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DOSSIER METES Residui negli alimenti: i rischi per la salute umana

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SALUTE E SICUREZZA<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI:<br />

I RISCHI PER LA SALUTE UMANA.<br />

2006<br />

<strong>DOSSIER</strong><strong>METES</strong><br />

3


RESIDUI NEGLI ALIMENTI:<br />

I RISCHI PER LA SALUTE UMANA.<br />

di<br />

CARLA CINI, MARIA GIOVANNA CAROSI,<br />

IRENE FIGÀ-TALAMANCA


L’igiene e <strong>la</strong> sicurezza degli <strong>alimenti</strong> sono elementi indispensabili <strong>per</strong> <strong>la</strong> nostra <strong>salute</strong> e sono al<strong>la</strong> base<br />

di una produzione alimentare che possa e voglia fregiarsi di caratteristiche di qualità.<br />

La Fondazione Metes ha tra i suoi obiettivi <strong>la</strong> promozione di una corretta informazione anche su tali<br />

argomenti, nonché di azioni volte a garantire tali requisiti nel<strong>la</strong> produzione agroalimentare.<br />

Presentiamo qui i risultati di una ricerca condotta da Irene Figà-Ta<strong>la</strong>manca, Maria Giovanna Carosi e<br />

Car<strong>la</strong> Clini, come primo tangibile segno dell’attenzione del<strong>la</strong> Fondazione al<strong>la</strong> materia.<br />

Cogliamo l’occasione <strong>per</strong> ringraziare le curatrici <strong>per</strong> <strong>la</strong> stima che ci hanno voluto testimoniare,<br />

affidandoci <strong>la</strong> pubblicazione del loro <strong>la</strong>voro.<br />

PRESENTAZIONE<br />

Franco Chiriaco


PREFAZIONE 7<br />

INTRODUZIONE 11<br />

I RESIDUI DELLE SOSTANZE UTILIZZATE IN AGRICOLTURA<br />

I » PESTICIDI 17<br />

INTRODUZIONE 18<br />

USO DEI PESTICIDI IN ITALA 21<br />

PESTICIDI E SALUTE UMANA 23<br />

CLASSIFICAZIONE E NORMATIVA 24<br />

I RESIDUI DI PESTICIDI NEGLI ALIMENTI<br />

CARATTERISTICHE CHIMICO-TOSSICOLOGICHE DELLE PRINCIPALI<br />

25<br />

CLASSI DI COMPOSTI ANTIPARASSITARI DI USO AGRICOLO<br />

Composti organoclorurati<br />

Composti organofosforici<br />

Carbammati<br />

Ditiocarbammati<br />

Piretroidi sintetici<br />

Triazine<br />

Uree sostituite<br />

Derivati cumarinici<br />

Fenossiacetati<br />

Composti dell’azoto quaternario<br />

26<br />

IL PROBLEMA DEI RESIDUI 32<br />

CONTAMINAZIONE ALIMENTARE DA PESTICIDI<br />

IL LATTE MATERNO COME INDICATORE BIOLOGICO<br />

33<br />

DI CONTAMINAZIONE AMBIENTALE E ALIMENTARE 35<br />

LA SITUAZIONE ITALIANA 37<br />

CONCLUSIONI 39<br />

PARTE I<br />

I RESIDUI DELLE SOSTANZE UTILIZZATE IN ZOOTECNIA<br />

II » FARMACI ANTIMICROBICI 43<br />

INTRODUZIONE 45<br />

FARMACI ANTIMICROBICI: CARATTERISTICHE GENERALI 45<br />

Fonti<br />

Tossicità selettiva<br />

Spettro di attività<br />

Tossicità<br />

CLASSIFICAZIONE DEI FARMACI ANTIMICROBICI<br />

E LORO MECCANISMO D’AZIONE 47<br />

Inibitori del<strong>la</strong> sintesi del<strong>la</strong> parete cellu<strong>la</strong>re<br />

Inibitori del<strong>la</strong> sintesi proteica<br />

Inibitori del<strong>la</strong> duplicazione e trascrizione del DNA<br />

Antimetaboliti<br />

RESISTENZA AI FARMACI ANTIMICROBICI 48<br />

IMPIEGO DEI CHEMIOTERAPICI IN ZOOTECNIA 50<br />

IL PROBLEMA DEI RESIDUI 51<br />

FARMACO-RESISTENZA BATTERICA CORRELATA ALL’USO<br />

DI ANTIMICROBICI NELLE PRATICHE ZOOTECNICHE 52<br />

LA RIMOZIONE DEGLI ANTIBIOTICI IN ZOOTECNIA:<br />

EFFETTI SULLA SALUTE UMANA 55<br />

IMPLICAZIONI E CONCLUSIONI 57<br />

PARTE II<br />

III » ORMONI ANABOLIZZANTI 63<br />

INTRODUZIONE 65<br />

ESTROGENI 67<br />

ANDROGENI 68<br />

PROGESTINICI NATURALI E SINTETICI<br />

EFFETTI DEGLI ANABOLIZZANTI SULLA QUALITÀ DELLA CARCASSA<br />

70<br />

E SUL METABOLISMO DEL TESSUTO MUSCOLARE 71<br />

IL PROBLEMA DEI RESIDUI<br />

CONTROLLO LEGALE DEI FARMACI AD AZIONE ANABOLIZZANTE<br />

72<br />

NELLA COMUNITÀ EUROPEA E IN ITALIA 75<br />

CONCLUSIONI 79<br />

IV » AGONISTI ß-ADRENERGICI 81<br />

INTRODUZIONE 83<br />

PROPRIETÀ CHIMICHE DEI ß-AGONISTI 83<br />

MECCANISMO D’AZIONE DEI ß-AGONISTI<br />

EFFETTO DEI ß-AGONISTI SULL’ACCRESCIMENTO ANIMALE:<br />

85<br />

I MECCANISMI D’AZIONE 85<br />

EFFETTI SULLA MUSCOLATURA SCHELETRICA 87<br />

EFFETTI SUL TESSUTO ADIPOSO 88<br />

ALTRI EFFETTI 89<br />

RESIDUI DI ß-AGONISTI NEI TESSUTI EDIBILI 90<br />

CONTROLLO NORMATIVO DEI ß-AGONISTI NELLA COMUNITÀ EUROPEA 91<br />

CASI DI INTOSSICAZIONE UMANA DA RESIDUI DI CLENBUTEROLO 94<br />

CONCLUSIONI 95<br />

V » CORTICOSTEROIDI 97<br />

INTRODUZIONE 99<br />

MECCANISMO D’AZIONE 100<br />

EFFETTI FISIOLOGICI DEI CORTICOSTEROIDI 101<br />

UTILIZZO DEI CORTICOSTEROIDI NELLA PRODUZIONE ZOOTECNICA 102<br />

USO ILLECITO DEI CORTICOSTEROIDI 103<br />

IL PROBLEMA DEI RESIDUI: RISCHI PER IL CONSUMATORE 106<br />

CONCLUSIONI 107<br />

VI » CROMO 109<br />

INTRODUZIONE 111<br />

IL CROMO NELL’ALIMENTAZIONE UMANA 112<br />

METABOLISMO DEL CROMO 112<br />

ATTIVITÀ BIOLOGICA DEL CROMO<br />

UTILIZZAZIONE DEL CROMO ORGANICO COME PROMOTORE<br />

113<br />

DELLA CRESCITA NELLA PRODUZIONE ZOOTECNICA<br />

Suini<br />

Pol<strong>la</strong>me<br />

Ovini<br />

Bovini<br />

114<br />

IL CROMO NELL’ ALIMENTIAZIONE UMANA E ANIMALE 116<br />

CONCLUSIONI 117<br />

PARTE II<br />

INDICE<br />

CONCLUSIONI 119<br />

BIBLIOGRAFIA 125<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 5


PREFAZIONE<br />

Storicamente, le tossinfezioni alimentari, dovute al<strong>la</strong> contaminazione degli <strong>alimenti</strong> da agenti microbici,<br />

sono state senza dubbio, le cause principali di ma<strong>la</strong>ttia e morte dovute ad <strong>alimenti</strong>. La refrigerazione<br />

e <strong>la</strong> tecnologia alimentare moderna hanno sicuramente diminuito il numero delle vittime di<br />

queste epidemie, che tuttavia non sono del tutto scomparse, anche nel mondo industriale.<br />

Più recentemente l’interesse del pubblico si è rivolto al<strong>la</strong> contaminazione da sostanze chimiche usate<br />

nel<strong>la</strong> produzione, conservazione e commercializzazione degli <strong>alimenti</strong>. Questo interesse è stato stimo<strong>la</strong>to<br />

da episodi di epidemie dovute a contaminazioni accidentali da prodotti industriali come gli<br />

antiparassitari, il cadmio, il mercurio, gli idrocarburi clorurati, oltre che da farmaci e da ormoni usati<br />

in veterinaria.<br />

Ma anche questo non è un problema nuovo. Nel suo affascinante articolo sul<strong>la</strong> storia delle sofisticazioni<br />

alimentari, Nicoletta Nicolini (1) mostra come queste erano frequentissima causa di frodi ma<br />

anche di intossicazioni e morti da tempi antichissimi. Molto interessante in questo senso è il trattato<br />

sulle “Adulterazioni degli Alimenti e Veleni Alimentari” del celebre chimico e scienziato Frederick<br />

Accum, pubblicato a Londra nel 1820 (2). Il volume, che <strong>per</strong> <strong>la</strong> prima volta denunciava numerosissime<br />

adulterazioni documentava l’uso di sostanze <strong>per</strong>icolose (es.il minio, il rame, l’arsenico, l’acido cianidrico,<br />

l’acido solforico) allo scopo di conferire ai prodotti sapori odori e colori attraenti. Il trattato<br />

ha suscitato scalpore tra il pubblico, indignazione da parte dei commercianti, e al<strong>la</strong> fine è costato<br />

all’autore il suo allontanamento dall’Inghilterra.<br />

Oggi <strong>la</strong> letteratura scientifica offre una grande quantità di informazioni su episodi di contaminazioni<br />

di <strong>alimenti</strong> da sostanze chimiche e documenta con dati incontrovertibili i danni che questi hanno<br />

sul<strong>la</strong> <strong>salute</strong> <strong>umana</strong>. Questi dati, che provengono da tragedie come quel<strong>la</strong> di contaminazione del pesce<br />

nel<strong>la</strong> baia di Minamata <strong>negli</strong> anni 1950-60, del<strong>la</strong> contaminazione del riso e dell’acqua da cadmio e<br />

da PCBs in Giappone e in Taiwan <strong>negli</strong> anni 1970-80, dell’epidemia da olio tossico in Spagna del<br />

1981, ci hanno <strong>per</strong>messo di capire <strong>la</strong> tossicologia, e l’epidemiologia di queste e di molte altre sostanze,<br />

quando le esposizioni sono elevate e gli effetti sanitari sono ec<strong>la</strong>tanti (3).<br />

Ma che cosa sappiamo sugli effetti dei “residui”, cioè di quelle piccole quantità di sostanze chimiche<br />

che entrano nel<strong>la</strong> catena alimentare accidentalmente, oppure aggiunte intenzionalmente con un fine<br />

tecnologico o organolettico? Esiste un <strong>rischi</strong>o da residui di antiparassitari usati nel<strong>la</strong> produzione di<br />

cereali, frutta e verdura, e di farmaci come gli antimicrobici, gli anabolizzanti e i corticosteroidi usati<br />

in zootecnia?<br />

Questa monografia cerca di rispondere a questo quesito basandosi esclusivamente sul<strong>la</strong> letteratura<br />

scientifica e riportando solo evidenze documente da studi pubblicati in riviste scientifiche autorevoli.<br />

Intorno a questo quesito è nato un vasto nuovo campo di studio e di indagine, quello del<strong>la</strong><br />

“Valutazione del Rischio”. Partendo da quello che si conosce (effetti tossici di elevate dosi, tossicoci-<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 7


8<br />

netica e caratteristiche del prodotto in questione, es<strong>per</strong>imenti su sistemi biologici, simu<strong>la</strong>zioni di<br />

dis<strong>per</strong>sione e di assorbimento nelle matrici biologiche dei contaminanti ecc. ecc.), chi si occupa del<strong>la</strong><br />

valutazione del <strong>rischi</strong>o, cerca di “indovinare”, di “stimare” i possibili effetti negativi delle basse e bassissime<br />

dosi, e di stabilire (con vari margini di sicurezza), le quantità di residui che non dovrebbero<br />

danneggiare <strong>la</strong> <strong>salute</strong> <strong>umana</strong>.<br />

Studiare e stabilire questi limiti è attualmente compito istituzionale di numerose agenzie internazionali<br />

come <strong>la</strong> Food and Agricultural Organization delle Nazioni Unite, l’Organizzazione Mondiale del<strong>la</strong><br />

Sanità, <strong>la</strong> Comunità Europea. A livello nazionale, ogni paese stabilisce i “suoi” limiti: abbiamo <strong>per</strong><br />

esempio quelli del<strong>la</strong> Food and Drug Administration degli Stati Uniti, quelli delle autorità analoghe dei<br />

paesi Scandinavi, dell’Istituto Su<strong>per</strong>iore di Sanità <strong>per</strong> l’ Italia. A livello Comunitario, esiste attualmente<br />

un’ intensa attività di ricerca coordinata dai vari Stati Membri, <strong>per</strong> uniformare <strong>la</strong> normativa<br />

in questo settore.<br />

La cosa più interessante di questi “limiti”, che portano vari acronimi da parole inglesi (es.ADI <strong>per</strong><br />

“Acceptable Daily Intake”, (o dose giornaliera accettabile), MRL <strong>per</strong> “Maximum Residue Limits” (o<br />

limite di residuo massimo) NOAEL <strong>per</strong> “No Observable Adverse Effect Level”(livello privo di osservabile<br />

effetto negativo), è che variano nello spazio e nel tempo. Infatti non tutti (anche tra addetti ai<br />

<strong>la</strong>vori), sono d’accordo su che cosa sia “sicuro”. Inoltre, spesso capita che con nuove acquisizioni<br />

scientifiche questi limiti di “sicurezza” cambino, quasi sempre verso una diminuzione.<br />

E’ <strong>per</strong>ciò doveroso avvertire il lettore, che con tutta <strong>la</strong> buona volontà di chi ha preparato questa<br />

monografia, molte domande sui residui alimentari e sui loro effetti sul<strong>la</strong> <strong>salute</strong> <strong>umana</strong> sono ancora<br />

senza risposta. Vale in questo campo, come <strong>per</strong> tutti gli altri settori di sanità pubblica, il principio di<br />

precauzione: nell’incertezza, è meglio essere dal<strong>la</strong> parte di eccessiva protezione piuttosto che dal<strong>la</strong><br />

parte di insufficiente tute<strong>la</strong> del<strong>la</strong> <strong>salute</strong>.<br />

(1) Nicolini N. Alimentazione: C’è il trucco e c’è l’inganno: Sa<strong>per</strong>e settembre 1990, p. 49-52.<br />

Irene Figà-Ta<strong>la</strong>manca<br />

(2) Accum F. A Treatise on Adulterations of Food, and Culinary Poisons Exhibiting the Fraudulent Sophistications of Bread,<br />

Beer, Wine, Spirituous Liquors, Tea, Coffee, Cream, Confectionary, Vinegar, Mustard, Pep<strong>per</strong>, Cheese, Olive oil, Pickles,<br />

and other Articles Employed in Domestic Economy. Methods of Detecting them. Printed by J. Mallett, London, 1820.<br />

(3) Posada de <strong>la</strong> Paz M. Diet and Food Contaminants in Topics in Environmental Epidemiology K.Steen<strong>la</strong>nd and D. Savitz<br />

Oxford University Press, Oxford 1997.<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA


INTRODUZIONE<br />

Le conoscenze scientifiche attuali ci hanno <strong>per</strong>messo di stabilire con certezza che il mantenimento<br />

dello stato di <strong>salute</strong> passa attraverso una corretta alimentazione. I fattori che<br />

influenzano l’alimentazione possono essere molti e soprattutto, possono essere indipendenti<br />

dalle errate abitudini alimentari del consumatore. Le variabili che intervengono<br />

durante <strong>la</strong> produzione degli <strong>alimenti</strong> sono diverse e non facilmente control<strong>la</strong>bili: bisogna<br />

tenere conto, <strong>per</strong> esempio, dei fattori ambientali, come le caratteristiche del suolo e l’eventuale<br />

presenza di agenti inquinanti, ma anche dell’intervento umano che può introdurre,<br />

allo scopo di aumentare il rendimento delle coltivazioni e degli animali, sostanze potenzialmente<br />

dannose <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> <strong>umana</strong>.Al fine di garantire un elevato livello di sanità pubblica,<br />

l’Unione Europea (UE) e gli Stati membri hanno fatto del<strong>la</strong> sicurezza alimentare una<br />

delle grandi priorità del programma politico europeo.Varie competenze all’interno del<strong>la</strong> UE<br />

sono direttamente coinvolte nell’attuazione delle politiche comunitarie in materia di sicurezza<br />

alimentare, come <strong>la</strong> Politica Agrico<strong>la</strong> Comune (PAC), <strong>la</strong> realizzazione del mercato<br />

interno, <strong>la</strong> protezione del consumatore, <strong>la</strong> sanità pubblica e tutte le azioni svolte <strong>per</strong> <strong>la</strong> salvaguardia<br />

dell’ambiente.<br />

La PAC, che era stata prevista originariamente <strong>per</strong> porre rimedio all’emergenza alimentare<br />

del dopoguerra, entrò in vigore nel 1962 con l’obiettivo primario di garantire l’autosufficienza<br />

alimentare ai cittadini europei. Negli anni ’70, <strong>la</strong> Comunità Europea ha raggiunto<br />

e <strong>per</strong>fino su<strong>per</strong>ato questo obiettivo di autosufficienza alimentare <strong>per</strong> gran parte dei prodotti<br />

agricoli. Il settore agricolo e l’industria alimentare, si sono sviluppati verso una logica<br />

destinata a soddisfare sempre di più i bisogni e le esigenze dei consumatori in materia<br />

di sicurezza alimentare e di qualità dei prodotti. La politica di “protezione dei consumatori”,<br />

non prevista dal Trattato di Roma, si è manifestata progressivamente ottenendo il riconoscimento<br />

del Consiglio Europeo di Parigi nel 1972. L’Atto Unico (1986) ha <strong>per</strong>messo di<br />

introdurre <strong>la</strong> nozione di “consumatore“ nel trattato. Da allora <strong>la</strong> Commissione Europea ha<br />

potuto proporre misure volte a proteggere i consumatori prendendo come base politica un<br />

“livello di protezione elevato”.<br />

Nel corso degli anni ’90 le crisi alimentari, come quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> “mucca pazza”, hanno segnato<br />

una svolta del<strong>la</strong> politica in materia di protezione dei consumatori e del<strong>la</strong> sicurezza alimentare.<br />

L’incidente ha avuto origine dall’utilizzo di farine animali nell’alimentazione<br />

degli animali da allevamento. Un punto cardine di tutto il sistema di allevamento, è proprio<br />

il mangime che incide <strong>per</strong> il 60-65% sui costi di produzione dei prodotti di derivazione<br />

animale.I mangimi apportano il necessario quantitativo di proteine, grassi, ceneri e cellulosa.<br />

Una quota proteica importante di questi mangimi è costituita dalle farine di origi-<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 11


INTRODUZIONE<br />

ne animale che, nel caso in questione, erano contaminate dall’agente eziologico (prione)<br />

dell’Encefalopatia Spongiforme Bovina (BSE). Il consumo umano di carne contaminata ha<br />

determinato il passaggio del prione dai bovini all’uomo.Dal 1995 l’UE ha vietato l’uso delle<br />

farine di carne nel<strong>la</strong> dieta dei ruminanti, consentendone l’utilizzo solo nei mangimi <strong>per</strong><br />

polli, pesci e suini.<br />

Queste emergenze hanno messo in luce i limiti del<strong>la</strong> normativa comunitaria e hanno<br />

determinato una forte reazione da parte dei poteri pubblici. Inoltre, è stato constatato che<br />

l’adozione di direttive specifiche diverse <strong>per</strong> ogni settore aveva portato a differenze di valutazione<br />

e di applicazione nei diversi Stati membri.A volte sono stati <strong>per</strong>fino rilevati vuoti<br />

giuridici.<br />

Al fine di rivedere <strong>la</strong> normativa, <strong>la</strong> Commissione europea ha pubblicato, nel 1997, il Libro<br />

verde sui principi generali del<strong>la</strong> legis<strong>la</strong>zione alimentare nell’UE. Questo è stato il punto di<br />

partenza di una vasta riflessione sul<strong>la</strong> normativa vigente e sulle possibilità di migliorar<strong>la</strong>.<br />

La riforma del<strong>la</strong> PAC, nel quadro dell’Agenda 2000, ha costituito un’evoluzione importante<br />

in quanto pone come suoi principali obiettivi, <strong>la</strong> sicurezza e <strong>la</strong> qualità alimentare.A supporto<br />

di tale riforma è stata introdotta <strong>la</strong> politica dello “sviluppo rurale” a sostegno degli<br />

agricoltori, che sono al<strong>la</strong> base del<strong>la</strong> filiera produttiva, <strong>per</strong> consentire loro l’applicazione<br />

del<strong>la</strong> riforma del<strong>la</strong> PAC.<br />

Il dibattito pubblico avviato con il Libro verde ha portato, nel gennaio del 2000 al<strong>la</strong> pubblicazione<br />

del Libro bianco sul<strong>la</strong> sicurezza alimentare, e allo sviluppo di un quadro giuridico<br />

comprendente l’insieme del<strong>la</strong> catena alimentare, “dal<strong>la</strong> fattoria al<strong>la</strong> tavo<strong>la</strong>”, secondo<br />

un approccio globale ed integrato. La Commissione europea ha inoltre istituito l’Autorità<br />

Europea responsabile del<strong>la</strong> sicurezza dei prodotti alimentari. Il Libro bianco sottolinea <strong>la</strong><br />

necessità di progredire nell’armonizzazione dei sistemi nazionali di controllo e di estendere<br />

questi stessi controlli alle frontiere esterne all’Unione in vista dei futuri al<strong>la</strong>rgamenti.<br />

Questo testo mette in evidenza che il cittadino europeo ha diritto ad un’alimentazione<br />

sana, variata e di qualità.Ogni tipo d’informazione sul<strong>la</strong> composizione, sul processo di fabbricazione<br />

e sull’impiego dei prodotti alimentari deve risultare chiara e precisa. Con oltre<br />

370 milioni di consumatori, il mercato europeo è uno dei più vasti del mondo e, con l’al<strong>la</strong>rgamento<br />

verso i paesi dell’Europa centrale ed orientale, sarà ulteriormente potenziato.<br />

Meglio informati e meglio organizzati, i consumatori hanno esigenze crescenti in materia<br />

di sicurezza e di qualità alimentare che i responsabili del settore non possono ignorare.<br />

Il rego<strong>la</strong>mento (CE) n. 178/2002, adottato al<strong>la</strong> fine del 2002, costituisce il testo fondatore<br />

del<strong>la</strong> nuova legis<strong>la</strong>zione in materia di sicurezza alimentare.Viene istituita L’Autorità europea<br />

<strong>per</strong> <strong>la</strong> sicurezza degli <strong>alimenti</strong>, insieme al<strong>la</strong> formazione di un Comitato <strong>per</strong>manente<br />

<strong>per</strong> <strong>la</strong> catena alimentare e <strong>per</strong> <strong>la</strong> sanità animale, in sostituzione degli otto comitati scientifici<br />

<strong>per</strong>manenti preesistenti. Con il rego<strong>la</strong>mento è stato potenziato il sistema di al<strong>la</strong>rme<br />

rapido <strong>per</strong> <strong>la</strong> salvaguardia del<strong>la</strong> sicurezza dell’alimentazione <strong>umana</strong> ed animale. La<br />

Commissione dispone di poteri speciali che consentono di adottare provvedimenti urgenti<br />

nel momento in cui gli Stati membri non sono in grado di circoscrivere da soli un <strong>rischi</strong>o<br />

serio <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> <strong>umana</strong>, animale e <strong>per</strong> l’ambiente.<br />

12<br />

INTRODUZIONE<br />

Il rego<strong>la</strong>mento comunitario stabilisce cinque principi generali che prevalgono ormai su<br />

tutte le disposizioni degli altri testi in questo settore:<br />

• E’ fondamentale garantire un livello elevato di sicurezza alimentare in corrispondenza di<br />

tutte le tappe del<strong>la</strong> catena alimentare, dal produttore al consumatore.<br />

• L’analisi del <strong>rischi</strong>o è un elemento essenziale del<strong>la</strong> politica del<strong>la</strong> sicurezza alimentare<br />

(valutazioni del <strong>rischi</strong>o tramite pareri scientifici, gestione del <strong>rischi</strong>o tramite l’intervento<br />

dei poteri pubblici, comunicazione del <strong>rischi</strong>o al<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione. Se i dati scientifici a disposizione<br />

non consentono una completa valutazione del <strong>rischi</strong>o, è applicato il principio<br />

di precauzione).<br />

• Ogni o<strong>per</strong>atore del settore è responsabile del<strong>la</strong> sicurezza dei prodotti che importa, e<strong>la</strong>bora,<br />

trasforma, commercializza o distribuisce. In caso di emergenza dovuta al <strong>rischi</strong>o,<br />

ogni responsabile deve adottare tempestivamente le misure restrittive necessarie ed avvertire<br />

le autorità competenti.<br />

• La tracciabilità dei prodotti viene stabilita in corrispondenza di tutte le tappe del<strong>la</strong> catena<br />

alimentare.<br />

• I cittadini hanno diritto ad un’informazione chiara e precisa da parte dei poteri pubblici.<br />

La <strong>salute</strong> delle piante e dei vegetali utilizzati nell’alimentazione è oggetto di partico<strong>la</strong>re<br />

attenzione e quindi, i controlli fitosanitari rientrano tra i settori di attività rego<strong>la</strong>ti dal<br />

rego<strong>la</strong>mento (CE) n. 178/2002. Le tre aree di competenza del<strong>la</strong> Comunità europea sono:<br />

• l’autorizzazione, l’utilizzazione ed il controllo dei prodotti fitofarmaceutici (insetticidi,<br />

anticrittogamici, erbicidi);<br />

• <strong>la</strong> sorveglianza del<strong>la</strong> presenza di pesticidi nei prodotti alimentari;<br />

• <strong>la</strong> protezione contro organismi nocivi ai vegetali (insetti, piante, virus, micop<strong>la</strong>smi o altri<br />

agenti patogeni).<br />

Ovviamente, non bisogna negare l’importanza che l’impiego dei fitofarmaci ha avuto nel<br />

migliorare <strong>la</strong> produttività agrico<strong>la</strong>, soprattutto nei paesi occidentali, rendendo disponibili<br />

quantità sempre crescenti di prodotti, fino a consentirne l’esportazione. Non è un caso,<br />

infatti, che tra gli indicatori economici dello stato di benessere di una nazione, vengano<br />

considerate le tonnel<strong>la</strong>te di fertilizzante utilizzate <strong>per</strong> ettaro di terreno coltivato. L’impiego<br />

massiccio di prodotti fitosanitari, deve essere strettamente control<strong>la</strong>to <strong>per</strong> i danni diretti che<br />

può arrecare all’ambiente e <strong>per</strong> i danni indiretti che può produrre, nel caso in cui <strong>per</strong>mangano<br />

come residui <strong>negli</strong> <strong>alimenti</strong>.<br />

La contaminazione dei pesticidi è ubiquitaria ed i residui dei trattamenti si ritrovano, oltre<br />

che sui prodotti vegetali, anche come contaminanti delle acque e dei suoli. Questo significa<br />

che anche gli animali da allevamento possono entrare in contatto con queste sostanze e<br />

costituire, di conseguenza, un problema <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> <strong>umana</strong>. Molti composti con attività<br />

fitoiatrica si accumu<strong>la</strong>no nei tessuti e <strong>negli</strong> organi degli animali (tessuto adiposo, fegato e<br />

reni). Il consumo di questi prodotti può rappresentare <strong>per</strong> l’uomo un <strong>per</strong>icoloso veicolo di<br />

intossicazione cronica da fitofarmaci; nei paesi sviluppati, i prodotti di origine animale,<br />

come carne <strong>la</strong>tte e uova, costituiscono una parte preponderante dell’alimentazione <strong>umana</strong>.<br />

Con lo sviluppo economico avvenuto intorno agli anni ’50 abbiamo assistito ad un incre-<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 13


INTRODUZIONE<br />

mento del<strong>la</strong> domanda di <strong>alimenti</strong> proteici e di conseguenza lo sviluppo zootecnico ha subito<br />

un forte incremento. Sono due le componenti più importanti che concorrono allo sviluppo<br />

del<strong>la</strong> moderna zootecnia: da una parte le selezioni genetiche e gli incroci mirati <strong>per</strong><br />

<strong>la</strong> selezione delle diverse varietà animali; dall’altra il miglioramento delle tecniche di produzione,<br />

di trasformazione e di conservazione di mangimi e foraggi.Dal punto di vista economico,<br />

gli allevatori sono stati fortemente attratti dal<strong>la</strong> possibilità di stimo<strong>la</strong>re <strong>la</strong> crescita<br />

dei loro animali fino al raggiungimento del peso massimo desiderato nel più breve tempo<br />

possibile. Di conseguenza l’utilizzo di promotori del<strong>la</strong> crescita nel<strong>la</strong> produzione zootecnica<br />

è divenuto una pratica usuale. Il problema fondamentale rimane sempre che, qualsiasi<br />

sostanza utilizzata <strong>per</strong> qualsiasi scopo, <strong>per</strong> lungo tempo può <strong>la</strong>sciare residui nel<strong>la</strong> carne<br />

degli animali destinati all’alimentazione <strong>umana</strong> con potenziali <strong>rischi</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong>. Per<br />

esempio è noto che il tessuto adiposo, essendo un tessuto di riserva, è <strong>la</strong> sede principale di<br />

accumulo di molti agenti inquinanti come diossine, pesticidi organoclorurati e metalli<br />

pesanti (cromo, cadmio, piombo ed arsenico).Tra i metalli pesanti, il cromo viene utilizzato<br />

anche come promotore del<strong>la</strong> crescita.Questo micronutriente aggiunto nei mangimi sotto<br />

forma di cromo organico o inorganico può, in alcune varietà zootecniche, aumentare <strong>la</strong><br />

qualità del<strong>la</strong> carcassa aumentando <strong>la</strong> massa magra a discapito del<strong>la</strong> massa grassa.<br />

Il cromo non è <strong>la</strong> so<strong>la</strong> sostanza ad essere utilizzata <strong>negli</strong> allevamenti come promotore del<strong>la</strong><br />

crescita. Sono circa 200 le sostanze proibite che vengono somministrate illegalmente agli<br />

animali destinati al<strong>la</strong> macel<strong>la</strong>zione attraverso i mangimi o <strong>per</strong> inocu<strong>la</strong>zione o <strong>per</strong> impianto<br />

sottocutaneo. Queste sostanze comprendono agenti anabolizzanti, ormoni naturali e di<br />

sintesi, ß-agonisti e cortisonici. In alcuni paesi, come gli Stati Uniti, l’uso di queste sostanze<br />

è autorizzato sotto stretto controllo delle autorità competenti. Nell’Unione Europea vige il<br />

divieto assoluto di impiego di qualsiasi farmaco al di fuori dei protocolli di terapia. Il<br />

<strong>rischi</strong>o legato al<strong>la</strong> presenza di residui di queste sostanze nelle carni destinate all’alimentazione<br />

<strong>umana</strong>, deriva dal fatto che queste molecole sono farmacologicamente molto attive<br />

e, <strong>per</strong> questo, possono dar luogo nei consumatori a <strong>per</strong>icolosi effetti col<strong>la</strong>terali.<br />

I paesi Europei difendono strenuamente il divieto di utilizzo di promotori del<strong>la</strong> crescita e<br />

L’Agenzia Europea <strong>per</strong> <strong>la</strong> Sicurezza Alimentare (EFSA) disciplina attraverso l’applicazione<br />

del rego<strong>la</strong>mento (CE) n. 178/2002 l’utilizzazione di sostanze additive (vitamine, antibiotici,<br />

fattori di crescita, conservanti, ecc…) nell’alimentazione animale, vietandone l’utilizzo<br />

o limitandone l’impiego fissando i livelli massimi di concentrazione nei prodotti di derivazione<br />

animale.<br />

La creazione del mercato globale agevo<strong>la</strong> l’ingresso di prodotti provenienti da paesi che tollerano<br />

l’utilizzo di auxinici veterinari, rendendo molto difficoltosi i controlli.<br />

Scopo del presente volume è quello di offrire una panoramica del<strong>la</strong> letteratura esistente e<br />

del<strong>la</strong> normativa vigente in materia di residui di xenobiotici <strong>negli</strong> <strong>alimenti</strong>, sia fitofarmaci<br />

che farmaci veterinari, focalizzando l’attenzione sui possibili effetti sul<strong>la</strong> <strong>salute</strong> <strong>umana</strong>.<br />

Saranno analizzate le caratteristiche delle sostanze utilizzate, il loro impiego in agricoltura<br />

e zootecnia ed i <strong>rischi</strong> associati al<strong>la</strong> presenza di elementi contaminati.<br />

Gli autori<br />

14<br />

PARTE I I RESIDUI DELLE SOSTANZE UTILIZZATE IN AGRICOLTURA


CAPITOLO I PESTICIDI


INTRODUZIONE<br />

I • PESTICIDI<br />

Nell’ambito del<strong>la</strong> sicurezza alimentare un posto di rilievo è certamente occupato dall’utilizzo<br />

di pesticidi, sia <strong>per</strong> le ricadute dirette sugli <strong>alimenti</strong> trattati e <strong>per</strong> gli eventuali residui<br />

in essi riscontrabili, sia <strong>per</strong> <strong>la</strong> loro immissione nel ciclo alimentare che va dai mangimi <strong>per</strong><br />

animali alle acque destinate al consumo umano.<br />

A tale scopo, sforzi considerevoli sono stati fatti, sia a livello nazionale che internazionale,<strong>per</strong><br />

garantire <strong>la</strong> sicurezza delle risorse alimentari.A livello internazionale,l’azione coordinata<br />

di FAO e OMS ha valutato <strong>per</strong> oltre tre decadi un <strong>la</strong>rgo numero di sostanze chimiche<br />

presenti nelle matrici alimentari. Attualmente il Joint FAO/WHO Ex<strong>per</strong>t Committee<br />

on Food Additives (JECFA), valuta gli additivi alimentari, i contaminanti e i residui dei farmaci<br />

veterinari; mentre il Joint FAO/WHO Meeting on Pesticide Residues (JMPR) control<strong>la</strong><br />

i residui di pesticidi <strong>negli</strong> <strong>alimenti</strong>. Partendo dagli studi effettuati da queste organizzazioni,<br />

vengono e<strong>la</strong>borate delle raccomandazioni re<strong>la</strong>tive al<strong>la</strong> dose giornaliera accettabile<br />

(DGA o ADI,Acceptable Daily Intake), e re<strong>la</strong>tive ai livelli di residuo massimo (LRM<br />

o MRL, Maximum Residue Level). Basandosi su queste raccomandazioni, <strong>la</strong> Commissione<br />

del Codex Alimentarius e i singoli governi stabiliscono degli standards e dei livelli di sicurezza<br />

<strong>per</strong> <strong>la</strong> presenza di queste sostanze chimiche <strong>negli</strong> <strong>alimenti</strong>. Inoltre, il programma<br />

<strong>per</strong> il monitoraggio del<strong>la</strong> contaminazione alimentare (GEMS/Food), e<strong>la</strong>borato in col<strong>la</strong>borazione<br />

tra UNEP (United Nations Environment Programme), FAO e OMS, fornisce informazioni<br />

sui livelli di contaminazione alimentare e sugli andamenti nel tempo di queste<br />

contaminazioni, consentendo l’e<strong>la</strong>borazione di strategie preventive e misure di controllo<br />

(Luetzow, 2003).<br />

Per quanto riguarda l’Unione Europea, <strong>la</strong> legis<strong>la</strong>zione sui pesticidi chiamati anche fitofarmaci<br />

o antiparassitari rego<strong>la</strong> rigidamente il tipo di sostanza chimica utilizzata e il suo<br />

impiego. Una normativa europea del 1991 prevede <strong>la</strong> valutazione di tutti i composti utilizzati<br />

nei prodotti <strong>per</strong> <strong>la</strong> protezione delle piante in uso in tutti gli Stati Membri.<br />

Attualmente, <strong>la</strong> Commissione Europea sta proponendo di aggiornare parte del<strong>la</strong> legis<strong>la</strong>zione<br />

re<strong>la</strong>tiva all’uso dei pesticidi nell’Unione Europea e,ora che <strong>la</strong> nuova Agenzia Europea<br />

<strong>per</strong> <strong>la</strong> Sicurezza Alimentare (EFSA) é o<strong>per</strong>ativa, parteci<strong>per</strong>à al<strong>la</strong> revisione delle valutazioni<br />

e delle raccomandazioni sull’impiego dei diversi fitofarmaci.<br />

Mentre le informazioni re<strong>la</strong>tive al<strong>la</strong> maggior parte delle nazioni in via di sviluppo sono<br />

ancora scarse, le ricerche effettuate nei paesi industrializzati suggeriscono che le risorse<br />

alimentari sono generalmente sicure dal punto di vista del<strong>la</strong> contaminazione chimica,<br />

anche <strong>per</strong>ché esistono delle importanti strutture di sorveglianza e di monitoraggio a livello<br />

governativo, oltre che un generale grado di responsabilità delle industrie, che control<strong>la</strong>no<br />

<strong>la</strong> salubrità degli <strong>alimenti</strong>. Nonostante questo, sono sempre possibili casi di contaminazioni<br />

da pesticidi che possono comportare gravi <strong>rischi</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> pubblica.Ad esempio,<br />

ricordiamo 150 casi di avvelenamento <strong>negli</strong> Stati Uniti, quando nell’ottobre del 2003 <strong>la</strong><br />

comunità rurale di una cittadina del<strong>la</strong> California è stata colpita da una intossicazione da<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 19


I • PESTICIDI<br />

cloropicrina un fumigante molto nocivo utilizzato non lontano dal<strong>la</strong> zona abitata<br />

(Mansour, 2004).<br />

Le sostanze chimiche utilizzate in agricoltura possono essere suddivise in pesticidi e fertilizzanti.<br />

I fertilizzanti (azoto, fosforo, potassio) vengono definiti come sostanze chimiche<br />

che favoriscono <strong>la</strong> crescita delle piante; vengono definiti pesticidi, secondo l’Environment<br />

Protection Agency (EPA), l’organismo governativo statunitense che si occupa del<strong>la</strong> salvaguardia<br />

dell’ambiente, tutti quei materiali preparati o formu<strong>la</strong>ti <strong>per</strong> uccidere un f<strong>la</strong>gello<br />

naturale. Questo significa che gli erbicidi, i fungicidi, gli insetticidi, i <strong>la</strong>rvicidi, i battericidi,<br />

i nematocidi, i molluschicidi e i rodenticidi, possono essere considerati pesticidi. Ciascuno<br />

dei quali, come è intuibile dal nome, è diretto verso un partico<strong>la</strong>re tipo di organismo.<br />

Secondo <strong>la</strong> definizione dell’OMS, i pesticidi sono prodotti attivi contro le varie specie di<br />

animali,di microrganismi e di piante,che possono arrecare danno in campo agricolo e civile.<br />

I fertilizzanti sono, invece, prodotti minerali, organici o organo-minerali, utilizzati <strong>per</strong><br />

migliorare lo sviluppo delle colture.<br />

In Italia, il Ministero del<strong>la</strong> Salute (DPR n. 290 23/4/2001), definisce gli antiparassitari o fitofarmaci<br />

o prodotti fitosanitari come quei preparati contenenti una o più sostanze attive<br />

destinati a:<br />

1. proteggere i vegetali o i prodotti vegetali da tutti gli organismi nocivi<br />

o a prevenirne gli effetti<br />

2. favorire o rego<strong>la</strong>re i processi vitali dei vegetali, con esclusione dei fertilizzanti<br />

3. conservare i prodotti vegetali, con esclusione dei conservanti<br />

4. eliminare le piante indesiderate<br />

5. eliminare parti di vegetali, frenare o evitare un loro indesiderato accrescimento.<br />

Quindi possiamo dire che i pesticidi rappresentano un vasto gruppo di sostanze chimiche<br />

eterogenee che vengono utilizzate <strong>per</strong> prevenire o distruggere diverse specie di animali,<br />

di microrganismi e di piante che rappresentano un danno nel settore agricolo o un <strong>per</strong>icolo<br />

<strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> <strong>umana</strong>. Numerose c<strong>la</strong>ssi di composti vengono utilizzate a tale scopo.<br />

Infatti, più di 20.000 pesticidi con circa 900 principi attivi diversi sono registrati come<br />

insetticidi, acaricidi, erbicidi, rodenticidi, nematocidi, fungicidi, fumiganti e fitorego<strong>la</strong>tori<br />

(Weiss, 2004).Tutte queste sostanze hanno un grosso impatto sull’economia, sull’ambiente<br />

e sul<strong>la</strong> <strong>salute</strong>. Infatti, l’impiego di fitofarmaci aiuta a migliorare <strong>la</strong> nutrizione <strong>umana</strong> consentendo<br />

una elevata disponibilità, una maggiore durata di stoccaggio e una riduzione dei<br />

costi degli <strong>alimenti</strong>. Inoltre, l’uso di tali sostanze chimiche control<strong>la</strong> il propagarsi di ma<strong>la</strong>ttie<br />

trasmesse da vettori che colpiscono milioni di bambini e adulti nel mondo. Comunque,<br />

anche se notevoli sono i benefici che i fitofarmaci portano sul piano alimentare, queste<br />

sostanze possono rappresentare dei fattori di <strong>rischi</strong>o <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> <strong>umana</strong>.Tali <strong>rischi</strong> dipendono<br />

dal fatto che i pesticidi sono sostanze tossiche che vengono ri<strong>la</strong>sciate nell’ambiente<br />

o ritrovate come residui nell’acqua e nei cibi che ingeriamo (Weiss, 2004).<br />

Prima di addentrarci nel<strong>la</strong> c<strong>la</strong>ssificazione dei fitofarmaci e nell’analisi dei <strong>rischi</strong> alimentari<br />

che possono derivare da un utilizzo non appropriato, cerchiamo brevemente di analizzare<br />

20<br />

come e <strong>per</strong>ché i pesticidi rappresentano un <strong>rischi</strong>o <strong>per</strong> il consumatore.<br />

Lasciando da parte le immissioni accidentali di pesticidi nell’ambiente derivanti, essenzialmente,da<br />

incidenti agli impianti di fabbricazione,occupiamoci invece del <strong>per</strong>corso che<br />

un prodotto antiparassitario compie successivamente al suo impiego agricolo. Il trattamento<br />

con pesticidi può avvenire direttamente sul campo o in un momento successivo<br />

al<strong>la</strong> raccolta.Le differenze di intenti sono chiare:nel primo caso,l’antiparassitario viene utilizzato<br />

<strong>per</strong> distruggere le forme viventi che potrebbero rallentare o compromettere <strong>la</strong><br />

riuscita del raccolto; nel secondo, il trattamento viene effettuato <strong>per</strong> preservare il raccolto<br />

e mantenerlo integro fino al momento del<strong>la</strong> vendita.A questo punto è lecito chiedersi che<br />

fine fanno le sostanze chimiche utilizzate a scopo antiparassitario. Sicuramente non vengono<br />

distrutte, ma piuttosto penetrano nell’ambiente e quindi raggiungono l’uomo attraverso<br />

varie vie: in primo luogo, possono rimanere nei terreni e contaminare così le falde<br />

acquifere; in secondo luogo, i residui dei pesticidi possono contaminare le derrate alimentari,<br />

sia quelle destinate ai consumatori che quelle costituenti i foraggi e i mangimi degli<br />

animali da reddito. In entrambi i casi, <strong>la</strong> contaminazione chimica degli <strong>alimenti</strong> arriva<br />

all’uomo, che è l’utilizzatore ultimo sia dei prodotti vegetali che di quelli derivanti dal<strong>la</strong><br />

produzione zootecnica come carne, <strong>la</strong>tte e derivati.<br />

Non va, comunque, dimenticato che l’impiego di fertilizzanti e pesticidi ha <strong>per</strong>messo un<br />

incremento notevole del<strong>la</strong> produzione agrico<strong>la</strong>, in risposta al<strong>la</strong> continua e rapida richiesta<br />

alimentare dovuta al<strong>la</strong> crescita del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione mondiale. Nonostante questo, una <strong>la</strong>rga<br />

<strong>per</strong>centuale del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione dei cosiddetti paesi in via di sviluppo, non ha un’alimentazione<br />

quantitativamente e qualitativamente adeguata. Da una stima effettuata<br />

dall’International Labour Office di Ginevra (ILO, 1998), nei prossimi vent’anni si verificherà<br />

un incremento su<strong>per</strong>iore al 36% nel<strong>la</strong> richiesta di cibo,di prodotti agricoli e di acqua<br />

potabile, semplicemente <strong>per</strong> controbi<strong>la</strong>nciare l’incremento demografico. La pressione sull’agricoltura<br />

e sul<strong>la</strong> produzione di cibo graverà ovviamente sull’ambiente. Infatti, si assisterà<br />

ad un sempre maggior sfruttamento dei terreni già utilizzati, che ne determinerà un<br />

inevitabile impoverimento organico. Contemporaneamente sarà necessario ottenere<br />

nuove su<strong>per</strong>fici coltivabili tra quelle oggi non utilizzabili, mediante l’impiego di sostanze<br />

chimiche come gli erbicidi, che inevitabilmente entreranno nell’ambiente e, quindi, nel<strong>la</strong><br />

catena alimentare. Possiamo, <strong>per</strong>ciò, affermare che saranno necessari interventi concertati<br />

sia a livello locale che internazionale <strong>per</strong> affrontare questa situazione.<br />

USO DI PESTICIDI IN ITALIA<br />

I • PESTICIDI<br />

Per quanto riguarda l’Italia, il consumo degli antiparassitari mostra delle variazioni significative<br />

nel corso degli anni.Valutazioni statistiche effettuate dall’Istat riportano oscil<strong>la</strong>zioni<br />

significative nell’impiego di pesticidi in agricoltura nel <strong>per</strong>iodo 2000-2004, come illustrato<br />

in tabel<strong>la</strong> 1. Per quanto riguarda gli anni 2003-2004 si evidenzia una riduzione del 2,3%<br />

del<strong>la</strong> quantità complessiva di antiparassitari utilizzati in Italia (Tab.1) mentre se analizzia-<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 21


I • PESTICIDI<br />

mo il consumo dei pesticidi in un arco di tempo più lungo, vediamo che nel <strong>per</strong>iodo 1997-<br />

2004 l’impiego di fitofarmaci diminuisce complessivamente del 7,6% e questo calo interessa<br />

sia i fungicidi che gli insetticidi e gli acaricidi, mentre i pesticidi riuniti nel gruppo<br />

“vari” aumentano del 25,1% (Fig. 1).<br />

Dai dati riportati, possiamo dire che i prodotti antiparassitari si confermano come il principale<br />

mezzo tecnico utilizzato nel<strong>la</strong> difesa delle coltivazioni. Il calo del<strong>la</strong> quantità dei prodotti<br />

e dei principi attivi osservato <strong>negli</strong> ultimi anni é determinato anche dall’impiego di<br />

pratiche agronomiche basate su alcune tipologie di controllo dei parassiti e degli infestanti<br />

(lotta biologica e lotta integrata) e incentivato dalle politiche agroambientali comunitarie<br />

che tendono al<strong>la</strong> riduzione dei mezzi chimici impiegati nelle coltivazioni agricole.<br />

