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Svar Numero 5 - Lettere e filosofia

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svar<br />

Anno I • <strong>Numero</strong> V<br />

W .R eich N . Tesla


Disclaimer<br />

Questa rivista online è diretta emanazione del Laboratorio di Italiano Scritto e non rappresenta<br />

una testata giornalistica poiché viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto<br />

considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62/2001. Le immagini pubblicate<br />

sono quasi tutte tratte da Internet e quindi valutate di pubblico dominio (è consentita la libera<br />

pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa<br />

risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia<br />

a scopo di lucro). L’autore dichiara di non essere responsabile per i commenti inseriti.<br />

Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell’immagine o dell’onorabilità di persone terze non sono<br />

da attribuirsi all’autore, nemmeno se il commento viene espresso in forma anonima o criptata.<br />

In ogni caso, la redazione non si assume responsabilità per il contenuto degli articoli.<br />

Capo Redattore<br />

Giovanni Potente<br />

Grafico<br />

Marco Florio<br />

Redattori<br />

Francesco Cerminara<br />

Pietro Ciardullo<br />

Francesco Corigliano<br />

Salvatore Di Benedetto<br />

Marco Florio<br />

Antonella Impieri<br />

Hermann Inzillo<br />

Giacinta Oliva<br />

Francesca Sola<br />

Angelo Massimo Tuttobene<br />

Collaboratori<br />

Alessandra Cappa<br />

Italo Romano<br />

Supporto Tecnico<br />

Ing. Polimeni


Presentanzione<br />

di Giovanni Potente<br />

Personaggi “non autorizzati”<br />

• Marcus Garvey, il profeta anticolonialista – Hermann Inzillo - 6<br />

SVAR<br />

• Giordano Bruno: un uomo che ha tentato di valorizzare il concetto di “IO PENSO” –<br />

Alessandra Cappa - 9<br />

• Wilhelm Reich e l’energia orgonica – Salvatore Di Benedetto -11<br />

• Il mancato progresso italiano – Marco Florio - 14<br />

• Ipazia: una verità negata – Antonella Impieri - 16<br />

• Nikola Tesla: dagli Dei all’umanità – Angelo Massimo Tuttobene - 19<br />

• La profezia Lakota – Giacinta Oliva – 24<br />

• Flavio Claudio Giuliano: il miraggio pagano – Francesca Sola – 27<br />

Le migliori tesine del Laboratorio di Italiano Scritto<br />

2011/2012<br />

• Apologia della musica – Francesco Agresta - 32<br />

• Il finanziamento Pubblico ai Partiti è espressione di democrazia o un grave spreco<br />

di soldi pubblici? – Mariangela Astorino - 38<br />

• Crescita e Sviluppo: Il Movimento Cooperativo – Mariangela Aurelio – 42<br />

• Immigrazione: una risorsa per l’Italia – Maggie Bagnato – 49<br />

• L’inaffidabilità della traduzione della Bibbia – Mariangela Bennardo – 53<br />

• Il vamprio ed il capitalismo – Sabrina Borrelli - 58<br />

• La trasgressione come creatività – Raffaella D’Agostino – 62<br />

• I cellulari provocano gravi danni alla salute – Martina De Masi - 65<br />

• Il business spietato delle case farmaceutiche – Alessandra Imparato - 69<br />

• Cuore d’inchiostro: l’importanza della lettura – Cuda Mariya Korchak - 75<br />

• Rinnovabile: una risorsa per l’Italia – Viviana Mambrino - 79<br />

• Multinazionali: avidità di pochi, povertà di molti – Luigi Pullano - 82<br />

• Il linguaggio dei media evolve tra vecchi e nuovi poteri – Cosmo Sisca - 85


• Gruppo Bilderberg: governo di pochi – Maria Pia Spadafora - 88<br />

• Fantomatica Onnipotenza – Alessandra La Neve - 91<br />

• Oratori di ieri, persuasori di oggi – Floriana Ciccaglioni - 98<br />

• Leggere non è una perdita di tempo – Claudia Magnelli - 103<br />

• “TI LOVVO!!!” La lingua italiana tra evoluzione e ignoranza – Valeria Giordano - 107<br />

Cultura e Società<br />

• Si prega la clientela di spegnere la tv e di indignarsi – Francesco Cerminara - 113<br />

• Potere e controllo mentale – Alessia Mollo – 115<br />

• Inflazione: cause, implicazioni e conseguenze – Italo Romano- 120<br />

• Intervista a Paolo Rossi Barnard – Francesco Cerminara - 125<br />

• Il Governo mondiale privato e il paradosso del Capitalismo – Giovanni Potente - 128<br />

• Il condizionamento religioso – Francesco Corigliano - 134


Gentili lettori,<br />

SVAR<br />

il numero 5 di SVAR, che ho il piacere di presentarvi, consta di 3 sezioni.<br />

1. La prima è “a tema”. Gli articoli sono dedicati ad alcune figure della Storia tanto<br />

bistrattate ed oggi misconosciute quanto, invece, degne di tutta la nostra attenzione e<br />

del nostro rispetto. Penso ad Ipazia, il cui talento di scienziata-filosofa fu sacrificato<br />

sull’altare del più becero e truculento fanatismo religioso. La sua infelice sorte<br />

rappresenta per noi un monito fondamentale: l’intelligenza deve potersi esprimere<br />

libera da ogni dogma e preconcetto, libera anche dai moderni “fanatismi” tecnocratici<br />

che stanno costringendo la ricerca scientifica (ormai ben poco “pura”) a risultare<br />

funzionale alle logiche industriali e di mercato. Penso, ancora, a quel Toro Seduto<br />

sciamano-guerriero che tanta spiritualità avrebbe potuto trasmettere all’ “uomo bianco”<br />

che ne sterminò il popolo. E mi riferisco pure a Nikola Tesla e Wilhelm Reich, il cui genio<br />

e le cui scoperte, se non fossero stati brutalmente boicottati dall’apparato industriale,<br />

finanziario, accademico e politico degli Stati Uniti, avrebbero rappresentato per<br />

l’umanità una straordinaria fonte di sviluppo materiale e spirituale.<br />

2. La seconda è costituita dalle migliori tesine degli studenti del Laboratorio di Italiano<br />

Scritto dell’anno accademico 2011-2012, quindi è l’esito del lavoro e del talento di<br />

alcuni tra i nostri migliori studenti.<br />

3. La terza è una miscellanea di articoli di argomenti vari.<br />

Questa suddivisione, tuttavia, cela un filo conduttore unico, una tensione essenziale: la<br />

ferma volontà, condivisa dai membri della Redazione e dai collaboratori di SVAR, di non<br />

fermarsi alle “versioni ufficiali” dei fatti e alle ricostruzione di comodo che ci vengono fornite su<br />

“come va il mondo”. Noi coltiviamo la nostra vocazione spontanea al “sospetto”: il “sospetto”<br />

che le “grandi narrazioni” precostituite della storiografia e della cultura ufficiale celino verità da<br />

far tremare i polsi, cui occorre dedicare i propri sforzi, i propri studi, persino la propria<br />

esistenza. Ogni singola sillaba di questa rivista è frutto di questo impegno.<br />

GIOVANNI POTENTE


Marcus Garvey, il profeta<br />

anticolonialista<br />

Inzillo Hermann<br />

"O<br />

gni volta che pianto un seme, lui mi<br />

dice uccidilo prima che cresca, lui mi<br />

dice uccidili prima che crescano.”<br />

Cantava Bob Marley in I shot the<br />

Sheriff, nel 1973 a meno di dieci anni<br />

dall’assassinio di Malcom X e Martin Luther<br />

King. Il cantautore aveva in comune con i due<br />

attivisti la voglia di vivere in un mondo migliore,<br />

non soltanto per i suoi connazionali che ancora a<br />

più di cento anni dalla morte di Abramo Lincoln<br />

erano costretti a relazionare con uomini poco<br />

inclini alla pelle bruna e propensi a definirla negra<br />

o nera imitando il colore del loro animo. Bob in<br />

quegli anni scopriva anche la malattia che lo<br />

avrebbe condotto alla morte, il cancro, non curato<br />

dal Giamaicano perché fedele al rastafarianesimo,<br />

movimento spirituale filo cristiano che fra le altre<br />

cose non prediligeva le cure artificiali. L’ideale<br />

Rasta, come amava ricordare Robert Marley, trae<br />

insegnamento dalla vita e dalle parole di Marcus<br />

Garvey, eroe nazionale giamaicano che aveva un<br />

sogno: emancipare tutti gli africani del mondo,<br />

non nel loro paese d’emigrazione, ma in Africa.<br />

Marcus Garvey nasce il 17 agosto del 1887 a St’<br />

Ann’s Bay in Giamaica, trascorre la sua<br />

giovinezza fra i Caraibi e l’America Centrale,<br />

finché trasferitosi per ragioni di studio in<br />

Inghilterra approderà a Londra; città che per prima<br />

accoglierà le sue spoglie il 10 Giugno del 1940.<br />

Londra sarà per lui un vero campo di<br />

addestramento; lì apprenderà le filosofie di Robert<br />

Personaggi "non autorizzati"<br />

Love, Booker T. Washington e Martin Delay,<br />

parteciperà alla redazione di un giornale e di una<br />

radio e potrà raccogliere i frutti del primo<br />

congresso Panafricano presieduto da Dubois nel<br />

1909 due anni prima del suo arrivo. Tale<br />

conferenza porterà alla formazione di<br />

un’Associazione Panafricana proprio nella sua<br />

capitale natia, Kingston, che articolerà il suo<br />

progetto in sei punti. 1. Garantire i diritti politici<br />

e civili di tutta le popolazioni africane e dei loro<br />

discendenti nel mondo intero. 2. Migliorare la<br />

condizione dei nostri fratelli in Africa in America<br />

e nel resto del mondo, incrementando gli sforzi<br />

affinché la giustizia sia effettiva. 3. Stimolare<br />

l’impegno del nostro popolo nel commercio, nelle<br />

industrie e nell’educazione. 4. Incentivare le<br />

relazioni fra la razza negra e quella caucasica. 5.<br />

Organizzare una sede unica per raccogliere tutti i<br />

progressi scritti o realizzati in forma statistica dal<br />

nostro popolo in ogni parte del mondo. 6. Stabilire<br />

un fondo monetario che si utilizzerà unicamente<br />

per il compimento di quanto detto. Garvey leggerà<br />

gli scritti di Robert Love a riguardo e apprenderà<br />

dal giornalista l’irruenza e la dialettica necessaria<br />

per affrontare, da uomo di colore, l’ostilità bianca<br />

che persino in Giamaica, terra fra le più<br />

multietniche del mondo, era dilagante. Dopo una<br />

breve corrispondenza epistolare, Garvey<br />

accoglierà volentieri anche le idee cosmopolite di<br />

Washington che, molto sinteticamente,<br />

prospettavano una capitolazione delle ostilità


contro i neri tramite una loro stessa elevazione<br />

sociale, generata soprattutto da un efficace sistema<br />

di educazione. Poco più tardi la cosa si<br />

concretizzerà con l’apertura di una filiale del<br />

Tuskegee Institue in Giamaica. Nell’arco di questi<br />

anni, Garvey, che da bambino non era mai stato<br />

direttamente colpito dall’odio razziale, riceve in<br />

circostanze ancora più sgradevoli il primo insulto<br />

personale: nigger (negro), pronunciato, come a<br />

distanza di anni lui stesso ricorda, dal padre della<br />

sua migliore amica, che dopo un’infanzia ed<br />

un’adolescenza trascorse insieme, fu costretta a<br />

chiudere i contatti con lui. Garvey, ancora ragazzo,<br />

comprese sulla propria pelle quanto le idee<br />

nazionaliste di Delay potessero essere congruenti<br />

alla situazione in cui versava la sua gente; il<br />

nazionalismo nero, movimento il cui fine era<br />

l’indipendenza per i popoli africani dalla<br />

colonizzazione europea, subirà fra gli anni dieci e<br />

gli anni venti del novecento un esponenziale<br />

incremento di sostenitori guidati da un’unica<br />

persona: Marcus Garvey.<br />

Garvey mosse i primi passi ancora una volta nella<br />

sua terra natia, la Giamaica. Dopo aver viaggiato<br />

per la maggior parte dei territori colonizzati in<br />

America Latina, ed aver visitato più della metà<br />

degli stati europei; iniziò a porsi delle domande,<br />

chiedendosi: “Dov’è il Governo degli uomini<br />

Neri?”, “Dov’è il Re ed il suo Regno?”, “Dov’è il<br />

Presidente, lo stato, l’ambasciatore, l’esercito, le<br />

navi e i grandi uomini d’affari?”, non trovandoli si<br />

pose come obiettivo riuscire e crearli. Nel giro di 5<br />

giorni dopo esser sbarcato in Giamaica, nell’estate<br />

del 1914 riunì i suoi più fidati amici e fondò<br />

l’Universal Negro Improvement Association<br />

(UNIA) e l’African Communities League (ACL).<br />

Seguendo le orme dei già presenti movimenti<br />

Panafricani, forte delle sue idee nazionaliste portate<br />

allo stremo dalla sua giovane età, Garvey riuscirà<br />

con la sua associazione a surclassare qualsiasi altro<br />

sistema di tutela ‘accademico’, traslerà la<br />

rivoluzione dai congressi alle piazze si porrà da<br />

solo alla guida di popolose marce e determinati sitin;<br />

portando sulle strade rumori e suoni che dopo di<br />

lui rimarranno silenziosi per altri quarant’anni<br />

finché due emblemi della libertà non decideranno<br />

di sacrificarsi per essa. Anticipando ulteriormente i<br />

tempi, Garvey, come Malcom X e King, muoverà la<br />

coscienza degli Stati con un’assoluta non violenza,<br />

combattendo però la battaglia più dura non contro i<br />

bianchi, ma contro i suoi stessi fratelli che<br />

vedevano in Marcus un veleno pericoloso per ciò<br />

che a fatica nel tempo guadagnarono. A tal<br />

proposito Garvey disse: “Non ho alcun desiderio di<br />

condurre tutti i negri in Africa, alcuni di loro che<br />

non stanno bene qui, non staranno bene neanche<br />

li”. Egli era inoltre proprietario di un giornale, il<br />

Negro World, principale fonte di propaganda del<br />

suo movimento, nel 1919 scrisse una violenta<br />

accusa contro Edwin P. Kilroe, pubblico ministero<br />

statunitense che indagava sull’ UNIA nel tentativo<br />

di trovare grane per poterla chiudere, Garvey<br />

venne prima arrestato e non contento Kilroe inviò<br />

un sicario per toglierlo di mezzo per sempre.<br />

L’assassinio fallì ed il sicario morì suicida in<br />

prigione, Tyler, il sicario, a differenza di Oswald<br />

non fece correre rischi ai mandanti. Tutto ciò<br />

accadeva ad Harlem quartiere di New York che<br />

assumerà i connotati di un campo di battaglia per<br />

Garvey e la sua UNIA; politici a lui ostili<br />

tenteranno di ostacolarlo all’esterno ed all’interno<br />

delle sue fila, arginandole o separandole come<br />

conveniva all’occasione. Garvey reagirà alle<br />

opposizioni con ancora più incisività, aggiungendo<br />

alle due associazioni ed al giornale anche una<br />

compagnia navale, la Black Star Line in evidente<br />

opposizione alla White Star Line la produttrice del<br />

Titanic. L’impresa navale era un ulteriore tassello<br />

nel progetto utopistico di Garvey, lo scopo primo<br />

era traghettare gli uomini di colore dai paesi<br />

coloniali all’Africa, affinché giunto il Re Nero essi<br />

riuniti avrebbero potuto fondare uno stato<br />

completamente Africano, senza influenze esterne<br />

ed autonomo. Criteri d’azione così ben riusciti,<br />

capaci di far iscrivere all’UNIA quasi undici<br />

milioni di persone e di portarne in piazza al<br />

Madison Square Garden venticinquemila, finirono<br />

con lo scardinare ogni vincolo che frenava i suoi<br />

avversari nel ricorrere a metodi inoppugnabili.<br />

Nell’arco di un anno il numero di infiltrati che<br />

manomettevano la serenità interna<br />

dell’associazione mandò in frantumi prima la<br />

Black Star Line e a catena il giornale e i due figli<br />

prediletti di Garvey, l’UNIA e la ACL. Dopo aver<br />

trascorso 5 anni in prigione, lascerà le Americhe<br />

per rifugiarsi nuovamente in Europa, dove con<br />

molta più parsimonia di azioni trascorrerà il resto<br />

della sua vita finché non morirà di infarto all’età di<br />

52 anni.<br />

Questa è la breve storia di un uomo che ha


cambiato oggi la vita di pochi, forse di pochissimi.<br />

Dimenticato dai suoi contemporanei e quasi<br />

sconosciuto al mondo odierno. Malcom X e Martin<br />

Luther King decisamente a buon merito ne hanno<br />

oscurato le gesta, loro che divenendo martiri<br />

riuscirono con la morte ad imprimere in eterno il<br />

loro messaggio. Bob Marley, seppur defunto, può<br />

ancora oggi con la sua musica esprimere l’uomo<br />

Garvey con parole che rispetto alle sue, meglio<br />

riescono a raggiungere le menti moderne. Kwame<br />

Nkrumah, colui il quale rese libera ed indipendente<br />

la repubblica del Ghana è forse l’unico ad aver<br />

realizzato il sogno di lui, divenendo quel re nero<br />

tanto agognato dal profeta. Non mancheranno da<br />

parte del politico encomi al mentore attivista; il più<br />

grande dei quali è probabilmente la stella nera sulla<br />

bandiera del Paese. Marcus rimane comunque un<br />

uomo tradito dalla società, convinto che il denaro<br />

avrebbe comprato le terre per uno stato africano,<br />

come gli ebrei fecero in Palestina; che l’educazione<br />

e l’efficienza sociale avrebbero elevato l’uomo<br />

nero al pari di quello bianco, senza considerare che<br />

quella stessa istruzione aveva reso l’uomo bianco<br />

razzista. Ed infine, in uno sprazzo di lucida<br />

insanità, che non può non essere celebrato; cercò di<br />

ragionare con il Ku Klux Klan, definendo loro<br />

avversari migliori dei politici statunitensi, poiché<br />

facenti parte di un Clan, proprio come il suo, e<br />

quindi adatto ad entrarvi in competizione, con il<br />

solito motto : ‘vinca il migliore’.


Giordano Bruno: un uomo che ha<br />

tentato di valorizzare il concetto<br />

di "IO PENSO"<br />

17 Febbraio 1600: moriva sul rogo<br />

l’eretico Giordano Bruno, un frate<br />

domenicano accusato di aver<br />

commesso crimini contro la Santa<br />

Chiesa. Nonostante siano passati secoli<br />

da quella fatidica mattina pochissimi altri tra i<br />

grandi personaggi della cultura sono stati al centro<br />

di un acceso e critico dibattito come quello che<br />

ruota attorno alla figura di Bruno.<br />

Ma chi era Giordano Bruno? Una persona in<br />

possesso di una memoria prodigiosa, risultato di<br />

una sofisticata mnemotecnica coltivata fin dalla<br />

giovinezza, acume e grandi capacità critiche che<br />

gli costarono diverse accuse di eresia e furono<br />

causa dei continui conflitti con le diverse dottrine<br />

con cui ebbe a che fare. La sua esistenza fu<br />

caratterizzata da una serie di peripezie. Compì<br />

numerosi viaggi in diverse città d’Europa, da<br />

Ginevra a Tolosa fino in Inghilterra, e dovunque<br />

fu dapprima accolto con calore e rispetto per il suo<br />

spirito, la sua cultura e la sua eloquenza. Tuttavia<br />

in nessun posto riuscì a trovare un riparo<br />

duraturo. Le sue dottrine finivano sempre per<br />

urtare senza tregua le credenze dei suoi ospiti, di<br />

qualsiasi fede fossero. Infine, stanco della sua<br />

condizione di esiliato, Bruno ritornò in Italia, a<br />

Venezia, come precettore del nobile Giovanni<br />

Moncenigo. Questi, dopo sei mesi di ospitalità, lo<br />

denunciò al Tribunale dell’Inquisizione. Il famoso<br />

processo si tenne i primi tre anni nella città<br />

lagunare, proseguendo per i successivi sette a<br />

Roma, fino a quel definitivo “scacco” con cui la<br />

Chiesa uccise una delle menti più brillanti del<br />

mondo.<br />

Da qui nascerà il mito di Bruno come martire del<br />

libero pensiero, presentato come un vero e proprio<br />

Cappa Alessandra<br />

Socrate moderno, morto per non tradire le sue<br />

idee e per difendere il diritto al libero esercizio<br />

della ricerca filosofica, contro l’oscurantismo e la<br />

barbarie ecclesiastica. Egli fu partigiano di una<br />

teoria scientifica allora nuova in Europa:<br />

l’eliocentrismo del sistema copernicano.<br />

Precursore di quelle discipline parascientifiche<br />

che oggi ipotizzano l’esistenza di forme di vita<br />

extraterrestri, Giordano Bruno, “il sognatore”,<br />

rifiutando la cieca ubbidienza alle dottrine della<br />

Chiesa del tempo, trovò in Copernico (che a sua<br />

volta aveva sfidato la Chiesa nelle sue inflessibili<br />

tradizioni) un maestro, e avvalendosi della sua<br />

teoria la estese fino a coinvolgere l'intero<br />

universo. Laddove Copernico trattava del moto<br />

della Terra, Giordano Bruno immaginava un<br />

universo infinito, popolato da un'infinità di stelle<br />

come il nostro Sole, ciascuna circondata da<br />

pianeti ove crescono e prosperano esseri<br />

intelligenti. Le implicazioni teologiche del suo<br />

pensiero erano clamorose: postulando l’esistenza<br />

di altre forme intelligenti, o umane, Adamo non<br />

era più il padre comune dell’umanità e non ci<br />

poteva più essere redenzione universale. E d’altra<br />

parte, se l’Universo non era più chiuso e finito,<br />

prodotto totalmente distinto e distante dalla<br />

Divinità medesima, ma infinito e senza confini,<br />

esso possedeva troppi attributi della Divinità<br />

medesima: per la Chiesa, quindi, un terribile<br />

concorrente di Dio. L’infinità dell’Universo<br />

comportava che il motore di esso non fosse<br />

estrinseco all’Universo, ma intrinseco ad esso<br />

medesimo: non fuori, ma dentro l’Universo stesso.<br />

L’Infinito secondo Bruno poneva d’altra parte un<br />

altro problema altrettanto acuto: essendo<br />

l’universo un’emanazione di Dio, esso era di


conseguenza l’unico mediatore tra l’uomo e la<br />

divinità. Per Bruno, la vera eucaristia, quindi, era la<br />

comunione con la Divinità attraverso la<br />

contemplazione dell’Universo. Se in ogni molecola<br />

di natura si trova un riflesso dell’anima di Dio, il<br />

passo successivo era pensare che il Cristo non<br />

servisse più a nulla, che non fosse più necessaria la<br />

Redenzione. La Chiesa non poteva accettare tutto<br />

ciò e da qui il processo intentatogli durante il quale<br />

Giordano Bruno si presentò sempre come filosofo e<br />

non teologo, rifiutando accanitamente l’accusa di<br />

eresia: egli infatti non predicava ma consigliava<br />

l’idea di ricercare la verità sul principio primo<br />

dell’Universo.<br />

Bruno fu una personalità che si pose in maniera<br />

sarcastica e polemica nei confronti delle istituzioni<br />

culturali. Il rifiuto delle regole e dei dogmi erano<br />

alcuni dei suoi principi più radicati. Un uomo<br />

scomodo, quindi? Una minaccia per governi e<br />

istituzioni di potere? Assolutamente si! Giordano<br />

bruno era un contestatore, uno spirito ribelle a cui<br />

però è stata negata la possibilità di esprimersi<br />

liberamente, non lasciando emergere quanto di più<br />

positivo e moderno il suo IO possedesse. Ma che<br />

cosa ha dimostrato Giordano Bruno al di là delle<br />

rivoluzioni scientifiche e filosofiche? Che tutti gli<br />

uomini hanno la capacità ed il diritto di guardare<br />

con i propri occhi senza lasciarsi offuscare ed<br />

intimidire dal terrore e dalla paura di ciò che è<br />

definito peccato e dalla volontà di controllo da<br />

parte del potere. Ai suoi tempi, però, purtroppo<br />

bisognava accettare in toto quello che veniva<br />

proposto dalla dottrina cattolica ed il fatto che<br />

qualcuno si permettesse di criticare la Chiesa,<br />

magari introducendo nuovi pensieri, poteva essere<br />

sufficiente per essere considerato eretico e messo a<br />

morte.<br />

Oggi non esiste più questa condanna, ma il resto?<br />

Non siamo, forse, ancora schiavi del “pensiero<br />

generale” che il Sistema ci propina? Attraverso<br />

questo articolo, il mio scopo non è tanto quello di<br />

considerare Giordano Bruno dal punto di vista<br />

filosofico, piuttosto dal punto di vista umano.<br />

Come lo immaginiamo? Come un pazzo che<br />

inveisce con le mani al cielo, il viso arrossato e gli<br />

occhi quasi fuori dalle orbite? Cosa aveva di così<br />

anomalo, di così diverso questo uomo? Solo il<br />

coraggio di valorizzare se stesso, di mettere in<br />

discussione ciò che lo circondava con lo scopo di<br />

capirne i “perché”, un uomo che non ha avuto<br />

paura di esprimere quello che Nietzsche, altro<br />

grande personaggio incompreso, definì<br />

Superuomo! , e non ha accettato di sopprimere la<br />

propria volontà singola in nome di pochi che di<br />

saggezza ed umanità non ne sapevano molto. Io<br />

immagino Bruno come un uomo pacato che se ne<br />

va in giro per le strade, osservando in silenzio ciò<br />

che lo circonda e, ponendosi mille interrogativi,<br />

sollecita la sua mente alle più svariate soluzioni.<br />

Non potrebbe essere l’immagine di una persona<br />

qualunque? Eppure dalla storia ci viene descritto<br />

come un qualcuno che non aveva nulla a che fare<br />

con la gente comune, come un “diverso”. Non è<br />

forse un altro esempio di controllo del sistema? Un<br />

altro esempio di dogmatismo contro cui sollevare<br />

la nostra voce? Di sovversivi come Bruno il<br />

passato è stato pieno. Oggi forse con un termine<br />

più pacato potremmo definirli ribelli o<br />

anticonformisti, un tipologia di persona purtroppo<br />

ancora vista con diffidenza. Il perché? Perché “per<br />

il pensiero generale non è così”, perché sono<br />

“diversi”, perché non chinano il capo senza prima<br />

aver espresso la loro opinione, mettendosi in gioco<br />

per affermare e dimostrare tangibilmente il loro<br />

pensiero tanto da poter a volte ottenere seri e<br />

positivi risultati da sbandierare in faccia ai superbi<br />

saccenti. Ma forse, al giorno d’oggi se abbiamo la<br />

possibilità di essere o meno anticonformisti, se<br />

abbiamo la possibilità di tentare di sollevarci<br />

contro un muro di oppressione, se abbiamo<br />

l’opportunità di schierarci contro stereotipi<br />

culturali fatui, indipendentemente se ne si esce da<br />

vincitori o da sconfitti, lo dobbiamo a personaggi<br />

come Giordano Bruno, che pieni d’amore per se<br />

stessi, innanzitutto, ed amanti della dignità e della<br />

soggettività del singolo, alzandosi in piedi con<br />

umiltà e fermezza hanno dato potere e profonda<br />

dignità ad una delle espressioni che lascia<br />

fuoriuscire l’anima pensante di ogni singola<br />

persona: costoro hanno detto “Io penso”.


Wilhelm Reich e l'energia<br />

orgonica<br />

Di Benedetto Salvatore<br />

Nel corso della storia sono stati molti gli<br />

uomini che con le loro scoperte, le loro<br />

idee e la loro saggezza avrebbero<br />

potuto trasformare questo mondo in un<br />

posto meraviglioso, abbondante di tutto<br />

ciò che è necessario a ogni essere per vivere<br />

libero, sereno e felice. Questi uomini sono stati<br />

ridicolizzati, diffamati, isolati e talvolta uccisi<br />

dall’autorità di turno per mantenere la società<br />

nello status quo imperante. Tra i tanti nomi è<br />

doveroso menzionare il Dr. Wilhelm Reich per le<br />

sue grandi idee e scoperte che avrebbero<br />

migliorato non solo la nostra attuale società, ma<br />

anche noi stessi.<br />

Wilhelm Reich nacque il 24 marzo 1897 a<br />

Dobrzcynica in Bulkovina (l’attuale Romania), ai<br />

limiti orientali dell’impero Austro-Ungarico.<br />

Primogenito di una famiglia di agricoltori<br />

benestante fu istruito inizialmente in casa della<br />

madre e successivamente da un certo numero di<br />

tutori com’era comune a quel tempo. Fu subito<br />

evidente il suo eccellere negli studi, merito della<br />

viva intelligenza che aveva e, in parte, del timore<br />

che nutriva verso la grande severità del padre col<br />

suo orribile carattere, un tipo che non avrebbe<br />

sopportato un esito negativo del figlio negli studi.<br />

Reich ebbe una fanciullezza ed un’adolescenza<br />

molto difficili. All’età di 13 anni la madre si<br />

suicidò per sfuggire al violento carattere del padre<br />

che aveva scoperto un suo adulterio. Quattro anni<br />

dopo suo padre morì di polmonite e Reich, che<br />

aveva 17 anni, diresse per breve tempo la fattoria<br />

del padre fino a quando venne distrutta durante la<br />

Prima Guerra Mondiale nel 1915. Dopo aver<br />

servito l’esercito austriaco sul fronte italiano,<br />

iniziò a frequentare l’Università di Vienna e prese<br />

la laurea in medicina nel 1922. Mentre studiava<br />

per il suo dottorato Reich divenne il pupillo del<br />

Dr. Sigmund Freud e, in breve, dopo aver ottenuto<br />

la laurea, assistente clinico nella Clinica<br />

Psicoanalitica del Dr. Freud dove egli stesso<br />

divenne un pioniere della psicoanalisi. In questi<br />

anni si concentrò insieme a Freud nel curare<br />

pazienti afflitti da diversi tipi di nevrosi. Reich era<br />

d’accordo con la teoria di Freud secondo cui la<br />

nevrosi e alcune disfunzioni all’interno del corpo<br />

erano causate da blocchi che non permettevano<br />

agli istinti sessuali di esprimersi liberamente. In<br />

seguito però, dati i numerosi insuccessi che si<br />

susseguivano, egli prese le distanze da Freud per<br />

quanto riguarda la terapia che quest’ultimo<br />

utilizzava per curare quei malori. Tale terapia<br />

consisteva nel sublimare la sessualità del paziente,<br />

togliendogli dall’inconscio le pulsioni sessuali e<br />

portarlo a rinunciare in modo consapevole alle<br />

passioni stesse. Tutto ciò venne rigettato da Reich<br />

che invece si dedicò a rimuovere i conflitti<br />

emozionali che si erano creati nell’individuo a<br />

causa della repressione della sessualità portata<br />

avanti dalla struttura sociale. La famiglia con la<br />

sua educazione sessuofobica dei bambini e dei<br />

giovani, la chiesa con il suo proibizionismo dei


apporti sessuali prima e al di fuori del matrimonio<br />

e il forte condizionamento di istituzioni come il<br />

matrimonio monogamico. A partire dal 1936<br />

condusse esperimenti sulle infezioni che si<br />

trasmettevano per via aerea e si rese conto che era<br />

impossibile per i microorganismi contagiare dei<br />

corpi tramite l’aria. Ebbe qui inizio la campagna di<br />

diffamazione contro Reich sia da parte dei<br />

psicoanalisti che della medicina generale. Per circa<br />

un anno, quasi ogni giorno, apparivano articoli che<br />

gettavano fango sul suo nome e sul suo lavoro.<br />

Inoltre la minaccia Nazista si faceva sempre più<br />

pericolosa e vicina, la situazione stava diventando<br />

insostenibile. Fu così che nell’agosto del 1939<br />

Wilhelm Reich lasciò l’Europa per trasferirsi negli<br />

Stati Uniti, e non vi fece mai più ritorno. Durante il<br />

periodo di ricerca sui microorganismi notò delle<br />

forme di transizione tra la materia non vivente e<br />

quella vivente: i bioni, da Reich definiti come<br />

“l’unità funzionale elementare di tutta la materia<br />

vivente”. Fu durante lo studio di un particolare tipo<br />

di bioni, i SAPA (Sand Packet), ottenuti dalla<br />

sabbia oceanica, che Reich scoprì una particolare<br />

radiazione che lo portò ad essere noto negli Stati<br />

Uniti e in seguito nel mondo intero. Reich chiamò<br />

questa radiazione “energia orgonica” (gennaio<br />

1939). Iniziò a studiarne le caratteristiche, sia a<br />

livello puramente fisico che biologico, i quali<br />

differenziavano questa energia da tutte le altre. Si<br />

tratta di un’energia che non è né di natura elettrica,<br />

né di natura magnetica, una sorta di forza vitale che<br />

pervade tutto l’Universo e interagisce con tutti gli<br />

esseri viventi. Gli studi sperimentali sulle proprietà<br />

dell’energia orgonica avevano evidenziato, fra le<br />

altre cose, che le sostanze organiche hanno la<br />

caratteristica di attrarre e trattenere l’orgone,<br />

mentre le sostanze metalliche lo respingono. In<br />

base a queste osservazioni Reich fu in grado di<br />

creare degli accumulatori di energia orgonica,<br />

caratterizzati da strati alternati di materiale<br />

organico (lana) e metallo. Costruì dei motori in<br />

grado di catturare questa energia direttamente<br />

dall’atmosfera terrestre. Pensate ai risvolti che<br />

questa invenzione avrebbe portato nella vita di ogni<br />

uomo. Energia libera e potenzialmente infinita,<br />

niente più petrolio e inquinamento, niente più<br />

lavoro massacrante 9 ore al giorno, finalmente<br />

libertà ed equilibrio con la natura. L’Universo è<br />

abbondanza infinita, diceva Reich, viviamo in<br />

un’illusione di precarietà e di limitatezza. Nel corso<br />

dei vari esperimenti con l’orgone il Dr. Reich toccò<br />

molti aspetti diversi della scienza. Tra questi le<br />

discipline della medicina, della fisica, della<br />

cosmologia e della meteorologia. Con degli<br />

accumulatori molto grandi di orgone, capaci di<br />

ospitare all’interno una persona, Reich curò molti<br />

suoi pazienti da diverse patologie. Nel suo libro<br />

“La Biopatia del Cancro” (1948), il Dr. Reich<br />

documentò accuratamente il suo lavoro riguardante<br />

il trattamento di diversi pazienti affetti da cancro<br />

terminale giudicati inguaribili dalla medicina<br />

ortodossa. Molti di questi guarirono ma, essendo<br />

un uomo di scienza molto attento, non fu così<br />

avventato da dichiarare il trattamento con l’orgone<br />

come una cura per il Cancro. In ambito<br />

meteorologico scoprì l’orgone atmosferico e notò<br />

che, in presenza di inquinanti di vario tipo,<br />

comprese emissioni elettromagnetiche, l’orgone<br />

diventava stagnante e causava malattia e danni<br />

ambientali. Chiamò questo orgone stagnante<br />

“orgone morto” o “DOR”. Gli effetti del DOR<br />

erano spesso quelli che contribuivano alla<br />

formazione della siccità e dei deserti. Il processo di<br />

desertificazione catturò particolarmente<br />

l’attenzione di Reich. Ben presto fu in grado di<br />

stabilire una connessione fra il processo di<br />

desertificazione ambientale e quello che egli definì<br />

il “deserto emozionale”. Così come può accadere<br />

nell’ambiente che l’energia orgonica venga<br />

sostituita dal DOR, la stessa cosa può verificarsi<br />

anche all’interno dell’individuo. Le conseguenze<br />

per l’ambiente sono la scomparsa progressiva della<br />

vegetazione, la trasformazione del terreno fino alla<br />

comparsa di sabbia, e la morte delle forme di vita<br />

presenti fino a quel momento. Parlando invece del<br />

deserto emozionale che subentra nell’interiorità<br />

dell’uomo, si ha la morte della creatività, sostituita<br />

da un comportamento meccanico e costruito, uno<br />

stato in cui ogni grazia e spontaneità naturali sono<br />

bandite e perseguitate. Per contrastare la<br />

desertificazione Reich aggiunse dei lunghi tubi di<br />

rame ad un accumulatore di orgone e lo puntò<br />

verso il cielo per aiutare l’orgone atmosferico a<br />

bilanciarsi e a creare condizioni favorevoli alla<br />

pioggia. Chiamò questo dispositivo “Cloud-buster”<br />

(acchiappa nuvole). In un esperimento iniziato<br />

nell’ottobre del 1954, ebbe successo nel far cadere<br />

la pioggia nel deserto intorno Tucson, in Arizona.<br />

Prima ancora che la pioggia cadesse, la presenza di<br />

nuovo orgone bilanciato aveva consentito la


crescita di ben trenta centimetri di erba. Questo<br />

spettacolo di verde si estendeva su qualcosa come<br />

da quaranta a ottanta miglia ad est e a nord della<br />

città. Diversi giornali del luogo descrissero quel<br />

meraviglioso e incredibile evento. Dopo che Reich<br />

riuscì a ripetere l’impresa per almeno un centinaio<br />

di volte, alcuni scienziati riconobbero la validità del<br />

metodo di Reich. Egli fu capace di dimostrare e<br />

misurare l’energia orgonica con un termometro, un<br />

elettroscopio e anche con un contatore Geiger.<br />

Durante gli anni trascorsi negli Stati Uniti aveva<br />

formato diversi gruppi di ricerca che si riunivano in<br />

alcuni istituti a lui dedicati, dove si sperimentava<br />

l’energia orgonica, il più noto era l’Orgone Institute<br />

a New York. Vennero periodicamente pubblicate sei<br />

riviste scientifiche che riportavano articoli sullo<br />

sviluppo del lavoro orgonomico. L’espandersi delle<br />

notizie circa le guarigioni che Wilhelm Reich<br />

riportò sui malati terminali di cancro, attrassero<br />

presto l’attenzione della Food and Drug<br />

Administration (FDA), che intervenne per bloccare<br />

le operazioni e scatenò contro Reich una guerra a<br />

tutto campo. Accusato di essere comunista, bollato<br />

ovunque come ciarlatano, Reich fu denunciato<br />

dalla FDA per aver enunciato la scoperta di<br />

un’energia che secondo loro non esisteva. Per anni<br />

la sua vita e il suo lavoro furono spiati dalla CIA e<br />

dall’FBI, coinvolgendo anche i suoi famigliari e i<br />

suoi collaboratori. Il suo telefono fu tenuto<br />

costantemente sotto controllo, e negli ultimi anni<br />

furono ritrovate microspie persino nella sua<br />

automobile. Il processo contro di lui si concluse<br />

con la messa all’indice di tutti i suoi libri e la<br />

distruzione di tutti i lavori scientifici relativi<br />

all’orgone. Era necessaria la comparsa della parola<br />

“orgone” a qualificare del materiale come degno di<br />

essere bandito e distrutto nel caso fosse stato<br />

pubblicato. Nonostante le difficoltà, Reich<br />

continuava a diffondere le sue teorie attraendo<br />

sempre più studenti nel suo istituto scientifico. Le<br />

persecuzioni contro di lui continuarono e nel<br />

maggio del 1956 Wilhelm Reich fu<br />

improvvisamente arrestato per una banale<br />

infrazione sulle leggi del trasporto commessa da un<br />

suo assistente e fu condannato a due anni di<br />

carcere. Dopo otto mesi di prigionia, morì nella sua<br />

cella per crisi cardiaca. La famiglia però non ha<br />

mai creduto a questa versione ed ha sempre<br />

sospettato che Reich sia stato avvelenato. Tutti i<br />

progetti, gli strumenti, la documentazione e i<br />

macchinari di Reich furono sequestrati e distrutti.<br />

Tutti i suoi libri furono bruciati sotto la diretta<br />

supervisione dell’FDA e tutti i riferimenti<br />

all’energia orgonica furono cancellati per sempre<br />

dalle pagine della storia. Non si era mai vista da<br />

parte delle autorità americane, una furia così<br />

devastante contro una forma d’energia che secondo<br />

loro non esisteva nemmeno. Avendo letto fin qui<br />

potrebbe sembrare che Wilhelm Reich e tutto il suo<br />

lavoro siano stati distrutti per sempre, ma non è<br />

così. Egli rivive in tutti quegli uomini che,<br />

nonostante le informazioni perdute e la censura,<br />

hanno ripreso le sue opere e le sue ricerche<br />

ottenendo anche loro grandi risultati. Negli ultimi<br />

anni della sua vita, l’interesse di Reich era rivolto<br />

ai bambini del futuro. Solo consentendo ad ogni<br />

generazione successiva di crescere un poco più<br />

vicino alla natura, diceva, sarà possibile, per<br />

l’umanità, ritrovare un giorno il suo vero posto nel<br />

creato.


Il mancato progresso italiano<br />

Ormai è riconosciuto che il computer è<br />

un oggetto più che diffuso e che lo<br />

usiamo quotidianamente per le cose più<br />

semplici come controllare la casella di<br />

posta o chiaccherare con gli amici, e<br />

per le cose un po’ più utili come visualizzare un<br />

percorso stradale o elaborare qualche dato<br />

importante. Ciò che prima si faceva impiegando<br />

vecchie e polverose enciclopedie ora è risolvibile<br />

con qualche semplice click. Si, i computer hanno<br />

rivoluzionato il mondo.<br />

Ma quanti di voi sapranno rispondere alla<br />

domanda: chi ha inventato il primo PC? Chi non si<br />

interessa di queste tematiche risponderà per<br />

sentito dire il magnate informatico Bill Gates…<br />

beh la risposta è errata! Possiamo ringraziare lui<br />

per aver concesso a tutti di poter comprare un PC<br />

ad un prezzo accessibile alle famiglie. Se avete<br />

risposto il “visionario”, ed ormai defunto, Steve<br />

Jobs… vi siete avvicinati: è stato lui a creare<br />

Apple II a cui fu assegnato il nome di Personal<br />

Computer come lo intendiamo noi, ovvero un<br />

computer utilizzato dall’utente finale e non tramite<br />

intermediari esperti.Ma lo stesso Apple II non è<br />

altro che figlio di un progetto ancora più vecchio<br />

e… nostrano!<br />

Ebbene si, il primo PC, impropriamente usato con<br />

il termine appena descritto, è stato inventato<br />

proprio in Italia, ad Ivrea precisamente, in<br />

provincia di Torino da Pier Giorgio Perotto,<br />

ingegnere e informatico italiano, progettista<br />

dell’Olivetti.<br />

Ma andiamo per gradi. L’Olivetti nasce nel 1908<br />

Florio Marco<br />

dall’Ingegner Camillo Olivetti e pian piano si<br />

fanno strada nel mondo della meccanica e<br />

dell’elettronica. Famosissime sono le lor<br />

macchine da scrivere e pochi sanno che sempre<br />

l’Olivetti si annovera il primato di uno dei primi<br />

calcolatori elettronici, sto parlando<br />

dell’ELEA9000 (per esteso: ELaboratore<br />

Elettronico Aritmetico) creato nel 1957; il nome<br />

fa anche riferimento alla <strong>filosofia</strong> di Parmenide, la<br />

scuola eleatica appunto. Questo dispositivo ha<br />

aperto le porte all’informatica ma era ancora<br />

appannaggio di pochi “eletti”, roba da<br />

“scienziati”! Qui entra in gioco Pier Giorgio<br />

Perotto che nel 1964 crea la Programma101 (o<br />

P101) un calcolatore elettronico da scrivania per<br />

la gente comune. E’ stato uno dei pochi ad aver<br />

notato le potenzialità dei calcolatori elettronici e<br />

voleva condividerlo anche con la gente “comune”,<br />

senza intermediari specialisti del settore. Alcuni<br />

sostengono che la Perottina (così era stata chiama<br />

amichevolmente dai colleghi progettisti) si possa<br />

considerare l’archetipo del PC perché essa<br />

effettivamente era personalizzabile (ciò che<br />

appunto rende Personal un Computer). Il<br />

dispositivo era progettato per elaborare le<br />

informazioni che l’utente gli forniva tramite<br />

tastierino (azionato meccanicamente come<br />

tradizione aziendale voleva) ma le elaborazioni e<br />

le funzioni che poteva prevedere erano dettate<br />

dall’inserimento di una carta magnetica che<br />

“leggeva” automaticamente come programmarsi.<br />

Le “visioni” di Perotto non finiscono qui: l’uso<br />

della carta magnetica verrà poi ripreso dai primi


PC effettivi tramite l’utilizzo dei Floppy Disk<br />

(dischi magnetici appunto) per leggere/scrivere<br />

informazioni.<br />

L’anno successivo l’azienda partecipa ad una fiera<br />

sulle nuove tecnologie a New York dove la P101<br />

messa in secondo rilievo perché di poco interesse<br />

per l’azienda che ostentava la sua tradizionale<br />

tecnologia meccanica, sarà considerata la star della<br />

fiera americana del 1965. Il prezzo accessibile<br />

(costava $3.200, circa un ottavo dei normali<br />

calcolatori in commercio all’epoca) e la semplicità<br />

di utilizzo ha permesso all’azienda italiana di<br />

entrare nella storia. Il 90% delle vendite vennero<br />

effettuate negli USA e sono proprio loro che<br />

beneficeranno di questa nuova tecnologia.<br />

L’azienda statunitense Hewlett-Packard Company,<br />

la nota hp per intenderci, studierà a fondo il<br />

dispositivo e l’elettronica italiana che aveva<br />

suscitato stupore (e magari un pizzico d’invidia)<br />

tanto da replicarlo migliorandolo. Scatta subito la<br />

violazione del brevetto e l’hp ammessa la colpa nel<br />

1967 risarcirà l’Olivetti pagando una royalty di<br />

$900.000.<br />

Per quanto possa essere gratificante far rispettare i<br />

propri prodotti nel mondo, sono amareggiato per la<br />

scarsa attenzione che l’Italia da alle giovani e<br />

promettenti menti nostrane che hanno spesso e<br />

ufficiosamente cambiato la realtà sfoggiando altre<br />

bandiere che non il tricolore.


Ipazia: una verità negata<br />

ll’udienza generale di mercoledì 3<br />

Ottobre 2007, il papa Benedetto XVI<br />

elogiò la «grande figura» del vescovo<br />

di Alessandria, Santo e Dottore della<br />

Chiesa, Cirillo. Alla numerosa folla<br />

accorsa a Piazza San Pietro, il papa presentò la<br />

figura del Santo in maniera ineccepibile e lodò la<br />

«grande energia» del Vescovo che «resse con<br />

mano ferma e grande prestigio la Diocesi<br />

Alessandrina» dal 412 al 444 d.C. Nel lungo<br />

discorso, che ebbe come intento l’esaltazione del<br />

Santo, sarebbe stata forse una nota stonata<br />

aggiungere che il Vescovo si macchiò di uno dei<br />

crimini più atroci e sempre insabbiati nella storia<br />

dell’umanità: l’assassinio della filosofa e<br />

scienziata alessandrina Ipazia.<br />

Bandiera di laicità, eroina proto femminista,<br />

martire della libertà e del pensiero, «prima strega<br />

bruciata sul rogo dell’inquisizione ecclesiastica 1»,<br />

Ipazia era questo e molto altro ancora. Le fonti<br />

antiche ci tramandano la vita di una donna dedita<br />

allo studio della matematica, dell’astronomia e<br />

della <strong>filosofia</strong> neoplatonica che finì per essere<br />

maestra alla scuola di Alessandria, «simbolo<br />

insieme ad Atene della cultura antica2». A<br />

Questa<br />

donna intelligente e tollerante attirò su di sé l’odio<br />

del Vescovo Cirillo, già noto alle cronache del<br />

tempo per aver organizzato una spedizione<br />

punitiva nei confronti degli ebrei della città, rei di<br />

aver teso un agguato agli attivisti cristiani<br />

uccidendone molti. L’eccessivo zelo di Cirillo si<br />

tramutò in spirito omicida: i suoi miliziani, i<br />

monaci parabalani, saccheggiarono le case dei<br />

Impieri Antonella<br />

giudei che furono spogliati dei loro beni ed<br />

esiliati dalla città. Fu, questo, il grande pogrom<br />

che preannunciò il massacro di Ipazia. Nel marzo<br />

del 415 d.C. i monaci parabalani, su diretto<br />

comando di Cirillo, piombarono addosso alla<br />

filosofa che tornava a casa da una delle sue<br />

pubbliche apparizioni, la spogliarono delle vesti,<br />

la massacrarono con cocci aguzzi, facendola a<br />

brandelli e diedero alle fiamme i suoi resti. Il suo<br />

assassinio rimase impunito, nonostante<br />

l’indignazione del prefetto della città, Oreste,<br />

intimo amico di Ipazia e acerrimo avversario del<br />

Vescovo. L’inchiesta venne insabbiata e solo<br />

successivamente condannata dalle fonti bizantine<br />

che individuarono in Cirillo il diretto mandante<br />

del brutale assassinio e il suo responsabile morale.<br />

Secondo la professoressa Ronchey la lotta<br />

ideologica di Cirillo contro Ipazia fu frutto di una<br />

personale invidia del Vescovo nei confronti della<br />

scienziata: infatti, come dichiarato dalla Ronchey<br />

nel suo libro, è stato più volte dimostrato che fin<br />

dal quarto secolo la chiesa antica manteneva nei<br />

confronti del paganesimo intellettuale una saggia<br />

neutralità. Molti membri dell’establishment<br />

cristiano erano stati un tempo pagani e, divenuti<br />

cristiani, avevano conciliato la cultura cristiana<br />

alla paideia classica, dimostrando di saper attuare<br />

un sincretismo logico e necessario. Cirillo, invece,<br />

non si dimostrò capace di riuscire a superare le<br />

barriere ideologiche imposte dalla sua cieca<br />

intolleranza. Più che di invidia, che non basta a<br />

spiegare un gesto di così inaudita crudeltà, io


parlerei di insofferenza e di misoginia nei confronti<br />

di una donna che osava parlare ad un pubblico di<br />

soli uomini, di odio nei confronti di una vergine<br />

senza marito che in quel momento storico<br />

rappresentava ancora il paganesimo operante a<br />

livello intellettuale, un paganesimo senza dogmi e<br />

costrizioni, libero e pensante.<br />

Il grande maestro Osho un tempo scrisse: «Io non ti<br />

sto dando alcuna disciplina, perché ogni disciplina<br />

è una sottile forma di schiavitù. Non ti sto dando<br />

alcun comandamento, perché qualsiasi<br />

comandamento proveniente da una persona esterna<br />

ti imprigionerà e ti renderà schiavo. Ti sto solo<br />

insegnando ad essere libero e poi ti lascio a te<br />

stesso 3». La «vittoria» di Cirillo su Ipazia<br />

simboleggia proprio questa schiavitù: la fine della<br />

libertà di pensiero e l’inizio delle verità dettate e<br />

non capite. Uccidendo Ipazia, Cirillo uccise la<br />

scoperta, la ricerca libera senza dogmi e senza<br />

comandamenti: da questo punto di vista fu, allora,<br />

un grande padre della Chiesa, quella Chiesa che<br />

pretese e ancor pretende di imporsi sulla libertà di<br />

parola e di opinione incarnate da Ipazia. Non<br />

citando la filosofa nel suo discorso, neanche per<br />

assolvere l’adorato Vescovo Cirillo dall’ombra che<br />

«la storia ha fatto pesare su di lui 4», il papa<br />

Benedetto XVI non ha fatto altro che continuare a<br />

sventolare questa bandiera della vergogna; ha,<br />

volutamente o no, nascosto e negato una verità,<br />

portando avanti gli atteggiamenti tipici delle<br />

logiche di potere: schiacciare la libertà e occultare<br />

la verità. Ed è per questo motivo che Ipazia è degna<br />

di entrare a far parte del gruppo dei personaggi non<br />

riconosciuti e scomodi al potere: la sua figura è<br />

baluardo del libero pensiero e lei, più di altri, ha<br />

ostacolato, pagando un caro prezzo, il dileguarsi<br />

della cultura ufficiale che da sempre ha tentato di<br />

esercitare il suo potere condizionando le menti e<br />

manipolando la verità.<br />

Di Ipazia non restano scritti che testimonino il suo<br />

contributo effettivo alla scienza e alla <strong>filosofia</strong><br />

neoplatonica, ma quel che a noi interessa è il<br />

contributo che Ipazia ha lasciato anche solo<br />

indirettamente: il suo saper essere una donna libera<br />

e pensante; il non cedere alla tranquillità del<br />

comandamento imposto; la determinazione nel<br />

chiedersi il perché delle cose. Per questi motivi gli<br />

illuministi ne hanno fatto una martire del libero<br />

pensiero, facendo convergere nella sua figura di<br />

donna le loro istanze e le lotte politiche. Vincenzo<br />

Monti, ad esempio, si serve della figura di Ipazia<br />

nella sua lotta contro il fanatismo religioso che<br />

impedisce il vero trionfo della ragione e<br />

«incoraggia la Chiesa a ingerirsi nelle cose dello<br />

Stato 5»:<br />

[…] La voce alzate, o secoli caduti,<br />

gridi l’Africa all’Asia e l’innocente<br />

ombra d’Ipazia il grido orrendo aiuti.<br />

Gridi irata l’Aurora all’Occidente,<br />

narri le stragi dall’altare uscite,<br />

e l’Occaso risponda all’Oriente.<br />

Mostri i sacri pugnali e le ferite<br />

Che larghe e tante nel suo seno aperse<br />

d’una parola, d’una idea la lite.<br />

Dica le colpe orribili e diverse<br />

della romana meretrice, e quanta<br />

i suoi mariti infamia ricoperse 6. […]<br />

A questi gloriosi versi vorrei far seguire un<br />

resoconto della situazione attuale. Nonostante<br />

siano passati secoli, la figura di Ipazia e la verità<br />

sul comportamento dell’atroce Cirillo sembrano<br />

essere ancora un tabù. Infatti, nel 2009 venne<br />

presentato a Cannes il film di Alejandro Amenàbar<br />

dal titolo Agora. Il film narra, forse in maniera un<br />

po’ romanzata, la vita della giovane filosofa e la<br />

sua atroce fine per mano dei parabalani. Il regista<br />

non ha risparmiato i cristiani, ritraendoli come<br />

bruti che saccheggiano e distruggono la Biblioteca<br />

di Alessandria e compiono omicidi di massa in<br />

nome di Dio. Questo ritratto, fedele tra l’altro, ha<br />

forse fatto indignare la Chiesa cattolica, impegnata<br />

su tutti i fronti a salvaguardare la sua immagine, al<br />

punto che l’uscita del film nelle sale italiane era<br />

stata negata: nessuna casa cinematografica si era<br />

accollata le spese per la riproduzione del film in<br />

Italia. Come era prevedibile, tutto ciò ha causato<br />

un’accesa battaglia mediatica su internet e l’idea<br />

del complotto non ha fatto altro che garantire al<br />

film un sicuro successo nelle sale<br />

cinematografiche. Dispute a parte, Agora ha fatto<br />

conoscere anche al pubblico italiano la storia di<br />

Ipazia e soprattutto la figura del Vescovo Cirillo<br />

che, probabilmente, senza l’uscita di questo film,<br />

sarebbe rimasto nell’immaginario collettivo una<br />

«grande figura», lodato e osannato per il suo<br />

splendido operato.


