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Nel Segno <strong>del</strong> <strong>San</strong>gue Il lato comico<br />
Il lato comico di Comik<br />
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IN NOME DELL’UOMO<br />
Il Corriere <strong>del</strong>la Sera di martedì 22 gennaio, a pagina 13, pubblica le foto di due esecuzioni capitali<br />
per impiccagione a Teheran. Le immagini sono contornate da un articolo di Mauro Covacich. I<br />
condannati sono, anzi erano Alireza Mafiha e Mohammad Ali Sarvari. Sostavano sotto l’albero al<br />
quale sarebbero stati impiccati, circondati da uomini con il cappuccio sul volto che stavano per eseguire<br />
la sentenza. Alireza aveva sedici anni. Cercava il conforto di qualcuno. Non trovò di megli che<br />
reclinare il capo sulla spalla <strong>del</strong> boia. Non poté abbracciare chi gli avrebbe dato la morte perché<br />
aveva le mani legate dietro la schiena, ma lo avrebbe abbracciato: non per ringraziare, ovviamente,<br />
ma per avere il calore di un po’ di solidarietà. E a suo modo il boia – gli va dato atto – ebbe pietà<br />
di lui, nei limiti <strong>del</strong> possibile: gli appoggiò una mano sulla spalla. Scrive Covacich: «Il condannato<br />
e il suo boia abbracciati insieme, uniti da un decreto che li trascende. A nome di chi brandisce la<br />
spada [la fune, nel caso], la Giustizia, dopo che ha posato la bilancia? A chi appartiene la Legge? A<br />
Dio o agli uomini? In una condanna a morte la risposta è scontata: nessun uomo potrebbe arrogarsi<br />
il diritto di troncare la vita di un altro uomo, questa è una Legge esercitata per volontà divina<br />
(anche quando si tratti di uno Stato non teocratico), una Legge che amministra gli uomini dall’alto e<br />
di fatto li prescinde». Cioè di fatto li scusa, vorrebbe dire Covacich, perché anche la parentesi tonda<br />
è sua! Tutta colpa di Dio! Il “ragionamento” fa pensare alla scenetta di Totò che prendeva botte<br />
da orbi da un tale che a ogni fendente diceva: «Tieni, Pasquale! Tieni! Beccati questa». E Totò se la<br />
rideva di gusto dicendo: «Ma io non sono Pasquale!». Manca solo, nella scenetta, che il picchiatore<br />
dica: «Non importa che non sei Pasquale. Me lo ha detto Dio!»<br />
TUTTI ASSOLTI<br />
Continua Covacich: «La foto <strong>del</strong> sedicenne iraniano consolato dal suo boia sembra rinviare neanche<br />
troppo larvatamente alla sventura che li accomuna: una Legge concepita per sudditi, non per<br />
cittadini». No, è una legge scritta da uomini, che magari pensano di difendere il loro Dio! Scritta da<br />
uomini per loro simili che vogliono mantenere schiavi! Che c’entra Dio? Si vuole scaricare su Lui le<br />
colpe anche di Stati non teocratici. Nell’orrore, Covacich informa che gli vengono in mente le pagine<br />
di Michel Foucault in Sorvegliare e Punire. Benissimo. A Comikol la sentenza sommaria e sproporzionata<br />
su quei poveri ragazzi e anche quella sua (di Covacich) su Dio, ha fatto venire in mente<br />
testi ben più antichi e autorevoli (non autoritari): il comandamento «Non uccidere», il marchio di<br />
Dio su Caino perché nessuno uccidesse il primo assassino e, per non addurre altre prove a discarico<br />
<strong>del</strong>l’Imputato, che non ne ha bisogno: «Chi è senza peccato scagli la prima pietra».<br />
ANCORA COVACICH<br />
Continua Covacich: «Non ci si emanciperà mai da un simile Padre, ci si spartirà con rassegnazione<br />
la sua rabbia punitiva. Eccoli infatti i suoi figli, accorsi all’impiccagione, l’evento che dovrebbe<br />
ammaestrarli attraverso il terrore». Si persuada Covacich. Quando ci si emanciperà da quel Padre<br />
l’uomo farà ancora peggio. Deve emanciparsi da se stesso, smetterla di sentirsi Dio, padre padrone<br />
di ideologie alle quali tutti si inchinano, perché tengono più al petrolio che al sangue dei cittadini.<br />
Ci si emanciperà mai da una facile scorciatoia che consiste nello scaricare su Dio le colpe proprie?<br />
Un Dio c’è stato, che ha fatto da capro espiatorio: ha preso su di sé tutte le colpe degli uomini,<br />
perché questi si prendessero almeno ciascuno le proprie! È già successo.