22<br />

TABELLA 1 CONSUMO AGRICOLO DI PESTICIDI IN CHILOGRAMMI<br />

(dati ISTAT, anni 2000-2004)<br />

Composti chimici 2000 2001<br />

Anni<br />

2002 2003 2004<br />

Fungicidi 82.868.775 76.629.871 90.562.018 81.765.001 80.751.088<br />

Insetticidi e Acaricidi 35.490.940 34.022.720 32.663.254 33.497.268 29.901.695<br />

Erbicidi 25.901.409 26.672.643 31.448.781 30.568.968 25.142.918<br />

Vari * 10.116.459 10.337.279 12.366.662 11.877.205 18.255.853<br />

154.484.583 147.662.513 167.040.715 157.708.442 154.351.554<br />

* molluschicidi, fumiganti e non, fitorego<strong>la</strong>tori (Fonte: Istat, 2006)<br />

FIGURA 1<br />

1.000<br />

950<br />

900<br />

850<br />

800<br />

750<br />

700<br />

650<br />

600<br />

550<br />

500<br />

450<br />

400<br />

350<br />

300<br />

250<br />

200<br />

150<br />

100<br />

50<br />

0<br />

PRODOTTI FITOSANITARI DISTRIBUITI PER USO AGRICOLO<br />

PER CATEGORIA<br />

ANNI 1997-2004 (in migliaia di quintali)<br />

1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004<br />

Fungicidi<br />

Insetticidi e<br />

acaricidi<br />

Erbicidi<br />

Vari<br />

PESTICIDI E SALUTE UMANA<br />

I • PESTICIDI<br />

Come abbiamo detto precedentemente, i pesticidi possono rappresentare un <strong>rischi</strong>o <strong>per</strong><br />

<strong>la</strong> <strong>salute</strong> <strong>umana</strong>. Questo <strong>rischi</strong>o dipende, oltre che dalle diverse sostanze tossiche utilizzate,<br />

dal tipo di esposizione e dal<strong>la</strong> durata del<strong>la</strong> stessa. Rispetto, quindi, al tipo e al<strong>la</strong> durata<br />

dell’esposizione possiamo distinguere un <strong>rischi</strong>o di tipo acuto e uno cronico. Per quanto<br />

concerne il <strong>rischi</strong>o acuto di esposizione, questo é circoscritto a gruppi di popo<strong>la</strong>zioni che<br />

risultano esposti a livelli elevati di pesticidi che si accumu<strong>la</strong>no <strong>negli</strong> <strong>alimenti</strong>.Queste popo<strong>la</strong>zioni<br />

comprendono: consumatori abituali di pesce o carne o altri <strong>alimenti</strong> contaminati<br />

con elevati livelli di antiparassitari; neonati con madri che presentano un accumulo considerevole<br />

di pesticidi <strong>per</strong>sistenti e individui che presentano disfunzioni del metabolismo<br />

del tessuto adiposo (Mansour, 2004).<br />

Casi di avvelenamento dovuti a un abuso nell’impiego di pesticidi riguardano quasi tutti<br />

gli antiparassitari in commercio e episodi di intossicazione acuta sono stati registrati in<br />

diversi paesi del mondo. Negli ultimi anni gli avvelenamenti da pesticidi, presentano una<br />

riduzione nei paesi industrializzati rispetto a quelli in via di sviluppo, anche se non va<br />

dimenticato che non é facile ottenere statistiche veritiere sui casi di intossicazione da antiparassitari<br />

(Hodgson and Levi, 1996). Questa riduzione di contaminazioni nei paesi industrializzati<br />

é dovuta principalmente al divieto di impiego di alcuni fitofarmaci oltre che a<br />

severi controlli effettuati sull’utilizzo di pesticidi nelle pratiche agricole.<br />

Accanto ai <strong>rischi</strong> di avvelenamento molte ricerche, <strong>negli</strong> ultimi anni, si sono focalizzate<br />

sullo studio degli effetti cronici indotti sul<strong>la</strong> <strong>salute</strong> <strong>umana</strong> da basse dosi di pesticidi contenute<br />

<strong>negli</strong> <strong>alimenti</strong>, quali carcinogenesi, alterazioni sul<strong>la</strong> riproduzione e sullo sviluppo,<br />

danni citogenetici, nonché effetti immunologici e neurologici (Mansour, 2004).<br />

Carcinogenesi: numerosi studi hanno evidenziato un potenziale <strong>rischi</strong>o tumorale di numerosi<br />

pesticidi utilizzati in agricoltura. Nel 1993 è stata preparata una lista che comprendeva<br />

i 70 possibili prodotti cancerogeni. Oggi tale lista è stata aggiornata e il numero di antiparassitari<br />

che rappresentano fattori di <strong>rischi</strong>o nell’insorgenza di patologie tumorali è salito<br />

a 160 (Mansour, 2004).<br />

Effetti sul<strong>la</strong> riproduzione e sullo sviluppo: alcuni pesticidi presentano chiaramente<br />

effetti tossici sul<strong>la</strong> riproduzione <strong>umana</strong>. Per esempio, un metabolita del DDT interferisce<br />

con gli ormoni che causano l’azione femminilizzante (Kelce et al., 1995). Per quanto<br />

riguarda gli effetti tossici sullo sviluppo, è stato evidenziato che l’esposizione a<br />

sostanze tossiche durante le prime 2-3 settimane di gestazione porta a morte fetale,<br />

mentre l’esposizione dopo l’organogenesi causa ritardi nel<strong>la</strong> crescita e deficit funzionali<br />

nell’embrione.<br />

Danni citogenetici: esistono evidenze scientifiche di un aumento significativo del<strong>la</strong> comparsa<br />

di aberrazioni cromosomiche in individui esposti a diversi insetticidi, erbicidi e fungicidi.Ad<br />

esempio, Brega e col<strong>la</strong>boratori nel 1998 riportano <strong>per</strong>centuali di tali aberrazioni<br />

comprese tra 2.66 e 10.30% in soggetti esposti, rispetto ai controlli che presentano <strong>per</strong>centuali<br />

comprese nell’intervallo 0.53-5.52%.<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 23


I • PESTICIDI<br />

Neuro- e immunotossicità: a causa di una certa simi<strong>la</strong>rità tra il sistema nervoso degli insetti<br />

e quello dei mammiferi, gli insetticidi organofosforici impiegati <strong>per</strong> attaccare il sistema<br />

nervoso degli insetti, possono presentare effetti neurotossici acuti e cronici sull’uomo.<br />

Numerosi composti, appartenenti a differenti c<strong>la</strong>ssi di pesticidi, sono in grado, inoltre, di<br />

determinare alterazioni del sistema immunitario. Diversi studi condotti su modelli animali<br />

corre<strong>la</strong>no strettamente con i dati ottenuti sulle popo<strong>la</strong>zioni umane esposte agli antiparassitari.Tali<br />

ricerche evidenziano, infatti, che l’esposizione prolungata a basse dosi di diversi<br />

pesticidi determina <strong>negli</strong> individui esposti alterazioni strutturali e funzionali del sistema<br />

immunitario, nonché riduzione del<strong>la</strong> resistenza alle infezioni virali, batteriche e parassitarie.Ad<br />

esempio, l’insetticida ma<strong>la</strong>thion, considerato un composto a bassa tossicità, induce<br />

effetti immunotossici come evidenziato da diversi studi condotti su modelli animali<br />

(Mansour, 2004).<br />

CLASSIFICAZIONE E NORMATIVA<br />

Al fine di effettuare una c<strong>la</strong>ssificazione da un punto di vista tossicologico dei pesticidi, è<br />

necessario accennare ai parametri s<strong>per</strong>imentali utilizzati <strong>per</strong> accertarne l’effettiva tossicità.<br />

L’effetto nocivo dell’assunzione involontaria di una certa quantità di fitofarmaco si manifesta,<br />

in genere, a breve distanza di tempo, generando così casi di avvelenamento o di tossicità<br />

acuta. Oltre <strong>la</strong> tossicità acuta, vanno considerati anche altri effetti sia di esposizione<br />

a breve termine (ad esempio,neurotossicità o mutagenicità) che di esposizione a lungo termine<br />

(come <strong>la</strong> cancerogenicità).<br />

La valutazione tossicologica di un pesticida è basata sul<strong>la</strong> determinazione s<strong>per</strong>imentale<br />

del<strong>la</strong> sua DL 50 (Dose Letale 50 o LD 50, Lethal Dose 50) che indica <strong>la</strong> quantità di prodotto<br />

capace di determinare <strong>la</strong> morte del 50% delle cavie di <strong>la</strong>boratorio in una unica somministrazione<br />

e viene espressa in parti <strong>per</strong> milione (ppm) o milligrammi <strong>per</strong> chilo (mg/Kg)<br />

di peso corporeo.<br />

Tenendo conto dei criteri di tossicità, sono state fatte varie c<strong>la</strong>ssificazioni dei pesticidi, sia<br />

a livello nazionale che internazionale.<br />

Per quanto riguarda l’Italia, <strong>per</strong> <strong>la</strong> produzione e commercializzazione dei pesticidi, <strong>la</strong> fonte<br />

normativa fondamentale è ancora oggi rappresentata dal DPR n. 1255 del 3/8/1968, nel<br />

quale sono contenute le norme <strong>per</strong> <strong>la</strong> concessione del<strong>la</strong> registrazione dei prodotti utilizzati<br />

nel<strong>la</strong> produzione agrico<strong>la</strong>. In base a tale decreto, i pesticidi sono stati distinti in quattro<br />

c<strong>la</strong>ssi tossicologiche su parere di una Commissione Consultiva costituita presso il<br />

Ministero del<strong>la</strong> Sanità. Dal 1992, a seguito del DPR n°223 del 24/5/1988 che ha recepito <strong>la</strong><br />

Direttiva CEE 78/631, <strong>la</strong> c<strong>la</strong>ssificazione tossicologica è cambiata adeguandosi a quell’adottata<br />

in tutti i paesi dell’UE.<br />

Questo provvedimento ribadisce che i pesticidi sono c<strong>la</strong>ssificati in base all’effettiva tossicità<br />

acuta del preparato,ma piuttosto che c<strong>la</strong>ssi,individua delle “frasi di <strong>rischi</strong>o”che descrivono<br />

<strong>la</strong> <strong>per</strong>icolosità del preparato <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> <strong>umana</strong>, come illustrato in tabel<strong>la</strong> 2.<br />

24<br />

TABELLA 2 CLASSIFICAZIONE DEI PESTICIDI SECONDO LA TOSSICITÀ ACUTA<br />

I • PESTICIDI<br />

DL 50 Vecchia c<strong>la</strong>ssificazione Nuova c<strong>la</strong>ssificazione Simboli<br />

5 prima c<strong>la</strong>sse molto tossico T+<br />

5-50 prima c<strong>la</strong>sse tossico T<br />

50-500 seconda c<strong>la</strong>sse nocivo Xn<br />

500 terza c<strong>la</strong>sse irritante Xi<br />

quarta c<strong>la</strong>sse non c<strong>la</strong>ssificato<br />

Un’altra c<strong>la</strong>ssificazione proposta da Maroni e coll. nel 1977, distingue, invece, i pesticidi in<br />

sei categorie sul<strong>la</strong> base dell’agente contro cui sono diretti. In questa c<strong>la</strong>ssificazione vengono<br />

distinti, quindi, insetticidi, acaricidi, rodenticidi e molluschicidi che agiscono rispettivamentre<br />

contro insetti, acari, topi e molluschi; fungicidi che sono attivi contro le crittogame<br />

parassite; erbicidi che servono a distruggere le erbe infestanti.<br />

I RESIDUI DI PESTICIDI NEGLI ALIMENTI<br />

Per residuo di un pesticida s’intende una o più sostanze, inclusi i metaboliti e i prodotti<br />

derivanti dal<strong>la</strong> degradazione o dal<strong>la</strong> reazione, che viene rilevato nei vegetali o nei prodotti<br />

trasformati, nei prodotti animali destinati al consumo umano o nell’ambiente e che deriva<br />

dall’impiego di un prodotto fitosanitario.<br />

Per quanto concerne <strong>la</strong> rego<strong>la</strong>mentazione del<strong>la</strong> presenza di residui di antiparassitari nell’alimentazione<br />

animale e dell’uomo, esiste in Italia una ricca e rigorosa normativa che,<br />

essenzialmente, si riferisce all’attuazione di direttive comunitarie sul piano nazionale. Il<br />

Ministero del<strong>la</strong> Salute fissa, con proprio decreto, i limiti massimi di residuo (LMR) delle<br />

sostanze attive contenute nei prodotti destinati all’alimentazione.<br />

Attualmente, detti limiti massimi di residuo sono stabiliti dal D.M. 27 agosto 2004 (pubblicato<br />

sul S.O.n.179 al<strong>la</strong> G.U.n.292 del 14.12.2004) che contiene recenti disposizioni comunitarie<br />

e rie<strong>la</strong>bora ed unifica tutti i provvedimenti nazionali precedentemente in vigore in<br />

materia.<br />

Tale Decreto Ministeriale è stato aggiornato da tre successivi provvedimenti: D.M. 17<br />

novembre 2004 (pubblicato nel<strong>la</strong> G.U. n. 30 del 7 febbraio 2005), D.M. 4 marzo 2005 (GU<br />

n. 121 del 26-5-2005) e D.M. 13 maggio 2005 (GU n. 184 del 9-8-2005).<br />

A questi provvedimenti legis<strong>la</strong>tivi a livello nazionale va aggiunto il nuovo rego<strong>la</strong>mento CE<br />

pubblicato il 16 marzo 2005 che è entrato in piena attuazione dal 5 ottobre 2006. In questa<br />

data le normative nazionali sui residui di sostanze tossiche sono decadute e gli Stati<br />

membri non hanno potuto più fissare LMR a livello locale, ma hanno dovuto rispettare i<br />

limiti massimi imposti dal<strong>la</strong> normativa comunitaria.<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 25


I • PESTICIDI<br />

CARATTERISTICHE CHIMICO-TOSSICOLOGICHE DELLE PRINCIPALI<br />

CLASSI DI COMPOSTI ANTIPARASSITARI DI USO AGRICOLO<br />

Come abbiamo visto, con il termine di pesticidi si suole indicare un insieme di sostanze<br />

eterogenee dal punto di vista chimico,tossicologico e di impiego.Nel<strong>la</strong> tabel<strong>la</strong> 3 sono indicati<br />

i principali gruppi di pesticidi e <strong>la</strong> loro applicazione in campo agricolo.<br />

Prima di analizzare in dettaglio il problema dei residui nelle matrici alimentari, è opportuno<br />

procedere ad una breve descrizione delle caratteristiche chimiche e tossicologiche di<br />

ciascun gruppo di sostanze, al fine di comprendere il tipo e l’entità dei <strong>rischi</strong> legati al<strong>la</strong><br />

loro assunzione.<br />

a) Composti organoclorurati<br />

Gli insetticidi organoclorurati sono idrocarburi clorurati che possono essere suddivisi, in base<br />

al<strong>la</strong> loro struttura chimica, nei seguenti gruppi (Tordoir and van Sittert, 1994):<br />

1• isomeri del benzene esaclorurato (BHC o HCH) come il lindano;<br />

2• ciclodieni, come l’aldrin, il dieldrin, il clordano, l’eptacloro, l’endosulfano;<br />

3• DDT e analoghi, come il metossicloro, il dicofol e i clorobenzi<strong>la</strong>ti.<br />

A partire dagli anni’70, l’impiego degli organoclorurati è stato progressivamente ridotto a<br />

specifiche applicazioni fino al<strong>la</strong> completa sospensione in molti paesi. Questo non significa<br />

che, ad esempio, il DDT, riconosciuto come uno dei pesticidi più tossici, non venga più<br />

utilizzato in agricoltura.Infatti,soprattutto nei paesi in via di sviluppo e illegalmente anche<br />

nei paesi industrializzati, si continuano a trattare le colture agricole con DDT, con gravi<br />

conseguenze, sia <strong>per</strong> l’ambiente che <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> dell’uomo.<br />

Meccanismo d’azione<br />

Gli organoclorurati sono prontamente assorbiti nel sangue attraverso <strong>la</strong> pelle, l’apparato<br />

gastrointestinale e anche <strong>per</strong> ina<strong>la</strong>zione di vapori o polveri.<br />

26<br />

TABELLA 3 PRINCIPALI GRUPPI DI PESTICIDI E LORO FUNZIONE IN AGRICOLTURA<br />

Pesticidi Funzione in agricoltura<br />

Composti organoclorurati Insetticidi<br />

Composti organofosforici Insetticidi, erbicidi<br />

Carbammati Insetticidi, nematocidi, fungicidi, erbicidi<br />

Ditiocarbammati Fungicidi<br />

Piretroidi sintetici Insetticidi<br />

Triazine Erbicidi<br />

Uree sostituite Insetticidi, rodenticidi, erbicidi, fungicidi<br />

Derivati cumarinici Rodenticidi<br />

Derivati fenossiacetici Erbicidi<br />

Comp. Dell’N quaternario Erbicidi, essiccanti<br />

I • PESTICIDI<br />

Dopo l’assorbimento, i composti subiscono una rapida distribuzione soprattutto in quei<br />

tessuti ad elevato contenuto di grasso, come il tessuto adiposo. Gli organoclorurati si accumu<strong>la</strong>no<br />

in questi tessuti e il grado di accumulo varia a seconda del tipo di composto e<br />

dipende dal<strong>la</strong> capacità di originare metaboliti maggiormente idrosolubili rispetto al composto<br />

di partenza. Poiché gli organoclorurati sono metabolizzati ed eliminati <strong>per</strong> via renale<br />

lentamente, rimarranno accumu<strong>la</strong>ti nell’organismo ospite <strong>per</strong> un lungo <strong>per</strong>iodo. I valori<br />

dell’emivita biologica sono ben documentate <strong>per</strong> quanto riguarda <strong>la</strong> dieldrina nel sangue<br />

(approssimativamente 267 giorni) e <strong>per</strong> il DDT nel tessuto adiposo (3.4 anni) e sono<br />

basati su studi condotti sui <strong>la</strong>voratori degli impianti di produzione e sui volontari dopo<br />

esposizioni a lungo termine (Tordoir & van Sittert, 1994). La grande maggioranza dei residenti<br />

<strong>negli</strong> Stati Uniti, <strong>per</strong> esempio, presenta livelli rilevabili di pesticidi organoclorurati<br />

(compresi metaboliti del DDT) nel tessuto adiposo e le concentrazioni di queste sostanze<br />

aumentano con l’età, indicando il progressivo accumulo che si verifica nell’arco del<strong>la</strong> vita<br />

(ILO, 1998).<br />

Studi s<strong>per</strong>imentali condotti sui <strong>la</strong>voratori professionalmente esposti hanno mostrato che i<br />

pesticidi organoclorurati agiscono sul sistema nervoso centrale. E’ stato evidenziato, ad<br />

esempio, che esposizioni acute o croniche agli organoclorurati possono causare convulsioni.<br />

In partico<strong>la</strong>re, sembra che <strong>la</strong> principale azione tossica sia dovuta al<strong>la</strong> capacità di questi<br />

composti di interferire con il trasporto di cationi attraverso le membrane cellu<strong>la</strong>ri del<br />

sistema nervoso, provocando una irritabilità neuronale e un aumento dell’eccitabilità del<br />

sistema nervoso centrale (Weiss, 2004).<br />

Studi di cancerogenesi condotti su uomini professionalmente esposti, non ha ancora chiarito<br />

l’eventuale coinvolgimento di composti organoclorati nell’insorgenza di tumori nell’uomo.<br />

b) Composti organofosforici<br />

Gli insetticidi organofosforici sono un gruppo di pesticidi altamente tossici <strong>per</strong> i mammiferi.<br />

Tali composti agiscono sugli insetti bersaglio, inibendo l’enzima acetilcolinesterasi<br />

(ACHE) e <strong>per</strong> questo, sono stati chiamati insetticidi anticolinesterasi.Altri composti organofosforici<br />

sono utilizzati come erbicidi (ad esempio, il glifosato, il merfos ecc.), e sono<br />

strutturalmente diversi dagli insetticidi organofosforici, in quanto l’attività anticolinesterasica<br />

è piuttosto debole.<br />

Meccanismo d’azione<br />

I pesticidi organosforici devono il loro effetto tossico all’inibizione dell’attività dell’enzima<br />

colinesterasi nel tessuto nervoso che porta a un eccesso di acetilcolina e a un blocco del<strong>la</strong><br />

trasmissione neuronale (Weiss, 2004).<br />

c) Carbammati<br />

I carbammati utilizzati come pesticidi comprendono insetticidi e nematocidi, fungicidi ed<br />

erbicidi (Machemer & Pickel, 1994).Appartengono a questa c<strong>la</strong>sse di antiparassitari anche<br />

i fungicidi ditiocarbammati, di cui si tratterà successivamente.<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 27


I • PESTICIDI<br />

Gli insetticidi e i nematocidi carbammati presentano un’elevata tossicità acuta. L’azione<br />

tossica su insetti, nematodi ma anche mammiferi, è basata sull’inibizione dell’enzima acetilcolinesterasi.<br />

L’accumulo di acetilcolina provoca sintomi simili a quelli descritti in seguito<br />

ad esposizione a pesticidi organofosforici. In questo caso <strong>per</strong>ò, l’inibizione del<strong>la</strong> colinesterasi<br />

nei mammiferi è <strong>la</strong>bile, reversibile e di breve durata (Weiss, 2004). L’avvelenamento<br />

acuto insorge rapidamente in seguito ad esposizione e può portare a morte nei casi più<br />

gravi, ma numerosi studi s<strong>per</strong>imentali non hanno evidenziato danni neurologici ritardati<br />

come avviene <strong>per</strong> composti organofosforici (Machemer & Pickel,1994). I carbammati vengono<br />

rapidamente degradati ed escreti <strong>per</strong> via urinaria. Grazie al loro rapido metabolismo<br />

questi pesticidi non si accumu<strong>la</strong>no nei tessuti né nell’ambiente, comunque numerosi studi<br />

condotti <strong>negli</strong> ultimi anni rilevano effetti fetotossici, embriotossici e mutageni <strong>per</strong> alcuni<br />

composti di questa famiglia (ILO, 1998).<br />

Contrariamente al gruppo degli insetticidi, gli erbicidi e i fungicidi non mostrano attività<br />

anticolinesterasica, con un’unica eccezione rappresentata dal fungicida benomyl. Come<br />

<strong>per</strong> gli insetticidi, i fungicidi e gli erbicidi carbammati generalmente non vengono accumu<strong>la</strong>ti<br />

nei tessuti, ma subiscono una rapida biotrasformazione e vengono escreti <strong>per</strong> via<br />

urinaria.<br />

Poiché sono ancora pochi i dati tossicologici riguardanti l’uomo, gli effetti di questa c<strong>la</strong>sse<br />

di pesticidi possono essere compresi dagli studi s<strong>per</strong>imentali condotti su animali<br />

(Machemer & Pickel, 1994).<br />

In seguito a ripetute somministrazioni (in studi di tossicità subacuta, subcronica e cronica),<br />

il fegato e i testicoli si sono dimostrati come possibili organi bersaglio in re<strong>la</strong>zione al<strong>la</strong><br />

sostanza e al<strong>la</strong> dose somministrata.<br />

Per gli erbicidi, soprattutto fenilcarbammati, sono state descritte ad alte dosi di esposizione,<br />

metaemoglobinemia, e altri disordini ematologici (ad esempio eccessiva stimo<strong>la</strong>zione<br />

del midollo osseo). Sono state anche osservate eritrocitopenia, leucopenia e anemia emolitica<br />

(Machemer & Pickel, 1994).<br />

Per i fungicidi non sembra esistere <strong>per</strong>icolo di mutagenesi, né di aberrazioni strutturali dei<br />

cromosomi.<br />

d) Ditiocarbammati<br />

I ditiocarbammati sono un ampio gruppo di fungicidi <strong>la</strong>rgamente utilizzati. Possono essere<br />

ulteriormente suddivisi in:<br />

- tiurami;<br />

- dimetilditiocarbammati (gruppo DMDC);<br />

- alchilditiocarbammati insaturi;<br />

Meccanismo d’azione<br />

I risultati ottenuti da diversi studi s<strong>per</strong>imentali su animali indicano che nessuno di questi<br />

fungicidi sembra accumu<strong>la</strong>rsi nei tessuti e <strong>la</strong> loro escrezione urinaria è piuttosto rapida.<br />

Anche se i meccanismi tossicologici dei ditiocarbammati non sono stati ancora chiariti,<br />

l’organo bersaglio di elezione sembra essere <strong>la</strong> tiroide.<br />

28<br />

I • PESTICIDI<br />

Infatti numerosi studi s<strong>per</strong>imentali hanno mostrato che tutti i ditiocarbammati possono<br />

influenzare l’attività tiroidea. In partico<strong>la</strong>re è emersa una riduzione serica del T 4 e un<br />

aumento del<strong>la</strong> concentrazione del TSH.<br />

I ditiocarbammati possono anche agire sul sistema nervoso centrale, probabilmente<br />

mediante i loro metaboliti, alcuni dei quali sono dei neurotossici ben conosciuti.<br />

e) Piretroidi sintetici<br />

I piretroidi sono insetticidi. Sono molecole di sintesi e presentano proprietà chimico-fisiche<br />

e un’attività biologica maggiore delle piretrine naturali.<br />

I composti appartenenti a questa c<strong>la</strong>sse di pesticidi agiscono come neuroveleni sia <strong>negli</strong><br />

insetti che nei mammiferi.Va comunque sottolineato che questi composti vengono rapidamente<br />

metabolizzati dai mammiferi, con conseguente riduzione del<strong>la</strong> neurotossicità, ma<br />

causano spesso reazioni allergiche (Weiss, 2004). Sul<strong>la</strong> base dei sintomi di avvelenamento,<br />

i piretroidi possono essere divisi in due tipi. I due tipi di piretroidi causano nei mammiferi<br />

avvelenamenti con sintomi abbastanza differenti. Gli avvelenamenti da piretroidi di tipo<br />

I sono caratterizzati da tremori, i<strong>per</strong>eccitazione, atassia, convulsioni e, in alcuni casi, da<br />

paralisi (sindrome T); l’avvelenamento da piretroidi di tipo II causa i<strong>per</strong>salivazione, i<strong>per</strong>sensibilità<br />

agli stimoli esterni e paralisi (sindrome C).<br />

Anche se i due tipi di composti inducono sintomi diversi, hanno essenzialmente lo stesso<br />

sito bersaglio, rappresentato dal canale <strong>per</strong> il sodio del<strong>la</strong> membrana delle cellule nervose,<br />

cioè il canale responsabile del<strong>la</strong> generazione del potenziale d’azione. Normalmente, un<br />

canale del sodio rimane a<strong>per</strong>to durante <strong>la</strong> fase di depo<strong>la</strong>rizzazione soltanto <strong>per</strong> pochi millisecondi;<br />

l’esposizione a un piretroide può determinare, invece, l’a<strong>per</strong>tura del canale<br />

anche <strong>per</strong> diversi secondi. In presenza di entrambi i tipi di piretroidi, <strong>la</strong> depo<strong>la</strong>rizzazione<br />

di membrana produce diversi cambiamenti nel<strong>la</strong> funzione nervosa.Ad esempio, <strong>la</strong> depo<strong>la</strong>rizzazione<br />

dei neuroni sensori, che avviene come effetto locale in seguito al contatto con<br />

<strong>la</strong> pelle, invia scariche massicce al sistema nervoso centrale, causando i<strong>per</strong>sensibilità agli<br />

stimoli esterni e parestesia o sensazioni di formicolio localizzate tipicamente, ma non<br />

esclusivamente sul<strong>la</strong> pelle del volto; mentre <strong>la</strong> depo<strong>la</strong>rizzazione delle terminazioni presinaptiche,<br />

che aumenta il ri<strong>la</strong>scio dei neurotrasmettitori, provoca dei disturbi nel<strong>la</strong> trasmissione<br />

sinaptica.<br />

f) Triazine<br />

La maggior parte delle triazine sono erbicidi capaci di bloccare <strong>la</strong> fotosintesi nelle piante<br />

verdi attraverso l’inibizione del trasporto degli elettroni.<br />

Meccanismo d’azione<br />

Generalmente, le triazine presentano una bassa tossicità <strong>negli</strong> animali da <strong>la</strong>boratorio, infatti<br />

nei ratti <strong>la</strong> DL50 <strong>per</strong> via orale è compresa tra 1000 e 10000 mg/kg di peso corporeo. I<br />

ruminanti, invece, mostrano una bassa tolleranza alle triazine, come dimostrato da severi<br />

episodi di intossicazione che si sono verificati in animali dopo assunzione <strong>per</strong> via orale di<br />

tali prodotti.<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 29


I • PESTICIDI<br />

Nei mammiferi, le triazine non presentano caratteristiche teratogene e mutagene, anche se<br />

studi condotti su ratti alimentati con triazine <strong>per</strong> tutta <strong>la</strong> durata del<strong>la</strong> loro vita, hanno<br />

mostrato effetti cancerogeni a carico del<strong>la</strong> ghiando<strong>la</strong> mammaria (Loosli, 1994).<br />

g) Uree sostituite<br />

Le uree sostituite sono un ampio gruppo di pesticidi che vengono utilizzate soprattutto<br />

come erbicidi (metilurea, dimetilurea, clorodimetilurea, sulfonilurea).Altre uree sono usate<br />

come insetticidi (benzoilfenilurea), rodenticidi (nitrofenilurea, naftiltiourea:ANTU) e fungicidi<br />

(ciclofenilurea).<br />

Meccanismo d’azione<br />

1•Erbicidi<br />

Gli erbicidi ureici bloccano <strong>la</strong> fotosintesi e il meccanismo d’azione sembra coinvolgere<br />

il blocco del sistema di trasporto degli elettroni, con conseguente inibizione del<strong>la</strong> sintesi<br />

di ATP e NADPH.<br />

Gli erbicidi ureici vengono prontamente assorbiti dal tratto gastrointestinale e, in misura<br />

minore, anche <strong>per</strong> via cutanea. Studi s<strong>per</strong>imentali condotti sul metabolismo degli<br />

erbicidi ureici mostra che nei ratti e nei polli <strong>la</strong> biotrasformazione avviene principalmente<br />

a livello epatico, mentre <strong>la</strong> via principale di escrezione è quel<strong>la</strong> urinaria.<br />

Effetti sistemici su differenti tessuti bersaglio sono stati osservati in animali esposti ad<br />

erbicidi ureici. La tossicità di questi composti varia ampiamente a seconda delle specie<br />

animali considerate. Nei ratti, ad esempio, si è evidenziato un effetto tirotossico, nonché<br />

un’immunodeficienza secondaria dovuta al blocco del<strong>la</strong> funzione timica.<br />

2•Rodenticidi<br />

Il meccanismo d’azione dei rodenticidi ureici non è stato ancora chiarito. Essi vengono<br />

utilizzati contro i ratti resistenti agli anticoagu<strong>la</strong>nti. Oltre a causare leggere<br />

irritazioni al<strong>la</strong> pelle, agli occhi e al tratto respiratorio, i rodenticidi ureici determinano<br />

danni epatici e pancreatici. In partico<strong>la</strong>re, in caso di intossicazione acuta, si<br />

rileva una severa i<strong>per</strong>glicemia come risultato di un danno diretto alle cellule β del<br />

pancreas.<br />

Il principale tessuto bersaglio dell’ANTU (naftiltiourea), è il polmone. Infatti, questa<br />

sostanza determinando un aumento del<strong>la</strong> <strong>per</strong>meabilità di membrana, causa edema polmonare<br />

ed effusione pleurica.Inoltre,si genera anche un’i<strong>per</strong>tensione polmonare dovuta<br />

al<strong>la</strong> formazione di microemboli.<br />

3•Insetticidi, acaricidi e fungicidi ureici.<br />

Gli insetticidi e gli acaricidi ureici inibiscono <strong>la</strong> sintesi di chitina, ma il loro meccanismo<br />

d’azione sui mammiferi e sull’uomo non è stato ancora chiarito. E’ stato evidenziato<br />

(Ferioli & Barbieri, 1994), che alcuni composti, come il flufenoxuron si deposita nel tessuto<br />

grasso dei ratti e <strong>la</strong> sua eliminazione è alquanto lenta.<br />

I principali effetti di una esposizione ad erbicidi ureici sono rappresentati da una leggera<br />

anemia e metaemoglobinemia, probabilmente dovuta al metabolismo del composto<br />

in derivati dell’anilina, mentre non si conoscono effetti a livello sistemico.<br />

30<br />

I • PESTICIDI<br />

h) Derivati cumarinici<br />

I derivati del<strong>la</strong> cumarina sono rodenticidi anticoagu<strong>la</strong>nti attivi contro varie specie animali<br />

tra le quali ratti e topi. I derivati cumarinici, noti anche come antagonisti del<strong>la</strong> vitamina K,<br />

possono essere distinti in antagonisti del<strong>la</strong> vitamina K di prima e di seconda generazione.<br />

I maggiori rappresentanti degli antagonisti di prima generazione sono il warfarin e il cumacloro,<br />

mentre quelli di seconda generazione sono il brodifacoum, difenacoum e flocoumafen,<br />

caratterizzati da un emivita biologica estremamente lunga (100-200 giorni).<br />

Meccanismo d’azione<br />

Dopo l’ingestione, gli animali sviluppano una severa tendenza emorragica che li porta<br />

rapidamente al<strong>la</strong> morte. I meccanismi biochimici coinvolti nell’azione anticoagu<strong>la</strong>nte<br />

dei derivati cumarinici sono essenzialmente simili <strong>per</strong> tutte le specie studiate (uomo<br />

compreso). In partico<strong>la</strong>re, i derivati del<strong>la</strong> cumarina inibiscono alcuni enzimi epatici<br />

coinvolti del ciclo del<strong>la</strong> vitamina K (van Sittert & Tuinman,1994). In questo modo il<br />

ciclo del<strong>la</strong> vitamina K risulta bloccato con conseguente diminuzione del<strong>la</strong> forma attiva<br />

del<strong>la</strong> vitamina K.<br />

La somministrazione di questi composti induce anche una riduzione del<strong>la</strong> velocità di sintesi<br />

dei fattori ematici di coagu<strong>la</strong>zione vitamina K-dipendenti e, quindi una diminuzione<br />

dei loro livelli circo<strong>la</strong>nti.Tutto ciò si traduce in una severa tendenza all’emorragia tanto più<br />

grave quanto più è alta l’inibizione del<strong>la</strong> sintesi dei fattori coagu<strong>la</strong>nti a livello epatico. Non<br />

va dimenticato, inoltre, che gli effetti anticoagu<strong>la</strong>nti dei composti di seconda generazione<br />

si protraggono anche <strong>per</strong> più di due anni, a causa del<strong>la</strong> lunga emivita biologica.<br />

i) Fenossiacetati<br />

I fenossiacetati trovano impiego come erbicidi. Questi composti sono solidi, poco vo<strong>la</strong>tili,<br />

poco solubili in acqua e solubili in etanolo.<br />

Meccanismo d’azione<br />

Queste sostanze interferiscono con gli ormoni del<strong>la</strong> crescita delle piante. I segni di avvelenamento<br />

nei mammiferi comprendono debolezza musco<strong>la</strong>re, spasmi e <strong>per</strong>dita di coordinazione<br />

che procedono verso <strong>la</strong> paralisi. Questi segni clinici sono il risultato di un’azione<br />

miotossica, che, se estesa al cuore, può anche condurre all’ipo o all’i<strong>per</strong>tensione, fibril<strong>la</strong>zione<br />

cardiaca e a morte. Oltre all’azione miotossica, queste sostanze alterano <strong>la</strong> funzionalità<br />

epatica e renale (Kolmodin-Hedman, 1994).<br />

l) Composti dell’azoto quaternario<br />

Si tratta di composti chimici che agiscono come erbicidi; tra queste sostanze il diquat e il<br />

paraquat sono i principali rappresentanti.<br />

Meccanismo d’azione<br />

Il loro meccanismo d’azione è simile nelle piante e <strong>negli</strong> animali e coinvolge <strong>la</strong> riduzione<br />

di un singolo elettrone a radicale libero. I radicali liberi dell’erbicida vengono ossidati dall’ossigeno<br />

cellu<strong>la</strong>re, inducendo <strong>la</strong> produzione di anioni su<strong>per</strong>ossido e altri radicali dell’ossigeno.<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 31


I • PESTICIDI<br />

I radicali liberi, che sono anche prodotti naturalmente, sono coinvolti in diversi tipi di<br />

lesioni patologiche, compresa <strong>la</strong> morte cellu<strong>la</strong>re. Le cellule dell’organismo possiedono<br />

diversi meccanismi di protezione contro <strong>la</strong> tossicità indotta dai radicali liberi dell’ossigeno.<br />

Quando il paraquat e il diquat sono presenti in elevata concentrazione, i meccanismi<br />

di difesa non riescono a proteggere le cellule dal<strong>la</strong> massiccia produzione di questi radicali<br />

che possono, così, determinare morte cellu<strong>la</strong>re e danni tissutali.<br />

Una volta assorbiti a livello sistemico, paraquat e diquat si distribuiscono rapidamente nell’organismo.<br />

Il paraquat si accumu<strong>la</strong> in organi come polmoni e reni. Nel polmone l’accumulo<br />

procede lentamente mediante un processo attivo che induce edema, alveoliti e fibrosi<br />

progressiva delle membrane basali degli alveoli. La morte sopravviene <strong>per</strong> insufficienza<br />

respiratoria.<br />

Al contrario, il diquat non si accumu<strong>la</strong> a livello polmonare, ma elevati livelli di questo erbicida<br />

provocano disfunzioni a livello gastrointestinale ed effetti tossici nel fegato e nei reni.<br />

I reni sono anche <strong>la</strong> principale via di escrezione <strong>per</strong> entrambi i composti. Comunque, elevate<br />

concentrazioni a livello renale sia di paraquat che di diquat provocano danni renali<br />

che rallentano l’eliminazione di queste sostanze dall’organismo.<br />

IL PROBLEMA DEI RESIDUI<br />

Come già detto precedentemente, il rapido incremento demografico a livello mondiale ha<br />

evidenziato <strong>la</strong> necessità di aumentare <strong>la</strong> produzione mondiale di cibo. Una delle strategie<br />

che viene attualmente seguita è basata sul controllo dei parassiti, in quanto più del 30%<br />

del<strong>la</strong> produzione annuale di cibo viene <strong>per</strong>duta a causa dell’infestazione parassitaria<br />

(Kannan et al., 1997).<br />

Nei paesi tropicali <strong>la</strong> <strong>per</strong>dita di raccolto è ancora più severa, a causa dell’alta tem<strong>per</strong>atura<br />

e dell’umidità che favoriscono una rapida moltiplicazione dei parassiti. Pertanto, ai tropici<br />

risulta necessario l’impiego di un’ampia varietà di pesticidi sulle colture agricole al fine di<br />

combattere parassiti e ma<strong>la</strong>ttie, nonostante vari studi abbiano dimostrato che un’applicazione<br />

prolungata di organoclorurati sui suoli tropicali ne favorisca <strong>la</strong> degradazione e l’infertilità<br />

(Mitra & Raghu, 1998).<br />

Sebbene, da tempo, sia disponibile sul mercato una vasta gamma di sostanze antiparassitarie,soltanto<br />

poche tra queste soddisfano pienamente le esigenze di avere basso costo,grande<br />

efficacia e sicurezza. La situazione economica degli agricoltori dei paesi tropicali in via<br />

di sviluppo li costringe a scegliere il pesticida più economico e più efficace, <strong>la</strong>sciando in<br />

secondo piano il problema del<strong>la</strong> sicurezza.<br />

Gli insetticidi organoclorurati come il DDT, l’esaclorocicloesano (HCH), l’aldrin e il dieldrin,<br />

sono tra i pesticidi più comunemente utilizzati nei paesi dell’Asia, dell’Africa,<br />

dell’America Latina e in alcuni paesi europei che hanno mantenuto <strong>per</strong> decenni condizioni<br />

economiche piuttosto arretrate, come ad esempio i paesi dell’ex im<strong>per</strong>o sovietico o<br />

del<strong>la</strong> ex Jugos<strong>la</strong>via.<br />

32<br />

Non va dimenticato, inoltre, che molti insetticidi il cui uso era stato bandito o fortemente<br />

ristretto a causa del<strong>la</strong> loro dimostrata <strong>per</strong>sistenza nell’ambiente e nell’organismo umano<br />

(come appunto il DDT), sono stati nuovamente ammessi da organismi internazionali come<br />

OMS/WHO e <strong>la</strong> FAO,seppure in quantità strettamente rego<strong>la</strong>mentate.Ricordiamo,ad esempio,<br />

il Messico che ha utilizzato 3000 tonnel<strong>la</strong>te annue di DDT nel <strong>per</strong>iodo comprese tra<br />

il 1990 e il 1998 (Pardio et al., 1998).<br />

Uno dei problemi più importanti dell’uso indiscriminato di antiparassitari (organoclorurati<br />

in partico<strong>la</strong>re), è rappresentato dal<strong>la</strong> <strong>per</strong>sistenza di residui nell’ambiente e quindi nelle<br />

matrici alimentari. Per tale ragione, notevoli concentrazioni di composti organoclorurati<br />

sono state rilevate in campioni di <strong>la</strong>tte umano e di tessuto adiposo prelevati in vari paesi<br />

del terzo mondo. Questi risultati indicano <strong>la</strong> presenza di una rilevante esposizione <strong>umana</strong><br />

a queste sostanze. D’altra parte, mentre nei paesi industrializzati esistono dei sistemi di<br />

sorveglianza e monitoraggio dei pesticidi <strong>negli</strong> <strong>alimenti</strong>, lo stesso non si verifica nei paesi<br />

in via di sviluppo.Va sottolineato, comunque, che nonostante i controlli previsti, anche nei<br />

paesi industrializzati si sono registrati casi di intossicazione dovuti a consumo di <strong>alimenti</strong><br />

contaminati.<br />

CONTAMINAZIONE ALIMENTARE DA PESTICIDI<br />

I • PESTICIDI<br />

La contaminazione di prodotti alimentari con pesticidi è di partico<strong>la</strong>re interesse a causa<br />

dell’alta tossicità di questi composti.<br />

Tra gli antiparassitari, i pesticidi organoclorurati a causa del<strong>la</strong> loro <strong>per</strong>sistenza nell’ambiente,<br />

del<strong>la</strong> suscettibilità al<strong>la</strong> bioaccumu<strong>la</strong>zione e <strong>per</strong> l’elevata tossicità sono stati vietati<br />

nei paesi industrializzati da anni; non va comunque dimenticato che, il DDT e altri organoclorurati<br />

vengono ancora utilizzati in diversi paesi in via di sviluppo, con il risultato che<br />

<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione <strong>umana</strong> è ancora esposta a queste sostanze soprattutto attraverso il <strong>la</strong>tte e i<br />

suoi derivati (Peshin, et al. 2002).<br />

Alcuni monitoraggi condotti in India hanno evidenziato che il DDT e l’HCN rappresentano<br />

i residui di antiparassitari trovati più frequentemente nei cibi e in alcuni casi l’assunzione<br />

alimentare di questi residui risulta essere 100 volte su<strong>per</strong>iore rispetto ai paesi industrializzati<br />

(Peshin, et al. 2002).<br />

Studi condotti in Tai<strong>la</strong>ndia e Ma<strong>la</strong>isia hanno evidenziato una contaminazione del<strong>la</strong> carne<br />

con insetticidi organoclorurati come DDT, aldrina e dieldrina, mentre valutazioni effettuate<br />

su diversi campioni di prodotti alimentari in Australia e in Nuova Ze<strong>la</strong>nda hanno rive<strong>la</strong>to<br />

<strong>la</strong> presenza di pesticidi come clordano e altri organoclorurati. La preoccupazione maggiore<br />

riguarda i neonati e i bambini, in quanto più esposti al <strong>rischi</strong>o contaminazioni, <strong>per</strong>ché<br />

consumatori di <strong>la</strong>tte materno o commerciale. Inoltre non va dimenticato che <strong>la</strong> malnutrizione<br />

aumenta il <strong>rischi</strong>o di tossicità. Infatti, studi condotti in India, hanno rilevato che<br />

l’apporto giornaliero di DDT nei bambini indiani risulta essere fino a 100 volte su<strong>per</strong>iore<br />

rispetto all’ADI proposta da FAO/WHO (Peshin, et al. 2002).<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 33


I • PESTICIDI<br />

Va comunque sottolineato che i <strong>rischi</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> associati all’esposizione a diversi<br />

pesticidi non sono confinati nei paesi in via di sviluppo, ma si estendono anche ai paesi<br />

industrializzati ( Mansour, 2004). Infatti, anche <strong>negli</strong> stati dove l’utilizzo di tali sostanze<br />

non è più consentito, diversi studi hanno evidenziato <strong>la</strong> presenza di residui di tali organoclorurati<br />

nelle derrate alimentari.Ad esempio, a Hong Kong l’uso di organoclorurati è<br />

stato vietato da 15 anni, ma numerosi controlli effettuati nel <strong>per</strong>iodo compreso tra 1993<br />

e il 1995, hanno evidenziato <strong>la</strong> presenza di residui di DDT e di HCH in campioni di <strong>la</strong>tte<br />

(Peshin, et al. 2002).<br />

Altri studi condotti <strong>negli</strong> ultimi dieci anni mostrano che, nonostante si registri una diminuzione<br />

generale del<strong>la</strong> contaminazione alimentare da organoclorurati, alcune situazioni<br />

rimangono al<strong>la</strong>rmanti. Ricordiamo a tale proposito una ricerca condotta nel 1997 su quattro<br />

delle più note catene di “fast food” statunitensi, che ha rive<strong>la</strong>to <strong>la</strong> presenza di metaboliti<br />

del DDT in tutti i campioni merceologici analizzati (Schecter & Li, 1997). Per quanto<br />

riguarda altri pesticidi, assume una certa rilevanza <strong>la</strong> contaminazione dovuta a composti<br />

organofosforici, come il ma<strong>la</strong>thion e il clorpirifos in paesi quali l’Inghilterra, gli Stati Uniti,<br />

il Canada e il Giappone, (Bhatnagar & Gupta, 1998; Om et al., 1998).<br />

Per meglio valutare l’esposizione alimentare del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione agli antiparassitari, i dati<br />

più attendibili si ottengono dagli studi di dieta totale.Tali studi si fondono su dati di concentrazione<br />

degli antiparassitari in differenti matrici alimentari che vengono incrociati con<br />

dati sui consumi di <strong>alimenti</strong>, producendo in tal modo stime attendibili degli apporti alimentari<br />

dei composti indagati. In una rassegna pubblicata recentemente, gli autori riportano<br />

le assunzioni alimentari di alcuni pesticidi in diversi paesi del mondo e anche in Italia<br />

