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In un famoso poemetto in prosa di Baudelaire intitolato ... - LietoColle

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oppure è la normatività dello stile protocollare che <strong>in</strong>vade la pag<strong>in</strong>a (“I prigionieri catturati vengono torturati<br />

s<strong>in</strong>o alla morte, i più fort<strong>un</strong>ati muoiono con p<strong>un</strong>ture <strong>di</strong> benz<strong>in</strong>a o <strong>di</strong> cianuro, altri vengono tagliati aff<strong>in</strong>ché le ferite<br />

s’<strong>in</strong>cancreniscano, altri ancora sono immersi nell’acqua gelida e lasciati morire, alc<strong>un</strong>i f<strong>in</strong>iscono nelle camere da<br />

decompressione”). E la pag<strong>in</strong>a è il vuoto che la colata gelida del narratum riempie. È l’assurdo che sconfessa il<br />

quoti<strong>di</strong>ano. Che cos’è il quoti<strong>di</strong>ano? è ciò che è <strong>di</strong>ventato «normale», la prassi quoti<strong>di</strong>ana del<br />

“quoti<strong>di</strong>ano” normativizzato ascritto a Legge e Logos <strong>in</strong><strong>di</strong>scussi. E il <strong>di</strong>scorso poetico non può che<br />

riflettere su <strong>di</strong> sé la normatività <strong>di</strong> <strong>un</strong>a cultura che ha prodotto lo sterm<strong>in</strong>io, la sua implicita, <strong>in</strong>vereconda<br />

razionalità. La scrittura poetica della Maroccolo, con il suo semplice atto <strong>di</strong> nascita, è la sconfessione più<br />

ra<strong>di</strong>cale del “poetico” e dei “generi” poetici, <strong>in</strong>tesi come posticci, <strong>in</strong>autentici, opere <strong>di</strong> letteratura che<br />

com<strong>un</strong>icano con altra letteratura, con le avanguar<strong>di</strong>e vere o pres<strong>un</strong>te, con gli sperimentalismi e i<br />

decorativismi, tutti equivalenti <strong>in</strong> quanto refrattari ad essere abitati dalla parola poetica. È la parola<br />

poetica che sceglie il suo veicolo e la sua <strong>di</strong>mora, sembra <strong>di</strong>rci l’autrice, quella parola poetica che non ama<br />

frequentare i luoghi della poesia cattedratica o quelli delle “confessioni” spurie e artefatte. <strong>In</strong> <strong>un</strong> certo<br />

senso, lo stile del “<strong>di</strong>ario” era quello più confacente alle esigenze espressive dell’autrice, il più vic<strong>in</strong>o al<br />

bisogno <strong>di</strong> autenticità, all’esemplarità <strong>di</strong> <strong>un</strong> «quoti<strong>di</strong>ano» dentro <strong>un</strong> <strong>un</strong>iverso concentrazionario, dove il<br />

<strong>di</strong>scorso del quoti<strong>di</strong>ano è parametrato al logos assuefatto del potere concentrazionario. Sorprende e quasi<br />

meraviglia che l’autrice abbia avuto il coraggio <strong>di</strong> affrontare <strong>un</strong> “argomento” così impron<strong>un</strong>ciabile,<br />

davvero temerario ma sorprende ancora <strong>di</strong> più la “felicità” dello stile, che sembra <strong>in</strong>contrato quasi per<br />

caso ma <strong>in</strong> realtà voluto e perseguito, con tutto il suo legato testamentario <strong>di</strong> def<strong>un</strong>ti: gli orpelli dello stile<br />

e della retorica. Uno stile gi<strong>un</strong>to al grado zero della f<strong>un</strong>zione poetica, dopo il quale forse non ci potrà<br />

essere ritorno, dove la derisoria celebrazione della rima è gi<strong>un</strong>to al limen dell’autosarcasmo e<br />

dell’autoparo<strong>di</strong>a. Così dolorosamente il Novecento si allontana dalla “nuova poesia” con il suo cumulo <strong>di</strong><br />

orrori e <strong>di</strong> feretri.<br />

-<strong>in</strong>tendere il consenso plenario<br />

come plebiscito lapidario<br />

fenomeno gregario cons<strong>un</strong>tivo totalitario<br />

equalizzato all’eresia <strong>di</strong> Arioconfessare<br />

il carattere ere<strong>di</strong>tario<br />

fe<strong>di</strong>ele <strong>di</strong>ario orig<strong>in</strong>ario<br />

è sillabario obbligazionario<br />

controllo antiparassitario del bestiarioquartiere<br />

reliquiario-lebbrosario legalitario<br />

costretto al precetto dottr<strong>in</strong>ario al calvario<br />

it<strong>in</strong>erario saponario<br />

Ossario-<br />

gli <strong>in</strong>terni senza <strong>in</strong>teriorità nella poesia deterritorializzata<br />

Luca Benassi<br />

I fasti del grigio Roma, Lepisma, 2005 pp. 70 € 10.00<br />

<strong>In</strong> <strong>un</strong> mondo dom<strong>in</strong>ato dalla ideologia del progresso, <strong>in</strong> cui il passato viene rimosso e <strong>di</strong>menticato,<br />

calpestato e ignorato, la poesia del Novecento ha replicato con l’ass<strong>un</strong>zione <strong>di</strong> <strong>un</strong> particolare<br />

abbigliamento stilistico, <strong>un</strong>a sorta <strong>di</strong> «spazio poetico» e con la teorizzazione della cosiddetta «f<strong>un</strong>zione<br />

poetica», ovvero, con la scelta dell’Opposizione e <strong>di</strong> <strong>un</strong>o sperimentalismo consapevole come opzione<br />

sostanzialmente antiprogressista e, paradossalmente, oltranzistica. L’avvento e l’<strong>in</strong>vasione delle poetiche<br />

epigoniche, <strong>in</strong>tendendo con tale term<strong>in</strong>e le poetiche che non criticavano le fondamenta della <strong>di</strong>visione<br />

istituzionale dei l<strong>in</strong>guaggi e delle rispettive competenze scientifiche e gnoseologiche, contribuiva a creare<br />

<strong>un</strong>’oggettiva <strong>di</strong>fficoltà da parte della nuova poesia a percepire e <strong>in</strong>tuire i no<strong>di</strong> problematici entro i quali si<br />

era venuta ad <strong>in</strong>castrare la poesia <strong>di</strong> f<strong>in</strong>e Novecento. Appariva così pienamente visibile, anche agli occhi<br />

dei critici più attenti e sensibili, quel fenomeno che è stato com<strong>un</strong>emente designato come esaurimento<br />

del canone novecentesco. La “nuova” poesia era così costretta a vestire i panni dell’orfana, <strong>di</strong> chi non ha<br />

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