Note:<br />

1 . S. Ronchey, Ipazia. La vera storia, Milano, BUR,<br />

2011 , p. 1 0.<br />

2. Ibidem, p. 37.<br />

3. Osho, Con te e senza di te, Milano, Mondadori,<br />

201 2, p.1 64.<br />

4. Tratto dall’articolo di Umberto Eco sull’Espresso. Per<br />

la lettura dell’articolo rimando a<br />

http://espresso.repubblica.it/dettaglio//21 26072<br />

5. Ronchey, Ipazia, cit., p. 75.<br />

6. V. Monti, Il fanatismo. Google books offre una<br />

versione digitalizzata dell’intero poemetto alla pagina<br />

web<br />

http://books.google.it/books?id=nASs1 O6jHCMC&prints<br />

ec=frontcover&dq=vincenzo+monti+il+fanatismo&hl=it&<br />

sa=X&ei=_HzPT6WhKMXh4QSZoMmSDA&ved=0CDw<br />

Q6AEwAQ#v=onepage&q=vincenzo%20monti%20il%2<br />

0fanatismo&f=false


Nikola Tesla: dagli Dei<br />

all'umanità<br />

Tuttobene Angelo Massimo<br />

I<br />

dotti sapienti che fanno parte<br />

dell’establishment scientifico provano<br />

un’innata avversione verso tutti coloro<br />

che non si allineano al loro gretto<br />

pensiero uniforme, utilizzando metodi,<br />

a volte, ancor più spregevoli e spietati della Santa<br />

Inquisizione. Le testimonianze di personaggi<br />

caduti nel baratro dell’oblio dovrebbero farci<br />

riflettere e suscitare in noi un maggiore interesse<br />

attraverso il quale indagare sul perché alcune<br />

teorie o scoperte siano state messe all’indice,<br />

bollate come pure e demenziali eresie. Si potrebbe<br />

fare un elenco di personaggi scomodi che hanno<br />

creato scompiglio con le loro scoperte. La loro<br />

“colpa” è di aver posto come unico obiettivo, il<br />

miglioramento delle condizioni dell’umanità. Tra i<br />

nomi più dobbiamo ricordare Nikola Tesla,<br />

“l’inventore” del XX secolo.<br />

"Mi chiamarono pazzo nel 1896 quando annunciai<br />

la scoperta di raggi cosmici. Ripetutamente si<br />

presero gioco di me e poi, anni dopo, hanno visto<br />

che avevo ragione. Ora presumo che la storia si<br />

ripeterà quando affermo che ho scoperto una<br />

fonte di energia finora sconosciuta, un’energia<br />

senza limiti, che può essere incanalata”.<br />

(Nikola Tesla)<br />

Chiunque oggi, spinto dalla curiosità, dovesse<br />

accingersi a fare degli studi sul nostro<br />

personaggio, certamente rimarrebbe stupito dalla<br />

scarsità di materiale su di esso. Spesso alla voce<br />

Tesla nelle enciclopedie troviamo brevi paragrafi<br />

che ci illustrano sinteticamente la sua vita, e nella<br />

migliore delle ipotesi si associa il suo nome alla<br />

cosiddetta bobina di Tesla, utilizzata in tutti i<br />

campi dell’ elettronica (un trasformatore usato<br />

nelle apparecchiature radio). Si conosce poco di<br />

questo scienziato poliedrico, anche perché i testi<br />

scritti in accordo con i sistemi del sapere, non<br />

diedero spazio alla divulgazione del suo pensiero<br />

e all’elaborazione delle sue teorie. Appare<br />

evidente che la grave assenza del suo nome dai<br />

libri di testo è da attribuire non all’inefficacia<br />

delle sue invenzioni, ma al disturbo che il suo<br />

ingegno avrebbe potuto creare alle economie<br />

mondiali, attraverso la sua serva: la scienza<br />

ufficiale, anch’essa non immacolata al perverso<br />

gioco del lucro. D’altronde chi possiede il<br />

controllo sulla scienza può dominare la società in<br />

tutta la sua interezza. “Scientia est potentia”,<br />

diceva sir Francis Bacon (ritenuto da alcuni<br />

addirittura uno dei primi fondatori della<br />

“nuova”massoneria post-medievale).<br />

Ma chi era veramente Nikola Tesla? E perché è<br />

stato volutamente oscurato dalla scienza ufficiale?<br />

Un personaggio scomodo, un malato di mente, di<br />

sicuro un personaggio fastidioso per i padri del<br />

profitto.<br />

Andiamo a ritroso nel tempo, fino al 1856, alla<br />

notte tra il 9 e 10 luglio: in mezzo al fragore dei<br />

tuoni e alla luce accecante dei fulmini, nasce<br />

Nikola Tesla. Episodio questo che verrà ricordato<br />

come un segno del destino, proprio perché fu il<br />

primo uomo a creare folgori nel suo laboratorio in<br />

Colorado. La sua famiglia era composta dal padre


Milutin, reverendo ortodosso, particolarmente<br />

erudito, con una straordinaria capacità mnemonica;<br />

da sua mamma, Georgina Djuka Mandic, che<br />

discendeva da una delle più antiche famiglie<br />

contadine del paese, nota per aver inventato<br />

numerosi attrezzi agricoli. Il giovane Tesla cresce<br />

in questo piccolo villaggio e fin dai primi anni si<br />

nota in lui una precoce bramosia di apprendimento.<br />

Rimaneva sveglio tutta la notte per studiare,<br />

rubando i libri del padre dalla sua biblioteca<br />

personale. L’infanzia del genio serbo venne turbata<br />

dalla prematura scomparsa del fratello maggiore,<br />

morto a soli 12 anni. Fu un trauma per il giovane<br />

Nikola che superò solo grazie alla ricerca e alla<br />

lettura. Egli fu un bambino fuori dal comune. A<br />

volte aveva delle visioni talmente vivide da non<br />

distinguere più la realtà tangibile dall’immaginario.<br />

Nessuno degli psicologi, ai quali Tesla si rivolse,<br />

gli seppero dare una risposta. Il fenomeno si<br />

manifestava spesso di notte. Queste illuminazioni<br />

lo accompagneranno per tutta la sua vita e<br />

caratterizzeranno ogni invenzione. La sua mente<br />

era in grado di formare un’ immagine che poi<br />

veniva sviluppata nella realtà, “semplicemente”<br />

utilizzando il calcolo mentale, senza l’ausilio di<br />

modelli o elaborati scritti. Stando alle sue parole,<br />

ogni suo pensiero veniva suggerito da una fonte<br />

esterna: i suoi organi sensoriali erano capaci di<br />

interagire con essa.<br />

Da quanto ci viene descritto dalla poche fonti,<br />

sembra di stare di fronte ad un essere<br />

sovrannaturale. Parlava 9 lingue e conosceva a<br />

menadito le opere di Shakespeare, Goethe e Locke.<br />

Verrebbe quasi da dire che Tesla faceva parte degli<br />

dèi scesi sul pianeta Terra per mettersi al servizio<br />

dell’umanità, sacrificando il suo ingegno e<br />

donandolo al genere umano. Scelse di non sposarsi<br />

e di non condividere la vita con una donna; delle<br />

donne non amava gli ornamenti utilizzati per<br />

abbellire la loro persona, come gli orecchini.<br />

Inoltre adorava il numero tre. Ma la cosa che lo<br />

rendeva umano, era il gioco d’azzardo, questo lo<br />

intrigò così tanto che arrivò a giudicarlo come la<br />

“quintessenza del piacere 1”.<br />

Il suo corpo sembrava poter entrare in risonanza<br />

con qualsiasi tipo di vibrazione presente<br />

nell’ambiente. Il fischio di un treno lontano 30 km<br />

poteva produrgli dolori insopportabili ai timpani. Al<br />

buio aveva la sensibilità di un pipistrello. Riusciva<br />

a rilevare la presenza di un oggetto fino a 3 metri 2.<br />

Nonostante le sue doti fuori dal comune, Tesla non<br />

ebbe mai il senso degli affari né tanto meno<br />

metteva come fine ultimo il guadagno. Si<br />

considerava profondamente religioso, ma non fu<br />

mai un seguace ortodosso. Egli affermava: “Il dono<br />

della forza della ragione ci viene da Dio,<br />

dall’essere divino, se concentriamo le nostre menti<br />

su questa verità, stabiliamo un ‘armonia con questa<br />

grande forza 3”.<br />

Queste sensazioni, lo portarono un giorno, ad avere<br />

un’illuminazione durante una passeggiata insieme<br />

ad un suo amico, nel parco di Budapest dove si<br />

trovava per lavoro e ad ideare l’invenzione del<br />

motore a campo magnetico (tecnica che verrà in<br />

seguito utilizzata per la corrente alternata,<br />

sostituendo gli obsoleti commutatori ad induzione<br />

polifase), disegnandolo sul terreno con un<br />

bastoncino di legno.<br />

Nel 1882 si trasferì a Parigi per collaborare con la<br />

Edison Continental Company, riuscendo a ridurre i<br />

difetti dei sistemi utilizzati nelle centrali elettriche.<br />

Conobbe l’ingegnere inglese Charles Batchelor, il<br />

miglior tecnico della Continental Edison Company<br />

europea. Sarà proprio quest’ultimo che con una<br />

lettere di presentazione portò Tesla ad emigrare<br />

negli USA, nel 1884, per conoscere Thomas Alva<br />

Edison, personaggio di spicco dell’epoca per aver<br />

ideato e commercializzato, la corrente alternata,<br />

l’invenzione del fonografo e la prima lampada<br />

elettrica, al quale fu proprio Tesla ad esporre i<br />

concetti della sua scoperta relativa alla corrente<br />

alternata. Edison era un fiero sostenitore della<br />

tecnologia relativa alla corrente continua, e le idee<br />

sostenute dal giovane scienziato serbo non<br />

suscitarono in lui alcun interesse, poiché andavano<br />

in contrasto con l’affermata idea del magnate della<br />

corrente continua. Riconoscendone comunque le<br />

potenzialità, lo volle con sé nei suoi laboratori. Per<br />

un periodo di tempo , il giovane immigrato dovette<br />

lavorare come scavatore di fossati, sempre per la<br />

stessa azienda, per poter sbarcare il lunario; solo<br />

successivamente gli fu affidato l’incarico di<br />

modifica della progettazione della dinamo, cioè dei<br />

generatori di corrente continua, con una promessa<br />

verbale di 50.000 $. Ma qual era il motivo che<br />

spinse il più noto ingegnere americano a non dar<br />

retta al progetto di Tesla sulla correnta alternata<br />

polifase? Semplice: l’inventore della prima<br />

lampadina aveva respinto il progetto in quanto tutto<br />

il suo impero fino ad allora costruito rischiava di


andare in fumo. A quell’epoca la corrente continua,<br />

seppur non adatta a coprire lunghe distanze,<br />

rappresentava lo standard di riferimento per tutto il<br />

mondo industrializzato, ed Edison ne era stato<br />

l’ideatore. Egli aveva un forte seguito nel mondo<br />

scientifico: i grandi magnati avevano fino a quel<br />

momento investito e finanziato nella tecnologia<br />

della corrente continua. Una volta terminato il<br />

proprio compito, Tesla si vide rifiutato il credito<br />

dallo stesso Edison con una battuta ironica di<br />

dubbio gusto: “Tesla, voi non capite il nostro<br />

humour americano”, sostenendo in pratica che la<br />

ricompensa promessa fosse stata solo uno scherzo.<br />

Non sembra troppo difficile a questo punto<br />

comprendere il motivo per cui il nostro uomo di<br />

scienza abbandonò la Edison Company.<br />

Tesla è un uomo tenace e non demorde. Il 16<br />

maggio del 1888, viene invitato come relatore per<br />

una conferenza sulla corrente alternata presso<br />

l’Istituto Americano di Ingegneria Elettrica, durante<br />

la quale conosce uno degli uomini d’affari più noti<br />

dell’epoca, George Westinghouse, famoso per<br />

alcune invenzioni per il trasporto ferroviario.<br />

Quest’ultimo non esitò ad investire sul promettente<br />

scienziato serbo, acquistando i suoi brevetti sulla<br />

corrente alternata e stipulando un contratto<br />

milionario. Fu così creata la Westinghouse Electric<br />

Company. Questo per Edison fu un brutto colpo.<br />

Egli non poteva permettere un simile cambiamento.<br />

Con questo contratto stipulato con la Westinghouse,<br />

Tesla avrebbe ricevuto dei compensi altissimi, in<br />

particolare un milione di dollari per i brevetti e le<br />

royalties 4.<br />

Nessuno, inizialmente, capì l’importanza di questa<br />

nuova via presentata da Tesla. Chi lo capì fece di<br />

tutto per portarlo fuori strada per non inceppare il<br />

meccanismo proficuo del commercio della corrente<br />

continua. Da allora chi ebbe il coraggio di<br />

promuovere le innovazioni del giovane scienziato<br />

di Smiljan, si portava dietro di sé le minacce e le<br />

persecuzioni dell’inquisizione finanziaria che<br />

dominava con i loro ingenti finanziamenti la<br />

scienza ufficiale. Iniziò così una “guerra delle<br />

correnti” tra Edison e Westinghouse. Ma Edison<br />

aveva dalla sua una carta in più: i media. Sfruttando<br />

la sua immagine riuscì a destabilizzare la gente,<br />

creando una propaganda negativa nei confronti<br />

della corrente alternata, attraverso dimostrazioni<br />

pratiche effettuate davanti al pubblico. Una su tutte,<br />

la crudele esecuzione dell’elefantessa Topsy, fatta<br />

abbrustolire viva infliggendole potentissime<br />

scariche elettriche secondo i dettami del brevetto di<br />

Tesla, per suscitare paura alle persone e creare ad<br />

hoc una posizione negativa della CA (CORRENTE<br />

ALTERNATA), scatenando una crudele campagna<br />

diffamatoria nei suoi confronti. Edison si servì di<br />

questi escamotage per insabbiare e portare fuori<br />

strada dall’ utilizzo commerciale le idee tesliane,<br />

con i riconoscimenti dell’opinione pubblica.<br />

La consacrazione definitiva per l’inventore della<br />

corrente alternata si ebbe il 10 maggio 1893,<br />

quando il presidente degli Usa Grover Cleveland<br />

spinse lo storico interruttore che accese più di<br />

200.000 lampadine che illuminarono la fiera di<br />

Chicago.<br />

Tesla, uomo dall’animo nobile, tentò di sottrarre la<br />

scienza dal controllo dei banchieri per asservire<br />

l’umanità, questo era il libero pensiero di Tesla,<br />

libero come la sua free Energy.<br />

Potremmo elencare opere sterminate effettuate da<br />

Tesla, come il tachimetro utilizzato oggi nelle<br />

automobili, il radar, le lampade al neon, gli<br />

altoparlanti, il tubo catodico e tante altre. La lista<br />

dei suoi brevetti è interminabile. Ma la più<br />

sensazionale è di sicuro la progettazione di sistemi<br />

che ricavano energia dall’etere. Egli sosteneva<br />

l’esistenza in natura e nell’universo di un’energia<br />

inesauribile, gratuita e infinita. Vi è energia nel<br />

cosmo immagazzinata, che se efficacemente<br />

sfruttata può dare all’intera umanità ciò di cui<br />

necessita quotidianamente senza l’ausilio di fili o il<br />

consumo e lo sperpero di combustibili fossili. Fu<br />

una scoperta sensazionale. Grazie alla sua<br />

intuizione, rivelò che la crosta terrestre è un ottimo<br />

conduttore di energia elettrica. Egli sosteneva che<br />

la zona dell'atmosfera terrestre posta a 80 km dal<br />

suolo, detta ionosfera, era fortemente conduttrice, e<br />

quindi poteva essere sfruttata per trasportare<br />

energia elettrica per grandi distanze, catturando<br />

l'energia sprigionata dal sole e proponendo anche<br />

un “sistema mondiale di comunicazione”, utile per<br />

comunicare telefonicamente, trasmettere notizie,<br />

musica, immagini 5.<br />

Aveva praticamente teorizzato la radio, la moderna<br />

telefonia cellulare, la televisione e internet. Lo<br />

scienziato si era posto un obiettivo ambizioso, ma<br />

che richiedeva somme ingenti.L'articolo catturò<br />

l'attenzione di un altro magnate dell'epoca, J. P.<br />

Morgan che offrì un finanziamento di 150.000 $,


esiguo però per costruire tale stazione trasmittente.<br />

Tesla si mise subito al lavoro, procedendo alla<br />

costruzione di una torre altissima nel quartiere di<br />

Wanderclyffe, Long Island, New York. Per quanto<br />

la Wanderclyffe Tower si fondasse sul principio<br />

della radio, lo scopo che primariamente Tesla<br />

voleva conseguire era la trasmissione di elettricità<br />

senza fili, obiettivo che il nostro scienziato non<br />

espose a Morgan. Questo tipo di apparato avrebbe<br />

rivoluzionato il globo e di conseguenza avrebbe<br />

reso vano ogni investimento dei colossi del<br />

commercio dell’energia. Morgan era sempre stato<br />

informato che la torre servisse per le<br />

telecomunicazioni e su questa ipotesi l’aveva<br />

finanziata. Il 12 Dicembre 1901 il mondo fu<br />

sconvolto da una notizia sensazionale: Guglielmo<br />

Marconi aveva trasmesso la lettera “S” oltreoceano,<br />

da una località in Cornovaglia. Tale informazione<br />

era stata trasmessa a Newfoundland, in America.<br />

Morgan, contrariato, ritirò l'appoggio finanziario a<br />

Tesla. Ancora una volta gli interessi economici che<br />

i grandi finanziatori volevano perseguire<br />

frustravano l'obiettivo che lo scienziato serbo<br />

voleva perseguire.<br />

Con il sistema mondiale di trasmissione “wireless”<br />

di Tesla, chiunque avrebbe potuto rifornirsi di<br />

energia con una semplice antenna piantata in<br />

giardino, usufruendone dalle stazioni riceventi<br />

dislocate opportunamente sul globo. Tutti i lobbisty<br />

si schierarono contro i progetti futuristici del nostro<br />

inventore così come i mass media controllati dai<br />

potenti iniziarono una campagna diffamatoria nei<br />

suoi confronti. Riuscì a trasmettere con la<br />

Wanderclyffe Tower una notevole quantità di<br />

energia elettrica dal suo trasmettitore da Long<br />

Island a Los Angeles (4.000 km circa di distanza)<br />

con un consumo pari solo al 2 % rispetto al 30 %<br />

della corrente trasmessa via cavo. Purtroppo il suo<br />

obiettivo venne ostacolato con ogni mezzo<br />

possibile. Nel 1912 Tesla fu candidato al premio<br />

Nobel per la Fisica condividendo il premio con<br />

Marconi, che l’inventore di Smiljan rifiutò<br />

inderogabilmente affermando che Marconi aveva<br />

utilizzato 17 dei suoi brevetti sulla telegrafia senza<br />

fili.<br />

Solo nel giugno del 1943, cinque mesi dopo la sua<br />

morte, la Corte Suprema degli Stati Uniti in una sua<br />

decisione (caso 369, 21 giugno 1943) riconobbe<br />

che Tesla aveva per primo inventato la radio.<br />

Nel 1892 si recò in Germania per discutere di<br />

un’interessante scoperta sulla fisica delle onde con<br />

il prof. Hertz. Divergenze di opinioni portarono lo<br />

scienziato serbo a far ritorno negli Usa senza aver<br />

avuto la possibilità di ottenere un cordiale<br />

confronto scientifico. Quello che aveva messo in<br />

luce era di poter migliorare il sistema hertziano in<br />

quanto andava incontro a considerevoli dispersioni<br />

nell’atmosfera producendo elettrosmog. Fu il<br />

primo a capire il problema dell’inquinamento<br />

elettromagnetico, e l’inefficacia della sua<br />

propagazione che poteva essere interrotta dagli<br />

ostacoli come montagne o grandi costruzioni ed<br />

essere condizionata sensibilmente da eventi<br />

meteorologici. La ricetrasmissione delle onde radio<br />

effettuata da Tesla era caratterizzata invece<br />

dall’alta qualità del segnale e da una scarsa<br />

dispersione su ampia scala sopprimendo le onde<br />

elettromagnetiche.<br />

Degli esperimenti effettuati dal nostro scienziato<br />

non ci restano che accenni su documenti rilasciati<br />

dagli archivi del FBI, tra i quali bisogna ricordare<br />

quello che avvenne nel già citato laboratorio di<br />

Colorado, dove riuscì a produrre fulmini artificiali<br />

di ben 50 m di estensione con tuoni fragorosi. Sul<br />

diario dove annotava alcuni appunti, ci vengono<br />

descritti i fenomeni dei fulmini globulari, o dette<br />

palle di fuoco 6.<br />

In un’intervista rilasciata a William L. Laurence<br />

comparsa sul New York Times del 22/09/1940,<br />

Tesla annunciò al mondo la Teleforza, consistente<br />

di quattro invenzioni già testate che consistevano<br />

in:<br />

1)un mezzo per produrre raggi nell’aria libera<br />

senza alcun<br />

vuoto;<br />

2) un metodo di produrre una forza elettrica molto<br />

forte (per<br />

forza si intende tensione);<br />

3) un metodo per amplificare questa forza elettrica;<br />

4) un metodo per produrre una tremenda forza<br />

elettrica<br />

propellente.<br />

Alcuni scienziati posteriori, si sono appropriati<br />

delle scoperte e delle invenzioni di Tesla, per<br />

applicare a fini opposti a quelli dell’ingegnere<br />

slavo le armi a raggi di particelle per il progetto<br />

HAARP, le emissioni ELF per il controllo della<br />

mente e altri crimini contro l’umanità. La teleforza


, denominata raggio della morte, aveva la capacità<br />

di distruggere un’armata a 200 miglia di distanza.<br />

Tesla la considerava un’arma difensiva che<br />

presentava molte analogie con le armi laser a fasci<br />

di particelle: le forze armate americane intendevano<br />

posizionarla su navicelle o satelliti militari<br />

nell’ambito del progetto americano dello scudo<br />

spaziale. Il 5 gennaio 1943 Nikola Tesla contattò il<br />

dipartimento americano e parlò con il colonnello<br />

Erskine, proponendogli di rivelare il segreto del suo<br />

raggio della morte. Il 10 gennaio, esattamente due<br />

gironi dopo, venne trovato morto nella sua camera<br />

d’albergo. Il medico che lo esaminò, stabilì che la<br />

morte risaliva alle 22.30 del 7 gennaio. La<br />

segretaria di Tesla, Charlotte Muzar, scrisse che al<br />

momento della scoperta della morte dello<br />

scienziato nella sua stanza mancavano diversi fogli<br />

e alcuni oggetti 7. Questi furono secretati dall’FBI .<br />

La causa del decesso venne ufficialmente attribuita<br />

dal medico a una trombosi delle coronarie, anche se<br />

fino al quel momento Tesla non aveva alcun<br />

disturbo di natura fisica. Vennero celebrati i<br />

funerali di stato ai quali parteciparono più di<br />

duemila persone. Dopo la sua morte, J.Edgar<br />

Hovver, capo dell’FBI, diramò un promemoria in<br />

cui raccomandava la massima riservatezza sulle<br />

ultime vicende collegate a Tesla, per evitare<br />

qualsiasi tipo di pubblicità sulle sue invenzioni.<br />

Classificò tutti gli studi di Tesla Top Secret e<br />

dispose il sequestro di tutti i suoi effetti personali.<br />

Gli agenti dell’FBI scoprirono così che lo<br />

scienziato nel 1932 aveva depositato una sua<br />

invenzione nella cassetta di sicurezza dell’Hotel<br />

Grosvenor Clinton e si impossessarono anche di<br />

quella. Gli uomini del governo requisirono un tir di<br />

materiale di estrema importanza, destinato a<br />

progetti di difesa nazionale.<br />

Thomas Berden, fisico- matematico statunitense,<br />

affermò di essere convinto che i documenti requisiti<br />

a Tesla nella camera d’albergo, dopo la sua morte<br />

furono utilizzati per la creazione della tecnologia<br />

H.A.A.R.P. (Hig Frequency Active Auroral<br />

Research Project), un sistema di armi geofisiche<br />

americano tuttora secretato. Questo brevetto<br />

avrebbe potuto alterare la ionosfera, ed inoltre<br />

sarebbe stato capace di neutralizzare missili ,<br />

velivoli e satelliti nemici. Il sistema HAARP è in<br />

sostanza un dispositivo ideato per scopi difensivi,<br />

mai pubblicati ufficialmente dagli archivi<br />

dell’inventore.<br />

La storia di quest’uomo venuto dall’Europa per<br />

cercare maggiore fortuna e mettere al servizio<br />

dell’umanità le sue scoperte è veramente esemplare<br />

ed esaltante allo stesso tempo. Egli è divenuto la<br />

più grande minaccia per le sedute plenarie di<br />

capitalisti col cuore verde come il Dollaro, quali<br />

Morgan, Warburg, Rothschild ed Harrimann, che<br />

controllano ancora le nostre economie mondiali.<br />

L’ingegno di Tesla poteva metter a repentaglio gli<br />

equilibri economici già consolidati del sistema<br />

finanziario di sfruttamento delle risorse, per il<br />

guadagno in favore di pochi usurai delle<br />

corporations dei carburanti fossili, dell’industria<br />

degli armamenti e delle multinazionali avrebbe<br />

rivoluzionato le fondamenta per una nuova Fisica.<br />

Note :<br />

1. Pizzuti, Marco, “Scoperte scientifiche non<br />

autorizzate”, 2011 Vicenza, Edizioni Il Punto<br />

d’Incontro.<br />

2. Ibidem pag. 29<br />

3. Ibidem pag. 31<br />

4.Con Royalty si indica il pagamento di un<br />

compenso al titolare di un brevetto o una proprietà<br />

intellettuale, con lo scopo di poter sfruttare quel<br />

bene per fini commerciali. (Wikipedia)<br />

5.L'energia elettrica può essere propagata<br />

attraverso la Terra e anche attorno ad essa in una<br />

zona atmosferica chiamata cavità di Schumann.<br />

Essa si estende dalla superficie del pianeta fino alla<br />

ionosfera, all'altezza di circa 80 chilometri . Le<br />

onde elettromagnetiche di frequenza estremamente<br />

bassa, attorno agli 8 hertz (la risonanza di<br />

Schumann, ovvero la pulsazione del campo<br />

magnetico terrestre) viaggiano, praticamente senza<br />

perdite, verso ogni punto del pianeta.<br />

Di Vittorio Bccelli, “Nikola Tesla un genio<br />

volutamente dimenticato”, file in pdf pagg. 117-<br />

118<br />

http://www.nikolatesla.it/<br />

6. Pizzuti, Marco, “Scoperte scientifiche non<br />

autorizzate”, 2011 Vicenza, Edizioni Il Punto<br />

d’Incontro, pag.101<br />

7 .Ibidem pag.134


SSfogliando un qualsiasi libro di storia,<br />

comunemente usato dagli studenti delle<br />

scuole superiori, andavo alla ricerca<br />

della storia dei nativi d’America. Essa è<br />

trattata in un breve, superficiale e<br />

alquanto ridicolo paragrafo, a sua volta inserito<br />

nel capitolo intitolato : “Le origini dell’egemonia<br />

Europea sul mondo”. Qui si descrivono i<br />

“pellerossa”, nominati così da diversi libri, come<br />

un popolo assai arretrato, che non conosceva l’uso<br />

dell’aratro e della ruota. Andando alla ricerca di<br />

un nome in particolare, Toro Seduto, ho notato<br />

che esso vi era nominato una sola volta, in un<br />

paragrafo lungo un rigo e qualche parola. La guida<br />

spirituale di molte esistenze maltrattata e così<br />

poco considerata. Proprio per questo tale articolo<br />

sarà dedicato ad uno dei più importanti<br />

“subalterni” della storia Tȟatȟaŋka Iyotȟaŋka.<br />

Tutti avranno sentito, almeno una volta nella vita,<br />

il suo nome più commerciale, Toro Seduto, che<br />

non è soltanto quell’indiano con le trecce e sul<br />

capo una penna d’aquila che troviamo nei poster<br />

dei supermercati.<br />

Egli fu uomo di grande spiritualità, un valoroso<br />

guerriero e un negoziatore intransigente, nonché<br />

compositore ed artista , capo e uomo sacro per i<br />

Hunkpapa Lakota, noti con il nome di Siuox.<br />

Nasce a Grand River nel 1831. Prese il nome del<br />

padre, Tȟatȟaŋka Iyotȟaŋka ( esattamente bufalo<br />

seduto), all’età di 14 anni, quando durante una<br />

battaglia contro la tribù degli Absaroke riuscì a<br />

battere un guerriero mentre cavalcava; quella<br />

occasione, in cui lui dimostrò il suo coraggio, gli<br />

La profezia Lakota<br />

Oliva Giacinta<br />

fece ricevere anche la prima penna d’aquila<br />

bianca. Della fase iniziale della sua vita si sa<br />

poco, egli divenne sciamano verso i vent’anni,<br />

conosceva i principi delle erbe medicinali, e<br />

aveva la capacità di predire gli avvenimenti.<br />

Venne a contatto con i “visi pallidi”(l’uomo<br />

bianco), che “lasciavano solo tracce di sangue<br />

dietro di loro”, quando nel 1874 si sparse la voce<br />

che nel territorio sacro dei Lakota, Paha Sapa<br />

(Black Hills), vi era “quel metallo giallo che fa<br />

impazzire i bianchi”, l’oro. Il governo americano,<br />

appresa tale notizia, mandò il tenente - colonnello<br />

Lunghi Capelli, ovvero il tenente - colonnello<br />

Custer, nel cuore delle sacre Black Hills.<br />

Così facendo Custer stava violando il trattato di<br />

Fort Laramie del 1868 che principalmente vedeva<br />

i Lakota come uomini liberi e che annullava la<br />

cessione delle Black Hills all’uomo bianco, ciò<br />

diede vita alla più grande guerra degli indiani<br />

d’America contro i bianchi.<br />

Toro Seduto aveva predetto questo avvenimento:<br />

egli durante una danza del sole (era una cerimonia<br />

di sofferenza e stoica sopportazione del dolore che<br />

si teneva una volta all’anno, e voleva sottolineare<br />

che l’unica cosa che l’uomo possedeva era il<br />

proprio corpo) si tagliò 100 pezzi di carne dalle<br />

braccia e danzò per oltre 24 ore; mentre danzava<br />

si manifestò a lui una visione di soldati che<br />

cadevano, fu la profezia esatta di ciò che sarebbe<br />

accaduto un mese più tardi. Il 25 giugno 1876<br />

Custer condusse cinque compagnie di cavalleria<br />

direttamente verso l’accampamento dei<br />

Lakota,presso il fiume Erba che scivola, qui iniziò


la battaglia che durò all’incirca venti minuti e vide<br />

come vincitore il popolo Lakota.<br />

Purtroppo con l’andare degli anni l’uomo bianco,<br />

con la sua arrogante prepotenza , riuscì nel suo<br />

intento: desacralizzò le Black Hills e iniziò la pazza<br />

ricerca dell’oro.<br />

Toro Seduto condusse a quel punto il suo popolo in<br />

Canada dove voleva assicurare ad esso il<br />

tradizionale e libero stile di vita nomade, essi si<br />

muovevano insieme al sacro bufalo, che garantiva<br />

loro la sopravvivenza. Purtroppo dopo pochi anni il<br />

popolo Lakota e Toro Seduto dovettero<br />

riattraversare i confini per le condizioni di vita<br />

assai precarie e solo per il bene del suo popolo si<br />

arrese all’uomo bianco, andando a vivere nella<br />

riserva, i cui confini erano stati stabiliti dai visi<br />

pallidi. Confini, possedimenti, soprusi,<br />

desacralizzazione, l’uomo bianco stava<br />

distruggendo la vita dell’uomo nato libero. La loro<br />

libertà si può notare anche nei luoghi abitati dagli<br />

indiani d’America:le infinite pianure del nord,<br />

avvolte nella meravigliosa bellezza della natura, la<br />

loro madre. Abitare in una riserva significava per<br />

l’uomo Lakota essere soffocato fino alla morte.<br />

Toro Seduto portò in salvo il suo popolo nella<br />

riserva, e qui James Mc Laughlin il caparbio<br />

agente indiano, intendeva far diventare gli indiani<br />

simili ai bianchi , ma Toro Seduto, insofferente nei<br />

confronti dello strapotere militare, non riuscì ad<br />

andare contro la sua natura, egli era un indiano e<br />

sarebbe rimasto tale, infatti non rimase confinato<br />

nella riserva. Nel 1885 partecipò allo spettacolo”<br />

Wild West” di Buffalo Bill per 50 dollari alla<br />

settimana, guadagnando un dollaro in più per ogni<br />

foto autografata.<br />

Nel 1887 ebbe il presentimento che il governo era<br />

in procinto di portar via altra terra al popolo<br />

Lakota, tornò quindi nella sua famiglia nella riserva<br />

di Standing Rock e qui ebbe un’altra visione<br />

profetica: il suo stesso popolo l’avrebbe ucciso.<br />

Anche questa profezia risultò essere veritiera,<br />

infatti quando la danza del sole fu trasformata in<br />

danza degli spiriti (cerimonia che sosteneva che gli<br />

indumenti usati durante il rito avrebbero reso<br />

inviolabile il popolo Lakota dai colpi dei soldati, a<br />

tutti era consentito danzare fino allo sfinimento e<br />

questo rito stava facendo impazzire i praticanti),<br />

Mc Laughlin diede l’ordine di far cessare la danza,<br />

Toro Seduto si oppose e Mc Laughlin ne ordinò<br />

allora l’arresto. L ’incarico venne dato a dei<br />

poliziotti reclutati tra gli indiani stessi; il 15<br />

dicembre 1890, prima del sorgere dell’alba, i<br />

poliziotti si recarono da Toro Seduto per arrestarlo,<br />

ad un tratto un seguace del grande capo fece fuoco<br />

contro il drappello, che non esitò a rispondere al<br />

fuoco e così Toro Seduto venne colpito al petto e<br />

alla testa. Scoppiò il finimondo , quella fredda<br />

mattina 6 poliziotti indiani e 7 seguaci di Toro<br />

Seduto, compreso il figlio Zampa di Corvo,<br />

morirono insieme all’eroe indiano, un’altra<br />

profezia si era avverata. Toro seduto forse sarà<br />

descritto come colui che strappò il cuore al<br />

generale Custer, o come il pellerossa selvaggio, che<br />

si vede nei film, che invade il piccolo paese<br />

borghese per violentarne le donne e uccidere i<br />

bambini. Sicuramente abbiamo imparato una cosa:<br />

non dobbiamo credere sempre alla storia che ci<br />

viene raccontata, perché dipende da chi la racconta.<br />

Quella di Toro Seduto è una figura complessa e<br />

affascinante; nonché una figura che ancora oggi<br />

ispira coloro che vogliono combattere per la<br />

propria libertà e per i propri diritti, rifiutandosi,<br />

come il grande capo, di chinarsi all’arroganza del<br />

potere.<br />

La corsa all’oro non è ancora finita, anzi sta<br />

sempre di più aumentando, l’uomo diventa sempre<br />

più avido, il “viso pallido” sta distruggendo senza<br />

nessun rispetto ciò che la madre natura ha donato<br />

molto generosamente.<br />

Direi che anche una terza sua profezia non troppo<br />

lentamente, in questi tempi, si sta portando a<br />

compimento: “È strano, ma vogliono arare la terra,<br />

e sono malati di avidità. Hanno fatto molte leggi e<br />

queste leggi i ricchi possono infrangerle, ma i<br />

poveri no... Insudiciano nostra madre, la terra, con<br />

la loro spazzatura, è strano … L’uomo bianco<br />

morirà seppellito dalla montagna dei propri rifiuti”.<br />

In caso dovesse avverarsi tale profezia, noi uomini<br />

bianchi non possiamo lamentarci, perché lo stesso<br />

Toro Seduto ci aveva avvisato: “Quano l’ultima<br />

fiamma sarà spenta. L’ultimo fiume avvelentato,<br />

l’ultimo pesce catturato, solo allora capirete che<br />

non si più mangiare denaro”<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

- Conoscenza storica, di Alberto De Bernardi<br />

e Scipione Guarracino<br />

- I cavalieri del West, di Bosco e Rizzi


FILMOGRAFIA<br />

- Buffalo Bill and the Indians, di Robert<br />

Altman<br />

- L’ultimo pellerossa, di Yves Simoneau<br />

SITOGRAFIA<br />

- http://it.wikipedia.org<br />

- http://www.indianiamericani.it


Flavio Claudio Giuliano: il<br />

miraggio pagano<br />

Sola Francesca<br />

iuliano nacque nel 331 a<br />

Costantinopoli; figlio di Giulio<br />

Costanzo, apparteneva alla dinastia di<br />

Costantino il Grande. Solo, assieme al<br />

fratellastro Gallo, sopravvisse, nel 337,<br />

alla tremenda purga fratricida che Costanzo II<br />

avviò per annientare tutte le potenziali minacce<br />

alla sua corona, intendendole incarnate negli<br />

elementi maschili della discendenza di Costanzo<br />

Cloro e Teodora. Giuliano, forse strappato di<br />

nascosto alla strage dai suoi precettori cristiani,<br />

forse risparmiato perché di soli sei anni, fu<br />

testimone della strage in cui perse in una sola,<br />

sanguinosa, notte, il padre, il fratellastro<br />

maggiore, lo zio, e sei cugini. Non troppo piccolo<br />

per non comprenderne l’orrore, non troppo piccolo<br />

per dimenticare e non covare dentro di sé, negli<br />

anni della crescita, un odio latente, un orrore cupo<br />

verso la religione di cui tanto lo zio era imbevuto,<br />

e che già come per il nonno Costantino il Grande,<br />

era sempre pronto e comodo rifugio, ai loro occhi,<br />

dopo azioni nefaste.<br />

Giuliano crebbe lontano dalla corte ed ebbe come<br />

precettore l’eunuco Mardonio, che così volle<br />

educarlo, a pane e Omero, forgiando la mente<br />

acuta del suo discepolo sui fasti perduti della<br />

classicità.<br />

Giuliano ricevette tuttavia educazione cristiana e<br />

crebbe in un periodo di trionfo ariano1 G<br />

sotto lo zio<br />

Costanzo che fu imperatore cristiano di paranoica<br />

indole, facilmente indotto a considerarsi al centro<br />

di complotti contro la sua vita da parte dei<br />

numerosissimi adulatori d’attorno e incline per<br />

natura agli eccidi 2. Costanzo è però a capo d’un<br />

immenso impero disgregantesi, e deve cedere di<br />

fronte alla necessità di affiancarsi un cesare che lo<br />

aiuti a difendere i confini: costui sarà dapprima il<br />

nipote Gallo, fratellastro di Giuliano.<br />

Presto Gallo tornerà inviso all’imperatore e,<br />

sommariamente processato, sarà costretto a<br />

pagare il fio dei suoi successi militari con la morte<br />

per decapitazione. Stesso destino Giuliano teme<br />

per sé, quando lo zio lo invita a Milano<br />

lusinghevolmente, salvo poi ridurlo in prigionia.<br />

Costanzo è però facilmente influenzabile, e sua<br />

moglie Eusebia la bella, intercede per il nipote,<br />

che a questo punto è inviato in un nuovo esilio ad<br />

Atene, in un soggiorno coatto sotto stretta<br />

sorveglianza che fu per Giuliano il più bello dei<br />

doni.<br />

Il nostro giovane rampollo non ha infatti alcuna<br />

ambizione di gloria militare, ama soltanto lo<br />

studio e la pratica delle virtù filosofiche. Ad Atene<br />

sotto gli insegnamenti di Massimo di Efeso, è<br />

introdotto alla teurgia del neoplatonico Giamblico,<br />

che gli pare la disciplina più efficace non solo per<br />

avvicinarsi alla divinità, ma per somigliargli<br />

almeno un po’, intrecciando con essa un dialogo<br />

scambievole e continuo, attraverso la mistica<br />

interpretazione dei simboli e la pratica di rituali<br />

precisi.<br />

Dietro la parvenza della sua educazione cristiana 3,<br />

Giuliano celava la sua fede verso l’antico<br />

pantheon pagano e la più completa devozione<br />

nell’apprendere i misteri mitraici cui era stato<br />

introdotto e le regole della pratica teurgica; chissà


che Giuliano, nel non rivelarsi per il momento,<br />

inconsciamente non presentisse il suo destino di<br />

potere che davvero gli avrebbe concessa una<br />

possibilità, l’ultima opportunità della storia, di<br />

reindirizzare il cammino dell’umanità per un’altra<br />

via!<br />

Giuliano è appena ventenne nel ritratto grottesco<br />

che ne dà l’avverso Gregorio di Nazianzo che<br />

studia con lui in quegli stessi anni nelle scuole di<br />

Atene. Balbettante e euforico nell’accatastare<br />

domande e argomentazioni al pari di persona<br />

incolta, i suoi stessi caratteri fisici erano risibili;<br />

eppure già in questa impietosa caricatura, Gregorio<br />

non volendo sottolinea lo strano potere del suo<br />

sguardo, un tratto su cui nessun testimone<br />

contemporaneo poté tacere di Giuliano: un fulgore<br />

di sguardo penetrante e infondente coraggio, che i<br />

soldati di lì a poco dimostreranno tanto di amare,<br />

che pure le genti di tutto l’impero, ancora da<br />

lontano, ameranno in questo giovanissimo uomo<br />

soldato, precipitato alla guerra non dalla tenda di<br />

un accampamento, ma dai divanetti delle<br />

biblioteche d’Atene.<br />

Al rapido succedersi d’eventi che lo condurranno<br />

dopo pochi mesi, oltre ogni previsione, al cesariato<br />

d’Occidente, Giuliano non sa in che altro modo<br />

prepararsi alla guerra se non col leggere i<br />

Commentarii di Cesare e le Vite Parallele di<br />

Plutarco. Questo sarà il suo addestramento. Qui,<br />

tutta la sua disciplina militare.<br />

Eppure Giuliano fu giovane uomo carismatico più<br />

di mille altri campioni dell’antichità. La sua<br />

barbetta da filosofo e il suo agile corpo atto alla<br />

corsa, ma dalle spalle larghe e le gambe ben salde a<br />

dar sicurezza, lo condussero dopo soli quattro anni<br />

da cesare in Gallia - dopo una trionfante campagna<br />

che riassicurò all’impero tutti i confini occidentali -<br />

all’acclamazione, da parte dei suoi soldati, alla<br />

corona imperiale e ad un atto di insubordinazione,<br />

di fronte a cui si trovò forse impreparato, ma che<br />

pure decise infine di assecondare, confermando che<br />

il topino di biblioteca deriso da molti, poteva ben<br />

essere Uomo dell’Occasione, o, meglio,<br />

consapevole strumento di un destino per lui<br />

prescritto dagli dei.<br />

Giuliano chiede allo zio di prendere atto della<br />

nuova situazione. Ci si appresta alla guerra civile,<br />

ma durante la risalita dai territori persiani verso<br />

Occidente alla guida del suo esercito, Costanzo<br />

s’ammala; tenta una coraggiosa ripresa della<br />

marcia, ma muore.<br />

E’ il 3 novembre del 360. Giuliano è ora unico,<br />

incontestato, Augusto: può ora porre la sua mano<br />

decisa su di un sogno già da lungo tempo sfiorato.<br />

Ora è nelle possibilità di realizzarlo. «Egli ambiva<br />

a dare ai popoli la loro prospettiva perduta e<br />

soprattutto il culto degli dei. Ciò che più<br />

commuoveva il suo cuore erano i templi rovinati, le<br />

cerimonie proibite, gli altari rovesciati, i sacrifici<br />

soppressi, i sacerdoti esiliati, le ricchezza dei<br />

santuari distribuite a persone miserabili 4».<br />

La rinascita pagana dell’impero, il ritorno<br />

all’antico culto e il rovesciamento della<br />

dominazione cristiana cominciano ufficialmente<br />

con l’editto promosso in favore della libertà di ogni<br />

culto sul suolo imperiale che permise la riapertura<br />

dei templi e la celebrazione dei sacrifici pagani,<br />

mentre fu concesso il rientro dall'esilio a quei<br />

vescovi cristiani che per le reciproche dispute tra<br />

ortodossia e arianesimo erano stati allontanati dalle<br />

loro città 5. Il 17 giugno 362, Giuliano emise un<br />

editto con il quale stabiliva l'incompatibilità tra la<br />

professione di fede cristiana e l'insegnamento nelle<br />

scuole pubbliche. Alla legge fece seguire una<br />

lettera circolare che spiegava che il motivo per cui<br />

era necessaria tale autorizzazione imperiale per<br />

l’insegnamento, è che soltanto maestri che<br />

credevano nel pantheon pagano potevano<br />

giustamente insegnare le opere dei sommi autori<br />

classici che da quelle stesse divinità del pantheon<br />

erano stati ispirati nella vita e nel pensiero.<br />

Spinto dall’illusione dell’Impero universale,<br />

novello Alessandro, s’ostinò nella campagna in<br />

Oriente contro i persiani; quivi troverà la morte,<br />

ripetutamente ignorando i responsi oracolari<br />

sfavorevoli che pure egli puntualmente richiede ai<br />

sacerdoti al suo seguito, e il triste presagio del<br />

Genio dell’Impero, che col volto mesto vedrà<br />

abbandonare la sua tenda, nella notte della vigilia<br />

fatale.<br />

Mentre le sue gesta lo stanno conducendo alla<br />

distruzione delle forze persiane; mentre già ha<br />

guadagnato la resa, da lui rifiutata, dal parte del<br />

Gran Re Sapore, Giuliano continua a scrivere i suoi<br />

discorsi. Giuliano divideva tutte le sue notti in tre<br />

momenti: al primo dedicato al riposo, seguiva<br />

quello dedicato alla preghiera; nel terzo, prima di<br />

prepararsi alla battaglia, Giuliano scriveva.<br />

Copiosa la sua produzione, costante nella sua breve<br />

vita; dai panegirici alla coppia imperiale, ai


discorsi di giustificazione dei propri atti alle varie<br />

province dell’impero, alle satire, agli scritti<br />

teologico-filosofici volti a diffondere la sua paideia<br />

così che la sua opera di restaurazione non mancasse<br />

di valide argomentazioni. Fu arguto polemista e di<br />

finissimo acume ma solo nell’ultimo secolo se ne<br />

considerò la produzione. Giuliano fu uno dei<br />

principali autori greci del IV secolo: tra i suoi<br />

lavori, l'opera "Contro i Galilei" gli conquistò l'odio<br />

e la demonizzazione del mondo cristiano. L'opera<br />

andò distrutta, ricostruibile solo per gli accenni del<br />

vescovo Cirillo di Alessandria che lo confutò 50<br />

anni dopo la sua morte.<br />

Il 22 giugno del 363 Giuliano moriva nei pressi di<br />

Toummara, in Mesopotamia, ucciso da una lancia<br />

vagante, nel turbine del polverone sollevato dalla<br />

ressa combattente; inerme, protetto dal solo scudo:<br />

Giuliano era accorso imprudentemente senza<br />

neanche volersi approntare l’armatura; gli urgeva di<br />

portare manforte ai suoi soldati, colpiti di sorpresa<br />

nella retroguardia. Cade da cavallo, Giuliano, ma<br />

tenta di togliersi il legno che da dietro la spalla gli<br />

trapassa il torace sino al fianco, non riesce; si rialza<br />

e combatte finché le forze non lo abbandonano del<br />

tutto.<br />

Nella tenda si riprende e vuole tornare a<br />

combattere, ma è troppo debole. Morirà a breve,<br />

accettando stoicamente la propria morte,<br />

rimproverando chi già lo compiange; trascorrerà gli<br />

ultimi momenti della sua agonia discorrendo coi<br />

suoi amici sull’immortalità dell’anima, lo rasserena<br />

il pensiero d’aver mantenuto con tutte le sue forze,<br />

gloriosamente, immacolato, l’impero.<br />

Le stragi, le torture, i tranelli, le delazioni e le<br />

congiure, tutto quanto di più sanguinoso e ambiguo<br />

caratterizzava le corti imperiali cristiane come già<br />

quelle pagane, sin dall’epoca di Claudio, Tiberio,<br />

Nerone. Ma un nuovo elemento, ora, vi s'aggiunge:<br />

che neanche il Cristianesimo, il quale pure si<br />

proponeva al mondo come una fede dagli altissimi<br />

valori morali, riuscì a fermare questo indirizzo<br />

torbido dell’anima umana, ma anzi benissimo<br />

s’insinuò nel sistema, usufruendo ben presto di<br />

quegli stessi strumenti di tortura, di quelle stesse<br />

condanne e repressioni che fecero già nel IV secolo<br />

molte vittime, una prima caccia alle streghe, in<br />

nome di un nuovo principio, l‘Intolleranza.<br />

Ben presto, la religione cristiana, che pure aveva<br />

apportato inizialmente nuova linfa negli strati<br />

sociali più bassi coi suoi ideali d’uguaglianza, e di<br />

carità s’impossessò delle arti classiche della<br />

retorica e di ogni strumento di propaganda e di<br />

controllo 6 e finanche dell’iconografia classica, per<br />

avviare quel processo di diffusione del culto che<br />

condurrà alla società tardo-antica a maggioranza<br />

pressoché totale cristiana.<br />

E c'è anche che la formula ortodossa che risulterà<br />

vincitrice dalla guerra metafisica sarà così<br />

circonfusa di mistero e di irrazionale che<br />

necessariamente sarà posta come assoluto dogma, e<br />

ciò in maniera indiscutibile e per via definitiva da<br />

Agostino. E qui, proprio qui, il Cristianesimo fonda<br />

la sua caratteristica intolleranza, nel porre la<br />

propria teologia nel sovrarazionale e nel Mistero<br />

incomprensibile; nel mistero del Dogma la Chiesa<br />

ha fondato la sua indiscutibile sovranità,<br />

presentandosi come suprema autorità in possesso<br />

delle chiavi per la salvezza, unica dispensatrice dei<br />

rimedi dell'anima.<br />

Fino al Cristianesimo le metafisiche erano<br />

semplicemente delle opinioni, oggetto di una<br />

speculazione filosofica costantemente rivalutata e<br />

rimessa in discussione di maestro in allievo, di<br />

scuola in scuola. Il Cristianesimo ortodosso fece<br />

invece della metafisica un dogma "rivelato" e<br />

indiscutibile poiché elevato al di sopra delle<br />

capacità speculative razionali dell'uomo - ancora<br />

abbastanza razionale e "umanamente<br />

comprensibile", la teologia di Ario. Di qui<br />

l'intolleranza dottrinale tra i partiti, ognuno<br />

pretendente per sé della verità assoluta.<br />

Il Neoplatonismo, rispetto al Cristianesimo, si<br />

mantenne fedele alla libertà di culto, già dalle sue<br />

origini, anche quando sembra oltrepassare i limiti<br />

della speculazione filosofica per circonfondersi<br />

sempre più di religiosità: Porfirio, infatti,<br />

ammetteva le varie religioni nazionali in nome di<br />

manifestazioni epifaniche dell’Essere che permea<br />

l’intero Universo. Partendo dalle premesse di<br />

Plotino, egli spiegava le religioni come sforzo<br />

dell’anima umana a uscire dal finito e<br />

ricongiungersi con Dio. in questo modo<br />

riconosceva tutte le religioni nazionali, aborrendo<br />

di conseguenza la presunzione esclusivista del<br />

Cristianesimo e la sua agguerita intolleranza.<br />

Il culto pagano, tuttavia, durante il IV secolo non é<br />

che una flebile sopravvivenza, esaurita, dell'antica<br />

religione naturale. Le mitiche divinità del<br />

pantheon, la cui molteplice coesistenza consentì<br />

sempre suprema tolleranza nei confronti dei più


svariati culti, sopravvivevano in riti e celebrazioni<br />

vuotate del loro antico significato mistico: déi e dée<br />

mitologici, poco più che personaggi letterari al<br />

confronto della divinità e dei nuovi santi cristiani -<br />

rispetto ai quali non erano né contemporanei né<br />

storicamente conoscibili -, non ne potevano<br />

affrontare la verde irruenza.<br />

Resta del paganesimo il folclore religioso nelle<br />

campagne, un'antica devozione laddove si é lontani<br />

dai centri propulsori del pensiero; ma altrove, là tra<br />

le accademie, tra i seggi senatori, nelle scuole di<br />

retorica, sopravviveva un sentimento più elevato,<br />

più speculativo: una consapevolezza razionale della<br />

grandezza della religione patria, del culto a divinità<br />

che protessero e resero grandi i popoli ellenici e la<br />

loro cultura.<br />

Lo spettacolo che si poneva agli occhi di questi<br />

liberi, tolleranti, pensatori, erano corti guaste da<br />

confessori cristiani, consiglieri infimi che di contro<br />

alle effusioni di santità dalla loro ingorda bocca<br />

pure non esitavano nel suggerire i più cruenti<br />

delitti, i tradimenti più subdoli; apparati burocratici<br />

invasi dagli esponenti della nuova fede, che già<br />

s'erano affibbiati i maggiori privilegi e già s'erano<br />

esonerati dalle comuni tassazioni; popolazioni<br />

cittadine che in preda a devoti furori facevano<br />

scempio delle vestigia dell'antica fede dei padri.<br />

Neoplatonismo e Cristianesimo hanno in comune la<br />

necessità di riavvicinare l’uomo alla divinità, sotto<br />

forma di espressione panteista nel primo caso,<br />

monoteista nel secondo; sono proiezione del<br />

fallimento delle religioni naturali e razionali che li<br />

precedettero; s’alimentarono vicendevolmente,<br />

snaturandosi l’un l’altro. Il Neolatonismo<br />

accentuerà il suo carattere mistico, ponendosi<br />

sempre più come religione; il cristianesimo,<br />

sovraccaricandosi di speculazioni teologiche, finirà<br />

con l’impoverire il proprio originario spiritualismo.<br />

In effetti nessuna delle due correnti bastò a<br />

soccorrere alle aspettative che portavano con sé e di<br />

cui l’uomo era da lungo periodo affannato. Al<br />

Neoplatonismo difettava di fondare il proprio<br />

sistema su divinità ormai fattesi vuoti simulacri; al<br />

Cristianesimo la perdità dei valori su cui aveva<br />

basato la propria predicazione. E qui giungiamo<br />

alla motivazione intima del tentativo di<br />

restaurazione pagana di Giuliano: il<br />

Neoplatonismo, ristretto nelle elitarie cerchie,<br />

spregiato dalle corti, appeso ai suoi Misteri e alle<br />

sue meditazioni, preservò quel minimo di idealità<br />

che nel frattempo il cristianesimo aveva perso, per<br />

l’altra faccia della sua vittoria, diretta, infausta<br />

conseguenza della sua mondanizzazione.<br />

Così, dalla necessaria concessione di tolleranza alla<br />

fede cristiana, interpretabile inizialmente come<br />

intuizione politica, all'imperio intollerante della<br />

medesima fede non passano che pochi decenni.<br />

Secondo questa lettura, il tentatitivo di Giuliano<br />

non può comprendersi se non anche come una<br />

necessità di rifondazione morale.<br />

La reazione degli antiochesi al soggiorno<br />

dell’imperatore nella loro città, ne è certamente la<br />

controprova più interessante, così come la lettera di<br />

sdegno che gli indirizza in risposta il giovane<br />

Giuliano: nulla che accenni a contrasti di tipo<br />

religioso, solo un insormontabile abisso tra due stili<br />

di vita incompatibili, in cui il degenerato, guarda<br />

un po’, non fu certo l’Apostata.<br />

Una biografia tanto ricca, non può essere troppo<br />

riassunta. Fu leggenda, l’orfanello leopardiano<br />

tutto libri, che posto prepotentemente su di un<br />

cavallo a guidare l’impero, ne ricuciva i confini in<br />

brandelli.<br />

Demonizzato come folle visionario e autore di<br />

atroci sacrifici umani, fu piuttosto umanissimo,<br />

tollerante, un imperatore filosofo che pretendeva<br />

come primo criterio per i suoi sacerdoti la sola<br />

sensibilità morale, senza limiti di censo o<br />

provenienza, che creò ospedali e rifugi per malati,<br />

orfani, donne. Che insegnò la carità verso tutti,<br />

compresi i malvagi e i carcerati. Non avviò alcuna<br />

persecuzione anti-cristiana: i soli 8 martirii 7 che<br />

vennero riconosciuti dalla tradizione ecclesiastica<br />

risalenti agli anni del suo regno, sono per molti<br />

motivi discutibili, come avvenuti per opera della<br />

folla inferocita su chi aveva profanato templi e<br />

cose sacre pagane e comunque non direttamente<br />

riconducibili alla volontà dell’imperatore.<br />

Sulla sua figura pesò la tradizione vincente della<br />

storiografia cristiana, specie plasmata sulle<br />

impietose due orazioni di Gregorio di Nazianzo,<br />

uno dei padri della chiesa che alla sua morte, così<br />

brindava:<br />

«Udite, popoli! [. . . ] fu estinto il tiranno [. . . ] il<br />

dragone, l'Apostata, il Grande Intelletto, l'Assiro, il<br />

comune nemico e abominio dell'universo, la furia<br />

che molto gavazzò e minacciò sulla terra, molto<br />

contro il Cielo operò con la lingua e con la<br />

mano»(Gregorio di Nazianzo, Orazione IV, 1).


Note:<br />

1 . Arianesimo al quale qualche storico cristiano<br />

attribuisce la responsabilità del rifiuto netto del giovane<br />

principe nei confronti del cristianesimo<br />

2. Tuttavia, secondo Eutropio,Costantio sinente potius<br />

quam iubente. La purga del 367 mirò all’epurazione di<br />

tutti le potenziali minacce al suo governo, ovvero tutti i<br />

membri maschi della dinastia costantiniana. Costanzo<br />

attribuirà la responsabilità dell’eccidio a una rivolta<br />

militare.<br />

3. Nella sua prigionia dorata di Macellum (Cappadocia),<br />

da ragazzo, studiò con serietà, sotto il vescovo ariano<br />

Giorgio di Cappadocia, i testi biblici.<br />

4. Libanio, Orazione XVIII, 20.<br />

5. Eppure, nonostante la tolleranza religiosa fosse quasi<br />

sicuramente naturale propensione del suo spirito,<br />

potrebbe esser vero che nel rientro degli esponenti più<br />

caldi delle opposte tendenze cristiane Giuliano<br />

sperasse di favorire discordia e debolezza all’interno<br />

della Chiesa. Infatti, ‹‹l'esperienza gli aveva insegnato<br />

che non ci sono belve più pericolose per gli uomini di<br />

quanto non siano spesso i cristiani nei confronti dei loro<br />

correligionari››: Ammiano Marcellino, Storie, XXII, 5, 2;<br />

ma anche lo storico ecclesiastico Filostorgio, Storia<br />

Ecclesiastica, VII, 4.<br />

6. Vedi R. Lizzi, Discordia in urbe: pagani e cristiani in<br />

rivolta, in Pagani e cristiani da Giuliano l’Apostata al<br />

sacco di Roma, Atti del Convegno Internazionale a cura<br />

di Franca Elia Consolino, op. cit.<br />

7. Cfr. F. Scorza Barcellona, Martiri e confessori dell’età<br />

di Giuliano l’Apostata: dalla storia alla leggenda,in<br />

Pagani e cristiani da Giuliano l’Apostata al Sacco di<br />

Roma, op.cit. pag. 54-83


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Sensazioni, pensieri, parole. Idee che si<br />

rincorrono l’un l’altra, come in un<br />

infinito gioco d'inseguimenti in cui<br />

poco importa il ruolo del vinto o del<br />

vincitore, quanto piuttosto il percorso da esse<br />

tracciato, segno indelebile del passaggio da una<br />

dimensione umana e “materiale” ad una più pura e<br />

spirituale, ma non per questo meno attinente al<br />

reale. E’ ciò che ci accade ogni volta che veniamo<br />

a contatto con quello strano turbinio di voci ed<br />

emozioni che comunemente racchiudiamo nella<br />

parola “musica”: uno scrigno, un involucro di<br />

sette note la cui combinazione (non ci si lasci<br />

ingannare dalla cifra) può rappresentare un punto<br />

di contatto diretto con tutto ciò che riguarda<br />

l’indagine prettamente umana e non solo. Si tratta<br />

di attimi fugaci o di lunghi ed intensi viaggi, in cui<br />

è facile ritrovarsi smarriti da un momento all'altro,<br />

naufragati ed immediatamente immersi in questa<br />

sorta di alienante “quarta dimensione”. A volte<br />

addirittura affogati in essa, al punto da non poter<br />

più trovare una facile via d'uscita. In casi del<br />

genere, la migliore bussola in grado di guidarci si<br />

costituisce di un precisa armonia tra cuore e<br />

mente, passione e ingegno: due perfetti elementi<br />

matrici del nostro orientamento, salvagenti a cui<br />

aggrapparsi per poter tornare a respirare aria di<br />

salvezza. Sempre che, arrivati a questo punto, si<br />

voglia ancora essere salvati.<br />

Ciò che la mia tesi si propone di mettere in atto,<br />

come suggerisce chiaramente il titolo, è una sorta<br />

di Italiano Scritto 2011 /201 2<br />

Agresta Francesco<br />

di apologia della musica, una sua esaltazione<br />

come disciplina ed arte totale e totalizzante sotto<br />

ogni punto di vista, nonostante il lento declino<br />

sociologico e culturale che la porta oggi ad essere<br />

ridotta al rango di mero intrattenimento nella<br />

considerazione di fin troppe persone. Posta in<br />

auge dalla sua natura stessa, che non la vede<br />

primeggiare in nessuna ipotetica classifica delle<br />

espressioni artistiche: ovviamente non perché non<br />

ne abbia merito, ma perché se ne astrae in<br />

maniera del tutto consequenziale, dando vita ad<br />

una propria dimensione speciale che ne esalta<br />

ogni singola e specifica peculiarità. Sin dall'alba<br />

dei tempi il suo fascino attrasse irrimediabilmente<br />

l'uomo: dapprima grazie ai suoni grezzi, selvatici,<br />

ma allo stesso tempo armonizzati in un<br />

ammaliante unicum da parte della natura; ed in<br />

seguito scoprendo di poter piegare l’armonia alla<br />

propria personalità, che fosse attraverso capacità<br />

innate (la voce, e dunque la sua equivalente nel<br />

canto) o attraverso nuove opportunità dettate dal<br />

suo ingegno industriale (e dunque gli strumenti<br />

musicali: sin dai più rudimentali, che potevano<br />

essere costituiti semplicemente da pietre e bastoni,<br />

per arrivare a quelli moderni, in cui il più delle<br />

volte l'elettronica la fa da padrona). E' importante<br />

sottolineare però come la materia musicale sia il<br />

solo ed unico soggetto che agisce in prima<br />

persona: potremmo immaginarla come un'entità,<br />

che si manifesta sulla terra utilizzando l'uomo<br />

come suo strumento (quasi a delineare una sottile


ironia), nonché come suo principale fruitore. Per<br />

dirla con le parole del celebre chitarrista<br />

statunitense (ma di origini italiane) John<br />

Frusciante:<br />

“Penso che la forza creatrice si esprima con la<br />

nostra esistenza. Non credo che un’idea musicale<br />

nasca nella mente, presumo abbia origine in un<br />

luogo che non ci appartiene, e da cui poi in un<br />

secondo momento attingiamo per creare. E tal<br />

processo riguarda ogni cosa che noi creiamo, è la<br />

Natura che si esprime assieme a noi. Al pari di un<br />

fiore o un albero che cresce sul terreno. […] La<br />

musica è così espressiva che le parole non sono<br />

sufficientemente in grado di dare l’effettiva<br />

spiegazione che possa farci comprendere la<br />

tematica . Noi possiamo entrare in connessione con<br />

“La forza creativa” dell’universo, sorgente o Dio o<br />

come tu voglia chiamarla. Possiamo entrare in<br />

contatto con questa intelligenza imparando un<br />

linguaggio musicale, imparando uno strumento<br />

musicale, riuscendo ad identificare un suono o un<br />

sentimento, o riuscendo ad esprimere in maniera<br />

graduale emozioni sempre mediante il tuo<br />

strumento 1.”<br />

Musica come “forza creativa” dunque. Difficile<br />

trovare una definizione che abbia un impatto più<br />

profondo e significativo, e che la esalti fino a<br />

dotarla quasi di una certa “responsabilità”. L'unico<br />

modo che ha l'uomo di farla propria è quella di<br />

abbandonarsi del tutto ad essa, lasciarvisi penetrare<br />

fino a perdere quasi la propria volontà, la precisa<br />

coordinazione di ogni sinapsi, il controllo del<br />

movimento delle proprie dita sulla liscia superficie<br />

di un pianoforte, sul ruvido nylon di una corda o<br />

sulle chiavi di un freddo ottone.<br />

Sin dagli albori, la parola “musica” possedeva già<br />

presso i Greci un significato ben più ampio e<br />

complesso di quello comune, essendo in origine<br />

una forma aggettivale derivata da Μοῦσα, nome<br />

con il quale si indicava, nella mitologia classica,<br />

ciascuna delle nove sorelle che presiedevano alle<br />

arti e alle scienze. Il rapporto etimologico ci mostra<br />

dunque come nella civiltà ellenistica essa fosse<br />

considerata elemento fondamentale nell'ambito<br />

delle attività che perseguivano la bellezza e la<br />

verità, e che ad essa ineriva di conseguenza una<br />

serie di implicazioni maggiore di quanto oggi si<br />

possa pensare. Quella musicale fu materia di studio<br />

e d'indagine per molti dei più celebri ed influenti<br />

pensatori d'età classica; e tra tutte, le teorie più<br />

rilevanti furono senza dubbio quelle espresse da<br />

personalità del calibro di Pitagora e Platone. Il<br />

primo la connesse strettamente alla matematica 2:<br />

come infatti la comprensione dei numeri era<br />

ritenuta la chiave per la comprensione dell'intero<br />

universo, spirituale e fisico, così il sistema dei<br />

suoni e dei ritmi, a sua volta regolato da rapporti<br />

numerici, era concepito come esemplificazione<br />

dell'armonia cosmica. Alla rotazione degli astri fino<br />

ai più profondi meandri dell'universo egli associò<br />

la nascita di una musica perfetta e divina,<br />

letteralmente celestiale, il cui suono è quasi<br />

impossibile da udire a causa dell'assuefazione, quel<br />

fenomeno psicologico che rende inavvertito alla<br />

coscienza percettiva un suono continuo. Scriveva a<br />

tale proposito il neoplatonico Giamblico:<br />

[. . . ] valendosi di un divino potere, ineffabile e<br />

arduo a concepirsi, (Pitagora) sapeva tendere<br />

l'orecchio e fissare la mente alla sublime musica<br />

celeste. Ed era l'unico, come spiegava, in grado di<br />

udire e intendere l'armonia universale e la musica<br />

consonante delle sfere e degli astri che entro queste<br />

si muovevano. Questa armonia rende una musica<br />

più pura e più piena di quella umana, grazie al<br />

movimento dei corpi celesti, il quale è<br />

caratterizzato da suprema melodiosità ed<br />

eccezionale, multiforme bellezza. Queste ultime<br />

sono il prodotto dei suoni celesti, i quali traggono<br />

sì origine dalle ineguali e in vario modo tra loro<br />

differenti velocità, grandezza e posizione dei corpi,<br />

ma sono nondimeno collocati in reciproca<br />

relazione nel modo più armonico 3 .<br />

Questa teoria era ovviamente rafforzata dal fatto<br />

che all'epoca si ritenesse che il sole, la luna ed i<br />

pianeti girassero attorno alla Terra4 all'interno delle<br />

proprie sfere, le quali rispettavano rapporti tra<br />

intervalli musicali a numeri interi, creando in<br />

questo modo delle vere e proprie armonie. Platone<br />

la riprese e rielaborò nel celeberrimo “Mito di Er”,<br />

contenuto nel X ed ultimo libro della Repubblica,<br />

in base al quale ciascuno dei sette pianeti (cinque<br />

più il Sole e la Luna) emette contemporaneamente<br />

un suono insieme alle stelle fisse. La loro armonia<br />

complessiva di otto note genera un immenso e<br />

perfetto accordo, simbolo ed espressione<br />

dell’Armonia cosmica, nel quale trovano<br />

consonanza, equilibrio e giusta rispondenza col<br />

tutto gli elementi costitutivi della materia,<br />

potenzialmente disparati e in conflitto fra loro.<br />

Inoltre, l’idea della musica come intimamente


connessa con la parola ha privilegiato nel mondo<br />

greco un altro fondamentale aspetto di quest’arte,<br />

cioè il suo effetto sugli altri e quindi il suo potere di<br />

azione sul carattere, la volontà e la condotta degli<br />

esseri umani. Le qualità etiche della musica trovano<br />

a loro volta spiegazione nella teoria pitagorica<br />

dell’anima, la quale viene messa in movimento dai<br />

suoni: il mutato “equilibrio” dell’anima darebbe<br />

dunque origine a differenti caratteri e “passioni”,<br />

facendo così in modo che la melodia possa<br />

convincere o commuovere, placare un intero<br />

popolo in rivolta, combattere l’influenza eccitante<br />

del vino, spingere alle armi o addirittura guarire.<br />

Platone elabora ed espone, in proposito, la teoria<br />

dell’Ethos, cioè delle qualità morali e degli effetti<br />

della musica, in seguito ripresa anche da Aristotele<br />

nella Poetica e nella Politica. La musica infatti,<br />

lungi dall’essere un’immagine inerte dell’ordine<br />

universale, imita direttamente e “rappresenta” i più<br />

diversi stati d’animo; di conseguenza, ascoltando<br />

una musica che imiti rabbia o ira, si finirà con<br />

l’essere coinvolti in passioni ignobili che<br />

plasmeranno negativamente il nostro carattere,<br />

mentre ascoltando musica che imiti gentilezza,<br />

coraggio o temperanza, si tenderà a sviluppare una<br />

personalità corretta ed armoniosa, che Platone<br />

definisce “giusta”. È questo dunque il criterio<br />

secondo il quale Platone, nel VII libro delle Leggi,<br />

distingue la musica “buona” dalla “cattiva”, la cui<br />

differenza non può e non deve essere distinta in<br />

base al godimento che se ne trae, ma piuttosto in<br />

base agli effetti morali che ne derivano. Infine,<br />

quasi a chiusura del cerchio, nel XII capitolo del<br />

Simposio il filosofo sostiene per bocca di<br />

Erissimaco che la musica è la manifestazione più<br />

perfetta dell'Eros regolare, cioè di quell'Eros<br />

stupendo, sublime, celeste, che prescindendo da<br />

ogni aspetto profano e volgare si annida nel cuore<br />

dell'incompletezza umana e si fa ponte tra l'umano<br />

ed il soprannaturale, “volando” alla ricerca della<br />

Verità.<br />

Spostando le nostre analisi su un punto di vista<br />

scientifico ed osservando le reazioni che l'intenso<br />

rapporto musica-individuo è in grado di realizzare,<br />

correremmo quasi il rischio di rimanere sorpresi di<br />

fronte all'evidente concretizzazione dei suoi<br />

“magici” poteri. D'altronde sempre più spesso gli<br />

studi intrecciati di neurologia e musicologia ci<br />

vengono incontro dimostrando quanto sia<br />

importante nella vita di un uomo abbracciare la<br />

musica e renderla un elemento cardine della<br />

propria quotidianità: non sarà un caso, infatti, se in<br />

base a determinati studi risulti che molti degli<br />

studenti delle università americane che si<br />

impegnano a tempo pieno nella pratica di uno<br />

strumento musicale risultino poi quelli con i<br />

migliori profitti a livello didattico. Le ricerche<br />

coordinate da Michael Gazzaniga, uno dei più<br />

importanti neuroscienziati al mondo (docente di<br />

psicologia all'Università di Santa Barbara),<br />

forniscono diverse certezze riguardo la<br />

correlazione tra musica e intelligenza: ad esempio<br />

si è visto come nei bambini più piccoli la pratica<br />

musicale stimoli l'attitudine alla geometria,<br />

migliorando notevolmente le capacità di<br />

riconoscere le figure geometriche. La costante<br />

pratica di uno strumento, soprattutto nel momento<br />

in cui si arriva alla memorizzazione ed esecuzione<br />

di pezzi musicali complessi, è in grado di stimolare<br />

nell'individuo lo sviluppo di una serie di strategie<br />

sofisticate per la gestione di linguaggi anche non<br />

musicali, con evidenti vantaggi a livello cognitivo<br />

anche al di fuori delle arti. Inoltre fare musica<br />

stimola l'apertura mentale e la curiosità nei<br />

confronti di tutte le materie: senza alcun limite<br />

d'età, essa è in grado di aprire nuovi orizzonti, con<br />

ovvie ripercussioni sull'intelligenza, ed è triste in<br />

quest'ottica segnalare come l'Italia (quella che un<br />

tempo era conosciuta come la patria della Musica,<br />

quella con la “m” maiuscola, ed in particolar modo<br />

della lirica e dell'opera) si ritrovi sprofondata agli<br />

ultimi posti nella graduatoria dell'insegnamento<br />

musicale in età scolastica, non solo in Europa ma<br />

anche nel resto del mondo. Focalizzandosi su degli<br />

aspetti prettamente più fisiologici riguardanti gli<br />

effetti dello stimolo musicale sull'essere umano, i<br />

risultati possono sembrare ancora più stupefacenti.<br />

Secondo gli studi effettuati dal neurologo canadese<br />

Robert Zatorre, della Mc Gill University di<br />

Montreal, le reazioni della musica sul corpo sono<br />

ben definibili ed identificabili, in quanto alterano in<br />

modo percettibile il battito cardiaco ed il tono<br />

muscolare. A livello cerebrale, si assiste<br />

all'attivazione di alcuni centri del piacere, una<br />

reazione che avviene anche durante le cosiddette<br />

“attività gratificanti”, come l'assunzione di cibo,<br />

droghe, o l'attività sessuale. Ciò che la differenzia<br />

da queste però (e che ne aumenta dunque il<br />

carattere in un certo senso miracoloso) è il fatto che<br />

si tratti palesemente di un'attività “astratta”, e


dunque priva di qualsiasi valore biologico. Per<br />

spiegare questa reazione ci vengono incontro<br />

motivazioni molto più antropologiche che<br />

scientifiche, in quanto nonostante oggi la musica si<br />

trovi relegata nel vago recinto dell’intrattenimento,<br />

nelle società primitive la sua pratica era legata alle<br />

esigenze primarie quali sesso e cibo, poiché era<br />

utilizzata in tutti i rituali come quelli di caccia e di<br />

iniziazione. Per molto tempo si è sostenuto che il<br />

linguaggio attivasse l'emisfero cerebrale sinistro e<br />

la musica quello destro; ma non è corretto<br />

considerare quest'ultima, all'interno della sua ampia<br />

polivalenza, una effettiva forma di linguaggio? Lo<br />

è, certo che lo è. E di conseguenza i diversi<br />

elementi che la compongono (tono, ritmo, melodia,<br />

armonia, ecc..) si distribuiscono su entrambi gli<br />

emisferi cerebrali. Il cervello è però in grado di<br />

"riconoscere" la musica e la reazione è diversa da<br />

altri stimoli uditivi, come voci o rumori. Non<br />

risultano invece differenze fra le reazioni cerebrali<br />

stimolate da una sinfonia di Beethoven, una<br />

canzonetta o una musica proveniente da una cultura<br />

completamente diversa da quella dell'ascoltatore.<br />

Un altro studioso infatti, Steven Demorest<br />

dell'Università di Seattle, usando la risonanza<br />

magnetica dimostrò che un'antica melodia cinese<br />

produce nel cervello degli ascoltatori la stessa<br />

risposta provocata da un brano di tipologia classica.<br />

Il pentagramma si conferma così territorio proprio<br />

di un linguaggio ed un'esperienza universale<br />

accessibile a tutti, anche dal punto di vista<br />

fisiologico.<br />

E' purtroppo vero però che, in tempi come quelli<br />

che oggi stiamo attraversando, questo quadro<br />

idilliaco tracciato da brillanti personalità del<br />

pensiero e della scienza umana sta perdendo<br />

sempre più la sua aderenza con la realtà del<br />

quotidiano. Nell'epoca del profondo materialismo<br />

di cui siamo impregnati fino al midollo, anche la<br />

musica è finita per diventare un autentico business:<br />

un prodotto da lavorare, modellare e confezionare<br />

secondo precise e severe regole di mercato. La<br />

materia prima, ovvero il brano musicale, sembra<br />

quasi essere relegato ad un piano d'importanza<br />

secondario, letteralmente sommerso dalla vorticosa<br />

giostra della promozione e della propaganda, sulle<br />

quali le case discografiche scelgono ormai di<br />

puntare con decisione in modo da far quadrare i<br />

bilanci, a maggior ragione dopo l'avvento di<br />

internet (ed in particolare del file sharing) ed il<br />

conseguente crollo della vendita al dettaglio dei<br />

dischi. Già, l'economia: una materia con la quale la<br />

musica, in base ai discorsi fatti precedentemente,<br />

dovrebbe avere veramente poco a che fare, e che<br />

invece ha finito per coinvolgere in maniera netta<br />

anche il mondo delle sette note, portandolo in<br />

breve tempo ad un'immagine di declino. La perdita<br />

di sincerità è ciò che più di tutto mi spaventa<br />

all'interno di questa sorta di percorso di negligenza:<br />

nel momento in cui un artista non compone più per<br />

esprimersi, per soddisfare in lui quel bisogno<br />

innato che lo rende tutt'uno in via trascendentale<br />

con la propria “quarta dimensione”, e finisce per<br />

piegare la sua arte alle esigenze del pubblico, ecco<br />

che la musica smarrisce la specialità della sua<br />

natura; bistrattata, umiliata e calpestata proprio da<br />

coloro che più dovrebbero curarla. Ovviamente non<br />

è mia intenzione generalizzare e far così di tutta<br />

l'erba un fascio: il presente (per fortuna) è ancora<br />

colmo di musicisti per così dire “onesti” e degni di<br />

tale nome che, godendo di una maggiore o minore<br />

visibilità, operano indistintamente guidati<br />

dall'ardente fiamma della propria passione, che li<br />

conduca al buio di una piccola camera o sotto<br />

l'accecante luce dei riflettori di un palco. Il tutto<br />

sta, ovviamente, nel saperli riconoscere in modo da<br />

poter attribuire ad ognuno i suoi giusti meriti.<br />

Come già accennato in precedenza, rimarcando il<br />

carattere universale delle sette note non ci si può<br />

non soffermare sul valore comunicativo che<br />

impreziosisce ulteriormente la loro natura,<br />

rendendo la musica un vero e proprio linguaggio<br />

con le carte in regola. Così come le lingue degli<br />

uomini, essa si avvale di una parte fonica e di un<br />

particolare tipo di grafia, che però salvo casi<br />

eccezionali (come ad esempio la genialità di<br />

Beethoven, che anche privato dell’udito riuscì a<br />

scrivere ciò per cui oggi viene ricordato come<br />

probabilmente il miglior compositore di tutti i<br />

tempi) incarna solo una funzione di supporto nei<br />

confronti della prima, verso cui risulta quasi del<br />

tutto dipendente. Il linguaggio parlato è indirizzato<br />

alla frazione più consapevole del nostro cervello,<br />

quella appunto che si esprime con la parola, che<br />

funge da interprete tra noi e gli altri, e tra la parte<br />

implicita e quella esplicita del nostro essere. La<br />

musica è invece il mezzo creato per dettare dei<br />

sentimenti nell’ascoltatore, utilizzando a questo<br />

fine la frazione inconsapevole del cervello.<br />

Possiamo affermare che non esiste una maniera


precisa per elaborare una musica altamente<br />

espressiva: la ricetta non scritta, creata “sul<br />

campo”, la trova il compositore nella parte<br />

inconsapevole di se, e riesce poi a riversarla nel<br />

codice scritto ed esplicito dello spartito. Se<br />

accettiamo però di conferire alle sette note l’onore/<br />

onere di definirsi “linguaggio”, avremo bisogno<br />

dunque anche di una serie di parametri validi che ci<br />

aiutino a classificarlo in questo senso, come ad<br />

esempio quelli istituiti dal semiotico Charles W.<br />

Morris, il quale sostiene che un sistema di segni<br />

può definirsi linguaggio solo se rispetta le regole di<br />

tre fondamentali discipline linguistiche: la sintassi,<br />

la semantica e la pragmatica. Applicando i loro<br />

principi al linguaggio musicale, troviamo che la<br />

sintassi in primo luogo dovrà occuparsi delle norme<br />

che consentono di legare tra loro i diversi segni,<br />

ordinandoli secondo una determinata “grammatica”<br />

(intesa come successione di regole) che può variare<br />

a seconda dei contesti e che si espliciterà grazie alla<br />

manifestazione della stessa materia musicale. La<br />

semantica invece riguarda le relazioni che<br />

intercorrono tra i segni e gli oggetti a cui essi si<br />

riferiscono, e in ambito musicale si caratterizza in<br />

base ad una doppia interpretazione: secondo la<br />

prima, il linguaggio musicale sarebbe generalmente<br />

privo di denotazione, ed il suo contenuto semantico<br />

apparirebbe per così dire “contestuale”, ovvero<br />

racchiuso in se stesso e dunque non affidato alla<br />

relazione suono – realtà extrasonora; in seconda<br />

istanza, una semantica musicale è considerata<br />

possibile, ma solo in maniera arbitraria attraverso<br />

delle convenzioni ed in alcuni precisi patti validi<br />

all’interno di particolari gruppi sociali ed in<br />

contesti storico – culturali determinati. Infine la<br />

pragmatica riguarda lo studio delle relazioni che si<br />

stabiliscono tra i segni e le persone che li<br />

utilizzano, e possiamo avere a che fare con la sua<br />

manifestazione in ambito musicale ogni qualvolta<br />

un gruppo di persone si riunisce interagendo tra di<br />

loro attraverso le sette note. Nel messaggio<br />

musicale inoltre il ritmo, la melodia ed il timbro<br />

costituiscono tre elementi dal ruolo essenziale: il<br />

ritmo è di per se una componente ripetitiva<br />

connessa coi ritmi biologici (come quello cardiaco<br />

e respiratorio), e costituisce l’intelaiatura sulla<br />

quale si estende la “storia” raccontata dalla<br />

melodia, in cui giocano gli accordi tra le note e<br />

l’ampiezza dei suoni. Il timbro si identifica invece<br />

con la matrice stessa del suono, la voce dello<br />

specifico strumento che l’ha prodotta, sia esso<br />

artificiale o naturale (la voce del vento, lo scroscio<br />

dell’acqua o il canto degli uccelli), e possiede una<br />

sua componente espressiva che produce<br />

inevitabilmente un sentimento. Lo stato d’animo<br />

prodotto finale di un ascolto musicale può dunque<br />

differenziarsi secondo una doppia chiave<br />

interpretativa: una più individuale, strettamente<br />

connessa alla sfera intima e personale della<br />

persona, ed un’altra collettiva, o addirittura<br />

universale, di condivisione ed empatia. Questo<br />

fenomeno può avere aspetti ed espressioni, anche<br />

corporali e motorie, assai diverse a seconda della<br />

partecipazione ad una musica per così dire<br />

“apollinea” (ovvero vicina al genere classico)<br />

oppure a una musica “dionisiaca” (un rock, o<br />

addirittura gli antichi canti di guerra).<br />

La mia convinzione dunque, alla luce delle prove<br />

qui fornite alla causa (probabilmente in numero<br />

parziale, ma di sostanza significativa) si rinforza<br />

nell’idea che la musica dovrebbe recuperare<br />

all’interno della società odierna quella componente<br />

di dignità ed autorevolezza che si è andata<br />

lentamente ad assottigliare, schiacciata sotto il<br />

grosso peso di una delle peggiori attitudini che<br />

possano influenzare l’uomo: la superficialità.<br />

Essere superficiali ci impedisce di vedere la<br />

bellezza in ciò che ci circonda, nella semplicità del<br />

quotidiano, corrompendo l’anima in favore di quel<br />

bieco materialismo “a tutti i costi” in cui la musica,<br />

quella vera e pura, non può che trovare uno spazio<br />

minuscolo. Mi riesce davvero difficile immaginare<br />

che una persona possa vivere senza musica,<br />

qualunque sia il posto che egli voglia dedicarle<br />

all’interno del proprio percorso, dalla semplice<br />

colonna sonora al protagonismo assoluto. Per<br />

questo motivo penso sarebbe giusto che essa<br />

recuperi quella dimensione di spessore che le si<br />

addice per sua stessa natura, ritrovando quel ruolo<br />

fondamentale di cui è degna anche all’interno di<br />

una società talmente controversa come quella con<br />

cui oggi ci troviamo a fare i conti. D’altronde,<br />

richiamando un celebre aforisma di Friedrich<br />

Nietzsche, “senza musica la vita sarebbe un<br />

errore”, e di errori la storia dell’uomo è già fin<br />

troppo colma.<br />

Note:<br />

1. Tratto dal film-documentario “The heart is a<br />

drum machine” (2009), diretto da Cristopher


Pomerenke.<br />

2. Come d'altronde era quasi inevitabile, avendo<br />

egli riposto nel concetto di numero il proprio archè,<br />

ovvero la natura intima del tutto, fondamento e<br />

causa di ogni cosa.<br />

3. Cit: Giamblico, La vita Pitagorica, ed BUR, pag<br />

195<br />

4. Il famoso sistema geocentrico (o anche detto<br />

“aristotelico – tolemaico”), soppiantato nel ‘500 dal<br />

modello eliocentrico formulato per la<br />

prima volta dall’astronomo polacco Niccolò<br />

Copernico<br />

Bibliografia<br />

- Nicola Abbagnano, Giovanni Fornero,<br />

“Protagonisti e testi della <strong>filosofia</strong>”, Edizioni Bruno<br />

Mondadori, Paravia, II edizione, 2000<br />

- Giamblico, “La vita pitagorica”, Rizzoli ed.<br />

Bur Classici Greci e Latini, 1991<br />

- Nicola Ubaldo, “Antologia illustrata di<br />

<strong>filosofia</strong>”, Giunti editore SPA, 2006<br />

Sitografia<br />

-“La musica è un linguaggio?”, di Angela Longo,<br />

Giosuè Panio:<br />

http://digilander.libero.it/initlabor/musicalinguaggio/musica-e-linguaggio1.html<br />

