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Kill All Enemies - Libri Mondadori

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traduzione di Loredana Baldinucci


www.mondichrysalide.it<br />

© 2011 Melvin Burgess<br />

© 2013 Arnoldo <strong>Mondadori</strong> Editore S.p.A., Milano, per l’edizione italiana<br />

First published in Great Britain in the English language by Penguin Books Ltd<br />

Titolo dell’opera originale <strong>Kill</strong> <strong>All</strong> <strong>Enemies</strong><br />

Prima edizione aprile 2013<br />

Stampato presso ELCOGRAF S.p.A.<br />

Stabilimento di Cles (TN)<br />

Printed in Italy<br />

ISBN 978-88-04-62740-1


Per Anita


PARTE UNO<br />

LA scUOLA


BILLIE<br />

Ero stata brava per quasi una settimana. Solo una rissa,<br />

un record per me. Dovevo saperlo che non poteva durare.<br />

Stavo attraversando il parcheggio vicino al pub dell’angolo<br />

con Riley e la sua banda, quando uno di loro ha visto<br />

Rob che veniva verso di noi. Sapevo che sarebbe successo<br />

qualcosa. Rob è quel genere di ragazzo. Non stava<br />

facendo niente, non ce n’era bisogno. È solo che lui era<br />

sbagliato. Tutto in lui era sbagliato. La forma sbagliata,<br />

i vestiti sbagliati. Le orecchie sbagliate. Sì, hai sentito<br />

bene, le orecchie sbagliate.<br />

— Ma guarda com’è messo quello — ha detto Riley. —<br />

Che ritardato. Guarda che orecchie.<br />

— Che t’importa delle sue orecchie? — ho chiesto. Mi<br />

interessava davvero. Sì, insomma: le orecchie?<br />

— Ora te lo faccio vedere — ha risposto Riley. — Ohi,<br />

Robbie! — ha detto, e l’ha afferrato. Poi gli ha stretto un<br />

braccio attorno al collo e gli ha chiuso la testa in una<br />

morsa.<br />

Mi avevano buttato fuori dalla Brant la settimana prima<br />

e stavo facendo il possibile per tenermi lontana dai<br />

guai. Ehi, mi ero fatta perfino dei nuovi amici. Hannah<br />

9


KILL ALL ENEmIEs<br />

alla Brant diceva che mi servivano degli amici. Okay, erano<br />

solo Riley e la sua banda di teppisti da strapazzo. Ma lo<br />

stavo facendo, no? Socializzavo. Ero una della compagnia.<br />

Ed ecco che dovevo starmene lì a guardare mentre maltrattavano<br />

quel ragazzo grasso, solo perché avevano un<br />

problema con la forma delle sue orecchie.<br />

Normalmente avrei dato di matto, ma stavolta sono rimasta<br />

a guardare. Ho pensato: “Non sono affari tuoi, Billie.<br />

Lascia perdere. Non lo uccideranno. È soltanto dolore.”<br />

È una delle frasi di Hannah. Quando le ho chiesto cosa<br />

dovevo fare se qualcuno se la prendeva con me, ha detto:<br />

«Non ti uccideranno. Ingoia e vai per la tua strada. È soltanto<br />

dolore.» E poi non era neanche il mio, di dolore. Era<br />

semplicemente l’ennesimo ragazzo grasso che le prendeva.<br />

Sono rimasta a guardare. Non ho mosso un dito.<br />

Riley teneva la testa di Robbie sotto il braccio e gli<br />

strofinava le orecchie, forte. E Rob ripeteva “Ahi, ahi,<br />

ahi” come un idiota, e le sue orecchie diventavano sempre<br />

più rosse, e qualcun altro da dietro lo prendeva a calci<br />

nel culo. Non erano affari miei. Stavo solo guardando.<br />

Sono una brava ragazza, io.<br />

Poi Riley si è avvicinato tenendo la testa di Robbie<br />

sotto il braccio e ha detto: — Dai, Billie. Prova tu. Dagli<br />

una strofinata.<br />

Io ho detto solo: — Vuoi che ci provi io?<br />

— Sì — ha risposto lui.<br />

