Svar Numero 5 - Lettere e filosofia
Svar Numero 5 - Lettere e filosofia
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svar<br />
Anno I • <strong>Numero</strong> V<br />
W .R eich N . Tesla
Disclaimer<br />
Questa rivista online è diretta emanazione del Laboratorio di Italiano Scritto e non rappresenta<br />
una testata giornalistica poiché viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto<br />
considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62/2001. Le immagini pubblicate<br />
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da attribuirsi all’autore, nemmeno se il commento viene espresso in forma anonima o criptata.<br />
In ogni caso, la redazione non si assume responsabilità per il contenuto degli articoli.<br />
Capo Redattore<br />
Giovanni Potente<br />
Grafico<br />
Marco Florio<br />
Redattori<br />
Francesco Cerminara<br />
Pietro Ciardullo<br />
Francesco Corigliano<br />
Salvatore Di Benedetto<br />
Marco Florio<br />
Antonella Impieri<br />
Hermann Inzillo<br />
Giacinta Oliva<br />
Francesca Sola<br />
Angelo Massimo Tuttobene<br />
Collaboratori<br />
Alessandra Cappa<br />
Italo Romano<br />
Supporto Tecnico<br />
Ing. Polimeni
Presentanzione<br />
di Giovanni Potente<br />
Personaggi “non autorizzati”<br />
• Marcus Garvey, il profeta anticolonialista – Hermann Inzillo - 6<br />
SVAR<br />
• Giordano Bruno: un uomo che ha tentato di valorizzare il concetto di “IO PENSO” –<br />
Alessandra Cappa - 9<br />
• Wilhelm Reich e l’energia orgonica – Salvatore Di Benedetto -11<br />
• Il mancato progresso italiano – Marco Florio - 14<br />
• Ipazia: una verità negata – Antonella Impieri - 16<br />
• Nikola Tesla: dagli Dei all’umanità – Angelo Massimo Tuttobene - 19<br />
• La profezia Lakota – Giacinta Oliva – 24<br />
• Flavio Claudio Giuliano: il miraggio pagano – Francesca Sola – 27<br />
Le migliori tesine del Laboratorio di Italiano Scritto<br />
2011/2012<br />
• Apologia della musica – Francesco Agresta - 32<br />
• Il finanziamento Pubblico ai Partiti è espressione di democrazia o un grave spreco<br />
di soldi pubblici? – Mariangela Astorino - 38<br />
• Crescita e Sviluppo: Il Movimento Cooperativo – Mariangela Aurelio – 42<br />
• Immigrazione: una risorsa per l’Italia – Maggie Bagnato – 49<br />
• L’inaffidabilità della traduzione della Bibbia – Mariangela Bennardo – 53<br />
• Il vamprio ed il capitalismo – Sabrina Borrelli - 58<br />
• La trasgressione come creatività – Raffaella D’Agostino – 62<br />
• I cellulari provocano gravi danni alla salute – Martina De Masi - 65<br />
• Il business spietato delle case farmaceutiche – Alessandra Imparato - 69<br />
• Cuore d’inchiostro: l’importanza della lettura – Cuda Mariya Korchak - 75<br />
• Rinnovabile: una risorsa per l’Italia – Viviana Mambrino - 79<br />
• Multinazionali: avidità di pochi, povertà di molti – Luigi Pullano - 82<br />
• Il linguaggio dei media evolve tra vecchi e nuovi poteri – Cosmo Sisca - 85
• Gruppo Bilderberg: governo di pochi – Maria Pia Spadafora - 88<br />
• Fantomatica Onnipotenza – Alessandra La Neve - 91<br />
• Oratori di ieri, persuasori di oggi – Floriana Ciccaglioni - 98<br />
• Leggere non è una perdita di tempo – Claudia Magnelli - 103<br />
• “TI LOVVO!!!” La lingua italiana tra evoluzione e ignoranza – Valeria Giordano - 107<br />
Cultura e Società<br />
• Si prega la clientela di spegnere la tv e di indignarsi – Francesco Cerminara - 113<br />
• Potere e controllo mentale – Alessia Mollo – 115<br />
• Inflazione: cause, implicazioni e conseguenze – Italo Romano- 120<br />
• Intervista a Paolo Rossi Barnard – Francesco Cerminara - 125<br />
• Il Governo mondiale privato e il paradosso del Capitalismo – Giovanni Potente - 128<br />
• Il condizionamento religioso – Francesco Corigliano - 134
Gentili lettori,<br />
SVAR<br />
il numero 5 di SVAR, che ho il piacere di presentarvi, consta di 3 sezioni.<br />
1. La prima è “a tema”. Gli articoli sono dedicati ad alcune figure della Storia tanto<br />
bistrattate ed oggi misconosciute quanto, invece, degne di tutta la nostra attenzione e<br />
del nostro rispetto. Penso ad Ipazia, il cui talento di scienziata-filosofa fu sacrificato<br />
sull’altare del più becero e truculento fanatismo religioso. La sua infelice sorte<br />
rappresenta per noi un monito fondamentale: l’intelligenza deve potersi esprimere<br />
libera da ogni dogma e preconcetto, libera anche dai moderni “fanatismi” tecnocratici<br />
che stanno costringendo la ricerca scientifica (ormai ben poco “pura”) a risultare<br />
funzionale alle logiche industriali e di mercato. Penso, ancora, a quel Toro Seduto<br />
sciamano-guerriero che tanta spiritualità avrebbe potuto trasmettere all’ “uomo bianco”<br />
che ne sterminò il popolo. E mi riferisco pure a Nikola Tesla e Wilhelm Reich, il cui genio<br />
e le cui scoperte, se non fossero stati brutalmente boicottati dall’apparato industriale,<br />
finanziario, accademico e politico degli Stati Uniti, avrebbero rappresentato per<br />
l’umanità una straordinaria fonte di sviluppo materiale e spirituale.<br />
2. La seconda è costituita dalle migliori tesine degli studenti del Laboratorio di Italiano<br />
Scritto dell’anno accademico 2011-2012, quindi è l’esito del lavoro e del talento di<br />
alcuni tra i nostri migliori studenti.<br />
3. La terza è una miscellanea di articoli di argomenti vari.<br />
Questa suddivisione, tuttavia, cela un filo conduttore unico, una tensione essenziale: la<br />
ferma volontà, condivisa dai membri della Redazione e dai collaboratori di SVAR, di non<br />
fermarsi alle “versioni ufficiali” dei fatti e alle ricostruzione di comodo che ci vengono fornite su<br />
“come va il mondo”. Noi coltiviamo la nostra vocazione spontanea al “sospetto”: il “sospetto”<br />
che le “grandi narrazioni” precostituite della storiografia e della cultura ufficiale celino verità da<br />
far tremare i polsi, cui occorre dedicare i propri sforzi, i propri studi, persino la propria<br />
esistenza. Ogni singola sillaba di questa rivista è frutto di questo impegno.<br />
GIOVANNI POTENTE
Marcus Garvey, il profeta<br />
anticolonialista<br />
Inzillo Hermann<br />
"O<br />
gni volta che pianto un seme, lui mi<br />
dice uccidilo prima che cresca, lui mi<br />
dice uccidili prima che crescano.”<br />
Cantava Bob Marley in I shot the<br />
Sheriff, nel 1973 a meno di dieci anni<br />
dall’assassinio di Malcom X e Martin Luther<br />
King. Il cantautore aveva in comune con i due<br />
attivisti la voglia di vivere in un mondo migliore,<br />
non soltanto per i suoi connazionali che ancora a<br />
più di cento anni dalla morte di Abramo Lincoln<br />
erano costretti a relazionare con uomini poco<br />
inclini alla pelle bruna e propensi a definirla negra<br />
o nera imitando il colore del loro animo. Bob in<br />
quegli anni scopriva anche la malattia che lo<br />
avrebbe condotto alla morte, il cancro, non curato<br />
dal Giamaicano perché fedele al rastafarianesimo,<br />
movimento spirituale filo cristiano che fra le altre<br />
cose non prediligeva le cure artificiali. L’ideale<br />
Rasta, come amava ricordare Robert Marley, trae<br />
insegnamento dalla vita e dalle parole di Marcus<br />
Garvey, eroe nazionale giamaicano che aveva un<br />
sogno: emancipare tutti gli africani del mondo,<br />
non nel loro paese d’emigrazione, ma in Africa.<br />
Marcus Garvey nasce il 17 agosto del 1887 a St’<br />
Ann’s Bay in Giamaica, trascorre la sua<br />
giovinezza fra i Caraibi e l’America Centrale,<br />
finché trasferitosi per ragioni di studio in<br />
Inghilterra approderà a Londra; città che per prima<br />
accoglierà le sue spoglie il 10 Giugno del 1940.<br />
Londra sarà per lui un vero campo di<br />
addestramento; lì apprenderà le filosofie di Robert<br />
Personaggi "non autorizzati"<br />
Love, Booker T. Washington e Martin Delay,<br />
parteciperà alla redazione di un giornale e di una<br />
radio e potrà raccogliere i frutti del primo<br />
congresso Panafricano presieduto da Dubois nel<br />
1909 due anni prima del suo arrivo. Tale<br />
conferenza porterà alla formazione di<br />
un’Associazione Panafricana proprio nella sua<br />
capitale natia, Kingston, che articolerà il suo<br />
progetto in sei punti. 1. Garantire i diritti politici<br />
e civili di tutta le popolazioni africane e dei loro<br />
discendenti nel mondo intero. 2. Migliorare la<br />
condizione dei nostri fratelli in Africa in America<br />
e nel resto del mondo, incrementando gli sforzi<br />
affinché la giustizia sia effettiva. 3. Stimolare<br />
l’impegno del nostro popolo nel commercio, nelle<br />
industrie e nell’educazione. 4. Incentivare le<br />
relazioni fra la razza negra e quella caucasica. 5.<br />
Organizzare una sede unica per raccogliere tutti i<br />
progressi scritti o realizzati in forma statistica dal<br />
nostro popolo in ogni parte del mondo. 6. Stabilire<br />
un fondo monetario che si utilizzerà unicamente<br />
per il compimento di quanto detto. Garvey leggerà<br />
gli scritti di Robert Love a riguardo e apprenderà<br />
dal giornalista l’irruenza e la dialettica necessaria<br />
per affrontare, da uomo di colore, l’ostilità bianca<br />
che persino in Giamaica, terra fra le più<br />
multietniche del mondo, era dilagante. Dopo una<br />
breve corrispondenza epistolare, Garvey<br />
accoglierà volentieri anche le idee cosmopolite di<br />
Washington che, molto sinteticamente,<br />
prospettavano una capitolazione delle ostilità
contro i neri tramite una loro stessa elevazione<br />
sociale, generata soprattutto da un efficace sistema<br />
di educazione. Poco più tardi la cosa si<br />
concretizzerà con l’apertura di una filiale del<br />
Tuskegee Institue in Giamaica. Nell’arco di questi<br />
anni, Garvey, che da bambino non era mai stato<br />
direttamente colpito dall’odio razziale, riceve in<br />
circostanze ancora più sgradevoli il primo insulto<br />
personale: nigger (negro), pronunciato, come a<br />
distanza di anni lui stesso ricorda, dal padre della<br />
sua migliore amica, che dopo un’infanzia ed<br />
un’adolescenza trascorse insieme, fu costretta a<br />
chiudere i contatti con lui. Garvey, ancora ragazzo,<br />
comprese sulla propria pelle quanto le idee<br />
nazionaliste di Delay potessero essere congruenti<br />
alla situazione in cui versava la sua gente; il<br />
nazionalismo nero, movimento il cui fine era<br />
l’indipendenza per i popoli africani dalla<br />
colonizzazione europea, subirà fra gli anni dieci e<br />
gli anni venti del novecento un esponenziale<br />
incremento di sostenitori guidati da un’unica<br />
persona: Marcus Garvey.<br />
Garvey mosse i primi passi ancora una volta nella<br />
sua terra natia, la Giamaica. Dopo aver viaggiato<br />
per la maggior parte dei territori colonizzati in<br />
America Latina, ed aver visitato più della metà<br />
degli stati europei; iniziò a porsi delle domande,<br />
chiedendosi: “Dov’è il Governo degli uomini<br />
Neri?”, “Dov’è il Re ed il suo Regno?”, “Dov’è il<br />
Presidente, lo stato, l’ambasciatore, l’esercito, le<br />
navi e i grandi uomini d’affari?”, non trovandoli si<br />
pose come obiettivo riuscire e crearli. Nel giro di 5<br />
giorni dopo esser sbarcato in Giamaica, nell’estate<br />
del 1914 riunì i suoi più fidati amici e fondò<br />
l’Universal Negro Improvement Association<br />
(UNIA) e l’African Communities League (ACL).<br />
Seguendo le orme dei già presenti movimenti<br />
Panafricani, forte delle sue idee nazionaliste portate<br />
allo stremo dalla sua giovane età, Garvey riuscirà<br />
con la sua associazione a surclassare qualsiasi altro<br />
sistema di tutela ‘accademico’, traslerà la<br />
rivoluzione dai congressi alle piazze si porrà da<br />
solo alla guida di popolose marce e determinati sitin;<br />
portando sulle strade rumori e suoni che dopo di<br />
lui rimarranno silenziosi per altri quarant’anni<br />
finché due emblemi della libertà non decideranno<br />
di sacrificarsi per essa. Anticipando ulteriormente i<br />
tempi, Garvey, come Malcom X e King, muoverà la<br />
coscienza degli Stati con un’assoluta non violenza,<br />
combattendo però la battaglia più dura non contro i<br />
bianchi, ma contro i suoi stessi fratelli che<br />
vedevano in Marcus un veleno pericoloso per ciò<br />
che a fatica nel tempo guadagnarono. A tal<br />
proposito Garvey disse: “Non ho alcun desiderio di<br />
condurre tutti i negri in Africa, alcuni di loro che<br />
non stanno bene qui, non staranno bene neanche<br />
li”. Egli era inoltre proprietario di un giornale, il<br />
Negro World, principale fonte di propaganda del<br />
suo movimento, nel 1919 scrisse una violenta<br />
accusa contro Edwin P. Kilroe, pubblico ministero<br />
statunitense che indagava sull’ UNIA nel tentativo<br />
di trovare grane per poterla chiudere, Garvey<br />
venne prima arrestato e non contento Kilroe inviò<br />
un sicario per toglierlo di mezzo per sempre.<br />
L’assassinio fallì ed il sicario morì suicida in<br />
prigione, Tyler, il sicario, a differenza di Oswald<br />
non fece correre rischi ai mandanti. Tutto ciò<br />
accadeva ad Harlem quartiere di New York che<br />
assumerà i connotati di un campo di battaglia per<br />
Garvey e la sua UNIA; politici a lui ostili<br />
tenteranno di ostacolarlo all’esterno ed all’interno<br />
delle sue fila, arginandole o separandole come<br />
conveniva all’occasione. Garvey reagirà alle<br />
opposizioni con ancora più incisività, aggiungendo<br />
alle due associazioni ed al giornale anche una<br />
compagnia navale, la Black Star Line in evidente<br />
opposizione alla White Star Line la produttrice del<br />
Titanic. L’impresa navale era un ulteriore tassello<br />
nel progetto utopistico di Garvey, lo scopo primo<br />
era traghettare gli uomini di colore dai paesi<br />
coloniali all’Africa, affinché giunto il Re Nero essi<br />
riuniti avrebbero potuto fondare uno stato<br />
completamente Africano, senza influenze esterne<br />
ed autonomo. Criteri d’azione così ben riusciti,<br />
capaci di far iscrivere all’UNIA quasi undici<br />
milioni di persone e di portarne in piazza al<br />
Madison Square Garden venticinquemila, finirono<br />
con lo scardinare ogni vincolo che frenava i suoi<br />
avversari nel ricorrere a metodi inoppugnabili.<br />
Nell’arco di un anno il numero di infiltrati che<br />
manomettevano la serenità interna<br />
dell’associazione mandò in frantumi prima la<br />
Black Star Line e a catena il giornale e i due figli<br />
prediletti di Garvey, l’UNIA e la ACL. Dopo aver<br />
trascorso 5 anni in prigione, lascerà le Americhe<br />
per rifugiarsi nuovamente in Europa, dove con<br />
molta più parsimonia di azioni trascorrerà il resto<br />
della sua vita finché non morirà di infarto all’età di<br />
52 anni.<br />
Questa è la breve storia di un uomo che ha
cambiato oggi la vita di pochi, forse di pochissimi.<br />
Dimenticato dai suoi contemporanei e quasi<br />
sconosciuto al mondo odierno. Malcom X e Martin<br />
Luther King decisamente a buon merito ne hanno<br />
oscurato le gesta, loro che divenendo martiri<br />
riuscirono con la morte ad imprimere in eterno il<br />
loro messaggio. Bob Marley, seppur defunto, può<br />
ancora oggi con la sua musica esprimere l’uomo<br />
Garvey con parole che rispetto alle sue, meglio<br />
riescono a raggiungere le menti moderne. Kwame<br />
Nkrumah, colui il quale rese libera ed indipendente<br />
la repubblica del Ghana è forse l’unico ad aver<br />
realizzato il sogno di lui, divenendo quel re nero<br />
tanto agognato dal profeta. Non mancheranno da<br />
parte del politico encomi al mentore attivista; il più<br />
grande dei quali è probabilmente la stella nera sulla<br />
bandiera del Paese. Marcus rimane comunque un<br />
uomo tradito dalla società, convinto che il denaro<br />
avrebbe comprato le terre per uno stato africano,<br />
come gli ebrei fecero in Palestina; che l’educazione<br />
e l’efficienza sociale avrebbero elevato l’uomo<br />
nero al pari di quello bianco, senza considerare che<br />
quella stessa istruzione aveva reso l’uomo bianco<br />
razzista. Ed infine, in uno sprazzo di lucida<br />
insanità, che non può non essere celebrato; cercò di<br />
ragionare con il Ku Klux Klan, definendo loro<br />
avversari migliori dei politici statunitensi, poiché<br />
facenti parte di un Clan, proprio come il suo, e<br />
quindi adatto ad entrarvi in competizione, con il<br />
solito motto : ‘vinca il migliore’.
Giordano Bruno: un uomo che ha<br />
tentato di valorizzare il concetto<br />
di "IO PENSO"<br />
17 Febbraio 1600: moriva sul rogo<br />
l’eretico Giordano Bruno, un frate<br />
domenicano accusato di aver<br />
commesso crimini contro la Santa<br />
Chiesa. Nonostante siano passati secoli<br />
da quella fatidica mattina pochissimi altri tra i<br />
grandi personaggi della cultura sono stati al centro<br />
di un acceso e critico dibattito come quello che<br />
ruota attorno alla figura di Bruno.<br />
Ma chi era Giordano Bruno? Una persona in<br />
possesso di una memoria prodigiosa, risultato di<br />
una sofisticata mnemotecnica coltivata fin dalla<br />
giovinezza, acume e grandi capacità critiche che<br />
gli costarono diverse accuse di eresia e furono<br />
causa dei continui conflitti con le diverse dottrine<br />
con cui ebbe a che fare. La sua esistenza fu<br />
caratterizzata da una serie di peripezie. Compì<br />
numerosi viaggi in diverse città d’Europa, da<br />
Ginevra a Tolosa fino in Inghilterra, e dovunque<br />
fu dapprima accolto con calore e rispetto per il suo<br />
spirito, la sua cultura e la sua eloquenza. Tuttavia<br />
in nessun posto riuscì a trovare un riparo<br />
duraturo. Le sue dottrine finivano sempre per<br />
urtare senza tregua le credenze dei suoi ospiti, di<br />
qualsiasi fede fossero. Infine, stanco della sua<br />
condizione di esiliato, Bruno ritornò in Italia, a<br />
Venezia, come precettore del nobile Giovanni<br />
Moncenigo. Questi, dopo sei mesi di ospitalità, lo<br />
denunciò al Tribunale dell’Inquisizione. Il famoso<br />
processo si tenne i primi tre anni nella città<br />
lagunare, proseguendo per i successivi sette a<br />
Roma, fino a quel definitivo “scacco” con cui la<br />
Chiesa uccise una delle menti più brillanti del<br />
mondo.<br />
Da qui nascerà il mito di Bruno come martire del<br />
libero pensiero, presentato come un vero e proprio<br />
Cappa Alessandra<br />
Socrate moderno, morto per non tradire le sue<br />
idee e per difendere il diritto al libero esercizio<br />
della ricerca filosofica, contro l’oscurantismo e la<br />
barbarie ecclesiastica. Egli fu partigiano di una<br />
teoria scientifica allora nuova in Europa:<br />
l’eliocentrismo del sistema copernicano.<br />
Precursore di quelle discipline parascientifiche<br />
che oggi ipotizzano l’esistenza di forme di vita<br />
extraterrestri, Giordano Bruno, “il sognatore”,<br />
rifiutando la cieca ubbidienza alle dottrine della<br />
Chiesa del tempo, trovò in Copernico (che a sua<br />
volta aveva sfidato la Chiesa nelle sue inflessibili<br />
tradizioni) un maestro, e avvalendosi della sua<br />
teoria la estese fino a coinvolgere l'intero<br />
universo. Laddove Copernico trattava del moto<br />
della Terra, Giordano Bruno immaginava un<br />
universo infinito, popolato da un'infinità di stelle<br />
come il nostro Sole, ciascuna circondata da<br />
pianeti ove crescono e prosperano esseri<br />
intelligenti. Le implicazioni teologiche del suo<br />
pensiero erano clamorose: postulando l’esistenza<br />
di altre forme intelligenti, o umane, Adamo non<br />
era più il padre comune dell’umanità e non ci<br />
poteva più essere redenzione universale. E d’altra<br />
parte, se l’Universo non era più chiuso e finito,<br />
prodotto totalmente distinto e distante dalla<br />
Divinità medesima, ma infinito e senza confini,<br />
esso possedeva troppi attributi della Divinità<br />
medesima: per la Chiesa, quindi, un terribile<br />
concorrente di Dio. L’infinità dell’Universo<br />
comportava che il motore di esso non fosse<br />
estrinseco all’Universo, ma intrinseco ad esso<br />
medesimo: non fuori, ma dentro l’Universo stesso.<br />
L’Infinito secondo Bruno poneva d’altra parte un<br />
altro problema altrettanto acuto: essendo<br />
l’universo un’emanazione di Dio, esso era di
conseguenza l’unico mediatore tra l’uomo e la<br />
divinità. Per Bruno, la vera eucaristia, quindi, era la<br />
comunione con la Divinità attraverso la<br />
contemplazione dell’Universo. Se in ogni molecola<br />
di natura si trova un riflesso dell’anima di Dio, il<br />
passo successivo era pensare che il Cristo non<br />
servisse più a nulla, che non fosse più necessaria la<br />
Redenzione. La Chiesa non poteva accettare tutto<br />
ciò e da qui il processo intentatogli durante il quale<br />
Giordano Bruno si presentò sempre come filosofo e<br />
non teologo, rifiutando accanitamente l’accusa di<br />
eresia: egli infatti non predicava ma consigliava<br />
l’idea di ricercare la verità sul principio primo<br />
dell’Universo.<br />
Bruno fu una personalità che si pose in maniera<br />
sarcastica e polemica nei confronti delle istituzioni<br />
culturali. Il rifiuto delle regole e dei dogmi erano<br />
alcuni dei suoi principi più radicati. Un uomo<br />
scomodo, quindi? Una minaccia per governi e<br />
istituzioni di potere? Assolutamente si! Giordano<br />
bruno era un contestatore, uno spirito ribelle a cui<br />
però è stata negata la possibilità di esprimersi<br />
liberamente, non lasciando emergere quanto di più<br />
positivo e moderno il suo IO possedesse. Ma che<br />
cosa ha dimostrato Giordano Bruno al di là delle<br />
rivoluzioni scientifiche e filosofiche? Che tutti gli<br />
uomini hanno la capacità ed il diritto di guardare<br />
con i propri occhi senza lasciarsi offuscare ed<br />
intimidire dal terrore e dalla paura di ciò che è<br />
definito peccato e dalla volontà di controllo da<br />
parte del potere. Ai suoi tempi, però, purtroppo<br />
bisognava accettare in toto quello che veniva<br />
proposto dalla dottrina cattolica ed il fatto che<br />
qualcuno si permettesse di criticare la Chiesa,<br />
magari introducendo nuovi pensieri, poteva essere<br />
sufficiente per essere considerato eretico e messo a<br />
morte.<br />
Oggi non esiste più questa condanna, ma il resto?<br />
Non siamo, forse, ancora schiavi del “pensiero<br />
generale” che il Sistema ci propina? Attraverso<br />
questo articolo, il mio scopo non è tanto quello di<br />
considerare Giordano Bruno dal punto di vista<br />
filosofico, piuttosto dal punto di vista umano.<br />
Come lo immaginiamo? Come un pazzo che<br />
inveisce con le mani al cielo, il viso arrossato e gli<br />
occhi quasi fuori dalle orbite? Cosa aveva di così<br />
anomalo, di così diverso questo uomo? Solo il<br />
coraggio di valorizzare se stesso, di mettere in<br />
discussione ciò che lo circondava con lo scopo di<br />
capirne i “perché”, un uomo che non ha avuto<br />
paura di esprimere quello che Nietzsche, altro<br />
grande personaggio incompreso, definì<br />
Superuomo! , e non ha accettato di sopprimere la<br />
propria volontà singola in nome di pochi che di<br />
saggezza ed umanità non ne sapevano molto. Io<br />
immagino Bruno come un uomo pacato che se ne<br />
va in giro per le strade, osservando in silenzio ciò<br />
che lo circonda e, ponendosi mille interrogativi,<br />
sollecita la sua mente alle più svariate soluzioni.<br />
Non potrebbe essere l’immagine di una persona<br />
qualunque? Eppure dalla storia ci viene descritto<br />
come un qualcuno che non aveva nulla a che fare<br />
con la gente comune, come un “diverso”. Non è<br />
forse un altro esempio di controllo del sistema? Un<br />
altro esempio di dogmatismo contro cui sollevare<br />
la nostra voce? Di sovversivi come Bruno il<br />
passato è stato pieno. Oggi forse con un termine<br />
più pacato potremmo definirli ribelli o<br />
anticonformisti, un tipologia di persona purtroppo<br />
ancora vista con diffidenza. Il perché? Perché “per<br />
il pensiero generale non è così”, perché sono<br />
“diversi”, perché non chinano il capo senza prima<br />
aver espresso la loro opinione, mettendosi in gioco<br />
per affermare e dimostrare tangibilmente il loro<br />
pensiero tanto da poter a volte ottenere seri e<br />
positivi risultati da sbandierare in faccia ai superbi<br />
saccenti. Ma forse, al giorno d’oggi se abbiamo la<br />
possibilità di essere o meno anticonformisti, se<br />
abbiamo la possibilità di tentare di sollevarci<br />
contro un muro di oppressione, se abbiamo<br />
l’opportunità di schierarci contro stereotipi<br />
culturali fatui, indipendentemente se ne si esce da<br />
vincitori o da sconfitti, lo dobbiamo a personaggi<br />
come Giordano Bruno, che pieni d’amore per se<br />
stessi, innanzitutto, ed amanti della dignità e della<br />
soggettività del singolo, alzandosi in piedi con<br />
umiltà e fermezza hanno dato potere e profonda<br />
dignità ad una delle espressioni che lascia<br />
fuoriuscire l’anima pensante di ogni singola<br />
persona: costoro hanno detto “Io penso”.
Wilhelm Reich e l'energia<br />
orgonica<br />
Di Benedetto Salvatore<br />
Nel corso della storia sono stati molti gli<br />
uomini che con le loro scoperte, le loro<br />
idee e la loro saggezza avrebbero<br />
potuto trasformare questo mondo in un<br />
posto meraviglioso, abbondante di tutto<br />
ciò che è necessario a ogni essere per vivere<br />
libero, sereno e felice. Questi uomini sono stati<br />
ridicolizzati, diffamati, isolati e talvolta uccisi<br />
dall’autorità di turno per mantenere la società<br />
nello status quo imperante. Tra i tanti nomi è<br />
doveroso menzionare il Dr. Wilhelm Reich per le<br />
sue grandi idee e scoperte che avrebbero<br />
migliorato non solo la nostra attuale società, ma<br />
anche noi stessi.<br />
Wilhelm Reich nacque il 24 marzo 1897 a<br />
Dobrzcynica in Bulkovina (l’attuale Romania), ai<br />
limiti orientali dell’impero Austro-Ungarico.<br />
Primogenito di una famiglia di agricoltori<br />
benestante fu istruito inizialmente in casa della<br />
madre e successivamente da un certo numero di<br />
tutori com’era comune a quel tempo. Fu subito<br />
evidente il suo eccellere negli studi, merito della<br />
viva intelligenza che aveva e, in parte, del timore<br />
che nutriva verso la grande severità del padre col<br />
suo orribile carattere, un tipo che non avrebbe<br />
sopportato un esito negativo del figlio negli studi.<br />
Reich ebbe una fanciullezza ed un’adolescenza<br />
molto difficili. All’età di 13 anni la madre si<br />
suicidò per sfuggire al violento carattere del padre<br />
che aveva scoperto un suo adulterio. Quattro anni<br />
dopo suo padre morì di polmonite e Reich, che<br />
aveva 17 anni, diresse per breve tempo la fattoria<br />
del padre fino a quando venne distrutta durante la<br />
Prima Guerra Mondiale nel 1915. Dopo aver<br />
servito l’esercito austriaco sul fronte italiano,<br />
iniziò a frequentare l’Università di Vienna e prese<br />
la laurea in medicina nel 1922. Mentre studiava<br />
per il suo dottorato Reich divenne il pupillo del<br />
Dr. Sigmund Freud e, in breve, dopo aver ottenuto<br />
la laurea, assistente clinico nella Clinica<br />
Psicoanalitica del Dr. Freud dove egli stesso<br />
divenne un pioniere della psicoanalisi. In questi<br />
anni si concentrò insieme a Freud nel curare<br />
pazienti afflitti da diversi tipi di nevrosi. Reich era<br />
d’accordo con la teoria di Freud secondo cui la<br />
nevrosi e alcune disfunzioni all’interno del corpo<br />
erano causate da blocchi che non permettevano<br />
agli istinti sessuali di esprimersi liberamente. In<br />
seguito però, dati i numerosi insuccessi che si<br />
susseguivano, egli prese le distanze da Freud per<br />
quanto riguarda la terapia che quest’ultimo<br />
utilizzava per curare quei malori. Tale terapia<br />
consisteva nel sublimare la sessualità del paziente,<br />
togliendogli dall’inconscio le pulsioni sessuali e<br />
portarlo a rinunciare in modo consapevole alle<br />
passioni stesse. Tutto ciò venne rigettato da Reich<br />
che invece si dedicò a rimuovere i conflitti<br />
emozionali che si erano creati nell’individuo a<br />
causa della repressione della sessualità portata<br />
avanti dalla struttura sociale. La famiglia con la<br />
sua educazione sessuofobica dei bambini e dei<br />
giovani, la chiesa con il suo proibizionismo dei
apporti sessuali prima e al di fuori del matrimonio<br />
e il forte condizionamento di istituzioni come il<br />
matrimonio monogamico. A partire dal 1936<br />
condusse esperimenti sulle infezioni che si<br />
trasmettevano per via aerea e si rese conto che era<br />
impossibile per i microorganismi contagiare dei<br />
corpi tramite l’aria. Ebbe qui inizio la campagna di<br />
diffamazione contro Reich sia da parte dei<br />
psicoanalisti che della medicina generale. Per circa<br />
un anno, quasi ogni giorno, apparivano articoli che<br />
gettavano fango sul suo nome e sul suo lavoro.<br />
Inoltre la minaccia Nazista si faceva sempre più<br />
pericolosa e vicina, la situazione stava diventando<br />
insostenibile. Fu così che nell’agosto del 1939<br />
Wilhelm Reich lasciò l’Europa per trasferirsi negli<br />
Stati Uniti, e non vi fece mai più ritorno. Durante il<br />
periodo di ricerca sui microorganismi notò delle<br />
forme di transizione tra la materia non vivente e<br />
quella vivente: i bioni, da Reich definiti come<br />
“l’unità funzionale elementare di tutta la materia<br />
vivente”. Fu durante lo studio di un particolare tipo<br />
di bioni, i SAPA (Sand Packet), ottenuti dalla<br />
sabbia oceanica, che Reich scoprì una particolare<br />
radiazione che lo portò ad essere noto negli Stati<br />
Uniti e in seguito nel mondo intero. Reich chiamò<br />
questa radiazione “energia orgonica” (gennaio<br />
1939). Iniziò a studiarne le caratteristiche, sia a<br />
livello puramente fisico che biologico, i quali<br />
differenziavano questa energia da tutte le altre. Si<br />
tratta di un’energia che non è né di natura elettrica,<br />
né di natura magnetica, una sorta di forza vitale che<br />
pervade tutto l’Universo e interagisce con tutti gli<br />
esseri viventi. Gli studi sperimentali sulle proprietà<br />
dell’energia orgonica avevano evidenziato, fra le<br />
altre cose, che le sostanze organiche hanno la<br />
caratteristica di attrarre e trattenere l’orgone,<br />
mentre le sostanze metalliche lo respingono. In<br />
base a queste osservazioni Reich fu in grado di<br />
creare degli accumulatori di energia orgonica,<br />
caratterizzati da strati alternati di materiale<br />
organico (lana) e metallo. Costruì dei motori in<br />
grado di catturare questa energia direttamente<br />
dall’atmosfera terrestre. Pensate ai risvolti che<br />
questa invenzione avrebbe portato nella vita di ogni<br />
uomo. Energia libera e potenzialmente infinita,<br />
niente più petrolio e inquinamento, niente più<br />
lavoro massacrante 9 ore al giorno, finalmente<br />
libertà ed equilibrio con la natura. L’Universo è<br />
abbondanza infinita, diceva Reich, viviamo in<br />
un’illusione di precarietà e di limitatezza. Nel corso<br />
dei vari esperimenti con l’orgone il Dr. Reich toccò<br />
molti aspetti diversi della scienza. Tra questi le<br />
discipline della medicina, della fisica, della<br />
cosmologia e della meteorologia. Con degli<br />
accumulatori molto grandi di orgone, capaci di<br />
ospitare all’interno una persona, Reich curò molti<br />
suoi pazienti da diverse patologie. Nel suo libro<br />
“La Biopatia del Cancro” (1948), il Dr. Reich<br />
documentò accuratamente il suo lavoro riguardante<br />
il trattamento di diversi pazienti affetti da cancro<br />
terminale giudicati inguaribili dalla medicina<br />
ortodossa. Molti di questi guarirono ma, essendo<br />
un uomo di scienza molto attento, non fu così<br />
avventato da dichiarare il trattamento con l’orgone<br />
come una cura per il Cancro. In ambito<br />
meteorologico scoprì l’orgone atmosferico e notò<br />
che, in presenza di inquinanti di vario tipo,<br />
comprese emissioni elettromagnetiche, l’orgone<br />
diventava stagnante e causava malattia e danni<br />
ambientali. Chiamò questo orgone stagnante<br />
“orgone morto” o “DOR”. Gli effetti del DOR<br />
erano spesso quelli che contribuivano alla<br />
formazione della siccità e dei deserti. Il processo di<br />
desertificazione catturò particolarmente<br />
l’attenzione di Reich. Ben presto fu in grado di<br />
stabilire una connessione fra il processo di<br />
desertificazione ambientale e quello che egli definì<br />
il “deserto emozionale”. Così come può accadere<br />
nell’ambiente che l’energia orgonica venga<br />
sostituita dal DOR, la stessa cosa può verificarsi<br />
anche all’interno dell’individuo. Le conseguenze<br />
per l’ambiente sono la scomparsa progressiva della<br />
vegetazione, la trasformazione del terreno fino alla<br />
comparsa di sabbia, e la morte delle forme di vita<br />
presenti fino a quel momento. Parlando invece del<br />
deserto emozionale che subentra nell’interiorità<br />
dell’uomo, si ha la morte della creatività, sostituita<br />
da un comportamento meccanico e costruito, uno<br />
stato in cui ogni grazia e spontaneità naturali sono<br />
bandite e perseguitate. Per contrastare la<br />
desertificazione Reich aggiunse dei lunghi tubi di<br />
rame ad un accumulatore di orgone e lo puntò<br />
verso il cielo per aiutare l’orgone atmosferico a<br />
bilanciarsi e a creare condizioni favorevoli alla<br />
pioggia. Chiamò questo dispositivo “Cloud-buster”<br />
(acchiappa nuvole). In un esperimento iniziato<br />
nell’ottobre del 1954, ebbe successo nel far cadere<br />
la pioggia nel deserto intorno Tucson, in Arizona.<br />
Prima ancora che la pioggia cadesse, la presenza di<br />
nuovo orgone bilanciato aveva consentito la
crescita di ben trenta centimetri di erba. Questo<br />
spettacolo di verde si estendeva su qualcosa come<br />
da quaranta a ottanta miglia ad est e a nord della<br />
città. Diversi giornali del luogo descrissero quel<br />
meraviglioso e incredibile evento. Dopo che Reich<br />
riuscì a ripetere l’impresa per almeno un centinaio<br />
di volte, alcuni scienziati riconobbero la validità del<br />
metodo di Reich. Egli fu capace di dimostrare e<br />
misurare l’energia orgonica con un termometro, un<br />
elettroscopio e anche con un contatore Geiger.<br />
Durante gli anni trascorsi negli Stati Uniti aveva<br />
formato diversi gruppi di ricerca che si riunivano in<br />
alcuni istituti a lui dedicati, dove si sperimentava<br />
l’energia orgonica, il più noto era l’Orgone Institute<br />
a New York. Vennero periodicamente pubblicate sei<br />
riviste scientifiche che riportavano articoli sullo<br />
sviluppo del lavoro orgonomico. L’espandersi delle<br />
notizie circa le guarigioni che Wilhelm Reich<br />
riportò sui malati terminali di cancro, attrassero<br />
presto l’attenzione della Food and Drug<br />
Administration (FDA), che intervenne per bloccare<br />
le operazioni e scatenò contro Reich una guerra a<br />
tutto campo. Accusato di essere comunista, bollato<br />
ovunque come ciarlatano, Reich fu denunciato<br />
dalla FDA per aver enunciato la scoperta di<br />
un’energia che secondo loro non esisteva. Per anni<br />
la sua vita e il suo lavoro furono spiati dalla CIA e<br />
dall’FBI, coinvolgendo anche i suoi famigliari e i<br />
suoi collaboratori. Il suo telefono fu tenuto<br />
costantemente sotto controllo, e negli ultimi anni<br />
furono ritrovate microspie persino nella sua<br />
automobile. Il processo contro di lui si concluse<br />
con la messa all’indice di tutti i suoi libri e la<br />
distruzione di tutti i lavori scientifici relativi<br />
all’orgone. Era necessaria la comparsa della parola<br />
“orgone” a qualificare del materiale come degno di<br />
essere bandito e distrutto nel caso fosse stato<br />
pubblicato. Nonostante le difficoltà, Reich<br />
continuava a diffondere le sue teorie attraendo<br />
sempre più studenti nel suo istituto scientifico. Le<br />
persecuzioni contro di lui continuarono e nel<br />
maggio del 1956 Wilhelm Reich fu<br />
improvvisamente arrestato per una banale<br />
infrazione sulle leggi del trasporto commessa da un<br />
suo assistente e fu condannato a due anni di<br />
carcere. Dopo otto mesi di prigionia, morì nella sua<br />
cella per crisi cardiaca. La famiglia però non ha<br />
mai creduto a questa versione ed ha sempre<br />
sospettato che Reich sia stato avvelenato. Tutti i<br />
progetti, gli strumenti, la documentazione e i<br />
macchinari di Reich furono sequestrati e distrutti.<br />
Tutti i suoi libri furono bruciati sotto la diretta<br />
supervisione dell’FDA e tutti i riferimenti<br />
all’energia orgonica furono cancellati per sempre<br />
dalle pagine della storia. Non si era mai vista da<br />
parte delle autorità americane, una furia così<br />
devastante contro una forma d’energia che secondo<br />
loro non esisteva nemmeno. Avendo letto fin qui<br />
potrebbe sembrare che Wilhelm Reich e tutto il suo<br />
lavoro siano stati distrutti per sempre, ma non è<br />
così. Egli rivive in tutti quegli uomini che,<br />
nonostante le informazioni perdute e la censura,<br />
hanno ripreso le sue opere e le sue ricerche<br />
ottenendo anche loro grandi risultati. Negli ultimi<br />
anni della sua vita, l’interesse di Reich era rivolto<br />
ai bambini del futuro. Solo consentendo ad ogni<br />
generazione successiva di crescere un poco più<br />
vicino alla natura, diceva, sarà possibile, per<br />
l’umanità, ritrovare un giorno il suo vero posto nel<br />
creato.
Il mancato progresso italiano<br />
Ormai è riconosciuto che il computer è<br />
un oggetto più che diffuso e che lo<br />
usiamo quotidianamente per le cose più<br />
semplici come controllare la casella di<br />
posta o chiaccherare con gli amici, e<br />
per le cose un po’ più utili come visualizzare un<br />
percorso stradale o elaborare qualche dato<br />
importante. Ciò che prima si faceva impiegando<br />
vecchie e polverose enciclopedie ora è risolvibile<br />
con qualche semplice click. Si, i computer hanno<br />
rivoluzionato il mondo.<br />
Ma quanti di voi sapranno rispondere alla<br />
domanda: chi ha inventato il primo PC? Chi non si<br />
interessa di queste tematiche risponderà per<br />
sentito dire il magnate informatico Bill Gates…<br />
beh la risposta è errata! Possiamo ringraziare lui<br />
per aver concesso a tutti di poter comprare un PC<br />
ad un prezzo accessibile alle famiglie. Se avete<br />
risposto il “visionario”, ed ormai defunto, Steve<br />
Jobs… vi siete avvicinati: è stato lui a creare<br />
Apple II a cui fu assegnato il nome di Personal<br />
Computer come lo intendiamo noi, ovvero un<br />
computer utilizzato dall’utente finale e non tramite<br />
intermediari esperti.Ma lo stesso Apple II non è<br />
altro che figlio di un progetto ancora più vecchio<br />
e… nostrano!<br />
Ebbene si, il primo PC, impropriamente usato con<br />
il termine appena descritto, è stato inventato<br />
proprio in Italia, ad Ivrea precisamente, in<br />
provincia di Torino da Pier Giorgio Perotto,<br />
ingegnere e informatico italiano, progettista<br />
dell’Olivetti.<br />
Ma andiamo per gradi. L’Olivetti nasce nel 1908<br />
Florio Marco<br />
dall’Ingegner Camillo Olivetti e pian piano si<br />
fanno strada nel mondo della meccanica e<br />
dell’elettronica. Famosissime sono le lor<br />
macchine da scrivere e pochi sanno che sempre<br />
l’Olivetti si annovera il primato di uno dei primi<br />
calcolatori elettronici, sto parlando<br />
dell’ELEA9000 (per esteso: ELaboratore<br />
Elettronico Aritmetico) creato nel 1957; il nome<br />
fa anche riferimento alla <strong>filosofia</strong> di Parmenide, la<br />
scuola eleatica appunto. Questo dispositivo ha<br />
aperto le porte all’informatica ma era ancora<br />
appannaggio di pochi “eletti”, roba da<br />
“scienziati”! Qui entra in gioco Pier Giorgio<br />
Perotto che nel 1964 crea la Programma101 (o<br />
P101) un calcolatore elettronico da scrivania per<br />
la gente comune. E’ stato uno dei pochi ad aver<br />
notato le potenzialità dei calcolatori elettronici e<br />
voleva condividerlo anche con la gente “comune”,<br />
senza intermediari specialisti del settore. Alcuni<br />
sostengono che la Perottina (così era stata chiama<br />
amichevolmente dai colleghi progettisti) si possa<br />
considerare l’archetipo del PC perché essa<br />
effettivamente era personalizzabile (ciò che<br />
appunto rende Personal un Computer). Il<br />
dispositivo era progettato per elaborare le<br />
informazioni che l’utente gli forniva tramite<br />
tastierino (azionato meccanicamente come<br />
tradizione aziendale voleva) ma le elaborazioni e<br />
le funzioni che poteva prevedere erano dettate<br />
dall’inserimento di una carta magnetica che<br />
“leggeva” automaticamente come programmarsi.<br />
Le “visioni” di Perotto non finiscono qui: l’uso<br />
della carta magnetica verrà poi ripreso dai primi
PC effettivi tramite l’utilizzo dei Floppy Disk<br />
(dischi magnetici appunto) per leggere/scrivere<br />
informazioni.<br />
L’anno successivo l’azienda partecipa ad una fiera<br />
sulle nuove tecnologie a New York dove la P101<br />
messa in secondo rilievo perché di poco interesse<br />
per l’azienda che ostentava la sua tradizionale<br />
tecnologia meccanica, sarà considerata la star della<br />
fiera americana del 1965. Il prezzo accessibile<br />
(costava $3.200, circa un ottavo dei normali<br />
calcolatori in commercio all’epoca) e la semplicità<br />
di utilizzo ha permesso all’azienda italiana di<br />
entrare nella storia. Il 90% delle vendite vennero<br />
effettuate negli USA e sono proprio loro che<br />
beneficeranno di questa nuova tecnologia.<br />
L’azienda statunitense Hewlett-Packard Company,<br />
la nota hp per intenderci, studierà a fondo il<br />
dispositivo e l’elettronica italiana che aveva<br />
suscitato stupore (e magari un pizzico d’invidia)<br />
tanto da replicarlo migliorandolo. Scatta subito la<br />
violazione del brevetto e l’hp ammessa la colpa nel<br />
1967 risarcirà l’Olivetti pagando una royalty di<br />
$900.000.<br />
Per quanto possa essere gratificante far rispettare i<br />
propri prodotti nel mondo, sono amareggiato per la<br />
scarsa attenzione che l’Italia da alle giovani e<br />
promettenti menti nostrane che hanno spesso e<br />
ufficiosamente cambiato la realtà sfoggiando altre<br />
bandiere che non il tricolore.
Ipazia: una verità negata<br />
ll’udienza generale di mercoledì 3<br />
Ottobre 2007, il papa Benedetto XVI<br />
elogiò la «grande figura» del vescovo<br />
di Alessandria, Santo e Dottore della<br />
Chiesa, Cirillo. Alla numerosa folla<br />
accorsa a Piazza San Pietro, il papa presentò la<br />
figura del Santo in maniera ineccepibile e lodò la<br />
«grande energia» del Vescovo che «resse con<br />
mano ferma e grande prestigio la Diocesi<br />
Alessandrina» dal 412 al 444 d.C. Nel lungo<br />
discorso, che ebbe come intento l’esaltazione del<br />
Santo, sarebbe stata forse una nota stonata<br />
aggiungere che il Vescovo si macchiò di uno dei<br />
crimini più atroci e sempre insabbiati nella storia<br />
dell’umanità: l’assassinio della filosofa e<br />
scienziata alessandrina Ipazia.<br />
Bandiera di laicità, eroina proto femminista,<br />
martire della libertà e del pensiero, «prima strega<br />
bruciata sul rogo dell’inquisizione ecclesiastica 1»,<br />
Ipazia era questo e molto altro ancora. Le fonti<br />
antiche ci tramandano la vita di una donna dedita<br />
allo studio della matematica, dell’astronomia e<br />
della <strong>filosofia</strong> neoplatonica che finì per essere<br />
maestra alla scuola di Alessandria, «simbolo<br />
insieme ad Atene della cultura antica2». A<br />
Questa<br />
donna intelligente e tollerante attirò su di sé l’odio<br />
del Vescovo Cirillo, già noto alle cronache del<br />
tempo per aver organizzato una spedizione<br />
punitiva nei confronti degli ebrei della città, rei di<br />
aver teso un agguato agli attivisti cristiani<br />
uccidendone molti. L’eccessivo zelo di Cirillo si<br />
tramutò in spirito omicida: i suoi miliziani, i<br />
monaci parabalani, saccheggiarono le case dei<br />
Impieri Antonella<br />
giudei che furono spogliati dei loro beni ed<br />
esiliati dalla città. Fu, questo, il grande pogrom<br />
che preannunciò il massacro di Ipazia. Nel marzo<br />
del 415 d.C. i monaci parabalani, su diretto<br />
comando di Cirillo, piombarono addosso alla<br />
filosofa che tornava a casa da una delle sue<br />
pubbliche apparizioni, la spogliarono delle vesti,<br />
la massacrarono con cocci aguzzi, facendola a<br />
brandelli e diedero alle fiamme i suoi resti. Il suo<br />
assassinio rimase impunito, nonostante<br />
l’indignazione del prefetto della città, Oreste,<br />
intimo amico di Ipazia e acerrimo avversario del<br />
Vescovo. L’inchiesta venne insabbiata e solo<br />
successivamente condannata dalle fonti bizantine<br />
che individuarono in Cirillo il diretto mandante<br />
del brutale assassinio e il suo responsabile morale.<br />
Secondo la professoressa Ronchey la lotta<br />
ideologica di Cirillo contro Ipazia fu frutto di una<br />
personale invidia del Vescovo nei confronti della<br />
scienziata: infatti, come dichiarato dalla Ronchey<br />
nel suo libro, è stato più volte dimostrato che fin<br />
dal quarto secolo la chiesa antica manteneva nei<br />
confronti del paganesimo intellettuale una saggia<br />
neutralità. Molti membri dell’establishment<br />
cristiano erano stati un tempo pagani e, divenuti<br />
cristiani, avevano conciliato la cultura cristiana<br />
alla paideia classica, dimostrando di saper attuare<br />
un sincretismo logico e necessario. Cirillo, invece,<br />
non si dimostrò capace di riuscire a superare le<br />
barriere ideologiche imposte dalla sua cieca<br />
intolleranza. Più che di invidia, che non basta a<br />
spiegare un gesto di così inaudita crudeltà, io
parlerei di insofferenza e di misoginia nei confronti<br />
di una donna che osava parlare ad un pubblico di<br />
soli uomini, di odio nei confronti di una vergine<br />
senza marito che in quel momento storico<br />
rappresentava ancora il paganesimo operante a<br />
livello intellettuale, un paganesimo senza dogmi e<br />
costrizioni, libero e pensante.<br />
Il grande maestro Osho un tempo scrisse: «Io non ti<br />
sto dando alcuna disciplina, perché ogni disciplina<br />
è una sottile forma di schiavitù. Non ti sto dando<br />
alcun comandamento, perché qualsiasi<br />
comandamento proveniente da una persona esterna<br />
ti imprigionerà e ti renderà schiavo. Ti sto solo<br />
insegnando ad essere libero e poi ti lascio a te<br />
stesso 3». La «vittoria» di Cirillo su Ipazia<br />
simboleggia proprio questa schiavitù: la fine della<br />
libertà di pensiero e l’inizio delle verità dettate e<br />
non capite. Uccidendo Ipazia, Cirillo uccise la<br />
scoperta, la ricerca libera senza dogmi e senza<br />
comandamenti: da questo punto di vista fu, allora,<br />
un grande padre della Chiesa, quella Chiesa che<br />
pretese e ancor pretende di imporsi sulla libertà di<br />
parola e di opinione incarnate da Ipazia. Non<br />
citando la filosofa nel suo discorso, neanche per<br />
assolvere l’adorato Vescovo Cirillo dall’ombra che<br />
«la storia ha fatto pesare su di lui 4», il papa<br />
Benedetto XVI non ha fatto altro che continuare a<br />
sventolare questa bandiera della vergogna; ha,<br />
volutamente o no, nascosto e negato una verità,<br />
portando avanti gli atteggiamenti tipici delle<br />
logiche di potere: schiacciare la libertà e occultare<br />
la verità. Ed è per questo motivo che Ipazia è degna<br />
di entrare a far parte del gruppo dei personaggi non<br />
riconosciuti e scomodi al potere: la sua figura è<br />
baluardo del libero pensiero e lei, più di altri, ha<br />
ostacolato, pagando un caro prezzo, il dileguarsi<br />
della cultura ufficiale che da sempre ha tentato di<br />
esercitare il suo potere condizionando le menti e<br />
manipolando la verità.<br />
Di Ipazia non restano scritti che testimonino il suo<br />
contributo effettivo alla scienza e alla <strong>filosofia</strong><br />
neoplatonica, ma quel che a noi interessa è il<br />
contributo che Ipazia ha lasciato anche solo<br />
indirettamente: il suo saper essere una donna libera<br />
e pensante; il non cedere alla tranquillità del<br />
comandamento imposto; la determinazione nel<br />
chiedersi il perché delle cose. Per questi motivi gli<br />
illuministi ne hanno fatto una martire del libero<br />
pensiero, facendo convergere nella sua figura di<br />
donna le loro istanze e le lotte politiche. Vincenzo<br />
Monti, ad esempio, si serve della figura di Ipazia<br />
nella sua lotta contro il fanatismo religioso che<br />
impedisce il vero trionfo della ragione e<br />
«incoraggia la Chiesa a ingerirsi nelle cose dello<br />
Stato 5»:<br />
[…] La voce alzate, o secoli caduti,<br />
gridi l’Africa all’Asia e l’innocente<br />
ombra d’Ipazia il grido orrendo aiuti.<br />
Gridi irata l’Aurora all’Occidente,<br />
narri le stragi dall’altare uscite,<br />
e l’Occaso risponda all’Oriente.<br />
Mostri i sacri pugnali e le ferite<br />
Che larghe e tante nel suo seno aperse<br />
d’una parola, d’una idea la lite.<br />
Dica le colpe orribili e diverse<br />
della romana meretrice, e quanta<br />
i suoi mariti infamia ricoperse 6. […]<br />
A questi gloriosi versi vorrei far seguire un<br />
resoconto della situazione attuale. Nonostante<br />
siano passati secoli, la figura di Ipazia e la verità<br />
sul comportamento dell’atroce Cirillo sembrano<br />
essere ancora un tabù. Infatti, nel 2009 venne<br />
presentato a Cannes il film di Alejandro Amenàbar<br />
dal titolo Agora. Il film narra, forse in maniera un<br />
po’ romanzata, la vita della giovane filosofa e la<br />
sua atroce fine per mano dei parabalani. Il regista<br />
non ha risparmiato i cristiani, ritraendoli come<br />
bruti che saccheggiano e distruggono la Biblioteca<br />
di Alessandria e compiono omicidi di massa in<br />
nome di Dio. Questo ritratto, fedele tra l’altro, ha<br />
forse fatto indignare la Chiesa cattolica, impegnata<br />
su tutti i fronti a salvaguardare la sua immagine, al<br />
punto che l’uscita del film nelle sale italiane era<br />
stata negata: nessuna casa cinematografica si era<br />
accollata le spese per la riproduzione del film in<br />
Italia. Come era prevedibile, tutto ciò ha causato<br />
un’accesa battaglia mediatica su internet e l’idea<br />
del complotto non ha fatto altro che garantire al<br />
film un sicuro successo nelle sale<br />
cinematografiche. Dispute a parte, Agora ha fatto<br />
conoscere anche al pubblico italiano la storia di<br />
Ipazia e soprattutto la figura del Vescovo Cirillo<br />
che, probabilmente, senza l’uscita di questo film,<br />
sarebbe rimasto nell’immaginario collettivo una<br />
«grande figura», lodato e osannato per il suo<br />
splendido operato.
