente? Tara intravide la mia espressione al di sopra<br />
dell’espositore di abiti, e mentre Portia era intenta a esaminare il catalogo<br />
mi strizzò l’occhio: era decisamente soddisfatta di avere una cliente ricca,<br />
e a quanto pareva le cose erano a posto fra noi due. Mi sentii pervadere dal<br />
sollievo.<br />
– Credo che avere lo stesso abito in colori diversi... che armonizzino,<br />
è ovvio... sarebbe davvero originale – affermò Tara. – Quante saranno le<br />
damigelle?<br />
– Cinque per ciascuna – rispose Portia, sempre concentrata sulla<br />
pagina che aveva davanti. – Posso portare a casa una copia del catalogo?<br />
In questo modo, Halleigh e io potremo esaminarlo stanotte.<br />
– Ne ho una sola copia, perché uno dei modi in cui Isabelle’s<br />
accumula soldi è facendo pagare uno sproposito per ogni dannato catalogo<br />
– replicò Tara, con un accattivante sorriso. Sapeva vendersi bene, quando<br />
era necessario. – Comunque, ti permetterò di portarlo a casa se mi giuri e<br />
mi prometti di restituirlo domani.<br />
Portia eseguì il gesto infantile di tracciarsi sul cuore il segno della<br />
croce e si infilò sotto il braccio lo spesso catalogo; quel giorno sfoggiava<br />
uno dei suoi “completi da avvocato”, gonna e giacca di una sorta di tweed<br />
marrone, con sotto una camicetta di seta, il tutto abbinato a calze beige e a<br />
scarpe a tacco basso e borsetta dello stesso colore. Un insieme monotono e<br />
piatto.<br />
Portia era eccitata, e la sua mente era una carambola di immagini<br />
felici. Sapeva che come sposa sarebbe apparsa un po’ stagionata,<br />
soprattutto al confronto di Halleigh, ma finalmente sarebbe stata una<br />
sposa!<br />
Avrebbe avuto la sua parte del divertimento, i regali, l’attenzione e<br />
gli abiti, per non parlare dell’avere infine un marito. Nel sollevare lo<br />
sguardo, mi vide aggirarmi fra gli espositori di vestiti, ma quel giorno la<br />
sua felicità era tanto profonda da arrivare a inglobare perfino me.<br />
– Ciao, Sookie – salutò, raggiante. – Andy mi ha detto di come lo hai<br />
aiutato a organizzare la sua piccola sorpresa per Halleigh. Lo apprezzo
davvero molto.<br />
– È stato divertente – risposi, sfoggiando a mia volta un sorriso<br />
cortese. – Allora è vero che dobbiamo fare le congratulazioni anche a te? –<br />
aggiunsi. Sapevo che non ci si sarebbe dovuti congratulare con la sposa,<br />
ma soltanto con lo sposo, però non ritenevo che a Portia la cosa potesse<br />
seccare.<br />
E infatti non le dispiacque affatto.<br />
– In effetti, sto per sposarmi – confessò, – e abbiamo deciso di tenere<br />
una cerimonia doppia, insieme a Andy e a Halleigh. Il ricevimento si terrà<br />
a casa.<br />
Era ovvio. Perché avere una dimora del genere, se poi non vi si<br />
tenevano dei ricevimenti?<br />
– Ci sarà parecchio da lavorare per organizzare un matrimonio del<br />
genere per... per quando? – domandai, cercando di mostrarmi comprensiva<br />
e interessata.<br />
– Aprile. Non me ne parlare – rise Portia. – La nonna è già fuori di<br />
sé. Ha chiamato ogni servizio di catering che conosce per trovare qualcuno<br />
che fosse disponibile per la seconda settimana di aprile e alla fine ha<br />
trovato la Extreme(ly Elegant) Events, che si era liberata a causa<br />
dell’annullamento di un’altra prenotazione. Inoltre, il tizio che gestisce lo<br />
Sculptured Forest, a Shreveport, passerà a trovarla questo pomeriggio.<br />
Almeno secondo gli onnipresenti cartelli pubblicitari, lo Sculptured<br />
Forest era il più grande centro di progettazione paesaggistica e il principale<br />
vivaio di piante della zona.<br />
L’aver assunto sia lo Sculptured Forest sia la Extreme(ly Elegant)<br />
Events significava che quel doppio matrimonio sarebbe stato l’evento<br />
sociale dell’anno, a Bon Temps.<br />
– Stiamo pensando a un matrimonio all’aperto, a casa, con tendoni<br />
montati nel giardino – spiegò Portia. – Se dovesse piovere, dovremo<br />
spostarci in chiesa, e trasferire il ricevimento presso il Renard Parish<br />
Community Building. Terremo le dita incrociate.<br />
– Mi sembra splendido – affermai, non riuscendo a trovare altro da<br />
dire. – Ma come farai a continuare a lavorare, con tutte queste cose da<br />
organizzare?<br />
– Me la caverò, in qualche modo.<br />
Mi chiesi il perché di tanta premura. Perché le due coppie felici non<br />
volevano aspettare l’estate, quando Halleigh non avrebbe lavorato? Perché<br />
non attendereche Portia potesse liberare il proprio calendario dagli<br />
impegni e concedersi un matrimonio e una luna di miele come si deve? E
poi, l’uomo che frequentava non era un contabile? Di certo, la stagione<br />
delle tasse era il peggior periodo possibile in cui decidere di sposarsi.<br />
O forse... che Portia fosse incinta? Se così era, però, lei non ci stava<br />
pensando affatto, e dubitavo che in caso di gravidanza sarebbe riuscita a<br />
pensare ad altro. Accidenti, se mai avessi scoperto di essere incinta, io<br />
sarei stata così felice! A patto, naturalmente, che l’uomo in questione mi<br />
amasse e volesse sposarmi, perché non ero abbastanza forte da allevare un<br />
bambino da sola, e mia nonna si sarebbe rivoltata nella tomba se fossi<br />
diventata una ragazza madre. Da quel punto di vista, l’evolversi della<br />
mentalità moderna le era passata accanto senza neppure scomporle un<br />
capello.<br />
Con tutti questi pensieri che mi ronzavano per la testa, impiegai un<br />
minuto a elaborare le parole successive di Portia.<br />
– Cerca quindi di tenerti libera per il secondo sabato di aprile – stava<br />
dicendo, con la cosa più simile a un sorriso affascinante che le fosse<br />
possibile sfoggiare.<br />
Promisi che lo avrei fatto, faticando a mettere insieme le parole a<br />
causa dello stupore. Portia doveva essere tanto eccitata per il matrimonio<br />
imminente da dare i numeri.<br />
Perché mai la mia presenza poteva essere desiderata alla cerimonia?<br />
Io non ero certo amica intima di nessuno dei Bellefleur.<br />
– Intendiamo chiedere a Sam di occuparsi del bar, al ricevimento –<br />
proseguì intanto Portia, e subito il mio mondo tornò ad allinearsi secondo<br />
schemi più familiari: voleva che fossi presente per aiutare Sam.<br />
– Sarà un matrimonio pomeridiano? – chiesi.<br />
Sapevo che a volte Sam accettava lavori esterni, ma di solito il sabato<br />
era una giornata di lavoro intenso, da Merlotte’s.<br />
– No, sarà di sera – precisò Portia. – Però ho già parlato con Sam<br />
questa mattina, e lui ha acconsentito.<br />
– Allora d’accordo – dissi.<br />
Portia arrossì, evidentemente cogliendo nel mio tono più di quanto in<br />
effetti ci fosse stato.<br />
– Glen ha alcuni clienti che desidera invitare, e che possono venire<br />
solo di sera – spiegò, anche se non le avevo chiesto nulla. Glen Vicks era il<br />
contabile... finalmente avevo estrapolato il suo cognome dalla memoria.<br />
Poi, ogni elemento del puzzle andò al suo posto, e compresi infine la causa<br />
dell’imbarazzo di Portia: evidentemente, i clienti di Glen erano vampiri.<br />
Bene, bene, bene.<br />
– Di certo sarà un matrimonio splendido, e sono impaziente di
assistervi – sorrisi, – dal momento che sei stata così gentile da invitarmi.<br />
Il mio fraintendimento era deliberato e, come previsto, ebbe l’effetto<br />
di farla arrossire ancora di più. Per associazione di idee, questo mi fece<br />
venire in mente un’altra cosa, tanto importante da indurmi a violare una<br />
delle mie regole personali.<br />
– Portia – dissi, lentamente, perché volevo essere certa che capisse<br />
cosa intendevo, – dovresti invitare Bill Compton.<br />
Portia detestava Bill... provava avversione per tutti i vampiri... ma in<br />
passato era uscita con lui per portare avanti uno dei suoi complotti<br />
personali, e Bill a quell’epoca aveva assecondato la sua finzione di provare<br />
interesse per lui anche se si era reso conto che la sua sola vicinanza le<br />
faceva accapponare la pelle, perché aveva voluto scoprire quali fossero le<br />
sue effettive intenzioni. Soltanto in seguito aveva scoperto che i Bellefleur<br />
erano i suoi soli parenti superstiti, e che Portia era in effetti la sua pro-propro-pro-pro-pronipote,<br />
o qualcosa del genere; a quel punto, aveva fatto<br />
avere loro, in via anonima, una spropositata quantità di denaro.<br />
Potevo “sentire” quello che Portia stava pensando, e cioè che avevo<br />
voluto ricordarle di proposito le poche volte in cui era uscita con Bill.<br />
Quella era una cosa che non gradiva rammentare, e la irritava che io<br />
l’avessi rispolverata.<br />
– Perché me lo suggerisci? – mi chiese in tono freddo,<br />
guadagnandosi la mia ammirazione per non essere semplicemente uscita<br />
dal negozio a passo di carica. Tara intanto stava mostrando di essere<br />
impegnata al tavolo della ditta Isabelle’s, ma sapevo che stava ascoltando<br />
la nostra conversazione, perché il suo udito era perfetto.<br />
Dopo un feroce dibattito interiore, alla fine ciò che Bill voleva ebbe<br />
la meglio su ciò che io volevo per lui.<br />
– Non ha importanza – dissi con riluttanza. – È il tuo matrimonio,<br />
spetta a te decidere gli inviti.<br />
Portia mi stava guardando come se mi stesse vedendo davvero per la<br />
prima volta.<br />
– Lo frequenti ancora? – domandò.<br />
– No, adesso lui esce con Selah Pumphrey – replicai, in tono piatto e<br />
vuoto.<br />
Portia mi trapassò con un’occhiata indecifrabile e, senza aggiungere<br />
una parola, si avviò verso la sua macchina.<br />
– Cosa diavolo è successo fra voi due? – domandò Tara.<br />
Non potevo rispondere, quindi cambiai argomento, scegliendone uno<br />
che fosse più vicino al cuore di commerciante di Tara.
– Sono felice che gli affari ti vadano bene – dissi.<br />
– Lo sono anch’io. Se non avesse dovuto combinare tutto in così<br />
poco tempo, puoi scommettere che Portia Bellefleur non si sarebbe mai<br />
servita di Isabelle’s – replicò con franchezza Tara. – Se ne avesse avuto la<br />
possibilità, sarebbe andata e venuta da Shreveport un milione di volte per<br />
sistemare tutto; quanto a Halleigh, è semplicemente trascinata sulla scia di<br />
Portia, poveretta. Passerà di qui questo pomeriggio, e io le mostrerò le<br />
stesse cose che ho fatto vedere a Portia... cose che lei sarà costretta ad<br />
approvare. Comunque, tanto meglio per me. Vogliono il pacchetto<br />
completo, perché il sistema usato da Isabelle garantisce la consegna di<br />
tutto nei tempi stabiliti: inviti, biglietti di ringraziamento, vestiti,<br />
giarrettiere, doni per le damigelle, perfino l’abito per la madre della<br />
sposa... la Signora Caroline ne comprerà uno, e anche la madre di<br />
Halleigh... prenderanno tutto qui, direttamente da me, o dal catalogo di<br />
Isabelle’s. A proposito, cosa ti ha portata da queste parti? – chiese quindi,<br />
squadrandomi da capo a piedi.<br />
– Mi serve un vestito per un appuntamento. Andremo a vedere una<br />
commedia, a Shreveport – spiegai. – Poi devo andare all’alimentari e<br />
tornare a casa per cucinare il pranzo a Jason. Allora, hai qualcosa da<br />
mostrarmi?<br />
– Oh, devo avere qualche cosetta – rispose Tara, con un sorriso ora<br />
degno di un predatore.
Capitolo quinto<br />
Jason arrivò un po’ in ritardo, cosa di cui fui contenta, perché quando<br />
si presentò avevo finito di cuocere la pancetta e stavo mettendo gli<br />
hamburger nella padella; inoltre, avevo aperto il pacchetto dei panini,<br />
mettendone due sul piatto di Jason, e avevo sistemato sul tavolo un<br />
sacchetto di patatine, oltre a versare un bicchiere di tè e metterlo accanto al<br />
suo posto. Jason entrò senza bussare, come faceva sempre. Almeno<br />
esteriormente, non era cambiato molto da quando era diventato una<br />
pantera mannara, dato che era sempre biondo e attraente, alla vecchia<br />
maniera: quello che intendo è che lui aveva un aspetto piacevole, ma era<br />
anche il genere di uomo che tutti si soffermavano a guardare al suo<br />
ingresso in una stanza. Oltre ad avere fascino, aveva sempre avuto anche<br />
una vena di cattiveria, però da quando era stato trasformato aveva<br />
cominciato in certa misura a comportarsi da persona migliore, per quanto<br />
non fossi ancora riuscita a stabilire da cosa questo potesse dipendere.<br />
Forse, diventare un animale selvaggio una volta al mese bastava a<br />
soddisfare qualche desiderio inconscio di cui lui non era stato consapevole.<br />
Dal momento che la sua trasformazione non era genetica, ma causata<br />
da un morso, lui era diventato una sorta di ibrido. In un primo momento,<br />
ne era rimasto deluso, ma adesso aveva superato la cosa, e da parecchi<br />
mesi stava frequentando una ragazza che era una pantera mannara<br />
purosangue, Crystal; lei viveva in una minuscola comunità che si trovava<br />
ad alcuni chilometri di distanza, in aperta campagna... e potete credermi se<br />
vi dico che l’aperta campagna circostante Bon Temps, Louisiana, è<br />
davvero tale.<br />
Recitata una breve preghiera, cominciammo a mangiare, ma Jason<br />
non si lanciò sul cibo con l’abituale entusiasmo; dal momento che a me<br />
l’hamburger sembrava essere buono come sempre, supposi che la sua<br />
mente fosse concentrata su qualcosa d’importante, senza però essere grado<br />
di leggere di cosa si trattasse, perché da quando lui era stato trasformato, i<br />
suoi pensieri non erano più altrettanto decifrabili.<br />
Cosa che, per lo più, era fonte di sollievo.<br />
Dopo un paio di bocconi, Jason posò l’hamburger e il suo intero<br />
atteggiamento esteriore cambiò: era pronto a parlare.<br />
– C’è qualcosa che ti devo dire – annunciò. – Crystal non vuole che<br />
ne parli con nessuno, ma io sono davvero molto preoccupato per lei. Ieri...
ha avuto un aborto spontaneo.<br />
Chiusi gli occhi per alcuni secondi, durante i quali fui assalita da<br />
venti pensieri diversi, senza riuscire a completare nessuno di essi.<br />
– Mi dispiace moltissimo – replicai. – Spero che lei stia bene...<br />
– Non vuole andare dal dottore – affermò Jason, fissandomi, del tutto<br />
dimentico del cibo nel piatto.<br />
– Ma deve farlo – obiettai in tono ragionevole. – Ha bisogno di un<br />
D&R. – Non sapevo con esattezza cosa significasse quell’acronimo, D&R,<br />
ma sapevo che dopo un aborto spontaneo si doveva andare in ospedale, e<br />
che questa era la terapia a cui si era sottoposti. La mia amica e collega<br />
Arlene era stata sottoposta a un D&R, e me ne aveva parlato parecchie<br />
volte. Davvero parecchie. – Ecco, consiste nel... – proseguii, ma Jason mi<br />
interruppe subito.<br />
– Ehi, non c’è bisogno che tu me lo dica – mi bloccò, mostrandosi<br />
estremamente a disagio. – So soltanto che lei non vuole andare<br />
all’ospedale a causa del fatto che è una pantera mannara. Ci è dovuta<br />
andare quando è stata ferita da quel maiale selvatico, proprio come Calvin<br />
ha dovuto andarci quando gli hanno sparato, ma entrambi sono guariti<br />
tanto in fretta da suscitare commenti fra i dottori, stando a quanto Crystal<br />
ha sentito dire, per cui adesso lei non ci vuole tornare. È a casa mia, ma...<br />
ecco, non sta bene, e sta peggiorando, invece di migliorare.<br />
– Cosa succede? – domandai.<br />
– Perde troppo sangue, e le gambe non funzionano a dovere – spiegò<br />
Jason, deglutendo a fatica. – Riesce a stento a reggersi in piedi, tanto meno<br />
a camminare.<br />
– Hai chiamato Calvin? – incalzai. Calvin Norris, lo zio di Crystal,<br />
era il capo della piccola comunità di pantere mannare di Hotshot.<br />
– Non vuole che lo informi. Ha paura che Calvin mi uccida per<br />
essere stato con lei. Non voleva che lo dicessi neppure a te, ma ho bisogno<br />
di aiuto.<br />
Anche se sua madre era morta, Crystal aveva parenti di sesso<br />
femminile in abbondanza a Hotshot, e ciascuna di esse ne avrebbe di certo<br />
saputo più di me riguardo a quella situazione, dato che non avevo mai<br />
avuto un bambino, non ero mai stata incinta, e non ero una mutaforma.<br />
Provai a spiegarlo a Jason.<br />
– Non voglio che rimanga seduta per tutto il tempo necessario ad<br />
andare a Hotshot, soprattutto non nel mio furgone – ribatté, mostrandosi<br />
cocciuto come un mulo.<br />
Per un minuto pensai che la sua maggiore preoccupazione fosse che
Crystal gli macchiasse di sangue i sedili, e stavo per saltargli alla gola,<br />
quando lui aggiunse: – Le sospensioni hanno bisogno di essere sostituite, e<br />
ho il terrore che essere sballottata nel furgone su quella strada dissestata<br />
possa peggiorare le sue condizioni.<br />
Stando così le cose, avrebbero potuto essere le sue parenti ad andare<br />
da Crystal, ma ancora prima di aprire bocca compresi che Jason avrebbe<br />
trovato un motivo per porre il veto anche a quella soluzione. Era chiaro<br />
che aveva in mente un piano di qualche tipo.<br />
– D’accordo – mi arresi. – Cosa vuoi che faccia?<br />
– Non mi hai forse detto che quella volta in cui sei rimasta ferita, i<br />
vampiri hanno chiamato un dottore speciale perché si occupasse della tua<br />
schiena?<br />
Non mi andava di pensare a quella notte. La mia schiena recava<br />
ancora le cicatrici causate dall’attacco della menade, e il veleno presente<br />
nei suoi artigli per poco non mi aveva uccisa.<br />
– Sì, la Dottoressa Ludwig – confermai, lentamente. Medico curante<br />
di tutte le creature strane e soprannaturali, la Dottoressa Ludwig era lei<br />
stessa a dir poco strana. Era estremamente bassa... molto, molto bassa, e i<br />
suoi lineamenti non erano proprio normali, tanto che per me sarebbe stata<br />
una notevole sorpresa scoprire che era del tutto umana. Mi era capitato di<br />
vederla per una seconda volta durante il combattimento per il ruolo di<br />
capobranco, e in entrambe le occasioni mi ero trovata a Shreveport, per cui<br />
c’erano buone probabilità che quello fosse il posto dove viveva.<br />
Dal momento che non volevo trascurare la soluzione più ovvia, tirai<br />
fuori l’elenco telefonico di Shreveport dal cassetto sottostante il telefono a<br />
parete: in effetti, risultava una Dottoressa Amy Ludwig. Amy? Faticai a<br />
reprimere una risata.<br />
Contattare direttamente la Dottoressa Ludwig mi creava non poco<br />
nervosismo, ma quando vidi quanto Jason fosse preoccupato, non me la<br />
sentii di protestare all’idea di fare una semplice, miserabile telefonata.<br />
Il telefono squillò quattro volte, poi entrò in funzione una segreteria<br />
telefonica, e una voce meccanica recitò: “Risponde la segreteria telefonica<br />
della Dottoressa Amy Ludwig. La Dottoressa Ludwig non accetta nuovi<br />
pazienti, forniti o meno di assicurazione, non desidera ricevere campioni<br />
farmaceutici e non ha bisogno di assicurazioni di nessun tipo. Inoltre, non<br />
è interessata a investire il suo denaro o a fare elargizioni a enti di<br />
beneficienza che non abbia scelto personalmente”. Seguì una lunga pausa<br />
di silenzio, nel corso della quale, presumibilmente, la maggior parte delle<br />
persone che chiamava interrompeva la comunicazione. Io non lo feci, e
dopo un momento sentii un altro scatto sulla linea.<br />
– Pronto? – disse una vocetta burbera.<br />
– La Dottoressa Ludwig? – domandai, cauta.<br />
– Sì. Non accetto nuovi pazienti! Sono troppo impegnata – dichiarò,<br />
mostrandosi insieme cauta e impaziente.<br />
– Sono Sookie Stackhouse. Lei è la Dottoressa Ludwig che mi ha<br />
curata nell’ufficio di Eric, al Fangtasia?<br />
– Lei è la giovane donna avvelenata dagli artigli della menade?<br />
– Sì. Ci siamo riviste alcune settimane fa, ricorda?<br />
– E dove sarebbe successo? – chiese. Lo ricordava benissimo, ma<br />
voleva un’altra prova della mia identità.<br />
– In un edificio vuoto, in una zona industriale.<br />
– E chi stava dirigendo lo spettacolo, laggiù?<br />
– Un grosso uomo calvo, di nome Quinn.<br />
– Oh, d’accordo – sospirò la dottoressa. – Che cosa vuole? Sono<br />
piuttosto impegnata.<br />
– Ho una paziente per lei. La prego di visitarla.<br />
– Portatela da me.<br />
– Sta troppo male per poter essere spostata.<br />
Sentii la dottoressa borbottare fra sé, ma non riuscii a decifrare le sue<br />
parole.<br />
– Uff – sbuffò infine. – Va bene, Signorina Stackhouse, mi spieghi<br />
qual è il problema.<br />
Le riferii la cosa come meglio potevo, mentre Jason si aggirava per la<br />
cucina, troppo preoccupato per riuscire a rimanere seduto e fermo.<br />
– Idioti. Stupidi – dichiarò infine la Dottoressa Ludwig. – Mi spieghi<br />
come arrivare a casa sua, poi mi potrà portare dove si trova la ragazza.<br />
– Potrei dover uscire per andare al lavoro prima che lei arrivi qui –<br />
obiettai, dopo aver guardato l’orologio e aver calcolato quanto tempo la<br />
dottoressa avrebbe impiegato ad arrivare da Shreveport. – Troverà mio<br />
fratello ad aspettarla.<br />
– È lui il responsabile?<br />
Non avevo idea se la dottoressa si stesse riferendo alla parcella per i<br />
suoi servizi o alla gravidanza, ma comunque fosse, le risposi senza mezzi<br />
termini che il responsabile era Jason.<br />
– Sta arrivando – dissi a mio fratello, dopo aver fornito le indicazioni<br />
alla dottoressa e aver chiuso la comunicazione. – Non so quanto si faccia<br />
pagare, ma le ho detto che ci avresti pensato tu.<br />
– Certo, certo. Come farò a riconoscerla?
– Non puoi scambiarla per nessuno che tu conosca. Ha detto di avere<br />
un autista, cosa che avrei dovuto immaginare, considerato che lei non è<br />
abbastanza alta da poter vedere al di sopra del volante.<br />
Lavai i piatti, mentre Jason continuava ad agitarsi. Chiamò Crystal<br />
per sentire come stava, e parve rassicurato da quello che lei gli disse; alla<br />
fine, gli chiesi di uscire per rimuovere le ragnatele dalla baracca degli<br />
attrezzi. Dato che pareva incapace di aspettare tranquillo, tanto valeva che<br />
si rendesse utile.<br />
Mentre caricavo la lavatrice e indossavo la mia divisa da cameriera<br />
(pantaloni neri, T-shirt bianca con scollo a barchetta con la scritta<br />
Merlotte’s ricamata a sinistra sul petto, Adidas nere), riflettei sulla<br />
situazione. Ero molto combattuta, perché da un lato ero preoccupata per<br />
Crystal, e dall’altro lei non mi era simpatica. Mi dispiaceva che avesse<br />
perso il bambino, perché sapevo che si trattava di una triste esperienza, ma<br />
ne ero anche contenta perché non volevo che Jason la sposasse, ed ero<br />
sicura che lo avrebbe fatto, se la gravidanza fosse proseguita. Mi guardai<br />
intorno, alla ricerca di qualcosa che mi facesse sentire meglio, e provai ad<br />
aprire l’armadio per dare un’occhiata al mio vestito nuovo, quello che<br />
avevo comprato da Tara’s Togs in vista del mio appuntamento, ma neppure<br />
questo riuscì a darmi un po’ di piacere.<br />
Alla fine, optai per quello che avevo progettato di fare prima di<br />
sentire la notizia di Jason: presi un libro e mi sistemai su una sedia sul<br />
portico anteriore, leggendo qualche frase di tanto in tanto e ammirando il<br />
pero che cresceva nel giardino anteriore, coperto di fiori bianchi e di api<br />
ronzanti.<br />
Il sole splendeva, le giunchiglie avevano appena superato il loro<br />
momento di massimo splendore, e avevo un appuntamento per venerdì<br />
sera. Inoltre, avevo già fatto la mia buona azione quotidiana, chiamando la<br />
Dottoressa Ludwig. La morsa di preoccupazione che mi attanagliava lo<br />
stomaco si allentò un poco.<br />
Ogni tanto, potevo sentire vaghi rumori giungere fino a me dal<br />
cortile posteriore, segno che Jason aveva trovato qualcosa con cui tenersi<br />
occupato, dopo aver avuto ragione delle ragnatele. Forse, stava strappando<br />
le erbacce dalle aiuole, una prospettiva che mi fece illuminare in volto:<br />
quella sarebbe stata una cosa gentile da parte sua, considerato che io non<br />
condividevo la passione di mia nonna per il giardinaggio. Mi piaceva<br />
ammirarne i risultati, ma non apprezzavo l’intero procedimento quanto era<br />
stata solita fare lei.<br />
Avevo già controllato più volte l’orologio quando, con mio sollievo,
vidi arrestarsi nell’area di parcheggio anteriore una Cadillac perlacea e<br />
alquanto imponente, sul cui sedile anteriore, accanto al posto di guida,<br />
sedeva una figura minuscola. La portiera del guidatore si aprì e dal veicolo<br />
scese una mannara di nome Amanda; lei e io avevamo avuto le nostre<br />
divergenze, ma ci eravamo separate in buoni rapporti, ed era comunque un<br />
sollievo vedere qualcuno che conoscevo. Amanda, che aveva l’aspetto<br />
della tipica mamma bianca di classe media, era sulla trentina, con capelli<br />
rossi che apparivano naturali, contrariamente a quelli della mia amica<br />
Arlene.<br />
– Salve, Sookie – mi salutò. – Quando la dottoressa mi ha detto dove<br />
eravamo dirette, ne sono stata sollevata, perché sapevo già come arrivare<br />
qui.<br />
– Non sei il suo autista abituale? A proposito, mi piace quel taglio di<br />
capelli.<br />
– Oh, grazie. – Amanda sfoggiava un nuovo taglio di capelli, corto e<br />
spettinato, quasi da ragazzo, che stranamente le donava. Dico stranamente,<br />
perché lei era una donna decisamente femminile. – Non mi ci sono ancora<br />
abituata – ammise, passandosi una mano sul collo. – A dire il vero, di<br />
solito è il mio figlio maggiore a fare da autista alla Dottoressa Ludwig, ma<br />
oggi è a scuola, naturalmente. La persona che sta male è tua cognata?<br />
– La fidanzata di mio fratello – precisai, cercando di far buon viso a<br />
cattivo gioco. – Si chiama Crystal, ed è una pantera mannara.<br />
Amanda assunse un’espressione quasi rispettosa. Spesso i mannari<br />
mostravano solo disprezzo per gli altri mutaforma, ma una creatura<br />
formidabile come una pantera non poteva non attirare la loro attenzione. –<br />
Avevo sentito dire che c’era un gruppo di pantere, qui da qualche parte, ma<br />
prima d’ora non ne ho mai incontrata una.<br />
– Io devo andare al lavoro, ma mio fratello ti farà strada fino a casa<br />
sua.<br />
– Allora non sei poi così intima con la fidanzata di tuo fratello?<br />
Rimasi sconcertata dal sottinteso che potessi essere meno che<br />
preoccupata per la salute di Crystal. Avrei forse dovuto accorrere al suo<br />
capezzale e lasciare a casa mia Jason perché facesse da guida al dottore?<br />
Improvvisamente, il modo in cui prima avevo goduto dei miei momenti di<br />
pace mi apparve come un’insensibile mancanza di considerazione nei<br />
confronti di Crystal. Quello non era però il momento di crogiolarmi nei<br />
sensi di colpa.<br />
– Se devo essere sincera, no, non siamo così intime – ammisi. –<br />
Jason è parso certo che non ci fosse niente che potevo fare per lei, e la mia
presenza non le sarebbe stata di molto conforto, considerato che non nutre<br />
nei miei confronti più simpatia di quanta io ne provi per lei.<br />
– D’accordo. Dove si trova? – chiese ancora Amanda, con una<br />
scrollata di spalle.<br />
In quel momento, con mio sollievo, Jason aggirò di corsa l’angolo<br />
della casa.<br />
– Splendido! – esclamò. – È lei la dottoressa?<br />
– No – rispose Amanda. – Io sono l’autista, almeno per oggi. La<br />
dottoressa è in macchina.<br />
– Vi accompagno da Crystal. L’ho appena sentita al telefono, e non<br />
sta migliorando.<br />
– Chiamami al lavoro, Jason, e fammi sapere come sta, d’accordo? –<br />
dissi, assalita da un’altra ondata di rimorso. – Dopo il lavoro posso venire<br />
a passare la notte da te, se avrai bisogno di me.<br />
– Grazie, sorellina – rispose, elargendomi un rapido abbraccio, poi<br />
assunse un’aria imbarazzata nel continuare: – Ecco, sono contento di non<br />
aver mantenuto il segreto, come Crystal voleva che facessi. Lei non<br />
credeva che l’avresti aiutata.<br />
– Mi piace pensare di essere una persona abbastanza buona da aiutare<br />
qualcuno che ne abbia bisogno, indipendentemente dal fatto che si vada<br />
d’accordo o meno – replicai. Di certo Crystal non poteva aver supposto<br />
che sarei rimasta indifferente, o che la sua sofferenza mi avrebbe<br />
addirittura fatto piacere!<br />
Sgomenta, rimasi a guardare i due veicoli molto diversi fra loro<br />
percorrere il mio vialetto per tornare sulla Hummingbird Road. Quando<br />
chiusi a chiave la porta di casa e salii a mia volta in macchina, non ero di<br />
umore molto buono.<br />
Per rimanere in tema con una giornata ricca di eventi, non appena<br />
varcai la soglia della porta posteriore di Merlotte’s, quel pomeriggio, Sam<br />
mi chiamò dal suo ufficio.<br />
Andai a vedere cosa voleva, sapendo in anticipo che dentro c’erano<br />
alcune altre persone che mi stavano aspettando. Con mio sgomento, scoprii<br />
che Padre Riordan mi aveva teso una imboscata.<br />
A parte il mio capo, nell’ufficio c’erano quattro persone, e Sam era<br />
tutt’altro che contento, anche se si stava sforzando di non darlo a vedere.<br />
Con mia sorpresa, percepii che neppure Padre Riordan era molto contento<br />
dei suoi accompagnatori. Avevo il sospetto di sapere di chi si trattasse.<br />
Merda. Non solo Padre Riordan si era portato dietro i Pelt, ma con loro<br />
c’era anche una giovane donna di circa diciassette anni che doveva essere
la sorella di Debbie, Sandra.<br />
Tutti e tre mi fissarono intensamente. I due Pelt più anziani erano alti<br />
e snelli. Lui portava gli occhiali e aveva una calvizie incipiente, con gli<br />
orecchi che gli sporgevano dalla testa come i manici di una brocca; sua<br />
moglie era attraente, anche se un po’ troppo truccata, indossava un<br />
completo pantaloni di Donna Karan e aveva borsetta e scarpe che recavano<br />
un logo famoso. Sandra Pelt vestiva in modo più casual, con jeans e T-shirt<br />
che aderivano molto alla sua figura esile.<br />
Quasi non sentii Padre Riordan presentare formalmente i Pelt, perché<br />
ero sopraffatta dall’irritazione per la portata di quella loro intrusione nella<br />
mia vita. Avevo detto a Padre Riordan che non li volevo incontrare, e<br />
tuttavia eccoli lì. I due Pelt più anziani mi stavano praticamente divorando<br />
con i loro occhi avidi. Selvaggi, così li aveva definiti Maristella, ma il<br />
termine che mi stava affiorando nella mente era piuttosto disperati.<br />
Sandra costituiva un ben altro paio di maniche: dal momento che era<br />
la secondogenita, non era... non poteva essere... una mutaforma come i<br />
suoi genitori, ma non era neppure un normale essere umano. Poi però il<br />
mio cervello colse qualcosa che mi diede da riflettere: Sandra Pelt era una<br />
mutaforma di qualche tipo. Avevo sentito descrivere i Pelt come genitori<br />
molto più attaccati alla loro seconda figlia di quanto lo fossero stati a<br />
Debbie, e adesso, nell’attingere direttamente da loro pezzi e frammenti di<br />
informazione, stavo cominciando a capire da cosa questo potesse<br />
dipendere. Sandra Pelt poteva anche essere un’adolescente, ma era<br />
formidabile, ed era una mannara purosangue.<br />
Questo però era impossibile, a meno che...<br />
D’accordo. Debbie Pelt, una volpe mannara, era stata adottata. Avevo<br />
appreso che i mannari erano propensi a soffrire di problemi connessi alla<br />
fertilità, quindi supposi che i Pelt avessero rinunciato ad avere un loro<br />
piccolo mannaro e avessero adottato una bambina che fosse almeno un<br />
qualche tipo di mutaforma, anche se non della loro specie. Perfino una<br />
volpe purosangue doveva essere apparsa loro un’alternativa migliore a una<br />
semplice umana. Poi, avevano adottato un’altra figlia, una mannara.<br />
– Sookie – esordì Padre Riordan, con una sfumatura contrariata<br />
nell’affascinante voce irlandese. – Oggi Barbara e Gordon si sono<br />
presentati davanti alla mia porta. Ho detto loro tutto quello che lei mi<br />
aveva incaricato di riferire in merito alla scomparsa di Debbie, ma non si<br />
sono accontentati, e hanno insistito perché li portassi qui.<br />
La mia intensa ira nei confronti del prete diminuì un poco, ma solo<br />
per essere sostituita da un’altra emozione. L’ansia causata da
quell’incontro era tale che sentii il mio abituale sorriso nervoso affiorarmi<br />
sul volto. Lo indirizzai ai Pelt, avvertendo l’ondata della loro<br />
disapprovazione.<br />
– Mi dispiace per la vostra situazione, e mi dispiace che dobbiate<br />
continuare a chiedervi che ne sia stato di Debbie, ma non so che altro dirvi<br />
– affermai.<br />
Una lacrima scivolò lungo la guancia di Barbara Pelt; aperta la borsa,<br />
ne prelevai un fazzoletto di carta che le consegnai, perché si asciugasse il<br />
viso.<br />
– Pensava che lei volesse portarle via Alcide – affermò Barbara.<br />
Non si dovrebbe parlare male dei morti, ma nel caso di Debbie Pelt,<br />
questo era semplicemente impossibile.<br />
– Intendo essere franca, Signora Pelt – dichiarai, anche se non sarei<br />
stata poi così franca. – All’epoca della sua scomparsa, Debbie era<br />
fidanzata con un tizio, un uomo chiamato Clausen, se ben ricordo –<br />
proseguii, vedendola annuire con riluttanza. – Quel fidanzamento ha<br />
lasciato ad Alcide l’assoluta libertà di uscire con chiunque gli andasse, e<br />
abbiamo trascorso un po’ di tempo insieme. – Di nuovo, era tutto vero. –<br />
Adesso però non ci vediamo più da settimane, e lui sta frequentando<br />
un’altra, quindi la convinzione di Debbie era sbagliata.<br />
Sandra si morse il labbro. Snella, con la pelle chiara e i capelli<br />
castano scuro, sfoggiava pochissimo trucco e aveva denti candidi e<br />
regolari. I suoi orecchini a cerchio erano tanto grandi da poter servire da<br />
trespolo a un parrocchetto, e i suoi abiti erano costosi.<br />
A giudicare dalla sua espressione irosa, quello che stavo dicendo non<br />
le piaceva per niente, ma del resto era una adolescente, soggetta a intensi<br />
impeti emotivi. Ricordavo come fosse stata la mia vita quando avevo la<br />
sua età, e la compativo.<br />
– Dal momento che li conosceva entrambi – riprese Barbara Pelt,<br />
ignorando le mie parole e scegliendo con cura le proprie, – deve sapere che<br />
avevano... hanno... un intenso rapporto di amore-odio, indipendentemente<br />
da qualsiasi cosa Debbie abbia fatto.<br />
– Oh, questo è vero – convenni, forse in tono non abbastanza<br />
rispettoso. Se c’era qualcuno a cui avevo fatto un grande favore, uccidendo<br />
Debbie Pelt, quello era Alcide Herveaux; altrimenti, lui e Debbie<br />
avrebbero continuato a farsi a brandelli a vicenda per anni, se non per tutta<br />
la vita.<br />
Lo squillo del telefono costrinse Sam a volgerci le spalle, ma non<br />
prima che intravedessi un sorriso sul suo volto.
– Noi riteniamo che ci debba essere qualcosa che lei sa, qualche<br />
piccolo particolare che ci possa aiutare a scoprire cosa è successo a nostra<br />
figlia. E se... se è morta, vogliamo che il suo assassino sia consegnato alla<br />
giustizia.<br />
Fissai i Pelt per un lungo momento, sentendo sullo sfondo la voce di<br />
Sam reagire con stupore a qualcosa che gli stava venendo detto al telefono.<br />
– Signore e Signora Pelt, Sandra – ribattei. – Quando Debbie è<br />
scomparsa, ho parlato con la polizia, ho collaborato appieno con essa, e<br />
poi ho parlato con i vostri investigatori, quando si sono presentati qui, sul<br />
mio posto di lavoro, proprio come avete fatto voi. Ho permesso loro di<br />
venire a casa mia, e ho risposto alle loro domande. – Solo, non ero stata<br />
sincera. (Sapevo che tutta quella costruzione era una menzogna, ma stavo<br />
facendo quanto di meglio mi era possibile.) – Mi dispiace moltissimo per<br />
la vostra perdita, e comprendo la vostra ansia di scoprire cosa sia successo<br />
a Debbie – continuai, parlando lentamente in modo da poter scegliere con<br />
cura le parole, poi trassi un profondo respiro e conclusi: – Però questa<br />
storia deve finire. Il troppo è troppo, e io non ho niente da aggiungere a<br />
quanto vi ho già detto.<br />
Con mia sorpresa, Sam mi aggirò e uscì in fretta, diretto al bar, senza<br />
dire una parola a nessuno di noi. Padre Riordan lo seguì con lo sguardo,<br />
sorpreso, e la mia ansia di vedere i Pelt andarsene aumentò, perché era<br />
chiaro che stava succedendo qualcosa.<br />
– Capisco cosa intende dire – affermò Gordon Pelt, rigido. Era la<br />
prima volta che apriva bocca, e non pareva contento di trovarsi dove si<br />
trovava, o di fare quello che stava facendo. – Mi rendo conto che non<br />
abbiamo proceduto in questa faccenda nel migliore dei modi, ma sono<br />
certo che ci scuserà, pensando a quello che abbiamo passato.<br />
– Oh, sicuramente – assentii, e anche se non era la completa verità,<br />
quella non era neppure una totale menzogna. Richiusa la borsetta, la riposi<br />
nel cassetto della scrivania di Sam in cui tutte le cameriere tenevano la<br />
loro borsa e mi affrettai ad andare nel bar.<br />
Lo sconvolgimento generale mi investì all’istante: qualcosa non<br />
andava, e quasi ogni cervello presente nel locale stava trasmettendo un<br />
segnale in cui l’agitazione si mescolava a un senso di ansia che rasentava il<br />
panico.<br />
– Cosa succede? – domandai a Sam, infilandomi dietro il bancone.<br />
– Ho appena informato Holly che la scuola ha telefonato per<br />
avvertire che il suo bambino è scomparso.<br />
– Cosa è accaduto? – incalzai, sentendo un brivido gelido che mi
partiva dalla base della schiena.<br />
– Di solito la mamma di Danielle preleva Cody da scuola quando va<br />
a prendere Ashley, la bambina di Danielle.<br />
Danielle Gray e Holly Cleary erano amiche dai tempi delle superiori,<br />
e la loro amicizia era continuata anche attraverso il fallimento del<br />
matrimonio di entrambe. Amavano lavorare nello stesso turno, e la madre<br />
di Danielle, Mary Jane Jasper, che era un vero salvavita per la figlia, ogni<br />
tanto estendeva la propria generosità anche a Holly. Ashley doveva avere<br />
circa otto anni e l’altro figlio di Danielle, Mark Robert, ne aveva circa<br />
quattro, mentre l’unico figlio di Holly, Cody, ne aveva sei, ed era in prima.<br />
– La scuola ha permesso a qualcun altro di prendere Cody? –<br />
esclamai. Avevo sentito dire che gli insegnanti erano stati messi in guardia<br />
dal permettere a padri privi di autorizzazione di prelevare i figli.<br />
– Nessuno sa cosa sia successo al bambino. La maestra di turno,<br />
Halleigh Robinson, era fuori e stava guardando i bambini salire sulle<br />
rispettive macchine. Dice che Cody si è ricordato improvvisamente di aver<br />
lasciato sul banco un disegno che aveva fatto per la mamma e che è corso<br />
dentro per prenderlo. Non ricorda di averlo visto tornare fuori, ma quando<br />
è entrata a controllare non è riuscita a trovarlo.<br />
– Quindi la Signora Jasper era là ad aspettare Cody?<br />
– Sì, era la sola rimasta, seduta nella sua macchina con la nipote.<br />
– Questa faccenda mi spaventa parecchio. Credi che David ne sappia<br />
qualcosa?<br />
David, l’ex di Holly, viveva a Springhill, dove si era risposato.<br />
Mentre parlavo vidi i Pelt che se ne andavano: una fonte di irritazione in<br />
meno.<br />
– Pare di no. Holly lo ha chiamato sul lavoro, e non ci sono dubbi sul<br />
fatto che sia rimasto là per tutto il pomeriggio. Lui ha telefonato alla sua<br />
nuova moglie, che era appena rientrata dall’essere andata a prendere i suoi<br />
bambini alla scuola di Springhill. Per sicurezza, la polizia locale è passata<br />
a perquisire la loro casa, e adesso David sta venendo qui.<br />
Holly era seduta a uno dei tavoli, e anche se non stava piangendo, il<br />
suo era il volto di qualcuno che avesse visto l’inferno dall’interno.<br />
Accoccolata per terra accanto a lei, Danielle le teneva la mano e le stava<br />
parlando in tono urgente e sommesso; Alcee Beck, uno dei poliziotti locali,<br />
era seduto allo stesso tavolo, intento a parlare al cellulare, e aveva davanti<br />
a sé un blocco per appunti e una penna.<br />
– Hanno frugato la scuola?<br />
– Sì. Andy si trova là, insieme a Kevin e a Kenya. – Kevin e Kenya
erano due agenti di pattuglia in uniforme. – E Bud Dearborn è al telefono,<br />
per attivare un Allarme Ambra.<br />
Per un momento, mi soffermai a pensare a come Halleigh si dovesse<br />
sentire in quel momento. Aveva appena ventitré anni, e quello era il suo<br />
primo incarico come insegnante, e anche se non aveva fatto niente di<br />
sbagliato, almeno per quanto potevo stabilire, quando scompariva un<br />
bambino non c’era nessuno che sfuggisse dall’essere incolpato.<br />
Provai quindi a riflettere su come potevo essere d’aiuto. Quella era<br />
un’opportunità unica di utilizzare il mio piccolo handicap per il bene<br />
comune. Per anni, avevo tenuto la bocca chiusa riguardo a ogni sorta di<br />
cose, perché la gente non voleva sapere, non voleva avere intorno<br />
qualcuno in grado di fare quello che io potevo fare.<br />
Il modo in cui sopravvivevo era tenendo la bocca chiusa, perché per<br />
gli umani che mi circondavano era facile dimenticare o non credere,<br />
quando non veniva loro sbattuta in faccia la prova tangibile del mio strano<br />
talento.<br />
A voi piacerebbe avere intorno una donna in grado di sapere se state<br />
tradendo il vostro coniuge, e con chi? O di sapere, nel caso di un uomo,<br />
che desiderate segretamente indossare biancheria di pizzo? Vi andrebbe di<br />
frequentare una ragazza a conoscenza della vostra più segreta opinione sul<br />
conto degli altri e di tutte le vostre pecche nascoste?<br />
No, credo proprio di no.<br />
Come potevo però tirarmi indietro, ora che era coinvolto un<br />
bambino?<br />
Guardai verso Sam, che incontrò il mio sguardo con espressione<br />
triste.<br />
– È dura, vero, cher? – commentò. – Cosa intendi fare?<br />
– Qualsiasi cosa sia necessaria. Però, devo farla adesso – replicai.<br />
– Va’ alla scuola, allora – annuì.
Capitolo sesto<br />
Non avevo idea di come sarei riuscita a realizzare quello che mi<br />
proponevo, così come non sapevo chi sarebbe stato disposto a riconoscere<br />
che potevo essere d’aiuto. Naturalmente, davanti alla scuola elementare<br />
era raccolta una folla: un gruppo di una trentina di adulti era in piedi<br />
sull’erba, accanto al marciapiede antistante la scuola, e lo sceriffo Bud<br />
Dearborn stava parlando con Andy sul prato davanti all’ingresso. La Betty<br />
Ford Elementary era la stessa scuola che avevo frequentato io; a quel<br />
tempo l’edificio era stato abbastanza nuovo, una struttura diritta, in<br />
mattoni, a un solo piano, contenente un atrio, gli uffici, l’asilo, le aule della<br />
prima classe e la caffetteria; c’era poi un’ala sulla destra riservata alle<br />
seconde classi e una sulla sinistra per le terze, e il tutto era completato da<br />
un piccolo edificio ricreativo, usato come palestra in caso di cattivo tempo,<br />
situato alle spalle della scuola, nell’ampio cortile per la ricreazione, e<br />
raggiungibile tramite un passaggio coperto.<br />
Naturalmente, davanti al complesso c’erano le aste che reggevano<br />
due bandiere, quella degli Stati Uniti e quella della Louisiana, e mi piaceva<br />
passare di lì in macchina in giornate ventose come quella, per vederle<br />
sventolare, così come mi piaceva pensare a tutti quei bambini che si<br />
trovavano all’interno, impegnati a essere soltanto bambini. Quel giorno<br />
però le bandiere erano state ammainate e soltanto le corde legate vibravano<br />
sotto il soffio del vento teso; il prato della scuola era punteggiato qua e là<br />
da una carta di caramella o da un foglio per appunti accartocciato, e la<br />
bidella della scuola, Madelyn Pepper (chiamata da tutti “Signora Maddy”)<br />
se ne stava seduta su una sedia di plastica davanti alla porta principale, con<br />
il carrello per le pulizie fermo accanto a lei. Bidella da molti anni, la<br />
Signora Maddy era una donna dai processi mentali molto lenti, ma era una<br />
grande lavoratrice ed era assolutamente affidabile. A guardarla, appariva<br />
identica a come era stata quando io frequentavo quella scuola: alta, robusta<br />
e pallida, con una lunga massa di capelli tinti color biondo platino. In quel<br />
momento, stava fumando una sigaretta, come sempre. Da anni la preside,<br />
la Signora Garfield, stava portando avanti una battaglia contro di lei per<br />
quella sua brutta abitudine, ma la Signora Maddy ne era sempre uscita<br />
vittoriosa: fumava fuori, però continuava a fumare. Quel giorno, la Signora<br />
Garfield appariva del tutto indifferente alla cosa ed era tesa quanto la<br />
Signora Maddy, ma molto meno abile nel non darlo a vedere. Moglie di un
ministro Metodista-Episcopale, la Signora Garfield indossava un completo<br />
color senape, calze color carne e scarpe nere.<br />
Gradualmente, mi portai fino alla prima fila della piccola folla,<br />
ancora incerta su come procedere per quello che dovevo fare. Andy mi<br />
vide per primo, e batté un colpetto sulla spalla di Bud Dearborn. Bud, che<br />
stava parlando al cellulare, si girò a guardarmi, e io rivolsi a entrambi un<br />
cenno di saluto. Lo Sceriffo Dearborn non mi aveva in simpatia, e anche se<br />
era stato amico di mio padre non mi aveva mai potuta soffrire. Per lui, le<br />
persone rientravano in due sole categorie: quelle che infrangevano la legge<br />
e potevano essere arrestate, e quelle che non la infrangevano e non<br />
potevano esserlo, per lo più soggetti che semplicemente non erano ancora<br />
stati colti in flagrante, almeno per il suo modo di vedere. In un certo senso,<br />
io ricadevo in un’area imprecisata fra quelle due categorie: lui si sentiva<br />
certo che fossi colpevole di qualcosa, ma non riusciva a capire di cosa si<br />
trattasse.<br />
Anche Andy non mi aveva molto in simpatia, ma credeva nelle mie<br />
capacità. Con un gesto quasi impercettibile, accennò con la testa verso<br />
sinistra, e anche se non potevo vederlo in faccia, notai che Bud Dearborn<br />
reagì irrigidendosi per l’ira e incurvandosi un poco in avanti, con un<br />
linguaggio corporeo da cui si capiva che era infuriato con il detective.<br />
Uscendo dal capannello di cittadini ansiosi e curiosi, aggirai l’ala<br />
riservata alle terze classi e mi portai sul retro della scuola. Il cortile della<br />
ricreazione, grande all’incirca la metà di un campo da football, era<br />
recintato, e il cancello, di solito chiuso da una catena fermata con un<br />
lucchetto, era stato aperto, probabilmente per facilitare le ricerche. Vidi<br />
Kevin Pryor, il giovane e magro agente di pattuglia che vinceva sempre la<br />
gara del 4K alla Festa dell’Azalea, chinarsi a sbirciare in un canale di<br />
drenaggio, dall’altra parte della strada; nel fosso, l’erba era alta, e i<br />
pantaloni della sua uniforme scura erano spolverati di polline giallo.<br />
La sua collega, Kenya, prosperosa quanto Kevin era esile, si trovava<br />
dall’altra parte della strada, all’estremità opposta dell’isolato, e potevo<br />
vedere la sua testa muoversi di qua e di là nel passare al vaglio i cortili<br />
circostanti.<br />
La scuola occupava un intero isolato nel cuore di un’area<br />
residenziale; intorno, tutte le case erano abitazioni modeste, con giardini<br />
altrettanto modesti, il genere di quartiere disseminato di cesti da basket e<br />
di biciclette, di cani che abbaiavano e di vialetti fiancheggiati da<br />
marciapiedi decorati a gesso.<br />
Quel giorno, ogni superficie era ricoperta da un sottile strato di
polvere gialla, segno che stava cominciando la stagione del polline. Se si<br />
lavava la macchina sul proprio vialetto, si vedeva un cerchio giallo intorno<br />
al canale di scolo delle acque piovane, la pancia dei gatti era colorata di<br />
giallo e lo stesso valeva per le zampe dei cani, e una persona su due<br />
circolava con gli occhi arrossati e una scorta di fazzolettini di carta.<br />
Ne vidi parecchi sparsi per terra nel cortile della ricreazione,<br />
costellato da chiazze di erba novella e da altre di terra battuta, nei punti in<br />
cui i bambini tendevano maggiormente a raggrupparsi. Sullo spiazzo in<br />
cemento antistante la porta della scuola era stata dipinta una grande mappa<br />
degli Stati Uniti, con il nome di ciascuno stato tracciato con caratteri nitidi<br />
e precisi. La Louisiana era il solo stato dipinto di un colore rosso acceso e<br />
il suo contorno era occupato dall’immagine di un pellicano; troppo lunga<br />
per poter competere con il pellicano, la parola Louisiana era stata dipinta<br />
sul cemento, nel punto in cui ci sarebbe dovuto essere il Golfo del<br />
Messico.<br />
Andy emerse dalla porta posteriore, il volto contratto in<br />
un’espressione dura e tesa che lo faceva apparire più vecchio di dieci anni.<br />
– Come sta Halleigh? – gli chiesi.<br />
– È nella scuola e sta piangendo – rispose. – Dobbiamo trovare<br />
questo bambino.<br />
– Cosa ne dice Bud? – domandai, oltrepassando il cancello.<br />
– Non me lo chiedere. Ma se c’è qualcosa che puoi fare per noi,<br />
abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile.<br />
– Ti stai mettendo in una posizione difficile – osservai.<br />
– Anche tu.<br />
– Dove sono le persone che si trovavano nella scuola quando lui è<br />
corso dentro?<br />
– Sono ancora tutte lì, tranne la preside e la bidella.<br />
– Le ho viste fuori.<br />
– Le farò rientrare. Tutte le insegnanti sono nella caffetteria. A<br />
un’estremità c’è un piccolo palco: siediti lì, e vedi se riesci a percepire<br />
qualcosa.<br />
– D’accordo – assentii, non avendo nessuna idea migliore.<br />
Andy si avviò verso l’ingresso anteriore della scuola per andare a<br />
prendere la preside e la bidella, e io entrai dall’estremità del corridoio<br />
riservato alle terze. Fuori da ogni classe, le pareti erano decorate da disegni<br />
a colori vivaci, e nel soffermarmi a contemplare quelle rudimentali figure<br />
umane che facevano picnic o pescavano, sentii le lacrime che mi salivano<br />
agli occhi, trovandomi per la prima volta a desiderare che i miei poteri
fossero psichici, invece che telepatici. In quel caso, avrei potuto<br />
visualizzare che cosa era successo a Cody, invece di dover aspettare che<br />
qualcuno ci pensasse. Non avevo mai incontrato nessuno che possedesse<br />
poteri psichici, ma mi rendevo conto che si doveva trattare di un talento<br />
assai poco affidabile, a volte non abbastanza specifico e altre volte fin<br />
troppo dettagliato. La mia piccola stranezza era molto più sicura, e su<br />
questa base stavo cercando di convincermi di poter aiutare quel bambino.<br />
Mentre mi dirigevo verso la caffetteria, gli odori propri della scuola<br />
generarono in me un’ondata di ricordi, per la maggior parte dolorosi,<br />
anche se qualcuno di essi era piacevole.<br />
Quando ero stata così piccola, non avevo avuto nessun controllo sulla<br />
mia telepatia e nessuna idea in merito a cosa ci fosse in me che non<br />
andava, e il fatto che i miei genitori mi avessero trascinata da una serie di<br />
specialisti di cure mentali per capire cosa ci fosse in me che non andava<br />
era servito a estraniarmi ulteriormente dai miei coetanei. Per lo più, però,<br />
gli insegnanti erano stati gentili con me, si erano resi conto che stavo<br />
facendo del mio meglio per imparare, e che se in qualche modo finivo per<br />
essere costantemente distratta, questo non accadeva per mia scelta.<br />
Quell’odore misto di gesso, cancellini, carta e libri stava facendo<br />
riaffiorare ogni cosa.<br />
Ricordavo ogni porta e ogni corridoio come se avessi appena lasciato<br />
quel posto. Adesso le pareti erano color pesca, invece che bianco opaco,<br />
come le rammentavo, e al posto del linoleum marrone c’era una moquette<br />
grigia, ma a parte questo la struttura della scuola era immutata. Senza<br />
esitazioni, oltrepassai una porta e mi ritrovai sul piccolo palcoscenico, che<br />
si trovava a un’estremità del refettorio. Se ben ricordavo, quell’ambiente<br />
veniva definito “stanza polifunzionale”, con l’area di servizio che poteva<br />
essere isolata mediante dei paravento e i tavolini che potevano essere<br />
piegati e rimossi. Adesso erano disposti nella stanza in file ordinate, e le<br />
persone che li occupavano erano tutti adulti, con l’eccezione dei figli di<br />
alcune insegnanti, che si erano trovati in classe quando era stato dato<br />
l’allarme.<br />
Scovata una piccola sedia di plastica, la sistemai dietro le tende, sulla<br />
sinistra del palco, poi chiusi gli occhi e cominciai a concentrarmi,<br />
perdendo la consapevolezza del mio corpo a mano a mano che escludevo<br />
tutti gli stimoli esterni e lasciavo la mia mente libera di vagare.<br />
È colpa mia, colpa mia, colpa mia! Perché non mi sono accorta che<br />
non era tornato fuori? O magari mi è sgusciato accanto? Potrebbe essere<br />
salito su una macchina senza che lo vedessi?
Povera Halleigh. Era seduta in disparte, e il mucchietto di fazzolettini<br />
usati che aveva accanto mostrava come avesse passato il tempo durante<br />
l’attesa. Lei era del tutto innocente, quindi passai oltre con il mio<br />
sondaggio.<br />
Oh mio Dio, grazie, mio Dio, che non è mio figlio a essere<br />
scomparso...<br />
Andare a casa e mangiare qualche biscotto...<br />
Non posso passare a comprare la carne per gli hamburger, magari<br />
posso chiamare Ralph e chiedergli di passare dal Sonic... no, non va bene,<br />
abbiamo già mangiato fast food ieri sera...<br />
Sua madre è una cameriera, chissà quanti malviventi conosce!<br />
Probabilmente è stato uno di loro.<br />
E quella sfilza continuava sullo stesso tono, una litania di pensieri<br />
innocui. I bambini stavano pensando tutti a spuntini o alla televisione, ed<br />
erano anche spaventati. Gli adulti, per lo più, erano molto spaventati per i<br />
loro figli, e preoccupati per l’effetto che la scomparsa di Cody avrebbe<br />
avuto sulla loro famiglia e sulla loro classe.<br />
– Fra un momento arriverà lo Sceriffo Dearborn, e allora vi<br />
divideremo in due gruppi – annunciò Andy Bellefleur.<br />
Gli insegnanti si rilassarono, perché quelle erano istruzioni familiari,<br />
del genere che loro stessi avevano spesso impartito.<br />
– Faremo delle domande a ciascuno di voi, a turno, e dopo ve ne<br />
potrete andare. So che siete preoccupati, e abbiamo degli agenti che stanno<br />
setacciando la zona, ma forse potremo ottenere da voi qualche<br />
informazione che ci aiuti a trovare Cody.<br />
In quel momento entrò la Signora Garfield, preceduta dalla sua ansia,<br />
che potei percepire come una nera nube temporalesca. La Signora Maddy<br />
veniva subito dietro di lei, tanto che potevo sentire le ruote del suo<br />
carrello, carico del bidone per i rifiuti e dei prodotti per le pulizie, il cui<br />
odore familiare la avviluppava. Naturalmente, lei aveva cominciato a<br />
pulire appena finite le lezioni, quindi doveva essersi trovata in una delle<br />
classi, e con ogni probabilità non aveva visto niente. La Signora Garfield<br />
poteva essere stata nel suo ufficio; il direttore dei miei tempi, invece, il<br />
Signor Hefferman, era stato solito restare fuori con la maestra di turno<br />
finché i bambini non se ne erano andati tutti, in modo che i genitori<br />
avessero la possibilità di parlargli dei progressi... o della mancanza di<br />
progressi... dei loro figli.<br />
Anche senza sporgermi a guardare da dietro la tenda polverosa, non<br />
ebbi difficoltà a seguire i movimenti delle due donne. La Signora Garfield
era una sfera di tensione tanto intensa da caricare di elettricità l’aria<br />
intorno a lei, e la Signora Maddy era avviluppata dall’odore dei prodotti<br />
per le pulizie e dai rumori causati dal carrello. Il suo stato d’animo era<br />
avvilito, e più di ogni altra cosa lei voleva tornare alla sua routine. Maddy<br />
Pepper poteva anche essere una donna dall’intelligenza limitata, ma amava<br />
il suo lavoro perché era brava a svolgerlo.<br />
Mentre me ne stavo seduta lì, appresi una quantità di cose. Scoprii<br />
che una delle insegnanti era lesbica, anche se era sposata e aveva tre figli,<br />
e appresi che un’altra maestra era incinta, ma non lo aveva ancora detto a<br />
nessuno. Appresi anche che la maggior parte di quelle donne (non c’erano<br />
insegnanti di sesso maschile alle elementari) era stressata dalla<br />
molteplicità di impegni dovuti alla famiglia, al lavoro e alla frequentazione<br />
della chiesa. La maestra di Cody, in particolare, era molto avvilita, perché<br />
il bambino le piaceva, anche se pensava che sua madre fosse strana;<br />
peraltro, riteneva anche che Holly si stesse sforzando di essere una buona<br />
madre, e questo serviva a compensare l’avversione che provava per il suo<br />
abbigliamento gotico.<br />
Nulla di quanto appresi mi aiutò però a scoprire dove fosse Cody,<br />
almeno finché non mi avventurai nella testa di Maddy Pepper.<br />
Quando sopraggiunse alle mie spalle, Kenya mi trovò piegata su me<br />
stessa, con la mano premuta sulla bocca e lacrime silenziose che mi<br />
scorrevano sulla faccia, incapace di alzarmi per andare a cercare Andy o<br />
chiunque altro. Adesso sapevo dove si trovava il bambino.<br />
– Andy mi ha mandata per scoprire cosa sai – sussurrò Kenya,<br />
estremamente contrariata da quell’incarico, perché anche se mi trovava<br />
simpatica, non pensava che potessi fare niente per aiutare la polizia, e<br />
riteneva che Andy fosse uno sciocco a mettere a repentaglio la sua carriera,<br />
chiedendomi di starmene là nascosta.<br />
In quel momento, colsi un’altra cosa, vaga e debole, e balzai in piedi,<br />
afferrando Kenya per una spalla.<br />
– Guardate nel bidone dei rifiuti, quello caricato sul carrello, subito!<br />
– ingiunsi, a bassa voce, ma in tono che speravo essere abbastanza urgente<br />
da accendere il fuoco sotto i piedi di Kenya. – È lì dentro, ed è ancora<br />
vivo!<br />
Kenya non fu tanto impulsiva da lanciarsi oltre la tenda, balzare giù<br />
dal palco e precipitarsi verso il carrello della bidella. Invece, mi scoccò<br />
un’occhiata molto penetrante.<br />
Emergendo da dietro la tenda, rimasi a guardare mentre lei scendeva<br />
con calma i pochi gradini antistanti il palco e si dirigeva verso il punto in
cui era seduta Maddy Pepper, con le dita che tamburellavano su una<br />
gamba, segno che aveva voglia di una sigaretta. Quando si rese conto che<br />
Kenya le si stava avvicinando, un opaco senso di allarme trillò nel suo<br />
cervello; quando poi vide Kenya protendersi a toccare il grosso bidone dei<br />
rifiuti, scattò in piedi, gridando:<br />
– Non volevo farlo! Non volevo farlo!<br />
Nella stanza, tutti si girarono verso il punto da cui venivano quelle<br />
grida, ogni volto improntato alla stessa, identica espressione di orrore, e<br />
Andy si affrettò ad avvicinarsi. Adesso Kenya era china sul bidone e stava<br />
frugando al suo interno, gettando tutt’intorno da sopra la spalla una vera<br />
tempesta di neve di fazzolettini usati. Quando trovò quello che stava<br />
cercando, si immobilizzò per un secondo, poi si chinò maggiormente in<br />
avanti, rischiando quasi di cadere nel bidone.<br />
– È vivo – gridò a Andy. – Chiama il 911!<br />
– Stava lavando il pavimento quando lui è rientrato di corsa in classe<br />
per prendere il disegno – spiegò Andy; adesso, eravamo seduti da soli nella<br />
caffetteria. – Non so se hai potuto sentirlo. C’era molto chiasso nella<br />
stanza.<br />
Annuii, perché avevo potuto leggere i pensieri di Maddy, mentre lei<br />
parlava. Durante tutti quegli anni di lavoro, non le era mai capitato di<br />
avere con gli studenti un problema che non potesse essere risolto con un<br />
energico rimprovero da parte sua. Quel giorno, Cody era entrato di corsa<br />
nella classe, con le scarpe e i risvolti dei pantaloni pieni di polline, che<br />
aveva disseminato sul pavimento lavato di fresco. Maddy aveva gridato<br />
per rimproverarlo, e Cody si era spaventato, sussultando, cosicché i suoi<br />
piedi erano scivolati sul pavimento bagnato e lui era caduto all’indietro,<br />
battendo la testa. Il corridoio era interamente coperto di moquette da una<br />
porta all’altra per ridurre il rumore, ma lo stesso non valeva nelle classi, e<br />
la testa del bambino era rimbalzata contro il linoleum.<br />
Credendo di averlo ucciso, Maddy si era affrettata a nascondere il<br />
corpo nel posto più vicino. Rendendosi conto che se il bambino era <strong>morto</strong><br />
lei avrebbe perso il lavoro, aveva obbedito all’impulso di cercare di celare<br />
l’accaduto, senza avere nessun piano preciso o idea di cosa sarebbe<br />
successo; non aveva neppure pensato a come liberarsi del corpo, e non<br />
aveva preso in considerazione quanto si sarebbe sentita infelice e<br />
colpevole al riguardo.<br />
Per passare sotto silenzio la parte da me avuta nella vicenda, cosa che<br />
la polizia e io ritenevamo essere la soluzione migliore, Andy aveva<br />
suggerito a Kenya di dichiarare di essersi improvvisamente resa conto che
il solo angolo della scuola che non avesse ancora perquisito era il bidone<br />
dei rifiuti di Maddy Pepper.<br />
– È esattamente quello che ho pensato – aveva replicato Kenya, il<br />
volto rotondo atteggiato a un’espressione indecifrabile. – Mi sono detta<br />
che avrei dovuto perquisirlo, o almeno frugarci, per vedere se il rapitore ci<br />
aveva buttato dentro qualcosa.<br />
Kevin l’aveva fissata con espressione accigliata, percependo<br />
qualcosa di nascosto sotto la superficie di quella conversazione, perché<br />
non era uno stupido, men che meno quando si trattava di Kenya.<br />
I pensieri di Andy mi apparivano fin troppo chiari.<br />
– Non chiedermi mai più di farlo – ingiunsi.<br />
Lui annuì, ma stava mentendo. Davanti a sé, vedeva un panorama<br />
fatto di casi risolti e di malfattori messi sotto chiave, stava contemplando<br />
come Bon Temps sarebbe stata ripulita, una volta che io gli avessi detto chi<br />
erano i malfattori e lui avesse trovato modo di incriminarli.<br />
– Non intendo farlo – ribadii. – Non ti aiuterò di continuo. Sei tu il<br />
detective, e devi scoprire le cose in maniera legale, in modo da mettere<br />
insieme un caso che regga in tribunale. Se comincerai a servirti sempre di<br />
me, è inevitabile che tu diventi trasandato, i casi non reggeranno e tu ti<br />
creerai una cattiva reputazione – continuai, sentendomi disperata e<br />
impotente, perché non pensavo che le mie parole avrebbero avuto effetto.<br />
– Lei non è una bacchetta magica – osservò Kevin.<br />
Kenya si mostrò stupita, e Andy reagì in modo più che sorpreso,<br />
perché ai suoi occhi quello era un vero atto di eresia, considerato che<br />
Kevin era solo un agente di pattuglia e che lui era un detective. Inoltre,<br />
Kevin era un uomo silenzioso, che ascoltava i colleghi ma offriva di rado<br />
un proprio parere; considerato che era notoriamente dominato dalla madre,<br />
forse aveva imparato fin da piccolo a tenere per sé i propri pensieri.<br />
– Non puoi scrollarla e ricavarne la risposta giusta – continuò Kevin.<br />
– Dovrai trovare le risposte da solo. Non sarebbe giusto impossessarti della<br />
vita di Sookie per poter fare meglio il tuo lavoro.<br />
– Giusto – convenne Andy, che peraltro non era convinto. – Ritengo<br />
però che ogni cittadino dovrebbe desiderare di vedere la propria città<br />
liberata da ladri, violentatori e assassini.<br />
– E cosa mi dici degli adulteri, o delle persone che prelevano più di<br />
un giornale dal distributore? Dovrei denunciare anche quei soggetti? E<br />
magari anche i ragazzini che copiano agli esami?<br />
– Sai cosa intendo, Sookie – ribatté, pallido in volto e furente.<br />
– Sì, so cosa intendi, quindi scordatelo. Ti ho aiutato a salvare la vita
di quel bambino... non indurmi a rimpiangere di averlo fatto – tagliai corto,<br />
e me ne andai da dove ero entrata, passando dal cancello posteriore e<br />
fiancheggiando il lato della strada, fino a dove avevo lasciato la macchina.<br />
Tornai indietro guidando con estrema cautela, perché stavo ancora<br />
tremando per l’intensità delle emozioni che si erano addensate quel<br />
pomeriggio nella scuola.<br />
Arrivata al bar, scoprii che Holly e Danielle se ne erano andate...<br />
Holly per raggiungere il figlio all’ospedale, e Danielle per accompagnarla,<br />
perché lei era troppo scossa per guidare.<br />
– La polizia sarebbe stata lieta di darle un passaggio – spiegò Sam, –<br />
ma io sapevo che qui Holly non ha nessuno, a parte Danielle, quindi ho<br />
ritenuto che fosse meglio lasciare che andasse con lei.<br />
– Naturalmente, questo mi lascia qui a lavorare da sola – ribattei in<br />
tono pungente, pensando che stavo venendo punita due volte per aver<br />
aiutato Holly.<br />
– Ho chiamato Tanya Grissom – rispose Sam, con un sorriso a cui<br />
non potei fare a meno di rispondere. – Mi aveva detto che le sarebbe<br />
piaciuto darci una mano per tappare eventuali buchi.<br />
Tanya Grissom si era appena trasferita a Bon Temps ed era venuta<br />
subito da Merlotte’s per presentare una domanda di lavoro, spiegando a<br />
Sam che si era mantenuta al college facendo la cameriera.<br />
Là, le riusciva di mettere insieme più di duecento dollari di mance<br />
per notte, cosa che, come le avevo detto in tutta franchezza, a Bon Temps<br />
non sarebbe mai successa.<br />
– Hai provato prima a chiamare Arlene e Charlsie? – chiesi,<br />
rendendomi poi subito conto di aver superato la linea del consentito,<br />
perché ero soltanto una cameriera, non il proprietario, e non spettava a me<br />
ricordare a Sam che avrebbe dovuto contattare le dipendenti che avevano<br />
maggiore anzianità prima di rivolgersi alla nuova venuta; Tanya era<br />
indubbiamente una mutaforma, e temevo che Sam potesse fare dei<br />
favoritismi.<br />
– Sì, l’ho fatto – rispose, in tono pratico, e non irritato. – Arlene ha<br />
detto di avere un appuntamento, e Charlsie era impegnata con il nipotino.<br />
Mi ha anche lasciato capire che non continuerà a lungo a lavorare; credo<br />
voglia occuparsi a tempo pieno del bambino quando sua nuora riprenderà a<br />
lavorare.<br />
– Oh – mormorai, sconcertata all’idea che mi sarei dovuta abituare a<br />
una persona nuova.<br />
Naturalmente, le cameriere andavano e venivano, e io ne avevo viste
parecchie varcare la porta del personale di Merlotte’s nell’arco degli anni...<br />
accidenti, erano già cinque... in cui avevo lavorato per Sam. Durante la<br />
settimana, Merlotte’s era aperto fino a mezzanotte, e lo era fino all’una il<br />
venerdì e il sabato.<br />
Sam aveva provato a tenere aperto la domenica, ma aveva constatato<br />
che non conveniva, quindi adesso il locale era chiuso, a meno che non<br />
venisse noleggiato per una festa privata.<br />
Sam cercava anche di ruotare i nostri turni in modo che tutte<br />
avessimo la possibilità di lavorare in quello notturno, più remunerativo,<br />
quindi c’erano giorni in cui lavoravo dalle undici alle cinque (o alle sei e<br />
mezza, se c’era molto da fare), e altri in cui lavoravo dalle cinque all’ora di<br />
chiusura. Sam aveva provato a fare una serie di esperimenti con i giorni e<br />
gli orari, fino a trovare quello che risultava migliore per tutti, si aspettava<br />
da noi un po’ di flessibilità, e in cambio era tanto gentile da lasciarci libere<br />
per funerali, matrimoni e altre pietre miliari dell’esistenza.<br />
Prima di cominciare a lavorare per lui, io avevo svolto un paio di<br />
altri lavori, e indubbiamente Sam era di gran lunga la persona con cui si<br />
lavorava meglio. In qualche modo, lungo la strada, lui era diventato<br />
qualcosa di più del mio datore di lavoro, e adesso era un mio amico.<br />
Quando avevo scoperto che era un mutaforma, la cosa non mi aveva<br />
disturbata affatto, ma adesso ero preoccupata per lui, perché avevo sentito<br />
circolare nella comunità dei mutaforma delle voci secondo cui i mannari<br />
stavano pensando di rendere nota la loro esistenza, come avevano già fatto<br />
i vampiri. La mia preoccupazione era che la gente di Bon Temps potesse<br />
non accettarlo per quello che era: gli altri avrebbero pensato che in tutti<br />
quegli anni lui li aveva ingannati, oppure avrebbero accettato con<br />
naturalezza la cosa? Da quando i vampiri avevano fatto la loro rivelazione<br />
così accuratamente orchestrata, la vita come la conoscevamo era cambiata,<br />
in tutto il mondo. Una volta che l’iniziale senso di shock si era dissipato,<br />
alcune nazioni avevano cominciato a lavorare per includere i vampiri nel<br />
flusso generale della vita, mentre altre li avevano dichiarati esseri nonumani<br />
e avevano incitato la cittadinanza a ucciderli a vista (cosa più facile<br />
a dirsi che a farsi).<br />
– Sono certa che Tanya se la caverà bene – dissi, per altro in un tono<br />
che suonò incerto perfino ai miei stessi orecchi. Agendo d’impulso... e<br />
posso solo supporre che si trattasse di un effetto ritardato dell’ondata di<br />
emozioni che mi aveva investita quel giorno... gettai le braccia intorno al<br />
collo di Sam e lo abbracciai. Lui sapeva di pelle e capelli puliti, di un<br />
dopobarba delicato e un po’ anche di vino e di birra... l’odore proprio di
Sam, che inalai nei polmoni come se fosse stato ossigeno.<br />
Sorpreso, lui ricambiò l’abbraccio, e per un secondo il calore del suo<br />
corpo mi fece sentire quasi piacevolmente stordita, poi entrambi ci<br />
traemmo indietro, perché dopo tutto eravamo sul posto di lavoro e c’erano<br />
alcuni clienti sparsi per la sala. Di lì a poco entrò Tanya; era un bene che io<br />
e Sam ci fossimo separati, perché non volevo certo indurla a pensare che<br />
quella fosse una sorta di abitudine.<br />
Tanya era più bassa del mio metro e sessantotto di statura, ed era una<br />
donna di aspetto piacevole, vicina alla trentina, con lucidi capelli corti e<br />
diritti il cui colore castano era quasi uguale a quello degli occhi. La bocca<br />
era piccola, il naso rotondo, la figura gradevole, e io non avevo<br />
assolutamente nessun motivo per trovarla antipatica, ma non ero contenta<br />
di vederla, e questo mi faceva vergognare di me stessa, perché sapevo che<br />
avrei dovuto darle la possibilità di dimostrarmi quale fosse davvero il suo<br />
carattere.<br />
In ogni caso, presto o tardi lo avrei scoperto. Una persona non può<br />
nascondere la sua vera natura, non a me, a patto che sia un normale essere<br />
umano, perché anche se cerco di non ascoltare, non posso escludere ogni<br />
pensiero. Nel periodo in cui ero uscita con Bill, lui mi aveva aiutata a<br />
imparare come schermare la mia mente, e da allora la mia vita era stata più<br />
facile, oltre che più piacevole e rilassata.<br />
Tanya era una donna sorridente, questo dovevo riconoscerglielo.<br />
Sorrideva a Sam, a me, ai clienti, e il suo non era un sorriso nervoso come<br />
il mio, del genere che diceva: “sto sentendo un gran chiasso nella mia testa<br />
e sto cercando di apparire normale esteriormente”; no, il sorriso di Tanya<br />
pareva piuttosto annunciare che lei era graziosa, disinvolta e si sarebbe<br />
accattivata la simpatia di tutti. Prima di prendere il vassoio e di mettersi al<br />
lavoro, pose una serie di domande decisamente sensate, da cui compresi<br />
che aveva effettiva esperienza come cameriera.<br />
– Cosa c’è che non va? – domandò Sam.<br />
– Niente – replicai. – È solo che...<br />
– Sembra abbastanza simpatica – continuò lui. – Credi che in lei ci<br />
sia qualcosa che non va?<br />
– Niente che io sappia – dichiarai, cercando di apparire allegra e<br />
decisa, pur sapendo che avevo cominciato a sfoggiare il mio sorriso<br />
nervoso. – Guarda, Jane Bodehouse sta chiedendo un altro drink. Dovremo<br />
chiamare di nuovo suo figlio.<br />
In quel momento, Tanya si girò a guardarmi, quasi avesse sentito su<br />
di sé il mio sguardo. Adesso il suo sorriso era scomparso, sostituito da
un’espressione così calma da indurmi ad aggiornare immediatamente la<br />
mia valutazione del suo talento di attrice. Per un momento, ci fissammo a<br />
vicenda con fermezza, poi lei mi rivolse un raggiante sorriso e riprese a<br />
camminare verso il tavolo successivo, chiedendo all’uomo che lo occupava<br />
se gli andava un’altra birra.<br />
Mi domando se Tanya sia interessata a Sam, pensai all’improvviso,<br />
ma nel rifletterci sopra non ritenni che fosse così. Inoltre, la giornata era<br />
già stata abbastanza spossante senza che mi creassi altri motivi di<br />
preoccupazione... e Jason non mi aveva ancora chiamata.<br />
Dopo il lavoro, tornai a casa con la mente oppressa da molti pensieri:<br />
Padre Riordan, i Pelt, Cody, l’aborto di Crystal.<br />
Percorsi il vialetto che attraversava il bosco, e quando sbucai nella<br />
radura, parcheggiando dietro la casa, vicino alla porta posteriore, fui<br />
colpita ancora una volta dall’isolamento che mi circondava. Aver vissuto in<br />
città per alcune settimane mi faceva apparire la casa ancora più solitaria, e<br />
per quanto fossi felice di esservi tornata, essa non mi appariva più quella<br />
che era stata prima dell’incendio.<br />
Mi capitava di rado di preoccuparmi per il fatto di vivere da sola in<br />
un luogo isolato, ma nel corso degli ultimi mesi ero rimasta impressionata<br />
da quanto fossi vulnerabile; più di una volta avevo corso seri rischi, e un<br />
paio di volte nel rientrare avevo trovato degli intrusi ad aspettarmi. Adesso<br />
avevo fatto installare solide serrature su entrambe le porte, avevo lo<br />
spioncino sul davanti e sul retro, e mio fratello mi aveva regalato<br />
definitivamente la sua doppietta Benelli.<br />
Naturalmente, avevo luci potenti installate agli angoli della casa, ma<br />
non mi andava di lasciarle accese per tutta la notte, per cui stavo<br />
prendendo in considerazione l’eventualità di acquistare una di quelle luci<br />
attivate dal movimento. Il problema era che, vivendo in una grande radura<br />
nel cuore di un bosco, capitava spesso che di notte gli animali<br />
attraversassero il mio cortile, per cui quella luce si sarebbe accesa a ogni<br />
piccolo opossum che fosse passato davanti a essa.<br />
Il secondo punto a sfavore dell’acquisto di una luce del genere era...<br />
a cosa poteva servire?<br />
Il genere di cose di cui avevo paura non era tale da farsi intimidire da<br />
una luce, e sarei soltanto riuscita a vederle meglio prima che mi<br />
divorassero, senza contare che nei dintorni non c’erano vicini che<br />
potessero essere svegliati o allarmati da una luce notturna che si accendeva<br />
all’improvviso. Stranamente, mi era capitato di rado di avere paura,<br />
quando mia nonna era viva; lei era stata forte ed energica, per una donna
vicina all’ottantina, ma non avrebbe potuto difendermi neppure da una<br />
mosca... e tuttavia, in qualche modo, il semplice fatto di non essere sola mi<br />
aveva fatta sentire più sicura.<br />
Dopo tutte quelle riflessioni connesse al pericolo, ero in uno stato di<br />
tensione quando infine scesi dalla macchina. Nell’aggirare la casa, ero<br />
passata vicino a un furgone parcheggiato sul davanti, e fu con l’infelice<br />
sensazione di essere sul punto di dover affrontare una scenata che<br />
attraversai la casa per aprire la porta principale. Mi pareva fosse passata<br />
una settimana, invece di poche ore, da quel tranquillo momento di<br />
interludio in cui avevo osservato le api, seduta sul portico.<br />
Calvin Norris, capo delle pantere mannare di Hotshot, scese dal<br />
furgone e salì i gradini. Barbuto, sulla quarantina, Calvin era un uomo<br />
serio, che avvertiva appieno il peso delle responsabilità; evidentemente,<br />
aveva appena finito di lavorare, dato che indossava ancora la camicia e i<br />
jeans azzurri propri di tutti i dipendenti della Norcross.<br />
– Sookie – salutò, con un cenno del capo.<br />
– Prego, entra – risposi, sia pure con riluttanza. D’altronde, Calvin<br />
era sempre stato soltanto cortese con me, e un paio di mesi prima mi aveva<br />
aiutata a salvare mio fratello, quando era stato tenuto in ostaggio, quindi<br />
gli dovevo quanto meno un comportamento altrettanto civile.<br />
– Mia nipote mi ha chiamato, una volta che il pericolo era passato –<br />
annunciò in tono pesante, sedendo sul divano in risposta a un mio cenno di<br />
invito. – Credo che tu le abbia salvato la vita.<br />
– Mi fa davvero molto piacere sapere che Crystal sta meglio. Io ho<br />
fatto soltanto una telefonata – replicai, prendendo posto sulla mia poltrona<br />
preferita; accorgendomi di essermi accasciata per la stanchezza, mi<br />
costrinsi a squadrare le spalle, nel chiedere: – La Dottoressa Ludwig è<br />
riuscita a fermare l’emorragia?<br />
Calvin annuì, fissandomi con un’espressione solenne in quei suoi<br />
occhi strani.<br />
– Si rimetterà – disse. – Le nostre donne hanno spesso degli aborti,<br />
ed era per questo che speravamo... ecco...<br />
Sussultai, sentendo gravare pesantemente sulle mie spalle la speranza<br />
di Calvin che io diventassi la sua compagna. Non avrei saputo dire perché<br />
mi sentissi colpevole, credo a causa della sua delusione... ma dopo tutto<br />
non era certo colpa mia se l’idea non mi attirava.<br />
– Suppongo che Jason e Crystal si sposeranno – continuò Calvin, in<br />
tono pratico. – Devo ammettere che tuo fratello non mi va molto a genio,<br />
ma del resto non sono io quello che deve sposarlo.