— Questo come ti sembra? — ho detto. E gli ho mollato<br />

un pugno dritto sul naso. Pam. Riley al tappeto. Poi,<br />

giù con l’anfibio. Pam pam pam. E poi la sua ragazza, Jess<br />

o come si chiama, si è fatta sotto, così l’ho sistemata –<br />

pam! – con un colpo solo, sui denti. Al tappeto pure lei,<br />

sangue dappertutto.<br />

— Non mi piacciono i bulli — ho detto. E me ne sono<br />

andata, giusto in tempo per vedere l’autobus che passava.<br />

10


BILLIE<br />

Una fila di facce si è voltata a guardarmi dai finestrini.<br />

No, dico, ci credi? In pubblico. Sotto il naso di chiunque<br />

avesse voglia di guardare. Che stupida!<br />

Mi sono girata e sono ripartita per uscire dal parcheggio.<br />

Poi alle mie spalle… — Billie… aspetta… Billie…<br />

Gesù.<br />

Rob non è male. Anche lui era nuovo. Non quanto me<br />

– io ero lì solo da una settimana – ma neanche lui c’era<br />

da parecchio. Solo quel tanto che basta per finire dritto<br />

in fondo alla gerarchia. Avevamo fatto due chiacchiere,<br />

parlato di musica e roba del genere. Ma in quel momento<br />

non ero dell’umore giusto per starlo a sentire.<br />

Mi ha raggiunto. — Grazie… grazie… è stato… è stato…<br />

— Era senza fiato, piegato in due, e faticava a spiccicare<br />

le parole.<br />

— Non farlo — ho detto.<br />

— Cosa?<br />

— Non farlo e basta. Tu e le tue orecchie del cazzo.<br />

— Che c’entrano le mie orecchie?<br />

— Si fanno notare. Se non fosse stato per loro, non sarei<br />

stata costretta a farlo.<br />

— Se vuoi, per te le cambio.<br />

— Cosa?<br />

— Ne ho un paio di scorta a casa.<br />

— Eh?<br />

— Era una battuta. — Mi ha sorriso. — Hai presente?<br />

Mi sono voltata e sono ripartita, ma lui non mollava.<br />

Mi è corso dietro.<br />

— Volevo solo dirti grazie.<br />

— L’hai fatto.<br />

— Potremmo essere amici.<br />

Mi sono girata a guardarlo. — Ma che ti prende?<br />

— Perché no? — ha detto.<br />

— Una come me non fa amicizia con uno come te.<br />

11


KILL ALL ENEmIEs<br />

— Perché?<br />

— Perché l’unica cosa che uno come te vuole da una<br />

come me è che faccia a botte al posto suo.<br />

— Io me la sbrigo da solo, grazie.<br />

— Già. Si è visto.<br />

— Tu sei nuova, io sono nuovo. Potremmo uscire<br />

insieme.<br />

— Senti. Io non posso permettermi altre risse — gli ho<br />

spiegato. — Questa è la mia ultima occasione. Te l’ho detto.<br />

Ho cambiato cinque scuole negli ultimi due anni. Mi<br />

hanno perfino buttato fuori dalla Brant, e lì gli sto anche<br />

simpatica. Statside è l’ultima scuola disposta a prendermi.<br />

Se mi gioco pure questa, è la WASP. Non posso finire<br />

alla WASP. Sai cos’è?<br />

— No.<br />

— È un posto orribile. Non finirò alla WASP neanche<br />

morta.<br />

Non esiste. Mi ci avevano già mandato una volta. Avevo<br />

retto un giorno ed ero già a bussare alla porta della Brant,<br />

supplicandoli di farmi tornare. <strong>All</strong>a WASP hanno guardie<br />

col manganello che pattugliano i corridoi. Ovunque vai,<br />

ti chiudono la porta dietro a chiave. Devi farti scortare<br />

perfino al bagno. È pieno di svitati. Solo perché mi piace<br />

fare a botte non significa che sono una svitata.<br />

— Non devi andare alla WASP — ha detto lui. — Basta<br />

non fare a botte. Ti insegno io. È facile. Le prendi e basta.<br />

— Mi ha sorriso di nuovo.<br />

Ho riso. — Già, questo non mi riesce tanto bene.<br />