- “La musica: i suoi effetti comunicativi e<br />

neurofisiologici, e la musicoterapia”, di Franco<br />

Panizon :<br />

http://www.fimed.net/images/IMGNewsletterPunto<br />

Tecnico/File/Musica.pdf<br />

- “Musica e mente”:<br />

http://www.andreaconti.it/mente.html<br />

- Robert Zatorre’s homepage :<br />

http://www.zlab.mcgill.ca/home.html


Il finanziamento Pubblico ai<br />

Partiti è espressione di democrazia<br />

o un grave spreco di soldi pubblici?<br />

Come tutti ben sappiamo stiamo<br />

attraversando tempi di "crisi" dove ai<br />

cittadini è chiesto "rigore", fiducia nelle<br />

istituzioni, <br />

mentre ogni giorno si susseguono,<br />

paradossalmente, notizie di milionari furti dalle<br />

casse dei partiti e di ignorabili lussi di cui si<br />

circondano i nostri politici a spese dei partiti a cui<br />

legati. Il finanziamento pubblico ai partiti (che<br />

viene perpetuato illegalmente attraverso i<br />

cosiddetti "rimborsi elettorali") è una scomoda<br />

realtà, malgrado il referendum del 1993 che aveva<br />

abrogato la Legge Piccoli, con la netta<br />

maggioranza del 90,03%. La volontà popolare in<br />

questi ultimi 21 anni, come troppo spesso succede<br />

in Italia, non é stata solo ignorata, ma anche<br />

clamorosamente scavalcata e si stima che dal 1993<br />

a oggi oltre 2.735.581.964€ di soldi pubblici siano<br />

finiti nelle casse dei partiti italiani come "rimborsi<br />

elettorali”, senza che avvenisse un controllo chiaro<br />

sulle reali esigenze economiche dei partiti. Mentre<br />

le pensioni scendono, le tasse salgono e la gente<br />

mette fine alla propria vita perché non riesce a<br />

tirare avanti c'è un'elite che intasca non pochi soldi<br />

per un servizio inesistente: la politica.<br />

É mia opinione che il non rispetto del referendum<br />

del 1993 e la creazione di una "scappatoia" per<br />

arginarlo e continuare ad usufruire del denaro<br />

pubblico sia stato ed è tuttora un grave crimine, un<br />

furto perpetuato dai partiti ai danni di tutti i<br />

cittadini.<br />

"Fare politica" dovrebbe essere fare il bene della<br />

polis tutta e non impiegare le proprie energie e le<br />

risorse di un partito eletto "democraticamente"<br />

solo a favore del proprio interesse personale.<br />

I cittadini potranno ancora tollerare il mantra "i<br />

Astorino Mariangela<br />

soldi sono finiti" e tirare la cinghia quando i fatti<br />

dimostrano che di soldi ce ne sono ancora per<br />

ingrossare conti in banca, comprare lauree<br />

all'estero e pagare le escort (magari perchè stiano<br />

zitte)?<br />

Il rimborso elettorale é antidemocratico per la sua<br />

nascita, avvenuta con il preciso scopo di ignorare<br />

il referendum e costa all'Italia milioni che ogni<br />

anno aggravano una situazione già sull'orlo del<br />

precipizio quando, invece, potrebbero essere usati<br />

per ridurre i tagli e le tasse.<br />

Nel 1974, successivamente gli scandali Trabucchi<br />

e Petroli, Flaminio Piccoli istituì un piccolo<br />

rimborso spese pubblico da concedere ai partiti<br />

perché essi potessero continuare il proprio lavoro<br />

di rappresentanti democratici e fosse possibile a<br />

tutti dedicarsi alla vita politica,<br />

indipendentemente dai costi di questa attività.<br />

La legge, però, non riuscì a fermare la<br />

malapolitica e, dopo l'era Tangentopoli, la abrogò<br />

un referendum popolare. Ma rinunciarvi era già<br />

diventato troppo difficile per i partiti, bisognosi di<br />

sempre più soldi per il proprio sostentamento, e<br />

subito dopo il referendum nacque un nuovo tipo<br />

occulto di aiuto, il " rimorso elettorale". Un<br />

classico esempio di politica all'italiana. Nel 1993<br />

venne adottato il simpatico termine di "rimborso"<br />

per andare, di fatto, a sostituire quello di<br />

"finanziamento pubblico" contro cui gli italiani si<br />

erano espressi. Fu calcolato come la<br />

moltiplicazione di 1.600 lire per il numero degli<br />

aventi diritto di voto (non dei votanti effettivi) e ai<br />

partiti le casse di stato elargirono in lire quelli che<br />

oggi sarebbero 47 milioni di euro. Ironicamente<br />

questa donazione non attese neanche la fine<br />

dell'anno del referendum per mettersi a rimpolpare


le tesorerie di partito. La cifra, poi, ha continuato a<br />

lievitare con il passare degli anni e delle legislature.<br />

Nel 1999 passò a 4.000 lire privando lo Stato di<br />

qualcosa come 171,5milioni di euro. E con l'arrivo<br />

della moneta unica i conti cambiarono ancora. Le<br />

"modeste" 4.000 lire divennero 4 euro, il doppio.<br />

Man mano che i rimborsi continuavano a prelevare<br />

ingenti somme dalle casse pubbliche una legge del<br />

2006 decretò addirittura che, qualora una<br />

legislatura dovesse cadere, si continui a pagare i<br />

rimborsi ai partiti che la componevano come se<br />

fosse ancora in carica. Cosi alla caduta del governo<br />

Prodi nel 2008 ai costi della nuova legislatura si<br />

aggiunsero quelli della vecchia. Si stima che nel<br />

2008 siano stati versati rimborsi per 271,5 milioni,<br />

una cifra da capogiro se si pensa all'attuale<br />

processo di intransigente risparmio nella pubblica<br />

amministrazione che sta portando alla fine dello<br />

Stato Sociale. Tra il 2010 e il 2011, con la crescita<br />

di un certo malcontento pubblico per tali spese, si è<br />

decretato che i rimborsi non sarebbero più stati<br />

versati per i partiti non più attivi e una riduzione<br />

degli stessi del 10%. Ugualmente,143 milioni sono<br />

volati via inghiottiti dal ventre senza fondo della<br />

macchina politica.<br />

Con lo scoppio dello scandalo Lusi il tema del<br />

finanziamento pubblico alle attività politiche è oggi<br />

tornato in auge. Ad un fronte sempre più compatto<br />

di cittadini che chiedono spiegazioni per questo<br />

"furto" i politici promettono, come solo loro sanno<br />

fare, tagli e magari anche un referendum<br />

abrogativo, giusto per dare un po' l'illusione di aver<br />

fatto qualcosa di concreto per fermare questa<br />

emorragia. Ma ovviamente i tempi d'azione di<br />

queste promesse sono molti lunghi, un po' per<br />

burocrazia un po' perché, forse, si spera che gli<br />

italiani riprendano a dedicare ad altro la propria<br />

attenzione. Cosa dura, perché è difficile ignorare<br />

questa ingente spesa pubblica quando vengono<br />

stanziati solo 50 milioni per aiutare la ricostruzione<br />

di un bel pezzo d’Italia sbriciolato da un grave<br />

terremoto proprio in questi giorni.<br />

I recenti scandali di Berlusconi, della famiglia<br />

Bossi e della Margherita stanno dimostrando, ogni<br />

giorno di più, che l'Italia non è guidata da una<br />

classe politica forte ma da una oligarchia, che<br />

sperpera le risorse pubbliche per sè ed é incapace di<br />

gestire la delicata situazione attuale.<br />

I privilegi goduti dalla classe politica sono ormai<br />

così all'ordine del giorno che quasi non ci si<br />

stupisce a scoprire che al Trota (il "delfino" della<br />

Lega) era concessa una "paghetta" di 5mila euro al<br />

mese o che alla sfarzosa festa di compleanno di<br />

Renata Polverini (presidentessa della regione<br />

Lazio) la maggioranza degli invitati è arrivata con<br />

l'auto blu e l'autista (pagati dai contribuenti). Non<br />

ci si aspetta più neanche che i cittadini si indignino<br />

di pagare una tassa anche sull'aria che respirano per<br />

permettere a questi personaggi di potere di<br />

mantenere il proprio status quo. I politici non<br />

pagano la crisi nè si impegnano a risolverla e il<br />

loro parassitismo sociale è chiaro ed evidente da<br />

come anche la piccola elezione comunale diventa<br />

teatro di zuffe da condominio per assicurarsi la<br />

lucrosa poltrona. Mentre in Islanda una rivoluzione<br />

popolare taciuta dai media italiani (per carità, non è<br />

colpa loro, ci sono le bizzarrie del tempo, le partite,<br />

la nuova relazione di Belen di cui parlare e altro<br />

spazio non si trova) ha mandato a casa il governo e<br />

si propone di fermare le banche, vere detentrici del<br />

potere, in Italia si accetta passivamente l'idea che la<br />

classe politica sia una Casta. La si definisce con<br />

questo termine sui giornali e nei discorsi al bar<br />

come fosse un normale sinonimo di ciò che essa<br />

dovrebbe essere e dovrebbe rappresentare mentre<br />

non è altro che espressione del decadimento di un<br />

intero sistema politico e sociale.<br />

L'idea originaria di finanziamento pubblico ai<br />

partiti aveva un importante senso d'essere in quanto<br />

si riprometteva di impedire che i partiti, finanziati<br />

nelle campagne elettorali da privati con scopi<br />

precisi, sostenessero gli interessi di pochi<br />

"generosi" e non di tutti i cittadini.<br />

L'articolo 49 della Costituzione italiana dichiara:<br />

"Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi<br />

liberamente in partiti per concorrere con metodo<br />

democratico a determinare la politica nazionale". In<br />

Germania il finanziamento pubblico ai partiti esiste<br />

dal 1959 e attualmente è previsto in tutti e 27 Paesi<br />

dell'Unione.<br />

È, infatti, democraticamente corretto che a tutti i<br />

cittadini sia data la stessa possibilità di partecipare<br />

attivamente alla res publica facendo opera di<br />

propaganda delle proprie idee e organizzando la<br />

vita e le attività del proprio partito. Questo diritto<br />

non giustifica, però, il già citato "furto" di risorse<br />

pubbliche attuato dai partiti per la propria<br />

sopravvivenza. L'aver modificato la legge


eintroducendo il finanziamento pubblico e<br />

nascondendolo con il nome di rimborso resta un<br />

sopruso della classe (o Casta, per meglio dire)<br />

governante ai danni della sovranità popolare sulla<br />

quale questo paese dovrebbe basarsi.<br />

Inoltre il finanziamento pubblico e il suo<br />

successore non hanno mai impedito che i partiti<br />

ottenessero finanziamenti privati illeciti. Anzi, con<br />

una legge del 2004 Tremonti ha reso le donazioni<br />

private ai partiti inferiori alle 50mila euro<br />

totalmente non rintracciabili. Così molti privati<br />

cittadini (per quanto possano essere considerati dei<br />

privati dirigenti di grandi industrie e presidenti<br />

bancari) finanziano a proprie spese i propri "partiti<br />

del cuore" senza dover rendere noto il proprio<br />

nome. Ed è facile intuire che se si investe non lo è<br />

solo per la gioia del sentirsi dire dal<br />

segretario del partito di turno.<br />

Altro punto a sfavore del finanziamento pubblico ai<br />

partiti é la grande riduzione dei costi del fare<br />

politica nell' era digitale. Se negli anni '70 poteva<br />

essere abbastanza dispendioso pubblicare articoli,<br />

parlare con la gente, informarsi e informare, fare<br />

propaganda, viaggiare per l'Italia ecc. oggi bastano<br />

una connessione a internet e un Pc per fare della<br />

sana politica, dando agli elettori la possibilità di<br />

conoscere i politici e ascoltarne le idee e anche<br />

viceversa. Basti pensare a quanti mezzi la rete<br />

offre, partendo da un semplice blog, passando dai<br />

forum fino ai siti ufficiali. Senza dimenticare<br />

youtube e i social network. E per far questo non<br />

servono i milioni ma coerenza, onestà, voglia di<br />

fare e pochi euro al mese per una connessione a<br />

internet. Ma in Italia, tra i pochi Paesi senza banda<br />

larga, la politica piace all'antica: scendere in piazza<br />

a salutare festosamente il politicante di turno<br />

neanche fosse un profeta in terra, ascoltarne i<br />

discorsi demagogici tagliuzzati e imboniti sulle tv<br />

pubbliche e private, limitarsi a scegliere per chi<br />

votare dai depliant che arrivano puntuali di casa in<br />

casa in periodo elettorale o dare il voto al parente di<br />

questo o l'amico di quello.<br />

Eppure qualcosa sembra cambiare.<br />

Delusa sempre più dalla malapolitica e dalla sua<br />

incompetenza una generazione di giovani sta<br />

cercando di cambiare le cose, proprio grazie alla<br />

rete. Essendo possibile scrivervi liberamente senza<br />

incorrere nella censura di televisioni e giornali la<br />

rete è diventata il miglior mezzo per veicolare le<br />

informazioni ritenute "scomode". Molti giornali, in<br />

questi anni, hanno taciuto alla popolazione<br />

l'esistenza dei rimborsi elettorali, forse per non<br />

essere costretti a dare spiegazione anche dei fondi<br />

pubblici che si spendono a vagonate ogni anno per<br />

testate che sono effettivamente giornali di partito.<br />

Con tutti questi rimborsi i partiti non dovrebbero<br />

pagarsi da soli le proprie stampe? Non si può<br />

fermare il flusso delle informazioni sulla rete e i<br />

cittadini possono più facilmente essere informati su<br />

quello che politici non vorrebbero far sapere. Le<br />

ultime elezioni amministrative hanno visto<br />

l'avanzata del "Movimento 5 stelle", guidato dal<br />

comico Beppe Grillo, che si propone come<br />

opposto alle logiche politiche vigenti e che<br />

promuove una rivoluzione di pensiero che parte<br />

dalla rete, dai giovani, dai cittadini stanchi di<br />

essere rappresentati da ladri, corrotti, ex soubrette,<br />

incompetenti e pedine delle banche. Condividendo<br />

o meno il programma del "Movimento 5 stelle" si<br />

riconosce che sta dimostrando come la politica può<br />

essere fatta anche senza prendere i soldi dei<br />

contribuenti, senza sprechi e senza privilegi. Le<br />

attività sono finanziate dagli attivisti militanti con<br />

libere raccolte fondi e la maggior parte di esse si<br />

svolge on-line, per una migliore condivisione di<br />

opinioni e pensieri e un maggior risparmio<br />

economico.<br />

Se ci riescono loro con i loro notebook e la loro<br />

inesperienza perché non possono farlo anche i<br />

grandi partiti che dovrebbero avere militanti con<br />

un'esperienza politica che ha ricordo di campagne<br />

di volantinaggio, congressi, manifestazioni, attività<br />

in mezzo alla gente? Forse, nei grandi palazzi dai<br />

nomi altisonanti hanno un po' perso i contatti con la<br />

realtà della popolazione e non ricordano più per<br />

cosa e per chi stanno seduti sulle loro poltrone.<br />

O forse ancora, non é più per i cittadini che si<br />

scende in campo oggi, forse è proprio per la<br />

prospettiva di guadagni facili, senza troppo sforzo,<br />

apparentemente infiniti. Questa è la grave<br />

conseguenza dell'aver lasciato per tanto tempo che<br />

la politica divenisse un business milionario perché<br />

a farne le spese è il cittadino medio che non riesce<br />

a tirare avanti fino alla fine del mese.<br />

Sarebbe giusto attuare al più presto una riforma<br />

(cosa non facile, considerando che dovrebbero<br />

essere gli stessi partiti a metterla in pratica) che<br />

elimini le grandi speculazioni economiche dalla<br />

politica. Fintanto che i partiti e i politici potranno<br />

gestire i soldi dei cittadini come fossero propri e


vivere di questo è impossibile provare fiducia verso<br />

essi e crederli davvero interessati al bene comune e<br />

allo Stato. È sì giusto che sia concesso un piccolo<br />

aiuto pubblico a chi intende mandare avanti<br />

l'attività di un partito senza dover ricorrere a<br />

compromettenti finanziamenti privati ma questo<br />

aiuto dovrebbe essere esiguo, immodificabile nel<br />

tempo, trasparente e soprattutto sfruttato al meglio,<br />

con ogni spesa giustificata e dichiarata al pubblico.<br />

Perché non é più accettabile sentir parlare di<br />

spread, tagli e debito pubblico e permettere che i<br />

partiti, che non hanno fatto una piega neanche per<br />

la riduzione della pensione minima, intaschino<br />

milioni sotto banco, mandando i propri tecnici a<br />

piangere lacrime di coccodrillo.<br />

Inoltre, considerando che i "rimborsi elettorali"<br />

sono in forma rateale da qualche anno, lo Stato si<br />

ritrova ad avere dei debiti con gli stessi partiti ed è<br />

arrivato il momento di annullarli completamente,<br />

per non rischiare di avvicinarci ad un default<br />

causato dai costi di quella stessa classe politica che<br />

dovrebbe lavorare instancabilmente per impedirlo.<br />

Far tornare la politica un servizio dei cittadini per i<br />

cittadini dovrebbe essere la priorità in questo<br />

momento e per farlo bisogna far crollare il mito dei<br />

politici deificati e della Casta governante.<br />

Il popolo dovrebbe pretendere di riavere indietro la<br />

propria sovranità, ennesimo furto fatto ai suoi<br />

danni.<br />

Sitografia:<br />

- www.reset.it<br />

- www.corriere.it<br />

- www.ilfattoquotidiano.it<br />

- www.repubblica.it<br />

- www.intoccabili.wordpress.com<br />

- www.leggooggi.it<br />

- www.beppegrillo.it<br />

- www.wikipedia.org


Crescita e Sviluppo:<br />

Il Movimento Cooperativo<br />

Aurelio Mariangela<br />

ohn Stuart Mill ha scritto:<br />

.<br />

Ciò accadeva nel 1848, periodo in cui venivano<br />

gettate le basi per la nascita di una nuova<br />

importante forza economica che, allo stesso<br />

tempo, potremmo definire sociale: il movimento<br />

cooperativo.<br />

Questa nuova forma di associazionismo<br />

rappresenta uno dei fenomeni sociali più<br />

significativi, non soltanto grazie al contesto<br />

storico in cui sviluppa, ma anche e soprattutto<br />

grazie ai principi da cui trae il proprio<br />

fondamento; lo spirito cooperativo, infatti, nasce<br />

sulla base di principi democratici,<br />

dell'eguaglianza, dell'equità e della solidarietà.<br />

Secondo le tradizioni dei propri padri fondatori, i<br />

soci delle cooperative credono nei valori etici<br />

dell'onestà, della trasparenza, della responsabilità<br />

sociale e dell'attenzione verso gli altri. A questi<br />

vanno aggiunti altri valori fondamentali quali<br />

limitata remunerazione del capitale, educazione,<br />

formazione dei cooperatori; tutto ciò rende il<br />

concetto di cooperazione estremamente<br />

complesso poiché rappresenta un fatto sociale,<br />

che si evolve sulla base di principi solidi e<br />

vincolanti.<br />

Una caratteristica importante e certamente<br />

fondamentale di questo modello economico e<br />

societario è, senza dubbio, la sua “base capitaria”,<br />

ossia la parità e l’uguaglianza tra i soci, il cui<br />

ruolo non è definito dal capitale investito ma<br />

bensì è una condizione imprescindibile. Ne<br />

consegue, quindi, un ideale di membro societario<br />

completamente estraneo dall’idea diffusa di<br />

impresa capitalistica, e che ha inoltre un uguale<br />

potere decisionale condividendo diritti e doveri<br />

con l'intera base sociale. È possibile aggiungere a<br />

tutto ciò un ulteriore criterio di classificazione che<br />

distingue la figura del socio all’interno di una<br />

società cooperativa, quello del profitto legato<br />

inevitabilmente alle finalità dell’impresa; il<br />

reddito, e quindi gli utili ricavati dalle attività<br />

proprie dell’oggetto sociale, non vengono<br />

distribuiti tra gli azionisti, come avviene nelle<br />

società capitaliste, ma vengono reinvestiti per la<br />

crescita e lo sviluppo della cooperativa stessa.<br />

L'attuale scenario economico, tra l'altro, lascia<br />

largo spazio a strutture societarie in cui il profitto<br />

è semplicemente un'eventualità, e tale sviluppo è<br />

riscontrabile anche nella realtà internazionale e<br />

nazionale, all’interno delle quali le difficoltà e di


gestione delle imprese sono al centro del dibattito<br />

economico e sociale.<br />

È proprio nella crisi, che la formula cooperativa<br />

può dimostrare ancora di più il suo valore. Non<br />

perché sia immune alle difficoltà, che soffre come<br />

tutte le realtà imprenditoriali, ma perché nel cambio<br />

del sistema, nell’azione di possibile “antidoto” alla<br />

crisi, nella posizione culturale di antitesi alle<br />

ragioni della crisi, la cooperazione può mostrare di<br />

“esserci”. Di essere presente e di essere efficace.<br />

La mia tesi è che il modello cooperativo può essere<br />

da esempio per lo sviluppo dell’impresa, che non si<br />

basa più semplicemente sull’investimento e sul<br />

profitto ma si nutre anche e soprattutto di principi e<br />

del valore delle persone che ne fanno parte. Della<br />

serie , come citava un<br />

noto spot di qualche tempo fa, e probabilmente<br />

l’espressione può non essere un semplice richiamo<br />

al perbenismo o alla visione romantica e benevola<br />

del legame tra i cooperatori, immagine che, si sa,<br />

non sempre ha spazio in campo economico e<br />

imprenditoriale, anzi, a volte può risultare<br />

totalmente fuori luogo, ma in realtà è un elemento<br />

da non sottovalutare quando si parla di cooperative,<br />

in particolare di cooperative sociali, atte cioè<br />

all’inserimento nel mercato del lavoro di persone<br />

svantaggiate.<br />

Una sfida al futuro quindi, al mercato, al business<br />

fatto di numeri su numeri il cui accrescimento si<br />

basa sul puro desiderio di vederli aumentare in<br />

maniera esponenziale, una sfida al sistema e alle<br />

relazioni economiche. La cooperazione può<br />

rappresentare, e lo pone tra gli obiettivi primari, un<br />

mercato più competitivo, più umano, grazie alla<br />

figura del socio-lavoratore, alla messa in evidenza<br />

del ruolo della persona, che deve avere una<br />

funzione centrale nel modello di impresa. In questo<br />

senso, la cooperazione diviene una risorsa<br />

importante per l’economia, attraverso la<br />

predisposizione al confronto, all’unione e alla<br />

capacità di porsi obiettivi con un orizzonte più<br />

ampio di quello limitato dagli interessi di parte.<br />

Cooperare significa confrontarsi, ascoltarsi<br />

reciprocamente per arrivare ad un obiettivo, ad uno<br />

scopo deciso insieme, significa collaborare e fare<br />

rete, anche e soprattutto nei momenti di crisi,<br />

perché è proprio in questi momenti che la<br />

cooperativa dimostra il proprio valore. La crisi può<br />

essere un’opportunità per riorganizzare il<br />

“modello” sociale ed economico proprio perché<br />

questi momenti richiedono uno sforzo di “sistema”<br />

per uscirne. Uno sforzo di testa e di cuore.<br />


A tutto ciò si aggiunge una caratteristica<br />

fondamentale di tutte le società cooperative, lo<br />

scopo mutualistico, cioè il vantaggio che i soci<br />

intendono perseguire mediante l’adesione alla<br />

cooperativa stessa. Nella mutualità si concretizza lo<br />

scopo sociale e si delinea maggiormente la<br />

differenza sostanziale tra questa tipologia di<br />

impresa e quella capitalistica: l’assenza dello scopo<br />

di lucro, ossia della rimunerazione di un<br />

investimento di capitale. Ciò non implica che le<br />

cooperative non producano utili; attraverso una<br />

buona gestione esse possono divenire fonti di<br />

guadagno e ricchezza, sempre entro dei termini<br />

previsti dalla legge e dallo statuto; soltanto una<br />

quota di utili, infatti, può restituire il capitale<br />

investito dai soci.<br />

A seconda del tipo di rapporto che intercorre tra la<br />

cooperativa e il socio, si distinguono tre tipologie<br />

di cooperative:<br />

• COOPERATIVE DI UTENZA - Svolgono la loro<br />

attività in favore dei soci, consumatori o utenti, di<br />

beni e servizi.<br />

• COOPERATIVE DI LAVORO - Si avvalgono<br />

nello svolgimento delle loro attività, delle<br />

prestazioni lavorative dei soci (figura<br />

del “socio lavoratore”).<br />

• COOPERATIVE DI SUPPORTO - Si avvalgono<br />

nello svolgimento delle loro attività, degli apporti<br />

di beni e servizi da parte dei soci.<br />

Un’ulteriore suddivisione delle differenti tipologie<br />

di impresa è possibile in base all’attività volta:<br />

• Cooperative di consumo: Si costituiscono con lo<br />

scopo di assicurare ai soci-consumatori la fornitura<br />

di beni, sia di consumo che durevoli, a prezzi più<br />

contenuti di quelli correnti di mercato. Per<br />

raggiungere tale scopo gestiscono punti vendita ai<br />

quali possono accedere i soci, e, previo rilascio<br />

dell’apposita licenza di vendita, anche i non soci.<br />

Sono tipicamente cooperative di “UTENZA”.<br />

• Cooperative di produzione e lavoro: Si<br />

costituiscono per permettere ai soci di usufruire di<br />

condizioni di lavoro migliori, sia in termini<br />

qualitativi che economici rispetto a quelli<br />

disponibili sul mercato del lavoro. Queste<br />

cooperative svolgono la propria attività sia nella<br />

produzione diretta dei beni che nella fornitura dei<br />

servizi. Si tratta della tipologia di cooperativa di<br />

“LAVORO”.<br />

• Cooperative agricole: Sono costituite da<br />

coltivatori e svolgono sia attività diretta di<br />

conduzione agricola, sia attività di<br />

commercializzazione e trasformazione dei prodotti<br />

agricoli conferiti dai soci. Sono normalmente<br />

cooperative di “SUPPORTO” quando i soci sono<br />

imprenditori agricoli e il rapporto con la<br />

cooperativa è basato sul conferimento dei prodotti<br />

(Cooperative di conferimento prodotti agricoli e<br />

allevamento). Possono essere di “LAVORO”<br />

quando trattasi di conduzione agricola come le<br />

cooperative bracciantili (Cooperative di lavoro<br />

agricolo).<br />

• Cooperative edilizie di abitazione: Rispondono<br />

alle esigenze di soddisfare un bisogno abitativo<br />

delle persone, realizzando complessi edilizi che<br />

vengono poi assegnati ai soci in proprietà se la<br />

cooperativa è a “proprietà divisa” o in diritto di<br />

godimento se la cooperativa è a “proprietà<br />

indivisa”. Sono sempre cooperative di “UTENZA”.<br />

• Cooperative di trasporto: Associano singoli<br />

trasportatori iscritti all’Albo, garantiscono loro<br />

servizi logistici, amministrativi, di acquisizione<br />

delle commesse, o gestiscono in proprio i servizi di<br />

trasporto a mezzo di soci-lavoratori. Se associano<br />

trasportatori “imprenditori” rientrano nella<br />

tipologia di “SUPPORTO”; se associano<br />

trasportatori soci/lavoratori si rifanno alla tipologia<br />

di “LAVORO”.<br />

• Cooperative della pesca: Sono costituite da soci<br />

pescatori e svolgono attività con un impegno<br />

diretto dei soci o attività di servizio ai propri<br />

associati, quali l’acquisto di materiale di consumo<br />

o di beni durevoli, o la commercializzazione dei<br />

prodotti ittici, o la loro trasformazione. Come per<br />

le cooperative di trasporto sono di “SUPPORTO”<br />

se associano soci/imprenditori e di “LAVORO” se<br />

associano soci/lavoratori.<br />

• Cooperative di dettaglianti: Sono costituite da<br />

soci imprenditori che svolgono attività nel settore<br />

del commercio ai quali garantiscono servizi di<br />

acquisti collettivi, amministrativi, finanziari. Sono<br />

normalmente cooperative di “SUPPORTO”.<br />

• Cooperative sociali: Sono cooperative<br />

regolamentate dalla legge 381 del 1981 e hanno<br />

come scopo quello di perseguire l’interesse<br />

generale della comunità alla promozione umana e<br />

all’integrazione sociale dei cittadini.<br />

Tutte queste classificazioni, infine, vengono<br />

inglobate in due grandi gruppi:<br />

• cooperative che gestiscono servizi socio-sanitari<br />

ed educativi (tipo A);


• cooperative che svolgono attività diverse<br />

(agricole, industriali, commerciali o di servizi)<br />

finalizzate all’inserimento lavorativo di persone<br />

svantaggiate (tipo B).<br />

Oltre a essere iscritte a questa categoria, le<br />

cooperative sociali, a seconda dell’attività che<br />

svolgono, devono essere iscritte a una delle<br />

precedenti categorie, a cui va fatto riferimento<br />

anche per la classificazione in una delle tre<br />

tipologie base.<br />

La comune gestione dell’impresa permette di<br />

collocarsi in una situazione di concorrenza nei<br />

confronti di chi, come i grandi gruppi, detiene una<br />

posizione di forza sul mercato e, attraverso la<br />

cooperazione, può concorre allo sviluppo dello<br />

stesso organizzando la domanda, rispondendo ai<br />

bisogni della collettività: con questi significati si<br />

intende la promozione cooperativa.<br />

23 ottobre 1844: è questa la data cui si fa risalire<br />

l’inizio dell’esperienza cooperativa. Per volontà di<br />

28 lavoratori nasceva quel giorno, in Inghilterra, la<br />

Società dei “Probi Pionieri di Rochdale”, la prima<br />

iniziativa economica fondata su principi e<br />

organizzazione cooperativi. Lo “spaccio<br />

cooperativo” di Rochdale (attivo dalla sera del 21<br />

dicembre 1844), nella contea inglese di Lancaster,<br />

nasceva con la missione di difendere il valore reale<br />

del salario e migliorare le condizioni familiari e<br />

sociali dei soci.<br />

Pochi anni dopo, in Germania e in Francia, sorsero<br />

le prime cooperative; quelle tedesche, di credito,<br />

nacquero per lottare contro l'usura e difendere<br />

agricoltori, artigiani, piccoli commercianti, dargli la<br />

possibilità di accedere al credito attraverso la<br />

raccolta dei risparmi tra gli stessi. Le cooperative<br />

francesi, di operai, lottavano contro la<br />

disoccupazione e tentavano di dimostrare che era<br />

possibile lavorare senza padrone.<br />

Queste esperienze si moltiplicarono a vista<br />

d’occhio, versificandosi, in tutta Europa. I<br />

produttori agricoli, ad esempio, alcuni decenni più<br />

tardi, reagirono alla crisi che progressivamente li<br />

attanagliava riunendosi in cooperative per gestire<br />

latterie, cantine o mulini per difendere il frutto<br />

delle loro fatiche.<br />

Anche in Italia, è nell’Ottocento che il Movimento<br />

Cooperativo muove i suoi primi passi, la prima<br />

cooperativa costituita nel nostro paese è il<br />

Magazzino di previdenza di Torino – una<br />

cooperativa di consumo – sorto nel 1854 per<br />

iniziativa della “Associazione degli operai” e due<br />

anni più tardi ad Altare, in Provincia di Savona,<br />

nasce la “Artistica Vetraria”, una cooperativa di<br />

lavoro.<br />

Le prime cooperative nascono, insomma, per dare<br />

una risposta, sulla base di un principio di<br />

solidarietà, a problemi immediati e particolari<br />

come la disoccupazione e l’aumento del costo della<br />

vita, trovando l’appoggio di importanti esponenti<br />

della politica del tempo tra cui Giuseppe Mazzini,<br />

che vedeva nella cooperazione un principio<br />

generale dell’organizzazione sociale grazie al quale<br />

capitale e lavoro dovevano proseguire di pari<br />

passo. La pluralità di approcci all’impostazione di<br />

fondo da dare al movimento cooperativo,<br />

corrispondente a specifiche ispirazioni politiche e<br />

ideologiche, emerse con chiarezza nell’autunno del<br />

1886, quando 100 delegati, in rappresentanza di<br />

248 società e di 70.000 soci, si riunirono in<br />

Congresso a Milano, dal 10 al 13 ottobre, per dare<br />

vita ad una strutturazione organizzativa che<br />

assicurasse lo sviluppo e il coordinamento di un<br />

movimento cooperativo assai variegato. Nacque<br />

allora la Federazione Nazionale delle Cooperative,<br />

che nel 1893 si sarebbe trasformata in Lega delle<br />

Cooperative. All’interno della Lega trovava<br />

espressione anche l’altro grande filone di<br />

ispirazione della cooperazione italiana: quello<br />

cattolico, portatore di una concezione interclassista<br />

della cooperazione, imperniata su un forte<br />

solidarismo sociale.<br />

Fino al periodo immediatamente precedente alla<br />

Grande Guerra, la cooperazione aveva già<br />

acquisito, grazie anche alla politica giolittiana, una<br />

certa solidità economica e quelle caratteristiche che<br />

ne avrebbero consentito, dopo il 1918, il rilancio<br />

politico ed organizzativo. A seguito, però, della<br />

separazione tra la cooperazione di ispirazione<br />

cattolica e quella di ispirazione laico-socialista,<br />

avvenuta nel 1919, e dell’avvento del fascismo,<br />

legato inevitabilmente alla tragedia della Seconda<br />

guerra mondiale (con la devastazione di molte<br />

cooperative, lo scioglimento della Lega ed il<br />

tentativo di piegare la cooperazione ad un modello<br />

economico corporativo), l’esperienza cooperativa<br />

attraversò un periodo di declino segnato dalla fine<br />

della democrazia, la stessa democrazia che aveva<br />

caratterizzato i principi dei probi pionieri di<br />

Rochdale.<br />

Con la fine della dittatura e della guerra ebbe inizio


la rinascita, anche se non riuscì a realizzarsi su base<br />

unitaria (oggi le Centrali cooperative sono quattro:<br />

oltre a Legacoop, la Confcooperative, l’AGCI e<br />

l’UNCI). La fuoriuscita dalla fase di declino fu<br />

congiunta alla volontà di ricostruzione del Paese su<br />

basi di solidarietà, di democrazia, di<br />

partecipazione. Non a caso l’art. 45 della<br />

Costituzione italiana, che riconosce la funzione<br />

sociale della cooperazione a base mutualistica e<br />

senza finalità di speculazione privata, impegnando<br />

lo Stato a promuoverne lo sviluppo, non è una sorta<br />

di norma isolata o transitoria, ma è del tutto<br />

coerente con lo spirito complessivo della<br />

Costituzione stessa.<br />

A partire dal dopoguerra la cooperazione è riuscita,<br />

pure attraverso le difficoltà, a consolidarsi e a<br />

crescere, a diventare una presenza diffusa su tutto il<br />

territorio nazionale.<br />

Scegliendo la forma cooperativa può essere più<br />

facile e meno rischioso sviluppare il sogno di<br />

diventare imprenditore. Attraverso la cooperazione<br />

le idee imprenditoriali individuali, i progetti, il<br />

lavoro, si associano fra loro, interagiscono, si<br />

arricchiscono, mettono a frutto le esperienze e le<br />

conoscenze di un’organizzazione più complessa<br />

che, in molti casi, ha dimostrato la capacità di fare<br />

sistema. Perché in un'impresa cooperativa non<br />

esiste la distinzione tra titolare e dipendente: essere<br />

cooperatori vuol dire agire insieme in una struttura<br />

dinamica in cui al tempo stesso si è lavoratori e<br />

imprenditori, in cui si fondono doti di managerialità<br />

e doti di mutualità, senza snaturare l’essenza<br />

solidaristica che è alla base della cooperazione<br />

stessa.<br />

Questa tesi viene rafforzata ancora di più se si<br />

considera che il “limite” di crescita individuale non<br />

consiste in una pura scelta etica dei soci ma viene<br />

circoscritto in base a delle leggi e a dei controlli<br />

difficilmente eludibili. È l'applicazione delle<br />

norme, infatti, che assicura la corretta gestione<br />

dell'impresa e degli utili ricavati dalle attività<br />

svolte, del reinvestimento che ne deriva e della loro<br />

eventuale ripartizione. Perché è questo il tema<br />

centrale: il margine di guadagno individuale. Come<br />

già specificato, i profitti non possono essere<br />

ripartiti tra i soci ma devono essere reinvestiti in<br />

nuove attività, e soltanto una quota prestabilita<br />

dalla legge e dallo statuto della stessa cooperativa<br />

può risarcire i soci del capitale investito. Il<br />

ristorno, ossia la quota di utili destinata ai soci,<br />

consente la ridistribuzione agli stessi del profitto<br />

realizzato dalla cooperativa relativamente<br />

all’attività svolta con i soci stessi e può consistere:<br />

• in un’integrazione dei salari (nel caso delle<br />

cooperative di lavoro), che non può superare il<br />

30% dei salari correnti corrisposti nell’esercizio<br />

sociale;<br />

• in un rimborso di costi o aumento di ricavi<br />

dell’attività svolta con il socio.<br />

Inoltre, grazie alla sua natura non speculativa, nel<br />

momento dello scioglimento, i soci non possono<br />

dividersi il patrimonio della cooperativa, né<br />

possono vendere la società nel suo complesso. La<br />

legge consente una tassazione agevolata degli utili,<br />

a condizione che siano reinvestiti per lo sviluppo<br />

della cooperativa stessa.<br />

Considerando i punti appena descritti la scelta di<br />

intraprendere un percorso cooperativistico piuttosto<br />

che capitalistico potrebbe sembrare più “scomoda”<br />

o comunque più vincolante per quanto riguarda la<br />

crescita e il profitto individuale che, con dispiacere<br />

di alcuni, non trovano spazio né da un punto di<br />

vista normativo e legislativo, né da un punto di<br />

vista etico e ancor di più dei valori societari.<br />

. Così lo Statuto<br />

della Confederazione Cooperative Italiane, di cui<br />

Confcooperative è la denominazione abbreviata,<br />

definisce la principale organizzazione,<br />

giuridicamente riconosciuta, di rappresentanza,<br />

assistenza e tutela del movimento cooperativo e<br />

delle imprese sociali.<br />

Confcooperative si ispira ai principi cooperativi,<br />

fissati e periodicamente aggiornati dall’ ACI e, in<br />

ragione della funzione sociale costituzionalmente<br />

riconosciuta alla cooperazione, ne promuove lo<br />

sviluppo, la crescita e la diffusione attraverso le<br />

azioni di volta in volta più adeguate; l’articolo 1<br />

dello Statuto riconosce altresì che l’azione di<br />

Confcooperative si ricollega ai principi ed alla<br />

tradizione della dottrina della Chiesa, che ne ha<br />

favorito la nascita e lo sviluppo.<br />

L'organizzazione ha una presenza capillare su tutto<br />

il territorio nazionale, con un’organizzazione che si<br />

articola orizzontalmente in 22 Unioni regionali, 81<br />

Unioni provinciali e 7 Unioni interprovinciali,<br />

abbracciando ben 20,500 cooperative Ogni<br />

articolazione fa da referente alle varie imprese


attraverso il controllo, il supporto e la tutela delle<br />

stesse, al fine di garantire una corretta gestione e il<br />

fondamentale sviluppo del lavoro di rete.<br />

Nata nel 1919, la Confederazione Cooperative<br />

Italiane si sviluppa seguendo il corso degli eventi<br />

che hanno caratterizzato la storia d'Italia,<br />

subendone le conseguenze che hanno portato ad un<br />

declino prima e ad una rinascita poi. Fu il regime<br />

fascista, infatti, nel 1927, ad ordinare la chiusura<br />

della Confederazione attraverso il debellamento, e<br />

in molti casi la distruzione, di numerosissime<br />

cooperative, senza dimenticare la i pesanti effetti<br />

del secondo conflitto mondiale che coinvolgono,<br />

naturalmente, la cooperazione e e le sue<br />

organizzazioni di riferimento, tra cui<br />

Confcooperative, al pari di tutte le altre realtà socio<br />

economiche del Paese. Tali effetti, tuttavia, non<br />

impediscono a molti cooperatori di tenere vivi lo<br />

spirito ed i principi della cooperazione; ciò<br />

costituisce la premessa sulla base della quale verrà<br />

realizzata una rapida “ricostruzione cooperativa”<br />

quando, terminata la guerra, viene restaurata la<br />

libertà e si affermano i principi democratici<br />

Ad oggi Confocooperative è un'importantissima<br />

realtà sociale ed economica che porta avanti con<br />

impegno e responsabilità i principi che, dal secolo<br />

scorso, la contraddistinguono, cercando in primo<br />

luogo di preservare e tutelare la fiducia che i<br />

cooperatori ripongono in questa rilevante<br />

istituzione, a<br />

livello nazionale e ed internazionale. È questo lo<br />

stimolo principale per la progettazione e<br />

l'attuazione dei vari piani di sviluppo, di crescita e<br />

marketing che la Confederazione mette al servizio<br />

delle imprese, favorendone e valorizzandone la<br />

crescita e lavorando insieme per la realizzazione di<br />

un unico grande progetto che ha come protagonisti<br />

le Cooperative e ancor prima i Soci che ne fanno<br />

parte e che, giorno dopo giorno, portano avanti con<br />

dedizione i valori che stanno alla base di questa<br />

grande rete.<br />

Il lungo excursus affrontato all'interno del<br />

Movimento Cooperativo ha portato alla<br />

convinzione che se esiste un sistema lavorativo<br />

capace di portare ad una sana crescita collettiva,<br />

soprattutto in un momento così delicato, è<br />

certamente quello della cooperazione. Soprattutto<br />

se consideriamo l'elemento chiave su cui si fonda<br />

questo sistema, che non risiede sicuramente nel<br />

desiderio di una ricchezza individuale, anche<br />

perché, diciamolo pure, ad oggi parlare di<br />

ricchezza per la più parte della gente potrà<br />

sembrare blasfemo, in particolare se ricordiamo<br />

che una ricchezza forse c'è, ma è mal ripartita.<br />

Proprio in questi casi lo spirito cooperativo e<br />

l'unico motore capace di ridare vita ad una<br />

macchina che stenta a ripartire e non a caso il 2012<br />

è stato proclamato dall'ONU come l'anno<br />

internazionale delle Cooperative.<br />

Italia Cooperativa, l'organo di stampa di<br />

Confocooperative, ha diffuso dei dati<br />

importantissimi riguardo il binomio crisi –<br />

cooperative, dati che possono dare dei piccoli<br />

fondamenti alle nostre speranze. Negli ultimi 4<br />

anni infatti la cooperazione in Italia ha registrato<br />

+8% di occupazione, un'occupazione moderna, con<br />

maggioranza femminile, che si aggiunge al +13,4%<br />

registrato soltanto dalle cooperative di<br />

Confooperative che fanno, dunque, ancora meglio<br />

della media nazionale, passando da 480mila<br />

persone occupate a 544.480. Numeri importanti<br />

che confermano la caratteristica delle cooperative<br />

di “un utile in meno un occupato in più” che<br />

dimostrano di operare pienamente nella<br />

responsabilità sociale.<br />

Tutto questo non passa inosservato, anzi, le<br />

istituzioni sono ben coscienti del grandissimo<br />

lavoro che le imprese stanno facendo per portare<br />

avanti un intero sistema non solo economico ma<br />

anche culturale. A tal proposito è importante citare<br />

una piccola parte del discorso tenuto dal Ministro<br />

per la Cooperazione Internazionale e l'Integrazione,<br />

Andrea Riccardi, alla 38esima Assemblea<br />

Nazionale di Confcooperative per l'anno 2012, in<br />

cui si ritrovano i concetti fondamentali del ruolo<br />

della cooperazione:<br />


competitività accettata insieme nel suo sviluppo<br />

complessivo. L'uomo, come dimostrano studi<br />

antropologici, deve la sua evoluzione più agli<br />

impulsi cooperativi che a quelli individualistici.<br />

Oggi c'è bisogno di ricostruire e alimentare reti,<br />

occorre rigenerare legami cooperativi. C'è più<br />

bisogno di voi. La cooperazione deve farsi<br />

proposta culturale per il Paese. >><br />

Note:<br />

1 John Stuart Mill, Principles of Political<br />

Economy, London, 1852, cap. IV<br />

BIBLIOGRAFIA:<br />

• A. Azzi, Per la cooperazione un ruolo<br />

fondamentale per far ripartire il sistema Italia, in<br />

“Italia COOPERATIVA”, a. LXVI, n. 18/19, 11-24<br />

maggio 2012<br />

• L. Bianco, Il movimento cooperativo<br />

italiano, storia e ruolo dell'economia nazionale,<br />

Milano, 1975<br />

• Confcooperative, Elabora, L’abc della<br />

cooperativa. La cooperativa dopo la riforma del<br />

diritto societario. Firenze, 2003<br />

• M. Fornasari e V. Zamagni, Il movimento<br />

cooperativo in Italia. Un profilo storico-economico<br />

(1854- 1992), Firenze, 1997.<br />

• Lecacoop Reggio Emilia, Cos’è una<br />

cooperativa e come si costituisce, Reggio Emilia,<br />

2005<br />

• C. Mitra, Per tornare a crescere<br />

scommettere sulle cooperative, in “Italia<br />

COOPERATIVA”, a. LXVI, n. 18/19, 11-24<br />

maggio 2012<br />

• P.L. Morara, La Cooperativa: Istruzioni per<br />

l’uso, Imola (BO), 2005<br />

SITOGRAFIA<br />

• A. De Cristofaro, Cooperativo,<br />

Movimento,<br />

• Il movimento cooperativo, cronologia e<br />

cenni storici, <<br />

http://www.modena.legacoop.it/updown/storia/stori<br />

a-01.pdf><br />

• Che cos’è una cooperativa,<br />

<br />

• Confcooperative, Chi siamo, <<br />

http://www.confcooperative.it/Chi%20Siamo/defau<br />

lt.aspx><br />

• L’impresa, Società cooperative, <<br />

http://www.notariato.it/it/serviziutenti/impresa/societa-cooperative/ingenerale.html>


