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Epigrafia cristiana

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Università degli Studi di Catania – Facoltà di Lettere e Filosofia<br />

Corso di Laurea Specialistica in Filologia classica<br />

Corso Corso di di Archeologia <strong>cristiana</strong> – Prof.ssa Prof.ssa A.M. Marchese<br />

L’EPIGRAFIA L’EPIGRAFIA CRISTIANA<br />

CRISTIANA<br />

CRISTIANA<br />

NOZIONI NOZIONI GENERALI GENERALI E E REALTÀ REALTÀ SICILIANA<br />

SICILIANA<br />

a cura di Rachele Ricceri<br />

Anno nno Accademico Accademico 2006 2006-2007 2006<br />

2007


INDICE INDICE<br />

INDICE<br />

1. 1. Caratteri Caratteri Caratteri generali generali dell’epigrafia dell’epigrafia<br />

p. 2<br />

2. 2. Elementi Elementi tecnici tecnici dell’epigrafia dell’epigrafia<br />

p. 7<br />

3. 3. <strong>Epigrafia</strong> <strong>Epigrafia</strong> <strong>cristiana</strong> <strong>cristiana</strong> in in Sicilia Sicilia<br />

p. 13<br />

4. 4. <strong>Epigrafia</strong> <strong>Epigrafia</strong> <strong>cristiana</strong> <strong>cristiana</strong> a a Catania Catania<br />

p. 16<br />

5. 5. L’iscrizione di Iulia Iulia Iulia Iulia Florentina Florentina Florentina Florentina<br />

p. 19<br />

Bibliografia Bibliografia<br />

p. 22<br />

1


1. 1. Caratteri Caratteri generali generali dell’epigrafia<br />

dell’epigrafia<br />

L’epigrafia è la scienza che mira a decifrare e datare storicamente le<br />

iscrizioni, incise o scritte, in genere, su materiali poco corruttibili. L’interesse per<br />

lo studio delle iscrizioni come fonte storica risale già all’antichità, dato che Polibio,<br />

Dionigi di Alicarnasso e Svetonio le utilizzano come parte integrante del loro<br />

metodo storiografico. Durante il Tardoantico e il Medioevo lo zelo negli studi<br />

epigrafici si va affievolendo e l’importanza delle iscrizioni affiora solo nel XIV<br />

secolo con la raccolta di epigrafi compilata da Cola di Rienzo (1314-1354), che<br />

espone al popolo di Roma una tavola bronzea della lex de imperio Vespasiani. Un<br />

maggiore impulso agli studi epigrafici si avrà nel periodo umanistico e<br />

rinascimentale, che vede un notevole sviluppo delle ricerche erudite ad opera di<br />

personaggi come Ciriaco de’ Pizzicolli di Ancona (1391-1452), che non manca<br />

mai di copiare le epigrafi rinvenute nel corso dei suoi numerosi viaggi per<br />

l’Europa e le raccoglie nei Commentarii. La ricerca antiquaria, tuttavia, pur<br />

segnando una tappa fondamentale nella storia degli studi epigrafici, tende a<br />

privilegiare quelle iscrizioni che si ritengono caratterizzate da un alto valore<br />

artistico piuttosto che utili da un punto di vista storico-documentale. Nel XVI<br />

secolo si assiste alla nascita dei grandi centri epigrafici fuori dall’Italia,<br />

specialmente in Germania, mentre tra XVII e XVIII secolo si muove il grande<br />

Francesco Scipione Maffei (1675-1755) che progetta una monumentale opera di<br />

classificazione di epigrafi, per la prima volta distinte tra greche e latine, mai portata<br />

a termine e dà vita a Verona al Museo lapidario maffeiano, allestito secondo una<br />

disposizione organica dei reperti. È allievo del Maffei Ludovico Antonio Muratori<br />

2


(1672-1750), autore di una raccolta intitolata Thesaurum veterum inscriptionum.<br />

Il grande fermento di questi secoli porterà i suoi frutti più maturi nell’Ottocento,<br />

quando si ha l’avvio di uno studio scientifico dell’epigrafia, entrata di diritto a far<br />

parte dell’Altertumswissenschaft, che culmina nel 1853 con l’affidamento da parte<br />

dell’Academia di Berlino a Theodor Mommsen della direzione della stesura del<br />

Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL), per quanto riguarda l’epigrafia latina, e a<br />

Böck del Corpus Inscriptionum Graecarum (CIG), nel 1815, per l’epigrafia greca.<br />

Lo sviluppo della ricerca ha portato un affinamento del metodo<br />

epigrafico 1<br />

, tanto che oggi per pubblicare una epigrafe inedita è necessario indicare<br />

il luogo di rinvenimento e quello di conservazione, che non sempre coincidono, la<br />

natura del supporto (che può essere marmo, pietra, metallo, stucco o frammento<br />

di vaso) e il suo stato di conservazione, le misure dell’oggetto, delle lettere e delle<br />

interlinee. È opportuno, inoltre, corredare la pubblicazione dell’iscrizione di una<br />

valida documentazione fotografica, eseguita da varie angolature con<br />

un’illuminazione adeguata a rendere leggibile l’epigrafe e realizzarne un calco con<br />

una apposita carta o con il latex (una gelatina collosa che essicca rapidamente),<br />

nonché provvedere alla realizzazione di una trascrizione fedele che rispetti la<br />

distinzione di maiuscole e minuscole e le eventuali lacune.<br />

Nell’ambito della disciplina epigrafica si individua come <strong>cristiana</strong><br />

un’iscrizione che esprima un concetto assimilabile alla nascente teologia <strong>cristiana</strong><br />

dei primi secoli. Non è semplice delineare una periodizzazione dell’epigrafia<br />