Gli ho dato un’altra occhiata. Era uno di quei ragazzi<br />

fatti così. Sovrappeso e scodinzolante come un cucciolo.<br />

Non mollava facilmente, però.<br />

— Ma guardati — ho detto. — Sei il genere di ragazzo<br />

che viene preso di mira in continuazione. Sarebbero risse<br />

giorno e notte se fossi amica tua.<br />

12


BILLIE<br />

— <strong>All</strong>ora possiamo essere amici fuori dalla scuola.<br />

Ho scosso la testa. Stavo pensando a un’altra cosa che<br />

Hannah diceva spesso: «Il problema con te, Billie, è che<br />

ti fai sempre gli amici sbagliati. Nessuno che duri, nessuno<br />

che si faccia vivo quando serve. Perché non frequenti<br />

qualcuno di simpatico tanto per cambiare?»<br />

Sì, be’, fantastico: ma come fai a saperlo? Non riesco<br />

mai a capire se mi cercano perché gli serve qualcosa o se<br />

vogliono davvero essermi amici. Ho dato una squadrata<br />

a Rob e ho cercato di capirlo. Non si capiva.<br />

— Ci penserò — ho detto.<br />

— Ssssì! — ha sibilato lui. E mi ha fatto sorridere.<br />

Mi ha accompagnato alla fermata dell’autobus. Non era<br />

quella solita, perché dovevo andare in un posto. Dopo che<br />

gli ho permesso di venire, mi ha fatto piacere che ci fosse.<br />

Magari era un ragazzo simpatico, perché no?<br />

— Non ti deluderò, Billie — ha detto. — Sarò un buon<br />

amico.<br />

“Sì, certo” ho pensato. “Vedremo.”<br />

13


chRIs<br />

Non ero stato io a cominciare stavolta, era stato Alex.<br />

Lunedì mattina. Stavamo ronzando.<br />

Lo so, lo so. Non è colpa degli insegnanti se nessuno<br />

negli ultimi duecento anni si è mai neanche lontanamente<br />

interessato a quello che dicono. È la scuola. È noiosa.<br />

Ma potrebbero fare uno sforzo. Prendi la professoressa<br />

Connelly, quella di lettere. Cioè, i libri della gente morta<br />

sono solo marginalmente più interessanti del campione<br />

di pelle di rana morta che il professor Wikes stava disegnando<br />

alla lavagna, però almeno lei ci prova. Ma quella<br />

era la lezione di scienze. E quello era Wikes, l’uomo<br />

più noioso dell’universo conosciuto, la cui idea di istruzione<br />

era starsene lì in piedi a disegnare alla lavagna dandoti<br />

la schiena.<br />

Questa non è istruzione. È un imbroglio. Se non fossero<br />

stati ragazzi quelli che stava torturando, sarebbe finito<br />

sotto processo.<br />

Nuoce gravemente alla salute la noia a quei livelli. Sul<br />

noiometro di Chris Trent, chiunque superi i 100 dev’essere<br />

portato fuori dalla classe e messo a contare noccioline<br />

all’asilo. Dopo i 200, il processo di apprendimento si in-<br />

14


chRIs<br />

verte. A 300, il tuo riflesso allo specchio comincia a invecchiare<br />

e perdi la capacità di digerire la pizza. A 500, il<br />

tuo cervello inizia a mangiarsi da solo.<br />

Wikes realizza regolarmente diverse migliaia di punti.<br />

Perciò, davvero, stavo ronzando solo per il mio bene.<br />

La cosa divertente è che quando ti metti a fare<br />

“mmmmmm” a bocca chiusa, non riescono a capire il<br />

colpevole. Wikes passa qualche minuto a fingere che non<br />

stia succedendo prima di voltarsi a dare una sbirciata, ma<br />

ovviamente vede solo dei ragazzi che scrivono a testa bassa.<br />

Se avesse un po’ di cervello starebbe zitto: è praticamente<br />

la prima volta che qualcuno sta facendo davvero<br />

qualcosa durante la sua lezione. Non riesce a trattenersi,<br />