Immigrazione:<br />

una risorsa per l'Italia<br />

Bagnato Maggie<br />

Nel corso del XX secolo il flusso<br />

migratorio non si è praticamente mai<br />

arrestato. Il continuo spostamento di<br />

individui singoli, di famiglie, di intere<br />

comunità ha motivazioni molto<br />

complesse, che sono inerenti sia alla necessità di<br />

fuga, sia all'attrazione. Oggi il fenomeno<br />

dell'emigrazione riguarda soprattutto Paesi che o<br />

sono strangolati da un elevatissimo debito estero,<br />

o sono interessati da conflitti armati relativi a<br />

conflitti politici, religiosi, etnici, che rendono<br />

praticamente impossibile l'organizzazione della<br />

vita economica e sociale. Il fenomeno<br />

dell'immigrazione è un tema associato a quello<br />

dell'aumento della delinquenza e della criminalità.<br />

Per quanto riguarda l'Italia, tuttavia, delle ricerche<br />

hanno dimostrato che non c'è alcun nesso fra<br />

l'immigrazione e la criminalità. I due fenomeni<br />

sono entrambi attratti dalla ricchezza, e quindi<br />

possono intensificarsi contemporaneamente nelle<br />

zone ricche, senza però che l'una causi o favorisca<br />

l'altra.<br />

La mia tesi è dunque quella di dimostrare come gli<br />

immigrati possono essere una grande risorsa per<br />

l'Italia, un futuro per questo Paese, adattandosi<br />

tranquillamente ai nostri stili di vita, se aiutati e<br />

stimolati da noi italiani. Perciò non sono d'accordo<br />

alla chiusura delle frontiere, non sarebbe mai un<br />

gran giovamento, né dal punto di vista economico<br />

né tantomeno da quello umano. Si avrebbe un<br />

impoverimento della cultura che finirebbe<br />

comunque per diventare sterile, chiusa fino ad<br />

assere schiacciata dall'evoluzione di quelle che le<br />

sono attorno. Vorrei una società più accogliente,<br />

uno Stato più sociale, un governo più pragmatico<br />

nel legiferare, un Paese che si rispecchiasse nei<br />

valori e nelle leggi della sua Costituzione, un<br />

popolo con medesimo denominatore comune:<br />

amare, accogliere e rispettare diritti e doveri. Non<br />

voglio delle gabbie nelle scuole, luogo per<br />

eccellenza della conoscenza e del sapere, non<br />

vorrei che lo straniero si sentisse emarginato ed<br />

escluso; non vorrei che la badante fosse sfruttata e<br />

considerata come schiava; non vorrei che lo<br />

straniero diventasse solo un marciapiede per la<br />

forza lavoro. In una società civile le minoranze<br />

devono essere protette e non umiliate. Non vorrei<br />

però che il cittadino cancellasse i simboli o<br />

negasse la cultura del Paese che lo ospita.<br />

La migrazione internazionale per lavoro è spesso<br />

vista dai Paesi in via di sviluppo come un rimedio<br />

contro la disoccupazione e sottoccupazione<br />

interna; a ciò si aggiunge il vantaggio economico<br />

costituito dalle rimesse degli emigranti e da quanti<br />

ritornano e investono i risparmi in patria. Molto<br />

più generalmente le motivazioni che spingono una<br />

persona a lasciare il proprio Paese sono la ricerca<br />

di un lavoro che possa migliorare le proprie<br />

condizioni di vita; il proseguimento degli studi o<br />

l'istruzione; il turismo; il matrimonio o il<br />

ricongiungimento familiare; fuga dal proprio<br />

Paese per motivazioni politiche, etniche, religiose


o ambientali. In quest'ultimo caso si parla di<br />

profughi, cioè persone che ricercano un rifugio per<br />

sopravvivere.<br />

Se per i Paesi in via di sviluppo questo fenomeno<br />

rappresenta una valvola di sfogo per il forte<br />

incremento demografico, per i Paesi più<br />

industrializzati gli immigrati e in particolare modo i<br />

loro figli contribuiscono a rallentare<br />

l'invecchiamento della popolazione.<br />

Il fenomeno dell'immigrazione in Italia può essere<br />

analizzato considerando la regolamentazione,<br />

poiché tanti extracomunitari giungono nel nostro<br />

Paese clandestinamente, alcuni viaggiando su<br />

imbarcazioni di fortuna e dietro il pagamento<br />

d'ingenti somme di denaro a scafisti privi di<br />

scrupoli. Proprio per questo le varie leggi<br />

sull'immigrazione che si sono succedute in Italia<br />

negli ultimi anni tendono a regolare il flusso<br />

migratorio nel nostro Paese.<br />

L'immigrazione costituisce, in ogni modo, una<br />

preziosa risorsa per lo sviluppo economico<br />

dell'Italia. Infatti storicamente gli Stati Uniti, che<br />

per tanto tempo hanno praticato una politica di<br />

apertura e che fino ad alcuni decenni fa hanno<br />

ricevuto un'immigrazione illimitata, hanno avuti<br />

ritmi di sviluppo intensi che gli altri Paesi non<br />

hanno conosciuto. Sarebbe quindi davvero<br />

riprovevole che fossero chiuse le porte a chi viene a<br />

portare il suo lavoro nel nostro Paese. Il numero di<br />

stranieri extracomunitari provvisti di regolare<br />

permesso di lavoro è di circa 1.250.000.<br />

Relativamente si può osservare che gli immigrati<br />

sono impegnati come conciatori, addetti alle<br />

fonderie, fattorini, minatori, lavapiatti, camerieri,<br />

domestici, badanti e in tanti altri mestieri che gli<br />

Italiani in genere rifiutano considerandoli troppo<br />

faticosi e professionalmente dequalificanti pur<br />

accettando un misero stipendio; quindi coprono una<br />

domanda che altrimenti avrebbe difficoltà ad essere<br />

soddisfatta.<br />

L'impiego di una manodopera immigrata, efficiente<br />

e laboriosa, ha fatto letteralmente da traino ad<br />

alcuni settori dell'agricoltura: pensiamo alla<br />

raccolta dei pomodori nelle regioni meridionali, a<br />

quella delle mele nel Trentino Alto Adige, alla<br />

vendemmia in Piemonte, in Toscana, in Emilia-<br />

Romagna. Regioni economicamente prosperose,<br />

ma carenti per quanto concerne la forza-lavoro, che<br />

la presenza di immigrati all'interno delle industrie<br />

si è resa indispensabile.<br />

In Sicilia, invece, è toccato ai lavoratori tunisini<br />

salvare l'attività della pesca, in procinto di<br />

scomparire perché evitata dalla manodopera<br />

giovanile locale.<br />

Gli italiani sono stati protagonisti del più grande<br />

esodo migratorio della storia moderna già dal 1861.<br />

Fa parte della nostra storia, della nostra cultura.<br />

Invece sembra che non vogliamo ricordare di<br />

quando “i vu cumprà” eravamo noi, quando milioni<br />

di italiani andavano alla ricerca della<br />

sopravvivenza lontano dal loro paese per<br />

combattere la fame e la povertà.<br />

Se facciamo un passo indietro e andiamo a<br />

ritrovare le nostre condizioni nel passato, possiamo<br />

notare la grande miseria che esisteva al tempo<br />

perché siamo diventati un paese di immigranti e il<br />

passato sembra non fosse esistito. E’ come una<br />

parte di storia da cancellare, come se ci<br />

vergognassimo di ciò che i nostri antenati hanno<br />

dovuto fare per scappare dalle loro povere<br />

condizioni.<br />

Eppure non dobbiamo dimenticare il nostro<br />

passato di emigranti: noi, che siamo andati a<br />

portare la nostra intelligenza in tutto il mondo,<br />

siamo stati trattati a volte bene, a volte meno bene,<br />

comunque siamo riusciti quasi dappertutto a far<br />

apprezzare il lavoro italiano.<br />

Gli immigrati sono pertanto una preziosa risorsa<br />

per i poli industriali in crescita nel nostro Paese. E'<br />

il ribaltamento di un'opinione, ancora oggi molto<br />

diffusa nella popolazione italiana e in parte nella<br />

nostra classe politica dirigente, che vuole gli<br />

immigrati come pericolosi concorrenti nella ricerca<br />

di un posto di lavoro, cioè come un fattore di<br />

disoccupazione locale. Se è vero che gli immigrati<br />

sono disposti molto più degli italiani ad accettare<br />

lavori faticosi, saltuari o stagionali, spesso<br />

retribuiti “in nero” o con salari che sono al limite<br />

dello sfruttamento, non è certo con questi che<br />

bisogna prendersela se nel Mezzogiorno persiste<br />

un'arretratezza economica, strutturale e<br />

tecnologica; se tanti giovani meridionali, dopo<br />

essersi laureati sono costretti a ripiegare su lavori<br />

non all'altezza delle loro aspirazioni professionali;<br />

se imprenditori privi di scrupoli continuano ad<br />

assumere manodopera locale qualificata senza un<br />

regolare contratto di lavoro, senza alcuna tutela<br />

previdenziale e dagli infortuni, senza compenso<br />

adeguato al tipo di mansione svolta.<br />

Ovviamente, la manodopera poco costosa, che si


adatta a lavori spiacevoli o faticosi e spesso anche<br />

pericolosi, rifiutati dai lavoratori locali ha creato un<br />

vuoto nell'occupazione, lasciato da molti nostri<br />

connazionali, che viene riempito proprio dagli<br />

immigrati, senza il cui fattivo contributo il nostro<br />

sistema economico rischierebbe il collasso. "Il Sole<br />

24 Ore" del gennaio 1999 ci indica che gli<br />

extracomunitari presenti in Italia, tra regolari ed<br />

irregolari, sono poco più di 1.240.000, ossia il 2%<br />

della popolazione presente in Italia, e di questi solo<br />

563.000 circa (il 45%) sono lavoratori regolari, i<br />

restanti sono clandestini o disoccupati. Questi dati<br />

sono preoccupanti se pensiamo che il 65% delle<br />

rimanenti persone per vivere deve lavorare in nero<br />

o, peggio ancora, deve dedicarsi ad azioni ancora<br />

più illecite, come spaccio di stupefacenti, induzione<br />

alla prostituzione, ecc. In un'inchiesta fatta sempre<br />

da "Il sole 24 ore" nel gennaio 1999 notiamo che il<br />

settore lavorativo in cui gli immigrati lavorano di<br />

più è il settore del commercio (28,9%), seguito da<br />

quello della metalmeccanica (23,2%) ed edilizia<br />

(12,6%).<br />

Quindi fra tutti gli extracomunitari presenti in Italia<br />

neanche la metà, ossia il 45%, sono lavoratori<br />

regolari. L'altro 65% viene spartito tra disoccupati,<br />

rifugiati politici, clandestini e lavoratori in nero.<br />

Questo deve farci riflettere, basti pensare che danno<br />

si può arrecare allo Stato Italiano se l'1% dei<br />

cittadini lavora in nero!! Bisogna però non solo<br />

considerare l'aspetto economico della situazione,<br />

ma anche il lato umanitario: questa povera gente<br />

infatti non lavora in nero, o si dedica ad attività<br />

illegali soltanto per sfizio, ma sicuramente lo fa per<br />

sopravvivere. Questo non li giustifica, ma<br />

comunque spiega il fatto che vede molti<br />

extracomunitari legati ad attività illegali.<br />

Da non dimenticare che molti di loro si vanno a<br />

scontrare con realtà europee già di per sé<br />

interessate da fenomeni di disoccupazione,<br />

criminalità organizzata e corruzione. Tutto ciò<br />

viene visto molto spesso negativamente dalla<br />

popolazione italiana che etichetta gli immigrati<br />

come “possibili criminali” o “parassiti sociali”;<br />

nonostante questo sia solo uno stereotipo credo che<br />

nel nostro Paese sia ancora in circolazione una<br />

forma seppur minima di razzismo che condanna<br />

coloro che si spostano da uno Stato ad un altro a<br />

trascinarsi dietro un’etichetta scomoda e umiliante.<br />

Tuttavia, soprattutto negli anni Novanta,<br />

l'immigrazione ha creato tensioni in molti parti del<br />

mondo; in Europa gli emigranti provenienti dai<br />

Paesi del Sud del mondo si sono concentrati nelle<br />

città, dove contendono alla popolazione locale più<br />

povera le abitazioni più misere i lavori sottopagati,<br />

spesso vivendo in condizioni di marginalità.<br />

Infine, attraverso la condivisione del vissuto<br />

quotidiano permette di conoscere realmente una<br />

differente realtà culturale e sociale e aiuterebbe a<br />

sviluppare il nostro Paese, e soprattutto a far<br />

crescere i bambini che nelle scuole elementari<br />

italiane; infatti le occasioni d'incontro con gruppi<br />

etnici diversi dovrebbero rappresentare un<br />

momento di arricchimento per entrambi, non<br />

un'occasione di panico da parte dei più piccoli e dei<br />

più grandi. E’ importante capire che non è giusto<br />

che un’intera comunità paghi per colpa di alcuni<br />

individui che infangano la reputazione di un intero<br />

popolo e che la violenza non deve essere<br />

ricambiata con altra violenza. Ma bisogna mettersi<br />

dalla parte delle persone che non si sentono più<br />

nelle “loro” città, che all’improvviso sono<br />

diventate piene di stranieri che ne stanno<br />

modificando la vita, le abitudini e i modi di fare.<br />

La nostra è ormai una cultura allargata nella quale<br />

sin da bambini si è abituati a stare a contatto con<br />

persone di altre etnie e di diverse culture ma<br />

proprio per questo motivo credo che sia necessario<br />

trovare punti di incontro e di dialogo senza sfociare<br />

nella violenza.<br />

Dunque gli immigrati chiedono solamente di poter<br />

lavorare, di poter contribuire anche loro alla<br />

ricchezza del Paese che li ospita. Ingannevole è<br />

l'idea che gli immigrati possano togliere il lavoro ai<br />

locali, un pregiudizio questo che è anche il<br />

presupposto di una sempre maggiore intolleranza.<br />

Il problema della diffusione della criminalità va<br />

affrontato con serenità e senza pregiudizio: anche<br />

se si tratta di minoranze che vengono coinvolte nel<br />

giro della criminalità organizzata, bisogna pur dire<br />

che sono, in realtà l'emarginazione e la condizione<br />

d'irregolarità a spingere i più deboli e i più disperati<br />

tra le grinfie dei criminali.<br />

Per risolvere questo problema, bisognerà far uscire<br />

gli immigrati dalla condizione d'irregolarità,<br />

assicurando piena dignità di lavoro e di trattamento<br />

a tutti i lavoratori extracomunitari: in questo modo,<br />

non solo si sopprimeranno le condizioni che<br />

favoriscono la diffusione degli atteggiamenti<br />

criminali, ma si eliminerà anche lo sfruttamento di<br />

questi lavoratori, nonché la preferenza che certi


datori di lavoro senza scrupoli concedono agli<br />

extracomunitari a danno dei lavoratori italiani.<br />

Altra soluzione efficace, per me, sarebbe quella di<br />

mandare aiuti concreti nei Paesi originari: soldi,<br />

personale specializzato, costruendo opere<br />

pubbliche adeguate, insegnando tecniche<br />

all’avanguardia in modo di risolvere localmente i<br />

problemi degli immigrati, evitando così che<br />

migliaia di persone lascino la loro terra natale.<br />

Resta il fatto che siamo ancora molto diffidenti<br />

rispetto ai “diversi” e non ci ricordiamo che anche<br />

nella nostra storia è stato scritto un triste capitolo di<br />

immigrazione: come dimenticare le grandi navi o<br />

gli straripanti treni che partivano dal mezzogiorno<br />

per andare in America o in Europa, migliaia di<br />

sventurati con le valigie di cartone pronti<br />

all'avventura, gente che accettava umili lavori pur<br />

di sopravvivere: ora la storia si ripete con l’unica<br />

variante che i poveri del mondo, almeno in larga<br />

parte, non siamo noi … ma aumentano sempre più.<br />

Ora noi viviamo in un paese di immigrazione, dove<br />

arrivano stranieri, perfino extracomunitari, da tutte<br />

le parti. Magari li trattiamo pure male, ma<br />

dobbiamo pensare che vivono la stessa situazione<br />

degli italiani di un tempo. E’ vero che alcuni<br />

stranieri sono clandestini o si comportano come<br />

non devono, ma non per questo se uno straniero si<br />

comporta male, tutti quelli del suo Paese sono<br />

come lui. E bisogna anche considerare che come<br />

esistono stranieri maleducati o che non fanno il<br />

proprio dovere e non rispettano le varie regole,<br />

esistono anche italiani che si comportano male.<br />

Bibliografia<br />

Livi Bacci Massimo, L'immigrazione e<br />

l'assimilazione degli italiani negli Stati Uniti,<br />

Giuffr, 1961<br />

Adinolfi Adelina, I lavoratori extracomunitari.<br />

Norme interne e internazionali, Milano, 1992<br />

M. De Bernart – G. Sciortino, Migrazioni, risposte<br />

sistemiche, nuove solidarietà', Roma, 1994<br />

L. Bianciardi, L'integrazione, Bompiani, Milano,<br />

1994<br />

M. Giacomarra, Immigrati e minoranze. Percorsi di<br />

integrazione sociale in Sicilia, Palermo, La Zisa,<br />

1994<br />

Il Sole 24 ore, La nuova legge sull’immigrazione,<br />

Roma, 1999<br />

Iraci Fedeli Leone, Razzismo e immigrazione. Il<br />

caso Italia, Lucca, 2000


L'inaffidabilità della traduzione<br />

della Bibbia<br />

Bennardo Mariangela<br />

L'<br />

attendibilità della traduzione odierna<br />

della Bibbia è stata per molti oggetto di<br />

lunghi e accesi dibattiti. Non si è mai<br />

messo in dubbio che la Bibbia sia il più<br />

singolare volume che mai sia stato<br />

scritto dall'uomo in circa cinquemila anni di uso<br />

della scrittura. Pur essendo stata scritta in tempi<br />

tanto diversi (durante più di 1500 anni, circa dal<br />

XV secolo a.C. al I secolo d.C.) e da persone di<br />

così varia estrazione sociale (gli autori sono più di<br />

quaranta: re, contadini, filosofi, pescatori, poeti,<br />

statisti, studiosi), dall'inizio alla fine la Bibbia<br />

presenta una continuità unica. Ma la Bibbia non<br />

solo è superiore a qualsiasi altra letteratura per il<br />

suo contenuto e per la sua diversità stilistica, ma<br />

essa supera qualsiasi altro libro anche per la sua<br />

diffusione e per la sua influenza. Ma noi non<br />

abbiamo altro che manoscritti che sono delle copie<br />

di copie di altrettante copie che sono talvolta in<br />

forte contraddizione fra di loro. 1 Ecco perché oggigiorno<br />

il dibattito sulla traduzione della Bibbia è<br />

incentrato sul tema della fedeltà della traduzione<br />

all’originale, vale a dire sulla possibilità o meno di<br />

conservare la forma, il contenuto, del testo<br />

all’origine del processo di traduzione.<br />

La mia tesi è che difficilmente la Bibbia di oggi<br />

abbia lo stesso significato letterale di quella<br />

originale. Basti pensare alla traduzione della CEI<br />

(Conferenza Episcopale Italiana), iniziata nel<br />

1965 e divenuta la traduzione italiana cattolica<br />

ufficiale nel 2008, scritta con lo scopo di fornire<br />

una traduzione adatta alla liturgia cattolica<br />

italiana, secondo le indicazioni del Concilio<br />

Vaticano II. Data l’urgenza della richiesta non<br />

venne eseguita una nuova traduzione dai testi<br />

originali, ma fu deciso di operare una revisione<br />

della<br />

1 Odifreddi, quarta di copertina.<br />

versione UTET1, omogenea in quanto opera di tre<br />

soli traduttori. Lo stile della<br />

Bibbia CEI è più vicino alla lingua corretta e<br />

corrente che non alla resa meccanica del<br />

significato originale: in termini traduttologici,<br />

viene cercata un'equivalenza funzionale a<br />

discapito di quella formale. Per esempio non<br />

vengono resi alcuni semitismi presenti nei testi<br />

originali che risulterebbero incomprensibili per un<br />

lettore e uditore italiano, come in Lc 1,69 dove si<br />

legge "ha suscitato per noi una salvezza potente",<br />

quando una resa letterale o formale del testo greco<br />

originale suonerebbe come un incomprensibile<br />

"eresse un corno di salvezza". È ovvio che<br />

modificando un verbo, parole che significano una<br />

cosa specifica e non qualcos’altro o cancellando<br />

espressioni, citazioni si può stravolgere l’intero


significato del messaggio. Ed è proprio questo che<br />

rende oggi il testo biblico non fedele all’originale<br />

messaggio di chi lo ha ispirato e che desiderava<br />

tramandare.<br />

L’alterazione del significato o del genere delle<br />

parole è stata una pratica molto utilizzata<br />

all’interno della Bibbia, direi quasi assiduamente. È<br />

il caso della parola Spirito Santo. La parola<br />

“spirito” è spesso usata nella Scrittura a Dio. Gv 4,<br />

24 afferma che “Dio è Spirito”. In ebraico la parola<br />

spirito è רוח ("ruach"), un nome di genere<br />

femminile. "Spirito Santo" è רוח הקודש, "ruach<br />

haQodesh". Per la Religione ebraica con tale<br />

termine viene indicata la forza attiva o energia<br />

vitale di Dio. Questo concetto non ha avuto tuttavia<br />

uno sviluppo particolare nell'Ebraismo, come<br />

invece si è avuto nel Cristianesimo. In greco antico<br />

"spirito" si dice "πνεύµατος" o "πνεῦµα"<br />

("pneuma"; da "πνέω", "pneō", cioè<br />

"respirare/soffiare/aver vita"), ed è di genere<br />

neutro. In latino Spirito è "Spiritus" (da "spiro",<br />

cioè "respirare", "soffiare") ed è di genere<br />

maschile. Da lì e dal greco l'equivoco di una<br />

Trinità, la dottrina centrale delle più diffuse chiese<br />

cristiane, tutta maschile. Se ci soffermiamo poi sul<br />

termine El shadày (אֵל שַׁדַּי) noto come<br />

“onnipotente” scopriamo un’alterazione a dir poco<br />

unica. Il Dizionario di ebraico e aramaico biblici<br />

non dà una traduzione esatta e concreta del termine,<br />

ma lo classifica semplicemente come un termine di<br />

teologia biblica. In ebraico comunque שַׁד (shad)<br />

significa “mammella”. Recentemente si è collegato<br />

shadày con la radice semitica tdy che significa<br />

“petto”. L’immagine che ne deriva è quindi pettomammella<br />

e nel linguaggio concreto ebraico questo<br />

attributo femminile viene associato proprio a Dio.<br />

Diversi sono poi gli esempi di parole che cambiano<br />

di significato tra una traduzione e l’altra; parole<br />

come eredità2 si trasformano in proprietà o il<br />

placarsi3 arriva ad identificarsi con il pentimento.<br />

Piccole variazioni che sembrano insignificanti, ma<br />

che stravolgono completamente il senso del<br />

messaggio originale.<br />

1 E. Galbiati, A. Penna e P. Rossano, La Sacra<br />

Bibbia, UTET 1963.<br />

2 Deuteronomio 3, 18. Versione Bibbia Mons.<br />

Martini 1778 . Versione CEI 2008


afferma .<br />

In realtà, il versetto eliminato non è una ripetizione,<br />

ma un rafforzativo ma essendo un concetto<br />

“infausto”, i censori biblici lo hanno censurato. La<br />

Bibbia contiene molti brani ripetuti, ma quando il<br />

ribadire è inopportuno lo si elimina con effimere<br />

motivazioni. Eppure anche l’espressione “è meglio<br />

per te” viene ripetuto per tre volte, ma non è stato<br />

cancellato. Eclatante è poi l’esempio nel Vangelo di<br />

Luca 23,17 dove è<br />

popolo suo quel male, che aveva detto.>> Versione<br />

CEI 2008 >.<br />

presente una cancellazione, ma non vi è nessuna<br />

nota contenente la spiegazione a tale atto.<br />

Cristo davanti a Pilato:<br />


quanti mi odiano,[10] ma usa misericordia fino a<br />

mille generazioni verso coloro che mi amano e<br />

osservano i miei comandamenti.[11] Non<br />

pronunciare invano il nome del Signore tuo Dio<br />

perché il Signore non ritiene innocente chi<br />

pronuncia il suo nome invano.[12] Osserva il<br />

giorno di sabato per santificarlo, come il Signore<br />

Dio tuo ti ha comandato.[13] Sei giorni faticherai e<br />

farai ogni lavoro,[14] ma il settimo giorno è il<br />

sabato per il Signore tuo Dio: non fare lavoro<br />

alcuno né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo<br />

schiavo, né la tua schiava, né il tuo bue, né il tuo<br />

asino, né alcuna delle tue bestie, né il forestiero,<br />

che sta entro le tue porte, perché il tuo schiavo e la<br />

tua schiava si riposino come te.[15] Ricordati che<br />

sei stato schiavo nel paese d'Egitto e che il Signore<br />

tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potente e<br />

braccio teso; perciò il Signore tuo Dio ti ordina di<br />

osservare il giorno di sabato.[16] Onora tuo padre e<br />

tua madre, come il Signore Dio tuo ti ha<br />

comandato, perché la tua vita sia lunga e tu sii<br />

felice nel paese che il Signore tuo Dio ti dà.[17]<br />

Non uccidere.[18] Non commettere adulterio.[19]<br />

Non rubare.[20] Non pronunciare falsa<br />

testimonianza contro il tuo prossimo.[21] Non<br />

desiderare la moglie del tuo prossimo. Non<br />

desiderare la casa del tuo prossimo, né il suo<br />

campo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il<br />

suo bue, né il suo asino, né alcuna delle cose che<br />

sono del tuo prossimo.1<br />

1 Versione Bibbia CEI 2008. Notare che il testo<br />

biblico non riporta la numerazione dei<br />

comandamenti, né, nell'originale ebraico, conosce<br />

punteggiatura. Qui si è messa la punteggiatura, ma<br />

non appartiene al testo biblico. Inoltre dobbiamo<br />

tenere presente che la suddivisione in versetti non è<br />

nel testo originale, ma è stata formulata nel<br />

secondo millennio cristiano per facilitare il lavoro<br />

di individuare le citazioni bibliche. Essa è quindi<br />

puramente redazionale.<br />

Da una prima lettura si scoprono cose incredibili.<br />

Dio chiede esplicitamente che non vengano fatte<br />

immagini sacre, eppure le chiese sono piene di<br />

figurazioni di Dio e santi vari davanti alle quali la<br />

comunità cattolica si prostra, una pratica proibita<br />

dallo stesso Dio. Per ciò che riguarda invece il<br />

comandamento di Dio circa il giorno del riposo, il<br />

sabato, la curia romana ha pensato di modificarlo<br />

in: ‘Ricordati di santificare le feste’ e questo per far<br />

ricordare di osservare le feste di precetto che sono,<br />

oltre a tutte le domeniche, ‘Natale, Circoncisione,<br />

Epifania, Ascensione, Corpus Domini; Immacolata<br />

e Assunzione di Maria Vergine, S. Giuseppe, i<br />

Santi Pietro e Paolo e Tutti i Santi’. Infondo Dio<br />

istituì delle feste, esse erano la festa di Pasqua, la<br />

festa di Pentecoste, la festa delle Capanne, e<br />

comandò agli Israeliti di osservarle, ma il<br />

comandamento di osservarle non fu messo da Dio<br />

tra le dieci parole assieme al comandamento sul<br />

sabato, lo avrebbe potuto fare ma sta di fatto che<br />

non lo fece. Inoltre il comandamento “non<br />

commettere adulterio” ha cambiato del tutto volto<br />

con “non commettere atti impuri”, espressione<br />

impossibile da definire con chiarezza e<br />

definitivamente. Infine Dio chiede di non<br />

desiderare le cose degli altri, in generale. Invece<br />

qualcuno, nella versione mnemonica, ha deciso di<br />

mettere in evidenza "la donna d'altri", con un<br />

comandamento a se stante, ma al tempo stesso ha<br />

deciso di omettere il riferimento agli schiavi.<br />

Insomma, dagli originali comandamenti biblici si<br />

evince che la pratica cristiana, e cattolica in<br />

particolare, non li rispetta affatto. Ma cosa ancor<br />

più grave, a mio modesto parere, è che il Dio<br />

cristiano legittima la schiavitù. E poco vale<br />

avanzare giustificazioni che tentino di inserire i<br />

comandamenti nel periodo storico in cui sono stati<br />

scritti, in quanto se sono stati ispirati veramente da<br />

Dio il periodo storico non conta. A meno che il<br />

testo non suggerisca chiaramente che quelle parole<br />

siano state scritte da un essere che poco aveva di<br />

divino. Anche i Salmi, che costituiscono i brani<br />

fondamentali del cerimoniale liturgico, sono stati<br />

preda di atti di manipolazione. Due Salmi<br />

imprecatori sono stati eliminati dal salterio<br />

liturgico: "sconsacrati" dal Concilio Vaticano II: Il<br />

salmo 108, il «salmo-maledizione per eccellenza»,<br />

«una litania di imprecazioni», «un torrente di<br />

ingiurie e di anatemi» e il salmo 57, il salmo<br />

paragonato ad una «cascata di insulti», un «pieno<br />

di invettive». Non è bastato spiritualizzarli o<br />

interpretarli metaforicamente. Per tutti gli altri<br />

brani crudeli della Bibbia la vigilanza ecclesiastica<br />

ha operato indirettamente non inserendoli nella<br />

lista liturgica, come i versetti finali del Salmo 137.<br />

In tal modo, i fedeli non ascoltano ciò che non<br />

devono ascoltare e la lode liturgica è salva.<br />

La mia convinzione, dunque, è che la Bibbia,<br />

l’unica norma alla quale dobbiamo attenerci per


quanto riguarda la fede, è inaffidabile a causa delle<br />

alterazioni delle traduzioni e della cancellazione<br />

sistematica di alcuni concetti. La Chiesa nei secoli<br />

non ha smesso di mentire per proprio tornaconto<br />

personale e mantenere così il dominio sulla massa<br />

di gente credulona. Questo perché è riuscita a<br />

cogliere l’innegabile potere della parola, la<br />

1. È vero che la lingua si evolve col<br />

tempo, ma il significato non deve essere mutato,<br />

per di più se si tratta di un messaggio “divino” al<br />

quale milioni di persone credono fortemente.<br />

Eppure la stessa Chiesa lo ha fatto. Sono state<br />

effettuate diverse manipolazioni, segno evidente<br />

che gli stessi teologi non approvano alcuni concetti<br />

della “Parola di Dio”, a tal punto da alterarli o<br />

finanche cancellarli: un inganno perpetrato ai danni<br />

del sapere e della fede.<br />

1 Gorgia, Encomio di Elena, fr. 11, 8-9<br />

SITOGRAFIA:<br />

o it.wikipedia.org<br />

o www.utopia.it<br />

BIBLIOGRAFIA:<br />

o La Sacra Bibbia CEI, Uelci 2008<br />

o J. Podeur, La pratica della traduzione,<br />

Napoli, Liguori Editore, 2002


Il vampiro ed il capitalismo<br />

I<br />

l motivo per cui ho scelto di affrontare<br />

l’argomento “Il vampiro e il<br />

capitalismo” è dovuto dal fatto che<br />

viviamo in una società che basa il suo<br />

interesse sullo sfruttamento e la<br />

speculazione della classe operaia, al fine di trarne<br />

il massimo profitto. Il declino del capitalismo è un<br />

fatto ormai assodato, ma nonostante ciò, come un<br />

vampiro si addentra nella notte in cerca di vittime,<br />

esso si addentra nelle nostre economie con<br />

l’intento di succhiare l’anima dei lavoratori. Il<br />

nostro paese come anche il resto del mondo<br />

sembrano assopiti in una sorta di dormi- veglia<br />

dove solo pochi sembrano interessarsi al bene<br />

comune mentre tutti gli altri sperano che dall’alto,<br />

dei governi, qualcosa possa cambiare.<br />

Ultimamente non si fa altro che parlare di debito<br />

pubblico, rallentamento della crescita economica e<br />

della scarsa credibilità dei governi. La crisi<br />

economica di oggi, in generale sembra essere<br />

giunta ormai al culmine: dagli iniziali piani di<br />

salvataggio delle banche, ai piani di stimolo<br />

fiscale, agli attuali piani di austerità. In questo<br />

contesto anche le banche rivestono un ruolo<br />

decisivo in questo scenario di difficoltà per i più<br />

deboli. Infatti se la banca in passato era<br />

considerata uno strumento di crescita del<br />

territorio, per la capacità di alimentarlo attraverso<br />

la facilità dell’accesso al credito, adesso le banche<br />

hanno nettamente invertito la tendenza. Le<br />

difficoltà dei mercati, animati da logiche spietate,<br />

Borrelli Sabrina<br />

hanno portato le stesse banche ad inasprire<br />

sempre più la loro competitività, finalizzata al<br />

raggiungimento di utili. Dall’altro lato però, ci<br />

sono i mercati che essendo sempre più contratti<br />

non sono in grado di garantire gli utili di una<br />

volta. La crisi occorsa agli istituti bancari nel<br />

1929, particolarmente in Italia, fu una<br />

conseguenza dell’appesantimento dovuto, prima<br />

al massiccio finanziamento delle imprese in<br />

difficoltà, poi alla trasformazione dei<br />

finanziamenti in partecipazioni; in altri termini la<br />

crisi bancaria fu conseguente a quella dei settori<br />

produttivi. Oggi la crisi degli istituti bancari<br />

deriva direttamente da loro comportamenti sui<br />

mercati finanziari, oggi il fenomeno quindi è<br />

diverso. Oggi le banche hanno difficoltà nelle<br />

loro normali funzioni di credito minuto e credito<br />

per la casa. La crisi odierna, quindi, è<br />

propriamente crisi del sistema finanziario e<br />

tuttavia, a causa della forte connessione con il<br />

sistema produttivo, essa può ripercuotersi e avere<br />

gravi conseguenze su quest’ultimo, specie quando<br />

il sistema finanziario non sia più in grado di dare<br />

adeguato respiro agli investimenti.<br />

La mia tesi è che al giorno d’oggi le industrie e le<br />

grandi imprese sembrano interessarsi poco o<br />

niente alla classe lavoratrice. Siamo soggetti a<br />

riforme, cambi di governo, capitalisti e membri<br />

delle banche. Il punto è quindi capire se si tratta di<br />

semplici tattiche economiche per cercare di far<br />

fronte alla crisi oppure se si tratta di un vero e


proprio capitalismo – vampiro. Proprio per questo<br />

il vampiro è sempre stato visto anche come simbolo<br />

del capitalismo, del padrone che sfrutta il lavoro<br />

degli operai per arricchirsi sempre più, della sete di<br />

potere che non si fa scrupolo di gravare su chi già<br />

ha poco. Tutte le riforme infatti vanno contro i più<br />

poveri che sono costretti a fare sacrifici a causa<br />

della cattiva gestione economica dello stato. Tutto<br />

questo è vero ma non coglie la natura della crisi<br />

attuale. Essa non è cominciata con il disastro<br />

finanziario ma è da considerarsi come il frutto del<br />

fallimento di un programma che vede l’impresa<br />

come modello economico e degli scontri che esso<br />

ha ottenuto col capitale umano e l’imprenditore<br />

stesso. È proprio questa la causa che ha trasformato<br />

il credito in debito. Ora , come 80 anni fa, il<br />

capitalismo è in crisi, ma questa volta le<br />

conseguenze non saranno migliori come quelle di<br />

ieri.<br />

Difatti, nelle società di oggi, industriali e non, la<br />

conseguenza più evidente di questa crisi è<br />

sicuramente la perdita di speranza e di fiducia nel<br />

sistema. Non c’è più fiducia nel futuro ne per sé, ne<br />

per i propri figli. Anche il fenomeno della<br />

disoccupazione non solo si è aggravato, ma si è<br />

stabilizzato in maniera permanente.<br />

La crisi del sistema capitalista sta diminuendo i<br />

salari, i posti di lavoro e di conseguenza le<br />

condizioni di vita dei proletari,peggiorano. I<br />

licenziamenti sono sempre di più e i governi si<br />

preoccupano di preservare il ruolo delle grandi<br />

imprese e delle banche. Anche i sindacati fanno<br />

altrettanto : costretti a sostenere il governo e i<br />

“padroni” contrastano ogni qualsiasi forma di<br />

protesta della classe operaia, stroncando i lavoratori<br />

che protestano con tutta la loro forza contro i<br />

licenziamenti. I disoccupati sono 210 milioni, 30<br />

milioni in più con la crisi. Tutto questo per<br />

mantenere il profitto dei padroni, distruggendo le<br />

conquiste e i diritti della classe operaia. Parlando di<br />

crisi, ci si riferisce a quella che ha colpito prima le<br />

grandi banche americane, poi la finanza mondiale,<br />

e ora va mettendo in panne l’economia tutta intera,<br />

con pesanti ricadute su occupazione e condizione<br />

dei ceti più deboli. I giornali e le tv continuano a<br />

dirci che non ci sono soldi per i servizi pubblici,<br />

per la sanità, per rendere le scuole luoghi sicuri,<br />

dove in nostri figli possano imparare ad affrontare<br />

la vita senza il rischio di perderla a causa di un<br />

crollo improvviso; non ci sono soldi per<br />

l’assistenza degli anziani e dei disabili, per curare<br />

al meglio tutti coloro che non possono ricorrere a<br />

cure private, non ci sono soldi per curare le ferite<br />

inferte al territorio e all’anima della gente che vive<br />

sempre più ai margini del grande banchetto.<br />

Ma perché il capitalista è accostato alla figura del<br />

vampiro? Iniziamo col dire che il vampiro si è<br />

sempre distinto, oltre che per il suo fascino<br />

mitologico, anche perché egli ha rappresentato in<br />

maniera allegorica la parte più oscura del nostro<br />

essere. L’origine del mito del vampiro è<br />

antichissima. Il testo più antico si riduce ad una<br />

tavoletta babilonese dove vi è una formula magica<br />

che serve a proteggere dai demoni notturni<br />

succhiatori di sangue, che erano gli Etimmè. Gli<br />

antichi ebrei, invece, temevano l’Aluka<br />

(succhiatore di sangue), un essere che assaliva i<br />

viandanti del deserto. Ed è proprio dal culto di<br />

questo demone che nasce la paura ed il timore per<br />

la prima compagna di Adamo, Lilith. Questa era<br />

considerata come un demone che, golosa del<br />

sangue umano, entra di notte nel letto degli uomini,<br />

prosciugandoli della loro forza. Secondo la<br />

tradizione rabbinica, la stirpe dei Vampiri ha avuto<br />

inizio dal “matrimonio” tra Adamo e il Demone<br />

Lilith. Il vampiro propriamente detto è un defunto<br />

che per concessione infernale, sopravvive alla<br />

morte succhiando il sangue sottratto ai viventi.<br />

Grazie alla sua natura malvagia ha sempre<br />

rappresentato una figura affascinante, che ha la<br />

capacità di adattarsi a qualsiasi epoca e contesto.<br />

Anche per questo rappresenta la chiave attraverso<br />

la quale poter svelare le tendenze e le aspirazioni<br />

dell’uomo. In ogni epoca e in ogni situazione<br />

economico-politica, la sua immagine è la perfetta<br />

incarnazione del male, poiché quest'ultimo<br />

raramente si presenta all'uomo per quello che è in<br />

realtà. Con i suoi occhi ipnotici attira a sé la<br />

vittima senza che questa nemmeno se ne renda<br />

conto. Anzi, essa spesso gli si dà volontariamente,<br />

salvo accorgersi quando ormai è troppo tardi<br />

dell'errore commesso. Ciò perché, almeno secondo<br />

alcune interpretazioni, il vampiro non è altro che la<br />

trasposizione dell'inconscio umano, di<br />

quell'enorme calderone di tutte le pulsioni<br />

considerate sconvenienti, negative, ma che sono<br />

insite nell'istinto dell'essere umano e che pertanto<br />

non potranno mai essere cancellate. L'uso<br />

ideologico della figura del vampiro è servita e


serve, appunto a raffigurare il capitalista sfruttatore,<br />

che col suo fare languido riesce ad impossessarsi<br />

del lavoro “vivo” del proletario.<br />

Già dalla prima metà del 700 il vampiro ha assunto<br />

il significato di metafora politica – economica. Il<br />

tiranno, il capitalista che succhia il sangue al<br />

popolo viene identificato come, appunto, vampiro.<br />

Ma cosa ha a che fare il vampiro col capitalista?<br />

Già Marx usò molte metafore sul vampiro, per<br />

spiegare i limiti della giornata lavorativa del<br />

proletario, scrivendo : «Dunque, il capitale è lavoro<br />

morto che resuscita, come un vampiro, solo<br />

succhiando lavoro vivo, e tanto più vive quanto più<br />

risucchia 1». Attraverso i riferimenti a questa<br />

creatura, Marx mostra come il capitale non solo si<br />

nutre del lavoro vivo estratto dalla classe<br />

lavoratrice ma che in questo modo cresce e si<br />

moltiplica, riuscendo così a rendere la classe<br />

operaia una parte integrale del proprio processo<br />

riproduttivo.<br />

L’uso delle metafore da parte del filosofo è<br />

frequente in tutta la sua opera. Innanzi tutto Marx si<br />

serve della figura del vampiro perché non è un<br />

semplice mostro. Certo come gli altri mostri, il<br />

vampiro disturba le regole sociali, ma al contrario<br />

degli altri viene identificato dallo stesso filosofo<br />

come parassita, «parasite». Anche Voltaire diede la<br />

definizione di “vampire” nel suo Philosophical<br />

Dictonay. Egli individuò il vampiro affermando : «<br />

Questi vampiri erano cadaveri, che uscivano dalle<br />

loro tombe la notte per succhiare il sangue dei vivi,<br />

sia dalle loro gole che dai loro stomachi, e poi<br />

tornavano nei loro cimiteri. Le persone a cui<br />

succhiarono il sangue si indebolivano, divenivano<br />

pallide e iniziavano a consumarsi, mentre i cadaveri<br />

che succhiavano il sangue prendevano peso, la loro<br />

carnagione si faceva rosea e godevano di un grande<br />

appetito. Fu in Polonia, Ungheria, Slesia, Moravia,<br />

Austria e nella Lorena che i morti poterono così<br />

gioire 2.». Anche nella letteratura non mancano i<br />

riferimenti. Infatti nel Dracula di Bram Stocker si<br />

può notare come il vampiro sia interessato solo<br />

nell’ampliare il suo dominio e nell’accumulare<br />

beni. Tuttavia questo concetto si distacca da quello<br />

del filosofo Marx, il quale indica come il “lavoro<br />

morto” è in grado di diventare fattore di produzione<br />

associato al lavoro “vivo”. Il capitale si ravviva<br />

come un vampiro perché capitalista e vampiro<br />

hanno la prerogativa di succhiare il sangue e<br />

l’anima del proletario. Marx inoltre affermerà : «<br />

[…] sete del vampiro che il capitale che del vivo<br />

sangue del lavoro». In Das Kapital Marx più volte<br />

fa riferimento al vampiro come metafora del<br />

capitale, sottolineando come entrambi siano<br />

accumunati da un metabolismo mostruoso e<br />

innaturale.<br />

Il capitalismo però non va visto solo come<br />

speculatore. Infatti i vantaggi non mancano.<br />

Innanzitutto quando fu introdotto tra il XVI e il<br />

XVII secolo, ha permesso il diritto di comprare e<br />

vendere capitali in un libero mercato, libero dal<br />

contratto statale. Lo sostengono infatti il<br />

liberalismo, perché è considerato forma pura di<br />

economia di mercato con interventi statali ridotti al<br />

minimo; il conservatorismo perché difende<br />

qualcosa di non diverso dallo status quo delle<br />

pratiche capitaliste attuali; il mercantilismo perché<br />

promuove la protezione delle industrie e il<br />

commercio interno, contro la concorrenza estera,<br />

permettendo prezzi più accessibili. Anche il<br />

progresso tecnologico non sarebbe esistito senza<br />

gli scambi favoriti dal capitalismo. Esso ha<br />

generato il libero mercato e la libera concorrenza,<br />

al contrario del vampiro che è :« un vero e proprio<br />

detentore di un monopolio che non consente<br />

concorrenza 3». E’ dalla buona concorrenza che<br />

nasce il beneficio dei consumatori.<br />

In effetti però si è passati da un capitalismo liberale<br />

che si arricchiva con i consumi, ad un capitalismo<br />

vampiro che si arricchisce contro i consumi. I<br />

prezzi dei beni primari infatti, continuano a<br />

crescere, mentre i salari diminuiscono. Questo<br />

perché il lavoro c’è ma la mano d’opera utilizzata è<br />

al ribasso. La banche inoltre giocano un ruolo<br />

strategico. Speculano sui Paesi sottosviluppati<br />

comprando i loro titoli che rivalutati recano molti<br />

vantaggi e profitti. Impoverendo così i ceti più<br />

bassi quali : pensionati, impiegati, giovani e operai<br />

si va incontro ad una sorta di compressione dei ceti<br />

stessi. Questa crisi infatti non è per niente pagata o<br />

affrontata da chi l’ha generata ma bensì è pagata da<br />

coloro che dovrebbero essere salvaguardati e ai<br />

quali dovrebbe essere preservato il diritto ad una<br />

vita per lo meno adeguato alle esigenze di oggi. Le<br />

banche e la finanza sono la causa prima del disastro<br />

a cui assistiamo, ma purtroppo i politici sembrano<br />

non interessarsi per niente al fatto che le banche<br />

stesse vengono ricapitola rizzate col denaro<br />

pubblico che dovrà essere poi ripagato con i<br />

sacrifici dei “servi della gleba” . L’operaio ha tutto


il diritto di lavorare di meno, con ritmi meno<br />

intensi, di non ammalarsi e perfino di portare a casa<br />

una fetta più consistente del frutto del SUO lavoro.<br />

L’operaio spontaneamente, prima ancora di sapere<br />

il suo ruolo nella “catena di montaggio<br />

“capitalistica ,sente la sua condizione come una<br />

condizione “ingiusta”. Un'ingiustizia che è resa<br />

ancora più forte di fronte all'arroganza di un<br />

benessere ostentato, senza pudore, dalle classi<br />

ricche di un paese che si fermerebbe di colpo se<br />

solo lui, e i suoi compagni, decidessero di<br />

incrociare le braccia. Il capitalismo quindi<br />

dissangua le fasce sociali e rovina il futuro dei<br />

giovani. Il banchiere o il capitalista non potranno<br />

mai condividere il fatto che il proletario lavori<br />

secondo i suoi diritti e guadagni quanto gli spetti.<br />

Questa infatti sarebbe una “minaccia” per chi<br />

sfrutta la mano d’opera che deve produrre sempre<br />

di più ma a prezzi molto bassi, proprio perché se il<br />

proletario avanzasse dei diritti, il capitalista , alle<br />

strette, dovrebbe prenderli in considerazione<br />

perdendo così tutto il suo guadagno sulla<br />

speculazione del lavoro proletario.<br />

A mio parere, qualunque sia il vero ruolo del<br />

capitalismo esso fa da sfondo alle attività degli<br />

economisti, dei politici e degli industriali, che con<br />

la speranza di un loro benessere futuro, con la scusa<br />

di voler risolvere la crisi, privatizzano e aumentano<br />

l’età pensionabile. Insomma qualunque sia la<br />

convinzione sul capitalismo, resta il fatto che esso<br />

ha nel suo nome e nella sua attuazione<br />

arricchimento da un lato e impoverimento<br />

dall’altro. I capitalisti come i vampiri, fanno parte<br />

di una casta privilegiata, che pensa solo ad<br />

arricchire le proprie tasche e ad espandere il loro<br />

dominio. Mi chiedo solo quando i ceti più bassi e<br />

noi giovani soprattutto, finiremo di pagare le<br />

conseguenze delle speculazioni dei ricchi, perché<br />

nessuno dei cittadini è più disposto a pagare per i<br />

politici, speculatori, parassiti, banchieri e<br />

capitalisti.<br />

Note:<br />

1 K. Marx, Il Capitale, Libro 1, 1867, Newton<br />

Compton Editori, 1974<br />

2 M. de Voltaire, Philosophycal Dictonary, 1764<br />

3 F. Moretti, Dialettica della paura. Segni e stili del<br />

moderno, Einaudi, Torino 1987<br />

Bibliografia<br />

K. Marx, Il capitale, Libro 1, 1987, Newton<br />

Compton Editori, 1974<br />

F. Moretti, Dialettica della paura. Segni e stili del<br />

moderno, Einaudi , Torino, 1987<br />

M. de Voltaire, Philosophycal Dictonary, 1974<br />

Sitografia<br />

www.ousia.it/SitoOusia/SitoOusia/TestiDiFilosofia<br />

/TestiPDF/Voltaire/Dizionario.pdf<br />

http://xkom55.org/2012/02/14/dracula-monti-e-ilcapitalismo-vampiro/<br />

http://darknesskiss.forumcommunity.net/?t=148673<br />

21<br />

http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-efinanza/2008/4/3/Crisi-finanziaria-ripensiamo-ilruolo-delle-banche/1217/http://www.alfabeta2.it/2012/03/19/crisi-dellafinanza-o-crisi-del-capitalismo-2/http://www.panerose.it/files/index.php?c7:o129:e1:p140


La trasgressione come creatività<br />

"T<br />

rasgressione”, “diversità”, “disagio”,<br />

“devianza”. Ognuna di queste parole ha<br />

un significato particolare. Eppure tutte<br />

hanno un comune denominatore: sono<br />

l’esatto opposto di conformità.<br />

Nell’immaginario comune, infatti, la trasgressione<br />

identifica lo sconfinamento dalle regole, racchiude<br />

in sé l’idea, il desiderio di voler divergere, di voler<br />

opporsi e di voler andare oltre la<br />

“normalità”.Etimologicamente, “trasgressione”<br />

deriva da “trasgredior” che significa “passare<br />

oltre, al di là”.<br />

A mio parere la trasgressione significa esternare,<br />

mettere in pratica un bisogno di autoaffermazione.<br />

Trasgredire può significare fare nuove esperienze<br />

uscendo da ciò che è considerato usuale e<br />

rassicurante; misurarsi con i limiti prestabiliti<br />

mettendo alla prova se stessi e gli altri. Vuol dire<br />

dare uno “strappo” alle regole indipendentemente<br />

che queste siano dettate da altri o siano dettate da<br />

noi stessi e dalla nostra educazione.<br />

La vita dell’uomo è stata caratterizzata da un<br />

susseguirsi di episodi di trasgressione che in<br />

qualche modo hanno contribuito alla crescita della<br />

società. Esistono vari tipi di trasgressione e alcuni<br />

di questi, ancora, non sono stati accettati da tutti<br />

andando cosi ad “emarginare” chi alla fine ha una<br />

propria visione del mondo o che comunque<br />

trasgredendo i canoni imposti dalla società si batte<br />

per i suoi ideali e i propri valori. C’è anche da dire<br />

che la trasgressione cammina di pari passo con la<br />

D'Agostino Raffaella<br />

creatività, infatti alcuni “grandi” della letteratura,<br />

dell’arte e della <strong>filosofia</strong> erano dei “personaggi”<br />

controcorrente. Proprio pensando a questo, forse,<br />

un autore rimasto anonimo, un giorno ha scritto:<br />

>.<br />

Nel panorama letterario italiano,ad esempio, una<br />

figura emblematica ed estremamente trasgressiva<br />

fu Gabriele D’Annunzio. Egli incarna le tendenze<br />

estetizzanti del decadentismo e il suo estetismo.<br />

Pone l’arte, a differenza degli altri poeti, in cima<br />

alla gerarchia dei valori, che lo porta a fare della<br />

sua stessa vita un’opera d’arte. L’apoteosi di<br />

questo culto del bello,che fa di D’annunzio un<br />

trasgressore creativo, è raggiunta con il<br />

protagonista de ”Il piacere” : Andrea Sperelli,<br />

eccezionale, eccentrico, trasgressivo, fruitore<br />

dell’arte e dedito alla bellezza e al superfluo,<br />

propone tutto ciò che poi D’Annunzio ha<br />

concretamente cercato di realizzare nella sua vita.<br />

Un personaggio , come ha scritto lo stesso autore,<br />

che è il modello del nuovo “giovin signore”<br />

italiano, legittimo e campione di una stirpe di<br />

gentiluomini e di artisti eleganti, ultimo<br />

discendente di una razza intellettuale in cui il<br />

culto del bello è innalzatore di una vera e propria<br />

religione.<br />


omero […]. Tutte le manifestazioni della vita e<br />

tutte le manifestazioni dell’intelligenza mi<br />

attraggono egualmente e credo di aver pienissima<br />

libertà di portare il mio studio e la mia ricerca in<br />

ogni campo 1>> .<br />

Tale affermazione di D’Annunzio stesso rivela il<br />

carattere complesso e la personalità poliedrica di<br />

tale personaggio e si presta bene a riassumere la<br />

tempra di una vita intera e dell’opera completa.<br />

Continuando ancora nella letteratura, non soltanto<br />

italiana, troviamo altri poeti “trasgressori”, tra cui il<br />

“poeta maledetto“ francese Charles Baudelaire.<br />

Egli ha alimentato il mito del “bohemien”, lo<br />

studente povero o presunto tale, ribelle ed amante<br />

dei piaceri notturni, dell'assenzio e delle novità in<br />

fatto di costumi e<br />

di arte . Generazioni di studenti e di poeti si sono<br />

ispirati e ancora oggi si ispirano al poeta parigino.<br />

Interpreta quella visione di gioventù romantica<br />

dedita all'eccesso,alla poesia e alla trasgressione.<br />

Era sempre in lotta contro il mondo circostante,<br />

contro i sogni di progresso cari alla società<br />

borghese del suo tempo, contro la mediocrità<br />

banale della vita quotidiana. Viveva una vita<br />

piuttosto sregolata, tra alcool e prostitute, che<br />

associata all’esasperata originalità , erano per lui un<br />

alternativa alla noia di un mondo troppo ordinario.<br />

Lui, e il movimento letterario a cui<br />

apparteneva,vedevano l’arte come un ‘attività<br />

umana totalmente indipendente dalla morale e non<br />

più come portatrice di un messaggio relativo al<br />

comportamento. Anche in questo poeta, il suo<br />

modo di vivere la vita nella trasgressività ha<br />

alimentato la sua creatività, infatti, nelle sue opere<br />

Baudelaire esprimeva la poesia in una nuova<br />

forma, attraverso simboli che riflettevano le<br />

sensazioni del mondo inconscio, utilizzando temi<br />

come il vizio, la perversione, il desiderio,la paura<br />

della morte, la fuga dalla vita monotona e normale,<br />

la ricerca spasmodica dell’ideale, la<br />

consapevolezza delle contraddizioni dell’uomo. Ad<br />

esempio nella poesia “sinistra e fredda” , si nota<br />

tanto come la trasgressione della sua vita abbia<br />

influito nell’opera, in quanto il poeta paragona se<br />

stesso ad un angelo caduto, affascinato<br />

contemporaneamente sia dal cielo sia dall’abisso,<br />

che si aggira per le strade della metropoli attratto<br />

dai paradisi artificiali degli stupefacenti, dal vizio,<br />

perseguitato dalla maledizione mentre cerca la<br />

redenzione.<br />

Spostandoci poi, in ambito filosofico, troviamo il<br />

concetto di trasgressione, diversità, come punto di<br />

partenza del pensiero nietzschiano esplicato con la<br />

figura del “superuomo”. Il superuomo è infatti<br />

colui che sa accettare e vivere coraggiosamente e<br />

intensamente la vita, al di là del bene e del male ;<br />

che è capace di rifiutare la morale ascetica<br />

tradizionale e operare la trasvalutazione dei valori;<br />

in grado di liberarsi della fede in Dio e "reggere"<br />

l'angoscia derivata proprio dalla morte di Dio,<br />

guardando in faccia il reale al di là delle illusioni<br />

metafisiche. Il “superuomo” è un uomo che supera<br />

i limiti mentali che la società gli impone, è un<br />

“oltre uomo”.<br />

><br />

In questo celebre passo dello Zarathustra,<br />

Nietzsche ci presenta la figura del superuomo dove<br />

egli lo definisce “il vero senso della terra”, il<br />

“nuovo Dioniso”. Il superuomo va al di là delle<br />

“barriere” e quindi è al di sopra di tutto.<br />

Un fondamentale riferimento, che non può di certo<br />

mancare, è nel campo dell’arte, dove la<br />

trasgressione è ancor di più sinonimo di creatività e<br />

l’artista è visto come un “individuo eccezionale” .<br />

Basti pensare a Van Gogh, Modigliani, Caravaggio<br />

e soprattutto a Egon Schiele. Quest’ultimo era uno<br />

straordinario artista, trasgressivo austriaco.<br />

Differisce dagli altri artisti perché ha un modo


differente di dipingere, nei suoi quadri si vede l’<br />

intensità espressiva, l’introspezione psicologica e la<br />

comunicazione del disagio interiore. I suoi<br />

quadri rappresentavano corpi asciutti,posture<br />

contorte e drammatiche. Si distacca così dal ricco<br />

decorativismo secessionista asburgico per creare un<br />

universo tragico e trasgressivo. Sullo sfondo di una<br />

Vienna colta e austera, i rigidi canoni artistici<br />

imposti dall’Accademia delle Belle Arti si rivelano<br />

presto opprimenti e così lasciò gli studi in aula per<br />

frequentare i locali viennesi, che erano la sua forma<br />

d’ispirazione.<br />

Ovviamente ,inutile negarlo, la trasgressione oltre a<br />

“stimolare” la creatività e ad avere i suoi lati<br />

positivi, ha anche i lati negativi e, l’eccessivo<br />

trasgredire, quindi, condurrà a delle conseguenze<br />

che non erano previste. Un esempio di<br />

trasgressione “negativa” lo possiamo avere<br />

pensando ad Eva,che trasgredendo alle regole, cede<br />

alle tentazioni del serpente assaggiando il frutto<br />

proibito. Quindi è da tener presente che ogni azione<br />

ha una conseguenza e pertanto, come Eva viene<br />

cacciata dall'Eden e privata della vita eterna,<br />

ognuno di noi deve accettare le conseguenze ed<br />

essere pronto ad assumersi le proprie<br />

responsabilità. Quindi si può facilmente dedurre<br />

che, come ogni medaglia ha il suo rovescio, allo<br />

stesso modo anche la trasgressione ha le sue<br />

negatività.<br />

Tuttavia,con il passare del tempo, la trasgressione<br />

è andata sempre di più ad affermarsi e a<br />

modificarsi, questo è dato dal fatto che la società,<br />

crescendo, ha “allargato” i limiti ,cosi da creare<br />

nuove “regole da trasgredire”. Ciò sta a significare<br />

che quello che una volta era “fuori” dalla<br />

normalità, oggi è diventato normale e cosi facendo<br />

si è anche incrementata maggiormente la creatività<br />

dell’uomo, in quanto queste “novità, lo mettono di<br />

fronte ad un confronto dove l’ingegno gioca un<br />

ruolo importante.<br />

In conclusione, la mia idea è che la trasgressione è<br />

stata importante nel corso della vita umana e<br />

continuerà ad esserlo perché è la libertà di “essere”<br />

di ogni singolo individuo. Senza la trasgressione<br />

non si avrebbe la creatività e senza questa la vita<br />

sarebbe un “modello standard” da rispettare.<br />

Pertanto, credo necessario che si sperimentino<br />

nuove idee e che non si rimanga incatenati nelle<br />

regole del “sistema” che ci circonda, perché così<br />

facendo si ucciderebbe la creatività.<br />

NOTE:<br />

1 Guido Capovilla, D'Annunzio e la poesia<br />

"Barbara" , Ed. Enrico Mucchi,Modena,2006<br />

2 F. Nietzsche, Cosí parlò Zarathustra, Longanesi,<br />

Milano, 1979, pagg. 37-41<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

• Silvia Mantovani , Tra ordine e caos.<br />

Regole del gioco per una urbanistica paesaggista .<br />

Ed Alinea ,Città di Castello (Perugia) , 2009<br />

• F. Nietzsche, Cosí parlò Zarathustra,<br />

Longanesi, Milano, 1979<br />

• Guido Capovilla, D'Annunzio e la poesia<br />

"Barbara" , Ed. Enrico Mucchi, Modena, 2006<br />

• Scalamandrè Raffaele , Storia e poesia di<br />

Baudelaire , Edizioni Scientifiche Italiane<br />

SITOGRAFIA<br />

•<br />

http://www.ilgiornale.it/cultura/oscena_e_paura_se<br />

sso_firmato_egon_schiele/23-02-2010/articoloid=424288-page=0-comments=1<br />

•<br />

http://it.wikipedia.org/wiki/Pagina_principale<br />

• http://www.storiadellarte.com


I cellulari provocano gravi danni<br />

alla salute<br />

De Masi Martina<br />

Credo che al giorno d’oggi concepire la<br />

quotidianità senza i cellulari sarebbe un<br />

tentativo senza successo, che darebbe<br />

forma a una vita astrusa e inconsueta.<br />

Quel dispositivo tascabile, che<br />

permettere di contattare chiunque, funzionante in<br />

qualsiasi luogo e momento, è diventato in tempi<br />

estremamente brevi compagno inseparabile delle<br />

nostre giornate. La sua introduzione suscitò<br />

immediatamente sentimenti di entusiasmo<br />

generale, per cui il cellulare divenne ben presto<br />

l’oggetto più anelato, il regalo più gradito.<br />

Trascuro i vari antenati del telefono cellulare per<br />

giungere direttamente al 1983, l’anno in cui<br />

l’invenzione di Martin Cooper venne resa nota al<br />

mondo: il cellulare è per la prima volta disponibile<br />

sul mercato. Da quella data in poi l’apparecchio ha<br />

subìto innumerevoli perfezionamenti e sviluppi<br />

che hanno condotto all’apparizione di modelli di<br />

volta in volta più tecnologici, così che alle prime<br />

funzioni di base (possibilità di telefonare e<br />

inoltrare messaggi di testo) se aggiunsero di altre<br />

(opportunità di ascoltare brani musicali, scattare<br />

fotografie, realizzare video e registrazioni,<br />

navigare su internet).<br />

Il marchingegno dalle mille funzioni è nel XXI<br />

secolo parte integrante della vita di tutti i giorni. I<br />

dati parlano chiaro: l’81,4% degli italiani possiede<br />

almeno un cellulare, solo il 35,4% ne ha uno,<br />

mentre il 27,5% ne possiede 2, l’11,5% è<br />

proprietario di 3 telefonini, il resto di 4 o più. Non<br />

si tratta esclusivamente di adulti, in queste<br />

percentuali sono certamente compresi bambini di<br />

età inferiore ai dodici anni.<br />

Non si può proprio fare a meno di comunicare.<br />

Se se ne ha la facoltà, non si resiste alla tentazione<br />

di informare in tempo reale i propri cari riguardo<br />

a tutto ciò che si sta vivendo; se si pensa poi che<br />

un telefono cellulare svolge anche tutte le<br />

funzioni di una fotocamera e di un iPod, si<br />

comprende perché, per un motivo o per un altro,<br />

non lo si abbandona mai.<br />

Ritengo, a questo punto, necessario un ulteriore<br />

resoconto di dati per l’efficacia della quale essi<br />

sono portatori: due terzi degli Inglesi usano il<br />

cellulare sulla tazza del bagno, il 41% dei<br />

Giapponesi se ne serve persino nella vasca. Nel<br />

2009 gli Italiani hanno parlato al cellulare per<br />

113,8 miliardi di minuti. Le schede sim acquistate<br />

dalla popolazione mondiale, che ha raggiunto le<br />

soglie di 7 miliardi di abitanti, sono<br />

attualmente 5,2 miliardi. Ancora più interessante il<br />

fatto che in Italia il 56% dei bambini di scuola<br />

elementare possiede un telefonino. Sembra<br />

proprio che esso sia fondamentale insostituibile<br />

passatempo e salvavita, ma adesso è tempo che si<br />

riconosca che sa essere letale.<br />

La tesi che sostengo fa riferimento non solo<br />

all’effettiva nocività del dispositivo, ma anche<br />

all’atteggiamento biasimevole delle aziende e dei<br />

centri studio in merito alla questione.<br />

Tutti i cellulari emettono radiazioni o microonde


adio, queste a partire dal dispositivo sono soggette<br />

a un’espansione in senso orizzontale che investe<br />

ogni corpo vicino, a una maggiore vicinanza<br />

corrisponde una maggiore intensità delle onde. Si<br />

tratta di radiazioni ad alta frequenza, le quali hanno<br />

le capacità di provocare l’innalzamento della<br />

temperatura corporea, tale fenomeno comporta la<br />

possibilità di danni ai tessuti. Per ciò che concerne<br />

tale fenomeno è possibile per la persona stessa che<br />

utilizza l’apparecchio notare, dopo lunghe<br />

telefonate, il riscaldamento dell’orecchio a contatto<br />

e il corrispondente lato del cranio. Nel caso di una<br />

lunga conversazione al cellulare l’apparecchio è<br />

costretto per lungo tempo direttamente a contatto<br />

con la testa e le microonde sono capaci di<br />

neutralizzare la barriera ematoencefalica e<br />

rilasciare delle tossine in direzione del cervello. Le<br />

altre due parti dell’organismo umano più esposte ai<br />

rischi sono gli occhi, a causa delle possibilità dello<br />

sviluppo del melanoma uveale ed il nervo acustico<br />

che, per tempi lunghi, viene sollecitato. Il<br />

telefonino costituisce un problema anche se non<br />

effettivamente utilizzato, ma lasciato nella tasca<br />

sinistra dei pantaloni: a contatto con il corpo in<br />

quella determinata area potrebbe interferire con il<br />

ritmo cardiaco.<br />

È altamente sconsigliato l’uso del cellulare durante<br />

la guida, al contrario di ciò che si potrebbe pensare<br />

non si tratta solo di una questione di responsabilità<br />

o di prudenza stradale, ma è possibile che le<br />

radiazioni emesse dal cellulare interferiscano con la<br />

strumentazione digitale dell’automobile per cui<br />

l’airbag potrebbe aprirsi inaspettatamente e il<br />

sistema ABS potrebbe azionarsi senza preavviso.<br />

Le ragioni sopra citate costituiscono motivi più che<br />

validi per ridurre categoricamente a momenti di<br />

stretta necessità l’utilizzo dell’apparecchio. Eppure<br />

soltanto un numero<br />

esiguo di persone è a conoscenza di tali<br />

informazioni e mette in atto le precauzioni<br />

adeguate. Questo accade perché esiste gente che<br />

ama arricchirsi in maniera vergognosa alle spalle<br />

dell’ignoranza della povera gente.<br />

L’uso eccessivo e improprio del cellulare<br />

rappresenta un grosso rischio per la salute, ma noi<br />

non lo sappiamo o meglio non dobbiamo saperlo e,<br />

le industrie produttrici di cellulari e le compagnie<br />

telefoniche non sono da considerarsi del tutto<br />

estranee a riguardo. Le ultime non fanno altro che<br />

proporre spot pubblicitari che informano su offerte<br />

sempre nuove e convenienti. Più della metà della<br />

pubblicità che viene proposta in televisione, sul<br />

web, alla radio contiene messaggi relativi a tariffe<br />

vantaggiose e modelli di volta in volta più avanzati<br />

di telefonini. Siamo tempestati di informazioni<br />

riguardo ai cellulari, ma conosciamo solo una<br />

faccia della medaglia e, come viene facile intuire<br />

quella in cui tutto appare sicuro e luminoso, l’altra<br />

faccia quella oscura e allarmante, della cui<br />

esistenza in numerosi non sono al corrente, resta<br />

celata.<br />

Come di consueto, il lato premurosamente<br />

nascosto costituisce ciò che è più importante<br />

sapere. Si tratta di informazioni conosciute da una<br />

piccola élite, s’intende studiosi, scienziati,<br />

appassionati di tecnologia e quei pochi che essendo<br />

tormentati dal dubbio hanno ritenuto opportuno<br />

documentarsi in maniera soddisfacente. Tutti gli<br />

altri abbagliati dall’utilità e dai profitti, bisogna<br />

dirlo, innegabili, che il dispositivo offre, hanno<br />

lasciato correre.<br />

Ebbene la disinformazione in merito a questo tema<br />

non è un fenomeno puramente casuale, ma<br />

rigorosamente intenzionale. È a dir poco<br />

sconcertante leggere che la maggior parte degli<br />

studi di ricerca, che si occupano di capire se i<br />

cellulari effettivamente nuocciono alla salute<br />

dell’uomo o meno, sono finanziati dagli stessi<br />

produttori di telefonini. È semplice, se non<br />

d’obbligo, intuire che i risultati possono essere<br />

facilmente falsati, la gravità degli effetti sminuita.<br />

L’argomentazione più forte a sostegno della mia<br />

tesi prende quindi forma proprio dall’ignobile<br />

comportamento dei produttori, che segretamente<br />

finanziano le aziende perché al termine delle<br />

ricerche possano comunicare solo ciò che è<br />

conveniente e omettere o camuffare eventuali<br />

verità scomode.<br />

Generalmente i libretti di istruzione per l’uso<br />

recitano: «si consiglia di tenere il cellulare a una<br />

distanza compresa tra 1,5 cm e 2,5 cm dalla testa».<br />

Sul libretto di istruzioni dell’iPhone, invece si<br />

legge un’ulteriore precauzione: «Quando usate<br />

l’iPhone vicino al vostro corpo tenetelo ad almeno<br />

15 millimetri di distanza dal corpo e usate soltanto<br />

custodie, clip da cintura o fondine che non abbiano<br />

parti metalliche e mantengano almeno 15<br />

millimetri di separazione dal corpo». A questo<br />

punto è spontaneo chiedersi perché nei manuali di<br />

istruzione si trovino suggerimenti del genere,


mentre le compagnie sostengono l’assenza di prove<br />

conclusive e tendono a eliminare totalmente il<br />

dubbio dalle menti della gente. Come per la<br />

domanda anche la risposta è immediata: il rischio è<br />

presente ed è anche grave. Le compagnie<br />

telefoniche, premurose di salvaguardare i propri<br />

affari, non possono ammettere di conoscere gli<br />

effetti devastanti che un uso prolungato<br />

dell’apparecchio provoca, tuttavia ci tengono a<br />

tutelarsi per poter dire che loro ci avevano avvisato.<br />

Sarebbe un tragico errore trascurare il fatto che il<br />

motivo delle raccomandazioni è taciuto. È proprio<br />

questo elemento che deve avviare la riflessione:<br />

significa inequivocabilmente che le aziende sono in<br />

malafede. A questo proposito il programma<br />

televisivo Report, in onda su rai 3 la domenica sera,<br />

che si occupa di inchieste giornalistiche, condotto<br />

da Milena Gabanelli, in una puntata intitolata<br />

L’Onda lunga ha spiegato come Motorola ha<br />

cercato di ridimensionare i dati, risultato di una<br />

ricerca finanziata dalla stessa azienda.<br />

E come potrebbe, d’altronde, essere definito<br />

corretto l’atteggiamento delle compagnie se<br />

esistono disposizioni sanitarie in vari paesi che<br />

sostengono l’importanza di evitare che i bambini ne<br />

facciano uso e asseriscono che è pericoloso<br />

lasciarlo sotto il cuscino di notte; inoltre il<br />

Consiglio Superiore di Sanità ha consigliato di<br />

adottare le precauzioni del caso. Non è tutto qui,<br />

anche alla legge questa condotta non piace troppo,<br />

esemplare il caso di un ex manager lombardo, a<br />

favore del quale si è espressa la sentenza del<br />

Tribunale di Brescia, l’Inail dovrà far fronte a un<br />

risarcimento da versare nei confronti dell’uomo,<br />

che soffre di un tumore alla testa causato dall’uso<br />

eccessivo del telefonino.<br />

Questo tema così delicato ha certamente interessato<br />

l’OMS (l’organizzazione<br />

mondiale della sanità) che, in collaborazione con<br />

l’IARC (associazione internazionale per la ricerca<br />

sul cancro) ha condotto degli studi. Il responso dà<br />

ancora maggior credito alla mia posizione ed è<br />

stato il frutto del lavoro di trentaquattro scienziati<br />

provenienti da quattordici paesi diversi che si sono<br />

riuniti dal 24 al 31 maggio dello scorso anno. Sono<br />

stati effettuati studi epidemiologici su esseri umani<br />

e test su animali. I cellulari sono nocivi per la<br />

salute umana in quanto comportano potenziali<br />

effetti tumorali. Il rischio che si registra riguarda il<br />

glioma,tumore che investe le cellule gliali<br />

responsabili della protezione e addette al<br />

sostentamento dei neuroni, e il neurinoma acustico,<br />

il tumore del nervo uditivo; non è stato attestato ma<br />

non si esclude che il cellulare possa causare altri<br />

generi di tumore. Le microonde radio emesse dai<br />

cellulari sono diverse dai raggi x o dai raggi<br />

ultravioletti, sono meno potenti, nonostante ciò le<br />

ricerche del dottor di del 1993 non sono affatto<br />

rassicuranti: le onde elettromagnetiche dei cellulari<br />

a cui topi da laboratorio sono stati esposti hanno<br />

causato l’interruzione del DNA di questi ultimi.<br />

Essendo stato appurato il fatto che l’utilizzo<br />

intenso di un cellulare, vale a dire almeno trenta<br />

minuti al giorno per un arco di tempo lungo dieci<br />

anni, aumenta del 40% la possibilità di insorgenza<br />

di un tumore nell’individuo, il telefonino è stato<br />

aggiunto alla lista degli agenti cancerogeni ed è<br />

stato classificato al livello 2b di pericolosità. Sono<br />

ugualmente pericolosi rispetto al telefonino tutti<br />

quegli apparecchi che hanno attiva la funzionalità<br />

wireless, per cui sono inclusi i cordless e il<br />

computer per ciò che riguarda la possibilità di<br />

navigare su internet.<br />

Per quanto concerne questo argomento la parola<br />

d’ordine suggerita dall’OMS è quindi estrema<br />

cautela. Adoperare il cellulare all’insegna della<br />

prudenza e della responsabilità verso se stessi<br />

significa ridurre l’utilizzo a casi in cui è<br />

strettamente necessario e, se risulta impossibile<br />

evitare, è bene utilizzare gli auricolari o i messaggi<br />

di testo, così che la testa e l’apparecchio restino<br />

sempre a debita distanza. È altamente sconsigliato<br />

tentare ostinatamente di telefonare in luoghi in cui<br />

il segnale è scarso o nullo, in questi casi infatti è<br />

necessaria maggiore potenza in uscita per cui le<br />

radiazioni emesse dal telefonino sono nettamente<br />

superiori. Queste sono le precauzioni che l’OMS ci<br />

raccomanda di adottare, e se l’OMS e l’IARC ci<br />

mettono in<br />

guardia sembra proprio il caso di allarmarsi.<br />

Certo sarebbe del tutto sbagliato nonché da ipocriti<br />

suggerire smettere definitivamente di usare il<br />

cellulare, visto e considerato che è un pericolo,<br />

anche perché tanto non serve a nulla. Riconosco<br />

che la sua utilità è evidente in quanto, mentre ci<br />

sono casi in cui è utilizzato per gioco o per<br />

leggerezza anche in momenti in<br />

cui si potrebbe farne a meno, si verificano<br />

eventualità in cui rappresenta la nostra unica<br />

salvezza. Se ci si perde in posti isolati è il solo


contatto che si mantiene con il mondo, se ci si trova<br />

in situazioni di pericolo rintracciare la posizione<br />

del cellulare significa sapere il luogo esatto in cui si<br />

trova la persona.<br />

Alla luce di ciò è opportuno consigliare l’uso<br />

dell’apparecchio all’insegna di astuzia e<br />

intelligenza, lo si può fare seguendo pochi preziosi<br />

consigli che ci sono comunicati da Riccardo<br />

Staglianò nel suo libro: tutelare prima di tutto i<br />

bambini, utilizzare gli auricolari col filo o il<br />

vivavoce, preferire i messaggi di testo alle<br />

chiamate, evitare il contatto con il corpo, scegliere<br />

il modello con minore SAR (Specific Absortion<br />

Rate = tasso di assorbimento specifico, che segnala<br />

in percentuale il valore di radiazioni che un corpo<br />

umano esposto a un campo elettromagnetico a<br />

radio frequenza assorbe), non usarlo in auto o in<br />

treno: in movimento il cellulare fa più fatica a<br />

connettersi con la linea ed emette maggiori<br />

radiazioni<br />

In conclusione intendo ribadire i concetti,<br />

l’importanza e le conseguenze legate alla mia<br />

posizione. Il cellulare non è un oggetto magico, al<br />

contrario potrebbe rivelarsi letale, pertanto deve<br />

essere usato con giudizio. Inoltre bisogna dire che<br />

le precauzioni consigliate potrebbero non essere<br />

sufficienti: mentre le ricerche continuano in attesa<br />

di responsi più sicuri, c’è chi sostiene che tutelarsi<br />

come indicato sopra possa non servire a granché. È<br />

il caso di Francesco Marinelli, ricercatore del CNR,<br />

che afferma: «le onde elettromagnetiche stanno nel<br />

range che interferisce con il comportamento<br />

biologico». Ciò significa che ci colpirebbero<br />

comunque, evitare il contatto fisico col telefono<br />

non potrà salvarci. Lo stesso ricercatore sostiene<br />

che anche la scelta del modello con minore SAR<br />

non sia determinante. I test relativi a questo<br />

parametro sono stati pensati dalle aziende<br />

produttrici e vengono effettuati<br />

utilizzando un gel proteico amorfo, la cui struttura<br />

è diversa dalle cellule che<br />

compongono il tessuto cerebrale. È fondamentale<br />

far propri questi concetti e<br />

comprenderne la portata, perché il cellulare non è<br />

nostro amico, le agevolazioni che in un primo<br />

momento ci offre potrebbero non valere quanto il<br />

sacrificio.<br />

Bibliografia<br />

Staglianò, Riccardo, Toglietevelo dalla testa -<br />

Cellulari, tumori e tutto quello che le lobby non<br />

dicono, Milano, Chiarelettere, 2012<br />

Staglianò, Riccardo “Rischio cellulari. Non<br />

telefonate più senza l’auricolare (oppure usate gli<br />

sms)” in Il Venerdì di Repubblica, XXV, n° 1245,<br />

gennaio 2012, pp. 67-67<br />

Sitografia<br />

http://it.emcelettronica.com/storia-del-telefonocellularehttp://newebmarketing.blogspot.it/2012/02/maquanti-cellulari-hanno-gli-italiani.htmlhttp://benessere.paginemediche.it/it/238/casa-esicurezza/detail_1491_cellulari-eradiazioni.aspx?c1=98&c2=392<br />

