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Registro missive n. 16 - Istituto Lombardo Accademia di Scienze e ...

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INTRODUZIONE AL REGISTRO XVI<br />

Come è ovvio, anche in questo registro vari sono gli argomenti trattati, come<br />

varie e <strong>di</strong>fformi sono le situazioni prospettate al duca. È la naturale e intuitiva<br />

caratteristica delle <strong>missive</strong> che dà loro il pregio <strong>di</strong> un aggiornamento sulle<br />

vicende del tempo cui si riferiscono, pur nel non sempre or<strong>di</strong>nato susseguirsi dei<br />

documenti.<br />

Pur dando in altra parte <strong>di</strong> questa introduzione una fugacissima elencazione dei<br />

soggetti menzionati nel presente registro, si fa un solo richiamo a un problema<br />

che per il duca ha un non in<strong>di</strong>fferente interesse: quello del carreggio, riguar<strong>di</strong><br />

esso il suo uso per il castello <strong>di</strong> porta Giovia <strong>di</strong> Milano o per il campo <strong>di</strong><br />

battaglia.<br />

Si tratta <strong>di</strong> un richiamo fatto al referendario e ai presidenti agli affari della<br />

comunità <strong>di</strong> Pavia. “Havemo aspectato fin ad questo dì”, <strong>di</strong>ce lo Sforza (<strong>16</strong>.<br />

2.1453) “che vuy havesti facto qualche provisione al facto delli denari del<br />

caregio per questi sey mesi, et per fin a qui...non s’é facto niente”. A questa sua<br />

desolante costatazione il duca fa seguire il conseguente comandamento “che<br />

questi <strong>di</strong>nari se possono havere de presenti”. Vi fossero dei renitenti, il<br />

referendario, Bartolomeo, provvederà che quattro dei principali presidenti<br />

“vegnino qua da nuy perché se deliberamo che non si partino finché non<br />

habiano misso modo ad questa cosa”. Collegato al soggetto del “cariagio” sta il<br />

comportamento dei bifolchi, che, a caso (ma é speculare per tutti i bifolchi che<br />

così agiscono), sono quelli piacentini che, inviati in campo per la conduzione dei<br />

carri, se ne fuggono. Il duca fa sapere (4. 11.1453) al capitano della cittadella <strong>di</strong><br />

Piacenza <strong>di</strong> volere “per ogniuno che fugi et parte senza licentia et lo boletino de<br />

Bartholomeo da Cremona che in scambio de quelli ne siano mandati duy pagati<br />

per duy mesi”.<br />

Il tema dei bifolchi, <strong>di</strong> uomini, cioè, con consuetu<strong>di</strong>ne a passare la giornata con i<br />

buoi, offre il pretesto per un richiamo dello spaccato dell’immagine dello Sforza<br />

quando, <strong>di</strong>smessi gli affanni e gli indumenti guerreschi si abbandona a pensieri,<br />

si oserebbe <strong>di</strong>re, bucolici e si rifugia in preoccupazioni più umane e più simili a<br />

quelle che angustiano i comuni mortali quando si crucciano per le bestie della<br />

loro stalla.<br />

Scrive dapprima (15.12.1453) al referendario <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> aver mandato 100<br />

suoi buoi da carreggio a Lo<strong>di</strong> “per refarsi”, per cui vuole che si man<strong>di</strong>no “pesi<br />

xxiv del nostro sale <strong>di</strong> Salso” da consegnare al famiglio ducale Fiorentino. A<br />

questi scriverà egli lo stesso giorno per <strong>di</strong>rgli che gli manda detti buoi perché<br />

”sonno desfacti”. Gli raccomanda <strong>di</strong> metterli “nella stalla nostra grande et gli fati<br />

dare de quello nostro feno habiamo là del migliore”. Siccome il Testa,<br />

accompagnatore dei buoi a Lo<strong>di</strong>, deve far ritorno a Cremona, il duca non ristà<br />

da replicargli <strong>di</strong> osservare i mo<strong>di</strong> e gli or<strong>di</strong>ni che gli ha dato il Testa “li quali”,<br />

aggiunge affannoso, “exequiray con ogni <strong>di</strong>ligentia et advertentia...perché <strong>di</strong>cti<br />

bovi meglio habino restarse”.Gli farà avere 1000 staia <strong>di</strong> remola, che riporrà in<br />

qualche “loco secho, che non se possi guastare”. Dal referendario <strong>di</strong> Piacenza<br />

otterrà 24 pesi <strong>di</strong> sale, “li quali, per duy pesi per septimana, bastaranno per duy<br />

mesi”. Vuole che abbia cura del sale in modo che “non ne sia venduto nè<br />

trabalzata unza”.


Ripresi i consueti abiti mentali <strong>di</strong> supremo condottiero, <strong>di</strong>ce, lo stesso giorno, ad<br />

Angelo Simonetta <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>sposto ad assecondare il marchese <strong>di</strong> Mantova ad<br />

accingersi all’impresa della conquista <strong>di</strong> Asola, “la quale porterà ogni buon<br />

fructo”.<br />

La sua realizzazione richiederà 11000 ducati e, perciò, invia dal Simonetta il suo<br />

cancelliere Giacomo Filippo Malombra per tentare “con ogni modo et via ... de<br />

recatare, computati li 5000 ducati del zudei e li 2700 de Mathio da Pesaro”, gli<br />

11000 ducati che il duca vuole avere “subito de presenti ” come in<strong>di</strong>spensabili<br />

per aggre<strong>di</strong>re gli Asolani, che Simonetta, nella Storia <strong>di</strong> Francesco Sforza<br />

(xxiv,664) 1 definirà “homines infi<strong>di</strong> et protervi.”<br />

Sarà, però, una impresa nata “a negligentia et imprudentia”, ma che verrà,<br />

scriverà ancora il Simonetta, presto abbandonata anche “quod <strong>di</strong>es hiberni sic<br />

ferebant”.<br />

Questa missiva, che si apre con la prospettiva <strong>di</strong> un attacco bellico <strong>di</strong> conquista<br />

<strong>di</strong> una terra mantovana, si conclude con un dono – omaggio <strong>di</strong> ad<strong>di</strong>o a un re, re<br />

Renato, calato con la fallace prospettiva angioina <strong>di</strong> rinnovare l’impresa <strong>di</strong><br />

riconquista <strong>di</strong> Napoli, cancellando gli insuccessi che costrinsero quel medesimo<br />

sovrano a far ritorno in Provenza nel giugno 1442. Arrivato in Italia dopo una<br />

travagliata spe<strong>di</strong>zione fu festosamente accolto a Firenze e a Milano, fiduciose<br />

entrambe nell’apporto del suo esercito.<br />

L’una per sconfiggere l’Aragonese che con il figlio Fer<strong>di</strong>nando si era<br />

tenacemente fissato sul suolo toscano; l’altra fidente in un valido apporto per<br />

sconfiggere i nemici che su vari fronti la insi<strong>di</strong>avano. Per Francesco Sforza<br />

l’arrivo <strong>di</strong> re Renato non fu del tutto vano: gli propiziò un compromesso con il<br />

marchese Giovanni IV del Monferrato e con il fratello Guglielmo. Non immemore<br />

del vantaggio acquisito su un fronte occidentale, a re Renato, “cum repetere<br />

Galliam subito quodam motu statuisset” (xxiv,662) 2 gli fa dono, come viatico per<br />

il trasferimento <strong>di</strong> ritorno in patria del suo esercito, <strong>di</strong> 30 carri <strong>di</strong> fieno, <strong>di</strong> 10 carri<br />

<strong>di</strong> vino e <strong>di</strong> 40 some <strong>di</strong> biada per cavalli.<br />

Ovviamente la partenza <strong>di</strong> re Renato non era nelle aspettative sforzesche.<br />

Infatti, rileggendo le <strong>missive</strong> sforzesche del registro si apprende che il 20<br />

settembre 1453 il duca scriveva al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>:”siando seguito lo<br />

accor<strong>di</strong>o del marchese <strong>di</strong> Monferrato e signore Guilielmo e nuy, la maestà del re<br />

Renato, el magnifico Colione con tute le gente che erano a quella impresa de<br />

presente vengono in qua per unirse con nuy et haverano far transito per<br />

Lodesana”. Ben sapendo quale gente <strong>di</strong> razziatori sia la soldataglia in<br />

(supposta) marcia verso il fronte veneziano, il duca mette in sull’avviso il<br />

luogotenente perchè si salvino la vendemmia e il bestiame.<br />

Lo stesso giorno, dopo aver ricordato al fratellastro Corrado da Fogliano<br />

l’accordo con i signori <strong>di</strong> Monferrato “per mezanitate dela mayestà del re<br />

Renato”, gli raccomanda che tutti i suoi uomini siano “in puncto” e lui sia<br />

“apparechiato con li cariagy et ogni cosa” perchè il re si porterà “ad Pizghitone”.<br />

Pochi giorni dopo (26.9.1453) lo Sforza avvertirà Giovanni de Christianis,<br />

castellano <strong>di</strong> Melegnano, che, in occasione della venuta <strong>di</strong> re Renato, “per<br />

acquistare reputatione”, i nemici hanno intenzione <strong>di</strong> “venire a fate una ponta lì”.<br />

1 L.A.MURATORI, Rerum Italicarum scriptores, vol. II, Rist. anast. Bologna 1976.<br />

2 L.A.MURATORI, Rerum….


E, abbandonandosi a uno <strong>di</strong> quei sogni, con cui tenta <strong>di</strong> illudere i suoi<br />

corrispondenti, chiude lo scritto certificandogli che, “giuncto che sarano esse<br />

gente qua in campo con la...mayestà del re, faremo tali progressi che esse<br />

inimici se smenticarano le cose de là.”<br />

Re Renato, però, tentenna, per cui lo Sforza non può trattenersi dallo sfogarsi<br />

(1.10.1453) con l’oratore fiorentino Angelo Acciaioli. Lo sollecita ad andare dal<br />

re “et li <strong>di</strong>cati che parendoli anchora de tardare uno, duy o tri dì el suo passare<br />

de qua tuti li suoy ... pò fare como li pare e piace, nonobstante che ale cose<br />

s‘ànno da fare de qua et ali sub<strong>di</strong>ti nostri de Lodesana daghi, <strong>di</strong>cto tardare,<br />

desconzo gran<strong>di</strong>ssimo”. Lo invogli “ad expe<strong>di</strong>rse presto, perchè, venendo<br />

presto, la victoria de qua é apparechiata et l’honore serà suo.”<br />

Quando pare che re Renato intenda (4.10.1453) muoversi, gli viene un intoppo<br />

dal cielo: “per la combustione dela luna” ritarda d’un giorno il suo cavalcare.<br />

Il suo lento andare si tramuterà poi in un inaspettato muoversi a ritroso dal<br />

fronte, consentendo ad Angelo Simonetta le amare riflessioni: “sunt faciles ad<br />

suscipienda bella Gallorum mentes, et parum ad incommoda, laboresque<br />

perferendos resistentes, satiati trimestri Italica militia, quae eis durissima visa<br />

est, excedere Italia maximopere cupiebant.” (xxiv,662) 3<br />

Un’altra figura contende, in queste pagine, il primo piano a re Renato:<br />

Bartolomeo Colleoni.<br />

Una lettera ducale (7.8.1453) a Pietro da Lonate palesa quanta remissività vi sia<br />

nei rapporti dello Sforza con il Colleoni al punto <strong>di</strong> sottoporre ad atteggiamenti <strong>di</strong><br />

famulato un suo ufficiale intaccando quella stessa <strong>di</strong>gnità che il duca vuole sia<br />

riservata a chi lo rappresenta. Il povero Pietro viene catechizzato: “verso el<br />

magnifico Bartholomeo et tuti li suoi te debbi portare in ogni caso humanamente<br />

et domesticamente, et quando scandalo o errore o damni segueno per casone<br />

deli soi, non volere fare contra loro da per ti, ma haverà recorso dala soa”<br />

(magnificentia). Non ha poi mai da scordare <strong>di</strong> averlo “in reverentia et honore,<br />

facendoli tuti quelli aconzi et cortesie te siano possibili”. Non sazio <strong>di</strong> umiliare un<br />

suo ufficiale, gli dà un impensabile suggerimento che sfigura la stessa <strong>di</strong>gnità<br />

dell’ispiratore. Pietro deve pellegrinare a cavallo per placare il grande<br />

condottiero, cui deve attestare che fa tutto questo perchè così ha “in<br />

comissione” dal duca.<br />

Avviene poi che tre gioni dopo lo sventurato Pietro incappi in una ulteriore<br />

<strong>di</strong>savventura con il condottiero bergamasco. Lo Sforza ha ricevuto la lettera <strong>di</strong><br />

Pietro con le “cride ... per li soldati se sonno trovati guastare li zar<strong>di</strong>ni,ecc.<br />

dando arbitrio ali homini che li destengano,ecc.” Il proclama petrino non garba<br />

affatto allo Sforza, anzi ha fatto a lui “cosa molto molesta e che ne <strong>di</strong>spiace<br />

molto perché ... sarà uno far credere il magnifico Bartholomeo che questo habii<br />

facto con nostra voluntà ... el che poderia generare qualche sdegno ... cosa che<br />

ne despiace grandamente”. Per togliere al duca tanto affanno e rasserenare il<br />

grande Bergamasco deve protestargli che tutto é successo senza il<br />

“consentimento” sforzesco e gli rinnova l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> portarsi dal Colleoni cercando<br />

<strong>di</strong> “mollificarlo” e fargli capire che la cosa era apparsa anche al duca “molesta,<br />

revocando dappoi sopra ciò hay facto.”<br />

Pietro, dando a <strong>di</strong>vedere <strong>di</strong> essere un po’ tonto e <strong>di</strong> non aver compreso quale<br />

intima soggezione <strong>di</strong> spirito animava lo Sforza nei riguar<strong>di</strong> del Colleoni, ha la<br />

dabbenaggine <strong>di</strong> far presente, lo stesso giorno, al duca <strong>di</strong> aver ricevuto delle<br />

lamentele dal Colleone.<br />

3 L.A.MURATORI, Rerum….


Si propizia, così, un altro rabbuffo ducale: “luy ha una grande rasone contra de<br />

ti, como per un’ altra nostra più largamente intenderay”.<br />

Ovviamente i rapporti Sforza – Colleoni non si concretizzano unicamente in<br />

simili atteggiamenti. Il 21.12.1453 il duca loda la decisione del Colleoni <strong>di</strong><br />

portarsi nella Valle <strong>di</strong> San Martino per por fine ai contrasti che vi sono fra gli<br />

uomini <strong>di</strong> là. Approva la sua cavalcata a Brivio, verso la bastia e la rocca <strong>di</strong><br />

Vercurago e la rocca <strong>di</strong> Baido. Si <strong>di</strong>ce certo del suo ricupero <strong>di</strong> Brivio e della sua<br />

rocca oltre che delle “parte dellà”. Gli dà atto <strong>di</strong> avere efficacemente agito “ad<br />

restringere che non vadano biade ad Bergamo”. Per contro lo Sforza assicura il<br />

Colleoni <strong>di</strong> aver provveduto alle “tracte de biade” per sostentare gli uomini del<br />

paese segnalatogli dal condottiero tramite i membri del Consiglio segreto, ai<br />

quali il Colleoni potrà rivolgersi perchè, lo accerta, “exequirano tuto quello<br />

rechiederiti”.<br />

Il Colleoni sarà informato dallo Sforza (12.1.1454) che degli uomini <strong>di</strong> Lovere gli<br />

hanno manifestato il senso <strong>di</strong> insicurezza <strong>di</strong> cui soffrono e dubitano <strong>di</strong> essere<br />

abbandonati dal Colleoni.<br />

Sebbene con altre lettere gli abbia richiesto <strong>di</strong> mandare dei suoi soldati “al<br />

obsi<strong>di</strong>o della rocha de Bre”, vuole che provveda “ala <strong>di</strong>cta terra de Luere”<br />

lasciandogliene degli altri “ala <strong>di</strong>fexa loro, siché non possano recevere<br />

mancamento e damno alcuno”. Gli comunica <strong>di</strong> aver scritto al Consiglio segreto<br />

<strong>di</strong> designare il castellano della rocca <strong>di</strong> Vercurago conquistata da lui, Colleoni.<br />

Nello stesso girno il <strong>di</strong> duca risponde ad Antonello de Campania, podestà <strong>di</strong><br />

Lovere, per tranquillizzare sia lui che Gentile della Molara circa la permanenza lì<br />

<strong>di</strong> cavalli e <strong>di</strong> fanti e ha ricordato loro che il Colleoni, cui aveva dato “el caricho<br />

et governo de quelle ... cose del canto dellà, … circha la deffensione e guar<strong>di</strong>a<br />

de <strong>di</strong>cta valle gli doveva fare la debita provisione gli parerà necessaria”.<br />

Agli uomini <strong>di</strong> Lovere faranno seguito, il giorno dopo, quelli della valle Camonica<br />

che si lagneranno dei danni patiti dai nemici, ma pure dalle genti “ che sonno<br />

state là ala defexa loro”.Non resta che far ritornare quella soldataglia in hiberna.<br />

E’ cio che lo Sforza farà e al Colleoni or<strong>di</strong>nerà premettendo circuenti parole:<br />

“considerato che a questi tempi se conviene acarezare <strong>di</strong>cti homini et non<br />

exasperarli”.<br />

Proseguendo la scorsa <strong>di</strong> documenti riguardanti il Colleoni si ha notizia (il<br />

23.2.1454) che il provisionato ducale Zuca aveva derubato Manfredo, uomo<br />

della Val Brembana, cui il Colleone aveva concesso licenza e salvacondotto per<br />

portar fuori della merce dalla Val Trombia. Questo fatto dà motivo al duca <strong>di</strong><br />

attestare che le lettere e i salvocondotti dati dal Colleoni “siano observati non<br />

altramente che le nostre proprie”.<br />

Ulteriore affermazione dei poteri concessi al Colleoni viene rilasciata (27.3.1454)<br />

dallo Sforza quando avverte il capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza che il<br />

condottiero “pò commandare ali nostri como nuy stessi”.<br />

Non passerà una quin<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> giorni e, allusivamente, farà sapere a Giuliano<br />

Calvisano, vicario <strong>di</strong> Caleppio, <strong>di</strong> avere bene inteso quanto gli ha scritto del<br />

“facto” del Colleoni: restiamo “ad compimento advisati” e, come al solito<br />

rassicurante aggiunge “nuy acconzaremo et adaptaremo il facto nostro per uno<br />

modo o per un altro che starà bene”.<br />

A queste parole <strong>di</strong> colore oscuro, altre più esplicite esprimerà lo stesso giorno<br />

(8.4.1454) al podestà castellano, al comune e uomini <strong>di</strong> Castell’Arquato. Inizierà<br />

con il <strong>di</strong>re <strong>di</strong> aver “concesso ad Bartolomeo Coglione” (va notato che al nome<br />

non viene premesso l’appellativo <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinzione “magnifico” e il nome non è più<br />

“Colione”, ma storpiato offensivamente) “el dominio <strong>di</strong> quella terra <strong>di</strong><br />

Castellarquata perchè lui perseverasse fidelmente in li servicii nostri et fare


verso nuy et lo stato nostro quello che degno fare li valenthomini. Adeso<br />

havendo luy preso altra via, como ingrato d’ogni beneficio et alienatose da nuy<br />

non senza grande desfavore et manchamento dele cose nostre, maxime non<br />

haveno alcuna casone né rasone de così fare” lui, duca, gli toglie quel territorio<br />

e manda a riprendere, in nome suo, quella terra e fortezza il consigliere ducale<br />

Sceva de Curte, cui tutti gli abitanti presteranno “el debito iuramento de fidelità<br />

et obe<strong>di</strong>entia”.<br />

Angelo Simonetta, consigliere dello stesso Sforza, informa che l’infedeltà<br />

colleonesca era stata preannunciata tempo ad<strong>di</strong>etro allo Sforza. L’aveva messo<br />

sull’avviso (“Collionem cum Venetis conspirantem retineret”) il marchese <strong>di</strong><br />

Mantova, Luigi (Ludovico) III Gonzaga.<br />

La stessa cosa gli aveva insinuato “priusquam in hiberna mitteretur, in eum<br />

animadvertendum suadens” il conte e condottiero Gaspare da Vimercate.<br />

Nonostante tanti vali<strong>di</strong> e autorevoli, oltre che amichevoli avvertimenti, “his<br />

conflictatus Franciscus...nihil statuendum fore putavit quod hominem multis sibi<br />

devictum beneficiis et qui praeterea a Venetis multis magnis pollicitationibus<br />

sollicitaturus in officio mansisset” (xxiv,662) 4 . E neppure l’aveva scosso nella<br />

fiducia nel Colleone l’insolito suo <strong>di</strong>lazionare nella richiesta del rinnovo<br />

dell’ingaggio, il cui tempo scadeva alle calende <strong>di</strong> aprile. Mentre nei precedenti<br />

anni vi si affrettava affermando “Me<strong>di</strong>olanensium ducem nequaquam dum<br />

vixisse deferturum”, quest’anno proclamava (quantunque si fosse già vincolato<br />

con Venezia) “se liberum esse et decrevisse nemini obstringi” (xxiv, 667) 5 .<br />

Tutto questo avveniva, si potrebbe <strong>di</strong>re, alla vigilia della pace <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> (9.4.1454)<br />

e <strong>di</strong> quell’evento, che dava un periodo <strong>di</strong> relativa quiete bellica all’Italia fino alla<br />

calata nella Penisola <strong>di</strong> Carlo VIII (1494-95).<br />

Nelle pagine delle <strong>missive</strong> si fa una accidentale menzione <strong>di</strong> colui che fu il<br />

tessitore degli accor<strong>di</strong> fra i contendenti, l’agostiniano Simone da Camerino.<br />

Fa <strong>di</strong> lui fuggevolmente parola lo Sforza scrivendo a Luchina dal Verme per<br />

perorare (6.6.1454) il rilascio <strong>di</strong> Antonio da Varese. “El venerabile frate Simone<br />

da Camerino, qual molto fo operato per la conclusione della presente pace, ne<br />

ha pregato et facto gran<strong>di</strong>ssima instantia che vogliamo operare con vuy la<br />

liberatione de Antonio da Varese”.<br />

Neppure viene dato risalto nel testo a chi tanto prestò fatica e intelligenza per<br />

una conclusione a un conflitto che <strong>di</strong> sua natura si portava a esaurimento. Il<br />

personaggio è Paolo Barbo, oratore <strong>di</strong> Venezia. Angelo Simonetta nella citata<br />

sua Storia lo ritrae “patricium, iureconsultum et magnae auctoritatis virum,<br />

legatum primum Cremam deinde ad Franciscum”. Ed é proprio lo Sforza che a<br />

lui si rivolge (19.4.1454) per sapere se le terre che il Colleoni teneva sia<br />

obbligato, per i capitoli <strong>di</strong> pace, restituirle a Venezia. Infatti, nella lettera che lo<br />

Sforza ha inviato il <strong>16</strong> aprile 1454 al suo cancelliere Giovanni da Milano aveva<br />

confermato <strong>di</strong> essere stato da lui informato <strong>di</strong> quello che il giorno precedente<br />

aveva “exequito in consignare ali magnifici Rectori da Bergamo quelle terre,<br />

vallate e forteze”. Gli aveva scritto, invece, “vogli retornare da nuy senza stare<br />

ad aspectare la resposta de Venetia delle terre che tene Bartholomeo Colione,<br />

perché ad quelle se gli provederà opportunamente, como se intenderà la<br />

voluntà d’essa illustrissima signoria de Venetia”. Nella missiva del 19.4.1454<br />

lo Sorza comunicava al Barbo che il Colleoni, con poco garbo e in arretrato sul<br />

saputo, gli aveva mandato a <strong>di</strong>re, tramite il suo famiglio Ferazino, <strong>di</strong> essere<br />

passato ai servizi <strong>di</strong> Venezia. La notizia non presenta grande interesse se non<br />

per il bizzarro corollario che vi appone lo Sforza. “la qual cosa ad nuy piace<br />

quando sia in benefitio d’essa illustre signoria”. L’ulteriore aggiunta: ”ne manda<br />

4 L.A.MURATORI, Rerum….<br />

5 L.A.MURATORI, Rerum….


(il Colleoni) ancora a <strong>di</strong>re ... come la prefata signoria (de Venetia) se tene per<br />

ricevute le terre quale luy (Colleoni) tene” è quella che giustifica la richiesta <strong>di</strong><br />

delucidazione fatta al Barbo, volendo, come egli afferma “provedere ad quanto<br />

siamo obligati”.<br />

Pare aberrante che lo Sforza, dopo aver premessa una spudorata menzogna,<br />

solo politicamente corretta: “nuy havemo bona sincera et intrinseca benivolentia<br />

et amicitia con la...signoria” (de Venetia)”, si azzar<strong>di</strong> ad affermare (1.7.1454):<br />

“siamo certi che non solamente non richiederà una minima terra delle nostre,<br />

ma più tosto ne daria delle sue”.<br />

Ben sa che Venezia ristabilirà ad oriente pressochè i confini che lo stato<br />

milanese aveva ai tempi <strong>di</strong> Filippo Maria Visconti. A Francesco Sforza era ben<br />

chiaro che “quicquid bello in Bergomensium, Brixiensium finibus cepisse,<br />

Venetis restitueret”.(xxiv, 669) 6<br />

Si omette, a questo punto, quanto nel registro si ripete, mutatis mutan<strong>di</strong>s, sulle<br />

tasse dei cavalli (riportando d’aver qui appreso che la tassa del singolo cavallo é<br />

<strong>di</strong> lire quattro mensili); le competenze del podestà; l’accennato tumulto degli<br />

scolari citramontani per l’elezione del rettore degli ultramontani, menzionato per<br />

riprendere l’inerzia dell’intervento del podestà <strong>di</strong> Pavia; la menzione degli Ebrei<br />

che Francesco richiama sempre con dovuto rispetto; la deplorazione dei furti e<br />

degli assassini, che in queste pagine assegna un primato a Pavia, ove non si<br />

ar<strong>di</strong>sce uscire alla sera dopo l’Ave Maria; l’immancabile richiamo <strong>di</strong> donna<br />

Luchina dal Verme del cui staterello si stigmatizza il <strong>di</strong>spotico governo; i<br />

consueti ritar<strong>di</strong> nei pagamenti delle tasse dei cavalli, del sale e delle altre<br />

gravezze <strong>di</strong> cui il governo sforzesco mostra <strong>di</strong> avvedersene senza avere<br />

intenzione <strong>di</strong> mutare alcunchè bello saeviente et favente,ecc.<br />

A sollevare lo spirito dall’inseguire il consueto, lo scriba annota l’avventura del<br />

furto <strong>di</strong> una “cagnola” delle grazie alunna <strong>di</strong> una gentildonna inglese arrivata a<br />

Pavia.<br />

La notizia perviene (4.7.1454) al duca, che ne ha preso “summo despiacere” e<br />

del “apto molto deshonesto et alieno da ogni humanità” avvisa il conte<br />

Bolognino de Attendolis e Gracino da Pescarolo e vuole ”sì per il debito, si per<br />

honore (ducale) che se debia usare ogni industria et rigore” per il ritrovamento<br />

della bestiola. Si allarmi del fattaccio tutta la comunità citta<strong>di</strong>na facendo dei<br />

pubblici ban<strong>di</strong> nei quali si or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> denunciare chi ha preso la bestiolina, pena,<br />

in caso <strong>di</strong> connivente silenzio, della multa <strong>di</strong> 100 ducati da versarsi alla Camera<br />

ducale o <strong>di</strong> “dece strepate de corda” se si fosse inabili a pagare.<br />

Se la gentildonna inglese intendesse vedere i duchi a Milano, lo Sforza or<strong>di</strong>na a<br />

Gracino <strong>di</strong> fornire i cavalli per lei e il suo seguito.<br />

Non è la prima volta che i registri in questione accennano allo Sforza pronubo,<br />

ma, in questo suo intervento a favore dei nuben<strong>di</strong> assume una nota<br />

rimarchevole,per cui pare doveroso brevemente soffermarvisi<br />

Oltre che dominus soli, egli si ritiene un paterfamilias i cui sud<strong>di</strong>ti sono in suo<br />

mancipio.<br />

Quando propone (14.4.1454) a Orio de Ricar<strong>di</strong>s <strong>di</strong> maritare una sua figliuola al<br />

suo famiglio Niccolò da Fabriano rimane sorpreso delle titubanze della giovane<br />

e proclama:”nuy non siamo tanto appetitosi de dare mogliere ad uno nostro<br />

famiglio”. E, perchè si sappia <strong>di</strong> quale levatura egli è in materia matrimoniale,<br />

aggiunge: “nuy non intendemo nè volimo sforzare alcuno in questo né in altro” e,<br />

a preteso supporto <strong>di</strong> tanta sua liberalità precisa <strong>di</strong> avere” per <strong>di</strong>vina gratia el<br />

dominio <strong>di</strong> questo paese, possiamo usare della autorità del comandare ali nostri<br />

cita<strong>di</strong>ni e sub<strong>di</strong>ti” e, da questa premessa <strong>di</strong> investitura <strong>di</strong>vina, mentre i re<br />

francesi traevano il potere <strong>di</strong> guarire gli scrofolosi, egli, meno taumaturgico, trae<br />

6 L.A.MURATORI, Rerum….


la semplice illazione che Orio “non debia maritare la figliola soa quoquomodo<br />

senza nostra licentia, etiam se nuy stessemo cinquanta anni a darglila”.<br />

In un altro caso si rivolge (30.4.1454) <strong>di</strong>rettamente alla supposta nubenda,<br />

Giovanna de Capellis, non nuova alle vicende matrimoniali “relicta”, o vedova <strong>di</strong><br />

Alessandro da Sannazzaro. Per smuoverla dai suoi rifiuti <strong>di</strong> sposare il<br />

conestabile Achille Corso si avvale in questo caso (8.5.1454) del soccorso<br />

<strong>di</strong>vino rappresentato da un religioso, fra’ Pedro da Piasenza che le “chiarirà<br />

l’animo nostro”. Giovannina (il <strong>di</strong>minutivo è sforzesco) é tetragona, non saepe,<br />

sed semel tantum. Le parole del religioso non l’hanno convinta?<br />

Il duca passerà allora (5.7.1454) alle parole forti. “Ve <strong>di</strong>cemo et comman<strong>di</strong>amo<br />

che, se extimati la gratia nostra non presumati maritarve in secreto nè in paleso<br />

ad persona del mondo, sia che se voglia,, senza nostra speciale licentia in<br />

scripto, certificandove che quando intendessemo facesti contra questa nostra<br />

voluntà, ve mostraremo non facisti may pezore consigliata, perchè deliberamo a<br />

casa nostra essere obe<strong>di</strong>ti”.<br />

Così parlava <strong>di</strong> accor<strong>di</strong> matrimoniali chi <strong>di</strong>quelli legittimi e non aveva avuto una<br />

prosperosa consuetu<strong>di</strong>ne che gli aveva consentito d’avere una <strong>di</strong>screta<br />

figliolanza, ben 35 <strong>di</strong> cui 11 legittimi e 24 no. 7<br />

Alessandro Visconti nella sua Storia <strong>di</strong> Milano 8 non si avventura a precisare<br />

numeri, ma si azzarda a <strong>di</strong>re che i suoi figli illegittimi sono “sterminati” e che i<br />

genealogisti ne trovano sempre qualcuno <strong>di</strong> nuovo. Delle frequentazioni extra<br />

matrimoniali del marito se ne stufò, un giorno, la consorte Bianca Maria, al punto<br />

da ricorrere a papa Barbo, Paolo II perchè mandasse al duca un commissario<br />

apostolico. Non è detto quando questi venne a Milano, ma dalla elezione a papa<br />

<strong>di</strong> Pietro Barbo (30, 8. 1464) alla sua fine (8,3.1466) allo Sforza rimanevano<br />

meno <strong>di</strong> due anni <strong>di</strong> vita. Con il commissario romano lo Sforza fu sincero, non<br />

negò i suoi traffici amorosi e can<strong>di</strong>damente confessò pure <strong>di</strong> avere in corso una<br />

tresca con una donna Isabeta, ma precisò: “non tenemo publicamente ... sta in<br />

casa sua ... con oto o dece boche et lo marito, che va in qua e in là per li offici<br />

suoy et sue facende; quando torna in Milano va a casa de ley...et noy non<br />

facemo cosa con ley se non com bona volontà <strong>di</strong> luy et <strong>di</strong> ley”. Per essere<br />

onesto e chiaro spiattella che donna Bianca Maria “ha sentuto della sua venuta<br />

ley ancora et za ce ne ha parlato et <strong>di</strong>cto, cume sapeti, che <strong>di</strong>cono le done a li<br />

mariti. “<br />

7 C. SANTORO, Gli Sforza, Varese 1968, p. 101.<br />

8 A. VISCONTI, Storia <strong>di</strong> Milano, Milano 1952, p.378.<br />

Carlo Paganini.


NOTE AL XVI REGISTRO DELLE MISSIVE SFORZESCHE<br />

Si tratta <strong>di</strong> un registro cartaceo <strong>di</strong> cc. 1 - 491 formato da 30 fascicoli <strong>di</strong> cc. 8 per<br />

2, numerate sul recto secondo l’antico sistema <strong>di</strong> cartolazione.<br />

Il volume reca due numerazioni: la prima, coeva, è posta in alto a destra; la<br />

seconda, successiva, è stampata e posta a centro pagina in basso.<br />

Le due numerazioni non corrispondono, in quanto la seconda, numerata fino a<br />

930, non tiene conto delle carte mancanti.<br />

All’inizio registro sulla c.2 in alto accanto alla numerazione, <strong>di</strong> mano coeva si<br />

legge: “Francisco Sacho”; a centro pagina, a firma Osio, si legge “N.B. Questo<br />

registro tratta quasi esclusivamente <strong>di</strong> affari politici.”<br />

In fondo al registro, alla c. 490r in matita rossa compare la sigla <strong>di</strong> Osio.<br />

Alla carta 390r si trova un allegato segnato: “all.1 a pag.739” (il numero <strong>di</strong><br />

pagina in<strong>di</strong>cato corrisponde a quello della numerazione moderna a stampa,<br />

come pure le pagine in<strong>di</strong>cate <strong>di</strong> seguito).<br />

In fondo al volume ci sono due documenti allegati;<br />

il primo riporta la seguente <strong>di</strong>citura “trovato tra pagg. 36 - 37”.<br />

Il secondo “trovato tra pagg. 832 – 833”<br />

La numerazione, coeva in alto a destra, inizia da carta 3 e prosegue fino a carta<br />

491 con un salto nella numerazione da c. 89 a c 100; e da c. 476 a c. 478.<br />

Si segnalano:<br />

- carte bianche 117v – 121r; 326r, 490v - 491r.<br />

- carte mancanti 44, 73, 146, 179, 189, 214, 246, 272, 329, 337, 463, 465,<br />

475, 484, 489.<br />

Sulla costa: A.S.M. – Archivio Ducale Sforzesco – Reg. Missivarum 1453-1454.<br />

Alba Osimo


1<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Corrado <strong>di</strong> far cessare qualsiasi furto in terra bergamasca, <strong>di</strong><br />

restituire, senza spese, il maltolto e <strong>di</strong> liberare i prigionieri. Non tollera che altri ambasciatori<br />

abbiano motivo <strong>di</strong> ricorrere a lui per simili angherie.<br />

3r MCCCCLIII <strong>di</strong>e primo augusti.<br />

1453 agosto 1, ”ex nostris felicibus castris apud Gaydum”.<br />

Magnifico Conrado, tu sai quanto nuy havemo havuto ad gran<strong>di</strong>ssimo despiacere la<br />

robbaria et mancamento facto in Pergamascha, et quante volte te havemo scripto et<br />

mandato a <strong>di</strong>re che provedesti ala relaxatione de quelli che sonno prexoni et ala<br />

restitutione dele robbe tolte, et non lo fay; del che asai ne maravigliamo, et perhò te<br />

avisamo che le cose non passano così de qua como tu cre<strong>di</strong>, perché ogni dì ne<br />

vengano qua da nuy ambassiatori da Bergamo et più messi et più lettere dal campo<br />

inimico, la qual cosa non passa se non con grande nostro mancamento et vergogna. Et<br />

perché nuy deliberamo de non substenere simile mancamento ad posta de qualunque<br />

homo d’arme se voglia, te replicamo et <strong>di</strong>cemo, como per l’altre nostre te havemo<br />

scripto, che debii subito far relaxare quelli che sonno prexoni et fargli restituire ogni<br />

robba et cose a loro tolte, et non pensare de farli pagare spese né altra cosa, perché<br />

non te lo comportarimo, perché non è puncto honesto che siano stati presi et robbati<br />

indebitamente, et puoi gli sia facto pagare l’expese. Et se alcuni havessero dato<br />

securtate, como havemo inteso, volemo che le faci cancellare et annullare et liberare<br />

caduno che havesse promesso, facendo questo con tale <strong>di</strong>ligentia, cura et sollicitu<strong>di</strong>ne<br />

che nuy più non ne habiamo ad sentire lamente; et che non habiano ad retornare qua<br />

da nuy più ambassatori né messi per <strong>di</strong>cta casone. Et circha ciò ne venirà là da ti el tuo<br />

cancellero pienamente informato del tuto, al qual crederay como a nuy medesmi. Ex<br />

nostris felicibus castris apud Gaydum, <strong>di</strong>e suprascripto.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

2<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na nuovamente al podestà <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> procedere contro coloro che<br />

trescavano per dar via Gerola e, in particolare contro Giacomino Garzo, detenuto nel castello.<br />

Ha or<strong>di</strong>nato a Bolognino <strong>di</strong> dare libero accesso nel castello al podestà o a un suo vicario per<br />

esaminare i prigionieri e ha pure scritto al referendario che<br />

“dovesse consignare el processo” al podestà.<br />

1453 agosto 1, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Spectabili <strong>di</strong>lecto potestati nostro Papie.<br />

Como per altre nostre Iittere date xxviiii del passato te havemo scripto, 3v volimo che tu<br />

proce<strong>di</strong> a far ragione contra quelIi menavano eI tractato de dare via Ia Girola, et<br />

maxime contra lacomino Garzo sustenuto lì in lo nostro castello. Et proinde scripsemo<br />

aI referendario lì che te dovesse consignare el processo, et similiter scripsemo al<br />

Bolognino che facesse como<strong>di</strong>tà a te o altro vicario de intrare in castello per fare ogni<br />

debito examine. Et quamvis<strong>di</strong>o cre<strong>di</strong>amo che ala receputa de questa haverai facto<br />

ragione et anche iustitia secundo che rechiede el debito, pur te l’havemo voluto<br />

recordare, acioché non l'havendo facta, tu la facii subito senza <strong>di</strong>mora alcuna perché<br />

simili homini non sonno da lassare fra Ii viventi. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


3<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce a ser Andrea de Fulgineo d’essere stupito per la mancata sua andata da<br />

lui e, ripetendogliene l’or<strong>di</strong>ne, gli comanda <strong>di</strong> passare da Pavia per incontrarsi con Bianca Maria<br />

in modo d’arrivare da lui “de tuto informatissimo”<br />

Ser Andree de Fulgineo.<br />

1453 agosto 1, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.<br />

Per un'altra te habiamo scripto che dovessi vignire da nuy; maravigliamone che non si<br />

venuto né habbi may da poi rescripto cosa alcuna. De che de novo per questa te<br />

replicamo che, siando stato proceduto in quello te comettessemo con pocha<br />

advertencia et sollicitu<strong>di</strong>ne et sagacità, voIimo che retorni, recevuta questa, informato<br />

de quanto haverai seguito per fino in quest’hora. Et vogli far la via de Pavia, dove vogli<br />

essere con la illustre magnifica Biancha, advisandola del tuo ritornare, ad ciò che,<br />

volendo <strong>di</strong>rte cosa alcuna venghi de tuto informatissimo. Data in castris nostris felicibus<br />

apud Gaydum, <strong>di</strong>e primo agusti 1453.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

4<br />

Francesco Sforza scrive a Gracino da Pescarolo e al cancelliere ducale Zanino <strong>di</strong> meravigliarsi<br />

che si lascino abbindolare dalle parole. Egli credeva che Zanino, considerata “la importantia dela<br />

cosa” fosse “in camino con la expe<strong>di</strong>tione”. Vuole sapere il perchè <strong>di</strong> tanto ritardo.<br />

(1453 agosto 1, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

4r Gracino de Piscarolo et Zanino, cancellario nostro, <strong>di</strong>lectis.<br />

Maravigliamone grandemente che ve lassiati menare per parole et tignire in tempo, et<br />

che non dati expe<strong>di</strong>tione ad quanto haviti a fare, attenta la importantia dela cosa; nuy<br />

credevamo, secundo el scrivere vostro, che tu Zanino fosse mò in camino con la<br />

expe<strong>di</strong>tione et parne che siati adesso ad quello eravati el primo dì, et parne siate<br />

menati con parole como se menano Ii buffali per el naso. Pertanto <strong>di</strong>cemo che ti,<br />

Zanino, overo te ne retorna con la expe<strong>di</strong>tione, recevuta questa, overo ne advisati della<br />

cosa chiaro in che termini se trova, et perché mancha et da che viene, adciò<br />

inten<strong>di</strong>amo el facto nostro chiaramente et che Ii possiamo provedere. Data ut supra.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

5<br />

Francesco Sforza comanda al capitano <strong>di</strong> Casteggio <strong>di</strong> consentire che il suocero del familiare<br />

ducale Becalino possa condurre le biade e i suoi frutti da Campospinoso a Broni, ov’egli abita, e<br />

che sia pure consentito al massaro <strong>di</strong> portare la sua parte da Campospinoso a Stradella.<br />

Capitaneo Clastigii.<br />

(1453 agosto 1, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Ne ha rechiesto el strenuo Bechalino, nostro famiglio, vogliamo concedere Iicentia al<br />

Baylo suo socero, habitatore nel loco de Brone, che’l possa far condure le biade et<br />

fructi suoi dal luoco <strong>di</strong> Campospinoso al <strong>di</strong>cto loco de Brone; et così che’l massaro<br />

anchora possa condure la sua parte dal <strong>di</strong>cto loco de Campospinoso ala Stradella. Per<br />

la qual cosa, volendo compiacere ad esso Bechalino, siamo contenti et volimo che al<br />

<strong>di</strong>cto Baylo lassi liberamente condure <strong>di</strong>cti suoi fructi et biade dal <strong>di</strong>cto luoco de<br />

Campospinoso al <strong>di</strong>cto loco de Brone, et similiter quelIi del massaro ala Stradella,<br />

aIiquibus or<strong>di</strong>nibus in contrarium <strong>di</strong>sponendo nequaquam attentis. Et in signo de ciò<br />

havemo sottoscripto la presente de nostra propria mano. Data ut supra.<br />

Franciscus Sfortia manu propria subscripsit.<br />

Iohannes Antonius.


Iohannes.<br />

6<br />

Francesco Sforza fa sapere alla moglie <strong>di</strong> non potere assecondare l’or<strong>di</strong>ne da lei dato al priore<br />

e al collegio dei me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> accettare maestro Antonio da Bernareggio come numerario,<br />

come già era al tempo <strong>di</strong> Filippo Maria Visconti. Ciò glielo impe<strong>di</strong>scono i capitoli che lui, duca, ha<br />

con detta città, nonostante che, per i suoi meriti, ben altro e <strong>di</strong> più spetti a maestro Antonio che<br />

ha anche in cura l’infermità dell figlio Galeazzo.<br />

Illustrissime domine ducisse.<br />

1453 agosto 1, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Inteso quanto la signoria vostra ne scrive per soe lettere de dì xxiiii del mese proximo<br />

passato del comandamento facto per essa al priore et collegio 4v deli me<strong>di</strong>ci de quella<br />

nostra cità che debiano acceptare et reponere maestro Antonio de Bernaregio per<br />

numerario, como era al tempo del’illustrissimo quondam signore passato nostro socero,<br />

et della rechiesta ne fati che vogliamo scrivere lì, et cetera, <strong>di</strong>cimo che voriamo fare<br />

maiore cosa de questa per maestro Antonio per Ii meriti et virtute soe verso nuy et li<br />

nostri, et maxime in questa infirmitate de Galeazo, nostro figliolo, et anche sapiamo<br />

quanto l’è affectionato a nuy et al stato nostro, ma perché dubitamo che de ciò<br />

haveriamo querella, considerato Ii capitoli havemo con quella nostra comunità de<br />

Pavia, non ne pare de potere satisfare con honestà ala rechiesta dela signoria vostra,<br />

anci più tosto ne pare debia remettere el <strong>di</strong>cto comandamento, perché in altre cose del<br />

nostro poterimo molto bene remeritare <strong>di</strong>cto maestro Antonio. Data ut supra.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

7<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce a Bolognino de Attendolis, conte <strong>di</strong> Sant’Angelo e castellano del castello<br />

<strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> darsi da fare per catturare i fratelli Beltramino e Filippo, nonchè Marco da Landriano.<br />

(1453 agosto 1, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Magnifico affini nostro carissimo Bolognino de Attendolis, comiti Sancti Angeli et<br />

castellano arcis nostre Papie.<br />

Per certo bono respecto volimo che, con bona <strong>di</strong>ligentia et cautamente, aponi tal or<strong>di</strong>ne<br />

che, capitando a Sanctangelo o altrove dove possi far pigliare Beltramino e Filippo,<br />

frateIli, et etiam<strong>di</strong>o Marcho de Landriano, che tu gli faci pigliare e mettere in locho che<br />

non possano far fuga, da non essere relaxati senza nostra speciale licentia. Et a questo<br />

mette la mente, se tu hai volia farne cosa qual ne piaza. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

8<br />

Francesco Sforza scrive a Bartolomeo da Correggio, referendario <strong>di</strong> Pavia, <strong>di</strong> apprezzare gli<br />

or<strong>di</strong>ni dati per la salvaguar<strong>di</strong>a della Gerola, ma ciò non gli consente <strong>di</strong> astenersi dal<br />

rimproverargli la negligenza <strong>di</strong>mostrata per non aver provveduto alla conservazione dei beni dei<br />

ribelli, beni che dovevano essere inventariati e affidati a uomini del posto, evitandone così, il<br />

saccheggio fatto, tanto più perchè vi erano cose <strong>di</strong> valore, che vuole siano ricuperate.<br />

Lo informi, su quanto si potrebbe ricavare dalla ven<strong>di</strong>ta del mulino che ha fatto condurre lì.<br />

Intendendo che i colpevoli del trattato siano perseguiti,<br />

gli or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> affidarne il processo al podestà.<br />

(1453 agosto 1, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

5r Egregio militi domino Bartholomeo de Corrigia, <strong>di</strong>lecto referendario nostro Papie.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere per le quale restiamo avisati dela vostra retornata<br />

dala Girola del'or<strong>di</strong>ni posti per voi a conservatione de quella terra; et de quanto haviti


facto et exequito ve comen<strong>di</strong>amo. Ma bene ne rencresce che le robbe e beni <strong>di</strong> quelli<br />

tra<strong>di</strong>tori e rebelli, debitamente spectanti ala Camera nostra, debbano essere posti a<br />

saccomano, como scriviti, che, certo, non pò essere stato senza vostra negligentia, che<br />

primo ante omnia dovevati far recogliere et descrivere et deponere apresso qualche<br />

homini de quella terra per bello inventario Ii beni d’essi rabelli et tra<strong>di</strong>tori, aciò non<br />

andasseno in sinistro. Ma non siando facto fin a mò, volimo che’l se facia con tale<br />

<strong>di</strong>ligentia che de quello se troverà, niente se perda, avisandove che siamo pur informati<br />

essergli dele cose de bona valuta, e molte ne sonno trafugati e transportate in casa de<br />

<strong>di</strong>verse persone d’essa terra, le quale volimo siano sutilmente recerchate. Et così facite.<br />

Volimo insuper che ne avisati quanto se potria havere de quello molino haviti facto<br />

condurre lì, volendolo vendere. Postremo siamo certi che ala receputa de questa<br />

haverite inteso per nostre Iettere a vuy scripte quanto volimo se facia circha la iusticia<br />

deIi colpevoli del tractato; siché consignariti el processo al nostro podestà lì, non ge<br />

l’havendo consignato. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

9<br />

Francesco Sforza biasima il podestà <strong>di</strong> Pavia per non aver ancora provveduto a fare giustizia a<br />

Giacomino Gazo <strong>di</strong> Gerola, come conveniva per le trattative da lui avute per “dare via la <strong>di</strong>cta<br />

terra dele Gerole”. Comunque, se ha aspettato finora, attenda ancora un suo scritto.<br />

Potestati nostro Papie.<br />

1453 agosto 2, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.<br />

Non obstante che per altre nostre Iittere te habiamo scripto che facii iusticia de<br />

lacomino Garzo dele Gerole, sustenuto là in quello nostro castello, segondo che<br />

rechiede el demerito suo et lo tractato menava de dare via la <strong>di</strong>cta terra dele Gerole,<br />

non<strong>di</strong>meno siamo contenti et volemo che, non l'havendo fin a mò facto iusticiare, tu<br />

suprase<strong>di</strong> fin a tanto che te scriveremo altro, facendolo perhò tenere sotto tale guar<strong>di</strong>a<br />

che’l non possa fugire. Data in castris nostris felicibus apud Gaydum, <strong>di</strong>e ii augusti<br />

1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

10<br />

Francesco Sforza apprezza il provve<strong>di</strong>mento preso da Pietro da Lonate, commissario <strong>di</strong> Tortona,<br />

per la conservazione delle fortezze citta<strong>di</strong>ne in conformità all’avviso avutone da Andrea da<br />

Birago. Provveda, come gli ha detto Andrea, <strong>di</strong> catturare coloro che hanno quella pratica<br />

(1453 agosto 2, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

5v Petro de Lonate, comissario Terdone.<br />

Inteso del prove<strong>di</strong>mento ne scrive havere facto per la guar<strong>di</strong>a et conservatione dele<br />

forteze de quella nostra cità per l'aviso hai havuto da Andrea da Birago, <strong>di</strong>cemo che hai<br />

facto bene, et così vogli per l'avenire intenderti con luy dele cose occurerano. Et sforzati<br />

secretamente, como <strong>di</strong>cto Andrea te scrive, de havere in le mano quelIi menavano<br />

quella praticha et intendere da loro el tuto, et poi avisarne. Data ut supra.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.


11<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al fratello Corrado da Fogliano <strong>di</strong> mandargli, con i loro carriaggi, due<br />

squadre che stanno a Melzo avvertendole, quando saranno giunte a Pizzighettone,<strong>di</strong> portarsi<br />

oltre Adda e, da là, lo contattino, perchè <strong>di</strong>rà loro ciò che dovranno fare, ma, già al passaggio da<br />

Lo<strong>di</strong>, lo avvisino del giorno del loro arrivo a Pizzighettone.<br />

(1453 agosto 2, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Magnifico fratri nostro carissimo Conrado de Foliano.<br />

Perché havemo ad operare in certi nostri bisogni dele zente che se retrovano in<br />

Milanese, volimo che subito ne man<strong>di</strong> quelIi doi squadre che sonno a Melzo con tuti Ii<br />

carriazi loro, dandoli or<strong>di</strong>ne et comissione che quando sarano a Pizguitone se debiano<br />

demorare dellà da Adda et darne adviso a nuy, perché gli scriveremo quello che<br />

haveranno a fare; e quando passarano a Lode, vogline avisare del dì che potrano<br />

zonzere a Pizguitone. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

12<br />

Francesco Sforza riscrive a Gracino da Pescarolo, dei Maestri delle entrate, <strong>di</strong> consegnare a<br />

Cremona i sandoni, <strong>di</strong> cui si è fatto parola, e <strong>di</strong> consegnarli all’ingegnere Giovanni da Lo<strong>di</strong><br />

per metterli in opera.<br />

(1453 agosto 2, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Nobili viro Gracino de Piscarolo, ex Magistris intratarum nostrarum <strong>di</strong>lecto nostro.<br />

Benché altre volte habiamo or<strong>di</strong>nato et scrito che quelIi sandoni, deIi quali tu ne scrive,<br />

fossero mandati a Cremona, pur non gli sono mandati; siché tu hai facto bene ad<br />

recordarcelo. Volimo adoncha che tu gli facii conducere a Cremona, e farali consignare<br />

a maystro lohanne da Lo<strong>di</strong>, inzignero, perché gli voremo far mettere in opera. Data ut<br />

supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

13<br />

Francesco Sforza scrive a Bartolomeo Colleoni che, già molti dì fa, si è portato da lui un inviato<br />

<strong>di</strong> Giaomo Pio, chiamato Enoch, con una sua (del Colleoni) lettera con cui lo si sollecitava a dar<br />

corso al pagamento della prestanza dovuta a Giacomo per consentirgli <strong>di</strong> unirsi al Colleoni, che<br />

non era, allora, in grado <strong>di</strong> aiutarlo. Avendogli Giacomo scritto <strong>di</strong> mandargli 300 ducati d’oro, lui<br />

(duca) decise <strong>di</strong> sovvenirlo. Ma il proposito ducale se n’è andato fallito per le accresciute<br />

esigenze delle sue genti. Siccome ha, ora, saputo da Milano del buon pagamento fatto a lui,<br />

Colleoni, il duca gli invia Enoch, perchè sod<strong>di</strong>sfi Giacomo <strong>di</strong> quanto gli abbisogna.<br />

6r Bartholomeo Coleono.<br />

(1453 agosto 2, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Sono più et più dì che uno messo del spectabile lacomo da Pigli [alias, de Piis] ,<br />

chiamato Enoch, vene qua da nuy cum una vostra Iettera de dì viii del passato, per la<br />

quale ne confortavate a dare expe<strong>di</strong>cione al pagamento dela prestanza del <strong>di</strong>cto<br />

lacomo, acioché se potesse mettere in puncto et condurse con vuy, secundo le<br />

promesse a luy facte, attento che vuy anchora non havevate el modo de poterlo<br />

expe<strong>di</strong>re, et cetera; et ne scrive deinde el pre<strong>di</strong>cto lacomo che volessemo mandarli ccc<br />

ducati d'oro per alcuni soi bisogni. Et desiderando nuy et volendo far cosa fosse grata<br />

ala magnificentia vostra et al <strong>di</strong>cto lacomo, deliberassemo de subvenirlo deIi <strong>di</strong>cti ccc<br />

ducati, credendo de haverli presto qui. Et siandone venuto eI pensiero fallito, et<br />

cresciuto el bisogno de queste nostre gente, como potrite intendere dal <strong>di</strong>cto Enoch,


non havemo infine potuto darli questi ccc ducati. Et perché da Milano semo stati avisati<br />

che al spazamento vostro è stata facta bona provisione per modo che, a compimento,<br />

haveriti lo intento vostro et, non<strong>di</strong>meno, perché così con effecto, et presto, se faza,<br />

havimo opportunamente de novo scripto et repplicato ch'el non se attenda ad altro, non<br />

ma al facto vostro, ne è parso el meglio, per non tenere più in tempo questo Enoch,<br />

derizarlo ala magnificentia vostra, perché Ii proveda de quello ha da nuy, como porà et<br />

Ii parerà bisognare. Et così ve confortiamo ve piaza de voler fare, perché’l <strong>di</strong>cto lacomo<br />

è pur gentilhomo et homo da bene. Data ut supra.<br />

Iohannes.<br />

14<br />

Francesco Sforza informa il condottiero ducale Giacomo Pio che, non essendo nella possibilità<br />

<strong>di</strong> fargli avere 300 ducati, ha inviato, perchè venga sod<strong>di</strong>sfatto, il suo messo Enoch dal Colleoni<br />

che, “ha havuto el modo dela sua prestanza”.<br />

In data 3 agosto Zanetto ha fatto presente alla duchessa quanto qui bisogna far fronte.<br />

(1453 agosto 2, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Spectabili et strenuo amico nostro carissimo Iacomo de Piis, armorum ductori.<br />

Più et più dì sonno vene qua da nuy cum vostra Iettera Enoch, vostro messo, per<br />

casone del vostro expe<strong>di</strong>mento, el quale havemo retenuto qui alcuni dì credendone<br />

poterlo expe<strong>di</strong>re deIi CCC ducati. Ma in fine el non è stato possibile per Ii gran bisogni<br />

ne sonno occorsi per lo mancamento de questo nostro felice exercito, como da luy più<br />

a pieno potrite intendere, havemolo remesso al magnifico Bartholomeo Coglione, el<br />

quale da nuy ha havuto el modo dela sua prestanza, et non dubitamo 6v ve farà el<br />

debito vostro. Recrescene non havemo possuto far verso vuy quello era la nostra<br />

intentione, ma la impossibilità ne I'ha facto fare, et non altro. Data ut supra.<br />

Iohannes.<br />

Die iii augusti.<br />

Per Zanetum scriptum fuit illustrissime domine ducisse de occurrentibus istis in<br />

partibus. Cabalarius est Viglevanus.<br />

Cichus.<br />

15<br />

Francesco Sforza informa il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che un famiglio del suo cameriere, Giovanni<br />

Visconti, se n’è fuggito da lui asportandogli roba anche <strong>di</strong> valore.<br />

Detto famiglio abita a Lo<strong>di</strong> in contrada San Lorenzo, ov’egli ha sua moglie. Procuri <strong>di</strong> arrestarlo,<br />

non rilasciandolo fino alla completa restituzione <strong>di</strong> quanto ha sottratto a Giovanni che, a sua<br />

volta, lo ragguaglierà del furto subito.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1453 agosto 3, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.<br />

Se è fugito tristamente uno fameglio a messer lohanne Vesconte, nostro camerero, et<br />

hali exportato la robba soa de asai bono pretio. Ha nome <strong>di</strong>cto fameglio Laurentio,<br />

habita lì a Lo<strong>di</strong> in la contrata de Sancto Laurentio, et hagli mogliere, quale se domanda<br />

deIi galeti. Volimo adunche che subito debiate circhare haverlo nele mane et farlo<br />

sustenire da non essere relaxato fina tanto ch'el non habia restituito quella robba, qual<br />

ha exportata, et dela quale serite informato per Iettere del <strong>di</strong>cto messer Iohanne. Et in<br />

questo usate tal <strong>di</strong>ligentia che messer Iohanne sia satisfacto senza <strong>di</strong>llatione de tempo.<br />

Data in castris nostris felicibus apud Gaydum, <strong>di</strong>e iii augusti 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


<strong>16</strong><br />

Francesco Sforza precisa a Corrado da Fogliano che le due squadre <strong>di</strong> genti d’arme, che gli<br />

or<strong>di</strong>nò <strong>di</strong> mandargli da Melzo, le vuole senza carriaggi, ma con quante più genti “da pe<strong>di</strong> et da<br />

cavallo” sia possibile e che facciano sosta a Pizzighettone.<br />

Magnifico Conrado de Foliano.<br />

(1453 agosto 3, “in castris nostris felicibus apud ydum”).<br />

Non obstante quello te scripsemo heri che ne devessi mandare quelle doe squadre de<br />

zente d’arme che sonno a Melzo con tuti li loro cariazi, adesso te coman<strong>di</strong>amo che<br />

omnino ne debii mandare <strong>di</strong>cte doe squadre cum quante più zente et da pede te sarrà<br />

possibile, lassando tuti li carriazi a Melzo, con or<strong>di</strong>ne et commissione che se demoreno<br />

a Pizguitone et faciano quello che te scripsemo heri, facendoli menare seco tute le<br />

persone da pe<strong>di</strong> et da cavallo, ita che non gli ne remangha alcuna. Data ut supra.<br />

Duplicata <strong>di</strong>e suprascripta.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

17<br />

Francesco Sforza informa Luchina dal Verme che Leone degli Arceli si è lamentato perdei fanti<br />

inviati a chiedergli la decima del vino degli scorsi quattro anni e a pretendere la decima delle<br />

biade <strong>di</strong> quest’anno, nonostante che la vertenza, non ancora risolta, su tale decima sia stata da<br />

lei affidata a Filippo Confalonieri e presentata all’au<strong>di</strong>tore ducale Angelo da Rieti.<br />

Il duca ritiene ragionevole che, senza dare ulteriori noie a Leone <strong>di</strong> fanti e spese,<br />

Luchina si rivolga per sod<strong>di</strong>sfazione delle sue pretese<br />

ad Angelo da Rieti o a un altro giu<strong>di</strong>ce competente.<br />

(1453 agosto 3, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

7r Magnifice affini nostre carissime domine Luchine de Verme, comittisse, et cetera.<br />

Se è agravato con nuy Leone degli ArceIi che gli habiate mandato fanti a casa, al luogo<br />

dela Salla ad agravarlo e darli spexa per domandarli la decima del vino de quatro anni<br />

passati, oltra che gli habiate facto tolere la decima dela biava de questo anno presente,<br />

allegando che altre volte, siando <strong>di</strong>fferentia fra vuy et luy per cagione de tale decima fo<br />

cometuta la causa per messer Filippo Confanonero in nome dela vostra magnificentia,<br />

et luy a messer Angelo da Reate, nostro au<strong>di</strong>tore, la quale non ha fin a mò potuto<br />

<strong>di</strong>ffinire per non essere sollicitata. Per la qual cosa a nuy pare cosa ragionevole e<br />

conveniente che gli debiate far relevare la spexa e molestie de <strong>di</strong>cti fanti, et anche farli<br />

ogni novitate revocare quale gli fusse superinde facta; et pretendose la vostra<br />

magnificentia havere ragione in Ii beni de <strong>di</strong>cto Leone farla domandare denanti a <strong>di</strong>cto<br />

messer Angelo, a cui se <strong>di</strong>ce essere commettuta de consensu partium aut dena(n)te ad<br />

altro iu<strong>di</strong>ce competente. E più honesto parirà a ogni homo che farve ragione da voi<br />

estessa. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

18<br />

Francesco Sforza comunica al lo<strong>di</strong>giano Antonio Vistarino che gli fa avere la licenza da lui e da<br />

Giorgio richiestagli.<br />

Antonio Vistarino, civi Laudensi.<br />

(1453 agosto 3, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Inteso quanto ne haveti scripto per vostre Iettere con la inclusa in esse de domino<br />

Georgio, et cetera, ve man<strong>di</strong>amo el salvoconducto, vel potius Iicentia per voi rechesta a<br />

noi; siché a vostro piacere potriti col nome de Dio aut andare aut mandare. Data ut<br />

supra.


Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

19<br />

Francesco Sforza scrive a Bianca Maria che Diotesalvi desidera avere per moglie <strong>di</strong> suo figlio la<br />

giovane che Manno Donati, podestà <strong>di</strong> Pavia, aveva scelto per un suo figlio, ora defunto. La<br />

giovane ora abita con la madre in casa <strong>di</strong> Manno, cui il duca ha scritto per favorire il desiderio <strong>di</strong><br />

Diotesalvi. Siccome, però, si è inteso che madre e figlia intendono andarsene via, anzichè<br />

bloccarle, come vorrebbe Diotesalvi, lui, duca, vuole che Bianca Maria si intenda con Antonio<br />

degli Eustachi perchè or<strong>di</strong>ni che nessuna barca conduca via le due donne.<br />

Sollecita poi la consorte a voler dare pieno cre<strong>di</strong>to, perchè è del tutto informato <strong>di</strong> questa<br />

faccenda, a quanto le <strong>di</strong>rà Angelo Acciaioli, <strong>di</strong> passaggio per andare da re Renato e a non<br />

parlarne a sproposito con altri.<br />

Illustri domine Blanche Marie.<br />

(1453 agosto 3, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Perché lo spectabile nostro compare Diotesalve desidera molto de havere per el figliolo<br />

una puta, quale el spectabile Manno Donati, podestà de quella nostra cità de Pavia,<br />

havea data ad uno suo figliolo, quale è passato de questa vita, et la qual puta una con<br />

la matre è in casa del <strong>di</strong>cto Manno. Per a<strong>di</strong>utare el desiderio del <strong>di</strong>cto nostro 7v<br />

compare Diotesalvi, nuy havemo scripto al <strong>di</strong>cto Manno che se vogIia adoperare circha<br />

zò, in modo che’l <strong>di</strong>cto nostro compare habia suo intento. Et perché <strong>di</strong>cto nostro<br />

compare haveria voluto che la matre dela <strong>di</strong>cta puta et la puta fossero retenute<br />

volendose partire, non ne è parso de farlo, per non volere desconzare la cosa. Ma<br />

perché non voria che loro se partissero prima che la cosa fosse acconza, pertanto<br />

or<strong>di</strong>ni la signoria vostra cum messer Antonio de Eustachio che vogIia or<strong>di</strong>nare che<br />

nissuna barcha Ia conducha senza sua saputa, et che proveda in modo che<br />

honestissimamente sia retenuta et non sia lassata andare per fina che la cosa non è<br />

facta et saldata. Et circha ad questa tale materia lo spectabile cavalero domino Angelo<br />

Azayolo, nostro compare, quale passerà dellì per andare dala maestà del re Renato, ne<br />

conferrirà più ad pieno a bocha, al quale gli voglia credere et fare quanto luy <strong>di</strong>rà con la<br />

signoria vostra, dandogli ogni a<strong>di</strong>uto et favore in <strong>di</strong>cta cosa, como faria per Galeaz<br />

Maria, con quella più honesta et accunza via gli parerà, in modo che <strong>di</strong>cto Diotesalve<br />

intenda che nissuno nostro favore dal canto nostro non gli sia mancato. Ma non voglia<br />

Ia signoria vostra farne paroIa né pur demonstratione alcuna quando non bisognasse, e<br />

che la puta et la madre volessero pur andare via, como <strong>di</strong>cto messer Angelo più a<br />

pieno <strong>di</strong>rà ala signoria vostra. Ex castris, ut supra<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

20<br />

Francesco Sforza scrive ad Antonio da Fabriano <strong>di</strong> aver preso atto della resistenza deglii uomini<br />

del vescovo a pagare le 500 lire che ancora devono. Gli or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> piegarli in ogni modo al pronto<br />

pagamento dovuto, rilasciando loro, come suppone che vogliono, “la confessione del numerato<br />

che fanno”, assicurandoli <strong>di</strong> quella immunità dalle tasse “servata ali altri nostri homini”.<br />

Antonio da Fabriano.<br />

(1453 agosto 3, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Havemo inteso per la toa Iittera de dì xxviii del passato la renitentia fanno quelli homini<br />

de monsignore el vesco ad pagare quelle altre cinquecento livre, dele quale tu scrive<br />

restano debitori, secundo la conventione facta con loro. Supponendo che vogliono<br />

confessione de tuti li loro debiti, et che da mò inanti non gli sarà dato più 8r molestia<br />

per casone de taxe, et cetera, del che non pocho se maravigliamo, per la qual cosa,<br />

atteso il bixogno nostro, te <strong>di</strong>cimo, et per questa nostra te commettemo che servi ogni<br />

expe<strong>di</strong>ente modo et via perché <strong>di</strong>cti homini pagano li <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari che restino dare et con<br />

ogni celeritate, ali quali siamo ben contenti se facia la confessione del numerato che


fanno; et cossì se commettiamo, secundo Ii bixogni nostri, fare servare quella<br />

inmunitate et gratia a loro nel facto delle <strong>di</strong>cte taxe, che sia servata aIi altri nostri<br />

homini. Siché circha la executione de <strong>di</strong>nari pre<strong>di</strong>cti non gli perderai tempo alcuno. Data<br />

ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

21<br />

Francesco Sforza avverte magistro Giuseppe de Cortona, castellano <strong>di</strong> San Colombano, che<br />

Nicola Bruffa si è portato da lui per chiedere remissione della pena dei sei bifolchi fuggiti dal<br />

campo. Il duca ha mantenuta la condanna loro inflitta, cioè che ognuno <strong>di</strong> loro deve provvedere<br />

per due mesi al pagamento <strong>di</strong> due altri bifolchi in sua vece, e se qualcuno <strong>di</strong> loro è<br />

impossibilitato a fare ciò, vi provvederanno gli altri, perchè ognuno <strong>di</strong> loro è solidalmente<br />

obbligato per gli altri, “essendo fugiti tuti insieme”.<br />

1453 agosto 4, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.<br />

Prudenti viro magistro Ioseph de Cortonio, castellano nostro Sancti Columbani.<br />

Da puoi te scripsemo che devessi astrenzere quelIi sei bovulci de San Columbano fugiti<br />

de campo a mandare in campo duy bovulci per caduno de loro pagati per duy mesi, l’è<br />

venuto da nuy Nicolò Bruffa et pregatone che, considerata la povertà loro, non gli<br />

vogliamo dare questa graveza. Nuy gli havemo resposto che non lo volemo fare, immo<br />

che desponemo che sia exempio ad altri de non fugire. Pertanto te ne havemo vogliuto<br />

avisare et volemo che debii astrenzere Ii <strong>di</strong>cti sei omnino a mandare duy bovulci per<br />

caduno de loro, pagati per duy mesi a sue spese. Et se forse alcuno de loro fosse<br />

impotente ala <strong>di</strong>cta spesa, volimo che prove<strong>di</strong> che Ii altri paghino, et che caduno de loro<br />

in solidum sia obligato per l'altri, perchè essendo fugiti tuti insieme ne pare debito et<br />

raxonevele che faciano como è <strong>di</strong>cto.Data in castris nostris felicibus (a) apud Gaydum,<br />

<strong>di</strong>e iiii augusti 1453.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

(a)Segue nostris depennato.<br />

22<br />

Francesco Sforza scrive al commissario <strong>di</strong> Tortona <strong>di</strong> non avere in nessun modo promesso nè<br />

all’inviato del vescovo nè al vescovo stesso <strong>di</strong> esentare gli uomini del vescovo dall’onere del<br />

carriaggio e delle tasse dei cavalli. La loro renitenza al saldo delle rimanenti 500 lire, oltre a<br />

quelle già date a Graziolo da Vicenza, è immotivata e, perciò, faccia <strong>di</strong> tutto per far avere<br />

a Graziolo la rimanenza dovutagli.<br />

8v Comissario Terdone.<br />

1453 agosto 4, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.<br />

Havemo recevuto una toa de dì xxx del passato nella quale se conteneno più parte, et<br />

respondendo solamente ad quella dove <strong>di</strong>ce che li homini del vescovato hanno pagato<br />

cinquecento livre, quale hai numerati ad Gratiolo da Vincentia et dele altre libre 500 che<br />

restano ad dare, quale non voleno paghare se non sonno chiariti et liberati per nuy et<br />

dal carrezo et delle taxe da cavalli, et cetera, restamo advisati et <strong>di</strong>cemo che de questo<br />

ne maravigliamo perchè nuy sapemo che may non promettessemo al messo de domino<br />

lo veschovo, neanche ad esso domino lo vescovo, nè per lettere nè a bocha che nuy<br />

fossemo contenti de lassar <strong>di</strong>cto carrezo et taxe ali <strong>di</strong>cti homini per casone de <strong>di</strong>cta<br />

compositione; anze queste sonno le prime parolle havimo sentito de questo fatto.<br />

Pertanto volemo et te coman<strong>di</strong>amo che te sforzi per qualunche megliore via et modo te<br />

parerà de rescotere lo <strong>di</strong>cto resto per dare ad esso Gratiolo, <strong>di</strong>cendo per questo ad<br />

esso monsignore como te parerà, per modo che senza fallo alcuno se rescotino <strong>di</strong>cti<br />

<strong>di</strong>nari con ogni celerità. Data in castris nostris felicibus apud Gaydum, <strong>di</strong>e iiii augusti<br />

1453.<br />

Nicolaus


Iohannes.<br />

23<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Giuseppe da Cortona, castellano <strong>di</strong> San Colombano, <strong>di</strong> rendere<br />

giustizia a Bianchino da Norcia e a Bernardo da Pantiano in lite fra loro.<br />

Nello stesso giorno Zanetto ha scritto alla duchessa su quanto avvenuto in questi gioirni.<br />

(1453 agosto 4, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Magistro Ioseph de Cortonio, castellano nostro Sancti Columbani.<br />

Pare che vertissa una <strong>di</strong>fferentia tra Bianchino da Norsa et Bernardo da Pantiano.<br />

Pertanto te commettiamo che vogli intendere una parte et l'altra et fa rasone ad che l’à<br />

summariamente, senza littigio, constringendo qualunque debitore ad instantia dela<br />

parte, sichè possa conseguire el debito suo. Data ut supra.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

Die suprascripto.<br />

Scriptum fuit illustrissime domine ducisse Me<strong>di</strong>olani de occurrentibus istis in partibus<br />

per Zanetum.<br />

Signata Cichus.<br />

Cabalarius est Parpaglensis.<br />

24<br />

Francesco Sforza si <strong>di</strong>ce sorpreso che Graziolo da Vicenza, conestabile ducale,non intenda<br />

saldare il debito che ha con il conestabile Giovanni Galante, che ha più volte per ciò mandato<br />

un suo messo, costringendolo, invano, a più spese all’osteria. Il duca gli impone <strong>di</strong> attenersi alle<br />

sue promesse come uno “Barricho de liale mercadante”, perchè altrimenti interverrà lui.<br />

(1453 agosto 4, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

9r Gratiolo de Vincentia, conestabili nostro <strong>di</strong>lecto.<br />

Se grava alquanto de te Iohanne Galante, nostro conestabile, che per conseguire uno<br />

certo suo cre<strong>di</strong>to qual ha con te: più volte ha mandato uno suo messo da te e may non<br />

ha potuto havere el dovere, anci ha facto de molte spexe in sul'hostaria senza veruno<br />

fructo. La qual cosa, se cosi è, non ne pare ragionevole nè honesta e de pocho honore<br />

a ti, che dovereste attendere le promesse como uno Barricho de liale mercadante. Per<br />

la qual cosa te caricamo quanto più possemo ad farli suo debito senza più <strong>di</strong>llatione de<br />

tempo, avisandote che altramente, domandandone luy ragione, non poteressemo fare<br />

con nostro honore che non gli provedessemo. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

25<br />

Francesco Sforza scrive al commissario e al podestà <strong>di</strong> Tortona <strong>di</strong> essere assai <strong>di</strong>spiaciuto per<br />

lo scontro avvenuto tra gli uomini <strong>di</strong> Casalnoceto e Carlo da Novara con alcuni uomini d’arme e<br />

balestrieri provenienti dal Monferrato e <strong>di</strong>retti da lui in campo. Detti uomini d’arme asseriscono<br />

che, immotivatamente, sono stati “feriti et toltoli li lor cavalli et carriagii et robbe”. Il duca vuole<br />

che si accertino <strong>di</strong> tali furti e ne impongano la restituzione. Se detti uomini d’arme “se graverano<br />

de questo”, li man<strong>di</strong>no dall’au<strong>di</strong>tore ducale Angelo da Rieti per ragguagliarlo delle loro lagnanze<br />

perchè “gli sarà ministrato ragione”.<br />

(1453 agosto 4, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Comissario et potestati nostris Terdone.<br />

Siamo certi ala receputa dele presente serite avisati d'una <strong>di</strong>fferentia et questione<br />

seguita e facta fra l’homini de Casale Noxeto et Carlo da Novara et alcuni homini<br />

d’arme et balestreri, quali venevano de Monferato qua in campo ad atrovarci, dela


quale ne rendemo molto mal contenti e rencrescene ultramodo et, segondo <strong>di</strong>cono essi<br />

homini d’arme volere aprovare per alcuni zentilhomini et più altri che se trovavano lì,<br />

non gli hanno colpa nè defecto, et niente de mancho sonno stati feriti et toltoli li lor<br />

cavalli et carriagii e robbe per quelli da Casale. Per la qual cosa volemo e ve<br />

commettemo che subito, et primo et ante omnia, debbiati far fare subtile inquisitione<br />

deli cavalli e cose tolte a <strong>di</strong>cti homini d’arme et farli restituire senza mancamento<br />

alcuno, et, se deinde li homini d’arme se graverano de questo, admoniteli che mandano<br />

qua da messer Angelo da Reate, nostro au<strong>di</strong>tore, ad docendum del suo gravamento et<br />

gli sarà ministrato ragione. Et pigliarati ogni meliore informatione poterite de questo;<br />

dela quale subsequenter ne avisarite per vostre lettere. Data ut supra.<br />

26<br />

Francesco Sforza comunica alla duchessa che i gentiluomini da Fontana, citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Piacenza,<br />

l’hanno informato <strong>di</strong> una causa che si trascina da tempo fra loro e i gentiluomini della Somaglia,<br />

causa dalla duchessa affidata a Sceva de Curte su istanza degli stessi della Somaglia. Di detta<br />

costosa causa “non resta altro nisi dare la sententia,” ma, siccome i della Somaglia temono <strong>di</strong><br />

uscirne perdenti, hanno supplicato il duca per un rinvio della causa fino alla sua venuta a Milano,<br />

rinvio, che egli ha loro concesso in considerazione del fatto che Sanguinetto è al campo. Per un<br />

medesimo rinvio si sono rivolti alla duchessa, ottenendone “lettere <strong>di</strong> comissione ali Maestri...<br />

delle intrate straor<strong>di</strong>narie”. Tanto comportamento <strong>di</strong>sonesto dei della Somaglia induce il duca a<br />

informare la duchessa della sua deteminzione <strong>di</strong> far portare a termine la causa da Sceva, che sa<br />

essere uomo che in questa faccenda non vuole che giustizia..<br />

1453 agosto 5, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.<br />

9v Illustrissime domine ducisse Me<strong>di</strong>olani.<br />

Nomine deli zentilhomini da Fontana, nostri cita<strong>di</strong>ni de Piasenza, n'è stato significato<br />

con gravissima querella che, essendo vertita già longo tempo <strong>di</strong>fferentia fra essi e li<br />

zentilhomini dala Somalia, la quale causa la vostra signoria alias la commisse al<br />

spectabile messer Sceva da Corte ad instantia d’essi zentilhomini dala Somalia e con<br />

gran<strong>di</strong>ssimo affanno e spese, processo in causa in modo che non resta altro nisi dare<br />

la sententia, li <strong>di</strong>cti zentilhomini dala Somalia, dubitandosi succumbere in causa, per<br />

dedure la cosa in longho e fugire el iu<strong>di</strong>cio, hanno ad uno trato havuto da uno tanto<br />

recorso da nuy et supplicato suspendessemo la causa fine ala venuta nostra a Milano,<br />

et ge la havemo concessa ad nostro beneplacito, considerato che Sanguinolo sta<br />

occupato qui in campo. Dal'altro canto hanno supplicato ala signoria vostra e da quella<br />

obtenute lettere de comissione ali Maestri nostri dell’intrate extraor<strong>di</strong>narie. Dela qual<br />

cosa, non parendo honesta, nè che sia stata vostra intentione, ne havemo voluto<br />

avvisare la signoria vostra et carrichare che in questo facto, voglia havere debita<br />

consideratione ed advertentia et provedere che, essendo proceduto in causa fin al<br />

proferrire dela sententia, como se <strong>di</strong>ce, la cosa vengha ad essere terminata per il<br />

prefato messer Sceva, el quale l’à examinata, ut asseritur, et bene intesa; et quello<br />

homo che è che non si de’ stimare che facesse altro in questo che quello che vole<br />

iustitia. E questo ne pare se habia a scrivere per la signoria vostra al <strong>di</strong>cto messer<br />

Sceva e sarà utile ale parte non havere a principiare altro litigio novo. Data in castris<br />

nostris felicibus apud Gaydum, <strong>di</strong>e v augusti 1453.<br />

Thomaxius de Angeli.<br />

Cichus.<br />

27<br />

Francesco Sforza, riallacciandosi alla lettera in cui ha parlato solo delle 500 lire che ancora<br />

devono gli uomini del vescovo <strong>di</strong> Tortona, risponde alle altre situazioni prospettategli dal<br />

commissario <strong>di</strong> Tortona con la sua lettera del 30 luglio scorso. Lo loda per aver spronato Paolo<br />

Pizamata a muoversi per riscuotere i denari dei soldati; altrettanto vuole che, per tale scopo,<br />

faccia con qualunque altro. Si congratula ancora con il commissario per aver mandato tre dei<br />

suoi uomini all’abbazia <strong>di</strong> San Alberto, argomento su cui più <strong>di</strong>ffusamente gli farà parola in<br />

un’altra lettera. Gli garba pure quanto gli ha detto <strong>di</strong> quei <strong>di</strong> Castelnuovo, cui, alla loro andata da<br />

lui, risponderà secondo il suo parere. Si <strong>di</strong>ce <strong>di</strong>spiaciuto che Mangiavillano, castellano <strong>di</strong> quella<br />

fortezza, non abbia voluto accogliere, per i sospetti che corrono, i sei uomini che gli ha mandato,<br />

anche se non del tutto a torto il castellano si è comportato così per “certo desdegno et


<strong>di</strong>fferentia haveva” <strong>di</strong> detti suoi uomini Gli scriverà <strong>di</strong> voler accettare tutti gli uomini che gli<br />

invierà, ma lui procuri <strong>di</strong> mandargli “homini fidati”.<br />

Comissario Terdone.<br />

(1453 agosto 5, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Heri, respondendo ad una parte della toa lettera de xxx del passato circha le libre 500<br />

restano ad dare quelli homini del vescovato, te avisassimo della intentione nostra; et ad<br />

questa parte non <strong>di</strong>cemo altro se non che servi modo de mandare ad executione<br />

quanto sopra ciò te habiamo scripto.<br />

10r Ala parte che hai or<strong>di</strong>nato che Paulo Pizamata debia cavalcare per casone de<br />

rescotere li denari deli soldati, et cetera, non <strong>di</strong>cemo altro se non che te commen<strong>di</strong>amo<br />

dela <strong>di</strong>ligentia toa et te carricamo più che possemo che solliciti <strong>di</strong>cto Paulo et qualunche<br />

altro che te parerà per modo che <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari se rescotino senza perdere uno attimo de<br />

tempo, aciò se possa satisfare ad chi li debbi havere.<br />

Ala parte de quelli tri deli toi che hai mandato ad la abba<strong>di</strong>a de Sancto Alberto, et<br />

cetera, ne piace quanto hai facto et te ne comen<strong>di</strong>amo et non <strong>di</strong>cemo altro, perchè per<br />

un'altra nostra restarai ad compimento avvisato della <strong>di</strong>cta mente nostra circha lo facto<br />

della <strong>di</strong>cta abba<strong>di</strong>a de Sancto Alberto.<br />

Ala parte de quelli da Castelnovo et del recordo che ne dai, asai ne piace el tuo avviso<br />

et, venendo essi da Castelnovo, gli responderemo secondo el parere tuo.<br />

Ala parte de Mangiavillano, castellano de quella nostra forteza, quale non ha voluto<br />

receptare quelli toi sei homini per li suspecti che al presente correno, <strong>di</strong>cemo che asai<br />

n'è despiazuto et ha facto male ad non acceptarli, perchè nostra intentione era, et è.<br />

che debia acceptare, ogni volta che bisognasse, tute quelle persone che vorai mettere<br />

in quella forteza. Et cosi gli scrivemo che debia fare, benchè avisamo che siamo<br />

informati che la casone che ha mosso <strong>di</strong>cto castellano ad non acceptare i <strong>di</strong>cti toi<br />

homini è stato per certo desdegno et <strong>di</strong>fferentia haveva esso castellano che <strong>di</strong>cti toi<br />

homini; et siando così, non haveva forse in tuto torto. Sichè vogli havere advertentia in<br />

simile cose et non volere mandare in la <strong>di</strong>cta forteza se non homini fidati et grati al<br />

castellano, occorrendo el bisogno. Data ut supra.<br />

Nicolaus.<br />

Iohannes.<br />

28<br />

Francesco Sforza accusa ricevuta della lettera <strong>di</strong> Gentile della Molara in cui gli parla della sua<br />

andata a Castelnuovo e del suo incontro con il duca <strong>di</strong> Modena. Gra<strong>di</strong>sce che si porti, con il<br />

cancelliere, dal Colleoni, che solleciterà a risarcire, nel limite dell’onesto, i danni fatti a quei <strong>di</strong><br />

Castenuovo. Ha intesa la risposta avuta da Otto da Mandello, cui lui, duca, ha scritto il dovuto<br />

per il suo menefreghismo per i denari delle tasse.<br />

Gentili dela Molara.<br />

(1453 agosto 5, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Havemo recevuto la toa lettera de dì xxviii del passato, per la quale restamo avvisati<br />

della andata toa a Castelnovo, et con il parlamento hai facto con il illustre duca de<br />

Modena et delli damni <strong>di</strong>cono quelli homini da Castelnovo esserli facto.Respondendo,<br />

<strong>di</strong>cemo che siamo certi li <strong>di</strong>cti homini <strong>di</strong>cano dele cose asai, ma se loro manderano da<br />

noi savimo bene quello che respondergli. Ne piace l'andata toa insieme col <strong>di</strong>cto<br />

cancellero dal magnifico Bartholomeo Coglione con il quale faria ogni instantia perchè<br />

siano pagati <strong>di</strong>cti damni, quando li <strong>di</strong>cti homini richiedano cosa 10v honesta; et de<br />

quanto seguirai vogli avvisarne per toe lettere. Nuy havemo inteso la resposta te ha<br />

facto messer Otto da Mandello, al quale nuy havemo scripto quello che ne è parso,<br />

perchè luy in ogni cosa sempre se è facto beffe delli facti nostri, cioè nel facto delli<br />

<strong>di</strong>nari dele taxe. Data ut supra.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.


29<br />

Francesco Sforza rimprovera Mangiavillano, castellano <strong>di</strong> Tortona, per aver ricusati gli uomini<br />

mandatigli da Pietro da Lonate, commissario <strong>di</strong> quella città. L’invio <strong>di</strong> nuovi uomini non è<br />

originato da sfiducia in lui, ma dai bisogni che gli ufficiali ducali meglio percepiscono<br />

“che non ...intendemo nuy”.<br />

La duchessa è stata informata da Zanetto <strong>di</strong> quanto occorso in quelle parti.<br />

Mangiavillano, castellano Terdone.<br />

(1453 agosto 5, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Havemo recevuto la toa lettera et inteso quello ne scrive delli fanti te ha voluto mettere<br />

nella rocha Petro da Lonate, nostro commissario de quella cità, et la ragione perchè<br />

non l'hai acceptati, cioè per la <strong>di</strong>fferentia nata fra li toi compagni et quelli homini de<br />

Petro da Lonate, et cetera. Te <strong>di</strong>cemo che non hai facto bene ad non receptarli,<br />

havendote nuy scripto che dovesti aceptarli ad ogni soa rechiesta, como hai veduto;<br />

pur, havendolo tu facto ad bono fine, non <strong>di</strong>ciamo altro, ma da mò inanzi, quando luy gli<br />

volesse mettargli più uno cha un altro fin a cinque o sei persone, siamo contenti et<br />

volemo li recepti. Questo non facimo già perchè de ti non habiamo quella fede havemo<br />

già longo tempo exprimentata in ti, ma per li casi et bisogni possono occorrere quali<br />

inten<strong>di</strong>no meglio li officiali nostri che non poi (a) intendemo nuy.Data ut supra<br />

Zanetus<br />

Iohannes.<br />

(a) poi in interlinea.<br />

Die suprascripto.<br />

Scriptum fuit illustrissime domine ducisse per Zanetum de occurrentibus istis in<br />

partibus.<br />

Cabalarius fuit Marcus Iohannes, Thodescus.<br />

30<br />

Francesco Sforza scrive al Colleoni <strong>di</strong> aver appreso dalla sua lettera della sua intenzione <strong>di</strong><br />

intrappolare Guglielmo <strong>di</strong> Monferrato nel bosco nel quale egli si era avventurato. Quanto non è<br />

stato allora fatto, procuri che avvenga con tutte le genti che ha a <strong>di</strong>sposizione per danneggiare i<br />

nemici “al più che se possa”. Circa il ritardo per il suo pagamento, saprà <strong>di</strong>rettamente da Orfeo,<br />

famiglio ducale, <strong>di</strong> aver provveduto alla sua sod<strong>di</strong>sfazione “per la via de Angelo Simoneta” e,<br />

comunque, sappia che tale ritardo non è imputabile “che ala impossibilitate”.<br />

1453 agosto 6, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.<br />

11r Magnifico et strenuo Bartholomeo Coleono, nostro armorum capitaneo <strong>di</strong>lectissimo.<br />

Havimo recevuto la vostra lettera del’ultimo del passato per la quale remanemo avisati<br />

del cavalchare che fece signore Guglielmo dentro dal bosco, e del pensiero vostro facto<br />

per andare ad fare demonstratione de serrarlo dentro; el che perhò <strong>di</strong>ceti non podeva<br />

reusire, et cetera. Al che non accade <strong>di</strong>re altro se non che quello che mò non è poduto<br />

per facto, un'altra volta accaderà ad essere facto, sichè atten<strong>di</strong>te pur con la vostra<br />

usata <strong>di</strong>ligentia ad unirve con tute quelle gente sonno dellà, et ad cavalchare ali damni<br />

del'inimici nostri et ad fare quanto ve sarà possibile ad fare perchè remanghano<br />

damnegiati al più che se possa, benchè se ren<strong>di</strong>amo certissimi che circha ciò non gli<br />

per<strong>di</strong>ati tempo alcuno. Ala parte del vostro spazamento, del quale scriveti non esservi<br />

anchora stato provvisto, et cetera, ve <strong>di</strong>cemo che se rendemo certi quando ne scrivesti<br />

quella lettera che Orpheo, nostro fameglio, anche non fosse venuto da vuy; ma mò ve<br />

avisamo como nuy havemo opportunamente provvisto del <strong>di</strong>cto vostro spazamento per<br />

la via de Angelo Simoneta, al quale ne havemo scripto et per altra via; sichè presto<br />

sarete spazato, como intendereti dal <strong>di</strong>cto Orpheo, quale mò credemo debbia essere<br />

agiuncto là. Et se alquanto <strong>di</strong>cto vostro spazamento fosse prorogato più che non seria<br />

stato el volere nostro et vostro, non l'haveti ad imputare ad nyuna altra cosa che ala<br />

impossibilitate, perchè, se havessemo possuto più tosto, per certo l'haveressemo facto;<br />

ma mò ve havemo proviso in modo che se rendemo certi ve havereti ad contentare.


Data in castris nostris felicibus apud Gaydum, <strong>di</strong>e vii augusti 1453.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

31<br />

Francesco Sforza chiede a donna Luchina dal Verme <strong>di</strong> far avere a Taddeo 400 ducati, perchè<br />

è “in summa necessità et bisogno” per potersi mantenere in campo con i suoi uomini.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

(1453 agosto 7, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Per più nostre littere habiamo scripto ala magnificentia vostra confortandola et<br />

caricandola che volesse fare qualche prove<strong>di</strong>mento al facto de meser Thadeo, et così<br />

fu contenta de farlo et or<strong>di</strong>nogli quatrocento ducati de provvisione l'anno. Et perchè<br />

<strong>di</strong>cto messer Tadeo è in summa necessità et bisogno al presente per potere provedere<br />

et mantenere li soi, pertanto confortiamo la magnificentia vostra che li voglia far<br />

respondere de quatrocento ducati de questo presente anno, aciochè se possa valere et<br />

a<strong>di</strong>utare in questo suo bisogno et mantenerse in campo con li soi et che ne possa<br />

servire; et de questo ne farà singulare apiacere. Data ut supra.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

32<br />

Francesco Sforza avverte Morello da Parma che i nemici intendono passare l’Adda fra<br />

Pizzighettone e Lo<strong>di</strong> per una cavalcata nel Lo<strong>di</strong>giano.Per intralciare le intenzioni nemiche vuole<br />

che si accor<strong>di</strong> con suo fratello Corrado mettendo <strong>di</strong>e noctuque guar<strong>di</strong>e per acqua, terra e per<br />

tutta la sponda dell’Adda in modo da inter<strong>di</strong>re ogni ostile passaggio.<br />

In simile forma, con le debite variazioni, il duca ha scritto a Giovanni Caymo, commissario <strong>di</strong><br />

Pizzighettone, al conestabile dei fanti Gapare da Suessa e al fratello del duca, Corrado.<br />

11v Domino Morello de Parma.<br />

(1453 agosto 7, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Perchè havemo adviso certo che l'inimici denno fare una cavalcata in Lodesana et<br />

denno passare Adda in le barche, ma non sapemo dove passerano, ma fra Pizguitone<br />

et Lo<strong>di</strong> è certo che passeranno dovendo passare, pertanto, aciochè a l'inimici non<br />

rescha el pensiero, vogliati intenderve con Conrado, nostro fratello, et fate tal<br />

prove<strong>di</strong>mento de sentite guar<strong>di</strong>e e scolte, et per acqua et per terra et per tuta la rivera<br />

d’Adda, da Pizguitone perfino ad Lo<strong>di</strong>, per tuto, per modo che in loco nessuno, nè de<br />

dì, nè de nocte, possano passare che non siano sentiti et che non possano fare damno<br />

né correria in quelle parte. Data ut supra.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum fuit Iohani Caymo, commissario Pizleonis, Gasparri de Suessa,<br />

pe<strong>di</strong>tum conestabili et magnifico Conrado de Foliano, fratri nostro carissimo, mutatis<br />

mutan<strong>di</strong>s.<br />

33<br />

Francesco Sforza conferma a Gracino da Pescarolo e a Zanino de Barbatis <strong>di</strong> aver saputo dalla<br />

loro lettera delle <strong>di</strong>fficoltà per avere le 8000 lire e delle garanzie richieste da quella comunità.<br />

Procurino <strong>di</strong> ricuperare detti denari: pagheranno con loro i conestabili Francesco Corso, il<br />

Padovano, Antonello da Lagna. Così verseranno ad Antonio Treco le 780 lire, date al<br />

conestabile Giovanni Galante, dal campo in modo che in tutto assommano a lire 1850, lasciando<br />

a quella comunità <strong>di</strong> completare la somma <strong>di</strong> 8000 con lire 6150.<br />

Or<strong>di</strong>na che Zanino porti subito a Milano ad Angelo “per parte de ducati cinquemilia ne ha<br />

mandato qui in campo, quali bisogna restituire”. Ciò fatto, Zanino se n’andrà via e <strong>di</strong>rà ad Angelo<br />

che il resto dei 5000 ducati verranno inviati ad Antonio Treco e che si procurerà <strong>di</strong> restituirgli<br />

sollecitamente il resto dei 1000 ducati imprestati .


1453 agosto 7, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.<br />

Gracino de Piscarolo et Zanino de Barbatis.<br />

Havemo recevuto la vostra de dì iii del presente, et inteso quello ne scrivete de quanto<br />

havete sequito fina al presente circha li <strong>di</strong>nari rechiesti ad quelli nostri cita<strong>di</strong>ni et delle<br />

<strong>di</strong>fficultate gli sono state, cosi dela conclusione presa de retrovare le octomillia libre<br />

suso l'ad<strong>di</strong>zione da fir facte suso li denarii del’anno advenire; et delle lettere et cautione<br />

domanda quella nostra comunità, quale haveti mandato ad Angelo, restamo de tuto<br />

avvisati. Ad che non facemo altra resposta se non che attendati con ogni <strong>di</strong>ligentia ad<br />

havere <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari, delli quali provedeti siano subito spazati, se non l’haveti facto,<br />

Francesco Corso, il Paduano, et Antonello da Lagna, nostri conestabili, secundo ve<br />

havemo scripto. Cosi rendeti ad Antonio Trecho le libre settecento ottanta date ad<br />

Iohanne Galante, pur nostro conestabile che, secundo scriveti, montano in tuto libre<br />

milleoctocentocinquanta; il resto, che sarà circha libre sey milliacentocinquanta fino ala<br />

summa dele octomillia libre, ne dona quella comunità. Volimo che tu, Zanino, porti<br />

subito ad Me<strong>di</strong>olano ad Angelo 12r per parte de ducati cinquemillia ne ha mandato qui<br />

in campo, quali bisogna restituire, advisandone continuamente de quanto farete; et<br />

facto questo tu, Zanino, te ne (a) vene via da nuy senza demora et <strong>di</strong>rai ad Angelo ch’el<br />

resto de questi <strong>di</strong>nari ne mandò, fino ala somma de ducati 5000, subito gli manderemo<br />

lì ad Milano ad Antonio Trecho; <strong>di</strong>rai ch’el resto delli mille ducati ne ha prestati,<br />

procuraremo prestissimo restituirgli. Et de questo staghi de bona voglia et non facia<br />

dubio alcuno. Ex campo nostro apud Gaydum, <strong>di</strong>e vii augusti 1453, hora xx, <strong>di</strong>e lune.<br />

Triplicata <strong>di</strong>e suprascripto.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

(a) te ne in interlinea.<br />

34<br />

Francesco Sforza ricorda al podestà <strong>di</strong> Mortara <strong>di</strong> avergli or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> <strong>di</strong>re al cremonese<br />

Guglielmo Ripparo, già podestà <strong>di</strong> Quinzano, <strong>di</strong> portarsi subito da lui per riven<strong>di</strong>care i suoi <strong>di</strong>ritti,<br />

se ne ha, sulle robe (da tenersi sotto sequestro, non procedendo oltre nella causa), portate lì da<br />

Cristoforo Marcellino, fratello del trombettiere del conte Giacomo. Comanda al podestà <strong>di</strong><br />

Mortara <strong>di</strong> ripetere a Guglielmo <strong>di</strong> portarsi dal duca,<br />

ammonendolo che, non presentandosi, egli non potrà evitare il rilascio <strong>di</strong> Cristoforo.<br />

1453 agosto 5, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.<br />

Nobili viro potestati Mortarii, nostro <strong>di</strong>lecto.<br />

Como tu sai per una nostra te scripsemo che dovesti <strong>di</strong>re a Guglielmo Ripparo, nostro<br />

cita<strong>di</strong>no Cremonese, quale fo potestate a Quinzano, trovandose lì, che subito venisse<br />

qua da nuy per defendere, se raxone ha in le robbe portate lì per Christoforo<br />

Mercellino, fratello de uno trombeta del conte Iacomo, tenendo le <strong>di</strong>cte robbe in<br />

sequestro, sive non procedendo più oltra contra esso Christoforo ad instantia del <strong>di</strong>cto<br />

Guglielmo, finchè nuy non te scrivessemo altro in contrario; et may non è venuto. Per la<br />

qual cosa de novo te repplicamo che, essendo lì, gli <strong>di</strong>chi ch’el venga via subito non<br />

procedendo più oltra, como per le <strong>di</strong>cte nostre te scripsemo, avisandolo che non<br />

venendo non poderemo denegare che non sia relexato al pre<strong>di</strong>cto Christoforo ogni<br />

robba sua. Data in castris nostris felicibus apud Gaydum, <strong>di</strong>e v augusti MCCCCLIII.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

35<br />

Francesco Sforza scrive al capitano della Lomellina <strong>di</strong> <strong>di</strong>re a Guglielmo Ripparo, già podestà <strong>di</strong><br />

Quinzano, <strong>di</strong> portarsi dal duca per la riven<strong>di</strong>cazione degli eventuali suoi <strong>di</strong>ritti sulle robe portate a<br />

Mortara da Cristoforo Marcellino, fratello del trombettiere del conte Giacomo.<br />

(1453 agosto 5, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).


Capitaneo Lumelline.<br />

Trovandose in quelle parte Guglielmo Ripparo, nostro cita<strong>di</strong>no de Cremona, quale per<br />

nuy fo potestate a Quinzano, 12v volimo che tu gli coman<strong>di</strong> per parte nostra che subito<br />

se ne vengha qua da nuy senza demora alcuna per defendere la rasone soa, se alcuna<br />

n'ha, in le robbe portate lì ad Mortara per Christoforo Marcellino, fratello de uno<br />

trombeta del conte Iacomo; aliter non venendo, nuy non poderemo denegare al<br />

pre<strong>di</strong>cto Christoforo che non gli siano liberamente relaxate le <strong>di</strong>cte robbe. Data ut<br />

supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

36<br />

Francesco Sforza fa sapere al cremonese Matteo Rippario <strong>di</strong> aver scritto a suo figlio Guglielmo<br />

<strong>di</strong> portarsi da lui per tutelare i suoi eventuali <strong>di</strong>ritti sulle robe che asseriva essergli state sottratte<br />

a Quinzano. Non presentandosi in tempo,<br />

il duca non può non assegnare le robe alla parte avversa.<br />

Matheo de Rippariis, civi Cremonensis.<br />

(1453 agosto 5, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Fin l'altro dì scripsemo che Guglielmo, tuo figliolo, venisse qua da nuy per defendere la<br />

raxone soa dele robbe che luy <strong>di</strong>ce gli foreno tolte ad Quinzano, et mai non è venuto;<br />

del che se maravigliamo. Et perchè horamai non possiamo denegare ala parte contraria<br />

che non gli sia licentiata et liberata la soa robba, <strong>di</strong>cemo che, recevuta questa, lo faciati<br />

subito venire qua da nuy, avisandone che, non venendo fra tempo congruo da poi la<br />

presentatione de questa, nuy faremo licentiare la robba ala <strong>di</strong>cta soa parte contraria.<br />

Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

37<br />

Francesco Sforza vuole che il referendario <strong>di</strong> Tortona man<strong>di</strong> l’elenco, fattogli avere delle spese<br />

sostenute da Bartolomeo Colleoni per la fortezza <strong>di</strong> Pozzolo, ad Andrea da Birgo perchè esegua<br />

quanto gli ha or<strong>di</strong>nato e il Colleoni sia sod<strong>di</strong>sfatto ad Alessandria.<br />

13r Referendario Terdone.<br />

1453 agosto 7, “apud Gaydum”.<br />

Perchè havimo or<strong>di</strong>nato che al magnifico Bartholomeo Coleone che dele spese ha facte<br />

in la forteza de Pozolo sia satisfacto ad Alexandria per mano del spectabile Andrea da<br />

Birago, secundo la lista ne mandaste de <strong>di</strong>cte spese, volimo che al prefato Andrea<br />

man<strong>di</strong> <strong>di</strong>cta lista, aciò ch’el possa fare quanto li havemo commesso et mandargli <strong>di</strong>cta<br />

lista netta et impuncto, in modo ch’el <strong>di</strong>cto Bartholomeo intenda et sappia quello debbe<br />

havere. Ex campo nostro apud Gaidum, <strong>di</strong>e vii augusti 1453.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

38<br />

Francesco Sforza comanda all’ufficiale delle munizioni <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> inviare subito al suo omologo<br />

<strong>di</strong> Cremona due casse <strong>di</strong> verrettoni da banco.<br />

Offitiale munitionum Papie.<br />

1453 agosto 6, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.<br />

Volimo che subito, recevuta la presente, ne man<strong>di</strong> a Cremona in mano del nostro<br />

offitiale dele monitione casse doe de veretoni da bancho. Et questo vale essere presto.