Note:<br />
1 . S. Ronchey, Ipazia. La vera storia, Milano, BUR,<br />
2011 , p. 1 0.<br />
2. Ibidem, p. 37.<br />
3. Osho, Con te e senza di te, Milano, Mondadori,<br />
201 2, p.1 64.<br />
4. Tratto dall’articolo di Umberto Eco sull’Espresso. Per<br />
la lettura dell’articolo rimando a<br />
http://espresso.repubblica.it/dettaglio//21 26072<br />
5. Ronchey, Ipazia, cit., p. 75.<br />
6. V. Monti, Il fanatismo. Google books offre una<br />
versione digitalizzata dell’intero poemetto alla pagina<br />
web<br />
http://books.google.it/books?id=nASs1 O6jHCMC&prints<br />
ec=frontcover&dq=vincenzo+monti+il+fanatismo&hl=it&<br />
sa=X&ei=_HzPT6WhKMXh4QSZoMmSDA&ved=0CDw<br />
Q6AEwAQ#v=onepage&q=vincenzo%20monti%20il%2<br />
0fanatismo&f=false
Nikola Tesla: dagli Dei<br />
all'umanità<br />
Tuttobene Angelo Massimo<br />
I<br />
dotti sapienti che fanno parte<br />
dell’establishment scientifico provano<br />
un’innata avversione verso tutti coloro<br />
che non si allineano al loro gretto<br />
pensiero uniforme, utilizzando metodi,<br />
a volte, ancor più spregevoli e spietati della Santa<br />
Inquisizione. Le testimonianze di personaggi<br />
caduti nel baratro dell’oblio dovrebbero farci<br />
riflettere e suscitare in noi un maggiore interesse<br />
attraverso il quale indagare sul perché alcune<br />
teorie o scoperte siano state messe all’indice,<br />
bollate come pure e demenziali eresie. Si potrebbe<br />
fare un elenco di personaggi scomodi che hanno<br />
creato scompiglio con le loro scoperte. La loro<br />
“colpa” è di aver posto come unico obiettivo, il<br />
miglioramento delle condizioni dell’umanità. Tra i<br />
nomi più dobbiamo ricordare Nikola Tesla,<br />
“l’inventore” del XX secolo.<br />
"Mi chiamarono pazzo nel 1896 quando annunciai<br />
la scoperta di raggi cosmici. Ripetutamente si<br />
presero gioco di me e poi, anni dopo, hanno visto<br />
che avevo ragione. Ora presumo che la storia si<br />
ripeterà quando affermo che ho scoperto una<br />
fonte di energia finora sconosciuta, un’energia<br />
senza limiti, che può essere incanalata”.<br />
(Nikola Tesla)<br />
Chiunque oggi, spinto dalla curiosità, dovesse<br />
accingersi a fare degli studi sul nostro<br />
personaggio, certamente rimarrebbe stupito dalla<br />
scarsità di materiale su di esso. Spesso alla voce<br />
Tesla nelle enciclopedie troviamo brevi paragrafi<br />
che ci illustrano sinteticamente la sua vita, e nella<br />
migliore delle ipotesi si associa il suo nome alla<br />
cosiddetta bobina di Tesla, utilizzata in tutti i<br />
campi dell’ elettronica (un trasformatore usato<br />
nelle apparecchiature radio). Si conosce poco di<br />
questo scienziato poliedrico, anche perché i testi<br />
scritti in accordo con i sistemi del sapere, non<br />
diedero spazio alla divulgazione del suo pensiero<br />
e all’elaborazione delle sue teorie. Appare<br />
evidente che la grave assenza del suo nome dai<br />
libri di testo è da attribuire non all’inefficacia<br />
delle sue invenzioni, ma al disturbo che il suo<br />
ingegno avrebbe potuto creare alle economie<br />
mondiali, attraverso la sua serva: la scienza<br />
ufficiale, anch’essa non immacolata al perverso<br />
gioco del lucro. D’altronde chi possiede il<br />
controllo sulla scienza può dominare la società in<br />
tutta la sua interezza. “Scientia est potentia”,<br />
diceva sir Francis Bacon (ritenuto da alcuni<br />
addirittura uno dei primi fondatori della<br />
“nuova”massoneria post-medievale).<br />
Ma chi era veramente Nikola Tesla? E perché è<br />
stato volutamente oscurato dalla scienza ufficiale?<br />
Un personaggio scomodo, un malato di mente, di<br />
sicuro un personaggio fastidioso per i padri del<br />
profitto.<br />
Andiamo a ritroso nel tempo, fino al 1856, alla<br />
notte tra il 9 e 10 luglio: in mezzo al fragore dei<br />
tuoni e alla luce accecante dei fulmini, nasce<br />
Nikola Tesla. Episodio questo che verrà ricordato<br />
come un segno del destino, proprio perché fu il<br />
primo uomo a creare folgori nel suo laboratorio in<br />
Colorado. La sua famiglia era composta dal padre
Milutin, reverendo ortodosso, particolarmente<br />
erudito, con una straordinaria capacità mnemonica;<br />
da sua mamma, Georgina Djuka Mandic, che<br />
discendeva da una delle più antiche famiglie<br />
contadine del paese, nota per aver inventato<br />
numerosi attrezzi agricoli. Il giovane Tesla cresce<br />
in questo piccolo villaggio e fin dai primi anni si<br />
nota in lui una precoce bramosia di apprendimento.<br />
Rimaneva sveglio tutta la notte per studiare,<br />
rubando i libri del padre dalla sua biblioteca<br />
personale. L’infanzia del genio serbo venne turbata<br />
dalla prematura scomparsa del fratello maggiore,<br />
morto a soli 12 anni. Fu un trauma per il giovane<br />
Nikola che superò solo grazie alla ricerca e alla<br />
lettura. Egli fu un bambino fuori dal comune. A<br />
volte aveva delle visioni talmente vivide da non<br />
distinguere più la realtà tangibile dall’immaginario.<br />
Nessuno degli psicologi, ai quali Tesla si rivolse,<br />
gli seppero dare una risposta. Il fenomeno si<br />
manifestava spesso di notte. Queste illuminazioni<br />
lo accompagneranno per tutta la sua vita e<br />
caratterizzeranno ogni invenzione. La sua mente<br />
era in grado di formare un’ immagine che poi<br />
veniva sviluppata nella realtà, “semplicemente”<br />
utilizzando il calcolo mentale, senza l’ausilio di<br />
modelli o elaborati scritti. Stando alle sue parole,<br />
ogni suo pensiero veniva suggerito da una fonte<br />
esterna: i suoi organi sensoriali erano capaci di<br />
interagire con essa.<br />
Da quanto ci viene descritto dalla poche fonti,<br />
sembra di stare di fronte ad un essere<br />
sovrannaturale. Parlava 9 lingue e conosceva a<br />
menadito le opere di Shakespeare, Goethe e Locke.<br />
Verrebbe quasi da dire che Tesla faceva parte degli<br />
dèi scesi sul pianeta Terra per mettersi al servizio<br />
dell’umanità, sacrificando il suo ingegno e<br />
donandolo al genere umano. Scelse di non sposarsi<br />
e di non condividere la vita con una donna; delle<br />
donne non amava gli ornamenti utilizzati per<br />
abbellire la loro persona, come gli orecchini.<br />
Inoltre adorava il numero tre. Ma la cosa che lo<br />
rendeva umano, era il gioco d’azzardo, questo lo<br />
intrigò così tanto che arrivò a giudicarlo come la<br />
“quintessenza del piacere 1”.<br />
Il suo corpo sembrava poter entrare in risonanza<br />
con qualsiasi tipo di vibrazione presente<br />
nell’ambiente. Il fischio di un treno lontano 30 km<br />
poteva produrgli dolori insopportabili ai timpani. Al<br />
buio aveva la sensibilità di un pipistrello. Riusciva<br />
a rilevare la presenza di un oggetto fino a 3 metri 2.<br />
Nonostante le sue doti fuori dal comune, Tesla non<br />
ebbe mai il senso degli affari né tanto meno<br />
metteva come fine ultimo il guadagno. Si<br />
considerava profondamente religioso, ma non fu<br />
mai un seguace ortodosso. Egli affermava: “Il dono<br />
della forza della ragione ci viene da Dio,<br />
dall’essere divino, se concentriamo le nostre menti<br />
su questa verità, stabiliamo un ‘armonia con questa<br />
grande forza 3”.<br />
Queste sensazioni, lo portarono un giorno, ad avere<br />
un’illuminazione durante una passeggiata insieme<br />
ad un suo amico, nel parco di Budapest dove si<br />
trovava per lavoro e ad ideare l’invenzione del<br />
motore a campo magnetico (tecnica che verrà in<br />
seguito utilizzata per la corrente alternata,<br />
sostituendo gli obsoleti commutatori ad induzione<br />
polifase), disegnandolo sul terreno con un<br />
bastoncino di legno.<br />
Nel 1882 si trasferì a Parigi per collaborare con la<br />
Edison Continental Company, riuscendo a ridurre i<br />
difetti dei sistemi utilizzati nelle centrali elettriche.<br />
Conobbe l’ingegnere inglese Charles Batchelor, il<br />
miglior tecnico della Continental Edison Company<br />
europea. Sarà proprio quest’ultimo che con una<br />
lettere di presentazione portò Tesla ad emigrare<br />
negli USA, nel 1884, per conoscere Thomas Alva<br />
Edison, personaggio di spicco dell’epoca per aver<br />
ideato e commercializzato, la corrente alternata,<br />
l’invenzione del fonografo e la prima lampada<br />
elettrica, al quale fu proprio Tesla ad esporre i<br />
concetti della sua scoperta relativa alla corrente<br />
alternata. Edison era un fiero sostenitore della<br />
tecnologia relativa alla corrente continua, e le idee<br />
sostenute dal giovane scienziato serbo non<br />
suscitarono in lui alcun interesse, poiché andavano<br />
in contrasto con l’affermata idea del magnate della<br />
corrente continua. Riconoscendone comunque le<br />
potenzialità, lo volle con sé nei suoi laboratori. Per<br />
un periodo di tempo , il giovane immigrato dovette<br />
lavorare come scavatore di fossati, sempre per la<br />
stessa azienda, per poter sbarcare il lunario; solo<br />
successivamente gli fu affidato l’incarico di<br />
modifica della progettazione della dinamo, cioè dei<br />
generatori di corrente continua, con una promessa<br />
verbale di 50.000 $. Ma qual era il motivo che<br />
spinse il più noto ingegnere americano a non dar<br />
retta al progetto di Tesla sulla correnta alternata<br />
polifase? Semplice: l’inventore della prima<br />
lampadina aveva respinto il progetto in quanto tutto<br />
il suo impero fino ad allora costruito rischiava di
andare in fumo. A quell’epoca la corrente continua,<br />
seppur non adatta a coprire lunghe distanze,<br />
rappresentava lo standard di riferimento per tutto il<br />
mondo industrializzato, ed Edison ne era stato<br />
l’ideatore. Egli aveva un forte seguito nel mondo<br />
scientifico: i grandi magnati avevano fino a quel<br />
momento investito e finanziato nella tecnologia<br />
della corrente continua. Una volta terminato il<br />
proprio compito, Tesla si vide rifiutato il credito<br />
dallo stesso Edison con una battuta ironica di<br />
dubbio gusto: “Tesla, voi non capite il nostro<br />
humour americano”, sostenendo in pratica che la<br />
ricompensa promessa fosse stata solo uno scherzo.<br />
Non sembra troppo difficile a questo punto<br />
comprendere il motivo per cui il nostro uomo di<br />
scienza abbandonò la Edison Company.<br />
Tesla è un uomo tenace e non demorde. Il 16<br />
maggio del 1888, viene invitato come relatore per<br />
una conferenza sulla corrente alternata presso<br />
l’Istituto Americano di Ingegneria Elettrica, durante<br />
la quale conosce uno degli uomini d’affari più noti<br />
dell’epoca, George Westinghouse, famoso per<br />
alcune invenzioni per il trasporto ferroviario.<br />
Quest’ultimo non esitò ad investire sul promettente<br />
scienziato serbo, acquistando i suoi brevetti sulla<br />
corrente alternata e stipulando un contratto<br />
milionario. Fu così creata la Westinghouse Electric<br />
Company. Questo per Edison fu un brutto colpo.<br />
Egli non poteva permettere un simile cambiamento.<br />
Con questo contratto stipulato con la Westinghouse,<br />
Tesla avrebbe ricevuto dei compensi altissimi, in<br />
particolare un milione di dollari per i brevetti e le<br />
royalties 4.<br />
Nessuno, inizialmente, capì l’importanza di questa<br />
nuova via presentata da Tesla. Chi lo capì fece di<br />
tutto per portarlo fuori strada per non inceppare il<br />
meccanismo proficuo del commercio della corrente<br />
continua. Da allora chi ebbe il coraggio di<br />
promuovere le innovazioni del giovane scienziato<br />
di Smiljan, si portava dietro di sé le minacce e le<br />
persecuzioni dell’inquisizione finanziaria che<br />
dominava con i loro ingenti finanziamenti la<br />
scienza ufficiale. Iniziò così una “guerra delle<br />
correnti” tra Edison e Westinghouse. Ma Edison<br />
aveva dalla sua una carta in più: i media. Sfruttando<br />
la sua immagine riuscì a destabilizzare la gente,<br />
creando una propaganda negativa nei confronti<br />
della corrente alternata, attraverso dimostrazioni<br />
pratiche effettuate davanti al pubblico. Una su tutte,<br />
la crudele esecuzione dell’elefantessa Topsy, fatta<br />
abbrustolire viva infliggendole potentissime<br />
scariche elettriche secondo i dettami del brevetto di<br />
Tesla, per suscitare paura alle persone e creare ad<br />
hoc una posizione negativa della CA (CORRENTE<br />
ALTERNATA), scatenando una crudele campagna<br />
diffamatoria nei suoi confronti. Edison si servì di<br />
questi escamotage per insabbiare e portare fuori<br />
strada dall’ utilizzo commerciale le idee tesliane,<br />
con i riconoscimenti dell’opinione pubblica.<br />
La consacrazione definitiva per l’inventore della<br />
corrente alternata si ebbe il 10 maggio 1893,<br />
quando il presidente degli Usa Grover Cleveland<br />
spinse lo storico interruttore che accese più di<br />
200.000 lampadine che illuminarono la fiera di<br />
Chicago.<br />
Tesla, uomo dall’animo nobile, tentò di sottrarre la<br />
scienza dal controllo dei banchieri per asservire<br />
l’umanità, questo era il libero pensiero di Tesla,<br />
libero come la sua free Energy.<br />
Potremmo elencare opere sterminate effettuate da<br />
Tesla, come il tachimetro utilizzato oggi nelle<br />
automobili, il radar, le lampade al neon, gli<br />
altoparlanti, il tubo catodico e tante altre. La lista<br />
dei suoi brevetti è interminabile. Ma la più<br />
sensazionale è di sicuro la progettazione di sistemi<br />
che ricavano energia dall’etere. Egli sosteneva<br />
l’esistenza in natura e nell’universo di un’energia<br />
inesauribile, gratuita e infinita. Vi è energia nel<br />
cosmo immagazzinata, che se efficacemente<br />
sfruttata può dare all’intera umanità ciò di cui<br />
necessita quotidianamente senza l’ausilio di fili o il<br />
consumo e lo sperpero di combustibili fossili. Fu<br />
una scoperta sensazionale. Grazie alla sua<br />
intuizione, rivelò che la crosta terrestre è un ottimo<br />
conduttore di energia elettrica. Egli sosteneva che<br />
la zona dell'atmosfera terrestre posta a 80 km dal<br />
suolo, detta ionosfera, era fortemente conduttrice, e<br />
quindi poteva essere sfruttata per trasportare<br />
energia elettrica per grandi distanze, catturando<br />
l'energia sprigionata dal sole e proponendo anche<br />
un “sistema mondiale di comunicazione”, utile per<br />
comunicare telefonicamente, trasmettere notizie,<br />
musica, immagini 5.<br />
Aveva praticamente teorizzato la radio, la moderna<br />
telefonia cellulare, la televisione e internet. Lo<br />
scienziato si era posto un obiettivo ambizioso, ma<br />
che richiedeva somme ingenti.L'articolo catturò<br />
l'attenzione di un altro magnate dell'epoca, J. P.<br />
Morgan che offrì un finanziamento di 150.000 $,
esiguo però per costruire tale stazione trasmittente.<br />
Tesla si mise subito al lavoro, procedendo alla<br />
costruzione di una torre altissima nel quartiere di<br />
Wanderclyffe, Long Island, New York. Per quanto<br />
la Wanderclyffe Tower si fondasse sul principio<br />
della radio, lo scopo che primariamente Tesla<br />
voleva conseguire era la trasmissione di elettricità<br />
senza fili, obiettivo che il nostro scienziato non<br />
espose a Morgan. Questo tipo di apparato avrebbe<br />
rivoluzionato il globo e di conseguenza avrebbe<br />
reso vano ogni investimento dei colossi del<br />
commercio dell’energia. Morgan era sempre stato<br />
informato che la torre servisse per le<br />
telecomunicazioni e su questa ipotesi l’aveva<br />
finanziata. Il 12 Dicembre 1901 il mondo fu<br />
sconvolto da una notizia sensazionale: Guglielmo<br />
Marconi aveva trasmesso la lettera “S” oltreoceano,<br />
da una località in Cornovaglia. Tale informazione<br />
era stata trasmessa a Newfoundland, in America.<br />
Morgan, contrariato, ritirò l'appoggio finanziario a<br />
Tesla. Ancora una volta gli interessi economici che<br />
i grandi finanziatori volevano perseguire<br />
frustravano l'obiettivo che lo scienziato serbo<br />
voleva perseguire.<br />
Con il sistema mondiale di trasmissione “wireless”<br />
di Tesla, chiunque avrebbe potuto rifornirsi di<br />
energia con una semplice antenna piantata in<br />
giardino, usufruendone dalle stazioni riceventi<br />
dislocate opportunamente sul globo. Tutti i lobbisty<br />
si schierarono contro i progetti futuristici del nostro<br />
inventore così come i mass media controllati dai<br />
potenti iniziarono una campagna diffamatoria nei<br />
suoi confronti. Riuscì a trasmettere con la<br />
Wanderclyffe Tower una notevole quantità di<br />
energia elettrica dal suo trasmettitore da Long<br />
Island a Los Angeles (4.000 km circa di distanza)<br />
con un consumo pari solo al 2 % rispetto al 30 %<br />
della corrente trasmessa via cavo. Purtroppo il suo<br />
obiettivo venne ostacolato con ogni mezzo<br />
possibile. Nel 1912 Tesla fu candidato al premio<br />
Nobel per la Fisica condividendo il premio con<br />
Marconi, che l’inventore di Smiljan rifiutò<br />
inderogabilmente affermando che Marconi aveva<br />
utilizzato 17 dei suoi brevetti sulla telegrafia senza<br />
fili.<br />
Solo nel giugno del 1943, cinque mesi dopo la sua<br />
morte, la Corte Suprema degli Stati Uniti in una sua<br />
decisione (caso 369, 21 giugno 1943) riconobbe<br />
che Tesla aveva per primo inventato la radio.<br />
Nel 1892 si recò in Germania per discutere di<br />
un’interessante scoperta sulla fisica delle onde con<br />
il prof. Hertz. Divergenze di opinioni portarono lo<br />
scienziato serbo a far ritorno negli Usa senza aver<br />
avuto la possibilità di ottenere un cordiale<br />
confronto scientifico. Quello che aveva messo in<br />
luce era di poter migliorare il sistema hertziano in<br />
quanto andava incontro a considerevoli dispersioni<br />
nell’atmosfera producendo elettrosmog. Fu il<br />
primo a capire il problema dell’inquinamento<br />
elettromagnetico, e l’inefficacia della sua<br />
propagazione che poteva essere interrotta dagli<br />
ostacoli come montagne o grandi costruzioni ed<br />
essere condizionata sensibilmente da eventi<br />
meteorologici. La ricetrasmissione delle onde radio<br />
effettuata da Tesla era caratterizzata invece<br />
dall’alta qualità del segnale e da una scarsa<br />
dispersione su ampia scala sopprimendo le onde<br />
elettromagnetiche.<br />
Degli esperimenti effettuati dal nostro scienziato<br />
non ci restano che accenni su documenti rilasciati<br />
dagli archivi del FBI, tra i quali bisogna ricordare<br />
quello che avvenne nel già citato laboratorio di<br />
Colorado, dove riuscì a produrre fulmini artificiali<br />
di ben 50 m di estensione con tuoni fragorosi. Sul<br />
diario dove annotava alcuni appunti, ci vengono<br />
descritti i fenomeni dei fulmini globulari, o dette<br />
palle di fuoco 6.<br />
In un’intervista rilasciata a William L. Laurence<br />
comparsa sul New York Times del 22/09/1940,<br />
Tesla annunciò al mondo la Teleforza, consistente<br />
di quattro invenzioni già testate che consistevano<br />
in:<br />
1)un mezzo per produrre raggi nell’aria libera<br />
senza alcun<br />
vuoto;<br />
2) un metodo di produrre una forza elettrica molto<br />
forte (per<br />
forza si intende tensione);<br />
3) un metodo per amplificare questa forza elettrica;<br />
4) un metodo per produrre una tremenda forza<br />
elettrica<br />
propellente.<br />
Alcuni scienziati posteriori, si sono appropriati<br />
delle scoperte e delle invenzioni di Tesla, per<br />
applicare a fini opposti a quelli dell’ingegnere<br />
slavo le armi a raggi di particelle per il progetto<br />
HAARP, le emissioni ELF per il controllo della<br />
mente e altri crimini contro l’umanità. La teleforza
, denominata raggio della morte, aveva la capacità<br />
di distruggere un’armata a 200 miglia di distanza.<br />
Tesla la considerava un’arma difensiva che<br />
presentava molte analogie con le armi laser a fasci<br />
di particelle: le forze armate americane intendevano<br />
posizionarla su navicelle o satelliti militari<br />
nell’ambito del progetto americano dello scudo<br />
spaziale. Il 5 gennaio 1943 Nikola Tesla contattò il<br />
dipartimento americano e parlò con il colonnello<br />
Erskine, proponendogli di rivelare il segreto del suo<br />
raggio della morte. Il 10 gennaio, esattamente due<br />
gironi dopo, venne trovato morto nella sua camera<br />
d’albergo. Il medico che lo esaminò, stabilì che la<br />
morte risaliva alle 22.30 del 7 gennaio. La<br />
segretaria di Tesla, Charlotte Muzar, scrisse che al<br />
momento della scoperta della morte dello<br />
scienziato nella sua stanza mancavano diversi fogli<br />
e alcuni oggetti 7. Questi furono secretati dall’FBI .<br />
La causa del decesso venne ufficialmente attribuita<br />
dal medico a una trombosi delle coronarie, anche se<br />
fino al quel momento Tesla non aveva alcun<br />
disturbo di natura fisica. Vennero celebrati i<br />
funerali di stato ai quali parteciparono più di<br />
duemila persone. Dopo la sua morte, J.Edgar<br />
Hovver, capo dell’FBI, diramò un promemoria in<br />
cui raccomandava la massima riservatezza sulle<br />
ultime vicende collegate a Tesla, per evitare<br />
qualsiasi tipo di pubblicità sulle sue invenzioni.<br />
Classificò tutti gli studi di Tesla Top Secret e<br />
dispose il sequestro di tutti i suoi effetti personali.<br />
Gli agenti dell’FBI scoprirono così che lo<br />
scienziato nel 1932 aveva depositato una sua<br />
invenzione nella cassetta di sicurezza dell’Hotel<br />
Grosvenor Clinton e si impossessarono anche di<br />
quella. Gli uomini del governo requisirono un tir di<br />
materiale di estrema importanza, destinato a<br />
progetti di difesa nazionale.<br />
Thomas Berden, fisico- matematico statunitense,<br />
affermò di essere convinto che i documenti requisiti<br />
a Tesla nella camera d’albergo, dopo la sua morte<br />
furono utilizzati per la creazione della tecnologia<br />
H.A.A.R.P. (Hig Frequency Active Auroral<br />
Research Project), un sistema di armi geofisiche<br />
americano tuttora secretato. Questo brevetto<br />
avrebbe potuto alterare la ionosfera, ed inoltre<br />
sarebbe stato capace di neutralizzare missili ,<br />
velivoli e satelliti nemici. Il sistema HAARP è in<br />
sostanza un dispositivo ideato per scopi difensivi,<br />
mai pubblicati ufficialmente dagli archivi<br />
dell’inventore.<br />
La storia di quest’uomo venuto dall’Europa per<br />
cercare maggiore fortuna e mettere al servizio<br />
dell’umanità le sue scoperte è veramente esemplare<br />
ed esaltante allo stesso tempo. Egli è divenuto la<br />
più grande minaccia per le sedute plenarie di<br />
capitalisti col cuore verde come il Dollaro, quali<br />
Morgan, Warburg, Rothschild ed Harrimann, che<br />
controllano ancora le nostre economie mondiali.<br />
L’ingegno di Tesla poteva metter a repentaglio gli<br />
equilibri economici già consolidati del sistema<br />
finanziario di sfruttamento delle risorse, per il<br />
guadagno in favore di pochi usurai delle<br />
corporations dei carburanti fossili, dell’industria<br />
degli armamenti e delle multinazionali avrebbe<br />
rivoluzionato le fondamenta per una nuova Fisica.<br />
Note :<br />
1. Pizzuti, Marco, “Scoperte scientifiche non<br />
autorizzate”, 2011 Vicenza, Edizioni Il Punto<br />
d’Incontro.<br />
2. Ibidem pag. 29<br />
3. Ibidem pag. 31<br />
4.Con Royalty si indica il pagamento di un<br />
compenso al titolare di un brevetto o una proprietà<br />
intellettuale, con lo scopo di poter sfruttare quel<br />
bene per fini commerciali. (Wikipedia)<br />
5.L'energia elettrica può essere propagata<br />
attraverso la Terra e anche attorno ad essa in una<br />
zona atmosferica chiamata cavità di Schumann.<br />
Essa si estende dalla superficie del pianeta fino alla<br />
ionosfera, all'altezza di circa 80 chilometri . Le<br />
onde elettromagnetiche di frequenza estremamente<br />
bassa, attorno agli 8 hertz (la risonanza di<br />
Schumann, ovvero la pulsazione del campo<br />
magnetico terrestre) viaggiano, praticamente senza<br />
perdite, verso ogni punto del pianeta.<br />
Di Vittorio Bccelli, “Nikola Tesla un genio<br />
volutamente dimenticato”, file in pdf pagg. 117-<br />
118<br />
http://www.nikolatesla.it/<br />
6. Pizzuti, Marco, “Scoperte scientifiche non<br />
autorizzate”, 2011 Vicenza, Edizioni Il Punto<br />
d’Incontro, pag.101<br />
7 .Ibidem pag.134
SSfogliando un qualsiasi libro di storia,<br />
comunemente usato dagli studenti delle<br />
scuole superiori, andavo alla ricerca<br />
della storia dei nativi d’America. Essa è<br />
trattata in un breve, superficiale e<br />
alquanto ridicolo paragrafo, a sua volta inserito<br />
nel capitolo intitolato : “Le origini dell’egemonia<br />
Europea sul mondo”. Qui si descrivono i<br />
“pellerossa”, nominati così da diversi libri, come<br />
un popolo assai arretrato, che non conosceva l’uso<br />
dell’aratro e della ruota. Andando alla ricerca di<br />
un nome in particolare, Toro Seduto, ho notato<br />
che esso vi era nominato una sola volta, in un<br />
paragrafo lungo un rigo e qualche parola. La guida<br />
spirituale di molte esistenze maltrattata e così<br />
poco considerata. Proprio per questo tale articolo<br />
sarà dedicato ad uno dei più importanti<br />
“subalterni” della storia Tȟatȟaŋka Iyotȟaŋka.<br />
Tutti avranno sentito, almeno una volta nella vita,<br />
il suo nome più commerciale, Toro Seduto, che<br />
non è soltanto quell’indiano con le trecce e sul<br />
capo una penna d’aquila che troviamo nei poster<br />
dei supermercati.<br />
Egli fu uomo di grande spiritualità, un valoroso<br />
guerriero e un negoziatore intransigente, nonché<br />
compositore ed artista , capo e uomo sacro per i<br />
Hunkpapa Lakota, noti con il nome di Siuox.<br />
Nasce a Grand River nel 1831. Prese il nome del<br />
padre, Tȟatȟaŋka Iyotȟaŋka ( esattamente bufalo<br />
seduto), all’età di 14 anni, quando durante una<br />
battaglia contro la tribù degli Absaroke riuscì a<br />
battere un guerriero mentre cavalcava; quella<br />
occasione, in cui lui dimostrò il suo coraggio, gli<br />
La profezia Lakota<br />
Oliva Giacinta<br />
fece ricevere anche la prima penna d’aquila<br />
bianca. Della fase iniziale della sua vita si sa<br />
poco, egli divenne sciamano verso i vent’anni,<br />
conosceva i principi delle erbe medicinali, e<br />
aveva la capacità di predire gli avvenimenti.<br />
Venne a contatto con i “visi pallidi”(l’uomo<br />
bianco), che “lasciavano solo tracce di sangue<br />
dietro di loro”, quando nel 1874 si sparse la voce<br />
che nel territorio sacro dei Lakota, Paha Sapa<br />
(Black Hills), vi era “quel metallo giallo che fa<br />
impazzire i bianchi”, l’oro. Il governo americano,<br />
appresa tale notizia, mandò il tenente - colonnello<br />
Lunghi Capelli, ovvero il tenente - colonnello<br />
Custer, nel cuore delle sacre Black Hills.<br />
Così facendo Custer stava violando il trattato di<br />
Fort Laramie del 1868 che principalmente vedeva<br />
i Lakota come uomini liberi e che annullava la<br />
cessione delle Black Hills all’uomo bianco, ciò<br />
diede vita alla più grande guerra degli indiani<br />
d’America contro i bianchi.<br />
Toro Seduto aveva predetto questo avvenimento:<br />
egli durante una danza del sole (era una cerimonia<br />
di sofferenza e stoica sopportazione del dolore che<br />
si teneva una volta all’anno, e voleva sottolineare<br />
che l’unica cosa che l’uomo possedeva era il<br />
proprio corpo) si tagliò 100 pezzi di carne dalle<br />
braccia e danzò per oltre 24 ore; mentre danzava<br />
si manifestò a lui una visione di soldati che<br />
cadevano, fu la profezia esatta di ciò che sarebbe<br />
accaduto un mese più tardi. Il 25 giugno 1876<br />
Custer condusse cinque compagnie di cavalleria<br />
direttamente verso l’accampamento dei<br />
Lakota,presso il fiume Erba che scivola, qui iniziò
la battaglia che durò all’incirca venti minuti e vide<br />
come vincitore il popolo Lakota.<br />
Purtroppo con l’andare degli anni l’uomo bianco,<br />
con la sua arrogante prepotenza , riuscì nel suo<br />
intento: desacralizzò le Black Hills e iniziò la pazza<br />
ricerca dell’oro.<br />
Toro Seduto condusse a quel punto il suo popolo in<br />
Canada dove voleva assicurare ad esso il<br />
tradizionale e libero stile di vita nomade, essi si<br />
muovevano insieme al sacro bufalo, che garantiva<br />
loro la sopravvivenza. Purtroppo dopo pochi anni il<br />
popolo Lakota e Toro Seduto dovettero<br />
riattraversare i confini per le condizioni di vita<br />
assai precarie e solo per il bene del suo popolo si<br />
arrese all’uomo bianco, andando a vivere nella<br />
riserva, i cui confini erano stati stabiliti dai visi<br />
pallidi. Confini, possedimenti, soprusi,<br />
desacralizzazione, l’uomo bianco stava<br />
distruggendo la vita dell’uomo nato libero. La loro<br />
libertà si può notare anche nei luoghi abitati dagli<br />
indiani d’America:le infinite pianure del nord,<br />
avvolte nella meravigliosa bellezza della natura, la<br />
loro madre. Abitare in una riserva significava per<br />
l’uomo Lakota essere soffocato fino alla morte.<br />
Toro Seduto portò in salvo il suo popolo nella<br />
riserva, e qui James Mc Laughlin il caparbio<br />
agente indiano, intendeva far diventare gli indiani<br />
simili ai bianchi , ma Toro Seduto, insofferente nei<br />
confronti dello strapotere militare, non riuscì ad<br />
andare contro la sua natura, egli era un indiano e<br />
sarebbe rimasto tale, infatti non rimase confinato<br />
nella riserva. Nel 1885 partecipò allo spettacolo”<br />
Wild West” di Buffalo Bill per 50 dollari alla<br />
settimana, guadagnando un dollaro in più per ogni<br />
foto autografata.<br />
Nel 1887 ebbe il presentimento che il governo era<br />
in procinto di portar via altra terra al popolo<br />
Lakota, tornò quindi nella sua famiglia nella riserva<br />
di Standing Rock e qui ebbe un’altra visione<br />
profetica: il suo stesso popolo l’avrebbe ucciso.<br />
Anche questa profezia risultò essere veritiera,<br />
infatti quando la danza del sole fu trasformata in<br />
danza degli spiriti (cerimonia che sosteneva che gli<br />
indumenti usati durante il rito avrebbero reso<br />
inviolabile il popolo Lakota dai colpi dei soldati, a<br />
tutti era consentito danzare fino allo sfinimento e<br />
questo rito stava facendo impazzire i praticanti),<br />
Mc Laughlin diede l’ordine di far cessare la danza,<br />
Toro Seduto si oppose e Mc Laughlin ne ordinò<br />
allora l’arresto. L ’incarico venne dato a dei<br />
poliziotti reclutati tra gli indiani stessi; il 15<br />
dicembre 1890, prima del sorgere dell’alba, i<br />
poliziotti si recarono da Toro Seduto per arrestarlo,<br />
ad un tratto un seguace del grande capo fece fuoco<br />
contro il drappello, che non esitò a rispondere al<br />
fuoco e così Toro Seduto venne colpito al petto e<br />
alla testa. Scoppiò il finimondo , quella fredda<br />
mattina 6 poliziotti indiani e 7 seguaci di Toro<br />
Seduto, compreso il figlio Zampa di Corvo,<br />
morirono insieme all’eroe indiano, un’altra<br />
profezia si era avverata. Toro seduto forse sarà<br />
descritto come colui che strappò il cuore al<br />
generale Custer, o come il pellerossa selvaggio, che<br />
si vede nei film, che invade il piccolo paese<br />
borghese per violentarne le donne e uccidere i<br />
bambini. Sicuramente abbiamo imparato una cosa:<br />
non dobbiamo credere sempre alla storia che ci<br />
viene raccontata, perché dipende da chi la racconta.<br />
Quella di Toro Seduto è una figura complessa e<br />
affascinante; nonché una figura che ancora oggi<br />
ispira coloro che vogliono combattere per la<br />
propria libertà e per i propri diritti, rifiutandosi,<br />
come il grande capo, di chinarsi all’arroganza del<br />
potere.<br />
La corsa all’oro non è ancora finita, anzi sta<br />
sempre di più aumentando, l’uomo diventa sempre<br />
più avido, il “viso pallido” sta distruggendo senza<br />
nessun rispetto ciò che la madre natura ha donato<br />
molto generosamente.<br />
Direi che anche una terza sua profezia non troppo<br />
lentamente, in questi tempi, si sta portando a<br />
compimento: “È strano, ma vogliono arare la terra,<br />
e sono malati di avidità. Hanno fatto molte leggi e<br />
queste leggi i ricchi possono infrangerle, ma i<br />
poveri no... Insudiciano nostra madre, la terra, con<br />
la loro spazzatura, è strano … L’uomo bianco<br />
morirà seppellito dalla montagna dei propri rifiuti”.<br />
In caso dovesse avverarsi tale profezia, noi uomini<br />
bianchi non possiamo lamentarci, perché lo stesso<br />
Toro Seduto ci aveva avvisato: “Quano l’ultima<br />
fiamma sarà spenta. L’ultimo fiume avvelentato,<br />
l’ultimo pesce catturato, solo allora capirete che<br />
non si più mangiare denaro”<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
- Conoscenza storica, di Alberto De Bernardi<br />
e Scipione Guarracino<br />
- I cavalieri del West, di Bosco e Rizzi
FILMOGRAFIA<br />
- Buffalo Bill and the Indians, di Robert<br />
Altman<br />
- L’ultimo pellerossa, di Yves Simoneau<br />
SITOGRAFIA<br />
- http://it.wikipedia.org<br />
- http://www.indianiamericani.it
Flavio Claudio Giuliano: il<br />
miraggio pagano<br />
Sola Francesca<br />
iuliano nacque nel 331 a<br />
Costantinopoli; figlio di Giulio<br />
Costanzo, apparteneva alla dinastia di<br />
Costantino il Grande. Solo, assieme al<br />
fratellastro Gallo, sopravvisse, nel 337,<br />
alla tremenda purga fratricida che Costanzo II<br />
avviò per annientare tutte le potenziali minacce<br />
alla sua corona, intendendole incarnate negli<br />
elementi maschili della discendenza di Costanzo<br />
Cloro e Teodora. Giuliano, forse strappato di<br />
nascosto alla strage dai suoi precettori cristiani,<br />
forse risparmiato perché di soli sei anni, fu<br />
testimone della strage in cui perse in una sola,<br />
sanguinosa, notte, il padre, il fratellastro<br />
maggiore, lo zio, e sei cugini. Non troppo piccolo<br />
per non comprenderne l’orrore, non troppo piccolo<br />
per dimenticare e non covare dentro di sé, negli<br />
anni della crescita, un odio latente, un orrore cupo<br />
verso la religione di cui tanto lo zio era imbevuto,<br />
e che già come per il nonno Costantino il Grande,<br />
era sempre pronto e comodo rifugio, ai loro occhi,<br />
dopo azioni nefaste.<br />
Giuliano crebbe lontano dalla corte ed ebbe come<br />
precettore l’eunuco Mardonio, che così volle<br />
educarlo, a pane e Omero, forgiando la mente<br />
acuta del suo discepolo sui fasti perduti della<br />
classicità.<br />
Giuliano ricevette tuttavia educazione cristiana e<br />
crebbe in un periodo di trionfo ariano1 G<br />
sotto lo zio<br />
Costanzo che fu imperatore cristiano di paranoica<br />
indole, facilmente indotto a considerarsi al centro<br />
di complotti contro la sua vita da parte dei<br />
numerosissimi adulatori d’attorno e incline per<br />
natura agli eccidi 2. Costanzo è però a capo d’un<br />
immenso impero disgregantesi, e deve cedere di<br />
fronte alla necessità di affiancarsi un cesare che lo<br />
aiuti a difendere i confini: costui sarà dapprima il<br />
nipote Gallo, fratellastro di Giuliano.<br />
Presto Gallo tornerà inviso all’imperatore e,<br />
sommariamente processato, sarà costretto a<br />
pagare il fio dei suoi successi militari con la morte<br />
per decapitazione. Stesso destino Giuliano teme<br />
per sé, quando lo zio lo invita a Milano<br />
lusinghevolmente, salvo poi ridurlo in prigionia.<br />
Costanzo è però facilmente influenzabile, e sua<br />
moglie Eusebia la bella, intercede per il nipote,<br />
che a questo punto è inviato in un nuovo esilio ad<br />
Atene, in un soggiorno coatto sotto stretta<br />
sorveglianza che fu per Giuliano il più bello dei<br />
doni.<br />
Il nostro giovane rampollo non ha infatti alcuna<br />
ambizione di gloria militare, ama soltanto lo<br />
studio e la pratica delle virtù filosofiche. Ad Atene<br />
sotto gli insegnamenti di Massimo di Efeso, è<br />
introdotto alla teurgia del neoplatonico Giamblico,<br />
che gli pare la disciplina più efficace non solo per<br />
avvicinarsi alla divinità, ma per somigliargli<br />
almeno un po’, intrecciando con essa un dialogo<br />
scambievole e continuo, attraverso la mistica<br />
interpretazione dei simboli e la pratica di rituali<br />
precisi.<br />
Dietro la parvenza della sua educazione cristiana 3,<br />
Giuliano celava la sua fede verso l’antico<br />
pantheon pagano e la più completa devozione<br />
nell’apprendere i misteri mitraici cui era stato<br />
introdotto e le regole della pratica teurgica; chissà
che Giuliano, nel non rivelarsi per il momento,<br />
inconsciamente non presentisse il suo destino di<br />
potere che davvero gli avrebbe concessa una<br />
possibilità, l’ultima opportunità della storia, di<br />
reindirizzare il cammino dell’umanità per un’altra<br />
via!<br />
Giuliano è appena ventenne nel ritratto grottesco<br />
che ne dà l’avverso Gregorio di Nazianzo che<br />
studia con lui in quegli stessi anni nelle scuole di<br />
Atene. Balbettante e euforico nell’accatastare<br />
domande e argomentazioni al pari di persona<br />
incolta, i suoi stessi caratteri fisici erano risibili;<br />
eppure già in questa impietosa caricatura, Gregorio<br />
non volendo sottolinea lo strano potere del suo<br />
sguardo, un tratto su cui nessun testimone<br />
contemporaneo poté tacere di Giuliano: un fulgore<br />
di sguardo penetrante e infondente coraggio, che i<br />
soldati di lì a poco dimostreranno tanto di amare,<br />
che pure le genti di tutto l’impero, ancora da<br />
lontano, ameranno in questo giovanissimo uomo<br />
soldato, precipitato alla guerra non dalla tenda di<br />
un accampamento, ma dai divanetti delle<br />
biblioteche d’Atene.<br />
Al rapido succedersi d’eventi che lo condurranno<br />
dopo pochi mesi, oltre ogni previsione, al cesariato<br />
d’Occidente, Giuliano non sa in che altro modo<br />
prepararsi alla guerra se non col leggere i<br />
Commentarii di Cesare e le Vite Parallele di<br />
Plutarco. Questo sarà il suo addestramento. Qui,<br />
tutta la sua disciplina militare.<br />
Eppure Giuliano fu giovane uomo carismatico più<br />
di mille altri campioni dell’antichità. La sua<br />
barbetta da filosofo e il suo agile corpo atto alla<br />
corsa, ma dalle spalle larghe e le gambe ben salde a<br />
dar sicurezza, lo condussero dopo soli quattro anni<br />
da cesare in Gallia - dopo una trionfante campagna<br />
che riassicurò all’impero tutti i confini occidentali -<br />
all’acclamazione, da parte dei suoi soldati, alla<br />
corona imperiale e ad un atto di insubordinazione,<br />
di fronte a cui si trovò forse impreparato, ma che<br />
pure decise infine di assecondare, confermando che<br />
il topino di biblioteca deriso da molti, poteva ben<br />
essere Uomo dell’Occasione, o, meglio,<br />
consapevole strumento di un destino per lui<br />
prescritto dagli dei.<br />
Giuliano chiede allo zio di prendere atto della<br />
nuova situazione. Ci si appresta alla guerra civile,<br />
ma durante la risalita dai territori persiani verso<br />
Occidente alla guida del suo esercito, Costanzo<br />
s’ammala; tenta una coraggiosa ripresa della<br />
marcia, ma muore.<br />
E’ il 3 novembre del 360. Giuliano è ora unico,<br />
incontestato, Augusto: può ora porre la sua mano<br />
decisa su di un sogno già da lungo tempo sfiorato.<br />
Ora è nelle possibilità di realizzarlo. «Egli ambiva<br />
a dare ai popoli la loro prospettiva perduta e<br />
soprattutto il culto degli dei. Ciò che più<br />
commuoveva il suo cuore erano i templi rovinati, le<br />
cerimonie proibite, gli altari rovesciati, i sacrifici<br />
soppressi, i sacerdoti esiliati, le ricchezza dei<br />
santuari distribuite a persone miserabili 4».<br />
La rinascita pagana dell’impero, il ritorno<br />
all’antico culto e il rovesciamento della<br />
dominazione cristiana cominciano ufficialmente<br />
con l’editto promosso in favore della libertà di ogni<br />
culto sul suolo imperiale che permise la riapertura<br />
dei templi e la celebrazione dei sacrifici pagani,<br />
mentre fu concesso il rientro dall'esilio a quei<br />
vescovi cristiani che per le reciproche dispute tra<br />
ortodossia e arianesimo erano stati allontanati dalle<br />
loro città 5. Il 17 giugno 362, Giuliano emise un<br />
editto con il quale stabiliva l'incompatibilità tra la<br />
professione di fede cristiana e l'insegnamento nelle<br />
scuole pubbliche. Alla legge fece seguire una<br />
lettera circolare che spiegava che il motivo per cui<br />
era necessaria tale autorizzazione imperiale per<br />
l’insegnamento, è che soltanto maestri che<br />
credevano nel pantheon pagano potevano<br />
giustamente insegnare le opere dei sommi autori<br />
classici che da quelle stesse divinità del pantheon<br />
erano stati ispirati nella vita e nel pensiero.<br />
Spinto dall’illusione dell’Impero universale,<br />
novello Alessandro, s’ostinò nella campagna in<br />
Oriente contro i persiani; quivi troverà la morte,<br />
ripetutamente ignorando i responsi oracolari<br />
sfavorevoli che pure egli puntualmente richiede ai<br />
sacerdoti al suo seguito, e il triste presagio del<br />
Genio dell’Impero, che col volto mesto vedrà<br />
abbandonare la sua tenda, nella notte della vigilia<br />
fatale.<br />
Mentre le sue gesta lo stanno conducendo alla<br />
distruzione delle forze persiane; mentre già ha<br />
guadagnato la resa, da lui rifiutata, dal parte del<br />
Gran Re Sapore, Giuliano continua a scrivere i suoi<br />
discorsi. Giuliano divideva tutte le sue notti in tre<br />
momenti: al primo dedicato al riposo, seguiva<br />
quello dedicato alla preghiera; nel terzo, prima di<br />
prepararsi alla battaglia, Giuliano scriveva.<br />
Copiosa la sua produzione, costante nella sua breve<br />
vita; dai panegirici alla coppia imperiale, ai
discorsi di giustificazione dei propri atti alle varie<br />
province dell’impero, alle satire, agli scritti<br />
teologico-filosofici volti a diffondere la sua paideia<br />
così che la sua opera di restaurazione non mancasse<br />
di valide argomentazioni. Fu arguto polemista e di<br />
finissimo acume ma solo nell’ultimo secolo se ne<br />
considerò la produzione. Giuliano fu uno dei<br />
principali autori greci del IV secolo: tra i suoi<br />
lavori, l'opera "Contro i Galilei" gli conquistò l'odio<br />
e la demonizzazione del mondo cristiano. L'opera<br />
andò distrutta, ricostruibile solo per gli accenni del<br />
vescovo Cirillo di Alessandria che lo confutò 50<br />
anni dopo la sua morte.<br />
Il 22 giugno del 363 Giuliano moriva nei pressi di<br />
Toummara, in Mesopotamia, ucciso da una lancia<br />
vagante, nel turbine del polverone sollevato dalla<br />
ressa combattente; inerme, protetto dal solo scudo:<br />
Giuliano era accorso imprudentemente senza<br />
neanche volersi approntare l’armatura; gli urgeva di<br />
portare manforte ai suoi soldati, colpiti di sorpresa<br />
nella retroguardia. Cade da cavallo, Giuliano, ma<br />
tenta di togliersi il legno che da dietro la spalla gli<br />
trapassa il torace sino al fianco, non riesce; si rialza<br />
e combatte finché le forze non lo abbandonano del<br />
tutto.<br />
Nella tenda si riprende e vuole tornare a<br />
combattere, ma è troppo debole. Morirà a breve,<br />
accettando stoicamente la propria morte,<br />
rimproverando chi già lo compiange; trascorrerà gli<br />
ultimi momenti della sua agonia discorrendo coi<br />
suoi amici sull’immortalità dell’anima, lo rasserena<br />
il pensiero d’aver mantenuto con tutte le sue forze,<br />
gloriosamente, immacolato, l’impero.<br />
Le stragi, le torture, i tranelli, le delazioni e le<br />
congiure, tutto quanto di più sanguinoso e ambiguo<br />
caratterizzava le corti imperiali cristiane come già<br />
quelle pagane, sin dall’epoca di Claudio, Tiberio,<br />
Nerone. Ma un nuovo elemento, ora, vi s'aggiunge:<br />
che neanche il Cristianesimo, il quale pure si<br />
proponeva al mondo come una fede dagli altissimi<br />
valori morali, riuscì a fermare questo indirizzo<br />
torbido dell’anima umana, ma anzi benissimo<br />
s’insinuò nel sistema, usufruendo ben presto di<br />
quegli stessi strumenti di tortura, di quelle stesse<br />
condanne e repressioni che fecero già nel IV secolo<br />
molte vittime, una prima caccia alle streghe, in<br />
nome di un nuovo principio, l‘Intolleranza.<br />
Ben presto, la religione cristiana, che pure aveva<br />
apportato inizialmente nuova linfa negli strati<br />
sociali più bassi coi suoi ideali d’uguaglianza, e di<br />
carità s’impossessò delle arti classiche della<br />
retorica e di ogni strumento di propaganda e di<br />
controllo 6 e finanche dell’iconografia classica, per<br />
avviare quel processo di diffusione del culto che<br />
condurrà alla società tardo-antica a maggioranza<br />
pressoché totale cristiana.<br />
E c'è anche che la formula ortodossa che risulterà<br />
vincitrice dalla guerra metafisica sarà così<br />
circonfusa di mistero e di irrazionale che<br />
necessariamente sarà posta come assoluto dogma, e<br />
ciò in maniera indiscutibile e per via definitiva da<br />
Agostino. E qui, proprio qui, il Cristianesimo fonda<br />
la sua caratteristica intolleranza, nel porre la<br />
propria teologia nel sovrarazionale e nel Mistero<br />
incomprensibile; nel mistero del Dogma la Chiesa<br />
ha fondato la sua indiscutibile sovranità,<br />
presentandosi come suprema autorità in possesso<br />
delle chiavi per la salvezza, unica dispensatrice dei<br />
rimedi dell'anima.<br />
Fino al Cristianesimo le metafisiche erano<br />
semplicemente delle opinioni, oggetto di una<br />
speculazione filosofica costantemente rivalutata e<br />
rimessa in discussione di maestro in allievo, di<br />
scuola in scuola. Il Cristianesimo ortodosso fece<br />
invece della metafisica un dogma "rivelato" e<br />
indiscutibile poiché elevato al di sopra delle<br />
capacità speculative razionali dell'uomo - ancora<br />
abbastanza razionale e "umanamente<br />
comprensibile", la teologia di Ario. Di qui<br />
l'intolleranza dottrinale tra i partiti, ognuno<br />
pretendente per sé della verità assoluta.<br />
Il Neoplatonismo, rispetto al Cristianesimo, si<br />
mantenne fedele alla libertà di culto, già dalle sue<br />
origini, anche quando sembra oltrepassare i limiti<br />
della speculazione filosofica per circonfondersi<br />
sempre più di religiosità: Porfirio, infatti,<br />
ammetteva le varie religioni nazionali in nome di<br />
manifestazioni epifaniche dell’Essere che permea<br />
l’intero Universo. Partendo dalle premesse di<br />
Plotino, egli spiegava le religioni come sforzo<br />
dell’anima umana a uscire dal finito e<br />
ricongiungersi con Dio. in questo modo<br />
riconosceva tutte le religioni nazionali, aborrendo<br />
di conseguenza la presunzione esclusivista del<br />
Cristianesimo e la sua agguerita intolleranza.<br />
Il culto pagano, tuttavia, durante il IV secolo non é<br />
che una flebile sopravvivenza, esaurita, dell'antica<br />
religione naturale. Le mitiche divinità del<br />
pantheon, la cui molteplice coesistenza consentì<br />
sempre suprema tolleranza nei confronti dei più
svariati culti, sopravvivevano in riti e celebrazioni<br />
vuotate del loro antico significato mistico: déi e dée<br />
mitologici, poco più che personaggi letterari al<br />
confronto della divinità e dei nuovi santi cristiani -<br />
rispetto ai quali non erano né contemporanei né<br />
storicamente conoscibili -, non ne potevano<br />
affrontare la verde irruenza.<br />
Resta del paganesimo il folclore religioso nelle<br />
campagne, un'antica devozione laddove si é lontani<br />
dai centri propulsori del pensiero; ma altrove, là tra<br />
le accademie, tra i seggi senatori, nelle scuole di<br />
retorica, sopravviveva un sentimento più elevato,<br />
più speculativo: una consapevolezza razionale della<br />
grandezza della religione patria, del culto a divinità<br />
che protessero e resero grandi i popoli ellenici e la<br />
loro cultura.<br />
Lo spettacolo che si poneva agli occhi di questi<br />
liberi, tolleranti, pensatori, erano corti guaste da<br />
confessori cristiani, consiglieri infimi che di contro<br />
alle effusioni di santità dalla loro ingorda bocca<br />
pure non esitavano nel suggerire i più cruenti<br />
delitti, i tradimenti più subdoli; apparati burocratici<br />
invasi dagli esponenti della nuova fede, che già<br />
s'erano affibbiati i maggiori privilegi e già s'erano<br />
esonerati dalle comuni tassazioni; popolazioni<br />
cittadine che in preda a devoti furori facevano<br />
scempio delle vestigia dell'antica fede dei padri.<br />
Neoplatonismo e Cristianesimo hanno in comune la<br />
necessità di riavvicinare l’uomo alla divinità, sotto<br />
forma di espressione panteista nel primo caso,<br />
monoteista nel secondo; sono proiezione del<br />
fallimento delle religioni naturali e razionali che li<br />
precedettero; s’alimentarono vicendevolmente,<br />
snaturandosi l’un l’altro. Il Neolatonismo<br />
accentuerà il suo carattere mistico, ponendosi<br />
sempre più come religione; il cristianesimo,<br />
sovraccaricandosi di speculazioni teologiche, finirà<br />
con l’impoverire il proprio originario spiritualismo.<br />
In effetti nessuna delle due correnti bastò a<br />
soccorrere alle aspettative che portavano con sé e di<br />
cui l’uomo era da lungo periodo affannato. Al<br />
Neoplatonismo difettava di fondare il proprio<br />
sistema su divinità ormai fattesi vuoti simulacri; al<br />
Cristianesimo la perdità dei valori su cui aveva<br />
basato la propria predicazione. E qui giungiamo<br />
alla motivazione intima del tentativo di<br />
restaurazione pagana di Giuliano: il<br />
Neoplatonismo, ristretto nelle elitarie cerchie,<br />
spregiato dalle corti, appeso ai suoi Misteri e alle<br />
sue meditazioni, preservò quel minimo di idealità<br />
che nel frattempo il cristianesimo aveva perso, per<br />
l’altra faccia della sua vittoria, diretta, infausta<br />
conseguenza della sua mondanizzazione.<br />
Così, dalla necessaria concessione di tolleranza alla<br />
fede cristiana, interpretabile inizialmente come<br />
intuizione politica, all'imperio intollerante della<br />
medesima fede non passano che pochi decenni.<br />
Secondo questa lettura, il tentatitivo di Giuliano<br />
non può comprendersi se non anche come una<br />
necessità di rifondazione morale.<br />
La reazione degli antiochesi al soggiorno<br />
dell’imperatore nella loro città, ne è certamente la<br />
controprova più interessante, così come la lettera di<br />
sdegno che gli indirizza in risposta il giovane<br />
Giuliano: nulla che accenni a contrasti di tipo<br />
religioso, solo un insormontabile abisso tra due stili<br />
di vita incompatibili, in cui il degenerato, guarda<br />
un po’, non fu certo l’Apostata.<br />
Una biografia tanto ricca, non può essere troppo<br />
riassunta. Fu leggenda, l’orfanello leopardiano<br />
tutto libri, che posto prepotentemente su di un<br />
cavallo a guidare l’impero, ne ricuciva i confini in<br />
brandelli.<br />
Demonizzato come folle visionario e autore di<br />
atroci sacrifici umani, fu piuttosto umanissimo,<br />
tollerante, un imperatore filosofo che pretendeva<br />
come primo criterio per i suoi sacerdoti la sola<br />
sensibilità morale, senza limiti di censo o<br />
provenienza, che creò ospedali e rifugi per malati,<br />
orfani, donne. Che insegnò la carità verso tutti,<br />
compresi i malvagi e i carcerati. Non avviò alcuna<br />
persecuzione anti-cristiana: i soli 8 martirii 7 che<br />
vennero riconosciuti dalla tradizione ecclesiastica<br />
risalenti agli anni del suo regno, sono per molti<br />
motivi discutibili, come avvenuti per opera della<br />
folla inferocita su chi aveva profanato templi e<br />
cose sacre pagane e comunque non direttamente<br />
riconducibili alla volontà dell’imperatore.<br />
Sulla sua figura pesò la tradizione vincente della<br />
storiografia cristiana, specie plasmata sulle<br />
impietose due orazioni di Gregorio di Nazianzo,<br />
uno dei padri della chiesa che alla sua morte, così<br />
brindava:<br />
«Udite, popoli! [. . . ] fu estinto il tiranno [. . . ] il<br />
dragone, l'Apostata, il Grande Intelletto, l'Assiro, il<br />
comune nemico e abominio dell'universo, la furia<br />
che molto gavazzò e minacciò sulla terra, molto<br />
contro il Cielo operò con la lingua e con la<br />
mano»(Gregorio di Nazianzo, Orazione IV, 1).
Note:<br />
1 . Arianesimo al quale qualche storico cristiano<br />
attribuisce la responsabilità del rifiuto netto del giovane<br />
principe nei confronti del cristianesimo<br />
2. Tuttavia, secondo Eutropio,Costantio sinente potius<br />
quam iubente. La purga del 367 mirò all’epurazione di<br />
tutti le potenziali minacce al suo governo, ovvero tutti i<br />
membri maschi della dinastia costantiniana. Costanzo<br />
attribuirà la responsabilità dell’eccidio a una rivolta<br />
militare.<br />
3. Nella sua prigionia dorata di Macellum (Cappadocia),<br />
da ragazzo, studiò con serietà, sotto il vescovo ariano<br />
Giorgio di Cappadocia, i testi biblici.<br />
4. Libanio, Orazione XVIII, 20.<br />
5. Eppure, nonostante la tolleranza religiosa fosse quasi<br />
sicuramente naturale propensione del suo spirito,<br />
potrebbe esser vero che nel rientro degli esponenti più<br />
caldi delle opposte tendenze cristiane Giuliano<br />
sperasse di favorire discordia e debolezza all’interno<br />
della Chiesa. Infatti, ‹‹l'esperienza gli aveva insegnato<br />
che non ci sono belve più pericolose per gli uomini di<br />
quanto non siano spesso i cristiani nei confronti dei loro<br />
correligionari››: Ammiano Marcellino, Storie, XXII, 5, 2;<br />
ma anche lo storico ecclesiastico Filostorgio, Storia<br />
Ecclesiastica, VII, 4.<br />
6. Vedi R. Lizzi, Discordia in urbe: pagani e cristiani in<br />
rivolta, in Pagani e cristiani da Giuliano l’Apostata al<br />
sacco di Roma, Atti del Convegno Internazionale a cura<br />
di Franca Elia Consolino, op. cit.<br />
7. Cfr. F. Scorza Barcellona, Martiri e confessori dell’età<br />
di Giuliano l’Apostata: dalla storia alla leggenda,in<br />
Pagani e cristiani da Giuliano l’Apostata al Sacco di<br />
Roma, op.cit. pag. 54-83
Le migliori tesine del Laboratorio<br />
Apologia della musica<br />
Sensazioni, pensieri, parole. Idee che si<br />
rincorrono l’un l’altra, come in un<br />
infinito gioco d'inseguimenti in cui<br />
poco importa il ruolo del vinto o del<br />
vincitore, quanto piuttosto il percorso da esse<br />
tracciato, segno indelebile del passaggio da una<br />
dimensione umana e “materiale” ad una più pura e<br />
spirituale, ma non per questo meno attinente al<br />
reale. E’ ciò che ci accade ogni volta che veniamo<br />
a contatto con quello strano turbinio di voci ed<br />
emozioni che comunemente racchiudiamo nella<br />
parola “musica”: uno scrigno, un involucro di<br />
sette note la cui combinazione (non ci si lasci<br />
ingannare dalla cifra) può rappresentare un punto<br />
di contatto diretto con tutto ciò che riguarda<br />
l’indagine prettamente umana e non solo. Si tratta<br />
di attimi fugaci o di lunghi ed intensi viaggi, in cui<br />
è facile ritrovarsi smarriti da un momento all'altro,<br />
naufragati ed immediatamente immersi in questa<br />
sorta di alienante “quarta dimensione”. A volte<br />
addirittura affogati in essa, al punto da non poter<br />
più trovare una facile via d'uscita. In casi del<br />
genere, la migliore bussola in grado di guidarci si<br />
costituisce di un precisa armonia tra cuore e<br />
mente, passione e ingegno: due perfetti elementi<br />
matrici del nostro orientamento, salvagenti a cui<br />
aggrapparsi per poter tornare a respirare aria di<br />
salvezza. Sempre che, arrivati a questo punto, si<br />
voglia ancora essere salvati.<br />
Ciò che la mia tesi si propone di mettere in atto,<br />
come suggerisce chiaramente il titolo, è una sorta<br />
di Italiano Scritto 2011 /201 2<br />
Agresta Francesco<br />
di apologia della musica, una sua esaltazione<br />
come disciplina ed arte totale e totalizzante sotto<br />
ogni punto di vista, nonostante il lento declino<br />
sociologico e culturale che la porta oggi ad essere<br />
ridotta al rango di mero intrattenimento nella<br />
considerazione di fin troppe persone. Posta in<br />
auge dalla sua natura stessa, che non la vede<br />
primeggiare in nessuna ipotetica classifica delle<br />
espressioni artistiche: ovviamente non perché non<br />
ne abbia merito, ma perché se ne astrae in<br />
maniera del tutto consequenziale, dando vita ad<br />
una propria dimensione speciale che ne esalta<br />
ogni singola e specifica peculiarità. Sin dall'alba<br />
dei tempi il suo fascino attrasse irrimediabilmente<br />
l'uomo: dapprima grazie ai suoni grezzi, selvatici,<br />
ma allo stesso tempo armonizzati in un<br />
ammaliante unicum da parte della natura; ed in<br />
seguito scoprendo di poter piegare l’armonia alla<br />
propria personalità, che fosse attraverso capacità<br />
innate (la voce, e dunque la sua equivalente nel<br />
canto) o attraverso nuove opportunità dettate dal<br />
suo ingegno industriale (e dunque gli strumenti<br />
musicali: sin dai più rudimentali, che potevano<br />
essere costituiti semplicemente da pietre e bastoni,<br />
per arrivare a quelli moderni, in cui il più delle<br />
volte l'elettronica la fa da padrona). E' importante<br />
sottolineare però come la materia musicale sia il<br />
solo ed unico soggetto che agisce in prima<br />
persona: potremmo immaginarla come un'entità,<br />
che si manifesta sulla terra utilizzando l'uomo<br />
come suo strumento (quasi a delineare una sottile
ironia), nonché come suo principale fruitore. Per<br />
dirla con le parole del celebre chitarrista<br />
statunitense (ma di origini italiane) John<br />
Frusciante:<br />
“Penso che la forza creatrice si esprima con la<br />
nostra esistenza. Non credo che un’idea musicale<br />
nasca nella mente, presumo abbia origine in un<br />
luogo che non ci appartiene, e da cui poi in un<br />
secondo momento attingiamo per creare. E tal<br />
processo riguarda ogni cosa che noi creiamo, è la<br />
Natura che si esprime assieme a noi. Al pari di un<br />
fiore o un albero che cresce sul terreno. […] La<br />
musica è così espressiva che le parole non sono<br />
sufficientemente in grado di dare l’effettiva<br />
spiegazione che possa farci comprendere la<br />
tematica . Noi possiamo entrare in connessione con<br />
“La forza creativa” dell’universo, sorgente o Dio o<br />
come tu voglia chiamarla. Possiamo entrare in<br />
contatto con questa intelligenza imparando un<br />
linguaggio musicale, imparando uno strumento<br />
musicale, riuscendo ad identificare un suono o un<br />
sentimento, o riuscendo ad esprimere in maniera<br />
graduale emozioni sempre mediante il tuo<br />
strumento 1.”<br />
Musica come “forza creativa” dunque. Difficile<br />
trovare una definizione che abbia un impatto più<br />
profondo e significativo, e che la esalti fino a<br />
dotarla quasi di una certa “responsabilità”. L'unico<br />
modo che ha l'uomo di farla propria è quella di<br />
abbandonarsi del tutto ad essa, lasciarvisi penetrare<br />
fino a perdere quasi la propria volontà, la precisa<br />
coordinazione di ogni sinapsi, il controllo del<br />
movimento delle proprie dita sulla liscia superficie<br />
di un pianoforte, sul ruvido nylon di una corda o<br />
sulle chiavi di un freddo ottone.<br />
Sin dagli albori, la parola “musica” possedeva già<br />
presso i Greci un significato ben più ampio e<br />
complesso di quello comune, essendo in origine<br />
una forma aggettivale derivata da Μοῦσα, nome<br />
con il quale si indicava, nella mitologia classica,<br />
ciascuna delle nove sorelle che presiedevano alle<br />
arti e alle scienze. Il rapporto etimologico ci mostra<br />
dunque come nella civiltà ellenistica essa fosse<br />
considerata elemento fondamentale nell'ambito<br />
delle attività che perseguivano la bellezza e la<br />
verità, e che ad essa ineriva di conseguenza una<br />
serie di implicazioni maggiore di quanto oggi si<br />
possa pensare. Quella musicale fu materia di studio<br />
e d'indagine per molti dei più celebri ed influenti<br />
pensatori d'età classica; e tra tutte, le teorie più<br />
rilevanti furono senza dubbio quelle espresse da<br />
personalità del calibro di Pitagora e Platone. Il<br />
primo la connesse strettamente alla matematica 2:<br />
come infatti la comprensione dei numeri era<br />
ritenuta la chiave per la comprensione dell'intero<br />
universo, spirituale e fisico, così il sistema dei<br />
suoni e dei ritmi, a sua volta regolato da rapporti<br />
numerici, era concepito come esemplificazione<br />
dell'armonia cosmica. Alla rotazione degli astri fino<br />
ai più profondi meandri dell'universo egli associò<br />
la nascita di una musica perfetta e divina,<br />
letteralmente celestiale, il cui suono è quasi<br />
impossibile da udire a causa dell'assuefazione, quel<br />
fenomeno psicologico che rende inavvertito alla<br />
coscienza percettiva un suono continuo. Scriveva a<br />
tale proposito il neoplatonico Giamblico:<br />
[. . . ] valendosi di un divino potere, ineffabile e<br />
arduo a concepirsi, (Pitagora) sapeva tendere<br />
l'orecchio e fissare la mente alla sublime musica<br />
celeste. Ed era l'unico, come spiegava, in grado di<br />
udire e intendere l'armonia universale e la musica<br />
consonante delle sfere e degli astri che entro queste<br />
si muovevano. Questa armonia rende una musica<br />
più pura e più piena di quella umana, grazie al<br />
movimento dei corpi celesti, il quale è<br />
caratterizzato da suprema melodiosità ed<br />
eccezionale, multiforme bellezza. Queste ultime<br />
sono il prodotto dei suoni celesti, i quali traggono<br />
sì origine dalle ineguali e in vario modo tra loro<br />
differenti velocità, grandezza e posizione dei corpi,<br />
ma sono nondimeno collocati in reciproca<br />
relazione nel modo più armonico 3 .<br />
Questa teoria era ovviamente rafforzata dal fatto<br />
che all'epoca si ritenesse che il sole, la luna ed i<br />
pianeti girassero attorno alla Terra4 all'interno delle<br />
proprie sfere, le quali rispettavano rapporti tra<br />
intervalli musicali a numeri interi, creando in<br />
questo modo delle vere e proprie armonie. Platone<br />
la riprese e rielaborò nel celeberrimo “Mito di Er”,<br />
contenuto nel X ed ultimo libro della Repubblica,<br />
in base al quale ciascuno dei sette pianeti (cinque<br />
più il Sole e la Luna) emette contemporaneamente<br />
un suono insieme alle stelle fisse. La loro armonia<br />
complessiva di otto note genera un immenso e<br />
perfetto accordo, simbolo ed espressione<br />
dell’Armonia cosmica, nel quale trovano<br />
consonanza, equilibrio e giusta rispondenza col<br />
tutto gli elementi costitutivi della materia,<br />
potenzialmente disparati e in conflitto fra loro.<br />
Inoltre, l’idea della musica come intimamente
connessa con la parola ha privilegiato nel mondo<br />
greco un altro fondamentale aspetto di quest’arte,<br />
cioè il suo effetto sugli altri e quindi il suo potere di<br />
azione sul carattere, la volontà e la condotta degli<br />
esseri umani. Le qualità etiche della musica trovano<br />
a loro volta spiegazione nella teoria pitagorica<br />
dell’anima, la quale viene messa in movimento dai<br />
suoni: il mutato “equilibrio” dell’anima darebbe<br />
dunque origine a differenti caratteri e “passioni”,<br />
facendo così in modo che la melodia possa<br />
convincere o commuovere, placare un intero<br />
popolo in rivolta, combattere l’influenza eccitante<br />
del vino, spingere alle armi o addirittura guarire.<br />
Platone elabora ed espone, in proposito, la teoria<br />
dell’Ethos, cioè delle qualità morali e degli effetti<br />
della musica, in seguito ripresa anche da Aristotele<br />
nella Poetica e nella Politica. La musica infatti,<br />
lungi dall’essere un’immagine inerte dell’ordine<br />
universale, imita direttamente e “rappresenta” i più<br />
diversi stati d’animo; di conseguenza, ascoltando<br />
una musica che imiti rabbia o ira, si finirà con<br />
l’essere coinvolti in passioni ignobili che<br />
plasmeranno negativamente il nostro carattere,<br />
mentre ascoltando musica che imiti gentilezza,<br />
coraggio o temperanza, si tenderà a sviluppare una<br />
personalità corretta ed armoniosa, che Platone<br />
definisce “giusta”. È questo dunque il criterio<br />
secondo il quale Platone, nel VII libro delle Leggi,<br />
distingue la musica “buona” dalla “cattiva”, la cui<br />
differenza non può e non deve essere distinta in<br />
base al godimento che se ne trae, ma piuttosto in<br />
base agli effetti morali che ne derivano. Infine,<br />
quasi a chiusura del cerchio, nel XII capitolo del<br />
Simposio il filosofo sostiene per bocca di<br />
Erissimaco che la musica è la manifestazione più<br />
perfetta dell'Eros regolare, cioè di quell'Eros<br />
stupendo, sublime, celeste, che prescindendo da<br />
ogni aspetto profano e volgare si annida nel cuore<br />
dell'incompletezza umana e si fa ponte tra l'umano<br />
ed il soprannaturale, “volando” alla ricerca della<br />
Verità.<br />
