Strada Maestra n.43 - Raffaele Pettazzoni
Strada Maestra n.43 - Raffaele Pettazzoni
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(o a rivedere) anche le pagine dedicate all'argomento da G. A. Colini, La civiltà del bronzo in<br />
Italia, Bullettino di paletnologia italiana, 29 (1903) e da T. E. Peet, The stone and bronze<br />
ages in Italy and Sicily, Oxford, 1909, 379 segg., e inoltre, per qualche riscontro, le note<br />
opere del Nadaillac e del Déchelette, nonché recenti scritti di G. Bellucci e di G. Sergi.<br />
Dopo un'accurata descrizione della stazione, condotta prevalentemente sulla base delle<br />
memorie e relazioni precedenti, <strong>Pettazzoni</strong> passa a descrivere la suppellettile: oggetti di pietra<br />
e conchiglie, oggetti di corno e di osso, terrecotte, bronzi, forme da fondere; si sofferma poi in<br />
particolare su un tubo di terracotta frammentario, di forma incurvata, che gli suggerisce il<br />
riscontro con il noto corno da suono proveniente dalla terramara di Castellaro di Gottolengo<br />
(prov. di Brescia) ch'egli ha esaminato nel Museo preistorico di Roma e su cui ha visto i<br />
magistrali scritti di Luigi Pigorini; segue il confronto con altri tubi fittili rinvenuti in altre<br />
parti d'Europa con l'indicazione delle fonti bibliografiche.<br />
Una terza parte del lavoro è dedicata alle considerazioni generali; in essa, come nella<br />
parte descrittiva, sono frequenti i richiami alle antichità scoperte al Monte del Castellaccio<br />
nell'Imolese ed illustrate dallo Scarabelli: le due stazioni, fra loro connesse nel rispetto<br />
topografico e nel carattere, presentano "una facies di tipo misto, quale non s'incontra né nelle<br />
stazioni tipiche a fondi di capanne, né nelle terremare vere e proprie".<br />
<strong>Pettazzoni</strong> condivide l'opinione del Peet: si tratta "di stazioni dovute a nuclei umani<br />
discendenti dagli abitatori primordiali della regione e continuatori della civiltà litica, i quali<br />
assisterono all'affacciarsi di una civiltà nuova, quella del bronzo, apportata dai terramaricoli,<br />
e da questa accolsero non pochi elementi culturali pur senza rinunziare ai loro propri e<br />
tradizionali". A <strong>Pettazzoni</strong> appare poi evidente che la stazione del Castellaccio presenta una<br />
facies più arcaica rispetto a quella di Toscanella: lo prova la maggiore presenza di strumenti<br />
litici nella prima, la maggiore abbondanza di bronzi nella seconda.<br />
È probabile che anche questo lavoro, anziché al Comitato per la pubblicazione nelle Notizie<br />
degli scavi di antichità, venga proposto direttanente dal Ghirardini per la pubblicazione nei<br />
Monumenti antichi; ne parleremo più avanti.<br />
I primi rapporti con <strong>Raffaele</strong> Lombardi Satriani (primi mesi del 1915)<br />
Forse dietro suggerimento dell'amico <strong>Raffaele</strong> Corso, il quale conosce <strong>Pettazzoni</strong> (si sono<br />
incontrali al primo congresso di etnografia italiana, a Roma, nell'ottobre 1911), <strong>Raffaele</strong><br />
Lombardi Satriani dal suo amato paesello, San Costantino Briatico (Catanzaro), manda a<br />
<strong>Pettazzoni</strong> la rivista mensile Folklore calabrese che comincia a pubblicare nel gennaio 1915.<br />
Il Lombardi Satriani sta raccogliendo con religioso zelo i documenti e le memorie della<br />
civiltà calabrese; ha già pubblicato in due volumi i Canti popolari di S. Costantino Briatico,<br />
Monteleone. 1899-1910, le Novelline popolari di S. Costantino Briatico, Monteleone, 1912,<br />
e Proverbi in uso in S. Costantino Briatico, Monteleone, 1913. Di quest'ultimo volume manda<br />
copia in omaggio a <strong>Pettazzoni</strong>, il quale si rallegra con lui augurandogli "di perseverare<br />
rendendosi sempre più benemerito degli studi del suo paese": è ciò che farà il Lombardi<br />
Satriani con le ulteriori ricerche e la pubblicazione dei molti volumi della sua Biblioteca<br />
delle tradizioni popolari calabresi, stampati a proprie spese, comprendenti racconti, canti,<br />
credenze; continuerà inoltre a pubblicare altri contributi nella sua rivista fino al 1934 (dopo<br />
il 1920 il periodico assumerà il titolo Folklore. Rivista trimestrale di tradizioni popolari e nel<br />
1932, per imposizione del regime fascista, quello di Retaggio) ( 29 ).<br />
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