http://www.vanityfair.it/news/societ%C3%A0/2012<br />

/01/28/cellulari-tumore-stagliano'4444<br />

http://www.italiasalute.it/6801/pag2/I-cellularifanno-male-dice-l'Oms.html<br />

http://www.repubblica.it/salute/ricerca/2011/05/31/<br />

news/oms_i_cellulari_possono_causare_il_cancro-<br />

17035258/


Il business spietato delle case<br />

farmaceutiche<br />

Imparato Alexandra<br />

Un figlio nasce… i suoi genitori lo<br />

affidano amorevolmente alle cure del<br />

pediatra, fiduciosi del fatto che il suo<br />

ruolo sia quello di prevenire e curare<br />

eventuali malattie, ma non è sempre<br />

così: in una società ormai caratterizzata dalla<br />

globalizzazione, nella quale il valore<br />

fondamentale sembra essere il vile profitto,<br />

viene da chiederci se la popolazione mondiale non<br />

sia “ostaggio” dei colossali interessi delle<br />

multinazionali farmaceutiche. L’egemonia della<br />

politica sanitaria impone i suoi dogmi, riducendo<br />

l’uomo ad un potenziale consumatore di farmaci, i<br />

quali non sempre curano le vere cause di una<br />

determinata patologia, ma creano bensì ulteriori<br />

danni alla salute. Questo predominio del farmaco<br />

si compie fin dalla nascita: con le vaccinazioni<br />

dette obbligatorie, le quali generano spesso nei<br />

genitori forti dubbi. Basti pensare che il vaccino<br />

esavalente consigliato alle giovani madri (e<br />

ritenuto erroneamente gratuito poiché si paga con<br />

le tasse) contiene ben 6 vaccini in 1: antipolio,<br />

antitetanica, antidifterica, antiepatite B,<br />

antimorbillo e antipertosse. Una vera “bomba”<br />

chimica, tranquillamente indicata dal medico di<br />

fiducia.<br />

La mia tesi è che la nostra salute è succube di una<br />

scellerata alleanza fra la potente industria del<br />

farmaco e un ottuso sistema sanitario. Il cartello<br />

Big Pharma (che include tutte le maggiori case<br />

produttrici di farmaci del mondo, da<br />

GlaxoSmithKline a Baxter, Novartis e altre)<br />

detiene il monopolio delle cure ed è capeggiato da<br />

individui che agiscono come dittatori “invisibili”.<br />

In verità i veri padroni del nostro destino sono un<br />

pugno di uomini appartenenti alle famiglie più<br />

possenti del mondo (i Rothschild, i Rockefeller ed<br />

altri personaggi illuminati) o meglio di grandi<br />

banche di investimento e di multinazionali. Lo<br />

illustra bene Hans Ruesch 1 quando scrive: «<br />

L’industria farmaceutica è grande e potente come<br />

l’industria delle armi. Con la differenza che la<br />

guerra finisce. La malattia, no, finché c’è<br />

qualcuno che la tiene in vita ». Lo stesso discorso<br />

fa Michel Chossudovsky 2, in un suo articoloinchiesta<br />

pubblicato su numerose riviste<br />

internazionali e siti Internet.<br />

In effetti, la medicina di stato ritiene molto più<br />

proficuo scatenare paure a suon di numeri,<br />

modificando la realtà attraverso campagne<br />

terroristiche con la complicità di un giornalismo<br />

servo del potere politico. Le grosse multinazionali<br />

spendono in pubblicità e in marketing il doppio di<br />

quello che spendono in ricerca. Si pensi al caso di<br />

qualche anno fa quando l’influenza H1N1, detta<br />

anche suina (una malattia degli animali che esiste<br />

da quando vi sono gli allevamenti sporchi o<br />

intensivi) apparve in tutto il mondo, creando una<br />

psicosi generale, ben sfruttata dai big del farmaco,<br />

per lucrare sulla salute della popolazione. Un<br />

fenomeno in seguito sbugiardato: l’ennesima<br />

“bufala” creata a tavolino. Una banale influenza


anche meno aggressiva di quella stagionale. Difatti<br />

le ASL italiane spesero 184 milioni di euro per<br />

acquistare vaccini (ovvero 24 milioni di dosi) che,<br />

in gran parte, non vennero utilizzati. Ragion per cui<br />

il Consiglio d’Europa denunciò lo scandalo<br />

sanitario dichiarando senza mezzi termini che la<br />

vera influenza era «quella esercitata dalle lobbie<br />

farmaceutiche sull’ Organizzazione Mondiale della<br />

sanità (OMS) affinché dichiarasse la pandemia».<br />

Recentemente si è verificato lo stesso fenomeno:<br />

nel settembre del 2011, la televisione svizzera<br />

divulga un’inchiesta esaustiva (dalla parte delle<br />

bambine) che spiega della campagna pro-vaccino<br />

anti-virus HVP (il Papilloma virus, accusato di<br />

provocare il cancro al collo dell’utero). Il<br />

documentario denuncia il fatto che le commissioni<br />

parlamentari abbiano ricevuto materiale<br />

informatico solo da parte dei fabbricanti dei vaccini<br />

e mostra come la stessa classe medica sia perplessa<br />

a riguardo, per non dire contraria (non conoscendo<br />

la reale efficacia del farmaco utilizzato). Il<br />

movimento Comilva spiega il perché dell’inutilità<br />

di questo allarmismo in quanto il vaccino protegge<br />

solo da 2 ceppi del virus, mentre sono almeno 15<br />

quelli che provocano il cancro. Considerato che una<br />

donna, anche dopo aver fatto il vaccino, debba<br />

periodicamente controllarsi eseguendo un pap test,<br />

(un test in grado di individuare le cellule malate sul<br />

nascere e che permette di guarire al 100%) perché<br />

pubblicizzare una vaccinazione “a tappeto” quando<br />

è provato che non è necessaria?<br />

A questo punto credo sia legittimo chiederci cosa<br />

fanno le autorità competenti per tutelarci. Ebbene<br />

sappiamo che l’industria del farmaco deve<br />

vendere! Cosicché si affida a degli informatori<br />

scientifici, i quali illustrano i vantaggi dei loro<br />

prodotti rispetto a quelli della concorrenza. Poiché<br />

sono pagati sulla base dell’aumento delle vendite, è<br />

assai improbabile che si soffermino ad elencare gli<br />

effetti tossici delle medicine che pubblicizzano.<br />

Dell’argomento si è occupata la trasmissione<br />

Report, mandata in onda nel novembre del 2011 (Il<br />

Marketing del farmaco). L’inchiesta di Paolo<br />

Barnard rivela la verità scomoda sul ruolo di questi<br />

rappresentanti e la loro influenza sui medici. In<br />

aggiunta mette in luce i metodi sleali usati per<br />

corrompere i professionisti del settore: “coccole”<br />

sotto forma di cene, regali, donazioni agli ospedali,<br />

congressi-viaggi, mazzette…e così via.<br />

Ovviamente solo una parte di questi dottori viene<br />

corrotta, ma ciò basta a falsare tutto il mercato.<br />

Peraltro questo meccanismo di indottrinamento<br />

nasce alla base del sistema e viene illustrato in un<br />

documento di marketing di una nota azienda<br />

farmaceutica, nel quale si legge: «costruire un<br />

gruppo di opinioni leader, e cioè i baroni<br />

universitari e ospedalieri, fidelizzati alla casa<br />

farmaceutica » (nelle Università lo studente è<br />

lasciato a se stesso. I docenti nemmeno si pongono<br />

il problema del discorso deontologico). Inquietano<br />

le dichiarazioni fatte al giornalista della Rai nelle<br />

quali l’informatore, in forma anonima, allude<br />

anche a minacce fisiche. Ma nello spietato mondo<br />

delle lobbie, questi metodi non sono poi così<br />

lontani dagli scenari fantascientifici dei romanzi<br />

gialli. Eppure cosa fanno le autorità? la<br />

Commissione Unica del Farmaco (un importante<br />

organismo con compiti vincolanti di controllo sul<br />

settore farmaceutico – CUF) deve prevenire<br />

eventuali abusi prima di permettere la prescrizione<br />

di un determinato farmaco sul territorio. Un<br />

compito lodevole… peccato però che non sia<br />

sempre così. Prendiamo ad esempio il caso del<br />

medicinale Ritalin della casa Novartis, un<br />

anfetaminico indicato nel trattamento della<br />

sindrome da deficit di attenzione e iperattività<br />

(ADHD) che ha effetti sul cervello più potenti di<br />

quelli della cocaina. Questo stupefacente circolava<br />

liberamente prima che lo autorizzassero nel nostro<br />

paese, complici i medici autoreferenziali e le<br />

dogane colabrodo (il farmaco proveniva dalla<br />

Svizzera). Ma nel 2007 ecco che l’Italia adotta la<br />

pasticca “miracolosa”. A tal proposito<br />

l’associazione “Giù le mani dai bambini” (il<br />

comitato italiano che monitora i disagi<br />

dell’infanzia e raggruppa Università, ordini dei<br />

medici, associazioni genitoriali e socio-sanitarie)<br />

sostiene che «le precauzioni assunte dal Ministero<br />

per evitare abusi furono del tutto insufficienti».<br />

Ma gli speculatori si rifiutano di ammettere<br />

l’esistenza di un legame fra la potenziale nocività<br />

dei vaccini e la comparsa di ulteriori malattie<br />

(autismo, patologie del sistema immunitario,<br />

allergie varie di cui nessuno conosce la vera causa)<br />

come nel caso della sindrome di morte improvvisa<br />

del lattante (SIDS). Sui foglietti illustrativi dei<br />

vaccini si legge che le case farmaceutiche<br />

escludono, guarda caso, qualsiasi legame fra la<br />

SIDS e i vaccini. Intanto è del recente aprile 2012<br />

una sentenza del Tribunale di Rimini che riconosce


il nesso di causalità tra la vaccinazione e l’autismo<br />

(i vaccini contengono sostanze altamente tossiche<br />

come il mercurio, il formaldeide e l’alluminio).<br />

Tuttavia, sembra scontato pensare che i medicinali<br />

ci aiutino e potremmo dire che è grazie ai vaccini<br />

se alcune malattie infettive e pericolose sono state<br />

debellate, ma non è così ovvio! Ce lo spiega il<br />

dottore Serravalle 3 nel suo libro: Bambini super<br />

vaccinati. Egli nutre forti dubbi sulla sicurezza e<br />

l’efficacia dei vaccini. Inoltre dimostra che alcune<br />

malattie infettive come il vaiolo, ad esempio, non<br />

sono scomparse per merito dei vaccini, ma per via<br />

di prassi igieniche e di quarantene (lo sostiene la<br />

stessa OMS). Del resto, l’eminente neonatologo<br />

afferma anche di non aver trovato studi clinici di<br />

ampio numero (condotti da ricercatori<br />

indipendenti) che attestino che i bambini vaccinati<br />

siano più sani di quelli non vaccinati. Ciò<br />

nonostante è evidente che non potremmo fare a<br />

meno dei dottori o dei farmaci e lo scopo di questa<br />

tesi non è quello di demonizzare l’intera categoria<br />

del sistema, anzi, esiste un discreto numero di<br />

medici "indignati" e a caccia dei “trucchi”<br />

dell’industria del farmaco. Ne è un esempio il<br />

convegno di Roma del novembre 2011: un<br />

workshop organizzato dagli studenti del<br />

Segretariato Italiano Studenti di Medicina (SISM)<br />

sul tema «Case farmaceutiche e conflitti d'interesse<br />

nella pratica medica», un convegno organizzato in<br />

modo spartano e ben lontano dalle location abituali:<br />

Resort a 5 stelle, sauna, beauty farm e ristoranti di<br />

lusso... Comunque nel panorama attuale qualcosa<br />

sta cambiando e le vaccinazioni non sono più<br />

obbligatorie fin dal 2008 (anche se le autorità si<br />

guardano bene dal renderlo noto). Nessuno può<br />

forzare un genitore a vaccinare il proprio figlio.<br />

Oggigiorno sono sempre più frequenti i casi di<br />

denunce che vedono coinvolta anche la politica e<br />

gli scandali del mondo del farmaco balzano, ormai,<br />

alla ribalta delle cronache. Parliamo della Francia e<br />

dei suoi politici “amici” di case farmaceutiche. Sul<br />

banco degli imputati c’è la casa Servier (proprietà<br />

di Jacques Servier, grande amico di Sarkozy,<br />

nonché premiato dal medesimo con la legione<br />

d’onore!) produttrice di un farmaco antidiabetico<br />

trasformatosi in medicinale taglia-fame<br />

estremamente nocivo e commercializzato nel 1996.<br />

Un caso costellato di misteri, di morti (500 morti e<br />

3500 ricoveri in ospedale) e di denunce soffocate<br />

(del resto Servier è intoccabile con i suoi 3.7<br />

miliardi di fatturato) fino al 2009, anno in cui il<br />

farmaco viene ritirato dal mercato. Ma non è da<br />

meno la denuncia che la giornalista austriaca Jane<br />

Burgermeister (dell’autorevole gruppo di ricerca<br />

indipendente Global research) ha presentato nel<br />

2009: una serie di esposti contro la Baxter<br />

(multinazionale attiva nell’industria farmaceutica e<br />

le biotecnologie), l’OMS e l’ONU per attività<br />

illegali e criminali nella preparazione della<br />

massiccia campagna di informazione deviata sulla<br />

presunta pandemia del virus H1N1. Nel documento<br />

intitolato “Prove per il bioterrorismo” deposto<br />

all’FBI, la Burgermeister aggiunge:«Ci sono prove<br />

che organizzazioni come OMS e ONU e le<br />

compagnie farmaceutiche che producono i vaccini<br />

… facciano parte di un unico sistema sotto il<br />

controllo di un gruppo criminale di base». Un altro<br />

esempio di contestazione ci rimanda al 2004, anno<br />

in cui il procuratore generale di New York Eliot<br />

Spiltzer decide di citare in giudizio la<br />

multinazionale GlaxoSmithKline per «frode<br />

ripetuta e persistente». L’accusa si basa sul fatto<br />

che la Glaxo, al fine di vendere un pericolosissimo<br />

antidepressivo (il Paxil) a migliaia di bambini,<br />

avrebbe deliberatamente tentato di insabbiare i<br />

risultati di alcuni studi scientifici secondo i quali il<br />

medicinale incriminato non solo sarebbe inefficace,<br />

ma spingerebbe al suicidio.(Glaxo ha respinto le<br />

accuse, ma ha accettato una nuova linea di<br />

condotta, in base alla quale saranno resi pubblici<br />

tutti i risultati delle loro ricerche). Purtroppo<br />

questo intervento significativo solleva un<br />

problema molto più profondo e inquietante<br />

I potenti di questo mondo tentano di controllare la<br />

popolazione anche attraverso le emozioni umane:<br />

più di 40 anni fa le autorità della psichiatria si<br />

riunirono in segreto con il risultato che oggi, nel<br />

mondo, 100 milioni di persone assumono<br />

psicofarmaci, convinti da medici scorretti di essere<br />

malati in ogni fase della loro vita: l’infanzia,<br />

l’adolescenza, la gioventù e l’anzianità. Invece<br />

manifestazioni come l’ansia, l’insicurezza e lo<br />

stress sono normali disagi dovuti ai ritmi<br />

frenetici che questo mondo “globalizzato” ci<br />

impone. Un mondo nel quale le emozioni vengono<br />

etichettate come malattie di cui, peraltro, non si<br />

conoscono le cause ma che, ovviamente,<br />

incrementano un “grasso” giro d’affari. Più delle<br />

volte non si tratta di scienza ma di forti interessi fra<br />

multinazionali e venditori di farmaci che,


attraverso un marketing efficace, distorcono la<br />

realtà, convincono i medici di base a prescrivere<br />

pillole per qualsiasi problema emotivo, riducendolo<br />

ad una vera patologia. Senza accurate visite e senza<br />

nemmeno conoscere il 50% degli effetti collaterali.<br />

Non è difficile capire il perché di questi<br />

meccanismi: l’industria psichiatrica raccoglie in un<br />

anno 330 miliardi di dollari! Ma parliamo ancora<br />

di numeri: questa prolifica macchina causa più di<br />

3000 morti ogni mese, senza contare gli<br />

innumerevoli danni collaterali causati da queste<br />

pericolose pasticche. Lo testimoniano i famigliari<br />

delle tante vittime: genitori ignari che raccontano<br />

del suicidio del figlio o della personalità<br />

“disintegrata” della figlia. Ma a raccogliere queste<br />

nuove malattie ci pensa la “ bibbia” degli psichiatri:<br />

il Diagnostic and Statistical Manual of Mental<br />

Disorders (DSM – Manuale Diagnostico e<br />

Scientifico dei Disturbi Mentali), un “fertile” tomo<br />

che contiene malattie create arbitrariamente (le<br />

diagnosi contenute nel manuale non sono fondate<br />

su criteri scientifici) dagli stessi dottori che<br />

concordano, a suon di voti, nell’ingigantire<br />

semplici e normali “disturbi” (come fare la pipì a<br />

letto o litigare con la propria madre, dipendere<br />

dalle sigarette, essere esuberanti oppure timidi…)<br />

riconosciuti in seguito, da loro stessi, per<br />

legittimare il finanziamento di nuovi prodotti da<br />

parte delle multinazionali. A questo punto è facile<br />

riconoscersi nel tipico soggetto affetto da<br />

bipolarismo, una patologia “generosamente”<br />

elargita dagli psichiatri di tutto il mondo, poiché ci<br />

capita spesso di alternare, nel corso della giornata,<br />

sbalzi d’umore e ciò per svariati e futili motivi. Il<br />

reale disturbo bipolare è, ahimè, tutt’altra cosa!<br />

Mentre i guru italiani della medicina allopatica<br />

(detta anche ufficiale) si oppongono drasticamente<br />

alle tante cure alternative, i nostri cugini (Francia,<br />

Gran Bretagna, Germania) accolgono, invece, altri<br />

tipi di terapie complementari: per esempio, nel caso<br />

della medicina omeopatica, che viene riconosciuta<br />

e rimborsata dal sistema sanitario francese, mentre<br />

da noi i prodotti omeopatici non possono, per<br />

legge, contenere indicazioni terapeutiche perché<br />

non considerati medicinali. E che dire del modo in<br />

cui l’Italia ha ostacolato il metodo messo a punto<br />

da Paolo Zamboni dell’Università di Ferrara.<br />

Secondo il suo criterio esisterebbe una correlazione<br />

significativa tra i sintomi della Sclerosi Multipla e<br />

la CCSVI, (insufficienza venosa cerebro-spinale<br />

cronica), una malformazione dei vasi sanguigni che<br />

fa sì che il passaggio del flusso sanguigno sia<br />

ostacolato. Questa teoria (più volte pubblicata su<br />

autorevoli riviste scientifiche internazionali) è stata<br />

ignorata dal l’Aism (Associazione Italiana Sclerosi<br />

Multipla), colpevole, secondo molti, di non essere<br />

in grado di rappresentare i pazienti, i quali<br />

pretendono che siano disponibili le nuove cure<br />

offerte dalla ricerca, nel sacrosanto nome del diritto<br />

alla salute. In ogni modo la notizia del febbraio<br />

2012 che l’Emilia-Romagna finanzierà la cura<br />

Zamboni è la prova che il fenomeno irrompe<br />

inevitabilmente, come, altrettanto, sta succedendo<br />

con il metodo Di Bella. I media se ne stanno<br />

occupando e molti malati di cancro non hanno mai<br />

smesso di credere in questa terapia alimentata dal<br />

passaparola. Lo dimostrano i 250 ricorsi vinti in<br />

tribunale dall’avvocato Marisa Cataldo di Bari, la<br />

quale asserisce che: «Il diritto alla salute non può<br />

essere pregiudicato da un “tetto di spesa”, il<br />

bilancio dello Stato non può comprimere il diritto<br />

che una persona ha di curarsi. Questa è una<br />

garanzia costituzionale». La cura del dottor Di<br />

Bella 4 (una terapia alternativa per la cura dei<br />

tumori) fu discreditata dal Ministero della Sanità<br />

che stabilì, nel 1998, l’inefficacia del metodo. (Ma<br />

molti farmaci furono somministrati scaduti e la<br />

terapia così “alterata” fu testata su un gruppo di<br />

pazienti gravemente malati, alcuni terminali, altri<br />

all’ultimo stadio). Occorre sapere che nei<br />

trattamenti oncologici, le case farmaceutiche<br />

giocano un ruolo fondamentale, perché i protocolli<br />

sono i trattamenti più costosi nell’ambito medico (i<br />

prezzi dei chemioterapici sono quasi in toto pagati<br />

dal Sistema nazionale sanitario, e quindi dai<br />

cittadini con le tasse: circa 50.000 a 200.000 euro<br />

al mese per ogni singolo paziente!)<br />

La mia convinzione, dunque, è che in un mondo in<br />

cui i poteri economici condizionano le nostre scelte<br />

di vita, le poche “armi” di cui disponiamo per<br />

difenderci da una speculazione efferata ai danni<br />

della nostra salute rimangono l’informazione e una<br />

consapevolezza della realtà che ci circonda. A<br />

dimostrarlo è l’esempio di presa di coscienza da<br />

parte di semplici cittadini i quali sono stati in grado<br />

di tediare i saldi equilibri delle lobbie<br />

multimiliardari: un gruppo di pensionati londinesi,<br />

dopo aver scoperto che parte dei loro risparmi<br />

erano stati investiti in alcune multinazionali come<br />

la Glaxo, ha minacciato di spostare i propri


isparmi, nel nome di un investimento più etico.<br />

Ribadisco, dunque, che si possa e si debba<br />

attingere dal proprio buon senso. Del resto, se<br />

consideriamo che una “genuina” rivista come<br />

Acqua&Sapone (un mensile che viene offerto in<br />

tutt’Italia da una nota catena di supermercati e che,<br />

guarda caso, è indipendente da qualsiasi partito<br />

politico) approfondisce argomenti così gravi,<br />

richiamando l’attenzione di numerosi clienti e<br />

riscuotendo un notevole consenso, significa, forse,<br />

che la gente comune è stanca di subire i soprusi<br />

delle lobbie farmaceutiche.<br />

NOTE:<br />

1 Hans Ruesch, scrittore, sceneggiatore e editore<br />

svizzero. È stato autore di romanzi, nonché saggi<br />

contro la sperimentazione animale. Sull’argomento<br />

Scrisse Imperatrice nuda, libro che destò scalpore<br />

in Italia nel 1976, anno in cui fu pubblicato da<br />

Rizzoli, e che fu poi boicottato e soffocato<br />

dall'industria farmaceutica in accordo con le<br />

maggiori case editrici.)<br />

2 Michel Chossudovsky è un premiato autore,<br />

professore di economia presso l’università di<br />

Ottawa e direttore del centro per la ricerca sulla<br />

globalizzazione (CRG), Montreal. Egli è l’autore di<br />

La globalizzazione della povertà e il nuovo ordine<br />

mondiale (2003) e Guerra al terrorismo<br />

dell’America (2005).<br />

3 Il dottor Eugenio Serravalle,, neonatologo e<br />

pediatra, specialista in patologia neonatale,<br />

pediatria preventiva e puericultura<br />

4 Luigi Di Bella era un fisiologo nato in provincia<br />

di Catania nel 1912 e deceduto a Modena nel 2003.<br />

SITOGRAFIA<br />

www.mednat.org<br />

www.guide.supereva.it<br />

www.notizie.tiscali.it/regioni/Emilia.../Zamboniscle<br />

rosi.html<br />

www.ilgiornale.it/tumori/io_avvocato<br />

www.vaccineunsencored.org<br />

www.vaccinationcouncil.org<br />

www.disinformazione.it<br />

http://www.acquaesapone.it/<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

• Shelton, Herbert, Danni causati da vaccini e<br />

sieri, Gildone, Igiene naturale Srl, 1985.<br />

• Pignatta, Valerio, Asma e vaccinazioni,<br />

Cesena, Macro Edizioni, 2002.<br />

• Chaitow, leon, I pericoli della vaccinazione<br />

e le possibili alternative, Palermo, Ipsa Editore.<br />

• Serravalle, Eugenio, Bambini super<br />

vaccinati, Torino, Il Leone Verde, 2009.<br />

• Moynihan, Ray e Cassels, Allan, Selling<br />

Sickness, Londra, 2005 (trad. it. Di Minnicucci S.<br />

Farmaci che ammalano, Nuovi Mondi Ed, 2005)


Cuore d'inchiostro:<br />

l'importanza della lettura<br />

Korchak Cuda Mariya<br />

el mondo contemporaneo, che<br />

privilegia l'azione e l'estroversione,<br />

leggere è considerata un'occupazione<br />

passiva, poco attraente, adatta, non a<br />

caso, al genere più oppresso, quello<br />

femminile 1».<br />

«N<br />

Infatti,con l'avvento dell'era<br />

multimediale e tecnologica ,la lettura pian piano si<br />

sta affievolendo,indebolendo e sempre meno le<br />

giovani generazioni leggono di buon gusto un<br />

libro,ma sempre di più passano il loro tempo<br />

davanti al computer, videogames e televisione<br />

,bombardati da migliaia di immagini,suoni e<br />

parole che scorrono a fiumi e spesso e volentieri li<br />

rendono passivi ed acriticamente accondiscenti .<br />

Molti dicono: « la lettura è noiosa,ci fa perdere<br />

tempo,non serve a nulla leggere libri classici in<br />

un'epoca che va sempre più velocemente<br />

avanti,verso nuovi orizzonti».Ma la mia opinione<br />

si contrappone a questi pareri , e dunque la mia<br />

tesi è che la lettura è un'attività peculiare,unica e<br />

difficilmente sostituibile,essa è molto importante<br />

per l'individuo e la sua formazione.<br />

La lettura è importante,innanzitutto,come<br />

acquisizione strumentale. Infatti ,in Italia ,come in<br />

altri Paesi avanzati,ha avuto molta rilevanza la<br />

scolarizzazione di massa,tanto è vero che era uno<br />

tra gli obiettivi prioritari della politica scolastica<br />

negli anni '50 e '60 dei governi di Centro e Centro-<br />

Sinistra ai fini di combattere gli alti tassi di<br />

analfabetismo nella penisola italiana. Invero,la<br />

lettura come abilità decifratoria ,per cui si<br />

riconoscono delle lettere e le si trasforma in<br />

significato, è indispensabile ai fini della piena<br />

integrazione dell'individuo in una società<br />

alfabetizzata.<br />

Insegnare a leggere,scrive A. Ascenzi,<br />

«significava e significa sia introdurre l'individuo<br />

nel mondo della conoscenza,fornirgli gli strumenti<br />

per avviarsi sulla strada del sapere »,ma anche<br />

rendeva e rende possibile «la partecipazione,sia<br />

pure in termini minimali,alla comunicazione<br />

scritta e alla vita sociale» 2. Dunque,sotto questo<br />

aspetto la lettura ha un uso sociale rilevante ,essa<br />

è una necessità «alla quale sfuggono soltanto<br />

coloro che non sanno leggere»,è quasi<br />

un'imposizione nell'impiego,consumo del testo<br />

che « invade tutti gli istanti dell'esistenza<br />

attraverso i giornali,volantini,istruzioni<br />

d'uso,manifesti» 3. Nella società moderna è<br />

indispensabile informarsi,tenersi continuamente<br />

aggiornato per non ''rimanere indietro",per sapere<br />

cosa succede attorno a noi,nel mondo nel quale<br />

siamo immersi ,e per alcuni questa è addirittura<br />

«un'attività dettata dall'istinto di sopravvivenza 4» .<br />

E quindi ,come facciamo a rimanere sulla ''cresta<br />

dell'onda'' del sociale se non possediamo un ben<br />

solido possesso strumentale del saper leggere?<br />

Un vecchio detto italiano dice: « voler imparare<br />

senza libro ,è come voler attingere acqua senza<br />

secchio», ed è proprio così - attraverso la lettura<br />

noi acquisiamo conoscenza. Essa consente<br />

l'accesso al sapere e alle più importanti fonti della


tradizione culturale. Nei secoli passati ,sebbene<br />

esistessero altre forme di comunicazione,quella<br />

scritta ( e quindi affidata al libro e alla sua<br />

successiva lettura) ha raccolto,conservato e<br />

tramandato ai posteri il sapere dei saggi e dei dotti<br />

e « se essi non ci fossero noi saremmo tutti rozzi e<br />

ignoranti, senza alcun ricordo del passato, senza<br />

alcun esempio 5». Il libro,molto più in passato che<br />

ora,devo dire, schiudeva le porte alla conoscenza ;<br />

ma anche oggi esso vive,palpita ,ragiona ,parla con<br />

noi,ci insegna; il libro ci aspetta sempre lì,sullo<br />

scaffale ,pronto ad essere aperto e a dialogare con<br />

noi,ed anche se quelli scolastici ci sembrano dei<br />

mattoni,dobbiamo ricordarci che i mattoni<br />

edificano. Spesso ce lo dimentichiamo, ma,<br />

leggendo buoni libri noi abbiamo una grande<br />

possibilità che a volte ,purtroppo, ci è stata negata (<br />

roghi ,censure ,occultamenti,omissioni ) ,e cioè<br />

conversare « con le persone più oneste dei secoli<br />

passati che ne sono stati gli autori 6» .<br />

Infine,vorrei inserire una citazione di R. De Bury<br />

che mi ha colpito molto per la sua veridicità ,a mio<br />

avviso, e perché mi ci sono rivista e ritrovata :<br />

« Riflettiamo infine su come nei libri il sapere sia a<br />

portata di mano, quanto sia semplice e misterioso<br />

insieme; con quanta tranquillità, senza falsi pudori<br />

ci spogliamo davanti a loro della nostra ignoranza.<br />

I libri sono maestri che ci educano senza bacchetta<br />

né verga, senza strepiti né rabbia e non voglion<br />

favori né soldi! Se ti avvicini loro, non dormono e<br />

non sfuggono se li interroghi per sapere! Non ti<br />

riprendono se sbagli e non ti ridono in faccia per la<br />

tua ignoranza 7!» .<br />

Collegata alla lettura come acquisizione di<br />

conoscenza e sapere,vi è la cosiddetta lettura<br />

funzionale. Essa sta proliferando negli ultimi<br />

tempi,infatti ci sono manuali per addestrare<br />

professionisti ,tecnici , manager, studenti,ecc. ,con<br />

la tecnica della lettura rapita,produttiva e<br />

funzionale appunto. Inoltre vi sono tanti libri di<br />

argomenti e campi professionali specifici,di base<br />

,di livello avanzato (lingue<br />

straniere,economia,ecc.). La lettura ,in questo<br />

caso,è importante ai fini professionali e di studio e<br />

viene eseguita da determinati lettori per "obbligo".<br />

Dunque ,anche se questo va un po' a svantaggio<br />

della lettura letteraria,con finalità di maturazione<br />

etica ed estetica dell'individuo,d'altro lato dimostra<br />

come una società con tecnologie moderne e<br />

raffinate,non fa e non possa fare a meno del<br />

libro,della parola scritta e letta,dell'attività del<br />

leggere,sia essa informativa ,funzionale o<br />

produttiva. Del resto,se ci pensiamo,ci sono<br />

manuali d'istruzione e d'uso per usare<br />

televisori,personal computer,lavatrici,i-phone,ecc.<br />

« Se fossi un detenuto, vorrei un libro per volar via,<br />

oltre le mura del carcere 8».<br />

Leggere ci porta in terre lontane,alla scoperta di<br />

nuovi orizzonti ,modi di vivere,di pensare;ci fa<br />

conoscere realtà diverse dalla nostra e dunque ci<br />

rende meno soggetti a condizionamenti o a<br />

pregiudizi,ci da una certa elasticità mentale.<br />

La letteratura che comunica esperienza ha la<br />

funzione sia di arricchimento intellettuale ed<br />

esistenziale, sia di svago e d'intrattenimento. Da un<br />

lato,infatti, vi sono i libri che raccontano una<br />

miriade di esperienze reali di terre lontane come la<br />

Cina,l'India,l'Iran ,ecc. ; dall'altro gli adolescenti e<br />

non solo possono immergersi nel genere fantasy e<br />

visitare luoghi come La Terra Di Mezzo, La scuola<br />

di magia di Hogwarts ,andare con Verne sotto i<br />

mari,visitare i Lillipuziani con Swift. Abbiamo la<br />

grande opportunità di sdraiarci sul salotto di casa e<br />

volare via,con la fantasia e la meraviglia che ne<br />

deriva ,oppure col pensiero e il dischiudersi di<br />

migliaia di realtà e testimonianze diverse che ci<br />

sono nel mondo. Possiamo muoverci nel tempo e<br />

nello spazio,ascoltare quello che molte persone<br />

hanno da dirci,vedere oltre la nostra soglia di casa<br />

,e tutto questo grazie al libro - vascello che fa<br />

viaggiare anche al più povero senza il tormento del<br />

pedaggio 9.<br />

Secondo l'interpretazione psicoanalitica,sostenuta<br />

da studiosi come B.Bettelheim, N.Holland,<br />

J.Held,la lettura ,in particolare di un'opera<br />

narrativa, è un'occasione per un contatto con se<br />

stessi ,in quanto riesce a toccare le sfere più intime<br />

e riposte dell'io. Quando noi entriamo in rapporto<br />

con pensieri ,sentimenti,modi<br />

d'essere,comportamenti di uno o più<br />

personaggi,questi suscitano in noi il confronto con<br />

noi stessi ,e dunque la repulsione o l'adesione ; e ,in<br />

tutti i casi ,questo confronto implica la necessità di<br />

verificare ciò che siamo,la messa a nudo della<br />

propria personalità e quindi un 'arricchimento della<br />

coscienza dell'individuo. Gli studiosi sopra citati<br />

dicono che noi diamo al testo un significato in base<br />

alla nostra esperienza psichica personale vissuta ,in<br />

quanto leggendo « trasfiguriamo i dati per


iconoscervi simboli psichici 10» ; lo notò anche<br />

M.Proust ,che disse che « ogni lettore,quando<br />

legge,legge se stesso 11».<br />

Quest' interpretazione è importante per quanto<br />

riguarda l'infanzia poiché ,secondo questi studiosi<br />

le fiabe o le letterature fantastiche fanno sciogliere i<br />

conflitti intrapsichici ,in quanto si adeguano agli<br />

schemi mentali infantili e parlano direttamente<br />

all'inconscio; da un lato le fiabe propongono nelle<br />

vesti accettabili di personaggi animaleschi o<br />

fantastici i fantasmi,le paure del bambino ,che<br />

vengono riconosciuti nel suo inconscio e quindi<br />

superati ed elaborati positivamente 12. Dall' altro la<br />

dimensione fantastica è adeguata all'animismo<br />

infantile e i bisogni dei bambini possono essere<br />

studiati in tal modo,in quanto sono espressi dai<br />

desideri (di invisibilità,leggerezza,ecc.) 13.<br />

D'altro lato si potrebbe benissimo dire che « da un<br />

libro vuoto non si raccoglie saviezza » ,che<br />

oggi,con l'affermazione dell'industria culturale,il<br />

mercato editoriale obbedisce a logiche di mero<br />

consumo; infatti ci sono tante pubblicazioni prive<br />

di un autentico spessore culturale ,ci sono effimere<br />

rincorse alle mode e la ripetizione delle formule di<br />

successo come dimostra ,per esempio , la rapida<br />

proliferazione dei libri sui vampiri dopo il successo<br />

della saga diTwilight. Inoltre,ci sono prodotti<br />

cinematografici o televisivi (per es. documentari<br />

scientifici) di grande valore culturale e che<br />

influiscono talvolta con maggiore determinazione<br />

sul pubblico di massa.<br />

Io non voglio difendere l'importanza della lettura e<br />

dunque del libro a priori; queste realtà esistono e<br />

cioè - come ci sono libri scadenti,grossolani, così ci<br />

sono prodotti dei mass media di valore. Il fatto è<br />

che si dovrebbe distinguere,come dice A.Ascenzi<br />

,tra le potenzialità comunicative del mezzo e l'uso<br />

che ne viene fatto 14 . Alcuni aprioristicamente<br />

difendono il libro e criticano le altre forme di<br />

comunicazione,soprattutto quelle non tradizionali;<br />

ma questo non è l'atteggiamento giusto , bisogna<br />

parlare e discutere con la medesima<br />

consapevolezza critica dell'uno e dell'altro e<br />

distinguere lavori che vale la pena valorizzare o che<br />

conviene ignorare 15. E dunque,dovremmo ascoltare<br />

e seguire ciò che dice una citazione tradizionale : «<br />

i libri,come gli amici,devono essere pochi e ben<br />

scelti».<br />

Bisogna dire che ,per quanto faccia concorrenza la<br />

comunicazione per immagini alla lettura,non può<br />

svolgere la funzione di potenziamento del pensiero<br />

astratto come può fare il libro. Sì,la conoscenza è<br />

garantita anche da molti nuovi mezzi,i racconti<br />

fantastici diventano più reali nei film,ma il leggere<br />

plasma ed esercita il pensiero logico. Da una<br />

parte,quando leggiamo (con attenzione,con<br />

interesse,con passione),si potenziano e si dilatano<br />

le nostre attività cognitive generali come, per<br />

esempio, quelle relative al riconoscimento delle<br />

informazioni,ai collegamenti logici tra queste;<br />

dall'altra ,si sviluppa (ovviamente va esercitata) la<br />

capacità critica grazie al processo di comprensione<br />

del testo e dei suoi contenuti ,e anche una loro<br />

interpretazione. Inoltre la nostra forma del pensiero<br />

e la conoscenza astratta,devono molto alla lingua<br />

scritta,tant'è vero che ,quando noi vogliamo<br />

scrivere sul foglio un discorso orale o una cosa che<br />

abbiamo letto,il nostro atto di scrivere « trasforma<br />

al tempo stesso discorso e pensiero 16». Per di più<br />

, è opinione di molti studiosi eminenti che,chi<br />

legge buoni libri,ha una struttura mentis più<br />

ricca,flessibile , raffinata,analitica e sequenziale di<br />

qualsiasi persona che non legga 17.<br />

Per ultimo,ma non per importanza,vorrei parlare di<br />

lettura come fonte di piacere,che stimola i nostri<br />

sensi. Disse Jules Renard : « Quando penso a tutti i<br />

libri che mi restano da leggere,ho la certezza di<br />

essere ancora felice 18». La lettura non è noiosa se<br />

scelta con cura e a proprio piacimento ,non è<br />

passiva,essa ci porta con sé, ci rende felici,liberi<br />

,leggeri,lontani dalle nostre preoccupazioni,ci può<br />

consolare. Questo godimento estetico dell'opera,di<br />

cui parlava B.Croce ,quest'autentico piacere per il<br />

testo,è quello che affascina ed avvicina l'individuo<br />

e, sul lungo periodo,produce una solida<br />

affezione,un gusto per la lettura e forma soggetti<br />

capaci di apprezzare il libro e maturare con esso.<br />

Infine vorrei esortare in primo luogo le famiglie e<br />

soprattutto i genitori a far conoscere la lettura ai<br />

propri bambini,coinvolgerli e spronarli ad entrare<br />

in questo universo,in quanto la consuetudine ad<br />

essa è più forte quando si è più piccoli . In secondo<br />

luogo ,penso che anche la scuola ,attraverso gli<br />

insegnanti ,e la città ,attraverso il servizio<br />

bibliotecario e librario ,renda più facile e spontaneo<br />

l'avvicinamento del possibile lettore. Perché un<br />

libro è un vasto universo comunicativo,è una<br />

sorgente dalla quale possiamo attingere conoscenza<br />

, dialogo con i massimi geni dell'umanità, avere<br />

esperienze immaginarie e realistiche;la lettura ci


nutre l'anima ,lo spirito e anche il cervello,in<br />

quanto è depositaria di abilità intellettuali e<br />

processi cognitivi difficilmente surrogabili. Nella<br />

lettura ci possiamo ritrovare ,ci possiamo<br />

nascondere,trovare una consolazione,possiamo<br />

volare in terre lontane ,sviluppare la nostra<br />

immaginazione ed ampliare i nostri orizzonti.<br />

Per quanto riguarda i mass media,la televisione , i<br />

computer,gli educatori dovrebbero sorvegliare<br />

l'esposizione mediale dei giovani e dotargli di<br />

adeguati strumenti conoscitivi e critici per un<br />

approccio non ingenuo o passivo nei confronti di<br />

questi. Ma, nonostante le nuove e sofisticate<br />

tecnologie ,che diverranno sempre più raffinate e<br />

presenti nella nostra quotidianità,credo che la<br />

lettura di un buon libro sia e sarà sempre un<br />

alimento ,una nutrizione per il nostro spirito ed il<br />

libro sia il nostro cuore d'inchiostro.<br />

NOTE:<br />

1)Valentino,Sosella ,www.interruzioni.com<br />

2) Ascenzi,Anna , La letteratura per l'infanzia oggi,<br />

Milano ,Vita e pensiero, 2002.<br />

3) R.Bartes - a.Compagnon,Lettura , in<br />

Enciclopedia, VIII,Einaudi ,Torino, 1979,p.180.<br />

4) Ivi 1)<br />

5) Cit. Cristoforo Moro<br />

6) Cit. Renee Descartès<br />

7) Cit. Richard De Bury<br />

8) Cit. Peppe Lanzetta<br />

9) Cit. Emily Dickinson<br />

10) Ivi 2)<br />

11) Cit. Marcel Proust<br />

12) cfr. B.Bettelheim, The uses of enchantment:the<br />

meaning and importance of fairy tales, New York<br />

1976(Feltrinelli,Milano 1977)<br />

13) cfr. J.Held, L'immaginaire au pouvoir:les<br />

enfans et la litterature fantastique, PUF Paris,1976.<br />

14) cfr. A.Ascenzi,La Letteratura Per L'infanzia<br />

Oggi, Milano,Vita e Pensiero,2002,p. 14.<br />

15) Se vogliamo fare un confronto tra la lettura e<br />

altri mezzi di comunicazione,la prima ha alcuni<br />

caratteri specifici: sottintende tempi più<br />

lunghi,richiede una concentrazione maggiore e un<br />

impegno più grande per rielaborare le<br />

informazioni,e procede solo grazie a chi<br />

legge,altrimenti si arresta;invece la fruizione di altri<br />

mezzi può andare avanti senza un' attenzione o<br />

concentrazione vigile del soggetto. E' nel secondo<br />

caso che si è più passivi, e quindi crolla la teoria<br />

comune secondo cui leggere è un 'attività passiva<br />

,in quanto invece è impegnativa, « faticosa,richiede<br />

attenzione,partecipazione e attività di riflessione»<br />

,come scrive Valentino Sosella.<br />

16) Ivi 2)<br />

17) cfr. Valentino Sosella, www.interruzioni.com<br />

18) cit. Jules Renard<br />

Bibliografia<br />

Ascenzi,Anna , La letteratura per l'infanzia oggi,<br />

Milano ,Vita e pensiero, 2002.<br />

R.Bartes - a.Compagnon,Lettura , in Enciclopedia,<br />

VIII,Einaudi ,Torino, 1979,p.180.<br />

Cristoforo Moro<br />

Renee Descartès<br />

Richard De Bury<br />

Peppe Lanzetta<br />

Emily Dickinson<br />

Marcel Proust<br />

B.Bettelheim, The uses of enchantment:the<br />

meaning and importance of fairy tales, New York<br />

1976(Feltrinelli,Milano 1977)<br />

J.Held, L'immaginaire au pouvoir:les enfans et la<br />

litterature fantastique, PUF Paris,1976.<br />

A.Ascenzi,La Letteratura Per L'infanzia Oggi,<br />

Milano,Vita e Pensiero,2002,p. 14.<br />

Jules Renard<br />

Sitografia<br />

www.iterruzioni.com ,articolo di Valentino Sosella


Rinnovabile: una risorsa per<br />

l'Italia<br />

Mambrino Viviana<br />

Martedì 18 Aprile 2012 scoppia di fronte<br />

a Montecitorio una protesta contro i<br />

tagli agli incentivi previsti dai decreti<br />

del Ministero dello Sviluppo<br />

Economico: tali decreti<br />

comporterebbero una serie di impedimenti<br />

burocratici ed economici che bloccherebbero<br />

l’avanzare dei successi realizzati fino ad oggi sul<br />

fronte del rinnovabile. Con questi decreti vengono<br />

introdotti limiti alle nuove installazioni<br />

(registrazioni obbligatorie e senza rimborsi) e tagli<br />

degli incentivi per gli impianti fotovoltaici, sia per<br />

quanto riguarda grandi progetti sia per piccoli<br />

impianti domestici. Fino a poco tempo fa, la<br />

sostituzione dei tetti in amianto con pannelli<br />

fotovoltaici era incentivata da particolari bonus<br />

che, grazie a questi decreti, vengono eliminati. Se<br />

prima l’Italia, imitando il modello tedesco di<br />

incoraggiamento al rinnovabile, sosteneva le<br />

iniziative di imprese e privati, adesso abbandona<br />

tale atteggiamento per passare ad un’infinita<br />

burocrazia che limita investimenti e proposte per<br />

tutte le fonti d’energia rinnovabile e gli impianti di<br />

grande, media e piccola taglia.<br />

A mio parere l’Italia dovrebbe puntare sull’energia<br />

rinnovabile più di altri paesi europei. Infatti, ci<br />

troviamo di fronte ad una carenza di informazione<br />

del pubblico su quelli che sono i non pochi<br />

vantaggi del rinnovabile, che non viene<br />

considerato ad oggi un’ equa alternativa a fonti<br />

energetiche quali, ad esempio, il nucleare. Lo<br />

stesso Jeremy Rifkin, economista statunitense che<br />

ha già collaborato nel nostro paese sul fronte<br />

dell’energia alternativa, afferma:<br />

« L'Italia dovrebbe essere l'Arabia Saudita<br />

dell'energia rinnovabile. Nessun Paese europeo<br />

ha le vostre risorse: il sole, la forza del mare, il<br />

vento, le montagne per le centrali idroelettriche.<br />

Eppure molti altri Stati, dalla Germania ai paesi<br />

scandinavi, sono più avanti. 1 »<br />

Le energie rinnovabili, sono definite da Rifkin<br />

«Terza rivoluzione industriale», in cui ognuno<br />

produce la propria energia e la scambia con gli<br />

altri: ci si scambierà energia tramite una “rete”<br />

così come oggi ci si scambiano informazioni<br />

tramite internet.<br />

Rispetto agli altri paesi europei, l’Italia è<br />

morfologicamente più avvantaggiata per la<br />

produzione di energia rinnovabile. Nel nostro<br />

paese abbiamo, oltre all’energia solare, svariate<br />

alternative. Impianti geotermici sono già presenti<br />

in Toscana, dove vi sono giacimenti naturali di<br />

vapore. Per quel che riguarda l’energia eolica,<br />

essa copre già il 20% della produzione di energia<br />

alternativa in Italia, la quale può contare su venti<br />

di buona intensità, soprattutto nelle zone<br />

mediterranee e nelle isole. Proprio in queste zone,<br />

specialmente lungo il crinale appenninico e nelle<br />

zone costiere delle regioni centromeridionali(Campania,<br />

Puglia, Molise, Basilicata,<br />

Sardegna), sono sorte le cosiddette Wind Farm,<br />

fattorie del vento. La presenza di numerosi fiumi e


di catene montuose lungo tutto lo stivale facilita la<br />

nascita di impianti per la produzione di energia<br />

idroelettrica, la principale risorsa alternativa alle<br />

fonti fossili usata in Italia: essa garantisce oggi<br />

circa il 15% del fabbisogno energetico. Ma oltre<br />

alle tradizionali fonti rinnovabili, esistono nuove<br />

tecnologie in fase di sperimentazione capaci di<br />

sfruttare l’energia delle maree o delle correnti<br />

marine, e perfino delle onde o della variazione di<br />

temperatura alle differenti profondità: in una<br />

penisola come l’Italia, circondata dai mari, tutto ciò<br />

non causerebbe altro che benefici.<br />

Secondo gli studi di Jakobson e Delucchi l’energia<br />

rinnovabile potrebbe coprire il fabbisogno<br />

energetico del pianeta in soli 50 anni 2. Le energie<br />

wws (wind, water, solar ovvero vento, acqua e sole)<br />

potrebbero accompagnare i combustibili<br />

tradizionali e sostituirli interamente nel 2050.<br />

Questo risultato viene esplicato nel saggio<br />

“Providing all global Energy with wind, water and<br />

solar power” di Mark Jakobson e Mark Delucchi. I<br />

due studiosi statunitensi stimano che la richiesta<br />

mondiale di energia nel 2030 sarà di 11.500<br />

gigawatt. Con le wws in circa vent’anni, si<br />

otterrebbero circa 100.000 gigawatt, e quindi oltre<br />

il fabbisogno. Circa l’84% dell’energia sarà fornita<br />

dalle turbine eoliche. Secondo i due studiosi,<br />

inoltre, ciò che non permetterebbe uno sviluppo<br />

dell’energia rinnovabile sarebbero soprattutto<br />

questioni politiche: i governi, afferma Jakobson,<br />

avrebbero interessi nel proseguire gli studi sul<br />

nucleare, non tanto per questioni energetiche,<br />

quanto per la produzione di armi sempre più<br />

potenti. Per di più esistono modelli energetici<br />

“elitari” ed altri “democratici”(così vengono<br />

definiti da Rifkin): il nucleare è centralizzato,<br />

servono grandi capitali per avviarlo e mantenerlo.<br />

L’energia rinnovabile al contrario è democratica, un<br />

sistema distribuito, dal basso verso l’alto in cui<br />

ognuno produce e scambia autonomamente. Solo<br />

perché l’energia rinnovabile non segue gli interessi<br />

dei grandi capitalisti non significa che essa non sia<br />

sufficiente a coprire il fabbisogno energetico<br />

mondiale, e ciò lo dimostra appunto lo studio di<br />

Jakobson e Delucchi.<br />

Ovviamente se si dovessero guardare le necessità<br />

energetiche in tempistiche minori, il nucleare<br />

sarebbe la soluzione migliore. Infatti, esso produce<br />

una quantità di energia notevole in poco tempo e<br />

per quel che riguarda la questione ambientale si<br />

potrebbe anche aggiungere che non produce CO2<br />

(ovvero anidride carbonica) ed ossidi di azoto e<br />

zolfo, i quali sono principali cause del buco<br />

nell’ozono.<br />

Tuttavia le 439 centrali nucleari oggi in funzione<br />

nel mondo non producono che il 5% dell’energia<br />

totale. Ma, sempre come sostiene l’economista<br />

Rifkin, il nucleare avrebbe un senso se coprisse<br />

almeno il 20% del fabbisogno energetico mondiale,<br />

solo in questo caso i costi sostenuti per le centrali e<br />

il controllo sarebbero giustificati. Certo, perché<br />

oltre al costo per la creazione di una centrale<br />

nucleare, entrano in gioco il costo per il suo<br />

mantenimento e lo spreco di acqua per il<br />

raffreddamento dei reattori.<br />

Inoltre resta il problema fondamentale<br />

dell’eliminazione delle scorie. Gli Stati Uniti hanno<br />

costruito un sistema di stoccaggio nello Yucca<br />

Mountain spendendo miliardi di dollari per un<br />

progetto fallito nel 2010. Come può l’Italia, che ha<br />

già problemi sul fronte dello smaltimento<br />

dell’umido, affrontare tale problema? E su quale<br />

organizzazione ricadrebbero la gestione e i costi di<br />

tale smaltimento? Dove andranno a finire tali<br />

scorie? Come se in nostri mari non fossero già<br />

abbastanza radioattivi!<br />

Le energie rinnovabili sono infinite e in continua<br />

evoluzione. Non solo, essendo rinnovabili, sono<br />

inesauribili ma le tecnologie e le nuove invenzioni<br />

migliorano con il passare del tempo. Se prima,<br />

trarre energia dal sole sembrava impensabile<br />

adesso forse è la cosa più naturale e si cercano<br />

nuove tecnologie e nuovi materiali per potenziare il<br />

fotovoltaico. Se prima il vento creava disagi e<br />

seccature adesso può essere un elemento a nostra<br />

disposizione. E andando oltre, ci sono migliaia e<br />

migliaia di studi che si concentrano su altre forme<br />

di rinnovabile e che sono ancora in fase di<br />

sperimentazione. Se vi sono evoluzioni negli studi<br />

sul nucleare, esse sussistono non tanto sul fronte<br />

della produzione energetica quanto su<br />

approfondimenti per la produzione di armi<br />

atomiche. Rinnovabile significa nuove scoperte,<br />

nuovi materiali e nuove invenzioni per un<br />

miglioramento della funzionalità e della qualità<br />

degli impianti di produzione di energia che<br />

verrebbe prodotta in quantità maggiori a costi<br />

inferiori.<br />

L’energia rinnovabile crea nuovi posti di lavoro.<br />

Secondo uno studio dell’Ires ( istituto delle


icerche economiche e sociali) i Green Jobs<br />

diventeranno 250 mila nel mercato del lavoro<br />

verde. Con il rinnovabile nascono nuove figure<br />

professionali (54 in totale quelle proposte dallo<br />

studio Ires 3): ingegneri e designer nel campo del<br />

fotovoltaico, dell’eolico o delle biomasse, tecnici,<br />

agronomi, fisici, agricoltori per la produzione delle<br />

biomasse e così via. L’espandersi di questi settori<br />

provoca un aumento di occupazioni legate ai settori<br />

stessi. Per questo è necessario anche investire<br />

nell’energia rinnovabile in un momento in cui si<br />

parla tanto di crisi del lavoro. L’Italia potrebbe<br />

essere un punto di svolta, perché è all’avanguardia<br />

nel campo del fotovoltaico, delle biomasse e<br />

dell’energia eolica.<br />

Io credo che l’Italia dovrebbe considerare le<br />

energie rinnovabili non solo come un’opportunità<br />

di occupazione, ma anche come uno slancio, una<br />

strategia che faccia da propulsore per la crescita<br />

economica e tecnologica. Parliamo tanto di Natura<br />

distruttiva, di “forza della Natura”, quando invece<br />

potremmo usare questa forza e trarne benefici<br />

vicendevolmente: noi da una parte ricavando<br />

energia, e la natura dall’altra non più vittima di gas<br />

di scarico nocivi e scorie radioattive nascoste nel<br />

sottosuolo. L’energia rinnovabile potrebbe<br />

rappresentare un punto di partenza verso il<br />

cambiamento, e l’Italia, utopicamente, come mai<br />

accaduto prima, potrebbe fare da traino e condurre<br />

l’intera Europa verso un futuro rinnovabile, dove<br />

l’energia non è più di un’élite, bensì è un’energia<br />

collaborativa, cooperativa e democratica.<br />

Note:<br />

1. J. Rifkin, dal discorso alla cerimonia<br />

d'inaugurazione dell'anno accademico<br />

dell'Università di Torino, 3 dicembre 2007<br />

2. Mark Z. Jacobson and Mark A. Delucchi (30<br />

December 2010). "Providing all global energy with<br />

wind, water, and solar power, Part I: Technologies,<br />

energy resources, quantities and areas of<br />

infrastructure, and materials". Energy Policy.<br />

Elsevier Ltd.<br />

3. L’Istituto di Ricerche Economiche e Sociali<br />

(IRES) è un’associazione no profit, fondata dalla<br />

Cgil nel 1979.<br />

BIBLIO-SITOGRAFIA:<br />

- “I GREEN JOBS NEL SETTORE DELLE<br />

ENERGIE RINNOVABILI”;Serena Rugiero<br />

Coordinatrice Osservatorio Energia e Innovazione<br />

Ires;Presentazione N. 10/2010<br />

- TERMMINATION:YUCCA MOUNTAIN<br />

REPOSITORY PROGRAM; Department of Energy<br />

http://www.reid.senate.gov/issues/upload/Terminati<br />

on-Language-for-the-Website.pdf<br />

- Mark Z. Jacobson and Mark A. Delucchi<br />

(30 December 2010). "Providing all global energy<br />

with wind, water, and solar power, Part I:<br />

Technologies, energy resources, quantities and<br />

areas of infrastructure, and materials". Energy<br />

Policy. Elsevier Ltd.<br />

- "Rapporto Statistico 2010" . Statistiche<br />

sulle fonti rinnovabili. Gestore Servizi Energetici<br />

(GSE).


Multinazionali: avidità di pochi,<br />

povertà di molti<br />

Pullano Luigi<br />

I<br />

n campo economico la globalizzazione<br />

indica la graduale abolizione delle<br />

barriere commerciali, ovvero l'aumento<br />

degli scambi commerciali tra le<br />

nazioni. Con lo stesso termine si indica<br />

anche l'affermazione del fenomeno delle imprese<br />

multinazionali nello scenario dell'economia<br />

mondiale: in questo ambito si fa riferimento sia<br />

alla delocalizzazione di una o più fasi produttive<br />

che alla tendenza delle stesse a conquistare più<br />

mercati. Multinazionale può essere considerato un<br />

termine relativamente recente, legato da un lato al<br />

controllo di materie prime da parte di un numero<br />

sempre più ristretto di soggetti, dall’altro<br />

all'espansione del commercio nel mondo e alla<br />

recente esplosione di nuovi settori quali il terziario<br />

e il terziario avanzato. Una realtà in continuo<br />

divenire, frutto dei processi economici e sociali<br />

iniziati nell'Ottocento con la rivoluzione<br />

industriale e il capitalismo, evolutisi con<br />

l’allargamento dei mercati dopo il secondo<br />

conflitto mondiale.<br />

La mia tesi è che la globalizzazione causerebbe un<br />

impoverimento maggiore dei paesi poveri,<br />

attribuendo sempre più potere alle multinazionali.<br />

Quest’ultime favoriscono lo spostamento della<br />

produzione dai paesi più industrializzati a quelli in<br />

via di sviluppo, zone franche in cui tutti i diritti<br />

umani non sono garantiti e dove i salari sono più<br />

bassi. Il tutto senza dare reali benefici alla<br />

popolazione del posto, anzi distruggendone buona<br />

parte dell'economia locale . Anche gli attivisti del<br />

movimento new-global precisano però che non<br />

sono contro la globalizzazione ma per un diverso<br />

modello di essa, più solidale, che tenga più conto<br />

delle diversità culturali e non cerchi di omologare<br />

tutto il pianeta sul modello occidentale. È molto<br />

criticato il fatto che sia stata attuata in modo<br />

selvaggio senza assumere, dentro i criteri del<br />

commercio internazionale, un limite allo<br />

sfruttamento delle risorse umane e ambientali, il<br />

cosiddetto sviluppo sostenibile, anche perché<br />

spesso le aziende delocalizzano solo per un breve<br />

periodo e poi delocalizzano di nuovo dove costa<br />

ancora meno, quindi non hanno interesse alla<br />

tutela dell'ambiente in loco né all'armonia tra le<br />

parti sociali, alle quali guardano da una<br />

prospettiva simile a quella dei colonialisti dell'età<br />

preindustriale.<br />

L’Africa, a dispetto dei soliti luoghi comuni, è un<br />

continente ricchissimo, fortemente legato al ruolo<br />

di produttore di materie prime di cui però non<br />

controlla, in alcun modo, i mercati. Stiamo<br />

parlando di petrolio, diamanti, oro, cobalto<br />

(indispensabile per la fabbricazione dei nostri<br />

amati cellulari), uranio, platino e molto altro.<br />

Eppure, come scrive il giornalista Carrisi, oltre a<br />

non portare ricchezza agli abitanti autoctoni,<br />

queste risorse sembrano davvero maledette per<br />

l’Africa perché causa di guerre sanguinose<br />

manipolate da interessi stranieri: vedi il caso della<br />

Sierra Leone dove, per la conquista dei giacimenti


diamantiferi, i gruppi rivoltosi hanno massacrato<br />

migliaia di “fratelli” compiendo le efferatezze più<br />

inimmaginabili.<br />

Negli ultimi anni, il rinvenimento di grandi<br />

giacimenti petroliferi in Africa, ha persuaso gli<br />

Stati Uniti e le multinazionali ad intensificare la<br />

loro presenza in quel continente, anche a causa<br />

della forte instabilità del Medio Oriente. Sono sotto<br />

gli occhi di tutti i disastri e le violenze procurate<br />

soprattutto in Nigeria, spesso a marchio Shell.<br />

Ovviamente col petrolio ci guadagnano le<br />

compagnie internazionali e le elites locali, non<br />

certo il resto della popolazione.<br />

Oltre a depauperare le risorse autoctone, nella<br />

maggior parte dei casi le multinazionali<br />

sottraggono lavoro. Con l'agricoltura<br />

industrializzata gli operai sono rari e poi spesso i<br />

prodotti sono esportati e lavorati in Europa.<br />

L'Africa diventa il mercato dove le multinazionali<br />

cercano di vendere i prodotti, più che il luogo di<br />

lavorazione. Inoltre i salari sono estremamente<br />

bassi, le condizioni di lavoro sono generalmente<br />

spaventose e con l’irrorazione di pesticidi aumenta<br />

la mortalità infantile e le malattie alle vie<br />

respiratorie, dato che la maggior parte della gente<br />

cammina scalza e beve acqua raccolta all'aperto.<br />

Le grandi compagnie minerarie non sono da meno<br />

in quanto a sfruttamento indebito di risorse.<br />

Espropriano gli abitanti locali delle loro terre con<br />

risarcimenti ridicoli, sono dedite alla<br />

deforestazione, sfruttano i lavoratori, e con i loro<br />

macchinari, con i prodotti e gli agenti chimici che<br />

utilizzano per gli scavi, inquinano spesso le falde<br />

acquifere. Gli estrattori di diamanti, pur di<br />

perpetuare indisturbati il loro lucroso business,<br />

sono stati capaci di accordarsi e sovvenzionare gli<br />

eserciti irregolari più sanguinari che controllavano<br />

il territorio in cui operavano o volevano insediarsi<br />

le multinazionali.<br />

Non si comportano bene nemmeno le<br />

multinazionali farmaceutiche quando forniscono<br />

agli africani i così detti medicinali salva-vita a costi<br />

superiori rispetto a quelli sul libero mercato. Può<br />

succedere, infatti, che alcune industrie, in ragione<br />

della disastrosa situazione africana, offrano copie di<br />

medicinali importanti per la sopravvivenza, tipo<br />

quelli anti-HIV, a costi decine di volte inferiori a<br />

quelli delle case farmaceutiche che ne possiedono il<br />

brevetto. Il problema è che l’organizzazione che<br />

tutela i brevetti internazionali dei vari prodotti<br />

messi in commercio (WTO) , fra i quali quelli<br />

medici, sanziona i paesi da cui provengono<br />

prodotti “copiati” da quelli ufficialmente registrati<br />

e brevettati. Viene, quindi, preservato il monopolio<br />

delle multinazionali farmaceutiche da<br />

un’organizzazione che dovrebbe, per statuto,<br />

difendere il libero commercio internazionale. Cosi<br />

come per le politiche agricole, il protezionismo dei<br />

paesi ricchi condanna i poveri alla fame ed alle<br />

malattie, mentre il libero commercio potrebbe<br />

permettere ai loro prodotti agricoli di far<br />

concorrenza ai nostri ed ai loro ammalati di curarsi<br />

con medicine di basso costo da acquistare in India<br />

o in Brasile, ad esempio.<br />

Senza parlare poi delle multinazionali delle armi,<br />

che riforniscono e mantengono fiorenti le attuali<br />

guerre. Allo stesso modo quelle dei rifiuti<br />

industriali e chimici che avvelenano l'Africa coi<br />

rifiuti che l'Europa non riesce a smaltire, o quelle<br />

del legname che stanno dilapidando e distruggendo<br />

le una volta famose foreste vergini dell'Africa,<br />

dalla cui esistenza tutti dipendiamo per la<br />

rigenerazione dell'ossigeno e l'assorbimento della<br />

crescente anidride carbonica.<br />

In numerosi casi la globalizzazione "ferisce" le<br />

tradizioni popolari diffondendo ad esempio alcune<br />

feste che appartengono a quelle di un popolo.<br />

Lampante il caso di Halloween, festa di origine<br />

celtica nata presso i popoli anglo-sassoni, che con<br />

la globalizzazione è divenuta propria anche dei<br />

paesi sviluppati. Ciò non accade solo per le feste,<br />

ma anche per il modo di vestire, soprattutto quello<br />

giovanile, il modo di parlare, o per i cibi<br />

consumati. Emblematico l’esempio dei numerosi<br />

centri commerciali o dei ‘fast food’ sparsi ormai in<br />

tutto il mondo. Nei McDonalds i panini hanno<br />

dimensioni e peso uguali in tutto il mondo così<br />

come le modalità di consumo da parte nostra.<br />

Questo è anche un esempio usato da Ritzer nel suo<br />

saggio ‘Il mondo alla McDonald’ e ricavato dal<br />

sistema-mercato per spiegare ‘l’uniformizzazione e<br />

l’omologazione dei costumi sociali’.<br />

La globalizzazione ha prodotto in molti paesi<br />

suicidi di massa tra i contadini, strozzati dai debiti<br />

per l'aumento dei costi di produzione e la caduta<br />

dei prezzi. Come afferma l’economista Vandana<br />

Shiva, in India l'ingresso nel paese delle grande<br />

multinazionali come la Monsanto sta causando la<br />

rovina per i piccoli agricoltori, obbligati ad<br />

acquistare da loro le sementi industriali a costo


sempre più elevato, biologicamente modificate e<br />

utilizzabili solo per un raccolto. La stessa è autrice<br />

del saggio “Povertà e globalizzazione” in cui<br />

correla la povertà del terzo mondo agli effetti della<br />

globalizzazione. La nostra sopravvivenza sarà<br />

possibile «solo se viviamo in accordo alle leggi<br />

della biosfera». Ciò sarebbe realizzabile se<br />

l’economia globale rispettasse i limiti imposti<br />

«dalla sostenibilità e dalla giustizia»: come<br />

suggeriva Gandhi « la Terra ha abbastanza per i<br />

bisogni di tutti, ma non per l’avidità di pochi».<br />

Con globalizzazione, ci si riferisce oltre che allo<br />

sviluppo di mercati globali, anche alla diffusione<br />

dell'informazione e dei mezzi di comunicazione<br />

come internet, che oltrepassano le vecchie frontiere<br />

nazionali. Nello stesso campo il termine indica la<br />

crescente attenzione dei notiziari locali su temi<br />

internazionali. Di pari passo alla diffusione di<br />

notizie su scala mondiale ed alla progressiva presa<br />

di coscienza delle problematiche globali,<br />

cominciano a svolgersi grandi manifestazioni con<br />

la partecipazione contemporanea in numerose<br />

località di decine di milioni di persone. In ogni<br />

caso, nella coscienza dei popoli il fenomeno si sta<br />

consolidando insieme alla assunzione di un punto<br />

di vista globale e all’impegno concreto per un<br />

mondo migliore al di là dei propri interessi<br />

personali e dei confini nazionali . Si parla sempre<br />

più spesso di "globalizzazione dei diritti" e perciò<br />

di rispetto dell'ambiente, di eliminazione povertà,<br />

di abolizione della pena di morte ed emancipazione<br />

femminile in tutti i paesi del mondo.<br />

Ritengo che siamo davanti ad un nuovo<br />

colonialismo, meno evidente di quello precedente,<br />

ma non meno rapace, dal momento che di tutte<br />

queste risorse fanno razzia gli “invasori stranieri”<br />

con la complicità di governatori e potenti locali.<br />

Per evitare la fine di paesi come quelli Africani<br />

sono numerosi gli appelli di mobilitazione alla<br />

società civile che finalmente si sta organizzando e<br />

che, spesso, in molti settori, è più competente ed<br />

organizzata delle istituzioni locali. Un piccolo ma<br />

importante esempio è rappresentato dalla Grameen<br />

Bank (in bengalese banca del villaggio), una banca<br />

che concede microprestiti alle popolazioni povere<br />

locali senza chiedere garanzie ma fondata sulla<br />

fiducia e sulla convinzione che anche i poveri<br />

abbiano capacità imprenditoriali sottoutilizzate.<br />

Essa gestisce tra l’altro varie attività economiche<br />

finalizzate allo sviluppo anche del settore<br />

energetico, e curiosamente non è in perdita<br />

considerato che il 98 per cento dei prestiti viene<br />

restituito. Un altro appello è lanciato alla comunità<br />

internazionale, specialmente all’Europa, meno<br />

“integralista” culturalmente degli U.S.A., affinché<br />

allacci con l’Africa ed il Terzo mondo rapporti più<br />

umani, perché, alla fine dei giochi, a nessuno<br />

conviene che queste popolazioni scompaiano per<br />

sempre.