Spostando le nostre analisi su un punto di vista<br />
scientifico ed osservando le reazioni che l'intenso<br />
rapporto musica-individuo è in grado di realizzare,<br />
correremmo quasi il rischio di rimanere sorpresi di<br />
fronte all'evidente concretizzazione dei suoi<br />
“magici” poteri. D'altronde sempre più spesso gli<br />
studi intrecciati di neurologia e musicologia ci<br />
vengono incontro dimostrando quanto sia<br />
importante nella vita di un uomo abbracciare la<br />
musica e renderla un elemento cardine della<br />
propria quotidianità: non sarà un caso, infatti, se in<br />
base a determinati studi risulti che molti degli<br />
studenti delle università americane che si<br />
impegnano a tempo pieno nella pratica di uno<br />
strumento musicale risultino poi quelli con i<br />
migliori profitti a livello didattico. Le ricerche<br />
coordinate da Michael Gazzaniga, uno dei più<br />
importanti neuroscienziati al mondo (docente di<br />
psicologia all'Università di Santa Barbara),<br />
forniscono diverse certezze riguardo la<br />
correlazione tra musica e intelligenza: ad esempio<br />
si è visto come nei bambini più piccoli la pratica<br />
musicale stimoli l'attitudine alla geometria,<br />
migliorando notevolmente le capacità di<br />
riconoscere le figure geometriche. La costante<br />
pratica di uno strumento, soprattutto nel momento<br />
in cui si arriva alla memorizzazione ed esecuzione<br />
di pezzi musicali complessi, è in grado di stimolare<br />
nell'individuo lo sviluppo di una serie di strategie<br />
sofisticate per la gestione di linguaggi anche non<br />
musicali, con evidenti vantaggi a livello cognitivo<br />
anche al di fuori delle arti. Inoltre fare musica<br />
stimola l'apertura mentale e la curiosità nei<br />
confronti di tutte le materie: senza alcun limite<br />
d'età, essa è in grado di aprire nuovi orizzonti, con<br />
ovvie ripercussioni sull'intelligenza, ed è triste in<br />
quest'ottica segnalare come l'Italia (quella che un<br />
tempo era conosciuta come la patria della Musica,<br />
quella con la “m” maiuscola, ed in particolar modo<br />
della lirica e dell'opera) si ritrovi sprofondata agli<br />
ultimi posti nella graduatoria dell'insegnamento<br />
musicale in età scolastica, non solo in Europa ma<br />
anche nel resto del mondo. Focalizzandosi su degli<br />
aspetti prettamente più fisiologici riguardanti gli<br />
effetti dello stimolo musicale sull'essere umano, i<br />
risultati possono sembrare ancora più stupefacenti.<br />
Secondo gli studi effettuati dal neurologo canadese<br />
Robert Zatorre, della Mc Gill University di<br />
Montreal, le reazioni della musica sul corpo sono<br />
ben definibili ed identificabili, in quanto alterano in<br />
modo percettibile il battito cardiaco ed il tono<br />
muscolare. A livello cerebrale, si assiste<br />
all'attivazione di alcuni centri del piacere, una<br />
reazione che avviene anche durante le cosiddette<br />
“attività gratificanti”, come l'assunzione di cibo,<br />
droghe, o l'attività sessuale. Ciò che la differenzia<br />
da queste però (e che ne aumenta dunque il<br />
carattere in un certo senso miracoloso) è il fatto che<br />
si tratti palesemente di un'attività “astratta”, e
dunque priva di qualsiasi valore biologico. Per<br />
spiegare questa reazione ci vengono incontro<br />
motivazioni molto più antropologiche che<br />
scientifiche, in quanto nonostante oggi la musica si<br />
trovi relegata nel vago recinto dell’intrattenimento,<br />
nelle società primitive la sua pratica era legata alle<br />
esigenze primarie quali sesso e cibo, poiché era<br />
utilizzata in tutti i rituali come quelli di caccia e di<br />
iniziazione. Per molto tempo si è sostenuto che il<br />
linguaggio attivasse l'emisfero cerebrale sinistro e<br />
la musica quello destro; ma non è corretto<br />
considerare quest'ultima, all'interno della sua ampia<br />
polivalenza, una effettiva forma di linguaggio? Lo<br />
è, certo che lo è. E di conseguenza i diversi<br />
elementi che la compongono (tono, ritmo, melodia,<br />
armonia, ecc..) si distribuiscono su entrambi gli<br />
emisferi cerebrali. Il cervello è però in grado di<br />
"riconoscere" la musica e la reazione è diversa da<br />
altri stimoli uditivi, come voci o rumori. Non<br />
risultano invece differenze fra le reazioni cerebrali<br />
stimolate da una sinfonia di Beethoven, una<br />
canzonetta o una musica proveniente da una cultura<br />
completamente diversa da quella dell'ascoltatore.<br />
Un altro studioso infatti, Steven Demorest<br />
dell'Università di Seattle, usando la risonanza<br />
magnetica dimostrò che un'antica melodia cinese<br />
produce nel cervello degli ascoltatori la stessa<br />
risposta provocata da un brano di tipologia classica.<br />
Il pentagramma si conferma così territorio proprio<br />
di un linguaggio ed un'esperienza universale<br />
accessibile a tutti, anche dal punto di vista<br />
fisiologico.<br />
E' purtroppo vero però che, in tempi come quelli<br />
che oggi stiamo attraversando, questo quadro<br />
idilliaco tracciato da brillanti personalità del<br />
pensiero e della scienza umana sta perdendo<br />
sempre più la sua aderenza con la realtà del<br />
quotidiano. Nell'epoca del profondo materialismo<br />
di cui siamo impregnati fino al midollo, anche la<br />
musica è finita per diventare un autentico business:<br />
un prodotto da lavorare, modellare e confezionare<br />
secondo precise e severe regole di mercato. La<br />
materia prima, ovvero il brano musicale, sembra<br />
quasi essere relegato ad un piano d'importanza<br />
secondario, letteralmente sommerso dalla vorticosa<br />
giostra della promozione e della propaganda, sulle<br />
quali le case discografiche scelgono ormai di<br />
puntare con decisione in modo da far quadrare i<br />
bilanci, a maggior ragione dopo l'avvento di<br />
internet (ed in particolare del file sharing) ed il<br />
conseguente crollo della vendita al dettaglio dei<br />
dischi. Già, l'economia: una materia con la quale la<br />
musica, in base ai discorsi fatti precedentemente,<br />
dovrebbe avere veramente poco a che fare, e che<br />
invece ha finito per coinvolgere in maniera netta<br />
anche il mondo delle sette note, portandolo in<br />
breve tempo ad un'immagine di declino. La perdita<br />
di sincerità è ciò che più di tutto mi spaventa<br />
all'interno di questa sorta di percorso di negligenza:<br />
nel momento in cui un artista non compone più per<br />
esprimersi, per soddisfare in lui quel bisogno<br />
innato che lo rende tutt'uno in via trascendentale<br />
con la propria “quarta dimensione”, e finisce per<br />
piegare la sua arte alle esigenze del pubblico, ecco<br />
che la musica smarrisce la specialità della sua<br />
natura; bistrattata, umiliata e calpestata proprio da<br />
coloro che più dovrebbero curarla. Ovviamente non<br />
è mia intenzione generalizzare e far così di tutta<br />
l'erba un fascio: il presente (per fortuna) è ancora<br />
colmo di musicisti per così dire “onesti” e degni di<br />
tale nome che, godendo di una maggiore o minore<br />
visibilità, operano indistintamente guidati<br />
dall'ardente fiamma della propria passione, che li<br />
conduca al buio di una piccola camera o sotto<br />
l'accecante luce dei riflettori di un palco. Il tutto<br />
sta, ovviamente, nel saperli riconoscere in modo da<br />
poter attribuire ad ognuno i suoi giusti meriti.<br />
Come già accennato in precedenza, rimarcando il<br />
carattere universale delle sette note non ci si può<br />
non soffermare sul valore comunicativo che<br />
impreziosisce ulteriormente la loro natura,<br />
rendendo la musica un vero e proprio linguaggio<br />
con le carte in regola. Così come le lingue degli<br />
uomini, essa si avvale di una parte fonica e di un<br />
particolare tipo di grafia, che però salvo casi<br />
eccezionali (come ad esempio la genialità di<br />
Beethoven, che anche privato dell’udito riuscì a<br />
scrivere ciò per cui oggi viene ricordato come<br />
probabilmente il miglior compositore di tutti i<br />
tempi) incarna solo una funzione di supporto nei<br />
confronti della prima, verso cui risulta quasi del<br />
tutto dipendente. Il linguaggio parlato è indirizzato<br />
alla frazione più consapevole del nostro cervello,<br />
quella appunto che si esprime con la parola, che<br />
funge da interprete tra noi e gli altri, e tra la parte<br />
implicita e quella esplicita del nostro essere. La<br />
musica è invece il mezzo creato per dettare dei<br />
sentimenti nell’ascoltatore, utilizzando a questo<br />
fine la frazione inconsapevole del cervello.<br />
Possiamo affermare che non esiste una maniera
precisa per elaborare una musica altamente<br />
espressiva: la ricetta non scritta, creata “sul<br />
campo”, la trova il compositore nella parte<br />
inconsapevole di se, e riesce poi a riversarla nel<br />
codice scritto ed esplicito dello spartito. Se<br />
accettiamo però di conferire alle sette note l’onore/<br />
onere di definirsi “linguaggio”, avremo bisogno<br />
dunque anche di una serie di parametri validi che ci<br />
aiutino a classificarlo in questo senso, come ad<br />
esempio quelli istituiti dal semiotico Charles W.<br />
Morris, il quale sostiene che un sistema di segni<br />
può definirsi linguaggio solo se rispetta le regole di<br />
tre fondamentali discipline linguistiche: la sintassi,<br />
la semantica e la pragmatica. Applicando i loro<br />
principi al linguaggio musicale, troviamo che la<br />
sintassi in primo luogo dovrà occuparsi delle norme<br />
che consentono di legare tra loro i diversi segni,<br />
ordinandoli secondo una determinata “grammatica”<br />
(intesa come successione di regole) che può variare<br />
a seconda dei contesti e che si espliciterà grazie alla<br />
manifestazione della stessa materia musicale. La<br />
semantica invece riguarda le relazioni che<br />
intercorrono tra i segni e gli oggetti a cui essi si<br />
riferiscono, e in ambito musicale si caratterizza in<br />
base ad una doppia interpretazione: secondo la<br />
prima, il linguaggio musicale sarebbe generalmente<br />
privo di denotazione, ed il suo contenuto semantico<br />
apparirebbe per così dire “contestuale”, ovvero<br />
racchiuso in se stesso e dunque non affidato alla<br />
relazione suono – realtà extrasonora; in seconda<br />
istanza, una semantica musicale è considerata<br />
possibile, ma solo in maniera arbitraria attraverso<br />
delle convenzioni ed in alcuni precisi patti validi<br />
all’interno di particolari gruppi sociali ed in<br />
contesti storico – culturali determinati. Infine la<br />
pragmatica riguarda lo studio delle relazioni che si<br />
stabiliscono tra i segni e le persone che li<br />
utilizzano, e possiamo avere a che fare con la sua<br />
manifestazione in ambito musicale ogni qualvolta<br />
un gruppo di persone si riunisce interagendo tra di<br />
loro attraverso le sette note. Nel messaggio<br />
musicale inoltre il ritmo, la melodia ed il timbro<br />
costituiscono tre elementi dal ruolo essenziale: il<br />
ritmo è di per se una componente ripetitiva<br />
connessa coi ritmi biologici (come quello cardiaco<br />
e respiratorio), e costituisce l’intelaiatura sulla<br />
quale si estende la “storia” raccontata dalla<br />
melodia, in cui giocano gli accordi tra le note e<br />
l’ampiezza dei suoni. Il timbro si identifica invece<br />
con la matrice stessa del suono, la voce dello<br />
specifico strumento che l’ha prodotta, sia esso<br />
artificiale o naturale (la voce del vento, lo scroscio<br />
dell’acqua o il canto degli uccelli), e possiede una<br />
sua componente espressiva che produce<br />
inevitabilmente un sentimento. Lo stato d’animo<br />
prodotto finale di un ascolto musicale può dunque<br />
differenziarsi secondo una doppia chiave<br />
interpretativa: una più individuale, strettamente<br />
connessa alla sfera intima e personale della<br />
persona, ed un’altra collettiva, o addirittura<br />
universale, di condivisione ed empatia. Questo<br />
fenomeno può avere aspetti ed espressioni, anche<br />
corporali e motorie, assai diverse a seconda della<br />
partecipazione ad una musica per così dire<br />
“apollinea” (ovvero vicina al genere classico)<br />
oppure a una musica “dionisiaca” (un rock, o<br />
addirittura gli antichi canti di guerra).<br />
La mia convinzione dunque, alla luce delle prove<br />
qui fornite alla causa (probabilmente in numero<br />
parziale, ma di sostanza significativa) si rinforza<br />
nell’idea che la musica dovrebbe recuperare<br />
all’interno della società odierna quella componente<br />
di dignità ed autorevolezza che si è andata<br />
lentamente ad assottigliare, schiacciata sotto il<br />
grosso peso di una delle peggiori attitudini che<br />
possano influenzare l’uomo: la superficialità.<br />
Essere superficiali ci impedisce di vedere la<br />
bellezza in ciò che ci circonda, nella semplicità del<br />
quotidiano, corrompendo l’anima in favore di quel<br />
bieco materialismo “a tutti i costi” in cui la musica,<br />
quella vera e pura, non può che trovare uno spazio<br />
minuscolo. Mi riesce davvero difficile immaginare<br />
che una persona possa vivere senza musica,<br />
qualunque sia il posto che egli voglia dedicarle<br />
all’interno del proprio percorso, dalla semplice<br />
colonna sonora al protagonismo assoluto. Per<br />
questo motivo penso sarebbe giusto che essa<br />
recuperi quella dimensione di spessore che le si<br />
addice per sua stessa natura, ritrovando quel ruolo<br />
fondamentale di cui è degna anche all’interno di<br />
una società talmente controversa come quella con<br />
cui oggi ci troviamo a fare i conti. D’altronde,<br />
richiamando un celebre aforisma di Friedrich<br />
Nietzsche, “senza musica la vita sarebbe un<br />
errore”, e di errori la storia dell’uomo è già fin<br />
troppo colma.<br />
Note:<br />
1. Tratto dal film-documentario “The heart is a<br />
drum machine” (2009), diretto da Cristopher
Pomerenke.<br />
2. Come d'altronde era quasi inevitabile, avendo<br />
egli riposto nel concetto di numero il proprio archè,<br />
ovvero la natura intima del tutto, fondamento e<br />
causa di ogni cosa.<br />
3. Cit: Giamblico, La vita Pitagorica, ed BUR, pag<br />
195<br />
4. Il famoso sistema geocentrico (o anche detto<br />
“aristotelico – tolemaico”), soppiantato nel ‘500 dal<br />
modello eliocentrico formulato per la<br />
prima volta dall’astronomo polacco Niccolò<br />
Copernico<br />
Bibliografia<br />
- Nicola Abbagnano, Giovanni Fornero,<br />
“Protagonisti e testi della <strong>filosofia</strong>”, Edizioni Bruno<br />
Mondadori, Paravia, II edizione, 2000<br />
- Giamblico, “La vita pitagorica”, Rizzoli ed.<br />
Bur Classici Greci e Latini, 1991<br />
- Nicola Ubaldo, “Antologia illustrata di<br />
<strong>filosofia</strong>”, Giunti editore SPA, 2006<br />
Sitografia<br />
-“La musica è un linguaggio?”, di Angela Longo,<br />
Giosuè Panio:<br />
http://digilander.libero.it/initlabor/musicalinguaggio/musica-e-linguaggio1.html<br />
- “La musica: i suoi effetti comunicativi e<br />
neurofisiologici, e la musicoterapia”, di Franco<br />
Panizon :<br />
http://www.fimed.net/images/IMGNewsletterPunto<br />
Tecnico/File/Musica.pdf<br />
- “Musica e mente”:<br />
http://www.andreaconti.it/mente.html<br />
- Robert Zatorre’s homepage :<br />
http://www.zlab.mcgill.ca/home.html
Il finanziamento Pubblico ai<br />
Partiti è espressione di democrazia<br />
o un grave spreco di soldi pubblici?<br />
Come tutti ben sappiamo stiamo<br />
attraversando tempi di "crisi" dove ai<br />
cittadini è chiesto "rigore", fiducia nelle<br />
istituzioni, <br />
mentre ogni giorno si susseguono,<br />
paradossalmente, notizie di milionari furti dalle<br />
casse dei partiti e di ignorabili lussi di cui si<br />
circondano i nostri politici a spese dei partiti a cui<br />
legati. Il finanziamento pubblico ai partiti (che<br />
viene perpetuato illegalmente attraverso i<br />
cosiddetti "rimborsi elettorali") è una scomoda<br />
realtà, malgrado il referendum del 1993 che aveva<br />
abrogato la Legge Piccoli, con la netta<br />
maggioranza del 90,03%. La volontà popolare in<br />
questi ultimi 21 anni, come troppo spesso succede<br />
in Italia, non é stata solo ignorata, ma anche<br />
clamorosamente scavalcata e si stima che dal 1993<br />
a oggi oltre 2.735.581.964€ di soldi pubblici siano<br />
finiti nelle casse dei partiti italiani come "rimborsi<br />
elettorali”, senza che avvenisse un controllo chiaro<br />
sulle reali esigenze economiche dei partiti. Mentre<br />
le pensioni scendono, le tasse salgono e la gente<br />
mette fine alla propria vita perché non riesce a<br />
tirare avanti c'è un'elite che intasca non pochi soldi<br />
per un servizio inesistente: la politica.<br />
É mia opinione che il non rispetto del referendum<br />
del 1993 e la creazione di una "scappatoia" per<br />
arginarlo e continuare ad usufruire del denaro<br />
pubblico sia stato ed è tuttora un grave crimine, un<br />
furto perpetuato dai partiti ai danni di tutti i<br />
cittadini.<br />
"Fare politica" dovrebbe essere fare il bene della<br />
polis tutta e non impiegare le proprie energie e le<br />
risorse di un partito eletto "democraticamente"<br />
solo a favore del proprio interesse personale.<br />
I cittadini potranno ancora tollerare il mantra "i<br />
Astorino Mariangela<br />
soldi sono finiti" e tirare la cinghia quando i fatti<br />
dimostrano che di soldi ce ne sono ancora per<br />
ingrossare conti in banca, comprare lauree<br />
all'estero e pagare le escort (magari perchè stiano<br />
zitte)?<br />
Il rimborso elettorale é antidemocratico per la sua<br />
nascita, avvenuta con il preciso scopo di ignorare<br />
il referendum e costa all'Italia milioni che ogni<br />
anno aggravano una situazione già sull'orlo del<br />
precipizio quando, invece, potrebbero essere usati<br />
per ridurre i tagli e le tasse.<br />
Nel 1974, successivamente gli scandali Trabucchi<br />
e Petroli, Flaminio Piccoli istituì un piccolo<br />
rimborso spese pubblico da concedere ai partiti<br />
perché essi potessero continuare il proprio lavoro<br />
di rappresentanti democratici e fosse possibile a<br />
tutti dedicarsi alla vita politica,<br />
indipendentemente dai costi di questa attività.<br />
La legge, però, non riuscì a fermare la<br />
malapolitica e, dopo l'era Tangentopoli, la abrogò<br />
un referendum popolare. Ma rinunciarvi era già<br />
diventato troppo difficile per i partiti, bisognosi di<br />
sempre più soldi per il proprio sostentamento, e<br />
subito dopo il referendum nacque un nuovo tipo<br />
occulto di aiuto, il " rimorso elettorale". Un<br />
classico esempio di politica all'italiana. Nel 1993<br />
venne adottato il simpatico termine di "rimborso"<br />
per andare, di fatto, a sostituire quello di<br />
"finanziamento pubblico" contro cui gli italiani si<br />
erano espressi. Fu calcolato come la<br />
moltiplicazione di 1.600 lire per il numero degli<br />
aventi diritto di voto (non dei votanti effettivi) e ai<br />
partiti le casse di stato elargirono in lire quelli che<br />
oggi sarebbero 47 milioni di euro. Ironicamente<br />
questa donazione non attese neanche la fine<br />
dell'anno del referendum per mettersi a rimpolpare
le tesorerie di partito. La cifra, poi, ha continuato a<br />
lievitare con il passare degli anni e delle legislature.<br />
Nel 1999 passò a 4.000 lire privando lo Stato di<br />
qualcosa come 171,5milioni di euro. E con l'arrivo<br />
della moneta unica i conti cambiarono ancora. Le<br />
"modeste" 4.000 lire divennero 4 euro, il doppio.<br />
Man mano che i rimborsi continuavano a prelevare<br />
ingenti somme dalle casse pubbliche una legge del<br />
2006 decretò addirittura che, qualora una<br />
legislatura dovesse cadere, si continui a pagare i<br />
rimborsi ai partiti che la componevano come se<br />
fosse ancora in carica. Cosi alla caduta del governo<br />
Prodi nel 2008 ai costi della nuova legislatura si<br />
aggiunsero quelli della vecchia. Si stima che nel<br />
2008 siano stati versati rimborsi per 271,5 milioni,<br />
una cifra da capogiro se si pensa all'attuale<br />
processo di intransigente risparmio nella pubblica<br />
amministrazione che sta portando alla fine dello<br />
Stato Sociale. Tra il 2010 e il 2011, con la crescita<br />
di un certo malcontento pubblico per tali spese, si è<br />
decretato che i rimborsi non sarebbero più stati<br />
versati per i partiti non più attivi e una riduzione<br />
degli stessi del 10%. Ugualmente,143 milioni sono<br />
volati via inghiottiti dal ventre senza fondo della<br />
macchina politica.<br />
Con lo scoppio dello scandalo Lusi il tema del<br />
finanziamento pubblico alle attività politiche è oggi<br />
tornato in auge. Ad un fronte sempre più compatto<br />
di cittadini che chiedono spiegazioni per questo<br />
"furto" i politici promettono, come solo loro sanno<br />
fare, tagli e magari anche un referendum<br />
abrogativo, giusto per dare un po' l'illusione di aver<br />
fatto qualcosa di concreto per fermare questa<br />
emorragia. Ma ovviamente i tempi d'azione di<br />
queste promesse sono molti lunghi, un po' per<br />
burocrazia un po' perché, forse, si spera che gli<br />
italiani riprendano a dedicare ad altro la propria<br />
attenzione. Cosa dura, perché è difficile ignorare<br />
questa ingente spesa pubblica quando vengono<br />
stanziati solo 50 milioni per aiutare la ricostruzione<br />
di un bel pezzo d’Italia sbriciolato da un grave<br />
terremoto proprio in questi giorni.<br />
I recenti scandali di Berlusconi, della famiglia<br />
Bossi e della Margherita stanno dimostrando, ogni<br />
giorno di più, che l'Italia non è guidata da una<br />
classe politica forte ma da una oligarchia, che<br />
sperpera le risorse pubbliche per sè ed é incapace di<br />
gestire la delicata situazione attuale.<br />
I privilegi goduti dalla classe politica sono ormai<br />
così all'ordine del giorno che quasi non ci si<br />
stupisce a scoprire che al Trota (il "delfino" della<br />
Lega) era concessa una "paghetta" di 5mila euro al<br />
mese o che alla sfarzosa festa di compleanno di<br />
Renata Polverini (presidentessa della regione<br />
Lazio) la maggioranza degli invitati è arrivata con<br />
l'auto blu e l'autista (pagati dai contribuenti). Non<br />
ci si aspetta più neanche che i cittadini si indignino<br />
di pagare una tassa anche sull'aria che respirano per<br />
permettere a questi personaggi di potere di<br />
mantenere il proprio status quo. I politici non<br />
pagano la crisi nè si impegnano a risolverla e il<br />
loro parassitismo sociale è chiaro ed evidente da<br />
come anche la piccola elezione comunale diventa<br />
teatro di zuffe da condominio per assicurarsi la<br />
lucrosa poltrona. Mentre in Islanda una rivoluzione<br />
popolare taciuta dai media italiani (per carità, non è<br />
colpa loro, ci sono le bizzarrie del tempo, le partite,<br />
la nuova relazione di Belen di cui parlare e altro<br />
spazio non si trova) ha mandato a casa il governo e<br />
si propone di fermare le banche, vere detentrici del<br />
potere, in Italia si accetta passivamente l'idea che la<br />
classe politica sia una Casta. La si definisce con<br />
questo termine sui giornali e nei discorsi al bar<br />
come fosse un normale sinonimo di ciò che essa<br />
dovrebbe essere e dovrebbe rappresentare mentre<br />
non è altro che espressione del decadimento di un<br />
intero sistema politico e sociale.<br />
L'idea originaria di finanziamento pubblico ai<br />
partiti aveva un importante senso d'essere in quanto<br />
si riprometteva di impedire che i partiti, finanziati<br />
nelle campagne elettorali da privati con scopi<br />
precisi, sostenessero gli interessi di pochi<br />
"generosi" e non di tutti i cittadini.<br />
L'articolo 49 della Costituzione italiana dichiara:<br />
"Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi<br />
liberamente in partiti per concorrere con metodo<br />
democratico a determinare la politica nazionale". In<br />
Germania il finanziamento pubblico ai partiti esiste<br />
dal 1959 e attualmente è previsto in tutti e 27 Paesi<br />
dell'Unione.<br />
È, infatti, democraticamente corretto che a tutti i<br />
cittadini sia data la stessa possibilità di partecipare<br />
attivamente alla res publica facendo opera di<br />
propaganda delle proprie idee e organizzando la<br />
vita e le attività del proprio partito. Questo diritto<br />
non giustifica, però, il già citato "furto" di risorse<br />
pubbliche attuato dai partiti per la propria<br />
sopravvivenza. L'aver modificato la legge
eintroducendo il finanziamento pubblico e<br />
nascondendolo con il nome di rimborso resta un<br />
sopruso della classe (o Casta, per meglio dire)<br />
governante ai danni della sovranità popolare sulla<br />
quale questo paese dovrebbe basarsi.<br />
Inoltre il finanziamento pubblico e il suo<br />
successore non hanno mai impedito che i partiti<br />
ottenessero finanziamenti privati illeciti. Anzi, con<br />
una legge del 2004 Tremonti ha reso le donazioni<br />
private ai partiti inferiori alle 50mila euro<br />
totalmente non rintracciabili. Così molti privati<br />
cittadini (per quanto possano essere considerati dei<br />
privati dirigenti di grandi industrie e presidenti<br />
bancari) finanziano a proprie spese i propri "partiti<br />
del cuore" senza dover rendere noto il proprio<br />
nome. Ed è facile intuire che se si investe non lo è<br />
solo per la gioia del sentirsi dire dal<br />
segretario del partito di turno.<br />
Altro punto a sfavore del finanziamento pubblico ai<br />
partiti é la grande riduzione dei costi del fare<br />
politica nell' era digitale. Se negli anni '70 poteva<br />
essere abbastanza dispendioso pubblicare articoli,<br />
parlare con la gente, informarsi e informare, fare<br />
propaganda, viaggiare per l'Italia ecc. oggi bastano<br />
una connessione a internet e un Pc per fare della<br />
sana politica, dando agli elettori la possibilità di<br />
conoscere i politici e ascoltarne le idee e anche<br />
viceversa. Basti pensare a quanti mezzi la rete<br />
offre, partendo da un semplice blog, passando dai<br />
forum fino ai siti ufficiali. Senza dimenticare<br />
youtube e i social network. E per far questo non<br />
servono i milioni ma coerenza, onestà, voglia di<br />
fare e pochi euro al mese per una connessione a<br />
internet. Ma in Italia, tra i pochi Paesi senza banda<br />
larga, la politica piace all'antica: scendere in piazza<br />
a salutare festosamente il politicante di turno<br />
neanche fosse un profeta in terra, ascoltarne i<br />
discorsi demagogici tagliuzzati e imboniti sulle tv<br />
pubbliche e private, limitarsi a scegliere per chi<br />
votare dai depliant che arrivano puntuali di casa in<br />
casa in periodo elettorale o dare il voto al parente di<br />
questo o l'amico di quello.<br />
Eppure qualcosa sembra cambiare.<br />
Delusa sempre più dalla malapolitica e dalla sua<br />
incompetenza una generazione di giovani sta<br />
cercando di cambiare le cose, proprio grazie alla<br />
rete. Essendo possibile scrivervi liberamente senza<br />
incorrere nella censura di televisioni e giornali la<br />
rete è diventata il miglior mezzo per veicolare le<br />
informazioni ritenute "scomode". Molti giornali, in<br />
questi anni, hanno taciuto alla popolazione<br />
l'esistenza dei rimborsi elettorali, forse per non<br />
essere costretti a dare spiegazione anche dei fondi<br />
pubblici che si spendono a vagonate ogni anno per<br />
testate che sono effettivamente giornali di partito.<br />
Con tutti questi rimborsi i partiti non dovrebbero<br />
pagarsi da soli le proprie stampe? Non si può<br />
fermare il flusso delle informazioni sulla rete e i<br />
cittadini possono più facilmente essere informati su<br />
quello che politici non vorrebbero far sapere. Le<br />
ultime elezioni amministrative hanno visto<br />
l'avanzata del "Movimento 5 stelle", guidato dal<br />
comico Beppe Grillo, che si propone come<br />
opposto alle logiche politiche vigenti e che<br />
promuove una rivoluzione di pensiero che parte<br />
dalla rete, dai giovani, dai cittadini stanchi di<br />
essere rappresentati da ladri, corrotti, ex soubrette,<br />
incompetenti e pedine delle banche. Condividendo<br />
o meno il programma del "Movimento 5 stelle" si<br />
riconosce che sta dimostrando come la politica può<br />
essere fatta anche senza prendere i soldi dei<br />
contribuenti, senza sprechi e senza privilegi. Le<br />
attività sono finanziate dagli attivisti militanti con<br />
libere raccolte fondi e la maggior parte di esse si<br />
svolge on-line, per una migliore condivisione di<br />
opinioni e pensieri e un maggior risparmio<br />
economico.<br />
Se ci riescono loro con i loro notebook e la loro<br />
inesperienza perché non possono farlo anche i<br />
grandi partiti che dovrebbero avere militanti con<br />
un'esperienza politica che ha ricordo di campagne<br />
di volantinaggio, congressi, manifestazioni, attività<br />
in mezzo alla gente? Forse, nei grandi palazzi dai<br />
nomi altisonanti hanno un po' perso i contatti con la<br />
realtà della popolazione e non ricordano più per<br />
cosa e per chi stanno seduti sulle loro poltrone.<br />
O forse ancora, non é più per i cittadini che si<br />
scende in campo oggi, forse è proprio per la<br />
prospettiva di guadagni facili, senza troppo sforzo,<br />
apparentemente infiniti. Questa è la grave<br />
conseguenza dell'aver lasciato per tanto tempo che<br />
la politica divenisse un business milionario perché<br />
a farne le spese è il cittadino medio che non riesce<br />
a tirare avanti fino alla fine del mese.<br />
Sarebbe giusto attuare al più presto una riforma<br />
(cosa non facile, considerando che dovrebbero<br />
essere gli stessi partiti a metterla in pratica) che<br />
elimini le grandi speculazioni economiche dalla<br />
politica. Fintanto che i partiti e i politici potranno<br />
gestire i soldi dei cittadini come fossero propri e
vivere di questo è impossibile provare fiducia verso<br />
essi e crederli davvero interessati al bene comune e<br />
allo Stato. È sì giusto che sia concesso un piccolo<br />
aiuto pubblico a chi intende mandare avanti<br />
l'attività di un partito senza dover ricorrere a<br />
compromettenti finanziamenti privati ma questo<br />
aiuto dovrebbe essere esiguo, immodificabile nel<br />
tempo, trasparente e soprattutto sfruttato al meglio,<br />
con ogni spesa giustificata e dichiarata al pubblico.<br />
Perché non é più accettabile sentir parlare di<br />
spread, tagli e debito pubblico e permettere che i<br />
partiti, che non hanno fatto una piega neanche per<br />
la riduzione della pensione minima, intaschino<br />
milioni sotto banco, mandando i propri tecnici a<br />
piangere lacrime di coccodrillo.<br />
Inoltre, considerando che i "rimborsi elettorali"<br />
sono in forma rateale da qualche anno, lo Stato si<br />
ritrova ad avere dei debiti con gli stessi partiti ed è<br />
arrivato il momento di annullarli completamente,<br />
per non rischiare di avvicinarci ad un default<br />
causato dai costi di quella stessa classe politica che<br />
dovrebbe lavorare instancabilmente per impedirlo.<br />
Far tornare la politica un servizio dei cittadini per i<br />
cittadini dovrebbe essere la priorità in questo<br />
momento e per farlo bisogna far crollare il mito dei<br />
politici deificati e della Casta governante.<br />
Il popolo dovrebbe pretendere di riavere indietro la<br />
propria sovranità, ennesimo furto fatto ai suoi<br />
danni.<br />
Sitografia:<br />
- www.reset.it<br />
- www.corriere.it<br />
- www.ilfattoquotidiano.it<br />
- www.repubblica.it<br />
- www.intoccabili.wordpress.com<br />
- www.leggooggi.it<br />
- www.beppegrillo.it<br />
- www.wikipedia.org
Crescita e Sviluppo:<br />
Il Movimento Cooperativo<br />
Aurelio Mariangela<br />
ohn Stuart Mill ha scritto:<br />
.<br />
Ciò accadeva nel 1848, periodo in cui venivano<br />
gettate le basi per la nascita di una nuova<br />
importante forza economica che, allo stesso<br />
tempo, potremmo definire sociale: il movimento<br />
cooperativo.<br />
Questa nuova forma di associazionismo<br />
rappresenta uno dei fenomeni sociali più<br />
significativi, non soltanto grazie al contesto<br />
storico in cui sviluppa, ma anche e soprattutto<br />
grazie ai principi da cui trae il proprio<br />
fondamento; lo spirito cooperativo, infatti, nasce<br />
sulla base di principi democratici,<br />
dell'eguaglianza, dell'equità e della solidarietà.<br />
Secondo le tradizioni dei propri padri fondatori, i<br />
soci delle cooperative credono nei valori etici<br />
dell'onestà, della trasparenza, della responsabilità<br />
sociale e dell'attenzione verso gli altri. A questi<br />
vanno aggiunti altri valori fondamentali quali<br />
limitata remunerazione del capitale, educazione,<br />
formazione dei cooperatori; tutto ciò rende il<br />
concetto di cooperazione estremamente<br />
complesso poiché rappresenta un fatto sociale,<br />
che si evolve sulla base di principi solidi e<br />
vincolanti.<br />
Una caratteristica importante e certamente<br />
fondamentale di questo modello economico e<br />
societario è, senza dubbio, la sua “base capitaria”,<br />
ossia la parità e l’uguaglianza tra i soci, il cui<br />
ruolo non è definito dal capitale investito ma<br />
bensì è una condizione imprescindibile. Ne<br />
consegue, quindi, un ideale di membro societario<br />
completamente estraneo dall’idea diffusa di<br />
impresa capitalistica, e che ha inoltre un uguale<br />
potere decisionale condividendo diritti e doveri<br />
con l'intera base sociale. È possibile aggiungere a<br />
tutto ciò un ulteriore criterio di classificazione che<br />
distingue la figura del socio all’interno di una<br />
società cooperativa, quello del profitto legato<br />
inevitabilmente alle finalità dell’impresa; il<br />
reddito, e quindi gli utili ricavati dalle attività<br />
proprie dell’oggetto sociale, non vengono<br />
distribuiti tra gli azionisti, come avviene nelle<br />
società capitaliste, ma vengono reinvestiti per la<br />
crescita e lo sviluppo della cooperativa stessa.<br />
L'attuale scenario economico, tra l'altro, lascia<br />
largo spazio a strutture societarie in cui il profitto<br />
è semplicemente un'eventualità, e tale sviluppo è<br />
riscontrabile anche nella realtà internazionale e<br />
nazionale, all’interno delle quali le difficoltà e di
gestione delle imprese sono al centro del dibattito<br />
economico e sociale.<br />
È proprio nella crisi, che la formula cooperativa<br />
può dimostrare ancora di più il suo valore. Non<br />
perché sia immune alle difficoltà, che soffre come<br />
tutte le realtà imprenditoriali, ma perché nel cambio<br />
del sistema, nell’azione di possibile “antidoto” alla<br />
crisi, nella posizione culturale di antitesi alle<br />
ragioni della crisi, la cooperazione può mostrare di<br />
“esserci”. Di essere presente e di essere efficace.<br />
La mia tesi è che il modello cooperativo può essere<br />
da esempio per lo sviluppo dell’impresa, che non si<br />
basa più semplicemente sull’investimento e sul<br />
profitto ma si nutre anche e soprattutto di principi e<br />
del valore delle persone che ne fanno parte. Della<br />
serie , come citava un<br />
noto spot di qualche tempo fa, e probabilmente<br />
l’espressione può non essere un semplice richiamo<br />
al perbenismo o alla visione romantica e benevola<br />
del legame tra i cooperatori, immagine che, si sa,<br />
non sempre ha spazio in campo economico e<br />
imprenditoriale, anzi, a volte può risultare<br />
totalmente fuori luogo, ma in realtà è un elemento<br />
da non sottovalutare quando si parla di cooperative,<br />
in particolare di cooperative sociali, atte cioè<br />
all’inserimento nel mercato del lavoro di persone<br />
svantaggiate.<br />
Una sfida al futuro quindi, al mercato, al business<br />
fatto di numeri su numeri il cui accrescimento si<br />
basa sul puro desiderio di vederli aumentare in<br />
maniera esponenziale, una sfida al sistema e alle<br />
relazioni economiche. La cooperazione può<br />
rappresentare, e lo pone tra gli obiettivi primari, un<br />
mercato più competitivo, più umano, grazie alla<br />
figura del socio-lavoratore, alla messa in evidenza<br />
del ruolo della persona, che deve avere una<br />
funzione centrale nel modello di impresa. In questo<br />
senso, la cooperazione diviene una risorsa<br />
importante per l’economia, attraverso la<br />
predisposizione al confronto, all’unione e alla<br />
capacità di porsi obiettivi con un orizzonte più<br />
ampio di quello limitato dagli interessi di parte.<br />
Cooperare significa confrontarsi, ascoltarsi<br />
reciprocamente per arrivare ad un obiettivo, ad uno<br />
scopo deciso insieme, significa collaborare e fare<br />
rete, anche e soprattutto nei momenti di crisi,<br />
perché è proprio in questi momenti che la<br />
cooperativa dimostra il proprio valore. La crisi può<br />
essere un’opportunità per riorganizzare il<br />
“modello” sociale ed economico proprio perché<br />
questi momenti richiedono uno sforzo di “sistema”<br />
per uscirne. Uno sforzo di testa e di cuore.<br />
A tutto ciò si aggiunge una caratteristica<br />
fondamentale di tutte le società cooperative, lo<br />
scopo mutualistico, cioè il vantaggio che i soci<br />
intendono perseguire mediante l’adesione alla<br />
cooperativa stessa. Nella mutualità si concretizza lo<br />
scopo sociale e si delinea maggiormente la<br />
differenza sostanziale tra questa tipologia di<br />
impresa e quella capitalistica: l’assenza dello scopo<br />
di lucro, ossia della rimunerazione di un<br />
investimento di capitale. Ciò non implica che le<br />
cooperative non producano utili; attraverso una<br />
buona gestione esse possono divenire fonti di<br />
guadagno e ricchezza, sempre entro dei termini<br />
previsti dalla legge e dallo statuto; soltanto una<br />
quota di utili, infatti, può restituire il capitale<br />
investito dai soci.<br />
A seconda del tipo di rapporto che intercorre tra la<br />
cooperativa e il socio, si distinguono tre tipologie<br />
di cooperative:<br />
• COOPERATIVE DI UTENZA - Svolgono la loro<br />
attività in favore dei soci, consumatori o utenti, di<br />
beni e servizi.<br />
• COOPERATIVE DI LAVORO - Si avvalgono<br />
nello svolgimento delle loro attività, delle<br />
prestazioni lavorative dei soci (figura<br />
del “socio lavoratore”).<br />
• COOPERATIVE DI SUPPORTO - Si avvalgono<br />
nello svolgimento delle loro attività, degli apporti<br />
di beni e servizi da parte dei soci.<br />
Un’ulteriore suddivisione delle differenti tipologie<br />
di impresa è possibile in base all’attività volta:<br />
• Cooperative di consumo: Si costituiscono con lo<br />
scopo di assicurare ai soci-consumatori la fornitura<br />
di beni, sia di consumo che durevoli, a prezzi più<br />
contenuti di quelli correnti di mercato. Per<br />
raggiungere tale scopo gestiscono punti vendita ai<br />
quali possono accedere i soci, e, previo rilascio<br />
dell’apposita licenza di vendita, anche i non soci.<br />
Sono tipicamente cooperative di “UTENZA”.<br />
• Cooperative di produzione e lavoro: Si<br />
costituiscono per permettere ai soci di usufruire di<br />
condizioni di lavoro migliori, sia in termini<br />
qualitativi che economici rispetto a quelli<br />
disponibili sul mercato del lavoro. Queste<br />
cooperative svolgono la propria attività sia nella<br />
produzione diretta dei beni che nella fornitura dei<br />
servizi. Si tratta della tipologia di cooperativa di<br />
“LAVORO”.<br />
• Cooperative agricole: Sono costituite da<br />
coltivatori e svolgono sia attività diretta di<br />
conduzione agricola, sia attività di<br />
commercializzazione e trasformazione dei prodotti<br />
agricoli conferiti dai soci. Sono normalmente<br />
cooperative di “SUPPORTO” quando i soci sono<br />
imprenditori agricoli e il rapporto con la<br />
cooperativa è basato sul conferimento dei prodotti<br />
(Cooperative di conferimento prodotti agricoli e<br />
allevamento). Possono essere di “LAVORO”<br />
quando trattasi di conduzione agricola come le<br />
cooperative bracciantili (Cooperative di lavoro<br />
agricolo).<br />
• Cooperative edilizie di abitazione: Rispondono<br />
alle esigenze di soddisfare un bisogno abitativo<br />
delle persone, realizzando complessi edilizi che<br />
vengono poi assegnati ai soci in proprietà se la<br />
cooperativa è a “proprietà divisa” o in diritto di<br />
godimento se la cooperativa è a “proprietà<br />
indivisa”. Sono sempre cooperative di “UTENZA”.<br />
• Cooperative di trasporto: Associano singoli<br />
trasportatori iscritti all’Albo, garantiscono loro<br />
servizi logistici, amministrativi, di acquisizione<br />
delle commesse, o gestiscono in proprio i servizi di<br />
trasporto a mezzo di soci-lavoratori. Se associano<br />
trasportatori “imprenditori” rientrano nella<br />
tipologia di “SUPPORTO”; se associano<br />
trasportatori soci/lavoratori si rifanno alla tipologia<br />
di “LAVORO”.<br />
• Cooperative della pesca: Sono costituite da soci<br />
pescatori e svolgono attività con un impegno<br />
diretto dei soci o attività di servizio ai propri<br />
associati, quali l’acquisto di materiale di consumo<br />
o di beni durevoli, o la commercializzazione dei<br />
prodotti ittici, o la loro trasformazione. Come per<br />
le cooperative di trasporto sono di “SUPPORTO”<br />
se associano soci/imprenditori e di “LAVORO” se<br />
associano soci/lavoratori.<br />
• Cooperative di dettaglianti: Sono costituite da<br />
soci imprenditori che svolgono attività nel settore<br />
del commercio ai quali garantiscono servizi di<br />
acquisti collettivi, amministrativi, finanziari. Sono<br />
normalmente cooperative di “SUPPORTO”.<br />
• Cooperative sociali: Sono cooperative<br />
regolamentate dalla legge 381 del 1981 e hanno<br />
come scopo quello di perseguire l’interesse<br />
generale della comunità alla promozione umana e<br />
all’integrazione sociale dei cittadini.<br />
Tutte queste classificazioni, infine, vengono<br />
inglobate in due grandi gruppi:<br />
• cooperative che gestiscono servizi socio-sanitari<br />
ed educativi (tipo A);
• cooperative che svolgono attività diverse<br />
(agricole, industriali, commerciali o di servizi)<br />
finalizzate all’inserimento lavorativo di persone<br />
svantaggiate (tipo B).<br />
Oltre a essere iscritte a questa categoria, le<br />
cooperative sociali, a seconda dell’attività che<br />
svolgono, devono essere iscritte a una delle<br />
precedenti categorie, a cui va fatto riferimento<br />
anche per la classificazione in una delle tre<br />
tipologie base.<br />
La comune gestione dell’impresa permette di<br />
collocarsi in una situazione di concorrenza nei<br />
confronti di chi, come i grandi gruppi, detiene una<br />
posizione di forza sul mercato e, attraverso la<br />
cooperazione, può concorre allo sviluppo dello<br />
stesso organizzando la domanda, rispondendo ai<br />
bisogni della collettività: con questi significati si<br />
intende la promozione cooperativa.<br />
23 ottobre 1844: è questa la data cui si fa risalire<br />
l’inizio dell’esperienza cooperativa. Per volontà di<br />
28 lavoratori nasceva quel giorno, in Inghilterra, la<br />
Società dei “Probi Pionieri di Rochdale”, la prima<br />
iniziativa economica fondata su principi e<br />
organizzazione cooperativi. Lo “spaccio<br />
cooperativo” di Rochdale (attivo dalla sera del 21<br />
dicembre 1844), nella contea inglese di Lancaster,<br />
nasceva con la missione di difendere il valore reale<br />
del salario e migliorare le condizioni familiari e<br />
sociali dei soci.<br />
Pochi anni dopo, in Germania e in Francia, sorsero<br />
le prime cooperative; quelle tedesche, di credito,<br />
nacquero per lottare contro l'usura e difendere<br />
agricoltori, artigiani, piccoli commercianti, dargli la<br />
possibilità di accedere al credito attraverso la<br />
raccolta dei risparmi tra gli stessi. Le cooperative<br />
francesi, di operai, lottavano contro la<br />
disoccupazione e tentavano di dimostrare che era<br />
possibile lavorare senza padrone.<br />
Queste esperienze si moltiplicarono a vista<br />
d’occhio, versificandosi, in tutta Europa. I<br />
produttori agricoli, ad esempio, alcuni decenni più<br />
tardi, reagirono alla crisi che progressivamente li<br />
attanagliava riunendosi in cooperative per gestire<br />
latterie, cantine o mulini per difendere il frutto<br />
delle loro fatiche.<br />
Anche in Italia, è nell’Ottocento che il Movimento<br />
Cooperativo muove i suoi primi passi, la prima<br />
cooperativa costituita nel nostro paese è il<br />
Magazzino di previdenza di Torino – una<br />
cooperativa di consumo – sorto nel 1854 per<br />
iniziativa della “Associazione degli operai” e due<br />
anni più tardi ad Altare, in Provincia di Savona,<br />
nasce la “Artistica Vetraria”, una cooperativa di<br />
lavoro.<br />
Le prime cooperative nascono, insomma, per dare<br />
una risposta, sulla base di un principio di<br />
solidarietà, a problemi immediati e particolari<br />
come la disoccupazione e l’aumento del costo della<br />
vita, trovando l’appoggio di importanti esponenti<br />
della politica del tempo tra cui Giuseppe Mazzini,<br />
che vedeva nella cooperazione un principio<br />
generale dell’organizzazione sociale grazie al quale<br />
capitale e lavoro dovevano proseguire di pari<br />
passo. La pluralità di approcci all’impostazione di<br />
fondo da dare al movimento cooperativo,<br />
corrispondente a specifiche ispirazioni politiche e<br />
ideologiche, emerse con chiarezza nell’autunno del<br />
1886, quando 100 delegati, in rappresentanza di<br />
248 società e di 70.000 soci, si riunirono in<br />
Congresso a Milano, dal 10 al 13 ottobre, per dare<br />
vita ad una strutturazione organizzativa che<br />
assicurasse lo sviluppo e il coordinamento di un<br />
movimento cooperativo assai variegato. Nacque<br />
allora la Federazione Nazionale delle Cooperative,<br />
che nel 1893 si sarebbe trasformata in Lega delle<br />
Cooperative. All’interno della Lega trovava<br />
espressione anche l’altro grande filone di<br />
ispirazione della cooperazione italiana: quello<br />
cattolico, portatore di una concezione interclassista<br />
della cooperazione, imperniata su un forte<br />
solidarismo sociale.<br />
Fino al periodo immediatamente precedente alla<br />
Grande Guerra, la cooperazione aveva già<br />
acquisito, grazie anche alla politica giolittiana, una<br />
certa solidità economica e quelle caratteristiche che<br />
ne avrebbero consentito, dopo il 1918, il rilancio<br />
politico ed organizzativo. A seguito, però, della<br />
separazione tra la cooperazione di ispirazione<br />
cattolica e quella di ispirazione laico-socialista,<br />
avvenuta nel 1919, e dell’avvento del fascismo,<br />
legato inevitabilmente alla tragedia della Seconda<br />
guerra mondiale (con la devastazione di molte<br />
cooperative, lo scioglimento della Lega ed il<br />
tentativo di piegare la cooperazione ad un modello<br />
economico corporativo), l’esperienza cooperativa<br />
attraversò un periodo di declino segnato dalla fine<br />
della democrazia, la stessa democrazia che aveva<br />
caratterizzato i principi dei probi pionieri di<br />
Rochdale.<br />
Con la fine della dittatura e della guerra ebbe inizio
la rinascita, anche se non riuscì a realizzarsi su base<br />
unitaria (oggi le Centrali cooperative sono quattro:<br />
oltre a Legacoop, la Confcooperative, l’AGCI e<br />
l’UNCI). La fuoriuscita dalla fase di declino fu<br />
congiunta alla volontà di ricostruzione del Paese su<br />
basi di solidarietà, di democrazia, di<br />
partecipazione. Non a caso l’art. 45 della<br />
Costituzione italiana, che riconosce la funzione<br />
sociale della cooperazione a base mutualistica e<br />
senza finalità di speculazione privata, impegnando<br />
lo Stato a promuoverne lo sviluppo, non è una sorta<br />
di norma isolata o transitoria, ma è del tutto<br />
coerente con lo spirito complessivo della<br />
Costituzione stessa.<br />
A partire dal dopoguerra la cooperazione è riuscita,<br />
pure attraverso le difficoltà, a consolidarsi e a<br />
crescere, a diventare una presenza diffusa su tutto il<br />
territorio nazionale.<br />
Scegliendo la forma cooperativa può essere più<br />
facile e meno rischioso sviluppare il sogno di<br />
diventare imprenditore. Attraverso la cooperazione<br />
le idee imprenditoriali individuali, i progetti, il<br />
lavoro, si associano fra loro, interagiscono, si<br />
arricchiscono, mettono a frutto le esperienze e le<br />
conoscenze di un’organizzazione più complessa<br />
che, in molti casi, ha dimostrato la capacità di fare<br />
sistema. Perché in un'impresa cooperativa non<br />
esiste la distinzione tra titolare e dipendente: essere<br />
cooperatori vuol dire agire insieme in una struttura<br />
dinamica in cui al tempo stesso si è lavoratori e<br />
imprenditori, in cui si fondono doti di managerialità<br />
e doti di mutualità, senza snaturare l’essenza<br />
solidaristica che è alla base della cooperazione<br />
stessa.<br />
Questa tesi viene rafforzata ancora di più se si<br />
considera che il “limite” di crescita individuale non<br />
consiste in una pura scelta etica dei soci ma viene<br />
circoscritto in base a delle leggi e a dei controlli<br />
difficilmente eludibili. È l'applicazione delle<br />
norme, infatti, che assicura la corretta gestione<br />
dell'impresa e degli utili ricavati dalle attività<br />
svolte, del reinvestimento che ne deriva e della loro<br />
eventuale ripartizione. Perché è questo il tema<br />
centrale: il margine di guadagno individuale. Come<br />
già specificato, i profitti non possono essere<br />
ripartiti tra i soci ma devono essere reinvestiti in<br />
nuove attività, e soltanto una quota prestabilita<br />
dalla legge e dallo statuto della stessa cooperativa<br />
può risarcire i soci del capitale investito. Il<br />
ristorno, ossia la quota di utili destinata ai soci,<br />
consente la ridistribuzione agli stessi del profitto<br />
realizzato dalla cooperativa relativamente<br />
all’attività svolta con i soci stessi e può consistere:<br />
• in un’integrazione dei salari (nel caso delle<br />
cooperative di lavoro), che non può superare il<br />
30% dei salari correnti corrisposti nell’esercizio<br />
sociale;<br />
• in un rimborso di costi o aumento di ricavi<br />
dell’attività svolta con il socio.<br />
Inoltre, grazie alla sua natura non speculativa, nel<br />
momento dello scioglimento, i soci non possono<br />
dividersi il patrimonio della cooperativa, né<br />
possono vendere la società nel suo complesso. La<br />
legge consente una tassazione agevolata degli utili,<br />
a condizione che siano reinvestiti per lo sviluppo<br />
della cooperativa stessa.<br />
Considerando i punti appena descritti la scelta di<br />
intraprendere un percorso cooperativistico piuttosto<br />
che capitalistico potrebbe sembrare più “scomoda”<br />
o comunque più vincolante per quanto riguarda la<br />
crescita e il profitto individuale che, con dispiacere<br />
di alcuni, non trovano spazio né da un punto di<br />
vista normativo e legislativo, né da un punto di<br />
vista etico e ancor di più dei valori societari.<br />
. Così lo Statuto<br />
della Confederazione Cooperative Italiane, di cui<br />
Confcooperative è la denominazione abbreviata,<br />
definisce la principale organizzazione,<br />
giuridicamente riconosciuta, di rappresentanza,<br />
assistenza e tutela del movimento cooperativo e<br />
delle imprese sociali.<br />
Confcooperative si ispira ai principi cooperativi,<br />
fissati e periodicamente aggiornati dall’ ACI e, in<br />
ragione della funzione sociale costituzionalmente<br />
riconosciuta alla cooperazione, ne promuove lo<br />
sviluppo, la crescita e la diffusione attraverso le<br />
azioni di volta in volta più adeguate; l’articolo 1<br />
dello Statuto riconosce altresì che l’azione di<br />
Confcooperative si ricollega ai principi ed alla<br />
tradizione della dottrina della Chiesa, che ne ha<br />
favorito la nascita e lo sviluppo.<br />
L'organizzazione ha una presenza capillare su tutto<br />
il territorio nazionale, con un’organizzazione che si<br />
articola orizzontalmente in 22 Unioni regionali, 81<br />
Unioni provinciali e 7 Unioni interprovinciali,<br />
abbracciando ben 20,500 cooperative Ogni<br />
articolazione fa da referente alle varie imprese
attraverso il controllo, il supporto e la tutela delle<br />
stesse, al fine di garantire una corretta gestione e il<br />
fondamentale sviluppo del lavoro di rete.<br />
Nata nel 1919, la Confederazione Cooperative<br />
Italiane si sviluppa seguendo il corso degli eventi<br />
che hanno caratterizzato la storia d'Italia,<br />
subendone le conseguenze che hanno portato ad un<br />
declino prima e ad una rinascita poi. Fu il regime<br />
fascista, infatti, nel 1927, ad ordinare la chiusura<br />
della Confederazione attraverso il debellamento, e<br />
in molti casi la distruzione, di numerosissime<br />
cooperative, senza dimenticare la i pesanti effetti<br />
del secondo conflitto mondiale che coinvolgono,<br />
naturalmente, la cooperazione e e le sue<br />
organizzazioni di riferimento, tra cui<br />
Confcooperative, al pari di tutte le altre realtà socio<br />
economiche del Paese. Tali effetti, tuttavia, non<br />
impediscono a molti cooperatori di tenere vivi lo<br />
spirito ed i principi della cooperazione; ciò<br />
costituisce la premessa sulla base della quale verrà<br />
realizzata una rapida “ricostruzione cooperativa”<br />
quando, terminata la guerra, viene restaurata la<br />
libertà e si affermano i principi democratici<br />
Ad oggi Confocooperative è un'importantissima<br />
realtà sociale ed economica che porta avanti con<br />
impegno e responsabilità i principi che, dal secolo<br />
scorso, la contraddistinguono, cercando in primo<br />
luogo di preservare e tutelare la fiducia che i<br />
cooperatori ripongono in questa rilevante<br />
istituzione, a<br />
livello nazionale e ed internazionale. È questo lo<br />
stimolo principale per la progettazione e<br />
l'attuazione dei vari piani di sviluppo, di crescita e<br />
marketing che la Confederazione mette al servizio<br />
delle imprese, favorendone e valorizzandone la<br />
crescita e lavorando insieme per la realizzazione di<br />
un unico grande progetto che ha come protagonisti<br />
le Cooperative e ancor prima i Soci che ne fanno<br />
parte e che, giorno dopo giorno, portano avanti con<br />
dedizione i valori che stanno alla base di questa<br />
grande rete.<br />
Il lungo excursus affrontato all'interno del<br />
Movimento Cooperativo ha portato alla<br />
convinzione che se esiste un sistema lavorativo<br />
capace di portare ad una sana crescita collettiva,<br />
soprattutto in un momento così delicato, è<br />
certamente quello della cooperazione. Soprattutto<br />
se consideriamo l'elemento chiave su cui si fonda<br />
questo sistema, che non risiede sicuramente nel<br />
desiderio di una ricchezza individuale, anche<br />
perché, diciamolo pure, ad oggi parlare di<br />
ricchezza per la più parte della gente potrà<br />
sembrare blasfemo, in particolare se ricordiamo<br />
che una ricchezza forse c'è, ma è mal ripartita.<br />
Proprio in questi casi lo spirito cooperativo e<br />
l'unico motore capace di ridare vita ad una<br />
macchina che stenta a ripartire e non a caso il 2012<br />
è stato proclamato dall'ONU come l'anno<br />
internazionale delle Cooperative.<br />
Italia Cooperativa, l'organo di stampa di<br />
Confocooperative, ha diffuso dei dati<br />
importantissimi riguardo il binomio crisi –<br />
cooperative, dati che possono dare dei piccoli<br />
fondamenti alle nostre speranze. Negli ultimi 4<br />
anni infatti la cooperazione in Italia ha registrato<br />
+8% di occupazione, un'occupazione moderna, con<br />
maggioranza femminile, che si aggiunge al +13,4%<br />
registrato soltanto dalle cooperative di<br />
Confooperative che fanno, dunque, ancora meglio<br />
della media nazionale, passando da 480mila<br />
persone occupate a 544.480. Numeri importanti<br />
che confermano la caratteristica delle cooperative<br />
di “un utile in meno un occupato in più” che<br />
dimostrano di operare pienamente nella<br />
responsabilità sociale.<br />
Tutto questo non passa inosservato, anzi, le<br />
istituzioni sono ben coscienti del grandissimo<br />
lavoro che le imprese stanno facendo per portare<br />
avanti un intero sistema non solo economico ma<br />
anche culturale. A tal proposito è importante citare<br />
una piccola parte del discorso tenuto dal Ministro<br />
per la Cooperazione Internazionale e l'Integrazione,<br />
Andrea Riccardi, alla 38esima Assemblea<br />
Nazionale di Confcooperative per l'anno 2012, in<br />
cui si ritrovano i concetti fondamentali del ruolo<br />
della cooperazione:<br />
competitività accettata insieme nel suo sviluppo<br />
complessivo. L'uomo, come dimostrano studi<br />
antropologici, deve la sua evoluzione più agli<br />
impulsi cooperativi che a quelli individualistici.<br />
Oggi c'è bisogno di ricostruire e alimentare reti,<br />
occorre rigenerare legami cooperativi. C'è più<br />
bisogno di voi. La cooperazione deve farsi<br />
proposta culturale per il Paese. >><br />
Note:<br />
1 John Stuart Mill, Principles of Political<br />
Economy, London, 1852, cap. IV<br />
BIBLIOGRAFIA:<br />
• A. Azzi, Per la cooperazione un ruolo<br />
fondamentale per far ripartire il sistema Italia, in<br />
“Italia COOPERATIVA”, a. LXVI, n. 18/19, 11-24<br />
maggio 2012<br />
• L. Bianco, Il movimento cooperativo<br />
italiano, storia e ruolo dell'economia nazionale,<br />
Milano, 1975<br />
• Confcooperative, Elabora, L’abc della<br />
cooperativa. La cooperativa dopo la riforma del<br />
diritto societario. Firenze, 2003<br />
• M. Fornasari e V. Zamagni, Il movimento<br />
cooperativo in Italia. Un profilo storico-economico<br />
(1854- 1992), Firenze, 1997.<br />
• Lecacoop Reggio Emilia, Cos’è una<br />
cooperativa e come si costituisce, Reggio Emilia,<br />
2005<br />
• C. Mitra, Per tornare a crescere<br />
scommettere sulle cooperative, in “Italia<br />
COOPERATIVA”, a. LXVI, n. 18/19, 11-24<br />
maggio 2012<br />
• P.L. Morara, La Cooperativa: Istruzioni per<br />
l’uso, Imola (BO), 2005<br />
SITOGRAFIA<br />
• A. De Cristofaro, Cooperativo,<br />
Movimento,<br />
• Il movimento cooperativo, cronologia e<br />
cenni storici, <<br />
http://www.modena.legacoop.it/updown/storia/stori<br />
a-01.pdf><br />
• Che cos’è una cooperativa,<br />
<br />
• Confcooperative, Chi siamo, <<br />
http://www.confcooperative.it/Chi%20Siamo/defau<br />
lt.aspx><br />
• L’impresa, Società cooperative, <<br />
http://www.notariato.it/it/serviziutenti/impresa/societa-cooperative/ingenerale.html>
Immigrazione:<br />
una risorsa per l'Italia<br />
Bagnato Maggie<br />
Nel corso del XX secolo il flusso<br />
migratorio non si è praticamente mai<br />
arrestato. Il continuo spostamento di<br />
individui singoli, di famiglie, di intere<br />
comunità ha motivazioni molto<br />
complesse, che sono inerenti sia alla necessità di<br />
fuga, sia all'attrazione. Oggi il fenomeno<br />
dell'emigrazione riguarda soprattutto Paesi che o<br />
sono strangolati da un elevatissimo debito estero,<br />
o sono interessati da conflitti armati relativi a<br />
conflitti politici, religiosi, etnici, che rendono<br />
praticamente impossibile l'organizzazione della<br />
vita economica e sociale. Il fenomeno<br />
dell'immigrazione è un tema associato a quello<br />
dell'aumento della delinquenza e della criminalità.<br />
Per quanto riguarda l'Italia, tuttavia, delle ricerche<br />
hanno dimostrato che non c'è alcun nesso fra<br />
l'immigrazione e la criminalità. I due fenomeni<br />
sono entrambi attratti dalla ricchezza, e quindi<br />
possono intensificarsi contemporaneamente nelle<br />
zone ricche, senza però che l'una causi o favorisca<br />
l'altra.<br />
La mia tesi è dunque quella di dimostrare come gli<br />
immigrati possono essere una grande risorsa per<br />
l'Italia, un futuro per questo Paese, adattandosi<br />
tranquillamente ai nostri stili di vita, se aiutati e<br />
stimolati da noi italiani. Perciò non sono d'accordo<br />
alla chiusura delle frontiere, non sarebbe mai un<br />
gran giovamento, né dal punto di vista economico<br />
né tantomeno da quello umano. Si avrebbe un<br />
impoverimento della cultura che finirebbe<br />
comunque per diventare sterile, chiusa fino ad<br />
assere schiacciata dall'evoluzione di quelle che le<br />
sono attorno. Vorrei una società più accogliente,<br />
uno Stato più sociale, un governo più pragmatico<br />
nel legiferare, un Paese che si rispecchiasse nei<br />
valori e nelle leggi della sua Costituzione, un<br />
popolo con medesimo denominatore comune:<br />
amare, accogliere e rispettare diritti e doveri. Non<br />
voglio delle gabbie nelle scuole, luogo per<br />
eccellenza della conoscenza e del sapere, non<br />
vorrei che lo straniero si sentisse emarginato ed<br />
escluso; non vorrei che la badante fosse sfruttata e<br />
considerata come schiava; non vorrei che lo<br />
straniero diventasse solo un marciapiede per la<br />
forza lavoro. In una società civile le minoranze<br />
devono essere protette e non umiliate. Non vorrei<br />
però che il cittadino cancellasse i simboli o<br />
negasse la cultura del Paese che lo ospita.<br />
La migrazione internazionale per lavoro è spesso<br />
vista dai Paesi in via di sviluppo come un rimedio<br />
contro la disoccupazione e sottoccupazione<br />
interna; a ciò si aggiunge il vantaggio economico<br />
costituito dalle rimesse degli emigranti e da quanti<br />
ritornano e investono i risparmi in patria. Molto<br />
più generalmente le motivazioni che spingono una<br />
persona a lasciare il proprio Paese sono la ricerca<br />
di un lavoro che possa migliorare le proprie<br />
condizioni di vita; il proseguimento degli studi o<br />
l'istruzione; il turismo; il matrimonio o il<br />
ricongiungimento familiare; fuga dal proprio<br />
Paese per motivazioni politiche, etniche, religiose
o ambientali. In quest'ultimo caso si parla di<br />
profughi, cioè persone che ricercano un rifugio per<br />
sopravvivere.<br />
Se per i Paesi in via di sviluppo questo fenomeno<br />
rappresenta una valvola di sfogo per il forte<br />
incremento demografico, per i Paesi più<br />
industrializzati gli immigrati e in particolare modo i<br />
loro figli contribuiscono a rallentare<br />
l'invecchiamento della popolazione.<br />
Il fenomeno dell'immigrazione in Italia può essere<br />
analizzato considerando la regolamentazione,<br />
poiché tanti extracomunitari giungono nel nostro<br />
Paese clandestinamente, alcuni viaggiando su<br />
imbarcazioni di fortuna e dietro il pagamento<br />
d'ingenti somme di denaro a scafisti privi di<br />
scrupoli. Proprio per questo le varie leggi<br />
sull'immigrazione che si sono succedute in Italia<br />
negli ultimi anni tendono a regolare il flusso<br />
migratorio nel nostro Paese.<br />
L'immigrazione costituisce, in ogni modo, una<br />
preziosa risorsa per lo sviluppo economico<br />
dell'Italia. Infatti storicamente gli Stati Uniti, che<br />
per tanto tempo hanno praticato una politica di<br />
apertura e che fino ad alcuni decenni fa hanno<br />
ricevuto un'immigrazione illimitata, hanno avuti<br />
ritmi di sviluppo intensi che gli altri Paesi non<br />
hanno conosciuto. Sarebbe quindi davvero<br />
riprovevole che fossero chiuse le porte a chi viene a<br />
portare il suo lavoro nel nostro Paese. Il numero di<br />
stranieri extracomunitari provvisti di regolare<br />
permesso di lavoro è di circa 1.250.000.<br />
Relativamente si può osservare che gli immigrati<br />
sono impegnati come conciatori, addetti alle<br />
fonderie, fattorini, minatori, lavapiatti, camerieri,<br />
domestici, badanti e in tanti altri mestieri che gli<br />
Italiani in genere rifiutano considerandoli troppo<br />
faticosi e professionalmente dequalificanti pur<br />
accettando un misero stipendio; quindi coprono una<br />
domanda che altrimenti avrebbe difficoltà ad essere<br />
soddisfatta.<br />
L'impiego di una manodopera immigrata, efficiente<br />
e laboriosa, ha fatto letteralmente da traino ad<br />
alcuni settori dell'agricoltura: pensiamo alla<br />
raccolta dei pomodori nelle regioni meridionali, a<br />
quella delle mele nel Trentino Alto Adige, alla<br />
vendemmia in Piemonte, in Toscana, in Emilia-<br />
Romagna. Regioni economicamente prosperose,<br />
ma carenti per quanto concerne la forza-lavoro, che<br />
la presenza di immigrati all'interno delle industrie<br />
si è resa indispensabile.<br />
In Sicilia, invece, è toccato ai lavoratori tunisini<br />
salvare l'attività della pesca, in procinto di<br />
scomparire perché evitata dalla manodopera<br />
giovanile locale.<br />
Gli italiani sono stati protagonisti del più grande<br />
esodo migratorio della storia moderna già dal 1861.<br />
Fa parte della nostra storia, della nostra cultura.<br />
Invece sembra che non vogliamo ricordare di<br />
quando “i vu cumprà” eravamo noi, quando milioni<br />