<strong>cristiana</strong> (così come della stessa archeologia <strong>cristiana</strong>) e si può ricorrere in tal<br />

1 Cfr. G. Manganaro, Le fonti epigrafiche greche, in L. Cracco Ruggini (a cura di), Storia antica.<br />

Come leggere le fonti, Bologna 1996, p. 222 e I. Di Stefano Manzella, Mestiere di epigrafista,<br />

Roma 1987, passim.<br />

3


senso alla visione espressa da De Rossi, definito dal Mommsen «fundator<br />

archaeologiae christianae», che arrestando la sua opera Iscriptiones christianae<br />

urbis Romae septimo saeculo antiquiores (ICUR) 2<br />

al VI secolo pone<br />

indirettamente le basi per delimitare il campo d’indagine delle antichità cristiane ai<br />

primi sei secoli dopo Cristo, tanto che oggi è invalso l’uso di considerare<br />

convenzionalmente il pontificato di Gregorio Magno (590-604) come limite ultimo<br />

della fase di interesse dell’epigrafia <strong>cristiana</strong> 3<br />

. È bene precisare, in ogni caso, che<br />

fino al III secolo c’è una sostanziale difficoltà nell’individuare le iscrizioni di<br />

matrice <strong>cristiana</strong> data dalla mancanza di una scissione netta rispetto all’ambito<br />

pagano e solo nella seconda metà di questo secolo si assiste a un notevole<br />

processo di maturazione che conduce dall’epigrafia «dei cristiani» a un’epigrfia<br />

«<strong>cristiana</strong>» 4<br />

. Quando il contenuto dell’epigrafe non è utile al fine di stabilirne<br />

l’attribuzione bisogna far ricorso al luogo di ritrovamento o al modo in cui essa<br />

viene utilizzata 5<br />

.<br />

L’epigrafia <strong>cristiana</strong> comprende essenzialmente iscrizioni a carattere<br />

funerario delle quali è possibile individuare dei caratteri distintivi che si<br />

configurano, specialmente a livello del formulario utilizzato, come propri di questa<br />

fase storica e culturale. Nei primi secoli si riscontra quello che Carletti definisce<br />

2 La pubblicazione dell’opera di De Rossi è da collocarsi tra il 1857 e il 1861 per il primo volume<br />

e nel 1888 per la prima parte del secondo volume; la sua opera è stata continuata dopo la sua<br />

morte con la pubblicazione dei volumi successivi, fino al decimo, apparso nel 1992.<br />

3 Cfr. D. Mazzoleni, L’epigrafia <strong>cristiana</strong> in Occidente. Bilanci e prospettive, in J.C. Fredouille, R.M.<br />

Roberge (a cura di), La documentation patristique. Bilan et prospective, Paris 1995, p. 107.<br />

4 Cfr. C. Carletti, «<strong>Epigrafia</strong> <strong>cristiana</strong>» - «<strong>Epigrafia</strong> dei cristiani». Alle origini della terza età<br />

dell’epigrafia, in A. Donati (a cura di), La terza età dell’epigrafia, Bologna 1986, p. 129.<br />

5 Risulta scontato che, qualora nessuno degli elementi menzionati sia d’aiuto, è opportuno<br />

lasciare in dubbio la classificazione dell’iscrizione ed esercitare prudentemente l’ars nesciendi<br />

piuttosto che esprimere dei giudizi non scientificamente basati.<br />

4


«laconismo arcaico» 6<br />

, dato dal fatto che spesso l’unica caratteristica del defunto<br />

esplicitamente espressa è il nome, che assume qui un valore allocutorio. Oltre al<br />

nomen singulum gli epitaffi cristiani arcaici contengono una formula di saluto,<br />

come ave, vale, ca‹re, che convive con formule più specificamente cristiane come<br />

pax o e„r»nh, dalle quali emerge una dimensione spiccatamente escatologica. Al di<br />

là di queste formule acclamatorie palesemente cristiane e di simboli allusivi, come<br />

il pesce o l’àncora, talora rappresentati sulle lapidi, da un esame accurato delle<br />

iscrizioni funerarie cristiane di età precostantiniana emerge il dato significativo che<br />