(Turconi et al., 2003). Per quanto riguarda gli Stati Uniti, sono stati indagati oltre 100 antiparassitari.Tra<br />

questi gli apporti alimentari (mg/Kg peso corporeo/die) di alcuni pesticidi<br />

come DDT totale, dieldrina, eptacloroepossido, esaclorobenzene, rilevati <strong>per</strong> differenti<br />

c<strong>la</strong>ssi di età, mostrano un “trend” negativo, mentre <strong>per</strong> altri (carbaril, ma<strong>la</strong>thion e parathion)<br />

si osservano valori più o meno costanti. Comunque tutti i valori medi giornalieri si<br />

collocano ben al di sotto dei limiti accettabili. Gli <strong>alimenti</strong> che più contribuiscono all’apporto<br />

totale di dieldrina, eptacloroepossido e esaclorobenzene sono <strong>la</strong> carne e i prodotti<br />

caseari, mentre <strong>per</strong> l’apporto totale di ma<strong>la</strong>thion i prodotti caseari rappresentano <strong>la</strong> fonte<br />

principale (Turconi et al., 2003).<br />

Un confronto in Giappone dei dati di assunzione di alcuni pesticidi nei <strong>per</strong>iodi 1980-1984<br />

e 1992-1993, evidenzia una riduzione <strong>per</strong> DDT totale, dieldrina, esaclorocicloesano e ma<strong>la</strong>thion,<br />

insieme a un aumento delle ingestioni di lindano, dovuto soprattutto al consumo di<br />

salsicce di carni <strong>la</strong>vorate, prodotto <strong>per</strong> il quale dovrebbe essere previsto un controllo più<br />

severo.Tutti i valori riscontrati nei campioni analizzati si collocano, comunque, sempre al<br />

di sotto delle ADI (Turconi et al., 2003).<br />

Per quanto riguarda <strong>la</strong> Cina, <strong>la</strong> situazione è molto più al<strong>la</strong>rmante. Infatti, dati rive<strong>la</strong>ti <strong>negli</strong><br />

anni ’90 mostrano valori di assunzioni di lindano totale e di DDT totale di gran lunga su<strong>per</strong>iori<br />

a quelli giapponesi e di altre nazioni, nonostante il lindano e il DDT siano stati banditi<br />

in Cina fin dal 1983 (Turconi et al., 2003).<br />

34<br />

Per quanto riguarda l’assunzione alimentare di alcuni pesticidi in Italia, meritano partico<strong>la</strong>re<br />

attenzione i dati pubblicati da Camoni e col<strong>la</strong>boratori nel 1991 e nel 1993. I risultati<br />

riportati sui <strong>la</strong>vori si riferiscono all’assunzione giornaliera con <strong>la</strong> dieta di residui di antiparassitari<br />

in Italia nel <strong>per</strong>iodo 1986-1989.Tali studi mostrano che, almeno al<strong>la</strong> fine degli anni<br />

’80, i pesticidi ingeriti in maggiore quantità sono i ditiocarbammati, i cui valori restano<br />

costanti nel <strong>per</strong>iodo di campionamento e rappresentano il 9% delle ADI.Al contrario,si evidenzia<br />

una diminuzione di altri antiparassitari come il ma<strong>la</strong>thion e il lindano.Va comunque<br />

sottolineato che tutti i valori riscontrati si situano sempre al di sotto delle ADI (Camoni et<br />

al., 1991; Camoni et al., 1993).<br />

Complessivamente possiamo dire che dai dati riporati in letteratura, emerge un “trend” di<br />

assunzione negativo <strong>per</strong> alcuni pesticidi come DDT totale, dieldrina, eptacloroepossido,<br />

esaclorobenzene e un “trend” costante <strong>per</strong> ma<strong>la</strong>thion e parathion <strong>negli</strong> Sati Uniti.Valori di<br />

ingestione in calo si osservano in Giappone <strong>per</strong> quanto riguarda esaclorocicloesano, dieldrina<br />

e DDT, mentre in Italia si evidenzia un “trend” negativo <strong>per</strong> ma<strong>la</strong>thion e lindano e un<br />

livello costante <strong>per</strong> i ditiocarbammati<br />

IL LATTE MATERNO COME INDICATORE BIOLOGICO<br />

DI CONTAMINAZIONE AMBIENTALE E ALIMENTARE<br />

I • PESTICIDI<br />

Una delle conseguenze più <strong>per</strong>icolose dell’esposizione alimentare ad antiparassitari, ed in<br />

partico<strong>la</strong>re ad organoclorurati, è <strong>la</strong> capacità che queste sostanze hanno di accumu<strong>la</strong>rsi nei<br />

tessuti umani, soprattutto nel tessuto adiposo, costituendo un deposito a lento ri<strong>la</strong>scio. Nel<br />

momento in cui le riserve di grasso vengono mobilizzate (ad esempio a causa del<strong>la</strong> malnutrizione<br />

o di una gravidanza), gli organoclorurati passano nuovamente nel sangue provocando<br />

una intossicazione secondaria del soggetto. Nel caso di donne in gravidanza poi,<br />

gli organoclorurati, che sono sostanze lipofile, passano nel <strong>la</strong>tte materno e, da qui, ai neonati<br />

al<strong>la</strong>ttati al seno,i quali possono ingerire quantità di pesticidi anche 100 volte su<strong>per</strong>iori<br />

ai valori di riferimento internazionali (Franchi, 1991).<br />

Numerosi studi sono stati condotti a questo proposito in vari paesi del mondo. In una rassegna<br />

pubblicata recentemente viene valutata <strong>la</strong> contaminazione del <strong>la</strong>tte materno con<br />

pesticidi organoclorurati nel<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione cinese (Wong et al., 2005). Come già precedentemente<br />

accennato, paragonando i dati ottenuti in Cina con quelli riferiti ad altri 19<br />

paesi nel <strong>per</strong>iodo compreso tra il 1997 e il 2002, emerge che <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione cinese presenta<br />

concentrazioni di DDT nel <strong>la</strong>tte materno più elevate rispetto agli altri paesi analizzati,<br />

nonostante l’uso di questo antiparassitario sia stato vietato dal 1983. Questo è dovuto<br />

soprattutto al fatto che <strong>la</strong> Cina è stata <strong>negli</strong> anni passati il maggiore produttore e consumatore<br />

di DDT, ma anche <strong>per</strong>ché tuttora questo pesticida viene impiegato contro i vettori<br />

di ma<strong>la</strong>ttie endemiche. Di conseguenza, gli elevati indici di contaminazione alimentare,<br />

insieme ad alti livelli di “background” in differenti compartimenti ecologici, aumentano<br />

notevolmente l’assunzione e conseguentemente <strong>la</strong> concentrazione di DDT nel <strong>la</strong>tte mater-<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 35


I • PESTICIDI<br />

no. Come già riportato precedentemente, il DDT viene tuttora utilizzato anche in diversi<br />

paesi del terzo mondo e questo studio evidenzia che in paesi africani, come lo Zimbabwe,<br />

o in zone dell’America <strong>la</strong>tina,come in Messico,oppure in paesi asiatici come l’India,il livello<br />

di contaminazione del <strong>la</strong>tte materno è partico<strong>la</strong>rmente al<strong>la</strong>rmante in quanto le concentrazioni<br />

evidenziate sono quasi sempre risultate su<strong>per</strong>iori ai valori di sicurezza proposti<br />

dalle organizzazioni internazionali.Al contrario, <strong>negli</strong> Stati Uniti e in paesi europei come <strong>la</strong><br />

Polonia e <strong>la</strong> Svezia, dove il DDT è stato vietato rispettivamente nel 1970 e nel 1971, <strong>la</strong> concentrazione<br />

di questo pesticida nel <strong>la</strong>tte materno risulta essere <strong>la</strong> più bassa rispetto agli<br />

altri paesi analizzati (Wong et al., 2005). In un recente <strong>la</strong>voro (Sudaryanto et al., 2006)<br />

viene monitorata <strong>la</strong> presenza di alcuni pesticidi organoclorurati nel <strong>la</strong>tte materno di donne<br />

indonesiane. I dati riportati evidenziano una grande variabilità individuale in re<strong>la</strong>zione<br />

anche al<strong>la</strong> zona di campionamento.Ad esempio, i valori di DDT risultano più elevati nel<br />

<strong>la</strong>tte di donne che vivono nelle aree rurali rispetto a quelle che abitano nelle località urbane.<br />

Inoltre è stata osservata una corre<strong>la</strong>zione positiva tra le concentrazioni di organoclorurati<br />

nel <strong>la</strong>tte con l’età del<strong>la</strong> madre. Infatti le primipare presentano una concentrazione<br />

più alta rispetto alle pluripare. Queste osservazioni suggeriscono che tali parametri giocano<br />

un ruolo importante nell’influenzare il carico di pesticidi nel <strong>la</strong>tte materno.<br />

Non va dimenticato che nel <strong>la</strong>tte materno possono essere ritrovati pesticidi che non vengono<br />

utilizzati in quel<strong>la</strong> zona, come il caso di uno studio condotto in Fin<strong>la</strong>ndia che ha evidenziato<br />

<strong>la</strong> presenza di residui di clordano in diversi campioni di <strong>la</strong>tte materno, nonostante<br />

questa sostanza non venisse utilizzata. L’esposizione materna a questo pesticida è stato<br />

attribuito al consumo di pesce contaminato proveniente dal mar Baltico (Wickstrom et al:,<br />

1983).Altre ricerche riportano <strong>la</strong> presenza di residui multipli nei campioni analizzati.Ad<br />

esempio, un <strong>la</strong>voro pubblicato recentemente riporta <strong>la</strong> presenza di diversi antiparassitari<br />

come aldrina, lindano, dieldrina, e DDT in campioni di <strong>la</strong>tte materno prelevati da donne<br />

nel sud del<strong>la</strong> Spagna (Campoy, 2001).Negli ultimi dieci anni, altri studi condotti sul<strong>la</strong> contaminazione<br />

del <strong>la</strong>tte materno sono stati condotti in Europa, soprattutto in quei paesi<br />

(Turchia, Croazia,…) che solo recentemente si stanno avviando verso una moderna industrializzazione.<br />

In Turchia, ad esempio, i pesticidi organoclorurati sono stati utilizzati a partire dal 1945,<br />

ma il loro impiego è stato massiccio tra gli anni 60 e 70.A partire dal 1983, l’uso di questi<br />

antiparassitari è stato fortemente ristretto (Cok et al., 1997). Da campioni di <strong>la</strong>tte<br />

umano raccolti tra il 1995 e il 1996 in due province turche, è emerso che i valori più elevati<br />

erano re<strong>la</strong>tivi al<strong>la</strong> presenza di eptacloroepossido (un metabolita dell’eptacloro), e<br />

DDT. I valori di questi pesticidi rilevati nel <strong>la</strong>tte sono risultati molto variabili ma in alcuni<br />

casi eccedevano l’ADI.<br />

Molti studi epidemiologici (ad esempio, Krauthaker et al., 1998), suggeriscono che un’esposizione<br />

fetale o postnatale di neonati a composti organoclorurati,può portare una serie<br />

di conseguenze patologiche come il ritardo nel<strong>la</strong> crescita (peso, altezza, circonferenza<br />

del<strong>la</strong> testa); patologie dermatologiche ed effetti sul<strong>la</strong> crescita dei denti e delle unghie.<br />

Uno studio croato condotto su neonati ospedalizzati nutriti con <strong>la</strong>tte materno contamina-<br />

36<br />

to da organoclorurati, ha evidenziato, in questi bambini, <strong>la</strong> presenza di disfunzioni neurologiche<br />

(convulsioni febbrili,irritabilità,ipotonicità e iporiflessia),(Krauthaker et al.,1998)<br />

Al contrario uno studio condotto recentemente in Australia, non ha evidenziato nessun<br />

effetto negativo del DDT contenuto nel <strong>la</strong>tte materno sullo sviluppo dei neonati al<strong>la</strong>ttati al<br />

seno (Khanjam, 2005).<br />

LA SITUAZIONE ITALIANA<br />

I • PESTICIDI<br />

In Italia, il Ministero del<strong>la</strong> Salute coordina e definisce i programmi di controllo ufficiale sui<br />

prodotti alimentari, comprendenti anche i piani annuali in materia di residui di pesticidi.<br />

Questi piani annuali di controllo, definiti con D.M. del 1992, rappresentano parte integrante<br />

di un programma coordinato di controllo ufficiale previsto dall’Unione Europea su<br />

<strong>alimenti</strong> di produzione interna e di importazione volto a conoscere <strong>la</strong> presenza di residui<br />

e a verificare <strong>la</strong> sicurezza degli <strong>alimenti</strong>.<br />

Le analisi vengono effettuate da <strong>la</strong>boratori pubblici (Presidi Multizonali di Prevenzione,<br />

Istituti Zooprolfi<strong>la</strong>ttici S<strong>per</strong>imentali e Agenzie Regionali Protezione dell’Ambiente) con il<br />

supporto tecnico-scientifico dell’Istituto Su<strong>per</strong>iore di Sanità.<br />

Recentemente il Ministero del<strong>la</strong> Salute ha reso pubblici i risultati ottenuti nel 2003 re<strong>la</strong>tivi<br />

ai residui di antiparassitari presenti nei prodotti ortofrutticoli.<br />

Oltre a questa indagine sugli ortofrutticoli, è stato condotto anche un monitoraggio dei<br />

residui di pesticidi sui cereali e su alcuni prodotti trasformati, come l’olio di oliva, l’olio di<br />

semi e il vino, costituenti importanti del<strong>la</strong> dieta italiana.A tale proposito, ricordiamo che il<br />

problema dei residui di pesticidi e dei loro metaboliti è partico<strong>la</strong>rmente importante <strong>per</strong><br />

l’olio di oliva, in quanto quest’ultimo non è sottoposto a processi di raffinazione. In Italia,<br />

il <strong>rischi</strong>o <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> corre<strong>la</strong>to ai residui di antiparassitari nell’olio d’oliva è da prendere<br />

in grande considerazione a causa del suo <strong>la</strong>rgo consumo. Oltretutto, l’eventuale presenza<br />

di pesticidi nell’acqua di scarto derivante dal<strong>la</strong> produzione dell’olio, potrebbe rappresentare<br />

un <strong>rischi</strong>o <strong>per</strong> l’ambiente e, secondariamente, anche <strong>per</strong> l’uomo.<br />

TABELLA 4 RISULTATI DEL CONTROLLO UFFICIALE SUGLI ORTOFRUTTICOLI<br />

RIEPILOGO RISULTATI ANALITICI<br />

Campioni rego<strong>la</strong>ri<br />

Totale<br />

Campioni con % campioni con<br />

campioni<br />

Con residui residui su<strong>per</strong>iori residui su<strong>per</strong>iori<br />

Priva di residui<br />

inferiori al limite di legge al limite di legge<br />

rilevabili<br />

al limite di legge<br />

Frutta 3.332 1.766 1.503 63 1,9<br />

Ortaggi 3.450 2.838 553 59 1,7<br />

TOTALE 6.782 4.604 2.056 122 1,8<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 37


I • PESTICIDI<br />

In tabel<strong>la</strong> 4 è riportato il riepilogo generale dei risultati ottenuti dall’analisi dei prodotti<br />

ortofrutticoli. Come mostrato in tabel<strong>la</strong>, i dati sui residui di antiparassitari mostrano<br />

che il numero di campioni di ortofrutticoli irrego<strong>la</strong>ri, ossia contenenti residui di pesticidi<br />

su<strong>per</strong>iori ai livelli massimi consentiti dal<strong>la</strong> legge, è risultato pari a 122 su un totale<br />

di 6.782 campioni analizzati (63 di frutta e 59 di ortaggi) con una <strong>per</strong>centuale di irrego<strong>la</strong>rità<br />

pari 1,8%. In partico<strong>la</strong>re, i campioni di frutta irrego<strong>la</strong>ri sono stati 63 su 3.332<br />

(1,9%) e quelli degli ortaggi 59 su 3.450 (1,7%), con una <strong>per</strong>centuale di irrego<strong>la</strong>rità su<strong>per</strong>iore<br />

nel<strong>la</strong> frutta.<br />

Confrontando i dati re<strong>la</strong>tivi al 2003 con quelli degli anni precedenti, risulta evidente come<br />

<strong>la</strong> <strong>per</strong>centuale di irrego<strong>la</strong>rità <strong>negli</strong> ortofrutticoli abbia subito un progressivo decremento<br />

passando dal 5.6% del 1993 (primo anno di attuazione del programma) al 1,8% del 2003<br />

(figura 2).Tale risultato positivo è attribuibile in parte alle attività delle strutture centrali e<br />

territoriali ormai <strong>per</strong>manentemente impegnate nei programmi di controllo dell’impiego di<br />

antiparassitari in Italia, in parte al<strong>la</strong> costante revisione in senso restrittivo o<strong>per</strong>ata dal<br />

Ministero del<strong>la</strong> Salute su alcuni impieghi ammessi, nonché a una sempre maggiore consapevolezza<br />

degli o<strong>per</strong>atori agricoli nell’impiego dei fitofarmaci.<br />

Re<strong>la</strong>tivamente al livello di esposizione del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione italiana con <strong>la</strong> dieta, i dati ottenuti<br />

indicano che i residui dei singoli pesticidi ingeriti ogni giorno dal consumatore rappresentano<br />

una <strong>per</strong>centuale molto modesta dei valori delle dosi giornaliere accettabili<br />

delle singole sostanze attive e molto inferiori al livello di guardia preso come riferimento<br />

<strong>per</strong> assicurare <strong>la</strong> qualità igienico-sanitaria degli <strong>alimenti</strong>.<br />

38<br />

FIGURA 2<br />

% 8<br />

7<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

5,6<br />

PERCENTUALE DI IRREGOLARITÀ NEI PRODOTTI ORTOFRUTTICOLI<br />

ANNI 1993-2003<br />

4,8<br />

2,3<br />

2,1<br />

1,7<br />

1,3 1,3<br />

2,0<br />

1,3<br />

1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2001 2003<br />

1,5<br />

1,8<br />

Per quanto riguarda i risultati nazionali su cereali, oli e vino su 906 campioni analizzati, 4<br />

sono risultati non rego<strong>la</strong>mentari con una <strong>per</strong>centuale pari allo 0,4%. I campioni privi di<br />

residuo sono stati il 80,1%, mentre quelli contenenti residui al di sotto dei limiti previsti<br />

dal<strong>la</strong> legge rappresentano il 19,5% dei campioni analizzati (tab.5).<br />

Complessivamente i risultati dei controlli ufficiali italiani sono in linea con quelli rilevati<br />

<strong>negli</strong> altri Paesi dell’Unione Europea.<br />

Il rapporto del 2002 re<strong>la</strong>tivo al monitoraggio di residui di pesticidi in prodotti di origine vegetale<br />

(frutta, ortaggi e cereali) nell’UE, indica che su un totale di 46.000 campioni analizzati:<br />

- 58% non contiene residui di antiparassitari;<br />

- 37% presenta valori al disotto dei limiti consentiti;<br />

- 5,2% risulta irrego<strong>la</strong>re.<br />

Il risultato varia sensibilmente da paese a paese anche in conseguenza di campionamenti<br />

più o meno casuali o mirati, delle capacità analitiche dei <strong>la</strong>boratori, delle differenze tra i<br />

limiti massimi in vigore non ancora armonizzati.<br />

Va sottolineato, inoltre, che il Ministero del<strong>la</strong> Salute ha potenziato <strong>negli</strong> ultimi anni il controllo<br />

sui residui di pesticidi <strong>negli</strong> <strong>alimenti</strong> e si prefigge di sviluppare ulteriormente l’attuazione<br />

del Piano Nazionale <strong>Residui</strong> <strong>negli</strong> Alimenti (P.N.R.A.) Uno degli obiettivi principali<br />

<strong>per</strong> i prossimi anni è rappresentato dal<strong>la</strong> valutazione dell’esposizione ai pesticidi del<br />

consumatore, riservando partico<strong>la</strong>re attenzione alle fasce più sensibili del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione<br />

quali i bambini, agli effetti cronici ed acuti degli antiparassitari, e studio degli effetti di possibili<br />

sinergismi di azione di più sostanze attive.<br />

CONCLUSIONI<br />

I • PESTICIDI<br />

TABELLA 5 RISULTATI DEL CONTROLLO UFFICIALE SU CEREALI, OLIO E VINO - ANNO 2003<br />

RIEPILOGO RISULTATI ANALITICI<br />

Campioni rego<strong>la</strong>ri<br />

Totale<br />

Campioni con % campioni con<br />

campioni Con residui residui su<strong>per</strong>iori residui su<strong>per</strong>iori<br />

Priva di residui<br />

inferiori al limite di legge al limite di legge<br />

rilevabili<br />

al limite di legge<br />

Cerali 390 353 37 0 0,0<br />

Olio 149 143 3 3 2,0<br />

Vino 367 230 136 1 0,3<br />

TOTALE 906 726 176 4 0,4<br />

Più di 20.000 pesticidi con circa 900 sostanze attive sono comunemente impiegate nel<br />

mondo <strong>per</strong> un consumo totale annuale pari ad oltre 2 milioni di tonnel<strong>la</strong>te (Weiss,et al.,2004).<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 39


I • PESTICIDI<br />

Pertanto, risulta necessario valutare l’impatto di questi composti sull’ambiente e sull’essere<br />

umano. La contaminazione ambientale e alimentare dovuta ai residui di pesticidi è di<br />

grande interesse, dal momento che gli effetti di un’esposizione a lungo termine a basse<br />

dosi, sono ancora in gran parte sconosciuti. Uno studio condotto alcuni anni fa su varie<br />

matrici alimentari ha mostrato che le comuni o<strong>per</strong>azioni domestiche (<strong>la</strong>vaggio, cottura<br />

ecc.), condotte sugli <strong>alimenti</strong>, possono eliminare dal 65 al 95% dei residui di pesticidi<br />

(organofosforici) (Ramesh & Ba<strong>la</strong>subramanian, 1999). Questo risultato, in ogni caso, non<br />

garantisce <strong>la</strong> sicurezza dei prodotti alimentari, soprattutto in quei paesi dove le condizioni<br />

socioeconomiche degli abitanti non consentono il rispetto delle benché minime norme<br />

igieniche.<br />

Ogni attività a livello preventivo è dipendente essenzialmente dalle profonde differenze<br />

esistenti a livello socio-economico, demografico e culturale tra le varie nazioni. In ogni<br />

caso, l’obiettivo finale comune deve essere <strong>la</strong> riduzione drastica del<strong>la</strong> contaminazione dell’aria,<br />

dell’acqua, del suolo, del cibo, come pure <strong>la</strong> prevenzione degli effetti tossici, acuti e<br />

cronici, <strong>per</strong> coloro che producono pesticidi, <strong>per</strong> i consumatori dei prodotti alimentari e<br />

<strong>per</strong> <strong>la</strong> comunità mondiale nel<strong>la</strong> sua globalità.<br />

A tale proposito, è importante sottolineare che <strong>la</strong> valutazione dei residui di pesticidi <strong>negli</strong><br />

<strong>alimenti</strong> tiene poco in considerazione alcuni fattori molto importanti quali <strong>la</strong> presenza di<br />

più principi attivi contemporaneamente (multiresiduo). Inoltre un segnale positivo in questo<br />

senso è giunto con l’entrata in vigore del Rego<strong>la</strong>mento 396/2005 del Par<strong>la</strong>mento<br />

Europeo, <strong>per</strong> il quale si dovrebbe finalmente rendere conto del<strong>la</strong> presenza di più pesticidi<br />

nello stesso prodotto <strong>per</strong> gli effetti tossici indotti dai pesticidi valutati solo su organismi<br />

“tipo”, ossia esclusivamente su maschi adulti. Inoltre, le procedure <strong>per</strong> <strong>la</strong> valutazione del<br />

<strong>rischi</strong>o sul<strong>la</strong> <strong>salute</strong> andrebbero valutate su un modello finora non considerato, ossia sull’organismo<br />

di un bambino nel<strong>la</strong> fascia di età più sensibile, tra zero anni al<strong>la</strong> pubertà. E’<br />

infatti molto importante concentrare l’attenzione sull’esposizione ai pesticidi nell’alimentazione<br />

infantile, dal momento che i bambini sono a maggior <strong>rischi</strong>o degli adulti, innanzitutto<br />

<strong>per</strong>chè rispetto al<strong>la</strong> massa corporea mangiano più di un adulto e in secondo luogo<br />

<strong>per</strong>ché consumano <strong>alimenti</strong> a più elevato <strong>rischi</strong>o di contaminazione, come succhi di frutta,<br />

frutta fresca e ortaggi.<br />

40<br />

PARTE II I RESIDUI DELLE SOSTANZE UTILIZZATE IN ZOOTECNIA


CAPITOLO II FARMACI ANTIMICROBICI


INTRODUZIONE<br />

II• FARMACI ANTIMICROBICI<br />

Gli allevamenti intensivi costituiscono oggi <strong>la</strong> fonte primaria di approvvigionamento di prodotti<br />

di origine animale. Accanto agli indubbi vantaggi economici legati essenzialmente<br />

all’incremento del<strong>la</strong> produttività, <strong>la</strong> massiccia concentrazione degli animali in ambienti<br />

ristretti, può indurre maggiori <strong>rischi</strong> di ordine sanitario.<br />

L’elevata densità di bestiame <strong>per</strong> unità di su<strong>per</strong>ficie, infatti, può accentuare alcuni dei problemi<br />

sanitari che sono propri degli allevamenti tradizionali ed in partico<strong>la</strong>re <strong>la</strong> diffusione<br />

delle ma<strong>la</strong>ttie infettive che, oltre a compromettere lo stato di <strong>salute</strong> degli animali e <strong>la</strong> loro<br />

produttività, possono anche alterare <strong>la</strong> qualità igienico-sanitaria delle produzioni (Macrì e<br />

Mantovani, 1989; Macrì, 1991;Wegener, 2003).<br />

Per <strong>la</strong> profi<strong>la</strong>ssi delle diverse patologie infettive <strong>la</strong> disponibilità di vaccini è limitata a poche<br />

ma<strong>la</strong>ttie e prevalentemente a quelle virali; restano, <strong>per</strong>tanto, senza difese vaccinali molte<br />

ma<strong>la</strong>ttie batteriche e <strong>la</strong> totalità delle ma<strong>la</strong>ttie parassitarie.<br />

I <strong>per</strong>icoli maggiori <strong>per</strong> gli allevamenti intensivi derivano dalle ma<strong>la</strong>ttie infettive dell’apparato<br />

respiratorio e dell’apparato digerente.Si tratta di ma<strong>la</strong>ttie sostenute da batteri e/o parassiti<br />

che hanno un elevato tasso di diffusibilità e che,al momento del<strong>la</strong> loro comparsa in qualche<br />

soggetto, necessitano di un’azione tempestiva con interventi terapeutici massicci su<br />

tutti gli animali presenti in allevamento, cioè di una terapia alimentare di massa mediante<br />

integratori medicati, <strong>per</strong> <strong>per</strong>iodi di tempo piuttosto brevi e dell’ordine di una settimana.<br />

Gli antibiotici sono tra i farmaci più <strong>la</strong>rgamente usati nel<strong>la</strong> terapia di massa. La terapia viene<br />

effettuata mesco<strong>la</strong>ndo i farmaci ai mangimi o all’acqua di bevanda, in modo da garantirne<br />

<strong>la</strong> distribuzione uniforme a tutti i soggetti allevati, <strong>per</strong> cui l’alimentazione diviene il veicolo<br />

fondamentale <strong>per</strong> interventi farmacologici di massa (metafi<strong>la</strong>ssi) mirati a trattare gli animali<br />

ma<strong>la</strong>ti e, contemporaneamente, a prevenire <strong>la</strong> diffusione del<strong>la</strong> ma<strong>la</strong>ttia nell’allevamento<br />

(McEwen and Fedorka-Cray, 2002).Trattamenti antimicrobici a scopo profi<strong>la</strong>ttico vengono<br />

inoltre tipicamente impiegati durante <strong>per</strong>iodi ad alto <strong>rischi</strong>o <strong>per</strong> le patologie infettive, ad<br />

esempio dopo lo svezzamento (Wegener, 2003; McEwen and Fedorka-Cray, 2002).<br />

D’altra parte, l’impiego dei farmaci antimicrobici non è limitato esclusivamente a fini terapeutici.<br />

Infatti, <strong>per</strong> quanto non sia stato ancora del tutto chiarito il reale meccanismo d’azione,<br />

farmaci antimicrobici sono stati utilizzati estensivamente a scopo auxinico di promozione<br />

del<strong>la</strong> crescita e di miglioramento dell’indice di conversione (Wegener, 2003;<br />

McEwen and Fedorka-Cray, 2002).<br />

FARMACI ANTIMICROBICI: CARATTERISTICHE GENERALI<br />

Il termine chemioterapia fu introdotto nel<strong>la</strong> letteratura scientifica, sul finire del XIX secolo,<br />

dal chimico tedesco Paul Ehrlich <strong>per</strong> indicare l’impiego a scopo terapeutico di prodotti<br />

chimici che agiscono selettivamente a livello del microrganismo invasore, senza danneggiare<br />

i tessuti dell’ospite. Lo scienziato tedesco, avendo constatato l’esistenza di legami<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 45


II• FARMACI ANTIMICROBICI<br />

specifici tra gli anticorpi e gli antigeni, ritenne che anche i farmaci interagissero con i tessuti<br />

tramite legami chimici specifici e formulò l’ipotesi che gli agenti antimicrobici, così<br />

come gli antigeni, possiedono due gruppi reattivi: uno che interviene nel<strong>la</strong> fissazione o trasporto<br />

al tessuto, ed uno che causa le alterazioni lesive a carico del microrganismo.<br />

Si deve <strong>per</strong>ò allo studio di Sir Alexander Fleming, nel 1929, <strong>la</strong> geniale sco<strong>per</strong>ta che un<br />

ceppo di una muffa, il Penicillium, produceva una sostanza in grado di inibire <strong>la</strong> crescita<br />

del batterio Staphylococcus aureus. Egli battezzò il principio attivo responsabile di tale<br />

attività con il nome di penicillina.La penicillina,purificata nel 1940 da Florey,Chaise e altri<br />

ricercatori, e utilizzata con risultati sorprendenti durante <strong>la</strong> Seconda Guerra Mondiale, fu<br />

il primo antibiotico di origine naturale sco<strong>per</strong>to e trova ancora oggi un uso terapeutico<br />

importante (Di Modugno et al., 2004).<br />

Fonti: gli antibiotici sono sostanze prodotte da varie specie di microrganismi (batteri, funghi,<br />

actinomiceti) che sopprimono <strong>la</strong> crescita o uccidono microrganismi appartenenti ad<br />

altre specie (Goodman and Gilmann, 1997). Nell’uso comune il termine antibiotici include<br />

anche i farmaci antibatterici di sintesi o chemioterapici, quali i sulfamidici e i chinoloni<br />

(Goodman and Gilmann, 1997). Gli antibiotici prodotti da alcuni microrganismi e successivamente<br />

modificati in <strong>la</strong>boratorio tramite l’aggiunta di gruppi chimici al nucleo originale<br />

del<strong>la</strong> moleco<strong>la</strong> sono detti invece farmaci semisintetici.<br />

Tossicità selettiva: <strong>la</strong> definizione di chemioterapia nel<strong>la</strong> formu<strong>la</strong>zione di Erlich implica<br />

che l’agente chimico svolga un’azione tossica selettiva nei confronti del microrganismo.<br />

Ciò non è sempre vero, poiché <strong>la</strong> maggior parte dei farmaci manifesta effetti tossici, pur se<br />

limitati, anche a carico dell’organismo ospite (Boyd, 1992). In linea generale, comunque, i<br />

chemioterapici antimicrobici sono caratterizzati da un alto indice terapeutico (rapporto<br />

tra dose del farmaco che risulta letale nel 50% dei soggetti trattati e dose che risulta efficace<br />

nel 50% dei soggetti trattati), il che sta ad indicare che <strong>la</strong> massima dose tollerabile<br />

offre un buon margine di sicurezza rispetto al<strong>la</strong> dose necessaria <strong>per</strong> indurre una risposta<br />

farmacologica positiva (Di Modugno et al., 2004). Questa peculiarità, che rende conto dell’azione<br />

selettiva di questi farmaci, è spiegabile sul<strong>la</strong> base delle profonde differenze esistenti<br />

tra microrganismi ed eucarioti su<strong>per</strong>iori.Ad esempio, i sulfamidici e il trimetropin,<br />

antibiotici che interferiscono con <strong>la</strong> sintesi dell’acido folico da parte dei microrganismi,<br />

agiscono selettivamente sulle cellule batteriche in quanto l’enzima bersaglio dei sulfamidici<br />

(deidropteroato reduttasi) non è presente nelle cellule eucariotiche, mentre l’enzima<br />

deidrofo<strong>la</strong>to reduttasi, bersaglio del trimetropin, è sufficientemente diverso da quello dei<br />

procarioti (Di Modugno et al., 2004).<br />

Spettro di attività: gli agenti chemioterapici non agiscono su tutte le specie microbiche<br />

con <strong>la</strong> stessa intensità. Il loro diverso grado di azione viene definito spettro di attività. Un<br />

agente chemioterapico a <strong>la</strong>rgo spettro è solitamente attivo sia su batteri gram-positivi che<br />

su quelli gram-negativi, mentre uno a spettro ristretto agisce soltanto su una singo<strong>la</strong> specie<br />

o su un ridotto numero di batteri gram-positivi o gram-negativi.<br />

Il tipo di azione espletata da un agente antimicrobico viene indicato precisando quale sia<br />

il microrganismo suscettibile e aggiungendo il suffisso -cida o –statico. I farmaci antibat-<br />

46<br />

terici, ad esempio, si distinguono in batteriostatici o battericidi a seconda che siano in<br />

grado di bloccare <strong>la</strong> duplicazione batterica o di provocare <strong>la</strong> morte del microrganismo (Di<br />

Modugno et al., 2004).Tuttavia <strong>la</strong> differenza tra i due termini è in qualche modo arbitraria<br />

in quanto, in molti casi, questa proprietà dipende dal<strong>la</strong> fase di crescita batterica, dal<strong>la</strong> specie<br />

batterica su cui <strong>la</strong> moleco<strong>la</strong> agisce e dal<strong>la</strong> concentrazione dell’antibiotico.<br />

Tossicità: sebbene l’affinità del<strong>la</strong> maggior parte degli antibiotici <strong>per</strong> i componenti microbici<br />

sia di gran lunga su<strong>per</strong>iore a quel<strong>la</strong> delle strutture cellu<strong>la</strong>ri dell’ospite, molti degli<br />

agenti chemioterapici in uso nel<strong>la</strong> pratica medica manifestano un certo grado di tossicità<br />

<strong>per</strong> i tessuti dell’ospite.<br />

La tossicità, quando si manifesta, può essere di tipo diretto o indiretto. Gli effetti tossici<br />

diretti possono essere rappresentati da lesioni o alterazioni a carico di organi o tessuti<br />

suscettibili, quali il rene, il fegato, gli elementi figurati del sangue o il sistema nervoso. Uno<br />

dei più comuni effetti tossici indiretti è invece l’induzione di una risposta allergica nell’ospite<br />

con conseguente attivazione degli effettori del sistema immunitario e distruzione dei<br />

tessuti.Ad esempio, le reazioni di i<strong>per</strong>sensibilità rappresentano l’effetto col<strong>la</strong>terale di gran<br />

lunga più comune associato all’utilizzo delle penicilline (Goodman and Gilmann, 1997).<br />

CLASSIFICAZIONE DEI FARMACI ANTIMICROBICI<br />

E LORO MECCANISMO D’AZIONE<br />

II• FARMACI ANTIMICROBICI<br />

Tra i numerosi metodi <strong>per</strong> c<strong>la</strong>ssificare e raggruppare gli agenti antimicrobici, <strong>la</strong> c<strong>la</strong>ssificazione<br />

più comune è quel<strong>la</strong> basata sul<strong>la</strong> struttura chimica e sul meccanismo d’azione (Di<br />

Modugno et al., 2004). In base a tali criteri, possiamo distinguere:<br />

(a) inibitori del<strong>la</strong> sintesi del<strong>la</strong> parete cellu<strong>la</strong>re:<br />

le sostanze più note appartenenti a questo gruppo di antimicrobici sono i β-<strong>la</strong>ttamici<br />

(penicilline, cefalosporine e mono<strong>la</strong>ttami), che costituiscono <strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse più numerosa di<br />

antibiotici e sono caratterizzati dal<strong>la</strong> presenza nel<strong>la</strong> loro moleco<strong>la</strong> di un anello tetratomico<br />

azetidinonico (nucleo β-<strong>la</strong>ttamico) (Di Modugno et al., 2004). Gli antimicrobici<br />

appartenenti a questa c<strong>la</strong>sse inibiscono <strong>la</strong> sintesi del<strong>la</strong> parete cellu<strong>la</strong>re batterica o fungina<br />

tramite diversi meccanismi, determinando <strong>la</strong> lisi del microrganismo.<br />

(b) inibitori delle funzioni del<strong>la</strong> membrana citop<strong>la</strong>smatica:<br />

i farmaci che agiscono a livello del<strong>la</strong> membrana cellu<strong>la</strong>re alterano <strong>la</strong> <strong>per</strong>meabilità del<strong>la</strong><br />

cellu<strong>la</strong> microbica, causando <strong>la</strong> fuoriuscita dei componenti citop<strong>la</strong>smatici.<br />

Appartengono a questa c<strong>la</strong>sse diversi farmaci antibatterici (es. polimixine) e alcuni farmaci<br />

antifungini (es. azoli, imidazoli e triazoli), che agiscono interferendo con <strong>la</strong> sintesi<br />

dell’ergosterolo, principale costituente del<strong>la</strong> membrana fungina.<br />

(c) inibitori del<strong>la</strong> sintesi proteica:<br />

molti degli antibiotici attualmente impiegati in campo medico e veterinario inibiscono<br />

<strong>la</strong> traduzione nei batteri legandosi a componenti specifici del ribosoma. Molti dei chemioterapici<br />

di questa c<strong>la</strong>sse appartengono al gruppo degli aminoglucosidi (streptomi-<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 47


II• FARMACI ANTIMICROBICI<br />

cina, neomicina, kanamicina, gentamicina, etc.), farmaci battericidi che inibiscono<br />

<strong>la</strong> sintesi proteica legandosi alle subunità 30S e 50S del ribosoma (Goodman and<br />

Gilmann, 1997; Di Modugno et al., 2004).<br />

(d) inibitori del<strong>la</strong> duplicazione e trascrizione del DNA:<br />

agiscono tramite questo meccanismo diversi farmaci antibatterici (es. rifampicina, chinoloni),<br />

antifungini (es. 5-flucitosina) e antivirali (es. aciclovir). Tali antimicrobici agiscono<br />

interferendo con l’attività di diversi enzimi microbici (es. DNA girasi, DNA topoisomerasi)<br />

cruciali nei meccanismi di duplicazione e trascrizione dell’informazione<br />

genetica (Di Modugno et al., 2004).<br />

(e) Antimetaboliti:<br />

gli antimetaboliti comprendono una serie diversificata di composti, che hanno una<br />

struttura simile a metaboliti coinvolti in funzioni essenziali <strong>per</strong> i microrganismi, quali <strong>la</strong><br />

sintesi degli acidi nucleici (Goodman and Gilmann, 1997). A questa c<strong>la</strong>sse appartengono<br />

i sulfamidici e il trimetropin che inibiscono <strong>la</strong> crescita batterica, interferendo con <strong>la</strong><br />

sintesi dell’acido folico (Di Modugno et al., 2004).<br />

L’uso preferenziale dei sulfamidici in zootecnia rispetto agli altri antimicrobici è dovuto a<br />

diversi motivi:<br />

1) Ampio spettro d’azione:sono attivi,infatti,non solo nei confronti del batteri gram- positivi<br />

e gram-negativi, ma anche verso protozoi (coccidi, toxop<strong>la</strong>smi), contro i quali sono<br />

inefficaci gran parte degli antibiotici; <strong>per</strong>tanto sono molto utili nelle forme morbose polifattoriali<br />

che caratterizzano gli allevamenti intensivi.<br />

2) Attività batteriostatica: è questo un elemento da non trascurare soprattutto in infezioni<br />

molto gravi e di tipo setticemico da enterobatteri; in questi casi, infatti, <strong>la</strong> somministrazione<br />

di chemioterapici ad azione litica sui batteri induce una rapida liberazione di endotossine,<br />

con ulteriore aggravamento del quadro clinico e, non raramente, morte <strong>per</strong> shock<br />

endotossico (Bal<strong>la</strong>rini, 1980).<br />

3) Basso costo: fattore partico<strong>la</strong>rmente importante allorché <strong>la</strong> somministrazione del farmaco<br />

è indirizzata ad un numero cospicuo di animali (Merck, 1990; Beretta, 1992).<br />

4) Anche <strong>la</strong> stabilità nel tempo e alle alte tem<strong>per</strong>ature rendono i sulfamidici partico<strong>la</strong>rmente<br />

adatti al<strong>la</strong> terapia di massa; infatti queste sostanze rimangono attive anche se <strong>la</strong>sciate<br />

<strong>per</strong> lungo tempo misce<strong>la</strong>te nei mangimi (al contrario di molti antibiotici che sono re<strong>la</strong>tivamente<br />

instabili), oppure se sono sottoposte al<strong>la</strong> misce<strong>la</strong>zione e al<strong>la</strong> bollitura con gli<br />

avanzi di cibo utilizzati come mangime (Hoji, 1980).<br />

RESISTENZA AI FARMACI ANTIMICROBICI<br />

La resistenza ai farmaci antimicrobici rappresenta <strong>la</strong> capacità dei microrganismi di alcune<br />

specie di sopravvivere, o anche moltiplicarsi, in presenza di concentrazioni di farmaco di<br />

rego<strong>la</strong> sufficienti <strong>per</strong> inibire o uccidere microrganismi del<strong>la</strong> stessa specie.<br />

48<br />

II• FARMACI ANTIMICROBICI<br />

La farmacoresistenza può essere legata all’insorgenza di mutazioni e trasmessa verticalmente<br />

alle cellule figlie. Più comunemente, <strong>la</strong> resistenza viene acquisita mediante trasferimento<br />

orizzontale di fattori genetici di resistenza da una cellu<strong>la</strong> donatrice, spesso un<br />

microrganismo di una specie diversa. Quando una nuova mutazione responsabile del<strong>la</strong><br />

resistenza ad un antibiotico è avvenuta in un batterio, questa può diffondersi ad altri batteri<br />

in vari modi. Le resistenze che si diffondono con più facilità sono quelle codificate a<br />

livello extracromosomale, a livello di p<strong>la</strong>smidi (o fattori R) e trasposoni (detti anche “jumping<br />

genes”).<br />

I p<strong>la</strong>smidi o fattori R, sono piccole molecole di DNA (2-8 x 10 7 dalton), in grado di replicarsi<br />

autonomamente e che possiedono l’informazione genetica <strong>per</strong> <strong>la</strong> resistenza ad uno o<br />

più antibiotici di c<strong>la</strong>ssi diverse. La trasmissione dei fattori R è partico<strong>la</strong>rmente importante<br />

da un punto di vista epidemiologico, poiché causa il trasferimento contemporaneo del<strong>la</strong><br />

resistenza a parecchi antibiotici da un batterio ad un altro anche di specie diversa. Poiché<br />

i p<strong>la</strong>smidi si replicano in maniera indipendente, senza cioè necessità di integrarsi nel cromosoma<br />

batterico, le resistenze codificate a livello p<strong>la</strong>smidico sono quelle che si diffondono<br />

più rapidamente all’interno del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione batterica sia nell’ambito del<strong>la</strong> stessa<br />

specie che tra specie diverse (Di Modugno et al., 2004).<br />

Alcuni geni che codificano <strong>per</strong> proteine che conferiscono resistenza ai farmaci antibatterici<br />

sono collocati su trasposoni, elementi mobili e trasferibili in grado di saltare da un<br />

posto all’altro del genoma batterico o del DNA p<strong>la</strong>smidico.<br />

I meccanismi biochimici del<strong>la</strong> resistenza possono essere raggruppati in quattro<br />

c<strong>la</strong>ssi principali (Di Modugno et al., 2004):<br />

1) Inattivazione enzimatica dell’antibiotico: il più chiaro ed importante esempio è rappresentato<br />

dall’inattivazione degli antibiotici β-<strong>la</strong>ttamici da parte delle β-<strong>la</strong>ttamasi, idro<strong>la</strong>si<br />

batteriche che rompono il legame carboamidico del nucleo β-<strong>la</strong>ttamico di tali farmaci producendo<br />

derivati acidi privi di attività antibatterica.<br />

2) Modifica del bersaglio mediante mutazione o modifica enzimatica e/o sovraespressione<br />

del bersaglio inibito dall’antibiotico: <strong>la</strong> resistenza dovuta ad una modificazione del<br />

sito di legame dell’antibiotico gioca un ruolo molto importante, ad esempio, <strong>per</strong> i farmaci<br />

che agiscono a livello del ribosoma.<br />

3) Alterazioni del<strong>la</strong> <strong>per</strong>meabilità del<strong>la</strong> parete cellu<strong>la</strong>re, che può essere determinata dall’insorgenza<br />

di mutazioni nelle porine, canali presenti nel<strong>la</strong> membrana esterna dei batteri<br />

Gram-negativi, o <strong>per</strong> l’aumento di espressione di trasportatori e pompe di efflusso ATPdipendenti,<br />

in grado di estrudere <strong>la</strong> maggior parte degli antibiotici.<br />

4) Sviluppo di vie metaboliche alternative: ad esempio, il meccanismo di resistenza al<strong>la</strong><br />

vancomicina, un inibitore del<strong>la</strong> sintesi del<strong>la</strong> parete cellu<strong>la</strong>re, è legato ad un rimodel<strong>la</strong>mento<br />

metabolico dell’involucro cellu<strong>la</strong>re. I batteri resistenti sono in grado di sintetizzare il<br />

peptidoglicano con una struttura chimica modificata, non più riconoscibile dal farmaco.<br />

La resistenza al<strong>la</strong> vancomicina coinvolge l’azione di 5 geni (van R, S, H, A, X) codificati a<br />

livello del trasposone Tn1546 (Di Modugno et al., 2004).<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 49


II• FARMACI ANTIMICROBICI<br />

IMPIEGO DEI CHEMIOTERAPICI IN ZOOTECNIA<br />

Gli antibiotici hanno trovato <strong>la</strong>rgo impiego nel settore veterinario <strong>per</strong> prevenire e curare<br />

ma<strong>la</strong>ttie ad eziologia microbica.<br />

La sempre più pressante richiesta di <strong>alimenti</strong> di origine animale da parte dei consumatori<br />

ha indotto i produttori a sviluppare tecniche di allevamento che consentano un incremento<br />

del<strong>la</strong> velocità di crescita, un aumento del peso e delle dimensioni degli animali e<br />

una riduzione del tempo dei cicli di produzione. Questo è partico<strong>la</strong>rmente vero nell’allevamento<br />

del pol<strong>la</strong>me, ove gli animali vengono tenuti in batterie sovraffol<strong>la</strong>te, a tem<strong>per</strong>ature<br />

elevate e in condizioni di illuminazione soffusa, e sono nutriti con farine di origine animale,<br />

p<strong>la</strong>stica edibile, liquami organici e residui petrolchimici. Tali tipi di <strong>alimenti</strong> sono<br />

pesantemente contaminati da batteri infettivi; questo è uno dei motivi dell’ampio impiego<br />

di antibiotici a scopo preventivo nei confronti dei foco<strong>la</strong>i epidemici.<br />

Nel settore zootecnico, tuttavia, come già accennato nell’introduzione, gli antimicrobici<br />

possono anche essere addizionati ai mangimi animali <strong>per</strong> migliorare l’efficienza di conversione<br />

dei nutrienti e aumentare <strong>la</strong> velocità di crescita (promotori del<strong>la</strong> crescita)<br />

(Cortesi et al., 1990; McEewen and Fedorka-Cray 2002;Wegener et al., 2003). In questi casi,<br />

gli antibiotici vengono somministrati a concentrazioni re<strong>la</strong>tivamente basse (dosi “subterapeutiche”),<br />

dai 2.5 ai 125 mg/kg, a seconda del farmaco e del<strong>la</strong> specie trattata (McEwen<br />

and Fedorka-Cray, 2002). La dimostrazione che <strong>la</strong> somministrazione di antimicrobici<br />

influenzi l’aumento ponderale degli animali ha condotto ad un uso sempre più massiccio<br />

degli antibiotici e dei sulfamidici nell’allevamento del bestiame.<br />

Il meccanismo con cui gli antimicrobici stimo<strong>la</strong>no <strong>la</strong> crescita dell’animale e migliorano<br />