però. Annoiarsi non basta, devi annoiarti in silenzio.<br />

— E va bene, ragazzi, adesso potete smettere — dice<br />

in tono stanco, prima di voltarsi di nuovo verso la lavagna<br />

e continuare come se nulla fosse successo. Ma è tutta<br />

una finta. Dentro è un ammasso informe che ribolle<br />

di rancore e rabbia.<br />

È una giornata buona stavolta, ha resistito almeno cinque<br />

minuti prima di scoppiare. Il pennarello vola in aria<br />

e lui balza via dalla lavagna, sbuffando come un bisonte<br />

in calore.<br />

— Va bene! Ora basta. Piantatela con questo rumore!<br />

Chi è che disturba? — strilla. È uno spettacolo quando<br />

Wikes è in piena dimostrazione territoriale. Ha la bava<br />

alla bocca. È un modo per marcare il territorio. Se sei seduto<br />

troppo vicino, rischi di beccarti degli spruzzi.<br />

— Io no, signore… Non sono io, signore… Non sono<br />

io… — rispondono tutti. Ovviamente, quando uno parla<br />

gli altri continuano a ronzare, quindi il livello di rumore<br />

rimane identico.<br />

Quando finalmente riesce a capire che la rabbia non<br />

funziona, Wikes ci prova con l’astuzia. Errore. Cammi-<br />

15


KILL ALL ENEmIEs<br />

na tra le file come se niente fosse, sporgendosi un po’ di<br />

lato. Se si avvicina troppo, non devi fare altro che fermarti<br />

e il ronzio continua un metro più in là. È come guardare<br />

un cane che si rincorre la coda.<br />

Poi attacca.<br />

WIKES [Parlando molto in fretta e all’improvviso]:<br />

Chris, come stai oggi?<br />

CHRIS (cioè io): Molto bene, grazie, signore, e lei?<br />

WIKES: Bene, grazie…<br />

Il ronzio a questo punto vacilla perché gli altri si stanno<br />

sforzando di non scoppiare a ridere, e allora Wikes crolla:<br />

— Piantatela! Basta! Tu… tu! Lo so che sei tu!<br />

Sta parlando con me. Come al solito. Mi piomba addosso<br />

e mi tira su dalla sedia, strillando e sputando.<br />

— Fuori! Fuori! Fuori dalla mia classe!<br />

— Okay! Mi tolga le mani di dosso.<br />

Fa ridere, sì, però lui non ha nessun diritto di spintonarmi<br />

in quel modo. Deve prendersela con qualcuno, suppongo,<br />

ma perché sempre io? Esco dalla classe e gli sbatto<br />

la porta in faccia. Lui la apre e mi viene dietro, ringhiando<br />

come un lemming infuriato.<br />

— Fila dritto dal preside e digli quello che hai fatto!<br />

Poi mi sbatte la porta in faccia. E fine della storia.<br />

Non sono andato dal preside, chiaro. Wikes potrebbe<br />

chiedergli qualcosa, ma probabilmente non lo farà. Per i<br />

professori è umiliante mandare qualcuno in direzione. È<br />

come se dicessero: “Aiuto! Non ce la faccio!” Il che, ovviamente,<br />

nel caso di Wikes è vero.<br />

Era l’ultima ora. Me ne sarei potuto andare a casa, ma<br />

non volevo che mi vedessero uscire, così mi sono nasco-<br />

16


chRIs<br />

sto in aula magna. Dietro il palco non ci va mai nessuno,<br />

a meno che non ci sia uno spettacolo in corso. C’è una<br />

stanzetta dove tengono i trucchi, i costumi e roba del genere.<br />

Nessuno viene mai a disturbarti.<br />

Mi sono seduto su un cesto di vimini pieno di vecchi<br />

costumi, a masticare una gomma. Non ne potevo più della<br />

scuola. Avrebbero dovuto lasciarmi smettere e farsene<br />

una ragione, e invece no. Devi restarci finché non ti si<br />

fonde il cervello. Forse a te piace startene seduto in classe<br />