di italiani andavano alla ricerca della<br />
sopravvivenza lontano dal loro paese per<br />
combattere la fame e la povertà.<br />
Se facciamo un passo indietro e andiamo a<br />
ritrovare le nostre condizioni nel passato, possiamo<br />
notare la grande miseria che esisteva al tempo<br />
perché siamo diventati un paese di immigranti e il<br />
passato sembra non fosse esistito. E’ come una<br />
parte di storia da cancellare, come se ci<br />
vergognassimo di ciò che i nostri antenati hanno<br />
dovuto fare per scappare dalle loro povere<br />
condizioni.<br />
Eppure non dobbiamo dimenticare il nostro<br />
passato di emigranti: noi, che siamo andati a<br />
portare la nostra intelligenza in tutto il mondo,<br />
siamo stati trattati a volte bene, a volte meno bene,<br />
comunque siamo riusciti quasi dappertutto a far<br />
apprezzare il lavoro italiano.<br />
Gli immigrati sono pertanto una preziosa risorsa<br />
per i poli industriali in crescita nel nostro Paese. E'<br />
il ribaltamento di un'opinione, ancora oggi molto<br />
diffusa nella popolazione italiana e in parte nella<br />
nostra classe politica dirigente, che vuole gli<br />
immigrati come pericolosi concorrenti nella ricerca<br />
di un posto di lavoro, cioè come un fattore di<br />
disoccupazione locale. Se è vero che gli immigrati<br />
sono disposti molto più degli italiani ad accettare<br />
lavori faticosi, saltuari o stagionali, spesso<br />
retribuiti “in nero” o con salari che sono al limite<br />
dello sfruttamento, non è certo con questi che<br />
bisogna prendersela se nel Mezzogiorno persiste<br />
un'arretratezza economica, strutturale e<br />
tecnologica; se tanti giovani meridionali, dopo<br />
essersi laureati sono costretti a ripiegare su lavori<br />
non all'altezza delle loro aspirazioni professionali;<br />
se imprenditori privi di scrupoli continuano ad<br />
assumere manodopera locale qualificata senza un<br />
regolare contratto di lavoro, senza alcuna tutela<br />
previdenziale e dagli infortuni, senza compenso<br />
adeguato al tipo di mansione svolta.<br />
Ovviamente, la manodopera poco costosa, che si
adatta a lavori spiacevoli o faticosi e spesso anche<br />
pericolosi, rifiutati dai lavoratori locali ha creato un<br />
vuoto nell'occupazione, lasciato da molti nostri<br />
connazionali, che viene riempito proprio dagli<br />
immigrati, senza il cui fattivo contributo il nostro<br />
sistema economico rischierebbe il collasso. "Il Sole<br />
24 Ore" del gennaio 1999 ci indica che gli<br />
extracomunitari presenti in Italia, tra regolari ed<br />
irregolari, sono poco più di 1.240.000, ossia il 2%<br />
della popolazione presente in Italia, e di questi solo<br />
563.000 circa (il 45%) sono lavoratori regolari, i<br />
restanti sono clandestini o disoccupati. Questi dati<br />
sono preoccupanti se pensiamo che il 65% delle<br />
rimanenti persone per vivere deve lavorare in nero<br />
o, peggio ancora, deve dedicarsi ad azioni ancora<br />
più illecite, come spaccio di stupefacenti, induzione<br />
alla prostituzione, ecc. In un'inchiesta fatta sempre<br />
da "Il sole 24 ore" nel gennaio 1999 notiamo che il<br />
settore lavorativo in cui gli immigrati lavorano di<br />
più è il settore del commercio (28,9%), seguito da<br />
quello della metalmeccanica (23,2%) ed edilizia<br />
(12,6%).<br />
Quindi fra tutti gli extracomunitari presenti in Italia<br />
neanche la metà, ossia il 45%, sono lavoratori<br />
regolari. L'altro 65% viene spartito tra disoccupati,<br />
rifugiati politici, clandestini e lavoratori in nero.<br />
Questo deve farci riflettere, basti pensare che danno<br />
si può arrecare allo Stato Italiano se l'1% dei<br />
cittadini lavora in nero!! Bisogna però non solo<br />
considerare l'aspetto economico della situazione,<br />
ma anche il lato umanitario: questa povera gente<br />
infatti non lavora in nero, o si dedica ad attività<br />
illegali soltanto per sfizio, ma sicuramente lo fa per<br />
sopravvivere. Questo non li giustifica, ma<br />
comunque spiega il fatto che vede molti<br />
extracomunitari legati ad attività illegali.<br />
Da non dimenticare che molti di loro si vanno a<br />
scontrare con realtà europee già di per sé<br />
interessate da fenomeni di disoccupazione,<br />
criminalità organizzata e corruzione. Tutto ciò<br />
viene visto molto spesso negativamente dalla<br />
popolazione italiana che etichetta gli immigrati<br />
come “possibili criminali” o “parassiti sociali”;<br />
nonostante questo sia solo uno stereotipo credo che<br />
nel nostro Paese sia ancora in circolazione una<br />
forma seppur minima di razzismo che condanna<br />
coloro che si spostano da uno Stato ad un altro a<br />
trascinarsi dietro un’etichetta scomoda e umiliante.<br />
Tuttavia, soprattutto negli anni Novanta,<br />
l'immigrazione ha creato tensioni in molti parti del<br />
mondo; in Europa gli emigranti provenienti dai<br />
Paesi del Sud del mondo si sono concentrati nelle<br />
città, dove contendono alla popolazione locale più<br />
povera le abitazioni più misere i lavori sottopagati,<br />
spesso vivendo in condizioni di marginalità.<br />
Infine, attraverso la condivisione del vissuto<br />
quotidiano permette di conoscere realmente una<br />
differente realtà culturale e sociale e aiuterebbe a<br />
sviluppare il nostro Paese, e soprattutto a far<br />
crescere i bambini che nelle scuole elementari<br />
italiane; infatti le occasioni d'incontro con gruppi<br />
etnici diversi dovrebbero rappresentare un<br />
momento di arricchimento per entrambi, non<br />
un'occasione di panico da parte dei più piccoli e dei<br />
più grandi. E’ importante capire che non è giusto<br />
che un’intera comunità paghi per colpa di alcuni<br />
individui che infangano la reputazione di un intero<br />
popolo e che la violenza non deve essere<br />
ricambiata con altra violenza. Ma bisogna mettersi<br />
dalla parte delle persone che non si sentono più<br />
nelle “loro” città, che all’improvviso sono<br />
diventate piene di stranieri che ne stanno<br />
modificando la vita, le abitudini e i modi di fare.<br />
La nostra è ormai una cultura allargata nella quale<br />
sin da bambini si è abituati a stare a contatto con<br />
persone di altre etnie e di diverse culture ma<br />
proprio per questo motivo credo che sia necessario<br />
trovare punti di incontro e di dialogo senza sfociare<br />
nella violenza.<br />
Dunque gli immigrati chiedono solamente di poter<br />
lavorare, di poter contribuire anche loro alla<br />
ricchezza del Paese che li ospita. Ingannevole è<br />
l'idea che gli immigrati possano togliere il lavoro ai<br />
locali, un pregiudizio questo che è anche il<br />
presupposto di una sempre maggiore intolleranza.<br />
Il problema della diffusione della criminalità va<br />
affrontato con serenità e senza pregiudizio: anche<br />
se si tratta di minoranze che vengono coinvolte nel<br />
giro della criminalità organizzata, bisogna pur dire<br />
che sono, in realtà l'emarginazione e la condizione<br />
d'irregolarità a spingere i più deboli e i più disperati<br />
tra le grinfie dei criminali.<br />
Per risolvere questo problema, bisognerà far uscire<br />
gli immigrati dalla condizione d'irregolarità,<br />
assicurando piena dignità di lavoro e di trattamento<br />
a tutti i lavoratori extracomunitari: in questo modo,<br />
non solo si sopprimeranno le condizioni che<br />
favoriscono la diffusione degli atteggiamenti<br />
criminali, ma si eliminerà anche lo sfruttamento di<br />
questi lavoratori, nonché la preferenza che certi
datori di lavoro senza scrupoli concedono agli<br />
extracomunitari a danno dei lavoratori italiani.<br />
Altra soluzione efficace, per me, sarebbe quella di<br />
mandare aiuti concreti nei Paesi originari: soldi,<br />
personale specializzato, costruendo opere<br />
pubbliche adeguate, insegnando tecniche<br />
all’avanguardia in modo di risolvere localmente i<br />
problemi degli immigrati, evitando così che<br />
migliaia di persone lascino la loro terra natale.<br />
Resta il fatto che siamo ancora molto diffidenti<br />
rispetto ai “diversi” e non ci ricordiamo che anche<br />
nella nostra storia è stato scritto un triste capitolo di<br />
immigrazione: come dimenticare le grandi navi o<br />
gli straripanti treni che partivano dal mezzogiorno<br />
per andare in America o in Europa, migliaia di<br />
sventurati con le valigie di cartone pronti<br />
all'avventura, gente che accettava umili lavori pur<br />
di sopravvivere: ora la storia si ripete con l’unica<br />
variante che i poveri del mondo, almeno in larga<br />
parte, non siamo noi … ma aumentano sempre più.<br />
Ora noi viviamo in un paese di immigrazione, dove<br />
arrivano stranieri, perfino extracomunitari, da tutte<br />
le parti. Magari li trattiamo pure male, ma<br />
dobbiamo pensare che vivono la stessa situazione<br />
degli italiani di un tempo. E’ vero che alcuni<br />
stranieri sono clandestini o si comportano come<br />
non devono, ma non per questo se uno straniero si<br />
comporta male, tutti quelli del suo Paese sono<br />
come lui. E bisogna anche considerare che come<br />
esistono stranieri maleducati o che non fanno il<br />
proprio dovere e non rispettano le varie regole,<br />
esistono anche italiani che si comportano male.<br />
Bibliografia<br />
Livi Bacci Massimo, L'immigrazione e<br />
l'assimilazione degli italiani negli Stati Uniti,<br />
Giuffr, 1961<br />
Adinolfi Adelina, I lavoratori extracomunitari.<br />
Norme interne e internazionali, Milano, 1992<br />
M. De Bernart – G. Sciortino, Migrazioni, risposte<br />
sistemiche, nuove solidarietà', Roma, 1994<br />
L. Bianciardi, L'integrazione, Bompiani, Milano,<br />
1994<br />
M. Giacomarra, Immigrati e minoranze. Percorsi di<br />
integrazione sociale in Sicilia, Palermo, La Zisa,<br />
1994<br />
Il Sole 24 ore, La nuova legge sull’immigrazione,<br />
Roma, 1999<br />
Iraci Fedeli Leone, Razzismo e immigrazione. Il<br />
caso Italia, Lucca, 2000
L'inaffidabilità della traduzione<br />
della Bibbia<br />
Bennardo Mariangela<br />
L'<br />
attendibilità della traduzione odierna<br />
della Bibbia è stata per molti oggetto di<br />
lunghi e accesi dibattiti. Non si è mai<br />
messo in dubbio che la Bibbia sia il più<br />
singolare volume che mai sia stato<br />
scritto dall'uomo in circa cinquemila anni di uso<br />
della scrittura. Pur essendo stata scritta in tempi<br />
tanto diversi (durante più di 1500 anni, circa dal<br />
XV secolo a.C. al I secolo d.C.) e da persone di<br />
così varia estrazione sociale (gli autori sono più di<br />
quaranta: re, contadini, filosofi, pescatori, poeti,<br />
statisti, studiosi), dall'inizio alla fine la Bibbia<br />
presenta una continuità unica. Ma la Bibbia non<br />
solo è superiore a qualsiasi altra letteratura per il<br />
suo contenuto e per la sua diversità stilistica, ma<br />
essa supera qualsiasi altro libro anche per la sua<br />
diffusione e per la sua influenza. Ma noi non<br />
abbiamo altro che manoscritti che sono delle copie<br />
di copie di altrettante copie che sono talvolta in<br />
forte contraddizione fra di loro. 1 Ecco perché oggigiorno<br />
il dibattito sulla traduzione della Bibbia è<br />
incentrato sul tema della fedeltà della traduzione<br />
all’originale, vale a dire sulla possibilità o meno di<br />
conservare la forma, il contenuto, del testo<br />
all’origine del processo di traduzione.<br />
La mia tesi è che difficilmente la Bibbia di oggi<br />
abbia lo stesso significato letterale di quella<br />
originale. Basti pensare alla traduzione della CEI<br />
(Conferenza Episcopale Italiana), iniziata nel<br />
1965 e divenuta la traduzione italiana cattolica<br />
ufficiale nel 2008, scritta con lo scopo di fornire<br />
una traduzione adatta alla liturgia cattolica<br />
italiana, secondo le indicazioni del Concilio<br />
Vaticano II. Data l’urgenza della richiesta non<br />
venne eseguita una nuova traduzione dai testi<br />
originali, ma fu deciso di operare una revisione<br />
della<br />
1 Odifreddi, quarta di copertina.<br />
versione UTET1, omogenea in quanto opera di tre<br />
soli traduttori. Lo stile della<br />
Bibbia CEI è più vicino alla lingua corretta e<br />
corrente che non alla resa meccanica del<br />
significato originale: in termini traduttologici,<br />
viene cercata un'equivalenza funzionale a<br />
discapito di quella formale. Per esempio non<br />
vengono resi alcuni semitismi presenti nei testi<br />
originali che risulterebbero incomprensibili per un<br />
lettore e uditore italiano, come in Lc 1,69 dove si<br />
legge "ha suscitato per noi una salvezza potente",<br />
quando una resa letterale o formale del testo greco<br />
originale suonerebbe come un incomprensibile<br />
"eresse un corno di salvezza". È ovvio che<br />
modificando un verbo, parole che significano una<br />
cosa specifica e non qualcos’altro o cancellando<br />
espressioni, citazioni si può stravolgere l’intero
significato del messaggio. Ed è proprio questo che<br />
rende oggi il testo biblico non fedele all’originale<br />
messaggio di chi lo ha ispirato e che desiderava<br />
tramandare.<br />
L’alterazione del significato o del genere delle<br />
parole è stata una pratica molto utilizzata<br />
all’interno della Bibbia, direi quasi assiduamente. È<br />
il caso della parola Spirito Santo. La parola<br />
“spirito” è spesso usata nella Scrittura a Dio. Gv 4,<br />
24 afferma che “Dio è Spirito”. In ebraico la parola<br />
spirito è רוח ("ruach"), un nome di genere<br />
femminile. "Spirito Santo" è רוח הקודש, "ruach<br />
haQodesh". Per la Religione ebraica con tale<br />
termine viene indicata la forza attiva o energia<br />
vitale di Dio. Questo concetto non ha avuto tuttavia<br />
uno sviluppo particolare nell'Ebraismo, come<br />
invece si è avuto nel Cristianesimo. In greco antico<br />
"spirito" si dice "πνεύµατος" o "πνεῦµα"<br />
("pneuma"; da "πνέω", "pneō", cioè<br />
"respirare/soffiare/aver vita"), ed è di genere<br />
neutro. In latino Spirito è "Spiritus" (da "spiro",<br />
cioè "respirare", "soffiare") ed è di genere<br />
maschile. Da lì e dal greco l'equivoco di una<br />
Trinità, la dottrina centrale delle più diffuse chiese<br />
cristiane, tutta maschile. Se ci soffermiamo poi sul<br />
termine El shadày (אֵל שַׁדַּי) noto come<br />
“onnipotente” scopriamo un’alterazione a dir poco<br />
unica. Il Dizionario di ebraico e aramaico biblici<br />
non dà una traduzione esatta e concreta del termine,<br />
ma lo classifica semplicemente come un termine di<br />
teologia biblica. In ebraico comunque שַׁד (shad)<br />
significa “mammella”. Recentemente si è collegato<br />
shadày con la radice semitica tdy che significa<br />
“petto”. L’immagine che ne deriva è quindi pettomammella<br />
e nel linguaggio concreto ebraico questo<br />
attributo femminile viene associato proprio a Dio.<br />
Diversi sono poi gli esempi di parole che cambiano<br />
di significato tra una traduzione e l’altra; parole<br />
come eredità2 si trasformano in proprietà o il<br />
placarsi3 arriva ad identificarsi con il pentimento.<br />
Piccole variazioni che sembrano insignificanti, ma<br />
che stravolgono completamente il senso del<br />
messaggio originale.<br />
1 E. Galbiati, A. Penna e P. Rossano, La Sacra<br />
Bibbia, UTET 1963.<br />
2 Deuteronomio 3, 18. Versione Bibbia Mons.<br />
Martini 1778 . Versione CEI 2008
afferma .<br />
In realtà, il versetto eliminato non è una ripetizione,<br />
ma un rafforzativo ma essendo un concetto<br />
“infausto”, i censori biblici lo hanno censurato. La<br />
Bibbia contiene molti brani ripetuti, ma quando il<br />
ribadire è inopportuno lo si elimina con effimere<br />
motivazioni. Eppure anche l’espressione “è meglio<br />
per te” viene ripetuto per tre volte, ma non è stato<br />
cancellato. Eclatante è poi l’esempio nel Vangelo di<br />
Luca 23,17 dove è<br />
popolo suo quel male, che aveva detto.>> Versione<br />
CEI 2008 >.<br />
presente una cancellazione, ma non vi è nessuna<br />
nota contenente la spiegazione a tale atto.<br />
Cristo davanti a Pilato:<br />
quanti mi odiano,[10] ma usa misericordia fino a<br />
mille generazioni verso coloro che mi amano e<br />
osservano i miei comandamenti.[11] Non<br />
pronunciare invano il nome del Signore tuo Dio<br />
perché il Signore non ritiene innocente chi<br />
pronuncia il suo nome invano.[12] Osserva il<br />
giorno di sabato per santificarlo, come il Signore<br />
Dio tuo ti ha comandato.[13] Sei giorni faticherai e<br />
farai ogni lavoro,[14] ma il settimo giorno è il<br />
sabato per il Signore tuo Dio: non fare lavoro<br />
alcuno né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo<br />
schiavo, né la tua schiava, né il tuo bue, né il tuo<br />
asino, né alcuna delle tue bestie, né il forestiero,<br />
che sta entro le tue porte, perché il tuo schiavo e la<br />
tua schiava si riposino come te.[15] Ricordati che<br />
sei stato schiavo nel paese d'Egitto e che il Signore<br />
tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potente e<br />
braccio teso; perciò il Signore tuo Dio ti ordina di<br />
osservare il giorno di sabato.[16] Onora tuo padre e<br />
tua madre, come il Signore Dio tuo ti ha<br />
comandato, perché la tua vita sia lunga e tu sii<br />
felice nel paese che il Signore tuo Dio ti dà.[17]<br />
Non uccidere.[18] Non commettere adulterio.[19]<br />
Non rubare.[20] Non pronunciare falsa<br />
testimonianza contro il tuo prossimo.[21] Non<br />
desiderare la moglie del tuo prossimo. Non<br />
desiderare la casa del tuo prossimo, né il suo<br />
campo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il<br />
suo bue, né il suo asino, né alcuna delle cose che<br />
sono del tuo prossimo.1<br />
1 Versione Bibbia CEI 2008. Notare che il testo<br />
biblico non riporta la numerazione dei<br />
comandamenti, né, nell'originale ebraico, conosce<br />
punteggiatura. Qui si è messa la punteggiatura, ma<br />
non appartiene al testo biblico. Inoltre dobbiamo<br />
tenere presente che la suddivisione in versetti non è<br />
nel testo originale, ma è stata formulata nel<br />
secondo millennio cristiano per facilitare il lavoro<br />
di individuare le citazioni bibliche. Essa è quindi<br />
puramente redazionale.<br />
Da una prima lettura si scoprono cose incredibili.<br />
Dio chiede esplicitamente che non vengano fatte<br />
immagini sacre, eppure le chiese sono piene di<br />
figurazioni di Dio e santi vari davanti alle quali la<br />
comunità cattolica si prostra, una pratica proibita<br />
dallo stesso Dio. Per ciò che riguarda invece il<br />
comandamento di Dio circa il giorno del riposo, il<br />
sabato, la curia romana ha pensato di modificarlo<br />
in: ‘Ricordati di santificare le feste’ e questo per far<br />
ricordare di osservare le feste di precetto che sono,<br />
oltre a tutte le domeniche, ‘Natale, Circoncisione,<br />
Epifania, Ascensione, Corpus Domini; Immacolata<br />
e Assunzione di Maria Vergine, S. Giuseppe, i<br />
Santi Pietro e Paolo e Tutti i Santi’. Infondo Dio<br />
istituì delle feste, esse erano la festa di Pasqua, la<br />
festa di Pentecoste, la festa delle Capanne, e<br />
comandò agli Israeliti di osservarle, ma il<br />
comandamento di osservarle non fu messo da Dio<br />
tra le dieci parole assieme al comandamento sul<br />
sabato, lo avrebbe potuto fare ma sta di fatto che<br />
non lo fece. Inoltre il comandamento “non<br />
commettere adulterio” ha cambiato del tutto volto<br />
con “non commettere atti impuri”, espressione<br />
impossibile da definire con chiarezza e<br />
definitivamente. Infine Dio chiede di non<br />
desiderare le cose degli altri, in generale. Invece<br />
qualcuno, nella versione mnemonica, ha deciso di<br />
mettere in evidenza "la donna d'altri", con un<br />
comandamento a se stante, ma al tempo stesso ha<br />
deciso di omettere il riferimento agli schiavi.<br />
Insomma, dagli originali comandamenti biblici si<br />
evince che la pratica cristiana, e cattolica in<br />
particolare, non li rispetta affatto. Ma cosa ancor<br />
più grave, a mio modesto parere, è che il Dio<br />
cristiano legittima la schiavitù. E poco vale<br />
avanzare giustificazioni che tentino di inserire i<br />
comandamenti nel periodo storico in cui sono stati<br />
scritti, in quanto se sono stati ispirati veramente da<br />
Dio il periodo storico non conta. A meno che il<br />
testo non suggerisca chiaramente che quelle parole<br />
siano state scritte da un essere che poco aveva di<br />
divino. Anche i Salmi, che costituiscono i brani<br />
fondamentali del cerimoniale liturgico, sono stati<br />
preda di atti di manipolazione. Due Salmi<br />
imprecatori sono stati eliminati dal salterio<br />
liturgico: "sconsacrati" dal Concilio Vaticano II: Il<br />
salmo 108, il «salmo-maledizione per eccellenza»,<br />
«una litania di imprecazioni», «un torrente di<br />
ingiurie e di anatemi» e il salmo 57, il salmo<br />
paragonato ad una «cascata di insulti», un «pieno<br />
di invettive». Non è bastato spiritualizzarli o<br />
interpretarli metaforicamente. Per tutti gli altri<br />
brani crudeli della Bibbia la vigilanza ecclesiastica<br />
ha operato indirettamente non inserendoli nella<br />
lista liturgica, come i versetti finali del Salmo 137.<br />
In tal modo, i fedeli non ascoltano ciò che non<br />
devono ascoltare e la lode liturgica è salva.<br />
La mia convinzione, dunque, è che la Bibbia,<br />
l’unica norma alla quale dobbiamo attenerci per
quanto riguarda la fede, è inaffidabile a causa delle<br />
alterazioni delle traduzioni e della cancellazione<br />
sistematica di alcuni concetti. La Chiesa nei secoli<br />
non ha smesso di mentire per proprio tornaconto<br />
personale e mantenere così il dominio sulla massa<br />
di gente credulona. Questo perché è riuscita a<br />
cogliere l’innegabile potere della parola, la<br />
1. È vero che la lingua si evolve col<br />
tempo, ma il significato non deve essere mutato,<br />
per di più se si tratta di un messaggio “divino” al<br />
quale milioni di persone credono fortemente.<br />
Eppure la stessa Chiesa lo ha fatto. Sono state<br />
effettuate diverse manipolazioni, segno evidente<br />
che gli stessi teologi non approvano alcuni concetti<br />
della “Parola di Dio”, a tal punto da alterarli o<br />
finanche cancellarli: un inganno perpetrato ai danni<br />
del sapere e della fede.<br />
1 Gorgia, Encomio di Elena, fr. 11, 8-9<br />
SITOGRAFIA:<br />
o it.wikipedia.org<br />
o www.utopia.it<br />
BIBLIOGRAFIA:<br />
o La Sacra Bibbia CEI, Uelci 2008<br />
o J. Podeur, La pratica della traduzione,<br />
Napoli, Liguori Editore, 2002
Il vampiro ed il capitalismo<br />
I<br />
l motivo per cui ho scelto di affrontare<br />
l’argomento “Il vampiro e il<br />
capitalismo” è dovuto dal fatto che<br />
viviamo in una società che basa il suo<br />
interesse sullo sfruttamento e la<br />
speculazione della classe operaia, al fine di trarne<br />
il massimo profitto. Il declino del capitalismo è un<br />
fatto ormai assodato, ma nonostante ciò, come un<br />
vampiro si addentra nella notte in cerca di vittime,<br />
esso si addentra nelle nostre economie con<br />
l’intento di succhiare l’anima dei lavoratori. Il<br />
nostro paese come anche il resto del mondo<br />
sembrano assopiti in una sorta di dormi- veglia<br />
dove solo pochi sembrano interessarsi al bene<br />
comune mentre tutti gli altri sperano che dall’alto,<br />
dei governi, qualcosa possa cambiare.<br />
Ultimamente non si fa altro che parlare di debito<br />
pubblico, rallentamento della crescita economica e<br />
della scarsa credibilità dei governi. La crisi<br />
economica di oggi, in generale sembra essere<br />
giunta ormai al culmine: dagli iniziali piani di<br />
salvataggio delle banche, ai piani di stimolo<br />
fiscale, agli attuali piani di austerità. In questo<br />
contesto anche le banche rivestono un ruolo<br />
decisivo in questo scenario di difficoltà per i più<br />
deboli. Infatti se la banca in passato era<br />
considerata uno strumento di crescita del<br />
territorio, per la capacità di alimentarlo attraverso<br />
la facilità dell’accesso al credito, adesso le banche<br />
hanno nettamente invertito la tendenza. Le<br />
difficoltà dei mercati, animati da logiche spietate,<br />
Borrelli Sabrina<br />
hanno portato le stesse banche ad inasprire<br />
sempre più la loro competitività, finalizzata al<br />
raggiungimento di utili. Dall’altro lato però, ci<br />
sono i mercati che essendo sempre più contratti<br />
non sono in grado di garantire gli utili di una<br />
volta. La crisi occorsa agli istituti bancari nel<br />
1929, particolarmente in Italia, fu una<br />
conseguenza dell’appesantimento dovuto, prima<br />
al massiccio finanziamento delle imprese in<br />
difficoltà, poi alla trasformazione dei<br />
finanziamenti in partecipazioni; in altri termini la<br />
crisi bancaria fu conseguente a quella dei settori<br />
produttivi. Oggi la crisi degli istituti bancari<br />
deriva direttamente da loro comportamenti sui<br />
mercati finanziari, oggi il fenomeno quindi è<br />
diverso. Oggi le banche hanno difficoltà nelle<br />
loro normali funzioni di credito minuto e credito<br />
per la casa. La crisi odierna, quindi, è<br />
propriamente crisi del sistema finanziario e<br />
tuttavia, a causa della forte connessione con il<br />
sistema produttivo, essa può ripercuotersi e avere<br />
gravi conseguenze su quest’ultimo, specie quando<br />
il sistema finanziario non sia più in grado di dare<br />
adeguato respiro agli investimenti.<br />
La mia tesi è che al giorno d’oggi le industrie e le<br />
grandi imprese sembrano interessarsi poco o<br />
niente alla classe lavoratrice. Siamo soggetti a<br />
riforme, cambi di governo, capitalisti e membri<br />
delle banche. Il punto è quindi capire se si tratta di<br />
semplici tattiche economiche per cercare di far<br />
fronte alla crisi oppure se si tratta di un vero e
proprio capitalismo – vampiro. Proprio per questo<br />
il vampiro è sempre stato visto anche come simbolo<br />
del capitalismo, del padrone che sfrutta il lavoro<br />
degli operai per arricchirsi sempre più, della sete di<br />
potere che non si fa scrupolo di gravare su chi già<br />
ha poco. Tutte le riforme infatti vanno contro i più<br />
poveri che sono costretti a fare sacrifici a causa<br />
della cattiva gestione economica dello stato. Tutto<br />
questo è vero ma non coglie la natura della crisi<br />
attuale. Essa non è cominciata con il disastro<br />
finanziario ma è da considerarsi come il frutto del<br />
fallimento di un programma che vede l’impresa<br />
come modello economico e degli scontri che esso<br />
ha ottenuto col capitale umano e l’imprenditore<br />
stesso. È proprio questa la causa che ha trasformato<br />
il credito in debito. Ora , come 80 anni fa, il<br />
capitalismo è in crisi, ma questa volta le<br />
conseguenze non saranno migliori come quelle di<br />
ieri.<br />
Difatti, nelle società di oggi, industriali e non, la<br />
conseguenza più evidente di questa crisi è<br />
sicuramente la perdita di speranza e di fiducia nel<br />
sistema. Non c’è più fiducia nel futuro ne per sé, ne<br />
per i propri figli. Anche il fenomeno della<br />
disoccupazione non solo si è aggravato, ma si è<br />
stabilizzato in maniera permanente.<br />
La crisi del sistema capitalista sta diminuendo i<br />
salari, i posti di lavoro e di conseguenza le<br />
condizioni di vita dei proletari,peggiorano. I<br />
licenziamenti sono sempre di più e i governi si<br />
preoccupano di preservare il ruolo delle grandi<br />
imprese e delle banche. Anche i sindacati fanno<br />
altrettanto : costretti a sostenere il governo e i<br />
“padroni” contrastano ogni qualsiasi forma di<br />
protesta della classe operaia, stroncando i lavoratori<br />
che protestano con tutta la loro forza contro i<br />
licenziamenti. I disoccupati sono 210 milioni, 30<br />
milioni in più con la crisi. Tutto questo per<br />
mantenere il profitto dei padroni, distruggendo le<br />
conquiste e i diritti della classe operaia. Parlando di<br />
crisi, ci si riferisce a quella che ha colpito prima le<br />
grandi banche americane, poi la finanza mondiale,<br />
e ora va mettendo in panne l’economia tutta intera,<br />
con pesanti ricadute su occupazione e condizione<br />
dei ceti più deboli. I giornali e le tv continuano a<br />
dirci che non ci sono soldi per i servizi pubblici,<br />
per la sanità, per rendere le scuole luoghi sicuri,<br />
dove in nostri figli possano imparare ad affrontare<br />
la vita senza il rischio di perderla a causa di un<br />
crollo improvviso; non ci sono soldi per<br />
l’assistenza degli anziani e dei disabili, per curare<br />
al meglio tutti coloro che non possono ricorrere a<br />
cure private, non ci sono soldi per curare le ferite<br />
inferte al territorio e all’anima della gente che vive<br />
sempre più ai margini del grande banchetto.<br />
Ma perché il capitalista è accostato alla figura del<br />
vampiro? Iniziamo col dire che il vampiro si è<br />
sempre distinto, oltre che per il suo fascino<br />
mitologico, anche perché egli ha rappresentato in<br />
maniera allegorica la parte più oscura del nostro<br />
essere. L’origine del mito del vampiro è<br />
antichissima. Il testo più antico si riduce ad una<br />
tavoletta babilonese dove vi è una formula magica<br />
che serve a proteggere dai demoni notturni<br />
succhiatori di sangue, che erano gli Etimmè. Gli<br />
antichi ebrei, invece, temevano l’Aluka<br />
(succhiatore di sangue), un essere che assaliva i<br />
viandanti del deserto. Ed è proprio dal culto di<br />
questo demone che nasce la paura ed il timore per<br />
la prima compagna di Adamo, Lilith. Questa era<br />
considerata come un demone che, golosa del<br />
sangue umano, entra di notte nel letto degli uomini,<br />
prosciugandoli della loro forza. Secondo la<br />
tradizione rabbinica, la stirpe dei Vampiri ha avuto<br />
inizio dal “matrimonio” tra Adamo e il Demone<br />
Lilith. Il vampiro propriamente detto è un defunto<br />
che per concessione infernale, sopravvive alla<br />
morte succhiando il sangue sottratto ai viventi.<br />
Grazie alla sua natura malvagia ha sempre<br />
rappresentato una figura affascinante, che ha la<br />
capacità di adattarsi a qualsiasi epoca e contesto.<br />
Anche per questo rappresenta la chiave attraverso<br />
la quale poter svelare le tendenze e le aspirazioni<br />
dell’uomo. In ogni epoca e in ogni situazione<br />
economico-politica, la sua immagine è la perfetta<br />
incarnazione del male, poiché quest'ultimo<br />
raramente si presenta all'uomo per quello che è in<br />
realtà. Con i suoi occhi ipnotici attira a sé la<br />
vittima senza che questa nemmeno se ne renda<br />
conto. Anzi, essa spesso gli si dà volontariamente,<br />
salvo accorgersi quando ormai è troppo tardi<br />
dell'errore commesso. Ciò perché, almeno secondo<br />
alcune interpretazioni, il vampiro non è altro che la<br />
trasposizione dell'inconscio umano, di<br />
quell'enorme calderone di tutte le pulsioni<br />
considerate sconvenienti, negative, ma che sono<br />
insite nell'istinto dell'essere umano e che pertanto<br />
non potranno mai essere cancellate. L'uso<br />
ideologico della figura del vampiro è servita e
serve, appunto a raffigurare il capitalista sfruttatore,<br />
che col suo fare languido riesce ad impossessarsi<br />
del lavoro “vivo” del proletario.<br />
Già dalla prima metà del 700 il vampiro ha assunto<br />
il significato di metafora politica – economica. Il<br />
tiranno, il capitalista che succhia il sangue al<br />
popolo viene identificato come, appunto, vampiro.<br />
Ma cosa ha a che fare il vampiro col capitalista?<br />
Già Marx usò molte metafore sul vampiro, per<br />
spiegare i limiti della giornata lavorativa del<br />
proletario, scrivendo : «Dunque, il capitale è lavoro<br />
morto che resuscita, come un vampiro, solo<br />
succhiando lavoro vivo, e tanto più vive quanto più<br />
risucchia 1». Attraverso i riferimenti a questa<br />
creatura, Marx mostra come il capitale non solo si<br />
nutre del lavoro vivo estratto dalla classe<br />
lavoratrice ma che in questo modo cresce e si<br />
moltiplica, riuscendo così a rendere la classe<br />
operaia una parte integrale del proprio processo<br />
riproduttivo.<br />
L’uso delle metafore da parte del filosofo è<br />
frequente in tutta la sua opera. Innanzi tutto Marx si<br />
serve della figura del vampiro perché non è un<br />
semplice mostro. Certo come gli altri mostri, il<br />
vampiro disturba le regole sociali, ma al contrario<br />
degli altri viene identificato dallo stesso filosofo<br />
come parassita, «parasite». Anche Voltaire diede la<br />
definizione di “vampire” nel suo Philosophical<br />
Dictonay. Egli individuò il vampiro affermando : «<br />
Questi vampiri erano cadaveri, che uscivano dalle<br />
loro tombe la notte per succhiare il sangue dei vivi,<br />
sia dalle loro gole che dai loro stomachi, e poi<br />
tornavano nei loro cimiteri. Le persone a cui<br />
succhiarono il sangue si indebolivano, divenivano<br />
pallide e iniziavano a consumarsi, mentre i cadaveri<br />
che succhiavano il sangue prendevano peso, la loro<br />
carnagione si faceva rosea e godevano di un grande<br />
appetito. Fu in Polonia, Ungheria, Slesia, Moravia,<br />
Austria e nella Lorena che i morti poterono così<br />
gioire 2.». Anche nella letteratura non mancano i<br />
riferimenti. Infatti nel Dracula di Bram Stocker si<br />
può notare come il vampiro sia interessato solo<br />
nell’ampliare il suo dominio e nell’accumulare<br />
beni. Tuttavia questo concetto si distacca da quello<br />
del filosofo Marx, il quale indica come il “lavoro<br />
morto” è in grado di diventare fattore di produzione<br />
associato al lavoro “vivo”. Il capitale si ravviva<br />
come un vampiro perché capitalista e vampiro<br />
hanno la prerogativa di succhiare il sangue e<br />
l’anima del proletario. Marx inoltre affermerà : «<br />
[…] sete del vampiro che il capitale che del vivo<br />
sangue del lavoro». In Das Kapital Marx più volte<br />
fa riferimento al vampiro come metafora del<br />
capitale, sottolineando come entrambi siano<br />
accumunati da un metabolismo mostruoso e<br />
innaturale.<br />
Il capitalismo però non va visto solo come<br />
speculatore. Infatti i vantaggi non mancano.<br />
Innanzitutto quando fu introdotto tra il XVI e il<br />
XVII secolo, ha permesso il diritto di comprare e<br />
vendere capitali in un libero mercato, libero dal<br />
contratto statale. Lo sostengono infatti il<br />
liberalismo, perché è considerato forma pura di<br />
economia di mercato con interventi statali ridotti al<br />
minimo; il conservatorismo perché difende<br />
qualcosa di non diverso dallo status quo delle<br />
pratiche capitaliste attuali; il mercantilismo perché<br />
promuove la protezione delle industrie e il<br />
commercio interno, contro la concorrenza estera,<br />
permettendo prezzi più accessibili. Anche il<br />
progresso tecnologico non sarebbe esistito senza<br />
gli scambi favoriti dal capitalismo. Esso ha<br />
generato il libero mercato e la libera concorrenza,<br />
al contrario del vampiro che è :« un vero e proprio<br />
detentore di un monopolio che non consente<br />
concorrenza 3». E’ dalla buona concorrenza che<br />
nasce il beneficio dei consumatori.<br />
In effetti però si è passati da un capitalismo liberale<br />
che si arricchiva con i consumi, ad un capitalismo<br />
vampiro che si arricchisce contro i consumi. I<br />
prezzi dei beni primari infatti, continuano a<br />
crescere, mentre i salari diminuiscono. Questo<br />
perché il lavoro c’è ma la mano d’opera utilizzata è<br />
al ribasso. La banche inoltre giocano un ruolo<br />
strategico. Speculano sui Paesi sottosviluppati<br />
comprando i loro titoli che rivalutati recano molti<br />
vantaggi e profitti. Impoverendo così i ceti più<br />
bassi quali : pensionati, impiegati, giovani e operai<br />
si va incontro ad una sorta di compressione dei ceti<br />
stessi. Questa crisi infatti non è per niente pagata o<br />
affrontata da chi l’ha generata ma bensì è pagata da<br />
coloro che dovrebbero essere salvaguardati e ai<br />
quali dovrebbe essere preservato il diritto ad una<br />
vita per lo meno adeguato alle esigenze di oggi. Le<br />
banche e la finanza sono la causa prima del disastro<br />
a cui assistiamo, ma purtroppo i politici sembrano<br />
non interessarsi per niente al fatto che le banche<br />
stesse vengono ricapitola rizzate col denaro<br />
pubblico che dovrà essere poi ripagato con i<br />
sacrifici dei “servi della gleba” . L’operaio ha tutto
il diritto di lavorare di meno, con ritmi meno<br />
intensi, di non ammalarsi e perfino di portare a casa<br />
una fetta più consistente del frutto del SUO lavoro.<br />
L’operaio spontaneamente, prima ancora di sapere<br />
il suo ruolo nella “catena di montaggio<br />
“capitalistica ,sente la sua condizione come una<br />
condizione “ingiusta”. Un'ingiustizia che è resa<br />
ancora più forte di fronte all'arroganza di un<br />
benessere ostentato, senza pudore, dalle classi<br />
ricche di un paese che si fermerebbe di colpo se<br />
solo lui, e i suoi compagni, decidessero di<br />
incrociare le braccia. Il capitalismo quindi<br />
dissangua le fasce sociali e rovina il futuro dei<br />
giovani. Il banchiere o il capitalista non potranno<br />
mai condividere il fatto che il proletario lavori<br />
secondo i suoi diritti e guadagni quanto gli spetti.<br />
Questa infatti sarebbe una “minaccia” per chi<br />
sfrutta la mano d’opera che deve produrre sempre<br />
di più ma a prezzi molto bassi, proprio perché se il<br />
proletario avanzasse dei diritti, il capitalista , alle<br />
strette, dovrebbe prenderli in considerazione<br />
perdendo così tutto il suo guadagno sulla<br />
speculazione del lavoro proletario.<br />
A mio parere, qualunque sia il vero ruolo del<br />
capitalismo esso fa da sfondo alle attività degli<br />
economisti, dei politici e degli industriali, che con<br />
la speranza di un loro benessere futuro, con la scusa<br />
di voler risolvere la crisi, privatizzano e aumentano<br />
l’età pensionabile. Insomma qualunque sia la<br />
convinzione sul capitalismo, resta il fatto che esso<br />
ha nel suo nome e nella sua attuazione<br />
arricchimento da un lato e impoverimento<br />
dall’altro. I capitalisti come i vampiri, fanno parte<br />
di una casta privilegiata, che pensa solo ad<br />
arricchire le proprie tasche e ad espandere il loro<br />
dominio. Mi chiedo solo quando i ceti più bassi e<br />
noi giovani soprattutto, finiremo di pagare le<br />
conseguenze delle speculazioni dei ricchi, perché<br />
nessuno dei cittadini è più disposto a pagare per i<br />
politici, speculatori, parassiti, banchieri e<br />
capitalisti.<br />
Note:<br />
1 K. Marx, Il Capitale, Libro 1, 1867, Newton<br />
Compton Editori, 1974<br />
2 M. de Voltaire, Philosophycal Dictonary, 1764<br />
3 F. Moretti, Dialettica della paura. Segni e stili del<br />
moderno, Einaudi, Torino 1987<br />
Bibliografia<br />
K. Marx, Il capitale, Libro 1, 1987, Newton<br />
Compton Editori, 1974<br />
F. Moretti, Dialettica della paura. Segni e stili del<br />
moderno, Einaudi , Torino, 1987<br />
M. de Voltaire, Philosophycal Dictonary, 1974<br />
Sitografia<br />
www.ousia.it/SitoOusia/SitoOusia/TestiDiFilosofia<br />
/TestiPDF/Voltaire/Dizionario.pdf<br />
http://xkom55.org/2012/02/14/dracula-monti-e-ilcapitalismo-vampiro/<br />
http://darknesskiss.forumcommunity.net/?t=148673<br />
21<br />
http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-efinanza/2008/4/3/Crisi-finanziaria-ripensiamo-ilruolo-delle-banche/1217/http://www.alfabeta2.it/2012/03/19/crisi-dellafinanza-o-crisi-del-capitalismo-2/http://www.panerose.it/files/index.php?c7:o129:e1:p140
La trasgressione come creatività<br />
"T<br />
rasgressione”, “diversità”, “disagio”,<br />
“devianza”. Ognuna di queste parole ha<br />
un significato particolare. Eppure tutte<br />
hanno un comune denominatore: sono<br />
l’esatto opposto di conformità.<br />
Nell’immaginario comune, infatti, la trasgressione<br />
identifica lo sconfinamento dalle regole, racchiude<br />
in sé l’idea, il desiderio di voler divergere, di voler<br />
opporsi e di voler andare oltre la<br />
“normalità”.Etimologicamente, “trasgressione”<br />
deriva da “trasgredior” che significa “passare<br />
oltre, al di là”.<br />
A mio parere la trasgressione significa esternare,<br />
mettere in pratica un bisogno di autoaffermazione.<br />
Trasgredire può significare fare nuove esperienze<br />
uscendo da ciò che è considerato usuale e<br />
rassicurante; misurarsi con i limiti prestabiliti<br />
mettendo alla prova se stessi e gli altri. Vuol dire<br />
dare uno “strappo” alle regole indipendentemente<br />
che queste siano dettate da altri o siano dettate da<br />
noi stessi e dalla nostra educazione.<br />
La vita dell’uomo è stata caratterizzata da un<br />
susseguirsi di episodi di trasgressione che in<br />
qualche modo hanno contribuito alla crescita della<br />
società. Esistono vari tipi di trasgressione e alcuni<br />
di questi, ancora, non sono stati accettati da tutti<br />
andando cosi ad “emarginare” chi alla fine ha una<br />
propria visione del mondo o che comunque<br />
trasgredendo i canoni imposti dalla società si batte<br />
per i suoi ideali e i propri valori. C’è anche da dire<br />
che la trasgressione cammina di pari passo con la<br />
D'Agostino Raffaella<br />
creatività, infatti alcuni “grandi” della letteratura,<br />
dell’arte e della <strong>filosofia</strong> erano dei “personaggi”<br />
controcorrente. Proprio pensando a questo, forse,<br />
un autore rimasto anonimo, un giorno ha scritto:<br />
>.<br />
Nel panorama letterario italiano,ad esempio, una<br />
figura emblematica ed estremamente trasgressiva<br />
fu Gabriele D’Annunzio. Egli incarna le tendenze<br />
estetizzanti del decadentismo e il suo estetismo.<br />
Pone l’arte, a differenza degli altri poeti, in cima<br />
alla gerarchia dei valori, che lo porta a fare della<br />
sua stessa vita un’opera d’arte. L’apoteosi di<br />
questo culto del bello,che fa di D’annunzio un<br />
trasgressore creativo, è raggiunta con il<br />
protagonista de ”Il piacere” : Andrea Sperelli,<br />
eccezionale, eccentrico, trasgressivo, fruitore<br />
dell’arte e dedito alla bellezza e al superfluo,<br />
propone tutto ciò che poi D’Annunzio ha<br />
concretamente cercato di realizzare nella sua vita.<br />
Un personaggio , come ha scritto lo stesso autore,<br />
che è il modello del nuovo “giovin signore”<br />
italiano, legittimo e campione di una stirpe di<br />
gentiluomini e di artisti eleganti, ultimo<br />
discendente di una razza intellettuale in cui il<br />
culto del bello è innalzatore di una vera e propria<br />
religione.<br />
omero […]. Tutte le manifestazioni della vita e<br />
tutte le manifestazioni dell’intelligenza mi<br />
attraggono egualmente e credo di aver pienissima<br />
libertà di portare il mio studio e la mia ricerca in<br />
ogni campo 1>> .<br />
Tale affermazione di D’Annunzio stesso rivela il<br />
carattere complesso e la personalità poliedrica di<br />
tale personaggio e si presta bene a riassumere la<br />
tempra di una vita intera e dell’opera completa.<br />
Continuando ancora nella letteratura, non soltanto<br />
italiana, troviamo altri poeti “trasgressori”, tra cui il<br />
“poeta maledetto“ francese Charles Baudelaire.<br />
Egli ha alimentato il mito del “bohemien”, lo<br />
studente povero o presunto tale, ribelle ed amante<br />
dei piaceri notturni, dell'assenzio e delle novità in<br />
fatto di costumi e<br />
di arte . Generazioni di studenti e di poeti si sono<br />
ispirati e ancora oggi si ispirano al poeta parigino.<br />
Interpreta quella visione di gioventù romantica<br />
dedita all'eccesso,alla poesia e alla trasgressione.<br />
Era sempre in lotta contro il mondo circostante,<br />
contro i sogni di progresso cari alla società<br />
borghese del suo tempo, contro la mediocrità<br />
banale della vita quotidiana. Viveva una vita<br />
piuttosto sregolata, tra alcool e prostitute, che<br />
associata all’esasperata originalità , erano per lui un<br />
alternativa alla noia di un mondo troppo ordinario.<br />
Lui, e il movimento letterario a cui<br />
apparteneva,vedevano l’arte come un ‘attività<br />
umana totalmente indipendente dalla morale e non<br />
più come portatrice di un messaggio relativo al<br />
comportamento. Anche in questo poeta, il suo<br />
modo di vivere la vita nella trasgressività ha<br />
alimentato la sua creatività, infatti, nelle sue opere<br />
Baudelaire esprimeva la poesia in una nuova<br />
forma, attraverso simboli che riflettevano le<br />
sensazioni del mondo inconscio, utilizzando temi<br />
come il vizio, la perversione, il desiderio,la paura<br />
della morte, la fuga dalla vita monotona e normale,<br />
la ricerca spasmodica dell’ideale, la<br />
consapevolezza delle contraddizioni dell’uomo. Ad<br />
esempio nella poesia “sinistra e fredda” , si nota<br />
tanto come la trasgressione della sua vita abbia<br />
influito nell’opera, in quanto il poeta paragona se<br />
stesso ad un angelo caduto, affascinato<br />
contemporaneamente sia dal cielo sia dall’abisso,<br />
che si aggira per le strade della metropoli attratto<br />
dai paradisi artificiali degli stupefacenti, dal vizio,<br />
perseguitato dalla maledizione mentre cerca la<br />
redenzione.<br />
Spostandoci poi, in ambito filosofico, troviamo il<br />
concetto di trasgressione, diversità, come punto di<br />
partenza del pensiero nietzschiano esplicato con la<br />
figura del “superuomo”. Il superuomo è infatti<br />
colui che sa accettare e vivere coraggiosamente e<br />
intensamente la vita, al di là del bene e del male ;<br />
che è capace di rifiutare la morale ascetica<br />
tradizionale e operare la trasvalutazione dei valori;<br />
in grado di liberarsi della fede in Dio e "reggere"<br />
l'angoscia derivata proprio dalla morte di Dio,<br />
guardando in faccia il reale al di là delle illusioni<br />
metafisiche. Il “superuomo” è un uomo che supera<br />
i limiti mentali che la società gli impone, è un<br />
“oltre uomo”.<br />
><br />
In questo celebre passo dello Zarathustra,<br />
Nietzsche ci presenta la figura del superuomo dove<br />
egli lo definisce “il vero senso della terra”, il<br />
“nuovo Dioniso”. Il superuomo va al di là delle<br />
“barriere” e quindi è al di sopra di tutto.<br />
Un fondamentale riferimento, che non può di certo<br />
mancare, è nel campo dell’arte, dove la<br />
trasgressione è ancor di più sinonimo di creatività e<br />
l’artista è visto come un “individuo eccezionale” .<br />
Basti pensare a Van Gogh, Modigliani, Caravaggio<br />
e soprattutto a Egon Schiele. Quest’ultimo era uno<br />
straordinario artista, trasgressivo austriaco.<br />
Differisce dagli altri artisti perché ha un modo
differente di dipingere, nei suoi quadri si vede l’<br />
intensità espressiva, l’introspezione psicologica e la<br />
comunicazione del disagio interiore. I suoi<br />
quadri rappresentavano corpi asciutti,posture<br />
contorte e drammatiche. Si distacca così dal ricco<br />
decorativismo secessionista asburgico per creare un<br />
universo tragico e trasgressivo. Sullo sfondo di una<br />
Vienna colta e austera, i rigidi canoni artistici<br />
imposti dall’Accademia delle Belle Arti si rivelano<br />
presto opprimenti e così lasciò gli studi in aula per<br />
frequentare i locali viennesi, che erano la sua forma<br />
d’ispirazione.<br />
Ovviamente ,inutile negarlo, la trasgressione oltre a<br />
“stimolare” la creatività e ad avere i suoi lati<br />
positivi, ha anche i lati negativi e, l’eccessivo<br />
trasgredire, quindi, condurrà a delle conseguenze<br />
che non erano previste. Un esempio di<br />
trasgressione “negativa” lo possiamo avere<br />
pensando ad Eva,che trasgredendo alle regole, cede<br />
alle tentazioni del serpente assaggiando il frutto<br />
proibito. Quindi è da tener presente che ogni azione<br />
ha una conseguenza e pertanto, come Eva viene<br />
cacciata dall'Eden e privata della vita eterna,<br />
ognuno di noi deve accettare le conseguenze ed<br />
essere pronto ad assumersi le proprie<br />
responsabilità. Quindi si può facilmente dedurre<br />
che, come ogni medaglia ha il suo rovescio, allo<br />
stesso modo anche la trasgressione ha le sue<br />
negatività.<br />
Tuttavia,con il passare del tempo, la trasgressione<br />
è andata sempre di più ad affermarsi e a<br />
modificarsi, questo è dato dal fatto che la società,<br />
crescendo, ha “allargato” i limiti ,cosi da creare<br />
nuove “regole da trasgredire”. Ciò sta a significare<br />
che quello che una volta era “fuori” dalla<br />
normalità, oggi è diventato normale e cosi facendo<br />
si è anche incrementata maggiormente la creatività<br />
dell’uomo, in quanto queste “novità, lo mettono di<br />
fronte ad un confronto dove l’ingegno gioca un<br />
ruolo importante.<br />
In conclusione, la mia idea è che la trasgressione è<br />
stata importante nel corso della vita umana e<br />
continuerà ad esserlo perché è la libertà di “essere”<br />
di ogni singolo individuo. Senza la trasgressione<br />
non si avrebbe la creatività e senza questa la vita<br />
sarebbe un “modello standard” da rispettare.<br />
Pertanto, credo necessario che si sperimentino<br />
nuove idee e che non si rimanga incatenati nelle<br />
regole del “sistema” che ci circonda, perché così<br />
facendo si ucciderebbe la creatività.<br />
NOTE:<br />
1 Guido Capovilla, D'Annunzio e la poesia<br />
"Barbara" , Ed. Enrico Mucchi,Modena,2006<br />
2 F. Nietzsche, Cosí parlò Zarathustra, Longanesi,<br />
Milano, 1979, pagg. 37-41<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
• Silvia Mantovani , Tra ordine e caos.<br />
Regole del gioco per una urbanistica paesaggista .<br />
Ed Alinea ,Città di Castello (Perugia) , 2009<br />
• F. Nietzsche, Cosí parlò Zarathustra,<br />
Longanesi, Milano, 1979<br />
• Guido Capovilla, D'Annunzio e la poesia<br />
"Barbara" , Ed. Enrico Mucchi, Modena, 2006<br />
• Scalamandrè Raffaele , Storia e poesia di<br />
Baudelaire , Edizioni Scientifiche Italiane<br />
SITOGRAFIA<br />
•<br />
http://www.ilgiornale.it/cultura/oscena_e_paura_se<br />
sso_firmato_egon_schiele/23-02-2010/articoloid=424288-page=0-comments=1<br />
•<br />
http://it.wikipedia.org/wiki/Pagina_principale<br />
• http://www.storiadellarte.com
I cellulari provocano gravi danni<br />
alla salute<br />
De Masi Martina<br />
Credo che al giorno d’oggi concepire la<br />
quotidianità senza i cellulari sarebbe un<br />
tentativo senza successo, che darebbe<br />
forma a una vita astrusa e inconsueta.<br />
Quel dispositivo tascabile, che<br />
permettere di contattare chiunque, funzionante in<br />
qualsiasi luogo e momento, è diventato in tempi<br />
estremamente brevi compagno inseparabile delle<br />
nostre giornate. La sua introduzione suscitò<br />
immediatamente sentimenti di entusiasmo<br />
generale, per cui il cellulare divenne ben presto<br />
l’oggetto più anelato, il regalo più gradito.<br />
Trascuro i vari antenati del telefono cellulare per<br />
giungere direttamente al 1983, l’anno in cui<br />
l’invenzione di Martin Cooper venne resa nota al<br />
mondo: il cellulare è per la prima volta disponibile<br />
sul mercato. Da quella data in poi l’apparecchio ha<br />
subìto innumerevoli perfezionamenti e sviluppi<br />
che hanno condotto all’apparizione di modelli di<br />
volta in volta più tecnologici, così che alle prime<br />
funzioni di base (possibilità di telefonare e<br />
inoltrare messaggi di testo) se aggiunsero di altre<br />
(opportunità di ascoltare brani musicali, scattare<br />
fotografie, realizzare video e registrazioni,<br />
navigare su internet).<br />
Il marchingegno dalle mille funzioni è nel XXI<br />
secolo parte integrante della vita di tutti i giorni. I<br />
dati parlano chiaro: l’81,4% degli italiani possiede<br />
almeno un cellulare, solo il 35,4% ne ha uno,<br />
mentre il 27,5% ne possiede 2, l’11,5% è<br />
proprietario di 3 telefonini, il resto di 4 o più. Non<br />
si tratta esclusivamente di adulti, in queste<br />
percentuali sono certamente compresi bambini di<br />
età inferiore ai dodici anni.<br />
Non si può proprio fare a meno di comunicare.<br />
Se se ne ha la facoltà, non si resiste alla tentazione<br />
di informare in tempo reale i propri cari riguardo<br />
a tutto ciò che si sta vivendo; se si pensa poi che<br />
un telefono cellulare svolge anche tutte le<br />
funzioni di una fotocamera e di un iPod, si<br />
comprende perché, per un motivo o per un altro,<br />
non lo si abbandona mai.<br />
Ritengo, a questo punto, necessario un ulteriore<br />
resoconto di dati per l’efficacia della quale essi<br />
sono portatori: due terzi degli Inglesi usano il<br />
cellulare sulla tazza del bagno, il 41% dei<br />
Giapponesi se ne serve persino nella vasca. Nel<br />
2009 gli Italiani hanno parlato al cellulare per<br />
113,8 miliardi di minuti. Le schede sim acquistate<br />
dalla popolazione mondiale, che ha raggiunto le<br />
soglie di 7 miliardi di abitanti, sono<br />
attualmente 5,2 miliardi. Ancora più interessante il<br />
fatto che in Italia il 56% dei bambini di scuola<br />
elementare possiede un telefonino. Sembra<br />
proprio che esso sia fondamentale insostituibile<br />
passatempo e salvavita, ma adesso è tempo che si<br />
riconosca che sa essere letale.<br />
La tesi che sostengo fa riferimento non solo<br />
all’effettiva nocività del dispositivo, ma anche<br />
all’atteggiamento biasimevole delle aziende e dei<br />
centri studio in merito alla questione.<br />
Tutti i cellulari emettono radiazioni o microonde
adio, queste a partire dal dispositivo sono soggette<br />
a un’espansione in senso orizzontale che investe<br />
ogni corpo vicino, a una maggiore vicinanza<br />
corrisponde una maggiore intensità delle onde. Si<br />
tratta di radiazioni ad alta frequenza, le quali hanno<br />
le capacità di provocare l’innalzamento della<br />
temperatura corporea, tale fenomeno comporta la<br />
possibilità di danni ai tessuti. Per ciò che concerne<br />
tale fenomeno è possibile per la persona stessa che<br />
utilizza l’apparecchio notare, dopo lunghe<br />
telefonate, il riscaldamento dell’orecchio a contatto<br />
e il corrispondente lato del cranio. Nel caso di una<br />
lunga conversazione al cellulare l’apparecchio è<br />
costretto per lungo tempo direttamente a contatto<br />
con la testa e le microonde sono capaci di<br />
neutralizzare la barriera ematoencefalica e<br />
rilasciare delle tossine in direzione del cervello. Le<br />
altre due parti dell’organismo umano più esposte ai<br />
rischi sono gli occhi, a causa delle possibilità dello<br />
sviluppo del melanoma uveale ed il nervo acustico<br />
che, per tempi lunghi, viene sollecitato. Il<br />
telefonino costituisce un problema anche se non<br />
effettivamente utilizzato, ma lasciato nella tasca<br />
sinistra dei pantaloni: a contatto con il corpo in<br />
quella determinata area potrebbe interferire con il<br />
ritmo cardiaco.<br />
È altamente sconsigliato l’uso del cellulare durante<br />
la guida, al contrario di ciò che si potrebbe pensare<br />
non si tratta solo di una questione di responsabilità<br />
o di prudenza stradale, ma è possibile che le<br />
radiazioni emesse dal cellulare interferiscano con la<br />
strumentazione digitale dell’automobile per cui<br />
l’airbag potrebbe aprirsi inaspettatamente e il<br />
sistema ABS potrebbe azionarsi senza preavviso.<br />
Le ragioni sopra citate costituiscono motivi più che<br />
validi per ridurre categoricamente a momenti di<br />
stretta necessità l’utilizzo dell’apparecchio. Eppure<br />
soltanto un numero<br />
esiguo di persone è a conoscenza di tali<br />
informazioni e mette in atto le precauzioni<br />
adeguate. Questo accade perché esiste gente che<br />
ama arricchirsi in maniera vergognosa alle spalle<br />
dell’ignoranza della povera gente.<br />
L’uso eccessivo e improprio del cellulare<br />
rappresenta un grosso rischio per la salute, ma noi<br />
non lo sappiamo o meglio non dobbiamo saperlo e,<br />
le industrie produttrici di cellulari e le compagnie<br />
telefoniche non sono da considerarsi del tutto<br />
estranee a riguardo. Le ultime non fanno altro che<br />
proporre spot pubblicitari che informano su offerte<br />
sempre nuove e convenienti. Più della metà della<br />
pubblicità che viene proposta in televisione, sul<br />
web, alla radio contiene messaggi relativi a tariffe<br />
vantaggiose e modelli di volta in volta più avanzati<br />
di telefonini. Siamo tempestati di informazioni<br />
riguardo ai cellulari, ma conosciamo solo una<br />
faccia della medaglia e, come viene facile intuire<br />
quella in cui tutto appare sicuro e luminoso, l’altra<br />
faccia quella oscura e allarmante, della cui<br />
esistenza in numerosi non sono al corrente, resta<br />
celata.<br />
Come di consueto, il lato premurosamente<br />
nascosto costituisce ciò che è più importante<br />
sapere. Si tratta di informazioni conosciute da una<br />
piccola élite, s’intende studiosi, scienziati,<br />
appassionati di tecnologia e quei pochi che essendo<br />
tormentati dal dubbio hanno ritenuto opportuno<br />
documentarsi in maniera soddisfacente. Tutti gli<br />
altri abbagliati dall’utilità e dai profitti, bisogna<br />
dirlo, innegabili, che il dispositivo offre, hanno<br />
lasciato correre.<br />
Ebbene la disinformazione in merito a questo tema<br />
non è un fenomeno puramente casuale, ma<br />
rigorosamente intenzionale. È a dir poco<br />
sconcertante leggere che la maggior parte degli<br />
studi di ricerca, che si occupano di capire se i<br />
cellulari effettivamente nuocciono alla salute<br />
dell’uomo o meno, sono finanziati dagli stessi<br />
produttori di telefonini. È semplice, se non<br />
d’obbligo, intuire che i risultati possono essere<br />
facilmente falsati, la gravità degli effetti sminuita.<br />
L’argomentazione più forte a sostegno della mia<br />
tesi prende quindi forma proprio dall’ignobile<br />
comportamento dei produttori, che segretamente<br />
finanziano le aziende perché al termine delle<br />
ricerche possano comunicare solo ciò che è<br />
conveniente e omettere o camuffare eventuali<br />
verità scomode.<br />
Generalmente i libretti di istruzione per l’uso<br />
recitano: «si consiglia di tenere il cellulare a una<br />
distanza compresa tra 1,5 cm e 2,5 cm dalla testa».<br />
Sul libretto di istruzioni dell’iPhone, invece si<br />
legge un’ulteriore precauzione: «Quando usate<br />
l’iPhone vicino al vostro corpo tenetelo ad almeno<br />
15 millimetri di distanza dal corpo e usate soltanto<br />
custodie, clip da cintura o fondine che non abbiano<br />
parti metalliche e mantengano almeno 15<br />
millimetri di separazione dal corpo». A questo<br />
punto è spontaneo chiedersi perché nei manuali di<br />
istruzione si trovino suggerimenti del genere,
mentre le compagnie sostengono l’assenza di prove<br />
conclusive e tendono a eliminare totalmente il<br />
dubbio dalle menti della gente. Come per la<br />
domanda anche la risposta è immediata: il rischio è<br />
presente ed è anche grave. Le compagnie<br />
telefoniche, premurose di salvaguardare i propri<br />
affari, non possono ammettere di conoscere gli<br />
effetti devastanti che un uso prolungato<br />
dell’apparecchio provoca, tuttavia ci tengono a<br />
tutelarsi per poter dire che loro ci avevano avvisato.<br />
Sarebbe un tragico errore trascurare il fatto che il<br />
motivo delle raccomandazioni è taciuto. È proprio<br />
questo elemento che deve avviare la riflessione:<br />
significa inequivocabilmente che le aziende sono in<br />
malafede. A questo proposito il programma<br />
televisivo Report, in onda su rai 3 la domenica sera,<br />
che si occupa di inchieste giornalistiche, condotto<br />
da Milena Gabanelli, in una puntata intitolata<br />
L’Onda lunga ha spiegato come Motorola ha<br />
cercato di ridimensionare i dati, risultato di una<br />
ricerca finanziata dalla stessa azienda.<br />
E come potrebbe, d’altronde, essere definito<br />
corretto l’atteggiamento delle compagnie se<br />
esistono disposizioni sanitarie in vari paesi che<br />
sostengono l’importanza di evitare che i bambini ne<br />
facciano uso e asseriscono che è pericoloso<br />
lasciarlo sotto il cuscino di notte; inoltre il<br />
Consiglio Superiore di Sanità ha consigliato di<br />
adottare le precauzioni del caso. Non è tutto qui,<br />
anche alla legge questa condotta non piace troppo,<br />
esemplare il caso di un ex manager lombardo, a<br />
favore del quale si è espressa la sentenza del<br />
Tribunale di Brescia, l’Inail dovrà far fronte a un<br />
risarcimento da versare nei confronti dell’uomo,<br />
che soffre di un tumore alla testa causato dall’uso<br />
eccessivo del telefonino.<br />
Questo tema così delicato ha certamente interessato<br />
l’OMS (l’organizzazione<br />
mondiale della sanità) che, in collaborazione con<br />
l’IARC (associazione internazionale per la ricerca<br />
sul cancro) ha condotto degli studi. Il responso dà<br />
ancora maggior credito alla mia posizione ed è<br />
stato il frutto del lavoro di trentaquattro scienziati<br />
provenienti da quattordici paesi diversi che si sono<br />
riuniti dal 24 al 31 maggio dello scorso anno. Sono<br />
stati effettuati studi epidemiologici su esseri umani<br />
e test su animali. I cellulari sono nocivi per la<br />
salute umana in quanto comportano potenziali<br />
effetti tumorali. Il rischio che si registra riguarda il<br />
glioma,tumore che investe le cellule gliali<br />
responsabili della protezione e addette al<br />
sostentamento dei neuroni, e il neurinoma acustico,<br />
il tumore del nervo uditivo; non è stato attestato ma<br />
non si esclude che il cellulare possa causare altri<br />
generi di tumore. Le microonde radio emesse dai<br />
cellulari sono diverse dai raggi x o dai raggi<br />
ultravioletti, sono meno potenti, nonostante ciò le<br />
ricerche del dottor di del 1993 non sono affatto<br />
rassicuranti: le onde elettromagnetiche dei cellulari<br />
a cui topi da laboratorio sono stati esposti hanno<br />
causato l’interruzione del DNA di questi ultimi.<br />
Essendo stato appurato il fatto che l’utilizzo<br />
intenso di un cellulare, vale a dire almeno trenta<br />
minuti al giorno per un arco di tempo lungo dieci<br />
anni, aumenta del 40% la possibilità di insorgenza<br />
di un tumore nell’individuo, il telefonino è stato<br />
aggiunto alla lista degli agenti cancerogeni ed è<br />
stato classificato al livello 2b di pericolosità. Sono<br />
ugualmente pericolosi rispetto al telefonino tutti<br />
quegli apparecchi che hanno attiva la funzionalità<br />
wireless, per cui sono inclusi i cordless e il<br />
computer per ciò che riguarda la possibilità di<br />
navigare su internet.<br />
Per quanto concerne questo argomento la parola<br />
d’ordine suggerita dall’OMS è quindi estrema<br />
cautela. Adoperare il cellulare all’insegna della<br />
prudenza e della responsabilità verso se stessi<br />
significa ridurre l’utilizzo a casi in cui è<br />
strettamente necessario e, se risulta impossibile<br />
evitare, è bene utilizzare gli auricolari o i messaggi<br />
di testo, così che la testa e l’apparecchio restino<br />
sempre a debita distanza. È altamente sconsigliato<br />
tentare ostinatamente di telefonare in luoghi in cui<br />
il segnale è scarso o nullo, in questi casi infatti è<br />
necessaria maggiore potenza in uscita per cui le<br />
radiazioni emesse dal telefonino sono nettamente<br />
superiori. Queste sono le precauzioni che l’OMS ci<br />
raccomanda di adottare, e se l’OMS e l’IARC ci<br />
mettono in<br />
guardia sembra proprio il caso di allarmarsi.<br />
Certo sarebbe del tutto sbagliato nonché da ipocriti<br />
suggerire smettere definitivamente di usare il<br />
cellulare, visto e considerato che è un pericolo,<br />
anche perché tanto non serve a nulla. Riconosco<br />
che la sua utilità è evidente in quanto, mentre ci<br />
sono casi in cui è utilizzato per gioco o per<br />
leggerezza anche in momenti in<br />
cui si potrebbe farne a meno, si verificano<br />
eventualità in cui rappresenta la nostra unica<br />
salvezza. Se ci si perde in posti isolati è il solo
contatto che si mantiene con il mondo, se ci si trova<br />
in situazioni di pericolo rintracciare la posizione<br />
del cellulare significa sapere il luogo esatto in cui si<br />
trova la persona.<br />
Alla luce di ciò è opportuno consigliare l’uso<br />
dell’apparecchio all’insegna di astuzia e<br />
intelligenza, lo si può fare seguendo pochi preziosi<br />
consigli che ci sono comunicati da Riccardo<br />
Staglianò nel suo libro: tutelare prima di tutto i<br />
bambini, utilizzare gli auricolari col filo o il<br />
vivavoce, preferire i messaggi di testo alle<br />
chiamate, evitare il contatto con il corpo, scegliere<br />
il modello con minore SAR (Specific Absortion<br />
Rate = tasso di assorbimento specifico, che segnala<br />
in percentuale il valore di radiazioni che un corpo<br />
umano esposto a un campo elettromagnetico a<br />
radio frequenza assorbe), non usarlo in auto o in<br />
treno: in movimento il cellulare fa più fatica a<br />