<strong>la</strong> resa del<strong>la</strong> nutrizione non è ancora del tutto chiaro. Una possibilità è che tali farmaci<br />

riducano gli effetti di patologie subcliniche sul<strong>la</strong> crescita e che sopprimano alcuni batteri<br />

sensibili che competono con l’animale ospite <strong>per</strong> i nutrienti (McEwen and Fedorka-<br />

Cray, 2002). Un’altra possibilità è che i promotori del<strong>la</strong> crescita stimolino il sistema<br />

immunitario dell’animale modu<strong>la</strong>ndo <strong>la</strong> produzione di ormoni, citochine e altri fattori<br />

(Famu<strong>la</strong>ro et al., 1997; Gorbach, 2000; Cunningham-Rundles et al., 2000). Si suppone,<br />

inoltre, che a dosi subterapeutiche, gli antibiotici siano in grado di modu<strong>la</strong>re <strong>la</strong> flora batterica<br />

intestinale, stimo<strong>la</strong>ndo lo sviluppo di germi saprofiti (quali, ad esempio, i <strong>la</strong>ttobacilli)<br />

che favoriscono una migliore utilizzazione dei nutrienti e limitano i processi putrefattivi.Ad<br />

esempio,nei ruminanti,<strong>la</strong> somministrazione di basse dosi di antimicrobici indirizza<br />

i microrganismi del rumine a produrre acido <strong>la</strong>ttico piuttosto che butirrico e, in<br />

definitiva, si ha una migliore utilizzazione dell’energia e dei carboidrati assunti con <strong>la</strong><br />

dieta (Macrì e Mantovani, 1989).<br />

In conclusione quindi, questo intervento sul<strong>la</strong> rego<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong> flora intestinale degli animali,<br />

anche in assenza di turbe patologiche, è finalizzato al miglioramento dell’indice di<br />

conversione delle sostanze nutritive che si traduce in un accrescimento sensibilmente<br />

migliore.<br />

L’aggiunta di alcuni antibiotici, quali le penicilline o le tetracicline, ai mangimi <strong>per</strong> gli ani-<br />

50<br />

mali a fini terapeutici, profi<strong>la</strong>ttici o auxinici ha suscitato notevoli polemiche poiché ritenuta<br />

da molti una pratica potenzialmente <strong>per</strong>icolosa <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> dell’uomo. I motivi di<br />

queste critiche sono sostanzialmente due:<br />

1. Che piccole quantità degli antibiotici presenti nei mangimi possano rimanere nei tessuti<br />

dell’animale ed essere ingerite dall’uomo in seguito all’assunzione di carni, potendo<br />

così favorire lo sviluppo di microrganismi farmaco-resistenti nel tratto intestinale<br />

del consumatore. D’altra parte, questi antibiotici potrebbero fungere da allergeni, scatenando<br />

una reazione di i<strong>per</strong>sensibilità nell’ospite.<br />

2. Che i bassi livelli di antibiotici presenti nei mangimi possano favorire lo sviluppo, nel<br />

tratto intestinale dell’animale, di microrganismi farmaco-resistenti, in partico<strong>la</strong>re di batteri<br />

appartenenti al<strong>la</strong> famiglia delle Enterobacteriaceae che possiedono fattori R. Tali<br />

batteri, come Escherichia coli o i membri del genere Salmonel<strong>la</strong>, assunti dall’uomo in<br />

seguito all’ingestione di prodotti animali che non richiedono cottura, potrebbero colonizzare<br />

l’intestino e trasferire i loro fattori di resistenza a ceppi microbici umani. Le<br />

infezioni sostenute da microrganismi contenenti fattori R sono difficili da curare con<br />

gli agenti chemioterapici oggi disponibili, poiché i p<strong>la</strong>smidi acquisiti da un singolo batterio<br />

possono contenere geni che conferiscono resistenza nei confronti di ben otto<br />

antibiotici.Vi sono alcune indicazioni che le zoonosi che colpiscono l’uomo sono più<br />

difficili da trattare se gli animali che hanno trasmesso l’infezione sono stati alimentati<br />

con mangimi addizionati con antibiotici (Boyd, 1992).<br />

IL PROBLEMA DEI RESIDUI<br />

II• FARMACI ANTIMICROBICI<br />

Per quanto i <strong>rischi</strong> di patologie veico<strong>la</strong>te dagli <strong>alimenti</strong> siano ben documentati, gli effetti<br />

sul<strong>la</strong> <strong>salute</strong> dei residui presenti nelle matrici alimentari non sono sempre chiari. Ciò è probabilmente<br />

legato al<strong>la</strong> difficoltà di rilevazione analitica delle concentrazioni residuali che,<br />

di norma, sono molto piccole e quindi richiedono metodiche di indagine estremamente<br />

sensibili.<br />

I residui degli antibiotici possono <strong>per</strong>manere nei tessuti animali se il trattamento non<br />

viene interrotto prima del<strong>la</strong> macel<strong>la</strong>zione, con tempi di lunghezza variabile (tempi di<br />

sospensione),a seconda del<strong>la</strong> specie animale,del farmaco utilizzato e delle modalità d’uso.<br />

Questi farmaci potrebbero essere coinvolti in fenomeni mutageni, cancerogeni e sono<br />

sicuramente responsabili di episodi immunopatologici a danno dei consumatori.<br />

Sono disponibili, ad esempio, diversi esempi sugli effetti dei residui di penicillina presenti<br />

<strong>negli</strong> <strong>alimenti</strong> (Paige, 1998). L’allergia è un esempio di reazione acuta verificatasi in <strong>per</strong>sone<br />

che consumano <strong>alimenti</strong> contaminati dai residui.Tenendo conto delle informazioni re<strong>la</strong>tive<br />

al loro impiego, <strong>la</strong> penicillina, <strong>la</strong> streptomicina e, in minor misura, <strong>la</strong> novobiocina e l’oleandomicina<br />

(utilizzate nell’uomo a scopo terapeutico), sembrano le sostanze più inclini<br />

a produrre fenomeni di i<strong>per</strong>sensibilizzazione. Dati epidemiologici e s<strong>per</strong>imentali, indicano<br />

che, <strong>per</strong> esempio, quantità minime di penicillina, dell’ordine di 5-10 Unità (0.003-0.006<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 51


II• FARMACI ANTIMICROBICI<br />

mg/kg di tessuto), sono sufficienti a produrre una reazione allergica in individui con nota<br />

i<strong>per</strong>sensibilità al farmaco.<br />

Inoltre, dosi terapeutiche di antibiotici possono causare effetti negativi sul<strong>la</strong> microflora<br />

gastrointestinale.Tali effetti sono preoccupanti soprattutto considerando il fondamentale<br />

ruolo che <strong>la</strong> microflora intestinale gioca nel mantenimento del<strong>la</strong> <strong>salute</strong> <strong>umana</strong>. A ciò si<br />

aggiunga anche che l’alterazione del<strong>la</strong> flora batterica potrebbe compromettere l’efficacia<br />

di altri farmaci utilizzati a scopo terapeutico e, <strong>per</strong>tanto, creare grossi problemi di <strong>salute</strong><br />

pubblica.<br />

Sebbene potrebbero esserci diversi motivi <strong>per</strong> giustificare l’impiego prudente dei farmaci<br />

veterinari (soprattutto a scopo terapeutico), nessuno può assumersi <strong>la</strong> responsabilità di<br />

assicurare che gli <strong>alimenti</strong> provenienti da animali trattati siano privi di residui poco sicuri<br />

o addirittura dannosi.<br />

Le reazioni verso cibi contaminati da antibiotici dovrebbero essere essenzialmente di tipo<br />

acuto (ad esempio le allergie), piuttosto che cronico. Eppure l’impatto acuto degli antibiotici<br />

non viene direttamente analizzato in sede di approvazione di un nuovo farmaco. Di<br />

fatto, l’attenzione è focalizzata sugli effetti cronici, come risulta evidente dal<strong>la</strong> definizione<br />

dell’ADI <strong>per</strong> i residui dei farmaci, mentre gli effetti acuti non sono ben conosciuti.<br />

In ogni caso, come <strong>per</strong> le ma<strong>la</strong>ttie infettive, sottovalutando il problema dei residui farmacologici<br />

<strong>negli</strong> <strong>alimenti</strong>, è verosimile ipotizzare una serie di effetti sul<strong>la</strong> <strong>salute</strong> corre<strong>la</strong>ti al<strong>la</strong><br />

presenza dei residui. Per evitare tutto questo, è necessario continuare o aumentare il controllo<br />

sull’impiego e sul<strong>la</strong> presenza degli antimicrobici nelle matrici alimentari.<br />

FARMACO-RESISTENZA BATTERICA CORRELATA<br />

ALL’USO DI ANTIMICROBICI NELLE PRATICHE ZOOTECNICHE<br />

Come descritto precedentemente, l’”Antibioticoresistenza” è l’emergenza (e <strong>la</strong> propagazione)<br />

di fattori di resistenza agli antibiotici ed è innescata dal<strong>la</strong> pressione selettiva esercitata<br />

sulle popo<strong>la</strong>zioni microbiche attraverso l’uso di questi farmaci. In medicina <strong>umana</strong>,<br />

il fenomeno del<strong>la</strong> farmacoresistenza sta raggiungendo proporzioni preoccupanti <strong>per</strong> frequenza<br />

e rapidità di diffusione, creando seri problemi di terapia e mettendo in <strong>per</strong>icolo <strong>la</strong><br />

sopravvivenza stessa dei pazienti colpiti da patologie infettive. Le infezioni da batteri resistenti<br />

provocano costi sanitari stimati <strong>per</strong> circa 4 miliardi di dol<strong>la</strong>ri /anno soltanto <strong>negli</strong><br />

USA, con aumento di morbilità, mortalità e costi associati al<strong>la</strong> ma<strong>la</strong>ttia.<br />

La resistenza ai farmaci antimicrobici è causata da diversi fattori, tra i quali il loro uso inappropriato<br />

da parte del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione e il trattamento antibiotico degli animali destinati al<strong>la</strong><br />

macel<strong>la</strong>zione.<br />

Gli aspetti più preoccupanti riguardo l’uso degli antibiotici nel settore veterinario sono:<br />

i trattamenti di massa in allevamento intensivo <strong>per</strong> <strong>la</strong> terapia e <strong>la</strong> profi<strong>la</strong>ssi delle infezioni<br />

batteriche, con conseguente impossibilità di controllo accurato del<strong>la</strong> posologia;<br />

l’impiego di agenti antimicrobici come promotori del<strong>la</strong> crescita (auxinici), che implica<br />

52<br />

II• FARMACI ANTIMICROBICI<br />

un’esposizione dei batteri a concentrazioni subletali del farmaco <strong>per</strong> <strong>per</strong>iodi di tempo<br />

molto lunghi e che sembra avere un ruolo determinante nel<strong>la</strong> selezione e nel mantenimento<br />

di microrganismi resistenti sia verso le molecole impiegate sia verso quelle strutturalmente<br />

e farmacologicamente corre<strong>la</strong>te (Barragry et al., 1994).<br />

Negli ultimi decenni, a fronte di un utilizzo così estensivo degli antibiotici in medicina<br />

veterinaria, anche con molecole di c<strong>la</strong>sse o struttura analoghe a quelle usate in medicina<br />

<strong>umana</strong> (e talvolta proprio con le stesse molecole), si è assistito purtroppo all’emergenza di<br />

fenomeni di antibioticoresistenza.<br />

In partico<strong>la</strong>re, l’uso non control<strong>la</strong>to di antibiotici nel settore veterinario determina: (i) l’aumento<br />

del<strong>la</strong> resistenza nei microrganismi patogeni, con conseguente difficoltà nel controllo<br />

delle ma<strong>la</strong>ttie infettive <strong>negli</strong> animali d’allevamento; (ii) <strong>la</strong> possibilità che ceppi resistenti<br />

di origine animale siano trasmessi all’uomo attraverso gli <strong>alimenti</strong>, ma anche attraverso<br />

il contatto diretto e l’ambiente (ITAVARM, 2003). Questa possibilità riguarda principalmente<br />

i batteri responsabili di zoonosi (patologia infettiva trasmissibile dagli animali<br />

all’uomo), quali Salmonel<strong>la</strong>, Campylobacter e gli E. coli enteroemorragici e alcuni batteri<br />

commensali (E. coli, Enterococchi) patogeni opportunisti. Le varie specie commensali<br />

costituiscono, di fatto, un serbatoio importante <strong>per</strong> il “pool di geni di resistenza”, trasferibili<br />

attraverso vari meccanismi biologici a specie batteriche zoonosiche e/o a patogeni<br />

umani e animali.<br />

Nei paesi sviluppati, Campylobacter e Salmonel<strong>la</strong> raramente vengono trasferiti da<br />

uomo a uomo e si ritiene che il principale serbatoio di infezioni siano le carni animali<br />

(Aerestrup, 2005).<br />

Uno dei principali esempi, riportati <strong>negli</strong> ultimi anni, di resistenza agli antimicrobici<br />

<strong>negli</strong> allevamenti animali e del<strong>la</strong> successiva diffusione di batteri zoonotici resistenti<br />

all’uomo, è costituito dal<strong>la</strong> resistenza ai fluorochinoloni. Questi antibiotici rappresentano,<br />

in molti paesi, il farmaco d’elezione <strong>per</strong> il trattamento di infezioni gastrointestinali<br />

nell’uomo e l’emergenza di farmaco-resistenza rappresenta, senza dubbio, un problema<br />

di notevole rilievo.<br />

Il primo caso di resistenza di Campylobacter ai fluorochinoloni <strong>negli</strong> animali fu osservato<br />

nei Paesi Bassi, dove l’utilizzo dell’enrofloxacina durante <strong>la</strong> produzione di pol<strong>la</strong>me determinò<br />

<strong>la</strong> comparsa di specie di Campylobacter resistenti ai fluorochinoloni sia tra i polli<br />

che nel<strong>la</strong> comunità <strong>umana</strong> (Endtz et al., 1991). Da quel momento, in numerosi altri studi è<br />

stato dimostrato, in seguito all’introduzione di fluorochinoloni nelle pratiche zootecniche,<br />

un aumento di resistenza a questa c<strong>la</strong>sse di antibiotici in ceppi di Campylobacter iso<strong>la</strong>ti<br />

sia da animali da allevamento che dall’uomo (Engberg et al., 2001; Lucey et al., 2002;<br />

Nachakin et al., 2002; Gaudreaud and Gilbert, 2003; Hein et al., 2003).<br />

Un altro caso di resistenza ai farmaci antimicrobici <strong>negli</strong> animali d’allevamento degno di<br />

nota è quello del<strong>la</strong> resistenza degli enterococchi ai glicopeptidi. Gli enterococchi rappresentano<br />

dei microrganismi ubiquitari normalmente residenti nel tratto gastrointestinale<br />

dell’uomo e degli animali. Negli ultimi dieci anni, essi sono emersi come degli importanti<br />

agenti patogeni nosocomiali, rappresentando un serio problema <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> pubblica,<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 53


II• FARMACI ANTIMICROBICI<br />

soprattutto <strong>per</strong> <strong>la</strong> loro capacità di acquisire resistenza verso alcuni agenti antimicrobici<br />

importanti in terapia <strong>umana</strong>, come i glicopeptidi, in partico<strong>la</strong>re <strong>la</strong> vancomicina. In questo<br />

contesto, <strong>la</strong> catena alimentare rappresenta senza dubbio una possibile fonte di enterococchi<br />

resistenti al<strong>la</strong> vancomicina, principalmente in conseguenza dell’impiego dell’ovarpacina,<br />

un glicopeptide simile al<strong>la</strong> vancomicina, come additivo alimentare utilizzato <strong>per</strong> <strong>la</strong> promozione<br />

del<strong>la</strong> crescita <strong>negli</strong> animali. Diversi studi sono stati condotti in Italia con lo scopo<br />

di valutare <strong>la</strong> presenza di ceppi di enterococchi vancomicina-resistenti in cibi di origine<br />

animale. In tutti questi studi, è stata riscontrata <strong>la</strong> presenza, in <strong>per</strong>centuale più (Pavia et al.,<br />

2000; Knijff et al., 2002) o meno (Pedonese et al., 2005) elevata, di enterococchi resistenti<br />

al<strong>la</strong> vancomicina e l’analisi genotipica ha dimostrato l’associazione del<strong>la</strong> resitenza all’antibiotico<br />

con <strong>la</strong> presenza del gene vanA.<br />

In uno studio condotto da Willems e i suoi col<strong>la</strong>boratori, è stata studiata l’associazione tra<br />

gli enterococchi resistenti ai glicopeptidi (GRE) presenti <strong>negli</strong> <strong>alimenti</strong> e quelli iso<strong>la</strong>ti dall’uomo<br />

sia nel<strong>la</strong> comunità che in ambiente ospedaliero (Willems et al., 2000; Bruinsma et<br />

al., 2002). In partico<strong>la</strong>re, è stata analizzata <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione genetica esistente tra ceppi di E. faecium<br />

vancomicina-resistenti (VRE) iso<strong>la</strong>ti da popo<strong>la</strong>zioni di maiali, polli, esseri umani sani<br />

volontari e pazienti ospedalizzati. In questi studi, è stato dimostrato come una sostanziale<br />

proporzione degli enteroccocchi resistenti iso<strong>la</strong>ti <strong>negli</strong> ospedali (dal 26 all’86%) fossero<br />

indistinguibili da quelli provenienti dai cibi animali. Diversi gruppi di ricerca hanno inoltre<br />

analizzato <strong>la</strong> diversità moleco<strong>la</strong>re e <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione evoluzionistica dei trasposoni che portano<br />

i geni del<strong>la</strong> resistenza al<strong>la</strong> vancomicina (Tn1546),in enterococchi resistenti iso<strong>la</strong>ti dall’uomo<br />

o dagli animali (Wegener, 2003). In tutti questi studi, sono stati trovati trasposoni<br />

1546 identici tra i ceppi provenienti dall’uomo e dagli animali d’allevamento, suggerendo<br />

fortemente che gli enterococchi resistenti ai glicopeptidi possono essere trasmessi dalle<br />

carni animali all’uomo.<br />

Una situazione simile è stata dimostrata <strong>per</strong> Salmonel<strong>la</strong>. Una delle prime evidenze dell’insorgenza<br />

di farmacoresistenza corre<strong>la</strong>ta all’utilizzo di antibiotici nel settore veterinario fu<br />

ottenuta nel 1983, quando diciotto individui residenti in quattro stati del Midwest degli<br />

S.U. manifestarono una severa sintomatologia diarroica causata da ceppi antibiotico-resistenti<br />

di Salmonel<strong>la</strong> enteritidis. Dodici di questi individui avevano assunto 24-48 ore<br />

prima dell’insorgenza del<strong>la</strong> salmonellosi, farmaci antimicrobici <strong>per</strong> il trattamento di patologie<br />

infettive non diarroiche (faringite, bronchite, ecc.). Ciò che si era verificato è che in<br />

questi individui, portatori di una salmonellosi asintomatica, l’assunzione di farmaci antimicrobici<br />

aveva agito da fattore di pressione selettiva, favorendo lo sviluppo di ceppi antibiotico-resistenti<br />

di S.enteritidis. Le indagini epidemiologiche e batteriologiche rive<strong>la</strong>rono<br />

che tutti i pazienti in questione avevano mangiato, nelle settimane precedenti l’episodio<br />

diarroico, hamburger preparati con carne di bovini alimentati con dosi subterapeutiche di<br />

clortetraciclina a scopo auxinico. I ceppi di S. enteritidis iso<strong>la</strong>ti da questi bovini, risultarono<br />

resistenti a vari antibiotici (ampicillina, carbenicillina, tetracicline) e differenti dai 91<br />

ceppi dello stesso microrganismo iso<strong>la</strong>ti da tutti gli altri bovini infetti sottoposti ad analisi<br />

batteriologiche nei vari stati americani. La possibile trasmissione di salmonelle patogene<br />

54<br />

II• FARMACI ANTIMICROBICI<br />

dagli animali agli esseri umani è stata documentata dal Centre for Disease Control (CDC),<br />

fin dal 1971.Varie epidemie di salmonellosi, alcune con indici di mortalità elevati (4.2%),<br />

e altre con indici di mortalità più bassi (0.2%), sono state collegate al<strong>la</strong> trasmissione di<br />

ceppi resistenti in seguito all’assunzione di carni di animali trattati con mangimi contenenti<br />

antibiotici (Boyd, 1992; Manie et al., 1998).<br />

In Germania, in seguito all’approvazione dell’utilizzo di enrofloxacina in zootecnia, si è<br />

assistito ad un significativo aumento nell’incidenza di ceppi di Salmonel<strong>la</strong> resistenti all’acido<br />

nalidixico. In Francia, si è verificato simultaneamente un aumento del<strong>la</strong> resistenza ai<br />

fluorochinoloni in ceppi di Salmonel<strong>la</strong> iso<strong>la</strong>ti sia dagli animali che dall’uomo e, dato interessante,<br />

l’analisi moleco<strong>la</strong>re ha dimostrato che si trattava degli stessi cloni batterici. In<br />

Spagna, <strong>la</strong> frequenza di ceppi di Salmonel<strong>la</strong> resistenti ai chinoloni nell’uomo è aumentata<br />

da meno dello 0.5% prima del 1991 al 38.5% nel 2003 in uno studio, a da circa il 6-15% nel<br />

1991 al 40-85% nel 2001,in un altro.In Taiwan,un certo numero di studi ha dimostrato l’insorgenza<br />

di resistenza ai chinoloni in Salmonel<strong>la</strong> nei maiali e <strong>la</strong> successiva trasmissione di<br />

questi ceppi nell’uomo (Aerestrup, 2005).<br />

La Germania è stata al centro di un altro caso di resistenza batterica corre<strong>la</strong>to all’impiego<br />

ergotropico di antibiotici nell’allevamento. Nel<strong>la</strong> vecchia Germania dell’Est, l’antibiotico<br />

nourseotricina sostituì a partire dal 1983 le ossitetracicline nei mangimi del bestiame. A<br />

quel tempo non si conoscevano fenomeni di resistenza delle Enterobacteriaceae né <strong>negli</strong><br />

animali, né <strong>negli</strong> uomini. La prima osservazione di E. coli resistente al<strong>la</strong> nourseotricina<br />

venne effettuata dal<strong>la</strong> flora batterica intestinale dei suini. Da quel momento l’impiego di<br />

questo antibiotico fu sospeso. Negli anni ‘90, il p<strong>la</strong>smide codificante <strong>la</strong> resistenza al<strong>la</strong> nourseatricina<br />

fu iso<strong>la</strong>to da ceppi di E. coli degli allevatori di suini, delle loro famiglie, degli abitanti<br />

delle città limitrofe e, inoltre, in iso<strong>la</strong>ti di E. coli provenienti dal<strong>la</strong> flora intestinale o<br />

da infezioni del tratto urinario di uomini che vivevano nelle stesse regioni (Witte, 1998).<br />

In ultimo, fenomeni di resistenza furono ritrovati in Salmonel<strong>la</strong> e Shigel<strong>la</strong> iso<strong>la</strong>ti da feci di<br />

pazienti con manifestazioni diarroiche.<br />

Un altro esempio di trasferimento di determinanti del<strong>la</strong> resistenza dal bestiame ai patogeni<br />

umani, è il fattore <strong>per</strong> l’aminoglicoside acetiltransferasi IV, che conferisce resistenza crociata<br />

al<strong>la</strong> gentamicina e al<strong>la</strong> apramicina. In Francia, l’apramicina è utilizzata a scopi chemioterapici<br />

nel settore zootecnico. I determinanti del<strong>la</strong> resistenza vennero dapprima trovati in E.<br />

coli degli animali, poi in ceppi ambientali ed, infine in ceppi patogeni <strong>per</strong> l’uomo.<br />

LA RIMOZIONE DEGLI ANTIBIOTICI DALLA ZOOTECNIA:<br />

EFFETTI SULLA SALUTE UMANA<br />

Ad oggi, esistono ancora poche informazioni sugli effetti dell’interruzione dell’impiego di<br />

agenti antimicrobici in zootecnia. Diversi sono tuttavia gli esempi che dimostrano una<br />

riduzione del fenomeno di farmacoresistenza in seguito all’eliminazione dell’antibiotico.<br />

Ad esempio, in seguito all’introduzione del divieto dell’uso di tetracicline come promoto-<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 55


II• FARMACI ANTIMICROBICI<br />

ri del<strong>la</strong> crescita nei Paesi Bassi nel 1974,è stata osservata una sostanziale diminuzione del<strong>la</strong><br />

resistenza a questi antibiotici nelle salmonelle iso<strong>la</strong>te sia dagli <strong>alimenti</strong> di origine animale<br />

che dall’uomo (van Leeuwen et al., 1979).<br />

In Danimarca, il sospetto che l’utilizzo a scopo auxinico di antibiotici potesse favorire <strong>la</strong><br />

selezione di ceppi resistenti, condusse all’eliminazione dall’industria alimentare di tutti<br />

i promotori del<strong>la</strong> crescita (Aerestrup, 2000a). La realizzazione, nel 1995, di un programma<br />

di monitoraggio dell’antibiotico resistenza, il “Danish Integrated Antimicrobial<br />

Resistance monitoring Research Programme”(DANMAP), basato sull’analisi di iso<strong>la</strong>ti batterici<br />

indicatori da animali sia sani che ma<strong>la</strong>ti, ha <strong>per</strong>messo di monitorare le variazioni<br />

nel<strong>la</strong> resistenza ai farmaci antimicrobici a seguito di cambiamenti nell’utilizzo di tali farmaci.Ad<br />

esempio, a seguito del divieto di utilizzo dell’ovarpacina nel 1995, <strong>la</strong> ricorrenza<br />

di enterococchi resistenti ai glicopeptidi (GRE) diminuì drasticamente nel pol<strong>la</strong>me<br />

(dal 72.7% al 5.8%). Una simile riduzione non fu d’altra parte riscontrata <strong>negli</strong> enterococchi<br />

iso<strong>la</strong>ti dai maiali, almeno fino al 1998, quando fu messo al bando anche l’impiego<br />

del macrolide tilosina (Aerestrup et al., 2001). Successivamente fu dimostrato che<br />

tutti gli enterococchi resistenti iso<strong>la</strong>ti dai maiali in Danimarca appartenevano allo stesso<br />

clone e che i geni codificanti <strong>la</strong> resistenza ai macrolidi (ermB) e ai glicopeptidi<br />

(vanA) erano geneticamente legati sullo stesso elemento di DNA mobile (Aerestrup,<br />

2000b). L’impiego del macrolide tilosina a scopo auxinico diminuì in maniera sostanziale<br />

solo nel 1998 e, in accordo, tra il 1999 e il 2000, si verificò una drastica riduzione di<br />

GRE <strong>negli</strong> iso<strong>la</strong>ti di E. faecium nei maiali, suggerendo fortemente che <strong>la</strong> <strong>per</strong>sistenza di<br />

resistenza ai glicopeptidi era determinata dal continuato utilizzo di macrolidi a scopo<br />

terapeutico e di promozione del<strong>la</strong> crescita e dal<strong>la</strong> conseguente co-selezione del<strong>la</strong> resistenza<br />

ai macrolidi e ai glicopeptidi.<br />

L’eliminazione dell’ovarpacina dalle pratiche zootecniche ha avuto un impatto notevole<br />

anche sul<strong>la</strong> <strong>salute</strong> <strong>umana</strong>. Infatti, questo antibiotico è un parente stretto del<strong>la</strong> vancomicina,<br />

preziosa risorsa nelle infezioni chirurgiche umane. La vancomicina, infatti, è un antibiotico<br />

utilizzato in ambito ospedaliero <strong>per</strong> il trattamento di infezioni da Staphylococcus<br />

aureus pluriresistente ai farmaci. E’ importante quindi evitare l’impiego di questo antibiotico,<br />

<strong>per</strong> non selezionare ceppi gram-positivi resistenti ad esso, i quali rappresenterebbero<br />

un severo <strong>rischi</strong>o <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> pubblica.Sia l’ovarpacina che <strong>la</strong> vancomicina esplicano azione<br />

antibiotica impedendo <strong>la</strong> sintesi del<strong>la</strong> parete cellu<strong>la</strong>re batterica e diversi studi hanno<br />

dimostrato come batteri resistenti all’ovarpacina iso<strong>la</strong>ti dall’intestino di polli e maiali siano<br />

insensibili anche al<strong>la</strong> vancomicina.<br />

Queste osservazioni hanno spinto una microbiologa dell’università di Anversa, Gret Ieven,<br />

e i suoi col<strong>la</strong>boratori, a verificare gli effetti del bando dell’ovarpacina sul<strong>la</strong> diffusione del<strong>la</strong><br />

resistenza al<strong>la</strong> sua parente vancomicina <strong>negli</strong> ospedali.A tal proposito,gli enterococchi iso<strong>la</strong>ti<br />

da campioni fecali di 353 pazienti sono stati coltivati in vitro ed esposti ad alte concentrazioni<br />

di vancomicina. Questo studio ha evidenziato una <strong>per</strong>centuale di resistenza<br />

dello 0.6%, rispetto al 5.7% osservato nel 1996, quando l’ovarpacina veniva ancora impiegata<br />

come promotore del<strong>la</strong> crescita <strong>negli</strong> allevamenti. Questi risultati sono stati conferma-<br />

56<br />

ti dall’analisi genetica che ha dimostrato una riduzione del<strong>la</strong> frequenza del gene chiave di<br />

resistenza all’antibiotico dal 5.7% allo 0.8% (Ferber, 2002).<br />

Numerosi altri studi in altri paesi hanno evidenziato una riduzione nel fenomeno di resistenza<br />

tra gli enterococchi come conseguenza dell’interruzione dell’utilizzo di agenti<br />

antimicrobici come promotori di crescita, sia nei cibi animali che nel<strong>la</strong> comunità <strong>umana</strong><br />

(Aerestrup, 2005)<br />

E’ evidente, quindi come l’uso di dosi subterapeutiche di farmaci antibiotici a scopo profi<strong>la</strong>ttico,<br />

ma soprattutto come promotori di crescita, favorisca lo sviluppo di fenomeni di<br />

resistenza e che questi ultimi tendono a regredire rapidamente in seguito a rimozione del<strong>la</strong><br />

pressione selettiva.<br />

IMPLICAZIONI E CONCLUSIONI<br />

II• FARMACI ANTIMICROBICI<br />

Sono stati iso<strong>la</strong>ti ceppi batterici resistenti agli antimicrobici; sono aumentati i residui di<br />

farmaci antimicrobici nei cibi e, conseguentemente, sono aumentate le reazioni allergiche<br />

dell’uomo verso questi farmaci. Infine, si sono verificati casi di tossicità al farmaco<br />

in seguito ad uso illegale degli antimicrobici i quali rimangono come residui farmacologicamente<br />

attivi <strong>negli</strong> <strong>alimenti</strong>. Inoltre, <strong>la</strong> continua esposizione ad agenti antimicrobici<br />

presenti <strong>negli</strong> <strong>alimenti</strong> è in grado di alterare <strong>la</strong> microflora batterica intestinale dell’uomo,<br />

con conseguenze che potrebbero diventare estremamente gravi. A questo<br />

punto, sarebbe necessario valutare (se esistono), i livelli di residui farmacologici privi<br />

di <strong>rischi</strong>o <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> corre<strong>la</strong>to all’assunzione di <strong>alimenti</strong> precedentemente trattati.<br />

Data <strong>la</strong> mancanza di modelli predittivi <strong>per</strong> valutare le concentrazioni di farmaci con<br />

potenziale effetto tossico, <strong>la</strong> valutazione di un’ADI <strong>per</strong> un antimicrobico dovrebbe essere<br />

basata su dati desunti da sistemi modello in vivo ed in vitro (Cerniglia & Kotarski,<br />

1999).Tali informazioni dovrebbero essere poi completate dai dati re<strong>la</strong>tivi al<strong>la</strong> stabilità<br />

del farmaco e al<strong>la</strong> sua biodisponibilità nell’intestino, lo spettro d’azione contro i batteri<br />

costituenti <strong>la</strong> microflora intestinale, <strong>la</strong> sua influenza sul<strong>la</strong> possibile colonizzazione<br />

batterica (mediante test in vivo ed in vitro) e sul<strong>la</strong> possibilità di causare disturbi<br />

gastrointestinali.<br />

I sistemi modello attualmente in uso <strong>per</strong> accertare gli effetti sul<strong>la</strong> microflora intestinale di<br />

bassi livelli di esposizione agli agenti antimicrobici (sia in vivo che in vitro), dovrebbero<br />

essere migliorati al fine di aumentarne <strong>la</strong> validità e progettati con il fine ultimo di rilevare<br />

l’esposizione <strong>umana</strong>. Un miglioramento dei metodi in vivo ed in vitro (che sono importanti<br />

nel<strong>la</strong> determinazione degli effetti di concentrazioni subterapeutiche di sostanze antimicrobiche<br />

sul<strong>la</strong> flora batterica intestinale dell’uomo), potrebbe condurre ad una rivisitazione<br />

dei dati tossicologici ed epidemiologici attualmente in nostro possesso e consentire<br />

un migliore accertamento del potenziale <strong>rischi</strong>o <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> <strong>umana</strong> legato all’ingestione<br />

alimentare di residui di antimicrobici veterinari nel prossimo futuro.<br />

L’antibioticoresistenza nelle produzioni animali è quindi un problema di Sanità Pubblica<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 57


II• FARMACI ANTIMICROBICI<br />

estremamente attuale a livello internazionale. Al fenomeno sono attualmente sensibili<br />

l’Organizzazione Mondiale del<strong>la</strong> Sanità, l’Office International des Epizooties (OIE), le multinazionali<br />

del farmaco Veterinario (Animal Health Industries) e anche le associazioni del<br />

mondo veterinario. Nel 1999, l’Associazione Mondiale dei Veterinari (WVA), di concerto<br />

con <strong>la</strong> Federazione Internazionale dei Produttori Agricoli e il COMISA (in rappresentanza<br />

dell’Animal Health Industry) hanno emesso linee guida sull’uso prudente di farmaci antimicrobici<br />

in terapia veterinaria e, in generale, nelle produzioni animali.<br />

Nel 1998, <strong>la</strong> Comunità Europea ha deciso di promuovere l’attività sull’antibioticoresistenza<br />

organizzando un piano di sorveglianza europeo. Inoltre, ha recentemente implementato<br />

le raccomandazioni sul<strong>la</strong> sorveglianza e il flusso informativo re<strong>la</strong>tivo agli agenti zoonosici<br />

già previste dal<strong>la</strong> Direttiva 92/117/EEC (Council Directive 92/117/EEC), considerando<br />

l’antibioticoresistenza al<strong>la</strong> stregua di una zoonosi trasversale. In questa nuova Direttiva, <strong>la</strong><br />

2003/99/EEC, si raccomanda ai Paesi Membri di dotarsi di un sistema <strong>per</strong> il monitoraggio<br />

dell’antibioticoresistenza nelle produzioni animali.<br />

Molti paesi, <strong>per</strong> definire l’entità del fenomeno e valutare strategie d’intervento, hanno<br />

costituito sistemi di sorveglianza dell’antibioticoresistenza e di monitoraggio dell’uso dei<br />

farmaci sia nel settore del<strong>la</strong> medicina <strong>umana</strong> sia in medicina veterinaria.<br />

In Italia, l’attività di sorveglianza dell’antibioticoresistenza e il monitoraggio dell’uso di<br />

antibiotici ha ricevuto un notevole incremento <strong>negli</strong> ultimi anni. Dal 1999, si sono attivati<br />

alcuni progetti nazionali, tra cui nel 2003 Il Centro Nazionale di Referenza <strong>per</strong><br />

l’Antibioticoresistenza (CRAB). La struttura del sistema di monitoraggio si basa sul<strong>la</strong> raccolta<br />

di dati rappresentativi in varie regioni italiane, dalle principali specie di animali da<br />

reddito (bovini,ovini,suini,pol<strong>la</strong>me) e da animali da compagnia.L’informazione sul<strong>la</strong> situazione<br />

dell’antibioticoresistenza nel settore veterinario viene fornita <strong>per</strong> 3 categorie di specie<br />

batteriche:<br />

a) patogeni animali (i.e. Pasteurel<strong>la</strong>ceae, Staphylococci coagu<strong>la</strong>si positivi, Streptococci,<br />

Escherichia coli);<br />

b) batteri zoonosici (Salmonel<strong>la</strong>, E. coli EHEC);<br />

c) batteri indicatori (Enterococci, E. coli).<br />

Nel primo report dell’ITAVARM (Italian Veterinary Antimicrobial Resistance Monitoring;<br />

ITAVARM, 2003) sono stati riportati i dati scaturiti dal monitoraggio effettuato dal<strong>la</strong> rete<br />

degli Istituti Zooprofi<strong>la</strong>ttici nel corso degli anni 2002-2003.In partico<strong>la</strong>re,l’attività di monitoraggio<br />

dell’antibioticoresistenza nei batteri responsabili di zoonosi ha riguardato prevalentemente<br />

gli agenti di zoonosi trasmissibili con gli <strong>alimenti</strong>, quali Salmonel<strong>la</strong> enterica e<br />

gli E. coli enteroemorragici (EHEC, STEC).<br />

Per quanto riguarda Salmonel<strong>la</strong>, si è visto come <strong>la</strong> resistenza agli antibiotici sia un<br />

fenomeno strettamente corre<strong>la</strong>to al sierotipo di salmonel<strong>la</strong> che si considera e al<strong>la</strong> specie<br />

animale d’origine del ceppo. In generale in S. typhimurium si evidenzia un’elevata<br />

resistenza ad ampicillina, streptomicina, tetracicline, sulfonamidi e al cloramfenicolo<br />

(Tabel<strong>la</strong> 1).<br />

58<br />

II• FARMACI ANTIMICROBICI<br />

TABELLA 1 PERCENTUALE DI RESISTENZA IN S. TYPHIMURIUM<br />

FAGOTIPO NT, IN ISOLATI PROVENIENTI DALL’UOMO E DAL MAIALE (dati di ENER-NET, 2003 e ENTER-VET, 2003)<br />

Uomo Maiale<br />

Cefotaxime 0.0 0.0<br />

Ampicillina 92.6 77.8<br />

Streptomicina 88.2 72.2<br />

Gentamicina 1.5 0.0<br />

Kanamicina 1.5 0.0<br />

Acido nalidixico 19.1 11.1<br />

Ciprofloxacina 0.0 0.0<br />

Cloramfenicolo 7.4 13.9<br />

Tetraciclina 89.7 80.6<br />

Sulfonamidi 91.2 77.8<br />

Trimetropin 10.3 2.8<br />

TABELLA 2 PERCENTUALE DI RESISTENZA IN S. ENTERIDIS<br />

ISOLATA DALL’UOMO E DA DIVERSE SPECIE ANIMALI (dati di ENER-NET, 2003 e ENTER-VET, 2003)<br />

Uomo Maiale Polli Bovini Tacchini<br />

Cefotaxime 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0<br />

Ampicillina 98.9 66.7 100.0 100.0 100.0<br />

Streptomicina 97.7 80 100.0 100.0 100.0<br />

Gentamicina 1.1 0.0 0.0 0.0 0.0<br />

Kanamicina 3.4 6.7 0.0 0.0 66.7<br />

Acido nalidixico 10.3 6.7 0.0 12.5 66.7<br />

Ciprofloxacina 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0<br />

Cloramfenicolo 92 53.3 100.0 100.0 100.0<br />

Tetraciclina 98.9 73.3 100.0 100.0 100.0<br />

Sulfonamidi 97.7 80 100.0 100.0<br />

Trimetropin 9.2 6.7 0.0 0.0 0.0<br />

Altri sierotipi di rilievo inclusi nel monitoraggio del<strong>la</strong> resistenza agli antibiotici sono S.<br />

enteridis, in cui le resistenze più comuni sono quelle alle sulfonamidi, acido nalidixico e<br />

streptomicina (tab.2) e S. infantis, S. hadar e S. virchow, che sono stati iso<strong>la</strong>ti prevalentemente<br />

da casi umani e da pollo, in cui si osservano elevate <strong>per</strong>centuali di resistenza all’ampicillina,<br />

al<strong>la</strong> streptomicina, all’acido nalidixico, alle tetracicline e alle sulfonamidi.<br />

La multiresistenza è un fenomeno anch’esso associato ai diversi serotipi di salmonel<strong>la</strong>, in<br />

partico<strong>la</strong>re S. typhimurium e S. hadar. Un numero elevato di iso<strong>la</strong>ti presenta infatti da 4,<br />

5, 6 o più resistenze (ITAVARM, 2003).<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 59


II• FARMACI ANTIMICROBICI<br />

Per quanto riguarda gli Escherichia coli enteroemorragici, il CRAB ha saggiato <strong>la</strong> resistenza<br />

nei confronti di diversi antibiotici di iso<strong>la</strong>ti batterici provenienti da feci di bufalo, da<br />

diverse matrici bovine, dai conigli e da feci di ovino. Si è visto come <strong>la</strong> proporzione degli<br />

iso<strong>la</strong>ti resistenti alle diverse molecole vari in rapporto al<strong>la</strong> specie zootecnica in oggetto. In<br />

partico<strong>la</strong>re, le resistenze osservate <strong>negli</strong> iso<strong>la</strong>ti dalle specie ovina e bufalina presentano<br />

generalmente valori più bassi rispetto alle altre specie zootecniche (tra lo 0 e il 3%). Gli<br />

iso<strong>la</strong>ti da coniglio presentano resistenze più alte (es. gentamicina 83%), fino al 100% <strong>per</strong><br />

diverse molecole (cloramfenicolo, sulfonamidi, trim/sulfa, tetraciclina) (ITAVARM, 2003).<br />

Quanto sia vivo l’interesse degli infettivologi <strong>per</strong> <strong>la</strong> situazione creata dallo sfruttamento<br />

degli antimicrobici in zootecnia è dimostrato dal<strong>la</strong> pubblicazione su Clinical Infectious<br />

Diseases (2002) del rapporto Facts about Antimicrobials in Animals and the Impact on<br />

Resistance (FAAIR).<br />

Sul<strong>la</strong> base delle prove scientifiche, il comitato FAAIR ha raggiunto le seguenti conclusioni:<br />

a) qualsiasi impiego degli antimicrobici in animali, piante ed esseri umani contribuisce ad<br />

alimentare il pool genetico globale delle resistenze ambientali;<br />

b) le resistenze antimicrobiche nei germi patogeni pongono seri limiti all’efficacia terapeutica,<br />

fanno lievitare i costi sanitari e accrescono il numero, <strong>la</strong> gravità e <strong>la</strong> durata delle<br />

infezioni;<br />

c) anche <strong>la</strong> flora commensale dà il suo contributo al problema delle resistenze microbiche,<br />

agendo da serbatoio genetico di resistenze trasferibili ai germi patogeni;<br />

d) si stima che <strong>negli</strong> Stati Uniti le quantità di antimicrobici somministrate agli animali siano<br />

quanto meno comparabili a quelle impiegate <strong>negli</strong> esseri umani, ma principalmente <strong>per</strong><br />

scopi non curativi;<br />

e) l’uso degli antimicrobici <strong>negli</strong> allevamenti animali seleziona stipiti resistenti, ne sostiene<br />

<strong>la</strong> <strong>per</strong>sistenza e ne amplifica <strong>la</strong> disseminazione nell’ambiente;<br />

f) il trasferimento dei batteri dai capi d’allevamento all’uomo è un evento comune;<br />

g) questa pratica auxologica contribuisce all’aggravarsi del problema delle resistenze antibiotiche<br />

nelle infezioni umane e veterinarie.<br />

Il Comitato conclude che l’eliminazione dell’uso non terapeutico degli antimicrobici <strong>negli</strong><br />

allevamenti animali può diminuire l’impatto delle resistenze antibiotiche sull’ambiente,<br />

con conseguenti benefici <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> del<strong>la</strong> comunità e richiama l’attenzione del<br />

Congresso americano e dei vari organi rego<strong>la</strong>tori (Food and Drug Administration,Ministero<br />

dell’agricoltura, Ente <strong>per</strong> <strong>la</strong> protezione dell’ambiente) su sei punti fondamentali:<br />

a) Gli agenti antimicrobici devono essere usati solo se l’animale è amma<strong>la</strong>to o a scopo<br />

profi<strong>la</strong>ttico, se esiste un documentato <strong>per</strong>icolo di epidemia nell’allevamento, mentre<br />

l’uso degli antibiotici come promotori del<strong>la</strong> crescita deve essere interrotto. Inoltre, non<br />

devono essere usati fluorochinoloni e cefalosporine di ultima generazione, se non <strong>per</strong><br />

infezioni refrattarie e in singoli animali.<br />

b) Solo il veterinario può prescrivere antibiotici e le società professionali veterinarie<br />

dovrebbero istituire linee guida terapeutiche.<br />

60<br />

II• FARMACI ANTIMICROBICI<br />

c) Trasparenza in zootecnia: i produttori e gli importatori dovrebbero denunciare le<br />

quantità di antimicrobici prodotti, importati e venduti (nome, formu<strong>la</strong>, specie animale,<br />

via di somministrazione)<br />

d) Necessità di indagini ecologiche volte a valutare il <strong>rischi</strong>o <strong>per</strong> l’uomo: in partico<strong>la</strong>re,<br />

sono da studiare le vie di propagazione e <strong>per</strong>sistenza delle resistenze nei batteri e le<br />

interazioni tra patogeni, flora commensale, animali, uomo e ambiente.<br />

e) Necessità di programmi di sorveglianza delle resistenze antimicrobiche: in partico<strong>la</strong>re,è<br />

necessario (i) migliorare <strong>la</strong> standardizzazione di prelievi,colture,identificazione dei<br />

microrganismi e prove di sensibilità agli antibiotici, (ii) eseguire analisi incrociate dei<br />

dati re<strong>la</strong>tivi a <strong>per</strong>sone e animali, (iii) espandere <strong>la</strong> sorveglianza <strong>per</strong> ottenere informazioni<br />

su un numero maggiore e geograficamente diversificato di stipiti microbici, (iv)<br />

pubblicare spesso i risultati e istituire banche dati.<br />

f) Incentivazione del<strong>la</strong> ricerca sul<strong>la</strong> resistenza antimicrobica in zootecnia.<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 61


CAPITOLO III ORMONI ANABOLIZZANTI


INTRODUZIONE<br />

III• ORMONI ANABOLIZZANTI<br />

L’incremento costante del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione ha avuto come conseguenza un aumento del<strong>la</strong><br />

richiesta sia del<strong>la</strong> quantità che del<strong>la</strong> varietà degli <strong>alimenti</strong>. Il 30% del fabbisogno proteico<br />

giornaliero proviene da prodotti animali, e quindi è proprio in questo settore che si sono<br />

concentrati gli sforzi <strong>per</strong> l’aumento del<strong>la</strong> produttività.Tale obiettivo può essere raggiunto<br />

a lungo termine tramite tecnologie genetiche e controllo delle ma<strong>la</strong>ttie e, più a breve termine,<br />

con l’introduzione di agenti anabolizzanti. E’stato dimostrato, infatti, che questi agenti<br />

sono in grado di aumentare anche del 15–20% il peso corporeo di un animale. Gli ormoni<br />

generalmente utilizzati come promotori del<strong>la</strong> crescita sono steroidi, ossia ormoni naturali<br />

e sintetici, oppure composti non steroidi che hanno un’azione biologica simile a quel<strong>la</strong><br />

degli estrogeni (Fig.1).Per agente anabolizzante si intende una sostanza chimica in grado<br />

di alterare le funzioni metaboliche (anabolismo e catabolismo) dell’organismo al quale<br />

viene somministrato, al fine di produrre sia un incremento del<strong>la</strong> deposizione proteica che<br />

un aumento del<strong>la</strong> crescita. Gli effetti più rilevanti del<strong>la</strong> promozione del<strong>la</strong> crescita sono: un<br />

incremento del<strong>la</strong> deposizione delle proteine, una diminuzione del grasso del<strong>la</strong> carcassa ed<br />

un miglioramento dell’efficienza di conversione del cibo. Essendo tali effetti principalmente<br />

a carico del tessuto scheletrico, gli agenti anabolizzanti sono anche detti “miotropici”<br />

e l’effetto più evidente <strong>per</strong> il consumatore è un miglioramento del<strong>la</strong> qualità e dell’aspetto<br />

del<strong>la</strong> carne.<br />

I principali agenti anabolizzanti utilizzati nell’allevamento del bestiame sono suddivisi in<br />

tre gruppi: sostanze estrogeno-simili, androgeni e progestinici e vengono generalmente<br />

somministrati come impianti sottocutanei al<strong>la</strong> base dell’orecchio (Lone, 1997). Non tutti i<br />

paesi del mondo seguono <strong>la</strong> stessa rego<strong>la</strong>mentazione in materia di utilizzo dei promotori<br />

del<strong>la</strong> crescita. Infatti, nell’Unione Europa (UE) esiste un divieto totale dell’impiego di questi<br />

fattori, mentre <strong>negli</strong> Stati Uniti d’America (USA) l’utilizzo di alcune sostanze ormonali è<br />

consentito sotto stretto controllo veterinario. Nell’UE il numero degli ormoni dichiarati<br />

illegali sono circa 45,mentre <strong>negli</strong> USA il numero di sostanze ad azione ormonale non consentite<br />

sono soltanto sei. I livelli di residui di ormoni nelle carni provenienti dagli USA<br />

risulta comunque essere al di sotto del Limite Massimo dei <strong>Residui</strong> raccomandato dal<strong>la</strong><br />