Il linguaggio dei media<br />

evolve tra vecchi e<br />

nuovi poteri<br />

l XX secolo segna l’avvento dei mezzi<br />

di comunicazione di massa, meglio noti<br />

come mass media. Le informazioni<br />

diventano disponibili per tutti e sempre<br />

più in tempo reale, a partire<br />

dall’introduzione nelle case di strumenti quali la<br />

radio, diffusasi negli anni ’20, successivamente la<br />

televisione (1954) e, alla fine del secolo, con<br />

l’irruzione di internet. La TV resta tutt’ora il<br />

principale strumento d’informazione in molti<br />

paesi, mentre internet è in costante crescita: dalle<br />

poche centinaia di “host”, indirizzi IP stabilmente<br />

attivi, presenti agli albori della rete, nel 2011 se ne<br />

sono calcolati oltre 888 milioni1. La mia tesi è che oggi, ancora più che in passato,<br />

esista un’assuefazione popolare al modello di<br />

comunicazione e di linguaggio mediatico tale da<br />

esserne irreversibilmente ingabbiati.Lo si intende<br />

dalla rapidità con cui ci si abitua a nuovi termini<br />

proposti, da un giorno all’altro, dai media:<br />

“spread” nell’economia, “infotainment” in ambito<br />

radio-televisivo, “top player” nello sport. Molte di<br />

queste espressioni rientrano fin da subito nel<br />

vocabolario della lingua in cui vengono adoperate,<br />

pur essendo di chiara matrice straniera2. I<br />

Se a<br />

questi si aggiungono gli slogan e le frasi fatte che<br />

vengono inculcate nella mente di chi legge e<br />

ascolta, come il “rigore” imposto da Mario Monti,<br />

appare evidente come la facoltà di pensiero umana<br />

sia esposta a delle continue manipolazioni.<br />

Già in origine, le meccaniche del pensiero umano<br />

Sisca Cosmo<br />

sarebbero indotte, se non create, dal codice<br />

linguistico verbale. In “Pensiero e<br />

linguaggio”,Vygotskij analizza gli stadi relativi<br />

alla nascita del linguaggio nell’uomo: «è proprio<br />

mediante la parola che il bambino dirige la sua<br />

attenzione su alcuni tratti, li sintetizza, simbolizza<br />

il concetto astratto e li utilizza come un segno<br />

superiore tra tutti quelli che ha creato il pensiero<br />

umano» 3.La lingua risulta avere una funzione<br />

strutturante sul pensiero. Da una parte essa riflette<br />

le categorie cognitive umane, dall’altra<br />

contribuisce a formarle.<br />

Quando anche non si vogliano accettare teorie<br />

psicologiche o filosofiche, poiché intangibili e<br />

non costituenti una prova certa, intervengono dei<br />

dati molto eloquenti: tutti i più grandi regimi<br />

totalitari del secolo scorso sono stati puntualmente<br />

accompagnati da un’adeguata campagna di<br />

propaganda mediatica atta a predisporre, nelle<br />

coscienze dei cittadini, il concetto di “normalità”<br />

per la forma di potere in procinto di governarli.<br />

Tra i gesti più importanti di Benito Mussolini<br />

durante il ventennio fascista si annovera proprio la<br />

fondazione un Ministero della Cultura Popolare e<br />

l’acquisizione, nel 1924, dell’istituto L.U.C.E.<br />

(L’Unione Cinematografica Educativa) 4, ai fini<br />

della gestione della propaganda.Il regime nazista<br />

fu consolidato da una serie di strumenti, tra cui<br />

proprio «l’azione di propaganda affidata a Joseph<br />

Goebbels (1879-1945), condotta massicciamente<br />

attraverso la stampa, l’editoria e i nuovi mezzi di


comunicazione di massa, come la radio e il<br />

cinema» 5.<br />

Questa modalità di autoaffermazione non è ristretta<br />

ai soli regimi, ma risulta identificabile, pur con<br />

qualche differenza, in qualsiasi sistema politico,<br />

anche attuale. In Italia, è innegabile il parallelismo<br />

tra l’ascesa politica di Silvio Berlusconi e<br />

l’espansione del suo impero mediatico, a partire<br />

dagli anni ’80. I dati dell’organizzazione americana<br />

Freedom House evidenziano come la stampa<br />

italiana sia passata dallo status di “libera” a quello<br />

di “parzialmente libera” (unica in Europa<br />

occidentale) in coincidenza con il ritorno al<br />

governo di Berlusconi, succeduto al governo Prodi 6<br />

. In alcuni casi si è addirittura assistito a noti<br />

personaggi televisivi e dal mondo del cinema<br />

intraprendere con successo una carriera politica.<br />

Fanno specie Arnold Schwarzenegger, eletto<br />

governatore della California nell’ottobre del 2003,<br />

o, caso ancora più celebre, Ronald Reagan, ex<br />

attore di Hollywood, che venne eletto Presidente<br />

degli Stati Uniti d’America il 20 gennaio 1981<br />

(sebbene in quest’ultimo caso si sospetti di<br />

un’implicazione delle banche dietro la sua<br />

candidatura, ciò non farebbe che confermare<br />

quanto la visibilità mediatica sia considerata dal<br />

“Potere” una carta vincente).<br />

È pur vero che, specialmente nell’era<br />

contemporanea, gli organi di comunicazione<br />

costituiscono una moltitudine, varia ed eterogenea,<br />

di idee ed opinioni.Questo comporta che,<br />

certamente più che in passato, si possa dare grande<br />

risalto anche a qualsiasi opposizione ad un<br />

potere.Ciò è dovuto soprattutto all’introduzione di<br />

Internet e all’incremento dei “competitors”, in ogni<br />

settore mediatico, a caccia di maggiore audience.<br />

Inoltre, sempre secondoFreedom House,la libertà<br />

nel mondo è aumentata sensibilmente: tra il 1975 e<br />

il 2008, gli stati “liberi” sono aumentati di oltre<br />

20%, quelli classificati come “non liberi” sono<br />

diminuiti del 25% circa, mentre la restante parte è<br />

ancora costituita dagli stati “parzialmente liberi” 7.<br />

Tuttavia, se è vero che fino a qualche decennio fa il<br />

potere dominante poteva essere considerato quello<br />

politico, l’era contemporanea vede una diversa<br />

istituzione esercitare una mastodontica influenza<br />

sull’economia globale: la multinazionale. Essa si<br />

insedia stabilmente nel nostro modo di pensare,<br />

attraverso il linguaggio mediatico proprio della<br />

pubblicità. Quanto più un prodotto è pubblicizzato,<br />

tante più volte al giorno appare ai nostri occhi, in<br />

TV, sui giornali, su Internet, su cartelloni per strada<br />

e anche in radio, e questo rende “normale”, per noi,<br />

il gesto di acquistarlo regolarmente.<br />

Le stesse “corporazioni” possiedono tratti in<br />

comune con talune forme di governo di regime. La<br />

“forma corporativa” fu propria dell’ordinamento<br />

dello stato fascista, il quale «contrapponeva<br />

all’individualismo liberale e democratico, fonte di<br />

divisione e di disgregazione del tessuto sociale,<br />

l’esigenza di una solidarietà collettiva» secondo cui<br />

i diritti dell’individuo dovevano basarsi sulla<br />

«subordinazione agli interessi della comunità<br />

nazionale» 8. La pubblicità, inoltre, è definita da<br />

alcuni dizionari come «propaganda per far<br />

conoscere la qualità di una merce» 9. Pur con le<br />

debite differenze, sia la pubblicità sia la<br />

propaganda hanno «una matrice comune, molto<br />

antica. È la comunicazione persuasiva, fondata su<br />

tecniche di convincimento che fanno capo alla<br />

retorica 10» .<br />

La mia certezza, dunque, è che così come<br />

cambiano le istituzioni che ci sovrastano (certo,<br />

oggi le multinazionali possono essere considerate<br />

«l’istituzione dominante del nostro tempo 11»), allo<br />

stesso modo si evolvono le modalità con cui esse si<br />

impongono, o si fanno accettare. Per quanto un<br />

quotidiano, un’emittente televisiva o radiofonica,<br />

perfino un sito internet, possano vantare la propria<br />

libertà d’espressione, la logica capitalistica della<br />

globalizzazione imperante, e la conseguente<br />

necessità di profitto, obbliga ogni mass medium ad<br />

accettare, quando non ricercare, il più vantaggioso<br />

contratto pubblicitario possibile offerto da una<br />

multinazionale. E più l’emittente è diffusa,<br />

maggiori saranno i guadagni. Non stupisca dunque<br />

se per l’intervallo dell’edizione 2012 del Super<br />

Bowl, negli USA, 30 minuti di spazio pubblicitario<br />

abbiano fruttato all’emittente 3,5 milioni di<br />

dollari 12 , per permettere agli americani di<br />

ascoltare un mirato discorso patriottico di Clint<br />

Eastwood che pubblicizza un’automobile. Come<br />

afferma il magnate Charles Foster Kane, alla<br />

domanda «cosa penserà la gente?», il capitalista<br />

risponderà sempre: «quello che dico io 13». L’unica<br />

differenza col passato è che oggi la persuasione è<br />

molto più sottile e indolore.<br />

Note:<br />

1. http://gandalf.it/dati/dati1.htm


2.http://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/I/inf<br />

otainment.shtml<br />

3. L.S. Vygotskij,Pensiero e linguaggio, Bari,<br />

Laterza, 1990 (titolo originale: Myšlenie i reč,<br />

1934)<br />

4. http://www.treccani.it/enciclopedia/istitutonazionale-l-u-c-e_(Enciclopedia-del-Cinema)/<br />

5. A. Brancati, Dialogo con la storia, vol.3, Milano,<br />

La Nuova Italia, 2004, p. 224<br />

6.http://guerrecontro.altervista.org/blog/2010/05/12<br />

/freedom-housela-liberta-di-stampa-nel-2009/<br />

7.http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/<br />

2/25/Freedom_In_World.jpg<br />

8. A. Brancati, Dialogo con la storia, vol.3, Milano,<br />

La Nuova Italia, 2004, p. 188<br />

9. F. Palazzi, Dizionario della lingua italiana,<br />

Milano, Ceschina, 1973, p. 1096<br />

10.http://www.slideshare.net/nuovoeutile/pubblicite-propaganda-somiglianze-differenze-aree-grigie<br />

11. M. Achbar, J. Abbot, The Corporation, Canada,<br />

2003<br />

12. http://www.pubblicitaitalia.it/news/Fatti-e-<br />

Persone/Dal-mondo/le-auto-protagoniste-del-superbowl-2012_07020223.aspx<br />

13. O. Welles, Quarto potere, Usa, 1941


Gruppo Bilderberg: governo di<br />

pochi<br />

a millenni l’uomo crea infinità di<br />

gerarchie allo scopo di mostrare il suo<br />

dominio, il suo potere sulle cose, sugli<br />

animali e soprattutto sull’uomo stesso.<br />

Anche la storia ci dimostra come, nel<br />

corso dei secoli, l’uomo abbia creato questi<br />

sistemi tassonomici di tipo teologico, sociale ,<br />

familiare ecc. servendosene allo scopo di regolare<br />

e dominare il tutto. Questo concetto è anche<br />

presente nelle religioni come scrive Bacone:<br />

>.<br />

Persino alle origini, l’uomo, secondo tutte le<br />

religioni cristiane e non solo, aveva il dominio<br />

sulle cose e solo in seguito al peccato originale ha<br />

perso questa “facoltà”, ma da allora ha sempre<br />

cercato di recuperarla “mediante le tecniche e le<br />

scienze”. È come se questo bisogno di egemonia<br />

sull’altro (animale,cosa o lo stesso uomo) fosse<br />

già insito nell’istinto umano.<br />

Dal mio punto di vista non viviamo in un mondo<br />

libero e non esistono: la democrazia, il liberalismo<br />

e le forme di governo più avanguardistiche (che<br />

inneggiano tutte le espressioni di libertà), ma una<br />

“oligarchia” mondiale, i quali “oligarchi”, si sono<br />

arrogati il diritto di pilotare a loro piacimento gli<br />

eventi mondiali e di conseguenza la vita, la morte<br />

Spadafora Maria Pia<br />

di miliardi di persone. Il gruppo Bilderberg ,o<br />

Conferenza Bilderberg o ancora club Bilderberg, è<br />

in sostanza un organismo decisionale a carattere<br />

sovranazionale. Ogni anno, dal 1954, un centinaio<br />

delle personalità più eminenti del mondo si<br />

incontra, a porte chiuse e sotto un’altissima<br />

protezione, per trattare una grande varietà di temi<br />

globali, economici, militari e politici. Questi<br />

partecipanti, che decidono delle nostre sorti, non<br />

sono stati scelti da noi, come dovrebbe essere e<br />

come viene decantato da molti politici italiani (e<br />

non solo) per quanto riguarda i doveri e i diritti di<br />

voto del buon cittadino e la retorica della “stampa<br />

libera”; ma hanno deciso di per sé, da “veri”<br />

oligarchi, di autonominarsi.<br />

Data la segretezza,dimostrata ancor di più dal<br />

fatto che le discussione non vengono mai<br />

registrate e né quantomeno riportate all’esterno,<br />

tali incontri sono stati motivo di critiche di varie<br />

teorie di complotto. Come osserva Daniel Estulin,<br />

scrittore russo contemporaneo, scrivendo:<br />

. Proprio a causa<br />

dell’estrema riservatezza, nel corso degli anni, il<br />

gruppo Bilderberg è stato accusato di ordire<br />

oscure cospirazioni da parte di attivisti e<br />

organizzazioni politiche, che paragonano spesso<br />

gli incontri dei partecipanti a quelli della


massoneria intenta a creare un “nuovo ordine<br />

mondiale”, per quanto non ci sia alcuna prova che<br />

durante i convegni si siano mai fatte discussioni o<br />

prese decisioni di questo genere. Molti giornalisti e<br />

scrittori scrivono da anni su questo gruppo, dando<br />

vita a diverse teorie che vengono, spesso, o<br />

ridicolizzate o trascurate, magari dalle stesse<br />

persone che hanno fatto, o fanno parte della stretta<br />

cerchia che partecipa a questi incontri “segreti”. Le<br />

opinioni sul tipo di cospirazioni cambiano molto a<br />

seconda dei detrattori e così anche le ipotesi sui<br />

risultati raggiunti da oltre mezzo secolo. Gli<br />

organizzatori degli incontri difendono la scelta di<br />

svolgere tutto senza far trapelare informazioni: i<br />

partecipanti ai convegni si sentono così liberi di<br />

dire davvero che cosa pensano senza temere la<br />

diffusione delle loro dichiarazioni da parte della<br />

stampa.<br />

A questo punto c’è da chiedersi: perché, nonostante<br />

queste riunioni siano segretissime, da qualche<br />

tempo non si preoccupa più di tenere nascosto il<br />

fatto stesso della sua esistenza? Il fatto che questo<br />

gruppo stia emergendo pubblicamente è perché<br />

siamo giunti al “finale partita”: quando non è più<br />

necessaria una segretezza estrema perché non vi è<br />

alcun inganno dei pezzi chiave in posizione<br />

strategica. Fino a poco tempo fa, anche su internet<br />

era sconosciuta ai più realtà come il gruppo<br />

Bilderberg, mentre ora se ne parla anche in Italia<br />

senza problemi. Le motivazioni principali<br />

potrebbero essere due. La prima perché il loro<br />

potere ormai è così consolidato che non temono<br />

alcun rovesciamento. La seconda perché, in un<br />

certo senso, si sta spingendo alla<br />

“normalizzazione”di questo gruppo di potere<br />

sovranazionale, cioè si vuole assuefare la gente<br />

all’idea che queste dinamiche siano del tutto<br />

normali e addirittura che sia una cosa giusta che un<br />

manipolo ristretto di “menti illuminate”, nemmeno<br />

conosciute dalla gente, guidi gli eventi mondiali.<br />

In un certo senso è difficile dar fede a queste<br />

invettive contro il gruppo Bilderberg, soprattutto<br />

per gli scettici devoti alla loro dottrina “ se non<br />

vedo non credo ”. Non vi sono documenti ufficiali<br />

che diano veridicità a queste affermazioni ma<br />

d’altra parte centinaia sono gli elaborati,le<br />

testimonianze di alcuni scrittori, come Thierry<br />

Meyssan che ha avuto accesso ad alcuni documenti<br />

e ad una testimonianza di uno degli ex-ospiti del<br />

gruppo Bilderberg, che avvalorano e accrescono la<br />

convinzione dell’attività mondiale di complotto di<br />

questo gruppo.<br />

Nessuno di noi ha dato mandato a costoro di<br />

decidere le nostre sorti,anzi fino a poco tempo fa<br />

nessuno o ben pochi conoscevano l’esistenza e il<br />

potere di questi gruppi sovranazionali. Non capisco<br />

perché mai queste “menti illuminate” si siano<br />

appropriati del diritto di decidere di tutto e di tutti.<br />

E allo stesso tempo, con grande ipocrisia, gli stessi<br />

partecipanti ( la quale lista è nota anche nel sito<br />

ufficiale del gruppo) 3 sono promotori di<br />

liberalismo in tutte le sue forme e di potere<br />

decisionale del popolo. Proprio loro che si sono<br />

presi il diritto di gestire il mondo, ognuno con le<br />

proprie competenze e nei propri ambiti, autonominandosi,<br />

all’insaputa di circa 7 miliardi di<br />

persone.<br />

Un evento ancora più eclatante è ciò che è accaduto<br />

proprio nel nostro paese. Dopo le dimissioni del<br />

presidente Berlusconi in poche ore è subentrato<br />

nello scenario politico italiano la figura di Mario<br />

Monti per la gestione di un “teorico” governo<br />

tecnico; all’improvviso (la cosa potrebbe risultare<br />

molto strana) tutti gli schieramenti politici italiani<br />

(ad eccezione di IDV e Lega Nord) esprimono<br />

pareri positivi alla nomina. A incaricare Monti è<br />

stato il nostro presidente della Repubblica Giorgio<br />

Napolitano che di certo ha legami con la<br />

massoneria e che non dimentica in situazioni<br />

ufficiali di ricordare l’esistenza di un “nuovo<br />

ordine mondiale”. E a questo punto viene da<br />

chiedersi perché Mario Monti? Perché è un uomo<br />

importante per le grandi banche mondiali come<br />

Goldman Sachs per la quale Mario Monti ha<br />

lavorato per anni; le stesse banche che muovendo i<br />

capitali a proprio piacimento fanno salire o<br />

scendere le borse ogni giorno. Inoltre è presidente<br />

europeo dal 2010 della Commissione trilaterale e<br />

per finire è ufficialmente membro del Direttivo del<br />

gruppo Bilderberg. Non è difficile capire con<br />

semplicità e logica che Mario Monti è l'uomo<br />

prescelto dal Nuovo Ordine Mondiale: ordine<br />

gestito dai grandi poteri mondiali tramite<br />

organizzazioni come il gruppo Bilderberg.<br />

L'Ordine Mondiale ha così deciso di spostare i suoi<br />

burattini politici (che solitamente utilizza per<br />

intrattenere la popolazione con i teatrini televisivi<br />

in cui gli schieramenti fingono di essere<br />

contrapposti tra di loro) ed ha portato in Italia il<br />

suo uomo, immediatamente seguito dai numerosi


seguaci massonici "infiltrati" nei vari partiti che<br />

prontamente hanno espresso commenti positivi alla<br />

nomina di Mario Monti. L'Italia, come tutto il<br />

mondo, è così governata dal Nuovo Ordine<br />

Mondiale che potrà portare avanti il suo progetto di<br />

dominio e potere nelle mani di un élite.<br />

La mia convinzione è che siamo guidati da una<br />

stretta cerchia di persone che ci manipola e governa<br />

alle nostre spalle come burattini, o peggio come<br />

schiavi; facendoci illudere di vivere in un mondo<br />

libero e democratico. Del resto, l’uomo non è mai<br />

stato fino in fondo libero ed è difficile pensare ad<br />

un mondo ugualmente libero, se l’uomo è<br />

marchiato dal suo istinto di potere e dominio<br />

sull’altro, da spingerlo a costruirsi sempre una<br />

“montagna” sociale. Non è un caso che il gruppo si<br />

chiami proprio Bilderberg, anche se (com’è noto) il<br />

suo nome deriva dall’hotel nel quale è avvenuto il<br />

primo incontro; traducendo in tedesco bilder che<br />

significa effigi e berg che significa montagna,<br />

avremo “effigi della montagna”. E cosa può meglio<br />

rappresentare il gruppo se non il vertice di questa<br />

montagna. La nostra libertà, ancora oggi, è<br />

fortemente limitata e minacciata da pochi uomini<br />

che fanno della moderazione la loro bandiera e che<br />

ci inducono a credere di essere liberi. Come nostra<br />

guida ad un probabile futuro, può essere esplicativo<br />

questo pensiero di Friedrich August Hayek,<br />

economista e filosofo sociale :<br />

“La probabilità di trovare persone al potere come<br />

individui che dovrebbero provare avversione per il<br />

possesso e per l’esercizio del potere è al pari livello<br />

con la probabilità che una persona estremamente<br />

tenera di cuore potrebbe impiegarsi come maestro<br />

fustigatore in una piantagione di schiavi 4 . ”<br />

Note:<br />

1. F. Bacone, La grande instaurazione, parte<br />

seconda:Nuovo organo (1620), libro II, in Scritti<br />

filosofici,cit., p.795<br />

2. D. Estulin, Club Bilderberg. La storia segreta<br />

dei padroni del mondo (2009),introduzione, p. 12<br />

3.<br />

http://www.bilderbergmeetings.org/governance.htm<br />

l<br />

4. F. A. Hayek, La via della schiavitù, Milano<br />

(1995), cap. 13, p. 243.<br />

Bibliografia<br />

Bacon,Francis, Novum Organum,Londra 1620 (<br />

trad. it. Di Michele Marchetto La grande<br />

instaurazione, parte seconda:Nuovo organo,Milano,<br />

Pombiani, 2002).<br />

Estulin, Daniel, La Verdadera Historia Del Club<br />

Bilderberg,Spagna 2005 (trad. it. Di Manuel<br />

Zanarini Club Bilderberg. La storia segreta dei<br />

padroni del mondo, Arianna editrice, 2009).<br />

Hayek, Friedrich, The Road to Serfdom, Routledge<br />

Press(U.K.), 1944 (trad. it. Di Antonio Martino La<br />

via della schiavitù,Milano , Rusconi,1995).<br />

Sitografia<br />

http://www.bilderbergmeetings.org/governance.htm<br />

l


Fantomatica Onnipotenza<br />

DIl principale degli attributi che sin dalle<br />

prime lezioni di catechismo viene<br />

associato solo ed unicamente a Dio è<br />

quello di “onnipotente”. Eppure,<br />

essendo quella di onnipotenza un’<br />

accezione tanto complessa quanto spaventosa, è<br />

sempre sfuggente il significato che le si<br />

attribuisce; probabilmente per la sbrigatività con<br />

cui si scandisce il Credo, oppure per la poca<br />

disponibilità a mettere in discussione i punti fermi<br />

della propria fede. Il catechismo della Chiesa<br />

cattolica insegna che: >1 , Dio è il padrone della storia, muove i<br />

cuori e guida gli avvenimenti secondo il suo<br />

beneplacito2 . Non a caso, il primo articolo della<br />

professione di fede cristiana recita: . Tale professione di fede nasce dal<br />

Concilio di Nicea e deriva dal “simbolo degli<br />

apostoli”; è un Credo che vuole categoricamente<br />

opporsi alle eresie nate nel corso dei secoli a<br />

seguire la venuta di Cristo. Porta con sé il mistero<br />

di un’ effettiva onnipotenza, di un pieno controllo<br />

su quanto avviene ed avverrà nell’ al di qua. I<br />

cristiani parlano a proposito di un’apparente<br />

impotenza di Dio che si manifesterebbe ogni qual<br />

volta si dovesse fare esperienza di male o di<br />

sofferenza. La risposta che propongono a tale<br />

dilemma:<br />

5.<br />

Una risposta che non ammette diverse soluzioni,<br />

si finirebbe per scadere nell’eresia. Quella che si<br />

desidera è una soluzione preconfezionata ai<br />

drammi esistenziali, un calmante per le ansie che<br />

ci affliggono. Si rischia ,però, di rinunciare all’<br />

influenza di potere su quella che è la nostra<br />

esistenza.<br />

Parlo di una fantomatica onnipotenza in quanto la<br />

mia tesi è che Dio non possa essere onnipotente.<br />

Si badi bene, non nego sic et simpliciter tutti i<br />

poteri che il Cristianesimo accosta alla Trinità,<br />

tutt’altro: riconoscendo che una notevole potenza<br />

stia nelle mani di Dio, mi rifiuto tuttavia di<br />

predicarne l’illimitata onnipotenza. L’input di tale<br />

rifiuto deriva da un ragionamento personale, da<br />

un’interrogazione interiore su dove finissero le<br />

mie libertà e sull’esistenza –o meno- di un destino<br />

già scritto, come mi hanno spinta a credere gli


insegnamenti cattolici ricevuti. La negazione<br />

dell’onnipotenza divina può essere da parte mia un<br />

bisogno di potere decisionale sulla mia vita.<br />

Occorre a questo punto un’ulteriore premessa:<br />

perché parlare di Dio?<br />

Potrebbe essere una conseguenza al fatto che è Egli<br />

a non parlare più, oppure al fatto che non ha mai<br />

mostrato il suo volto. Voler sentire la voce di<br />

Dio o volerne vedere il volto è l’equivalente di<br />

voler parlare di Lui; oggigiorno il bisogno è<br />

quello di trovare qualcuno che sappia dire cosa<br />

Dio è e cosa non è:<br />

> 6<br />

Dio non può essere onnipotente ed i primi ad<br />

affermarlo furono alcuni componenti del suo<br />

“popolo prediletto”, mi riferisco ovviamente agli<br />

Ebrei. È dalla voce ebraica che si erge il grido<br />

contro il Signore della storia, quindi contro il<br />

Signore di Auschwitz. La tradizione tramandata<br />

cade in crisi, rimette in questione il concetto di Dio<br />

dopo l’esperienza dell’ Olocausto – e non poteva<br />

essere altrimenti- .<br />

Un’esperienza tanto devastante ha portato molti<br />

alla radicale conclusione che Dio non può esistere,<br />

tra questi Primo Levi, che dichiara in un’intervista:<br />

> 7<br />

Diversa ancora è la risposta di Elie Wiesel: ne “La<br />

notte” rievoca l’esperienza di Auschwitz ed il suo<br />

pensiero a proposito di Dio pare raccogliersi nel<br />

noto episodio dell’impiccagione di tre prigionieri<br />

tra cui un bambino:<br />

> 8<br />

Wiesel ripensa dunque il proprio concetto di Dio: il<br />

bambino che tace e che tarda a cedere alla morte<br />

diventa simbolo dell’impotenza di Dio, ovvero di<br />

assoluta impotenza sulla storia.<br />

Affine alla visione di Wiesel è quella di Hans<br />

Jonas. Anch’egli vittima dell’Olocausto,<br />

s’interroga sul Dio che la tradizione ha tramandato,<br />

dal momento che dopo Auschwitz non può Egli<br />

essere pensato e compreso con le categorie<br />

teologiche tradizionali.<br />

L’ebreo vede nella vita quotidiana e nell’al di qua il<br />

luogo della salvezza divina; perciò, sorge<br />

spontaneamente la domanda: >.<br />

È da questo punto di domanda che parte Jonas e<br />

risponde con un’obiezione all’illimitata potenza<br />

divina di carattere teologico; gli Ebrei attribuiscono<br />

a Dio tre qualità: bontà, comprensibilità ed<br />

onnipotenza.<br />

Dopo la Shoa, i tre attributi in questione sono –<br />

secondo Jonas – in rapporto tale che ogni relazione<br />

tra due di loro escluda il terzo. Bisogna quindi fare<br />

una scelta su quali siano i concetti veramente<br />

irrinunciabili.<br />

La bontà è inseparabile dal concetto divino e<br />

scaccia via ogni limitazione. La comprensibilità è<br />

un attributo certamente limitato, ma non può essere<br />

negata: il Dio nascosto è estraneo all’ebraismo, in<br />

quanto la Torah parte dal presupposto che noi<br />

possiamo – anche se in modo limitato – conoscere<br />

Dio. Jonas decide dunque di rinunciare all’<br />

onnipotenza di Dio:<br />


onnipotente o è priva di bontà o è totalmente<br />

incomprensibile […] . ma se Dio può essere<br />

compreso solo in un certo modo e in un certo<br />

grado, allora la sua bontà (cui non possiamo<br />

rinunciare) non deve escludere l’esistenza del male;<br />

e il male c’è solo in quanto Dio non è onnipotente.<br />

>>9<br />

Nel XVI secolo è stato elaborato da Yitzchàq Luria,<br />

rabbino e mistico ebreo, il concetto di<br />

“tzimtzum”10. Questi ripensa all’origine<br />

dell’universo e stabilendo che Dio, prima della<br />

creazione, occupasse con la propria luce l’intero<br />

spazio; in seguito, con l’atto dello tzimtzum, Dio<br />

sembra autolimitarsi,contrarsi al fine di lasciare<br />

agli uomini la possibilità di realizzare la propria<br />

libertà. Tale autolimitazione viene ripresa da<br />

pensatori contemporanei, in primo luogo da Hans<br />

Jonas, che si sofferma su contesti quali l’assenza e<br />

l’esilio di Dio. Jonas riscrive il mito dello<br />

tzimtzum:<br />

>11.<br />

Nella visione di Jonas l’infinito, contraendosi, si<br />

aliena nel finito: tale atto di autonegazione da parte<br />

di Dio concede al mondo di essere e di divenire.<br />

Sempre dello tzimtzum s’è occupato Sergio<br />

Quinzio che palesa, ne “La sconfitta di Dio” la<br />

debolezza e la non piena onnipotenza del Dio che si<br />

mostra assente nel mondo.<br />

La rinuncia all’onnipotenza da parte di Dio e la<br />

conseguente libertà acquisita dagli uomini<br />

suggeriscono l’idea di un Dio che non è più<br />

ovunque, ma che si è rifugiato in alcuni angoli della<br />

Terra; tale visione giustificherebbe il mancato<br />

intervento ad Auschwitz e attribuirebbe l’intera<br />

colpa dell’esistenza del male all’uomo. Il Dio che<br />

si tiene lontano da zone dove vige o dove si fa<br />

esperienza di dolore ha portato all’elaborazione –da<br />

parte di credenti- di un’altra sfaccettatura della<br />

divinità, che tenta di giustificare l’impotenza di<br />

Dio. Si tratta del Deus absconditus; altro non è che<br />

una teoria che dà man forte al mito dello tzimtzum.<br />

Ne riprende infatti il discorso, partendo dal<br />

presupposto che Dio si sia ritirato, nascosto e che<br />

stia continuando ad occultare la Sua potenza.<br />

L’argomento è tuttora discusso tra gli ecclesiastici<br />

che hanno trovato l’input in un enigmatico versetto<br />

del profeta Isaia: 12<br />

Tale espressione viene anche tradotta come “Tu sei<br />

un Dio misterioso” oppure “Tu sei un Dio che ti<br />

nascondi”. Giovanni Odasso, esegeta, vede qui<br />

espresso . Se precedentemente Dio si era<br />

presentato all’opera nella storia, ora pare piuttosto<br />

nascondersi dietro i suoi avvenimenti. Ignazio di<br />

Lodola invita a meditare su questo tema: >.<br />

D’accordo con l’idea che Dio debba soccombere<br />

dinnanzi al corso degli eventi (guidati dalle<br />

decisioni dell’uomo) è Etty Hillesum, che nel suo<br />

diario –scrivendo dell’opposizione da mantenere<br />

nei confronti di qualsiasi violenza- ripete più volte:<br />

13<br />

La condizione di un Dio che si ritira in sé e che<br />

lascia scorrere gli eventi lascia trasparire una certa<br />

infermità, ma è quella infermità che ci consente di<br />

prendere in mano gli eventi, divenendo così fautori<br />

e creatori del proprio destino. Se non altro, non è<br />

proprio qui che trova conferma quello che c’è stato<br />

“concesso” come libero arbitrio?<br />

Il primo dei paradossi che mi sovvenne ragionando<br />

sull’onnipotenza di Dio, fu a riguardo del libero<br />

arbitrio. È definito libero arbitrio quel concetto<br />

teologico secondo il quale ogni persona è libera di<br />

prendere le proprie scelte, dunque la divinità –per<br />

quanto potente possa essere- non può condizionare<br />

le decisioni individuali.<br />

Il principio del libero arbitrio si legge in Genesi,1:<br />


immagine, come nostra somiglianza>>. Immagine<br />

e somiglianza sono rispettivamente la traduzione<br />

dall’ebraico “tselem” e “demut”: la prima<br />

accezione di tselem è statua,in questo caso statua<br />

del padrone, il che induce a pensare che l’uomo sia<br />

esattamente come Dio, ovvero non può che<br />

esercitarne la stessa libertà, ponendo un limite al<br />

potere di Dio sui singoli individui.<br />

È già in Genesi,3 che la disubbidienza di Adamo ed<br />

Eva esplica la possibilità di “evadere” al volere ed<br />

al potere di Dio:<br />

>.<br />

Altri esempi sono forniti dalla lettura dei libri di<br />

Samuele: 14.<br />

E ancora: >15.<br />

Proseguendo con l’indagine sul testo biblico<br />

emergono ben altri suggerimenti dello stato di nononnipotenza<br />

di Dio: nel Nuovo testamento, in<br />

particolare nella Lettera agli Ebrei, più volte si<br />

ripetono i termini “perfezionato” e “reso perfetto”<br />

in relazione al Figlio di Dio. È già di per sé una<br />

conferma alla tesi che Dio, di cui cerchiamo di<br />

svelare il volto, non gode ancora di piena<br />

onnipotenza, bensì di un potere sì notevole, ma non<br />

totale. Occorre chiarire quello che potrebbe essere<br />

preso come un punto debole della trattazione,<br />

ovvero quello della trascrizione biblica di “reso<br />

perfetto”: quello utilizzato in Italia non è<br />

(ovviamente) il testo originale della parola di Dio;<br />

deriva infatti dalla traduzione della Bibbia dei<br />

LXX, testo greco a sua volta traslitterato dalla<br />

versione in lingua originale, dunque l’ebraico.<br />

In ebraico il termine utilizzato è “El Shaddai”16,<br />

tradotto poi nella LXX come “Pantocrator”17.<br />

Proprio qui sta l’incomprensione: pantocrator<br />

significa onnipotente e così verrà tramandato alla<br />

tradizione cristiana; ma el Shaddai indica<br />

semplicemente il Potente, senza alcuna allusione a<br />

totalità di potere. Il Potente viene infatti accostato<br />

alle schiere di angeli, intese come eserciti: è una<br />

potenza che sfocia nella forza, nell’energia, ma che<br />

non ha il pieno controllo sul corso degli eventi e<br />

sulla volontà dei singoli individui.<br />

Nel Nuovo Testamento emerge un’accezione di<br />

onnipotenza divina, che molto si allontana dal<br />

pieno controllo esercitabile sul volere e sulla vita<br />

degli uomini; il modo di Dio di essere sapiente ed<br />

onnipotente si attua nella dedizione incondizionata,<br />

nell’agape che non viene mai meno e che gli<br />

consente di perdonare tutti gli offensori.<br />

Dio è pensabile come l’ Onnipotente in termini di<br />

misericordia e di perdono, doni gratuitamente<br />

offerti all’uomo. È infatti nella figura di Gesù<br />

Cristo che vediamo l’amore che si consegna fino<br />

alla morte in croce: è un’offerta che fa risplendere<br />

la misericordia del Padre. Ma Dio non può che<br />

essere un NO all’onnipotenza dispotica, alla<br />

limitazione dell’uomo e del suo cammino.<br />

Con l’ausilio della logica si riesce a dimostrare che<br />

l’illimitata onnipotenza non è affatto plausibile: è il<br />

concetto di potenza in sé a rendere contraddittorio<br />

quello di onnipotenza.<br />

Se si parla di Potenza assoluta, allora bisogna<br />

supporre che non ci sia alcuna limitazione, ovvero<br />

che non esista nulla di diverso o estraneo alla<br />

potenza in questione. A questo punto, se tale<br />

Potenza assoluta non ha alcun oggetto ad essa<br />

estraneo su cui poter esercitare la propria influenza,<br />

allora nega se stessa, facendo equivalere il Tutto a<br />

zero.<br />

Serve dunque l’esistenza di un altro da sé, di un<br />

oggetto che limiti l’attività della Potenza,<br />

consentendole comunque di esercitare una forza<br />

straordinaria ed efficace. L’esistenza dell’altro, che<br />

consente di dimostrare la propria potenza, annulla<br />

al tempo stesso l’onnipotenza. In conclusione, se<br />

manca una relazione tra oggetti tra loro estranei,<br />

allora è la potenza stessa a mancare: serve quell’<br />

altro da sé che opponga resistenza alla Potenza<br />

coesistente, in modo da creare contrasto e<br />

dimostrare che la potenza iniziale è stata spartita.<br />

Dunque, non è possibile che tutta la potenza si<br />

trovi dalla sola parte del soggetto agente.<br />

Mi vorrei ora spostare sul versante filosofico, dove<br />

trovo alcune affinità con quelle che sono mie idee.


Partirei con Feuerbach: ne “L’essenza del<br />

Cristianesimo” esplica che il divino altro non è che<br />

una proiezione di quelle qualità umane che paiono<br />

essere perfette, ragione, volontà e cuore. Allora il<br />

divino è l’umano proiettato nell’aldilà ed adorato.<br />

18<br />

Nella trasposizione dell’uomo nella sfera del divino<br />

dovrà anche rientrare il desiderio di potenza che,<br />

assumendo connotati illimitati, non potrà che<br />

sfociare nella piena onnipotenza; tale è il desiderio<br />

dell’uomo: avere in pugno il potere e volgerlo a<br />

favore delle proprie intenzioni.<br />

Pascal porta avanti la dottrina del Deus<br />

absconditus, secondo cui Dio si manifesta e si<br />

nasconde al tempo stesso. La problematicità con<br />

cui Dio si mostra al mondo rende difficile anche<br />

solo l’affermazione che effettivamente esista, al<br />

punto che chi non crede potrà interpretare la natura<br />

razionalmente, senza il dovuto intervento di Dio,<br />

mentre chi crede vi vedrà con evidenza l’opera<br />

divina. Dice infatti: 19. È in effetti proprio<br />

questa una delle posizioni che più spesso mi capita<br />

di riscontrare in dialoghi a proposito dell’essenza di<br />

Dio: o ci credi, o non ci credi. Bisogna dunque<br />

affermare che se non si vede la mano di Dio sugli<br />

eventi allora Egli non c’è? Ma allora sarà più<br />

importante capire se –per ognuno di noi- avere fede<br />

sia un merito o un demerito. I pochi “eletti”<br />

avranno il coraggio di ammettere che Dio si<br />

nasconde anche dietro effetti catastrofici (che<br />

riconoscono come parte del progetto divino) e che<br />

questi siano un modo di metterci alla prova, di<br />

testare il dono della fede. La strada che ho invece<br />

intrapreso non prevede alcun test, ma una<br />

rivalutazione di Dio, che se non si manifesta più o<br />

se ci rende difficili da capire alcuni avvenimenti,<br />

allora vuole dimostrarci che sta mettendosi da<br />

parte, nascondendosi per lasciarci fare.<br />

Il Deus absconditus va a ritrarsi, abbiamo detto “si<br />

contrae”; è proprio nella contractio che Cusano<br />

riesce a vedere la presenza di Dio nel mondo, quasi<br />

fosse una ripresa dello tzimtzum. Cusano ritiene<br />

che Dio sia nel mondo, o meglio ancora: Dio si<br />

sarebbe individualizzato in una molteplicità di cose<br />

che fanno parte del nostro mondo; tale<br />

differenziazione di Dio porta Cusano a vedere tra<br />

Creatore e creato un rapporto di possibilità, ovvero<br />

una relazione tale che consenta a Dio di divenire e<br />

di poter essere. In questa lettura di Dio sparso nel<br />

mondo trova conferma l’idea che Dio partecipi<br />

all’esistenza, ma senza alcuna limitazione al corso<br />

che gli eventi potrebbero prendere, senza alcun<br />

limite alle strade che ciascuno vorrà percorrere.<br />

La visione rinascimentale rivendica il diritto<br />

dell’uomo a forgiare se medesimo ed il proprio<br />

destino nel mondo: Pico della Mirandola presenta<br />

l’uomo come libero e sovrano artefice di sé. È<br />

questa una netta frattura con l’ordine cosmico<br />

medievale, ora l’uomo deve necessariamente<br />

conquistare la propria dignità, diventare l’ homo<br />

faber che conquista il proprio posto nel mondo<br />

grazie alle sue virtù.<br />

Da secoli l’uomo si interroga sul perché<br />

dell’esistenza del male: in senso cristiano, il primo<br />

a cimentarsi sistematicamente su tale problema fu<br />

S. Agostino. Si Deus est, unde malum? Con la<br />

conversione al Cristianesimo la risposta al perché<br />

dei mali si rende ancora più urgente e drammatica,<br />

data l’inconciliabilità di piena bontà divina e realtà<br />

del male. S. Agostino risolve l’interrogativo col suo<br />

noto ottimismo teologico: il male –in ultima<br />

analisi- non esiste. Il male non può esistere perché<br />

se globalmente considerato entra a far parte di una<br />

totalità che di per sé è bene. Difficile prendere per<br />

buona una soluzione del genere dopo secoli<br />

scanditi da guerre e persecuzioni (S. Agostino non<br />

poteva prevedere i mali che si sarebbero susseguiti<br />

in 1600 anni dalla stesura delle sue Confessioni).<br />

Trovo molto più accettabile la posizione di S.<br />

Agostino che precede la negazione del male, in cui<br />

ragiona sull’incorruttibilità di Dio. Se si accetta<br />

l’esistenza del bene così come l’esistenza del male,<br />

allora Dio non può essere incorruttibile, in quanto<br />

potrebbe subire l’offesa del male. In tal senso, la<br />

corruttibilità di Dio è da intendere come sensibilità<br />

a mali che non può reprimere. S. Tommaso<br />

attribuisce l’esistenza di tali mali capaci di nuocere<br />

a Dio al libero arbitrio dell’uomo, che ci porta<br />

potere decisionale, oltre che piena responsabilità<br />

delle nostre azioni.<br />

Ho deciso di concludere la mia trattazione<br />

rifacendomi all’icona di Rublev, la Trinità.


Sull’icona è stata avanzata un’ipotesi che ben si<br />

sposa con la mia tesi che Dio non è onnipotente e<br />

che sta all’uomo prendere in mano il proprio<br />

destino.<br />

Vi sono rappresentati tre angeli –che i padri della<br />

Chiesa interpretano come la Trinità-, seduti attorno<br />

ad un tavolo, al cui centro si trova un calice<br />

contenente un agnello. I tre si guardano a vicenda,<br />

formano tra di loro un triangolo, ma se si torna a<br />

considerare il tavolo, allora c’è un posto vacante. Il<br />

posto rimasto vuoto deve essere occupato da chi<br />

osserva l’icona, quindi l’uomo, i singoli individui.<br />

Il sedersi attorno al tavolo unendosi alla Trinità<br />

significa diventarne parte, elevarsi allo stato divino<br />

e collaborare al progetto di vita, progetto che –orasiamo<br />

noi a redigere e a portare avanti.<br />

Se la Bibbia propone la piena potenza di Dio, la<br />

mia idea è che questa non ci sia, oppure – come<br />

Jonas- che Dio vi abbia rinunciato per consentire al<br />

mondo di essere e di divenire secondo quelli che<br />

sono i nostri piani.<br />

NOTE:<br />

1 Sal 115,3<br />

2 Est 4,17c; Prv 21,1; Tb 13,2<br />

3 1 Cor 1,25<br />

4 Ef 1,19-22<br />

5<br />

http://www.vatican.va/archive/catechism_it/p1s2c1p3_it.htm .<br />

6 P. De Benedetti, Quale Dio? Una domanda dalla storia,<br />

Brescia 1997, p. 9-10.<br />

7 Ferdinando Camon è uno scrittore di matrice cattolica che<br />

tenta in “Conversazione con Primo Levi” di rivisitare le<br />

“colpe” della storia cristiana e trova in Primo Levi una delle<br />

risposte più drastiche agli interrogativi sorti a proposito di<br />

Dio. Il suicidio di Levi, da molti interpretato come una<br />

risposta ritardata alla detenzione nazista, rappresenta il<br />

culmine dello smarrimento, giunto in concomitanza alla<br />

negazione dell’esistenza di un Dio.<br />

8 Elie Wiesel, La notte, Firenze 1980, p. 66-67<br />

9 H. Jonas, Il concetto di Dio dopo Auschwitz, una voce<br />

ebraica, Genova 2004, p. 35<br />

10 Tzimtzùm significa ripiegamento, autolimitazione e fa<br />

parte del misticismo della Qabbalà. Nella concezione di<br />

Luria, il termine è da tradursi come ritiro o ritorno.<br />

Brevemente, l’esistenza dell’universo, sarebbe resa possibile<br />

da un processo di contrazione in Dio: Dio rende vacanti delle<br />

zone da cui si ritrae e qui è consentito agli uomini di essere.<br />

11 H. Jonas, Il concetto di Dio dopo Auschwitz una vove<br />

ebraica, Genova 2004, p. 39-40<br />

12 Is 45, 15<br />

13 E. Hillesum, Diario, Milano 2011, p. 169<br />

14 I libri di Samuele abbracciano un arco di tempo che va<br />

dal XII secolo a.C. al 1010 a.C. e trattano dell’abbandono<br />

dell’ordinamento giuridico, seguendolo sino all’adozione<br />

della monarchia. Samuele regna col titolo di Giudice sulla<br />

confederazione delle 12 tribù di Israele, funge da mediatore<br />

tra il popolo e Dio, così come prevede l’ordinamento<br />

teocratico. Nel passo citato si illustra il rigetto da parte del<br />

popolo degli ordini di Dio, ricevuti per bocca di Samuele.<br />

L’insurrezione è dovuta al desiderio da parte delle tribù di<br />

adottare un regime monarchico, in modo da uniformarsi ai<br />

regni confinanti. È un palese rifiuto di seguire la volontà del<br />

Signore.<br />

15 Nel primo libro di Samuele Saul viene ritratto in continue<br />

disubbidienze rispetto agli ordini divini. Il passo citato si rifà<br />

al momento in cui Saul è in procinto di attaccare battaglia<br />

agli Amaleciti e riceve l’ordine da Dio di distruggere<br />

completamente la popolazione e di giustiziare il loro re Agag.<br />

Saul procede invece sacrificando una cospicua parte del<br />

bottino al Signore –azione di per sé non criticabile agli occhi<br />

del popolo- e palesando la sua disubbidienza. Tale decisione<br />

portò Samuele a dimettersi da consigliere di Saul e a<br />

rimuovere l’unzione di re da Saul al fine di eleggere<br />

segretamente a nuovo sovrano Davide.<br />

16<br />

17<br />

18 N. Abbagnano, G. Fornero, Il nuovo protagonisti e testi<br />

della <strong>filosofia</strong>, Varese 2007, p. 81<br />

L’individuo tende –secondo Feuerbach- a costruire<br />

sull’immagine di Dio la realizzazione di tutte le proprie<br />

aspirazioni, tra queste il potere. Nell’immaginare e nel volere<br />

l’uomo è libero ed onnipotente, mentre nella realtà si ritrova<br />

limitato. È in quest’ottica che l’onnipotenza diventa<br />

caratteristica voluta dall’uomo, non appartenente al divino.<br />

19 B. Pascal, Pensieri, Milano 2009, p.194.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

- Abbagnano, Nicola, Fornero, Giovanni, Il<br />

nuovo protagonisti e testi della <strong>filosofia</strong>, Varese,<br />

2007<br />

- Camon, Ferdinando, Conversazione con<br />

Primo Levi, Milano, 2006<br />

- De Benedetti, Paolo, Quale Dio? Una<br />

domanda dalla storia, Brescia, 1997<br />

- Hillesum, Etty, Diario, Milano, 2001


- Jonas, Hans, Il concetto di Dio dopo<br />

Auschwitz. Una voce ebraica, Genova, 2004<br />

- Le Paoline, La Bibbia, Cimisello Balsamo,<br />

1987<br />

- Pascal, Blaise, Pensieri, Milano, 2009<br />

- Wiesel, Elie, La notte, Firenze, 1980<br />

SITOGRAFIA<br />

-<br />

http://www.diocesi.milano.it/vescovo/laparola/2000<br />

_10/sindone.htm<br />

-<br />

http://www.vatican.va/archive/catechismit7p1s2cp3<br />

it.htm


Oratori di ieri, persuasori di oggi<br />

a politica trova le sue radici nella<br />

retorica dell’antica Roma, ma i politici<br />

sono ben lontani da quelle grandi<br />

personalità che erano gli oratori. La<br />

politica si è svuotata del significato che<br />

era proprio della retorica:><br />

L<br />

La retorica era<br />

caratterizzata da uno stile semplice e conciso, con<br />

frasi taglienti per affrontare questioni sociali<br />

come: il ruolo degli equites, la questione del lusso,<br />

politica interna ed estera. Oggi non siamo più<br />

nell’ambito della giustizia sociale ma in quello<br />

della persuasione occulta! La politica si basa sulla<br />

propaganda, sul controllo dell’opinione pubblica<br />

in modo forzato.<br />

La politica italiana non esiste! Siamo un popolo in<br />

mano a detentori del potere che meglio giostrano<br />

la situazione a loro favore. Sono persuasori che<br />

inducono a credere, dire e agire al di là di ogni<br />

convincimento razionale. Politica e politico nel<br />

dizionario della lingua italiana hanno anche un<br />

significato figurativo: politica è un ; politico è . Sono proprio queste<br />

le accezioni che meglio si adattano alla politica<br />

contemporanea.<br />

Già nel libro IX dell’Iliade si sottolinea<br />

Ciccaglioni Floriana<br />

l’importanza di coltivare le discipline che<br />

rendono un giovane nobile sia uomo d’azione, sia<br />

un capace oratore. I capi dell’esercito acheo<br />

decidono di inviare un’ambasciata ad Achille per<br />

convincerlo a partecipare ai combattimenti.<br />

L’abilità del parlare pubblicamente assume<br />

nell’antica Grecia un ruolo di primo piano. La<br />

nascita della retorica come arte della parola<br />

avrebbe origini siciliote nei primi decenni del V<br />

sec a.C.<br />

. (Bruto 46,1 ss; Cicerone, trad. di E.<br />

Narducci).<br />

Nel V sec. a.C. la retorica trae insegnamenti dai<br />

discorsi di Pitagora, dal filosofo Empedocle di<br />

Agrigento. Ad Atene nel V sec.> .<br />

Passando per Lisia, Demostene, Aristotele,<br />

Zenone, Ermagora, l’oratoria arriva a<br />

Roma: Nel periodo sillano Cicerone fu un


maestro dell’oratoria, incarnò la figura di perfectus<br />

orator: dotato di capacità oratorie, una vasta cultura<br />

e un’alta formazione etica. Grandi personalità che<br />

ancora oggi si pongono come maestri per l’attualità<br />

dei loro scritti, sicuramente non paragonabili ai<br />

politici di oggi data la loro cultura e, soprattutto, la<br />

loro formazione etica. Cicerone attribuisce alla<br />

parola il potere aggregante della civiltà, la parola è<br />

il principale fattore della civiltà umana e sottolinea<br />

l’importanza di un’ampia cultura generale: (De oratore. I 17)<br />

I discorsi dei politici se osservati rivelano tutti lo<br />

stesso codice e persino gli stessi gesti in base al<br />

messaggio che si vuole mandare. George Lakoff 4<br />

nel suo “Seven reasons why Obama’s speches are<br />

so powerfull” del 24 febbraio 2009 ha esaminato il<br />

discorso di Barack Obama al congresso in seduta<br />

congiunta, cercando di descrivere il codice che lo<br />

caratterizza: - i valori al di sopra dei programmi,<br />

-protezione e responsabilizzazione, -moralità ed<br />

economia si corrispondono, -concetti contestati e<br />

linguaggio patriottico. Il risultato è applicabile a<br />

tutti i discorsi dei politici italiani. Nel discorso del<br />

17 novembre del presidente Monti al senato<br />

emergono dei termini ricorrenti: oltre a “Italia”, che<br />

sollecita l’ideale patriottico, ricorre innanzitutto il<br />

termine “Europa” per sottolineare l’impegno<br />

assunto dal nostro Paese verso l’U.E.; è evidente<br />

poi l’importanza data ai verbi “dovere” e “fare” che<br />

sono nettamente segno di protezione e<br />

responsabilizzazione .Tra le altre parole-chiave del<br />

discorso di Monti spicca poi “crescita”, “lavoro”,<br />

“Crisi”, “finanza”, “fisco” pronunciate con grande<br />

enfasi e partecipazione: appunto, moralità ed<br />

economia si corrispondono. Il programma del<br />

governo è appena sufficiente per affrontare il<br />

pesante stato di crisi in cui versa il Paese.<br />

Un’ulteriore esempio è la tradizionale conferenza<br />

stampa di fine anno che Mario Monti ha tenuto a<br />

Palazzo Chigi; il discorso è durato circa<br />

quarantacinque minuti spaziando nei campi più<br />

diversi, ma Monti si è sempre mantenuto su toni<br />

estremamente cauti e diplomatici senza affrontare<br />

le questioni più urgenti in modo analitico. E ancora<br />

il 13 novembre 2011 nel giro di pochi minuti sono<br />

stati trasmessi in televisione i discorsi del<br />

Presidente del Consiglio uscente Silvio Berlusconi<br />

e di quello entrante Mario Monti. Berlusconi dice<br />

di aver «raggiunto molti degli obiettivi che ci<br />

eravamo prefissi fin dal 1994». Dice di voler<br />

«modernizzare l’Italia, riformando la sua<br />

architettura istituzionale, il suo sistema giudiziario,<br />

il suo regime fiscale», e di voler «liberare il nostro<br />

paese dagli egoismi e dalle incrostazioni<br />

ideologiche e corporative che gli impediscono di<br />

sviluppare tutte le sue meravigliose qualità e<br />

potenzialità». Queste parole risuonano astratte<br />

perché non sono mai state realizzate e il Paese<br />

riversa ora nello stato di profonda crisi. Il professor<br />

Monti nel suo discorso ringrazia per la nomina che<br />

il Presidente della Repubblica gli ha dato, parla di<br />

«grande senso di responsabilità», di «sfida del<br />

riscatto», di «sforzi», di «dignità e speranza», ma<br />

parla soprattutto di doveri «il paese deve vincere<br />

[…] deve essere sempre di più elemento di forza<br />

[…] lo dobbiamo ai nostri figli». Per tutto il<br />

discorso Monti esprime solo calma e<br />

autodisciplina, facendo molte pause fra una parola<br />

e l’altra, anche quando parla del «momento di<br />

difficoltà», del «quadro europeo e mondiale<br />

turbati», addirittura di «emergenza» e «urgenza».<br />

Cicerone loda l’oratoria perché chi la pratica<br />

svolge un operato che va a favore della comunità<br />

> (De officis 2, 66-67). L’oratoria a<br />

Roma non era finalizzata esclusivamente a un<br />

abbellimento del discorso ai fini estetici - artistici,<br />

ma fin dalle origini ebbe preminentemente valenza<br />

politica. È un modo fondamentalmente diverso di<br />

intendere la politica: nel caso dei discorsi politici,<br />

infatti, si utilizza un codice che colpisce<br />

l’inconscio attraverso l’uso di un formulario per<br />

suscitare i sentimenti, distraendo l’uditore da<br />

quello che in realtà è il contenuto del discorso; per<br />

Cicerone, invece, diviene fondamentale la potenza<br />

della parola per fare l’interesse dei cittadini.<br />

È Shopenhauer che già nel 1830 nel saggio “L’arte<br />

di ottenere ragione” spiega questa tendenza<br />

dell’uomo a persuadere chi lo ascolta per<br />

avvalorare la sua tesi:<br />


l’unico motivo per sostenere la tesi ritenuta vera,<br />

cede ora completamente il passo all’interesse della<br />

vanità: il vero deve apparire falso e il falso vero>> 5<br />

Sembra che i politici abbiano assunto questo saggio<br />

come loro manuale comportamentale eseguendo<br />

ogni stratagemma proposto dal filosofo. Per<br />

esempio, i politici nei talk televisivi iniziano a<br />

esporre il proprio pensiero che è privo di<br />

consistenza, parlano per non dire nulla :<br />

.<br />

Quando due avversari politici iniziano un dibattito<br />

non si capisce più qual è il fine della<br />

discussione: Nelle stesse<br />

discussioni si assiste a liti furibonde, offensive,<br />

violente:<br />

<br />

Ma, in assoluto, uno stratagemma su tutti mi<br />

sembra calzante alla situazione politica attuale più<br />

di qualsiasi altro. E’ come se Schopenhauer avesse<br />

assistito alla nascita del governo tecnico guidato<br />

dal professor Monti e al clamore popolare con cui<br />

questi eruditi, salvatori della patria, sono stati<br />

accolti:<br />

><br />

La politica italiana si è fermata al fascismo. Dal<br />

1922 l’Italia è suddita del modo di fare politica<br />

mussoliniano. La storia si evolve, cambiano i nomi,<br />

cambiano i tempi, cambiano i costumi, ma la<br />

politica è quella di novanta anni fa. Basta mettere a<br />

confronto l’operato del partito fascista con i partiti<br />

odierni per trovare innumerevoli punti di contatto.<br />

Il<br />

fascismo diffuse molti slogan utilizzando i mezzi di<br />

comunicazione di massa come radio e cinema o<br />

scrivendoli sui muri lungo le strade: “Mussolini ha<br />

sempre ragione”, “credere obbedire combattere”,<br />

“vincere e vinceremo”. Si sente l’eco di<br />

“menomale che Silvio c’è” ma anche “si può fare”<br />

o, per dirlo all’americana, “yes we can”. Il partito<br />

fascista stilò un proprio programma:<br />

<br />

La parola “programma” è usata sia dai politici di<br />

destra sia da quelli di sinistra. Sarebbe meglio che<br />

fosse bandita dal vocabolario dei partiti,<br />

<br />

Nei discorsi dei politici ricorre costantemente<br />

anche la parola “riforma”:


Assistiamo oggi a un’informazione che viene<br />

sempre più falsata da interessi politici, il diritto<br />

all’informazione ci viene negato, tutto è manipolato<br />

per renderci burattini nelle mani dei potenti; le<br />

notizie politiche, nazionali e internazionali,<br />

scottanti vengono occultate per dare rilevanza a<br />

frivolezze che molto poco hanno a che fare con la<br />

realtà. L’ex presidente del consiglio Silvio<br />

Berlusconi è proprietario delle reti Mediaset e, da<br />

capo dei Ministri, controllava anche le reti Rai<br />

statali. C’è un monopolio nell’informazione. A<br />

poco serve che Striscia la notizia faccia satira sui<br />

tacchi o sui capelli trapiantati del cavaliere quando<br />

lo scempio italiano cui ha contribuito viene taciuto.<br />

Nel ventennio fascista . Radio e cinema furono sfruttati ai<br />

fini propagandistici. La propaganda oggi è il mezzo<br />

fondamentale che utilizzano i politici in periodo di<br />

elezioni e non. Sono diventati le soubrette del<br />

nuovo millennio, appaiono sempre in televisione,<br />

sui manifesti. La propaganda è figlia del fascismo.<br />

Il partito fascista istituì il ministero della Cultura<br />

Popolare, orientando e controllando tutti gli aspetti<br />

della cultura; istituì L’Unione Cinematografica<br />

Educativa(LUCE) che produsse documentari e<br />

cinegiornali di attualità per mostrare la grandezza e<br />

il valore del duce, il valore delle sue imprese, la<br />

crescita del prestigio internazionale. . E’ il caso di fare notare le parole di<br />

Berlusconi quando, presidente di turno per sei<br />

mesi al Parlamento Europeo, a Strasburgo<br />

pronunciò un discorso da lasciare tutti senza<br />

parole. Shultz, tedesco, portavoce del gruppo<br />

socialista, gli pose delle domande molto precise cui<br />

Berlusconi rispose con questo discorso:<br />

<br />

C’è da concludere che non c’è “conclusione” al<br />

peggio. Il popolo italiano dovrebbe pensare a<br />

reagire contro tutto ciò che, “dall’alto”, gli viene<br />

imposto. Protestano i trasportatori in Sicilia con<br />

blocchi stradali, creando disagi al trasferimento<br />

delle merci; ma la protesta sta diventando di più<br />

ampio respiro, coinvolgendo tutta l’Italia e, forse,<br />

tutta l’Europa (proteste in Romania contro le<br />

misure economiche volute dal governo; in Spagna<br />

va in atto la protesta contro i tagli all’istruzione; in<br />

Francia 300 mila persone sono scese in piazza a<br />

manifestare contro il piano di austerità proposto dal<br />

governo). Fino a che punto siamo disposti a subire<br />

queste dinamiche politiche-economiche globali?<br />


di tromba. Sventurata quella nazione in cui il<br />

saggio non ha voce, il campione è cieco e<br />

l’avvocato balbettante 16>> ( Le nove sventure,<br />

Gibran Kahlil)<br />

NOTE<br />

1. F. Piazzi, A. Giordano Rampioni, Multa Per Aequora,<br />

Bologna, Cappelli Editore, 2004, p.522<br />

2. Ivi, p.531<br />

3. Ivi<br />

4. George Lakoff è un linguista statunitense, professore di<br />

linguistica cognitiva all'Università di California Berkeley.<br />

Lakoff ha espresso pubblicamente sia le sue idee a proposito<br />

delle strutture concettuali che ritiene centrali per la<br />

comprensione del processo politico, sia alcune delle sue<br />

particolari opinioni politiche.<br />

5. Shopenhauer, Arthur, Eristische Dialektik – Die Kunst,<br />

Recht zu Behalten, Berlino 1830-1831 (trad. It. Di Nicola<br />

Curcio e Franco Volpi, Adelphi Edizioni S.P.A. , 2006), p.15<br />

6. Ibidem, p.49<br />

7. Ibidem , p.30<br />

8. Ivi, p.64<br />

9 . Ivi, p.52<br />

10. G. Gentile, L. Ronga, Storia & Geostoria, Milano,<br />

editrice La Scuola, 2005, p.244<br />

11. Ivi, p.256<br />

12. Ritanna Armeni, Ma come parli, compagno?, Il Foglio.it,<br />

23 luglio 2011<br />

13. Ibidem<br />

14. G. Gentile, L. Ronga, Storia & Geostoria, Milano,<br />

editrice La Scuola, 2005, p.246<br />

15. Ibidem, p.247<br />

16. F. Bianchi, I nuovi termini, i nuovi argomenti, Napoli,<br />

edizioni Manna SRL, 2001<br />

Bibliografia<br />

A. Shopenhauer, Eristische Dialektik - Die Kunst,<br />

Recht zu Behalten , Berlino 1830-1831 (trad. it. Di<br />

Nicola Curcio e Franco Volpi L’arte di ottenere<br />

ragione, Adelphi Edizioni S.P.A., 2006)<br />

F. Bianchi, I nuovi termini, i nuovi argomenti,<br />

Napoli, edizioni Manna SRL, 2001<br />

F. Piazzi, A. Giordano Rampioni, Multa Per<br />

Aequora, Bologna, Cappelli Editore, 2004<br />

G. Gentile, L. Ronga, Storia & Geostoria, Milano,<br />

editrice La Scuola, 2005<br />

Ritanna Armeni, Ma come parli, compagno?, Il<br />

Foglio.it, 23 luglio 2011


Leggere non è una perdita di<br />

tempo<br />

L<br />

eggere è una consuetudine che<br />

dovrebbe far parte della nostra cultura.<br />

Quando è nata la scrittura, nel lontano<br />

3000 a.C., l’uomo si è ritrovato a<br />

leggere per lo più per necessità, in<br />

quanto i primi pittogrammi erano nati<br />

esclusivamente per le esigenze amministrative e<br />

commerciali delle antiche civiltà che popolavano<br />

il nostro mondo. È quando la scrittura incominciò<br />

ad evolversi e ad essere utilizzata per fare arte che<br />

la situazione cambiò: gli uomini iniziarono a<br />

leggere per diletto o anche solo per istruirsi, ma la<br />

lettura non era un obbligo e sempre più spesso si<br />

tramutava in un’attività elitaria. Inoltre<br />

l’analfabetismo dilagava e affliggeva quella parte<br />

della popolazione mondiale che non aveva la<br />

possibilità di accedere all’educazione e che quindi<br />

non era capace di leggere e scrivere. Oggi, nel<br />

XXI secolo, si pensa che questo sia un problema<br />

ormai superato e pleonastico, in quanto quasi tutti<br />

hanno accesso all’istruzione. Eppure sempre più<br />

spesso in Italia assistiamo al cosiddetto<br />

“analfabetismo di ritorno”: secondo Tullio De<br />

Mauro, uno dei massimi linguisti italiani, il 71%<br />

della popolazione del nostro Paese «si trova al di<br />

sotto del livello minimo di comprensione nella<br />

lettura di un testo di media difficoltà1» . Detto<br />

altrimenti, la maggioranza degli italiani non legge.<br />

Eppure, in un certo qual modo, tutti leggiamo, tutti<br />

ci ritroviamo fra le mani la lista della spesa o le<br />

istruzioni per assemblare un mobile. Non basta,<br />

Magnelli Claudia<br />

però, “saper leggere” per essere lettori. È<br />

assodato che ciò che ci differenzia è l’approccio<br />

che abbiamo nei confronti della lettura e nei<br />

confronti del testo che ci ritroviamo fra le mani.<br />

C’è chi legge molto, quei cosiddetti “lettori forti”<br />

che fanno sopravvivere il mercato editoriale,<br />

altrimenti destinato alla rovina; e c’è chi legge<br />

poco o chi non legge del tutto, ovvero coloro che<br />

vivono questa pratica come una noiosa<br />

imposizione. Il dibattito tra quest’ultimi e i primi,<br />

che invece sostengono l’utilità e la bellezza della<br />

lettura, è ancora acceso e sembra non scemare.<br />

La mia tesi è che leggere dà esclusivamente<br />

benefici e che quindi sia un’attività indispensabile<br />

per la nostra persona. Romanzi e poesie<br />

rappresentano forse l’unica vera ancora di<br />

salvezza per quelle giovani generazioni che si<br />

ritrovano a vivere in un mondo ormai senza<br />

valori, come il nostro. La bellezza insita nello<br />

sfogliare i vecchi classici che hanno fatto la nostra<br />

storia o i nuovi romanzi dalle copertine sgargianti<br />

che catturano la nostra attenzione sugli scaffali<br />

delle librerie, va ben oltre l’utilità che leggere ha<br />

per le nostre vite; un’utilità che per alcuni forse<br />

appare ovvia, ma che per altri non è poi così<br />

innegabile. Ma la poesia, l’armonia che si viene a<br />

creare tra il lettore e la storia narrata o tra il lettore<br />

e i personaggi che prendono vita sotto i suoi<br />

occhi, non ha eguali. I vantaggi della lettura sono<br />

quindi molteplici: ci arricchisce come persone,<br />

alimenta la nostra cultura, dà forma e contenuto


alle nostre vite.<br />

Leggere fa bene alla salute; è un’attività che può<br />

essere considerata come una sorta di “ginnastica<br />

mentale”. Ovviamente, come per l’esercizio fisico,<br />

per far si che i risultati si vedano, bisogna essere<br />

costanti, così da tenere il proprio cervello sempre<br />

attivo e in allenamento. La lettura è un ottimo<br />

rimedio per lo stress: anche poche pagine, al ritorno<br />

da una pesante giornata lavorativa, aiutano a<br />

migliorare il proprio umore e a scaricare la tensione<br />

precedentemente accumulata. Diversi studi, inoltre,<br />

hanno confermato che la lettura previene il rischio<br />

di sviluppo di malattie degenerative del sistema<br />

nervoso, come l’Alzheimer2 . Leggere, infatti,<br />

migliora la propria capacità di concentrazione, la<br />

propria memoria: di fronte ad un romanzo siamo<br />

costretti a seguire i fili della trama che si vanno<br />

sempre più intrecciando, tenendo sempre a mente i<br />

dettagli che costruiscono la storia e i personaggi<br />

che si muovono al suo interno. Altri studi, invece,<br />

insistono sugli effetti positivi del leggere libri ai<br />

bambini fin dai primi mesi di vita. La lettura a voce<br />

alta, specialmente, abitua i bambini a prestare<br />

attenzione e questo incide positivamente sulla<br />

nascita e sulla sopravvivenza di nuovi neuroni.<br />

Impiantare il seme della lettura nei più piccoli è<br />

inoltre una sorta di assicurazione sul futuro: quegli<br />

stessi bambini saranno un giorno forti lettori, ma<br />

avranno anche pagelle più brillanti e non<br />

rischieranno di adottare comportamenti aggressivi e<br />

antisociali, a cui vanno invece incontro gli<br />

adolescenti con un basso livello di “literacy”34 .<br />

Esistono, poi, delle organizzazioni che utilizzano la<br />

lettura come mezzo per aiutare persone che stanno<br />

ritornando alla vita dopo un periodo di depressione,<br />

ragazzi con alle spalle situazioni familiari<br />

estremamente difficili, anziani lasciati soli in balia<br />

di loro stessi. Tra queste vi è The Reader<br />

Organisation, che opera per lo più in Gran Bretagna<br />

e che ha tenuto a maggio una conferenza dal titolo<br />

emblematico Leggere per vivere bene5 .<br />

Leggere insegna a vivere, a crescere; ci mostra il<br />

mondo e ci rivela il nostro posto al suo interno.<br />

Non importa che tipo di lettura stiamo affrontando:<br />

in ogni romanzo, racconto o poesia sono insiti<br />

innumerevoli valori da adottare e da mettere in<br />

pratica nella vita di tutti i giorni, ma anche<br />

insegnamenti indispensabili da fare nostri e da<br />

seguire. Se ci limitassimo a vivere solo nel nostro<br />

piccolo, non riusciremmo mai ad apprezzare<br />

appieno ciò che ci circonda. Leggere ci permette<br />

così di vivere in mille e ancora più posti diversi, ci<br />

può offrire la visione del mondo nella sua interezza<br />

o appena solo un assaggio di realtà estremamente<br />

diverse dalla nostra. Si dice che la vita sia solo una,<br />

ma un lettore, in realtà, vive molteplici volte: si<br />

immedesima nei protagonisti delle storie lette,<br />

cresce e vive con loro, affronta i nemici più<br />

insidiosi e le avventure più pericolose insieme a<br />

quelle persone di inchiostro e carta che prendono<br />

forma mano a mano che si avanza verso il finale e<br />

che, girata l’ultima pagina, sono diventate un po’ di<br />

famiglia.<br />

Ogni libro, a suo modo, ci fa diventare una persona<br />

migliore: non dobbiamo quindi permettere che il<br />

mondo sempre più frenetico in cui viviamo ci<br />

faccia dimenticare il piacere della lettura. Leggere,<br />

poi, è anche uno svago, fa divertire, allontana i<br />

pensieri. La scusa del non avere tempo per leggere<br />

non sussiste: si tratta sempre di mancanza di<br />

voglia6 . Ed è proprio per sopperire a questa<br />

carenza che bisogna sempre essere capaci di<br />

ritagliarsi un piccolo spazio per sé, da dedicare a<br />

quest’attività piena di vantaggi e soddisfazioni.<br />

È anche vero che non sempre ci troviamo fra le<br />

mani libri realmente “educativi”, soprattutto<br />

quando al giorno d’oggi l’editoria sembra essere<br />

solo diventata un’altra grande industria sforna<br />

prodotti, votata al profitto. Capita di trovare in<br />

libreria volumi scritti male e dalla trama scarna,<br />

avvolti in copertine appariscenti e presentati in<br />

modo da farci pensare di trovarci di fronte al nuovo<br />

caso editoriale del secolo, salvo poi renderci conto,<br />

una volta terminata la lettura, di aver solo sprecato<br />

tempo dietro ad un mucchio di parole vuote. È il<br />

caso di molti best seller odierni, che, osannati dalla<br />

stampa e dalla critica, hanno avuto un immeritato<br />

successo; o anche il caso di molte saghe per<br />

adolescenti, che sono un continuo ripetersi dello<br />

stesso schema narrativo e degli stessi personaggi.<br />

Trova riscontro ancora oggi, quindi, il pensiero<br />

espresso da Arthur Schopenhauer in un capitolo<br />

dedicato ai libri e alla lettura del suo saggio<br />

Parerga e paralipomena: «Nove decimi della nostra<br />

attuale letteratura non ha altro scopo che spillare<br />

qualche tallero dalle tasche: autore, editore e<br />

recensore hanno per questo fermamente<br />

complottato78» .<br />

Non sempre, però, è il libro a non essere istruttivo:<br />

può capitare che esso non abbia un effetto


educativo sul lettore e quindi entra in gioco l’io<br />

stesso della persona. Soggetti più “deboli” possono<br />

smarrirsi nel mondo fittizio dei romanzi, crearsi<br />

false aspettative sulla vita, perdere di vista la realtà.<br />

Ovviamente si tratta di casi patologici e rari, ma<br />

sembrano tutti ricadere in quella strana malattia del<br />

pensiero che Jules de Gaultier chiamò bovarysme,<br />

termine derivato da Madame Bovary, protagonista<br />

dell’omonimo romanzo di Gustave Flaubert.<br />

Ad ogni modo, la lettura è importante anche da un<br />

punto di vista più tecnico: quello linguistico.<br />

Leggere può farci fare grandi passi nella nostra<br />

lingua madre, ma è un considerevole supporto<br />

anche per quanto riguarda le lingue straniere. Un<br />

libro in inglese, o in una qualsiasi altra lingua che<br />

vorremmo imparare, innanzitutto ci avvicina<br />

maggiormente alla cultura di cui quella lingua è<br />

emblema, quindi è una finestra su un mondo a noi<br />

sconosciuto, ma poi ci dà un assaggio della<br />

struttura grammaticale e lessicale propria di quella<br />

lingua, con un conseguente miglioramento della<br />

nostra padronanza della stessa. Anche leggere nella<br />

propria lingua madre è utile, in quanto ci si ritrova<br />

di fronte a parole magari sconosciute, ma che poi,<br />

una volta compresone il significato, desunto dal<br />

contesto o cercato sul dizionario, entrano nel nostro<br />

vocabolario. Inoltre con la lettura possiamo<br />

imprimere maggiormente nella nostra mente quelle<br />

strutture sintattiche e grammaticali della nostra<br />

lingua che stanno sempre più rischiando di<br />

scomparire a causa dei nuovi linguaggi che<br />

fioriscono su Internet. Bisognerebbe quindi<br />

allontanare le giovani generazioni da chat e social<br />

network, di cui fanno un utilizzo smodato e che<br />

minano l’integrità della nostra lingua, ormai<br />

scalzata da abbreviazioni e linguaggi sms, in modo<br />

da non farla svanire del tutto.<br />

Come conoscere il nostro passato, la nostra storia e<br />

come informarsi sul presente, sulla realtà che<br />

stiamo vivendo se non leggendo? Non esistono solo<br />

romanzi dalle trame totalmente inventate, ci sono<br />

anche quelli storici, che ci offrono la visione di un<br />

preciso evento del passato, ma la letteratura è anche<br />

fatta di saggi e ricerche preziose che costituiscono<br />

per noi un’inestimabile fonte di conoscenza.<br />

Leggere, quindi, informa. E l’informazione non<br />

avviene solo tramite testi di narrativa e di<br />

saggistica, ma anche attraverso la lettura di<br />

giornali, che sono strumenti indispensabili per<br />

conoscere il mondo che ci circonda ed essere<br />

sempre al passo con gli eventi. Leggere mette in<br />

discussione le nostre convinzioni, apre la mente.<br />

Anche un libro solo può mostrare la verità,<br />

fomentare le masse e incitare alla ribellione. Basti<br />

pensare che nel XVI e nel XVII secolo<br />

l’Inquisizione cattolica iscriveva nell’Indice dei<br />

libri proibiti tutti i volumi considerati pericolosi e<br />

rivoluzionari e li bruciava pubblicamente nelle<br />

piazze, in quanto uniche fonti di informazione<br />

capaci di smascherare le bugie del potere. Bisogna<br />

quindi leggere, tenersi informati: solo così si può<br />

combattere contro coloro che ci incitano<br />

all’ignoranza e ci condannano alla cecità.<br />

Ritengo, dunque, che leggere sia un’attività<br />

indispensabile per la nostra crescita e per la nostra<br />

cultura. È cibo per la nostra mente, la mantiene<br />

viva e dinamica. Solo con la lettura siamo capaci di<br />

sviluppare la nostra creatività e la nostra<br />

immaginazione, qualità che si possono rivelare utili<br />

per la vita lavorativa e non. Inoltre, se usata<br />

sapientemente, ci forma e ci migliora come<br />

persone. Valentino Bompiani, fondatore della casa<br />

editrice che porta il suo nome, disse: «Un uomo<br />

che legge ne vale due». Ed è vero se si pensa al<br />

ricco bagaglio culturale, sempre in crescita, che un<br />

lettore porta con sé lungo il corso della propria<br />

vita. Un bagaglio unico e prezioso, difficilmente<br />

sostituibile con gli effimeri passatempi del nostro<br />

tempo.<br />

NOTE:<br />

1 Di Stefano, Paolo “Se sette italiani su dieci non<br />

capiscono la lingua”, in Corriere della Sera,<br />

novembre 2011.<br />

2 Leone, Valeria “Allenare il cervello per<br />

prevenire l'Alzheimer”, su www.sanihelp.it, marzo<br />

2012.<br />

3 Benedetti, Luciano “Leggere (o sentir leggere) fa<br />

benissimo ai bambini”, in Corriere della Sera,<br />

maggio 2011.<br />

4 Nemeth, Marina “Con i libri i bambini crescono<br />

meglio”, in La Repubblica, giugno 2009.<br />

5 Dogliani, Sergio “Leggere fa bene alla salute”,<br />

in Il Sole 24 Ore, maggio 2012.<br />

6 Pennac, Daniel, Come un romanzo, Feltrinelli,<br />

2000.<br />

7 Schopenhauer, Arthur, Parerga und<br />

Paralipomena: kleine philosophische Schriften,<br />

Berlino, 1851 (trad. it. Parerga e paralipomena,<br />

Adelphi, 1981).