Ero sconcertata. Non sapevo se quel matrimonio fosse un’idea di<br />
Jason, di Crystal o dello stesso Calvin. Di certo, Jason non aveva pensato<br />
al matrimonio, quella mattina, a meno che avesse trascurato di parlarne a<br />
causa della sua preoccupazione per Crystal.<br />
– Ecco, neppure io vado matta per Crystal, ma non sono io a sposarla<br />
– replicai, traendo un profondo respiro. – Farò del mio meglio per dare<br />
loro una mano, se decideranno di... di farlo. Come sai, Jason è<br />
praticamente tutta la mia famiglia.<br />
– Sookie – riprese lui, in tono d’un tratto molto più incerto. – C’è<br />
un’altra cosa di cui ti voglio parlare.<br />
Questo era evidente, e non avevo modo di evitarlo.<br />
– So che quando sei venuta a trovarmi qualcosa che ti è stato detto ti<br />
ha indotta a prendere le distanze da me, e mi piacerebbe sapere di cosa si<br />
tratta. Non posso riparare un danno, se non ne conosco la natura.<br />
Trassi un profondo respiro, valutando con cura quello che stavo per<br />
dire.<br />
– Calvin, so che Terry è tua figlia – affermai quindi. In occasione<br />
della visita che avevo fatto a Calvin dopo che era stato dimesso<br />
dall’ospedale, quando gli avevano sparato, avevo conosciuto a casa sua la<br />
giovane Terry e sua madre, Maryelizabeth; anche se non vivevano là, era<br />
chiaro che le due donne trattavano quel posto come un’estensione della<br />
loro casa... e Terry mi aveva chiesto se avrei sposato suo padre.<br />
– Sì – confermò Calvin. – Te lo avrei detto, se me lo avessi chiesto.<br />
– Hai altri figli?<br />
– Sì, altri tre.<br />
– Da madri diverse?<br />
– Da tre madri diverse.<br />
Avevo avuto ragione.<br />
– Per quale motivo? – chiesi, per essere sicura.<br />
– Perché sono un purosangue – replicò lui, come se la cosa fosse<br />
stata evidente. – Dal momento che soltanto il primo figlio di una coppia<br />
purosangue diventa una vera e propria pantera, dobbiamo cambiare<br />
partner.<br />
Ero profondamente grata di non aver mai preso in seria<br />
considerazione l’eventualità di sposare Calvin, perché altrimenti in quel<br />
momento avrei vomitato. Ciò che avevo sospettato, dopo aver assistito al<br />
rituale connesso alla successione al ruolo di capobranco, era vero.<br />
– Quindi non è soltanto il figlio primogenito di una donna a diventare<br />
un mutaforma purosangue... è il suo primo figlio con un determinato uomo
– ricapitolai.<br />
– Esatto – confermò Calvin, mostrandosi sorpreso che lo avessi<br />
ignorato. – Il primo figlio di qualsiasi coppia di purosangue è un vero<br />
mutaforma. Di conseguenza, se la nostra popolazione si riduce<br />
eccessivamente, un maschio purosangue si deve accoppiare con il maggior<br />
numero possibile di donne purosangue, per innalzare il nostro numero.<br />
– D’accordo – dissi, poi aspettai un momento, per ritrovare il<br />
controllo, prima di domandare: – Pensavi davvero che mi sarebbe andato<br />
bene che tu continuassi a fecondare altre donne, se ci fossimo sposati?<br />
– No, non mi sarei mai aspettato questo da una esterna – rispose, in<br />
tono pratico. – Credo sia tempo che mi sistemi con una sola donna. Ho<br />
fatto il mio dovere, come capo.<br />
Cercai di non levare gli occhi al cielo. Se si fosse trattato di chiunque<br />
altro, avrei sghignazzato, ma Calvin era un uomo onorevole, e non<br />
meritava quella reazione.<br />
– Adesso voglio accoppiarmi per la vita, e sarebbe un bene per il<br />
branco se potessi inserire sangue nuovo nella comunità. Ti sarai accorta<br />
che ci siamo uniti fra di noi per troppo tempo. I miei occhi non possono<br />
quasi passare per occhi umani, e Crystal impiega un tempo infinito a<br />
trasformarsi. Dobbiamo aggiungere qualcosa di nuovo al nostro<br />
patrimonio genetico, come lo definiscono gli scienziati. Se tu e io<br />
avessimo un bambino, il che era ciò che speravo, non si tratterebbe mai di<br />
un mutaforma purosangue, ma potrebbe poi riprodursi in seno alla<br />
comunità, portandovi nuovo sangue e nuovi talenti.<br />
– Perché avevi scelto me?<br />
– Mi piaci – rispose, quasi con timidezza. – E sei davvero graziosa –<br />
aggiunse, sfoggiando un raro sorriso, davvero dolce. – Per anni ti ho<br />
osservata, nel bar. Sei gentile con tutti, lavori sodo e non hai nessuno che<br />
si prenda cura di te come meriti. Inoltre, sai di noi, e per te non sarebbe un<br />
grosso shock.<br />
– Anche altri tipi di mutaforma fanno la stessa cosa? – domandai, in<br />
tono tanto sommesso da faticare io stessa a sentirmi, fissandomi le mani<br />
serrate in grembo e riuscendo a stento a respirare nell’attendere la risposta.<br />
Gli occhi verdi di Alcide stavano riempiendo i miei pensieri.<br />
– È loro dovere, quando il branco diventa troppo piccolo – rispose<br />
lentamente Calvin. – Cosa stai pensando, Sookie?<br />
«Quando sono andata ad assistere al confronto per la posizione di<br />
capobranco, a Shreveport, quello che ha vinto... Patrick Furnan... ha fatto<br />
sesso con una giovane mannara, anche se era sposato. A quel punto ho
cominciato a farmi delle domande.<br />
– Ho mai avuto la minima possibilità, con te? – domandò Calvin, che<br />
pareva aver tratto le proprie conclusioni. Non lo si poteva biasimare se<br />
voleva preservare il proprio modo di vivere... se i mezzi da lui usati mi<br />
riuscivano sgradevoli, quello era un problema mio.<br />
– Tu mi interessavi sul serio – risposi, – ma sono troppo umana per<br />
pensare di avere i figli di mio marito tutt’intorno a me. Sarebbe troppo...<br />
sarei costantemente sconvolta, sapendo che mio marito ha fatto sesso quasi<br />
con ognuna delle donne con cui avrei a che fare ogni giorno. – A pensarci<br />
bene, Jason invece si sarebbe integrato benissimo nella comunità di<br />
Hotshot. Feci una breve pausa, e quando Calvin rimase in silenzio,<br />
aggiunsi: – Spero che mio fratello sarà accolto bene nella vostra comunità,<br />
indipendentemente dalla mia risposta.<br />
– Non so se lui capisce quello che facciamo – affermò Calvin. –<br />
Crystal aveva già avuto un aborto in passato, il figlio di un maschio<br />
purosangue, e adesso ha abortito anche il bambino di tuo fratello. A mio<br />
parere questo significa che Crystal farebbe meglio a non cercare ancora di<br />
avere un bambino purosangue, e che forse potrebbe non riuscire a dare un<br />
figlio neppure a tuo fratello. Ti senti obbligata a discuterne con lui?<br />
– Non dovrebbe spettare a me parlare della cosa con Jason...<br />
toccherebbe a Crystal di farlo – ribattei, incontrando lo sguardo di Calvin.<br />
Stavo per aggiungere che se tutto quello che Jason voleva erano dei<br />
bambini, allora non era certo obbligato a sposarsi, ma mi bloccai in tempo,<br />
rendendomi conto che quello era un tasto sensibile.<br />
Nell’andarsene, Calvin mi strinse la mano in un modo strano,<br />
formale, che ritenni segnare la fine del suo corteggiamento. Non ero mai<br />
stata molto attratta da Calvin Norris, e non avevo mai preso in seria<br />
considerazione l’idea di accettare la sua offerta, ma sarei meno che onesta<br />
se non ammettessi di aver fantasticato sulla possibilità di avere un marito<br />
con la testa sulle spalle, un buon lavoro e tutti i vantaggi a esso connessi,<br />
un marito che venisse subito a casa dopo il lavoro e passasse le giornate<br />
libere ad aggiustare le cose che si rompevano. C’erano uomini così,<br />
uomini che non si trasformavano in niente altro, che erano vivi<br />
ventiquattro ore al giorno, sette giorni su sette... lo sapevo dall’aver<br />
sondato così tante menti, al bar.<br />
Temo che ciò che mi aveva veramente colpita nella confessione... o<br />
spiegazione... di Calvin, era ciò che essa mi poteva rivelare sul conto di<br />
Alcide.<br />
Alcide aveva destato in me affetto e desiderio. Pensare a lui mi
induceva a chiedermi come sarebbe stato essere sua moglie, a<br />
domandarmelo in un modo molto personale e del tutto diverso dalle<br />
riflessioni impersonali riguardanti la sicurezza pratica che Calvin poteva<br />
offrire. Dopo essere stata costretta a sparare alla sua precedente fidanzata,<br />
avevo praticamente abbandonato la segreta speranza che Alcide aveva<br />
destato dentro di me, ma qualcosa nel mio intimo aveva persistito<br />
nell’aggrapparsi a quel pensiero, qualcosa che avevo continuato a<br />
nascondere anche a me stessa, perfino dopo aver scoperto che lui stava<br />
uscendo con Maristella.<br />
Anche quel giorno, nel parlare con i Pelt, avevo fermamente negato<br />
che Alcide avesse qualsiasi interesse nei miei confronti, ma una parte del<br />
mio animo, che si sentiva sola, aveva coltivato una speranza.<br />
Mi alzai lentamente in piedi, sentendomi addosso il doppio dei miei<br />
anni, e passai in cucina per tirare fuori dal freezer qualcosa per cena. Non<br />
avevo fame, ma avrei finito per mangiare molto tardi se non avessi<br />
preparato qualcosa adesso, come ribadii severamente a me stessa.<br />
Quella sera non arrivai però mai a cucinarmi la cena.<br />
Invece, mi appoggiai contro lo sportello del frigorifero, e piansi.
Capitolo settimo<br />
Il giorno successivo era venerdì: non solo quella settimana era il mio<br />
giorno di riposo, ma avevo anche un appuntamento, quindi era<br />
praticamente un giorno memorabile, che mi rifiutai di rovinare sentendomi<br />
depressa. Anche se faceva ancora freddo per un passatempo del genere,<br />
feci una delle cose che preferivo: mi misi un bikini, mi spalmai di crema<br />
abbronzante e mi andai a sistemare al sole sulla sedia a sdraio regolabile<br />
che avevo acquistato in saldo al Wal-Mart alla fine dell’estate precedente.<br />
Mi portai dietro un libro, la radio e un cappello, e mi sistemai sul prato<br />
anteriore, dove c’erano meno alberi e fiori che potessero incoraggiare gli<br />
insetti a pungere. Passai il tempo leggendo, cantando insieme alla radio e<br />
mettendomi lo smalto alle unghie delle mani e dei piedi; anche se all’inizio<br />
avevo avuto un po’ di pelle d’oca, ben presto il sole mi aveva scaldata, e<br />
quel giorno non c’era vento che potesse farmi sentire freddo.<br />
So che prendere il sole è una cosa perversa e cattiva, che un giorno la<br />
pagherò, eccetera, ma è uno dei pochi piaceri gratuiti che mi posso<br />
concedere.<br />
Nessuno venne a trovarmi, da dove ero seduta non potevo sentire il<br />
telefono e dal momento che c’era il sole non potevano esserci vampiri in<br />
giro, quindi ebbi una mattinata deliziosa, tutta per me. Verso l’una decisi di<br />
fare un salto in città per fare un po’ di spesa e comprare un nuovo<br />
reggiseno, e mi fermai alla cassetta della posta, sistemata sulla<br />
Hummingbird Road, per vedere se il postino era già passato. Sì: nella<br />
cassetta c’erano la bolletta della TV via cavo e quella della corrente<br />
elettrica, il che era deprimente, ma dietro un volantino che pubblicizzava<br />
una svendita da Sears trovai anche un invito alla festa di presentazione dei<br />
doni di nozze di Halleigh. Ecco... accidenti. Ero sorpresa, ma anche<br />
compiaciuta. Naturalmente, avevo vissuto accanto a Halleigh, in una delle<br />
villette bifamiliari di proprietà di Sam, mentre la mia casa veniva riparata,<br />
dopo l’incendio; in quel periodo, noi ci eravamo viste almeno una volta al<br />
giorno, quindi non era del tutto assurdo che lei mi avesse inserita nella lista<br />
degli invitati. Possibile che fosse anche sollevata per la rapidità con cui era<br />
stata risolta la questione della scomparsa di Cody?<br />
Non ricevevo molti inviti, quindi averne avuto uno servì ad<br />
accentuare il mio senso di benessere. Sull’invito era specificato che si<br />
apprezzavano regali per la cucina, ed era una vera fortuna che lo avessi
trovato mentre stavo per andare al Wal-Mart Supercenter di Clarice.<br />
Dopo aver riflettuto a lungo, comprai una pirofila da due litri della<br />
Corning Ware, un oggetto che tornava sempre utile (comprai anche del<br />
succo di frutta, del formaggio piccante, pancetta, carta da regali e un<br />
reggiseno blu davvero grazioso con mutandine coordinate, ma questo non<br />
ha importanza).<br />
Una volta a casa, dopo aver portato dentro gli acquisti, impacchettai<br />
la scatola della pirofila con un po’ di carta argentata e vi attaccai sopra un<br />
grosso fiocco bianco, poi scrissi sul calendario la data e l’ora della festa e<br />
posai l’invito sul pacchetto. Su quel fronte, era tutto pronto.<br />
Sentendomi particolarmente virtuosa, dopo aver pranzato procedetti<br />
a pulire dentro e fuori il mio frigorifero nuovo, poi feci un bucato con la<br />
mia lavatrice altrettanto nuova, desiderando per la centesima volta che gli<br />
armadietti fossero già stati installati, perché ero stanca di cercare le cose in<br />
mezzo alla confusione sparsa sul pavimento.<br />
Una volta finito, feci il giro della casa per accertarmi che fosse in<br />
ordine, dato che Quinn mi sarebbe venuto a prendere. Senza permettermi<br />
di soffermarmi a riflettere, cambiai le lenzuola e pulii il mio bagno... non<br />
che avessi intenzione di finire a letto con Quinn, ma era sempre meglio<br />
essere preparati, giusto? Inoltre, mi faceva sentire bene sapere che tutto era<br />
pulito e ordinato. Disposti degli asciugamani puliti in entrambi i bagni,<br />
spolverai il salotto e la camera da letto, poi passai rapidamente<br />
l’aspirapolvere, e prima di infilarmi sotto la doccia spazzai perfino i due<br />
porticati, pur sapendo che sarebbero stati di nuovo coperti da uno strato di<br />
polline giallo prima ancora che io fossi rientrata dal mio appuntamento.<br />
Mi asciugai i capelli al sole, probabilmente riempiendoli di polline,<br />
poi mi truccai con cura... un po’ di ombretto, un sacco di mascara, un po’<br />
di fard e il rossetto. Non usavo molti cosmetici, ma era divertente truccarsi<br />
per qualcosa che non fosse andare al lavoro. A quel punto, indossai la mia<br />
biancheria nuova, che mi fece sentire speciale: pizzo blu notte.<br />
Mi contemplai nello specchio per verificare l’effetto e sollevai i<br />
pollici in segno di approvazione per me stessa. Bisogna pur fare il tifo per<br />
se stessi, giusto?<br />
Il completo che avevo acquistato da Tara’s Togs era blu intenso, fatto<br />
di una maglia pesante che aderiva meravigliosamente alla persona. Chiusi i<br />
pantaloni, infilai il top, che era senza maniche e si incrociava e legava sul<br />
seno, e feci qualche esperimento per valutare la profondità della scollatura,<br />
optando infine per una via di mezzo fra il sexy e il volgare.<br />
Dato che più tardi mi sarebbe potuto servire, prelevai quindi
dall’armadio lo scialle nero che Alcide mi aveva regalato per sostituire<br />
quello vandalizzato da Debbie Pelt, mi infilai i sandali neri e procedetti a<br />
scegliere che gioielli abbinare, optando infine per una catena d’oro<br />
appartenuta a mia nonna e un paio di semplici orecchini a forma di sfera.<br />
In quel momento suonarono alla porta, e io guardai l’orologio, un po’<br />
sorpresa che Quinn fosse in anticipo di quindici minuti, senza contare che<br />
non avevo sentito arrivare il suo furgone. Quando aprii la porta, chi trovai<br />
fermo sulla soglia non fu Quinn, ma Eric.<br />
Sono certa che il mio sussulto di sorpresa gli diede parecchia<br />
soddisfazione.<br />
Mai aprire la porta senza prima controllare, mai supporre di sapere<br />
chi c’è dall’altra parte. E pensare che era stato per questo che avevo fatto<br />
installare gli spioncini! Quanto ero stata stupida. Eric doveva aver volato,<br />
dato che non si vedeva una macchina da nessuna parte.<br />
– Posso entrare? – chiese cortesemente. Mi aveva squadrata bene, e<br />
dopo aver apprezzato quello che stava vedendo, si era reso conto che la<br />
mia tenuta non era stata studiata pensando a lui, cosa di cui non era affatto<br />
contento. – Devo supporre che stessi aspettando qualcuno?<br />
– In effetti sì, e preferirei che tu restassi dall’altra parte della soglia –<br />
ribattei, indietreggiando in modo che lui non mi potesse raggiungere.<br />
– Hai detto a Pam che non volevi venire a Shreveport – affermò. Oh,<br />
sì, era decisamente infuriato. – E così eccomi qui, per scoprire perché non<br />
vuoi rispondere alla mia chiamata. – Di solito, il suo accento era molto<br />
tenue, ma quella notte mi accorsi che era piuttosto marcato.<br />
– Non ne avevo il tempo – spiegai. – Stasera devo uscire.<br />
– Lo vedo – annuì, in tono più calmo. – Con chi?<br />
– Pensi davvero che siano affari tuoi? – ribattei, fissandolo negli<br />
occhi con aria di sfida.<br />
– Certamente – fu la placida risposta, che mi lasciò sconcertata.<br />
– E perché mai dovrebbero esserlo? – ritorsi, quando mi fui un po’<br />
ripresa.<br />
– Tu dovresti essere mia. Ho dormito con te, mi sono preso cura di te.<br />
Ti ho... assistita finanziariamente.<br />
– Hai pagato del denaro che mi dovevi, per servizi che ti ho reso –<br />
precisai. – Puoi anche aver dormito con me, ma non di recente, e non hai<br />
mostrato in nessun modo di volerlo fare di nuovo. Se ti importa di me, hai<br />
davvero un modo molto strano di dimostrarlo. Non ho mai sentito che<br />
“evitare totalmente una persona, salvo impartirle ordini tramite tirapiedi”<br />
fosse un modo per dimostrare interessamento. – Ero consapevole che quel
discorso fosse un po’ confuso, ma sapevo anche che lui aveva capito.<br />
– Stai definendo Pam una tirapiedi? – chiese, con un vago accenno di<br />
sorriso sulle labbra. Subito dopo, tornò a essere seccato, lo capii dal modo<br />
in cui si alterò il suo accento. – Non sono tenuto a gironzolarti intorno per<br />
dimostrartelo. Io sono lo sceriffo e tu... tu fai parte del mio seguito.<br />
Sapevo di avere la bocca spalancata, ma non potevo farci niente.<br />
“Prendere mosche”, così mia nonna era stata solita definire<br />
quell’espressione, e in quel momento mi sembrava di averne prese<br />
parecchie.<br />
– Il tuo seguito? – riuscii a farfugliare. – Ebbene, al diavolo tu e il<br />
tuo seguito. Non sta a te dirmi cosa fare!<br />
– Sei obbligata a venire con me al convegno – scandì Eric, con gli<br />
occhi fiammeggianti. – È stato per questo che ti ho convocata a<br />
Shreveport, per parlare con te delle date e prendere accordi per il viaggio.<br />
– Io non sono obbligata ad andare da nessuna parte con te, amico. Sei<br />
stato scavalcato.<br />
– Amico? Amico!?<br />
A quel punto, le cose sarebbero degenerate se non fosse sopraggiunto<br />
Quinn, che era a bordo di una Lincoln Continental invece che del solito<br />
furgone. Per un momento, mi concessi il piacere di indulgere in un senso<br />
di puro snobismo al pensiero di viaggiare su quella macchina, compiaciuta<br />
all’idea di sedere in una lussuosa berlina, anche se avevo scelto un<br />
completo pantaloni pensando al fatto che sarei dovuta salire su un pick-up.<br />
Attraversato il portico, Quinn salì i gradini con sobria rapidità, senza<br />
dare l’impressione di affrettarsi e tuttavia sopraggiungendo in un attimo;<br />
gli sorrisi, perché appariva davvero splendido in un abito a giacca grigio<br />
scuro, abbinato a una camicia di un cupo color porpora e a una cravatta<br />
che fondeva i due colori in un motivo cachemire. Un semplice cerchio<br />
d’oro gli pendeva da un orecchio.<br />
Quanto a Eric, i suoi canini cominciavano a essere visibili.<br />
– Salve, Eric – salutò con calma Quinn, la cui voce profonda mi<br />
vibrò lungo la colonna vertebrale. – Sookie, sei davvero uno splendido<br />
bocconcino – aggiunse, sorridendomi in modo tale da far estendere la<br />
vibrazione a un’area del tutto diversa del mio corpo. Non avrei mai<br />
creduto di poter trovare attraente un altro uomo, in presenza di Eric, e mi<br />
sarei sbagliata.<br />
– Anche tu hai un ottimo aspetto – risposi, cercando di non sorridere<br />
come un’idiota. Farsi sorprendere a sbavare non era elegante.<br />
– Che cosa hai detto a Sookie, Quinn?
I due si squadrarono a vicenda. Non ritenevo di essere io la fonte<br />
della loro animosità reciproca: io ero solo il sintomo, non la malattia,<br />
costituita da qualcosa che si celava al di sotto della situazione attuale.<br />
– Le ho detto che la regina ha bisogno della sua presenza al<br />
convegno come parte del suo seguito, e che la convocazione della regina<br />
ha la precedenza sulla tua.<br />
– E da quando in qua la regina impartisce i suoi ordini tramite un<br />
mutaforma? – obiettò Eric, con voce piatta e carica di disprezzo.<br />
– Da quando questo mutaforma le ha reso un prezioso servizio nello<br />
svolgere il suo lavoro – rispose senza esitazione Quinn. – Il Signor<br />
Cataliades ha suggerito a sua maestà che io sarei potuto tornarle utile in<br />
veste di diplomatico, e i miei soci sono stati lieti di concedermi tutto il<br />
tempo necessario per assolvere qualsiasi incarico lei mi avesse assegnato.<br />
Non ero del tutto certa di riuscire a seguire fino in fondo quella<br />
conversazione, ma ne stavo afferrando il senso generale.<br />
Eric era esasperato, per usare un’interessante voce riportata dal mio<br />
calendario Una Parola al Giorno; anzi, era così infuriato che i suoi occhi<br />
stavano quasi emettendo scintille.<br />
– Questa donna è stata e sarà mia – disse, in tono così definitivo da<br />
indurmi quasi a controllarmi il posteriore alla ricerca di un marchio.<br />
– Piccola, sei sua oppure no? – chiese Quinn, spostando lo sguardo<br />
su di me.<br />
– No – dichiarai.<br />
– Allora andiamo a goderci lo spettacolo – decise Quinn, che non<br />
appariva spaventato, e neppure preoccupato. Sia che quella sua reazione<br />
fosse sincera, o che stesse presentando una facciata, la cosa era comunque<br />
davvero notevole.<br />
Per raggiungere la macchina di Quinn dovetti passare accanto a Eric,<br />
e non riuscii a trattenermi dal sollevare lo sguardo su di lui. Essergli tanto<br />
vicina quando era infuriato non era una cosa salutare, e dovevo stare sul<br />
chi vive, perché capitava di rado che Eric si vedesse mettere i bastoni fra le<br />
ruote nelle questioni importanti, e il fatto che io fossi stata accaparrata<br />
dalla Regina della Louisiana... la sua regina... era una questione<br />
importante. Il mio appuntamento con Quinn era un’altra cosa che non gli<br />
stava andando giù, ma avrebbe dovuto rassegnarsi e inghiottirla.<br />
Poi ci ritrovammo entrambi in macchina, e Quinn eseguì un’abile<br />
retromarcia per girare la Lincoln verso la Hummingbird Road, mentre io<br />
esalavo una serie di respiri lenti e cauti. Mi ci vollero alcuni momenti di<br />
silenzio perché tornassi a sentirmi di nuovo calma, ma a poco a poco le
mani mi si rilassarono; soltanto allora mi resi conto che il silenzio si era<br />
protratto troppo, e mi impartii mentalmente una scrollata.<br />
– Vai spesso a teatro, durante i tuoi viaggi di lavoro? – chiesi, per<br />
fare conversazione.<br />
Quinn scoppiò in una risata ricca e profonda, che pervase la<br />
macchina.<br />
– Sì – rispose. – Vado al cinema e a teatro, e a qualsiasi evento<br />
sportivo che mi capiti. Mi piace vedere la gente agire dal vero. Per questo<br />
non guardo molta televisione e preferisco uscire dalla mia stanza di hotel o<br />
dal mio appartamento per vedere le cose mentre succedono, o magari per<br />
farle succedere io stesso.<br />
– Quindi sai ballare?<br />
– Sì – replicò, scoccandomi una rapida occhiata.<br />
– Mi piace ballare – sorrisi. In effetti, ero piuttosto brava, anche se<br />
non mi capitavano molte occasioni per fare pratica. – Non me la cavo<br />
affatto a cantare – confessai, – ma ballare mi piace davvero molto.<br />
– La cosa suona promettente.<br />
Pensai che avremmo dovuto vedere come si sarebbe sviluppata<br />
quella serata, prima di prendere qualsiasi appuntamento per andare a<br />
ballare, ma riflettei che almeno sapevamo di avere in comune qualcosa che<br />
piaceva a entrambi.<br />
– Mi piace il cinema – continuai, – ma non credo di essere mai stata<br />
a vedere dal vivo nessun evento sportivo, tranne quelli scolastici. Non me<br />
ne perdo uno. Football, basket, baseball... vado a vederli tutti, quando il<br />
lavoro me lo permette.<br />
– Praticavi qualche sport, alle superiori? – domandò Quinn.<br />
Ammisi di aver giocato a softball, e lui mi raccontò di aver invece<br />
giocato a basket, il che non era una sorpresa, se si considerava la sua<br />
statura.<br />
Quinn era una persona con cui era facile parlare, e ascoltava con<br />
attenzione quello che gli dicevo; inoltre, guidava bene e non imprecava<br />
contro gli altri conducenti, come faceva sempre Jason, che tendeva a<br />
essere un guidatore impaziente.<br />
Stavo aspettando che eventuali nodi venissero al pettine, che<br />
giungesse quel particolare momento... sapete cosa intendo... quello in cui<br />
la persona con cui si è usciti confessa improvvisamente qualcosa che non<br />
siete proprio in grado di tollerare: per esempio si rivela essere un razzista o<br />
un omofobo, dichiara che non sposerà mai nessuna che non sia una<br />
Battista (o una del sud, o una bruna, o chissà che altro), ti parla dei figli
avuti dalle sue prime tre mogli, descrive quanto gli piaccia essere<br />
sculacciato o racconta le proprie giovanili esperienze come torturatore di<br />
gatti o di ranocchi. Quando arriva quel particolare momento, per quanto ci<br />
si stia divertendo, si capisce che la relazione è finita prima di cominciare, e<br />
in genere io non avevo neppure bisogno di aspettare che quelle cose mi<br />
venissero dette verbalmente, perché potevo leggerle direttamente nella<br />
testa del soggetto in questione ancora prima di uscire con lui.<br />
Non ero mai stata popolare presso gli uomini normali. Che lo<br />
ammettessero o meno, non riuscivano a tollerare l’idea di uscire con una<br />
ragazza che sapeva con esattezza con che frequenza si masturbassero, o<br />
che avessero pensieri licenziosi riguardo a un’altra donna, o che si<br />
chiedessero come sarebbe stata la loro insegnante senza i vestiti addosso.<br />
Quando parcheggiammo dall’altro lato della strada rispetto allo<br />
Strand, Quinn aggirò la macchina per venire ad aprirmi la portiera, e mi<br />
prese la mano mentre attraversavamo la strada, un comportamento cortese<br />
che mi fece piacere.<br />
C’erano parecchie persone che stavano entrando nel teatro, e tutte<br />
parevano guardare verso Quinn... ma del resto era inevitabile che un uomo<br />
calvo e alto come lui attirasse l’attenzione. Personalmente, stavo cercando<br />
di non pensare alla sua mano, che era enorme, molto calda e molto<br />
asciutta.<br />
– Ti stanno guardando tutti – commentò lui, nel tirare fuori di tasca i<br />
biglietti.<br />
– Oh, non credo proprio – replicai, serrando le labbra per non<br />
scoppiare a ridere.<br />
– Per quale altro motivo ci starebbero fissando, allora?<br />
– Guardano te – spiegai, stupita.<br />
Lui scoppiò in quella profonda risata che mi faceva vibrare<br />
interiormente.<br />
Avevamo dei posti davvero ottimi, centrali e nelle prime file, e Quinn<br />
occupava il suo in maniera così totale da indurmi a chiedermi se le persone<br />
alle sue spalle riuscissero a vedere qualcosa. Con curiosità, abbassai lo<br />
sguardo sul programma che avevo in mano e scoprii di non conoscere il<br />
nome di nessuno degli attori, ma decisi che non mi importava. Nel<br />
sollevare lo sguardo, scoprii che Quinn mi stava fissando e sentii la faccia<br />
che avvampava di rossore, mentre provavo l’improvviso desiderio di<br />
chiudere meglio il top del completo per nascondere ogni centimetro di<br />
scollatura.<br />
– Stanno decisamente guardando te – dichiarò lui, sorridendo. Chinai
in fretta il capo, combattuta fra soddisfazione e imbarazzo.<br />
Le persone che hanno visto The Producers sono moltissime, quindi<br />
non indugerò a descriverne la trama, tranne per dire che la commedia parla<br />
di gente credulona e di adorabili furfanti, e che è molto divertente. Io ne<br />
apprezzai ogni singolo minuto: era meraviglioso guardare delle persone<br />
recitare proprio davanti a me, e a un livello così professionale. La guest<br />
star, quell’attore che le persone più anziane fra il pubblico parevano<br />
riconoscere, gestì il ruolo principale con stupefacente sicurezza di sé.<br />
Anche Quinn rise, e dopo l’intervallo mi prese nuovamente la mano: le<br />
mie dita si chiusero con naturalezza intorno alle sue, e non mi sentii per<br />
nulla imbarazzata da quel contatto.<br />
Improvvisamente, risultò che era già passata un’ora, e che la<br />
commedia era finita. Ci alzammo in piedi insieme a tutti gli altri, anche se<br />
era evidente che ci sarebbe voluto del tempo perché il teatro si svuotasse;<br />
intanto, Quinn prese il mio scialle e lo tenne allargato perché mi potessi<br />
avvolgere in esso. Gli dispiaceva che mi stessi coprendo, una sensazione<br />
che colsi direttamente dal suo cervello.<br />
– Grazie – dissi, tirandogli una manica per essere certa che mi stesse<br />
guardando, perché volevo che sapesse quanto significava per me quella<br />
esperienza. – È stato semplicemente grandioso.<br />
– È piaciuto anche a me. Vuoi andare a mangiare qualcosa?<br />
– D’accordo – assentii, dopo un momento.<br />
– Hai dovuto pensarci sopra?<br />
In effetti, avevo avuto una sorta di pensiero fulmineo riguardo a<br />
parecchie cose diverse che, se le avessi enumerate, sarebbero suonate più o<br />
meno così: Deve essersi divertito, altrimenti non starebbe suggerendo di<br />
prolungare la serata. Domattina mi devo alzare e andare al lavoro, ma<br />
non vorrei perdere questa opportunità. Se andiamo a mangiare dovrò stare<br />
attenta a non rovesciarmi niente sui vestiti nuovi. è il caso di fargli<br />
spendere altro denaro, considerato quanto sono costati i biglietti?<br />
– Oh, stavo calcolando le calorie – spiegai, battendomi un colpetto<br />
sul posteriore.<br />
– Non hai niente che non vada, davanti o di dietro – dichiarò Quinn,<br />
con occhi così pieni di calore da farmici crogiolare. Sapevo di essere più<br />
formosa di quanto fosse ideale; quando avevo sentito Holly dire a Danielle<br />
come ridursi a portare qualsiasi taglia al di sopra dell’ottava fosse<br />
semplicemente disgustoso, per tre interi minuti mi ero sentita molto<br />
infelice, perché erano rari i momenti in cui riuscivo a entrare in un’ottava.<br />
Avrei volentieri riferito a Quinn quella conversazione, se non mi fossi
sentita certa di dare l’impressione di essere a caccia di complimenti.<br />
– Lascia che sia io a offrire il ristorante – proposi.<br />
– Con tutto il dovuto rispetto per il tuo orgoglio, no, non lo farò –<br />
ribatté Quinn, fissandomi dritto negli occhi per essere certo di farmi capire<br />
che parlava sul serio.<br />
Nel frattempo, avevamo raggiunto il marciapiede. Sorpresa dalla<br />
veemenza da lui dimostrata, non sapevo come reagire: da un lato, mi<br />
sentivo sollevata, perché dovevo stare attenta nelle spese, ma a un altro<br />
livello sapevo che era giusto da parte mia offrirmi di pagare la cena, e che<br />
mi avrebbe fatto piacere che lui avesse accettato.<br />
– Sai che non sto cercando di offenderti, giusto? – dissi.<br />
– Capisco che ti stai ponendo su un piano di eguaglianza – replicò.<br />
Lo guardai con aria dubbiosa, ma constatai che era serio.<br />
– Sono convinto che tu sia assolutamente pari a me sotto ogni aspetto<br />
– proseguì Quinn, – ma sono stato io a chiederti di uscire, quindi spetta a<br />
me provvedere a finanziare la nostra serata.<br />
– E se fossi stata io a chiederlo a te?<br />
– In quel caso, sarei stato costretto a lasciare che fossi tu a occuparti<br />
dei costi della serata – ammise, con aria cupa. Lo disse con riluttanza, ma<br />
lo disse. Distogliendo lo sguardo, mi concessi un sorriso.<br />
Le macchine stavano abbandonando il parcheggio una dopo l’altra;<br />
dal momento che ce la eravamo presa comoda nel lasciare il teatro, adesso<br />
l’auto di Quinn appariva sola e abbandonata nella seconda fila...<br />
improvvisamente, il mio allarme mentale si mise a squillare: da qualche<br />
parte, nelle nostre vicinanze, c’era un’intensa ostilità unita a intenzioni<br />
malvagie.<br />
– Qualcosa non va – dissi, serrando il braccio di Quinn e lasciandolo<br />
subito andare in modo che fossimo liberi di agire; intanto, avevamo<br />
lasciato il marciapiede, avviandoci per attraversare la strada in direzione<br />
del parcheggio.<br />
Senza replicare, Quinn si guardò intorno con attenzione, poi sbottonò<br />
la giacca con la mano sinistra, in modo da potersi muovere liberamente,<br />
serrando poi i pugni. Dal momento che era un uomo spinto da un intenso<br />
istinto protettivo, mi oltrepassò per pararsi davanti a me.<br />
L’attacco, naturalmente, giunse da un punto alle nostre spalle.
Capitolo ottavo<br />
Con un movimento tanto rapido e indistinto da non essere scindibile<br />
in singoli gesti che i miei occhi potessero individuare, una bestia mi<br />
mandò a sbattere contro Quinn, che barcollò in avanti di un passo. Nel<br />
tempo che lui impiegò a girarsi di scatto, io mi ritrovai a terra, sovrastata<br />
da un essere ringhiante che era mezzo uomo e mezzo lupo, e nel frattempo<br />
un secondo mannaro si materializzò come dal nulla, balzando sulla schiena<br />
di Quinn.<br />
La creatura che incombeva su di me era un mannaro reso tale da<br />
poco, la sua trasformazione tanto recente che doveva essere stato morso<br />
nell’arco delle precedenti tre settimane. La sua frenesia era tale che aveva<br />
attaccato prima ancora di aver ultimato la parziale trasformazione possibile<br />
a quanti diventavano mannari per essere stati morsi, e mentre cercava di<br />
strangolarmi, la sua faccia si stava ancora allungando per diventare un<br />
muso. Quel ragazzo non avrebbe mai ottenuto la splendida forma di lupo<br />
propria dei mannari purosangue, era “creato, non nato”, per usare la<br />
definizione dei mannari stessi. Braccia e gambe erano ancora umane, ma<br />
aveva la testa di lupo e il corpo coperto di pelo, ed era selvaggio quanto un<br />
mannaro purosangue.<br />
Artigliai quelle mani che mi stavano serrando il collo con tanta<br />
ferocia. Quella notte, non portavo indosso la mia catena d’argento, l’avevo<br />
scartata perché avevo ritenuto che sarebbe stata di cattivo gusto,<br />
considerato che il mio accompagnatore era a sua volta un mutaforma, e<br />
adesso mi ritrovai a pensare vagamente che essere di cattivo gusto mi<br />
avrebbe forse salvato la vita... l’ultimo pensiero coerente che riuscii a<br />
formulare per alcuni momenti, mentre sollevavo di scatto le ginocchia per<br />
cercare di colpire il mio aggressore abbastanza forte da costringerlo ad<br />
abbandonare la presa.<br />
Dai pochi pedoni ancora in circolazione giunsero intanto delle grida<br />
di allarme, seguite dall’urlo più penetrante dell’assalitore di Quinn, quando<br />
venne scaraventato attraverso l’aria come se fosse stato sparato da un<br />
cannone.<br />
Una grossa mano afferrò quindi il mio aggressore per il collo e<br />
procedette a sollevarlo; sfortunatamente, la mezza bestia non accennò ad<br />
allentare la presa intorno alla mia gola, che cominciò a essere sempre più<br />
schiacciata dalla sua stretta a mano a mano che anch’io mi sollevavo dal
marciapiede.<br />
Quinn si dovette rendere conto della mia situazione disperata, perché<br />
sferrò con la mano libera al mannaro uno schiaffo tale da catapultargli la<br />
testa all’indietro, stordendolo al punto da fargli abbandonare la presa sul<br />
mio collo prima di afferrarlo per le spalle e di scaraventarlo da un lato; il<br />
ragazzo atterrò sul selciato e rimase immobile.<br />
– Sookie – chiamò Quinn, che non pareva avere neppure il respiro<br />
affannoso. Chi era senza fiato ero invece io, che stavo lottando per indurre<br />
la mia gola a dilatarsi quanto bastava a permettermi di inalare un po’ di<br />
ossigeno. Potevo sentire una sirena della polizia che si avvicinava, cosa di<br />
cui ero profondamente grata. Insinuandomi un braccio sotto le spalle,<br />
Quinn mi sollevò; questo mi permise finalmente di respirare, con un senso<br />
di meravigliosa beatitudine. – Riesci a respirare bene? – mi domandò, e<br />
quando ebbi trovato la forza di annuire, insistette: – Niente di rotto, nella<br />
gola?<br />
Cercai di portarmi una mano al collo, ma in quel momento essa parve<br />
riluttante a collaborare.<br />
Poi il volto di Quinn riempì il mio campo visivo, e alla luce vaga di<br />
un lampione notai che era su di giri.<br />
– Se ti hanno fatto del male li ucciderò – ringhiò. In quel momento,<br />
mi parve una splendida notizia.<br />
– Morsi – ansimai, e lui subito assunse un’aria inorridita,<br />
affrettandosi a controllarmi con le mani e lo sguardo alla ricerca di segni di<br />
morsi. – Non io – precisai. – Loro. Non sono nati mannari... e forse erano<br />
drogati – aggiunsi, traendo un respiro profondo.<br />
Quella era la sola possibile spiegazione per un comportamento tanto<br />
folle.<br />
Intanto, un massiccio agente di colore si stava avvicinando in tutta<br />
fretta.<br />
– Serve un’ambulanza allo Strand – stava dicendo a qualcuno che si<br />
trovava sulla sua spalla... no, stava parlando in una piccola<br />
ricetrasmittente. Scossi la testa per schiarirmi la mente.<br />
– Ha bisogno di un’ambulanza, signora – insistette intanto il<br />
poliziotto. – Quella ragazza laggiù dice che un uomo l’ha gettata a terra e<br />
ha cercato di strangolarla.<br />
– Sto bene – dichiarai, anche se avevo la voce rauca e la gola mi<br />
faceva indubbiamente male.<br />
– Signore, lei è con questa donna? – continuò il poliziotto, rivolto ora<br />
a Quinn; quando si girò, la luce cadde sulla piastrina con il suo nome, che
ecava la scritta boling.<br />
– Sì, sono con lei.<br />
– Ed è stato lei a... a toglierle di dosso quei teppisti?<br />
– Sì.<br />
Il collega di Boling, che era una sua copia caucasica, venne intanto a<br />
raggiungerci, scrutando Quinn con qualche riserva, dovuta all’aver<br />
esaminato i nostri assalitori, che avevano ripreso la loro forma umana<br />
prima dell’arrivo della polizia e che, ovviamente, erano nudi.<br />
– Uno ha una gamba rotta – riferì, – e l’altro lamenta di avere una<br />
spalla slogata.<br />
– Hanno avuto quello che si meritavano – dichiarò Boling, scrollando<br />
le spalle. Forse era frutto della mia immaginazione, ma mi pareva che<br />
anche lui si facesse un po’ più cauto nel guardare verso il mio<br />
accompagnatore.<br />
– Hanno avuto più di quanto si aspettassero – ribatté in noto neutro il<br />
suo collega. – Signore, conosce uno o l’altro di quei ragazzi? – chiese<br />
quindi, accennando in direzione dei due, che erano esaminati da un agente<br />
sceso da una seconda macchina, un uomo più giovane e atletico dei<br />
colleghi. I due assalitori erano appoggiati uno all’altro e avevano l’aria<br />
stordita.<br />
– Non li ho mai visti prima – dichiarò Quinn. – E tu, piccola? –<br />
aggiunse, abbassando lo sguardo su di me con espressione interrogativa.<br />
Scossi il capo. Cominciavo a stare meglio, almeno quanto bastava<br />
per sentirmi in una posizione di netto svantaggio, stesa là per terra. Volevo<br />
alzarmi, e lo dissi a Quinn. Prima che i poliziotti potessero nuovamente<br />
consigliarmi di aspettare l’ambulanza, Quinn riuscì a farmi alzare in piedi<br />
il meno dolorosamente possibile.<br />
Abbassai lo sguardo sul mio splendido completo nuovo, che era<br />
adesso molto sporco.<br />
– In che stato sono, dietro? – domandai a Quinn, sentendo io stessa la<br />
paura che mi permeava la voce, e gli volsi la schiena, scrutandolo con<br />
ansia da sopra la spalla. Quinn parve leggermente sorpreso, ma procedette<br />
a esaminarmi.<br />
– Niente strappi – riferì. – Forse ci sono uno o due punti in cui la<br />
stoffa si è graffiata un poco sull’asfalto.<br />
Scoppiai in lacrime. Probabilmente, avrei comunque cominciato a<br />
piangere indipendentemente da tutto, perché stavo avvertendo una violenta<br />
reazione all’adrenalina che mi aveva invasa quando eravamo stati attaccati,<br />
ma il mio tempismo fu perfetto. Quanto più piangevo, tanto più i poliziotti
si mostrarono comprensivi, e come bonus aggiuntivo Quinn mi trasse fra le<br />
sue braccia, permettendomi di appoggiare la guancia contro il suo petto, e<br />
di ascoltare il battito del suo cuore, una volta che ebbi smesso di<br />
singhiozzare. In un colpo solo mi ero liberata della mia reazione nervosa<br />
all’aggressione subita ed ero riuscita a disarmare i poliziotti, anche se<br />
sapevo che stavano continuando a porsi degli interrogativi riguardo a<br />
Quinn e alla sua forza fisica.<br />
Un altro poliziotto, fermo vicino a uno degli assalitori, quello<br />
scaraventato lontano da Quinn, lanciò un richiamo ai colleghi, che<br />
andarono a raggiungerlo, lasciandoci soli per qualche momento.<br />
– Una mossa astuta – mormorò Quinn, contro il mio orecchio.<br />
– Mmmm – borbottai, addossandomi maggiormente a lui.<br />
– Continua così – sussurrò lui, accentuando la stretta delle sue<br />
braccia intorno a me, – e dovremo congedarci per andare in cerca di una<br />
stanza.<br />
– Mi dispiace – mi scusai, ritraendomi leggermente per guardarlo. –<br />
Chi credi che li abbia assoldati?<br />
Forse lui fu sorpreso che lo avessi capito, ma dal suo cervello non<br />
trapelò nulla, perché la reazione chimica che aveva scatenato le mie<br />
lacrime aveva anche reso ancor più complicato l’intrico della sua mente.<br />
– Ho tutte le intenzioni di scoprirlo – ribatté. – Come va la tua gola?<br />
– Fa male – ammisi, con voce roca, – ma so che non ha nulla che non<br />
vada, e siccome non ho un’assicurazione, non voglio andare in ospedale.<br />
Sarebbe uno spreco di tempo e di denaro.<br />
– Allora non ci andremo – garantì, chinandosi a baciarmi su una<br />
guancia. Io girai la faccia verso di lui, cosicché il bacio successivo atterrò<br />
nel punto giusto, divampando quasi subito in qualcosa di più intenso.<br />
Entrambi stavamo risentendo degli effetti dell’ondata di adrenalina.<br />
Il rumore di una voce che si schiariva mi restituì la lucidità mentale,<br />
con la stessa rapidità con cui avrei potuto ritrovarla se l’Agente Boling ci<br />
avesse rovesciato addosso una secchiata di acqua gelata.<br />
Disimpegnandomi dal bacio, affondai di nuovo il volto contro il petto<br />
di Quinn, consapevole di non potermi ancora muovere per un paio di<br />
minuti, perché potevo sentire la prova tangibile della sua eccitazione<br />
premere contro di me; anche se quelle non erano le circostanze più adatte<br />
per una valutazione, ero certa che in lui tutto fosse proporzionato, e faticai<br />
a resistere all’impulso di sfregare il mio corpo contro il suo. Sapevo che<br />
questo avrebbe peggiorato la sua situazione, dal punto di vista pubblico,<br />
ma adesso ero di un umore molto migliore, e mi stavo forse sentendo
addirittura maliziosa, e vispa, molto vispa. Affrontare insieme quella prova<br />
aveva probabilmente accelerato l’evolversi della nostra relazione quanto<br />
avrebbero potuto farlo quattro successivi appuntamenti.<br />
– Ha altre domande da farci, agente? – chiese Quinn, con voce non<br />
del tutto calma.<br />
– Sì, signore. Se lei e la signora volete venire con noi alla stazione di<br />
polizia, abbiamo bisogno di raccogliere la vostra deposizione. Provvederà<br />
a farlo il Detective Coughlin, mentre noi portiamo in ospedale i<br />
prigionieri.<br />
– D’accordo, ma dobbiamo proprio farlo stanotte? La mia amica è<br />
esausta e ha bisogno di riposare. Questa è stata per lei una prova molto<br />
dura.<br />
– Non ci vorrà molto – mentì l’agente. – Siete certi di non aver mai<br />
visto prima questi due teppisti? Lo chiedo perché questa aggressione<br />
sembra avere una base molto personale, se mi è permesso dirlo.<br />
– Nessuno di noi due li conosce.<br />
– E la signora persiste nel rifiutare le cure mediche?<br />
Annuii.<br />
– Allora va bene così, gente. Spero non abbiate altri problemi.<br />
– Grazie per essere accorsi tanto in fretta – dissi, girando la testa<br />
quanto bastava a incontrare lo sguardo dell’Agente Boling. Lui ricambiò lo<br />
sguardo con aria tesa, e lessi nella sua mente che era preoccupato per la<br />
mia sicurezza, accanto a un uomo violento come Quinn, capace di<br />
scagliare due ragazzi a parecchi metri di distanza. Il poliziotto non si era<br />
davvero reso conto che l’attacco era stato una cosa personale, che non si<br />
era trattato di una casuale rapina.<br />
Andammo alla stazione di polizia su un’autopattuglia. Non so cosa<br />
avessero in mente gli agenti, so solo che il collega di Boling ci garantì che<br />
ci avrebbero riaccompagnati alla nostra auto, motivo per cui accettammo<br />
la loro richiesta. Forse, non volevano che avessimo l’opportunità di parlare<br />
fra noi da soli, anche se non ne compresi il motivo. La sola cosa che<br />
poteva aver destato in loro dei sospetti era la taglia di Quinn, unita alla<br />
perizia con cui si era liberato degli aggressori.<br />
– Se hai bisogno di farmi sapere qualcosa con urgenza, pensala<br />
rivolgendoti a me, e io ti sentirò – dissi a Quinn, nei pochi istanti in cui<br />
rimanemmo soli prima che un agente si mettesse al volante.<br />
– Utile – commentò lui. La violenza sembrava averlo in certo modo<br />
rilassato, e nel massaggiarmi il palmo con il pollice stava pensando che in<br />
quel momento gli sarebbe piaciuto passare trenta minuti a letto con me, o
anche quindici; perfino dieci minuti, sia pure sul sedile posteriore di<br />
un’auto, sarebbero stati fantastici. Cercai di non scoppiare a ridere, ma non<br />
riuscii a trattenermi, e quando si rese conto che avevo colto con chiarezza i<br />
suoi pensieri, lui scosse il capo con fare contrito.<br />
Finita questa faccenda, dobbiamo trovare un posto dove andare,<br />
pensò poi, di proposito. Mi augurai che non intendesse che voleva affittare<br />
una stanza o portarmi a fare sesso a casa sua, perché quella notte non lo<br />
avrei fatto, indipendentemente da quanto potessi trovarlo attraente; il<br />
desiderio era però svanito quasi del tutto dal suo cervello, e potevo<br />
percepire che i suoi scopi erano di genere diverso, per cui annuii.<br />
Quindi cerca di non stancarti troppo, aggiunse. Annuii ancora, pur<br />
non avendo idea di come ci si ammaginava che facessi, e mi ripromisi di<br />
cercare di risparmiare le forze.<br />
La stazione di polizia era più o meno come mi aspettavo che fosse;<br />
indipendentemente da tutto ciò che di buono si può dire di Shreveport,<br />
infatti, non si può negare che abbia la sua dose di criminalità. La nostra<br />
presenza non destò quindi particolare attenzione, almeno finché gli agenti<br />
che si erano trovati sulla scena non conferirono con quelli che si trovavano<br />
nell’edificio, il tutto con più di un’occhiata di soppiatto in direzione di<br />
Quinn, tesa a studiarlo senza parere: senza dubbio, ai loro occhi lui<br />
appariva abbastanza formidabile da far attribuire alla normale forza fisica<br />
il modo in cui aveva sconfitto i due assalitori, ma l’incidente era stato<br />
piuttosto strano, le deposizioni dei testimoni contenevano ulteriori<br />
stranezze...<br />
Poi, il mio sguardo si posò su un volto familiare. Uh-oh.<br />
– Salve, Detective Coughlin – salutai, ricordando infine perché quel<br />
nome mi suonasse familiare.<br />
– Signorina Stackhouse... – rispose lui, dimostrando quasi il mio<br />
stesso entusiasmo. – Che cosa ha combinato questa volta?<br />
– Siamo stati aggrediti – spiegai.<br />
– L’ultima volta che l’ho vista, era fidanzata con Alcide Herveaux, e<br />
voi due avevate appena trovato i cadaveri più massacrati che io abbia mai<br />
visto – osservò, in tono noncurante. Il suo ventre pareva essersi fatto<br />
ancora più grosso nei pochi mesi trascorsi da quando lo avevo incontrato<br />
sulla scena di un omicidio, lì a Shreveport. Come molti uomini dal ventre<br />
spropositato, lui portava i calzoni cachi abbottonati sotto quella sporgenza,<br />
e dal momento che la sua camicia era a larghe strisce blu e bianche,<br />
l’effetto complessivo era quello di un tendone che sovrastasse un tratto di<br />
terra battuta.
Mi limitai ad annuire, perché in realtà non avevo niente da dire.<br />
– Il Signor Herveaux si è ripreso dalla perdita di suo padre? –<br />
insistette Coughlin.<br />
Il corpo di Jackson Herveaux era stato trovato mezzo dentro e mezzo<br />
fuori da un serbatoio pieno d’acqua, in una vecchia fattoria che<br />
apparteneva alla famiglia. Anche se i giornali avevano arpeggiato sulla<br />
stranezza di alcune delle sue ferite, era parso chiaro che gli animali<br />
selvatici avessero rosicchiato alcune delle ossa. La teoria dominante era<br />
che il vecchio Herveaux fosse precipitato nel serbatoio e si fosse rotto una<br />
gamba nella caduta; in qualche modo, era poi riuscito a raggiungere il<br />
bordo e a issarsi parzialmente fuori del serbatoio, ma a quel punto doveva<br />
essere svenuto. Dal momento che nessuno sapeva che si era recato alla<br />
fattoria, non c’erano stati soccorsi, e lui era <strong>morto</strong> là, solo.<br />
Alla morte di Jackson aveva assistito una folla di persone, fra cui<br />
anche l’uomo che avevo accanto.<br />
– Non ho più parlato con Alcide da quando suo padre è stato ritrovato<br />
– replicai, in tutta sincerità.<br />
– Santo cielo, mi dispiace davvero che le cose fra voi non abbiano<br />
funzionato – commentò il Detective Coughlin, fingendo di non vedere che<br />
quella sera ero in compagnia di un altro uomo. – Di certo, voi due eravate<br />
una bella coppia.<br />
– Sookie è bella, indipendentemente da chi è con lei – interloquì<br />
Quinn.<br />
Gli sorrisi, e ne fui ricambiata: senza dubbio, lui stava facendo tutte<br />
le mosse giuste.<br />
– Signorina Stackhouse, se vuole seguirmi, metteremo per iscritto la<br />
sua deposizione, e dopo se ne potrà andare.<br />
La mano di Quinn si serrò intorno alla mia in un gesto di<br />
avvertimento. Ehi, un momento, chi è la telepate, qui? pensai, nel<br />
ricambiare la stretta. Ero perfettamente consapevole che secondo il<br />
Detective Coughlin io dovevo essere colpevole di qualcosa, e che lui<br />
avrebbe fatto del suo meglio per scoprire di cosa si trattava, ma in realtà io<br />
non ero colpevole di niente.<br />
Noi eravamo stati i bersagli scelti per l’attacco, lo avevo letto nella<br />
mente degli assalitori... ma perché?<br />
Il Detective Coughlin mi condusse in una stanza piena di scrivanie e<br />
tirò fuori un modulo da un cassetto. Intorno, tutti continuarono a lavorare.<br />
Alcune scrivanie erano vuote, senza dubbio “chiuse per la notte”, ma altre<br />
erano occupate, c’erano persone che andavano e venivano dalla stanza, e
un giovane detective biondo era impegnato a scrivere al computer, a due<br />
scrivanie di distanza da me.<br />
Essendo sul chi vive, avevo aperto la mente, quindi ero in grado di<br />
avvertire se mi stava guardando pur senza voltarmi, e sapevo che era stato<br />
piazzato a quella scrivania dal Detective Coughlin, o che quanto meno gli<br />
era stato ordinato di studiarmi a fondo, mentre mi trovavo nella stanza.<br />
Quando infine mi decisi a fissarlo negli occhi, lo shock del<br />
riconoscimento fu reciproco: avevo già visto quel giovane alla lotta per la<br />
posizione di capobranco, era il mannaro che aveva rivestito il ruolo di<br />
secondo di Patrick Furnan e che io avevo sorpreso a barare. Maristella mi<br />
aveva riferito che la sua punizione era consistita nell’avere la testa rasata, e<br />
gli era stata inflitta anche se il suo candidato aveva vinto. Adesso i suoi<br />
capelli avevano appena cominciato a ricrescere, e nei suoi occhi si leggeva<br />
nei miei confronti l’odio intenso proprio di chi sa di essere colpevole.<br />
D’impulso, accennò ad alzarsi, perché il suo primo istinto era stato quello<br />
di pestarmi per bene, ma poi registrò il fatto che qualcuno pareva aver già<br />
provveduto al riguardo, e sogghignò.<br />
– Quello è il suo collega? – domandai al Detective Coughlin.<br />
– Cosa? – Il detective, che era stato intento a scrutare lo schermo del<br />
computer con l’ausilio di un paio di occhiali da lettura, guardò in direzione<br />
del giovane mannaro, poi riportò lo sguardo su di me, continuando: – Sì, è<br />
il mio nuovo collega. Il tizio che mi ha accompagnato sull’ultima scena del<br />
crimine su cui ci siamo conosciuti è andato in pensione il mese scorso.<br />
– Come si chiama? Il nuovo collega, intendo.<br />
– Perché, è il prossimo che vuole agganciare? Lei non pare proprio<br />
capace di sistemarsi con un singolo uomo, vero, Signorina Stackhouse?<br />
Se fossi stata una vampira, avrei potuto costringerlo a rispondermi, e<br />
se fossi stata davvero abile, lui non si sarebbe neppure reso conto di averlo<br />
fatto.<br />
– Diciamo piuttosto che sono gli uomini che non riescono a<br />
sistemarsi con me, Detective Coughlin – ribattei; lui mi fissò in modo<br />
strano, poi accennò con un dito in direzione del detective biondo.<br />
– Lui è Cal, Cal Myers – spiegò. Intanto, parve aver trovato il<br />
modulo giusto, perché cominciò a farmi esporre di nuovo tutti i dettagli<br />
dell’incidente, domande a cui risposi con sincera indifferenza: per una<br />
volta, non avevo proprio niente da nascondere.<br />
– Mi sono chiesta se fossero drogati – osservai, quando ebbi finito.<br />
– Si intende molto di droghe, Signorina Stackhouse? – ribatté<br />
Coughlin, tornando a fissarmi con quei suoi occhietti penetranti.
– Non direttamente, è ovvio, ma di tanto in tanto nel bar viene<br />
qualcuno che ha preso qualche sostanza che non avrebbe dovuto usare.<br />
Quei due giovani sembravano proprio... sotto l’influenza di qualcosa.<br />
– Ebbene, all’ospedale esamineranno loro il sangue, e allora lo<br />
sapremo.<br />
– Dovrò tornare ancora?<br />
– Per testimoniare contro di loro? Certo.<br />
– D’accordo – assentii, nel mio tono più neutro e deciso, consapevole<br />
che non avevo alternative. – Abbiamo finito?<br />
– Suppongo di sì – annuì, incontrando il mio sguardo con quegli<br />
occhietti castani pieni di sospetto. Risentirmene sarebbe stato inutile,<br />
perché aveva assolutamente ragione nel ritenere che in me ci fosse<br />
qualcosa di poco chiaro, qualcosa che lui non sapeva. Dopo tutto,<br />
Coughlin stava facendo del suo meglio per essere un buon poliziotto... di<br />
colpo, mi dispiacque per lui, costretto ad annaspare in un mondo che<br />
conosceva soltanto a metà.<br />
– Non si fidi del suo collega – sussurrai. Mi aspettavo che lui<br />
esplodesse e facesse avvicinare Cal Myers per mettermi in ridicolo davanti<br />
a lui, ma qualcosa nel mio tono o nel mio sguardo lo indusse a bloccare<br />
quell’impulso. Le mie parole di avvertimento avevano fatto leva su un<br />
campanello d’allarme che stava già suonando in un angolo del suo<br />
cervello, forse dal primo momento in cui aveva conosciuto il mannaro.<br />
Coughlin non disse niente, neppure una parola. La sua mente era<br />
piena di paura, mista a disgusto... ma era convinto che stessi dicendo la<br />
verità. Dopo un secondo, mi alzai e lasciai la stanza: con mio estremo<br />
sollievo, Quinn mi stava aspettando nell’ingresso.<br />
Un agente... non Boling... ci riportò fino alla macchina di Quinn, ed<br />
entrambi rimanemmo in silenzio per tutto il tragitto. Trovammo la Lincoln<br />
ad attenderci in solitario splendore nel parcheggio, di fronte allo Strand,<br />
ora sprangato e buio. Tirate fuori le chiavi, Quinn aprì l’auto con il<br />
comando elettronico e prendemmo posto a bordo, con gesti lenti e stanchi.<br />
– Dove andiamo? – chiesi.<br />
– All’Hair of the Dog – rispose.
Capitolo nono<br />
L’Hair of the Dog si trovava nelle vicinanze di King’s Highway, non<br />
lontano dal Centenary College. L’edificio aveva una vecchia facciata di<br />
mattoni, e le grandi finestre che davano sulla strada erano coperte da<br />
opache tende color crema, particolari che notai mentre svoltavamo lungo il<br />
lato sinistro dell’edificio, per percorrere sobbalzando un vicolo che portava<br />
a un’area di parcheggio, sul retro.<br />
Lasciammo l’auto in quel piccolo appezzamento coperto di erbacce e<br />
disseminato di lattine vuote, vetri rotti, preservativi usati e cose anche<br />
peggiori, visibili nonostante la fioca illuminazione. Nel parcheggio c’erano<br />
parecchie motociclette, alcune utilitarie economiche e un paio di Suv. Sulla<br />
porta posteriore spiccava un cartello con la scritta: RISERVATO AL<br />
PERSONALE – VIETATO L’INGRESSO.<br />
Anche se i miei piedi stavano cominciando a protestare contro i<br />
tacchi alti, a cui non erano abituati, dovemmo ripercorrere il vicolo fino<br />
all’ingresso principale, e a mano a mano che ci avvicinavamo all’ingresso<br />
sentii intensificare una sensazione di gelo che mi attanagliava la spina<br />
dorsale. Poi l’incantesimo si impadronì di me così bruscamente da darmi<br />
l’impressione di essere andata a sbattere contro un muro, e mi indusse ad<br />
arrestarmi di colpo. Lottai per andare avanti, ma non riuscivo a muovermi,<br />
e potevo avvertire l’odore della magia: il locale aveva delle protezioni.<br />
Qualcuno aveva pagato una somma notevole a una strega perché<br />
apponesse sulla porta un incantesimo di allontanamento.<br />
Mentre mi sforzavo di non cedere all’impulso di girarmi e di<br />
mettermi a camminare in un’altra direzione, qualsiasi altra, Quinn mosse<br />
qualche passo in avanti e infine si girò a fissarmi con aria sorpresa, almeno<br />
finché non si rese conto di cosa stava succedendo.<br />
– L’avevo dimenticato – affermò, con la sorpresa che gli risuonava<br />
anche nella voce. – Avevo scordato che sei umana.<br />
– Sembra un complimento – ribattei, con una certa fatica. Nonostante<br />
il freddo della notte, avevo la fronte imperlata di sudore per lo sforzo di<br />
spingere in avanti un piede di un paio di centimetri.<br />
– Ecco fatto – disse Quinn, prendendomi fra le braccia proprio come<br />
Rhett avrebbe fatto con Rossella O’Hara. Subito la sua aura mi avviluppò,<br />
attenuando la sgradevole compulsione ad allontanarmi, e io trassi un<br />
profondo respiro di sollievo. Adesso la magia non era più in grado di
iconoscermi come umana, almeno non del tutto, e per quanto il locale<br />
continuasse ad apparirmi poco interessante e quasi repellente, fui in grado<br />
di entrare senza sentirmi male.<br />
Forse fu a causa dei perduranti effetti dell’incantesimo, ma anche<br />
dopo che fummo entrati, il bar non cessò di apparirmi quasi repellente.<br />
Non sarebbe esatto dire che il nostro ingresso fece cessare ogni<br />
conversazione, ma di certo il rumore presente nel locale si attenuò in modo<br />
marcato; un jukebox stava suonando Bad Moon Rising, che è per i mannari<br />
una sorta di inno nazionale, e l’assortimento di mannari e di mutaforma<br />
presenti sembrava impegnato a valutare la situazione.<br />
– Gli umani non sono ammessi in questo locale! – esclamò una<br />
donna molto giovane, balzando oltre il bancone con uno scatto muscoloso<br />
e avanzando verso di noi. Indossava calze a rete, stivali a tacco alto, un top<br />
aderente senza spalline in pelle rossa... ecco, un top che avrebbe voluto<br />
essere di pelle, ma che più probabilmente era di similpelle... e una striscia<br />
di stoffa nera che senz’altro lei definiva una gonna. Sembrava che si fosse<br />
infilata una sorta di tubo, calandoselo addosso, e il tutto era tanto aderente<br />
da dare l’impressione che si potesse arrotolare su se stesso da un momento<br />
all’altro, come una tenda.<br />
La ragazza non apprezzò il mio sorriso, che giustamente interpretò<br />
come un commento al suo modo di vestire.<br />
– Porta fuori di qui il tuo culo umano – ingiunse, con un ringhio.<br />
Purtroppo, non doveva aver fatto molta pratica nell’intimidire la gente, e il<br />
suo ringhio non suonò particolarmente minaccioso, con il risultato che il<br />
mio sorriso si accentuò. Essendo dotata dello scarso autocontrollo proprio<br />
di tutti i mannari molto giovani, la ragazza trasse indietro la mano per<br />
sferrarmi un pugno.<br />
A quel punto, Quinn ringhiò.<br />
Quel suono scaturì dalle profondità del suo ventre, tanto tonante e<br />
profondo da penetrare in ogni angolo del locale. Il barista, un tipo vestito<br />
da motociclista, con barba e capelli piuttosto lunghi e le braccia nude<br />
coperte di tatuaggi, allungò la mano sotto il bancone. Capii che stava per<br />
tirare fuori una doppietta.<br />
Non per la prima volta, mi chiesi se non avrei dovuto cominciare a<br />
circolare armata, cosa di cui, in tutta la mia vita di persona osservante delle<br />
leggi, non avevo mai visto la necessità fino a pochi mesi prima. In quel<br />
momento, il jukebox smise di suonare, e sul bar scese un silenzio<br />
assordante quanto lo era stato il rumore di poco prima.<br />
– Per favore, non tirare fuori quell’arma – dissi al barista, sfoggiando
uno smagliante sorriso; potevo sentire le mie labbra tendersi in quella sorta<br />
di sorriso troppo marcato e luminoso, che mi faceva apparire un po’<br />
sballata. – Veniamo in pace – aggiunsi, sulla spinta di un impulso assurdo,<br />
mostrando i miei palmi vuoti.<br />
Un mutaforma che era in piedi accanto al bancone scoppiò in una<br />
risata sorpresa quanto divertita, e la tensione generale diminuì<br />
leggermente. La ragazza abbassò il pugno lungo il fianco e indietreggiò di<br />
un passo, lo sguardo che si spostava di continuo fra Quinn e me, e le mani<br />
del barista tornarono a essere visibili.<br />
– Salve, Sookie – salutò poi una voce familiare. Amanda, la mannara<br />
dai capelli rossi che il giorno precedente aveva fatto da autista alla<br />
Dottoressa Ludwig, era seduta a un tavolo, in un angolo in ombra (a dire il<br />
vero, la sala sembrava piena di angoli in ombra).<br />
Insieme a lei c’era un uomo massiccio vicino alla quarantina, ed entrambi<br />
erano forniti di drink e di una ciotola di salatini; al loro tavolo sedeva<br />
anche un’altra coppia, che mi dava le spalle. Quando i due si girarono con<br />
cautela, come se qualsiasi movimento brusco potesse scatenare violenza,<br />
riconobbi Alcide e Maristella. Il cervello di Maristella era un ammasso<br />
confuso di ansia, di orgoglio e di tensione, quello di Alcide era<br />
semplicemente combattuto: non sapeva con esattezza cosa stesse provando<br />
in quel momento.<br />
Ebbene, la cosa valeva per entrambi.<br />
– Salve, Amanda – risposi, in tono allegro quanto il mio sorriso,<br />
perché non sarebbe stato salutare permettere a quel silenzio di protrarsi<br />
troppo a lungo.<br />
– Sono onorata di avere nel mio locale il leggendario Quinn –<br />
affermò Amanda; da questo compresi che, indipendentemente da qualsiasi<br />
altro lavoro potesse svolgere, lei era la proprietaria dell’Hair of the Dog. –<br />
Voi due siete in giro per passare una serata in città, oppure la vostra visita<br />
ha una ragione specifica?<br />
Dal momento che non avevo idea del perché fossimo lì, dovetti<br />
lasciare che fosse Quinn a rispondere, cosa che a mio parere non mi fece<br />
fare una bella figura.<br />
– C’è una ragione molto valida, anche se desideravo da tempo<br />
visitare il tuo bar – replicò Quinn, adottando uno stile elegante e formale<br />
che pareva scaturito dal nulla.<br />
Amanda accolse le sue parole con un cenno del capo, che parve<br />
essere anche un segnale per invitare Quinn a proseguire.<br />
– Questa sera, la mia compagna e io siamo stati aggrediti in un luogo
pubblico, dove c’erano altri civili tutt’intorno a noi – annunciò.<br />
La cosa non parve sconvolgere o stupire nessuno; anzi, Miss Sfida<br />
alla Moda arrivò addirittura a scrollare le nude spalle ossute.<br />
– Siamo stati aggrediti da mannari – precisò Quinn.<br />
Questo ottenne una notevole reazione. Teste e mani sussultarono per<br />
poi immobilizzarsi, e Alcide accennò ad alzarsi in piedi, per poi lasciarsi<br />
ricadere sulla sedia.<br />
– Mannari del branco della Zanna Lunga? – chiese Amanda, in tono<br />
incredulo.<br />
– Gli aggressori erano là per uccidere, quindi non ho perso tempo a<br />
fare domande – ribatté Quinn, scrollando le spalle. – Entrambi erano<br />
mannari molto giovani, tali per essere stati morsi, e a giudicare dal loro<br />
comportamento, erano drogati.<br />
Le sue parole provocarono altre reazioni sconvolte. Stavamo<br />
causando una sensazione notevole.<br />
– Sei ferita? – mi chiese Alcide, come se Quinn non fosse stato là al<br />
mio fianco.<br />
Per tutta risposta inclinai la testa all’indietro, in modo da rendere<br />
visibile il collo, smettendo di sorridere. Ormai i lividi lasciati dalle mani<br />
del ragazzo avevano cominciato a scurire in modo vistoso. Intanto, avevo<br />
avuto modo di riflettere intensamente.<br />
– Come amica del branco, non mi sarei aspettata che potesse<br />
succedermi qualcosa, qui a Shreveport – dissi.<br />
Partivo dal presupposto che la mia posizione di amica del branco non<br />
fosse cambiata con il nuovo regime, o almeno mi auguravo che non lo<br />
fosse; in ogni caso, quello era il mio asso nella manica, e lo avevo giocato.<br />
– Il Colonnello Flood aveva dichiarato Sookie amica del branco –<br />
affermò inaspettatamente Amanda. Gli altri mannari si fissarono a vicenda,<br />
creando un momento di incertezza.<br />
– Che ne è stato dei cuccioli? – chiese il motociclista dietro il<br />
bancone.<br />
– Sono sopravvissuti – rispose Quinn, fornendo prima la notizia più<br />
importante.<br />
L’intero locale parve esalare un sospiro collettivo, anche se non avrei<br />
saputo dire se fosse di sollievo o di rammarico.<br />
– Sono nelle mani della polizia – continuò Quinn. – Dal momento<br />
che ci hanno attaccati davanti ad altri umani, è stato impossibile evitare<br />
che la polizia fosse coinvolta.<br />
Mentre ci recavamo al bar, avevamo discusso di Cal Myers. Quinn lo
aveva soltanto intravisto, ma naturalmente lo aveva riconosciuto per ciò<br />
che era. Adesso mi chiesi se avrebbe sollevato la questione della sua<br />
presenza alla stazione di polizia, ma lui non ne fece parola; del resto,<br />
perché fare commenti riguardo a qualcosa che di certo i mannari già<br />
sapevano? Senza contare che il branco si sarebbe schierato in modo<br />
compatto contro qualsiasi estraneo, indipendentemente da quanto potesse<br />
essere diviso al suo interno.<br />
Il coinvolgimento della polizia nelle questioni dei mannari era una<br />
cosa poco desiderabile, e anche se la presenza di Cal Myers all’interno<br />
delle forze dell’ordine poteva essere d’aiuto, ogni indagine elevava la<br />
possibilità che gli umani venissero a sapere dell’esistenza di creature che<br />
preferivano l’anonimato.<br />
Non avevo idea di come i mutaforma avessero fatto a volare (o<br />
strisciare o galoppare) per così tanto tempo al di sotto dei radar, ed ero<br />
convinta che il costo in termini di vite umane fosse stato notevole.<br />
– Dovresti portare Sookie a casa – osservò Alcide. – È stanca.<br />
– Ce ne andremo solo dopo aver ricevuto da voi l’assicurazione che<br />
il branco indagherà a fondo su questo attacco ingiustificato – ribatté<br />
Quinn, circondandomi con un braccio e traendomi contro di sé.<br />
Un bel discorso. Quinn pareva essere un maestro nell’esprimersi con<br />
diplomatica fermezza, anche se a dire il vero era un po’ sopraffacente: un<br />
senso di potere esalava da lui in un flusso costante, e la sua presenza fisica<br />
aveva un impatto innegabile.<br />
– Riferiremo tutto questo al capobranco, e sono certa che lui<br />
indagherà – stava dicendo Amanda. – Qualcuno deve aver assoldato quei<br />
cuccioli.<br />
– Qualcuno li ha trasformati, tanto per cominciare – precisò Quinn. –<br />
O forse adesso il vostro branco si abbassa a mordere teppisti da strada per<br />
poi mandarli in giro in cerca di cibo fra i rifiuti?<br />
D’accordo, a questo punto l’atmosfera era senza dubbio ostile.<br />
Sollevai lo sguardo sul mio grosso compagno, e scoprii che Quinn<br />
stava per perdere il controllo.<br />
– Grazie di tutto – dissi ad Amanda, sentendo il mio sorriso nervoso<br />
che tornava a tendermi gli angoli della bocca. – Alcide, Maristella, è stato<br />
un piacere vedervi, ma adesso dobbiamo andare. Il viaggio fino a Bon<br />
Temps è lungo – aggiunsi, agitando la mano in direzione del barista<br />
motociclista e di Miss Calze a Rete. Lui rispose con un cenno del capo, lei<br />
si accigliò: probabilmente, non le interessava diventare mia amica.<br />
Sgusciando via da sotto il braccio di Quinn, gli presi quindi la mano nella
mia.<br />
– Avanti, Quinn, andiamocene – lo incitai.<br />
Per un breve, sgradevole momento, i suoi occhi non parvero<br />
riconoscermi, poi la sua espressione si schiarì e lui si rilassò.<br />
– Certo, piccola – annuì, quindi salutò i mannari ed entrambi<br />
volgemmo loro le spalle per uscire. Anche se la piccola folla includeva<br />
Alcide, di cui mi fidavo sotto la maggior parte degli aspetti, quella fu per<br />
me un’esperienza piena di disagio.<br />
Quanto a Quinn, non riuscivo a percepire in lui paura o ansia, quindi<br />
doveva essere dotato di una concentrazione e di un autocontrollo enormi,<br />
oppure davvero non aveva paura di un bar pieno di lupi mannari, il che<br />
poteva anche essere ammirevole, ma era comunque un po’... irrealistico.<br />
La risposta esatta risultò essere “concentrazione e autocontrollo<br />
enormi”, come scoprii non appena arrivammo nel parcheggio scarsamente<br />
illuminato. Quinn si mosse, troppo in fretta perché potessi vederlo, e io mi<br />
ritrovai addossata alla macchina, con la bocca di lui sulla mia. Dopo un<br />
istante di sorpresa, mi adeguai prontamente: l’aver condiviso un pericolo<br />
tende ad avere un effetto del genere, e quella era la seconda volta nell’arco<br />
del nostro primo appuntamento. Era forse un cattivo presagio? Accantonai<br />
quel pensiero razionale quando le labbra e i denti di Quinn si spostarono<br />
fino a trovare quel punto vulnerabile e sensibile fra la spalla e l’attaccatura<br />
del collo. Emisi un suono incoerente, perché insieme all’eccitazione che<br />
sempre mi derivava dall’essere baciata in quel punto stavo anche provando<br />
innegabili fitte di dolore a causa dei lividi che mi circondavano la gola.<br />
Una combinazione sgradevole.<br />
– Scusami, scusami – mormorò lui, contro la mia pelle, senza che le<br />
sue labbra sospendessero il loro assalto. Sapevo che se avessi abbassato la<br />
mano avrei potuto ricambiare con un tocco intimo, e non sto dicendo di<br />
non essere stata tentata di farlo. Stavo però imparando un po’ per volta a<br />
usare una certa cautela... anche se non abbastanza, purtroppo, come<br />
riflettei con quella piccola frazione della mia mente che non era travolta<br />
dall’onda di calore che, dal basso del mio corpo, stava salendo a incontrare<br />
la sensazione rovente prodotta dalle labbra di Quinn. Accidenti... Oh...<br />
Mi mossi contro di lui. Fu un riflesso istintivo, ma fu anche un<br />
errore, perché la sua mano mi scivolò sotto il seno e il suo pollice<br />
cominciò ad accarezzarlo. Rabbrividii, con un sussulto, consapevole che<br />
adesso anche lui stava ansimando un poco. Era come essere saltata sul<br />
predellino di una macchina già lanciata a tutta velocità lungo una strada<br />
buia.
– D’accordo – ansimai, ritraendomi un poco. – D’accordo, meglio<br />
fermarsi qui.<br />
– Ummm – mi mormorò all’orecchio, sfiorandomelo con la lingua e<br />
strappandomi un altro sussulto.<br />
– Non intendo farlo – dichiarai, in un tono che voleva essere<br />
definitivo, poi feci appello alla mia determinazione e aggiunsi: – Quinn,<br />
non intendo fare sesso con te in questo orribile parcheggio sporco!<br />
– Neppure un po’ di sesso?<br />
– No. Assolutamente no!<br />
– La tua bocca dice una cosa – affermò, baciandola, – e il tuo corpo<br />
ne dice un’altra – continuò, baciandomi la spalla.<br />
– Ascolta la bocca, dongiovanni.<br />
– Dongiovanni?<br />
– D’accordo. Quinn.<br />
– Va bene – sospirò lui, raddrizzandosi con un sorriso contrito. – Mi<br />
dispiace. Non era mia intenzione saltarti addosso in quel modo.<br />
– Entrare in un posto dove non si è precisamente i benvenuti e<br />
uscirne illesi è un’esperienza eccitante – osservai.<br />
– Esatto – convenne, con un profondo respiro.<br />
– Tu mi piaci molto – dissi. In quel momento, potevo leggergli nella<br />
mente in modo abbastanza chiaro e sapevo di piacergli a mia volta...<br />
davvero tanto, e che gli sarei piaciuta ancora di più su un letto.<br />
– Tuttavia – continuai, fortificando le mie posizioni, – ho avuto un<br />
paio di esperienze che sono state per me un avvertimento ad andarci piano.<br />
E stanotte non ci sono andata piano con te, anche considerando le... ah... le<br />
speciali circostanze. – D’un tratto, mi sentivo tanto spossata da essere<br />
pronta a crollare seduta, con la schiena che doleva e un lieve crampo al<br />
ventre. Per un momento la cosa mi preoccupò, poi mi ricordai del ciclo<br />
mensile. Quella era di certo la goccia che faceva traboccare il vaso,<br />
aggiunta a una serata di eccitazione e di percosse.<br />
Quinn mi stava fissando, e si stava ponendo degli interrogativi al mio<br />
riguardo, anche se non ero in grado di dire con esattezza cosa lo<br />
preoccupasse.<br />
– Chi di noi due era il bersaglio, fuori del teatro? – chiese d’un tratto.<br />
Era chiaro che aveva smesso di pensare al sesso. Bene.<br />
– Credi si trattasse di uno soltanto di noi? – replicai.<br />
– È quanto avevo supposto – ammise, dopo un momento di<br />
riflessione.<br />
– Dobbiamo anche chiederci chi sia stato ad assoldarli. Suppongo
che abbiano ricevuto un pagamento di qualche tipo... droga, o denaro, o<br />
entrambe le cose. Credi che parleranno?<br />
– Non credo che sopravviveranno alla notte, in prigione.
Capitolo decimo<br />
Alla notizia non venne neppure elargita la prima pagina; invece,<br />
venne relegata nella sezione delle notizie locali del giornale di Shreveport.<br />
OMICIDI IN CARCERE, recitava il titolo. Sospirai.<br />
“Due minorenni che attendevano di essere trasferiti dalle celle di<br />
detenzione alla Casa di Rieducazione Minorile sono stati uccisi la scorsa<br />
notte, poco dopo la mezzanotte.”<br />
Il giornale mi veniva consegnato ogni mattina e veniva lasciato<br />
nell’apposita cassetta, accanto a quella delle lettere, posta in fondo al<br />
vialetto. Quando vidi l’articolo stava ormai facendo buio, e io ero seduta<br />
nella mia macchina, sul punto di imboccare la Hummingbird Road per<br />
andare al lavoro. Era la prima volta che uscivo, quel giorno, dopo aver<br />
dedicato la giornata a dormire, fare il bucato e fare un po’ di giardinaggio.<br />
Nessuno era venuto a trovarmi, nessuno aveva telefonato. Mi ero aspettata<br />
che almeno Quinn chiamasse, giusto per controllare come stavo... ma non<br />
lo aveva fatto.<br />
“I due minorenni, tradotti alla stazione di polizia sotto l’accusa di<br />
aggressione e percosse, erano stati posti in una delle celle di detenzione in<br />
attesa dell’arrivo dell’autobus della Casa di Rieducazione Minorile, il<br />
mattino successivo. Le celle di detenzione destinate ai minori non sono in<br />
vista di quelle riservate agli adulti, e i due erano i soli minorenni trattenuti<br />
nel corso della notte. In un momento imprecisato, sono stati strangolati da<br />
una o più persone ignote. Nessuno degli altri prigionieri ha riportato danni<br />
e tutti hanno negato di aver visto qualsiasi attività sospetta. Entrambi i<br />
giovani avevano una lunga fedina penale. ‘Avevano spesso avuto a che<br />
fare con la polizia’, asserisce una fonte vicina agli inquirenti.<br />
“‘Intendiamo andare a fondo a questa faccenda’, afferma il Detective<br />
Dan Coughlin, che ha risposto alla chiamata per il reato per cui i giovani<br />
erano stati arrestati e stava conducendo le indagini. ‘Erano stati arrestati<br />
per aver presumibilmente aggredito una coppia in modo strano, e la loro<br />
morte è altrettanto strana.’ Il suo collega, Cal Myers, aggiunge: ‘Sarà fatta<br />
giustizia’. ”<br />
Quelle parole mi parvero minacciose.<br />
Gettato il giornale sul sedile accanto, tirai fuori la posta dalla cassetta<br />
e la aggiunsi al piccolo mucchio, pensando che l’avrei esaminata dopo il<br />
turno di lavoro da Merlotte’s.
