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ESTERI<br />

28 | 4 apr<strong>il</strong>e 2012 | |<br />

LE AMBIZIONI DELL’EMIRO<br />

Un mega impero<br />

piccolo piccolo<br />

Ospita una base americana e offre un consolato<br />

ai talebani. Promette di risolvere pacificamente<br />

ogni conflitto internazionale ma ha sostenuto<br />

i ribelli libici e siriani. Così <strong>il</strong> ricchissimo Qatar<br />

sgomita per un ruolo da grande potenza<br />

Guardato da fuori, proprio non ci si<br />

raccapezza. Se la politica internazionale,<br />

le alleanze strategiche, le ideologie<br />

significano ancora qualcosa, un posto<br />

del genere semplicemente non dovrebbe esistere.<br />

Uno Stato che ospita <strong>il</strong> Comando delle<br />

forze armate degli Stati Uniti in Medio<br />

Oriente e allo stesso tempo irradia <strong>il</strong> verbo<br />

antiamericano di Al Jazeera, che è nata e<br />

ha sede proprio lì; mercanteggia con Israele<br />

nel mentre che finanzia Hamas e ostenta<br />

ottimi rapporti col vicino Iran; offre <strong>il</strong> podio<br />

di summit internazionali sia a Tzipi Livni<br />

sia a Mahmoud Ahmadinejad; si dichiara<br />

wahabita e ospita islamisti intransigenti<br />

come <strong>il</strong> telepredicatore Yusuf al Qaradawi,<br />

si offre di aprire un ufficio di rappresentanza<br />

dei talebani afghani, trama per far sì che<br />

la Fifa ammetta <strong>il</strong> velo islamico nel calcio<br />

femmin<strong>il</strong>e, ma nello stesso tempo concede<br />

terreni e libertà di culto perché possano sorgere<br />

dentro ai suoi confini chiese cattoliche,<br />

siro-malabariche, maronite, copto ortodosse<br />

e chiama le migliori università americane<br />

a impiantare i loro campus. E ancora: un<br />

paese che prima si costruisce l’immagine di<br />

onesto mediatore, terreno neutro per ogni<br />

tipo di negoziato, sulla base di una costituzione<br />

dove all’articolo 7 sta scritto che «la<br />

politica estera dello Stato è basata sul principio<br />

del rafforzamento della pace e della<br />

sicurezza internazionali attraverso l’incoraggiamento<br />

della risoluzione pacifica delle<br />

dispute internazionali (…) e sulla non interferenza<br />

negli affari interni di altri Stati»; e<br />

poi improvvisamente si toglie la giacchetta<br />

da arbitro e scende in campo parteggiando<br />

per una squadra contro l’altra: in Libia dalla<br />

parte dei ribelli anti-Gheddafi, in Siria dalla<br />

parte degli avversari dell’ex alleato Bashar<br />

al Assad. Il paese protagonista in tutti gli<br />

sforzi per una soluzione diplomatica delle<br />

crisi del mondo arabo nel secondo decennio<br />

del XXI secolo – dal Libano allo Yemen,<br />

dal Darfur alle guerre intestine fra Al Fatah<br />

e Hamas – che diventa l’unico paese arabo<br />

che bombarda insieme ai jet della Nato le<br />

forze armate e le città di un paese fratello<br />

come la Libia. Che ottiene dalla Lega Araba<br />

la sospensione della Siria e preme su Russia<br />

e Cina (qualche migliaio di volte più grandi<br />

di lui) perché permettano al consiglio di<br />

Sicurezza dell’Onu di sanzionare <strong>il</strong> regime<br />

di Assad. Una monarchia assoluta dove tutti

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