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Editoriale Nel Segno <strong>del</strong> <strong>San</strong>gue<br />

può dubitare che fare il servo<br />

per necessità è opzione dura,<br />

generalmente dettata dalla di -<br />

sperazione, è ancor più evidente<br />

che se uno si fa servo per libera<br />

scelta o per imitare un altro che<br />

ha compiuto una tale opzione, è<br />

un eroe. Merita il plauso universale.<br />

Molto più se diventa servo<br />

rinunciando ai grandi vantaggi<br />

personali che possedeva per<br />

perseguire quelli di tutti. L’ammirazione<br />

che reclama quella<br />

scelta sarà proporzionata ai vantaggi<br />

ai quali ha rinunciato.<br />

A questa logica si rifece Paolo<br />

quando scrisse ai Filippesi le<br />

celebri pericopi che svelano la<br />

missione di Gesù: «Cristo, pur<br />

essendo di natura divina, non<br />

considerò un tesoro geloso la<br />

sua uguaglianza con Dio, ma<br />

spogliò se stesso, assumendo la<br />

condizione di servo e divenendo<br />

simile agli uomini. Apparso in<br />

forma umana, umiliò se stesso<br />

facendosi obbediente fino alla<br />

morte e alla morte di croce».<br />

Una vocazione siffatta è<br />

impossibile all’uomo perché<br />

nessuno è Dio, tranne il Verbo<br />

38<br />

che si fece carne. È però l’unica<br />

via per assomigliargli e una via<br />

molto più facile, perché non si<br />

tratta di un abbassamento uguale.<br />

L’uomo, per quanto possa<br />

nascere in condizione agiata, è –<br />

e resta – polvere. La sua esclusiva<br />

grandezza, che lo rende unico<br />

fra tutti gli animali <strong>del</strong>la Terra,<br />

è il soffio di Dio. L’umiliazione<br />

è, dopo tutto, un riconoscimento<br />

<strong>del</strong> proprio niente e il<br />

servizio all’altro il riconoscimento<br />

<strong>del</strong>la incomparabile<br />

gran dezza <strong>del</strong>l’uomo.<br />

Continua infatti Paolo: «Per<br />

questo Dio l’ha esaltato e gli ha<br />

dato il nome che è al di sopra di<br />

ogni altro nome, perché nel<br />

nome di Gesù ogni ginocchio si<br />

pieghi nei cieli, sulla terra e sotto<br />

terra; e ogni lingua proclami<br />

che Gesù Cristo è il Signore, a<br />

gloria di Dio Padre» (2, 6-11).<br />

C’è dunque servo e servo, o<br />

anche schiavo e schiavo. Gesù,<br />

nella visione di Paolo, dimostra<br />

che l’unico modo di essere<br />

Signore è farsi servo, o addirittura<br />

schiavo di Dio che è tutto in<br />

tutti. Infatti la natura e la dignità<br />

<strong>del</strong> servo cambia a seconda di chi<br />

si è al servizio. Mentre chi, per<br />

intima convinzione, viene dal<br />

nulla e va verso il nulla è già nulla<br />

e se per il breve spazio in cui<br />

esiste si fa Dio, è semplicemente<br />

ridicolo. Se poi, da nulla che è, si<br />

arroga il diritto di combattere<br />

contro un altro nulla, invece di<br />

vivere nella solidarietà con lui,<br />

unisce al ridicolo una fondamentale<br />

dose di stoltezza: avvelena il<br />

poco che ha da vivere costringendosi<br />

a temere il prossimo mentre<br />

vorrebbe intimorirlo.<br />

Mentre scrivo si fa memoria,<br />

in tutto il mondo, <strong>del</strong> cosiddetto<br />

Olocausto, considerato il più<br />

grande genocidio <strong>del</strong>la storia<br />

<strong>del</strong>l’umanità. Tutto cominciò<br />

quando una stirpe si considerò<br />

superiore a un’altra. In nome di<br />

quale dio furono sterminati quei<br />

milioni di persone? Vennero<br />

immolati a un presunto superuomo<br />

da sedicenti superuomini.<br />

L’esito fu tutt’altro che un<br />

puro caso. Più essi si convincevano<br />

di essere superiori agli<br />

altri, più si dimostravano nei<br />

fatti bestiali.

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