8 Mascheroni, Luigi “Leggere non solo è inutile,<br />

ma fa anche male”, in Il Giornale, ottobre 2008.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

• Pennac, Daniel, Come un romanzo,<br />

Feltrinelli, 2000.<br />

• Schopenhauer, Arthur, Parerga und<br />

Paralipomena: kleine philosophische Schriften,<br />

Berlino, 1851 (trad. it. Parerga e paralipomena,<br />

Adelphi, 1981).<br />

SITOGRAFIA<br />

• http://www.corriere.it<br />

• http://www.repubblica.it<br />

• http://faberblog.ilsole24ore.com<br />

• http://www.ilgiornale.it<br />

• http://it.wikipedia.org<br />

• http://www.sanihelp.it


“TI LOVVO!!!”<br />

La lingua italiana tra evoluzione e<br />

ignoranza<br />

I<br />

niziare un discorso sul modo di fare, di<br />

essere, ma soprattutto di esprimersi dei<br />

giovani, riporta inevitabilmente a<br />

parlare di un gruppo di soggetti che si<br />

stacca dalla dimensione culturale<br />

guidata dagli adulti, per aderire ad un altro tipo di<br />

cultura che si distingue da quella delle generazioni<br />

precedenti. Si rischia, pertanto, di impoverire e<br />

allo stesso modo arricchire, con nuovi<br />

ideologismi, il lessico cosicché gli adulti si<br />

ritrovino in uno stato di difficoltà oggettiva sulla<br />

comprensione di una nuova lingua parlata e scritta<br />

dai giovani. Questo stesso linguaggio fa perdere il<br />

senso delle parole e l’uso corretto di esse nella<br />

costruzione di frasi di senso compiuto. Seguire<br />

una specifica cultura, farne parte integrante,<br />

permette ai giovani di ottenere visibilità, e di<br />

conseguenza uno spazio ed un tempo, tracciando i<br />

confini di un luogo impenetrabile per gli adulti. I<br />

ragazzi con il loro modo di pensare, di agire, con<br />

la loro moda ed ancor di più con il loro<br />

linguaggio, pongono importanti punti di rottura tra<br />

la cultura dominante adulta e la loro cultura,<br />

comprensibile solo a chi ne fa parte. Se da una<br />

parte però, le teorie sociali sintetizzano la<br />

dimensione giovanile come un grande bacino di<br />

cambiamento e dinamismo, dall’altra questa stessa<br />

estensione viene a connotarsi come contenitore di<br />

errori ed ignoranza lessicale. La maggior parte dei<br />

giovani di oggi non conosce la lingua italiana, non<br />

costruisce frasi di senso sulle regole della sintassi<br />

Giordano Valeria<br />

e, spesso, si esprime utilizzando termini stranieri<br />

resi “italianeggianti” nel parlato.<br />

La mia tesi è che oggi, a causa dell’uso estremo di<br />

mezzi di comunicazione di massa, soprattutto<br />

internet e tv, la lingua italiana rischia di essere<br />

utilizzata sempre più in modo scorretto. Il<br />

linguaggio dei giovani, ma anche dei meno<br />

giovani, è strettamente connesso al linguaggio<br />

informatico per la forma rapida delle parole, le<br />

abbreviazioni e i troncamenti. Termini<br />

dell’italiano scritto delle e-mail, delle chat o degli<br />

sms, trovano spesso collocazione anche<br />

nell’italiano parlato e viceversa; accade così che,<br />

inconsciamente o appositamente, invece di dire ad<br />

un amico “ti voglio bene” gli si dice “Ti Vi Bi”<br />

oppure, prendendo spunto dai comici in tv alcuni<br />

termini entrano a far parte dell’uso comune<br />

cosicché ad un appassionato “ti amo” si preferisce<br />

un maccheronico “ti lovvo” .<br />

La lingua italiana, che ha una lunga storia<br />

culturale, dispone di un lessico molto ampio che,<br />

nel corso dei secoli è cresciuto progressivamente.<br />

È naturale che nessun italiano,data la vastità di<br />

lessemi, usa o conosce l’intero lessico; il<br />

vocabolario di ciascuno varia in base all’età, alla<br />

cultura, alla professione, ai rapporti sociali, ecc.,<br />

ma il problema oggi è che non soltanto non si<br />

riscontra tra la maggior parte dei giovani parlanti<br />

una padronanza linguistica adeguata ma si tende<br />

all’utilizzo di un lessico carente, ma nello stesso<br />

tempo, ricco di termini moderni (o neologismi) di


difficile comprensione.<br />

È veramente allarmante quanto scrive Antonio<br />

Calabrò nel suo blog in merito ad un dibattito sul<br />

Corriere della sera :<br />

‹‹ i ragazzi, soprattutto, non sanno usare l’italiano,<br />

lo scrivono a fatica, non conoscono il significato di<br />

vocaboli come obsoleto, laido, dirimere, congruo,<br />

fatuo, non si raccapezzano con la sintassi,<br />

aboliscono il congiuntivo, fanno strame (strame?<br />

Che vuol dire?) della punteggiatura e, quel che è<br />

peggio, non sanno articolare un ragionamento<br />

scritto: tesi, svolgimento, conclusione. I dati<br />

emergono dalle ultime rilevazioni Invalsi. E<br />

indicano un fenomeno preoccupante: la lingua<br />

diventa più schematica, il ragionamento si<br />

impoverisce, l’argomentazione razionale ne soffre 1<br />

››<br />

Affermazioni del genere non possono lasciarci<br />

indifferenti. É giusto precisare che non tutti i<br />

ragazzi si ritrovano in questa stroncante<br />

descrizione, però è vero anche che Calabrò si è<br />

attenuto a rilevazioni Invalsi ( Istituto Nazionale<br />

per la Valutazione del sistema educativo di<br />

istruzione e di formazione) e ciò vuol dire che il<br />

problema dell’uso della lingua italiana oggi<br />

riguarda un numero notevole di giovani e non si<br />

può sottovalutare. Lo stesso Calabrò nelle battute<br />

finali dell’articolo scrive :<br />

‹‹ Ecco una grande questione di fondo, civile e<br />

politica che dovrebbe stare al centro di ogni<br />

ragionamento sulla qualità della scuola e, dunque,<br />

della nostra vita collettiva 2›› . Indubbiamente la<br />

qualità della scuola, il luogo in cui si vive, le<br />

persone che si frequentano influenzano il nostro<br />

modo di parlare.<br />

Secondo il mio punto di vista, oggi, si tende sempre<br />

più verso un linguaggio “omologato”, un<br />

linguaggio, cioè, carente dal punto di vista lessicale<br />

e comune a quanti preferiscono la comunicazione<br />

virtuale a quella verbale. Termini come “taggare”,<br />

“detaggarsi”, “postare”, “pokare” ecc. (vocaboli<br />

comuni dei social network) si inseriscono con<br />

facilità nel nostro lessico e vengono utilizzati i<br />

modo frequente, a volte anche senza conoscerne il<br />

significato.<br />

Il linguaggio dei giovani è un linguaggio<br />

emblematico. I neologismi di oggi difficilmente<br />

trovano riscontro nei dizionari, nessuno più scrive<br />

diari o poesie. É inoltre diminuita la disponibilità a<br />

leggere, pertanto si scrive meno correttamente. Il<br />

linguaggio preferito oggi è quello della televisione<br />

e dei social network; anche la pubblicità, che si<br />

rivolge ai ragazzi, molto spesso attinge parte della<br />

terminologia giovanile per raggiungere i suoi scopi.<br />

Accade così che nuovi termini, formalmente<br />

scorretti, si inseriscono nella nostra lingua e<br />

vengono utilizzati in modo indisturbato facendo<br />

cadere la “vecchia” distinzione tra italiano formale<br />

e italiano informale.<br />

Ecco alcuni esempi:<br />

• Attoparsi: vestirsi in modo elegante;<br />

• Azzeccare: dire/fare la cosa giusta;<br />

• Andare a palla: andare fortissimo;<br />

• Gasato: felice;<br />

• Scialla: per invitare a darsi una calmata;<br />

• Nick: nome;<br />

• Mega: grande;<br />

Queste sono solo alcune delle espressioni più<br />

comunemente usate.<br />

‹‹ La componente principale del linguaggio<br />

giovanile è stata individuata nell’italiano<br />

informale, su questa si innestano:<br />

o Uno strato dialettale;<br />

o Uno strato gergale, che attinge termini ai<br />

gerghi tradizionali o ne conia di nuovi per usarli<br />

all’interno del gruppo (particolarmente produttivo<br />

quello della droga: si pensi solo a farsi ‘drogarsi’);<br />

o Uno strato proveniente dalla lingua della<br />

pubblicità e dei mass media, ricco anche di parole<br />

straniere, soprattutto anglicismi (okay, oops!);<br />

o Termini propri dei linguaggi settoriali,<br />

spesso usati con valori traslati, metaforici 3›› .<br />

Anche la corretta punteggiatura è indispensabile<br />

per dare senso ad una frase, ma a quanto pare la<br />

maggior parte della gente che scrive ne sottovaluta<br />

l’importanza.<br />

Il problema non è dato soltanto da un cattivo<br />

insegnamento ma, ahimè, anche dall’uso smodato<br />

dei mezzi di comunicazione attuali: chat, e-mail,<br />

sms ecc.<br />

In particolare la comunicazione nelle chats<br />

presenta una dialogicità più spiccata, come nel<br />

caso di una conversazione faccia a faccia e tende a<br />

simulare tratti di parlato. L’uso corretto della


punteggiatura, in questo tipo di comunicazione, è<br />

del tutto assente (o quasi). I punti interrogativi ed<br />

esclamativi sono tra i più utilizzati. Infatti, nel tipo<br />

di comunicazione telematica, questi segni<br />

paragrafematici, impiegati con frequenza e<br />

ripetutamente combinati tra loro, consentono di dar<br />

una sorta di dinamismo al testo scritto. Per<br />

rafforzare la vivacità delle parole scritte nella chat,<br />

sintetizzando così stati d’animo ben precisi. Si<br />

arriva ad accostare il codice alfanumerico a quello<br />

interpuntivo, ottenendo i cosiddetti smileys o<br />

emiticons, altrimenti conosciuti come faccine. Un<br />

esempio di questo nuovo linguaggio è il sorriso (<br />

☺ ) prodotto dall’accostamento di : - ) . La<br />

punteggiatura perde così la sua funzione originale<br />

di scansione logica del discorso.<br />

Tra le diverse abilità linguistiche, lo scrivere è<br />

sicuramente la più complessa. Nello scrivere, ci<br />

sono delle regole che devono essere rispettate,<br />

diversamente si possono commettere degli errori.<br />

Un uso scorretto dei segni di interpunzione crea<br />

antipatiche stonature nel ritmo della frase.<br />

In una conversazione in chat o tramite sms si<br />

possono anche tollerare certe inesattezze, per via<br />

della velocità di trasmissione dei messaggi, ma il<br />

problema è quando si adotta lo stesso stile di<br />

scrittura nei temi.<br />

Mi è capitato di leggere alcuni elaborati scritti di<br />

ragazzi che frequentavano il secondo anno di un<br />

Liceo Scientifico. Ho avuto modo di appurare che,<br />

nella maggior parte dei casi, la punteggiatura<br />

impiegata era inesatta. Gli errori più frequenti non<br />

riguardavano solo la scorretta scansione logica<br />

delle frasi, ma anche l’impiego di segni di<br />

interpunzione al posto sbagliato e in modo<br />

sbagliato. Ad esempio, il punto esclamativo, che va<br />

posto sempre in fondo all’intero periodo, spesso è<br />

utilizzato più volte in una stessa frase e, come se<br />

non ne bastasse uno, si preferisce inserirne due o<br />

tre di seguito, proprio come accade in chat o negli<br />

sms: “che bella giornata!!!” oppure “chiamami!!!”.<br />

È giusto sottolineare che un solo punto esclamativo<br />

ha una capacità espressiva più che sufficiente (e ciò<br />

vale anche per il punto interrogativo), pertanto è<br />

preferibile, inoltre, avvalorare la distinzione tra<br />

italiano formale e italiano informale che oggi,<br />

purtroppo, si avverte poco (o per niente).<br />

Comunicare oggi è sempre più difficile. Nonostante<br />

il progresso tecnologico e lo svariato numero di<br />

mezzi di comunicazione che permettono di mettere<br />

in contatto persone che vivono in continenti<br />

diversi, c’è il rischio di non saper comunicare. Più<br />

aumentano i mezzi e i luoghi virtuali più si possono<br />

perdere di vista molteplici aspetti importanti della<br />

comunicazione: stato d’animo, tono della voce,<br />

linguaggio. Comunicare vuol dire sostanzialmente<br />

ascoltare, parlare e vedere.<br />

‹‹ La competenza comunicativa riguarda la<br />

capacità che i parlanti hanno di utilizzare la lingua<br />

nei modi che sono appropriati alle varie situazioni<br />

›› 4.<br />

Pessimisticamente ritengo che nella società in cui<br />

vivo la capacità di ascolto sia inesistente. Non si<br />

parla più di tanto e soprattutto quando si comunica<br />

(se comunicazione si può chiamare) lo si fa per<br />

“intercessione” di un computer o di un telefonino.<br />

La comunicazione virtuale è il mezzo “migliore”<br />

per crearsi molteplici maschere, per dire “ti amo”<br />

senza troppe complicazioni, per litigare con un<br />

amico dicendogli le cose peggiori che non gli<br />

avresti mai detto guardandolo negli occhi, per dire<br />

“ti voglio bene” (ops! Scusate: “T.V.B.”) a tutti,<br />

anche a chi conosci da poche ore. Insomma, una<br />

comunicazione “viscerale” (macché); adesso è<br />

possibile anche baciarsi via web, non è uno<br />

scherzo. Questa nuovissima tecnologia è stata da<br />

poco messa a punto dall’università di Kajimoto<br />

(Elettro Comunicazioni), tramite la realizzazione di<br />

uno strumento munito di una cannuccia di plastica<br />

che risponde agli stimoli trasmettendoli a un’altra<br />

cannuccia-ricevitore (che cosa romantica!).<br />

Non ho intenzione di dilungarmi su questi aspetti<br />

veramente poco piacevoli della comunicazione<br />

odierna. A parte la carenza di diversi aspetti<br />

fondamentali nelle relazioni interpersonali, una<br />

comunicazione del genere impoverisce anche il<br />

repertorio linguistico di un individuo. Il tipo di<br />

scrittura utilizzato, se da un lato serve per essere<br />

più veloci e per occupare meno spazio possibile,<br />

dall’altro storpia la lingua italiana. I testi sono<br />

semplificati e strutturati in parti brevi. Sigle e<br />

abbreviazioni risultano particolarmente abbondanti:<br />

si va da abbreviazioni ottenute con le prime<br />

consonanti della parola (cmq per comunque, qnd e<br />

qnt per quando e quanto, msg sta per messaggio) a<br />

sigle formate con le iniziali delle parole della frase<br />

come tvttb ( ti voglio tanto tanto bene), cvd (ci<br />

vediamo domani); peggio ancora i risultati delle<br />

combinazioni di lettere, numeri e segni matematici:


c6 (ci sei?), r8 (rotto), 4U (for you), t + t (torno più<br />

tardi), XXX (baci baci baci). Questo tipo di<br />

linguaggio oltre ad essere sgrammaticato, non<br />

prevede altre regole se non la velocità nello<br />

scrivere. Abbreviazioni, acronimi, omissioni del<br />

discorso, queste sono le caratteristiche del<br />

linguaggio odierno che possono andare anche bene<br />

per agevolare l’invio di informazioni tramite<br />

messaggi sui telefonini dove, per ragioni di tempo e<br />

spazio è necessario usare il minor numero di<br />

caratteri possibili, anche per questioni di comodità<br />

e praticità.<br />

Il problema subentra quando se ne fa uso in<br />

contesti assolutamente inappropriati, dove questo<br />

tipo di linguaggio non ha ragione d’esistere.<br />

Tuttavia si sa che il mutamento linguistico rientra<br />

nel normale divenire storico. Ogni lingua, nel corso<br />

dei secoli, subisce delle trasformazioni dovute in<br />

parte ai contatti con i dialetti e le varietà regionali,<br />

in parte ai contatti con le lingue straniere ma<br />

soprattutto alle nuove esigenze poste dalle<br />

molteplici nuove forme di comunicazione.<br />

Questa nuova forma di comunicazione è, senza<br />

dubbio, veloce e “spensierata”. Quando si chatta<br />

con amici non ci si preoccupa delle maiuscole,<br />

della terminologia esatta, della punteggiatura ecc.<br />

Il linguaggio, come i vestiti, i tatuaggi e i piercing,<br />

può essere un espressione della propria identità, ma<br />

anche un modo per rafforzare l’appartenenza ad un<br />

gruppo e strumento per differenziarsi dal mondo<br />

degli adulti. In un’epoca come la nostra, non<br />

bisogna biasimare i giovani. Ciò che sono, ciò che<br />

pensano e come agiscono nella società, sono solo il<br />

frutto di ciò che la società stessa offre loro. I<br />

giovani di oggi, occupano un posto scomodo. Non<br />

sono adulti, non sono infanti. Sono solo giovani, e<br />

posseggono questa caratteristica per distinguersi<br />

dal resto e per portare avanti un proprio modo di<br />

vivere, di pensare e di agire, cha da una parte li<br />

tenga ben protetti dal mondo adulto, ma che<br />

dall’altra li renda visibili e riconosciuti.<br />

Non voglio entrare in merito al dibattito che vede i<br />

giovani contrapposti alla società ed al mondo<br />

adulto.<br />

La mia convinzione è che lo stile di vita frenetico,<br />

oggi, porta sempre più ad un distacco,<br />

indistintamente dall’età, tra gli individui che non<br />

sono più in grado di comunicare. Nell’era del<br />

progresso tecnologico, soprattutto per quanto<br />

riguarda i mezzi di comunicazione, se da un lato i<br />

dati dimostrano che ogni giorno vengono inviati<br />

milioni di sms e le chat-lines a volte si intasano per<br />

il numero eccessivo di utenti, dall’altro si evince<br />

che la comunicazione verbale, reale, “faccia a<br />

faccia”, tende sempre più a scemare. Tralasciando,<br />

non perché meno importante, la componente<br />

emotiva della comunicazione, resta la lingua. La<br />

lingua italiana viene utilizzata in modo scorretto.<br />

Nonostante la comodità dell’uso di abbreviazioni,<br />

acronimi e faccine, il rischio è quello di abituarsi a<br />

questo tipo di scrittura e sottovalutare<br />

caratteristiche fondamentali dell’italiano della<br />

tradizione letteraria. È vero che molti elementi<br />

lessicali propri del linguaggio giovanile hanno una<br />

vita effimera ma altri, al contrario, hanno una<br />

durata più lunga e possono passare alla lingua<br />

comune e come posso sopportare chi dice: ‹‹Ti<br />

Lovvo›› piuttosto che “Ti amo”? E come si fa a<br />

considerare sincero chi scrive: ‹‹tv1kdbxs›› (ti<br />

voglio un “casino” di bene per sempre)?<br />

Indubbiamente anch’io sono interamente immersa<br />

in questo contesto e spesso mi servo di questo tipo<br />

di scrittura e di linguaggio. A volte mi rendo conto<br />

di commettere errori, altre volte no.<br />

È difficile in questi casi pensare di poter insegnare<br />

un domani, come è impensabile, secondo me,<br />

conseguire una laurea in <strong>Lettere</strong> moderne con un<br />

piano di studi che prevede solo due prove scritte<br />

nell’arco di tre anni.<br />

Ci ritroviamo nell’era del progresso,<br />

dell’innovazione, della globalizzazione ma, più che<br />

evoluzione, emergono involuzione e superficialità<br />

anche e soprattutto nelle piccole cose che stanno<br />

alla base del vivere civile.<br />

Ritornando alla lingua italiana, l’articolo di<br />

Calabrò, sopracitato, esplica al meglio lo stato<br />

attuale delle cose:<br />

‹‹Chiunque sa che la lingua è strumento vivo, si<br />

evolve, si modifica (Manzoni, Calvino, Moravia,<br />

Vittorini sono stati dei grandi innovatori, così come<br />

lo sono i giovani scrittori Nori e Lagioia). Ma, tra<br />

evoluzione e ignoranza c’è un abisso. Una lingua<br />

povera di vocabolario e sintassi è una lingua<br />

schematica […] Diventa uno strumento di<br />

affermazioni secche (apodittiche?) e dunque


violente, di contrapposizioni, non di confronti. Ma<br />

proprio la complessità dell’argomentare sta alla<br />

base della convivenza civile, del dibattito pubblico,<br />

in sostanza della democrazia››.<br />

NOTE:<br />

1. Calabrò, Antonio, “Troppi errori dei giovani<br />

nell’italiano scritto. Più ignoranti e più poveri”, in<br />

Taccuino, www.acalabro.com, 21 settembre 2010.<br />

2. Ivi.<br />

3. D’Achille, Paolo, L’italiano contemporaneo,<br />

Bologna 2003, p.185.<br />

4. Graffi G., Scalise S., Le lingue e il linguaggio.<br />

Introduzione alla linguistica, Bologna 2003, p.229.


Si prega la clientela di spegnere la<br />

tv e di indignarsi<br />

Cerminara Francesco<br />

"S<br />

e i giovani si organizzano, si<br />

impadroniscono di ogni ramo del<br />

sapere e lottano con i lavoratori e gli<br />

oppressi, non c’è scampo per un<br />

vecchio ordine fondato sul privilegio e<br />

sull’ingiustizia”.<br />

Chissà cosa direbbe e penserebbe oggi il leader<br />

del più grande partito comunista d’Occidente,<br />

Enrico Berlinguer.<br />

Sarebbe bello poterlo rivedere e riascoltare in<br />

mezzo agli studenti in rivolta o agli operai in<br />

sciopero, invece di doversi sorbire le false<br />

promesse della banda dei tecnici e le barzellette<br />

oscene del “Buffon” di Arcore.<br />

Il leader del più grande partito comunista d’<br />

Occidente, mantenendo fede agli ideali che ne<br />

hanno segnato l’ esperienza politica, dovrebbe<br />

difendersi dagli attacchi di D’ Alema, Veltroni,<br />

Fassino e darebbe ragione a quello che diceva<br />

Pier Paolo Pasolini sul nuovo potere fascista.<br />

Sarebbe spaventato dagli effetti che i mezzi di<br />

distrazione di massa hanno procurato alle nuove<br />

generazioni, costretto non più a sentire discorsi<br />

sulla lotta di classe, il capitalismo cannibale e la<br />

giustizia sociale, ma commenti sulle gambe, sui<br />

seni, sui comportamenti dei personaggi dei reality<br />

o delle scuole di Maria De Filippi.<br />

Questo siamo diventati e Pasolini faceva bene ad<br />

Cultura e Società<br />

aver paura. Non più popolo pensante ma pubblico<br />

dormiente, infarcito di banalità, volgarità e<br />

indifferenza.<br />

Eppure, una minoranza combattiva esiste e non<br />

può essere abbandonata a se stessa.<br />

Eppure, il potere ha cambiato faccia e va<br />

combattuto. Dal regime fascista a quello<br />

mediatico e bancario. Subiamo un torto, ci fanno<br />

un torto e non ne avvertiamo la pericolosità.<br />

Tanto, tornando nelle nostre comode case ed<br />

accendendo il televisore, qualche cialtrone ci<br />

ricorda che il mondo è un bel posto, che vendere<br />

la propria dignità ( di uomo e di donna ) è<br />

accettabile, che chiedere ad un genitore di un<br />

figlio appena morto “Cosa si prova ?” non è un<br />

comportamento degno di censura (come dice<br />

spesso Bergonzoni, siamo affetti dal morbo della<br />

cronaca e i giornalisti che pongono quel tipo di<br />

domande dovrebbero camminare con un cartello<br />

con su scritto “nuoce gravemente alla salute”).<br />

Per fortuna non ci sono solo spettatori. Dalla parte<br />

opposta vivono e crescono i militanti, gli operai<br />

che reclamano il diritto alla sicurezza e gli<br />

studenti che vogliono sovvertire lo stato delle cose<br />

(molto diversi da chi gioca a fare il rivoluzionario,<br />

vestendosi da comunista e fingendo di voler<br />

proteggere gli “ultimi”).<br />

Meritano uno sguardo attento, i movimenti di<br />

rivolta all’ euro e all’ economia disastrosa (segno<br />

dell’ illusione di un’ Europa equa e solidale) nei<br />

paesi della Ex- Jugoslavia, che difficilmente


occupano spazio nelle testate giornalistiche e nelle<br />

televisioni.<br />

In Bosnia Erzegovina, molti analisti sostengono<br />

che “ negli anni novanta, tutti i partiti che hanno<br />

portato alla guerra si dicevano democratici; ormai<br />

gli stessi partiti, che continuano a monopolizzare il<br />

potere e a bloccare ogni evoluzione del paese, si<br />

dicono tutti pro-europei”.<br />

In Kosovo il Presidente Mkorad Dodik ha<br />

manifestato una voglia di aderire all’ Unione<br />

Europea; Arber Zaimi (leader della sinistra radicale<br />

albanese) riflette: “ sono dieci anni che il Kosovo<br />

fa da terreno di sperimentazioni per le politiche<br />

europee. Con quali risultati? Un’ economia<br />

distrutta”; il serbo ed estremista di destra Vojidlav<br />

Seselj prima si contrappose all’ europeizzazione e<br />

poi, sotto la guida di Tomislav Nicolic, si mostrò<br />

favorevole.<br />

In Croazia, paese che il 1 Luglio 2013 entrerà nell’<br />

Unione Europea, c’è stato un referendum nel<br />

Gennaio 2012 con un’ affluenza bassa, il 43%. Di<br />

questo campione il 67% ha votato favorevolmente.<br />

Mentre si votata, la Facoltà di <strong>Lettere</strong> e Filosofia<br />

dell’ Università di Zagabria, faceva sventolare lo<br />

striscione “Il sapere non è una merce” e<br />

comunicava che: “ Noi rivendichiamo la gratuità<br />

dell’ insegnamento superiore. Il governo voleva<br />

instaurare tasse d’ iscrizione. Grazie alla<br />

mobilitazione, siamo riusciti a bloccarne l’<br />

espansione. Gli studenti devono pagare tasse solo<br />

per il terzo e il quarto anno. Il primo, il secondo e il<br />

quinto restano gratuiti. Questo compromesso<br />

curioso è direttamente minacciato dalla prevista<br />

integrazione europea perché contravviene al<br />

protocollo di Bologna che impone l’<br />

armonizzazione dell’ insegnamento superiore in<br />

tutti i paesi dell’ Unione. Per noi, l’ adozione delle<br />

regole europee non rappresenta un processo, bensì<br />

una messa in questione di un diritto fondamentale”<br />

Una sinistra croata unita e determinata dunque?<br />

Proprio no, perché ci sono dissidi, in pieno stile<br />

sinistra italiana, fomentati da Miljenko Terniski.<br />

C’è bisogno di realizzare il sogno accarezzato da<br />

Monicelli pure nei giorni che hanno preceduto la<br />

sua scomparsa. Una rivoluzione culturale, seppur<br />

dolorosa, è l’ alternativa. Riempiere le piazze e le<br />

strade di cervelli capaci di pensare a modi per<br />

migliorare l’ economia (lotta all’ evasione, alla<br />

corruzione e agli sperperi, adozione di politiche<br />

ambientaliste ), di convincere gli stakanovisti della<br />

poltrona e del telecomando che lamentarsi da<br />

seduti è vigliaccheria, che “esempi di onestà,<br />

coerenza ed altruismo” ci sono stati e sempre ci<br />

saranno.<br />

Ricordiamoci che i fascisti che si vantavano del<br />

braccio teso e del manganello, a Duce impiccato,<br />

festeggiarono con i liberatori. Tutto non è uguale a<br />

tutto, qualcuno è morto da latitante in Tunisia<br />

dopo aver creato un esorbitante debito pubblico ( e<br />

a distanza di anni è stato preso come modello di<br />

modernità) e un signore sardo, timido e passionale<br />

è morto su un palco mentre incitava la gente a<br />

proseguire il proprio dignitoso lavoro.


Potere e controllo mentale<br />

musicale è costituita da una<br />

rete di case di produzione<br />

discografiche, riviste musicali e tutto<br />

L'industria<br />

ciò che contribuisce a creare musica<br />

destinata alla commercializzazione o<br />

divulgazione. La musica è un mezzo che<br />

permette di assorbire concetti e nozioni racchiusi<br />

nei testi delle canzoni, permettendoci di assimilare<br />

concetti non nostri con modi talvolta<br />

estremamente piacevoli: come cantare testi di<br />

canzoni che più apprezziamo o guardarne i relativi<br />

video musicali.<br />

L'industria musicale, come tanti altri settori,<br />

sembra oggi sotto il controllo di una serie di lobby<br />

e a oscuri gruppi di potere che la utilizzano per<br />

fini poco limpidi e per manipolare le masse. Uno<br />

degli elementi che ci inducono a ritenere<br />

plausibile questo scenario è il fatto che molto<br />

spesso ci imbattiamo in numerosi messaggi<br />

subliminali nascosti all'interno delle clip musicali<br />

trasmesse ripetutamente in tv. Infatti, a quanto<br />

pare, in molte immagini vengono criptati simboli<br />

esoterico-satanici, che vengono assorbiti dal<br />

nostro inconscio e vi permangono come fantasmi<br />

erranti.<br />

Una di queste sette, secondo alcuni,<br />

sarebbe quella cosiddetta degli “Illuminati”, una<br />

sorta di società segreta a carattere religiosoesoterico,<br />

fondata da Adam Weishaupt nel 1776, in<br />

Germania, in alternativa alla massoneria di cui<br />

però ha assunto molte caratteristiche e parte della<br />

Mollo Alessia<br />

simbologia. Infatti, come la massoneria, il suo<br />

simbolo riproduce una piramide con all'interno<br />

l'occhio che tutto vede, oppure una G posta sotto<br />

un compasso divaricato in modo da riprodurre i<br />

tratti di una piramide. Ciò rispecchia la struttura<br />

gerarchica della setta, nella quale l'adepto conosce<br />

solo quelli della sua stessa classe o quelli della<br />

classe inferiore, e, a meno che non abbia ricevuto<br />

ordini particolari, tutti gli altri adepti di grado<br />

superiore saranno detti per lui gli “invisibili”.<br />

Secondo alcuni teorici, molti personaggi<br />

dello show business avrebbero avuto fama e<br />

ricchezza aderendo a questa setta e per dimostrare<br />

la loro totale adesione si esibirebbero ostentando<br />

gesti tipici degli Illuminati, che ne riproducono il<br />

simbolo: o fanno un triangolo con le mani,<br />

oppure si coprono un occhio con la mano, come si<br />

può vedere in molti videoclip o concerti. Per<br />

questo, celebrità di fama mondiale dello<br />

spettacolo come cantanti e attori hanno una cosa<br />

fondamentale in comune con politici, banchieri,<br />

finanzieri mondiali e proprietari di grandi aziende:<br />

avrebbero “venduto l'anima al diavolo” e<br />

finirebbero per cooperare ai piani di una struttura<br />

occulta di potere costituita da alcune tra le più<br />

ricche famiglie del mondo. Il loro potere segue da<br />

millenni una blood-line (linea di sangue) che si<br />

tramanda da generazioni. Il loro obbiettivo non<br />

sembra essere più nemmeno il denaro, piuttosto il<br />

raggiungimento di uno stato totalitarista ed<br />

accentratore in cui l'essere umano viene trattato


come uno schiavo. Questo sistema prende il nome<br />

di Nuovo Ordine Mondiale – New World Order .<br />

Sempre secondo alcuni, per gli adepti delle loro<br />

sette, stringere un patto con il diavolo o con chi ne<br />

fa le veci, assicurerebbe potere e denaro: per<br />

questo, molti cantanti e attori che sognano la<br />

notorietà in svariati ambiti dello spettacolo prima o<br />

poi si accorderebbero con le grandi aziende in<br />

mano agli Illuminati.<br />

Cominciano così nello spettacolo a creare un<br />

mondo fatto di simboli, gesti e rituali in cui cercano<br />

di plasmare le masse fin dalla più giovane età,<br />

creando falsi idoli in cui i ragazzi possano<br />

identificarsi. Questo processo agisce distogliendo le<br />

masse dai reali problemi della vita quotidiana e<br />

realizzando miti irraggiungibili. Questi “burattini”<br />

del sistema sarebbero talmente asserviti ai loro<br />

manipolatori al punto da esprimere tale adesione<br />

con gesti e tracce audio. Sulla base di questi<br />

meccanismi mentali sarebbe per loro possibile<br />

condurre molte persone in condizione di disordine<br />

della personalità multipla o disordine della<br />

personalità dissociata. Il cervello delle loro vittime<br />

verrebbe modellato e adeguato ai modelli di<br />

comportamento che il sistema esige. Questo<br />

progetto di controllo mentale è noto come<br />

“Progetto Monarch”.<br />

Un esempio lampante del progetto del controllo<br />

mentale nell'industria musicale è quello<br />

dell'indiscussa regina del pop Madonna, icona per<br />

milioni di persone. Infatti, fin dai suoi esordi ha<br />

giocato con la trasgressione utilizzando talvolta<br />

simboli cristiani. L'ambiguità, i riferimenti sessuali<br />

e la blasfemia sono elementi che l'hanno sempre<br />

contraddistinta (e non in positivo). Anch'essa si<br />

relaziona al resto dell'industria musicale utilizzando<br />

simboli esoterico-satanici.<br />

In uno dei suoi primi singoli, lanciato sul mercato<br />

per renderla celebre, Like a prayer del 1989,<br />

Madonna appare sullo schermo tra numerose croci<br />

infuocate, una rappresentazione del tutto anticristiana.<br />

Il video allora fece scalpore poiché parla<br />

di Gesù Cristo come di un essere umano con<br />

desideri sessuali.<br />

Madonna, essendo ormai un colosso musicale di<br />

fama mondiale, diventa un favorevole punto su cui<br />

fare leva per il controllo mentale di milioni di<br />

giovani. Il suo concerto al Super Bowl americano<br />

del 2012 non è stato altro che un grande rito, dove<br />

lei in veste di sacerdotessa egiziana ha intrattenuto<br />

con simbolismi e immagini le menti di migliaia di<br />

giovani che ripetevano cantando le sue stesse<br />

parole, inconsapevoli di fare parte di un vero e<br />

proprio rito satanico. Il concerto si è concluso<br />

proprio con Like a prayer che riascoltata al<br />

contrario non è, come dice il titolo “come una<br />

preghiera”, ma anzi sembrerebbe essere un diretto<br />

inno a Satana e all'occhio onniveggente.<br />

Un ulteriore “strumento” degli illuminati è<br />

l'emergente cantante Rihanna, costantemente in<br />

vetta alle classifiche musicali ormai da qualche<br />

anno. La cantante ha esordito dopo il suo incontro<br />

con il cantante rap Jay-Z, il quale, da parte sua, ha<br />

affermato di aver venduto l'anima a Satana e di<br />

aver avuto il compito di iniziare alcuni adepti; nei<br />

suoi video si riscontrano molti gesti e messaggi<br />

satanici o riguardanti la setta degli Illuminati. La<br />

stampa dice, a riguardo del loro incontro, che il<br />

presidente dell'etichetta, Jay-Z, convocò Rihanna<br />

per un provino e le propose di firmare un contratto<br />

per sei album. Inizialmente titubante, la ragazza<br />

accennò un rifiuto, ma Jay-Z la persuase dicendole<br />

che non sarebbe mai uscita dalla stanza se non<br />

dalla finestra (erano al 5° piano di un palazzo), e a<br />

quel punto lei firmò il contratto. Questa versione<br />

ufficiale in verità è da più parti smentita: sembra,<br />

infatti, che Rihanna dapprima rifiutò perché le fu<br />

proposto di dover sottomettersi al potere degli<br />

Illuminati e di dover venerare Satana. Però, una<br />

volta dato il suo consenso, e firmato il contratto, le<br />

cose cambiarono: pubblicò numerosi album e dopo<br />

i primi due, serviti a renderla famosa in tutto il<br />

mondo, ne pubblicò uno dal titolo Good girl gone<br />

bad ovvero “le brave ragazze diventano cattive”, in<br />

cui già la copertina è indicativa: Rihanna infatti<br />

mostra un solo occhio.<br />

Nel suo primo singolo “Umbrella” canta con Jay-Z<br />

in persona dicendo in inglese “L'uomo della<br />

pioggia (rain man) è tornato con la piccola<br />

Sunshine Rihanna...”. Ma cosa vuol dire? “Rain<br />

man” sembrerebbe un intercalare molto ricorrente<br />

in svariate canzoni, in realtà non è altro che uno<br />

dei tanti nomi attribuiti a Satana. Pertanto Jay-Z,<br />

nella canzone, dice che Satana è tornato portando<br />

con se una nuova schiava “little sunshine” (riferito<br />

alla luce di Lucifero) e nel resto della melodia<br />

Rihanna dichiara la sua unione con il demonio. Il<br />

videoclip, come il testo, chiaramente è colmo di<br />

messaggi Satanici. In un frame si può notare la


giovane adepta inginocchiata all'interno di una<br />

piramide come simbolo di totale sottomissione agli<br />

Illuminati.<br />

Alcune persone potranno chiedersi se queste sono<br />

solo delle coincidenze oppure che io veda del<br />

negativo ovunque nei media. Queste persone forse,<br />

non sono al corrente di alcune verità fondamentali,<br />

non basate su credenze particolari, ma su fatti reali.<br />

Le case discografiche che posseggono l'immagine<br />

di tutte queste star importanti sono a sua volta in<br />

mano a gruppi economici che li trasformano<br />

iniziandoli a società segrete occulte.<br />

Certo, bisogna però evidenziare come non tutti gli<br />

artisti svendono le loro capacità come fossero un<br />

prodotto da lanciare sul mercato ed anzi assumono<br />

un vero e proprio atteggiamento da anti-Illuminati.<br />

Molti musicisti e cantanti, pur ricevendo inviti<br />

allettanti da parte di società segrete, si sono astenuti<br />

dall'aderire al loro sporco scopo, rinunciando<br />

quindi alla possibilità di possedere esorbitanti<br />

ricchezze e fama indiscussa. Dopo svariate ricerche<br />

svolte personalmente ho potuto infatti constatare<br />

come alcuni generi musicali ad esempio quello<br />

“raggae” pare non essere d'interesse all'industria,<br />

quindi non soggetto al programma di controllo<br />

mentale, perché trattasi di musica poco<br />

commerciale. Lo stesso Bob Marley lanciò un<br />

messaggio alle masse, ovvero, chi ci governa vuole<br />

assemblarci come tanti tasselli di un mosaico<br />

globale uniforme, schiavizzandoci a tutto ciò che è<br />

materiale, facendoci perdere la libertà di governare<br />

noi stessi per lasciarci guidare dalle leggi dettate<br />

dai potenti, come fossimo delle pedine da scacchi:<br />

“Voi siete liberi non dovete dipendere da nessuno,<br />

non interessa ciò che diranno su di voi... I take a<br />

revolution I make a solution...”.<br />

Altra cantante che grazie a questa sorta di<br />

fratellanza ha raggiunto la fama mondiale è<br />

Beyoncè. Lei, come Rihanna, ha ragginto il<br />

successo cantando anch'essa con Jay-Z, nel suo<br />

primo singolo “Crazy in love”. Il relativo video<br />

parla di “Sasha Fiere”, mostrandoci i passi della<br />

sua trasformazione nelle mani degli Illuminati.<br />

Nella scena finale, infatti, Jay-Z dà fuoco ad<br />

un'auto in cui Beyoncè è rinchiusa sul sedile<br />

posteriore. La macchina esplode e la ragazza<br />

muore. Un attimo dopo la vediamo rinascere<br />

splendente come una diva, sexy e seducente nei<br />

panni di Sasha Fierce. Quindi anch'essa rinasce<br />

(come Rihanna) dopo l'incontro con Jay-z ed<br />

esprime la sua unione con Satana, ridandosi un<br />

nome, lo fa appunto pubblicando il disco “I'm<br />

Sasha Fierce”.<br />

Secondo molti osservatori, la lista delle celebrità di<br />

ieri e di oggi aderenti alla setta potrebbe continuare<br />

all'infinito: Marilyn Monroe, Led Zeppelin, The<br />

Beatles, Bob Dylan, Lady Gaga, Jessie J, Pink,<br />

Cristina Aguilera ecc. Pure artisti come Michael<br />

Jackson ed Eminem ne avrebbero fatto parte<br />

all’inizio della loro carriera. Questi ultimi, nel<br />

momento in cui recedettero la loro appartenenza<br />

alla setta, subirono un notevole calo di<br />

produzione causato da gossip diffamatori da fonti<br />

sconosciute. I membri italiani sarebbero Vasco<br />

Rossi, Tiziano Ferro, Marco Carta, Laura Pausini, e<br />

tantissimi altri ancora tra i quali i “gioielli” made in<br />

Mediaset soprattutto: i loro videoclips e le loro<br />

canzoni pullulano di tutti questi messaggi,<br />

inducendo i giovani ad assumere gli stessi gesti dei<br />

loro idoli inconsapevoli del loro reale significato.<br />

Anche se i loro testi professano messaggi<br />

apparentemente benevoli, d'amore e d'amicizia,<br />

bisogna rammentare che i singoli sono calcolati per<br />

ottenere i massimi ascolti e il massimo della<br />

vendita quindi studiati in modo tale da catturare le<br />

nostre attenzioni.<br />

Oggi difficilmente troviamo artisti che non si siano<br />

svenduti al Potere che ormai gestisce la politica,<br />

l'economia e il mercato del pianeta intero. Quindi<br />

all'artista conviene arrendersi al suo dominio e<br />

diventare merce da lanciare sul mercato musicale o<br />

cinematografico, in cambio di ricchezza e fama.<br />

Il massimo dello squallore lo si trova tra i cartoon e<br />

le melodie Walt Disney, dove messaggi Satanici<br />

degli Illuminati sono praticamente ovunque, alcuni<br />

sfiorano addirittura la pornografia e la blasfemia.<br />

Alcune star infatti le abbiamo viste apparire sugli<br />

schermi con le orecchie del simpatico cartone<br />

animato Topolino. In verità, indossare le orecchie<br />

di Mickey Mouse è simbolo associato alla<br />

programmazione per il controllo mentale.<br />

Quelli che abbiamo esaminato finora sono le<br />

“marionette” usate dagli Illuminati. In definitiva,<br />

secondo la “teoria del complotto”, queste persone<br />

cercano di “resettarci” e di riprogrammarci<br />

secondo il loro progetto : governare il Mondo e<br />

imporre il cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale:<br />

(New Word Order), mettendoci in una condizione<br />

di assoluta sudditanza rispetto al Potere.


Ovviamente è facile per loro illudere e far agire<br />

secondo la propria volontà la massa ignorante.<br />

Per questa ragione, sostengo che il loro potere<br />

debba essere disoccultato impedendo l’imposizione<br />

di modelli di vita che non ci appartengono e che<br />

non ci rispecchiano assolutamente.<br />

L'uomo, in quanto essere pensante, dovrebbe<br />

difendere il diritto alla ricerca della verità. Più di<br />

ogni altra cosa, dovrebbe rendersi conto dei vili<br />

mezzi di cui il sistema si avvale:<br />

OPEN YOUR EYES !!!<br />

APRITE GLI OCCHI !!!<br />

Sitografia<br />

- Da you tube, Illuminati – The Music Industry (full<br />

length)<br />

- Da you tube, Illuminati nella musiva italiana e<br />

straniera<br />

- Da you tube , Songs of Satan (Backmasking)


Inflazione: cause, implicazioni e<br />

conseguenze<br />

Romano Italo<br />

Quando si parla di Sovranità Monetaria e<br />

signoraggio bancario si è soggetti il più<br />

delle volte ad attacchi bipartisan.<br />

Spesso e volentieri l’arma più utilizzata<br />

dai detrattori, più o meno consapevoli,<br />

è quella dell’inflazione.<br />

Sappiamo realmente cosa sia l’inflazione, e quali<br />

siano le dinamiche da cui essa scaturisce?<br />

Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.<br />

L’inflazione può avere origini differenti e si può<br />

dividere, in base alle condizione che innescano la<br />

situazione inflattiva, in tre categorie:<br />

1)inflazione reattiva;<br />

2)inflazione guidata;<br />

3)inflazione creditizia.<br />

La prima categoria di inflazione nasce a causa di<br />

condizioni elementari e il suo meccanismo è di<br />

facile comprensione: quando aumentano i costi di<br />

produzione (del processo produttivo, dei salari o<br />

delle materie prime) aumenta il prezzo del<br />

prodotto finale. Quindi se lievita il prezzo della<br />

farina, farà altrettanto il prezzo del pane venduto<br />

al dettaglio.<br />

Può anche accadere che una azienda riuscendo a<br />

imporsi sulle altre, creando condizione di<br />

monopolio od oligopolio, può decidere di<br />

aumentare i prezzi senza giustificazione alcuna,<br />

per massimizzare il profitto. Ma, come è già<br />

capitato, anche in un settore in cui vige<br />

ufficialmente la concorrenza, le imprese possono<br />

accodarsi per stabilire un prezzo di riferimento<br />

più alto. Le norme antitrust vietano assolutamente<br />

questa tipologia di condotta di mercato, ma come<br />

sappiamo in questo caos globalizzato, spesso, le<br />

leggi sono eluse o aggirate con escamotage creati<br />

ad hoc.<br />

Per cui, questa tipologia di inflazione è frutto di<br />

movimenti interni al mercato ed è innescata dalle<br />

iniziative dei soggetti che in esso operano. Ovvio<br />

che un governo del popolo e per il popolo, attento<br />

e lungimirante, possa intervenire per correggere<br />

un trend inflattivo, modificando le norme, oppure,<br />

l’imposizione tributaria.<br />

L’inflazione guidata, detta anche inflazione<br />

monetaria, è il più classico dei casi, è quella<br />

maggiormente citata quando si inizia a parlare di<br />

sovranità monetaria, moneta credito, signoraggio<br />

statale etc. In pratica quando vi è troppo denaro in<br />

circolazione aumenta l’inflazione.<br />

E’ giusto porsi un paio di domande.<br />

Ma troppo rispetto a cosa? Rispetto ai servizi<br />

reali: capacità produttiva, occupazione,<br />

tecnologia, reperibilità di materie prime etc.<br />

Chi immette il denaro in circolazione?<br />

Formalmente, è lo Stato che ordina questa<br />

operazione, in realtà il denaro è creato dalla Banca<br />

Centrale. Per comprendere meglio il rapporto che<br />

intercorre fra i due enti, nel particolare in merito<br />

all’emissione monetaria, è necessario aver ben<br />

chiaro il concetto di signoraggio: la proprietà dei<br />

valori monetari, pari alla differenza tra costo<br />

tipografico (o di conio) e il valore nominale.<br />

Tornando alla nostra inflazione monetaria, è<br />

necessario fare un esempio pratico per spiegare al<br />

meglio il concetto. Prendiamo l’esempio di un<br />

paese appena uscito da un periodo di guerra,<br />

quindi a terra dal punto di vista economico, e<br />

quindi politico e sociale. Il Governo di questo<br />

Stato inizia a stampare moneta per rilanciare


l’economia del paese. Però a questa massiccia<br />

emissione monetaria potrebbe corrispondere una<br />

povertà diffusa, quindi mancanza di acquirenti,<br />

quindi mancanza di servizi. Insomma l’economia<br />

non solo non si mette in moto, ma rischia di<br />

impantanarsi. Gran parte delle risorse verrebbero<br />

assorbite dalla ricostruzione, ma niente di più. Così<br />

questo denaro inutilizzato fa impennare l’inflazione<br />

alle stelle.<br />

La storia è piena di esempi simili, su tutti, il più<br />

citato è quello della Repubblica di Weimar. La<br />

Germania, uscita sconfitta della Prima guerra<br />

mondiale e messa al muro dal Trattato di Varsailles,<br />

tentò di ricostruirsi dandosi un ordinamento<br />

repubblicano per tentare di risollevare l’economia<br />

tedesca. Non bastò. Il collasso era prossimo a<br />

venire, difatti, nel 1923 le banche tedesche, private<br />

e appartenenti al cartello mondiale, iniziarono a<br />

stampare denaro senza sosta. Nello stesso periodo<br />

la Francia invase la Ruhr, zona ad altissima<br />

industrializzazione, e ciò provocò pesanti<br />

ripercussioni sulla produzione. In seguito a questi<br />

avvenimenti La Società delle Nazioni (antenato<br />

dell’Onu) aprì le porte alla Repubblica di Weimar<br />

in cambio di ingenti prestiti. Con il debito pubblico<br />

alle stelle, si innescò una iperinflazione: i tedeschi<br />

andavano a comprare le sigarette con la carriola e<br />

un chilo di pane, che prima della crisi costava 250<br />

marchi, in dodici mesi era arrivato a costare la<br />

bellezza di 399 miliardi di marchi!<br />

Il crollo definitivo si ebbe con la crisi del 1929, il<br />

famoso venerdì nero della borse di New York<br />

dichiarò chiusa l’avventura repubblicana tedesca.<br />

Imparata la lezione, i tedeschi non replicarono<br />

l’errore. Hitler nazionalizzò le banche e ciò permise<br />

quella spaventosa crescita, che poi degenerò nella<br />

follia causa della Seconda Guerra Mondiale. Ma<br />

anche dopo la sconfitta, il debito tedesco era<br />

praticamente nullo e l’inflazione allo 0,5% annuo.<br />

Infine abbiamo l’inflazione creditizia. Questa<br />

inflazione ha conosciuto la più ampia diffusione dal<br />

1971, anno in cui Nixon, allora Presidente degli<br />

Stati Uniti, con il benestare del G10, decretò la fine<br />

della gold standard, ovvero della convertibilità del<br />

dollaro in oro (il valore del dollaro era legato alla<br />

consistenza delle riserve auree statunitensi), come<br />

deciso nel 1944, con gli accordi di Breton Woods.<br />

Questa decisione ha aperto la porta del mondo alla<br />

moneta virtuale. Questa terza categoria di<br />

inflazione è generata dall’eccesso di operazioni di<br />

sconto e concessioni di credito da parte delle<br />

banche. Inoltre non dobbiamo dimenticare che le<br />

banche ricavano mostruosi guadagni grazie agli<br />

interessi che applicano. Per cui più credito<br />

concedono, più interessi incassano, tanto cosa gli<br />

importa, parliamo di una moneta che in pratica non<br />

esiste, è solo una convenzione. I guadagni delle<br />

banche crescono di pari passo con la deriva<br />

economica. E’ questa la causa che ha innescato la<br />

crisi del 2008.<br />

Legame tra inflazione monetaria e inflazione<br />

creditizia<br />

Tutti coloro i quali prendono in prestito denaro<br />

dalla banche diventano debitori, dovendo restituire<br />

non solo la somma ottenuta, ma anche gli interessi<br />

che gravano su di essa. Quando tale meccanismo si<br />

amplia, ovvero interessa milioni di persone, si crea<br />

una condizione di rarefazione monetaria. Per<br />

ovviare a questa situazione, lo Stato ordina<br />

l’emissione del denaro necessario ai debitori per<br />

restituire alle banche gli interessi sui prestiti<br />

ricevuti.<br />

Questo processo provoca inizialmente deflazione,<br />

dovuta alla rarefazione della moneta, e dopo<br />

inflazione. Inoltre è giusto ricordare come la<br />

rarefazione monetaria sia uno dei pilastri portanti<br />

del meccanismo di finanziamento del debito<br />

pubblico.<br />

Lo Stato crea Buoni del Tesoro (Bot, Btp e Cct) e<br />

la contropartita di questi buoni viene messa sul<br />

piatto della banca centrale ed è costituita da denaro<br />

fresco di emissione. Denaro che alle banche non<br />

costa nulla, fatte esclusione per le normali spese<br />

tipografiche, ma giunto in circolazione viene<br />

caricato del suo valore nominale (5 euro, 10 euro<br />

etc.). Questa prassi illegale è oramai consolidata<br />

negli anni, e il denaro assume automaticamente il<br />

valore facciale, senza nessuna operazione<br />

finanziare alle spalle o copertura patrimoniale da<br />

parte della banca.<br />

Con questo denaro si acquistano i Buoni del<br />

Tesoro, che per contro, garantiscono una resa reale<br />

e tangibile la cui entità dipende dal tasso di<br />

interesse (stabilito dalla BCE). Ovvio che se<br />

qualcuno incassa queste rendite, ci sarà qualcun<br />

altro che dovrà subire un esborso. Questo fatidico<br />

“qualcun altro” è lo Stato, il quale raggranella il<br />

soldi necessari per pagare gli interessi che spettano<br />

ai possessori di Buoni del Tesoro attraverso la<br />

tassazione o con un ulteriore indebitamento.