connettersi con la linea ed emette maggiori<br />
radiazioni<br />
In conclusione intendo ribadire i concetti,<br />
l’importanza e le conseguenze legate alla mia<br />
posizione. Il cellulare non è un oggetto magico, al<br />
contrario potrebbe rivelarsi letale, pertanto deve<br />
essere usato con giudizio. Inoltre bisogna dire che<br />
le precauzioni consigliate potrebbero non essere<br />
sufficienti: mentre le ricerche continuano in attesa<br />
di responsi più sicuri, c’è chi sostiene che tutelarsi<br />
come indicato sopra possa non servire a granché. È<br />
il caso di Francesco Marinelli, ricercatore del CNR,<br />
che afferma: «le onde elettromagnetiche stanno nel<br />
range che interferisce con il comportamento<br />
biologico». Ciò significa che ci colpirebbero<br />
comunque, evitare il contatto fisico col telefono<br />
non potrà salvarci. Lo stesso ricercatore sostiene<br />
che anche la scelta del modello con minore SAR<br />
non sia determinante. I test relativi a questo<br />
parametro sono stati pensati dalle aziende<br />
produttrici e vengono effettuati<br />
utilizzando un gel proteico amorfo, la cui struttura<br />
è diversa dalle cellule che<br />
compongono il tessuto cerebrale. È fondamentale<br />
far propri questi concetti e<br />
comprenderne la portata, perché il cellulare non è<br />
nostro amico, le agevolazioni che in un primo<br />
momento ci offre potrebbero non valere quanto il<br />
sacrificio.<br />
Bibliografia<br />
Staglianò, Riccardo, Toglietevelo dalla testa -<br />
Cellulari, tumori e tutto quello che le lobby non<br />
dicono, Milano, Chiarelettere, 2012<br />
Staglianò, Riccardo “Rischio cellulari. Non<br />
telefonate più senza l’auricolare (oppure usate gli<br />
sms)” in Il Venerdì di Repubblica, XXV, n° 1245,<br />
gennaio 2012, pp. 67-67<br />
Sitografia<br />
http://it.emcelettronica.com/storia-del-telefonocellularehttp://newebmarketing.blogspot.it/2012/02/maquanti-cellulari-hanno-gli-italiani.htmlhttp://benessere.paginemediche.it/it/238/casa-esicurezza/detail_1491_cellulari-eradiazioni.aspx?c1=98&c2=392<br />
http://www.vanityfair.it/news/societ%C3%A0/2012<br />
/01/28/cellulari-tumore-stagliano'4444<br />
http://www.italiasalute.it/6801/pag2/I-cellularifanno-male-dice-l'Oms.html<br />
http://www.repubblica.it/salute/ricerca/2011/05/31/<br />
news/oms_i_cellulari_possono_causare_il_cancro-<br />
17035258/
Il business spietato delle case<br />
farmaceutiche<br />
Imparato Alexandra<br />
Un figlio nasce… i suoi genitori lo<br />
affidano amorevolmente alle cure del<br />
pediatra, fiduciosi del fatto che il suo<br />
ruolo sia quello di prevenire e curare<br />
eventuali malattie, ma non è sempre<br />
così: in una società ormai caratterizzata dalla<br />
globalizzazione, nella quale il valore<br />
fondamentale sembra essere il vile profitto,<br />
viene da chiederci se la popolazione mondiale non<br />
sia “ostaggio” dei colossali interessi delle<br />
multinazionali farmaceutiche. L’egemonia della<br />
politica sanitaria impone i suoi dogmi, riducendo<br />
l’uomo ad un potenziale consumatore di farmaci, i<br />
quali non sempre curano le vere cause di una<br />
determinata patologia, ma creano bensì ulteriori<br />
danni alla salute. Questo predominio del farmaco<br />
si compie fin dalla nascita: con le vaccinazioni<br />
dette obbligatorie, le quali generano spesso nei<br />
genitori forti dubbi. Basti pensare che il vaccino<br />
esavalente consigliato alle giovani madri (e<br />
ritenuto erroneamente gratuito poiché si paga con<br />
le tasse) contiene ben 6 vaccini in 1: antipolio,<br />
antitetanica, antidifterica, antiepatite B,<br />
antimorbillo e antipertosse. Una vera “bomba”<br />
chimica, tranquillamente indicata dal medico di<br />
fiducia.<br />
La mia tesi è che la nostra salute è succube di una<br />
scellerata alleanza fra la potente industria del<br />
farmaco e un ottuso sistema sanitario. Il cartello<br />
Big Pharma (che include tutte le maggiori case<br />
produttrici di farmaci del mondo, da<br />
GlaxoSmithKline a Baxter, Novartis e altre)<br />
detiene il monopolio delle cure ed è capeggiato da<br />
individui che agiscono come dittatori “invisibili”.<br />
In verità i veri padroni del nostro destino sono un<br />
pugno di uomini appartenenti alle famiglie più<br />
possenti del mondo (i Rothschild, i Rockefeller ed<br />
altri personaggi illuminati) o meglio di grandi<br />
banche di investimento e di multinazionali. Lo<br />
illustra bene Hans Ruesch 1 quando scrive: «<br />
L’industria farmaceutica è grande e potente come<br />
l’industria delle armi. Con la differenza che la<br />
guerra finisce. La malattia, no, finché c’è<br />
qualcuno che la tiene in vita ». Lo stesso discorso<br />
fa Michel Chossudovsky 2, in un suo articoloinchiesta<br />
pubblicato su numerose riviste<br />
internazionali e siti Internet.<br />
In effetti, la medicina di stato ritiene molto più<br />
proficuo scatenare paure a suon di numeri,<br />
modificando la realtà attraverso campagne<br />
terroristiche con la complicità di un giornalismo<br />
servo del potere politico. Le grosse multinazionali<br />
spendono in pubblicità e in marketing il doppio di<br />
quello che spendono in ricerca. Si pensi al caso di<br />
qualche anno fa quando l’influenza H1N1, detta<br />
anche suina (una malattia degli animali che esiste<br />
da quando vi sono gli allevamenti sporchi o<br />
intensivi) apparve in tutto il mondo, creando una<br />
psicosi generale, ben sfruttata dai big del farmaco,<br />
per lucrare sulla salute della popolazione. Un<br />
fenomeno in seguito sbugiardato: l’ennesima<br />
“bufala” creata a tavolino. Una banale influenza
anche meno aggressiva di quella stagionale. Difatti<br />
le ASL italiane spesero 184 milioni di euro per<br />
acquistare vaccini (ovvero 24 milioni di dosi) che,<br />
in gran parte, non vennero utilizzati. Ragion per cui<br />
il Consiglio d’Europa denunciò lo scandalo<br />
sanitario dichiarando senza mezzi termini che la<br />
vera influenza era «quella esercitata dalle lobbie<br />
farmaceutiche sull’ Organizzazione Mondiale della<br />
sanità (OMS) affinché dichiarasse la pandemia».<br />
Recentemente si è verificato lo stesso fenomeno:<br />
nel settembre del 2011, la televisione svizzera<br />
divulga un’inchiesta esaustiva (dalla parte delle<br />
bambine) che spiega della campagna pro-vaccino<br />
anti-virus HVP (il Papilloma virus, accusato di<br />
provocare il cancro al collo dell’utero). Il<br />
documentario denuncia il fatto che le commissioni<br />
parlamentari abbiano ricevuto materiale<br />
informatico solo da parte dei fabbricanti dei vaccini<br />
e mostra come la stessa classe medica sia perplessa<br />
a riguardo, per non dire contraria (non conoscendo<br />
la reale efficacia del farmaco utilizzato). Il<br />
movimento Comilva spiega il perché dell’inutilità<br />
di questo allarmismo in quanto il vaccino protegge<br />
solo da 2 ceppi del virus, mentre sono almeno 15<br />
quelli che provocano il cancro. Considerato che una<br />
donna, anche dopo aver fatto il vaccino, debba<br />
periodicamente controllarsi eseguendo un pap test,<br />
(un test in grado di individuare le cellule malate sul<br />
nascere e che permette di guarire al 100%) perché<br />
pubblicizzare una vaccinazione “a tappeto” quando<br />
è provato che non è necessaria?<br />
A questo punto credo sia legittimo chiederci cosa<br />
fanno le autorità competenti per tutelarci. Ebbene<br />
sappiamo che l’industria del farmaco deve<br />
vendere! Cosicché si affida a degli informatori<br />
scientifici, i quali illustrano i vantaggi dei loro<br />
prodotti rispetto a quelli della concorrenza. Poiché<br />
sono pagati sulla base dell’aumento delle vendite, è<br />
assai improbabile che si soffermino ad elencare gli<br />
effetti tossici delle medicine che pubblicizzano.<br />
Dell’argomento si è occupata la trasmissione<br />
Report, mandata in onda nel novembre del 2011 (Il<br />
Marketing del farmaco). L’inchiesta di Paolo<br />
Barnard rivela la verità scomoda sul ruolo di questi<br />
rappresentanti e la loro influenza sui medici. In<br />
aggiunta mette in luce i metodi sleali usati per<br />
corrompere i professionisti del settore: “coccole”<br />
sotto forma di cene, regali, donazioni agli ospedali,<br />
congressi-viaggi, mazzette…e così via.<br />
Ovviamente solo una parte di questi dottori viene<br />
corrotta, ma ciò basta a falsare tutto il mercato.<br />
Peraltro questo meccanismo di indottrinamento<br />
nasce alla base del sistema e viene illustrato in un<br />
documento di marketing di una nota azienda<br />
farmaceutica, nel quale si legge: «costruire un<br />
gruppo di opinioni leader, e cioè i baroni<br />
universitari e ospedalieri, fidelizzati alla casa<br />
farmaceutica » (nelle Università lo studente è<br />
lasciato a se stesso. I docenti nemmeno si pongono<br />
il problema del discorso deontologico). Inquietano<br />
le dichiarazioni fatte al giornalista della Rai nelle<br />
quali l’informatore, in forma anonima, allude<br />
anche a minacce fisiche. Ma nello spietato mondo<br />
delle lobbie, questi metodi non sono poi così<br />
lontani dagli scenari fantascientifici dei romanzi<br />
gialli. Eppure cosa fanno le autorità? la<br />
Commissione Unica del Farmaco (un importante<br />
organismo con compiti vincolanti di controllo sul<br />
settore farmaceutico – CUF) deve prevenire<br />
eventuali abusi prima di permettere la prescrizione<br />
di un determinato farmaco sul territorio. Un<br />
compito lodevole… peccato però che non sia<br />
sempre così. Prendiamo ad esempio il caso del<br />
medicinale Ritalin della casa Novartis, un<br />
anfetaminico indicato nel trattamento della<br />
sindrome da deficit di attenzione e iperattività<br />
(ADHD) che ha effetti sul cervello più potenti di<br />
quelli della cocaina. Questo stupefacente circolava<br />
liberamente prima che lo autorizzassero nel nostro<br />
paese, complici i medici autoreferenziali e le<br />
dogane colabrodo (il farmaco proveniva dalla<br />
Svizzera). Ma nel 2007 ecco che l’Italia adotta la<br />
pasticca “miracolosa”. A tal proposito<br />
l’associazione “Giù le mani dai bambini” (il<br />
comitato italiano che monitora i disagi<br />
dell’infanzia e raggruppa Università, ordini dei<br />
medici, associazioni genitoriali e socio-sanitarie)<br />
sostiene che «le precauzioni assunte dal Ministero<br />
per evitare abusi furono del tutto insufficienti».<br />
Ma gli speculatori si rifiutano di ammettere<br />
l’esistenza di un legame fra la potenziale nocività<br />
dei vaccini e la comparsa di ulteriori malattie<br />
(autismo, patologie del sistema immunitario,<br />
allergie varie di cui nessuno conosce la vera causa)<br />
come nel caso della sindrome di morte improvvisa<br />
del lattante (SIDS). Sui foglietti illustrativi dei<br />
vaccini si legge che le case farmaceutiche<br />
escludono, guarda caso, qualsiasi legame fra la<br />
SIDS e i vaccini. Intanto è del recente aprile 2012<br />
una sentenza del Tribunale di Rimini che riconosce
il nesso di causalità tra la vaccinazione e l’autismo<br />
(i vaccini contengono sostanze altamente tossiche<br />
come il mercurio, il formaldeide e l’alluminio).<br />
Tuttavia, sembra scontato pensare che i medicinali<br />
ci aiutino e potremmo dire che è grazie ai vaccini<br />
se alcune malattie infettive e pericolose sono state<br />
debellate, ma non è così ovvio! Ce lo spiega il<br />
dottore Serravalle 3 nel suo libro: Bambini super<br />
vaccinati. Egli nutre forti dubbi sulla sicurezza e<br />
l’efficacia dei vaccini. Inoltre dimostra che alcune<br />
malattie infettive come il vaiolo, ad esempio, non<br />
sono scomparse per merito dei vaccini, ma per via<br />
di prassi igieniche e di quarantene (lo sostiene la<br />
stessa OMS). Del resto, l’eminente neonatologo<br />
afferma anche di non aver trovato studi clinici di<br />
ampio numero (condotti da ricercatori<br />
indipendenti) che attestino che i bambini vaccinati<br />
siano più sani di quelli non vaccinati. Ciò<br />
nonostante è evidente che non potremmo fare a<br />
meno dei dottori o dei farmaci e lo scopo di questa<br />
tesi non è quello di demonizzare l’intera categoria<br />
del sistema, anzi, esiste un discreto numero di<br />
medici "indignati" e a caccia dei “trucchi”<br />
dell’industria del farmaco. Ne è un esempio il<br />
convegno di Roma del novembre 2011: un<br />
workshop organizzato dagli studenti del<br />
Segretariato Italiano Studenti di Medicina (SISM)<br />
sul tema «Case farmaceutiche e conflitti d'interesse<br />
nella pratica medica», un convegno organizzato in<br />
modo spartano e ben lontano dalle location abituali:<br />
Resort a 5 stelle, sauna, beauty farm e ristoranti di<br />
lusso... Comunque nel panorama attuale qualcosa<br />
sta cambiando e le vaccinazioni non sono più<br />
obbligatorie fin dal 2008 (anche se le autorità si<br />
guardano bene dal renderlo noto). Nessuno può<br />
forzare un genitore a vaccinare il proprio figlio.<br />
Oggigiorno sono sempre più frequenti i casi di<br />
denunce che vedono coinvolta anche la politica e<br />
gli scandali del mondo del farmaco balzano, ormai,<br />
alla ribalta delle cronache. Parliamo della Francia e<br />
dei suoi politici “amici” di case farmaceutiche. Sul<br />
banco degli imputati c’è la casa Servier (proprietà<br />
di Jacques Servier, grande amico di Sarkozy,<br />
nonché premiato dal medesimo con la legione<br />
d’onore!) produttrice di un farmaco antidiabetico<br />
trasformatosi in medicinale taglia-fame<br />
estremamente nocivo e commercializzato nel 1996.<br />
Un caso costellato di misteri, di morti (500 morti e<br />
3500 ricoveri in ospedale) e di denunce soffocate<br />
(del resto Servier è intoccabile con i suoi 3.7<br />
miliardi di fatturato) fino al 2009, anno in cui il<br />
farmaco viene ritirato dal mercato. Ma non è da<br />
meno la denuncia che la giornalista austriaca Jane<br />
Burgermeister (dell’autorevole gruppo di ricerca<br />
indipendente Global research) ha presentato nel<br />
2009: una serie di esposti contro la Baxter<br />
(multinazionale attiva nell’industria farmaceutica e<br />
le biotecnologie), l’OMS e l’ONU per attività<br />
illegali e criminali nella preparazione della<br />
massiccia campagna di informazione deviata sulla<br />
presunta pandemia del virus H1N1. Nel documento<br />
intitolato “Prove per il bioterrorismo” deposto<br />
all’FBI, la Burgermeister aggiunge:«Ci sono prove<br />
che organizzazioni come OMS e ONU e le<br />
compagnie farmaceutiche che producono i vaccini<br />
… facciano parte di un unico sistema sotto il<br />
controllo di un gruppo criminale di base». Un altro<br />
esempio di contestazione ci rimanda al 2004, anno<br />
in cui il procuratore generale di New York Eliot<br />
Spiltzer decide di citare in giudizio la<br />
multinazionale GlaxoSmithKline per «frode<br />
ripetuta e persistente». L’accusa si basa sul fatto<br />
che la Glaxo, al fine di vendere un pericolosissimo<br />
antidepressivo (il Paxil) a migliaia di bambini,<br />
avrebbe deliberatamente tentato di insabbiare i<br />
risultati di alcuni studi scientifici secondo i quali il<br />
medicinale incriminato non solo sarebbe inefficace,<br />
ma spingerebbe al suicidio.(Glaxo ha respinto le<br />
accuse, ma ha accettato una nuova linea di<br />
condotta, in base alla quale saranno resi pubblici<br />
tutti i risultati delle loro ricerche). Purtroppo<br />
questo intervento significativo solleva un<br />
problema molto più profondo e inquietante<br />
I potenti di questo mondo tentano di controllare la<br />
popolazione anche attraverso le emozioni umane:<br />
più di 40 anni fa le autorità della psichiatria si<br />
riunirono in segreto con il risultato che oggi, nel<br />
mondo, 100 milioni di persone assumono<br />
psicofarmaci, convinti da medici scorretti di essere<br />
malati in ogni fase della loro vita: l’infanzia,<br />
l’adolescenza, la gioventù e l’anzianità. Invece<br />
manifestazioni come l’ansia, l’insicurezza e lo<br />
stress sono normali disagi dovuti ai ritmi<br />
frenetici che questo mondo “globalizzato” ci<br />
impone. Un mondo nel quale le emozioni vengono<br />
etichettate come malattie di cui, peraltro, non si<br />
conoscono le cause ma che, ovviamente,<br />
incrementano un “grasso” giro d’affari. Più delle<br />
volte non si tratta di scienza ma di forti interessi fra<br />
multinazionali e venditori di farmaci che,
attraverso un marketing efficace, distorcono la<br />
realtà, convincono i medici di base a prescrivere<br />
pillole per qualsiasi problema emotivo, riducendolo<br />
ad una vera patologia. Senza accurate visite e senza<br />
nemmeno conoscere il 50% degli effetti collaterali.<br />
Non è difficile capire il perché di questi<br />
meccanismi: l’industria psichiatrica raccoglie in un<br />
anno 330 miliardi di dollari! Ma parliamo ancora<br />
di numeri: questa prolifica macchina causa più di<br />
3000 morti ogni mese, senza contare gli<br />
innumerevoli danni collaterali causati da queste<br />
pericolose pasticche. Lo testimoniano i famigliari<br />
delle tante vittime: genitori ignari che raccontano<br />
del suicidio del figlio o della personalità<br />
“disintegrata” della figlia. Ma a raccogliere queste<br />
nuove malattie ci pensa la “ bibbia” degli psichiatri:<br />
il Diagnostic and Statistical Manual of Mental<br />
Disorders (DSM – Manuale Diagnostico e<br />
Scientifico dei Disturbi Mentali), un “fertile” tomo<br />
che contiene malattie create arbitrariamente (le<br />
diagnosi contenute nel manuale non sono fondate<br />
su criteri scientifici) dagli stessi dottori che<br />
concordano, a suon di voti, nell’ingigantire<br />
semplici e normali “disturbi” (come fare la pipì a<br />
letto o litigare con la propria madre, dipendere<br />
dalle sigarette, essere esuberanti oppure timidi…)<br />
riconosciuti in seguito, da loro stessi, per<br />
legittimare il finanziamento di nuovi prodotti da<br />
parte delle multinazionali. A questo punto è facile<br />
riconoscersi nel tipico soggetto affetto da<br />
bipolarismo, una patologia “generosamente”<br />
elargita dagli psichiatri di tutto il mondo, poiché ci<br />
capita spesso di alternare, nel corso della giornata,<br />
sbalzi d’umore e ciò per svariati e futili motivi. Il<br />
reale disturbo bipolare è, ahimè, tutt’altra cosa!<br />
Mentre i guru italiani della medicina allopatica<br />
(detta anche ufficiale) si oppongono drasticamente<br />
alle tante cure alternative, i nostri cugini (Francia,<br />
Gran Bretagna, Germania) accolgono, invece, altri<br />
tipi di terapie complementari: per esempio, nel caso<br />
della medicina omeopatica, che viene riconosciuta<br />
e rimborsata dal sistema sanitario francese, mentre<br />
da noi i prodotti omeopatici non possono, per<br />
legge, contenere indicazioni terapeutiche perché<br />
non considerati medicinali. E che dire del modo in<br />
cui l’Italia ha ostacolato il metodo messo a punto<br />
da Paolo Zamboni dell’Università di Ferrara.<br />
Secondo il suo criterio esisterebbe una correlazione<br />
significativa tra i sintomi della Sclerosi Multipla e<br />
la CCSVI, (insufficienza venosa cerebro-spinale<br />
cronica), una malformazione dei vasi sanguigni che<br />
fa sì che il passaggio del flusso sanguigno sia<br />
ostacolato. Questa teoria (più volte pubblicata su<br />
autorevoli riviste scientifiche internazionali) è stata<br />
ignorata dal l’Aism (Associazione Italiana Sclerosi<br />
Multipla), colpevole, secondo molti, di non essere<br />
in grado di rappresentare i pazienti, i quali<br />
pretendono che siano disponibili le nuove cure<br />
offerte dalla ricerca, nel sacrosanto nome del diritto<br />
alla salute. In ogni modo la notizia del febbraio<br />
2012 che l’Emilia-Romagna finanzierà la cura<br />
Zamboni è la prova che il fenomeno irrompe<br />
inevitabilmente, come, altrettanto, sta succedendo<br />
con il metodo Di Bella. I media se ne stanno<br />
occupando e molti malati di cancro non hanno mai<br />
smesso di credere in questa terapia alimentata dal<br />
passaparola. Lo dimostrano i 250 ricorsi vinti in<br />
tribunale dall’avvocato Marisa Cataldo di Bari, la<br />
quale asserisce che: «Il diritto alla salute non può<br />
essere pregiudicato da un “tetto di spesa”, il<br />
bilancio dello Stato non può comprimere il diritto<br />
che una persona ha di curarsi. Questa è una<br />
garanzia costituzionale». La cura del dottor Di<br />
Bella 4 (una terapia alternativa per la cura dei<br />
tumori) fu discreditata dal Ministero della Sanità<br />
che stabilì, nel 1998, l’inefficacia del metodo. (Ma<br />
molti farmaci furono somministrati scaduti e la<br />
terapia così “alterata” fu testata su un gruppo di<br />
pazienti gravemente malati, alcuni terminali, altri<br />
all’ultimo stadio). Occorre sapere che nei<br />
trattamenti oncologici, le case farmaceutiche<br />
giocano un ruolo fondamentale, perché i protocolli<br />
sono i trattamenti più costosi nell’ambito medico (i<br />
prezzi dei chemioterapici sono quasi in toto pagati<br />
dal Sistema nazionale sanitario, e quindi dai<br />
cittadini con le tasse: circa 50.000 a 200.000 euro<br />
al mese per ogni singolo paziente!)<br />
La mia convinzione, dunque, è che in un mondo in<br />
cui i poteri economici condizionano le nostre scelte<br />
di vita, le poche “armi” di cui disponiamo per<br />
difenderci da una speculazione efferata ai danni<br />
della nostra salute rimangono l’informazione e una<br />
consapevolezza della realtà che ci circonda. A<br />
dimostrarlo è l’esempio di presa di coscienza da<br />
parte di semplici cittadini i quali sono stati in grado<br />
di tediare i saldi equilibri delle lobbie<br />
multimiliardari: un gruppo di pensionati londinesi,<br />
dopo aver scoperto che parte dei loro risparmi<br />
erano stati investiti in alcune multinazionali come<br />
la Glaxo, ha minacciato di spostare i propri
isparmi, nel nome di un investimento più etico.<br />
Ribadisco, dunque, che si possa e si debba<br />
attingere dal proprio buon senso. Del resto, se<br />
consideriamo che una “genuina” rivista come<br />
Acqua&Sapone (un mensile che viene offerto in<br />
tutt’Italia da una nota catena di supermercati e che,<br />
guarda caso, è indipendente da qualsiasi partito<br />
politico) approfondisce argomenti così gravi,<br />
richiamando l’attenzione di numerosi clienti e<br />
riscuotendo un notevole consenso, significa, forse,<br />
che la gente comune è stanca di subire i soprusi<br />
delle lobbie farmaceutiche.<br />
NOTE:<br />
1 Hans Ruesch, scrittore, sceneggiatore e editore<br />
svizzero. È stato autore di romanzi, nonché saggi<br />
contro la sperimentazione animale. Sull’argomento<br />
Scrisse Imperatrice nuda, libro che destò scalpore<br />
in Italia nel 1976, anno in cui fu pubblicato da<br />
Rizzoli, e che fu poi boicottato e soffocato<br />
dall'industria farmaceutica in accordo con le<br />
maggiori case editrici.)<br />
2 Michel Chossudovsky è un premiato autore,<br />
professore di economia presso l’università di<br />
Ottawa e direttore del centro per la ricerca sulla<br />
globalizzazione (CRG), Montreal. Egli è l’autore di<br />
La globalizzazione della povertà e il nuovo ordine<br />
mondiale (2003) e Guerra al terrorismo<br />
dell’America (2005).<br />
3 Il dottor Eugenio Serravalle,, neonatologo e<br />
pediatra, specialista in patologia neonatale,<br />
pediatria preventiva e puericultura<br />
4 Luigi Di Bella era un fisiologo nato in provincia<br />
di Catania nel 1912 e deceduto a Modena nel 2003.<br />
SITOGRAFIA<br />
www.mednat.org<br />
www.guide.supereva.it<br />
www.notizie.tiscali.it/regioni/Emilia.../Zamboniscle<br />
rosi.html<br />
www.ilgiornale.it/tumori/io_avvocato<br />
www.vaccineunsencored.org<br />
www.vaccinationcouncil.org<br />
www.disinformazione.it<br />
http://www.acquaesapone.it/<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
• Shelton, Herbert, Danni causati da vaccini e<br />
sieri, Gildone, Igiene naturale Srl, 1985.<br />
• Pignatta, Valerio, Asma e vaccinazioni,<br />
Cesena, Macro Edizioni, 2002.<br />
• Chaitow, leon, I pericoli della vaccinazione<br />
e le possibili alternative, Palermo, Ipsa Editore.<br />
• Serravalle, Eugenio, Bambini super<br />
vaccinati, Torino, Il Leone Verde, 2009.<br />
• Moynihan, Ray e Cassels, Allan, Selling<br />
Sickness, Londra, 2005 (trad. it. Di Minnicucci S.<br />
Farmaci che ammalano, Nuovi Mondi Ed, 2005)
Cuore d'inchiostro:<br />
l'importanza della lettura<br />
Korchak Cuda Mariya<br />
el mondo contemporaneo, che<br />
privilegia l'azione e l'estroversione,<br />
leggere è considerata un'occupazione<br />
passiva, poco attraente, adatta, non a<br />
caso, al genere più oppresso, quello<br />
femminile 1».<br />
«N<br />
Infatti,con l'avvento dell'era<br />
multimediale e tecnologica ,la lettura pian piano si<br />
sta affievolendo,indebolendo e sempre meno le<br />
giovani generazioni leggono di buon gusto un<br />
libro,ma sempre di più passano il loro tempo<br />
davanti al computer, videogames e televisione<br />
,bombardati da migliaia di immagini,suoni e<br />
parole che scorrono a fiumi e spesso e volentieri li<br />
rendono passivi ed acriticamente accondiscenti .<br />
Molti dicono: « la lettura è noiosa,ci fa perdere<br />
tempo,non serve a nulla leggere libri classici in<br />
un'epoca che va sempre più velocemente<br />
avanti,verso nuovi orizzonti».Ma la mia opinione<br />
si contrappone a questi pareri , e dunque la mia<br />
tesi è che la lettura è un'attività peculiare,unica e<br />
difficilmente sostituibile,essa è molto importante<br />
per l'individuo e la sua formazione.<br />
La lettura è importante,innanzitutto,come<br />
acquisizione strumentale. Infatti ,in Italia ,come in<br />
altri Paesi avanzati,ha avuto molta rilevanza la<br />
scolarizzazione di massa,tanto è vero che era uno<br />
tra gli obiettivi prioritari della politica scolastica<br />
negli anni '50 e '60 dei governi di Centro e Centro-<br />
Sinistra ai fini di combattere gli alti tassi di<br />
analfabetismo nella penisola italiana. Invero,la<br />
lettura come abilità decifratoria ,per cui si<br />
riconoscono delle lettere e le si trasforma in<br />
significato, è indispensabile ai fini della piena<br />
integrazione dell'individuo in una società<br />
alfabetizzata.<br />
Insegnare a leggere,scrive A. Ascenzi,<br />
«significava e significa sia introdurre l'individuo<br />
nel mondo della conoscenza,fornirgli gli strumenti<br />
per avviarsi sulla strada del sapere »,ma anche<br />
rendeva e rende possibile «la partecipazione,sia<br />
pure in termini minimali,alla comunicazione<br />
scritta e alla vita sociale» 2. Dunque,sotto questo<br />
aspetto la lettura ha un uso sociale rilevante ,essa<br />
è una necessità «alla quale sfuggono soltanto<br />
coloro che non sanno leggere»,è quasi<br />
un'imposizione nell'impiego,consumo del testo<br />
che « invade tutti gli istanti dell'esistenza<br />
attraverso i giornali,volantini,istruzioni<br />
d'uso,manifesti» 3. Nella società moderna è<br />
indispensabile informarsi,tenersi continuamente<br />
aggiornato per non ''rimanere indietro",per sapere<br />
cosa succede attorno a noi,nel mondo nel quale<br />
siamo immersi ,e per alcuni questa è addirittura<br />
«un'attività dettata dall'istinto di sopravvivenza 4» .<br />
E quindi ,come facciamo a rimanere sulla ''cresta<br />
dell'onda'' del sociale se non possediamo un ben<br />
solido possesso strumentale del saper leggere?<br />
Un vecchio detto italiano dice: « voler imparare<br />
senza libro ,è come voler attingere acqua senza<br />
secchio», ed è proprio così - attraverso la lettura<br />
noi acquisiamo conoscenza. Essa consente<br />
l'accesso al sapere e alle più importanti fonti della
tradizione culturale. Nei secoli passati ,sebbene<br />
esistessero altre forme di comunicazione,quella<br />
scritta ( e quindi affidata al libro e alla sua<br />
successiva lettura) ha raccolto,conservato e<br />
tramandato ai posteri il sapere dei saggi e dei dotti<br />
e « se essi non ci fossero noi saremmo tutti rozzi e<br />
ignoranti, senza alcun ricordo del passato, senza<br />
alcun esempio 5». Il libro,molto più in passato che<br />
ora,devo dire, schiudeva le porte alla conoscenza ;<br />
ma anche oggi esso vive,palpita ,ragiona ,parla con<br />
noi,ci insegna; il libro ci aspetta sempre lì,sullo<br />
scaffale ,pronto ad essere aperto e a dialogare con<br />
noi,ed anche se quelli scolastici ci sembrano dei<br />
mattoni,dobbiamo ricordarci che i mattoni<br />
edificano. Spesso ce lo dimentichiamo, ma,<br />
leggendo buoni libri noi abbiamo una grande<br />
possibilità che a volte ,purtroppo, ci è stata negata (<br />
roghi ,censure ,occultamenti,omissioni ) ,e cioè<br />
conversare « con le persone più oneste dei secoli<br />
passati che ne sono stati gli autori 6» .<br />
Infine,vorrei inserire una citazione di R. De Bury<br />
che mi ha colpito molto per la sua veridicità ,a mio<br />
avviso, e perché mi ci sono rivista e ritrovata :<br />
« Riflettiamo infine su come nei libri il sapere sia a<br />
portata di mano, quanto sia semplice e misterioso<br />
insieme; con quanta tranquillità, senza falsi pudori<br />
ci spogliamo davanti a loro della nostra ignoranza.<br />
I libri sono maestri che ci educano senza bacchetta<br />
né verga, senza strepiti né rabbia e non voglion<br />
favori né soldi! Se ti avvicini loro, non dormono e<br />
non sfuggono se li interroghi per sapere! Non ti<br />
riprendono se sbagli e non ti ridono in faccia per la<br />
tua ignoranza 7!» .<br />
Collegata alla lettura come acquisizione di<br />
conoscenza e sapere,vi è la cosiddetta lettura<br />
funzionale. Essa sta proliferando negli ultimi<br />
tempi,infatti ci sono manuali per addestrare<br />
professionisti ,tecnici , manager, studenti,ecc. ,con<br />
la tecnica della lettura rapita,produttiva e<br />
funzionale appunto. Inoltre vi sono tanti libri di<br />
argomenti e campi professionali specifici,di base<br />
,di livello avanzato (lingue<br />
straniere,economia,ecc.). La lettura ,in questo<br />
caso,è importante ai fini professionali e di studio e<br />
viene eseguita da determinati lettori per "obbligo".<br />
Dunque ,anche se questo va un po' a svantaggio<br />
della lettura letteraria,con finalità di maturazione<br />
etica ed estetica dell'individuo,d'altro lato dimostra<br />
come una società con tecnologie moderne e<br />
raffinate,non fa e non possa fare a meno del<br />
libro,della parola scritta e letta,dell'attività del<br />
leggere,sia essa informativa ,funzionale o<br />
produttiva. Del resto,se ci pensiamo,ci sono<br />
manuali d'istruzione e d'uso per usare<br />
televisori,personal computer,lavatrici,i-phone,ecc.<br />
« Se fossi un detenuto, vorrei un libro per volar via,<br />
oltre le mura del carcere 8».<br />
Leggere ci porta in terre lontane,alla scoperta di<br />
nuovi orizzonti ,modi di vivere,di pensare;ci fa<br />
conoscere realtà diverse dalla nostra e dunque ci<br />
rende meno soggetti a condizionamenti o a<br />
pregiudizi,ci da una certa elasticità mentale.<br />
La letteratura che comunica esperienza ha la<br />
funzione sia di arricchimento intellettuale ed<br />
esistenziale, sia di svago e d'intrattenimento. Da un<br />
lato,infatti, vi sono i libri che raccontano una<br />
miriade di esperienze reali di terre lontane come la<br />
Cina,l'India,l'Iran ,ecc. ; dall'altro gli adolescenti e<br />
non solo possono immergersi nel genere fantasy e<br />
visitare luoghi come La Terra Di Mezzo, La scuola<br />
di magia di Hogwarts ,andare con Verne sotto i<br />
mari,visitare i Lillipuziani con Swift. Abbiamo la<br />
grande opportunità di sdraiarci sul salotto di casa e<br />
volare via,con la fantasia e la meraviglia che ne<br />
deriva ,oppure col pensiero e il dischiudersi di<br />
migliaia di realtà e testimonianze diverse che ci<br />
sono nel mondo. Possiamo muoverci nel tempo e<br />
nello spazio,ascoltare quello che molte persone<br />
hanno da dirci,vedere oltre la nostra soglia di casa<br />
,e tutto questo grazie al libro - vascello che fa<br />
viaggiare anche al più povero senza il tormento del<br />
pedaggio 9.<br />
Secondo l'interpretazione psicoanalitica,sostenuta<br />
da studiosi come B.Bettelheim, N.Holland,<br />
J.Held,la lettura ,in particolare di un'opera<br />
narrativa, è un'occasione per un contatto con se<br />
stessi ,in quanto riesce a toccare le sfere più intime<br />
e riposte dell'io. Quando noi entriamo in rapporto<br />
con pensieri ,sentimenti,modi<br />
d'essere,comportamenti di uno o più<br />
personaggi,questi suscitano in noi il confronto con<br />
noi stessi ,e dunque la repulsione o l'adesione ; e ,in<br />
tutti i casi ,questo confronto implica la necessità di<br />
verificare ciò che siamo,la messa a nudo della<br />
propria personalità e quindi un 'arricchimento della<br />
coscienza dell'individuo. Gli studiosi sopra citati<br />
dicono che noi diamo al testo un significato in base<br />
alla nostra esperienza psichica personale vissuta ,in<br />
quanto leggendo « trasfiguriamo i dati per
iconoscervi simboli psichici 10» ; lo notò anche<br />
M.Proust ,che disse che « ogni lettore,quando<br />
legge,legge se stesso 11».<br />
Quest' interpretazione è importante per quanto<br />
riguarda l'infanzia poiché ,secondo questi studiosi<br />
le fiabe o le letterature fantastiche fanno sciogliere i<br />
conflitti intrapsichici ,in quanto si adeguano agli<br />
schemi mentali infantili e parlano direttamente<br />
all'inconscio; da un lato le fiabe propongono nelle<br />
vesti accettabili di personaggi animaleschi o<br />
fantastici i fantasmi,le paure del bambino ,che<br />
vengono riconosciuti nel suo inconscio e quindi<br />
superati ed elaborati positivamente 12. Dall' altro la<br />
dimensione fantastica è adeguata all'animismo<br />
infantile e i bisogni dei bambini possono essere<br />
studiati in tal modo,in quanto sono espressi dai<br />
desideri (di invisibilità,leggerezza,ecc.) 13.<br />
D'altro lato si potrebbe benissimo dire che « da un<br />
libro vuoto non si raccoglie saviezza » ,che<br />
oggi,con l'affermazione dell'industria culturale,il<br />
mercato editoriale obbedisce a logiche di mero<br />
consumo; infatti ci sono tante pubblicazioni prive<br />
di un autentico spessore culturale ,ci sono effimere<br />
rincorse alle mode e la ripetizione delle formule di<br />
successo come dimostra ,per esempio , la rapida<br />
proliferazione dei libri sui vampiri dopo il successo<br />
della saga diTwilight. Inoltre,ci sono prodotti<br />
cinematografici o televisivi (per es. documentari<br />
scientifici) di grande valore culturale e che<br />
influiscono talvolta con maggiore determinazione<br />
sul pubblico di massa.<br />
Io non voglio difendere l'importanza della lettura e<br />
dunque del libro a priori; queste realtà esistono e<br />
cioè - come ci sono libri scadenti,grossolani, così ci<br />
sono prodotti dei mass media di valore. Il fatto è<br />
che si dovrebbe distinguere,come dice A.Ascenzi<br />
,tra le potenzialità comunicative del mezzo e l'uso<br />
che ne viene fatto 14 . Alcuni aprioristicamente<br />
difendono il libro e criticano le altre forme di<br />
comunicazione,soprattutto quelle non tradizionali;<br />
ma questo non è l'atteggiamento giusto , bisogna<br />
parlare e discutere con la medesima<br />
consapevolezza critica dell'uno e dell'altro e<br />
distinguere lavori che vale la pena valorizzare o che<br />
conviene ignorare 15. E dunque,dovremmo ascoltare<br />
e seguire ciò che dice una citazione tradizionale : «<br />
i libri,come gli amici,devono essere pochi e ben<br />
scelti».<br />
Bisogna dire che ,per quanto faccia concorrenza la<br />
comunicazione per immagini alla lettura,non può<br />
svolgere la funzione di potenziamento del pensiero<br />
astratto come può fare il libro. Sì,la conoscenza è<br />
garantita anche da molti nuovi mezzi,i racconti<br />
fantastici diventano più reali nei film,ma il leggere<br />
plasma ed esercita il pensiero logico. Da una<br />
parte,quando leggiamo (con attenzione,con<br />
interesse,con passione),si potenziano e si dilatano<br />
le nostre attività cognitive generali come, per<br />
esempio, quelle relative al riconoscimento delle<br />
informazioni,ai collegamenti logici tra queste;<br />
dall'altra ,si sviluppa (ovviamente va esercitata) la<br />
capacità critica grazie al processo di comprensione<br />
del testo e dei suoi contenuti ,e anche una loro<br />
interpretazione. Inoltre la nostra forma del pensiero<br />
e la conoscenza astratta,devono molto alla lingua<br />
scritta,tant'è vero che ,quando noi vogliamo<br />
scrivere sul foglio un discorso orale o una cosa che<br />
abbiamo letto,il nostro atto di scrivere « trasforma<br />
al tempo stesso discorso e pensiero 16». Per di più<br />
, è opinione di molti studiosi eminenti che,chi<br />
legge buoni libri,ha una struttura mentis più<br />
ricca,flessibile , raffinata,analitica e sequenziale di<br />
qualsiasi persona che non legga 17.<br />
Per ultimo,ma non per importanza,vorrei parlare di<br />
lettura come fonte di piacere,che stimola i nostri<br />
sensi. Disse Jules Renard : « Quando penso a tutti i<br />
libri che mi restano da leggere,ho la certezza di<br />
essere ancora felice 18». La lettura non è noiosa se<br />
scelta con cura e a proprio piacimento ,non è<br />
passiva,essa ci porta con sé, ci rende felici,liberi<br />
,leggeri,lontani dalle nostre preoccupazioni,ci può<br />
consolare. Questo godimento estetico dell'opera,di<br />
cui parlava B.Croce ,quest'autentico piacere per il<br />
testo,è quello che affascina ed avvicina l'individuo<br />
e, sul lungo periodo,produce una solida<br />
affezione,un gusto per la lettura e forma soggetti<br />
capaci di apprezzare il libro e maturare con esso.<br />
Infine vorrei esortare in primo luogo le famiglie e<br />
soprattutto i genitori a far conoscere la lettura ai<br />
propri bambini,coinvolgerli e spronarli ad entrare<br />
in questo universo,in quanto la consuetudine ad<br />
essa è più forte quando si è più piccoli . In secondo<br />
luogo ,penso che anche la scuola ,attraverso gli<br />
insegnanti ,e la città ,attraverso il servizio<br />
bibliotecario e librario ,renda più facile e spontaneo<br />
l'avvicinamento del possibile lettore. Perché un<br />
libro è un vasto universo comunicativo,è una<br />
sorgente dalla quale possiamo attingere conoscenza<br />
, dialogo con i massimi geni dell'umanità, avere<br />
esperienze immaginarie e realistiche;la lettura ci
nutre l'anima ,lo spirito e anche il cervello,in<br />
quanto è depositaria di abilità intellettuali e<br />
processi cognitivi difficilmente surrogabili. Nella<br />
lettura ci possiamo ritrovare ,ci possiamo<br />
nascondere,trovare una consolazione,possiamo<br />
volare in terre lontane ,sviluppare la nostra<br />
immaginazione ed ampliare i nostri orizzonti.<br />
Per quanto riguarda i mass media,la televisione , i<br />
computer,gli educatori dovrebbero sorvegliare<br />
l'esposizione mediale dei giovani e dotargli di<br />
adeguati strumenti conoscitivi e critici per un<br />
approccio non ingenuo o passivo nei confronti di<br />
questi. Ma, nonostante le nuove e sofisticate<br />
tecnologie ,che diverranno sempre più raffinate e<br />
presenti nella nostra quotidianità,credo che la<br />
lettura di un buon libro sia e sarà sempre un<br />
alimento ,una nutrizione per il nostro spirito ed il<br />
libro sia il nostro cuore d'inchiostro.<br />
NOTE:<br />
1)Valentino,Sosella ,www.interruzioni.com<br />
2) Ascenzi,Anna , La letteratura per l'infanzia oggi,<br />
Milano ,Vita e pensiero, 2002.<br />
3) R.Bartes - a.Compagnon,Lettura , in<br />
Enciclopedia, VIII,Einaudi ,Torino, 1979,p.180.<br />
4) Ivi 1)<br />
5) Cit. Cristoforo Moro<br />
6) Cit. Renee Descartès<br />
7) Cit. Richard De Bury<br />
8) Cit. Peppe Lanzetta<br />
9) Cit. Emily Dickinson<br />
10) Ivi 2)<br />
11) Cit. Marcel Proust<br />
12) cfr. B.Bettelheim, The uses of enchantment:the<br />
meaning and importance of fairy tales, New York<br />
1976(Feltrinelli,Milano 1977)<br />
13) cfr. J.Held, L'immaginaire au pouvoir:les<br />
enfans et la litterature fantastique, PUF Paris,1976.<br />
14) cfr. A.Ascenzi,La Letteratura Per L'infanzia<br />
Oggi, Milano,Vita e Pensiero,2002,p. 14.<br />
15) Se vogliamo fare un confronto tra la lettura e<br />
altri mezzi di comunicazione,la prima ha alcuni<br />
caratteri specifici: sottintende tempi più<br />
lunghi,richiede una concentrazione maggiore e un<br />
impegno più grande per rielaborare le<br />
informazioni,e procede solo grazie a chi<br />
legge,altrimenti si arresta;invece la fruizione di altri<br />
mezzi può andare avanti senza un' attenzione o<br />
concentrazione vigile del soggetto. E' nel secondo<br />
caso che si è più passivi, e quindi crolla la teoria<br />
comune secondo cui leggere è un 'attività passiva<br />
,in quanto invece è impegnativa, « faticosa,richiede<br />
attenzione,partecipazione e attività di riflessione»<br />
,come scrive Valentino Sosella.<br />
16) Ivi 2)<br />
17) cfr. Valentino Sosella, www.interruzioni.com<br />
18) cit. Jules Renard<br />
Bibliografia<br />
Ascenzi,Anna , La letteratura per l'infanzia oggi,<br />
Milano ,Vita e pensiero, 2002.<br />
R.Bartes - a.Compagnon,Lettura , in Enciclopedia,<br />
VIII,Einaudi ,Torino, 1979,p.180.<br />
Cristoforo Moro<br />
Renee Descartès<br />
Richard De Bury<br />
Peppe Lanzetta<br />
Emily Dickinson<br />
Marcel Proust<br />
B.Bettelheim, The uses of enchantment:the<br />
meaning and importance of fairy tales, New York<br />
1976(Feltrinelli,Milano 1977)<br />
J.Held, L'immaginaire au pouvoir:les enfans et la<br />
litterature fantastique, PUF Paris,1976.<br />
A.Ascenzi,La Letteratura Per L'infanzia Oggi,<br />
Milano,Vita e Pensiero,2002,p. 14.<br />
Jules Renard<br />
Sitografia<br />
www.iterruzioni.com ,articolo di Valentino Sosella
Rinnovabile: una risorsa per<br />
l'Italia<br />
Mambrino Viviana<br />
Martedì 18 Aprile 2012 scoppia di fronte<br />
a Montecitorio una protesta contro i<br />
tagli agli incentivi previsti dai decreti<br />
del Ministero dello Sviluppo<br />
Economico: tali decreti<br />
comporterebbero una serie di impedimenti<br />
burocratici ed economici che bloccherebbero<br />
l’avanzare dei successi realizzati fino ad oggi sul<br />
fronte del rinnovabile. Con questi decreti vengono<br />
introdotti limiti alle nuove installazioni<br />
(registrazioni obbligatorie e senza rimborsi) e tagli<br />
degli incentivi per gli impianti fotovoltaici, sia per<br />
quanto riguarda grandi progetti sia per piccoli<br />
impianti domestici. Fino a poco tempo fa, la<br />
sostituzione dei tetti in amianto con pannelli<br />
fotovoltaici era incentivata da particolari bonus<br />
che, grazie a questi decreti, vengono eliminati. Se<br />
prima l’Italia, imitando il modello tedesco di<br />
incoraggiamento al rinnovabile, sosteneva le<br />
iniziative di imprese e privati, adesso abbandona<br />
tale atteggiamento per passare ad un’infinita<br />
burocrazia che limita investimenti e proposte per<br />
tutte le fonti d’energia rinnovabile e gli impianti di<br />
grande, media e piccola taglia.<br />
A mio parere l’Italia dovrebbe puntare sull’energia<br />
rinnovabile più di altri paesi europei. Infatti, ci<br />
troviamo di fronte ad una carenza di informazione<br />
del pubblico su quelli che sono i non pochi<br />
vantaggi del rinnovabile, che non viene<br />
considerato ad oggi un’ equa alternativa a fonti<br />
energetiche quali, ad esempio, il nucleare. Lo<br />
stesso Jeremy Rifkin, economista statunitense che<br />
ha già collaborato nel nostro paese sul fronte<br />
dell’energia alternativa, afferma:<br />
« L'Italia dovrebbe essere l'Arabia Saudita<br />
dell'energia rinnovabile. Nessun Paese europeo<br />
ha le vostre risorse: il sole, la forza del mare, il<br />
vento, le montagne per le centrali idroelettriche.<br />
Eppure molti altri Stati, dalla Germania ai paesi<br />
scandinavi, sono più avanti. 1 »<br />
Le energie rinnovabili, sono definite da Rifkin<br />
«Terza rivoluzione industriale», in cui ognuno<br />
produce la propria energia e la scambia con gli<br />
altri: ci si scambierà energia tramite una “rete”<br />
così come oggi ci si scambiano informazioni<br />
tramite internet.<br />
Rispetto agli altri paesi europei, l’Italia è<br />
morfologicamente più avvantaggiata per la<br />
produzione di energia rinnovabile. Nel nostro<br />
paese abbiamo, oltre all’energia solare, svariate<br />
alternative. Impianti geotermici sono già presenti<br />
in Toscana, dove vi sono giacimenti naturali di<br />
vapore. Per quel che riguarda l’energia eolica,<br />
essa copre già il 20% della produzione di energia<br />
alternativa in Italia, la quale può contare su venti<br />
di buona intensità, soprattutto nelle zone<br />
mediterranee e nelle isole. Proprio in queste zone,<br />
specialmente lungo il crinale appenninico e nelle<br />
zone costiere delle regioni centromeridionali(Campania,<br />
Puglia, Molise, Basilicata,<br />
Sardegna), sono sorte le cosiddette Wind Farm,<br />
fattorie del vento. La presenza di numerosi fiumi e
di catene montuose lungo tutto lo stivale facilita la<br />
nascita di impianti per la produzione di energia<br />
idroelettrica, la principale risorsa alternativa alle<br />
fonti fossili usata in Italia: essa garantisce oggi<br />
circa il 15% del fabbisogno energetico. Ma oltre<br />
alle tradizionali fonti rinnovabili, esistono nuove<br />
tecnologie in fase di sperimentazione capaci di<br />
sfruttare l’energia delle maree o delle correnti<br />
marine, e perfino delle onde o della variazione di<br />
temperatura alle differenti profondità: in una<br />
penisola come l’Italia, circondata dai mari, tutto ciò<br />
non causerebbe altro che benefici.<br />
Secondo gli studi di Jakobson e Delucchi l’energia<br />
rinnovabile potrebbe coprire il fabbisogno<br />
energetico del pianeta in soli 50 anni 2. Le energie<br />
wws (wind, water, solar ovvero vento, acqua e sole)<br />
potrebbero accompagnare i combustibili<br />
tradizionali e sostituirli interamente nel 2050.<br />
Questo risultato viene esplicato nel saggio<br />
“Providing all global Energy with wind, water and<br />
solar power” di Mark Jakobson e Mark Delucchi. I<br />
due studiosi statunitensi stimano che la richiesta<br />
mondiale di energia nel 2030 sarà di 11.500<br />
gigawatt. Con le wws in circa vent’anni, si<br />
otterrebbero circa 100.000 gigawatt, e quindi oltre<br />
il fabbisogno. Circa l’84% dell’energia sarà fornita<br />
dalle turbine eoliche. Secondo i due studiosi,<br />
inoltre, ciò che non permetterebbe uno sviluppo<br />
dell’energia rinnovabile sarebbero soprattutto<br />
questioni politiche: i governi, afferma Jakobson,<br />
avrebbero interessi nel proseguire gli studi sul<br />
nucleare, non tanto per questioni energetiche,<br />
quanto per la produzione di armi sempre più<br />
potenti. Per di più esistono modelli energetici<br />
“elitari” ed altri “democratici”(così vengono<br />
definiti da Rifkin): il nucleare è centralizzato,<br />
servono grandi capitali per avviarlo e mantenerlo.<br />
L’energia rinnovabile al contrario è democratica, un<br />
sistema distribuito, dal basso verso l’alto in cui<br />
ognuno produce e scambia autonomamente. Solo<br />
perché l’energia rinnovabile non segue gli interessi<br />
dei grandi capitalisti non significa che essa non sia<br />
sufficiente a coprire il fabbisogno energetico<br />
mondiale, e ciò lo dimostra appunto lo studio di<br />
Jakobson e Delucchi.<br />
Ovviamente se si dovessero guardare le necessità<br />
energetiche in tempistiche minori, il nucleare<br />
sarebbe la soluzione migliore. Infatti, esso produce<br />
una quantità di energia notevole in poco tempo e<br />
per quel che riguarda la questione ambientale si<br />
potrebbe anche aggiungere che non produce CO2<br />
(ovvero anidride carbonica) ed ossidi di azoto e<br />
zolfo, i quali sono principali cause del buco<br />
nell’ozono.<br />
Tuttavia le 439 centrali nucleari oggi in funzione<br />
nel mondo non producono che il 5% dell’energia<br />
totale. Ma, sempre come sostiene l’economista<br />
Rifkin, il nucleare avrebbe un senso se coprisse<br />
almeno il 20% del fabbisogno energetico mondiale,<br />
solo in questo caso i costi sostenuti per le centrali e<br />
il controllo sarebbero giustificati. Certo, perché<br />
oltre al costo per la creazione di una centrale<br />
nucleare, entrano in gioco il costo per il suo<br />
mantenimento e lo spreco di acqua per il<br />
raffreddamento dei reattori.<br />
Inoltre resta il problema fondamentale<br />
dell’eliminazione delle scorie. Gli Stati Uniti hanno<br />
costruito un sistema di stoccaggio nello Yucca<br />
Mountain spendendo miliardi di dollari per un<br />
progetto fallito nel 2010. Come può l’Italia, che ha<br />
già problemi sul fronte dello smaltimento<br />
dell’umido, affrontare tale problema? E su quale<br />
organizzazione ricadrebbero la gestione e i costi di<br />
tale smaltimento? Dove andranno a finire tali<br />
scorie? Come se in nostri mari non fossero già<br />
abbastanza radioattivi!<br />
Le energie rinnovabili sono infinite e in continua<br />
evoluzione. Non solo, essendo rinnovabili, sono<br />
inesauribili ma le tecnologie e le nuove invenzioni<br />
migliorano con il passare del tempo. Se prima,<br />
trarre energia dal sole sembrava impensabile<br />
adesso forse è la cosa più naturale e si cercano<br />
nuove tecnologie e nuovi materiali per potenziare il<br />
fotovoltaico. Se prima il vento creava disagi e<br />
seccature adesso può essere un elemento a nostra<br />
disposizione. E andando oltre, ci sono migliaia e<br />
migliaia di studi che si concentrano su altre forme<br />
di rinnovabile e che sono ancora in fase di<br />
sperimentazione. Se vi sono evoluzioni negli studi<br />
sul nucleare, esse sussistono non tanto sul fronte<br />
della produzione energetica quanto su<br />
approfondimenti per la produzione di armi<br />
atomiche. Rinnovabile significa nuove scoperte,<br />
nuovi materiali e nuove invenzioni per un<br />
miglioramento della funzionalità e della qualità<br />
degli impianti di produzione di energia che<br />
verrebbe prodotta in quantità maggiori a costi<br />
inferiori.<br />
L’energia rinnovabile crea nuovi posti di lavoro.<br />
Secondo uno studio dell’Ires ( istituto delle
icerche economiche e sociali) i Green Jobs<br />
diventeranno 250 mila nel mercato del lavoro<br />
verde. Con il rinnovabile nascono nuove figure<br />
professionali (54 in totale quelle proposte dallo<br />
studio Ires 3): ingegneri e designer nel campo del<br />
fotovoltaico, dell’eolico o delle biomasse, tecnici,<br />
agronomi, fisici, agricoltori per la produzione delle<br />
biomasse e così via. L’espandersi di questi settori<br />
provoca un aumento di occupazioni legate ai settori<br />
stessi. Per questo è necessario anche investire<br />
nell’energia rinnovabile in un momento in cui si<br />
parla tanto di crisi del lavoro. L’Italia potrebbe<br />
essere un punto di svolta, perché è all’avanguardia<br />
nel campo del fotovoltaico, delle biomasse e<br />
dell’energia eolica.<br />
Io credo che l’Italia dovrebbe considerare le<br />
energie rinnovabili non solo come un’opportunità<br />
di occupazione, ma anche come uno slancio, una<br />
strategia che faccia da propulsore per la crescita<br />
economica e tecnologica. Parliamo tanto di Natura<br />
distruttiva, di “forza della Natura”, quando invece<br />
potremmo usare questa forza e trarne benefici<br />
vicendevolmente: noi da una parte ricavando<br />
energia, e la natura dall’altra non più vittima di gas<br />
di scarico nocivi e scorie radioattive nascoste nel<br />
sottosuolo. L’energia rinnovabile potrebbe<br />
rappresentare un punto di partenza verso il<br />
cambiamento, e l’Italia, utopicamente, come mai<br />
accaduto prima, potrebbe fare da traino e condurre<br />
l’intera Europa verso un futuro rinnovabile, dove<br />
l’energia non è più di un’élite, bensì è un’energia<br />
collaborativa, cooperativa e democratica.<br />
Note:<br />
1. J. Rifkin, dal discorso alla cerimonia<br />
d'inaugurazione dell'anno accademico<br />
dell'Università di Torino, 3 dicembre 2007<br />
2. Mark Z. Jacobson and Mark A. Delucchi (30<br />
December 2010). "Providing all global energy with<br />
wind, water, and solar power, Part I: Technologies,<br />
energy resources, quantities and areas of<br />
infrastructure, and materials". Energy Policy.<br />
Elsevier Ltd.<br />
3. L’Istituto di Ricerche Economiche e Sociali<br />
(IRES) è un’associazione no profit, fondata dalla<br />
Cgil nel 1979.<br />
BIBLIO-SITOGRAFIA:<br />
- “I GREEN JOBS NEL SETTORE DELLE<br />
ENERGIE RINNOVABILI”;Serena Rugiero<br />
Coordinatrice Osservatorio Energia e Innovazione<br />
Ires;Presentazione N. 10/2010<br />
- TERMMINATION:YUCCA MOUNTAIN<br />
REPOSITORY PROGRAM; Department of Energy<br />
http://www.reid.senate.gov/issues/upload/Terminati<br />
on-Language-for-the-Website.pdf<br />
- Mark Z. Jacobson and Mark A. Delucchi<br />
(30 December 2010). "Providing all global energy<br />
with wind, water, and solar power, Part I:<br />
Technologies, energy resources, quantities and<br />
areas of infrastructure, and materials". Energy<br />
Policy. Elsevier Ltd.<br />
- "Rapporto Statistico 2010" . Statistiche<br />
sulle fonti rinnovabili. Gestore Servizi Energetici<br />
(GSE).
Multinazionali: avidità di pochi,<br />
povertà di molti<br />
Pullano Luigi<br />
I<br />
n campo economico la globalizzazione<br />
indica la graduale abolizione delle<br />
barriere commerciali, ovvero l'aumento<br />
degli scambi commerciali tra le<br />
nazioni. Con lo stesso termine si indica<br />
anche l'affermazione del fenomeno delle imprese<br />
multinazionali nello scenario dell'economia<br />
mondiale: in questo ambito si fa riferimento sia<br />
alla delocalizzazione di una o più fasi produttive<br />
che alla tendenza delle stesse a conquistare più<br />
mercati. Multinazionale può essere considerato un<br />
termine relativamente recente, legato da un lato al<br />
controllo di materie prime da parte di un numero<br />
sempre più ristretto di soggetti, dall’altro<br />
all'espansione del commercio nel mondo e alla<br />
recente esplosione di nuovi settori quali il terziario<br />
e il terziario avanzato. Una realtà in continuo<br />
divenire, frutto dei processi economici e sociali<br />
iniziati nell'Ottocento con la rivoluzione<br />
industriale e il capitalismo, evolutisi con<br />
l’allargamento dei mercati dopo il secondo<br />
conflitto mondiale.<br />
La mia tesi è che la globalizzazione causerebbe un<br />
impoverimento maggiore dei paesi poveri,<br />
attribuendo sempre più potere alle multinazionali.<br />
Quest’ultime favoriscono lo spostamento della<br />
produzione dai paesi più industrializzati a quelli in<br />
via di sviluppo, zone franche in cui tutti i diritti<br />
umani non sono garantiti e dove i salari sono più<br />
bassi. Il tutto senza dare reali benefici alla<br />
popolazione del posto, anzi distruggendone buona<br />
parte dell'economia locale . Anche gli attivisti del<br />
movimento new-global precisano però che non<br />
sono contro la globalizzazione ma per un diverso<br />
modello di essa, più solidale, che tenga più conto<br />
delle diversità culturali e non cerchi di omologare<br />
tutto il pianeta sul modello occidentale. È molto<br />
criticato il fatto che sia stata attuata in modo<br />
selvaggio senza assumere, dentro i criteri del<br />
commercio internazionale, un limite allo<br />
sfruttamento delle risorse umane e ambientali, il<br />
cosiddetto sviluppo sostenibile, anche perché<br />
spesso le aziende delocalizzano solo per un breve<br />
periodo e poi delocalizzano di nuovo dove costa<br />
ancora meno, quindi non hanno interesse alla<br />
tutela dell'ambiente in loco né all'armonia tra le<br />
parti sociali, alle quali guardano da una<br />
prospettiva simile a quella dei colonialisti dell'età<br />
preindustriale.<br />
L’Africa, a dispetto dei soliti luoghi comuni, è un<br />
continente ricchissimo, fortemente legato al ruolo<br />
di produttore di materie prime di cui però non<br />
controlla, in alcun modo, i mercati. Stiamo<br />
parlando di petrolio, diamanti, oro, cobalto<br />
(indispensabile per la fabbricazione dei nostri<br />
amati cellulari), uranio, platino e molto altro.<br />
Eppure, come scrive il giornalista Carrisi, oltre a<br />
non portare ricchezza agli abitanti autoctoni,<br />
queste risorse sembrano davvero maledette per<br />
l’Africa perché causa di guerre sanguinose<br />
manipolate da interessi stranieri: vedi il caso della<br />
Sierra Leone dove, per la conquista dei giacimenti
diamantiferi, i gruppi rivoltosi hanno massacrato<br />
migliaia di “fratelli” compiendo le efferatezze più<br />
inimmaginabili.<br />
Negli ultimi anni, il rinvenimento di grandi<br />
giacimenti petroliferi in Africa, ha persuaso gli<br />
Stati Uniti e le multinazionali ad intensificare la<br />
loro presenza in quel continente, anche a causa<br />
della forte instabilità del Medio Oriente. Sono sotto<br />
gli occhi di tutti i disastri e le violenze procurate<br />
soprattutto in Nigeria, spesso a marchio Shell.<br />
Ovviamente col petrolio ci guadagnano le<br />
compagnie internazionali e le elites locali, non<br />
certo il resto della popolazione.<br />
Oltre a depauperare le risorse autoctone, nella<br />
maggior parte dei casi le multinazionali<br />
sottraggono lavoro. Con l'agricoltura<br />
industrializzata gli operai sono rari e poi spesso i<br />
prodotti sono esportati e lavorati in Europa.<br />
L'Africa diventa il mercato dove le multinazionali<br />
cercano di vendere i prodotti, più che il luogo di<br />
lavorazione. Inoltre i salari sono estremamente<br />
bassi, le condizioni di lavoro sono generalmente<br />
spaventose e con l’irrorazione di pesticidi aumenta<br />
la mortalità infantile e le malattie alle vie<br />
respiratorie, dato che la maggior parte della gente<br />
cammina scalza e beve acqua raccolta all'aperto.<br />
Le grandi compagnie minerarie non sono da meno<br />
in quanto a sfruttamento indebito di risorse.<br />
Espropriano gli abitanti locali delle loro terre con<br />
risarcimenti ridicoli, sono dedite alla<br />
deforestazione, sfruttano i lavoratori, e con i loro<br />
macchinari, con i prodotti e gli agenti chimici che<br />
utilizzano per gli scavi, inquinano spesso le falde<br />
acquifere. Gli estrattori di diamanti, pur di<br />
perpetuare indisturbati il loro lucroso business,<br />
sono stati capaci di accordarsi e sovvenzionare gli<br />
eserciti irregolari più sanguinari che controllavano<br />
il territorio in cui operavano o volevano insediarsi<br />
le multinazionali.<br />
Non si comportano bene nemmeno le<br />
multinazionali farmaceutiche quando forniscono<br />
agli africani i così detti medicinali salva-vita a costi<br />
superiori rispetto a quelli sul libero mercato. Può<br />
succedere, infatti, che alcune industrie, in ragione<br />
della disastrosa situazione africana, offrano copie di<br />
medicinali importanti per la sopravvivenza, tipo<br />
quelli anti-HIV, a costi decine di volte inferiori a<br />
quelli delle case farmaceutiche che ne possiedono il<br />
brevetto. Il problema è che l’organizzazione che<br />
tutela i brevetti internazionali dei vari prodotti<br />
messi in commercio (WTO) , fra i quali quelli<br />
medici, sanziona i paesi da cui provengono<br />
prodotti “copiati” da quelli ufficialmente registrati<br />
e brevettati. Viene, quindi, preservato il monopolio<br />
delle multinazionali farmaceutiche da<br />
un’organizzazione che dovrebbe, per statuto,<br />
difendere il libero commercio internazionale. Cosi<br />
come per le politiche agricole, il protezionismo dei<br />
paesi ricchi condanna i poveri alla fame ed alle<br />
malattie, mentre il libero commercio potrebbe<br />
permettere ai loro prodotti agricoli di far<br />
concorrenza ai nostri ed ai loro ammalati di curarsi<br />
con medicine di basso costo da acquistare in India<br />
o in Brasile, ad esempio.<br />
Senza parlare poi delle multinazionali delle armi,<br />
che riforniscono e mantengono fiorenti le attuali<br />
guerre. Allo stesso modo quelle dei rifiuti<br />
industriali e chimici che avvelenano l'Africa coi<br />
rifiuti che l'Europa non riesce a smaltire, o quelle<br />
del legname che stanno dilapidando e distruggendo<br />
le una volta famose foreste vergini dell'Africa,<br />
dalla cui esistenza tutti dipendiamo per la<br />
rigenerazione dell'ossigeno e l'assorbimento della<br />
crescente anidride carbonica.<br />
In numerosi casi la globalizzazione "ferisce" le<br />
tradizioni popolari diffondendo ad esempio alcune<br />
feste che appartengono a quelle di un popolo.<br />
Lampante il caso di Halloween, festa di origine<br />
celtica nata presso i popoli anglo-sassoni, che con<br />
la globalizzazione è divenuta propria anche dei<br />
paesi sviluppati. Ciò non accade solo per le feste,<br />
ma anche per il modo di vestire, soprattutto quello<br />
giovanile, il modo di parlare, o per i cibi<br />
consumati. Emblematico l’esempio dei numerosi<br />
centri commerciali o dei ‘fast food’ sparsi ormai in<br />
tutto il mondo. Nei McDonalds i panini hanno<br />
dimensioni e peso uguali in tutto il mondo così<br />
come le modalità di consumo da parte nostra.<br />
Questo è anche un esempio usato da Ritzer nel suo<br />
saggio ‘Il mondo alla McDonald’ e ricavato dal<br />
sistema-mercato per spiegare ‘l’uniformizzazione e<br />
l’omologazione dei costumi sociali’.<br />
La globalizzazione ha prodotto in molti paesi<br />
suicidi di massa tra i contadini, strozzati dai debiti<br />
per l'aumento dei costi di produzione e la caduta<br />
dei prezzi. Come afferma l’economista Vandana<br />
Shiva, in India l'ingresso nel paese delle grande<br />
multinazionali come la Monsanto sta causando la<br />
rovina per i piccoli agricoltori, obbligati ad<br />
acquistare da loro le sementi industriali a costo
sempre più elevato, biologicamente modificate e<br />
utilizzabili solo per un raccolto. La stessa è autrice<br />
del saggio “Povertà e globalizzazione” in cui<br />
correla la povertà del terzo mondo agli effetti della<br />
globalizzazione. La nostra sopravvivenza sarà<br />
possibile «solo se viviamo in accordo alle leggi<br />
della biosfera». Ciò sarebbe realizzabile se<br />
l’economia globale rispettasse i limiti imposti<br />
«dalla sostenibilità e dalla giustizia»: come<br />
suggeriva Gandhi « la Terra ha abbastanza per i<br />
bisogni di tutti, ma non per l’avidità di pochi».<br />
Con globalizzazione, ci si riferisce oltre che allo<br />
sviluppo di mercati globali, anche alla diffusione<br />
dell'informazione e dei mezzi di comunicazione<br />
come internet, che oltrepassano le vecchie frontiere<br />
nazionali. Nello stesso campo il termine indica la<br />
crescente attenzione dei notiziari locali su temi<br />
internazionali. Di pari passo alla diffusione di<br />
notizie su scala mondiale ed alla progressiva presa<br />
di coscienza delle problematiche globali,<br />
cominciano a svolgersi grandi manifestazioni con<br />
la partecipazione contemporanea in numerose<br />
località di decine di milioni di persone. In ogni<br />
caso, nella coscienza dei popoli il fenomeno si sta<br />
consolidando insieme alla assunzione di un punto<br />
di vista globale e all’impegno concreto per un<br />
mondo migliore al di là dei propri interessi<br />
personali e dei confini nazionali . Si parla sempre<br />
più spesso di "globalizzazione dei diritti" e perciò<br />
di rispetto dell'ambiente, di eliminazione povertà,<br />
di abolizione della pena di morte ed emancipazione<br />
femminile in tutti i paesi del mondo.<br />
Ritengo che siamo davanti ad un nuovo<br />
colonialismo, meno evidente di quello precedente,<br />
ma non meno rapace, dal momento che di tutte<br />
queste risorse fanno razzia gli “invasori stranieri”<br />
con la complicità di governatori e potenti locali.<br />
Per evitare la fine di paesi come quelli Africani<br />
sono numerosi gli appelli di mobilitazione alla<br />
società civile che finalmente si sta organizzando e<br />
che, spesso, in molti settori, è più competente ed<br />
organizzata delle istituzioni locali. Un piccolo ma<br />
importante esempio è rappresentato dalla Grameen<br />
Bank (in bengalese banca del villaggio), una banca<br />
che concede microprestiti alle popolazioni povere<br />
locali senza chiedere garanzie ma fondata sulla<br />
fiducia e sulla convinzione che anche i poveri<br />
abbiano capacità imprenditoriali sottoutilizzate.<br />
Essa gestisce tra l’altro varie attività economiche<br />
finalizzate allo sviluppo anche del settore<br />
energetico, e curiosamente non è in perdita<br />
considerato che il 98 per cento dei prestiti viene<br />
restituito. Un altro appello è lanciato alla comunità<br />
internazionale, specialmente all’Europa, meno<br />
“integralista” culturalmente degli U.S.A., affinché<br />
allacci con l’Africa ed il Terzo mondo rapporti più<br />
umani, perché, alla fine dei giochi, a nessuno<br />
conviene che queste popolazioni scompaiano per<br />
sempre.