Commissione di Es<strong>per</strong>ti sugli Additivi Alimentari del<strong>la</strong> FAO/WHO. Nel<strong>la</strong> tabel<strong>la</strong> 1 sono indicati<br />

diversi composti ad azione ormonale dei quali è consentito il commercio al di fuori<br />

del<strong>la</strong> UE (Stefany, 2001).<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 65


III• ORMONI ANABOLIZZANTI III• ORMONI ANABOLIZZANTI<br />

FIGURA 1 STRUTTURA MOLECOLARE DI ORMONI SESSUALI ANABOLIZZANTI<br />

REGISTRATI NEGLI STATI NON EUROPEI<br />

OH<br />

O<br />

OH<br />

oestradiol-17ß<br />

OH<br />

estrogeni<br />

OH<br />

androgeni<br />

OH<br />

16<br />

15<br />

O<br />

1<br />

H CH3 2<br />

3 5<br />

O<br />

4 6<br />

14<br />

9 7<br />

12 11 10 8<br />

13<br />

zeranol ( II -zeara<strong>la</strong>nol)<br />

OH<br />

O<br />

testosterone trenbolone<br />

OH<br />

H<br />

TABELLA 1 ESEMPI DI IMPIANTI CON AGENTI ANABOLIZZANTI (autorizzati fuori del<strong>la</strong> UE)<br />

E2: 17ß-estradiolo o il suo benzoato; T: testosterone o i suoi propinati; P: progesterone; TB: trenbolone acetato®; Z:<br />

Zeranol®. * Il supporto <strong>per</strong> l’impianto è silicone e può essere rapidamente rimosso in ogni momento. In grassetto sono<br />

indicati impianti con singoli ormoni (Stefany, 2001).<br />

Nome registrato Principio attivo Usato <strong>per</strong><br />

E2 T P TB Z<br />

Synovex S + + manzo, toro<br />

Synovex H + + giovenca<br />

Synovex Plus + + vitello, toro, manzo<br />

Implix BM + + toro<br />

Implix BF + + giovenca<br />

Implus S + + manzo<br />

Implus H + + giovenca<br />

Compudose* + vitello, manzo<br />

Revalor + + vitello, toro, manzo<br />

Torrevex S + + toro, manzo<br />

Torrelor + + toro, manzo<br />

Finaplix H + giovenca, mucca<br />

Ralgro + manzo, toro, vitello, pecora, agnello<br />

Magnum + bovino<br />

Steer-oid + + manzo<br />

Heifer-oid + + giovenca<br />

Calf-oid + + vitello<br />

Component E-C + + toro<br />

Forplix + + vitello<br />

Proferm + bovino, pecora<br />

O<br />

progestinici<br />

O<br />

C<br />

O<br />

CH 3<br />

CH 3<br />

O<br />

C<br />

CH 3<br />

O C CH 3<br />

O<br />

CH2 progesterone melengestrol acetate<br />

Sul<strong>la</strong> sinistra sono rappresentati gli ormoni endogeni<br />

sul<strong>la</strong> destra gli ormoni sintetici<br />

(tratto da Meyer, 2001)<br />

ESTROGENI<br />

Gli estrogeni sono tra gli ormoni più utilizzati <strong>negli</strong> allevamenti sia da soli che in associazione<br />

con gli altri agenti anabolizzanti. Gli animali da fattoria con bassi livelli di estrogeni<br />

endogeni rispondono molto bene ad estrogeni esogeni e con <strong>la</strong> somministrazione di questi<br />

fattori si ottiene un incremento del<strong>la</strong> crescita dal 5 al 15%,un miglioramento del<strong>la</strong> deposizione<br />

delle proteine nel muscolo scheletrico ed una riduzione dell’escrezione di azoto<br />

(Meyer, 2001). Nel trattamento degli animali da allevamento vengono utilizzati oltre agli<br />

estrogeni naturali come il 17β-estradiolo (E2), anche estrogeni sintetici, di origine vegetale<br />

e fungina.<br />

Gli estrogeni sono ormoni sessuali steroidi femminili a 18 atomi di carbonio che sono in<br />

grado di modu<strong>la</strong>re l’estro naturale dell’apparato riproduttivo nelle femmine dei mammiferi.<br />

Questo <strong>per</strong>mette di includere in tale gruppo tutti quei composti che sono steroidi naturali<br />

e non, come il dietilstilbestrolo (DES) e suoi derivati ed estrogeni di origine fungina<br />

come lo zeranolo. Gli estrogeni naturali sono secreti principalmente dalle ovaie.Alcuni di<br />

questi composti possono essere prodotti anche da mammiferi di sesso maschile mediante<br />

l’aromatizzazione (conversione <strong>per</strong>iferica) del testosterone. I principali estrogeni prodotti<br />

dai mammiferi, compreso l’uomo, sono il 17β-estradiolo, il 17α-estradiolo, l’estriolo e l’estrone.Tutti<br />

questi composti vengono sintetizzati a partire dal colesterolo, via pregnenolone<br />

e progesterone. L’influenza degli estrogeni sul<strong>la</strong> crescita e sul “turnover” delle proteine<br />

dipende da molti fattori tra cui età, sesso, specie dell’animale trattato e dose di ormone<br />

somministrata.<br />

L’utilizzo del DES è stato autorizzato <strong>negli</strong> Stati Uniti fino al 1979, anno in cui è stato proibito<br />

e sostituito con impianti di 17β-estradiolo e di zeranolo, che sono attualmente consentiti<br />

sia <strong>negli</strong> Stati Uniti che in altri Paesi. In Europa invece <strong>la</strong> registrazione e l’impiego<br />

di estrogeni e di altri ormoni anabolizzanti non è <strong>per</strong>messa. (Meyer, 2001).<br />

In natura esistono molti composti di origine vegetale che mostrano un’attività estrogenosimile<br />

e sono ampiamente distribuiti nelle piante. Diversi studi pubblicati <strong>negli</strong> ultimi anni<br />

hanno decritto più di 300 piante che sono capaci di stimo<strong>la</strong>re l’estro <strong>negli</strong> animali<br />

(Chadwick, 2006 e 2004; Overk, 2005; Liu, 2001 e 2004). I principali composti estrogenici<br />

prodotti dalle piante sono gli isof<strong>la</strong>voni ed il cumestrolo. Questi composti sono contenuti<br />

soprattutto nelle Leguminose e gli animali possono assumerli se presenti nel pascolo o<br />

nel foraggio. Gli isof<strong>la</strong>voni più comunemente riscontrati <strong>negli</strong> <strong>alimenti</strong> vegetali sono genisteina,<br />

genistina, daidzeina, biocianina A, formononetina e pratenseina, mentre i cumestani<br />

più importanti sono il cumestrolo e il 4-orto-metilcumestrolo. Il cumestrolo è generalmente<br />

presente in concentrazioni inferiori rispetto agli isof<strong>la</strong>voni, ma ha un più elevato<br />

potere estrogenico. Gli effetti degli estrogeni vegetali sono simili a quelli degli ormoni<br />

animali.Anche se non si conoscono effetti tossici indotti da questi composti, è necessario<br />

valutare in dettaglio le conseguenze dell’assunzione prolungata di tali ormoni vegetali, del<br />

loro metabolismo, del<strong>la</strong> loro farmacocinetica e del<strong>la</strong> <strong>per</strong>sistenza di eventuali residui nelle<br />

carni degli animali destinati al<strong>la</strong> macel<strong>la</strong>zione.Va aggiunto inoltre che, sia gli isof<strong>la</strong>voni che<br />

66 RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 67


III• ORMONI ANABOLIZZANTI<br />

i cumestani, sono deboli promotori di crescita <strong>per</strong> i ruminanti, <strong>per</strong>ché entrambi i tipi di<br />

composti sono ampiamente metabolizzati nel rumine. (Lone, 1997)<br />

Altri estrogeni di origine naturale sono quelli fungini come lo zearalenone. Questo ormone<br />

viene prodotto da molte specie di muffe appartenenti al genere Fusarium, che spesso<br />

contaminano il mais ed altri cereali. Questo composto è in grado di legarsi ai recettori<br />

estrogenici sia citop<strong>la</strong>smatici che nucleari, ma possiede un’ attività estrogenica debole pari<br />

a circa lo 0,1% rispetto a quel<strong>la</strong> del 17β-estradiolo. Il composto distribuito con il nome<br />

commerciale di Zeranol o Ralgro, è stato approvato <strong>negli</strong> Stati Uniti dal<strong>la</strong> Food and Drug<br />

Administation (USFDA) già dal 1969 e viene attualmente utilizzato <strong>per</strong> migliorare l’efficienza<br />

di conversione del cibo (Lone, 1997).<br />

In zootecnia, oltre agli estrogeni naturali, vengono impiegati anche quelli di sintesi tra<br />

cui lo stilbene e i suoi derivati. In partico<strong>la</strong>re tre composti sono stati ampiamente utilizzati<br />

come promotori del<strong>la</strong> crescita: DES, exestrolo e dienestrolo. Sia in medicina che<br />

in veterinaria soprattutto il DES ha avuto un <strong>la</strong>rgo impiego, ma <strong>la</strong> tossicità del prodotto<br />

e i suoi potenziali effetti cancerogeni ne hanno imposto il divieto nel<strong>la</strong> maggior parte<br />

delle nazioni.<br />

Tutti gli estrogeni possono svolgere <strong>la</strong> loro attività legandosi direttamente, ai recettori specifici<br />

(ER) presenti in alta concentrazione nel tessuto dell’utero.Anche nel muscolo scheletrico<br />

dei bovini sono stati individuati i recettori <strong>per</strong> gli estrogeni che presentano caratteristiche<br />

fisico-chimiche e biochimiche simili a quelle degli ER uterini, anche se in concentrazione<br />

nettamente inferiore (0,5 – 2,0 fmol/mg, corrispondente a circa 1% degli ER<br />

uterini) (Meyer, 2001). Gli estrogeni sono in grado di agire anche in maniera indiretta stimo<strong>la</strong>ndo<br />

<strong>la</strong> secrezione dell’ormone del<strong>la</strong> crescita (GH) e l’espressione dei recettori specifici<br />

<strong>per</strong> il GH stesso. Gli estrogeni agiscono in diversi tessuti (figura 2) migliorando l’anabolismo<br />

delle proteine e <strong>la</strong> deposizione delle sostanze minerali (Meyer, 2001).<br />

ANDROGENI<br />

Gli androgeni naturali o endogeni sono composti da 19 atomi di carbonio ed una funzione<br />

ossigeno sugli atomi di carbonio 3 e 17. Come in altri tessuti steroidogenici, il colesterolo<br />

serve come substrato <strong>per</strong> <strong>la</strong> biosintesi del pregnenolone nelle cellule di Leydig del<br />

testicolo.<br />

L’ androgeno naturale più importante è il testosterone. Oltre a questo composto, i testicoli<br />

umani producono anche altri ormoni come l’androstenedione ed il deidroepiandrosterone<br />

che possiedono comunque un potenziale androgenico molto basso. Il testosterone è<br />

disponibile nei tessuti come ormone debolmente legato all’albumina (~40%), oppure<br />

come composto legato alle globuline specifiche <strong>per</strong> gli ormoni sessuali (Sex Hormone-<br />

Binding Globulin, SHBG; ~40%) o come testosterone legato ad altre proteine p<strong>la</strong>smatiche<br />

(~17%). Nell’uomo il testosterone ha una circo<strong>la</strong>zione enteroepatica. Gli androgeni sono<br />

gli agenti anabolici <strong>per</strong> eccellenza <strong>per</strong>ché hanno un effetto diretto sul muscolo scheletri-<br />

68<br />

III• ORMONI ANABOLIZZANTI<br />

co che non può convertire il testosterone in diidrotestosterone. Inoltre <strong>la</strong> loro azione non<br />

è mediata, come <strong>per</strong> gli estrogeni, da altri ormoni endogeni.<br />

Il testosterone viene somministrato come promotore del<strong>la</strong> crescita generalmente insieme<br />

all’estradiolo o all’estradiolo benzoato (Lone, 1997).<br />

Tra gli androgeni sintetici il trenbolone è uno degli agenti anabolizzanti più efficaci poiché<br />

possiede un’ attività ormonale multip<strong>la</strong>. Infatti questo ormone è in grado di legare in<br />

maniera molto forte i recettori <strong>per</strong> gli androgeni, quelli <strong>per</strong> i progestinici e quelli <strong>per</strong> i<br />

glucorticoidi (Meyer, 2001). Il trenbolone è somministrato solitamente nel<strong>la</strong> forma acetata<br />

come impianto sottocutaneo. Una volta impiantato al<strong>la</strong> base dell’orecchio viene rapidamente<br />

idrolizzato a trenbolone e si distribuisce velocemente nei vari distretti dell’organismo.<br />

L’escrezione avviene nelle urine o nelle feci dopo circo<strong>la</strong>zione enteroepatica.<br />

(Lone, 1997).<br />

Come già introdotto nei paragrafi precedenti, vengono considerati agenti anabolizzanti<br />

tutti quei composti che promuovono l’incremento del peso corporeo,aumentando sia l’efficienza<br />

del<strong>la</strong> conversione del cibo che <strong>la</strong> ritenzione di azoto. Questo significa che tali<br />

sostanze sono in grado di promuovere <strong>la</strong> sintesi delle proteine, diminuendone contemporaneamente<br />

<strong>la</strong> degradazione. Il risultato globale che si ottiene è l’aumento del<strong>la</strong> deposizione<br />

delle sostanze proteiche.Gli androgeni esercitano <strong>la</strong> loro azione sia direttamente che<br />

indirettamente.<br />

Il testosterone una volta secreto dalle cellule di Leydig del testicolo, entra direttamente<br />

nel sangue dove si lega con <strong>la</strong> SHBG. Il legame con <strong>la</strong> proteina facilita l’ingresso dell’ormone<br />

nelle cellule del tessuto bersaglio.All’interno del<strong>la</strong> cellu<strong>la</strong>, l’ormone si lega ad un<br />

recettore proteico citop<strong>la</strong>smatico ed il complesso ormone-recettore entra nel nucleo<br />

dove incontra e lega un recettore nucleare. A questo punto, il recettore citop<strong>la</strong>smatico<br />

viene ri<strong>la</strong>sciato dal complesso. Il nuovo complesso ormone-recettore nucleare si lega<br />

direttamente al<strong>la</strong> cromatina attivando una specifica espressione genica. L’azione del testosterone<br />

non è limitata solo agli organi sessuali secondari, infatti recettori <strong>per</strong> il testosterone<br />

sono presenti anche nelle cellule musco<strong>la</strong>ri, il che supporta l’ipotesi di un effetto<br />

diretto su tali elementi cellu<strong>la</strong>ri. I livelli di espressione dei recettori <strong>per</strong> gli androgeni<br />

variano sia nelle diverse specie zootecniche sia nei diversi gruppi musco<strong>la</strong>ri. Nei muscoli<br />

del collo, delle spalle, del<strong>la</strong> schiena e del<strong>la</strong> testa <strong>la</strong> concentrazione dei recettori <strong>per</strong> gli<br />

androgeni è più alta, mentre è più bassa nei muscoli del torace e delle zampe posteriori,<br />

di conseguenza questi due gruppi musco<strong>la</strong>ri rispondono diversamente al<strong>la</strong> somministrazione<br />

di ormoni.<br />

Gli effetti del trenbolone sono molto più complessi in quanto questo ormone dimostra una<br />

elevata affinità <strong>per</strong> diversi tipi di recettori: <strong>per</strong> gli androgeni, <strong>per</strong> i progestinici e <strong>per</strong> i glucocorticoidi.La<br />

sua forte attività come promotore del<strong>la</strong> crescita probabilmente è basata sia<br />

sull’attività anabolizzante, come androgeno, che sull’attività anti-catabolica come competitore<br />

dei glucocorticoidi. (Meyer, 2001). Oltre l’effetto diretto sul muscolo, sia il testosterone<br />

che il trenbolone acetato possono agire modificando il profilo ed il metabolismo di<br />

alcuni ormoni endogeni come quelli tiroidei.<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 69


III• ORMONI ANABOLIZZANTI<br />

70<br />

FIGURA 2 EFFETTI SECONDARI E METABOLICI DI ESTROGENI ED ANDROGENI<br />

Gli effetti anabolici degli ormoni sessuali sono mediati direttamente su diversi tessuti e,<br />

indirettamente attraverso il coinvolgimento dell’ormone del<strong>la</strong> crescita (GH) e dell’IGF-l.<br />

(Meyer, 2001)<br />

Energia<br />

Grasso<br />

Muscolo<br />

Rene<br />

+<br />

Rumine +<br />

Epitelio intestinale<br />

+<br />

GHRH<br />

PROGESTINICI NATURALI E SINTETICI<br />

Ipota<strong>la</strong>mo Comportamento<br />

+ _–<br />

Ghiando<strong>la</strong> pituitaria<br />

Fegato Osso<br />

+<br />

GH<br />

+<br />

Somatostatina<br />

Pelle<br />

Altri tessuti<br />

I primi studi pionieristici sugli effetti anabolizzanti degli ormoni sessuali già indicavano<br />

che il progesterone possedeva delle potenzialità come promotore del<strong>la</strong> crescita (Meyer,<br />

2001). Questi studi comunque non sono mai stati confermati in seguito e gli effetti diretti<br />

dei progestinici sul metabolismo sono ancora poco chiari.Tra i vari progestinici impiegati<br />

in medicina veterinaria ci sono il progesterone, il melengesterolo acetato (MGA), il clormadinone<br />

acetato che sono generalmente utilizzati in combinazione con estrogeni ed<br />

androgeni.<br />

+<br />

+<br />

+<br />

Estrogeni<br />

Androgeni<br />

III• ORMONI ANABOLIZZANTI<br />

Il progesterone è un ormone steroide che si presenta sotto due forme isomere di pari attività<br />

biologica. La biosintesi di questo ormone avviene a partire dal colesterolo e segue le<br />

reazioni di biosintesi degli altri steroidi sessuali dei quali è un precursore (Fig. 1). Il progesterone<br />

si trova solo in picco<strong>la</strong> quantità in circolo, poiché viene rapidamente inattivato<br />

nel fegato <strong>per</strong> coniugazione con acido glucuronico. L’MGA presenta un’affinità di legame<br />

al recettore progestinico 5,3 volte maggiore rispetto al progesterone stesso e possiede<br />

un’attività ormonale fino a 125 volte più alta.<br />

I progestinici sono molto simili strutturalmente agli androgeni e possono interagire anche<br />

con i recettori androgenici. Possono inoltre svolgere <strong>la</strong> loro azione mediante l’induzione<br />

dell’aumento dei livelli del GH e dell’insulina.<br />

EFFETTI DEGLI ANABOLIZZANTI SULLA QUALITÀ DELLA CARCASSA<br />

E SUL METABOLISMO DEL TESSUTO MUSCOLARE<br />

Riassumendo i concetti affrontati nelle sezioni precedenti possiamo dire che l’effetto<br />

generale degli agenti anabolizzanti è quello di indurre un riarrangiamento delle risorse<br />

interne dell’organismo aumentando, <strong>negli</strong> animali, <strong>la</strong> deposizione delle proteine a spese<br />

del grasso corporeo; tutto questo si riflette in una variazione del<strong>la</strong> qualità del<strong>la</strong> carne<br />

(Lone, 1997).<br />

La qualità del<strong>la</strong> carne è molto variabile e dipende dai muscoli dai quali <strong>la</strong> polpa viene ottenuta.<br />

Spesso il termine “qualità del<strong>la</strong> carne” viene utilizzato come sinonimo di “qualità<br />

del<strong>la</strong> carcassa”, mentre in realtà questi due termini sono molto differenti. Il primo termine<br />

è una caratteristica del prodotto finale ed è legata a molti altri fattori: tipo di muscolo<br />

utilizzato, tecnologie di macel<strong>la</strong>zione, processi che avvengono dopo <strong>la</strong> morte dell’animale.<br />

Il secondo termine, invece, è legato al<strong>la</strong> tecnologia impiegata nel corso del<strong>la</strong> produzione<br />

zootecnica.<br />

Una delle caratteristiche più ricercate nel<strong>la</strong> carne è <strong>la</strong> tenerezza che dipende strettamente<br />

dal contenuto in proteine contrattili presenti, dal<strong>la</strong> concentrazione e dal tipo di col<strong>la</strong>gene<br />

che contiene. La tenerezza del muscolo dipende inoltre da molti fattori, come <strong>la</strong> tem<strong>per</strong>atura<br />

al momento del<strong>la</strong> macel<strong>la</strong>zione e immediatamente dopo e le tecnologie utilizzate<br />

<strong>per</strong> <strong>la</strong> manipo<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong> carne.Altri fattori importanti <strong>per</strong> <strong>la</strong> tenerezza del prodotto<br />

sono il sesso, l’età, lo stato di maturità e lo stato nutrizionale degli animali macel<strong>la</strong>ti.<br />

Un altro fattore importante <strong>per</strong> <strong>la</strong> determinazione del<strong>la</strong> tenerezza del<strong>la</strong> carne è <strong>la</strong> resistenza<br />

del tessuto, che dipende dal<strong>la</strong> presenza di tessuto connettivo (col<strong>la</strong>gene). Il tessuto<br />

connettivo rappresenta meno del 2% nel<strong>la</strong> maggior parte dei muscoli scheletrici, ma in<br />

alcuni muscoli questa <strong>per</strong>centuale sale fino al 6%. Per quanto il tessuto connettivo comprenda<br />

una picco<strong>la</strong> quantità di proteine, ha <strong>per</strong>ò un grande impatto sul<strong>la</strong> tenerezza del<strong>la</strong><br />

carne. Il “turnover”del col<strong>la</strong>gene varia considerevolmente nell’ambito dei vari tessuti e dei<br />

diversi gradi di crescita dell’ animale. Il contenuto di col<strong>la</strong>gene nei tori, <strong>per</strong> esempio, è corre<strong>la</strong>to<br />

all’età e allo stato ormonale dell’animale.Tra gli 8 e i 12 mesi di età, quando comin-<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 71


III• ORMONI ANABOLIZZANTI<br />

cia <strong>la</strong> maturazione sessuale,si evidenzia un aumento del<strong>la</strong> quantità di col<strong>la</strong>gene totale del<strong>la</strong><br />

carne. Diminuendo <strong>la</strong> secrezione di androgeni nell’organismo in questo <strong>per</strong>iodo ci sarà<br />

anche una diminuzione del col<strong>la</strong>gene.<br />

Molti <strong>la</strong>vori confermano che nei suini il DES e gli androgeni di sintesi diminuiscono il contenuto<br />

in grasso e incrementano <strong>la</strong> musco<strong>la</strong>tura. Lo stesso effetto è prodotto dal DES da<br />

solo o in associazione con lo zeranolo nelle pecore. Sono stati pubblicati anche studi sull’effetto<br />

del<strong>la</strong> somministrazione degli androgeni ad animali da macel<strong>la</strong>zione. Le carcasse di<br />

suini trattati con trenbolone acetato risultano più leggere e più lunghe.Nei vitelli si riscontra<br />

una maggiore consistenza del<strong>la</strong> polpa senza variazioni nelle concentrazioni di azoto<br />

musco<strong>la</strong>re totale né dei lipidi. Studi condotti sugli ovini hanno confermato che il trattamento<br />

con trenbolone acetato produce carcasse più lunghe con torace più sviluppato; è<br />

stato osservato inoltre un aumento del<strong>la</strong> quantità di carne ed un aumento delle su<strong>per</strong>fici<br />

musco<strong>la</strong>ri con una corrispondente diminuzione del<strong>la</strong> quantità di grasso (Lone, 1997).<br />

In alcuni studi è stato evidenziato che gli agnelli trattati con trenbolone acetato presentano<br />

carcasse più grandi, con valori più elevati del contenuto grezzo di proteine, ceneri,<br />

acqua, fosforo, magnesio e calcio. Inoltre, questi animali mostrano un fegato più grande e<br />

reni più sviluppati.Non è stata registrata invece nessuna variazione di grandezza del cuore,<br />

degli organi respiratori, dell’apparato gastro-intestinale,del<strong>la</strong> quantità di grasso renale,del<strong>la</strong><br />

testa, del<strong>la</strong> pelle e delle zampe rispetto agli animali di controllo(Lone, 1997).<br />

E’bene comunque segna<strong>la</strong>re che,poiché il grasso nel<strong>la</strong> carne si ritiene contribuisca ad una<br />

migliore qualità organolettica, in molti allevatori sta nascendo il dubbio sull’opportunità di<br />

produrre una carne sempre più magra ottenuta anche mediante l’impiego di promotori di<br />

crescita.<br />

IL PROBLEMA DEI RESIDUI<br />

Qualsiasi sostanza utilizzata a qualunque scopo <strong>per</strong> lungo tempo nell’allevamento degli<br />

animali, <strong>la</strong>scia dei residui che sono costituiti dal composto originale e/o dai suoi metaboliti.<br />

Questi residui rimangono nei tessuti animali <strong>per</strong> un certo <strong>per</strong>iodo di tempo che dipende<br />

dal tipo di composto, dal modo in cui è stato somministrato, dal<strong>la</strong> specie animale trattata,<br />

dal suo stato fisiologico e nutrizionale, da fattori ecologici, ecc… Come già descritto<br />

nell’introduzione, generalmente tutti gli agenti anabolizzanti legali sono somministrati<br />

sotto forma di impianto al<strong>la</strong> base dell’orecchio. E’ prevedibile che <strong>la</strong> concentrazione dei<br />

residui sia più alta vicino al sito di impianto e nei tessuti circostanti, quindi i <strong>per</strong>icoli <strong>per</strong><br />

i consumatori possono essere limitati evitando <strong>la</strong> zona dell’impianto ed escludendo<strong>la</strong> dalle<br />

carcasse <strong>per</strong> <strong>la</strong> distribuzione alimentare. I problemi più grandi derivano dal fatto che questi<br />

materiali sono spesso utilizzati illegalmente ed iniettati direttamente nel muscolo.<br />

Comunque, gli studi sul metabolismo e sul<strong>la</strong> farmacocinetica delle sostanze ormonali utilizzate<br />

in zootecnia sono ancora pochi. Soprattutto <strong>per</strong> quanto riguarda le sostanze di sintesi,<br />

gli studi sono molto limitati e necessitano di ulteriori valutazioni. In partico<strong>la</strong>re, sareb-<br />

72<br />

III• ORMONI ANABOLIZZANTI<br />

be necessario conoscere con maggior dettaglio il metabolismo secondario dei principali<br />

metaboliti di queste sostanze. Il problema principale rimane, comunque quello di sviluppare<br />

metodiche sufficientemente sensibili <strong>per</strong> il rilevamento di quantità anche minime di<br />

residuo nei tessuti edibili.In Europa i programmi di ispezione <strong>per</strong> le sostanze anabolizzanti<br />

si concentrano principalmente sui materiali che sono facilmente re<strong>per</strong>ibili (urine, feci,<br />

peli, ecc…) e solo raramente si eseguono controlli sul muscolo. Sia <strong>negli</strong> USA che in<br />

Europa i dati sul<strong>la</strong> presenza di ormoni nel<strong>la</strong> carne sono molto scarsi a causa del<strong>la</strong> presenza<br />

di “livelli naturali legali” di queste sostanze. Un altro aspetto che necessita di approfondimento<br />

riguarda il tempo di sospensione del trattamento anabolizzante prima del<strong>la</strong><br />

macel<strong>la</strong>zione. Infatti, anche se questi tempi sono strettamente rego<strong>la</strong>mentati dal<strong>la</strong> legge,<br />

non possono essere facilmente control<strong>la</strong>ti e quindi di norma ci si affida all’onestà dei produttori<br />

(Stefany, 2001). Nei prossimi paragrafi affronteremo in dettaglio il problema dei<br />

residui nelle diverse categorie di ormoni anabolizzanti.<br />

Estrogeni (17ß-estradiolo)<br />

Il principale estrogeno endogeno è, come abbiamo già visto, il 17β-estradiolo ed i principali<br />

prodotti del suo metabolismo sono l’estradiolo-17α e l’estrone. Per diversi anni si è<br />

ritenuto che gli estrogeni non fossero né genotossici né mutageni ma solo co-carcinogeni.<br />

Recentemente invece <strong>la</strong> Scientific Commitee on Veterinay Measures re<strong>la</strong>ting to Public<br />

Health (SCVPH, 2001) ha reso noto che questo ormone è un carcinogeno completo ossia<br />

è in grado sia di iniziare che di promuovere <strong>la</strong> formazione di un tumore. La sua attività è<br />

probabilmente direttamente collegata al<strong>la</strong> capacità di questa moleco<strong>la</strong> di legarsi al DNA.<br />

La capacità di una sostanza di legare il DNA è espressa in termini di Indice di Legame<br />

Covalente o CBI (Covalent Binding Index) ed è calco<strong>la</strong>to come:<br />

CBI: mmole di composto legato x mole di nucleotide<br />

mmole di prodotto somministrato x Kg di animale<br />

Utilizzando questo indice è stata dimostrata nel ratto <strong>per</strong> diversi composti, una corre<strong>la</strong>zione<br />

diretta tra CBI e sviluppo di carcinoma epatico. L’indice CBI e stato utilizzato<br />

anche <strong>per</strong> valutare in vivo sui ratti <strong>la</strong> capacità di legare il DNA di trenbolone acetato,<br />

zeranolo, e testosterone. I risultati ottenuti hanno dimostrato che il 17β-estradiolo è in<br />

assoluto il composto con CBI più alto seguito da trenbolone acetato, testosterone e zeranolo.<br />

(Lone, 1997). Negli Stati Uniti è stato stabilito <strong>per</strong> questo ormone un limite di<br />

assunzione massima giornaliera (Theoretical Maximum Daily Intake,TMDI) pari a 4,3 ng<br />

(Daxenberger, 2001).<br />

Androgeni<br />

In confronto agli estrogeni, i dati sugli effetti tossici degli androgeni sono molto più scarsi.E’noto<br />

che gli androgeni influiscono sull’incidenza dei tumori del<strong>la</strong> pelle,del retto,del<strong>la</strong><br />

prostata, del<strong>la</strong> ghiando<strong>la</strong> mammaria e del<strong>la</strong> vescica.<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 73


III• ORMONI ANABOLIZZANTI<br />

Gli androgeni naturali quando somministrati a lungo termine, causano anche acne, irsutismo<br />

e rendono più profonda <strong>la</strong> voce femminile. Gli anabolizzanti di sintesi vengono utilizzati<br />

da tempo in clinica medica <strong>per</strong> varie ragioni e, illegalmente, in medicina dello sport.<br />

Una somministrazione di androgeni protratta nel tempo causa edema ed itterizia e induce<br />

cambiamenti nel<strong>la</strong> funzione epatica.<br />

Progesterone<br />

Studi condotti sugli effetti tossici del progesterone hanno dimostrato che una somministrazione<br />

prolungata di questo steroide può provocare tumori nelle ghiandole sensibili al<strong>la</strong><br />

sua azione come le ghiandole mammarie, le ovaie, l’utero e <strong>la</strong> vagina. Comunque il<br />

Comitato di Es<strong>per</strong>ti del<strong>la</strong> FAO/WHO sugli additivi alimentari (JECFA) ha concluso che gli<br />

effetti del progesterone sull’induzione dei tumori é direttamente corre<strong>la</strong>ta al<strong>la</strong> sua attività<br />

ormonale <strong>per</strong>tanto, l’ingestione di progesterone con <strong>la</strong> carne non dovrebbe produrre<br />

alcun effetto ormonale, ma l’uso del condizionale è d’obbligo, come è d’obbligo <strong>la</strong> prudenza<br />

soprattutto nel caso di <strong>alimenti</strong> <strong>per</strong> bambini.<br />

DES<br />

Il DES è uno degli estrogeni sintetici più noti,<strong>la</strong> sua ossidazione all’interno del corpo porta<br />

al<strong>la</strong> formazione di metaboliti reattivi e non è ancora chiaro se l’azione biologica del DES<br />

sia dovuta al composto stesso o ai suoi metaboliti. Il DES è stato corre<strong>la</strong>to con il cancro fin<br />

dagli anni ’40, ma solo recentemente è stata chiarita <strong>la</strong> sua affinità <strong>per</strong> i recettori endogeni<br />

dell’estradiolo.E’noto che il DES é in grado di formare complessi con componenti intracellu<strong>la</strong>ri<br />

ma <strong>la</strong> natura di questi complessi non è stata ancora chiarita. L’attivazione microsomale<br />

del DES da parte dei sistemi di ossido-riduzione del<strong>la</strong> cellu<strong>la</strong>, potrebbe essere<br />

responsabile del<strong>la</strong> sua cancerogenicità. Tutti gli studi compiuti in questo senso, hanno<br />

dimostrato che il DES è genotossico e mutagenico (Lone, 1997).<br />

Nelle donne, tale composto può provocare menopausa precoce, cisti ovariche, e può<br />

essere teratogeno, mentre <strong>negli</strong> uomini, il DES provoca ginecomastia e sterilità temporanea.<br />

Zeranolo<br />

Lo Zeranolo è un estrogeno di origine fungina (Fusarium sp.) derivato dello zearalenone,<br />

che viene ritrovato spesso nel foraggio destinato all’alimentazione del bestiame. E’ noto<br />

che i cereali contaminati assunti <strong>per</strong> lungo tempo, possono causare <strong>negli</strong> animali i<strong>per</strong>p<strong>la</strong>sia<br />

dell’utero, infertilità e riduzione del peso dei feti, nonché mortalità neonatale.<br />

Nell’uomo, l’assunzione di cereali contaminati dal<strong>la</strong> muffa, è stata collegata all’insorgenza<br />

di tumore nell’apparato gastro-intestinale.<br />

Melengestrolo acetato<br />

Il melengestrolo acetato (MGA) mostra attività progestinica e glucocorticoide. Le azioni<br />

biologiche del MGA somministrato al bestiame da allevamento si manifestano soprattutto<br />

74<br />

III• ORMONI ANABOLIZZANTIA<br />

con aumento del peso corporeo degli animali,con un miglioramento del<strong>la</strong> conversione del<br />

cibo,col blocco dell’ovu<strong>la</strong>zione,con l’induzione del<strong>la</strong> diminuzione dei livelli p<strong>la</strong>smatici del<br />

progesterone e con l’inibizione dell’estro. Nelle ovaie degli animali trattati si trovano molti<br />

più follicoli rispetto ai non trattati, e le concentrazioni estrogeniche nel p<strong>la</strong>sma sono confrontabili<br />

a quelle del proestro o del<strong>la</strong> precoce fase luteale. L’MGA induce inoltre <strong>la</strong> riduzione<br />

dei livelli di GH e dei corticosteroidi p<strong>la</strong>smatici.<br />

Trenbolone acetato<br />

Il trenbolone acetato è un androgeno di sintesi che ha un’attività pari al 15% di quel<strong>la</strong> del<br />

testosterone. Viene ampiamente utilizzato sia in clinica che in medicina sportiva. L’uso<br />

prolungato ha potenti effetti farmacologici ed agisce in maniera partico<strong>la</strong>re sul fegato<br />

inducendo alterazioni del<strong>la</strong> funzione epatica. Inoltre, l’utilizzo di questo ormone è stato<br />

corre<strong>la</strong>to con aumento del <strong>rischi</strong>o di ma<strong>la</strong>ttie cardiovasco<strong>la</strong>ri, di edemi e di alcune forme<br />

tumorali.<br />

CONTROLLO DEI FARMACI AD AZIONE ANABOLIZZANTE<br />

NELLA COMUNITÀ EUROPEA E IN ITALIA<br />

Nel 1981 con <strong>la</strong> direttiva 81/602/EEC, l’Unione Europea (EU) ha proibito l’utilizzo sugli<br />

animali d’allevamento di sostanze ormonali come promotori del<strong>la</strong> crescita.Tra le sostanze<br />

proibite figurano il17β-estradiolo, il testosterone, il progesterone, lo zeranolo, il trenbolone<br />

acetato ed il melengesterolo acetato. Questo divieto si estende a tutti i paesi membri e<br />

anche alle carni importate da altri stati. Gli strumenti legali utilizzati sono <strong>la</strong> Direttiva<br />

96/22/EC emendata dal<strong>la</strong> Direttiva 2003/74/EC. Il Scientific Commitee on Veterinary<br />

Measures re<strong>la</strong>ting to Public Health (SCVPH) ha valutato in dettaglio, mediante progetti di<br />

ricerca scientifici, i <strong>rischi</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> <strong>umana</strong> derivanti da residui nel<strong>la</strong> carne bovina, ed in<br />

generale nei prodotti del<strong>la</strong> carne, trattata con gli ormoni promotori del<strong>la</strong> crescita sopra<br />

citati. Già nel 1999 questo organo scientifico indipendente aveva concluso che non ci<br />

sono livelli accettabili di assunzione giornaliera (Acceptable Daily Intake,ADI) <strong>per</strong> nessuna<br />

di queste sostanze. In partico<strong>la</strong>re <strong>per</strong> quanto riguarda il 17β-estradiolo, <strong>la</strong> commissione<br />

riconosce questo ormone come un carcinogeno completo, quindi è sia un iniziatore che<br />

un promotore tumorale; i dati tuttora noti non consentono di fare una valutazione quantitativa<br />

del <strong>rischi</strong>o. La Direttiva 96/22/EC conferma il divieto di utilizzo <strong>negli</strong> allevamenti di<br />

sostanze che hanno un’attività ormonale. Inoltre, riduce drasticamente le circostanze in<br />

cui l’estradiolo 17β può essere somministrato <strong>per</strong> altri scopi <strong>negli</strong> animali destinati all’alimentazione<br />

<strong>umana</strong>; sotto stretto controllo veterinario questo ormone può essere utilizzato<br />

<strong>per</strong> indurre l’estro nei bovini, nei cavalli, nelle pecore e nelle capre. Va segna<strong>la</strong>to,<br />

comunque, che tale impiego è stato vietato a partire da settembre 2006 . I prodotti utilizzati<br />

<strong>per</strong> gli scopi <strong>per</strong>messi devono in ogni caso conformarsi ai requisiti generali <strong>per</strong> il mercato<br />

dei prodotti veterinari stabiliti dal<strong>la</strong> Direttiva 2001/82/EC.<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 75


III• ORMONI ANABOLIZZANTI<br />

La Commissione Europea ha adottato nel 2002 le opinioni redatte dal<strong>la</strong> SCVPH in materia<br />

di <strong>rischi</strong> potenziali <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> <strong>umana</strong> indotti da residui di ormoni nel<strong>la</strong> carne bovina e<br />

nei suoi prodotti. La commissione ha stabilito che, <strong>per</strong> gli ormoni steroidi e <strong>per</strong> le sostanze<br />

sintetiche ormonalmente attive il <strong>rischi</strong>o potenziale deve essere discusso tenendo<br />

conto:<br />

a) Dei potenziali effetti dell’esposizione ad ormoni sia endogeni che esogeni.<br />

b) Dei fattori che influenzano l’esito dell’esposizione agli ormoni durante <strong>la</strong> vita media.<br />

c) Degli effetti tossici delle sostanze ormonali e non,endogene ed esogene e dei loro metaboliti,<br />

tenendo conto delle conoscenze sui meccanismi di genotossicità mediata dal<strong>la</strong><br />

biotrasformazione.<br />

I consumatori possono essere esposti a vari livelli di ormoni endogeni presenti nel<strong>la</strong> carne<br />

di bovino, nei prodotti del<strong>la</strong> carne e nei prodotti di derivazione animale come uova e <strong>la</strong>tte.<br />

I livelli di esposizione sono determinati dai livelli di consumo abituali e dai livelli endogeni<br />

degli ormoni <strong>negli</strong> animali (WHO Food Serie 43: FAO Food and Nutrition 41/12, 2000).<br />

Allo scopo di migliorare i controlli sui residui ormonali nelle carni è stato introdotto un<br />

nuovo metodo che comprende più fasi di estrazione ed arricchimento seguite da derivatizzazione<br />

e analisi attraverso gas cromatografia associata a spettrometria di massa.A questa<br />

tecnica sono state affiancate tre diverse metodiche biologiche che coinvolgono diverse<br />

tecnologie a DNA-ricombinante (espressione di estrogeni e recettori <strong>per</strong> estrogeni nel<br />

lievito, espressione del<strong>la</strong> vitellogenina in colture di epatociti, utilizzo di colture di cellule<br />

endometriali che esprimono una fosfatasi alcalina inducibile dagli ormoni).<br />

Sul<strong>la</strong> base degli studi scientifici condotti <strong>la</strong> Commissione ha redatto delle conclusioni<br />

generali:<br />

• I metodi ultrasensibili <strong>per</strong> <strong>la</strong> valutazione dei residui di ormoni nelle carni animali sono<br />

disponibili, ma devono essere ulteriormente validati.<br />

• Gli studi sul metabolismo del 17β-estradiolo nelle specie bovine hanno evidenziato <strong>la</strong> formazione<br />

di esteri lipoidi, partico<strong>la</strong>rmente abbondanti nel tessuto adiposo; questi esteri<br />

mostrano nei roditori da es<strong>per</strong>imento, una elevata biodisponibilità orale. Quindi è necessaria<br />

<strong>la</strong> valutazione del <strong>rischi</strong>o del consumo di questi esteri.<br />

• Es<strong>per</strong>imenti condotti su giovenche mostrano un incremento dose-dipendente del livello<br />

dei residui di tutti gli ormoni, in partico<strong>la</strong>re nel sito di impianto. Lo spostamento ed il<br />

riposizionamento di un impianto possono rappresentare un alto <strong>rischi</strong>o di contaminazioni<br />

delle carni che entrano nel<strong>la</strong> catena alimentare.<br />

• Ci sono dati convincenti che il 17β-estradiolo ha un potenziale effetto sia genotossico<br />

che mutagenico come conseguenza dell’attivazione metabolica di chinoni reattivi.<br />

Es<strong>per</strong>imenti in vitro indicano che i composti estrogenici possono alterare l’espressione<br />

genica.<br />

• Non ci sono nuovi dati riguardanti testosterone e progesterone, bisogna comunque sottolineare<br />

che questi ormoni vengono usati spesso in combinazione col 17β-estradiolo o<br />

con altri composti estrogenici.<br />

• Gli es<strong>per</strong>imenti condotti con zeranolo e trenbolone suggeriscono un metabolismo ossi-<br />

76<br />

III• ORMONI ANABOLIZZANTI<br />

dativo più complesso di quello ipotizzato. Entrambi i composti mostrano una debole attività<br />

sia mutagenica che genotossica.<br />

• I dati sul<strong>la</strong> genotossicità dell’MGA indicano che questo composto ha un effetto anabolizzante<br />

molto debole,comunque es<strong>per</strong>imenti condotti in vitro mostrano che l’MGA può<br />

essere un agente pro-apoptotico.<br />

• Modelli s<strong>per</strong>imentali in vivo in conigli trattati con zeranolo, trenbolone e MGA hanno<br />

dimostrato che tutti e tre i composti attraversano facilmente <strong>la</strong> barriera p<strong>la</strong>centare ed<br />

influenzano a vari stadi lo sviluppo del feto.<br />

• Dati epidemiologici ottenuti sull’esposizione in utero di feti di sesso femminile, hanno<br />

suggerito che gli ormoni sono in grado di incrementare il peso al<strong>la</strong> nascita ed il <strong>rischi</strong>o<br />

di carcinoma del<strong>la</strong> mammel<strong>la</strong> nell’adulto.<br />

Le conclusioni del<strong>la</strong> Commissione hanno portato ad una conferma dei risultati già espressi<br />

nel 1999 dal<strong>la</strong> stessa SCVPH senza nessun emendamento.<br />

Come già detto nel capitolo 1,in Italia dal 1988 il Ministero del<strong>la</strong> Salute predispone annualmente<br />

il “Piano Nazionale <strong>per</strong> <strong>la</strong> ricerca dei <strong>Residui</strong> (PNR)”, un programma di sorveglianza<br />

e di monitoraggio del<strong>la</strong> presenza, <strong>negli</strong> <strong>alimenti</strong> di origine animale, di residui di sostanze<br />

chimiche che potrebbero essere dannose <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> pubblica. Ai sensi del Decreto<br />

legis<strong>la</strong>tivo del 4 agosto 1999, n. 336, norma di recepimento delle Direttive comunitarie<br />

96/22/CE e 96/23/CE concernenti il divieto di utilizzazione di sostanze ad azione ormonica,<br />

tireostatica e delle sostanze beta agoniste nelle produzioni animali e le misure di controllo<br />

su queste sostanze e sui loro residui <strong>negli</strong> animali vivi e nei loro prodotti, viene predisposto<br />

il PNR <strong>per</strong> <strong>la</strong> ricerca di queste molecole. Secondo questo piano i promotori del<strong>la</strong><br />

crescita rientrano nel<strong>la</strong> categoria A:<br />

La Categoria A comprende le sostanze ad effetto anabolizzante e le sostanze non autorizzate<br />

<strong>per</strong> il trattamento degli animali da reddito.A questa categoria appartengono, quindi,<br />

sostanze che vengono utilizzate fraudolentemente, ad esempio <strong>per</strong> indurre un incremento<br />

ponderale dell’animale trattato;<br />

CATEGORIA A<br />

SOSTANZE AD EFFETTO ANABOLIZZANTE E SOSTANZE NON AUTORIZZATE<br />

Stilbeni loro derivati e loro sali esteri<br />

Agenti antitiroidei<br />

Steroidi<br />

Lattoni dell’acido resorcilico (compreso lo zeranolo)<br />

β-agonisti<br />

Sostanze incluse nell’allegato IV del rego<strong>la</strong>mento CEE n. 2377/90 del consiglio del 26 giugno<br />

Il PNR viene effettuato mediante l’analisi di campioni prelevati lungo tutta <strong>la</strong> filiera di produzione<br />

degli <strong>alimenti</strong> di origine animale ed interessa i diversi settori produttivi: bovino,<br />

suino, ovi-caprino, equino, avicolo, dell’acquacoltura, del<strong>la</strong> selvaggina, del <strong>la</strong>tte, delle uova<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 77