Quando arrivai al bar ero di umore pensoso. Assorta a riflettere sulla<br />
sorte dei due che mi avevano assalita la notte precedente, quasi non feci<br />
una piega quando scoprii che avrei lavorato insieme alla nuova dipendente<br />
di Sam. Tanya era sorridente ed efficiente come sempre, e Sam era molto<br />
soddisfatto di lei; quando me lo ribadì per la seconda volta, gli feci notare<br />
in tono un po’ pungente che me lo aveva già detto.<br />
Fui lieta di vedere Bill entrare e occupare un tavolo nella mia sezione<br />
della sala, perché volevo avere una scusa per allontanarmi prima di dover<br />
rispondere all’interrogativo che stava prendendo forma nella mente di<br />
Sam: perché Tanya non ti piace?<br />
Non mi aspettavo di trovare di mio gradimento tutti quelli che<br />
incontravo, non più di quanto mi aspettassi di piacere a tutti, ma di solito<br />
avevo un motivo per provare antipatia per qualcuno, qualcosa di più di una<br />
vaga diffidenza unita a un’altrettanto vaga avversione. Anche se Tanya era<br />
una mutaforma di qualche tipo, avrei dovuto essere in grado di leggere la<br />
sua mente e di apprendere quanto bastava per confermare o negare i miei<br />
istintivi sospetti, ma non potevo leggere dentro di lei, ottenevo soltanto<br />
qualche parola, di tanto in tanto, come da una stazione radio sintonizzata<br />
male. Sarebbe stato logico pensare che fossi contenta di aver trovato<br />
qualcuna della mia età e del mio stesso sesso, che poteva forse diventare<br />
un’amica; invece, rendermi conto che lei era un libro chiuso mi aveva<br />
turbata. Inoltre, stranamente, Sam non aveva detto una sola parola riguardo<br />
a quella che era la sua natura di base, nessun commento del tipo “oh, è una<br />
talpa mannara”, oppure “è una vera mutaforma, come me”, o qualcosa del<br />
genere.<br />
Quando mi avviai per prendere l’ordinazione di Bill ero alquanto<br />
turbata, e il mio cattivo umore aumentò alla vista di Selah Pumphrey ferma<br />
sulla soglia e intenta a scrutare la sala, probabilmente per cercare di<br />
individuare Bill. Borbottando fra me e me qualche imprecazione, girai sui<br />
tacchi e mi allontanai. Davvero poco professionale.<br />
Dopo un po’, quando lanciai un’occhiata verso il loro tavolo, scoprii<br />
che Arlene era andata a prendere la loro ordinazione, e che Selah mi stava<br />
fissando. Ero in vena di scorrettezze, e mi concessi di origliare: Selah si<br />
stava chiedendo perché Bill volesse sempre incontrarsi con lei in quel bar,<br />
dove la gente era manifestamente ostile, e stentava a credere che un uomo<br />
oculato e sofisticato come lui fosse mai uscito con una cameriera. A<br />
giudicare da quanto aveva sentito dire, io non ero neppure stata al college,<br />
e per di più, mia nonna era stata assassinata.<br />
Suppongo che questo mi rendesse equivoca, ai suoi occhi.
Cerco sempre di prendere tutte le cose con un minimo di buon<br />
senso... dopo tutto, avrei potuto schermarmi in modo efficace da quei<br />
pensieri, ed era risaputo che le persone che origliavano non sentivano mai<br />
niente di buono sul loro conto, giusto? Era un vecchio adagio, ma era vero.<br />
Mi dissi (circa sei volte di fila) che non avevo avuto il diritto di ascoltare i<br />
suoi pensieri, e che andare a prenderla a sberle o a strapparle tutti i capelli<br />
sarebbe stata un’azione troppo drastica, ma l’ira continuò a crescere dentro<br />
di me senza che riuscissi a riportarla sotto controllo, tanto che usai più<br />
forza del necessario nel depositare tre birre davanti a Catfish, a Dago e a<br />
Hoyt. Tutti e tre mi fissarono con stupore, contemporaneamente.<br />
– Stiamo facendo qualcosa che non va, Sookie? – mi domandò<br />
Catfish. – Oppure hai soltanto il tuo ciclo mensile?<br />
– Non avete fatto niente – risposi. In effetti, era il mio periodo del<br />
ciclo, e... oh. Sì, ecco di cosa si trattava. Avevo già avuto un avvertimento<br />
con il dolore alla schiena, i crampi allo stomaco e le dita gonfie: il mio<br />
piccolo amico era venuto a trovarmi, me ne resi conto nel momento stesso<br />
in cui compresi cosa stesse contribuendo al mio generale senso di<br />
irritazione.<br />
Lanciai un’occhiata in direzione di Bill, e lo sorpresi a fissarmi, con<br />
le narici dilatate: poteva avvertire l’odore di sangue, cosa che mi destò un<br />
acuto imbarazzo, facendomi arrossire violentemente. Per un secondo,<br />
intravidi una manifesta bramosia sul suo volto, poi i suoi lineamenti<br />
persero qualsiasi espressione.<br />
Se pure non stava piangendo di amore non corrisposto sulla soglia<br />
della mia casa, almeno stava soffrendo un poco. Nel contemplarmi nello<br />
specchio dietro il bancone vidi un sorrisetto compiaciuto affiorarmi sulle<br />
labbra.<br />
Un’ora più tardi, sopraggiunse un secondo vampiro, una donna. Fissò<br />
Bill per un momento, gli rivolse un cenno di saluto e andò a occupare un<br />
tavolo nella sezione di Arlene, che si affrettò ad andare a prendere<br />
l’ordinazione. Le vidi parlare per un momento, ma ero troppo occupata per<br />
verificare di cosa si trattasse, senza contare che avrei comunque dovuto<br />
passare attraverso Arlene per sentire la vampira, perché per me la mente<br />
dei vampiri è silenziosa come una tomba (oh, oh). Un momento più tardi,<br />
Arlene si fece strada fra i tavoli per venire verso di me.<br />
– La ragazza morta ti vuole parlare – disse, senza moderare affatto la<br />
voce, con il risultato che parecchie teste si girarono nella nostra direzione.<br />
Arlene non è dotata di molta sottigliezza... o di tatto, se è per questo.<br />
Dopo essermi accertata che tutti i miei clienti fossero serviti,
aggiunsi il tavolo della vampira.<br />
– Cosa posso fare per te? – domandai, con la voce più bassa<br />
possibile. Sapevo che la vampira mi avrebbe sentita comunque, perché i<br />
vampiri hanno un udito fenomenale, e una vista altrettanto acuta.<br />
– Tu sei Sookie Stackhouse? – chiese la vampira. Era molto alta,<br />
quasi un metro e ottanta, ed era frutto di una mescolanza di razze che<br />
aveva dato un risultato eccellente. La sua pelle era di un colore dorato, i<br />
suoi capelli erano neri, folti e crespi, raccolti in treccine. Le sue braccia<br />
erano cariche di gioielli, ma per contro il suo abbigliamento era molto<br />
semplice, una camicetta bianca a maniche lunghe dal taglio severo,<br />
pantaloni neri e sandali in tinta.<br />
– Sì – confermai. – Posso esserti utile? – aggiunsi, notando che mi<br />
stava scrutando con un’espressione che potevo definire soltanto dubbiosa.<br />
– È stata Pam a mandarmi qui – rispose. – Mi chiamo Felicia. – La<br />
sua voce era affascinante ed esotica quanto il suo aspetto, faceva pensare a<br />
grandi spiagge e a drink al rum.<br />
– Piacere di conoscerti, Felicia – dissi, cortesemente. – Spero che<br />
Pam stia bene.<br />
Dal momento che i vampiri non hanno problemi di salute, quel<br />
commento lasciò perplessa Felicia.<br />
– Sembra che stia bene – replicò, incerta. – Mi ha mandata qui<br />
perché mi presentassi a te.<br />
– D’accordo, adesso ti conosco – annuii, confusa quanto lei lo era<br />
stata poco prima.<br />
– Pam ha detto che tu hai l’abitudine di uccidere i baristi del<br />
Fangtasia – continuò Felicia, un’espressione meravigliata nei grandi occhi<br />
da cerbiatta. – Mi ha detto di venire qui a implorare la sua misericordia,<br />
ma a me sembra che tu sia una semplice umana.<br />
Tipico di Pam.<br />
– Ti stava prendendo in giro – spiegai, con la massima gentilezza<br />
possibile. A quanto pareva, Felicia non era certo la volpe più astuta del<br />
pollaio: super udito e super vista non equivalevano a una super<br />
intelligenza. – Pam e io siamo amiche, in un certo senso, e le piace<br />
mettermi in imbarazzo. Suppongo che si diverta a fare lo stesso anche con<br />
te, Felicia. Non ho intenzione di fare del male a nessuno. È vero –<br />
insistetti, vedendola assumere un’espressione scettica, – ho una brutta<br />
reputazione, per quanto riguarda i baristi del Fangtasia, ma si è trattato...<br />
ecco, si è trattato solo di coincidenze. E sono davvero umana,<br />
completamente – continuai, consapevole che stavo farfugliando.
Dopo averci ruminato sopra per un momento, Felicia parve sollevata,<br />
cosa che la fece apparire ancora più graziosa. Spesso Pam aveva più di un<br />
motivo per fare qualcosa, e questo mi indusse a chiedermi se non avesse<br />
mandato Felicia da me in modo che potessi notare quanto era attraente...<br />
cosa che non sarebbe certo sfuggita a Eric. Era possibile che Pam stesse<br />
cercando di seminare zizzania, considerato che detestava quando la vita si<br />
faceva noiosa.<br />
– Che ne dici di tornare a Shreveport e di divertirti con il tuo capo? –<br />
suggerii, cercando di essere gentile.<br />
– Con Eric? – domandò l’adorabile vampira, mostrandosi stupita. – È<br />
piacevole lavorare per lui, ma a me non piacciono gli uomini.<br />
Lanciai un’occhiata in direzione dei tavoli della mia zona, non solo<br />
per controllare se qualcuno aveva bisogno urgente di una consumazione,<br />
ma anche per verificare se qualcuno stesse ascoltando il nostro dialogo.<br />
Hoyt aveva praticamente la lingua penzoloni, e Catfish dava l’impressione<br />
di essere stato colpito proprio in mezzo agli occhi; quanto a Dago,<br />
appariva gradevolmente sconvolto.<br />
– Allora, Felicia, come sei finita a Shreveport, se non ti secca che te<br />
lo chieda? – domandai, riportando la mia attenzione sulla nuova vampira.<br />
– Oh, la mia amica Indira mi ha chiesto di venire qui. Ha detto che<br />
essere asserviti a Eric non è poi tanto male – spiegò Felicia, scrollando le<br />
spalle per indicare quanto la cosa fosse “non tanto male”. – Non richiede<br />
prestazioni sessuali se una donna non è incline a farlo, ed esige in cambio<br />
soltanto alcune ore di lavoro al bar e di assolvere incarichi speciali, di<br />
tanto in tanto.<br />
– Quindi ha la reputazione di essere un buon capo?<br />
– Oh, sì – confermò Felicia, che appariva quasi sorpresa. –<br />
Naturalmente, non è un rammollito.<br />
Rammollito non era una parola che si poteva usare in abbinamento<br />
con il nome Eric.<br />
– E non conviene contrariarlo. È una cosa che non perdona –<br />
continuò in tono pensoso. – Ma finché adempi agli obblighi che hai verso<br />
di lui, Eric si comporta allo stesso modo con te.<br />
Questo coincideva più o meno con l’idea che mi ero fatta di Eric:<br />
sotto alcuni aspetti, lo conoscevo molto bene... anche se da altri punti di<br />
vista non era così.<br />
– Qui sarà molto meglio che nell’Arkansas – disse Felicia.<br />
– Perché hai lasciato l’Arkansas? – domandai, incapace di<br />
trattenermi. Felicia era la vampira più ingenua e sprovveduta che avessi
mai conosciuto.<br />
– A causa di Peter Threadgill – spiegò. – Il re. Lui ha appena sposato<br />
la vostra regina.<br />
Sophie-Anne LeClerq della Louisiana non era assolutamente la mia<br />
regina, ma la curiosità mi spinse a continuare la conversazione.<br />
– Cosa c’è che non va in Peter Threadgill?<br />
Quella domanda mise un po’ in difficoltà Felicia, che ci rifletté sopra<br />
prima di rispondere.<br />
– Tende a nutrire rancore – disse infine, accigliandosi. – E non è mai<br />
contento di quello che ha. Non gli basta di essere il vampiro più antico e<br />
più forte dello stato. Una volta diventato re... e aveva tramato per anni per<br />
farsi strada fino a quella posizione... ha continuato a essere scontento. Lo<br />
stato in sé aveva qualcosa che non gli andava, capisci?<br />
– Qualcosa come “qualsiasi stato che mi abbia come re non è<br />
abbastanza buono perché ne sia il re”?<br />
– Proprio così – annuì Felicia, quasi che fossi stata molto intelligente<br />
a elaborare una frase del genere. – Ha trattato per mesi con la Louisiana,<br />
tanto che perfino Fiore di Giada si è stancata di sentirlo parlare della<br />
regina. Infine, lei ha acconsentito a stipulare l’alleanza, e dopo una<br />
settimana di festeggiamenti il re si è incupito di nuovo. Di colpo, anche<br />
questo non era abbastanza: lei doveva amarlo, rinunciare a tutto per lui –<br />
concluse, scuotendo il capo.<br />
– Quindi non è stato un matrimonio d’amore?<br />
– L’amore è l’ultimo motivo per cui i re e le regine dei vampiri si<br />
sposano – spiegò Felicia. – Adesso lui è in visita alla regina, a New<br />
Orleans, e io sono felice di trovarmi all’estremità opposta dello stato.<br />
Non riuscivo a mettere a fuoco il concetto di una visita fra marito e<br />
moglie, ma ero certa che presto o tardi sarei riuscita a capire.<br />
Mi sarebbe interessato apprenderne di più, ma era ora che tornassi al<br />
lavoro nella mia zona del bar.<br />
– Grazie per la visita, Felicia, e non ti preoccupare di niente. Sono<br />
lieta che tu lavori per Eric – dissi.<br />
– E io sono lieta che tu non abbia intenzione di uccidermi – rispose<br />
Felicia, rivolgendomi un sorriso smagliante che metteva bene in mostra i<br />
denti. – Ti garantisco che adesso che so chi sei, non avrai nessuna<br />
possibilità di prendermi di sorpresa – continuò: di colpo, la sua vera natura<br />
di vampira le affiorò nello sguardo, strappandomi un brivido.<br />
Sottovalutarla poteva essere letale: non era intelligente, ma era di<br />
certo feroce.
– Non ho intenzione di prendere di sorpresa nessuno, tanto meno un<br />
vampiro – garantii.<br />
Lei rispose con un cenno secco del capo e lasciò il locale nello stesso<br />
modo improvviso in cui era giunta.<br />
– Cosa voleva? – domandò Arlene, quando ci ritrovammo al banco<br />
nello stesso momento per delle ordinazioni; notai che anche Sam stava<br />
ascoltando.<br />
– Lavora al Fangtasia, a Shreveport, e voleva semplicemente fare la<br />
mia conoscenza – spiegai, con una scrollata di spalle.<br />
– Adesso devono venire a farsi approvare da te? – commentò Arlene,<br />
fissandomi. – Sookie, hai bisogno di evitare i morti e di passare più tempo<br />
con i vivi.<br />
– Da dove ti è venuta un’idea del genere? – ribattei, fissandola a mia<br />
volta.<br />
– Ti comporti come se non fossi in grado di pensare con la mia testa<br />
– fu la risposta.<br />
Arlene non aveva mai avuto pensieri come quello in tutta la sua vita.<br />
Il suo secondo nome era tolleranza, soprattutto perché era troppo<br />
indulgente per prendere posizione dal punto di vista morale.<br />
– Ecco, sono sorpresa – spiegai, fin troppo consapevole di quanto<br />
fosse aspro il giudizio che avevo appena tranciato riguardo a una persona<br />
che avevo sempre considerato un’amica.<br />
– Sai, ho cominciato ad andare in chiesa insieme a Rafe Prudhomme.<br />
Mi piaceva Rafe Prudhomme, un uomo molto tranquillo, sulla<br />
quarantina, che lavorava per la Pelican State Title Company, ma non avevo<br />
mai avuto la possibilità di conoscerlo bene, non avevo mai ascoltato i suoi<br />
pensieri... e forse era stato un errore.<br />
– Che genere di chiesa frequenta? – domandai.<br />
– Si tratta della Confraternita del Sole, quella nuova chiesa.<br />
Sentii il cuore che mi sprofondava, quasi alla lettera. Non mi presi<br />
neppure la briga di sottolineare che la Confraternita era un’accolita di<br />
bigotti, uniti dall’odio e dalla paura.<br />
– La Confraternita del Sole non è una vera chiesa, sai – dissi soltanto.<br />
– C’è una sua branca qui nelle vicinanze?<br />
– A Minden – rispose Arlene. – Sapevo che la cosa non ti sarebbe<br />
piaciuta. Però là ho visto anche il prete cattolico, Padre Riordan, quindi<br />
perfino i membri del clero approvano la cosa. Ci siamo stati nelle ultime<br />
due domeniche, la sera.<br />
– E credi a quella roba?
In quel momento, uno dei clienti di Arlene la chiamò, e lei fu ben<br />
lieta di allontanarsi.<br />
Il mio sguardo cercò quello di Sam: entrambi eravamo turbati. La<br />
Confraternita del Sole era un’organizzazione contro i vampiri e contro la<br />
tolleranza, e la sua influenza si stava espandendo. Alcune sue enclavi non<br />
erano militanti, ma molti suoi membri predicavano odio e paura nella loro<br />
forma più estrema, e se la Confraternita aveva una lista segreta di soggetti<br />
da colpire, potevo essere certa che essa includesse il mio nome. I fondatori<br />
della Confraternita, Steve e Sarah Newlin, erano stati infatti scacciati dalla<br />
loro chiesa di Dallas, estremamente redditizia, a causa del fatto che io<br />
avevo interferito con i loro piani. Da allora, ero sopravvissuta a un paio di<br />
tentativi di assassinio, ma c’era sempre la possibilità che i membri della<br />
Confraternita mi trovassero e mi tendessero un’imboscata. Mi avevano<br />
vista a Dallas, e anche a Jackson, e presto o tardi avrebbero capito chi ero<br />
e dove vivevo.<br />
Avevo un sacco di cose di cui preoccuparmi.
Capitolo undicesimo<br />
Il mattino successivo, Tanya si presentò a casa mia. Era domenica,<br />
non dovevo lavorare e mi sentivo decisamente allegra. Dopo tutto, Crystal<br />
stava guarendo, Quinn pareva trovarmi di suo gusto e non avevo più<br />
sentito Eric, il che forse significava che mi avrebbe lasciata in pace. A<br />
volte, cerco di essere ottimista. Il detto preferito di mia nonna, tratto dalla<br />
Bibbia, era “Ti basti per questo giorno il male che lo accompagna”. A<br />
quanto mi aveva spiegato, il suo significato era che non ci si doveva<br />
preoccupare del domani, o delle cose che era impossibile cambiare. Quella<br />
era una filosofia che mi sforzavo di praticare, ma la maggior parte delle<br />
volte mi riusciva difficile applicarla. Quel giorno, farlo era facile.<br />
Gli uccelli stavano trillando e ciangottando, gli insetti ronzavano e<br />
l’aria carica di polline era piena di pace, come se le piante la stessero<br />
emettendo insieme al polline stesso. Io ero seduta sul portico anteriore,<br />
avvolta nella mia vestaglia rosa e intenta a sorseggiare un caffè mentre<br />
ascoltavo Car Talk, sulla Red River Radio; mi sentivo davvero bene<br />
quando una piccola Dodge Dart risalì ansimando il mio vialetto. Non<br />
riconobbi la macchina, ma non ebbi difficoltà a riconoscere chi la guidava,<br />
e la mia serenità svanì sotto l’impatto di una folata di sospetto: adesso che<br />
sapevo dell’esistenza nelle vicinanze di un’enclave della Confraternita, la<br />
presenza indagatrice di Tanya mi appariva infatti ancora più sospetta. Le<br />
semplici regole della cortesia mi impedivano di mandarla via, senza<br />
provocazioni maggiori di quelle avute finora, ma non le riservai neppure<br />
un sorriso di benvenuto, mentre mi alzavo in piedi sul portico.<br />
– Buon giorno, Sookie! – esclamò, nello scendere dalla macchina.<br />
– Ciao, Tanya – risposi, per mera educazione.<br />
– Uh... tutto bene? – chiese, arrestandosi a metà strada dai gradini.<br />
Rimasi in silenzio.<br />
– Avrei dovuto chiamare prima, vero? – osservò, cercando di apparire<br />
insieme contrita e accattivante.<br />
– Sarebbe stato meglio. Non mi piacciono le visite improvvise.<br />
– Mi dispiace. Prometto che chiamerò, la prossima volta – garantì,<br />
riprendendo ad avanzare verso i gradini. – Hai un’altra tazza di caffè?<br />
A quel punto, violai una delle regole più basilari dell’ospitalità.<br />
– No, non questa mattina – ribattei, posizionandomi in cima ai<br />
gradini per impedirle l’accesso al portico.
– Ecco... Sookie – cominciò, in tono incerto. – Questa mattina sei<br />
davvero di cattivo umore.<br />
Mi limitai a squadrarla con fermezza.<br />
– Non mi meraviglia che Bill Compton stia uscendo con un’altra –<br />
commentò lei, con una risatina. Immediatamente, comprese di aver<br />
commesso un errore. – Scusami – aggiunse in fretta, – forse non ho bevuto<br />
abbastanza caffè. Non avrei dovuto dirlo. Quella Selah Pumphrey è<br />
insopportabile, vero?<br />
Adesso è troppo tardi, Tanya, pensai.<br />
– Con lei, almeno, sai come stanno le cose – replicai. Era un<br />
messaggio chiaro? – Ci vediamo al lavoro.<br />
– D’accordo. La prossima volta ti chiamo prima, capito? – annuì, con<br />
un sorriso ampio quanto vuoto.<br />
– Ho capito. – La guardai risalire sulla sua piccola auto, rivolgermi<br />
un allegro gesto di saluto e fare un sacco di manovre inutili per girare la<br />
Dart e tornare verso la Hummingbird Road. Rimasi a osservarla mentre si<br />
allontanava, attendendo che il rumore del motore si fosse spento del tutto<br />
prima di rimettermi a sedere. Lasciando il libro che stavo leggendo sul<br />
tavolino di plastica adiacente alla sedia da giardino, sorseggiai il resto del<br />
caffè senza però ritrovare il piacere che aveva accompagnato i primi sorsi.<br />
Tanya stava tramando qualcosa.<br />
Era come se avesse una vera e propria insegna al neon che le brillava<br />
sopra la testa, e avrei solo voluto che quell’insegna fosse stata tanto gentile<br />
da dirmi cosa lei fosse, per chi lavorasse e quale poteva essere il suo<br />
scopo, anche se supponevo che avrei dovuto scoprirlo da sola. Avrei<br />
origliato nella sua mente a ogni possibile occasione, e se questo non avesse<br />
funzionato... e a volte poteva non funzionare, perché non solo lei era una<br />
mutaforma, ma non era possibile indurre le persone a pensare a quello che<br />
ti serviva, su richiesta... avrei dovuto adottare misure più drastiche.<br />
Quali, non ne avevo idea.<br />
Nel corso dell’ultimo anno, avevo in qualche modo assunto il ruolo<br />
di guardiana delle creature soprannaturali del mio piccolo angolo del<br />
nostro stato. Ero una sorta di simbolo della tolleranza fra le diverse specie,<br />
e avevo appreso una quantità di cose riguardo a quell’altro universo che<br />
circondava la (prevalentemente ignara) razza umana. In un certo senso era<br />
piacevole, sapere cose che gli altri ignoravano, ma complicava la mia vita<br />
già difficile, e mi portava ad addentrarmi in strade sperdute e pericolose, in<br />
mezzo a esseri che volevano disperatamente tenere segreta la loro<br />
esistenza.
In casa trillò il telefono, e io mi riscossi dalle mie cupe riflessioni per<br />
andare a rispondere.<br />
– Ciao, piccola – disse una voce calda, dall’altro capo del filo.<br />
– Quinn – risposi, cercando di non mostrarmi troppo entusiasta. Non<br />
ero emotivamente coinvolta con quell’uomo, ma in quel momento avevo<br />
bisogno che succedesse qualcosa di positivo, e Quinn era formidabile e<br />
attraente.<br />
– Che cosa stai facendo?<br />
– Oh, ero seduta sul portico, in vestaglia, a bere un caffè.<br />
– Vorrei essere là a berne una tazza con te.<br />
Hmmm. Un pio desiderio o un’effettiva e indiretta richiesta di invito?<br />
– Ce n’è in abbondanza, nella caffettiera – replicai con cautela.<br />
– Sono a Dallas, altrimenti arriverei in un attimo – rispose.<br />
Mi sgonfiai come un palloncino.<br />
– Quando sei partito? – chiesi, perché quella mi sembrava la<br />
domanda più sicura e meno invadente.<br />
– Ieri. Ho ricevuto una telefonata dalla madre di un tizio che di tanto<br />
in tanto lavora per me. Lui ha lasciato a metà una cosa a cui stavamo<br />
lavorando a New Orleans, settimane fa, e pur essendo piuttosto seccato<br />
della cosa non ero preoccupato, non proprio, perché è una sorta di<br />
freelance, che ha un sacco di castagne sul fuoco in tutto il paese. Sua<br />
madre sostiene però che non si è ancora fatto vedere da nessuna parte, e<br />
pensa che gli sia successo qualcosa, quindi sto dando un’occhiata a casa<br />
sua e vagliando i suoi file per darle una mano, ma sono finito in un vicolo<br />
cieco. La sua pista sembra scomparire a New Orleans. Domani tornerò a<br />
Shreveport. Devi lavorare?<br />
– Sì, il primo turno. Finirò verso le cinque.<br />
– Allora che ne diresti di invitarmi a cena? Porto io le bistecche, se<br />
hai la griglia.<br />
– A dire il vero, ce l’ho. È piuttosto vecchia, ma funziona.<br />
– Hai la carbonella?<br />
– Devo controllare – replicai, perché non avevo più cucinato<br />
all’aperto da quando mia nonna era morta.<br />
– Non è un problema, ne porterò un po’.<br />
– D’accordo, penso io a tutto il resto.<br />
– Affare fatto.<br />
– Ci vediamo alle sei?<br />
– Alle sei.<br />
– D’accordo. A domani, allora.
A dire il vero, mi sarebbe piaciuto parlare più a lungo con lui, ma<br />
non ero certa di cosa dire, perché non avevo mai avuto molte occasioni di<br />
fare conversazione con i ragazzi, visto che i miei primi appuntamenti<br />
risalivano all’anno precedente, quando avevo conosciuto Bill. Avevo un<br />
sacco di terreno da recuperare, non ero come Lindsay Popken, che era stata<br />
Miss Bon Temps l’anno in cui io mi ero diplomata alle superiori. Lindsay<br />
era stata in grado di ridurre i ragazzi in uno stato di idiozia e di indurli ad<br />
andarle dietro come iene intontite. L’avevo osservata spesso, e ancora non<br />
riuscivo a capire come facesse, perché non mi era mai parso che parlasse<br />
di qualcosa in particolare. Avevo perfino provato ad ascoltare il suo<br />
cervello, che era però risultato pieno prevalentemente di chiacchiere vuote.<br />
Alla fine, avevo concluso che quella di Lindsay era una tecnica istintiva,<br />
basata sul non dire mai niente di serio.<br />
Oh, bene, basta con le reminiscenze. Rientrai in casa per vedere di<br />
cosa avevo bisogno per prepararmi alla visita di Quinn, la sera successiva,<br />
e per fare una lista degli acquisti necessari. Sarei andata a fare spese, il che<br />
era un modo piacevole di trascorrere la domenica pomeriggio. Mi infilai<br />
sotto la doccia con la prospettiva di una giornata gradevole.<br />
Un bussare alla porta mi interruppe una trentina di minuti più tardi,<br />
mentre mi stavo mettendo il rossetto. Questa volta mi ricordai di guardare<br />
dallo spioncino, e ciò che vidi mi avvilì. Ciò nonostante, fui costretta ad<br />
aprire la porta.<br />
Una lunga limousine nera dall’aria familiare era parcheggiata sul mio<br />
vialetto... e la mia precedente esperienza connessa a quell’auto mi stava<br />
inducendo ad aspettarmi problemi e notizie spiacevoli.<br />
L’uomo... l’essere... in piedi sul mio portico era l’avvocato e il<br />
rappresentante personale della regina dei vampiri della Louisiana, e il suo<br />
nome era Cataliades, con l’accento sulla seconda sillaba. Lo avevo<br />
incontrato per la prima volta quando era venuto a riferirmi che mia cugina<br />
Hadley era morta, lasciandomi sua erede. Non solo era morta, era stata<br />
assassinata, e il vampiro responsabile della cosa era stato punito sotto i<br />
miei occhi. Quella era stata una notte che mi aveva riservato molteplici<br />
shock: avevo scoperto non solo che Hadley aveva lasciato questo mondo,<br />
ma che lo aveva lasciato come vampira, e che era stata una favorita della<br />
regina, nel senso biblico del termine.<br />
Hadley era stata uno dei pochi membri rimasti della mia famiglia, per<br />
cui avevo avvertito la sua perdita, ma allo stesso tempo avevo dovuto<br />
riconoscere che, da adolescente, lei aveva causato molto dolore a sua<br />
madre e molta sofferenza a mia nonna. Se fosse vissuta, forse avrebbe
cercato di farsi perdonare... o forse no. Comunque, non ne aveva avuta la<br />
possibilità.<br />
Trassi un profondo respiro, e aprii la porta.<br />
– Signor Cataliades – dissi, sentendo il mio solito sorriso ansioso<br />
distendermi le labbra. L’avvocato della regina era un uomo che pareva<br />
formato da una serie di cerchi, con la faccia rotonda, il ventre ancora più<br />
rotondo, e lucidi e circolari occhi neri. Non ritenevo che fosse umano...<br />
almeno, non del tutto... ma non ero certa di cosa potesse essere. Senza<br />
dubbio, non era un vampiro, visto che era là davanti a me, sotto la piena<br />
luce del giorno, e non era neppure un mannaro o un mutaforma, visto che<br />
non c’era un’aura rossastra che gli circondasse il cervello.<br />
– Signorina Stackhouse – rispose, rivolgendomi uno smagliante<br />
sorriso. – Che piacere rivederla.<br />
– Lo stesso vale per me – replicai, mentendo a spada tratta, poi esitai,<br />
sentendomi di colpo nervosa e dolorante. Come tutti gli altri esseri<br />
soprannaturali con cui avevo a che fare, senza dubbio anche Cataliades si<br />
sarebbe accorto che avevo il mio ciclo mensile. Davvero grandioso. – Non<br />
vuole entrare?<br />
– Grazie, mia cara – disse, e io mi trassi da parte, piena di remore a<br />
lasciar entrare quella creatura nella mia casa.<br />
– Prego, si sieda – lo invitai, decisa a essere cortese. – Le andrebbe<br />
qualcosa da bere?<br />
– No, grazie. Pare che stesse per andare da qualche parte – osservò,<br />
fissando con aria accigliata la borsetta che avevo gettato su una sedia nel<br />
dirigermi alla porta.<br />
Stava succedendo qualcosa che non capivo.<br />
– Sì – confermai, inarcando le sopracciglia con aria interrogativa. –<br />
Era mia intenzione andare al negozio di alimentari, ma posso rimandare di<br />
un’oretta.<br />
– Allora non ha fatto i bagagli per venire a New Orleans con me?<br />
– Cosa?<br />
– Ha ricevuto il mio messaggio?<br />
– Quale messaggio?<br />
Ci fissammo a vicenda, con pari sgomento.<br />
– Le ho mandato una messaggera con una lettera del mio ufficio<br />
legale – spiegò il Signor Cataliades. – Dovrebbe essere arrivata qui quattro<br />
notti fa. La lettera era sigillata con la magia, e soltanto lei poteva aprirla.<br />
Scossi il capo, lasciando che la mia espressione sconcertata<br />
rispondesse da sola.
– Mi sta dicendo che Gladiola non è stata qui? Mi aspettavo che<br />
arrivasse al più tardi mercoledì notte. Non credo che avesse una macchina,<br />
perché le piace correre. – Per un istante, si concesse un sorriso indulgente,<br />
che però svanì subito, tanto che se avessi battuto le palpebre non lo avrei<br />
neppure visto. – Mercoledì notte – ripeté, quasi a pungolare la mia<br />
memoria.<br />
– Quella è stata la notte in cui ho sentito qualcuno, fuori – dissi,<br />
rabbrividendo nel ricordare quanto mi fossi sentita tesa, quella notte. –<br />
Nessuno si è presentato alla porta, nessuno ha cercato di entrare in<br />
qualsiasi modo o mi ha telefonato. C’era soltanto la sensazione di qualcosa<br />
che si stava muovendo, e fuori gli animali si sono azzittiti.<br />
A una creatura potente come quell’avvocato soprannaturale era<br />
impossibile apparire sconcertata, ma lui si fece molto pensoso. Dopo un<br />
momento, si alzò pesantemente in piedi e mi rivolse un inchino,<br />
accennando verso la porta. Insieme, tornammo fuori, e una volta sul<br />
portico lui si girò verso la macchina, accennando con la mano.<br />
Una donna molto snella scese dal posto di guida della limousine. Era<br />
più giovane di me, intorno ai vent’anni, e come il Signor Cataliades era<br />
umana solo in parte. I suoi capelli rossi erano pettinati in una serie di<br />
punte, il suo trucco pareva applicato con la cazzuola e il suo vestiario era<br />
tale da far scomparire al confronto perfino l’incredibile tenuta di quella<br />
ragazza dell’Hair of the Dog: calze a strisce rosa shocking e nere, stivaletti<br />
alla caviglia neri, a tacco altissimo, una gonna nera a balze, trasparente, e<br />
un top rosa a canottiera.<br />
La sua sola vista mi tolse il respiro.<br />
– Ciao, come va? – salutò allegramente, con un sorriso che mise in<br />
mostra denti aguzzi e molto bianchi, di cui un dentista si sarebbe<br />
innamorato, appena prima di rimetterci un dito.<br />
– Salve – risposi, protendendo la mano. – Io sono Sookie<br />
Stackhouse.<br />
Anche con quei tacchi assurdi, lei superò molto in fretta la distanza<br />
che ci separava. La sua mano era minuscola e ossuta.<br />
– Lieta di conoscerti. Io sono Diantha – si presentò.<br />
– Un nome grazioso – commentai.<br />
– Grazie.<br />
– Diantha – affermò il Signor Cataliades, – ho bisogno che tu<br />
conduca una ricerca per mio conto.<br />
– Per trovare?<br />
– Ho molta paura che si tratti dei resti di Glad.
Il sorriso scomparve dal volto della ragazza.<br />
– È una balla? – disse, scandendo le parole.<br />
– No, Diantha, non lo è – rispose l’avvocato.<br />
Diantha si sedette sui gradini e si tolse le scarpe e le calze a strisce,<br />
all’apparenza per nulla preoccupata che, in loro assenza, la sua gonna<br />
trasparente non lasciasse niente all’immaginazione. Dal momento che<br />
l’espressione del Signor Cataliades non cambiò minimamente, decisi di<br />
poter essere una donna abbastanza di mondo da ignorare a mia volta la<br />
cosa.<br />
Non appena si fu liberata degli indumenti, la ragazza si mise in<br />
movimento, stando china sul terreno e annusando in modo tale da farmi<br />
capire che doveva essere ancor meno umana di quanto avessi supposto. Lei<br />
però non si muoveva come i mannari che avevo visto, e neppure come le<br />
pantere mutaforma: il suo corpo pareva girarsi e curvarsi in un modo che<br />
non aveva semplicemente nulla a che vedere con i mammiferi.<br />
Il Signor Cataliades la stava osservando, con le mani incrociate<br />
davanti a sé, e poiché lui rimaneva in silenzio, anch’io mi trattenni dal<br />
parlare, mentre la ragazza saettava di qua e di là per il cortile come un<br />
colibrì impazzito, vibrando di un’energia ultraterrena quasi tangibile.<br />
Per quanto si muovesse, però, non la sentii produrre un solo rumore.<br />
Di lì a poco, Diantha si fermò vicino a una macchia di cespugli, al<br />
limitare del bosco, e si chinò a guardare qualcosa che si trovava sul<br />
terreno, rimanendo del tutto immobile. Poi, senza distogliere lo sguardo,<br />
sollevò una mano, come una scolara che avesse trovato la risposta giusta.<br />
– Andiamo a vedere – suggerì il Signor Cataliades. Con quel suo<br />
modo di fare deciso, attraversò il vialetto e si avviò sull’erba, fino alla<br />
macchia di cespugli di mirto sul limitare del bosco.<br />
Quando ci avvicinammo, Diantha non sollevò lo sguardo,<br />
continuando a fissare qualcosa che si trovava a terra, dietro i cespugli.<br />
Accorgendomi che aveva il volto rigato di lacrime, trassi un profondo<br />
respiro prima di decidermi a vedere cosa stesse catturando la sua<br />
attenzione.<br />
Quella ragazza era stata un po’ più giovane di Diantha, ma altrettanto<br />
esile, con i capelli tinti di un biondo carico che contrastava con la pelle<br />
color cioccolato al latte; nella morte, le sue labbra si erano ritratte,<br />
rivelando denti candidi e aguzzi quanto quelli di Diantha. Stranamente, il<br />
suo corpo non era malconcio quanto mi sarei aspettata, considerato che<br />
doveva trovarsi là fuori da parecchi giorni: c’erano soltanto poche<br />
formiche che le camminavano addosso, invece della consueta massa di
insetti... e lei non aveva poi un brutto aspetto, per una persona che era stata<br />
tagliata in due all’altezza della vita.<br />
Per un momento mi sentii ronzare la testa, e temetti che sarei crollata<br />
in ginocchio. Avevo visto cose piuttosto orribili, inclusi due massacri, ma<br />
non avevo mai visto nessuno tagliato in due, come quella ragazza: potevo<br />
scorgere i suoi visceri, che non avevano nulla di umano, e pareva inoltre<br />
che le due metà fossero state cauterizzate nel venire separate, con una<br />
minima perdita di sangue.<br />
– Hanno usato una spada d’acciaio – disse il Signor Cataliades. –<br />
Un’ottima spada.<br />
– Cosa ne dobbiamo fare dei suoi resti? – domandai. – Posso<br />
procurare una vecchia coperta.<br />
Anche senza chiederlo, sapevo che non avremmo chiamato la polizia.<br />
– Dovremo bruciarla – decise il Signor Cataliades. – Il posto più<br />
sicuro sarebbe laggiù, Signorina Stackhouse, sulla ghiaia del parcheggio.<br />
Aspetta visite?<br />
– No – replicai, sconvolta su molteplici livelli. – Mi dispiace<br />
chiederlo, ma... perché deve essere... bruciata?<br />
– Nessuno si nutre di un demone, o anche di un mezzo demone,<br />
come Glad o Diantha – replicò lui, con lo stesso tono con cui mi avrebbe<br />
spiegato che il sole sorge a est. – Non lo fanno neppure gli insetti, come<br />
vede. E il terreno non può assimilarla, come fa con i resti umani.<br />
– Non vuole riportarla a casa? Dalla sua gente?<br />
– Diantha e io siamo la sua gente, e non è nostra usanza riportare i<br />
morti nel luogo dove vivevano.<br />
– Ma cosa l’ha uccisa?<br />
Il Signor Cataliades si limitò a inarcare un sopracciglio.<br />
– Certo, è ovvio che è stata uccisa da qualcosa che l’ha tagliata a<br />
metà, lo vedo da me! Ma cosa o chi impugnava quell’arma?<br />
– Diantha, tu che ne pensi? – chiese il Signor Cataliades, come se<br />
stesse tenendo una lezione.<br />
– Qualcosa di molto, molto forte e furtivo – replicò la ragazza. – Si è<br />
avvicinato a Gladiola, che non era una sprovveduta. Noi non siamo facili<br />
da uccidere.<br />
– E non ho visto traccia della lettera che aveva con sé – aggiunse il<br />
Signor Cataliades, protendendosi a scrutare il terreno. – Ha della legna da<br />
ardere, Signorina Stackhouse? – chiese quindi, raddrizzandosi.<br />
– Sissignore, c’è una buona quantità di pezzi di legno di quercia sul<br />
retro, vicino alla baracca degli attrezzi. – Jason aveva tagliato alcuni alberi
abbattuti dall’ultima bufera di ghiaccio.<br />
– Ha bisogno di fare i bagagli, mia cara?<br />
– Sì – annuii, quasi troppo sopraffatta per rispondere. – Cosa? A che<br />
scopo?<br />
– Per il viaggio a New Orleans. Può partire subito, vero?<br />
– Io... credo di sì. Però, devo chiederlo al mio capo.<br />
– Allora Diantha e io ci occuperemo di questo, mentre lei si procura<br />
il permesso e fa i bagagli – decise il Signor Cataliades.<br />
Lo fissai interdetta.<br />
– D’accordo – dissi infine. Mi pareva di non riuscire a pensare con<br />
molta chiarezza.<br />
– Poi dobbiamo partire per New Orleans – continuò lui. – Credevo di<br />
trovarla pronta, e che Glad si fosse fermata qui per aiutarla.<br />
A fatica, distolsi lo sguardo dal cadavere per fissare l’avvocato.<br />
– Non capisco tutta questa faccenda – cominciai... poi ricordai<br />
qualcosa. – Il mio amico Bill voleva venire a New Orleans con me, quando<br />
fossi andata a sgombrare l’appartamento di Hadley. Se gli sarà possibile<br />
organizzarsi, potrebbe venire con noi?<br />
– Lei vuole che Bill venga? – osservò lui, con una sfumatura di<br />
sorpresa nella voce. – Bill gode del favore della regina, quindi la sua<br />
presenza non mi dispiacerà.<br />
– D’accordo, però dovrò aspettare che faccia buio per mettermi in<br />
contatto con lui – osservai. – Spero che sia in città.<br />
Avrei potuto telefonare a Sam, ma volevo andare da qualche parte<br />
per allontanarmi dallo strano funerale che stava per svolgersi sul mio<br />
vialetto.<br />
Quando mi allontanai in macchina, il Signor Cataliades stava<br />
trasportando fuori dal bosco la metà inferiore del piccolo corpo floscio.<br />
Silenziosa, Diantha lo seguiva spingendo una carriola piena di legna.
Capitolo dodicesimo<br />
– Sam, ho bisogno di essere libera per qualche giorno – dissi,<br />
tenendo bassa la voce.<br />
Anche se avevo notato gli altri veicoli parcheggiati accanto al suo<br />
furgone, quando avevo bussato alla porta della sua casa mobile, ero<br />
rimasta sorpresa di scoprire che aveva degli ospiti. JB du Rone e Andy<br />
Bellefleur erano appollaiati sul divano di Sam, con alcune birre e una<br />
ciotola di patatine a portata di mano, su un tavolino: evidentemente, Sam<br />
era impegnato in un tipico rito di fratellanza maschile.<br />
– State guardando lo sport? – aggiunsi, cercando di non apparire<br />
stupita, mentre da sopra la spalla di Sam rivolgevo un cenno di saluto a JB<br />
e a Andy, che lo ricambiarono, JB con entusiasmo, Andy con minor foga.<br />
Se si potesse dire che un cenno della mano è ambivalente, il suo lo sarebbe<br />
stato.<br />
– Uh, sì, basket. Gioca la LSU... dunque, i giorni liberi ti servono<br />
subito?<br />
– Sì, è una sorta di emergenza – replicai.<br />
– Puoi dirmi di cosa si tratta?<br />
– Devo andare a New Orleans per sgombrare l’appartamento di mia<br />
cugina Hadley.<br />
– E devi farlo proprio adesso? Sai che Tanya ha cominciato da poco e<br />
che Charlsie si è licenziata definitivamente, a quanto dice. Arlene non è<br />
più affidabile come un tempo, e Holly e Danielle sono ancora sconvolte<br />
per quell’incidente successo a scuola.<br />
– Mi dispiace – risposi. – Se vuoi licenziarmi e trovare qualcun’altra,<br />
posso capirlo – affermai. Mi si spezzava il cuore a dire una cosa del<br />
genere, ma dovevo farlo, per onestà nei confronti di Sam.<br />
Lui si chiuse alle spalle la porta della casa mobile e uscì sul portico<br />
con espressione ferita.<br />
– Sookie – ribatté, dopo un secondo, – sei stata totalmente affidabile<br />
per almeno cinque anni, e mi hai chiesto dei giorni liberi al massimo due o<br />
tre volte in tutto. Non intendo licenziarti solo perché ti serve qualche<br />
giorno di ferie.<br />
– Oh, bene – mormorai, sentendomi arrossire, perché non ero<br />
abituata alle lodi. – La figlia di Liz potrebbe venire a darti una mano.<br />
– Farò qualche telefonata – replicò in tono blando. – Come andrai a
New Orleans?<br />
– Mi danno un passaggio.<br />
– Chi? – chiese in tono gentile. Non voleva che mi infuriassi perché<br />
stava ficcando il naso nei miei affari (potevo leggerglielo nella mente).<br />
– L’avvocato della regina – spiegai, in tono ancora più sommesso.<br />
Per quanto tolleranti nei confronti dei vampiri in generale, i cittadini di<br />
Bon Temps si sarebbero potuti alterare alquanto se avessero saputo che il<br />
loro stato aveva una regina vampiro, e che il suo governo segreto<br />
influenzava la loro vita sotto molti aspetti. D’altro canto, data la cattiva<br />
fama dei politici della Louisiana, era anche possibile che non ci trovassero<br />
niente di anormale.<br />
– Stai davvero andando a svuotare l’appartamento di Hadley? –<br />
insistette.<br />
Gli avevo parlato della seconda, definitiva morte di mia cugina.<br />
– Sì. E devo anche scoprire che cosa mi ha lasciato.<br />
– La cosa mi sembra molto improvvisa – osservò Sam, che appariva<br />
turbato, passandosi una mano fra i ricciuti capelli ramati fino a farli stare<br />
ritti sulla testa come un alone. Aveva proprio bisogno di tagliarli.<br />
– Sì, lo sembra anche a me. Il Signor Cataliades aveva cercato di<br />
avvertirmi in anticipo, ma la sua messaggera è stata uccisa.<br />
Sentii Andy gridare all’indirizzo della televisione, eccitato da<br />
qualche fase del gioco. Stranamente, non avevo mai pensato che lui<br />
potesse essere un patito di sport, e neppure JB, se era per questo, così<br />
come non avevo mai fatto caso a tutte le volte che avevo sentito gli uomini<br />
pensare a buoni passaggi di palla o a tiri da tre punti, mentre le donne con<br />
cui erano parlavano di tendine nuove o dei brutti voti che il figlio aveva<br />
preso in algebra.<br />
Nel rifletterci, adesso, mi chiesi se lo scopo dello sport non fosse<br />
quello di dare agli uomini un’alternativa sicura per evitare problemi più<br />
spinosi.<br />
– Non dovresti andare – affermò immediatamente Sam. – Sembra<br />
che possa essere pericoloso.<br />
– Devo – ribattei, scrollando le spalle. – Hadley ha lasciato tutto a<br />
me. Devo farlo. – Non ero affatto calma quanto cercavo di sembrare, ma<br />
ritenevo che urlare e protestare non mi sarebbe servito a nulla.<br />
Sam accennò a parlare, poi parve ripensarci.<br />
– Si tratta del denaro, Sook? – chiese infine. – Ti serve il denaro che<br />
ti ha lasciato?<br />
– Sam, non so se Hadley possedesse anche soltanto un centesimo.
Lei era mia cugina, e devo fare questo per lei. E poi...<br />
Stavo per dirgli che quel viaggio a New Orleans doveva essere in<br />
qualche modo importante, visto che qualcuno si stava dando tanto da fare<br />
per impedirmi di partire, ma sapevo che Sam tendeva a preoccuparsi,<br />
soprattutto quando io ero coinvolta, e non volevo che si agitasse, quando<br />
non c’era niente che potesse dire per dissuadermi dal partire. Non mi<br />
considero cocciuta, ma ritenevo che quello fosse l’ultimo servigio che<br />
potevo rendere a mia cugina.<br />
– Perché non porti Jason con te? – suggerì Sam, prendendomi la<br />
mano. – Anche lui era cugino di Hadley.<br />
– A quanto pare, lui e Hadley avevano avuto degli attriti, verso la fine<br />
– spiegai. – È per questo che lei ha lasciato tutto a me. Inoltre, in questo<br />
momento Jason ha già fin troppi problemi.<br />
– Altri problemi, a parte dare ordini a Hoyt e farsi qualsiasi donna<br />
che resti ferma abbastanza a lungo da permetterglielo? – ribatté.<br />
Lo fissai. Sapevo che non era un grande fan di mio fratello, ma non<br />
avevo mai saputo che la sua antipatia arrivasse a quei livelli.<br />
– Si dà il caso di sì – dichiarai, con voce gelida quanto un boccale di<br />
birra. Considerato l’antagonismo dimostrato da Sam, non avevo nessuna<br />
intenzione di parlare dell’aborto avuto dalla ragazza di mio fratello mentre<br />
me ne stavo lì ferma su un portico.<br />
Sam distolse lo sguardo, scuotendo il capo in un gesto di disgusto nei<br />
confronti di se stesso.<br />
– Mi dispiace, Sookie, mi dispiace davvero – si scusò poi. – Credo<br />
solo che Jason dovrebbe badare maggiormente all’unica sorella che ha. Tu<br />
sei così leale nei suoi confronti...<br />
– Ecco, non permetterebbe mai che mi accadesse qualcosa – obiettai,<br />
sconcertata. – Lui mi difenderebbe.<br />
– Naturalmente – convenne Sam, ma prima ancora che parlasse io<br />
colsi una sfumatura di dubbio nella sua mente.<br />
– Devo andare a fare i bagagli – dissi. Detestavo congedarmi in quel<br />
modo, perché indipendentemente da quelli che potevano essere i suoi<br />
sentimenti nei confronti di Jason, Sam era importante per me, e lasciarlo<br />
con quell’attrito fra noi mi turbava. Potevo però sentire gli altri due che,<br />
nella casa mobile, gridavano a causa di qualche fase della partita, e sapevo<br />
che dovevo permettere a Sam di tornare ai suoi ospiti e al suo divertimento<br />
domenicale. Lui mi depose un bacio su una guancia.<br />
– Se hai bisogno di me, chiamami – disse, dando l’impressione di<br />
voler aggiungere molte altre cose. Annuii, poi mi volsi e scesi i gradini,
diretta alla macchina.<br />
– Bill, hai detto che volevi venire a New Orleans con me, quando<br />
fossi andata a reclamare l’eredità di Hadley, giusto?<br />
Finalmente, si era fatto buio, e avevo potuto chiamare Bill. Selah<br />
Pumphrey aveva risposto al telefono, e con voce gelida aveva passato la<br />
chiamata a Bill.<br />
– Sì.<br />
– Il Signor Cataliades è qui, e vuole partire al più presto.<br />
– Avresti potuto avvertirmi prima, quando hai saputo che stava<br />
arrivando – obiettò Bill, senza però apparire irritato, o anche solo sorpreso.<br />
– Ha mandato una messaggera, ma è stata uccisa nel mio bosco.<br />
– Hai trovato tu il corpo?<br />
– No, è stata una ragazza che è arrivata insieme a lui. Si chiama<br />
Diantha.<br />
– Allora quella che è morta è Gladiola.<br />
– Sì – confermai, sorpresa. – Come fai a saperlo?<br />
– Quando si arriva in uno stato, è norma di cortesia presentarsi al re o<br />
alla regina, se si ha intenzione di fermarsi a lungo – spiegò Bill. – Ho visto<br />
le ragazze di tanto in tanto, in quanto fungono da messaggere della regina.<br />
Fissai il telefono che avevo in mano con la stessa pensosità con cui<br />
avrei guardato in faccia Bill, se fosse stato presente, incapace di arrestare<br />
la successione di pensieri che mi si stava affastellando nella mente: Bill si<br />
aggirava nel mio bosco... e Gladiola era stata uccisa là, senza fare rumore,<br />
in modo efficiente e preciso, per mano di qualcuno che conosceva molto<br />
bene il mondo soprannaturale, qualcuno che aveva saputo di dover usare<br />
una spada d’acciaio, e che era stato abbastanza forte da attraversare il<br />
corpo di Gladiola con un solo colpo.<br />
Quelle erano le caratteristiche di un vampiro... ma molte altre<br />
creature soprannaturali avrebbero potuto fare la stessa cosa.<br />
Per potersi avvicinare abbastanza da usare la spada, l’assassino aveva<br />
dovuto essere estremamente rapido, o avere un’aria innocua, dato che<br />
Gladiola non aveva sospettato di essere sul punto di venire uccisa.<br />
Forse, lei lo conosceva.<br />
E il modo in cui il suo corpo minuto era stato lasciato abbandonato<br />
fra i cespugli, con indifferenza... all’uccisore non era importato che io lo<br />
trovassi o meno, anche se naturalmente l’assenza di putrefazione, dovuta<br />
alla natura demoniaca della vittima, aveva contribuito a evitarne il<br />
ritrovamento.<br />
Ciò che l’assassino aveva voluto era stato il suo silenzio, ma perché
ucciderla?<br />
Se il massiccio avvocato mi aveva detto tutta la verità, il messaggio<br />
di cui era latrice aveva avuto soltanto lo scopo di prepararmi al viaggio a<br />
New Orleans, e io sarei partita comunque, anche se lei non aveva potuto<br />
consegnarmelo. Cosa si era ottenuto, quindi, mettendola a tacere?<br />
Altri due o tre giorni di ignoranza da parte mia? Non mi sembrava<br />
granché, come movente.<br />
All’altra estremità del filo, Bill stava aspettando che ponessi fine alla<br />
mia lunga pausa di silenzio. Quella era una delle cose che mi erano sempre<br />
piaciute di lui, il fatto che non sentisse il bisogno di riempire i vuoti nella<br />
conversazione.<br />
– L’hanno bruciata sul vialetto – dissi.<br />
– È naturale. È il solo modo per eliminare qualcosa che possieda<br />
sangue demoniaco – replicò Bill, peraltro in tono assente, come se fosse<br />
stato impegnato in profonde riflessioni riguardo a qualche altra cosa.<br />
– È naturale? E io come facevo a saperlo?<br />
– Se non altro, adesso lo sai. Gli insetti non li mangiano, il loro corpo<br />
non si decompone, e fare sesso con loro ha un effetto corrosivo.<br />
– Diantha sembra così vivace e obbediente.<br />
– Certo, quando è con suo zio.<br />
– Il Signor Cataliades è suo zio? – domandai. – Ed era anche lo zio di<br />
Glad?<br />
– Oh, sì. Cataliades è per buona parte un demone, ma suo fratello<br />
Nergal è un demone purosangue. Nergal ha parecchi figli per metà umani,<br />
ovviamente avuti tutti da madri diverse.<br />
Non ero certa del perché la cosa fosse tanto ovvia, ma non avevo<br />
intenzione di chiederglielo.<br />
– Stai permettendo a Selah di sentire tutto questo?<br />
– No, è in bagno, a fare la doccia.<br />
D’accordo, ero ancora gelosa... e invidiosa: Selah godeva del lusso<br />
dell’ignoranza, che a me era negato. Il mondo era decisamente più<br />
gradevole quando non si conosceva l’aspetto soprannaturale della vita.<br />
Certo. Ignorandolo, ci si doveva preoccupare soltanto di carestie,<br />
guerre, serial killer, AIDS, tsunami, vecchiaia e del virus Ebola.<br />
– Piantala, Sookie – ingiunsi a me stessa.<br />
– Prego? – chiese Bill.<br />
– Senti, Bill – ripresi, riscuotendomi, – se vuoi venire a New Orleans<br />
con me e con l’avvocato, vieni qui entro i prossimi trenta minuti. Se non ti<br />
vedrò arrivare, supporrò che tu abbia altro da fare.
E chiusi la comunicazione. Avrei avuto a disposizione tutto il viaggio<br />
in macchina fino a New Orleans per riflettere sulla situazione.<br />
– Verrà entro i prossimi trenta minuti, o non verrà affatto –<br />
comunicai all’avvocato, che era ancora fuori.<br />
– Mi fa piacere sentirlo – gridò di rimando il Signor Cataliades,<br />
fermo vicino a Diantha, che era impegnata a lavare con la pompa<br />
dell’acqua la chiazza nera rimasta sulla ghiaia del vialetto.<br />
Tornata nella mia stanza, prelevai lo spazzolino da denti e passai in<br />
esame la lista mentale delle cose da fare. Avevo lasciato un messaggio<br />
sulla segreteria telefonica di Jason e chiesto a Tara se poteva venire ogni<br />
giorno a prelevare la posta e il giornale, e avevo dato da bere alle mie<br />
poche piante da interno (mia nonna era stata convinta che il posto delle<br />
piante, come degli uccelli e dei cani, fosse all’esterno; ironicamente, dopo<br />
la sua morte mi ero procurata alcune piante da interno, e mi stavo<br />
sforzando in ogni modo di tenerle in vita).<br />
Quinn!<br />
Non aveva il cellulare a portata di mano, o comunque non<br />
rispondeva, quindi gli lasciai un messaggio vocale. Era appena il nostro<br />
secondo appuntamento, ed ero costretta ad annullarlo.<br />
– Devo andare a New Orleans per sgombrare l’appartamento di mia<br />
cugina – dissi, non sapendo bene fino a che punto ragguagliarlo sulla<br />
situazione. – Lei viveva in un posto su Chloe Street, e non so se là c’è o<br />
meno un telefono, quindi... è possibile che dovrò limitarmi a richiamarti al<br />
mio rientro. Mi dispiace che i nostri progetti siano saltati.<br />
Speravo che lui riuscisse quanto meno a percepire che ero<br />
sinceramente dispiaciuta di non poter cenare con lui.<br />
Bill arrivò mentre stavo portando la mia borsa da viaggio alla<br />
macchina. Aveva con sé uno zaino, cosa che mi apparve buffa, ma mi<br />
trattenni dal sorridere nel vedere la sua espressione: Bill appariva pallido e<br />
teso anche per un vampiro, e mi ignorò completamente.<br />
– Cataliades – disse, con un cenno di saluto, – vorrei un passaggio, se<br />
è possibile. Mi dispiace per la vostra perdita – aggiunse, lanciando<br />
un’occhiata a Diantha, che stava alternando lunghi e furiosi monologhi in<br />
una lingua incomprensibile a momenti in cui assumeva un’espressione<br />
assente, associabile a un profondo stato di shock.<br />
– Mia nipote è morta prematuramente – affermò Cataliades, con il<br />
consueto tono deciso. – La sua fine non resterà invendicata.<br />
– Certo – convenne Bill, con la sua voce fredda. Poi, mentre Diantha<br />
apriva il bagagliaio, si portò sul retro della macchina per gettarvi dentro il
suo zaino. Chiusa a chiave la porta principale, scesi in fretta i gradini per<br />
aggiungere il mio bagaglio al suo. Prima che lui registrasse che mi stavo<br />
avvicinando, riuscii a intravedere il suo volto, e ciò che vidi mi sconvolse.<br />
Bill appariva disperato.
Capitolo tredicesimo<br />
Ci furono momenti, durante il viaggio verso sud, in cui sentii il<br />
desiderio di condividere tutti i miei pensieri con i miei compagni. Il Signor<br />
Cataliades guidò per un paio d’ore, poi cedette il volante a Diantha.<br />
L’avvocato e Bill non erano molto propensi alla conversazione spicciola, e<br />
io avevo per la mente troppe cose per aver voglia di socializzare, quindi<br />
eravamo tutti alquanto silenziosi.<br />
Ero comoda, più di quanto mi fosse mai capitato di esserlo su<br />
un’auto, perché avevo uno dei sedili posteriori tutto per me, mentre Bill e<br />
Cataliades occupavano l’altro. La limousine era l’estrema espressione di<br />
lusso automobilistico, almeno ai miei occhi: con i sedili rivestiti in cuoio e<br />
ultra imbottiti, era molto spaziosa e rifornita con bottigliette d’acqua e di<br />
sangue sintetico, e con un cestino di snack. A quanto pareva, il Signor<br />
Cataliades aveva una vera passione per i Cheetos.<br />
Per un po’, tenni gli occhi chiusi e riflettei. Naturalmente, il cervello<br />
di Bill era impenetrabile per me, e quello del Signor Cataliades lo era quasi<br />
altrettanto; esso emetteva un sommesso ronzio che era quasi rilassante e<br />
simile a quello prodotto dal cervello di Diantha, che era però molto più<br />
acuto. Mentre stavo parlando con Sam avevo sentito affiorare dentro di me<br />
un particolare pensiero, ed ero decisa a elaborarlo finché esso era fresco<br />
nella mia mente. Quando ebbi finito di vagliarlo, decisi infine di<br />
condividerlo.<br />
– Signor Cataliades – dissi, inducendo l’avvocato ad aprire gli occhi;<br />
quanto a Bill, mi stava già guardando. C’era qualcosa che gli frullava per<br />
la testa, qualcosa di strano. – Lei sa che mercoledì, la notte in cui la sua<br />
ragazza si sarebbe dovuta presentare da me, io ho sentito qualcosa nel<br />
bosco.<br />
Cataliades e Bill annuirono entrambi.<br />
– Quindi supponiamo che quella sia la notte in cui è stata uccisa.<br />
Di nuovo, ottenni due cenni di assenso.<br />
– Ma perché? Chiunque sia stato, doveva sapere che presto o tardi lei<br />
mi avrebbe contattata, o sarebbe venuto a trovarmi per scoprire cosa fosse<br />
successo. Anche se non sapeva del messaggio che Gladiola aveva con sé,<br />
l’assassino deve aver immaginato che la sua scomparsa sarebbe stata<br />
notata, più prima che poi.<br />
– Un’osservazione ragionevole – convenne il Signor Cataliades.
– Ma la notte di venerdì io sono stata aggredita in un parcheggio, a<br />
Shreveport.<br />
Vi garantisco che quell’affermazione ebbe tutto l’effetto che potevo<br />
desiderare. Se avessi collegato entrambi a una macchina per l’elettroshock<br />
e somministrato loro una scarica, non avrei potuto avere una reazione<br />
altrettanto dinamica.<br />
– Perché non me lo hai detto? – chiese Bill, con gli occhi accesi<br />
dall’ira e i canini allungati.<br />
– Perché avrei dovuto? Non usciamo più insieme, e neppure ci<br />
vediamo regolarmente.<br />
– Quindi tenermi nascosta una cosa tanto grave è il tuo modo di<br />
punirmi perché esco con un’altra?<br />
Neppure nelle mie più sfrenate fantasticherie (che avevano incluso<br />
scene come Bill che rompeva con Selah da Merlotte’s e poi mi confessava<br />
pubblicamente che lei non era mai stata alla mia altezza) mi sarei<br />
immaginata una simile reazione. Anche se nella macchina era molto buio,<br />
mi parve di vedere il Signor Cataliades levare gli occhi al cielo. Forse<br />
anche lui trovava spropositata quella reazione.<br />
– Bill, non ho mai cercato di punirti – affermai; quanto meno, non mi<br />
pareva di averlo fatto. – Semplicemente, non condividiamo più i particolari<br />
delle nostre rispettive vite. A dire il vero, io ero fuori con un altro, quando<br />
sono stata attaccata. Credo di essere ormai abituata al fatto che essere<br />
insieme, tu e io, non faccia più parte dello scenario.<br />
– Con chi eri?<br />
– Non che siano affari tuoi, ma dal momento che è pertinente al resto<br />
della storia... sto uscendo con Quinn. Abbiamo avuto un appuntamento e<br />
ne avevamo pianificato un altro.<br />
– Quinn la tigre – commentò Bill, inespressivo in volto.<br />
– Tanto di cappello a lei, giovane signora – affermò il Signor<br />
Cataliades. – Il suo coraggio è pari al suo discernimento.<br />
– A dire il vero non sto chiedendo l’approvazione di nessuno –<br />
dichiarai, nel tono più neutro che mi fu possibile. – E neppure mi interessa<br />
un’eventuale disapprovazione – aggiunsi, agitando una mano a indicare<br />
che la questione non era aperta a discussione. – Ecco cosa voglio che<br />
sappiate: gli assalitori erano due giovani mannari.<br />
– Mannari – ripeté il Signor Cataliades, in un tono che non riuscii a<br />
decifrare. – Che genere di mannari?<br />
Una domanda valida. L’avvocato era perspicace.<br />
– Erano stati trasformati con un morso – spiegai, – e credo fossero
anche drogati.<br />
Questo indusse nei miei interlocutori un momento di riflessione.<br />
– Cosa è successo durante e dopo l’attacco? – chiese infine Bill,<br />
spezzando il prolungato silenzio.<br />
Descrissi l’aggressione e ciò che vi aveva fatto seguito.<br />
– E così Quinn ti ha portata all’Hair of the Dog – osservò Bill. – Ha<br />
davvero ritenuto che quella fosse una reazione appropriata?<br />
Era evidente che era infuriato, ma come al solito non ne sapevo il<br />
perché.<br />
– Potrebbe aver funzionato – osservò Cataliades. – Rifletti. Non le è<br />
successo niente altro, quindi a quanto pare la minaccia di Quinn ha avuto il<br />
suo effetto.<br />
Cercai di non dare a vedere che non avevo capito di cosa stava<br />
parlando, ma suppongo che gli occhi di vampiro di Bill dovettero decifrare<br />
lo stesso la mia espressione.<br />
– Quinn li ha sfidati – spiegò, in tono ancora più freddo del solito. –<br />
Ha detto loro che eri sotto la sua protezione, e che ti avrebbero fatto del<br />
male a loro rischio e pericolo. Li ha accusati di essere i responsabili<br />
dell’attacco, ma al tempo stesso ha ricordato loro che, se pure erano<br />
innocenti, era loro responsabilità fare giustizia di chi aveva complottato la<br />
cosa.<br />
– Mi sono resa conto di tutto questo – replicai in tono paziente. –<br />
Credo che Quinn li stesse avvertendo, non sfidando, il che costituisce una<br />
grossa differenza. Quello che non ho capito è... ecco, all’interno del branco<br />
non dovrebbe succedere niente di cui Patrick Furnan non sia a conoscenza,<br />
giusto? Adesso è lui il grande capo, quindi perché non andare dritti da<br />
Patrick? Perché andare nel locale luogo di abbeverata?<br />
– Una domanda molto interessante – convenne Cataliades. – Quale<br />
sarebbe la tua risposta, Compton?<br />
– La sola che possa venire in mente... e cioè che Quinn potrebbe<br />
sapere che si sta già fomentando una ribellione contro Furnan. E lui ha<br />
gettato combustibile sul fuoco, informando i ribelli del fatto che Furnan sta<br />
cercando di uccidere un’amica del branco.<br />
Non stavamo parlando di eserciti. Il branco poteva contare al<br />
massimo trentacinque membri, forse qualcuno di più se si aggiungevano i<br />
militari della Base Aeronautica di Barksdale, quindi sarebbero bastate<br />
cinque persone per creare una ribellione.<br />
– Perché non si limitano a eliminarlo? – domandai. Come credo<br />
possiate immaginare, non sono molto esperta di politica.
Il Signor Cataliades mi stava sorridendo, potevo percepirlo anche se<br />
la macchina era buia.<br />
– Una soluzione così diretta, così classica. Così americana –<br />
commentò. – Ebbene, Signorina Stackhouse, le cose stanno in questo<br />
modo: i mannari possono essere selvaggi, certo, ma hanno delle regole, e<br />
la pena per l’uccisione del capobranco, tranne che in una sfida diretta, è la<br />
morte.<br />
– Ma chi potrebbe infliggere quella pena, se il branco tenesse segreta<br />
l’uccisione?<br />
– A meno che il branco non sia disposto a uccidere l’intera famiglia<br />
Furnan, credo che i familiari del capobranco sarebbero lieti di informare la<br />
gerarchia dei mannari dell’omicidio di Patrick. Ora, forse lei conosce i<br />
mannari di Shreveport meglio di molti altri: fra loro ci sono spietati<br />
assassini che non esiterebbero a massacrare la moglie e i figli di Furnan?<br />
Pensai ad Amanda, ad Alcide, a Maristella.<br />
– No, sono di una pasta completamente diversa – ammisi.<br />
– Se si trattasse di vampiri, ne troverebbe molti di più disposti a<br />
commettere un simile atto di tradimento – continuò l’avvocato. – Non lo<br />
pensi anche tu, Compton?<br />
– I vampiri devono pagare un prezzo, se uccidono un altro vampiro –<br />
sottolineò poi Bill, rigido.<br />
– Se sono affiliati a un clan – precisò in tono mite il Signor<br />
Cataliades.<br />
– Non sapevo che i vampiri avessero dei clan – osservai. Apprendevo<br />
di continuo cose nuove.<br />
– È un concetto decisamente nuovo, parte di un tentativo di<br />
regolarizzare il mondo dei vampiri in modo che appaia più accettabile per<br />
gli umani. Se il modello americano finirà per attecchire, il mondo dei<br />
vampiri diventerà molto più simile a un’enorme corporazione<br />
multinazionale che a un assortimento di crudeli succhiasangue governati in<br />
modo alquanto elastico.<br />
– Ci rimetterebbe in colore e tradizione per guadagnare in termini di<br />
profitto – mormorai. – Come il Wal-Mart contrapposto al Dad’s<br />
Downtown Hardware.<br />
– Proprio così, Signorina Stackhouse, ha ragione – rise il Signor<br />
Cataliades. – Entrambi hanno i loro sostenitori, e il summit a cui<br />
parteciperemo fra alcune settimane vede questo argomento nelle prime<br />
posizioni del suo ordine del giorno.<br />
– Per passare da ciò che avverrà fra alcune settimane a qualcosa che
è un po’ più in argomento, perché mai Patrick Furnan dovrebbe cercare di<br />
uccidermi? Non gli piaccio, e sa che mi schiererei con Alcide, se fossi<br />
costretta a scegliere fra loro due, ma che importanza ha? Io non conto<br />
niente. Perché avrebbe dovuto pianificare tutto questo... trovare due<br />
ragazzi disposti ad aggredirmi, morderli e mandarli contro Quinn e me... se<br />
non c’era una grossa posta in gioco?<br />
– Ha l’abilità di porre domande valide, Signorina Stackhouse. Vorrei<br />
che le mie risposte lo fossero altrettanto.<br />
Avrei anche potuto tenere per me i miei pensieri, considerate le<br />
informazioni che stavo ottenendo dai miei compagni di viaggio.<br />
Il solo motivo per uccidere Gladiola, o almeno il solo che la mia<br />
diretta mente umana era in grado di vedere, era stato quello di ritardare da<br />
parte mia il ricevimento del messaggio di prepararmi a partire per New<br />
Orleans. Inoltre, Gladiola avrebbe fornito in certa misura una barriera<br />
protettiva fra me e qualsiasi cosa che avesse cercato di aggredirmi, o<br />
quanto meno sarebbe stata più difficile da cogliere di sorpresa.<br />
Così come erano andate le cose, lei era già morta nel bosco quando<br />
io ero andata al mio appuntamento con Quinn. Un momento. Come<br />
avevano fatto quei giovani lupi a sapere dove trovarmi? Shreveport non<br />
era poi così grande, ma non potevano aver sorvegliato tutte le strade di<br />
accesso, nella remota possibilità che io mi facessi vedere. D’altro canto, se<br />
un mannaro mi aveva vista entrare a teatro insieme a Quinn, i miei nemici<br />
avevano saputo che sarei rimasta là per un paio d’ore, e che avevano il<br />
tempo di organizzarsi.<br />
Se la mente che c’era dietro alla cosa fosse stata avvertita con<br />
maggiore anticipo, aggredirmi sarebbe stato più facile... per esempio, se<br />
qualcuno avesse saputo in anticipo che Quinn mi aveva chiesto di andare a<br />
teatro con lui. Ma chi aveva saputo che avevo un appuntamento con lui?<br />
Ecco, lo avevo detto a Tara, quando avevo comprato il vestito, e mi pareva<br />
di averne accennato con Jason, quando lo avevo chiamato per sapere come<br />
stava Crystal. Avevo detto a Pam di avere un appuntamento, ma non mi<br />
pareva di aver anche menzionato di chi si trattasse.<br />
E poi c’era Quinn stesso.<br />
Quell’idea mi addolorò a tal punto che dovetti ricacciare indietro le<br />
lacrime. Naturalmente, non conoscevo molto bene Quinn e neppure potevo<br />
valutare il suo carattere sulla base del tempo che avevo trascorso con lui...<br />
durante gli ultimi mesi avevo imparato che non si poteva conoscere<br />
davvero qualcuno così in fretta, che ci potevano volere anni prima di<br />
sapere quale fosse il vero carattere di una persona. Quella realizzazione mi
aveva scossa profondamente, perché ero abituata a conoscere le persone<br />
molto bene, molto in fretta, e l’aver commesso degli errori di valutazione<br />
riguardo al carattere di alcuni esseri sovrannaturali mi aveva colta<br />
emotivamente impreparata. Abituata alla rapida valutazione resa possibile<br />
dalla telepatia, ero stata ingenua e imprudente.<br />
E adesso ero circondata da creature del genere.<br />
Mi raggomitolai in un angolo dell’ampio sedile e chiusi gli occhi,<br />
perché avevo bisogno di starmene per un po’ nel mio mondo, senza<br />
permettere ad altri di entrarvi. Mi addormentai in quella macchina buia,<br />
con un semi-demone e un vampiro seduti di fronte a me e una mezzademone<br />
al volante.<br />
Quando mi svegliai, avevo la testa appoggiata sulle ginocchia di Bill;<br />
la sua mano mi stava accarezzando con gentilezza i capelli, e il tocco<br />
familiare delle sue dita mi diede serenità, destando anche quella<br />
sensazione sensuale che Bill era sempre stato capace di risvegliare in me.<br />
Impiegai un momento a ricordare dove ci trovavamo e cosa stavamo<br />
facendo, poi mi sollevai a sedere, intontita e arruffata. Il Signor Cataliades<br />
sedeva ancora sul sedile opposto, e pareva dormire, anche se era<br />
impossibile esserne certi. Se fosse stato umano, lo avrei saputo senza tema<br />
di errore.<br />
– Dove siamo? – domandai.<br />
– Siamo quasi arrivati – rispose Bill. – Sookie...<br />
– Hmm? – borbottai, stiracchiandomi con uno sbadiglio e<br />
desiderando di potermi lavare i denti.<br />
– Se vuoi, ti aiuterò a vagliare l’appartamento di Hadley.<br />
Ebbi la sensazione che all’ultimo momento lui avesse cambiato idea<br />
riguardo a quello che voleva dire.<br />
– Se avrò bisogno di aiuto, saprò dove andare – replicai, in modo<br />
adeguatamente ambiguo. Cominciavo ad avere una gran brutta sensazione<br />
riguardo all’appartamento di Hadley, e a pensare che forse la sua eredità<br />
era più una maledizione che una benedizione. Eppure il fatto che lei avesse<br />
di proposito escluso Jason dal testamento, perché le era venuto meno<br />
quando aveva avuto bisogno di aiuto, lasciava presumere che la sua<br />
intenzione fosse stata quella di farmi un regalo. D’altro canto, quando era<br />
morta Hadley non era più umana, era una vampira, e questo doveva averla<br />
cambiata. Oh, sì. Guardando dal finestrino, scorsi dei lampioni e alcune<br />
altre macchine che si muovevano nel buio. Stava piovendo, ed erano le<br />
quattro del mattino. Mi chiesi se ci fosse una International House of<br />
Pancakes nelle vicinanze. Ne avevo visitata una, una volta, ed era stato
splendido. Era successo in occasione dell’unico altro mio viaggio a New<br />
Orleans, quando ero alle superiori. Avevamo visitato l’acquario, il museo<br />
degli schiavi e la Cattedrale di St. Louis, sulla Jackson Square. Era stato<br />
splendido vedere qualcosa di nuovo, pensare a tutte le persone che erano<br />
passate di lì, all’aspetto che dovevano aver avuto, nell’abbigliamento<br />
dell’epoca. D’altro canto, essendo una telepate ancora assai poco abile a<br />
schermarsi, non avevo avuto vita facile, andando in giro con un gruppo di<br />
altri adolescenti.<br />
E adesso i miei compagni di viaggio erano molto meno facili da<br />
“leggere” e molto più pericolosi.<br />
Poi arrivammo in una tranquilla zona residenziale, e la limousine<br />
accostò al marciapiede, fermandosi.<br />
– L’appartamento di sua cugina – annunciò il Signor Cataliades,<br />
mentre Diantha apriva la portiera. Io scesi sul marciapiede, mentre il<br />
Signor Cataliades si spostava per poter uscire a sua volta dal veicolo, e Bill<br />
rimaneva bloccato dietro di lui.<br />
Mi trovavo davanti a un muro alto quasi due metri, con un’apertura<br />
corrispondente al vialetto di accesso; al chiarore incerto dei lampioni era<br />
difficile dire cosa ci fosse al di là di essa, ma pareva si trattasse di un<br />
piccolo cortile con un vialetto circolare dalla curva molto stretta, al cui<br />
centro era visibile una massa di vegetazione, anche se era impossibile<br />
distinguere le singole piante. Nell’angolo anteriore destro c’era una<br />
baracca per gli attrezzi, e l’edificio principale, a due piani, era a forma di L<br />
rovesciata, per sfruttare al massimo la profondità dell’appezzamento.<br />
Adiacente, c’era un altro edificio simile, almeno per quanto riuscivo a<br />
distinguere. L’abitazione di Hadley era dipinta di bianco, con imposte<br />
verde scuro.<br />
– Quanti appartamenti ci sono qui, e qual è quello di Hadley? –<br />
chiesi al Signor Cataliades, che mi stava dietro.<br />
– C’è quello del piano terra, dove vive la proprietaria, e quello del<br />
piano superiore, che adesso è suo per tutto il tempo che vorrà, in quanto la<br />
regina sta continuando a pagare l’affitto, finché il testamento non verrà<br />
omologato. Non le è parso giusto che dovesse essere pagato con l’eredità<br />
di Hadley. – Quello era un discorso molto formale, anche venendo dal<br />
Signor Cataliades.<br />
– Non capisco perché non si è limitata a mettere tutta la roba di<br />
Hadley in un magazzino – riuscii a dire soltanto, intontita com’ero dalla<br />
stanchezza. – Avrei potuto vagliarla là.<br />
– Si abituerà al modo in cui la regina fa le cose – rispose.
Non c’era nulla che potessi replicare.<br />
– Per il momento, potrebbe semplicemente mostrarmi come entrare<br />
nell’appartamento di Hadley, in modo che possa disfare il bagaglio e<br />
dormire un poco? – domandai.<br />
– Ma certo, ma certo. Inoltre, l’alba è vicina, quindi il Signor<br />
Compton deve raggiungere il quartier generale della regina per trovare<br />
riparo dalla luce del giorno – convenne Cataliades; Diantha si era già<br />
avviata su per le scale, che io riuscivo a stento a distinguere e che si<br />
snodavano su per la parte più corta della L, posizionata in fondo<br />
all’appezzamento. – Ecco la chiave, Signorina Stackhouse. La lasceremo a<br />
sistemarsi non appena Diantha sarà tornata giù. Potrà conoscere la<br />
proprietaria domani.<br />
– Certo – annuii, e mi incamminai con passo pesante su per la scala,<br />
aggrappandomi alla ringhiera di ferro battuto. Quel posto non era affatto<br />
come me lo ero immaginato. Mi ero aspettata che Hadley avesse un luogo<br />
simile agli appartamenti del Kingfisher Arms, il solo condominio di<br />
appartamenti di Bon Temps, mentre quella sembrava di più una piccola<br />
dimora privata.<br />
Diantha aveva depositato la mia sacca sportiva e il mio borsone<br />
vicino a una delle porte del secondo piano. C’era un’ampia veranda che<br />
correva lungo le finestre e le porte del secondo piano, e che forniva ombra<br />
a chi si fosse trovato al pianterreno, e un’aura di magia aleggiava intorno a<br />
porte e finestre. Riconoscendola, mi resi conto che l’appartamento era<br />
stato sigillato con qualcosa di più delle semplici serrature.<br />
Esitai, con la chiave in mano.<br />
– La riconoscerà – avvertì l’avvocato, dal cortile.<br />
Con movimenti goffi, mi decisi allora ad aprire la porta, e fui<br />
investita da una corrente di aria calda, dovuta al fatto che l’appartamento<br />
era rimasto chiuso per settimane. Mi chiesi se qualcuno fosse entrato per<br />
arieggiare i locali.<br />
All’interno, l’odore non era sgradevole e l’aria era soltanto stantia,<br />
segno che il climatizzatore era stato lasciato acceso. Annaspai a tentoni<br />
fino a trovare la luce più vicina, una lampada su un piedistallo di marmo,<br />
posta a destra della porta; una volta accesa, essa proiettò una polla di luce<br />
dorata sui lucidi pavimenti di legno e su alcuni arredi di finto antiquariato<br />
(almeno, supponevo che fosse finto). Avanzai di un altro passo<br />
nell’appartamento, cercando di immaginare Hadley al suo interno...<br />
Hadley, che si era messa il rossetto nero per la foto scolastica, e che era<br />
solita comprare le scarpe al Payless.