è volontà comune dei primi cristiani la rinuncia a indugiare su qualsivoglia aspetto<br />

terreno in prospettiva chiaramente fialistica. Tale caratteristica muta sensibilmente<br />

a prtire dall’età costantiniana, quando i dati retrospettivi diventano più numerosi,<br />

quasi a voler ritornare agli standard epigrafici di matrice pagana.<br />

A partire dal IV secolo, infatti, si può riscontrare una maggiore attenzione<br />

alla caratterizzazione del defunto, del quale vengono indicati, oltre al nome, la<br />

durata della vita, la definizione del trapasso, la forma e l’espressione della<br />

deposizione 7 . Il nome è spesso accompagnato da aggettivi che hanno non tanto un<br />

il valore di evidenziare i meriti del defunto o di testimoniarne la fede quanto<br />

quello di esprimere il legame con il dedicante, così che l’approfondimento del<br />

dato biografico diviene occasione di consolatio per il vivo, non di laudatio del<br />

morto.<br />

Lo sviluppo delle ricerche nell’ambito dell’epigrafia <strong>cristiana</strong>, seppur<br />

meritorio, non deve condurre all’errore di assolutizzare l’autonomia della<br />

6 Cfr. Carletti, «<strong>Epigrafia</strong> <strong>cristiana</strong>», cit., p. 128.<br />

7 Cfr. A. Sartori, Formularii funerarii cristiani: la tradizione innovata, in A. Donati (a cura di), La<br />

terza età dell’epigrafia, Bologna 1986, p. 161.<br />

5


disciplina, dal momento che deve essere organicamente inserita nell’alveo dello<br />

studio di una società fluida, in continuo divenire, che rende azzardata una netta<br />

distinzione tra epigrafia «pagana» e «<strong>cristiana</strong>».<br />

A partire dall’età costantiniana, con la promozione del cristianesimo<br />

dapprima a religio licita e, con Teodosio I, a religione di Stato, anche le<br />

testimonianze epigrafiche assumono un carattere più definito, nonostante fino al V<br />

secolo la mescolanza tra pagani e cristiani nella vita pubblica determini una<br />

continua reciproca interferenza tra le due culture anche in quest’ambito. Benché il<br />

contributo dell’epigrafia <strong>cristiana</strong> alla conoscenza del mondo antico sia<br />

decisamente inferiore rispetto a quello dell’epigrafia pagana (si calcola, infatti, che<br />

siano pervenute circa trecentomila epigrafi pagane e solo cinquantacinquemila<br />

cristiane), è necessario ricordare che le iscrizioni cristiane costituiscono una fonte<br />

insostituibile per la ricostruzione storica del mondo antico nel delicato momento<br />

di trapasso dal paganesimo al cristianesimo, al limitare di un’epoca.<br />

Una valida indagine storica non può essere condotta, tuttavia, solo a partire<br />

dallo studio del materiale epigrafico ma deve configurarsi come frutto della<br />

synkrisis di fonti letterarie, archeologiche, storiografiche, numismatiche, in egual<br />

misura proficue.<br />

6


2. 2. Elementi tecnici dell’epigrafia<br />

Al fine di indagare i caratteri peculiari delle iscrizioni cristiane è<br />

indispensabile un breve accenno agli elementi più tecnici dell’epigrafia,<br />

prendendo in considerazione, innanzi tutto, i materiali utilizzati. Il supporto<br />

prevalentemente adoperato è il marmo, in particolare quello bianco, anche se non<br />

mancano esempi di epigrafi su granito grigio, alabastro, palombino, pavonazzetto,<br />

con uno spessore alquanto vario che oscilla tra uno e dieci centimetri, in base alla<br />

disponibilità dei cristiani di reperire materiali di qualità e il denaro necessario.<br />

Proprio l’alto costo di un supporto pregiato fa sì che si ricorra spesso a<br />

pietre locali, tegole, calce 8<br />

. Oltre alle iscrizioni funerarie, numericamente più<br />

consistenti, esiste una certa quantità di epigrafi su oggetti pregiati e utensili come<br />

medaglie, sigilli, monili, aghi, pettini, monete.<br />

La tecnica di incisione consiste nell’incidere con una punta dura da parte di<br />

un lapicida sul marmo o sulla pietra 9<br />

. Quando lo scalpellino realizza un lavoro<br />

accurato prima rende uniforme la superficie del marmo, poi traccia le righe<br />

parallele su cui scrivere e, solo nel caso delle iscrizioni migliori, disegna le lettere<br />

prima di inciderle, i cui solchi vengono successivamente colorati di nero o, più<br />

raramente, con il minio o l’oro. Si riscontrano altresì iscrizioni graffite da semplici<br />

pellegrini sull’intonaco di un sepolcro venerato, al fine di ottenere l’intercessione<br />

del martire; non sono infrequenti i graffiti funerari, talora sulla malta di chiusura<br />

dei loculi. La tecnica dell’incisione è la più comune, ma nell’ambito dell’epigrafia<br />

8<br />

È questo il caso dei materiali usati per chiudere i loculi, su cui si incide successivamente<br />

un’iscrizione.<br />

9<br />

Sono decisamente più rare le iscrizioni in rilievo, ottenute mediante l’abbassamento della<br />

superficie del supporto intorno alle lettere.<br />

7


funeraria si riscontra una certa tradizione di epigrafi musive o dipinte che<br />

identificano o decorano le tombe.<br />

La carenza di materiale cui si è fatto cenno porta sovente all’abrasione di<br />

epigrafi già tracciate per riutilizzare più volte la medesima lastra rendendo<br />

impervia la decifrazione delle iscrizioni. Non tutti gli incisori, inoltre, hanno la<br />