III• ORMONI ANABOLIZZANTI<br />

e del miele. I campionamenti vengono effettuati sia <strong>negli</strong> allevamenti (produzione primaria)<br />

che <strong>negli</strong> stabilimenti di prima trasformazione, come ad esempio i macelli o i centri di<br />

raccolta del <strong>la</strong>tte. Sul<strong>la</strong> base dei risultati analitici, in caso di riscontro di residui di sostanze<br />

il cui impiego è vietato o quando il tenore di residui di sostanze autorizzate o di contaminanti<br />

ambientali sia su<strong>per</strong>iore ai limiti stabiliti, vengono attivati adeguati interventi a tute<strong>la</strong><br />

del<strong>la</strong> <strong>salute</strong> pubblica e, eventualmente, di tipo repressivo.<br />

Chi attua il Piano Nazionale <strong>Residui</strong><br />

La predisposizione e l’attuazione del PNR è frutto del<strong>la</strong> col<strong>la</strong>borazione di varie Istituzioni<br />

con diversi e specifici ruoli e competenze. Possiamo distinguere due livelli:<br />

• centrale, rappresentato dal Ministero del<strong>la</strong> Salute e dall’Istituto Su<strong>per</strong>iore di Sanità<br />

• territoriale, costituito dagli Assessorati al<strong>la</strong> Sanità delle Regioni e Province Autonome,<br />

dalle ASL e dagli Istituti Zooprofi<strong>la</strong>ttici S<strong>per</strong>imentali.<br />

La Direzione Generale del<strong>la</strong> sanità veterinaria e degli <strong>alimenti</strong> del Ministero del<strong>la</strong> Salute, è<br />

responsabile del coordinamento di tutte le attività re<strong>la</strong>tive al<strong>la</strong> predisposizione e all’attuazione<br />

del PNR e ne rappresenta l’Autorità amministrativa competente nei confronti del<strong>la</strong><br />

Comunità Europea. Il ruolo di coordinamento degli aspetti tecnico-scientifici del PNR è<br />

sostenuto dall’Istituto Su<strong>per</strong>iore di Sanità,in qualità di Laboratorio Nazionale di Riferimento<br />

<strong>per</strong> i residui. In pratica, il Ministero del<strong>la</strong> Salute, di concerto con il Laboratorio Nazionale di<br />

Riferimento <strong>per</strong> i residui e con le Regioni,predispone il PNR,secondo quanto disposto dal<strong>la</strong><br />

normativa comunitaria e sul<strong>la</strong> base di eventuali specifiche richieste comunitarie, e lo dirama<br />

alle Regioni. Le Regioni e le Province Autonome, tramite i Servizi Veterinari, che fanno<br />

capo agli Assessorati al<strong>la</strong> Sanità (tranne che <strong>per</strong> <strong>la</strong> provincia Autonoma di Bolzano, <strong>per</strong> <strong>la</strong><br />

quale i Servizi Veterinari riferiscono all’Assessorato all’Agricoltura), ripartiscono i campioni<br />

tra le ASL, i cui Servizi Veterinari effettuano i prelievi. I campioni raccolti vengono poi analizzati<br />

nei <strong>la</strong>boratori degli Istituti Zooprofi<strong>la</strong>ttici S<strong>per</strong>imentali.Tutti i dati re<strong>la</strong>tivi ai campionamenti<br />

effettuati e ai risultati analitici ottenuti, vengono trasmessi dagli Assessorati regionali<br />

al Ministero del<strong>la</strong> Salute, che li assemb<strong>la</strong> <strong>per</strong> inoltrarli annualmente al<strong>la</strong> Commissione<br />

Europea assieme al<strong>la</strong> programmazione <strong>per</strong> il nuovo anno.<br />

Nel<strong>la</strong> tabel<strong>la</strong> 2 vengono riportati i dati delle <strong>per</strong>centuali di non conformità, rispetto al<br />

numero di controlli effettuati, re<strong>la</strong>tive all’anno 2004 <strong>per</strong> le sostanze del gruppo A.<br />

TABELLA 2 PNR 2004<br />

PERCENTUALI DI NON CONFORMITÀ PER LE SOSTANZE APPARTENENTI ALLA CATEGORIA A<br />

(Ministero del<strong>la</strong> Salute - DGVA - Ufficio IX PNR 2004 – risultati)<br />

78<br />

Categoria n° totale di controlli effettuati % non conformità<br />

Bovini 19.555 0,17<br />

Suini 3.985 0,08<br />

Vo<strong>la</strong>tili da cortile 4.337 0,02<br />

CONCLUSIONI<br />

III• ORMONI ANABOLIZZANTI<br />

Nonostante i rigidi controlli esercitati dalle autorità competenti, l’incidenza di alcune<br />

forme tumorali ormone-dipendente è in aumento. Dati recenti hanno dimostrato che l’incidenza<br />

del cancro del corpo dell’ utero è strettamente corre<strong>la</strong>ta con il consumo di <strong>la</strong>tte e<br />

formaggi (Ganma, 2005). Questi prodotti di consumo giornaliero contengono una considerevole<br />

quantità di ormoni e di fattori di crescita poiché il <strong>la</strong>tte messo in commercio proviene<br />

spesso da mucche in stato di gravidanza che hanno livelli di estrogeni e progesterone<br />

molto alti. In seguito agli studi epidemiologici condotti, questi autori hanno ipotizzato<br />

che gli ormoni femminili presenti nel <strong>la</strong>tte e nei suoi derivati hanno un effetto sull’aumento<br />

del <strong>rischi</strong>o di cancro del<strong>la</strong> mammel<strong>la</strong>, dell’ovaio e dell’utero (Ganma, 2005).<br />

Anche se ulteriori studi, sia epidemiologici che meccanicistici sono necessari <strong>per</strong> confermare<br />

questa ipotesi,il livello di attenzione sul<strong>la</strong> valutazione del<strong>la</strong> presenza dei residui degli<br />

ormoni anabolizzanti nei cibi, deve rimanere alto.<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 79


CAPITOLO IV AGONISTI ß-ADRENERGICI


INTRODUZIONE<br />

Gli agonisti β-adrenergici o β-agonisti possiedono una struttura generale mostrata in figura<br />

1 (Smith, 1998).<br />

L’attività biologica dei β-agonisti è legata al<strong>la</strong> loro struttura chimica caratterizzata dal<strong>la</strong> presenza<br />

di un anello aromatico, di un gruppo ossidrile sul carbonio beta in configurazione<br />

R, di un atomo di azoto ionizzato nel<strong>la</strong> catena <strong>la</strong>terale e di un sostituente (gruppo R) legato<br />

allo stesso azoto, che conferisce specificità nei confronti del β-recettore.<br />

FIGURA 1 STRUTTURA GENERALE DI UN ß-AGONISTA (SMITH, 1998).<br />

B<br />

C<br />

p –<br />

m –<br />

PROPRIETÀ CHIMICHE DEI ß-AGONISTI<br />

A<br />

m –<br />

O<br />

IV• AGONISTI ß-ADRENERGICI<br />

L’anello aromatico legato al carbonio b è essenziale <strong>per</strong> l’attività biologica del β-agonista.<br />

Esso è generalmente sostituito con gruppi ossidrilici, alogeni, ammine, gruppi idrossimetilici,gruppi<br />

ciano o varie combinazioni di questi.Inoltre,il complesso di sostituenti è anche<br />

il principale fattore che determina <strong>la</strong> <strong>per</strong>manenza del composto nei tessuti dei mammiferi<br />

e degli uccelli e l’efficienza del legame con il recettore (Smith, 1998).<br />

Il complesso di sostituzioni a carico dell’anello aromatico è <strong>la</strong> caratteristica principale che<br />

determina il metabolismo del β-agonista. I catecoli, come l’isopreterenolo e <strong>la</strong> dobutamina,<br />

ad esempio, vengono rapidamente inattivati <strong>per</strong> meti<strong>la</strong>zione del gruppo ossidrilico in<br />

posizione 3 sull’anello aromatico grazie all’azione del<strong>la</strong> cateco<strong>la</strong>mina O-metil trasferasi<br />

(COMT).Tale meti<strong>la</strong>zione limita fortemente <strong>la</strong> loro efficacia farmacologica dopo somministrazione<br />

<strong>per</strong> via orale. Altri β-agonisti (terbutalina, fenoterolo, salmeterolo, salbutamolo<br />

ecc.), non sono substrati del<strong>la</strong> COMT ma sono attaccati da altri tipi di enzimi secreti dal<br />

fegato e dall’intestino. Per aumentare l’efficacia farmacologica di questi composti, sono<br />

stati generati sostituenti che presentano bassa affinità <strong>per</strong> gli enzimi biotrasformativi.<br />

Quasi tutti questi gruppi aromatici contengono degli atomi alogeni che sostituiscono i<br />

gruppi ossidrilici. Gli alogeni non inibiscono il legame con il recettore, ma evitano <strong>la</strong> rapi-<br />

N<br />

H<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 83<br />

R


IV• AGONISTI ß-ADRENERGICI IV• AGONISTI ß-ADRENERGICI<br />

da inattivazione metabolica che avviene nei β-agonisti che possiedono un anello con gruppi<br />

ossidrilici. Il malbuterolo e il clenbuterolo, ad esempio, sono stati studiati specificamente<br />

<strong>per</strong> resistere al<strong>la</strong> rapida degradazione metabolica da parte di enzimi attivi verso gli<br />

ossidrili dell’anello aromatico (figura 2) (Smith, 1998).<br />

FIGURA 2 STRUTTURE DI VARI ß-AGONISTI (SMITH, 1998)<br />

F<br />

H 2 N<br />

CI<br />

H 2 N<br />

H 2 N<br />

F F<br />

HO<br />

N<br />

CI<br />

CI<br />

OH<br />

N<br />

OH<br />

OH<br />

OH<br />

OH<br />

O<br />

N<br />

O<br />

HO<br />

N<br />

H Clenbuterol<br />

Gli alogeni conferiscono anche una certa lipofilicità al<strong>la</strong> moleco<strong>la</strong> del β-agonista. La sco<strong>per</strong>ta<br />

di queste deboli proprietà lipofiliche ha indotto a pensare, erroneamente, che gli<br />

agonisti β-adrenergici si potessero accumu<strong>la</strong>re nel tessuto adiposo. In realtà, a pH fisiologico<br />

(sangue, tessuti, stomaco ecc.), l’ammina alifatica del<strong>la</strong> catena <strong>la</strong>terale tende facilmente<br />

a ionizzarsi e a far <strong>per</strong>dere <strong>la</strong> liposolubilità del<strong>la</strong> moleco<strong>la</strong>. L’unica eccezione è rappresentata<br />

dal salmeterolo, il quale è lipofilico anche in ambiente fisiologico a causa del<strong>la</strong><br />

sua catena <strong>la</strong>terale molto lunga. Quest’ultima, infatti, ha una grande affinità <strong>per</strong> le membrane<br />

cellu<strong>la</strong>ri cosicché va ad ancorare <strong>la</strong> moleco<strong>la</strong> sul<strong>la</strong> su<strong>per</strong>ficie del<strong>la</strong> cellu<strong>la</strong> <strong>per</strong>mettendo<br />

al resto del composto di interagire, al<strong>la</strong> stregua di braccio mobile, con il recettore<br />

specifico. E’ <strong>per</strong> questo motivo che il salmeterolo è 10.000 volte più liposolubile del sal-<br />

HO<br />

OH<br />

OH<br />

N<br />

H Salbutamol<br />

N HO N<br />

H H<br />

Climaterol OH Terbutaline<br />

OH<br />

N HO N<br />

H H<br />

Mabuterol<br />

OH Metaproterenol<br />

N<br />

H Isoproterenol<br />

O<br />

O<br />

OH<br />

OH<br />

OH<br />

N<br />

H Bambuterol<br />

N<br />

H C-78<br />

butamolo, moleco<strong>la</strong> molto simile ma con catena <strong>la</strong>terale significativamente più breve<br />

(Smith, 1998).<br />

Riguardo al gruppo β-ossidrilico del<strong>la</strong> moleco<strong>la</strong>, il carbonio b è chirale.A livello recettoriale,<br />

un gruppo β-ossidrilico correttamente orientato è essenziale <strong>per</strong> l’attività biologica. In<br />

partico<strong>la</strong>re, solo lo stereoisomero levorotatorio è farmacologicamente attivo (Smith, 1998).<br />

MECCANISMO D’AZIONE DEI ß-AGONISTI<br />

I β-agonisti sono molecole organiche che si legano ai recettori β-adrenergici (β-AR), innescando<br />

<strong>la</strong> via di trasduzione del segnale tipica di tali recettori e basata sull’azione a cascata<br />

mediata dall’AMP ciclico (cAMP). In partico<strong>la</strong>re, l’interazione agonista-recettore stimo<strong>la</strong><br />

l’attivazione di una proteina G eterotrimerica associata al<strong>la</strong> moleco<strong>la</strong> recettoriale. La subunità<br />

“a” del<strong>la</strong> proteina G attiva l’adeni<strong>la</strong>to cic<strong>la</strong>si, un enzima ubiquitario che converte<br />

l’ATP in AMP ciclico (cAMP), uno dei più potenti secondi messaggeri intracellu<strong>la</strong>ri. Questa<br />

moleco<strong>la</strong> rego<strong>la</strong> diverse proteine cellu<strong>la</strong>ri e, in partico<strong>la</strong>re, un gruppo di protein chinasi<br />

chiamate protein chinasi cAMP-dipendenti o protein chinasi A (PKA). Il cAMP si lega al<strong>la</strong><br />

subunità rego<strong>la</strong>toria di una protein chinasi A, determinando il distacco del<strong>la</strong> subunità catalitica<br />

che, a questo punto, è libera di fosfori<strong>la</strong>re in serina o treonina un certo numero di<br />

proteine intracellu<strong>la</strong>ri, rego<strong>la</strong>ndone l’attività.Alcune di queste proteine sono enzimi che si<br />

attivano dopo <strong>la</strong> fosfori<strong>la</strong>zione.Tra questi ricordiamo <strong>la</strong> lipasi ormone-sensibile, l’enzima<br />

velocità-limitante del<strong>la</strong> degradazione dei triacilgliceroli degli adipociti e <strong>la</strong> proteina CREB<br />

(“cAMP Responsive Element Binding Protein”). CREB è un fattore di trascrizione che è<br />

legato alle sequenze rego<strong>la</strong>tive di specifici geni anche in condizioni basali, ma non è in<br />

grado di stimo<strong>la</strong>re <strong>la</strong> trascrizione. La fosfori<strong>la</strong>zione determina una modificazione conformazionale<br />

del fattore che lo rende competente <strong>per</strong> interagire con il complesso di inizio e<br />

stimo<strong>la</strong>re <strong>la</strong> trascrizione del gene bersaglio (Mersmann, 1998; Fornasari, 2004).<br />

Altri enzimi cellu<strong>la</strong>ri, al contrario, vengono inattivati dal<strong>la</strong> fosfori<strong>la</strong>zione. Esempi in tal<br />

senso includono l’acetilCoA carbossi<strong>la</strong>si o l’enzima velocità limitante <strong>per</strong> <strong>la</strong> biosintesi di<br />

acidi grassi a lunga catena.<br />

EFFETTI DEI ß-AGONISTI SULL’ACCRESCIMENTO ANIMALE:<br />

I MECCANISMI D’AZIONE<br />

La somministrazione orale di β-agonisti sintetici causa modificazione del<strong>la</strong> crescita con<br />

aumento del<strong>la</strong> musco<strong>la</strong>tura scheletrica e diminuzione del<strong>la</strong> deposizione di grasso (Smith,<br />

1998). In seguito a trattamento di diverse specie animali con dosi di clenbuterolo variabili<br />

tra 1 e 5 mg/kg,si assiste ad un incremento delle dimensioni del cuore,del muscolo scheletrico,del<br />

tessuto osseo,dei polmoni e dei reni,mentre il fegato (von Deutsch et al.,2000)<br />

e il tessuto adiposo diminuiscono di peso.<br />

84 RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 85


IV• AGONISTI ß-ADRENERGICI<br />

I primi dati re<strong>la</strong>tivi al<strong>la</strong> possibilità di modificare <strong>la</strong> crescita dei mammiferi mediante somministrazione<br />

di agenti (es. caffeina, teofillina, nicotina ed epinefrina) in grado, direttamente<br />

o indirettamente, di modificare <strong>la</strong> concentrazione intracellu<strong>la</strong>re di cAMP, risalgono<br />

agli anni ‘60. Nei primi anni ‘80 ricercatori americani del<strong>la</strong> Cyanamid Co. pubblicarono<br />

alcuni dati sul<strong>la</strong> modu<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong> crescita in animali nutriti con clenbuterolo. Nel bestiame,<br />

pol<strong>la</strong>me, suini e pecore, il clenbuterolo somministrato <strong>per</strong> via orale, aumentava <strong>la</strong><br />

massa musco<strong>la</strong>re e diminuiva <strong>la</strong> massa grassa e,in alcuni casi,si verificava anche un aumento<br />

di peso ed un miglior indice di conversione. Negli anni seguenti, diversi altri β-agonisti,<br />

quali il cimaterolo, <strong>la</strong> ractopamina, l’L664969 e il salbutamolo, vennero somministrati nel<br />

mangime degli animali d’allevamento inducendo effetti simili a quelli del clenbuterolo.<br />

Uno schema degli effetti dei β-agonisti nelle diverse specie animali è presentato in tabel<strong>la</strong> 1.<br />

TABELLA 1 EFFETTI DELLA SOMMINISTRAZIONE ORALE DI ß-AGONISTI<br />

IN DIVERSE SPECIE DI INTERESSE ZOOTECNICO*<br />

Animale Aumento di peso Consumo Rapporto Muscolo Grasso<br />

di mangime Peso/mangime<br />

Bovini +10 -5 +15 +10 -30<br />

Pol<strong>la</strong>me +2 +2 +2 -7<br />

Suini +4 -5 -5 +4 -8<br />

Ovini +15 +2 +15 +25 -25<br />

* I valori sono indicati come cambiamento in <strong>per</strong>centuale.<br />

Dal<strong>la</strong> tabel<strong>la</strong> è possibile notare come gli effetti metabolici dei β-agonisti siano molto meno<br />

evidenti nel pol<strong>la</strong>me rispetto alle altre specie. Di fatto, uno studio recente ha evidenziato<br />

come <strong>la</strong> somministrazione di clenbuterolo nel<strong>la</strong> dieta di tali animali induca solo un lieve,<br />

ma in genere non significativo, miglioramento delle prestazioni zootecniche e del<strong>la</strong> resa<br />

del<strong>la</strong> carcassa. Inoltre, anche se i polli esposti al β-agonista mostravano un piccolo aumento<br />

del contenuto proteico, non si osservavano tuttavia cambiamenti nel<strong>la</strong> composizione<br />

chimica del muscolo così come nel contenuto di acidi grassi (Schiavone et al., 2004).<br />

Una possibile ragione delle differenze interspecifiche nel<strong>la</strong> risposta ai β-agonisti è che<br />

alcune specie siano state selezionate <strong>per</strong> ottenere un rapido accrescimento e sono già vicino<br />

al<strong>la</strong> massima velocità biologica di crescita (ad es. i polli in batteria).Altre specie, come<br />

gli ovini, ad esempio, non sono state selezionate <strong>per</strong> velocizzare <strong>la</strong> crescita, e quindi possiedono<br />

un maggiore potenziale di sviluppo. Inoltre, <strong>la</strong> diversa risposta potrebbe trovare<br />

spiegazione nel fatto che un β-agonista è in grado di attivare il tessuto bersaglio in una specie<br />

e non in un’altra a causa di una diversa affinità <strong>per</strong> i recettori, di una diversa modu<strong>la</strong>zione<br />

dell’interazione tra il complesso ormone-recettore e il sistema di trasduzione del<br />

segnale, come pure <strong>per</strong> <strong>la</strong> presenza di fattori che influenzano <strong>la</strong> distribuzione del farmaco<br />

ai siti recettoriali. Inoltre, i β-AR posti nei tessuti bersaglio potrebbero essere rapidamente<br />

inattivati o andare incontro ad un processo di “down-rego<strong>la</strong>zione”.Ad esempio, nei ratti è<br />

86<br />

stato dimostrato che i β-agonisti aumentano <strong>la</strong> massa musco<strong>la</strong>re, ma che <strong>la</strong> loro efficacia<br />

diminuisce rapidamente come conseguenza di una riduzione del numero di molecole<br />

recettoriali sul<strong>la</strong> membrana p<strong>la</strong>smatica delle cellule musco<strong>la</strong>ri (Huang et al., 2000). In questo<br />

contesto, Huang e i suoi col<strong>la</strong>boratori (1998, 2000) hanno cercato di aumentare l’efficacia<br />

dei β-agonisti attraverso <strong>la</strong> co-somministrazione di composti in grado di aumentare i<br />

livelli di beta2-adrenorecettori. Sfortunatamente, i primi tentativi con il cortisolo e il suo<br />

analogo sintetico dexametasone hanno messo in luce come il controllo del<strong>la</strong> densità dei<br />

recettori-adrenergici di tipo beta2 sia tessuto-specifico. La co-somministrazione di corticosteroidi<br />

e clenbuterolo nei ratti, infatti, determinava un mantenimento dei livelli di molecole<br />

recettoriali nei polmoni, utile <strong>per</strong> l’asma, ma non nel muscolo scheletrico. Maggior<br />

successo in questo senso hanno avuto gli ormoni del<strong>la</strong> crescita (GH:“growth hormone”).<br />

In partico<strong>la</strong>re, nei suini, è stato dimostrato come queste molecole siano in grado di potenziare<br />

fortemente l’effetto lipolitico del clenbuterolo (Sillence et al., 2002), aumentando <strong>la</strong><br />

sensibilità del tessuto adiposo alle cateco<strong>la</strong>mine. Di fatto, si è visto come i GH stimolino<br />

l’espressione dei recettori β-adrenergici nel tessuto adiposo delle pecore (Watt et al.,<br />

1991) e contrastino significativamente <strong>la</strong> “down-rego<strong>la</strong>zione”di tali recettori nei maiali trattati<br />

con clenbuterolo (Sillence et al., 2002).<br />

Quando furono sco<strong>per</strong>ti gli effetti dei β-agonisti sul<strong>la</strong> crescita animale, ancora esisteva<br />

molta confusione circa il reale meccanismo d’azione di tali molecole, in partico<strong>la</strong>re del<br />

clenbuterolo. Solo all’inizio degli anni ‘90 fu dimostrato che l’azione anabolica del clenbuterolo,<br />

del BRL 47672 e di altri composti simili era mediata dai recettori adrenergici<br />

di tipo beta2. Di fatto, l’azione di tali farmaci viene bloccata dal propranololo,un antagonista<br />

dei recettori beta1/beta2, o dall’antagonista selettivo dei recettori di tipo beta2<br />

ICI 118855 (Sillence, 2004).<br />

Nel dicembre 1999, <strong>la</strong> ractopamina divenne il primo β-agonista registrato dal<strong>la</strong> US Federal<br />

Drug Administration <strong>per</strong> uso commerciale come additivo nel mangime dei maiali (Sillence,<br />

2004). Solo recentemente, tuttavia, es<strong>per</strong>imenti condotti con adrenorecettori clonati<br />

hanno confermato il reale meccanismo d’azione del<strong>la</strong> ractopamina, dimostrando come,<br />

nonostante essa sia in grado di legare entrambi i sottotipi recettoriali, rappresenti un agonista<br />

solo dei recettori di tipo beta2. Di fatto, non si osserva produzione di cAMP in seguito<br />

al legame del<strong>la</strong> ractopamina ai recettori di tipo beta1 (Mills et al., 2003).<br />

EFFETTI SULLA MUSCOLATURA SCHELETRICA<br />

IV• AGONISTI ß-ADRENERGICI<br />

Uno degli effetti più conosciuti del<strong>la</strong> somministrazione orale dei β-agonisti alle specie di<br />

interesse zootecnico è lo sviluppo del<strong>la</strong> massa musco<strong>la</strong>re.A differenza del<strong>la</strong> maggior parte<br />

dei promotori del<strong>la</strong> crescita, l’effetto anabolico dei β-agonisti è altamente selettivo <strong>per</strong> il<br />

muscolo scheletrico. Poiché l’accrescimento postnatale del muscolo scheletrico è in<br />

primo luogo il risultato di i<strong>per</strong>trofia, è verosimile che lo sviluppo del<strong>la</strong> musco<strong>la</strong>tura indotto<br />

dal<strong>la</strong> somministrazione dei β-agonisti sia legato ad un incremento del<strong>la</strong> sintesi proteica<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 87


IV• AGONISTI ß-ADRENERGICI<br />

musco<strong>la</strong>re, ad una diminuzione del<strong>la</strong> degradazione proteica o ad una combinazione di<br />

entrambi i fattori. Di fatto, es<strong>per</strong>imenti condotti con diversi β-agonisti somministrati nel<br />

mangime di varie specie animali hanno dimostrato un effettivo aumento del<strong>la</strong> sintesi e una<br />

contemporanea diminuzione del<strong>la</strong> degradazione proteica musco<strong>la</strong>re. Nei maiali, si è visto<br />

come <strong>la</strong> promozione del<strong>la</strong> crescita indotta dal<strong>la</strong> ractopamina venga significativamente<br />

potenziata quando <strong>la</strong> somministrazione del farmaco è associata con una dieta ad alto contenuto<br />

proteico e come questo effetto possa essere ricondotto al<strong>la</strong> stimo<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong> sintesi<br />

delle proteine miofibril<strong>la</strong>ri (Antignac et al., 2002).<br />

Inoltre, è stato riportato come il trattamento di mammiferi con β-agonisti induca un<br />

aumento dei trascritti <strong>per</strong> diverse proteine musco<strong>la</strong>ri, quali <strong>la</strong> catena leggera del<strong>la</strong> miosina<br />

e <strong>la</strong> calpastatina, un inibitore del<strong>la</strong> proteasi musco<strong>la</strong>re Ca-dipendente calpaina.<br />

Sebbene l’effetto anabolizzante dei β-agonisti sul muscolo scheletrico possa essere ridotto<br />

con una dieta a ridotto contenuto proteico (Dunshea and King, 2001), esso può essere<br />

comunque osservato in animali sottonutriti e con una riduzione del peso corporeo<br />

(Sillence et al., 2000). La spiegazione di ciò risiede nel fatto che i β-agonisti sono in grado<br />

di indurre mobilizzazione di proteine da altri tessuti, quali l’intestino, <strong>per</strong> preservare il tessuto<br />

musco<strong>la</strong>re.<br />

E’ importante sottolineare il fatto che in alcuni casi non è stato possibile dimostrare gli<br />

effetti anabolici del clenbuterolo, in partico<strong>la</strong>re quando sono state utilizzate dosi basse<br />

(Chen and Alway, 2000), suggerendo una re<strong>la</strong>zione dose-risposta tra il β-agonista e l’i<strong>per</strong>trofia<br />

musco<strong>la</strong>re. La somministrazione di clenbuterolo si è rive<strong>la</strong>ta, ad esempio, benefica in<br />

alcuni modelli animali di distrofia musco<strong>la</strong>re di Duchenne (Hayes and Williams, 1997;<br />

1998) ma non in altri (Lynch et al., 2001). Inoltre, studi in vivo in cui sono state utilizzate<br />

dosi di clenbuterolo (1-5 mg/kg) che normalmente hanno un effetto anabolico e in cui<br />

sono stati studiati gli effetti del<strong>la</strong> combinazione del farmaco con l’esercizio fisico, hanno<br />

mostrato una riduzione del<strong>la</strong> prestazione fisica e un’alta incidenza di infarto (Duncan et<br />

al., 2000). Ciò suggerisce che <strong>la</strong> somministrazione di clenbuterolo possa in qualche modo<br />

contrastare l’adattamento musco<strong>la</strong>re e/o cardiovasco<strong>la</strong>re all’esercizio, sebbene il meccanismo<br />

con cui ciò si verifica non è stato ancora delucidato.Una possibile spiegazione potrebbe<br />

risiedere nel<strong>la</strong> capacità del clenbuterolo, dimostrata recentemente, di indurre morte<br />

cellu<strong>la</strong>re e necrosi nel cuore e nel soleo (Burniston et al., 2002).<br />

EFFETTI SUL TESSUTO ADIPOSO<br />

L’altro evidente effetto del<strong>la</strong> somministrazione orale di β-agonisti è <strong>la</strong> diminuzione del<strong>la</strong><br />

massa grassa nel<strong>la</strong> carcassa, sebbene il meccanismo con cui tali farmaci agiscono ancora<br />

non sia stato del tutto chiarito. In vitro,i β-agonisti stimo<strong>la</strong>no <strong>la</strong> degradazione dei trigliceridi<br />

ed inibiscono <strong>la</strong> sintesi di trigliceridi e di acidi grassi in adipociti o in espianti tissutali<br />

provenienti da numerose specie animali.Pochi studi sono stati effettuati sui processi lipidici<br />

anabolici e catabolici in vivo. Anche se ancora non si hanno prove dirette, il consi-<br />

88<br />

stente aumento p<strong>la</strong>smatico del<strong>la</strong> concentrazione di acidi grassi non esterificati dopo <strong>la</strong><br />

somministrazione di β-agonisti nei suini e nei bovini, suggerisce fortemente che anche in<br />

vivo i β-agonisti possano agire attivando il sistema lipolitico nelle cellule adipose.<br />

Recentemente è stato suggerito un ulteriore meccanismo con cui i β-agonisti possono<br />

ridurre <strong>la</strong> massa adiposa in vivo. E’ stato osservato, infatti, come <strong>la</strong> somministrazione orale<br />

di 200 ppm di clenbuterolo o di 800 ppm di ractopamina (aggiunti nel<strong>la</strong> dieta) in topi<br />

maschi e femmine determina un significativo aumento del<strong>la</strong> morte cellu<strong>la</strong>re <strong>per</strong> apoptosi<br />

nel tessuto adiposo, suggerendo che l’attivazione dei recettori β-adrenergici da parte di<br />

questi farmaci possa stimo<strong>la</strong>re il pathway apoptotico <strong>negli</strong> adipociti (Page et al., 2004).<br />

ALTRI EFFETTI<br />

IV• AGONISTI ß-ADRENERGICI<br />

A causa delle numerose cellule che presentano recettori β-AR sul<strong>la</strong> loro membrana, gli<br />

effetti dei β-agonisti possono presumibilmente essere ricondotti anche a meccanismi di<br />

tipo indiretto, in grado di potenziare gli effetti diretti svolti da questi farmaci sulle cellule<br />

musco<strong>la</strong>ri e sugli adipociti.<br />

E’ noto, ad esempio, che i β-agonisti stimo<strong>la</strong>no il battito cardiaco e inducono vasodi<strong>la</strong>tazione,aumentando<br />

il flusso sanguigno in alcuni distretti corporei.Nonostante parte di questo<br />

effetto dipenda dall’attivazione diretta degli adrenorecettori beta2 presenti sul<strong>la</strong> membrana<br />

delle cellule cardiache, il riflesso vasco<strong>la</strong>re culmina nell’attivazione dei recettori<br />

beta1 cardiaci da parte del<strong>la</strong> noradrenalina. Nel bestiame, quest’ultima componente, che<br />

rappresenta circa il 50% dell’effetto tachicardico, può essere eliminata mediante <strong>la</strong> cosomministrazione<br />

di un antagonista selettivo <strong>per</strong> i recettori adrenergici di tipo beta1<br />

(Hoey et al., 1995; Sillence, 2004).<br />

Un aumento del flusso sanguigno nel muscolo scheletrico potrebbe stimo<strong>la</strong>re il processo<br />

di i<strong>per</strong>trofia favorendo <strong>la</strong> distribuzione di una maggiore quantità di substrati e fonti energetiche<br />

necessarie <strong>per</strong> <strong>la</strong> sintesi proteica. D’altra parte, un aumentato flusso sanguigno al<br />

tessuto adiposo potrebbe favorire <strong>la</strong> circo<strong>la</strong>zione degli acidi grassi non esterificati lontano<br />

da questo tessuto, contribuendo al processo di degradazione lipidica.<br />

Un altro possibile effetto indiretto, suggerito da diversi studi, è <strong>la</strong> modu<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong> concentrazione<br />

in circolo di numerose sostanze endocrine, come ad esempio, l’insulina p<strong>la</strong>smatica,<br />

gli ormoni tiroidei e le cateco<strong>la</strong>mine endogene (Mersmann, 1998).<br />

La velocità delle vie metaboliche control<strong>la</strong>te dai β-AR nei vari tessuti potrebbe essere alterata<br />

dai β-agonisti esogeni; ciò potrebbe risultare nel<strong>la</strong> modificazione delle concentrazioni<br />

p<strong>la</strong>smatiche di metaboliti come glucosio o <strong>la</strong>ttato. Ci sono poche evidenze s<strong>per</strong>imentali,<br />

tuttavia, che <strong>la</strong> somministrazione cronica di β-agonisti aumenti il metabolismo basale.<br />

Esiste, invece, una reale possibilità che un β-agonista sistemico possa attraversare <strong>la</strong> barriera<br />

emato-encefalica <strong>per</strong> produrre effetti sul sistema nervoso centrale, come dimostrato<br />

<strong>per</strong> il clenbuterolo. Questo meccanismo potrebbe spiegare il ridotto introito di cibo con<br />

alcuni β-agonisti in alcune specie e in alcuni es<strong>per</strong>imenti.<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 89


IV• AGONISTI ß-ADRENERGICI<br />

RESIDUI DI ß-AGONISTI NEI TESSUTI EDIBILI<br />

L’utilizzo illegale di β-agonisti <strong>negli</strong> animali d’allevamento ha provocato diversi casi di<br />

intossicazione alimentare nell’uomo, in seguito al consumo di tessuti edibili contaminati<br />

con residui di tali farmaci. Diversi studi hanno riportato gli effetti del<strong>la</strong> somministrazione<br />

di clenbuterolo nel<strong>la</strong> dieta sul<strong>la</strong> <strong>per</strong>manenza di residui nei tessuti edibili del bestiame.<br />

Alcuni di questi,in cui sono stati utilizzati β-agonisti radiomarcati,hanno dimostrato <strong>la</strong> scarsa<br />

liposolubilità di clenbuterolo e ractopamina. Nei suini, ad esempio, i residui radioattivi<br />

totali nel tessuto adiposo raggiungevano le 20 ppb immediatamente dopo <strong>la</strong> cessazione<br />

del<strong>la</strong> somministrazione di una dieta contenente 30 ppm di ractopamina, ma, dopo 48 ore,<br />

gli stessi residui non erano più rilevabili nel tessuto adiposo, mentre erano ancora presenti<br />

nel fegato e nei reni (Smith, 1998). Una situazione analoga è stata osservata in ratti, topi<br />

e conigli trattati con clenbuterolo, fenoterolo e terbutalina triziati.<br />

In uno studio più recente nei maiali, sono stati misurati i residui di clenbuterolo nel<strong>la</strong> carcassa<br />

dell’animale, in seguito al<strong>la</strong> somministrazione nel<strong>la</strong> dieta di 1 ppm di farmaco radiomarcato<br />

<strong>per</strong> 7 giorni (Smith, 2000). I residui totali maggiori si rilevavano nel fegato e nel<br />

polmone di animali macel<strong>la</strong>ti subito dopo l’interruzione del trattamento;<strong>la</strong> quantità di residui<br />

in tali tessuti era il doppio di quel<strong>la</strong> presente nei reni e circa 15 volte di quel<strong>la</strong> rilevata<br />

nel muscolo scheletrico e nel tessuto adiposo.A 3 giorni dall’interruzione del<strong>la</strong> somministrazione<br />

di clenbuterolo, i residui radioattivi totali erano molto più abbondanti nel fegato,<br />

mentre le concentrazioni degli stessi nei polmoni, reni e tessuto adiposo risultavano<br />

simili e quelle nel muscolo 15 volte inferiori rispetto a quelle del fegato.Dopo 7 giorni dall’interruzione,<br />

i residui presenti nel tessuto adiposo rappresentavano il 25% circa dei livelli<br />

misurati al tempo 0, mentre quelli degli altri tessuti variavano dal 2 al 6%.<br />

E’ difficile fare una diretta comparazione dei dati ottenuti dalle varie pubblicazioni a causa<br />

dei differenti dosaggi utilizzati, diversi <strong>per</strong>iodi di alimentazione dell’animale, diverse specie<br />

animali e differente cinetica s<strong>per</strong>imentale. In molti studi, inoltre, <strong>la</strong> dose viene calco<strong>la</strong>ta<br />

come mg/Kg di peso corporeo, in altri come mg/Kg/dieta.Tuttavia, dai diversi studi è<br />

possibile concludere che l’accumulo di clenbuterolo nel fegato e nei reni è dosaggio e<br />

tempo dipendente. Nel bestiame, esso raggiunge il massimo nel fegato, dopo 15 giorni di<br />

trattamento; viene poi rapidamente eliminato sia dal fegato che dai reni, durante le prime<br />

24 ore dal<strong>la</strong> interruzione del<strong>la</strong> somministrazione.<br />

Numerosi studi hanno messo in luce come alcuni β-agonisti, quali il clenbuterolo, il salbutamolo<br />

e <strong>la</strong> terbutalina, abbiano <strong>la</strong> tendenza ad accumu<strong>la</strong>rsi nel pelo e nel tessuto ocu<strong>la</strong>re<br />

pigmentato di diverse specie animali (Meyer and Rinke, 1991; Malucelli et al., 1994; Gowik<br />

et al., 2000; Schlupp et al., 2004). Di fatto, le concentrazioni di clenbuterolo diminuiscono<br />

molto più lentamente in tali tessuti rispetto ai tessuti edibili, come i reni e il fegato.<br />

Indipendentemente dal<strong>la</strong> durata del trattamento e dal<strong>la</strong> lunghezza del <strong>per</strong>iodo di interruzione<br />

dello stesso prima dell’analisi, numerosi studi hanno mostrato infatti come i residui<br />

di clenbuterolo possano essere rilevati <strong>negli</strong> occhi di animali trattati, quando i livelli nei<br />

reni e nel fegato sono diminuiti a valori non misurabili già da diverse settimane. Per que-<br />

90<br />

sto motivo, l’analisi dei tessuti pigmentati delle carcasse animali è stato proposto ed impiegato<br />

come metodo valido <strong>per</strong> monitorare l’utilizzo illegale di clenbuterolo in Europa e<br />

<strong>negli</strong> Stati Uniti (Kui<strong>per</strong> et al., 1998; Mitchell and Dunnavan, 1998; Cristino et al., 2003).<br />

L’accumulo di β-agonisti nei tessuti pigmentati sembra essere causato dall’interazione ionica<br />

ed idrofobica tra il farmaco e <strong>la</strong> me<strong>la</strong>nina presente in queste strutture, sebbene l’esatto<br />

meccanismo di legame non sia stato ancora chiarito. Diverse evidenze s<strong>per</strong>imentali suggeriscono<br />

che non tutti gli agonisti β-adrenergici hanno <strong>la</strong> stessa tendenza ad accumu<strong>la</strong>rsi<br />

nel tessuto ocu<strong>la</strong>re, probabilmente a causa di una differente idrofobicità del<strong>la</strong> moleco<strong>la</strong> e<br />

quindi di una diversa affinità di legame del farmaco con <strong>la</strong> me<strong>la</strong>nina. E’ stato suggerito, in<br />

partico<strong>la</strong>re, che le sostituzioni del gruppo fenolico abbiano un ruolo cruciale nel determinare<br />

<strong>la</strong> diversa affinità <strong>per</strong> il pigmento (Smith et al., 2002).<br />

A differenza del clenbuterolo, ad esempio, <strong>la</strong> ractopamina sembra avere una minore affinità<br />

<strong>per</strong> il tessuto ocu<strong>la</strong>re.In uno studio condotto nel bestiame e nei tacchini,infatti,in seguito<br />

al<strong>la</strong> somministrazione orale di ractopamina HCl radiomarcata non era possibile rilevare<br />

residui radioattivi nell’omogenato dell’occhio in nessuno degli animali trattati <strong>per</strong> 7 giorni<br />

consecutivi con il farmaco (Smith et al., 2002). Nello stesso studio, tuttavia, saggi di legame<br />

in vitro hanno evidenziato un’alta affinità di legame del<strong>la</strong> ractopamina con <strong>la</strong> me<strong>la</strong>nina.<br />

L’apparente discordanza dei dati in vivo e in vitro potrebbe essere dovuta, come ipotizzano<br />

gli autori, al fatto che <strong>la</strong> ractopamina viene rapidamente metabolizzata in un derivato<br />

glucoronato, che presenta una affinità molto minore <strong>per</strong> il pigmento ocu<strong>la</strong>re e viene<br />

facilmente escreto dall’organismo.Per questo β-agonista,quindi,il tessuto ocu<strong>la</strong>re non può<br />

rappresentare una matrice utile <strong>per</strong> determinare l’esposizione dell’animale al farmaco, a<br />

meno che non vengano impiegati metodi molto sensibili, quali saggi immunologici o <strong>la</strong><br />

spettrometria di massa. Un metodo più conveniente <strong>per</strong> <strong>la</strong> rive<strong>la</strong>zione dell’utilizzo illegale<br />

del<strong>la</strong> ractopamina <strong>negli</strong> animali d’allevamento è certamente l’analisi del farmaco e dei suoi<br />

metaboliti nelle urine. Come dimostrato da Smith e Shelver (2002), infatti, il bestiame e le<br />

pecore eliminano residui rilevabili di ractopamina nell’urina fino a 5 o 7 giorni, rispettivamente,<br />

dopo l’ultima esposizione al farmaco. L’utilizzo di saggi immunoenzimatici (ELISA)<br />

o di metodi spettroscopici <strong>per</strong>mette inoltre di estendere ulteriormente questo intervallo<br />

di tempo (Smith and Shelver, 2002).<br />

CONTROLLO NORMATIVO DEI ß-AGONISTI<br />

NELLA COMUNITÀ EUROPEA<br />

IV• AGONISTI ß-ADRENERGICI<br />

Da quando nel 1986 in Europa sono stati proibiti gli steroidi anabolizzanti, sono state<br />

introdotte, come agenti promotori di crescita, sostanze alternative come i β-agonisti.<br />

Come già detto, in medicina veterinaria queste sostanze, oltre al loro rego<strong>la</strong>re ruolo di<br />

broncodi<strong>la</strong>tatori e di agenti tocolitici, migliorano l’efficienza del<strong>la</strong> conversione in nutrimento<br />

e aumentano l’accrescimento del tessuto musco<strong>la</strong>re influenzando <strong>la</strong> sintesi proteica<br />

e <strong>la</strong> lipolisi (ripartizione tra parte magra e grassa). Ma nessuno degli Stati Membri<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 91


IV• AGONISTI ß-ADRENERGICI<br />

Europei ha autorizzato l’uso di queste sostanze <strong>per</strong> quest’ultimo scopo. Per quanto riguarda<br />

<strong>la</strong> ractopamina, il suo impiego come promotore del<strong>la</strong> crescita è autorizzato nei maiali<br />

in diversi paesi, ma rimane ancora illegale <strong>negli</strong> Stati dell’Unione Europea (Antignac et al.,<br />

2002).<br />

L’uso illegale di tali sostanze farmacologicamente attive è stato dimostrato in diversi casi<br />

di avvelenamento alimentare, il che sottolinea <strong>la</strong> necessità di sviluppare metodi di ricerca<br />

e sistemi di controllo appropriati.<br />

In quasi tutti i Paesi Europei l’unico β-agonista raccomandato <strong>per</strong> uso terapeutico veterinario<br />

nel bestiame, nei cavalli e <strong>negli</strong> animali domestici, è il clenbuterolo.<br />

Le dosi terapeutiche raccomandate (<strong>per</strong> via orale o parenterale) nei Paesi Bassi sono pari<br />

a 1,5 µg/Kg peso corporeo/die, <strong>per</strong> un massimo di 10 giorni nel caso di trattamento <strong>per</strong><br />

broncospasmi nei cavalli e di non-<strong>la</strong>ttazione nel bestiame. Ma alcune autorità Europee<br />

hanno adottato l’MRL (“maximum residue limits”) nazionale, come quello degli Stati Uniti,<br />

con una MRL di 0,5 µg clenbuterolo/Kg di tessuto edibile.<br />

Le dosi necessarie <strong>per</strong> fini di ripartizione tra parte magra e grassa sono da 5 a 10 volte più<br />

alte e <strong>la</strong> durata del dosaggio è più prolungata rispetto al trattamento terapeutico. Sembra<br />

tuttavia che anche dosi più basse, uguali a quelle terapeutiche, abbiano comunque un’influenza<br />

positiva sul<strong>la</strong> crescita e sul<strong>la</strong> qualità delle carcasse di vitelli e bestiame.<br />

Con <strong>la</strong> Direttiva 96/22/EC del Marzo 1996, il divieto di usare ormoni <strong>per</strong> <strong>la</strong> crescita è stato<br />

esteso ai β-agonisti, e i controlli e le sanzioni sull’uso illegale sono stati resi più severi<br />

(Direttiva 96/23/EC).<br />

È <strong>per</strong>messo il trattamento terapeutico con queste sostanze, sotto controllo medico, solo<br />

nei cavalli, <strong>negli</strong> animali domestici e nelle mucche gravide. Qualunque residuo trovato in<br />

animali non specificati nell’esenzione rappresenta una vio<strong>la</strong>zione. Negli altri animali, il<br />

responsabile veterinario deve tenere un registro delle prescrizioni mediche che servirà a<br />

dimostrare se vengono rispettati i <strong>per</strong>iodi di interruzione del<strong>la</strong> somministrazione dei farmaci.<br />

Secondo l’Allegato I di quest’ultima Direttiva, il numero minimo di campioni da control<strong>la</strong>re<br />

<strong>per</strong> le sostanze del gruppo A (stilbeni e derivati, antitiroidei, steroidi, β-agonisti), è<br />

espresso in <strong>per</strong>centuale del numero di animali macel<strong>la</strong>ti l’anno precedente o del volume<br />

di produzione nello Stato di riferimento.<br />

Il 30 aprile 2004 i quadri normativi nazionali e comunitari, re<strong>la</strong>tivi all’igiene degli <strong>alimenti</strong>,<br />

sono stati ridisegnati da quattro rego<strong>la</strong>menti (Reg. CE 852/2004, 853/2004, 854/2004 e<br />

882/2004).<br />

Si tratta di norme adeguate che pongono le basi <strong>per</strong> un vero e proprio “testo unico” del<strong>la</strong><br />

materia, con partico<strong>la</strong>re riferimento sia al mondo del<strong>la</strong> produzione, trasformazione e distribuzione<br />

sia a quello deputato al controllo ufficiale. Queste norme sono entrate in vigore<br />

dal 1º Gennaio 2006.<br />

Dal 1987, <strong>la</strong> Commissione Europea riceve i piani di monitoraggio degli Stati Membri<br />

dell’UE <strong>per</strong> quanto riguarda gli steroidi anabolizzanti, e dal 1988 <strong>per</strong> altre sostanze.<br />

Attualmente, <strong>per</strong> questi controlli, vengono esaminati ogni anno circa 30.000 animali, e i<br />

risultati variano molto tra i vari Stati dell’UE. Come conseguenza dell’intensificazione di<br />

92<br />

IV• AGONISTI ß-ADRENERGICI<br />

controlli, il numero dei paesi che denunciano campioni positivi e <strong>la</strong> <strong>per</strong>centuale di campioni<br />

positivi re<strong>la</strong>tivi al<strong>la</strong> fase di macel<strong>la</strong>zione, nel<strong>la</strong> maggior parte dei paesi, sono in diminuzione.<br />

In Italia, il Ministero del<strong>la</strong> Salute è responsabile del coordinamento delle attività dei servizi<br />

centrali (NAS, Guardia di Finanza, ecc.) e regionali incaricati del<strong>la</strong> sorveglianza, nelle<br />

varie filiere di prodotti di origine animale, di residui di sostanze che potrebbero essere<br />

fonti di problemi <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> pubblica, tra cui i β-agonisti. Il Ministero predispone annualmente,<br />

dal 1988, un programma di campionamento (“Piano Nazionale <strong>per</strong> <strong>la</strong> ricerca dei<br />

