2013 | Anno 9 | numero 1 - Orchestra da Camera di Mantova
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IN VIAGGIO TRA CLASSICA E IMPROVVISAZIONI. INTERVISTA AD ALESSANDRO CARBONARE<br />
“Non ci limitiamo<br />
a rileggere<br />
in chiave jazzistica<br />
la musica scritta,<br />
ma inseriamo<br />
momenti <strong>di</strong> pura<br />
improvvisazione<br />
estemporanea”<br />
Sopra Monaldo Braconi<br />
e a destra Francesco<br />
De Palma<br />
Un contrabbassista jazz, un pianista classico e un<br />
clarinettista che si <strong>di</strong>vide tra questi due generi. Sono<br />
Francesco De Palma, jazzista <strong>di</strong> spicco nel panorama<br />
internazionale, Monaldo Braconi, pianista classico ma<br />
allievo <strong>di</strong> un musicista eclettico come Massimiliano Damerini,<br />
e Alessandro Carbonare, <strong>da</strong>l 2003 primo clarinetto<br />
dell’<strong>Orchestra</strong> dell’Accademia Nazionale <strong>di</strong> Santa<br />
Cecilia, ovvero i protagonisti del concerto che sabato<br />
9 febbraio al Teatro Comunale <strong>di</strong> Gonzaga sposa note<br />
classiche e jazz sal<strong>da</strong>ndo quella continuità fra <strong>di</strong>versi<br />
mon<strong>di</strong> espressivi così frequente nella storia musicale.<br />
Abbiamo parlato con Alessandro Carbonare della singolarità<br />
<strong>di</strong> questo programma.<br />
Come è nata l’idea <strong>di</strong> questo progetto?<br />
«Dalla voglia <strong>di</strong> esplorare un repertorio che viene sì<br />
eseguito, ma quasi mai in questo modo. Quando un<br />
musicista suona Gershwin <strong>di</strong> solito lo fa seguendo arrangiamenti<br />
comunque già scritti. Io stu<strong>di</strong>o <strong>da</strong> molti anni<br />
improvvisazione jazz e volevo cercare <strong>di</strong> proporre<br />
quella musica che sta a cavallo tra la scritta e improvvisata,<br />
con una maggiore attenzione a quest’ultima».<br />
Cosa potrà ascoltare <strong>di</strong> particolare il pubblico <strong>di</strong> Tempo<br />
d’<strong>Orchestra</strong>?<br />
«Temi classici riletti in chiave jazzistica, omaggi <strong>di</strong> com-<br />
I CONCERTI<br />
positori <strong>di</strong> oggi al mondo del jazz e tributi a compositori<br />
spesso in bilico fra musica colta e jazz. Ma non<br />
solo. Non ci limiteremo a “leggere” la musica scritta<br />
ma inseriremo dei momenti <strong>di</strong> pura improvvisazione<br />
estemporanea. Il primo pezzo, ad esempio, Yardbird<br />
Suite, è <strong>di</strong> Charlie Parker. La musica improvvisata era<br />
il suo pane quoti<strong>di</strong>ano, ma noi abbiamo creato delle<br />
nuove variazioni sul suo tema. Questo vale per la<br />
maggior parte dei pezzi che saranno in parte scritti e<br />
in parte improvvisati Ci sarà anche un momento che<br />
ho scherzosamente definito “blasfemo”: prenderemo<br />
dei temi <strong>di</strong> Brahms e Saint-Saëns e li “stravolgeremo” in<br />
chiave jazzistica».<br />
Come sono riusciti tre artisti come voi, <strong>da</strong>lla formazione<br />
e <strong>da</strong>lle esperienze <strong>di</strong>verse, a trovare un comune<br />
terreno espressivo?<br />
«Ci sono volute moltissime prove, abbiamo lavorato<br />
per dei mesi, prendendo in considerazione almeno<br />
una ventina <strong>di</strong> progetti, prima scegliere quello che<br />
eseguiremo a Gonzaga. Francesco De Palma ha dovuto<br />
capire la nostra “rigi<strong>di</strong>tà” <strong>di</strong> lettori mentre io e Braconi<br />
abbiamo dovuto cercare <strong>di</strong> seguire lui che è abituato<br />
ad un’estrema libertà al contrabbasso. Il risultato è un<br />
viaggio attraverso musica che si ascolta raramente soprattutto<br />
nelle stagioni <strong>di</strong> concerti classiche». (a.b.)<br />
ha cominciato a virare verso gli Stati Uniti d’America. I<br />
gran<strong>di</strong> minimalisti delle due coste, <strong>da</strong> John Cage a Terry<br />
Riley, Steve Reich e La Monte Young, non si ponevano<br />
affatto il problema <strong>di</strong> prendere o non prendere<br />
spunto <strong>da</strong>l grande ume del jazz, allora decisamente in<br />
piena. Il jazz costituiva parte della lingua madre al suono<br />
della quale il loro orecchio musicale si era formato.<br />
Il modo essibile <strong>di</strong> intendere il ritmo, la vocalizzazione<br />
estrema dell’intenzione timbrica, l’improvvisazione<br />
come necessità e come opportunità, la stessa gerarchia<br />
compositore-esecutore: tutto veniva inteso con naturalezza<br />
sotto un’altra prospettiva. Non si trattava <strong>di</strong> delicati<br />
processi <strong>di</strong> negoziazione, ma <strong>di</strong> un abbandonarsi<br />
siologico a materiali familiari o, come nel caso <strong>di</strong><br />
Reich, ad un continuum <strong>da</strong>l sapore “ferroviario”, concetto<br />
così ben noto al mondo del jazz. Ma pare che il<br />
Novecento colto, europeo od americano che sia, fatichi<br />
ancora ad essere adeguatamente rappresentato nelle<br />
programmazioni liriche, sinfoniche e cameristiche. È<br />
buona cosa, dunque, aprire spazi come quello af<strong>da</strong>to<br />
a Carbonare, a progetti che si pongano creativamente<br />
il problema <strong>di</strong> rovistare tra materiali e metodologie della<br />
musica afro-americana. Sarà magnico poter vedere<br />
nei luoghi, come <strong>Mantova</strong>, dove i Conservatori hanno<br />
istituito corsi <strong>di</strong> jazz, maestri e allievi dei “due mon<strong>di</strong>”<br />
collaborare e scambiarsi esperienze. Molti tra i bravissimi<br />
docenti dei <strong>di</strong>partimenti <strong>di</strong> musica afro-americana<br />
vengono proprio <strong>da</strong>i Conservatori e sempre più docenti<br />
dei corsi <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzo classico hanno nei loro scaffali<br />
<strong>di</strong>schi e spartiti <strong>di</strong> jazz. Che cosa si aspetta?<br />
musicalmente 25