Data ut supra, <strong>di</strong>e vi augusti 1453.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

39<br />

Francesco Sforza comanda a Ludovico da Bologna <strong>di</strong> ricercare al <strong>di</strong> là del Po O<strong>di</strong>no da Milano,<br />

famiglio <strong>di</strong> tal Giacomo da Castello <strong>di</strong> Milano, che ha il padre a Milano chiamato Filippo da<br />

Castello, daziere. Trovandolo, lo prenda, se possibile, “de requeto” segretamente e lo<br />

custo<strong>di</strong>sca accuratamente essendo la sua cattura <strong>di</strong> gran<strong>di</strong>ssima importanza<br />

per lo stato e la stessa famiglia ducale.<br />

Lodovicho de Bononia<br />

1453 agosto 7, “apud Gaydum”.<br />

Volemo, et per la presente expressamente te comettemo et coman<strong>di</strong>amo, che subito,<br />

recevuta questa nostra lettera, tu te sforzi et ingegni de circhare con somma<br />

solicitu<strong>di</strong>ne et <strong>di</strong>ligentia per tute quelle parte nostre dellà de Po uno O<strong>di</strong>no da Milano,<br />

quale intendemo è deventato famiglio de Iacomo da Castello da Milano, quale Iacomo<br />

ha el padre a Milano, chiamato Filippo da Castello, daciero; et trovandolo in qualuncha<br />

loco voglia se sia, el prenderai siandote possibile de requeto, et secretamente et lo<br />

metterai in loco dove non possa fugire, facendolo custo<strong>di</strong>re per la vita. Et caso tu non lo<br />

podesse havere in le mano de requeto, faraylo pigliare como meglio porrai, monstrando<br />

la nostra lettera patente quale te man<strong>di</strong>amo qui alligata per 13v <strong>di</strong>cta caxone,<br />

advisandote, Lodovicho, che nuy facemo pigliare costui per cosa de gran<strong>di</strong>ssima<br />

importantia al stato nostro et è sì granda ed importantissima che gli va in uno tratto lo<br />

stato, la robba, mogliere, figlioli et persona nostra. Ex campo nostro apud Gaydum, <strong>di</strong>e<br />

vii augusti 1453.<br />

Iohannes.<br />

40<br />

Francesco Sforza comunica a Pietro de Linate <strong>di</strong> aver incaricato Ludovico da Bologna <strong>di</strong> riferirgli<br />

dei mo<strong>di</strong> che si devono tenere per sod<strong>di</strong>sfare il Colleoni della tassa dei mesi <strong>di</strong> luglio e agosto<br />

per i cavalli che toccano alla comunità <strong>di</strong> Tortona.<br />

Lo stesso giorno Zanetto ha informato la duchessa <strong>di</strong> quanto occorso in quelle parti.<br />

Petro de Lonate.<br />

1453 agosto 6, (“in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Ultra quello, per quest’altra te havemo scripto più pienamente havemo comesso ad<br />

Lodovicho da Bologna te debia referire, per nostra parte, apresso tì, havemo comesso<br />

te debia referire deli mo<strong>di</strong> se haverano ad servare circa la satisfactione del magnifico<br />

Bartholomeo dela taxa del mese de luglio et augusto per li cavalli che tochino ad quella<br />

nostra comunità de Terdona, sichè crederagli et exequirai si como te lo <strong>di</strong>cesse et<br />

or<strong>di</strong>nasse la persona nostra propria. Data ut supra, <strong>di</strong>e vi augusti 1453.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

Per Zanetum scriptum fuit illustrissime domine ducisse de occurrentibus ipsis in<br />

partibus, <strong>di</strong>e vi augusti 1453.<br />

Cabalarius Lantelmus.<br />

Iohannes.<br />

41<br />

Francesco Sforza scrive ai conestabili Francesco Corso, Paduano e Antonello de Alavio che,<br />

appena pagati del soldo, si portino subito da lui in campo.<br />

1453 agosto 6, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.


Francisco Corsio, Paduano, et Antonello de Alavio, conestabilibus nostris.<br />

Credemo vuy debiati essere spazati del <strong>di</strong>naro havete ad recevere lì per lo adviso<br />

havimo dellà, et non essendo spazati, siamo certi sereti spazati subito. Pertanto ve<br />

scrivemo 14r et volemo che subito, havuta questa, ve spazati dellà, et venuti qui da nuy<br />

per potere essere insieme con li altri qui in campo ad fare quanto bisogna. Ma se<br />

havete caro el stato et bene nostro, non perdete tempo ad venire via perchè nuy<br />

havemo ad fare dele cose in breve dove desideramo ve retrovate. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

42<br />

Francesco Sforza raccomanda al vescovo <strong>di</strong> Tortona <strong>di</strong> far osservare ai suoi uomini quanto egli<br />

ha or<strong>di</strong>nato al suo famiglio Ludovico da Bologna circa il pagamento delle tasse.<br />

Reverendo domino episcopo Terdone.<br />

1453 agosto 7, “apud Gaydum”.<br />

Nuy havimo <strong>di</strong>cto ad Lodovicho da Bologna, nostro famiglio, et commessoli quanto è la<br />

<strong>di</strong>spositione nostra circha lo paghamento dele taxe ne hanno ad fare quelli vostri<br />

homini. Pertanto piaza ala reverentia vostra crederli quanto ad nuy proprii et curare che<br />

se manda ad executione con effecto quanto gli havemo or<strong>di</strong>nato; perhò che così siamo<br />

deliberati se exequischa senza exceptione alcuna. Data in campo nostro, apud<br />

Gaydum, <strong>di</strong>e vii augusti 1453.<br />

Nicolaus.<br />

Iohannes.<br />

43<br />

Francesco Sforza sollecita il conte Pietro Torelli a voler prestare attenzione a quanto gli riferirà il<br />

suo famiglio Orfeo, dando a tutto ciò che gli riporterà pronta esecuzione.<br />

Il medesimo giorno Zanetto riferisce alla duchessa quanto avviene da quelle parti.<br />

(1453 agosto 7, “apud Gaydum”).<br />

Magnifico et strenuo <strong>di</strong>lectissimo nostro comiti Petro Torello.<br />

Dal nobile Orfeo, nostro famiglio, presente exhibitore, siamo avvisati dela perfectissima<br />

intentione et <strong>di</strong>spositione vostra verso et il stato bene et cose nostre, del che, benchè<br />

ad nuy non sia puncto cosa nova, ve rengratiamo cor<strong>di</strong>almente pregandove vogliati al<br />

prefato Orpheo, quale reman<strong>di</strong>amo da vuy informato dela intentione nostra per alcune<br />

cose ve ha ad referire et exponere, dare piena fede como se nuy proprii ad bocha<br />

parlassemo con vuy et dargli quella expe<strong>di</strong>tione se rendemo certi farete, certificandove<br />

che per una volta non poresti fare cosa ne fosse più singularmente accepta. Data ut<br />

supra.<br />

14v Apud Gaydum, <strong>di</strong>e vii augusti, hore 4 noctis.<br />

Per Zanetum scriptum fuit illustrissime domine ducisse Me<strong>di</strong>olani de occurrentibus in<br />

castris.<br />

Ser Andreas Fulgineus.<br />

Iohannes.<br />

44<br />

Francesco Sforza riecheggia a Pietro de Linate le lamentele che il Colleoni fa verso <strong>di</strong> lui per il<br />

comportamento che ha con i suoi soldati quando bruscamente li richiama per i danni recati alle<br />

persone del luogo. Gli raccomanda <strong>di</strong> agire sempre “humanamente et domesticamente” con il<br />

Colleone, i suoi ufficiali e militari.<br />

Se avesse motivi <strong>di</strong> rimproveri, ne faccia <strong>di</strong>rettamente parola con il Colleoni stesso, in modo che<br />

egli comprenda il trattamento <strong>di</strong> riguardo che si usa con lui e le sue truppe.<br />

Il giono dopo Zanetto informa la duchessa <strong>di</strong> quanto avviene da quelle parti.


Petro de Lonate.<br />

(1453 agosto 7, “apud Gaydum”).<br />

El magnifico Bartholomeo ha mandato a dolerse con nuy deli mali tractamenti sonno<br />

facti ali suoi allogiano in Tertonese et deli rebuffi che fai anchora ti dal canto tuo,<br />

amenazandoli de fargli tagliare a peze dali vilani quando fanno deli danni et<br />

rencrescimenti, et cetera, per modo che deli facti toi se chiama asai malcontento; dela<br />

qual cosa anchora ne havemo admiratione et spiacere perchè tu sai bene che la mente<br />

et voluntà nostra è ch’el pre<strong>di</strong>cto Bartholomeo et li suoi officiali et homini nostri per ogni<br />

respecto debiano essere ben veduti et ben tractati, et maxime la persona de<br />

Bartholomeo. Sichè, se tu hai servati li mo<strong>di</strong> ch’el <strong>di</strong>ce, tu hai facto male et te si’ portato<br />

non punto prudentemente. Il perchè volemo et te comettiamo per questa per sempre<br />

che verso el magnifico Bartholomeo et tuti li suoi te debbi portare in ogni caso<br />

humanamente et domesticamente, et quando scandalo o errore o damni segueno per<br />

casone deli soi, non volere fare contra loro da per ti, ma haverà recorso dala soa, ma<br />

narrandoli li casi perchè semo certi sempre luy li reme<strong>di</strong>arà et la persona soa haverai in<br />

reverentia et honore, facendoli tute quelli aconzi et cortesie te siano possibili et non te<br />

rencrescha cavalchare ala fiata fin da luy per acconzare delle <strong>di</strong>fferentie et reme<strong>di</strong>are<br />

ali inconvenienti, <strong>di</strong>cendo che cosi hai in comissione da nuy, imo più de obe<strong>di</strong>rlo in<br />

qualunche cosa concernente el stato nostro che luy te commettesse, cossì come la<br />

persona nostra propria. Sichè 15r ve<strong>di</strong> mo de supplire a tutti li manchamenti passati,<br />

facendo anchora opera che li suoi siano ben tractati dele loro taxe finchè haverano ad<br />

stare in quelle stantie, como te <strong>di</strong>rà più a pieno Lodovicho da Bologna, deportandoti in<br />

ogni cosa per forma verso luy che habia casone de contentarse deli facti toy. Data ut<br />

supra.<br />

Iohannes.<br />

Die viii augusti.<br />

Per Zanetum scriptum fuit illustrissime domina ducisse de occurrentibus in castris et<br />

portamentis causa.<br />

Ser Andreas de Fuligneus.<br />

45<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà <strong>di</strong> Glarola <strong>di</strong> consentire al famiglio ducale Corso <strong>di</strong> servirsi <strong>di</strong><br />

tutte le masserizie e cose che si trovano nell’abitazione della casa <strong>di</strong> Zannino ov’egli sta con<br />

licenza del duca e, perciò, gli restituisca tutto quello che gli ha fatto togliere.<br />

Potestati Glarolarum.<br />

1453 agosto 8, (“apud Gaydum”).<br />

Il Corso, nostro fameglio, se è doluto con nuy che pare che tu li habbi tolto, o facto<br />

torre, dela casa de Zanino, dove luy stava con nostra licentia et voluntà, alcune<br />

massaritie et cose; del chè assai ne maravigliamo. Et perchè è nostra intentione ch’el<br />

<strong>di</strong>cto Corso possa godere <strong>di</strong>cta casa con tute l'altre cose gli erano dentro, volimo che<br />

subito li restituischa ogni cosa senza <strong>di</strong>minutione alcuna, facendo perhò l'inventario de<br />

tuto, quale ce mandaray, recevuta questa. Data ut supra, <strong>di</strong>e viii augusti 1453.<br />

Ser Andreas de Fulgineus.<br />

46<br />

Francesco Sforza scrive a donna Luchina <strong>di</strong> mandare, via Piacenza, i suoi cavalli, anzichè a<br />

Parma, a Cremona, ove faranno quanto verrà or<strong>di</strong>nato dal luogotenente ducale e Sagramoro<br />

Visconti, per poi portarsi, come s’era convenuto prima, a Parma.<br />

Magnifice domine Luchine.<br />

1453 agosto 8, “apud Gaydum”.


Non obstante quello ve havemo scripto de mandare li vostri cavalli a Parma, adesso<br />

havemo mutata opinione et ve confortiamo et caricamo vogliate mandare li <strong>di</strong>cti cavalli<br />

ad Cremona per la via de Piasenza con commissione et or<strong>di</strong>ne che debiano exequire et<br />

fare interamente quanto ordenarano el nostro locoten(en)te de Cremona et messer<br />

Segramoro Visconte in favore dele cose delà, avisandove che, spazate le <strong>di</strong>cte cose,<br />

nostra intentione (è) che va<strong>di</strong>no a Parma, como era or<strong>di</strong>nato prima. Ex nostris felicibus<br />

castris apud Gaydum, <strong>di</strong>e viii augusti 1453.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

47<br />

Francesco Sforza vuole che Giuseppe da Cortona, podestà e castellano <strong>di</strong> San Colombano,<br />

faccia presente alla figlia del defunto Pezino Bosono e ai parenti, cui spetta <strong>di</strong> maritarla, che<br />

non può accasarsi senza la licenza del duca.<br />

1453 agosto 8, “in castris apud Gaydum”.<br />

15v Magistro Iosep de Cortonio, potestati et castellano nostro Sancti Columbani.<br />

Per alcuni boni respecti volemo tu or<strong>di</strong>ne et coman<strong>di</strong> ala figliola del quondam Pezino<br />

Bosono de quella terra et ali soi parenti, ali quali specta maritarla, che senza nostra<br />

licentia non se debia maritare, nè loro consentire che toglia persona alcuna per marito<br />

senza nostro consentimento, como è <strong>di</strong>cto. Data in castris apud Gaydum, <strong>di</strong>e viii<br />

augusti 1453.<br />

Iohannes.<br />

48<br />

Francesco Sforza vuole che si <strong>di</strong>a da fare perchè i parenti <strong>di</strong> questa puta aderiscano a che essa<br />

si mariti con Bergamasco, famiglio d’arme ducale, del cui parentato “se retrovarano contenti”<br />

Il giorno successivo Zanetto ha scritto alla duchesse su quanto accaduto.<br />

Poliza.<br />

(1453 agosto 8, “in castris apud Gaydum”).<br />

Seressemo contenti che tu operassi con boni et honesti mo<strong>di</strong> con li parenti de questa<br />

pucta che se contentaseno darla per mogliere a Bergamascho, nostro fameglio d’arme,<br />

quale tu deve cognoscere, del quale parentato se retrovarano ben contenti. Data ut in<br />

letteris.<br />

Iohannes.<br />

Die viiii augusti.<br />

Per Zanetum scriptum fuit illustrissime domine ducisse de occurrentibus in castris.<br />

Iohannes de Terzago.<br />

Iohannes.<br />

49<br />

Francesco Sforza riba<strong>di</strong>sce a Pietro de Lonate <strong>di</strong> non avere gra<strong>di</strong>to per nulla le gride da lui fatte<br />

per i danni causati dai soldati ai beni della gente del posto. Ciò ha potuto far credere al Colleoni<br />

che tutto sia accaduto d’intesa con il duca, “el che poderia generare qualche sdegno”. Gli<br />

comanda, perciò, <strong>di</strong> portarsi dal Colleoni per scusarsi, cercando <strong>di</strong> “mollificarlo” facendogli<br />

intendere che tutto è avvenuto a insaputa del duca, che ha preso la cosa per “molesta”.<br />

Petro de Lonate.<br />

1453 agosto 10, “in castris apud Gaydum”.<br />

Havimo recevuto la toa lettera et inteso quanto ne scrive della proclamatione et cride<br />

hai facto far per li soldati, quali si sonno trovati guastare li zar<strong>di</strong>ni, et cetera, dando<br />

arbitrio ali homini che li destengano, et cetera. Al che respondendo te <strong>di</strong>cemo che a nuy


hayi facto cosa molto molesta et che ne despiace molto perché sarà uno commovere li<br />

populi contra essi soldati, et anche sarà uno far credere il magnifico Bartholomeo che<br />

questo habii facto con nostra voluntà et consentimento, el che poderia generare<br />

qualche sdegno. Sichè hay molto malfacto et cosa che ne despiace grandamente et<br />

aciò ch’el prefato magnifico Bartholomeo intenda et sapia che questo l'hai facto senza<br />

nostro consentimento, volimo che subito va<strong>di</strong> da luy et faci la scusa toa con mollificarlo<br />

et farlo intendere che tu hai facto cosa a nuy molesta, revocando dappoi quanto sopra<br />

ciò hay facto. Data ut supra, <strong>di</strong>e x augusti 1453.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

50<br />

Francesco Sforza rimbrotta Ludovico da Bologna per la sua lentezza nel riscuotere i denari<br />

delle tasse che spettano a Graziolo da Vicenza, riducendolo al rischio <strong>di</strong> perdere tutta la sua<br />

compagnia. Si impegni, quin<strong>di</strong>, per avere, da chiunque sia, tutti i denari delle tasse che deve in<br />

modo che nè Graziolo nè altri rimangano privi <strong>di</strong> danaro e procuri pure che alle genti del<br />

Colleoni, alloggiate nel Tortonese, non manchino i denari delle tasse loro spettanti.<br />

<strong>16</strong>r Lodovicho de Bononia.<br />

(1453 agosto 10, “in castris apud Gaydum”).<br />

Nuy non possiamo fare che grandamente non ne maravigliamo et dogliamo de questa<br />

tua tanta lenteza et tar<strong>di</strong>tà che hay usata et usi tutavia in retrare li denari dela taxa che<br />

tochano al strenuo Gratiolo da Vincenza et alli altri, secondo appare per le assignatione<br />

facte; et non è manchato per ti che Gratiolo non habia persa in tuto la compagnia per<br />

non havere havuto el suo <strong>di</strong>naro. Il perchè volemo, et per questa de novo te comettemo<br />

et <strong>di</strong>cemo che tu vogli con summa presteza et celerità, non guardando in volto ad homo<br />

del mondo, nè havendo riguardo, nè respecto a persona alcuna, et sia che se voglia,<br />

fare ogni executione ad retrare li <strong>di</strong>cti (a) <strong>di</strong>nari delle taxe da quelli che debitamente<br />

restano pagatori, tanto della cità quanto del destricto et iuris<strong>di</strong>ctione de Terdona,<br />

secondo l'or<strong>di</strong>ne et le taxe per ti facte et imposte, facendo pagare ogniuno quella<br />

summa et numero de <strong>di</strong>nari che più volte a bocha hai havuto in commissione da nuy; et<br />

cura per modo fare che più non habiamo a scriverte per simile materia, nè che nuy<br />

habiamo più querella dal <strong>di</strong>cto Gratiolo, nè dali altri che restino ad essere pagati delli<br />

<strong>di</strong>nari delle <strong>di</strong>cte taxe, servando anchora modo che le gente del magnifico Bartholomeo,<br />

allogiati in Terdonese, habianole lor taxe fina tanto che nuy non te scriveremo altro in<br />

contrario. Data apud Gaydum,x augusti 1453.<br />

Iohannes.<br />

(a) ad retrare li <strong>di</strong>cti scritto su rasura.<br />

51<br />

Francesco Sforza loda il referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> per quanto ha fatto “in la materia del trattato dale<br />

Gerole”, ma lo rimprovera per la risonanza fatta allo “examine” che, anzichè passarlo quasi sotto<br />

silenzio, “sia stato facto quodammodo sono tube” e, soprattutto, lo redarguisce per essersi<br />

surrogato al podestà fin nei primi atti del proce<strong>di</strong>mento, non consegnandogli neppure<br />

l’incriminato Gazo. Eppure, il duca aveva scritto al podestà <strong>di</strong> lì “che facesse de Iacomino Gazo<br />

quanto voleva iusticia”. Da ciò la sferzata dello Sforza al referendario prevaricatore nelle sue<br />

attribuzioni : “il vostro proprio officio è de provedere el facto de l’intrate nostre, et non saria bene<br />

che vuy faceste l’officio del podestà”. Da ciò l’ammonizione: “così in questo caso come in quello<br />

accaderanno per l’advenire...guardateve de presumere l’officio del nostro podestà”, perchè<br />

sarebbe pronta la sanzione: “ve faressemo sentire che non faresti bene”.<br />

Egregio referendario nostro Laude.<br />

(1453 agosto 10, “in castris apud Gaydum”).<br />

Molto comen<strong>di</strong>amo la vostra <strong>di</strong>ligentia et sollicitu<strong>di</strong>ne haviti usata così in laudare ale<br />

Gerola, como in fare l’altre cose havite facte et exequite in la materia del tractato dale<br />

Gerole, e de tuto rimanevamo molti satisfacti de voi; ma per certo ne siamo tropo<br />

meravigliati et anche ne dolemo che, havendo nuy or<strong>di</strong>nato che lo examine fosse facto


sotto più silentio che sia possibile, sia stato facto quondammodo <strong>16</strong>v sono tube et in tal<br />

modo che non lo sa se non Dio et tuta la zente del mondo, che è stato tuto contra la<br />

mente nostra, et che molto più ne dole, havendo nuy scrito al nostro podestà de lì che<br />

facesse de Iacomino Garzo quanto voleva iusticia, tenessero modo, con volere che<br />

prima se promectesseno xv ducati a Castelletto, nostro provixionato, et tra uno et un<br />

altro, ch’el non fo consignato nele mane del <strong>di</strong>cto nostro podestà nel termine havevamo<br />

or<strong>di</strong>nato; et più doveresti sapere che tale administratione non tocha a voi et il vostro<br />

proprio officio è de provedere el facto del’intrate nostre et non saria bene che voy<br />

faceste l’officio del podestà. Sichè lassate l’officio suo a luy, così in questo caso como<br />

in quelli accaderano per l’advenire, et guardateve inante de presumere de impe<strong>di</strong>re<br />

l’officio del nostro podestà, perché ve faressemo sentire che non faresti bene. Data ut<br />

supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

52<br />

Francesco Sforza si lamenta con il referendario <strong>di</strong> Pavia e con Gracino da Pescarolo<br />

per non avere ancora provveduto a far corrispondere a Giacomo Scrovegno la provvisione<br />

assegnatagli e <strong>di</strong> cui abbisogna, siccome vive fuori casa sua e non ha molte altre entrate<br />

per sostentare la sua famiglia.<br />

(1453 agosto 10, “in castris apud Gaydum”).<br />

Referendario Papie et Gracino de Piscarolo.<br />

Per più altre nostre littere ve havemo scripto e caldamente cometuto che dovesti far<br />

respondere al nobile Iacomo Scrovigno dela provixione qual gli havemo assignata, e<br />

pur non l'havita facto, segondo siamo informati. La qual cosa invero ne rencresce assay<br />

perché, como dovete anchora voi pensare siando el bon zentilhomo fora da casa soa e<br />

non havendo molte altre intrate per vivere dela soa fameglia, gli è bisogno omnino dela<br />

<strong>di</strong>cta previsione. Sichè, se haveti voglia farne cosa che ne sia grata, fateli respondere<br />

dela <strong>di</strong>cta sua provisione senza altra repplicatione da nostre lettere, che ben dovete<br />

essere certi, havendoglila assegnata, volimo che l'habia. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

53<br />

Francesco Sforza scrive al podestà <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong>cendosi <strong>di</strong>spiaciuto perchè il referendario non gli<br />

ha consegnato Giacomino. Vuole che, nonostante l’opposta <strong>di</strong>sposizione datagli il 2 del corrente<br />

mese, faccia <strong>di</strong> Giacomino “quanto vole iustitia”. In merito agli altri quattro imputati gli comanda<br />

che, sebbene “habiano purgati gli in<strong>di</strong>ci”, li faccia <strong>di</strong> nuovo esaminare per eventualmente cavare<br />

qualcos’altro da loro e ancora, siccome ha saputo che i ban<strong>di</strong>ti “per lo tractato havevano qualche<br />

cosa”, desidera sapere come è stata trattata la Camera ducale circa ciò.<br />

17r Potestati Papie.<br />

1453 agosto 10, “in castris apud Gaydum”).<br />

Havemo recevute due vostre lettere ale quale, respondendo, ve comen<strong>di</strong>amo de<br />

quanto haviti facto circha la materia del tractato dele Gerole e restiamo satisfacti da voi,<br />

benchè le nostre lettere non siano mandate ad executione como volevamo circha la<br />

iustitia da fir facta, che non imputamo a voi, ma alo referendario, al quale scrivemo<br />

proinde quanto ne pare et in modo et forma ch’el cognoscerà haverne grandamente<br />

despiazuto, non ve havendo facto assignare nele mane de Iacomino, como gli<br />

scrivevamo. Ma, sia como se voglia, volemo e ve commettemo che subito, non<br />

havendo respecto ad alcuna cosa, et non obstante lettere, date ii presentis, de che<br />

dovesti soprasedere de farlo iustitiare fina tanto ve scrivessemo altro, faciate de luy<br />

quanto vole iustitia. Quantum autem ala parte de quelli quatro imputati e sustenuti lì in<br />

castello, volimo che, non obstante che, como scriviti, habiano purgati gli in<strong>di</strong>cii, de novo<br />

gli faciate examinare e ve<strong>di</strong>ate se altro se pò cavare da loro. Ceterum, perchè pur


siamo informati che li ban<strong>di</strong>ti per lo <strong>di</strong>cto tractato havevano qualche cosa et che ne ha<br />

strazato in qua et chi in là, volimo che ve inzignati sapere como è stata tractata la<br />

Camera nostra circha ciò, e qual descriptione è facta, e de tuto darietene aviso. Data ut<br />

supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

54<br />

Francesco Sforza prende atto dell’andata <strong>di</strong> Gentile della Molara a Castelnuovo Tortonese con il<br />

cancelliere del duca <strong>di</strong> Modena e dell’incontro ivi avuto con il luogotenente e gli uomini del<br />

posto. Gli fa presente che come i locali vogliono essere risarciti dei danni subiti dai soldati del<br />

Colleoni, altrettanto vale l’opposto, perchè lo Sforza intende che i suoi uomini “non siano da<br />

mancho et pegio tractati che li <strong>di</strong>cti uomini <strong>di</strong> Castelnovo”.<br />

Lo informa <strong>di</strong> aver scritto ad Orfeo <strong>di</strong> portarsi dal conte Pietro Torelli per domandargli i 2000 e<br />

più ducati dovuti e, avutili, saranno destinati al Colleoni.<br />

Gentili dela Molara<br />

(1453 agosto 10, “in castris apud Gaydum”).<br />

A questi <strong>di</strong> passati recevessemo la toa lettera de <strong>di</strong> cinque presente per la quale<br />

restiamo a compimento advisati dela andata toa a Castelnovo del Tertonese et de<br />

quanto hay facto con lo cancellero del’illustre ducha et con il locotenente et homini<br />

d'essa terra; al che respondendo, <strong>di</strong>cemo ne piace quanto hai facto et te ne<br />

comen<strong>di</strong>amo; bene te recor<strong>di</strong>amo et volemo che, così como li <strong>di</strong>cti homini voleno, che<br />

gli siano satisfacti li damni facti a loro per li soldati del magnifico Bartholomeo Coleone,<br />

che tu fazi con effecto che anchora ali <strong>di</strong>cti soldati siano integramente satisfacti tuti li<br />

damni quali loro habiano recevuti per casone deli <strong>di</strong>cti homini, como è iusto et<br />

raxoneveole et debito, perchè nostra intentione è che li nostri non siano da mancho et<br />

pegio tractati che li <strong>di</strong>cti homini de Castelnovo; et così intendemo de quelli altri homini<br />

17v nostri del paese, quali intendemo hanno recevuto molti damni per casone d’essi<br />

homini de Castelnovo.<br />

Ala parte delli ducati doa millia del conte Petro Torello, nuy havemo scripto ad Orfeo<br />

che lo debia andare ad trovare et domandargli li <strong>di</strong>cti ducati doa millia e più. Et<br />

possendogli (a) havere gli havemo scripto che siamo contenti siano dati al magnifico<br />

Bartholomeo: prende atto del che, ne porrai avvisare la sua magnificentia. Data ut<br />

supra<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

(a) et possendogli ripeuto.<br />

55<br />

Francesco Sforza fa sapere al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che un suo uomo d’arme, Ruggero de<br />

Diano, s’era preso per famiglio tal Martino, nipote del Manza, cui aveva imprestato quattro ducati<br />

e fattogli un paio <strong>di</strong> calze; detto Martino ora è passato dai nemici e ha lasciato la moglie a Lo<strong>di</strong>.<br />

Il duca vuole che il luogotenente costringa la moglie a risarcire Ruggero<br />

con la roba <strong>di</strong> detto Martino.<br />

Locutenenti Laude.<br />

1453 agosto 11, (“in castris apud Gaydum”).<br />

Rugero de Diano, nostro homo d’arme, ne <strong>di</strong>ce che, havendo luy al’uscire in campo<br />

tolto uno famiglio de quella cità, nominato Martino, nipote del Manza, per mano de<br />

Bartholomeo da Muzano, al quale haviva imprestati ducati 4 et factogli uno paro de<br />

calce: al presente s’è fugito da luy et andato dal canto de inimici, il quale ha mogliere in<br />

quella nostra cità. Pertanto volemo che, havuta questa, debiate provedere astringendo<br />

la mogliere, o facendo dare dela robba del <strong>di</strong>cto Martino al <strong>di</strong>cto Rogero o ad qualunche<br />

suo messo presente exhibitori, tanto che esso Rogero sia satisfacto, così destructo il<br />

<strong>di</strong>cto Martino, siando venuto lì; et provedeti ch’el presente famiglio d’esso Rogcero sia<br />

spazato subito, remossa ogni casone. Data ut supra, <strong>di</strong>e xi augusti 1453.


Zanetus<br />

Cichus.<br />

56<br />

Francesco Sforza risponde circa il fatto denunciatogli da Pietro de Lonate che il famiglio ducale<br />

Gentile dalla Molara ha provveduto a far trattenere con i cavalli il figlio <strong>di</strong> uno dei gentiluomini <strong>di</strong><br />

Godliasse (Go<strong>di</strong>asco) con il pretesto che gli furono rubati dagli uomini <strong>di</strong> detti gentiluomini 32<br />

ducati. Il duca non crede alla sventura <strong>di</strong> Gentite e se, come hanno scritto <strong>di</strong> voler fare, detti<br />

gentiluomini gli danno garanzia <strong>di</strong> “stare a rasone con Gentile”, il duca or<strong>di</strong>na a Pietro <strong>di</strong> liberare<br />

il menzionato figliolo. Circa il lamento <strong>di</strong> Pietro nei riguar<strong>di</strong> del Colleoni, il duca gli risponde<br />

secco: “luy ha una grande rasone contra de ti”.<br />

Petro de Lonate.<br />

1453 agosto 10, (“in castris apud Gaydum”).<br />

Havemo recevute doe toe lettere de dì v et vi del presente, alle quale respondendo,<br />

primo, ala parte del figliolo de uno de quelli gentilhomini da Godliasse, quale Gentile<br />

dala Molara, nostro famiglio, ha facto sequestrare con li cavalli suoi in quella cità,<br />

<strong>di</strong>cendo che a luy foreno tolti ducati xxxii dalli homini delli <strong>di</strong>cti gentilhomini, <strong>di</strong>cemo che<br />

ne rencressce ch’el <strong>di</strong>cto gentilhomo sia destenuto lì, como ne scrive, perché 18r siamo<br />

certi ch’el <strong>di</strong>cto Gentile non <strong>di</strong>ca el vero che habia perduto <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari; anze faza più<br />

presto questo per cavarne qualche cosa. Pertanto volimo che dagandote li <strong>di</strong>cti<br />

gentilhomini segurtade de stare a rasone col <strong>di</strong>cto Gentile, como te hanno scripto voler<br />

fare, che tu debii relaxare liberamente al <strong>di</strong>cto suo figliolo; et facendo in questa forma<br />

non ne pare ch’el <strong>di</strong>cto Gentile se possa lamentare ch’el gli sia facto torto. Ala parte<br />

dela lamenta te ha mandato a fare el magnifico Bartholomeo Coglione, non <strong>di</strong>cemo<br />

altro se non che luy ha una grande rasone contra de ti, como per un'altra nostra più<br />

largamente intenderay. Data ut supra, <strong>di</strong>e x augusti 1453.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

57<br />

Francesco Sforza risponde al suo cancelliere Alessandro Ubertario <strong>di</strong> aver ricevuto le sue lettere<br />

circa la consultazione sul fatto <strong>di</strong> Barbiano. Ha pure appreso delle lettere inviategli da Agostino<br />

Baraco in merito al parere dei dottori del Collegio. Gli fa sapere che non ha tempo per cercare <strong>di</strong><br />

avere il breve apostolico, l’investiture e le altre cose cui accenna Agostino;<br />

col tempo si avrà tutto.<br />

Alexandro Ubertario cancellario nostro.<br />

1453 agosto 11, (“in castris apud Gaydum”).<br />

Havemo recevuto doe toe lettere dupplicate circha'l facto del consultare su el facto de<br />

Barbiano; et inteso quanto tu scrive et così intesa la copia della lettera, quale te ha<br />

scripta meser Augustino Baracho circha al parere delli doctori et del Colegio, et cetera,<br />

<strong>di</strong>cemo che non havemo tempo de circhare de havere el breve apostolico et la<br />

investitura, et le altre cose contene la lettera del <strong>di</strong>cto meser Augustino, ma col tempo<br />

non dubitamo ch’el se haverà quanto bisognerà, ma vogliono a consigliare li doctori<br />

facendo firmo presuposito che se habia <strong>di</strong>cto breve et investitura et tute quelle cose che<br />

contene la lettera del <strong>di</strong>cto meser Augustino. Et non se possendo havere, saremoli<br />

inganati nuy. Data ut supra, <strong>di</strong>e xi augusti 1453.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

58<br />

Francesco Sforza comunica al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che Niccolò da Rezzo, uomo d’arme ducale,<br />

gli ha fatto sapere che il lo<strong>di</strong>giano Paolo Bianco (cui il duca ha donato i beni confiscati a Pietro<br />

Cagamosto e famiglia) non intende lasciargli la possesssione che ha avuto in affitto per 100<br />

fiorini annui da Pedro, possessione per la cui riparazione ha speso 600 lire.<br />

Il duca vuole che a Niccolò rimanga tale possesso per tutto il tempo contemplato nell’investitura


e, dovendola lasciare, gli siano rifuse le spese da lui sopportate per la detta riparazione.<br />

Al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ciò, Niccolò gli ha fatto sapere che ha dei debitori morosi.<br />

Siccome Niccolò deve rimanere in campo per servizi ducali e non può, quin<strong>di</strong>, “attendere a<br />

piedezare”, il duca impone al luogotenente <strong>di</strong> ricorrere al rito sommario con l’avvertenza, però,<br />

che <strong>di</strong> “quelle cose specta ala rasone lasci la cura al podestà”.<br />

Locuntenenti Laude.<br />

1453 agosto 10, “in castris apud Gaydum”.<br />

Nicolò da Rezo, nostro homo d’arme, ne ha significato che Paulo Bianchus, cita<strong>di</strong>no de<br />

quella nostra cità, al quale havemo 18v donato li beni de Pedro Cagamosto, mogliera et<br />

fameglia soa, confiscati ala Camera nostra per li loro demeriti, non intende lassargli una<br />

possessione, quale tolse a ficto dal <strong>di</strong>cto Pedro per fiorini cento l’anno, in la quale per<br />

repararla ha speso circha seicento libre, secundo per la soa supplicatione vederai,<br />

quale te man<strong>di</strong>amo qui inclusa. Et perchè ne pare honesto che <strong>di</strong>cto Nicolò tengha la<br />

possessione per lo tempo se contenne in la investitura soa, o dovendola relaxare, gli<br />

siano restituite le spese, quale se trovarà che l'habia facte in <strong>di</strong>cta possesione, volimo<br />

che, havute ambe le parte da ti, curi intendere <strong>di</strong>cte spese, et trovato el vero, havendo<br />

Nicolò a relaxare la possesione, gli fazi restituire le spese soe, facendo però in questo<br />

rasone a l’una parte et l'altra, ita et taliter che veruna dele parte iustamente se possa<br />

lamentare. Ne ha anchora exposto <strong>di</strong>cto Nicolò per <strong>di</strong>cta inclusa supplicatione havere<br />

più debitori per <strong>di</strong>verse casone dali quali non pò conseguire el dovere suo, et perchè<br />

bisogni luy staghi in campo in li nostri servicii et non pò attendere ad piadezare, volimo<br />

che contra <strong>di</strong>cti soi debitori fazi rasone summaria senza strepito et figura de iu<strong>di</strong>cio,<br />

sichè presto conguisca el dovere suo senza litigio. Intendemo perhò et volimo che de<br />

quelle cose specta ala rasone lassi la cura al podestà. Ex felicibus castris apud<br />

Gaydum, <strong>di</strong>e x augusti MCCCCLIII.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

59<br />

Francesco Sforza risponde alla consorte che per quel che riguarda la Gerola e quanto a<br />

proposito le scrivono Sceva de Curte e il podestà per la libertà <strong>di</strong> quei tre uomini, il duca le<br />

raccomanda <strong>di</strong> “intendere bene la con<strong>di</strong>ctione” loro e <strong>di</strong> non consentire che “gli zoghi passione”<br />

e risponda secondo le informazioni che avrà. Circa la fortezza della Gerola, a lui non pare<br />

questo ne sia il momento e, anche passando <strong>di</strong> là re Renato, assicuri Sceva che le cose si<br />

aggiusteranno per modo anche senza una fortezza alla Gerola. Per la rocca <strong>di</strong> Pallavicino, <strong>di</strong><br />

cui ha scritto a lei la olim moglie <strong>di</strong> Lionello Spinola e figlia <strong>di</strong> Barnabeo Adorno e a lui ha scritto<br />

lo stesso Barnabeo, il duca è del parere <strong>di</strong> non dare alcuna illusione scritta, ma se proprio lei<br />

vuole rispondere, scriva “dandogli bone parole”.<br />

1453 agosto 12, “in castris apud Gaydum”.<br />

Illustrissime domine ducisse Me<strong>di</strong>olani, et cetera.<br />

Havemo recevute le lettere della signoria vostra et inteso quanto per esse ne scrive; ale<br />

quale rispondendo, primo, ala parte della Gerola, havemo veduto quello scriveno ala<br />

signoria vostra domino Sceva et il podestà de quelli tre homini gli pareria da cavare<br />

fora, et così della forteza <strong>di</strong>cono da farse lì. Ad che ve <strong>di</strong>cemo che la signoria vostra<br />

voglia intendere bene la con<strong>di</strong>ctione de questi tre et attendere che non gli (a) zoghi<br />

passione; poi secondo la informatione se haverà, la signoria vostra proveda como gli<br />

pare. Alla parte della forteza ad noi non pare che per adesso sia tempo de fare questa<br />

forteza; sichè la signoria vostra responda ad domino Sceva como gli pare 19r perché,<br />

venendo la mayestà del re Renato dal canto de qua, non dubitamo se acconzaranno le<br />

cose de là in breve per modo non bisognerà altra forteza alla Gerola. Havemo veduto la<br />

supplicatione ha posto alla signoria vostra la figliola <strong>di</strong> Barnabeo Adorno, olim mogliere<br />

de Lionello Spinola, per la restitutione della rocha de Palavixino, <strong>di</strong> che anche<br />

Barnabeo ha scripto ad nuy domandandone anche salvoconducto de voler menare la<br />

famiglia sua nelle terre nostre. Delle quale cose nè l’una nè l'altra ad nuy non pare de<br />

fare de presente, neanche per lectera gli ne volimo dare speranza alcuna, aciochè non


la possano mustrare, ma la signoria vostra gli poterà respondere honestamente como<br />

gli parerà, dandogli bone parole como anche scrivemo ad Angelo. Ex castris apud<br />

Gaydum, <strong>di</strong>e xii augusti 1453.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue hochi depennato.<br />

60<br />

Francesco Sforza avverte il famulo lo<strong>di</strong>giano Fiorentino che, siccome i nemici hanno fatto<br />

scorrerie a Castelleone prendendo assai uomini e bestie, <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzare i carri <strong>di</strong> fieno verso<br />

Cavenago in modo che non cadano in mano dei nemici.<br />

Nel medesimo giorno si sono scritte le novità alla duchessa.<br />

Florentino, famulo in Laude.<br />

(1453 agosto 12), “in castris apud Gaydum”.<br />

Perchè l’inimici, como haverai inteso sonno, questi <strong>di</strong> corsi ad Castellione quale haviva<br />

salvoconducto amplissimo quanto <strong>di</strong>re se possa, et preso gram parte delli homini et soi<br />

bestiame, volimo che tu habbi advertentia ad non mandare li carri nostri de qua de<br />

Adda per feno socto fedanza de salvoconducto, ma li manderai verso Cavenagho per<br />

modo l'inimici non li possano havere ad sua <strong>di</strong>scretione, perchè non hanno fede nè<br />

exstimano honore da verghogna. Ex castris ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

Die xii augusti 1453.<br />

Scriptum fuit illustrissime domine Bianche Marie de novis.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

61<br />

Istruzione <strong>di</strong> Marco Conco.<br />

(1453 agosto 12, “in castris apud Gaydum”).<br />

19v Instructio facta Marci Conci apud bandum, xii augusti 1453.<br />

De essere con Iohanne Caymo et fare che redeguar<strong>di</strong> siano fatti o barbota, come parrà<br />

meglio che vada in suxo et giuxo et da Pizigitone fare tutte quelle provixione siano<br />

necessarie ala guarda d'Adda.<br />

Item d’essere a Castiglione con meser Morello et homini et fare tutte quelle cose siano<br />

necessarie per <strong>di</strong>cta cagione.<br />

Il simile ad Camayrago et Cavenagho.<br />

Item andare a Cerreto da Gasparre da Sessa et fare quigli prove<strong>di</strong>menti siano<br />

necessarie.<br />

Item de fare fare la pallatta ala Torre d'Adda.<br />

Item fare stare lì il piatto et nave che passare si possa a cavallo et a pie<strong>di</strong>.<br />

Item d’essere col signore Conrado et fare tutti quigli prove<strong>di</strong>menti siano necessarii et<br />

retroguar<strong>di</strong> et altre cosse necessarie.<br />

Item mettere imponto il balcone et mandare dal Consilio per bombardelle facendossile<br />

dare da meser Felipho Vesconti et scopetti per guar<strong>di</strong>a de Cerreto, et cetera.<br />

Item <strong>di</strong>re a Domenichino de Somma servi benne quella de Cerreto.<br />

Item della preda fatta in Cremascho dal signor Conrado.<br />

Item de salvicondocti <strong>di</strong> Bergamo et Crema siano rotti.<br />

Item al fatto <strong>di</strong> Cassano et dele Torrette.


62<br />

Lettere credenziali fatte a Marco Corio per i sottoin<strong>di</strong>cati<br />

Lo stesso giorno Zanetto ha scritto alla duchessa su quanto avvenuto in campo.<br />

20r Die xii augusti, apud Gaydum.<br />

(1453) agosto 12, “in castris apud Gaydum”.<br />

Facte fuerunt littere credenciales in personam Marchi Coiri infrascriptis vedelicet:<br />

domino Morello de Parma;<br />

locumtenebti et potestati Laude;<br />

magnifico domino Conrado;<br />

domino Sagramoro Vicecomiti;<br />

domino Thadeo de Verme et ceteris armigeris equorum, seu pedestrium, nunc in<br />

Pizleone;<br />

Iohanni Caymo et<br />

Gasparri de Suessa.<br />

Signate Cichus.<br />

Die suprascripto.<br />

Per Zanetum scriptum fuit illustrissime domine ducisse Me<strong>di</strong>olani, et cetera de<br />

occurrentibus in castris.<br />

Cabalarius Antonius Astensis.<br />

Signata Iohannes.<br />

63<br />

Francesco Sforza scrive <strong>di</strong> aver ricevuto tramite il messo della sua donna notizie del fallimento<br />

della cavalcata non bene organizzata, nonchè della sua determinazione <strong>di</strong> rimettersi insieme per<br />

attaccare i nemici, cosa che assai gli piace specie ora che è sopraggiunto re Renato<br />

Bartholomeo Coleono.<br />

1453 agosto 12, “in castris apud Gaydum”.<br />

Magnifice et cetera, hersera per lo messo dela domna vostra recevessemo le vostre<br />

lettere de dì viiii del presente per le quale a compimento restamo advisati dela<br />

cavalcata facta per la magnificentia vostra et non essere reussita per non essere stata<br />

ben proveduta, et cetera, et dela deliberatione presa fra quattro <strong>di</strong> de remettervi<br />

insieme per attendere a far qualche cosa contra quelli nostri nemici. Il che tutto ad nuy<br />

sommamente piace et cossì (a) confortiamo (b) la magnificentia vostra voglia<br />

proseguire per venire (c) hormay a qualche fine de quella impresa, mò che la mayestà<br />

del Re è venuta de qua et approximata alli favori nostri. Altro al presente non ne accade.<br />

Per lo <strong>di</strong>cto messo, quale hersera andò dal canto dellà per andare a Brixa con<br />

intentione, secondo luy <strong>di</strong>ce, de retornare qui a venire poy ala magnificentia vostra, ve<br />

farimo al’altra lettera resposta. Data in castris apud Gaydum, <strong>di</strong>e xii augusti 1453.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue ve depennato.<br />

(b) Segue piaza depennato.<br />

(c) Segue affine depennato.<br />

64<br />

Francesco Sforza comanda al podestà <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> por fine alla negligenza <strong>di</strong> fare a Giacomino<br />

Gazo quanto giustizia reclama.<br />

Potestati Papie<br />

(1453 agosto 12, “in castris apud Gaydum”).


Così, como per altre lettere date x del presente, così per queste te repplicamo che non<br />

havendo fina al presente dì che seria stata negligentia, facto de Iacomino Garzo quanto<br />

vuole iustitia, subito lo debbi fare, non obstante lettere, ambassiate o verun’altra cosa in<br />

contrario; et a questo non aspectare altre lettere che non poriano essere senza tuo<br />

mancamento. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

65<br />

Francesco Sforza scrive al conestabile dei fanti Bartolomeo da Bologna che, in seguito alle sue<br />

recriminazioni per non essere stato ancora sod<strong>di</strong>sfatto dei denari assegnatigli a Tortona e nel<br />

Tortonese, ha scritto tutte le lettere da lui richieste <strong>di</strong> modo che ora non ha che sollecitarne la<br />

esecuzione. Pagato che egli sia, si congiunga presto con la sua compagnia alle altre genti che<br />

sono in quelle parti.<br />

1453 agosto 12, “in castris apud Gaydum”.<br />

20v Bartholomeo de Bononia, pe<strong>di</strong>tum conestabili nostro.<br />

Havemo recevuto la toa lettera de dì vi del presente, data in Pontecurone, per la qual<br />

restiamo avvisati della toa andata lì et della lamenta ne fai che non habbi anchora<br />

potuto havere el spazamento tuo delli <strong>di</strong>nari te seranno assignati in Terdona et in<br />

Terdonese; al che, respondendo, te <strong>di</strong>cemo che molto ne maravigliamo che anchora<br />

non habbi havuto el <strong>di</strong>cto spazamento et ne rencresce et dole grandemente che tu sii<br />

stato menato così ala longa. Per la qual cosa havemo facto fare tute quelle lettere che<br />

tu ne rechiede le quale stanno in bona forma, et scrivemo in modo che faranno bono<br />

fructo et che non te sarà mancato de rasone et favore; sichè sollicitarai mò el <strong>di</strong>cto tuo<br />

spazamento et sforzati con ogni <strong>di</strong>ligentia et sollicitu<strong>di</strong>ne de spazarte presto per andare<br />

poi con la compagnia toa ad fare quanto è da fare insieme con quelle altre nostre gente<br />

sonno in quelle parte. Ex castris nostris felicibus apud Gaydum, <strong>di</strong>e xii augusti 1453.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

66<br />

Francesco Sforza comunica a Biagio Assereto Visconti che il conestabile Bartolomeo da<br />

Bologna si è lamentato perchè l’invio del suo cancelliere per avere i denari a lui assegnati<br />

dall’abbazia <strong>di</strong> San Alberto è stato vano. Lo sollecita vivamente perchè in ogni modo “sia facto<br />

rasone contra li <strong>di</strong>ctii debitori finchè luy sarà integramente satisfacto”.<br />

(1453 agosto 12, “in castris apud Gaydum”).<br />

Spectabili militi domino Blaxio Axereto de Vicecomitibus, <strong>di</strong>lectissimo nostro.<br />

Bartholomeo da Bologna, nostro conestabile, ne scrive per soe lettere et ne fa lamenta<br />

<strong>di</strong>cendo che, havendo mandato el suo canzellero ala terra vostra de Saravalle a<br />

domandare che li fosse facta rasone contra alcuni debitori della abba<strong>di</strong>a de Sancto<br />

Alberto per certi denari, quali gli havemo facti assignare per lo suo spazamento, esso<br />

non ha potuto havere rasone alcuna; del che se ne maravigliamo et non credemo perhò<br />

sia de vostra intentione, ma che più presto sia manchamento del vostro officiale.<br />

Pertanto ve confortiamo, caricamo et stringemo quanto più possiamo che vogliate<br />

or<strong>di</strong>nare et fare con effecto che al <strong>di</strong>cto Bartholomeo, o ad qualunche suo messo sia<br />

facto rasone contra li <strong>di</strong>cti debitori finchè luy sarà integramente satisfacto de tuti quelli<br />

<strong>di</strong>nari gli sonno assignati sopra la <strong>di</strong>cta abba<strong>di</strong>a; et in questo vogliateli dare ogni favore,<br />

aciochè sia spazato presto et possa andare con la compagnia soa ad unirse con quelle<br />

altre nostre gente et fare quanto gli sia da fare. Data ut supra.<br />

Leonardus.<br />

In simili forma scriptum fuit magnifice domine Luchine de Verme.<br />

Iohannes.


67<br />

Francesco Sforza scrive a Ludovico da Bologna che è stato da lui Scaboyno da Busseto,<br />

ambasciatore della comunità <strong>di</strong> Pontecurone, per perorare uno sgravio della tassa dei cavalli.<br />

Attualmente la comunità contribuisce secondo il parere <strong>di</strong> Pietro de Linate, commissario <strong>di</strong><br />

Tortona, cui lo Sforza ha imposto <strong>di</strong> attenersi alla tassa riportata nel libretto fatto, al tempo <strong>di</strong><br />

Filippo Maria Visconti, dal consigliere Niccolò Arcimbol<strong>di</strong>. L’ambasciatore <strong>di</strong> Pontecurone ha,<br />

però, obiettato che tale base <strong>di</strong> tassazione è stata rivista e ridotta da altri commissari e in<br />

particolare, da Giovanni Galeazzo <strong>di</strong> Ligurni per or<strong>di</strong>ne dello stesso duca Visconti, come è<br />

<strong>di</strong>mostrato “per scripture autentice”.<br />

La conclusione sforzesca è che “<strong>di</strong>cta reductione gli sia observata”.<br />

21r Lodovicho de Bononia.<br />

1453 agosto 11, “in castris apud Gaydum”.<br />

Scaboyno da Boxeto, ambaxatore dela comunità de Pontecurono, como tu sii ben<br />

informato, è stato qui da nuy più dì sonno per impetrare da nuy che quella comunità<br />

fosse alezerita dela taxa delli cavalli, ala quale del presente contribuisse secondo el<br />

parere che n'ha mandato Petro da Lonate, comissario de quella nostra cità de Terdona,<br />

al quale più et più volte, havendo respuosto et facto <strong>di</strong>re che nostra intentione è che la<br />

<strong>di</strong>cta comunità contribuisca et paghi quella parte de tasse de cavalli che se contene nel<br />

quaterneto delle taxe <strong>di</strong> cavalli, facto et or<strong>di</strong>nato nel tempo dela bona memoria del<br />

quondam illustrissimo ducha de Milano, Filippo Maria, per el spectabile consigliero<br />

domino Nicolò Arcimboldo et li altri sopra ciò deputati, como manifestamente appare. Et<br />

perchè el <strong>di</strong>cto ambaxatore allega ch’el compartito de <strong>di</strong>cta taxa facto per esso domino<br />

Nicolò fo da poi limitato et reducto ad minore somma de cavalli per altri comissarii, et<br />

maxime per Iohanane Galeaz <strong>di</strong> Ligurni per comissione del prelibato illustrissimo duca<br />

passato, offerendo luy monstrarlo con effecto et per scriptura autentica, volemo che<br />

subito, recevuta la presente, tu debii <strong>di</strong>ligentemente havere matura (a) informatione de<br />

questa tale reductione (b) et trovando tu in verità et per scripture autentice et valide<br />

questa tale reductione et essere stata observata nel tempo che viveva el prelibato<br />

quondam ducha, semo contenti <strong>di</strong>cta reductione gli sia observata in quello grado et<br />

forma medesma che li era observata nel pre<strong>di</strong>cto tempo d'esso signor ducha.<br />

Data in castris nostris apud Gaydum, <strong>di</strong>e xi augusti 1453.<br />

Iohannes.<br />

Iohannes.<br />

(a) Da volemo a reductione scritto su testo non totalmente abraso.<br />

(b) Segue observata nel tempo che viveva el prelibato quondam duca testo non abraso<br />

e parte dell’altro invece abraso e riportato subito dopo nella missiva.<br />

68<br />

Francesco Sforza avverte il podestà, il comune e gli uomini <strong>di</strong> Pontecurone che, nonostante la<br />

commissione fatta per lettere al famiglio ducale Ludovico da Bologna e portate dal loro<br />

ambasciatore Scaboyno da Busseto, permane il loro dovere <strong>di</strong> pagare integramente la somma<br />

già assegnata al conestabile Graziolo da Vicenza.<br />

Li rassicura che userà per “li carichi futuri..clementia et humanità”<br />

1453 agosto 13, “in castris apud Gaydum”.<br />

Potestati, communi et hominibus Pontiscuroni.<br />

Dilecti nostri, non obsante la commissione facta per le nostre lettere a Ludovico da<br />

Bologna, nostro famiglio, mò novamente portate per Scaboyno da Busseto, vostro<br />

oratore, ve advisamo et chiaremo per questa nostra lettera che la intentione nostra fo et<br />

è che voy integramente debiate satisfare al pagamento de Gratiolo da Vicenza, nostro<br />

conestabile, per quella somma de denari che vuy restati debitori, secondo la taxa (a)<br />

deli cavalli a voy assignata et taxata per lo pre<strong>di</strong>cto Ludovico da Bologna, perchè<br />

intendemo che li denari ch’el <strong>di</strong>cto Gratiolo resta havere in Terdonese, tanto dala<br />

comunità de Terdona, quanto da voy et dali altri comuni, se debiano senza reserve, nè<br />

contra<strong>di</strong>ctione alcuna pagare tucti integramente, strengendovi et expressamente<br />

comandandovi per questa che non vogliati più per questa caxone mandare da nuy a far


scusa, nì defesa alcuna, perchè non sarete exau<strong>di</strong>ti, et deinde ne porresti tal punitione<br />

che ve ne pentireste. Semo ben contenti che in li carrichi futuri usarvi clementia et<br />

humanità, maxime secondo chiarirà esso Lodovico per la commissione a luy facta. Data<br />

ut supra, xiii augusti 1453.<br />

Iohannes.<br />

(a) la taxa in interlinea.<br />

69<br />

Francesco Sforza nuovamente stimola Ludovico da Bologna a indurre coloro, che ancora vi<br />

sono tenuti, al pagamento <strong>di</strong> Graziolo da Vicenza in modo che, alla venuta <strong>di</strong> re Renato,<br />

Graziolo sia in grado <strong>di</strong> dare con gli altri quella <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> forza e potenza che consentirà<br />

<strong>di</strong> far uscire la gente ducale dalle gravezze “che patescono ogni zorno per caxone de questa<br />

guerra”. Da ciò l’insistito suo comando a Ludovico <strong>di</strong> costringere tutti “quelli communi, homini et<br />

persone”, che vi sono obbligati, non ignorando quelli del vescovato che ancora devono 500 lire,<br />

puntando su quei <strong>di</strong> Vighizzolo e, in particolare, su gli uomini <strong>di</strong> Pontecurone, riottosi ad<br />

assolvere i loro obblighi della tassa dei cavalli appigliandosi a ogni pretesto che ritar<strong>di</strong> o riduca<br />

l’assolvimento dei loro obblighi.<br />

21v Ludovico de Bononia.<br />

(1453 agosto 13, “in castris apud Gaydum”).<br />

Ludovico, perché da Gratiolo da Vincenza havemo continuamente grave querele et<br />

lamente per lo spazamento che non pò conseguire, et cognescemo ha gran raxone, et<br />

ultra questo, ogni maltrattamento che gli fa (a) in questi soy pagamenti et ogni longheza<br />

da tempo che se li (b) mette torna in nostro grave damno et detrimento per non potere<br />

operare el pre<strong>di</strong>cto Gratiolo in li nostri bisogni, et maxime al presente in la venuta dela<br />

sacra mayestà del re Renato, et <strong>di</strong>sponendo far a questa volta, con ogni nostro ingegno<br />

et possanza, far ultimum de potentia per vencere et ussire da questi affanni et levare li<br />

nostri popoli da tanti <strong>di</strong>spen<strong>di</strong>i et graveze che patescono ogni zorno per caxone de<br />

questa guerra. Volemo, et per questa te coman<strong>di</strong>amo che tu astrenghi con ogni<br />

solicitu<strong>di</strong>ne, industria et executione reale et personale tucti quelli communi, homini et<br />

persone, quali restano debitori del <strong>di</strong>cto Gratiolo per le taxe, non reservando persona<br />

alcuna, et sopratucto quelli del vescovato, quali restano a dare le v cento libre quelli de<br />

Pontecurono et Vighezolo, quali intendemo sonno molto renitenti et usano molte<br />

cavillatione et subtili subterfugii per <strong>di</strong>lhactare et fugare el pagamento, recordandoti et<br />

advisandoti che per la commissione che novamente te havemo facta per una nostra<br />

lettera per li homini de Pontecuro, come in essa lettera se contene, non intendemo, nè<br />

volemo ch’el pagamento del <strong>di</strong>cto Gratiolo se retar<strong>di</strong>, nè gli sia facta <strong>di</strong>minutione et<br />

defalcatione per quello che specta ali <strong>di</strong>cti homini de Pontecurone, secondo la taxa de<br />

cavalli per te alloro assignata. Ma la <strong>di</strong>cta commissione in le cose et carrichi futuri, cura<br />

aduncha far per forma che nuy non habiamo più querela dal <strong>di</strong>cto Gratiolo, ma che<br />

inten<strong>di</strong>amo el sia pagato et contentato. Data ut supra.<br />

Iohannes.<br />

(a) che gli fa in interlinea.<br />

(b) li in interlinea.<br />

70<br />

Francesco Sforza fa presente al commissario, al podestà e agli altri ufficiali ducali <strong>di</strong> Tortona la<br />

necessità <strong>di</strong> intervenire per por fine alle lamentele <strong>di</strong> Graziolo da Vicenza per la beffa dei<br />

mancati pagamenti e per l’irriguardoso comportamento verso i suoi uomini. Il duca ri<strong>di</strong>ce loro <strong>di</strong><br />

volere che Graziolo “sia de presente expe<strong>di</strong>to de tucto el suo resto”,in modo che sia <strong>di</strong>sponibile<br />

con gli altri a essere insieme con il re Renato. Sollecitino soprattutto quelli del vescovato a<br />

versare a Graziolo le 500 lire spettantegli e impongano agli uomini <strong>di</strong> Vighizzolo e <strong>di</strong><br />

Pontecurone <strong>di</strong> ban<strong>di</strong>re ogni remora “per <strong>di</strong>llactare et fugire el pagamento”.<br />

1453 agosto 13, “in castris apud Gaydum”.<br />

Commissario, potestati et ceteris officialibus nostris Terdone.<br />

Dilecti nostri, se dole et grava sommamente Gratiolo da Vincenza, nostro conestabile,


ch’el è menato ala longa in li soy pagamenti, quali deve havere in quella cità et nel<br />

<strong>di</strong>strecto et che da vuy non sonno li soy favoriti, nè a<strong>di</strong>utati como se non fusse facto<br />

nostro, nè che may ne habiati havuto commissione da nuy, dela qual cosa, siando<br />

cossi, molto ne dolemo et meravigliamo de vuy, perchè dovete comprendere ch’el male<br />

de Gratiolo è pur nostro. Et perchè nuy intendemo ch’el sia de presente expe<strong>di</strong>to de<br />

tucto el suo resto, aciochè se possa remettere imponcto 22r et essere insieme cum le<br />

altre nosre gente d’arme che sonno dal canto de là et cum la mayestà del Re, volemo<br />

et per questa ve coman<strong>di</strong>amo che vuy astringati con ogni sollicitutine, industria et<br />

executione reale et personale tutti quelli comuni, homini et persone quali restano<br />

debitori del <strong>di</strong>cto Gratiolo per le taxe, non resrvando persona alcuna, et sopratucto<br />

quelli del vescovato, quali restano dare le v cento libre, quelli de Pontecurono et<br />

Vighozolo, quali intendemo sonno molto renitenti et usano molte cavillatione et<br />

subterfugii per <strong>di</strong>llactare et fugire el pagamento. Curati adoncha far per forma che nuy<br />

non habiamo più querella dal <strong>di</strong>cto Gratiolo, ma che inten<strong>di</strong>amo el sia pagato et<br />

contentato. Data in castris nostris felicibus apud Gaydum. <strong>di</strong>e xiii augusti 1453.<br />

Iohannes.<br />

71<br />

Francesco Sforza avverte il fratello Corrado che per la violazione nemica <strong>di</strong> scritture e<br />

salvacondotti, egli, per reazione, ha revocati i suoi, come apprenderà dalla lettera ai Rettori <strong>di</strong><br />

Bergamo, che Corrado procurerà <strong>di</strong> far pervenire a destinazione con l’obbligo al suo messo <strong>di</strong><br />

aspettarne la risposta per legittimità <strong>di</strong> rappresaglia. Trascorso un giorno al <strong>di</strong> là del<br />

contramando, egli potrà muoversi a danneggiare i nemici. Gli aggiunge d’aver scritto al conte<br />

Giacomo e al Governatore per il tra<strong>di</strong>mento perpetrato contro la gente ducale <strong>di</strong> Castelleone<br />

“sotto loro salvoconducto”, informandoli della revoca (ma vieta ogni reazione da parte fraterna)<br />

dei suoi salvacondotti <strong>di</strong> Pan<strong>di</strong>no e Agnadello. Vuole che Corrado avvisi la gente ducale <strong>di</strong> qua<br />

dell’Adda <strong>di</strong> ben guardarsi dei salvacondotti avuti in contraccambio <strong>di</strong> quelli delle terre del<br />

Cremasco e <strong>di</strong> Geradadda.<br />

Magnifico Conrado fratri nostro.<br />

(1453 agosto 13, “in castris apud Gaydum”).<br />

Per le perfi<strong>di</strong>a et tra<strong>di</strong>menti delli inimici nostri, ali quali, nè a lor scripture, nè<br />

salviconducti se pò prestare fede alcuna, ce siamo mossi iustissimamente et con quella<br />

honestate che non hanno facta loro ad revocare li salviconducti, delli quali haveray<br />

informatione per la introclusa copia d'una lettera, quale scrivemo ali Rectori de<br />

Pergamo, et la qual lettera volimo subito la man<strong>di</strong> ali <strong>di</strong>cti Rectori per messo, el quale<br />

reporta la respuosta loro. Et passati che seranno li dì de contramando et anche uno dì<br />

più, per meglio iustificarse apresso Dio et il mondo, tu gli potrai correre et farli<br />

damnezare. Ma ben volemo che prima tu aspecti la resposta loro et apre le lettere sue<br />

per meglio intendere como tu te doveray regere, perchè non voressemo per modo alcuno<br />

in alcuna minima cosa mancare del’honore nostro. Havemo etiam<strong>di</strong>o scripto in<br />

campo inimico al conte Iacomo e Governatori agravandose del tra<strong>di</strong>mento hanno commesso<br />

contra l'homini et terra nostra de Castellione sotto loro salvoconducto, et<br />

avvisatoli che revocamo li salviconducti de Pan<strong>di</strong>no et Agnadello per nuy comessi in<br />

contracambio del vescovato de sopra; ma non volimo perhò che tu facii, nè lassi<br />

offendere li <strong>di</strong>cti da Pan<strong>di</strong>no, nè d'Agnadello fina tanto che te scriveremo altro. Ma ben<br />

volimo che tu avisi li nostri del <strong>di</strong>cto vescovato de sopra che se guardeno aciò non li<br />

intervenga quello è intervenuto a Castellione. Et similiter avisarai quelli altri nostri de<br />

qua da Adda che se hanno salvoconducto in contracambio dele terre de Cremasca et<br />

Giaradada et che se habiano a guardare perché, havendo nuy revocati li contracambii,<br />

vengono etiam<strong>di</strong>o ad essere revocati li salviconducti delli <strong>di</strong>cti nostri. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


72<br />

Francesco Sforza informa il conestabile Graziolo da Vicenza che due dei quattro bifolchi<br />

mandatigli non sono che soldati e, perciò, inadatti a condurre buoi. Ne completi, quin<strong>di</strong>, il<br />

numero, e paghi i bifolchi, come or<strong>di</strong>natogli, per due mesi, e non già per <strong>di</strong>eci giorni, come ha<br />

fatto con i predetti quattro.<br />

(1453 agosto 13, “in castris apud Gaydum”).<br />

22v Gratiolo de Vincentia conestabili nostro.<br />

Inteso quanto per toe lettere ne hai scripto delli quatro bebolci ne man<strong>di</strong> per lo<br />

compimento delli dodece te scripsemo, respondemo che sonno venuti et deli quatro ne<br />

sonno boni duy; l'altri duy <strong>di</strong>cono sonno soldati che non se à fa’ per lo facto nostro,<br />

perchè li soldati non sanno menazare bovi. Pertanto ve<strong>di</strong> de mandarne altri duy,<br />

avisandote che questi n'hai mandati <strong>di</strong>cono non havere havuti <strong>di</strong>nari più cha per dece dì<br />

et che non gli porranno stare, del che ne maravigliamo perchè tu sai te scrissemo che<br />

gli mandasti pagati per duy mesi. Pertanto vogli per ogni modo subito, recevuta questa<br />

nostra, dargli tanti <strong>di</strong>nari che siano pagati per duy mesi et cosi mandaray l'altri duy<br />

como per l'altre nostre te havimo scripto, perchè ad mandargli qui senza <strong>di</strong>nari<br />

haveriano casone de fugirsene, che saria molto pegio che la prima volta. Data ut supra.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

73<br />

Francesco Sforza scrive al vescovo <strong>di</strong> Tortona perchè convinca i suoi uomini a pagare, senza<br />

ulteriori tergiversazioni, i denari spettanti a Graziolo da Vicenza e metterlo, così, nella possibilità,<br />

alla venuta <strong>di</strong> re Renato, <strong>di</strong> andare dove occorre per “finire totalmente quella guerra de là”.<br />

Reverendo domino episcopo Terdonensi.<br />

(1453 agosto 13, “in castris apud Gaydum”).<br />

Como la vostra paternità debbe sapere restano li homini vostri del vescovato debitori de<br />

livre cinquecento de imperiali, secundo la conventione havuta con nuy; et per la<br />

renitentia et negligentia che usano in pagarli non pò fir spazato Gratiolo da Vincenza,<br />

nostro conestabile, al quale sonno assignati <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari. Per el che a nuy ne segue<br />

damno asay, et n’è per seguire asay maiore, perchè in la venuta dela mayestà del re<br />

Renato è mò necessario che tute le gente nostre che sonno de là se retrovano in<br />

poncto de potere andare dove sia il bisogno per ultimare et finire totalmente quella<br />

guerra de là, et non havendo <strong>di</strong>cto Gratiolo <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari non se porrà condure, che a nuy<br />

serà grande mancamento et damno. Per la qual cosa vogliamo per questa nostra<br />

pregarve et confortarvne che se haveti cara la gratia nostra et l'honore et bene nostro,<br />

vogliati fare che <strong>di</strong>cti homini subito paghino <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari con ogni celerità et senza<br />

exceptione alcuna aciò se possiamo valere d’esso Gratiolo, et non vogliati fare<br />

exusatione alcuna, perchè faremo tractare in l'avenire <strong>di</strong>cti vostri homini così bene che<br />

se haveranno ad laudare et contentarse molto bene. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

74<br />

Francesco Sforza rassicura il conestabile dei fanti, Graziolo da Vicenza, <strong>di</strong> avere sollecitato<br />

<strong>di</strong>rettamente Ludovico da Bologna per indurre i morosi al suo pagamento, non solo, ma <strong>di</strong> avere<br />

scritto “lettere molto efficace, mordente et minatorie” a tutti gli ufficiali <strong>di</strong> Tortona, a Ludovico da<br />

Bologna, al vescovo e a Pontecurone per cui crede <strong>di</strong> fargli ottenere quanto gli è dovuto. Prepari<br />

nel frattempo la sua gente all’arrivo <strong>di</strong> re Renato.<br />

Zanetto h informato la duchessa <strong>di</strong> quanto avviene in campo.<br />

(1453 agosto 13, “in castris apud Gaydum”).


23r Strenuo viro Gratiolo de Vincentia, pe<strong>di</strong>tum conestabili nostro <strong>di</strong>lecto.<br />

Respondendo a doe toe lettere continente in somma che non poi havere effecto alcuno<br />

del pagamento tuo, et cetera, <strong>di</strong>cemo, como per altre nostre più volte te habiamo<br />

scripto, ch’el ne rencressce et dole de questa tar<strong>di</strong>tà d’esso spazamento, et<br />

retrovandose qui Lodovicho da Bologna gli ne fesseno strictissima commissione, et non<br />

dubitamo nela sua retornata la harà facto bon fructo. Pur non <strong>di</strong> mancho, perchè non<br />

altramente desideramo questa tua expe<strong>di</strong>tione che te medesmo, scrivemo de novo<br />

lettere molto efficace, mordente et minatorie a tutti li officiali nostri de Tertona, a<br />

Ludovicho da Bologna, al vescovo et a Pontecurono, per modo non dubitamo a questa<br />

volta se ne caverano li pe<strong>di</strong>, sichè tu te porray valere delli toy <strong>di</strong>nari. Attende pur tu ad<br />

havere la tua compagnia insieme che in questa venuta dela mayestà del Re possi far<br />

honore et utile a te et ad nuy. Del facto dele spese facte per li toy, commessemo al<br />

<strong>di</strong>cto Lodovicho quello ne parse honesto dovesse seguire circha ciò. Data ut supra.<br />

Iohanns.<br />

Cichus.<br />

Die xii augusti.<br />

Per Zanetum scriptum illustrissime domine ducisse Me<strong>di</strong>olani de occurrentibus in<br />

castris.<br />

Cabalarius est Paolinus.<br />

75<br />

Francesco Sforza conferma a Bartoluccio da Gubbio, famigliare ducale, quanto già sa da<br />

Giacometto da Vailate che, in seguito a lettere ducali, il capitano <strong>di</strong> Gesezo aveva imprigionato<br />

un uomo <strong>di</strong> donna Luchina per il debito che detti uomini hanno della tassa dei cavalli con detto<br />

Giacometto e la sua squadra. Il prigioniero fu, però, liberato annullando, così, ogni garanzia <strong>di</strong><br />

pagamento. Or<strong>di</strong>na a Bertoluccio <strong>di</strong> intervenire per evitare che ciò sia definitivo e <strong>di</strong> fare in modo<br />

che Giacometto sia sod<strong>di</strong>sfatto.<br />

1453 agosto 14, “ex felicibus castris apud Gaydum”.<br />

Nobili Bartholucio de Eugobio, familiari nostri.<br />

Segondo che tu sarai informato per lo messo del strenuo Iacometto da Vaylate et sua<br />

squadra, per vigore de nostre lettere el capitaneo de Gesezo haveva sustenuto uno deli<br />

homini della magnifica madona Luchina per lo debito delle taxe <strong>di</strong> cavalli hanno li<br />

homini dela prefata magnifica madona Luchina con <strong>di</strong>cto Iacometto et sua squadra, et<br />

l'haveva facto dare segurtade, aut de comparire, aut de pagare una certa quantità de<br />

<strong>di</strong>nari; deinde vero siamo avisati che l'è stato licentiato et anche annullate le segurtade<br />

che seria uno fare che nè Iacometto, nè quelli della sua squadra fossero may pagati,<br />

che non volimo patire. Pertanto volemo che tu habii la <strong>di</strong>cta segurtate et la stringhi<br />

denuo ad fare el debito, segondo la promissione fata. Et a questo usa ogni <strong>di</strong>lligentia,<br />

qua me<strong>di</strong>ante, <strong>di</strong>cto Iacometto et sua squadra vengano hormay essere satisfacti. Ex<br />

felicibus castris apud Gaydum, <strong>di</strong>e xiiii augusti 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

76<br />

Francesco Sforza informa la consorte dell’inganno operato dai nemici che sono penetrati in<br />

Castelleone, in<strong>di</strong>fesa perchè fiduciosa degli ampi salvacondotti concessi agli abitanti, che se ne<br />

stavano “fora dela terra” e che, intenti alle faccende loro, furono presi con il loro bestiame. A<br />

tanta <strong>di</strong>sonorevole azione i nemici sono stati spinti dalla constatazione che ”li facti soi sonno per<br />

andare male et in ruyna per respecto della venuta del re Renato et li nostri apparati”. Per<br />

reazione a tanta vergogna nemica, lui (duca) ha annullati tutti i salvacondotti dati nel Cremasco,<br />

nella Geradadda, nel Bergamasco, nel Cremonese e nel Bresciano, e ha fatto avere notizia della<br />

sua ritorsione ai Rettori <strong>di</strong> Bergamo, al governatore e al provve<strong>di</strong>tore del campo veneziano. Per<br />

tranquillizzarla, fa sapere alla consorte che Donato è penetrato con dei suoi uomini in<br />

Castelleone e altri ancora vi sono entrati in nottata, mentre a Pizzighettone si trovano Corrado,<br />

Taddeo dal Verme e Sagramoro con otto squadre <strong>di</strong> gente d’arme e <strong>di</strong> fanteria, come le riporterà<br />

la lettera tasmessale e che lei farà avere al Consiglio segreto perchè mettano in guar<strong>di</strong>a


23v Illustrissime domine ducisse.<br />

chiunque ha salvacondotto dai nemici.<br />

1453 agosto 13, “in castris apud Gaydum”.<br />

Perchè ala signoria vostra sia noto quanto corre de zà, la advisamo, como per altra gli<br />

havemo scripto, che zobia passato, a dì viiii del presente vencturo, mandarono ad<br />

Castellione alcune squadre de gente d’arme et così fantarie et guastatore et cervede<br />

per torre quella nostra terra de Castellione, non havendo alcuno respecto, nè alcuno<br />

reguardo che quella terra havesse salvoconducto da loro per lo contracambio che nuy<br />

havevamo facto ad alcuni lochi de Cremascha, lo quale salvoconducto era così largo et<br />

amplo quanto fusse facto may nissuno salvoconducto, como la signoria vostra vederà<br />

per la copia inclusa, sich’el momento et progresso hanno facto contra la <strong>di</strong>cta terra non<br />

l'hanno possuto fare se non con grande ingano et tra<strong>di</strong>mento, rompendo la fede et<br />

promesse loro facte con tanta efficatia et solemnità como sonno, cogliendo et serrando<br />

li homini fora dela terra, quali stavano tuti ad fare le facende loro sotto la fede et<br />

promessa et secureza d'esso salvoconducto, et pigliandoli con tuti li loro bestiami et<br />

robba soa gli trovavano. Et volendo astringere li <strong>di</strong>cti homini che gli volesseno (a) dare<br />

la terra, essendogli resposto per li homini erano de fora et dentro che la terra non<br />

volevano, nè possevano dargli, perchè era la nostra, tandem se sonno firmati intorno<br />

quella nostra terra, la quale hanno trovata sproveduta senza alcuno forastero et<br />

soldato, perchè nuy se fidavamo anchora socto <strong>di</strong>cto salvoconducto et non ne paria<br />

necessario tenergli soldati; et benchè per el passato l’habiano pur malosservato le loro<br />

promesse, tamen non credevamo che dovessero prorumpere in tanto expresso<br />

tra<strong>di</strong>mento et ingano como è questo. Ma, veduto loro che li facti soi sonno per andare<br />

male et in ruyna per respecto della venuta della mayestà del re Renato, et li nostri<br />

apparati, et attendute le loro male con<strong>di</strong>tione in le quale se trovano acomodati ad<br />

dovere perdere, seguitano li mo<strong>di</strong> de quelli che sonno presso al ponto della morte, cioè<br />

fare ogni soa possanza per ogni via et modo, credendo de possere scampare; et cosi<br />

fanno loro, perché, vedendose malparati, como è <strong>di</strong>cto, postponeno la fede et l’honore<br />

credendo per questa via salvarse possa che si (b) vedeno la forza, l'inzegno, nè la<br />

facultà et virtù gli basta ad defenderse per la via honesta, licita et iusta, como deveriano<br />

circhare de fare, ma questo speramo non gli haverà ad giovare, procedendo loro con<br />

tanta iniquità, inganno et falsità, como fanno, et che in ogni modo haverano ad ruynare<br />

et fare male li facti soi in questo anno. Quanto al facto de Castellione advisamo la<br />

signoria vostra che Donato gli è intrato dentro con alcuni 24r et credemo, questa nocte<br />

passata et anche per questa proxima, gli siano intrato et intrararanno delle altre gente<br />

secundo l’or<strong>di</strong>ne havemo dato, et ad Pizguitone se trova Conrado, domino Tadeo del<br />

Verme et messer Segramoro con circa otto squadre de gente d’arme et fantarie, quale<br />

faranno quelle provisione siano necessarie per salveza de quello locho. Sichè la<br />

signoria vostra staghi de bona voglia, et per evitare in futurum simile inconveniente per<br />

la (c) inobservantia della fede et promesse loro, per non stare nuy et li sub<strong>di</strong>ti nostri in<br />

questo pericolo nel’advenire, havimo revocato tutti li salviconducti per nuy concessi,<br />

cosi in Cremascha, Gera d’Ada, et Bergamasca, como in Cremonese, Bressana et in<br />

ogni altro locho, secundo la signoria vostra vedrà per la inclusa copia della lettera<br />

havemo hogi scripta al governatore et prove<strong>di</strong>tore del campo dela Signoria, etiam alli<br />

rectori de Bergamo, con deliberatione de non concederne più veruno et che li sub<strong>di</strong>ti<br />

nostri non ne acceptano alcuno. Piacia ala signoria vostra, letta questa nostra lettera,<br />

mandarla al nostro Consiglio secreto ad ciò la vedano et provedano in advisare<br />

ogniuno, cosi quelli hanno salvoconducto da inimici, como li altri non l'hanno, perchè<br />

stiano advisati et non receveno damno, et ad questo fare tute le provisione gli parerano<br />

necessarie. Data in castris apud Gaydum, <strong>di</strong>e xiii augusti 1453.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

(a) volesseno scritto su rasura.<br />

(b) si in interlinea.<br />

(c) la in interlinea.


77<br />

Francesco Sforza conferma al referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> avere saputo della vertenza tra i dazieri<br />

lo<strong>di</strong>giani e gli uomini <strong>di</strong> Castelleone a proposito <strong>di</strong> esenzioni. Il momento consiglia <strong>di</strong> lasciar<br />

correre, e così ha pur detto al daziere della scannatura che attualmente si trova presso <strong>di</strong> lui.<br />

Referendario nostro Laude.<br />

1453 agosto 14, “ex felicibus castris apud Gaydum”.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere circha la <strong>di</strong>fferentia vertente tra li daciarii de quella<br />

nostra cità et li homini da Casteione per cagione dela exemptione, quale prentendano<br />

havere da nuy, ale quale, respondendo, <strong>di</strong>cemo che, andando le con<strong>di</strong>ctione de tempi<br />

como vano de presente, a nuy pare e volemo, con quella prudentia e bono modo<br />

saperiti ben fare, debiate tenere la cosa in colo e non procedere più ultra per alcuni dì,<br />

non intendendo per questo preiu<strong>di</strong>care ad alcuna ragione dele parte. Et così havemo<br />

facto <strong>di</strong>re al daciero dela scanatura, qual se trova qui, che habia patientia per uno pezo.<br />

Ex felicibus castris apud Gaydum, <strong>di</strong>e xiiii augusti 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

78<br />

Francesco Sforza comanda al podestà, al comune e agli uomini <strong>di</strong> San Colombano <strong>di</strong> stare a<br />

quanto richiedono suo fratello Corrado e il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, cosa che, data la situazione<br />

dello stato, dovrebbero fare spontaneamente per la salvaguar<strong>di</strong>a <strong>di</strong> quelle parti.<br />

(1453 agosto 14, “ex felicibus castris apud Gaydum”).<br />

Potestati, comuni et hominibus terre nostre Sancti Columbani.<br />

Per le cose occorreno de presente et che importano al stato nostro volimo, et exprese<br />

ve comman<strong>di</strong>amo che debiati obe<strong>di</strong>re et exeguire quanto ve comandarano et<br />

rechiederano Conrado, nostro fratello, et il locotenente de Lo<strong>di</strong>; la qual cosa doveresti<br />

voi fare, eciam se may non ve ne scrivessimo nuy, perchè in le cose concernente el<br />

stato nostro et la conservatione de quelle parte gli doveti essere prompti et cal<strong>di</strong> più che<br />

l'altri, maxime perchè non intendemo per contributione de guastatori, né per altro<br />

preiu<strong>di</strong>care ala vostra exemptione. E tu, podestà, fa exeguire quanto havemo sopra<br />

<strong>di</strong>cto. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

79<br />

Francesco Sforza si compiace con il referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> per tutto quello che ha comandato<br />

(“piatti”, maestri e guastatori mandati a Cerreto) e per il proposito <strong>di</strong> riparare la torretta presso<br />

Cerreto. Lo avvisa che scriverà al referendario <strong>di</strong> lì <strong>di</strong> provvedere alle spese per Cerreto e per le<br />

altre cose. Sicuro che i nemici faranno <strong>di</strong> tutto per captare le <strong>di</strong>sposizioni per la ripresa <strong>di</strong><br />

Castelleone, vuole che per quattro o cinque giorni i locali non vadano oltre Adda, nè alcuno ne<br />

venga <strong>di</strong> qua.<br />

24v Locutementi Laude.<br />

(1453 agosto 14, “ex felicibus castris apud Gaydum”).<br />

Havendo recevute le vostre lettere date xi del presente per le quale restiamo avvisati de<br />

più cose de le quale tute ve comen<strong>di</strong>amo e molto ne piace, cosi deli piatti, quanto deli<br />

maystri e guastatori havete mandato a Cerreto et anche ne piace el proponimento haviti<br />

facto per la reparatione dela torreta apresso Cerreto con quelle colompne le quale<br />

farete tagliare in li buschi de quelli da Muzano, li quali sarano contentissimi per quello<br />

che gli scrivemo per le alligate, quale gli farite presentare. Scrivemo etiam<strong>di</strong>o per vostro<br />

recordo al referendario lì per lettere sottoscripte de nostra propria mano che proveda<br />

ale spese necessarie, cosi per Cerreto como per altro caso importante al stato nostro;<br />

provederiti adoncha a quanto bisognarà con bona <strong>di</strong>ligentia. Ceterum perchè siamo


certi che l’inimici se inzignarano de spiare et sentire che or<strong>di</strong>ne pigliarano le nostre<br />

gente circha la ripresa de Castellione, volimo che or<strong>di</strong>nati, almancho per questi quatro o<br />

cinque dì, che nè li villani che debbano essere reducti dellà da Adda per la rotura delli<br />

salviconducti, nè veruno altro possa passare de qua da Adda, et a questo metite bono<br />

or<strong>di</strong>ne. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

80<br />

Francesco Sforza chiede a Giacomo e a Giovanni Francesco de Muzano <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> consentire<br />

che si prenda del legname dei loro boschi per riparare le fortezze <strong>di</strong> Cerreto.<br />

(1453 agosto 14, “ex felicibus castris apud Gaydum”).<br />

Iacobo et Iohanifrancisco de Muzano de Laude.<br />

Accadendo de presente necessariamente fare alcune reparatione ale nostre forteze de<br />

Cerreto ne è <strong>di</strong> bisogno una quantità de legname, qual habelmente non se pò havere<br />

se non dali vostri buschi. Per bene adoncha del stato nostro e conservatione de quella<br />

nostra parte, ve confortiamo ad havere pacientia et essere contenti che se habiano <strong>di</strong>cti<br />

lignami neli vostri buschi; la qual cosa siamo certi fariti voluntera per l'amore et fede<br />

portati a nuy et al stato nostro. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus<br />

Cichus.<br />

81<br />

Francesco Sforza scrive al conestabile Gaspare de Suessa <strong>di</strong> essere certo che gli siano già stati<br />

mandati i “piati” , i maestri e i guastatori richiesti per la sicurezza delle fortezze. Lo avverte che i<br />

nemici sono intenti a spiare quanto si fa per la ripresa <strong>di</strong> Castelnuovo. Gli or<strong>di</strong>na che, per quattro<br />

o cinque giorni, non lasci passare in là, nè in qua dall’Adda e neppur in su e in giù del fiume<br />

persona alcuna che possa dare informazioni al nemico.<br />

(1453 agosto 14, “ex felicibus castris apud Gaydum”).<br />

Gasparri de Suessa, conestabili nostro pe<strong>di</strong>tum.<br />

Siamo certi che ala receputa de questa saranno mandati lì quelli piati e quelli maystri et<br />

guastatori per ti rechesti al locotenente de Lode, et similiter se faranno l'altre provisione<br />

necessarie. Sichè attende pur ala bona 25r et ala salveza de quelle nostre forteze.<br />

Ceterum aciochè l'inimici nostri non possano spiare et intendere quanto farano et<br />

or<strong>di</strong>narano le nostre gente che sonno al'impresa de Castelleone, volimo che con bona<br />

<strong>di</strong>lligentia, almanco per questi quatro o cinque dì, che prove<strong>di</strong> de non lassare passare<br />

alcuno per lì, nè praticare con li toi, havendo bona <strong>di</strong>ligentia che de là da Adda, nè su,<br />

nè zoso passi alcuno che possa dare adviso al'inimici, rendendoce certi che cercarano<br />

per ogni modo et via sapere quanto se farà et or<strong>di</strong>narà. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

82<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> mandare in campo da Bartolomeo da<br />

Cremona il bombar<strong>di</strong>ere maestro Tarda.<br />

Locutenenti Laude.<br />

(1453 agosto 14, “ex felicibus castris apud Gaydum”).<br />

Volimo che recevuta questa comandati da nostra parte ad maestro Tarda, bombardero,<br />

che subito se ne vengha qui in campo et se presenta da Bartholomeo da Cremona, al<br />

quale havemo commesso quanto haverà ad fare. Data ut supra.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.


83<br />

Francesco Sforza scrive a Pietro da Norcia, luogotenente, a Giacomo da Castiglione, podestà,<br />

a Bongiovanni Zerbo, referendario, e ai presidenti agli affari <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> non con<strong>di</strong>videre la loro<br />

delibera <strong>di</strong> rifiutare l’abitazione lì all’ebreo Emanuele che voleva venire a tenere un banco in<br />

sostituzione <strong>di</strong> un ebreo fattosi cristiano. Ritiene che “quanto più zudei gli fosseno, tanto<br />

megliore et più avantazo seria ali cita<strong>di</strong>ni” per la concorrenza che si farebbero nel concedere<br />

interessi. Esorta il luogotenente e gli altri “a più maturamente consutare la cosa”<br />

per una nuova deliberazione.<br />

(1453 agosto 14), “ex felicibus castris (apud Gaydum)”.<br />

Domino Petro de Nursia, locutenenti, Iacobo de Casteliono, potestati, domino<br />

Boniohanni Zerbo, referendario, necnon presidentibus negociis civitatis nostre Laude.<br />

Havemo recevuta vostra lettera de duy deputati responsiva ad una nostra circha’l facto<br />

de uno ebreo, (a) quale voleva venire ad habitare in Lo<strong>di</strong> et tenire bancho et potere<br />

usare li capitoli che usano li altri zudei, quale ebreo ha bono nome et volevà venire in<br />

scambio et luoco de Hemanuello, quale è deventato christiano, de che pare che ad vuy<br />

deputati non satisfaza cum <strong>di</strong>re che ne sonno troppo <strong>di</strong> quelli (b) gli sonno. Et perchè<br />

nuy siamo d'altro parere, perchè quanto più zudei gli fosseno tanto megliore et più<br />

avantazo seria ali cita<strong>di</strong>ni che l'uno per l'altro per havere el suo bancho più aviato<br />

fariano più avantagio del interese del <strong>di</strong>naro prestassero, et così etiam<strong>di</strong>o fariano più<br />

l'intrada megliore della citade et seguiriane assai più acconze et beneficii alli citta<strong>di</strong>ni,<br />

essendo ebrei assay cha essendone pochi: Sichè ne pare che debiate de novo più<br />

maturamente consultare la cosa et poi vogliati per un’altra vostra deliberatione<br />

responderne del parere vostro circha zò. Ex felicibus castris, ut supra.<br />

Duplicata <strong>di</strong>e xvii augusti 1453.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

(a) Da responsiva a ebreo scritto su rasura.<br />

(b) Da cum a quelli scritto su rasura.<br />

84<br />

Francesco Sforza comanda nuovamente al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> non dare alcuna molestia a<br />

Regalia, padre del suo famiglio Babor, per qualsiasi imputazione passata ascrittagli, perchè lo<br />

ha perdonato. Se in futuro facesse cosa indebita, si avvisi il duca che interverrà.<br />

25v Locumtenenti Laude.<br />

1453 agosto 14, “in castris apud Gaydum”.<br />

Sì como altre volte ve or<strong>di</strong>nassemo, così per queste ve replicamo che a Regalia, patre<br />

de Babor, nostro famiglio, non debiate gravare nè dare molestia alcuna per imputacione<br />

gli fusse data, o per mancamento, o delicto havesse cometuto da qui in dreto, perchè<br />

gli havemo remisso et perdonato. Sichè, havenoli facta novitate alcuna proinde,<br />

revocatela, et accadendoli per l'avenire far cosa indebita, che da fare non sia,<br />

avisaritene per vostre lettere, perchè non intendemo nuy ch’el, se parte dala honestà e<br />

ben vivere, gli faremo debita provisione. Data in castris nostris apud Gaydum, <strong>di</strong>e xiiii<br />

augusti 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

85<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Bolognino de Attendolis <strong>di</strong> affidare al messo del capitano <strong>di</strong> giustizia<br />

quei suoi uomini che hanno partecipato all’omici<strong>di</strong>o del podestà.<br />

Magnifico Bolognino de Attendolis.<br />

1453 agosto <strong>16</strong>, “ex castris apud Gaydum”.


Alli <strong>di</strong> passati per alcuni da Landriano è stato commessso l'omici<strong>di</strong>o nella persona del<br />

podestà, delli quali intendemo alchuni sonno nelle forze vostre. Pertanto volimo li<br />

debiati far mettere nelle mano de qualunche messo del nostro capitaneo de iustitia,<br />

presente exhibitore, quale gli ministrarà iustitia secundo ha comissione da nuy. Ex<br />

castris nostris felicibus apud Gaydum, <strong>di</strong>e xvi augusti 1453.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

86<br />

Francesco Sforza richiama a Corrado l’atto <strong>di</strong>sonesto commesso dai nemici che hanno preso gli<br />

uomini <strong>di</strong> Castelleone pur muniti del suo salvacondotto. Siccome ritiene che i nemici possono<br />

ripetersi altrove, vuole che ammonisca chiunque nel Lo<strong>di</strong>giano, <strong>di</strong> qua o <strong>di</strong> là dell’Adda, <strong>di</strong> non<br />

fidarsi dei salvacondotti loro rilasciati . Di ciò avverta anche Gaspare da Sessa a Cerreto e<br />

altrove per fare buona guar<strong>di</strong>a<br />

Magnifico domino Conrado.<br />

1453 agosto 12, “in castris apud Gaydum”.<br />

Siamo certi tu havere inteso el tra<strong>di</strong>mento hanno usato verso nuy l’inimici in mandare<br />

ad pigliare li homini nostri de Castellione, quali havevano salvoconducto amplissimo<br />

dali suoi per havere quella terra, benchè non gli sia reuscito el pensiero. Pertanto,<br />

vedendo nuy per questo, et anche per molte altre experientie, che costoro non hanno<br />

fede et non extimano honore nè vergogna, aciochè sotto fidanza de salviconducti non<br />

possino fare altrove como hanno facto ad Castellione, volimo debbe avisare ogniuno<br />

deli nostri havessero salvoconducto, così de qua come dellà da Adda in Lodesana, che<br />

staghino da mò inanti attenti, vigili et solliciti et non se fideno de loro salviconducti per<br />

modo non recevano damno; così advisarai Gasparro da Sessa ad Cerreto et altrove,<br />

dove te parerà necessario che se atten<strong>di</strong> ad bona guar<strong>di</strong>a, 26r perchè siamo certissimi,<br />

como hanno facto questo vedendosela bella, fariano ogni gran male como quelli che<br />

non hanno fede et non extimano honore da vergogna. Data in castris nostris apud<br />

Gaydum, <strong>di</strong>e xii augusti 1453.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

87<br />

Francesco Sforza manifesta a Corrado la sua sod<strong>di</strong>sfazione per la vittoria sui nemici accampati<br />

a Castelleone, ma si <strong>di</strong>ce preoccupato per la ferita avuta alla testa. Gli manda maestro Giacomo,<br />

eccellente chirurgo, me<strong>di</strong>co del marchese <strong>di</strong> Mantova (che però non gra<strong>di</strong>sce che sosti a<br />

Castelleone), da Milano gli fa avere un altro me<strong>di</strong>co, e ha anche scritto a maestro Luigi da Burda<br />

<strong>di</strong> andare da lui. Siccome la via <strong>di</strong> Castelleone è <strong>di</strong>sagevole, lo consiglia <strong>di</strong> portarsi a Lo<strong>di</strong> o, non<br />

potendo ciò fare, a Pizzighettone.<br />

Suprascripto magnifico Conrado.<br />

1453 agosto <strong>16</strong>, “ex castris apud Gaydum”.<br />

Della victoria obtenuta contra li nostri nemici, quali erano acampati contra Castellione,<br />

et maxime per lo tuo bono or<strong>di</strong>ne, ne havemo preso gran<strong>di</strong>ssimo piacere et<br />

contentamento. Dal'altra parte dal tuo cancellero semo advisati como tu sii stato ferito<br />

nella testa, dela qual cosa havemo preso despiacere assay. Et perchè altramente non<br />

desideramo la salute toa che la nostra, te man<strong>di</strong>amo maestro Iacomo, me<strong>di</strong>co<br />

del’illustre signore marchese de Mantua, quale in cerrosica è sufficientissimo et<br />

solemnissimo me<strong>di</strong>co. Scrivemo anchora a Milano ch’el te ne sia mandato un altro, et<br />

similiter scrivemo a maestro Luyse da Burda che li vengha anchora luy, sichè speramo<br />

per a<strong>di</strong>uto de me<strong>di</strong>ci non te sarrà manchato in cosa veruna. Et perchè la tua stantia a<br />

Castellione non è bona per respecto al suspecto de la peste et del camino mal securo,<br />

ne pare per ogni modo te fazi portare a Lode; et non possendo andare fin a Lo<strong>di</strong>, te fazi<br />

portare a Pizguitone, attento maxime che al signor marchexe non piace ch’el suo<br />

me<strong>di</strong>co venghi a Castellione, ad ciò che senza suspecto possa fra octo dì retornare da<br />

luy, perchè continuo là adoprera. Ex castris nostris apud Gaydum, <strong>di</strong>e xvi augusti 1453.


Iohannes.<br />

88<br />

Francesco Sforza conferma a Giovanni Stefano da Casate , capitano della Lomellina, <strong>di</strong> aver<br />

saputo dello scorretto comportamento degli uomini del Cairo e <strong>di</strong> Gambarana che non hanno<br />

consentito, in <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enza alla duchessa e a lui stesso, <strong>di</strong> dare alloggio ai compagni del<br />

Colleoni, per cui furono privati dai nemici dei loro cavalli. Il duca impone che quei del Cairo e <strong>di</strong><br />

Gambarana risarciscano detti compagni delle loro per<strong>di</strong>te.<br />

1453 agosto <strong>16</strong>, “ex felicibus castris apud Gaydum”.<br />

26v Egregio militi domino Iohanni Stefano de Casate, <strong>di</strong>lecto capitaneo nostro<br />

Lumelline.<br />

Per vostre lettere scripte al magnifico Bartholomeo Coglione, nostro capitano d'arme,<br />

havemo inteso che per proprio defecto et mancamento delli homini nostri da Cayro et<br />

Gambarana, li quali, non havendo voluto nè per lettere dela illustrisima madona<br />

Biancha, nostra consorte, nè per vostro comandamento, allogiare alcuni compagni del<br />

pre<strong>di</strong>cto magnifico Bartholomeo, è seguito che l'inimici gli hanno sachezati e toltoli li<br />

cavalli, del che non solamente ne segue grande incomodo ali <strong>di</strong>cti compagni, ma<br />

etiam<strong>di</strong>o a nuy, et non intendemo patere la temerità, insolentia et inobe<strong>di</strong>entia da <strong>di</strong>cti<br />

da Cayro et Gambarana. Per dare exemplo de obe<strong>di</strong>entia alli altri, et expresse ve<br />

commettemo che debiati stringere li <strong>di</strong>cti da Cayro e Gambarana a pagare li suoi cavalli<br />

a quelli compagni et ogni altra robba a loro tolta per non essere stati allogiati como<br />

dovevano, et questo sumariamente et senza veruna exceptione, non aspectando altre<br />

replicatione de nostre lettere superinde, ma exequito quanto havemo sopra<strong>di</strong>cto. Ex<br />

felicibus castris apud Gaydum, <strong>di</strong>e xvi augusti 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

89<br />

Francesco Sforza in merito a quanto gli ha scritto il commissario <strong>di</strong> Tortona, gli risponde che la<br />

pretesa <strong>di</strong> quelli del vesvovato <strong>di</strong> avere da lui una <strong>di</strong>chiarazione ducale prima <strong>di</strong> pagare le 500<br />

lire è assurda. Gli or<strong>di</strong>na che con ogni mezzo li costringa al pagamento dovuto, perchè, se ciò<br />

non avvenisse, ne ricadrebbe su <strong>di</strong> lui la colpa.<br />

Quanto al pagamento <strong>di</strong> Baldassare da Vicenza, provveda a fare quanto circa ciò deve fare.<br />

Circa quei <strong>di</strong> Pontecurone e <strong>di</strong> Vighizzolo, gliene ha parlato a sufficienza in un’altra lettera.<br />

Petro de Lonate, comissario Terdone<br />

(1453 agosto <strong>16</strong>, “ex felicibus castris apud Gaydum”).<br />

Havemo recevuto doe toe lettere de dì vii et viii del presente per le quale restiamo<br />

avisati de quanto tu ne scrive, et, respondendo alle parte necessarie, primo, alla parte<br />

delle livre cinquecento, quale non voleno pagare l’homini del vescovato se prima non<br />

hanno la declaratione, et cetera, <strong>di</strong>cemo che loro non hebbeno may compositione con<br />

nuy alcuna che gli dovessemo fare la <strong>di</strong>cta declaratione domandano, sichè se<br />

maravegliamo de questo. Pertanto volemo che debbi astringerli al pagamento delle<br />

<strong>di</strong>ete livre 500 et chiarire molto bene al vescovo et alli <strong>di</strong>cti homini che l’intentione<br />

nostra è 27r che fazano per l'avenire como hanno facto per lo passato et como fanno et<br />

farano li altri homini nostri del Terdonese; et quando vogliano essere renitenti a questa<br />

nostra voluntà e <strong>di</strong>spositione, te comettiamo et volemo che, per qualunque via et modo<br />

te parerà meglio et più expe<strong>di</strong>ente, li debbi astringere a fare el debito, como è rasone.<br />

Et circa ciò cura che non gli vengha mancamento alcuno dal canto tuo, como credemo<br />

farai con <strong>di</strong>ligentia; e quando pur non lo facessero non se doleressemo se non delli facti<br />

toy.<br />

Ala parte del spazamento de Baldesarro da Vincensa, havemo inteso quanto ne scrive,<br />

et non <strong>di</strong>cemo altro se non che vogli attendere ad fare quanto circa ciò hai da fare; et<br />

de questo facto non ne scriverai più niente a nuy.<br />

Ala parte de quelli da Pontecurono et Viguzolo non <strong>di</strong>cemo altro, perchè per un'altra


nostra te havemo avisato a compimento <strong>di</strong> quello hai a fare; sichè cura de exequire<br />

quanto per essa te havemo scripto. Data ut supra.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

90<br />

Francesco Sforza risponde alla duchessa, intervenuta a favore <strong>di</strong> Giacomino Garzo dalle<br />

Gerola per il buon comportamento <strong>di</strong> suo fratello Antonio, che “lassi far ragione”, anche perchè<br />

crede che “già sarà spazato”.<br />

Illustrissme domine ducisse.<br />

(1453 agosto <strong>16</strong>, “ex felicibus castris apud Gaydum”).<br />

Respondendo ale lettere della vostra excelentia, per la quale ne recomanda Iacominio<br />

Garzo dale Gerole per li boni deportamenti de Antonio, suo fratello, <strong>di</strong>cemo che,<br />

havendo già nuy scrito ch’el se facesse ragione e iusticia de luy secundo rechiede el<br />

suo delicto et mancamento, non ne potria seguire honore alcuno a perdonarli, benchè<br />

credemo già sarà spazato, avisando la signoria vostra che da più zentilhomini e che<br />

hanno voglia de ben vivere, siamo instati ch’el se facia iustitia per dare exemplo ad altri<br />

che non comettere simile tra<strong>di</strong>mento. Sichè ad nuy pare che la signoria vostra lassi far<br />

ragione. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

91<br />

Francesco Sforza scrive all’ufficiale delle munizioni, che gli ha elogiato maestro Cristoforo da<br />

Lanza in fare ponti e scale, <strong>di</strong> mandarlo, per conoscerlo, da lui, possibilmente con “qualche cosa<br />

de sua industria”.<br />

27v Officiali munitionum Papie.<br />

(1453 agosto <strong>16</strong> “ex felicibus castris apud Gaydum”).<br />

Havemo recevuto le toe lettere per le quale remanemo avisati dela virtute et industria<br />

de maestro Christoforo da Lanta in fare ponti et scale con molto inzegno, e te<br />

comen<strong>di</strong>amo de tale aviso; et anche volimo che tu ne lo man<strong>di</strong> qua subito, perchè lo<br />

volemo vedere e conoscere. Et siandoli possibile, fa’ che’l porti qualche cosa de sua<br />

industria et inzegno, che’l possiamo vedere. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

92<br />

Francesco Sforza scrive all’ingegnere magistro Giovanni <strong>di</strong> Salle e ai suo affini, <strong>di</strong> consentire<br />

che la contessina, loro parente, si mariti, come vorrebbe il Colleoni, con un suo uomo d’arme,<br />

“valoroso e da bene”. Il duca conferma tali pregi.<br />

(1453 agosto <strong>16</strong>, “ex felicibus castris apud Gaydum”).<br />

Magistro Iohanni, ingeniario de terra Sallarum, necnon eius affinibus.<br />

El magnifico Bartholomeo Coglione, nostro capitaneo d’arme, ne ha facto <strong>di</strong>re e<br />

pregare cum instantia che, a sua singulare complacentia, vogliamo operare e fare che<br />

contesina vostra parente sia maritata ad uno suo homo d’arme e squadrero valoroso e<br />

da bene et a luy carissimo. Per la qualcosa così per compiacere ala sua magnificentia,<br />

como etiam<strong>di</strong>o per le virtute del <strong>di</strong>cto squadrero, el quale, segondo siamo informati, è<br />

tale che ve ne contentariti, a noi pare e ve confortiamo e ve carichamo a compiacere e<br />

farre quanto vorà el <strong>di</strong>cto magnifico Bartholomeo. E questo non obsante che’l ve fusse<br />

facto comandamento alcuno per parte nostra o d'altri che non la dovesti maritare senza<br />

nostra licentia. Data ut supra.


Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

93<br />

Francesco Sforza comanda al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> imprigionare il suo famiglio d’arme Giorgio<br />

da lo<strong>di</strong><br />

Locumtenenti Laude<br />

1453 agosto 17, “in castris apud Gaydum”.<br />

Volimo che, recevuta questa, ve<strong>di</strong>ati de havere nelle mane Zorzo da Lo<strong>di</strong>, nostro<br />

fameglio d'arme, quale è venuto ad Lo<strong>di</strong>, et fatilo mettere in presone et che sia ancora<br />

presone ben cativa per modo non possa fugire. Et che non sia lassato senza nostra<br />

licentia. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xvii augusti 1453.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

94<br />

Francesco Sforza risponde alla lettera <strong>di</strong> Bartolomeo Colleoni su quanto ha saputo tramite il suo<br />

cameriere Fracino e soprattutto su quanto <strong>di</strong>sonestamente Andrea da Birago ha scritto al<br />

condottiero. Lo rassicura <strong>di</strong> convenire con quello che lui, Colleoni, ha risposto ad Andrea e gli<br />

accerta che lui è “el capitaneo, governatore, capo et guida <strong>di</strong> quella impresa” e vuole che tutte le<br />

genti che sono <strong>di</strong> là gli obbe<strong>di</strong>scano, come al duca stesso, pur non tralasciando <strong>di</strong> soggiungere<br />

<strong>di</strong> volere che tutti, Colleoni compreso, sottostiano ai coman<strong>di</strong> <strong>di</strong> re Renato.<br />

Allegata polizza.<br />

Il duca suggerisce al Colleoni <strong>di</strong> mandare uno dei suoi uomini a far atto <strong>di</strong> omaggio a re Renato,<br />

manifestandogli la sua <strong>di</strong>sponibilità a essere ossequiente ai suoi coman<strong>di</strong> ed esortando il<br />

sovrano “a far qualche cosa contra li..nemici” per piegarli a un accordo. Il duca gli rende noto <strong>di</strong><br />

aver preso atto del contenuto della lettera inviata al Colleoni dalla moglie per <strong>di</strong>rgli che i<br />

Veneziani erano contenti <strong>di</strong> “contrabiarla” con Giovanni Conte. Il duca gli fa presente <strong>di</strong> tener al<br />

“comodo et bene” suo, come al proprio.<br />

28r Magnifico Bartholomeo Cogliono.<br />

(1453 agosto 17, “in castris apud Gaydum”).<br />

Havemo recevuto una vostra lettera de dì xiiii presente, et inteso quanto ne haveti<br />

scripto et anche quanto per parte vostra ne ha <strong>di</strong>cto Fracino vostro camerero, et anche<br />

havemo veduto la lettera che ve ha scripto Andrea da Birago, al che, respondendo, ve<br />

<strong>di</strong>cemo che grandamente ne è despiaciuto el scrivere d'esso Andrea in quella forma,<br />

perchè è stato molto deshonesto. Et non ha facto bene, imo ha facto a nuy cosa<br />

molestissima, perchè nostra intentione che vuy siati el capitaneo, governatore, capo et<br />

guida de quella impresa et de tutte quelle nostre (a) facende dellà; et volemo che tute<br />

quelle nostre gente che sonno dellà, cosi da cavallo como da pede, ve siano obe<strong>di</strong>ente<br />

como ad nuy medesmi et fazano tuto quello per vuy gli serà <strong>di</strong>cto, or<strong>di</strong>nato et<br />

comandato non altramente che per nuy, como del tuto havemo resposto al <strong>di</strong>cto<br />

Frazino, al quale potrite credere como a nuy. Et <strong>di</strong>cemo che la resposta haviti facta ad<br />

esso Andrea ne è piaciuta. Et non voressemo anche che vuy gli aveste facta altra<br />

resposta, perchè quello medesmo per nostre lettere gli habiamo resposto nuy, cioè che<br />

non intendemo che li salviconducti facti per nuy siano violati (b), quantunche quelli de<br />

Monteferrato habiano rotti et violati li suoi; ma gli havemo ben scripto che de quello ha<br />

facto luy, faza como gli pare et piace. Et perchè nostra intentione che vuy siati<br />

governatore et capo, como havemo <strong>di</strong>cto, ve avisamo che de novo scrivemo a tuti quelli<br />

nostri conducteri et gente, benchè per altre nostre gli sia stato scripto che ve<br />

obe<strong>di</strong>scano in tute le cose como a nuy medesmi. Ma ben ve <strong>di</strong>cemo che vuy poi vogliati<br />

essere con tute quelle nostre gente obe<strong>di</strong>ente ala mayestate del re Renato, como a nuy<br />

proprii, et così fare et exequire quanto per luy ve serà or<strong>di</strong>nato et commesso, non<br />

altramente che se fossemo nuy proprii. Data ut supra.<br />

Bonifacius.


Iohannes.<br />

(a) nostre in interlinea.<br />

(b) violati su rasura.<br />

Poliza.<br />

Ad nuy pare che man<strong>di</strong>ati uno delli vostri ad offerirve ala maestà del Re <strong>di</strong>cando como<br />

sete apparechiato con le nostre et vostre gente insieme ad obe<strong>di</strong>re li comandamenti et<br />

pareri suoi molto più che li nostri, confortando la maestà soa a mettere mano a far<br />

qualche cosa contra li nostri nemici, perchè monstrandosegli el volto del'arme più<br />

humelmente inclinarano al’acor<strong>di</strong>o con quelle altre parolle 28v che ve pareranno<br />

bisognare. Apresso, l'altro dì, la magnificentia vostra ne mandò una lettera dela dona<br />

vostra, quale faceva mentione como Venetiani sonno contenti contrabiarla con Zohane<br />

Conte, al che brevemente respondendove <strong>di</strong>cemo che nuy semo ale mano tucta volta<br />

in questa materia et siati certissimo che non altramente haveremo a niente el vostro<br />

comodo et bene como el nostro medesmo, et dela deliberatione se pigliarà, subito ve<br />

ne advisaremo. Data ut in litteris.<br />

Iohannes.<br />

Francisco Malette.<br />

95<br />

Francesco Sforza triplica a Francesco Maletta l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> portarsi da lui.<br />

1453 agosto 17, “ex castris nostris apud Gaydum”.<br />

Havendo nuy a conferire con te per cose de bona importantia te havemo scrito per due<br />

nostre lettere che vegni a nuy e pur non è venuto, del che ne maravigliamo asay; et<br />

denuo te <strong>di</strong>cemo che subito, ala receputa de questa, debbi venire da noy senza altra<br />

replicatione de nostre lettere. Ex castris nostris apud Gaydum, xvii augusti 1453.<br />

Ser Iacobus<br />

Cichus.<br />

96<br />

Francesco Sforza ripete alla consorte la notizia della sconfitta del nemico a Castelleone,<br />

sconfitta che si abbina a quella dagli stessi subita nel Veronese, il che fa ar<strong>di</strong>tamente presagire<br />

al duca che: “gli romperemo presto generalmente in tuto”.<br />

Domine ducisse.<br />

(1453 agosto 17, “ex castris nostris apud Gaydum”).<br />

Heri matina scrissemo ala vostra signoria de quanto ce occurreva et simelmente heri da<br />

mezo dì, e ben ne rendemo certi che per altra via havevati havuto noticia dela rotta (a)<br />

delli nemici nostri a Castellione, pur ve avisamo como, per propria <strong>di</strong>vina iustitia, era<br />

seguito el lor fracasso como meritamente rechiedeva tanto suo expresso et evidente<br />

ingano e tra<strong>di</strong>mento, sperando nuy in Deo, in la iustitia e la virtute et animosità delle<br />

nostre gente, che siando lor rotti due fiate dali nostri fin a mò, cioè l'altro dì in Veronese<br />

e mò a Castellione, gli romperemo presto generalmente in tuto, e faremo vedere a tuto<br />

el mundo quanto male è far guerra e combatere contra ragione. E de quanto seguirà<br />

avisaremo la vostra excellentia. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) rotta su rasura.<br />

97<br />

Francesco Sforza chiede alla duchessa <strong>di</strong> fargli avere, con celerità, le “quatro stambechine con li<br />

loro carcassi et molinelli” che ha Albertino.<br />

(1453 agosto 17, “ex castris nostris apud Gaydum”).


29r Illustrissime domine ducisse.<br />

Perchè al presente havemo bisogno de alcune stambechine, confortiamo et pregamo la<br />

signoria vostra ne voglia mandare quelle nostre quatro stambechine con li loro carcassi<br />

et molinelli che sonno in le mano de Albertino vostro. Et questo, quanto più presto,<br />

tanto l'haveremo più caro. Et vedeti fare l’habiamo a salvamento. Data ut supra.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

98<br />

Francesco Sforza scrive alla moglie <strong>di</strong> <strong>di</strong>re a Paganino, relegato ad Alessandria, <strong>di</strong> pazientare<br />

un poco perchè presto potrà andarsene a casa.<br />

Suprascripte domine ducisse.<br />

(1453 agosto 17, “ex castris nostris apud Gaydum”).<br />

Respondendo a quanto ne scrive l’excellentia vostra in recomandatione de Paganino<br />

Invitiato d’Alexandria, relegato in quella nostra cità, a nuy pare che la vostra signoria<br />

facia <strong>di</strong>re a <strong>di</strong>cto Paganino et confortarlo poichè gli è stato tanto ad havere uno pocho<br />

de pacientia anchora che presto se conzarano le cose dellà et potrà deinde liberamente<br />

andare a casa soa. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

99<br />

Francesco Sforza comanda al referendario <strong>di</strong> Pavia che, accertato il vero dell’affermazione <strong>di</strong><br />

Ambaldo da Castelnuovo, marescalco ducale, <strong>di</strong> aver dato in soccida a Giacomino Garzo dalle<br />

Gerola alcune bestie, gli siano ora restituite con i relativi frutti e, in aggiunta, il duca vuole che<br />

Ambaldo abbia quanto <strong>di</strong> dette bestie toccava alla Camera ducale.<br />

Referendario Papie.<br />

(1453 agosto 17, “ex castris nostris apud Gaydum”).<br />

Ne ha facto significare Ambaldo da Castelnovo, nostro mareschalcho, che già alcuni<br />

anni passati haveva dato a soceda alcune bestie bovine a Iacomino Garzo dale Gerole,<br />

imputato et trovato in colpa <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>mento, como voi siti informato, e domanda <strong>di</strong>cte sue<br />

bestie con li proventi e fructi insiti d'esse; per la qual cosa volemo che ve informati de<br />

ciò e, trovando essere così como luy <strong>di</strong>ce, faritegele restituire, como è ragionevele.<br />

Volimo insuper che tuta quella parte, cossì de <strong>di</strong>cte bestie, como del provento insito<br />

d'esse, qual tochava a <strong>di</strong>cto Iacomino, et per consequens ala Camera nostra, la faciate<br />

dare et assignare al pre<strong>di</strong>cto Ambaldo, perchè gli l'havemo concessa. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

100<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce a Gentile della Molara <strong>di</strong> essere d’accordo con lui per come è intervenuto<br />

nella vertenza fra quelli <strong>di</strong> Castelnuovo e la gente <strong>di</strong> Bartolomeo e <strong>di</strong> volere che stia con detto<br />

Bartolomeo e con Andrea da Birago aiutandoli in tutto quanto giova allo stato ducale, ma si<br />

attenga in particolar modo a quanto <strong>di</strong>spone Bartolomeo<br />

Gentili dela Molara.<br />

(1453 agosto 17, “ex castris nostris apud Gaydum”).<br />

Havemo havuto la toa lettera de dì xiii del presente, data a Pozolo, et inteso quanto ne<br />

hai scripto, restamo avisati et te comen<strong>di</strong>amo del’aviso ne hai dato, et non <strong>di</strong>cemo altro<br />

se non che a nuy pare et volemo como tu haby dato expe<strong>di</strong>mento ala <strong>di</strong>fferentia che<br />

vertisse fra quelli da Castelnovo et le gente de Bartholomeo 29v che tu sii con lo


prefato magnifico BartholoIeo et con Andrea da Birago et gli aiuti in tuto quello saperai<br />

et porrai ale cose occorrerano da fare per lo bene del Stato nostro. Et maxime volimo<br />

che fazi quanto per lo prefato magnifico Bartholomeo te sarà <strong>di</strong>cto et comandato, tanto<br />

como se nuy proprii te lo <strong>di</strong>cessemo. Data ut supra.<br />

Nicolaus.<br />

Iohannes.<br />

101<br />

Francesco Sforza riba<strong>di</strong>sce al commissario e al podestà <strong>di</strong> Tortona <strong>di</strong> costringere coloro che<br />

sono debitori del Colleoni per i lavori da lui fatti fare per la fortezza <strong>di</strong> Pozolo<br />

a saldargli quanto gli si deve.<br />

Commissario et potestati Terdone.<br />

(1453 agosto 17, “ex castris nostris apud Gaydum”).<br />

Per fin a dì vii de luglio ve scripsemo per una nostra che dovesti astringere quella<br />

comunità essendo debiture, overo quelli che se trovassero essere debitori ad pagare<br />

(a) et satisfare al magnifico Bartholomeo Coleone l'opere che luy haveva facto fare in la<br />

forteza de Pozolo, et non l’haveti facto, del che assai se ne maravigliamo. Et perchè de<br />

novo el prefato magnifico Bartholomeo de ciò ne fa lamenta, de novo ve scrivemo,<br />

comandandove che subito lo fazati satisfare et pagare, stringendo qualunque si voglia<br />

che sia debitore, si che subito venga satisfacto et senza exceptione. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

(a) pagare su rasura.<br />

102<br />

Francesco Sforza loda il podestà <strong>di</strong> Pavia per aver fatto giustizia <strong>di</strong> Giacomino Gazo per il suo<br />

tra<strong>di</strong>mento e per la descrizione imposta dei beni dei ribelli. Quanto alla ribellione nata in città, gli<br />

impone <strong>di</strong> punire “iuri<strong>di</strong>ce et animosamente, et tam realiter quam personaliter” i rivoltosi “senza<br />

reguardo nè respecto alcuno”, e se avesse remore <strong>di</strong> qualsiasi tipo a fare ciò, gli concede tutta<br />

quella “auctorità et possanza”che ha lui per punirli, non intendendo che tale eccesso passi<br />

impunito.<br />

Potestati Papie.<br />

(1453 agosto 17, “ex castris nostris apud Gaydum”).<br />

Havemo recevuto le vostre lettere, date xiiii del presente, per le quale restiamo avisati<br />

dela iusticia facta, supplicio sumpto et subito dela persona de Iacomino Garzo,<br />

segondo el suo demerito et mancamento, et così del’or<strong>di</strong>ne preso per vuy perchè li beni<br />

de quelli rebelli siano descritti et non vadano in sinistro, et de tuto ve comen<strong>di</strong>amo.<br />

Quantum autem ala parte de quello tumulto e questione fata in quella nostra cità, ne<br />

rincresce et dole ultra modo che quelli giotti siano saltati in tanta presumptione e<br />

temerità quanto hanno facto. E non deliberando per modo alcuno de comportargelo, nè<br />

remetterli tale e tanto errore e scandaloso atto, volemo, et expresse ve commettemo<br />

che, senza reguardo nè respecto alcuno, non attese parole ve fossero state <strong>di</strong>cte o<br />

firano <strong>di</strong>te, per che se voglia, debbiati procedere iuri<strong>di</strong>ce et 30r animosamente, et tam<br />

realiter quam personaliter contra tuti et singuli principali, partecipi et sequaci dela <strong>di</strong>cta<br />

questione, nemine reservato, et sia che se voglia et habia nome come (a) se volia,<br />

perchè non volemo niuno altro signore in quella cità che nuy, nè volemo parte, ma el<br />

tuto, sichè non habiati respecto ad persona del mondo in far ragione. Et se forse per<br />

natura del vostro officio non havessevo auctorità de così fare, aut per qualche or<strong>di</strong>ne,<br />

statuto o decreto non potessevo exequire tal processo, aciochè ghiaramente inte(n)<strong>di</strong>ati<br />

e compren<strong>di</strong>ati nostra intentione essere che questo excesso non transisa impunito, per<br />

tenore dele presente, quanto in questo caso tanto ve conce<strong>di</strong>mo et <strong>di</strong>amo tuta quella<br />

auctorità et possanza havemo nuy, sichè exequiriti omnino questa nostra mente,<br />

aliquibus in contrarium facientibus nequaquam attentis, e senza altra repplicatione de


nostre lettere, perchè tanto havemo a core questa cosa quanto verun’altra del mondo,<br />

non perdendo tempo alcuno ale cose per<strong>di</strong>te et avisandone de quanto haveriti facto et<br />

exequito. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) come su rasura.<br />

103<br />

Francesco Sforza ringrazia la suocera Agnese del Maino Visconti per la notizia del<br />

miglioramento del figlio Galeazzo. Quantunque sia superfluo, la sollecita a curarlo perchè<br />

guarisca del tutto e, soprattutto, perchè obbe<strong>di</strong>sca ai me<strong>di</strong>ci.<br />

(1453 agosto 17, “ex castris nostris apud Gaydum”).<br />

Magnifice matri nostre carissime domine Agneti Vicecomiti, et cetera.<br />

Havemo recevuto le vostre littere circha’l melioramento del conte Galiaz, nostro figliolo,<br />

per le quale ne siamo molto consolati, confortandove, benchè siamo certi non bisognare,<br />

ad haverli tanta <strong>di</strong>ligentia che presto venga ad essere liberato. Et se voliti fare<br />

cosa che ne piaqua sforzative farlo ben obe<strong>di</strong>ente ali me<strong>di</strong>ci, conoscendo nuy che<br />

niuna megliore via gli è a farlo presto liberare. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

104<br />

Francesco Sforza ripete al fratello il suo <strong>di</strong>spiacere per il suo malanno. Perchè la sua compagnia<br />

abbia a mantenersi unita, gli chiede <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care (e darne notizia pure a lui) uno o due nomi, cui<br />

affidarne interinalmente il comando. Lui, duca, ha scritto a Ventura da Parma e a Grifone e agli<br />

altri perchè si intendano bene fra loro.<br />

Magnifico Conrado.<br />

(1453 agosto 17, “ex castris apud nostris Gaydum”).<br />

Siamo avisati del tuo male, del quale Dio sa havemo tanto affanno et despiacere<br />

quanto se lo havessemo nuy proprio. Et perchè, fino sii guarito, la compagnia toa sia<br />

più unita et sapiano chi obe<strong>di</strong>re, et nuy et tu sapiamo ad chi scrivere 30v et comandare,<br />

ne pare che tu gli or<strong>di</strong>ni, havuta questa, uno o doi, quali parerano a ti, li quali habiano<br />

ad regere et governare li altri perchè ubi non est ordo, ibi non est confusio (a). Et de<br />

quelli havereti ellecti et deputati ne voglie advisare, ad ciò nuy sapiamo ad chi scrivere<br />

in quello ne accaderà. Nuy havemo perhò scripto ad Ventura da Parma et ad Griffone<br />

opportunamente, così ali altri toe, che attendeno ad fare bona guerra et se intendano<br />

ben insieme ed obe<strong>di</strong>scano quelli gli or<strong>di</strong>naray. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

(a) Così A.<br />

105<br />

Francesco Sforza raccomanda a Ventura da Parma, a Grifone e agli armigeri della compagnia <strong>di</strong><br />

Corrado <strong>di</strong> vivere in buona armonia e fare tutto quello che torna a giovamento dello stato<br />

sforzesco.<br />

(1453 agosto 17, “ex castris apud Gaydum”).<br />

30v Strenuis <strong>di</strong>lectissimis nostris Venture de Parma et Griffono, ac ceteris armigeris de<br />

comtiva Conra<strong>di</strong>, fratris nostri.<br />

Quanto affanno et dolore habiamo havuto del caso de Conrado, nostro fratello, non<br />

porriamo scriverlo che certo, se lo havessemo nuy proprii non ne doleria più; speriamo<br />

nella <strong>di</strong>vina clementia sarà in breve guarito, Pertanto ve confortiamo ad stare de bona<br />

voglia et intenderve ben insieme como haviti facte fino al presente et attendere ad fare


ona guerra et ad fare tute quelle cose siano in bene, utile et augumencto del stato<br />

nostro con quello amore, fede et <strong>di</strong>ligentia haviti facto nel passato, et siamo certissimi<br />

fareti nel advenire; et ad qualunche or<strong>di</strong>narà Conrado, fina luy sia guarito, dati obe<strong>di</strong>entia<br />

et cre<strong>di</strong>to como faresti ad Conrado o ad nuy proprii. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

106<br />

Francesco Sforza ricorda al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che sono stati annullati dall’una e dall’altra<br />

parte i salvacondotti, tranne per gli annotati nell’accluso elenco.<br />

In simile forma si è scritto a Gaspare da Suessa.<br />

Locutenenti Laude.<br />

1453 agosto 18, “in castris nosris felicibus apud Gaydum”.<br />

Como per altre nostre doveti essere avisato, sonno revocati tuti li salviconduoti fati<br />

utrinque, cioè dal canto nostro e dal canto del’inimici, exepto tuti li annotati in la cedula<br />

31r introclusa, li quali volemo inviolabelmente siano observati; del che ve havemo<br />

voluto avisare aciò possiati avisare li nostri che, offendendo l’altri, reservano et reguar<strong>di</strong>no<br />

li <strong>di</strong>cti annotati per observantia dela fede nostra. Data in castris nostris<br />

felicibus apud Gaydum, <strong>di</strong>e xviii augusti 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

In simili forma scriptum fuit Gasparri de Suessa, <strong>di</strong>e suprascripto.<br />

Cichus.<br />

107<br />

Francesco Sforza conferma a Ettore Valnera, governatore dell’abbazia <strong>di</strong> Cerreto, che l’abbazia<br />

è stata esclusa dall’annullamento dei salvacondotti, come pure gli <strong>di</strong>ranno il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong><br />

e Gaspare da Suessa.<br />

(1453 agosto 18, “in castris nostris felicibus apud Gaydum).<br />

Prudenti viro Hectori Vallisnere, gubernatori abbatie Cerreti, carissimo nostro.<br />

Inteso quanto ne scriveti dela reservatione de salvoconducto del'abbatia de Cerreto, ve<br />

avisamo che per reverentia del reveren<strong>di</strong>ssimo monsignore, per la signoria del quale<br />

farissemo molto maiore cosa, l'havemo facto reservare fora dela revocatione generale<br />

del'altri salviconducti; et così ve <strong>di</strong>ranno li nostri locotenente de Lo<strong>di</strong> et Gasparro de<br />

Suessa, ali quali ne havemo scripto et data noticia. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

108<br />

Francesco Sforza assicura i maestri Antonio da Bernareggio e Luigi Me<strong>di</strong>is <strong>di</strong> aver preso atto <strong>di</strong><br />

quanto gli scrivono sulla malattia <strong>di</strong> Galeazzo, della cui guarigione hanno buona speranza.<br />

Raccomanda, anche se superfluo, la massima cura perchè possa rimettersi.<br />

(1453 agosto 18, “in castris nostris felicibus apud Gaydum)”.<br />

Magistris Antonio de Bernarigio et Aluysio Me<strong>di</strong>cis.<br />

Havemo recevuto vostra lettera de dì xv del presente et inteso quanto ne scriveti del<br />

termine in che se trova la egritu<strong>di</strong>ne de Galeazo, nostro figliolo, et ad che è riducta et la<br />

bona speranza che havete della liberatione soa, et cetera: Dicemo che del tuto restamo<br />

advisati. Et quantuncha cre<strong>di</strong>amo che non manchati dela <strong>di</strong>ligentia et fede, tamen, ad<br />

satisfactione nostra, ve confortiamo ala <strong>di</strong>ligentissima et assidua cura ad non obmettere<br />

cosa che possa et habia riportare pristina convalescentia, como speramo debiati fare,<br />

perchè non porresti fare cosa che ad nuy più grata ne sia che operare in modo con le<br />

vostre consuete virtude che habbia ad seguitare la liberatione del <strong>di</strong>cto nostro figliolo.<br />

Data ut supra.


Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

109<br />

Francesco Sforza esprime a Luchina dal Verme il suo stupore per non avere ancora provveduto,<br />

dopo le replicate sue richieste, mandare la sua gente a Cremona.<br />

L’avverte che manda lì il suo famiglio Alberto Santo per condurre detta gente a Cremona od<br />

oltrove per servirsene nel Parmense, oppure nel Cremonese o dove meglio crederà.<br />

(1453 agosto 18, “in castris nosris felicibus apud Gaydum”).<br />

31v Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

Per altre nostre duplicate lettere ve havemo scripto che dovesti mandare quelle vostre<br />

gente verso Cremona per a<strong>di</strong>utare a fare delle cose che importavano per lo stato<br />

nostro, e credendo già gli fossero gioncte, trovamo non gle essere venute, nè<br />

comparse, del che ne siamo maravigliati, nè possemo pensare (a) donde proceda tanta<br />

tepe<strong>di</strong>tate in le cose de importantia como questa. E pertanto man<strong>di</strong>amo là Alberto<br />

Sancto, nostro fameglio, per levare et condure <strong>di</strong>cte gente a Cremona, o de lì oltra per<br />

poterli operare, aut in Parmesana, aut in Cremonese o dove meglio ne parirà; fariteli<br />

adoncha levare et venire con sé, credendo a luy in questa materia quanto farestì a nuy<br />

proprii. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) pensare in interlinea.<br />

110<br />

Francesco Sforza comunica al Colleoni che manda da lui Antonio Cavallo da Soncino perchè lo<br />

prenda alle sue <strong>di</strong>pendenze, certo, com’è, che ne sarà ben servito.<br />

Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

1453 agosto 19, “apud Gaydum”.<br />

Antonio Cavallo da Soncino, presente exhibitore, vene là a voi per condurse alli servicii<br />

vostri. Et perchè siamo certi vuy cognoscete bene le sue virtute, non <strong>di</strong>cemo altro per<br />

questa, se non che ve lo racoman<strong>di</strong>amo, dal quale ne ren<strong>di</strong>amo certi ne havereti bene<br />

servitio. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xviiii augusti 1453.<br />

Zaninus<br />

Cichus.<br />

111<br />

Francesco Sforza comanda al milite Morello da Parma <strong>di</strong> mettere agli arresti Cattabriga e<br />

Tartalia, uomini d’arme, attualmente a Codogno, e Gabriele da Codogno, pure presentemente a<br />

Codogno,<br />

e <strong>di</strong> non rilasciarli senza sua licenza.<br />

(1453 agosto 19, “apud Gaydum”)<br />

Spectabili militi domino Morello de Parma, comissario nostro <strong>di</strong>lecto.<br />

Per certo <strong>di</strong>gno respecto volimo che subito faciate destenire Catabriga e Tartalia, nostri<br />

homini d’arme, che se trovano de presente a Casale, et così Gabrielo da Codogno,<br />

qual se trova de presente a Codogno, e fariteli mettere in luogo che non possano far<br />

fuga, nè essere relaxati senza nostra licentia. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

112<br />

Francesco Sforza vuole che il conestabile ducale Gaspare da Sessa provveda all’opera da lui<br />

segnalatagli <strong>di</strong> togliere il ponte in mezzo alla strada della Torreta, perchè otturerebbe l’acqua e


provocherebbe una palude impedendo ogni accampamento. Loda la decisione <strong>di</strong> Gaspare <strong>di</strong><br />

farsi sostituire da suo figlio nell’impresa <strong>di</strong> Castelleone, in modo che Gaspare rimanga “ala<br />

guar<strong>di</strong>a <strong>di</strong> quello loco”. Lo informa della buona opinione che ha <strong>di</strong> suo figlio per cui penserebbe<br />

“de farlo valenthomo”. Si <strong>di</strong>ce pure sod<strong>di</strong>sfatto del lavoro dei “torrecini” e aggiunge che<br />

vedrà <strong>di</strong> restaurare i “piati” e mandare altri guastatori.<br />

1453 agosto 19, “apud Gaydum”.<br />

32r Gasparri de Suessa, conestabili nostro.<br />

Havemo recevuto e veduto voluntera le tue lettere per le quale ne recor<strong>di</strong> et avisi che al<br />

tuo parere seria bene tollere via quello ponte è in mezo la strada dela Torreta, perchè,<br />

stopandolo e oturandolo l'aqua, se spazaria et faria uno padule in modo et forma che<br />

da quella forma banda non potria acamparse gente alcune, el quale parire ne pare<br />

bono e comen<strong>di</strong>amolo molto. Et cosi te confortiamo et caricamo a farlo fare che credemo<br />

se potrà fare facilmente con quelli guastatori sonno lì, perchè non gli vanno molte<br />

opere a guastarlo et stoparlo.<br />

Ala parte del consiglio et partito per te preso de mandare piutosto tuo figliolo al'impresa<br />

de Castorlione che andarli tu, <strong>di</strong>cemo che tu facesti bene et, a nostro modo, è meglio fo<br />

che tu restasse ala guar<strong>di</strong>a de quello luoco, avisandote che havemo bona et optima<br />

opinione et relatione delli soi deportamenti in quella rotta data a l' inimici, e tale è cosi<br />

fata, che tu te poi lectare de tale figliolo et nuy ne recevemo piacere asai, e vorimo<br />

pigliare cura de farlo valenthomo. Ceteris, ne piace de quello lavorerio fato <strong>di</strong> quelli<br />

torrecini lì e vederemo de provedere al reconzare de quelli piati e far mandare qualche<br />

altri guastatori, ma sopratuto in questo mezo far tolere via quello ponte con quelli che<br />

sonno lì de presente. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

113<br />

Francesco Sforza risponde alla sua consorte che i fatti <strong>di</strong> Parma non corrispondono a come glieli<br />

ha segnalati Pietro Ar<strong>di</strong>zone. La informa che lui ha affidato la cura della città a Oldrado, per cui<br />

potrà<br />

intendersi con Oldrado, che provvederà a quello cui Pietro non è in grado <strong>di</strong> fare.<br />

Le precisa che Melio Segafeno, quest’anno, non ha fatto altro che andare avanti e in<strong>di</strong>etro da<br />

Cremona nei territori cremonesi occupati dai Veneziani e da lì al campo veneziano, “et per<br />

questo (lo) havemo fatto descrivere”.<br />

Ha, però, dato or<strong>di</strong>ne a Cremona che se vuole andare da lui, glielo concedano.<br />

Illustrissime domine ducisse Me<strong>di</strong>olani.<br />

453 agosto 19, “apud Gaydum”.<br />

Respondendo ad doe lettere della signoria vostra, primo, ala parte de quello ve scrive<br />

domino Pedro Ar<strong>di</strong>zono <strong>di</strong> facti de Parma, advisamo la signoria vostra che puncto non è<br />

como luy scrive. Nuy scrivemo che quello ve accade ad domino Oldrado, como è<br />

rasonevole, al quale lassiamo la cura de quella nostra cità, ma luy vorria essere<br />

locotenente et officiale delle bollete et fare como paresse a luy; sichè la signoria vostra<br />

gli porrà respondere se intenda con domino Oldrado in ogni cosa, quale provederà ad<br />

quello bisognerà, ad che non potesse provedere luy.<br />

Ala parte de Melio Segafeno advisamo che la signoria vostra che esso Melio tuto<br />

questo anno non ha facto altro che andare inanze indreto da Cremona alle terre de<br />

Cremonese tengono li Venetiani, et da quelle terre in campo de inimici et mandare et<br />

far mandare 32v biave in Bressana nelle terre de Venetian. Et per questo havemo facto<br />

descrivere; tamen havemo scripto ad Cremona ch’el sia lassato venire qui da nuy,<br />

quale intenderemo. De qua non è altro de novo fin in questa hora. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.


114<br />

Francesco Sforza scrive a Filippo de Landulfis, abbate <strong>di</strong> Acqualonga, d’aver bene inteso che lui<br />

è <strong>di</strong>sposto a qualsiasi confronto, ma quel che lui,duca, vuole è che lui, abbate, si porti da lui.<br />

(1453 agosto 19, “apud Gaydum”).<br />

Reverendo domino Filippo de Landulfis, abbati Aquelonghe.<br />

Havemo recevuto vostra lettera de dì xiiii del presente et inteso quanto scriveti che per<br />

verificare et apparangonare el <strong>di</strong>cto vostro sete apparechiato farne ogni parangone et<br />

de mantenere a zascuno denante ala soa presentia el <strong>di</strong>cto vostro. Dicemo che,<br />

quantunque ad nuy non sia dubio alcuno in questo, ma solo per <strong>di</strong>lucidare et chiarire<br />

talmente questa cosa che habbia fine, ve <strong>di</strong>cemo che vogliate, recevuta questa, venire<br />

qua da nuy et non vole mancare. Data ut supra.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

115<br />

Francesco Sforza replica al condottiero Giannuzzo de Letio che deve unirsi agli altri a Cremona.<br />

Ianutio de Letio, armorum et cetera.<br />

(1453 agosto 19, “apud Gaydum”).<br />

Havendote scrito per altre nostre che tu venisse in qua ne siamo maravigliati che tu non<br />

è venuto. Et pertanto de novo te repplicamo che senza più <strong>di</strong>llatione tu debbi venirte<br />

con li altri che sonno a Cremona. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1<strong>16</strong><br />

Francesco Sforza vuole che Luchina dal Verme faccia prendere tal Girardo <strong>di</strong> Grilli e i suoi figli,<br />

già abitanti a Travaglino, poi a Fortunago e ora nelle sue terre e catturatili,<br />

li consegni al podestà <strong>di</strong> Pavia.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

(1453 agosto 19, “apud Gaydum”).<br />

Per certo <strong>di</strong>gno respecto ve confortiamo et caricamo che vogliate, con bono modo et<br />

or<strong>di</strong>ne, far pigliare uno Girardo <strong>di</strong> Grilli et soi figlioli, li quali altre volte habitaveno a<br />

Travaglino et mò sonno reducti ad habitare a Fortinago, e de lì oltra in le vostre terre. Et<br />

pigliati che siano, fateli consignare in mano et forza del nostro podesta de Pavia; et a<br />

questo metete uno pocho de pensiero, se havete voglia farne cosa che ne piacia. Data<br />

ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

117<br />

Francesco Sforza scrive ai deputati e ai presidenti agli affari <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> ritenere la loro richiesta<br />

<strong>di</strong> punizione dei rivoltosi una <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> quanto abbiano a cuore lui e il suo stato e li<br />

riassicura che sua “total <strong>di</strong>spositione è ch’el se facia ragione” contro chiunque ha sbagliato.<br />

(1453 agosto 19, “apud Gaydum”).<br />

33r Spectabilibus et sapientibus viris deputatis, presidentibus negociis communitatis<br />

civitatis Papie, nostris <strong>di</strong>lectis.


Per quanto ne haveti scrito e nuntiato del tumulto facto in quella nostra cità, el quale è<br />

stato non senza periculo de grande scandalo, comprehen<strong>di</strong>mo asay, benchè a nuy non<br />

sia cosa nova, quanto amati nuy et el stato nostro, maxime ubi suadetis, et ne<br />

rechiedete che faciamo far ragione contra tali temerarii e scandalosi homini, pocho<br />

amici del ben vivere; dela qual cosa molto ve coman<strong>di</strong>amo et ringratiamo et non<br />

reputaressemo nostro amico et benivolo che ne consiliasse altramente, avisandone che<br />

nostra intentione e total <strong>di</strong>spositione è ch’el se facia ragione e sia puneto che haverà<br />

falito senza remissione alcuna, e sia che se voglia, etiam s’el fusse el conte Galiazo,<br />

nostro figliolo. Et così havemo scripto al nostro podestà lì in piena forma. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

118<br />

Francesco Sforza rispondendo al vescovo <strong>di</strong> Pavia gli <strong>di</strong>ce che non intende aggiungere altro a<br />

quello che gli ha espresso il conte Gaspare da Vimercate circa il fatto dell’abbate <strong>di</strong> Lar<strong>di</strong>rago e<br />

del protonotario Buttigella. Gli fa sapere che ha scritto all’abbate <strong>di</strong> Acqualonga e a Francesco<br />

Maletta perchè vadano da lui con il famiglio dell’abbate <strong>di</strong> Lar<strong>di</strong>rago, abbate che è già in campo<br />

con lui.<br />

Reverendo domino episcopo Papiensi.<br />

1453 agosto 20, “apud Gaydum”.<br />

Habbiamo recevuto la lettera dalla vostra paternità et inteso quanto quella ne scrive<br />

cira’l facto del’abbate da Lar<strong>di</strong>rago et del prothonotario de Buttigielli; circa el che non se<br />

extenderemo più oltra in farve resposta, perch’el spectabile et strenuo conte Gasparro<br />

da Vimercato ve scrive per una soa ad pieno. Ma ben avisamo como havemo scripto<br />

al’abbate d'Aqualonga et ha (a) Francisco Malletta che vengano da nuy et che menano<br />

secho insieme quello fameglio del’abbate de Lar<strong>di</strong>rago, el quale abbate ve avisamo che<br />

mò se retrova qua da nuy in campo.<br />

Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xx augusti 1453.<br />

Bologninus<br />

Cichus.<br />

(a) Così in A.<br />

119<br />

Francesco Sforza risponde al Colleoni sollecitandolo a mandare gli un<strong>di</strong>ci cavalli richiesti dal<br />

doge <strong>di</strong> Genova scusandosi con lui per il tardato invio. Quanto al fatto che da Milano non abbia<br />

avuto che 10.000 lire, gli fa sapere che”sonno stati delivrati li altri dacii” e che, dai denari che si<br />

riscuoteranno, si darà quanto ancora gli spetta. Lo tranquillizza circa il ricupero della roba<br />

sottratta ai suoi uomini in Lomellina, perchè ha scritto in proposito al capitano <strong>di</strong> là e lo esorta ad<br />

attenersi a quanto gli esporrà Facino in merito al comportamento che deve avere con re Renato.<br />

33v Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

(1453 agosto 20, “apud Gaydum”).<br />

Respondendo brevemente ale vostre lettere de dì xviii del presente, havendo prima<br />

inteso quanto in essa se contene et quello che lo illustre signore duxe de Zenoa per<br />

sua lettera ve ha scripto delli xl cavalli ve ha rechiesto et quelli che li haveti resposto, et<br />

cetera, <strong>di</strong>cemo ch’el ne pare et così siamo molto contenti et ve confortiamo et caricamo<br />

quanto più possemo che li mandati <strong>di</strong>cti cavalli xl et meglio impuncto che sia possibile,<br />

usandogli et demonstarndogli tuto quello bono amore et grate accoglientie che ve sia<br />

possibile, et como sapereti fare; et in questo nostro gli perdeti tempo nissuno, et semo<br />

certi la signoria (a) soa servarà tal bono or<strong>di</strong>ne che questi cavalli passeranno et<br />

andarano securi fino a Zenoa; et parve faciate la scusa vostra dela tardata ad non<br />

havergli mandato così presto como l’à rechiesto. Ala parte che a Milano non haveti<br />

havuto altro cha dece milia libre de assignamento, <strong>di</strong>cemo che nuy havimo adviso che<br />

sonno stati delivrati li altri dacii, et quelli <strong>di</strong>nari se ne cavarano serano poi assignati a


vuy fin al supplemento vostro. Alla parte della robba tolta a quelli vostri homini d’arme in<br />

Lomellina, nuy scrivemo opportunamente al capitaneo nostro de quello paese che li faci<br />

restituire ad essi homini d’arme. Confortiamo la magnificientia vostra ad fare qualche<br />

cosa dal canto dellà, como per Facino, vostro camerero, ve havemo mandato a <strong>di</strong>re, el<br />

qual, a compimento, ve haverà informare delli mo<strong>di</strong> che havereti a servare con la<br />

mayestà del Re. Data ut supra.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue vostra depennato.<br />

120<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al capitano <strong>di</strong> Casteggio <strong>di</strong> intervenire perchè i due uomini d’arme<br />

Bernabò e Pietro, fratelli Marconi, restituiscano i <strong>16</strong>0 ducati avuti dal condottiero Evangelista<br />

Savello senza essere, poi, passati al suo servizio.<br />

Capitaneo nostro Castigii.<br />

(1453 agosto 20, “apud Gaydum”).<br />

Evangelista Savello, nostro conductero, haveva tolti per soi homini d’arme Bernabò et<br />

Pedro, fratelli <strong>di</strong> Marconi, et datoli ducati cento sexanta; da puoi essi fratelli non sonno<br />

vogliuti andare a servirlo. Et perchè non è degna cosa che habiano havuti <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari<br />

senza meritarli, te comettiamo et volemo che debbii astringere <strong>di</strong>cti duy homini d’arme<br />

ad restituire li <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari ad esso Evangelista, overo ad qualunque suo messo, aciò gli<br />

possa dare ad altri et remettere altri in suo loco. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

121<br />

Francesco Sforza invia al capitano della Lomellina la lettera del Colleoni in cui si lamenta per le<br />

cose lì tolte ad alcuni suoi uomini d’arme.<br />

Gli comanda <strong>di</strong> imporre una pronta restituzione del maltolto.<br />

34r Capitaneo Lumeline.<br />

1453 agosto 21, “in castris nostris apud Gaydum”.<br />

Vuy vedereti quanto el magnifico Bartholomeo Coglione ne scrive per soe lettere, quale<br />

ve mandamo qui incluse, del danno facto ad alcuni soy homini d’arme. Et perchè la<br />

domanda soa ne pare honestissima, volimo che subito, receuta la presente, prove<strong>di</strong>ati<br />

che omnino ali soy homeni d’arme sia restituito, o pagato, le cosse soe segondo in<br />

<strong>di</strong>cta soa lettera se contenne. Ex nostris castris apud Gaydum, <strong>di</strong>e xxi augusti 1453.<br />

Marchus.<br />

Iohannes.<br />

122<br />

Bartolomeo Colleoni narra allo Sforza la vicenda dei quattro uomini d’arme da lui tolti ai nemici e<br />

sistemati in Lomellina, come <strong>di</strong>sposto dalla duchessa, cui fu, poi, falsamente detto che detti<br />

uomini volevano fuggire. A quel che lui ha inteso, fu or<strong>di</strong>nato a Francesco Giorgio <strong>di</strong> sequestrare<br />

loro le loro robe, cosa che Francesco fece con l’aiuto <strong>di</strong> alcuni villani. Gli uomini d’arme fecero,<br />

però, capire alla duchessa che non intendevano fuggire, anche perchè dal Colleoni non avevano<br />

avuto niente. Ne seguì, così un or<strong>di</strong>ne ducale della restituzione della roba presa, ma obbe<strong>di</strong>to<br />

solo parzialmente,da ciò la richiesta del Colleoni per un intervento dello Sforza presso il capitano<br />

della Lomellina per la completa sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> detti uomini d’arme.<br />

Illustrissimo domino duci Me<strong>di</strong>olani.<br />

1453 agosto 18, “Pozolo”.<br />

Havendo io tolto più dì sonno quatro homni d’arme, che fece venire dal canto de inimici,<br />

et alogiati in Lomelina per comissione dela illustrissima madona, vostra consorte, la soa


illustrissima signoria fu informata che se ne volevano fuzire, che non era vero, como da<br />

poy s'è trovato pur ala fine. Secondo intendo commisso a Francescho Zorzo, che<br />

dovesse solicitare <strong>di</strong>cti homini d’arme et seguestrargli la roba soa; et luy andò addurne,<br />

et mise insieme quelli vilani, et cossì de alcuni altri lochi et andò a metere a sachomano<br />

<strong>di</strong>cti homini d’arme, et gli fo tolto (o)gnia cossa loro. Andonno dala prefacta illustre<br />

madona, la quale ben intese questo facto et cognobe per effecto che non erano<br />

colpevelli de quelo erano stati incolpati, che non era verisimile, nè consonante<br />

dovesseno volere fuzire, perchè non havevano anchora hauto cossa alcuna da mi. El<br />

perché la so(a) illustre signoria commisse da poy gli fosse restituito ogni cossa, et gli<br />

n'è stato restituito in parte, el resto che gli mancha non ponno havere, el perchè prego<br />

la illustre signoria vostra che se degni scrivere al suo capitaneo de Lomellinna che cum<br />

lo sacramento d’esi homeni d’arme gli facia restituire ogni cossa hanno perduto<br />

oneramente pagare da queli gli la tolseno et che questo se facia subito aciò se<br />

possanno mettere imponto. Recomando ala vostra illustre signoria. Pozoli, <strong>di</strong>e decimo<br />

octavo augusti.<br />

Illustris dominationis vestre, fidelissimus servitor Bartholame(u)s Coglionus.<br />

123<br />

Francesco Sforza scrive alla consorte <strong>di</strong> concordare con lei la restituzione nei tempi richiesti<br />

(primi tre mesi del prossimo anno) dei 1000 ducati che il conte Pietro Torelli ha liberamente<br />

prestati e ha or<strong>di</strong>nato ad Angelo Simonetta e ai Maestri delle entrate che gliene facciano<br />

l’assegnazione sulle entrate <strong>di</strong> Milano, in modo che il conte Pietro sia rimborsato del prestito nei<br />

tempi stabiliti e il Colleone benefici dei denari prestati.<br />

1453 agosto 18, “in castris”.<br />

34v Illustrissime domine ducisse Me<strong>di</strong>olani, et cetera<br />

Respondendo ala lettera dela signoria vostra per la quale remanemo avisati delli mille<br />

ducati ch’el spectabile et strenuo conte Petro Torello ne vole liberamente imprestarci in<br />

questi nostri presenti bisogni, facendogli far nuy assignatione perchè li possa rehavere<br />

in li primi tri mesi del’anno proximo a venire, per li quali scrive la vostra signoria havergli<br />

così facto promissione, <strong>di</strong>cemo che è molto ragionevole, volendone luy servire<br />

liberamente, nedum sia facto tanto da nuy de la restitutione, imo sia remunerato. Per la<br />

qual cosa perchè se contentiamo de acceptare esso servitio da luy et de farlo cauto<br />

dela restitutione, ve avisamo, como per l'alligata nostra sottoscripta de nostra propria<br />

mano, scrivemo ad Angelo Simoneta et ali Maestri dele intrate nostre che gli faciano<br />

assignamento delli <strong>di</strong>cti milla ducati suso l'intrate nostre de Milano, sichè li possa<br />

rehavere neli primi tri mesi del’anno proximo a venire senza exceptione alcuna, como<br />

luy rechiede. Et scrivemo che <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari siano numerati al <strong>di</strong>cto Bartholomeo aciò ch’el<br />

se possa mettere in puncto. Data in castris ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

124<br />

Francesco Sforza ripete a Morello da Parma l’avvertimento della intenzione dei nemici <strong>di</strong><br />

costruire un ponte sull’Adda. Ne consegue che deve dare or<strong>di</strong>ni e imporre tanta vigilanza per<br />

stornare tale proposito. Gli raccomanda, inoltre, la massima attenzione per quelli che con<br />

“naveti”se ne vanno sull’’Adda e contattano i nemici e “menano pratiche con essi”.<br />

In simile forma ha scritto a Giovanni Caymo, cancelliere e commissario <strong>di</strong> Pizzighettone<br />

e luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>.<br />

Domino Morello de Parma.<br />

(1453 agosto 21, “in castris apud Gaydum”).<br />

Segondo che per più altre nostre littere ve havendo avisato, siamo advisati che l'inimici<br />

cerchano pur ogni modo et via de fare uno ponte sopra Adda. Pertanto volemo et ve<br />

carricamo quanto più possemo che debiati far sia ponere tali or<strong>di</strong>ni e far fare tante et<br />

così bone guar<strong>di</strong>e ch’el pensiero non gli possa reusire. Ulterius provedati como ve pare<br />

che non sia alcuno che praticha per Adda con li naveti, perchè siamo informati sonno


alcuni, quali, andando con li naveti per Adda, parlano con l'inimici e menano delle<br />

pratiche con essi; sichè habiateli bona advertentia. Data ut supra<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum fuit Iohanni Caymo, canzellario et comissario nostro Pizghitoni<br />

et locumtenenti Laude.<br />

Data ut supra.<br />

125<br />

Francesco Sforza scrive al familiare Bartolomeo da Gubbio, commissario sopra gli alloggiamenti<br />

dei cavalli nell’Oltrepo, <strong>di</strong> procurare che gli squadrieri Alberto Visconti e Pupo da Pisa non siano<br />

ulteriormente gabbati da donna Luchina nella loro apettativa <strong>di</strong> avere quanto loro dovuto.<br />

1453 agosto 20, “apud Gaydum”.<br />

35r Bartholutio de Eugobio, famigliari et comissario super allogiamentum equorum ultra<br />

Padum.<br />

Se lamentano et dogliano gravemente Alberto Vesconte et Pupo da Pisa, nostri<br />

squadreri, et li homini d’arme dela loro squatra che, restando loro giossamente havere<br />

delli <strong>di</strong>nari delle taxe soe dali sub<strong>di</strong>ti della magnifica madona Luchina, non posseno<br />

conseguirne cosa alcuna. Et perchè ad nuy seria molto caro et accepto che havesseno<br />

quello loro resto per potersene valere ali loro bisogni, volemo et te comettiamo che tu<br />

debbe fare opera con <strong>di</strong>ligentia et executione che li <strong>di</strong>cti squatreri et homini d’arme<br />

habiano il debito loro de presenti, secondo che tu say te commettessemo a bocha<br />

quando fusse qui da nuy. Data in campo apud Gaydum, <strong>di</strong>e xx augusti 14530<br />

Iohannes.<br />

126<br />

Francesco Sforza raccomanda a Ventura, a Bartolomeo Scaramuzia e agli altri armigeri della<br />

compagnia del fratello Corrado <strong>di</strong> pazientare e <strong>di</strong> prestar fede a quel che <strong>di</strong>rà loro Roberto circa<br />

il pagamento che si aspettano.<br />

1453 agosto 22, “apud Gaydum”.<br />

Venture, Bartholomeo Scaramutie et ceteris armigeris de squadra magnifici Conra<strong>di</strong>,<br />

germani nostri.<br />

Roberto, exhibitore de questa, è stato qua da nuy, et inteso quanto ne ha <strong>di</strong>cto per<br />

vostra parte, <strong>di</strong>cemo che habbiati alquanto pacientia che, havendo nuy anchora ad<br />

spazare certe altre squatre, nuy spazaremo vuy insieme con quelle, et prestissimo,<br />

sichè ve dati de bona voglia. Dicto Roberto circa zò ve responderà a bocha più a pieno<br />

per nostra parte, al quale crederite como ad nuy proprii in tuto quello ve referirà in<br />

nome nostro. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xxii augusti 1453.<br />

Ser Iohanes.<br />

Iohannes.<br />

127<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> intervenire per la salvaguar<strong>di</strong>a della roba<br />

sequestrata dal pizzighettonese Bassano Gatto a Niccolò Matto che gli ha tolto un paio <strong>di</strong> buoi,<br />

che farà restituire al loro padrone senza ulteriori resistenze.<br />

Locutenenti Laude.<br />

(1453 agosto 22, “apud Gaydum”).<br />

Bassano Gatto, habitatore nella terra nostra de Pizghitone, ne ha <strong>di</strong>cto con lamenta<br />

essergli stato tolto uno paro de bovi per Nicolò Matto, nostro homo d’arme, li quali, licet<br />

gli li habia rechiesto più volte, tamen <strong>di</strong>ce mai non haverli poduto rehavere; per il che<br />

<strong>di</strong>ce havere fatto mettere in sequestro alcuna robba d'esso Nicolò. Per la qual cosa aciò<br />

ch’el <strong>di</strong>cto poverhomo non remangha damnificato, ve coman<strong>di</strong>amo et volemo che la


<strong>di</strong>cta robba iam sequestrata non debiati per alcuno modo lassarla licentiare, nè trare de<br />

sequestro donec <strong>di</strong>cto Nicolò non habia restituito <strong>di</strong>cti bovi ad esso Bassano, overo<br />

pagato il valore d'essi, servando circa ciò tuti quelli mo<strong>di</strong> ve parerano perchè <strong>di</strong>cto<br />

poverhomo rehabia <strong>di</strong>cti suoi bovi. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

128<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> sapere per certo che i nemici intendono<br />

prendere la bastita o il luogo <strong>di</strong> Cavenago. Siccome il luogo può rimanere sguarnito da <strong>di</strong>fensori,<br />

perchè i villani se ne vanno per i fatti loro e potrebbero essere facilmente chiusi fuori da dei fanti<br />

o presi per il piccolo loro numero, vuole che si faccia <strong>di</strong> quel posto tale guar<strong>di</strong>a <strong>di</strong> giorno e notte<br />

in modo da non venirne mai sorpresi, nè per terra nè per acqua.<br />

Se teme che scarseggino uomini per la <strong>di</strong>fesa, si rivolga per aiuto ai luoghi vicini<br />

35v Locumtenenti Laude.<br />

(1453 agosto 22, “apud Gaydum”).<br />

Nuy siamo avisati, et questo l'havemo per certo, che l'inimici intendeno de mandare ad<br />

prendere la bastita, sive el loco de Cavanago o per <strong>di</strong>rrecto o per in<strong>di</strong>rrecto, o de dì o<br />

de nocte, como meglio gli poderà venire facto per podere poi damnificare a loro posta<br />

el paese nostro dellà. El che ne pare assay factibile ad loro non essendoli provisto<br />

altramente, perchè credemo che li villani vadano qua et là ad fare li facti loro; et per più<br />

delle volte credemo che <strong>di</strong>cto loco remanga abandonato, dove facilmente poderiano<br />

venire qualchi fanti, quali, ho li serrarebeno de fora, o li haberebano per forza per<br />

retrovarsi <strong>di</strong>cti homini in pocho numero, siché non poderiano deffendere esso loco. Per<br />

la qual cosa ve ne havemo voluto per questa nostra darvine noticia, et volemo<br />

prove<strong>di</strong>ate talmente a quello loco che questo non possa reussire al'inimici, facendo fare<br />

tal (a) guar<strong>di</strong>a de dì et de nocte che fanti <strong>di</strong> inimic,i o in pocho, o in assay numero non<br />

possano venire a quello loco nè per terra nè per aqua che non siano scoperti. Et venendoli<br />

anchora in tale numero che potesseno per uno pezo combatere <strong>di</strong>cto loco che<br />

essi homini se trovano talmente provisti che se possano deffendere, benchè cre<strong>di</strong>amo<br />

che l’inimici non se meteriano ad questo acto, pur non<strong>di</strong>meno è meglio essere ziloso<br />

cha chegoza. Et se li <strong>di</strong>cti homini non fusseno sufficienti per sì ad fare le <strong>di</strong>cte guar<strong>di</strong>e,<br />

volemo che li faciati a<strong>di</strong>utare dali lochi lì circumvicini tanto de dì quanto de nocte. Et<br />

circa ciò mettetili ogni stu<strong>di</strong>o et <strong>di</strong>ligentia vostra che non occorra scandalo, aciò non<br />

<strong>di</strong>cati poi non essere stato avisato da nuy. Data ut supra.<br />

Bonifacius<br />

Cichus.<br />

(a) fare tal su rasura.<br />

129<br />

Francesco Sforza ringrazia Antonio Vestarino, citta<strong>di</strong>no <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, per l’informazione del ritorno <strong>di</strong><br />

suo nipote con l’ambasciata fattagli fare dal marchese <strong>di</strong> Monferrato; gli fa sapere che non<br />

occorre che nè lui, nè suo nipote si portino da lui, perchè è arrivato re Renato e con lui Angiolo<br />

Acciaioli e ha mandata Angelo Simonetta, suo consigliere, “con piena possanza de conzare<br />

quelle cose de là”.<br />

Antonio Vastarino, civi Laudensi.<br />

(1453 agosto 22, “apud Gaydum”).<br />

Havemo recevute le toe lettere, date <strong>16</strong> del presente, per le quale restiamo avisati dela<br />

tornata de tuo nepote e dela imbassiata ce ha facta fare el marchexe de Monferrà del<br />

tuo venire qua in campo, et cetera, ale quale respondendo te comen<strong>di</strong>amo e<br />

rengratiamo de quanto hay facto, e molto ne piace la risposta qual saviamente gli hay<br />

facta fare. Ma perchè como tu debbe mò sapere è venuta la maestà del 36r<br />

serenissimo re Renato, e trovandose con sì el spectabile domino Angelo Azayolo, et<br />

anche havendoli novamente mandato Angelo Simoneta, nostro consiliero, con mandato


et piena possanza de conzare quelle cose de là, non ne pare nè volimo che nè voi nè<br />

vostro nepote piliate altra faticha de venire qua, nè de fare altro per questa cagione. Et<br />

non siando bisogno non ne pare ne debiate pigliare altro affanno, perchè la cosa<br />

haverà a passare per le mane dela maestà del prefato Re et deli pre<strong>di</strong>cti. Data ut supra<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

130<br />

Francesco Sforza, in risposta alla lettera del <strong>16</strong> agosto, fa sapere a Gentile della Molara <strong>di</strong> aver<br />

scritto a sua moglie <strong>di</strong> accettare il prestito <strong>di</strong> 1000 ducati offerto dal conte Pietro Torelli e <strong>di</strong> farne<br />

l’assegnazione a Milano, devolvendoli poi al Colleoni.<br />

Gli or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> procurare, non potendo avvalersi <strong>di</strong> suo nipote Roberto che è ai bagni, <strong>di</strong> risolvere<br />

lui con Pietro da Lonate la vertenza <strong>di</strong> quei <strong>di</strong> Castelnuovo,<br />

imponendo il pagamento a chi spetta.<br />

Si <strong>di</strong>ce stupito che quelli <strong>di</strong> Go<strong>di</strong>asco gli abbiano presi dei denari. Se, comunque, lo può provare,<br />

si intenda con il commissario <strong>di</strong> Tortona e con lui induca i Go<strong>di</strong>aschesi a sod<strong>di</strong>sfarlo.<br />

Gli comanda, infine, <strong>di</strong> eseguire ciò che gli or<strong>di</strong>nano il Colleoni e Andrea da Birago e in più<br />

cerchi qualche volta <strong>di</strong> andare ad Alessandria per constatare come vanno le cose.<br />

(1453 agosto 22, “apud Gaydum”).<br />

Havemo recevuto una toa lettera, data adì xvi del presente et inteso quello ne scrive,<br />

respondendote alle parte necessarie, <strong>di</strong>cemo: primo, alla parte delli milli ducati che ha<br />

proferto el conte Petro Torello volere prestare alla illustrissima madona Biancha, nostra<br />

consorte, che essa madona Biancha ne ha scripto de ciò, et gli havemo resposto che li<br />

debbia acceptare et che gli ne facia fare bona assignatione ad Milano et poi che facia<br />

numerare <strong>di</strong>cti milli ducati al magnifico Bartholomeo Coglione.<br />

Ala parte dela <strong>di</strong>fferentia de quelli da Castelnovo, <strong>di</strong>cemo che al presente non havemo<br />

el modo de mandarli altra persona per conciare <strong>di</strong>cta <strong>di</strong>fferentia, perchè domino<br />

Roberto, nostro nepote, è andato ali bagni, ma vede, insieme con Petro da Lonate<br />

decidere questa <strong>di</strong>fferentia et darle fine per qualunque megliore modo ve parerà,<br />

facendo pagare ad chi debitamente specta et raxonevelmente deve pagare.<br />

Delli toi <strong>di</strong>nari, quali <strong>di</strong>ce te sonno stati tolti per quelli da Go<strong>di</strong>asco, <strong>di</strong>cemo per certo<br />

che ne maravigliamo che <strong>di</strong>cti da Go<strong>di</strong>asco habiano presuncto de torrete <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari;<br />

pur, sia la cosa como se voglia, ve<strong>di</strong> se de questo poi far prova alcuna per qualunche<br />

via, et possendone fare prova, te intenderai con lo comissario de Terdona et insieme<br />

con luy astrenzereti <strong>di</strong>cti da Go<strong>di</strong>asco per modo che sii pagato, deportandote perhò<br />

honestamente per modo che non habiamo lamenta sia facto torto a persona veruna.<br />

Ceterum, volimo, como per altre te havemo scripto, che exequischi et faci quanto per lo<br />

magnifico Bartholomeo et Andrea da Birago te sarà or<strong>di</strong>nato et comandato, siando<br />

sollicito in ogni cosa segondo te parerà rechieda el bisogno, et vogli andare qualche<br />

volta verso Alexandria per vedere como passeno le cose, et avisane ala zornata como<br />

succedeno le cose. Data ut supra<br />

Nicolaus<br />

Iohannes.<br />

131<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Gracino da Pescarolo <strong>di</strong> convocare da lui tal Giovanni de<br />

Gotardo,speziale <strong>di</strong> lì, e <strong>di</strong> sapere, <strong>di</strong>etro giuramento, se ha una giornea e altra roba <strong>di</strong> un<br />

quondam fratello <strong>di</strong> Matteo da Celano, uomo d’arme, costui, della compagnia <strong>di</strong> Giovanni da<br />

Tolentino, che se n’è fuggito presso i nemici.<br />

Accertato che Giovanni ha tali cose <strong>di</strong> Matteo, gliele sequestri in modo che non ne <strong>di</strong>sponga se<br />

non come imporrà Tolentino che è cre<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Matteo.<br />

36v Gracino de Piscarolo.<br />

(1453 agosto 22, “apud Gaydum”).<br />

Havemo informatione che uno Iohanne de Gotardo, speciaro de quella nostra cità,<br />

debbe havere una zorneia et altra roba de quondam fratello de Matheo de Celano,<br />

nostro homo d’arme dela conducta de domino Iohanne da Tollentino, el quale Matheo


novamente è fugito et andato dal canto del'inimici; per la qual cosa volemo, e te<br />

comettimo che habii a ti <strong>di</strong>cto Iohanne et per via de sacramento o per altra prova circa<br />

de sapere la robba ha apresso de sè de quella del <strong>di</strong>cto Matheo, sequestrandogila<br />

apresso e comandandoli che’l non ne debba <strong>di</strong>sponere nè fare se non quanto gli<br />

or<strong>di</strong>narà el prefato domino Iohanne da Tollentino o cui specta per lo debito ha <strong>di</strong>cto<br />

Matheo cum luy. Et a questo mete ogni bona <strong>di</strong>ligentia. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes<br />

132<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ssuade la consorte <strong>di</strong> mandare ad avvisare re Renato da parte sua fino a<br />

quando non si saprà dove il sovrano si fermerà e allora le farà sapere il parere ducale.<br />

Illustrissime domine ducisse Me<strong>di</strong>olani.<br />

(1453 agosto 22, “apud Gaydum”).<br />

Havemo recevuto la lettera dela signoria vostra et inteso quello ne scrive de mandare<br />

avisare la maestà del re Renato per parte soa, et cetera; unde respondendo ve <strong>di</strong>cemo<br />

che ad nuy non pare la signoria vostra gli man<strong>di</strong> fino non se sapia dove la maestà soa<br />

sia firmata, et quando sia el tempo, ne avisaremo la signoria vostra del parere nostro.<br />

De qua non è altro de novo. Data ut supra.<br />

Zanetus<br />

Iohannes.<br />

133<br />

Francesco Sforza si <strong>di</strong>ce contento che il parmense Paolo de Archeris abbia avuto, in seguito a<br />

rinuncia <strong>di</strong> Valeriano Borocardo, il possesso dell’ospedale dei Santi Enrico e Rocco <strong>di</strong> Voghera e<br />

pure la rettoria del medesimo. Ciò gli è assai gra<strong>di</strong>to per la fedeltà <strong>di</strong> suo padre Paolo verso <strong>di</strong><br />

lui e lo stato, nonchè per la confermatagli rettitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Paolo.<br />

Il duca chede al vescovo <strong>di</strong> Tortona <strong>di</strong> convalidare tale passaggio <strong>di</strong> rettoria.<br />

1453 agosto 23, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.<br />

Reverendo in Christo patri domino episcopo Terdonensi.<br />

Intelleximus Paulum de Archeris, Parmensem, per renuntiam Valerani Borocar<strong>di</strong><br />

assecutum fuisse iamdudum possessionem et tenutam Hospitalis Sanctorum Henrici et<br />

Rochi de Viqueria, <strong>di</strong>ocesis Terdonensis, et rectoriam eiusdem per renuntiam<br />

huiusmo<strong>di</strong> obtinuisse, quod, non modo gratum nobis, imo gratissimum supervenit ob<br />

singularem fidem, quam erga nos statumque nostrum habet indefessam strenuus vir<br />

Parmesanus de Parma noster armiger, eius Pauli genitor, et ob virtutes et animi<br />

rectitu<strong>di</strong>nem quibus valere ipsum Paulum simus informati et desiderosi. Itaque nos<br />

rectoriam prenominatus ipse Paulus in futurum liberius possideat, 37r requirimus<br />

vestram reverendam paternitatem quatenus velit renuntiam pretactam, ut premittitur, in<br />

eundem factam confirmare et validare. Erit quidem id nobis gratissimum, pro ea<br />

paternitate vestra suis in beneplacitis libere paratis. Data in castris nostris felicibus apud<br />

Gaydum, <strong>di</strong>e xxiii augusti 1453.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

134<br />

Francesco Sforza taccia <strong>di</strong> bugiardo il castellano <strong>di</strong> San Colombano che gli ha scritto <strong>di</strong><br />

mandargli, in sostituzione dei do<strong>di</strong>ci che gli toccano, due bifolchi pagati per due mesi, mentre<br />

essi non sono pagati neppure per un mese.<br />

Provveda a fare come ha scritto e a punire quelli che se ne sono andati.<br />

Castellano Sancti Columbani.<br />

(1453 agosto 23, “in castris nostris felicibus apud Gaydum)”.


Tu ne scrivi che tu man<strong>di</strong> qua duy bovulci pagati per duy mesi per supplemento delli<br />

dodeci che tochano alli homini dela tua iuris<strong>di</strong>ctione, e trovammo non essere vero che<br />

siano pagati nè per duy nè per uno mese, como potray informarte dal presente<br />

portatore, e ben ne maravigliamo che tu ne sc(r)ive busie. Pertanto prove<strong>di</strong> che siano<br />

pagati, acioché non siano constricti fugere un’altra fiata, et provede che quelli hanno<br />

fallito patiscano (a) la pena. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) patiscano su patistano parzialmente eraso.<br />

135<br />

Francesco Sforza scrive a Giacomo e a Giovanni Francesco de Muzano <strong>di</strong> aver preso atto <strong>di</strong><br />

quel che scrivono dei loro boschi. Li assicura che non intende danneggiarli e che si è servito del<br />

loro legname per Cerreto per “più habilità et presteza”.<br />

(1453 agosto 23, “in castris nostris felicibus apud Gaydum)”.<br />

Iacobo et Iohanni Francisco de Muzano.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere et inteso quanto <strong>di</strong>ceti deli vostri buschi. Dicemo<br />

doveti essere certi che non vorissemo alcuno vostro damno possendo nuy fare altramente,<br />

ma, considerata la importantia de quello loco de Cereto, scrisemo per più<br />

habilità et presteza che tolleseno el ligname in li vostri buschi. Nunc vero, inteso quanto<br />

ne scrivete, havemo scrito al nostro locotenente de Lo<strong>di</strong> quanto bisogna in questa<br />

materia. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

136<br />

Francesco Sforza esprime al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> il suo stupore per quanto gli ha scritto per il<br />

pagamento dei “navaroli delli piati stano a Cereto”. Egli ha inviate al referendario <strong>di</strong> lì delle<br />

lettere da lui sottoscritte per il saldo delle spese necessarie a Cerreto. Il medesimo referendario<br />

ha fatto sapere che i gentiluomini <strong>di</strong> Muzano si lamentano che i loro boschi paghino lo scotto <strong>di</strong><br />

tutti i lavori, perchè sono “como<strong>di</strong>, et apti e apropinqui a Cereto”, si tratti del lavoro <strong>di</strong> Zurlesco,<br />

del ponte <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> o <strong>di</strong> altro. Il duca comanda al luogotenente <strong>di</strong> provvedere che “le graveze<br />

passino equalmente” quando vi siano altri boschi “così apti et commo<strong>di</strong>”, altrimenti si proceda<br />

nel modo usato.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1453 agosto 23, “in castris nostris felicibus apud Gaydum)”.<br />

Respondendo alle vostre lettere, cioè ala parte del pagamento delli navaroli delli piati<br />

stano a Cereto, ne maravigliamo de questo perchè, como ve scrisemo a questi dì<br />

passati, e como ve potiti informare, nuy scrisemo al nostro referendario lì per lettere<br />

sotoscripte de nostra propria mano che proveda ale spese necessarie a Cerreto, sichè<br />

(a) rechede <strong>di</strong>cto referendario li zentilhomini da Muzano se gravano che siando molti<br />

altri boschi così como<strong>di</strong> et 37v (b) apti e apropinqui a Cereto como li soi, sempre se<br />

corra ali suoi, li quali in queste novitate sonno posti a fracasso quando per lo lavorero<br />

da Zurlesco, quando per lo ponte de Lo<strong>di</strong> e quando per altro. Per la qual cosa, acioché<br />

le graveze passino equalmente, volimo faciati provedere se’l ce n’è deli altri, como loro<br />

<strong>di</strong>cono, et fare supportano la rata sua del carigo; ma quando non gli fossero altri buschi<br />

così apti et commo<strong>di</strong> quanto li loro, fate tagliare el ligname in essi senza exceptione<br />

alcuna atesa l’importantia del lavorerio. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue reche non depennato.<br />

(b) La carta inizia con <strong>di</strong>e xxiii augusti.


137<br />

Francesco Sforza si compiace con Pietro da Linate sia per la sua andata dal Colleoni e per<br />

quanto ha fatto per lui, come anche per il pagamento del conestabile Bartolomeo da Bologna.<br />

Procuri che i beni dell’abbazia <strong>di</strong> Sant’Alberto non abbiano ad aver danni.<br />

Lo assicura <strong>di</strong> aver scritto al castellano della rocca <strong>di</strong> Tortona <strong>di</strong> non tenere continuamente<br />

aperto il portello <strong>di</strong> soccorso.<br />

Petro de Lonate.<br />

(1453 agosto 23, “in castris nostris felicibus apud Gaydum)”.<br />

Havemo recevuto doe toe lettere de dì xv e xvii del presente per le quale restiamo<br />

avisati del’andata toa al magnifico Bartholomeo Coglione et de quanto hay facto per<br />

luy, et del spazamento de Bartholomeo da Bologna, nostro conestabile, al che non<br />

accade <strong>di</strong>re altro se non che ne piace quanto hay facto et te ne comen<strong>di</strong>amo molto. Alla<br />

parte delli beni del’abba<strong>di</strong>a de Sancto Alberto, te confortiamo et caricamo vogli fare<br />

como ne scrive faray et usare ogni <strong>di</strong>ligentia dal canto tuo, perchè <strong>di</strong>cti beni se<br />

retroveno et non vadano in sinistro. Alla parte del castellano dela rocha de quella nostra<br />

cità che tene aperto continuamente el portello del succorso et che se fida tropo, nuy gli<br />

scrivemo in modo che siamo certi per l’avenire non el tenerà più aperto et se guardarà<br />

più inanze che non ha facto fin al presente. Data ut supra.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

138<br />

Francesco Sforza comanda al castellano della rocca <strong>di</strong> Tortona <strong>di</strong> non tenere continuamente<br />

aperto il portello <strong>di</strong> soccorso, non avendo parenti da lasciare alla sua custo<strong>di</strong>a. Solo in caso <strong>di</strong><br />

necessità, lo apra, ma con a guar<strong>di</strong>a una persona <strong>di</strong> fiducia.<br />

Castellano arcis nostre Terdone.<br />

(1453 agosto 23, “in castris nostris felicibus apud Gaydum)”.<br />

Nuy siamo advisati che tu tene continuamente aperto el portello del soccorso de quella<br />

nostra rocha et che tu te fide troppo, et benchè nuy non dubitamo puncto, imo siamo<br />

certissimi della toa fidelità, te advisamo che a nuy non piace puncto nè volimo che tu<br />

debbi tenere aperto <strong>di</strong>cto portello continuamente, perchè tu non hai miga lì nè parenti<br />

nè fratelli nè figlioli delli quali tu te possi fidare libe 38r ramente et lassarli el <strong>di</strong>cto<br />

portello liberamente securamente in guar<strong>di</strong>a. Siamo ben contenti che in caso de<br />

necessità per li facti toy tu possa aperire esso portello, lassandoli ala guar<strong>di</strong>a perhò<br />

persona che ne habia bona cura et che sia fidata, altramente non volemo per niente<br />

che tu lo aperi, et così te lo coman<strong>di</strong>amo expressamente. Et a questa nostra voluntà<br />

non contrafaray per quanto tu hai cara la gratia nostra. Data ut supra<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

139<br />

Francesco Sforza precisa a Luchina che al presente con quelli <strong>di</strong> Correggio vi è una tregua, ma<br />

non un accordo. Quando questo verrà raggiunto, il duca assicura Luchina (che ha chiesto, in tal<br />

caso, la restituzione <strong>di</strong> Poviglio) che avrà cura <strong>di</strong> farle restituire le cose sue. La ringrazia per aver<br />

mandato della sua gente nel Cremonese, anche se finora non ne ha avuto notizia.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

(1453 agosto 23, “in castris nostris felicibus apud Gaydum)”.<br />

Havemo recevute le vostre littere per le quale ne recordati che, accadendo acor<strong>di</strong>o fra<br />

noy et quelli da Correzo, voliamo provedere ve sia restituito Puvilio, ale quale,<br />

respondendo, <strong>di</strong>cemo che gli è bene pratica de treugua, ma (non) d’acor<strong>di</strong>o fin al


presente, certificandove che accadendone far accor<strong>di</strong>o alcuno non menore cura<br />

haveremo de farve restituire le cose vostre che dele nostre proprie.<br />

Ala parte dele gente vostre quale scrivite havere mandate in Cremonese, ve ne<br />

comen<strong>di</strong>amo e molto ne piace, benchè fin a qui non ne sentemo novella alcuna. Data ut<br />

supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

140<br />

Francesco Sforza scrive a Corrado da Fogliano <strong>di</strong> sentirsi sollevato nell’intendere dai suoi e dai<br />

me<strong>di</strong>ci che migliora. Lo assicura che, aderendo alla sua richiesta, scriverà <strong>di</strong>rettamente a lui.<br />

(1453 agosto 23, “in castris nostris felicibus apud Gaydum)”.<br />

Magnifico Conrado de Foliano, fratri nostro.<br />

Havemo voluto intendere continuamente el caso tuo, così de quelli da casa tua, como<br />

dali me<strong>di</strong>ci et altri, et in effecto con singularissimo piacere et contenteza siano avisati<br />

ch’el male tuo è molto legerito e talmente meliorato che in brevi serai liberato<br />

a<strong>di</strong>utandote con bono animo; sichè, date de bona voglia e non apigliare affano de cosa<br />

alcuna, non attendendo ad altro che a guarire.<br />

Ala parte de scrivere pur a ti et non ali tuoi, te <strong>di</strong>cemo che nuy scrissemo ali tuoy non<br />

per altro respecto se non per dare affanno a te, considerato el caso tuo, ma inteso<br />

quanto ne scrive, restiamo più contenti de scrivere a te che ad altri, e così faremo. Data<br />

ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

141<br />

Francesco Sforza assicura il conte Ottone de Mandello, che desidera gli si man<strong>di</strong> una persona<br />

fidata con cui conferire, d’aver detto a Gentile della Molara che dal Tortonese si porti da lui.<br />

Aggiunge, poi, <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>sponibile a riceverlo quando lui vorrà.<br />

(1453 agosto 23, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

38v Spectabili militi domino Ottoni de Mandello, comiti, et cetera, nostro <strong>di</strong>lectissimo.<br />

Visto quanto per una vostra ne rechiedeti che ve vogliamo mandare là uno delli nostri<br />

fidati con chi possiati conferire, <strong>di</strong>cimo, respondendove, che per una nostra havemo<br />

scripto ad Gentile dela Molara, nostro fameglio, quale de presente se retrova in<br />

Terdonese, che subbito venga da vuy; sichè ve ne avisamo, et con esso poderite <strong>di</strong>re<br />

et conferire liberamente quanto ve parera et piacerà, non altramente cha con nuy. Et<br />

appresso anchora, perchè per un’altra vostra ne rechiedeti de venire qua da nuy,<br />

<strong>di</strong>cemo che, volendo vuy venire, siamo contenti vegniati al vostro piacere. Data ut<br />

supra.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

142<br />

Francesco Sforza scrive a Gentile della Molara <strong>di</strong> portarsi dal conte Ottone da Mandello. Se<br />

quello che gli <strong>di</strong>rà è cosa importante, si porti poi a conferire con lui. Se così non fosse, gliene<br />

scriva.<br />

Gentile dela Molara.<br />

(1453 agosto 23, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Per una soa ne ha pregato el spectabile cavalere et conte messer Otto da Mandello<br />

che vogliamo mandare ad luy uno nostro fidato con chi possa liberamente conferire; per<br />

la qual cosa volemo che, recevuta questa, subito va<strong>di</strong> da luy per intendere quanto luy te<br />

vorra <strong>di</strong>re. Et essendo quello che luy te <strong>di</strong>rà cosa importante, ita che merita la toa


venuta qua da nuy, siamo contenti che venghi; si vero non fosse troppo importante, tu<br />

ne haveray ad avisare per una toa del tuto. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

143<br />

Francesco Sforza manifesta a donna Luchina il suo desiderio che il parmense Paolo de<br />

Archeriis, figlio <strong>di</strong> un valoroso suo armigero, abbia il possesso dell’ospedale dei Santi Enrico e<br />

Rocco <strong>di</strong> Voghera in seguito alla rinuncia <strong>di</strong> Valerano Brocardo. Perchè Paolo ottenga ciò più<br />

agevolmente, ha scritto al vescovo <strong>di</strong> Tortona lodando Paolo e chiedendo al vescovo che, per<br />

suo riguardo, avvalli la detta rinuncia e confermi Paolo nel possesso. Siccome in simile faccenda<br />

importa il suo aiuto, chiede a donna Luchina <strong>di</strong> supportare la richiesta della rettoria <strong>di</strong> detto<br />

ospedale per Paolo.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

(1453 agosto 23, “in castris nosyris felicibus apud Gaydum”).<br />

Volentes et desiderosi nimium quod Paulus de Archeriis de Parma, filius strenui<br />

Parmesani nostri armigeri <strong>di</strong>lecti, consequatur et habeat tenutam et possessionem<br />

hospitalis Sanctorum Henrici et Rochi illius terre Viquerie et ut liberius hospitale ipsum<br />

per renuntiam in se factam per Valeranum Brocardum obtineat, scripsimus per litteras<br />

nostras reverendo domino episcopo Terdonensi in commendationem ipsius Pauli, eum<br />

requirentes quatenus velit, intuitu 39r nostro, renunciam ipsam confirmare et in <strong>di</strong>ctum<br />

Paulum validare, quod quidem cre<strong>di</strong>mus libenti animo se facturum ; verum, cum hac in<br />

re eciam vostro a<strong>di</strong>umento opus sit, hortamur vos atque requirimus quatenus volitis ipso<br />

Paulo favori esse, ita ut rectoriam ipsius hospitalis libere consequatur et habeat. Quod<br />

profecto nobis gratum ascribemus. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

144<br />

Francesco Sforza nulla ha <strong>di</strong> nuovo da segnalare alla consorte, cui chiede della salute sua e dei<br />

figlioli.<br />

Illustrissime domine ducisse.<br />

(1453 agosto 23, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Altro de novo non è de qua; nuy, Dei gratia, stamo bene, desiderosi sentire<br />

continuamente il simile dela signoria vostra et de quelli nostri figlioli. De quello sequirà<br />

la signoria vostra ne sarà advisata. Data ut supra, hora 4 noctis.<br />

Zanetus.<br />

Cabalarius Antonius de Capriolis.<br />

Iohannes.<br />

145<br />

Francesco Sforza scrive al capitano <strong>di</strong> Casteggio perchè, per via sommaria, faccia ottenere a<br />

Schirinzio, famiglio <strong>di</strong> un suo uomo d’arme, gli accertati cre<strong>di</strong>ti che ha lì.<br />

Capitaneo Clastigii.<br />

(1453 agosto 23, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Schirincio da Milano, famiglio d’uno nostro homo d’arme, ne ha facto significare et<br />

rechiedere che, havendo molti debitori in la iuris<strong>di</strong>ctione a ti commessa, dalli quali non<br />

pò conseguire el dovere, vogliamo provedere opportune ch’el sia satisfacto senza<br />

strepito, de piado, con ciò sia cosa che habeat agere causam in alio foro. Volemo<br />

aduncha e te comettemo che, ad instantia et requisitione d’esso Schirincio, debbe<br />

procedere contra tuti et singuli suoi debitori summarie simpliciter et de plano sine<br />

strepitu et figura iu<strong>di</strong>cii, cavillationibus et frivolis exceptionibus quibuscumque reiectis.


Et postquam a te constarà del vero debito, procederai contra d’essi, et etiam per ogni<br />

via de ragione costringerali ad farli el pagamento de tuto quello se trovarà dovere<br />

havere de ragione, non lo tenendo in tempo, perchè ha ad exercirse qua in campo con<br />

el suo patrone. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

146<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al capitano <strong>di</strong> Casteggio <strong>di</strong> dare alloggio ai cavalli <strong>di</strong> Francesco della<br />

Serra da Napoli fino al suo ritorno da re Renato.<br />

39v Capitaneo Clastigii Papiensi.<br />

1453 agosto 24, “in castris nostris apud Gaydum”.<br />

Per certo bono et <strong>di</strong>gno rispeto volemo che tu faci dare logiamento per sey cavali ad<br />

messer Francesco dela Serra da Napolli per alcuni dì fina tanto ch’el retorni dala<br />

magnificentia del re Renato; et questo non manchi per cossa dal mondo, facendoli dare<br />

stancia et strame tanto.<br />

Data in castris nostris apud Gaydum, <strong>di</strong>e xxiiii augusti 1443.<br />

Ser Iacobus.<br />

147<br />

Francesco Sforza dà atto a Gentile della Molara <strong>di</strong> aver ricevuta la sua lettera da Pozolo con<br />

accluse le copie <strong>di</strong> quelle <strong>di</strong> re Renato e <strong>di</strong> Angelo Acciaioli per il Colleoni: si compiace per<br />

.quanto comunicatogli. Non è del parere <strong>di</strong> concedere al conte Pietro (Torelli) una licenza <strong>di</strong> 15<br />

o 20 giorni per andare a Guastalla per ritirare 1000 ducati: può arrangiarsi <strong>di</strong>versamente per<br />

averli e, quin<strong>di</strong>, ha ragione il Colleoni <strong>di</strong> non volergli dare tale permesso per aver “bisogno del<br />

facto suo”. Il duca si <strong>di</strong>ce sorpreso della volontà del Colleoni <strong>di</strong> imporre ai Tortonesi <strong>di</strong> trovare<br />

alloggio per 200 fanti, quando gli è ben noto che il duca non ha “my dato logiamento in taxe a<br />

fanti a pe<strong>di</strong>,”<br />

Zanetto ha scritto alla duchessa <strong>di</strong> Milano su quanto avviene in campo.<br />

Gentili de Molaria.<br />

1453 agosto 24. in campo apud Gaydum”<br />

Dilecte noster, per l’altra littera de <strong>di</strong> xviiii del presente, fatta (a) a Pozolo, et recevuta<br />

heri da sera cum Ie copie incluse dele lettere dela mayesta del Re et de domino Angelo<br />

Azayoli, <strong>di</strong>rectine al magnifico Bartholomeo, restamo advisato de quanto in esse se<br />

contene, il che tucto ad nuy è piaciuto et te ne commen<strong>di</strong>amo,<br />

carricandoti vogli cossì etiam<strong>di</strong>o fare per lo advenire. Circa la parte dela licentia<br />

domanda el conte Piero per andare a Guastalla per tuore Ii mille ducati per xv o xx dì,<br />

te <strong>di</strong>cemo ch’el magnifico Bartholomeo ne pare habia raxone a non concedergli <strong>di</strong>cta<br />

licentia al presente, perchè pur al presente haverà bisogno del facto suo; per respecto<br />

aIe cose seranno da fare de presenti parne ch’el possa mandare uno deli suoy a tuore<br />

<strong>di</strong>cti denari senza andarli luy, o trovarli per qualche altra via, como habilmente pò fare,<br />

et poy renderli, niente de mancho del’andare o restare suo ne lassiamo la cura et<br />

pensiero al pre<strong>di</strong>cto Bartholomeo che faza quello sia meglio. (b) Appresso nuy<br />

inten<strong>di</strong>amo ch’el pre<strong>di</strong>cto Bartholomeo vole far dare carico al Tortonese de presenti de<br />

logiamento per fanti cc, che non credemo, però, sia de sua intentione, perchè sa bene<br />

nuy non havemo may dato logiamento in taxe a fant(i) a pe<strong>di</strong>, sichè vogli <strong>di</strong>rgline et far<br />

che quelle poveri homini del Tortonese non se desperino. Data in campo apud<br />

Gaydum, <strong>di</strong>e xxiiii augusti 1453.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue hers depennato.<br />

(b) Segue data depennato.<br />

Die suprascripto.


Scriptum fuit per Zanetum illustrissime domine ducisse Me<strong>di</strong>olani et cetera de<br />

occurrentibus in castris.<br />

Cabalarius Iacobus de Fara.<br />

Signata Cichus.<br />

148<br />

Francesco Sforza informa il fratello Corrado che, nonostante i plurimi solleciti fattigli <strong>di</strong> rispettare<br />

i salvacondotti da lui, duca, accordati ha ancora ricevuto richieste, sia dal conte Giacomo che<br />

dai rettori <strong>di</strong> Bergamo, <strong>di</strong> far riavere agli uomini <strong>di</strong> Osio i denari loro presi.<br />

Circa il bestiame tolto in Crema quando capitò il caso <strong>di</strong> Castiglione, gli or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuirlo<br />

come gli pare. Lascia ad Antonio, cancelliere <strong>di</strong> Corrado, <strong>di</strong> informarlo delle altre cose.<br />

40r Magnifico Conrado, fratri nostro.<br />

(1453 agosto 24, “in campo apud Gaydum”).<br />

Segondo che per più altre lettere te havemo scripto e replicato, volimo per la<br />

conservatione deli salviconducti e fede nostra che ogni robba, pregoni et <strong>di</strong>nari fosseno<br />

tolti per li toi in Bergamascha sotto el nostro salvoconducto siano restituiti integre senza<br />

mancamento d’uno pontale de stringha. Et havendo novamente lettere et dal conte<br />

Iacomo et dali rectori de Bergamo per le quale ne rechiedeno instantissimamente la<br />

restitutione delli denari tolti al’homini da Oxio, volimo che subito facii restituire li <strong>di</strong>cti<br />

<strong>di</strong>nari senza mancamento alcuno; et se tu hay voglia de fare cosa che ne piaza, fallo<br />

senza piu replicatione de nostre lettere.<br />

De quello bestiamo fo tolto per li toi, fu quello de Crema, quando intervene el caso de<br />

Castiglione, siamo contenti che per lo mancamento che feceno loro tu ne facii et lo<br />

<strong>di</strong>stribuischa come te pare. Del’altre cose Antonio, tuo cancellero, vene informato al<br />

quale prestaray quella fede che faresti a nuy proprii. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

149<br />

Francesco Sforza risponde a Gentile della Molara che in merito ai 40 cavalli richiesti al Colleoni<br />

dal doge <strong>di</strong> Genova e da Pietro Cotta si è già convenuto sul da farsi. Quanto al pagamento del<br />

Colleoni, si è già risposto adeguatamente e altrettanto si farà a un suo nuovo inviato. La<br />

vertenza <strong>di</strong> quei <strong>di</strong> Castelnuovo è affidata al Colleoni, cui è stato dato <strong>di</strong> tutto “aviso et<br />

plenissima notitia”. La sua (<strong>di</strong> Gentile) richiesta <strong>di</strong> danari l’ha spinto a richiedere ai Maestri<br />

delle entrate <strong>di</strong> fargli avere 20 o 25 ducati d’oro.<br />

Gentili dela Molaria.<br />

(1453 agosto 24, “in campo apud Gaydum”).<br />

Here et hogi havemo recevuto doe toe lettere de dì xviii et xxii del presente per le quale<br />

restamo advisati de quanto ne scrive; al che, respondendo, et primo, ala parte delli<br />

cavalli xl, quali hanno mandati a rechiedere al magnifico Bartholomeo Coleone lo<br />

illustre signore meser lo duxe de Zenova et Petro Cotta, <strong>di</strong>cemo ch’el magnifico<br />

Bartholomeo dette aviso a nuy della <strong>di</strong>cta rechiesta, et così gli respondessemo a<br />

compimento; sichè circha ciò non accade <strong>di</strong>re altro. Ala parte de messo vole mandare<br />

da nuy el <strong>di</strong>cto Bartholomeo per intendere el suo spazamento, <strong>di</strong>cimo che d’esso<br />

spazamento gli ne havimo dato aviso et plenissima notizia, pur mandandolo, lo<br />

are<strong>di</strong>remo et gli farimo resposta al tuto. Ala parte della <strong>di</strong>fferentia de quelli da<br />

Castelnovo non <strong>di</strong>cemo altro, se non che ne lassamo la cura al prefato Bartholomeo,<br />

como a quello che è informato dela cosa et che se ritrova sul facto, che gli proveda<br />

como parerà a luy. Ala parte del tuo bisogno che te vogliamo provedere de qualchi<br />

<strong>di</strong>nari per il vivere tuo, <strong>di</strong>cimo che siamo certissimi el bisogno tuo sia grande; et così<br />

havemo or<strong>di</strong>nato ch’el te sia provisto al presente de xx o xxv ducati (a) d’oro, como<br />

haverai per le lettere nostre <strong>di</strong>rective alli 40v Maestri nostri del’entrate, le quale de novo<br />

havemo facto replicare, et te man<strong>di</strong>amole alligate con questa. Nuy voluntera te<br />

haveressemo proveduto per altra via, ma invero non gli havemo el modo al presente;


siamo perhò certi che li <strong>di</strong>cti Maestri te provederano presto delli <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari, perché gli<br />

scrivemo in bona forma, la quale è soctoscripta de nostra propria mano. Data ut supra.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

(a) ducati in interlinea su pezi depennato.<br />

150<br />

Francesco Sforza esprime al podestà <strong>di</strong> Viguzzolo il suo sconcerto per il rifiuto da lui opposto,<br />

<strong>di</strong>sobbedendo a un suo or<strong>di</strong>ne (che riba<strong>di</strong>sce), a concedere al castellano e capitano della<br />

cittadella <strong>di</strong> Tortona una certa quantità <strong>di</strong> biade necessaria per “munitione” <strong>di</strong> quelle fortezze.<br />

Potestati Vigozoli.<br />

(1453 agosto 24, “in campo apud Gaydum”).<br />

Havendo nuy concesso lettere patente sottoscripte de nostra propria mane al<br />

castellano et capitaneo della cittadella de Terdona de posser cavare fora de quella terra<br />

certa quantità de biave per munitione d’esse fortezze, ne hanno scritto non gli hai<br />

voluto lassare trarre fora; della qual cosa cosa per certo ne meravigliamo, né possemo<br />

pensare donde proceda tanta presumptione che non vogli obbe<strong>di</strong>re le nostre lettere.<br />

Pertanto te coman<strong>di</strong>amo che, senza pur una minima contra<strong>di</strong>cione, gli lassi cavare<br />

quella quantità de biava che se contenne in <strong>di</strong>cte nostre lettere patente; altramente te<br />

certificamo che te faremo intendere quanto ne despiace a non essere obe<strong>di</strong>ti. Data ut<br />

supra.<br />

Marcus.<br />

In simili forma scriptum fuit potestati Pontiscuroni, <strong>di</strong>e suprascripto.<br />

151<br />

Francesco Sforza rinnova a Bonifacio, a Bataglerio e a Bernabò, marchesi Malaspina <strong>di</strong> Varzi,<br />

nonchè agli uomini e ai consoli tutti del marchesato varzese <strong>di</strong> recedere dal rifiuto che<br />

oppongono alla concessione dei denari della tassa da loro dovuta al condottiero Colella da<br />

Napoli. Comanda a Bonifacio e a Bataglerio <strong>di</strong> portarsi da lui.<br />

(1453 agosto 24, “in campo apud Gaydum”).<br />

Spectabilibus <strong>di</strong>lectis nostris Bonifatio, Bataglerio et Bernabovi, marchionibus<br />

Malaspinis Varcii, necnon prudentibus viris, consulibus, comitibus et hominibus toti<br />

eiusdem Varcii marchionatus.<br />

El spectabile Colella de Neapoli, nostro conductero, se condole non essere may stato<br />

satisfacto da vuy deli denari dele soe taxe, secundo che ve sete convenuti con luy altre<br />

volte, et come per più altre nostre ve havemo scripto; dela qual cosa molto se<br />

maravigliamo, maxime 41r essendoli stato promesso per vuy marchesi. Pertanto volimo<br />

et stringemo et carichemo che, veduta la presente, habbiati satisfacto el <strong>di</strong>cto Colella, o<br />

qualunque suo messo ch’el mandarà, integramente de tuto quello deve havere da vuy<br />

per casone de <strong>di</strong>cte taxe, e non manchate. E vuy, Bonifatio et Batagliero, perchè<br />

havemo ad conferire con vuy, recevuta la presente, venite da nuy. Data ut supra.<br />

Cichus.<br />

152<br />

Francesco Sforza ingiunge a Ianuzio de Lezio <strong>di</strong> smettere ogni indugio e <strong>di</strong> portartarsi, come più<br />

volte gli ha scritto, con i suoi uomini in campo, ma siccome il suo famiglio Giulio <strong>di</strong> Costanza si<br />

lagna per essergli stata “robbata la stantia sua lì a Cognolo” e <strong>di</strong> ciò sono sospettati i suoi<br />

uomini, vuole che gli venga restituita la roba.<br />

Se, invece, fossero innocenti, indaghi per scovare i colpevoli.<br />

Ianutio de Letio, armorum, et cetera.<br />

(1453 agosto 24, “in campo apud Gaydum”).


Non possemo fare che non se maravigliamo asay che, havendote scrito più fiate che tu<br />

dovese venire con tuti li tuoi verso Cremona, e may non sii venuto, nè sapemo pensare<br />

donde proceda tanta lenteza e tar<strong>di</strong>tà; pertanto de novo te replicamo che subito, senza<br />

più tardare, debbe venire via qua in campo da nuy con tuti li toi. Ma perchè Iulio de<br />

Constantia, nostro famiglio, molto se grava che gli è stata robbata la stantia sua lì a<br />

Cognolo, et li toy sonno alegati suspecti, volimo inante che tu vegni, tu gli facii restituire<br />

la robba soa integramente, s’el se trovarà Ii toi haverla havuta, ma non se trovando che<br />

l’habiano havuta, farane fare tal chiareza ch’el se conosca li toi non essere culpevoli<br />

delIa imputatione a loro facta. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

153<br />

Francesco Sforza ringrazia il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> per la cura avuta <strong>di</strong> suo fratrello Corrado, cui<br />

farà avere 100 ducati d’oro per far fronte alle spese.<br />

Locuntenenti Laude.<br />

In simile forma è stato scritto al lo<strong>di</strong>giano Paolo Braco<br />

(1453 agosto 24, “in campo apud Gaydum”).<br />

Inteso quanta ne scriveti de Conrado, nostro fratello, e della <strong>di</strong>ligentia et cura havute<br />

della sua salute, ve ne rengratiamo; e respondendo a quanto ne recordati dela<br />

provisione del <strong>di</strong>naro dal firle facta, scrivemo a Milano in modo et forma e cosl<br />

fatamente che subito gli serano portati cento ducati d’oro per supplire aIle spese gli<br />

occoreno. Siche stu<strong>di</strong>ati de confortarlo ch’el non se <strong>di</strong>a affanno, ma attende a guarire,<br />

postpositis omnibus. Data ut supra.<br />

In simili forma scriptum fuit Paulo Bracho, civi Laude.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

154<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà <strong>di</strong> Pavia, se trova in città o nel contado, l’uomo d’arme<br />

Giovanni da Pavia, lo imprigioni.<br />

41v Potestati Papie.<br />

(1453 agosto 24, “in campo apud Gaydum”).<br />

Volemo che tu faci vedere se in quella nostra cità, aut nel contado, se retrova Iohanne<br />

da Pavia, nostro homo d’arme; e trovandoseli faralo sostenere da non essere relaxato<br />

senza nostra licentia; e questo non manchi. Data ut supra.<br />

155<br />

Francesco Sforza risponde a donna Luchina dal Verme che con Puvilio si è stipulata una tregua<br />

e quando si ad<strong>di</strong>verrà a un accordo si tratterà lei e il conte Pietro alla pari <strong>di</strong> lui. Precisa che non<br />

l’avrebbe importunata con lettere se lei si fosse decisa a mandare (richiesta che le rinnova) un<br />

suo uomo con la documentazione relativa alle tasse reclamate dagli uomini sforzeschi .<br />

Il duca si <strong>di</strong>ce sod<strong>di</strong>sfatto per l’arrivo a Cremona degli uomini <strong>di</strong> donna Luchina.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

(1453 agosto 24, “in campo apud Gaydum”).<br />

Respondendo a due vostre lettere, et primo, a quella fa mentione de Puvilio, accadendo<br />

accor<strong>di</strong>o, ve replicamo quanto per altre nostre ve havemo scripto che de acor<strong>di</strong>o non è<br />

anchora mentione alcuna, ma de tregua si, et quando accadesse accor<strong>di</strong>o, non mancho<br />

farimo per vuy et il conte Petro quanto per nuy proprii. Quanto al’altra vostra lettera,<br />

quale fa mentiome deIe lettere concesse ale nostre gente per fare sostenire Ii vostri<br />

homini debitori dele taxe, ve avisamo che per importunità delle nostre gente et per la


necessità Ioro, havemo concesse <strong>di</strong>cte lettere; e perchè voi <strong>di</strong>cete et alligate che Ii<br />

vostri hanno facto el dovere et più ve havemo scripto per triplicate Iittere che<br />

mandasseno qua uno delli vostri con le scripture e ragione et informatione delle <strong>di</strong>cte<br />

tasse aciò che, intese Ie rasone, se gli metese fine e cesseno la gravetione alli vostri<br />

homini e l’homini d’arme sapesseno se debbeno havere o non; ma non havendo vuy<br />

may mandato alcuno, sono corse <strong>di</strong>cte lettere. E pertanto ve repplicamo che hozi may<br />

vogliati mandare per mettere uno fino a questo.<br />

In questa hora havemo inteso che le vostre gente sono armate a Cremona; del che<br />

restamo molto contenti et gli man<strong>di</strong>amo ad allogiare a Seniga per guar<strong>di</strong>a de quella<br />

nostra terra. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

156<br />

Francesco Sforza scrive al fratello Corrado circa l’intenzione dei nemici <strong>di</strong> fare un ponte in<br />

mezzo a Casteione e <strong>di</strong> “andare a campo a Cerreto”, cose <strong>di</strong> cui può essere del tutto informato<br />

dal luogotenente ducale. Presti, perciò, ogni aiuto che Gaspare da Suessa gli richiederà per la<br />

sicurezza <strong>di</strong> quella fortezza.<br />

42r Magnifico Conrado, fratri nostro.<br />

1453 agosto 27, “apud Gaydum”.<br />

Havendo nuy chiara informatione che l’inimici haveano facto pensiero de butare uno<br />

ponte sopra Adda per mezo Casteione et anche che fra loro inimici se rasona de<br />

andare a campo a Cerreto, havemo scripto al nostro locotenente lì quanto potray<br />

intendere et farte monstrare da luy. Sichè per questa non te replicamo altro se non che,<br />

bisognando a Gasparro da Suessa succorso de gente, manda lì qualchi deli tuoi homini<br />

d’arme con li loro coraze, sacomani a pede et anche deli homini dela terra, fidati et<br />

sufficienti, ita che quella forteza remanga secura. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xxvii augusti<br />

1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

157<br />

Francesco Sforza ha scritto al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> circa il ponte “versus Castrorum”, così come<br />

si è fatto con Giovanni Caymo ed egualmente con Morello da Parma con la seguente aggiunta:<br />

siccome corre voce fra i nemici della volontà <strong>di</strong> mettere campo a Cerreto, lui, duca, ha scritto a<br />

Gaspare da Sessa <strong>di</strong> richiedere uomini locali e forestieri, purchè fidati, così come ha or<strong>di</strong>nato a<br />

suo fratello Corrado <strong>di</strong> inviare uomini d’arme con corazze. Vuole che Morello risponda alle<br />

richieste <strong>di</strong> Gaspare, provveda che non gli manchino vettovaglie e gli man<strong>di</strong> un maestro con<br />

circa 50 gavette per aggiustare delle balestre guaste. Gli impone <strong>di</strong> arrestare qualsiasi soldato<br />

che lasci il campo senza bollettino.<br />

Egualmente con duplice lettera si è scritto a Gaspare de Suessa:<br />

Dato che dai nemici si continua a parlare del campo a Cerreto, gli comanda, se già non lo<br />

avesse fatto, <strong>di</strong> guastare quel ponte in modo che si formi un palude che inibisca la sistemazione<br />

<strong>di</strong> un campo. Se sa <strong>di</strong> nemici in moto, man<strong>di</strong> per aiuti a Lo<strong>di</strong>, sia da Corrado, suo fratello, che<br />

dal luogotnente che gli manderanno un maestro per aggiustare le balestre, oltre a gente locale<br />

e forestiera. Se si imbatte in soldati che hanno lasciato il campo senza bollettino, li imprigioni.<br />

1453 agosto 27, “apud Gaydum”.<br />

Nota quod <strong>di</strong>e xx sexta per duplicatas litteras scriptum fuit<br />

locumtenenti et referendario Laude circa factum pontis versus Castrorum in ea forma<br />

qua scriptum fuit Iohanni Caymo;<br />

et similiter domino Morello de Parma cum hac ad<strong>di</strong>tione videlicet:<br />

ulterius perché pur ancora se raxona fra loro inimici de andare ad campo ad Cerreto,<br />

havimo scripto ad Gasparro da Sessa che atten<strong>di</strong> ad bona guar<strong>di</strong>a, et sentendo luy<br />

altro, ch’el man<strong>di</strong> lì per qualche homini, cossì terrei como forestari, sichè, mandateli a<br />

rechiedere, prove<strong>di</strong>tili et mandatili gente fidata, <strong>di</strong>cendo anchora ad Corrado, nostro


fratello, benchè nuy gli scrivemo che, bisognando, li man<strong>di</strong> qualchi homini d’arme con le<br />

loro coraze. Volimo insuper che vuy gli mandati subito uno magistro con qualche<br />

cinquanta gavette per conzare alcune balestre guaste che sonno là, et fatili ultra ciò<br />

<strong>di</strong>gna provisione de victualia ultra quella che gli è, sichè, adveniente casu, non<br />

intervenga sinistro per mancamento alcuno. Ulterius perché siamo informati che molti<br />

deli nostri, così homini d’arme como sacomani e fanti a pede, se partino de qua del<br />

campo senza buletino et or<strong>di</strong>ni nostri, volemo che, capitandove alcuno ale mane, qual<br />

non habia buletino in simili forma de questo ve man<strong>di</strong>amo qui incluso, vuy lo faciati<br />

destenire, sia homo d’arme, sacomano o fante a pede, non lo relaxando senza nostra<br />

licentia. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xxvii augusti 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

Item per duplicatas litteras ut supra<br />

Gasparri de Suessa cum hac a<strong>di</strong>uncta, videlicet:ulterius perchè pur ancora se rasona<br />

fra loro de venire a campo a Cerreto, te caricamo a stare attento e far bona guar<strong>di</strong>a e<br />

stare proveduto e fare li preparamenti necessarii et opportuni per Ia defesa; e non<br />

havendo facto guastare quello ponte, del quale altre fiate te havemo scripto, faralo<br />

subito guastare et stopare aciochè spazandose per l’aqua, facia uno padule 42v ato ad<br />

obviare da quella banda non se le potesseno acampare, segondo etiam<strong>di</strong>o che tu ne<br />

avisasse. Et sentendo tu che pur fusseno per venire lì, manda a Lo<strong>di</strong> da Conrado,<br />

nostro fratello, et al locotenente per gente cosi forasteri, como terreri, perchè gli<br />

havemo scripto che te ne man<strong>di</strong>no; et simelmente, bisognandote piu una cosa che<br />

un’altra, rechedetela, avisandoti che gli havemo scripto che te man<strong>di</strong>no Iì uno maestro<br />

con alcune gente per reconzare Ie balestre, se’l serà bisogno. Ulterius perchè siamo<br />

informati che molti delli nostri, così homini d’arme, como sacomani et fanti a pede, se<br />

partino de qua dal campo senza licentia, buletino et or<strong>di</strong>ni nostri, volimo che,<br />

capitandotene alcuno in Ie mane, qual non habia buletino in simili forma de questo<br />

man<strong>di</strong>amo qui incluso, vuy lo faciate destenire, sia homo d’arme, sacomano o fante a<br />

pede, non lo relaxando senza nostra licentia. Data supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

158<br />

Francesco Sforza espime a Gracino da Pescarolo la sua sod<strong>di</strong>sfazione per come da lui e da<br />

Zanino sono state <strong>di</strong>stribuite le 8000 lire avute da Pavia.<br />

Gli fa sapere che si possono concedere licenze <strong>di</strong> estrarre da quel territorio fino a 50 moggia <strong>di</strong><br />

biade, ma oltre necessita una licenza sottoscritta dal duca.<br />

Gracino de Piscarolo.<br />

(1453 agosto 27, “apud Gaydum”).<br />

Havemo recevuto la toa lettera et inteso quello ne scrivi delle libre octomillia recevute<br />

da quella nostra comunita de Pavia et como sonno state destribuite per ti et per Zanino,<br />

restamo de tucto contenti. Ala parte delle licentie de condure biave fora de quello<br />

nostro territorio et dela citade, te <strong>di</strong>cemo che ad quelli volesseno condurne xxv fino in<br />

xl, o in l moza, se gli porria concedere; ma che ne volesse condure ad centenara et<br />

farne mercantia, non volimo lo fazano senza nostra licentia inscripta per non defornire<br />

quella nostra cità de victualie, et volemo sapere chi la deve condure. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

159<br />

Francesco Sforza vuole che il commissario <strong>di</strong> Tortona intervenga perchè Carlo da Novara, uomo<br />

d’arme <strong>di</strong> Taddeo del Verme, riabbia la roba toltagli dai Casalnocetesi per la vertenza che essi<br />

hanno con gli uomini d’arme <strong>di</strong> Taddeo. Ai medesimi Casalnocetesi imponga il pagamento del<br />

me<strong>di</strong>co e delle me<strong>di</strong>cine del ragazzo <strong>di</strong> Carlo da loro ferito.<br />

1453 agosto 27, “apud Gaydum”.