<strong>Residui</strong> - PNR”), che interessa i settori bovino, suino, ovi-caprino, equino, avicolo, cunicolo,<br />

nonché i settori dell’acquacoltura, del<strong>la</strong> selvaggina, del <strong>la</strong>tte, delle uova e del miele. I<br />

campionamenti vengono effettuati sia a livello di allevamento che a livello di stabilimento<br />

di prima trasformazione (macello, centro raccolta <strong>la</strong>tte, ecc.). In tal modo è possibile risalire<br />

al luogo di utilizzo dei principi attivi o di contaminazione ambientale, consentendo un<br />

efficace intervento sia di tute<strong>la</strong> del<strong>la</strong> <strong>salute</strong> pubblica che, eventualmente, di tipo repressivo.<br />

Mentre all’inizio degli anni ’90 il Piano Nazionale dei <strong>Residui</strong> evidenziò un diffuso utilizzo<br />

del clenbuterolo <strong>negli</strong> animali d’allevamento (fino al 5-6%), durante gli anni successivi<br />

il monitoraggio dei β-agonisti evidenziò una drastica riduzione del numero di animali<br />

positivi all’analisi chimica. Insieme ad una efficiente capacità repressiva e preventiva dei<br />

controlli del Ministero del<strong>la</strong> Salute, altre ipotesi furono avanzate <strong>per</strong> spiegare questo fenomeno.<br />

Una di queste suggerì che l’intensificazione dei controlli aveva spinto al<strong>la</strong> sintesi di<br />

nuovi composti in grado di eludere i metodi convenzionali di screening. Ufficiali nominati<br />

dal<strong>la</strong> Corte di Giustizia di Mi<strong>la</strong>no trovarono, in alcune fattorie, delle bottiglie e siringhe<br />

sospette. L’analisi chimica di questo materiale e delle urine degli animali del<strong>la</strong> fattoria<br />

(Mazzanti et al., 2003) mediante risonanza magnetica nucleare e spettroscopia ad infrarossi<br />

ha portato all’identificazione di due nuovi composti.Tali molecole, denominate composti<br />

A e G4, sono caratterizzate da una lipofilicità molto più pronunciata rispetto a quel<strong>la</strong><br />

del clenbuterolo, probabilmente a causa di una sostituzione del gruppo amminico<br />

secondario con un catena alchilica, nel composto A, e del gruppo terbutilico con un anello<br />

benzenico, nel composto G4 (Mazzanti et al., 2003).Tali modificazioni, oltre a spiegare<br />

<strong>la</strong> capacità di questi composti di eludere i sistemi di controllo, determinano una <strong>per</strong>sistenza<br />

più prolungata del<strong>la</strong> moleco<strong>la</strong> sul<strong>la</strong> membrana cellu<strong>la</strong>re, suggerendo una stimo<strong>la</strong>zione<br />

<strong>per</strong>sistente del recettore adrenergico e un’azione farmacologica più duratura nel<br />

tempo.<br />

Esistono diversi metodi <strong>per</strong> lo screening delle urine e dei tessuti edibili o non edibili,<br />

impiegati <strong>per</strong> <strong>la</strong> rilevazione dell’utilizzo illegale di β-agonisti <strong>negli</strong> animali d’allevamento.<br />

Un approccio frequentemente impiegato <strong>per</strong> l’analisi delle urine è, ad esempio, costituito<br />

dai dosaggi di tipo immunologico, quali l’ELISA o l’EIA, che mostrano un limite di rilevazione<br />

in un range tra 1 e 50 ng/ml.Altri metodi sono quelli che prevedono l’utilizzo di tecniche<br />

cromatografiche, in partico<strong>la</strong>re <strong>la</strong> cromatografia liquida ad alta pressione (HPLC),<br />

con una sensibilità di 0.5 ppb, o di tecniche spettroscopiche o <strong>la</strong> combinazione di entrambe<br />

(Antignac et al., 2002).<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 93


IV• AGONISTI ß-ADRENERGICI<br />

CASI DI INTOSSICAZIONE UMANA DA RESIDUI<br />

DI CLENBUTEROLO<br />

Sono stati descritti diversi casi di avvelenamento da clenbuterolo veico<strong>la</strong>to dal cibo.<br />

Riportiamo qui qualche episodio.<br />

Tra l’ottobre 1989 e il luglio 1990, sono stati denunciati in Spagna 135 casi di intossicazione<br />

in seguito ad ingestione di fegato di mucca e, ancora, 232 casi tra il gennaio e l’aprile<br />

1992 (Kui<strong>per</strong> et al.,1998;Page,1998).Le <strong>per</strong>sone colpite accusavano palpitazione,tachicardia,<br />

agitazione, tremori e mal di testa. Ci sono indicazioni che, in alcuni casi, il clenbuterolo<br />

veniva aggiunto al mangime insieme a sostanze anti-tiroidee, usate <strong>per</strong> promuovere<br />

<strong>la</strong> ritenzione di acqua e aumentare il peso. Gli epidemiologi individuarono i casi usando il<br />

profilo farmacologico del clenbuterolo e <strong>la</strong> comparsa dei sintomi da 30 min a 6 h dopo<br />

l’ingestione, che duravano approssimativamente <strong>per</strong> 40 h. Il consumo di fegato fu identificato<br />

come fattore comune nelle 43 famiglie colpite; i sintomi si osservarono nel 97% dei<br />

componenti di queste famiglie.<br />

Nell’autunno del 1990 è stato descritto, in Francia, un caso di avvelenamento da cibo <strong>per</strong><br />

residui di clenbuterolo in fegato di vitello. Furono colpite 22 <strong>per</strong>sone appartenenti ad 8<br />

famiglie. I sintomi comparvero da 1 a 3 h dopo il consumo di fegato. In partico<strong>la</strong>re, una<br />

donna con una precedente ma<strong>la</strong>ttia cardiaca mostrò palpitazioni più marcate, mentre suo<br />

figlio no, nonostante avesse consumato <strong>la</strong> stessa pietanza. Ciò indica che le condizioni cardiache<br />

possono rendere una <strong>per</strong>sona più suscettibile.<br />

Il primo caso di intossicazione collettiva da β-agonisti ufficialmente denunciato in Italia, si<br />

verificò nel febbraio 1995 in provincia di Vicenza. Dopo aver mangiato, nel corso di una<br />

cena, delle bistecche acquistate presso un macel<strong>la</strong>io del luogo, sette <strong>per</strong>sone manifestarono<br />

a distanza di 2-3 ore dall’ingestione, tachicardia, stato ansioso, parestesie e tremiti agli<br />

arti (Barbarino, 1996). Il caso non venne messo <strong>per</strong>ò in re<strong>la</strong>zione al consumo di carni e<br />

quindi non si effettuarono altre indagini.Qualche settimana dopo,l’episodio si ripeté dopo<br />

il consumo di filetto bovino.Anche stavolta i commensali rimasero intossicati, tranne uno<br />

che, essendo cardiopatico, era in terapia farmacologica con β-bloccanti. Quest’ultimo era<br />

un medico che si insospettì e mise in al<strong>la</strong>rme le autorità sanitarie del luogo. Le analisi, condotte<br />

sia con metodi immunoenzimatici che chimico-fisici, rive<strong>la</strong>rono <strong>la</strong> presenza di clenbuterolo<br />

in quantità su<strong>per</strong>iore a 0.5 ppm.<br />

Nell’Agosto del 1996 si verificò un caso di intossicazione da clenbuterolo nel<strong>la</strong> provincia<br />

di Caserta, che dimostrò come ciò si possa verificare anche in seguito a consumo di carne<br />

diversa dal fegato (Brambil<strong>la</strong> et al., 1997; Soprano et al., 1998). Le prove di screening e di<br />

conferma <strong>per</strong>misero di identificare il clenbuterolo come agente causale del<strong>la</strong> intossicazione.<br />

La concentrazione molto alta di farmaco trovata nei campioni di muscolo indicava <strong>la</strong><br />

gravità del <strong>rischi</strong>o <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> del consumatore, ma dava anche una spiegazione di quanto<br />

avvenuto. Probabilmente si trattò di un animale trattato con una preparazione farmaceutica<br />

contenente clenbuterolo proveniente dal mercato nero: l’animale fu macel<strong>la</strong>to e <strong>la</strong><br />

carne venduta, c<strong>la</strong>ndestinamente.<br />

94<br />

Più recentemente, Brambil<strong>la</strong> e col<strong>la</strong>boratori hanno riportato un altro caso di avvelenamento<br />

da clenbuterolo in un istituto <strong>per</strong> portatori di handicap ad Assisi (Brambil<strong>la</strong> et al.,<br />

2000). Gli individui colpiti avevano consumato <strong>per</strong> cena carne di vitel<strong>la</strong>. I sintomi e i segni<br />

clinici di avvelenamento (tremore degli arti, palpitazioni, mal di testa, eritema facciale etc.)<br />

comparvero dalle 0.5 alle 3 ore dopo l’ingestione di carne e residui di clenbuterolo furono<br />

ritrovati nelle urine dei pazienti prelevate <strong>la</strong> mattina successiva, ad una concentrazione<br />

media di 13-18 ng/ml.L’analisi chimica di due campioni del<strong>la</strong> carne sospetta evidenziò residui<br />

di clenbuterolo tra 1140 e 1480 ng/g.<br />

Recentemente sono stati descritti 4 casi di intossicazione acuta alimentare da clenbuterolo<br />

in Portogallo (Barbosa et al., 2005). I 50 individui colpiti, provenienti da 4 diverse città<br />

del Portogallo, manifestarono immediatamente dopo l’ingestione di carne di agnello o<br />

bovina, diversi sintomi, quali tachicardia, tremore degli arti, nausea, dolori allo stomaco,<br />

diarrea, febbre, mialgia, astenia, i<strong>per</strong>tensione, vomito e vertigini. L’analisi dei resti del<strong>la</strong><br />

carne sospetta, sia cucinata che cruda, rivelò <strong>la</strong> presenza di residui di clenbuterolo con<br />

concentrazioni variabili da 0.3 mg/kg a 1.4 mg/kg. Inoltre, in due pazienti il β-agonista è<br />

stato trovato nel p<strong>la</strong>sma ad una concentrazione di 58 e 67 ng/ml. Questo studio <strong>per</strong>mise,<br />

con l’aiuto delle autorità legali, di procedere al prelevamento di campioni di peli e urine<br />

bovine nelle 4 fattorie che furono sospettate essere responsabili dell’intossicazione. La<br />

quantificazione del clenbuterolo nelle suddette matrici confermò l’utilizzo illegale del farmaco<br />

(Cristino et al.,2003) in una delle fattorie il cui proprietario fu condannato a tre mesi<br />

di reclusione.<br />

CONCLUSIONI<br />

IV• AGONISTI ß-ADRENERGICI<br />

Ad una dose orale di quasi 1 mg (+ 0.02 mg/Kg peso corporeo) il clenbuterolo, in pazienti<br />

con ma<strong>la</strong>ttie polmonari croniche, esercita un’azione broncodi<strong>la</strong>tatoria.Ad una dose che<br />

varia da 5 a 25 µg <strong>per</strong> <strong>per</strong>sona, è stata osservata una dose-risposta broncodi<strong>la</strong>tatoria statisticamente<br />

significativa.<br />

In paesi come Austria, Germania e Messico, il clenbuterolo viene prescritto agli uomini <strong>per</strong><br />

<strong>la</strong> cura dell’asma bronchiale, ad una dose orale da 0.02 a 0.03 mg (da 0.3 a 0.5 µg/Kg peso<br />

corporeo) due volte al giorno.<br />

I casi di intossicazione alimentare dimostrano che <strong>la</strong> valutazione del<strong>la</strong> sicurezza di composti<br />

farmacologicamente attivi a cui i consumatori possono essere esposti come residui<br />

nel cibo deve essere basata su criteri tossicologici e sul<strong>la</strong> “efficienza” farmacologica di un<br />

composto <strong>per</strong> raggiungere un “intake” giornaliero accettabile (ADI) <strong>per</strong> l’uomo.<br />

Programmi di controllo intensivi e di sorveglianza mirata <strong>negli</strong> allevamenti e nei mattatoi<br />

si sono dimostrati efficaci nel ridurre l’uso illegale di β-agonisti come promotori di crescita<br />

nel<strong>la</strong> produzione animale.<br />

L’uso del<strong>la</strong> GC-MS <strong>per</strong>mette una rilevazione tempestiva del<strong>la</strong> presenza di queste sostanze,<br />

ma è necessario un continuo <strong>per</strong>fezionamento dei metodi di analisi <strong>per</strong> mantenere il passo<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 95


IV• AGONISTI ß-ADRENERGICI<br />

con il rapido sviluppo di nuove sostanze usate <strong>per</strong> promuovere <strong>la</strong> crescita.A questo proposito,<br />

test funzionali di screening, come recettori e biosensori costruiti da linee cellu<strong>la</strong>ri<br />

geneticamente modificate, offrono nuove possibilità <strong>per</strong> un rapido e specifico rilevamento<br />

di residui a costi re<strong>la</strong>tivamente bassi.<br />

Il coinvolgimento attivo e <strong>la</strong> partecipazione del settore di produzione è un prerequisito<br />

importante <strong>per</strong> mantenere <strong>la</strong> fiducia del consumatore <strong>per</strong> quanto riguarda <strong>la</strong> qualità del<strong>la</strong><br />

carne e dei prodotti a base di carne.<br />

Per concludere, è interessante ricordare come recentemente sia stata proposta, come possibile<br />

alternativa all’utilizzo dei β-agonisti in zootecnia (Sillence, 2004), <strong>la</strong> realizzazione di<br />

un vaccino in grado di stimo<strong>la</strong>re <strong>la</strong> produzione di anticorpi capaci di attivare i recettori βadrenergici<br />

e di produrre, quindi, gli stessi effetti anabolici indotti dal clenbuterolo e da<br />

altri β-agonisti. In questo contesto, Sillence i suoi col<strong>la</strong>boratori hanno costruito una serie<br />

di antigeni peptidici, basati sul<strong>la</strong> sequenza aminoacidica dei recettori β-adrenergici di tipo<br />

2 umani e bovini, e hanno utilizzato tali peptidi <strong>per</strong> stimo<strong>la</strong>re <strong>la</strong> produzione di anticorpi<br />

nei topi, nei conigli e nel bestiame. Gli anticorpi iso<strong>la</strong>ti dagli animali trattati erano in grado<br />

di attivare l’adeni<strong>la</strong>to cic<strong>la</strong>si in vitro, di stimo<strong>la</strong>re il ri<strong>la</strong>ssamento cateco<strong>la</strong>mina-mediato<br />

del<strong>la</strong> trachea bovina (Hill et al., 1998) e di abbassare <strong>la</strong> pressione sanguigna nei ratti<br />

(Sillence,2004).Nel bestiame,inoltre,si è visto come gli anticorpi ottenuti fossero in grado<br />

di modificare le concentrazioni p<strong>la</strong>smatiche di urea e potassio in maniera simile a quel<strong>la</strong><br />

osservata con i β-agonisti ma, sfortunatamente, non sono state osservati effetti significativi<br />

sul<strong>la</strong> crescita corporea e sul tessuto adiposo e musco<strong>la</strong>re (Sillence, 2004).<br />

96<br />

CAPITOLO V CORTICOSTEROIDI


INTRODUZIONE<br />

V • CORTICOSTEROIDI<br />

I corticosteroidi sono lipidi insaponificabili con solubilità in acqua estremamente ridotta,<br />

prodotti dal<strong>la</strong> corticale del surrene. Esistono due categorie di corticosteroidi: i glucocorticoidi,<br />

che rego<strong>la</strong>no il metabolismo dei carboidrati, e i mineralcorticoidi, che hanno un<br />

ruolo fondamentale nel controllo del bi<strong>la</strong>ncio elettrolitico. Negli esseri umani, l’idrocortisone<br />

(o cortisolo) è il principale glucocorticoide, mentre l’aldosterone il principale mineralcorticoide<br />

(Goodman and Gilman, 1997).<br />

Modificazioni chimiche del cortisolo o idrocortisone hanno dato origine a diversi derivati<br />

sintetici con distinte attività glucocorticoide e mineralcorticoide. Inoltre, queste modificazioni<br />

hanno generato dei derivati con potenze maggiori e con una più lunga durata d’azione.<br />

Una vasta gamma di preparazioni steroidee è attualmente disponibile <strong>per</strong> uso orale,<br />

parenterale e topico (Goodman & Gilman, 1997).<br />

La biosintesi dei corticosteroidi avviene a livello del<strong>la</strong> corteccia surrenale nel<strong>la</strong> zona fascico<strong>la</strong>ta<br />

e retico<strong>la</strong>re, sotto l’influenza dell’ormone adrenocorticotropo (ACTH).<br />

Gli ormoni steroidei non vengono immagazzinati in forma di depositi intracellu<strong>la</strong>ri, ma<br />

sono secreti immediatamente dopo essere stati sintetizzati. Normalmente vengono messi<br />

in circolo nell’uomo 10-30 mg di cortisolo, 2-4 mg di corticosterone e 300 µg di aldosterone<br />

nelle 24 ore.<br />

Dopo l’assorbimento, in condizioni normali, il 90% o più del cortisolo nel p<strong>la</strong>sma si lega<br />

in modo reversibile alle proteine p<strong>la</strong>smatiche, in partico<strong>la</strong>re al<strong>la</strong> Corticosteroid Binding<br />

Globulin (CBG, anche definita transcortina), un’α 2 -globulina sintetizzata nel fegato, e<br />

all’albumina. Solo <strong>la</strong> picco<strong>la</strong> frazione del corticosteroide che non è legata può entrare<br />

nelle cellule <strong>per</strong> mediarne gli effetti (Goodman & Gilman, 1997). I corticosteroidi competono<br />

l’uno con l’altro <strong>per</strong> il sito di legame del<strong>la</strong> CBG. Quest’ultima presenta un’affinità<br />

re<strong>la</strong>tivamente alta <strong>per</strong> il cortisolo e <strong>per</strong> <strong>la</strong> maggior parte dei suoi congeneri di sintesi e<br />

una bassa affinità <strong>per</strong> l’aldosterone e <strong>per</strong> i metabolici steroidei coniugati con il glucuronide;<br />

quindi, una <strong>per</strong>centuale maggiore di questi ultimi steroidi si trova in forma libera<br />

(Goodman & Gilman, 1997).<br />

Le proteine di trasporto modu<strong>la</strong>no <strong>la</strong> disponibilità degli steroidi <strong>per</strong> gli organi bersaglio<br />

attraverso diversi meccanismi. Da un <strong>la</strong>to, esse ne rego<strong>la</strong>no <strong>la</strong> frazione libera p<strong>la</strong>smatica,<br />

che può diffondere direttamente all’interno delle cellule bersaglio attraverso <strong>la</strong> membrana<br />

cellu<strong>la</strong>re con meccanismo di diffusione passiva (Siiteri, 1982), o facilitata; dall’altro è noto<br />

che alcune di queste molecole di trasporto sono anche in grado di cedere direttamente i<br />

propri ligandi alle cellule, attraverso un’interazione con i recettori su<strong>per</strong>ficiali di membrana.Tale<br />

interazione innesca un meccanismo di trasduzione del segnale che, attraverso l’attivazione<br />

dell’adeni<strong>la</strong>to cic<strong>la</strong>si e <strong>la</strong> produzione di AMP ciclico (cAMP), modu<strong>la</strong> l’attività trascrizionale<br />

dei c<strong>la</strong>ssici recettori intracellu<strong>la</strong>ri degli ormoni steroidei (Rosner et al., 1999a,<br />

1999b; Kahn et al., 2002).<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 99


V • CORTICOSTEROIDI<br />

MECCANISMO D’AZIONE<br />

Gli effetti dei corticosteroidi sono principalmente <strong>la</strong> conseguenza dei meccanismi di<br />

rego<strong>la</strong>zione dell’espressione genica mediati da recettori intracellu<strong>la</strong>ri che agiscono come<br />

fattori di trascrizione ligando-dipendenti (Goodman & Gilman, 1997; Riccardi and<br />

Migliorati, 2004). Sia il recettore dei glucocorticoidi (GR, Glucocorticoid Receptor) che<br />

quello dei mineralcorticoidi (MR, Mineralcorticoid Receptor), nel<strong>la</strong> loro forma inattiva<br />

(aporecettore), si trovano nel citop<strong>la</strong>sma sotto forma di complesso macromoleco<strong>la</strong>re in<br />

associazione con diverse componenti proteiche, quali le proteine da shock termico (hsp)<br />

che <strong>per</strong>mettono al recettore di neosintesi di acquisire <strong>la</strong> propria struttura terziaria ma,nel<br />

contempo, ne legano i domini deputati al<strong>la</strong> dimerizzazione e legame al DNA. In seguito al<br />

legame con lo steroide, il recettore si dissocia dal complesso macromoleco<strong>la</strong>re, dimerizza<br />

con molecole recettoriali identiche o diverse formando omodimeri o eterodimeri,<br />

rispettivamente, e trasloca a livello nucleare. Nel nucleo, il recettore interagisce con il<br />

DNA a livello di sequenze nucleotidiche caratteristiche e specifiche <strong>per</strong> ogni recettore,<br />

denominate sequenze di risposta all’ormone (HRE, Hormone Responsive Element)<br />

modu<strong>la</strong>ndo, positivamente o negativamente, <strong>la</strong> trascrizione di geni specifici (Maggi and<br />

Vegeto, 2004; Riccardi and Migliorati, 2004).Accanto a questo meccanismo di rego<strong>la</strong>zione<br />

trascrizionale diretta, meccanismi indiretti, conseguenza dell’interazione del GR con<br />

altri fattori di trascrizione, possono contribuire agli effetti dei glucocorticoidi (Riccardi<br />

and Migliorati, 2004).<br />

EFFETTI FISIOLOGICI DEI CORTICOSTEROIDI<br />

Effetti sul metabolismo dei carboidrati e delle proteine<br />

I glucocorticoidi coo<strong>per</strong>ano con altri ormoni all’omeostasi glicemica e svolgono un ruolo<br />

fondamentale in situazioni critiche, come durante stress fisici e psichici, impedendo <strong>la</strong><br />

comparsa di ipoglicemia. Finalisticamente, gli effetti dei glucocorticoidi sul metabolismo<br />

intermedio possono essere considerati come un fattore di protezione dal digiuno <strong>per</strong> i tessuti<br />

dipendenti dal glucosio, quali l’encefalo e il cuore. Questo si ottiene mediante <strong>la</strong> stimo<strong>la</strong>zione<br />

del fegato a formare glucosio dagli aminoacidi e dal glicerolo (gluconeogenesi)<br />

e, in maniera sinergica con l’insulina, mediante l’induzione del<strong>la</strong> deposizione di glucosio<br />

sotto forma di glicogeno epatico (Goodman & Gilman, 1997).A livello <strong>per</strong>iferico, come nel<br />

muscolo e nel tessuto adiposo, i glucocorticoidi diminuiscono l’utilizzazione di glucosio,<br />

probabilmente a causa del<strong>la</strong> traslocazione dei trasportatori del glucosio dal<strong>la</strong> membrana<br />

p<strong>la</strong>smatica ad un sito intracellu<strong>la</strong>re, aumentano il catabolismo proteico e attivano <strong>la</strong> lipolisi,<br />

fornendo quindi aminoacidi e glicerolo <strong>per</strong> <strong>la</strong> gluconeogenesi. Inoltre, i glucocorticoidi<br />

esercitano un’azione <strong>per</strong>missiva nei confronti del glucagone e delle cateco<strong>la</strong>mmine,<br />

aumentando <strong>la</strong> sensibilità del fegato alle loro azioni gluconeogeniche. Il risultato netto è<br />

l’aumento dei livelli di glucosio in circolo (Goodmann & Gilmann, 1997).<br />

100<br />

Oltre ad agire direttamente sul metabolismo di alcuni tessuti, i glucocorticoidi sono in<br />

grado di influenzare <strong>la</strong> secrezione e l’attività di altri ormoni, fra cui l’insulina. Infine, i corticosteroidi<br />

sembrano avere effetti diretti sull’azione dell’insulina alterando l’espressione<br />

degli specifici recettori sul<strong>la</strong> su<strong>per</strong>ficie cellu<strong>la</strong>re, diminuendo l’affinità di legame recettore-insulina<br />

e stimo<strong>la</strong>ndo il catabolismo dell’insulina stessa.<br />

Effetti sul metabolismo dei lipidi<br />

I glucocorticoidi stimo<strong>la</strong>no <strong>la</strong> lipolisi con conseguente aumento di acidi grassi non esterificati<br />

nel p<strong>la</strong>sma. Più precisamente, essi facilitano l’effetto di altri agenti, quali l’ormone<br />

del<strong>la</strong> crescita e gli agonisti β-adrenergici, nell’indurre <strong>la</strong> lipolisi <strong>negli</strong> adipociti (Goodman<br />

& Gilman, 1997). Paralle<strong>la</strong>mente, riducendo il metabolismo cellu<strong>la</strong>re, i corticosteroidi<br />

determinano una minore produzione di glicerolo, necessario <strong>per</strong> <strong>la</strong> riesterificazione degli<br />

acidi grassi. L’aumentata disponibilità di acidi grassi liberi, a livello epatico, facilita <strong>la</strong> conversione<br />

in chetoni. I glucocorticoidi, inoltre, influenzano il contenuto lipidico delle membrane,<br />

in partico<strong>la</strong>re del colesterolo e del<strong>la</strong> sfingomielina.<br />

Effetti sugli elettroliti e sul bi<strong>la</strong>ncio idrico<br />

L’aldosterone è di gran lunga il più potente corticosteroide naturale <strong>per</strong> quanto riguarda il<br />

bi<strong>la</strong>ncio dei liquidi e degli elettroliti. I mineralcorticoidi agiscono sul tubulo distale e sui<br />

dotti collettori del rene <strong>per</strong> potenziare il riassorbimento del Na + dal liquido tubu<strong>la</strong>re; essi<br />

inoltre aumentano l’escrezione urinaria sia del K + che dell’H + . Anche i glucocorticoidi<br />

esercitano effetti sul bi<strong>la</strong>ncio idrico ed elettrolitico,soprattutto <strong>per</strong> un’azione positiva sul<strong>la</strong><br />

funzione tubu<strong>la</strong>re e sulle azioni che mantengono <strong>la</strong> velocità di filtrazione glomeru<strong>la</strong>re. I<br />

glucocorticoidi esercitano effetti multipli anche sul metabolismo del calcio, determinando<br />

una diminuzione del riassorbimento del calcio a livello intestinale e stimo<strong>la</strong>ndone invece<br />

l’escrezione a livello del rene. Nell’insieme, questi effetti determinano un bi<strong>la</strong>ncio negativo<br />

del calcio (ipocalcemia) (Goodman & Gilman, 1997).<br />

UTILIZZO DEI CORTICOSTEROIDI<br />

NELLA PRODUZIONE ZOOTECNICA<br />

V • CORTICOSTEROIDI<br />

Già dal 1983 <strong>la</strong> letteratura riporta l’uso dei glucocorticoidi a prevalente attività sul metabolismo<br />

glucidico-protidico, <strong>per</strong> i loro insostituibili effetti terapeutici nei seguenti campi<br />

di applicazione (Guarda, 1983):<br />

a) inibizione del<strong>la</strong> risposta infiammatoria dei tessuti;<br />

b) terapia dei fenomeni allergici e delle dermatiti;<br />

c) trattamento di sindromi da shock e stress;<br />

d) trattamento dell’acetonemia.<br />

D’altra parte, è anche nota, da parte di allevatori di vitelli sanati, alimentati con <strong>la</strong>tte ricostituito<br />

<strong>per</strong> <strong>la</strong> produzione di carne bianca, l’abitudine comune di somministrare <strong>per</strong>iodi-<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 101


V • CORTICOSTEROIDI<br />

camente a questi animali nel <strong>per</strong>iodo di finissaggio, dosi di corticosteroidi da soli e in abbinamento<br />

con altre sostanze, quali i β-agonisiti e gli ormoni anabolizzanti, al fine di provocare<br />

un ulteriore incremento ponderale. Essi, infatti, influenzano il metabolismo lipidico,<br />

determinando un aumento del grasso corporeo totale e,intervenendo nel metabolismo dei<br />

carboidrati, ne formano quantità addizionali. Inoltre, secondo alcuni autori (Guarda, 1983),<br />

i corticosteroidi provocano uno sviluppo corporeo su<strong>per</strong>iore al<strong>la</strong> norma e un’i<strong>per</strong>trofia<br />

del<strong>la</strong> musco<strong>la</strong>tura scheletrica.Tali elementi, che nell’uomo e nell’adolescente sono considerati<br />

effetti col<strong>la</strong>terali indesiderati, vengono considerati fenomeni positivi nel vitello giovane,<br />

visto l’incremento ponderale che determinano.<br />

Diverse patologie sono causate dall’uso improprio dei corticosteroidi in zootecnia. Infatti,<br />

spesso tale uso viene proprio evidenziato da alterazioni, più o meno spinte, a carico di vari<br />

organi, provocate e rilevate a seguito di somministrazioni di glucocorticoidi di origine<br />

veterinaria (Luppi, 1994; Luppi, 1995a; Luppi, 1995b).<br />

In partico<strong>la</strong>re, gli organi che maggiormente subiscono alterazioni ad o<strong>per</strong>a dei trattamenti<br />

ormonali sono il timo, il midollo osseo, il cuore, il fegato, <strong>la</strong> milza, il pancreas, le ghiandole<br />

surrenali, i muscoli scheletrici e i polmoni.<br />

USO ILLECITO DEI CORTICOSTEROIDI<br />

Il Guarda (1985) denuncia l’uso del<strong>la</strong> pratica auxinica con corticosteroidi <strong>negli</strong> allevamenti<br />

intensivi di vitelli alimentati esclusivamente con <strong>la</strong>tte artificiale e macel<strong>la</strong>ti a sei mesi<br />

di età. La somministrazione di estere isonicotinato di desametasone (associata a fenil propionato<br />

di norandrostenolone), <strong>per</strong> via parenterale, si concentra a due mesi prima del<strong>la</strong><br />

macel<strong>la</strong>zione, al fine di aumentare il peso e migliorare <strong>la</strong> qualità del<strong>la</strong> carne. Le dosi iniettate<br />

sono quelle terapeutiche e, di solito, viene effettuata una inocu<strong>la</strong>zione a settimana <strong>per</strong><br />

due mesi, fino a 12 giorni prima del<strong>la</strong> macel<strong>la</strong>zione. L’accoppiamento, in cocktails ben<br />

bi<strong>la</strong>nciati e debitamente studiati, con anabolizzanti, equilibra l’azione proteico anabolica,<br />

<strong>per</strong> effetto di quel<strong>la</strong> catabolica dei corticosteroidi dovuta al<strong>la</strong> sintesi di enzimi proteolitici<br />

(Courtheyn, 1993).<br />

Tuttavia, da quanto detto nei precedenti paragrafi e da altri studi (Oddi, 1988), è stato<br />

messo in evidenza che i corticosteroidi determinano il blocco del<strong>la</strong> crescita (o un decremento<br />

del<strong>la</strong> stessa), quando sono somministrati in dosi elevate (10-30 ppm), mentre l’effetto<br />

catabolizzante è meno evidente quando il corticosteroide è somministrato a dosi di<br />

0.1 ppm nel mangime.<br />

Al<strong>la</strong> fine degli anni ‘80, in Italia (Oddi, 1988), è stata messa in evidenza <strong>la</strong> presenza di desametasone-21-isonicotinato<br />

in un’alta <strong>per</strong>centuale (35%) in preparati del mercato c<strong>la</strong>ndestino<br />

ad uso auxinico. Questa <strong>per</strong>centuale dovrebbe contrastare con l’effetto anabolizzante<br />

degli stessi. Pertanto, sarebbe interessante stabilire le motivazioni <strong>per</strong> le quali i corticosteroidi<br />

vengano così ampiamente utilizzati. Le ipotesi sono diverse. In partico<strong>la</strong>re, <strong>la</strong> somministrazione<br />

dei corticosteroidi potrebbe:<br />

102<br />

V • CORTICOSTEROIDI<br />

a) diminuire o eliminare gli effetti delle sostanze utilizzate precedentemente a scopo anabolizzante;<br />

b) aumentare <strong>la</strong> ritenzione idrica e quindi il peso finale del<strong>la</strong> carcassa;<br />

c) diminuire il grasso nel<strong>la</strong> carcassa con miglioramento del<strong>la</strong> commerciabilità;<br />

d) migliorare l’appetito degli animali.<br />

L’impiego di queste sostanze a scopo auxinico può determinare una condizione di <strong>per</strong>icolo<br />

sia <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> degli animali, a causa del<strong>la</strong> diminuzione delle difese immunitarie, ma<br />

soprattutto <strong>per</strong> il consumatore,in quanto non molto si conosce sull’effetto esercitato dagli<br />

eventuali residui presenti nelle carni.<br />

E’ ormai noto che alte dosi di glucorticoidi sintetici riducono <strong>la</strong> velocità di crescita e portano<br />

all’atrofia musco<strong>la</strong>re (Courtheyn, 1993; Goodman and Gilman, 1997). Basse dosi di<br />

desametasone portano ad aumento del peso corporeo e diminuzione dell’indice di conversione<br />

e di ritenzione di azoto, ritenzione di acqua nel dorso e aumento dell’estratto etereo<br />

del muscolo. Ci sono, inoltre, altre indicazioni (Rijckaert, 1992) che <strong>la</strong> combinazione<br />

con β-agonisti può portare ad esaltare <strong>la</strong> promozione del<strong>la</strong> crescita, provocata da effetti a<br />

livello recettoriale (a causa del<strong>la</strong> capacità di inibire gli enzimi fosfolipasici delle membrane).<br />

D’altra parte, <strong>la</strong> stimo<strong>la</strong>zione dell’appetito e <strong>la</strong> generalizzata sensazione di benessere<br />

possono anche essere responsabili del<strong>la</strong> stimo<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong> crescita.<br />

I principali prodotti utilizzati illegalmente a scopo non terapeutico sono:<br />

a) desametasone-21-isonicotinato (Voren);<br />

b) desametasone acetato e nicotinato (glucortin);<br />

c) prednisolone desametasone 16-a-metil-9-a-fluoroprednisolone (fatrocortin).<br />

Dal mercato nero si può anche re<strong>per</strong>ire desametasone in polvere <strong>per</strong> uso orale nei vitelloni.<br />

Infine, sebbene ci sia poca informazione sulle dosi dei corticosteroidi somministrate a<br />

scopi auxinici, le effettive concentrazioni nei mangimi e premixes sono stimate nel range<br />

dei mg/kg di peso corporeo (ppm).<br />

IL PROBLEMA DEI RESIDUI: RISCHI PER IL CONSUMATORE<br />

Le informazioni o i documenti riguardanti i risultati delle prove tossicologiche effettuate<br />

sui glucocorticoidi non sono molti. Ci si basa, quindi, sui dati farmacologici dei prodotti<br />

farmaceutici e sui loro effetti col<strong>la</strong>terali indesiderati (REFI 1993; Goodman & Gilman,<br />

1997). I potenziali effetti tossici dei corticosteroidi di sintesi, che agiscono a concentrazioni<br />

notevolmente inferiori a quelle degli analoghi naturali, sono comunque difficilmente<br />

evidenziabili.<br />

In ogni caso, è riconosciuto che <strong>la</strong> conseguenza più immediata dell’esposizione ai corticosteroidi<br />

è il blocco immediato del<strong>la</strong> corteccia surrenale, secondario all’inibizione del<br />

ritmo del<strong>la</strong> secrezione corticotropinica che determina interferenze negative su altri ritmi<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 103


V • CORTICOSTEROIDI<br />

biologici. Piccole dosi di glucocorticoidi possono bloccare o inibire <strong>la</strong> crescita nei bambini.<br />

In genere altri effetti indesiderati sono:<br />

1 - alterazioni del bi<strong>la</strong>ncio elettrolitico;<br />

2 - alterazioni muscolo-scheletriche;<br />

3 - complicazioni a carico dell’apparato gastro-intestinale;<br />

4 - alterazioni cutanee,<br />

5 - alterazioni neurologiche;<br />

6 - disendocrinie;<br />

7 - diminuita tollerabilità ai glucidi e possibilità di diabete mellito;<br />

8 - complicazioni oftalmiche;<br />

9 - negativizzazione del bi<strong>la</strong>ncio dell’azoto;<br />

10 - alterazioni psichiche.<br />

Dopo ripetute somministrazioni di desametasone a ratti e cani in studi di tossicità a breve<br />

termine, si è visto che i principali organi bersaglio sono timo e corteccia surrenale. Non<br />

sono disponibili studi sul<strong>la</strong> riproduzione in animali trattati con desametasone, ma somministrando<br />

tale sostanza <strong>per</strong> iniezione in topolini, ratti e conigli si è osservata una riduzione<br />

del peso del feto. Sono pure comparse malformazioni fetali come pa<strong>la</strong>toschisi in femmine<br />

trattate con dosi tossiche di corticoidi (Forty second report of the Joint FAO/WHO<br />

Ex<strong>per</strong>t Committee, 1995).<br />

E’giusto puntualizzare che si tratta di effetti importanti che compaiono anche in chi fa uso<br />

di tali principi attivi in maniera continuativa, anche <strong>per</strong>iodica, sia a scopo terapeutico che<br />

a scopo di doping sportivo. D’altra parte, non è escluso che tali conseguenze non si manifestino<br />

anche nel consumatore di <strong>alimenti</strong> di origine animale nei quali siano presenti eventuali<br />

residui. E’ noto, ad esempio, che i residui di corticosteroidi possono avere conseguenze<br />

negative sul<strong>la</strong> crescita corporea nei bambini (Schumacher et al., 2003).<br />

Al fine di ridurre il <strong>rischi</strong>o di danno <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> <strong>umana</strong> è necessario, anzi indispensabile,<br />

adottare misure adeguate <strong>per</strong> eliminare, o quantomeno, ridurre <strong>la</strong> presenza di residui nelle<br />

derrate alimentari di origine animale. Il <strong>rischi</strong>o globale <strong>per</strong> l’uomo, dovuto al consumo dei<br />

cibi contaminati è incerto, sebbene, in generale, sembra evidente che tali residui siano ben<br />

tollerati. E’ bene, tuttavia cercare di definire il <strong>rischi</strong>o che l’utilizzo di ciascun nuovo “promoter”<br />

o agente chimico comporta, tenendo presente che:<br />

- il <strong>rischi</strong>o zero non può essere determinato ed il concetto di sicuro equivale a quello di<br />

accettabile;<br />

- il residuo zero non è, probabilmente, raggiungibile.<br />

Prima ancora che di <strong>rischi</strong>o, bisognerebbe par<strong>la</strong>re di “danno” (Scientific Conference on<br />

Growth Promotion in Meat Production, 1995). I danni rappresentano gli effetti “nefasti”<br />

che possono essere provocati a seguito di esposizione ad una sostanza chimica, <strong>la</strong>ddove i<br />

<strong>rischi</strong> sono il risultato control<strong>la</strong>to di un effetto nefasto che si produce nel contesto di una<br />

situazione partico<strong>la</strong>re.<br />

I <strong>rischi</strong> da considerare sono <strong>per</strong> :<br />

104<br />

V • CORTICOSTEROIDI<br />

- i consumatori;<br />

- le specie animali considerate;<br />

- i <strong>la</strong>voratori;<br />

- l’ambiente;<br />

- l’evoluzione del<strong>la</strong> resistenza batterica.<br />

La prima tappa nell’evoluzione dei <strong>rischi</strong> consiste nell’identificazione dei danni e lo stretto<br />

legame esistente. Un effetto diviene “nefasto”, allorché:<br />

- cambia <strong>la</strong> morfologia dei tessuti;<br />

- viene aggredita <strong>la</strong> microflora intestinale;<br />

- si sviluppa <strong>la</strong> resistenza microbica;<br />

- cambia <strong>la</strong> biochimica dei tessuti;<br />

- vengono rilevati residui di promotori di crescita.<br />

Comunque, <strong>la</strong> maggior parte degli zootecnici ritiene che i <strong>rischi</strong> derivanti dall’uso di queste<br />

sostanze siano minimi, alcuni, addirittura, escludono che vi sia alcun <strong>per</strong>icolo <strong>per</strong> l’uomo<br />

se gli xenobiotici vengono applicati correttamente, se vengono rispettati i tempi di<br />

sospensione dei medicamenti, se si control<strong>la</strong>no i punti di inoculo e se si osservano le concentrazioni<br />

residuali (Scientific Conference on Growth Promotion in Meat Production,<br />

1995).Come si vede,<strong>per</strong>ò vi sono troppi condizionali dai quali dipende l’innocuità dei trattamenti.<br />

D’altra parte, le associazioni dei consumatori esigono (a ragione) che qualunque<br />

sostanza somministrata agli animali destinati al<strong>la</strong> macel<strong>la</strong>zione venga assoggettata ad esauriente<br />

valutazione igienico-tossicologica. Prima di autorizzarne l’impiego, ugualmente si<br />

dovranno seguire gli animali con controlli sanitari atti a dare <strong>la</strong> certezza che il <strong>rischi</strong>o di<br />

residui sia minimo e che le concentrazioni di tali residui rientrino in quelle chiamate “livello<br />

senza effetto”.Per ognuna di queste sostanze si dovrebbero avere studi di biocinetica ed<br />

accumulo dei residui, di modo che, in caso di approvazione, si possano stabilire con garanzia<br />

totale i tempi di sospensione. La UE esige che tutti i medicamenti utilizzati in clinica<br />

veterinaria <strong>per</strong> il trattamento degli animali destinati all’alimentazione <strong>umana</strong>, debbano<br />

essere sospesi <strong>per</strong> un determinato <strong>per</strong>iodo antecedente <strong>la</strong> macel<strong>la</strong>zione o <strong>la</strong> destinazione<br />

del <strong>la</strong>tte delle <strong>la</strong>ttifere, allo scopo di evitare così che gli eventuali residui possano passare<br />

ai consumatori. Per quello che riguarda i corticosteroidi si sa che (Forty second report of<br />

the Joint FAO/WHO Ex<strong>per</strong>t Committee, 1995):<br />

- gli esteri del desametasone vengono rapidamente ed efficientemente idrolizzati sia in<br />

vivo che in vitro dalle esterasi. La concentrazione dei residui nei tessuti edibili dipende<br />

<strong>per</strong>ciò dal<strong>la</strong> biodisponibilità degli esteri a partire dal punto di inocu<strong>la</strong>zione.Tuttavia, <strong>la</strong><br />

velocità di assorbimento dell’estere dal punto di impianto varia al variare del<strong>la</strong> formu<strong>la</strong>zione<br />

degli esteri e questa velocità determina <strong>la</strong> disponibilità del desametasone. La concentrazione<br />

del desametasone nel punto di iniezione in un partico<strong>la</strong>re istante successivo<br />

all’inoculo, dipenderà quindi dal tipo di estere utilizzato e su<strong>per</strong>erà significativamente<br />

i livelli in tutti gli altri tessuti edibili nello stesso istante fino a totale assorbimento. Da<br />

tali studi si desume che nei vitelli e nei maiali:<br />

- i residui di desametasone sono rapidamente eliminati dal muscolo e dal <strong>la</strong>tte vaccino;<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 105


V • CORTICOSTEROIDI<br />

- i residui non sono presenti nel grasso in forma libera;<br />

- <strong>la</strong> diminuzione dei residui di desametasone è più lenta nel fegato che è, <strong>per</strong>tanto, il tessuto<br />

bersaglio d’elezione.<br />

SISTEMI DI MONITORAGGIO E REGOLAMENTAZIONE<br />

DELL’USO DI CORTICOSTEROIDI IN ZOOTECNIA<br />

Confrontando le diverse leggi degli stati membri UE, ci sono delle differenze riguardo <strong>la</strong><br />

rego<strong>la</strong>mentazione dei corticosteroidi. In Belgio, <strong>per</strong> esempio nessuna sostanza ad azione<br />

ormonale, compresi i corticosteroidi, può essere utilizzata legalmente nell’alimentazione<br />

animale; in O<strong>la</strong>nda, d’altra parte, i corticosteroidi non sono esplicitamente esclusi. Il prednisolone<br />

o una delle sue forme esterificate è disponibile nel mercato in 11 specialità veterinarie<br />

registrate. In Italia, nel 1988, sul<strong>la</strong> spinta delle Direttive comunitarie del 1986, nasce<br />

il Piano Nazionale <strong>Residui</strong> (PNR), <strong>per</strong> organizzare in modo sistematico <strong>la</strong> ricerca dei residui<br />

nelle varie matrici. Solo nel 1995 sono stati inseriti in tale piano il desametasone e il<br />

betametasone.<br />

Con l’Unione Europea, l’impiego del desametasone, betametasone e prednisolone è stato<br />

approvato nell’allevamento di bestiame solo a scopi terapeutici e,a tal proposito,sono stati<br />

determinati dei limiti massimi di residui (MRL’s) nei tessuti e nel <strong>la</strong>tte di animali destinati<br />

all’alimentazione <strong>umana</strong> (EEC Consiglio Direttivo No. 22/06 e Rego<strong>la</strong>menti 508/99,<br />

2593/99 e 2535/00).<br />

Nel caso del desametasone, studi tossicologici condotti nei ratti hanno evidenziato un<br />

NOEL (no observable effect level) di 1.5 µg/Kg di peso corporeo, mentre dosi più elevate<br />

hanno portato all’induzione del<strong>la</strong> tirosina aminotransferasi nel fegato (Schumacher et al.,<br />

2003). Con una correzione di un fattore di sicurezza di 100, si è arrivati ad un intake giornaliero<br />

accettabile di 0.015 µg/Kg di peso corporeo e, quindi, ai seguenti MRL’s: 2 µg/kg<br />

nel fegato, 0.75 µg/Kg nel rene e nel muscolo e 0.3 µg/Kg nel <strong>la</strong>tte.<br />

Nel corso del Piano Nazionale dei <strong>Residui</strong> 2000,è emerso un significativo riscontro di positività,<br />

soprattutto in campioni di fegato bovino, <strong>per</strong> <strong>la</strong> presenza di residui cortisonici, in<br />

partico<strong>la</strong>re di desametasone, in quantità su<strong>per</strong>iori agli MRL comunitari.<br />

Il monitoraggio del<strong>la</strong> presenza di residui di corticosteroidi nelle matrici alimentari viene<br />

eseguito fondamentalmente mediante dosaggi ELISA e spettrometria di massa combinata<br />

a cromatografia liquida (LC/MS-MS).<br />

Inoltre, <strong>la</strong> valutazione degli effetti morfologici e funzionali su organi e apparati del trattamento<br />

anabolizzante può <strong>per</strong>mettere di identificare l’utilizzo illecito dei corticosteroidi,<br />

così come quello di altri farmaci anabolizzanti.Gli animali trattati con corticosteroidi,infatti,<br />

vanno incontro ad alterazioni del comportamento, modificazione di parametri zootecnici,<br />

alterazioni morfo-funzionali di alcuni organi ispezionabili al<strong>la</strong> visita clinica, alterazioni<br />

morfologiche e istologiche a carico di diversi organi interni. La sensibilità di questi metodi<br />

indiretti è molto alta e può essere sfruttata sia al macello che durante tutte le fasi di trasformazione,<br />

commercializzazione e vendita al dettaglio del<strong>la</strong> carne. Questi studi, assieme<br />

106<br />

ad altre valutazioni sugli animali vivi e sulle loro carcasse, organi e visceri, hanno dimostrato<br />

che i trattamenti con sostanze anabolizzanti, tra cui i corticosteroidi, determinano<br />

alterazioni importanti e comunque evidenziabili che possono essere oggetto di registrazione<br />

