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Talk Radio<br />
tezza. Cazzo. Geniale. Douglas Gordon, sei un sucker. Ora<br />
quindi avete la soluzione per la vostra domenica pomeriggio.<br />
Invece di oziare davanti alla televisione o girare per le<br />
strade in mezzo a coppiette che camminano con gli occhi<br />
bassi manco li avessero costretti a uscire. Ecco andate a<br />
vedere questa mostra. Tutto sta nel cambiare.<br />
Vi lascio alle parole di quel culattone di Moz. A dopo.<br />
2.02 min dopo<br />
Era “Girlfriend in a coma”. Di buon auspicio. Ho visto che<br />
sta per uscire il nuovo film di Noah Baumbach. “The Squid<br />
and the Whale”. Una coppia con due bambini che decide di<br />
divorziare nella New York degli anni ‘80. Il titolo tradotto assomiglia<br />
a qualcosa tipo “il Calamaro e la Balena”. Lui è lo<br />
sceneggiatore di Wes Anderson. Un grande. Adesso sta girando<br />
proprio vicino al nostro studio il nuovo film con la moglie<br />
Jennifer Jason Leigh e John Turturro. Sto tentando di<br />
capire di chi è la musica che si sente nel trailer. Forse l’ho<br />
scoperto: Bert Jansch. Ma soprattutto Loudon Wainwright<br />
III (padre di Rufus). Uno con un cognome cosi non poteva<br />
non sfornare titoli come “I Wish I Was Lesbian” (forse aveva<br />
intuito i gusti sessuali del figlio), “Nice Jewish Girls”, “At The<br />
End of A Long Lonely Day”, “Mine’s Not So Big”. Ho una<br />
grande passione per i titoli. In generale, dico. Di film, di<br />
canzoni, di opere d’arte. Ieri sfogliando un libro ho scoperto<br />
che Michael Snow, il grande filmmaker, alla venera età<br />
di 80 anni, ha rieditato il suo film più famoso, “Wavelength”<br />
e lo ha intitolato: WVLNT (Wavelenght for Those Who Don’t<br />
Have the Time. Originally 45 Minutes, Now 15!). Perfino meglio<br />
di Jonathan Monk! Già che ci sono, vi consiglio un altro<br />
film, “Thumbsucker”. E’ il primo film di Mike Mills. La colonna<br />
sonora è di Elliott Smith insieme a The Polyphonic Spree.<br />
E ora un rarissimo pezzo cantato da Joseph Beuys, artista<br />
tedesco, qui in veste di musicista. La canzone si chiama<br />
“Sonne Statt Reagan”, vogliamo il sole invece di Reagan. La<br />
melodia è super. Questo è il link dove l’ho trovato. Ve lo détto<br />
piano. http://ubu.wfmu.org/video/Beuys-Joseph_Sonne-<br />
Statt-Reagan_1982.mov.<br />
2.01 min dopo<br />
Sentire un artista filosofo come Beuys cantare una canzoncina<br />
del genere insieme a quattro crucchi che sembrano<br />
usciti da quei telefilm tedeschi anni ‘80 che passano<br />
di notte in televisione, non è male. Il non essere<br />
rinchiusi nelle proprie striminzite categorie è quello che<br />
rende una persona veramente intelligente. Prendete<br />
Mike Kelley. Studia in un college dove il professore meno<br />
concettuale faceva opere tipo una linea con scritto sotto<br />
“A line within a line within a line”. E lui giustamente<br />
con altri tre amichetti decide di creare una bella band<br />
hard-core: Destroy All Monsters. E’ uno fissato con tutti<br />
i b-movies americani anni ‘70 e ‘80, Oyvind Fahlstrom,<br />
Freud, la cultura folk americana, Marcel Broodthaers (ma<br />
solo le opere che meno lo ricordano). Una volta costruì<br />
un ambiente a metà tra un ufficio e una prigione con tutte<br />
le pareti tappezzate di piante e fotografie di scuole e<br />
di studenti interrotte talvolta da fumetti porno. Sedie e<br />
tavoli sparsi nell’ambiente. Al muro bozzetti per un modello<br />
architettonico composto dalle repliche di tutte le<br />
scuole frequentate dallo stesso Kelley. In un angolo la<br />
proiezione continua di “Porky’s” con la musica originale<br />
sostituita da quella di Morton Subotnik (pioniere della<br />
musica elettronica in America). Tutto è influenzato dai ricordi<br />
personali legati ai tempi del liceo. Un ambiente angosciante<br />
dove la scuola assume tutte le caratteristiche<br />
di una prigione. MIke unisce la cultura alta al pop con la<br />
stessa eleganza e naturalezza con la quale Mike Patton<br />
passa dal metal al funk. Ma ora rilassiamoci con Dean<br />
Wareham. “Hey you”.<br />
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