perfetta padronanza della lingua in cui scrivono e le epigrafi funerarie,<br />

diversamente dalle coeve iscrizioni monumentali greche o latine, sono di<br />

conseguenza costellate di errori di ogni sorta, che riguardano in particolare i<br />

termini di uso comune e frequente. I testi delle iscrizioni sono pertanto ricche di<br />

alterazioni fonetiche e morfologiche di derivazione vernacolare 10 e di errori di<br />

aplografia dovuti all’esigenza di risparmiare spazio spinta fino alla soppressione di<br />

lettere o intere sillabe. Un singolare fenomeno di commistione tra greco e latino si<br />

ha in quelle iscrizioni che presentano il testo in greco scritto in caratteri latini e<br />

viceversa; è un fatto piuttosto frequente quando chi scrive è originario dell’Oriente<br />

e, pur avendo ormai assimilato e fatto propria la lingua latina, continua a utilizzare<br />

l’alfabeto greco caratteristico della propria terra d’origine.<br />

Altro elemento basilare per delineare una buona analisi dell’epigrafia<br />

<strong>cristiana</strong> è la conoscenza della scrittura, sebbene il suo carattere personale e la<br />

generale tendenza all’arcaismo rendano particolarmente complessa la<br />

realizzazione di un qualsiasi intento classificatorio; anche per le iscrizioni resta<br />

valida la distinzione che si adopera in ambito paleografico tra capitale e onciale,<br />

cui si aggiunge la corsiva.<br />

10 Basti pensare alla m ed n soppresse in fine di parola, alla riduzione del dittongo ae ad e e di un<br />

ad u, alla sostituzione della b con la v e della i con y.<br />

8


La capitale a sua volta si divide in quadrata e actuaria: la prima è<br />

caratterizzata dal modulo quadrato o rettanglolare nel quale si iscrive la lettera; è<br />

un tipo di scrittura poco usato nell’ambito cristiano, con lettere molto alte ed<br />

eleganti. Una derivazione della quadrata è l’actuaria, a sua volta distinta in elegante<br />

e rustica, molto diffusa negli atti pubblici e nei documenti; si riconosce<br />

dall’inclinazione verso destra delle aste verticali, dovuta al particolare impiego<br />

dello stilo per tracciare lettere sottili. È una scrittura molto diffusa sugli epitaffi<br />

cristiani, sia incisi che dipinti e a partire dal IV secolo diventa la forma di grafia<br />

predominante su marmo, mentre la quadrata verrà utilizzata quasi esclusivamente<br />

per i codici.<br />

L’onciale è una scrittura tondeggiante, adatta in particolare a pergamene,<br />

papiri e tavolette cerate, che viene adoperata raramente nelle iscrizioni latine ed è<br />

invece piuttosto diffusa nelle epigrafi in lingua greca.<br />

La scrittura corsiva, infine, è una degenerazione della capitale 11<br />

, dovuta<br />

essenzialmente alla fretta. Si individuano due fasi di sviluppo: la prima fino al<br />

terzo secolo e la seconda dal quarto, che corrispondono rispettivamente a una<br />

spiccata irregolarità e a una progressiva stabilizzazione che conduce a una<br />

tendenza al rimpicciolimento e all’arrotondamento di tutte le lettere tipica delle<br />

scritture moderne.<br />

Così come i codici, anche le epigrafi non sono esenti dalla presenza di<br />

abbreviazioni, al fine di guadagnare spazio e tempo, che si configurano in vari<br />

modi. La forma più antica di abbreviazione è quella per sospensione, che consiste<br />

nel troncamento delle ultime lettere della parola dando vita a un formulario<br />

11 Permane tuttavia una certa compresenza delle due scritture, com’è evidente in taluni titoli del<br />

cimitero di San Giovanni a Siracusa (Cfr. P. Testini, Archeologia <strong>cristiana</strong>, Bari 1980 2 , p. 349).<br />

9


standardizzato di abbreviazioni tipiche, tra le quali, in ambito cristiano, ricordiamo<br />

EP per ep(iscopus), P per p(ax), TIT per tit(ulus), FOS per fos(sor), B.M. per<br />

b(ene) m(erens), IHC per 'Ihs(oàj), KP per Kr(istój) e così via.<br />

Un altro metodo, venuto in uso più tardi, per abbreviare le parole è quello<br />

per contrazione, che consiste nella soppressione di una o più lettere nel corpo<br />

della parola, fino a scrivere, talora, solo la lettera iniziale e quella finale del<br />

termine da abbreviare. Si tratta di una forma adoperata per tutte quelle parole il<br />

cui uso frequente ne rende semplice la comprensione, come, in particolare, i<br />

cosiddetti nomina sacra (per i quali nei codici si utilizza spesso un inchiostro di<br />

colore diverso), ovvero i nomi che fanno riferimento alla gerarchia celeste o<br />

ecclesiastica, sia in lingua greca che latina. Al sostantivo episcopus, per esempio,<br />

rimandano le abbreviazioni EPC EPCP EPP EPS EPSC EPVS, a Qeój,<br />

variamente declinato, Q QU QW QS, talvolta sovrastate da un tratto orizzontale.<br />