Il linguaggio dei media<br />
evolve tra vecchi e<br />
nuovi poteri<br />
l XX secolo segna l’avvento dei mezzi<br />
di comunicazione di massa, meglio noti<br />
come mass media. Le informazioni<br />
diventano disponibili per tutti e sempre<br />
più in tempo reale, a partire<br />
dall’introduzione nelle case di strumenti quali la<br />
radio, diffusasi negli anni ’20, successivamente la<br />
televisione (1954) e, alla fine del secolo, con<br />
l’irruzione di internet. La TV resta tutt’ora il<br />
principale strumento d’informazione in molti<br />
paesi, mentre internet è in costante crescita: dalle<br />
poche centinaia di “host”, indirizzi IP stabilmente<br />
attivi, presenti agli albori della rete, nel 2011 se ne<br />
sono calcolati oltre 888 milioni1. La mia tesi è che oggi, ancora più che in passato,<br />
esista un’assuefazione popolare al modello di<br />
comunicazione e di linguaggio mediatico tale da<br />
esserne irreversibilmente ingabbiati.Lo si intende<br />
dalla rapidità con cui ci si abitua a nuovi termini<br />
proposti, da un giorno all’altro, dai media:<br />
“spread” nell’economia, “infotainment” in ambito<br />
radio-televisivo, “top player” nello sport. Molte di<br />
queste espressioni rientrano fin da subito nel<br />
vocabolario della lingua in cui vengono adoperate,<br />
pur essendo di chiara matrice straniera2. I<br />
Se a<br />
questi si aggiungono gli slogan e le frasi fatte che<br />
vengono inculcate nella mente di chi legge e<br />
ascolta, come il “rigore” imposto da Mario Monti,<br />
appare evidente come la facoltà di pensiero umana<br />
sia esposta a delle continue manipolazioni.<br />
Già in origine, le meccaniche del pensiero umano<br />
Sisca Cosmo<br />
sarebbero indotte, se non create, dal codice<br />
linguistico verbale. In “Pensiero e<br />
linguaggio”,Vygotskij analizza gli stadi relativi<br />
alla nascita del linguaggio nell’uomo: «è proprio<br />
mediante la parola che il bambino dirige la sua<br />
attenzione su alcuni tratti, li sintetizza, simbolizza<br />
il concetto astratto e li utilizza come un segno<br />
superiore tra tutti quelli che ha creato il pensiero<br />
umano» 3.La lingua risulta avere una funzione<br />
strutturante sul pensiero. Da una parte essa riflette<br />
le categorie cognitive umane, dall’altra<br />
contribuisce a formarle.<br />
Quando anche non si vogliano accettare teorie<br />
psicologiche o filosofiche, poiché intangibili e<br />
non costituenti una prova certa, intervengono dei<br />
dati molto eloquenti: tutti i più grandi regimi<br />
totalitari del secolo scorso sono stati puntualmente<br />
accompagnati da un’adeguata campagna di<br />
propaganda mediatica atta a predisporre, nelle<br />
coscienze dei cittadini, il concetto di “normalità”<br />
per la forma di potere in procinto di governarli.<br />
Tra i gesti più importanti di Benito Mussolini<br />
durante il ventennio fascista si annovera proprio la<br />
fondazione un Ministero della Cultura Popolare e<br />
l’acquisizione, nel 1924, dell’istituto L.U.C.E.<br />
(L’Unione Cinematografica Educativa) 4, ai fini<br />
della gestione della propaganda.Il regime nazista<br />
fu consolidato da una serie di strumenti, tra cui<br />
proprio «l’azione di propaganda affidata a Joseph<br />
Goebbels (1879-1945), condotta massicciamente<br />
attraverso la stampa, l’editoria e i nuovi mezzi di
comunicazione di massa, come la radio e il<br />
cinema» 5.<br />
Questa modalità di autoaffermazione non è ristretta<br />
ai soli regimi, ma risulta identificabile, pur con<br />
qualche differenza, in qualsiasi sistema politico,<br />
anche attuale. In Italia, è innegabile il parallelismo<br />
tra l’ascesa politica di Silvio Berlusconi e<br />
l’espansione del suo impero mediatico, a partire<br />
dagli anni ’80. I dati dell’organizzazione americana<br />
Freedom House evidenziano come la stampa<br />
italiana sia passata dallo status di “libera” a quello<br />
di “parzialmente libera” (unica in Europa<br />
occidentale) in coincidenza con il ritorno al<br />
governo di Berlusconi, succeduto al governo Prodi 6<br />
. In alcuni casi si è addirittura assistito a noti<br />
personaggi televisivi e dal mondo del cinema<br />
intraprendere con successo una carriera politica.<br />
Fanno specie Arnold Schwarzenegger, eletto<br />
governatore della California nell’ottobre del 2003,<br />
o, caso ancora più celebre, Ronald Reagan, ex<br />
attore di Hollywood, che venne eletto Presidente<br />
degli Stati Uniti d’America il 20 gennaio 1981<br />
(sebbene in quest’ultimo caso si sospetti di<br />
un’implicazione delle banche dietro la sua<br />
candidatura, ciò non farebbe che confermare<br />
quanto la visibilità mediatica sia considerata dal<br />
“Potere” una carta vincente).<br />
È pur vero che, specialmente nell’era<br />
contemporanea, gli organi di comunicazione<br />
costituiscono una moltitudine, varia ed eterogenea,<br />
di idee ed opinioni.Questo comporta che,<br />
certamente più che in passato, si possa dare grande<br />
risalto anche a qualsiasi opposizione ad un<br />
potere.Ciò è dovuto soprattutto all’introduzione di<br />
Internet e all’incremento dei “competitors”, in ogni<br />
settore mediatico, a caccia di maggiore audience.<br />
Inoltre, sempre secondoFreedom House,la libertà<br />
nel mondo è aumentata sensibilmente: tra il 1975 e<br />
il 2008, gli stati “liberi” sono aumentati di oltre<br />
20%, quelli classificati come “non liberi” sono<br />
diminuiti del 25% circa, mentre la restante parte è<br />
ancora costituita dagli stati “parzialmente liberi” 7.<br />
Tuttavia, se è vero che fino a qualche decennio fa il<br />
potere dominante poteva essere considerato quello<br />
politico, l’era contemporanea vede una diversa<br />
istituzione esercitare una mastodontica influenza<br />
sull’economia globale: la multinazionale. Essa si<br />
insedia stabilmente nel nostro modo di pensare,<br />
attraverso il linguaggio mediatico proprio della<br />
pubblicità. Quanto più un prodotto è pubblicizzato,<br />
tante più volte al giorno appare ai nostri occhi, in<br />
TV, sui giornali, su Internet, su cartelloni per strada<br />
e anche in radio, e questo rende “normale”, per noi,<br />
il gesto di acquistarlo regolarmente.<br />
Le stesse “corporazioni” possiedono tratti in<br />
comune con talune forme di governo di regime. La<br />
“forma corporativa” fu propria dell’ordinamento<br />
dello stato fascista, il quale «contrapponeva<br />
all’individualismo liberale e democratico, fonte di<br />
divisione e di disgregazione del tessuto sociale,<br />
l’esigenza di una solidarietà collettiva» secondo cui<br />
i diritti dell’individuo dovevano basarsi sulla<br />
«subordinazione agli interessi della comunità<br />
nazionale» 8. La pubblicità, inoltre, è definita da<br />
alcuni dizionari come «propaganda per far<br />
conoscere la qualità di una merce» 9. Pur con le<br />
debite differenze, sia la pubblicità sia la<br />
propaganda hanno «una matrice comune, molto<br />
antica. È la comunicazione persuasiva, fondata su<br />
tecniche di convincimento che fanno capo alla<br />
retorica 10» .<br />
La mia certezza, dunque, è che così come<br />
cambiano le istituzioni che ci sovrastano (certo,<br />
oggi le multinazionali possono essere considerate<br />
«l’istituzione dominante del nostro tempo 11»), allo<br />
stesso modo si evolvono le modalità con cui esse si<br />
impongono, o si fanno accettare. Per quanto un<br />
quotidiano, un’emittente televisiva o radiofonica,<br />
perfino un sito internet, possano vantare la propria<br />
libertà d’espressione, la logica capitalistica della<br />
globalizzazione imperante, e la conseguente<br />
necessità di profitto, obbliga ogni mass medium ad<br />
accettare, quando non ricercare, il più vantaggioso<br />
contratto pubblicitario possibile offerto da una<br />
multinazionale. E più l’emittente è diffusa,<br />
maggiori saranno i guadagni. Non stupisca dunque<br />
se per l’intervallo dell’edizione 2012 del Super<br />
Bowl, negli USA, 30 minuti di spazio pubblicitario<br />
abbiano fruttato all’emittente 3,5 milioni di<br />
dollari 12 , per permettere agli americani di<br />
ascoltare un mirato discorso patriottico di Clint<br />
Eastwood che pubblicizza un’automobile. Come<br />
afferma il magnate Charles Foster Kane, alla<br />
domanda «cosa penserà la gente?», il capitalista<br />
risponderà sempre: «quello che dico io 13». L’unica<br />
differenza col passato è che oggi la persuasione è<br />
molto più sottile e indolore.<br />
Note:<br />
1. http://gandalf.it/dati/dati1.htm
2.http://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/I/inf<br />
otainment.shtml<br />
3. L.S. Vygotskij,Pensiero e linguaggio, Bari,<br />
Laterza, 1990 (titolo originale: Myšlenie i reč,<br />
1934)<br />
4. http://www.treccani.it/enciclopedia/istitutonazionale-l-u-c-e_(Enciclopedia-del-Cinema)/<br />
5. A. Brancati, Dialogo con la storia, vol.3, Milano,<br />
La Nuova Italia, 2004, p. 224<br />
6.http://guerrecontro.altervista.org/blog/2010/05/12<br />
/freedom-housela-liberta-di-stampa-nel-2009/<br />
7.http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/<br />
2/25/Freedom_In_World.jpg<br />
8. A. Brancati, Dialogo con la storia, vol.3, Milano,<br />
La Nuova Italia, 2004, p. 188<br />
9. F. Palazzi, Dizionario della lingua italiana,<br />
Milano, Ceschina, 1973, p. 1096<br />
10.http://www.slideshare.net/nuovoeutile/pubblicite-propaganda-somiglianze-differenze-aree-grigie<br />
11. M. Achbar, J. Abbot, The Corporation, Canada,<br />
2003<br />
12. http://www.pubblicitaitalia.it/news/Fatti-e-<br />
Persone/Dal-mondo/le-auto-protagoniste-del-superbowl-2012_07020223.aspx<br />
13. O. Welles, Quarto potere, Usa, 1941
Gruppo Bilderberg: governo di<br />
pochi<br />
a millenni l’uomo crea infinità di<br />
gerarchie allo scopo di mostrare il suo<br />
dominio, il suo potere sulle cose, sugli<br />
animali e soprattutto sull’uomo stesso.<br />
Anche la storia ci dimostra come, nel<br />
corso dei secoli, l’uomo abbia creato questi<br />
sistemi tassonomici di tipo teologico, sociale ,<br />
familiare ecc. servendosene allo scopo di regolare<br />
e dominare il tutto. Questo concetto è anche<br />
presente nelle religioni come scrive Bacone:<br />
>.<br />
Persino alle origini, l’uomo, secondo tutte le<br />
religioni cristiane e non solo, aveva il dominio<br />
sulle cose e solo in seguito al peccato originale ha<br />
perso questa “facoltà”, ma da allora ha sempre<br />
cercato di recuperarla “mediante le tecniche e le<br />
scienze”. È come se questo bisogno di egemonia<br />
sull’altro (animale,cosa o lo stesso uomo) fosse<br />
già insito nell’istinto umano.<br />
Dal mio punto di vista non viviamo in un mondo<br />
libero e non esistono: la democrazia, il liberalismo<br />
e le forme di governo più avanguardistiche (che<br />
inneggiano tutte le espressioni di libertà), ma una<br />
“oligarchia” mondiale, i quali “oligarchi”, si sono<br />
arrogati il diritto di pilotare a loro piacimento gli<br />
eventi mondiali e di conseguenza la vita, la morte<br />
Spadafora Maria Pia<br />
di miliardi di persone. Il gruppo Bilderberg ,o<br />
Conferenza Bilderberg o ancora club Bilderberg, è<br />
in sostanza un organismo decisionale a carattere<br />
sovranazionale. Ogni anno, dal 1954, un centinaio<br />
delle personalità più eminenti del mondo si<br />
incontra, a porte chiuse e sotto un’altissima<br />
protezione, per trattare una grande varietà di temi<br />
globali, economici, militari e politici. Questi<br />
partecipanti, che decidono delle nostre sorti, non<br />
sono stati scelti da noi, come dovrebbe essere e<br />
come viene decantato da molti politici italiani (e<br />
non solo) per quanto riguarda i doveri e i diritti di<br />
voto del buon cittadino e la retorica della “stampa<br />
libera”; ma hanno deciso di per sé, da “veri”<br />
oligarchi, di autonominarsi.<br />
Data la segretezza,dimostrata ancor di più dal<br />
fatto che le discussione non vengono mai<br />
registrate e né quantomeno riportate all’esterno,<br />
tali incontri sono stati motivo di critiche di varie<br />
teorie di complotto. Come osserva Daniel Estulin,<br />
scrittore russo contemporaneo, scrivendo:<br />
. Proprio a causa<br />
dell’estrema riservatezza, nel corso degli anni, il<br />
gruppo Bilderberg è stato accusato di ordire<br />
oscure cospirazioni da parte di attivisti e<br />
organizzazioni politiche, che paragonano spesso<br />
gli incontri dei partecipanti a quelli della
massoneria intenta a creare un “nuovo ordine<br />
mondiale”, per quanto non ci sia alcuna prova che<br />
durante i convegni si siano mai fatte discussioni o<br />
prese decisioni di questo genere. Molti giornalisti e<br />
scrittori scrivono da anni su questo gruppo, dando<br />
vita a diverse teorie che vengono, spesso, o<br />
ridicolizzate o trascurate, magari dalle stesse<br />
persone che hanno fatto, o fanno parte della stretta<br />
cerchia che partecipa a questi incontri “segreti”. Le<br />
opinioni sul tipo di cospirazioni cambiano molto a<br />
seconda dei detrattori e così anche le ipotesi sui<br />
risultati raggiunti da oltre mezzo secolo. Gli<br />
organizzatori degli incontri difendono la scelta di<br />
svolgere tutto senza far trapelare informazioni: i<br />
partecipanti ai convegni si sentono così liberi di<br />
dire davvero che cosa pensano senza temere la<br />
diffusione delle loro dichiarazioni da parte della<br />
stampa.<br />
A questo punto c’è da chiedersi: perché, nonostante<br />
queste riunioni siano segretissime, da qualche<br />
tempo non si preoccupa più di tenere nascosto il<br />
fatto stesso della sua esistenza? Il fatto che questo<br />
gruppo stia emergendo pubblicamente è perché<br />
siamo giunti al “finale partita”: quando non è più<br />
necessaria una segretezza estrema perché non vi è<br />
alcun inganno dei pezzi chiave in posizione<br />
strategica. Fino a poco tempo fa, anche su internet<br />
era sconosciuta ai più realtà come il gruppo<br />
Bilderberg, mentre ora se ne parla anche in Italia<br />
senza problemi. Le motivazioni principali<br />
potrebbero essere due. La prima perché il loro<br />
potere ormai è così consolidato che non temono<br />
alcun rovesciamento. La seconda perché, in un<br />
certo senso, si sta spingendo alla<br />
“normalizzazione”di questo gruppo di potere<br />
sovranazionale, cioè si vuole assuefare la gente<br />
all’idea che queste dinamiche siano del tutto<br />
normali e addirittura che sia una cosa giusta che un<br />
manipolo ristretto di “menti illuminate”, nemmeno<br />
conosciute dalla gente, guidi gli eventi mondiali.<br />
In un certo senso è difficile dar fede a queste<br />
invettive contro il gruppo Bilderberg, soprattutto<br />
per gli scettici devoti alla loro dottrina “ se non<br />
vedo non credo ”. Non vi sono documenti ufficiali<br />
che diano veridicità a queste affermazioni ma<br />
d’altra parte centinaia sono gli elaborati,le<br />
testimonianze di alcuni scrittori, come Thierry<br />
Meyssan che ha avuto accesso ad alcuni documenti<br />
e ad una testimonianza di uno degli ex-ospiti del<br />
gruppo Bilderberg, che avvalorano e accrescono la<br />
convinzione dell’attività mondiale di complotto di<br />
questo gruppo.<br />
Nessuno di noi ha dato mandato a costoro di<br />
decidere le nostre sorti,anzi fino a poco tempo fa<br />
nessuno o ben pochi conoscevano l’esistenza e il<br />
potere di questi gruppi sovranazionali. Non capisco<br />
perché mai queste “menti illuminate” si siano<br />
appropriati del diritto di decidere di tutto e di tutti.<br />
E allo stesso tempo, con grande ipocrisia, gli stessi<br />
partecipanti ( la quale lista è nota anche nel sito<br />
ufficiale del gruppo) 3 sono promotori di<br />
liberalismo in tutte le sue forme e di potere<br />
decisionale del popolo. Proprio loro che si sono<br />
presi il diritto di gestire il mondo, ognuno con le<br />
proprie competenze e nei propri ambiti, autonominandosi,<br />
all’insaputa di circa 7 miliardi di<br />
persone.<br />
Un evento ancora più eclatante è ciò che è accaduto<br />
proprio nel nostro paese. Dopo le dimissioni del<br />
presidente Berlusconi in poche ore è subentrato<br />
nello scenario politico italiano la figura di Mario<br />
Monti per la gestione di un “teorico” governo<br />
tecnico; all’improvviso (la cosa potrebbe risultare<br />
molto strana) tutti gli schieramenti politici italiani<br />
(ad eccezione di IDV e Lega Nord) esprimono<br />
pareri positivi alla nomina. A incaricare Monti è<br />
stato il nostro presidente della Repubblica Giorgio<br />
Napolitano che di certo ha legami con la<br />
massoneria e che non dimentica in situazioni<br />
ufficiali di ricordare l’esistenza di un “nuovo<br />
ordine mondiale”. E a questo punto viene da<br />
chiedersi perché Mario Monti? Perché è un uomo<br />
importante per le grandi banche mondiali come<br />
Goldman Sachs per la quale Mario Monti ha<br />
lavorato per anni; le stesse banche che muovendo i<br />
capitali a proprio piacimento fanno salire o<br />
scendere le borse ogni giorno. Inoltre è presidente<br />
europeo dal 2010 della Commissione trilaterale e<br />
per finire è ufficialmente membro del Direttivo del<br />
gruppo Bilderberg. Non è difficile capire con<br />
semplicità e logica che Mario Monti è l'uomo<br />
prescelto dal Nuovo Ordine Mondiale: ordine<br />
gestito dai grandi poteri mondiali tramite<br />
organizzazioni come il gruppo Bilderberg.<br />
L'Ordine Mondiale ha così deciso di spostare i suoi<br />
burattini politici (che solitamente utilizza per<br />
intrattenere la popolazione con i teatrini televisivi<br />
in cui gli schieramenti fingono di essere<br />
contrapposti tra di loro) ed ha portato in Italia il<br />
suo uomo, immediatamente seguito dai numerosi
seguaci massonici "infiltrati" nei vari partiti che<br />
prontamente hanno espresso commenti positivi alla<br />
nomina di Mario Monti. L'Italia, come tutto il<br />
mondo, è così governata dal Nuovo Ordine<br />
Mondiale che potrà portare avanti il suo progetto di<br />
dominio e potere nelle mani di un élite.<br />
La mia convinzione è che siamo guidati da una<br />
stretta cerchia di persone che ci manipola e governa<br />
alle nostre spalle come burattini, o peggio come<br />
schiavi; facendoci illudere di vivere in un mondo<br />
libero e democratico. Del resto, l’uomo non è mai<br />
stato fino in fondo libero ed è difficile pensare ad<br />
un mondo ugualmente libero, se l’uomo è<br />
marchiato dal suo istinto di potere e dominio<br />
sull’altro, da spingerlo a costruirsi sempre una<br />
“montagna” sociale. Non è un caso che il gruppo si<br />
chiami proprio Bilderberg, anche se (com’è noto) il<br />
suo nome deriva dall’hotel nel quale è avvenuto il<br />
primo incontro; traducendo in tedesco bilder che<br />
significa effigi e berg che significa montagna,<br />
avremo “effigi della montagna”. E cosa può meglio<br />
rappresentare il gruppo se non il vertice di questa<br />
montagna. La nostra libertà, ancora oggi, è<br />
fortemente limitata e minacciata da pochi uomini<br />
che fanno della moderazione la loro bandiera e che<br />
ci inducono a credere di essere liberi. Come nostra<br />
guida ad un probabile futuro, può essere esplicativo<br />
questo pensiero di Friedrich August Hayek,<br />
economista e filosofo sociale :<br />
“La probabilità di trovare persone al potere come<br />
individui che dovrebbero provare avversione per il<br />
possesso e per l’esercizio del potere è al pari livello<br />
con la probabilità che una persona estremamente<br />
tenera di cuore potrebbe impiegarsi come maestro<br />
fustigatore in una piantagione di schiavi 4 . ”<br />
Note:<br />
1. F. Bacone, La grande instaurazione, parte<br />
seconda:Nuovo organo (1620), libro II, in Scritti<br />
filosofici,cit., p.795<br />
2. D. Estulin, Club Bilderberg. La storia segreta<br />
dei padroni del mondo (2009),introduzione, p. 12<br />
3.<br />
http://www.bilderbergmeetings.org/governance.htm<br />
l<br />
4. F. A. Hayek, La via della schiavitù, Milano<br />
(1995), cap. 13, p. 243.<br />
Bibliografia<br />
Bacon,Francis, Novum Organum,Londra 1620 (<br />
trad. it. Di Michele Marchetto La grande<br />
instaurazione, parte seconda:Nuovo organo,Milano,<br />
Pombiani, 2002).<br />
Estulin, Daniel, La Verdadera Historia Del Club<br />
Bilderberg,Spagna 2005 (trad. it. Di Manuel<br />
Zanarini Club Bilderberg. La storia segreta dei<br />
padroni del mondo, Arianna editrice, 2009).<br />
Hayek, Friedrich, The Road to Serfdom, Routledge<br />
Press(U.K.), 1944 (trad. it. Di Antonio Martino La<br />
via della schiavitù,Milano , Rusconi,1995).<br />
Sitografia<br />
http://www.bilderbergmeetings.org/governance.htm<br />
l
Fantomatica Onnipotenza<br />
DIl principale degli attributi che sin dalle<br />
prime lezioni di catechismo viene<br />
associato solo ed unicamente a Dio è<br />
quello di “onnipotente”. Eppure,<br />
essendo quella di onnipotenza un’<br />
accezione tanto complessa quanto spaventosa, è<br />
sempre sfuggente il significato che le si<br />
attribuisce; probabilmente per la sbrigatività con<br />
cui si scandisce il Credo, oppure per la poca<br />
disponibilità a mettere in discussione i punti fermi<br />
della propria fede. Il catechismo della Chiesa<br />
cattolica insegna che: >1 , Dio è il padrone della storia, muove i<br />
cuori e guida gli avvenimenti secondo il suo<br />
beneplacito2 . Non a caso, il primo articolo della<br />
professione di fede cristiana recita: . Tale professione di fede nasce dal<br />
Concilio di Nicea e deriva dal “simbolo degli<br />
apostoli”; è un Credo che vuole categoricamente<br />
opporsi alle eresie nate nel corso dei secoli a<br />
seguire la venuta di Cristo. Porta con sé il mistero<br />
di un’ effettiva onnipotenza, di un pieno controllo<br />
su quanto avviene ed avverrà nell’ al di qua. I<br />
cristiani parlano a proposito di un’apparente<br />
impotenza di Dio che si manifesterebbe ogni qual<br />
volta si dovesse fare esperienza di male o di<br />
sofferenza. La risposta che propongono a tale<br />
dilemma:<br />
5.<br />
Una risposta che non ammette diverse soluzioni,<br />
si finirebbe per scadere nell’eresia. Quella che si<br />
desidera è una soluzione preconfezionata ai<br />
drammi esistenziali, un calmante per le ansie che<br />
ci affliggono. Si rischia ,però, di rinunciare all’<br />
influenza di potere su quella che è la nostra<br />
esistenza.<br />
Parlo di una fantomatica onnipotenza in quanto la<br />
mia tesi è che Dio non possa essere onnipotente.<br />
Si badi bene, non nego sic et simpliciter tutti i<br />
poteri che il Cristianesimo accosta alla Trinità,<br />
tutt’altro: riconoscendo che una notevole potenza<br />
stia nelle mani di Dio, mi rifiuto tuttavia di<br />
predicarne l’illimitata onnipotenza. L’input di tale<br />
rifiuto deriva da un ragionamento personale, da<br />
un’interrogazione interiore su dove finissero le<br />
mie libertà e sull’esistenza –o meno- di un destino<br />
già scritto, come mi hanno spinta a credere gli
insegnamenti cattolici ricevuti. La negazione<br />
dell’onnipotenza divina può essere da parte mia un<br />
bisogno di potere decisionale sulla mia vita.<br />
Occorre a questo punto un’ulteriore premessa:<br />
perché parlare di Dio?<br />
Potrebbe essere una conseguenza al fatto che è Egli<br />
a non parlare più, oppure al fatto che non ha mai<br />
mostrato il suo volto. Voler sentire la voce di<br />
Dio o volerne vedere il volto è l’equivalente di<br />
voler parlare di Lui; oggigiorno il bisogno è<br />
quello di trovare qualcuno che sappia dire cosa<br />
Dio è e cosa non è:<br />
> 6<br />
Dio non può essere onnipotente ed i primi ad<br />
affermarlo furono alcuni componenti del suo<br />
“popolo prediletto”, mi riferisco ovviamente agli<br />
Ebrei. È dalla voce ebraica che si erge il grido<br />
contro il Signore della storia, quindi contro il<br />
Signore di Auschwitz. La tradizione tramandata<br />
cade in crisi, rimette in questione il concetto di Dio<br />
dopo l’esperienza dell’ Olocausto – e non poteva<br />
essere altrimenti- .<br />
Un’esperienza tanto devastante ha portato molti<br />
alla radicale conclusione che Dio non può esistere,<br />
tra questi Primo Levi, che dichiara in un’intervista:<br />
> 7<br />
Diversa ancora è la risposta di Elie Wiesel: ne “La<br />
notte” rievoca l’esperienza di Auschwitz ed il suo<br />
pensiero a proposito di Dio pare raccogliersi nel<br />
noto episodio dell’impiccagione di tre prigionieri<br />
tra cui un bambino:<br />
> 8<br />
Wiesel ripensa dunque il proprio concetto di Dio: il<br />
bambino che tace e che tarda a cedere alla morte<br />
diventa simbolo dell’impotenza di Dio, ovvero di<br />
assoluta impotenza sulla storia.<br />
Affine alla visione di Wiesel è quella di Hans<br />
Jonas. Anch’egli vittima dell’Olocausto,<br />
s’interroga sul Dio che la tradizione ha tramandato,<br />
dal momento che dopo Auschwitz non può Egli<br />
essere pensato e compreso con le categorie<br />
teologiche tradizionali.<br />
L’ebreo vede nella vita quotidiana e nell’al di qua il<br />
luogo della salvezza divina; perciò, sorge<br />
spontaneamente la domanda: >.<br />
È da questo punto di domanda che parte Jonas e<br />
risponde con un’obiezione all’illimitata potenza<br />
divina di carattere teologico; gli Ebrei attribuiscono<br />
a Dio tre qualità: bontà, comprensibilità ed<br />
onnipotenza.<br />
Dopo la Shoa, i tre attributi in questione sono –<br />
secondo Jonas – in rapporto tale che ogni relazione<br />
tra due di loro escluda il terzo. Bisogna quindi fare<br />
una scelta su quali siano i concetti veramente<br />
irrinunciabili.<br />
La bontà è inseparabile dal concetto divino e<br />
scaccia via ogni limitazione. La comprensibilità è<br />
un attributo certamente limitato, ma non può essere<br />
negata: il Dio nascosto è estraneo all’ebraismo, in<br />
quanto la Torah parte dal presupposto che noi<br />
possiamo – anche se in modo limitato – conoscere<br />
Dio. Jonas decide dunque di rinunciare all’<br />
onnipotenza di Dio:<br />
onnipotente o è priva di bontà o è totalmente<br />
incomprensibile […] . ma se Dio può essere<br />
compreso solo in un certo modo e in un certo<br />
grado, allora la sua bontà (cui non possiamo<br />
rinunciare) non deve escludere l’esistenza del male;<br />
e il male c’è solo in quanto Dio non è onnipotente.<br />
>>9<br />
Nel XVI secolo è stato elaborato da Yitzchàq Luria,<br />
rabbino e mistico ebreo, il concetto di<br />
“tzimtzum”10. Questi ripensa all’origine<br />
dell’universo e stabilendo che Dio, prima della<br />
creazione, occupasse con la propria luce l’intero<br />
spazio; in seguito, con l’atto dello tzimtzum, Dio<br />
sembra autolimitarsi,contrarsi al fine di lasciare<br />
agli uomini la possibilità di realizzare la propria<br />
libertà. Tale autolimitazione viene ripresa da<br />
pensatori contemporanei, in primo luogo da Hans<br />
Jonas, che si sofferma su contesti quali l’assenza e<br />
l’esilio di Dio. Jonas riscrive il mito dello<br />
tzimtzum:<br />
>11.<br />
Nella visione di Jonas l’infinito, contraendosi, si<br />
aliena nel finito: tale atto di autonegazione da parte<br />
di Dio concede al mondo di essere e di divenire.<br />
Sempre dello tzimtzum s’è occupato Sergio<br />
Quinzio che palesa, ne “La sconfitta di Dio” la<br />
debolezza e la non piena onnipotenza del Dio che si<br />
mostra assente nel mondo.<br />
La rinuncia all’onnipotenza da parte di Dio e la<br />
conseguente libertà acquisita dagli uomini<br />
suggeriscono l’idea di un Dio che non è più<br />
ovunque, ma che si è rifugiato in alcuni angoli della<br />
Terra; tale visione giustificherebbe il mancato<br />
intervento ad Auschwitz e attribuirebbe l’intera<br />
colpa dell’esistenza del male all’uomo. Il Dio che<br />
si tiene lontano da zone dove vige o dove si fa<br />
esperienza di dolore ha portato all’elaborazione –da<br />
parte di credenti- di un’altra sfaccettatura della<br />
divinità, che tenta di giustificare l’impotenza di<br />
Dio. Si tratta del Deus absconditus; altro non è che<br />
una teoria che dà man forte al mito dello tzimtzum.<br />
Ne riprende infatti il discorso, partendo dal<br />
presupposto che Dio si sia ritirato, nascosto e che<br />
stia continuando ad occultare la Sua potenza.<br />
L’argomento è tuttora discusso tra gli ecclesiastici<br />
che hanno trovato l’input in un enigmatico versetto<br />
del profeta Isaia: 12<br />
Tale espressione viene anche tradotta come “Tu sei<br />
un Dio misterioso” oppure “Tu sei un Dio che ti<br />
nascondi”. Giovanni Odasso, esegeta, vede qui<br />
espresso . Se precedentemente Dio si era<br />
presentato all’opera nella storia, ora pare piuttosto<br />
nascondersi dietro i suoi avvenimenti. Ignazio di<br />
Lodola invita a meditare su questo tema: >.<br />
D’accordo con l’idea che Dio debba soccombere<br />
dinnanzi al corso degli eventi (guidati dalle<br />
decisioni dell’uomo) è Etty Hillesum, che nel suo<br />
diario –scrivendo dell’opposizione da mantenere<br />
nei confronti di qualsiasi violenza- ripete più volte:<br />
13<br />
La condizione di un Dio che si ritira in sé e che<br />
lascia scorrere gli eventi lascia trasparire una certa<br />
infermità, ma è quella infermità che ci consente di<br />
prendere in mano gli eventi, divenendo così fautori<br />
e creatori del proprio destino. Se non altro, non è<br />
proprio qui che trova conferma quello che c’è stato<br />
“concesso” come libero arbitrio?<br />
Il primo dei paradossi che mi sovvenne ragionando<br />
sull’onnipotenza di Dio, fu a riguardo del libero<br />
arbitrio. È definito libero arbitrio quel concetto<br />
teologico secondo il quale ogni persona è libera di<br />
prendere le proprie scelte, dunque la divinità –per<br />
quanto potente possa essere- non può condizionare<br />
le decisioni individuali.<br />
Il principio del libero arbitrio si legge in Genesi,1:<br />
immagine, come nostra somiglianza>>. Immagine<br />
e somiglianza sono rispettivamente la traduzione<br />
dall’ebraico “tselem” e “demut”: la prima<br />
accezione di tselem è statua,in questo caso statua<br />
del padrone, il che induce a pensare che l’uomo sia<br />
esattamente come Dio, ovvero non può che<br />
esercitarne la stessa libertà, ponendo un limite al<br />
potere di Dio sui singoli individui.<br />
È già in Genesi,3 che la disubbidienza di Adamo ed<br />
Eva esplica la possibilità di “evadere” al volere ed<br />
al potere di Dio:<br />
>.<br />
Altri esempi sono forniti dalla lettura dei libri di<br />
Samuele: 14.<br />
E ancora: >15.<br />
Proseguendo con l’indagine sul testo biblico<br />
emergono ben altri suggerimenti dello stato di nononnipotenza<br />
di Dio: nel Nuovo testamento, in<br />
particolare nella Lettera agli Ebrei, più volte si<br />
ripetono i termini “perfezionato” e “reso perfetto”<br />
in relazione al Figlio di Dio. È già di per sé una<br />
conferma alla tesi che Dio, di cui cerchiamo di<br />
svelare il volto, non gode ancora di piena<br />
onnipotenza, bensì di un potere sì notevole, ma non<br />
totale. Occorre chiarire quello che potrebbe essere<br />
preso come un punto debole della trattazione,<br />
ovvero quello della trascrizione biblica di “reso<br />
perfetto”: quello utilizzato in Italia non è<br />
(ovviamente) il testo originale della parola di Dio;<br />
deriva infatti dalla traduzione della Bibbia dei<br />
LXX, testo greco a sua volta traslitterato dalla<br />
versione in lingua originale, dunque l’ebraico.<br />
In ebraico il termine utilizzato è “El Shaddai”16,<br />
tradotto poi nella LXX come “Pantocrator”17.<br />
Proprio qui sta l’incomprensione: pantocrator<br />
significa onnipotente e così verrà tramandato alla<br />
tradizione cristiana; ma el Shaddai indica<br />
semplicemente il Potente, senza alcuna allusione a<br />
totalità di potere. Il Potente viene infatti accostato<br />
alle schiere di angeli, intese come eserciti: è una<br />
potenza che sfocia nella forza, nell’energia, ma che<br />
non ha il pieno controllo sul corso degli eventi e<br />
sulla volontà dei singoli individui.<br />
Nel Nuovo Testamento emerge un’accezione di<br />
onnipotenza divina, che molto si allontana dal<br />
pieno controllo esercitabile sul volere e sulla vita<br />
degli uomini; il modo di Dio di essere sapiente ed<br />
onnipotente si attua nella dedizione incondizionata,<br />
nell’agape che non viene mai meno e che gli<br />
consente di perdonare tutti gli offensori.<br />
Dio è pensabile come l’ Onnipotente in termini di<br />
misericordia e di perdono, doni gratuitamente<br />
offerti all’uomo. È infatti nella figura di Gesù<br />
Cristo che vediamo l’amore che si consegna fino<br />
alla morte in croce: è un’offerta che fa risplendere<br />
la misericordia del Padre. Ma Dio non può che<br />
essere un NO all’onnipotenza dispotica, alla<br />
limitazione dell’uomo e del suo cammino.<br />
Con l’ausilio della logica si riesce a dimostrare che<br />
l’illimitata onnipotenza non è affatto plausibile: è il<br />
concetto di potenza in sé a rendere contraddittorio<br />
quello di onnipotenza.<br />
Se si parla di Potenza assoluta, allora bisogna<br />
supporre che non ci sia alcuna limitazione, ovvero<br />
che non esista nulla di diverso o estraneo alla<br />
potenza in questione. A questo punto, se tale<br />
Potenza assoluta non ha alcun oggetto ad essa<br />
estraneo su cui poter esercitare la propria influenza,<br />
allora nega se stessa, facendo equivalere il Tutto a<br />
zero.<br />
Serve dunque l’esistenza di un altro da sé, di un<br />
oggetto che limiti l’attività della Potenza,<br />
consentendole comunque di esercitare una forza<br />
straordinaria ed efficace. L’esistenza dell’altro, che<br />
consente di dimostrare la propria potenza, annulla<br />
al tempo stesso l’onnipotenza. In conclusione, se<br />
manca una relazione tra oggetti tra loro estranei,<br />
allora è la potenza stessa a mancare: serve quell’<br />
altro da sé che opponga resistenza alla Potenza<br />
coesistente, in modo da creare contrasto e<br />
dimostrare che la potenza iniziale è stata spartita.<br />
Dunque, non è possibile che tutta la potenza si<br />
trovi dalla sola parte del soggetto agente.<br />
Mi vorrei ora spostare sul versante filosofico, dove<br />
trovo alcune affinità con quelle che sono mie idee.
Partirei con Feuerbach: ne “L’essenza del<br />
Cristianesimo” esplica che il divino altro non è che<br />
una proiezione di quelle qualità umane che paiono<br />
essere perfette, ragione, volontà e cuore. Allora il<br />
divino è l’umano proiettato nell’aldilà ed adorato.<br />
18<br />
Nella trasposizione dell’uomo nella sfera del divino<br />
dovrà anche rientrare il desiderio di potenza che,<br />
assumendo connotati illimitati, non potrà che<br />
sfociare nella piena onnipotenza; tale è il desiderio<br />
dell’uomo: avere in pugno il potere e volgerlo a<br />
favore delle proprie intenzioni.<br />
Pascal porta avanti la dottrina del Deus<br />
absconditus, secondo cui Dio si manifesta e si<br />
nasconde al tempo stesso. La problematicità con<br />
cui Dio si mostra al mondo rende difficile anche<br />
solo l’affermazione che effettivamente esista, al<br />
punto che chi non crede potrà interpretare la natura<br />
razionalmente, senza il dovuto intervento di Dio,<br />
mentre chi crede vi vedrà con evidenza l’opera<br />
divina. Dice infatti: 19. È in effetti proprio<br />
questa una delle posizioni che più spesso mi capita<br />
di riscontrare in dialoghi a proposito dell’essenza di<br />
Dio: o ci credi, o non ci credi. Bisogna dunque<br />
affermare che se non si vede la mano di Dio sugli<br />
eventi allora Egli non c’è? Ma allora sarà più<br />
importante capire se –per ognuno di noi- avere fede<br />
sia un merito o un demerito. I pochi “eletti”<br />
avranno il coraggio di ammettere che Dio si<br />
nasconde anche dietro effetti catastrofici (che<br />
riconoscono come parte del progetto divino) e che<br />
questi siano un modo di metterci alla prova, di<br />
testare il dono della fede. La strada che ho invece<br />
intrapreso non prevede alcun test, ma una<br />
rivalutazione di Dio, che se non si manifesta più o<br />
se ci rende difficili da capire alcuni avvenimenti,<br />
allora vuole dimostrarci che sta mettendosi da<br />
parte, nascondendosi per lasciarci fare.<br />
Il Deus absconditus va a ritrarsi, abbiamo detto “si<br />
contrae”; è proprio nella contractio che Cusano<br />
riesce a vedere la presenza di Dio nel mondo, quasi<br />
fosse una ripresa dello tzimtzum. Cusano ritiene<br />
che Dio sia nel mondo, o meglio ancora: Dio si<br />
sarebbe individualizzato in una molteplicità di cose<br />
che fanno parte del nostro mondo; tale<br />
differenziazione di Dio porta Cusano a vedere tra<br />
Creatore e creato un rapporto di possibilità, ovvero<br />
una relazione tale che consenta a Dio di divenire e<br />
di poter essere. In questa lettura di Dio sparso nel<br />
mondo trova conferma l’idea che Dio partecipi<br />
all’esistenza, ma senza alcuna limitazione al corso<br />
che gli eventi potrebbero prendere, senza alcun<br />
limite alle strade che ciascuno vorrà percorrere.<br />
La visione rinascimentale rivendica il diritto<br />
dell’uomo a forgiare se medesimo ed il proprio<br />
destino nel mondo: Pico della Mirandola presenta<br />
l’uomo come libero e sovrano artefice di sé. È<br />
questa una netta frattura con l’ordine cosmico<br />
medievale, ora l’uomo deve necessariamente<br />
conquistare la propria dignità, diventare l’ homo<br />
faber che conquista il proprio posto nel mondo<br />
grazie alle sue virtù.<br />
Da secoli l’uomo si interroga sul perché<br />
dell’esistenza del male: in senso cristiano, il primo<br />
a cimentarsi sistematicamente su tale problema fu<br />
S. Agostino. Si Deus est, unde malum? Con la<br />
conversione al Cristianesimo la risposta al perché<br />
dei mali si rende ancora più urgente e drammatica,<br />
data l’inconciliabilità di piena bontà divina e realtà<br />
del male. S. Agostino risolve l’interrogativo col suo<br />
noto ottimismo teologico: il male –in ultima<br />
analisi- non esiste. Il male non può esistere perché<br />
se globalmente considerato entra a far parte di una<br />
totalità che di per sé è bene. Difficile prendere per<br />
buona una soluzione del genere dopo secoli<br />
scanditi da guerre e persecuzioni (S. Agostino non<br />
poteva prevedere i mali che si sarebbero susseguiti<br />
in 1600 anni dalla stesura delle sue Confessioni).<br />
Trovo molto più accettabile la posizione di S.<br />
Agostino che precede la negazione del male, in cui<br />
ragiona sull’incorruttibilità di Dio. Se si accetta<br />
l’esistenza del bene così come l’esistenza del male,<br />
allora Dio non può essere incorruttibile, in quanto<br />
potrebbe subire l’offesa del male. In tal senso, la<br />
corruttibilità di Dio è da intendere come sensibilità<br />
a mali che non può reprimere. S. Tommaso<br />
attribuisce l’esistenza di tali mali capaci di nuocere<br />
a Dio al libero arbitrio dell’uomo, che ci porta<br />
potere decisionale, oltre che piena responsabilità<br />
delle nostre azioni.<br />
Ho deciso di concludere la mia trattazione<br />
rifacendomi all’icona di Rublev, la Trinità.
Sull’icona è stata avanzata un’ipotesi che ben si<br />
sposa con la mia tesi che Dio non è onnipotente e<br />
che sta all’uomo prendere in mano il proprio<br />
destino.<br />
Vi sono rappresentati tre angeli –che i padri della<br />
Chiesa interpretano come la Trinità-, seduti attorno<br />
ad un tavolo, al cui centro si trova un calice<br />
contenente un agnello. I tre si guardano a vicenda,<br />
formano tra di loro un triangolo, ma se si torna a<br />
considerare il tavolo, allora c’è un posto vacante. Il<br />
posto rimasto vuoto deve essere occupato da chi<br />
osserva l’icona, quindi l’uomo, i singoli individui.<br />
Il sedersi attorno al tavolo unendosi alla Trinità<br />
significa diventarne parte, elevarsi allo stato divino<br />
e collaborare al progetto di vita, progetto che –orasiamo<br />
noi a redigere e a portare avanti.<br />
Se la Bibbia propone la piena potenza di Dio, la<br />
mia idea è che questa non ci sia, oppure – come<br />
Jonas- che Dio vi abbia rinunciato per consentire al<br />
mondo di essere e di divenire secondo quelli che<br />
sono i nostri piani.<br />
NOTE:<br />
1 Sal 115,3<br />
2 Est 4,17c; Prv 21,1; Tb 13,2<br />
3 1 Cor 1,25<br />
4 Ef 1,19-22<br />
5<br />
http://www.vatican.va/archive/catechism_it/p1s2c1p3_it.htm .<br />
6 P. De Benedetti, Quale Dio? Una domanda dalla storia,<br />
Brescia 1997, p. 9-10.<br />
7 Ferdinando Camon è uno scrittore di matrice cattolica che<br />
tenta in “Conversazione con Primo Levi” di rivisitare le<br />
“colpe” della storia cristiana e trova in Primo Levi una delle<br />
risposte più drastiche agli interrogativi sorti a proposito di<br />
Dio. Il suicidio di Levi, da molti interpretato come una<br />
risposta ritardata alla detenzione nazista, rappresenta il<br />
culmine dello smarrimento, giunto in concomitanza alla<br />
negazione dell’esistenza di un Dio.<br />
8 Elie Wiesel, La notte, Firenze 1980, p. 66-67<br />
9 H. Jonas, Il concetto di Dio dopo Auschwitz, una voce<br />
ebraica, Genova 2004, p. 35<br />
10 Tzimtzùm significa ripiegamento, autolimitazione e fa<br />
parte del misticismo della Qabbalà. Nella concezione di<br />
Luria, il termine è da tradursi come ritiro o ritorno.<br />
Brevemente, l’esistenza dell’universo, sarebbe resa possibile<br />
da un processo di contrazione in Dio: Dio rende vacanti delle<br />
zone da cui si ritrae e qui è consentito agli uomini di essere.<br />
11 H. Jonas, Il concetto di Dio dopo Auschwitz una vove<br />
ebraica, Genova 2004, p. 39-40<br />
12 Is 45, 15<br />
13 E. Hillesum, Diario, Milano 2011, p. 169<br />
14 I libri di Samuele abbracciano un arco di tempo che va<br />
dal XII secolo a.C. al 1010 a.C. e trattano dell’abbandono<br />
dell’ordinamento giuridico, seguendolo sino all’adozione<br />
della monarchia. Samuele regna col titolo di Giudice sulla<br />
confederazione delle 12 tribù di Israele, funge da mediatore<br />
tra il popolo e Dio, così come prevede l’ordinamento<br />
teocratico. Nel passo citato si illustra il rigetto da parte del<br />
popolo degli ordini di Dio, ricevuti per bocca di Samuele.<br />
L’insurrezione è dovuta al desiderio da parte delle tribù di<br />
adottare un regime monarchico, in modo da uniformarsi ai<br />
regni confinanti. È un palese rifiuto di seguire la volontà del<br />
Signore.<br />
15 Nel primo libro di Samuele Saul viene ritratto in continue<br />
disubbidienze rispetto agli ordini divini. Il passo citato si rifà<br />
al momento in cui Saul è in procinto di attaccare battaglia<br />
agli Amaleciti e riceve l’ordine da Dio di distruggere<br />
completamente la popolazione e di giustiziare il loro re Agag.<br />
Saul procede invece sacrificando una cospicua parte del<br />
bottino al Signore –azione di per sé non criticabile agli occhi<br />
del popolo- e palesando la sua disubbidienza. Tale decisione<br />
portò Samuele a dimettersi da consigliere di Saul e a<br />
rimuovere l’unzione di re da Saul al fine di eleggere<br />
segretamente a nuovo sovrano Davide.<br />
16<br />
17<br />
18 N. Abbagnano, G. Fornero, Il nuovo protagonisti e testi<br />
della <strong>filosofia</strong>, Varese 2007, p. 81<br />
L’individuo tende –secondo Feuerbach- a costruire<br />
sull’immagine di Dio la realizzazione di tutte le proprie<br />
aspirazioni, tra queste il potere. Nell’immaginare e nel volere<br />
l’uomo è libero ed onnipotente, mentre nella realtà si ritrova<br />
limitato. È in quest’ottica che l’onnipotenza diventa<br />
caratteristica voluta dall’uomo, non appartenente al divino.<br />
19 B. Pascal, Pensieri, Milano 2009, p.194.<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
- Abbagnano, Nicola, Fornero, Giovanni, Il<br />
nuovo protagonisti e testi della <strong>filosofia</strong>, Varese,<br />
2007<br />
- Camon, Ferdinando, Conversazione con<br />
Primo Levi, Milano, 2006<br />
- De Benedetti, Paolo, Quale Dio? Una<br />
domanda dalla storia, Brescia, 1997<br />
- Hillesum, Etty, Diario, Milano, 2001
- Jonas, Hans, Il concetto di Dio dopo<br />
Auschwitz. Una voce ebraica, Genova, 2004<br />
- Le Paoline, La Bibbia, Cimisello Balsamo,<br />
1987<br />
- Pascal, Blaise, Pensieri, Milano, 2009<br />
- Wiesel, Elie, La notte, Firenze, 1980<br />
SITOGRAFIA<br />
-<br />
http://www.diocesi.milano.it/vescovo/laparola/2000<br />
_10/sindone.htm<br />
-<br />
http://www.vatican.va/archive/catechismit7p1s2cp3<br />
it.htm
Oratori di ieri, persuasori di oggi<br />
a politica trova le sue radici nella<br />
retorica dell’antica Roma, ma i politici<br />
sono ben lontani da quelle grandi<br />
personalità che erano gli oratori. La<br />
politica si è svuotata del significato che<br />
era proprio della retorica:><br />
L<br />
La retorica era<br />
caratterizzata da uno stile semplice e conciso, con<br />
frasi taglienti per affrontare questioni sociali<br />
come: il ruolo degli equites, la questione del lusso,<br />
politica interna ed estera. Oggi non siamo più<br />
nell’ambito della giustizia sociale ma in quello<br />
della persuasione occulta! La politica si basa sulla<br />
propaganda, sul controllo dell’opinione pubblica<br />
in modo forzato.<br />
La politica italiana non esiste! Siamo un popolo in<br />
mano a detentori del potere che meglio giostrano<br />
la situazione a loro favore. Sono persuasori che<br />
inducono a credere, dire e agire al di là di ogni<br />
convincimento razionale. Politica e politico nel<br />
dizionario della lingua italiana hanno anche un<br />
significato figurativo: politica è un ; politico è . Sono proprio queste<br />
le accezioni che meglio si adattano alla politica<br />
contemporanea.<br />
Già nel libro IX dell’Iliade si sottolinea<br />
Ciccaglioni Floriana<br />
l’importanza di coltivare le discipline che<br />
rendono un giovane nobile sia uomo d’azione, sia<br />
un capace oratore. I capi dell’esercito acheo<br />
decidono di inviare un’ambasciata ad Achille per<br />
convincerlo a partecipare ai combattimenti.<br />
L’abilità del parlare pubblicamente assume<br />
nell’antica Grecia un ruolo di primo piano. La<br />
nascita della retorica come arte della parola<br />
avrebbe origini siciliote nei primi decenni del V<br />
sec a.C.<br />
. (Bruto 46,1 ss; Cicerone, trad. di E.<br />
Narducci).<br />
Nel V sec. a.C. la retorica trae insegnamenti dai<br />
discorsi di Pitagora, dal filosofo Empedocle di<br />
Agrigento. Ad Atene nel V sec.> .<br />
Passando per Lisia, Demostene, Aristotele,<br />
Zenone, Ermagora, l’oratoria arriva a<br />
Roma: Nel periodo sillano Cicerone fu un
maestro dell’oratoria, incarnò la figura di perfectus<br />
orator: dotato di capacità oratorie, una vasta cultura<br />
e un’alta formazione etica. Grandi personalità che<br />
ancora oggi si pongono come maestri per l’attualità<br />
dei loro scritti, sicuramente non paragonabili ai<br />
politici di oggi data la loro cultura e, soprattutto, la<br />
loro formazione etica. Cicerone attribuisce alla<br />
parola il potere aggregante della civiltà, la parola è<br />
il principale fattore della civiltà umana e sottolinea<br />
l’importanza di un’ampia cultura generale: (De oratore. I 17)<br />
I discorsi dei politici se osservati rivelano tutti lo<br />
stesso codice e persino gli stessi gesti in base al<br />
messaggio che si vuole mandare. George Lakoff 4<br />
nel suo “Seven reasons why Obama’s speches are<br />
so powerfull” del 24 febbraio 2009 ha esaminato il<br />
discorso di Barack Obama al congresso in seduta<br />
congiunta, cercando di descrivere il codice che lo<br />
caratterizza: - i valori al di sopra dei programmi,<br />
-protezione e responsabilizzazione, -moralità ed<br />
economia si corrispondono, -concetti contestati e<br />
linguaggio patriottico. Il risultato è applicabile a<br />
tutti i discorsi dei politici italiani. Nel discorso del<br />
17 novembre del presidente Monti al senato<br />
emergono dei termini ricorrenti: oltre a “Italia”, che<br />
sollecita l’ideale patriottico, ricorre innanzitutto il<br />
termine “Europa” per sottolineare l’impegno<br />
assunto dal nostro Paese verso l’U.E.; è evidente<br />
poi l’importanza data ai verbi “dovere” e “fare” che<br />
sono nettamente segno di protezione e<br />
responsabilizzazione .Tra le altre parole-chiave del<br />
discorso di Monti spicca poi “crescita”, “lavoro”,<br />
“Crisi”, “finanza”, “fisco” pronunciate con grande<br />
enfasi e partecipazione: appunto, moralità ed<br />
economia si corrispondono. Il programma del<br />
governo è appena sufficiente per affrontare il<br />
pesante stato di crisi in cui versa il Paese.<br />
Un’ulteriore esempio è la tradizionale conferenza<br />
stampa di fine anno che Mario Monti ha tenuto a<br />
Palazzo Chigi; il discorso è durato circa<br />
quarantacinque minuti spaziando nei campi più<br />
diversi, ma Monti si è sempre mantenuto su toni<br />
estremamente cauti e diplomatici senza affrontare<br />
le questioni più urgenti in modo analitico. E ancora<br />
il 13 novembre 2011 nel giro di pochi minuti sono<br />
stati trasmessi in televisione i discorsi del<br />
Presidente del Consiglio uscente Silvio Berlusconi<br />
e di quello entrante Mario Monti. Berlusconi dice<br />
di aver «raggiunto molti degli obiettivi che ci<br />
eravamo prefissi fin dal 1994». Dice di voler<br />
«modernizzare l’Italia, riformando la sua<br />
architettura istituzionale, il suo sistema giudiziario,<br />
il suo regime fiscale», e di voler «liberare il nostro<br />
paese dagli egoismi e dalle incrostazioni<br />
ideologiche e corporative che gli impediscono di<br />
sviluppare tutte le sue meravigliose qualità e<br />
potenzialità». Queste parole risuonano astratte<br />
perché non sono mai state realizzate e il Paese<br />
riversa ora nello stato di profonda crisi. Il professor<br />
Monti nel suo discorso ringrazia per la nomina che<br />
il Presidente della Repubblica gli ha dato, parla di<br />
«grande senso di responsabilità», di «sfida del<br />
riscatto», di «sforzi», di «dignità e speranza», ma<br />
parla soprattutto di doveri «il paese deve vincere<br />
[…] deve essere sempre di più elemento di forza<br />
[…] lo dobbiamo ai nostri figli». Per tutto il<br />
discorso Monti esprime solo calma e<br />
autodisciplina, facendo molte pause fra una parola<br />
e l’altra, anche quando parla del «momento di<br />
difficoltà», del «quadro europeo e mondiale<br />
turbati», addirittura di «emergenza» e «urgenza».<br />
Cicerone loda l’oratoria perché chi la pratica<br />
svolge un operato che va a favore della comunità<br />
> (De officis 2, 66-67). L’oratoria a<br />
Roma non era finalizzata esclusivamente a un<br />
abbellimento del discorso ai fini estetici - artistici,<br />
ma fin dalle origini ebbe preminentemente valenza<br />
politica. È un modo fondamentalmente diverso di<br />
intendere la politica: nel caso dei discorsi politici,<br />
infatti, si utilizza un codice che colpisce<br />
l’inconscio attraverso l’uso di un formulario per<br />
suscitare i sentimenti, distraendo l’uditore da<br />
quello che in realtà è il contenuto del discorso; per<br />
Cicerone, invece, diviene fondamentale la potenza<br />
della parola per fare l’interesse dei cittadini.<br />
È Shopenhauer che già nel 1830 nel saggio “L’arte<br />
di ottenere ragione” spiega questa tendenza<br />
dell’uomo a persuadere chi lo ascolta per<br />
avvalorare la sua tesi:<br />
l’unico motivo per sostenere la tesi ritenuta vera,<br />
cede ora completamente il passo all’interesse della<br />
vanità: il vero deve apparire falso e il falso vero>> 5<br />
Sembra che i politici abbiano assunto questo saggio<br />
come loro manuale comportamentale eseguendo<br />
ogni stratagemma proposto dal filosofo. Per<br />
esempio, i politici nei talk televisivi iniziano a<br />
esporre il proprio pensiero che è privo di<br />
consistenza, parlano per non dire nulla :<br />
.<br />
Quando due avversari politici iniziano un dibattito<br />
non si capisce più qual è il fine della<br />
discussione: Nelle stesse<br />
discussioni si assiste a liti furibonde, offensive,<br />
violente:<br />
<br />
Ma, in assoluto, uno stratagemma su tutti mi<br />
sembra calzante alla situazione politica attuale più<br />
di qualsiasi altro. E’ come se Schopenhauer avesse<br />
assistito alla nascita del governo tecnico guidato<br />
dal professor Monti e al clamore popolare con cui<br />
questi eruditi, salvatori della patria, sono stati<br />
accolti:<br />
><br />
La politica italiana si è fermata al fascismo. Dal<br />
1922 l’Italia è suddita del modo di fare politica<br />
mussoliniano. La storia si evolve, cambiano i nomi,<br />
cambiano i tempi, cambiano i costumi, ma la<br />
politica è quella di novanta anni fa. Basta mettere a<br />
confronto l’operato del partito fascista con i partiti<br />
odierni per trovare innumerevoli punti di contatto.<br />
Il<br />
fascismo diffuse molti slogan utilizzando i mezzi di<br />
comunicazione di massa come radio e cinema o<br />
scrivendoli sui muri lungo le strade: “Mussolini ha<br />
sempre ragione”, “credere obbedire combattere”,<br />
“vincere e vinceremo”. Si sente l’eco di<br />
“menomale che Silvio c’è” ma anche “si può fare”<br />
o, per dirlo all’americana, “yes we can”. Il partito<br />
fascista stilò un proprio programma:<br />
<br />
La parola “programma” è usata sia dai politici di<br />
destra sia da quelli di sinistra. Sarebbe meglio che<br />
fosse bandita dal vocabolario dei partiti,<br />
<br />
Nei discorsi dei politici ricorre costantemente<br />
anche la parola “riforma”:
Assistiamo oggi a un’informazione che viene<br />
sempre più falsata da interessi politici, il diritto<br />
all’informazione ci viene negato, tutto è manipolato<br />
per renderci burattini nelle mani dei potenti; le<br />
notizie politiche, nazionali e internazionali,<br />
scottanti vengono occultate per dare rilevanza a<br />
frivolezze che molto poco hanno a che fare con la<br />
realtà. L’ex presidente del consiglio Silvio<br />
Berlusconi è proprietario delle reti Mediaset e, da<br />
capo dei Ministri, controllava anche le reti Rai<br />
statali. C’è un monopolio nell’informazione. A<br />
poco serve che Striscia la notizia faccia satira sui<br />
tacchi o sui capelli trapiantati del cavaliere quando<br />
lo scempio italiano cui ha contribuito viene taciuto.<br />
Nel ventennio fascista . Radio e cinema furono sfruttati ai<br />
fini propagandistici. La propaganda oggi è il mezzo<br />
fondamentale che utilizzano i politici in periodo di<br />
elezioni e non. Sono diventati le soubrette del<br />
nuovo millennio, appaiono sempre in televisione,<br />
sui manifesti. La propaganda è figlia del fascismo.<br />
Il partito fascista istituì il ministero della Cultura<br />
Popolare, orientando e controllando tutti gli aspetti<br />
della cultura; istituì L’Unione Cinematografica<br />
Educativa(LUCE) che produsse documentari e<br />
cinegiornali di attualità per mostrare la grandezza e<br />
il valore del duce, il valore delle sue imprese, la<br />
crescita del prestigio internazionale. . E’ il caso di fare notare le parole di<br />
Berlusconi quando, presidente di turno per sei<br />
mesi al Parlamento Europeo, a Strasburgo<br />
pronunciò un discorso da lasciare tutti senza<br />
parole. Shultz, tedesco, portavoce del gruppo<br />
socialista, gli pose delle domande molto precise cui<br />
Berlusconi rispose con questo discorso:<br />
<br />
C’è da concludere che non c’è “conclusione” al<br />
peggio. Il popolo italiano dovrebbe pensare a<br />
reagire contro tutto ciò che, “dall’alto”, gli viene<br />
imposto. Protestano i trasportatori in Sicilia con<br />
blocchi stradali, creando disagi al trasferimento<br />
delle merci; ma la protesta sta diventando di più<br />
ampio respiro, coinvolgendo tutta l’Italia e, forse,<br />
tutta l’Europa (proteste in Romania contro le<br />
misure economiche volute dal governo; in Spagna<br />
va in atto la protesta contro i tagli all’istruzione; in<br />
Francia 300 mila persone sono scese in piazza a<br />
manifestare contro il piano di austerità proposto dal<br />
governo). Fino a che punto siamo disposti a subire<br />
queste dinamiche politiche-economiche globali?<br />
di tromba. Sventurata quella nazione in cui il<br />
saggio non ha voce, il campione è cieco e<br />
l’avvocato balbettante 16>> ( Le nove sventure,<br />
Gibran Kahlil)<br />
NOTE<br />
1. F. Piazzi, A. Giordano Rampioni, Multa Per Aequora,<br />
Bologna, Cappelli Editore, 2004, p.522<br />
2. Ivi, p.531<br />
3. Ivi<br />
4. George Lakoff è un linguista statunitense, professore di<br />
linguistica cognitiva all'Università di California Berkeley.<br />
Lakoff ha espresso pubblicamente sia le sue idee a proposito<br />
delle strutture concettuali che ritiene centrali per la<br />
comprensione del processo politico, sia alcune delle sue<br />
particolari opinioni politiche.<br />
5. Shopenhauer, Arthur, Eristische Dialektik – Die Kunst,<br />
Recht zu Behalten, Berlino 1830-1831 (trad. It. Di Nicola<br />
Curcio e Franco Volpi, Adelphi Edizioni S.P.A. , 2006), p.15<br />
6. Ibidem, p.49<br />
7. Ibidem , p.30<br />
8. Ivi, p.64<br />
9 . Ivi, p.52<br />
10. G. Gentile, L. Ronga, Storia & Geostoria, Milano,<br />
editrice La Scuola, 2005, p.244<br />
11. Ivi, p.256<br />
12. Ritanna Armeni, Ma come parli, compagno?, Il Foglio.it,<br />
23 luglio 2011<br />
13. Ibidem<br />
14. G. Gentile, L. Ronga, Storia & Geostoria, Milano,<br />
editrice La Scuola, 2005, p.246<br />
15. Ibidem, p.247<br />
16. F. Bianchi, I nuovi termini, i nuovi argomenti, Napoli,<br />
edizioni Manna SRL, 2001<br />
Bibliografia<br />
A. Shopenhauer, Eristische Dialektik - Die Kunst,<br />
Recht zu Behalten , Berlino 1830-1831 (trad. it. Di<br />
Nicola Curcio e Franco Volpi L’arte di ottenere<br />
ragione, Adelphi Edizioni S.P.A., 2006)<br />
F. Bianchi, I nuovi termini, i nuovi argomenti,<br />
Napoli, edizioni Manna SRL, 2001<br />
F. Piazzi, A. Giordano Rampioni, Multa Per<br />
Aequora, Bologna, Cappelli Editore, 2004<br />
G. Gentile, L. Ronga, Storia & Geostoria, Milano,<br />
editrice La Scuola, 2005<br />
Ritanna Armeni, Ma come parli, compagno?, Il<br />
Foglio.it, 23 luglio 2011
Leggere non è una perdita di<br />
tempo<br />
L<br />
eggere è una consuetudine che<br />
dovrebbe far parte della nostra cultura.<br />
Quando è nata la scrittura, nel lontano<br />
3000 a.C., l’uomo si è ritrovato a<br />
leggere per lo più per necessità, in<br />
quanto i primi pittogrammi erano nati<br />
esclusivamente per le esigenze amministrative e<br />
commerciali delle antiche civiltà che popolavano<br />
il nostro mondo. È quando la scrittura incominciò<br />
ad evolversi e ad essere utilizzata per fare arte che<br />
la situazione cambiò: gli uomini iniziarono a<br />
leggere per diletto o anche solo per istruirsi, ma la<br />
lettura non era un obbligo e sempre più spesso si<br />
tramutava in un’attività elitaria. Inoltre<br />
l’analfabetismo dilagava e affliggeva quella parte<br />
della popolazione mondiale che non aveva la<br />
possibilità di accedere all’educazione e che quindi<br />
non era capace di leggere e scrivere. Oggi, nel<br />
XXI secolo, si pensa che questo sia un problema<br />
ormai superato e pleonastico, in quanto quasi tutti<br />
hanno accesso all’istruzione. Eppure sempre più<br />
spesso in Italia assistiamo al cosiddetto<br />
“analfabetismo di ritorno”: secondo Tullio De<br />
Mauro, uno dei massimi linguisti italiani, il 71%<br />
della popolazione del nostro Paese «si trova al di<br />
sotto del livello minimo di comprensione nella<br />
lettura di un testo di media difficoltà1» . Detto<br />
altrimenti, la maggioranza degli italiani non legge.<br />
Eppure, in un certo qual modo, tutti leggiamo, tutti<br />
ci ritroviamo fra le mani la lista della spesa o le<br />
istruzioni per assemblare un mobile. Non basta,<br />
Magnelli Claudia<br />
però, “saper leggere” per essere lettori. È<br />
assodato che ciò che ci differenzia è l’approccio<br />
che abbiamo nei confronti della lettura e nei<br />
confronti del testo che ci ritroviamo fra le mani.<br />
C’è chi legge molto, quei cosiddetti “lettori forti”<br />
che fanno sopravvivere il mercato editoriale,<br />
altrimenti destinato alla rovina; e c’è chi legge<br />
poco o chi non legge del tutto, ovvero coloro che<br />
vivono questa pratica come una noiosa<br />
imposizione. Il dibattito tra quest’ultimi e i primi,<br />
che invece sostengono l’utilità e la bellezza della<br />
lettura, è ancora acceso e sembra non scemare.<br />
La mia tesi è che leggere dà esclusivamente<br />
benefici e che quindi sia un’attività indispensabile<br />
per la nostra persona. Romanzi e poesie<br />
rappresentano forse l’unica vera ancora di<br />
salvezza per quelle giovani generazioni che si<br />
ritrovano a vivere in un mondo ormai senza<br />
valori, come il nostro. La bellezza insita nello<br />
sfogliare i vecchi classici che hanno fatto la nostra<br />
storia o i nuovi romanzi dalle copertine sgargianti<br />
che catturano la nostra attenzione sugli scaffali<br />
delle librerie, va ben oltre l’utilità che leggere ha<br />
per le nostre vite; un’utilità che per alcuni forse<br />
appare ovvia, ma che per altri non è poi così<br />
innegabile. Ma la poesia, l’armonia che si viene a<br />
creare tra il lettore e la storia narrata o tra il lettore<br />
e i personaggi che prendono vita sotto i suoi<br />
occhi, non ha eguali. I vantaggi della lettura sono<br />
quindi molteplici: ci arricchisce come persone,<br />
alimenta la nostra cultura, dà forma e contenuto
alle nostre vite.<br />
Leggere fa bene alla salute; è un’attività che può<br />
essere considerata come una sorta di “ginnastica<br />
mentale”. Ovviamente, come per l’esercizio fisico,<br />
per far si che i risultati si vedano, bisogna essere<br />
costanti, così da tenere il proprio cervello sempre<br />
attivo e in allenamento. La lettura è un ottimo<br />
rimedio per lo stress: anche poche pagine, al ritorno<br />
da una pesante giornata lavorativa, aiutano a<br />
migliorare il proprio umore e a scaricare la tensione<br />
precedentemente accumulata. Diversi studi, inoltre,<br />
hanno confermato che la lettura previene il rischio<br />
di sviluppo di malattie degenerative del sistema<br />
nervoso, come l’Alzheimer2 . Leggere, infatti,<br />
migliora la propria capacità di concentrazione, la<br />
propria memoria: di fronte ad un romanzo siamo<br />
costretti a seguire i fili della trama che si vanno<br />
sempre più intrecciando, tenendo sempre a mente i<br />
dettagli che costruiscono la storia e i personaggi<br />
che si muovono al suo interno. Altri studi, invece,<br />
insistono sugli effetti positivi del leggere libri ai<br />
bambini fin dai primi mesi di vita. La lettura a voce<br />
alta, specialmente, abitua i bambini a prestare<br />
attenzione e questo incide positivamente sulla<br />
nascita e sulla sopravvivenza di nuovi neuroni.<br />
Impiantare il seme della lettura nei più piccoli è<br />
inoltre una sorta di assicurazione sul futuro: quegli<br />
stessi bambini saranno un giorno forti lettori, ma<br />
avranno anche pagelle più brillanti e non<br />
rischieranno di adottare comportamenti aggressivi e<br />
antisociali, a cui vanno invece incontro gli<br />
adolescenti con un basso livello di “literacy”34 .<br />
Esistono, poi, delle organizzazioni che utilizzano la<br />
lettura come mezzo per aiutare persone che stanno<br />
ritornando alla vita dopo un periodo di depressione,<br />
ragazzi con alle spalle situazioni familiari<br />
estremamente difficili, anziani lasciati soli in balia<br />
di loro stessi. Tra queste vi è The Reader<br />
Organisation, che opera per lo più in Gran Bretagna<br />
e che ha tenuto a maggio una conferenza dal titolo<br />
emblematico Leggere per vivere bene5 .<br />
Leggere insegna a vivere, a crescere; ci mostra il<br />
mondo e ci rivela il nostro posto al suo interno.<br />
Non importa che tipo di lettura stiamo affrontando:<br />
in ogni romanzo, racconto o poesia sono insiti<br />
innumerevoli valori da adottare e da mettere in<br />
pratica nella vita di tutti i giorni, ma anche<br />
insegnamenti indispensabili da fare nostri e da<br />
seguire. Se ci limitassimo a vivere solo nel nostro<br />
piccolo, non riusciremmo mai ad apprezzare<br />
appieno ciò che ci circonda. Leggere ci permette<br />
così di vivere in mille e ancora più posti diversi, ci<br />
può offrire la visione del mondo nella sua interezza<br />
o appena solo un assaggio di realtà estremamente<br />
diverse dalla nostra. Si dice che la vita sia solo una,<br />
ma un lettore, in realtà, vive molteplici volte: si<br />
immedesima nei protagonisti delle storie lette,<br />
cresce e vive con loro, affronta i nemici più<br />
insidiosi e le avventure più pericolose insieme a<br />
quelle persone di inchiostro e carta che prendono<br />
forma mano a mano che si avanza verso il finale e<br />
che, girata l’ultima pagina, sono diventate un po’ di<br />
famiglia.<br />
Ogni libro, a suo modo, ci fa diventare una persona<br />
migliore: non dobbiamo quindi permettere che il<br />
mondo sempre più frenetico in cui viviamo ci<br />
faccia dimenticare il piacere della lettura. Leggere,<br />
poi, è anche uno svago, fa divertire, allontana i<br />
pensieri. La scusa del non avere tempo per leggere<br />
non sussiste: si tratta sempre di mancanza di<br />
voglia6 . Ed è proprio per sopperire a questa<br />
carenza che bisogna sempre essere capaci di<br />
ritagliarsi un piccolo spazio per sé, da dedicare a<br />
quest’attività piena di vantaggi e soddisfazioni.<br />
È anche vero che non sempre ci troviamo fra le<br />
mani libri realmente “educativi”, soprattutto<br />
quando al giorno d’oggi l’editoria sembra essere<br />
solo diventata un’altra grande industria sforna<br />
prodotti, votata al profitto. Capita di trovare in<br />
libreria volumi scritti male e dalla trama scarna,<br />
avvolti in copertine appariscenti e presentati in<br />
modo da farci pensare di trovarci di fronte al nuovo<br />
caso editoriale del secolo, salvo poi renderci conto,<br />
una volta terminata la lettura, di aver solo sprecato<br />
tempo dietro ad un mucchio di parole vuote. È il<br />
caso di molti best seller odierni, che, osannati dalla<br />
stampa e dalla critica, hanno avuto un immeritato<br />
successo; o anche il caso di molte saghe per<br />
adolescenti, che sono un continuo ripetersi dello<br />
stesso schema narrativo e degli stessi personaggi.<br />
Trova riscontro ancora oggi, quindi, il pensiero<br />
espresso da Arthur Schopenhauer in un capitolo<br />
dedicato ai libri e alla lettura del suo saggio<br />
Parerga e paralipomena: «Nove decimi della nostra<br />
attuale letteratura non ha altro scopo che spillare<br />
qualche tallero dalle tasche: autore, editore e<br />
recensore hanno per questo fermamente<br />
complottato78» .<br />
Non sempre, però, è il libro a non essere istruttivo:<br />
può capitare che esso non abbia un effetto
educativo sul lettore e quindi entra in gioco l’io<br />
stesso della persona. Soggetti più “deboli” possono<br />
smarrirsi nel mondo fittizio dei romanzi, crearsi<br />
false aspettative sulla vita, perdere di vista la realtà.<br />
Ovviamente si tratta di casi patologici e rari, ma<br />
sembrano tutti ricadere in quella strana malattia del<br />
pensiero che Jules de Gaultier chiamò bovarysme,<br />
termine derivato da Madame Bovary, protagonista<br />
dell’omonimo romanzo di Gustave Flaubert.<br />
Ad ogni modo, la lettura è importante anche da un<br />
punto di vista più tecnico: quello linguistico.<br />
Leggere può farci fare grandi passi nella nostra<br />
lingua madre, ma è un considerevole supporto<br />
anche per quanto riguarda le lingue straniere. Un<br />
libro in inglese, o in una qualsiasi altra lingua che<br />
vorremmo imparare, innanzitutto ci avvicina<br />
maggiormente alla cultura di cui quella lingua è<br />
emblema, quindi è una finestra su un mondo a noi<br />
sconosciuto, ma poi ci dà un assaggio della<br />
struttura grammaticale e lessicale propria di quella<br />
lingua, con un conseguente miglioramento della<br />
nostra padronanza della stessa. Anche leggere nella<br />
propria lingua madre è utile, in quanto ci si ritrova<br />
di fronte a parole magari sconosciute, ma che poi,<br />
una volta compresone il significato, desunto dal<br />
contesto o cercato sul dizionario, entrano nel nostro<br />
vocabolario. Inoltre con la lettura possiamo<br />
imprimere maggiormente nella nostra mente quelle<br />
strutture sintattiche e grammaticali della nostra<br />
lingua che stanno sempre più rischiando di<br />
scomparire a causa dei nuovi linguaggi che<br />
fioriscono su Internet. Bisognerebbe quindi<br />
allontanare le giovani generazioni da chat e social<br />
network, di cui fanno un utilizzo smodato e che<br />
minano l’integrità della nostra lingua, ormai<br />
scalzata da abbreviazioni e linguaggi sms, in modo<br />
da non farla svanire del tutto.<br />
Come conoscere il nostro passato, la nostra storia e<br />
come informarsi sul presente, sulla realtà che<br />
stiamo vivendo se non leggendo? Non esistono solo<br />
romanzi dalle trame totalmente inventate, ci sono<br />
anche quelli storici, che ci offrono la visione di un<br />
preciso evento del passato, ma la letteratura è anche<br />
fatta di saggi e ricerche preziose che costituiscono<br />
per noi un’inestimabile fonte di conoscenza.<br />
Leggere, quindi, informa. E l’informazione non<br />
avviene solo tramite testi di narrativa e di<br />
saggistica, ma anche attraverso la lettura di<br />
giornali, che sono strumenti indispensabili per<br />
conoscere il mondo che ci circonda ed essere<br />
sempre al passo con gli eventi. Leggere mette in<br />
discussione le nostre convinzioni, apre la mente.<br />
Anche un libro solo può mostrare la verità,<br />
fomentare le masse e incitare alla ribellione. Basti<br />
pensare che nel XVI e nel XVII secolo<br />
l’Inquisizione cattolica iscriveva nell’Indice dei<br />
libri proibiti tutti i volumi considerati pericolosi e<br />
rivoluzionari e li bruciava pubblicamente nelle<br />
piazze, in quanto uniche fonti di informazione<br />
capaci di smascherare le bugie del potere. Bisogna<br />
quindi leggere, tenersi informati: solo così si può<br />
combattere contro coloro che ci incitano<br />
all’ignoranza e ci condannano alla cecità.<br />
Ritengo, dunque, che leggere sia un’attività<br />
indispensabile per la nostra crescita e per la nostra<br />
cultura. È cibo per la nostra mente, la mantiene<br />
viva e dinamica. Solo con la lettura siamo capaci di<br />
sviluppare la nostra creatività e la nostra<br />
immaginazione, qualità che si possono rivelare utili<br />
per la vita lavorativa e non. Inoltre, se usata<br />
sapientemente, ci forma e ci migliora come<br />
persone. Valentino Bompiani, fondatore della casa<br />
editrice che porta il suo nome, disse: «Un uomo<br />
che legge ne vale due». Ed è vero se si pensa al<br />
ricco bagaglio culturale, sempre in crescita, che un<br />
lettore porta con sé lungo il corso della propria<br />
vita. Un bagaglio unico e prezioso, difficilmente<br />
sostituibile con gli effimeri passatempi del nostro<br />
tempo.<br />
NOTE:<br />
1 Di Stefano, Paolo “Se sette italiani su dieci non<br />
capiscono la lingua”, in Corriere della Sera,<br />
novembre 2011.<br />
2 Leone, Valeria “Allenare il cervello per<br />
prevenire l'Alzheimer”, su www.sanihelp.it, marzo<br />
2012.<br />
3 Benedetti, Luciano “Leggere (o sentir leggere) fa<br />
benissimo ai bambini”, in Corriere della Sera,<br />
maggio 2011.<br />
4 Nemeth, Marina “Con i libri i bambini crescono<br />
meglio”, in La Repubblica, giugno 2009.<br />
5 Dogliani, Sergio “Leggere fa bene alla salute”,<br />
in Il Sole 24 Ore, maggio 2012.<br />
6 Pennac, Daniel, Come un romanzo, Feltrinelli,<br />
2000.<br />
7 Schopenhauer, Arthur, Parerga und<br />
Paralipomena: kleine philosophische Schriften,<br />
Berlino, 1851 (trad. it. Parerga e paralipomena,<br />
Adelphi, 1981).