– Sookie – disse Bill, alle mie spalle, per farmi sapere che era fermo<br />
appena fuori della soglia. Non lo invitai a entrare.<br />
– Adesso devo andare a letto, Bill. Ci vediamo domani. Hai il<br />
numero di telefono della regina?<br />
– Cataliades ha infilato un biglietto da visita nella tua borsetta mentre<br />
dormivi.<br />
– Ah, bene. Buona notte.<br />
E gli chiusi la porta in faccia. Sapevo che era un gesto maleducato,<br />
ma lui se ne stava fermo lì, e in quel momento non me la sentivo di<br />
parlargli, perché svegliarmi con la testa sulle sue ginocchia mi aveva<br />
lasciata turbata; era come se fossimo stati ancora insieme.<br />
Dopo un minuto, sentii i suoi passi che si avviavano giù per le scale:<br />
in tutta la mia vita, non avevo mai provato tanto sollievo nell’essere sola.<br />
A causa della notte trascorsa in macchina del breve sonnellino che avevo<br />
fatto, mi sentivo disorientata, arruffata e disperatamente bisognosa di<br />
lavarmi i denti. Era ora di esplorare l’appartamento, con particolare enfasi<br />
sull’individuazione del bagno.<br />
Mi guardai intorno con attenzione. La parte più corta della L<br />
rovesciata era occupata dal salotto, in cui ora mi trovavo, un ambiente<br />
unico che includeva la cucina, addossata alla parete opposta, sulla destra.<br />
Sulla mia sinistra, un corridoio formava il lato lungo della L, ed era<br />
fiancheggiato su un lato da porte finestra che si affacciavano sulla veranda,<br />
mentre sull’altro lato era delimitato da un muro punteggiato di porte.<br />
Con le borse in mano, mi avviai lungo il corridoio, sbirciando oltre<br />
ciascuna porta aperta. Non riuscii a trovare un interruttore che permettesse<br />
di illuminarlo, anche se doveva essercene uno, visto che c’erano lampade<br />
disseminate a intervalli regolari, ma la luce lunare che entrava a fiotti dalle<br />
finestre mi permise di vedere quello che mi serviva. Grazie a Dio, la prima<br />
stanza risultò essere il bagno, anche se dopo un attimo mi resi conto che<br />
non era quello di Hadley, perché era molto piccolo, molto pulito, e<br />
conteneva soltanto un angusto box doccia, una toilette e un lavandino, ma<br />
nessun oggetto personale. Oltrepassandolo, lanciai un’occhiata al di là<br />
della porta successiva, una piccola stanza che doveva essere stata<br />
concepita come camera degli ospiti. Hadley vi aveva installato una<br />
scrivania con un computer e tutti i suoi annessi e connessi, oggetti che per<br />
me non avevano molto interesse.<br />
In aggiunta a uno stretto divano letto, la stanza conteneva una libreria<br />
ingombra di scatole e di libri, che mi ripromisi di esaminare l’indomani.<br />
La porta seguente era chiusa: aprendola di una fessura per sbirciare
dentro, vidi che si trattava di uno stretto armadio a muro, i cui scaffali<br />
erano pieni di oggetti che non mi presi il tempo di identificare.<br />
Con mio sollievo, la porta successiva risultò essere quella del bagno<br />
padronale, dotato di doccia e di vasca da bagno, e di un ampio lavandino<br />
incassato in un tavolino da toeletta, la cui superficie era ingombra di<br />
cosmetici e di un arricciacapelli elettrico ancora infilato nella presa.<br />
Cinque o sei boccette di profumo erano allineate su uno scaffale, e il cesto<br />
della biancheria sporca conteneva alcuni asciugamani appallottolati e<br />
costellati di chiazze scure. Mi chinai fino ad accostare la faccia, e così da<br />
vicino essi emanarono un fetore allarmante, tanto che non riuscii a capire<br />
come esso avesse fatto a non pervadere tutto l’appartamento. Preso l’intero<br />
cesto, aprii una delle porte finestra sull’altro lato del corridoio e lo<br />
depositai all’esterno, lasciando accesa la luce del bagno perché intendevo<br />
tornarvi di lì a poco.<br />
L’ultima porta, disposta ad angolo retto rispetto alle altre, in modo da<br />
formare la fine del corridoio, si apriva sulla camera da letto di Hadley;<br />
abbastanza ampia, anche se non quanto quella che io avevo a casa, essa<br />
conteneva un altro grande armadio pieno di vestiti. Il letto era fatto, il che<br />
non era tipico di Hadley e mi indusse a chiedermi chi fosse entrato in<br />
quell’appartamento dopo che lei era stata uccisa. Di certo, qualcuno ci era<br />
stato, prima che esso venisse sigillato con la magia. Naturalmente, la<br />
camera da letto era completamente al buio, con le finestre coperte da<br />
splendidi pannelli di legno dipinto, e in essa c’erano due porte, distanziate<br />
appena quanto bastava perché una persona si potesse posizionare fra di<br />
esse.<br />
Posai le mie sacche per terra, vicino al cassettone, frugai dentro di<br />
esse fino a trovare la borsa dei cosmetici e gli assorbenti, poi tornai in<br />
bagno, dove prelevai dalla piccola borsa il dentifricio e lo spazzolino,<br />
concedendomi il piacere di lavarmi i denti e la faccia, cosa che mi fece<br />
sentire un po’ più umana, sia pure di stretta misura. Spenta la luce in<br />
bagno, trassi indietro le coltri del letto, che era basso e largo: la vista delle<br />
lenzuola mi sorprese a tal punto da farmi rimanere là a fissarle con le<br />
labbra arricciate dal disgusto. Satin nero... per l’amor di Dio! E non era<br />
neppure vero satin, ma qualcosa di sintetico. Avrei preferito del percalle, o<br />
del cotone 100%, ma non avevo intenzione di mettermi alla ricerca di altre<br />
lenzuola a quell’ora del mattino... e poi, se Hadley non ne avesse avute di<br />
altro tipo?<br />
Mi infilai... o meglio, strisciai... nel grande letto, e dopo essermi<br />
contorta un poco fino ad abituarmi al contatto di quelle lenzuola, riuscii ad
addormentarmi fra di esse senza problemi.
Capitolo quattordicesimo<br />
– Svegliati! Svegliati! – stava incitando qualcuno, pizzicandomi un<br />
dito di un piede. Mi risvegliai di colpo sulla spinta di un’ondata di terrore,<br />
e nell’aprire gli occhi mi ritrovai in una stanza sconosciuta, inondata dalla<br />
luce del sole, con una donna altrettanto sconosciuta ferma ai piedi del letto.<br />
– Chi diavolo sei tu? – domandai, irritata ma non spaventata, perché<br />
la donna non aveva un’aria pericolosa. Il suo viso dagli occhi azzurro<br />
intenso era incorniciato da corti capelli castani, e il suo abbigliamento, un<br />
po’ in anticipo sulla stagione, era costituito da calzoncini cachi e camicetta<br />
aperta su un top color corallo.<br />
– Sono Amelia Broadway, e sono la proprietaria dell’edificio.<br />
– Perché mi stai svegliando?<br />
– La scorsa notte ho sentito Cataliades, nel cortile, e ho pensato che ti<br />
avesse portata qui perché sgombrassi l’appartamento di Hadley. Volevo<br />
parlarti.<br />
– E non potevi aspettare che mi svegliassi? E poi, perché hai usato la<br />
chiave per entrare, invece di suonare il campanello? Cosa ti è saltato in<br />
mente?<br />
Questo la sorprese. Per la prima volta, Amelia Broadway mostrò di<br />
rendersi conto che avrebbe potuto gestire meglio la situazione.<br />
– Ecco, vedi... ero preoccupata – confessò, in tono avvilito.<br />
– Davvero? Anch’io – ribattei, – quindi puoi unirti al club.<br />
Attualmente, ho un sacco di preoccupazioni, ma adesso esci di qui e<br />
aspettami in salotto, d’accordo?<br />
– Certo, è una cosa fattibile – rispose.<br />
Prima di alzarmi, aspettai che il battito del mio cuore fosse tornato<br />
alla normalità, poi rifeci rapidamente il letto e tirai fuori di che vestirmi<br />
dalla sacca da viaggio. Con passo strascicato andai quindi in bagno, e nel<br />
passare da una stanza all’altra, intravidi la mia ospite non invitata, che<br />
stava spolverando il salotto con qualcosa che somigliava notevolmente a<br />
una camicia da uomo di flanella.<br />
Mi feci la doccia più in fretta che potevo, applicai un po’ di trucco ed<br />
emersi dal bagno a piedi scalzi, ma con indosso un paio di jeans e una Tshirt<br />
blu.<br />
Amelia Broadway smise di lavorare per fissarmi.<br />
– Non somigli affatto a Hadley – dichiarò, in un tono da cui non
iuscii a capire se la riteneva una cosa positiva o negativa.<br />
– E non sono affatto come lei, in niente – dichiarai, secca.<br />
– Questo è un bene. Hadley era decisamente orribile – affermò<br />
inaspettatamente Amelia. – Ooops. Scusami, ho mancato di tatto.<br />
– Davvero? – commentai, e anche se cercai di mantenere normale la<br />
mia voce, un po’ di sarcasmo dovette filtrare. – Ora, se sai dov’è il caffè,<br />
me lo potresti indicare? – aggiunsi, esaminando per la prima volta la zona<br />
cucina alla luce del giorno. Era realizzata in mattoni a vista e rame, con un<br />
piano di lavoro e un frigorifero in acciaio inossidabile, e un lavandino il<br />
cui rubinetto doveva costare più dei miei vestiti. Una cucina piccola, ma<br />
costosa, come il resto della casa.<br />
Tutto questo per una vampira che non aveva neppure bisogno di<br />
cucinare.<br />
– La caffettiera di Hadley è là – accennò Amelia, e finalmente<br />
l’avvistai: era nera, e si confondeva con il mobilio. Hadley era sempre<br />
stata una patita del caffè, quindi supposi che anche dopo essere diventata<br />
una vampira avesse tenuto una scorta della sua bevanda preferita;<br />
nell’aprire l’armadietto sovrastante la caffettiera, trovai infatti due<br />
confezioni di Community Coffee e alcuni filtri. La prima lattina risultò<br />
essere ancora sigillata, ma la seconda era già aperta, e piena a metà. Mi<br />
soffermai a inspirare con piacere lo splendido profumo del caffè, che<br />
sembrava incredibilmente fresco.<br />
Preparata la caffettiera, l’accesi e attesi che il caffè filtrasse; intanto,<br />
scovai due tazze e le sistemai accanto alla caffettiera; la zuccheriera era lì<br />
vicino, ma conteneva solo pochi residui di zucchero, induriti, che rovesciai<br />
nella pattumiera, dotata di sacchetto ma vuota, segno che era stata ripulita<br />
dopo la morte di mia cugina. Mi chiesi quindi se Hadley avesse tenuto un<br />
po’ di latte in polvere nel frigorifero, cosa che nel Sud era solita fare la<br />
gente che non usava spesso il latte.<br />
Quando aprii il frigorifero, però, dentro trovai soltanto cinque<br />
bottiglie di TrueBlood.<br />
Questo, più di qualsiasi altra cosa, mi fece infine realizzare che mia<br />
cugina Hadley era diventata una vampira, prima di morire. Non c’era<br />
nessun altro che avessi conosciuto prima che venisse trasformato, e per me<br />
fu un certo shock. Avevo così tanti ricordi di Hadley, alcuni lieti, altri<br />
sgradevoli... ma in tutti quei ricordi mia cugina era viva, e il suo cuore<br />
batteva. Rimasi ferma a fissare quelle bottiglie con le labbra serrate, finché<br />
non mi fui ripresa abbastanza da richiudere con gentilezza l’anta del<br />
frigorifero.
Dopo aver cercato invano del latte in polvere in tutti gli armadietti,<br />
dissi ad Amelia che speravo il caffè nero fosse di suo gradimento.<br />
– Certo, andrà benissimo – rispose lei, con fare compito: era chiaro<br />
che stava cercando di fare sfoggio del suo miglior modo di comportarsi,<br />
cosa di cui potevo soltanto essere grata. Nel parlare, si appollaiò su una<br />
delle poltrone di Hadley, che avevano una graziosa fodera di seta gialla<br />
stampata con fiori rosso e blu scuro, ma avevano le gambe troppo sottili<br />
per piacermi. Non amo il mobilio dall’aria fragile, mi piacciono le poltrone<br />
che appaiono in grado di poter reggere gente massiccia e pesante senza<br />
scricchiolare, che non diano l’impressione di rovinarsi se solo ci rovesci<br />
sopra un po’ di Coca Cola o se il tuo cane decide di farci sopra un<br />
sonnellino. Cercai di sistemarmi sul divano di fronte alle poltrone, che<br />
risultò grazioso ma scomodo, confermando i miei sospetti su quel genere<br />
di arredi.<br />
– Allora, Amelia, che cosa sei? – domandai.<br />
– Prego?<br />
– Che cosa sei?<br />
– Oh, una strega.<br />
– L’avevo immaginato – annuii. Infatti non avevo colto quella<br />
sensazione di soprannaturale che ricavavo dalle creature le cui stesse<br />
cellule erano state alterate dalla loro natura intrinseca. Amelia aveva<br />
acquisito la sua “diversità”. – Hai apposto tu gli incantesimi per sigillare<br />
l’appartamento?<br />
– Sì – confermò, con un certo orgoglio, studiandomi attentamente.<br />
Mi ero accorta che l’appartamento era stato protetto con degli incantesimi,<br />
e anche del fatto che lei era un membro dell’altro mondo, quello nascosto,<br />
quindi anche se ero forse una normale umana, ero comunque al corrente di<br />
molte cose. Lessi tutti quei pensieri nella sua mente con la massima<br />
facilità, come se lei mi avesse detto ogni cosa. Amelia trasmetteva con una<br />
nitidezza eccezionale, i suoi pensieri mi giungevano limpidi e puliti quanto<br />
lo era la sua carnagione. – La notte in cui Hadley è morta, l’avvocato della<br />
regina mi ha telefonato. Naturalmente, stavo dormendo. Lui mi ha detto di<br />
sigillare questo appartamento, che Hadley non sarebbe tornata, ma che la<br />
regina voleva che la casa rimanesse intatta per la sua erede. Il mattino<br />
successivo sono venuta su e ho cominciato a pulire. – E aveva indossato<br />
guanti di gomma: potevo vederlo nell’immagine mentale che aveva di se<br />
stessa, relativa al mattino successivo alla morte di Hadley.<br />
– Hai anche buttato la spazzatura e rifatto il letto? – chiesi.<br />
– Sì, l’ho fatto – ammise, mostrandosi imbarazzata. – Non mi ero
esa conto che “intatto” significava “non toccato”! Cataliades è venuto qui<br />
e mi ha strigliata per bene, ma sono contenta di aver buttato fuori il<br />
pattume. Lo strano è che quella notte qualcuno ha frugato nel bidone dei<br />
rifiuti, prima che potessi metterlo fuori perché ne prelevassero il<br />
contenuto.<br />
– Suppongo tu non sappia se hanno preso qualcosa, vero?<br />
Lei mi scoccò un’occhiata incredula.<br />
– Non faccio l’inventario dei rifiuti – dichiarò; poi, con riluttanza,<br />
aggiunse: – Era stato trattato con un incantesimo, ma non so a cosa<br />
servisse.<br />
D’accordo, quelle non erano buone notizie. Amelia non voleva<br />
ammettere neppure con se stessa che la casa potesse essere stata presa di<br />
mira da un assalto soprannaturale. Era orgogliosa che le protezioni da lei<br />
apposte avessero resistito, ma non aveva pensato a proteggere il bidone dei<br />
rifiuti.<br />
– Ah, ho anche prelevato tutte le sue piante e le ho portate giù da me<br />
per poterle curare più facilmente, ma se le vuoi portare via con te nel tuo<br />
Buco-nelle-Campagne, sei la benvenuta.<br />
– Si chiama Bon Temps – precisai, e Amelia sbuffò, dimostrando il<br />
tipico disprezzo dei cittadini per le piccole città. – Quindi, tu sei la<br />
proprietaria di questo edificio – continuai, – e hai affittato il piano di sopra<br />
ad Hadley... quando?<br />
– Circa un anno fa. Lei era già una vampira – rispose Amelia, – ed<br />
era da tempo l’amichetta della regina. Ho pensato che quella fosse una<br />
buona garanzia, sai? Mi sono detta che nessuno avrebbe attaccato lo<br />
zuccherino della regina, o avrebbe tentato di entrare con la forza in casa<br />
sua.<br />
Avrei voluto chiederle come poteva permettersi lei stessa di vivere in<br />
un posto così bello, ma era una domanda troppo scortese perché potessi<br />
formularla.<br />
– Quindi ti mantieni facendo la strega? – chiesi, cercando di<br />
mostrarmi poco interessata alla risposta.<br />
Lei scrollò le spalle, ma parve compiaciuta della mia domanda.<br />
Anche se sua madre le aveva lasciato molto denaro, era felice di riuscire a<br />
mantenersi da sé, cose che “sentii” nella sua mente, nitide come se me le<br />
avesse dette lei stessa.<br />
– Sì, mi guadagno da vivere – confermò, cercando invano di apparire<br />
modesta. Aveva lavorato duramente per diventare una strega, ed era<br />
orgogliosa del proprio potere.
Decifrare i suoi pensieri era facile come leggere un libro.<br />
– Se gli affari vanno a rilento, do una mano a un amico che ha un<br />
negozio di magia vicino a Jackson Square. Ci vado a leggere le carte –<br />
ammise, – e a volte faccio da guida ai turisti in un tour magico di New<br />
Orleans: è una cosa divertente, e se riesco a spaventarli per bene, ottengo<br />
grosse mance. Fra una cosa e l’altra, quindi, me la cavo bene.<br />
– Esegui magie notevoli – osservai, e lei annuì, compiaciuta. – Per<br />
chi lo fai, dato che il mondo normale non ammette che la magia sia<br />
possibile? – incalzai.<br />
– Gli esseri sovrannaturali pagano davvero bene – rispose, sorpresa<br />
dalla mia domanda. In realtà, non avevo avuto bisogno di chiederlo, ma mi<br />
era più facile dirigere i suoi pensieri verso l’informazione giusta se<br />
formulavo delle domande ad alta voce. – Soprattutto vampiri e mannari.<br />
Non amano le streghe, ma i vampiri, in particolare, vogliono sfruttare ogni<br />
piccolo vantaggio possibile. Gli altri non sono così ben organizzati –<br />
continuò, accantonando con un gesto distratto le creature più deboli del<br />
mondo soprannaturale, come i pipistrelli mannari, i mutaforma e così via.<br />
Tendeva a sottovalutare il potere degli altri esseri sovrannaturali, e questo<br />
era un errore.<br />
– Cosa mi dici delle fate? – continuai, incuriosita.<br />
– Hanno già abbastanza magia per conto loro, non hanno bisogno di<br />
me – rispose, scrollando le spalle. – So che una persona come te può avere<br />
difficoltà ad accettare che esista un talento invisibile e naturale, che mette<br />
in discussione tutto ciò che ti è stato insegnato da piccola.<br />
Soffocai a stento uno sbuffo di incredulità. Di certo, Amelia non<br />
sapeva niente sul mio conto. Ignoravo di cosa avessero parlato lei e<br />
Hadley, ma senz’altro non si era trattato della famiglia di mia cugina.<br />
L’affiorare di quell’idea mi fece suonare nella mente una sorta di<br />
campanello, avvisandomi che era una strada che andava esplorata.<br />
Tuttavia, accantonai la cosa per rifletterci sopra in seguito: al momento,<br />
dovevo occuparmi di Amelia Broadway.<br />
– Quindi potresti affermare di avere un notevole talento<br />
soprannaturale? – domandai.<br />
– Ho un po’ di talento – rispose con modestia, ma la sentii reprimere<br />
un’ondata di orgoglio. – Per esempio, ho apposto un incantesimo di stasi<br />
su questo appartamento, quando non ho potuto finire di ripulirlo. Anche se<br />
è rimasto chiuso per mesi, non hai sentito odori, giusto?<br />
Questo spiegava il mancato diffondersi del fetore degli asciugamani<br />
sporchi.
– Quindi esegui opere di magia per gli esseri sovrannaturali, leggi le<br />
carte vicino a Jackson Square e a volte fai da guida ai turisti. Non è<br />
esattamente un normale lavoro di ufficio – osservai.<br />
– Esatto – annuì, felice e orgogliosa.<br />
– Decidi tu i tuoi orari – continuai. Subito, sentii affiorare nella<br />
mente di Amelia il sollievo per non essere più costretta ad andare in<br />
ufficio, anche se aveva lavorato per tre anni in un ufficio postale, prima di<br />
diventare una strega a tutti gli effetti.<br />
– Sì – confermò.<br />
– Quindi mi aiuterai a sgomberare l’appartamento di Hadley? Sarò<br />
lieta di pagarti il disturbo.<br />
– Certo che ti aiuterò. Prima mi libererò della sua roba, prima potrò<br />
affittarlo di nuovo. Quanto al pagarmi, perché non vediamo prima quanto<br />
tempo ti posso dedicare? A volte mi capita di ricevere... ecco, definiamole<br />
delle chiamate di emergenza – rispose, sfoggiando un sorriso degno della<br />
pubblicità di un dentifricio.<br />
– La regina non ha continuato a pagarti l’affitto, dopo la morte di<br />
Hadley?<br />
– Certo, lo ha fatto, ma mi mette i brividi pensare che tutta la roba di<br />
Hadley è ancora qui. E poi, ci sono stati un paio di tentativi di effrazione,<br />
l’ultimo solo due giorni fa.<br />
A quel punto, smisi anche di fingere di sorridere.<br />
– All’inizio – continuò Amelia, imperturbata, – ho pensato che fosse<br />
come quando muore qualcuno e il necrologio appare sul giornale: capita<br />
che ci siano tentativi di effrazione, durante il funerale. Naturalmente, però,<br />
non stampano necrologi per i vampiri, credo perché sono già morti, o forse<br />
perché gli altri vampiri non mandano il necrologio ai giornali... sarebbe<br />
interessante, vedere come hanno gestito la cosa. Perché non provi a<br />
mandare tu qualche riga su Hadley? Comunque, sai quanto i vampiri<br />
amino i pettegolezzi, quindi suppongo che alcune persone abbiano saputo<br />
che lei era morta definitivamente, per la seconda volta, soprattutto dopo<br />
che Waldo è scomparso dalla corte. Tutti sanno che Hadley non gli<br />
piaceva. Inoltre, i vampiri non organizzano funerali, quindi non credo che<br />
l’effrazione fosse da collegare a questo. In ogni caso, New Orleans ha un<br />
elevato tasso di criminalità.<br />
– Oh, tu conoscevi Waldo – osservai, per interrompere quel flusso di<br />
parole. Waldo, che era stato un tempo il favorito della regina... non a letto,<br />
mi pareva di capire, ma come lacché... si era risentito di essere soppiantato<br />
da mia cugina Hadley. Quando Hadley aveva continuato a essere la
favorita della regina per un periodo di tempo che non aveva precedenti,<br />
Waldo l’aveva attirata nel St. Louis Cemetery Number One, fingendo di<br />
volere il suo aiuto per evocare lo spirito di Marie Laveau, la famosa regina<br />
voodoo di New Orleans, solo che invece l’aveva uccisa e aveva riversato<br />
la colpa sulla Confraternita del Sole.<br />
Il Signor Cataliades mi aveva spinta nella direzione giusta, finché<br />
ero arrivata a rendermi conto della colpevolezza di Waldo, e la regina mi<br />
aveva dato l’opportunità di giustiziarlo di persona... cosa che costituiva la<br />
sua idea di fare un grosso favore a qualcuno. Naturalmente, io avevo<br />
declinato quell’onore, ma adesso Waldo era del tutto <strong>morto</strong>, proprio come<br />
Hadley. Rabbrividii nel pensarci.<br />
– Ecco, lo conoscevo meglio di quanto volessi – ammise Amelia, con<br />
quella franchezza che sembrava essere la sua principale caratteristica. –<br />
Noto però che stai parlando al passato. Posso quindi osare di sperare che<br />
Waldo abbia raggiunto la sua destinazione definitiva?<br />
– Puoi farlo – annuii.<br />
– Oh... bene, bene, bene – commentò allegramente. Se non altro,<br />
avevo rasserenato la giornata a qualcuno. Potevo vederle nella mente<br />
quanto lei avesse detestato quell’antico vampiro, e non potevo biasimarla,<br />
perché Waldo era stato disgustoso. Amelia era una donna determinata, cosa<br />
che doveva fare di lei una strega formidabile, ma in quel momento avrebbe<br />
dovuto concentrarsi sulle altre possibilità connesse alla mia presenza, e<br />
non lo stava facendo.<br />
A quanto pareva, c’erano degli svantaggi nell’essere concentrati su<br />
una cosa soltanto.<br />
– Quindi vuoi sgomberare l’appartamento di Hadley perché pensi che<br />
così la tua casa non verrà più presa di mira da questi ladri che hanno<br />
saputo della sua morte? – domandai.<br />
– Esatto – confermò lei, trangugiando un ultimo sorso di caffè. – E<br />
mi piace anche sapere che qui c’è qualcun altro. Avere sulla testa un<br />
appartamento vuoto mi mette i brividi. Se non altro, i vampiri non si<br />
possono lasciare alle spalle uno spettro.<br />
– Non lo sapevo – ammisi. A dire il vero, non ci avevo mai neppure<br />
pensato.<br />
– Niente spettri di vampiri – confermò allegramente Amelia, –<br />
neppure uno. Si deve essere umani, per lasciarsi alle spalle uno spettro.<br />
Ehi, vuoi che ti legga le carte? So che fa un po’ paura, ma ti garantisco che<br />
sono davvero brava! – Stava pensando che sarebbe stato divertente<br />
elargirmi lo stesso genere di emozioni che faceva provare ai turisti, visto
che non mi sarei fermata a lungo a New Orleans, ed era anche convinta<br />
che quanto più si fosse mostrata gentile con me, tanto più mi sarei<br />
spicciata a sgombrare le cose di Hadley, permettendole di riavere l’uso del<br />
suo appartamento.<br />
– Certo. Se vuoi, puoi farlo anche subito – assentii lentamente,<br />
perché quello mi pareva un buon modo per valutare quanto Amelia fosse<br />
effettivamente dotata. Di certo, non somigliava per nulla all’immagine<br />
stereotipa della strega, il suo aspetto lindo e sano faceva pensare piuttosto<br />
a una felice casalinga di classe media, con la sua Ford Explorer e il suo<br />
setter irlandese. In un attimo, però, lei tirò fuori un mazzo di tarocchi da<br />
una tasca dei calzoncini e si protese sul tavolino da caffè per disporre le<br />
carte in modo rapido e professionale, che ai miei occhi non aveva il<br />
minimo senso.<br />
Per un minuto buono meditò su ciò che aveva davanti, lo sguardo che<br />
vagava da una carta all’altra, prima di fissarsi sul tavolino.<br />
Un attimo più tardi arrossì in volto e chiuse gli occhi, come se si<br />
sentisse mortificata.<br />
– D’accordo – disse infine, con voce calma e piatta. – Che cosa sei?<br />
– Una telepate.<br />
– Perché non imparo mai che non bisogna partire da una serie di<br />
supposizioni? – esclamò.<br />
– Nessuno pensa che io faccia paura – osservai, cercando di essere<br />
gentile, ma lei sussultò.<br />
– Ebbene, questo è un errore che non ripeterò – affermò. – Sembravi<br />
saperne sul mondo soprannaturale più di quanto ne sappia una persona<br />
comune.<br />
– E imparo qualcosa di più ogni giorno che passa – commentai, in un<br />
tono che suonò cupo ai miei stessi orecchi.<br />
– Adesso dovrò riferire al mio consulente che ho preso un grosso<br />
granchio – commentò, cupa quanto più le era possibile apparire, il che non<br />
era molto.<br />
– Hai un... un mentore?<br />
– Sì, una strega più anziana che ci monitorizza nel corso dei nostri<br />
primi tre anni da professionisti.<br />
– E come fate a sapere quando siete diventati professionisti?<br />
– Oh, si deve superare un esame – spiegò Amelia, alzandosi in piedi<br />
e andando al lavandino, dove lavò in un attimo la caffettiera e il filtro,<br />
riponendoli con ordine sullo scolapiatti, prima di asciugare il lavandino.<br />
– Quindi domani cominceremo a imballare tutto?
– Perché non farlo subito?<br />
– Ecco, vorrei esaminare per conto mio le cose di Hadley – spiegai,<br />
cercando di non apparire irritata.<br />
– Oh. Certo, capisco – annuì, sforzandosi di dare l’impressione di<br />
averci già pensato lei stessa. – E suppongo che stanotte dovrai andare a<br />
trovare la regina, giusto?<br />
– Non lo so.<br />
– Oh, scommetto che ti stanno aspettando? La scorsa notte non c’era<br />
là fuori un vampiro alto, bruno e avvenente? Aveva un’aria familiare.<br />
– Bill Compton – dissi. – Sì. Ha vissuto nella Louisiana per anni, e<br />
ha svolto degli incarichi per conto della regina.<br />
Amelia mi fissò con un’espressione sorpresa nei limpidi occhi<br />
azzurri.<br />
– Oh, credevo conoscesse tua cugina.<br />
– No – dissi. – Grazie per avermi svegliata, in modo che possa<br />
mettermi al lavoro, e anche per essere disposta ad aiutarmi.<br />
Lei era contenta di potersene andare, perché io non ero risultata<br />
essere ciò che si aspettava, e adesso voleva riflettere su di me, e fare<br />
alcune telefonate alle sue consorelle streghe dell’area di Bon Temps.<br />
– Holly Cleary – consigliai. – È quella che conosco meglio.<br />
Sussultando, Amelia mi salutò con aria un po’ sconvolta e se ne andò<br />
nello stesso modo inatteso con cui era giunta.<br />
Improvvisamente, mi sentii vecchia. Avevo fatto sfoggio del mio<br />
talento, e nell’arco di un’ora avevo trasformato una giovane strega sicura<br />
di sé in una donna ansiosa.<br />
Mentre mi procuravo una matita e un blocco per appunti... che<br />
risultarono essere dove avrebbero dovuto trovarsi, nel cassetto più vicino<br />
al telefono... e mi accingevo a stilare un piano di azione, mi consolai<br />
pensando che Amelia aveva avuto un notevole bisogno di quello scrollone<br />
mentale. Se non fosse giunto da me, sarebbe infatti potuto arrivare da<br />
qualcuno che voleva davvero farle del male.
Capitolo quindicesimo<br />
Mi servivano degli scatoloni, questo era certo, e avrei avuto bisogno<br />
anche di notevoli quantità di nastro adesivo, di un pennarello e,<br />
probabilmente, di un paio di forbici. Infine, poi, mi sarebbe servito anche<br />
un furgone, per riportare a Bon Temps ciò che avrei deciso di conservare.<br />
Avrei potuto chiedere a Jason di venire a prendermi, o affittare un furgone<br />
o informarmi con il Signor Cataliades se ce n’era uno che potevo prendere<br />
a prestito. Se la roba da portare via fosse stata parecchia, avrei potuto forse<br />
noleggiare un’auto e una roulotte. Non avevo mai fatto prima una cosa del<br />
genere, ma quanto poteva essere difficile? Comunque, visto che per il<br />
momento non c’era nessuno che potesse accompagnarmi a comperare le<br />
cose che mi servivano, tanto valeva che cominciassi a vagliare cosa<br />
conservare: prima avessi iniziato, prima avrei finito e sarei potuta tornare<br />
al mio lavoro, lontano dai vampiri di New Orleans. In un angolo della mia<br />
mente, ero lieta che Bill fosse venuto con me, perché per quanto a volte mi<br />
potessi sentire infuriata con lui, costituiva comunque una presenza<br />
familiare: dopo tutto, era il primo vampiro che avessi conosciuto, e ai miei<br />
occhi il modo in cui ci eravamo incontrati sembrava ancora quasi<br />
miracoloso.<br />
Lui era entrato nel bar, e io ero rimasta affascinata nello scoprire che<br />
non potevo leggergli nella mente; più tardi, quella stessa sera, lo avevo<br />
salvato da due dissanguatori. Sospirai, pensando a quanto fosse stato bello<br />
il nostro rapporto, finché lui non era stato richiamato dalla sua creatrice,<br />
Lorena, ora a sua volta definitivamente morta.<br />
Mi riscossi, perché quello non era il momento di perdersi lungo il<br />
viale dei ricordi. Invece, era necessario agire e prendere decisioni, la prima<br />
delle quali fu di iniziare il mio vaglio di vestiti.<br />
Dopo quindici minuti, mi resi conto che quella sarebbe stata la parte<br />
più facile, perché ne avrei dato via la maggior parte: non solo i miei gusti<br />
erano radicalmente diversi da quelli di mia cugina, ma lei era anche stata<br />
più esile di seno e di fianchi, oltre ad avere occhi e capelli di colore<br />
diverso dai miei. Hadley aveva amato vestiti scuri e di taglio appariscente,<br />
mentre io preferivo vestire in modo molto meno vistoso. Ebbi qualche<br />
esitazione davanti a un paio di gonne e camicette nere e semitrasparenti,<br />
ma quando le provai mi accorsi di avere l’aspetto di una di quelle<br />
vampirofile che frequentavano il bar di Eric, il che non era certo il genere
di immagine che aspiravo ad avere. Alla fine, nel mucchio della roba da<br />
tenere finirono soltanto una manciata di top, alcuni calzoncini e dei<br />
pigiami.<br />
Trovata una grossa confezione di sacchetti per il pattume, me ne<br />
servii per riporre i vestiti scartati, e a mano a mano che finivo di riempire<br />
ciascun sacco lo trasportai fuori sulla veranda, per mantenere in ordine<br />
l’appartamento.<br />
Quando mi ero messa al lavoro era all’incirca mezzogiorno, e le ore<br />
trascorsero in fretta, dopo che ebbi scoperto come far funzionare il CD<br />
player di Hadley. Gran parte della musica da lei acquistata era opera di<br />
artisti che non erano mai stati fra i miei preferiti, il che non costituiva una<br />
grande sorpresa, ma ascoltarli fu comunque interessante. Hadley<br />
possedeva una marea di CD dei No Doubt, dei Nine Inch Nails, degli<br />
Eminem e di Usher.<br />
Avevo appena cominciato a esaminare i cassetti della camera da letto<br />
quando mi accorsi che si stava facendo buio e mi soffermai un momento<br />
sulla veranda, nell’aria mite della sera, per osservare la città risvegliarsi in<br />
vista della notte imminente. Adesso, infatti, New Orleans era una città che<br />
viveva di notte: già in passato la sua vita notturna era stata sfacciata e<br />
turbolenta, ma ormai essa era diventata un tale centro di raccolta per i nonmorti<br />
che la sua stessa natura era cambiata. Ora gran parte del jazz<br />
eseguito lungo Bourbon Street era suonato da mani che avevano visto la<br />
luce del sole per l’ultima volta decenni prima. Nell’aria, aleggiavano vaghi<br />
accordi di musica, provenienti da feste lontane; sedendomi sulla veranda,<br />
rimasi ad ascoltare per un po’, sperando di avere modo di visitare un poco<br />
la città nel corso della mia permanenza, perché New Orleans era stata<br />
diversa da qualsiasi altro posto dell’America prima dell’afflusso dei<br />
vampiri, e continuava a esserlo anche adesso.<br />
Sospirando, mi resi poi conto di essere affamata. Naturalmente,<br />
Hadley non aveva scorte di cibo nel suo appartamento, e non avevo certo<br />
intenzione di mettermi a bere sangue o di chiedere altro ad Amelia. Quella<br />
notte, però, chiunque fosse venuto a prendermi per accompagnarmi dalla<br />
regina, sarebbe forse stato disposto a fare una tappa presso un alimentari.<br />
Chiedendomi se non fosse ormai ora di fare una doccia e di<br />
cambiarmi, stavo già per rientrare nell’appartamento quando il mio<br />
sguardo si posò sugli asciugamani ammuffiti che avevo messo fuori la<br />
notte precedente. Adesso il loro odore era molto più intenso, cosa che mi<br />
sorprese, perché mi sarei aspettata che ormai esso fosse diminuito. Invece,<br />
il loro fetore risultò tale da indurmi a trattenere il fiato per il disgusto
quando prelevai il cesto per portarlo dentro, con l’intento di lavare gli<br />
asciugamani. In cucina, trovai uno di quegli apparecchi che combinavano<br />
asciugatrice (sopra) e lavatrice (sotto), in una sorta di torre di pulizia.<br />
Cercai di scrollare gli asciugamani, che però si erano asciugati in una<br />
massa rigida e stropicciata; esasperata, assestai uno strattone al bordo<br />
sporgente di uno di essi, e dopo aver opposto un po’ di resistenza, i grumi<br />
di sostanza che tenevano incollate le pieghe della stoffa cedettero,<br />
permettendo all’asciugamano di spugna azzurra di stendersi sotto i miei<br />
occhi.<br />
– Oh, merda! – esclamai, nell’appartamento silenzioso. – Oh, no.<br />
Il fluido che si era seccato in mezzo agli asciugamani era sangue.<br />
– Oh, Hadley – mormorai, – che cosa hai fatto?<br />
L’impatto dell’odore fu violento quanto quello del senso di shock, e<br />
mi indusse a sedermi al piccolo tavolo da pranzo, nell’angolo cottura. Le<br />
scaglie di sangue secco si erano riversate sul pavimento e mi si erano<br />
appiccicate alle braccia, ma di certo non potevo leggere i loro pensieri, o<br />
quelli di un asciugamano. Il mio talento non mi era di nessun aiuto in<br />
quella situazione, avevo bisogno di... di una strega. Sì, proprio come quella<br />
che avevo mandato via, dopo averle impartito una lezione.<br />
Prima però dovevo controllare tutto l’appartamento, per vedere se<br />
riservava altre sorprese.<br />
E in effetti ne riservava.<br />
Il cadavere era nella cabina armadio del corridoio.<br />
Anche se non emanava nessun odore, probabilmente il corpo di quel<br />
giovane era lì da quando mia cugina era morta. Possibile che fosse quello<br />
di un demone? Ma il giovane in questione non somigliava affatto a<br />
Diantha o a Gladiola, o anche al Signor Cataliades. D’altronde, se gli<br />
asciugamani avevano cominciato a puzzare, sarebbe stato logico pensare...<br />
oh, bene, forse ero solo stata fortunata. Comunque, quelle erano tutte cose<br />
a cui dovevo trovare una risposta, e avevo il sospetto che la chiave per<br />
riuscirci fosse al piano di sotto.<br />
Quando bussai alla porta di Amelia, lei venne subito ad aprire.<br />
Guardando dentro da sopra la sua spalla, vidi che il suo appartamento, per<br />
quanto ovviamente strutturato come quello di Hadley, era pieno di colori<br />
chiari e di energia.<br />
Le piacevano tinte come il giallo, il crema, il corallo e il verde, il suo<br />
arredamento era moderno, con grossi cuscini, e le superfici di legno erano<br />
state lucidate fino a brillare. Come avevo sospettato, la casa di Amelia era<br />
immacolata.
– Sì – chiese, con fare ancora un po’ avvilito.<br />
– Dunque – esordii, come se stesse porgendo un ramoscello d’olivo,<br />
– io ho un problema, e ho il sospetto che ne abbia uno anche tu.<br />
– Cosa ti induce ad affermarlo? – ribatté. Adesso, il suo viso così<br />
aperto si era fatto indecifrabile, come se mantenere un’espressione neutra<br />
potesse impedirmi di leggerle nella mente.<br />
– Hai apposto un incantesimo di stasi sull’appartamento, giusto? Per<br />
mantenere tutto esattamente com’era. E lo hai fatto prima di apporre sigilli<br />
di protezione contro gli intrusi?<br />
– Sì, te l’ho già detto – confermò, cauta.<br />
– Nessuno è più entrato nell’appartamento da quanto Hadley è<br />
morta?<br />
– Non ti posso dare la mia parola in merito, perché suppongo che una<br />
strega o un mago molto abili avrebbero potuto fare breccia nel mio<br />
incantesimo – rispose. – Per quanto ne so, però, lì non c’è stato più<br />
nessuno.<br />
– Quindi non sai di aver sigillato un cadavere all’interno?<br />
Non so che genere di reazione mi fossi aspettata, ma di certo Amelia<br />
prese la cosa con molta calma.<br />
– D’accordo – disse con voce ferma, forse deglutendo un po’ a fatica.<br />
– Di chi si tratta?<br />
Le sue palpebre stavano battendo un po’ più in fretta del normale.<br />
Forse, non era poi così calma.<br />
– Non lo so, davvero – replicai con cautela. – Devi venire a vedere.<br />
Lo hanno ucciso là – proseguii, mentre salivamo le scale, – e hanno<br />
ripulito tutto con degli asciugamani, che erano nel cesto della biancheria<br />
sporca. – Poi le spiegai in che stato avevo trovato gli asciugamani.<br />
– Holly Cleary dice che hai salvato la vita a suo figlio – osservò d’un<br />
tratto Amelia.<br />
Questo mi prese alla sprovvista, e mi fece anche provare un certo<br />
imbarazzo.<br />
– La polizia lo avrebbe trovato – mi schermii. – Io ho solo accelerato<br />
un po’ le cose.<br />
– Il dottore ha detto a Holly che se il bambino fosse arrivato<br />
all’ospedale più tardi, forse non sarebbe stato possibile arrestare<br />
l’emorragia cerebrale – sottolineò Amelia.<br />
– Allora è andato tutto bene – dissi, sempre più a disagio. – Come sta<br />
Cody?<br />
– Bene – rispose la strega. – Si rimetterà.
– Nel frattempo, noi abbiamo un problema proprio qui – le ricordai.<br />
– Okay, vediamo questo cadavere – annuì Amelia, sforzandosi al<br />
massimo per mantenere salda la voce.<br />
Quella strega cominciava a essermi simpatica.<br />
La condussi alla cabina armadio, che avevo lasciato aperta. Lei entrò<br />
senza emettere nessun suono e uscì subito dopo, con il volto tinto di una<br />
sfumatura leggermente verdastra sotto l’abbronzatura, appoggiandosi alla<br />
parete.<br />
– È un mannaro – disse, un momento più tardi. L’incantesimo da lei<br />
apposto sull’appartamento aveva avuto anche lo scopo di mantenere tutto<br />
fresco, ma il sangue aveva cominciato già a puzzare un poco prima che<br />
esso venisse eseguito, e il mio ingresso nell’appartamento aveva fatto sì<br />
che la magia cessasse di operare. Adesso gli asciugamani puzzavano di<br />
marcio, e anche se il corpo ancora non emanava odore... cosa che mi<br />
sorprendeva un poco... mi aspettavo che cominciasse a farlo da un<br />
momento all’altro, perché di certo si sarebbe decomposto rapidamente ora<br />
che non era più controllato dall’incantesimo di Amelia, che stava facendo<br />
un evidente sforzo per non sottolineare quanto la sua magia avesse<br />
funzionato bene.<br />
– Lo conosci? – chiesi.<br />
– Sì, lo conosco – annuì. – Perfino a New Orleans, la comunità<br />
sovrannaturale non è poi così vasta. Quello è Jake Purifoy. Si è occupato<br />
della sicurezza per il matrimonio della regina.<br />
D’un tratto, sentii il bisogno di sedermi. Uscita dalla cabina armadio,<br />
scivolai lungo il muro fino a sedere appoggiata a esso, di fronte ad Amelia,<br />
che si sedette a sua volta a ridosso della parete opposta. Quasi non sapevo<br />
da dove cominciare a fare domande.<br />
– Ti riferisci a quando ha sposato il Re dell’Arkansas? – esordii,<br />
ricordando quello che Felicia aveva detto, e la foto delle nozze che avevo<br />
visto nell’album di Al Cumberland. C’era davvero stata la regina, sotto<br />
quell’acconciatura elaborata? E quando aveva accennato a dover prendere<br />
degli accordi per un matrimonio a New Orleans, Quinn aveva inteso<br />
riferirsi a quel matrimonio?<br />
– Secondo Hadley, la regina è bisex – spiegò Amelia. – Quindi la<br />
risposta è sì, ha sposato quel tizio, e adesso hanno un’alleanza.<br />
– Non possono avere figli – osservai. Sapevo che era ovvio, ma non<br />
riuscivo a capire quella faccenda dell’alleanza.<br />
– No, ma a meno che qualcuno non li trafigga con un paletto,<br />
vivranno in eterno, quindi non hanno il problema di trasmettere la loro
eredità. Ci vogliono mesi, perfino anni, di trattative per determinare le<br />
regole per un matrimonio del genere, e la stesura del contratto può<br />
richiedere un tempo altrettanto lungo. Dopo, devono firmarlo entrambi, e<br />
quella è una grande cerimonia, che si svolge subito prima del matrimonio.<br />
In realtà, i due non sono obbligati a vivere insieme, ma solo a farsi visita<br />
un paio di volte all’anno... visite di tipo coniugale.<br />
Per quanto affascinante, al momento attuale tutto questo era proprio<br />
secondario.<br />
– Quindi questo tizio nella cabina armadio faceva parte delle guardie<br />
di sicurezza – riepilogai, mentre mi chiedevo se avesse lavorato per Quinn.<br />
Dopo tutto, Quinn non aveva forse detto che uno dei suoi dipendenti era<br />
scomparso a New Orleans?<br />
– Già. Naturalmente, io non sono stata invitata al matrimonio, ma ho<br />
aiutato Hadley a vestirsi. Lui è venuto a prenderla.<br />
– Jake Purifoy è venuto a prendere Hadley per portarla al<br />
matrimonio?<br />
– Sì. Quella notte era tutto in tiro anche lui.<br />
– Ti riferisci alla notte del matrimonio.<br />
– Sì, la notte prima che Hadley morisse.<br />
– Li hai visti andare via?<br />
– No. Ho solo... No. Ho sentito la macchina che si fermava, ho<br />
guardato dalla finestra del salotto e ho visto Jake che entrava. Lo<br />
conoscevo già, superficialmente, perché avevo un’amica che usciva con<br />
lui, quindi sono tornata a fare quello che stavo facendo... stavo guardando<br />
la TV, credo... e dopo un po’ ho sentito la macchina che se ne andava.<br />
– Quindi lui potrebbe non essersene mai andato.<br />
Amelia mi fissò con gli occhi sgranati.<br />
– È possibile – ammise infine; da come parlava, pareva avesse la<br />
bocca molto arida.<br />
– Hadley era da sola, quando lui è venuto a prenderla... giusto?<br />
– Quando ho lasciato il suo appartamento, lei era là da sola.<br />
– Tutto quello che ero venuta a fare, era sgombrare l’appartamento di<br />
mia cugina – dissi, rivolgendomi prevalentemente ai miei piedi nudi. – E<br />
lei non mi era neppure molto simpatica. Adesso mi ritrovo con un cadavere<br />
per le mani. L’ultima volta che mi sono liberata di un cadavere – continuai,<br />
rivolta ora alla strega, – avevo un aiutante grosso e forte, e lo avevamo<br />
avvolto in una tenda da doccia.<br />
– Davvero? – mormorò Amelia, con un filo di voce, dando<br />
l’impressione di non essere troppo felice di ricevere quella informazione.
– Sì – annuii. – Non lo avevamo ucciso noi, abbiamo solo dovuto<br />
liberarci del corpo, perché temevamo di essere incolpati della sua morte,<br />
cosa che sono certa sarebbe successa.<br />
Nel parlare, continuai a fissarmi lo smalto delle unghie dei piedi.<br />
Quando lo avevo applicato, era stato di un bel rosa carico, ma adesso<br />
dovevo ravvivarlo o rimuoverlo. Smettendola con quel misero tentativo di<br />
pensare ad altro, tornai alle mie cupe meditazioni relative al cadavere. Era<br />
steso per terra nella cabina armadio, spinto sotto lo scaffale più basso e<br />
coperto da un lenzuolo. Avevo l’impressione che Jake Purifoy fosse stato<br />
un uomo avvenente, a giudicare dai capelli castano scuro e dalla struttura<br />
muscolosa. Anche se era stato vestito per andare a un matrimonio, e con<br />
notevole eleganza, a sentire Amelia, adesso era nudo, e questo poneva il<br />
secondario interrogativo su dove fossero finiti i suoi vestiti.<br />
– Potremmo semplicemente chiamare la regina – suggerì Amelia. –<br />
Dopo tutto, se il corpo era qui, Hadley deve averlo ucciso o aver almeno<br />
nascosto il cadavere. È impossibile che Jake sia <strong>morto</strong> la notte in cui lei è<br />
andata con Waldo al cimitero.<br />
– Perché no? – domandai, assalita da un improvviso, orribile<br />
pensiero. – Hai un cellulare? – continuai alzandomi in piedi, e quando<br />
Amelia annuì, ordinai: – Chiama il palazzo della regina, e avvertili di<br />
mandare qualcuno qui, subito.<br />
– Cosa? – Amelia mi fissò con espressione confusa, mentre già stava<br />
componendo il numero.<br />
Guardando nella cabina armadio, vidi le dita del cadavere che<br />
cominciavano a contrarsi.<br />
– Si sta ridestando – avvertii, a bassa voce.<br />
Amelia impiegò solo un secondo a capire cosa intendessi dire.<br />
– Parla Amelia Broadway, di Chloe Street! Mandate qui un vampiro<br />
anziano, subito! – gridò al telefono. – C’è un nuovo vampiro che si sta<br />
risvegliando!<br />
Adesso era anche lei in piedi, e stavamo correndo verso la porta.<br />
Non riuscimmo a raggiungerla.<br />
Jake Purifoy era già al nostro inseguimento, ed era affamato.<br />
Dal momento che Amelia si trovava dietro di me (io mi ero mossa<br />
per prima) lui si tuffò in avanti e le afferrò una caviglia. Amelia cadde a<br />
terra urlando, e io mi girai di scatto per aiutarla. In quel momento non<br />
stavo pensando, perché altrimenti avrei continuato a correre fino a varcare<br />
la porta. Le dita del nuovo vampiro erano strette come una catena intorno<br />
alla caviglia nuda di Amelia, e lui la stava tirando verso di sé lungo il
pavimento lucido, mentre lei artigliava il legno con le dita nel tentativo di<br />
arrestare la propria avanzata verso quella bocca spalancata, con i canini<br />
completamente estesi. Afferrandola per i polsi, presi a tirare a mia volta.<br />
Non avevo conosciuto Jake Purifoy quando era in vita, quindi non sapevo<br />
come era stato, e in quel momento non riuscivo a trovare sul suo volto<br />
niente di umano a cui potessi appellarmi.<br />
– Jake! – urlai. – Jake Purifoy! Svegliati!<br />
Com’era prevedibile, questo non servì assolutamente a niente. Jake<br />
era stato trasformato in qualcosa che non era un incubo, ma uno stato<br />
permanente di diversità da cui non poteva essere risvegliato: lui era la sua<br />
condizione. Mentre tirava stava emettendo un verso terrificante, il suono<br />
più famelico che avesse mai sentito; poi affondò i denti nel polpaccio di<br />
Amelia, che urlò.<br />
Era come se fosse stata azzannata da uno squalo, e se avessi tirato<br />
maggiormente, lui avrebbe potuto staccare il pezzo di carne intorno a cui si<br />
erano chiusi i suoi denti. Adesso stava succhiando, e io ne approfittai per<br />
sferrargli un calcio alla testa con il piede nudo, imprecando contro il fatto<br />
che ero scalza: infusi in quel calcio tutta la mia forza, ma esso non ebbe il<br />
minimo effetto su quel nuovo vampiro, che emise un verso di protesta e<br />
continuò a succhiare, mentre la strega continuava a urlare per il dolore e il<br />
senso di shock. Sul tavolo, dietro uno dei divani, c’era un alto candelabro<br />
di vetro, molto pesante. Tolta la candela, lo afferrai con entrambe le mani e<br />
lo calai con tutte le mie forze sulla testa di Jake Purifoy: dalla ferita<br />
cominciò a colare del sangue, con l’estrema lentezza propria dei vampiri, e<br />
il candelabro si spezzò per l’impatto, lasciandomi a fronteggiare a mani<br />
vuote un vampiro infuriato. Lui sollevò la faccia sporca di sangue,<br />
fissandomi con occhi roventi, un genere di sguardo che mi auguro di non<br />
dover vedere mai più per il resto della mia vita, perché esprimeva l’ira<br />
insensata di un cane impazzito. Se non altro, lui aveva lasciato andare la<br />
gamba di Amelia, che stava cercando di strisciare via. Dal momento che<br />
era ferita, i suoi movimenti erano rallentati, ma si stava sforzando di<br />
allontanarsi, con le lacrime che le rigavano il volto e il respiro affannoso<br />
che risuonava stentoreo nel silenzio della notte. Intanto, sentii un ululato di<br />
sirene che si avvicinava, e mi augurai che fosse diretto verso di noi, anche<br />
se sapevo che sarebbe arrivato troppo tardi. In quel momento, il vampiro<br />
spiccò un balzo da dove si trovava, gettandomi a terra, e non ebbi più il<br />
tempo di pensare a niente.<br />
I suoi denti mi affondarono nel braccio con tanta forza da indurmi a<br />
credere che fossero arrivati fino all’osso; se non avessi sollevato il braccio,
probabilmente quei canini mi sarebbero penetrati nella gola, infliggendo<br />
una ferita letale, ma anche se l’alternativa attuale poteva essere preferibile,<br />
il dolore era così intenso da rischiare di farmi perdere i sensi, il che non<br />
sarebbe stato consigliabile. Il corpo di Jake Purifoy mi gravava addosso, le<br />
sue mani mi bloccavano a terra il braccio libero e le sue gambe<br />
immobilizzavano le mie. Intanto, un altro tipo di fame si stava destando<br />
nel nuovo vampiro, appetito di cui potevo sentire la prova tangibile<br />
premere contro la mia coscia. Liberando una mano, lui prese a strattonarmi<br />
i calzoncini.<br />
Oh, no... era davvero una situazione disperata. Entro i prossimi<br />
minuti sarei morta lì a New Orleans, nell’appartamento di mia cugina,<br />
lontana dai miei amici e dalla mia famiglia.<br />
Il nuovo vampiro aveva la faccia e le mani coperte di sangue.<br />
Poi mi accorsi che Amelia stava strisciando goffamente verso di noi,<br />
con la gamba che si lasciava dietro una scia di sangue. Sarebbe dovuta<br />
fuggire, perché non mi poteva salvare... non c’erano più neppure<br />
candelabri a disposizione. Lei aveva però un’altra arma, come dimostrò nel<br />
protendere una mano che tremava.<br />
– Utinam hic sanguis in ignem commutet! – urlò, toccando il<br />
vampiro.<br />
Lui si sollevò di scatto, urlando e artigliandosi la faccia, che si era<br />
improvvisamente ricoperta di minuscole lingue di fiamma azzurra.<br />
In quel momento, la polizia fece irruzione. Anche gli agenti erano<br />
vampiri.<br />
Per un interessante momento, essi credettero che fossimo state noi ad<br />
attaccare Jake Purifoy: sanguinanti e urlanti, Amelia e io venimmo<br />
addossate a forza a una parete. Nel frattempo, però, l’incantesimo che<br />
Amelia aveva gettato sul non-<strong>morto</strong> perse la sua efficacia, e lui si lanciò<br />
contro il poliziotto più vicino, che il caso volle essere una donna di colore,<br />
dal portamento eretto e dal naso aquilino. La donna estrasse lo sfollagente,<br />
utilizzandolo con assoluta indifferenza nei confronti dei denti del nuovo<br />
vampiro; intanto il suo collega, un uomo molto basso con la pelle del<br />
colore del caramello, si affrettò ad aprire una bottiglia di TrueBlood, che<br />
portava infilata alla cintura come se fosse stata un elemento qualsiasi del<br />
suo equipaggiamento, strappando il sigillo con i denti e infilando<br />
l’apertura nella bocca avida di Jake Purifoy. Improvvisamente scese il<br />
silenzio, mentre il nuovo vampiro succhiava avidamente il contenuto della<br />
bottiglia e il resto di noi ansimava e sanguinava.<br />
– Adesso sarà più calmo – disse la donna, con una intonazione da cui
compresi che era molto più africana che americana. – Credo che lo<br />
abbiamo sottomesso.<br />
Amelia e io ci lasciammo cadere a terra, ma solo dopo che un cenno<br />
dell’altro poliziotto ci ebbe fatto capire che non eravamo più sospettate di<br />
niente.<br />
– Ci dispiace di non aver capito subito chi fosse il cattivo della<br />
situazione – si scusò l’agente, con voce morbida come il burro. – Voi<br />
signore state bene?<br />
Era una fortuna che il suo tono fosse così rassicurante, perché aveva i<br />
canini completamente estesi, credo in reazione alla violenza e alla<br />
presenza del sangue; comunque fosse, era una cosa che sconcertava, in un<br />
agente di polizia.<br />
– Non credo proprio – replicai. – Amelia sta perdendo parecchio<br />
sangue, e credo che lo stesso valga anche per me. – Nella saliva dei<br />
vampiri era presente una piccola dose di una sostanza anestetica, insieme a<br />
un elemento che risanava. Esso era però destinato a richiudere i minuscoli<br />
fori prodotti dai canini, non ampie lacerazioni nella carne umana. –<br />
Abbiamo bisogno di un dottore – aggiunsi. Nel Mississippi avevo<br />
conosciuto un vampiro in grado di risanare gravi ferite, ma quello era un<br />
talento raro.<br />
– Siete entrambe umane? – chiese il poliziotto. Intanto, la sua collega<br />
stava parlando sommessamente al nuovo vampiro in una lingua straniera.<br />
Con ogni probabilità, l’ex-lupo mannaro non era in grado di capire cosa gli<br />
stesse dicendo, ma poteva recepire di essere al sicuro. Le ustioni sul suo<br />
volto stavano già guarendo.<br />
– Sì – risposi.<br />
Mentre aspettavamo l’arrivo dei paramedici, Amelia e io restammo<br />
appoggiate una all’altra, in silenzio. Quello era il secondo corpo che<br />
trovavo in un armadio, oppure era il terzo? Mi chiesi perché osassi ancora<br />
aprire la porta di un qualsiasi armadio.<br />
– Avremmo dovuto capirlo – disse Amelia. – Non emetteva odore,<br />
avremmo dovuto capirlo.<br />
– A dire il vero, io l’ho capito, ma siccome ci sono arrivata solo<br />
trenta secondi prima che lui si svegliasse, non è servito a un accidente di<br />
niente – replicai, con voce sfinita quanto la sua.<br />
Poi tutto si fece molto confuso. Continuavo a pensare che quello<br />
sarebbe stato un buon momento per svenire, perché quello in corso non era<br />
un procedimento di cui volevo essere parte cosciente, ma in qualche modo,<br />
non riuscii a perdere conoscenza. I paramedici erano due uomini giovani e
molto gentili, in apparenza convinti che fossimo state intente a divertirci<br />
con un vampiro quando la situazione era sfuggita al controllo. Supposi che<br />
nessuno dei due avrebbe provato a invitare me o Amelia a uscire, non nel<br />
prossimo futuro.<br />
– Non conviene avere a che fare con i vampiri, cherie – disse quello<br />
che si stava occupando di me; il nome scritto sulla sua targhetta era<br />
DELAGARDIE. – Si suppone che le donne li trovino molto attraenti, ma<br />
non immagina quante povere ragazze siamo costretti a ricucire. E mi<br />
riferisco a quelle fortunate – continuò in tono cupo. – Come si chiama,<br />
signorina?<br />
– Sookie – dissi. – Sookie Stackhouse.<br />
– Lieto di conoscerla, Signorina Sookie. Lei e la sua amica sembrate<br />
ragazze per bene, e dovreste frequentare persone migliori, persone vive.<br />
Adesso questa città è invasa dai non-morti, ma a dire la verità era meglio<br />
quando tutti respiravano. Ora vi porteremo all’ospedale, dove vi<br />
applicheranno i punti. Le stringerei la mano, se non fosse tutta sporca di<br />
sangue – aggiunse, sfoggiando un candido sorriso affascinante. – Le sto<br />
dando gratuitamente un buon consiglio, signorina.<br />
Riuscii a sorridere, ma quello fu l’ultimo sorriso per qualche tempo a<br />
venire, perché il dolore cominciava a farsi sentire, e dovetti concentrarmi<br />
per resistere a esso.<br />
Amelia era una vera guerriera. Anche se stava serrando i denti per<br />
mantenere il controllo, riuscì a rimanere calma per tutto il tragitto fino<br />
all’ospedale, dove il pronto soccorso risultò essere quanto mai affollato.<br />
Da un lato il fatto che stavamo sanguinando e che eravamo scortate<br />
da due poliziotti, e dall’altro una buona parola messa per noi dal cordiale<br />
Delagardie e dal suo collega, fecero sì che io e Amelia venissimo sistemate<br />
immediatamente nei cubicoli divisi da tende. Non eravamo una vicina<br />
all’altra, ma almeno eravamo in fila per essere visitate da un medico, cosa<br />
di cui ero grata. Sapevo che la procedura era stata rapida, per il pronto<br />
soccorso di un centro urbano.<br />
Mentre ascoltavo la confusione che mi circondava, cercai di non<br />
imprecare per il dolore al braccio, e nei momenti in cui esso non era<br />
eccessivo, mi chiesi cosa ne fosse stato di Jake Purifoy. I due vampiri<br />
poliziotti lo avevano portato in cella, oppure gli era stato perdonato tutto<br />
perché era un vampiro appena trasformato, e senza nessuno che lo<br />
guidasse? Sapevo che era stata varata una legge al riguardo, ma non<br />
riuscivo a ricordarne i termini. Inoltre, mi riusciva difficile essere<br />
preoccupata per Purifoy, anche se sapevo che lui era una vittima della sua
nuova condizione, che il vampiro da cui era stato creato gli sarebbe dovuto<br />
rimanere accanto per guidarlo nella fase di famelicità che accompagnava il<br />
primo risveglio. Con ogni probabilità, il vampiro responsabile della cosa<br />
era mia cugina Hadley, che di certo non si era aspettata di essere<br />
assassinata. Soltanto l’incantesimo di stasi apposto da Amelia<br />
sull’appartamento aveva impedito a Jake di risvegliarsi mesi prima, e<br />
quella era una strana situazione, probabilmente senza precedenti in tutti gli<br />
annali dei vampiri. E poi, a diventare vampiro era stato un lupo mannaro!<br />
Non avevo mai sentito parlare di una cosa del genere! Era ancora in grado<br />
di trasformarsi?<br />
Ebbi a disposizione un buon lasso di tempo per pensare a quelle cose<br />
e anche ad alcune altre, perché Amelia era troppo lontana per poter parlare<br />
con lei, anche ammesso che si fosse sentita di fare conversazione; dopo<br />
circa venti minuti, durante i quali venni disturbata soltanto da<br />
un’infermiera venuta ad annotare alcune informazioni, vidi Eric sbirciare<br />
oltre la tenda.<br />
– Posso entrare? – chiese in tono rigido. Notando che aveva gli occhi<br />
dilatati e che parlava soppesando le parole, mi resi conto che per un<br />
vampiro l’odore di sangue presente nel pronto soccorso doveva essere<br />
pervasivo ed eccitante, come dimostrò il lieve allungarsi dei suoi canini.<br />
– Sì – assentii, perplessa per la sua presenza a New Orleans. In<br />
realtà, non ero dell’umore adatto per affrontarlo, ma non sarebbe servito a<br />
nulla dirgli che non poteva entrare nel cubicolo, perché quello era un<br />
edificio pubblico, e lui non era vincolato dalle mie parole. Inoltre, avrebbe<br />
potuto semplicemente rimanere dall’altro lato della tenda e continuare a<br />
parlarmi finché non avesse scoperto ciò per cui era venuto: Eric sapeva<br />
essere molto persistente.<br />
– Cosa ci fai qui in città, Eric? – domandai.<br />
– Sono venuto per trattare con la regina riguardo ai tuoi servigi nel<br />
corso del summit. Inoltre, sua maestà e io dobbiamo decidere l’entità del<br />
seguito che potrò portare con me – spiegò, sorridendomi; l’effetto fu<br />
sconcertante, con quei canini allungati e tutto il resto. – Siamo quasi<br />
arrivati a un accordo. Posso portarmi dietro tre persone, ma voglio riuscire<br />
ad arrivare a quattro.<br />
– Oh, Eric, per l’amore di Dio – scattai. – Questa è la scusa più<br />
zoppicante che abbia mai sentito. Hai presente quell’invenzione moderna<br />
nota come telefono? – Nel parlare, mi mossi con irrequietezza sullo stretto<br />
letto, incapace di trovare una posizione comoda, perché avevo tutti i nervi<br />
che vibravano ancora per la paura scatenata dal mio scontro con Jake,
nuovo figlio della notte. Speravo che quando avessi finalmente visto un<br />
dottore, mi sarebbe stato somministrato un potente antidolorifico. –<br />
Lasciami in pace, d’accordo? Non hai nessuna rivendicazione su di me, e<br />
neppure una responsabilità nei miei confronti.<br />
– Invece sì – ribatté, avendo la sfacciataggine di mostrarsi sorpreso. –<br />
Noi abbiamo un legame. Ti ho dato il mio sangue, quando avevi bisogno di<br />
rimetterti in forze per liberare Bill, a Jackson. E stando a quanto affermi,<br />
abbiamo fatto spesso l’amore.<br />
– Mi hai costretta tu a dirtelo – protestai. Sapevo che la mia voce<br />
suonava un poco lamentosa, ma ritenevo di averne il diritto, dannazione.<br />
Eric aveva acconsentito a salvare una mia amica se gli avessi detto la<br />
verità, e quello era stato un ricatto, giusto? Sì, io lo consideravo tale.<br />
Adesso però non c’era modo di cancellare quello che gli avevo detto.<br />
– A proposito, come mai sei qui? – sospirai.<br />
– La regina tiene sotto attento controllo quello che succede ai<br />
vampiri della sua città. Ho pensato di venire a fornire supporto morale. E<br />
poi, naturalmente, se tu avessi bisogno di essere ripulita dal sangue... sarei<br />
lieto di farlo – aggiunse, esaminandomi il braccio con un bagliore nello<br />
sguardo.<br />
Quasi sorrisi, sia pure con estrema riluttanza. Non si arrendeva mai.<br />
– Eric – salutò la voce fredda di Bill, che oltrepassò la tenda per<br />
raggiungere Eric al mio capezzale.<br />
– Perché non mi sorprende vederti qui? – commentò Eric, in un tono<br />
da cui si capiva con chiarezza che era contrariato.<br />
La sua ira non era qualcosa che Bill potesse ignorare, perché Eric gli<br />
era superiore di rango e poteva guardarlo dall’alto della sua considerevole<br />
età, in quanto Bill aveva più o meno centotrentacinque anni, mentre Eric<br />
ne aveva forse più di mille (una volta glielo avevo chiesto, ma lui pareva<br />
davvero non saperlo con precisione).<br />
Eric aveva una personalità portata per il comando, mentre Bill<br />
preferiva essere indipendente. La sola cosa che avevano in comune era di<br />
aver fatto entrambi l’amore con me, e che in quel momento mi stavano<br />
scocciando tutti e due in pari misura.<br />
– Al quartier generale della regina, ho sentito sulla frequenza radio<br />
della polizia che degli agenti vampiri erano stati chiamati per sottomettere<br />
un vampiro appena creato, e ho riconosciuto l’indirizzo – affermò Bill, a<br />
titolo di spiegazione. – Naturalmente, ho scoperto dove fosse stata portata<br />
Sookie, e sono venuto più in fretta che potevo.<br />
Chiusi gli occhi.
– Eric, la stai stancando – osservò Bill, con voce ancora più fredda<br />
del solito. – Dovresti lasciarla in pace.<br />
Seguì un lungo momento di silenzio, intriso di una intensa<br />
emozione. Riaprendo gli occhi, spostai lo sguardo da un volto all’altro, e<br />
per una volta desiderai di poter leggere nella mente dei vampiri.<br />
Stando a quanto riuscivo a dedurre dalla sua espressione, Bill stava<br />
rimpiangendo le proprie parole, ma perché? Quanto a Eric, lo stava<br />
fissando con una complessa espressione in cui la determinazione si<br />
mescolava a qualcosa di meno definibile... rammarico, forse.<br />
– Capisco perfettamente perché tu voglia tenere Sookie isolata,<br />
finché si trova a New Orleans – affermò Eric. Notai che la sua r si era fatta<br />
più marcata, come gli accadeva quando era infuriato.<br />
Bill distolse lo sguardo.<br />
Nonostante il dolore pulsante che mi attanagliava il braccio,<br />
nonostante la mia generale esasperazione nei confronti di entrambi,<br />
qualcosa dentro di me si mise sul chi vive, perché il tono di Eric era<br />
inconfondibilmente carico di significato, e la mancanza di reazione da<br />
parte di Bill era strana... e preoccupante.<br />
– Cosa significa? – domandai, spostando lo sguardo dall’uno<br />
all’altro.<br />
Nel parlare, cercai di puntellarmi sui gomiti, poi decisi di<br />
appoggiarmi su uno soltanto, quando l’altro, quello del braccio ferito, mi<br />
causò una violenta fitta di dolore, e premetti il pulsante per sollevare la<br />
testata del letto. – Cosa sono tutti questi misteriosi sottintesi, Eric? Bill?<br />
– Eric non dovrebbe farti agitare in un momento già così difficile –<br />
replicò infine Bill.<br />
Anche se non era mai stata eccessivamente espressiva, adesso la sua<br />
faccia era “più chiusa di un portone sprangato”, per usare una definizione<br />
di mia nonna.<br />
Eric si limitò a incrociare le braccia sul petto, abbassando lo sguardo<br />
su di esse.<br />
– Bill? – insistetti.<br />
– Chiedigli perché è venuto a Bon Temps, Sookie – suggerì Eric, in<br />
tono molto sommesso.<br />
– Ecco, il vecchio Signor Compton era <strong>morto</strong>, e lui voleva reclamare<br />
la sua... – Mi interruppi. Non sapevo neppure come cominciare a<br />
descrivere l’espressione apparsa sul volto di Bill, la cui vista accelerò i<br />
battiti del mio cuore e mi generò un nodo di angoscia nello stomaco. –<br />
Bill? – implorai.
Eric mi volse le spalle, ma non prima che scorgessi la compassione<br />
espressa per un attimo dai suoi lineamenti. Potevo anche non essere in<br />
grado di leggere nella mente di un vampiro, ma in quel caso il linguaggio<br />
corporeo era più che sufficiente: Eric si era girato perché non voleva<br />
guardare mentre il coltello mi affondava nel cuore.<br />
– Sookie, lo avresti scoperto quando avessi visto la regina... forse<br />
sarei riuscito a tenertelo nascosto, perché so che non capirai... ma Eric ha<br />
provveduto a impedirmelo – affermò Bill, trapassando Eric con uno<br />
sguardo che avrebbe potuto aprirgli un buco nel cuore. – Quando tua<br />
cugina Hadley è diventata la favorita della regina...<br />
Improvvisamente compresi ogni cosa, seppi cosa lui stesse per dire, e<br />
mi sollevai a sedere sul letto d’ospedale con un sussulto, una mano<br />
premuta sul petto, perché mi sembrava che il cuore mi si stesse<br />
frantumando. Bill intanto continuò a parlare, anche se io stavo scuotendo<br />
con veemenza il capo.<br />
– A quanto pare, Hadley ha parlato molto di te e del tuo talento, per<br />
fare colpo sulla regina e tenere desto il suo interesse. Sua maestà sapeva<br />
che io ero originario di Bon Temps, e ci sono state notti in cui mi sono<br />
chiesto se lei non abbia mandato qualcuno a uccidere l’ultimo Compton,<br />
per accelerare le cose. O forse, lui è davvero <strong>morto</strong> di vecchiaia. – Bill<br />
stava fissando il pavimento, e non vide la mia mano sinistra, protesa verso<br />
di lui in un gesto che lo supplicava di fermarsi.<br />
– Lei mi ha ordinato di tornare alla mia casa umana, di fare in modo<br />
di incontrarti, di sedurti, se fosse stato necessario...<br />
Non potevo respirare. Per quanto mi comprimessi il petto con la<br />
mano destra, non riuscivo ad arrestare il frantumarsi del cuore, l’avanzata<br />
del coltello che mi penetrava sempre più nella carne.<br />
– Lei voleva che il tuo talento fosse imbrigliato per suo uso e<br />
consumo – continuò Bill, e aprì la bocca per aggiungere altro. Avevo lo<br />
sguardo così velato che non riuscivo a vederci bene, per cui non ero in<br />
grado di mettere a fuoco la sua espressione, e neppure mi importava. Ero<br />
però decisa a non piangere in sua presenza. Non lo avrei fatto.<br />
– Vattene – dissi con uno sforzo terribile. Qualsiasi altra cosa fosse<br />
successa, non potevo tollerare di lasciargli vedere la sofferenza che mi<br />
aveva causato.<br />
Lui cercò di guardarmi negli occhi, ma i miei erano troppo velati di<br />
lacrime, e il suo sguardo non mi poté trasmettere quello che voleva,<br />
qualsiasi cosa fosse.<br />
– Per favore, lasciami finire.
– Non voglio vederti mai più, in tutta la mia vita – sussurrai. – Mai<br />
più.<br />
Lui non parlò, anche se le sue labbra si mossero come se stesse<br />
cercando di formare una parola, o una frase. Io però scossi il capo.<br />
– Vattene – ripetei, con una voce così soffocata dall’odio e<br />
dall’angoscia da non sembrare neppure la mia. Bill si volse e oltrepassò la<br />
tenda, lasciando il cubicolo del pronto soccorso; grazie a Dio, Eric<br />
continuò a darmi le spalle, e si limitò ad allungare una mano per battermi<br />
un colpetto su una gamba, prima di andarsene a sua volta.<br />
Volevo urlare. Volevo qualcuno da uccidere a mani nude.<br />
Dovevo starmene da sola, perché non volevo che nessuno mi vedesse<br />
soffrire così tanto, di un dolore mescolato alla rabbia più profonda e<br />
intensa che avessi mai provato. Ira e sofferenza erano tanto intense da<br />
farmi stare male, e al loro confronto il morso di Jake Purifoy era diventato<br />
una cosa insignificante.<br />
Non potevo rimanere ferma. Con una certa difficoltà, riuscii a<br />
scendere dal letto, e nel farlo notai, con una parte stranamente distaccata<br />
della mia mente, che avevo ancora i piedi nudi, e che erano terribilmente<br />
sporchi.<br />
Barcollando, uscii dall’area di primo intervento, individuai la porta<br />
della sala d’attesa e mi diressi da quella parte, scoprendo che camminare<br />
era un problema.<br />
Un’infermiera frettolosa mi venne incontro, con un portablocco a<br />
molla in mano.<br />
– Signorina Stackhouse, un dottore sarà da lei entro pochi minuti. So<br />
che ha dovuto aspettare, e mi dispiace, ma...<br />
Mi girai a guardarla e lei sussultò, indietreggiando di un passo,<br />
mentre io continuavo ad avanzare verso la porta, con passo incerto ma con<br />
un intento molto chiaro: volevo uscire di lì. A parte questo, non sapevo<br />
altro. Raggiunta la porta, la spinsi, poi mi trascinai attraverso la sala<br />
d’attesa affollata di gente, fondendomi alla perfezione con quella miscela<br />
di pazienti e di accompagnatori, che attendevano di vedere un dottore.<br />
Alcuni di essi erano ancora più sporchi e insanguinati di me, alcuni erano<br />
più vecchi, e qualcuno era molto più giovane. Appoggiandomi al muro con<br />
una mano, continuai ad avanzare verso le porte esterne.<br />
E raggiunsi l’uscita.<br />
Fuori regnava una quiete molto maggiore, e faceva caldo, con appena<br />
un alito di vento. Ero a piedi nudi, senza un soldo, ferma sotto le luci<br />
intense che rischiaravano la porta del pronto soccorso, e non avevo
nessuna idea di dove mi trovassi rispetto alla casa di Amelia, nessuna idea<br />
di dove stessi andando. Almeno, non ero più in ospedale.<br />
Un senzatetto mi si parò davanti.<br />
– Hai qualche spicciolo, sorella? – domandò. – La fortuna ha piantato<br />
in asso anche me.<br />
– Ti sembra che io abbia qualcosa? – ribattei, in tono ragionevole.<br />
Lui si mostrò intimidito quanto lo era stata l’infermiera.<br />
– Scusami – disse, indietreggiando.<br />
– NON HO NIENTE! – urlai, avanzando di un passo verso di lui; poi,<br />
con voce perfettamente calma, aggiunsi: – Vedi, non ho mai avuto niente,<br />
fin dal principio.<br />
Il senzatetto farfugliò qualcosa, spaventato, ma io lo ignorai e<br />
cominciai a camminare. Al suo arrivo, l’ambulanza aveva svoltato a destra,<br />
quindi girai a sinistra. Non riuscivo a ricordare quanto fosse durato il<br />
tragitto, perché ero stata impegnata a chiacchierare con Delagardie... ero<br />
stata una persona diversa. Camminai, e camminai ancora, passando sotto le<br />
palme, sentendo in lontananza il ritmo caldo della musica, sfiorando le<br />
imposte scrostate delle case allineate lungo il marciapiede.<br />
Su una strada lungo la quale c’erano alcuni bar, un gruppo di giovani<br />
uscì da un locale proprio mentre stavo passando, e uno di essi mi afferrò<br />
per un braccio. Mi girai urlando, galvanizzata dalla paura, e con uno sforzo<br />
lo sbattei contro un muro; lui rimase fermo là, stordito, massaggiandosi la<br />
testa, e i suoi amici lo trascinarono via.<br />
– Lasciala perdere, è pazza – mormorò uno di essi, mentre si<br />
avviavano nella direzione opposta alla mia.<br />
Dopo qualche tempo, mi ripresi quanto bastava per interrogarmi su<br />
quello che stavo facendo. Le risposte che ottenni furono però vaghe, finché<br />
non inciampai nella pavimentazione sconnessa e non caddi, escoriandomi<br />
un ginocchio abbastanza da farlo sanguinare. Quella nuova fonte di dolore<br />
servì a schiarirmi un po’ di più la mente.<br />
– Lo stai facendo perché si dispiacciano di averti fatta soffrire? – mi<br />
chiesi, ad alta voce. – Oh, mio Dio, povera Sookie! Se n’è andata<br />
dall’ospedale, impazzita di dolore, e si è aggirata da sola per le pericolose<br />
strade di New Orleans perché Bill l’ha sconvolta!<br />
Non volevo che il nome di Bill mi affiorasse mai più sulle labbra.<br />
Quando fui un po’ più lucida... appena un poco... l’intensità della mia<br />
reazione cominciò a sorprendermi. Se avessi scoperto ciò che avevo<br />
appreso quella sera quando stavamo ancora insieme, lo avrei ucciso, ne ero<br />
consapevole, con una chiarezza cristallina. E il motivo per cui mi ero
dovuta allontanare dall’ospedale mi era altrettanto chiaro: in quel<br />
momento, non avrei potuto sopportare di avere a che fare con chiunque.<br />
Ero stata aggredita alla sprovvista dalla scoperta più dolorosa che<br />
potesse esserci: il primo uomo che avesse mai detto di amarmi, non mi<br />
aveva amata affatto.<br />
La sua passione era stata artificiale.<br />
Il suo corteggiamento era stato coreografato.<br />
Dovevo essergli apparsa una preda così facile, così credulona, così<br />
pronta a darsi al primo uomo che avesse dedicato un minimo sforzo al<br />
tentativo di conquistarmi. Conquistarmi! Una parola che, in se stessa,<br />
aumentava la mia sofferenza, perché lui non mi aveva mai vista come una<br />
cosa preziosa, da conquistare.<br />
Finché quella falsa facciata non era stata abbattuta, in un istante, non<br />
mi ero resa conto di quanta parte della mia vita, nel corso dell’ultimo anno,<br />
si fosse basata sul falso presupposto della stima e dell’amore di Bill.<br />
– Gli ho salvato la vita – mi dissi, incredula. – Sono andata a Jackson<br />
e ho rischiato la vita per salvare la sua, perché lui mi amava. – Una parte<br />
del mio cervello sapeva che questo non era del tutto esatto: io lo avevo<br />
fatto perché lo amavo. Contemporaneamente, rimasi stupefatta nel<br />
rendermi conto che l’attrazione esercitata dalla sua creatrice era stata per<br />
Bill ancora più potente degli ordini della sua regina. In quel momento non<br />
ero però nella condizione di cercare il pelo nell’uovo, a livello emotivo.<br />
Quando pensai a Lorena, infatti, un’altra realizzazione mi investì come un<br />
pugno nello stomaco. – Ho ucciso qualcuno per lui – mormorai, le mie<br />
parole che fluttuavano sommesse nel buio della notte. – Oh, mio Dio, ho<br />
ucciso qualcuno per lui.<br />
Ero coperta di graffi, lividi, sangue e sporcizia quando infine, nel<br />
sollevare lo sguardo, vidi un cartello che diceva CHLOE STREET.<br />
Lentamente, misi a fuoco il fatto che quella era la strada in cui si trovava<br />
l’appartamento di Hadley, quindi svoltai a destra e ripresi a camminare.<br />
La casa era tutta buia, segno che forse Amelia era ancora in ospedale.<br />
Non avevo idea di che ora fosse, o di quanto a lungo avessi camminato.<br />
L’appartamento di Hadley era chiuso a chiave. Scesa al piano di<br />
sotto, presi uno dei vasi di fiori che Amelia aveva disposto intorno alla sua<br />
porta, lo trasportai di sopra e lo usai per infrangere uno dei pannelli di<br />
vetro del battente. Non suonarono allarmi; del resto, ero certa che la<br />
polizia non avesse saputo che codice inserire per attivare l’allarme, quando<br />
se ne era andata dopo aver concluso i suoi rilevamenti.<br />
Attraversai l’appartamento, che era ancora sottosopra per la nostra
lotta con Jake Purifoy: avevo altre pulizie che mi aspettavano l’indomani<br />
mattina... o comunque quando la mia vita fosse ricominciata. Entrata in<br />
bagno, mi tolsi gli abiti che indossavo, e indugiai per un momento a<br />
osservarli, valutandone le condizioni, prima di passare nel corridoio, aprire<br />
la portafinestra più vicina e buttarli giù dalla veranda. Avrei voluto che<br />
tutti i problemi fossero altrettanto facili da risolvere. A quel punto, però, la<br />
mia vera personalità stava cominciando a risvegliarsi quanto bastava per<br />
farmi sentire colpevole all’idea di lasciare in giro del disordine che<br />
qualcun altro avrebbe dovuto mettere a posto, il che non era il modo di<br />
fare degli Stackhouse. Quel filo di razionalità affiorante fu abbastanza<br />
forte da spingermi a scendere le scale per recuperare gli indumenti sporchi.<br />
Dopo aver incastrato una sedia sotto la porta che avevo rotto e aver<br />
inserito l’allarme, usando i numeri che Amelia mi aveva dato, mi infilai<br />
sotto la doccia: l’acqua mi fece bruciare l’assortimento di tagli e di graffi,<br />
e il morso profondo che avevo al braccio riprese a sanguinare. Essendo<br />
una vampira, mia cugina non aveva naturalmente tenuto in casa un kit di<br />
pronto soccorso, ma alla fine riuscii a trovare alcuni tamponi di cotone<br />
circolari, che lei aveva probabilmente usato per rimuovere il trucco, e<br />
frugando nei sacchi di vestiario scartato recuperai una ridicola sciarpa con<br />
una stampa leopardata. Goffamente, applicai i tamponi sul morso e li<br />
fasciai con la sciarpa, legandola più stretta possibile.<br />
Quanto meno, adesso le orribili lenzuola costituivano l’ultima delle<br />
mie preoccupazioni. Infilata a fatica una camicia da notte, mi adagiai sul<br />
letto, pregando di trovare l’oblio.
