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1. Cratilo - Dipartimento di Filosofia

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chiede chiarimenti, mostrando <strong>di</strong> non capire. Socrate risponde suggerendo che<br />

la tesi <strong>di</strong> <strong>Cratilo</strong> implichi che non è possibile <strong>di</strong>re il falso («Ara o{ti yeudh'<br />

levgein to; paravpan oujk e[stin, a\ra tou'tov soi duvnatai oJ lovgo"…, cfr. Euthd.<br />

286 c). A questo punto, finalmente, <strong>Cratilo</strong> assente, giustificando il paradosso<br />

del falso con un tipico argomento sofistico sull'impossibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>re «ciò che<br />

non è» (429 d)39.<br />

Per che via Socrate inferisca dalla tesi naturalista quella sul falso non è<br />

affatto chiaro, né a noi né – sembra – a <strong>Cratilo</strong> stesso. Diverse possibili<br />

ricostruzioni presentano il <strong>di</strong>fetto che la tesi sul falso vi è in realtà inferita, non<br />

dal naturalismo, ma da un'altra premessa in<strong>di</strong>pendente che viene attribuita a<br />

<strong>Cratilo</strong>, per es. qualche errata concezione della struttura dell'enunciato.<br />

Un'ipotesi per rendere giustizia al testo è che l'implicazione sia per<br />

contrapposizione: la possibilità del falso implica il convenzionalismo, quin<strong>di</strong> il<br />

naturalista deve negare la possibilità del falso. Con un po' <strong>di</strong> speculazione<br />

immaginiamo una situazione in cui due interlocutori, A e B, vedano un uomo<br />

che cammina; l'uomo si chiama Corisco, ma A e B lo scambiano per Callia, che<br />

in realtà è a casa a dormire. A chiede: “Che fa Callia?” e B risponde: “Callia<br />

cammina”. Ora, “Callia” non è veramente il nome <strong>di</strong> quell'uomo, e il vero<br />

Callia non sta camminando: l'enunciato è falso. D'altra parte B ha descritto<br />

correttamente l'attività dell'uomo che essi credono chiamarsi Callia, e in questo<br />

senso ha detto qualcosa <strong>di</strong> vero. Quin<strong>di</strong>, da un lato “Callia” è nome <strong>di</strong> Callia e<br />

non <strong>di</strong> Corisco; dall'altro, in un certo senso B ha usato il nome “Callia” in<br />

modo tale da riferirsi a Corisco e parlare <strong>di</strong> Corisco. Potremmo <strong>di</strong>re che il<br />

referente semantico40 <strong>di</strong> “Callia” è Callia ma che, in un senso non-tecnico e più<br />

debole del termine, altri in<strong>di</strong>vidui possono essere referenti <strong>di</strong> “Callia”, come<br />

39 Questa lettura della scena è con<strong>di</strong>visa da M.F. Burnyeat, Plato on How Not to Speak<br />

of What Is Not: Euthydemus 283a-288a, in: M. Canto-Sperber - P. Pellegrin (cur.), Le style de<br />

la pensée, Paris 2002, p. 40 n. <strong>1.</strong><br />

40 Cfr. S. Kripke, Naming and Necessity, Oxford 1980 2 , pp. 25-26, spec. n. 3.<br />

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