Comissario Terdone.<br />

Carolo da Novara, homo d’arme de Thadeo del Verme, è stato qui da nuy et ne ha <strong>di</strong>cto<br />

ch’el non pò coseguire quella soa robba gli fo tolta per l’homini de Casale dala Noseta,<br />

<strong>di</strong>stricto de quella cità, per la questione fra loro et homini d’arme de <strong>di</strong>cto Thadeo. Et<br />

perchè havemo chiara informatione che <strong>di</strong>cta questione non fo facta per colpa d’esso<br />

43r Carolo, ma de alcuni balestreri che se ne fugireno, et non parendone honesto che<br />

Iuy debbia portare la pena de quello non ha colpa, volimo che tu vede tuta la robba soa,<br />

delIa soa che gli mancha, et gli la fazi restituire integramente, et cosi pagare Ie<br />

me<strong>di</strong>cine et me<strong>di</strong>co del suo regazo gli fo ferito per <strong>di</strong>cti homini in <strong>di</strong>cta questione, como<br />

tu sei informato. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xxvii augusti 1453.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.<br />

<strong>16</strong>0<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Giovanni de Angelellis, capitano <strong>di</strong> giustizia, e al podestà <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong><br />

accordarsi e intervenire a far giustizia, senza alcun riguardo a persona alcuna, contro gli autori<br />

dell’eccesso commesso a Pavia.<br />

(1453 agosto 27, “apud Gaydum”).<br />

Egregis viris domino Iohanni de Angellelis, capitaneo iustitie et potestati Papie.<br />

Vuy siti informato del’excesso commisso in quella nostra cita de Pavia. Pertanto volemo<br />

che, intendendove tuti duy insieme et non guardando in faza ad alcuna persona, sia<br />

che se voglia, et remonit(a) ogni passione, debbiati ministrare rasone ad caduna delle<br />

parte indeferentemente et non favorezare più una parte como l’altra per modo alcuno,<br />

certificandove che così facendo, fariti I’honore vostro et a nuy cosa gratissima, unde<br />

che facendo vuy altramente, seressemo de vuy malcontenti et non lo patiressemo per<br />

modo alcuno. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>1<br />

Francesco Sforza scrive a Pietro Beccaria e ad Antonio da Lonate <strong>di</strong> essere stato informato dal<br />

conte Gaspare da Vimercate della rivolta fatta a Pavia. Li rassicura <strong>di</strong> aver dato <strong>di</strong>sposizione al<br />

podestà e al capitano <strong>di</strong> giustizia della città <strong>di</strong> procedere senza riguardo alcuno contro i<br />

colpevoli.<br />

(1453 agosto 27, “apud Gaydum”).<br />

Egregis doctoribus nostris domino Petro de Becharia et Antonio de Lonate.<br />

El spectabile conte Gasparro da Vimercato ne ha avisato de quello gli haveti scripto<br />

circa lo excesso comisso in quella nostra cità, el che havemo molto beninteso. Et<br />

quantunche habiamo resposto a luy l’animo et <strong>di</strong>spositione nostra, non<strong>di</strong>meno ve ne<br />

avisamo ancora nuy et <strong>di</strong>cemo che nostra intentione non è che alcuna persona, sia che<br />

se voglia, habia più favore de vuy in questa facto, et che non se gli usa passione<br />

alcuna, immo che indeferenter rasone habia loco. Et cosi havemo or<strong>di</strong>nato et comisso<br />

al podestà de Pavia et al capitaneo nostro de iustitia che in questo habiano bonissima<br />

advertentia, et cossì siamo certi farano perché, quando facesseno altramente,<br />

seressemo malcontenti <strong>di</strong> facti soi, sichè state de bona voglia et non prendeti<br />

<strong>di</strong>spiacere alcuno de questo facto. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.


<strong>16</strong>2<br />

Francesco Sforza scrive a Giuseppe da Cortona, castellano <strong>di</strong> San Colombano, <strong>di</strong> aver or<strong>di</strong>nato<br />

al podestà <strong>di</strong> “Cottogno” <strong>di</strong> mandargli la moglie e i figli <strong>di</strong> Bartolomeo da Vailate, attualmente a<br />

Cottogno, perchè lui li detenga in modo che non possano fuggire.<br />

(1453 agosto 27, “apud Gaydum”).<br />

43v Magnifico Iosep de Cortonio, castellano nostro Sancti Columbani.<br />

Havemo scripto al potestà de Cottogno che te man<strong>di</strong> lì in Ie mane toe la mogliere et<br />

figlioli de Bartholomeo da Vaylà, quale mò se retrova in essa terra (a) de Cottogno. Per<br />

la qual cosa volemo che tu li debii recevere et destenirli, et in tal modo farli guardare<br />

che non se ne possano fugire. Et in questo gli metterai tale cura et <strong>di</strong>ligentia che non se<br />

ne possano andarsene, per quanto ha cara la gratia nostra. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

(a) in essa terra ripetuto.<br />

<strong>16</strong>3<br />

Francesco Sforza comanda al podestà <strong>di</strong> Cotogno <strong>di</strong> prendere la moglie e i figli <strong>di</strong> Bartolomeo<br />

da Vailate, che si trovano lì, e sotto scorta li man<strong>di</strong> a Sant’Angelo per consegnarli a Giuseppe da<br />

Cortona, castellano del luogo. Faccia poi inventariare e sequestrare tutta la loro roba.<br />

Potestati Cotognii, nostro <strong>di</strong>lecto.<br />

(1453 agosto 27, “apud Gaydum”).<br />

Volemo che subito, recevuta questa, pren<strong>di</strong> personalmente la mogliere et li figlioli de<br />

Bartholomeo da Vaylà, la quale è lì, et puoi, bene compagnati, mandarayli ad Sancto<br />

Angelo ad consignarli in mane de Ioseph de Cortona, nostro castellano lì, al quale<br />

scrivemo per una nostra che Ii receva et faza bene guardare in modo che non possano<br />

fugire. Apresso farai descrivere tuta la robba soa che trovaray lì et farayla tenere in<br />

sequestro, sechè alcuna cosa non possa fir sinistrata, rescrivendone dela receptione de<br />

questa. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>4<br />

Francesco Sforza informa la consorte d’aver avuto da Sanete da Bentivoglio, bolognese, la<br />

copia <strong>di</strong> una lettera scrittagli da tal Colla, suo cancelliere, con la notizia del saccheggio subito da<br />

Alessandro a Fogliano.<br />

Illustrissima domine ducisse.<br />

(1453 agosto 27, “apud Gaydum”).<br />

In questa sira havemo recevuto da messer Sanete de Bentvolii Bolognese, la copia<br />

d’una Iettera che gli ha scripto uno Colla, suo cancellero, da Firenza, continente como<br />

Alexandro ha havuto Foliano a sacomano. Pertanto la man<strong>di</strong>amo ala signoria vostra qui<br />

inclusa aciò intenda el tuto, benchè speramo domane haverne maior certeza. Data ut<br />

supra<br />

Irius.<br />

Cichus.


<strong>16</strong>5<br />

Lo Sforza dà notizia della caccia data dall’armata cristiana al resto delle fuste tuche nella<br />

speranza <strong>di</strong> catturarle. Informa che Ungari, Valacchi e altri signori <strong>di</strong> quelle parti si sono mossi<br />

per fronteggiare i Turchi, per cui il sultano si è portato ad Adrianopoli. Il duca <strong>di</strong>spone che con<br />

scampanii, fuochi e processioni si renda grazia a Dio.<br />

In simile forma si è scritto al podestà e ai presidenti agli affari <strong>di</strong> Pavia.<br />

(1453 agosto 27, “apud Gaydum”).<br />

45r (a) zentilhomo ienovese preso in Constantinopoli cum alcuni altri; et deinde, levata<br />

de lì l’armata <strong>di</strong> Christiani e andata per trovare lo resto delle fuste deli Turchi seperate<br />

dalli <strong>di</strong>cte xvii, et speravese che Ie travarebeno et pigliarebeno tute; et ulterius havimo<br />

giareza che molti Ungari, Valachi et altri signori de quelle parte potentemente se sonno<br />

mossi contra Turchi; per la qual cosa el Gran Turcho se è partito da Constantinopoli et<br />

gli ha lassa(to) per guar<strong>di</strong>a Turchi et luy è andato in Andrinopoli, il perchè se spera<br />

obviare ale sforce et machinatione del prefato Turcho, a<strong>di</strong>utore Deo. Pertanto a laude e<br />

gloria del’omnipotente Dio et exaltatione dela Christianità, rendendo gratie infinite ad<br />

esso Dio, volimo debiati fare processione tri dì continui con falo<strong>di</strong>i et ameni soniti de<br />

campane. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Die suprascripto.<br />

In simili forma scriptum fuit potestati et presidentibus negociis comunitatis civitatis<br />

Papie.<br />

Cichus.<br />

(a) Così, mancando la carta precedente, inizia la missiva.<br />

<strong>16</strong>6<br />

Francesco Sforza conferma al pavese Giacomo de Zasiis, il ricordo che gli ha fatto del proposito<br />

ducale <strong>di</strong> voler essere unico signore della città e <strong>di</strong> volerne tale amministrazione che “nè bacaleti<br />

nè capelaci lì habiano loco”. Quanto al <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne avvenuto, gli conferma che interverrà in modo<br />

che a tutti sarà chiaro che non tollera sollevazioni e <strong>di</strong>rà ai temerari autori del <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne che non<br />

intende che Pavia passi per “spelunca de latroni”.<br />

Iacobo de Zaziis, civi Papiensi.<br />

(1453 agosto 27, “apud Gaydum”).<br />

Havemo recevuto Ie toe lettere per Ie quale tu ne ricor<strong>di</strong> el proposto qual havimo facto<br />

de volere nuy essere signore de quella cità senza compagno et volere tale regimento in<br />

essa che nè bacaleti nè capelaci li (a) habiano loco; et così è la opinione nostra.<br />

Quanto vero al rumore e tumulto facto in quella cità, tanto I’havemo exoso et molesto<br />

quanto se potesse <strong>di</strong>re o scrivere, e ben te comen<strong>di</strong>amo de tal ricordo et aviso a noi<br />

facto con molta fede per bene de noi e stato nostro, certificandote che omninamente<br />

siamo <strong>di</strong>sposti et deliberati de farne tale demonstratione che tuta la cità comprehenderà<br />

che questo caso ne è grandemente rencresuto, et darimo a vedere alIi grotti et temerari<br />

che non haveranno facto bene e, siano che se vogliano et habiano nome como<br />

vogliano, non intendendo per mado alcuno che quella nostra cità de gloria e fama sopra<br />

l’altra muta nome in speluncha de latroni. E de questo vederiti experientia ad<br />

consolatione de quelli de voglia de ben vivere. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) li in interlinea.<br />

<strong>16</strong>7<br />

Francesco Sforza scrive a Giovanni Gamba da Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> indurre il suo nipote, venuto<br />

temporaneamente a casa con un ronzino e della roba dello squadrero Ottaviano Visconti<br />

ritornare da Ottaviano. Se non volesse far ritorno, provveda a restituire quanto ha portato via.


45v Magnifico Iohanni Gambe de Laude.<br />

(1453 agosto 27, “apud Gaydum”).<br />

Octaviano Vesconte, nostro squatrero, ne <strong>di</strong>ce como, havendo luy tolto così uno vostro<br />

nepote al quale haviva prestato <strong>di</strong>nari et dato la robba soa, essendo venuto con soa<br />

licentia <strong>di</strong>cto vostro parente ad casa et menato uno suo ronzino con promissione de<br />

retornare, al presente recusa volere retornare con luy, como anche <strong>di</strong>ce havere scripto<br />

a voi. E perchè esso Octaviano è molto vostro, parendogli esservi obligato, haverà più<br />

caro che vuy operasti el tornasse, che de havere ad pigliarli altro partito. Pertanto ve<br />

confortiamo ad volere provedere et operare ch’el <strong>di</strong>cto vostro nepote retorni ad servire<br />

esso Octaviano, overo gli satisfaza il cavallo et robba soa, como è debito et rasonevele,<br />

altramente gli bisognerà pigliare altro partito per non supportare questo danno. Data ut<br />

supra<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>8<br />

Francesco Sforza si compiace con Pietro da Linate, commissario <strong>di</strong> Tortona, per aver dato a<br />

Baldasarre, figlio <strong>di</strong> Graziolo da Vicenza, lire 330 delle 500 che gli spettano, ma lo sollecita a<br />

completare la somma dovutagli in modo che si metta in or<strong>di</strong>ne. Si <strong>di</strong>ce <strong>di</strong>spiaciuto per le<br />

rappresaglie <strong>di</strong> uomini e bestiame compiute dagli uomini del Colleoni contro quelli del vescovato.<br />

Ritenendo che ciò è avvenuto a insaputa del condottiero, vuole che lo avverta <strong>di</strong> tale<br />

comportamento, perchè intervenga con le necessarie punizioni. Gli ricorda <strong>di</strong> aver scritto più<br />

volte a lui, Pietro, e agli ufficiali <strong>di</strong> Tortona perchè provvedano a piegare la resistenza della<br />

gente <strong>di</strong> Pontecurone e <strong>di</strong> Viguzzolo a obbe<strong>di</strong>re a lui e agli ufficiali. Nulla ha da aggiungere a<br />

quel che già gli ha scritto circa la restituzione ai suoi uomini della loro roba, che Pietro ha<br />

imposta agli uomini <strong>di</strong> Casale. Non crede che la richiesta delle tasse <strong>di</strong> settembre sia partita dal<br />

Colleoni, perchè sia lui che i suoi, sono stati “spazati in modo che porano cavalchare et non<br />

haverano più a stare lì”. Vuole, infine, che faccia capire al Colleoni che il duca non intende<br />

assolutamente introdurre la consuetu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> accordare alloggiamento e tasse a favore dei “fanti<br />

da pede” e, perciò, non insinui fasulle aspettative in Tommaso da Parma e nei suoi fanti.<br />

Se Pietro glielo avesse chiesto prima, avrebbe accordato a suo figlio l’ospedale <strong>di</strong> San Enrico,<br />

ma lo ha già concesso al figlio del Parmesano, compagno del condottiero Cristoforo Torelli.<br />

Petro de Lonate, commissario Terdone.<br />

(1453 agosto 27, “apud Gaydum”).<br />

Havemo recevuto tre toe lettere de dì xvii, xviii et xx del presente per Ie quale restamo<br />

pienamente avisati de quanto ne scrivi; al che respondendoti, et primo, alIa parte delle<br />

livre 330 hai facto numerare a Baldesarro, figliolo de Gratiolo de Vincenza, per parte<br />

delle 500 resta ad havere luy, <strong>di</strong>cemo ne piace et te ne comen<strong>di</strong>amo summamente.<br />

Bene ne rencresce et dole grandamente delIa represaglia de homini e bestiame, quali<br />

hanno facta li homini d’arme del magnifico Bartholomeo Coglione contra quelli del<br />

vescovato, el che credemo sia contra l’intentione et mente d’esso Bartholomeo.<br />

Pertanto volimo che tu debii scrivergli Ii <strong>di</strong>cti mo<strong>di</strong> usano <strong>di</strong>cti homini d’arme suoi contra<br />

Ii sub<strong>di</strong>ti nostri, certificandolo como a nuy è rencrescuto et rincresce non pocho, et<br />

pregarlo gli voglia provedere et castigare Ii <strong>di</strong>cti homini d’arme che commettano simili<br />

mancamenti quali tractano li sub<strong>di</strong>ti nostri, non altramente che fariano li inimici nostri.<br />

Confortiamote apresso che usi ogni <strong>di</strong>ligentia et sollicitu<strong>di</strong>ne aciò ch’el <strong>di</strong>cto Baldesarro<br />

habia el compimento delle <strong>di</strong>cte libre 500 et che se possa mettere impuncto et in<br />

or<strong>di</strong>ne, como siamo certi faray. Ala parte de quelli da Pontecurone e Vigozolo che<br />

sonno retrogra<strong>di</strong> e non vogliono obe<strong>di</strong>re, 46r <strong>di</strong>cemo che più volte havemogli scripto<br />

che debiano obe<strong>di</strong>re a ti et a tuti quelli nostri officiali de Tertona, et simelmente scripto a<br />

ti et ad essi officiali che dovesti usare contra Ii <strong>di</strong>cti da Pontecurone et Viguzolo tuti<br />

quelli mo<strong>di</strong> ve parisseno necessarii per fare che fosseno obe<strong>di</strong>enti; sichè a questo non<br />

<strong>di</strong>cemo altro, se non che tu et Ii <strong>di</strong>cti officiali vogliati exequire quanto per le <strong>di</strong>cte nostre<br />

lettere ve scripsemo. AlIa parte della robba hai facta restituire a quelli nostri homini<br />

d’arme, che gli era stata tolta per Ii hominii de Casale, per questa non te <strong>di</strong>cemo altro,<br />

perchè per un’altra nostra te havimo scripta tuta ciò a compimento. Alla parte delle taxe


del meso de septembre te ha mandato a <strong>di</strong>re el magnifico Bartholomeo che debbi<br />

provedere ch’el possa havere per sè et Ii suoi, <strong>di</strong>cimo che non credemo puncto che<br />

questa rechiesta proceda dalla mente et sentimento d’esso Bartholomeo (a), anze<br />

piutosto da quelli soi mandati sono lì, et non volimo che per niente luy, nè Ii soi habiano<br />

Ie <strong>di</strong>cte tasse de septembre, perché credemo loro sonno spazati in modo che porano<br />

cavalchare et non haverano più ad stare lì. AlIa parte delle taxe ha mandato a <strong>di</strong>re <strong>di</strong>cto<br />

Bartholomeo che se debbiano apparechiare per quelle terre et loci lì circostanti per<br />

Thomaso da Parma con ducento paghe, <strong>di</strong>cimo che tu debii scrivere ad esso<br />

Bartholomeo che may non fu usanza nostra dare taxe, nè logiamento ai fanti da pede;<br />

sichè anchora non volemo adesso acomenzare, et che per niente non volemo che<br />

siano date <strong>di</strong>cte taxe al <strong>di</strong>cto Thomaso, et de questa nostra voluntà lo chiariray molto<br />

bene, perchè non volemo metere questa usanza fra li nostri fanti a pede.<br />

Lo Hospitale de Sancto Henricho, quale ne doman<strong>di</strong> per uno tuo figliolo, te advisamo<br />

che già più dì fa I’havemo dato ad uno figliolo del Parmesano, compagno del conte<br />

Christoforo Torello, nostro conductero de gente d’arme. Se prima tu n(e) l’havesse<br />

domandato, voluntieri ti ne haveressemo compiaciuto. Data ut supra.<br />

Leornadus.<br />

Iohannes.<br />

(a) d’esso Bartholomeo su rasura.<br />

<strong>16</strong>9<br />

Francesco Sforza sollecita Luchina dal Verme a far restituire la roba <strong>di</strong> Giovanni da Pinarolo<br />

che gli tolsero alcuni suoi uomini, così come ha fatto Taddeo dal Verme dopo che Giovanni è<br />

ritornato da lui. Zanetto ha informato la duchessa sugli avvenimenti del campo.<br />

Furono fatte lettere credenziali a Tommaso <strong>di</strong> Arezzo per:Corrado, Pietro da Norcia,<br />

luogotenente a Lo<strong>di</strong> Morello da Parma,membri del Consiglio segreto,<br />

Maestri delle entrate a Milano.<br />

46v Magnifice Luchine de Verme.<br />

1453 agosto 28, “in castris nostris apud Gaydum”.<br />

Perchè Iohanne da Pinarolo, quale altre volte se partite dal strenuo nostro <strong>di</strong>lecto<br />

Tadeo del Verme, adesso retorna da luy, et esso Tadeo gli restituisse quella robba,<br />

quale gli havia tolta, pur intendemo che per alcuni homini vostri gli fu tolta altra soa<br />

robba, como intenderiti da esso Zohanne, o da suo messo. Il perchè aciochè luy se<br />

possa mettere impuncto et servire esso Tadeo, como faceva de prima, ve confortiamo,<br />

stringemo et caricamo che vogliati per ogni modo fare restituire <strong>di</strong>cta robba al <strong>di</strong>cto<br />

Zohanne, retrovandose apresso a chi voglia se sia; et in questo non vogliati far<br />

exceptione. Data in castris nostris apud Gaydum, <strong>di</strong>e xxviii augusti 1453.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Cichus.<br />

Die suprascripto.<br />

Per Zanetum scriptum fuit illustrissime domine ducisse Me<strong>di</strong>olani et cetera de<br />

occurrentibus in castris.<br />

Signata Iohannes.<br />

Facte fuerunt littere credentiales in personam domini Thomasii de Ariete infrascriptis<br />

videlicet:<br />

magnifico domino Conrado,<br />

domino Petro de Nursia, locumtenenti Laude,<br />

domino Morello de Parma,<br />

dominis de Consilio secreto et<br />

Magistis intratarum nostrarum Me<strong>di</strong>olani.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.


170<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> riconsegnare a Tommaso, o a un suo inviato, un<br />

suo barbiere che se n’è fuggito da lui ed è riparato lì.<br />

Potestati Papie.<br />

(1453 agosto 28, “in castris nostris apud Gaydum”).<br />

AlIi dì passati s’è fugite dal spectabile meser Thomaso da Riete uno suo barbero che<br />

se domanda Bartholomeo de quella nostra cità, qual è capitato lì. Pertanto 47r volemo<br />

che lo astringate, sia lo consignate in Ie mano d’esso meser Thomaso, o ad qualuncha<br />

suo messo, ulla absque exceptione. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

171<br />

Francesco Sforza, in risposta a quanto gli hanno scritto e fatto anche sapere tramite il nunzio e<br />

oratore ducale Pietro da Erba, comunica ai consoli, al comune e agli uomini <strong>di</strong> Salle <strong>di</strong> essere<br />

<strong>di</strong>spiaciuto per tanto loro carico, ma fa loro presente che altrettante gravezze sopportano gli altri<br />

sud<strong>di</strong>ti. Li esorta, comunque, a sperare in un migliore avvenire <strong>di</strong> prosperità e pace. Non<br />

capendo bene quanto essi gli scrivono in merito alla tassa del sale da pagarsi nel mese in corso,<br />

li avverte che scriverà al Consiglio segreto in merito al loro aumento e, comunque, vi man<strong>di</strong>no<br />

un loro uomo. Circa la esenzione degli ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> Urbano de Santolox, li assicura che da parte sua<br />

non v’è nessuna intenzione <strong>di</strong> concedere esenzioni <strong>di</strong> sorta ad alcuno.<br />

(1453 agosto 28, “in castrum apud Gaydum”).<br />

Consulibus, comuni et homi(ni)bus terre nostre Sallarum.<br />

Inteso quanto ne scrivite e quanto ne ha facto <strong>di</strong>re Petro da Herba, nostro nuntio et<br />

oratore, ve respondemo, quanto ala parte delle graveze, quale recordate havere<br />

supportate questo presente anno, che a noy dole et rincresce de ogni vostre graveze,<br />

recordandove che Ii altri nostri fideli sub<strong>di</strong>ti hanno facto el simile per Ie con<strong>di</strong>tione <strong>di</strong><br />

tempi, né se è potuto fare altramente, co(n)fortandove a stare de bona voglia, perchè Ie<br />

cose nostre passeno così fatamente e con tale prosperità che per l’avenire ve<br />

restaurarimo d’ogni danno e faremove gode(re) in pace. Quantum vero ala parte dela<br />

tassa del sale da essere pagata questo mese presente, ve <strong>di</strong>cemo che non intendemo<br />

bene questa facenda, siando nuy qua occupato in altro, ma scrivemo al nostro<br />

Conseglio secreto che intenda la cagione del vostro agravemente e Ii provedano como<br />

se convenne; sichè mandariti a loro. Ala parte de non fare exempti Ii here<strong>di</strong> de<br />

quondam Urbano de Sanctolox, nè altri, perchè seria contra Ii capituli per nuy a vuy<br />

concessi, ve <strong>di</strong>cemo che I’è molto bene ragione et anche ne pare convenevole che<br />

qualunque supporta la rata sua delli carichi. Et cosi ve promettimo che per quello<br />

specta a nuy non faremo exempto alcuno. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

172<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al referendario <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> dare a maestro Cristoforo da Lanta,<br />

ingegnere, tre o quattro lire perchè possa portarsi in campo da lui.<br />

47v Referendario Papie.<br />

1453 agosto 28, “apud Gaydum”.<br />

Aciochè maestro Christoforo da Lanta, inzignero, possa venire qua in campo da nuy,<br />

como havimo or<strong>di</strong>nato, volimo che gli facii dare, o numerare, tre o quatro Iibre imperiali;<br />

et non sia faIIo. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xxviii augusti 1443.


Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

173<br />

Francesco Sforza, inteso quanto Giacomo da Crema, ufficiale delle munizioni <strong>di</strong> Pavia, gli <strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />

Cristoforo da Lanta lo sollecita <strong>di</strong> mandarglielo e, per questo, ha scritto al referendario <strong>di</strong> dare a<br />

Cristoforo del danaro.<br />

Iacobo de Crema, officiali munitionii Papie.<br />

(1453 agosto 28, “apud Gaydum”).<br />

Inteso quanto tu ne scrivi de Christoforo da Lanta, siamo molto contenti che quanto più<br />

presto se pò tu ce lo man<strong>di</strong> con qualche cosa de suo inzegno. Et perchè habia donde<br />

farse Ie spexe per Ia via, scrivimo al nostro referendario Iì che gli facia dare tre o quatro<br />

libre imperiali; sichè faragele dare et mandalo qua. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

174<br />

Francesco Sforza conviene con il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> per come ha agito in reazione allo<br />

sgraziato comportamento del fattore <strong>di</strong> Fioravante, cui, incontrandolo, darà un’adeguata<br />

risposta.<br />

Locuntenenti Laude.<br />

(1453 agosto 28, “apud Gaydum”).<br />

Inteso quanto ne scriviti delle parole e stranieze usate per lo factore de Fioravante et<br />

delli mo<strong>di</strong> per voi servati contra luy ve ne comen<strong>di</strong>amo, confortandove sempre ad<br />

exequire quanto ve comettemo, non havendo respecto ad homo del mondo, e sia che<br />

se voglia, avisandove che, accadendo luy venire qua da nuy, como scriviti, gli<br />

responderemo quello che ne parirà. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

175<br />

Francesco Sforza avverte l’abbate <strong>di</strong> Santa Cristina <strong>di</strong> volere che i cento fiorini, che deve dare<br />

per l’onoranza del bue, li versi, sia quest’anno che in futuro, al famiglio ducale Taliano <strong>di</strong><br />

Borgomanero, benemerito per i tanti servizi che gli presta.<br />

Venerabile domino abbati Sancte Christine.<br />

1453 agosto 29, “apud Gaydum”.<br />

Per li meriti quali ha apresso nuy Taliano da Borgomaynero, nostro fameglio, el quale<br />

infatigabelmente se adopera in Ii servicii nostri, nuy gli havemo assignati li cento fiorini,<br />

quali ne dovete dare ogni anno per la honoranza del bove. Pertanto siamo contenti et<br />

volemo che per questo anno et per li altri avenire, finchè non ve scriveremo altro in<br />

contrario, debbiati respondere al <strong>di</strong>cto Taliano et satisfargli integrarnente delli <strong>di</strong>cti<br />

cento fiorini ad nome nostro et senza exceptione alcuna. Et cosi havemo or<strong>di</strong>nato con<br />

Francesco Maleta, nostro secretario, ch’el facia Ie opportune scripture. Data apud<br />

Gaydum, <strong>di</strong>e xxviiii augusti 1453.<br />

Christoforo de Cambiago.<br />

Iohannes.


176<br />

Francesco Sforza sollecita il Colleoni a mandargli un suo messo che gli <strong>di</strong>ca quello che vuole<br />

“se faza della donna et figliola “sua, avendo convenuto con Venezia lo scambio <strong>di</strong> prigionieri,<br />

e lui non attende altro che <strong>di</strong> sapere quel che lui vuole per potere poi far rilasciare Giovanni<br />

Conte e gli altri.<br />

48r Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

(1453 agosto 29, “apud Gaydum”).<br />

Per doe nostre lettere ve havemo scripto che volessevo mandare qua uno da nuy<br />

informato delIa mente vostra de quello voleti se faza delIa donna et figliola vostra,<br />

perché s’è facto conventione tra la signoria de Venesia et nuy de lassare Ii presoni<br />

dal’uno canto et dal’altro; et perché non aspectamo altro, per fare relaxare Iohanne<br />

Conte et Ii altri, che <strong>di</strong>cto vostro messo pre<strong>di</strong>cto, perchè non deliberamo de relaxarne<br />

veruno finché <strong>di</strong>cta dona vostra et figliola sia in libertà, ve confortiamo a mandare<br />

presto <strong>di</strong>cto messo acioché non para che per nuy resti de observare <strong>di</strong>cta conventione.<br />

Data ut supra.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.<br />

177<br />

Francesco Sforza scrive al podestà <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> essere contento che, obbedendo al comando<br />

della duchessa, abbia rilasciato dal carcere quelli delle Gerole. Quanto al suo parere <strong>di</strong> lasciarli<br />

andare a casa con l’obbligo <strong>di</strong> presentarsi a ogni suo richiamo, il duca contrappone la vincolante<br />

<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> impiegarli in città con l’impegno <strong>di</strong> presentarsi alla sera da lui.<br />

Potestati Papie.<br />

(1453 agosto 29, “apud Gaydum”).<br />

Inteso quanto tu ne scrive dele Gerole, quale, per impositione delIa nostra illustrissima<br />

nostra consorte, haviti facto relaxare del carcere con segurtà de presentarse a te,<br />

restiamo contenti de quanto hai facto; ma quanto ala parte delIa bona informatione,<br />

quale <strong>di</strong>ce havere de loro et che, parendo a nuy, gli lassaray andare a casa con bona<br />

segurtà de presentarse totiens quotiens volueris, <strong>di</strong>cemo che ne piace dela bona<br />

informatione hai de loro. Pur, per certo bono respecto, a nuy pare e volemo che<br />

habiano pacientia anchora per qualche dì et, se fossero inhabili a vivere senza<br />

exercicio et opere manuale, gle potray dare licentia che vadano lavorando per la cità,<br />

aut de fora propinquo ad essa cità, dummodo la sera se presentano a ti. E questa è la<br />

nostra intentione, la quale volemo sia servata. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

178<br />

Francesco Sforza nuovamente ricorda a donna Luchina dal Verme le lamentele degli uomini<br />

sforzeschi per la morosità dei suoi nel pagare le tasse loro dovute, e ciò nonostante i molteplici<br />

solleciti dal duca fatti. Stanco <strong>di</strong> attendere, il duca ha <strong>di</strong>posto il fermo <strong>di</strong> alcuni debitori<br />

provocando la protesta <strong>di</strong> donna Luchina, la quale sostiene che a tutto si era sod<strong>di</strong>sfatto, A ciò il<br />

duca le contrappone l’invito a mandare uno dei suoi sud<strong>di</strong>ti “a monstrare le ragione della<br />

satisfatione”.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

(1453 agosto 29, “apud Gaydum”).<br />

Havendo nuy ogni dì lamente daIi nostri che non pono conseguire dalli vostri homini el<br />

debito deIe lore taxe, et havendo non una né due volte ala vostra magnificentia che gli<br />

volesse provedere e scrito e mandato a <strong>di</strong>re, e non providendoli quella per continue


importunitate delli nostri, non havemo potuto fare che non gli havemo concesso alcune<br />

lettere de sustenire quelli delle vostre terre che sonno debitori; del che, siandose<br />

agravata la vostra magnificentia e scrito che Ii vostri havevano facto el dovere, ve<br />

scrisemo piu fiate 48v che volisseno mandare uno delli vostri informato e bene instructo<br />

delle ragione delle <strong>di</strong>cte tasse, acioché’l se gli mettesse uno fino, nè may l’haviti<br />

mandato; e pur scriviti che Ii vostri hanno satisfacto, nè mandate alcuno delli vostri a<br />

monstrare Ie ragione delIa satisfatione. Pertanto de novo ve replicamo che’l vogliati<br />

mandare, altramente e voy e noy ogni dì ne haveremo mille rencrescimenti. Data ut<br />

supra.<br />

Cichus.<br />

179<br />

Francesco Sforza, siccome i membri del Consiglio segreto hanno fatto arrestare il conestabile <strong>di</strong><br />

Porta Nuova, sollecita la duchessa a mettervi una persona”fidata e sufficiente”. Le <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> far<br />

sapere a Giacomo Scrovigno che il fatto <strong>di</strong> quell’abbate non è nei termini da lui esposti.<br />

Illustrissime domine ducisse.<br />

(1453 agosto 29, “apud Gaydum”).<br />

Li nostri del Consiglio hanno facto destinire el Conestabile de Portanova de Milano per<br />

certo suspecto dove bisogna provedere d’uno altro. Pertanto voglia la signoria vostra<br />

mettergli qualche persona fidata et sufficiente ad ciò quella porta non resti senza<br />

guar<strong>di</strong>a fino nuy gli provederemo altramente. Al facto de lacomo Scrovigno la signoria<br />

vostra gli porrà respondere che el facto de quello abbate ne scrive non è anche in Ii<br />

termini che Iuy <strong>di</strong>ce, ma nuy ne sforzaremo col tempo fare cosa gli piaza. De qua non è<br />

altro de novo. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

180<br />

Francesco Sforza risponde a Ludovico da Bologna che O<strong>di</strong>no è stato, come dovrebbe sapere,<br />

arrestato. Lo invita a interporre ogni sollecito perchè Graziolo sia accontentato in modo che lui e<br />

la sua gente possano “campegiare o dellà o de qua” e aggiunge, sempre a proposito della spesa<br />

per la gente <strong>di</strong> Graziolo, <strong>di</strong> concordare con Ludovico che essa ”sia satisfacta..per cavalli cinque<br />

e fanti dece lo dì”. Vuole che Ludovico procuri che ogni soldato abbia il danaro che gli spetta.<br />

Faccia sapere a Pietro da Lonate lo stupore del duca per la tolleranza della morosità dei suoi<br />

uomini a fare i pagamenti dovuti. Non occorre che più gli parli degli uomini <strong>di</strong> Pontecurone, <strong>di</strong><br />

Viguzzolo e <strong>di</strong> Antonio da Cassano. Si rivolga ad altre terre che devono denari ai soldati,<br />

procurando che assolvano al loro dovere.<br />

Lodovicho de Bononia.<br />

1453 agosto 30, “apud Gaydum”.<br />

A questi dì passati havemo recevuto più toe lettere per Ie quale restiamo ad<br />

compimento avisato de quanto n’hay scripto. Et respondendoti, primo, ala parte de<br />

O<strong>di</strong>no <strong>di</strong>cemo che, retrovandose a Milano, l’havemo facto destinire, como credemo<br />

haverai inteso, siché circa ciò non bisogna che tu fazi altro. AlIa parte de quello resta<br />

havere Gratiolo, <strong>di</strong>cimo che tu soliciti, con ogni via e modo più expe<strong>di</strong>ente che te<br />

parerà, siché luy senza piu <strong>di</strong>mora habia el <strong>di</strong>cto suo resto, perché intendemo omnino<br />

che Iuy et tute quelle nostre gente che sonno dal canto dellà debiano campegiare o<br />

delIà o de qua; et così como <strong>di</strong>cimo de Gratiolo. Intendemo ancora de ogni nostro<br />

soldato, che resti ad havere <strong>di</strong>naro alcuno per la mane tue, che fazi tuti habiano<br />

integramente restano ad havere, senza che de ciò scriva a nuy più 49r cosa alcuna; et<br />

fa’ che piutosto se habiano a lamentare Ii homini nostri che Ii <strong>di</strong>cti soldati. AlIa parte<br />

delIa spesa del <strong>di</strong>cto Gratiolo, ne pare che tu <strong>di</strong>che bene, cioè che Ie sia satisfacta la<br />

spesa per cavalli cinque e fanti dece lo dì, la quale <strong>di</strong>stribueray per Ie terre sonno state<br />

renitente al pagamento suo. AlIa parte delli homini de Petro da Lonate che sonno<br />

renitenti al pagamento loro, <strong>di</strong>cemo che tu debbi <strong>di</strong>re al <strong>di</strong>cto Petro che proveda


omnino, et fazi con effecto che subito et senza piu <strong>di</strong>latione de tempo, che essi homini<br />

paghano integramente el debito loro, certificandolo che se’l non farà ne scorozaremo in<br />

modo con luy che’l conoscerà ne sia rencresciuto. Et se maravigliamo bene che luy<br />

habia comportato tanto a <strong>di</strong>cti suoi homini che siano stati renitenti fino a questo dì,<br />

perchè Iuy per dare bono exemplo alIi altri doveva fare che loro fosseno li primi a fare el<br />

debito suo. AlIa parte de quelli da Pontecurono e Viguzolo et de Antonio da Cassano,<br />

<strong>di</strong>cimo che senza ne scrivi più a nuy cosa alcuna debbe providere e fare che ciascuna<br />

altra terra e lochi che restano dare <strong>di</strong>nari alcuni ali <strong>di</strong>cti nostri soldati fazano el debito<br />

subito subito integramente per Ii <strong>di</strong>cti respecti. Et circa ciò voglili mettere ogni tua<br />

sollicitu<strong>di</strong>ne, <strong>di</strong>ligentia et ingegnio, perchè qui consiste el bene et salute del stato nostro<br />

a fare che se possiamo valere de presenti delle <strong>di</strong>cte nostre gente. Data in castris<br />

nostris apud Gaydum, <strong>di</strong>e xxx augusti 1453.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

181<br />

Francesco Sforza esprime il suo rammarico nel constatare la “lenteza et negligentia” dei<br />

presidenti agli affari <strong>di</strong> Pavia nel pagamento del carriaggio per il castello <strong>di</strong> Milano e,<br />

conseguentemente, li incita a saldarne gli arretrati e a mostrare”<strong>di</strong>ligentia per l’avenire”.<br />

(1453 agosto 30, “apud Gaydum”).<br />

Spectabilibus viris presidentibus negociis comunitatis civitatis nostre Papie, nostris<br />

<strong>di</strong>lectis.<br />

Considerando nuy quanto importa el pagamento del nostro carezo del nostro castello<br />

de Porta Zobia de Milano, non possemo fare che non se maravigliamo, et anche<br />

dogliamo dela lenteza et negligentia haviti usata al <strong>di</strong>cto pagamento. Pertanto, ultra<br />

quello che ve havemo scripto per lo passato, ve caricamo et stringemo, per quanto haviti<br />

caro el stato nostro, quale doveti reputare vostro, che subito debiati havere pagato<br />

quanto restate a pagare per lo passato et usare tale <strong>di</strong>ligentia per l’avenire in li<br />

pagamenti che cognoseramo voi non essere mancho avi<strong>di</strong> del nostro bene che nuy<br />

siamo del vostro. Et circa ciò portateve talmente che non habiamo ogni dì stimularve<br />

per nostre lettere. Data ut supra<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

182<br />

Francesco Sforza informa il podestà <strong>di</strong> Mortara <strong>di</strong> essere riuscito a comporre la vertenza tra il<br />

cremonese Guglielmo Riparo e Ambrogio Trumbeta, uomo del conte Giacomo Picinino. Vuole<br />

che sia annullata qualsiasi scrittura relativa a tale vertenza in modo che mai, nè Trumbeta nè<br />

alcuno dei suoi parenti ne vengano più molestati.<br />

49v Potestati Mortarii.<br />

(1453 agosto 30, “apud Gaydum”).<br />

Havendo nuy facto componere et accordare Guiglielmo Riparo, nostro cita<strong>di</strong>no<br />

Cremonese, et Ambroxo Trumbeta del magnifico conte Iacomo Picinino per la<br />

<strong>di</strong>fferentia havevano insieme, dela quale te scrissemo per nostre lettere, date apud<br />

Senigam <strong>di</strong>e xxviii iunii proxime decursi, siamo contenti e volemo et anche te<br />

comettemo che tu debbii canzellare, irritare et anullare ogni segurtà et promissione et<br />

obligatione quale havesse dato o facto el padre o fradello o parente del <strong>di</strong>cto Ambroxo<br />

Trumbeta per casone dela <strong>di</strong>cta <strong>di</strong>fferentia, ita et taliter che per el presente, nì per<br />

l’avenire <strong>di</strong>cto Ambroxo, nè alcuno per luy may possa essere inquietato, molestato nè<br />

dannezato per <strong>di</strong>cta <strong>di</strong>fferentia, nè per cosa che dependa da quella. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


183<br />

Francesco Sforza vuole che il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> risolva spicciamente con rito sommario la<br />

vertenza che il suo uomo d’arme Guido da Faenza ha con un sarto lo<strong>di</strong>giano per un<br />

“paviglione”. Come ben sa, egli non vuole che i suoi soldati “siano menati in longo”, perchè ne<br />

ha bisogno in campo, così come è spiacevole vi sia carenza <strong>di</strong> tende.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1453 agosto 31, “apud Gaydum”.<br />

Guido da Favenza, nostro homo d’arme, ha una <strong>di</strong>fferentia cum uno sartore de quella<br />

cità per casone d’uno paviglione, et per questa casone è venuto più fiate inanze et<br />

indreto. Et perché nostra intentione non è che li nostri soldati (a) siano menati in longo,<br />

perchè ne havemo bisogno in campo, et anche non gli è bono essere senza tenda,<br />

como doveti sapere, ve comettiamo et volemo che gli debiati ministrare rasone<br />

summaria et expe<strong>di</strong>ta et spazarlo nedum presto, ma prestissimo, de quello debbe<br />

havere dal <strong>di</strong>cto sartore, et in modo ch’el possa retornare subito da nuy et non<br />

retornare più de là per questa casone. Ex castris nostris felicibus apud Gaydum, <strong>di</strong>e<br />

ultimo augusti 1453.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue non depennato.<br />

184<br />

Francesco Sforza fa sapere al capitano <strong>di</strong> Casteggio che i sottoelencati uomini d’arme del<br />

condottiero Fioravante, anzichè portarsi a Parma con gli altri, se ne sono andati, anche senza<br />

esere stati pagati, a casa loro nel Pavese con armi e cavalli. Coman<strong>di</strong> loro <strong>di</strong> rientrare a Parma<br />

e, ricusando, tolga loro armi e cavalli assegnandoli a ciascun inviato <strong>di</strong> Fioravante. Rinfacci a<br />

Todeschino <strong>di</strong> aver insegnato agli altri la via.<br />

Capitaneo Clastigii.<br />

1453 settembre 1, “apud Gaydum”.<br />

Havemo inteso che li infrascripti homini d’arme del strenuo Fioravante da Perosa,<br />

nostro conductero, non sono intrati in Parma con luy et insieme con li altri suoi, et sono<br />

venuti là in Pavese a casa loro con sue arme et cavalli, del che se maravigliamo, se<br />

bene non havesseno havuto el loro spazamento, considerato che Fioravante non ha<br />

havuto el suo intero, quale gli facemo dare al presente. Pertanto volemo che, vedute le<br />

presente, tu coman<strong>di</strong> per nostra parte ali 50r <strong>di</strong>cti homini d’arme vadano con loro arme<br />

et cavalli a Parma dove è Fioravanti, et fare quanto li comandarà ch’elli spazarà loro<br />

como li altri et, recusando loro de volere andare a Parma, togli l’arme et cavalli ad ogni<br />

rechiesta del <strong>di</strong>cto Fioravanti et assignali a ciascuno suo messo; et <strong>di</strong>ray al<br />

Thodeschino che non ha facto bene a monstrare la via ali altri. Ex castris nostris<br />

felicibus apud Gaydum, <strong>di</strong>e primo septembris 1453.<br />

Thodeschino,<br />

Preposito da Versa,<br />

Valentino da San Zeno,<br />

Brazo da Pavia.<br />

Cichus.


185<br />

Francesco Sforza sollecita il vescovo <strong>di</strong> Pavia a intervenire perchè i parenti ed ere<strong>di</strong> del defunto<br />

predecessore dell’attuale preposito <strong>di</strong> San Romano <strong>di</strong> Pavia non abbiano (come lamenta il<br />

nuovo preposito) a irregolarmente occupare “alcuni beni et cose che debitamente spectano ad<br />

quella chiesa.<br />

(1453 settembre 1, “apud Gaydum”).<br />

Reverendo in Christo patri domino episcopo Papiensi.<br />

El c’è stato significato con lamenta per parte de miser lo preposto de Sancto Romano<br />

de quella nostra cità che per alcuni, quali se fanno here<strong>di</strong> quondam del’altro preposto<br />

suo precessore, funo occupati et retenuti alcuni beni et cose che debitamente spectano<br />

ad quella ecclesia, quantumque <strong>di</strong>cto precessore, como se <strong>di</strong>ce, gli habia legati et<br />

in<strong>di</strong>cati ad essi suoi here<strong>di</strong>, il che non ha potuto fare iuri<strong>di</strong>camente. Per la qual cosa<br />

confortiamo et caricamo la reverenda vostra paternità che la voglia molto bene<br />

intendere questa cosa, et se <strong>di</strong>cte cose et beni sonno alienati contra el debito in<br />

detrimento della <strong>di</strong>cta ecclesia, provedere siano restituiti et che la ecclesia sia satisfacta<br />

et non sia inganata né fraudata. Et quello or<strong>di</strong>narà la reverentia vostra circha questo, lo<br />

inconomo nostro li exequirà. Data ut supra.<br />

Cristoforus de Cambiago.<br />

Cichus.<br />

186<br />

Francesco Sforza risponde a Pietro da Lonate, commissario <strong>di</strong> Tortona, nonchè a Ludovico da<br />

Bologna e ad Antonio da Fabriano, familiari ducali. Rivolgendosi innanzitutto a Pietro gli <strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />

interpretare quanto gli hanno scritto la duchessa e quei del Consiglio segreto come dovuto a<br />

null’altro che a “importunità gli è stata facta”, perchè la sua volontà è che ognuno, non importa<br />

chi egli sia, paghi la tassa dei cavalli e quella del carriaggio.<br />

Circa poi agli uomini dei Ratti <strong>di</strong> Antonio da Cassano e <strong>di</strong> altri gentiluomini, “quali essi<br />

gentilhomini non vogliono astringere a pagare el debito loro”, li inducano con ogni mezzo a fare il<br />

loro dovere in modo che i soldati non ancora del tutto sod<strong>di</strong>sfatti vengano accontentati.<br />

Rivolgendosi nuovamente a Pietro, imputa alla indolenza sua e dei suoi consorti il non aver<br />

ancora riscosso quel che è dovuto ai soldati, quasi non avessero inteso che nel loro<br />

“spazamento”, riba<strong>di</strong>sce il duca,”consiste el bene de nuy et del stato nostro”.<br />

La risposta ducale si chiude concedento “plena, libera e larga licentia” <strong>di</strong> agire “realmente et<br />

personalmente” contro qualsiasi debitore della tassa dei cavalli e del carriaggio.<br />

(1453 settembre 1, “apud Gaydum”).<br />

50v Petro de Lonate, comissario Terdone, necnon Lodovicho de Bononia et Antonio de<br />

Fabriano, familiaribus nostris <strong>di</strong>lectis.<br />

Havemo recevute le vostre lettere et inteso quanto ne haveti scripto seperatamente,<br />

alle quale, respondendovi, <strong>di</strong>cimo: primo, ala parte che tu Petro ne scrivi delle lettere<br />

scripte per la illustrissima madona nostra consorte et per lo Conseglio nostro secreto<br />

che siano servate le exemptione lì ad alcuni, et cetera, <strong>di</strong>cemo che credemo le lettere<br />

quale loro hanno scripto piutosto l’habiano facto per importunità gli è stata facta che per<br />

altra casone; ma nostra intentione è, et così volemo che niuno, sia che voglia, sia<br />

preservato exempto de taxe de cavalli nì dal carrezo, sichè, senza che tu habii più altre<br />

lettere da nuy, constringeray ogniuno ad contribuire ala <strong>di</strong>cta spesa. Alla parte delli<br />

homini de quelli delli Rati de domino Antonio da Cassano et de più altri gentilhomini,<br />

quali essi gentilhomini non vogliono astringere a pagare el debito loro, ne rencresce<br />

asay et dole, il perché volimo, et così ve coman<strong>di</strong>amo che contra loro debiati procedere<br />

per tucte quelle vie e mo<strong>di</strong> a vuy parerano meglio et con ogni industria, sollicitu<strong>di</strong>ne et<br />

ingenio, sichè gli vengha voglia de fare el debito loro, et che li soldati nostri, che<br />

restano ad havere, siano integramente satisfacti del tuto. Et questo volemo ve sforzati<br />

de exequirlo con ogni presteza, celerità a vuy possibile. Apresso havemo inteso che tu<br />

Petro, insieme con li toy consorti, anchora non haveti constrecti li homini vostri a fare et


pagare el debito loro, né pare ve ne curate, del che asay ne maravigliamo et doliamo<br />

non pocho de tuti vuy, perchè, como quelli che a nuy monstrate essere piu affectionati<br />

delli altri, dovevati essere Ii primi a fare (a) che Ii <strong>di</strong>cti homini vostri facesseno el debito<br />

loro per dare exemplo alIi altri (b) de fare el simile, ma haveti facto tuto el contrario.<br />

Pertanto nuy te <strong>di</strong>cemo così e te coman<strong>di</strong>amo che una con Ii <strong>di</strong>cti toi consorti debiati<br />

fare tal opera che cum effecto (c) li <strong>di</strong>cti vostri habiano casone de fare integramente el<br />

debito loro et presto presto, aciochè se possa dare integramente el spazamento alIi<br />

<strong>di</strong>cti nostri soldati perchè qui consiste el bene de nuy et del stato nostro: a fare che de<br />

presenti se possiamo valere d’essi nostri soldati, certificandoti, se vuy fareti altramente,<br />

nuy ve 51r farimo tale demostratione che con effecto conosceriti quanto ne sarà stata<br />

molesta questa vostra retrogratione et inobe<strong>di</strong>entia.<br />

Ceterum volemo, et per questa ve conce<strong>di</strong>amo plena, libera e larga licentia che contra<br />

qualunque debitore delle taxe (d) delli cavalli et carrezo nostro possiate e debiate<br />

procedere contra loro realmente et personalmente, finchè haverano integramente<br />

satisfacto a quello che debitamente deverano pagare. Sichè mò haveti l’intentione<br />

nostra, curate con ogni <strong>di</strong>ligentia, sollicitu<strong>di</strong>ne e presteza che presto ogniuno faza el<br />

debito loro. Et da puoi che haveti l’intentione nostra non ne vogliati dare più molestia de<br />

ciò. Data ut supra.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

Dupplicata <strong>di</strong>e xii septembris 1453.<br />

(a) a fare in interlinea<br />

(b) segue che depennato<br />

(c) segue che depennato<br />

(d) segue delle taxe depennato<br />

187<br />

Francesco Sforza esprime a Gentile della Molara il gra<strong>di</strong>mento per quanto gli ha scrtitto. Lo<br />

assicura che provvederà a che l’andata da lui <strong>di</strong> Ferracino torni gra<strong>di</strong>ta a Bartolomeo e<br />

egualmente gli conferma che le lettere a lui <strong>di</strong>rette saranno mandate al referendario <strong>di</strong> Tortona.<br />

Lo informi <strong>di</strong> tutto quello che farà l’amico.<br />

Gentili dela Molara.<br />

(1453 settembre 1, “apud Gaydum”).<br />

Havemo recevuto la toa lettera de dì xxviii del passato, per la quale restamo advisati de<br />

quanto ne scrive, che tuto ne è piaciuto, et tene comen<strong>di</strong>amo. AlIa parte delIa casone<br />

(a) perchè è venuto qua Ferracino da nuy, gli provederimo in modo ch’el magnifico<br />

Bartholomeo restarà bene contento. AlIa parte delle lettere che te scrivemo or<strong>di</strong>naremo<br />

che serano mandate in mano del referendario delIa cità nostra de Tertona como n’hai<br />

avisato; de tuto quello che farà et <strong>di</strong>rà l’amico che sia degno de notitia, vogli stare<br />

attento et continuamente avisarne del tuto. Data ut supra.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

(a) casone scritto su rasura<br />

188<br />

Francesco Sforza risponde alle lettere <strong>di</strong> egual tenore <strong>di</strong> Ludovico da Bologna e <strong>di</strong> Antonio da<br />

Fabriano. Si compiace per il fatto che sia stato accontentato Graziolo da Vicenza, ma su <strong>di</strong> ciò<br />

rimette a un’altra lettera <strong>di</strong>retta a Pietro da Lonate e a loro <strong>di</strong> soffermarsi più a lungo incitandoli<br />

ad attuare quanto in essa <strong>di</strong>rà. Esprime la sua sod<strong>di</strong>sfazione per quello che Filippo <strong>di</strong> Ancona ha<br />

fatto fare a Moreto, secondo quel che narra Antonio, cui il duca rivolge l’invito <strong>di</strong> “expe<strong>di</strong>rlo<br />

presto”, mentre, d’altro canto conferma allo stesso Antonio che gli in<strong>di</strong>cherà poi come<br />

comportarsi con gli uomini del vescovo.<br />

(1453 settembre 1, “apud Gaydum”).<br />

Lodovicho de Bononia et Antonio de Fabriano.


Havemo recevuto doe vostre lettere de uno medesmo tenore scripte a nuy<br />

separatamente per Ie quale restamo advisati de quanto ne scriveti et delli mo<strong>di</strong> haveti<br />

tenuto in spazare Gratiolo da Vincentia; eI che tuto a nuy è piaciuto e ve ne<br />

comen<strong>di</strong>amo. Et per questa non se extenderemo più in replicatione, perchè per un’altra<br />

nostra <strong>di</strong>rectiva a Petro da Lonate et a vuy insieme ve scrivemo a compimento;<br />

confortiamovi et stringemovi quanto più possiamo che vogliati circare de exequire con<br />

effecto quanto in essa se contene, perchè per una cosa a nuy non porresti fare maiore<br />

piacere. Alla parte delIa assignatione che tu, Antonio, <strong>di</strong>ce ha facta fare Filippo<br />

d’Ancona ad domino Moreto, restiamo contenti de quanto Iuy ha facto, el quale vogli<br />

sforzarte 51v de expe<strong>di</strong>rlo presto, como ne scrive che faray. AlIa parte delIa <strong>di</strong>fferentia<br />

che tu hay con l’homini del vescovo, per un’altra te responderemo quanto haveray a<br />

fare. Data ut supra.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

189<br />

Francesco Sforza fa sapere al podestà <strong>di</strong> Pavia che non ha gra<strong>di</strong>to la liberazione del conte<br />

Ludovico. Lo avverta che se Ludovico non andrà presto da lui, avrà <strong>di</strong> che pentirsi.<br />

Potestati Papie.<br />

1453 settembre 2, “apud Gaydum”.<br />

Havemo recevute Ie vostre lettere, quale ne scriveti delIa relaxatione del conte<br />

Lodovico. Ve respondemo che ne rencresce dela soa relaxatione, ma poi che l’hai facto<br />

non se pò più retornare indrieto. Ve certificamo che se presto non se retrova quà da<br />

nuy, se ne porria pentire. Et così el posseti avisare. Apud Gaydum, <strong>di</strong>e ii septembris<br />

MCCCCLIII.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

190<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al conte Pietro Torelli <strong>di</strong> far restituire a maestro Annibaldo, marescalco<br />

ducale, due suoi buoi e una cavalla, che gli ha razziato quando ha fatto la rappresaglia contro gli<br />

uomini <strong>di</strong> Castelnuovo. Annibaldo è sempre stato ai suoi servizi e, quin<strong>di</strong>, non ha a che fare con<br />

i malfattori.<br />

(1453 settembre 2, “apud Gaydum”).<br />

Spectabili et strenuo comiti Petro Torello, nostro <strong>di</strong>lectissimo.<br />

Havemo inteso per querella de maestro Anibaldo, nostro menescalcho, che nela<br />

presaglia tu hai facto contra I’homini de Castelnovo sono stati presi duy suoi bovi et una<br />

cavalla; et perché esso maestro Anibaldo non è nel numero delli malfactori, imo sta qui<br />

apresso a nuy da che recevemo accontio et servitio, ne pare ragionevole che anche Ie<br />

soe cose non debiano fir tractate equalmente como gle altre. Per la qualcosa ve<br />

confortiamo et carichamo che ti piaza fare rendere a luy le soe bestie, da puoi che luy<br />

non è nel numero deli homini d’essa terra. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.


191<br />

Francesco Sforza scrive al governatore, al conte e agli uomini <strong>di</strong> Castronuovo Tortonese <strong>di</strong> aver<br />

preso atto della vertenza che hanno con gli uomini <strong>di</strong> Caseli e del furto <strong>di</strong> bestiame subito,<br />

perchè da quei <strong>di</strong> Caseli si pretende che essi contribuiscano ai loro carichi per i beni che hanno<br />

sul loro territorio. Ne ha parlato con il conte Cristoforo e gli ha or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> mandare da lui un<br />

uomo <strong>di</strong> quella terra informato della cosa. Eguale <strong>di</strong>sposizione dà a loro, in modo che, sentite<br />

ambo le parti, si decida secondo “la raxone”.<br />

1453 settembre 1, “apud Gaydum”.<br />

52r Gubernatori ac comiti et hominibus Castrinovi prope Terdonam.<br />

Havemo recevuto una vostra et inteso quanto ne scriveti dela <strong>di</strong>fferentia è fra vuy et Ii<br />

homini de Caseli, et Ie bestie ve hanno tolte <strong>di</strong>cti homini, perchè <strong>di</strong>cono doveti (a)<br />

contribuire et pagare con Ioro Ii carichi per li beni vostri haveti suI territorio de <strong>di</strong>cta terra<br />

de Caseli, al che, respondendo, ve <strong>di</strong>cemo perchè volemo che né l’una parte nè l’altra<br />

se habia ad dolerse Ii sia facto torto. Havemo parlato col magnifico conte Christoforo de<br />

questo facto et or<strong>di</strong>nato ch’el fazi venire qua da nuy uno homo de <strong>di</strong>cta terra informato<br />

dela cosa. Ne pareria che ancora voy ne mandasse un’altro delli vostri insieme con<br />

quello de Caseli per intendere el facto del’una parte et l’altra; et deinde serà proveduto<br />

opportunamente a quanto rechiderà lo dovere et la raxone. Data apud Gaydum <strong>di</strong>e<br />

primo septembris 1453.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

(a) doveti in interlinea.<br />

192<br />

Francesco Sforza scrive a Morello da Parma d’aver fatto bene a condurre il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong><br />

Giovanni Caymo e Gaspare da Suessa a visionare il luogo più pericoloso per il passaggio dei<br />

nemici. Si <strong>di</strong>ce anch’egli convinto che darebbe grande sicurezza il poter <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> 25 o 30<br />

balestrieri e schioppettieri oppure <strong>di</strong> gente forestiera a guar<strong>di</strong>a dell’Adda, ma non essendo ciò<br />

possibile, ha proposto che a ciò provvedano gli uomini del paese, certo che i nemici, saputo <strong>di</strong><br />

tale guar<strong>di</strong>a, <strong>di</strong> sicuro si guarderebbero dal passare l’Adda.<br />

Domino Morello de Parma.<br />

1453 settembre 3, “apud Gaydum”.<br />

Havemo recevute Ie vostre lettere et inteso quanto ne scriveti del’havere menato el<br />

locotenente de Lo<strong>di</strong> Iohanne Caymo et Gasparro da Suessa su lo loco più periculoso<br />

per lo passare delli inimici o dela provisione, quale gli havevati facta etian<strong>di</strong>o inanze la<br />

receputa dele nostre lettere. Ve ne comen<strong>di</strong>amo singularmente, e quanto ala parte de<br />

mandare xxv o xxx balestreri e schiopeteri per la guar<strong>di</strong>a d’Ada, comprehen<strong>di</strong>mo seria<br />

bene, et siamo certi che, quando gli potissemo e volissemo mandarli gente forastere<br />

remanerissemo securissimi del passare d’essi inimici, ma non gli possendo mandarli<br />

gente forastere, havemo scrito et sollicitato voi et Ii altri nostri che, con industria,<br />

vigilantia et sollicitu<strong>di</strong>ne e per la fede havemo in vuy, che con Ii homini del payse<br />

vogliati guardare Adda in modo che non habiamo a dubitare che passino l’inimici,<br />

rendendoce certissimi che, sentendo essi inimici la guar<strong>di</strong>a in l’aqua, may non se<br />

meterano a passare: Sichè pigliatine quella cura et sollicitu<strong>di</strong>ne como haviti facto per lo<br />

passato e che speramo in voi, dalli avisi che recordati havere dato a domino Iohanne<br />

de Amelia, ve intendemo asay et ve ne rengratiamo. Apud Gaydum, <strong>di</strong>e iii septembris<br />

1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


193<br />

Francesco Sforza comunica a Giuseppe da Cortona, podestà e castellano <strong>di</strong> San Colombano,<br />

che dal suo uomo d’arme Perusino è fuggito il famiglio Giovanni da Molla,<br />

abitante a Borghetto, con otto ducati e dell’altra roba del Perusino, e ha convinto due altri famigli<br />

ad andarsene via. Il duca vuole che Giuseppe cerchi <strong>di</strong> arrestarlo, non rilasciandolo fino a<br />

quando non si sarà accordato con Perusino e non trovandolo,<br />

gli sarà concesso <strong>di</strong> rifarsi su quanto Giovanni ha del suo.<br />

(1453 settembre 3, “apud Gaydum”).<br />

52v Magnifico Ioseph de Cortonio, potestati et castellano Sancti Columbani.<br />

Ne ha significato el Perusino, nostro homo d’arme, che, havendo luy conducto per suo<br />

fameglio Iohani da Molla, habitatore del Burgheto, in lo iusire in campo gli prestò octo<br />

ducati con intentione che lo devesse bene e fidelmente servire, como gli promisse, et<br />

ha facto tuto lo contrario, perché, non solamente è fugito Iuy tristamente e portatili via Ii<br />

denari et altra robba, ma gli ha anchora sviato et facto fugire duy altri suoi famigli in suo<br />

grande detrimento et danno, et etian<strong>di</strong>o nostro in questi tempi. Pertanto, aciochè simili<br />

conoscano che non fano bene, volimo che cirche per ogni modo et via de haverlo in Ie<br />

mane, non lo relaxando fina tanto ch’el non remangha d’accor<strong>di</strong>o col <strong>di</strong>cto Perusino, et<br />

non trovandose luy, farali tolire tanto del suo, se’l se trovarà ch’esso Perusino vengha<br />

satisfacto.Data ut supra<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

194<br />

Francesco Sforza informa il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> aver <strong>di</strong>sposto con Gaspare da Suessa,che,<br />

se il nemico dovesse (ma non lo crede) andare a Cerreto, debba, trattenendo un solo uomo<br />

d’arme, concordare con Gaspare il numero <strong>di</strong> cavalli da mandare a Lo<strong>di</strong>, provvedendo poi alla<br />

loro sistemazione.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1453 settembre 3, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.<br />

Havemo or<strong>di</strong>nato asieme con Gasparro da Suessa che, accadendo pur ch’el campo<br />

inimico andasse a Cerreto, che non credemo, perhò debia mandare Ii cavalli a Lo<strong>di</strong>,<br />

retenendoite solo uno homo d’arme. Sichè mandandoli, volemo che, intendendove con<br />

luy del numero havesse a mandare, gli debiati fare dare alogiamento. Data in castris<br />

nostris felicibus apud Gaydum, <strong>di</strong>e iii septembris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

195<br />

Francesco Sforza informa il suo familiare lo<strong>di</strong>giano Giovanni de Garibol<strong>di</strong>s <strong>di</strong> aver dato or<strong>di</strong>ne al<br />

referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> dargli venti fiorini (che manderà a prendere) per fare quanto s’ha da fare a<br />

Cerreto.<br />

(1453 settembre 3, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Iohanni de Garibol<strong>di</strong>s de Laude, familiari nostro.


Aciochè tu possi meglio attendere a fare a quanto è da fare Iì a Cerreto, scrivemo per<br />

Ie alligate Iettere a nostro referendario da Lo<strong>di</strong> che te debba far dare e numerare vinti<br />

fiorini; sichè mandarali a torre, e date de bona voglia; et attende ad fare bene, como tu<br />

è usato, rendendote certo che per l’avenire te farimo tal tractamento che tu conosceray<br />

che havemo caro el tuo ben scrivere. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

196<br />

Francesco Sforza rispode a Gaspare da Suessa lodandolo per essersi portato con Morello da<br />

Parma, luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, e con Giovanni Caymo a visionare l’Adda nel luogo <strong>di</strong> più facile<br />

accesso per i nemici, certo che la sorveglianza sull’acqua e sulla riva renderà più arduo il loro<br />

passaggio. Circa la richiesta <strong>di</strong> riscatto per la liberazione dei suoi uomini detenuti a Crema,<br />

approva il suo inten<strong>di</strong>mento, come il duca lo invoglia, <strong>di</strong> rifarsi “ali pegio che tu saperai” con le<br />

donne cremasche. Lo accerta che compenserà Giovanni Garimboldo, suo “fedelissimo e solicito<br />

servitore” com’egli si merita e, al momento, scrive al referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> dargli 20 fiorini. Gli<br />

va il proposito <strong>di</strong> mandare a Lo<strong>di</strong> i cavalli nel caso che il nemici arrivi a Cerreto.<br />

53r Gasparro da Suessa.<br />

(1453 settembre 3, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Havemo recevute Ie toe Iettere, aIe quale, respondendo, et primo, ala parte del’essere<br />

andato con el locotenente de Lo<strong>di</strong>, messer Morello da Parma, et Iohanne Caymo a<br />

sopravedere Adda a quello loco più periculoso per lo passare dell’inimici, e delle<br />

provisione or<strong>di</strong>nate, a noi molto piace, rendendoce certissimi cha chi attende a bona<br />

guar<strong>di</strong>a, così in l’aqua con Ii retroguar<strong>di</strong>, como per terra sula rippa, may non se<br />

meterano a passare. Ala parte delli tuoi, li quali sonno sostenuti a Crema e vogliono<br />

essere rescossi contra ogni debito de ragione, et che per questo tu intende de pigliare<br />

tante delle lora fememe, <strong>di</strong>cemo che faray bene a farli ali pegio che tu saperay per non<br />

lassare rescotere li tuoi. Ala parte de Iohanne Garimboldo, nuy lo conoscemo per<br />

nostro fidelissimo e solicito servitore et gli faremo tal tractamento che meritamente se<br />

contenterà de nuy, et al presente nuy scrivemo al nostro referendario de Lo<strong>di</strong> che li<br />

facia dare 20 fiorini, sichè confortalo ad stare de bona voglia. Ala parte del ponte che<br />

hay facto guastare, molto ne piace, e così del’altre provisione per te facte te ne<br />

comen<strong>di</strong>amo. Ala parte de mandare Ii cavalli a Lo<strong>di</strong>, accadendo el caso che tu ne<br />

scrive, molto ne piace el tuo pensiero e ricordo, et così scrivimo per Ie alligate al nostro<br />

locotenente de Lo<strong>di</strong> che in quello caso mandandoli, tu gli debba provedere de<br />

allogiamenti. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

197<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> trovare in ogni modo 20 fiorini per darli al<br />

lo<strong>di</strong>giano Giovanni Gariboldo.<br />

Referendario Laude.<br />

(1453 settembre 3, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Aciochè Iohanne Gariboldo de quella nostra cità possa meglio perseverare in Ii nostri<br />

servicii a Cereto, volimo che, per ogni modo et via, debiate recatare vinti, cioè 20, fiorini<br />

a ragione de sol<strong>di</strong> 32 per fiorino et fargli numerare, omni prorsus exceptione remota.<br />

Data ut supra.<br />

Franciscus Sfortia manu propria subscripsit.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


198<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> aderire all’istanza dei me<strong>di</strong>ci, che hanno in cura<br />

suo fratello Corrado, <strong>di</strong> liberare il balestrero Barbeta, ormai conscio dei suoi errori, purchè <strong>di</strong>a<br />

garanzia <strong>di</strong> portarsi in campo da lui e non andarsene senza licenza ducale.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1453 settembre 3, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Havemo recevuto la vostra lettera et inteso quello ne scriveti del Barbeta, nostro<br />

balestrero, et dela instantia ve hanno facta Ii me<strong>di</strong>ci sonno ala cura de Conrado, nostro<br />

fratello, dela liberatione soa, et cetera; ala quale respondendo, ve <strong>di</strong>cemo per<br />

complacentia d’essi me<strong>di</strong>ci et anche perchè credemo <strong>di</strong>cto Barbeta hormay sia<br />

recognosciuto delli 53v suoi errori, siamo contenti, dando <strong>di</strong>cto Barbeta securitade<br />

idonea de venire in campo et presentarse ad nuy, nè partirse senza nosta licentia de<br />

campo. lo faciati liberare. Data ut supra<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

199<br />

Francesco Sforza risponde a Virgilio de Crivellis, che gli ha chiesto dei beni <strong>di</strong> S(ceva) <strong>di</strong> non<br />

credere che in lui vi sia dolo, ma lo assicura <strong>di</strong> non aver <strong>di</strong>menticato ciò che gli promise quando<br />

gli fece dare Nicolosa e, capitando, gli farà avere cosa a lui conveniente.<br />

Virgilio de Crivellis.<br />

(1453 settembre 3), “ex castris”.<br />

Havemo recevuto la toa lettera et inteso quello ne scrivi della rechiesta ne fay delli beni<br />

de domino S(ceva) e de uno delli compagni; unde, respondendete, te <strong>di</strong>cemo che ell’è<br />

vero nuy fossemo quello te fecemo dare la Nicolosa, et ne recordamo haverti promesso<br />

de provedere a ti et ad ley per modo havesti da vivere honorevelemente como scrive;<br />

così de novo te <strong>di</strong>cemo che lo volimo fare de bona voglia, ma al facto de domino<br />

S(ceva) nuy non possemo credere in luy sia dolo. Sichè vogli stare de bona che,<br />

accadendo cosa conveniente per ti, ne recordaremo del facto tuo per modo haverai ad<br />

remanere ben contento de nuy. Ex castris ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

200<br />

Francesco Sforza chiede ad Antonio del Valperga <strong>di</strong> provvedere che Frasco riabbia tutta la roba<br />

sua, che ha perso quando il suo mulattiere Antonio, <strong>di</strong> ritorno da Cremona con quattro “muli<br />

charigi”, arrivato a Isolella, abbandonò il tutto e se ne scappò via, giungendo ora a Montagliere,<br />

località della sua (Valperga) giuris<strong>di</strong>zione. Trattenga il detto mulattiere fino a che non abbia del<br />

tutto sod<strong>di</strong>sfatto Frasco.<br />

Domino Antonio del Valperga.<br />

(1453 settembre 3, “apud Gaydum”).<br />

Havendo Frasco, nostro conductero, mandato Antonio, suo mulatero, ad Cremona per<br />

sue facende, quale menava quatro muli, e retornando indreto con Ii <strong>di</strong>cti muli charigi,<br />

essendo zonto ad Isolella, lassò Ii muli et andosene con Dio, dove l’inimici<br />

guadagnareno Ii <strong>di</strong>cti muli, quali è stato bisogno che <strong>di</strong>cto Frascho Ii habia comprati per<br />

ducati octanta d’oro; et havendo presentito <strong>di</strong>cto Frasco che Antonio, so mulatero, è<br />

venutoli a Montagliere sotto el vostro governo, Ii manda Bartholommo da Crema, so<br />

famiglio, presente portatore, per rehavere la robba soa, como la raxone vole. Pertanto<br />

vogliati subito provedere che tuto el danno ha recevuto Frasco per la (a) fuga del <strong>di</strong>cto


Antonio sia satisfacto et punito secundo el delicto per luy commesso, ad ciò che<br />

un’altra volta (b) se guarda de comettere simili errori, facendolo sostenire et metterlo in<br />

locho non se ne possa fugire finchè <strong>di</strong>cto Frasco non sia integramente satisfacto; et<br />

cre<strong>di</strong>ti sopra ciò tuto quello ve <strong>di</strong>rà <strong>di</strong>cto Bartholomeo como ala persona nostra propria.<br />

Data ut supra.<br />

Iohannes Bonus.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue sua depennato.<br />

(b) adciò che un’altra volta ripetuto.<br />

201<br />

Francesco Sforza scrive a Francesco Biscessa e agli altri cancellieri <strong>di</strong> Corrado <strong>di</strong> decidere fra<br />

loro come (Francesco ne aveva chiesto l’assegnazione a Piacenza) deve avvenire la futura<br />

fornitura del panno, della cui mancanza i loro uomini d’arme si lamentano, oppure <strong>di</strong> fargli<br />

sapere del perchè fino al presente non l’hanno avuto.<br />

(1453 settembre 3, “apud Gaydum”).<br />

54r Nobilibus viris Francisco Biscesse et ceteris cancellariis magnifici Conra<strong>di</strong> de<br />

Foliano, et cetera.<br />

Hanno mandato a nuy I’homini d’arme de Conrado, nostro fratello, ad agravarse che<br />

non hanno hauto la rata sua del pano como l’altri, de che ne siamo maravigliati, non<br />

sapendo donde proceda questo mancamento, nè intendemo quanto tu, Francesco, ne<br />

scrive de fare assignatione in Piasenza in l’anno avenire. Pertanto, fati como voliti fra<br />

voi che li <strong>di</strong>cti homini d’arme habiano el panno, como hanno havuto li altri, aut ne<br />

avisate clare dela cagione perché fin a mò non l’hanno havuto. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

202<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce al milite Ftlippo Confalonieri <strong>di</strong> non capire perchè non può concedere<br />

lettere patenti ai suoi soldati per arrestare gli uomini <strong>di</strong> donna Luchina dei quali sono cre<strong>di</strong>tori.<br />

Ha spesso (e insista pur lui) fatto presente a donna Luchina l’opportunità <strong>di</strong> inviare una persona<br />

informata <strong>di</strong> ogni cosa (e quella potrebbe essere lui), in modo che si venga a un chiarimento<br />

(1453 settembre 3, “apud Gaydum”).<br />

Spectabili militi domino Filippo de Confaloneriis, <strong>di</strong>lecto nostro.<br />

Non vedemo modo a potere denegare Iettere patente ali nostri soldati che sonno<br />

cre<strong>di</strong>tori delli homini delIa magnifica madona Luchina de potere fare sostenire deli <strong>di</strong>cti<br />

homini se’l non se giarisse Ie ragione delle taxe, como più volte havemo scripto ala<br />

prefata madona Luchina, et caricatola che voglia mandare uno deIi suoi con le ragione<br />

et plene informato del tuto, aciò ch’el se gli meta fine, e mai non Iha mandato. Pertanto<br />

ve confortiamo ad atrovarve et intenderve con la prefata magnifica madona Luchina, et<br />

deinde venire qua con <strong>di</strong>cte ragione, como quello che ne doveti essere informato<br />

meglio che veruno altro. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

203<br />

Francesco Sforza fa sapere a donna Luchina dal Verme che non ritiene necessario affidare a<br />

Milano o a Pavia la soluzione della controversia tra i suoi uomini e i soldati sforzeschi, cui egli<br />

non revoca le lettere fino alla soluzione della faccenda dei loro cre<strong>di</strong>ti.<br />

Ripropone che tutto si risolva, e con minor spesa, inviando un suo uomo, forse Filippo stesso,<br />

bene informato <strong>di</strong> tutto.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

(1453 settembre 3, “apud Gaydum”).


Havimo recevute Ie vostre littere ale quale, respondendo, et primo, ala parte de<br />

comettere la causa et <strong>di</strong>fferentia, vertente fra Ii nostri soldati et homini vostri per<br />

cagione delle taxe, a Milano, aut a Pavia, <strong>di</strong>cemo che questa causa non è da fir<br />

comettuta in simili lochi, ma piutosto da essere <strong>di</strong>ffinita me<strong>di</strong>ante la venuta qua d’uno<br />

delli vostri, informato delle <strong>di</strong>cte taxe per più presto <strong>di</strong>ffinirla, et per menor spesa e<br />

<strong>di</strong>sturbio dela parte, avisandove che non vedemo modo de potere revocare quelle<br />

lettere havemo concesse ali nostri soldati contra li vostri 54v homini se prima non se<br />

<strong>di</strong>ffenisse la <strong>di</strong>fferentia. Sichè iterum ve confortiamo a mandare uno, e piutosto domino<br />

Filippo, como quello che debbe essere informato meglio che veruno altro, aciò che<br />

ozimai se gli metta fine. Al’altra parte de vostre Iettere de presente non accade altra<br />

resposta. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

A margine: Duplicata <strong>di</strong>e iiii.<br />

204<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce al commissario <strong>di</strong> Tortona <strong>di</strong> non credere che il fallimento della scorreria<br />

che il Colleoni doveva fare in territorio nemico sia dovuto alla soffiata <strong>di</strong> alcuno dei nostri.<br />

Circa il timore che lo stesso Colleoni si porti in città a razziare, l’avverte che tutto può evitarsi se<br />

si provvede (come già congiuntamente scrisse a lui, a Ludovico da Bologna e ad Antonio da<br />

Fabriano), a sod<strong>di</strong>fare i suoi soldati <strong>di</strong> quanto loro spetta per settembre e per gli arretrati.<br />

Quanto ai 600 sacchi <strong>di</strong> frumento che lui e i suoi devono avere a Garbagna, gli or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> non<br />

fare alcuna ricevuta.<br />

Comissario Terdone.<br />

(1453 settembre 3, “apud Gaydum”).<br />

Respondendo ala toa Iettera de dì penultimo del passato, et primo, delIa scoreria<br />

doveva fare el magnifico Bartholomeo, quale è stata saputa dal’inimici, ne rencresce,<br />

ma siamo certi che loro non l’habbiano puncto saputa da veruno delli nostri; imo<br />

piutosto per altra via. Ala parte delli seycento sachi de furmento che tu et Ii toi dovete<br />

havere in lo locho de Garbagna, <strong>di</strong>cemo che per adesso non ne pare, nè volimo che<br />

fazate ricevuta alcuna. Ala parte delIa coreria dubiti che faza el <strong>di</strong>cto Bartholomeo uno<br />

dì a quella cità, et cetera, <strong>di</strong>cemo che tu vogli provedere che luy et Ii suoi siano<br />

satisfacti delli <strong>di</strong>nari restano havere delle lore taxe de kalende de septembre in dreto, et<br />

circa ciò fare quanto per un’altra <strong>di</strong>rrectiva comunamente a ti, a Ludovicho da Bologna<br />

et Antonio da Fabriano havemo scripto che, così facendo, non dubitamo puncto che<br />

cesserano tuti Ii scandali et manchamenti potesseno seguire per <strong>di</strong>cta casone. Et de<br />

questa non ne vogliati darne più molestia, nè affano alcuno, ma exequire virilmente<br />

quanto ve havemo scripto. Data ut supra.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

205<br />

Francesco Sforza, informato da Ludovico da Bologna dell’insulto ricevuto e del <strong>di</strong>niego dato da<br />

quei <strong>di</strong> Viguzzolo a fare il debito loro, gli <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> attenersi a quanto gli ha scritto nella lettera<br />

mandata congiuntamente a lui, a Pietro da Lonate e ad Antonio da Fabriano per come devono<br />

agire per ottenere quello che ognuno è tenuto a dare. Cerchi, o tramite suo fratello Corrado, o<br />

per il modo che gli parrà più opportuno <strong>di</strong> costringere i Viguzzolesi a fare il loro dovere.<br />

Lodovicho de Bononia.<br />

(1453 settembre 3, “apud Gaydum”).<br />

Havemo recevuto la toa lettera de dì xxviii del passato et inteso quanto ne scrive<br />

del’insulto te è stato facto a Viguzolo e dela respuosta simelmente te è stata facta, et<br />

quanto sono retrogra<strong>di</strong> quelli homini a fare el debito loro. Al che respondendo, te<br />

<strong>di</strong>cemo che per un’altra 55r nostra comunamente <strong>di</strong>rectiva a Petro da Lonate, a ti et


Antonio da Fabriano, pienamente ve havemo scripta la voluntà e parere nostro circha Ii<br />

mo<strong>di</strong> haveti a tenere in fare che ogniuno faza el debito suo; sichè per questa non se<br />

extenderemo in <strong>di</strong>re altro, se non che te caricamo et stringemo quanto possiamo che<br />

con ogni toa industria, solicitu<strong>di</strong>ne et presteza te sforzi de exequire quanto in essa se<br />

contene; et de questo facto, per Dio, non ne daray a nuy più molestia veruna poychè<br />

hay la intentione nostra. Circha Ii <strong>di</strong>cti da Viguzolo, o per la via de Conrado, nostro<br />

fratello, o per qualunque altro modo meglio te parerà, vogli fare che ad ogni modo<br />

fazano el debito loro. Data ut supra<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

206<br />

Francesco Sforza concede al commissario <strong>di</strong> Tortona, che gli ha segnalato l’insufficienza in<br />

quella posta dei cavallari, <strong>di</strong> assumerne uno e, presolo, gliene segnali i dati e il giorno della sua<br />

presa <strong>di</strong> servizio per poterne fare la iscrizione. Gli raccomanda una maggiore velocità <strong>di</strong><br />

trasmissione sia delle lettere <strong>di</strong>rette ad Alessandria che quelle trasmesse da Alessandria,<br />

avvertendo che queste devono passare <strong>di</strong>rettamente da Piacenza.<br />

Referendario Terdone.<br />

(1453 settembre 3, “apud Gaydum”).<br />

Havemo recevuto la toa lettera per la quale ne advisi che li cavalari nostri sonno lì non<br />

possino supplire a quella posta et che bisogneria gli fosseno più, al che, respondendo,<br />

te <strong>di</strong>cemo che siamo contenti gli ne acresse un altro el quale, acresciuto gli lo haveray,<br />

volimo ne debbe mandare el debito suo et lo <strong>di</strong> l’haveray tolto ali nostri servicii, aciochè<br />

possiamo far fare la littera della scriptione sua. Apresso volemo che curi con ogni<br />

<strong>di</strong>ligentia et sollicitu<strong>di</strong>ne che tanto Ie lettere nostre scrivemo in Alexandria, quanto<br />

quelle de Alexandria che sonno scrite a nuy, va<strong>di</strong>no et venghano presto; et questo<br />

<strong>di</strong>cemo perchè fin in quest’hora Ie <strong>di</strong>cte lettere sonno andate et venute tarde, et quello<br />

venghino a nuy, volimo Ie mande drito per la posta de Piasenza. Et fa che Ii sia havuta<br />

per l’avenire altra cura (a) in mandarle subito e senza <strong>di</strong>mora che non e stato facto da<br />

qui indreto.Data ut supra.<br />

(a) cura in interlinea su via depennato.<br />

207<br />

Francesco Sforza avverte Giovanni Todeschini che se a Ianucio da Lecio e ad alcuni uomini<br />

d’arme occorrerà <strong>di</strong> lasciare dei cavalli, vi si provveda per l’alloggiamento.<br />

55v Iohanni Todeschini.<br />

1453 settembre 4, “ex castris nostris felicibus apud Gaydum”.<br />

Perchè pur serà necessario al strenuo Ianucio da Lecio et alcuni altri homini d’arme<br />

lasare Iì alcuni cavali, volimo servi modo cum quelli homini che gli provedano de<br />

allogiamento; e questo non manchi se tu hay volia far cosa che ne piaqua. Ex castris<br />

apud Gaydum, iiii septembris 1453<br />

Iacobus.<br />

Cichus.<br />

Francesco Sforza risponde alla moglie che i dubbi del doge <strong>di</strong> Genova e del suo cancelliere<br />

Leonardo da Pietrasanta non hanno più ragione <strong>di</strong> essere perchè il Delfino se n’è andato via.<br />

Non ha nulla da <strong>di</strong>rle in merito alla lettera <strong>di</strong> Lanzalotto.<br />

Ai confinati ad Alessandria e a Castellazzo promette il ritorno a casa dopo che re Renato se ne<br />

sarà andato da Alessandria e la sua gente avrà lasciato Castellazzo.<br />

Faccia intendere ai marchesi <strong>di</strong> Varzi che devono pagare il castellano.<br />

Saprà <strong>di</strong>rettamente dalle lettere <strong>di</strong> maestro Benedetto quello che lei sperava <strong>di</strong> intendere tramite<br />

il cancelliere. Lui, duca, sta bene e altrettanto spera <strong>di</strong> lei e dei figlioli.<br />

(1453 settembre 4, “apud Gaydum”).


Illustrissime domine ducisse Me<strong>di</strong>olani.<br />

Havemo recevuto doe lettere delIa signoria vostra et inteso quello per esse ne scrive;<br />

ale quale, respondendo, primo, ala parte delIa lettera ne ha mandata la signoria vostra,<br />

quale scrive lo illustre signore duca de Zenova ad ser Leonardo de Pedrasancta, suo<br />

cancellero, del dubio haviva per la venuta del Dalfino, nuy l’havemo intesa, quale<br />

reman<strong>di</strong>amo ala signoria vostra, et non <strong>di</strong>cemo altro, perché, como la signoria vostra<br />

haverà inteso, et como nuy havemo scripto (a) al prefato illustre signore duxe per modo<br />

siamo certi la signoria sua sarà (b) restata ben contenta, esso signore Dalfino è tornato<br />

indreto. Dela lettera de domino Lanzaloto, restamo ben advisati et non <strong>di</strong>cemo altro, se<br />

non ch’el ne piace haverla inteso.<br />

Ala parte della supplicatione delli confinati da Alexandria et dal Castelazo, quali<br />

rechiedevano de retornare a casa, mò che la mayestà del re Renato è in Alexandria et<br />

le gente soe sonno al Castellazo, <strong>di</strong>cimo che ad nuy non pare de lassarli retornare de<br />

presente; ma la vostra signoria gli porà respondere che, acconze Ie cose, delIa quale<br />

speramo se acconzerano presto, gli darimo poi licentia.<br />

Ala parte del castellano de Varci, quale se grava non essere pagato, <strong>di</strong>cemo ne pare<br />

che la signoria vostra man<strong>di</strong> per quelli marchexi de Varci et gli parli in modo che<br />

satisfaciano <strong>di</strong>cto castellano senza piu replicatione.<br />

De quello reportarà el nostro cancelero da maestro Bene<strong>di</strong>cto, la signoria vostra sarà<br />

stata avisata per Ie lettere d’esso magnifico Bene<strong>di</strong>cto quale ve havemo mandate. De<br />

novo altro non è de qua al presente. Nuy, Dei gratia, stamo bene, desiderosi de sentire<br />

de continuo il simile delIa signoria vostra et de nostri figlioli. Per altra de nostra mano la<br />

signoria vostra è stata avisata del tuto. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e iiii septembris 1453,<br />

hora 14 noctis.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

(a) scripto su rasura.<br />

(b) sarà ininterlinea.<br />

208<br />

Francesco Sforza comanda al capitano <strong>di</strong> Casteggio <strong>di</strong> non togliere ogni volta il formaggio al<br />

bergamino dell’uomo d’arme Bonifacio da Pavia, ma anzi <strong>di</strong> restituirgli quanto già gli ha preso.<br />

56r Capitanio Clastigii.<br />

(1453 settembre 4, “apud Gaydum”).<br />

Bonifacio da Pavia, nostro homo d’arme, ne <strong>di</strong>ce che tuta volta il suo bergamino va<br />

inanti et indreto per suoi bisogni con Ii suoi formagi, tu el fai robare, del che asai se ne<br />

grava, et a nuy ancora ne pare deshonesto che tu gli fazi fare tal mancamento. Per la<br />

qual cosa te <strong>di</strong>cemo, comandandoti, che debii lassare stare il <strong>di</strong>cto suo bergamino et<br />

non gli fazi veruna molestia da qui inanti, facendogli resituire integramente el formagio<br />

suo et ogni altra robba soa a luy tolta, ita che nuy non habiamo piu ad sentire tale<br />

lamenta. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

209<br />

Francesco Sforza, quantunque lo creda già informato, avverte il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> avere<br />

sicura notizia dell’esistenza lì <strong>di</strong> “tractato” e che il 29 scorso tre lo<strong>di</strong>giani si portarono a Treviglio<br />

dal provve<strong>di</strong>tore, che poi li fece uscire incapucciati. Cerchi <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare i tre suddetti tramite<br />

l’ufficiale delle bollette o in qualsiasi altro modo.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1453 settembre 4, “apud Gaydum”).<br />

Quavis<strong>di</strong>o siamo certi che da Milano haveriti havuto simile aviso, pur, attesa la


importantia del facto, ve notificamo che da persona fide<strong>di</strong>gna siamo avisati che I’è uno<br />

tractato in quella nostra cità, et siamo acertati che mercorì, che fo xxviiii del passato, tri<br />

Lodesani andoreno a Trivilio de Giaradada et lì, a grande secreto, foreno col<br />

prove<strong>di</strong>tore; il qual prove<strong>di</strong>tore deinde gli fece andare fora delIa terra imcapuzati aciò<br />

non fossero cognosuti. State con l’ochii aperti et vedete, aut per la via del’officiale daIe<br />

bulete, aut per ogni altra via, intendere quelli che foreno, andoreno là; et in reliquis<br />

usate tale <strong>di</strong>ligentia e vigilantia che sinistro non intervenga. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

210<br />

Francesco Sforza avvisa Morello da Parma che dal campo nemico ne esce gente “da pede” e<br />

“da cavallo” per passare <strong>di</strong> lì. Faccia vigilare per terra e per acqua per evitare guai.<br />

In simile forma si è scritto al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>.<br />

Domino Morello de Parma.<br />

(1453 settembre 4, “apud Gaydum”).<br />

Siamo avisati che del campo inimico se partino genti, così da pede como da cavallo,<br />

per venire in là; sichè volimo faciati avisare ogni homo et attendere a bone guar<strong>di</strong>e,<br />

così per aqua como per terra, in modo che sinistro non intervenga. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum fuit locumtenenti Laude.<br />

211<br />

Francesco Sforza informa la moglie <strong>di</strong> avere, in seguito all’avvenuto eccesso, rimandato a Pavia<br />

il capitano <strong>di</strong> giustizia, che lei, abrogando l’invio fattone dal Consiglio segreto, aveva richiamato<br />

per rispetto della commissione ducale fatta al podestà. Lui, duca, ha dato piena facoltà <strong>di</strong><br />

intervento sia al capitano che al podestà, cui la duchessa oralmente imporrà <strong>di</strong> intervenire contro<br />

i malfattori, senza riguardo per persona alcuna.<br />

56v Illustrissime domine ducisse Me<strong>di</strong>olani.<br />

1453 agosto 25, “apud Gaydum”.<br />

Havemo recevuto la lettera delIa signoria vostra circa lo excesso commesso in quella<br />

nostra cità de Pavia; così anche siamo avisati dal nostro Conseglio secreto de quanto<br />

la signoria vostra gli haveva mandato a <strong>di</strong>re per domino Andrioto, il perchè loro<br />

havivano deliberato a de mandare e mandato Iì ad Pavia il capitaneo nostro de iustitia<br />

per intendre et provedere ad <strong>di</strong>cto excesso et, siando venuto là el <strong>di</strong>cto capitaneo, l’aviti<br />

facto retornare indrieto per respecto delIa comissione per nuy facta al potestà. Unde,<br />

respondendo, ve <strong>di</strong>cemo che nuy havemo havuto tanto despiacere de questo excesso<br />

et tanto l’havemo a cuore che non poriamo scriverlo; il perchè havimo scripto al<br />

Conseglio che reman<strong>di</strong>no lì ad Pavia il pre<strong>di</strong>cto capitaneo nostro de iustitia con piena<br />

commissione a luy et al potestà nostro, conforme ad quella gli havemo facta nuy de<br />

qua, de intendere questa excesso, et procede(re) virilmente et farne tal demonstratione<br />

et punitione che siano puniti Ii cativi et altruy sia exemplo, et che no(n) sentiamo<br />

novelle. Sichè voglia la signoria vostra circa ciò fargli ad tuti doi strictissima comissione<br />

b ad bocha che non guar<strong>di</strong>no in volto ad persona del mondo, et in questo dargli quello<br />

favore et a<strong>di</strong>uto sia necessario per modo si ne fazi tale executione che un’altra volta<br />

siano più savii e siamo contenti gli sia el capitaneo, perchè ogniuno intenda quanto ne<br />

sia de spiacere questo et che intendemo non sia nisuno tanto ar<strong>di</strong>to che presuma farlo<br />

per l’avenire. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xxv augusti 1453.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

a deliberato su rasura.<br />

b comis su rasura.


212<br />

Francesco Sforza sollecita il Colleoni a prendere (come aveva suggerito al suo Fratacino <strong>di</strong><br />

interme<strong>di</strong>are presso <strong>di</strong> lui) ai suoi servizi Giovanni Battista degli Attendoli,”persona et homo da<br />

bene” e, inoltre, cugino del duca.<br />

Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

1453 settembre 4, “apud Gaydum”.<br />

Nuy havevamo <strong>di</strong>cto a Fratacino vostro che ve volesse confortare per nostra parte e<br />

persuadere et torre ali vostri servicii domino Iohanne Baptista deli Attendoli, nostro<br />

cosino; poi è parso a Iuy de volere venire in persona dala magnificentia vostra, e nuy gli<br />

l’avemo confortato. E considerato che I’è persona et homo da bene e apta ali facti<br />

vostri, e d’averne bon servitio, et a nuy è parente e cosino, como havemo <strong>di</strong>cto, (a)<br />

confortiamo la magnificentia vostra prefata a doverlo 57r torre et acceptare, perchè el<br />

se adaptarà e reducerà a tute quelIe cose che siano honeste e raxonevole.<br />

Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e iiii septembris 1453.<br />

Ser Alexandro.<br />

Iohannes.<br />

(a) <strong>di</strong>cto in interlinea.<br />

213<br />

Francesco Sforza fa sapere al luogotennte <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> aver scritto ad Angelo Simonetta e ai<br />

Maestri delle entrate <strong>di</strong> dare un mese e mezzo delle paghe dei “retrovar<strong>di</strong>” e alle guar<strong>di</strong>e dei<br />

galeoni perchè continuino il loro compito <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1453 settembre 4), “apud Gaydum”.<br />

Havemo recevuto Ie vostre lettere circa el spazamento delle paghe delli retrovar<strong>di</strong>;<br />

unde, aciochè possano perseverare ala loro guar<strong>di</strong>a, scrivemo a Milano ad Angelo<br />

Simoneta et Maistri delle intrate nostre che gli debbeno dare uno mese et mezo, et<br />

similiter ale guar<strong>di</strong>e del galeone; sichè solicitatili ad servire bene et sollicitamente,<br />

siando ben tractati, como sono. Data apud Gaydum, ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

214<br />

Francesco Sforza esprime al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> il suo <strong>di</strong>spiacere per il trattamento che,<br />

secondo il condottiero Fioravante da Perugia, egli serba ai suoi uominini <strong>di</strong> Ospitaletto: li tratti<br />

più umanamente e non li gravi più del giusto.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1453 settembre 4, “apud Gaydum”).<br />

EI spectabile et strenuo Fioravante da Perosa, nostro conductero, ne ha facto fare<br />

querella che voi tractati I’homini soi dal’Hospitaleto più rigidamente che non doveti in<br />

ogni cosa che accade, et che non haveti respecto veruno ad gravarli più del dovere, la<br />

qual cosa a voi è pocho honore et a nuy spiace, perchè ad nuy seria grato che <strong>di</strong>cto<br />

Fioravante et li soi fossero bene tractati. Per il che vogliati de cetero usarli più<br />

humanamente et in Ie graveze tractarli como Ii altri, non gravandoli più ch’al dovere,<br />

aciò non habiano ad farne piu lamenta. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.