Capitolo sedicesimo<br />
Mi svegliai senza sentirmi riposata, e con la sgradevole sensazione<br />
che avrei presto ricordato cose spiacevoli.<br />
Sensazione quanto mai accurata.<br />
Le cose spiacevoli avrebbero però dovuto aspettare il loro turno,<br />
perché la mia giornata stava cominciando con una sorpresa: Claudine era<br />
sdraiata sul letto accanto a me, puntellata su un gomito e intenta a<br />
contemplarmi con espressione compassionevole, e Amelia si trovava<br />
all’altra estremità del letto, intenta a leggere seduta su una poltrona, con la<br />
gamba fasciata appoggiata su uno sgabello imbottito.<br />
– Come mai sei qui? – chiesi a Claudine. Dopo aver visto Eric e Bill<br />
la notte prima, cominciavo a chiedermi se tutti quelli che conoscevo mi<br />
stessero seguendo. Magari Sam sarebbe entrato nella stanza da un<br />
momento all’altro.<br />
– Ti ho detto che sono la tua fata madrina – replicò Claudine, che di<br />
solito era la fata più allegra che conoscessi. Adorabile come donna quanto<br />
il suo gemello Claude lo era come uomo, Claudine era forse ancora più<br />
affascinante di lui, perché la sua personalità gentile le traspariva dallo<br />
sguardo. Come Claude, anche lei aveva occhi e capelli scuri, e una<br />
carnagione molto chiara; quel giorno indossava aderenti pantaloni al<br />
polpaccio azzurro chiaro, insieme a una tunica coordinata, azzurra e nera, e<br />
appariva adorabilmente eterea, almeno quanto è possibile esserlo con<br />
indosso dei pantaloni al polpaccio.<br />
– Potrai spiegarmelo subito dopo che sarò andata in bagno –<br />
aggiunsi, ricordando l’acqua che avevo trangugiato la notte precedente,<br />
non appena ero arrivata a tiro del lavandino, assetata a causa dei miei<br />
vagabondaggi. Claudine scese con grazia dal letto, e io la imitai più<br />
goffamente.<br />
– Attenta – consigliò Amelia, quando cercai di alzarmi in piedi<br />
troppo in fretta.<br />
– Come va la gamba? – domandai, una volta che il mondo si fu<br />
raddrizzato. Per precauzione, Claudine mi stava sorreggendo saldamente<br />
per un braccio; vederla mi aveva fatto piacere, ed ero sorprendentemente<br />
contenta di vedere anche Amelia, perfino zoppicante com’era.<br />
– Molto indolenzita – rispose, – ma al contrario di te, io sono rimasta<br />
in ospedale per farmi curare adeguatamente la ferita. – Nel parlare, chiuse
il libro e lo posò sul tavolino adiacente la sedia. Il suo aspetto era un po’<br />
migliore di quello che dovevo avere io, ma di certo non era la strega<br />
allegra e raggiante che era stata il giorno prima.<br />
– Abbiamo avuto un’esperienza istruttiva, vero? – commentai, poi il<br />
respiro mi si bloccò in gola quando ricordai esattamente quante cose avevo<br />
appreso.<br />
Claudine mi aiutò a raggiungere il bagno, ma mi lasciò sola quando<br />
le garantii che ero in grado di cavarmela; dopo aver fatto tutto quello che<br />
dovevo, scoprii che mi sentivo meglio, quasi umana. Intanto, Claudine<br />
aveva tirato fuori alcuni vestiti dalla mia sacca, e sul comodino c’era una<br />
tazza da cui saliva una voluta di vapore. Con cautela, mi sedetti a ridosso<br />
della testiera, con le gambe incrociate, e mi accostai la tazza alla faccia per<br />
poter inspirare il profumo del suo contenuto.<br />
– Spiegami la faccenda della fata madrina – dissi, perché per il<br />
momento non me la sentivo di parlare di niente di più urgente.<br />
– Le fate sono gli esseri soprannaturali basilari – replicò Claudine. –<br />
Da noi derivano gli elfi, i folletti benigni, gli angeli e i demoni. Anche gli<br />
spiriti acquatici, gli omini verdi, e gli altri spiriti naturali... sono tutti una<br />
forma di fata.<br />
– E tu cosa sei? – interloquì Amelia. Non aveva pensato che forse se<br />
ne sarebbe dovuta andare, e la sua presenza pareva andare bene anche a<br />
Claudine.<br />
– Sto cercando di diventare un angelo – rispose, piano,<br />
un’espressione luminosa nei grandi occhi castani. – Dopo essere stata per<br />
anni... ecco, credo che tu possa definirmi una buona cittadina... finalmente<br />
mi è stata assegnata una persona da proteggere. La qui presente Sookie. E<br />
lei mi ha tenuta davvero molto occupata – aggiunse, mostrandosi felice e<br />
orgogliosa.<br />
– Non dovresti prevenire le sofferenze da parte mia? – domandai. Se<br />
era così, Claudine stava facendo davvero un ben misero lavoro.<br />
– No, e vorrei poterlo fare – ribatté, con un’espressione avvilita sul<br />
viso ovale. – Però posso aiutarti a riprenderti dai disastri, e a volte riesco a<br />
prevenirli.<br />
– Intendi dire che le cose sarebbero peggiori, senza te nei dintorni?<br />
Lei annuì energicamente.<br />
– Accetterò la tua parola al riguardo – dichiarai. – Come mai si è<br />
ritenuto che avessi bisogno di una fata madrina?<br />
– Non mi è concesso dirlo – si schermì Claudine.<br />
– Qui non stiamo apprendendo molto – intervenne Amelia, levando
gli occhi al cielo. – E in considerazione dei problemi che abbiamo avuto la<br />
scorsa notte, forse tu non sei la più competente fra le fate madrine... eh?<br />
– Certo, Signorina Ho-Sigillato-l’Appartamento-Perché-Tutto-<br />
Rimanesse-Fresco! – reagii, sentendomi irragionevolmente indignata per<br />
quell’offesa alla competenza della mia madrina.<br />
Amelia armeggiò per alzarsi dalla sedia, rossa in volto per l’ira.<br />
– Ebbene, io lo avevo sigillato! Lui si sarebbe ridestato comunque,<br />
non importa quando! Io ho solo ritardato la cosa!<br />
– Sarebbe stato d’aiuto sapere che lui era là dentro!<br />
– E sarebbe stato utile che tua cugina non lo avesse ucciso, tanto per<br />
cominciare!<br />
Entrambe bloccammo a metà la nostra diatriba.<br />
– Claudine? – domandai. – Sei certa che sia successo proprio questo?<br />
– Non lo so – ammise lei, in tono placido. – Non sono onnipotente e<br />
onnisciente. Quando posso, cerco di intervenire. Ricordi quando ti sei<br />
addormentata al volante e sono arrivata in tempo per salvarti?<br />
E per poco non mi aveva procurato un attacco cardiaco,<br />
materializzandosi in un attimo sul sedile accanto al mio.<br />
– Sì, lo ricordo – annuii, cercando di mostrarmi grata e umile.<br />
– È davvero molto, molto difficile arrivare da qualche parte così in<br />
fretta – continuò, – e posso farlo soltanto se c’è una vera emergenza.<br />
Voglio dire, un’emergenza di vita o di morte. Per fortuna, ho avuto un po’<br />
più di tempo, quando la tua casa ha preso fuoco...<br />
Claudine non aveva intenzione di spiegarci le regole del gioco, e<br />
tanto meno la natura di chi le aveva create. A quanto pareva, mi sarei<br />
dovuta arrangiare, basandomi sulla fede che mi aveva aiutata per tutta la<br />
vita. A pensarci bene, se ero in errore, non volevo saperlo.<br />
– Interessante – commentò Amelia. – Però abbiamo alcune altre cose<br />
di cui parlare.<br />
Forse, si stava mostrando così permalosa perché lei non aveva una<br />
sua fata madrina.<br />
– Da cosa vorresti cominciare? – domandai.<br />
– Perché hai lasciato l’ospedale, la scorsa notte? – domandò, il volto<br />
pieno di risentimento. – Avresti dovuto avvertirmi. Al rientro, mi sono<br />
trascinata su per queste scale per cercarti, ma tu eri dentro e avevi barricato<br />
la porta. Di conseguenza, sono dovuta tornare giù per quella dannata scala,<br />
prendere le mie chiavi ed entrare da una porta finestra, correndo... con<br />
questa gamba... fino all’allarme per disattivarlo. E tutto per poi trovare<br />
seduta sul tuo letto questa signora, che avrebbe potuto farmi entrare senza
tanta fatica.<br />
– Non potevi aprire le finestre con la magia? – domandai.<br />
– Ero troppo stanca – dichiarò Amelia, dignitosa. – Dovevo ricaricare<br />
le mie batterie mentali, per così dire.<br />
– Per così dire – ripetei, in tono asciutto. – Ebbene, la scorsa notte,<br />
ho scoperto che... – Mi bloccai. Semplicemente, non ero in grado di<br />
parlarne.<br />
– Che cosa hai scoperto? – incalzò Amelia. Era esasperata, e non<br />
potevo certo biasimarla per questo.<br />
– Che Bill, il suo primo amore, era stato mandato a Bon Temps per<br />
sedurla e conquistarsi la sua fiducia – spiegò Claudine. – La scorsa notte,<br />
lui glielo ha confessato, e lo ha fatto davanti all’unico altro suo amante,<br />
anche lui un vampiro.<br />
Come riassunto, era perfetto.<br />
– Ecco... una vera fregatura – mormorò Amelia, con un filo di voce.<br />
– Già – ribattei.<br />
– Ouch.<br />
– Sì.<br />
– Non posso ucciderlo per te – affermò Claudine. – Mi<br />
costringerebbe a muovere troppi passi indietro.<br />
– Non importa – la rassicurai. – Non vale la pena che tu perda i tuoi<br />
punti-folletto per lui.<br />
– Oh, io non sono un folletto – spiegò con gentilezza Claudine. –<br />
Credevo lo avessi capito. Io sono una fata purosangue.<br />
– Non ci provare, strega – ingiunsi ad Amelia, che si stava sforzando<br />
di non ridere.<br />
– Sì, telepate.<br />
– Adesso che si fa? – domandai, in generale, perché non volevo più<br />
parlare del mio cuore infranto e della mia autostima a brandelli.<br />
– Cerchiamo di capire cosa è successo – dichiarò la strega.<br />
– E come? Chiamiamo quelli di CSI?<br />
Claudine si mostrò confusa, cosa da cui dedussi che probabilmente le<br />
fate non guardavano la televisione.<br />
– No – rispose Amelia, con elaborata pazienza. – Effettuiamo una<br />
ricostruzione ectoplasmatica.<br />
Adesso ero certa che la mia espressione confusa fosse identica a<br />
quella di Claudine.<br />
– D’accordo, lasciate che vi spieghi – continuò Amelia, ora<br />
sorridente. – Ecco cosa dobbiamo fare.
Al settimo cielo alla prospettiva di poter sfoggiare i suoi meravigliosi<br />
poteri di strega, si dilungò quindi nel fornire a me e a Claudine chiarimenti<br />
sulla procedura da seguire. Era una cosa che richiedeva tempo e<br />
consumava molte energie, il che spiegava perché non venisse fatta più<br />
spesso; inoltre, era necessario radunare più streghe... quattro, secondo i<br />
suoi calcoli... per coprire la quantità di metri quadrati su cui si era<br />
articolato l’omicidio di Jake.<br />
– E mi serviranno streghe vere – concluse. – Operatori qualificati e<br />
non una praticona Wicca. – A quel punto, dissertò a lungo sulle Wicca, che<br />
disprezzava perché considerava un mucchio di imitatori dilettanti adoratori<br />
degli alberi... una definizione che emergeva con chiarezza dai suoi<br />
pensieri. Quel suo pregiudizio mi dispiacque, perché avevo avuto modo di<br />
conoscere alcune Wicca davvero notevoli.<br />
– Non sono certa che dovremmo essere presenti alla cosa – obiettò<br />
infine Claudine, guardandomi con espressione dubbiosa.<br />
– Tu puoi andare, Claudine – ribattei, perché ero pronta a<br />
sperimentare qualsiasi cosa, pur di distogliere la mente dal grosso buco che<br />
avevo nel cuore. – Io intendo assistere. Devo sapere che cosa è successo<br />
qui. Attualmente, nella mia vita ci sono troppi misteri.<br />
– Stanotte però devi andare dalla regina, dato che non lo hai fatto ieri<br />
– mi ricordò lei. – Fare visita alla regina è un’occasione che richiede un<br />
vestiario adeguato, quindi ti dovrò accompagnare a fare spese... non credo<br />
tu voglia indossare qualche abito di tua cugina.<br />
– Non riuscirei comunque a entrarci – osservai.<br />
– E non vuoi neppure provarci – ribatté lei, in tono altrettanto aspro.<br />
– Adesso vedi di darci un taglio, Sookie Stackhouse.<br />
Sollevai lo sguardo su di lei, permettendole di vedere il dolore che mi<br />
opprimeva.<br />
– Sì, lo capisco – affermò, battendomi un colpetto gentile su una<br />
guancia. – So che fa molto male, ma devi passarci sopra e dimenticare. È<br />
soltanto un uomo.<br />
Ma era stato il mio primo uomo.<br />
– Mia nonna gli ha servito la limonata – dissi, assurdamente, e in<br />
qualche modo questo mi fece scoppiare di nuovo in lacrime.<br />
– Ehi, mandalo a farsi fottere, okay? – consigliò Amelia.<br />
Fissai quella giovane strega, pensando che era graziosa, coriacea e<br />
completamente matta. Un tipo a posto.<br />
– Sì, certo – annuii. – Quando vuoi fare quella cosa ecto quel che è?<br />
– Devo prima fare alcune telefonate, vedere chi riesco a mettere
insieme – rispose. – Naturalmente, la notte è sempre il momento migliore<br />
per la magia. Quando andrai a rendere omaggio alla regina?<br />
– Appena farà buio – risposi, dopo averci pensato per un momento. –<br />
Diciamo verso le sette.<br />
– La cosa dovrebbe richiedere più o meno due ore – rifletté Amelia,<br />
mentre Claudine annuiva. – D’accordo, chiederò agli altri di essere qui alle<br />
dieci, per avere un po’ di spazio di manovra. Sai, sarebbe splendido se la<br />
regina fosse disposta a pagare lei la cosa.<br />
– Quanto vuoi chiedere?<br />
– Io lo farò gratuitamente, per poter vivere quell’esperienza e poter<br />
dire di averlo fatto – spiegò in tutta franchezza Amelia, – ma gli altri<br />
vorranno un po’ di verdoni. Diciamo trecento a testa, più il costo dei<br />
materiali.<br />
– E ti serviranno altre tre streghe?<br />
– Mi piacerebbe metterne insieme altre tre, anche se non so se<br />
riuscirò a trovare quelle che mi servono, con un così breve preavviso...<br />
bene, farò del mio meglio. Anche due soltanto potrebbero bastare. E i<br />
materiali necessari dovrebbero richiedere... – Effettuò un rapido calcolo<br />
mentale, poi concluse: – Diciamo più o meno una sessantina di dollari.<br />
– E io cosa dovrò fare? Voglio dire, qual è la mia parte?<br />
– Osservare. Mi occuperò io del sollevamento pesi.<br />
– Chiederò alla regina – dissi, poi trassi un profondo respiro, e<br />
aggiunsi: – Se non sarà lei a pagare, lo farò io.<br />
– Bene, allora è tutto deciso – dichiarò Amelia, e uscì allegramente<br />
dalla camera da letto con passo zoppicante, contando sulle dita. Un<br />
momento più tardi la sentii scendere le scale.<br />
– Dovrò curarti il braccio – disse Claudine, – poi andremo a cercare<br />
qualcosa che tu possa indossare.<br />
– Non voglio spendere soldi per una visita di cortesia alla regina dei<br />
vampiri – protestai. Soprattutto, non mi andava di farlo alla luce del fatto<br />
che avrei potuto dover pagare io le streghe.<br />
– Non devi farlo, è un mio regalo.<br />
– Puoi anche essere la mia fata madrina, ma non devi spendere<br />
denaro per me... – cominciai, poi fui assalita da una rivelazione<br />
improvvisa, ed esclamai: – Sei stata tu a pagare il mio conto d’ospedale, a<br />
Clarice!<br />
– Sì – ammise Claudine, scrollando le spalle. – Il denaro veniva dal<br />
club di striptease, non dal mio lavoro normale.<br />
Claudine era comproprietaria del locale di spogliarello di Ruston,
della cui gestione era però Claude a occuparsi totalmente, mentre Claudine<br />
lavorava al servizio clienti di un grande magazzino. La gente dimenticava<br />
le proprie lamentele, quando si trovava davanti al suo sorriso.<br />
In verità, spendere il denaro del club di striptease non mi seccava<br />
quanto mi sarebbe dispiaciuto intaccare i risparmi personali di Claudine.<br />
Non era logico, ma era vero.<br />
Claudine aveva parcheggiato la macchina sul vialetto circolare del<br />
cortile: quando scesi, la trovai ad attendermi seduta al volante. Con<br />
l’ausilio del kit di pronto soccorso che teneva in auto, lei mi aveva già<br />
fasciato il braccio, e mi aveva aiutata a vestirmi; per quanto dolorante, il<br />
braccio non pareva essersi infettato, ma mi sentivo debole, come se avessi<br />
avuto l’influenza, o qualche altra malattia che provocasse la febbre alta e<br />
la perdita di una grande quantità di fluidi, per cui mi muovevo con<br />
lentezza.<br />
Il mio abbigliamento consisteva in jeans, sandali e una T-shirt,<br />
perché quello era tutto ciò che avevo.<br />
– <strong>Decisamente</strong>, non puoi andare dalla regina vestita in questo modo –<br />
sentenziò Claudine, in tono deciso.<br />
Sia che avesse una notevole familiarità con New Orleans o che fosse<br />
fortunata nello shopping, si recò direttamente in un negozio del Garden<br />
District. Quello era proprio il genere di negozio che io avrei ignorato, se<br />
fossi stata in giro a fare acquisti da sola, ritenendolo adeguato a donne<br />
molto più sofisticate e abbienti di me.<br />
Claudine invece si fermò nel suo parcheggio, e quarantacinque<br />
minuti dopo avevamo il vestito che mi serviva, un abito di chiffon a<br />
maniche corte e contenente una quantità di colori: turchese, rame, bronzo e<br />
avorio. I sandali da abbinare erano marrone.<br />
Adesso, tutto quello che mi mancava era l’iscrizione al country club.<br />
– Lascia sciolti i capelli – consigliò Claudine, che si era appropriata<br />
del talloncino del prezzo. – Non ti serve un’acconciatura elaborata, con<br />
quell’abito.<br />
– Sì, fa già molta figura da solo – convenni. – Chi è Diana von<br />
Fustenberg? Non è un po’ troppo costoso? E un po’ troppo scollato, per la<br />
stagione?<br />
– Potresti avere un po’ di freddo indossandolo in marzo – ammise<br />
Claudine, – ma ti tornerà comodo da portare ogni estate, per anni. Ti sta<br />
benissimo, e la regina saprà che hai avuto la cura di indossare qualcosa di<br />
speciale per andare a incontrarla.<br />
– Non puoi venire con me? – chiesi. – No, certo che no – aggiunsi
subito. I vampiri erano attirati dalle fate come i colibrì dall’acqua<br />
zuccherata.<br />
– Potrei non sopravvivere – rispose, riuscendo ad apparire<br />
imbarazzata all’idea che quella prospettiva la trattenesse dall’essermi<br />
accanto.<br />
– Non ti preoccupare. Dopo tutto, il peggio è già successo, giusto? –<br />
ribattei, allargando le mani. – Erano soliti minacciarmi, sai? Dicevano che<br />
se non avessi fatto questo o quello, se la sarebbero presa con Bill. Ehi, sai<br />
una cosa? Non mi importa più.<br />
– Rifletti, prima di parlare – consigliò Claudine. – Non conviene<br />
parlare senza riflettere, con la regina. Neppure un goblin lo farebbe.<br />
– Prometto di stare attenta – garantii. – Apprezzo davvero che tu sia<br />
venuta fin qui, Claudine.<br />
Lei mi abbracciò con calore; era tanto alta ed esile che fu un po’<br />
come abbracciare un morbido albero.<br />
– Vorrei che tu non avessi avuto bisogno che lo facessi – rispose.
Capitolo diciassettesimo<br />
La regina possedeva un intero isolato di edifici nel centro di New<br />
Orleans, a circa tre isolati dal Quartiere Francese, il che di per sé rivelava<br />
quanto denaro riuscisse a incamerare. Cenammo di buon’ora... mi ero resa<br />
conto di essere davvero affamata... poi Claudine mi lasciò a due isolati di<br />
distanza, perché il traffico e l’affollamento di turisti congestionavano le<br />
vicinanze del quartier generale della regina. Anche se il pubblico di solito<br />
non sapeva che Sophie-Anne LeClerq era una regina, tutti sapevano che<br />
era una vampira molto ricca, che possedeva una notevole quantità di<br />
immobili e investiva elevate cifre di denaro nella comunità. Inoltre, le sue<br />
guardie del corpo erano alquanto pittoresche, e avevano ottenuto uno<br />
speciale permesso per poter circolare armate in città. Tutto questo<br />
significava che il complesso del suo ufficio/abitazione figurava sulla lista<br />
delle cose che i turisti dovevano vedere, soprattutto di notte.<br />
Anche se di giorno l’area in cui sorgeva l’edificio era aperta al<br />
traffico, di notte le strade circostanti potevano essere raggiunte soltanto a<br />
piedi; i bus parcheggiavano a un isolato di distanza, e le guide turistiche<br />
conducevano i gruppi di visitatori lungo il perimetro dell’edificio<br />
modificato; molti giri turistici, nonché decine di gruppetti di turisti fai-date<br />
includevano quello che le guide definivano il “quartier generale dei<br />
vampiri” nel loro itinerario.<br />
Le misure di sicurezza erano fin troppo evidenti, perché quell’isolato<br />
sarebbe stato un eccellente bersaglio per i dinamitardi della Confraternita<br />
del Sole; in altre città, attività possedute da vampiri erano già state<br />
attaccate, e la regina non aveva nessuna intenzione di perdere in quel<br />
modo la sua vita-dopo-la-morte.<br />
Il servizio di guardia era svolto da vampiri, che avevano un’aria<br />
davvero spaventosa, dando l’impressione che la regina possedesse una sua<br />
squadra SWAT. Sebbene i vampiri fossero già di per sé letali, la regina<br />
aveva scoperto che gli umani prestavano più attenzione se riuscivano a<br />
riconoscere la sagoma che avevano di fronte per ciò che era, motivo per<br />
cui le guardie non solo erano armate in modo pesante, ma erano anche<br />
dotate di un giubbotto antiproiettile, indossato sopra un’uniforme<br />
anch’essa nera. Una tenuta da killer davvero elegante.<br />
Durante la cena, Claudine mi aveva ragguagliata su tutto questo, e<br />
adesso mi sentivo ben informata; inoltre, con indosso quel vestito nuovo,
mi sentivo come se stessi andando a un garden party dato dalla Regina<br />
d’Inghilterra. Se non altro, non ero costretta a portare un cappello, ma i<br />
sandaletti marrone a tacco alto erano una calzatura pericolosa da usare su<br />
quella pavimentazione sconnessa.<br />
– Ammirate il quartier generale della più famosa vampira di New<br />
Orleans, Sophie-Anne LeClerq – stava annunciando a un gruppo di turisti<br />
una guida che sfoggiava una sorta di tenuta dell’era coloniale, con cappello<br />
a tricorno, calzoni al ginocchio, calze e scarpe con la fibbia. Mi soffermai<br />
ad ascoltare, e lo sguardo dell’uomo si posò su di me, facendosi più<br />
interessato nel notare il mio abbigliamento. – Se decidete di fare visita a<br />
Sophie-Anne, non potete vestirvi sportivamente – continuò, accennando<br />
nella mia direzione. – Questa giovane signora porta un vestito adatto a un<br />
colloquio con la... con una delle più note vampire americane. – E sorrise al<br />
suo gruppo, invitandolo ad apprezzare il suo riferimento.<br />
In realtà, c’erano almeno altri cinquanta vampiri altrettanto<br />
importanti.<br />
Forse, essi non erano portati alla vita pubblica e non erano pittoreschi<br />
quanto Sophie-Anne LeClerq, ma quella era una cosa che il pubblico<br />
ignorava.<br />
Invece di essere circondato da un’appropriata aria esotica quanto<br />
letale, il “castello” della regina somigliava maggiormente a una macabra<br />
Disneyland, grazie ai venditori di souvenir, alle guide turistiche e ai<br />
curiosi. C’era perfino un fotografo.<br />
Quando mi avvicinai al primo cordone di guardie, un uomo mi si<br />
parò davanti all’improvviso e mi scattò una fotografia. Paralizzata dal<br />
bagliore del flash, rimasi ferma a guardare verso di lui... o almeno nella<br />
direzione in cui ritenevo si trovasse... finché la vista non tornò alla<br />
normalità.<br />
Quando fui in grado di vederlo con chiarezza, scoprii che era un<br />
ometto sporco, munito di una macchina fotografica e di un’espressione<br />
decisa; senza offrirsi di vendermi la fotografia, o dirmi dove potevo<br />
acquistarla, e senza neppure fornirmi qualche spiegazione, l’ometto tornò<br />
immediatamente a quella che supposi essere la sua postazione abituale, su<br />
un angolo dalla parte opposta della strada.<br />
L’incidente mi lasciò addosso una brutta sensazione, e quando infine<br />
parlai con una delle guardie, i miei sospetti trovarono conferma.<br />
– È una spia della Confraternita – affermò infatti il vampiro,<br />
accennando in direzione dell’ometto. Nel frattempo, aveva localizzato il<br />
mio nome su una lista fissata su un portablocco. Di costituzione robusta,
con la pelle bruna e un naso curvo quanto un arcobaleno, quel vampiro<br />
doveva essere nato in Medio Oriente, molto tempo prima; la targhetta<br />
fissata con il velcro sul suo elmetto recava il nome RASUL.<br />
– Ci è proibito ucciderlo – proseguì, come se mi stesse spiegando<br />
un’usanza folcloristica piuttosto imbarazzante. E sorrise, il che fu<br />
un’esperienza di per sé un po’ sconcertante: dal momento che l’elmetto gli<br />
scendeva sulla fronte e che la cinghia gli circondava il mento, io potevo<br />
vedere soltanto una piccola porzione della sua faccia, che pareva<br />
prevalentemente costituita da denti candidi quanto aguzzi. – Quel tizio<br />
della Confraternita fotografa tutti quelli che entrano ed escono di qui, e<br />
pare non ci sia nulla che noi possiamo fare al riguardo, dato che vogliamo<br />
mantenere buoni rapporti con gli umani.<br />
Poiché figuravo sulla lista dei visitatori, Rasul aveva supposto<br />
correttamente che fossi un’alleata dei vampiri, e mi stava trattando con un<br />
cameratismo che trovai rilassante.<br />
– Sarebbe però splendido se succedesse qualcosa alla sua macchina<br />
fotografica – suggerii. – Sai, la Confraternita mi sta già dando la caccia.<br />
Anche se mi sentivo colpevole a chiedere a un vampiro di causare un<br />
incidente a un altro essere umano, ci tenevo abbastanza alla mia vita da<br />
volerla salvare.<br />
Gli occhi del vampiro brillarono mentre passavamo sotto un<br />
lampione, riflettendone la luce che per un momento li fece apparire rossi,<br />
come accade a volte agli occhi umani quando un fotografo usa il flash.<br />
– Stranamente, le sue macchine hanno già avuto alcuni incidenti –<br />
replicò Rasul. – Due di esse sono state fracassate in modo irreparabile,<br />
quindi... che importanza può avere un incidente in più o in meno? Non ti<br />
garantisco nulla, adorabile signora, ma faremo del nostro meglio.<br />
– Grazie davvero – risposi. – Apprezzerò qualsiasi cosa possiate fare.<br />
Più tardi, parlerò con una strega, che forse potrebbe risolvervi questo<br />
piccolo problema, magari facendo in modo che tutte le immagini risultino<br />
sovraesposte, o qualcosa del genere. Dovreste provare a telefonarle.<br />
– È un’idea eccellente. Quella è Melanie – annunciò la guardia,<br />
mentre arrivavamo alla porta principale. – Ora ti affiderò a lei e tornerò al<br />
mio posto. Ci possiamo rivedere quando uscirai, in modo da darmi il nome<br />
e l’indirizzo della strega?<br />
– Certo – assentii.<br />
– Nessuno ti ha mai detto che hai un odore incantevolmente simile a<br />
quello di una fata? – aggiunse Rasul.<br />
– Oh, è perché sono stata in compagnia della mia fata madrina –
spiegai. – Mi ha portata a fare shopping.<br />
– E il risultato è stato splendido – dichiarò, con galanteria.<br />
– Sei un adulatore – ribattei, senza però riuscire a trattenermi dal<br />
rispondere al suo sorriso. La notte precedente, il mio ego aveva ricevuto un<br />
duro colpo in pieno petto (ma non ci stavo pensando), e una piccola cosa,<br />
come l’ammirazione di quella guardia, era esattamente ciò di cui avevo<br />
bisogno, anche se in realtà era stato l’odore di Claudine a scatenarla.<br />
Melanie era una donna dall’aspetto delicato, anche nella sua divisa<br />
da SWAT.<br />
– Yum... odori di fata – osservò, nel consultare il proprio portablocco.<br />
– Tu sei quella Stackhouse? La regina ti aspettava la scorsa notte.<br />
– Sono stata ferita – spiegai, mostrando il braccio fasciato; grazie a<br />
una massiccia quantità di antidolorifico, il dolore era ridotto a un sordo<br />
pulsare.<br />
– Sì, l’ho sentito dire. Quello nuovo se la sta spassando alla grande,<br />
stanotte. Ha ricevuto istruzioni, ha un mentore e ha trovato un donatore<br />
volontario. Quando avrà la mente un po’ più lucida, forse ci potrà dire<br />
com’è successo che è stato trasformato.<br />
– Significa che potrebbe non ricordarlo? – domandai, con voce<br />
flebile, nel rendermi conto che la vampira stava parlando di Jake Purifoy.<br />
– Se si è trattato di un attacco a sorpresa, a volte capita che ci<br />
mettano del tempo a ricordare – spiegò Melanie, con una scrollata di<br />
spalle. – Ma il ricordo riaffiora sempre, prima o poi. E nel frattempo lui<br />
otterrà un pasto gratis. Sai, quegli stupidi umani si mettono in nota per<br />
godere di quel privilegio – aggiunse, ridendo della mia espressione<br />
interrogativa. – Non è divertente, una volta superata l’eccitazione del<br />
nutrirsi, di per se stesso. L’eccitazione era sempre stata quella della caccia<br />
– concluse. Chiaramente, Melanie non apprezzava la nuova politica<br />
vampiresca di nutrirsi soltanto da umani consenzienti, oppure con sangue<br />
sintetico. Era evidente che sentiva la mancanza della sua alimentazione di<br />
un tempo.<br />
Per pura cortesia, cercai di mostrarmi interessata.<br />
– Semplicemente, non è la stessa cosa quando è la preda a fare la<br />
prima mossa – borbottò la vampira, scuotendo il capo con un accenno di<br />
esasperazione. Dal momento che era tanto minuta, l’elmetto quasi le<br />
oscillò sulla testa, cosa che mi strappò un sorriso.<br />
– Quindi, lui si sveglia e voi fate entrare un volontario? Un po’ come<br />
mettere un topo vivo nella teca di un serpente? – domandai, sforzandomi<br />
di rimanere seria, perché non volevo dare a Melanie l’impressione di
prendermi gioco di lei.<br />
– Più o meno – ammise, dopo avermi squadrata con sospetto per un<br />
momento. – Però è stato istruito, e ci sono altri vampiri presenti.<br />
– E il volontario sopravvive?<br />
– Firmano una liberatoria, prima di entrare – fu la cauta risposta di<br />
Melanie.<br />
Rabbrividii.<br />
Rasul mi aveva scortata dall’altro lato della strada fino all’ingresso<br />
principale del dominio della regina, un edificio di uffici, a tre piani, che<br />
risaliva forse agli anni Cinquanta e che si estendeva per un intero isolato.<br />
In altre città, la cantina sarebbe diventata il rifugio primario dei vampiri,<br />
ma a New Orleans questo era impossibile a causa dell’elevata faglia<br />
freatica. Per questo motivo, tutte le finestre erano state trattate in modo<br />
molto particolare: i pannelli che le coprivano erano decorati con temi<br />
ispirati al Mardi Gras, con il risultato che il cupo edificio di mattoni era<br />
punteggiato di disegni rosa, porpora e verdi, su uno sfondo bianco o nero.<br />
Sulle imposte c’erano anche chiazze iridescenti, per un effetto complessivo<br />
alquanto sconcertante.<br />
– Come si regola la regina, quando deve dare una festa? – domandai,<br />
perché nonostante le imposte vivaci, quel prosaico edificio rettangolare<br />
non aveva proprio nulla di festoso.<br />
– Oh, per questo possiede un vecchio monastero – spiegò Melanie. –<br />
Entrando, puoi prendere un depliant al riguardo. È là che vengono tenute<br />
tutte le cerimonie di stato. Alcuni dei vampiri più antichi non riescono a<br />
entrare in quella che era la cappella, ma a parte questo... inoltre,<br />
tutt’intorno c’è un alto muro, facile da pattugliare, e le decorazioni sono<br />
davvero gradevoli. La regina ha un appartamento, laggiù, ma non è<br />
abbastanza sicuro da potervi vivere tutto l’anno.<br />
Non riuscii a trovare nessun commento da fare; del resto, dubitavo<br />
che avrei mai visto la residenza di stato della regina. D’altro canto,<br />
Melanie pareva annoiata, e propensa a chiacchierare.<br />
– Da quanto ho sentito, sei la cugina di Hadley, giusto? – domandò.<br />
– Sì.<br />
– Strano, pensare di avere parenti ancora in vita – osservò, e per un<br />
momento il suo sguardo si fece remoto e malinconico quanto più poteva<br />
esserlo quello di un vampiro. Poi, lei parve riscuotersi mentalmente. –<br />
Hadley non era male, per essere tanto giovane, però pareva dare un po’<br />
troppo per scontata la sua longevità di vampira. Non avrebbe mai dovuto<br />
pestare i calli a uno antico e astuto come era Waldo – concluse, scuotendo
il capo.<br />
– Questo è dannatamente certo – convenni.<br />
– Chester – chiamò quindi Melanie. Chester era la guardia<br />
successiva, ed era in compagnia di una figura familiare, anch’essa<br />
abbigliata con quella che stavo cominciando a considerare una tenuta da<br />
SWAT.<br />
– Bubba! – esclamai, nel momento stesso in cui lui chiamava il mio<br />
nome. Poi ci abbracciammo, con estremo divertimento degli altri vampiri:<br />
di norma, infatti, i vampiri non si stringono neppure la mano, e nella loro<br />
cultura, abbracciarsi è quanto meno eccentrico.<br />
Fui lieta di notare che non avevano dato a Bubba un’arma, ma<br />
soltanto il vestiario proprio delle guardie. Lui aveva un’aria splendida in<br />
quella tenuta militare, e non esitai a dirglielo.<br />
– Il nero si intona a meraviglia con i tuoi capelli – dichiarai.<br />
– Sei davvero gentile – rispose, sfoggiando il suo famoso sorriso. –<br />
Grazie.<br />
Un tempo, tutto il mondo aveva conosciuto il suo volto e il suo<br />
sorriso. Quando lo avevano portato all’obitorio di Memphis, un vampiro<br />
che vi lavorava come inserviente aveva notato in lui un fievolissimo<br />
bagliore di vita e, essendo un suo grande fan, si era assunto la<br />
responsabilità di trasformarlo, dando vita a una leggenda. Purtroppo, il<br />
corpo di Bubba era stato talmente saturo di droghe e di danni fisici che la<br />
trasformazione non era stata coronata da un pieno successo, con il risultato<br />
che adesso Bubba veniva fatto passare di mano in mano, nel mondo dei<br />
vampiri, da quel vero incubo delle public relations che era.<br />
– Da quanto tempo sei qui, Bubba? – domandai.<br />
– Oh, un paio di settimane, ma mi piace davvero molto – dichiarò. –<br />
Ci sono un sacco di gatti randagi.<br />
– Già – annuii, cercando di non visualizzare la cosa troppo da vicino.<br />
I gatti mi piacciono molto, e lo stesso si poteva dire anche per Bubba, sia<br />
pure da un punto di vista molto diverso.<br />
– I pochi umani che lo hanno intravisto, hanno pensato che fosse un<br />
imitatore – mi confidò a bassa voce Chester, che era stato un ragazzo di<br />
campagna dai capelli color sabbia e dai denti poco curati, quando era stato<br />
trasformato; Melanie era tornata alla sua postazione, e adesso ero affidata a<br />
lui. – Il più delle volte, non ci sono problemi, ma di tanto in tanto capita<br />
che lo chiamino con il suo nome di un tempo, o che gli chiedano di<br />
cantare.<br />
Adesso Bubba cantava molto di rado, anche se capitava di
convincerlo a esibirsi in una o due canzoni ben note, il che costituiva<br />
un’occasione memorabile. Il più delle volte, però, lui negava di poter<br />
emettere anche una sola nota, e di solito si agitava moltissimo se lo si<br />
chiamava con il suo nome originale.<br />
Chester mi condusse all’interno dell’edificio, con Bubba che ci<br />
veniva dietro. Descrivemmo una svolta e salimmo di un piano, incontrando<br />
un numero sempre maggiore di vampiri, e alcuni umani, che erano diretti<br />
di qua e di là con l’aria di sapere quello che stavano facendo. Era come<br />
trovarsi in un qualsiasi complesso di uffici, in un giorno feriale, con la sola<br />
differenza che gli impiegati erano vampiri, e che il cielo fuori era buio,<br />
nella misura in cui questo era possibile a New Orleans. Mentre<br />
camminavamo, notai che alcuni vampiri apparivano più a loro agio di altri,<br />
e notai come tutti quelli dall’aria guardinga recassero sul colletto la stessa<br />
spilla, con la forma dello stato dell’Arkansas.<br />
Evidentemente, quei vampiri dovevano fare parte del seguito del<br />
marito della regina, Peter Threadgill. Uno dei vampiri della Louisiana<br />
andò a sbattere contro uno di quelli dell’Arkansas, che ringhiò in modo<br />
tale da farmi pensare per un momento che quel piccolo incidente avrebbe<br />
fatto scoppiare uno scontro nel corridoio.<br />
Accidenti, sarei stata felice quando fossi potuta uscire di lì.<br />
L’atmosfera era davvero tesa.<br />
Chester si fermò davanti a una porta che non appariva diversa da<br />
nessuna delle altre, tranne per la presenza di due vampiri davvero massicci<br />
di guardia davanti a essa. Quei due dovevano essere stati considerati dei<br />
giganti, alla loro epoca, dato che dovevano essere alti quasi due metri, e a<br />
giudicare dal loro aspetto sembravano fratelli, anche se questo poteva<br />
dipendere solo dalla taglia e dal modo di fare, oltre che dalla stessa tonalità<br />
castana dei capelli. Massicci di spalle, barbuti, con i capelli raccolti in una<br />
coda di cavallo che scendeva loro lungo la schiena, i due sembravano<br />
eccellenti candidati per il wrestling professionale. Uno dei due aveva<br />
un’enorme cicatrice che gli attraversava la faccia, naturalmente acquisita<br />
prima di morire, mentre l’altro doveva aver contratto in vita una malattia<br />
della pelle di qualche tipo. Quei due non erano là per figura, erano<br />
assolutamente letali. (A proposito, un paio di anni prima, un promotore<br />
aveva avuto l’idea di creare un circuito di wrestling riservato ai vampiri,<br />
ma la cosa era morta sul nascere, perché al primo incontro uno dei vampiri<br />
aveva strappato un braccio all’avversario, durante una diretta in TV. A<br />
quanto pareva, i vampiri non riuscivano a capire il concetto del<br />
combattimento come mera esibizione.)
Quei due erano muniti di un assortimento di coltelli, e ciascuno di<br />
essi portava un’ascia alla cintura... del resto, supponevo che se qualcuno<br />
fosse riuscito ad arrivare fin lì, le armi da fuoco non avrebbero fatto<br />
nessuna differenza. Inoltre, entrambi avevano come arma il loro stesso<br />
corpo.<br />
– Bert, Bert – salutò Chester, rivolgendo un cenno a ciascuno dei<br />
due. – Questa è Sookie Stackhouse. La regina vuole vederla.<br />
E si volse per andarsene, lasciandomi con le guardie del corpo della<br />
regina.<br />
– Non posso credere che abbiate tutti e due lo stesso nome –<br />
osservai, solo perché urlare mi pareva una cattiva idea. – Di certo lui si<br />
deve essere sbagliato.<br />
Due paia di occhi castani mi fissarono attentamente.<br />
– Io sono Sigebert – dichiarò poi quello sfregiato, con un pesante<br />
accento che non riuscii a identificare, e che fece suonare il suo nome come<br />
See-ya-bairt. Evidentemente, Chester aveva usato una versione molto<br />
americanizzata di quello che doveva essere un nome davvero antico. –<br />
Cvesto è mio fratello Wybert.<br />
Questo è mio fratello, Way-bairt?<br />
– Salve – dissi, cercando di non sussultare. – Io sono Sookie<br />
Stackhouse.<br />
Non parvero per nulla impressionati. In quel momento, uno dei<br />
vampiri con la spilletta passò oltre, scoccando ai due fratelli un’occhiata<br />
intrisa di disprezzo a stento velato, e l’atmosfera nel corridoio si fece<br />
letale. Sigebert e Wybert seguirono con lo sguardo il vampiro, una donna<br />
alta che indossava un tailleur, finché non ebbe svoltato un angolo, poi<br />
riportarono la loro attenzione su di me.<br />
– La regina è... impegnata – disse Wybert. – Quando vorrà che entri<br />
nella sua stanza, la luce si accenderà – aggiunse, indicando una luce<br />
rotonda inserita nel muro, a destra della porta.<br />
Quindi ero bloccata lì per un tempo indefinito... finché la luce non si<br />
fosse accesa.<br />
– I vostri nomi hanno un significato? – chiesi, cercando di fare<br />
conversazione. – Mi sembra che siano... ecco... che sia inglese antico... –<br />
La voce mi si spense.<br />
– Noi eravamo Sassoni. Nostro padre andò dalla Germania in<br />
Inghilterra, come voi chiamate ora – spiegò Wybert. – Il mio nome<br />
significa Luminosa Battaglia.<br />
– E il mio Luminosa Vittoria – aggiunse Sigebert.
Ricordai un programma che avevo visto su History Channel. Con il<br />
tempo, i Sassoni erano diventati Anglo-Sassoni, ed erano stati in seguito<br />
sopraffatti dai Normanni.<br />
– Quindi siete stati allevati per diventare guerrieri – osservai,<br />
cercando di apparire intelligente.<br />
– Non c’era niente altro – replicò Sigebert, scambiando un’occhiata<br />
con il fratello. L’estremità della sua cicatrice si contraeva, quando parlava,<br />
ed era difficile evitare di fissarla. – Eravamo figli di un capo guerriero.<br />
Mi vennero in mente un centinaio di domande da porre in merito alla<br />
loro vita di umani, ma non mi parve il caso di formularle in piena notte,<br />
nel bel mezzo di un corridoio di un palazzo di uffici.<br />
– Come siete diventati vampiri? – chiesi invece, e subito aggiunsi: –<br />
O forse è una domanda di cattivo gusto? Se lo è, dimenticate che abbia<br />
parlato. Non voglio pestare i calli a nessuno.<br />
Vedendo Sigebert abbassare lo sguardo sui propri piedi, dedussi che<br />
quei due non erano particolarmente ferrati in fatto di inglese colloquiale.<br />
– Questa donna... molto bella... lei è venuta da noi la notte prima<br />
della battaglia – spiegò Wybert, con esitazione. – Ha detto... che saremmo<br />
diventati più forti se lei... ci avesse fatti suoi.<br />
I due fratelli mi fissarono interrogativamente, e io annuii, per<br />
mostrare di aver capito ciò che Wybert stava dicendo, e cioè che la<br />
vampira aveva dato a intendere di essere interessata solo a dividere il loro<br />
letto. O forse i due avevano capito che lei intendeva dissanguarli? Non ero<br />
in grado di determinarlo, e pensai che si doveva essere trattato di una<br />
vampira molto ambiziosa, se si era sentita sicura di poter sottomettere<br />
contemporaneamente quei due umani.<br />
– Lei non ha detto che dopo avremmo combattuto solo di notte –<br />
aggiunse Sigebert, scrollando le spalle per indicare che c’era stato un<br />
tranello di cui non si erano resi conto. – Noi non abbiamo fatto molte<br />
domande! Eravamo troppo impazienti di averla! – Nel parlare, sorrise. Vi<br />
garantisco che non c’è niente che spaventi quanto un vampiro a cui<br />
rimangano in bocca solo i canini. Era possibile che Sigebert avesse ancora<br />
alcuni molari, che la mia statura mi impediva di vedere, ma la dentatura<br />
abbondante, anche se storta, di Chester cominciava ad apparirmi splendida,<br />
al confronto.<br />
– Deve essere successo davvero molto tempo fa – commentai, perché<br />
non mi veniva in mente niente altro da dire. – Da quanto tempo lavorate<br />
per la regina?<br />
Sigebert e Wybert si fissarono a vicenda.
– Da quella notte – rispose poi Wybert, stupito che non avessi capito.<br />
– Le apparteniamo.<br />
Il mio rispetto nei confronti della regina, e forse anche la paura che<br />
mi ispirava, aumentarono in maniera esponenziale. Sophie-Anne, se questo<br />
era davvero il suo nome, era stata coraggiosa, strategica e attiva nella sua<br />
carriera di capo di vampiri. Aveva portato quei due con sé e se li era tenuti<br />
vicini, sfruttando un vincolo che colui di cui non avrei mai più pronunciato<br />
il nome, neppure dentro di me, mi aveva spiegato essere, per un vampiro,<br />
più forte di qualsiasi altro legame emotivo.<br />
Con mio sollievo, la luce sul muro divenne verde.<br />
– Entra – disse Sigebert, spingendo il pesante battente. Lui e Wybert<br />
mi rivolsero un identico cenno di saluto mentre varcavo la soglia ed<br />
entravo in una stanza che sembrava un qualsiasi ufficio manageriale.<br />
Sophie-Anne LeClerq, Regina della Louisiana, e un vampiro<br />
maschio, erano seduti a un tavolo rotondo coperto da mucchi di<br />
documenti. In passato, avevo incontrato la regina una volta soltanto,<br />
quando era venuta a casa mia per notificarmi la morte di mia cugina, e in<br />
quell’occasione non avevo notato quanto doveva essere stata giovane<br />
quando era morta... forse addirittura non più che quindicenne. Sophie-<br />
Anne era una donna elegante, più bassa di me di una decina di centimetri,<br />
e curata fino all’ultimo ciglio. Trucco, vestito, capelli, calze, gioielli... tutto<br />
era perfetto.<br />
Il vampiro seduto al tavolo con lei era la sua controparte maschile,<br />
abbigliato con un completo il cui prezzo sarebbe bastato a pagare per un<br />
anno le mie bollette della TV via cavo, e talmente curato nella pettinatura e<br />
nella manicure, talmente profumato, da non sembrare quasi più un uomo;<br />
nel mio sperduto angolo di mondo, non capitava spesso di vedere un uomo<br />
tanto raffinato. Supposi che si trattasse del nuovo re, e mi chiesi anche se<br />
era <strong>morto</strong> così tirato a lucido, se i dipendenti delle pompe funebri lo<br />
avevano ripulito e agghindato in quel modo per il suo funerale, senza<br />
sapere che la sua discesa sotto terra sarebbe stata soltanto temporanea. Se<br />
le cose stavano così, allora lui era meno antico della sua regina, ma forse<br />
l’età non era il solo requisito necessario, se si mirava a diventare un<br />
sovrano.<br />
Nella stanza c’erano altre due persone. Un uomo basso era in piedi<br />
circa un metro più indietro rispetto alla sedia della regina, a gambe larghe<br />
e con le mani intrecciate davanti a sé. Con i capelli biondi tagliati corti, gli<br />
occhi azzurro chiaro e il volto che mancava di maturità, quell’uomo<br />
sembrava una sorta di grosso bambino, dotato però della muscolatura di un
adulto; abbigliato con un completo elegante, era armato di sciabola e di<br />
pistola.<br />
Alle spalle del vampiro seduto al tavolo c’era una donna, anch’essa<br />
una vampira, vestita interamente di rosso... calzoni, T-shirt, scarpe<br />
sportive... un colore che, sfortunatamente per lei, non le si addiceva affatto.<br />
I suoi tratti asiatici mi facevano pensare che fosse originaria del Vietnam,<br />
anche se probabilmente ai suoi tempi esso aveva avuto un altro nome, le<br />
sue unghie erano naturali, senza smalto, e i capelli parevano essere stati<br />
tagliati all’altezza del mento con un paio di forbici arrugginite, a<br />
incorniciare un volto che era quello scialbo elargitole da Dio, senza<br />
neppure un filo di trucco a migliorarlo. Affibbiata sulle spalle, portava una<br />
spada dall’aspetto terrificante.<br />
Dal momento che non ero stata istruita su un particolare protocollo<br />
da seguire, salutai la regina con un profondo cenno del capo.<br />
– Lieta di rivederti, signora – salutai, cercando di guardare con<br />
espressione cortese il re al suo fianco, nel rivolgere anche a lui un cenno di<br />
saluto, per poi fare lo stesso, in maniera meno marcata, con i due tizi in<br />
piedi, che dovevano essere guardie del corpo. La cosa mi fece sentire<br />
un’idiota, ma non li volevo ignorare, anche se essi non parvero avere<br />
problemi a ignorare me, dopo avermi squadrata da capo a piedi.<br />
– Ho sentito che hai avuto alcune avventure a New Orleans – osservò<br />
la regina, usando un argomento neutro per aprire la conversazione. Non<br />
stava sorridendo, ma del resto avevo l’impressione che non fosse un<br />
genere di ragazza che sorrideva molto.<br />
– Sì, signora.<br />
– Sookie, questo è mio marito, Peter Threadgill, Re dell’Arkansas –<br />
continuò Sophie-Anne, senza la minima espressione affettuosa sul volto.<br />
Pareva mi stesse dicendo il nome del suo barboncino.<br />
– Come va? – salutai, tornando a chinare il capo, e in fretta aggiunsi:<br />
– Signore. – D’accordo, la cosa cominciava già a stancarmi.<br />
– Signorina Stackhouse – rispose lui, prima di riportare la propria<br />
attenzione sui documenti che aveva davanti; il tavolo rotondo era grande,<br />
ed era completamente ingombro di lettere, stampati di computer e un<br />
assortimento di altre carte... rendiconti bancari?<br />
Pur sentendomi sollevata di non costituire un oggetto di interesse per<br />
il re, stavo cominciando a chiedermi per quale motivo mi trovassi lì. Lo<br />
scoprii quando la regina iniziò a interrogarmi in merito alla notte<br />
precedente, domande a cui risposi raccontando in modo esplicito tutto<br />
quello che era successo.
Lei si fece molto seria quando le raccontai dell’incantesimo di stasi<br />
apposto da Amelia, e dell’effetto che esso aveva avuto sul corpo.<br />
– Non credi che la strega sapesse della presenza del corpo, quando ha<br />
eseguito l’incantesimo? Mi chiese. Intanto mi accorsi che il re, pur avendo<br />
lo sguardo fisso sui documenti, non ne aveva sfogliato neppure uno mentre<br />
noi due stavamo parlando... o forse, era molto lento a leggere.<br />
– No, signora. So per certo che Amelia non sapeva che lui fosse lì.<br />
– Lo hai ricavato con il tuo talento telepatico?<br />
– Sì, signora.<br />
A quel punto, Peter Threadgill mi guardò, e questo mi permise di<br />
notare che i suoi occhi erano di un grigio insolitamente glaciale, inseriti in<br />
un volto pieno di angoli affilati: il naso era come una lama, le labbra erano<br />
sottili e diritte, gli zigomi alti.<br />
Il re e la regina erano entrambi avvenenti, ma il loro era un genere di<br />
bellezza che non faceva presa su di me, e avevo l’impressione che il<br />
sentimento fosse reciproco, grazie a Dio.<br />
– Tu sei la telepate che la mia cara Sophie vuole portare con sé al<br />
congresso – osservò Peter Threadgill.<br />
Dal momento che mi stava dicendo qualcosa che già sapevo, non mi<br />
pareva necessario rispondere, ma la discrezione ebbe in me la meglio sulla<br />
pura e semplice irritazione.<br />
– Sì, sono io – annuii.<br />
– Anche Stan ne ha uno – commentò la regina, rivolta al marito, ed<br />
esprimendosi come se i vampiri collezionassero telepati nello stesso modo<br />
in cui un patito di cani poteva collezionare springer spaniel.<br />
Il solo Stan che conoscessi era un capo vampiro di Dallas, e l’unico<br />
telepate che avessi mai incontrato viveva in quella città, quindi da quelle<br />
poche parole della regina dedussi che la vita di Barry il Fattorino doveva<br />
essere cambiata parecchio, da quando lo avevo incontrato. A quanto<br />
pareva, adesso lavorava per Stan Davis; non sapevo peraltro se Stan fosse<br />
uno sceriffo, o addirittura un re, perché a quell’epoca non ero stata a<br />
conoscenza del fatto che i vampiri avevano dei sovrani.<br />
– Quindi adesso stai cercando di rendere il tuo seguito all’altezza di<br />
quello di Stan? – domandò Peter Threadgill a sua moglie, in un tono<br />
nettamente privo di tracce di affetto. Dai molti indizi che avevo raccolto,<br />
mi ero fatta l’idea che quello non fosse un matrimonio d’amore, e a mio<br />
parere non era neppure dettato dall’attrazione fisica. Sapevo che la regina<br />
era stata attratta da mia cugina Hadley, e i due vampiri di guardia alla porta<br />
avevano affermato che era stata lei a sconvolgere il loro mondo. Peter
Threadgill non si avvicinava minimamente a nessuna delle due estremità di<br />
quello spettro, ma forse questo dimostrava soltanto che la regina era<br />
“onnisessuale”, ammesso che un termine del genere esistesse. Avrei dovuto<br />
verificare, una volta tornata a casa... se mai ci fossi tornata.<br />
– Se Stan ritiene vantaggioso assumere una persona del genere, di<br />
certo la cosa è da prendere in considerazione... soprattutto dal momento<br />
che è qualcosa che è facile procurarsi.<br />
Ero merce di stock.<br />
Peter Threadgill scrollò le spalle. Non che mi fossi fatta molte<br />
aspettative, ma avrei supposto che il re di uno stato gradevole, povero e<br />
panoramico come l’Arkansas fosse meno sofisticato e più alla mano, con<br />
un certo senso dell’umorismo. Forse, Threadgill era un politicante<br />
opportunista originario di New York City, anche se era impossibile dedurlo<br />
dal suo modo di parlare, perché i vampiri tendevano ad avere accenti<br />
propri delle parti più disparate del mondo.<br />
– Allora, cosa pensi che sia successo nell’appartamento di Hadley? –<br />
domandò la regina; mi resi conto che eravamo tornate all’argomento<br />
originale.<br />
– Non so chi abbia attaccato Jake Purifoy – risposi, – ma la notte in<br />
cui Hadley è andata al cimitero insieme a Waldo, il corpo dissanguato di<br />
Jake era chiuso in quella cabina armadio. Quanto a come ci sia finito, non<br />
saprei dirlo. È per questo che stanotte Amelia eseguirà quell’ecto qualche<br />
cosa.<br />
L’espressione della regina cambiò, rivelando infine un effettivo<br />
interesse.<br />
– Intende effettuare una ricostruzione ectoplasmatica? Ne ho sentito<br />
parlare, ma non ne ho mai vista una.<br />
Quanto al re, appariva più che interessato: per un momento, sembrò<br />
decisamente infuriato.<br />
– Amelia si chiedeva se ti sarebbe andato di... di finanziare la cosa –<br />
continuai, costringendomi a riportare la mia attenzione sulla regina. Mi<br />
domandai se avrei dovuto aggiungere un “mia signora”, ma non riuscii a<br />
indurmi a farlo.<br />
– Sarebbe un buon investimento, dato che questo nostro più nuovo<br />
vampiro avrebbe potuto causare notevoli problemi a tutti noi. Se si fosse<br />
scatenato fra la popolazione... sarò lieta di pagare.<br />
Trassi un sospiro di puro sollievo.<br />
– E credo anche che verrò ad assistere – aggiunse però la regina,<br />
prima che potessi esalare il fiato.
Quella mi parve la peggiore idea del mondo, perché pensai che la<br />
presenza della regina avrebbe intimidito Amelia, schiacciandola fino a<br />
farle colare fuori tutta la sua magia. Tuttavia, non potevo certo dire a<br />
Sophie-Anne che non era gradita.<br />
– Non credo che dovresti andare – osservò con voce fluida e<br />
autoritaria Peter Threadgill, che aveva sollevato di scatto lo sguardo in<br />
reazione all’annuncio della regina. – Per i gemelli e per Andre sarà difficile<br />
proteggerti, in un quartiere come quello.<br />
Mi chiesi come facesse il Re dell’Arkansas ad avere anche una<br />
minima idea di come fosse il quartiere in cui aveva vissuto Hadley, che era<br />
in realtà una tranquilla zona medio-borghese, soprattutto se paragonato alla<br />
sorta di zoo costituito dal quartier generale dei vampiri, con il suo flusso<br />
costante di turisti, di picchettatori e di fanatici muniti di macchina<br />
fotografica.<br />
Sophie-Anne si stava già preparando a uscire, preparativi che<br />
consistettero nel lanciarsi un’occhiata in uno specchio, per accertarsi che la<br />
sua perfetta facciata continuasse a essere perfetta, e nell’infilarsi un paio di<br />
scarpe a tacco altissimo che si erano trovate sotto il tavolo. Fino a quel<br />
momento, lei era stata seduta a piedi nudi, un dettaglio che la rese molto<br />
più reale ai miei occhi: c’era una personalità, sotto quella esteriorità.<br />
– Suppongo gradiresti che Bill ci accompagnasse – mi disse poi la<br />
regina.<br />
– No – scattai. D’accordo, c’era una personalità... sgradevole e<br />
crudele.<br />
La regina parve però sinceramente sorpresa. Suo marito si mostrò<br />
indignato per la mia scortesia, sollevando di scatto la testa e fissandomi<br />
con quegli strani occhi grigi accesi dall’ira, ma Sophie-Anne parve<br />
semplicemente sconcertata dalla mia reazione.<br />
– Credevo steste insieme – osservò, in tono assolutamente neutro.<br />
Ricacciai indietro la mia prima risposta, sforzandomi di ricordare a<br />
chi stavo parlando.<br />
– No, non più – risposi, con voce che era quasi un sussurro, poi trassi<br />
un profondo respiro e feci uno sforzo enorme, aggiungendo: – Chiedo<br />
scusa per essere stata tanto brusca. Per favore, perdonami.<br />
La regina si limitò a fissarmi per qualche altro secondo, senza che<br />
riuscissi a cogliere il minimo indizio riguardo ai suoi pensieri, alle sue<br />
emozioni, o alle sue intenzioni. Era come guardare un antico vassoio<br />
d’argento... una superficie lucida, dalla decorazione elaborata, e dura al<br />
tatto. Come avesse potuto Hadley essere tanto avventurosa da dividere il
letto con quella donna era qualcosa che esulava dalla mia comprensione.<br />
– Sei scusata – replicò infine.<br />
– Sei troppo clemente – osservò suo marito, la cui superficie,<br />
almeno, stava cominciando in certa misura ad assottigliarsi. Le sue labbra<br />
si arricciarono in qualcosa di simile a un ringhio, mentre io mi rendevo<br />
conto di non voler essere l’oggetto dell’attenzione di quegli occhi luminosi<br />
per un altro secondo; inoltre, non mi piaceva il modo in cui quella ragazza<br />
asiatica mi stava fissando, senza contare che mi venivano i crampi ogni<br />
volta che davo un’occhiata al suo taglio di capelli. Santo cielo, perfino<br />
l’anziana signora che veniva a fare la permanente a mia nonna tre volte<br />
all’anno era stata in grado di fare un lavoro migliore del Folle Falciatore di<br />
Erbacce!<br />
– Tornerò fra una o due ore, Peter – affermò Sophie-Anne, in tono<br />
molto scandito e tanto tagliente che avrebbe potuto attraversare un<br />
diamante. L’uomo basso le fu accanto in un attimo, inespressivo in volto,<br />
offrendole il braccio per aiutarla ad alzarsi. Dedussi si trattasse di Andre.<br />
L’atmosfera era tanto tesa che si tagliava con il coltello. Oh, quanto<br />
avrei voluto essere altrove!<br />
– Mi sentirei molto più tranquillo se sapessi che Fiore di Giada è con<br />
te – suggerì il re, accennando alla donna vestita di rosso. Fiore di Giada un<br />
accidente; quella donna sembrava più l’Assassino di Pietra, considerato<br />
che la sua espressione non era cambiata di una virgola, quando aveva<br />
sentito l’offerta del re.<br />
– Questo però lascerebbe te senza nessuna protezione – obiettò la<br />
regina.<br />
– Non direi proprio. L’edificio è pieno di guardie e di vampiri fedeli<br />
– replicò Peter Threadgill.<br />
D’accordo, quella era una sfumatura che perfino io avevo recepito.<br />
Le guardie della regina erano state distinte dai vampiri fedeli, che supposi<br />
essere quelli che lo stesso Threadgill aveva portato con sé.<br />
– In tal caso, naturalmente, sarò orgogliosa di essere scortata da una<br />
combattente come Fiore di Giada.<br />
Accidenti. Non riuscivo a capire se la regina stava dicendo sul serio,<br />
o se stava cercando di placare il nuovo marito accettando la sua offerta, o<br />
ancora se stava ridendo fra sé di quella goffa strategia da lui attuata per<br />
garantire che una sua spia fosse presente alla ricostruzione ectoplasmatica.<br />
La regina si servì quindi di un interfono per contattare la stanza sicura in<br />
cui Jake Purifoy veniva istruito in ciò che comportava essere un vampiro.<br />
– Raddoppiate la sorveglianza di Purifoy – ordinò, – e avvertitemi
non appena dovesse ricordare qualcosa.<br />
Una voce ossequiosa le garantì che lei sarebbe stata la prima a essere<br />
informata.<br />
Mi chiesi perché fosse necessaria una doppia sorveglianza per Jake.<br />
Mi riusciva difficile sentirmi preoccupata davvero per la sua sicurezza,<br />
anche se evidentemente la regina lo era.<br />
E così ci avviammo... la regina, Fiore di Giada, Andre, Sigebert,<br />
Wybert e io. Probabilmente, dovevo essermi già trovata altre volte in una<br />
compagnia tanto assortita, ma non saprei dire quando. Dopo aver percorso<br />
una quantità di corridoi, entrammo in un garage sorvegliato e ci<br />
accalcammo in una limousine, mentre Andre accennava con un pollice a<br />
una delle guardie, segnalandole di mettersi al volante. Fino a quel<br />
momento, non lo avevo ancora sentito pronunciare una sola parola. Con<br />
mio piacere, l’autista risultò essere Rasul, che mi fece l’impressione di un<br />
vecchio amico, paragonato agli altri.<br />
Sigebert e Wybert si mostrarono a disagio in auto. Quei due erano i<br />
vampiri più inflessibili che avessi mai incontrato, tanto da indurmi a<br />
chiedere se per loro lo stretto rapporto con la regina non fosse stato un<br />
danno. Questo aveva fatto sì che non dovessero cambiare, e cambiare con i<br />
tempi era stato la chiave della sopravvivenza dei vampiri, fino alla Grande<br />
Rivelazione, così come continuava a esserlo nelle nazioni che non avevano<br />
accettato l’esistenza dei vampiri con la tolleranza esibita dall’America.<br />
Quei due vampiri sarebbero stati lieti di vestirsi di pelli e di stoffa tessuta<br />
in casa, e sarebbero apparsi del tutto a loro agio calzando stivali di cuoio<br />
fatti a mano e reggendo uno scudo sul braccio.<br />
– Il tuo sceriffo, Eric, è venuto a parlarmi, la scorsa notte – mi disse<br />
la regina.<br />
– L’ho visto all’ospedale – annuii, sperando che il mio tono suonasse<br />
disinvolto quanto il suo.<br />
– Tu capisci che quel nuovo vampiro, quello che prima era un<br />
mannaro... non ha avuto scelta. Lo capisci?<br />
– È una cosa che sento dire spesso riguardo ai vampiri – replicai,<br />
ricordando tutte le volte in cui, in passato, Bill mi aveva spiegato le cose<br />
dicendo che non aveva potuto fare diversamente. A quel tempo gli avevo<br />
creduto, ma adesso non ero più certa che fosse così. In effetti, mi sentivo<br />
tanto stanca e infelice da non avere quasi più voglia di continuare a cercare<br />
di mettere ordine nell’appartamento di Hadley, nei suoi beni e nei suoi<br />
affari, ma ero consapevole che se fossi tornata a casa a Bon Temps<br />
lasciando qui le cose in sospeso, non avrei fatto altro che starmene seduta a
imuginare.<br />
Lo sapevo, ma in quel momento la realtà era difficile da affrontare.<br />
Era proprio tempo di rivolgermi uno dei miei soliti rincuoranti,<br />
quindi ricordai severamente a me stessa che quella sera avevo già vissuto<br />
uno o due momenti piacevoli, e che ne avrei avuti altri, ogni giorno, fino a<br />
riuscire a ricostruire il mio precedente stato di appagamento. Avevo<br />
sempre amato la vita, e sapevo che sarei tornata ad amarla, ma prima di<br />
arrivare a farcela avrei dovuto attraversare una quantità di momenti<br />
difficili.<br />
Non ritenevo di essere mai stata una persona che si facesse molte<br />
illusioni, perché quando si può leggere nella mente degli altri non restano<br />
molti dubbi in merito a quanto anche le persone migliori possano essere<br />
cattive.<br />
Ma quella era stata una cosa che non avevo proprio visto arrivare.<br />
Con mio orrore, le lacrime cominciarono a scivolarmi lungo le<br />
guance; tirato fuori un fazzolettino di carta dalla borsetta, mi tamponai il<br />
volto, consapevole che tutti i vampiri mi stavano fissando, Fiore di Giada<br />
con l’espressione più identificabile che le fosse finora apparsa sul volto: il<br />
disprezzo.<br />
– Stai soffrendo? – domandò la regina, indicando il braccio ferito.<br />
Non ritenevo che le importasse davvero; piuttosto, ero certa che si<br />
fosse imposta per così tanto tempo di fornire sempre la risposta umana più<br />
corretta, che ormai quello era diventato per lei un riflesso istintivo.<br />
– È un dolore di cuore – spiegai... e subito mi sarei morsa la lingua.<br />
– Oh – fece lei. – Bill?<br />
– Sì – confermai, deglutendo a fatica e facendo del mio meglio per<br />
porre fine a quella manifestazione emotiva.<br />
– Io ho pianto per Hadley – affermò inaspettatamente Sophie-Anne.<br />
– È stato un bene che avesse qualcuno a cui importava di lei –<br />
replicai, e dopo un momento, aggiunsi: – Mi avrebbe fatto piacere essere<br />
informata della sua morte prima di come lo sono stata. – Avevo cercato di<br />
esprimermi nel modo più cauto possibile, nel protestare per aver scoperto<br />
che mia cugina era morta solo settimane dopo che questo era successo.<br />
– C’erano dei motivi che mi hanno costretta ad aspettare prima di<br />
mandare Cataliades da te – spiegò Sophie-Anne. Il suo volto liscio e i suoi<br />
occhi limpidi erano impenetrabili come un muro di ghiaccio, ma ebbi la<br />
netta impressione che lei avrebbe preferito che non avessi sollevato<br />
l’argomento. La fissai, cercando qualche indizio al riguardo, e lei accennò<br />
in modo molto fugace con lo sguardo in direzione di Fiore di Giada, che
sedeva alla sua destra. Non avevo idea di come quella vampira asiatica<br />
potesse sedere in una posa tanto rilassata con quella lunga spada affibbiata<br />
alla schiena, ma avevo la netta sensazione che dietro quel volto<br />
inespressivo e quegli occhi piatti, lei stesse ascoltando tutto quello che<br />
dicevamo.<br />
Per non correre rischi, decisi che non avrei più aperto bocca, e il<br />
resto del tragitto si svolse in silenzio.<br />
Rasul rifiutò di entrare nel cortile con la limousine, e questo mi fece<br />
ricordare che anche Diantha aveva parcheggiato lungo la strada. Quando<br />
Rasul venne ad aprire la portiera per la regina, Andre scese per primo, si<br />
guardò intorno a lungo e infine annuì, per indicare che la regina poteva<br />
scendere senza rischi dal veicolo; intanto, Rasul si teneva sul chi vive, con<br />
il fucile in mano, pronto a individuare eventuali assalitori, e Andre<br />
appariva altrettanto vigile.<br />
Fiore di Giada scivolò poi a sua volta dal sedile posteriore, andando<br />
ad aggiungersi agli altri occhi attenti che scrutavano l’area.<br />
Proteggendo la regina con il loro corpo, i tre entrarono quindi nel<br />
cortile, mentre Sigebert scendeva dall’auto, con l’ascia in mano, e<br />
aspettava che lo seguissi; dopo che lo ebbi raggiunto, lui e Wybert mi<br />
scortarono oltre il cancello aperto in modo molto meno cerimonioso di<br />
quello che gli altri avevano usato con la regina.<br />
Avevo visto la regina a casa mia, protetta soltanto da Cataliades,<br />
l’avevo vista nel suo ufficio, con una sola guardia del corpo... e forse non<br />
mi ero resa conto di quanto la sicurezza fosse importante per Sophie-Anne,<br />
quanto dovesse essere precaria la sua presa sul potere. Avrei voluto sapere<br />
da chi tutte quelle guardie la stessero proteggendo, chi potesse voler<br />
uccidere la regina della Louisiana.<br />
Forse tutti i sovrani dei vampiri correvano tanti pericoli... o forse si<br />
trattava solo di lei. Improvvisamente, il convegno di vampiri previsto per<br />
quell’autunno mi apparve come una prospettiva molto più spaventosa di<br />
quanto lo fosse stato in precedenza.<br />
Il cortile era ben illuminato, e Amelia si trovava sul vialetto circolare<br />
insieme a tre amici, nessuno dei quali, per onore di cronaca, era una<br />
vecchia munita di scopa. Uno di essi era un ragazzo che sembrava un<br />
missionario mormone, a giudicare dai calzoni neri, dalla camicia bianca,<br />
dalla giacca scura e dalle lucide scarpe nere. C’era anche una bicicletta,<br />
appoggiata a un albero nel centro del cerchio, quindi forse lui era davvero<br />
un missionario mormone. Appariva tanto giovane da indurmi a pensare che<br />
potesse essere ancora nell’età della crescita. La donna alta ferma accanto a
lui era sulla sessantina, ma aveva ancora un corpo flessuoso, ed era vestita<br />
con una T-shirt aderente, calzoni di maglia e sandali, il tutto completato da<br />
enormi orecchini a cerchio. La terza strega aveva più o meno la mia età,<br />
fra i venticinque anni e la trentina, ed era una ispanica dalle guance piene e<br />
dalle labbra rosse, con ondulati capelli neri e un corpo che aveva più curve<br />
di una svolta a S. Sigebert manifestò nei suoi confronti una particolare<br />
ammirazione (evidente dal suo sorriso lascivo) ma lei mostrò di ignorare<br />
tutti i vampiri, come se non fosse stata in grado di vederli.<br />
Anche se poteva essere rimasta sorpresa nel veder sopraggiungere<br />
tutti quei vampiri, Amelia gestì le presentazioni con una perfetta<br />
padronanza di sé.<br />
– Vostra maestà – le sentii dire... evidentemente, la regina si era già<br />
identificata prima che io sopraggiungessi, – questi sono i miei colleghi.<br />
Bob Jessup, Patsy Sellers e Terencia Rodriguez, che noi chiamiamo Terry<br />
– elencò quindi, accennando verso di loro con la mano come se stesse<br />
illustrando i pregi di una nuova auto.<br />
Le streghe si scambiarono un’occhiata prima di rivolgere alla regina<br />
un breve cenno del capo. Il volto di Sophie-Anne era così impenetrabile<br />
che mi fu difficile capire come avesse accolto quella mancanza di<br />
deferenza; comunque, lei ricambiò il cenno, e l’atmosfera rimase<br />
tollerabile.<br />
– Ci stavamo preparando per la nostra ricostruzione – continuò<br />
Amelia. Il suo tono era permeato di assoluta sicurezza, ma notai che le<br />
mani le stavano tremando, e i suoi pensieri non trasmettevano certo la<br />
confidenza espressa dalla sua voce. Dentro di sé, Amelia stava<br />
riesaminando tutti i preparativi fatti, elencando freneticamente gli oggetti<br />
magici che aveva messo insieme, valutando ansiosamente i suoi compagni<br />
per l’ennesima volta, per assicurarsi che fossero all’altezza, e così via.<br />
Tardivamente, mi resi conto che lei era una perfezionista.<br />
Mi chiesi poi dove fosse Claudine. Forse aveva visto arrivare i<br />
vampiri, ed era prudentemente fuggita a rifugiarsi in un angolo buio.<br />
Mentre mi guardavo intorno alla sua ricerca, ci fu un momento in cui la<br />
sofferenza interiore che stavo cercando di tenere a bada mi tese<br />
un’imboscata. Fu come uno di quei momenti che avevo sperimentato dopo<br />
la morte di mia nonna, quando mi ero trovata a fare qualcosa di familiare,<br />
come lavarmi i denti, e all’improvviso l’angoscia mi aveva sopraffatta.<br />
Impiegai un po’ a ritrovare il controllo e a riprendere contatto con la realtà<br />
circostante.<br />
Sapevo che per qualche tempo sarebbe stato così, e che dovevo
soltanto stringere i denti e sopportare.<br />
Mi costrinsi a concentrarmi su quanti mi circondavano. Le streghe si<br />
erano messe in posizione. Bob si era seduto nel cortile, su una sedia da<br />
giardino, e lo osservai con interesse mentre tirava fuori delle polveri da<br />
alcune bustine a cerniera e prelevava una scatola di fiammiferi dal taschino<br />
della camicia. Amelia intanto era arrivata in cima alla scala che portava<br />
all’appartamento, Terry aveva preso posizione a metà della scala e la<br />
strega alta e anziana, Patsy, era già sulla veranda, da dove stava guardando<br />
verso di noi.<br />
– Se volete osservare, probabilmente quassù sarebbe la posizione<br />
migliore – avvertì Amelia.<br />
La regina e io salimmo le scale, mentre le guardie si raggrupparono<br />
vicino al cancello, in modo da essere il più lontane possibile dalla magia;<br />
perfino Fiore di Giada pareva provare rispetto per il potere che stava per<br />
essere utilizzato, anche se non mostrava di rispettare le streghe come<br />
individui.<br />
Naturalmente, Andre seguì la regina su per le scale, ma a giudicare<br />
dalle sue spalle accasciate, mi parve tutt’altro che entusiasta della cosa.<br />
Era piacevole concentrarmi su qualcosa che non fosse ruminare sulla<br />
mia infelicità, quindi ascoltai con interesse mentre Amelia, pur dando<br />
l’impressione che avrebbe preferito essere altrove a giocare a beach volley,<br />
ci impartiva alcune istruzioni riguardo all’incantesimo che stava per<br />
eseguire.<br />
– Abbiamo calcolato di cominciare due ore prima di quando ho visto<br />
arrivare Jake – spiegò, – quindi potreste vedere una quantità di roba<br />
noiosa, che non c’entra niente. Se dovesse diventare troppo pesante per<br />
tutti, proverò ad accelerare un poco gli eventi.<br />
Improvvisamente, fui assalita da un pensiero che mi abbagliò per la<br />
sua semplicità. Avrei chiesto ad Amelia di tornare a Bon Temps con me, e<br />
di ripetere quella procedura nel mio cortile: in questo modo, avremmo<br />
scoperto che cosa era successo a Gladiola. Aver avuto quell’idea mi fece<br />
sentire meglio, e mi indusse a prestare maggiore attenzione a quanto stava<br />
succedendo.<br />
– Cominciamo! – gridò Amelia, e prese immediatamente a recitare<br />
delle parole, in una lingua che supposi essere latino. Dalla scala e dal<br />
cortile sentii salire fievoli echi delle sue parole, a mano a mano che le altre<br />
streghe si univano al rituale.<br />
Non avevamo idea di cosa aspettarci, e dopo un paio di minuti stare<br />
lì ad ascoltare quella cantilena divenne stranamente noioso, tanto che
cominciai a domandarmi cosa mi sarebbe successo se la regina si fosse<br />
davvero annoiata.<br />
Poi mia cugina Hadley entrò nel salotto.<br />
Rimasi così sconvolta che per poco non le rivolsi la parola, ma<br />
quando mi soffermai a guardare meglio, mi accorsi che non si trattava<br />
davvero di Hadley. Quel simulacro aveva la sua forma, e si muoveva come<br />
lei, ma i suoi colori erano superficiali: i suoi capelli non erano veramente<br />
scuri, davano solo l’impressione di esserlo. Lei sembrava un acquerello<br />
ambulante, ed era possibile veder tremolare la superficie della sua<br />
immagine. Comunque, la osservai avidamente, perché era passato molto<br />
tempo dall’ultima volta che ci eravamo viste. Hadley appariva più matura,<br />
naturalmente, e anche più dura, con una piega sardonica sulle labbra e<br />
un’espressione scettica negli occhi.<br />
Indifferente alla presenza di chiunque altro nella stanza, la<br />
ricostruzione andò verso il divano, prese un inesistente telecomando e lo<br />
girò verso la televisione. Mi ritrovai a guardare effettivamente verso lo<br />
schermo, per vedere se vi sarebbe apparso qualcosa, ma logicamente esso<br />
rimase spento.<br />
Poi percepii un movimento accanto a me, e lanciai un’occhiata alla<br />
regina: se io ero rimasta sconvolta, lei appariva elettrizzata. Non avrei mai<br />
creduto che potesse aver davvero amato Hadley, ma adesso avevo la prova<br />
che lo aveva fatto, nella misura in cui ne era capace.<br />
Osservammo Hadley lanciare di tanto in tanto un’occhiata alla<br />
televisione, mentre si applicava lo smalto alle dita dei piedi, beveva un<br />
inesistente bicchiere di sangue e faceva una telefonata.<br />
Non potevamo sentire cosa stava dicendo, potevamo solo vedere, e<br />
anche questo soltanto entro un raggio visivo limitato.<br />
Qualsiasi oggetto verso cui lei protendeva la mano, si manifestava<br />
esclusivamente nell’istante in cui veniva toccato, non prima, quindi si<br />
poteva essere certi di quello che stava facendo soltanto quando iniziava a<br />
utilizzarlo.<br />
Quando si protese per posare il bicchiere di sangue sul tavolino, con<br />
la mano ancora intorno al bicchiere, vedemmo quest’ultimo, il tavolino<br />
con gli altri oggetti presenti su di esso, e Hadley, contemporaneamente, il<br />
tutto coperto da quella patina luminescente. Il tavolino fantasma era<br />
sovrimposto a quello reale, che si trovava ancora quasi nello stesso esatto<br />
punto in cui era stato quella notte, giusto per rendere la cosa ancora più<br />
strana.<br />
Poi Hadley lasciò andare il bicchiere, ed esso scomparve insieme al
tavolino.<br />
Lanciai un’occhiata ad Andre, scoprendo che aveva gli occhi sgranati<br />
e fissi, la massima espressione che gli avessi scorto sul volto. Se la regina<br />
era addolorata, e io ero affascinata e triste, Andre era semplicemente<br />
terrorizzato.<br />
La scena si protrasse per qualche altro minuto, fino a quando Hadley<br />
sentì evidentemente qualcuno bussare alla porta (la sua testa si girò verso<br />
di essa e lei si mostrò sorpresa), si alzò in piedi (il divano fantasma, situato<br />
forse quattro centimetri più a destra di quello reale, cessò di esistere) e<br />
percorse la stanza, passando attraverso le mie scarpe da tennis, che erano<br />
accanto al divano, affiancate.<br />
D’accordo, tutto questo era strano, ma era anche affascinante.<br />
Presumibilmente, le persone che si trovavano nel cortile avevano<br />
visto il visitatore salire le scale esterne, dato che sentii uno dei due Bert...<br />
mi parve Wybert... emettere una sonora imprecazione. Quando Hadley aprì<br />
la porta, Patsy, che si era posizionata sulla veranda, aprì anche il battente<br />
reale, in modo che potessimo vedere, e l’espressione contrita di Amelia mi<br />
rivelò quanto fosse seccata per non averci pensato in anticipo.<br />
Fermo sulla porta c’era (il fantasma di) Waldo, un vampiro che era<br />
stato per anni al seguito della regina. Negli anni precedenti la sua morte,<br />
aveva subito molte percosse, che gli avevano lasciato una pelle<br />
permanentemente segnata. Essendo stato un magrissimo albino, Waldo<br />
aveva avuto un aspetto orribile, in quell’unica notte in cui lo avevo<br />
incontrato; come immagine spettrale, appariva decisamente migliore.<br />
Hadley parve sorpresa di vederlo, un’espressione abbastanza marcata<br />
da essere facilmente riconoscibile, poi si mostrò disgustata, ma si trasse<br />
comunque da parte per lasciarlo entrare.<br />
Quando tornò verso il tavolino per recuperare il bicchiere, Waldo si<br />
guardò intorno, come per verificare se nell’appartamento ci fosse qualcun<br />
altro, e la tentazione di mettere in guardia Hadley divenne tanto forte da<br />
essere quasi irresistibile.<br />
Dopo una breve conversazione, che naturalmente non potemmo<br />
sentire, Hadley scrollò le spalle e parve acconsentire a qualcosa, forse il<br />
piano di cui Waldo mi aveva parlato, la notte in cui aveva confessato di<br />
aver ucciso mia cugina. Lui aveva detto che era stata Hadley ad avere<br />
l’idea di andare al St. Louis Cemetery Number One per evocare lo spirito<br />
della regina voodoo Marie Laveau, ma a giudicare dalle prove, pareva<br />
fosse stato invece Waldo a suggerire la cosa.<br />
– Che cosa ha in mano? – domandò Amelia, con la voce più bassa
possibile, e Patsy venne avanti dalla veranda per controllare.<br />
– Un depliant – rispose, cercando a sua volta di parlare piano. – Su<br />
Marie Laveau.<br />
Poi Hadley guardò l’orologio che aveva al polso e disse qualcosa a<br />
Waldo... evidentemente qualcosa di scortese, a giudicare dalla sua<br />
espressione e dal cenno della testa con cui gli indicò la porta. Tutto il suo<br />
linguaggio corporeo stava dicendo di no, con la massima chiarezza<br />
possibile.<br />
E tuttavia, la notte successiva lei era andata con lui. Cosa era<br />
successo che poteva averla indotta a cambiare idea?<br />
Hadley tornò nella camera da letto, e noi la seguimmo. Guardandoci<br />
alle spalle, vedemmo Waldo posare il depliant sul tavolino vicino alla<br />
porta, nel lasciare l’appartamento.<br />
Mi diede uno strano senso di voyeurismo, starmene nella camera da<br />
letto di Hadley insieme ad Amelia, alla regina e ad Andre, intenta a<br />
guardare mentre mia cugina si toglieva la vestaglia per indossare un vestito<br />
molto estroso.<br />
– Lo ha indossato al party, la notte precedente il matrimonio –<br />
osservò la regina, in tono sommesso. L’abito era attillatissimo e molto<br />
scollato, di stoffa rossa resa ancora più scura da paillette dello stesso<br />
colore, e abbinato a splendide scarpe decolleté di coccodrillo.<br />
Evidentemente, Hadley era decisa a far rimpiangere alla regina ciò che<br />
stava per perdere.<br />
Osservammo Hadley pavoneggiarsi davanti allo specchio, pettinarsi<br />
in due modi diversi e riflettere a lungo su quale rossetto mettersi. Intanto,<br />
la novità della cosa si stava esaurendo, e io sarei stata disposta ad<br />
accelerare il procedimento, ma pareva che la regina non riuscisse a<br />
smettere di contemplare di nuovo la sua amata, e io non intendevo di certo<br />
protestare, soprattutto se si considerava che era lei a pagare.<br />
Hadley si girò di qua e di là davanti allo specchio, all’apparenza<br />
soddisfatta da quello che stava vedendo, poi scoppiò in lacrime.<br />
– Oh, mia cara... mi dispiace così tanto – sussurrò la regina.<br />
Sapevo esattamente come si stava sentendo Hadley, e per la prima<br />
volta provai nei confronti di mia cugina quel senso di affinità che si era<br />
perso nel corso di anni di separazione. Nella ricostruzione, si trattava della<br />
notte precedente alle nozze della regina, e Hadley sarebbe dovuta andare al<br />
party, vedere la regina insieme al suo fidanzato. E poi, la notte successiva<br />
avrebbe dovuto presenziare al loro matrimonio, o almeno così pensava,<br />
ignorando che per allora lei sarebbe stata già morta, definitivamente morta.