mentre un imbecille con l’elettroencefalogramma piatto<br />

si chiede perché Shakespeare ha usato le primule invece<br />

delle violette per simbolizzare la punta del naso di Amleto,<br />

o scoprire quanti numeri primi puoi infilare nel culo<br />

di una rana senza farla scoppiare. O forse sei come Alex,<br />

e ci tieni a prendere bei voti e ad andare all’università,<br />

dove potrai imparare a insegnare i numeri primi, eccetera.<br />

Forse è solo che non hai di meglio da fare. Non lo so.<br />

Ma io? Io ho di meglio da fare che andare all’università.<br />

Sono un imprenditore, o almeno lo sarò quando cominceranno<br />

a lasciarmi fare gli affari miei. È così che si<br />

guadagna, è così che si diventa ricchi, è così che si contribuisce<br />

al benessere della società. Non facendo l’insegnante,<br />

o il medico, o andando all’università. Ma costruendo<br />

un’azienda.<br />

Io non voglio lavorare per un capo. Io voglio essere il<br />

capo.<br />

Non riescono ad accettare il fatto che in realtà, invece<br />

di stare a scuola, in questo momento dovrei essere là<br />

fuori, a costruire le basi della mia fortuna. Non ci sono<br />

esami su come si diventa imprenditori. Le lezioni di economia<br />

sono la cosa che ci si avvicina di più, ma siamo<br />

ancora molto lontani. Io ho già una mia piccola attività<br />

su eBay. Lo so, lo fanno tutti, ma io ho un negozio. Io<br />

guadagno. Ho tirato su cento sterline il mese scorso. Non<br />

17


KILL ALL ENEmIEs<br />

male! E loro pensano che mi arricchirei di più imparando<br />

a contare fino a un milione usando il codice binario?<br />

Non penso proprio.<br />

Il primo autobus era pieno, così io e Alex ci siamo fatti<br />

a piedi un paio di fermate, che è sempre una rottura perché<br />

devi passare davanti alla Statside, e quelli ti mangiano<br />

vivo se ti avvicini troppo.<br />

Aveva piovuto. Era bagnato dappertutto. Quando siamo<br />

arrivati alla Statside, la maggior parte dei ragazzi se n’era<br />

già andata, ma c’era ancora qualcuno. La fermata era vicino<br />

a una chiesa con un vecchio muro di pietra coperto di<br />

edera che ricadeva sulla strada, e la pioggia doveva aver<br />

svegliato tutte le lumache che abitavano lì. Ce n’erano<br />

tantissime che strisciavano dappertutto, «ingrassate sulla<br />

carne dei cari estinti», per usare le parole di Alex. Erano<br />

di quelle grosse e marrone, e vagavano sul marciapiede<br />

con i musetti per aria e le corna ondeggianti. Quella fermata<br />

doveva essere il paradiso delle lumache, perché ce<br />

n’erano a dozzine. Un francese ci avrebbe tranquillamente<br />

aperto un ristorante.<br />

E quei due le stavano schiacciando.<br />

Cioè, okay, lo so che sono solo lumache, non devi mica<br />

farci amicizia. Però quelle lumache non stavano facendo<br />

altro che godersi un po’ di pioggia dopo un inverno passato<br />

sul muro. Non è chiedere troppo, no? Ed ecco che arrivano<br />

due marmocchi che pensano sia divertente schiacciare<br />

quegli sventurati molluschi e spiaccicarli dappertutto.<br />

— Smettetela — ho detto.<br />

— Ma che vuoi? — ha replicato uno dei due come se<br />

fossi una specie di pervertito con la passione per le lumache.<br />

Ha alzato il piede e ne ha schiacciate tre, splat,<br />

in un colpo solo.<br />

Ho visto rosso. Gli ho dato una spinta… e poi, ov-<br />

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chRIs<br />