Buona parte del denaro presente in questi flussi<br />

passa virtualmente dai cittadini alle banche, e lo fa<br />

attraverso lo Stato, che prima incassa sottoforma di<br />

imposte dai cittadini e poi lo passa alla banche,<br />

storicamente grandi finanziatrici del debito<br />

pubblico nazionale.<br />

E’ proprio questo processo che da vita alla<br />

rarefazione monetaria, che spesso causa<br />

l’inflazione.<br />

L’aumento di denaro in circolazione non comporta<br />

automaticamente inflazione. Difatti la variazione<br />

dei prezzi avviene in funzione:<br />

A) della disponibilità del cliente a pagarli;<br />

B) del denaro a disposizione degli imprenditori;<br />

C) del denaro a disposizione degli acquirenti;<br />

D) di tasse, accise, costo del denaro, tassi<br />

d’interesse etc.<br />

Fatta eccezione per il caso A (e non sempre), un<br />

aumento del denaro circolante sortisce<br />

l’abbassamento dei prezzi. Anzi nel caso D si<br />

deduce che è l’aumento dei costi, compreso quello<br />

del denaro, a creare inflazione.<br />

Quindi la politica della BCE, volta ad aumentare il<br />

costo del denaro e i tassi di interessi, e diminuire la<br />

moneta circolante, per abbassare l’inflazione,<br />

ottiene l’effetto opposto. L’economia moderna,<br />

basata sui principi keynesiani e smithiani, è fallita.<br />

Secondo tali teorie, maggiore è la quantità di<br />

denaro sottratto al mercato, maggiore sarà la<br />

conseguente diminuzione dei prezzi. Per cui,<br />

secondo questi concetti, il mercato resterebbe in<br />

piedi anche con un solo euro in circolazione, con la<br />

differenza che tutto costerebbe infinitamente meno.<br />

Ovvio che ciò sia impossibile, perché dinanzi una<br />

situazione del genere collasserebbe il sistema<br />

economico, e con lui tutte queste teorie arcaiche.<br />

Tutto ciò non è il frutto dell’incompetenza da parte<br />

degli organi monetari ed economici, ma il risultato<br />

di una premeditazione, volta al controllo delle<br />

nazioni attraverso il denaro, e l’usura, che rendono<br />

schiavi del sistema miliardi di persone.<br />

Henry Ford disse: "E' un bene che il popolo non<br />

comprenda il funzionamento del nostro sistema<br />

bancario e monetario, perché se accadesse credo<br />

che scoppierebbe una rivoluzione prima di domani<br />

mattina."<br />

Mentre secondo l’economista canadese J. K.<br />

Galbraith, lo studio del sistema monetario è alla<br />

portata di qualsiasi persona curiosa e mediamente<br />

intelligente.<br />

La scienza economica si servirebbe dell’apparente<br />

complessità della materia per allontanare le<br />

persone dalla verità; una verità che potrebbe<br />

compromettere il perpetrarsi dell’attuale status quo.<br />

Esiste una economia libera senza il ricatto<br />

dell’inflazione.<br />

Ecco come avviene la creazione del denaro: le<br />

banconote sono emesse dalla BCE, ente privato, e<br />

sono utilizzate per acquistare Titoli di Stato, che<br />

però sono gravati da interessi ; ovvio che per<br />

pagare questi interessi è emesso altro denaro. E’ un<br />

cane che si morde la coda.<br />

L’unico modo per uscire da questa spirale, sarebbe<br />

quello di generare nel bilancio pubblico avanzi<br />

primari talmente consistenti da superare la spesa<br />

per gli interessi. L’avanzo primario è il risultato<br />

della differenza tra il totale delle entrate, tributarie<br />

ed extra tributarie, ed il totale delle spese di uno<br />

Stato, risultato ottenuto prima di pagare gli<br />

interessi passivi sul debito pubblico, cioè sui buoni<br />

del tesoro e certificati di credito emessi.<br />

In particolare, se il totale delle entrate dello Stato<br />

eccede il totale delle sue spese, avremo l’avanzo<br />

primario, contrariamente avremo il disavanzo<br />

primario 1.<br />

Per far fronte al livello attuale del debito pubblico,<br />

bisognerebbe chiudere il bilancio con avanzi<br />

nettamente fuori dalla portata degli attuali governi.<br />

Inoltre una politica del genere comporterebbe un<br />

sacrificio lacrime e sangue da parte dei cittadini,<br />

con taglio dei servizi e inasprimento della<br />

pressione tributaria. Una assurda ingiustizia, che<br />

nei fatti andrebbe ad imporre politiche pubblica per<br />

ripianare un debito contratto dai privati.<br />

Il debito pubblico non è ripianabile, è in continuo e<br />

costante crescita. Difatti si parla sempre non di<br />

estinzione del debito, ma di rifinanziamento. Un<br />

finanziamento che passa sempre attraverso<br />

l’acquisto di nuovi Titoli di Stato, totalmente<br />

indipendenti dalle manovre finanziare attuate dai<br />

vari governi appartenenti a diversi schieramenti<br />

politici, sempre e comunque asservite ai cartelli<br />

bancari internazionali.<br />

Esiste una soluzione? Certo. Lo Stato per prima<br />

cosa dovrebbe riappropriarsi di Bankitalia, creando


il proprio denaro e prestando attenzione a<br />

mantenere l’economia nella condizione di<br />

equilibrio. Ad un tot di soldi in circolazione, con<br />

prezzi mantenuti costanti, devono corrispondere<br />

beni e servizi reali.<br />

Si dovranno abolire i Titoli di Stato, dopo aver<br />

provveduto a liquidare i possessori di quelli<br />

precedentemente creati, non più necessari per<br />

l’acquisizione del denaro.<br />

Sovranità monetaria, moneta del popolo, come da<br />

Costituzione. La moneta così creata non sarà più<br />

addebitata ai cittadini, ma accreditata, elargendo un<br />

reddito di cittadinanza. Questo non a titolo di<br />

elemosina, ma a titolo di legittima pretesa<br />

giuridica. E’ il cittadino stesso a creare il valore<br />

della moneta, che la accetta come convenzione, in<br />

quanto oggi la moneta non è più legata alle riserve<br />

aurifere, quindi ha come unico valore il suo costo<br />

di stampa. La moneta è la misura del valore e il<br />

valore della misura, come il metro è la misura della<br />

lunghezza.<br />

Dirò di più, le banche dovrebbero essere tutte<br />

statali e senza fine di lucro. In caso contrario,<br />

quelle private non dovrebbero avere la possibilità<br />

di creare denaro creditizio, e potrebbero prestare<br />

solo il denaro realmente detenuto. Insomma,<br />

nessun guadagno privato, se non quello necessario<br />

alle spese vive.<br />

In sintesi:<br />

1) Lo Stato crea denaro in modo tale da mantenere i<br />

prezzi costanti, facendo corrispondere ad essi beni<br />

e servizi reali che giustifichino l’emissione<br />

monetaria;<br />

2) Il denaro creato è affidato alle banche statali;<br />

3) Le banche statali lo concedono in uso a costo<br />

zero ai cittadini che ne hanno bisogno;<br />

Vi sarebbe subito un netto miglioramento delle<br />

condizioni socio-economiche, grazie alla possibilità<br />

di garantire beni e servizi e al lavoro, a cui danno<br />

origine, fonte di ricchezza reale per l’economia di<br />

un paese. Il debito pubblico tenderebbe a zero. I<br />

prezzi costanti ridarebbero uno slancio ad una<br />

economia più sobria, più umana, e con solide basi.<br />

E il vecchio debito “pubblico”? Con la Banca<br />

d’Italia ritornata in mani pubbliche, si potrebbero<br />

stampare i quasi duemila miliardi necessari per<br />

liberarsi dal fardello del debito.<br />

Le soluzioni per uscire da questa crisi sistemica<br />

indotta ci sono. Ma se aspettiamo che gli stessi<br />

creatori della crisi ci diano la soluzione ad essa,<br />

stiamo freschi. Le crisi economiche sono golpe<br />

sociali preparati a tavolini, atti a schiavizzare le<br />

masse, e ad imporre il dominio totalitario.<br />

La nostra economia è ferma non per assenza di<br />

opportunità o pigrizia, ma per mancanza di denaro.<br />

Mancando questo vengono meno i beni e i servizi<br />

necessari per i cittadini, lo stato sociale viene<br />

smantellato, e con esso il futuro di intere<br />

generazioni, che cresceranno all’ombra<br />

dell’incertezza, e sotto il giogo asfissiante della<br />

dittatura del capitale.<br />

Occorre ripristinare l’ordine democratico.<br />

Informatevi e informate. Le basi della resistenza<br />

sono queste. Un altro sistema economico è<br />

possibile. Un altro mondo è possibile.<br />

NOTE:<br />

[1] L’Unione Europea è interessata all’esistenza e<br />

consistenza degli avanzi primari degli Stati<br />

membri, in quanto, “per restare in Europa”, si è<br />

stabilito che gli stessi Stati debbano avere un<br />

rapporto, tra avanzo primario e prodotto interno<br />

lordo (PIL), non superiore al 3%.<br />

Per quanto riguarda l’Italia, faccio rilevare che<br />

l’esistenza del suo rilevante e crescente debito<br />

pubblico impone ai governanti di pervenire ad un<br />

avanzo primario cospicuo .<br />

La consistenza dell’avanzo primario deve essere<br />

almeno sufficiente per pagare gli interessi passivi<br />

sul medesimo debito. Lascio ad altra e separata<br />

analisi il gravoso problema della diminuzione dello<br />

stesso debito pubblico, anche detto debito sovrano,<br />

rappresentato dai titoli o fondi pubblici in<br />

circolazione e di futura scadenza.<br />

Infatti, quest’ultimo debito costituisce, di per sé,<br />

complesso e arduo problema da affrontare ed, ai<br />

nostri giorni, è divenuto assillante ed oggetto di<br />

dibattito per discutere le varie ipotesi riguardanti la<br />

sua riduzione.<br />

Il crescente indebitamento dello Stato italiano,<br />

ulteriormente ampliato dall’innalzamento dei tassi<br />

d’interesse sui titoli pubblici, sta spingendo il<br />

Governo, per voracità di entrate, a reperire ulteriore


denaro con l’aumento dell’imposizione, già<br />

elevatissima e insopportabile per i percettori di<br />

reddito fisso, oppressiva per le imprese e deleteria<br />

per l’economia.<br />

Bibliografia<br />

“Il paese dell’utopia” di Giacinto Auriti<br />

“Euflazione” di Antionio Miclavez<br />

“Alta finanza e miseria” di Savino Frigiola<br />

“Euroschiavi” di Marco della Luna e Antonio<br />

Miclavez<br />

“O la banca o la vita” di Marco Saba<br />

“La Repubblica delle Banche” di Elio Lannutti<br />

“Bankenstein” di Marco Saba<br />

“Schiavi delle banche” di Maurizio Blondet<br />

“La banca, la moneta e l’usura” di Bruno Tarquini


Intervista a Paolo Rossi Barnard<br />

Recentemente lo Stato d’ Israele ha<br />

fatto parlare di sé per un<br />

comportamento non irreprensibile,<br />

ma le altre Potenze mondiali non<br />

hanno provveduto a bacchettarne la<br />

condotta. Israele è tutt’ ora considerato uno<br />

Stato amico e non lo è per ragioni di gratuita<br />

simpatia. Vengono celati all’ opinione pubblica<br />

altri ed alti tipi di interesse?<br />

R: Prima cosa, non condivido che si parli di<br />

“condotta non irreprensibile” in merito a un<br />

crimine commesso in violazione di ogni legge<br />

internazionale. L’attacco alla Mavi Marmara è<br />

stato la logica conseguenza di una politica sionista<br />

prima, e israeliana poi, che è consolidata da oltre<br />

un secolo, cioè attaccare i civili per fini strategici.<br />

Per capire approfonditamente di cosa parlo,<br />

rimando i vostri lettori a questo mio articolo<br />

http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_<br />

go.php?id=184<br />

Israele è un intoccabile eccellente dagli anni ’50<br />

del secolo scorso, quando i presidenti americani<br />

Truman e Eisenhower capirono che lo Stato<br />

ebraico doveva diventare la più grande base<br />

militare americana del mondo, posizionata<br />

all’incrocio delle più ricche risorse energetiche del<br />

pianeta, da destinarsi ovviamente agli USA, e<br />

posizionata anche come ‘torre di controllo’ sugli<br />

Stati arabi più problematici e sull’Iran. Tutto qui.<br />

L’interesse è ovvio, e vi partecipiamo anche noi<br />

europei in parte. A Israele sono perdonati crimini<br />

Cerminara Francesco<br />

inauditi da oltre 60 anni solo per questo. Ho<br />

documentato tali crimini nel mio libro Perché ci<br />

Odiano (Rizzoli BUR 2006).<br />

Spesso penso ai massacri subiti dai Nativi d’<br />

America, dagli Armeni e potrei citare altri<br />

popoli e mi chiedo: perché tanto disinteresse<br />

giornalistico per la soppressione di culture<br />

diverse dalla nostra? L’ Occidente non riesce<br />

ad avvicinarsi al multiculturalismo?<br />

R: Perché se la verità su cosa abbiamo fatto per<br />

accaparrarci le risorse del nostro benessere fosse<br />

rivelata dai media di massa, il nostro mondo<br />

occidentale sarebbe sommerso da un’ondata di<br />

disgusto e vergogna intollerabili e forse troppo<br />

destabilizzanti. Il multiculturalismo non esiste, se<br />

non nella mente di poche persone per bene, di<br />

fatto esiste solo l’allaccio delle nostre società ad<br />

altre più povere per pura convenienza o necessità,<br />

più spesso per bieco sfruttamento.<br />

Lei non condivide l’ operato di Grillo,<br />

Travaglio, Santoro. Sostiene che annullino l’ Io<br />

dei loro ascoltatori. Non ritiene valida l’ idea<br />

che la gente si avvicini loro sentendosi parte di<br />

un comune progetto di miglioramento sociale ?<br />

E’ incapace di vedere il lato positivo nei<br />

discorsi di Grillo e Travaglio ( Fatto<br />

Quotidiano che campa senza finanziamenti<br />

pubblico ma con l’ aiuto dei lettori ) o nei


programmi di Santoro ( specialmente Rai per<br />

una notte)? In un’ intervista disse di aver visto<br />

cose strane negli studi di Samarcanda,<br />

programma per il quale ha lavorato. A cosa si<br />

riferiva?<br />

R: Quale progetto comune di miglioramento<br />

sociale? Ce n’è uno? In metafora: combattere in<br />

massa la cataratta e la gastrite può curare i tumori e<br />

gli infarti? A parte i motivi per cui questi ‘paladini’<br />

dell’Antisistema sono dannosi ai cittadini, coloro<br />

che ne sposano il “progetto” non si rendono conto<br />

che le tragedie dell’Italia sono ben altre e ben più<br />

incurabili del lodo Alfano, legittimo impedimento,<br />

Papi, D’Addario, rapporti con la mafia e psiconano.<br />

Siamo un Paese che soffre e soffrirà pene<br />

spaventose perché siamo prigionieri di mafie<br />

finanziarie che stanno spolpando il futuro di<br />

milioni di noi e dei nostri figli e dei figli dei figli (i<br />

tumori e gli infarti), e però il 99% dell’energia<br />

civica degli attivisti deve essere buttata<br />

ossessivamente contro i processi del premier o le<br />

sue amanti, le mafie regionali dal potere ridicolo<br />

confronto a quelle finanziarie, e contro un nugolo<br />

di leggi facilmente abrogabili (la cateratta e la<br />

gastrite). Assurdo e scandaloso, e questo solo per<br />

garantire potere politico ad Antonio Di Pietro,<br />

successo e vendite editoriali a Marco Travaglio e<br />

vero potere internazionale a De Benedetti, che bada<br />

bene che gli italiani non si accorgano che i suoi<br />

complici di Wall Street e Londra li stanno<br />

divorando vivi . Ma ha senso? Travaglio non ha<br />

mai speso una parola sui grandi giochi del vero<br />

Potere, se ne guarda bene, né sulle porcherie che<br />

fanno i suoi compagni di clan (giudici di<br />

centrosinistra inclusi + Di Pietro), che sono state<br />

molto ben segnalate dal coraggioso giudice<br />

Clementina Forleo. Di Pietro allinea la sua IDV in<br />

Europa a tutte le peggiori politiche della destra<br />

finanziaria per la rapina del bene pubblico, mentre<br />

in Italia fa i banchetti ‘cosmetici’ contro la<br />

privatizzazione dell’acqua. Santoro? Possibile che<br />

un uomo libero stia nella RAI “di regime” per oltre<br />

20 anni a stipendi milionari? Ma sveglia gente,<br />

sveglia.<br />

Attaccare i “ finti” paladini della libera<br />

informazione è utile. Non lo è altrettanto<br />

criticare gli “stupratori mediatici” come Vespa,<br />

Fede, Belpietro, Feltri e Minzolini ? Al Gore, che<br />

tra l’ altro è fondatore della prima televisione<br />

indipendente, ha espresso il proprio<br />

apprezzamento per la Gabanelli, per Santoro e<br />

per Biagi.<br />

R: Un bastardo che veste la pelle del bastardo è<br />

molto meno rivoltante di un bastardo che veste la<br />

pelle del tuo ‘paladino’. Su chi è Al Gore ho scritto<br />

questo, andate a leggere<br />

http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_g<br />

o.php?id=180 Sulla Gabanelli questo, se ne<br />

avete lo stomaco<br />

http://www.paolobarnard.info/censura.php<br />

Stampa e televisione sono diventati strumenti di<br />

manipolazione intellettuale. Il conflitto di<br />

interessi italiano è dominante. Internet potrebbe<br />

rivelarsi un’ arma di resistenza. Non crede però<br />

che possa solo raggiungere una piccola fetta<br />

della società civile ? Gli anziani si informano<br />

principalmente guardando i telegiornali.<br />

R: Non c’è bisogno della libera informazione né di<br />

internet perché la gente sappia cosa c’è di<br />

drammaticamente sbagliato nei capitoli<br />

fondamentali della loro vita. Sanno tutto, lo sanno<br />

da decenni; i tuoi genitori e forse i tuoi nonni<br />

hanno vissuto l’Italia della mutua, degli scandali,<br />

della mafia nella DC, del terrorismo, delle stragi,<br />

della Tv del regime Vaticano-Socialisti-Comunisti,<br />

di Tangentopoli, e molto altro. Peggio di così?<br />

Occorre forse internet per raccontare agli anziani<br />

cosa non va? Lo sanno da sempre.<br />

Il Governo italiano sta compiendo una massiccia<br />

azione per indebolire i luoghi per la formazione<br />

delle coscienze critiche: Università, scuole,<br />

teatri, sale cinematografiche. Il genocidio<br />

culturale di cui parlava Pasolini si sta<br />

compiendo. I gerarchi sono stati sostituiti con<br />

personaggi meno plateali e più incisivi. Non è<br />

detestabile vivere in un paese del genere?<br />

R: No. Il governo fa quello che un governo di<br />

destra deve fare. Il lupo mangia l’agnello, è quello<br />

che fanno i lupi. Lo schifo di questo Paese, il vero<br />

genocidio culturale, è stato causato da ben altro, da<br />

decisioni prese 35 anni fa in altri luoghi della Terra<br />

(http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_<br />

go.php?id=151) e che ci hanno scodellato<br />

l’Esistenza Commerciale e la Cultura della<br />

Visibilità come trappole mortali per la democrazia<br />

partecipativa.<br />

Cioè: l’addormentamento finale dei cittadini attivi.


E allora se c’è qualcosa di detestabile in Italia non è<br />

Berlusconi, ma il fatto che gli italiani non sanno più<br />

combattere per nulla, e ancora peggio, che quelli<br />

che combattono lo fanno al seguito di falsari come<br />

Travaglio o Santoro o Grillo e ci credono pure.


Il Governo mondiale privato e il<br />

paradosso del Capitalismo<br />

Potente Giovanni<br />

Una versione ridotta del presente articolo è stata pubblicata dal Quotidiano della Calabria<br />

Cosa accomuna capolavori universali<br />

della letteratura quali la Divina<br />

Commedia e l’Antigone, il Mahabarata<br />

e l’Hamlet, i Cantos e il Perceval, Der<br />

Prozess e l’Edipo re, The Waste Land,<br />

Heart of Darkness e 1984? Trattano tutti, in un<br />

modo o nell’altro, il tema inesausto del Potere. E<br />

del Potere scavano le contraddizioni, svelano il<br />

degrado, denunciano l’illegittimità, mettono sotto<br />

accusa i crimini e le ingiustizie. Così, se la grande<br />

letteratura ci insegna qualcosa, è proprio a<br />

“sospettare” e poi a scorgere dietro la forme del<br />

Potere la menzogna, l’inganno e la presenza del<br />

male.<br />

Accogliendo tale somma lezione, possiamo<br />

chiederci cosa si celi oggi dietro la solenne “messa<br />

in scena” quotidiana, amplificata da un sistema<br />

mediatico acritico e prono, delle Istituzioni del<br />

Potere (gli Stati, i Governi, i Mercati e quegli<br />

organismi sovranazionali come l’Unione Europea<br />

tanto ammantate di aurea sacralità che siamo<br />

disposti a tutto solo perché “lo chiede l’Europa”).<br />

Alcuni vi scorgono la regia occulta dei cosiddetti<br />

“poteri forti”, senza, però, meglio identificarli. In<br />

verità, sono ormai disponibili sufficienti studi,<br />

fonti e informazioni (persino documentari di<br />

History Channel !) che consentono di ricavare un<br />

più preciso identikit di questi “poteri”,<br />

ricostruendo il quadro delle loro strutture<br />

organizzative. Ne emerge una trama internazionale<br />

ed interrelata -quasi una “catena di comando”- di<br />

lobby, gruppi esclusivi, club privati e circoli<br />

occulti le cui finalità non sono mai pubblicamente<br />

dichiarate, ma che rappresentano centri<br />

decisionali di portata planetaria.<br />

Più che mai nel contesto della globalizzazione, è<br />

da questi nuclei di Potere che dipendono le nostre<br />

esistenze. Pertanto è vitale saperne di più. Tento<br />

qui una loro breve rassegna, per poi ricavare<br />

alcune conclusioni. Per esigenze di spazio non<br />

riporto l’apparato delle mie fonti. Del resto, il<br />

presente articolo non pretende di esaurire<br />

l’argomento. Piuttosto, vuole fornire ai lettori la<br />

base di partenza per ulteriori approfondimenti.<br />

1. Royal Institute of International Affairs<br />

Fondato nel 1920 e patrocinato dalla famiglia<br />

Reale, è un circolo privato che riunisce i maggiori<br />

rappresentanti dell’aristocrazia e dell’economia<br />

britannica. Finanziato da banche (Warburg,<br />

Morgan, Barclays, Lazard e Bank of England), e<br />

aziende (British Petroleum, Shell ecc.), è de facto<br />

il vero “ministero degli esteri” inglese da quando<br />

ancora esisteva l’Impero Britannico. Ancora oggi,<br />

dopo la fine del colonialismo, l’Istituto preside e<br />

coordina l’azione congiunta del Governo, dei<br />

servizi segreti, degli istituti finanziari e delle<br />

multinazionali britanniche per il controllo e lo<br />

sfruttamento delle risorse del Terzo Mondo.<br />

Queste forme di “neo-colonialismo” non sono<br />

meno invasive e spietate del “tradizionale”<br />

colonialismo praticato ai tempi dell’Impero. Del<br />

resto, è fin troppo evidente a vantaggio di chi


l’Istituto guida gli affari internazionali britannici: le<br />

città traboccano di disoccupati, ma banche e<br />

compagnie petrolifere continuano a fare affari<br />

d’oro.<br />

2. Council on Foreign Relations È l’omologo<br />

d’oltre oceano dell’Istituto britannico. Istituito nel<br />

1921 negli USA dall’oligarchia finanziaria del<br />

Paese (Rockefeller, Mellon, Shiff, Carnagie,<br />

Warburg ecc.), racchiude la crema economicopolitica<br />

statunitense. Lo finanziano le maggiori<br />

corporation (Coca Cola, General Electric, Cargill,<br />

Mobil, Carlyle, Enron ecc.) e banche. Determina la<br />

politica estera USA, garantendo direttamente gli<br />

interessi dei suoi sponsor. A differenza dell’Istituto<br />

inglese, questo rende noti i nomi dei suoi membri<br />

(www.cfr.org): così sappiamo che ne hanno fatto<br />

parte tutti i Presidenti dagli anni ’40 in poi (tranne<br />

Reagan) e tutti i Segretari di Stato.<br />

3. Bohemian Club Pittoresco quanto quietante.<br />

Riservato a soli uomini, è costituito da vari<br />

esponenti dell’élite: i Bush, Cheney, Blair,<br />

Rumsfeld, Gore, David Rockfeller, Kissinger ecc.<br />

Ed inoltre generali, banchieri, rettori di università,<br />

leader di multinazionali e proprietari di TV. Si<br />

ritrovano ogni estate per alcuni giorni in un bosco<br />

privato e sorvegliato della California, dove (tra le<br />

altre cose) praticano un rituale paganeggiante<br />

presso una statua di pietra alta 13 metri a forma di<br />

gufo. Incredibile? Sì, ma vero.<br />

4. Skull and Bones Una setta, più che<br />

un’organizzazione universitaria. Persino<br />

Hollywood, che vi dedicò un film, la ritrasse come<br />

uno spauracchio. Creata a Yale nel 1832 da William<br />

H. Russell (della famiglia allora monopolista<br />

mondiali del traffico d’oppio) e da Alphonso Taft<br />

(padre del William futuro Presidente), ha avuto<br />

come adepti esponenti dei casati storici americani,<br />

compresi gli immancabili Rockefeller. Tuttora ne<br />

sono membri molti esponenti dell’establishment,<br />

che le giurano eterna fedeltà e vi consumano oscure<br />

cerimonie rituali. Nelle elezione presidenziali del<br />

2004 entrambi i competitori (il repubblicano G.W.<br />

Bush e il democratico Kerry) risultavano suoi<br />

membri. Il “conflitto di interessi”, anche in questo<br />

caso, è palese: un Presidente degli Stati Uniti<br />

membro della Skull and Bones fa gli interessi<br />

dell’intera Nazione, o persegue gli oscuri fini della<br />

setta cui ha giurato fedeltà?<br />

5. Bilderberg Group (o Bilderberg Club). È uno<br />

dei circoli più importanti per le dimensioni, la<br />

27<br />

portata internazionale e l’influenza planetaria in<br />

grado di esercitare,. Fu fondato nel 1954 su<br />

iniziativa del Principe Bernhard d’Olanda. Prende<br />

il nome dall’ hotel olandese in cui si tenne il primo<br />

incontro. Suoi membri storici sono stati Edmund<br />

Rothschild, Nelson Rockefeller e Gianni Agnelli.<br />

Esprime il gotha economico internazionale, quindi<br />

i rappresentanti delle maggiori banche (Rothschild,<br />

Barclays, Chase Manhattan Bank, Goldman Sachs<br />

ecc.) e delle più importanti multinazionali. Ne<br />

fanno inoltre parte politici, docenti universitari<br />

(soprattutto economisti), editori e giornalisti. Le<br />

riunioni del Club si tengono una volta all’anno. La<br />

sede dell’incontro, di solito un lussuoso albergo,<br />

varia ogni volta ed comunicata ai membri pochi<br />

giorni prima dell’evento (per ragioni di sicurezza).<br />

Naturalmente gli incontri sono preclusi al pubblico<br />

e blindatissimi da parte delle forze di polizia dei<br />

Paesi ospitanti, servizi segreti e vigilantes privati.<br />

Le autentiche finalità del Club sono riservatissime.<br />

Oggi ne risultano membri, tra gli altri David<br />

Rockefeller, la regina d’Olanda (figlia del<br />

fondatore del Club e maggiore azionista della<br />

Royal Duch Shell), J.C. Trichet (ex presidente della<br />

BCE) Mario Draghi (ex presidente della Banca<br />

d’Italia, attuale presidente della BCE), Henry<br />

Kissinger, K. Alexander (direttore della NSA), T.<br />

Geithner (segretario al tesoro USA), Paul Volker<br />

(ex presidente della FED e consulente di Obama),<br />

Lucas Papademos (ex Primo Ministro greco).<br />

<strong>Numero</strong>si gli italiani, tra cui, Luca di<br />

Montezemolo, John Elkann, Alessandro Profumo,<br />

Paolo Scaroni, Romano Prodi, Enrico Letta e<br />

Mario Monti, advisor della banca d’affari Goldman<br />

Sachs ed attuale Presidente del Consiglio.<br />

6. Trilateral Commission È una sorta di “costola”<br />

del Bilderberg. Fu istituita nel 1973 da David<br />

Rockefeller per allargare le tradizionali relazioni<br />

affaristiche e politiche tra Stati Uniti ed Europa<br />

anche al Giappone (appunto in senso “trilaterale”).<br />

Suoi esponenti storici sono Henry Kissinger e Bill<br />

Clinton. Ne fa parte Mario Monti, che è stato pure<br />

Presidente della Sezione Europea. In questa fase, è<br />

probabilmente il circolo più in grado di<br />

condizionare direttamente le sorti del nostro Paese,<br />

anche a causa del ruolo articolato, e delicatissimo,<br />

ricoperto attualmente da Mario Monti, che è<br />

simultaneamente garante degli interessi della<br />

grande finanza anglo-americana (in particolare<br />

della Goldman Sachs), il tutore delle strategie


europee della Trilateral e il Capo del Governo<br />

italiano. Lo stesso Presidente del Consiglio, in una<br />

intervista reperibile su youtube (basta digitare<br />

“Intervento shock di Monti”), rivela la strategia di<br />

fondo del Trilateral: ultimare lo storico processo di<br />

erosione delle sovranità nazionali, ormai in corso<br />

da decenni, e ridurre gli Stati europei (quel che ne<br />

resta) sotto il controllo diretto e centralizzato di<br />

Istituzioni sovranazionali quali la Comunità<br />

Europea e la Banca Centrale Europea. Monti<br />

aggiunge pure che per attuare questa strategia<br />

occorre una serie progressiva di «crisi» economiche<br />

e politiche, in modo che poi la gente, pur di trovare<br />

una soluzione ai problemi, sia indotta ad accettare<br />

qualunque soluzione: a cominciare dalla fine<br />

certificata delle sovranità nazionali. Quel che<br />

Monti, invece, non spiega, è che le “Istituzioni<br />

sovranazionali” cui stiamo cedendo ogni nostra<br />

autonomia, identità e libertà si riducono ad un<br />

consorzio di banche private (come è la Banca<br />

Centrale Europea), e che le «crisi» di cui parla non<br />

sono l’esito inesorabile e teleologico del percorso<br />

storico del capitalismo finanziario, ma il risultato di<br />

strategie pianificate ed attuate con puntuale lucidità<br />

dalla finanza internazionale, anche grazie all’azione<br />

di coordinamento di circoli quali il Bilderberg e la<br />

Trilateral. Tanto è vero che, al momento in cui<br />

scrivo, lo spread è tornato ai livelli dell’autunno del<br />

2011, quando venne utilizzato per esautorare il<br />

Governo Berlusconi ed imporre, con un vero e<br />

proprio “golpe bianco”, proprio il Governo dei<br />

banchieri presieduto Monti. Insomma, se l’algido<br />

professore bocconiano era stato messo alla guida<br />

del Governo anche per salvare l’Italia dagli<br />

“attacchi degli speculatori” (per usare una trita<br />

formula giornalistica) e per “ridurre lo spread”, ha<br />

in tutta evidenza mancato il suo compito. Allora<br />

perché nessuno fa presente che Monti ha fallito?<br />

Evidentemente perché il sistema mediatico<br />

controllato dal Potere (a cominciare da la<br />

Repubblica e il Corriere della Sera) e la politica<br />

asservita alla grande finanza internazionale devono<br />

continuare a sostenere il suo Governo per il<br />

semplice fatto che il “piano” prevede e pretende<br />

che la “crisi” continui e si aggravi, in modo poi da<br />

poterci chiedere di pagare un prezzo altissimo: la<br />

fine, di fatto, dell’Italia come Paese sovrano. Solo<br />

allora, vedrete, finiranno gli “attacchi degli<br />

speculatori”, il calo della nostra Borsa, la folle<br />

corsa dello spread e la nostra “crisi”.<br />

28<br />

Fin qui la rassegna. Ho escluso da essa la<br />

Massoneria, nonostante vi aderiscano molti<br />

membri dell’élite, perché non si tratta di un club<br />

profano di recente costituzione, ma una espressione<br />

della Tradizione iniziatica Occidentale.<br />

Naturalmente è stata coinvolta nel degrado morale<br />

complessivo della società. La cronaca mostra come<br />

oggi sia infiltrata da approfittatori e faccendieri e<br />

come molte “obbedienze“ e logge sono ridotte a<br />

“comitati di affari” di livello locale o a centri di<br />

coordinamento dell’affarismo internazionale. Tra<br />

questa Massoneria e quella di un Benjamin<br />

Franklin, che lottò per liberare gli Americani<br />

dall’usura delle banche inglesi, v’è un abisso. Ma<br />

la Massoneria odierna resta troppo variegata e<br />

complessa per assimilarla in toto ad un Bilderberg.<br />

E nei suoi contenuti iniziatici non sarà mai<br />

intaccata neppure dai tanti, troppi sciagurati<br />

usurpatori che ne stanno abusando.<br />

Ciò precisato, dalla rassegna di cui sopra traggo le<br />

seguenti conclusioni.<br />

A) La rete dei circoli citati costituisce il “governo<br />

mondiale privato” dell’élite internazionale<br />

(finanzieri, industriali e aristocratici di consolidato<br />

censo) che vi elabora e coordina strategie<br />

planetarie a tutela dei suoi interessi e nella logica<br />

del “profitto ad ogni costo”. Tali strategie sono<br />

attuate grazie a specifici supporti operativi. Il<br />

sistema mediatico manipola l’opinione pubblica.<br />

Politici e tecnocrati garantiscono che le Istituzioni<br />

sovranazionali (ONU, UE, Banca Mondiale, FMI<br />

ecc.) e nazionali (Stati, governi) traducano le<br />

direttive dell’élite in trattati internazionali, leggi e<br />

orientamenti politico-economici.<br />

B) I Governi, dunque, sono l’ultimo anello della<br />

catena di comando dell’élite. I “politici di<br />

professione” forniscono manovalanza e<br />

“immagine” mediatica al vero Potere, e sono<br />

ripagati per i loro servigi in variegate modalità, cha<br />

vanno dalle sponsorizzazioni elettorali alle dorate<br />

pensioni (come per l’ex premier britannico, il<br />

laburista Blair, e per l’ex Cancelliere tedesco, il<br />

socialdemocratico Schroeder, oggi entrambi<br />

remunerati consulenti delle banche dei Rothschild).<br />

Del resto, tende ormai a cadere ogni distinzione


effettiva tra “pubblico” e “privato”, e il “conflitto di<br />

interessi” tra ruoli privati e cariche Istituzionali è<br />

diventato strutturale. Questo perché il “governo<br />

mondiale privato” e l’élite finanziaria hanno<br />

direttamente e sistematicamente occupato le<br />

Istituzioni “pubbliche” dei Paesi occidentali,<br />

soprattutto negli Stati Uniti, ma ormai anche in<br />

Italia, inserendovi in pianta stabile dirigenti delle<br />

multinazionali e delle banche d’investimento<br />

private. La stragrande maggioranza dei membri<br />

delle Amministrazioni americane dagli anni ‘80’ in<br />

poi è stata prima, durante e dopo la propria<br />

esperienza politica rappresentante di qualche<br />

grande multinazionale (soprattutto del settore<br />

petrolifero e delle forniture militari) o delle grandi<br />

banche d’investimento. Già uno dei loro fantocci<br />

più affidabili dell’élite, Ronald Reagan, nominò<br />

Ministro del Tesoro il suo quasi omonimo Regan,<br />

uomo della Merryl Linch. Da allora in tutte i<br />

Governi successivi sono stati piazzati uomini delle<br />

banche: come Rubin, Greenspan, Bernake e<br />

Poulson, il dirigente della Goldman Sachs che era<br />

Ministro del Tesoro durante la fase acuta della crisi<br />

dei subprime, nel 2008. E come Tim Geithner,<br />

nominato da Obama. Queste persone immorali<br />

hanno tratto profitti colossali praticando crimini<br />

finanziari come la vendita di “derivati” e titolispazzatura,<br />

ingannando persino i clienti delle loro<br />

stesse banche. Al tempo stesso hanno gestito<br />

l’economia “statale” americana, negando fino<br />

all’ultimo l’arrivo della crisi dei mutui, ma<br />

assicurando infine alle loro banche 600 miliardi di<br />

dollari “pubblici”.<br />

A dimostrare come l’élite sia rigorosamente<br />

“bipartisan” e domini anche la sinistra “liberal”<br />

americana, c’è il fatto che proprio al “democratico”<br />

Clinton (anche se in quel momento il Congresso era<br />

maggioranza repubblicana) si deve la<br />

promulgazione di quel.Gramm-Leach-Bliley Act<br />

del 12 novembre del 1999 che abrogò le<br />

disposizioni del Glass-Steagall Act del 1933, la<br />

legge che aveva introdotto la netta separazione tra<br />

attività bancaria commerciale tradizionale e attività<br />

bancaria di investimento. Questa era una legge<br />

fondamentale, perché impediva che le due attività<br />

non potevano essere esercitate dallo stesso<br />

intermediario, in modo da evitare che il fallimento<br />

dell'intermediario comportasse altresì il fallimento<br />

della banca tradizionale, tutelando quindi<br />

l'economia reale da eventi negativi prettamente<br />

finanziari. Abrogare quella legge fu un crimine. Il<br />

Gramm-Leach-Bliley Act ha permesso la<br />

costituzione di gruppi bancari che al loro interno<br />

permettono, seppur con alcune limitazioni, di<br />

esercitare sia l'attività bancaria tradizionale sia<br />

l'attività di investment banking e assicurativa. Si<br />

tratta di mostruosi colossi finanziari dal potere<br />

illimitato (come, per esempio, quella tra il gruppo<br />

bancario Citicorp e il gruppo assicurativo<br />

Travelers). La stessa crisi attuale che investe il<br />

nostro Paese, e prese il via da quella dei mutui subprime<br />

del 2008, è una diretta conseguenza della<br />

legge promulgata da Clinton.<br />

In questo percorso di occupazione diretta delle<br />

Istituzioni, dunque, le grandi banche statunitensi<br />

hanno tracciato la strada che poi l’Europa e l’Italia<br />

hanno seguito: per questo abbiamo come Capo del<br />

Governo un tecnocrate della Goldman Sachs,<br />

membro del Bilderberg e della Trilateral.<br />

C) Del resto, tali dinamiche sono state possibili<br />

perché, di fatto, gli Stati-nazione hanno iniziato a<br />

declinare irreversibilmente da tempo. Ossia da<br />

quando le famiglie storiche del gotha finanziario<br />

Occidentale (nuclei originari dell’attuale “governo<br />

mondiale”) imposero la creazione delle varie<br />

Banche Centrali, cartelli di banche private che<br />

sottrassero agli Stati il diritto di emettere moneta,<br />

usurparono la principale sovranità. La prima fu la<br />

Bank of England, alla fine del ‘700. Man mano,<br />

furono poi fondate le altre Banche Centrali. Come<br />

la Federal Reserve, risultato del patto sottoscritto<br />

da pochi banchieri, fra cui Warburg, J.P. Morgan e<br />

Rockefeller, che già nel 1913 segnò di fatto l’inizio<br />

della fine degli Stati Uniti come Stato sovrano. E<br />

come la nostra Banca d’Italia (il cui elenco di soci,<br />

al 95% istituti finanziari privati, è stato pubblicato<br />

soltanto nel 2004 da un giornale notoriamente<br />

eversivo e comunista: Famiglia Cristiana).<br />

D) A partire dalla creazione delle Banche Centrali,<br />

e tramite le sue strutture occulte, la politica che le è<br />

asservita e il controllo del sistema mediatico, l’élite<br />

può portare avanti da decenni ai danni di milioni di<br />

cittadini inconsapevoli (ma colpevoli di passiva<br />

ignoranza) la più grande truffa di tutti i tempi:<br />

quella del “debito pubblico”. Usurpando il diritto<br />

sovrano di emettere moneta, le Banche Centrali<br />

sono diventate le depositarie monopoliste del<br />

denaro. Gli Stati (ciò che ne resta) sono costretti a<br />

farselo prestare da esse, accumulando debiti su<br />

debiti. E per ripagare gli interessi sul debito, non


possono fare altro che farsi prestare nuovo denaro,<br />

indebitandosi ulteriormente. Si tratta di un circolo<br />

vizioso irrisolvibile. Il meccanismo è perverso,<br />

perché crea il “debito pubblico” a monte, cioè a<br />

prescindere: a prescindere da come uno Stato si<br />

gestisce (e da sprechi e errori che, come nel caso<br />

italiano, sono sotto gli occhi di tutti) esso è<br />

indebitato per il fatto stesso di esistere. Appunto<br />

perché le Banche Centrali hanno il monopolio del<br />

denaro. Beffa delle beffe, poi, è il fatto che le<br />

Banche emettono denaro dal nulla, soldi virtuali<br />

con un clic sul tasto di un computer: quando gli<br />

Stati però risultano insolventi, pretendono la<br />

privatizzazione di beni e servizi tutt’altro che<br />

virtuali, ma corposamente materiali. Proprio come<br />

quando portano via ai cittadini case, automobili e<br />

aziende. Insomma: un meccanismo infernale,<br />

alimentato dai media che fanno convergere la<br />

nostra attenzione sull’epifenomeno (la cattiva<br />

gestione dello “Stato”, gli sperperi, l’evasione<br />

fiscale ecc.) ma occultano il fenomeno<br />

macroscopico essenziale: la perdita della sovranità<br />

monetaria delle nazioni, premessa per la loro<br />

perdita di sovranità complessiva.<br />

E) Nel complesso, dunque, da quanto trapela dalla<br />

sua strategia e da quanto si può inferire<br />

interconnettendo fenomeni apparentemente sparsi,<br />

l’élite vuole:<br />

e.1: completare l’erosione della coscienza civile<br />

collettiva, manipolare e condizionare le masse<br />

tramite il sistema mediatico che essa controlla<br />

quasi in toto (tv commerciali, programmi<br />

spazzatura, una informazione fuorviante,<br />

tendenziosa e menzognera, una cinematografia<br />

ridotta a Capitan America o Manuale d’amore<br />

-finiti in America i tempi di Quinto Potere e in<br />

Italia quelli di Enrico Mattei-).<br />

e.2: fomentare conflitti “a bassa intensità” e guerre<br />

locali, funzionali all’apparato industrial-militare<br />

dell’Occidente (e al traffico d’oppio, come in<br />

Afghanistan);<br />

e.3: accelerare i processi della globalizzazione,<br />

soprattutto la prassi della delocalizzazione delle<br />

imprese e degli impianti industriali occidentali, per<br />

sfruttare la mano d’opera (ridotta pressoché in<br />

schiavitù) e le risorse del Terzo Mondo;<br />

e.4: attaccare ovunque e in ogni modo i diritti dei<br />

lavoratori (nei Paesi “in via di sviluppo” sono stati<br />

assassinati 90 sindacalisti, e 2500 sono stati<br />

arrestati, nel solo 2010, mentre in Italia il Governo<br />

Monti ha modificato l’articolo 18);<br />

e.5: imporre il neo-liberismo più estremo<br />

(smantellamento del welfare, privatizzazioni<br />

selvagge ecc);<br />

e.6: perpetuare la truffa del “debito pubblico” e<br />

l’abominio del signoraggio bancario.<br />

F) Il piano sta comportando inevitabilmente la<br />

rigorosa gerarchizzazione della stessa società<br />

Occidentale in una sorta di “piramide” in cui il<br />

potere sovrano degli Stati (cioè della collettività)<br />

sarà infine sostituito da forme di autorità private<br />

(grandi corporations in grado di controllare<br />

immensi territori, colossi bancari ecc.). Questa<br />

“piramide” già adesso è costituita (ed ancora di più<br />

lo sarà in futuro) da una cerchia ristretta di<br />

ricchissimi privilegiati, da una fascia intermedia di<br />

sostegno e supporto tecnico all’élite (tecnocrati,<br />

forze dell’ordine e commercianti) e da una massa<br />

costituita da forza-lavoro a basso costo (operai,<br />

precari, disoccupati, ) e dai resti dell’attuale ceto<br />

medio (impiegati, insegnanti) impoveriti e resi<br />

inoffensivi. Con tanti saluti alla “mitologia”<br />

moderna e illuminista (Democrazia, Progresso<br />

ecc.), si tratta di un mondo riportato, per quanto<br />

concerne i rapporti sociali, ad uno stadio premoderno,<br />

barbarico e medioevale.<br />

G). Tutto questo ribalta clamorosamente i “valori”<br />

dello stesso Capitalismo (iniziativa, impresa,<br />

meritocrazia). Al posto di una società “calda” (per<br />

dirla con Lévy-Strauss), dinamica e aperta, allo<br />

scopo di difendere e conservare le proprie posizioni<br />

di ricchezza, potere e privilegio, l’élite sta<br />

imponendo una società “fredda”, irrigidita in caste<br />

bloccate e chiuse. Ecco quindi l’estremo paradosso:<br />

l’élite capitalista, dopo aver di fatto determinato<br />

l’estinzione degli Stati, sta smantellando lo stesso<br />

sistema capitalista. Cioè sta facendo esattamente<br />

ciò che non riuscì al Comunismo!<br />

H). Prevedo che alcuni (ingenui o in mala fede)<br />

replicheranno che il “popolo” non sa autogovernarsi,<br />

quindi è giusto che il Potere sia di una<br />

ristretta élite. Ma il problema è che i membri della<br />

casta oggi dominante NON sono gli “illuminati”<br />

governanti vagheggiati dall’Utopia occidentale (i<br />

filosofi della Repubblica di Platone, i sacerdoti<br />

della Città del Sole di Campanella, i saggi della<br />

Nuova Atlantide di Bacone). Piuttosto ne sono la<br />

parodia tragica e distorta: sono un pugno di malati<br />

di sete di possesso, che venderebbero la sorella<br />

“per qualche dollaro in più”.


Per concludere: già solo essere consapevoli di<br />

queste dinamiche è fondamentale. Non cambieremo<br />

la direzione imposta agli eventi dagli indegni<br />

usurpatori che detengono il Potere. Ma almeno<br />

cadremo ad occhi aperti: “come soldati, e non come<br />

dei rinnegati persi e stracciaculo”, direbbe il<br />

Colonnello Kurtz di Apocalypse Now. Cadremo da<br />

uomini, non come burattini senza dignità.


Il condizionamento religioso<br />

La società occidentale presenta caratteri<br />

davvero curiosi.<br />

Basata su un razionalismo totalizzante,<br />

interamente tesa al raggiungimento di<br />

un utile, di un profitto da quantificare e<br />

analizzare, è riuscita a applicare questo<br />

atteggiamento sistematico anche alla spiritualità e<br />

a tutte quelle materie strettamente legate<br />

all’interiorità e alla sensibilità del singolo. Basti<br />

pensare all’arte, solitamente accettata con<br />

accondiscendenza, quasi tollerata come uno svago<br />

di poco conto, per non dire inutile; ma anche alle<br />

scienze umanistiche, che mai potrebbero reggere il<br />

confronto con le scienze esatte e con la loro<br />

intrinseca (e spesso presunta) utilità.<br />

Anche alla religione, che in quanto realizzazione<br />

del rapporto col divino dovrebbe rappresentare in<br />

sé un aspetto fondamentale della vita (cioè<br />

rapporto con ciò che garantisce e causa l’esistenza<br />

stessa), è stato deputato un ruolo quasi<br />

“marginale”, funzionale, con un’impostazione<br />

perlopiù legalistica basata su scadenze e doveri<br />

che ogni pia persona deve rispettare ed onorare.<br />

Questa concezione precettistica del culto, tipica<br />

delle grandi fedi monoteiste, ha effetti diretti sulla<br />

società introducendo ricorrenze da rispettare,<br />

periodi di preparazione e momenti di comunanza<br />

sociale che coinvolgono tutta la comunità.<br />

La vita dell’uomo comune è influenzata da<br />

momenti di passaggio correlati al culto; i rapporti<br />

con la famiglia, i funerali, il matrimonio, la nascita<br />

Corigliano Francesco<br />

dei figli, eccetera. Ma in particolar modo<br />

nell’Occidente l’azione condizionante della<br />

religione è più intensa, più determinante,<br />

principalmente grazie alla diffusione della fede<br />

cattolica e alla distribuzione dell’organizzazione<br />

ecclesiastica, presente in quasi tutto il mondo. Le<br />

basi dottrinali della Chiesa sono conosciute<br />

ovunque , insegnate nelle scuole e continuamente<br />

citate o presenti all’interno dei media. E che<br />

piaccia o meno, in Italia questa presenza è ancora<br />

più accentuata a causa della vicinanza col<br />

Vaticano.<br />

Nel nostro Paese il cattolicesimo costituisce una<br />

della maggiori basi culturali: iniziando<br />

dall’educazione elementare, passando per tutti i<br />

momenti “formativi” nella vita dell’italiano medio<br />

ogni individuo deve prima o poi relazionarsi con<br />

alcuni usi e precetti di matrice religiosa, e regolare<br />

le proprie scelte in base a quanta influenza esse<br />

hanno sulla sua comunità. Ma questo discorso non<br />

è ristretto solo all’Italia; è uso comune nei Paesi<br />

prevalentemente cattolici battezzare i bambini<br />

appena nati, il ché implica di per sé una sottintesa<br />

accettazione (e imposizione) del ruolo della<br />

religione nella vita di ognuno. Il cristianesimo è<br />

vivo e radicato in tanti altri paesi da molti secoli, e<br />

su di essi ha influito con minore o maggiore<br />

intensità - non solo a livello sociale, ma anche e<br />

soprattutto politico. Un esempio chiaro e valido<br />

della diffusione che un credo religioso può<br />

raggiungere.


Sulla base di quello che accade in Europa e in<br />

generale nell’Occidente, sostengo quindi che la<br />

religione possa essere e sia utilizzata come mezzo<br />

di condizionamento delle masse, e che agisca<br />

direttamente sulla coscienza e sulla psicologia degli<br />

individui attraverso procedimenti che coinvolgono<br />

il senso morale ed etico di ognuno. Nel corso dei<br />

secoli la componente spirituale è stata<br />

strumentalizzata ed è diventata uno dei mezzi più<br />

adatti per l’esercizio del potere, su piccola e larga<br />

scala, attraverso metodologie fini e penetranti come<br />

l’insinuazione del senso di colpa e del sospetto.<br />

Nella coscienza di ognuno è ben radicato il senso<br />

del peccato e del male, anche verso elementi<br />

assolutamente naturali (come, banalmente, il<br />

sesso), che l’imposizione di precetti di base<br />

religiosa ha distorto e alterato.<br />

Come questo sia stato possibile, lo si capisce<br />

osservando la struttura delle organizzazioni<br />

clericali.<br />

Da sempre l’istituzione religiosa è una fattore<br />

caratterizzante delle comunità e società umane; sin<br />

dai tempi più antichi sono esistite caste sacerdotali<br />

legate alla cura del culto e della spiritualità, dai<br />

druidi delle comunità celtiche, ai rabbini ebrei,<br />

passando per i pontefici dell’antica Roma e per gli<br />

sciamani pellerossa. Questa differenziazione o<br />

“elezione” di alcuni individui rispetto agli altri è<br />

probabilmente dovuta alla stessa natura umana, che<br />

si realizza nella diversificazione dell’individuo e<br />

che inevitabilmente porta alla maggiore sensibilità<br />

di taluni alla materia spirituale. Esistono certo<br />

religioni che non prevedono gerarchizzazioni rigide<br />

o reali distinzioni di “valore” all’interno della<br />

comunità; il cristianesimo stesso nasce come fede<br />

comunitaria, basata sull’uguaglianza di ogni<br />

membro e sul rapporto personale – o quasi – con la<br />

divinità .<br />

Ma è un dato di fatto che nella maggior parte delle<br />

società umane esiste o è esistita una casta di<br />

personaggi incaricati (o incaricatisi) di gestire la<br />

spiritualità, e di indirizzare la comunità<br />

nell’ambiente religioso; e questo accade in<br />

particolare all’interno del contesto occidentale.<br />

Alle origini del cristianesimo, le figure<br />

ecclesiastiche quali preti, vescovi e papi non<br />

esistevano, né esistono all’interno delle scritture dei<br />

riferimenti alla necessità di simili personaggi. Nella<br />

prima metà del II secolo, Ignazio di Antiochia<br />

iniziò ad affermare la necessità di figure superiori<br />

alle altre – inizialmente con funzioni di<br />

organizzazione e coesione, a causa del perenne<br />

stato di pericolo (di disgregazione o di<br />

persecuzione) in cui vivevano le prime comunità .<br />

Fu il primo a parlare esplicitamente di vescovi.<br />

Prima di lui se ne era occupato Paolo di Tarso,<br />

senza utilizzare termini tecnici, ma riferendosi<br />

semplicemente a personaggi di rilievo all’interno<br />

dei vari gruppi; questi individui andavano<br />

controllati e bisognava impedire che il loro carisma<br />

creasse divisioni nei gruppi stessi .<br />

Le figure carismatiche sono sempre state l’ideale<br />

per mantenere unito un insieme di persone, specie<br />

se queste non sono propriamente colte. E i titoli<br />

cattolici sembrano essere nati per esigenze di<br />

controllo, e non per motivi di dottrina o di liturgia.<br />

Tutto ciò è stato estremizzato ed esasperato dalla<br />

Chiesa; per molto tempo i preti ed i vescovi hanno<br />

esercitato un vero e proprio potere sulle comunità,<br />

spesso soppiantando le figure istituzionali<br />

“ufficiali”. Ancora oggi l’opinione del prete della<br />

parrocchia è tenuta in altissima considerazione, più<br />

a causa della sua influenza sul resto dei fedeli che<br />

per una autentica saggezza o cognizione di causa. E<br />

sono innumerevoli i casi di emarginazione sociale e<br />

di discriminazione dovuti ai malumori delle figure<br />

religiose .<br />

Insomma l’organizzazione ecclesiastica è andata<br />

deliberatamente ad affiancare, se non a sostituire,<br />

le gestione sociale e anche politica delle comunità.<br />

I limiti entro i quali deve giustamente operare il<br />

culto, cioè come fattore accomunante e mezzo di<br />

accrescimento per la persona, nel caso del<br />

cattolicesimo, sono stati ampiamente superati da<br />

ben prima della famosa donazione del castello di<br />

Sutri del 728.<br />

Il Vaticano è a tutt’oggi un vero e proprio Stato,<br />

con tanto di sistema fiscale interno, fondi bancari e<br />

possedimenti registrati. Sovrano nel proprio<br />

territorio, un tempo molto più esteso e influente, lo<br />

Stato della Chiesa è in aperta contraddizione con i<br />

precetti e gli insegnamenti che predica in giro per il<br />

globo , preoccupandosi principalmente di<br />

mantenere l’influenza della sua autorità e di<br />

perpetrare l’esercizio del potere attraverso le<br />

diocesi (a conti fatti, “filiali” di una gestione<br />

centrale).


La storia della Chiesa cattolica è un esempio<br />

lampante di deviazione in senso “temporale” si una<br />

istituzione religiosa ; ma sempre restando<br />

nell’ambito occidentale e mediorientale, bisogna<br />

ricordare anche l’influenza dell’islam (le<br />

rivoluzioni del XIX secolo in Turchia e Persia, ad<br />

esempio, furono basate sul ruolo della religione<br />

nella legittimazione del governo ) e dell’ebraismo<br />

(tutte le vicissitudini dello stato d’Israele e della<br />

Palestina, in cui ebbero la loro parte le autorità<br />

americane; ma anche la Shoah e l’accusa di<br />

deicidio generalmente mossa al popolo semitico);<br />

nonché, ancora, il protestantesimo – fondamentale<br />

nelle grandi emigrazioni del XVII e XVIII secolo –<br />

e alcune sette minori tendenzialmente a sfondo<br />

monoteistico, come evangelisti e testimoni di<br />

Geova, ma anche Scientology e altri.<br />

La contraddizione tra questa gestione statale e gli<br />

insegnamenti predicati dalle Chiese, spesso è<br />

risolta mantenendo relativamente basso il livello di<br />

conoscenze dei credenti.<br />

Restando nell’ambito cattolico, è difficile trovare<br />

un credente che abbia letto almeno una volta la<br />

Bibbia, ed è ancora più difficile trovarne uno che<br />

l’abbia letta con uno spirito critico. È opinione<br />

comune che il testo sacro non possa essere fruito<br />

come un normale libro, ma che vada interpretato<br />

attraverso l’aiuto di uno studioso competente.<br />

Ma questa è una soluzione comoda e immediata al<br />

problema della diffusione “popolare” della Bibbia<br />

stessa. Le edizioni in volgare esistono almeno dal<br />

XIII secolo, ma è solo da qualche decennio che la<br />

gente comune può avere accesso reale al testo,<br />

grazie al processo di alfabetizzazione delle masse.<br />

Nel momento in cui la maggior parte delle persone<br />

può leggere i capitoli più “controversi” delle<br />

scritture (dalle tremende maledizioni del Levitico<br />

alle citazioni sui fratelli di Gesù nei Vangeli ), è<br />

chiaro che possono nascere pericolose<br />

destabilizzazioni e che un fedele qualunque può<br />

iniziare a nutrire dubbi su ciò che crede o che gli<br />

viene detto sia giusto credere.<br />

Per questo il Vaticano ha sempre promosso una<br />

lettura “assistita” della Bibbia; non si può<br />

pretendere di leggere ogni cosa letteralmente, né<br />

pensare che quando Dio afferma «Il tuo occhio non<br />

si muova a compassione: vita per vita, occhio per<br />

occhio, dente per dente, mano per mano, piede per<br />

piede.» stia parlando sul serio. La realtà è che<br />

Antico e Nuovo Testamento sono raccolte di testi<br />

eterogenei, e che l’interpretazione che la Chiesa ne<br />

ha dato nel corso dei secoli è stata funzionale ai<br />

proprio fini e non imparziale – con tanto di<br />

omissioni dei passi più “scottanti”. Se un contadino<br />

di bassa condizione sociale legge di Gesù che<br />

rovesciò i tavoli dei mercanti nel tempio, cosa<br />

penserà riguardo lo sfarzo e la ricchezza presenti<br />

nelle chiese? L’unico modo per evitare<br />

“fraintendimenti” è affermare che la Bibbia va<br />

interpretata e studiata correttamente.<br />

Ovviamente l’esegesi tendenziosa riguarda anche<br />

altri culti; pochi sanno che il Corano predica una<br />

sostanziale unità religiosa tra musulmani, ebrei e<br />

cristiani , così come pochi sono a conoscenza degli<br />

studi filologici operati su varie scritture sacre. Si<br />

sono dimostrati diversi casi di pseudo - epigrafia<br />

(famosa è la “questione giovannea”, sul’esistenza<br />

di due o più san Giovanni evangelista), così come<br />

si sono anche datate con precisione diverse<br />

scritture sacra (ad esempio i Vangeli canonici,<br />

scritti verso la fine del primo secolo d.C.) .<br />

Ma l’imposizione dell’ermeneutica non è l’unico<br />

mezzo per mantenere distacco tra dottrina e fedeli;<br />

va ricordato che, in Italia, le messe non sono più in<br />

latino solo dal 1965 e che solo di recente si sta<br />

diffondendo una certa consapevolezza sul<br />

messaggio presente nelle scritture e sulla condotta<br />

del Vaticano. Senza parlare, sempre riguardo al<br />

cattolicesimo, della costruzione teologica operata<br />

da letterati cristiani del III-IV secolo (e non certo<br />

basata sulle scritture) .<br />

Probabilmente i tempi stanno cambiando: è<br />

interessante ricordare l’azione legale intrapresa nel<br />

Febbraio 2011 da due avvocati tedeschi, che hanno<br />

accusato il Papa di crimini contro l’umanità e la<br />

Chiesa cattolica di «acquistare i suoi membri<br />

attraverso un atto obbligatorio, cioè attraverso il<br />

battesimo dei bambini che ancora non hanno una<br />

volontà propria» .<br />

Che sia stata o meno una semplice provocazione,<br />

credo che il gesto sia significativo perché atto a<br />

riscuotere attenzione mediatica su aspetti<br />

controversi dell’istituzione ecclesiastica. Aspetti<br />

che solo ora iniziano ad essere discussi, ora che il<br />

velo dell’ignoranza mantenuto saldamente sugli<br />

occhi delle popolazioni inizia a scostarsi e a<br />

perdere consistenza.<br />

Va ovviamente riconosciuto che la religione ha una


sua influenza caratterizzante e socialmente utile.<br />

Resta sempre un fattore cardine all’interno delle<br />

comunità, e generalmente si è fatta tramite di valori<br />

etici e morali in teoria positivi e adeguati al<br />

progresso.<br />

Punto di riferimento nei villaggi, nelle città o nelle<br />

province, la classe sacerdotale ha sempre rivestito<br />

un ruolo importante nella politica e nella direzione<br />

della cosa pubblica.<br />

Gli esempi sono tanti, e non solo di matrice<br />

cristiana: basti pensare al ruolo dei druidi nella<br />

“resistenza” anti-romana, condotta nel periodo<br />

delle conquiste galliche di Cesare; oppure<br />

all’autorità rivestita dagli imam, nelle recenti lotte<br />

politiche e sociali nei paesi arabi; ma anche alle<br />

capacità di influenza dei sacerdoti cattolici, a<br />

favore o contro il potere, ora nelle guerre di<br />

religione, ora nel confronto con altre culture, ora<br />

nella resistenza contro i regimi totalitari. Per intuire<br />

il livello capillare di diffusione e di presenza della<br />

religione, basta guardarsi attorno.<br />

Il culto diventa quindi un altro dei limiti che<br />

l’umanità utilizza per determinare sé stessa e il<br />

mondo che la circonda, attraverso l’edificazione di<br />

confini, di mura entro le quali muoversi e che si<br />

oppongono alla pluralità e mobilità della realtà<br />

esterna, categorizzando e regolamentando. La<br />

religione ha assunto, all’interno delle popolazioni<br />

di tutto il pianeta, connotati principalmente sociali<br />

ed è diventata a certi livelli una semplice<br />

imposizione precettistica. In questo senso, la<br />

differenziazione tra i vari culti religiosi spesso ha<br />

senso solo a livello teologico e tecnico-pratico; nel<br />

principio essi rimangono espressione di quella<br />

tensione ordinatrice che sorge spontaneamente<br />

nelle comunità umane.<br />

L’antropologo scozzese William Robertson Smith<br />

fu tra i primi a studiare la religione come fatto<br />

sociale; in Conferenze sulla religione dei semiti<br />

insistette sulla funzione accomunante del rito,<br />

individuando le basi della ricerca spirituale delle<br />

comunità umane in una “semplice” funzione<br />

socializzante. Addirittura Émile Durkheim, in Le<br />

forme elementari della vita religiosa, arrivò a<br />

sostenere che il culto è il modo che la società ha di<br />

venerare sé stessa (pur non teorizzando una forma<br />

di “sociolatria”, ma piuttosto una predominanza<br />

della dimensione sociale sull’individuo).<br />

Il punto centrale nel discorso non è quale teoria o<br />

dottrina si propugna, bensì l’utilizzo che l’uomo fa<br />

della materia spirituale. Quando non è il<br />

cristianesimo, può essere l’islam, o magari<br />

l’ebraismo, ma è chiaro che tendenzialmente la<br />

cultura umana porta la religione a essere<br />

principalmente fatto sociale e identificante.<br />

Ora, in quanto base dei rapporti comunitari, è<br />

chiaro che la religione può essere utilizzata per<br />

incanalare e condizionare le scelte delle grandi<br />

masse di credenti. Non è banale ricordare<br />

l’influenza che il Vaticano ha da decine di secoli<br />

sull’Europa (e non solo), né è banale accennare alla<br />

mole immensa di distruzione e morte che le guerre<br />

di religione hanno portato in tutto il pianeta.<br />

Se è vero che l’esigenza di rapporto col divino è<br />

propria di ogni uomo, chi più chi meno; se è vero<br />

che l’ignoranza - non solo delle dottrine -<br />

garantisce ampie possibilità di manipolazione; e se<br />

è vero che il culto ha un ruolo sociale (e perciò<br />

amministrativo) importante: allora è chiaro che,<br />

unendo l’utile al dilettevole, le grandi autorità<br />

religiose della storia hanno potuto indirizzare per<br />

fini prettamente economici e politici il proprio<br />

ruolo di intermediazione con la divinità, per<br />

garantirsi ulteriore potere e capacità di controllo.<br />

È assodato che molti aspetti del nostro approccio<br />

psicologico e umano al mondo sono influenzati da<br />

ciò che la cultura ecclesiastica ha propugnato per<br />

secoli.<br />

Come già detto sopra, un esempio è il concetto<br />

tutto religioso di “peccato” ; comportamenti<br />

scorretti da un punto di vista sociale e civile<br />

vengono deplorati non in quanto tali, appunto, ma<br />

perché peccato ed espressione di disubbidienza al<br />

divino. È giusto insegnare ad un bambino che non<br />

deve picchiare i compagni di scuola, non perché<br />

deve essere gentile e rispettoso con tutti, ma perché<br />

sennò poi Gesù è triste? È giusto fare l’elemosina<br />

ad associazioni assistenziali dalla onestà non<br />

verificata, solo per sentirsi in pace con sé stessi e<br />

con gli insegnamenti dati dal prete?<br />

Il senso di colpa è uno strumento fine ed efficace,<br />

che una volta inserito nei meccanismi mentali degli<br />

individui li può condizionare in maniera<br />

determinante. Utilizzato come mezzo di controllo,<br />

può arginare la libertà dei singoli semplicemente<br />

facendoli sentire male da sé per ciò che stanno<br />

facendo, anche se l’azione in sé non ha nulla di<br />

oggettivamente deprecabile.<br />

Per tornare all’esempio precedente, una persona


cresciuta in ambiente fortemente cattolico e che si<br />

trova a leggere un passo della Bibbia trovandolo<br />

“strano”, o in disaccordo con quanto predicato dal<br />

prete, automaticamente si sentirà in colpa per avere<br />

pensato male o per essersi sopravvalutato, e<br />

probabilmente eviterà di ripetere il “peccato” più<br />

per timore di star male di nuovo che per reale<br />

convincimento.<br />

Questo atteggiamento, estremizzato, non solo<br />

limita le scelte dell’individuo ma può anche portare<br />

al fanatismo che ha reso tanto famosi gli estremisti<br />

musulmani del Medio – oriente, ma che non è poi<br />

tanto diverso da quello che muoveva la maggior<br />

parte dei crociati nei primi secoli del secondo<br />

millennio. Imporre la determinazione di ciò che è<br />

giusto o sbagliato, senza indurre insieme la<br />

riflessione, ha più effetti controproducenti che<br />

positivi.<br />

Un altro campo di applicazione è quello della<br />

repressione degli istinti, meccanismo che se bene<br />

attuato favorisce di per sé il mantenimento del<br />

controllo; nel momento in cui l’autorità “concede”<br />

il soddisfacimento degli istinti stessi, essa non solo<br />

non sarà malvista ma addirittura verrà considerata<br />

benevola e buona. Alcune festività religiose come il<br />

Carnevale, derivato da tradizioni pagane<br />

opportunamente stravolte , un tempo servivano<br />

proprio come valvola di sfogo per le popolazioni<br />

oppresse materialmente e psicologicamente. Un<br />

esempio di questo tipo di “tecniche” è il<br />

trattamento riservato al sesso dal cattolicesimo;<br />

demonizzato per secoli, presentato come attività sì<br />

necessaria per l’umanità ma anche troppo vicina<br />

alla tentazione e alla perdizione. Ma anche le<br />

limitazioni alimentari, dettate dalle codificazioni<br />

ebraiche o musulmane (e nate millenni fa per<br />

esigenze soprattutto igieniche), hanno il loro buon<br />

potenziale d’influenza.<br />

Questo tipo di meccaniche vanno via via<br />

disgregandosi col passare del tempo: la società<br />

moderna, tesa al cambiamento continuo, al<br />

consumismo e all’imposizione arrogante, sprona<br />

l’individuo medio a soddisfare principalmente i<br />

suoi presunti bisogni (spesso indotti dalla società<br />

stessa) e l’influenza che la collettività può avere<br />

sulla singola persona è ormai più forte di quella che<br />

può esercitare il prete o l’organizzazione<br />

ecclesiastica.<br />

Ma questi elementi hanno ancora una presa forte<br />

specie nelle comunità più piccole, magari tagliate<br />

fuori dalle correnti culturali e mediatiche di<br />

maggiore rilievo.<br />

La religione è determinante nell’attuale modello di<br />

società umana, ma probabilmente non lo è nella<br />

giusta maniera. L’influenza che dovrebbe avere sul<br />

singolo e sul suo sviluppo si è troppo spesso<br />

tradotta in limitazione e condizionamento.<br />

Certo non è una realtà identica ovunque: viene<br />

anche da chiedersi se l’interpretazione prettamente<br />

sociale della religione sia un problema del<br />

cristianesimo, o umano; praticare un culto solo<br />

come fenomeno d’identificazione, senza coltivare<br />

l’individualità e il rapporto personale col divino<br />

crea inevitabilmente divari e contraddizioni. Non si<br />

può certo dire che tutta l’umanità sia stata<br />

influenzata dal cattolicesimo o dalla Chiesa<br />

cattolica. Né si può affermare che essa non abbia<br />

rivestito un ruolo importante nella formazione<br />

identitaria di molte società.<br />

Ma è chiaro che un’estremizzazione di tutto questo<br />

c’è stata, e che il cattolicesimo come anche altre<br />

religioni hanno fatto leva sulle debolezze umane e<br />

sul senso di colpa.<br />

Sarebbe positivo, per l’intera società umana,<br />

tendere ad un approccio alla spiritualità più<br />

autentico, spontaneo e diretto, con meno<br />

intermediari e meno strutture organizzative. Un<br />

metodo che coinvolga maggiormente il singolo e le<br />

sue propensioni naturali, spingendolo all’accordo<br />

accomunante con i suoi simili.<br />

La storia insegna che, per quanto riguarda le grandi<br />

masse, questo metodo non è stato adottato.<br />

Esistono ovviamente realtà diverse e che<br />

contemplano un maggiore coinvolgimento<br />

dell’individuo.<br />

C’è insomma da augurarsi che una religione<br />

diversa, intesa come sistema di culti e riti che<br />

favorisca il contatto con la dimensione spirituale,<br />

non sia né una contraddizione in termini, né<br />

un’utopia.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

M. Simonetti, E.Prinzivalli, Letteratura cristiana<br />

antica, Piemme, 2003.<br />

U. Fabietti, Storia dell’antropologia, 2° edizione,<br />

Zanichelli, 2001.<br />

P. Viola, Il Novecento, Einaudi, 2003.<br />

La Sacra Bibbia, Edizioni Paoline, Roma, 1964.


SITOGRAFIA<br />

http://www.adherents.com/Religions_By_Adherent<br />

s.html#Christianity, dati di Adherents sulla<br />

diffusione del cristianesimo nel mondo.<br />

http://qn.quotidiano.net/2007/05/10/11019chiesa_possiede.shtml,<br />

per i dati sui possedimenti<br />

del Vaticano nel 2007.<br />

http://www.bicudi.net/materiali/traduzioni/traduzio<br />

ni_moderne.htm, per l’edizione della Bibbia del<br />

Mallermi.<br />

http://it.wikipedia.org/wiki/Portale:Cristianesimo,<br />

per alcuni dati sulla dottrina cristiana.

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