– Sta salendo qualcuno – avvertì Bob, la cui voce arrivò fino a noi<br />
attraverso la portafinestra aperta che dava sulla veranda. Nello spettrale<br />
mondo della ricostruzione, il campanello dovette suonare, perché Hadley<br />
si irrigidì, si guardò un’ultima volta nello specchio (attraversandoci con lo<br />
sguardo, dato che eravamo davanti a esso) e si costrinse visibilmente a<br />
controllarsi. Quando si avviò lungo il corridoio, aveva la solita andatura<br />
arrogante, e il suo volto semitrasparente sfoggiava un freddo accenno di<br />
sorriso.<br />
Aprì la porta, e dal momento che la strega Patsy aveva lasciato aperta<br />
quella vera, dopo l’“arrivo” di Waldo, potemmo vedere il battente<br />
fantasma che si schiudeva. Jake Purifoy indossava uno smoking e aveva un<br />
aspetto davvero splendido, come aveva detto Amelia. Mentre lui entrava<br />
nell’appartamento, lanciai un’occhiata ad Amelia, e vidi che stava<br />
contemplando con rimpianto il fantasma del mannaro.<br />
Era chiaro che a Purifoy non andava di essere stato mandato a<br />
prelevare la cocca della regina, ma che era troppo cortese per prendersela<br />
con Hadley. Con pazienza, rimase in attesa mentre lei preparava una<br />
minuscola borsetta e si pettinava un’ultima volta i capelli, poi entrambi<br />
uscirono.<br />
– Stanno scendendo – avvertì Bob, e noi tutti oltrepassammo la porta,<br />
per poi attraversare la veranda e affacciarci alla ringhiera. I due fantasmi<br />
stavano salendo su una macchina semitrasparente, che uscì dal cortile.<br />
Quello era il punto in cui cessava l’area influenzata dall’incantesimo,<br />
quindi nel varcare il cancello l’auto fantasma cessò di esistere, proprio<br />
vicino al gruppo di vampiri accalcato in quel punto. Sigebert e Wybert<br />
avevano gli occhi sgranati e un’espressione solenne, Fiore di Giada<br />
appariva scontenta e Rasul aveva un’aria vagamente divertita, come se<br />
stesse pensando a tutte le storielle divertenti che avrebbe potuto<br />
raccontare, nella sala delle guardie.<br />
– È ora di accelerare le cose – decise Amelia, che adesso appariva<br />
stanca, tanto da indurmi a chiedermi quanto fosse notevole lo sforzo a cui<br />
si stava sottoponendo per coordinare quell’atto di magia.<br />
Lei, Patsy, Terry e Bob presero a cantilenare all’unisono un altro<br />
incantesimo. Se in quello sforzo di gruppo c’era un anello debole, si<br />
trattava di Terry: la giovane strega dal volto rotondo stava sudando<br />
abbondantemente, e tremava per la fatica di portare avanti il proprio<br />
contributo magico, il volto così contratto da destare in me una certa<br />
preoccupazione.<br />
– Calma, fate con calma! – esortò Amelia, rivolta alla sua squadra,
nel notare gli stessi sintomi di cedimento. Poi tutti ripresero a cantilenare,<br />
e Terry parve riuscire a dosare meglio le sue forze, almeno a giudicare dal<br />
fatto che non aveva più un’aria tanto disperata.<br />
– Adesso... rallentate... – disse Amelia, e il cantilenare assunse un<br />
ritmo più lento.<br />
La macchina riapparve al cancello... questa volta passando attraverso<br />
Sigebert, che era avanzato di un passo, credo per poter osservare meglio<br />
Terry... poi si arrestò bruscamente, mezza dentro e mezza fuori del cortile.<br />
Hadley si catapultò fuori del veicolo. Stava piangendo, e già da<br />
qualche tempo, a giudicare dalla sua espressione. Jake Purifoy scese<br />
dall’altro lato e rimase fermo, con le mani appoggiate sopra lo sportello,<br />
parlando con lei da sopra il tetto della macchina.<br />
Fu allora che la guardia personale della regina, Andre, aprì bocca per<br />
la prima volta.<br />
– Hadley, ci devi dare un taglio, sai? A lui non importa... – cominciò,<br />
poi parve perdere il filo e scosse il capo, concludendo: – A lui importa<br />
salvare la faccia.<br />
Noi tutti lo fissammo. Stava forse comunicando con lo spirito di<br />
Hadley?<br />
Poi Andre spostò lo sguardo su Hadley.<br />
– Ma, Jake, non posso sopportarlo – recitò. – So che lei lo deve fare<br />
per motivi politici, ma mi vuole mandare via! Non posso sopportarlo!<br />
Andre sapeva leggere le labbra, perfino labbra ectoplasmatiche.<br />
Dopo un attimo, riprese a parlare.<br />
– Hadley, entra in casa e dormici sopra. Non puoi andare al<br />
matrimonio, se intendi fare una scenata. Sai che metteresti in imbarazzo la<br />
regina e rovineresti la cerimonia, e se questo dovesse succedere, il mio<br />
capo mi ucciderebbe. Questo è il più grande evento a cui abbiamo mai<br />
lavorato.<br />
Mi resi conto che stava parlando di Quinn. Quindi Jake Purifoy era il<br />
dipendente della cui scomparsa Quinn mi aveva parlato.<br />
– Non posso sopportarlo – ripeté Hadley, che adesso stava urlando.<br />
Questo era evidente dal modo in cui si muoveva la sua bocca, ma per<br />
fortuna Andre non ritenne necessario imitarla. Era già abbastanza surreale<br />
sentire le parole di Hadley uscire dalla sua bocca. – Ho fatto qualcosa di<br />
terribile! – Quell’annuncio melodrammatico suonò molto strano,<br />
pronunciato dalla voce monocorde di Andre.<br />
Hadley corse su per le scale, e Terry si spostò istintivamente per<br />
lasciarla passare. Aperta la porta (che era già aperta), Hadley entrò a
precipizio nel suo appartamento, e noi tutti ci girammo a guardare verso<br />
Jake. Lui sospirò, si raddrizzò e si allontanò dalla macchina, che<br />
scomparve mentre lui apriva un cellulare e componeva un numero. La<br />
telefonata durò meno di un minuto, senza che lui facesse pause per<br />
ricevere una risposta, quindi era logico supporre che avesse trovato una<br />
segreteria telefonica.<br />
– Capo – recitò Andre, – devo informarti che penso ci saranno<br />
problemi. L’amica della regina non riuscirà a controllarsi, durante la<br />
cerimonia.<br />
Oh mio Dio, dimmi che Quinn non ha fatto uccidere Hadley! mi<br />
dissi, annientata da quel pensiero. Mentre ancora quell’idea mi si stava<br />
formando nella mente, però, Jake si avvicinò al retro della macchina, che<br />
tornò ad apparire quando lui la sfiorò, passando amorevolmente la mano<br />
lungo il contorno del bagagliaio nel farsi sempre più vicino all’area<br />
all’esterno del cancello... da dove una mano si protese all’improvviso per<br />
afferrarlo. L’area influenzata dalle streghe non si estendeva al di là della<br />
recinzione, quindi il resto del corpo era assente, e l’effetto di una mano che<br />
si materializzava dal nulla per afferrare l’ignaro mannaro fu spaventosa,<br />
degna di un film dell’orrore.<br />
Quella situazione era esattamente come uno di quei sogni in cui si<br />
vedeva sopraggiungere il pericolo ma non si poteva parlare: nessun<br />
avvertimento da parte nostra avrebbe infatti potuto prevenire ciò che era<br />
già successo. Noi tutti rimanemmo però sconvolti: i due Bert lanciarono un<br />
grido, Fiore di Giada snudò la spada, tanto in fretta che non riuscii a<br />
vedere la sua mano muoversi, e la regina rimase a bocca aperta.<br />
Potevamo vedere soltanto i piedi di Jake che si dibattevano. Poi essi<br />
cessarono di muoversi.<br />
Noi tutti ci fissammo a vicenda, perfino le streghe, la cui<br />
concentrazione prese ad attenuarsi al punto che il cortile cominciò a<br />
riempirsi di nebbia.<br />
– Streghe! – ingiunse però Amelia, in tono aspro. – Al lavoro!<br />
In un momento, la caligine si dissolse. I piedi di Jake continuavano<br />
tuttavia a essere immobili, e di lì a poco i loro contorni si fecero sempre<br />
meno nitidi: stava scomparendo alla vista, come tutti gli altri oggetti privi<br />
di vita. Nell’arco di alcuni secondi, però, mia cugina apparve sulla veranda<br />
e guardò in basso, con espressione cauta e preoccupata: evidentemente,<br />
aveva sentito qualcosa. Noi tutti registrammo il momento in cui lei vide il<br />
corpo, poi la vedemmo lanciarsi lungo le scale con rapidità vampirica e<br />
superare d’un balzo il cancello, scomparendo alla vista. Di lì a poco fu di
itorno, trascinando per i piedi il corpo, ora visibile come un tavolo o una<br />
sedia, perché lei lo stava toccando; Hadley si chinò quindi sul cadavere, e<br />
noi tutti potemmo vedere che Jake aveva una grande ferita al collo. La sua<br />
vista era nauseante, anche se devo dire che i vampiri che stavano seguendo<br />
la scena non parvero tanto nauseati, quanto affascinati.<br />
L’ectoplasmatica Hadley si guardò intorno, sperando in un aiuto, e<br />
assunse un’espressione disperatamente incerta, mentre le sue dita<br />
continuavano a premere contro il collo di Jake, alla ricerca di un battito.<br />
Alla fine, si chinò su di lui, e gli disse qualcosa.<br />
– È il solo modo – tradusse Andre. – Forse mi odierai, ma è il solo<br />
modo.<br />
Vedemmo Hadley lacerarsi il polso con i canini, e accostarlo,<br />
sanguinante, alla bocca di Jake, poi vedemmo il sangue colargli fra le<br />
labbra, e lui che si riprendeva abbastanza da afferrarle le braccia e trarla<br />
verso di sé. Quando infine lo costrinse a lasciarla andare, Hadley appariva<br />
esausta, e lui sembrava essere in preda alle convulsioni.<br />
– I mannari non sono buon materiale per vampiri – sussurrò Sigebert.<br />
– Prima d’ora non avevo mai visto un mannaro trasformato.<br />
Di certo, la transizione era stata difficile per il povero Jake Purifoy, al<br />
punto che nel vedere la sua sofferenza cominciai a perdonargli l’orrore<br />
della sera precedente. Mia cugina Hadley lo prese fra le braccia e lo<br />
trasportò su per la scala, soffermandosi di tanto in tanto a guardarsi<br />
intorno.<br />
La seguii un’ultima volta, accompagnata dalla regina, e la vedemmo<br />
togliere a Jake i vestiti lacerati, avvolgergli un asciugamano intorno al<br />
collo fino ad arrestare l’emorragia e sistemarlo con cura nel ripostiglio,<br />
coprendolo e chiudendo la porta, in modo che il sole del mattino non<br />
potesse bruciarlo nei tre giorni necessari alla trasformazione.<br />
Hadley ficcò quindi l’asciugamano insanguinato nel cesto della<br />
biancheria sporca, e ne infilò un altro nella fessura sottostante la porta del<br />
ripostiglio, per accertarsi che Jake non corresse rischi.<br />
Fatto questo, si sedette nel corridoio, a riflettere, poi tirò fuori il<br />
cellulare e compose un numero.<br />
– Sta chiedendo di Waldo – disse Andre, e quando le labbra di<br />
Hadley ripresero a muoversi, continuò: – Sta prendendo appuntamento per<br />
la notte successiva. Dice che deve parlare con lo spettro di Marie Laveau,<br />
se esso apparirà davvero. Afferma di avere bisogno di un consiglio.<br />
La conversazione durò per qualche altro momento, poi Hadley chiuse<br />
il cellulare e si alzò in piedi, raccogliendo il vestiario lacero e insanguinato
dell’ex-mannaro e chiudendolo in un sacchetto per i rifiuti.<br />
– Dovresti prendere anche l’asciugamano – consigliai, in un sussurro,<br />
ma mia cugina lasciò il cesto dei panni sporchi così com’era, e come lo<br />
avrei trovato al mio arrivo. Infine, Hadley prelevò le chiavi della macchina<br />
da una tasca dei pantaloni di Jake e scese le scale, salendo sull’auto con il<br />
sacchetto e allontanandosi.
Capitolo diciottesimo<br />
– Vostra maestà, ci dobbiamo fermare – disse Amelia, e la regina<br />
rispose con un cenno della mano che poteva anche essere un assenso.<br />
Terry era talmente sfinita che si stava appoggiando pesantemente alla<br />
ringhiera della scala, e sulla veranda Patsy appariva quasi scavata in volto;<br />
Bob, con la sua aria da secchione, pareva non aver risentito di nulla, ma lui<br />
si era saggiamente sistemato su una sedia fin dall’inizio. A un tacito<br />
segnale di Amelia, i quattro procedettero ad annullare l’incantesimo, e a<br />
poco a poco l’atmosfera spettrale si fece meno marcata, mentre noi<br />
tornavamo a essere uno strano gruppo male assortito raccolto in un cortile<br />
di New Orleans, invece di essere gli impotenti testimoni di una<br />
rievocazione magica.<br />
Amelia si recò quindi alla baracca per gli attrezzi, sull’angolo,<br />
prelevandone alcune sedie pieghevoli; quando Sigebert e Wybert<br />
mostrarono di non capire come esse funzionassero, lei e Bob provvidero ad<br />
aprirle.<br />
Una volta che le streghe e la regina si furono sedute, rimase un solo<br />
posto libero, e io lo occupai, dopo un silenzioso scambio di occhiate con<br />
gli altri quattro vampiri.<br />
– Sappiamo già cosa è successo la notte seguente – osservai,<br />
sentendomi un po’ stupida nel mio abito elegante, e con i sandali a tacco<br />
alto. Sarebbe stato piacevole poter indossare i miei vestiti abituali.<br />
– Uh, chiedo scusa, ma anche se voi lo sapete, il resto di noi lo<br />
ignora, e vorremmo capire di cosa si tratta – interloquì Bob,<br />
apparentemente ignaro del fatto che avrebbe dovuto tremare al cospetto<br />
della regina.<br />
Quel giovane con l’aria da secchione era in qualche modo simpatico,<br />
e comunque tutte e quattro le streghe avevano lavorato duramente, per cui<br />
se volevano sentire il resto della storia, non mi pareva ci fosse motivo di<br />
non permetterglielo. La regina non sollevò obiezioni, e perfino Fiore di<br />
Giada, che aveva intanto riposto la spada nel fodero, si mostrò<br />
leggermente interessata.<br />
– La notte successiva, Waldo ha attirato Hadley nel cimitero con la<br />
storia della tomba di Marie Laveau e della tradizione vampirica che i morti<br />
potevano evocare i morti... in quel caso, la sacerdotessa voodoo Marie<br />
Laveau. Hadley voleva che lo spettro rispondesse alle sue domande, cosa
che Waldo le aveva garantito essere possibile, se si fosse seguito il giusto<br />
rituale. La notte in cui l’ho incontrato, Waldo mi ha spiegato perché<br />
Hadley aveva acconsentito alla cosa, ma adesso so che lui ha mentito, e<br />
posso immaginare una quantità di altri motivi per cui Hadley ha accettato<br />
ad andare con lui al St. Louis Cemetery – spiegai, mentre la regina annuiva<br />
in silenzio. – Credo volesse sapere come sarebbe stato Jake, quando si<br />
fosse risvegliato, e che volesse scoprire cosa farne di lui. Non poteva<br />
lasciare che morisse, lo avete visto, ma non voleva ammettere con nessuno<br />
di aver creato un vampiro, soprattutto uno che era stato un mannaro.<br />
Stavo parlando a un pubblico molto attento. Sigebert e Wybert si<br />
erano accoccolati ai lati della regina, e parevano affascinati dalla storia.<br />
Per loro, questo doveva essere come andare al cinema.<br />
Tutte le streghe apparivano interessate a sentire i retroscena degli<br />
eventi di cui erano appena state testimoni, e perfino Fiore di Giada mi<br />
stava fissando attentamente. Soltanto Andre appariva immune, e<br />
impegnato a svolgere il suo compito di guardia del corpo, scrutando di<br />
continuo il cortile e il cielo per prevenire eventuali attacchi.<br />
– È anche possibile che Hadley abbia creduto che lo spettro potesse<br />
consigliarla su come riconquistare l’affetto della regina... senza offesa,<br />
signora – aggiunsi, ricordandomi troppo tardi che la regina in questione era<br />
seduta a un metro da me, su una sedia pieghevole da giardino che aveva<br />
ancora il cartellino del prezzo del Wal-Mart attaccato allo schienale.<br />
Sophie-Anne agitò soltanto una mano con aria distratta, così<br />
sprofondata nei suoi pensieri da farmi perfino dubitare che mi avesse<br />
sentita.<br />
– Non è stato Waldo a dissanguare Jake Purifoy – affermò d’un<br />
tratto, con mio stupore. – Waldo non poteva immaginare che quando fosse<br />
riuscito a uccidere Hadley e fosse venuto a farmi rapporto, riversando la<br />
colpa sulla Confraternita del Sole, questa astuta strega avrebbe sigillato<br />
l’appartamento di Hadley in modo molto letterale, includendo un<br />
incantesimo di stasi. Waldo aveva già un piano, e chiunque ha ucciso Jake<br />
aveva un piano distinto dal suo... forse quello di accusare Hadley della<br />
morte di Jake e della sua rinascita, cosa che l’avrebbe condannata a essere<br />
imprigionata in una cella per vampiri. Forse, l’assassino pensava che Jake<br />
avrebbe ucciso Hadley quando si fosse ridestato, dopo tre giorni... e forse<br />
lui lo avrebbe fatto.<br />
Amelia cercò di assumere un atteggiamento modesto, ma fu una<br />
battaglia persa. Le sarebbe dovuto riuscire facile, dato che il solo motivo<br />
per cui aveva apposto quell’incantesimo era stato di impedire che
l’appartamento puzzasse come una pattumiera, quando infine fosse stato<br />
riaperto, cosa di cui sia lei che io eravamo ben consapevoli. Tuttavia,<br />
quello era stato un incantesimo decisamente ben riuscito, e io non avevo<br />
certo intenzione di rovinare il suo momento di gloria.<br />
Amelia provvide da sola a farlo.<br />
– O forse – aggiunse, avventatamente, – qualcuno ha pagato Waldo<br />
perché togliesse di mezzo Hadley, in un modo o nell’altro.<br />
Dovetti abbassare all’istante i miei schermi mentali, perché tutte le<br />
streghe presero a emanare segnali di panico così intensi che trovarcisi in<br />
mezzo era intollerabile. Sapevano che quanto Amelia aveva appena detto<br />
avrebbe sconvolto la regina, e che quando la Regina della Louisiana era<br />
sconvolta, quanti la circondavano tendevano a esserlo ancora di più.<br />
Sophie-Anne si alzò di scatto dalla sedia, costringendo noi tutti ad<br />
alzarci a nostra volta in piedi, con goffa premura. Amelia si era appena<br />
sistemata con le gambe ripiegate, quindi fu particolarmente lenta a reagire,<br />
il che le stava solo bene.<br />
Intanto, Fiore di Giada indietreggiò di un paio di passi dagli altri<br />
vampiri, forse solo per avere più spazio per manovrare la spada, un gesto<br />
che Andre fu l’unico a notare, a parte me. Il suo sguardo si appuntò, fisso,<br />
sulla guardia del corpo del re.<br />
Non so cosa sarebbe successo, se in quel momento la macchina di<br />
Quinn non fosse arrivata.<br />
Sceso dalla grossa auto nera, lui ignorò la scena come se non fosse<br />
esistita, e venne verso di me, passandomi con disinvoltura un braccio<br />
intorno alle spalle e chinandosi per elargirmi un rapido bacio. Non so come<br />
paragonare un bacio a un altro. Tutti gli uomini baciano in modo diverso,<br />
giusto? E questo dice qualcosa riguardo al loro carattere. Quinn mi baciò<br />
come se fra noi fosse stata in corso una conversazione.<br />
– Piccola – disse, dopo che io ebbi avuto l’ultima parola. – Sono<br />
arrivato in un buon momento? Cosa è successo al tuo braccio?<br />
L’atmosfera si fece un po’ più rilassata, mentre lo presentavo alle<br />
persone che si trovavano nel cortile. Naturalmente, lui conosceva tutti i<br />
vampiri, ma non aveva mai avuto modo di incontrare le streghe, e si<br />
allontanò un poco da me per stringere loro la mano. Patsy e Amelia, che<br />
dovevano aver sentito parlare di lui, si stavano sforzando di non apparire<br />
troppo entusiaste nel ricambiare il saluto.<br />
A questo punto, dovetti togliermi dallo stomaco il peso consistente<br />
nel dover riferire a Quinn il resto delle notizie della serata.<br />
– Il mio braccio è stato morso – cominciai. Lui attese, fissandomi
intensamente. – Sono stata morsa da un... ecco, temo che abbiamo scoperto<br />
cosa sia successo al tuo dipendente. Si chiamava Jake Purifoy, vero?<br />
– Cosa significa? – Sotto l’illuminazione intensa del cortile, potevo<br />
vedere che la sua espressione si era fatta guardinga: sapeva che stava per<br />
ricevere delle cattive notizie, cosa che chiunque avrebbe dedotto,<br />
trovandosi di fronte un gruppo assortito come il nostro.<br />
– È stato dissanguato e abbandonato qui nel cortile. Per salvargli la<br />
vita, Hadley lo ha trasformato. È diventato un vampiro.<br />
Quinn impiegò qualche secondo a capire le mie parole, poi vidi la<br />
comprensione affiorare sul suo volto a mano a mano che lui si rendeva<br />
conto dell’enormità di quello che era successo a Jake Purifoy.<br />
Un attimo dopo, il suo viso si fece di pietra, e io mi sorpresi ad<br />
augurarmi che lui non mi guardasse mai più in quel modo.<br />
– La trasformazione è avvenuta senza il consenso del mannaro –<br />
aggiunse la regina. – Naturalmente, un mannaro non acconsentirebbe mai a<br />
diventare uno di noi – precisò, in un tono stizzoso che non mi sorprese:<br />
sapevo che vampiri e mannari nutrivano una reciproca avversione, e che<br />
soltanto il fatto che fossero uniti contro il mondo normale impediva a<br />
quell’avversione di divampare in una vera e propria guerra aperta.<br />
– Sono passato da casa tua – mi disse Quinn, inaspettatamente. –<br />
Volevo vedere se eri tornata da New Orleans, prima di venire qui a cercare<br />
Jake. Chi ha bruciato un demone nel tuo vialetto?<br />
– Qualcuno ha ucciso Gladiola, la messaggera della regina, quando è<br />
venuta a portarmi un messaggio – spiegai, causando una certa agitazione<br />
fra i vampiri che mi circondavano. Naturalmente, la regina era stata<br />
informata della morte di Gladiola, perché il Signor Cataliades non poteva<br />
certo aver mancato di ragguagliarla, ma nessun altro ne aveva ancora<br />
sentito parlare.<br />
– Nel tuo cortile muoiono un sacco di persone, piccola – osservò<br />
Quinn, in tono peraltro assente; non mi sentii di biasimarlo per la sua<br />
freddezza.<br />
– Soltanto due – ribattei, sulla difensiva, dopo aver effettuato un<br />
rapido calcolo mentale. – Non lo definirei “un sacco”. – Naturalmente, se<br />
si aggiungevano le persone che erano morte dentro la casa... troncai quel<br />
pensiero sul nascere.<br />
– Sapete una cosa? – interloquì Amelia, con voce acuta e<br />
artificiosamente colloquiale, – credo che noi streghe andremo a farci un<br />
giretto fino a quella pizzeria sull’angolo fra Chloe e Justine Street. Se<br />
avrete bisogno di noi, ci troverete là. D’accordo, ragazzi?
Bob, Patsy e Terry raggiunsero il cancello aperto con più rapidità di<br />
quanto mi sarei aspettata da parte loro, e non avendo ricevuto cenni dalla<br />
regina, i vampiri si trassero da parte per lasciarli passare. Amelia non si era<br />
neppure presa la briga di recuperare la borsetta... mi augurai per lei che<br />
avesse il portafoglio in una tasca e le chiavi di casa nell’altra.<br />
Avrei quasi voluto andare con loro... un momento! Cosa mi impediva<br />
di farlo? Guardai con desiderio il cancello, ma Fiore di Giada si spostò in<br />
modo da bloccare il passaggio e mi fissò, gli occhi simili a buchi neri nel<br />
volto rotondo: non le andavo proprio a genio. Andre, Sigebert e Wybert mi<br />
trovavano indifferente, e Rasul avrebbe forse potuto considerarmi una<br />
compagnia accettabile per passare un’oretta in città, ma Fiore di Giada<br />
avrebbe goduto nel tranciarmi la testa con la sua spada, e questo era un<br />
dato di fatto. Non ero in grado di leggere nella mente dei vampiri (tranne<br />
qualche rapidissima sbirciata saltuaria, cosa che costituiva il mio grande<br />
segreto), però sapevo leggere il linguaggio del suo corpo, e l’espressione<br />
dei suoi occhi.<br />
Non conoscevo il motivo di quell’animosità nei miei confronti, e a<br />
questo punto non ritenevo che potesse avere la minima importanza.<br />
– Rasul, ben presto torneremo a casa – disse intanto la regina, che nel<br />
frattempo aveva riflettuto.<br />
Rasul si inchinò e si diresse alla macchina.<br />
– Signorina Stackhouse – continuò Sophie-Anne, spostando su di me<br />
lo sguardo, che pareva scaturire da due lampade oscure.<br />
Poi mi prese per mano e salì con me nell’appartamento di Hadley,<br />
con Andre che ci veniva dietro come qualcosa che fosse stato legato con<br />
una corda alla caviglia della sua regina. Per tutto il tragitto, continuai ad<br />
avvertire l’impulso, assai poco saggio, di strappare la mia mano da quella<br />
della regina che, naturalmente, era fredda, asciutta e forte, anche se lei<br />
stava badando a non stringere troppo.<br />
Trovarmi così vicina a quell’antica vampira mi faceva vibrare come<br />
una corda di violino, e non riuscivo a capire come Hadley avesse potuto<br />
sopportarlo. Sophie-Anne mi condusse nell’appartamento, e richiuse la<br />
porta alle nostre spalle; a quel punto, era probabile che neppure i vampiri,<br />
con il loro udito eccellente, potessero sentire la nostra conversazione, e<br />
risultò subito chiaro che questo era stato il suo intento.<br />
– Non dovrai riferire a nessuno quello che ti dirò – furono infatti le<br />
sue prime parole.<br />
Scossi il capo, resa muta dall’apprensione.<br />
– Ho cominciato la mia vita in quella che è poi diventata la Francia
settentrionale, circa... mille e cento anni fa.<br />
Deglutii a fatica.<br />
– Non sapevo dove mi trovassi, naturalmente, ma credo fosse la<br />
Lotaringia. Nel corso dell’ultimo secolo, ho cercato di ritrovare il luogo in<br />
cui ho vissuto i miei primi dodici anni di vita, ma non potrei riuscirci<br />
neppure se ne andasse della mia vita – continuò, accompagnando quelle<br />
parole con un’aspra risata. – Mia madre era la moglie dell’uomo più ricco<br />
della cittadina, il che significava che lui aveva due maiali in più rispetto a<br />
chiunque altro. Allora, il mio nome era Judith.<br />
Mi sforzai di non apparire sconvolta, solo interessata, ma fu una dura<br />
lotta.<br />
– Quando avevo circa dieci, o forse dodici anni, un venditore<br />
ambulante giunse da noi, lungo la strada. Ne fummo eccitati, perché era da<br />
sei mesi che non vedevamo una faccia nuova – continuò, senza peraltro<br />
sorridere o dare l’impressione di ricordare quell’eccitazione, mentre<br />
scrollava le spalle. – Quell’uomo portava con sé una malattia che non<br />
avevamo mai conosciuto... adesso credo si trattasse di qualche forma di<br />
influenza... e nell’arco di due settimane dal suo arrivo, nella nostra<br />
cittadina morirono tutti, tranne me e un ragazzo un po’ più grande.<br />
Seguì un momento di silenzio, mentre entrambe riflettevamo<br />
sull’accaduto. O almeno, io lo feci; quanto alla regina, credo stesse<br />
ricordando, mentre Andre, a giudicare dalla sua espressione, avrebbe<br />
potuto anche pensare al principe delle banane, in Guatemala.<br />
– Non piacevo a Clovis – riprese Sophie-Anne. – Ne ho dimenticato<br />
il motivo, qualcosa che riguardava i nostri padri... non rammento più. Le<br />
cose sarebbero potute andare diversamente, se gli fossi piaciuta. Invece, mi<br />
violentò e mi portò nella cittadina più vicina, dove cominciò a offrirmi in<br />
giro, per denaro, naturalmente, o in cambio di cibo. Anche se l’influenza si<br />
era intanto diffusa in tutta la regione, noi non ci ammalammo mai.<br />
Adesso stavo cercando di guardare dappertutto meno che verso di lei.<br />
– Perché eviti il mio sguardo? – mi chiese. Il suo modo di formulare<br />
le frasi e il suo accento erano cambiati mentre parlava, come se avesse<br />
appena imparato l’inglese.<br />
– Mi dispiace così tanto per te – dissi.<br />
Lei emise un suono simile al soffiare di un gatto, che produsse<br />
appoggiando i denti superiori al labbro inferiore e inspirando parecchia<br />
aria per poi espellerla.<br />
– Non ti disturbare a farlo – replicò, – perché quello che è successo<br />
dopo è stato che ci siamo accampati nei boschi, e un vampiro ci ha trovati.
– Quel ricordo pareva farle piacere... si stava concedendo un vero e<br />
proprio viaggio sul viale dei ricordi. – Quel vampiro era affamato, e ha<br />
aggredito Clovis per primo, perché era più grosso; quando ha finito con<br />
lui, però, si è preso un momento per guardarmi e pensare che sarebbe stato<br />
piacevole avere una compagna. Si chiamava Alain. Per tre o più anni ho<br />
viaggiato con lui. A quel tempo, i vampiri vivevano in segreto,<br />
naturalmente, esistevano soltanto nelle storie che le vecchie raccontavano<br />
accanto al fuoco, e Alain era abile a far sì che le cose rimanessero in quel<br />
modo. Lui era stato un prete, e gli piaceva molto sorprendere altri preti nel<br />
loro letto – aggiunse, sorridendo di quella reminiscenza.<br />
Io scoprii che la mia compassione stava diminuendo rapidamente.<br />
– Alain continuava a promettere che mi avrebbe trasformata, perché<br />
naturalmente io volevo diventare come lui, volevo la sua forza – riprese,<br />
fissandomi per un momento.<br />
Annuii con vigore, perché quella era una cosa che potevo capire.<br />
– Quando aveva bisogno di denaro, per comprare vestiti, o cibo per<br />
me, lui però faceva la stessa cosa che aveva fatto Clovis, mi vendeva per<br />
denaro, e sapeva che se mi avesse trasformata quegli uomini si sarebbero<br />
accorti che ero fredda, e che io li avrei morsi. Alla fine, mi sono stancata<br />
delle sue false promesse.<br />
Annuii, per indicare che stavo prestando attenzione, il che era vero,<br />
anche se in un angolo della mia mente mi stavo chiedendo dove diavolo<br />
intendesse andare a parare quel lungo monologo, e perché mi venisse<br />
elargita quella storia tanto interessante quanto deprimente.<br />
– Poi una notte siamo arrivati in un villaggio, il cui capo ha<br />
riconosciuto Alain per ciò che era. Quello stupido si era dimenticato di<br />
essere già passato di lì, e di aver dissanguato la moglie di quell’uomo!<br />
Così, gli abitanti lo hanno legato con una catena d’argento... ti garantisco<br />
che è stato stupefacente vederne una in un villaggio così piccolo... e lo<br />
hanno gettato in una capanna, con l’intenzione di tenerlo prigioniero<br />
finché il prete locale non fosse tornato da un viaggio, per poi esporlo al<br />
sole in una cerimonia religiosa di qualche tipo. Era un villaggio povero,<br />
ma gli accumularono addosso tutti i pezzi d’argento e tutto l’aglio che<br />
possedevano, nello sforzo di mantenerlo incapacitato.<br />
«Sapevano che ero umana, e che lui aveva abusato di me – continuò,<br />
con una risata. – Così, non mi hanno legata, e la famiglia del capo<br />
villaggio ha discusso della possibilità di tenermi come schiava, visto che<br />
avevano perso una donna per colpa del vampiro. Sapevo che genere di vita<br />
sarebbe stato.
Adesso, l’espressione sul suo volto era straziante e insieme<br />
raggelante. Reagii restando del tutto immobile.<br />
– Quella notte, ho smosso alcune assi indebolite, sul retro della<br />
capanna, sono strisciata dentro e ho detto ad Alain che lo avrei liberato,<br />
dopo che mi avesse trasformata. Discutemmo per parecchio tempo, ma alla<br />
fine lui acconsentì, e io scavai nel pavimento di terra un buco abbastanza<br />
grande da contenere il mio corpo. Secondo il nostro piano, Alain mi<br />
avrebbe dissanguata e poi mi avrebbe seppellita sotto il suo pagliericcio,<br />
compattando come poteva il pavimento di terra battuta... poteva muoversi<br />
quanto bastava per riuscirci. La terza notte io sarei risorta, avrei spezzato<br />
le sue catene e gettato via l’aglio, anche se questo mi avrebbe ustionato le<br />
mani, poi saremmo fuggiti insieme nel buio. – D’un tratto, Sophie-Anne<br />
scoppiò in una risata, proseguendo: – Il prete però è tornato prima che<br />
scadessero i tre giorni, e quando finalmente mi sono aperta un varco fra la<br />
terra, Alain era ormai cenere sparsa dal vento. La capanna in cui lo<br />
avevano rinchiuso era quella del prete, ed è stato lui a spiegarmi cosa era<br />
successo.<br />
Ebbi la sensazione di conoscere già la battuta conclusiva di quella<br />
storia.<br />
– Okay. Suppongo che quel prete sia stato il tuo primo pasto. – E<br />
sfoggiai il mio luminoso sorriso.<br />
– Oh, no – mi corresse Sophie-Anne, un tempo chiamata Judith. –<br />
Gli ho detto che ero l’angelo della morte, e che lo avrei risparmiato perché<br />
era stato così virtuoso.<br />
Considerate le condizioni in cui era stato Jake Purifoy, quando si era<br />
risvegliato per la prima volta, non ebbi difficoltà a immaginare che sforzo<br />
terribile dovesse essere stato per un nuovo vampiro riuscire a controllarsi.<br />
– E dopo che cosa hai fatto? – domandai.<br />
– Dopo alcuni anni, ho trovato un orfano come me, che vagava a sua<br />
volta nei boschi – rispose, girandosi a guardare verso la sua guardia del<br />
corpo. – Da allora, siamo rimasti sempre insieme.<br />
Finalmente, vidi apparire sul volto liscio di Andre una espressione:<br />
devozione assoluta.<br />
– Lo stavano costringendo a vendersi, come era successo a me –<br />
precisò con gentilezza la regina. – Ho posto rimedio alla cosa.<br />
Sentii un brivido gelido corrermi lungo la schiena. Non avrei saputo<br />
trovare qualcosa da dire neppure se mi avessero pagata.<br />
– Il motivo per cui ti ho annoiata con tutta la mia antica storia –<br />
proseguì la regina, riscuotendosi e sedendo ancora più eretta, – è stato di
spiegarti perché ho preso Hadley sotto la mia ala. Anche lei era stata<br />
molestata dal suo prozio. Lui aveva molestato anche te?<br />
Annuii. Non avevo idea che lui fosse arrivato persino a Hadley. Con<br />
me, non era giunto a violentarmi solo perché i miei genitori erano morti e<br />
io ero andata a vivere con mia nonna.<br />
I miei genitori non avevano creduto alle mie accuse, ma ero riuscita a<br />
convincere la nonna del fatto che stavo dicendo la verità più o meno nel<br />
periodo in cui lui mi avrebbe finalmente considerata matura, intorno ai<br />
nove anni.<br />
Naturalmente, Hadley era stata più grande di me. Era chiaro che<br />
avevamo in comune più cose di quante avessi creduto.<br />
– Mi dispiace, non lo sapevo – mormorai. – Grazie per avermelo<br />
detto.<br />
– Hadley parlava spesso di te – aggiunse la regina.<br />
Già, grazie, Hadley, grazie per avermi servito su un piatto d’argento<br />
la peggiore... no, un momento, questo non era giusto.<br />
Scoprire l’enorme inganno perpetrato da Bill non era stata la cosa<br />
peggiore che mi fosse mai successa, anche se non era neppure molto in<br />
giù, nella mia lista personale.<br />
– È quanto sono venuta a sapere – replicai, in tono freddo e secco.<br />
– Sei infuriata per il fatto che ho mandato Bill a indagare su di te, a<br />
scoprire se potevi essermi utile – osservò la regina.<br />
Trassi un profondo respiro, e mi costrinsi a smettere di serrare i denti.<br />
– No, non sono infuriata con te. Tu non puoi fare a meno di essere<br />
come sei, e non mi conoscevi neppure – cominciai, poi trassi un altro<br />
profondo respiro, prima di continuare: – Sono infuriata con Bill, che mi<br />
conosceva e ha portato avanti il tuo programma in modo molto completo e<br />
ben calcolato. E comunque, perché te ne dovrebbe importare? – Stavo<br />
agendo spinta dal bisogno di drenarmi dal dolore. Sapevo che il mio tono<br />
stava rasentando l’insolenza, e che questa non era una cosa saggia, quando<br />
si aveva a che fare con una potente vampira, ma lei aveva toccato il mio<br />
punto più dolente.<br />
– Perché eri cara a Hadley – fu l’inattesa risposta di Sophie-Anne.<br />
– Non lo si sarebbe detto, a giudicare dal modo in cui ha cominciato<br />
a trattarmi, una volta adolescente – ribattei. A quanto pareva, avevo deciso<br />
che la linea migliore da seguire era quella della spericolata sincerità.<br />
– Le dispiaceva di questo – disse la regina. – Soprattutto dopo che è<br />
diventata una vampira e ha scoperto cosa significava fare parte di una<br />
minoranza. Perfino qui a New Orleans esistono dei pregiudizi. Abbiamo
parlato spesso della sua vita, quando eravamo sole.<br />
Non sapevo cosa mi mettesse più a disagio, l’idea che la regina e mia<br />
cugina Hadley avessero fatto sesso, o che dopo avessero parlato di me.<br />
Non mi importa se due adulti consenzienti fanno sesso, in qualsiasi<br />
cosa questo consista, a patto che siano d’accordo, ma neppure sento il<br />
bisogno di conoscere ogni dettaglio, perché qualsiasi curiosità potessi<br />
avere mai nutrito al riguardo è stata annegata da anni di immagini colte<br />
nella mente degli avventori del bar.<br />
Quella conversazione cominciava a farsi decisamente lunga, mentre<br />
io volevo che la regina arrivasse al dunque.<br />
– Il punto è – continuò lei, – che ti sono grata di avermi dato, per<br />
mezzo delle streghe, una migliore idea di come Hadley sia morta. Inoltre,<br />
mi hai permesso di scoprire l’esistenza di un complotto molto più esteso di<br />
quello che poteva essere stato ordito dal cuore geloso di Waldo.<br />
Avevo davvero fatto tutto questo?<br />
– Quindi, ti sono debitrice. Ora dimmi cosa posso fare per te.<br />
– Ah... ecco, mandarmi un mucchio di scatoloni, in modo che possa<br />
imballare la roba di Hadley e riportarla a Bon Temps? E magari mandare<br />
qualcuno a prendere le cose che non voglio, per portarle a qualche ente di<br />
beneficienza?<br />
Sophie-Anne distolse lo sguardo, e mi sentii pronta a giurare che<br />
stesse reprimendo un altro sorriso.<br />
– Sì, credo di poterlo fare – rispose. – Domani manderò qui qualche<br />
umano per fare quelle cose.<br />
– Sarebbe meraviglioso se poi qualcuno potesse caricare le cose che<br />
voglio su un furgone e guidarlo fino a Bon Temps – aggiunsi. – Magari,<br />
potrei tornare a casa su quel furgone, giusto?<br />
– Anche questo non è un problema – dichiarò.<br />
Era arrivato il momento di chiedere il favore più grosso.<br />
– Devo proprio venire a quel convegno? – domandai, consapevole<br />
che stavo forzando un po’ troppo la mano.<br />
– Sì.<br />
D’accordo, quello era un muro di pietra.<br />
– Ma ti pagherò profumatamente – precisò.<br />
Mi illuminai in volto. Parte del denaro guadagnato con i precedenti<br />
servizi resi ai vampiri era ancora sul mio conto in banca, e le mie finanze<br />
avevano tratto un grosso respiro di sollievo quando Tara mi aveva venduto<br />
la sua “macchina” per il prezzo nominale di un dollaro, ma ero così<br />
abituata a vivere all’osso, finanziariamente parlando, che una boa di
sicurezza era sempre la benvenuta. Avevo sempre paura di potermi<br />
rompere una gamba, o che si guastasse il motore della macchina, o che mi<br />
bruciasse la casa... un momento, questo era già successo... ecco, c’erano<br />
altri disastri che potevano succedere, come un vento molto forte che<br />
strappasse lo stupido tetto di latta voluto da mia nonna, o qualche altra<br />
cosa del genere.<br />
– Vorresti conservare qualcosa di Hadley? – domandai, non appena il<br />
flusso dei miei pensieri si allontanò dal denaro.<br />
Negli occhi le affiorò qualcosa che mi sorprese.<br />
– Mi hai tolto le parole di bocca – affermò, con un adorabile accenno<br />
di accento francese.<br />
Uh-oh. Non poteva trattarsi di niente di buono, se stava cercando di<br />
usare il suo fascino con me.<br />
– Avevo chiesto a Hadley di nascondere qualcosa per me – continuò,<br />
e subito il mio rilevatore di balle prese a trillare come una sveglia. – Se<br />
dovessi trovarlo nel mettere via le sue cose, mi piacerebbe riaverlo.<br />
– Che aspetto ha?<br />
– È un gioiello – rispose. – Mio marito me lo ha dato come dono di<br />
fidanzamento, e io l’ho casualmente lasciato qui, prima che ci sposassimo.<br />
– Se vuoi guardare nel cofanetto dei gioielli di Hadley, accomodati<br />
pure – la invitai immediatamente. – Se quel gioiello ti appartiene, è giusto<br />
che tu lo riabbia.<br />
– Questo è molto gentile da parte tua – affermò, con la consueta<br />
espressione indecifrabile. – Si tratta di un diamante... un grosso diamante...<br />
montato su un bracciale di platino.<br />
Non ricordavo di aver visto niente di simile fra la roba di Hadley, ma<br />
del resto non avevo guardato con cura, perché era stata mia intenzione<br />
imballare il cofanetto dei gioielli così com’era, per poterne poi vagliare<br />
con comodo il contenuto a Bon Temps.<br />
– Per favore, controlla subito – suggerii. – So che sarebbe un passo<br />
falso, perdere un regalo di tuo marito.<br />
– Oh, non hai idea di quanto lo sarebbe – rispose con gentilezza<br />
Sophie-Anne, e per un momento chiuse gli occhi, quasi fosse stata troppo<br />
ansiosa per parlare. – Andre – disse quindi, e quella parola bastò perché lui<br />
passasse nella camera da letto... cosa che fece senza chiedere indicazioni,<br />
come non mancai di notare; in sua assenza, la regina apparve stranamente<br />
incompleta, tanto che mi chiesi come mai lui non l’avesse accompagnata a<br />
Bon Temps. D’impulso, glielo domandai.<br />
Lei mi fissò, con un’espressione vacua nei cristallini occhi sgranati.
– Non era previsto che ci si accorgesse della mia assenza – spiegò. –<br />
Sapevo che se Andre fosse stato visto a New Orleans, tutti avrebbero<br />
supposto che anch’io fossi là.<br />
Mi domandai se fosse vero anche il contrario, se tutti avrebbero<br />
supposto che Andre, a sua volta, si trovasse dovunque era la regina. Questo<br />
mi fece affiorare un pensiero nella mente, ma esso si dissolse prima che<br />
potessi metterlo a fuoco.<br />
In quel momento, Andre tornò indietro, e con un cenno infinitesimale<br />
del capo comunicò alla regina di non aver trovato ciò che lei voleva<br />
recuperare. Per un momento, Sophie-Anne parve decisamente contrariata.<br />
– Hadley lo ha fatto in un momento d’ira – mormorò, dandomi<br />
l’impressione di parlare con se stessa, – ma in questo modo potrebbe<br />
causare la mia caduta, da dove si trova adesso. – Poi il suo viso tornò ad<br />
assumere la consueta espressione rilassata.<br />
– Terrò gli occhi aperti riguardo al bracciale – promisi; avevo il<br />
sospetto che il valore di quel gioiello non consistesse nella sua preziosità<br />
intrinseca. – Non potrebbe essere stato lasciato qui la notte prima delle<br />
nozze? – chiesi quindi, con cautela.<br />
Avevo il sospetto che Hadley avesse rubato il bracciale alla regina in<br />
un gesto di ripicca per il fatto che lei si stava sposando. Sembrava un atto<br />
tipico di Hadley. Se solo avessi saputo prima che lei aveva nascosto il<br />
monile, avrei potuto chiedere alle streghe di far tornare ancora più indietro<br />
l’orologio della loro ricostruzione ectoplasmatica, così avremmo potuto<br />
vedere dove lei lo aveva messo.<br />
– Devo riaverlo – replicò la regina, con un secco cenno di assenso. –<br />
Certo capisci che non è il valore del diamante a preoccuparmi, vero? Devi<br />
comprendere che un matrimonio fra due sovrani vampiri non è un’unione<br />
d’amore, in cui molte cose possano essere perdonate. Perdere un dono del<br />
proprio sposo è una grave offesa, e il re si aspetta che sfoggi i suoi doni al<br />
nostro ballo di primavera, fra due notti da ora... – La voce le si spense, e<br />
perfino Andre parve quasi preoccupato.<br />
– Capisco il sottinteso – annuii. Avevo già notato la tensione che<br />
permeava i corridoi del quartier generale di Sophie-Anne, per cui sapevo<br />
che si sarebbe scatenato l’inferno, e che sarebbe stata lei a pagarne le<br />
conseguenze. – Se è qui, lo riavrai, d’accordo? – aggiunsi, allargando le<br />
mani in un gesto inteso a chiederle se mi credeva.<br />
– D’accordo – concluse lei. – Andre, non posso trascorrere qui altro<br />
tempo. Fiore di Giada riferirà il fatto che sono venuta quassù con Sookie,<br />
quindi... Sookie, dobbiamo fingere di aver fatto sesso.
– Spiacente, ma chiunque mi conosce sa che non vado a letto con le<br />
donne. Non so a chi ti aspetti che Fiore di Giada faccia rapporto... –<br />
(naturalmente, si trattava del re, però in quel momento mi sembrava poco<br />
diplomatico far capire che conoscevo i loro affari), – comunque se hanno<br />
fatto qualche ricerca, sanno almeno questo, di me.<br />
– Allora forse puoi aver fatto sesso con Andre – suggerì con calma, –<br />
e mi avete permesso di guardare.<br />
Mi vennero in mente parecchie domande, la prima delle quali era<br />
“questa è la procedura abituale, con te?” seguita da “è grave perdere un<br />
bracciale, ma non lo è farsela con qualcun altro?” Tuttavia, mi costrinsi a<br />
tenere la bocca chiusa. Se qualcuno mi avesse costretta, puntandomi una<br />
pistola alla tempia, indipendentemente dalle mie preferenze sessuali in<br />
realtà avrei scelto di fare sesso con la regina, piuttosto che con Andre,<br />
perché lui mi metteva i brividi. Ma se si trattava soltanto di fingere...<br />
Con gesti pratici, Andre si tolse la cravatta, la ripiegò e se la mise in<br />
tasca, procedendo poi a slacciare alcuni bottoni della camicia. Quando mi<br />
avvicinai con cautela, mi prese fra le braccia e mi tenne stretta, premuta<br />
contro di lui, chinando la testa sul mio collo. Per un secondo, pensai che<br />
mi avrebbe morsa, e fui assalita da un impeto di panico assoluto, ma lui si<br />
limitò ad annusarmi, il che costituisce un atto deliberato, per un vampiro.<br />
– Metti la bocca sul mio collo – ordinò, dopo aver annusato ancora, a<br />
lungo. – Il tuo rossetto mi macchierà.<br />
Feci come mi aveva detto. La sua pelle era fredda come il ghiaccio, e<br />
tutta quella situazione era... ecco, era peggio che strana. Ripensai alla<br />
sessione di fotografie con Claude: a quanto pareva, ultimamente stavo<br />
passando un sacco di tempo a fingere di fare sesso.<br />
– Adoro l’odore di fata. Credi che lei sappia di avere sangue di fata?<br />
– domandò Andre a Sophie-Anne, mentre io stavo procedendo a sporcarlo<br />
con il rossetto.<br />
Ritrassi la testa di scatto, fissandolo negli occhi, e lui sostenne il mio<br />
sguardo. Mi stava ancora tenendo stretta, e sapevo che in questo modo<br />
stava garantendo che ciascuno di noi due avesse addosso l’odore dell’altro,<br />
come se fossimo effettivamente stati insieme. A quanto pareva, non era<br />
intenzionato a fare sul serio, il che fu un sollievo.<br />
– Io... cosa? – esclamai, certa di non aver sentito bene. – Che cosa<br />
ho?<br />
– Lui ha fiuto per le fate, il mio Andre – dichiarò la regina,<br />
mostrandosi vagamente orgogliosa.<br />
– Oggi sono stata in giro con la mia amica Claudine – spiegai. – Lei
è una fata, ed è da lì che viene l’odore. – <strong>Decisamente</strong>, mi dovevo fare una<br />
doccia.<br />
– Permetti? – chiese Andre, e senza aspettare una risposta mi graffiò<br />
il braccio ferito con un’unghia, appena al di sopra della fasciatura.<br />
– Ouch! – protestai.<br />
Lui lasciò che un po’ di sangue gli colasse sul dito, poi se lo portò<br />
alla bocca e lo assaporò come se fosse stato un sorso di vino pregiato.<br />
– No, questo odore di fata non è stato trasmesso per contatto –<br />
dichiarò quindi. – Ce l’hai nel sangue. – E mi fissò in modo tale da farmi<br />
intendere che la sua affermazione tagliava la testa al toro. – Hai una<br />
piccola percentuale di sangue di fata. Possibile che tua nonna, o tuo nonno,<br />
lo fossero per metà?<br />
– Non so niente di tutto questo – mi schermii, sapendo che suonava<br />
stupido, ma non avendo idea di che altro dire. – Se uno dei miei nonni era<br />
meno che cento per cento umano, questa è un’informazione che non hanno<br />
tramandato.<br />
– No, certo che no – convenne in tono pratico la regina. – La<br />
maggior parte degli umani che discende dalle fate tiene nascosta la cosa,<br />
perché non ci crede davvero. Meglio pensare che i loro genitori siano pazzi<br />
– aggiunse, scrollando le spalle. – Quel sangue però spiegherebbe perché<br />
tu abbia pretendenti sovrannaturali, ma nessun ammiratore umano.<br />
– Non ho ammiratori umani perché non li voglio avere – precisai,<br />
decisamente stizzita. – Posso leggere nella loro mente, e questo li elimina<br />
in partenza dalla gara. Sempre che non si auto-eliminino da soli a causa<br />
della mia reputazione di “svitata” – aggiunsi, vittima ancora una volta<br />
della mia eccessiva onestà.<br />
– È una triste osservazione sul conto degli umani, il fatto che nessuno<br />
di essi sia tollerabile per chi è in grado di leggere loro nella mente –<br />
commentò la regina.<br />
Supponendo che quella fosse la valutazione definitiva del valore<br />
della capacità telepatica, decisi che sarebbe stato meglio interrompere lì la<br />
conversazione. Avevo molte cose su cui riflettere.<br />
Scendemmo le scale, Andre per primo, poi la regina e io in coda.<br />
Andre aveva insistito perché mi togliessi le scarpe e gli orecchini, in modo<br />
che si potesse dedurre che mi ero spogliata e che poi mi ero limitata a<br />
infilarmi di nuovo il vestito.<br />
Gli altri vampiri, che stavano aspettando obbedienti nel cortile,<br />
scattarono sull’attenti quando ci videro scendere. La faccia di Fiore di<br />
Giada non si alterò minimamente mentre lei decifrava gli indizi tesi a
indicare che cosa avessimo combinato nell’ultima mezz’ora, ma quanto<br />
meno non si mostrò scettica. I due Bert parvero cogliere il sottinteso, senza<br />
peraltro il minimo interesse, come se lo scenario costituito da Sophie-Anne<br />
intenta a guardare la sua guardia del corpo fare sesso (con una donna che<br />
gli era praticamente sconosciuta) fosse decisamente una cosa di routine.<br />
Il volto di Rasul, che era fermo sul vialetto, in attesa di altre<br />
istruzioni, lasciò trapelare un lieve rammarico, come se lui stesse<br />
desiderando di essere stato incluso nella cosa. Quinn, d’altro canto, serrò<br />
la bocca in una linea talmente cupa da far pensare che avesse inghiottito<br />
una spilla da balia. Lì c’era da correre ai ripari.<br />
Mentre uscivamo dall’appartamento di Hadley, però, la regina mi<br />
aveva detto in modo specifico di non condividere la sua storia con<br />
nessuno, ponendo un marcato accento su quel nessuno.<br />
Avrei dovuto trovare il modo di informare Quinn senza parlargli<br />
proprio di tutto.<br />
Senza ulteriori discussioni o convenevoli, i vampiri si<br />
ammucchiarono nella macchina, mentre io avevo la mente talmente piena<br />
di idee, di congetture e di tutto ciò che si trovava nel mezzo, da sentirmi<br />
ubriaca. Volevo chiamare mio fratello Jason, e spiegargli che dopo tutto<br />
non era poi così irresistibile, che il merito era tutto del suo sangue di fata,<br />
giusto per vedere cosa avrebbe risposto. No, un momento, Andre aveva<br />
lasciato intendere che gli umani non erano influenzati dalla vicinanza delle<br />
fate, come lo erano invece i vampiri; questo significava che gli umani non<br />
desideravano nutrirsi delle fate, ma che non le trovavano neppure<br />
sessualmente attraenti (cosa di cui dubitavo, ricordando la folla che di<br />
solito circondava Claudine, da Merlotte’s). Inoltre, Andre aveva detto che<br />
anche le altre creature soprannaturali erano attratte dal sangue di fata, ma<br />
non perché le vedessero come cibo, come accadeva ai vampiri. Per Eric<br />
sarebbe stato un sollievo, giusto? Lui sarebbe stato davvero felice di sapere<br />
che non mi amava sul serio! Che era sempre stata colpa del mio sangue di<br />
fata!<br />
Rimasi a guardare la limousine che si allontanava. Mentre io ero<br />
impegnata a lottare contro un’onda composta da almeno sei diverse<br />
emozioni, Quinn ne stava tenendo sotto controllo una soltanto.<br />
Me lo ritrovai davanti, furibondo.<br />
– Come ti ha convinta a farlo, Sookie? – domandò. – Se avessi<br />
urlato, sarei arrivato lassù in un attimo. Oppure ti andava di farlo? Avrei<br />
giurato che non fossi il tipo.<br />
– Non sono andata a letto con nessuno, questa notte – dichiarai,
fissandolo negli occhi. Dopo tutto, così non stavo rivelando nulla di quanto<br />
la regina mi aveva detto, stavo solo... correggendo un errore. – Mi va<br />
benissimo che lo pensino gli altri... ma non tu – aggiunsi, soppesando le<br />
parole.<br />
Lui mi scrutò per un lungo momento, i suoi occhi che frugavano nei<br />
miei come se stesse leggendo qualcosa scritto dietro di essi.<br />
– Ma ti piacerebbe andare a letto con qualcuno, questa notte? –<br />
domandò. Poi mi baciò, molto a lungo, tenendomi incollata a sé, lì nel<br />
cortile. Le streghe non tornarono, i vampiri rimasero alla larga, e soltanto<br />
qualche macchina saltuaria che passava lungo la strada o qualche sirena in<br />
lontananza vennero a ricordarmi che eravamo nel cuore di una città.<br />
Quell’abbraccio era ciò che di più diverso potevo immaginare dall’essere<br />
tenuta da Andre fra le sue braccia. Quinn era caldo, potevo sentire i suoi<br />
muscoli muoversi sotto la pelle e il suo cuore che batteva, potevo percepire<br />
il ribollire dei suoi pensieri, che attualmente erano concentrati<br />
soprattuttosul letto che sapeva esserci da qualche parte, di sopra,<br />
nell’appartamento di Hadley. Adorava il mio odore, la sensazione che davo<br />
al tatto, il contatto delle mie labbra... e una parte consistente del suo corpo<br />
lo stava provando in maniera tangibile, una parte che in quel momento era<br />
premuta fra di noi.<br />
Ero stata a letto con altri due uomini, e in entrambe le occasioni, la<br />
cosa non aveva funzionato. Non ne avevo saputo abbastanza su di loro,<br />
avevo agito d’impulso, e si dice che si dovrebbe imparare dai propri errori.<br />
In quel momento, però, non mi sentivo particolarmente furba.<br />
Fortunatamente per la mia capacità decisionale, il telefono di Quinn<br />
scelse proprio quel frangente per suonare, che fosse benedetto. Ero stata a<br />
un passo dal buttare dalla finestra tutti i miei buoni proponimenti, perché<br />
mi ero sentita spaventata e sola per tutta la sera, Quinn mi era<br />
relativamente familiare, e mi desiderava davvero molto.<br />
Lui però non la pensava come me... tutt’altro... e imprecò quando il<br />
telefono suonò per la seconda volta.<br />
– Scusami – disse, con una nota di furia nella voce, e rispose a quel<br />
dannato telefono.<br />
– D’accordo – riprese, dopo aver ascoltato per un momento il suo<br />
interlocutore. – D’accordo, arrivo. Jake chiede di me – spiegò poi,<br />
chiudendo con un gesto secco l’apparecchio.<br />
Io ero talmente stordita da una strana combinazione di desiderio<br />
fisico e di sollievo che impiegai un momento a mettere insieme i pezzi.<br />
Jake Purifoy, il dipendente di Quinn, stava vivendo la sua seconda notte da
vampiro, e dopo essersi nutrito a spese di un volontario, pareva essersi<br />
ripreso abbastanza da voler parlare con Quinn. Dopo tutto, era rimasto in<br />
animazione sospesa in una cabina armadio per settimane, e aveva bisogno<br />
di mettersi al corrente di molte cose.<br />
– Allora devi andare – dissi, notando con orgoglio che la mia voce<br />
era praticamente salda come una roccia. – Forse, ricorderà chi lo ha<br />
attaccato. E domani ti devo riferire quello che abbiamo visto qui stanotte.<br />
– Avresti detto di sì, se fossimo rimasti indisturbati per un altro<br />
minuto? – domandò.<br />
– Se lo avessi fatto, poi me ne sarei pentita – risposi, dopo aver<br />
riflettuto per un momento. – Non perché non ti voglia, il che non è. Ma<br />
nell’ultimo paio di giorni mi si sono aperti gli occhi, e so che sono<br />
piuttosto facile da ingannare. – Nel parlare, cercai di mostrarmi pratica, e<br />
non infelice, perché a nessuno piace una donna lamentosa, men che meno<br />
a me. – Non sono interessata ad avviare una relazione del genere con<br />
qualcuno che ha semplicemente gli ormoni sottosopra in questo momento,<br />
non mi sono mai prefissa di essere il tipo di donna da una notte e via. Se<br />
farò sesso con te, voglio essere certa che sia perché tu vuoi restare con me<br />
almeno per un po’, e perché ti piaccio per via di chi sono, e non di cosa<br />
sono.<br />
Un milione di altre donne doveva aver fatto quello stesso discorso, e<br />
io ero sincera quanto una qualsiasi di esse.<br />
E Quinn fornì la risposta perfetta.<br />
– Chi vorrebbe avere soltanto una notte con te? – replicò, e se ne<br />
andò.
Capitolo diciannovesimo<br />
Dormii del sonno dei morti... ecco, forse non proprio, ma ci andai<br />
vicino quanto più era possibile per un umano. Come in sogno, sentii le<br />
streghe rientrare rumorosamente nel cortile, ancora impegnate a<br />
congratularsi a vicenda con un entusiasmo corroborato dall’alcol. Avevo<br />
scovato fra la biancheria da letto un paio di semplici, oneste lenzuola di<br />
cotone, sbattendo quelle di seta nera nella lavatrice, quindi mi fu ancora<br />
più facile scivolare di nuovo nel sonno.<br />
Quando mi alzai, erano passatele dieci di mattina e qualcuno stava<br />
bussando alla porta, per cui percorsi barcollando il corridoio per andare ad<br />
aprire, dopo essermi infilata un paio di calzoni da ginnastica di spandex<br />
appartenuti a Hadley e un top rosa carico. Attraverso lo spioncino vidi un<br />
mucchio di scatoloni, e questo mi indusse ad aprire con entusiasmo la<br />
porta.<br />
– La Signorina Stackhouse? – domandò il giovane uomo di colore<br />
che teneva in mano gli scatoloni da montare, e quando io annuii, aggiunse:<br />
– Mi è stato ordinato di portarle tutti gli scatoloni che vuole. Trenta vanno<br />
bene, per cominciare?<br />
– Oh, sì – approvai. – Andranno benissimo.<br />
– Ho anche ricevuto istruzioni di portarle qualsiasi cosa di cui possa<br />
aver bisogno per il trasloco. Ho qui nastro isolante, alcuni pennarelli,<br />
forbici ed etichette.<br />
La regina mi aveva mandato un traslocatore personale.<br />
– Voleva anche dei bollini colorati? Ci sono persone che gradiscono<br />
mettere le cose del salotto in scatoloni con un bollino arancione, quelle<br />
della camera da letto in scatole con bollino verde, e così via.<br />
Non avevo mai traslocato, a meno di calcolare l’aver portato un paio<br />
di sacchi di vestiario e di asciugamani nella villetta arredata di Sam,<br />
quando la mia cucina era andata a fuoco, quindi non avevo idea di quale<br />
fosse il modo migliore di procedere. Ebbi un’esaltante visione di file<br />
ordinate di scatoloni, ciascuno con i suoi bollini colorati sui lati, in modo<br />
che non ci potessero essere confusioni di sorta... poi di colpo tornai alla<br />
realtà: non avrei riportato così tante cose a Bon Temps. Era difficile fare<br />
una valutazione, dal momento che si trattava di un territorio sconosciuto,<br />
ma sapevo di non volere gran parte del mobilio.<br />
– Non credo che avrò bisogno dei bollini, comunque grazie lo stesso
– risposi. – Comincerò con questi scatoloni, e dopo le potrò dire se me ne<br />
servono altri, d’accordo?<br />
– Adesso glieli monto – si offrì il giovane, che aveva capelli molto<br />
corti e le ciglia più ricurve che avessi mai visto; solo le mucche, a volte,<br />
avevano ciglia del genere; il suo vestiario era costituito da una camicia<br />
bianca da golf, calzoni sportivi cachi e scarpe da ginnastica.<br />
– Chiedo scusa, non ho sentito il suo nome – dissi, mentre lui tirava<br />
fuori un grosso rotolo di nastro adesivo da un voluminoso sacchetto per la<br />
spesa, mettendosi al lavoro.<br />
– Oh, chiedo scusa – replicò, usando per la prima volta un tono di<br />
voce naturale. – Mi chiamo Everett O’Dell Smith.<br />
– Piacere di conoscerla – risposi, mentre lui smetteva di lavorare per<br />
il tempo necessario a stringermi la mano. – Come mai è finito qui ad<br />
aiutarmi?<br />
– Oh, io frequento la Tulane Business School, e uno dei miei<br />
professori ha ricevuto una telefonata dal Signor Cataliades, che è... ecco, è<br />
il più famoso avvocato per vampiri della zona... e il mio professore è<br />
specializzato in giurisprudenza vampirica. Il Signor Cataliades aveva<br />
bisogno di una persona che potesse circolare di giorno. Voglio dire, lui può<br />
andare in giro di giorno, ma gli serviva un fattorino. – Intanto, aveva già<br />
montato tre scatoloni.<br />
– E cosa avrà in cambio?<br />
– In cambio potrò presenziare in tribunale con lui nei suoi prossimi<br />
cinque casi, e guadagnerò un po’ di denaro, che mi serve davvero molto.<br />
– Questo pomeriggio avrà il tempo di accompagnarmi alla banca di<br />
mia cugina?<br />
– Certamente.<br />
– Non starà perdendo delle lezioni, vero?<br />
– Oh, no, ho due ore di tempo, prima della prossima lezione.<br />
A quanto pareva, Everett aveva già seguito una lezione e messo<br />
insieme tutto quel materiale prima ancora che io mi alzassi, ma del resto<br />
lui non era stato in piedi per metà della notte a guardare il simulacro della<br />
cugina morta che se ne andava in giro.<br />
– Potrebbe anche portare questi sacchi pieni di vestiti al più vicino<br />
centro dell’Esercito della Salvezza o a un altro centro assistenziale? –<br />
Questo mi avrebbe permesso di sgombrare la veranda e mi avrebbe dato<br />
allo stesso tempo la sensazione di aver già concluso qualcosa. Avevo<br />
esaminato con cura tutti gli indumenti, per essere certa che Hadley non ci<br />
avesse nascosto dentro niente, e adesso mi stavo chiedendo cosa se ne
sarebbe fatto l’Esercito della Salvezza di quel vestiario, considerato che<br />
Hadley aveva avuto gusti che tendevano verso l’aderente e il succinto, per<br />
usare degli eufemismi.<br />
– Sì, signora – rispose il ragazzo, tirando fuori un blocchetto per<br />
appunti e annotando qualcosa, prima di tornare a fissarmi con la massima<br />
attenzione. – C’è altro? – domandò.<br />
– Sì, in casa non c’è niente da mangiare. Quando torna, in<br />
pomeriggio, mi potrebbe portare qualcosa? – risposi, dato che potevo bere<br />
l’acqua del rubinetto, ma di certo non potevo materializzare il cibo dal<br />
nulla.<br />
In quel momento un richiamo che giungeva dal cortile mi indusse ad<br />
affacciarmi alla ringhiera: Quinn era fermo di sotto, con in mano un<br />
sacchetto contenente qualcosa di unto, la cui vista mi fece venire<br />
l’acquolina in bocca.<br />
– Sembra che il problema del cibo sia stato risolto – riferii a Everett,<br />
segnalando a Quinn di salire.<br />
– Cosa posso fare per rendermi utile? – domandò Quinn. – Ho<br />
pensato che tua cugina poteva non avere in casa cibo o caffè, così ti ho<br />
portato alcuni bignè e del caffè tanto forte che ti farà spuntare i peli sul<br />
petto.<br />
Era una battuta che avevo già sentito altre volte, ma che riusciva<br />
ancora a farmi sorridere.<br />
– Oh, proprio quello a cui miravo – risposi. – Passami tutto. A dire il<br />
vero qui c’è del caffè, ma non ho ancora avuto il tempo di farlo, perché il<br />
qui presente Everett è il genere di persona che assume il controllo della<br />
situazione.<br />
– Sa che non è vero – sorrise Everett, che era al decimo scatolone, –<br />
ma mi fa piacere sentirglielo dire.<br />
Presentai i due uomini, e dopo avermi consegnato il sacchetto, Quinn<br />
diede una mano a Everett a montare gli scatoloni, mentre io mi sedetti al<br />
tavolo da pranzo di vetro e mangiai i bignè fino all’ultima briciola,<br />
trangugiando anche tutto il caffè; alla fine ero letteralmente coperta di<br />
zucchero a velo, ma non mi importava.<br />
– Sei vestita del tuo cibo, piccola – osservò Quinn, girandosi a<br />
guardarmi e cercando di nascondere un sorriso.<br />
– Ma non ho peli sul petto – ribattei, abbassando lo sguardo sulla<br />
scollatura del top.<br />
– Posso verificare? – ribatté lui. Scoppiai a ridere, poi andai in bagno<br />
a lavarmi i denti e spazzolarmi i capelli, entrambe operazioni essenziali, e
ne approfittai per verificare come mi stessero i vestiti di Hadley che mi ero<br />
infilata. I pantaloni di spandex nero arrivavano a mezza coscia, e<br />
probabilmente Hadley non doveva averli mai indossati perché dovevano<br />
essere stati troppo larghi per i suoi gusti; su di me, apparivano molto<br />
aderenti, anche se non quanto sarebbe piaciuto a lei, al punto da poter<br />
contare i... oh, non importa. Il top rosa carico lasciava vedere le spalline<br />
rosa chiaro del mio reggiseno, per non parlare di quattro o cinque<br />
centimetri di stomaco, ma grazie al Peck’s Tan-a-Lot (situato all’interno di<br />
Peck’s Bunch-o-Flicks, un videonoleggio di Bon Temps) quello stomaco<br />
era ben abbronzato. Di certo, Hadley si sarebbe messa qualche gioiello<br />
nell’ombelico, e nel guardarmi nello specchio cercai di immaginarmi con<br />
un bottone d’oro o qualcosa di simile indosso... no, proprio no. Mi infilai<br />
un paio di sandali decorati da perline di cristallo e per circa trenta secondi<br />
mi sentii decisamente affascinante.<br />
Poi cominciai a parlare con Quinn di quello che intendevo fare<br />
durante la giornata, e invece di gridare passai dalla camera da letto al<br />
corridoio, portando con me la spazzola e l’elastico per i capelli.<br />
Chinandomi all’altezza della vita, mi spazzolai i capelli a testa in giù e li<br />
raccolsi sulla cima della testa in una coda di cavallo, certa che fosse<br />
centrata perché, nel corso degli anni, i miei movimenti erano diventati<br />
automatici; fermata la coda con l’elastico, mi raddrizzai e la gettai<br />
all’indietro sulla schiena.<br />
Adesso, i capelli mi arrivavano fin sotto le scapole. Solo allora mi<br />
accorsi che Quinn ed Everett avevano smesso di lavorare, e mi stavano<br />
fissando.<br />
Quando li fissai a mia volta, entrambi si affrettarono a tornare a<br />
quello che stavano facendo.<br />
D’accordo, a me non sembrava di aver fatto niente di interessante,<br />
ma pareva che invece fosse proprio così. Scrollando le spalle, sparii in<br />
camera da letto per applicare un po’ di trucco, e nel darmi un’altra occhiata<br />
allo specchio, mi resi infine conto che forse qualsiasi cosa avessi fatto,<br />
vestita in quel modo, doveva risultare molto interessante, almeno per un<br />
maschio pienamente funzionale.<br />
Quando riemersi, Everett se n’era andato, e Quinn mi porse un pezzo<br />
di carta su cui lui aveva annotato il proprio numero di cellulare.<br />
– Ha detto di chiamarlo, se ti servissero altre scatole – spiegò, – e ha<br />
portato via tutti i sacchi di vestiti. Sembra che tu non abbia per niente<br />
bisogno di me.<br />
– Non c’è confronto – sorrisi. – Everett non mi ha portato grassi e
caffeina, questa mattina, mentre tu lo hai fatto.<br />
– Allora, quali sono i piani, e come posso aiutarti?<br />
– Okay, il piano è... – cominciai. In realtà, però, non avevo piani più<br />
specifici del vagliare tutta la roba e fare una scelta, e quella era una cosa<br />
che Quinn non poteva fare per me. – Che ne dici di tirare fuori tutto dagli<br />
armadietti di cucina, mettendolo dove io possa vederlo e scegliere cosa<br />
tenere e cosa buttare? – proposi infine. – Dopo potrai imballare quello che<br />
deciderò di tenere, e trasferire sulla veranda gli oggetti scartati. Spero che<br />
non si metta a piovere – aggiunsi, notando che il cielo si stava<br />
rannuvolando in fretta. – Mentre lavoriamo, ti metterò al corrente di quello<br />
che è successo la scorsa notte.<br />
Nonostante la minaccia di pioggia, lavorammo per tutta la mattina, ci<br />
facemmo portare una pizza per pranzo e riprendemmo il lavoro nel<br />
pomeriggio. La roba che non volevo finì nei sacchi del pattume, e Quinn<br />
potenziò ulteriormente i suoi muscoli trasportandoli nel cortile e<br />
mettendoli nella piccola baracca che aveva contenuto le sedie pieghevoli,<br />
ancora sparse sul prato. Cercai di ammirare i suoi muscoli soltanto quando<br />
lui non mi stava guardando, e mi parve di riuscire a farlo con successo.<br />
Quinn si mostrò molto interessato al racconto della ricostruzione<br />
ectoplasmatica, e discutemmo a lungo di cosa potessero significare tutti<br />
quegli eventi, senza però arrivare a nessuna conclusione. Per quel che<br />
Quinn ne sapeva, Jake non aveva nemici fra i vampiri, e per questo<br />
riteneva che fosse stato ucciso più per l’imbarazzo che questo avrebbe<br />
causato a Hadley che non per qualcosa che lui stesso avesse fatto.<br />
Amelia non si fece vedere né sentire, tanto che cominciai a chiedermi<br />
se fosse andata a casa di Bob il Mormone, o se lui non si fosse fermato da<br />
lei e si stessero divertendo alla grande nel suo appartamento... forse, lui era<br />
un vero drago, sotto quella camicia bianca e quei pantaloni neri.<br />
Mi guardai intorno nel cortile, constatando che la bicicletta di Bob<br />
era ancora appoggiata al muretto di mattoni. Dal momento che il cielo si<br />
stava facendo sempre più nero a ogni momento che passava, la misi al<br />
riparo nella baracca, insieme ai sacchi.<br />
Trascorrere tutta la giornata con Quinn stava attizzando il mio fuoco<br />
interiore. Lui si era tolto la camicia, rimanendo in canottiera e jeans, e mi<br />
stavo chiedendo come potesse essere senza neppure quegli indumenti<br />
addosso. Inoltre, non ritenevo di essere la sola impegnata a fare congetture<br />
su come potesse apparire nudo, perché di tanto in tanto riuscivo a cogliere<br />
qualche flash dalla mente di Quinn, mentre era impegnato a portare sacchi<br />
giù per le scale o a imballare pentole e padelle in qualche scatola, e quei
flash non riguardavano certo il vagliare la posta o il fare il bucato.<br />
Mi rimaneva abbastanza presenza di spirito da pensare ad accendere<br />
una lampada, quando sentii risuonare in lontananza il primo tuono: New<br />
Orleans stava per essere innaffiata per bene.<br />
Subito dopo, ripresi a flirtare con Quinn, pur senza dire una parola,<br />
accertandomi che lui potesse vedermi bene se mi allungavo a prelevare un<br />
bicchiere da un armadietto, o se mi chinavo ad avvolgerlo in un pezzo di<br />
carta di giornale. Forse un quarto di me stessa era imbarazzato, ma il resto<br />
si stava divertendo. Di recente... ecco, diciamo pure sempre... il<br />
divertimento non era stato un fattore dominante nella mia vita, e adesso<br />
stavo godendo a fondo di quella mia piccola passeggiata sul lato selvaggio<br />
dell’esistenza.<br />
Al piano di sotto, sentii il cervello di Amelia entrare in funzione,<br />
almeno in un certo senso. Lavorando in un bar, quella era una sensazione<br />
con cui avevo familiarità, e sapevo cosa significava: Amelia soffriva di<br />
postumi di sbornia. Sorrisi fra me, quando la strega pensò a Bob, che stava<br />
ancora dormendo accanto a lei. A parte un basilare “come ho potuto?”, il<br />
pensiero più coerente di Amelia era che aveva un terribile bisogno di un<br />
caffè. Non se la sentiva neppure di accendere una luce nell’appartamento,<br />
reso sempre più buio dalla tempesta in avvicinamento, perché una<br />
maggiore illuminazione le avrebbe fatto dolere ulteriormente gli occhi.<br />
Mi girai con un sorriso, pronta a dire a Quinn che avremmo potuto<br />
avere presto notizie di Amelia, solo per trovarlo proprio dietro di me, con<br />
il volto atteggiato a un’espressione che non permetteva fraintendimenti.<br />
Lui era pronto a qualcosa di del tutto diverso.<br />
– Dimmi che non vuoi che ti baci, e mi tirerò indietro – affermò, poi<br />
prese a baciarmi.<br />
Io non dissi una parola.<br />
Quando la differenza di statura divenne un problema, Quinn si limitò<br />
a sollevarmi e ad appollaiarmi sul bordo del piano di cucina. Fuori, risuonò<br />
un rombo di tuono, mentre io allargavo le ginocchia per permettergli di<br />
avvicinarsi più che poteva, e lo circondavo con le gambe. Lui mi sfilò<br />
l’elastico dai capelli, un processo non del tutto indolore, e vi passò in<br />
mezzo le dita, serrandole intorno a essi e inspirando a fondo, come se<br />
stesse estraendo il profumo da un fiore.<br />
– Per te va bene? – chiese con voce roca, quando le sue dita<br />
trovarono il bordo inferiore del mio top e vi scivolarono sotto; tastato il<br />
reggiseno, riuscì poi a capire a tempo di record come fare a slacciarlo.<br />
– Bene? – ripetei, come stordita. Non sapevo se volevo dire “Bene?