Un ulteriore tipo particolare di abbreviazione è rappresentato dai nessi, già<br />

utilizzati in età repubblicana dai lapicidi pagani e assai diffusi anche in ambito<br />

cristiano; rispondono spesso a criteri di ordine estetico e consistono nella legatura<br />

di più lettere che porta alla loro fusione e conseguente inintelligibilità.<br />

Una diretta derivazione del nesso è rappresentato dal monogramma, che<br />

da esso si differenza in ragione dell’intreccio e della disposizione simmetrica delle<br />

lettere; esistono vari tipi di monogrammi, più o meno complessi. Il monogramma<br />

più diffuso, oltre che il più vario quanto a possibilità di realizzazione, è quello<br />

cristologico, detto anche chrismon o monogramma costantiniano o cristogramma,<br />

che nei primi secoli si trova solo come compendium scripturae, inserito in una<br />

frase, mentre più tardi si riscontra anche da solo, per lo più con significato<br />

10


simbolico 12<br />

. Nasce dall’intreccio delle lettere greche X<br />

e P, con la parte superiore chiusa o aperta, a volte<br />

complicato dalla croce, sulla cui asta verticale si<br />

innesta, fondendosi, il P; può presentare parecchie<br />

varianti, come l’occhiello del rho rivolto a sinistra, un<br />

piccolo sigma lunato inserito tra i bracci del chi. Tra i<br />

primi esempi di cristogrammi datati si riscontrano due iscrizioni appartenenti alle<br />

collezioni vaticane, risalenti al 331 e 341; è tuttora in corso un dibattito fra gli<br />

studiosi sulla presenza di cristogrammi prima dell’età di Costantino, che secondo<br />

alcuni sarebbe confermata dalla presenza in Terra Santa di simili iscrizioni<br />

riferibili al I o II secolo. Quando il X assume la forma aperta di una croce, il<br />

monogramma è definito croce monogrammatica o staurogramma 13<br />

; si tratta di una<br />

forma più rara e diffusa generalmente un po’ più tardi.<br />

Oltre al monogramma col nome di Cristo si può trovare il monogramma<br />

con i due nomi 'Ihsoàj Cristój o quello col solo nome di Gesù. Nel primo caso il<br />

monogramma è determinato dall’incrocio di I e X, variamente combinati, che si<br />

riscontra già in un’iscrizione romana del 268 o 279 ma è piuttosto raro 14 , il<br />

secondo sembra essere invece la forma più antica di monogramma cristologico e<br />

deriva dall’intreccio delle lettere greche I e H, che a partire dal IV secolo vengono<br />

12 Questo tipo di monogramma si afferma a Roma a partire dalla seconda metà del IV secolo e<br />

altrove anche più tardi (Cfr. P. Testini, Archeologia, cit., p. 354).<br />

13 Cfr. D. Mazzoleni, Origine e cronologia dei monogrammi: riflessi nelle iscrizioni dei Musei<br />

vaticani, in I. Di Stefano Manzella (a cura di), Le iscrizioni dei Cristiani in Vaticano. Materiali e<br />

contributi scientifici per una mostra epigrafica, Città del Vaticano 1997, p. 166.<br />

14 Cfr. C. Carletti, Nascita e sviluppo del formulario epigrafico cristiano. Prassi e ideologia, in I.<br />

Di Stefano Manzella (a cura di), Le iscrizioni dei Cristiani in Vaticano. Materiali e contributi<br />

scientifici per una mostra epigrafica, Città del Vaticano 1997, p. 154. L’autore rileva che questo<br />

tipo di indicazione cristologia costituisce solo il 2% del novero dei signa Christi.<br />

11


latinizzate nella comune forma JHS, perfettamente equivalente al greco XPS. La<br />

diffusione di una simile rappresentazione monogrammatica che, come detto, ha il<br />

suo culmine in età costantiniana, sopravvive in tutta l’età tardoantica per<br />

tramontare definitivamente in età gotica.<br />

Il monogramma cristologico, inoltre, è molto usato nelle iscrizioni<br />

funerarie dove assume una valenza apotropaica 15<br />

, specialmente nelle catacombe di<br />

San Giovanni a Siracusa. A tal fine è largamente diffusa l’iscrizione CMG, la cui<br />

più probabile interpretazione è Cristój Mica»l Gabri»l, in quanto si attribuisce<br />

agli angeli una forte influenza contro il male, e il celeberrimo acrostico ICQUS,<br />

che sta per 'Ihsoàj CristÕj Qeoà UiÕj Swt»r, spesso accompagnato dalla<br />

raffigurazione di un pesce.<br />

La presenza di iscrizioni di tal genere rimanda a quell’aspetto proprio della<br />

mentalità <strong>cristiana</strong> dei primi secoli, di ascendenza pagana, per il quale si aveva<br />

timore che demoni e spiriti maligni turbassero il riposo dei morti e si inserivano<br />

nei sepolcri “scacciadiavoli” come chiodi, campanelle, pietre preziose e si<br />

incidevano segni cabalistici come il pentagramma e la svastica oltre alle iscrizioni<br />

citate.<br />

15<br />

Cfr. A. Ferrua, Scritti vari di epigrafia e antichità cristiane, Bari 1991, p. 79 sg.<br />

12


3. 3. <strong>Epigrafia</strong> <strong>Epigrafia</strong> <strong>cristiana</strong> <strong>cristiana</strong> <strong>cristiana</strong> in in in Sicilia<br />