8 Mascheroni, Luigi “Leggere non solo è inutile,<br />
ma fa anche male”, in Il Giornale, ottobre 2008.<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
• Pennac, Daniel, Come un romanzo,<br />
Feltrinelli, 2000.<br />
• Schopenhauer, Arthur, Parerga und<br />
Paralipomena: kleine philosophische Schriften,<br />
Berlino, 1851 (trad. it. Parerga e paralipomena,<br />
Adelphi, 1981).<br />
SITOGRAFIA<br />
• http://www.corriere.it<br />
• http://www.repubblica.it<br />
• http://faberblog.ilsole24ore.com<br />
• http://www.ilgiornale.it<br />
• http://it.wikipedia.org<br />
• http://www.sanihelp.it
“TI LOVVO!!!”<br />
La lingua italiana tra evoluzione e<br />
ignoranza<br />
I<br />
niziare un discorso sul modo di fare, di<br />
essere, ma soprattutto di esprimersi dei<br />
giovani, riporta inevitabilmente a<br />
parlare di un gruppo di soggetti che si<br />
stacca dalla dimensione culturale<br />
guidata dagli adulti, per aderire ad un altro tipo di<br />
cultura che si distingue da quella delle generazioni<br />
precedenti. Si rischia, pertanto, di impoverire e<br />
allo stesso modo arricchire, con nuovi<br />
ideologismi, il lessico cosicché gli adulti si<br />
ritrovino in uno stato di difficoltà oggettiva sulla<br />
comprensione di una nuova lingua parlata e scritta<br />
dai giovani. Questo stesso linguaggio fa perdere il<br />
senso delle parole e l’uso corretto di esse nella<br />
costruzione di frasi di senso compiuto. Seguire<br />
una specifica cultura, farne parte integrante,<br />
permette ai giovani di ottenere visibilità, e di<br />
conseguenza uno spazio ed un tempo, tracciando i<br />
confini di un luogo impenetrabile per gli adulti. I<br />
ragazzi con il loro modo di pensare, di agire, con<br />
la loro moda ed ancor di più con il loro<br />
linguaggio, pongono importanti punti di rottura tra<br />
la cultura dominante adulta e la loro cultura,<br />
comprensibile solo a chi ne fa parte. Se da una<br />
parte però, le teorie sociali sintetizzano la<br />
dimensione giovanile come un grande bacino di<br />
cambiamento e dinamismo, dall’altra questa stessa<br />
estensione viene a connotarsi come contenitore di<br />
errori ed ignoranza lessicale. La maggior parte dei<br />
giovani di oggi non conosce la lingua italiana, non<br />
costruisce frasi di senso sulle regole della sintassi<br />
Giordano Valeria<br />
e, spesso, si esprime utilizzando termini stranieri<br />
resi “italianeggianti” nel parlato.<br />
La mia tesi è che oggi, a causa dell’uso estremo di<br />
mezzi di comunicazione di massa, soprattutto<br />
internet e tv, la lingua italiana rischia di essere<br />
utilizzata sempre più in modo scorretto. Il<br />
linguaggio dei giovani, ma anche dei meno<br />
giovani, è strettamente connesso al linguaggio<br />
informatico per la forma rapida delle parole, le<br />
abbreviazioni e i troncamenti. Termini<br />
dell’italiano scritto delle e-mail, delle chat o degli<br />
sms, trovano spesso collocazione anche<br />
nell’italiano parlato e viceversa; accade così che,<br />
inconsciamente o appositamente, invece di dire ad<br />
un amico “ti voglio bene” gli si dice “Ti Vi Bi”<br />
oppure, prendendo spunto dai comici in tv alcuni<br />
termini entrano a far parte dell’uso comune<br />
cosicché ad un appassionato “ti amo” si preferisce<br />
un maccheronico “ti lovvo” .<br />
La lingua italiana, che ha una lunga storia<br />
culturale, dispone di un lessico molto ampio che,<br />
nel corso dei secoli è cresciuto progressivamente.<br />
È naturale che nessun italiano,data la vastità di<br />
lessemi, usa o conosce l’intero lessico; il<br />
vocabolario di ciascuno varia in base all’età, alla<br />
cultura, alla professione, ai rapporti sociali, ecc.,<br />
ma il problema oggi è che non soltanto non si<br />
riscontra tra la maggior parte dei giovani parlanti<br />
una padronanza linguistica adeguata ma si tende<br />
all’utilizzo di un lessico carente, ma nello stesso<br />
tempo, ricco di termini moderni (o neologismi) di
difficile comprensione.<br />
È veramente allarmante quanto scrive Antonio<br />
Calabrò nel suo blog in merito ad un dibattito sul<br />
Corriere della sera :<br />
‹‹ i ragazzi, soprattutto, non sanno usare l’italiano,<br />
lo scrivono a fatica, non conoscono il significato di<br />
vocaboli come obsoleto, laido, dirimere, congruo,<br />
fatuo, non si raccapezzano con la sintassi,<br />
aboliscono il congiuntivo, fanno strame (strame?<br />
Che vuol dire?) della punteggiatura e, quel che è<br />
peggio, non sanno articolare un ragionamento<br />
scritto: tesi, svolgimento, conclusione. I dati<br />
emergono dalle ultime rilevazioni Invalsi. E<br />
indicano un fenomeno preoccupante: la lingua<br />
diventa più schematica, il ragionamento si<br />
impoverisce, l’argomentazione razionale ne soffre 1<br />
››<br />
Affermazioni del genere non possono lasciarci<br />
indifferenti. É giusto precisare che non tutti i<br />
ragazzi si ritrovano in questa stroncante<br />
descrizione, però è vero anche che Calabrò si è<br />
attenuto a rilevazioni Invalsi ( Istituto Nazionale<br />
per la Valutazione del sistema educativo di<br />
istruzione e di formazione) e ciò vuol dire che il<br />
problema dell’uso della lingua italiana oggi<br />
riguarda un numero notevole di giovani e non si<br />
può sottovalutare. Lo stesso Calabrò nelle battute<br />
finali dell’articolo scrive :<br />
‹‹ Ecco una grande questione di fondo, civile e<br />
politica che dovrebbe stare al centro di ogni<br />
ragionamento sulla qualità della scuola e, dunque,<br />
della nostra vita collettiva 2›› . Indubbiamente la<br />
qualità della scuola, il luogo in cui si vive, le<br />
persone che si frequentano influenzano il nostro<br />
modo di parlare.<br />
Secondo il mio punto di vista, oggi, si tende sempre<br />
più verso un linguaggio “omologato”, un<br />
linguaggio, cioè, carente dal punto di vista lessicale<br />
e comune a quanti preferiscono la comunicazione<br />
virtuale a quella verbale. Termini come “taggare”,<br />
“detaggarsi”, “postare”, “pokare” ecc. (vocaboli<br />
comuni dei social network) si inseriscono con<br />
facilità nel nostro lessico e vengono utilizzati i<br />
modo frequente, a volte anche senza conoscerne il<br />
significato.<br />
Il linguaggio dei giovani è un linguaggio<br />
emblematico. I neologismi di oggi difficilmente<br />
trovano riscontro nei dizionari, nessuno più scrive<br />
diari o poesie. É inoltre diminuita la disponibilità a<br />
leggere, pertanto si scrive meno correttamente. Il<br />
linguaggio preferito oggi è quello della televisione<br />
e dei social network; anche la pubblicità, che si<br />
rivolge ai ragazzi, molto spesso attinge parte della<br />
terminologia giovanile per raggiungere i suoi scopi.<br />
Accade così che nuovi termini, formalmente<br />
scorretti, si inseriscono nella nostra lingua e<br />
vengono utilizzati in modo indisturbato facendo<br />
cadere la “vecchia” distinzione tra italiano formale<br />
e italiano informale.<br />
Ecco alcuni esempi:<br />
• Attoparsi: vestirsi in modo elegante;<br />
• Azzeccare: dire/fare la cosa giusta;<br />
• Andare a palla: andare fortissimo;<br />
• Gasato: felice;<br />
• Scialla: per invitare a darsi una calmata;<br />
• Nick: nome;<br />
• Mega: grande;<br />
Queste sono solo alcune delle espressioni più<br />
comunemente usate.<br />
‹‹ La componente principale del linguaggio<br />
giovanile è stata individuata nell’italiano<br />
informale, su questa si innestano:<br />
o Uno strato dialettale;<br />
o Uno strato gergale, che attinge termini ai<br />
gerghi tradizionali o ne conia di nuovi per usarli<br />
all’interno del gruppo (particolarmente produttivo<br />
quello della droga: si pensi solo a farsi ‘drogarsi’);<br />
o Uno strato proveniente dalla lingua della<br />
pubblicità e dei mass media, ricco anche di parole<br />
straniere, soprattutto anglicismi (okay, oops!);<br />
o Termini propri dei linguaggi settoriali,<br />
spesso usati con valori traslati, metaforici 3›› .<br />
Anche la corretta punteggiatura è indispensabile<br />
per dare senso ad una frase, ma a quanto pare la<br />
maggior parte della gente che scrive ne sottovaluta<br />
l’importanza.<br />
Il problema non è dato soltanto da un cattivo<br />
insegnamento ma, ahimè, anche dall’uso smodato<br />
dei mezzi di comunicazione attuali: chat, e-mail,<br />
sms ecc.<br />
In particolare la comunicazione nelle chats<br />
presenta una dialogicità più spiccata, come nel<br />
caso di una conversazione faccia a faccia e tende a<br />
simulare tratti di parlato. L’uso corretto della
punteggiatura, in questo tipo di comunicazione, è<br />
del tutto assente (o quasi). I punti interrogativi ed<br />
esclamativi sono tra i più utilizzati. Infatti, nel tipo<br />
di comunicazione telematica, questi segni<br />
paragrafematici, impiegati con frequenza e<br />
ripetutamente combinati tra loro, consentono di dar<br />
una sorta di dinamismo al testo scritto. Per<br />
rafforzare la vivacità delle parole scritte nella chat,<br />
sintetizzando così stati d’animo ben precisi. Si<br />
arriva ad accostare il codice alfanumerico a quello<br />
interpuntivo, ottenendo i cosiddetti smileys o<br />
emiticons, altrimenti conosciuti come faccine. Un<br />
esempio di questo nuovo linguaggio è il sorriso (<br />
☺ ) prodotto dall’accostamento di : - ) . La<br />
punteggiatura perde così la sua funzione originale<br />
di scansione logica del discorso.<br />
Tra le diverse abilità linguistiche, lo scrivere è<br />
sicuramente la più complessa. Nello scrivere, ci<br />
sono delle regole che devono essere rispettate,<br />
diversamente si possono commettere degli errori.<br />
Un uso scorretto dei segni di interpunzione crea<br />
antipatiche stonature nel ritmo della frase.<br />
In una conversazione in chat o tramite sms si<br />
possono anche tollerare certe inesattezze, per via<br />
della velocità di trasmissione dei messaggi, ma il<br />
problema è quando si adotta lo stesso stile di<br />
scrittura nei temi.<br />
Mi è capitato di leggere alcuni elaborati scritti di<br />
ragazzi che frequentavano il secondo anno di un<br />
Liceo Scientifico. Ho avuto modo di appurare che,<br />
nella maggior parte dei casi, la punteggiatura<br />
impiegata era inesatta. Gli errori più frequenti non<br />
riguardavano solo la scorretta scansione logica<br />
delle frasi, ma anche l’impiego di segni di<br />
interpunzione al posto sbagliato e in modo<br />
sbagliato. Ad esempio, il punto esclamativo, che va<br />
posto sempre in fondo all’intero periodo, spesso è<br />
utilizzato più volte in una stessa frase e, come se<br />
non ne bastasse uno, si preferisce inserirne due o<br />
tre di seguito, proprio come accade in chat o negli<br />
sms: “che bella giornata!!!” oppure “chiamami!!!”.<br />
È giusto sottolineare che un solo punto esclamativo<br />
ha una capacità espressiva più che sufficiente (e ciò<br />
vale anche per il punto interrogativo), pertanto è<br />
preferibile, inoltre, avvalorare la distinzione tra<br />
italiano formale e italiano informale che oggi,<br />
purtroppo, si avverte poco (o per niente).<br />
Comunicare oggi è sempre più difficile. Nonostante<br />
il progresso tecnologico e lo svariato numero di<br />
mezzi di comunicazione che permettono di mettere<br />
in contatto persone che vivono in continenti<br />
diversi, c’è il rischio di non saper comunicare. Più<br />
aumentano i mezzi e i luoghi virtuali più si possono<br />
perdere di vista molteplici aspetti importanti della<br />
comunicazione: stato d’animo, tono della voce,<br />
linguaggio. Comunicare vuol dire sostanzialmente<br />
ascoltare, parlare e vedere.<br />
‹‹ La competenza comunicativa riguarda la<br />
capacità che i parlanti hanno di utilizzare la lingua<br />
nei modi che sono appropriati alle varie situazioni<br />
›› 4.<br />
Pessimisticamente ritengo che nella società in cui<br />
vivo la capacità di ascolto sia inesistente. Non si<br />
parla più di tanto e soprattutto quando si comunica<br />
(se comunicazione si può chiamare) lo si fa per<br />
“intercessione” di un computer o di un telefonino.<br />
La comunicazione virtuale è il mezzo “migliore”<br />
per crearsi molteplici maschere, per dire “ti amo”<br />
senza troppe complicazioni, per litigare con un<br />
amico dicendogli le cose peggiori che non gli<br />
avresti mai detto guardandolo negli occhi, per dire<br />
“ti voglio bene” (ops! Scusate: “T.V.B.”) a tutti,<br />
anche a chi conosci da poche ore. Insomma, una<br />
comunicazione “viscerale” (macché); adesso è<br />
possibile anche baciarsi via web, non è uno<br />
scherzo. Questa nuovissima tecnologia è stata da<br />
poco messa a punto dall’università di Kajimoto<br />
(Elettro Comunicazioni), tramite la realizzazione di<br />
uno strumento munito di una cannuccia di plastica<br />
che risponde agli stimoli trasmettendoli a un’altra<br />
cannuccia-ricevitore (che cosa romantica!).<br />
Non ho intenzione di dilungarmi su questi aspetti<br />
veramente poco piacevoli della comunicazione<br />
odierna. A parte la carenza di diversi aspetti<br />
fondamentali nelle relazioni interpersonali, una<br />
comunicazione del genere impoverisce anche il<br />
repertorio linguistico di un individuo. Il tipo di<br />
scrittura utilizzato, se da un lato serve per essere<br />
più veloci e per occupare meno spazio possibile,<br />
dall’altro storpia la lingua italiana. I testi sono<br />
semplificati e strutturati in parti brevi. Sigle e<br />
abbreviazioni risultano particolarmente abbondanti:<br />
si va da abbreviazioni ottenute con le prime<br />
consonanti della parola (cmq per comunque, qnd e<br />
qnt per quando e quanto, msg sta per messaggio) a<br />
sigle formate con le iniziali delle parole della frase<br />
come tvttb ( ti voglio tanto tanto bene), cvd (ci<br />
vediamo domani); peggio ancora i risultati delle<br />
combinazioni di lettere, numeri e segni matematici:
c6 (ci sei?), r8 (rotto), 4U (for you), t + t (torno più<br />
tardi), XXX (baci baci baci). Questo tipo di<br />
linguaggio oltre ad essere sgrammaticato, non<br />
prevede altre regole se non la velocità nello<br />
scrivere. Abbreviazioni, acronimi, omissioni del<br />
discorso, queste sono le caratteristiche del<br />
linguaggio odierno che possono andare anche bene<br />
per agevolare l’invio di informazioni tramite<br />
messaggi sui telefonini dove, per ragioni di tempo e<br />
spazio è necessario usare il minor numero di<br />
caratteri possibili, anche per questioni di comodità<br />
e praticità.<br />
Il problema subentra quando se ne fa uso in<br />
contesti assolutamente inappropriati, dove questo<br />
tipo di linguaggio non ha ragione d’esistere.<br />
Tuttavia si sa che il mutamento linguistico rientra<br />
nel normale divenire storico. Ogni lingua, nel corso<br />
dei secoli, subisce delle trasformazioni dovute in<br />
parte ai contatti con i dialetti e le varietà regionali,<br />
in parte ai contatti con le lingue straniere ma<br />
soprattutto alle nuove esigenze poste dalle<br />
molteplici nuove forme di comunicazione.<br />
Questa nuova forma di comunicazione è, senza<br />
dubbio, veloce e “spensierata”. Quando si chatta<br />
con amici non ci si preoccupa delle maiuscole,<br />
della terminologia esatta, della punteggiatura ecc.<br />
Il linguaggio, come i vestiti, i tatuaggi e i piercing,<br />
può essere un espressione della propria identità, ma<br />
anche un modo per rafforzare l’appartenenza ad un<br />
gruppo e strumento per differenziarsi dal mondo<br />
degli adulti. In un’epoca come la nostra, non<br />
bisogna biasimare i giovani. Ciò che sono, ciò che<br />
pensano e come agiscono nella società, sono solo il<br />
frutto di ciò che la società stessa offre loro. I<br />
giovani di oggi, occupano un posto scomodo. Non<br />
sono adulti, non sono infanti. Sono solo giovani, e<br />
posseggono questa caratteristica per distinguersi<br />
dal resto e per portare avanti un proprio modo di<br />
vivere, di pensare e di agire, cha da una parte li<br />
tenga ben protetti dal mondo adulto, ma che<br />
dall’altra li renda visibili e riconosciuti.<br />
Non voglio entrare in merito al dibattito che vede i<br />
giovani contrapposti alla società ed al mondo<br />
adulto.<br />
La mia convinzione è che lo stile di vita frenetico,<br />
oggi, porta sempre più ad un distacco,<br />
indistintamente dall’età, tra gli individui che non<br />
sono più in grado di comunicare. Nell’era del<br />
progresso tecnologico, soprattutto per quanto<br />
riguarda i mezzi di comunicazione, se da un lato i<br />
dati dimostrano che ogni giorno vengono inviati<br />
milioni di sms e le chat-lines a volte si intasano per<br />
il numero eccessivo di utenti, dall’altro si evince<br />
che la comunicazione verbale, reale, “faccia a<br />
faccia”, tende sempre più a scemare. Tralasciando,<br />
non perché meno importante, la componente<br />
emotiva della comunicazione, resta la lingua. La<br />
lingua italiana viene utilizzata in modo scorretto.<br />
Nonostante la comodità dell’uso di abbreviazioni,<br />
acronimi e faccine, il rischio è quello di abituarsi a<br />
questo tipo di scrittura e sottovalutare<br />
caratteristiche fondamentali dell’italiano della<br />
tradizione letteraria. È vero che molti elementi<br />
lessicali propri del linguaggio giovanile hanno una<br />
vita effimera ma altri, al contrario, hanno una<br />
durata più lunga e possono passare alla lingua<br />
comune e come posso sopportare chi dice: ‹‹Ti<br />
Lovvo›› piuttosto che “Ti amo”? E come si fa a<br />
considerare sincero chi scrive: ‹‹tv1kdbxs›› (ti<br />
voglio un “casino” di bene per sempre)?<br />
Indubbiamente anch’io sono interamente immersa<br />
in questo contesto e spesso mi servo di questo tipo<br />
di scrittura e di linguaggio. A volte mi rendo conto<br />
di commettere errori, altre volte no.<br />
È difficile in questi casi pensare di poter insegnare<br />
un domani, come è impensabile, secondo me,<br />
conseguire una laurea in <strong>Lettere</strong> moderne con un<br />
piano di studi che prevede solo due prove scritte<br />
nell’arco di tre anni.<br />
Ci ritroviamo nell’era del progresso,<br />
dell’innovazione, della globalizzazione ma, più che<br />
evoluzione, emergono involuzione e superficialità<br />
anche e soprattutto nelle piccole cose che stanno<br />
alla base del vivere civile.<br />
Ritornando alla lingua italiana, l’articolo di<br />
Calabrò, sopracitato, esplica al meglio lo stato<br />
attuale delle cose:<br />
‹‹Chiunque sa che la lingua è strumento vivo, si<br />
evolve, si modifica (Manzoni, Calvino, Moravia,<br />
Vittorini sono stati dei grandi innovatori, così come<br />
lo sono i giovani scrittori Nori e Lagioia). Ma, tra<br />
evoluzione e ignoranza c’è un abisso. Una lingua<br />
povera di vocabolario e sintassi è una lingua<br />
schematica […] Diventa uno strumento di<br />
affermazioni secche (apodittiche?) e dunque
violente, di contrapposizioni, non di confronti. Ma<br />
proprio la complessità dell’argomentare sta alla<br />
base della convivenza civile, del dibattito pubblico,<br />
in sostanza della democrazia››.<br />
NOTE:<br />
1. Calabrò, Antonio, “Troppi errori dei giovani<br />
nell’italiano scritto. Più ignoranti e più poveri”, in<br />
Taccuino, www.acalabro.com, 21 settembre 2010.<br />
2. Ivi.<br />
3. D’Achille, Paolo, L’italiano contemporaneo,<br />
Bologna 2003, p.185.<br />
4. Graffi G., Scalise S., Le lingue e il linguaggio.<br />
Introduzione alla linguistica, Bologna 2003, p.229.
Si prega la clientela di spegnere la<br />
tv e di indignarsi<br />
Cerminara Francesco<br />
"S<br />
e i giovani si organizzano, si<br />
impadroniscono di ogni ramo del<br />
sapere e lottano con i lavoratori e gli<br />
oppressi, non c’è scampo per un<br />
vecchio ordine fondato sul privilegio e<br />
sull’ingiustizia”.<br />
Chissà cosa direbbe e penserebbe oggi il leader<br />
del più grande partito comunista d’Occidente,<br />
Enrico Berlinguer.<br />
Sarebbe bello poterlo rivedere e riascoltare in<br />
mezzo agli studenti in rivolta o agli operai in<br />
sciopero, invece di doversi sorbire le false<br />
promesse della banda dei tecnici e le barzellette<br />
oscene del “Buffon” di Arcore.<br />
Il leader del più grande partito comunista d’<br />
Occidente, mantenendo fede agli ideali che ne<br />
hanno segnato l’ esperienza politica, dovrebbe<br />
difendersi dagli attacchi di D’ Alema, Veltroni,<br />
Fassino e darebbe ragione a quello che diceva<br />
Pier Paolo Pasolini sul nuovo potere fascista.<br />
Sarebbe spaventato dagli effetti che i mezzi di<br />
distrazione di massa hanno procurato alle nuove<br />
generazioni, costretto non più a sentire discorsi<br />
sulla lotta di classe, il capitalismo cannibale e la<br />
giustizia sociale, ma commenti sulle gambe, sui<br />
seni, sui comportamenti dei personaggi dei reality<br />
o delle scuole di Maria De Filippi.<br />
Questo siamo diventati e Pasolini faceva bene ad<br />
Cultura e Società<br />
aver paura. Non più popolo pensante ma pubblico<br />
dormiente, infarcito di banalità, volgarità e<br />
indifferenza.<br />
Eppure, una minoranza combattiva esiste e non<br />
può essere abbandonata a se stessa.<br />
Eppure, il potere ha cambiato faccia e va<br />
combattuto. Dal regime fascista a quello<br />
mediatico e bancario. Subiamo un torto, ci fanno<br />
un torto e non ne avvertiamo la pericolosità.<br />
Tanto, tornando nelle nostre comode case ed<br />
accendendo il televisore, qualche cialtrone ci<br />
ricorda che il mondo è un bel posto, che vendere<br />
la propria dignità ( di uomo e di donna ) è<br />
accettabile, che chiedere ad un genitore di un<br />
figlio appena morto “Cosa si prova ?” non è un<br />
comportamento degno di censura (come dice<br />
spesso Bergonzoni, siamo affetti dal morbo della<br />
cronaca e i giornalisti che pongono quel tipo di<br />
domande dovrebbero camminare con un cartello<br />
con su scritto “nuoce gravemente alla salute”).<br />
Per fortuna non ci sono solo spettatori. Dalla parte<br />
opposta vivono e crescono i militanti, gli operai<br />
che reclamano il diritto alla sicurezza e gli<br />
studenti che vogliono sovvertire lo stato delle cose<br />
(molto diversi da chi gioca a fare il rivoluzionario,<br />
vestendosi da comunista e fingendo di voler<br />
proteggere gli “ultimi”).<br />
Meritano uno sguardo attento, i movimenti di<br />
rivolta all’ euro e all’ economia disastrosa (segno<br />
dell’ illusione di un’ Europa equa e solidale) nei<br />
paesi della Ex- Jugoslavia, che difficilmente
occupano spazio nelle testate giornalistiche e nelle<br />
televisioni.<br />
In Bosnia Erzegovina, molti analisti sostengono<br />
che “ negli anni novanta, tutti i partiti che hanno<br />
portato alla guerra si dicevano democratici; ormai<br />
gli stessi partiti, che continuano a monopolizzare il<br />
potere e a bloccare ogni evoluzione del paese, si<br />
dicono tutti pro-europei”.<br />
In Kosovo il Presidente Mkorad Dodik ha<br />
manifestato una voglia di aderire all’ Unione<br />
Europea; Arber Zaimi (leader della sinistra radicale<br />
albanese) riflette: “ sono dieci anni che il Kosovo<br />
fa da terreno di sperimentazioni per le politiche<br />
europee. Con quali risultati? Un’ economia<br />
distrutta”; il serbo ed estremista di destra Vojidlav<br />
Seselj prima si contrappose all’ europeizzazione e<br />
poi, sotto la guida di Tomislav Nicolic, si mostrò<br />
favorevole.<br />
In Croazia, paese che il 1 Luglio 2013 entrerà nell’<br />
Unione Europea, c’è stato un referendum nel<br />
Gennaio 2012 con un’ affluenza bassa, il 43%. Di<br />
questo campione il 67% ha votato favorevolmente.<br />
Mentre si votata, la Facoltà di <strong>Lettere</strong> e Filosofia<br />
dell’ Università di Zagabria, faceva sventolare lo<br />
striscione “Il sapere non è una merce” e<br />
comunicava che: “ Noi rivendichiamo la gratuità<br />
dell’ insegnamento superiore. Il governo voleva<br />
instaurare tasse d’ iscrizione. Grazie alla<br />
mobilitazione, siamo riusciti a bloccarne l’<br />
espansione. Gli studenti devono pagare tasse solo<br />
per il terzo e il quarto anno. Il primo, il secondo e il<br />
quinto restano gratuiti. Questo compromesso<br />
curioso è direttamente minacciato dalla prevista<br />
integrazione europea perché contravviene al<br />
protocollo di Bologna che impone l’<br />
armonizzazione dell’ insegnamento superiore in<br />
tutti i paesi dell’ Unione. Per noi, l’ adozione delle<br />
regole europee non rappresenta un processo, bensì<br />
una messa in questione di un diritto fondamentale”<br />
Una sinistra croata unita e determinata dunque?<br />
Proprio no, perché ci sono dissidi, in pieno stile<br />
sinistra italiana, fomentati da Miljenko Terniski.<br />
C’è bisogno di realizzare il sogno accarezzato da<br />
Monicelli pure nei giorni che hanno preceduto la<br />
sua scomparsa. Una rivoluzione culturale, seppur<br />
dolorosa, è l’ alternativa. Riempiere le piazze e le<br />
strade di cervelli capaci di pensare a modi per<br />
migliorare l’ economia (lotta all’ evasione, alla<br />
corruzione e agli sperperi, adozione di politiche<br />
ambientaliste ), di convincere gli stakanovisti della<br />
poltrona e del telecomando che lamentarsi da<br />
seduti è vigliaccheria, che “esempi di onestà,<br />
coerenza ed altruismo” ci sono stati e sempre ci<br />
saranno.<br />
Ricordiamoci che i fascisti che si vantavano del<br />
braccio teso e del manganello, a Duce impiccato,<br />
festeggiarono con i liberatori. Tutto non è uguale a<br />
tutto, qualcuno è morto da latitante in Tunisia<br />
dopo aver creato un esorbitante debito pubblico ( e<br />
a distanza di anni è stato preso come modello di<br />
modernità) e un signore sardo, timido e passionale<br />
è morto su un palco mentre incitava la gente a<br />
proseguire il proprio dignitoso lavoro.
Potere e controllo mentale<br />
musicale è costituita da una<br />
rete di case di produzione<br />
discografiche, riviste musicali e tutto<br />
L'industria<br />
ciò che contribuisce a creare musica<br />
destinata alla commercializzazione o<br />
divulgazione. La musica è un mezzo che<br />
permette di assorbire concetti e nozioni racchiusi<br />
nei testi delle canzoni, permettendoci di assimilare<br />
concetti non nostri con modi talvolta<br />
estremamente piacevoli: come cantare testi di<br />
canzoni che più apprezziamo o guardarne i relativi<br />
video musicali.<br />
L'industria musicale, come tanti altri settori,<br />
sembra oggi sotto il controllo di una serie di lobby<br />
e a oscuri gruppi di potere che la utilizzano per<br />
fini poco limpidi e per manipolare le masse. Uno<br />
degli elementi che ci inducono a ritenere<br />
plausibile questo scenario è il fatto che molto<br />
spesso ci imbattiamo in numerosi messaggi<br />
subliminali nascosti all'interno delle clip musicali<br />
trasmesse ripetutamente in tv. Infatti, a quanto<br />
pare, in molte immagini vengono criptati simboli<br />
esoterico-satanici, che vengono assorbiti dal<br />
nostro inconscio e vi permangono come fantasmi<br />
erranti.<br />
Una di queste sette, secondo alcuni,<br />
sarebbe quella cosiddetta degli “Illuminati”, una<br />
sorta di società segreta a carattere religiosoesoterico,<br />
fondata da Adam Weishaupt nel 1776, in<br />
Germania, in alternativa alla massoneria di cui<br />
però ha assunto molte caratteristiche e parte della<br />
Mollo Alessia<br />
simbologia. Infatti, come la massoneria, il suo<br />
simbolo riproduce una piramide con all'interno<br />
l'occhio che tutto vede, oppure una G posta sotto<br />
un compasso divaricato in modo da riprodurre i<br />
tratti di una piramide. Ciò rispecchia la struttura<br />
gerarchica della setta, nella quale l'adepto conosce<br />
solo quelli della sua stessa classe o quelli della<br />
classe inferiore, e, a meno che non abbia ricevuto<br />
ordini particolari, tutti gli altri adepti di grado<br />
superiore saranno detti per lui gli “invisibili”.<br />
Secondo alcuni teorici, molti personaggi<br />
dello show business avrebbero avuto fama e<br />
ricchezza aderendo a questa setta e per dimostrare<br />
la loro totale adesione si esibirebbero ostentando<br />
gesti tipici degli Illuminati, che ne riproducono il<br />
simbolo: o fanno un triangolo con le mani,<br />
oppure si coprono un occhio con la mano, come si<br />
può vedere in molti videoclip o concerti. Per<br />
questo, celebrità di fama mondiale dello<br />
spettacolo come cantanti e attori hanno una cosa<br />
fondamentale in comune con politici, banchieri,<br />
finanzieri mondiali e proprietari di grandi aziende:<br />
avrebbero “venduto l'anima al diavolo” e<br />
finirebbero per cooperare ai piani di una struttura<br />
occulta di potere costituita da alcune tra le più<br />
ricche famiglie del mondo. Il loro potere segue da<br />
millenni una blood-line (linea di sangue) che si<br />
tramanda da generazioni. Il loro obbiettivo non<br />
sembra essere più nemmeno il denaro, piuttosto il<br />
raggiungimento di uno stato totalitarista ed<br />
accentratore in cui l'essere umano viene trattato
come uno schiavo. Questo sistema prende il nome<br />
di Nuovo Ordine Mondiale – New World Order .<br />
Sempre secondo alcuni, per gli adepti delle loro<br />
sette, stringere un patto con il diavolo o con chi ne<br />
fa le veci, assicurerebbe potere e denaro: per<br />
questo, molti cantanti e attori che sognano la<br />
notorietà in svariati ambiti dello spettacolo prima o<br />
poi si accorderebbero con le grandi aziende in<br />
mano agli Illuminati.<br />
Cominciano così nello spettacolo a creare un<br />
mondo fatto di simboli, gesti e rituali in cui cercano<br />
di plasmare le masse fin dalla più giovane età,<br />
creando falsi idoli in cui i ragazzi possano<br />
identificarsi. Questo processo agisce distogliendo le<br />
masse dai reali problemi della vita quotidiana e<br />
realizzando miti irraggiungibili. Questi “burattini”<br />
del sistema sarebbero talmente asserviti ai loro<br />
manipolatori al punto da esprimere tale adesione<br />
con gesti e tracce audio. Sulla base di questi<br />
meccanismi mentali sarebbe per loro possibile<br />
condurre molte persone in condizione di disordine<br />
della personalità multipla o disordine della<br />
personalità dissociata. Il cervello delle loro vittime<br />
verrebbe modellato e adeguato ai modelli di<br />
comportamento che il sistema esige. Questo<br />
progetto di controllo mentale è noto come<br />
“Progetto Monarch”.<br />
Un esempio lampante del progetto del controllo<br />
mentale nell'industria musicale è quello<br />
dell'indiscussa regina del pop Madonna, icona per<br />
milioni di persone. Infatti, fin dai suoi esordi ha<br />
giocato con la trasgressione utilizzando talvolta<br />
simboli cristiani. L'ambiguità, i riferimenti sessuali<br />
e la blasfemia sono elementi che l'hanno sempre<br />
contraddistinta (e non in positivo). Anch'essa si<br />
relaziona al resto dell'industria musicale utilizzando<br />
simboli esoterico-satanici.<br />
In uno dei suoi primi singoli, lanciato sul mercato<br />
per renderla celebre, Like a prayer del 1989,<br />
Madonna appare sullo schermo tra numerose croci<br />
infuocate, una rappresentazione del tutto anticristiana.<br />
Il video allora fece scalpore poiché parla<br />
di Gesù Cristo come di un essere umano con<br />
desideri sessuali.<br />
Madonna, essendo ormai un colosso musicale di<br />
fama mondiale, diventa un favorevole punto su cui<br />
fare leva per il controllo mentale di milioni di<br />
giovani. Il suo concerto al Super Bowl americano<br />
del 2012 non è stato altro che un grande rito, dove<br />
lei in veste di sacerdotessa egiziana ha intrattenuto<br />
con simbolismi e immagini le menti di migliaia di<br />
giovani che ripetevano cantando le sue stesse<br />
parole, inconsapevoli di fare parte di un vero e<br />
proprio rito satanico. Il concerto si è concluso<br />
proprio con Like a prayer che riascoltata al<br />
contrario non è, come dice il titolo “come una<br />
preghiera”, ma anzi sembrerebbe essere un diretto<br />
inno a Satana e all'occhio onniveggente.<br />
Un ulteriore “strumento” degli illuminati è<br />
l'emergente cantante Rihanna, costantemente in<br />
vetta alle classifiche musicali ormai da qualche<br />
anno. La cantante ha esordito dopo il suo incontro<br />
con il cantante rap Jay-Z, il quale, da parte sua, ha<br />
affermato di aver venduto l'anima a Satana e di<br />
aver avuto il compito di iniziare alcuni adepti; nei<br />
suoi video si riscontrano molti gesti e messaggi<br />
satanici o riguardanti la setta degli Illuminati. La<br />
stampa dice, a riguardo del loro incontro, che il<br />
presidente dell'etichetta, Jay-Z, convocò Rihanna<br />
per un provino e le propose di firmare un contratto<br />
per sei album. Inizialmente titubante, la ragazza<br />
accennò un rifiuto, ma Jay-Z la persuase dicendole<br />
che non sarebbe mai uscita dalla stanza se non<br />
dalla finestra (erano al 5° piano di un palazzo), e a<br />
quel punto lei firmò il contratto. Questa versione<br />
ufficiale in verità è da più parti smentita: sembra,<br />
infatti, che Rihanna dapprima rifiutò perché le fu<br />
proposto di dover sottomettersi al potere degli<br />
Illuminati e di dover venerare Satana. Però, una<br />
volta dato il suo consenso, e firmato il contratto, le<br />
cose cambiarono: pubblicò numerosi album e dopo<br />
i primi due, serviti a renderla famosa in tutto il<br />
mondo, ne pubblicò uno dal titolo Good girl gone<br />
bad ovvero “le brave ragazze diventano cattive”, in<br />
cui già la copertina è indicativa: Rihanna infatti<br />
mostra un solo occhio.<br />
Nel suo primo singolo “Umbrella” canta con Jay-Z<br />
in persona dicendo in inglese “L'uomo della<br />
pioggia (rain man) è tornato con la piccola<br />
Sunshine Rihanna...”. Ma cosa vuol dire? “Rain<br />
man” sembrerebbe un intercalare molto ricorrente<br />
in svariate canzoni, in realtà non è altro che uno<br />
dei tanti nomi attribuiti a Satana. Pertanto Jay-Z,<br />
nella canzone, dice che Satana è tornato portando<br />
con se una nuova schiava “little sunshine” (riferito<br />
alla luce di Lucifero) e nel resto della melodia<br />
Rihanna dichiara la sua unione con il demonio. Il<br />
videoclip, come il testo, chiaramente è colmo di<br />
messaggi Satanici. In un frame si può notare la
giovane adepta inginocchiata all'interno di una<br />
piramide come simbolo di totale sottomissione agli<br />
Illuminati.<br />
Alcune persone potranno chiedersi se queste sono<br />
solo delle coincidenze oppure che io veda del<br />
negativo ovunque nei media. Queste persone forse,<br />
non sono al corrente di alcune verità fondamentali,<br />
non basate su credenze particolari, ma su fatti reali.<br />
Le case discografiche che posseggono l'immagine<br />
di tutte queste star importanti sono a sua volta in<br />
mano a gruppi economici che li trasformano<br />
iniziandoli a società segrete occulte.<br />
Certo, bisogna però evidenziare come non tutti gli<br />
artisti svendono le loro capacità come fossero un<br />
prodotto da lanciare sul mercato ed anzi assumono<br />
un vero e proprio atteggiamento da anti-Illuminati.<br />
Molti musicisti e cantanti, pur ricevendo inviti<br />
allettanti da parte di società segrete, si sono astenuti<br />
dall'aderire al loro sporco scopo, rinunciando<br />
quindi alla possibilità di possedere esorbitanti<br />
ricchezze e fama indiscussa. Dopo svariate ricerche<br />
svolte personalmente ho potuto infatti constatare<br />
come alcuni generi musicali ad esempio quello<br />
“raggae” pare non essere d'interesse all'industria,<br />
quindi non soggetto al programma di controllo<br />
mentale, perché trattasi di musica poco<br />
commerciale. Lo stesso Bob Marley lanciò un<br />
messaggio alle masse, ovvero, chi ci governa vuole<br />
assemblarci come tanti tasselli di un mosaico<br />
globale uniforme, schiavizzandoci a tutto ciò che è<br />
materiale, facendoci perdere la libertà di governare<br />
noi stessi per lasciarci guidare dalle leggi dettate<br />
dai potenti, come fossimo delle pedine da scacchi:<br />
“Voi siete liberi non dovete dipendere da nessuno,<br />
non interessa ciò che diranno su di voi... I take a<br />
revolution I make a solution...”.<br />
Altra cantante che grazie a questa sorta di<br />
fratellanza ha raggiunto la fama mondiale è<br />
Beyoncè. Lei, come Rihanna, ha ragginto il<br />
successo cantando anch'essa con Jay-Z, nel suo<br />
primo singolo “Crazy in love”. Il relativo video<br />
parla di “Sasha Fiere”, mostrandoci i passi della<br />
sua trasformazione nelle mani degli Illuminati.<br />
Nella scena finale, infatti, Jay-Z dà fuoco ad<br />
un'auto in cui Beyoncè è rinchiusa sul sedile<br />
posteriore. La macchina esplode e la ragazza<br />
muore. Un attimo dopo la vediamo rinascere<br />
splendente come una diva, sexy e seducente nei<br />
panni di Sasha Fierce. Quindi anch'essa rinasce<br />
(come Rihanna) dopo l'incontro con Jay-z ed<br />
esprime la sua unione con Satana, ridandosi un<br />
nome, lo fa appunto pubblicando il disco “I'm<br />
Sasha Fierce”.<br />
Secondo molti osservatori, la lista delle celebrità di<br />
ieri e di oggi aderenti alla setta potrebbe continuare<br />
all'infinito: Marilyn Monroe, Led Zeppelin, The<br />
Beatles, Bob Dylan, Lady Gaga, Jessie J, Pink,<br />
Cristina Aguilera ecc. Pure artisti come Michael<br />
Jackson ed Eminem ne avrebbero fatto parte<br />
all’inizio della loro carriera. Questi ultimi, nel<br />
momento in cui recedettero la loro appartenenza<br />
alla setta, subirono un notevole calo di<br />
produzione causato da gossip diffamatori da fonti<br />
sconosciute. I membri italiani sarebbero Vasco<br />
Rossi, Tiziano Ferro, Marco Carta, Laura Pausini, e<br />
tantissimi altri ancora tra i quali i “gioielli” made in<br />
Mediaset soprattutto: i loro videoclips e le loro<br />
canzoni pullulano di tutti questi messaggi,<br />
inducendo i giovani ad assumere gli stessi gesti dei<br />
loro idoli inconsapevoli del loro reale significato.<br />
Anche se i loro testi professano messaggi<br />
apparentemente benevoli, d'amore e d'amicizia,<br />
bisogna rammentare che i singoli sono calcolati per<br />
ottenere i massimi ascolti e il massimo della<br />
vendita quindi studiati in modo tale da catturare le<br />
nostre attenzioni.<br />
Oggi difficilmente troviamo artisti che non si siano<br />
svenduti al Potere che ormai gestisce la politica,<br />
l'economia e il mercato del pianeta intero. Quindi<br />
all'artista conviene arrendersi al suo dominio e<br />
diventare merce da lanciare sul mercato musicale o<br />
cinematografico, in cambio di ricchezza e fama.<br />
Il massimo dello squallore lo si trova tra i cartoon e<br />
le melodie Walt Disney, dove messaggi Satanici<br />
degli Illuminati sono praticamente ovunque, alcuni<br />
sfiorano addirittura la pornografia e la blasfemia.<br />
Alcune star infatti le abbiamo viste apparire sugli<br />
schermi con le orecchie del simpatico cartone<br />
animato Topolino. In verità, indossare le orecchie<br />
di Mickey Mouse è simbolo associato alla<br />
programmazione per il controllo mentale.<br />
Quelli che abbiamo esaminato finora sono le<br />
“marionette” usate dagli Illuminati. In definitiva,<br />
secondo la “teoria del complotto”, queste persone<br />
cercano di “resettarci” e di riprogrammarci<br />
secondo il loro progetto : governare il Mondo e<br />
imporre il cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale:<br />
(New Word Order), mettendoci in una condizione<br />
di assoluta sudditanza rispetto al Potere.
Ovviamente è facile per loro illudere e far agire<br />
secondo la propria volontà la massa ignorante.<br />
Per questa ragione, sostengo che il loro potere<br />
debba essere disoccultato impedendo l’imposizione<br />
di modelli di vita che non ci appartengono e che<br />
non ci rispecchiano assolutamente.<br />
L'uomo, in quanto essere pensante, dovrebbe<br />
difendere il diritto alla ricerca della verità. Più di<br />
ogni altra cosa, dovrebbe rendersi conto dei vili<br />
mezzi di cui il sistema si avvale:<br />
OPEN YOUR EYES !!!<br />
APRITE GLI OCCHI !!!<br />
Sitografia<br />
- Da you tube, Illuminati – The Music Industry (full<br />
length)<br />
- Da you tube, Illuminati nella musiva italiana e<br />
straniera<br />
- Da you tube , Songs of Satan (Backmasking)
Inflazione: cause, implicazioni e<br />
conseguenze<br />
Romano Italo<br />
Quando si parla di Sovranità Monetaria e<br />
signoraggio bancario si è soggetti il più<br />
delle volte ad attacchi bipartisan.<br />
Spesso e volentieri l’arma più utilizzata<br />
dai detrattori, più o meno consapevoli,<br />
è quella dell’inflazione.<br />
Sappiamo realmente cosa sia l’inflazione, e quali<br />
siano le dinamiche da cui essa scaturisce?<br />
Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.<br />
L’inflazione può avere origini differenti e si può<br />
dividere, in base alle condizione che innescano la<br />
situazione inflattiva, in tre categorie:<br />
1)inflazione reattiva;<br />
2)inflazione guidata;<br />
3)inflazione creditizia.<br />
La prima categoria di inflazione nasce a causa di<br />
condizioni elementari e il suo meccanismo è di<br />
facile comprensione: quando aumentano i costi di<br />
produzione (del processo produttivo, dei salari o<br />
delle materie prime) aumenta il prezzo del<br />
prodotto finale. Quindi se lievita il prezzo della<br />
farina, farà altrettanto il prezzo del pane venduto<br />
al dettaglio.<br />
Può anche accadere che una azienda riuscendo a<br />
imporsi sulle altre, creando condizione di<br />
monopolio od oligopolio, può decidere di<br />
aumentare i prezzi senza giustificazione alcuna,<br />
per massimizzare il profitto. Ma, come è già<br />
capitato, anche in un settore in cui vige<br />
ufficialmente la concorrenza, le imprese possono<br />
accodarsi per stabilire un prezzo di riferimento<br />
più alto. Le norme antitrust vietano assolutamente<br />
questa tipologia di condotta di mercato, ma come<br />
sappiamo in questo caos globalizzato, spesso, le<br />
leggi sono eluse o aggirate con escamotage creati<br />
ad hoc.<br />
Per cui, questa tipologia di inflazione è frutto di<br />
movimenti interni al mercato ed è innescata dalle<br />
iniziative dei soggetti che in esso operano. Ovvio<br />
che un governo del popolo e per il popolo, attento<br />
e lungimirante, possa intervenire per correggere<br />
un trend inflattivo, modificando le norme, oppure,<br />
l’imposizione tributaria.<br />
L’inflazione guidata, detta anche inflazione<br />
monetaria, è il più classico dei casi, è quella<br />
maggiormente citata quando si inizia a parlare di<br />
sovranità monetaria, moneta credito, signoraggio<br />
statale etc. In pratica quando vi è troppo denaro in<br />
circolazione aumenta l’inflazione.<br />
E’ giusto porsi un paio di domande.<br />
Ma troppo rispetto a cosa? Rispetto ai servizi<br />
reali: capacità produttiva, occupazione,<br />
tecnologia, reperibilità di materie prime etc.<br />
Chi immette il denaro in circolazione?<br />
Formalmente, è lo Stato che ordina questa<br />
operazione, in realtà il denaro è creato dalla Banca<br />
Centrale. Per comprendere meglio il rapporto che<br />
intercorre fra i due enti, nel particolare in merito<br />
all’emissione monetaria, è necessario aver ben<br />
chiaro il concetto di signoraggio: la proprietà dei<br />
valori monetari, pari alla differenza tra costo<br />
tipografico (o di conio) e il valore nominale.<br />
Tornando alla nostra inflazione monetaria, è<br />
necessario fare un esempio pratico per spiegare al<br />
meglio il concetto. Prendiamo l’esempio di un<br />
paese appena uscito da un periodo di guerra,<br />
quindi a terra dal punto di vista economico, e<br />
quindi politico e sociale. Il Governo di questo<br />
Stato inizia a stampare moneta per rilanciare
l’economia del paese. Però a questa massiccia<br />
emissione monetaria potrebbe corrispondere una<br />
povertà diffusa, quindi mancanza di acquirenti,<br />
quindi mancanza di servizi. Insomma l’economia<br />
non solo non si mette in moto, ma rischia di<br />
impantanarsi. Gran parte delle risorse verrebbero<br />
assorbite dalla ricostruzione, ma niente di più. Così<br />
questo denaro inutilizzato fa impennare l’inflazione<br />
alle stelle.<br />
La storia è piena di esempi simili, su tutti, il più<br />
citato è quello della Repubblica di Weimar. La<br />
Germania, uscita sconfitta della Prima guerra<br />
mondiale e messa al muro dal Trattato di Varsailles,<br />
tentò di ricostruirsi dandosi un ordinamento<br />
repubblicano per tentare di risollevare l’economia<br />
tedesca. Non bastò. Il collasso era prossimo a<br />
venire, difatti, nel 1923 le banche tedesche, private<br />
e appartenenti al cartello mondiale, iniziarono a<br />
stampare denaro senza sosta. Nello stesso periodo<br />
la Francia invase la Ruhr, zona ad altissima<br />
industrializzazione, e ciò provocò pesanti<br />
ripercussioni sulla produzione. In seguito a questi<br />
avvenimenti La Società delle Nazioni (antenato<br />
dell’Onu) aprì le porte alla Repubblica di Weimar<br />
in cambio di ingenti prestiti. Con il debito pubblico<br />
alle stelle, si innescò una iperinflazione: i tedeschi<br />
andavano a comprare le sigarette con la carriola e<br />
un chilo di pane, che prima della crisi costava 250<br />
marchi, in dodici mesi era arrivato a costare la<br />
bellezza di 399 miliardi di marchi!<br />
Il crollo definitivo si ebbe con la crisi del 1929, il<br />
famoso venerdì nero della borse di New York<br />
dichiarò chiusa l’avventura repubblicana tedesca.<br />
Imparata la lezione, i tedeschi non replicarono<br />
l’errore. Hitler nazionalizzò le banche e ciò permise<br />
quella spaventosa crescita, che poi degenerò nella<br />
follia causa della Seconda Guerra Mondiale. Ma<br />
anche dopo la sconfitta, il debito tedesco era<br />
praticamente nullo e l’inflazione allo 0,5% annuo.<br />
Infine abbiamo l’inflazione creditizia. Questa<br />
inflazione ha conosciuto la più ampia diffusione dal<br />
1971, anno in cui Nixon, allora Presidente degli<br />
Stati Uniti, con il benestare del G10, decretò la fine<br />
della gold standard, ovvero della convertibilità del<br />
dollaro in oro (il valore del dollaro era legato alla<br />
consistenza delle riserve auree statunitensi), come<br />
deciso nel 1944, con gli accordi di Breton Woods.<br />
Questa decisione ha aperto la porta del mondo alla<br />
moneta virtuale. Questa terza categoria di<br />
inflazione è generata dall’eccesso di operazioni di<br />
sconto e concessioni di credito da parte delle<br />
banche. Inoltre non dobbiamo dimenticare che le<br />
banche ricavano mostruosi guadagni grazie agli<br />
interessi che applicano. Per cui più credito<br />
concedono, più interessi incassano, tanto cosa gli<br />
importa, parliamo di una moneta che in pratica non<br />
esiste, è solo una convenzione. I guadagni delle<br />
banche crescono di pari passo con la deriva<br />
economica. E’ questa la causa che ha innescato la<br />
crisi del 2008.<br />
Legame tra inflazione monetaria e inflazione<br />
creditizia<br />
Tutti coloro i quali prendono in prestito denaro<br />
dalla banche diventano debitori, dovendo restituire<br />
non solo la somma ottenuta, ma anche gli interessi<br />
che gravano su di essa. Quando tale meccanismo si<br />
amplia, ovvero interessa milioni di persone, si crea<br />
una condizione di rarefazione monetaria. Per<br />
ovviare a questa situazione, lo Stato ordina<br />
l’emissione del denaro necessario ai debitori per<br />
restituire alle banche gli interessi sui prestiti<br />
ricevuti.<br />
Questo processo provoca inizialmente deflazione,<br />
dovuta alla rarefazione della moneta, e dopo<br />
inflazione. Inoltre è giusto ricordare come la<br />
rarefazione monetaria sia uno dei pilastri portanti<br />
del meccanismo di finanziamento del debito<br />
pubblico.<br />
Lo Stato crea Buoni del Tesoro (Bot, Btp e Cct) e<br />
la contropartita di questi buoni viene messa sul<br />
piatto della banca centrale ed è costituita da denaro<br />
fresco di emissione. Denaro che alle banche non<br />
costa nulla, fatte esclusione per le normali spese<br />
tipografiche, ma giunto in circolazione viene<br />
caricato del suo valore nominale (5 euro, 10 euro<br />
etc.). Questa prassi illegale è oramai consolidata<br />
negli anni, e il denaro assume automaticamente il<br />
valore facciale, senza nessuna operazione<br />
finanziare alle spalle o copertura patrimoniale da<br />
parte della banca.<br />
Con questo denaro si acquistano i Buoni del<br />
Tesoro, che per contro, garantiscono una resa reale<br />
e tangibile la cui entità dipende dal tasso di<br />
interesse (stabilito dalla BCE). Ovvio che se<br />
qualcuno incassa queste rendite, ci sarà qualcun<br />
altro che dovrà subire un esborso. Questo fatidico<br />
“qualcun altro” è lo Stato, il quale raggranella il<br />
soldi necessari per pagare gli interessi che spettano<br />
ai possessori di Buoni del Tesoro attraverso la<br />
tassazione o con un ulteriore indebitamento.