viamente, questo immenso mostro di lardo è sbucato da<br />

dietro la fermata dove se ne stava a sfondarsi i timpani<br />

con l’iPod e a masticare croste di pizza.<br />

— Lui è mio fratello — ha grugnito.<br />

Ho sentito Alex che gemeva: — Noooooooo.<br />

Uno dei ragazzi, ghignando, ha schiacciato un’altra lumaca.<br />

Alex alla riscossa. — Ehi, andiamo via — ha detto, indietreggiando<br />

come un roditore.<br />

— Che modo patetico per divertirsi — ho osservato io.<br />

Il grassone mi ha guardato. — Sono lumache — ha detto.<br />

— Si stanno facendo un giro. Lasciatele in pace — ho<br />

insistito.<br />

Il fratellino ha alzato il piede, e: — Ca-crunch — ha<br />

detto, spiaccicandone un’altra.<br />

Ho fatto un passo avanti; lui ha fatto un passo indietro,<br />

si è rifugiato dietro quel gigante di suo fratello e mi ha<br />

fatto una smorfia.<br />

— Vi divertite a fare del male, eh? — ho detto.<br />

Il grassone ha alzato le spalle. — Sono lumache — ha<br />

ripetuto.<br />

Dietro di lui, il fratellino ha allungato la punta del<br />

piede e ne ha schiacciata un’altra. Ho cercato di agguantarlo,<br />

ma il grassone mi ha bloccato. Il ragazzino ha ghignato.<br />

Ci ho provato di nuovo, ma Ciccia Bomba mi ha<br />

dato una spinta.<br />

— Lascialo stare — mi ha detto.<br />

— Viscida palla di pelo — ho risposto io.<br />

— Scappiamo — ha suggerito Alex da qualche parte<br />

alle mie spalle.<br />

Il grassone sembrava offeso a morte, come se nessuno<br />

avesse mai notato prima la sua somiglianza con una viscida<br />

palla di pelo. Non solo: il fratellino si è messo a ridacchiare.<br />

Risultato: visto che aveva poco cervello e non<br />

19


KILL ALL ENEmIEs<br />

sapeva cosa rispondere, ha schiacciato un’altra lumaca.<br />

— Ammasso di gelatina di bava di cane — ho detto.<br />

Il grassone è diventato rosso. Hanno riso tutti. Ha<br />

schiacciato due lumache, una dopo l’altra: crunch, crunch.<br />

Era una guerra di nervi. Tutti si sono voltati a guardarmi.<br />

— Tricheco scoreggione — ho aggiunto.<br />

Ne ha schiacciata un’altra. Basta battute brillanti.<br />

— Mezza sega — ho detto.<br />

È crollato.<br />

— Va bene! — ha urlato. — Te la sei cercata. — Poi è<br />

diventato una furia e si è messo a spiaccicare tutte le lumache<br />

che riusciva a trovare. — Pam pam pam crash<br />

pam pam! — gridava, pestando i piedi e facendo smorfie<br />

come una specie di maori sovrappeso sul sentiero di<br />

guerra. Slittava sopra le lumache schiacciate, e già si capiva<br />

che sarebbe finita in un disastro. Non dovevo fare<br />

niente. Era così ridicolo che perfino suo fratello si è nascosto<br />

la faccia tra le mani.<br />

— No, Rob, no, no — piagnucolava.<br />

E poi le lumache hanno avuto il sopravvento. Tutto<br />

quell’appiccicume viscido di lumaca. Era destino. Gli<br />

sono partiti i piedi da una parte, le braccia da un’altra, il<br />

pancione da un’altra e lo zaino da un’altra parte ancora.<br />

È rimasto sospeso in aria per un attimo come un ippopotamo<br />

levitante… poi splat! Giù sul marciapiede. Fra la<br />

merda dei cani e i cadaveri delle lumache, dove meritava<br />

di stare.<br />

— La vendetta del popolo delle lumache è compiuta —<br />

ho commentato io.<br />

E poi è arrivato l’autobus. Perfetto! A volte, l’universo<br />

ti offre quello di cui hai bisogno su un piatto d’argento.<br />

Il grassone si è tirato su appena in tempo per vedere<br />