215<br />

Francesco Sforza comanda al vicario <strong>di</strong> Belgioioso <strong>di</strong> osservare la esenzione dai carichi<br />

straor<strong>di</strong>nari da lui concessa al famiglio ducale Farina <strong>di</strong> Belgioioso per il servizio che<br />

quoti<strong>di</strong>anamente lui presta “in l’arte del soldo”.<br />

Vicario Belzoyosi.<br />

1453 settembre 5, “apud Gaydum”.<br />

El Farina de Belzoyoso, nostro fameglio, ne ha <strong>di</strong>cto che, non obstante la exemptione<br />

gli havemo concessa delli carichi extraor<strong>di</strong>narii, lo voy astrengere a pagare focolari et<br />

altri carichi, quali <strong>di</strong>ce sonno extraor<strong>di</strong>narii; che è contra el tenore de <strong>di</strong>cta exemptione,<br />

quale gli havemo concessa per Ii servicii havemo da Iuy ogni dì in l’arte del soldo con<br />

intentione che gli sia observata, como se fa per tuto el nostro dominio aIi nostri soldati.<br />

Pertanto volemo al <strong>di</strong>cto Farina gli observi la exemptione gli havemo concessa<br />

integramente et fa in modo non habia piu casone de farne lamenta per questo. Data<br />

apud Gaydum, <strong>di</strong>e v septembris 1453.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

2<strong>16</strong><br />

Francesco Sforza impone al podestà, al comune e agli uomini <strong>di</strong> Glarola <strong>di</strong> non alloggiare alcun<br />

soldato in casa <strong>di</strong> Rainaldo da Corte, uomo d’arme della compagnia dei Sanscurineschi e,se ve<br />

ne fosse già qualcuno, lo facciano sloggiare.<br />

(1453 settembre 5, “apud Gaydum”).<br />

57v Potestati, comuni et hominibus Glarolarum.<br />

Lamentasse Raynaldo da Corte, homo d’arme in la compagnia de Sanscurineschi, che<br />

in la casa soa che ha Iì gli vogliono essere allogiati altri soldati, che ne pare fuora d’ogni<br />

honestade et ragione che l’uno soldato debbia allogiare in casa del’altro. Pertanto ve<br />

comen<strong>di</strong>amo et volemo che de cetero non debiati presumere de allogiarli nisuno in<br />

casa soa; et se nisuno gli fosse allogiato, fazitelo levare, perchè non deliberamo<br />

comportare che ali nostri soldati se facia tale iniuria.<br />

Data ut supra.<br />

Iohanni Chiapanus.<br />

Iohannes.<br />

217<br />

Francesco Sforza scrive a Moretto <strong>di</strong> Sannazzaro quello che oralmente ha comunicato a suo<br />

cognato, il conte Bartolomeo, e cioè <strong>di</strong> aver scritto ad Andrea da Birago perchè esortasse i suoi<br />

(<strong>di</strong> Moretto) uomini a essere paghi del temporaneo comando <strong>di</strong> Filippo Visconti, considerata la<br />

malattia <strong>di</strong> Moretto e il “tristo regimento che era et è fra loro” con nessuna sod<strong>di</strong>fazione del<br />

duca. Siccome ora la compagnia è guidata da persone scelte da Moretto, il duca vuole che<br />

costui or<strong>di</strong>ni ai suoi uomini d’arme <strong>di</strong> stare insieme e <strong>di</strong> eseguire ciò che sarà loro comandato,<br />

evitan<strong>di</strong> <strong>di</strong> bighellonare per la Lomellina per evitare <strong>di</strong> essere carcerati con la per<strong>di</strong>ta delle armi e<br />

dei cavalli. Li accerti, poi, che avranno i denari che loro spettano .<br />

Domino Moreto de Sancto Nazario.<br />

(1453 settembre 3, “apud Gaydum”).<br />

Havemo inteso quanta per vostra parte et compagnia vostra ne ha referito el conte<br />

Bartholomeo, vostro cognato; et quantumque a luy a bocha habiamo resposto quanto<br />

bisogna, pur ve <strong>di</strong>remo queste poche parole. Nuy scripsemo l’altro dì ad Andrea da<br />

Birago che volesse confortare Ii vostri homini d’arme ad restare contenti del governo<br />

del domino Filippo Vesconte, attento la vostra infirmità et lo malo et tristo regimento che<br />

era et è fra loro per modo che de <strong>di</strong>cta compagnia havemo havuto pocho servitio fin a


tanto che vuy fosti libero et habile al cavalcare; mò, veduto vuy non contentarve de<br />

<strong>di</strong>cto governo, restamo anchora nuy contenti che la <strong>di</strong>cta vostra compagnia sia<br />

governata et regulata per quelle persone che vuy li deputarite. Ben volemo et ve<br />

caricamo et stringemo che vogliati far tale commandamento ali vostri homini d’arme et<br />

darli tal or<strong>di</strong>ne che habiano ad stare uniti insieme et obe<strong>di</strong>re et exequire quello Ii serà<br />

commesso et or<strong>di</strong>nato per Ii nostri sonno in Alexandria et per Ii capi Ii deputariti, sichè<br />

ogni dì non va<strong>di</strong>no et venghino in Lomellina, como hanno facto per lo passato,<br />

advisando voi et Ii <strong>di</strong>cti vostri homini d’arme che nuy serveremo tal modo da qui inanzi<br />

che quanti de loro venarano senza licentia de qua da Po, tucti serano carcerati et toltoli<br />

Ie arme et cavalli et tractati pegio che inimici; et largamente monstrateli questa Iettera<br />

perchè senza niuno fallo faremo observare quanto havemo <strong>di</strong>cto. Et se vuy et loro<br />

<strong>di</strong>cesti che anchora non hanno hauto Ii loro <strong>di</strong>nari, de questo non <strong>di</strong>cemo el contrario;<br />

58r ma vuy posseti essere certissimi che tuto quello restati ad havere el conseguiriti et<br />

senza mancamento alcuno; et nuy del canto nostro non Iasserimo mancarli cosa<br />

veruna finchè haveriti el compito pagamento. Data ut supra.<br />

Facinus.<br />

Iohannes.<br />

218<br />

Francesco Sforza ricorda al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, autore della tassa per pagare le guar<strong>di</strong>e<br />

dell’Adda, che Morello da Parma non ha avuto nulla del quid tassato, per cui il duca sollecita il<br />

luogotenente a sod<strong>di</strong>sfarlo dell’ “unun certum quid...per lo vivere suo”.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1453 settembre 6, “apud Gaydum”.<br />

Como vuy sapete, perche fosti I’autore nel mettere la tassa per pagare Ie guar<strong>di</strong>e<br />

d’Ada, fo tassado unum certum quid a domino Morello da Parma per lo vivere suo; la<br />

qual cosa ne parve molto ragionevole, ma ben ne rincresce che non I’habia havuto,<br />

segondo che Iuy ne ha scrito. Pertanto volemo che omnino prove<strong>di</strong>ati ch’el habia, et per<br />

così piccola cosa non ne voliate dare materia de scriverve più, perchè ancora luy gli<br />

potria mal stare se’l non gli fosse provisto de qualche cosa.<br />

Apud Gaydum, <strong>di</strong>e vi septembris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

219<br />

Francesco Sforza assicura Morello da Parma che anche lui è rattristato per le gravezze che<br />

soffrono gli uomini <strong>di</strong> Castelleone, ma, purtroppo, “le con<strong>di</strong>tione de tempi” le impongono anche<br />

agli altri sud<strong>di</strong>ti e non resta che sperare che tutto si migliorerà e arriverà la pace. Lo informa <strong>di</strong><br />

non intendere che i <strong>di</strong>eci uomini d’arme mandati là per la guar<strong>di</strong>a dell’Adda e la tutela <strong>di</strong> quelle<br />

contrade debbano alloggiare nel borgo e vivere alle spalle degli uomini del posto o sistemarsi<br />

nelle osterie, che sono destinate ai forestietri e ai viandanti, pur ammettendo che vi sia<br />

pre<strong>di</strong>sposto per loro uno spazio interno al borgo in caso <strong>di</strong> bisogno. Per la provvisione<br />

spettantegli al vivere suo ha scritto al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>.<br />

Domino Morello de Parma.<br />

(1453 settembre 6, “apud Gaydum”).<br />

Inteso quanto ne scriveti delli homini de Castelione, a noi ne rencresce asai dele<br />

graveze loro, ma non se è potuto fare altramente fina mò per le con<strong>di</strong>tione de tempi<br />

occorsi, et cosi hanno ancora facto li altri nostri sub<strong>di</strong>ti; ma <strong>di</strong>citeli che se <strong>di</strong>ano de bona<br />

voglia che, per la Dio gratia, le cose nostre passano talmente che in brevi se<br />

restaurarano de ogni loro dano e li faremo godere in pace. Quanto ala parte de quelli<br />

dece homini d’arme mandati là, cosi per secureza de quelli nostri homini d’arme, como<br />

etian<strong>di</strong>o per guar<strong>di</strong>a dela riva d’Ada et de quelle contrade, <strong>di</strong>cimo che nostra intentione<br />

non è che li <strong>di</strong>cti homini d’arme vivano ale spese delli homini, ma ale sue proprie, e così<br />

volemo che allogiano de fora nel borgo, ma non in le hostarie, Ie quale volimo che<br />

siano expe<strong>di</strong>te per lo alogiare deli viandanti et forasteri. Con questo, perhò, che stia


apparechiato de dentro in modo che, in caso de bisogno, <strong>di</strong>cti homini d’arme se<br />

possano redure dentro per salvatione loro; la qual cosa non debbe rencrescere ali <strong>di</strong>cti<br />

homini, como gli havemo facto <strong>di</strong>re. Ala parte dela provisione a vuy or<strong>di</strong>nata per lo<br />

vostro vivere fina a tanto che ve provederemo altramente, <strong>di</strong>cemo che credevamo che<br />

I’havesseno havuta ali tempi or<strong>di</strong>nati; il perchè scrivemo per Ie alligate al locotenente<br />

de Lo<strong>di</strong> quanto ne pare sopra ciò, sichè mandatile Ie aligate. Attendeti bene ala<br />

conservatione de quelle parte como seti usato, et como speremo in la vostra prudentia<br />

et solicitu<strong>di</strong>ne. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

220<br />

Francesco Sforza scrive alla moglie che a causa della collusione avuta cadendo gli è rimasta<br />

“una cicatrice alquanto rubiconda, con eminentia de carne”.<br />

Maestro Gaspare ha tentato <strong>di</strong> togliergli tale prominenza, ma non è riuscito a eliminargli quella<br />

“superfluità <strong>di</strong>e carne et pelle”. Le chiede <strong>di</strong> interpellare i me<strong>di</strong>ci che ha vicino o altri e sentire se<br />

v’è rime<strong>di</strong>o <strong>di</strong> eliminare tale “superfluità” con unguento o liquore e, tra i due, meglio questo<br />

dell’altro per “non ... portar peza nel volto”.<br />

58v Illustrissime domine ducisse Me<strong>di</strong>olani.<br />

1453 settembre 5, “apud Gaydum”.<br />

In la consolidatura delIa collisione che havessemo socto l’ochio quando cascassemo Iì<br />

è remasta una cicatrice alquanto rubiconda, con eminentia de carne, et per tuorla via<br />

maestro Gasparo gIi ha usato <strong>di</strong>ligentia asai, credendose et dandone speranza che la<br />

restaria piana et necta; pur non <strong>di</strong>mancho, la cosa non è reusita segondo el suo iu<strong>di</strong>cio<br />

perchè è restata con questa eminentia. Il perchè haveressemo caro la signoria vostra<br />

ne parlassi con quelli me<strong>di</strong>ci sonno de presente apresso essa vostra signoria, et con<br />

che altri ve paresse et che fra loro <strong>di</strong>scutesseno et se industriasseno de trovare<br />

qualche reme<strong>di</strong>o de far andare via questa pre<strong>di</strong>cta superfluità de carne et pelle che la<br />

se sia; et trovandosegli modo alcuno che bono sia, piaza ala signoria vostra darcene<br />

aviso. Et se Ii me<strong>di</strong>ci or<strong>di</strong>nasseno unguento o liquore alcuno per metere suso questa<br />

cicatrice per assotigliare et minuire questa superfluità de carne, piaza ala signoria<br />

vostra mandarnelo subito, ma piutosto sia liquore che uguento, per non havere casone<br />

de portar peza nel volto. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e v septembris 1453.<br />

Iohannes.<br />

221<br />

Francesco Sforza srive a donna Luchina dal Verme <strong>di</strong> avere accolti quei compagni, uomini<br />

d’arme <strong>di</strong> Taddeo dal Verme che sono ritornati e li ha riconcigliati con Taddeo, oltre a or<strong>di</strong>nare<br />

che venissero reintegrati in tutti i loro beni. Faccia pur lei altrettanto.<br />

Domine Luchine de Verme.<br />

1453 settembre 6, “apud Gaydum”.<br />

Siando retornati quelli compagni, homini d’arme del strenuo Thadeo dal Verme, quali<br />

erano fugiti, gli havemo acceptati ala gratia nostra reconzatoli con <strong>di</strong>cto Thadeo, e fatoli<br />

restituire ogni cosa del suo e liberamente fato relaxare Ii beni et robbe gli havevamo<br />

facto descrivere nele terre nostre; e per questo a noi pare, e volimo che vuy simelmente<br />

faciati restituire e libere relaxare le robbe e bene tolti, o descriti, in le vostre terre al<br />

vilano da Pivarolo et a qualunche altro delli <strong>di</strong>cti compagni quali erano fugiti, e mò sono<br />

retornati, confortandove a farli bono tractamento e vederli voluntera como prima. Data<br />

apud Gaydum, <strong>di</strong>e vi septembris 1453<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


222<br />

Francesco Sforza ad Antonio Vistarino, che gli ha fatto sapere della meraviglia del marchese <strong>di</strong><br />

Monferrato perchè non è andato nè ha mandato il nipote per quella pratica, risponde <strong>di</strong> non<br />

prendersi nè lui nè il nipote la briga <strong>di</strong> muoversi.<br />

Zanetto ha informato la duchesssa <strong>di</strong> quel che avviene in campo<br />

59r Antonio Vistarino.<br />

(1453 settembre 6, “apud Gaydum”)<br />

Havemo recevuto le tue lettere per le quale tu ne scrive che lo illustre marchexe de<br />

Monferrà te ha mandato a <strong>di</strong>re che se maraviglia che tu non è andato, nè hay mandato<br />

tuo nepote per quella pratica, et cetera; ale quale non facemo altra resposta, se non<br />

che quello te scrisemo a questi dì, è la nostra intentione, cioè che tu non pilii faticha de<br />

andare, nè mandare per quella cagione che te scripsemo alhora. Data ut supra<br />

Ser Iacobus.<br />

Die suprascrito<br />

Per Zanetum scriptum fuit illustrissime domine ducisse de occurrentibus in castris.<br />

Iohannes.<br />

223<br />

Francesco Sforza sollecita Scipione, rettore e gestore degli affari dell’ospedale per Fioravante<br />

da Perugia, a portarsi subito da lui.<br />

(1453 settembre 6, “apud Gaydum”).<br />

Prudenti viro Scipioni, rectori et negotiorum gestori possessionis Hospitaleti per strenuo<br />

Floravanti de Perusio, <strong>di</strong>lecto nostro.<br />

Per alcune cose, quale havemo a conferire con ti, volimo che subito, ala receputa de<br />

questa, tu debbi venire qua da nuy.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

224<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che non aggiunge nulla in merito al “tractato”,<br />

certo che lui ha preso tutte le precauzioni necessarie. Lo assicura <strong>di</strong> aver sistemati i navaroli dei<br />

retroguar<strong>di</strong>. Gli fa sapere che non tollera le villanie che il fattore <strong>di</strong> Fioravante ha avute con lui e<br />

per questo lo ha convocato .<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1453 settembre 6, “apud Gaydu)<br />

Havemo recevuto una vostra lettera de molte parte per la quale restiamo avisati del<br />

tractato, et cetera; al che non facemo altra respuosta, rendendoce certissimi che gli<br />

haveriti facte e farite tute Ie provisione opportune perchè l’ingani non reiscano ali<br />

inimici. Ala parte delli navaroli delli retrouar<strong>di</strong>, nuy gli havemo provisto, como haveriti<br />

inteso. ala receputa de questa. Ala parte de quello temerario factore de Fioravante non<br />

intendemo ch’el debia usare tale insolentie contra voi, qual volimo siate honorato et<br />

reverito nel’offictio quanto la persona nostra; e così, como ve havemo altre volte scripto,<br />

così ve replicamo che non guardati in fronte ad homo del mondo a far el facto nostro, e<br />

per <strong>di</strong>re et giarire la mente nostra al <strong>di</strong>cto factore, nuy gli scrivemo per Ie alligate ch’el<br />

vegna subito a nuy; sichè fariteli presentare Ie littere. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.


225<br />

Francesco Sforza chiede a donna Luchina dal Verme la collaborazione sua, dei suoi ufficiali e<br />

uomini perchè Teseo, cancelliere e commissario ducale sopra le tasse del Piacentino, possa<br />

incassare dette tasse.<br />

Per ottenere ciò le chiede <strong>di</strong> mandare uno dei suoi da Teseo per intendere che cosa si debba<br />

fare per tale riscossione con cui si sod<strong>di</strong>sfaranno poi le genti d’arme ducali.<br />

59v Magnifice domine Luchine del Verme.<br />

1453 settembre 7, “apud Gaydum”.<br />

Perchè Theseo, nostro cancellero et comissario sopra le taxe del Piasentino, e non le<br />

pò scodere senza vostro favore et de vostri officiali et homini, pertanto vogliati or<strong>di</strong>nare<br />

a singuIi vostri officiali et sub<strong>di</strong>ti che in questa materia gli prestano tuti quelIi favori et<br />

obe<strong>di</strong>entia gle rechiederà. Et aciochè vuy et Iuy sapiatiti que fare, vogliati mandare uno<br />

delli vostri dal <strong>di</strong>cto Theseo col quale se habia ad intendere in tute quelle cose et or<strong>di</strong>ne<br />

serà necessario de fare per scodere <strong>di</strong>cte taxe, perché altramente non se scoderano<br />

may, et non se porriano expe<strong>di</strong>re Ie nostre gente alle quale sono assignati; el che,<br />

quanto <strong>di</strong>sturbasse el facto nostro, el lassiamo iu<strong>di</strong>care a vuy. Sichè vogliati provedere<br />

che dal canto vostro non manchi che se possano scodere <strong>di</strong>cte taxe. Data apud<br />

Gaydum, <strong>di</strong>e vii septembris 1453.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

226<br />

Francesco Sforza vuole che Gentile della Molara intervenga presso Bartolomeo o altri, se<br />

necessario, perchè la podestaria <strong>di</strong> Fregarolo non sia data ad altri se non a Ubertino Trotto dal<br />

Castellazzo.<br />

.<br />

(1453 settembre 7, “apud Gaydum”).<br />

Gentili dela Molaria.<br />

Perchè havemo promesso ad Ubertino Trotto dal Castellazo la podestaria dal<br />

Fragarolo, et Iuy dubita che, havendose <strong>di</strong>cta terra, o per el magnifico Bartholomeo, o<br />

per altro, non gli sia tolta, volimo che staghi attento; et havendose <strong>di</strong>cta terra, prove<strong>di</strong><br />

con esso magnifico Bartholomeo et con che altro che bisognerà che <strong>di</strong>cto offitio non sia<br />

dato a veruno perchè l’havemo promesso al <strong>di</strong>cto Ubertino; et così volimo sia el suo,<br />

perchè gli I’havemo promesso fin l’ano passato. Data ut supra.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

227<br />

Francesco Sforza esprime al podestà <strong>di</strong> Pavia il suo <strong>di</strong>sappunto per non aver data alcuna<br />

risposta alla sua lettera, nè fattogli cenno dei provve<strong>di</strong>menti presi, essendo venuto lì il capitano<br />

<strong>di</strong> giustizia <strong>di</strong> Milano per cooperare a fare giustizia contro i colpevoli della ribellione, non<br />

importando chi essi siano, siccome il duca vuole che lui solo sia il padrone <strong>di</strong> quella città. Faccia,<br />

perciò, quanto gli ha scritto e <strong>di</strong>a un resoconto <strong>di</strong> quello che finora ha eseguito.<br />

Potestati Papie.<br />

1453 settembre 8, “apud Gaydum”.<br />

Ne siamo maravigliati che, havendove già più dì passati con tanta vehementia scrito Ie<br />

lettere, la copia delle quale ve man<strong>di</strong>amo inclusa aIe presente, may non ne habiati facto<br />

resposta alcuna, nè avisati qualiter feceritis in premissis; et maxime, dovendo per<br />

nostra or<strong>di</strong>natione essere venuto Iì el capitaneio 60r de iustitia da Milano per essere<br />

con voi ad fare animosamente contra Ii colpevoli del scandalo, non guardando in fronte<br />

ad homo del mondo, avisandove novamente che nostra intentione è et volimo e


<strong>di</strong>sponimose per ogni modo che Ii colpevoli siano puniti, nemine exceptato, e sia che se<br />

vogliano, certificandove che non volimo bechaleti in quella cità, nè compagni, ma<br />

volimo nuy essere el patrone. Proce<strong>di</strong>ti adoncha a quanta ve havemo scripto, non<br />

attendendo a parole de che ve <strong>di</strong>cesse in contra questo, dandone etiam<strong>di</strong>o resposta de<br />

quanto fina mò haveriti exequito in questa materia, la quale havemo tanto a core<br />

quanta <strong>di</strong>re se possa. Apud Gaydum, <strong>di</strong>e vii septembris 1453.<br />

Ser Iacobus<br />

Cichus.<br />

228<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che, in merito all’avviso datogli dal cancelliere<br />

ducale Andrea circa i propositi <strong>di</strong> Bartolomeo da Dovara <strong>di</strong> attentare allo stato penetrando nella<br />

rocchetta tramite Rizardo dalla Chiesa,lui, duca, vuole che or<strong>di</strong>ni a Galeazzo e a Gabriele, fratelli<br />

castellani, <strong>di</strong> non lasciare la rocca, d’aver “l’ogio al panello, e, inoltre, comanda al luogotenente<br />

<strong>di</strong> provvedere da capo a ponte al revellino. Il duca lo assicura <strong>di</strong> avere accontentate le guar<strong>di</strong>e<br />

del galeone e dei retroguar<strong>di</strong>. Fioravante ha scritto molte cose circa il suo fattore e imputa al<br />

luogotenente il saccheggio della sua casa. Quanto al fattore, il duca gli ha or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> andare da<br />

lui, così come vuole che il luogotenente man<strong>di</strong> uno informato <strong>di</strong> tutta la faccenda.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1453 settembre 8, “apud Gaydum”.<br />

Respondendo a quanta ne scriveti del’aviso a voy dato per ser Andrea, nostro<br />

cancellero, de quello Bartholomeo da Dovara, qual praticava contra el stato et<br />

speravese mandare a executione Ii suoi tristi pensieri per lo intrare in la rocheta per<br />

mezanità de Rizardo dala Chiesa, <strong>di</strong>cemo che a nuy pare, e volemo prove<strong>di</strong>ate che<br />

<strong>di</strong>cto Bartholomeo per modo alcuno non possa havere ad<strong>di</strong>to in la <strong>di</strong>cta rocheta, anze<br />

or<strong>di</strong>nati nè Galeaz, nè Gabrielo, fratelli castellani, non ius(c)ano la <strong>di</strong>cta rocha, non<br />

obstante che ciascuno de loro havesse licentia de iusire, remanendo l’altro; et <strong>di</strong>tili ve<br />

habiano l‘ogio al panello e guar<strong>di</strong>no bene a non lassarse inganare; ultra ciò fate<br />

provisione al revelino da capo a ponte. Quantum autem ala parte delIa provisione da fir<br />

facta ale guar<strong>di</strong>e del galeone, già haveriti inteso per nostre lettere, che gli havemo<br />

proveduto et così a quelli del galeone, como etiam<strong>di</strong>o a quelli delli retroguar<strong>di</strong>. Post hec<br />

havemo recevute vostre altre lettere per Ie quale ne date più ampla informatione de<br />

Galeaz et Gabriele soprascripti, et item del factore de Fioravante; ala quale<br />

respondendo, <strong>di</strong>cemo che nostra intentione è de provedere como ne recordate, ma, in<br />

questo mezo, prove<strong>di</strong>te como ve pare, et super omnia che veruno non iuso fora d’essi<br />

fratelli dela rocheta, ut supra <strong>di</strong>ximus. Ala parte del factore, <strong>di</strong>cemo che Fioravante ha<br />

scrito qua molte cose, agravandose et facendone demandare licentia perchè <strong>di</strong>ce gli<br />

haviti mandato per asaccomanare la casa et multa alia, et, nichilminus, havemo<br />

mandato per <strong>di</strong>cto factore che vengha qua; et così a noy pare debiati voy mandare qua<br />

uno informato de tale materia, aciochè, eI volendo Iuy denegare la verità, se gli possa<br />

deprovare dele provisioni fate. Ala rippa d’Ada verso Castione, restiamo avisati et ve ne<br />

commen<strong>di</strong>amo. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e viii septembris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

229<br />

Francesco Sforza ricorda al podestà <strong>di</strong> Mortara <strong>di</strong> avergli inviato il trenta agosto delle lettere in<br />

cui gli or<strong>di</strong>nava <strong>di</strong> liberare Ambrogio Trombetta, uomo del conte Giacomo, oppure suo padre o il<br />

fratello ovvero qualunque in sua vece per la vertenza tra il cremonese Guglielmo Ripparo e il<br />

predetto Ambrogio, credendo nell’accordo delle parti. Siccome Ambrogio contravvenne alle<br />

promesse fatte a Guglielmo e ripetute a lui, , il duca comanda al podestà <strong>di</strong> rimettere Guglielmo<br />

nello stato in cui era prima della concessione delle dette lettere.<br />

60v Potestati Mortarie.<br />

1453 settembre 7, “in castris apud Gaydum”.


Per nostre letere, date apud Gaydum a trenta <strong>di</strong> del mese de augusto proximo passato,<br />

ve scripsemo che dovessevo liberare Ambroxo Trumbeta del magnifico conte Iacomo,<br />

aut suo patre o fratello e qualunque altro per Iuy, per cagione dela <strong>di</strong>fferentia quale se<br />

vertisse tra Gulielmo Ripparo, nostro cita<strong>di</strong>no Cremonese, et il prenominato Ambroxo,<br />

credendo nuy che Ie parte dovesseno remanere de accor<strong>di</strong>o, como più largamente se<br />

contene in esse nostre lettere date ut supra, ale quale se referemo. Ma perchè <strong>di</strong>cto<br />

Ambroxo non ha atteso Ie promesse al <strong>di</strong>cto Guglielmo, como etiam<strong>di</strong>o <strong>di</strong>xe et affirmò a<br />

nuy volere fare, volemo, et ve comettemo, et expresse ve coman<strong>di</strong>amo, aciò ch’esso<br />

Guglielmo non vengha essere captato et per vigore de <strong>di</strong>cte nostre lettere privato dele<br />

sue ragione, che voi debbiate penitus revocare, anullare et irritare esse lettere et<br />

admettere Ie ragione de <strong>di</strong>cto Guiglielmo et metterlo in quello grado et stato che l’era<br />

inanti la concessione de <strong>di</strong>cte lettere, le quale, etiam<strong>di</strong>o nuy, revocamo et anullamo per<br />

Ie presente, facendo publica noticia de tale revocatione, et avisandone delIa receptione<br />

delle presente et quo feceris in premissis. Data in castris apud Gaydum, <strong>di</strong>e vii<br />

septembris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

230<br />

Francesco Sforza ingiunge a Giovanni da Parma e agli altri provisionati in Cassano <strong>di</strong> dare al<br />

messo, che Zampone appositamente manda da loro, i denari per il vino dato.<br />

1453 settembre 8, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.<br />

Iohani de Parma et ceteris provisionatis existentibus in Cassano.<br />

Zampono ne <strong>di</strong>ce che may non ha conseguito Ii suoi <strong>di</strong>nari ch’el debbe havere da vuy<br />

tuti per casone del vino a vuy dato per el suo famiglio. Et perchè ragionevole cosa è<br />

che gli faciate el pagamento de quello haviti hauto del suo, volimo, et così ve<br />

coma<strong>di</strong>amo che debiati provedere de fargli el debito suo, dandoli <strong>di</strong>nari a questo suo<br />

messo portatore de questa, el quale manda là solo per questa casone. Data in castris<br />

nostris felicibus apud Gaydum, <strong>di</strong>e viii septembris 1453.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

231<br />

Francesco Sforza esprime al luogotenente <strong>di</strong> Tortona la sua meraviglia per la mancata<br />

restituzione delle armi ai soldati <strong>di</strong> donna Luchina. Non sa se imputare a lui o agli altri ufficiali<br />

tutto ciò, comunque, si aspetta <strong>di</strong> capire una buona volta se intendono obbe<strong>di</strong>re alle sue lettere.<br />

61r Locuntenenti Terdone.<br />

(1453 settembre 8, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).<br />

Non possemo fare che non se maravigliamo de che, havendo nuy tante fiate scrito là<br />

che fossero restituite Ie sue arme ali soldati dela magnifica madona Luchina, may non<br />

siano restituite; del che non sapemo imputare se non vuy e l’altri officiali, quali hanno<br />

ad exequire quanto gli scrivemo. E deliberando nuy una fiata intendere se volite obe<strong>di</strong>re<br />

le nostre lettere, denuo ve replicamo che omnino debiate restitituire Ie <strong>di</strong>cte arme ala<br />

prefata magnifica madona Luchina senza altra repplicatione de nostre lettere. Data ut<br />

supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

232<br />

Francesco Sforza fa sapere al podestà <strong>di</strong> Gerola che il suo famiglio Corsio, cui aveva donato i<br />

locali beni <strong>di</strong> Raynino, passati alla Camera ducale, che gli mancano 19 ducati veneziani e 13<br />

fiorini del Reno, che erano in un cassone <strong>di</strong> Raynino. Il duca vuole che il podestà ricuperi detti<br />

denari per Corsio.<br />

(1453 settembre 8, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”).


Potestati Glarolarum.<br />

Ne <strong>di</strong>ce Corsio, nostro fameglio, al quale, como per altre t’havemo scripto, haveamo<br />

donati Ii beni de Raynino de quella nostra terra, spectante ad la Camera nostra, ch’el<br />

resta havere ducati xviiii Venetiani et florini xiii de Reni, quali pare non se trovino; del<br />

che se maravigliamo, perchè intendemo che Ii <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari erano in uno cassone d’esso<br />

Raynino. Sichè, pertanto, volemo et te comandamo servi ogni modo expe<strong>di</strong>ente perchè<br />

se retrovano essi <strong>di</strong>nari et siano dati ad Corsio pre<strong>di</strong>cto. Fa per modo che per questa<br />

casone non expe<strong>di</strong>at replicare altre leittere, nè de ciò receviamo veruna querella; e non<br />

manchi se facia presto.Data ut supra.<br />

Thomaxius.<br />

Cichus.<br />

233<br />

Francesco Sforza comanda a Galeazzo e a Gaspare, fratelli de Bossis, castellani della rocchetta<br />

della porta dell’Adda <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, <strong>di</strong> attenersi a quanto, per suo mandato, <strong>di</strong>ranno loro Tommaso de<br />

Arezzo, consigliere ducale, e Pietro da Norcia, luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>.<br />

1453 settembre 9, “apud Gaydum”.<br />

Galiaz et Gabrieli, fratribus de Bossis, castellanis rochete porte Abdue Laude.<br />

Havemo comettuto alcune cose ali spectabili cavaleri messer Thomaso de Ariete,<br />

nostro consiliero, et misser Petro da Nursia, nostro locotenente de quella cità, quale ve<br />

<strong>di</strong>rano per nostra parte. Pertanto volemo che ali pre<strong>di</strong>cti cre<strong>di</strong>ati et exequate e faciate<br />

quanto ve <strong>di</strong>rano per nostra parte, non altramente che faressevo a noy proprii se<br />

personaliter ve parlassemo. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e viiii septembris 1453.<br />

Franciscus Sfortia manu propria subscripsit.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

234<br />

Francesco Sforza comanda al familiare ducale Antonello de Campanea <strong>di</strong> costringere gli uomini<br />

<strong>di</strong> Portalbera a restituire i duecento sacchi <strong>di</strong> frumento del vescovo che, contro la volontà del<br />

podestà, hanno rubato, non solo, ma faccia loro sapere che saranno puniti dal duca.<br />

1453 settembre 10, “apud Gaydum”.<br />

61v Antonello de Campanea, familari nostro.<br />

Como credemo haverai inteso, Ii homini de Portalbara hanno sachegiato contra la<br />

volunta del potestà de quella terra sachi ducento de frumento <strong>di</strong> quello de monsignore<br />

lo veschovo; il perchè vogli servare modo che fazi che Ii <strong>di</strong>cti homini resituiscano il <strong>di</strong>cto<br />

frumento, advisandoli però, per nostra parte, che noi non staremo contenti a questo,<br />

anzi, Ii faremo punire del fallo loro et non gli lo perdoneremo como facessimo un’ altra<br />

volta, perchè ogni dì fariano de male in pegio, ma Ii daremo ad intendere che hanno<br />

facto male et che ad noi despiace simile cose. Et perché cre<strong>di</strong>no che questo sia la<br />

nostra intentione, volimo Ii mostri questa nostra lettera. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e x<br />

septembris 1453<br />

Clerichinus.<br />

Cichus.<br />

235<br />

Francesco Sforza scrive a Gracino da Pescarolo che quanto gli <strong>di</strong>sse il 13 scorso era solo per<br />

chiarirsi le idee intorno alla causa <strong>di</strong> Giacomino della Chiesa. In seguito a quello che Gracino gli<br />

ha fatto ora sapere, decide che Gracino <strong>di</strong>a corso alla causa in modo che Giacomino sia, “prout<br />

iuri conveniet”, sia assolto o condannato.<br />

(1453 settembre 10, “apud Gaydum”).


Gracino de Piscarolo.<br />

Havemo recevute Ie toe lettere con la supplicatione de Iacomino delIa Chiesa,<br />

habitatore delIa bastita, ale quale, respondendo, te <strong>di</strong>cemo che tuto quello te scripsemo<br />

per nostre lettere date xiii del passato in la causa d’esso Iacomino fo solamente per<br />

giarirse dela verità, non ne siando nuy altramente avisati, informati. Nunc autem, inteso<br />

quanto tu ne scrive dela informatione havuta superinde, volemo et te commettemo che<br />

proce<strong>di</strong>, o facii procedere in <strong>di</strong>cta causa secundo che vole la ragione, absolvendolo, o<br />

condenandolo prout iuri conveniet; et questa è la mente et intentione nostra. Data ut<br />

supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

236<br />

Francesco Sforza fa osservare a Venturino Brambilla, castellano del castello <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che<br />

avrebbe potuto acquistare del frumento per scorta della fortezza a più buon mercato molto più<br />

vicino a lui, anzichè andarlo a cercare <strong>di</strong> là dal Po. Lo assicura che nessun taglio verrà fatto alla<br />

sua paga in modo che possa aiutare nel nuovo acquisto <strong>di</strong> frumento.<br />

(1453 settembre 10, “apud Gaydum”).<br />

Venturino de Brambilla, castellano castri nostri Laude.<br />

Havemo recevuto Ie toe lettere ale quale, respondendo, quanto ala parte del frumento<br />

qual <strong>di</strong>ce havere comprato delIà da Po per munitione de quella nostra forteza, <strong>di</strong>cemo<br />

che non ne 62r pare che tu te inten<strong>di</strong> bene de mercantia, nè sapiamo che te habia<br />

inducto ad mandare a comprare frumento delIà da Po, possendone havere megliore<br />

mercato delIà da Po. e più e più apresso. Ala parte dela retentione dela paga del mese<br />

de augosto proximo passato, nuy scrivemo per Ie alligate che non te sia re(te)nuto, anzi<br />

te sia dato, aciochè tu bene possi a<strong>di</strong>utare in questa nova compra de frumento; sichè<br />

farali presentare la lettera. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

237<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al referendario <strong>di</strong> Tortona <strong>di</strong> dare (alla pari <strong>di</strong> quanto fa per lo stesso<br />

tragitto il suo omologo <strong>di</strong> Piacenza), 24 sol<strong>di</strong> ai cavallari che si oppongono ad andare a Piacenza<br />

se prima non vengono pagati.<br />

Referendario Terdone.<br />

1453 settembre 11, “apud Gaydum”.<br />

Havemo inteso quanto tu ne hay scripto de quelli cavalari nostri, quali <strong>di</strong>cono non<br />

volere andare da lì ad Piasenza se non sonno pagati; ala quale, respondendo, te<br />

<strong>di</strong>cemo siamo contenti et volemo che ad essi cavalari per andare da lì ad Piasenza gli<br />

daghi sol<strong>di</strong> xxiiii, como dà el nostro referendario da Piasenza ad quelli vengono fin lì.<br />

Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xi septembris 1453.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

238<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Gaspare da Suessa <strong>di</strong> costringere i suoi fanti a pagare ai frati<br />

agostiniani <strong>di</strong> Crema le due bestie, che alcuni <strong>di</strong> loro hanno ammazzato.<br />

Gasparo de Suessa.<br />

(1453 settembre 11, “apud Gaydum”).<br />

Son venuti qui da nuy li fratri del or<strong>di</strong>ne de Sancto Augustino da Crema, quali hanno<br />

salvoconducto amplo et bono da nuy, et se sono doluti et lamentati grandemente che<br />

per alcuni <strong>di</strong> tuoy fanti gli è stato amazato doe sue bestie, quale bisogna che loro li


pagano ali suoy patroni, o a quelli de chi erano; la qual cosa non è nostra intentione et<br />

molto se ne maravigliamo. Il perché, benchè siamo certi non sia proceduto de mente<br />

toa, voliamo che piglii ogni modo et via che ali <strong>di</strong>cti fratri gli sia pagato le sue bestie et<br />

provedere per l’avenire che per li tuoy siano observati li nostri salviconducti, et fare per<br />

modo che nè dali <strong>di</strong>cti fratri, nè da altri non habiamo più lamenta, nè rechiamo. Data ut<br />

supra.<br />

Iohannes Andreas.<br />

Iohannes.<br />

239<br />

Francesco Sforza, in merito al dubbio espostogli dal luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> (ritorsione per quel che<br />

ha fatto Gaspare da Suessa con le donne <strong>di</strong> Crema) <strong>di</strong> aderire alla richiesta degli uomini <strong>di</strong> là<br />

dall’Adda <strong>di</strong> inviare donne per la raccolta dell’uva, il duca è del parere <strong>di</strong> lasciarle andare. Gli<br />

conferma <strong>di</strong> aver or<strong>di</strong>nato al fattore <strong>di</strong> Fioravante <strong>di</strong> portarsi da lui per un confronto con uno degli<br />

uomini inviato dallo stesso luogotenente.<br />

62v Locuntenenti Laude.<br />

1453 settembre 11, “apud Gaydum”<br />

Havemo recevuto Ie vostre Iettere ale quale, respondendo, et primo, ala parte dela<br />

rechiesta et instantia qual ve fano quelli nostri homini delIà d’Ada de potere mandare le<br />

femine per ricolire el vino e meglio, non obstante ch’el ce sia dubio per quelle femine da<br />

Crema ha prese Gasparo da Suessa, et cetera, <strong>di</strong>cimo che, postquam gli haviti mitiato<br />

el dubio, che vuy le debiate lassare andare per fare el facto loro e ricolire Ii fructi.<br />

Del’altre parte de vostre lettere restiamo avisati, e non accade altra respuosta se non<br />

che, como per altre ve havemo scripto, habiamo mandato (a) per lo factore de<br />

Fioravante che vengha qua, et similiter scripta a voy che man<strong>di</strong>ati uno deli vostri<br />

informato dela materia, aciochè, vogliando negare <strong>di</strong>cto factore quello ne scriveti de luy,<br />

se gli possa provare. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xi septembris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) habiamo su rasura.<br />

240<br />

Francesco Sforza, benchè sia convinto che abbiano ricevuto la lettera che inviò loro<br />

congiuntamente, tuttavia la fa replicare a Pietro da Lonate,a Ludovico da Bologna e ad Antonio<br />

da Fabriano sottolineando l’importanza per lo stato che gli uomini d’arme <strong>di</strong> là siano pagati. Ad<br />

Antonio attesta che il chiarimento con gli uomini del vescovato <strong>di</strong> quella città è consistito nella<br />

precisazione con gli ambasciatori da loro inviati che sono tenuti a versare lire mille sia per la<br />

tassa dei cavalli che per il cariaggio per tutto il periodo fino al primo agosto scorso: tanto deve<br />

da loro richiedersi.<br />

1453 settembre 12, “apud Gaydum”.<br />

Petro de Lonate, Lodovicho de Bononia ac Antonio de Fabriano.<br />

Havemo inteso quanto ne haveti scripto per Ie vostre lettere seperatamente che non<br />

havete havuto la nostra lettera a vuy <strong>di</strong>rrectiva comunamente, secundo che havemo<br />

advisati; al che, respondendo, <strong>di</strong>cemo, benchè siamo certi che vuy l’haveriti havuta, pur<br />

l’havemo facta repplicare et ve la man<strong>di</strong>amo qui alligata. Sichè de novo ve caricamo,<br />

stringemo et coman<strong>di</strong>amo che, totis viribus, ve sforzati exequire quanto in essa se<br />

contene con ogni presteza a vuy possibile perchè vedete bene quanto importa al stato<br />

nostro il spazamento de quelle nostre zente d’arme sonno del canto dellà, che non<br />

porria importare più, como importa. Ala parte che ti, Antonio, ne rechiede essere<br />

chiarito delIa compositione <strong>di</strong>cono Ii homini del veschovato de quella nostra cità havere<br />

facta cum nuy, et cetera, <strong>di</strong>cemo che è vero che nelli dì passati mandarono da nuy Ii<br />

loro ambassatori, quali remaseno in compositione con nuy de pagare livre mille de<br />

imperiale, tanto d’ogni graveza et carrico tochase a loro per taxe de cavalli, quanto del<br />

carrezo fino a calende del mese de augusto proximo passato indreto; et così<br />

restassemo contenti. Sichè ne pare e volimo che aIi <strong>di</strong>cti homini non sia dato altro


impazo fin al <strong>di</strong>cto termino se non delle <strong>di</strong>cte livre mille; et 63r poi per l’avenire fare che<br />

contribuiscano ale <strong>di</strong>cte graveze secundo fanno et faranno Ii altri nostri sub<strong>di</strong>ti in quelle<br />

parte. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xii septembris 1453.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

241<br />

Francesco Sforza, ignaro se lui è già partito, ripete al pavese Bernardo da Lonate il comando <strong>di</strong><br />

portarsi da lui.<br />

Bernardo de Lonate, civi Papiensi.<br />

(1453 settembre 12), “ex felicibus castris”.<br />

El spectabile cavalere misser Thomaxe de Reate te debbe havere <strong>di</strong>cto per nostra<br />

parte che subito vegni qua da noy; e, non sapendo se tu è partito anchora de là per<br />

venire, te repplicamo che subito, ala receputa de questa, debbi venire; e non manchi<br />

per quanta tu hay cara la gratia nostra. Ex felicibus castris, ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

242<br />

Francesco Sforza ingiunge al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> osservare la esenzione accordata a Lucio<br />

Cotta per il possesso e i beni che ha nel Lo<strong>di</strong>giano.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1453 settembre 12, “apud Gaydum”).<br />

Se è agravato con nuy Lucio Cotta ch’el non gli è observata una sua exemptione, quale<br />

gli havemo concessa per la possessione et beni suoi in Lodesana; del che ne siamo<br />

maravigliati che veruno ar<strong>di</strong>sca tentare contra Ie nostre lettere. Et pertanto volimo e ve<br />

comettemo che debiati provedere che per ogni modo <strong>di</strong>cte lettere siano observate,<br />

omni prorsus exceptione remota. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

243<br />

Francesco Sforza risponde a suo fratello Corrado da Fogliano <strong>di</strong> assicurare quella comunità e i<br />

dazieri delle entrate degli ultimi cinque mesi che lui non ha mai fatto alcun <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> condurre<br />

frumento e biade da <strong>di</strong> là del Po in quella città: Se <strong>di</strong>vieto alcuno esiste, questo può essere stato<br />

posto dal Consiglio segreto o dai Maestri delle entrate, nel qual caso occorre ricorrere a uno <strong>di</strong><br />

loro.<br />

(1453 settembre 12, “apud Gaydum”).<br />

Magnifico Conrado de Foliano, fratri nostro.<br />

Havemo recevute le toe lettere con Ie supplicatione de quella nostra comunità e delli<br />

dacieri del’intrate dele parte delli ultimi cinque mesi del’anno presente, continente che<br />

vogliamo revocare la inhibitione de condure Ii frumenti e biave de là da Po a quella<br />

nostra cità, così per utilità delli <strong>di</strong>cti dacieri, como dela universa comunità; ala quale,<br />

respondendo, <strong>di</strong>cemo ch’el non bisogna fare tale revocatione; con ciò sia cosa che dela<br />

inhibitione non havemo notitia alcuna, nè per nuy è facto, che ce recor<strong>di</strong>amo. Et così<br />

poray far <strong>di</strong>re ala comunità et ali <strong>di</strong>cti dacierii, ad instantia delli quali tu ne hai scrito et<br />

mandato la supplicatione, avisandoli che noy non havemo facta altra inhibitione che<br />

fosse per lo passato. Ma forse potria essere ch’el nostro Consiglio, aut li Maystri<br />

del’intrate l’haveranno facta; quo casu, se potrà recorrere a loro che gli provederano.<br />

Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


244<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al capitano della Lomellina <strong>di</strong> liberare quei <strong>di</strong> Gambarana e del Cairo,<br />

dopo aver dato garanzia <strong>di</strong> presentarsi a ogni convocazione davanti al Consiglio segreto, cui il<br />

duca ha commesso la soluzione della vertenza che hanno con il Colleoni per il saccheggio da<br />

loro subito per avergli rifiutato l’alloggio dei cavalli e dei compagni.<br />

63v Capitaneo nostro Lumellina.<br />

1453 settembre 12, “apud Gaydum”.<br />

Havendo nuy per nostre lettere commettuta la causa et <strong>di</strong>fferentia fra el magnifico<br />

Bartholomeo Coglione, nostro capitaneo d’arme, et I’homini nostri de Gambarana e<br />

Cayro al nostro Consiglio per cagione delli cavali e compagni del prefato magnifico<br />

Bartholomeo Coglione, quali foreno sachezati per non haverli voluto alozare, como te<br />

scripsemo per altre nostre lettere date xvi del passato, siamo contenti e volimo che tu<br />

debbi relaxare quelli de Gambarana e Cayro sostenuti per questa <strong>di</strong>fferentia, dando<br />

loro prima bona et idonea segurtà de presentarse denante al prefato nostro Consiglio<br />

totiens quotiens serano rechiesti. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xii septembris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

245<br />

Francesco Sforza comanda al podestà, al comune e agli uomini <strong>di</strong> Casteggio <strong>di</strong> attenersi a<br />

quanto <strong>di</strong>rà loro l’economo <strong>di</strong> Piacenza per la faccenda dell’arcipretura e dei suoi frutti.<br />

1453 settembre 13, “ex castris apud Gaydum”.<br />

Potestati, comuni et hominibus terre Clastigii.<br />

Havemo commesso alcune cose ad Iohampetro <strong>di</strong> Mombrecto, nostro iconomo de<br />

Piasenza, quale luy ve explicarà per nostra parte circha al facto de quello arciprevedato<br />

et de fructi d’esso. Pertanto vogliate prestarli piena fede in tucte quelle cose ch’el vi<br />

refirirà per nostra parte, et exequire quanto or<strong>di</strong>narà, non altramente che se nuy proprii<br />

ve vossimo presenti. Ex castris apud Gaydum, <strong>di</strong>e xiii septembris 1453. Christophorus<br />

de Cambiagho.<br />

Cichus.<br />

246<br />

Francesco Sforza raccomanda a Bolognino de Attendolis <strong>di</strong> ricevere con ogni onore e reverenza<br />

re Renato che si porta a Pavia per incontrare la duchessa e visitare la citta. In castello, ove<br />

potranno entrare tutti quelli che egli vorrà, gli faccia, com’è consuetu<strong>di</strong>ne, la consegna delle<br />

chiavi.<br />

Magnifico Bolognino de Attendolis.<br />

1453 settembre 13, “ex castris nostris apud Gaydum”.<br />

Perch’el venerà la mayestà del re Renato Iì ad Pavia per vedere la nostra illustrissima<br />

consorte madonna duchessa et la cità et lo castello volimo, quocumque la mayestà soa<br />

venerà, lo recevati in lo castello cum quelli et quanti vorà la mayestà soa, facendoli<br />

molto più honore che ad nuy stesse et presetando ala mayestà soa Ia chiave del<br />

castello, como è usanza et como è convenente, lassando ussire et intrare tucti quelli<br />

delIa prefata mayestà ad suo piacere, faciandoli dal canto vostro tucto quello honore et<br />

reverentia che se convene a uno serenissimo Re, como è questo et tanto pur che I’è<br />

più nostro che non siamo nuy stessi. Ex castris nostris apud Gaydum, <strong>di</strong>e xiii<br />

septembris 1453.<br />

Franciscus Sfortia manu propria subscripsit.<br />

Cichus.


247<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Ludovico da Bologna che alla gente del Colleoni, che lui avrà ormai<br />

portato in campo, dove si trova, non faccia avere più tasse <strong>di</strong> quante avute finora nel Tortonese.<br />

In simile forma fu scritto a:Bartoluccio da Gubbio, capitano della Lomellina, Battista de Burgo.<br />

64r Lodovicho de Bononia.<br />

(1453 settembre 13, “ex castris nostris apud Gaydum”).<br />

Perchè nuy semo certi ch’el magnifico Bartholomeo haverà hormay messo impuncto la<br />

soa compagnia et l’haverà reducta o redurà tucta in campo, dove se retrova la persona<br />

soa, et non parendone honesto che Ie <strong>di</strong>cte gente habino più tassa, così como non<br />

hanno Ie altre nostre gente che sonno qui in campo con nuy et Ii altri nostri lochi, volimo<br />

che de qui inanzi non debbi fare respondere ale <strong>di</strong>cte gente del prefato Bartholomeo più<br />

dele loro tasse, quale hanno havute fin mò in Terdonese. Data ut supra.<br />

Iohannes.<br />

In simili forma scriptum fuit infrascriptis videlicet:<br />

ser Bartholutio de Eugubio,<br />

capitaneo Lumelline et<br />

domino Baptiste de Burgo.<br />

248<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce al conte Antonio de Clivielis d’aver inteso quello che gli ha scritto ed<br />

egualmente quello che gli hanno fatto intendere il conte Gaspare da Vimercate e Cicco<br />

circa il conferimento del vescovato <strong>di</strong> Pavia a suo fratello abbate. Egli si <strong>di</strong>ce ben contento <strong>di</strong><br />

proporlo innanzi a tutti gli altri, per l’affezione che porta a lui, ai suoi fratelli e a tutta la sua casa,<br />

per “la immensa devotione et fede immacolata” da essa mostrata verso lui e il suo stato.<br />

Comiti Antonio de Clivielis.<br />

(1453 settembre 13, “ex casris nostris apud Gaydum”).<br />

Inteso quanto per vostre lettere ne havete scripto et quanto ne ha referito el vostro<br />

messo, et similiter quello che el conte Gasparro de Vimercato et Cicho, nostro<br />

secretario, ne hanno <strong>di</strong>cto circh’al facto de conferire el vescovato de Pavia ad domino<br />

l’abbate, vostro fratello, <strong>di</strong>cemo che ad questo sonno condesesi de molti prelati <strong>di</strong> bona<br />

casa et <strong>di</strong>gni nostri cum intercessione de parechi nostri notabili sub<strong>di</strong>ti et affectionati<br />

servitori. Niente de manco, per l’amore et caritate portiamo a vuy, domino l’abbate et<br />

altri vostri fratelli e a tucta casa vostra per la immensa devotione et fede immaculata<br />

quale havemo cognosciuta per experientia in vuy e tucta casa vostra verso nuy et el<br />

stato nostro, siamo stati e semo contenti, preponendovi a tucti li altri, che domino<br />

l’abate pre<strong>di</strong>cto, vostro fratello, habia <strong>di</strong>cto vescovato; et per questa non se extendemo<br />

più ultra ale particularitate, perchè dal prefato conte Gasparro per sue lettere et dal<br />

<strong>di</strong>cto vostro messo a bocha intenderiti quanta bisogna. Sichè curati se man<strong>di</strong> presto ad<br />

executione quanto da loro ne intenderite, perchè quanto più presto serà exequito, tanto<br />

meglio per multi et infiniti respecti. Data ut supra.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

249<br />

Francesco Sforza asserisce a donna Luchina dal Verme che per poter porre fine alla<br />

controversia delle tasse che contrappone i suoi uomini alle genti sforzesche non vale quanto lei<br />

e Bartoluzio da Ugobio, commissario ducale, propongono, ma conviene che lei man<strong>di</strong> da lui<br />

Filippo che è a conoscenza <strong>di</strong> tutto.<br />

64v Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

1453 settembre 15, “apud Gaydum”.


Havemo recevuto Ie vostre lettere circh’al facto dele tasse, le quaIe <strong>di</strong>ceti havere facto<br />

vedere per Ii vostri et per Bartholuzo <strong>di</strong> Ugobio, nostro commissario; ale quale,<br />

respondendo, <strong>di</strong>cemo che’l non ne satisfa quanta scriveti; neanche per quello che ne<br />

scrive <strong>di</strong>cto Bartholuzo possimo intendere Ie ragione de <strong>di</strong>cte tasse. Sichè a volere ben<br />

intendere e mettere fine ale debbiti hanno Ie nostre gente d’arme con Ii vostri homini, è<br />

necessario che man<strong>di</strong>ati qua messer Filippo informato del tuto, como etiam<strong>di</strong>o scrivemo<br />

a luy che vegna. Mandatilo, adoncha, e quanto piu presto meglio è. Venendo lo<br />

remanderemo con conclusione de ogni cosa. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xv septembris<br />

1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

250<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce a Filippo Confalonieri che non lo convincono “ le ragione delle tasse”<br />

mostrate da alcuni <strong>di</strong> quelli <strong>di</strong> madonna Luchina e neppur quello che scrive il commissario<br />

ducale Bartoluzo da Vugobio, per cui lui, duca, insiste nel volere che Filippo si porti da lui ad<br />

esporgli “le ragione et ogni informatione sopra <strong>di</strong>cte tasse.”<br />

Clerichino ha scritto a Manno e a suo cognato Giuseppe <strong>di</strong> andare in campo.<br />

(1453 settembre 15, “apud Gaydum”).<br />

Spectabili militi domino Filippo de Confaloneriis, <strong>di</strong>lecto nostro.<br />

Havemo recevuto Ie vostre lettere circha le ragione delle tasse, quale <strong>di</strong>ceti havere<br />

facte videre per alcuni de quelli delIa magnifica madona Luchina et Bartholuzo da<br />

Vugobio, nostro commissario; ale quale, respondendo, <strong>di</strong>cemo che questo non ne<br />

satisfa; neanche per quanto ne scriva el <strong>di</strong>cto Bartholuzo possimo intendere quelle<br />

ragione. Siché necessario è, et volemo che vuy vegnati fin a qua, omni prorsus<br />

exceptione remota, et faritene dare Ie ragione et ogni informatione sopra <strong>di</strong>cte tasse, Ie<br />

quale portariti con voy. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

Die suprascripto.<br />

Per Clerichinum scriptum fuit Manno et Ioseph, eius cognato, ut veniant in castris.<br />

Cichus.<br />

251<br />

Francesco Sforza fa sapere a Franceso Biscossa, cancelliere <strong>di</strong> Corrado, che ha gra<strong>di</strong>to assai la<br />

notizia del miglioramento <strong>di</strong> suo fratello e vuole che lo conforti a stare tranquillo, assicurandolo<br />

anche <strong>di</strong> aver scritto ai Maestri delle entrate perchè gli facciano avere dei denari.<br />

(1453 settembre 15, “apud Gaydum”).<br />

65r Francisco Biscosse, cancellario magnifici Conra<strong>di</strong>.<br />

Havemo recevuto le tue lettere, ale quale respondendo: et primo, al melioramento de<br />

Conrado, nostro fratello, molto ne piace e non ne poresti nunciare cosa a nuy più grata<br />

per tuo ricordo. Nuy scrivemo ad esso Conrado confortando ad stare de bona voglia e<br />

non darse affano, non attendendo ad altro che al guarire, perchè non gli lassaremo<br />

mancare niente. Et così scrivemo per Ie alligate ali Maystri del’intrate nostre che gli<br />

provedano d’altri <strong>di</strong>nari non havendo havuto più de quelli che tu ne scrive. Attende bene<br />

ala cura soa e tenelo confortato. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

252<br />

Francesco Sforza fa sapere a suo fratello Corrado <strong>di</strong> essere informato dai me<strong>di</strong>ci e da quanti lo<br />

curano che sta migliorando. Gli raccomanda <strong>di</strong> non avere altra preoccupazione che a guarire.<br />

(1453 settembre 15, “apud Gaydum”).


Magnifico fratri nostro carissimo, Conrado de Foliano, et cetera.<br />

Havendo or<strong>di</strong>nato d’essere ogni dì avisati de l’essere tuo e como passa el caso tuo, el<br />

quale havemo più a core che veruna altra cosa, siamo così daIi me<strong>di</strong>ci, como da ogni<br />

homo che te rege et ha in cura, advisati che’l facto tuo passa benissimo et in modo et<br />

forma che, dandote tu al’otio et riposo del’animo senza alcuna malanconia, non è dubio<br />

che presto seray liberato; del che recevemo singularissimo piacere e consolatione.<br />

Pertanto se tu ha(i) voglia de farne cosa che ne sia grata non te piliare affano de cosa<br />

alcuna, non attendendo ad altro che a guarire, e così facendo non te mancaremo in<br />

cosa alcuna. Data ut supra, et cura te ipsum.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

253<br />

Francesco Sforza attesta al podestà <strong>di</strong> Pavia e a Gracino da Pescarolo <strong>di</strong> aver gra<strong>di</strong>to<br />

l’attestazione <strong>di</strong> affetto e fede con cui vogliono che egli insista presso il papa per la promozione<br />

all’episopato <strong>di</strong> suo fratello Gabriele. Li informa <strong>di</strong> avere già provveduto a quell’episcopato <strong>di</strong> un<br />

idoneo e capace pastore.<br />

In simile forma ha scritto ai presidenti agli affari <strong>di</strong> Pavia.<br />

Potestati Papie et Gracino de Piscarolo.<br />

1453 settembre 15, “apud Gaydum”.<br />

Havemo recevuto Ie vostre lettere et inteso per quelle con quanto amore e fede ne<br />

recordate e persuadeti che vogliamo instare apresso la sanctità del nostro Signore la<br />

promotione de frate Gabriele, nostro fratello, a quello episcopato, comandandovelo de<br />

virtute o sanctimonia. Havemo carissimo havere tale informatione d’esso nostro fratello<br />

e ve rengratiamo del vostro ricordo, avisandove che già havemo provisto a quello<br />

episcopato de idoneo e sufficiente pastore, del quale vuy e quella nostra comunità<br />

merito se ne contenterà. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

In simili forma scriptum fuit spectabilibus et egregiis carissimis nostris presidentibus<br />

negociis comunitatis nostre Papie.<br />

Cichus.<br />

254<br />

Francesco Sforza risponde a Gaspare da Suessa <strong>di</strong> non “darsene troppo malanchonia” se suo<br />

figlio è stato preso da Gurone da Capua e da altri uomini d‘arme: è usanza <strong>di</strong> guerra. Diverso<br />

sarebbe il caso se fosse messo in prigione e ai ferri”. Lo assicura d’aver scritto al conte Giacomo<br />

<strong>di</strong> intervenire presso Crema per la sua liberazione. Se ciò non accadesse, potrà sempre<br />

ricorrere allo scambio dei prigionieri, avendone tanti dei loro. E’ sorpreso che donna Lisa, sua<br />

sorella, non abbia liberato Gianpietro da Rabozo: le scriverà in modo che senza fallo lo rilascerà.<br />

65v Gasparri de Suessa.<br />

(1453 settembre 15, “apud Gaydum”).<br />

Havemo recevuto Ie tue lettere, ale quale respondendo: ,et primo, ala parte de tuo fiolo,<br />

quale <strong>di</strong>ce essere stato preso per Gurone da Capua e altri homini d’ arme, a nuy<br />

rencresce asay, ma non è perhò da darsene troppo malanchonia non gli siando<br />

intervenuto altro male, perchè è usanza de guerra essere presi ala fiata et ale fiate<br />

pigliare altri; ma che l’habiano posto in pregione et in ferri, hanno facto contra la<br />

honestate e contra la bona usanza del mestere del’arme. E per questo havemo scripto<br />

al conte Iacomo che scriva a Crema in modo et forma che sia relaxato e credemo lo<br />

farà relaxare; e quando pur non lo facesse relaxare avisarayne per tue Iettere, perchè<br />

ne havemo tanti <strong>di</strong> loro neIe mane che, dovendoli relaxare, faranno relaxare tuo filiolo.<br />

Ala parte de madona Lixa, nostra sorella, qual non ha facto relaxare Iohannepetro da<br />

Rabozo, molto ne siamo maravigliati e credevamo fosse relaxato; ma gli scrivemo per


Ie alligate in modo che’l farà relaxare senza alcuna exceptione. Siché mandarali Ie<br />

lettere. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

255<br />

Francesco Sforza esprime alla sorella Lisa de Attendolis il suo <strong>di</strong>sappunto per l’insucesso delle<br />

varie lettere scrittele per la liberazione <strong>di</strong> Gianpietro Rabozzo. Le riscrive sperando che non lo<br />

costringa a mostrarle il suo scontento.<br />

(1453 settembre 15, “apud Gaydum”).<br />

Magnifice sorori nostre carissime domine Lixe de Attendolis,et cetera.<br />

Per più nostre lettere ve havemo scripto che dovesti relaxare Iohannepetro da Rabozo,<br />

e credendo nuy per la instantia qual ve facessemo che l’havesti relaxato, trovamo che<br />

non; del che ne siamo ultra modo maravigliati et anche ne dolimo, il perchè ne siamo<br />

deliberati scriverve anchora questa fiata avisandove che non lo relaxando seremo<br />

constreti monstrare che siamo mal contenti.<br />

Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

256<br />

Francesco Sforza ritorna a rimproverare la sorella Lisa, incaponita a non liberare Rabozo, dando<br />

a <strong>di</strong>vedere <strong>di</strong> sdegnarsi d’avere alcun riguardo per Gaspare da Suessa che si trova a Cerreto,<br />

luogo tanto importante. La sollecita, perciò, a rilasciare Rabozo<br />

Suprascripte domine Lixe.<br />

(1453 settembre 15, “apud Gaydum”).<br />

Più volte ve havemo scripto che voliati relaxare 66r Iohannepetro da Rabozo et, fra<br />

l’altre volte ve scrisemo a xxiii de iulio proximo passato in modo e forma che credevamo<br />

I’havessevo facto relaxare, ma comprendemo, per quanto ne ha facto <strong>di</strong>re novamente<br />

Gasparro da Suessa, che non I’haviti facto relaxare, che è ben signo che pocho<br />

extimati Ie nostre lettere, né cosa che ve scrivamo e non considerati più ultra Ii respecti<br />

che ne moveno a ciò; perché, s<strong>di</strong>gnando Gasparro Cereto così importante, como doveti<br />

sapere, non sapimo quanto sia stato bene a non relaxarlo. Pertanto fate che subito el<br />

relaxate senza altra repplicatione de nostre lettere, e non sia fallo, perché non lo<br />

relaxando ne seria necessario che’l ne rencresce; né anchora possemo credere che<br />

non I’havesseno relaxato se conosceseno quanto importa el respecto del <strong>di</strong>cto<br />

Gasparro. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

257<br />

Francesco Sforza scrive al podestà del vicariato <strong>di</strong> Belgioioso d’‘aver compreso che lui delle<br />

lettere ducali se ne stropiccia. Comunque, gli rinnova l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> smetterla <strong>di</strong> dar fasti<strong>di</strong>o alla<br />

moglie del suo uomo d’arme Sansonetto, lasciandola in pace nella casa in cui è, oppure<br />

trovandole una comoda come quella che ha.<br />

Potestati vicariatus Belzoyosii.<br />

1453 settembre <strong>16</strong>, “apud Gaydum”.<br />

Per altre nostre te havemo scripto et comandato che dovesse lassare stare la femina<br />

de Sansoneto, nostro homo d’arme, in la casa dove la stava, overo provedergli de<br />

fargline havere un’altra che sia apta et comoda como quella. Et pare che non<br />

altramente habii obe<strong>di</strong>to <strong>di</strong>cte nostre lettere como se non te havessemo scripto cosa<br />

alcuna; dela qual cosa ne siamo asay maravigliati et non sapiamo per che casone tu


l’habii facto et che habii usato tanta presumptione ad non obe<strong>di</strong>re <strong>di</strong>cte nostre lettere. Il<br />

perchè habiamo vogliuto rescriverte quest’altra nostra lettera, comandandote che, per<br />

quanto hay ad caro la gratia nostra debii, visis presentibus, remossa ogni casone et<br />

senza altra repplicatione, provedere de un’altra stantia comoda per la femina del <strong>di</strong>cto<br />

Sansoneto dentro quella (a) nostra terra delIa casa che lì possa stare et habitare<br />

comodamente; et de questo facto fa’ che non ne habiamo più querella, et che non<br />

bisogni te lo repplicamo più, perchè l’haveressemo molestissimo. Data apud Gaydum,<br />

<strong>di</strong>e xvi septembris 1453.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

(a) quella ripetuto.<br />

258<br />

Francesco Sforza ringrazia la suocera Agnese Visconti per le notizie del miglioramento della<br />

salute <strong>di</strong> Galeazzo; se n’è pure compiaciuto il marchese <strong>di</strong> Mantova. Auspica che lei si faccia<br />

“galiarda” e le chiede <strong>di</strong> fargli sapere <strong>di</strong> che abbisogna. La informa che, anche per sollecitazione<br />

<strong>di</strong> Bianca, ha accordato al suo famiglio Bartolo dalla Croce le robe <strong>di</strong> Gazo che lui desiderava.<br />

1453 settembre 18, “apud Gaydum”.<br />

66v Magnifice matri carissime domine Agneti Vicecomiti, et cetera.<br />

Respondendo ale lettere delIa vostra magnificentia circa el meglioramento et liberatione<br />

del conte Galeaz, ne havemo recevuto singularissimo piacere e contenteza, perché<br />

nyuna altra cosa de presente più ne gravava che la sua malatia. Referemo adoncha de<br />

questo infinite gratie a Dio et anche ala sollicitu<strong>di</strong>ne et <strong>di</strong>ligentia vostra. Simelmente ne<br />

ha recevuto grande consolatione lo illustre signore marchexe de Mantua, el quale<br />

havemo facto participe de ciò. Como ne scriveti, restamo che vuy ve faciate galiarda<br />

avisandove se per la liberatione vostra bisogna più una cosa che un’altra, e la farimo<br />

volunteri. Ceterum, avisamo la magnificentia vostra per suo contentamento che, a<br />

suasione de madona Biancha, havemo compiaciuto a Bartholino dala Croce, vostro<br />

fameglio, de quelli robbe (a) de Iacomino Gazo, quali luy ne ha domandati. Qua non<br />

havemo altro de novo, ma ben speremo che giuncte che seranno qua et unite con noy<br />

molte dele nostre gente per Ie quale havemo mandato che giungerano presto, ve<br />

faremo sentire dele novelle che ve piacerano. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xviii septembris<br />

1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) robbe in interlinea su beni depennato.<br />

259<br />

Francesco Sforza rinnova l’or<strong>di</strong>ne al podestà <strong>di</strong> Pavia e al capitano <strong>di</strong> giustizia <strong>di</strong> Milano <strong>di</strong><br />

intervenire contro gli autori dello scandaloso tumulto <strong>di</strong> Pavia punendoli esemplarmente senza<br />

riguardo per nessuno.<br />

(1453 settembre 18, “apud Gaydum”).<br />

Potestati Papie et capitaneo iusticie (a) Me<strong>di</strong>olani.<br />

Benché credemo exequiriti con virilità quanta ve havemo commetuto ad opremere et<br />

castigare quelli giotti, quali aIi dì passati foreno cagione <strong>di</strong> tanto tumulto e scandaloso<br />

excesso in quella nostra cità de Pavia, pur havendo quella cosa tanto a core quanto gli<br />

ne potessemo havere alcuna altra, de novo ve recordamo, et caricamo quanto più<br />

possemo che, non guardando in fronte ad homo del mondo, debiati procedere contra<br />

tuti Ii colpevoli con tal effecto che Ii cativi cognoscano quanto despiace a noy el male<br />

vivere e Ii boni se confortano che la iusticia habia locho.<br />

Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) iusticie ripetuto.


260<br />

Francesco Sforza risponde al pavese Iacobo Zaso, che si lamenta per non avere ancora<br />

proceduto con “quelle rigitade”, richieste dal criminale tumulto citta<strong>di</strong>no, che non si può far tutto<br />

“in uno dì”, tuttavia apprezza il suo amore per lo stato.<br />

Lo assicura che stimolerà <strong>di</strong> nuovo il podestà e il capitano <strong>di</strong> giustizia ad agire e dare una<br />

punizione ai colpevoli <strong>di</strong> cui tutti prenderanno atto.<br />

67r Iacobo Zazio, civi nostro Papiensi.<br />

1453 settembre 18, “apud Gaydum”).<br />

Havemo recevuto Ie tue littere per le quale intendemo che’l non se procede in el facto<br />

de quello tumulto con quello modo se doveria, nè se gli servano quelle rigitade che<br />

rechiede tale atto, e così scandaloso, como fo quello, el quale meritaria bona et severa<br />

punitione; dele quale ve comen<strong>di</strong>amo e rengratiamo asay, comprendendo noy che ve<br />

moveti con fervente amore e desiderio del nostro bene et de quella patria. Ma non<br />

possimo credere che non se ne facia tale e tanta demonstratione con effecto che Ii<br />

cativi remarano puniti del loro errore, et Ii boni vederano piliarse forma al ben vivere per<br />

quello che havemo scripto et repplicato ali capitaneo de iusticia et podestà lì; e non<br />

I’havendo facto fin a mò, non è troppo da maravigliare, perchè non se pò fare ogni cosa<br />

in uno dì, ma novamente, per lo recordo vostro gle scrivemo e talmente gli scaldamo<br />

circha ciò che siamo certi ne vederiti bonissimo effecto. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

261<br />

Francesco Sforza informa il conestabile ducale Gaspare da Suessa che il conte Giacomo,<br />

in risposta al suo sollecito per la liberazione <strong>di</strong> suo figlio, gli ha detto che ignorava la sua cattura<br />

e che, comunque,farà del suo meglio perchè riabbia la libertà.<br />

Se ciò non avvenisse, il duca ha sempre la possibilità <strong>di</strong> mercanteggiare con i nemici,<br />

premettendo la liberazione <strong>di</strong> suo figlio a quella dei loro uomini. Ritiene, però, un’opportuna<br />

mossa che egli proceda a rilasciare le donne che egli detiene: avrà sempre la possibilità <strong>di</strong> rifarsi<br />

con <strong>di</strong>eci su una, dandone la giustificazione a or<strong>di</strong>ni superiori.<br />

Gasparri de Suessa, conestabili nostro.<br />

(1453 settembre 18, “apud Gaydum”).<br />

Here respondessemo ale tue lettere circha la captione de tuo figliolo che scrivessemo<br />

al conte Iacomo per la sua relaxatione; et così, havendoli scrito, ne ha respuosto ch’el<br />

non era informato dela sua prexa et che farà opera a relaxarlo per conservatione deIe<br />

bone usanze del mestere d’arme: e così credemo el farà con effecto. E quando pur non<br />

lo facesse, nuy havimo tanti delle suoi in possanza nostra che, inanti gli relaxamo,<br />

farimo relaxare tuo figliolo. Ma per accelerare più la sua liberatione ne pareria bene che<br />

tu facesse liberare quelle femene sostenute per ti, perchè, dappuoi che fosse relaxato<br />

tuo fiolo, sempre serà in tua possanza de piliarne per una dece, quando pur te parirà,<br />

né questo partito te pò essere vergognoso, perché sempre te potray alegare essere<br />

comandato per Ii toi superiori. Siché a noy pare che lo debbi fare. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

262<br />

Francesco Sforza prende atto <strong>di</strong> quanto il milite Morello da Parma gli scrive del pericolo che<br />

corre lo stato per le frequenti uscite dalle fortezze dei figli dei castellani. Lo ringrazia per il<br />

pensiero del figlio <strong>di</strong> Gaspare da Suessa. Lo accerta <strong>di</strong> essere intervenuto e spera in una sua<br />

prossima liberazione.<br />

(1453 settembre 18, “apud Gaydum”).


Spectabili militi domino Morello de Parma.<br />

Havemo recevute Ie vostre lettere per Ie quale restamo avisati del periculo poria spesse<br />

volte occorrere al stato nostro per lo usire dele forteze che fanno li filioli deli castellani,<br />

et cetera. Et anche delIa presa del fiolo de Gasparro da Suessa, dele quale<br />

summamente ve comen<strong>di</strong>amo et anche rengratiamo, conoscendo nuy con quanto<br />

amore e fede ne facite tal recordo et aviso. Et così havemo proponuto provederli<br />

opportunamente; et già havemo operato in modo che presto credemo serrà relaxato el<br />

fiolo del <strong>di</strong>cto Gasparro. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

263<br />

Franceso Sforza risponde al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> essere curioso <strong>di</strong> sapere <strong>di</strong> più circa quello<br />

che ha fatto Reciardo, nominato nella confessione <strong>di</strong> Bartolomeo. Si congratula con il<br />

luogotenente per come si è comportato con Gaspare da Suessa e lo informa che, non appena<br />

ebbe notizia della cattura <strong>di</strong> suo figlio, scrisse al conte Giacomo, che lo assicurò <strong>di</strong> contattare<br />

Crema per averne la liberazione. Gli crede, perchè, quando ciò non avvenisse, egli,duca,<br />

avrebbe sempre la possibilità <strong>di</strong> rivalersi con i prigionieri nemici. Per accelerare la liberazione del<br />

figlio, Gaspare dovrebbe procedere subito alla liberazione delle donne da lui prese, non<br />

mancandogli mai la opportunità <strong>di</strong> “pigliarne per una dece”, senza alcuna sua personale<br />

ignominia perchè tutto addebiterebbe a or<strong>di</strong>ni superiori. Ha presso <strong>di</strong> sè Fioravante, che si lagna<br />

<strong>di</strong> lui, luogotenente, per la devastazione che ha fatto della sua casa, per aver legato i suoi<br />

famigli, voluto impiccare sua moglie e per le tante villanie dettegli. Il duca a tutto crede fino a un<br />

certo punto, comunque, vorrebbe sapere da lui cosa esattamente successe, avvalendosi anche<br />

della testimonianza dei gentiluomini presenti.


67v Locumtenenti Laude.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere de più parte con alligata confessione de Bartholomeo<br />

sopra la imputacione a luy facta, ale qual, respondendo, et primo, circa la <strong>di</strong>cta<br />

confessione havemo inteso quanto ha confessato fin a mò, ma molto siamo desiderosi<br />

se Reciardo, nominato in la <strong>di</strong>cta confessione, gli ha defecto alcuno, volimo che vuy lo<br />

examinate bene et <strong>di</strong>ligentemente, e del suo <strong>di</strong>cto ne dariti aviso. Ala parte de Gasparro<br />

da Suessa ne piace quanto haviti facto et <strong>di</strong>cto con luy, avisandove che, cum primum<br />

havessemo noticia dela presa de suo fiolo, scrissemo al conte Iacomo opportunamente<br />

per la sua relaxatione, el quale ne ha respuosto che’l scriverà a Crema per informarse<br />

et deinde farà quanto gli pare suo debito per la conservatione delle bone usanze del<br />

mestero d’arme, e credemo lo farà relaxare. Ma quando pur non lo facesse, nuy<br />

havemo tanti deli loro in Ie mane che, inanti che gli relaxamo, faremo che relaxarano<br />

luy; e de tuto questo avisamo per nostre lettere el prefato Gasparro, et anche gli<br />

recordamo e confortiamo che per far più presto voglia relaxare Ie femene sostenute, e<br />

poi relaxato sia el figliolo, sempre serà in sua possanza de pigliarne per una dece;<br />

sichè, siando questa cosa de quella importantia che conosceti voy et ogni inducia potria<br />

esser nociva e molto preiu<strong>di</strong>care al facto nostro, volimo che instate con persuasione et<br />

ogni bono modo che facia relaxare Ie femene, che non gli farà vergogna alcuna<br />

facendolo per coma(n)damento de suoi superiori. Et sforzative indurlo a questo quanto<br />

più presto potriti. Ala parte de Fioravante, havemo inteso quanto ne scriviti, avisandove<br />

che luy se retrova qua de presente, et havendoli facto opponere tante soe insolentie,<br />

confutando, molto se grava, molto se grava luy de voi e <strong>di</strong>ce che gli siti andato a casa<br />

per saccomanarlo, rotoli le case, ligatili li fameglii e voluto impichare la sua femena et<br />

multa alia, deli quale credemo perhò quanto ne pare. Pur non<strong>di</strong>meno seremo molto<br />

contenti che iterato ne avisati clare et <strong>di</strong>stincte como passò el facto, et anche,<br />

parendove, fatine scrivere da quelli zentilhomini che gle erano presente per più<br />

evidentia. Preterea ha <strong>di</strong>cto molto più <strong>di</strong>cto Fioravante che gli haviti <strong>di</strong>cto tra<strong>di</strong>tore et<br />

altre tante et tale generatione de vilanie, che non se potria <strong>di</strong>re né scrivere; sichè<br />

vogliati tanto giarirne la cosa che’l non possa opponerli. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

264<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al referendario <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> far avere, per assecondare sua moglie e sua<br />

suocera, a Bartolomeo della Croce beni mobili (lino, bestiame e altro), già <strong>di</strong> Giaocomino Garzo<br />

delle Gerole, per il valore <strong>di</strong> lire 125.<br />

68r Referendario Papie.<br />

(1453 settembre 18, “apud Gaydum”).<br />

A contemplatione dela illustrissima madona Biancha, nostra consorte, e dela magnifica<br />

madona Agnesa, quali ne hanno recomandato Bartholomeo dela Croce e pregatone<br />

che gli vogliamo compiacere de donare a <strong>di</strong>cto Bartholomeo una parte delli beni de<br />

quondam Iacomino Garzo dele Gerole, quali spectano ala Camera nostra, siamo<br />

contenti et voilmo che al prelibato Bartholomeo faciati dare et assignare ad esso tanti<br />

deli beni (a) mobili foreno d’esso Iacomino tra lino, bestiame et altre cose che<br />

ascendano al valore de cento vinticinque libre, cioè 125 lire de imperiali, et hoc sine<br />

aliqua exceptione. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue dele depennato.<br />

265<br />

Francesco Sforza comanda a Bertolucio <strong>di</strong> Gubbio, commissario sopra gli alloggiamenti<br />

nell’Oltrepo, <strong>di</strong> non dare alcuna noia agli uomini <strong>di</strong> Stradella per le <strong>di</strong>eci cavalle assegnateli.


(1453 settembre 29, “apud Gaydum”).<br />

Ser Bartholutio de Eugubio, commissario supra allogiamentis ultra Padum.<br />

Volimo che ali homini dela Stradella non debii dare molestia nè impazo alcuno per<br />

casone della taxa delle deci cavalle che te havevamo assignata per lo vivere tuo; et in<br />

questo non fare exceptione alcuna. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xxviiii septembris 1453.<br />

Nicolaus.<br />

Iohannes.<br />

266<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>spone che i membri del Capitolo della chiesa <strong>di</strong> Pavia eseguano quello che<br />

nella missiva <strong>di</strong>ce d’aver scritto ad Antonello de Campagna, e cioè, <strong>di</strong> consegnare l’inventario <strong>di</strong><br />

tutto quanto spetta al locale vescovato all’economo designato dall’abbate <strong>di</strong> Rivalta e a quello<br />

in<strong>di</strong>cato da loro, in modo che entrambi siano al governo del vescovato finchè detto abbate sarà<br />

fatto vescovo, com’egli ha richiesto al papa. Vuole che l’economo, “che lui deputerà”, possa<br />

<strong>di</strong>sporre secondo la volontà dell’abbate, futuro vescovo, e tutti gli ufficiali stiano ai loro posti, così<br />

come Agostino de Conago deve mantenere la podestaria <strong>di</strong> Stradella.<br />

In simile forma si è scritto ad Antonello de Campagna.<br />

(1453 settembre 29, “apud Gaydum”).<br />

Venerabilibus religiosis dominis de Capitulo ecclesie Papiensis.<br />

Scrivemo ad Antonello de Campagna che’l consegni lo inventario et ogni cosa che<br />

specta ad quello vescovato in Ie mane del’iconomo, qual deputarà el reverendo domino<br />

abbate de Rivalta et quello haveti deputato vuy, Ii quali stiano ambiduy iconomi al<br />

governo del <strong>di</strong>cto episcopato finché’l prefato domino l’abbate sarà promoso al <strong>di</strong>cto<br />

vescovato como desideramo, et per luy havemo supplicato ad la Santità del nostro<br />

Signore. Et esso iconomo, che Iuy deputarà, ne possi <strong>di</strong>sponere et fare secundo la<br />

voluntà del prefato domino l’abbate - futuro episcopo, denique che tuti Ii officiali posti<br />

per voy stiano firmi, ma che Augustino de Conago resti ala potestaria dela Stradella;<br />

sichè vogliati retrovarve insieme et dare or<strong>di</strong>ne et forma ad tute queste cose che se<br />

exequiscano secundo la or<strong>di</strong>natione pre<strong>di</strong>cta. Data ut supra.<br />

Cristoforus de Cambiago.<br />

In simili forma scriptum fuit Antonello de Campanea.<br />

Cichus.<br />

267<br />

Francesco Sforza assicura il condottiero Moretto <strong>di</strong> Sannazzaro <strong>di</strong> non aver avuto alcuna<br />

intenzione <strong>di</strong> dargli “alcun mancamento” circa “quelli <strong>di</strong>nari de Tercha” che gli aveva assegnato<br />

delle tasse, anzi or<strong>di</strong>nò che egli fosse pienamente sod<strong>di</strong>sfatto. Le lettere, cui Moretto allude,<br />

furono motivate dalla necessità <strong>di</strong> sostituire Battista del Borgo, che attendeva “pigramente” alla<br />

esazione delle tasse del Novarese, con Carlo Cipella, anche se poi entrambi ne furono<br />

incaricati.<br />

(1453 settembre 29, “apud Gaydum”).<br />

68v Spectabili et strenuo militi domino Moreto de Sancto Nazario, armorum, et cetera.<br />

Havemo recevuto Ie vostre lettere et inteso quanto ne scrivete circa’l facto de quelli<br />

<strong>di</strong>nari de Tercha, quali ve assignassemo delle taxe, et cetera. Dicemo che nostra<br />

intentione è de tractarvi bene per Ii meriti vostri et la fede che ce portate, et che non<br />

supportate danno alcuno, anzi habiati integramente Ii vostri <strong>di</strong>nari. Et aciò non cre<strong>di</strong>ate<br />

che quelle nostre lettere siano passate per darvi alcuno mancamento, ve avisamo che<br />

fuoreno scritte perchè levassemo l’exactione de quelli <strong>di</strong>nari dele taxe del Novarese ad<br />

domino Baptista del Borgo, perché Ii attendeva molto pigramente, et comettessemo<br />

questa impresa ad Carlo Cipello che Ii attendesse con più sollicitu<strong>di</strong>ne, benchè dopoi<br />

l’havemo deputati ambidui: donde nuy gli scrivemo opportunamente per le allegate et<br />

coman<strong>di</strong>amo expressamente che ve faciano satisfare dali <strong>di</strong>cti homini de Tercha delli<br />

vostri delIa <strong>di</strong>cta vostra assignatione per ogni modo, et così sollicitareti de haverli. Sichè


stati de bona voglia, perchè la <strong>di</strong>spositione nostra verso vuy è de farve bene, et non<br />

altramente. Data ut supra.<br />

Cristoforus de Cambiago.<br />

Cichus.<br />

268<br />

Francesco Sforza impone al referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> far presto avere al suo provisionato Giorgio<br />

Schiavo, o a un suo messo, tre some <strong>di</strong> frumento.<br />

Referendario Laude.<br />

1453 settembre 20, “apud Gaydum”.<br />

Volimo che ad Georgio Schiavo, nostro provisionato, o a qualunque suo messo<br />

presente portatore, faciati dare some tre de frumento, senza exceptione alcuna; et<br />

fatelo expe<strong>di</strong>re presto. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xx septembris 1453.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

269<br />

Francesco Sforza avverte Bartolomeo da Gubbio che transiteranno per il Pavese <strong>di</strong> là dal Po, il<br />

Colleoni e le altre genti d’arme che fa andare da lui da Alessandria. Occorre che s’intenda con<br />

Colleoni per la sistemazione sua e degli altri con il minor inconveniente possibile per i residenti.<br />

69r Ser Bartholutio de Eugubio.<br />

1453 settembre 20, “apud Gaydum”.<br />

Perché el magnifico Bartholomeo Coleono et quelle altre nostre gente, quale facemo<br />

venire de presente da Alexandria qua, hanno ad fare transito per el Pavese delà da Po,<br />

volimo che tu te retrovi col prefato Bartholomeo et ad Iuy et sue gente et altre che<br />

passeranno per Iì prove<strong>di</strong> de allozamenti per quelli luoghi, terre et ville che parirà più<br />

commodo et necessario, per modo stiano bene et con mancho damno et desconzo de<br />

quelli nostri homini che se poterà. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xx septembris 1453.<br />

Cristoforus de Cambiago.<br />

Iohannes.<br />

270<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Francesco Giorgio, commissario sopra gli alloggiamenti dei cavalli<br />

nel Pavese, <strong>di</strong> trovarsi con re Renato che passerà per la campagna pavese nell’andare da lui da<br />

Alessandria con le genti sue e quelle sforzesche, cui provvederà <strong>di</strong> opportuni alloggiamenti<br />

intendendosi con Angelo Acciaioli e Angelo Simonetta, oltre che con Americo da Sanseverino,<br />

che manda incontro al re.<br />

(1453 settembre 20, “apud Gaydum”).<br />

Francisco Georgio, commissario super allogiamentis equorum in Papiensi.<br />

Perché la serenissima mayestà del re Renato ha ad fare transito per quella campagna<br />

de Pavia al venire in qua con Ie sue et nostre gente, quale venghono de Alexandrina,<br />

volimo che tu te retrovi cum la prelibata mayestà et ad quella et sue gente et nostre<br />

pre<strong>di</strong>cte prove<strong>di</strong> de allozamenti per quelli luoghi, terre et ville che te parirà più comodo<br />

et necessario, per modo stiano bene et con mancho damno et <strong>di</strong>sconzo de quelli nostri<br />

homini che se pò, intendendote col magnifico Americho de Sancto Severino, quali<br />

man<strong>di</strong>amo incontra al prelibato Re, et con meser Angelo Azayolo et Angelo Simoneta.<br />

Data ut supra.<br />

Christoforus de Cambiago.<br />

Iohannes.


271<br />

Francesco Sforza comunica al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che, siccome si è ad<strong>di</strong>venuti a un accordo<br />

con il marchese del Monferrato, suo fratello Guglielmo e lui, duca, le truppe che erano da quella<br />

parte si spostano con re Renato e il Colleoni per unirsi a lui,duca, transitando per il Lo<strong>di</strong>giano.<br />

Gli or<strong>di</strong>na, perciò, <strong>di</strong> sollecitare i citta<strong>di</strong>ni che “afictano el vendemiare e recolire li loro fruti e<br />

reducere el bestiame” per non averne danno.<br />

In simile forma con le dovute variazioni si è scritto a:podestà <strong>di</strong> Castelnuovo Bocca D’Adda,<br />

Comune e uominini <strong>di</strong> Corno Giovine, Castellano <strong>di</strong> San Colombano, Comune e uomini <strong>di</strong><br />

Cornovecchio, Comune e uomini <strong>di</strong> Ospitaletto, Commissario ducale <strong>di</strong> Castione, Podestà e<br />

deputati <strong>di</strong> Maleo Magno, Onofrio <strong>di</strong> Bevilacqua, conte <strong>di</strong> Maccastorna, nonchè uomini del luogo,<br />

Podestà <strong>di</strong> Casalpusterlengo, Commissario <strong>di</strong> Pizzighettone, Ser Giacomo.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1453 settembre 20, “apud Gaydum”).<br />

Perché siando seguito lo accor<strong>di</strong>o dal marchexe de Monferrato e signore Guiglielmo e<br />

nuy, la mayestà del re Renato, el magnifico Bartholomeo Colione con tute Ie gente che<br />

erano a quella impresa de presente vengono in qua per unirse con nuy et haverano far<br />

transito per quello nostro paese de Lodesana, volimo che vuy avisati quelli nostri<br />

cita<strong>di</strong>ni che afictano el vendemiare e ricolire Ii loro fruti e reducere el bestiame, acioché<br />

dai saccomani non recevano damno, facendo perhò bona compagnia ale <strong>di</strong>cte gente<br />

nel transito, perchè anche esse la faranno a loro, como hanno in comandamento dala<br />

prefata mayestà del Re. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

In simili forma scriptum fuit infrascriptis, mutatis mutan<strong>di</strong>s, videlicet<br />

potestati Castrinovi Buce Abdue.<br />

69v comuni et hominibus Cornu Iuvenis,<br />

castellano Sancti Columbani,<br />

comuni et hominibus Cornu Veteris,<br />

comuni et hominibus Hospitaleti,<br />

commissario nostro Castioni,<br />

potestati et deputatis terre nostre Malei Magni,<br />

Honofrio de Bivelaquie comiti Machesturne,<br />

necnon hominibus ibi,<br />

potestati Casalis Pusterlenghorum<br />

comissario Pizleonis.<br />

Ser Iacobus.<br />

Signata Cichus.<br />

272<br />

Francesco Sforza informa Corrado da Fogliano che in seguito all’accordo raggiunto, grazie alla<br />

me<strong>di</strong>azione <strong>di</strong> re Renato, con i fratelli signori del Monferrato, il re si sposta da là con tutte le<br />

genti d’arme per portarsi dove lui, duca, si trova. Si tenga pronto con uomini, carriaggi e ogni<br />

cosa e lo stesso avviso trasmetta a Scipione, ad Andrea de Landriano e a Guglielmo de Rosano<br />

perchè, quando il re passerà a Pizzighettone <strong>di</strong> qua dall’Adda, anche lui, Corrado, e gli altri<br />

passino con detto sovrano.<br />

In simile forma si è scritto agli squadreri Andrea de Lan<strong>di</strong>ano, Guglielmo de Bassano, al milite e<br />

squadrero Scipione de Burgo e agli armigeri della squadra.<br />

Magnifico Conrado de Foliano.<br />

(1453 settembre 20, “apud Gaydum”).<br />

Como hay inteso novamente, è seguito lo accor<strong>di</strong>o fra nuy et li signori de Monferrato<br />

per mezanitade dela mayestà del re Renato, unde nuy facemo venire de presente de<br />

qua la prefata mayestà con tute quelle nostre gente sonno aI’impresa deIlà; pertanto<br />

volimo che tu faci stare tucti Ii tuoi in puncto et apparechiato con li cariagii et ogni cosa<br />

loro. Havuta questa, così scriveray ad domino Sipione et ad Andrea de Landriano et<br />

Gullielmo de Rosano, ali quali scrivemo anche nuy per Ie alligate, che staghino in<br />

or<strong>di</strong>ne et apparachiati. Et staray advisato, perchè la prefata mayestà deve passare ad


Pizghitone de qua de Adda, che quello dì passarà la prefata mayestà, passino anchora<br />

li tuoi et quelle doe squadre da Melzo; et de questo non aspecta altro da nuy. Data ut<br />

supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum fuit infrascriptis, videlicet:<br />

Andree de Landriano et Guiglielmo de Bassano, squadreriis, et domino Scipioni de<br />

Burgo, militi et squadrerio, ac ceteris armigeris de <strong>di</strong>cta squadra.<br />

273<br />

Furono fatte lettere credenziali ad Albertino da Cividale per Angelo Acciaioli e Angelo Simonetta<br />

perchè detto Angelo provveda con i portuali al transito <strong>di</strong> Bartolomeo Colleoni e delle altre genti<br />

già nelle parti <strong>di</strong> Alessandria.<br />

Die xx septembris.<br />

(1453) settembre 20, (“apud Gaydum”).<br />

Facte fuerunt littere credentiales Albertino de Cividali in personam domini Angeli<br />

Azayoli et Angeli Simonete, et quod ipse Angelus debeat providere cum portuariis de<br />

transitu magnifici Bartholomei Coleoni et aliarum gentium in partibus Alexandrie<br />

existentium.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

274<br />

Francesco Sforza scrive ad Angelo Acciaioli e ad Ad Angelo Simonetta perchè intervengano<br />

presso il re per la liberazione <strong>di</strong> maestro Dunino che, a <strong>di</strong>fferenza dei nobili Raffaele Adorno e<br />

compagni, fatti prigionieri dal re, è uno <strong>di</strong> umili origini, ma è parente <strong>di</strong> Pietro <strong>di</strong> Val <strong>di</strong> Taro che<br />

tanto valse per il duca. Oltre a ciò, raccomanda ad Acciaioli e a Simonetta <strong>di</strong> perorare “boni<br />

trattamenti” per Raffaele e compagni.<br />

(1453 settembre 20, “apud Gaydum”.)<br />

70r Domino Angelo Azayolo et Angelo Simonete.<br />

Perchè tra quelli generosi, zoè domino Rafaello Adorno et li compagni, quali foreno<br />

presi per quelli delIa mayestà del Re, gli è uno maystro Dunino de Val de Tarro, quale<br />

non è persona de tale auctorità nì con<strong>di</strong>ctione del qual sia da far stima, et perchè luy è<br />

delli parenti de quondam maystro Piero de Val de Tarro, quale quanto fosse nostro tu,<br />

Angelo, el say. Perhò vogliati operare con la prefata mayestà del Re che sia lassato<br />

andare per li facti suoy, et che <strong>di</strong>cto domino Raphaello et li altri compagni li<br />

recoman<strong>di</strong>ati ala prefata mayestà che gli siano facti boni tractamenti, perché da molti<br />

ne sonno stati recomandati. Data ut supra.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

275<br />

Francesco Sforza sollecita donna Luchina dal Verme a voler rimborsare Giacometto da Vailate e<br />

i suoi uomini delle spese ch’essi furono costretti più volte a fare per ottenere lo stentato<br />

pagamento dei denari loro spettanti.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

(1453 settembre 20, “apud Gaydum”.)<br />

L'homini dela squadra de Iacometto da Vaylate, et così esso Iacometto, ne hanno facto<br />

grande lamenta che hanno pur stentato asay a dovere conseguire li <strong>di</strong>nari delle taxe<br />

soe et che stentano anchora tuctavia, perchè, havendo mandato spesse volte inante et<br />

indreto soi messi per sollicitare la executione delli <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari, dove hanno facto de<br />

molte spese, per la vostra magnificentia non gli fi provisto che gli siano pagate <strong>di</strong>cte (a)


spese. Et perché a nuy pare mancho cha honesto che non gli sia provisto deIe <strong>di</strong>cte<br />

spese, perché altramente seria più el damno che l’utile, confortiamo et caricamo essa<br />

vostra magnificentia voglia provedere che per Ie <strong>di</strong>cte spese siano contentati Ii <strong>di</strong>cti<br />

homini d’arme, como ne pare ragionevele, adciò che non venghono ad havere più<br />

spesa che non habiano havuta l’intrata. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue tasse depennato.<br />

276<br />

Francesco Sforza comanda a Bartolomeo da Gubbio <strong>di</strong> intervenire nel caso che donna Luchina<br />

persistesse nel rifiuto <strong>di</strong> pagare le spese sostenute da Giacometto e dagli uomini <strong>di</strong> Vailate per<br />

ottenere i denari delle loro tasse.<br />

Ser Bartholutio de Eugubio.<br />

(1453 settembre 20, “apud Gaydum”.)<br />

Se dogliono molto li homini d’arme dela squadra de Iacometto da Vaylà et esso<br />

Iacometto perchè non gli siano pagate Ie spese quale hanno patito in rescodere li <strong>di</strong>nari<br />

deIe taxe soe delIa magnifica madona Luchina; nel che a nuy pare habiano raxone,<br />

perché altramente venerano havere consumati <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari dele taxe pur in Ie <strong>di</strong>cte<br />

spexe. Per la qual cosa siamo contenti et volimo che, non essendoli provisto delle <strong>di</strong>cte<br />

spexe per la prefata magnifica Luchina, tu gli prove<strong>di</strong> in forma che remangano contenti<br />

et non habiano ad lamentarse più. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

277<br />

Francesco Sforza risponde alla moglie <strong>di</strong> aver ricevuto la lettera con cui gli comunica <strong>di</strong> essersi<br />

portata a Pavia con i membri del Consiglio e con altri citta<strong>di</strong>ni milanesi per ricevere re Renato.<br />

È in attesa <strong>di</strong> sapere come sono andate le cose. Ha pure avuto la lettera con l’inserto del<br />

marchese <strong>di</strong> Monferrato che le chiedeva un salvacondotto per Marco Recaneto.<br />

Risponda, come crede, al marchese.<br />

70v Illustrissime domine ducisse Me<strong>di</strong>olani.<br />

1453 settembre 21, “apud Gaydum”.<br />

Havemo recevuto doe littere dela signoria vostra, l'una facta ad Milano, per la quaIe ne<br />

scrive del'andata soa ad Pavia per recevere la mayestà del re Renato et de quelli del<br />

Conseglio et altri nostri cita<strong>di</strong>ni de Milano la signoria vostra ha menato con sì, et delle<br />

altre provisione ha facto per recevere la mayestà del re Renato <strong>di</strong>gnamente secondo il<br />

parere d’essi nostri del Conseglio, et cetera; ad che non <strong>di</strong>cemo altro, se non che la<br />

signoria vostra ha facto ad nostro modo, como haverà veduto per nostre littere, ala qual<br />

aspectamo essere avisati delle cose como seranno passate. L'altra, facta ad Pavia, con<br />

la inclusa del marchexe de Monferrato, per la quale domandava ala signoria vostra<br />

salvoconducto per quello Marcho Recaneto, quale gli man<strong>di</strong>amo alligato, porà mò la<br />

signoria vostra respondergli como gli parerà. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xxi septembris<br />

1453.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

278<br />

Francesco Sforza vuole che il referendario <strong>di</strong> Pavia e Gracino da Pescarolo facciano avere a<br />

Tommaso Azone tutto il quantitativo <strong>di</strong> biada che lui, in base ai suoi or<strong>di</strong>ni, domanderà.<br />

(1453 settembre 21, “apud Gaydum”).<br />

Referendario Papie et Gracino de Piscarolo.


Havemo concesso ad Thomaso Azone che ne debia comprare certa quantità de biave<br />

per li nostri cavalli; et perché farà capo da vuy, vogliamo gli dagati tucti quelli aiuti et<br />

favore ve domandarà, perché possa trovare tucta quella quantità de biava che’l ha in<br />

comissione da nuy. Data ut supra.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.<br />

279<br />

Francesco Sforza comanda al castellano <strong>di</strong> San Colombano <strong>di</strong> essere vigilante e <strong>di</strong> fare<br />

soprattutto la guar<strong>di</strong>a dì e notte “el secorso de <strong>di</strong>reto sottoterra”. perchè è informato <strong>di</strong> un certo<br />

accordo <strong>di</strong> prendere quella rocca. Faccia anche stoppare Becca<strong>di</strong>e.<br />

Castellano Sancti Columbani.<br />

(1453 settembre 21, “apud Gaydum”).<br />

Semo avisati da persone <strong>di</strong>gne de fede che se fa certo tractato a quella nostra rocha de<br />

furarla, o per via de tractato con scalarla o per altra via; pertanto volimo che staghi<br />

attento et vigile, et fati bona guar<strong>di</strong>a dì e nocte, et maxime del secorso de <strong>di</strong>reto sotto<br />

terra, et la guar<strong>di</strong>a de Mirado fino ala terra de mezo facta a Becha<strong>di</strong>e, quale Becca<strong>di</strong>e,<br />

volimo faci stopare. Et fa’ che faci così facta guar<strong>di</strong>a che se veruno venerà per furare<br />

quella forteza, non gli possa reusire el pensiero et non te ne possa seguire<br />

mancamento nè inconveniente alcuno. Data ut supra.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.<br />

280<br />

Francesco Sforza vuole che il referendario <strong>di</strong> Pavia e Gracino da Pescarolo trovino<br />

un’abitazione “idonea et comoda” a Pavia per suo fratello Mansueto, abbate <strong>di</strong> San Lorenzo,<br />

che si porta lì per stu<strong>di</strong>. Egli ha a Cremona una bella abitazione, attualmente è deposito del<br />

pane, che gli consentirebbe <strong>di</strong> prenderne a Pavia “una bella a pixone”.<br />

1453 settembre 20, “apud Gaydum”.<br />

71r Referendario Papie et Gracino de Piscarolo.<br />

Lo reverendo domino frate Mansueto, abbate de San Lorenzo, nostro fratello, ha<br />

deliberato venire Iì a fare residentia per stu<strong>di</strong>are, ad lo quale è necessario havere<br />

stantia lì idonea et comoda, (a) como doveti sapere. Sichè volemo debiati vedere de<br />

meterlo in una de quelle nostre case da uno canto e como meglio ve parerà, sichè<br />

comodamente lì possa stare; e tanto più quanto nuy gli tenemo occupata in Cremona<br />

una soa grande et bella per la munitione nostra del pane, dala quale ne cavaria tanto<br />

che’l ne poria tore una bela a pixone in quella nostra cità e molto piu: sichè non seria<br />

ragionevole (b) che, occupandoli nuy la soa in Cremona e venendo luy lì per <strong>di</strong>cta<br />

casone, recevesse nè incomodo nè damno. Data (c) apud Gaydum, <strong>di</strong>e xx septembris<br />

1453.<br />

Ser Alexander.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue aciò depennato.<br />

(b) In A ragionenevole.<br />

(c) Segue ut depennato.<br />

281<br />

Francesco Sforza vuole che il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> non insista oltre con Gaspare da Suessa per<br />

rilasciare le donne per la libertà <strong>di</strong> suo figlio, mentre lui ritiene più decoroso che lo scambio<br />

avvenga con i prigionieri <strong>di</strong> Crema. Lo lasci fare a suo modo. Non ritiene “laudabile” fargli<br />

richiedere <strong>di</strong> essere rimosso da quella guar<strong>di</strong>a, perchè lui, duca, ha un’ottima opinione <strong>di</strong> lui.<br />

Assicura il luogotenente che se i mugnai, che hanno rifiutato il suo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> cambiare il miglio, si<br />

portassero a lamentarsi da lui, egli avrebbe pronta la riposta da dar loro.<br />

1453 settembre 21, “apud Gaydum”.