Sicilia<br />

Gli studi sull’epigrafia <strong>cristiana</strong> in Sicilia hanno avuto un forte impulso con<br />

Paolo Orsi, alla cui esperienza è succeduta una fase di stasi nella divulgazione del<br />

materiale, che Santi Luigi Agnello, già negli anni Cinquanta 16<br />

, considerava<br />

interrotta solo dal meritorio lavoro svolto da Padre Antonio Ferrua SJ; non<br />

bisogna tuttavia dimenticare che lo stesso Agnello ha contribuito in maniera<br />

determinante alla ricerca sulle epigrafi cristiane siciliane.<br />

La documentazione epigrafica delle comunità cristiane in Sicilia, in<br />

particolare per i secoli III e IV, si configura essenzialmente come epigrafia<br />

funeraria, con iscrizioni numerose anche se spesso «frammentarie e ripetitive» 17<br />

. I<br />

contesti monumentali che interessano lo studioso di epigrafia <strong>cristiana</strong> in territorio<br />

siciliano sono, dunque, pressoché esclusivamente i cimiteri, in particolare quelli<br />

dell’area sud-orientale dell’isola, con una presenza maggiore a Siracusa e a<br />

Catania. Tale concentrazione si spiega alla luce del fatto che il flusso di<br />

evangelizzazione proviene essenzialmente da Oriente (in particolare dall’area siro-<br />

palestinese) e trova rapida diffusione nelle città costiere, come testimoniano le<br />

circa mille iscrizioni rivenute a Siracusa (di cui i quattro quinti in lingua greca) e le<br />

cento epigrafi catanesi 18 , dalle quali è attestato il culto dei martiri nella città etnea.<br />

Le epigrafi della Sicilia orientale sono per i nove decimi in greco e rivelano<br />

un’accuratezza formale e linguistica notevole, superiore a quella delle coeve<br />

16<br />

Cfr. S.L. Agnello, Silloge di iscrizioni paleocristiane della Sicilia, Roma 1953.<br />

17 Cfr. M. Sgarlata, L’epigrafia greca e latina <strong>cristiana</strong> della Sicilia, in M.I. Gulletta (a cura di),<br />

Sicilia epigraphica. Atti del convegno di studi – Erice 15-18 ottobre 1998, Pisa 1999, p. 483.<br />

18 Kalle Korhonen, però, classifica settantaquattro epigrafi sufficientemente intere (Cfr. K.<br />

Korhonen, Le iscrizioni del Museo civico di Catania: storia delle collezioni, cultura epigrafica,<br />

edizione, Helsinki 2004, p. 104).<br />

13


iscrizioni della Sicilia occidentale, dove, ancora nel IV secolo, il latino è lingua<br />

ufficiale 19 , a testimonianza del carattere nodale svolto dalla Sicilia ancora in età<br />

tardoantica, come «porta spalancata verso l’Italia latina e verso l’Oriente greco» 20<br />

.<br />

Nel pagus, invece, c’è una generale tendenza a resistere alla diffusione della<br />

lingua latina e a quella della religione <strong>cristiana</strong>, che aveva portato a fenomeni di<br />

bilinguismo già all’epoca augustea, quando i coloni avevano dovuto adattarsi alla<br />

pressoché esclusiva ellenofonia degli abitanti dell’interno della Sicilia. Nelle grandi<br />

città imperiali, dunque, il latino svolge la funzione di lingua ufficiale, il greco di<br />

lingua colta; le epigrafi funerarie sono scritte per lo più in greco, seppure con<br />

scorrettezze e imperfezioni, e solo dal V secolo, con l’epoca ostrogotica, le epigrafi<br />

siano redatte prevalentemente in latino.<br />

Un primo criterio di classificazione può essere la distinzione tra epigrafia<br />

precostantiniana e postcostantiniana; nella prima fase si individua anche in Sicilia<br />

una sorta di continuum con l’epigrafia pagana 21<br />

, tanto che sovente risulta difficile<br />

individuare un’epigrafe <strong>cristiana</strong> in assenza di elementi contingenti che aiutino a<br />

contestualizzarla, anche in un cimitero come quello di San Giovanni a Siracusa, il<br />

maggiore della città, dove l’attività epigrafica dei cristiani è massiccia.<br />

Proprio in questo periodo, in cui si assiste alla prima definizione di uno<br />

specifico formulario cristiano, ha largo spazio un pluralismo ideologico che nei<br />

secoli diverrà caratterizzante i cimiteri siracusani e che è particolarmente<br />

significativo se si considera che l’epigrafia funeraria risponde per lo più a istanze di<br />

tipo privato e per questo si rivela particolarmente utile per ricostruire la vera<br />

19 Cfr. G. Manganaro, Greco nei pagi e latino nelle città della Sicilia «romana» tra I e VI sec. d.C.,<br />

in A. Calbi, A. Donati, G. Poma, L’epigrafia del villaggio, Bologna 1993, p. 545.<br />