<strong>per</strong> una successiva valutazione.<br />

In uno studio condotto recentemente (Schumacher et al., 2003), è stato messo a punto un<br />

sistema di screening molto sensibile <strong>per</strong> <strong>la</strong> rive<strong>la</strong>zione di residui di glucocorticoidi nelle<br />

matrici alimentari, quali il fegato. Questo saggio rive<strong>la</strong> <strong>la</strong> presenza del farmaco in base al<strong>la</strong><br />

sua capacità di attivare il suo recettore intracellu<strong>la</strong>re e, quindi, <strong>la</strong> trascrizione di geni reporter,<br />

quali <strong>la</strong> luciferasi o <strong>la</strong> cloramfenicolo acetil-transferasi, trasfettati nelle cellule, <strong>per</strong>mettendo<br />

di rive<strong>la</strong>re l’attività glucocorticoide nei tessuti animali o in altri campioni biologici<br />

senza dover necessariamente conoscere <strong>la</strong> precisa natura chimica del farmaco o dei suoi<br />

metaboliti.<br />

CONCLUSIONI<br />

V • CORTICOSTEROIDI<br />

Purtroppo, come accade <strong>per</strong> molte sostanze, anche <strong>per</strong> i corticosteroidi, al<strong>la</strong> domanda se<br />

una tossicità di modesta entità possa essere rilevata, <strong>la</strong> risposta è che i modelli s<strong>per</strong>imentali<br />

non indicano <strong>la</strong> realtà del <strong>rischi</strong>o: essi esprimono soltanto un <strong>rischi</strong>o calco<strong>la</strong>to <strong>per</strong><br />

estrapo<strong>la</strong>zione, a partire da un’esposizione s<strong>per</strong>imentale elevata <strong>per</strong> simu<strong>la</strong>re <strong>la</strong> potenziale<br />

esposizione dell’essere umano.<br />

Fattori fisiologici e patologici possono inoltre modificare l’azione delle sostanze e il processo<br />

di eliminazione dei principi attivi. L’uso combinato di ormoni e farmaci, poi, può<br />

alterare il processo di eliminazione prolungandolo. Eventuali residui non evidenziabili che<br />

restano nei tessuti possono anche giocare un ruolo farmacologico e tossicologico rilevante.<br />

In definitiva, si rende necessario procurare più informazioni sul<strong>la</strong> formazione e l’importanza<br />

tossicologica dei residui non evidenziabili.<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 107


CAPITOLO VI CROMO


INTRODUZIONE<br />

VI• CROMO<br />

Il cromo è uno degli elementi chimici più comune nell’ambiente (suolo, acqua ecc…) ed<br />

è presente in diversi stati di ossidazione: cromo metallico (Cr 0 ) che è biologicamente inerte,<br />

cromo trivalente (Cr 3+ ) che è <strong>la</strong> forma più abbondante in natura, e cromo esavalente<br />

(Cr 6+ ) che si ottiene <strong>per</strong> ossidazione del Cr 3+ . Il Cr 6+ reagisce rapidamente con l’ossigeno<br />

e si trova spesso come cromato (CrO 4 2- ) o bicromato (Cr2 O 7 2- ); in queste forme possiede<br />

forti proprietà ossidanti, attraversa facilmente le membrane biologiche e, nel citop<strong>la</strong>sma,<br />

interagisce con le proteine e con gli acidi nucleici.Probabilmente è questa interazione con<br />

il materiale genetico a renderlo partico<strong>la</strong>rmente tossico.<br />

Il Cr 3+ è presente in molti cibi, è un elemento essenziale <strong>per</strong> <strong>la</strong> vita degli organismi ed ha<br />

una tossicità molto bassa. Già nei primi anni ’50 era stato descritto il coinvolgimento del<br />

Cr 3+ nel metabolismo del glucosio (Schwartz, Mertz, 1959) come cofattore del Fattore di<br />

Tolleranza del Glucosio (Glucose Tollerance Factor, GTF) che agisce aumentando <strong>la</strong> captazione<br />

del glucosio da parte delle cellule, diminuendo i livelli di questo zucchero nel p<strong>la</strong>sma,<br />

e aumentando, quindi, l’efficienza dell’insulina. Studi successivi hanno dimostrato che<br />

il Cr 3+ è un nutriente essenziale <strong>per</strong> il metabolismo di tutti i carboidrati ed è un elemento<br />

critico <strong>per</strong> l’azione dell’insulina (Kimukara, 1996;Anderson, 1997).<br />

Negli stati patologici dove sussiste un deficit cronico di cromo, come <strong>la</strong> Nutrizione<br />

Parenterale Totale (TPN), il ruolo di questo elemento è molto ben definito (Freund, et al.,<br />

1979),mentre l’azione del Cr 3+ come supplemento alimentare nei soggetti sani e con patologia<br />

diabetica non è ancora ben chiara.<br />

I dati riportati da diversi studi condotti su individui sani o diabetici, hanno mostrato<br />

risultati contrastanti.Alcuni di questi <strong>la</strong>vori hanno sottolineato che un supplemento di<br />

cromo nel<strong>la</strong> dieta,associato ad attività fisica,è in grado di indurre lo sviluppo del<strong>la</strong> massa<br />

musco<strong>la</strong>re e di diminuire <strong>la</strong> deposizione di grasso nei tessuti. Inoltre l’apporto di questo<br />

micronutriente sarebbe in grado di migliorare il metabolismo del glucosio ed il profilo<br />

sierico dei lipidi, sia nei pazienti diabetici che nei soggetti sani (Anderson & Skakkebæk,<br />

1999; Ghosh et al. 2002). In contrasto con questi studi, altri autori hanno indicato invece<br />

che non c’è miglioramento in nessuna delle variabili prese in esame (Hallmark, et al.<br />

1996; Campbell, et al. 2002). Dati ottenuti da una recente meta-analisi hanno concluso<br />

che il cromo non sembra avere alcun effetto né sul metabolismo del glucosio né sul<strong>la</strong><br />

concentrazione dell’insulina in soggetti sani, mentre i dati re<strong>la</strong>tivi ai pazienti con patologia<br />

diabetica sono discordanti e non conclusivi (Althuis,et al.2002;Pittler,et al.,2003).<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 111


VI• CROMO<br />

IL CROMO NELL’ALIMENTAZIONE UMANA<br />

Il cromo è presente in molti prodotti di origine vegetale, come grano e derivati, caffè,<br />

noci, fagioli verdi, broccoli, ma anche in prodotti di origine animale come il tuorlo dell’uovo,<br />

<strong>la</strong> carne. Diverse strutture governative internazionali (National Accademy of<br />

Science,Food and Nutritional Board National Research Council) hanno stabilito che il fabbisogno<br />

giornaliero di cromo <strong>per</strong> una <strong>per</strong>sona adulta è di 50 – 200 µg al giorno (Cefalu,<br />

2004). Questa variabilità è legata principalmente allo stile di vita e allo stato di <strong>salute</strong> dell’individuo.<br />

Un’assunzione nel<strong>la</strong> dieta giornaliera di almeno 1 mg di Cr 3+ determina un<br />

assorbimento dello 0,4%; se invece questo elemento viene somministrato nel<strong>la</strong> sua forma<br />

organica come cromo picolinato (CrP) si ha un aumento dell’ assorbimento pari al 2,8%<br />

(Cefalu, 2004).<br />

La concentrazione di cromo <strong>negli</strong> <strong>alimenti</strong> è piuttosto variabile, e questa variabilità è legata<br />

al<strong>la</strong> quantità di elemento presente nel terreno. Diverse aree geografiche possono presentare<br />

concentrazioni diverse di minerale nel suolo e di conseguenza <strong>la</strong> concentrazione<br />

di cromo sarà inferiore anche nei vegetali presenti in quel<strong>la</strong> zona. Di conseguenza, animali<br />

erbivori alimentati con vegetali poveri di cromo produrranno <strong>la</strong>tte e carne meno ricchi<br />

di minerale.<br />

Il processo di “raffinazione”degli <strong>alimenti</strong> porta all’eliminazione di quelle parti dei prodotti<br />

vegetali più ricche in cromo organico, quindi <strong>la</strong> sua concentrazione <strong>negli</strong> <strong>alimenti</strong> di <strong>la</strong>rgo<br />

consumo è piuttosto ridotta. Si stima che in Italia con il cibo venga assunto soltanto il 50%<br />

circa del fabbisogno giornaliero di cromo. Gli <strong>alimenti</strong> più ricchi di questo micronutriente<br />

sono <strong>la</strong> pasta,le patate,ed in partico<strong>la</strong>re il pane,in quanto i lieviti presenti <strong>negli</strong> <strong>alimenti</strong><br />

fermentati fissano ed utilizzano il cromo molto efficacemente. I <strong>rischi</strong> di avere una dieta<br />

carente di questo minerale si hanno principalmente nei regimi alimentari nei quali l’apporto<br />

di farinacei è ridotto, come nel<strong>la</strong> patologia diabetica, dove, paradossalmente l’apporto<br />

del cromo può essere importante (Bal<strong>la</strong>rini 1998).<br />

METABOLISMO DEL CROMO<br />

Il cromo elementare non viene assorbito dall’intestino e quindi, non ha valore nutrizionale.<br />

Il Cr 6+ è spesso un residuo di contaminazione industriale e quindi può essere assorbito<br />

o <strong>per</strong> ina<strong>la</strong>zione o <strong>per</strong> ingestione di acqua o vegetali contaminati.Nell’intestino il cromo<br />

esavalente è assorbito più facilmente del Cr 3+ e questo contribuisce a renderlo partico<strong>la</strong>rmente<br />

<strong>per</strong>icoloso. Una volta assorbito il cromo si distribuisce in molti distretti dell’organismo<br />

ed in partico<strong>la</strong>re si concentra nei reni, nel fegato, nei muscoli, nel<strong>la</strong> milza e nelle<br />

ossa (Cefalu, 2004).<br />

L’escrezione del cromo avviene principalmente <strong>per</strong> via urinaria; <strong>la</strong> quantità escreta dipende<br />

strettamente dal<strong>la</strong> quantità di minerale assorbita ma può aumentare da 10 a 100 volte<br />

in situazioni di stress o se il contenuto glucidico alimentare è elevato (Bal<strong>la</strong>rini. 1998).<br />

112<br />

ATTIVITÀ BIOLOGICA DEL CROMO<br />

VI• CROMO<br />

Non è ancora chiaro il ruolo svolto da questo elemento in qualità di cofattore <strong>per</strong> l’attività<br />

dell’insulina. Diversi studi condotti sia in vitro che in vivo hanno suggerito che probabilmente<br />

il cromo potenzia l’azione dell’insulina come cofattore del complesso organico<br />

GTF. Studi più recenti hanno ipotizzato invece, che questo micronutriente interagisce<br />

con un oligopeptide a basso peso moleco<strong>la</strong>re (1500 Dalton,Da) che lega il cromo in<br />

maniera specifica (Low Moleco<strong>la</strong>r Weight Chromium binding substance, LMWCr)<br />

(Vincent, 2000). E’ stato ipotizzato il seguente meccanismo d’azione: il cromo assorbito<br />

dall’organismo viene distribuito nei vari tessuti attraverso il suo trasportatore principale,<br />

<strong>la</strong> transferrina. Questa proteina legata al cromo, viene riconosciuta dai recettori specifici<br />

sul<strong>la</strong> su<strong>per</strong>ficie cellu<strong>la</strong>re e viene internalizzata <strong>per</strong> endocitosi; a questo punto <strong>la</strong> transferrina<br />

libera il cromo nel citop<strong>la</strong>sma. Il cromo in forma libera viene sequestrato dal<strong>la</strong><br />

LMWCr che in questo modo passa dal<strong>la</strong> sua forma inattiva a quel<strong>la</strong> attiva. In questa forma<br />

<strong>la</strong> proteina interagisce con i recettori <strong>per</strong> l’insulina, già attivati dal legame con l’insulina<br />

stessa amplificandone il segnale. Il risultato di questo processo è l’attivazione delle tirosin-chinasi<br />

legate ai recettori <strong>per</strong> l’insulina ed il potenziamento del segnale indotto da<br />

questo ormone (Vincent, 2000). La LMWCr in assenza di cromo o in presenza di altri ioni<br />

metallici non è attiva.<br />

E’ stato inoltre dimostrato che il cromo inibisce l’attività del<strong>la</strong> fosfotirosin-fosfatasi, un<br />

enzima che taglia i gruppi fosfato dai recettori <strong>per</strong> l’insulina e ne diminuisce <strong>la</strong> sensibilità<br />

(Davis, 1996). Il cromo quindi, attivando le tirosin-chinasi e inibendo le fosfatasi<br />

dei recettori <strong>per</strong> l’insulina induce globalmente un aumento del<strong>la</strong> sensibilità all’insulina.<br />

FIGURA 1 IL RECETTORE PER L’INSULINA E LA LMWCr<br />

Insulina<br />

LMWCr<br />

Subunità α<br />

Subunità β<br />

Tirosin chinasi<br />

del recettore<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 113


VI• CROMO<br />

L’UTILIZZAZIONE DEL CROMO ORGANICO COME PROMOTORE<br />

DELLA CRESCITA NELLA PRODUZIONE ZOOTECNICA<br />

Abbiamo visto nei paragrafi precedenti,che il cromo può essere un fattore dietetico importante<br />

<strong>per</strong> lo sviluppo del<strong>la</strong> massa musco<strong>la</strong>re. A fronte dei divieti imposti sull’utilizzo di<br />

sostanze antibiotiche o anabolizzanti come promotori del<strong>la</strong> crescita, gli sforzi degli allevatori<br />

si sono concentrati sull’introduzione del cromo nell’allevamento degli animali destinati<br />

all’alimentazione <strong>umana</strong>. La somministrazione di questo elemento in forma organica,<br />

potrebbe inoltre avere un duplice effetto: favorire lo sviluppo delle masse musco<strong>la</strong>ri ed il<br />

rafforzamento del sistema immunitario e fornire ai consumatori <strong>alimenti</strong> arricchiti in<br />

cromo con i quali coprire adeguatamente il fabbisogno giornaliero di questo minerale.<br />

Negli anni ’90 sono stati condotti molti studi sull’efficacia dell’utilizzo del cromo come<br />

additivo alimentare, in partico<strong>la</strong>re come CrP, nelle diete di suini, (Lindemann, et al., 1993),<br />

di agnelli (Kitchalong, et al., 1995) e di pulcini (Ward, et al., 1997). Quasi tutte le varietà<br />

zootecniche sono state valutate allo scopo di verificare l’effetto del cromo sul<strong>la</strong> crescita,<br />

sulle caratteristiche del<strong>la</strong> carcassa, sul metabolismo glucidico, lipidico e proteico. Il dato<br />

emerso chiaramente da questi studi è stato che, i diversi tipi di animali da allevamento<br />

presi in esame, rispondono in maniera diversa al<strong>la</strong> somministrazione del minerale nelle<br />

diete. Quindi, nel complesso, non esiste <strong>la</strong> certezza di quale sia il ruolo svolto dal cromo<br />

come promotore del<strong>la</strong> crescita.<br />

Suini<br />

I suini sembrano essere gli animali più sensibili al trattamento con cromo che viene somministrato<br />

come supplemento nell’alimentazione, sotto forma di propinato (CrProp) o<br />

picolinati (dipicolinato o tripicolinato; CrP). Gli effetti legati al<strong>la</strong> somministrazione di<br />

cromo sul<strong>la</strong> crescita e sul<strong>la</strong> qualità del<strong>la</strong> carcassa nei suini, sono stati presi in considerazione<br />

da diversi autori ma i risultati ottenuti sono piuttosto contrastanti. Alcuni studi<br />

hanno riportato che il cromo è in grado di agire positivamente sull’efficienza di conversione<br />

del cibo nei suini (Mooney and Cromwell, 1995), mentre altri non hanno rilevato<br />

alcun tipo di effetto (Mooney and Cromwell,1999;Matthews,et al.,2003).Anche <strong>per</strong> quanto<br />

riguarda <strong>la</strong> qualità del<strong>la</strong> carcassa i dati riportati dal<strong>la</strong> letteratura non sono univoci infatti,<br />

mentre alcuni autori hanno constatato un aumento del<strong>la</strong> quantità di massa magra depositata<br />

(Moone and Cromwell,1995), altri non hanno riportato alcun miglioramento di questo<br />

parametro (Matthews, et al., 2003). Recentemente Matthews (2003) e Shelton (2003)<br />

hanno indicato che il CrProp migliora <strong>la</strong> capacità di trattenere l’acqua sia nel<strong>la</strong> carne di<br />

maiale fresca che conge<strong>la</strong>ta.<br />

Uno degli aspetti che deve essere partico<strong>la</strong>rmente curato nel<strong>la</strong> produzione del<strong>la</strong> carne è il<br />

mantenimento delle proprietà organolettiche del prodotto. Queste riguardano oltre il<br />

sapore, anche altri parametri come <strong>la</strong> compattezza, l’umidità, il colore ecc..Queste caratteristiche<br />

possono essere alterate da stati di stress dell’animale come il trasporto o <strong>la</strong> man-<br />

114<br />

VI• CROMO<br />

canza di cibo. Studi condotti sui vitelli, hanno dimostrato che il cromo può alleviare, in<br />

maniera parziale, gli stress subiti da questi animali durante il trasporto e anche se non esistono<br />

dati in merito sul maiale, si ha ipotizzato che se il cromo è in grado di mitigare lo<br />

stress indotto dal trasporto, può sicuramente influire positivamente sul<strong>la</strong> qualità del<strong>la</strong><br />

carne (Matthews, et al., 2005), anche se, come indicato successivamente non tutti gli studi<br />

sono concordi.<br />

Tuttavia, i risultati ottenuti recentemente da Matthews e col<strong>la</strong>boratori (2003) hanno dimostrato<br />

che il trattamento dei suini sia con cromo che con CrProp non hanno alcun effetto<br />

né sul<strong>la</strong> crescita né sul<strong>la</strong> qualità del<strong>la</strong> carcassa di questi animali. Inoltre, come già riportato<br />

dallo stesso autore, non si rileva alcun miglioramento né soggettivo né oggettivo del colore,<br />

del<strong>la</strong> compattezza e dell’umidità del<strong>la</strong> carne. Come già dimostrato da questo autore<br />

(2003) il CrProp non è in grado di migliorare in alcun modo l’effetto di contrazione del<strong>la</strong><br />

carne dovuto allo stress indotto dal trasporto degli animali o dal<strong>la</strong> mancanza di cibo. In un<br />

<strong>la</strong>voro pubblicato nel 2005, Matthews ha confermato che il trattamento con cromo non è<br />

in grado di normalizzare i livelli ematici di cortisolo, di glucosio e di <strong>la</strong>ttato alterati in seguito<br />

al sanguinamento o al trasporto degli animali. Quindi, questi recentissimi risultati sembrano<br />

indicare chiaramente che il cromo, somministrato nel<strong>la</strong> forma propinata, non ha<br />

alcun effetto rilevabile sul<strong>la</strong> crescita e sul<strong>la</strong> qualità del<strong>la</strong> carcassa (Matthews, et al., 2005).<br />

Pol<strong>la</strong>me<br />

Nel 1999 Lien e col<strong>la</strong>boratori avevano condotto alcuni studi sugli effetti del<strong>la</strong> somministrazione<br />

di cromo nell’alimentazione del pol<strong>la</strong>me ed avevano dimostrato che, dosi di<br />

cromo inferiori agli 800 µg/kg di peso corporeo dell’animale, non erano in grado di indurre<br />

alcun effetto rilevabile nei polli utilizzati. Più recentemente Uyanik e col<strong>la</strong>boratori<br />

hanno condotto alcune valutazioni sul pol<strong>la</strong>me,alimentando gli animali con dosi di cromo,<br />

somministrato nel<strong>la</strong> sua forma inorganica (CrCl3x6 H 2 O), fino a 80 mg/kg <strong>per</strong> 44 giorni. I<br />

dati riportati, hanno dimostrato che questo minerale non è in grado di influenzare il peso<br />

corporeo dell’animale ma già al<strong>la</strong> dose di 20 mg/kg si ottiene una riduzione del 18,75% del<br />

consumo <strong>alimenti</strong> e un miglioramento dell’efficienza di conversione del cibo del 16,77%.<br />

Gli autori non hanno rilevato comunque,alcun effetto sui livelli ematici del colesterolo ma<br />

hanno sottolineato che nel siero si rileva una consistente diminuzione del glucosio, un<br />

aumento del livello del cromo, del calcio, del magnesio, delle proteine sieriche e dell’attività<br />

del<strong>la</strong> fosfatasi alcalina (ALP). Inoltre sembra che il trattamento con cromo, sia in grado<br />

di aumentare il peso di organi, come <strong>la</strong> borsa di Fabrizio ed il fegato, rispetto al peso totale<br />

dell’animale.Un dato molto interessante registrato dagli autori è stato l’aumento del titolo<br />

di anticorpi come le IgG e le IgM. Infine, <strong>la</strong> valutazione istopatologica dei tessuti degli<br />

animali trattati non ha evidenziato alcuna alterazione patologica. In conclusione, anche se<br />

nei polli trattati con cromo non è stato rilevato nessun miglioramento nel peso o nel<strong>la</strong> qualità<br />

del<strong>la</strong> carcassa, dal complesso dei dati si può dedurre che il trattamento con il minerale<br />

ha effetti positivi su questa specie (Uyanik, et al. 2002).<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 115


VI• CROMO<br />

Ovini<br />

Anche sugli ovini sono state condotte indagini <strong>per</strong> valutare l’effetto dell’aumento dell’addizione<br />

del cromo nell’alimentazione. L’autore riporta che l’aggiunta del minerale nel<strong>la</strong> dieta di<br />

questi animali, anche se non stimo<strong>la</strong> un aumento di peso corporeo, induce una significativa<br />

riduzione dello spessore del grasso sottocutaneo. E’ evidenziato anche un leggero decremento<br />

del livello del glucosio ematico e dei trigliceridi,un aumento del colesterolo legato alle lipoproteine<br />

ad alta densità (HDL); non è stata riscontrata invece, nessuna differenza significativa<br />

nei livelli di colesterolo legato alle lipoproteine a bassa densità (LDL), del<strong>la</strong> concentrazione<br />

dell’albumina, delle transaminasi e delle proteine sieriche totali. In conclusione possiamo sottolineare<br />

che, <strong>negli</strong> ovini, il supplemento di cromo nell’alimentazione sembra avere un effetto<br />

sul metabolismo dei carboidrati, dei lipidi e sul<strong>la</strong> deposizione del grasso (Uyanik, 2001).<br />

Bovini<br />

Nel 2001 Bensong e col<strong>la</strong>boratori hanno condotto uno studio sulle conseguenze dell’aggiunta<br />

di CrP nel<strong>la</strong> dieta di mucche con regime alimentare a moderato contenuto di grasso. Studi<br />

condotti sui bovini hanno dimostrato che, dopo 9 settimane di trattamento con il minerale, si<br />

ottiene una significativa riduzione del<strong>la</strong> concentrazione epatica dei trigliceridi,quindi il cromo<br />

probabilmente modifica il metabolismo epatico dei trigliceridi nei bovini. Rilevando che il<br />

cromo non induce alterazioni del<strong>la</strong> concentrazione degli acidi grassi vo<strong>la</strong>tili (VFA) nel rumine,<br />

gli autori sottolineano che probabilmente l’effetto del cromo può essere sistemico piuttosto<br />

che locale.Nel loro complesso,i risultati indicano che,l’introduzione del cromo nel<strong>la</strong> dieta<br />

dei bovini non induce modu<strong>la</strong>zioni significative dei parametri presi in esame.<br />

Negli stessi anni sono stati condotti da Hayirli e col<strong>la</strong>boratori studi sull’effetto del cromo,<br />

come cromo-metionina (CrMet), nelle diete di mucche nel <strong>per</strong>iodo pre-parto. Il <strong>per</strong>iodo di<br />

transizione tra gestazione e <strong>la</strong>ttazione comporta una consistente alterazione metabolica<br />

nelle mucche da <strong>la</strong>tte. Questa alterazione può provocare disordini riproduttivi e ma<strong>la</strong>ttie<br />

delle ghiandole mammarie. I disordini metabolici iniziano con il <strong>per</strong>iodo pre-parto quindi<br />

gli autori hanno ipotizzato che l’introduzione di Cr-Met nel<strong>la</strong> dieta in questa fase possa,<br />

attraverso l’aumento del<strong>la</strong> tolleranza al glucosio e <strong>la</strong> diminuzione del livello dei trigliceridi<br />

nel fegato, migliorare <strong>la</strong> risposta dell’animale al <strong>per</strong>iodo di stress. I risultati di questo studio,<br />

come quelli presentati da Bensong, non hanno evidenziato alcun effetto consistente<br />

sul<strong>la</strong> sensibilità all’insulina o sul<strong>la</strong> tolleranza al glucosio indotto dal<strong>la</strong> introduzione del<br />

cromo come additivo alimentare (Hayirli, et al. 2001).<br />

IL CROMO NELL’ALIMENTAZIONE UMANA E ANIMALE<br />

Nonostante vi siano dati contrastanti sugli effetti del cromo nel<strong>la</strong> <strong>salute</strong> <strong>umana</strong> ed animale,<br />

nel 1982 il Consiglio dell’Unione Europea ha stabilito che <strong>la</strong> concentrazione limite dei<br />

composti organici del cromo <strong>negli</strong> <strong>alimenti</strong> non deve su<strong>per</strong>are i 60 mg/kg. Negli anni suc-<br />

116<br />

cessivi (1989) il Food and Nutritional Board National Research Council ha stabilito che <strong>la</strong><br />

dose giornaliera raccomandata di Cr 3+ ,assunto <strong>per</strong> via orale,è di 50-200 µg/giorno.La concentrazione<br />

di questo minerale nelle sue varie forme nell’ambiente e quindi <strong>negli</strong> <strong>alimenti</strong>,<br />

è strettamente legata al<strong>la</strong> presenza del cromo nelle acque sotterranee; <strong>la</strong> legis<strong>la</strong>zione italiana<br />

con il Decreto Ministeriale n.471 del 25/10/1999 stabilisce che i valori limite consentiti<br />

nelle acque sotterranee sono, <strong>per</strong> il cromo totale pari a 50 g/litro. La qualità delle<br />

acque destinate al consumo umano invece, deve essere resa conforme ai valori indicati<br />

nell’Allegato 1 del Decreto Legis<strong>la</strong>tivo del 31/01 (da Direttiva CEE 98/83 “acque destinate<br />

al consumo umano”) che impone il limite di 50 µg/litro.<br />

Come già descritto nell’introduzione, gli <strong>alimenti</strong> più ricchi di cromo sono i cereali ed i<br />

loro prodotti, in partico<strong>la</strong>re quelli fermentati poiché i lieviti fissano il cromo molto efficacemente.<br />

I valori di minerale nei cereali è comunque piuttosto variabile in re<strong>la</strong>zione alle<br />

diverse concentrazioni del cromo nel suolo. Negli animali destinati all’alimentazione<br />

<strong>umana</strong>, i livelli di questo micronutriente variano nei diversi distretti dell’organismo: sono<br />

piuttosto costanti nel muscolo e più alti nel fegato, nel rene, nel polmone e nel<strong>la</strong> milza. Il<br />

contenuto medio di cromo nel <strong>la</strong>tte è piuttosto basso (0,015 parti <strong>per</strong> milione, ppm), poiché<br />

<strong>la</strong> ghiando<strong>la</strong> mammaria è un filtro molto efficiente. Il cromo nel <strong>la</strong>tte è legato principalmente<br />

al<strong>la</strong> componente grassa (burro e formaggi) (Adrian, 1991).<br />

La concentrazione del cromo <strong>negli</strong> <strong>alimenti</strong> destinati agli animali è piuttosto variabile ed<br />

è legata, in partico<strong>la</strong>r modo <strong>per</strong> quanto riguarda gli erbivori, al<strong>la</strong> concentrazione del minerale<br />

nel suolo e nelle acque di irrigazione.<br />

CONCLUSIONI<br />

VI• CROMO<br />

Attualmente, il cromo trivalente viene sempre più spesso inserito nelle diete degli sportivi<br />

e dei soggetti sottoposti a stress, proprio <strong>per</strong> le sue capacità di sensibilizzare le cellule<br />

al<strong>la</strong> captazione del glucosio. In Europa i supplementi minerali di cromo inorganico destinati<br />

al consumo umano, sono consentiti ma <strong>la</strong> legis<strong>la</strong>zione prevede comunque che i produttori<br />

prima dell’immissione sul mercato di integratori nutrizionali a base di cromo debbano<br />

inviare alle autorità <strong>la</strong> composizione del prodotto. Con un Decreto del Ministero<br />

del<strong>la</strong> Salute del 17 febbraio 2005 (in deroga alle previsioni degli allegati I e II del decreto<br />

legis<strong>la</strong>tivo 21 maggio 2004, n. 169) in materia di integratori minerali e delle fonti vitaminico-minerali,<br />

ha sti<strong>la</strong>to un elenco di sostanze ammesse nel quale figurano anche i composti<br />

organici del cromo (aminoacido che<strong>la</strong>to, cromo picolinato, cromo policolinato su lievito,<br />

cromo orotato, cromo nitrato, cromo pido<strong>la</strong>to e cromo ascorbato).<br />

L’ultima riflessione in questa sezione dedicata al cromo, deve essere fatta sul<strong>la</strong> forma esavalente<br />

del minerale che è in assoluto <strong>la</strong> forma più tossica. Infatti, l’International Agency<br />

for Research on Cancer (IARC) ha c<strong>la</strong>ssificato il Cr 6+ come elemento carcinogeno di “gruppo<br />

1”. La legis<strong>la</strong>zione italiana con il Decreto Ministeriale n.471 del 25/10/1999 stabilisce<br />

che il limite di concentrazione del Cr 6+ nelle acque deve essere inferiore a 5 µg/litro. I<br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 117


VI• CROMO<br />

<strong>rischi</strong> di esposizione <strong>per</strong> l’uomo e <strong>per</strong> l’ambiente derivano dalle attività industriali (industrie<br />

galvaniche, metallurgiche, <strong>per</strong> <strong>la</strong> concia delle pelli e <strong>per</strong> <strong>la</strong> produzione del cemento).<br />

Il cromo viene assorbito principalmente <strong>per</strong> via respiratoria, e nei <strong>la</strong>voratori professionalmente<br />

esposti può provocare infiammazione delle mucose del naso ed eczemi da contatto<br />

(fonte ARPAV - Agenzia Regionale <strong>per</strong> <strong>la</strong> Protezione dell’Ambiente del Veneto). Per l’esposizione<br />

professionale <strong>la</strong> legge impone un valore limite di 40 ore di esposizione ad una<br />

concentrazione di 50 µg/m 3 . E’ possibile rilevarlo campionando l’aria ma anche acque, <strong>alimenti</strong>,<br />

suolo ecc….La determinazione viene effettuata principalmente ricorrendo al<strong>la</strong><br />

spettrometria in assorbimento atomico. Le strutture ufficiali che compiono controlli in<br />

merito sono le Agenzie Ambientali sia nazionali che regionali insieme al Comando dei<br />

Carabinieri <strong>per</strong> <strong>la</strong> Tute<strong>la</strong> Ambiente (CCTA), le Capitanerie di Porto, le Autorità di Bacino, il<br />

Magistrato delle Acque, il Corpo Forestale dello Stato che hanno competenze in materia di<br />

controlli ambientali. Le attività di controllo degli <strong>alimenti</strong> e delle bevande sono invece<br />

effettuate dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN) che si avvale di numerosi organismi o<strong>per</strong>anti<br />

a livello centrale e locale. I controlli analitici sono effettuati dai <strong>la</strong>boratori delle<br />

Agenzie Regionali <strong>per</strong> <strong>la</strong> Protezione dell’Ambiente, dagli Istituti Zooprofi<strong>la</strong>ttici e da altri<br />

<strong>la</strong>boratori riconosciuti dal Ministero del<strong>la</strong> Salute (fonte ARPAV).<br />

118<br />

CONCLUSIONI


CONCLUSIONI<br />

Lo sviluppo delle società industriali ha indubbiamente creato i presupposti <strong>per</strong> un più<br />

rapido miglioramento delle condizioni generali di vita dell’individuo e, come conseguenza,<br />

una crescente richiesta di beni e servizi.<br />

L’aumento del reddito consente al singolo, alle famiglie ed alle nazioni di spendere di più,<br />

aumentando così i consumi, compresi quelli legati all’alimentazione. In tale contesto si è<br />

collocata ovviamente,l’evoluzione dell’agricoltura che,sul<strong>la</strong> spinta di una forte richiesta di<br />

beni alimentari,soprattutto di origine animale,ha portato ad uno sviluppo industriale del<strong>la</strong><br />

produzione.<br />

Nei paesi sviluppati, le tecnologie di produzione, quelle di trasformazione e conservazione,<br />

<strong>per</strong>mettono di raggiungere grandissime disponibilità alimentari che eccedono i fabbisogni<br />

delle popo<strong>la</strong>zioni produttrici e quindi sono disponibili <strong>per</strong> l’esportazione in ogni<br />

parte del mondo senza apprezzabili alterazioni delle caratteristiche organolettiche dei prodotti<br />

alimentari.Tutto ciò è stato raggiunto mediante l’uso di fertilizzanti, insetticidi, pesticidi<br />

e sostanze chimiche varie, le quali possono rappresentare un <strong>rischi</strong>o <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> del<br />

consumatore, a causa dei residui potenzialmente presenti <strong>negli</strong> <strong>alimenti</strong>.<br />

Nel settore agricolo,l’impiego di sostanze genericamente chiamate pesticidi,ha <strong>per</strong>messo di<br />

raggiungere livelli di produzione e uno sviluppo economico-sociale di intere collettività,<br />

inimmaginabile prima del loro avvento ma questo ha comportato anche numerosi problemi.<br />

Molti insetti vettori e molti agenti patogeni <strong>per</strong> l’uomo e <strong>per</strong> le piante sono stati combattuti<br />

con successo attraverso l’impiego dei pesticidi. Molti territori sono stati bonificati e <strong>la</strong><br />

ma<strong>la</strong>ria è stata ed è ancora combattuta con l’impiego degli insetticidi.<br />

Comunque, l’uso massiccio e spesso irrazionale di queste sostanze ha comportato l’insorgenza<br />

di problemi tossicologici complessi, che interessano non solo l’uomo (sia come<br />

utilizzatore dei prodotti agricoli contaminati, sia come addetto al<strong>la</strong> produzione ed al<strong>la</strong> distribuzione<br />

dei pesticidi stessi), ma anche gli animali e l’ambiente ove i pesticidi vengono<br />

utilizzati.<br />

Poiché l’ecosistema ambientale si basa su un delicato equilibrio dinamico tra tutte le sue<br />

componenti, <strong>la</strong> contaminazione chimica di origine antropica non può non coinvolgere le<br />

terre, le acque, i suoli, gli animali e quindi, in ultima analisi, anche l’uomo che è al vertice<br />

del<strong>la</strong> piramide ecologica e di quel<strong>la</strong> alimentare.<br />

D’altronde, affinché una sostanza possieda buone caratteristiche come pesticida, oltre che<br />

essere economicamente vantaggiosa,deve avere un’elevata tossicità verso l’agente da combattere<br />

ed un’azione prolungata nel tempo (stabilità chimica). Purtroppo, queste caratteristiche<br />

sono in contrasto con gli aspetti di sicurezza dei composti utilizzati: l’elevata tossicità<br />

si accompagna ad una elevata tossicità anche verso i mammiferi e <strong>la</strong> stabilità chimica<br />

implica <strong>la</strong> difficoltà <strong>per</strong> l’organismo animale a degradare questi prodotti che <strong>per</strong>ciò <strong>per</strong>mangono<br />

a lungo nei tessuti (ad esempio, i composti organoclorurati) e nell’ambiente.<br />

Il <strong>rischi</strong>o connesso all’utilizzazione dei pesticidi è quindi in rapporto all’entità dei loro residui<br />

nei prodotti alimentari (prodotti vegetali ma anche tessuti animali e acque potabili).<br />

L’entità di tali residui dipende da molti fattori tra cui <strong>la</strong> dose, il numero dei trattamenti eseguiti,<br />

le caratteristiche chimico-fisiche delle sostanze utilizzate (non solo re<strong>la</strong>tive al<strong>la</strong><br />

RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 121


CONCLUSIONI<br />

sostanza originale, ma anche a tutti i metaboliti che si possono originare in seguito a processi<br />

di biotrasformazione).<br />

Abbiamo già detto che l’inquinamento da pesticidi, arriva fino all’uomo attraverso il consumo<br />

sia di <strong>alimenti</strong> di origine vegetale che di origine animale, nei quali possono essere<br />

riscontrati residui di fitofarmaci sotto forma di deposito. D’altra parte, questo tipo di<br />

sostanze non è l’unico a contaminare i prodotti zootecnici destinati all’alimentazione<br />

<strong>umana</strong>.<br />

La zootecnia dei paesi sviluppati e delle società tecnologicamente avanzate è caratterizzata<br />

da allevamenti di tipo cosiddetto intensivo. La qualità dei prodotti provenienti da questo<br />

tipo di allevamenti risponde, nel<strong>la</strong> maggior parte dei casi, ai bisogni dei consumatori<br />

che cercano di coprire le proprie esigenze alimentari a condizioni economiche accettabili<br />

(Cresta et al., 1998).<br />

Gli allevamenti intensivi sono costituiti da grossi insediamenti produttivi <strong>per</strong> le diverse<br />

specie. Sono di dimensioni medio-grandi o grandissime a seconda delle specie allevate.<br />

L’alimentazione degli animali da allevamento è estremamente importante <strong>per</strong>ché è finalizzato<br />

al raggiungimento del<strong>la</strong> massima resa zootecnica nel più breve tempo possibile. Per<br />

queste ragioni, si utilizzano mangimi, composti e integrati, si sfruttano i sotto prodotti e,<br />

spesso, si fa ricorso illegalmente all’uso di promotori di crescita, auxinici e ormoni anabolizzanti,<br />

che consentono di ottenere animali di grossa taglia con carni che abbiano le caratteristiche<br />

richieste dal mercato. Inoltre, poiché <strong>la</strong> presenza <strong>negli</strong> allevamenti di un numero<br />

elevato di capi potrebbe favorire <strong>la</strong> diffusione di diverse patologie tra gli animali che<br />

potrebbero rappresentare un <strong>per</strong>icolo anche <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> dell’uomo, si ricorre al<strong>la</strong> terapia<br />

di massa con farmaci antimicrobici, quali antibiotici e sulfamidici, i quali, tra l’altro, oltre a<br />

svolgere una funzione di profi<strong>la</strong>ssi, funzionano anche come promotori di crescita.<br />

Il frequente verificarsi di episodi di epidemie, corre<strong>la</strong>ti all’assunzione di <strong>alimenti</strong> contaminati<br />

(ad esempio, il morbo del<strong>la</strong> “mucca pazza”), che hanno messo a repentaglio <strong>la</strong> <strong>salute</strong><br />

<strong>umana</strong>, ha riportato all’attenzione mondiale lo scottante problema dei residui.<br />

Inoltre, il crescente interesse da parte dei consumatori e di diversi movimenti di opinione<br />

internazionali rispetto al<strong>la</strong> qualità alimentare piuttosto che al<strong>la</strong> quantità, e <strong>la</strong> pressante<br />

richiesta di <strong>alimenti</strong> più sani piuttosto che “belli”,ha stimo<strong>la</strong>to <strong>la</strong> comunità scientifica internazionale<br />

a valutare i <strong>rischi</strong> potenziali <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> <strong>umana</strong> dovuti al<strong>la</strong> <strong>per</strong>sistenza dei residui<br />

delle sostanze utilizzate in agricoltura e in zootecnia nelle matrici alimentari.<br />

Questi residui, estremamente diversi <strong>per</strong> caratteristiche chimiche e tossicità, sono generalmente<br />

presenti in quantità subtossica, cioè in concentrazioni che non danno luogo a<br />

fenomeni di intossicazione acuta (con l’eccezione degli episodi di allergie da farmaci antimicrobici<br />

<strong>negli</strong> individui i<strong>per</strong>sensibili). Comunque, se l’assunzione di queste sostanze<br />

viene protratta nel tempo, possono comparire fenomeni di tossicità cronica le cui conseguenze<br />

sono difficilmente valutabili.<br />

I problemi legati al<strong>la</strong> rilevazione dei residui possono essere di varia natura.In primo luogo,<br />

come precedentemente detto, si tratta di valutare gli effetti di sostanze di natura diversa,<br />

122<br />

CONCLUSIONI<br />

ma di elevata potenza farmacologica presenti in quantità minime nelle matrici alimentari.<br />

Di solito, <strong>negli</strong> studi s<strong>per</strong>imentali condotti su animali, le dosi somministrate <strong>per</strong> testare gli<br />

effetti di tali sostanze (mutagenicità, cancerogenicità, teratogenicità, neurotossicità, ecc.),<br />

ed ottenere una risposta dopo un <strong>per</strong>iodo di tempo limitato, sono estremamente elevate.<br />

Nel caso dei residui presenti nelle matrici alimentari,le concentrazioni sono piuttosto contenute<br />

e il tempo di esposizione molto lungo. E’ quindi ragionevole pensare che gli effetti<br />

provocati sul<strong>la</strong> specie <strong>umana</strong> possano essere diversi da quelli osservati su animali da <strong>la</strong>boratorio,anche<br />

in virtù delle diverse vie biochimiche coinvolte nel metabolismo degli xenobiotici.<br />

Altra problematica che dovrebbe essere oggetto di approfondite ricerche, è <strong>la</strong> presenza<br />

contemporanea di più residui, i quali possono interagire tra loro (cotossicità), producendo<br />

effetti non facilmente valutabili.<br />

Un altro aspetto da non sottovalutare è <strong>la</strong> mancanza di metodologie strumentali adeguate<br />

<strong>per</strong> <strong>la</strong> rilevazione di concentrazioni che spesso sono prossime ai limiti di rilevabilità analitica.<br />

E’ chiaro quindi, che in queste condizioni è molto probabile che le concentrazioni<br />

residuali sfuggano al<strong>la</strong> rilevazione. E’ auspicabile, quindi, che in un prossimo futuro vengano<br />

messe a punto metodiche analitiche appropriate e specifiche proprio <strong>per</strong> l’analisi di<br />

matrici alimentari.<br />

In conclusione, possiamo dire che complessivamente gli <strong>alimenti</strong> prodotti nei paesi industrializzati<br />

sono sicuri, in quanto l’applicazione delle norme legis<strong>la</strong>tive, i controlli eseguiti<br />

sugli <strong>alimenti</strong> e le pressioni dall’opinione pubblica agiscono da deterrente sull’uso indiscriminato<br />

di sostanze potenzialmente <strong>per</strong>icolose. D’altra parte, gli episodi di contaminazione<br />

biologica e/o chimica, consigliano alle autorità governative, nazionali e internazionali,<br />

una maggiore attività di sorveglianza e l’attivazione o il potenziamento di organi di<br />

controllo e repressione efficaci. Infatti, l’evoluzione e <strong>la</strong> ricerca di tecnologie sempre più<br />

avanzate <strong>per</strong> l’incremento del<strong>la</strong> produttività e il raggiungimento di profitti sempre maggiori,<br />

modificherà in modo irreversibile il rapporto tra uomo e ambiente alimentare. Sarà<br />

sempre più difficile <strong>per</strong> l’uomo rispondere con strategie biologiche al<strong>la</strong> presenza di nuove<br />

sostanze xenobiotiche nei prodotti alimentari.<br />

Spetterà, quindi, solo al<strong>la</strong> cultura mediare efficacemente questo rapporto sul piano biologico,attraverso<br />

le norme e le leggi che l’uomo saprà fare e le scelte alimentari che le popo<strong>la</strong>zioni<br />

sapranno o<strong>per</strong>are.<br />

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134 RESIDUI NEGLI ALIMENTI: I RISCHI PER LA SALUTE UMANA. 135


136<br />

GLI AUTORI<br />

Car<strong>la</strong> Cini<br />

Laureata in Scienze Biologiche nell' Univerità di Roma “La Sapienza” ha proseguito i suoi studi specializzandosi<br />

in Scienze dell'Alimentazione. Col<strong>la</strong>boratore di ricerca all' Dipartimento di Biologia<br />

Animale e dell' Uomo dal 1995 al 2000. Attualmente si occupa di valutazione dei <strong>rischi</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong><br />

<strong>negli</strong> ambienti di vita e del <strong>la</strong>voro.<br />

Maria Giovanna Carosi<br />

Laureata in Scienze Biologiche nell' Università di Roma “La Sapienza” ha continuato il suo <strong>la</strong>voro<br />

come insegnante di scuo<strong>la</strong>. In questo ruolo si è partico<strong>la</strong>rmente interessata all'educazione sanitaria<br />

e promozione del<strong>la</strong> <strong>salute</strong> dei giovani.<br />

Irene Figà-Ta<strong>la</strong>manca<br />

Professore Ordinario di Igiene Industriale del<strong>la</strong> Facoltà di Scienze dell'Università di Roma “La Sapienza”.<br />

Membro del Comitato Tecnico Scientifico del<strong>la</strong> Fondazione Metes.<br />

Si occupa da decenni dello studio dei <strong>rischi</strong> ambientali e <strong>la</strong>vorativi <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>salute</strong> <strong>umana</strong>. Si è partico<strong>la</strong>rmente<br />

impegnata in studi e in programmi di prevenzione <strong>per</strong> <strong>la</strong> tute<strong>la</strong> del<strong>la</strong> <strong>salute</strong> dei bambini e<br />

delle donne in Italia e a livello internazionale.


Nel dibattito tuttora vivace sull’uso delle moderne tecnologie <strong>per</strong> <strong>la</strong> produzione e conservazione degli <strong>alimenti</strong>,<br />

il mondo è diviso in due schieramenti contrapposti: da una parte i “fanatici” dei cibi “genuini” e cultori<br />

dell’agricoltura biologica, e dall’altra, le imprese agro<strong>alimenti</strong> con i loro es<strong>per</strong>ti, che cercano di dimostrare come,<br />

se non abusati, gli antiparassitari, gli additivi e i farmaci migliorano <strong>la</strong> produzione e <strong>la</strong> qualità degli <strong>alimenti</strong>.<br />

In mezzo, il cittadino disorientato, che spesso diventa facile preda del<strong>la</strong> pubblicità ingannevole, e i vari enti<br />

nazionali e internazionali responsabili <strong>per</strong> <strong>la</strong> sanità pubblica, che cercano di mettere regole e di stabilire limiti<br />

nel<strong>la</strong> concentrazione di residui da “non su<strong>per</strong>are” <strong>per</strong> garantire l’innocuità dei prodotti alimentari.<br />

In tutto questo c’è una certezza: con ogni nostro pasto ingeriamo una certa quantità di residui di additivi, di<br />

pesticidi e di farmaci usati proprio nel<strong>la</strong> produzione moderna degli <strong>alimenti</strong>. Che cosa sappiamo sui possibili<br />

effetti di queste piccole quantità di sostanze chimiche che entrano nel<strong>la</strong> catena alimentare accidentalmente,<br />

oppure vengono aggiunte intenzionalmente con un fine tecnologico o organolettico? Esiste un <strong>rischi</strong>o da residui<br />

di antiparassitari usati nel<strong>la</strong> produzione di cereali, frutta e verdura, e di farmaci come gli antimicrobici,<br />

gli anabolizzanti e i corticoseroidi usati in zootecnia?<br />

Al quesito cerca di rispondere questa monografia basandosi esclusivamente sul<strong>la</strong> letteratura scientifica e riportando<br />

solo evidenze documentate da studi autorevoli. Partendo dalle attuali conoscenze scientifiche, il volume<br />

riporta le conclusioni degli studi sui possibili effetti negativi dei residui e discute le norme vigenti che, con<br />

vari margini di sicurezza, stabiliscono <strong>la</strong> quantità di residui che possono essere tollerati, senza portare danno<br />

al<strong>la</strong> <strong>salute</strong> <strong>umana</strong>.<br />

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