Locumtenenti Laude.<br />

Havemo recevute doe vostre lettere, l'una de 17, l'altra de 19 del presente, aIe quale,<br />

respondend, et primo, ala parte de Gasparro da Suessa, il quale non se contenta<br />

lassare Ie femene per cambio del fiolo e de quelli foreno presi con sì, alegando ch’el gli<br />

serebbe vergogna, ma che bene è contento lassarle in cambio deli fanti foreno presi<br />

per Ii vilani da Crema, <strong>di</strong>cemo che a nuy pare, né volemo che vuy agravate più <strong>di</strong>cto<br />

Gasparo a relaxare <strong>di</strong>cte femene, perchè se habia cagione de alterare più, anzi<br />

lassatelo fare a suo modo circa ciò, perché ad ogni modo nuy faremo relaxare suo fiolo<br />

honorevelmente; e così gli facite <strong>di</strong>re. Ala parte de haverli facto persuadere con bono<br />

modo a domandare luy medesmo d'essere remosto da quella guar<strong>di</strong>a, <strong>di</strong>cemo che a<br />

nuy non è parso ben laudabile, nè volimo che vuy gli ne faciati <strong>di</strong>re altre parole, per non<br />

monstrare che nuy se <strong>di</strong>ffidamo de luy, unde nuy havemo bonissima opinione de luy.<br />

Ala parte de quelli Molinari, quali non hanno servati l'or<strong>di</strong>ne e comandamento vostro per<br />

cambiare lo milio, <strong>di</strong>cemo che se venerano a noy per lamentarse de ciò, gli faremo<br />

conveniente respuosta. Data in castris felicibus apud Gaydum, <strong>di</strong>e xxi septembris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

282<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Morello da Parma <strong>di</strong> far sì che Vidale da Lo<strong>di</strong>, daziero del transito del<br />

Lo<strong>di</strong>giano, abbia il cre<strong>di</strong>to che lui vanta da Giovanni <strong>di</strong> Scalsi per la condanna avuta per aver<br />

contraffatto detto dazio, come potrà anche intendere dal referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>.<br />

71v Domino Morello de Parma.<br />

1453 settembre 18, “apud Gaydum”.<br />

Simone Vidale da Lode, daciero del traverso de Lodesana, ne <strong>di</strong>ce dovere havere certa<br />

quantità de <strong>di</strong>nari da Iohanne <strong>di</strong> Scalsi de quella nostra terra per certa condemnatione a<br />

luy debitamente facta, perchè haveva contrafacto el <strong>di</strong>cto dacio, como dal <strong>di</strong>cto Simone<br />

intenderiti, et porreti informarvi dal referendario nostro de Lode. Pertanto ve comettiamo<br />

et volimo debiati astringere el <strong>di</strong>cto Iohanne, havuta de ciò bona informatione, ad<br />

satisfare il <strong>di</strong>cto Simone, et gli fati raxone summaria et expe<strong>di</strong>ta. Apud Gaydum, <strong>di</strong>e xviii<br />

septembris 1453.<br />

Zanetus.<br />

Angelus au<strong>di</strong>tor.<br />

283<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> sentire sia Simone Vidale, daziere del dazio <strong>di</strong><br />

transito <strong>di</strong> quella città, che Luigi Tincto e constatato che costui “de (sua) voluntà et<br />

consentimento” assunse detto dazio con Simone, lo costringa a contribuire per la quota<br />

spettantegli al pagamento <strong>di</strong> detto dazio. Induca pure al pagamento coloro che risultano essere<br />

debitori <strong>di</strong> Simone per ragione <strong>di</strong> detto dazio.<br />

Referendario Laude.<br />

(1453 settembre 18, “apud Gaydum”).<br />

Simone Vidale, de quella nostra cità daciero del dacio del traverso, è stato qui da nuy et<br />

ne ha <strong>di</strong>cto, gravandose che luy tolse el <strong>di</strong>cto dacio ad compagnia con Aluyse Tincto<br />

d’essa nostra cità de voluntà et consentimento del <strong>di</strong>cto Aluyse; et che esso Aluyse,<br />

veduto ch’el <strong>di</strong>cto dacio perde, ha recusato et recusa volere pagare la parte soa d’esso<br />

dacio. Pertanto volemo che vuy debiati intendere l'uno et l'altro, et trovando ch’el <strong>di</strong>cto<br />

Simone tolese el <strong>di</strong>cto dacio ad compagnia con lo <strong>di</strong>cto Aluyse de sua voluntà et<br />

consentimento, lo astringati ad contribuire per la parte a luy contingente al pagamento<br />

d'esso dacio, como ne pare debito et rasonevele. Et in questo fati raxone non<br />

guardando più al'uno como al'altro, constringendo similiter alcuni debitori, quali <strong>di</strong>cto<br />

Simone <strong>di</strong>ce havere per cagione de <strong>di</strong>cto dacio, como da luy intendereti, adciò luy


possa pagare el dacio nostro. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Angelus au<strong>di</strong>tor.<br />

284<br />

Francesco Sforza informa il fratello Corrado da Fogliano che è giunto il momento in cui i suoi<br />

uomini con carriaggi e tutte le cose loro passino <strong>di</strong> qua dall’Adda. Coman<strong>di</strong> ad Andrea da<br />

Landriano, a Scipione e a Guglielmo da Rossano che facciano esattamente quanto ha or<strong>di</strong>nato<br />

a lui e si portino tutti insieme sulla via <strong>di</strong> Pizzighettone in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Cremona per raggiungere il<br />

duca. Si faccia precedere da un suo uomo, cui lui, duca, segnalerà l’itinerario che devono<br />

tenere.<br />

1453 settembre 22, “apud Gaydum”.<br />

72r Magnifico Conrado de Foliano, fratri nostro.<br />

Per una nostra data ali xx del presente, te scrivessemo che facesti stare aparechiati et<br />

in poncto tuti li toi con li loro cariagii e cose, siché passando de qua da Adda a<br />

Pizguitone la mayestà del Re in quello dì proprio li toi passassero insieme con la<br />

prefata mayestà e così quelle due squadre da Melzo, Andrea da Landriano, domino<br />

Scipione et Guiglielmo da Rossano con tuti li loro. Mò per questa te <strong>di</strong>cemo e volemo<br />

che, subito recevuta questa nostra, faci armare tucti li toy che non ne remanga uno al<br />

mondo con tuti li cariagii et ogni cosa loro, et che vegnano passare de qua de Adda per<br />

la via de Pizguitone, et vegnano verso Cremona, et che tu man<strong>di</strong> uno deli toy inanti da<br />

nuy per intendere et sapere chiaramente la via che volemo che facino. Et queste tute<br />

cose volemo che exequischi senza aspectare altra nostra lettera, et advisa per toe<br />

lettere quelle altre nostre gente che sonno a Melzo, cioè Andrea da Landriano, domino<br />

Scipione e Guiglielmo da Rosano, che simelmente vengono via con tuti Ii soi, che non<br />

ne remanga uno minino, et con tuti Ii cariagii e cose loro. E inténdete con loro per modo<br />

che Ii toy e loro vengono via tuti quanti insieme, ad Ii quali anchora nuy scrivemo per<br />

queste nostre alligate simelmente, siché mandaragli <strong>di</strong>cte lettere con Ie toe, or<strong>di</strong>nando<br />

che tanto Ii toy quanto quelle altre nostre gente da Melzo vengano tuti quanti insieme.<br />

Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xxii septembris 1453.<br />

Alexander.<br />

Iohannes.<br />

285<br />

Francesco Sforza ingiunge ad Angelo Simonetta <strong>di</strong> far avere, posponendo ogni altro pagamento,<br />

a Bartolomeo Colleoni il resto <strong>di</strong> quanto ancora gli è dovuto in modo che non sia costretto,<br />

com’egli afferma, a “lassare dereto homini d’arme xl deli soi”. Altrettanto faccia con gli altri in<br />

modo che tutti si portino dov’è il duca. Solleciti re Renato ad avviarsi celermente verso lui e<br />

prema con Bonifacio che si porti dal duca con il maggior numero possibile <strong>di</strong> gente <strong>di</strong> Guglielmo<br />

Ad Angelo affida il compito <strong>di</strong> pungolare tutti perchè si muovano con la massima premura.<br />

Angelo Simonete.<br />

(1453 settembre 22, “apud Gaydum”).<br />

Tu haveray veduto quanto havemo scripto al Consiglio, aIi Maystri del'intrate, et ad te<br />

per lo spazo del magnifico Bartholomeo Coglione; et perchè esso magnifico<br />

Bartholomeo de presenti ne manda a <strong>di</strong>re che, non havendo luy el resto del spazo suo,<br />

gli bisognarà lassare dereto homini d’arme XL deIi soi, benchè non possimo credere<br />

che ala havuta de questa non gli habbi preso partito, pertanto de novo te <strong>di</strong>cemo,<br />

stringemo et caricamo quanto più possimo che, havuta questa, postponendo ogni altro<br />

<strong>di</strong>naro et ogni altro pagamento fosse da fare, debbi provedere che d'ogni <strong>di</strong>naro<br />

Bartholomeo habia subito il resto del spazamento suo per modo possa condure tuti Ii<br />

soi dal canto de qua. Così provede che Ii altri siano spazati, pagati delle assignatione<br />

loro, usando in ciò 72v ogni <strong>di</strong>ligentia et tuti quelli mo<strong>di</strong> et vie te parerano, per modo<br />

possano venire del canto de qua con tuti Ii soy. Et non habiano ad induciare o ad<br />

lassare dreto la mitade de loro, che non fariano puncto el bisogno nostro. Così vogli<br />

sollicitare con quelli boni mo<strong>di</strong> te parerano la mayestà del Re che acconzi et or<strong>di</strong>ne Iì Ie


soe gente, et se advii in qua ala più presto sia possibile, sollicitando con ogni <strong>di</strong>ligentia<br />

ch'el signore Bonifatio vegna via subito et senza longeza alcuna de tempo, et meni piu<br />

gente de quelle del signore Guiglielmo sia possibile. Angelo, tu inten<strong>di</strong> quanto importi et<br />

sia necessario el fare presto per lo pocho tempo che resta, sichè, per Dio, opera ogni<br />

tuo ingegnio, cura et sollicitu<strong>di</strong>ne che possano venire qua subito, maxime che senza<br />

alcuna demora el signore Bonifatio vegna dala mayestà del Re con Ie gente del signore<br />

Guiglielmo. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

286<br />

Francesco Sforza vuole che il referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> e il tesoriere trovino il modo <strong>di</strong> dare sulle<br />

entrate della città tre moggia <strong>di</strong> frumento al provisionato Colla da Rovato, sbrigandolo in fretta in<br />

modo che torni subito in campo.<br />

(1453 settembre 22, “apud Gaydum”).<br />

Referendario Laude et thexaurario, nostris <strong>di</strong>lectis.<br />

Volimo che sopra I'intrate de quella nostra cità troviati moza tre de frumento et lo dagati<br />

a Colla da Roviato, nostro provisionato; et lo spazati presto, acioché se ne possa<br />

retornare in campo a fare li facti nostri. Data ut supra.<br />

Franciscus Sfortia manu propria subscripsit.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.<br />

287<br />

Francesco Sforza, siccome i nemici hanno revocato tutti i salvacondotti concessi nel Bresciano,<br />

or<strong>di</strong>na a suo fratello Corrado che pur lasciando i salvacondotti da lui concessi per volontà<br />

ducale, revochi tutti gli altri da Corrado concessi a particolari persone.<br />

Magnifico Conrado, fratri nostro.<br />

s.d.<br />

Aciò tu sii avisato l’inimici hanno revocato tuti Ii salvaconducti concessi qui in Bressana,<br />

et essendo così non ne pare che li soy debiano essere in megliore con<strong>di</strong>ctione che li<br />

nostri. Intendendo, aduncha, che tu hay concessi certi salviconducti a particulare<br />

persone de Cremasca, volemo che, lassando fermo el salvonconducto per ti concesso<br />

de volontà nostra, generalmente, in quelle parte, debii revocare tutti li altri per te<br />

concessi a particulare persone et de tale….. (a)<br />

(a) Così s’interrompe la missiva mancando la carta successiva.<br />

288<br />

Francesco Sforza concede ai familiari ducali Ludovico da Bologna e ad Antonio da Fabriano<br />

“plena et libera licentia” <strong>di</strong> intervenire realmente e personalmente contro gli uomini delle terre <strong>di</strong><br />

Pietro da Lonate e consorti restii a pagare quanto dovuto per i cavalli e il carriaggio, attesa<br />

anche la noncuranza <strong>di</strong> Pietro a indurli all’assolvimento del loro obbligo.<br />

(1453 settembre 22, “apud Gaydum”).<br />

74r Lodovicho de Bononia et Antonio de Fabriano, familiaribus nostris <strong>di</strong>lectis.<br />

Perché intendemo che I’homini delle terre de Petro da Lonà et delli soy consorti sonno<br />

molto renitenti a pagare el debito loro sì delli cavalli como del carezo, et etiam ch’el<br />

<strong>di</strong>cto Petro con Ii <strong>di</strong>cti soy consorti pocho se curano astringerli ad pagare <strong>di</strong>cto debito,<br />

volemo, et per questa nostra presente lettera ve conce<strong>di</strong>amo plena et libera licentia che<br />

debiati procedere contra li <strong>di</strong>cti homini realmente et personalmente et per qualunque<br />

megliore modo et via a vuy parerà più expe<strong>di</strong>ente, sichè essi homini pagano el debito<br />

loro. Et circa ciò usaretegli ogni <strong>di</strong>ligentia et solicitu<strong>di</strong>ne dal canto vostro, in modo che<br />

questa nostra intentione e voluntà sia mandata ad executione con ogni presteza e


celerità, facendo in modo che de questo non ve habiamo piu replicare. Data ut supra.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

289<br />

Francesco Sforza avvisa Pietro da Lonate della licenza data a Ludovico da Bologna e ad<br />

Antonio da Fabriano <strong>di</strong> costringere gli uomini delle terre sue e dei suoi consorti al pagamento<br />

delle tasse dei cavalli e del carriaggio.<br />

Lo sollecita a prestare a detti suoi familiari ogni aiuto per l’assolvimento del loro compito.<br />

Petro de Lonate.<br />

(1453 settembre 22, “apud Gaydum”).<br />

Perché intendemo che Ii homini deIe terre toe et delli toy consorti sonno molto renitenti<br />

et non vogliono satisfare al debito loro delle taxe delli cavalli et del carezo, et pare che<br />

anchora te, con Ii <strong>di</strong>cti toy consorti, pigliate pocha cura de astringerli a satisfare al <strong>di</strong>cto<br />

loro debito, te avisamo como nuy havemo scripto et dato plena et libera licentia a<br />

Ludovicho da Bologna et ad Antonio da Fabriano, nostri fameglii, che debiano<br />

procedere contra <strong>di</strong>cti homini realmente et personalmente et per qualunque megliore<br />

modo et via parerà a loro più expe<strong>di</strong>ente, sichè gli venga voglia fare el debito loro, el<br />

che n’è bisognato far fare ad altri, poyché te né Ii <strong>di</strong>cti toy consorti haveti voluto fare. Li<br />

quali Lodovicho et Antonio lassareti fare ogni executione contra <strong>di</strong>cti homini vostri,<br />

finché haverano satisfacto el debito loro, et non gli dariti molestia nè impe<strong>di</strong>mento<br />

alcuno; immo volimo che gli dagati ogni favore certificandove, quando faceste<br />

altramente, ve faressemo intendere che ne havereste facto cosa molesta, et che ne<br />

seria rencresciuta. Data ut supra.<br />

Leonardus<br />

Iohannes.<br />

290<br />

Francesco Sforza scrive ad Antonio da Fabriano <strong>di</strong> attenersi ai mo<strong>di</strong> segnalati nella lettera<br />

cumulativamente inviata a lui e a Ludovico da Bologna per la realizzazione del compito loro dato<br />

contro gli uomini delle terre <strong>di</strong> Pietro da Lonate. L’assicura che, se donna Luchina gli scriverà<br />

per i due uomini <strong>di</strong> Pizcorno, non tralascerà <strong>di</strong> risponderle.<br />

74v Antonio de Fabriano.<br />

(1453 settembre 22, “apud Gaydum”).<br />

Havemo recevuto la toa lettera de dì xvi del presente et inteso quanto ne hay scripto;<br />

ala quale non accade <strong>di</strong>re altro, perchè, como tu vederay per la lettera scrivemo<br />

comunamente ad ti et ad Lodovicho da Bologna, ve advisamo a compimento delli mo<strong>di</strong><br />

volemo habiati a servare contra li homini delle terre de Petro da Lunà et delli soi<br />

consorti, sichè vedereti de exequire quanto per quella ve havemo scripto, et intenderve<br />

bene insieme, in modo che costringate Ii <strong>di</strong>cti homini a fare el debito loro con ogni<br />

celeritate possibile. Ala parte de quelli duy homini de Pizcorno, se madona Luchina ne<br />

scriverà cosa alcuna, gle risponderemo quello ne parerà; sichè atten<strong>di</strong> pure a fare<br />

quello hay ad fare. Data ut supra.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

291<br />

Francesco Sforza informa il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> aver concesso a Bartolomeo da Robbiate,<br />

conestabile dei balestieri del revellino, una <strong>di</strong>lazione <strong>di</strong> due mesi per il pagamento del bestiame<br />

tolto a quei <strong>di</strong> Pan<strong>di</strong>no. Durante tale periodo non vuole che gli siano date noie.<br />

Locuntenenti Laude.<br />

1453 settembre 23, “apud Gaydum”.


Perchè Bartholomeo da Robiate, conestabile delli balestrieri nel nostro revellino de<br />

Lode, ne <strong>di</strong>ce non essere potente al presente ad pagare questo bestiame tolto a quelli<br />

da Pan<strong>di</strong>no, è remasto in conventione con nuy che con termine pagarà <strong>di</strong>cto bestiame,<br />

et pregatone gli faciamo qualche termine. Il perchè, volendolo torre per termino, gli<br />

havemo assignati duy mesi, nel quale tempo ne ha promesso che pagarà <strong>di</strong>cto<br />

bestiame, sichè fra il tempo pre<strong>di</strong>cto de duy mesi non gli fariti molestia né novità alcuna;<br />

imo se alcuna ne fosse fatta, volemo gli la debbiate revocare.Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e<br />

xxiii septembris 1453.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

292<br />

Francesco Sforza, inteso da lui che inaspettatamente egli deve ancora ricevere circa 3000 lire<br />

della sua prestanza, assicura il condottiero Moretto da Sannazzaro <strong>di</strong> aver scritto perchè presto<br />

sia sod<strong>di</strong>sfatto. Vuole, comunque, che tutti i suoi uomini si portino con le altre genti d’arme da<br />

lui, duca, garantendoli che in ogni modo avranno i loro denari. Si compiace del suo<br />

miglioramento, ma non gli fa premura per portarsi in campo.<br />

1453 settembre 24, “apud Gaydum”.<br />

Spectabili militi domino Moreto de Sancto Nazario, nostro armorum ductori.<br />

Havemo recevuto la vostra lettera de dì xx del presente et inteso quanto ne scrivete<br />

delle libre treamilia o circha che restate anchora ad havere delli <strong>di</strong>nari delIa vostra<br />

prestanza, al che, respondendo, <strong>di</strong>cemo che molto se maravigliamo de questo, et<br />

simelmente ne rencresce e dole grandemente, perché credevamo 75r fosti del tuto<br />

expe<strong>di</strong>to: per la qual cosa havemo scripto novamente in modo che siamo certi presto<br />

havereti el spazamento vostro integramente. Sichè ve confortiamo, stringemo et<br />

caricamo che vogliati or<strong>di</strong>nare e fare che tuti li vostri homini d’arme vengano de qua<br />

insieme con l’altre nostre gente sonno del canto dellà, per modo che non gli resti<br />

veruno, perchè ad ogni modo loro haveranno Ii <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari; et nuy, venute che siano dal<br />

canto de qua, provederemo altremente alIi altri nostri de <strong>di</strong>nari in modo che haverano a<br />

restare contenti; sichè, como è <strong>di</strong>cto, curate ad ogni modo che <strong>di</strong>cti vostri homini d’arme<br />

vengano via et che'l non ne resti veruno de drieto. Ne piace apresso el vostro<br />

meglioramento, et como più presto serete in aptitu<strong>di</strong>ne a potere cavalcare, haveremo<br />

caro vegnati qua da nuy, como ne advisati che fareti; ma non possendone vuy operare,<br />

non ne curamo che durate desconzo per venire in campo. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xxiiii<br />

septembris 1453.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

293<br />

Francesco Sforza si compiace con Bolognino de Attendolis per la <strong>di</strong>gnitosa accoglienza fatta a<br />

Pavia e nel castello a re Renato e del regalo che lui, Bolognino, gli ha fatto<br />

Magnifico domino Bolognino de Attendolis.<br />

(1453 settembre 24, “apud Gaydum”).<br />

Havemo recevuto la vostra lettera de dì xxi del presente, per la quale siamo avisati<br />

del’honore solenne et grate acoglientie facte ala mayestà del re Renato in quella nostra<br />

cità et delli mo<strong>di</strong> servati per vuy, così dela <strong>di</strong>gnità del cavalere cha ha dato la mayestà<br />

soa, et del presente gli havete facto; ala quale, respondendo, ve <strong>di</strong>cemo che restamo<br />

molto contenti dela liberalità havete monstrato ala mayestà soa de quello nostro<br />

castello et del’honore et reverentia facta ala mayestà soa in quella nostra cità, et<br />

havemo havuto molto più caro che se fosse stato facto ad la persona nostra. Data ut<br />

supra.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.


294<br />

Francesco Sforza prende atto con quanto buon animo il podestà, Gracino da Pescarolo, il<br />

referendario e i presidenti agli affari <strong>di</strong> Pavia avrebbero gra<strong>di</strong>to che a vescovo <strong>di</strong> quella città<br />

fosse nominato suo fratello Gabriele. Li avverte che non devono imputare a malizia altrui il<br />

ritardo della presentazione delle loro lettere, perchè queste, specie le prime due, furono<br />

presentate tempestivamente. Per buoni motivi lui, duca, ha preferito l’abbate <strong>di</strong> Rivalta<br />

Tortonese, e così Gabriele avrà ancora modo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are e farsi valente e atto a “maiore <strong>di</strong>gnità.”<br />

(1453 settembre 24, “apud Gaydum”).<br />

Spectabilibus viris potestati domino Gracino de Piscarolo et Referendario militibus,<br />

necnon presidentibus negociis comunitatis nostre Papie, <strong>di</strong>lectis nostris.<br />

Havemo iterato recevuto lettere da vuy in comendatione de frate Gabriello, nostro<br />

fratello, quale con molto desiderio haveresti voluto havessemo creato episcopo de<br />

quella nostra cità, conoscendo voy expressamente che a tuto quello nostro populo<br />

universalmente saria gratissimo così per le virtute et sanctimonia d’esso frate Gabriello,<br />

como etiam<strong>di</strong>o 75v per altri <strong>di</strong>gni respecti spirituali et temporali; ale qual, respondendo,<br />

<strong>di</strong>cemo, como etiam<strong>di</strong>o per altre nostre ve scripsemo a questi proximi dì passati, che<br />

havemo gratissimo tal vostro ricordo maxime cum laude de <strong>di</strong>cto nostro fratello, et<br />

anche ve rengratiamo delo amore et carità verso luy; ma perché <strong>di</strong>citi le vostre lettere<br />

non essere presentate in tempo et essere tenute in porto per propria fraude e malitia de<br />

alcuni, li quali circaveno de proponere el parente e l’amico, ve avisamo che veramente<br />

seti in errore, nè de questo doveti imputare alcuno, perchè le vostre lettere foreno pur<br />

presentate in tempo, maxime le due prime. Ma per boni respecti et <strong>di</strong>gne virtute<br />

havemo ellecto lo abbate de Rivalta de Tertonese de bona e zentil casa, del qual siamo<br />

certi la cità meritamente se contentarà. Poteriti aduncha <strong>di</strong>re et persuadere al prelibato<br />

frate Gabrielo che atten<strong>di</strong> bene a stu<strong>di</strong>are e farse valente, che quando sentiremo luy<br />

essere bene docto lo promoveremo a maiore <strong>di</strong>gnità. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

295<br />

Francesco Sforza precisa a Bertoluccio che la <strong>di</strong>sposizione ducale <strong>di</strong> non dare molestia agli<br />

uomini <strong>di</strong> Stradella per la sua tassa gli è stata richiesta dal condottiero Fiasco, e gli scrisse cos’<br />

perchè aveva inteso che era stato pagato da detti uomini fino alla data della lettera inviatagli.<br />

Domino Bartholucio.<br />

1453 settembre 25, “apud Gaydum”.<br />

Intesa la lamenta ne fay per quello te havimo scripto che non debii dare impazo alcuno<br />

al’homini dela Stratella per la tassa tua, respondendo te <strong>di</strong>cemo, havendone rechiesto<br />

el spectabile Fiasco, nostro conductero, che non lassassemo dare impazo a <strong>di</strong>cti<br />

homini, nuy li compiacessimo; et cossì te scripsimo, como hay veduto, intendendo che<br />

dal dato d'essa littera indrieto tu fosti pagato da <strong>di</strong>cti homini et poy compartisti la parte<br />

tocava ad essi homini fra li altri lochi. Apud Gaydum, xxv septembris 1453.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

296<br />

Francesco Sforza scrive alla sorella Lisa che, essendo ora “pacificate ora le cose dellà”,<br />

cessano i motivi <strong>di</strong> sospetto per i quali le aveva richiesta la garanzia da parte <strong>di</strong> Giampietro<br />

Pietro da Rabozo prima <strong>di</strong> liberarlo.<br />

(1453 settembre 25, “apud Gaydum”).<br />

Magnifice sorori nostre carissime domine Lixe de Attendolis, et cetera.<br />

Havemo recevuto Ie vostre lettere responsive aIe nostre circha la relaxatione de<br />

Iohannepetro Petro (a) da Rabozo; ale qual respondendo <strong>di</strong>cemo che, cessando alcuni


especti, per li quali già ve scrissemo, dovessevo tore segurtade da luy inanti che lo<br />

relaxaseno, siamo mò contenti 76r et volemo per ogni modo che liberamente, senza<br />

alcuna exceptione, el debiate relaxare non aspectando altre nostre lettere sopra ciò,<br />

perché, siando mò pacificate Ie cose dellà et vivendose in pace, como se fa, cessa el<br />

suspecto per lo quale rechiedevemo la segurtà.Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) Così in A.<br />

297<br />

Francesco Sforza scrive a Corrado e al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> supporre che il nemico voglia<br />

fare qualche azione là “non gli sentendo gente alcune”. Raccomanda, perciò, a loro grande e<br />

incessante vigilanza fino a quando non avrà tutte le forze sforzesche in campo, perchè allora<br />

impegnerà del tutto il nemico che <strong>di</strong>menticherà le cose <strong>di</strong> là. A Corrado comanda <strong>di</strong> inviare ad<br />

Angelo Simonetta le lettere che allega perchè, così, avrà i 300 ducati che aspetta.<br />

In simile forma fu scritto a Morello pro custo<strong>di</strong>a,<br />

a Gaspare da Suessa pro custo<strong>di</strong>a.<br />

Furono mandate lettere a donna Lisa per la liberazione <strong>di</strong> Giovanni Pietro de Raboto.<br />

Domino Corrado et locuntenenti Laude.<br />

1453 settembre 25, “apud Gaydum”.<br />

Perchè, como haveriti inteso per nostre dupplicate lettere, nuy revocamo tute quelle<br />

nostre gente de là et Ie facimo venire qua in campo, forse l'inimici nostri per pigliare<br />

reputatione tentarano de fare qualche novitade de là non gli sentendo gente alcune, ve<br />

caricamo quanto più possimo a far fare <strong>di</strong>e et nocte tale guar<strong>di</strong>e che sinistro non possa<br />

intervenire per alquanti dì, perchè poy, subito che tute Ie nostre gente serano de qua,<br />

farimo tali progressi che gli farimo smenticare Ie cose de là. Ceterum tu, Conrade,<br />

mandaray Ie aligate lettere ad Angelo Simoneta per Ii trecento ducati, el quale te gli<br />

farà dare, et cre<strong>di</strong>mo mò l'haveria facto, se non fusse stata la sua absentia da Milano.<br />

Apud Gaydum, <strong>di</strong>e xxv septembris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

In simili forma domino Morello pro custo<strong>di</strong>a.<br />

In simili forma Gaspari de Suessa pro custo<strong>di</strong>a,<br />

et misse fuerunt littere domine Lise pro liberatione Iohannis Petri de Raboto.<br />

Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

298<br />

Francesco Sforza comanda ad Antonio da Fabriano <strong>di</strong> trattare gli uomini renitenti a pagare la<br />

tassa del carriaggio come si fa con i nemici e i ribelli. Quanto a Graziolo, che <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> non<br />

muoversi fino a che non avrà il pagamento <strong>di</strong> quanto ancora gli è dovuto, spera che nel<br />

frattempo si sia messo in marcia per raggiungerlo, ma se ciò non avesse fatto,, gli <strong>di</strong>ca <strong>di</strong> levarsi<br />

<strong>di</strong> lì, lasciando uno dei suoi a sollecitare il dovuto, perchè, lui, Antonio, lo accontenterà.<br />

Antonio de Fabriano.<br />

1453 settembre 25, “ex castris nostris felicibus apud Gaydum”.<br />

Havimo recevuto la toa lettera de dì xviiii del presente et inteso quanto ne scrivi delIa<br />

renitentia delli homini delle terre de molti de quelli gentilhomini, et maxime de quelli da<br />

Lonate, quali non voleno pagare per niente el debito loro del carezo. Dicimo che per<br />

molte altre nostre lettere a questi dì passati havemo scripto li mo<strong>di</strong> se havevano a<br />

tenire perchè <strong>di</strong>cti homini facesseno el debito loro. Unde mò, intentendo questa loro<br />

renitentia, te comman<strong>di</strong>amo e volemo che debbi fare e far fare contra loro, como ad<br />

inimici e rebelli nostri, per fin a tanto haverano facto el debito loro, et cossì è la totale<br />

nostra intentione, <strong>di</strong>spositione e 76v volontà. Appresso tu ne scrive che Gratiolo <strong>di</strong>ce<br />

non poterse levare de Iì se prima non ha el suo spazamento del denaro che resta


havere, <strong>di</strong>cimo che nuy cre<strong>di</strong>mo serà partito de Iì anzi la recevuta de questa, et venuto<br />

in qua cum quelle altre nostre gente erano dal canto de là; ma pur, se per caso luy<br />

fosse restato Iì, volemo che gli debbi <strong>di</strong>re e confortare da nostra parte che omnino se<br />

levi de Iì et venga cum tucti li suoy da cavallo et da pede de qua, como gli havemo<br />

scripto, et como fanno <strong>di</strong>cte altre nostre gente, et che lassi pur uno delli suoy Iì a<br />

solicitare, perchè lo expe<strong>di</strong>ray de quanto resta ad havere, et faray non altramente che<br />

se gli fosse luy in persona. Ex nostris castris felicibus apud Gaydum, <strong>di</strong>e xxv septembris<br />

1453.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

299<br />

Francesco Sforza avverte Giovanni de Cristianis, castellano <strong>di</strong> Melegnano, dell’intenzione dei<br />

nemici <strong>di</strong> fare loro <strong>di</strong>mostrazioni in occasione della venuta <strong>di</strong> re Renato e <strong>di</strong>fatti ha saputo che<br />

dal campo nemico sono partiti uomini a piede e a cavallo per portarsi dalle sue parti. Gli<br />

raccomanda <strong>di</strong> non lasciare il castello e <strong>di</strong> fare continua guar<strong>di</strong>a anche al borgo in modo che non<br />

gli capiti alcun danno. Per sicurezza man<strong>di</strong> uomini a Cassano, Melzo e Rossa per scoprire i<br />

movimenti nemici. Avute tutte le sue truppe in campo, il duca farà tali progressi da togliere ai<br />

nemici la volontà <strong>di</strong> fare simili cose.<br />

In simile modo si è scritto a Morello <strong>di</strong> Parma, milite e commissario, Corrado da Fogliano e al<br />

luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>.<br />

1453 settembre 26, “apud Gaydum”.<br />

Iohanni de Christianis, castellano nostro Melegnani.<br />

Volendose l’inimici per ogni modo havere a fare male li facti loro per la venuta dela<br />

mayestà del re Renato con quelle altre gente tentarano fare qualche cosa per<br />

acquistare reputatione, et così havemo havuto informatione che de presente se partì<br />

dal loro campo una grande gente da pede et da cavallo per venire a fare una ponta lì.<br />

Pertanto, aciochè non gli rius(c)a el pensiero, nè possano far danno alcuno, te<br />

caricamo quanto più possemo a far fare bona guar<strong>di</strong>a, non iusendo tu fora del castello,<br />

e facendo fare dì e nocte tale provisione ***** guar<strong>di</strong>e al borgo che sinistro non possa<br />

intervenire; et così mandaray verso Casano e Melzo e Rossa a presentire Ii loro<br />

movimenti, certificandote che, giuncte che sarano esse gente qua in campo con la<br />

prefata mayestà del Re, faremo tali progressi che esse inimici se smenticaranno le cose<br />

de là. Sichè in questo tempo attende a salvarte bene. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xxvi<br />

septembris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum fuit:<br />

domino Morello de Parma militi et comissario et<br />

Conrado de Foliano, germano nostro, et locuntenenti Laude.<br />

300<br />

Francesco Sforza raccomanda al fratello Corrado <strong>di</strong> curare la sua convalescenza, vivendo<br />

allegramente e senza affanno per non poter essere in campo,<br />

specie ora in occasione della venuta <strong>di</strong> re Renato.<br />

77r Magnifico Conrado, fratri nostro.<br />

(1453 settembre 26, “apud Gaydum”).<br />

Nuy havemo per più vie inteso che, secundo el male tu hay havuto, adesso te retrovi a<br />

stare asay bene et quasi libero et guarito, del che nuy ne havemo singulare piacere,<br />

sperando che presto tu te reduray a perfecta salute, salvo se tu istesso non te fay male.<br />

Et questo <strong>di</strong>cemo, perchè intendemo che da puoi è venuta in questa parte la mayestà<br />

del re Renato, tu pren<strong>di</strong> affanno, perchè non sei bene libero adeo ch’el ti pare non<br />

podere venire anchora tu con gli altri nostri contra li nostri inimici, el che sentemo te ha<br />

facto nocimento asay et credemo che, perseverando in quello, te poderia senza fallo


fare grande male, che a nuy despiaceria e noceria molto. Et perché havemo nuy<br />

desiderio cha tu guarischi liberamente et che non staghi per sempre infirmo, te<br />

confortiamo ad attendere solamente a guarire et non havere altro pensiero nè affanno,<br />

imo ad darti de bona voglia et vivere alegramente, perchè, dappuoy seray bene guarito,<br />

poderay venire da nuy, et nuy poderemo recevere più servitio da ti, che se mò te volesti<br />

affannare et remanesti poi per sempre infirmo. Sichè sforzate de vivere alegramente et<br />

darti de bona voglia et attendere a guarire, che a nuy sarà più caro. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

301<br />

Francesco Sforza scrive al me<strong>di</strong>co Sebastiano de Bassinis, che ha in cura suo fratello Corrado,<br />

d’essere contento per aver da lui inteso che Corrado sta meglio, ma che lo turba l’affanno che il<br />

fratello ha <strong>di</strong> tornare presto in campo. Come gli ha suggerito, gli scrivere <strong>di</strong> vivere serenamente<br />

e <strong>di</strong> attendere a rimettersi del tutto in salute.<br />

(1453 settembre 26, “apud Gaydum”).<br />

Egregio artium et me<strong>di</strong>cine doctori domino Sebastiano de Bassinis, <strong>di</strong>lecto nostro.<br />

Havemo recevuto la vostra lettera de dì xxiiii, per la quale ne scriveti del’essere et dela<br />

con<strong>di</strong>tione de Conrado, nostro fratello, et cetera; ala qual, respondendo, ve <strong>di</strong>cemo che<br />

havemo avuto molto caro intendere per vostra lettera intendere (a) el stato suo, et ne<br />

contentiamo ch’el staghi bene, et ne havemo piacere asay. Ma del suo affano et<br />

fantasia ne prendemo senza fallo grande <strong>di</strong>spiacere, perché, como ne scriveti, gli poria<br />

fare questo grande nocumento, ma confi<strong>di</strong>amose in la virtute vostra che gli attenderà<br />

con tale <strong>di</strong>ligentia che, quemadmodum lo ha cavato del maiore periculo, etiam lo caverà<br />

de questo, et reduceralo ala pristina salute. Nuy gli scrivemo per l'aligata como vuy ne<br />

ricordati, confortandolo a darse piacere et de bona voglia, perchè dappuoi serà ben<br />

libero se poterà condurse con nuy ad queste imprese de qua, sichè per questa attenda<br />

pure a guarire et ad darsi de bona voglia, como per quella vuy vederiti. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

(a) Così in A.<br />

302<br />

Francesco Sforza esprime a Corrado da Fogliano la sua sorpresa per aver appreso da quanto<br />

gli hanno scritto i soldati <strong>di</strong> Melzo che essi vogliono, prima <strong>di</strong> cavalcare, essere pagati, mentre<br />

dovrebbero più degli altri essere <strong>di</strong>ponibili in questo momento in cui crede <strong>di</strong> “fracassare” i<br />

nemici. Sebbene abbia scritto ad altre truppe <strong>di</strong> mettersi subito in cammino e <strong>di</strong> passare l’Adda,<br />

anche in assenza <strong>di</strong> re Renato, vuole che Corrado pre<strong>di</strong>sponga i suoi soldati e quelli <strong>di</strong> Melzo in<br />

modo tale da potersi, al suo passaggio, affiancare il re.<br />

77v Magnifico Conrado de Foliano.<br />

1453 settembre 26, “In castris nostris apud Gaydum”.<br />

Havemo recevuto la toa lettera con la inclusa lettera, quale te hanno scripto quelli nostri<br />

soldati da Melzo, et inteso quanto tu et loro scriveti, <strong>di</strong>cemo che ne maravigliamo che Ii<br />

tuoi soldati fazano <strong>di</strong>fficultà nel cavalchare, como per Ie nostre havemo scripto, con <strong>di</strong>re<br />

che vogliono <strong>di</strong>nari, et cetera, perchè loro doveriano essere più solliciti che Ii altri tuti,<br />

maxime in questo tempo nel qual speramo fracassare Ii nostri inimici. Per la qual cosa<br />

volemo che, recevuta questa, subito gli fazi mettere in or<strong>di</strong>ne senza alcuna per<strong>di</strong>tione<br />

de tempo per venirsene via de tracta. Et non obstante che per l'altre nostre habiamo<br />

scripto che venghono via subito et che passana de qua da Adda, etiam se la mayestà<br />

del re Renato non havesse passato; ma volimo bene che metti tal or<strong>di</strong>ne che <strong>di</strong>cti toy<br />

soldati, et cossì quelIi nostri sonno a Melzo, ali quali scrivemo che stiano talmente in<br />

puncto et apparechiati che, como (a) passarà il prefato serenissimo Re, loro anchora in<br />

quelo dì medessimo possano passare. Et cerchi ciò metteli tale pensiero che non<br />

segua veruno manchamento, avisandoti che a <strong>di</strong>cti soldati da Melzo scrivemo in simile


forma, sichè intenderaite cum loro et farali vegnire via insieme cum Ii <strong>di</strong>cti toy, acioché<br />

possano tucti insieme passare Adda in quello proprio dì che paserà la mayestà del Re.<br />

Data in castris nostris apud Gaydum, xxvi septembris 1453.<br />

Bonifacius.<br />

Dupplicata <strong>di</strong>e sequenti.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue farà depennato.<br />

303<br />

Francesco Sforza scrive a Pietro da Norcia, luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, <strong>di</strong> aver inteso che da alcuni e,<br />

in particolare, dal “prevedo da Paderno” si è messo mano ai beni concessi al suo famiglio<br />

Scaramuccio. Il suo <strong>di</strong>sappunto si rivolge in paticolare contro <strong>di</strong> lui, perchè non doveva<br />

consentire che ciò avvenisse “senza...saputa e licentia” del duca. Comanda che tutto venga<br />

puntualmente restituito e gliene si <strong>di</strong>a notizia nella prima lettera che Pietro gli manderà.<br />

(1453) settembre 26, “apud Gaydum”.<br />

78r Spectabili domino Petro de Nursia, locuntenenti nostro Laude.<br />

Havemo intesso che per alcuni de quela nostra cità e, in spicialità, per lo prevedo da<br />

Paderno è stata facta novità in alcuni deIi beni, quali havevamo concessi ad<br />

Scharamuceto, nostro famiglio; dela qualcossa ne havimo pigliata gran<strong>di</strong>ssima<br />

admiratione, maximamente de vuy, perchè, se alcuna persona gl’è che prettenda<br />

raxone alcuna in <strong>di</strong>cti beni, doveva havere recorsso da nuy e rechiedere raxone, et non<br />

andare de facto nè de soa autorità, nè voy gli lo dovevati consentire senza nostra<br />

saputa e licentia. Il perchè volimo e ve coman<strong>di</strong>amo expresamente per quanto haveti<br />

cara la gratia nostra che, subito receuta la presente, debiati fare revocare ogni novità<br />

facta in Ii <strong>di</strong>cti beni et restituire tucte biave e feno tolte interamente e fino a una ponta<br />

de stringa, che non li mancha niente, remettendo Ie cosse in quel grado e stato proprio<br />

che erano in prima e innanti che fosse facta la <strong>di</strong>cta novità, remota ogni exceptione et<br />

contra<strong>di</strong>ctione. E fa(r)eti per modo che la prima lettera che ne scrivereti ne certifica che<br />

cossì habiati exequito, perchè altramente crederessemo che non haveti intencione de<br />

obe<strong>di</strong>re, nè de mettere ad exequcione Ie nostre lettere. Apud Gaydum, xxvi septembris<br />

(1453).<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

304<br />

Francesco Sforza informa Galeazzo e Gabriele, fratelli de Bossi, che li sostituisce nella guar<strong>di</strong>a<br />

<strong>di</strong> quella rocchetta con i presenti portatori, che consegneranno loro il contrassegno che hanno<br />

con il duca. I fratelli consegnino ai nuovi arrivati la fortezza con le munizioni e le cose che vi si<br />

trovano, <strong>di</strong> cui consegneranno una copia dell’inventario, mentre un’altra se la tratterranno.<br />

Sppiano che questa sostituzione non è dovuta a sfiducia in loro, anzi riceveranno un “migliore<br />

avviamento che quello”.<br />

Galeaz et Gabriel, fratribus de Bossis.<br />

1453 settembre 26, “apud Gaydum”.<br />

Havemo deliberato non per alcuno vostro manchamento nè <strong>di</strong>fferencia che havesemo<br />

maxime de vuy, ma per certo altro <strong>di</strong>gno rispecto, che tacimo al presente, de mettere in<br />

vostro scontro ala guar<strong>di</strong>a de quela nostra rocheta li presenti portatori, li quali ve<br />

assignarano etiam<strong>di</strong>o lo contrasigno, quale haveti con nuy, sichè daritilli loco et<br />

assignaritili la forteza cum Ie monitione et cosse nostre che sonno in essa per<br />

inventario, del quale tenereti una copia apresso voy, et un’altra dariti a loro acioché, a<br />

nostro piacere, possiamo vedere le monicione e cosse che sono in essa. Et de questa<br />

mutacione non ne pigliati affanno, che non la facimo per nisuno captivo rispecto, né<br />

perché non habiamo de voi bonissimo concepto; et che questo sia el vero, ve<br />

certificamo 78v che infra pochi dì ve provederimo d'uno cossì bono et megliore<br />

aviamento che quello, sichè dativi bona voglia che usanza è che se fa de simile


permutacione per li rispecti, quali sempre non se <strong>di</strong>cono. Data apud Gaydum, xxvi<br />

septembris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit.<br />

Cichus.<br />

305<br />

Francesco Sforza avvisa Corrado da Fogliano e il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che ha deliberato <strong>di</strong><br />

sostituire, ma non per demerito, Galeazzo e Gabriele, castellani della rocchetta dell’Adda. Ha<br />

scritto a Foschino <strong>di</strong> mandare con lettere e contrassegni, fino a quando invierà il nuovo<br />

castellano, do<strong>di</strong>ci fanti dei più fidati <strong>di</strong> Porta Giovia, che Corrado e il luogotenente faranno<br />

entrare nella rocchetta, mentre gli uomini d’armi che vi stanno potranno venir via quando<br />

Corrado lo comanderà loro. Raccomanda al luogotenente <strong>di</strong> non far ricorso alla corda con il<br />

detenuto Ficiarto, ma <strong>di</strong> alternare con lui buone parole e minacce per cavargli quanto si può.<br />

(1453 settembre 26, “apud Gaydum”).<br />

Magnifico Conrado de Fogliano et locuntenenti nostro Laude.<br />

Deliberando nuy schambiare li castellani dela rocheta de Adda de quella nostra cità,<br />

non perchè non habiamo per fidatissimi Galeaz e Gabriele, ali quali omninamente<br />

farimo bona provisione d’altro aviamento, havimo scripto a Foschino che per alcuni dì,<br />

mentre man<strong>di</strong>amo el castelano novo, debbia mandare li do<strong>di</strong>ci fanti deli nostri deli più<br />

fidati del nostro castello de Porta Zobia, sichè, cum primum serano lì cum le lettere e<br />

contrasigni, or<strong>di</strong>nariti che intrano in la <strong>di</strong>cta rocheta, et l'homini d’arme che stano dentro<br />

poterano vegnire via cum l’altri quando tu, Conrado, gli lo comanderay. Ceterum,<br />

respondendo ad una de voy, locotenente, circha el facto de Ficiarto substenuto, et<br />

cetera, non inten<strong>di</strong>mo né volimo che voy gli lassiati dare dela corda per adesso, ma che<br />

pur con bone parole e cum menaze ve<strong>di</strong>ate de cavare da luy tucto quello che poteti; et<br />

deinde havisatine dela confesione farà. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

306<br />

Francesco Sforza esprime ad Angelo Simonetta la sua sod<strong>di</strong>fazione per essere stato<br />

ragguagliato dalla sua consorte e da altri del come lei abbia adeguatamente con molti onorato re<br />

Renato. Si congratula con Angelo per i mille ducati e il messo mandati al signor Bonifacio<br />

perchè si muova e auspica che esplichi la stessa <strong>di</strong>ligenza con il re perchè presto si porti da lui<br />

con i soldati che può, senza attendere che tutti abbiano il necessario armamento. Tralascia per<br />

ora <strong>di</strong> dargli una risposta per quel che gli ha esposto Benedetto Doria: rinvia tutto a dopo aver<br />

“maturamente”inteso quanto <strong>di</strong>ce il vescovo <strong>di</strong> Marsiglia. Le 14000 lire mandategli sono giunte<br />

tempestivamente, perchè con esse e con gli altri denari inviatigli l’altro giorno e dell’altro che ha<br />

potrà per un poco contentare le truppe. Lo incita a mettersi alla ricerca <strong>di</strong> quant’altro occorre per<br />

sod<strong>di</strong>sfare del tutto il Colleoni e quelle fanterie che erano nell’ Alessandrino, senza scordare<br />

quello che in giornata gli ha ancora richiesto per appianare il rimanente che spetta ad altri<br />

condottieri, nella speranza che,così, non vi sia gente d’arme, come ha scritto Andrea da Birago,<br />

che arresta la sua marcia verso il campo. Venendo presto il re e tutte le truppe non dubita <strong>di</strong><br />

fargli sentire delle “novelle” per cui in vita sua il Simonetta non fu mai più contento. Ritiene che<br />

sia bene lasciar cadere l’offerta del Cassini. Quanto all’impresa della Geradadda, avrebbe avuto<br />

un senso se quella gente si fosse mossa prima, ma, essendo, al presente, prossimi all’inverno, è<br />

bene concentrare “qui ogni ... perforzo”.<br />

Infine, non ritiene opportuno rilasciare attualmente i citta<strong>di</strong>ni confinati ad Alessandria.<br />

79r Angelo Simonete.<br />

1453 settembre 25, “apud Gaydum”.<br />

Hoze havemo recevuto piu toe lettere de dì xx, xxi, xxii et xxiiii del presente, date a<br />

Pavia, per le quale restamo advisati copiosamente delle cose seguite fin alhora là<br />

presso ala mayestà del Re; ale quale, respondendoti, <strong>di</strong>cemo che del’honore et grate<br />

accoglientie facte ala prefata mayestà del Re et ali suoi per la illustrissima nostra<br />

consorte et per vuy altri per lettere dela prefata nostra consorte ne semo stati a


compimento avisati, et tuto quanto è stato facto et <strong>di</strong>cto, ad nuy è stato summamente<br />

grato et acepto et n'è piaciuto ogni cosa, et ne havemo senza fallo nel’animo nostro<br />

preso contentamento asay, perchè tucti ala reale haveti facto como se conveneva ala<br />

prefata mayestà del Re et al’honore nostro et como desiderava l’animo nostro. Ala<br />

parte delli mille ducati et messo mandato al signor Bonifatio, per levarlo hay facto<br />

benissimo, et così ne pare vogli usare ogni <strong>di</strong>ligentia et sollecitu<strong>di</strong>ne possibile con el Re<br />

et con chi bisogna, per modo che el <strong>di</strong>cto signore Bonifatio vegna presto et senza più<br />

tardare. Cossì anchora honestamente solicitaray la mayestà del Re al venire presto, et<br />

presto perchè non ne lassirimo più fugire questi pochi dì de bon tempo; et se ben<br />

qualchuno delli suoi non fusse anchora armato per questo, non se debbe restare a<br />

venire con l'avanzo, secundo tu prudentemente recordasti ala prefata soa mayestà. Ala<br />

parte de quanto ha exposto domino Bene<strong>di</strong>cto Doria non te <strong>di</strong>remo altro per questa, ma<br />

per un'altra ad tuto te faremo respuosta, perché intenderemo maturamente questa cosa<br />

con questo monsignore vescovo de Marsiglia, quale questa sira è giuncto qui et si gli<br />

pigliarà qualche bon partito. Ala parte dele libre XIIII milia de imperiali ne hay mandate,<br />

quale havemo facte portare qui, te <strong>di</strong>cemo che questi <strong>di</strong>nari sonno giuncti a tempo,<br />

perchè con questi et quelli che mandasti l'altro dì et con ogni pocha altra quantità,<br />

poremo refreschare per modo queste gente, che le poremo operare parechii dì et<br />

farano con questo favore che ne giunge ogni cosa volentieri. Confortiamoti et<br />

caricamoti quanto più possemo a prendere uno pocho de caricho dela expe<strong>di</strong>tione del<br />

resto del denaro del magnifico Bartolomeo Coglione et de quelle fantarie erano in<br />

Alexandrina, secundo scripsemo l’altro dì, et de quelli altri conducteri che restano pur<br />

havere denari asay dele loro assignatione, secundo hogi te havemo scripto per un'altra<br />

nostra, Ie quale gente speramo venerano tute via 79v de qua secundo tu scrivi,<br />

secondo ancora ne ha scripto Andrea da Birago, le quali anchora tu dal canto dellà<br />

fara(i) sollecitare et aggregare che non se demorino per lo camino, et che de dreto non<br />

ne resti veruno, secondo havemo or<strong>di</strong>nato, perchè venendo la <strong>di</strong>cta mayestà del Re et<br />

Ie <strong>di</strong>cte (a) gente presto, non dubitamo, quantunque el tempo sia breve, farte sentire<br />

presto tale novelle che ala vita tua non fusti may più contento, perché te parerà<br />

habiamo vincto et seremo eusiti da questi tanti travaglii et affanni. Ala parte delIa offerta<br />

te fu facta de Cassini, ad nuy non pare, como per l’altra nostra te scripsemo, movere al<br />

presente tal pratica né venirli a particularità veruna. Ala parte ch'el te pareria che se<br />

pigliasse la impresa de Ghiaradadda, te advisamo meglio che questa cosa l’havemo<br />

molto bene fra nuy più fiate debatuta; et se queste gente fosseno venute al principio de<br />

questo mese, quella impresa ne pareva se dovesse pigliare per assecurare Ie cose<br />

delIà da Adda. Ma siando sotto al'inverno, como semo, ne pare sia el meglio a far qui<br />

ogni nostro perforzo, perchè non dubitamo, con la gratia de Dio, far dele cose<br />

favorevole, et là et qua, dove seremo con la persona. Ala parte che te pare de lassare<br />

andare quelli cita<strong>di</strong>ni confinati ad Alexandria, et cetera, te <strong>di</strong>cemo che a nuy non ne<br />

pare per niente per molti boni respecti che per adesso ne sia licentiato veruno. Sichè<br />

poray dare ad ogniuno bone parole, como meglio te parerà, perchè, secundo Ie cose<br />

passerano. così se porrà deliberare el facto suo. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xxv<br />

septembris1453.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

(a) <strong>di</strong>cte in interlinea su altre depennato.<br />

307<br />

Francesco Sforza fa sapere al vescovo <strong>di</strong> Marsiglia <strong>di</strong> avere avute informazioni da Angelo<br />

Simonetta dei movimenti del re da Pavia a Chiaravalle, a Lo<strong>di</strong> e a Pizzighettone, movimenti<br />

confermatigli da Americo Sanseverino. Di ciò il duca ne ha avuto piacere, mentre l’ha turbato<br />

non poco, la notizia data a Pavia da Antonello Staglione, messo <strong>di</strong> Guglielmo <strong>di</strong> Monferrato, che<br />

Bonifacio sarebbe arrivato con 25 o 30 cavalli <strong>di</strong>sarmati. Ciò gli è parsa un’offesa per il re,<br />

essendosi <strong>di</strong>vulgata per tutta Italia la voce della venuta <strong>di</strong> Bonifacio con”bono numero de gente”,<br />

non solo, ma ciò ha <strong>di</strong>ffuso nei sud<strong>di</strong>ti sforzeschi timori per la “pocha seccureza delle cose<br />

(ducali) dellà”. Occorre, quin<strong>di</strong>, che il vescovo convinca il re a far pressioni con i signori del<br />

Monferrato perchè Bonifacio venga “con più numero de gente delle loro armate”. Ciò darà quiete<br />

ai sud<strong>di</strong>ti e anche al duca.<br />

1453 settembre 27, “apud Gaydum”.


80r Reverendo domino episcopo Massiliensi.<br />

Questa sera havemo recevuto lettere da Angelo Simoneta nostro consigliero per le<br />

quale ne scrive como la serenissima mayestà del Re heri matina se partì da Pavia et<br />

andò ad allogiare a Chiaravalle, et che domatina vener<strong>di</strong> se levaria da lì et veniria ad<br />

allogiare domane a sira a Lo<strong>di</strong> et sabba(to) a Pizguitone con Ie gente soe; et questo<br />

medesmo ne ha affirma Americho da Sanseverino per soe lettere, dela qual cosa<br />

restamo molto contenti et de bona voglia. Ma in la lettera de Angelo pre<strong>di</strong>cto se<br />

contene anchora como a Pavia era arivato Antonello Staglione, messo del signore<br />

Guiglielmo, et che fra l'altre cose Ii ha <strong>di</strong>cto como el signore Bonifatio veniva con<br />

qualchi xxv o xxx cavalli desarmati, et che venendo in questa forma Ii pariva satisfare<br />

ala mayestà del Re per quello l'ha promesso; dela qual cosa havemo preso despiacere<br />

et malanconia gran<strong>di</strong>ssima: prima perchè questo suo venire senza gente d’arme darà<br />

pocha reputatione ala mayestà soa, attento che hormay per tuta Italia è <strong>di</strong>vulgato et<br />

sparsa la fama dela venuta del signore Bonifatio con bono numero de gente; et poi<br />

anchora dà pur anchora a nuy umbreza et pocha seccureza delle cose nostre dellà, et<br />

farà stare Ii nostri sub<strong>di</strong>ti suspecti et dubiosi, per modo ne porria succedere al stato<br />

nostro qualche scandalo che non seria utile ala mayestà del Re nè a nuy. Il perchè ve<br />

vogliamo pregare et confortare che vogliati pregare et strengere la prefata mayestà del<br />

Re che servi tute quelle persuasione, recor<strong>di</strong>, vie et mo<strong>di</strong> che le parerano necessarie<br />

con quelli illustri signori de Monferrato che Ie man<strong>di</strong>no ala sua mayestà el signore<br />

Bonifatio con più numero de gente delle loro armate, et impuncto che Ii sia possibile,<br />

maxime havendo havuto Ii nostri <strong>di</strong>nari como hanno, et non dubitamo che stringendoli<br />

la mayestà soa con Ii mo<strong>di</strong> ch'ella porrà et saperà, seguirà de questo facto quello che<br />

nuy desideramo maxime per più secureza: quiete et reposo del’animo et mente nostra<br />

et delli nostri sub<strong>di</strong>ti. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xxvii septembris 1453.<br />

Iohannes.<br />

308<br />

Francesco Sforza dà atto ad Angelo Acciaioli e ad Angelo Simonetta d’aver inteso quanto lui,<br />

Simonetta, gli ha scritto degli spostamenti del re. La sua attenzione, però, è ferma all’altra<br />

comunicazione fatta da Antonello Staglione circa la venuta <strong>di</strong> Bonifacio con solo 25 o 30 cavalli<br />

“desarmati”. Il duca vuole che entrambi facciano pressione presso il re perchè Bonifacio venga<br />

con una buona scorta <strong>di</strong> gente armata, <strong>di</strong>ssipando in tal modo i dubbi del duca e dei sud<strong>di</strong>ti<br />

sforzeschi circa possibili sconvolgimenti della recente quiete sul fronte occidentale.<br />

(1453 settembre 25, “apud Gaydum”).<br />

80v Domino Angelo Azayolo et Angelo Simonete.<br />

Questa sera havemo recevute doe Iettere da ti, Angelo, l’una de dì 24 et l'altra de dì 26<br />

del presente per Ie quale restamo advisati sì del'andata dela mayestà del Re a<br />

Chiaravalle et del suo levarse venerdìi et seguire el camino dal canto de qua, come<br />

dele altre particularitade, aIe quale non accade fare altra respuosta non, ma ala parte<br />

de quello te ha <strong>di</strong>cto Antonello Staglione ch’el signore Bonifatio venerà senza gente et<br />

che solo menerà xxv o xxx cavalli desarmati, et cetera, et ve <strong>di</strong>cemo che nuy de zò ne<br />

trovamo, como posseti pensare, molto de mala voglia. II perchè volemo <strong>di</strong>cati ala<br />

mayestà del Re che questa venuta del <strong>di</strong>cto signore Bonifatio in questa forma darà<br />

pocha reputacione ala soa mayestà, attento che hormay per tuta Italia è <strong>di</strong>vulgato et<br />

sparsa la fama dela venuta del <strong>di</strong>cto signore Bonifatio con bono numero de gente; et<br />

poi anchora dà pur a nuy umbreza et pocha secureza delle cose nostre dellà et farà<br />

stare li nostri sub<strong>di</strong>ti suspecti et dubiosi per modo ne poria succedere al stato nostro<br />

qualche scandalo, che non seria utile ala mayestà del Re, nè a nuy. II perchè ve<br />

vogliamo confortare et pregare che vogliati pregare et strengere la prefata mayestà del<br />

Re che servi tute quelle persuasione, accor<strong>di</strong>, vie et mo<strong>di</strong> che Ii pareranno necessarie<br />

con quello illustre signore de Monferrato che Ii man<strong>di</strong>no ala soa mayestà el <strong>di</strong>cto<br />

signore Bonifatio con più numero de gente deIi loro armate et imponcto che Ii sia<br />

possibile, allegandogli vuy quelle ragione che ve parerano. Data ut supra.<br />

Iohannes.


309<br />

Furono fatte lettere credenziali al cancelliere ducale Alessandro <strong>di</strong> San Nazzaro per Bartolomeo<br />

Colleoni con quanto sottoriportato. Il duca conferma al Colleoni <strong>di</strong> aver or<strong>di</strong>nato “certi pochi<br />

<strong>di</strong>nari” ai fanti rimasti ad Alessandria, ma lo accerta che anche i suoi soldati avranno la loro rata.<br />

Quanto al dare alloggiamento ai cavalli e alle persone malate, il duca preferisce che essi, ma<br />

nel minore numero possibile, siano lasciati a Calendasco e a San Iumento, avendo cura <strong>di</strong><br />

condurgli quanta più gente e cavalli può.<br />

In simile forma ad Americo Sanseverino,<br />

In simile forma a Giovanni Caymo, commissario <strong>di</strong> Pizzighettone.<br />

81r Die xxvii septembris.<br />

(1453) settembre 27, s.l.<br />

Facte fuerunt littere credentiales ser Alexandro de Sancto Nazario, cancellario nostro,<br />

in personam magnifici Bartholomei de Coleonibus cum infrascriptis partibus videlice:<br />

respondendo ala vostra, data aIi 25, et primo, ala parte prima che haveti sentito che<br />

havemo facto dare certi <strong>di</strong>nari a quelle fantarie nostre che erano in Alexandrina, <strong>di</strong>cemo<br />

chi l'è vero che havemo or<strong>di</strong>nato che siano dati certi pochi <strong>di</strong>nari a <strong>di</strong>cti fanti et<br />

recevendoli, serà ragionevole che anchora li vostri habiano la rata soa; e così<br />

or<strong>di</strong>naremo. Ala parte de farve dare allozamento per Ii cavalli et persona malate,<br />

<strong>di</strong>cemo che siamo contenti che Ii lassati a Kalendasco e a San Iumento. Ben ve<br />

confortiamo et caricamo che gli ne vogliati lassare mancho che possiati et che menati<br />

più gente et cavalli che ve sarà possibile, perché inten<strong>di</strong>ti la importantia del facto, ad li<br />

quali scrivemo oportunamente sopra ciò.<br />

Ser Alexander de Sancto Nazario.<br />

In simili forma Americo de Sancto Severino et<br />

Iohanni Caymo, comissario Pizleonis.<br />

Iohannes.<br />

310<br />

Francesco Sforza scrive al lo<strong>di</strong>giano Paolo de Brachis <strong>di</strong> comprendere i sentimenti che lo<br />

spingono a chiedere che i soldati <strong>di</strong> Corrado abbiano a rimanere lì. Ha <strong>di</strong>sposto che vengano via<br />

con gli altri e l’assicura che si faranno tali progressi da <strong>di</strong>stogliere i nemici dal pensare alle cose<br />

<strong>di</strong> lì. Sia, però, sempre vigilante su quanto avviene in quella città.<br />

Paulo de Brachis, civi Laudensi.<br />

(1453 settembre 27, “apud Gaydum”).<br />

Havemo recevuto le vostre Iettere scrite con bono amore e fede, qual portate a nuy et<br />

al stato nostro circha el far restare lì quelle gente del magnifico Conrado, nostro fratello,<br />

dele quale ve comen<strong>di</strong>amo, ma non<strong>di</strong>meno havemo omninamente proponuto de farle<br />

levare e venire via con l'altri, certificandovi che faremo tali progressi che l'inimici nostri<br />

se scorderano le cose de là. E dativene de bona voglia confortave bene a stare<br />

vigilante, como siti usato a quanto fosse da provedere circha le occurrentie in quella<br />

nostra cità. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

311<br />

Francesco Sforza ripete a suo fratello Corrado,, quantunque crede che già l’abbia fatto, <strong>di</strong> tenere<br />

pronti i suoi soldati a passare l’Adda nello stesso giorno che lo farà re Renato.<br />

Magnifico Conrado fratri nostro.<br />

(1453 settembre 27, “apud Gaydum”).<br />

Sì como heri per altre nostre te scripsemo, così per questa te repplicamo, benchè<br />

cre<strong>di</strong>amo che l’haveray facto, (a) che talmente habii in puncto Ii toy che subito siano a


cavallo per passare Adda quello medesmo dì che passarà la serenissima mayiestà del<br />

Re; et non gli intervenga fallo, nè <strong>di</strong>mora alcuna. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) facto in interlinea.<br />

312<br />

Francesco Sforza conferma ad Angelo Simonetta <strong>di</strong> aver preso atto <strong>di</strong> quanto Benedetto Doria<br />

ha riferito a re Renato e del parere dato dal sovrano, che poi tutto gli ha fatto sapere per scritto e<br />

a viva voce me<strong>di</strong>ante il vescovo <strong>di</strong> Marsiglia, per il cui tramite il duca ha, a sua volta comunicato<br />

quanto ha fatto e fa a beneficio del doge <strong>di</strong> Genova. Siccome vuole che Angelo sia aggiornato<br />

della faccenda genovese, il duca gli rivela <strong>di</strong> aver chiesto a Giovanni Filippo, rinviandogli i suoi<br />

messi Otto e Prospero e mandandogli Giovanni dalla Guar<strong>di</strong>a, <strong>di</strong> metter fine alle offese che fa al<br />

doge, <strong>di</strong>cendosi pronto ad attaccarlo se non la smettesse. Non solo, ma ha rimandato il messo<br />

<strong>di</strong> Ludovico Campofregoso con la sollecitazione da parte ducale <strong>di</strong> abbandonare Giovanni<br />

Filippo, come, peraltro, ha saputo che altrettanto vogliono i Fiorentini. Informato dal vescovo che<br />

re Renato vuol mandare un suo messo a Giovanni Filippo, il duca ha deciso <strong>di</strong> farlo affiancare<br />

da un suo inviato. A questo fine manda ad Angelo due fogli con la sottoscrizione ducale per “doe<br />

lettere de credenza”, l’una al doge e l’altra a Giovanni Filippo con quanto (per evitare equivoci)<br />

detto ai menzionati Otto, Prospero e dalla Guar<strong>di</strong>a.<br />

Il duca poi farà rimarcare al sovrano il vantaggio che ne deriverà dalla cessazione della guerra <strong>di</strong><br />

Giovanni Filippo: non dubita che allora i Genovesi “fariano anchora spesa delle decemilia ducati<br />

che tochano ad loro et ad nuy”. Siccome non si può accontentare Benedetto Doria, lo Sforza<br />

suggerisce al re <strong>di</strong> volerlo ora portare (“como da sì”) fin dal duca, nella speranza <strong>di</strong> rimandarlo<br />

poi a Genova del tutto contento.<br />

Il vescovo <strong>di</strong> Marsiglia fa forti insistenze da parte del re per contribuire alle spese <strong>di</strong> Guglielmo<br />

<strong>di</strong> Monferrato che per cinque mesi ammontano a 3000 ducati, avendo il sovrano già scritto a<br />

Genova e a Firenze per una quota <strong>di</strong> mille ducati mensili. Ad Angelo il duca affida il compito <strong>di</strong><br />

perorare l’esenzione <strong>di</strong> tale spesa, <strong>di</strong>cendosi, però, <strong>di</strong>sposto, in caso <strong>di</strong> rifiuto, a versare 1000<br />

ducati mensili, e non <strong>di</strong>menticando <strong>di</strong> sottolineare d’aver già dato 1000 ducati al fratello <strong>di</strong><br />

Guglielmo, Bonifacio e, comunque, assicura che si troverà modo <strong>di</strong> trovare, a tempi debiti, i<br />

restanti 4000. E, a proposito <strong>di</strong> Bonifacio, insiste perchè il Simonetta faccia osservare al re la<br />

necessità che Bonifacio “meni più gente con sì del signor Guglielmo che sia possibile”, perchè<br />

così “li <strong>di</strong>nari non se spenderano indarno”.<br />

Altrimenti sarà sempre possibile un voltafaccia <strong>di</strong> Guglielmo per impadronirsi <strong>di</strong> Alessandria,<br />

mentre a Bonifacio non sarà <strong>di</strong>fficile passare dai Veneziani.<br />

81v Angelo Simonete.<br />

1453 settembre 27, “apud Gaydum”.<br />

L'altro heri recevessemo la toa lettera de dì xxi del presente per la quale restamo<br />

advisati de quanto haveva referito ala mayiestà del Re domino Bene<strong>di</strong>cto Doria, et<br />

cossì del parere et voluntà d'essa mayestà et toa; el quale Re ne ha scripto anchora<br />

sopra ciò per soa lettera et mandato a <strong>di</strong>re a bocha per lo reverendo monsignore lo<br />

veschovo de Marseglia assay largamente; et per esso monsignore man<strong>di</strong>amo a <strong>di</strong>re al<br />

prefato Re quello havemo facto et facemo de presente et quanto se pò fare in benefitio<br />

delo illustre duxe de Zenoa perchè se mantenga in quello stato; et cerca ciò la resposta<br />

che facesti al prefato Re n’è molto piaciuta. Et perchè inten<strong>di</strong> quello che de presenti<br />

havemo operato et operiamo in a<strong>di</strong>uto del <strong>di</strong>cto duxe, te advisamo che, havendo<br />

mandato qui Zohanne Filippo uno messer Otto et un altro Prospero, suoi messi, Ii<br />

havemo mandato a <strong>di</strong>re largamente et per loro et per Zohanne dala Guar<strong>di</strong>a<br />

liberamente l'animo et l'ultima voluntà nostra che, se’l non se leva dale offese del<br />

pre<strong>di</strong>cto duxe, nuy li faremo fare guerra mortale, se ben dovessemo lassare questa<br />

impresa. Anchora havemo mandato a <strong>di</strong>re a domino Lodovicho da Campofregoso per<br />

uno suo messo, quale mandò qui ad nuy, et etiam<strong>di</strong>o scripto caldamente per nostre<br />

Iettere che omnino se levi dali favori del <strong>di</strong>cto Zohanni Filippo et se ne retorni ad casa,<br />

et così anchora ne è stato scripto et mandato a <strong>di</strong>re per parte deli signori Fiorentini, el<br />

qual non dubitamo ch'el se leverà subito dale offese del prefato duxe. Per le quale cose<br />

se ren<strong>di</strong>amo certi che <strong>di</strong>cto Zohanne Filippo se destolerà da quella impresa et se<br />

retrarà verso casa soa et se inclinerà a fare la tregua con esso duxe, et deinde con li<br />

boni mo<strong>di</strong> che se usarano, se condurà voluntera ad venire a bono asecto con esso


duxe. Et perchè el prefato monsignore ne ha rechiesto per parte del Re che, havendo<br />

deliberato la mayestà soa, per più aconzo dele pre<strong>di</strong>cte cose, mandare 82r uno suo al<br />

<strong>di</strong>cto Zohanne Filippo, vogliamo anchora mandare un altro per parte nostra con lo <strong>di</strong>cto<br />

suo. Et havendoli nuy respuosto che nuy semo molto contenti de mandargelo, volimo<br />

che tu trovi una persona sufficiente et intendente et, intendendote con la prefata<br />

mayestà del Re de quello gli pare se man<strong>di</strong> a <strong>di</strong>re al <strong>di</strong>cto Zohanne Filippo; et al duxe li<br />

faray fare una instructione per nostra parte de quanto haverà a <strong>di</strong>re et fare. Et azò ch’el<br />

sia creduto, te man<strong>di</strong>amo qui alligati duy fogli sottoscripti de nostra mano in li quali<br />

faray fare doe lettere de credenza <strong>di</strong>rective ali <strong>di</strong>cti duxe et Iohanni Filippo in persona;<br />

de che manderay referendo et confirmando la ambaxiata con quello li haverano per<br />

nostra parte referito li pre<strong>di</strong>cti suoi messi et Iohanne dela Guar<strong>di</strong>a, azò che non Ii segua<br />

cosa alcuna contra<strong>di</strong>ctoria.<br />

Apresso havemo <strong>di</strong>cto et recordato al prefato monsignore che per non potersi al<br />

presente satisfare al <strong>di</strong>cto domino Bene<strong>di</strong>cto circha le rechieste soe, ne pare ch’el sia<br />

meglio ch’ella mayestà del Re, como da sì, lo induchi a menarlo con sì fin qui, che<br />

lassarlo retornare a Zenoa non ben contento, perché, venendo qui per Ie cose<br />

favorevole succederano sì in questa impresa, sì per la partita farà domino Lodovico<br />

pre<strong>di</strong>cto dale offese del duxe, como è <strong>di</strong>cto, sì per Ie respuoste che facilmente<br />

haveremo da Zoanne Filippo, che anchora luy (a) haverà mutato proposto, sì anchora<br />

per quello che fra la mayestà del Re et nuy li daremo, speramo remandarlo ben<br />

contento et satisfacto. Sichè, conferendo de questo et dele altre cose <strong>di</strong>cte de sopra<br />

con lo magnifico domino Angelo, nostro compare, poray <strong>di</strong>re de questo nostro parere<br />

ala prefata mayestà del Re, confortandola omnino che operi, con quelli megliori mo<strong>di</strong><br />

che li parerà, ch'el conduchi de qua el <strong>di</strong>cto domino Bonifatio, non monstrando con<br />

veruno altro che questo sia nostro motivo.<br />

Ceterum el sopra<strong>di</strong>cto monsignore ne ha molto astrecti per parte dela mayestà del Re<br />

che nuy vogliamo per una parte contribuire ala spesa del signore Guiglielmo, quale è<br />

per infino a ferraro, che sonno mesi cinque a iii milia ducati per mesi, et che luy ha<br />

scripto a Zenoa et a Fiorenza che ancora loro contribuiscano per ducati mille per pasto<br />

el mese, et che con effecto 82v vogliamo or<strong>di</strong>nare et scrivere che la rata nostra delli<br />

mille ducati se paghi mese per mese. Et perché, Angelo, tu say quanto havemo el<br />

podere de fare questa expesa, ne pare, et così vogliamo debbi servare modo con la<br />

prefata mayestà del Re et per ogni altra via te parerà, che nuy non siamo strecti et<br />

obligati a far <strong>di</strong>cta spesa, ma che se veda de adaptare quando el sia possibile che altri<br />

la pagasseno, ma pur quando altro fare non se possa, nuy restamo contenti de pagarli,<br />

et porai <strong>di</strong>re como già havemo comenzato a pagare li mille ducati dati al signore<br />

Bonifatio, et lo resto, che seriano iiii milia ducati, se troverà el modo de pagarli aIi tempi,<br />

ma che sapesse adaptare la cosa; et levandose via la guerra de Zohanne Filippo, non<br />

dubitamo Zenoesi fariano anchora questa spesa delli x mila ducati che tochano ad loro<br />

et ad nuy. Vogli sopra tute l'altre cose confortare la mayestà del Re che gli piaza<br />

servare modo ch'el signore Bonifatio venga via presto et ch’el meni più gente con sì del<br />

signore Guiglielmo che sia possibile, perchè, primo, ne caveremo qualche utilità, et li<br />

<strong>di</strong>nari non se spenderano indarno, et poi ne parerà essere più securi del <strong>di</strong>cto signore<br />

Guiglielmo, perchè, quando se vedesse debile de gente dellà, non li bastaria l’animo a<br />

pigliare impresa alcuna contra nuy; ma quando el fratello fusse de qua in pochi et<br />

volendo luy far male, faria fugire el <strong>di</strong>cto suo fratello dal canto de Venezia, et possendo<br />

torre Alexandria, se la torria, et non guardaria ale roche de San Salvatore et Borgo San<br />

Martino, quale seriano da per loro assi<strong>di</strong>ate. Parne anchora che debbi indure la<br />

mayestà del Re a vedere de havere in le mano la rocha et Cassine, attento ch’el ne fo<br />

dato ad intendere che l’haveria in le mane doe altre forteze de quelle del marchexe,<br />

ultra quelle de San Salvatore, perché vinceressemo de quelle cose dellà tanto più<br />

securo. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xxvii septembris 1453.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue meterà depennato.<br />

313<br />

Francesco Sforza rispondendo ad Angelo de Acciaiolis si sofferma innanzitutto sull’andata da re<br />

Renato <strong>di</strong> Benedetto Doria per conto del doge <strong>di</strong> Genova per sottolineare <strong>di</strong> essere stato<br />

appieno informato, sia dal re che da Angelo Simonetta e dal vescovo <strong>di</strong> Marsiglia, <strong>di</strong> quel che


ichiede il doge e della volontà del re <strong>di</strong> aiutarlo. Rinvia a quel che gli <strong>di</strong>ranno Angelo e il<br />

vescovo l’informazione <strong>di</strong> ciò che lui, duca, farà a favore del doge. Ha avuto da Firenze la notizia<br />

che gli verrà rimandato suo fratello Alessandro con i figli <strong>di</strong> ser Michele, che gli si faranno avere<br />

10000 ducati. Si <strong>di</strong>ce impossibilitato a favorire il fratello <strong>di</strong> Abraam, per essersi già impegnato<br />

con un altro per quel beneficio. Fa poi sapere all’Acciaioli <strong>di</strong> aver espresso, in conformità del suo<br />

parere, al vescovo <strong>di</strong> Marsiglia quello che riteneva necessario circa l’invio <strong>di</strong> ambasciatori regi a<br />

Venezia. Lo esorta, quantunque sia superfluo il <strong>di</strong>rglielo, a sollecitare il re a muoversi. Gli<br />

ricorda, infine, che Guglielmo da Moliono lo aspetta in campo.<br />

83r Domino Angelo de Azayolis.<br />

1453 settembre 27, “apud Gaydum”.<br />

L’altro heri recevessemo la vostra lettera de dì xxi del presente per la quale restamo<br />

advisati de quello era occorso in quello dì presso la mayestà del Re; et perché ne<br />

tochati nel principio de <strong>di</strong>cta lettera dela venuta de Bene<strong>di</strong>cto Doria per parte del doxe<br />

al prefato Re et che de quanto Ii haveva exposto per lettere de Angelo Simoneta<br />

seressemo avisati, ve <strong>di</strong>cemo respondendove che, sì per Iettere dela mayestà del Re,<br />

sì per Iettere del <strong>di</strong>cto Angelo, sì ancora per quello ne ha refferito monsignore lo<br />

vescovo de Marsiglia, semo a compimencto restati advisati de quanto rechiede el<br />

prefato doxe et dela voluntà dela mayestà del Re in a<strong>di</strong>utarlo, et cetera; et dandone<br />

alcuni advisi de zò ad Angelo (a) de quanto in favore d'esso duxe de presente havemo<br />

facto et de quanto ne pare se debbia fare per mantenere <strong>di</strong>cto duxe in quello stato et<br />

nostro amico, non ne curamo darvene per questa lettera altro impazo, perchè et da<br />

Angelo pre<strong>di</strong>cto et da esso vescovo intenderiti el tuto. Da Fiorenza hoge havemo lettere<br />

daIi nostri sonno là de dì xx del presente, como tandem per quella comunità se è<br />

deliberato de mandarne de qua Alexandro, nostro fratello, con li figlioli de messer<br />

Michele et de subvenirne apresso de presenti de ducati x milia, et che le altre gente<br />

andavano a campo a Soverano; Ie quale gente, se vengono anchora loro et presto<br />

finchè havemo questo pocho tempo, non dubitamo faciano ale cose de qua optimo<br />

fructo. Al fratello de Abraam al presente non possemo provedere de quello beneficio<br />

che ne scriveti, perchè già ben dì sonno ne provedessemo ad altra persona per modo<br />

non porressemo con nostro honore revocare quello è facto et promesso, ma non dubiti<br />

che gli ne accaderano delli altri delli quali porremo habelmente provederli secundo<br />

meritano la virtù et fede sua verso nuy. Ad quella parte de mandare ambaxiatori a<br />

Venezia per parte del Re, et cetera, havemo respuosto quello ne è parso necessario al<br />

prefato monsignore secondo el parere et recordo vostro. Confortiamove, quancunque<br />

siamo certi non bisogni, ad sollicitare el prefato Re al venir via, et che non tar<strong>di</strong> più,<br />

perchè non Ii avanza più tempo da perdere, como vedeti vuy medesmi. Domino<br />

Guiglielmo da Moliono, como per altre ve havemo scripto, expecta la venuta vostra qui.<br />

Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xxvii septembris 1453.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue Simonetta depennato.<br />

314<br />

Francesco Sforza scrive a re Renato <strong>di</strong> essere informato sia dell’andata da lui <strong>di</strong> Benedetto<br />

Doria per conto del doge e della comunità <strong>di</strong> Genova, come <strong>di</strong> aver saputo anche da Angelo<br />

Acciaioli, Angelo Simonetta e dal vescovo <strong>di</strong> Marsiglia <strong>di</strong> quanto caldamente il re gli raccoman<strong>di</strong><br />

la sicurezza <strong>di</strong> quello stato minacciato dalla guerra <strong>di</strong> Giovanni Filippo Fieschi. Lascia al predetto<br />

vescovo, informato da lui <strong>di</strong>ffusamente degli interventi ducali per Genova, il compito <strong>di</strong> parlargli<br />

<strong>di</strong> ciò.<br />

Sono stati concessi otto giorni <strong>di</strong> congedo al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>.<br />

83v Serenissimo regi Renato.<br />

1453 settembre 27, “apud Gaydum”.<br />

L'altro heri recevi la lettera dela serenità vostra de dì xx del presente continente la<br />

venuta ad la mayestà vostra de Bene<strong>di</strong>cto Doria per parte del’illustre duxe et magnifica<br />

comunità de Zenoa, et ho inteso a pieno quanto strectamente et affectuosamente me<br />

recomanda la salute de quello stato per lo extremo periculo in lo quale al presente se


etrova per rispecto dela guerra Iì fa Zohanne Filippo del Fiesco; et ho inteso quanto<br />

circa <strong>di</strong>cta materia ne hanno scripto domino Angelo Azayolo et Angelo Simoneta per<br />

commissione dela prefata mayestà, et ultimamente quanto a bocha <strong>di</strong>ffusamente me ha<br />

referito sopra <strong>di</strong>cta materia el reverendo monsignore vescovo de Marsiglia in nome<br />

d’essa vostra mayestà. Et perchè a longo ho respuosto al prefato monsignore et<br />

informatolo largamente deIe provisione che circa ciò sonno facte per mi et de quello se<br />

pò fare, non curarò per questa mia lettera in scrivere altro ala mayestà in questa parte,<br />

attento che dal prefato monsignore restarà informata a pieno, ala quale me recomando.<br />

Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xxvii septembris 1453.<br />

Iohannes.<br />

Die xxviiii septembris.<br />

Concesse fuerunt Iittere locumtenenti Laude pro se absentando ab officio suo spatio<br />

<strong>di</strong>erurn octo, pro suis negotiis et proficien<strong>di</strong>s.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

315<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na ad Ambrogio de Crivellis, podestà <strong>di</strong> Varese, <strong>di</strong> far avere con rito<br />

sommario a Giacomo da Castronno i denari <strong>di</strong> cui constaterà essere cre<strong>di</strong>tore da Obizzo de<br />

Castiglione e dagli ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> Beltramolo in modo che, a sua volta, sal<strong>di</strong> i conti che ha con il duca.<br />

1453 settembre 29, “apud Gaydum”.<br />

84r Egregio doctori domino Ambroxio de Crivellis, <strong>di</strong>lecto potestati nostro Varexii.<br />

Perchè nuy havemo de presente certa quantita de <strong>di</strong>nari da Iacomo da Castrono,<br />

nostro podesta de Lo<strong>di</strong>, pertanto, constandove prius de debito, perchè esso Iacomo<br />

<strong>di</strong>ce dovere havere certa quantita de <strong>di</strong>nari da Obizo de Castiglione et daIi here<strong>di</strong> de<br />

Beltramolo, volimo gli faciati rasone summaria et expe<strong>di</strong>ta per modo esso Iacomo con<br />

celerità consegua el debito per potere satisfare ad nuy. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xxviiii<br />

septembris 1453.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

3<strong>16</strong><br />

Francesco Sforza scrive a Bolognino de Attendolis <strong>di</strong> aver fatto <strong>di</strong> tutto per scoprire i colpevoli<br />

del tumulto scoppiato a Pavia e, per ultimo, ha mandato il capitano <strong>di</strong> giustizia. Ha saputo che<br />

questi non si muove affatto celermente, ma ha, anzi, intascato cento ducati. Il duca vuole che si<br />

accerti <strong>di</strong> ciò e, cautelosamente sottoponga a stretto interrogatorio il vicario del podestà, che, da<br />

quel che ha inteso, è informato <strong>di</strong> questa faccenda.<br />

Comiti Bolognino e Attendolis.<br />

1453 settembre 29, “apud Gaydum”.<br />

Havemo fata quanta instantia sia possibile per sapere quali sonno stati li principali<br />

colpevoli et incitatori de quello tumulto fato in quella nostra cità et li dì passati per la<br />

giostra del rectore per farli punire, como rechiede tale e cossì fato scandaloso acto; e<br />

como potete havere inteso nuy havemo facto celere e strecte comissione circha ciò e<br />

facto venire lì el capitaneo de iusticia per questa casone. Ma perchè siamo avisati ch’el<br />

<strong>di</strong>cto capitaneo non procede così virilmente et animosamente como gli havemo<br />

comesso et como rechiede la cosa et anche che l’à recevuto tributo de cento ducati,<br />

tanto siamo desiderosi de sapere se l’è vero o non, quanto may fussemo de veruna<br />

altra cosa del mondo. E pertanto volimo e ve caricamo per quanto havesti may voglia<br />

de farne cosa che ne sia grata che secretamente ve inzignati se è vero o non ch'el <strong>di</strong>cto<br />

capitaneo habia receputo tributo veruno; et perchè sentemo ch’el vicario del nostro<br />

potestà de quella nostra cità debbe essere informato de questo tale tributo delli cento<br />

ducati, volimo che subito mandati per lo <strong>di</strong>cto vicario secretamente e tentate per ogni<br />

via e modo e per ogni instantia, industria et inzegno de cavare da luy quanto ne sa,


admonendolo sopra ciò che per quanto haverà cara la gratia nostra, non ne parli con<br />

persona alcuna se non con voy, avisandone subito de quello potriti trovare sopra ciò et<br />

procedendo quanto più secretamente potriti perchè questa cosa non vada a no(ti)tia del<br />

<strong>di</strong>cto capitaneo, nè d’altri. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xxviiii septembris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

317<br />

Francesco Sforza scrive al capitano <strong>di</strong> giustizia <strong>di</strong> Milano <strong>di</strong> aver preso atto della notizia<br />

dell’arresto fatto dell’abbate <strong>di</strong> Acqualunga. Dubita, però, che l’abbate abbia avuto parte nel<br />

promuovere il tumulto <strong>di</strong> Pavia, perchè <strong>di</strong> lui non si sa altro se non che si presentò in castello ed<br />

ebbe epressioni non troppo corrette per una persona suo pari e, comunque, ambigue e possibili<br />

<strong>di</strong> contrastanti interpretazioni. Cerchi <strong>di</strong> avere informazioni da uomini degni <strong>di</strong> fede.<br />

84v Capitaneo iustitie Me<strong>di</strong>olani.<br />

(1453 settembre 29, “apud Gaydum”).<br />

Inteso quanto ne scriveti dela detentione del'abbate d’Aqualonga et la cagione et<br />

rispecti per li quali l’haveti facto sostenire, restiamo contenti de quanto haviti facto fina<br />

qui. Ma perchè in Ii principii de quello tumulto non intendessemo may che <strong>di</strong>cto abbate<br />

fosse stato colpevole de quello, nè da puoy in qua may ne fo dato per suspecto, nè<br />

altro havemo havuto da (a) luy in questa facto, se non ch’el se presentoe in castello e<br />

usò quelle parole, quale ne scrivete, le quale, benchè fosseno non honeste, nè<br />

conveniente ad uno suo paro, pur, perchè se potriano tore così in bona parte como in<br />

cativa con <strong>di</strong>re che luy se offeriva per quella parte, et cetera, a fare quanto fosse a fare,<br />

et anche, dubitando nuy che non ve sia data de luy tale sinistra informatione per o<strong>di</strong>o et<br />

malivolentia che li fi portata, a noy non pare nè volemo che pro nunc gli faciate altra<br />

novità per mandarlo dove ne scriveti, nè altro. Ma ben volemo e ve comettemo che ve<br />

debiate stu<strong>di</strong>are de haverne ancora piu matura et chiara informatione e non malevoli,<br />

nè suspecti, ma fidedegni homini non appassionati; et de quanto trovariti faritene avisati<br />

per vostre lettere. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue vuy depennato.<br />

318<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce al pavese Iacobo Zazio che nulla è più contrario alla volontà ducale <strong>di</strong><br />

quello che gli ha scritto a proposito del capitano <strong>di</strong> giustizia, <strong>di</strong> cui ha già pensato al sostituto, ma<br />

gli chiede <strong>di</strong> fornirgli tutte le testimonianze necessarie per giustificare l’allontanamento del<br />

precedente capitano.<br />

Iacobo Zazio, civi Papiensi.<br />

(1453 settembre 29, “apud Gaydum”).<br />

Havemo recevuto Ie vostre lettere apresso ad alcune altre vostre pur sula materia de<br />

quelli excessi, Ii quali havemo tanto exosi, quanto havite potuto comprendere per Ie<br />

lettere e comissione per noi superinde facte. Et perchè nyuna cosa potria essere più<br />

periculosa nè pur contraria ala voluntà nostra da essere exequita circa, che quella, qua-<br />

Ie ne scriviti de nostro capitaneo de iustitia el quale, segondo el vostro scrivere, se ha<br />

lassato corumpere, havemo deliberato de removerlo de quella comissione et anche<br />

dal’offitio suo generale, perché, usandese luy a simili trabuti, potria in altre maiore cose<br />

essere molto dannoso al stato nostro. Et già ne 85r va per la mente de metere un altro<br />

valenthomo a quello offitio in suo loco el quale credemo, e siamo certi, se portarà<br />

animosamente e rictamente, et in questa et in ogni altra cosa che gli serà da nuy<br />

commissa. Ma ben serimo contenti, e cossì ve caricamo, che secretamente ce vogliate<br />

fare tute quelIe giareze e dare quelle testimonianze che se potrano sopra ciò, perchè<br />

para che non se moviamo a cassarlo senza qualche cagione; de quanto ne haveti<br />

scripto ve commen<strong>di</strong>amo et rengratiamo. Quantum, vero, ala parte de mettere or<strong>di</strong>ne al


egimento delIa cità per quella via che ne scriveti, nuy gli faremo pensiero sopra e se<br />

sforzaremo de fare el tuto per el bene essere de quella nostra cità. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

319<br />

Francesco Sforza fa sapere a donna Luchina dal Verme che, pur mandandogli lì il suo famiglio<br />

Alberto Santo per altri motivi, gli ha affidato <strong>di</strong> parlarle <strong>di</strong> alcune lamentele del nobile piacentino<br />

Paolo d’Arcelli.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

1453 settembre 27, “apud Gaydum”.<br />

Mandando Iì de presente da vuy Alberto Sancto, nostro famiglio, per altre facende, gli<br />

havemo commesso che ve <strong>di</strong>ca alcune cose per parte nostra delle lamente se sonno<br />

facte per el nobile Paulo d'Arcelli, nostro cita<strong>di</strong>no de Placentia <strong>di</strong>lecto, al quale piacia de<br />

darli piena fede in his come a nuy proprii. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xxvii septembris<br />

1453.<br />

Cichus.<br />

320<br />

Francesco Sforza, finite ormai le raccolte <strong>di</strong> uva, fieni, mele e altri frutti, vuole che il luogotenente<br />

<strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> proclami la revoca dei salvacondotti, per evitare che i suoi sud<strong>di</strong>ti vengano danneggiati<br />

dai loro salvacondotti, “che se observano como se sa”, e ne danno prova quelli <strong>di</strong> Castelnuovo.<br />

Locuntenenti Laude.<br />

1453 settembre 30, “apud Gaydum”.<br />

Rendendoci certi che li homini nostri de qua d'Ada mò haverano recolti li loro vini, feni,<br />

melii et altri fruti sotto el salvaconducto che se confirmò per l'una parte et per l'altra,<br />

segondo che voy ne scriveti, volimo che debiati revocare ogni salvaconducto<br />

pubblicamente ita che dela revocatione ogni homo resta advisato; et questo facimo per<br />

non lassare Ii nostri sotto el periculo d’essere (a) presi e damnezati sotto Ii loro<br />

salviaconducti che se observano, como se sa, e como porono testimoniare Ii homini<br />

nostri de Casteliono. Mandate adoncha ad executione questa nostra mente,<br />

rendendone subinde avisati de receptione presentium, et qualiter faceritis in premissis.<br />

Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e ultimo septembris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

(a) periculo essere scritto su rasura.<br />

321<br />

Francesco Sforza avverte suo fratello Corrado e il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> della possibilità che i<br />

nemici abbiano a fare qualche azione non appena le truppe sforzesche si muoveranno <strong>di</strong> lì per<br />

andare in campo. Raccomanda, percio, la massima vigilanza con gli uomini del paese e i<br />

retrovar<strong>di</strong> per sventare ogni trama nemica.<br />

1453 settembre 30, “apud Gaydum”.<br />

85v Conrado, fratri nostro, et locuntenenti Laude.<br />

Sì como per nostre dupplicate lettere ve havemo scripto, così per queste ve replicamo<br />

che, partendose quelle nostre gente de là como farano per venire qui da nuy, como<br />

havemo or<strong>di</strong>nato e scripto, l'inimici se metterano a fare qualche cosa da là per<br />

aquistare qualche reputacione e per mostrare de fare qualche cosa. Sichè ve caricamo<br />

quanto piu possemo a stare vigilanti e solliciti in fare guardare la rippa d'Ada e fare tute<br />

Ie provixione possibile, e con Ii homini del paese, con Ii retrovar<strong>di</strong> et ogni altra cosa che<br />

al'inimici non reiuscha el pensiero e noy, nè Ii nostri sub<strong>di</strong>ti non recevano danno,<br />

avisandove che cum primum che quelle nostre gente serano qua, farimo tali progressi<br />

che l’inimici se smenticarano le cose de là; sichè in questo tempo attendeti a salvarve.


Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e ultimo septembris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

322<br />

Francesco Sforza comanda allo squadrero Rabotto <strong>di</strong> far restituire dagli uomini d’arme le<br />

mucche prese a quelli della Bonissimsa per le tasse che da loro pretendevano, siccome il<br />

patrono ha dato a Piacenza garanzia <strong>di</strong> pagamento, come hanno potuto constatare dalle lettere<br />

del cavaliere ducale Teseo, da cui i soldati possono andare perchè “farapagare la sicurtà”.<br />

Rabotto, squatrerio nostro.<br />

1453 settembre30, “apud Gaydum”.<br />

Siamo informati che haviti certe vache aIe vostre mano, Ie quali certi homini d’arme<br />

dela vostra squadra hanno pigliate per cagione deIe taxe debono havere da quelli dala<br />

Bonissima; et perchè el <strong>di</strong>cto patrone ha dato bona securtade in Piasenza, como haviti<br />

veduto per lettere de Theseo, nostro cavallero, pertanto volemo che, veduta la<br />

presente, gli faciati restuire le <strong>di</strong>cte vache al <strong>di</strong>cto patrone senza altra exceptione, et li<br />

soldati vadano a Theseo el quale farà pagare la sicurtà, overo el principale quanto sarà<br />

obligato. Et fate che de questo non habbiamo più ad scrivere. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e<br />

ultimo septembris 1453.<br />

Cichus.<br />

323<br />

Francesco Sforza raccomanda all’ufficiale, al comune e agli uomini <strong>di</strong> Camairago <strong>di</strong> essere<br />

vigilanti perchè i nemici tenteranno qualche azione sapendo che le genti d’arme del Lo<strong>di</strong>giano e<br />

del Milanese sono andate in campo.<br />

1453 ottobre 1, “apud Gaydum”.<br />

86r Dilectis nostris officiali, comuni et hominibus Camayraghi.<br />

Rendendoce certi che l'inimici nostri quando sentino quelle nostre genti de Lodesana e<br />

de Milanese essere venute qua da nuy tentarano de passare Adda e fare qualche<br />

assalto per acquistare qualche cre<strong>di</strong>to, volimo che siati vigili et attenti, dì e nocte, a<br />

bona guar<strong>di</strong>a, convocando et confortando etiam<strong>di</strong>o li vicini e circumstanti a fare el<br />

simile, aciòche sinistro alcuno non possa occorrere et al'inimici non possa reusire el<br />

pensiero, certificandove che, giuncte che serrano Ie <strong>di</strong>cte nostre gente con la<br />

serenissima mayestà del re Renato, farimo tali et così fati progressi che l’inimici se<br />

scorderano Ie cose de là; sichè in questo tempo attendete con bona guar<strong>di</strong>a a salvarve.<br />

Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e primo octobris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

324<br />

Francesco Sforza fa presente a Morello da Parma la possibilità che i nemici tentino <strong>di</strong> fare<br />

qualche assalto <strong>di</strong> là dall’Adda in seguito alla partenza per il campo delle truppe del Lo<strong>di</strong>giano e<br />

del Milanese. Se trova nella sua giuris<strong>di</strong>zione soldati senza licenza e non “gravemente infirmi”, li<br />

faccia cacciar via e or<strong>di</strong>ni che nulla venga dato nè a loro nè ai loro cavalli.<br />

In simile forma fu scritto a suo fratello Corrado e al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>,<br />

a Giovanni Caimo , commissario <strong>di</strong> Pizzighettone<br />

Domino Morello de Parma.<br />

(1453 ottobre 1, “apud Gaydum”).<br />

Como per altre nostre dupplicate lettere ve havemo scripto, così per queste ve <strong>di</strong>cemo<br />

che, partendose quelle nostre gente de Lodesana e Milanesi per venire qua da noy,<br />

credemo che I’inimici, per monstrare de fare qualche cosa, tenterano de passare o fare<br />

qualche assalto de là d'Ada; siche volimo, se may facesti fare bone guar<strong>di</strong>e, le faciate


fare adesso dì e nocte, convocando tuti Ii homini del paese a così fare, certificandove<br />

che, giuncte che serano <strong>di</strong>cte nostre gente qua, farimo tali progressi che I’inimici se<br />

smenticarano Ie cose de là; sichè in questo tempo atten<strong>di</strong>tive a salvare. Preterea,<br />

passata che serà la mayestà del re Renato pur con quelle gente per venire in qua,<br />

como havimo <strong>di</strong>cto, alcuni delli nostri soldati, così da pede como da cavallo, restaseno<br />

in la iuris<strong>di</strong>cione a voy commessa e non havesseno licentia da nuy e non fossero così<br />

gravemente infirmi che non se potessero movere, volimo e strectamente ve comettemo<br />

che gli faciati caciare via, or<strong>di</strong>nando che non Ii sia dato niente nè a loro, nè ali cavalli; et<br />

a questo fate ogni <strong>di</strong>ligentia e sutile investigatione. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum fuit Conrado, fratri nostro<br />

et locuntenenti Laude et<br />

Iohanni Caymo, comissario Pizleonis.<br />

Signata Cichus.<br />

325<br />

Francesco Sforza scrive al milite e oratore fiorentino Angelo Acciaioli <strong>di</strong> aver saputo da Americo<br />

Sanseverino che re Renato è partito da Milano per Melegnano venerdì, per essere a Lo<strong>di</strong> sabato<br />

e lunedì raggiungere Pizzighettone, ma che, non avendo pronti i suoi soldati, egli non ritiene <strong>di</strong><br />

osservare questo ruolo <strong>di</strong> marcia, per cui passeranno giorni prima che passi l’Adda.<br />

Se alla ricevuta della posta, il re non s’è mosso, il duca vuole che Angelo vada dal re per <strong>di</strong>rgli<br />

<strong>di</strong> far pure come vuole, nonostante il “desconzo gran<strong>di</strong>ssimo” dei sud<strong>di</strong>ti sforzeschi. Gli faccia ad<br />

ogni modo sapere che venendo presto, “la victoria de qua è apparecchiata et l’honore serà suo”,<br />

mentre tardando “è dubbio che se possa fare quello male a l’inimici che speramo poterli fare”.<br />

1453 ottobre 1, “apud Gaydum”.<br />

86v Magnifico domino Angelo Azayolo, militi et oratori Florentino.<br />

Per lettere de Americo da San Severino restamo avisati como la mayestà del Re s’è<br />

partita vener<strong>di</strong> da Milano et veniva a Melegnano, sabbato a Lo<strong>di</strong>, et hogi, lunedì,<br />

veneria a Pizghetone et che, non havendo impuncto Ii suoy a suo modo, se rendeva<br />

alquanto <strong>di</strong>fficile a fare queste zornate, perché, per havere tuti Ii suoy insieme, Ii pareva<br />

<strong>di</strong>fferire anchora alcuni dì più la venuta soa prima ch'el passasse Adda. Il perchè<br />

volemo, non obstante quanto per Zohanne Bono, nostro fameglio, ve habiamo mandato<br />

a <strong>di</strong>re delli mo<strong>di</strong> havevati a servare nel passare dela mayestà prefata et delle altre<br />

nostre gente de qua d'Ada, se ala recevuta de questa nostra letera, la mayestà soa et<br />

voy altri anchora non fosti partiti per venire verso Cremona et cognoscesti che la<br />

mayestà del Re non havesse Ii suoy con sì, et che mal voluntere venesse de qua senza<br />

(a) tuti Ii suoy, siati con essa soa mayestà et Ii <strong>di</strong>cati che, parendoli anchora de tardare<br />

uno, doy o tre dì più el suo passare de qua per unire tuti Ii suoy, che la pò fare como Ii<br />

pare e piace, non obstante che aIe cose sonno da fare de qua et ali sub<strong>di</strong>ti nostri de<br />

Lodesana daghi <strong>di</strong>cto tardare desconzo gran<strong>di</strong>ssimo, como è verissimo. Volemo bene<br />

et ve confortamo ad usare ogni sollicitu<strong>di</strong>ne possibile con la <strong>di</strong>cta mayestà soa ad<br />

expe<strong>di</strong>rse presto perché, venendo presto, la victoria de qua è apparecchiata et l'honore<br />

serà suo, et tardandose più è dubio che non se possa fare quello male a l'inimici che<br />

speramo poterli fare. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e primo octobris 1453.<br />

Irius.<br />

Iohannes.<br />

(a) senza in interlinea su con depennato.<br />

326<br />

Francesco Sforza rimprovera il fratello Corrado per non avere annullati, come or<strong>di</strong>natogli, i<br />

salvacondotti. S’intenda per ciò con i soldati <strong>di</strong> Castelleone.<br />

1453 ottobre 2, “apud Gaydum”.<br />

87r Magnifico Conrado de Foliano, fratri nostro.