20 Ibidem, p. 546.<br />

21<br />

Cfr. supra, p. 4.<br />

14


temperie dei cristiani dei primi secoli, senza filtri più o meno ufficiali. A partire<br />

dall’età costantiniana lo studio dei dati epigrafici è utile per ricostruire un<br />

progressivo mutamento di mentalità, ai fini di un approfondimento della storia<br />

sociale in Sicilia.<br />

L’epigrafia <strong>cristiana</strong> in Sicilia è caratterizzata, a differenza di quella pagana,<br />

da una sorprendente varietà nel formulario, che comprende spesso l’indicazione<br />

della data di morte del defunto. Tale ricchezza contenutistica è particolarmente<br />

sviluppata nelle epigrafi catanesi 22<br />

.<br />

22 Cfr. A. Ferrua, Osservazioni sulle iscrizioni cristiane catanesi, Bollettino storico catanese 3,<br />

1938, p. 66.<br />

15


4. 4. <strong>Epigrafia</strong> <strong>Epigrafia</strong> <strong>cristiana</strong> <strong>cristiana</strong> <strong>cristiana</strong> a a a Catania Catania<br />

Catania<br />

Le epigrafi di ispirazione <strong>cristiana</strong> rinvenute a Catania sono state scoperte<br />

per lo più nel ventesimo secolo e sono quasi esclusivamente funerarie e incise su<br />

lastre di marmo. La maggioranza degli epitaffi di cui è noto il luogo di<br />

ritrovamento provengono dalla zona a nord-ovest del centro, da via Dottor<br />

Consoli (più di una ventina) e da via Androne (una decina); dalla collina Cibali<br />

provengono alcuni frammenti e circa una dozzina dalla zona di Piazza Stesicoro.<br />

Alcuni degli epitaffi cristiani furono ritrovati dentro le fosse, ma non si può<br />

sempre dire se si riferiscono al defunto oppure se erano stati riutilizzati come<br />

lastre di rivestimento; colpisce, nell’analisi delle epigrafi catanesi, tanto pagane<br />

quanto cristiane, l’assoluta mancanza di indicazioni che riguardino i luoghi di<br />

sepoltura.<br />

Le iscrizioni funerarie cristiane di Catania si distinguono dalle pagane per<br />

le frasi tipicamente cristiane e i simboli. Nella maggior parte dei casi fare la<br />

distinzione tra epitaffi pagani e cristiani è facile. Come in altre città, gli epitaffi<br />

cristiani sono generalmente più lunghi di quelli pagani. L'espressione non è molto<br />

formulare, ma piuttosto libera; ciò nonostante, gli epitaffi contengono spesso<br />

gruppi di parole iniziali o finali ricorrenti, anche se non precisamente<br />

schematizzabili, tanto che già Ferrua negli anni ’30 notava che «a Catania<br />

abbondano altre diciture svariate e liberissime, che difficilmente si potrebbero<br />

ridurre a catalogo» 23 . Il formulario più comune nelle iscrizioni cristiane greche di<br />

Catania consiste di una sequenza il cui nucleo è la frase verbale nq£de ke‹tai, cui<br />

23 Cfr. A. Ferrua, Osservazioni sulle iscrizioni cristiane catanesi, Bollettino storico catanese 3,<br />

1938, p. 67.<br />

16


generalmente si associano l’età del defunto e la data di morte (comunemente<br />

chiamata dies natalis); nell’ambito di questo formulario, molto comune anche<br />

anche in altre città, non è infrequente la grafia k‹te, dovuta alla progressiva<br />

affermazione del fenomeno dello iotacismo, specialmente a partire dal IV come<br />

sintomo di una generale tendenza abbreviativa.<br />

Un altro formulario tipico delle iscrizioni cristiane greche catanesi consiste<br />

in una sola frase del tipo “NN fece (vivente) a sé e ai suoi”. L'oggetto del verbo<br />

poišw non viene indicato nelle epigrafi greche, ma visto il contenuto, è ovvio che si<br />

fa riferimento al complesso del monumento, non alla sola iscrizione. Ferrua ha<br />

considerato tale formulario esclusivamente cristiano ma senza buoni motivi 24 , dal<br />

momento che il formulario, seppur poco comune negli epitaffi pagani greci, è<br />

attestato anche in quelli latini pagani, così che non si può ascrivere con certezza<br />

questa formula all’ambito prettamente cristiano.<br />

Le epigrafi di età tardoimperiale, in particolare quelle di matrice <strong>cristiana</strong>,<br />

presentano delle significative variazioni a livello linguistico rispetto al periodo<br />

classico; si riscontra una sostanziale variazione nell’uso della lingua greca, anche se<br />

in questo contesto si può parlare di dialetti, ma piuttosto di varianti e le<br />

manifestazioni della variazione e del cambiamento, meno comuni nelle iscrizioni<br />

pagane, spesso molto brevi, sono più evidenti nell'epigrafia <strong>cristiana</strong>: a livello della<br />

fonologia, la variazione nella grafia manifesta certi fenomeni del cambiamento<br />

vocalico, probabilmente già realizzati a livello della lingua parlata, come /ai/ > /e/ e<br />

/ei/ > /i/. Le iscrizioni cristiane latine, spesso più ricche nei riguardi della<br />

variazione linguistica rispetto a quelle pagane, sono poco numerose a Catania. A<br />