Dannazione, sì, spicciati!” oppure “Vuoi sapere quale parte di questo va<br />
bene?” ma naturalmente Quinn interpretò quella mia singola parola come<br />
un semaforo verde, spingendo da parte il reggiseno e passando i pollici sui<br />
miei capezzoli, che erano già eretti. Pensai che sarei esplosa, e soltanto la<br />
previsione di cose migliori che ancora dovevano venire mi trattenne dal<br />
perdere il controllo sul momento. Mi contorsi per portarmi ancor più sul<br />
bordo del piano di cucina, in modo che la grossa sporgenza sul davanti dei<br />
jeans di Quinn arrivasse contro il cavallo dei miei pantaloni: era<br />
stupefacente, come combaciavano. Lui si premette contro di me, si ritrasse<br />
e premette ancora, il rigonfiamento dei suoi jeans che andava a colpire<br />
proprio il punto giusto, così facile da raggiungere attraverso il sottile ed<br />
elastico spandex.<br />
Gridai ancora, aggrappandomi a lui in un cieco momento di orgasmo,<br />
in cui avrei potuto giurare di essere stata catapultata in un altro universo;<br />
adesso il mio respiro era più simile a un susseguirsi di singhiozzi, e mi ero<br />
avviluppata intorno a lui come se fosse stato il mio eroe, cosa che in quel<br />
momento era di certo.<br />
Il suo respiro era ancora affannoso, e lui si stava muovendo ancora<br />
contro di me, cercando a sua volta l’orgasmo, dopo che io avevo avuto così<br />
rumorosamente il mio. Gli succhiai il collo, mentre insinuavo una mano<br />
fra noi due e lo accarezzavo attraverso i jeans, e improvvisamente lui<br />
emise un grido rauco quanto lo era stato il mio, serrando convulsamente le<br />
braccia intorno a me.<br />
– Oh, mio Dio – mormorò, – oh, Dio.<br />
Con gli occhi ancora serrati, mi baciò il collo, la guancia, le labbra,<br />
più e più volte.<br />
– Piccola – disse quindi, quando il suo respiro... e il mio... furono<br />
tornati quasi alla normalità, – non ero più venuto così da quando avevo<br />
diciassette anni e mi trovavo sul sedile di dietro della macchina di mio<br />
padre, con Ellie Hopper.<br />
– Quindi è una cosa positiva – borbottai.<br />
– Ci puoi scommettere – garantì.<br />
Rimanemmo stretti ancora per un momento, durante il quale mi<br />
accorsi infine della pioggia che martellava contro le finestre e le porte, e<br />
dei tuoni che rimbombavano nell’allontanarsi. Il mio cervello stava<br />
pensando di disattivarsi per un breve sonnellino, ed ero pigramente<br />
consapevole che la mente di Quinn era altrettanto sonnolenta, mentre lui<br />
mi riagganciava il reggiseno. Dabbasso, Amelia stava preparando il caffè<br />
nella cucina buia, e Bob si stava svegliando in reazione a quel
meraviglioso profumo, chiedendosi dove fossero i suoi pantaloni. E nel<br />
cortile c’erano dei nemici che si stavano avvicinando in silenzio, già<br />
avviati su per la scala.<br />
– Quinn! – esclamai, proprio nel momento in cui il suo udito acuto<br />
coglieva il rumore dei loro passi. Immediatamente, lui entrò nella modalità<br />
da combattimento... poiché non mi ero trovata a casa mia, dove potevo<br />
controllare i simboli sul calendario, non mi ero resa conto di quanto<br />
fossimo vicini alla luna piena. Adesso le mani di Quinn non erano più<br />
munite di dita, ma di artigli lunghi almeno sei centimetri, e i suoi occhi si<br />
erano fatti obliqui, completamente dorati e con dilatate pupille nere. Il<br />
cambiamento stesso delle ossa del volto lo aveva trasformato in un alieno.<br />
Negli ultimi dieci minuti avevo fatto in un certo modo l’amore con<br />
quell’uomo, e adesso non avrei saputo riconoscerlo se lo avessi incontrato<br />
per la strada.<br />
Quello però non era il momento di pensare a nulla se non a come<br />
meglio difenderci. Io ero l’anello debole, quindi avrei fatto meglio a<br />
sfruttare il vantaggio della sorpresa. Scendendo dal piano di cucina,<br />
oltrepassai in fretta Quinn, in direzione della porta, prelevando la lampada<br />
dal suo piedistallo. Quando il primo mannaro fece irruzione oltre la soglia,<br />
lo colpii sulla testa, facendolo barcollare; il compagno che lo seguì<br />
inciampò nel suo corpo che si dibatteva, e Quinn fu più che pronto ad<br />
affrontare il terzo. Purtroppo, ce n’erano altri sei.
Capitolo ventesimo<br />
Ci vollero due di loro per ridurmi all’impotenza, mentre io<br />
continuavo a urlare, mordere e colpire con tutte le mie forze. Per Quinn ne<br />
occorsero quattro, e riuscirono a sottometterlo solo perché uno di essi<br />
aveva uno storditore elettrico; altrimenti, sono certa che lui li avrebbe<br />
eliminati tutti, sei o otto che fossero, invece di abbattere soltanto i tre di<br />
cui si era occupato prima che gli altri gli arrivassero addosso.<br />
Sapevo che mi avrebbero sopraffatta, e che mi sarei potuta<br />
risparmiare qualche livido, e magari un osso rotto, se non avessi opposto<br />
resistenza, ma ho il mio orgoglio e inoltre, dal punto di vista pratico,<br />
volevo essere certa che Amelia sentisse quello che stava succedendo sopra<br />
la sua testa: lei avrebbe fatto qualcosa... non sapevo cosa, ma ero certa che<br />
avrebbe agito in qualche modo.<br />
Alla fine venni trascinata giù per le scale da due uomini massicci che<br />
non avevo mai visto, gli stessi che mi avevano legato i polsi con il nastro<br />
adesivo; mentre lo facevano, mi ero sforzata di tenere i polsi il più<br />
distanziati possibile, ma non ero certa di aver fatto un buon lavoro.<br />
– Mmmm, profuma di sesso – commentò il più basso dei due,<br />
pizzicandomi il sedere. Ignorai il suo disgustoso sogghigno lascivo e trassi<br />
un po’ di soddisfazione dalla vista del livido che il mio pugno gli aveva<br />
lasciato sullo zigomo (pugno che, tra parentesi, aveva le nocche doloranti e<br />
ammaccate: non si può colpire qualcuno senza pagarne le conseguenze).<br />
Dovettero trasportare Quinn di peso, e non furono per niente delicati,<br />
sballottandolo giù per le scale e facendolo perfino cadere una volta, a<br />
causa della sua mole. Uno dei colpi ricevuti gli aveva lacerato la pelle<br />
sopra l’occhio sinistro, e anche lui era stato legato con il nastro adesivo,<br />
cosa che mi indusse a chiedermi che ne sarebbe stato del suo pelo quando<br />
esso fosse stato rimosso.<br />
Per qualche momento, ci tennero fermi nel cortile, affiancati, e Quinn<br />
mi guardò come se desiderasse disperatamente parlarmi. Il sangue che<br />
usciva dalla ferita sopra l’occhio gli colava lungo la guancia, e lui appariva<br />
ancora intontito dalla scarica dello storditore; intanto, le sue mani stavano<br />
tornando ad avere un aspetto normale. Tentai di lanciarmi verso di lui, ma i<br />
mannari badarono a tenerci separati.<br />
Poi nel vialetto entrarono due furgoni bianchi e lunghi, senza<br />
finestrino posteriore, che recavano su un fianco la scritta BIG EASY
ELECTRIC; il logo era stato coperto con il fango, cosa che appariva<br />
alquanto sospetta. Entrambi i conducenti balzarono a terra, e quello del<br />
primo veicolo ne spalancò gli sportelli posteriori.<br />
Mentre i nostri catturatori ci trascinavano verso quel furgone, il resto<br />
degli assalitori venne trasportato giù per la scala, e posso garantire con<br />
piacere che gli uomini feriti da Quinn erano in condizioni molto peggiori<br />
delle sue: gli artigli possono recare danni incredibili, soprattutto se usati<br />
con la forza di cui dispone una tigre. Il tizio che avevo colpito con la<br />
lampada era privo di sensi, e quello che aveva raggiunto per primo Quinn<br />
forse era <strong>morto</strong>; di certo, era coperto da molto sangue, e c’erano parti di lui<br />
ora esposte alla luce che si sarebbero dovute trovare invece nel suo ventre.<br />
La cosa mi fece affiorare sul volto un sorriso di soddisfazione,<br />
mentre gli uomini che mi trattenevano mi spingevano dentro il furgone,<br />
che scoprii essere cosparso di rifiuti e di sporcizia: niente da dire, quella<br />
era davvero un’operazione di alta classe. Una rete metallica separava i<br />
sedili anteriori dal piano di carico posteriore, i cui scaffali erano stati<br />
svuotati, probabilmente per fare posto a noi.<br />
Venni infilata nello stretto spazio fra le due file di scaffali, e Quinn<br />
venne incastrato all’interno dopo di me, cosa che costò parecchia fatica ai<br />
nostri catturatori, perché lui era ancora molto intontito. Mentre i due<br />
uomini che si erano occupati di noi richiudevano le porte posteriori del<br />
furgone, gli altri provvidero a caricare i mannari caduti sul secondo<br />
veicolo. Evidentemente, i due furgoni erano stati parcheggiati per breve<br />
tempo sulla strada, in modo che noi non li sentissimo entrare nel vialetto,<br />
ed erano stati poi spostati nel cortile quando i nostri assalitori erano stati<br />
pronti a caricarci a bordo, perché perfino gli abitanti di una città rissosa<br />
come New Orleans avrebbero notato alcuni corpi malconci che venivano<br />
infilati dentro due furgoni... sotto una pioggia battente.<br />
Mi augurai che i mannari non pensassero a prelevare anche Amelia e<br />
Bob, e pregai che Amelia fosse tanto intelligente da nascondersi, invece di<br />
tentare qualche impulsivo e coraggioso atto di magia. So che è una<br />
contraddizione, pregare per una cosa (chiedere un favore a Dio) e nello<br />
stesso tempo sperare che i tuoi nemici vengano uccisi.<br />
Tutto quello che posso dire è che questa è una cosa che i cristiani<br />
hanno sempre fatto fin dall’inizio... almeno i cattivi cristiani, come me.<br />
– Via, via, via – gridò l’uomo basso, che era salito sul sedile<br />
anteriore. Il conducente lo accontentò con uno stridio di pneumatici del<br />
tutto inutile, lasciando il cortile a precipizio, come se avessero appena<br />
sparato al presidente e noi lo stessimo trasportando al Walter Reed
Hospital.<br />
Mentre lasciavamo Chloe Street, svoltando per andare verso la nostra<br />
destinazione, quale che potesse essere, Quinn si riprese infine del tutto.<br />
Aveva le mani legate dietro la schiena, una cosa scomoda e dolorosa, e la<br />
sua testa non aveva smesso di sanguinare, per cui mi aspettavo che lui<br />
continuasse a essere intontito, se non addirittura in stato di shock. Invece, i<br />
suoi occhi misero gradualmente a fuoco il mio volto.<br />
– Piccola, ti hanno pestata per bene – disse. Non dovevo avere un<br />
aspetto molto buono.<br />
– Già, ma tu sembri essere nella mia stessa barca – ribattei. Sapevo<br />
che il conducente e il suo compagno ci potevano sentire, però non me ne<br />
importava niente.<br />
– Bel protettore, sono risultato essere – continuò Quinn, sforzandosi<br />
di sorridere.<br />
Secondo il modo di vedere dei mannari, io non ero molto pericolosa,<br />
quindi le mie mani erano state legate davanti a me, e non dietro. Ne<br />
approfittai per contorcermi fino a riuscire a esercitare pressione sul taglio<br />
che Quinn aveva alla fronte, cosa che dovette fargli ancora più male, anche<br />
se non emise una sola parola di protesta.<br />
Il movimento del furgone, gli effetti delle percosse e il costante<br />
sballottamento, unito alla puzza dei rifiuti che ci circondavano, fecero sì<br />
che i dieci minuti successivi fossero decisamente sgradevoli. Mi<br />
meravigliava che in una città disseminata di tanti ristoranti famosi, quale<br />
era New Orleans, quel furgone fosse disseminato di sacchetti del Burger<br />
King e di tazze di cartone della Tac Bell.<br />
Se avessi avuto modo di frugare in mezzo a quei rifiuti, forse sarei<br />
riuscita a trovare qualcosa di utile.<br />
– Quando siamo insieme, veniamo attaccati da mannari – osservò<br />
Quinn.<br />
– È colpa mia – dissi. – Mi dispiace davvero di averti trascinato in<br />
questa storia.<br />
– Oh, certo – ribatté. – Ma del resto sono famoso per frequentare<br />
gente violenta.<br />
Eravamo distesi faccia a faccia, e nel parlare lui mi urtò con una<br />
gamba. Stava cercando di dirmi qualcosa, che però non riuscivo a capire.<br />
Sul sedile anteriore, i due uomini si stavano scambiando commenti<br />
riguardo a una ragazza graziosa che stava attraversando la strada, a un<br />
semaforo, e il solo ascoltare la loro conversazione era quasi sufficiente a<br />
indurre una donna ad abiurare per sempre gli uomini... ma se non altro essa
significava che non ci stavano ascoltando.<br />
– Ricordi quando ti ho parlato del mio problema mentale – dissi,<br />
soppesando le parole. – Ricordi cosa ti ho spiegato al riguardo?<br />
Intontito dalla ferita, lui impiegò un minuto a capire, ma poi colse il<br />
suggerimento. Il suo volto si contrasse come se fosse stato sul punto di<br />
spaccare a metà un’asse con un colpo di karate o si fosse accinto a qualche<br />
altra cosa che richiedeva tutta la sua concentrazione, poi il suo pensiero mi<br />
penetrò nella mente.<br />
Telefono, nella mia tasca, mi disse. Il problema era che il telefono si<br />
trovava nella tasca destra, e che lui era disteso proprio su quel fianco,<br />
senza avere certo lo spazio necessario per girarsi.<br />
La cosa richiese una quantità di manovre, che ovviamente non<br />
volevo venissero notate dai nostri catturatori, ma alla fine riuscii a<br />
insinuare le dita nella tasca di Quinn, riservandomi di fargli notare che, in<br />
quelle circostanze, i suoi jeans erano troppo aderenti (cosa che in<br />
circostanze diverse non sarebbe stato affatto un problema). Tirare fuori<br />
quel telefono, con il furgone che ondeggiava e i nostri assalitori che ci<br />
controllavano ogni pochi minuti, fu una cosa davvero difficile.<br />
Quartier generale della regina, selezione rapida, mi comunicò,<br />
quando sentì il telefono che gli usciva di tasca. Quell’informazione era<br />
però inutile per me, perché non sapevo come accedere alla selezione<br />
rapida. Mi ci vollero alcuni minuti per farlo capire a Quinn, e ancora<br />
adesso non so come ci riuscii, ma alla fine lui pensò il numero di telefono,<br />
che io composi goffamente, per poi premere il pulsante di chiamata. Forse,<br />
non avevamo pensato a tutti gli aspetti del nostro piano, perché non appena<br />
una voce rispose alla chiamata, i mannari la sentirono.<br />
– Non lo hai perquisito? – chiese in tono incredulo il conducente al<br />
passeggero.<br />
– Diavolo, no. Stavo cercando di infilare lui nel furgone e di<br />
togliermi in fretta da sotto la pioggia – ringhiò l’uomo che mi aveva<br />
pizzicato il sedere. – Accosta, dannazione!<br />
Qualcuno ha ricevuto il tuo sangue? mi chiese mentalmente Quinn,<br />
anche se ormai avrebbe potuto parlare ad alta voce. Il mio cervello perse<br />
un prezioso secondo per elaborare la domanda.<br />
– Eric – dissi, ad alta voce, perché ormai i mannari erano scesi a terra<br />
e stavano correndo verso gli sportelli posteriori del furgone.<br />
– Quinn e Sookie sono stati rapiti da alcuni mannari – gridò Quinn<br />
nel telefono, che gli tenevo vicino alla bocca. – Eric Northman può<br />
rintracciare Sookie.
Mi augurai che Eric fosse ancora a New Orleans, e che chi aveva<br />
risposto al telefono, al quartier generale della regina, non facesse parte<br />
della congiura. Intanto, i due mannari avevano già aperto gli sportelli<br />
posteriori, e ci stavano trascinando fuori. Uno di essi mi sferrò un pugno e<br />
l’altro colpì Quinn al ventre, poi mi strapparono il telefono dalle dita<br />
gonfie e lo gettarono nello spesso sottobosco che cresceva al lato della<br />
strada. Il conducente si era fermato su un lotto di terreno vuoto, ma più in<br />
su e più in giù lungo la strada erano visibili case su palafitte, ben<br />
distanziate e sovrastanti un mare d’erba. Il cielo era troppo coperto per<br />
permettermi di capire in che direzione stessimo andando, ma ormai ero<br />
certa che ci fossimo diretti a sud, verso le paludi. Nel riuscire a leggere<br />
l’orologio del conducente, rimasi sorpresa di scoprire che erano già le tre<br />
del pomeriggio passate.<br />
– Sei uno stupido idiota, Clete! Chi hanno chiamato? – gridò una<br />
voce proveniente dal secondo furgone, che si era accostato al lato della<br />
strada quando il nostro si era fermato. I nostri catturatori si guardarono a<br />
vicenda con una identica espressione costernata che mi avrebbe fatta<br />
ridere, se non fossi stata tanto dolorante. Sembrava quasi che si fossero<br />
esercitati ad apparire stupidi.<br />
Questa volta, Quinn venne perquisito minuziosamente, cosa che<br />
fecero anche con me, sebbene non avessi tasche o altri posti in cui<br />
nascondere qualcosa, a meno che non volessero controllare anche nei miei<br />
orifizi. Per un secondo, pensai che Clete... Mister Pizzica-Sederi... lo<br />
avrebbe fatto, quando le sue dita si serrarono con forza sullo spandex dei<br />
pantaloni, strappandomi un verso orribile, un soffocato sussulto di paura.<br />
Anche Quinn dovette pensare la stessa cosa, perché dalla sua gola uscì un<br />
suono che era più di un ringhio, era un ruggito rauco, profondo e<br />
assolutamente minaccioso.<br />
– Lascia stare la ragazza, Clete, e rimettiamoci in viaggio – ingiunse<br />
l’alto conducente, in un tono di voce che pareva sottintendere un “con te<br />
ho chiuso”. – Non so chi sia questo tizio, ma non credo che si trasformi in<br />
una nutria.<br />
Mi chiesi se Quinn si sarebbe servito della propria identità per<br />
minacciarli, dato che la maggior parte dei mannari pareva conoscerlo o<br />
averlo sentito nominare, ma lui non fece il proprio nome, e questo mi<br />
indusse a tacerlo a mia volta.<br />
Clete mi caricò di nuovo sul furgone continuando a borbottare<br />
commenti del tipo “Da quando in qua sei diventato Dio? Non sei tu a<br />
comandarmi”, e così via. Invece, era chiaro che l’uomo alto era il suo
capo, il che era un bene, perché volevo avere qualcuno con un po’ di<br />
cervello e un brandello di decenza che si parasse fra me e le sue dita<br />
lunghe.<br />
Ebbero parecchia difficoltà a spingere di nuovo Quinn nel furgone<br />
contro la sua volontà, tanto che alla fine due uomini dell’altro furgone<br />
dovettero intervenire, sia pure con molta riluttanza, per aiutare Clete e il<br />
conducente. Questa volta, legarono anche le gambe di Quinn, usando uno<br />
di quei lacci di plastica con la punta scanalata che si inserisce nel foro<br />
all’altra estremità, qualcosa di simile al laccio che avevamo usato per<br />
chiudere il sacchetto in cui avevamo cotto al forno il tacchino, il Giorno<br />
del Ringraziamento. La sola differenza fu che quello usato su Quinn era di<br />
plastica nera e si bloccava con quella che sembrava una chiave da manette.<br />
Le mie gambe non vennero legate.<br />
Capivo che Quinn si fosse infuriato per come mi avevano trattato, al<br />
punto da lottare per liberarsi, ma il risultato ultimo era stato che adesso le<br />
sue gambe erano legate e le mie no... perché io continuavo a non costituire<br />
una minaccia, almeno secondo il modo di vedere dei nostri rapitori.<br />
E probabilmente avevano ragione, perché non mi riusciva di pensare<br />
a niente che avrei potuto fare per impedire loro di portarci dove stavamo<br />
andando. Non avevo un’arma, e anche se stavo cercando di rosicchiare il<br />
nastro adesivo che mi bloccava le mani, i miei denti non parevano<br />
abbastanza forti da riuscire a intaccarlo. Mi riposai per un momento,<br />
chiudendo stancamente gli occhi, stordita da quell’ultimo colpo, che mi<br />
aveva aperto una lacerazione sulla guancia. Una grossa lingua ruvida mi<br />
passò sulla faccia sanguinante, una prima e poi una seconda volta.<br />
– Non gridare – disse una voce gutturale, tanto strana che aprii gli<br />
occhi per verificare che fosse davvero quella di Quinn.<br />
Quinn era tanto potente che poteva arrestare la trasformazione, dopo<br />
che era iniziata, e avevo il sospetto che potesse anche attivarla a suo<br />
piacimento, anche se avevo notato che un combattimento la scatenava<br />
automaticamente in qualsiasi mutaforma. Quinn aveva manifestato i suoi<br />
artigli nel corso dello scontro nell’appartamento di Hadley, cosa che aveva<br />
quasi alterato le sorti della lotta a nostro favore, e sul lato della strada si<br />
era talmente infuriato con Clete che il naso gli si era allargato e appiattito,<br />
e i denti si erano trasformati in minuscole daghe.<br />
– Perché non ti sei trasformato completamente? – sussurrai.<br />
Perché qui dentro non resterebbe spazio anche per te, piccola.<br />
Quando mi trasformo, sono lungo più di due metri e peso circa<br />
duecentoventi chili.
Era un’informazione sufficiente a sconvolgere qualsiasi ragazza.<br />
Potevo soltanto essere grata che lui fosse stato tanto previdente. Tornai a<br />
osservarlo.<br />
Non sei disgustata?<br />
Davanti, Clete e il conducente stavano recriminando uno contro<br />
l’altro per via dell’incidente del telefono.<br />
– Nonno, che denti grandi hai – sussurrai. I canini superiori e<br />
inferiori erano così lunghi e acuminati da fare davvero paura<br />
(stupidamente, mi trovai a pensare che definirli canini poteva suonare<br />
come un insulto, per un felino).<br />
Erano aguzzi e affilati. Affilati. Sollevai le mani fino ad<br />
accostargliele alla bocca, e lo supplicai con lo sguardo, sperando che<br />
capisse. Decifrare il suo volto alterato era difficile, ma mi parve di intuire<br />
che lui fosse preoccupato: la situazione in cui eravamo stava destando i<br />
suoi istinti protettivi, tuttavia l’idea che gli proponevo faceva appello ad<br />
altri istinti.<br />
Ti farò sanguinare, mi avvertì, facendo un notevole sforzo, perché<br />
adesso era in parte animale, e i processi mentali animaleschi non<br />
seguivano necessariamente gli stessi percorsi di quelli umani.<br />
Mi serrai il labbro inferiore fra i denti per non sussultare, quando le<br />
sue zanne affondarono nel nastro adesivo. Lui dovette esercitare una certa<br />
pressione perché i suoi canini, lunghi sette centimetri, lo trapassassero, il<br />
che fece sì che i più corti ma affilati incisivi mi penetrassero nella pelle,<br />
per quanto lui stesse attento per cercare di evitarlo. Le lacrime presero a<br />
rotolarmi lungo le guance in un flusso costante, e lo sentii esitare.<br />
Agitando le mani legate, lo incitai a proseguire, e con riluttanza si rimise al<br />
lavoro.<br />
– Ehi, George, la sta mordendo – commentò Clete, dal sedile<br />
anteriore. – Posso vedere le sue mascelle che si muovono.<br />
Per fortuna, eravamo tanto vicini, e la luce era tanto scarsa che lui<br />
non riuscì a vedere come in effetti Quinn stesse mordendo i miei legami.<br />
Questo era un bene, e io stavo cercando disperatamente di trovare cose<br />
buone a cui aggrapparmi, perché in quel momento il mondo mi appariva<br />
davvero molto, molto cupo, mentre me ne stavo distesa su un furgone che<br />
viaggiava sotto la pioggia su una strada sconosciuta, da qualche parte nella<br />
Louisiana meridionale.<br />
Ero furente, sanguinante, dolorante e con il peso del corpo che<br />
gravava sul braccio sinistro, già ferito. Quello che volevo, la cosa ideale,<br />
sarebbe stata ritrovarmi pulita, fasciata e in un bel letto dalle lenzuola
ianche... d’accordo, pulita, fasciata e con indosso una camicia da notte<br />
altrettanto pulita. E poi, anche Quinn sarebbe dovuto essere in quel letto,<br />
nella sua forma umana, anche lui pulito e fasciato. E lui sarebbe dovuto<br />
essere riposato, e non avere niente indosso...<br />
Alla fine, il dolore causato dalle braccia ferite e sanguinanti divenne<br />
impossibile da ignorare, e mi impedì di concentrarmi abbastanza da restare<br />
aggrappata al mio piacevole sogno a occhi aperti. Proprio quando ero sul<br />
punto di gemere... o forse di mettermi direttamente a urlare... sentii i miei<br />
polsi che si separavano.<br />
Per qualche secondo rimasi distesa immobile, ansimando e cercando<br />
di controllare la mia reazione al dolore. Purtroppo, Quinn non poteva<br />
rosicchiare anche i propri legami, perché aveva le mani bloccate dietro la<br />
schiena. Alla fine, però, riuscì a girarsi in modo che potessi vedere i suoi<br />
polsi.<br />
– Cosa stanno facendo? – chiese George.<br />
Clete guardò verso di noi, ma io badai a tenere i polsi ravvicinati, e la<br />
giornata buia gli impedì di vedere con chiarezza.<br />
– Non stanno facendo niente. Ha smesso di morderla – riferì,<br />
apparentemente deluso.<br />
Quinn intanto aveva trapassato il nastro adesivo con un artiglio; esso<br />
però non era affilato lungo i bordi, come una scimitarra, e il suo potere<br />
risiedeva nella punta acuminata, abbinata alla forza immane di una tigre, e<br />
poiché Quinn non riusciva a fare leva abbastanza da esercitare tale forza,<br />
l’operazione sarebbe andata per le lunghe e, sospettavo, il nastro si sarebbe<br />
separato rumorosamente quando lui fosse riuscito a lacerarlo.<br />
Non ci rimaneva molto tempo. Da un momento all’altro perfino<br />
quell’idiota di Clete si sarebbe accorto che non era tutto come doveva<br />
essere, quindi avviai la difficile manovra necessaria per arrivare con le<br />
mani alle caviglie di Quinn, senza far notare il fatto che non erano più<br />
legate. Nell’intravedere il mio movimento, Clete si girò a guardare, e io mi<br />
accasciai contro gli scaffali vuoti, le mani strettamente congiunte in<br />
grembo, cercando di assumere un’espressione disperata, cosa che mi fu fin<br />
troppo facile. Dopo qualche secondo, Clete perse interesse e si accese una<br />
sigaretta, dandomi la possibilità di esaminare la striscia di plastica che<br />
bloccava le caviglie di Quinn. Mi ricordava il laccio usato per il sacchetto<br />
del tacchino del Ringraziamento, quel cordino era di plastica nera, spessa e<br />
resistente, e io non avevo un coltello per tagliarlo o la chiave per aprirlo.<br />
Mi parve però che Clete avesse commesso un errore nell’applicare quella<br />
sorta di manette, e mi affrettai a cercare di trarne vantaggio. Naturalmente,
Quinn aveva ancora le scarpe, che provvidi a slacciare e a sfilare. A quel<br />
punto, il suo piede cominciò a scivolare all’insù all’interno del cerchio di<br />
plastica: come avevo sospettato, le scarpe gli avevano tenuto separati i<br />
piedi, lasciando un po’ di spazio di manovra.<br />
Anche se i polsi e le mani mi stavano sanguinando sui suoi calzini<br />
(che gli avevo lasciato perché la plastica non lo graffiasse) me la stavo<br />
cavando piuttosto bene, e lui si stava dimostrando stoico nel sopportare il<br />
modo drastico in cui gli manovravi il piede. A un certo punto, sentii le sue<br />
ossa protestare per la strana torsione a cui le stavo sottoponendo, ma il<br />
piede scivolò finalmente fuori, libero.<br />
Mi ci era voluto più tempo a pensare a quella manovra che a<br />
eseguirla. Mi pareva che fossero passate ore.<br />
Tirato via il laccio di plastica, lo nascosi fra i rifiuti e guardai verso<br />
Quinn, che annuì. Il suo artiglio si agganciò più saldamente nel nastro<br />
adesivo, lacerandolo fino a far apparire un buco con un rumore per fortuna<br />
minimo. Intanto, io tornai a sdraiarmi accanto a lui per mascherare ciò che<br />
stava facendo.<br />
Infilati entrambi i pollici nel buco da lui praticato nel nastro adesivo,<br />
provai a tirare, ottenendo ben poco. C’è un motivo per cui il nastro adesivo<br />
è tanto popolare: è una sostanza affidabile.<br />
Dovevamo fuggire da quel furgone prima che raggiungesse la sua<br />
meta, e dovevamo riuscire ad allontanarci prima che il secondo furgone si<br />
fermasse dietro al nostro. Disperata, mi misi a frugare fra i sacchetti per<br />
panini e i contenitori di cartone per patatine sparsi sul fondo, e alla fine, in<br />
una piccola fessura fra il lato e il fondo del veicolo, trovai un minuscolo<br />
cacciavite Phillips, lungo e sottile.<br />
Lo fissai, e trassi un profondo respiro, consapevole di cosa dovessi<br />
fare. Le lacrime ripresero a scorrermi sul volto: sapevo che mi stavo<br />
comportando da piagnucolona, ma non potevo farci niente. Infine, guardai<br />
verso Quinn, il cui sguardo si era fatto inflessibile, perché sapeva bene<br />
quanto me cosa andasse fatto. Proprio in quel momento, il furgone rallentò<br />
e descrisse una svolta, lasciando una strada distrettuale abbastanza ben<br />
tenuta per imboccare quello che sembrava un sentiero ghiaioso che correva<br />
fra i boschi e che fui certa essere un viale d’accesso. Eravamo vicini alla<br />
nostra destinazione.<br />
Quella era l’occasione migliore che avremmo avuto, forse l’unica.<br />
– Allunga i polsi – mormorai, e conficcai il cacciavite nel buco già<br />
presente nel nastro adesivo, allargandolo. Tornai ad affondare il cacciavite<br />
una seconda e un’ultima volta, proprio mentre i due uomini si giravano,
avendo percepito i miei movimenti frenetici. Mentre Quinn si sforzava di<br />
spezzare i legami danneggiati, io mi issai in ginocchio e mi aggrappai al<br />
divisorio di rete con la mano sinistra.<br />
– Clete! – chiamai. Lui si girò, protendendosi fra i sedili per<br />
avvicinarsi al divisorio e vedere meglio, e io trassi un profondo respiro per<br />
poi piantare con la destra il cacciavite attraverso le maglie di rete del<br />
divisorio nella sua guancia.<br />
Lui prese a urlare e a sanguinare, e George si affrettò ad accostare.<br />
Intanto, Quinn liberò infine i polsi, con un ruggito, poi entrò in azione<br />
come un fulmine, e nel momento stesso in cui il furgone si arrestò, lui e io<br />
ci lanciammo fuori dalle porte posteriori, spiccando la corsa verso i boschi<br />
che, per fortuna, erano subito a ridosso della strada.<br />
Un paio di sandali infradito ornati di perline non era la calzatura più<br />
adatta a correre per boschi, cosa che tengo a sottolineare in questa sede, e<br />
Quinn era in calzini, ma riuscimmo a guadagnare comunque terreno, e<br />
quando infine il sorpreso conducente del secondo furgone si fermò,<br />
permettendo ai suoi passeggeri di lanciarsi al nostro inseguimento,<br />
eravamo già scomparsi alla vista di chi si trovava sulla strada.<br />
Continuammo a correre, perché i nostri inseguitori erano mannari, e<br />
quindi erano in grado di trovare le nostre tracce. Io stringevo ancora in<br />
mano il cacciavite, che avevo estratto dalla guancia di Clete, e ricordo di<br />
aver riflettuto che era pericoloso correre impugnando un oggetto<br />
appuntito; poi pensai alle dita tozze di Clete che tastavano fra le mie<br />
gambe e non mi sentii più tanto colpevole per quello che gli avevo fatto.<br />
Di lì a poco, nel superare con un salto un albero abbattuto coperto da<br />
viticci spinosi, il cacciavite mi scivolò di mano, e non ebbi il tempo di<br />
fermarmi a cercarlo.<br />
Dopo aver corso per qualche tempo, arrivammo alla palude.<br />
Naturalmente, la Louisiana abbonda di paludi e di bayou, luoghi ricchi di<br />
animali selvatici e anche belli da visitare, magari facendo un giro in canoa<br />
o qualcosa del genere.<br />
Però, attraversarli a piedi, sotto una pioggia battente, è tutt’altro che<br />
gradevole.<br />
Dovetti farmi forza per riuscire a seguire Quinn nell’acqua, che era<br />
scura e fredda perché eravamo ancora in primavera; d’estate, sarebbe<br />
risultata calda come un brodo. In una giornata nuvolosa come quella, una<br />
volta che ci fossimo venuti a trovare sotto gli alberi che sporgevano sulla<br />
palude, saremmo risultati quasi invisibili per i nostri inseguitori, il che era<br />
un bene; quelle condizioni significavano però anche che saremmo riusciti a
scorgere qualsiasi animale in agguato solo quando fossimo stati sul punto<br />
di calpestarlo, o quando ci avesse morsi, il che non era altrettanto positivo.<br />
Notando l’ampio sorriso di Quinn, ricordai che alcune tigri avevano<br />
un habitat naturale che comprendeva la presenza di paludi. Bene, almeno<br />
uno di noi era contento.<br />
L’acqua si fece sempre più profonda, e ben presto ci trovammo<br />
costretti a nuotare, cosa che Quinn fece con una grazia che ebbe in certo<br />
modo l’effetto di intimidirmi, mentre mi sforzavo di muovermi nel modo<br />
più silenzioso e furtivo possibile. Per un secondo, mi sentii così spaventata<br />
e infreddolita da cominciare a pensare che... no, non sarebbe stato meglio<br />
essere ancora nel furgone, ma per un istante poco ci mancò che lo pensassi<br />
davvero.<br />
Ero terribilmente stanca, con i muscoli che tremavano in<br />
conseguenza della scarica di adrenalina che aveva accompagnato la nostra<br />
fuga, seguita dalla corsa fra i boschi e preceduta dalla lotta<br />
nell’appartamento, e prima ancora... oh, mio Dio, avevo fatto sesso con<br />
Quinn. In un certo senso. Sì, decisamente lo avevo fatto. Più o meno.<br />
Non avevamo più parlato, da quando eravamo schizzati fuori del<br />
furgone. Improvvisamente, ricordai di avergli visto perdere sangue da un<br />
braccio mentre cominciavamo a correre, segno che nel liberarlo dovevo<br />
averlo colpito almeno una volta con il cacciavite.<br />
E io che stavo a lamentarmi dei miei mali...<br />
– Quinn, lascia che ti aiuti – dissi.<br />
– Aiutarmi? – ripeté. Non riuscii a decifrare il suo tono, e dal<br />
momento che stava nuotando davanti a me nell’acqua scura, non lo potei<br />
vedere in volto, ma la sua mente... ah. La sua mente era piena di un<br />
groviglio di confusione e di rabbia che lui non riusciva ad accantonare da<br />
nessuna parte. – Ho forse aiutato te? Ti ho liberata? Ti ho protetta da quei<br />
fottuti mannari? No, ho lasciato che quel figlio di una cagna ti palpasse, e<br />
sono rimasto a guardare senza poter fare niente – infuriò.<br />
Ah, si trattava di orgoglio maschile.<br />
– Mi hai liberato le mani – gli feci notare, – e adesso mi puoi aiutare.<br />
– Come? – ribatté, girandosi verso di me, cosa che mi permise di<br />
vedere fino a che punto fosse infuriato. Il fatto che gli uomini siano più<br />
forti delle donne è uno dei misteriosi squilibri creati da Dio. Mia nonna<br />
sosteneva che quello era il Suo modo di mantenere la bilancia in<br />
equilibrio, perché le donne erano più dure e resistenti degli uomini; non<br />
ero certa che fosse vero, ma sapevo che Quinn, forse perché era un uomo<br />
grosso e formidabile, e forse perché era una tigre mannara che poteva
trasformarsi in una bestia splendida e letale, era fuori di sé dalla rabbia<br />
perché non aveva ucciso tutti i nostri aggressori e non mi aveva salvata<br />
dall’essere insozzata dalle loro mani.<br />
Io stessa avrei notevolmente preferito quello scenario, soprattutto alla<br />
luce della nostra situazione attuale, ma gli eventi non erano andati in quel<br />
modo. – Quinn – dissi, con voce stanca quasi quanto tutto il resto di me<br />
stessa, – loro dovevano essere diretti da qualche parte qui intorno. Da<br />
qualche parte in questa palude.<br />
– Ed è per questo che abbiamo cambiato direzione – annuì lui. In<br />
quel momento vidi un serpente arrotolato su un ramo d’albero proteso<br />
sull’acqua, proprio alle sue spalle, e la mia espressione dovette rivelare<br />
quanto la cosa mi sconvolgeva, perché Quinn si girò con velocità<br />
fulminea, chiuse la mano intorno a quel serpente e lo scrollò un paio di<br />
volte. Un attimo dopo il rettile era <strong>morto</strong> e si stava allontanando<br />
sull’acqua, trascinato dalla lenta corrente, e Quinn pareva sentirsi molto<br />
meglio. – Non sappiamo dove stiamo andando, ma di certo ci stiamo<br />
allontanando da loro. Giusto? – domandò.<br />
– Non ci sono altri cervelli attivi nel mio raggio di percezione –<br />
replicai, dopo aver controllato, – però non ho mai appurato quanto questo<br />
raggio sia esteso. Questo è tutto quello che ti posso dire. Adesso,<br />
cerchiamo di uscire per un momento dall’acqua, mentre riflettiamo,<br />
d’accordo? – conclusi, tremando da capo a piedi.<br />
Avanzando a guado nell’acqua, Quinn mi prese fra le braccia.<br />
– Attaccati al mio collo – disse.<br />
Certo, se voleva agire da gentiluomo, a me andava benissimo, quindi<br />
gli circondai il collo con le braccia, e lui riprese ad avanzare.<br />
– Andrebbe meglio per te se ti trasformassi in una tigre? – domandai.<br />
– Potrei doverlo fare più tardi, e oggi mi sono già trasformato<br />
parzialmente due volte – rispose, – quindi è meglio che per ora conservi le<br />
forze.<br />
– Che genere di tigre sei?<br />
– Una tigre del Bengala – spiegò.<br />
In quel momento, la pioggia che tamburellava sull’acqua smise di<br />
cadere. Questo ci permise di sentire delle voci, cosa che ci indusse a<br />
immobilizzarci e a sollevare entrambi la faccia in direzione del suono.<br />
Sentii qualcosa di grosso scivolare nella palude sulla nostra destra, e<br />
spostai lo sguardo in quella direzione, terrorizzata all’idea di cosa avrei<br />
visto... l’acqua però risultò quasi immobile, come se quel qualcosa si fosse<br />
limitato a fenderla. Sapevo che venivano organizzati tour dei bayou a sud
di New Orleans, e che i locali guadagnavano parecchio portando laggiù i<br />
turisti perché potessero vedere gli alligatori. L’aspetto positivo era che i<br />
nativi ci guadagnavano, e i turisti ottenevano di vedere qualcosa che<br />
altrimenti non avrebbero mai visto; l’aspetto negativo era che a volte i<br />
locali gettavano in acqua delle esche succulente per attirare gli alligatori,<br />
per cui supponevo che ormai quelle bestie associassero gli esseri umani al<br />
cibo.<br />
Posai la testa sulla spalla di Quinn e chiusi gli occhi, aspettando. Le<br />
voci però non accennarono ad avvicinarsi, non sentimmo latrati di lupi e<br />
niente mi azzannò una gamba per cercare di trascinarmi sott’acqua.<br />
– Sai, è questo che fanno gli alligatori – dissi a Quinn. – Ti tirano<br />
sotto, ti fanno annegare e poi ti ficcano da qualche parte, per poterti usare<br />
come spuntino.<br />
– Piccola, oggi non finiremo in pasto ai lupi, e neppure agli alligatori<br />
– ribatté, con una risata che gli vibrò sonora e profonda nel petto. Dopo un<br />
momento, riprendemmo ad avanzare nell’acqua, mentre gli alberi e i tratti<br />
di terreno emerso si facevano più vicini, e i canali più stretti, e alla fine<br />
arrivammo a uno spiazzo di terreno solido abbastanza ampio da ospitare<br />
un capanno.<br />
Quinn mi stava in buona parte sorreggendo, quando uscimmo<br />
barcollando dall’acqua.<br />
Come rifugio, il capanno era ben poca cosa. Forse un tempo era stato<br />
un eccellente campo per cacciatori, per quanto composto solo da tre pareti<br />
e da un tetto, ma adesso era un rottame,per lo più diroccato, perché il legno<br />
era marcito e il tetto di metallo si era piegato e infossato, divorato a tratti<br />
dalla ruggine. Mi avvicinai a quella costruzione, frugando con cura, ma<br />
non riuscii a trovare niente che potessimo usare come arma.<br />
Quinn intanto era occupato a strapparsi dai polsi quanto restava del<br />
nastro adesivo, senza neppure sussultare quando qualche pezzo di pelle<br />
veniva via con esso; da parte mia, tentai di fare la stessa cosa con<br />
maggiore delicatezza, e dopo un po’ ci rinunciai.<br />
Sgomenta, mi accasciai a terra, appoggiata a una ruvida quercia, la<br />
cui corteccia cominciò immediatamente ad affondarmi nella schiena, e<br />
pensai a tutti i germi che ci dovevano essere nell’acqua, e che si stavano<br />
ora riversando nel mio organismo, essendovi penetrati attraverso i tagli che<br />
avevo sui polsi. Senza dubbio anche il morso non ancora guarito, coperto<br />
dalla benda ora sporca, aveva ricevuto la sua sgradevole porzione di germi,<br />
e la faccia mi si stava gonfiando per le percosse ricevute. Ricordai di<br />
essermi guardata allo specchio, il giorno precedente, e di aver constatato
che i segni lasciati sul mio collo dai mannari di Shreveport erano<br />
finalmente quasi scomparsi. La cosa mi era davvero servita a molto!<br />
– A quest’ora, Amelia dovrebbe aver fatto qualcosa – dissi, con<br />
ottimismo. – Probabilmente, avrà chiamato il quartier generale dei<br />
vampiri, quindi anche se la nostra telefonata non ha raggiunto nessuno<br />
disposto ad aiutarci, forse qualcuno ci sta già cercando.<br />
– Dovrebbero incaricare dei dipendenti umani – osservò Quinn. –<br />
Anche se il cielo è tanto scuro, tecnicamente è ancora giorno.<br />
– Bene, almeno ha smesso di piovere – commentai.<br />
In quel momento, la pioggia riprese a cadere. Vagliai la possibilità di<br />
farmi venire una crisi di nervi, ma non mi parve il caso di consumare tutta<br />
quella energia, anche perché non c’era niente che potessi fare al riguardo:<br />
la pioggia avrebbe continuato a scendere dal cielo, per quante crisi di<br />
rabbia mi fossi fatta venire.<br />
– Mi dispiace di averti coinvolto in tutto questo – affermai.<br />
– Sookie, non so se dovresti essere tu a dire a me che ti dispiace –<br />
ribatté Quinn, con particolare enfasi sui pronomi. – Tutto è successo<br />
sempre quando eravamo insieme.<br />
Era vero, e cercai di credere che non fosse colpa mia. In qualche<br />
modo, però, ero convinta che fosse proprio così.<br />
– Che genere di relazione hai con Alcide Herveaux? – chiese poi<br />
Quinn, di punto in bianco. – La scorsa settimana lo abbiamo visto in quel<br />
bar, con quell’altra ragazza, ma quel poliziotto di Shreveport ha detto che<br />
tu eri fidanzata con lui.<br />
– Quella era una balla – spiegai, accasciata nel fango. Eccomi qui,<br />
nel cuore di una palude della Louisiana meridionale, sotto la pioggia<br />
battente...<br />
Ehi, un momento! Fissai la bocca di Quinn, che si stava ancora<br />
muovendo, e mi resi conto che lui stava dicendo qualcosa, ma continuai a<br />
seguire lo snodarsi di quel pensiero improvviso, timorosa che finisse per<br />
impantanarsi contro qualche ostacolo. Se sopra la mia testa ci fosse stata<br />
una lampadina, in quell’istante si sarebbe accesa.<br />
– Gesù Cristo, Pastore di Giudea – mormorai, in tono reverente. –<br />
Ecco chi sta facendo tutto questo.<br />
– Hai individuato il responsabile? – domandò Quinn, accoccolandosi<br />
davanti a me. – Quanti nemici hai?<br />
– Quanto meno, so chi ha mandato quei mannari trasformati e chi ci<br />
ha fatti rapire – replicai, rifiutando di lasciarmi depistare. Accoccolata là<br />
insieme a Quinn, sotto la pioggia battente, come se fossimo stati un paio di
cavernicoli, continuai a parlare mentre lui mi ascoltava.<br />
Discutemmo quindi delle diverse possibilità.<br />
E infine elaborammo un piano.
Capitolo ventunesimo<br />
Adesso che sapeva cosa fare, Quinn si dimostrò inesorabile. Dal<br />
momento che le nostre condizioni non potevano essere peggiori di quelle<br />
che già erano, decise che conveniva cominciare a muoversi, e mentre io mi<br />
limitavo praticamente a seguirlo e a non intralciarlo, prese a esplorare la<br />
zona in cerca di odori. Alla fine, però, si stancò di stare accoccolato.<br />
– Intendo trasformarmi – annunciò, e procedette a spogliarsi con<br />
rapida efficienza, arrotolando i vestiti in un fagotto compatto (anche se<br />
fradicio) che mi consegnò perché lo trasportassi, mentre riflettevo con<br />
piacere che tutte le congetture da me formulate riguardo al suo corpo erano<br />
state esatte. Lui aveva cominciato a togliersi i vestiti senza la minima<br />
esitazione, ma quando si era accorto che lo stavo osservando si era<br />
immobilizzato per permettermi di guardarlo: anche nella penombra, e sotto<br />
la pioggia battente, il suo corpo era una vera opera d’arte, per quanto<br />
sfregiata, un grosso blocco di muscoli dai polpacci al collo.<br />
– Ti piace quello che stai vedendo? – domandò.<br />
– Oh, eccome – risposi. – Sei più appetitoso di quanto potrebbe<br />
esserlo un Happy Meal per un bambino di tre anni.<br />
Quinn mi rivolse un ampio sorriso compiaciuto, poi si accoccolò al<br />
suolo, e io compresi cosa stava per succedere. Intorno a lui, l’aria prese a<br />
tremolare e a vibrare, poi il suo corpo iniziò a trasformarsi, all’interno di<br />
quel bozzolo. I muscoli fluirono e tremarono, rimodellandosi, le ossa si<br />
modificarono, il pelo scaturì da chissà dove, dentro di lui... anche se<br />
sapevo che era impossibile, che si trattava di un’illusione. Il suono che<br />
accompagnò il processo fu orribile, una sorta di insieme di umidi<br />
scoppiettii e crepitii, misti ad altri rumori più secchi, come se qualcuno<br />
stesse rimestando una pentola piena di colla rigida mista a pezzi di legno e<br />
rocce.<br />
Alla fine, mi ritrovai davanti una tigre.<br />
Se era stato splendido come uomo, nudo, Quinn era altrettanto bello<br />
come tigre. Il suo pelo era di una cupa tonalità arancione, attraversata da<br />
strisce nere e sfumata di bianco sul ventre e sul muso. I suoi occhi, ora<br />
obliqui, si erano fatti d’oro, e lui era lungo circa due metri e alto almeno<br />
un metro, alla spalla. Era incredibile quanto fosse immenso. Le zampe,<br />
adesso che si erano del tutto sviluppate, erano grandi come piatti, gli<br />
orecchi arrotondati erano semplicemente deliziosi. Mi si avvicinò in
silenzio, con una grazia insolita in una forma tanto massiccia, e prese a<br />
sfregare la grossa testa contro di me con tanta energia da gettarmi quasi a<br />
terra, facendo le fusa con un rumore simile a quello di un enorme, felice<br />
contattore Geiger.<br />
Il suo folto pelo risultava come oleoso al tatto, cosa da cui supposi<br />
che dovesse essere decisamente impermeabile. Poi lui emise un breve<br />
ruggito, e d’un tratto sulla palude scese il silenzio. Non sarebbe stato<br />
logico aspettarsi che gli animali selvatici della Louisiana riconoscessero il<br />
ruggito di una tigre, giusto? Invece lo riconobbero per ciò che era, e si<br />
affrettarono a tacere e a nascondersi.<br />
Con gli animali, non abbiamo le stesse esigenze in fatto di rispetto<br />
dello spazio personale che abbiamo nel trattare con le persone. Mi<br />
inginocchiai accanto alla tigre che era stata Quinn e che, in qualche modo<br />
magico, lo era ancora, e l’abbracciai. Mi disturbava un poco che il suo<br />
odore fosse tanto simile a quello di una vera tigre, e costrinsi la mia mente<br />
ad aggirare la realtà di fatto che lui era una tigre, al cui interno si annidava<br />
Quinn.<br />
Quando ci avviammo attraverso la palude, rimasi un po’ sconcertata<br />
nel vedere la tigre marcare il suo nuovo territorio... non era qualcosa che ci<br />
si aspettasse di veder fare al proprio compagno... ma decisi che mostrare di<br />
risentirmene sarebbe stato ridicolo, senza contare che avevo già abbastanza<br />
problemi a sforzarmi di mantenere la sua andatura. Adesso Quinn stava<br />
cercando una pista, cosa che ci portò a percorrere parecchia strada, e con<br />
l’aumentare dello sfinimento il mio senso della meraviglia andò svanendo<br />
a mano a mano che mi sentivo sempre più infreddolita, affamata e di<br />
cattivo umore. A quel punto, dubitavo che avrei potuto percepire i pensieri<br />
di una persona, anche se essa si fosse trovata proprio sotto i miei piedi.<br />
Poi la tigre si immobilizzò con il naso sollevato a sondare l’aria,<br />
mosse appena la testa, con gli orecchi che vibravano per individuare una<br />
particolare direzione, e infine si volse a guardarmi... e anche se le tigri non<br />
possono sorridere, percepii una netta sensazione di trionfo che emanava da<br />
quel grosso felino. Esso girò la testa verso est, tornò a voltarsi verso di me<br />
e poi riprese a guardare in quella direzione, in un invito a seguirlo chiaro<br />
quanto il suono di una campana.<br />
– D’accordo – dissi, posandogli una mano sulla spalla.<br />
E ci rimettemmo in cammino. Il tragitto attraverso la palude parve<br />
durare un’eternità, anche se in seguito calcolai che quell’“eternità” aveva<br />
probabilmente ammontato a una trentina di minuti. A poco a poco, il<br />
terreno si fece più solido, l’acqua scomparve progressivamente e
lasciammo la palude per addentrarci nella foresta.<br />
Quando il furgone aveva svoltato su quella strada sterrata, avevo<br />
supposto che fossimo vicini alla destinazione dei nostri rapitori, e avevo<br />
avuto ragione. Nello sbucare sul limitare della radura che circondava la<br />
piccola casa, ci venimmo a trovare sul lato ovest della costruzione, che era<br />
rivolta a nord, una posizione da cui potevamo vedere tanto il cortile<br />
anteriore quanto quello posteriore. Il furgone in cui ci avevano tenuti<br />
prigionieri era parcheggiato sul retro, mentre nel piccolo spiazzo sul<br />
davanti dell’abitazione c’era un’auto, una GMC berlina.<br />
Di per sé, la piccola casa era simile a un milione di altre in tutta<br />
l’America rurale: a pianta quadrata, era di legno dalla vernice chiara, con<br />
imposte verdi alle finestre e montanti dello stesso colore che sostenevano<br />
il tetto del piccolo porticato anteriore. I due uomini del furgone, Clete e<br />
George, erano accoccolati sulla sua superficie di cemento, per sfruttare il<br />
poco riparo che esso offriva, per quanto potesse essere inadeguato.<br />
Sul retro della casa c’era un altro porticato identico ma ancora più<br />
angusto, grande a stento abbastanza da contenere un barbecue a gas e uno<br />
spazzolone per i pavimenti, e per di più aperto alla furia degli elementi<br />
che, per la cronaca, stava facendo del suo meglio per scatenarsi.<br />
Nascosi i vestiti di Quinn ai piedi di una mimosa; intanto, la tigre<br />
aveva fiutato Clete, e aveva ritratto le labbra, mettendo in mostra zanne<br />
lunghe e spaventose quanto i denti di uno squalo.<br />
La pioggia pomeridiana aveva abbassato la temperatura, per cui<br />
George e Clete stavano entrambi tremando a causa della fredda umidità<br />
della sera... e stavano fumando. In forma umana, e intenti a fumare, i due<br />
mannari non potevano avere un senso dell’olfatto migliore di quello di due<br />
comuni mortali, come dimostrava il fatto che non stavano dando nessun<br />
segno di essersi accorti della presenza di Quinn. Supponevo infatti che la<br />
loro reazione sarebbe stata decisamente drammatica, se avessero fiutato<br />
l’odore di una tigre, nella Louisiana meridionale.<br />
Muovendomi fra gli alberi, costeggiai la radura fino a venirmi a<br />
trovare molto vicina al furgone, che aggirai fino a raggiungere il lato del<br />
passeggero. Lo sportello non era chiuso a chiave, e potevo vedere lo<br />
storditore elettrico, che era ciò a cui stavo mirando. Tratto un profondo<br />
respiro, aprii lo sportello, augurandomi che l’accendersi della luce interna<br />
non destasse l’interesse di chiunque potesse trovarsi affacciato alla finestra<br />
posteriore della casa; afferrato lo storditore, che si trovava in mezzo a un<br />
assortimento di oggetti, fra i due sedili, richiusi la portiera quanto più<br />
silenziosamente possibile. Per fortuna, la pioggia parve attutire il lieve
umore, e quando non accadde nulla mi concessi un tremante sospiro di<br />
sollievo, prima di indietreggiare fino al limitare del bosco e di<br />
inginocchiarmi accanto a Quinn.<br />
Lui mi leccò la guancia; apprezzando l’affetto espresso da quel gesto,<br />
anche se non l’odore del suo alito di tigre, gli grattai la testa (in qualche<br />
modo, baciare il suo pelo non mi attirava in modo particolare). Fatto<br />
questo, indicai la finestra di sinistra, sul lato ovest della casa, che doveva<br />
essere quella del salotto. Quinn non annuì, e neppure mi diede un<br />
“cinque”, entrambi gesti che sarebbero stati assai poco da tigre, anche se io<br />
mi ero aspettata di ricevere da lui qualche segnale, prima di entrare in<br />
azione. Invece, si limitò a fissarmi.<br />
Alzandomi in piedi con cautela, avanzai nel breve tratto di spazio<br />
aperto fra la foresta e la casa, accostandomi con estrema cautela alla<br />
finestra illuminata.<br />
Non volevo apparire di colpo alla vista come qualcosa che uscisse da<br />
una scatola a sorpresa, quindi mi tenni addossata alla parete e mi spostai<br />
gradualmente di lato, fino a poter sbirciare dentro da un angolo del vetro. I<br />
coniugi Pelt, Barbara e Gordon, erano seduti su un divano “pseudocoloniale”<br />
che risaliva agli anni Sessanta, e il loro linguaggio corporeo<br />
lasciava chiaramente trasparire quanto fossero contrariati; Sandra, la figlia,<br />
stava camminando avanti e indietro davanti a loro, anche se lo spazio a<br />
disposizione era decisamente scarso per un comportamento del genere,<br />
dato che quel salotto era tanto piccolo da poter risultare comodo soltanto<br />
per una famiglia composta da un singolo elemento. I due Pelt più anziani<br />
erano vestiti in modo convenzionale, come per una fotografia di famiglia,<br />
mentre Sandra sfoggiava aderenti pantaloni elasticizzati cachi e una felpa a<br />
maniche corte a strisce colorate, una tenuta più adatta per rimorchiare<br />
qualche bel ragazzo in un centro commerciale che per torturare un paio di<br />
persone. E tuttavia, la tortura era ciò a cui lei stava progettando di<br />
dedicarsi, come indicava una sedia a schienale rigido, che intasava<br />
ulteriormente la stanza e a cui erano già state fissate cinghie e manette.<br />
Un particolare familiare era costituito da un rotolo di nastro adesivo,<br />
pronto accanto alla sedia.<br />
Mi ero sentita piuttosto calma, finché non avevo visto quel nastro.<br />
Ignoravo se le tigri sapessero contare, ma sollevai lo stesso tre dita,<br />
nel caso che Quinn mi stesse guardando. Muovendomi lentamente, con<br />
cautela, mi accoccolai e mi spostai verso sud fino a trovarmi sotto la<br />
seconda finestra. Stavo cominciando a sentirmi piuttosto orgogliosa della<br />
mia capacità di muovermi di soppiatto, cosa che avrebbe dovuto mettermi
in guardia dall’incorrere in un potenziale disastro: dopo tutto, l’orgoglio<br />
precede sempre la caduta.<br />
Sebbene la finestra fosse buia, quando mi sollevai, posizionandomi<br />
per sbirciare dentro, mi trovai a guardare attraverso il vetro dritto negli<br />
occhi di un ometto dalla carnagione scura, con baffi e pizzi. L’uomo era<br />
seduto a un tavolo, proprio vicino alla finestra, e aveva in mano una tazza<br />
di caffè che, per la sorpresa, lasciò cadere sul tavolo, schizzandosi di<br />
liquido caldo le mani, il petto e il mento.<br />
L’uomo urlò, anche se non mi parve che stesse articolando parole<br />
vere e proprie, e in risposta sentii subito del movimento provenire dalla<br />
porta anteriore e dalla stanza sul davanti.<br />
Bene... la frittata era fatta.<br />
Aggirai l’angolo della casa e salii di corsa i gradini del piccolo<br />
portico più veloce di un fulmine, spalancando con uno strattone la porta a<br />
zanzariera e spingendo il battente di legno per poi lanciarmi in cucina<br />
brandendo lo storditore elettrico. L’ometto si stava ancora tamponando la<br />
faccia con un asciugamano quando usai lo storditore su di lui, facendolo<br />
crollare come un sacco di patate. Wow!<br />
Tuttavia quel dannato storditore aveva bisogno di tempo per<br />
ricaricarsi, come scoprii quando Sandra Pelt, che aveva avuto il vantaggio<br />
di essere già in piedi, fece irruzione in cucina, le labbra ritratte sui denti.<br />
Su di lei lo storditore non ebbe il minimo effetto, e un attimo dopo mi<br />
piombò addosso come... come un lupo infuriato.<br />
Lei però aveva ancora la forma di una ragazza, e io ero disperata,<br />
oltre che disperatamente infuriata.<br />
Nella mia vita ho assistito ad almeno un paio di dozzine di risse da<br />
bar, da qualche scambio di pugni a vere e proprie scazzottate, quindi so<br />
lottare, e in quel momento ero disposta a fare qualsiasi cosa fosse stata<br />
necessaria. Sandra era feroce, ma era meno pesante e meno esperta di me,<br />
e dopo qualche rapidissimo momento passato a lottare, sferrare pugni e<br />
strappare capelli, mi ritrovai a sovrastarla, tenendola bloccata al suolo.<br />
Sandra stava ringhiando e facendo schioccare i denti, ma non era in grado<br />
di arrivare al mio collo, e io ero pronta a sferrarle una testata, se fosse stato<br />
necessario.<br />
– Lasciami entrare! – tuonò una voce in lontananza, che supposi<br />
essere quella di Quinn, proveniente da dietro qualche porta.<br />
– Spicciati a venire dentro! – gridai di rimando. – Ho bisogno di<br />
aiuto!<br />
Sandra si stava infatti contorcendo sotto di me, e non osavo neppure
cercare di modificare la presa.<br />
– Sta’ ferma, Sandra, dannazione! – ansimai.<br />
– Fottiti! – ringhiò lei, raddoppiando i propri sforzi.<br />
– A dire il vero, questa scena è in un certo senso eccitante –<br />
commentò una voce familiare, e nel sollevare lo sguardo, vidi Eric che ci<br />
stava contemplando con quei suoi occhi azzurri. Il suo aspetto era<br />
immacolato, e lui appariva perfettamente pulito nei jeans con tanto di<br />
piega e in una inamidata camicia a strisce blu e bianche. Anche i suoi<br />
capelli biondi erano lucidi, puliti e (cosa più invidiabile) asciutti. In quel<br />
momento lo odiai profondamente, perché io mi sentivo fradicia e sporca<br />
all’ennesima potenza.<br />
– Qui mi farebbe comodo un po’ di aiuto – scattai.<br />
– Certamente, Sookie – rispose, – anche se tutti quei contorcimenti<br />
mi piacevano davvero. Lascia andare la ragazza e alzati.<br />
– Solo se tu sei pronto ad agire – ribattei, con il respiro sempre più<br />
affannoso per lo sforzo di tenere bloccata Sandra.<br />
– Io sono sempre pronto ad agire – garantì Eric, con uno smagliante<br />
sorriso. – Sandra, guardami.<br />
Naturalmente, lei era troppo furba per cascarci e serrò prontamente<br />
gli occhi, raddoppiando i propri sforzi. In un attimo riuscì a liberare un<br />
braccio, traendolo indietro per dare maggior forza al pugno che intendeva<br />
sferrare, ma Eric si inginocchiò e le afferrò la mano prima che potesse<br />
raggiungere la mia testa.<br />
– Basta così – ingiunse, in un tono del tutto diverso che indusse<br />
Sandra a spalancare gli occhi per la sorpresa. Anche se Eric non era ancora<br />
riuscito a catturare il suo sguardo con il proprio, supposi che ormai la<br />
avesse sotto controllo e rotolai di lato, restando sdraiata sul poco spazio<br />
libero rimasto sul pavimento della piccola cucina. Mister Piccolo e Bruno<br />
(e Bruciacchiato e Stordito), che supponevo essere il proprietario della<br />
casa, giaceva raggomitolato sotto il tavolo.<br />
Eric, che stava incontrando quasi la mia stessa difficoltà a controllare<br />
Sandra, occupava un’altra notevole porzione dello spazio disponibile.<br />
Esasperato dalla mannara, alla fine lui optò per una soluzione molto<br />
semplice, cominciando a serrare il polso che aveva intrappolato. Sandra<br />
urlò, poi smise di dibattersi.<br />
– Non è leale – protestai, lottando contro un’ondata di stanchezza e<br />
di sofferenza.<br />
– Tutto lo è – replicò Eric, piano.<br />
Il suo commento non mi piacque affatto.
– Di cosa stai parlando? – domandai, ma lui si limitò a scuotere il<br />
capo. – Dov’è Quinn? – chiesi allora.<br />
– La tigre si è occupata di due dei vostri rapitori – spiegò Eric, con<br />
uno sgradevole sorriso. – Ti andrebbe di andare a vedere?<br />
– Non in modo particolare – rifiutai, chiudendo di nuovo gli occhi. –<br />
Devo supporre che siano morti?<br />
– Sono certo che vorrebbero esserlo – replicò Eric. – Cos’hai fatto a<br />
quell’ometto che è lì per terra?<br />
– Se te lo dicessi, non mi crederesti.<br />
– Mettimi alla prova.<br />
– L’ho spaventato a tal punto che si è rovesciato addosso il caffè, e<br />
poi l’ho abbattuto con uno storditore elettrico che avevo sottratto dal<br />
furgone.<br />
– Oh – mormorò Eric, poi emise uno strano suono, una sorta di<br />
ansito, e nell’aprire gli occhi vidi che stava ridendo in silenzio.<br />
– I Pelt? – domandai.<br />
– Rasul li tiene sotto controllo – rispose Eric. – A quanto pare, hai un<br />
altro ammiratore.<br />
– Oh, è solo a causa del mio sangue di fata – ribattei, con irritazione.<br />
– Sai, non è giusto. Non piaccio ai maschi umani... ne conosco almeno<br />
duecento che non uscirebbero con me neppure se venissi data in omaggio<br />
insieme a un furgone della Chevrolet... ma siccome le creature<br />
soprannaturali sono attratte dall’odore di fata, vengo accusata di essere una<br />
calamita per gli uomini. Non ti pare terribilmente sbagliato?<br />
– Hai sangue di fata – ripeté Eric, come se avesse appena ricevuto<br />
una illuminazione. – Questo spiega molte cose.<br />
Questo ferì i miei sentimenti.<br />
– Certo, non potevo semplicemente piacerti – commentai, troppo<br />
stanca e dolorante per essere coerente. – Oh, no, accidenti, doveva esserci<br />
una ragione. E non si tratta della mia frizzante personalità, oh, no! Si tratta<br />
del mio sangue, perché è speciale. Non io, non sono io a essere speciale...<br />
E avrei continuato su quel tono, se Quinn non avesse affermato:<br />
– Personalmente, non mi importa un accidente delle fate.<br />
A questo punto, nella cucina non rimaneva più spazio disponibile.<br />
– Stai bene? – domandai con voce tremante, alzandomi in piedi.<br />
– Sì – rispose, con il suo tono di voce più profondo. Era tornato a<br />
essere del tutto umano, ed era anche del tutto nudo; lo avrei abbracciato<br />
molto volentieri, ma mi sentivo un poco imbarazzata a farlo davanti a Eric,<br />
in considerazione di quel “del tutto”.
– Ho lasciato i tuoi vestiti là fuori, nel bosco – dissi. – Vado a<br />
prenderli.<br />
– Posso farlo io.<br />
– No, so dove sono, e comunque non potrei bagnarmi più di così –<br />
ribattei. Inoltre, non ero abbastanza sofisticata da sentirmi a mio agio in<br />
una stanza con un uomo nudo, uno svenuto, una ragazza decisamente<br />
orribile e un terzo uomo che era stato un mio amante.<br />
– Fottiti, cagna! – mi ringhiò dietro l’amabile Sandra, poi urlò ancora<br />
quando Eric mise bene in chiaro che non gli piacevano gli insulti.<br />
– Altrettanto a te – ribattei, incamminandomi sotto la pioggia.<br />
Oh, sì, stava ancora piovendo.<br />
E io stavo ancora rimuginando su quella faccenda del sangue di fata<br />
mentre recuperavo il fagotto fradicio dei vestiti di Quinn. Sarebbe stato<br />
facile scivolare nella depressione, se avessi pensato che il solo motivo per<br />
cui ero mai piaciuta a qualcuno era perché avevo sangue di fata.<br />
Naturalmente, c’era sempre quel vampiro a cui era stato ordinato di<br />
sedurmi... in quel caso, il sangue di fata era soltanto stato un bonus in più...<br />
no, no, no, non ci volevo pensare.<br />
Se guardavo alla cosa da un punto di vista razionale, il sangue era<br />
parte di me quanto lo era il colore dei miei occhi, o la qualità dei miei<br />
capelli. Esso non aveva fatto assolutamente nulla per la mia nonna mezzafata,<br />
sempre supponendo che il gene mi fosse giunto tramite lei, e non<br />
tramite uno degli altri miei nonni. Lei aveva sposato un umano che non<br />
l’aveva trattata in modo diverso da come avrebbe fatto se il suo sangue<br />
fosse stato semplice, vecchio sangue umano di gruppo A, ed era stata<br />
uccisa da un umano che non aveva saputo niente del suo sangue, a parte<br />
quale fosse il suo colore. Partendo dallo stesso presupposto, quel sangue<br />
non aveva comportato nessuna differenza neppure per mio padre che, in<br />
tutta la sua vita, non aveva mai incontrato un vampiro che si fosse<br />
interessato a lui a causa di esso... o, se lo aveva fatto, aveva badato a<br />
tenerlo per sé, cosa che non mi pareva probabile. E il suo sangue di fata<br />
non aveva salvato mio padre dalla piena improvvisa che aveva spazzato il<br />
furgone dei miei genitori giù dal ponte, nel fiume rigonfio. Se poi quel<br />
sangue mi era giunto tramite mia madre, ebbene... anche lei era morta in<br />
quel furgone, e sua sorella Linda era morta di cancro quando era ancora<br />
sulla quarantina, indipendentemente dal suo retaggio.<br />
E non ritenevo che quel meraviglioso sangue di fata avesse fatto<br />
molto neppure per me. Forse, alcuni vampiri si erano mostrati un po’ più<br />
interessati e amichevoli nei miei confronti rispetto a quanto lo sarebbero
stati altrimenti, ma non potevo dire che quello fosse stato un grande<br />
vantaggio.<br />
In effetti, molte persone avrebbero asserito invece che l’attenzione<br />
dimostratami dai vampiri era stata il grande fattore negativo della mia vita,<br />
e io stessa sarei potuta rientrare fra di esse, soprattutto adesso che mi<br />
trovavo ferma là sotto la pioggia battente, con in mano i vestiti di un’altra<br />
persona e chiedendomi che diavolo dovevo farne.<br />
Avendo chiuso l’intero cerchio del mio ragionamento, tornai a fatica<br />
verso la casa. Si sentivano una quantità di gemiti provenire dal portico<br />
anteriore, presumibilmente emessi da Clete e George: sapevo che sarei<br />
dovuta andare a controllare, ma non riuscii a trovare la forza di farlo.<br />
In cucina, l’ometto bruno stava cominciando a riprendersi, con gli<br />
occhi che si aprivano e si serravano, e la bocca che si contraeva; adesso<br />
aveva le mani legate dietro la schiena, e anche Sandra era stata legata, con<br />
del nastro adesivo, cosa che mi rallegrò non poco, perché mi pareva<br />
un’elegante forma di giustizia poetica. Aveva perfino un rettangolo di<br />
nastro piazzato sulla bocca, cosa che supposi essere opera di Eric. Quanto<br />
a Quinn, aveva trovato un asciugamano che si era fissato intorno alla vita,<br />
cosa che gli dava un’aria molto... perbene.<br />
– Grazie, piccola – disse, recuperando i vestiti e strizzandoli sopra il<br />
lavandino, mentre io grondavo sul pavimento. – Mi chiedo se ci sia<br />
un’asciugatrice.<br />
Aprendo un’altra porta, scoprii una minuscola stanza che fungeva da<br />
dispensa/ripostiglio, con una serie di scaffali su una parete, mentre l’altra<br />
era occupata da uno scaldabagno e da una piccola combinazione di<br />
lavatrice e asciugatrice.<br />
– Passameli – dissi a Quinn, che si avvicinò con i vestiti.<br />
– Devi asciugare anche i tuoi, piccola – osservò. Notai come la sua<br />
voce esprimesse una stanchezza pari alla mia. Trasformarsi da umano in<br />
tigre, e viceversa, senza che ci fosse la luna piena, e in un arco di tempo<br />
tanto breve, doveva essere stato molto difficile.<br />
– Magari, potresti scovarmi un asciugamano? – domandai,<br />
procedendo a sfilarmi con estrema fatica i pantaloni bagnati. Senza una<br />
sola battuta, o un sorriso, lui andò a vedere cosa riusciva a trovare, e tornò<br />
portando con sé alcuni vestiti, presumibilmente provenienti dalla camera<br />
da letto dell’ometto: una T-shirt, calzoni corti e calzini.<br />
– È il meglio che ho potuto fare – si scusò.<br />
– Ed è più di quanto sperassi – replicai. Una volta usato<br />
l’asciugamano e infilati i vestiti asciutti e puliti, mancò poco che piangessi
per la gratitudine. Ringraziai Quinn con un abbraccio, poi andai ad<br />
appurare cosa ne avremmo fatto dei nostri ostaggi.<br />
I Pelt erano seduti per terra nel salotto, saldamente ammanettati e<br />
sorvegliati da Rasul. Barbara e Gordon erano apparsi molto miti, quando<br />
erano venuti da Merlotte’s e si erano incontrati con me nell’ufficio di Sam,<br />
ma adesso non avevano più niente di mite, e furia e malizia contrastavano<br />
tristemente con i loro tratti borghesi.<br />
Eric portò dentro anche Sandra, scaricandola sul pavimento, poi si<br />
andò a posizionare su una soglia, Quinn si piazzò sull’altra (che rivelò dare<br />
accesso alla camera da letto dell’ometto) e Rasul, che impugnava una<br />
pistola, allentò un poco la sua vigilanza, ora che aveva ricevuto rinforzi<br />
così formidabili.<br />
– Dov’è l’ometto? – chiese. – Sookie, sono lieto di trovarti con un<br />
così bell’aspetto, anche se il vestiario che indossi è al di sotto dei tuoi<br />
standard abituali.<br />
I calzoni erano indumenti da fatica, la camicia era troppo ampia e i<br />
calzini erano la ciliegina sulla torta.<br />
– Sai davvero come far sentire bella una ragazza, Rasul – replicai,<br />
riuscendo a mettere insieme un mezzo sorriso da offrirgli, poi sedetti sulla<br />
sedia a schienale rigido, e domandai a Barbara Pelt: – Cosa intendevate<br />
farne di me?<br />
– Lavorarti finché non ci avessi detto la verità e Sandra non fosse<br />
stata soddisfatta – rispose. – La nostra famiglia non poteva avere pace,<br />
finché non avessimo appreso la verità, e io so che è dentro di te.<br />
Ero turbata, anzi, più che turbata, perché in quel momento non<br />
sapevo proprio cosa dirle.<br />
– Siete venuti soltanto voi due? – domandai, spostando lo sguardo da<br />
Eric a Rasul.<br />
– Il giorno in cui due vampiri non potranno controllare una manciata<br />
di mannari, sarà quello in cui tornerò a essere umano – dichiarò Rasul, con<br />
un’espressione così sprezzante che mi sentii tentata di ridere. Lui però<br />
aveva assolutamente ragione (anche se aveva avuto l’aiuto di una tigre);<br />
appoggiato allo stipite, Quinn appariva decisamente pittoresco, sebbene in<br />
quel momento la sua vasta distesa di pelle liscia non mi interessasse<br />
affatto.<br />
– Eric – dissi, – cosa devo fare?<br />
Lui si mostrò sorpreso, perché non gli avevo mai chiesto un<br />
consiglio, prima di allora. D’altro canto, il segreto non era soltanto mio.<br />
Dopo un momento, annuì.
– Vi racconterò cosa è successo a Debbie – decisi, rivolta ai Pelt.<br />
Non chiesi a Quinn o a Rasul di lasciare la stanza: intendevo liberarmi<br />
subito di quel peso, sia del perdurante senso di colpa, sia della presa che<br />
Eric aveva su di me.<br />
Avevo ripensato così spesso a quella sera, che le parole mi uscirono<br />
di bocca in modo automatico. Non piansi, perché avevo già versato tutte le<br />
mie lacrime mesi prima, in privato.<br />
Quando ebbi finito, i Pelt rimasero seduti a fissarmi, e io li fissai a<br />
mia volta.<br />
– È tipico della nostra Debbie – affermò poi Barbara Pelt. – Questa<br />
storia è vera.<br />
– Lei aveva una pistola – aggiunse Gordon Pelt. – Gliel’avevo<br />
regalata per Natale, due anni fa.<br />
I due mannari si fissarono a vicenda.<br />
– Lei era... vendicativa – aggiunse Barbara, dopo un momento, poi si<br />
girò verso Sandra, e proseguì: – Ricordi quando siamo dovuti andare in<br />
tribunale, al tempo in cui frequentava le superiori, perché aveva messo<br />
della supercolla nella spazzola di quella cheerleader? Quella che stava<br />
uscendo con il suo ex-ragazzo? Altra cosa tipica della nostra Debbie, vero?<br />
Sandra annuì, ma il nastro adesivo sulla bocca le impedì di<br />
rispondere; grosse lacrime le stavano colando lungo le guance.<br />
– E tu continui a non ricordare dove l’hai messa? – chiese poi<br />
Gordon a Eric.<br />
– Se lo ricordassi, ve lo direi – replicò Eric, in un tono che<br />
sottintendeva: “non che mi importi”.<br />
– Siete stati voi ad assoldare i due ragazzi che ci hanno attaccati, a<br />
Shreveport? – interloquì Quinn.<br />
– È stata Sandra – ammise Gordon. – Noi non ne abbiamo saputo<br />
nulla, se non dopo che lei li aveva già morsi. Aveva promesso loro... – Si<br />
interruppe, scuotendo il capo, poi riprese: – Li ha mandati a Shreveport per<br />
assolvere al loro incarico, ma poi sarebbero dovuti tornare a casa per<br />
ricevere la ricompensa, e il nostro branco di Jackson li avrebbe fatti<br />
uccidere, perché nel Mississippi non sono ammessi mannari trasformati<br />
con un morso, vengono uccisi a vista. Quei ragazzi avrebbero fatto il nome<br />
di Sandra come della loro creatrice, e il branco l’avrebbe abiurata. Barbara<br />
si intende un poco di magia, ma non tanto da poter sigillare la bocca a quei<br />
ragazzi, quindi una volta scoperto cosa stava succedendo, abbiamo<br />
assoldato un mannaro di un altro stato perché li rintracciasse. Lui non è<br />
riuscito a fermarli, o a impedire il loro arresto, quindi ha dovuto farsi
arrestare e andare in prigione con loro, per risolvere il problema. Ha<br />
corrotto Cal Myers perché lo mettesse in cella con loro. Naturalmente,<br />
abbiamo punito Sandra per quello che aveva fatto – concluse, scuotendo il<br />
capo.<br />
– Oh, le avete tolto il cellulare per una settimana? – ribattei,<br />
pensando che avevo il diritto di suonare sarcastica. Anche quando<br />
collaboravano, quei Pelt erano persone decisamente orribili. – Siamo<br />
rimasti feriti entrambi – continuai, indicando Quinn, – e adesso quei due<br />
ragazzi sono morti. A causa di Sandra.<br />
– Lei è nostra figlia – dichiarò Barbara. – Ed era convinta di<br />
vendicare l’assassinio della sorella.<br />
– E dopo avete assoldato tutti i mannari che erano sul secondo<br />
furgone, e anche i due stesi nel cortile anteriore – riepilogai. – Quinn,<br />
moriranno?<br />
– Potrebbero morire, se i Pelt non li porteranno da un dottore per<br />
mannari. Di certo non possono andare in un ospedale per umani.<br />
I suoi artigli avevano lasciato segni inconfondibili.<br />
I due Pelt si fissarono e scrollarono le spalle.<br />
– Pensavamo che ci avreste uccisi – osservò poi Gordon. – Avete<br />
intenzione di lasciarci andare? Quali garanzie chiedete?<br />
Non avevo mai incontrato nessuno come loro, prima di allora, e mi<br />
stava riuscendo sempre più facile capire da chi Debbie avesse assimilato la<br />
sua affascinante personalità, adottata o meno che fosse.<br />
– La garanzia che non sentirò mai più parlare di questa storia – dissi.<br />
– Né io né Eric.<br />
– Sookie è un’amica del branco di Shreveport – intervenne Quinn,<br />
che come Rasul aveva ascoltato attentamente, in silenzio. – I suoi membri<br />
sono molto infuriati che lei sia stata attaccata nella loro città, e adesso<br />
sappiamo chi ne sia stato il responsabile.<br />
– Abbiamo sentito dire che non gode del favore del nuovo<br />
capobranco – osservò Barbara, con una sfumatura di disprezzo nella voce.<br />
Adesso che non temeva più per la propria vita, stava tornando alla<br />
personalità di sempre. Tutti e due mi erano piaciuti di più quando erano<br />
spaventati.<br />
– Potrebbe non rimanere capobranco a lungo – osservò Quinn, una<br />
nota di minaccia nella voce pacata. – E anche se resterà in carica, non<br />
potrà annullare la protezione offerta dal branco, perché è stata garantita dal<br />
precedente capobranco. L’onore stesso del branco ne sarebbe distrutto.<br />
– Faremo ammenda presso il branco di Shreveport – affermò in tono
stanco Gordon.<br />
– Avete mandato voi Tanya a Bon Temps? – domandai.<br />
– Sì, sono stata io – dichiarò Barbara, mostrandosi orgogliosa di se<br />
stessa. – Sai che la nostra Debbie era stata adottata? Lei era una volpe<br />
mannara.<br />
Annuii, mentre Eric si mostrò perplesso, ma del resto non ritenevo<br />
che avesse mai incontrato Tanya.<br />
– Tanya è un membro della famiglia originaria di Debbie, e voleva<br />
fare qualcosa per aiutarci. Ha pensato che se fosse venuta a Bon Temps e<br />
avesse cominciato a lavorare con te, ti saresti potuta lasciar sfuggire<br />
qualcosa. Ci ha detto che ti sei mostrata troppo sospettosa per accettare la<br />
sua offerta di amicizia. Credo che potrebbe rimanere a Bon Temps, perché<br />
mi è parso di capire che l’aver trovato nel proprietario del bar una persona<br />
tanto attraente sia stato per lei un bonus inatteso.<br />
In un certo senso, era gratificante scoprire che, come avevo<br />
sospettato, Tanya non era stata degna di fiducia, ma mi chiesi se avevo il<br />
diritto di raccontare tutto quanto a Sam, a titolo di avvertimento. Avrei<br />
dovuto rifletterci sopra in seguito.<br />
– E l’uomo che possiede questa casa? – continuai, sentendo<br />
l’interessato gemere e lamentarsi in cucina.<br />
– È un ex-compagno di scuola di Debbie – spiegò Gordon. – Gli<br />
abbiamo chiesto se potevamo prendere a prestito la sua casa per questo<br />
pomeriggio, e lo abbiamo pagato. Non parlerà, dopo che ce ne saremo<br />
andati.<br />
– Cosa mi dite di Gladiola? – chiesi infine, ricordando le due sezioni<br />
del suo corpo che bruciavano sul mio vialetto, il volto del Signor<br />
Cataliades e il dolore di Diantha.<br />
Tutti e tre mi fissarono con espressione sconcertata.<br />
– Gladiola? – ripeté Barbara, che appariva sinceramente perplessa. –<br />
Adesso non è neppure la stagione adatta per i gladioli.<br />
Quello era un vicolo cieco.<br />
– Allora, siete d’accordo sul fatto che siamo pari? – domandai, senza<br />
mezzi termini. – Ho fatto del male a voi, e voi ne avete fatto a me. Siamo<br />
pari?<br />
Sandra scosse la testa, ma i suoi genitori la ignorarono, mentre io<br />
ringraziavo Dio per il nastro isolante. Poi Gordon e Barbara si fissarono a<br />
vicenda.<br />
– Hai ucciso Debbie, ma riteniamo che tu lo abbia fatto per autodifesa<br />
– disse Gordon. – E la nostra figlia superstite ha usato metodi
estremi e illegali per attaccarti... Lo dico di malavoglia, ma credo che<br />
dovremo acconsentire a lasciarti in pace, a partire da oggi.<br />
Sandra emise un assortimento di strani versi.<br />
– Con queste clausole, però – continuò Gordon, il cui volto si era<br />
fatto duro come una roccia: lo yuppie aveva ceduto il posto al mannaro. –<br />
Non darai la caccia a Sandra, e resterai fuori del Mississippi.<br />
– Affare fatto – risposi all’istante. – Voi potete controllare Sandra<br />
quanto basta perché si attenga a questo accordo? – Era una domanda<br />
scortese, ma valida, perché Sandra aveva più fegato di un intero esercito, e<br />
dubitavo molto che i Pelt avessero mai avuto un effettivo controllo<br />
sull’una o l’altra delle figlie.<br />
– Sandra – disse Gordon a sua figlia, i cui occhi lo fissarono<br />
fiammeggianti dal volto costretto al silenzio. – Sandra, questa è legge.<br />
Stiamo dando la nostra parola a questa donna, e la nostra parola è<br />
vincolante anche per te. Se mi opporrai resistenza, ti sfiderò alla prossima<br />
luna piena, e ti abbatterò al cospetto del branco.<br />
Madre e figlia si mostrarono parimenti sconvolte, Sandra molto più<br />
della madre. Socchiuse gli occhi, e soltanto dopo un lungo momento si<br />
decise ad annuire.<br />
Mi augurai che Gordon vivesse a lungo e godesse sempre di buona<br />
salute, perché se si fosse ammalato, o fosse <strong>morto</strong>, Sandra non si sarebbe<br />
più sentita vincolata dall’accordo, ne ero dannatamente sicura. Mentre<br />
uscivo da quella piccola casa nella palude, ritenni di avere ragionevoli<br />
probabilità di non rivedere mai più i Pelt per tutta la mia vita, il che mi<br />
andava benissimo.