Per altre nostre te scripsemo che devessi revocare li salviconducti per ti concessi ali<br />

Cremaschi che erano per contracambii deli nostri, et havemo lamenta che non l’hay<br />

facto; de che molto ce maravigliamo. Et perchè non è ben facto che li nostri possano<br />

essere offesi et I’inimici non, te replicamo de novo et volemo debii revocare li <strong>di</strong>cti<br />

salviconducti et fare per modo che non ne sentiamo più querela, perchè saria uno fare<br />

sdegnare li nostri de Castellione. Et in questo non sia fallo nì exceptione alcuna,<br />

intendendote de questo et de quanto faray in questa materia con li soldati nostri de<br />

Castellione, aciò sapiano como se debeno governare. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e ii a<br />

octobris 1453.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

327<br />

Francesco Sforza accusa ricevuta delle lettere del fratello Corrado in favore della liberazione <strong>di</strong><br />

quelli <strong>di</strong> Castelleone che, beneficiando <strong>di</strong> salvacondotto, non avrebbero potuto de iure “essere<br />

pregione”. Consapevole <strong>di</strong> quanto essi fecero per portare Corrado a Pizzighettone, li<br />

rilascerebbe, ma pensa a quanto sarebbe ben fatto imporre a Gaspare da Suessa la restituzione<br />

<strong>di</strong> quelli <strong>di</strong> Moscazzano (assecondando anche la richiesta del provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema), a meno<br />

che lui riuscisse a convincere Gaspare.<br />

Ciò, tranne se lui, Corrado, riuscisse a convincere Gaspare.<br />

Magnifico Conrado de Foliano.<br />

(1453 ottobre 2, “apud Gaydum”).<br />

Havemo recevute le toe lettere in favore e per la liberazione de quelli da Castellione,<br />

quali remasero in pregione quando te portoreno a Pizghetone e li quali non pono<br />

essere pregione de iure, attento el salvaconducto, quale havevano, et cetera; et asieme<br />

con <strong>di</strong>cte tue lettere havemo anchora recevute quelle del prove<strong>di</strong>tore da Crema a te<br />

scritte quale te reman<strong>di</strong>amo. E per respondere a quanto tu ne scrive, <strong>di</strong>cemo che<br />

volunteri voressemo a<strong>di</strong>utare essi poverhomini per più respecti, et maxime per lo<br />

beneficio fecero a te in portarte a Pizghectone; ma, pensando nuy quanto fusse ben<br />

facto agravare Gasparro da Suessa a restituire quelli da Moscazano, como rechiede<br />

esso prove<strong>di</strong>tore, havendo nuy dato licentia a ti de retenire e restituire quelli foreno<br />

presi per li tuoy quando occorse el caso de Castellione, perchè poria <strong>di</strong>re <strong>di</strong>cto<br />

Gasparro che constringessemo luy a tale restitutione e l'altri no, che potria essere<br />

cagione de s<strong>di</strong>gnarlo, che a noy non pare, ma se tu gli havessi el modo de indurlo a<br />

relaxarti con bono modo, serissemo contenti che nuy servivamo al conte Iacomo,<br />

<strong>di</strong>cemo che l’è da credere se salvarà, <strong>di</strong>cendo che faciamo reIaxare li suoy, e serano<br />

relaxati Ii nostri; che parerà ragionenele e conveniente. Sì per altra via te pare gli<br />

possiamo giovare, avisace; nam per fare represaglia, se potriano gravare e<br />

costringendo Gasparro ad restituire et non constringendo l'altri, haveria semper legitima<br />

cagione de gravarse. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

328<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che Morello da Parma ha risposto alle sue<br />

richieste <strong>di</strong> vigilanza delle rive dell’Adda e <strong>di</strong> Castione affermando che, non essendo pagate, le<br />

guar<strong>di</strong>e e i navaroli dei retrovar<strong>di</strong>, non garantiscono nulla <strong>di</strong> certo. Morello ha in aggiunta<br />

puntualizzato che il modo <strong>di</strong> reperire i fon<strong>di</strong> destinanti alla vigilanza per cui alcuni pagano e altri<br />

no <strong>di</strong>scordano da quello che si è sempre or<strong>di</strong>nato “de fare pagare ogniuno nemine exceptato”.<br />

La conclusione del duca è che, tuttavia, non cessino le guar<strong>di</strong>e.<br />

87v Locuntenenti Laude.<br />

(1453 ottobre 2, “apud Gaydum”).<br />

Solicitando nuy continuamente meser Morello da Parma a bona e vigile guar<strong>di</strong>a così<br />

dela riva d'Ada, como etiam<strong>di</strong>o da Castione, semper ne responde ch’el farà quanto<br />

potrà pro viribus suis, ma che, non siando pagate Ie guar<strong>di</strong>e, nè Ii navaroIi deIi


etrovar<strong>di</strong>, como è or<strong>di</strong>nato, dubita molto che per tale mancamento non intervenga<br />

qualche sinistro, del quale se habiamo postmodum a pentire; et segondo el suo<br />

scrivere Ii denari deIe taxe or<strong>di</strong>nate per la <strong>di</strong>cta guar<strong>di</strong>a non vanno bene, né se paghino<br />

con li debiti mo<strong>di</strong>, et che alchuni paghino et alchuni non, che non è quello che sempre<br />

ve havemo or<strong>di</strong>nato et fatove commissione a bocha et in scriptis de fare pagare<br />

ogniuno, nemine exceptato. Pertanto volimo prove<strong>di</strong>ate a questo in modo e forma che<br />

per tali mancamenti non cessano Ie guar<strong>di</strong>e più necessarie adesso che may, et habiati<br />

intelligentia con <strong>di</strong>cto domino Morello e con chi ve pare meglio circa ciò, ita che sinistro<br />

non intervenga. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

329<br />

Francesco Sforza vuole che Gaspare da Suessa ammonisca i suoi soldati che passano l’Adda<br />

per appropriarsi <strong>di</strong> fieno e <strong>di</strong> altro strame <strong>di</strong> cessare tale loro saccheggio che induce i<br />

danneggiati a ricusare il pagamento della tassa per le guar<strong>di</strong>e delle rive dell’Adda.<br />

Gasparri de Suessa.<br />

1453 ottobre 3, “apud Gaydum”.<br />

Se gravano Ii nostri homini de là d'Ada che Ii tuoy passano e vanno a saccomano a<br />

tolire el feno et altro strame, che non ne pare bene, maximamente perchè quando se<br />

vedeno damnezate daIi nostri medesmi, recusano volere pagare la tassa che gli è<br />

imposta per far fare Ie guar<strong>di</strong>e ala riva d'Ada. Pertanto volemo che tu advisi Ii tuoy che<br />

non passano più de lì per andare a saccomano, perchè non ne piace per molti respecti.<br />

Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e iii octobris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

330<br />

Francesco Sforza contesta a Morello da Parma che la tassa per le guar<strong>di</strong>e per le rive dell’Adda<br />

non sia equamente imposta. Siccome <strong>di</strong> ciò ha incaricato il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, gli scrive<br />

ancora e gli <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> concordare con Morello il servizio delle guar<strong>di</strong>e. Ha scritto a Gaspare da<br />

Suessa per ammonirlo dei saccheggi <strong>di</strong> fieno che fanno i suoi soldati. Si <strong>di</strong>ce <strong>di</strong>spiaciuto che<br />

quelli <strong>di</strong> Castelleone abbiano cacciato l’amico <strong>di</strong> Monto<strong>di</strong>ne e ha scritto a Donato perchè con<br />

Francesco Corso si <strong>di</strong>sponga, come Morello or<strong>di</strong>nerà, in modo che l’amico se ne stia lì.<br />

88r Domino Morello de Parma.<br />

(1453 ottobre 3, “apud Gaydum”).<br />

Havemo recevuto due vostre lettere responsive aIe nostre circa la bona guar<strong>di</strong>a da<br />

essere facta, et inteso quanto scriveti del dubio haviti che non cessano Ie guar<strong>di</strong>e per<br />

mancamento del <strong>di</strong>naro et anche perchè non se despensano con el debito modo, et<br />

anche perchè sonno alcuni che paghino et alcuni che non; <strong>di</strong>cimo che de ciò remanimo<br />

molto malcontenti, perché è tuto contra la opinione nostra e contra quello havemo<br />

or<strong>di</strong>nato, cioè che ogni homo paghi, nemine exceptato; et così ne facessemo<br />

comissione al nostro locotenente de Lode. Et perchè a luy or<strong>di</strong>nassemo quanto era da<br />

fare perchè li pagamenti se facesseno equalmente, gli scrivemo novamente quanto ne<br />

pare sopra ciò, et anche ch’el se intenda con voy per cagione dele <strong>di</strong>cte guar<strong>di</strong>e le<br />

quale, como voy saviamente scriviti, bisognano più adesso che may; sichè inten<strong>di</strong>teve<br />

anchora voy con luy et fate como havemo speranza in voy e como haviti facto per lo<br />

passato. Quanto ala parte de quelli de Gasparro da Suessa che vengo(no) a<br />

saccomanno de là d' Ada e fano molestia ali homini nostri, haviti facto bene ad<br />

avisarcene perchè non è nostra intentione che faciano così, e gli scrivemo quanto<br />

bisogna per le alligate, le quale subito mandareti al <strong>di</strong>cto Gasparro. Ala parte de quelli<br />

da Castellione, quali hanno caciato via quello amico de Montodene, ve avisamo che<br />

non n’è stata nostra intentione, anze despiace a noy per li respecti che ne scriveti; e<br />

così scrivemo a Donato per le alligate che facia et or<strong>di</strong>ni con Francisco Corso che lassa


stare e praticare el <strong>di</strong>cto amico là al loco, segondo che voy gli or<strong>di</strong>nariti. Sichè mandatili<br />

la lettera et or<strong>di</strong>nateli secretamente quanto voliti se facia, e lo farano.<br />

Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

331<br />

Francesco Sforza scrive ad Americo Sanseverino <strong>di</strong> essersi fatta l’opinione che re Renato faccia<br />

squadre con 150 cavalli, ma siccome Americo sostiene che il sovrano pensa <strong>di</strong> fare squadre da<br />

40 a 50 uomini d’arme, gli esprime il suo parere perchè lo comunichi al re. Gli osserva che in<br />

Italia si fa “gran caso quando in un campo gli sonno gran numero <strong>di</strong> squadre” anche con pochi<br />

cavalli (e porta l’esempio dell’ equiparazione che si fa <strong>di</strong> 12 squadre, in<strong>di</strong>pendentemente dal<br />

numero <strong>di</strong> uomini o <strong>di</strong> cavalli), per cui se il sovrano facesse squadre <strong>di</strong> 25 uomini d’arme, esse<br />

apparirebbero tutte “belle et grosse squadre” e avrebbero la meglio su squadre con 240 - 250<br />

cavalli. Se il re volesse seguire tale parere ducale, occorrebbe che le squadre fossero formate<br />

prima <strong>di</strong> passare l’Oglio o Cremona.<br />

Americo de Sancto Severino.<br />

(1453 ottobre 3, “apud Gaydum”).<br />

Heri et anchora questa matina, respondendo ale toe lettere te scripsemo ch’el ne<br />

pareva che la mayestà del Re adaptasae et or<strong>di</strong>nasse le squadre soe a cavalli 150 de<br />

conducta, et de questo medesmo parere semo anchora adesso. Ma perchè tu <strong>di</strong>ce che<br />

la pre<strong>di</strong>cta mayestà faceva pensiero de fare squadre de homini d’arme xl fin in l, te<br />

replicaremo ancora per questa questo nostro parere, el quale tu porgerai ala prefata<br />

mayestà del Re el più presto te sia possibile, persuadendoli che 88v li piaza farlo<br />

mandare ad effecto, del quale è questo. Tu sai, Americo, che in queste nostre guerre<br />

de Italia se fa uno gran caso quando in un campo gli sonno gran numero de squadre,<br />

quando bene lì fosseno in esse pochi cavalli; et tanto se <strong>di</strong>rà de XII squadre de gente<br />

d’arme, de L homini d’arme et de CC o CCC cavalli l’una, quanto se <strong>di</strong>rà de XII altre<br />

squadre de XX o de XXV homini d’arme et de LXXX cavalli l’una o C. Il perché ne pare<br />

che facendo la mayestà del Re le soe squadre de XXV homini d’arme l’una con la<br />

conducta loro serano tute belle et grosse squadre, et forse comparerano più nela<br />

campagna a numero de homini et cavalli che non farano le nostre che sarano dela<br />

condocta de CCXL o CCL cavalli; et quando pur li parisseno de XXV homini d’arme troppe<br />

povere, le porrà far fare de XXVIII o XXX al più; deli stambechineri et arceri la mayestà<br />

soa porrà farle de C cavalli l’una et mancho ancora, secondo el parere de questi nostri<br />

che sonno presso nuy. Cura de <strong>di</strong>re questi nostri pareri ala mayestà soa per modo non<br />

para li vogliamo dare lege, perché nuy <strong>di</strong>cemo el parere nostro, et quello cognoscemo<br />

serà reputatione et honore dela mayestà soa et ancora nostro; e dovendese fare<br />

questo or<strong>di</strong>ne conviene ch’el sia facto inanzi se passa Oglio o Cremona. Data ut supra.<br />

Iohannes.<br />

332<br />

Francesco Sforza respinge la scusa <strong>di</strong> Pietro da Lonate per non aver mai potuto costringere i<br />

suoi uomini a “ fare el debito loro”. La colpa è sua perchè unge la schiena dei suoi uomini,<br />

mentre la dovrebbe pungere.<br />

Petro de Lonate.<br />

1453 ottobre 4, “apud Gaydum”.<br />

Respondendo a una tua de dì xxvii del passato per la quale fay la scusa che may non<br />

hay potuto constringere l'homini toy a fare el debito loro, <strong>di</strong>cemo che se ti et li toy<br />

consorti havesti facto quello che debitamente dovevati fare, siamo certi che li <strong>di</strong>cti<br />

homini haveriano facto el debito loro; ma vuy siti una brigata che così, como doveristi<br />

artare per ogni via con ogni vostra <strong>di</strong>ligentia, solicitu<strong>di</strong>ne et industria li vostri per fare<br />

facesseno el debito suo como fanno l'altri nostri, li menati la mano sopra dela schena et<br />

li ungeti dove che li doveresti pongere. Et questo procede perchè vuy haveti più caro li<br />

<strong>di</strong>cti homini che nuy et il bene del stato nostro; sichè per niente non 89r habiamo


puncto per recepta la <strong>di</strong>cta toa scusa: fa mò como te pare perchè essi homini fazano el<br />

debito loro. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e iiii octobris 1453.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

333<br />

Francesco Sforza comanda all’ufficiale <strong>di</strong> Pianello <strong>di</strong> catturare i due famigli (Giovanni Villano e<br />

Rivoltino) che sono fuggiti dal suo famiglio Madona Gionana e sono ritornati a Pianello portando<br />

via a Madona dei cavalli e della roba e <strong>di</strong> non rilasciarli fino a quando non abbiano risarcito in<br />

tutto Madona. Se non si trovassero lì, vuole che l’ufficiale costringa il padre <strong>di</strong> Giovanni e i<br />

familiari <strong>di</strong> Rivoltino a pagare detto Gionana.<br />

Officiali Pianeli.<br />

(1453 ottobre 4, “apud Gaydum”).<br />

Da Madona Gionana, nostro famiglio, sono fugiti duy soy famigli, l'uno chiamato<br />

Giovanne (a) Vilano et l’altro Rivoltino, quali sono capitati al Pianelo ale case loro et<br />

hano menato via alcuni cavali et portato etiam dela roba d'esso Madona Gionana. Per<br />

la qual cosa, volendo providere ale indemnitate d'eso Madona Gionana, vi coman<strong>di</strong>amo<br />

et volemo che subito, receuta questa, faciati destenire <strong>di</strong>cti famigli et non li lassareti<br />

donec habiano satisfacto integramente quelo che hanno portato via; et se per caso non<br />

fossero capitati al Pianelo, volemo che astringi el Vilano, patre d'esso Giovane Vilano,<br />

et cossì queli dela cassa d'esso Rivoltino ad pagare al <strong>di</strong>cto Madona Gionana la roba et<br />

cavali soy pre<strong>di</strong>cti. Et questo non manchi. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

(a) Giovane scritto su rasura.<br />

334<br />

Francesco Sforza chiede a madonna Luchina dal Verme <strong>di</strong> provvedere che Madona Gionana sia<br />

risarcita dei due cavalli e della roba che gli hanno rubato due suoi famigli, Giovanni Villano e<br />

Revoltino.<br />

Domina Luchina de Verme.<br />

(1453 ottobre 4, “apud Gaydum”).<br />

Da Madona Gionana, nostro famiglio, sono fugiti doy soy famigli, chiamato l'uno<br />

Giovane Vilano et l'altro Rivoltino et li hanno menato via doy soy cavali et portato certa<br />

soa roba, et sono capitati al Pianelo dove hanno li loro parenti et case; et perché<br />

volemo che essi provedano ala indemnitate d’esso Madona Gionana, confortiamove<br />

vogliati scrivere et providere opportunamente che, essendo capitati al <strong>di</strong>cto loco, siano<br />

retenuti et non essendo lì capitati sia dele robbe loro satisfacto al pre<strong>di</strong>cto Madona<br />

Gionana integramente. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

335<br />

Francesco Sforza comanda a Iacobo da Crema, ufficiale delle munizioni <strong>di</strong> Pavia, <strong>di</strong> mandare a<br />

Cremona, in mano <strong>di</strong> Filippo degli Allegri, ufficiale delle munizioni, 12 pali <strong>di</strong> ferro da vigna con la<br />

mazorola, avvisandone subito Bartolomeo da Cremona.<br />

(1453 ottobre 4, “apud Gaydum”).<br />

89v Iacobo de Crema, officiali munitionum Papie.<br />

Volimo che subito, ala receputa de questa, tu debbi mandare a Cremona in mane de<br />

Iohanne Filippo delli Allegri, officiale dele munitione, li dodeci, cioè 12, pali de ferro de<br />

vegna che habiano la mazorola da capo. Et subito che l’haveray mandati, avisarane<br />

Bartholomeo da Cremona.


Data ut supra.<br />

Ser Iacous.<br />

Cichus.<br />

336<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Gracino da Pescarolo e al referendario <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> garantire a<br />

Francesco Zorzo che i 320 sacchi <strong>di</strong> biada da cavalli richiestigli dal lo<strong>di</strong>giano Tommaso Azzone,<br />

famiglio ducale, sono per il duca e non già che Tommaso li voglia, come <strong>di</strong>cono il conte<br />

Antonio e Pietro Beccaria, per farne mercanzia.<br />

(1453 ottobre 4, “apud Gaydum”).<br />

Domino Gracino de Piscarolo et referendario Papie.<br />

Nuy havemo mandato in quelle parte Thomaso Azone da Lode, nostro famiglio, con<br />

denari dela borsa nostra per acomperare certa quantità de biade da cavalli per la<br />

famiglia et cavalli dela persona nostra propria; il quale ne scrive como Francesco Zorzo<br />

gli ne haveva promesso sachi a CCCXX de quella era del vescovo passato et che al<br />

presente non la pò havere, perché el conte Antonio et domino Petro de Beccaria, suo<br />

zenero, <strong>di</strong>cono che esso Thomaso non la vuole per nuy, ma che ne vole fare<br />

mercanzia, como anche voy doveti essere informato. Pertanto volemo che vuy siati con<br />

el conte Antonio et con che ve parà bisogno, et facendo fede como nuy volemo questa<br />

biada per nuy, dati ogni favore, a<strong>di</strong>uto al <strong>di</strong>cto Thomaso che possa havere questa et<br />

ogni altra quantità de biada da cavali, secondo gli havemo comeso per uso dela casa<br />

nostra, pagandola, como è l’intentione et voluntà nostra.Data ut supra.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Cichus.<br />

a sachi scritto su rasura.<br />

337<br />

Francesco Sforza chiede a donna Luchina dal Verme che per la venuta <strong>di</strong> re Renato<br />

voglia imprestargli 2000 sacchi <strong>di</strong> frumento, dei quali, come le <strong>di</strong>rà a voce il suo famiglio<br />

Alberto Santo, farà l’assegnazione il prossimo anno.<br />

100r Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

1453 ottobre 4, “apud Gaydum”.<br />

Per alcune cose ne accadeno de gran<strong>di</strong>ssima importantia per la venuta qua dela<br />

mayestà del re Renato, pertanto preghamo la magnificientia vostra che ne voglia<br />

prestare per fino in la summa de sachi doa millia de frumento, per la satisfactione del<br />

quale ve faremo fare la assignatione nel’anno avenire in bona forma, como a bocha ve<br />

<strong>di</strong>rà Alberto Sancto, nostro famiglio, exhibitore de questa, al quale, in tuto quello gli<br />

referirà per nostra parte, voglia crederli la magnificienza vostra quanto ala nostra<br />

propria persona. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e iiii octobris 1453.<br />

Ser Iohannes.<br />

Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria.<br />

Cichus.<br />

338<br />

Francesco Sforza scrive a Rolando de Belcredo che gli manda il famiglio ducale Raffaele<br />

Pugnello con la richiesta <strong>di</strong> 200 sacchi <strong>di</strong> frumento, certo della sua con<strong>di</strong>scendenza a<br />

concederglieli per l’amore che ha per lui e lo stato sforzesco.<br />

Segue l’elenco del comune e delle persone cui chiede 2000, 300,200,100 sacchi <strong>di</strong> frumento.<br />

Domino Rolando de Belcredo.<br />

(1453 ottobre 4, “apud Gaydum”).<br />

Deliberando nuy in li bisogni, quali ne occoreno de presente, a<strong>di</strong>utare con quelli, quali<br />

sempre havemo conosuti non mancho amare nuy e stato nostro che Ie cose sue


proprie, fra li quali ve reputiamo deli affectionati a noy, man<strong>di</strong>amo a vuy Raphaelo<br />

Pugnello, nostro fameglio, presente portatore, al quale havemo comesso alcune cose<br />

ve <strong>di</strong>rà per parte nostra con alcuna rechiesta, ala quale siamo certi condescenderiti<br />

volunteri per l'amore e fede quale ne portate. Crederite adoncha a luy quanto a nuy<br />

proprii con quello bono effecto et executione che rechiede el bisogno nostro e che<br />

speramo in voy. Data ut supra.<br />

Suprascripto domino Rolando sachos 200 formenti.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum fuit infrascriptis, videlicet:<br />

domino Antonio de Lonate sachos 200,<br />

Gaparri de Sanctonazario 100,<br />

domino Laurentio Isimbardo 200,<br />

nobilibus de Penarolo 200,<br />

domino Petro et fratribus de Beccaria 200,<br />

Iohanni Antonio de Sartirana 200,<br />

Facino Ritio et fratri 300,<br />

nobilibus de Can<strong>di</strong>a 200,<br />

Iacobo de Zaziis 100,<br />

Manfre<strong>di</strong>no et fratri de Beccaria 200,<br />

Iacobo de Beccaria 100,<br />

domino Nicole de Curte 200,<br />

Antonio de Grumello 200,<br />

Iohanni de Federicis et fratribus 200,<br />

domino abbati Sancti Petri in Cello Aureo 200,<br />

priori Sancti Maioli 100,<br />

abbati Sancti Lanfranchi 100,<br />

preceptori de Rubeis 100,<br />

homines Iohannis Marci Fiamberti 200,<br />

comuni et hominibus Sallarum 2000,<br />

Olmo de Fornariis 100,<br />

Simon de Fornariis 100,<br />

domino Otto de Mandello 200,<br />

Iohanni Antonio de Landriano 200,<br />

magnifico Bolognino 100,<br />

domino Gracino 100,<br />

comiti Antonio Crivello 300,<br />

domino Aluysio et fratribus de Beccaria 200,<br />

Nicolao de Beccaria 100.<br />

339<br />

Francesco Sforza avverte donna Luchina dal Verme che le manda Alberto Sacco con la<br />

richiesta <strong>di</strong> 60 uomini “fidati et apti” da mandare con un capo per 20 giorni a Seniga a sicurezza<br />

del luogo, avendo convocato in campo tutte le genti d’arme del posto.<br />

100v Magnifice domine Luchine.<br />

1453 ottobre 5, “apud Gaydum”.<br />

Oltra la quantità de formento, ve mandamo ad rechedere per Alberto Sancto, gli<br />

havemo ancora commesso che debbia recercare dala magnificientia vostra sexanta<br />

homini, quali siano fidati et apti, quali volemo mettere in Senigha per seccureza de<br />

quello loco, et maxime havendo nuy ad removere tute Ie nostre gente delIà per unirle<br />

con nuy et attendere aIe cose de qua. Pertanto pregamo la vostra magnificientia che ne<br />

voglia mandare <strong>di</strong>cti sexanta homini, quali ne bisognano per vinti dì dal dì che serano<br />

giunti, como la magnificientia vostra intenderà dal prefato Alberto al quale, in tuto circa<br />

zò gli exponerà per nostra parte, gli piaza credere quanto ala nostra propria persona; et<br />

voglia la magnificientia vostra dargli uno capo al quale habiano ad obe<strong>di</strong>re. Data apud<br />

Gaydum, <strong>di</strong>e v octobris 1453.


Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

340<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al capitano <strong>di</strong> Casteggio <strong>di</strong> catturare l’uomo d’arme <strong>di</strong> donna Luchina<br />

dal Verme Pietro Marcone, che si è rifugiato lì.<br />

Nobili viro capitaneo Clastigi.<br />

(1453 ottobre 5, “apud Gaydum”).<br />

Havemo noticia che uno Petro Marchone, homo d’arme delIa magnifica madona<br />

Luchina dal Verme, è venuto lì ale stancie. Pertanto volemo che subito, havuta<br />

(questa), debii retrovare <strong>di</strong>cto Petro e lo destineray, non relaxandolo senza licentia<br />

nostra, o della prefata magnifica madona Luchina; et questo non manchi. Data ut supra.<br />

Nicolaus.<br />

Ser Iohannes.<br />

341<br />

Francesco Sforza comanda al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> sottoporre Rizardo a ulteriori interrogatori<br />

perchè riveli tutto ciò che sa. Ricordando che con il confronto con il capitano Bartolomeo è stato<br />

meno silenzioso, il duca vuole che ora, anche con l’uso della corda, <strong>di</strong>venti più loquace.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1453 ottobre 5, “apud Gaydum”)<br />

Havemo recevuto Ie vostre lettere circa la confessione facta per Rizardo sostenuto,<br />

<strong>di</strong>cemo che, comprehendendo, segondo el vostro scrivere e segondo Ia confessione<br />

sua senza altro crutiato, che verisimilmente debbe sapere altro che quello ha<br />

confessato, et deliberandoce sapere el fondamento de quella cosa, volimo che per<br />

qualunque modo e via debbiati cavare da luy quanto ne sa; e volendo luy stare<br />

indurato, como faceva prima inante che gli mettessemo Bartholomeo cap(i)taneo a<br />

fronte a fronte, constrengitelo etiam con la corda a <strong>di</strong>re el vero, non gli havendo<br />

respecto alcuno, e dela confessione farà, renderitece avisati. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

342<br />

Francesco Sforza comanda al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> mettere in libertà i due parenti, <strong>di</strong> Valera<br />

Vecchia, del famiglio ducale Babor dal luogotenente ingiustamente imprigionati a richiesta <strong>di</strong> un<br />

uomo d’arme, già della compagnia <strong>di</strong> Evangelista Savello, cui il duca accorda <strong>di</strong> ricorrere da lui<br />

se pretende d’aver qualcosa dai due uomini.<br />

101r Locumtenenti Laude.<br />

(1453 ottobre 5, “apud Gaydum”).<br />

Barbor, nostro fameglio, ne ha facto lamenta che ad istantia de alcuno homo d’arme,<br />

che fo delIa compagnia de Evangelista Savello, haveti facto mettere in proxone doy soy<br />

parenti del loco de Valera Vechia indebitamente, allegando <strong>di</strong>cto Babor che la domanda<br />

fa <strong>di</strong>cto homo d’arme non è vera, imo iniusta. Per la qual cosa, volendo nuy cognoscere<br />

questa cosa ita che niuno se chiama iniuriato, volimo che subito, recevuta questa,<br />

lassiati <strong>di</strong>cti homini liberamente, et se <strong>di</strong>cto homo d’arme se pretende de volere<br />

domandare cosa alcuna ali <strong>di</strong>cti homini, comandaritili che vengha qua da nuy perchè gli<br />

faremo ministrare raxone. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

343<br />

Francesco Sforza comunica ad Angelo de Acciaiolis che Guglielmo da Moliono, dopo averlo<br />

malvolentieri a lungo aspettato credendo nella promessa inviatagli <strong>di</strong> un suo prossimo arrivo,


alla fine, inquieto per la contrarietà del Delfino per la sua inconcludente permanenza lì, siccome<br />

lo Sforza non ha voluto “venire a particolarità alcuna, maxime havendo el...Dalfino l’animo alle<br />

cose de Zenoa”, ha deciso <strong>di</strong> ritornare percorrendo l’itinerario <strong>di</strong> re Renato e <strong>di</strong> Angelo. Se li<br />

incontrasse a Cremona è <strong>di</strong>sposto a ritornare con tre cavalli nella speranza <strong>di</strong> concludere<br />

qualcosa. Il duca consiglia ad Angelo <strong>di</strong> trovarsi con il re e raccontargli tutto per evitare guai a lui<br />

e al duca. Se il re vuole ritornare lì con Guglielmo, faccia quel che gli pare.<br />

Domino Angelo de Azaiolis.<br />

(1453 ottobre 5, “apud Gaydum”).<br />

Como per le altre nostre lettere ve scripsemo Gugliermo da Moliono deliberò pur de<br />

expectarve qui, quantunche malvolunteri per la longa demora haveva facta qui prima<br />

che se havesse la vostra respuosta; et credendosi che voi venisti presto, maxime per la<br />

ultima vostra respuosta che ne festi che veneristi, et cetera, con grande affanno ha<br />

aspectato fin qui <strong>di</strong>cendo ch'el dubita ch'el Dalfino non li faza despiacere per essere<br />

tanto tempo demorato qui et infine non havere facto cosa alcuna, perché nuy, como<br />

sapeti, non semo voluto venire a particularità alcuna, maxime havendo el <strong>di</strong>cto Dalfino<br />

l'animo ale cose de Zenoa; et infine ha deliberato el <strong>di</strong>cto Guilielmo retornarsene<br />

indreto e fare la via dela mayestà del Re et vostra; et se per caso ve trovasse a<br />

Cremona, <strong>di</strong>ce volere retornare qui con tri cavalli per vedere de venire a qualche effecto<br />

dela soa commissione. Et perchè comprehendemo ch’el se ne va molto malcontento et<br />

desdegnato et porrà fare deIe relatione al <strong>di</strong>cto Dalfino che non sariano utile nè a voy,<br />

nè a noy, ne pare che vuy debiati trovare con la mayestà del Re et <strong>di</strong>rle de questo<br />

facto; et che parendo ala soa mayestà ch'el sia bene de fare retornare de qua con sì el<br />

<strong>di</strong>cto Guilielmo, che faza quello sia el meglio, et adaptati mò questa cosa voy, domino<br />

Angelo, como meglio ve pare, sichè non habiamo retrarne adosso la malivolentia<br />

d'esso Dalfino, nè ancora del <strong>di</strong>cto Guilielmo. Solicitati la mayestà del Re che, per<strong>di</strong>o,<br />

non se perda più tempo nel camino; Guilielmo pre<strong>di</strong>cto se parte hogi de qui et vene via<br />

verso Cremona. Data ut supra.<br />

Iohannes.<br />

344<br />

Francesco Sforza fa sapere a Colleoni che Antonio da Landriano, condottiero ducale, si è molto<br />

lamentato del furto fatto in casa sua da uomini della famiglia del Colleoni. ll duca lo sollecita a far<br />

restituire tutta la refurtiva ad Antonio o a Giacomo da Landriano, parente <strong>di</strong> Antonio.<br />

101v Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

1453 ottobre 5, “apud Gaydum”.<br />

Antonio da Landriano, nostro conductero, ne ha facto grande lamenta d'una robbaria<br />

facta per la vostra fameglia in una soa casa de Cognolo de certe robe che intenderiti<br />

per l'introclusa lettera, et ne ha mandato scripti in la <strong>di</strong>cta lettera el nome de alcuni de<br />

loro. Et perchè non è da tollerare tale robaria et maxime, siando facto al <strong>di</strong>cto Antonio,<br />

quale è con nuy quello che sapeti, ve confortamo, caricamo et stringemo debbiati<br />

provedere che a Iuy, overo a Iacomo da Landriano, suo parente, quale gli scrive la <strong>di</strong>cta<br />

lettera, sia restituito integramente tuto quello gli è stato tolto fora dela <strong>di</strong>cta casa senza<br />

exceptione o contra<strong>di</strong>ctione alcuna. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e v octobis 1453.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

345<br />

Francesco Sforza comunica al Colleoni <strong>di</strong> aver ricevuto da Giovanni Conte, compagno <strong>di</strong><br />

Morretto, la lettera con cui lui gli conferma <strong>di</strong> aver avuto dal famiglio ducale Giovanni Bono il<br />

suggerimento dei mo<strong>di</strong> che deve osservare per alloggiare una notte a Cremona e <strong>di</strong>ntorni con re<br />

Renato e le altre genti d’arme, oltre al compito <strong>di</strong> provvedere un ricovero alle truppe regie che<br />

non possono trovarlo a Cremona. il duca si <strong>di</strong>ce certo che anche il Colleoni, mal sopporti la<br />

“tar<strong>di</strong>tà” del re, anche se crede, nonostante i rinvii fatti anche a causa della combustione della<br />

luna, che in serata sarà giunto a Pizzighettone. Considerato il fatto che nelle guerre in Italia si è<br />

soliti “usare dele arte et fictione con parole et demonstratione”, egli ha <strong>di</strong>vulgato che lui,


Collleoni, e il re erano ancora nell’Alessandrino e alcune altre genti stavano <strong>di</strong> là dell’Adda, nel<br />

Cremonese e altrove e che arriveranno 40 e più squadre. Siccome da Americo Sanseverino è<br />

stato informato che il re intendeva fare non più <strong>di</strong> 12 squadre con 50 uomini d’arme, il duca ha<br />

suggerito ad Americo <strong>di</strong> consigliare il re <strong>di</strong> fare squadre con 25 - 30 uomini d’arme in modo da<br />

avere da 18 a 20 squadre e gra<strong>di</strong>rebbe che il Colleoni appoggiasse tale proposta e ne parlasse<br />

con Americo. In più, chiede allo stesso Colleoni <strong>di</strong> voler fare otto squadre, mentre lui duca<br />

esigerà dagli altri condottieri <strong>di</strong> formare squadre come si <strong>di</strong>ce nella lettera, avendo l’avvertenza<br />

che tutto sia fatto prima <strong>di</strong> passare l’Oglio.<br />

Fu scritto in data 6 ottobre a Biagio da Civate, podestà <strong>di</strong> Giarola, <strong>di</strong> portarsi dal duca.<br />

Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

1453 ottobre 4, “apud Gaydum”.<br />

Questa sera per Zohanne Conte, compagno de domino Moreto, havemo recevuto la<br />

vostra lettera de dì iii del presente per la quale restamo avisati de quanto per nostra<br />

parte ve ha referito Zohanne Bono, nostro fameglio, delli mo<strong>di</strong> ne pare debbiati servare<br />

in allogiare una nocte a Cremona et lì d’intorno con la mayestà del Re et Ie altre gente;<br />

al che non replicamo, nè movemo altro, non ma che da puoi havite inteso el nostro<br />

parere lassiamo el carico et cura ala magnificentia vostra de allogiare tute quelle gente<br />

per una nocte per modo staghino secure, et che I’avanzo delle gente delIa mayestà del<br />

Re, che non porano stare in Cremona, Ie allogiate presso vuy per modo siano bene<br />

tractate et allogiate, et che non recevano danno, come semo certi sapereti ben fare.<br />

Apresso ne ren<strong>di</strong>amo certi ch’el ve rencresce ch’el se perda questo bon tempo per la<br />

tar<strong>di</strong>tà ha facta la mayestà del Re, el quale non dubitamo, ala recevuta de questa, serà<br />

giuncto a Pizghetone, perchè intendemo de certo debbi partirse heri che fo mercoridì<br />

da Milano, non obstante ch’el deliberasse partirse martedì passato; 102r pur, per la<br />

combustione dela luna retardò el suo cavalcare quello dì. Ulterius perchè vuy sapete<br />

che in queste nostre guerre de Italia giova molto ad sbigottire el compagno ad usare<br />

dele arte et fictione con parole et demonstratione et havemo per tuto devulgato, tanto<br />

fra nuy quanto fra I’inimici che de presente fra la mayestà del Re et voy et l’altre nostre<br />

gente, erano in Alexandrina et alcune altre gente tenevamo aIe frontere delIà d'Ada et<br />

in Cremonese et altri lochi, ne giungerano XL squadre de gente d’ame et più, et havemo<br />

facto el nostro designo che siano queste che se conteneno nella inclusa lista, como<br />

vederiti. Et perchè per lettere de Americo de San Severino semo stati advisati che la<br />

mayestà del Re deliberava fare XII squadre et non più, mettendo quaranta et L homini<br />

d’arme per quadra, havemo scripto al <strong>di</strong>cto Americo che debia confortare la prefata<br />

mayestà del Re a fare le squadre soe a XXV fino in XXX homini d’arme per squadra,<br />

como vederiti per la copia delIa lettera scripta al <strong>di</strong>cto Americo, pur qui inclusa, che ne<br />

porà fare fin al numero de XVIII o XX; il perchè ne pare che anchora Ia magnificentia<br />

vostra voglia confortarla al simile, conferendone prima con el <strong>di</strong>cto Americho,<br />

a<strong>di</strong>ungendo ala mayestà soa che ogni volta che fossemo per fare facti d’arme con<br />

I’inimici, Ie squadre se possono fare de doe, o de tre, una. Confortiamo etiam<strong>di</strong>o la<br />

magnificentia vostra se’l è possibile, a fare VIII squadre perchè serà anchora vostro<br />

honore et reputatione e simelmente a quelli nostri conducteri che fazano lo numero<br />

deIe squadre che se contene nella <strong>di</strong>cta nostra lettera. Et questo or<strong>di</strong>ne se vol fare<br />

inanze se passi Oglio; et piazane advisarne como haverite facto. Data apud Gaydum,<br />

<strong>di</strong>e iiii octobris 1453.<br />

Iohannes.<br />

Die vi octobris 1453.<br />

Scriptum fuit Blasio de Clivate, potestati Glarolarum quod veniat ad dominum.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

346<br />

Francesco Sforza scrive ad Americo Sanseverino <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>re l’andata <strong>di</strong> re Renato a Lo<strong>di</strong> e poi, il<br />

cinque, a Pizzighettone, bramando che presto lo raggiunga. Non ha nulla da ri<strong>di</strong>re circa il regale<br />

alloggiare a Cremona, che dovrà essere oggetto <strong>di</strong> cura del Sanseverino e del Colleoni.


Provvederà, invece, il duca alla sistemazione del re <strong>di</strong> là dall’Oglio, ov’egli passerà, perchè la via<br />

<strong>di</strong> qua dal fiume non è sicura.<br />

In simile forma si è scritto a Giovanni Bono.<br />

1453 ottobre 6, “apud Gaydum”.<br />

102v Magnifico Americo de Sancto Severino.<br />

Per la vostra de dì quatro del presente, data a Lode, remanemo avisati dela venuta<br />

dela mayestà del Re Iì a Lo<strong>di</strong>, et successive del suo volere venire a Pizleone a dì<br />

cinque, al che non accade <strong>di</strong>re altro, se non che summamente ne piace et ne<br />

contentiamo grandemente aspectando Ia mayestà soa con grande affectione et desiderio<br />

che presto se retrovi de qua. Del’allozare suo et delli suoi a Cremona non <strong>di</strong>cemo<br />

altro, perché se rendemo certi che trovandove con el magnifico Bartholomeo Coglione,<br />

per vuy tuti insieme serà preso partito nel’alozare suo che serà bono; del’alozare suo<br />

de qua da Oglio ne seriti avisato da nuy. Ma ben ve avisamo che serà necessario che<br />

quello dì proprio che se partirà da Cremona la mayestà soa passa de qua da Oglio,<br />

perchè remanendo delIà non remaneria ben secura. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e vi octobris<br />

1453.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

In simili forma scriptum fuit Iohanni Bono.<br />

347<br />

Francesco Sforza segnala al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che, in seguito alla venuta <strong>di</strong> re Renato,<br />

l’esercito era <strong>di</strong> parecchio aumentato per l’arrivo lì <strong>di</strong> truppe regie e <strong>di</strong> quelle sforzesche, già sul<br />

fronte monferrino. Era necessario che facesse un bando che imponesse agli uomini della città e<br />

del contado <strong>di</strong> fornire, secondo le loro possibilità, biada per i cavalli, vino, pane, carne salata e<br />

altre vettovaglie, assicurandoli che oltre a non pagare dazio, “gli sarà facte bona compagnia e<br />

se trovarano fare bono guadagno”.<br />

In simile forma fu scritto a: podestà <strong>di</strong> Pavia, Oldrado, podestà, Anziani e capitano <strong>di</strong> Parma,<br />

marchese Orlando Pallavicino, conte Stefano, marchese <strong>di</strong> Soragna, luogotenente, podestà,<br />

referendario, Anziani e capitano del <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> Piacenza,<br />

Fu replicato, triplicato e quadruplicato al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, al podestà <strong>di</strong> Pavia.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1453 ottobre 6, “apud Gaydum”).<br />

Acioché’l nostro felice exercito, qual de presente molto e molto se ingrossò per la<br />

venuta dela mayestà del re Renato con Ie sue e nostre gente, quali erano al'imprexa<br />

del Monferrato sia abondevole de victualie, volimo che publice faciati ban<strong>di</strong>re in quella<br />

nostra cità et anche in Ie ville et terre del contado che qualunque, segondo la facultà<br />

sua, debba far condure qua al <strong>di</strong>cto exercito nostro biava <strong>di</strong> cavalli, vino, pane, carne<br />

salata e qualunque altra generatione de victualie, avisando e certificando ogniuno che,<br />

ultra che non pagarano datio alcuno, gli serà facto bona compagnia e se trovarano fare<br />

bono guadagno et a noy serà cosa gratissima. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum est potestati Papie,<br />

domino Oldrado; potestati, Ancianis et capitaneo Parme,<br />

domino Orlando, marchioni Palavicino,<br />

comiti Stefano, marchioni Soranie;<br />

locumtenenti, potestati, referendario, Ancianis et capitaneo devetus Placentie;<br />

locumtenenti Laude et potestati Papie. Duplicata <strong>di</strong>e viii octobris,<br />

et triplicata, quatruplicata <strong>di</strong>e.<br />

Cichus.


348<br />

Francesco Sforza assicura Francesco Biscossa, cancelliere <strong>di</strong> suo fratello Corrado, <strong>di</strong> aver<br />

provveduto, aderendo alla sua richiesta, che i 300 ducati assegnati a Corrado fossero in oro.<br />

1453 ottobre 6, “apud Gaydum”.<br />

103r Francisco Biscosse, cancellario magnifici Conra<strong>di</strong>, germani nostri.<br />

Inteso quanto ne scrive che per supplire ali bisogni de Conrado, nostro fratello, voliamo<br />

essere contenti et or<strong>di</strong>nare che quelli trecento ducati, quali havemo scritto siano dati a<br />

Conrado, nostro fratello, gli siano numerati a ragione d'oro, restamo contenti de farlo, et<br />

così scrivemo per Ie alligate aIi Maystri del’intrate nostre che gli faciano numerare a<br />

oro. Farali adoncha presentare le lettere. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

349<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che, anzichè essere cacciata <strong>di</strong> casa,abbia<br />

“una camera con tanta habitatione” la donna del suo famiglio Galasso da Recanati, tanto più che<br />

lui è con il duca al campo.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1453 ottobre 6, “apud Gaydum”.<br />

Se è gravato con nuy Galasso da Recanati, nostro fameglio, che gli vole essere cazata<br />

de casa una sua femina, quale ha in quella nostra cità, che non ne pareria né honesto<br />

né ragionevele, stanto luy qua in campo con nuy. Pertanto volemo che prove<strong>di</strong>ati<br />

omnino che non sia cazata, anzi gli sia reservata una camera con tanta habitatione che<br />

gli possa habitare. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

350<br />

Francesco Sforza comanda a Morello da Parma <strong>di</strong> restituire, come già gli ha imposto, i denari<br />

che lui aveva fatto pagare a una nave <strong>di</strong> Bene<strong>di</strong>no del Mora da Cremona che conduceva<br />

mercanzie a Crema sotto salvacondotto ducale<br />

Domino Morello de Parma.<br />

1453 ottobre 8, “ex castris apud Gaydum”.<br />

Miser Morello, per un'altra nostra te havimo scripto che certi denari che ti havivi facto<br />

pagare ad una nave de Bene<strong>di</strong>no del Mora da Cremona, che conduceva certe<br />

mercantie ad Crema socto nostro salvoconducto, che nostra intentione era che fussero<br />

restituito et che volevamo gliIi restituissi (et fin qui non pare ne habbi facto cosa alcuna,<br />

del che ne meravigliamo assay), pertanto volimo che senza exceptione alcuna ti <strong>di</strong>bbi<br />

per omni modo restituire <strong>di</strong>cti denari al <strong>di</strong>cto Bene<strong>di</strong>no del Mora, overo ad qualunqua lui<br />

mandasse con la presente. Et questo volimo non sia fallo. Ex castris, viii octobris 1453,<br />

apud Gaydum.<br />

Iohannes.<br />

351<br />

Francesco Sforza scrive a Pietro da Lonate, che se dal primo giorno avesse imprigionato un suo<br />

uomo e fatta la imposizione, <strong>di</strong> cui gli ha scritto, a tutti i suoi uomini e a quelli dei suoi consorti,<br />

essi avrebbero “integramente facto,el debito suo”. Agisca, perciò, insieme con Ludovico da<br />

Bologna e Antonio da Landriano in modo che tutti i debitori delle tasse dei cavalli e del<br />

carriaggio paghino il dovuto. L’atteggiamento suo con i masna<strong>di</strong>eri è semplice: presone uno, lo<br />

impicchi, come ragione vuole e non ne <strong>di</strong>a più molestia al duca.


Petro de Lonate.<br />

1453 ottobre 8, “apud Gaydum”.<br />

Havemo recevuto la toa lettera de dì ultimo del passato, per la quale restiamo avisati de<br />

quanto ne scrive de quello tuo homo hay facto destenire, et del comandamento facto<br />

generalmente aIi tuoy homini e delli tuoy consorti, al che, respondendo, te <strong>di</strong>cemo che<br />

siamo certi che se tu havessi facto così fino al primo dì, che loro haveriano mò<br />

integramente facto el debito suo. Sichè te confortiamo, caricamo et stringemo quanto<br />

più possemo che contra li <strong>di</strong>cti tuoi homini, et cossì qualunque debitore delle 103v taxe<br />

<strong>di</strong> cavalli e carezo nostro, una con Lodovico da Bologna et Antonio da Fabriano, vogli<br />

procedere et fare ogni altra cosa in modo che ciascuno facia el debito suo; et facendo<br />

così haveremo per accepta ogni toa scusa, et crederimo ami nuy et il stato nostro.<br />

Ala parte delli strataroli che stano ala strata et robbano Ii sub<strong>di</strong>ti nostri, <strong>di</strong>cemo che,<br />

pigliandone veruno tu lo debbi impicare per la gola secondo rechiede la ragione. et de<br />

simile cose che passano per via de rasone, ne pare le poteresse fare senza scrivere né<br />

darne molestia ad nuy. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e viii octobris 1453.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

352<br />

Francesco Sforza impone al podestà <strong>di</strong> Caselle <strong>di</strong> non tener conto del <strong>di</strong>vieto fatto dal conte<br />

Cristoforo, ma <strong>di</strong> consentire al lo<strong>di</strong>giano Tommaso Azzone <strong>di</strong> acquistare la maggior quantità <strong>di</strong><br />

biada possibile per i cavalli ducali: e <strong>di</strong> ciò gli avrebbe fatto scrivere dal conte Cristoforo se non<br />

fosse andato a Guastalla.<br />

Potestati Casellarum.<br />

(1453 ottobre 8, “apud Gaydum”).<br />

Perché havemo mandato in quelle nostre parte Thomaso Azone da Lo<strong>di</strong> per recatare et<br />

comprare quella più quantità de biava sia possibile per uso delli nostri cavalli, et pare<br />

che in quella terra non ne possa havere niente per certa or<strong>di</strong>natione facta per lo<br />

magnifico conte Christoforo; (a) pertanto volemo che subito, havuta questa, non<br />

obstante deveto alcuno, lassi cavare et comprare in quella terra tuta quella quantità de<br />

biava piacerà al <strong>di</strong>cto Thomaso; et a questo non faray exceptione né contra<strong>di</strong>ctione<br />

alcuna. Te haveressemo facto scrivere dal prefato conte Christoforo, ma al presente<br />

non se retrova in campo, perché è andato ad Guastalla.Data ut supra.<br />

Nicolaus.<br />

Cichus.<br />

(a) Conte Chri scritto su Bartolomeo abraso.<br />

353<br />

Francesco Sforza si congratula con il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> per aver revocato il salvacondotto alle<br />

ville del Cremasco. Esprime meraviglia per le lamentele dei balestrieri del revellino del ponte,<br />

pur avendo scritto ai Maestri delle entrate <strong>di</strong> sborsare 30 ducati a Bartolomeo da Robia, che<br />

ora, in seguito alla nuova lettera ducale ai Maestri, ne solleciterà il versamento. Si <strong>di</strong>ce ancora<br />

stupito della richiesta del luogotenente <strong>di</strong> munizioni per la rocchetta <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> verso l’Adda. Sa <strong>di</strong><br />

certo che i castellani ne avevano e, quin<strong>di</strong>, non li lasci partire, se prima non le restituiscono. Se<br />

fossero già andati via, trattenga la roba loro.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1453 ottobre 8), “apud Gaydum”.<br />

Ne piace, respondendo ala vostra, che habiati revocato el salvoconducto concesso aIe<br />

ville de Cremasca, como ve havevamo scripto. A quelli balestreri del revellino del ponte<br />

maravegliamoce non sia provisto, perché scripsemo I’altro dì ali Magistri deI’entrate,<br />

per lettere sottoscripte de nostra mano, che dovesseno sborsare a Bartholomeo da<br />

Robia ducati xxx, però gli 104r repplicamo de novo quello medesmo, siché vogliatili <strong>di</strong>re


che’l vada o man<strong>di</strong> a sollicitare Ii <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari. Et perché rechiedeti munitione da mettere<br />

in la rocheta de Lode verso Adda, maravigliamone che in la <strong>di</strong>cta rocheta non siano Ie<br />

<strong>di</strong>cte munitione, perché sapiamo pur nuy che Ii castellani ne havevano. Però volimo che<br />

non debbiati lassare partire Ii <strong>di</strong>cti castellani finché habiano restituite et remetuto tute Ie<br />

munitione nostre, quale havevano, como intenderiti per la lista d’esse munitione quale<br />

debe essere Iì; et essendo loro partiti, reteniti la robba soa, non relaxandola fin a tanto<br />

che le haverano integramente restituite. Et in questo non sia fallo alcuno. Data apud<br />

Gaydum, ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

354<br />

Francesco Sforza vuole che il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> rispetti i salvacondotti concessi al<br />

provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema, come lui farà con quelli sforzeschi e, anzi, ne concederà uno per altri<br />

cinque carri.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1453 ottobre 9, “apud Gaydum”.<br />

Benché li salviconducti per nuy concessi ale ville de Cremascha siano revocati como<br />

intendeti, non volemo però che li salviconducti per nuy concessi al prove<strong>di</strong>tore de<br />

Crema s’intendano in questa revocatione; immo inten<strong>di</strong>amo stiano fermi como prima,<br />

perché luy anchora tenerà fermi li nostri et ne concederà salvoconducto a cinque altre<br />

carre. Vogliati aduncha provedere che li <strong>di</strong>cti salviconducti gli siano observati senza<br />

exceptione et contra<strong>di</strong>cione alcuna. Apud Gaydum, <strong>di</strong>e viiii octobris 1453.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

355<br />

Francesco Sforza assicura Andrea Dandolo, provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema, che mantiene vali<strong>di</strong> i<br />

salvacondotti personalmente a lui concessi e gli chiede <strong>di</strong> accordarne uno per cinque carri.<br />

Andree Dandulo, provisori Creme.<br />

(1453 ottobre 9, “apud Gaydum”).<br />

Quantunche habiamo revocati generalmente tuti Ii salviconducti per nuy concessi aIe<br />

ville de Cremasca per scontro deIi concessi per vuy aIe ville de Lodesana, non<strong>di</strong>meno<br />

non inten<strong>di</strong>amo siano revocati Ii salviconducti concessi a vuy in specialità, immo volimo<br />

siano vali<strong>di</strong> et fermi como erano prima, de che ve ne havemo vogliuto avisare,<br />

confortandove et pregandove che ultra el salvoconducto delle carre a nuy concesso, ve<br />

piacia concederne un altro per cinque carre. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

356<br />

Francesco Sforza si compiace con Giovanni de Angelellis, capitano <strong>di</strong> giustizia <strong>di</strong> Milano, per<br />

quanto gli ha scritto sul suo comportamento con i malviventi e per quelli catturati a Gropello.<br />

Non ba<strong>di</strong> a quelli che hanno perorato perchè egli soprassieda dal colpire i malfattori: agisca<br />

come giustizia esige e indaghi su correi e su quanti hanno comunque incitato a malfare, in modo<br />

che <strong>di</strong> tutti e <strong>di</strong> tutto si sappia. Gli puntualizza <strong>di</strong> essere informato che non agisce<br />

animosamente, che se la prende con i tristarelli e si lascia intimi<strong>di</strong>re dalle preghiere e istanze dei<br />

fautori degli atti criminali. Sappia che farà investigare su tutto il suo operato.<br />

1453 ottobre 10, “apud Gaydum”.<br />

104v Capitaneo iustitie Me<strong>di</strong>olani domino Iohanni de Angelellis.<br />

Havemo recevuta vostra lettera de dì vii del presente et inteso quanto scriveti de<br />

quanto haveti exequito et Ii mo<strong>di</strong> haveti servato contra quelli delinquenti et de quelli


haveti facto pigliare ad Gropello, quali sonno in castello, et cetera; <strong>di</strong>cemo che de tuto<br />

restamo advisati et piacene quanto haveti facto, et comendamove assay. Et perché<br />

<strong>di</strong>ceti che ve è stato comandato che debbiati soprasedere aIe executione et<br />

proce<strong>di</strong>mento contra Ii <strong>di</strong>cti delinquenti, <strong>di</strong>cemo che havemo havute lettere et<br />

ambassate sopra ciò, aIe quale non volemo acquiescere; e però volimo che debbiati<br />

procedere, et non vogliati havere respecto né reguardo ad persona alcuna ad<br />

procedere contra de loro senza alcuna intermissione de tempo. Et fati contra delli <strong>di</strong>cti<br />

delinquenti animosamente quanto vole et se extende la rasone, non guardando in faza<br />

ad persona alcuna et sia che se voglia, perché intendemo che omnino sia facto rasone;<br />

et che chi haverà fallato sia punito, secundo <strong>di</strong>sponerà la rasone et iusticia,<br />

examinando quelli sonno più cativi et tristi, et sapere la verità delli furti, delicti et altri<br />

excessi per lo tempo passato, per modo che particularmente et seriosamente sappiamo<br />

el tuto et inten<strong>di</strong>amo el nome de tuti quelli sonno stati commettitori de tali excessi et<br />

delicti de dì et de nocte, et per ogni modo siano stati commessi; et così sapiamo Ii nomi<br />

delli tutti quelli sonno stati consultori, fautori, persuasori et consentienti (a) et scienti<br />

delle cose pre<strong>di</strong>cte, siché sappiamo quali sonno Ii boni et quali Ii cativi, advisandove<br />

che nuy siamo informati per quelli che vengono dellà che non haviti proceduto<br />

animosamente contra Ii grossi che sonno cativi, ma contra qualchi tristarelli, quali non<br />

sonno quelli sonno stati cagione de queste cose (b). E questo procede perché attendeti<br />

ad compiacere ad citta<strong>di</strong>ni per preghere et instantie de loro, quali sonno stati et sonno<br />

cagione delle pre<strong>di</strong>cte cose; siché, non attenduta alcuna altra cosa, procedeti virilmente<br />

et animosamente et dritamente ad fare raxone et iusticia, perchè ve avisamo faremo<br />

molto bene circhare et investigare da puoi el facto como ve seriti portato in questa cosa<br />

dritamente, intendendove (c) de tuto insieme con lo podestà, secondo la comissione<br />

haveti da nuy. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e x octobris 1453. Duplicata.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

(a) consultori, fautori, persuasori et conse scritto su rasura.<br />

(b) de queste cose scritto su rasura.<br />

(c) In A intendendendove.<br />

357<br />

Francesco Sforza fa sapere a Bolognino de Attendolis <strong>di</strong> aver scritto a Giovanni de Angelellis,<br />

capitano <strong>di</strong> giustizia, attualmente lì per procedere, senza alcun riguardo per chi si sia, contro gli<br />

autori dell’eccesso pavese. Vuole che Bolognino si faccia mostrare le lettere ducali e lo inciti a<br />

procedere virilmente contro i delinquenti, perchè ne vuole una esemplare punizione.<br />

105r Magnifico Bolognino de Attendolis.<br />

1453 ottobre 10, “apud Gaydum”.<br />

Novamente, per doe nostre lettere scrivemo al spectabile doctore domino Iohanni de<br />

Angelellis, nostro capitaneo de iusticia, quale de presente se retrova Iì che debbia<br />

procedere animosamente et secondo vole la rasone contra quelli tucti quali comisseno<br />

quello excesso Iì in quella nostra cità, non guardando in faza ad persona del mondo;<br />

siché volemo et ve commettemo ve debbiati trovare con <strong>di</strong>cto nostro capitaneo et farve<br />

monstrare Ie <strong>di</strong>cte lettere, confortandolo et persuadendolo ad volere procedere<br />

virilmente et animosamente contra Ii <strong>di</strong>cti delinquenti, non guardando in faza ad<br />

persona alcuna, et sia che se voglia, perché volemo omnino siano puniti, ad ciò sia<br />

exemplo ad altri de non comettere simili excessi. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e x octobris<br />

1453.<br />

Filippus.<br />

Cichus.<br />

358<br />

Francesco Sforza scrive a Raffaele Morbio, vicario <strong>di</strong> Belgioioso, che inteso ciò che gli <strong>di</strong>ce del<br />

salario dell’ufficiale del portinaio <strong>di</strong> Pissarello, vuole che si continui a osservare per il<br />

pagamento del salario dell’ufficiale ciò che si praticava al tempo <strong>di</strong> Filippo Maria Visconti e, cioè,<br />

che i portinai dessero ogni mese agli ufficiali, a nome del vescovo <strong>di</strong> Pavia, per salario 24<br />

grossi oltre a cinque grossi e mezzo per la tassa dei loro cavalli.


1453 ottobre 12, “apud Gaydum”.<br />

Nobili <strong>di</strong>lecto nostro Raphaeli Morbio, vicario Belzoyosi.<br />

Havemo recevuto toa lettera de dì xvii del passato, et inteso quanto scrivi delIa<br />

informatione hay havuta del salario del’officiale del portinaro del Pissarello, et cetera;<br />

<strong>di</strong>cemo che, siando così, como tu scrive, zoè che Ii <strong>di</strong>cti portinari, ad instantia del<br />

vescovo de Pavia, pagavano aIi officiali passati per il suo salario in zascuno mesi grossi<br />

xxiiii ad nome del vescovo de Pavia, et per la taxa che pagaveno delli cavalli che<br />

tenevano <strong>di</strong>cti officiali grossi cinque et mezo al mesi per nome et ad nome d’esso<br />

vescovo, siamo contenti et volemo che, non obstante cosa alcuna in contrario, quale<br />

havesse da noy o d'altri, debbi fare pagare <strong>di</strong>cto salario como se pagava al tempo del<br />

prelibato quondam illustrissimo signore duca passato, perché così è Ia intentione<br />

nostra, che sia servato et exequito. Data apud Gaydum, xii octobris 1453.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

359<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce al fratello Corrado <strong>di</strong> essere contento per la revoca dei salvacondotti <strong>di</strong><br />

qua dall’Adda e <strong>di</strong> voler sapere se altrettanto ha fatto per quelli da lui concessi con l’in<strong>di</strong>cazione<br />

della qualità e del numero.<br />

Magnifico domino Conrado fratri nostro.<br />

(1453 ottobre 12, “apud Gaydum”).<br />

Havemo inteso quanto tu ne scrivi dela revocatione delli salviconducti de qua d’Ada, e<br />

ne remanemo contenti. Ulterius volemo che tu ce avisi del numero e qualità delli<br />

salviconducti concessi per ti pur de qua d'Ada et se tu gli hay revocati, como a questi dì<br />

te scripsemo. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

360<br />

Francesco Sforza comanda a Iosep, castellano <strong>di</strong> San Colombano, <strong>di</strong> costringere i fuggitivi<br />

Marco de Bordo da Laza e Martino de Bassano Fedele. mandati come bifolchi del carriaggio <strong>di</strong><br />

quella comunità, a indennizzare, ciascuno <strong>di</strong> loro,con la loro roba il duca mandando due altri<br />

bifolchi per due mesi. Se la loro roba non bastasse vi provveda la comunità.<br />

1453 ottobre 13, “apud Gaydum”.<br />

105v Magnifico Iosep, castellano Sancti Columbani.<br />

Sonno fugiti dal nostro carezo con nostro grande preiu<strong>di</strong>cio Marcho de Bordo da Laza<br />

et Martino de Bassano Fidele, quali erano mandati per bubulci de quelIa nostra<br />

comunità. Per Ia qual cosa volemo et te commettemo che subito, per Ia indemnità<br />

nostra, debbi costringere Ii <strong>di</strong>cti fugituti me<strong>di</strong>ante la robba sua ad mandarne duy per<br />

ciascuno de loro pagati per duy mesi e, non bastando la robba loro, constringeray<br />

quella nostra comunità ad pagare Ii <strong>di</strong>cti bubulci como è sopra <strong>di</strong>cto. Et questo sia<br />

presto senza veruna exceptione. Data apud Gaydum, xiii octobris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

361<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Gracino e al referendario <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> mandare a Pavia e poi a<br />

Cremona, oppure drettamente a Cremona, nelle mani nell’ufficiale delle munizioni, la polvere da<br />

bombarda, inviata lo scorso anno nell’Alessandrino e che ora è in tre<strong>di</strong>ci barili a Pozolo e in altri<br />

barili a Salle<br />

1453 ottobre 13, “apud Gaydum”.


Domino Gracino et referendario Papie.<br />

Intendemo che de quella polvere da bombarda che nuy mandassemo questo anno<br />

passato in Ie parte de Alexandrina ne sonno tredeci barili in Pozolo, et così alcuni altri<br />

in Salle. Pertanto volemo che vuy Ii fazati condure lì in Pavia et deinde a Cremona,<br />

or<strong>di</strong>nando che siano consignati in mano del’officiale nostro delle munitione; et<br />

parendone fosse meglio fargli condure de <strong>di</strong>rectura ad Cremona senza che fosseno<br />

conducti lì, poreti fare como meglio ve parerà. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e xiii octobris<br />

1453.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

362<br />

Francesco Sforza ricorda al podestà <strong>di</strong> Mortara <strong>di</strong> avergli scritto, il sette scorso, che, nel caso <strong>di</strong><br />

mancato accordo <strong>di</strong> Ambrogio Trombetta, uomo del conte Giacomo Piccinino, con il cremonese<br />

Guglielmo Finaro, si dovesse annullare una lettera ducale inviatagli il trenta agosto in favore <strong>di</strong><br />

Ambrogio e dei suoi. Ora gli scrive per l’annullamento <strong>di</strong> ogni scrittura o proce<strong>di</strong>mento in favore<br />

<strong>di</strong> Guglielmo. in modo che Ambrogio e i suoi siano lasciati in pace da ogni precedente vertenza.<br />

106r Potestati nostro Mortarie.<br />

1453 ottobre 13, “apud Gaydum”.<br />

Per nostre lettere, date a vii del passato, te scripsemo che non siando rimasto d'acordo<br />

Ambroxo Trombeta del magnifico conte Iacomo Picenino cum Guliermo Finaro, nostro<br />

cita<strong>di</strong>no Cremonese, como credevamo, dovesse annulare et casare et revocare un'altra<br />

lettera per nuy a te scripta a trenta dì del mese de augusto proximo passato, in favore<br />

d’esso Ambroxo et deIi suoy. Nunc non siando Ie parte rimaste d'acor<strong>di</strong>o, volimo et te<br />

cometimo che debi pur anulare et revocare ogni lettera, processo et scriptura quale<br />

fusse facta in favore del <strong>di</strong>cto Guliermo et contra el <strong>di</strong>cto Ambroxo e Ii suoy, ita et taliter<br />

che né mò né may <strong>di</strong>cto Ambroxo e Ii suoy possano né debiano essere molestati né<br />

inquietati per defferentia, quale da qui indreto habia hauto esso Ambroxo cum <strong>di</strong>cto<br />

Guliermo. Ex castris apud Gaydum, xiii octobris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

363<br />

Francesco Sforza comanda al capitano <strong>di</strong> giustizia <strong>di</strong> Milano <strong>di</strong> prestar fede a tutto quello che gli<br />

<strong>di</strong>rà il suo famiglio Lorenzo Vitelesco.<br />

In simile forma si è scritto a: Gabriele de Breva, dei giurisperiti del Collegio <strong>di</strong> Milano, podestà <strong>di</strong><br />

Pavia, Bolognino de Attendolis.<br />

Capitaneo iusticie Me<strong>di</strong>olani.<br />

(1453 ottobre 13, “apud Gaydum”).<br />

Mandando Iì de presente il nobile Laurenzo Vitelesco, nostro fameglio, gli havemo<br />

commesso ve <strong>di</strong>ca alcune cose per nostra parte; siché volemo che a tuto quello ve<br />

exponerà per parte nostra gli <strong>di</strong>ati plena fede como a nuy proprii. Data ut supra.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum fuit domino Gabrieli de Breva, ex iurisperitis Collegii nostre<br />

civitatis Me<strong>di</strong>olani,<br />

potestati Papie,<br />

magnifico Bolognino de Attendolis.<br />

Cichus.


364<br />

Francesco Sforza scrive ai castellani <strong>di</strong> Cremona e al vicario del locale podestà <strong>di</strong> credere a<br />

tutto quello che <strong>di</strong>rà loro Lorenzo Vitellesco circa la vertenza tra il conte Stefano da San Vitale e<br />

Giovanni da Voghera.<br />

(1453 ottobre 13, “apud Gaydum”).<br />

Castellanis nostris Cremone et vicario potestatis nostri ibidem.<br />

Per casone delIa <strong>di</strong>fferentia vertisse fra il spectabile conte Stefano da San Vitale e<br />

Iohanne da Voghera, havemo commesso alcuna cosa al nobile Laurenzo Vitellesco al<br />

quale volemo, in tute Ie cose ve exponerà circha questa materia, gli <strong>di</strong>ati plena fede<br />

como ad nuy proprii. Data ut supra.<br />

Cichus.<br />

365<br />

Francesco Sforza vuole che Giovanni Caymo, cancelliere, e il commissario <strong>di</strong> Pizzighettone<br />

nonchè il podestà <strong>di</strong> Maledo facciano realizzare, con rito sommario, a Faenza da Gino,<br />

taverniere <strong>di</strong> Male, i cre<strong>di</strong>ti che vanta dai molti debitori renitenti a pagarlo.<br />

(1453 ottobre 13, “apud Gaydum”).<br />

106v Iohanni Caymo, cancellario et commissario Pizleonis, et potestati nostro Male<strong>di</strong>.<br />

El Faenza da Gino, tavernaro a Male, ne ha facto supplicare che, havendo luy de molti<br />

debitori, quali se fanno <strong>di</strong>fficili e retrogra<strong>di</strong> aIi pagamenti debiti, voliamo provedere de<br />

opportuno iuris reme<strong>di</strong>o quo me<strong>di</strong>ante vegna ad conseguire el dovere, et parendone<br />

iusto e ragionevele quanto luy rechiede, volemo e ve commettemo che, ad instantia<br />

d'esso Faenza o de suo messo, debbiati procedere contra qualunque suo vero<br />

debitore, et hoc summarie simpliciter et de plano sine strepitu et figura iu<strong>di</strong>cii,<br />

cavillationibus et frivolis exceptionibus quibuscumque reiectis, ita ch’el consequischa el<br />

suo debito. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

366<br />

Francesco Sforza ingiunge al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> non consentire che alcuno alloggi nella<br />

abitazione che ha lì o dove ha il suo fieno, eccezion fatta per chi ne avesse comunicazione da<br />

Bianca Maria.<br />

Con lo stesso contenuto si è scritto a Fiorentino <strong>di</strong> Firenze, familiare ducale.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1453 ottobre 13, “apud Gaydum”).<br />

Havemo inteso che molti, quali vano e vengono, se metteno ad allogiare lì dove è la<br />

nostra habitatione quando venemo a Lo<strong>di</strong>, et ce consumano quello strame havemo<br />

facto fare per nuy. Pertanto ve comettemo che, vada e venga che voglia, che habia<br />

nome como se voglia, non gle lassati allozare alcuno né in la casa nostra né altroe<br />

dove habiamo el feno nostro; et a questo non intervenga negligentia per quanto haveti<br />

cara la gratia nostra, salvo se madona Biancha ve ne scrivesse obe<strong>di</strong>riti ley, altramente<br />

scriva et <strong>di</strong>ca che voglia, non gli lassate logiare alcuno. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

In simili continentia scriptum est Florentino de Florentia, familiari nostro.<br />

Cichus.


367<br />

Francesco Sforza trasmette ad Andrea Dandolo, provisore <strong>di</strong> Crema, i nominativi delle persone<br />

cui ha concesso salvacondotti “senza cambio de alcuni <strong>di</strong> vostri”. Di loro ha dato comunicazione<br />

al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, al podestà <strong>di</strong> Castelleone e a Gaspare da Sessa.<br />

Vengono sottoriportati i nominativi <strong>di</strong> coloro che beneficiano degli accennati salvacondotti.<br />

(1453 ottobre 13, “apud Gaydum”).<br />

107r Spectabili (a) Andree Dandolo, provisori Creme.<br />

Aciochè siati avisato deIi mo<strong>di</strong> se hanno a servare circha la observantia delli<br />

salviconducti per nuy concessi aIi Cremaschi senza cambio de alcuni <strong>di</strong> vostri<br />

declaramo essere nostra intentione che se debiano observare tuti Ii salviconducti per<br />

nuy concessi aIe infrascripte persone, de verbo ad verbum, como sono scripti; et de<br />

questa nostra intentione ne havemo avisati el nostro locotenente de Lode, potestà de<br />

Castellione et Gasparro da Sessa, aciochè non faciano contra la <strong>di</strong>spositione delli<br />

d'essi salviconducti. Sichè ve ne havemo voluto avisare, et ve ne man<strong>di</strong>amo alligate Ie<br />

lettere, quale scrivemo in questa materia, avisandove che questo facemo a<br />

complacentia vostra solamente. Data ut supra.<br />

(a) Segue domino depennato.<br />

Homines Cerreti,<br />

Iohannes de Cavagheriis,<br />

presbiter Thomas de Penariis et Iacobus Bocatius, eius nepos,<br />

Iacobus Manara,<br />

Antonius de Maraciis,<br />

Nicolaus de Vicomercato,<br />

Bartholomeus ex comittibus de Carvisano,<br />

Iohannes Guarinus,<br />

Iacobus de Robatis,<br />

Iohannes de Rosetis,<br />

sex famuli domini Andree Danduli pro venando,<br />

Thomas et Lumbardus de Carionibus et Zanius de Papia,<br />

Bartholomeus et fratres de Caravagio,<br />

tres ex hominibus Zaramelle,<br />

Iohannes et Franciscus, fratres de Placentia,<br />

Augustinus et Iohannes, fratres de Castellis,<br />

ecclesia Sancti Antonii,<br />

monasterium Sancti Bernar<strong>di</strong>ni Creme,<br />

fratres monasterii Sancti Bernar<strong>di</strong>ni extra muros Creme.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

368<br />

Francesco Sforza comunica a Gaspare da Sessa <strong>di</strong> rispettare i salvacondotti concessi ai<br />

Cremaschi, <strong>di</strong> cui invia il preciso elenco.<br />

In simile forma fu scritto alluogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> e al podestà <strong>di</strong> Castelleone.<br />

Gasparri de Suessa.<br />

(1453 ottobre 13, “apud Gaydum”).<br />

Aciò sapii la mente et <strong>di</strong>spositione nostra circha la observantia delli salviconducti per<br />

nuy concessi a Cremaschi senza contracambio de alcuni <strong>di</strong> nostri, nostra intentione è et<br />

107v (a) volemo che debiati observare tuti Ii salviconducti concessi aIe persone<br />

ianfracripte, de verbo ad verbum como stano; et contra la <strong>di</strong>spositione d'essi non sia<br />

innovato cosa alouna. Habiati aduncha advertentia ad observare questa nostra voluntà.


Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum est :<br />

Locumtenenti Laude et<br />

potestati nostro Castrileonis.<br />

(a) In testa alla carta: <strong>di</strong>e xiii octobris.<br />

369<br />

Francesco Sforza risponde al figlio Galeazzo Maria che non può consentire alla sua richiesta <strong>di</strong><br />

liberazione <strong>di</strong> Pasquino <strong>Lombardo</strong>, uno dei principali capi del tumulto. Lo ammonisce che lui,<br />

duca, è sempre stato convinto che in simili casi soprattutto “se facia ragione, così per l’onore<br />

nostro, como..per dare exemplo ali nostri popoli de ben vivere”.<br />

Ritiene che tale sua richiesta non parta da lui, Galeazzo, ma da chi guarda più agli interessi<br />

propri, che al “bene et honore nostro”<br />

1453 ottobre <strong>16</strong>, “in castris nostris contra Pontevichum”.<br />

Illustri filio nostro <strong>di</strong>lectissimo Galeazmarie Vicecomit,i comiti, et cetera.<br />

Havemo recevuto toe lettere, date decimo presentis per Ie quale tu ne doman<strong>di</strong> de<br />

gratia la liberatione de Pasquino <strong>Lombardo</strong>, sustenuto Iì in quello nostro castello, ale<br />

quale fina mò non havemo potuto respondere per le molte nostre oocupatione et<br />

perchè eravamo in levarse, como havemo facto hogi fa tri dì; ma mò te respondemo<br />

che voluntera te compiaceressemo in ogni altra cosa, etiam<strong>di</strong>o se la forse molto<br />

magiore che questa, maxime domandandonela con tanta instantia come tu fay. Ma<br />

perchè siamo sempre stati, et siamo in proposito ch’el se facia ragione, così per<br />

l’honore nostro, como etiam<strong>di</strong>o per dare exemplo ali nostri populi de ben vivere, siamo<br />

deliberati ch’el se facia ragione, avisandoti che <strong>di</strong>cto Pasquino è uno deIi principali del<br />

tumulto. Sichè per questa fiata tu haveray pacientia, benche nuy cre<strong>di</strong>amo che questa<br />

lettera, quale tu ne scrive non sia proceduta per mente toa, ma piutosto per consilio<br />

d'altri, Ii quali fariano melio a consiliarte ch’el se facesse ragione, et non domandarte<br />

simile gracie, como quelli che guardano ala specialità loro, che al bene et honore<br />

nostro. Data in castris nostris contra Pontevichum, <strong>di</strong>e xvi octobris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

370<br />

Francesco Sforza informa la moglie <strong>di</strong> aver messo il campo a Pontevico e piazzerà le bombarde<br />

e presto la prenderà per poi muoversi dove riterrà più conveniente.<br />

1453 ottobre 17, “contra Pontevichum”.<br />

108r Illustrissime domine ducisse Me<strong>di</strong>olani, et cetera.<br />

Advisamo la signoria vostra che hieri venessemo ad campo a Pontevico et hogi<br />

pianteremo Ie bombarde, et presto lo haveremo; poi ne drizaremo dove ne parerà sia<br />

meglio. Voglia la signoria vostra stare de bona voglia che ala zornata Ii faremo,<br />

sentiremo cose che Ie piacerano <strong>di</strong> progressi nostri. Data contra Pontevichum, <strong>di</strong>e xvii<br />

octobris 1453.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

371<br />

Francesco Sforza comanda al suo conestabile Gaspare da Suessa <strong>di</strong> imporre ai suoi soldati <strong>di</strong><br />

far rilasciare due figli e <strong>di</strong> restituire il bestiame presi da loro a un suo amico, da lui fatto<br />

sistemare con i figli e i beni a Monto<strong>di</strong>ne<br />

1453 ottobre <strong>16</strong>, “contra Pontevichum”.


Gasparri de Suessa, conestabili nostro.<br />

Havendo nuy per certo <strong>di</strong>gno e bono respcto facto asecurare uno nostro amico et certi<br />

suoi fioli con sue robbe e beni e fatoli dare fede ch’el seria securo a Montodone, siamo<br />

informati che certi delli toy gli preseno duy soi e toltoli el loro bestiame, del che molto ne<br />

dole perchè oltra el mancamento del’honore nostro ne cederia anohora damno al stato<br />

nostro. Pertanto volemo che subito tu gli facii relaxare senza spesa alcuna et similiter<br />

gli faray restituire el loro bestiame senza mancamento alcuno, or<strong>di</strong>nando aIi tuoi che da<br />

mò inanti el lassa stare liberamente Ii ad Montedone, perchè havemo nuy or<strong>di</strong>nato ch’el<br />

ce possa stare per bona cagione, como havemo <strong>di</strong>cto. Data contra Pontevichum, <strong>di</strong>e<br />

xvi octobris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

372<br />

Francesco Sforza conferma al milite Morello da Parma <strong>di</strong> aver preso atto <strong>di</strong> quanto<br />

comunicatogli della cattura <strong>di</strong> due figli e del furto del bestiame <strong>di</strong> quel suo amico <strong>di</strong> cui ha<br />

favorito la sitemazione a Monto<strong>di</strong>ne.<br />

Si <strong>di</strong>ce certo che Gaspare da Suessa imporrà alla sua gente la liberazione e restituzione<br />

impostegli e or<strong>di</strong>nerà ai suoi uomini <strong>di</strong> non dare all’amico altre noie.<br />

Domino Morello de Parma, militi.<br />

(1453 ottobre <strong>16</strong>, “contra Pontevichum”).<br />

Havemo inteso quanto ne scriveti de quelli de Gasparro da Suessa, quali hano preso<br />

quelli duy fioli de quello amico, quale de nostra consientia et voluntà havevati<br />

assecurato che staesse a Montedena per quello respecto del quale ne scrivestivo, del<br />

che molto ne rencresce; et per la loro liberatione et anche del bestiame gli hanno tolto<br />

nuy scrivemo al <strong>di</strong>cto Gasparro che subito, senza exceptione alcuna, gli facia relaxare;<br />

et or<strong>di</strong>ne con Ii suoy che più non gli debbano molestare. Sichè relaxandoli, como siamo<br />

certi farà, affidaritelo anohora ch’el gli possa stare liberamente e fare a modo usato.<br />

DeI’altre parte <strong>di</strong> vostra lettera restamo avisati e non accade <strong>di</strong>re altro, se non che<br />

atten<strong>di</strong>ati a bona guar<strong>di</strong>a. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

373<br />

Francesco Sforza comanda al familiare ducale Francesco Giorgio <strong>di</strong> imprigionare Mezzanotte e<br />

Antonio dalla Gerola se alla ricevuta della missiva ancora ricuseranno <strong>di</strong> andate in campo, dove<br />

farà anche andare Zacagnino se non è infermo.<br />

108v Francisco Georgio, familiari nostro.<br />

(1453 ottobre <strong>16</strong>, “contra Pontevichum”).<br />

Havemo inteso quanto tu ne scrive de Mezanocte et Antonio dala Gerola, homini<br />

d’arme, quali recusano de volere venire in campo perchè piatisseno; al che,<br />

respondendo, <strong>di</strong>cemo che per dare intendere a loro et al'altri che vogliamo essere<br />

obe<strong>di</strong>ti, se non sarano partiti ala receputa de questa per venire via in campo, tu Ii debbi<br />

fare mettere in pregione, da non essere relaxati senza nostra licentia. Et non manchi;<br />

faray anchora venire via Zacagnino, se’l non è infirmo. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


374<br />

Francesco Sforza risponde al conte Bolognino de Attendolis <strong>di</strong> comprendere lo stato d’animo<br />

che lo muove (indurre “con poca punitione l’homini...ala regula de ben vivere”) a sostenere la<br />

richiesta <strong>di</strong> alcuni citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> annullare il processo fatto contro gli autori del tumulto pavese.<br />

Gli fa, però, osservare <strong>di</strong> aver così proceduto perchè da parecchi mesi era stato informato dei<br />

tristissimi mo<strong>di</strong> usati da quei furfanti (furti e ogni mal costume) per cui ”passata l’Ave Maria quasi<br />

dubitavano li boni andare per la cità”, ed era intervenuto a sollecitare, ma invano, che si vivesse<br />

costumatamente. Tale costatazione l’ha convinto a non ascoltare neppure le parole della moglie<br />

Bianca Maria, della suocera Agnese e del figlio Galeazzo Maria e ha imposto che giustizia si<br />

faccia. Lo sprona a incitare il capitano <strong>di</strong> giustizia a eseguire la commissione ducale.<br />

Comiti Bolognino de Attendolis.<br />

(1453 ottobre <strong>16</strong>, “contra Pontevichum”).<br />

Havemo recevuto Ie vostre lettere per Ie quale, a suasione de alcuni boni cita<strong>di</strong>ni de<br />

quella nostra cità, ne persuadeti ad remettere el fallimento et anullare el processo facto<br />

de quelli che commisseno el tumulto, alegando voi alcuni respecti per Ii quali ve pare<br />

che cosi debiamo fare; ale quale, respondendo, <strong>di</strong>cemo ch’el ne piace el vostro scrivere<br />

et lo lau<strong>di</strong>amo, rendendoci certissimi che ve moviti a bona fine, como quello che siti<br />

amorevele e voressevo che con poca punitione l'homini nostri se reducesseno ala<br />

regula de ben vivere. Ma per avisarve dela <strong>di</strong>spositione nostra, habiando nuy già più<br />

mesi passati informatione deli tristissimi mo<strong>di</strong>, quali se servano in quella nostra cità,<br />

robbarie et ogni mali costumi ita che, passata l’Avemaria, quasi dubitavano li boni<br />

andare per la cità, mandassemo per nostri messi, scrisemo, confortassemo,<br />

persuadessemo el ben vivere et costumatamente ad ogni homo Iì, che non è valso,<br />

como haviti potuto comprehendere per lo <strong>di</strong>cto tumulto ali dì passati commetuto contra<br />

tanto mancamento del’honore et stato nostro, volimo et intendemo omnino ch’el se<br />

facia ragione et iustitia, segondo la comissione facta al capitaneo de iustitia, Ie quale<br />

credemo haveriti vedute inanti la receputa de queste, avisandove che, considerando<br />

nuy quanto bene è et quanto fructo sia per seguire in fare ragione et iustitia, non<br />

havemo voluto ch'el se atten<strong>di</strong>, nè a parole de madona Biancha, nè de madona<br />

Agnesa, né 109r Galeazmaria, quale havesseno impe<strong>di</strong>re questa bona opera de<br />

iustitia, dela quale quelli boni cita<strong>di</strong>ni, quali ve hanno a scriverve questo ogni dì, se ne<br />

trovarano più contenti et leti, vedendo stirpare Ii mancamenti et errori et revivisere la<br />

forma del ben vivere in la cità. Sichè, concludendo, ve confortiamo per bene delIa cità<br />

ad animare piutosto el capitaneo de iustitia ad seguire la commissione nostra in questa<br />

facenda, che fare altramente. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

375<br />

Francesco Sforza risponde al podestà <strong>di</strong> Pavia che, richiestone da alcuni citta<strong>di</strong>ni, ha cercato <strong>di</strong><br />

persuaderlo a liberare gli autori del tumulto, e gli fa sapere che andrà avanti dritto a far fare<br />

giustizia per il bene della città e l’onore ducale. Lo sollecita, anzi, a trovarsi con il capitano <strong>di</strong><br />

giustizia perchè attui la commissione affidatagli.<br />

Potestati nostro Papie.<br />

(1453 ottobre <strong>16</strong>, “contra Pontevichum”).<br />

Havemo recevute Ie vostre lettere per Ie quale, a suasione de alcuni nostri boni cita<strong>di</strong>ni,<br />

ne persuadeti la liberatione de quelli sustenuti, quali haunno commesso quello excesso<br />

et tumulto et far anullare el processo loro facto per Ii respecti notati in esse vostre<br />

lettere, aIe quale, respondendo, lau<strong>di</strong>amo et comen<strong>di</strong>amo el vostro scrivere,<br />

rendendoci certissimi che tuto <strong>di</strong>ceti a bona fine. Ma considerato quanto fructo e bene


sia per seguire, facendo fare ragione et iustitia per el bene essere de quella nostra cità<br />

et etiam<strong>di</strong>o per I’honore nostro, siamo deliberati ch’el se prosegui a far iustitia segondo<br />

Ie comissione nostre facte al capitaneo de iustitia cum vostra participatione; del che<br />

ogni dì più se contentarano Ii boni cita<strong>di</strong>ni, quali hanno voglia de ben vivere, e niuno se<br />

potrà lamentare, facendo ragione indeferenter; sichè trovariteve con el prefato<br />

capitaneo et instariti ch'el se facia con prestanza. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

376<br />

Francesco Sforza ai deputati agli affari della comunità <strong>di</strong> Pavia che lo incitano ad annullare il<br />

processo contro i fautori del trambusto che sconvolse Pavia e gli ricordano <strong>di</strong> avergli consegnata<br />

una città ben unita e che tale vogliono che si conservi, risponde che i suoi interventi mirano<br />

appunto a tale unità. Richiama loro <strong>di</strong> avere precedentemente reagito alle informazioni dei<br />

citta<strong>di</strong>ni che deprecavano i malissimi costumi invalsi perchè tentassero <strong>di</strong> persuadere ogni uomo<br />

a ben vivere. Tutto ciò non è invalso che a far dubitare, passata l’Avemaria i buoni citta<strong>di</strong>ni ad<br />

andare per la città, che pareva ridotta a “una speluncha da latroni con gran<strong>di</strong>ssimo<br />

mancamento del honore” ducale e sconforto dei buoni citta<strong>di</strong>ni. Li esorta, perciò, a consentire<br />

che la giustizia faccia il suo corso “segondo la commissione fate al.. capitaneo iustitia e<br />

podestà d’essa..cità”.<br />

(1453 ottobre <strong>16</strong>, “contra Pontevichum”).<br />

Deputatis negociis comunitatis civitatis Papie.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere per le quale, como possemo comprehendere, mosti<br />

de compassione et amorevoleza, ne persuadeti e domandati con instantia che vogliamo<br />

remettere li errori e mancamenti a quelli comissero, aIi dì passati, tanto tumulto in<br />

quella nostra cità et anullare et remettere ogni processo contra loro superinde facto; et<br />

hoc per li respecti alegate in esse vostre lettere, deIe quale ve comen<strong>di</strong>amo e piacene<br />

el vostro scrivere, rendendoci certissimi 109v che in tuto ve moviti a bona fine, et così<br />

l'aceptamo in ogni bona parte. Et perchè ne recordati anchora che voy ne datisseno<br />

quella cità ben unita et ne recordate il volerla conservare così, ve <strong>di</strong>cemo che, habiando<br />

nuy, già più mesi (a) passato, informatione e daIi vostri vicini e consorti, quali hanno<br />

voglia de ben vivere, delli tristissimi mo<strong>di</strong> e malissimi costumi e cativarie se<br />

commettevano in quella nostra cità in preiu<strong>di</strong>tio delli boni, li quali quasi dubitavano,<br />

passata l'Avemaria, andare per la cità, mandassemo per nostre lettere, scrissemo<br />

humanamente et per ogni modo a noy possibile persuadessemo ad ogni homo de ben<br />

vivere che nulla è valso, ymo tantum invaluerat el mal fare che hozi may pareva fosse<br />

quella nostra cità una speluncha da latroni con gran<strong>di</strong>ssimo mancamento del'honore<br />

nostro, desolatione de quelli boni cita<strong>di</strong>ni hanno voglia de ben vivere et, se’l ge<br />

mancava altro, non ricordamo el tumulto commesso aIi dì passati, perchè ve è noto e<br />

como credemo molesto sicut a noy, che non è puncto da comportare, siando nuy in<br />

ferma opinione et proposito de tenere la cita unita come voy ne recordati havervela<br />

data. Et perchè l'havemo carissima sopra l’altre et gli desideramo ogni bene, sianno<br />

<strong>di</strong>sposti ch’el se facia ragione et iustitia indeferenter segondo Ie commissione fate al<br />

nostro capitaneo de iustitia e podestà d'essa nostra cità; dela qual cosa siamo certi che<br />

ve trovariti ogni dì più contenti, nè veruno se potrà may lamentare, non gli facendo altro<br />

cha ragione. Sichè ve confortiamo ad havere pacientia et lassare procedere con la<br />

ragione contra quelli che se trovane in defecto perchè ne sentireti seguire tale fructo<br />

che sempre ne remariti consolati. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) mesi in interlinea su tempo depennato.


377<br />

Francesco Sforza vuole che Raffaele Zaccaria, podestà <strong>di</strong> Tortona, si porti da Giacomo Spinola,<br />

quondam Caroci de Luculo, e intenda bene i pensieri e i progetti suoi circa i fatti <strong>di</strong> Genova e,<br />

tornato a Tortona, lo informi puntualmente d’ogni cosa.<br />

1453 ottobre 18, “ex castris nostris contra Pontevichum”.<br />

110r Raphaeli Zacharie, potestati nostro Terdone.<br />

Iacomo Spinula quondam Carocii de Luchulo ne scrive de alcuni pensieri gli andavano<br />

per la mente circa li facti de Zenova et che vogliamo mandare là uno nostro fidato, unde<br />

nuy havemo deliberato tu vada ad trovarlo. Siché, havuta la presente, anderay ad<br />

trovarlo con l'aligata, per la quale gli scrivemo debbia conferire largamente con techo<br />

ogni cosa. Et sforzati intendere molto bene Ii pensieri et designi suoy et cavarne la<br />

substantia a bocha o in scripto, como te parerà, et poy te ne torneray ad Tertona alo<br />

officio tuo et ne avisaray punctualiter d’ogni cosa per modo inten<strong>di</strong>amo chiaramente el<br />

tucto. Ex castris nostris contra Pontevicum, <strong>di</strong>e xviii octobris 1453.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

378<br />

Francesco Sforza scrive a Iacobo Spinola, quondam Caroci de Luculo, ringraziandolo per i<br />

cor<strong>di</strong>ali sentimenti espressigli. Si <strong>di</strong>ce contento della punizione fatta a quel malandrino e<br />

dell’accordo raggiunto con i compagni. Lo avvisa che gli manda Raffaele Zaccaria, podestà <strong>di</strong><br />

Tortona, al quale può tranquillamente parlare delle sue opinioni sui fatti <strong>di</strong> Genova e dei relativi<br />

suoi progetti.<br />

(1453 ottobre 18, “ex castris nostris contra Pontevichum”).<br />

Spectabili amico nostro carissimo Iacobo Spinule quondam Carocii de Luchulo.<br />

Havemo recevuto quatro vostre lettere et bene inteso quanto ne scriveti, aIe quale non<br />

havemo respuosto più presto per molte occupatione havemo havuto; respondemo mò<br />

per questa: primo, ve rengratiamo dela affectione ce demonstrati, benchè ad nuy non<br />

sia cosa nova, perchè sempre ve havemo havuto per bono amico et ad nuy<br />

grandemente affectionato, nè may fossemo nè porriamo havere de vuy altro concepto.<br />

Et remanemo tanto contenti et satisfacti della punitione per vuy data a quello robbatore<br />

della strata, et del’accor<strong>di</strong>o facto con Ii compagni che non poriamo scrivervelo. Circha li<br />

facti de Zenova non <strong>di</strong>cemo altro per questa, se non che man<strong>di</strong>amo lì Raphaele<br />

Zacharia, potestà de Terdona, nostro fidelissimo, presente exhibitore, con lo qual<br />

vogliati alargarvi et conferire tuti Ii pensieri et designi vostri, como faresti con nuy proprii<br />

se parlassemo ad bocha con vuy, confortandove ad stare de bona voglia che Ie cose<br />

nostre de qua, Dei gratia, passano benissimo et de dì in dì passaranno de bene in<br />

meglio, per modo che vuy et li altri amici nostri ogni dì ve ne trovareti più contenti. Data<br />

ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

379<br />

Francesco Sforza al podestà <strong>di</strong> Pavia, che gli aveva narrato <strong>di</strong> avere, ex offitio, proceduto contro<br />

Gerardo e Giorgio, fratelli Alipran<strong>di</strong>, cavallari ducali, per porto <strong>di</strong> coltelli, osserva che non doveva<br />

procedere contro i fratelli, perchè, a prescindere che non v’era stata nessuna effusio sanguinis,<br />

essi, come cavallari, sono legittimati a portare tali armi. Nella fattispecie detti fratelli avevano<br />

messo mano ai coltelli perchè il citta<strong>di</strong>no pavese s’era, per una vertenza, portato in casa loro<br />

“per assaltare el <strong>di</strong>cto Zorzo”.<br />

1453 ottobre 18, 2ex castris nostris contra Pontevicum”.


110v Potestati Papie<br />

Havemo inteso che per vostro officio fi proceduto contra Girardo e Zorzo, fratelli delli<br />

Alipran<strong>di</strong>, nostri cavallarii, per casone che, havendo ad Ii dì passati <strong>di</strong>fferentia e debato<br />

con uno altro nostro cita<strong>di</strong>no de quella cità, quale era andato aIa casa delli <strong>di</strong>cti fratelli<br />

per assaltare el <strong>di</strong>cto Zorzo, <strong>di</strong>cto Girardo et Zorzo misero mane ale cortelle et arme<br />

che portano per defenderse a casa loro, benchè non ne seguisse altra offexa, nè<br />

effusione alcuna de sangue, et che fi proceduto contra de loro per la portadura deIe<br />

arme. Pertanto essendo così, considerato che Ii <strong>di</strong>cti fratelli hanno portato et portano Ie<br />

<strong>di</strong>cte arme como nostri cavallarii et como è consueto et necesaario per l'officio suo, et<br />

attento maxime che per <strong>di</strong>cta <strong>di</strong>fferentia non è seguuito effusione de sangue, <strong>di</strong>cemo<br />

che a nuy pare non sia da procedere contra <strong>di</strong>cti nostri cavallarii per <strong>di</strong>cta casone, ma<br />

da revocare et anullare ogni novità contra de loro facta; et cosi ve commettiamo per<br />

questa nostra. Et trovando la cosa essere altramente, advisatene. Data ut supra.<br />

Ser Alexander de Ubertariis.<br />

Iohannes.<br />

380<br />

Francesco Sforza risponde alle lettere “circha rem furmentariam” del familiare ducale Raffaele<br />

Pugnello, cui invia le richieste 25 lire <strong>di</strong> credenza, delle quali 20 sono per i laici e 5 per i religiosi.<br />

Al Bolognino, che gli offre segale e miglio, <strong>di</strong>ca che gli interessa solo il frumento.<br />

Cerchi <strong>di</strong> trovare, e presto, persone che gli <strong>di</strong>ano frumento da mandare a Cremona e si intenda<br />

in tutto con ser Antonio.<br />

Furono fatte lettere credenziali a Raffaele Pugnello per venti laici e cinque religiosi.<br />

Raphaeli Pugnello, familiari nostro.<br />

1453 ottobre 18, “ex castris nostris contra Pontevicum”.<br />

Havemo recevuto le toe lettere circha rem furmentariam, ale quali respondendo,<br />

lau<strong>di</strong>amo quanto hay facto et exequito fina mò e man<strong>di</strong>amote ligate aIe presente quelle<br />

xxv libre de credenza, quale tu ne rechiede, cioè vinti a layci et cinque a religiosi, como<br />

vederay, ale quale potray fare el soprascripto segondo el parere tuo. Ala parte del<br />

magnifico Bolognino, quale proferisse voler dare segale e milio, nuy non rechiedemo,<br />

nè havemo bisogno de sigale, nè milio, ma de formento, como è la rechiesta nostra;<br />

sichè cercha de retrahere formento. Ala parte de scrivere et rengratiari per antifiesim<br />

quelli amici, et cetera, a noy non pare de presente scriverli alcuna cosa, ma cercha tu<br />

de stringere la cosa con quelli che te parerano più <strong>di</strong>sposti ala materia, mandamote<br />

etiam<strong>di</strong>o la patente. Procura 111r de far presto e manda a Cremona el formento sì<br />

como tu el vay recupando, intendendote del tuto con ser Antonio. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

Die xviii octobris.<br />

Facte fuerunt littere credentiales in personam Raphaelis Pugnelli viginti laycis et<br />

quinque religiosis.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

381<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Pietro da Lonate, commissario <strong>di</strong> Tortona, <strong>di</strong> non darsi più pensiero,<br />

vi provvederà altri, per il debitore dell’abbazia <strong>di</strong> San Alberto per i 150 ducati dovuti al duca.<br />

In simile forma fu scritto a Gracino da Pescarolo.<br />

Petro de Lonate, comissario Terdone.<br />

1453 ottobre 18, “ex castris nostris contra Pontevicum”.<br />

Non obstante che per altre nostre habbiame scripto che voy dovesti far stringere quello<br />

debitore del'abba<strong>di</strong>a de Sancto Alberto che ha presso de sì cento cinquanta ducati per


pagarli a noy, non<strong>di</strong>meno mò per questa ve <strong>di</strong>cemo che non ve ne debbiati impazare,<br />

nè gli fareti molestia alcuna, ma lassarati fare mò a chi tocha. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

In simili forma scriptum fuit domino Gracino de Piscarolo.<br />

Cichus.<br />

382<br />

Francesco Sforza comanda nuovamente al capitano <strong>di</strong> Casteggio <strong>di</strong> costringere Pietro e<br />

Bernardo <strong>di</strong> Marconi a restituire la prestanza avuta da Evangelista Savello. Sa che Ettore da<br />

Doyono, cui Evangelista ha assegnato detti denari, non li ha ancora ricevuti, per cui gli ripete <strong>di</strong><br />

costringere Pietro e Bernardo a sod<strong>di</strong>sfare Ettore in conformità all’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Evangelista.<br />

Capitaneo nostro Clastigi.<br />

1453 ottobre 18, “ex castris nostris contra Pontevicum”.<br />

Per altre nostre te scripsemo più dì fa dovesse astrenzere Petro et Bernabò <strong>di</strong> Marconi,<br />

quali havevano recevuto la prestanza da Evangelista Savello, et poi non sonno vogliuti<br />

andare seco a restituirli Ii <strong>di</strong>nari delIa <strong>di</strong>cta prestanza, et inten<strong>di</strong>amo per querella de<br />

Hector da Doyono, al quale esso Evangelista ha assignati <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari, che non Ii ha<br />

possuti conseguire fin al presente dì. Pertanto, maravigliandone de tanta tar<strong>di</strong>tà, te<br />

comettiamo de novo et volemo debii astrenzere Ii <strong>di</strong>cti Petro et Bernabò a satisfare al<br />

<strong>di</strong>cto Hectore d’essi <strong>di</strong>nari, segondo l'or<strong>di</strong>natione d'esso Evangelista; et questo faray<br />

senza exceptione et contra<strong>di</strong>ctione alcuna. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

383<br />

Francesco Sforza scrive al commissario <strong>di</strong> Tortona Pietro da Lonate <strong>di</strong> concedere a Stefanino<br />

Vacono <strong>di</strong> andare a cercare suo fratello Raffaele, che consente “lo lassi venire”. Gli conferma <strong>di</strong><br />

avergli fatto sapere che non accettava la sua scusa, ma ora, dato che permette ai suoi uomini <strong>di</strong><br />

fare il debito loro, l’accetta.<br />

Ad evitare che le genti d’arme monferrine perpetuino i loro furti, vuole che scriva al marchese <strong>di</strong><br />

Monferrato perchè intimi <strong>di</strong> smettere detti atti sul territorio ducale.<br />

Petro de Lonate, comissario Terdone.<br />

1453 ottobre 18, contra Pontevichum”.<br />

Respondendo a doe toe lettere de dì viiii et xi del presente, primo, ala parte dela licentia<br />

te ha rechiesto Stefanino Vachono de andare a circare domino Raphaelo, suo fratello,<br />

<strong>di</strong>cemo che siamo contenti gli conce<strong>di</strong> essa licentia; et così, volendo venire Ii <strong>di</strong>cto<br />

domino Raphaello, siamo contenti che gli lo lassi venire, perchè non dubitamo puncto<br />

che luy circha cosa alcuna contra del stato nostro. Ala parte che non havemo voluto<br />

acceptare Ie scusa toa, <strong>di</strong>cemo che è vero, como tu hay veduto, che te scripsemo non<br />

acceptavamo <strong>di</strong>cta toa scusa; mò te <strong>di</strong>cemo che, facendo che Ii homini toy 111v fazano<br />

el debito loro, che l'acceptaremo et crederemo lo animo tuo sia verso nuy tale como tu<br />

ne scrive, (a) et ulterius ne faray cosa gratissima. AlIa parte delle robbarie, quale fanno<br />

quelle gente d’arme del marchexe de Monferrato, ne rencresce molto, iI perchè volemo<br />

che de novo tu debbi scrivere al <strong>di</strong>cto marchexe et sollicitare che Ie <strong>di</strong>cte soe gente<br />

d’arme desistano daIe <strong>di</strong>cte robbarie suI terreno nostro, et fare che ogniuno possa<br />

andare et venire securamente. Data contra Pontevicum, <strong>di</strong>e xviii octobris 1453.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

(a) como ne scrive ripetuto.