l’autobus che ripartiva, con noi dentro.<br />

— Coglione — gli ha urlato Alex adesso che eravamo<br />

20


chRIs<br />

al sicuro. Il grassone non ha detto nulla. Si è soltanto passato<br />

un dito sulla gola.<br />

Siamo saliti al piano di sopra. — Perché l’hai fatto? — si<br />

è lamentato Alex.<br />

— Stavo salvando le lumache — gli ho fatto notare.<br />

— Non mi pare che se ne siano salvate molte — ha detto<br />

lui. — Quel tipo è uno psicopatico. Hai visto quanto<br />

è grosso? Se lui e i suoi parenti vogliono spiaccicare lumache<br />

per divertimento, io non ci trovo niente di male.<br />

— Sei un cacasotto — ho risposto.<br />

Alex se l’è presa. — Non è questione di farsela sotto,<br />

questo si chiama proteggersi — ha replicato. — Hai rischiato<br />

di prenderle e ho rischiato di prenderle pure io.<br />

È stupido.<br />

Ho scosso la testa. Cioè, siamo amici da una vita, io<br />

e Alex, ma… Non mi fraintendere, Alex mi sta simpatico.<br />

È uno a posto. Ma è come se… se pensasse sempre e<br />

soltanto ad Alex.<br />

— Perché mi stai fissando? — ha chiesto.<br />

— Mi stavo solo domandando perché siamo amici.<br />

— Abbiamo lo stesso senso dell’umorismo — ha risposto<br />

lui.<br />

— Oh, già. L’avevo dimenticato.<br />

Alex ha scosso la testa. — Labbro gonfio a ore dodici —<br />

ha aggiunto, cambiando argomento. Era salita sull’autobus<br />

una coppia, un ragazzo e una ragazza, e la ragazza aveva<br />

la bocca insanguinata. Lui si trascinava pigro davanti<br />

a lei, come se si vergognasse di farsi vedere con qualcuno<br />

che sanguinava, e lei gli stava dietro passo dopo passo,<br />

cercando di non piangere.<br />

Anche le ragazze le prendono, alla Statside.<br />

Si sono seduti a pochi sedili di distanza, e lei stava cercando<br />

di pulirsi con dei brandelli di un vecchio fazzoletto<br />

21


KILL ALL ENEmIEs<br />

di carta, di quelli che ti ritrovi appallottolati nelle tasche,<br />

mentre lui guardava da un’altra parte immusonito. Ho tirato<br />

fuori un pacchetto di fazzoletti che mi tenevo in tasca<br />

dall’ultimo raffreddore e mi sono alzato per darglieli.<br />

— Ehi, li vuoi? — le ho chiesto.<br />

Il tipo mi ha fulminato con lo sguardo. — Fatti gli affari<br />

tuoi.<br />

Ho agitato il pacchetto. — Li vuoi o no?<br />

Lui mi ha fissato come se lo avessi appena mandato a farsi<br />

fottere, ma la ragazza ha allungato la mano e li ha presi.<br />

— Grazie — ha detto, e ha guardato il tipo scuotendo<br />

la testa come per dire che stava facendo lo stronzo. Il<br />

che era vero.<br />

— Di nulla — ho risposto, e sono tornato a sedermi. Il<br />

ragazzo si è voltato a guardarmi male. Per cosa? Per avere<br />

aiutato la sua ragazza? Ma dimmi tu.<br />

Alex era furioso. — Perché l’hai fatto? — ha sibilato<br />

non appena il tizio ha distolto lo sguardo. — Non sono<br />

affari tuoi. Che problemi hai con la violenza?<br />

— Sta’ zitto, Alex — ho detto.<br />

Ho allungato l’occhio verso la ragazza. Con quelle labbra<br />

insanguinate sembrava brutta, ma dietro ai fazzoletti<br />

c’era un bel faccino, credo.<br />

— Chissà che le è successo — ho detto.<br />

— Ha fatto a botte con Billie Trevors — ha risposto<br />

qualcuno alle nostre spalle.<br />

Ho pensato: “Non resterà carina per molto, se si ficca<br />

nei guai con gente del genere.”<br />

22

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