Buona parte del denaro presente in questi flussi<br />
passa virtualmente dai cittadini alle banche, e lo fa<br />
attraverso lo Stato, che prima incassa sottoforma di<br />
imposte dai cittadini e poi lo passa alla banche,<br />
storicamente grandi finanziatrici del debito<br />
pubblico nazionale.<br />
E’ proprio questo processo che da vita alla<br />
rarefazione monetaria, che spesso causa<br />
l’inflazione.<br />
L’aumento di denaro in circolazione non comporta<br />
automaticamente inflazione. Difatti la variazione<br />
dei prezzi avviene in funzione:<br />
A) della disponibilità del cliente a pagarli;<br />
B) del denaro a disposizione degli imprenditori;<br />
C) del denaro a disposizione degli acquirenti;<br />
D) di tasse, accise, costo del denaro, tassi<br />
d’interesse etc.<br />
Fatta eccezione per il caso A (e non sempre), un<br />
aumento del denaro circolante sortisce<br />
l’abbassamento dei prezzi. Anzi nel caso D si<br />
deduce che è l’aumento dei costi, compreso quello<br />
del denaro, a creare inflazione.<br />
Quindi la politica della BCE, volta ad aumentare il<br />
costo del denaro e i tassi di interessi, e diminuire la<br />
moneta circolante, per abbassare l’inflazione,<br />
ottiene l’effetto opposto. L’economia moderna,<br />
basata sui principi keynesiani e smithiani, è fallita.<br />
Secondo tali teorie, maggiore è la quantità di<br />
denaro sottratto al mercato, maggiore sarà la<br />
conseguente diminuzione dei prezzi. Per cui,<br />
secondo questi concetti, il mercato resterebbe in<br />
piedi anche con un solo euro in circolazione, con la<br />
differenza che tutto costerebbe infinitamente meno.<br />
Ovvio che ciò sia impossibile, perché dinanzi una<br />
situazione del genere collasserebbe il sistema<br />
economico, e con lui tutte queste teorie arcaiche.<br />
Tutto ciò non è il frutto dell’incompetenza da parte<br />
degli organi monetari ed economici, ma il risultato<br />
di una premeditazione, volta al controllo delle<br />
nazioni attraverso il denaro, e l’usura, che rendono<br />
schiavi del sistema miliardi di persone.<br />
Henry Ford disse: "E' un bene che il popolo non<br />
comprenda il funzionamento del nostro sistema<br />
bancario e monetario, perché se accadesse credo<br />
che scoppierebbe una rivoluzione prima di domani<br />
mattina."<br />
Mentre secondo l’economista canadese J. K.<br />
Galbraith, lo studio del sistema monetario è alla<br />
portata di qualsiasi persona curiosa e mediamente<br />
intelligente.<br />
La scienza economica si servirebbe dell’apparente<br />
complessità della materia per allontanare le<br />
persone dalla verità; una verità che potrebbe<br />
compromettere il perpetrarsi dell’attuale status quo.<br />
Esiste una economia libera senza il ricatto<br />
dell’inflazione.<br />
Ecco come avviene la creazione del denaro: le<br />
banconote sono emesse dalla BCE, ente privato, e<br />
sono utilizzate per acquistare Titoli di Stato, che<br />
però sono gravati da interessi ; ovvio che per<br />
pagare questi interessi è emesso altro denaro. E’ un<br />
cane che si morde la coda.<br />
L’unico modo per uscire da questa spirale, sarebbe<br />
quello di generare nel bilancio pubblico avanzi<br />
primari talmente consistenti da superare la spesa<br />
per gli interessi. L’avanzo primario è il risultato<br />
della differenza tra il totale delle entrate, tributarie<br />
ed extra tributarie, ed il totale delle spese di uno<br />
Stato, risultato ottenuto prima di pagare gli<br />
interessi passivi sul debito pubblico, cioè sui buoni<br />
del tesoro e certificati di credito emessi.<br />
In particolare, se il totale delle entrate dello Stato<br />
eccede il totale delle sue spese, avremo l’avanzo<br />
primario, contrariamente avremo il disavanzo<br />
primario 1.<br />
Per far fronte al livello attuale del debito pubblico,<br />
bisognerebbe chiudere il bilancio con avanzi<br />
nettamente fuori dalla portata degli attuali governi.<br />
Inoltre una politica del genere comporterebbe un<br />
sacrificio lacrime e sangue da parte dei cittadini,<br />
con taglio dei servizi e inasprimento della<br />
pressione tributaria. Una assurda ingiustizia, che<br />
nei fatti andrebbe ad imporre politiche pubblica per<br />
ripianare un debito contratto dai privati.<br />
Il debito pubblico non è ripianabile, è in continuo e<br />
costante crescita. Difatti si parla sempre non di<br />
estinzione del debito, ma di rifinanziamento. Un<br />
finanziamento che passa sempre attraverso<br />
l’acquisto di nuovi Titoli di Stato, totalmente<br />
indipendenti dalle manovre finanziare attuate dai<br />
vari governi appartenenti a diversi schieramenti<br />
politici, sempre e comunque asservite ai cartelli<br />
bancari internazionali.<br />
Esiste una soluzione? Certo. Lo Stato per prima<br />
cosa dovrebbe riappropriarsi di Bankitalia, creando
il proprio denaro e prestando attenzione a<br />
mantenere l’economia nella condizione di<br />
equilibrio. Ad un tot di soldi in circolazione, con<br />
prezzi mantenuti costanti, devono corrispondere<br />
beni e servizi reali.<br />
Si dovranno abolire i Titoli di Stato, dopo aver<br />
provveduto a liquidare i possessori di quelli<br />
precedentemente creati, non più necessari per<br />
l’acquisizione del denaro.<br />
Sovranità monetaria, moneta del popolo, come da<br />
Costituzione. La moneta così creata non sarà più<br />
addebitata ai cittadini, ma accreditata, elargendo un<br />
reddito di cittadinanza. Questo non a titolo di<br />
elemosina, ma a titolo di legittima pretesa<br />
giuridica. E’ il cittadino stesso a creare il valore<br />
della moneta, che la accetta come convenzione, in<br />
quanto oggi la moneta non è più legata alle riserve<br />
aurifere, quindi ha come unico valore il suo costo<br />
di stampa. La moneta è la misura del valore e il<br />
valore della misura, come il metro è la misura della<br />
lunghezza.<br />
Dirò di più, le banche dovrebbero essere tutte<br />
statali e senza fine di lucro. In caso contrario,<br />
quelle private non dovrebbero avere la possibilità<br />
di creare denaro creditizio, e potrebbero prestare<br />
solo il denaro realmente detenuto. Insomma,<br />
nessun guadagno privato, se non quello necessario<br />
alle spese vive.<br />
In sintesi:<br />
1) Lo Stato crea denaro in modo tale da mantenere i<br />
prezzi costanti, facendo corrispondere ad essi beni<br />
e servizi reali che giustifichino l’emissione<br />
monetaria;<br />
2) Il denaro creato è affidato alle banche statali;<br />
3) Le banche statali lo concedono in uso a costo<br />
zero ai cittadini che ne hanno bisogno;<br />
Vi sarebbe subito un netto miglioramento delle<br />
condizioni socio-economiche, grazie alla possibilità<br />
di garantire beni e servizi e al lavoro, a cui danno<br />
origine, fonte di ricchezza reale per l’economia di<br />
un paese. Il debito pubblico tenderebbe a zero. I<br />
prezzi costanti ridarebbero uno slancio ad una<br />
economia più sobria, più umana, e con solide basi.<br />
E il vecchio debito “pubblico”? Con la Banca<br />
d’Italia ritornata in mani pubbliche, si potrebbero<br />
stampare i quasi duemila miliardi necessari per<br />
liberarsi dal fardello del debito.<br />
Le soluzioni per uscire da questa crisi sistemica<br />
indotta ci sono. Ma se aspettiamo che gli stessi<br />
creatori della crisi ci diano la soluzione ad essa,<br />
stiamo freschi. Le crisi economiche sono golpe<br />
sociali preparati a tavolini, atti a schiavizzare le<br />
masse, e ad imporre il dominio totalitario.<br />
La nostra economia è ferma non per assenza di<br />
opportunità o pigrizia, ma per mancanza di denaro.<br />
Mancando questo vengono meno i beni e i servizi<br />
necessari per i cittadini, lo stato sociale viene<br />
smantellato, e con esso il futuro di intere<br />
generazioni, che cresceranno all’ombra<br />
dell’incertezza, e sotto il giogo asfissiante della<br />
dittatura del capitale.<br />
Occorre ripristinare l’ordine democratico.<br />
Informatevi e informate. Le basi della resistenza<br />
sono queste. Un altro sistema economico è<br />
possibile. Un altro mondo è possibile.<br />
NOTE:<br />
[1] L’Unione Europea è interessata all’esistenza e<br />
consistenza degli avanzi primari degli Stati<br />
membri, in quanto, “per restare in Europa”, si è<br />
stabilito che gli stessi Stati debbano avere un<br />
rapporto, tra avanzo primario e prodotto interno<br />
lordo (PIL), non superiore al 3%.<br />
Per quanto riguarda l’Italia, faccio rilevare che<br />
l’esistenza del suo rilevante e crescente debito<br />
pubblico impone ai governanti di pervenire ad un<br />
avanzo primario cospicuo .<br />
La consistenza dell’avanzo primario deve essere<br />
almeno sufficiente per pagare gli interessi passivi<br />
sul medesimo debito. Lascio ad altra e separata<br />
analisi il gravoso problema della diminuzione dello<br />
stesso debito pubblico, anche detto debito sovrano,<br />
rappresentato dai titoli o fondi pubblici in<br />
circolazione e di futura scadenza.<br />
Infatti, quest’ultimo debito costituisce, di per sé,<br />
complesso e arduo problema da affrontare ed, ai<br />
nostri giorni, è divenuto assillante ed oggetto di<br />
dibattito per discutere le varie ipotesi riguardanti la<br />
sua riduzione.<br />
Il crescente indebitamento dello Stato italiano,<br />
ulteriormente ampliato dall’innalzamento dei tassi<br />
d’interesse sui titoli pubblici, sta spingendo il<br />
Governo, per voracità di entrate, a reperire ulteriore
denaro con l’aumento dell’imposizione, già<br />
elevatissima e insopportabile per i percettori di<br />
reddito fisso, oppressiva per le imprese e deleteria<br />
per l’economia.<br />
Bibliografia<br />
“Il paese dell’utopia” di Giacinto Auriti<br />
“Euflazione” di Antionio Miclavez<br />
“Alta finanza e miseria” di Savino Frigiola<br />
“Euroschiavi” di Marco della Luna e Antonio<br />
Miclavez<br />
“O la banca o la vita” di Marco Saba<br />
“La Repubblica delle Banche” di Elio Lannutti<br />
“Bankenstein” di Marco Saba<br />
“Schiavi delle banche” di Maurizio Blondet<br />
“La banca, la moneta e l’usura” di Bruno Tarquini
Intervista a Paolo Rossi Barnard<br />
Recentemente lo Stato d’ Israele ha<br />
fatto parlare di sé per un<br />
comportamento non irreprensibile,<br />
ma le altre Potenze mondiali non<br />
hanno provveduto a bacchettarne la<br />
condotta. Israele è tutt’ ora considerato uno<br />
Stato amico e non lo è per ragioni di gratuita<br />
simpatia. Vengono celati all’ opinione pubblica<br />
altri ed alti tipi di interesse?<br />
R: Prima cosa, non condivido che si parli di<br />
“condotta non irreprensibile” in merito a un<br />
crimine commesso in violazione di ogni legge<br />
internazionale. L’attacco alla Mavi Marmara è<br />
stato la logica conseguenza di una politica sionista<br />
prima, e israeliana poi, che è consolidata da oltre<br />
un secolo, cioè attaccare i civili per fini strategici.<br />
Per capire approfonditamente di cosa parlo,<br />
rimando i vostri lettori a questo mio articolo<br />
http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_<br />
go.php?id=184<br />
Israele è un intoccabile eccellente dagli anni ’50<br />
del secolo scorso, quando i presidenti americani<br />
Truman e Eisenhower capirono che lo Stato<br />
ebraico doveva diventare la più grande base<br />
militare americana del mondo, posizionata<br />
all’incrocio delle più ricche risorse energetiche del<br />
pianeta, da destinarsi ovviamente agli USA, e<br />
posizionata anche come ‘torre di controllo’ sugli<br />
Stati arabi più problematici e sull’Iran. Tutto qui.<br />
L’interesse è ovvio, e vi partecipiamo anche noi<br />
europei in parte. A Israele sono perdonati crimini<br />
Cerminara Francesco<br />
inauditi da oltre 60 anni solo per questo. Ho<br />
documentato tali crimini nel mio libro Perché ci<br />
Odiano (Rizzoli BUR 2006).<br />
Spesso penso ai massacri subiti dai Nativi d’<br />
America, dagli Armeni e potrei citare altri<br />
popoli e mi chiedo: perché tanto disinteresse<br />
giornalistico per la soppressione di culture<br />
diverse dalla nostra? L’ Occidente non riesce<br />
ad avvicinarsi al multiculturalismo?<br />
R: Perché se la verità su cosa abbiamo fatto per<br />
accaparrarci le risorse del nostro benessere fosse<br />
rivelata dai media di massa, il nostro mondo<br />
occidentale sarebbe sommerso da un’ondata di<br />
disgusto e vergogna intollerabili e forse troppo<br />
destabilizzanti. Il multiculturalismo non esiste, se<br />
non nella mente di poche persone per bene, di<br />
fatto esiste solo l’allaccio delle nostre società ad<br />
altre più povere per pura convenienza o necessità,<br />
più spesso per bieco sfruttamento.<br />
Lei non condivide l’ operato di Grillo,<br />
Travaglio, Santoro. Sostiene che annullino l’ Io<br />
dei loro ascoltatori. Non ritiene valida l’ idea<br />
che la gente si avvicini loro sentendosi parte di<br />
un comune progetto di miglioramento sociale ?<br />
E’ incapace di vedere il lato positivo nei<br />
discorsi di Grillo e Travaglio ( Fatto<br />
Quotidiano che campa senza finanziamenti<br />
pubblico ma con l’ aiuto dei lettori ) o nei
programmi di Santoro ( specialmente Rai per<br />
una notte)? In un’ intervista disse di aver visto<br />
cose strane negli studi di Samarcanda,<br />
programma per il quale ha lavorato. A cosa si<br />
riferiva?<br />
R: Quale progetto comune di miglioramento<br />
sociale? Ce n’è uno? In metafora: combattere in<br />
massa la cataratta e la gastrite può curare i tumori e<br />
gli infarti? A parte i motivi per cui questi ‘paladini’<br />
dell’Antisistema sono dannosi ai cittadini, coloro<br />
che ne sposano il “progetto” non si rendono conto<br />
che le tragedie dell’Italia sono ben altre e ben più<br />
incurabili del lodo Alfano, legittimo impedimento,<br />
Papi, D’Addario, rapporti con la mafia e psiconano.<br />
Siamo un Paese che soffre e soffrirà pene<br />
spaventose perché siamo prigionieri di mafie<br />
finanziarie che stanno spolpando il futuro di<br />
milioni di noi e dei nostri figli e dei figli dei figli (i<br />
tumori e gli infarti), e però il 99% dell’energia<br />
civica degli attivisti deve essere buttata<br />
ossessivamente contro i processi del premier o le<br />
sue amanti, le mafie regionali dal potere ridicolo<br />
confronto a quelle finanziarie, e contro un nugolo<br />
di leggi facilmente abrogabili (la cateratta e la<br />
gastrite). Assurdo e scandaloso, e questo solo per<br />
garantire potere politico ad Antonio Di Pietro,<br />
successo e vendite editoriali a Marco Travaglio e<br />
vero potere internazionale a De Benedetti, che bada<br />
bene che gli italiani non si accorgano che i suoi<br />
complici di Wall Street e Londra li stanno<br />
divorando vivi . Ma ha senso? Travaglio non ha<br />
mai speso una parola sui grandi giochi del vero<br />
Potere, se ne guarda bene, né sulle porcherie che<br />
fanno i suoi compagni di clan (giudici di<br />
centrosinistra inclusi + Di Pietro), che sono state<br />
molto ben segnalate dal coraggioso giudice<br />
Clementina Forleo. Di Pietro allinea la sua IDV in<br />
Europa a tutte le peggiori politiche della destra<br />
finanziaria per la rapina del bene pubblico, mentre<br />
in Italia fa i banchetti ‘cosmetici’ contro la<br />
privatizzazione dell’acqua. Santoro? Possibile che<br />
un uomo libero stia nella RAI “di regime” per oltre<br />
20 anni a stipendi milionari? Ma sveglia gente,<br />
sveglia.<br />
Attaccare i “ finti” paladini della libera<br />
informazione è utile. Non lo è altrettanto<br />
criticare gli “stupratori mediatici” come Vespa,<br />
Fede, Belpietro, Feltri e Minzolini ? Al Gore, che<br />
tra l’ altro è fondatore della prima televisione<br />
indipendente, ha espresso il proprio<br />
apprezzamento per la Gabanelli, per Santoro e<br />
per Biagi.<br />
R: Un bastardo che veste la pelle del bastardo è<br />
molto meno rivoltante di un bastardo che veste la<br />
pelle del tuo ‘paladino’. Su chi è Al Gore ho scritto<br />
questo, andate a leggere<br />
http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_g<br />
o.php?id=180 Sulla Gabanelli questo, se ne<br />
avete lo stomaco<br />
http://www.paolobarnard.info/censura.php<br />
Stampa e televisione sono diventati strumenti di<br />
manipolazione intellettuale. Il conflitto di<br />
interessi italiano è dominante. Internet potrebbe<br />
rivelarsi un’ arma di resistenza. Non crede però<br />
che possa solo raggiungere una piccola fetta<br />
della società civile ? Gli anziani si informano<br />
principalmente guardando i telegiornali.<br />
R: Non c’è bisogno della libera informazione né di<br />
internet perché la gente sappia cosa c’è di<br />
drammaticamente sbagliato nei capitoli<br />
fondamentali della loro vita. Sanno tutto, lo sanno<br />
da decenni; i tuoi genitori e forse i tuoi nonni<br />
hanno vissuto l’Italia della mutua, degli scandali,<br />
della mafia nella DC, del terrorismo, delle stragi,<br />
della Tv del regime Vaticano-Socialisti-Comunisti,<br />
di Tangentopoli, e molto altro. Peggio di così?<br />
Occorre forse internet per raccontare agli anziani<br />
cosa non va? Lo sanno da sempre.<br />
Il Governo italiano sta compiendo una massiccia<br />
azione per indebolire i luoghi per la formazione<br />
delle coscienze critiche: Università, scuole,<br />
teatri, sale cinematografiche. Il genocidio<br />
culturale di cui parlava Pasolini si sta<br />
compiendo. I gerarchi sono stati sostituiti con<br />
personaggi meno plateali e più incisivi. Non è<br />
detestabile vivere in un paese del genere?<br />
R: No. Il governo fa quello che un governo di<br />
destra deve fare. Il lupo mangia l’agnello, è quello<br />
che fanno i lupi. Lo schifo di questo Paese, il vero<br />
genocidio culturale, è stato causato da ben altro, da<br />
decisioni prese 35 anni fa in altri luoghi della Terra<br />
(http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_<br />
go.php?id=151) e che ci hanno scodellato<br />
l’Esistenza Commerciale e la Cultura della<br />
Visibilità come trappole mortali per la democrazia<br />
partecipativa.<br />
Cioè: l’addormentamento finale dei cittadini attivi.
E allora se c’è qualcosa di detestabile in Italia non è<br />
Berlusconi, ma il fatto che gli italiani non sanno più<br />
combattere per nulla, e ancora peggio, che quelli<br />
che combattono lo fanno al seguito di falsari come<br />
Travaglio o Santoro o Grillo e ci credono pure.
Il Governo mondiale privato e il<br />
paradosso del Capitalismo<br />
Potente Giovanni<br />
Una versione ridotta del presente articolo è stata pubblicata dal Quotidiano della Calabria<br />
Cosa accomuna capolavori universali<br />
della letteratura quali la Divina<br />
Commedia e l’Antigone, il Mahabarata<br />
e l’Hamlet, i Cantos e il Perceval, Der<br />
Prozess e l’Edipo re, The Waste Land,<br />
Heart of Darkness e 1984? Trattano tutti, in un<br />
modo o nell’altro, il tema inesausto del Potere. E<br />
del Potere scavano le contraddizioni, svelano il<br />
degrado, denunciano l’illegittimità, mettono sotto<br />
accusa i crimini e le ingiustizie. Così, se la grande<br />
letteratura ci insegna qualcosa, è proprio a<br />
“sospettare” e poi a scorgere dietro la forme del<br />
Potere la menzogna, l’inganno e la presenza del<br />
male.<br />
Accogliendo tale somma lezione, possiamo<br />
chiederci cosa si celi oggi dietro la solenne “messa<br />
in scena” quotidiana, amplificata da un sistema<br />
mediatico acritico e prono, delle Istituzioni del<br />
Potere (gli Stati, i Governi, i Mercati e quegli<br />
organismi sovranazionali come l’Unione Europea<br />
tanto ammantate di aurea sacralità che siamo<br />
disposti a tutto solo perché “lo chiede l’Europa”).<br />
Alcuni vi scorgono la regia occulta dei cosiddetti<br />
“poteri forti”, senza, però, meglio identificarli. In<br />
verità, sono ormai disponibili sufficienti studi,<br />
fonti e informazioni (persino documentari di<br />
History Channel !) che consentono di ricavare un<br />
più preciso identikit di questi “poteri”,<br />
ricostruendo il quadro delle loro strutture<br />
organizzative. Ne emerge una trama internazionale<br />
ed interrelata -quasi una “catena di comando”- di<br />
lobby, gruppi esclusivi, club privati e circoli<br />
occulti le cui finalità non sono mai pubblicamente<br />
dichiarate, ma che rappresentano centri<br />
decisionali di portata planetaria.<br />
Più che mai nel contesto della globalizzazione, è<br />
da questi nuclei di Potere che dipendono le nostre<br />
esistenze. Pertanto è vitale saperne di più. Tento<br />
qui una loro breve rassegna, per poi ricavare<br />
alcune conclusioni. Per esigenze di spazio non<br />
riporto l’apparato delle mie fonti. Del resto, il<br />
presente articolo non pretende di esaurire<br />
l’argomento. Piuttosto, vuole fornire ai lettori la<br />
base di partenza per ulteriori approfondimenti.<br />
1. Royal Institute of International Affairs<br />
Fondato nel 1920 e patrocinato dalla famiglia<br />
Reale, è un circolo privato che riunisce i maggiori<br />
rappresentanti dell’aristocrazia e dell’economia<br />
britannica. Finanziato da banche (Warburg,<br />
Morgan, Barclays, Lazard e Bank of England), e<br />
aziende (British Petroleum, Shell ecc.), è de facto<br />
il vero “ministero degli esteri” inglese da quando<br />
ancora esisteva l’Impero Britannico. Ancora oggi,<br />
dopo la fine del colonialismo, l’Istituto preside e<br />
coordina l’azione congiunta del Governo, dei<br />
servizi segreti, degli istituti finanziari e delle<br />
multinazionali britanniche per il controllo e lo<br />
sfruttamento delle risorse del Terzo Mondo.<br />
Queste forme di “neo-colonialismo” non sono<br />
meno invasive e spietate del “tradizionale”<br />
colonialismo praticato ai tempi dell’Impero. Del<br />
resto, è fin troppo evidente a vantaggio di chi
l’Istituto guida gli affari internazionali britannici: le<br />
città traboccano di disoccupati, ma banche e<br />
compagnie petrolifere continuano a fare affari<br />
d’oro.<br />
2. Council on Foreign Relations È l’omologo<br />
d’oltre oceano dell’Istituto britannico. Istituito nel<br />
1921 negli USA dall’oligarchia finanziaria del<br />
Paese (Rockefeller, Mellon, Shiff, Carnagie,<br />
Warburg ecc.), racchiude la crema economicopolitica<br />
statunitense. Lo finanziano le maggiori<br />
corporation (Coca Cola, General Electric, Cargill,<br />
Mobil, Carlyle, Enron ecc.) e banche. Determina la<br />
politica estera USA, garantendo direttamente gli<br />
interessi dei suoi sponsor. A differenza dell’Istituto<br />
inglese, questo rende noti i nomi dei suoi membri<br />
(www.cfr.org): così sappiamo che ne hanno fatto<br />
parte tutti i Presidenti dagli anni ’40 in poi (tranne<br />
Reagan) e tutti i Segretari di Stato.<br />
3. Bohemian Club Pittoresco quanto quietante.<br />
Riservato a soli uomini, è costituito da vari<br />
esponenti dell’élite: i Bush, Cheney, Blair,<br />
Rumsfeld, Gore, David Rockfeller, Kissinger ecc.<br />
Ed inoltre generali, banchieri, rettori di università,<br />
leader di multinazionali e proprietari di TV. Si<br />
ritrovano ogni estate per alcuni giorni in un bosco<br />
privato e sorvegliato della California, dove (tra le<br />
altre cose) praticano un rituale paganeggiante<br />
presso una statua di pietra alta 13 metri a forma di<br />
gufo. Incredibile? Sì, ma vero.<br />
4. Skull and Bones Una setta, più che<br />
un’organizzazione universitaria. Persino<br />
Hollywood, che vi dedicò un film, la ritrasse come<br />
uno spauracchio. Creata a Yale nel 1832 da William<br />
H. Russell (della famiglia allora monopolista<br />
mondiali del traffico d’oppio) e da Alphonso Taft<br />
(padre del William futuro Presidente), ha avuto<br />
come adepti esponenti dei casati storici americani,<br />
compresi gli immancabili Rockefeller. Tuttora ne<br />
sono membri molti esponenti dell’establishment,<br />
che le giurano eterna fedeltà e vi consumano oscure<br />
cerimonie rituali. Nelle elezione presidenziali del<br />
2004 entrambi i competitori (il repubblicano G.W.<br />
Bush e il democratico Kerry) risultavano suoi<br />
membri. Il “conflitto di interessi”, anche in questo<br />
caso, è palese: un Presidente degli Stati Uniti<br />
membro della Skull and Bones fa gli interessi<br />
dell’intera Nazione, o persegue gli oscuri fini della<br />
setta cui ha giurato fedeltà?<br />
5. Bilderberg Group (o Bilderberg Club). È uno<br />
dei circoli più importanti per le dimensioni, la<br />
27<br />
portata internazionale e l’influenza planetaria in<br />
grado di esercitare,. Fu fondato nel 1954 su<br />
iniziativa del Principe Bernhard d’Olanda. Prende<br />
il nome dall’ hotel olandese in cui si tenne il primo<br />
incontro. Suoi membri storici sono stati Edmund<br />
Rothschild, Nelson Rockefeller e Gianni Agnelli.<br />
Esprime il gotha economico internazionale, quindi<br />
i rappresentanti delle maggiori banche (Rothschild,<br />
Barclays, Chase Manhattan Bank, Goldman Sachs<br />
ecc.) e delle più importanti multinazionali. Ne<br />
fanno inoltre parte politici, docenti universitari<br />
(soprattutto economisti), editori e giornalisti. Le<br />
riunioni del Club si tengono una volta all’anno. La<br />
sede dell’incontro, di solito un lussuoso albergo,<br />
varia ogni volta ed comunicata ai membri pochi<br />
giorni prima dell’evento (per ragioni di sicurezza).<br />
Naturalmente gli incontri sono preclusi al pubblico<br />
e blindatissimi da parte delle forze di polizia dei<br />
Paesi ospitanti, servizi segreti e vigilantes privati.<br />
Le autentiche finalità del Club sono riservatissime.<br />
Oggi ne risultano membri, tra gli altri David<br />
Rockefeller, la regina d’Olanda (figlia del<br />
fondatore del Club e maggiore azionista della<br />
Royal Duch Shell), J.C. Trichet (ex presidente della<br />
BCE) Mario Draghi (ex presidente della Banca<br />
d’Italia, attuale presidente della BCE), Henry<br />
Kissinger, K. Alexander (direttore della NSA), T.<br />
Geithner (segretario al tesoro USA), Paul Volker<br />
(ex presidente della FED e consulente di Obama),<br />
Lucas Papademos (ex Primo Ministro greco).<br />
<strong>Numero</strong>si gli italiani, tra cui, Luca di<br />
Montezemolo, John Elkann, Alessandro Profumo,<br />
Paolo Scaroni, Romano Prodi, Enrico Letta e<br />
Mario Monti, advisor della banca d’affari Goldman<br />
Sachs ed attuale Presidente del Consiglio.<br />
6. Trilateral Commission È una sorta di “costola”<br />
del Bilderberg. Fu istituita nel 1973 da David<br />
Rockefeller per allargare le tradizionali relazioni<br />
affaristiche e politiche tra Stati Uniti ed Europa<br />
anche al Giappone (appunto in senso “trilaterale”).<br />
Suoi esponenti storici sono Henry Kissinger e Bill<br />
Clinton. Ne fa parte Mario Monti, che è stato pure<br />
Presidente della Sezione Europea. In questa fase, è<br />
probabilmente il circolo più in grado di<br />
condizionare direttamente le sorti del nostro Paese,<br />
anche a causa del ruolo articolato, e delicatissimo,<br />
ricoperto attualmente da Mario Monti, che è<br />
simultaneamente garante degli interessi della<br />
grande finanza anglo-americana (in particolare<br />
della Goldman Sachs), il tutore delle strategie
europee della Trilateral e il Capo del Governo<br />
italiano. Lo stesso Presidente del Consiglio, in una<br />
intervista reperibile su youtube (basta digitare<br />
“Intervento shock di Monti”), rivela la strategia di<br />
fondo del Trilateral: ultimare lo storico processo di<br />
erosione delle sovranità nazionali, ormai in corso<br />
da decenni, e ridurre gli Stati europei (quel che ne<br />
resta) sotto il controllo diretto e centralizzato di<br />
Istituzioni sovranazionali quali la Comunità<br />
Europea e la Banca Centrale Europea. Monti<br />
aggiunge pure che per attuare questa strategia<br />
occorre una serie progressiva di «crisi» economiche<br />
e politiche, in modo che poi la gente, pur di trovare<br />
una soluzione ai problemi, sia indotta ad accettare<br />
qualunque soluzione: a cominciare dalla fine<br />
certificata delle sovranità nazionali. Quel che<br />
Monti, invece, non spiega, è che le “Istituzioni<br />
sovranazionali” cui stiamo cedendo ogni nostra<br />
autonomia, identità e libertà si riducono ad un<br />
consorzio di banche private (come è la Banca<br />
Centrale Europea), e che le «crisi» di cui parla non<br />
sono l’esito inesorabile e teleologico del percorso<br />
storico del capitalismo finanziario, ma il risultato di<br />
strategie pianificate ed attuate con puntuale lucidità<br />
dalla finanza internazionale, anche grazie all’azione<br />
di coordinamento di circoli quali il Bilderberg e la<br />
Trilateral. Tanto è vero che, al momento in cui<br />
scrivo, lo spread è tornato ai livelli dell’autunno del<br />
2011, quando venne utilizzato per esautorare il<br />
Governo Berlusconi ed imporre, con un vero e<br />
proprio “golpe bianco”, proprio il Governo dei<br />
banchieri presieduto Monti. Insomma, se l’algido<br />
professore bocconiano era stato messo alla guida<br />
del Governo anche per salvare l’Italia dagli<br />
“attacchi degli speculatori” (per usare una trita<br />
formula giornalistica) e per “ridurre lo spread”, ha<br />
in tutta evidenza mancato il suo compito. Allora<br />
perché nessuno fa presente che Monti ha fallito?<br />
Evidentemente perché il sistema mediatico<br />
controllato dal Potere (a cominciare da la<br />
Repubblica e il Corriere della Sera) e la politica<br />
asservita alla grande finanza internazionale devono<br />
continuare a sostenere il suo Governo per il<br />
semplice fatto che il “piano” prevede e pretende<br />
che la “crisi” continui e si aggravi, in modo poi da<br />
poterci chiedere di pagare un prezzo altissimo: la<br />
fine, di fatto, dell’Italia come Paese sovrano. Solo<br />
allora, vedrete, finiranno gli “attacchi degli<br />
speculatori”, il calo della nostra Borsa, la folle<br />
corsa dello spread e la nostra “crisi”.<br />
28<br />
Fin qui la rassegna. Ho escluso da essa la<br />
Massoneria, nonostante vi aderiscano molti<br />
membri dell’élite, perché non si tratta di un club<br />
profano di recente costituzione, ma una espressione<br />
della Tradizione iniziatica Occidentale.<br />
Naturalmente è stata coinvolta nel degrado morale<br />
complessivo della società. La cronaca mostra come<br />
oggi sia infiltrata da approfittatori e faccendieri e<br />
come molte “obbedienze“ e logge sono ridotte a<br />
“comitati di affari” di livello locale o a centri di<br />
coordinamento dell’affarismo internazionale. Tra<br />
questa Massoneria e quella di un Benjamin<br />
Franklin, che lottò per liberare gli Americani<br />
dall’usura delle banche inglesi, v’è un abisso. Ma<br />
la Massoneria odierna resta troppo variegata e<br />
complessa per assimilarla in toto ad un Bilderberg.<br />
E nei suoi contenuti iniziatici non sarà mai<br />
intaccata neppure dai tanti, troppi sciagurati<br />
usurpatori che ne stanno abusando.<br />
Ciò precisato, dalla rassegna di cui sopra traggo le<br />
seguenti conclusioni.<br />
A) La rete dei circoli citati costituisce il “governo<br />
mondiale privato” dell’élite internazionale<br />
(finanzieri, industriali e aristocratici di consolidato<br />
censo) che vi elabora e coordina strategie<br />
planetarie a tutela dei suoi interessi e nella logica<br />
del “profitto ad ogni costo”. Tali strategie sono<br />
attuate grazie a specifici supporti operativi. Il<br />
sistema mediatico manipola l’opinione pubblica.<br />
Politici e tecnocrati garantiscono che le Istituzioni<br />
sovranazionali (ONU, UE, Banca Mondiale, FMI<br />
ecc.) e nazionali (Stati, governi) traducano le<br />
direttive dell’élite in trattati internazionali, leggi e<br />
orientamenti politico-economici.<br />
B) I Governi, dunque, sono l’ultimo anello della<br />
catena di comando dell’élite. I “politici di<br />
professione” forniscono manovalanza e<br />
“immagine” mediatica al vero Potere, e sono<br />
ripagati per i loro servigi in variegate modalità, cha<br />
vanno dalle sponsorizzazioni elettorali alle dorate<br />
pensioni (come per l’ex premier britannico, il<br />
laburista Blair, e per l’ex Cancelliere tedesco, il<br />
socialdemocratico Schroeder, oggi entrambi<br />
remunerati consulenti delle banche dei Rothschild).<br />
Del resto, tende ormai a cadere ogni distinzione
effettiva tra “pubblico” e “privato”, e il “conflitto di<br />
interessi” tra ruoli privati e cariche Istituzionali è<br />
diventato strutturale. Questo perché il “governo<br />
mondiale privato” e l’élite finanziaria hanno<br />
direttamente e sistematicamente occupato le<br />
Istituzioni “pubbliche” dei Paesi occidentali,<br />
soprattutto negli Stati Uniti, ma ormai anche in<br />
Italia, inserendovi in pianta stabile dirigenti delle<br />
multinazionali e delle banche d’investimento<br />
private. La stragrande maggioranza dei membri<br />
delle Amministrazioni americane dagli anni ‘80’ in<br />
poi è stata prima, durante e dopo la propria<br />
esperienza politica rappresentante di qualche<br />
grande multinazionale (soprattutto del settore<br />
petrolifero e delle forniture militari) o delle grandi<br />
banche d’investimento. Già uno dei loro fantocci<br />
più affidabili dell’élite, Ronald Reagan, nominò<br />
Ministro del Tesoro il suo quasi omonimo Regan,<br />
uomo della Merryl Linch. Da allora in tutte i<br />
Governi successivi sono stati piazzati uomini delle<br />
banche: come Rubin, Greenspan, Bernake e<br />
Poulson, il dirigente della Goldman Sachs che era<br />
Ministro del Tesoro durante la fase acuta della crisi<br />
dei subprime, nel 2008. E come Tim Geithner,<br />
nominato da Obama. Queste persone immorali<br />
hanno tratto profitti colossali praticando crimini<br />
finanziari come la vendita di “derivati” e titolispazzatura,<br />
ingannando persino i clienti delle loro<br />
stesse banche. Al tempo stesso hanno gestito<br />
l’economia “statale” americana, negando fino<br />
all’ultimo l’arrivo della crisi dei mutui, ma<br />
assicurando infine alle loro banche 600 miliardi di<br />
dollari “pubblici”.<br />
A dimostrare come l’élite sia rigorosamente<br />
“bipartisan” e domini anche la sinistra “liberal”<br />
americana, c’è il fatto che proprio al “democratico”<br />
Clinton (anche se in quel momento il Congresso era<br />
maggioranza repubblicana) si deve la<br />
promulgazione di quel.Gramm-Leach-Bliley Act<br />
del 12 novembre del 1999 che abrogò le<br />
disposizioni del Glass-Steagall Act del 1933, la<br />
legge che aveva introdotto la netta separazione tra<br />
attività bancaria commerciale tradizionale e attività<br />
bancaria di investimento. Questa era una legge<br />
fondamentale, perché impediva che le due attività<br />
non potevano essere esercitate dallo stesso<br />
intermediario, in modo da evitare che il fallimento<br />
dell'intermediario comportasse altresì il fallimento<br />
della banca tradizionale, tutelando quindi<br />
l'economia reale da eventi negativi prettamente<br />
finanziari. Abrogare quella legge fu un crimine. Il<br />
Gramm-Leach-Bliley Act ha permesso la<br />
costituzione di gruppi bancari che al loro interno<br />
permettono, seppur con alcune limitazioni, di<br />
esercitare sia l'attività bancaria tradizionale sia<br />
l'attività di investment banking e assicurativa. Si<br />
tratta di mostruosi colossi finanziari dal potere<br />
illimitato (come, per esempio, quella tra il gruppo<br />
bancario Citicorp e il gruppo assicurativo<br />
Travelers). La stessa crisi attuale che investe il<br />
nostro Paese, e prese il via da quella dei mutui subprime<br />
del 2008, è una diretta conseguenza della<br />
legge promulgata da Clinton.<br />
In questo percorso di occupazione diretta delle<br />
Istituzioni, dunque, le grandi banche statunitensi<br />
hanno tracciato la strada che poi l’Europa e l’Italia<br />
hanno seguito: per questo abbiamo come Capo del<br />
Governo un tecnocrate della Goldman Sachs,<br />
membro del Bilderberg e della Trilateral.<br />
C) Del resto, tali dinamiche sono state possibili<br />
perché, di fatto, gli Stati-nazione hanno iniziato a<br />
declinare irreversibilmente da tempo. Ossia da<br />
quando le famiglie storiche del gotha finanziario<br />
Occidentale (nuclei originari dell’attuale “governo<br />
mondiale”) imposero la creazione delle varie<br />
Banche Centrali, cartelli di banche private che<br />
sottrassero agli Stati il diritto di emettere moneta,<br />
usurparono la principale sovranità. La prima fu la<br />
Bank of England, alla fine del ‘700. Man mano,<br />
furono poi fondate le altre Banche Centrali. Come<br />
la Federal Reserve, risultato del patto sottoscritto<br />
da pochi banchieri, fra cui Warburg, J.P. Morgan e<br />
Rockefeller, che già nel 1913 segnò di fatto l’inizio<br />
della fine degli Stati Uniti come Stato sovrano. E<br />
come la nostra Banca d’Italia (il cui elenco di soci,<br />
al 95% istituti finanziari privati, è stato pubblicato<br />
soltanto nel 2004 da un giornale notoriamente<br />
eversivo e comunista: Famiglia Cristiana).<br />
D) A partire dalla creazione delle Banche Centrali,<br />
e tramite le sue strutture occulte, la politica che le è<br />
asservita e il controllo del sistema mediatico, l’élite<br />
può portare avanti da decenni ai danni di milioni di<br />
cittadini inconsapevoli (ma colpevoli di passiva<br />
ignoranza) la più grande truffa di tutti i tempi:<br />
quella del “debito pubblico”. Usurpando il diritto<br />
sovrano di emettere moneta, le Banche Centrali<br />
sono diventate le depositarie monopoliste del<br />
denaro. Gli Stati (ciò che ne resta) sono costretti a<br />
farselo prestare da esse, accumulando debiti su<br />
debiti. E per ripagare gli interessi sul debito, non
possono fare altro che farsi prestare nuovo denaro,<br />
indebitandosi ulteriormente. Si tratta di un circolo<br />
vizioso irrisolvibile. Il meccanismo è perverso,<br />
perché crea il “debito pubblico” a monte, cioè a<br />
prescindere: a prescindere da come uno Stato si<br />
gestisce (e da sprechi e errori che, come nel caso<br />
italiano, sono sotto gli occhi di tutti) esso è<br />
indebitato per il fatto stesso di esistere. Appunto<br />
perché le Banche Centrali hanno il monopolio del<br />
denaro. Beffa delle beffe, poi, è il fatto che le<br />
Banche emettono denaro dal nulla, soldi virtuali<br />
con un clic sul tasto di un computer: quando gli<br />
Stati però risultano insolventi, pretendono la<br />
privatizzazione di beni e servizi tutt’altro che<br />
virtuali, ma corposamente materiali. Proprio come<br />
quando portano via ai cittadini case, automobili e<br />
aziende. Insomma: un meccanismo infernale,<br />
alimentato dai media che fanno convergere la<br />
nostra attenzione sull’epifenomeno (la cattiva<br />
gestione dello “Stato”, gli sperperi, l’evasione<br />
fiscale ecc.) ma occultano il fenomeno<br />
macroscopico essenziale: la perdita della sovranità<br />
monetaria delle nazioni, premessa per la loro<br />
perdita di sovranità complessiva.<br />
E) Nel complesso, dunque, da quanto trapela dalla<br />
sua strategia e da quanto si può inferire<br />
interconnettendo fenomeni apparentemente sparsi,<br />
l’élite vuole:<br />
e.1: completare l’erosione della coscienza civile<br />
collettiva, manipolare e condizionare le masse<br />
tramite il sistema mediatico che essa controlla<br />
quasi in toto (tv commerciali, programmi<br />
spazzatura, una informazione fuorviante,<br />
tendenziosa e menzognera, una cinematografia<br />
ridotta a Capitan America o Manuale d’amore<br />
-finiti in America i tempi di Quinto Potere e in<br />
Italia quelli di Enrico Mattei-).<br />
e.2: fomentare conflitti “a bassa intensità” e guerre<br />
locali, funzionali all’apparato industrial-militare<br />
dell’Occidente (e al traffico d’oppio, come in<br />
Afghanistan);<br />
e.3: accelerare i processi della globalizzazione,<br />
soprattutto la prassi della delocalizzazione delle<br />
imprese e degli impianti industriali occidentali, per<br />
sfruttare la mano d’opera (ridotta pressoché in<br />
schiavitù) e le risorse del Terzo Mondo;<br />
e.4: attaccare ovunque e in ogni modo i diritti dei<br />
lavoratori (nei Paesi “in via di sviluppo” sono stati<br />
assassinati 90 sindacalisti, e 2500 sono stati<br />
arrestati, nel solo 2010, mentre in Italia il Governo<br />
Monti ha modificato l’articolo 18);<br />
e.5: imporre il neo-liberismo più estremo<br />
(smantellamento del welfare, privatizzazioni<br />
selvagge ecc);<br />
e.6: perpetuare la truffa del “debito pubblico” e<br />
l’abominio del signoraggio bancario.<br />
F) Il piano sta comportando inevitabilmente la<br />
rigorosa gerarchizzazione della stessa società<br />
Occidentale in una sorta di “piramide” in cui il<br />
potere sovrano degli Stati (cioè della collettività)<br />
sarà infine sostituito da forme di autorità private<br />
(grandi corporations in grado di controllare<br />
immensi territori, colossi bancari ecc.). Questa<br />
“piramide” già adesso è costituita (ed ancora di più<br />
lo sarà in futuro) da una cerchia ristretta di<br />
ricchissimi privilegiati, da una fascia intermedia di<br />
sostegno e supporto tecnico all’élite (tecnocrati,<br />
forze dell’ordine e commercianti) e da una massa<br />
costituita da forza-lavoro a basso costo (operai,<br />
precari, disoccupati, ) e dai resti dell’attuale ceto<br />
medio (impiegati, insegnanti) impoveriti e resi<br />
inoffensivi. Con tanti saluti alla “mitologia”<br />
moderna e illuminista (Democrazia, Progresso<br />
ecc.), si tratta di un mondo riportato, per quanto<br />
concerne i rapporti sociali, ad uno stadio premoderno,<br />
barbarico e medioevale.<br />
G). Tutto questo ribalta clamorosamente i “valori”<br />
dello stesso Capitalismo (iniziativa, impresa,<br />
meritocrazia). Al posto di una società “calda” (per<br />
dirla con Lévy-Strauss), dinamica e aperta, allo<br />
scopo di difendere e conservare le proprie posizioni<br />
di ricchezza, potere e privilegio, l’élite sta<br />
imponendo una società “fredda”, irrigidita in caste<br />
bloccate e chiuse. Ecco quindi l’estremo paradosso:<br />
l’élite capitalista, dopo aver di fatto determinato<br />
l’estinzione degli Stati, sta smantellando lo stesso<br />
sistema capitalista. Cioè sta facendo esattamente<br />
ciò che non riuscì al Comunismo!<br />
H). Prevedo che alcuni (ingenui o in mala fede)<br />
replicheranno che il “popolo” non sa autogovernarsi,<br />
quindi è giusto che il Potere sia di una<br />
ristretta élite. Ma il problema è che i membri della<br />
casta oggi dominante NON sono gli “illuminati”<br />
governanti vagheggiati dall’Utopia occidentale (i<br />
filosofi della Repubblica di Platone, i sacerdoti<br />
della Città del Sole di Campanella, i saggi della<br />
Nuova Atlantide di Bacone). Piuttosto ne sono la<br />
parodia tragica e distorta: sono un pugno di malati<br />
di sete di possesso, che venderebbero la sorella<br />
“per qualche dollaro in più”.
Per concludere: già solo essere consapevoli di<br />
queste dinamiche è fondamentale. Non cambieremo<br />
la direzione imposta agli eventi dagli indegni<br />
usurpatori che detengono il Potere. Ma almeno<br />
cadremo ad occhi aperti: “come soldati, e non come<br />
dei rinnegati persi e stracciaculo”, direbbe il<br />
Colonnello Kurtz di Apocalypse Now. Cadremo da<br />
uomini, non come burattini senza dignità.
Il condizionamento religioso<br />
La società occidentale presenta caratteri<br />
davvero curiosi.<br />
Basata su un razionalismo totalizzante,<br />
interamente tesa al raggiungimento di<br />
un utile, di un profitto da quantificare e<br />
analizzare, è riuscita a applicare questo<br />
atteggiamento sistematico anche alla spiritualità e<br />
a tutte quelle materie strettamente legate<br />
all’interiorità e alla sensibilità del singolo. Basti<br />
pensare all’arte, solitamente accettata con<br />
accondiscendenza, quasi tollerata come uno svago<br />
di poco conto, per non dire inutile; ma anche alle<br />
scienze umanistiche, che mai potrebbero reggere il<br />
confronto con le scienze esatte e con la loro<br />
intrinseca (e spesso presunta) utilità.<br />
Anche alla religione, che in quanto realizzazione<br />
del rapporto col divino dovrebbe rappresentare in<br />
sé un aspetto fondamentale della vita (cioè<br />
rapporto con ciò che garantisce e causa l’esistenza<br />
stessa), è stato deputato un ruolo quasi<br />
“marginale”, funzionale, con un’impostazione<br />
perlopiù legalistica basata su scadenze e doveri<br />
che ogni pia persona deve rispettare ed onorare.<br />
Questa concezione precettistica del culto, tipica<br />
delle grandi fedi monoteiste, ha effetti diretti sulla<br />
società introducendo ricorrenze da rispettare,<br />
periodi di preparazione e momenti di comunanza<br />
sociale che coinvolgono tutta la comunità.<br />
La vita dell’uomo comune è influenzata da<br />
momenti di passaggio correlati al culto; i rapporti<br />
con la famiglia, i funerali, il matrimonio, la nascita<br />
Corigliano Francesco<br />
dei figli, eccetera. Ma in particolar modo<br />
nell’Occidente l’azione condizionante della<br />
religione è più intensa, più determinante,<br />
principalmente grazie alla diffusione della fede<br />
cattolica e alla distribuzione dell’organizzazione<br />
ecclesiastica, presente in quasi tutto il mondo. Le<br />
basi dottrinali della Chiesa sono conosciute<br />
ovunque , insegnate nelle scuole e continuamente<br />
citate o presenti all’interno dei media. E che<br />
piaccia o meno, in Italia questa presenza è ancora<br />
più accentuata a causa della vicinanza col<br />
Vaticano.<br />
Nel nostro Paese il cattolicesimo costituisce una<br />
della maggiori basi culturali: iniziando<br />
dall’educazione elementare, passando per tutti i<br />
momenti “formativi” nella vita dell’italiano medio<br />
ogni individuo deve prima o poi relazionarsi con<br />
alcuni usi e precetti di matrice religiosa, e regolare<br />
le proprie scelte in base a quanta influenza esse<br />
hanno sulla sua comunità. Ma questo discorso non<br />
è ristretto solo all’Italia; è uso comune nei Paesi<br />
prevalentemente cattolici battezzare i bambini<br />
appena nati, il ché implica di per sé una sottintesa<br />
accettazione (e imposizione) del ruolo della<br />
religione nella vita di ognuno. Il cristianesimo è<br />
vivo e radicato in tanti altri paesi da molti secoli, e<br />
su di essi ha influito con minore o maggiore<br />
intensità - non solo a livello sociale, ma anche e<br />
soprattutto politico. Un esempio chiaro e valido<br />
della diffusione che un credo religioso può<br />
raggiungere.
Sulla base di quello che accade in Europa e in<br />
generale nell’Occidente, sostengo quindi che la<br />
religione possa essere e sia utilizzata come mezzo<br />
di condizionamento delle masse, e che agisca<br />
direttamente sulla coscienza e sulla psicologia degli<br />
individui attraverso procedimenti che coinvolgono<br />
il senso morale ed etico di ognuno. Nel corso dei<br />
secoli la componente spirituale è stata<br />
strumentalizzata ed è diventata uno dei mezzi più<br />
adatti per l’esercizio del potere, su piccola e larga<br />
scala, attraverso metodologie fini e penetranti come<br />
l’insinuazione del senso di colpa e del sospetto.<br />
Nella coscienza di ognuno è ben radicato il senso<br />
del peccato e del male, anche verso elementi<br />
assolutamente naturali (come, banalmente, il<br />
sesso), che l’imposizione di precetti di base<br />
religiosa ha distorto e alterato.<br />
Come questo sia stato possibile, lo si capisce<br />
osservando la struttura delle organizzazioni<br />
clericali.<br />
Da sempre l’istituzione religiosa è una fattore<br />
caratterizzante delle comunità e società umane; sin<br />
dai tempi più antichi sono esistite caste sacerdotali<br />
legate alla cura del culto e della spiritualità, dai<br />
druidi delle comunità celtiche, ai rabbini ebrei,<br />
passando per i pontefici dell’antica Roma e per gli<br />
sciamani pellerossa. Questa differenziazione o<br />
“elezione” di alcuni individui rispetto agli altri è<br />
probabilmente dovuta alla stessa natura umana, che<br />
si realizza nella diversificazione dell’individuo e<br />
che inevitabilmente porta alla maggiore sensibilità<br />
di taluni alla materia spirituale. Esistono certo<br />
religioni che non prevedono gerarchizzazioni rigide<br />
o reali distinzioni di “valore” all’interno della<br />
comunità; il cristianesimo stesso nasce come fede<br />
comunitaria, basata sull’uguaglianza di ogni<br />
membro e sul rapporto personale – o quasi – con la<br />
divinità .<br />
Ma è un dato di fatto che nella maggior parte delle<br />
società umane esiste o è esistita una casta di<br />
personaggi incaricati (o incaricatisi) di gestire la<br />
spiritualità, e di indirizzare la comunità<br />
nell’ambiente religioso; e questo accade in<br />
particolare all’interno del contesto occidentale.<br />
Alle origini del cristianesimo, le figure<br />
ecclesiastiche quali preti, vescovi e papi non<br />
esistevano, né esistono all’interno delle scritture dei<br />
riferimenti alla necessità di simili personaggi. Nella<br />
prima metà del II secolo, Ignazio di Antiochia<br />
iniziò ad affermare la necessità di figure superiori<br />
alle altre – inizialmente con funzioni di<br />
organizzazione e coesione, a causa del perenne<br />
stato di pericolo (di disgregazione o di<br />
persecuzione) in cui vivevano le prime comunità .<br />
Fu il primo a parlare esplicitamente di vescovi.<br />
Prima di lui se ne era occupato Paolo di Tarso,<br />
senza utilizzare termini tecnici, ma riferendosi<br />
semplicemente a personaggi di rilievo all’interno<br />
dei vari gruppi; questi individui andavano<br />
controllati e bisognava impedire che il loro carisma<br />
creasse divisioni nei gruppi stessi .<br />
Le figure carismatiche sono sempre state l’ideale<br />
per mantenere unito un insieme di persone, specie<br />
se queste non sono propriamente colte. E i titoli<br />
cattolici sembrano essere nati per esigenze di<br />
controllo, e non per motivi di dottrina o di liturgia.<br />
Tutto ciò è stato estremizzato ed esasperato dalla<br />
Chiesa; per molto tempo i preti ed i vescovi hanno<br />
esercitato un vero e proprio potere sulle comunità,<br />
spesso soppiantando le figure istituzionali<br />
“ufficiali”. Ancora oggi l’opinione del prete della<br />
parrocchia è tenuta in altissima considerazione, più<br />
a causa della sua influenza sul resto dei fedeli che<br />
per una autentica saggezza o cognizione di causa. E<br />
sono innumerevoli i casi di emarginazione sociale e<br />
di discriminazione dovuti ai malumori delle figure<br />
religiose .<br />
Insomma l’organizzazione ecclesiastica è andata<br />
deliberatamente ad affiancare, se non a sostituire,<br />
le gestione sociale e anche politica delle comunità.<br />
I limiti entro i quali deve giustamente operare il<br />
culto, cioè come fattore accomunante e mezzo di<br />
accrescimento per la persona, nel caso del<br />
cattolicesimo, sono stati ampiamente superati da<br />
ben prima della famosa donazione del castello di<br />
Sutri del 728.<br />
Il Vaticano è a tutt’oggi un vero e proprio Stato,<br />
con tanto di sistema fiscale interno, fondi bancari e<br />
possedimenti registrati. Sovrano nel proprio<br />
territorio, un tempo molto più esteso e influente, lo<br />
Stato della Chiesa è in aperta contraddizione con i<br />
precetti e gli insegnamenti che predica in giro per il<br />
globo , preoccupandosi principalmente di<br />
mantenere l’influenza della sua autorità e di<br />
perpetrare l’esercizio del potere attraverso le<br />
diocesi (a conti fatti, “filiali” di una gestione<br />
centrale).
La storia della Chiesa cattolica è un esempio<br />
lampante di deviazione in senso “temporale” si una<br />
istituzione religiosa ; ma sempre restando<br />
nell’ambito occidentale e mediorientale, bisogna<br />
ricordare anche l’influenza dell’islam (le<br />
rivoluzioni del XIX secolo in Turchia e Persia, ad<br />
esempio, furono basate sul ruolo della religione<br />
nella legittimazione del governo ) e dell’ebraismo<br />
(tutte le vicissitudini dello stato d’Israele e della<br />
Palestina, in cui ebbero la loro parte le autorità<br />
americane; ma anche la Shoah e l’accusa di<br />
deicidio generalmente mossa al popolo semitico);<br />
nonché, ancora, il protestantesimo – fondamentale<br />
nelle grandi emigrazioni del XVII e XVIII secolo –<br />
e alcune sette minori tendenzialmente a sfondo<br />
monoteistico, come evangelisti e testimoni di<br />
Geova, ma anche Scientology e altri.<br />
La contraddizione tra questa gestione statale e gli<br />
insegnamenti predicati dalle Chiese, spesso è<br />
risolta mantenendo relativamente basso il livello di<br />
conoscenze dei credenti.<br />
Restando nell’ambito cattolico, è difficile trovare<br />
un credente che abbia letto almeno una volta la<br />
Bibbia, ed è ancora più difficile trovarne uno che<br />
l’abbia letta con uno spirito critico. È opinione<br />
comune che il testo sacro non possa essere fruito<br />
come un normale libro, ma che vada interpretato<br />
attraverso l’aiuto di uno studioso competente.<br />
Ma questa è una soluzione comoda e immediata al<br />
problema della diffusione “popolare” della Bibbia<br />
stessa. Le edizioni in volgare esistono almeno dal<br />
XIII secolo, ma è solo da qualche decennio che la<br />
gente comune può avere accesso reale al testo,<br />
grazie al processo di alfabetizzazione delle masse.<br />
Nel momento in cui la maggior parte delle persone<br />
può leggere i capitoli più “controversi” delle<br />
scritture (dalle tremende maledizioni del Levitico<br />
alle citazioni sui fratelli di Gesù nei Vangeli ), è<br />
chiaro che possono nascere pericolose<br />
destabilizzazioni e che un fedele qualunque può<br />
iniziare a nutrire dubbi su ciò che crede o che gli<br />
viene detto sia giusto credere.<br />
Per questo il Vaticano ha sempre promosso una<br />
lettura “assistita” della Bibbia; non si può<br />
pretendere di leggere ogni cosa letteralmente, né<br />
pensare che quando Dio afferma «Il tuo occhio non<br />
si muova a compassione: vita per vita, occhio per<br />
occhio, dente per dente, mano per mano, piede per<br />
piede.» stia parlando sul serio. La realtà è che<br />
Antico e Nuovo Testamento sono raccolte di testi<br />
eterogenei, e che l’interpretazione che la Chiesa ne<br />
ha dato nel corso dei secoli è stata funzionale ai<br />
proprio fini e non imparziale – con tanto di<br />
omissioni dei passi più “scottanti”. Se un contadino<br />
di bassa condizione sociale legge di Gesù che<br />
rovesciò i tavoli dei mercanti nel tempio, cosa<br />
penserà riguardo lo sfarzo e la ricchezza presenti<br />
nelle chiese? L’unico modo per evitare<br />
“fraintendimenti” è affermare che la Bibbia va<br />
interpretata e studiata correttamente.<br />
Ovviamente l’esegesi tendenziosa riguarda anche<br />
altri culti; pochi sanno che il Corano predica una<br />
sostanziale unità religiosa tra musulmani, ebrei e<br />
cristiani , così come pochi sono a conoscenza degli<br />
studi filologici operati su varie scritture sacre. Si<br />
sono dimostrati diversi casi di pseudo - epigrafia<br />
(famosa è la “questione giovannea”, sul’esistenza<br />
di due o più san Giovanni evangelista), così come<br />
si sono anche datate con precisione diverse<br />
scritture sacra (ad esempio i Vangeli canonici,<br />
scritti verso la fine del primo secolo d.C.) .<br />
Ma l’imposizione dell’ermeneutica non è l’unico<br />
mezzo per mantenere distacco tra dottrina e fedeli;<br />
va ricordato che, in Italia, le messe non sono più in<br />
latino solo dal 1965 e che solo di recente si sta<br />
diffondendo una certa consapevolezza sul<br />
messaggio presente nelle scritture e sulla condotta<br />
del Vaticano. Senza parlare, sempre riguardo al<br />
cattolicesimo, della costruzione teologica operata<br />
da letterati cristiani del III-IV secolo (e non certo<br />
basata sulle scritture) .<br />
Probabilmente i tempi stanno cambiando: è<br />
interessante ricordare l’azione legale intrapresa nel<br />
Febbraio 2011 da due avvocati tedeschi, che hanno<br />
accusato il Papa di crimini contro l’umanità e la<br />
Chiesa cattolica di «acquistare i suoi membri<br />
attraverso un atto obbligatorio, cioè attraverso il<br />
battesimo dei bambini che ancora non hanno una<br />
volontà propria» .<br />
Che sia stata o meno una semplice provocazione,<br />
credo che il gesto sia significativo perché atto a<br />
riscuotere attenzione mediatica su aspetti<br />
controversi dell’istituzione ecclesiastica. Aspetti<br />
che solo ora iniziano ad essere discussi, ora che il<br />
velo dell’ignoranza mantenuto saldamente sugli<br />
occhi delle popolazioni inizia a scostarsi e a<br />
perdere consistenza.<br />
Va ovviamente riconosciuto che la religione ha una
sua influenza caratterizzante e socialmente utile.<br />
Resta sempre un fattore cardine all’interno delle<br />
comunità, e generalmente si è fatta tramite di valori<br />
etici e morali in teoria positivi e adeguati al<br />
progresso.<br />
Punto di riferimento nei villaggi, nelle città o nelle<br />
province, la classe sacerdotale ha sempre rivestito<br />
un ruolo importante nella politica e nella direzione<br />
della cosa pubblica.<br />
Gli esempi sono tanti, e non solo di matrice<br />
cristiana: basti pensare al ruolo dei druidi nella<br />
“resistenza” anti-romana, condotta nel periodo<br />
delle conquiste galliche di Cesare; oppure<br />
all’autorità rivestita dagli imam, nelle recenti lotte<br />
politiche e sociali nei paesi arabi; ma anche alle<br />
capacità di influenza dei sacerdoti cattolici, a<br />
favore o contro il potere, ora nelle guerre di<br />
religione, ora nel confronto con altre culture, ora<br />
nella resistenza contro i regimi totalitari. Per intuire<br />
il livello capillare di diffusione e di presenza della<br />
religione, basta guardarsi attorno.<br />
Il culto diventa quindi un altro dei limiti che<br />
l’umanità utilizza per determinare sé stessa e il<br />
mondo che la circonda, attraverso l’edificazione di<br />
confini, di mura entro le quali muoversi e che si<br />
oppongono alla pluralità e mobilità della realtà<br />
esterna, categorizzando e regolamentando. La<br />
religione ha assunto, all’interno delle popolazioni<br />
di tutto il pianeta, connotati principalmente sociali<br />
ed è diventata a certi livelli una semplice<br />
imposizione precettistica. In questo senso, la<br />
differenziazione tra i vari culti religiosi spesso ha<br />
senso solo a livello teologico e tecnico-pratico; nel<br />
principio essi rimangono espressione di quella<br />
tensione ordinatrice che sorge spontaneamente<br />
nelle comunità umane.<br />
L’antropologo scozzese William Robertson Smith<br />
fu tra i primi a studiare la religione come fatto<br />
sociale; in Conferenze sulla religione dei semiti<br />
insistette sulla funzione accomunante del rito,<br />
individuando le basi della ricerca spirituale delle<br />
comunità umane in una “semplice” funzione<br />
socializzante. Addirittura Émile Durkheim, in Le<br />
forme elementari della vita religiosa, arrivò a<br />
sostenere che il culto è il modo che la società ha di<br />
venerare sé stessa (pur non teorizzando una forma<br />
di “sociolatria”, ma piuttosto una predominanza<br />
della dimensione sociale sull’individuo).<br />
Il punto centrale nel discorso non è quale teoria o<br />
dottrina si propugna, bensì l’utilizzo che l’uomo fa<br />
della materia spirituale. Quando non è il<br />
cristianesimo, può essere l’islam, o magari<br />
l’ebraismo, ma è chiaro che tendenzialmente la<br />
cultura umana porta la religione a essere<br />
principalmente fatto sociale e identificante.<br />
Ora, in quanto base dei rapporti comunitari, è<br />
chiaro che la religione può essere utilizzata per<br />
incanalare e condizionare le scelte delle grandi<br />
masse di credenti. Non è banale ricordare<br />
l’influenza che il Vaticano ha da decine di secoli<br />
sull’Europa (e non solo), né è banale accennare alla<br />
mole immensa di distruzione e morte che le guerre<br />
di religione hanno portato in tutto il pianeta.<br />
Se è vero che l’esigenza di rapporto col divino è<br />
propria di ogni uomo, chi più chi meno; se è vero<br />
che l’ignoranza - non solo delle dottrine -<br />
garantisce ampie possibilità di manipolazione; e se<br />
è vero che il culto ha un ruolo sociale (e perciò<br />
amministrativo) importante: allora è chiaro che,<br />
unendo l’utile al dilettevole, le grandi autorità<br />
religiose della storia hanno potuto indirizzare per<br />
fini prettamente economici e politici il proprio<br />
ruolo di intermediazione con la divinità, per<br />
garantirsi ulteriore potere e capacità di controllo.<br />
È assodato che molti aspetti del nostro approccio<br />
psicologico e umano al mondo sono influenzati da<br />
ciò che la cultura ecclesiastica ha propugnato per<br />
secoli.<br />
Come già detto sopra, un esempio è il concetto<br />
tutto religioso di “peccato” ; comportamenti<br />
scorretti da un punto di vista sociale e civile<br />
vengono deplorati non in quanto tali, appunto, ma<br />
perché peccato ed espressione di disubbidienza al<br />
divino. È giusto insegnare ad un bambino che non<br />
deve picchiare i compagni di scuola, non perché<br />
deve essere gentile e rispettoso con tutti, ma perché<br />
sennò poi Gesù è triste? È giusto fare l’elemosina<br />
ad associazioni assistenziali dalla onestà non<br />
verificata, solo per sentirsi in pace con sé stessi e<br />
con gli insegnamenti dati dal prete?<br />
Il senso di colpa è uno strumento fine ed efficace,<br />
che una volta inserito nei meccanismi mentali degli<br />
individui li può condizionare in maniera<br />
determinante. Utilizzato come mezzo di controllo,<br />
può arginare la libertà dei singoli semplicemente<br />
facendoli sentire male da sé per ciò che stanno<br />
facendo, anche se l’azione in sé non ha nulla di<br />
oggettivamente deprecabile.<br />
Per tornare all’esempio precedente, una persona
cresciuta in ambiente fortemente cattolico e che si<br />
trova a leggere un passo della Bibbia trovandolo<br />
“strano”, o in disaccordo con quanto predicato dal<br />
prete, automaticamente si sentirà in colpa per avere<br />
pensato male o per essersi sopravvalutato, e<br />
probabilmente eviterà di ripetere il “peccato” più<br />
per timore di star male di nuovo che per reale<br />
convincimento.<br />
Questo atteggiamento, estremizzato, non solo<br />
limita le scelte dell’individuo ma può anche portare<br />
al fanatismo che ha reso tanto famosi gli estremisti<br />
musulmani del Medio – oriente, ma che non è poi<br />
tanto diverso da quello che muoveva la maggior<br />
parte dei crociati nei primi secoli del secondo<br />
millennio. Imporre la determinazione di ciò che è<br />
giusto o sbagliato, senza indurre insieme la<br />
riflessione, ha più effetti controproducenti che<br />
positivi.<br />
Un altro campo di applicazione è quello della<br />
repressione degli istinti, meccanismo che se bene<br />
attuato favorisce di per sé il mantenimento del<br />
controllo; nel momento in cui l’autorità “concede”<br />
il soddisfacimento degli istinti stessi, essa non solo<br />
non sarà malvista ma addirittura verrà considerata<br />
benevola e buona. Alcune festività religiose come il<br />
Carnevale, derivato da tradizioni pagane<br />
opportunamente stravolte , un tempo servivano<br />
proprio come valvola di sfogo per le popolazioni<br />
oppresse materialmente e psicologicamente. Un<br />
esempio di questo tipo di “tecniche” è il<br />
trattamento riservato al sesso dal cattolicesimo;<br />
demonizzato per secoli, presentato come attività sì<br />
necessaria per l’umanità ma anche troppo vicina<br />
alla tentazione e alla perdizione. Ma anche le<br />
limitazioni alimentari, dettate dalle codificazioni<br />
ebraiche o musulmane (e nate millenni fa per<br />
esigenze soprattutto igieniche), hanno il loro buon<br />
potenziale d’influenza.<br />
Questo tipo di meccaniche vanno via via<br />
disgregandosi col passare del tempo: la società<br />
moderna, tesa al cambiamento continuo, al<br />
consumismo e all’imposizione arrogante, sprona<br />
l’individuo medio a soddisfare principalmente i<br />
suoi presunti bisogni (spesso indotti dalla società<br />
stessa) e l’influenza che la collettività può avere<br />
sulla singola persona è ormai più forte di quella che<br />
può esercitare il prete o l’organizzazione<br />
ecclesiastica.<br />
Ma questi elementi hanno ancora una presa forte<br />
specie nelle comunità più piccole, magari tagliate<br />
fuori dalle correnti culturali e mediatiche di<br />
maggiore rilievo.<br />
La religione è determinante nell’attuale modello di<br />
società umana, ma probabilmente non lo è nella<br />
giusta maniera. L’influenza che dovrebbe avere sul<br />
singolo e sul suo sviluppo si è troppo spesso<br />
tradotta in limitazione e condizionamento.<br />
Certo non è una realtà identica ovunque: viene<br />
anche da chiedersi se l’interpretazione prettamente<br />
sociale della religione sia un problema del<br />
cristianesimo, o umano; praticare un culto solo<br />
come fenomeno d’identificazione, senza coltivare<br />
l’individualità e il rapporto personale col divino<br />
crea inevitabilmente divari e contraddizioni. Non si<br />
può certo dire che tutta l’umanità sia stata<br />
influenzata dal cattolicesimo o dalla Chiesa<br />
cattolica. Né si può affermare che essa non abbia<br />
rivestito un ruolo importante nella formazione<br />
identitaria di molte società.<br />
Ma è chiaro che un’estremizzazione di tutto questo<br />
c’è stata, e che il cattolicesimo come anche altre<br />
religioni hanno fatto leva sulle debolezze umane e<br />
sul senso di colpa.<br />
Sarebbe positivo, per l’intera società umana,<br />
tendere ad un approccio alla spiritualità più<br />
autentico, spontaneo e diretto, con meno<br />
intermediari e meno strutture organizzative. Un<br />
metodo che coinvolga maggiormente il singolo e le<br />
sue propensioni naturali, spingendolo all’accordo<br />
accomunante con i suoi simili.<br />
La storia insegna che, per quanto riguarda le grandi<br />
masse, questo metodo non è stato adottato.<br />
Esistono ovviamente realtà diverse e che<br />
contemplano un maggiore coinvolgimento<br />
dell’individuo.<br />
C’è insomma da augurarsi che una religione<br />
diversa, intesa come sistema di culti e riti che<br />
favorisca il contatto con la dimensione spirituale,<br />
non sia né una contraddizione in termini, né<br />
un’utopia.<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
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antica, Piemme, 2003.<br />
U. Fabietti, Storia dell’antropologia, 2° edizione,<br />
Zanichelli, 2001.<br />
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http://www.adherents.com/Religions_By_Adherent<br />
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http://qn.quotidiano.net/2007/05/10/11019chiesa_possiede.shtml,<br />
per i dati sui possedimenti<br />
del Vaticano nel 2007.<br />
http://www.bicudi.net/materiali/traduzioni/traduzio<br />
ni_moderne.htm, per l’edizione della Bibbia del<br />
Mallermi.<br />
http://it.wikipedia.org/wiki/Portale:Cristianesimo,<br />
per alcuni dati sulla dottrina cristiana.