Capitolo ventiduesimo<br />
Il giorno successivo, appena dopo il tramonto, Amelia stava frugando<br />
nella sua cabina armadio; improvvisamente, quando ormai era arrivata<br />
proprio in fondo, gli attaccapanni smisero di scorrere sui sostegni.<br />
– Credo di averne uno adatto – riferì, in tono quasi sorpreso.<br />
Seduta sul bordo del letto, attesi che riemergesse dalla cabina<br />
armadio. Mi ero concessa almeno dieci ore di sonno, mi ero fatta con<br />
cautela una doccia, mi ero medicata, e mi sentivo cento volte meglio di<br />
prima. Amelia, dal canto suo, risplendeva di felicità e di orgoglio: non solo<br />
Bob il Mormone si era rivelato un meraviglioso compagno di letto, ma per<br />
di più loro due si erano svegliati in tempo per assistere al rapimento mio e<br />
di Quinn, e per avere la splendida idea di chiamare la dimora della regina<br />
dei vampiri, invece della polizia. Non avevo ancora avuto cuore di dirle<br />
che anche Quinn e io eravamo riusciti a telefonare, perché in effetti non<br />
sapevo quale delle due chiamate fosse stata la più efficace, e mi piaceva<br />
vedere Amelia tanto contenta.<br />
Non era stata affatto mia intenzione andare alla festa della regina,<br />
almeno fin dopo la visita in banca che avevo fatto insieme al Signor<br />
Cataliades. Una volta tornata nell’appartamento di Hadley, però, nel<br />
ricominciare a imballare le cose di mia cugina avevo sentito uno strano<br />
rumore nel prendere il contenitore del caffè, e adesso, se volevo evitare un<br />
disastro, dovevo per forza andare al party primaverile della regina,<br />
l’evento sovrannaturale dell’anno. Avevo cercato di mettermi in contatto<br />
con Andre, al quartier generale della regina, ma una voce mi aveva riferito<br />
che lui non poteva essere disturbato; non potevo fare a meno di chiedermi<br />
chi stesse rispondendo quel giorno al telefono, alla Centrale dei Vampiri.<br />
Possibile che si trattasse di uno dei seguaci di Peter Threadgill?<br />
– Sì, ce l’ho! – ribadì Amelia. – Ah, ecco, ha un taglio un po’ audace.<br />
Sono stata damigella d’onore a un matrimonio estremo – spiegò,<br />
emergendo dall’armadio con i capelli arruffati e una luce di trionfo negli<br />
occhi, e facendo ruotare l’attaccapanni perché potessi ammirare appieno il<br />
vestito, che aveva dovuto fermare con degli spilli, perché c’era ben poco<br />
da appendere.<br />
– Accidenti – mormorai, a disagio. Fatto prevalentemente di chiffon<br />
verde lime, il vestito aveva una profonda scollatura a V che arrivava quasi<br />
alla vita, e una sola, stretta spallina che passava intorno al collo.
– Era il matrimonio di una stella del cinema – continuò Amelia,<br />
dando l’impressione di avere una quantità di ricordi piacevoli di quella<br />
cerimonia. Dal momento che il vestito era anche a schiena nuda, mi chiesi<br />
come facessero quelle donne di Hollywood a tenere coperti i seni. Usavano<br />
forse il nastro bi-adesivo? O qualche tipo di colla? Non avevo più rivisto<br />
Claudine da quando era scomparsa nel cortile, prima della ricostruzione<br />
ectoplasmatica, quindi dovevo supporre che fosse tornata al suo lavoro e<br />
alla sua vita, a Monroe, il che era un peccato, perché in quel momento i<br />
suoi speciali servigi mi sarebbero stati molto utili. Doveva esserci un<br />
incantesimo delle fate che costringesse un vestito a rimanere al suo posto.<br />
– Se non altro, non ci vuole uno speciale reggiseno da indossare sotto<br />
– osservò Amelia, cercando di rendersi utile, ed era vero: con quell’abito,<br />
era impossibile indossare qualsiasi reggiseno. – E ho anche le scarpe<br />
intonate, se entri in un numero trentotto.<br />
– Questo sarà di notevole aiuto – dissi, cercando di apparire<br />
soddisfatta e grata. – Non è che potresti sistemarmi i capelli?<br />
– No – rispose Amelia, accennando alla propria capigliatura corta. –<br />
Li lavo, li spazzolo, e questo è tutto. Però posso chiamare Bob... lui è un<br />
parrucchiere – aggiunse, con gli occhi che le si illuminavano di gioia.<br />
Cercai di non mostrarmi troppo stupefatta. Parrucchiere presso le<br />
pompe funebri? pensai, ma fui abbastanza intelligente da tenere per me<br />
quella riflessione. Semplicemente, Bob non somigliava affatto a nessun<br />
parrucchiere che avessi mai visto.<br />
Dopo un paio d’ore, ero più o meno riuscita a entrare nel vestito, ed<br />
ero truccata e pettinata.<br />
Bob aveva fatto un lavoro eccellente con i miei capelli, anche se mi<br />
aveva ricordato più volte di stare immobile, con dei modi che mi avevano<br />
reso leggermente nervosa.<br />
Quinn arrivò con la sua macchina, in perfetto orario.<br />
Quando Eric e Rasul mi avevano scaricata a casa, verso le due del<br />
mattino, Quinn era salito sulla sua auto e se ne era andato al suo alloggio,<br />
dovunque fosse, anche se si era soffermato a depormi un lieve bacio sulla<br />
fronte, prima che mi avviassi su per le scale. Amelia era uscita dal suo<br />
appartamento, felice di vedermi di ritorno sana e salva, e dopo averle<br />
parlato avevo dovuto chiamare il Signor Cataliades, che mi aveva cercata;<br />
lui mi aveva chiesto se stavo bene e aveva detto di volere che andassi con<br />
lui in banca per finire di sistemare la situazione finanziaria di Hadley. Dal<br />
momento che non avevo potuto andarci con Everett, avevo acconsentito<br />
con gratitudine.
Quando ero rientrata nell’appartamento di Hadley, dopo essere stata<br />
in banca, avevo però trovato sulla segreteria telefonica un messaggio in cui<br />
mi si diceva che la regina si aspettava di vedermi quella sera alla sua festa,<br />
nel vecchio monastero.<br />
– Non voglio che lasci la città senza rivedermi – erano state le parole<br />
che il suo segretario umano mi aveva riferito per suo conto, prima di<br />
informarmi che era richiesto l’abito da sera. Dopo la scoperta che avevo<br />
fatto, quando mi ero resa conto che sarei dovuta andare alla festa, mi ero<br />
precipitata a casa di Amelia, in preda al panico.<br />
Adesso il vestito mi stava causando un diverso genere di panico. Pur<br />
essendo un po’ più bassa di Amelia, io ero più formosa di lei, e quell’abito<br />
mi obbligava a stare molto eretta.<br />
– La suspense mi sta uccidendo – dichiarò Quinn, adocchiandomi il<br />
torace. Lui appariva splendido con lo smoking. Le bende che mi<br />
fasciavano i polsi spiccavano nitide sullo sfondo dell’abbronzatura, come<br />
strani braccialetti; una di esse mi stava in effetti causando un acuto disagio,<br />
tanto che ero ansiosa di togliermela, ma i miei polsi sarebbero dovuti<br />
restare come erano ancora per qualche tempo, anche se potevo finalmente<br />
lasciare scoperto il morso al braccio. Forse, la suspense riguardo allo<br />
sballottamento dei miei seni avrebbe distratto l’attenzione degli altri<br />
partecipanti alla festa dal fatto che un lato del mio volto era gonfio e<br />
segnato da lividi.<br />
Quinn, dal canto suo, dava naturalmente l’impressione che non gli<br />
fosse successo nulla: non solo aveva la rapida capacità di risanamento<br />
tipica della maggior parte dei mutaforma, ma era avvantaggiato dallo<br />
smoking, che poteva coprire una quantità di ferite.<br />
– Non farmi sentire ancora più imbarazzata di quanto già non sia –<br />
dissi. – Per un solo centesimo, sarei pronta a strisciare di nuovo a letto e a<br />
dormire per una settimana.<br />
– Approvo il pensiero, anche se ridurrei il tempo dedicato al sonno –<br />
commentò sinceramente Quinn. – Per la tua pace mentale, comunque,<br />
credo che prima noi si abbia cose migliori da fare. In ogni caso, la mia<br />
suspense era relativa alla tua visita in banca, non al vestito che, secondo il<br />
mio modo di vedere, è una cosa positiva in ogni caso: se ci rimani dentro<br />
bene, se ne sbuchi fuori, ancora meglio.<br />
Distolsi lo sguardo, cercando di controllare un involontario sorriso.<br />
– La visita in banca – ripetei, pensando che quell’argomento<br />
sembrava costituire un terreno sicuro. – Ecco, non c’era molto sul suo<br />
conto, cosa che mi ero aspettata, perché Hadley non aveva molto buon
senso, con il denaro. Anzi, non aveva molto buon senso, punto e basta.<br />
Però la cassetta di sicurezza...<br />
La cassetta di sicurezza aveva contenuto il certificato di nascita di<br />
Hadley, una licenza di matrimonio e un decreto di divorzio risalente a oltre<br />
tre anni prima... entrambi recanti il nome dello stesso uomo, come<br />
constatai con piacere... e una copia laminata del necrologio di mia zia.<br />
Hadley aveva saputo della morte di sua madre, e le era importato<br />
abbastanza da conservare il necrologio. Inoltre c’erano fotografie della<br />
nostra infanzia, di mia madre e di sua sorella, di mia madre con Jason e<br />
me, e di Hadley; ce n’era perfino una della nonna, con suo marito. La<br />
cassetta conteneva anche una graziosa collana di zaffiri e di diamanti (che<br />
il Signor Cataliades disse essere stata un dono della regina per Hadley) e i<br />
relativi orecchini. C’erano poi anche un altro paio di cose su cui<br />
desideravo riflettere.<br />
Però non c’era il bracciale della regina, che aveva costituito, credo, il<br />
motivo per cui il Signor Cataliades mi aveva voluta accompagnare: si era<br />
aspettato di trovare là il monile, e si era mostrato alquanto ansioso quando<br />
gli avevo porto la cassetta, in modo che ne potesse visionare di persona il<br />
contenuto.<br />
– Questo pomeriggio, dopo che Cataliades mi ha riaccompagnata<br />
all’appartamento di Hadley, ho finito di imballare le cose della cucina –<br />
spiegai a Quinn, osservando la sua reazione, perché non avrei mai più dato<br />
per scontato il disinteresse dei miei compagni. Dopo aver visto la sua<br />
calma assoluta, mi sentii convinta quasi del tutto che il giorno precedente<br />
lui non mi avesse aiutata a imballare per cercare qualcosa.<br />
– Questo è un bene – annuì lui. – Mi dispiace di non essere riuscito a<br />
passare ad aiutarti, oggi, ma stavo chiudendo la posizione di Jake presso la<br />
Special Events, e ho dovuto chiamare i miei soci per informarli. Poi ho<br />
dovuto chiamare anche la ragazza di Jake, perché lui non è ancora<br />
abbastanza lucido e controllato da avvicinarla, sempre che lei lo voglia<br />
rivedere. Non è un’amante dei vampiri, per usare un eufemismo.<br />
In quel momento, non lo ero neppure io. Non riuscivo a immaginare<br />
la vera ragione per cui la regina volesse la mia presenza al party, ma<br />
adesso ne avevo io una per volerla vedere. Quinn mi sorrise, e ricambiai,<br />
augurandomi che da quella serata potesse uscire almeno qualcosa di<br />
buono. Dovevo ammettere con me stessa di essere piuttosto curiosa di<br />
vedere il posto dove la regina teneva le sue feste, e in un certo senso ero<br />
anche contenta di aver avuto modo di vestirmi con eleganza e di apparire<br />
graziosa, dopo tutto quello sguazzare nella palude.
Durante il tragitto, fui per tre volte sul punto di avviare una<br />
conversazione con Quinn, ma in tutte e tre le occasioni, quando arrivai al<br />
dunque, tenni la bocca chiusa.<br />
– Ci stiamo avvicinando – mi avvertì lui, quando raggiungemmo uno<br />
dei quartieri più vecchi di New Orleans, il Garden District. Incastonate<br />
all’interno di splendidi giardini, le case di quella zona dovevano avere un<br />
valore di molte volte superiore alla dimora dei Bellefleur, e proprio in<br />
mezzo a quelle splendide abitazioni c’era la nostra meta, un alto muro che<br />
si estendeva per un intero isolato: quello era il monastero restaurato che la<br />
regina utilizzava per i suoi intrattenimenti. Era possibile che sul retro della<br />
proprietà ci fossero altri cancelli, ma quella notte il traffico era incanalato<br />
soltanto attraverso l’entrata principale, sorvegliata in modo massiccio dalle<br />
guardie più efficienti di tutte: i vampiri. Ero certa che oltre alle guardie, la<br />
regina avesse tutte le normali misure di sicurezza, come telecamera,<br />
rilevatori di movimento a infrarossi, filo spinato e magari perfino cani da<br />
guardia, e mi chiesi se fosse paranoica, o saggia, o se semplicemente non<br />
si sentisse amata nella sua città di adozione.<br />
C’erano party in cui l’elite dei vampiri a volte si mescolava all’elite<br />
degli umani, ma quella notte la festa era riservata soltanto alle creature<br />
soprannaturali, ed era il primo grande ricevimento che i neosposi avessero<br />
dato da quando erano diventati una coppia.<br />
All’ingresso c’erano tre vampiri della regina, affiancati da tre<br />
vampiri dell’Arkansas. I seguaci di Peter Threadgill indossavano tutti<br />
un’uniforme, anche se avevo il sospetto che il re la definisse una livrea:<br />
maschi e femmine, i vampiri dell’Arkansas erano tutti vestiti con abito a<br />
giacca bianco, camicia blu e panciotto rosso. Non sapevo se il re volesse<br />
dimostrarsi ultra-patriottico, o se avesse scelto quei colori perché<br />
figuravano anche sulla bandiera dell’Arkansas, oltre che su quella degli<br />
Stati Uniti, ma comunque fosse, quella tenuta andava al di là del cattivo<br />
gusto e si meritava un posto tutto suo nella sala della vergogna, nel campo<br />
della moda.<br />
E pensare che Threadgill vestiva in modo così tradizionalista! Quella<br />
era forse qualche tradizione di cui non avevo mai sentito parlare?<br />
Accidenti, perfino io avevo troppo buon gusto per apprezzare un insieme<br />
del genere, anche se compravo la maggior parte dei miei vestiti al Wal -<br />
Mart!<br />
Quinn presentò alle guardie l’invito della regina, ma esse<br />
contattarono comunque la casa. Quinn appariva a disagio, e io mi augurai<br />
che fosse preoccupato quanto me a causa delle estreme misure di
sicurezza, e del fatto che i vampiri di Threadgill si erano sforzati così tanto<br />
di distinguersi dai seguaci della regina; intanto, stavo anche riflettendo<br />
intensamente sul motivo per cui la regina potesse essersi sentita costretta a<br />
fornire ai vampiri del re una spiegazione in merito al perché era salita con<br />
me nell’appartamento di Hadley, e stavo ripensando all’ansia che aveva<br />
lasciato trasparire nel chiedermi del braccialetto.<br />
Poi pensai al fatto che le porte erano sorvegliate da vampiri di<br />
entrambe le fazioni, segno che nessuno dei due monarchi si fidava della<br />
protezione fornita dal consorte.<br />
Mi parve che passasse un tempo molto lungo prima che ci venisse<br />
dato il permesso di proseguire, e durante l’attesa Quinn si mostrò<br />
silenzioso quanto me.<br />
I giardini risultarono splendidi e ben curati, e di certo erano molto<br />
ben illuminati.<br />
– Quinn, c’è qualcosa che non va – osservai. – Cosa sta succedendo<br />
qui? Credi che ci permetteranno di andarcene?<br />
– Non ci lasceranno uscire – rispose lui, che non appariva più sereno<br />
di quanto lo fossi io. – Adesso dobbiamo andare avanti.<br />
Strinsi maggiormente a me la minuscola borsetta, desiderando di<br />
avere al suo interno qualcosa di più letale di un fondotinta, un rossetto e un<br />
assorbente interno. Intanto, Quinn continuò a guidare con cautela lungo il<br />
vialetto che portava alla facciata del monastero.<br />
– Che cosa hai fatto oggi, a parte lavorare al tuo attuale aspetto? – mi<br />
chiese.<br />
– Ho fatto un sacco di telefonate, e una di esse ha dato i risultati<br />
sperati – risposi.<br />
– Telefonate? A chi?<br />
– Stazioni di benzina, lungo tutta la strada fra New Orleans e Bon<br />
Temps.<br />
Lui si girò a fissarmi, e in quel momento io richiamai la sua<br />
attenzione sul vialetto, giusto in tempo per permettergli di frenare.<br />
Un leone ci stava attraversando la strada con tutta calma.<br />
– D’accordo, quello cos’è? Un animale o un mutaforma? – chiesi,<br />
sentendomi sempre più nervosa a ogni minuto che passava.<br />
– Un animale – rispose Quinn.<br />
Questo eliminava l’eventualità dei cani da guardia. Mi augurai<br />
soltanto che il muro di cinta fosse abbastanza alto da impedire al leone di<br />
valicarlo.<br />
Parcheggiammo davanti all’antico monastero, un grande edificio a
due piani che non era stato costruito per essere bello, ma funzionale, con il<br />
risultato di essere una vasta struttura anonima. Nel centro della facciata<br />
c’era una piccola porta, e minuscole finestre erano disposte a intervalli<br />
regolari, cose che rendevano quel posto facile da difendere. Davanti alla<br />
porta erano di stanza altri sei vampiri, tre di essi abbigliati con eleganza,<br />
ma in modo diverso... di certo succhiasangue della Louisiana... e altri tre<br />
dell’Arkansas, nella loro vistosa livrea.<br />
– Quella tenuta è decisamente brutta – commentai.<br />
– Ma è facile da individuare, anche al buio – obiettò Quinn, che<br />
pareva immerso in profonde e significative riflessioni.<br />
– Già – convenni. – E non è forse questo lo scopo? In modo da poter<br />
subito... oh. – Interrompendomi, ci meditai sopra, poi ripresi: – Certo,<br />
nessuno si vestirebbe in quel modo, per caso o di proposito, in nessuna<br />
circostanza, a meno che non fosse davvero importante poter essere<br />
identificato all’istante.<br />
– È possibile che Peter Threadgill non sia poi così devoto a Sophie-<br />
Anne – osservò Quinn.<br />
Scoppiai in una risatina sorpresa, quando due dei vampiri della<br />
Louisiana ci aprirono la portiera della macchina, con gestitalmente<br />
coordinati da dover avere richiesto delle esercitazioni. Melanie, la guardia<br />
che avevo incontrato al quartier generale della regina, mi prese la mano<br />
per aiutarmi a scendere dalla vettura e mi sorrise. Aveva un aspetto molto<br />
migliore adesso che non era infagottata nel suo equipaggiamento da SWAT<br />
e indossava invece un grazioso vestito giallo, con scarpe a tacco basso. Ora<br />
che non portava più l’elmetto, potevo vedere che i suoi capelli erano corti,<br />
ricciuti e castano chiaro.<br />
Mentre le passavo accanto, lei trasse un profondo respiro e assunse<br />
un’espressione estatica.<br />
– Oh, il profumo delle fate! – esclamò. – Mi fa cantare il cuore.<br />
Le assestai un colpetto scherzoso. Dire che ero sorpresa sarebbe<br />
equivalso a minimizzare, perché in genere i vampiri non erano noti per il<br />
loro senso dell’umorismo.<br />
– Bel vestito – commentò Rasul. – Anche se un po’ audace, vero?<br />
– Non potrebbe mai essere troppo audace, per me – rincarò Chester.<br />
– Hai un aspetto davvero succulento.<br />
Ritenni che non poteva essere una coincidenza se i tre vampiri che<br />
avevo conosciuto al quartier generale della regina erano gli stessi di<br />
servizio quella notte alla porta, ma non riuscii a capire cosa questo potesse<br />
significare. In silenzio, i tre vampiri dell’Arkansas stavano seguendo il
nostro scambio di battute con occhi freddi: di certo non erano sorridenti e<br />
rilassati quanto i loro compagni.<br />
C’era decisamente qualcosa che non quadrava, ma essendo attorniata<br />
da vampiri dall’udito acuto, non c’era niente che potessi dire al riguardo.<br />
Quinn mi offrì il braccio, e insieme imboccammo un lungo corridoio<br />
che si stendeva per quasi tutto l’edificio; una vampira con la livrea di<br />
Threadgill era ferma accanto alla porta di una stanza che sembrava fungere<br />
da reception.<br />
– Vuole lasciare qui la sua borsa? – domandò, mostrandosi<br />
manifestamente seccata per essere stata relegata nel ruolo di guardarobiera.<br />
– No, grazie – rifiutai, e per un momento pensai che lei me l’avrebbe<br />
sfilata da sotto il braccio.<br />
– Posso perquisirla? – insistette la vampira. – Verifichiamo che non<br />
ci siano armi.<br />
La fissai, cosa sempre rischiosa a farsi, con un vampiro.<br />
– Certo che no. Non ho armi! – protestai.<br />
– Sookie – intervenne Quinn, cercando di non mostrarsi allarmato. –<br />
Devi permetterle di guardarti nella borsa. È la procedura.<br />
– Avresti potuto dirmelo – ribattei in tono tagliente, trapassandolo<br />
con lo sguardo.<br />
La guardia, che era una giovane e snella vampira, con una figura<br />
valorizzata dal taglio dei pantaloni bianchi, afferrò la mia borsetta con aria<br />
di trionfo e la rovesciò su un vassoio, riversando rumorosamente sulla sua<br />
superficie metallica i pochi oggetti in essa contenuti: un fondotinta<br />
compatto, un rossetto, un tubetto di colla, un fazzoletto, una banconota da<br />
dieci dollari e un assorbente interno, nel suo rigido applicatore di plastica,<br />
avvolto nella sua bustina, anch’essa di plastica.<br />
Quinn non era tanto sprovveduto da arrossire, ma ebbe la discrezione<br />
di distogliere lo sguardo. La vampira, che era morta molto tempo prima<br />
che le donne cominciassero a portare oggetti del genere nella borsetta, mi<br />
chiese lo scopo dell’assorbente, e annuì quando glielo ebbi spiegato.<br />
Riposta ogni cosa nella borsetta, me la restituì e ci segnalò con un cenno<br />
che potevamo proseguire lungo il corridoio, girandosi verso le persone<br />
sopraggiunte alle nostre spalle, una coppia di mannari sulla sessantina,<br />
prima ancora che noi fossimo usciti dalla stanza.<br />
– Cosa stai combinando? – mi chiese Quinn, tenendo la voce il più<br />
bassa possibile, mentre ci avviavamo.<br />
– Dobbiamo superare altre ispezioni? – domandai, altrettanto piano.<br />
– Non lo so, ma non vedo altre guardie, più avanti.
– Devo fare una cosa – decisi. – Aspettami, mentre cerco la più<br />
vicina toilette per signore.<br />
Tramite lo sguardo e la pressione della mano sul suo braccio, cercai<br />
di comunicargli che entro pochi minuti tutto sarebbe andato a posto, e mi<br />
augurai sinceramente che fosse la verità. Era chiaro che Quinn non era<br />
soddisfatto del mio comportamento, ma attese fuori della toilette per<br />
signore (Dio solo sapeva per cosa fosse stata usata quella stanza, quando<br />
l’edificio era un monastero) mentre io mi infilavo in uno dei cubicoli e<br />
apportavo qualche ritocco. Quando uscii, avevo gettato il contenitore<br />
dell’assorbente nel piccolo bidone dei rifiuti, uno dei miei polsi era stato<br />
nuovamente fasciato e la mia borsetta era un po’ più pesante.<br />
La porta in fondo al corridoio dava accesso a una stanza molto vasta,<br />
che era stata il refettorio dei monaci; anche se le pareti erano ancora in<br />
pietra e c’erano grosse colonne a sorreggere il soffitto, tre sulla sinistra e<br />
tre sulla destra, il resto della sala aveva adesso un aspetto molto diverso. Il<br />
pavimento era di legno, sgombero al centro per permettere le danze, c’era<br />
una piattaforma per i musicisti vicino al tavolo dei rinfreschi e di fronte,<br />
all’altra estremità della stanza, una seconda piattaforma era destinata ai<br />
sovrani.<br />
Tutt’intorno alle pareti, parecchie sedie erano disposte per permettere<br />
la conversazione, e l’intero ambiente era decorato in bianco e in blu, i<br />
colori della Louisiana. Una delle pareti ospitava murali che descrivevano<br />
scene tipiche di tutto lo stato: una palude, la cui vista mi fece rabbrividire,<br />
una raffigurazione di Bourbon Street, un campo che veniva arato e alberi<br />
che venivano tagliati, un pescatore che tirava su la sua rete, sulla Gulf<br />
Coast. Mi accorsi che in quelle scene apparivano solo esseri umani, e mi<br />
chiesi quale fosse la loro motivazione; poi mi girai a osservare la parete in<br />
cui era inserita la soglia dalla quale ero appena entrata, e vidi il lato<br />
vampirico della vita della Louisiana: un gruppo di allegri vampiri che<br />
suonavano il violino, un poliziotto vampiro che pattugliava il Quartiere<br />
Francese, un vampiro che faceva la guida, accompagnando alcuni turisti in<br />
un giro di una delle Città dei Morti. Notai che non si vedevano vampiri che<br />
pasteggiassero a base di umani, o che bevessero alcunché, e compresi che<br />
quella era una dichiarazione nel campo delle pubbliche relazioni, così<br />
come mi domandai pure se essa riuscisse a ingannare qualcuno. Tutto<br />
quello che si doveva fare era sedere a tavola con i vampiri per ricordare<br />
quanto essi fossero in realtà differenti.<br />
Ma non era per questo che io ero lì. Mi guardai intorno fino a<br />
individuare la regina, e infine la vidi in piedi vicino al marito, vestita con
un abito di seta arancione a maniche lunghe, che le conferiva un aspetto<br />
favoloso. Le maniche lunghe potevano forse apparire un po’ strane in<br />
quella serata tiepida, ma del resto i vampiri non notavano cose del genere.<br />
Peter Threadgill indossava uno smoking, che lo faceva apparire altrettanto<br />
notevole; alle sue spalle, Fiore di Giada aveva la solita spada affibbiata alla<br />
schiena anche se sfoggiava un vestito di paillettes rosse (che le stava<br />
orrendamente). Andre, anche lui armato di tutto punto, era come sempre<br />
accanto alla regina, e di certo Wybert e Sigebert non potevano essere molto<br />
lontani. Infine li individuai, accanto a una porta che supposi dare accesso<br />
all’appartamento privato della regina: entrambi apparivano terribilmente a<br />
disagio con indosso lo smoking, come due orsi a cui fossero state fatte<br />
indossare delle scarpe.<br />
Anche Bill era nella stanza. Lo intravidi nell’angolo più lontano,<br />
nella direzione opposta a quella in cui si trovava la regina, e rabbrividii per<br />
il disgusto.<br />
– Hai troppi segreti – si lamentò Quinn, seguendo la direzione del<br />
mio sguardo.<br />
– Sarò lieta di rivelartene alcuni, molto presto – promisi, mentre ci<br />
mettevamo in coda per essere ricevuti dalla coppia reale. – Quando<br />
arriveremo dai sovrani, precedimi, e mentre parlo con la regina, provvedi a<br />
distrarre il re, d’accordo? Poi ti spiegherò tutto.<br />
Raggiungemmo prima il Signor Cataliades che, supposi, stava<br />
rivestendo una sorta di ruolo di segretario di stato per la regina... o forse<br />
sarebbe stato meglio definirlo procuratore generale?<br />
– Mi fa piacere rivederla, Signor Cataliades – dissi, nel mio tono più<br />
formale. – Ho una sorpresa per lei.<br />
– È possibile che debba aspettare – ribatté lui, con una sorta di rigida<br />
cordialità. – La regina sta per fare il primo ballo con il suo nuovo re, e<br />
siamo tutti così impazienti di vedere il regalo che il re le ha fatto.<br />
– Come sta sua nipote? – chiesi, guardandomi intorno senza però<br />
vedere Diantha.<br />
– La mia nipote superstite è a casa, con sua madre – precisò lui,<br />
cupo.<br />
– È un vero peccato – osservai. – Questa sera sarebbe dovuta essere<br />
qui.<br />
Questo lo indusse a fissarmi con maggiore interesse.<br />
– Senza dubbio – disse.<br />
– Ho saputo che qualcuno di qui si è fermato a fare benzina<br />
mercoledì scorso, nell’andare a Bon Temps – dissi. – Qualcuno che porta
una lunga spada. Ora, lasci che le metta questo in tasca, a me non serve<br />
più.<br />
Con quelle parole, mi allontanai da lui e mi girai verso la regina,<br />
tenendo una mano sul polso ferito, da cui era scomparsa la fasciatura.<br />
Protesi quindi la mano destra, e la regina fu costretta a stringerla<br />
nella sua. Forzarla a seguire l’usanza umana di stringersi la mano era una<br />
cosa su cui avevo fatto affidamento, e mi sentii enormemente sollevata nel<br />
vedere che la manovra era riuscita. Intanto Quinn aveva oltrepassato la<br />
regina per avvicinarsi al re.<br />
– Sono certo che vostra maestà si ricorda di me – esordì. – Sono stato<br />
il coordinatore delle vostre nozze. I fiori sono risultati essere come li<br />
voleva?<br />
Alquanto sorpreso, Peter Threadgill concentrò lo sguardo su Quinn, e<br />
Fiore di Giada si concentrò a sua volta su ciò che il suo re stava facendo.<br />
Sforzandomi di muovermi in fretta, ma non a scatti, premetti la mano<br />
sinistra, e ciò che conteneva, sul polso della regina. Lei non sussultò, ma<br />
forse si sentì tentata di farlo; poi abbassò lo sguardo sul polso, per vedere<br />
cosa vi avessi messo sopra, e chiuse gli occhi in un gesto di sollievo.<br />
– Sì, mia cara, abbiamo gradito molto la nostra visita – disse,<br />
improvvisando. – Andre l’ha apprezzata tanto quanto me.<br />
Nel parlare, lanciò un’occhiata alle proprie spalle e Andre, cogliendo<br />
il suggerimento, chinò il capo nella mia direzione, come tributo al mio<br />
supposto talento di amante. Ero così felice che quella situazione fosse<br />
finita che gli rivolsi un sorriso smagliante, da lui accolto con aria<br />
vagamente divertita. Poi la regina sollevò appena il braccio per fargli<br />
cenno di avvicinarsi, e quando questo le fece scivolare indietro la manica,<br />
sul volto di Andre apparve un sorriso scintillante quanto il mio.<br />
Distratta dal movimento in avanti di Andre, Fiore di Giada seguì con<br />
il proprio la direzione del suo sguardo: i suoi occhi si dilatarono per la<br />
sorpresa, e di certo lei non sorrise... anzi, si mostrò infuriata. Intanto, il<br />
Signor Cataliades stava fissando con espressione del tutto neutra la spada<br />
che lei portava sulla schiena.<br />
Poi il re congedò Quinn, e venne il mio turno di porgere i miei<br />
omaggi a Peter Threadgill, Re dell’Arkansas.<br />
– Ho sentito che ieri ha avuto un’avventura nelle paludi – commentò,<br />
in tono freddo e indifferente.<br />
– Sì, signore, ma credo che sia andato tutto per il meglio – replicai.<br />
– È stata gentile a venire – continuò. – Adesso che ha sistemato le<br />
cose in merito all’eredità di sua cugina, sono certo che tornerà presto a
casa, vero?<br />
– Oh, sì, molto presto – garantii, il che era l’assoluta verità. Sarei<br />
tornata a casa, a patto che fossi sopravvissuta a quella serata, cosa che<br />
attualmente non mi pareva di avere molte probabilità di fare. Avevo<br />
effettuato un rapido conto, nella misura in cui questo mi era possibile con<br />
tutta quella folla, ed ero giunta alla conclusione che nella stanza c’era una<br />
ventina di vampiri che indossavano la vistosa livrea dell’Arkansas, e<br />
almeno altrettanti seguaci della regina.<br />
Mi allontanai dalla coppia reale, e i due mannari che erano entrati<br />
dopo Quinn e me presero il mio posto; mi parve che l’uomo fosse il<br />
vicegovernatore della Louisiana, e mi augurai che avesse una buona<br />
assicurazione sulla vita.<br />
– Cosa succede? – domandò Quinn.<br />
Lo pilotai verso un punto vicino alla parete, e con gentilezza lo<br />
manovrai fino a fargli addossare la schiena al muro, perché nel parlare<br />
volevo dare le spalle a chiunque nella stanza sapesse leggere sulle labbra.<br />
– Sapevi che uno dei bracciali della regina era scomparso? – gli<br />
chiesi.<br />
– Uno dei bracciali di diamanti che il re le ha dato come regalo di<br />
nozze? – replicò lui, scuotendo il capo e abbassando la testa per depistare<br />
chiunque ci stesse osservando.<br />
– Sì, era scomparso, fin dalla morte di Hadley – confermai.<br />
– Se il re ne venisse a conoscenza e potesse costringere la regina ad<br />
ammettere di averlo dato a un’amante, questo gli fornirebbe un valido<br />
motivo per chiedere il divorzio.<br />
– E cosa otterrebbe, in quel caso?<br />
– Cosa non otterrebbe, vuoi dire! Quello è stato un matrimonio<br />
gerarchico fra vampiri, e non c’è niente di più vincolante. Credo che il<br />
contratto di matrimonio fosse lungo trenta pagine.<br />
Adesso capivo molto meglio la situazione.<br />
Una vampira splendidamente abbigliata in un abito fra il grigio e il<br />
verde cosparso di scintillanti fiori d’argento sollevò un braccio per ottenere<br />
l’attenzione della folla, che a poco a poco fece silenzio.<br />
– Sophie-Anne e Peter vi danno il benvenuto al loro primo<br />
intrattenimento congiunto – annunciò la vampira, con una voce tanto dolce<br />
e musicale da far venire voglia di restare ad ascoltarla per ore. Avrebbero<br />
dovuto assumerla per fare da presentatrice alla Notte degli Oscar, o alla<br />
nomina di Miss America. – Sophie-Anne e Peter vi invitano tutti a passare<br />
una meravigliosa serata danzando, mangiando e bevendo. I padroni di casa
apriranno le danze con un valzer.<br />
Nonostante il suo agghindato aspetto esteriore, avevo l’impressione<br />
che Peter si sarebbe trovato più a suo agio ballando la quadriglia, ma con<br />
una sposa come Sophie-Anne, la scelta era valzer o niente. Peter avanzò<br />
verso sua moglie, le braccia allargate per avviare la danza, e con la sua<br />
penetrante voce di vampiro suggerì:<br />
– Cara, mostra loro i bracciali.<br />
Rivolgendo alla folla uno smagliante sorriso, Sophie-Anne sollevò le<br />
braccia per far scivolare indietro le maniche, e due bracciali identici,<br />
adorni di due enormi diamanti che ammiccavano e scintillavano sotto la<br />
luce dei lampadari, furono esposti all’ammirazione degli ospiti.<br />
Per un momento, Peter Threadgill rimase del tutto immobile, come se<br />
qualcuno lo avesse colpito con una pistola paralizzante; poi modificò il<br />
proprio atteggiamento nel farsi avanti e prendere una delle mani di lei nelle<br />
proprie per fissare il bracciale, prima di lasciar andare quella mano e<br />
afferrare l’altra. Anche il secondo braccialetto superò però il suo esame<br />
silenzioso.<br />
– Splendido – disse, e se pure nel parlare esibì in parte i canini, i più<br />
poterono supporre che questo fosse dovuto all’eccitazione destata in lui<br />
dalla sua splendida consorte. – Li indossi entrambi.<br />
– Certamente, mio caro – convenne Sophie-Anne, con un sorriso<br />
sincero quanto il suo.<br />
Poi iniziarono a ballare, anche se qualcosa nel modo in cui il re stava<br />
conducendo la sua regina nella danza mi fece capire che lui si stava<br />
lasciando prendere la mano dall’ira. Aveva elaborato un grande piano, e<br />
adesso io glielo avevo rovinato... ma per fortuna lui ignorava la parte che<br />
avevo avuto nella faccenda, sapeva soltanto che in qualche modo Sophie-<br />
Anne era riuscita a recuperare il bracciale e a salvare la faccia, e che a lui<br />
non restavano più scuse per giustificare ciò che aveva avuto intenzione di<br />
fare.<br />
Adesso avrebbe dovuto tirare i remi in barca, e anche se<br />
probabilmente in futuro avrebbe escogitato qualche altro modo per<br />
detronizzare la sua regina, se non altro io sarei stata lontana dalla mischia.<br />
Quinn e io ci spostammo verso il tavolo dei rinfreschi, che era<br />
posizionato sul lato meridionale della vasta sala, accanto a una delle spesse<br />
colonne. Dietro di esso parecchi camerieri muniti di coltello erano pronti a<br />
servire fette di prosciutto o di roast-beef, e c’erano panini in abbondanza<br />
con cui accompagnarle. Il profumo che emanavano era meraviglioso, ma<br />
ero troppo nervosa per pensare a mangiare, e mi limitai a un bicchiere di
ginger ale, che Quinn mi andò a prendere al bar.<br />
Intanto, io osservai la coppia che danzava, e mi aspettai che<br />
scoppiasse l’inferno.<br />
– Non sono adorabili, insieme? – commentò una donna elegante dai<br />
capelli grigi, che mi resi conto essere quella che era entrata subito dopo di<br />
me.<br />
– Sì, è vero – convenni.<br />
– Io sono Genevieve Thrash – si presentò la donna, – e quello è mio<br />
marito David.<br />
– Lieta di conoscerla – replicai. – Io sono Sookie Stackhouse, e<br />
quello è il mio amico, John Quinn.<br />
Mentre parlavo, Quinn si mostrò sorpreso, e questo mi indusse a<br />
chiedermi se quello fosse il suo vero nome. I due uomini, la tigre e il<br />
mannaro, si strinsero la mano, mentre io e Genevieve continuavamo a<br />
osservare la coppia che danzava.<br />
– Il suo vestito è davvero grazioso – osservò Genevieve, con l’aria di<br />
essere sincera. – Ci vuole un corpo giovane per sfoggiare un abito come<br />
quello.<br />
– Apprezzo davvero le sue parole – risposi. – In realtà sto mostrando<br />
il mio corpo più di quanto sia abituata a fare, e il suo commento mi fa<br />
sentire un po’ meglio.<br />
– So per certo che il suo compagno apprezza la sua tenuta – osservò<br />
lei, – e lo stesso vale per quel giovane laggiù.<br />
Nel parlare, accennò appena con la testa, e nel guardare nella<br />
direzione da lei indicata vidi... Bill. Aveva un aspetto davvero magnifico<br />
con indosso lo smoking, ma il solo fatto di essere nella stessa stanza con<br />
lui mi provocava un intenso dolore interiore.<br />
– Ho ragione nel ritenere che suo marito sia il vicegovernatore? –<br />
domandai.<br />
– Ha perfettamente ragione.<br />
– Come ci si sente a essere la moglie del vicegovernatore?<br />
Lei mi raccontò alcune storie divertenti riguardo a persone che aveva<br />
incontrato nel seguire la carriera politica del marito.<br />
– E cosa fa il suo giovane accompagnatore? – chiese quindi, con<br />
quell’aperto interesse che doveva aver aiutato suo marito nella sua scalata<br />
politica.<br />
– È un coordinatore di eventi – spiegai, con una lieve esitazione.<br />
– Davvero interessante. Lavora anche lei?<br />
– Oh, sì, signora. Sono una cameriera – spiegai.
La cosa ebbe un effetto un po’ sorprendente sulla moglie di un<br />
politico, ma lei accolse la spiegazione con un sorriso.<br />
– Oh, è la prima che abbia mai conosciuto – ammise allegramente.<br />
– E lei è la prima moglie di vicegovernatore che io abbia mai<br />
conosciuto – replicai. Dannazione, adesso che la conoscevo, la trovavo<br />
simpatica, e mi sentivo responsabile per lei. Quinn e David stavano<br />
chiacchierando poco più in là, credo parlando di pesca.<br />
– Signora Thrash – dissi, – so che lei è una mannara, e che questo<br />
significa che è dura quanto più si può esserlo, ma intendo darle comunque<br />
un consiglio.<br />
Lei mi fissò con espressione interrogativa.<br />
– Un consiglio che è oro colato – aggiunsi.<br />
– D’accordo – annuì lentamente, inarcando le sopracciglia. – La<br />
ascolto.<br />
– Entro la prossima ora, o giù di lì, qui succederà qualcosa di molto<br />
brutto... tanto brutto che molte persone potrebbero rimanere uccise. Ora,<br />
lei può restare, e divertirsi finché questo non succederà, per poi chiedersi<br />
perché non mi ha dato ascolto, oppure se ne può andare adesso, fingendo<br />
di sentirsi male, e risparmiarsi un sacco di dispiaceri.<br />
Lei mi fissò con espressione intensa. Potevo sentirla chiedersi se<br />
doveva prendermi sul serio; dopo tutto, non sembravo una svitata o una<br />
pazza, sembravo una normale e attraente giovane donna accompagnata da<br />
un uomo davvero affascinante.<br />
– Mi sta minacciando? – chiese infine.<br />
– No, signora, sto cercando di salvarle la pelle.<br />
– Prima ci concederemo una danza – affermò, giungendo a una<br />
decisione. – David, tesoro, facciamo un giro sulla pista da ballo e poi<br />
congediamoci. Ho la peggiore emicrania che mi sia mai venuta.<br />
Premurosamente, David interruppe la propria conversazione con<br />
Quinn per accompagnare la moglie su un tratto di pista libero e lanciarsi<br />
nel valzer insieme alla coppia reale di vampiri, che parvero sollevati di<br />
avere compagnia.<br />
Stavo cominciando a rilassarmi, ma un’occhiata da parte di Quinn mi<br />
rammentò che dovevo rimanere molto eretta.<br />
– Adoro quel vestito – commentò. – Vogliamo danzare?<br />
– Sai ballare il valzer? – domandai, sperando che la bocca non mi si<br />
fosse spalancata troppo.<br />
– Sì – annuì, senza chiedermi se io sapessi farlo. In effetti, avevo<br />
osservato con attenzione i passi della regina, e anche se non avevo mai
allato il valzer pensavo che ci sarei riuscita, perché ballare è una cosa che<br />
mi piace e che so fare, anche se non so cantare.<br />
Era meraviglioso avere il braccio di Quinn che mi circondava e<br />
muovermi con grazia sulla pista da ballo. Per qualche momento dimenticai<br />
ogni cosa e godetti del semplice piacere di contemplare il mio cavaliere,<br />
sentendomi come si sente una ragazza quando sta ballando con un uomo<br />
con cui si aspetta di fare l’amore, prima o poi. Il contatto delle dita di<br />
Quinn con la mia schiena nuda mi faceva formicolare la pelle.<br />
– Presto o tardi – osservò lui, – riusciremo a trovarci in una stanza<br />
con un letto, una porta dotata di serratura con la chiave, e niente telefoni.<br />
Mentre gli sorridevo, vidi i Thrash che uscivano, e mi augurai che la<br />
loro macchina fosse già pronta alla porta. Quello fu l’ultimo pensiero<br />
normale che riuscii a formulare per qualche tempo.<br />
Una testa volò oltre la spalla di Quinn; il suo movimento era troppo<br />
rapido perché potessi capire a chi apparteneva, ma mi parve comunque<br />
familiare. Uno spruzzo di sangue creò poi una nuvola rossastra sulla sua<br />
scia.<br />
Emisi un suono che non era né un urlo né un sussulto, ma piuttosto<br />
una sorta di Eeeeep.<br />
Anche se la musica continuò a risuonare ancora per un lungo<br />
momento, Quinn si bloccò di colpo e si guardò intorno in tutte le direzioni,<br />
cercando di capire cosa stesse succedendo e in che modo potessimo<br />
sopravvivere agli eventi. Avevo creduto che potessimo concederci almeno<br />
una danza, ma ora sapevo che ce ne saremmo dovuti andare con i due<br />
mannari.<br />
– Spalle contro il muro – consigliò Quinn, tirandomi verso il lato<br />
della sala. Se non altro, sapevamo da che parte stava arrivando il pericolo,<br />
ed era stata una buona mossa da parte sua allontanarsi da essa... ma in quel<br />
momento qualcuno ci venne a sbattere contro, e Quinn perse la presa<br />
intorno alla mia mano.<br />
Adesso c’erano molte urla e una quantità di movimento. Le urla<br />
provenivano tutte dai mannari e dalle altre creature soprannaturali che<br />
erano state invitate al party, mentre il movimento era prodotto<br />
prevalentemente dai vampiri, che stavano cercando i rispettivi alleati in<br />
mezzo a quel caos. Fu a quel punto che l’orribile tenuta indossata dai<br />
seguaci del re dimostrò la propria utilità, perché risultò semplice e<br />
immediato riconoscerli come tali. Naturalmente, questo fece anche di loro<br />
dei facili bersagli, se si era qualcuno che non aveva in simpatia il re e i<br />
suoi uomini.
Un esile vampiro di colore con i capelli raccolti in treccine brandiva<br />
una spada ricurva che pareva aver materializzato dal nulla e che aveva la<br />
lama insanguinata, cosa da cui dedussi che doveva essere lui il tagliatore di<br />
teste. Dal momento che indossava quell’orribile livrea, era qualcuno da cui<br />
dovevo tenermi alla larga, perché se potevo avere degli alleati in quel caos,<br />
di certo non si trattava di nessuno che lavorasse per Peter Threadgill.<br />
Intanto, ero riuscita a ripararmi dietro una delle colonne di sostegno<br />
all’estremità occidentale della sala, e stavo cercando di capire quale fosse<br />
il modo più sicuro per lasciare la stanza quando urtai con il piede qualcosa<br />
che si spostò; abbassando lo sguardo, vidi che si trattava della testa<br />
decapitata, e che essa apparteneva a Wybert. Per una frazione di secondo,<br />
mi chiesi se essa si sarebbe mossa o avrebbe parlato, ma la decapitazione<br />
era decisamente definitiva, a qualsiasi specie si appartenesse.<br />
– Oh – gemetti, poi decisi che avrei fatto meglio a controllarmi, se<br />
non volevo finire per somigliare a Wybert, almeno sotto un aspetto molto<br />
importante.<br />
Dei combattimenti si erano scatenati in tutta la sala. Io non avevo<br />
visto l’incidente che aveva fatto precipitare gli eventi, ma era chiaro che il<br />
vampiro di colore doveva aver aggredito Wybert con qualche pretesto,<br />
decapitandolo... e dal momento che Wybert era stato una delle guardie del<br />
corpo della regina e che Mister Treccine era uno dei seguaci di Peter,<br />
quell’atto aveva avuto un effetto quanto mai decisivo.<br />
La regina e Andre erano in piedi, schiena contro schiena, nel centro<br />
della sala. Andre impugnava una pistola in una mano e un coltello<br />
nell’altra, mentre la regina aveva prelevato un coltello da carne dal buffet.<br />
Un cerchio di vampiri in giacca bianca li circondava, e quando uno di essi<br />
cadeva, un altro era pronto a prendere il suo posto: sembrava quasi<br />
l’ultima resistenza di Custer, con la regina nei panni del generale. Sigebert<br />
era in pari misura sotto assedio sul podio della banda, che si era dissolta<br />
nei suoi singoli componenti; alcuni degli orchestrali, in parte mannari e in<br />
parte vampiri, si erano lanciati nella mischia, mentre altri stavano cercando<br />
di fuggire. Quanti stavano facendo del loro meglio per lasciare la stanza si<br />
andavano però accalcando sulla porta di accesso al lungo corridoio, con il<br />
risultato di bloccarla.<br />
Il re era a sua volta sotto attacco da parte dei miei tre amici, Rasul,<br />
Chester e Melanie. Ero certa che avrei trovato Fiore di Giada a<br />
proteggergli le spalle, ma fui lieta di vedere che lei aveva altri problemi a<br />
causa del Signor Cataliades, che stava facendo del suo meglio per... ecco,<br />
pareva che stesse soltanto cercando di toccarla, mentre lei lo teneva a bada
con la sua grande spada, la stessa che aveva tranciato in due Gladiola.<br />
Nessuno dei due faceva progressi, né pareva propenso a ritrarsi dal<br />
confronto.<br />
In quel momento qualcuno mi appiattì al suolo con tanta forza da<br />
togliermi il fiato per un instante. Reagii sferrando un colpo, ma il solo<br />
risultato fu di vedermi bloccare anche la mano e di trovarmi schiacciata<br />
sotto un grosso corpo.<br />
– Ti ho presa – disse Eric.<br />
– Cosa diavolo stai facendo?<br />
– Ti sto proteggendo – dichiarò, sorridendo per l’eccitazione della<br />
battaglia, con gli occhi azzurri che brillavano come zaffiri.<br />
Eric adorava le mischie.<br />
– Non vedo nessuno che cerchi di attaccarmi – gli feci notare. – Mi<br />
pare che la regina abbia più bisogno di me del tuo aiuto, ma apprezzo la<br />
tua preoccupazione.<br />
Sul trasporto dell’eccitazione, Eric mi elargì un lungo bacio<br />
appassionato, poi afferrò la testa di Wybert.<br />
– Bowling per vampiri! – esclamò allegramente, nello scagliare<br />
quell’oggetto disgustoso contro il vampiro di colore, con tanta forza e<br />
precisione da fargli cadere di mano la spada, di cui si impadronì spiccando<br />
un grande balzo, per poi calarla con estrema forza sul suo proprietario.<br />
Lanciando un grido di guerra che non era più risuonato per un migliaio di<br />
anni, attaccò quindi il cerchio di vampiri che assediava la regina e Andre,<br />
vibrando colpi con tanto selvaggio abbandono da essere quasi splendido,<br />
in un certo senso.<br />
Un mutaforma che stava cercando un’altra via per uscire dalla stanza<br />
mi venne a sbattere contro con forza sufficiente a spostarmi dalla mia<br />
posizione relativamente sicura. Di colpo, ci furono troppe persone fra me e<br />
la colonna, e questo mi impedì di tornare indietro. Dannazione! Potevo<br />
vedere la porta che Wybert e suo fratello avevano sorvegliato: essa si<br />
trovava dall’altra parte della stanza, ma era la sola via di uscita accessibile,<br />
e qualsiasi modo per lasciare la stanza andava bene. Mi avviai per cercare<br />
di raggiungerla sgusciando lungo le pareti, in modo da non dover<br />
attraversare spazi aperti troppo pericolosi.<br />
Un vampiro in giacca bianca mi si parò davanti.<br />
– Ti stavamo cercando! – tuonò. Anche in un simile momento, riuscii<br />
a notare una serie di particolari da cui si capiva che quello era un vampiro<br />
giovane, che aveva conosciuto tutti i vantaggi della vita moderna... denti<br />
regolari che avevano portato l’apparecchio, e un fisico alto e robusto che
aveva sperimentato la nutrizione moderna.<br />
– Guarda! – dissi, traendo da parte un lato del corpetto. Lui obbedì,<br />
grazie a Dio, e io gli sferrai un calcio nei testicoli con tanta forza da<br />
pensare che gli sarebbero usciti dalla bocca. Quello era un modo infallibile<br />
per abbattere un uomo, indipendentemente dalla sua natura intrinseca, e<br />
quel vampiro non fece eccezione, permettendomi di aggirarlo e di<br />
raggiungere la parete orientale, quella in cui si apriva la porta sgombra.<br />
Mi mancava forse un metro per raggiungerla quando qualcuno mi<br />
afferrò un piede, facendomi perdere l’equilibrio e scivolare su una pozza di<br />
sangue, crollando in ginocchio. Dal colore, era chiaro che si trattava di<br />
sangue di vampiro.<br />
– Cagna – ringhiò Fiore di Giada. – Sgualdrina.<br />
Non mi pareva di averla mai sentita parlare, fino a quel momento, e<br />
avrei preferito che avesse continuato a tacere. Una mano dopo l’altra, lei<br />
prese quindi a trascinarmi verso i suoi canini estesi, impossibilitata ad<br />
alzarsi per uccidermi perché le mancava una gamba. Quando me ne accorsi<br />
per poco non vomitai, ma mi trattenni perché ero troppo preoccupata a<br />
cercare di salvarmi; le mie mani però scivolavano sul liscio pavimento di<br />
legno, e le ginocchia non riuscivano a fare presa su di esso, impedendomi<br />
di tenermi lontana dalla vampira. Non sapevo se Fiore di Giada sarebbe<br />
morta o meno a causa di quella terribile ferita, ma sapevo che i vampiri<br />
erano in grado di sopravvivere a molte cose che avrebbero ucciso un<br />
umano, il che costituiva una grossa parte del fascino...<br />
Riscuotiti, Sookie, mi ingiunsi, brutalmente.<br />
Lo shock stava cominciando a fare presa su di me.<br />
Protendendo disperatamente una mano, riuscii ad aggrapparmi a uno<br />
stipite e presi a tirare con tutte le mie forze, senza però potermi liberarei<br />
dalla presa di Fiore di Giada, le cui dita cominciavano ad affondarmi nella<br />
carne della caviglia. Ancora un momento e me l’avrebbe spezzata, il che<br />
mi avrebbe reso impossibile camminare.<br />
Con il piede libero presi a tempestare di calci la faccia della minuta<br />
donna asiatica, ma per quanto il naso e le labbra cominciassero a<br />
sanguinarle, lei non abbandonò la presa. Non avvertiva neppure i miei<br />
colpi.<br />
Poi Bill le balzò sulla schiena, atterrando con forza sufficiente a<br />
spezzarla, e infine la presa che lei aveva sulla mia caviglia si rilassò. Mi<br />
affrettai ad allontanarmi, mentre Bill sollevava un coltello da carne molto<br />
simile a quello che la regina aveva avuto in mano, e prendeva ad<br />
affondarlo ripetutamente nel collo di Fiore di Giada fino a staccarle la
testa, il tutto senza smettere di guardarmi.<br />
Non disse una parola, mi rivolse solo quella lunga, cupa occhiata. Poi<br />
scomparve, e io mi affrettai ad abbandonare la sala.<br />
L’appartamento della regina era al buio, il che non era una cosa<br />
positiva: chi poteva sapere cosa si annidasse nel buio, là dove non arrivava<br />
il chiarore che filtrava dalla sala da ballo?<br />
Ci doveva essere una porta che comunicava con l’esterno, perché la<br />
regina non si sarebbe mai lasciata senza una via di fuga. Se ricordavo bene<br />
come era orientato l’edificio, procedendo dritto davanti a me avrei dovuto<br />
raggiungere la parete giusta. Facendomi coraggio, decisi che sarei<br />
avanzata senza tergiversare: basta strisciare lungo le pareti.<br />
Con mia sorpresa, la cosa funzionò, almeno fino a un certo punto.<br />
Attraversai una stanza, che supposi essere un salotto, ed entrai in quella<br />
che doveva essere la camera da letto della regina, dove un movimento<br />
appena percettibile tornò a destare il mio timore e mi indusse a cercare a<br />
tentoni lungo la parete l’interruttore della luce. Quando lo attivai, scoprii<br />
di essere in compagnia di Peter Threadgill, che stava fronteggiando Andre.<br />
In mezzo a loro c’era un letto, sul quale giaceva la regina, che era stata<br />
gravemente ferita. Come Peter Threadgill, anche Andre era privo della<br />
spada, ma aveva una pistola, e quando accesi la luce sparò dritto in faccia<br />
al re, due volte.<br />
Dietro il corpo di Peter Threadgill c’era una porta, che doveva dare<br />
accesso ai gradini, quindi cominciai a spostarmi lungo il perimetro della<br />
stanza con le spalle addossate alla parete, senza che nessuno mi prestasse<br />
attenzione.<br />
– Andre, se lo uccidi dovrò pagare una multa enorme – affermò con<br />
assoluta calma la regina, che si teneva una mano premuta contro il fianco e<br />
aveva lo splendido vestito arancione intriso di sangue.<br />
– Ma non ne varrebbe la pena, signora?<br />
Seguì una lunga pausa di silenzio da parte della regina, mentre io mi<br />
affannavo ad aprire almeno sei chiavistelli.<br />
– Nel complesso, direi di sì – affermò infine Sophie-Anne. – In fin<br />
dei conti, il denaro non è tutto.<br />
– Oh, bene – commentò allegramente Andre, sollevando la pistola.<br />
Mi accorsi che nell’altra mano stringeva un paletto, ma non mi soffermai a<br />
vedere come lo avrebbe utilizzato.<br />
Mi avviai attraverso il prato nelle mie scarpette da sera verdi che,<br />
incredibilmente, erano ancora intatte. Anzi, erano in condizioni perfino<br />
migliori della mia caviglia, che Fiore di Giada aveva danneggiato al punto
che cominciai a zoppicare dopo aver mosso appena una decina di passi.<br />
– Attenta al leone – mi avvertì la voce della regina; girandomi, vidi<br />
che Andre la stava trasportando fuori dell’edificio.<br />
Mentre mi chiedevo da che parte stesse il grosso felino in questione,<br />
esso apparve proprio davanti a me. Un minuto prima, la via di fuga era<br />
sgombra, e adesso era bloccata da un leone. Le luci di sicurezza si erano<br />
disattivate, e sotto il chiarore della luna quella bestia appariva così<br />
splendida e letale che la paura mi strappò l’aria dai polmoni.<br />
Il leone emise un basso verso gutturale.<br />
– Vattene – dissi. Non avevo assolutamente niente con cui<br />
affrontarlo, ed ero alla fine della resistenza. – Vattene! – urlai. – Vai via di<br />
qui!<br />
Ed esso sgusciò via fra i cespugli.<br />
Quello non era certo il suo tipico modo di comportarsi, ma forse<br />
aveva fiutato l’avvicinarsi di una tigre, dato che pochi secondi più tardi<br />
Quinn avanzò sull’erba come un enorme sogno silenzioso, sfregando<br />
contro di me la grossa testa prima che proseguissimo insieme fino al muro<br />
di cinta. Adagiata al suolo la sua regina, Andre spiccò un balzo fino alla<br />
sommità della recinzione con aggraziata facilità, e prese a sradicare il filo<br />
spinato con le mani nude, a stento protette con la giacca lacera.<br />
Quando ebbe finito tornò giù, sollevò con cura Sophie-Anne e si<br />
raccolse su se stesso, per poi valicare il muro in un singolo balzo.<br />
– Ecco, quella è una cosa che io non posso fare – osservai, con voce<br />
che suonò irritabile ai miei stessi orecchi. – Posso salire sul tuo dorso? Mi<br />
toglierò le scarpe.<br />
Quinn si addossò al muro e io mi infilai i sandali sul braccio per il<br />
cinturino. Non volevo fare male alla tigre caricandole troppo peso sulla<br />
schiena, ma d’altro canto volevo andare via di lì più di quanto avessi mai<br />
voluto qualsiasi altra cosa, o quasi, quindi mi bilanciai su di esso cercando<br />
di essere il più leggera possibile e finalmente riuscii a issarmi in cima al<br />
muro; da lì, guardai verso il basso, e mi parve che il marciapiede fosse<br />
molto, molto distante.<br />
Dopo tutto quello che avevo affrontato quella notte, mi pareva<br />
stupido esitare a lasciarmi cadere di un metro o due, ma per parecchi<br />
lunghi momenti rimasi seduta su quel muro, ingiungendo a me stessa di<br />
non fare l’idiota. Alla fine, riuscii a rigirarmi sullo stomaco e mi lasciai<br />
spenzolare il più possibile.<br />
– Uno, due, tre! – contai ad alta voce.<br />
Poi lasciai la presa.
Per un paio di minuti rimasi semplicemente stesa dove mi trovavo,<br />
stordita e sconcertata per come era andata quella serata.<br />
Ero là, sdraiata su un marciapiede della parte storica di New Orleans,<br />
con i seni che pendevano fuori del vestito, i capelli arruffati, i sandali<br />
appesi a un braccio e una grossa tigre che mi leccava la faccia. Nel<br />
frattempo, infatti, Quinn aveva saltato il muro con relativa facilità.<br />
– Credi che sarebbe meglio per te tornare indietro come una tigre o<br />
come un grosso uomo nudo? – domandai. – In entrambi i casi attirerai<br />
l’attenzione, ma penso che come tigre avresti maggiori probabilità di farti<br />
sparare addosso.<br />
– Questo non sarà necessario – intervenne una voce, poi Andre<br />
incombette sopra di me, nell’aggiungere: – Sono qui con la regina, nella<br />
sua auto, e vi porteremo dove dovete andare.<br />
– È davvero gentile da parte vostra – replicai, mentre Quinn<br />
procedeva a trasformarsi.<br />
– Sua maestà ritiene di essere in debito con te.<br />
– Io non la vedo in questo modo – ribattei. Perché mi stavo<br />
mostrando così schietta proprio adesso? Non potevo tenere la bocca<br />
chiusa? – Dopo tutto, se non avessi trovato e restituito il bracciale, il re<br />
avrebbe...<br />
– Scatenato comunque la guerra stanotte – concluse per me Andre,<br />
aiutandomi a rialzarmi in piedi, per poi procedere, in modo del tutto<br />
impersonale, a riassestare il mio seno destro all’interno del succinto abito<br />
verde. – Avrebbe accusato la regina di aver infranto la sua parte del<br />
contratto, in base alla quale tutti i doni dovevano essere onorati in quanto<br />
simboli del matrimonio, le avrebbe fatto causa e lei avrebbe perso quasi<br />
tutto, oltre a essere disonorata. Era pronto ad agire, in un modo o<br />
nell’altro, ma quando la regina ha sfoggiato il bracciale, lui ha dovuto<br />
ricorrere alla violenza. Ra Shawn ha dato inizio a tutto decapitando Wybert<br />
per essergli andato a sbattere contro.<br />
Supposi che Ra Shawn fosse stato il vampiro con le treccine.<br />
Non ero certa di aver capito bene tutto, ma ero altrettanto certa che<br />
Quinn avrebbe potuto spiegarmelo, in un momento in cui avessi avuto più<br />
cellule cerebrali da usare per assimilare le informazioni.<br />
– Lui è rimasto così deluso quando ha visto che la regina aveva il<br />
bracciale, e che era quello giusto! – aggiunse Andre, che pareva essersi<br />
trasformato in un chiacchierone, poi mi aiutò a salire nell’auto.<br />
– Dov’era? – chiese la regina, che era stesa su uno dei sedili.<br />
L’emorragia era cessata, e solo il modo in cui teneva serrate le labbra
indicava che stava soffrendo.<br />
– Nel barattolo di caffè che sembrava ancora sigillato – spiegai. –<br />
Hadley era davvero brava nei lavori manuali, e aveva aperto quel barattolo<br />
con la massima cura, ci aveva messo dentro il bracciale e aveva risigillato<br />
il tutto con la colla.<br />
C’erano molte altre cose da spiegare, riguardo al Signor Cataliades, a<br />
Gladiola e a Fiore di Giada, ma ero troppo stanca per offrire<br />
spontaneamente altre notizie.<br />
– Come hai fatto a superare i controlli? Sono certa che gli addetti lo<br />
stessero cercando.<br />
– Avevo il bracciale vero e proprio sotto le bende – risposi. – Il<br />
diamante però sporgeva troppo, quindi ho dovuto staccarlo e l’ho messo<br />
nel contenitore di un assorbente interno. La vampira che mi ha perquisita<br />
non ha pensato a tirare fuori l’assorbente e non sapeva con esattezza che<br />
aspetto dovesse avere, perché non aveva più avuto un ciclo mestruale da<br />
secoli.<br />
– Ma il bracciale era integro – obiettò la regina.<br />
– Oh, dopo che mi hanno frugato nella borsa sono andata nella<br />
toilette delle signore. Nella borsetta avevo anche un tubetto di supercolla.<br />
La regina parve non sapere cosa dire.<br />
– Grazie – mormorò, dopo una lunga pausa. Intanto Quinn era salito<br />
in macchina con noi, del tutto nudo, e io mi appoggiai contro di lui, mentre<br />
Andre si metteva alla guida e avviava il veicolo.<br />
Ci lasciarono nel cortile, dove Amelia era seduta su una delle sedie<br />
da giardino, con un bicchiere di vino in mano.<br />
Quando scendemmo dalla macchina, posò il bicchiere per terra con<br />
estrema cura e ci scrutò.<br />
– D’accordo, non so come reagire – dichiarò infine. Dietro di noi, la<br />
grossa macchina lasciò il cortile: Andre stava portando la sua regina in un<br />
nascondiglio sicuro... non chiesi dove, perché non volevo saperlo.<br />
– Ti dirò tutto domani – promisi ad Amelia. – Il camion per il<br />
trasloco sarà qui nel pomeriggio, e la regina ha promesso di mandare<br />
qualcuno per caricarlo e guidarlo. Devo tornare a Bon Temps.<br />
La prospettiva di tornare a casa mi appariva tanto dolce da poterla<br />
quasi assaporare sulla lingua.<br />
– Quindi hai un sacco di cose da fare, a casa? – domandò Amelia,<br />
mentre Quinn e io cominciavamo a salire le scale. Supponevo che<br />
avremmo potuto dormire nello stesso letto, dato che eravamo troppo sfiniti<br />
per dare il via a qualsiasi cosa: quella non era la notte adatta per avviare
una relazione, sempre ammesso che non lo avessi già fatto... e forse era<br />
così.<br />
– Ecco, ci sono un sacco di matrimoni a cui devo andare – risposi, –<br />
e devo anche rientrare al lavoro.<br />
– Hai una camera per gli ospiti vuota?<br />
– Forse – ribattei, fermandomi a metà della scala. – Per caso te ne<br />
serve una?<br />
La scarsità della luce non mi permise di determinarlo con certezza,<br />
ma mi parve che Amelia apparisse imbarazzata.<br />
– Ho provato qualcosa di nuovo con Bob – confessò, – ma non ha<br />
funzionato proprio come doveva.<br />
– Lui dov’è? – chiesi. – All’ospedale?<br />
– No, è qui – spiegò lei, indicando un nanetto decorativo da giardino.<br />
– Dimmi che stai scherzando – implorai.<br />
– Sto scherzando – ammise. – Questo è Bob... non è carino? –<br />
aggiunse, sollevando un grosso gatto nero con il petto bianco, che era<br />
raggomitolato in un vaso vuoto.<br />
– Certo. Portalo con te. Mi piacciono i gatti.<br />
– Lieto di sentirtelo dire, piccola – interloquì Quinn. – Ero troppo<br />
stanco per trasformarmi completamente.<br />
Solo allora lo guardai davvero... e mi accorsi che adesso aveva la<br />
coda.<br />
– Dormirai sul pavimento – decretai.<br />
– Piccola...<br />
– Dico sul serio. Domani riuscirai a tornare completamente umano,<br />
giusto?<br />
– Certo. Di recente mi sono trasformato troppe volte. Ho solo<br />
bisogno di riposare.<br />
– Ci vediamo domani, Sookie – disse Amelia, che stava fissando la<br />
coda con occhi sgranati. – Ci aspetta un viaggetto insieme, e dopo rimarrò<br />
con te per un po’!<br />
– Ci divertiremo un sacco – convenni stancamente, nel salire il resto<br />
delle scale, lieta come non mai di aver riposto la chiave della porta nelle<br />
mutandine. – Sai che divertimento – borbottai, mentre lasciavo ricadere<br />
quel che restava del vestito e aprivo la porta.<br />
Avevo già fatto la doccia e lasciato il bagno a Quinn quando sentii<br />
bussare. Ero abbastanza decente, con un top e i pantaloni del pigiama, e<br />
anche se avrei voluto ignorare quella visita, mi costrinsi ad aprire.<br />
Bill aveva un aspetto abbastanza buono, per qualcuno che aveva
appena combattuto in una guerra. Quello smoking non sarebbe mai più<br />
stato utilizzabile, ma almeno lui non stava sanguinando e le eventuali ferite<br />
che poteva aver riportato si erano già risanate.<br />
– Ti devo parlare – disse, con voce tanto sommessa e debole da<br />
indurmi a uscire di un passo dall’appartamento. Mi sedetti per terra sulla<br />
veranda, e lui mi sedette accanto.<br />
– Devi permettermi di dirtelo, una volta soltanto – affermò. – Io ti<br />
amavo. Ti amo. No. Lasciami finire – continuò, quando sollevai una mano<br />
per protestare. – Lei mi ha mandato là, è vero, ma dopo averti incontrata...<br />
dopo aver imparato a conoscerti... io... ti ho amata.<br />
Quanto tempo dopo che mi aveva portata a letto era nato questo<br />
supposto amore? Come potevo mai credergli, dal momento che mi aveva<br />
mentito in modo tanto convincente dal primo momento in cui lo avevo<br />
incontrato, fingendosi disinteressato perché vedeva quanto fossi<br />
affascinata dal primo vampiro che avessi mai incontrato?<br />
– Ho rischiato la vita per te – ribattei, faticando a parlare. – Ho dato a<br />
Eric potere su di me, in eterno, per amor tuo, quando ho accettato il suo<br />
sangue. Ho ucciso per te. Queste non sono cose che do per scontate, anche<br />
se tu forse lo fai. Se per te questa è la quotidianità, non lo è per me. Non so<br />
se potrò mai cessare di odiarti.<br />
Mi alzai, con movimenti lenti e affaticati, e con mio sollievo lui non<br />
fece l’errore di cercare di aiutarmi.<br />
– Probabilmente mi hai salvato la vita, stanotte – aggiunsi,<br />
abbassando lo sguardo su di lui, – e di questo ti ringrazio. Ma non voglio<br />
rivederti mai più.<br />
– Io ti amo – ribadì con cocciutaggine, come se quel fatto fosse così<br />
stupefacente e costituisse una tale innegabile verità da far sì che io dovessi<br />
credergli. Ebbene, gli avevo creduto, ed ecco a cosa mi aveva portata.<br />
– Quelle parole non sono una formula magica – ribattei. – Non ti<br />
apriranno il mio cuore.<br />
Bill aveva più di centotrenta anni, ma in quel momento sentii di<br />
potergli tenere testa. Rientrata in casa, mi chiusi la porta alle spalle, la<br />
sprangai e mi costrinsi a percorrere il corridoio, fino alla camera da letto.<br />
Quinn, che si stava asciugando, si girò per mostrarmi il suo<br />
muscoloso posteriore.<br />
– Niente pelo – disse. – Posso dividere il letto?<br />
– Sì – assentii, strisciando sotto le coperte. Lui si infilò nel letto<br />
dall’altro lato e si addormentò nell’arco di trenta secondi. Dopo uno o due<br />
minuti, mi spostai verso di lui e gli posai la testa sul petto.
E ascoltai il battito del suo cuore.
Capitolo ventitreesimo<br />
Il giorno successivo, Everett era alla guida del furgone, e io e Amelia<br />
lo stavamo seguendo sulla piccola auto della strega. Quando mi ero alzata,<br />
al mattino, Quinn se ne era già andato, lasciandomi un biglietto in cui<br />
diceva che mi avrebbe chiamato dopo aver assunto qualcuno che prendesse<br />
il posto di Jake Purifoy e aver concluso il lavoro successivo, che era a<br />
Huntsville, nell’Alabama... un Rito di Ascensione, così lo aveva definito,<br />
anche se non avevo idea di cosa si trattasse. Il biglietto si era concluso con<br />
un commento riguardo al vestito verde, qualcosa di molto personale che<br />
non intendo ripetere in questa sede.<br />
Mentre mi preparavo, Amelia aveva fatto le valigie, ed Everett aveva<br />
diretto due uomini massicci nell’operazione di carico degli scatoloni che<br />
intendevo portare con me a Bon Temps. Quando fosse tornato indietro,<br />
avrebbe portato alla Caritas il mobilio che avevo scartato; lo avevo offerto<br />
a lui, ma dopo aver guardato quell’antiquariato fasullo, aveva detto che<br />
quel genere di mobili non faceva per lui. Dopo avevo sistemato il mio<br />
bagaglio nell’auto di Amelia e ci eravamo avviate, con il gatto Bob sul<br />
sedile posteriore, in un trasportino rivestito di tovaglioli di carta e dotato di<br />
cibo e di acqua. La sua lettiera era sul fondo della macchina.<br />
– La mia mentore ha scoperto quello che ho fatto, ed è molto<br />
scontenta di me – confessò Amelia, cupa.<br />
La cosa non mi sorprendeva, ma non mi parve diplomatico farlo<br />
notare, considerato quanto Amelia mi era stata d’aiuto.<br />
– Adesso però lui sente la mancanza della sua vita – mi limitai a<br />
sottolineare, nel tono più neutro possibile.<br />
– Questo è vero, ma sta vivendo un’esperienza incredibile – ribatté<br />
Amelia, nel tono di una persona decisa a guardare il lato positivo degli<br />
eventi. – Mi farò perdonare da lui, in qualche modo.<br />
Non ero certa che quello fosse qualcosa di cui ci si poteva “far<br />
perdonare”.<br />
– Scommetto che presto riuscirai a farlo tornare se stesso – dichiarai,<br />
cercando di mostrarmi sicura della cosa. – A Shreveport ci sono alcune<br />
streghe davvero in gamba che potrebbero aiutarti – aggiunsi. Questo,<br />
naturalmente, se Amelia fosse riuscita a vincere i suoi pregiudizi nei<br />
confronti delle Wicca.<br />
– Grandioso – annuì, mostrandosi più allegra. – Intanto, si può sapere
cosa diavolo è successo la scorsa notte? Voglio sentire tutti i particolari.<br />
Supponevo che l’intera storia fosse ormai nota a tutta la comunità<br />
sovrannaturale, e che quindi potevo vuotare il sacco, per cui le raccontai<br />
tutto.<br />
– Ma come ha fatto Cataliades a sapere che era stata Fiore di Giada a<br />
uccidere Gladiola? – domandò Amelia.<br />
– Ecco... gliel’ho detto io – ammisi, con un filo di voce.<br />
– E come facevi a saperlo?<br />
– Quando i Pelt mi hanno detto di non aver assoldato nessuno che<br />
sorvegliasse la casa, ne ho dedotto che l’assassino fosse qualcuno mandato<br />
da Peter Threadgill per ritardare il momento in cui avrei ricevuto il<br />
messaggio di Cataliades. Lui aveva sempre saputo che la regina aveva<br />
perso quel bracciale per colpa di Hadley, forse perché aveva delle spie fra<br />
la gente della regina, o forse perché qualcuno dei suoi seguaci più stupidi,<br />
come Wybert, se lo era lasciato sfuggire. Non deve essere stato difficile<br />
osservare i movimenti delle due ragazze che la regina usava come<br />
messaggere, e quando una di esse è venuta a portarmi il messaggio della<br />
regina, Fiore di Giada l’ha seguita e l’ha uccisa. La ferita era decisamente<br />
letale, e dopo aver visto la spada di Fiore di Giada, e avergliela vista<br />
estrarre così in fretta da rendermi impossibile seguirne il movimento, ho<br />
supposto che lei fosse una probabile candidata al ruolo di killer. In più, la<br />
regina ha detto che se Andre era a New Orleans tutti supponevano che ci<br />
fosse anche lei... in tal caso, doveva essere vero anche il contrario, giusto?<br />
Se il re era a New Orleans, tutti avrebbero supposto che ci fosse anche<br />
Fiore di Giada, mentre lei era nei boschi, fuori della mia casa. – Il ricordo<br />
mi strappò un brivido. – Ho avuto la conferma dopo aver telefonato a un<br />
sacco di stazioni di rifornimento. Alla fine, ho parlato con un benzinaio<br />
che ricordava chiaramente Fiore di Giada.<br />
– Ma perché Hadley ha rubato quel bracciale?<br />
– Per gelosia, credo, e per il desiderio di mettere in difficoltà la<br />
regina. Non credo che lei abbia compreso le implicazioni del suo gesto, e<br />
quando se ne è resa conto, ormai era troppo tardi, perché il re aveva già<br />
elaborato i suoi piani. Fiore di Giada l’ha sorvegliata per un po’, e ha colto<br />
l’opportunità di aggredire e uccidere Jake Purifoy, nella speranza che la<br />
colpa ricadesse su Hadley. Qualsiasi cosa che l’avesse screditata si sarebbe<br />
infatti riflessa anche sulla regina. Loro non potevano sapere che lei lo<br />
avrebbe trasformato.<br />
– Che ne sarà di Jake? – chiese Amelia, che appariva turbata. – Mi<br />
piaceva. Era un uomo gentile.
– Potrebbe ancora esserlo, solo che adesso è un vampiro gentile.<br />
– Non sono certa che esista una cosa del genere – affermò a bassa<br />
voce la mia compagna di viaggio.<br />
– Certi giorni, non ne sono certa neppure io.<br />
Per un po’, viaggiammo in silenzio.<br />
– Allora, parlami di Bon Temps – chiese infine Amelia, per superare<br />
quel blocco nella conversazione.<br />
Cominciai a parlarle della cittadina, del bar dove lavoravo, della festa<br />
di presentazione dei regali di nozze a cui ero stata invitata e dei matrimoni<br />
imminenti.<br />
– Sembra tutto molto piacevole – commentò Amelia. – Ehi, so che<br />
mi sono praticamente auto-invitata. Non ti dispiace, vero?<br />
– No – risposi, con una rapidità che mi lasciò sorpresa di me stessa. –<br />
No, sarà piacevole avere compagnia... per un po’ – aggiunsi, con cautela. –<br />
Cosa ne farai della tua casa di New Orleans, durante la tua assenza?<br />
– Everett ha detto che non gli sarebbe dispiaciuto occupare<br />
l’appartamento di sopra, dato che sua madre sta diventando difficile da<br />
sopportare. Si può permettere di affittarlo, perché ha un così buon lavoro<br />
presso Cataliades, e baderà lui alle mie piante e al resto fino al mio ritorno.<br />
In caso di necessità, potrà sempre mandarmi una e-mail – aggiunse,<br />
riferendosi al computer portatile che aveva nel bagagliaio. Per la prima<br />
volta, ci sarebbe stato un computer nella casa degli Stackhouse. Seguì una<br />
pausa, poi con voce esitante, chiese: – Come ti senti, adesso? Voglio dire,<br />
riguardo al tuo ex e a tutto il resto...<br />
– Ho un grosso buco nel cuore – ammisi, dopo aver riflettuto. – Ma<br />
si richiuderà.<br />
– Non vorrei dare l’impressione di fare della psicologia spicciola –<br />
replicò lei, – ma non lasciare che il suo richiudersi sigilli il dolore<br />
all’interno, d’accordo?<br />
– È un buon consiglio – convenni. – Spero di riuscire a seguirlo.<br />
Ero stata assente solo per pochi giorni, anche se erano stati giorni<br />
pieni di eventi. A mano a mano che mi avvicinavo a Bon Temps, mi chiesi<br />
se Tanya fosse riuscita a indurre Sam a chiederle di uscire, e se avrei<br />
dovuto rivelare a Sam il fatto che lei era una spia. Adesso Eric non aveva<br />
più bisogno di sentirsi confuso nei miei confronti, dato che il nostro grosso<br />
segreto non era più tale, e non aveva più neanche modo di ricattarmi. I Pelt<br />
avrebbero mantenuto la parola data? Forse Bill avrebbe intrapreso un<br />
lungo viaggio, e magari mentre era via un paletto gli sarebbe<br />
accidentalmente caduto sul cuore.
Non avevo avuto notizie di Jason, mentre ero a New Orleans, e mi<br />
domandai se stesse ancora pensando di sposarsi. Mi augurai che Crystal si<br />
fosse ripresa, e questo mi indusse a chiedermi se la Dottoressa Ludwig<br />
accettava pazienti coperti da assicurazione. Il doppio matrimonio dei<br />
Bellefleur sarebbe stato un evento interessante, anche se vi avrei<br />
partecipato in veste di addetta al bar.<br />
Trassi un profondo respiro, dicendomi che la mia vita non era poi<br />
così male, e cominciai perfino a credere che fosse vero. Forse avevo un<br />
nuovo ragazzo, e di certo avevo una nuova amica ed eventi a cui guardare<br />
con aspettativa. Tutto andava bene e ne sarei dovuta essere grata.<br />
Che importanza aveva quindi se sarei stata obbligata a partecipare a<br />
un convegno di vampiri, al seguito della regina? Avremmo alloggiato in un<br />
hotel elegante, ci saremmo vestiti di conseguenza e avremmo partecipato a<br />
lunghe riunioni noiose, se tutto ciò che gli altri mi avevano sempre detto<br />
riguardo ai convegni era vero.<br />
Accidenti, quanto poteva essere brutta una cosa del genere?<br />
Meglio non pensarci.<br />
FINE
Ringraziamenti<br />
I miei ringraziamenti vanno a una quantità di persone: l’insegnante di<br />
latino dei figli di Jerrilyn Farmer; Toni L.P. Kelner e Steve Kelner, amici e<br />
consiglieri; Ivan Van Laningham, che possiede conoscenze e opinioni in<br />
merito a una quantità di argomenti; il Dottor Stacy Clanton, di cui si può<br />
dire la stessa cosa; Alexandre Dumas, autore de I Tre Moschettieri, che<br />
tutti dovrebbero leggere; Anne Rice, per aver vampirizzato New Orleans; e<br />
quel lettore che da Uncle Hugo’s ha indovinato in anticipo la trama di<br />
questo libro… tanto di cappello a tutti voi.