24<br />

Cfr. Korhonen, Le iscrizioni, cit., p. 89.<br />

17


livello di fonologia, si può segnalare la variazione /b/ – /v/, manifestata dalla<br />

scrittura vibus e vibi.<br />

L'onomastica dei cristiani antichi di Catania è ricca nella sua diversità: molti<br />

nomi sono presenti nel materiale, e rari sono i casi con più di un'attestazione. I<br />

nomi attestati più di una volta sono 'Ag£qh, come ci si poteva aspettare a Catania,<br />

EÙqÚcioj o EÙquc…j e la coppia QeodoÚlh o QeÒduloj. Si tratta di nomi assai comuni<br />

anche nei numerosi reperti paleocristiani di area siracusana; sono frequenti i<br />

patronimici, specialmente nelle iscrizioni greche.<br />

18


5. 5. L’iscrizione di Iulia Iulia Iulia Iulia Florentina Florentina Florentina Florentina<br />

L’iscrizione latina dedicata a Iulia Fiorentina (CIL 7112), conservata al<br />

Louvre di Parigi, fu rinvenuta nel 1730 nella necropoli di via Dottor Consoli a<br />

Catania, nella quale fu successivamente ritrovata una basilichetta del IV secolo. La<br />

lettura più accreditata è quella fattane da Manganaro 25<br />

:<br />

Iuliae Florentinae infan(t)i dulcissimae atq(ue) in-<br />

nocentissimae fideli factae parens conlocavit;<br />

quae pridie nonas martias ante lucem pacana<br />

nata, Zoilo corr(ectore) p(rovinciae), mense octavo decimo et vices(i)-<br />

ma seconda die completis fidelis facta, hora no-<br />

ctis octava ultimum spiritum agens supervixit<br />

horis quattuor ita ut consueta repeteret, ac de-<br />

(f)uncta Hyble hora die(i) prima septimum kal(endas)<br />

octobres. Cuius occasium cum uterq(ue) parens om-<br />

ni momento fleret, per noctem Maiestatis<br />

vox extitit, quae defunctam lamen(t)ari prohi-<br />

beret, cuius corpus pro foribus MartXPorum, cua X<br />

loculo suo per prosbiterum humatu(m) e(st) IIII non(as) oct(o)br(es).<br />

25 Cfr. G. Rizza, Un Martyrium paleocristiano di Catania e il sepolcro di Iulia Florentina, in<br />

Oikoumene : studi paleocristiani pubblicati in onore del Concilio ecumenico vaticano II, Catania<br />

1964, p. 593.<br />

19


Si tratta di un’iscrizione di propaganda <strong>cristiana</strong>, che commemora un<br />

episodio miracoloso avvenuto nel pagus di Hybla, la storia di una bambina che<br />

stava per spirare appena nata ma, grazie al battesimo, sopravvisse altre quattro ore,<br />

dopo le quali morì lasciando i genitori piangenti che ne fecero trasferire il corpo<br />

da Hybla a Catina, presso la chiesa dei Martiri di Cristo.<br />

L’iscrizione è sicuramente datata grazie alla menzione di uno Zoilus<br />

corrector provinciae, che la riporta ai primi decenni del IV secolo. Una<br />

conoscenza più precisa dell’esatto luogo di rinvenimento farebbe sì che si<br />

individuasse con esattezza la presenza di un Martyrium a Catania in questo<br />

periodo; la fonti, tuttavia, attestano la scoperta a villa Rizzari, di cui non si conosce<br />

l’esatta collocazione.<br />

Alcuni studiosi propendono per porla in via S. Euplio, altri sull’altura di S.<br />

Domenico e dei Cappuccini; le testimonianza dirette di coloro che conoscevano la<br />

villa, che ne parlano come se fosse fuori la porta di Aci, andando verso S. Maria di<br />

Gesù, nei pressi dell’attuale via Androne. Tale ubicazione è indirettamente<br />

confermata anche dal Principe di Biscari e porterebbe all’individuzione di una<br />

vasta area cemeteriale lungo il lato ovest della via Androne che conteneva due<br />

importanti edifici di culto 26<br />

.<br />

L’iscrizione di Iulia Fiorentina presenta alcuni errori di fonetica (C per G,<br />

T per I) e legature, «come se l’incisore fosse costretto in alcuni punti a contenere<br />

nella lastra un testo troppo lungo: forse questa a noi giunta fu ricopiata in età più<br />

tarda di quella costantiniana» 27 ; la sua peculiarità è che è in lingua latina e si trova<br />

in un contesto urbano e monumentale in cui la prevalenza del greco è nettissima.<br />

26<br />

Ibidem, p. 596.<br />

27<br />

Cfr. Manganaro, Greco nei pagi, cit. p. 558.<br />

20


Tale apparente anomalia si spiega alla luce del fatto che probabilmente l’epigrafe è<br />

stata redatta dal presbitero di Catina, formato nella tradizione latina di Roma.<br />

L’iscrizione si presenta come un invito alla città sul tema del valore<br />

carismatico del battesimo in punto di morte, configurandosi così come un appello<br />

“ufficiale”, per il quale era più confacente adoperare la lingua latina, in linea con la<br />

tradizione di una città bilingue 28<br />

.<br />

28<br />

Cfr, supra, p. 14.<br />

21


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