384<br />

Francesco Sforza chiede al governatore <strong>di</strong> Valenza <strong>di</strong> intervenire perchè il maestro pavese<br />

Giacomo Magnano ottenga dai valenzani Antonio Ungaresco e da suo fratello i denari dovutigli.<br />

1453 ottobre 19, “contra Pontevichum”.<br />

Egregio amico nostro carissimo ducali gubernatori Valentie.<br />

Lo egregio doctore maestro Iacomo Magnano, nostro citta<strong>di</strong>no Pavese <strong>di</strong>lectissimo,<br />

debbe havere da Antonio Ungarisio et suo fratello, habitatore de quella terra, certa<br />

quantità de <strong>di</strong>nari, como ve farà, o per suo mandato, fare bona prova et fede; et perchè<br />

esso maestro Iacomo è persona dabene et virtuosa et a nuy affectionata et cara, ve lo<br />

recomman<strong>di</strong>amo a rasone, pregandovi che per nostro respecto gli prestati, facendoli<br />

rasone, tali honesti et iuri<strong>di</strong>chi favori ita ch’el possa conseguire el dovere suo; in la<br />

quale cosa, ultra che cosi rechieda l'honesto, a nuy compiaceriti asay. Data contra<br />

Pontevicum, <strong>di</strong>e xviiii octobris 1453.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

385<br />

Francesco Sforza impone nuovamente al podestà, al comune e agli uomini <strong>di</strong> Vigevano <strong>di</strong><br />

osservare, in conformità a quanto aveva loro comandato, cioè, “sicut iacet ad litteram”, la<br />

esenzione concessa al vigevanese Giacomo degli Ar<strong>di</strong>zi, anche se, a causa dei servizi ducali,<br />

egli non ha ancora potuto consegnare le lettere del duca.<br />

1453 ottobre 19, “contra Pontevichum”.<br />

Potestati, comuni et hominibus terre nostre Viglevani.<br />

Iacomo deIi Ar<strong>di</strong>tii <strong>di</strong> quella nostra terra ne ha significato con querella che gli haviti<br />

violata la exemptione quale gli havemo concessa et fatogli novità contra essa; del che<br />

ne siamo maravigliati, maxime recordandoci nuy haverve altra volta scrito che ge la<br />

dovessero observare sicuti iacet ad litteram. Pertanto iterato ve <strong>di</strong>cemo che ge la<br />

debbiati observare senza mancamento alcuno, revocando ogni novità la quale gli<br />

havessevo facta fare. Et hoc non 112r obstante alcuno termine, qual luy havesse tolto<br />

da voy de portarve nostre lettere, perchè è stato occupato in Ii nostri servicii; et si per<br />

l'avenire sentiamo che gli faciati alcuna altra novità, ne turbaremo con voy.Data ut<br />

supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

386<br />

Francesco Sforza impone a Gaspare da Suessa <strong>di</strong> indurre i suoi uomini alla restituzione degli<br />

uomini presi e del bestiame razziato <strong>di</strong> Cavragnadecca. Ciò è avvenuto nonostante che detti<br />

abitanti fossero tutelati dal salvacondotto ducale, legittimando in tal modo la rappresaglia del<br />

governatore <strong>di</strong> Crema che ha fatto fare altrettanto, incurante del salvacondotto governatoriale,<br />

nelle ville ducali <strong>di</strong> Salvarolo e <strong>di</strong> Fiesco. Siccome in questo spregio del salvacondotto del duca<br />

ne va anche <strong>di</strong> mezzo lo stesso suo onore, lo Sforza ribasce a Gaspare l’intimazione <strong>di</strong> far<br />

restituire subito dai suoi soldati tutto quanto, <strong>di</strong> uomini e bestie, hanno catturato.<br />

Gaspari de Suessa.<br />

1453 ottobre 19, “contra Pontevichum”).<br />

Siamo informati como tu hay mandato ad torrere aIa villa de Cavragnadecha et pigliato<br />

molto bestiame et presoni, la quale villa et loco havea da noy salvoconducto et<br />

secureza ; et siamone molto maravegliati che tu haby consentito ad fare <strong>di</strong>cta correria,<br />

perchè say bene ch’el nostro salvoconducto sia inviolabiliter observato; et per <strong>di</strong>cta<br />

correria,che hay facta fare ad Cavragnadecha, il governatore de Crema ha mandato ad


fare correre et pigliare el bestiame et homini delli lochi<br />

et ville nostre de Salvarolo et del Fiesco, Ii quali lochi havevano da luy salvoconducto;<br />

ma <strong>di</strong>ce havere facto questo per represaglia del bestiame et homini che hanno pigliati Ii<br />

toy al <strong>di</strong>cto loco de Cavragnadecha. Pertanto, considerato che qui gli pretende l'honor<br />

nostro per observatione del nostro salvoconducto, volemo che omnino tu facii restituire<br />

et relaxare tuto el bestiame et homini che hanno pigliato li toy ala <strong>di</strong>cta villa perché,<br />

como tu haveray relaxato Ii homini et bestiame soy, luy poy farà relaxare Ii homini et<br />

bestiame delli homini nostri. Sichè prove<strong>di</strong> che omnino siano relaxati Ii suoy homini et<br />

bestiame che sonno stati pigliati socto el nostro salvoconducto ala <strong>di</strong>cta villa, sive loco<br />

de Cavragnadecha; et de questo facto fa che non habbiamo ad replicatelo più. Data ut<br />

supra.<br />

Zanninus.<br />

Iohannes.<br />

387<br />

Francesco Sforza scrive al lo<strong>di</strong>giano Paolo Braco che l’uomo d’arme ducale Nicola da Reggio si<br />

è lamentato <strong>di</strong> lui per avergli preso del vino e delle biade della possessione <strong>di</strong> San Tommaso,<br />

che fu <strong>di</strong> Pietro Cagamosto. Il duca ha scritto ai Maestri delle entrate straor<strong>di</strong>narie <strong>di</strong> far sì che<br />

Nicola non abbia a subire torti e, perciò, comanda a Paolo <strong>di</strong> trovarsi con detti Maestri e <strong>di</strong><br />

eseguire quello che gli sarà or<strong>di</strong>nato.<br />

Paulo Braco, civi Laudensi.<br />

1453 ottobre 19, “contra Pontevichum”.<br />

Nicolao da Regio, nostro homo d’arme, se dole de te che tu gli hay tolto certo vino et<br />

biade de quella possessione de Sancto Thoma, che fo de Petro Cagamosto et factoli<br />

alcuni rencrescimenti indebitamente; per la qual cosa scrivemo ad Ii Maestri deIe nostre<br />

intrate extraor<strong>di</strong>narie che debbano provedere che al <strong>di</strong>cto Nicolao non sia facto torto;<br />

sichè volemo te retrovi con loro et faci quanto per loro sarà or<strong>di</strong>nato, et ti porti così<br />

honestamente ch’el <strong>di</strong>cto Nicolao, nè altri habia iusta casone de dolerse de facti tuoy.<br />

Data ut supra.<br />

Christoforus de Cambiago.<br />

Cichus.<br />

388<br />

Francesco Sforza vuole che Gracino da Pescarolo e il referendario <strong>di</strong> Pavia, mostratisi fino al<br />

presente negligenti a trovare un’abitazione per suo fratello frate Mansueto, che si porta a Pavia<br />

per stu<strong>di</strong>, si impegnino subito ad assegnargli lì una parte della casa <strong>di</strong> madonna Agnese.<br />

1453 ottobre 19, “apud Pontevicum”.<br />

112v Domino Gracino de Piscarolo et referendario Papie.<br />

Havendo deliberato de consientia nostra el reverendo frate Mansueto nostro fratello<br />

venire Iì a Pavia per stu<strong>di</strong>are, scrisemo che gli fosse assegnata (a) una casa per<br />

habitacione sua, che non è seguito fin a mò; unde, considerato che nuy havemo<br />

occupate Ie sue stantie a benefitio nostro in Cremona, volemo e ve comettemo che<br />

subito gli debbiati assignare una parte delIa casa de madona Agnesa, capace per<br />

habitatione de sè et delIa sua famiglia. Et a questo non intervenga contra<strong>di</strong>ctione<br />

alcuna. Data apud Pontevicum, <strong>di</strong>e xviiii octobris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) assegnata in interlinea.


389<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Raffaele Pugnello che, in ossequio alla promessa da lui fatta<br />

all’abbate <strong>di</strong> San Pietro in Ciel d’oro, non gli <strong>di</strong>a molestia per il frumento.<br />

Rafaeli PugnelIo.<br />

1453 ottobre 20, “apud Pontemvicum”.<br />

Perché el venerabile domino l'abbate de Sancto Pedro in Celo Aureo ha promissione<br />

da nuy che non gli daremo impazo per questo anno, non volimo gli daghi più fatica del<br />

facto de quello frumento gli hay richesto per nostra commissione. Apud Pontemvicum,<br />

<strong>di</strong>e xx otobris 1453.<br />

Marchus.<br />

Cichus.<br />

390<br />

Francesco Sforza comanda a Pietro da Linate, commissario <strong>di</strong> Tortona, a Ludovico da Bologna<br />

e ad Antonio da Fabriano <strong>di</strong> costringere personalmente e realmente i debitori del conestabile<br />

ducale Graziolo da Vicenza a fargli avere le 1400 lire che gli spettano per il suo assegnamento<br />

oltre alle 960 lire, dovutegli per le sue spese, considerando che attualmente Graziolo è in<br />

campo con la sua compagnia e ne ha grande bisogno.<br />

Se non riuscissero, benchè ora siano sgravati dagli oneri per i soldati, provvedano <strong>di</strong> avere tali<br />

somme con prestito o in altre maniere sapendo che Francesco da Roma, cancelliere <strong>di</strong> Graziolo,<br />

si porta da loro per sollecitare il dovuto<br />

1453 ottobre 23, “ apud Varolas Alghisiorum”.<br />

Petro de Lonate commissario Terdone necnon Lodovico de Bononia et Antonio de<br />

Fabriano, familiaribus nostris.<br />

Gratiolo da Vincentia, nostro conestabile, ne <strong>di</strong>ce che resta havere livre mille<br />

quatrocento del suo assignamento et livre novecento sexanta delle spese, como pare<br />

per rasone facta con voy, che è una bona summa de <strong>di</strong>nari; del che molto ne siamo<br />

maravigliati, perché como sapeti per vostre lettere più volte ne haveti scripto che<br />

restava havere pochi denari. Et perché luy se retrova qui in campo con tucta la<br />

compagnia soa alli nostri servicii con gran<strong>di</strong>ssima spesa, ha grande necessitate de <strong>di</strong>cti<br />

<strong>di</strong>nari, pertanto volemo et ve commettemo et strictamente coman<strong>di</strong>amo che, subbito ala<br />

receputa de questa, debbiati constringere realmente et personalmente tucti li debitori<br />

del <strong>di</strong>cto Gratiolo, sichè <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari se habbino de presente, et che luy se ne possa<br />

valere in questi suoy vigenti bisogni. Et quando pur vedesti che non se potesseno<br />

havere così presto da <strong>di</strong>cti debitori, vogliate ad ogni modo - se may desiderati de farne<br />

cosa che ne sia grata - vederli de retrovare o per via de prestito, o como meglio ve<br />

parerà, purché se habbino de presente; et vuy poy li poriti rescotere da essi debitori, li<br />

quali 113r siamo certi che mò tucti voluntera faranno el debito loro, attento che non<br />

hanno più graveza alcuna de soldati a casa loro et che se vivano con bona et quieta<br />

pace; et sopratucto sforzateve de fare che quelli da Lonate faciano el debito loro<br />

integramente, li quali intendemo sonno li più retrogra<strong>di</strong> che li altri. Et che sotto la umbra<br />

soa molti sonno che non fanno el debito loro, circha il che tu, Petro, vogli fare como per<br />

più toe lettere ne hay scripto che faray, che a nuy per una cosa non poresti fare la più<br />

grata nì la più accepta. Et per Dio a questa volta vogliati fare, como siamo certi fariti, et<br />

che per questa cosa non ve habbiamo ad repplicare più né ad sentirne veruna molestia.<br />

El <strong>di</strong>cto Gratiolo per recuperatione de <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari manda Francesco da Roma suo<br />

canzellero, presente portatore, el quale serà insieme con vuy a solicitare quello se<br />

haverà a fare. Data apud Varolas Alghisiorum, <strong>di</strong>e xxiii octobris 1453.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.


391<br />

Francesco Sforza conviene con il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> per l’or<strong>di</strong>ne dato per far condurre le biade<br />

in campo. L’avverte che Gabriele Bosso deve lasciare nella fortezza tutte le munizioni avute da<br />

ser Ventura e da Cisniculo, ufficiale delle munizioni a Milano, o avute da qualunque posto, come<br />

quelle trovate lì. Altrettanto deve avvenire per le assi.<br />

Tutto ciò sia premessa perchè egli abbia quanto ancora gli si deve per il frumento. Si faccia<br />

avere al duca l’elenco che gli consegnerà e lascerà detto Gabriele<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1453 ottobre 23, “apud Varolas Alghisiorum”).<br />

Inteso quanto per vostre lettere ne haveti scripto, ve respondemo: primo, ala parte<br />

del’or<strong>di</strong>ne haveti posto in far condure delle biave in campo, che haviti facto bene et così<br />

curati se exequisca. Ala parte delle monitione che debbe lassare Gabriello Bosso in la<br />

forteza, <strong>di</strong>cemo che l’hebbe balestre et schiopeti da ser Ventura, et così volemo che<br />

curati de sapere et trovare quello gli fa dare; et similiter mandati da Cisnisculo officiale<br />

delle monitione ad Milano, che gli ne fece mettere anchora luy; et sapiati che monitione<br />

li fece dare luy, et operati che tutte quelle balestre, schiopetti et altre monitione havesse<br />

havute da qualunque loco <strong>di</strong>cto Gabriello overo trovate in <strong>di</strong>cta forteza, glile remetta<br />

che non gli manchi cosa alcuna, et così quelle asse delle quale scriviti vuy, perché non<br />

sonno soe. Del facto del frumento scriviti voria per pagamento de quello resta ad<br />

havere, <strong>di</strong>cemo che volemo remetta el frumento et poi se debbe havere fattelo pagare,<br />

ma che prima remetta tute le monitione; et così curate che facia, et presto. Data ut<br />

supra.<br />

Et mandatene la lista de tucte quelle monitione gli remetterà <strong>di</strong>cto Gabriello et quello gli<br />

ha lassate. Data ut supra.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

392<br />

Francesco Sforza scrive al capitano <strong>di</strong> Casteggio che Bartolomeo da Gubbio, suo famiglio, deve<br />

continuare ad avere la tassa <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci cavalli che mensilmente soleva avere da quelle terre.<br />

113v Capitaneo Clastigii.<br />

(1453 ottobre 23, “apud Varolas Alghisiorum”).<br />

Te commettiamo et volemo che non obstante alcune altre lettere havesti in contrario da<br />

nuy, prove<strong>di</strong> che ad ser Bartholuzo de Eugubio, nostro famiglio et commissario sopra li<br />

logiamenti in quelle parte, per quelli luochi et terre dale quale soleva havere la taxa sua<br />

per dece cavalli, similiter li sia proveduto per l’advenire et pagato de mese in mese; et<br />

in questo non manchi per niente. Data ut supra.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

393<br />

Francesco Sforza manda al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> la informazione avuta per richiesta <strong>di</strong><br />

Iacomello, già uomo d’ame <strong>di</strong> Evangelista, che ha un vertenza per armi perdute. con il suo<br />

famiglio Babor o gli uomini <strong>di</strong> Valera. Sebbene da quello che hanno <strong>di</strong>chiarato gli uomini <strong>di</strong><br />

Valera e da quanto ne risulta dalla predetta informazione paia verosimile che Iacomello abbia<br />

perdute dette armi, tuttavia lascia a lui risolvere la vertenza ex iure.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1453) ottobre 23, “apud Varolam Alghixiorum”.<br />

Per la <strong>di</strong>fferentia quale vertisse tra Iacomello che fuo homo d’arme del strenuo<br />

Evangelista per una parte, et Babor nostro famigl(i)o o siano li homini de Valera per<br />

l’altra, ve man<strong>di</strong>amo qui inclusa la informatione quale havemo facta tore qui a richiesta<br />

del <strong>di</strong>cto Iacomello in la <strong>di</strong>cta <strong>di</strong>fferentia et per lo facto dele arme che’l domanda et <strong>di</strong>ce


havere perdute; et lo <strong>di</strong>cto Babor <strong>di</strong>ce volere provare el contrario. Licet per quello che<br />

vuy ce scriveti havere havuto dali <strong>di</strong>cti homini de Valera cum la informatione pre<strong>di</strong>cta, a<br />

nuy para verissimille che’l <strong>di</strong>cto Iacomello habia perducte et perdesse <strong>di</strong>cte arme;<br />

non<strong>di</strong>meno nuy remettimo questa cossa a vuy e volimo faciati in ciò quello vi pare<br />

richieda, et vogli la rasone siché’l <strong>di</strong>cto Iacomello debitamente non se possa lamentare<br />

et per modo non habia a perdere tempo né stare lì sula spexa et che questa cossa<br />

habia fine. Apud Varolam Alghixiorum, xxiii octobris (1453).<br />

Ser Alexander.<br />

Cichus.<br />

394<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che intende scaricare da sè la spesa dei due<br />

retrovar<strong>di</strong>, che carica su quelle comunità. Quanto al galeone non ha preso ancora alcuna<br />

decisione. Ringrazia, accomiatandosi da loro, quelli che, a sue spese, hanno avuto a che fare<br />

con i due retrovar<strong>di</strong>.<br />

Nel medesimo giorno si è scritto a Iacobo da Crema <strong>di</strong> mandare 400 rocchette in due casse a<br />

Cremona a Giovanni Filippo de Alegris, che poi le farà pervenire a Bartolomeo da Cremona.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1453 ottobre 23, “apud Varolam Alghixiorum”).<br />

Respondendo ale vostre lettere circ’al facto delli duy retrouar<strong>di</strong> et del galeone, li quali<br />

fin a mò havemo facto pagare nuy <strong>di</strong> nostri <strong>di</strong>nari, <strong>di</strong>cemo che a nuy non pare né<br />

volemo più la spexa delli <strong>di</strong>cti duy retrouar<strong>di</strong>; del galeone non havemo anchora facto<br />

deliberatione, cioè che se debbia fare, ma presto deliberaremo et ve responderemo a<br />

pieno. Ben ve confortiamo et caricamo a tenere sollicitati quelle comunitate che<br />

mantengano quelli altri duy retrouar<strong>di</strong> como hanno facto per lo passato, avisandole,<br />

confortandole 114r a stare de bona voglia, che in brevi metteremo in tale asseto le cose<br />

nostre che veneranno a cessare quelle spese et anche delle altre et haveranno a<br />

godere in pace et tranquilitate; fariti aduncha dare licentia a quelli hanno servito fin a<br />

mò a nostre spexe quelli duy retrouar<strong>di</strong> ringraciandoli del bono servitio. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

Die suprascripto.<br />

Scriptum fuit Iacobo de Crema quod mittat quatuor centum rochetas in duobus capsis<br />

Cremonam in manibus Iohannis Filippi de Alegris et quod or<strong>di</strong>net quod <strong>di</strong>ctus Iohannes<br />

Filippus mittat eas in manibus Bartholomei de Cremona.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

395<br />

Francesco Sforza vuole che Gaspare da Suessa faccia restituire a quelli <strong>di</strong> Crema il bestiame<br />

loro rubato violando il salvacondotto <strong>di</strong> cui beneficiavano, perchè essi, a loro volta, ri<strong>di</strong>ano quello<br />

che hanno tolto agli uomini del Fiesso.<br />

Gasparri de Suessa.<br />

1453 ottobre 24, “apud Adellum”.<br />

Li homini del Fiesso ne <strong>di</strong>cono che quelli de Crema gli hanno tolto certo bestiame,<br />

quale sonno contenti restituirli se tu gli restituisse certo altro bestiamo, quale gli hai tolto<br />

contra la <strong>di</strong>spositione del salvoconducto. Et perché le de’ havere consideratione a<br />

questo facto, volemo, se così è, tu gli debbi restituire la <strong>di</strong>cta robaria ad ciò ch’essi<br />

Cremaschi possano restituire ad essi del Fiesso quello bestiame gli hanno tolto. Data<br />

apud Adellum, <strong>di</strong>e xxiiii octobris 1453.


396<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Bolognino degli Attendoli <strong>di</strong> far avere a Ravino, famiglio <strong>di</strong> Andrea da<br />

Birago, quattro suoi fidati provvisionati per fare quello che loro <strong>di</strong>rà.<br />

Magnifico Bolognino de Attendoli.<br />

1453 ottobre 25, “apud Adellum”.<br />

Per exequire una certa facenda volimo che debiati dare a Ravino, famiglio del<br />

spectabile Andrea da Birago, quatro de vostri provixionati delli più fidati et obe<strong>di</strong>enti,<br />

quali habiano a fare quanto gli <strong>di</strong>rà <strong>di</strong>cto Ravino. Apud Adellum, xxv octobris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

397<br />

Francesco Sforza assicura il lo<strong>di</strong>giano Paolo de Brachis che gli farà avere, come promesso, la<br />

podestaria <strong>di</strong> Orzinuovi.<br />

1453 ottobre 25, “apud Adellum”.<br />

114v Paulo de Brachis, civi nostro Laudensi.<br />

Havemo inteso quanto tu ne scrive dela podestaria delli Urcinovi, quale tu recor<strong>di</strong> nuy<br />

haverte promettuta. Et, respondendo, <strong>di</strong>cemo che de bona voglia siamo contenti ch’el<br />

sia tuo et usque nunc te lo concedemo, accadendo como speramo in brevi de obtenirlo.<br />

Data apud Adellum, xxv octobris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

398<br />

Francesco Sforza ringrazia il me<strong>di</strong>co Sebastiano de Bassinis per aver rimesso in salute suo<br />

fratello Corrado e gli assicura <strong>di</strong> avergli scritto che, per maggiore sua cura e como<strong>di</strong>tà dei me<strong>di</strong>ci<br />

deve portarsi a Pavia o a Milano.<br />

(1453 ottobre 25, “apud Adellum”).<br />

Egregio artium et me<strong>di</strong>cine doctori domino magistro Sebastiano de Bassinis, <strong>di</strong>lecto civi<br />

nostro Papiensi.<br />

Havemo inteso quanto ne scriviti della liberatione del magnifico nostro fratello Conrado,<br />

dela quale remanemo molto leti e contenti, e rengratiamove della <strong>di</strong>lligentia quale gli<br />

havite usata. Quantum vero ala parte de scrivere a <strong>di</strong>cto Conrado che per lo megliore<br />

de sì vada a Pavia aut a Milano per più commo<strong>di</strong>tà delli me<strong>di</strong>ci, nuy havemo in questa<br />

per te scritto a <strong>di</strong>cto Conrado quanto bisogna. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

399<br />

Francesco Sforza vuole che Antonio degli Eustachi metta sull’avviso tutti i luoghi <strong>di</strong> possibile<br />

transito <strong>di</strong> non consentire che, via Po, i provve<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> Venezia possano raggiungere la<br />

Serenissina in una “botta” fatta costruire in Monferrato.<br />

Domino Antonio de Eustachio.<br />

1453 ottobre 26, “apud Adellum”.


Siamo avisati che li prove<strong>di</strong>tori de Venetia sonno in Monferrato hanno facto fare una<br />

botta nova per farse mettere dentro et condurse a Venetia per Po. Pertanto vogliati<br />

or<strong>di</strong>nare et far commandare a tuti li lochi che ve parerano bisognare per modo che <strong>di</strong>cta<br />

botta non possa passare che la non sia presa. Data apud Adellum, <strong>di</strong>e xxvi octobris<br />

1453.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

400<br />

Francesco Sforza risponde a donna Luchina dal Verme <strong>di</strong> aver deciso che suo fratello<br />

Alessandro si porti da lui , e non nel Parmense, con le sue genti, sicuro che sistemando le cose<br />

sul fronte sforzesco, tutto andrà per il meglio anche sul suo. Tutto ciò vale anche in merito a<br />

quanto lei accenna per la restituzione <strong>di</strong> Poviglio al conte Pietro.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

1453 ottobre 27, “apud Adellum”.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere per le quale ne rechiedeti vogliamo essere contenti<br />

de mandare le vostre gente, quale sonno de qua con nuy, in Parmesana con Alexandro<br />

nostro fratello, così per nostro como etiam<strong>di</strong>o per vostro bene; et etiam se vogliamo<br />

dela restitutione <strong>di</strong> Puvilio al conte Petro, accadendo alcuno acor<strong>di</strong>o, pace; unde<br />

respondendo <strong>di</strong>cemo che 115r che per tuti li boni respecti havemo deliberato ch’el <strong>di</strong>cto<br />

Alexandro venga qua da nuy con tute le gente, sichè per questo non accade mandarle<br />

li vostri, ma doveti credere et essere certa che, conzando le cose de qua se vengono a<br />

conzare quelle dellà, e conzandose, como siamo certi, stati de bona voglia che non<br />

mancho haveremo cura del facto vostro che del nostro proprio. El simile <strong>di</strong>cemo<br />

quando accadesse acor<strong>di</strong>o. Data apud Adellum, <strong>di</strong>e xxvii octobris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

401<br />

Francesco Sforza scrive al conestabile Gaspare da Suessa che ha saputo dal commissario<br />

ducale <strong>di</strong> Novara, Giorgio del Mayno, che il commissario <strong>di</strong> Vercelli intende fare rappresaglie<br />

contro i Novaresi per i prigionieri, altre volte, fatti da Gaspare, che ora, accordatosi con il<br />

commissario ducale, manderà a Vercelli a chiarire ogni cosa .<br />

Gasparri de Suessa, conestabili.<br />

(1453 ottobre 27, “apud Adellum”).<br />

Siamo advisati da domino Zorzo del Mayno, nostro commissario in Novara, como lo<br />

commissario de Vercelli delibera fare represaglia contra li (a) Novaresi per cagione de<br />

quelli dellà, quali foreno facti presoni per ti altre volte. Pertanto, per evitare ogni<br />

inconveniente, quale poria nascere per questa cagione, ne pare necessario, così te<br />

<strong>di</strong>cemo che havuta questa, tu man<strong>di</strong> ad Vercelli, intendendote col <strong>di</strong>cto nostro<br />

commissario et chiarissi questo facto per modo il <strong>di</strong>cto commissario per questo non<br />

habia ad fare represaglia alcuna, advisandone per toa lettera como gli haveray<br />

mandato et de quello sequirà. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

(a) li in interlinea.<br />

402<br />

Francesco Sforza comanda al familiare ducale Fiorentino da Firenza <strong>di</strong> pagare le 80 lire che<br />

ancora deve a Castello da Busnate per la calcina fornitagli per la costruzione della rocchetta.<br />

Florentino de Florentia, familiari nostro.<br />

(1453 ottobre 27, “apud Adellum”).


Tu te debbe recordare che te or<strong>di</strong>nassemo dovesse pagare quella calcina, qual te daria<br />

Castelo da Busnate per la constructione della rocheta, et così credevamo ch’el fosse fin<br />

a mò satisfacto da ti d’ogni quantità ch’el habia data. Et segondo che luy ne ha scrito e<br />

mandato a <strong>di</strong>re resta ad havere da ti ottanta libre o più, del che ne siamo maravigliati.<br />

Et pertanto te <strong>di</strong>cemo et coman<strong>di</strong>amo, senza contra<strong>di</strong>ctione alcuna et senza<br />

repplicatione d’altre nostre lettere, che tu lo debbi far contento. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

403<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che, dopo aver esaminato Riccardo con la<br />

corda e inteso il capitano Bartolomeo, lo informerà della sua decisione. Per il galeone non vuole<br />

più sopportarne la spesa: basta una guar<strong>di</strong>a. La stessa cosa vale per il revellino per cui i quattro<br />

fanti, alla fine della loro ferma, saranno licenziati: saranno sufficienti, ogni notte, otto o <strong>di</strong>eci fidati<br />

citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a, mentre, <strong>di</strong> giorno, ne avranno cura il conestabile del ponte e i suoi fanti, oltre<br />

il suo intervento <strong>di</strong> controllo. Gli va quanto lui ha scritto circa le biade, che giornalmente<br />

rincarano.<br />

115v Locumtenenti Laude.<br />

1453 ottobre 27, “apud Adellum”.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere, ale quale, respondendo, quanto ala parte de<br />

Ricardo, examinato con la corda, e de Bartholomeo, capitaneo, in brevi deliberaremo<br />

quanto vorimo se facia et deinde ve ne avisaremo. Ala parte della spexa del galeone, a<br />

nuy non pare né volemo più quella spexa, sichè or<strong>di</strong>nate che gli sia pure una guar<strong>di</strong>a<br />

et toliti via li paroni e lo conestabile,e bastarà una persona che l’habia a guardare con<br />

bona <strong>di</strong>ligentia. Similiter <strong>di</strong>cemo delli fanti del revelino, che a nuy non pare più<br />

necessaria quella spexa; sichè, quando serano in capo del suo servito quelli quatro<br />

fanti, gli potriti dare licentia e lassarli andare per li facti suoy, or<strong>di</strong>nando prima che ogni<br />

note otto o dece guar<strong>di</strong>e delli fidati dela cità gli faciano la guar<strong>di</strong>a, et el giorno el<br />

conestabile del ponte con li suoi fanti habia la cura d’esso, andandoli voy ancora a<br />

sollicitarli et visitarle qualche fiate. Ala parte delle biave, quale <strong>di</strong>etim reincariscano<br />

excessivamente, a noy piace el ricordo vostro, et così scrivemo per le alligate quanto<br />

ne haveti scripto et avisato. Data apud Adellum, <strong>di</strong>e xxvii 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

404<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al fratello Corrado, al luogotenente, al podestà e al presidente agli<br />

affari <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> imporre, per fronteggiare la spropositata crescita dei prezzi, sia in città che in<br />

tutto il vescovado, un prezzo calmieratore del frumento e delle altre biade agganciato al valore<br />

che avevano all’inizio del mese <strong>di</strong> ottobre.<br />

Ogni violazione delle <strong>di</strong>sposizioni sia punita con pene <strong>di</strong> loro arbitrio.<br />

1453 ottobre 27, “ex castris nostris felicibus apud Adellum”.<br />

Magnifico fratri Conrado de Foliano, armorum, et cetera, necnon spectabilibus et<br />

egregiis locumtenenti et potestati ac presidenti negociis comunitatis Laude, nostris<br />

<strong>di</strong>lectis.<br />

Havemo inteso da più lati che in quella nostra cità è cresuto excessivamente el pretio<br />

del fromento e d’ogni altre biave et <strong>di</strong>etim acresce più contra la oppinione delli homini,<br />

che credevano meliorando le cose nostre, como fanno, dovesse decrescere et invilire,<br />

como saria più (a) ragionevele; dela qual cosa quelli nostri cita<strong>di</strong>ni se dogliono et anche<br />

a nuy rencresce asay. Volendo, aduncha, obviare a questo inconveniente havemo<br />

deliberato, e volemo e ve comettemo che debbiati far fare una generale descriptione,<br />

così nela citade, como nel vescovato per tute le terre de fuora del formento et altre<br />

biave. Et questa descriptione sia facta a qualuncha, 1<strong>16</strong>r nemine exceptato, deinde per<br />

cride publiche et, sotto quelle penne ve parerà, or<strong>di</strong>nariti che formento e l’altre se


debbano vendere per quello precio che se vendevano al principio de questo presente<br />

mese de octobre, e non più, provedendo, ultra ciò, como meglio ve parerà, perché<br />

questa nostra deliberatione e mente sia mandata a executione, omni prorsus<br />

exceptione remota. Ex castris nostris felicibus apud Adellum, xxvii octobris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) più in interlinea.<br />

405<br />

Francesco Sforza vuole che il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> convochi Ambrogio Dente, che lamenta il<br />

ritrovamento della cavalla rubatagli, e Giovanni Passara, presso il quale fu trovata la cavalla.<br />

Accertato ciò, or<strong>di</strong>ni la restituzione dell’animale al padrone.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1453 ottobre 28, “apud Manerbium”.<br />

Ambroso Dente, exhibitore de questa, <strong>di</strong>ce che altre fiate gli fo furata una cavalla, quale<br />

ha da puoi retrovata apresso uno Zohanne Passara, como intendereti da luy. Pertanto<br />

volemo che, havuto da vuy li <strong>di</strong>cti Ambroso et Zohanne, se trovareti che la <strong>di</strong>cta cavalla<br />

fo quella che gli fo furata, gli la debbiati fare restituire, como è iusto e rasonevele. Data<br />

apud Manerbium, <strong>di</strong>e xxviii octobris 1453.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

406<br />

Francesco Sforza comanda al lo<strong>di</strong>giano Gabriele <strong>di</strong> Concorezzo <strong>di</strong> consegnare ad Ambrogio<br />

Dente i denari depositati presso <strong>di</strong> lui. Da uno scritto rilasciato dallo stesso Gabriele e affidato al<br />

commissario, risulta che Gabriele deve, a sentenza avvenuta, consegnare i denari a chi gli<br />

consegna lo scritto, come intende fare detto Ambrogio.<br />

Gabrieli de Concoretio, civi Laudensi.<br />

(1453 ottobre 28, “apud Manerbium”).<br />

Ambrosio Dente <strong>di</strong>ce che per una <strong>di</strong>fferentia, quale haveva lì in Lode, forono deponuti lì<br />

presso de ti certi <strong>di</strong>nari et tu fessi uno scripto, quale fo deponuto presso el commissario<br />

lì con questa con<strong>di</strong>cione che, data la sententia, tu restituirisse li <strong>di</strong>nari a qualunche te<br />

presentasse lo <strong>di</strong>cto scripto. Mò <strong>di</strong>ce essere data la sententia per luy et havere lo <strong>di</strong>cto<br />

scripto. Essendo così siamo contenti et volemo che presentandote esso Ambroso lo<br />

<strong>di</strong>cto scripto, tu gli debii assignare li <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari liberamente et senza contra<strong>di</strong>ctione<br />

alcuna, como è iusto et raxonevele. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

407<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al commissario ducale Morello da Parma <strong>di</strong> requisire e dare, a istanza<br />

del famiglio ducale Americo <strong>di</strong> Forti, la roba <strong>di</strong> Lorenzo <strong>di</strong> Terra Nuova, famiglio <strong>di</strong> detto Americo<br />

da cui Lorenzo se n’è fuggito, asportandogli cose del valore <strong>di</strong> cento ducati.<br />

1453 ottobre 29, “apud Ognate”.<br />

Domino Morello de Parma, militi, commissario nostro <strong>di</strong>lecto.<br />

Americo <strong>di</strong> Forti, nostro fameglio, ne ha facto <strong>di</strong>re che s’è fugito da luy uno suo<br />

fameglio, chiamato Lorenzo da Terra Nova, quale ha in quella terra certe soe cose et<br />

robbe et gli ha portato via el valimento de più de cento ducati. Pertanto volemo che<br />

tegniate ogni modo et via de havere <strong>di</strong>cta robba nelle mane de <strong>di</strong>cto Lorenzo et la<br />

tegnati presso de vuy ad requisitione et nome del <strong>di</strong>cto Americo, al quale consignareti


ogni cosa ad ogni sua rechiesta; et questo non manchi. Data apud Ognate, <strong>di</strong>e xxviiii<br />

octobris 1453.<br />

Nicolaus.<br />

Iohannes.<br />

408<br />

Francesco Sforza scrive al referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>sponibile ad agevolare il pagamento<br />

delle rimanenti duecento lire che il lo<strong>di</strong>giano Daniele de Amicolos ancora deve versare per la<br />

“segurtà del daciero del pane biancho”, purchè ciò non osti all’adempimento dell’assegnazione<br />

dei salariati e soprattutto dei Genovesi.<br />

1<strong>16</strong>v Referendario nostro Laude.<br />

1453 ottobre 30, “apud castrum Coatorum”.<br />

Lo egregio doctore domino Daniele de Amicolos, cita<strong>di</strong>no de quella nostra cità, n’ha<br />

significato che, siando luy stato segurtà del daciero del pane biancho de questo<br />

presente anno, è simelmente stato el pagatore, et havendo già pagato una bona e<br />

potissima parte del debito, resta debitore de ducento libre imperiali, et retrovandose<br />

inhabile al pagamento ce rechede exeveleza de qualche termine a dovere pagare; ala<br />

cui rechiesta voluntera compiacerissemo. Ma recordandoci che simili <strong>di</strong>nari sonno<br />

assignati ali salariati et a Zenovesi non vorissemo, per questa tale complacentia e<br />

soprastanza, derogare ale <strong>di</strong>cte assignatione, et maxime a quella <strong>di</strong> Zenoesi, che non<br />

potria essere senza nostro grande mancamento. Pure non<strong>di</strong>meno potendo vuy<br />

adaptare la cosa in modo che non se derogi a <strong>di</strong>cte assignatione, seremo contenti<br />

d’ogni exeveleza et piacere se gli possa fare, e molto ne piacerà. Data apud castrum<br />

Coatorum, penultimo octobris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

409<br />

Francesco Sforza vuole che il console, il comune e gli uomini <strong>di</strong>ano sistemazione per la notte ai<br />

condottieri Sagramoro Visconti e Antonio Seco, mandati lì per “reaquistare quello paese.”<br />

1453 ottobre 31, “apud castrum Coatorum”.<br />

Fidelibus <strong>di</strong>lectis nostris consuli, comuni et hominibus terre nostre Cologni.<br />

Man<strong>di</strong>amo lì li spectabili cavaleri e conducteri domino Sagramoro Vesconte et meser<br />

Antonio Secho per vedere de reaquistare quello paese. Pertanto volemo che,<br />

bisognandoli recepto per questa nocte, gle debiati dare et acceptarli dentro dela terra.<br />

Data apud castrum Coatorum, <strong>di</strong>e ultimo octobris 1453.<br />

Iacobo de Rivoltella.<br />

Iohannes.<br />

410<br />

Francesco Sforza scrive ai conestabili delle porte <strong>di</strong> Pavia, che lo hanno supplicato per il<br />

pagamento “preter...ragione e bone usanze” <strong>di</strong> Cristoforo <strong>di</strong> Panicis <strong>di</strong> aver tutto rimesso ai<br />

Maestri delle entrate, siccome non ha chiare idee <strong>di</strong> quel che si è praticato nel passato.<br />

(1453 ottobre 31, “apud castrum Coatorum”).<br />

Conestabilibus portarum civitatis nostre Papie.<br />

Havemo inteso quanto ne supplicate del pagamento de Christoforo de Paniciis al quale<br />

<strong>di</strong>ceti essere astrecti preter et contra la ragione e bone usanze. Ve respondemo che,<br />

non havendo nuy giara informatione de quanto sia observato per lo passato, scrivemo<br />

per le alligate ali Maystri delle nostre Intrate che intendano la cosa et che provedano<br />

per modo che non habiati cagione de lamentarve, sichè mandaritili la lettera e mandariti<br />

a <strong>di</strong>cere lo facto vostro. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.


Cichus.<br />

411<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente e al referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> dare quanto ancora<br />

è dovuto al padrone del galeone, Rosino Faxolo, cui ha detto che non vuole più addossarsi<br />

la spesa del galeone<br />

(1453 ottobre 31, “apud castrum Coatorum”).<br />

117r Locumtenenti et referendario nostris Laude.<br />

É stato a noy Rosino Faxolo, parone de quello nostro galeone, per intendere quanto<br />

habia a fare da mò inanti, an videlicet debba servire o non; el quale, havendo inteso la<br />

nostra intentione non essere de volere più quella speza, como havemo scripto a voy<br />

locotenente per altre nostre, ne ha rechiesto el resto del pagamento per lo servito<br />

passato, qual <strong>di</strong>ce essere pocha cosa. Et parendone la sua rechiesta honesta et<br />

ragionevele, volemo che, facta la ragione del tempo ha servito, o delli <strong>di</strong>nari ha havuti e<br />

de quello gli resta, prove<strong>di</strong>ate che con effecto resta interamente satisfacto. Data ut<br />

supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

412<br />

Francesco Sforza fa noto agli uomini <strong>di</strong> Val Gan<strong>di</strong>no la sua aspirazione a che i popoli gli siano<br />

devoti, preferendo “haverli per amore che per forza”. Si meraviglia perciò. che, contrariamente a<br />

quello che hanno fatto gli altri, essi non si siano curati <strong>di</strong> presentarsi da lui. Da ciò il suo sollecito<br />

perchè man<strong>di</strong>no quattro o sei dei loro “per pigliare intelligentia et accor<strong>di</strong>o” con lui, ammonendoli<br />

che, altrimenti, se capiteranno loro dei guai, lo imputino a loro stessi.<br />

Hominibus Vallisgan<strong>di</strong>ni.<br />

1453 novembre 2, “contra Roadum”.<br />

Doveti hormay sapere quali et quanti siano li progressi nostri quali, per gratia<br />

del’altissimo Dio, succedono felicemente, et speramo de hora in hora debbano<br />

sucedere meglio, perché ogni rasone è del canto nostro. Nuy doman<strong>di</strong>amo tuti questi<br />

populi ala devotione nostra, et più caro ne è (a) haverli per amore che per forza.<br />

Pertanto meravigliandone che fin ad qui non siati venuti da nuy, como fanno li altri, per<br />

le presente ve admoniscomo et rechiedemo che subito, recevute queste, debiate venire<br />

o mandare qua de nuy quattro o sey de voy, ad li quali vogliamo che le presente nostre<br />

lettere siano plenissimo salvoconducto de venire et retornare per pigliare intelligentia et<br />

acor<strong>di</strong>o con nuy, et da nuy sperate havere ogni bono tractamento con effecto;<br />

altramente s’el ve interviene male, inputartilo ad voy stessi et non ad nuy. Data contra<br />

Roadum, ii novembris 1453.<br />

Christoforus de Cambiago.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue per depennato.<br />

413<br />

Francesco Sforza informa Giovanni de Angellis, capitano <strong>di</strong> giustizia a Milano, che il pavese<br />

Giacomo Secco sostiene <strong>di</strong> essere stato trovato, durante i tumulti citta<strong>di</strong>ni, con le armi in mano<br />

in seguito a un or<strong>di</strong>ne avuto dal podestà. Se viene provato che ciò corrisponde al vero, vieta che<br />

si faccia alcuna malestia a lui, ai suoi, nè contro la sua casa.<br />

(1453 novembre 2, “contra Roadum”).<br />

Domino Iohanni de Angellis, capitaneo iusticie Me<strong>di</strong>olani.<br />

Iacomo Secco, nostro cita<strong>di</strong>no Pavese, ne <strong>di</strong>ce con querella che vuy procedeti contra<br />

sè pro eo che se retrovò havere pigliato le arme in mano quando se fece quella novità lì<br />

in Pavia, et luy <strong>di</strong>ce haverli tolto de comandamento del potestate nostro de quella


nostra cità, et per questo ne pregha non vogliamo lassargli fare novitate alcuna. Per la<br />

qual cosa ve comettiamo che de ciò ve debbiati informare con esso nostro potestate; et<br />

trovandose essere così, alhora siamo contenti et volemo che non gli fazate<br />

impe<strong>di</strong>mento, né molestie alcune, né contra sé, né contra la casa soa, né veruno delli<br />

suoy, imo fariteli libera licentia ch’el possa stare a casa soa senza alcuno impazo. Data<br />

ut supra.<br />

Bonifacio.<br />

Cichus.<br />

414<br />

Francesco Sforza comanda al capitano del <strong>di</strong>stretto <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> prestare ogni aiuto e<br />

consiglio al suo famiglio Luigi da Romano che manda nel Piacentino per certi carichi <strong>di</strong><br />

vettovaglie per l’esercito<br />

121v Capitaneo <strong>di</strong>stricto Plecentie.<br />

1453 novembre 1, “contra Rogadum”.<br />

Man<strong>di</strong>amo lì in Piasentina Aluysio da Romano, nostro famiglio, presente portatore, per<br />

casone de certi carigii da condure victualia a questo nostro felicissimo excercito,<br />

segondo pienamente intenderay dal <strong>di</strong>cto Aluysio, al quale volemo sopra de ciò cre<strong>di</strong> et<br />

daghi piena fede tanto quanto faresti ala persona nostra propria, et gli presti tale a<strong>di</strong>uto,<br />

consilio et favore ad exequire questa cosa che con buona expe<strong>di</strong>tione possa da nuy<br />

subito retornare. Data contra Rogadum, primo novembris 1453.<br />

Aluysius.<br />

Cichus.<br />

415<br />

Francesco Sforza vuole che il capitano e il podestà <strong>di</strong> Piacenza favoriscano con aiuti e consigli il<br />

suo famiglio Luigi da Romano a trovare sia abbondanza <strong>di</strong> vettovaglie, specie <strong>di</strong> pane, per<br />

l’esercito, che molti <strong>di</strong> quei carri, <strong>di</strong> cui, (il duca non tralascia <strong>di</strong> ricordare) molti luoghi piacentini<br />

furono, all’inizio delle ostilità, restii alla concessione.<br />

Capitaneo et potestati nostris Placentie.<br />

(1453 novembre 1, “contra Rogadum”).<br />

Perché non desideramo cosa veruna al presente con maiore affectione quanto che<br />

questo nostro felicissimo exercito sia nedum abundante, ma copiosissimo d’ogni<br />

victualia, et maxime de pane, senza el quale impossibile è l’homo potere vivere, et<br />

perché ad deverlo condure ne sonno necessarie più et più carre, como doveti essere<br />

certi, et recordandose che molti lochi de Piasentina non hanno satisfacto ala rechesta<br />

gli fo facta delle carre fin al principio, quando venemo al’opposito del’inimici nostri,<br />

como seti informati, remandemo Aluysio da Romano, nostro fameglio, presente<br />

portatore, a solicitare questi tali carigii, al quale volemo et comandemovi prestati ogni<br />

a<strong>di</strong>uto, consilio et favore ve rechiederà per parte nostra circha questa materia la quale,<br />

quanto sia importante, non è necessario vi explicamo. Vogliati aduncha talmente<br />

deportarve circha de ciò che per negligentia non intervenga mancamento alcuno, et con<br />

ogni celeritate fare ch’esso Aluyso sia expe<strong>di</strong>to. Data ut supra.<br />

Aluysius de Romano.<br />

Cichus.


4<strong>16</strong><br />

Francesco Sforza esprime ai nobili de Nicolis e agli uomini <strong>di</strong> Valle Nure il suo <strong>di</strong>sappunto per<br />

non avere aderito alla sua richiesta <strong>di</strong> carri per il trasporto del pane all’esercito.<br />

Li informa che rimanda nel Piacentino Luigi da Romano e li sollecita a non dargli motivo <strong>di</strong><br />

lamentarsi della loro negligenza.<br />

(1453 novembre 1, “contra Rogadum”).<br />

Nobilibus de Nicollis ac hominibus Vallisnurii.<br />

Se maravegliamo grandemente de voy et dolemose asay che circa la rechiesta del<br />

carrigio da condure el pane 122r al nostro felicissimo exercito non habiati facto una<br />

minima satisfatione; la qual cosa credemo sia piutosto proceduta per negligentia de vuy<br />

gentihomini che d’altra casone che, quando gli havisti havuto quella <strong>di</strong>ligentia<br />

debitamente se dovea havere ad cosa de tanta importantia, se rendemo certi seria<br />

stato facto in altra forma. Pertanto remandemo de novo lì in Piasentina Aluysio da<br />

Romano, nostro famiglio, per questa casone; voliati servare tal modo che presto sia<br />

expe<strong>di</strong>to per la rata ve tocha de questo carigio per forma non habiamo ad dolerse dela<br />

vostra negligentia, anze possiamo comprehendere che in le cose pertinente alo stato<br />

nostro siati soliciti et ben ferventi, como firmamente credemo fariti. Data ut supra.<br />

Aluysius.<br />

Cichus.<br />

417<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al referendario <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> intervenire presso la comunità <strong>di</strong><br />

Piacenza perchè il famiglio ducale Ruggero da Romano, addetto alla guar<strong>di</strong>a del Po,<br />

abbia quanto gli è dovuto.<br />

Referendario Placentie.<br />

1453 ottobre 31, “apud castrum Cortorum”.<br />

Se maravegliamo che Ruglerio da Romano, nostro famiglio, deputato ala guar<strong>di</strong>a del<br />

ponte da Po, habia casone de lamentarse non possa consequire el debito suo da quella<br />

nostra comunità da Piasenza, habiando nuy tante fiate scripto per la satisfactione soa; il<br />

perchè volemo et comandamote che circha el pagamento d’esso Ruglerio per quello gli<br />

de’ fare quella nostra comunitate servi tal modo et via ch’el sia pagato in forma che più<br />

non ne sentiamo lamenta. Data apud castrum Cortorum, ultimo octobris 1453.<br />

Cichus.<br />

Aluysius.<br />

418<br />

Francesco Sforza scrive al condottiero Giovanni de Angusolis che rinvia nel Piacentino il suo<br />

famiglio Luigi da Romano per ottenere carri per il trasporto del pane in campo. Lo sollecita a<br />

intervenire presso i suoi iuomini, che si sono mostrati in ciò “duri et renitenti”, perchè siano ora<br />

esempio agli altri “de ben fare”.<br />

1453 ottobre 31, “contra Rogadum”.<br />

Domino Iohanni de Angusolis, armorum ductori nostro <strong>di</strong>lectissimo.<br />

Remandemo Aluysio da Romano, nostro famiglio portatore della presente, lì in<br />

Piasentina per conseguire el facto del carigio da condure el pane a questo nostro<br />

felicissimo exercito, segondo già più fo or<strong>di</strong>nato et rechiesto. Et perchè li vostri homini<br />

fra li altri molto sonno stati duri et renitenti, che non credemo già sia stato de vostra<br />

voluntà, anze credemo ve debba essere stato molestissimo, et tanto più quanto più delli<br />

altri voy (a) inten<strong>di</strong>ti quanto importa la victualia ad lo exercito, ve confortemo adoncha,


stringemo et caricamo faciati tale opera verso li <strong>di</strong>cti vostri homini 122v che siano<br />

exemplo ad li altri de ben fare, como se rendemo certissimi che fariti, perchè in questo<br />

consisti nedum il facto nostro, ma etiam el vostro et de cadauno che ha animo et<br />

desiderio de ben vivere. Data contra Rogatum, primo novembris 1453.<br />

Aluysius.<br />

Cichus.<br />

(a) voy in interlinea.<br />

419<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> lasciare, per compiacere Angelo Acciaioli,<br />

rimpatriare il reo Nigro, nonostante la <strong>di</strong>sposizione ducale <strong>di</strong> colpire irremissibilmente i colpevoli<br />

del tumulto.<br />

Potestati nostro Papie.<br />

1453 novembre 2, “contra Rogadum”.<br />

Quamvis<strong>di</strong>o nostra firma intentione sia et habiamo proponuto che tutti quelli se trovano<br />

culpevoli del tumulto siano puniti inrevirsibiliter, como più volte ve habiamo scripto, non<br />

<strong>di</strong> meno, havendone domandato con molta instantia el magnifico cavalero domino<br />

Angelo Azaiolo che, per sua complacentia, lassiamo venire a casa el Nigro, barbero<br />

deli Camposani, siamo contenti et volemo, per compiacere al <strong>di</strong>cto Angelo, che lassati<br />

venire, stare e repatriare el <strong>di</strong>cto Nigro, non obstante la imputatione a luy data del <strong>di</strong>cto<br />

tumulto. Data contra Rogadum, <strong>di</strong>e ii novembris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

420<br />

Francesco Sforza comanda a Galeazzo e a Gabriele, fratelli de Bossis, già castellani della<br />

rocchetta <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, <strong>di</strong> consegnare (perchè facciano parte della munizione della rocchetta) al<br />

luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, Pietro da Norcia, la balestra e i due schioppetti ricevuti da ser Ventura, già<br />

luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, che li aveva avuti da prete Bassano.<br />

(1453 novembre 2, “contra Rogadum”).<br />

Galeaz et Gabrieli, fratribus de Bossiis, olim castellanis rochete nostre Laude.<br />

Volemo e ve coman<strong>di</strong>amo che debiati dare et assignare a domino Petro da Norsia,<br />

nostro locotenente de Lo<strong>di</strong>, quella balestra e duy schiopeti, quali altre ve consignò a<br />

voy ser Ventura, olim locotenente etiam de Lo<strong>di</strong>, quali havea hauto da prete Bassano,<br />

perchè volemo che siano posti in la nostra rocheta per munitione; et a questo non<br />

intervenga fallo. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

421<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà, il referendario e i deputati agli affari <strong>di</strong> Pavia prestino<br />

ogni aiuto al pavese Rampino e lo esonerino da qualsiasi dazio per quanto condurrà in campo.<br />

(1453 novembre 2, “contra Rogadum”).<br />

Potestati, referendario ac deputatis negociis communitatis civitatis nostre Placentie.<br />

Havendo tolta la cura de carico de far condure pane al nostro felice exercito Rampino,<br />

cita<strong>di</strong>no de quella nostra cità, 123r che a noy è gratissima, volemo e ve comettemo che<br />

per così fare gli debiati prestare ogni a<strong>di</strong>uto et honesto favore, or<strong>di</strong>nando insuper che<br />

de quello condurà al’exercito non debia pagare datio alcuno, segondo l’or<strong>di</strong>ni nostri facti<br />

per cride pubblice et segondo ab antiquo è stato consueto. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


422<br />

Francesco Sforza comanda al podestà delle Gerole <strong>di</strong> convocare Zanino de Perotto, famiglio<br />

dell’uomo d’arme Nicola da Corte, da cui è fuggito, e <strong>di</strong> imporgli, o <strong>di</strong> ritornare da Nicola, oppure<br />

<strong>di</strong> risarcirlo <strong>di</strong> quello che gli ha sottratto.<br />

Potestati nostro Glarolarum.<br />

1453 novembre 3, “contra Rogadum”.<br />

Ne ha <strong>di</strong>cto Nicola da Corte, nostro homo d’arme, che novamente se gli è fugito uno<br />

suo fameglio, nominato Zanino de Perotto de quella nostra terra de Gerole. Pertanto<br />

volimo che, havuta questa, debii havere da ti <strong>di</strong>cto Zanino et fare, overo ch’el retorna a<br />

stare con el <strong>di</strong>cto Nicola, overo ch’el satisfaza al pre<strong>di</strong>cto Nicola de quello gli ha portato<br />

via, et presto non manchi. Data contra Rogadum, <strong>di</strong>e iii novembris 1453.<br />

Iohannes Andreas.<br />

Iohannes.<br />

423<br />

Francesco Sforza, ad evitare che in assenza <strong>di</strong> Salomone si compia alcuna ingiustizia contro <strong>di</strong><br />

lui, ingiunge al podestà <strong>di</strong> Castell’Arquate <strong>di</strong> non dar luogo ad alcuna azione contro detto<br />

Salomone, ebreo, fratello del correligionario maestro Iacob.<br />

Una convocazione ducale della durata <strong>di</strong> 10 o 15 giorni lo terrà lontano da lì: al suo ritorno il<br />

podestà potrà procedere contro <strong>di</strong> lui<br />

Potestati terre nostre Castri Arquati.<br />

1453 novembre 3, “contra Rogadum”.<br />

Perché havemo facto venire qua Salamone, ebreo, fratello de maistro Iacob, ebreo, per<br />

nostre facende, pertanto te <strong>di</strong>cemo che non vogli fare innovatione, né acto alcuno<br />

contra de esso Salamone, né beni, né cose soe ad instantia et requisitione de persona,<br />

et sia che voglia, per fino luy non è retornato ad Castello Arquà, che fra X o XV dì al più<br />

longo luy sarà retornato, et poy fazasse ragione non obstante questa nostra lettera, et<br />

questo a<strong>di</strong>manda <strong>di</strong>cto Salamone, ad ciò che in la sua absentia non gli fosse facta<br />

iniustitia. Data ut supra.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

424<br />

Francesco Sforza vuole che gli ebrei, deputati all’estimo, Salomone Antiquo <strong>di</strong> Parma, Susinavo<br />

<strong>di</strong> Monza e Iosep <strong>di</strong> Castell’Arquato si astengano, come già <strong>di</strong>sse, tramite Cicco, a Manno e<br />

compagni, <strong>di</strong> fare l’estimo dei denari <strong>di</strong> maestro Iacob e del Salomone, ebrei <strong>di</strong> Castell’Arquata,<br />

ben sapendo quello che hanno pagato.<br />

(1453 novembre 3, “contra Rogadum”).<br />

Salamoni Antiquo de Parma, Susinavo de Modoetia et Iosep de Castro Arquati, ebreis,<br />

deputati ad extimum.<br />

Pare che cerchiati de mettere extimo ali <strong>di</strong>nari de maistro Iacob et de Salamone, suo<br />

fratello, ebrei, quali <strong>di</strong>nari sonno apresso de Salamone et de Iosep da Castelarquà; de<br />

che ve <strong>di</strong>cemo che, como facessimo <strong>di</strong>re ad Manno et ali compagni per Cicho, nostro<br />

secretario, non volemo che li fazati fare <strong>di</strong>cto extimo, né che li fazati pagare a loro cosa<br />

alcuna, perché sapeti quello che hanno pagato. Data ut supra.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.


425<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà, il capitano del <strong>di</strong>stretto <strong>di</strong> Piacenza e Teseo de Puctanis<br />

da Spoleto, cancelliere ducale, facciano, sopra armi e pegni, dare a cre<strong>di</strong>toi del pane e del vino<br />

per il loro sostentamento al parmense Bartolomeo da Parma, a Salvino da Parma, a<br />

Scaramuccia da Fragarolo, ad Andrea da Salla e a Perino da Piacenza, tutti uomini d’armi<br />

alloggiati nel Piacentino, che al presente non possono giovarsi del loro pagamento a Parma. Il<br />

duca assicura i buoni uomini, che aiuteranno detti soldati, che dei loro cre<strong>di</strong>ti su pegni saranno<br />

“integramente satisfacti et pagati”.<br />

(1453 novembre 3, “contra Rogadum”).<br />

123v Potestati, capitaneo <strong>di</strong>strictus Placentie ac Theseo de Puctanis de Spoleto,<br />

cancellario nostro.<br />

Se ritrovano havere facto assignamento al Parmesano Bartholomeo da Parma, Salvino<br />

da Parma, Scaramutia da Fragarolo, Andrea da Salla et ad Perino de Piasenza, tuti<br />

nostri homini d’arme, alozati lì in Piasentina del spazamento suo in Parma del quale,<br />

perchè così mò de presente non se possano valersene, aciochè possano vivere, siamo<br />

contenti, et così volemo che gli fazate dare del pane et del vino per loro usu sopra Ie<br />

soe cose, arme et pegni, certificando (a) Ii boni homini che deIe robbe gli darano<br />

seranno integramente satisfacti et pagati adeo che non gli mancarà niente; sichè circha<br />

ciò provedeti mò como ve parerà meglio, perche <strong>di</strong>cti homini d’arme possano havere<br />

delle cose necessarie al vivere loro sopra Ii <strong>di</strong>cti soe cose et pegni. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue che de depennato.<br />

426<br />

Francesco Sforza, siccome la maggioranza dei bifolchi che quoti<strong>di</strong>anamente scappano è<br />

piacentina, ingiunge al capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> sostituire ogni fuggitivo con due<br />

bifolchi, trattenuti in campo a carico del fuggitivo per due mesi.<br />

1453 novembre 4, “apud Rogadum”.<br />

Capitaneo cittadelle civitatis nostre Placentie.<br />

Perché ogni dì se fugono bivolc,i et più del Piasentino che da nisun altro loco et remane<br />

lo carezo nostro abandonato, che quanto preiu<strong>di</strong>tio n’è suguiti tu el poy pensare, il<br />

perché te <strong>di</strong>cemo (a) che vogli mandare li scrambii de tuti li bivoli mandati in campo ad<br />

ciò se possano scambiare li altri. Et perché non volemo che <strong>di</strong>cti bivolci se avezano ad<br />

fugire, volemo che per ogniuno che fugi et parte senza licentia et lo boletino de<br />

Bartholomeo da Cremona, che, in scambio de quelli, ne siano mandati duy pagati per<br />

duy mesi; et questo sia senza alcuna exceptione per la fuga che faranno. Data apud<br />

Rogadum, <strong>di</strong>e iiii novembris 1453.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

(a) te <strong>di</strong>cemo ripetuto.<br />

427<br />

Francesco Sforza scrive al podestà, al comune e agli uomini <strong>di</strong> Vigevano che, siccome Abraam<br />

de Ar<strong>di</strong>ciis, segretario e cancelliere ducale, si trova da più mesi utilmente per servizio ducale in<br />

Francia e presso re Renato, vuole che, a riconoscimento dei suoi meriti, lo si esoneri, dal giorno<br />

della sua partenza fino a quello del suo ritorno, da qualsiasi carico straor<strong>di</strong>nario.<br />

Potestati, comuni et hominibus Viglevani.<br />

1453 novembre 3, “contra Rogadum”.<br />

Perché, como sapeti, già più mesi sonno passati, che lo egregio Abraam de Ar<strong>di</strong>ciis,


nostro secretario et cancellero, ene adoperato in li nostri servicii in le parte de Franza<br />

et dappuoy continuamente apresso ala mayestà del re Renato, del’opera del quale ne<br />

reportiamo satisfactione et contentamento, ve 124r coman<strong>di</strong>amo et volemo, parendone<br />

ragionevole, che non sia equalmente artato ala contributione delli carrichi, como gli altri<br />

che non sonno fatichati como luy, che dal dì primo che luy se partì per andare in essi<br />

nostri servicii per fin al dì ch’el retornerà, non lo debiati molestare, nè fargli impazo<br />

alcuno per qualunque carico se voglia extraor<strong>di</strong>nario imposto et che se imponerà in<br />

l'avenire; et questo per retributione delli meriti suoy et per dare exemplo ad Ii altri per<br />

essere più prompti ali nostri servicii. Imo volemo, se alcuna molestia gli fosse facta, la<br />

debiate liberamente revocare. Data apud Rogadum, <strong>di</strong>e iii novembris 1453.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

428<br />

Francesco Sforza comanda al referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> far avere per ogni via la mensile<br />

provvisione, assegnata sulle entrate ducali, a Sgraveto e a Galasso da Recanati, che si<br />

lamentano <strong>di</strong> non aver nulla percepito <strong>di</strong> quanto accordato loro a sostentamento delle loro<br />

famiglie.<br />

Referendario notro Laude.<br />

1453 novembre 4, “apud et contra Rogadum”.<br />

Se sonno gravati con nuy el Sgraveto et Galasso da Rechanati, ali quali havemo<br />

assignati la provisione fra quelle nostre intrate per sustentatione delle loro familie, che<br />

non ponno consequire el debito suo, segondo è la nostra intentione. Per la qual cosa<br />

volemo che, per ogni modo possibile, ve<strong>di</strong>ati de provedere che habiano la lor debita<br />

mensuale provisione, perché tanto seria non haverli or<strong>di</strong>nata provisione alcuna, non la<br />

potendo loro consequire; sichè fate non habiano più cagione de querelarse, né per lo<br />

passato, nè per l’avenire. Data apud et contra Rogadum, iiii novembris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

429<br />

Francesco Sforza spera che il conestabile dei fanti Gaspare da Suessa abbia avuto notizia della<br />

presa <strong>di</strong> Caravaggio, <strong>di</strong> Brignano e <strong>di</strong> Vailate, fatta da Sacramoro Visconti e da Francesco<br />

Secco e come essi sperano <strong>di</strong> impossessarsi <strong>di</strong> Treviglio e <strong>di</strong> Rivolta. Vuole che, a questo<br />

scopo, Gaspare si unisca a loro con tutti i cavalli, lasciando a Cerreto suo figlio con tutti i fanti,<br />

oppure, invertendo i ruoli, man<strong>di</strong> suo figlio e, comunque, abbia sempre l’avvertenza <strong>di</strong><br />

mantenere Cerreto ben guarnita.<br />

1453 novembre 4, “ex castris contra Rovatum”.<br />

124v Gaspari de Suessa, pe<strong>di</strong>tum conestabili.<br />

Credemo che tu debbi havere inteso como miser Sacramor Visconte e misser<br />

Francesco Seccho sonno intrati dentro da Caravagio et lo hanno tolto ad nostro nome,<br />

et similmente hanno havuto Brignano et Vaylà et hanno ferma speranza de havere<br />

Triviglio et Rivolta. Pertanto vogliamo che tu va<strong>di</strong> ad meterti insieme ad li pre<strong>di</strong>cti miser<br />

Sacramor et miser Francesco per videre de havere Trivigli et Rivolta, zoè che tu va<strong>di</strong><br />

cum tucti li toy cavalli, lassando quil loco fornito deli toy fanti insieme con tuo figliolo,<br />

overo che tu porrai restare a Cerreto (a) con li toy fanti e mandare tuo figliolo con li<br />

cavalli a mecterse insieme con li <strong>di</strong>cti miser Francesco et miser Sacramoro; et in questo<br />

faray como parirà ad ti purchè, o l’uno o l’altro <strong>di</strong> vuy dui, vada como scrivemo de<br />

sopra. Et questo non manchi, sopratucto haveray advertentia de fare che Cerreto (b)<br />

sia secura et fornita per modo che tu ne sie securo. Ex castris contra Rovatum, <strong>di</strong>e 4<br />

novembris 1453.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue alla bastia depennato.<br />

(b) Cerreto in interlinea su la bastia depennato.


430<br />

Francesco Sforza manifesta a Sagramoro Visconti e a Francesco Secco e a suo fratello Antonio<br />

la sua certezza che in giornata si impossesseranno <strong>di</strong> Treviglio. Si portino poi subito a Rivolta<br />

con i cavalli che manderà loro Gaspare da Suessa, con i 200 schippettieri e i provisionati del<br />

castello <strong>di</strong> Milano che invierà il Consiglio segreto e con Cristoforo da Cremona e i suoi fanti e<br />

con gli uomini del paese sistemandosi nello spazio esistente tra il ponte e Rivolta. Prese le<br />

bastite, le spianino del tutto, così come <strong>di</strong>struggeranno completamente il ponte, consegnando<br />

tutto il materiale che ne ricaveranno a Rossino Piola, commissario <strong>di</strong> Cassano.<br />

Se abbisogneranno <strong>di</strong> qualcosa, lo facciano sapere al Consiglio segreto.<br />

Sicome il padre del conestabile <strong>di</strong> Rivolta si trova a Vailate, procurino <strong>di</strong> indurlo a convincere il<br />

figlio ad arrendersi. Di tutto quello che riusciranno a concludere gli <strong>di</strong>ano piena informazione.<br />

(1453 novembre 4, “ex castris contra Rovatum”).<br />

Domino Sacamoro Vicecomiti et domino Francisco de Sichis, militibus, ac Antonio eius<br />

fratri.<br />

Como per altre nostre, hoggi per lo vostro messo che ne mandassevo questa nocte ve<br />

havemo scripto, così per questa replicando, ve <strong>di</strong>cemo che siamo certi, per quanto ne<br />

haveti scripto, hoggi haveriti havuto Triviglio a nome nostro. Et perché havemo molto ad<br />

cuore (a) il facto de Rivolta, del ponte et bastite, volemo debiati andare insieme con li<br />

cavalli, che ve mandarà Gasparro da Sessa, con li 200 schiopeteri et provisionati del<br />

castello nostro de Milano, quale ve mandarà il nostro Consiglio secreto, et cum<br />

Christoforo de Cremona con li suoy fanti et con più homini del paese che serà possibile<br />

ad metterve tra Rivolta et el ponte loro, che gli è uno bono spatio de terreno; il qual<br />

ponte et così le bastite sonno la maiore parte in assiuta et in terra et de tracta, siamo<br />

certi haveriti la bastita che è verso Rivolta, perché non è troppo forte; la quale havuta,<br />

volemo faciati spianare et ruynare et così guastare lo ponte et tute le colomne et asse,<br />

grodarie, ferramento et armadure delle bastite, ponte. Volemo faciati consignare 125r<br />

ad Rossino Piola, commissario nostro de Cassano, al quale havemo or<strong>di</strong>nato quanto ne<br />

habia ad exequire de <strong>di</strong>cte cose, et faritele spianare in modo che parà non li fosse may<br />

bastite, né ponte, governandove in questa impresa maturamente et prudentemente et<br />

con ogni <strong>di</strong>ligentia et sollicitu<strong>di</strong>ne possibile, como ne confi<strong>di</strong>amo in voy et in modo che<br />

ne reportati honore, laude et commendatione; et bisognandone più una cosa che<br />

un’altra scriveti et mandati, recercando al nostro Consiglio secreto de Milano tutto<br />

quello ve parerà necessario perché essi provederano a tutto quello che per vuy li sarà<br />

rechiesto et <strong>di</strong>cto. Et perché intendemo ch’el conestabile, qual è dentro da Rivolta, ha el<br />

padre in Vaylà, volemo ve<strong>di</strong>ati per ogni modo de far trovare el padre del <strong>di</strong>cto<br />

conestabile, quale confortariti et pregariti et carichariti che voglia mandare a <strong>di</strong>re et<br />

confortare e comandare al figliolo che ne voglia dare Rivolta aciò non bisogni mandarli<br />

el campo; che, mandandoli poy noy el campo, haveremo Rivolta in ogni modo et a luy<br />

non seremo obligato nulla. Et in questo usariteli tute quelle bone parole et persuasione<br />

ve parerano expe<strong>di</strong>ente per fare de havere Rivolta omnino; et tutte quelle cosse haveti<br />

fare, vogliateli expe<strong>di</strong>re presto et con sollicitu<strong>di</strong>ne non gli perdendo tempo veruno; et de<br />

tuto como seguiriti vogliati continue avisarcene. Mandariti subito le alligate a Cassano<br />

et a Milano ad che se drizano, et così quella che se driza a Gasparro da Sessa,<br />

sforzandove che vadano a salvamento. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue Rivolta espunto.<br />

431<br />

Francesco Sforza vuole che il capitano della Lomellina, appurata la verità <strong>di</strong> quanto <strong>di</strong>ce lo<br />

squadrero ducale Giovanni <strong>di</strong> Albanesi, induca Giacomo da Landriano, abitante a San Nazzaro,<br />

a restituire il fermaglio, avuto da Giovanni, che gli ha reso, secondo l’accordo,<br />

il cavallo per mancato suo gra<strong>di</strong>mento.<br />

Capitaneo nostro Lomelline.<br />

(1453 novembre 4, “ex castris contra Rovatum”).


El conte Zohanne <strong>di</strong> Albanesi, nostro squadrero, <strong>di</strong>ce che, havendo comprato uno<br />

cavallo a Iacomo da Landriano, habitatore de San Nazaro, et datoli uno fermaglio in<br />

pegno con questa con<strong>di</strong>ctione che, non (a) piacendoli el cavallo, lo dovesse restituire et<br />

esso Iacomo rendergli li <strong>di</strong>nari; et havendoli restituito lo <strong>di</strong>cto cavallo, perché non gle<br />

piaque, el <strong>di</strong>cto Iacomo non gli vole restituire esso fermaglio; el che non è nì iusto, nì<br />

conveniente. Peretanto te commettiamo et volemo che, intesa questa cosa, debii<br />

astrenzere lo <strong>di</strong>cto Iacomo a restituire esso fermaglio, se le conventione havute tra loro<br />

sonno tale, como è <strong>di</strong>cto de sopra. Data ut supra.<br />

Iohannes.<br />

(a) non in interlinea.<br />

432<br />

Francesco Sforza comanda al podestà, al comune e agli uomini <strong>di</strong> Maledo <strong>di</strong> non importunare<br />

più per le tasse l’uomo d’arme delle lance spezzate Scalabrino ben sapendo che i soldati non<br />

sono tenuti al pagamento delle tasse.<br />

(1453 novembre 4, “ex castris contra Rovatum”).<br />

125v Potestati, comuni et hominibus Male<strong>di</strong>.<br />

Scalabrino, nostro homo d’arme delle lanze spezate, ne ha facto lamenta che vuy lo<br />

molestati per casone delle taxe, dela qualcosa ne maravegliamo, perché non è de<br />

usanza che li soldati siano astrecti ad pagamento dele taxe, per il chè ve<br />

commen<strong>di</strong>amo et volemo che da mò inanti non gli fazati molestia alcuna per <strong>di</strong>cta<br />

casone, aciò non habia ad poterse lamentare più.<br />

Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

433<br />

Francesco Sforza scrive a Iosep de Cortonio, podestà e castellano <strong>di</strong> San Colombano che già<br />

una volta Bernardo <strong>di</strong> Bernardo Sola se n’era scappato dal carriaggio e lui, podestà, non aveva<br />

preso alcun provve<strong>di</strong>mento. Ora se n’è andato via ancora e gli ripete <strong>di</strong> costringerlo a pagare<br />

due altri per due mesi; il duca lo minaccia <strong>di</strong> rifarsi con lui qualora anche questa volta non<br />

prendesse alcun provve<strong>di</strong>mento.<br />

Quanto sopra vale per Zano da Rigo <strong>di</strong> Molineli, che anche lui se n’è fuggito.<br />

(1453 novembre 4, “ex castris contra Rovatum”).<br />

Magistro Iosep de Cortonio, potestati et castellano Sancti Columbani.<br />

Altre volte siandose fugito del nostro carezo Bernardo de Bernardo Sola, mandato per<br />

quella comunità, te scripsemo ch’el dovesse castigare et costringerlo a mandarne dui<br />

pagati per duy mesi, e non è facto nulla. Nunc autem se n’è fugito un’altra volta; sichè<br />

iterato te scrivemo che lo debbi constrengere a mandare duy pagati per duy mesi,<br />

altramento se scorzaremo con (a) ti in modo ch’el te ne rencrescerà. El simile <strong>di</strong>cemo<br />

de Zano da Rigo <strong>di</strong> Molineli, qual etiam è fugito, e provedeti talmente che ne sentiamo<br />

novella, or<strong>di</strong>nando che se presentano ad Bartholomeo da Cremona qua in campo. Data<br />

ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue voy depennato.<br />

434<br />

Francesco Sforza vuole che gli uomini <strong>di</strong> Vailate prestino rispetto e obbe<strong>di</strong>enza al milanese<br />

Antonio d’Alzate che invia come loro ufficiale. Ricorda loro, inoltre, <strong>di</strong> fargli avere, nei tempi<br />

debiti, il salario spettantegli.<br />

(1453 novembre 4, “ex castris contra Rovatum”).


Hominibus Vaylate.<br />

Man<strong>di</strong>amo lì Antonio d’Alzate, nostro carissimo cita<strong>di</strong>no Milanese, per vostro officiale;<br />

pertanto volemo lo acceptati et lo mettiati ala possessione del’officio et, prestatoli debita<br />

reverentia, obe<strong>di</strong>ati, como è debito et soleti obe<strong>di</strong>re et reverire li officiali vostri,<br />

respondendoli etiam<strong>di</strong>o del salario consueto ali tempi debiti, perché luy è tale persona<br />

siamo certissimi ve retrovariti ben contenti delli facti suoy. Data ut supra.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

435<br />

Francesco Sforza informa i nobili, il comune e gli uomini <strong>di</strong> Treviglio <strong>di</strong> aver designato a loro<br />

podestà il milanese Mafeo Stampa. Gli mostrino rispetto e obbe<strong>di</strong>enza e gli facciano avere, a<br />

tempo opportuno, il suo salario.<br />

Il duca nel medesimo giorno informa Bolognino de Attendolis del progresso fatto dall’esercito.<br />

La stessa cosa ha scritto a sua suocera Agnese e a Corrado da Fogliano con in più che egli <strong>di</strong>a<br />

ogni aiuto possibile per la presa del ponte <strong>di</strong> Ripalta.<br />

126r Nobilibus comuni et hominibus Trivilii.<br />

(1453 novembre 4, “ex castris contra Rovatum”).<br />

Confidandose in le virtute, prudentia et fede che porta el nobile homo Mafeo Stampa,<br />

nostro carissimo cita<strong>di</strong>no Milanese, presente exhibitore, l’havemo ellecto et constituito,<br />

et così per questa lo elligiamo et constituemo per vostro potestà et rectore. Pertanto<br />

volemo lo acceptati et lo mettiati ala possessione d’esso officio, prestandoli quella<br />

reverentia et obe<strong>di</strong>entia che rechiede l’officio et como la nostra propria persona in<br />

quello specta al <strong>di</strong>cto officio; et così li responderiti al debito tempo del salario consueto<br />

et provisione. Siamo certi luy se portarà in modo che restareti ben contenti <strong>di</strong> facti suoi.<br />

Data ut supra.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

Die suprascripto.<br />

Scriptum fuit magnifico Bolognino de Attendolis, militi de processu exercitus nostri<br />

contra inimicos nostros.<br />

In simili forma scriptum fuit magnifice domine Agneti, matri nostre carissime, et<br />

magnifico Conrado de Foliano cum hac clausula, quod prestat nobis omne illud<br />

iuvamen quod poterit pro consecutione pontis Ripalte.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

436<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al suo cancelliere Teseo da Spoleto che, con i denari avanzati per il<br />

fieno degli uomini <strong>di</strong> Calvisano, paghi, come ha fatto con gli altri, il fieno dato dal canonico<br />

piacentino Giovanni de Carlo. Similmente faccia con i massari <strong>di</strong> Antonio e Gabriele dei<br />

marchesi de Malvitiis.<br />

Theseo de Spoleto, cancellario nostro.<br />

(1453 novembre 4, “ex castris contra Rovatum”).<br />

Volimo che deli <strong>di</strong>nari, li quali tu hay retenuti per lo feno delli homini da Calvisano, fazi<br />

pagare domino prete Iohanni de Carlo, canonico Piasentino, de tuto el feno che luy ha<br />

dato ali <strong>di</strong>cti homini de Calvisano, secundo hay facto pagare alli altri, delli quali te<br />

havemo scripto; et questo non manchi. Et el simile te <strong>di</strong>cemo de quello hanno dato li<br />

massari de Antonio et Gabriele de Malvitiis marchesi, et cetera. Data ut supra.<br />

Cichus.


437<br />

Francesco Sforza scrive ai consoli, al comune e agli uomini delle Glarole che revoca, per<br />

insufficiente informazione, la concessione <strong>di</strong> privilegi giuris<strong>di</strong>zionali e <strong>di</strong> dazi accordata ai<br />

gentiluomini <strong>di</strong> lì, volendo ora, “avuta più matura informatione” che quanto ai dazi e all’alltro si<br />

osservi quanto veniva praticato alla morte del defunto duca. Di ciò si intendano con Gracino da<br />

Pescarolo e con il referendario <strong>di</strong> Pavia.<br />

(1453 novembre 4, “ex castris contra Rovatum”).<br />

Consulibus, comuni et hominibus Glarolarum.<br />

Altre volte, non havendo nuy havuto quella vera informatione che se rechiedeva,<br />

concedessemo alcuni privilegii ali zentilhomini de quella nostra terra circha la<br />

iuris<strong>di</strong>ctione et dacii de quella terra; li quali privilegii, havuta mò più matura<br />

informatione, intendemo revocare, et per le presente revochemo, volendo et ex nunc<br />

or<strong>di</strong>nando che quanto ali dacii et altre cose se observi el modo et stille qual se<br />

observava al tempo della morte del’illustrissimo quondam bone memorie duca passato.<br />

Et de questo inten<strong>di</strong>tive con domino Gracino da Piscarolo,et referendario nostro de<br />

Pavia. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

438<br />

Francesco Sforza comunica a Gracino da Pescarolo e al referendario <strong>di</strong> Pavia la revoca dei<br />

privilegi concessi, per incompleta informazione, ai gentiluomini delle Glarole, riportando tutto alla<br />

situazione esistente al tempo della morte del precedente duca.<br />

(1453 novembre 4, “ex castris contra Rovatum”).<br />

126v Domino Gracino de Piscarolo et referendario nostro Papie.<br />

Altre volte, non havendo nuy havuto quella vera informatione che se rechiedeva,<br />

concedessemo alcuni privilegii ali gentilhomini delle Gerole circa la iuris<strong>di</strong>ctione et dacii<br />

della terra; li quali, havuta mò più matura informatione intendemo revocare et per le<br />

presente revocamo, volendo, et ex nunc or<strong>di</strong>nando che quanto ali dacii et altre cose se<br />

observi el modo et stillo qual se observava al tempo della morte del’illustrissimo<br />

quondam bone memorie duca passato. Sichè apponeti or<strong>di</strong>ne perché così se facia.<br />

Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

439<br />

Francesco Sforza vuole che Iosep Salamono e gli estimati ebrei abbiano in considerazione, per<br />

il pagamento dei 9000 ducati, il <strong>di</strong>ssesto subito da Mosè, ebreo <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>.<br />

Si è scritto al podestà delle Gerole <strong>di</strong> recarsi dal duca.<br />

1453 novembre 5, “in castris contra Rogadum”.<br />

Iosep Salamono et ebreis extimatis ebreorum.<br />

Perchè, como sapeti, Moisè, ebreo de Lo<strong>di</strong>, ha havuti <strong>di</strong>spen<strong>di</strong>i et graveze asay in<br />

modo che luy è rimasto molto assitigliato de robba, pertanto, in questo pagamento delli<br />

VIIII milia ducati, vogliati haverli consideratione et advertentia et non vogliati che in tucto<br />

remanga desfacto. Data in castris contra Rogadum, v novembris 1453.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

Die suprascripto.<br />

Scriptum fuit potestati Glarolarum quod veniat ad dominum.


440<br />

Francesco Sforza scrive a Bertoluccio da Gubbio che intende occuparlo là in alcuni suoi servizi.<br />

Vuole che si porti da lui, conscio che lì non farà più ritorno.<br />

(1453 novembre 5, “in castris contra Rogadum”).<br />

Bertholutio de Eugubio, commissario super allogiamentis ultra Padum.<br />

Perché te volemo adoperare dal canto de qua in alcuni nostri servicii, vogli, havuta<br />

questa, venire qua da nuy, advisandote che là tu non hay ad stare più. Sichè quanto più<br />

tosto veneray tanto meglio. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

441<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Benedetto de Curte, capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> fare<br />

alloggiare nel comune <strong>di</strong> San Imento e <strong>di</strong> Calendasco (luoghi già prima, ma inutilmente, a ciò<br />

destinati dallo stesso condottiero) alcuni uomini d’arme e cavalli presi dal Colleone ai suoi<br />

servizi. Essi staranno lì fino a quando, “et sarà prestissimo”,<br />

saranno pronti per mandarli in campo.<br />

(1453 novembre 5, “in castris contra Rogadum”).<br />

127r Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo citadelle civitatis nostre Placentie.<br />

Altra volta nuy scripsemo, ad instantia del magnifico Bartholomeo Cogliono, ad li homini<br />

et comune de Sancto Hymento et de Calendasco che dovessero allogiare certi cavalli<br />

del prefato Bartholomeo; et perché <strong>di</strong>cto Bartholomeo ne <strong>di</strong>ce che, quantunche fosse<br />

stato scripto, che niente de mancho non gli mandò cavallo alcuno, hora luy gli manda<br />

certi cavalli et alcuni homini d’arme, quali ha tolti de novo ali suoi servicii, li quali<br />

haveranno a stare lì tanto che serano messi impuncto, et poi <strong>di</strong>cto Bartholomeo gli farà<br />

venire in campo et sarà prestissimo. Sichè volemo che tu fazi allogiare <strong>di</strong>cti cavalli deli<br />

<strong>di</strong>cti homini, et faray che li sia data stantia et strame. Data ut supra.<br />

Ser Iohannes.<br />

Iohannes.<br />

442<br />

Francesco Sforza scrive al suo familiare Raffaele Pugnello <strong>di</strong> prendere atto del frumento da lui<br />

ricuperato e lo invoglia a trovarne la maggior quantità possibile, farlo macinare e mandarne la<br />

farina a Cremona. Se quelli <strong>di</strong> cui gli ha scritto andranno da lui, risponderà loro quel che crederà.<br />

Raphaeli Pugnello, familiari nostro <strong>di</strong>lecto.<br />

(1453 novembre 5, “in castris contra Rogadum”).<br />

Havemo recevuto le tue lettere circha la recuperatione del fromento, ale quale<br />

brevemente respondendo <strong>di</strong>cemo che per quanto hay voglia far cosa, quale ne piaza e<br />

hay a caro el stato nostro, te sforzi de recuperarne più quantità sia possibile, facendolo<br />

macinare et mandare la farina a Cremona. Del’altre cose restiamo avisati e non <strong>di</strong>cemo<br />

altro se non che cerchi de far presto quello che tu poi fare. Si quelli che tu ne scrive<br />

veniranno, gli responderemo quanto ne parerà. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

443<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce al Regolatore delle entrate Antonio de Minutis che è sorpreso della<br />

<strong>di</strong>sponibilità del conte Antonio Crivelli <strong>di</strong> dare frumento per 1000 ducati d’oro.<br />

Procuri che lo <strong>di</strong>a e cerchi <strong>di</strong> trovare quanto più frumento può, lo faccia macinare e ne man<strong>di</strong> la<br />

farina a Cremona. Temendo che non riuscisse a ricuperare la quantità <strong>di</strong> frumento necessaria


per “tanto exercito”, lui, duca, ne ha preso in prestito 1000 moggia a Cremona, che restituirà<br />

entro due mesi oppure ne farà un’assegnazione sul dazio della mercanzia del prossimo anno in<br />

ragione <strong>di</strong> sol<strong>di</strong> 26 a staio.<br />

(1453 novembre 5, “in castris contra Rogadum”).<br />

Ser Antonio de Minutis, Regulatori intratarum nostrarum.<br />

Havemo recevuto le toe lettere, date penultimo del passato, per le quale tu ne scrive<br />

ch’el conte Antonio Crivello ad volerce dare tanto formento che monta 1000 ducati<br />

d’oro, como haveti proferto de bona voglia; de che ne marevigliamo, perché luy<br />

medesmo ne fece rechiedere de questo. Sichè vede per ogni modo che lo <strong>di</strong>a circha el<br />

resto et procura ch’el se ne habia più quantità sia possibile per quello megliore modo,<br />

industria et ingenio che te parirà, facendolo macinare e mandare la farina a Cremona;<br />

et in questo metti tuto quanto el tuo sapere per quanto tu hay a caro el stato nostro,<br />

avisandote che, parendone che non recuperate quella quantità de formento che<br />

credevamo e che ce bisogna a tanto exercito, havemo tolto a Cremona in presto quelle<br />

mille moza, de che te scrisemo a termine renderlo in duy mesi, aut farli assignatione<br />

sulo dacio della mercantia del’anno a venire a ragione de sol<strong>di</strong> XXVI el staro. Sichè per<br />

questo è da recuperarne più quantità per poterlo rendere. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

444<br />

Francesco Sforza esprime a Sagramoro Visconti e ad Antonop Sicco, commissario <strong>di</strong><br />

Geradadda, il suo compiacimento per la presa <strong>di</strong> Rivalta e per quanto si propongono <strong>di</strong> fare per<br />

le bastite e come sperarno <strong>di</strong> “fornire” Treviglio. Nella lettera allegata, <strong>di</strong>retta a Rossino Piora,<br />

commissario a Cassano, gli <strong>di</strong>ce quel che vuole si faccia per le bastite e per il ponte <strong>di</strong> Rivalta..<br />

1453 novembre 6, “contra Roadum”.<br />

127v Domino Sagramori Vicecomiti et Antonio Sicho, comissario nostro Glaree Abdue.<br />

Havemo veduto quanto ne scriveti per la vostra de dì v presente del’havuta de Rivalta<br />

et delle provisione volevati fare per havere le bastite et como sperati fornire anchora<br />

Trivilio, et cetera, ala quale, respondendovi, <strong>di</strong>cemo che havemo havuto tanto piacere<br />

del’havuta de Rivalta quanto <strong>di</strong>re se potesse; sichè per questa non <strong>di</strong>cemo altro se non<br />

che ve confortiamo e caricamo a fare tute quelle provisione ve pareranno necessarie<br />

per la exaltatione et augumento del stato nostro. De quello deliberamo se facia del<br />

ponte de Rivalta e dele bastite, et cetera, per l’alligata ne scrivemo opportunamente a<br />

Rossino Piora, nostro commissario in Cassano, la quale li mandareti subito. Data contra<br />

Roadum, <strong>di</strong>e vi novembris 1453.<br />

Iacobus de Rivoltella.<br />

Iohannes.<br />

445<br />

Francesco Sforza scrive al capitano <strong>di</strong> Casteggio che, accertato il cre<strong>di</strong>to del bronese Ruzinone,<br />

procuri che egli ottenga con rito sommario quanto dovutogli dai suoi conterranei.<br />

Si è scritto al podestà <strong>di</strong> Maledo che restituisca o faccia restituire a Bertolin, armigero del<br />

condottiero Tiberto Brandolini, il cavallo, che teneva a Maledo per conto del comune<br />

Capitaneo Clastigii, nostro <strong>di</strong>lecto.<br />

(1453 novembre 6, “contra Roadum”).<br />

Have exposto Ruzinone della terra nostra de Brone che ha alcuni suoy debitori sotto la<br />

tua iuri<strong>di</strong>ctione, dali quali per li loro subterfugii et <strong>di</strong>latione non può conseguire el debito<br />

suo; del che ne venne a patire grande damno et supplicato gli vogliamo provedere. Per<br />

la qualcosa te comettemo et volemo che ad esso Ruzinone, contra qualunche suo<br />

debitore, ministri rasone summaria et expe<strong>di</strong>ta senza littigio alcuno, li quali debitori


siano soctoposti ala toa iuris<strong>di</strong>ctione, et constandoti del vero cre<strong>di</strong>to suo li constringi per<br />

ogni via de rasone ad farli el debito suo integramente de quello debitamente deverà<br />

havere; et questo senza <strong>di</strong>latione alcuna de tempo. Data ut supra.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

Die suprascripto.<br />

Scriptum fuit potestati Male<strong>di</strong> quatenus restitueret seu restitui faceret Bartholino,<br />

armigero magnifici Thiberti Brandolini, capitanei nostri, equum unum quem habebat in<br />

<strong>di</strong>cta terra Male<strong>di</strong> sibi acceptum nomine communis ipsius terre.<br />

Iacobus.<br />

Cichus.<br />

446<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na ad Antonio Secco , commissario generale <strong>di</strong> Geradadda e condottiero,<br />

che faccia sequestrare tanti beni, mobili e immobili <strong>di</strong> Socino Secco equivalenti al prestito <strong>di</strong><br />

1200 ducati, non utilizzati, che ebbe dal marchese <strong>di</strong> Mantova.<br />

(1453 novembre 6, “contra Roadum”).<br />

128r Spectabili viro Antonio Sicco, comissario generali nostro Glareabdue ac armorum,<br />

et cetera.<br />

Constandone, per chiareza a nuy facta per lo illustre signore messer lo marchexe de<br />

Mantoa, che Socino Secco è debitore della sua signoria de mille ducento ducati a luy<br />

prestati per lo tempo se retrovò con la sua signoria, e non serviti, volimo per<br />

satisfacione d’esso illustre signore domino lo marchexe, como la raxone et honestà<br />

rechiede, che faciate aprehendere tanti delli beni del <strong>di</strong>cto Soncino, mobili aut immobili,<br />

che siano equivalenti al debito, et gli faciate assignare a qualunche messo mandarà la<br />

signoria sua. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

447<br />

Francesco Sforza vuole che il referendario <strong>di</strong> Pavia intervenga presso il podestà della Gerola e<br />

faccia in modo che sia pagato dagli uomini del posto unicamente per i fanti che realmente tenne.<br />

Referandario Papie.<br />

1453 novembre 6, (“contra Roadum”).<br />

Intendemo ch’el potestà nostro dela Girola de quello nostro <strong>di</strong>stricto de Pavia se fa<br />

pagare dalli homini d’essa terra per sey fanti, quali tamen non tenne, il perché non<br />

parendone honesto, ve comettiamo et volemo habiati informatione de questo facto, et<br />

trovando essere così, prove<strong>di</strong>ati che’l <strong>di</strong>cto potestà non sia pagati nisi per li fanti,<br />

dumtaxat ch’el tiene, et non altramente, e secundo che l’è tenuto debitamente de fare<br />

per forma che nyuno iustamente se possa dolere, como è la nostra intentione. Data vi<br />

novembris 1453.<br />

Thomaxus domini Angeli.<br />

Cichus.<br />

448<br />

Francesco Sforza comanda ad Antonio Secco <strong>di</strong> prestare ogni aiuto a Giovanni de Pellegrino,<br />

che si porta a Caravaggio per eseguire alcune incombenze affidategli.<br />

Antonio de Sichis, comissario Glareabdue.<br />

1453 novembre 7, “apud Rovadum”.


Vene lì ad Caravagio Iohanne de Pelegrino, presente portatore, per exequire alcune<br />

cose, quale gli havemo commesse; pertanto volemo che recercandote luy a<strong>di</strong>uto et<br />

favore alcuno in quello haverà a fare, gli vogli dare ogni a<strong>di</strong>uto et favore te sarà<br />

possibile ad ciò ché’l possa mandare ad executione quanto te habiamo commesso.<br />

Data apud Rovadum, vii novembris 1453.<br />

Advena.<br />

Cichus.<br />

449<br />

Francesco Sforza fa presente al cancelliere ducale Teseo da Spoleto che Leonardo Scalino gli<br />

rimprovera, anche a nome dei suoi compagni, la sua partenza senza averne dato, come<br />

promesso, informazione. Non hanno, così, mandato con lui uno <strong>di</strong> loro per avere quanto loro<br />

dovuto per le tasse. Procuri <strong>di</strong> non infinocchiare Leonardo e compagni con le sue ciance, ma<br />

provveda che ottengano il loro pagamento.<br />

Thexeo de Spoleto, cancellario nostro.<br />

(1453 novembre 7, “apud Rovadum”).<br />

É stato a nuy el strenuo Leonardo Scalino et s’è agravato per luy et li compagni che,<br />

havendolo tu promettuto non te partire se prima non gli avisasse dela tua partita,<br />

acioché mandasseno con ti uno deli suoy ad consequire el debito loro dele tasse, et te<br />

sei partito senza farli moto alcuno, la qualcosa gli fa suspicare che’l resta per noy che<br />

non consequiscano el suo pagamento; per la qualcosa 128v brevemente te avisamo se<br />

tu non (a) faray che habiano el dovere suo, te ne faremo pocho honore, e volendo che<br />

la imputatione sia la toa, e non la nostra, tu faray bene a farli fare el dovere, e non<br />

menarli per zanze, como tu fay. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) non in interlinea.<br />

450<br />

Francesco Sforza accusa ricevuta <strong>di</strong> quanto segnalato da magistro Ferando, Giovanni Ferando,<br />

Stefano e Iacobo Comello, nonchè Antonio Compagnono e Bartolomeo Bursella da Treviglio e<br />

rimette la risposta a quanto gli <strong>di</strong>ranno i loro ambasciatori.<br />

(1453 novembre 7, “apud Rovadum”).<br />

Magistro Beltramo Ferando, Iohanni Ferando, Stefano et Iacobo Comello, Antonio<br />

Compagnono et Bartholomeo Burselle de Trivilio.<br />

Havemo recevuto la toa lettera et inteso quanto ne haveti scripto, ala quale non facemo<br />

altra resposta, salvo che intenderemo quanto ne <strong>di</strong>ranno li vostri imbassadori, et li<br />

au<strong>di</strong>remo de bono animo et li faremo tal tractamento che retornerano indreto ben<br />

contenti.<br />

Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

451<br />

Francesco Sforza scrive al precettore <strong>di</strong> Sant’Antonio in Crema che, a seguito delle suppliche<br />

degli uomini del Fresso e Salvarola è <strong>di</strong>sposto a concedere ampio salvacondotto a tutti e singoli<br />

uomini, massari e lavoratori dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Sant’Antonio sul territorio cremasco, come lo avevano<br />

prima della guerra, purchè si faccia liberamente consegnare agli uomini <strong>di</strong> Fresso e <strong>di</strong> Salvarola<br />

il bestiame e ogni cosa presa dai soldati che stavano a Romanengo e a Crema.<br />

1453 novembre 7, “apud Roadum”.<br />

Venerabili amico nostro, domino preceptori Sancti Antonii in Crema.


A supplicatione et precherie delli nostri homini del Fresso et Salvarola siamo contenti et<br />

così, per lo tenore della presente nostra lettera, concedemo amplo, libero et vali<strong>di</strong>ssimo<br />

salvoconductu cum omni moda, fidantia et securitate ad tucti et singuli homini et<br />

massarii et lavoratorii, dato all’or<strong>di</strong>ne et devotione vostra de Sancto Antonio<br />

commorante per tucto lo territorio Cremasco, che possano tutte et liberamente stare et<br />

lavorare et fare li facti loro, eo modo et forma che facevano et possevano fare inanzi la<br />

presente guerra et al tempo della bona pace, valituro ad nostro compiacere cum<br />

<strong>di</strong>s<strong>di</strong>cta de doi dì de contrabbando. Dummodo tamen, et non altramente, faciati (a)<br />

consignare et libere restituire tucto el bestiamo et ogne altra cosa, che è stata (presa)<br />

per li soldati che stavano seu stanno in Romanengo et in Crema alli <strong>di</strong>cti nostri homini<br />

del Fresso et del Salvarola, et quando non faciati restituire <strong>di</strong>cto bestiame et le altre loro<br />

cose alli pre<strong>di</strong>cti homini nostri, intendemo et volemo questa nostra fidanza et<br />

salvoconductu sia nullius valoris. Data in castris nostris felicibus apud Roadum, vii<br />

novembris 1453.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue cog depennato.<br />

452<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà <strong>di</strong> Palazzolo, dopo aver intese le parti, faccia avere al<br />

provvisionato Giacomo da Bergamo i <strong>di</strong>eci ducati e più che Battistino <strong>di</strong> Umiano <strong>di</strong> Palazzolo gli<br />

deve per una promessa fattagli.<br />

129r Potestati Palazoli.<br />

1453 novembre 7, “apud Rovatum”.<br />

Iacomo da Bergamo, nostro provisionato, presente portatore, <strong>di</strong>ce devere havere <strong>di</strong>ece<br />

ducati et più da Baptistino <strong>di</strong> Umiano de quella nostra terra de Palazolo per una<br />

promessa gli fece, como da lui serai informato. Pertanto, intesa l’una parte et l’altra,<br />

faraili rasone ad <strong>di</strong>cto Iacomo summaria et expe<strong>di</strong>ta. Ex castris apud Rovatum, <strong>di</strong>e vii<br />

novembris 1453.<br />

Iohannes.<br />

453<br />

Francesco Sforza chiede a donna Luchina dal Verme <strong>di</strong> consegnare a Pietro da Lonate,<br />

commissario <strong>di</strong> Tortona, un suo cancelliere che se n’è fuggito asportandogli cento ducati, oppure<br />

costringa detto cancelliere a restituire detti denari e lei gli amministri giustizia.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

(1453 novembre 7, “apud Rovatum”).<br />

Pedro da Lonà, nostro comissario in Terdona, ne ha scripto che uno suo cancelero,<br />

quale ha tenuto mano a uno suo fameglio, (è) fugito da luy et gli ha portato via cento<br />

ducati, secundo da luy, overo suo messo sereti informata, e reducto in le terre vostre.<br />

Pertanto, como ne pare honesto, vogliati far prendere <strong>di</strong>cto suo cancellero e darglilo in<br />

le mano, aciò se gli possa fare rasone et luy havere li suoy <strong>di</strong>nari, o veramente prove<strong>di</strong>ti<br />

che <strong>di</strong>cto Pedro habia li <strong>di</strong>nari suoy; et fati fare rasone vuy al <strong>di</strong>cto cancellero. Data ut<br />

supra.<br />

Marcus.<br />

Cichus.


454<br />

Francesco Sforza scrive a Bertoluccio da Gubbio, commissario sopra gli alloggiamenti Oltrepo,<br />

<strong>di</strong> far dare sistemazione e strame (e altro, se gli uomini, loro sponte, vorranno dare) a<br />

Evangelista Savello.<br />

(1453 novembre 7, “apud Rovatum”).<br />

Ser Bertholutio de Eugubio, comissario super allogiamentis ultra Padum.<br />

Volemo che ad Evangelista Savello faci dare allogiamento per dece cavalli, facendoli<br />

dare stantia et strame, secundo l’or<strong>di</strong>ne nostro. Siamo ben contenti che se li homini gli<br />

vorano de soa cortesia fare cosa alcuna, ma che non siano astrecti a dargli altro cha<br />

stantia et strame. Data ut supra.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.<br />

455<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Gracino da Pescarolo e al referendario <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong><br />

intervenire perchè i dazieri osservino il privilegio da lui concesso a suo genero Giovanni da<br />

Tolentino, in virtù del quale gli uomini <strong>di</strong> Bereguardo sono esentati dal pagamento dell’imbottato<br />

per i beni e possessioni che hanno.<br />

(1453 novembre 7, “apud Rovatum”).<br />

Domino Gracino de Piscarolo et referendario Papie, nostris <strong>di</strong>lectis.<br />

El magnifico domino Iohanne de Tollentino, nostro genero, ne ha significato, dolendose,<br />

che per li datierii de quella nostra cità, che, contra el tenore del privilegio per nuy a luy<br />

concesso, mostrano de volere artare et stringere li homini de Belreguardo al<br />

pagamento del’imbotato del’anno passato et anche per lo presente per li beni et<br />

possessione gli hanno, che non saria honesto né ragionevele. Per la qualcosa volemo<br />

e ve comettemo che, facendo observare el tenore e substantia del <strong>di</strong>cto privilegio e<br />

lettere per nuy a <strong>di</strong>cto domino Iohanne superinde concesse, prove<strong>di</strong>ati non siano artati<br />

ad alcuni pagamenti contra el dovere; et se proinde gli fosse facta novitate alcuna, fatila<br />

revocare. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

456<br />

Francesco Sforza fa presente al capitano <strong>di</strong> giustizia <strong>di</strong> Milano che il condottiero Americo<br />

Sanseverino ha dato personalmente i 500 ducati richiesti, quale garanzia perchè Giovanni<br />

Cignone venga rilasciato e non vada oltre Ticino..<br />

129v Capitaneo iusticie Me<strong>di</strong>olani.<br />

(1453 novembre 7, “apud Rovatum”).<br />

Benchè per un’altra nostra ve habiamo scripto de dì XX del mese de agosto passato<br />

circa li facti de Iohanni da Cignone, destenuto in vostre mane, che dando luy securtade<br />

de ducati 200 de non andare ultra Texino senza nostra speciale licentia ad nostrum<br />

usque beneplacitum, como ve havevamo già scripto per un’altra, lo dovesti liberare,<br />

perché Aymerico da Sanseverino, nostro conductero, haveva promesso per esso<br />

Iohanne per el resto fino ad ducati 500. Tamen mò per questa ve <strong>di</strong>cemo che <strong>di</strong>cto<br />

Aymerico è intrato in securtà qui ad nuy de ducati 500 per il <strong>di</strong>cto Iohanne Cignone<br />

ch’el observarà le confine soprascripte; siché, havuta questa, lo fareti liberare, facendo<br />

notare como <strong>di</strong>cto Aymerico ha facto <strong>di</strong>cta securtà de ducati 500. Ut supra.<br />

Zanetus.


Cichus.<br />

457<br />

Francesco Sforza fa sapere agli uomini <strong>di</strong> Vignano <strong>di</strong> aver ricevuto il loro scritto e avere inteso<br />

quello che Bartolomeo e Pietro de Pesenti gli hanno riferito circa la loro <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> porsi<br />

sotto la sua obbe<strong>di</strong>enza insieme con i comuni e gli uomini <strong>di</strong> Spirano, <strong>di</strong> Vezanica e <strong>di</strong><br />

Grassobbio. Vuole che man<strong>di</strong>no da lui dei loro uomini con pieno mandato per detto atto <strong>di</strong><br />

fedeltà e con le petizioni che intendono presentargli. Fa loro avere i salvacondotti richiesti e<br />

invia, per il governo del loro territorio, il suo famiglio Bartolo <strong>di</strong> Mazi, cui devono sottomissione,<br />

fedeltà e consegnarli la rocca con ogni sua pertinenza.<br />

Hominibus Vignani.<br />

(1453 novembre 7, “apud Rovatum”).<br />

Havemo recevuto la vostra lettera de dì cinque del presente et inteso quello ne scrivieti,<br />

così quelli ne hanno <strong>di</strong>cto per vostra parte Bartholomeo et Pedro de Pesenti de quella<br />

terra, como seti contenti de venire ala devotione et obe<strong>di</strong>entia nostra insieme con li<br />

comuni et homini de Spirano, comune novo, et Vezanicha, così con quelli de Grasobio<br />

et delli capituli ne domandati. Unde, respondendo ala vostra lettera, como havemo<br />

anche <strong>di</strong>cto ad questi vostri homini, ve <strong>di</strong>cemo debbiati mandare qui da nuy delli vostri<br />

homini, quali vegneno con pieno mandato et sin<strong>di</strong>cato de quello comune de poterne<br />

fare la debita fidelità et portino le petitioni vostre, ali quali daremo tale expe<strong>di</strong>tione che<br />

restarano ben contenti et satisfacti de nuy. Ve man<strong>di</strong>amo li salviconducti ne rechiedeti<br />

per quelli officiali de San Marcho, et man<strong>di</strong>amo lì Bartholo <strong>di</strong> Mazi, nostro fameglio,<br />

presente exibitore, per governo de quella nostra terra, al quale vogliati dare debita<br />

obe<strong>di</strong>entia et fede como ad nuy proprii in ogni cosa, confortandovi ad stare de bona<br />

voglia, perché da nuy haveriti tali tractamenti che comprenderiti habiamo recognosciuto<br />

la fede et devotione verso nuy; et a luy assignati la rocha con ogni cosa et dati quella<br />

debita obe<strong>di</strong>entia faresti ad nuy proprii. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

458<br />

Francesco Sforza scrive a Morello da Parma che, data la felice situazione bellica, non si corre<br />

più pericolo che i nemici passino l’Adda, il che consente <strong>di</strong> mandare a casa gli uomini del<br />

vescovato <strong>di</strong> sotto addetti alla guar<strong>di</strong>a <strong>di</strong> detto fiume Adda. Pure la presenza sua non è più<br />

necessaria: può, quin<strong>di</strong>, far ritorno a Milano o altrove.<br />

130r Domino Morello de Parma.<br />

(1453 novembre 7, “apud Rovatum”).<br />

Perchè per la gratia de Dio le cose nostre sonno reducte in modo che non bisogna<br />

dubitare che l’inimici passano più Adda, volemo, et così per questa ve <strong>di</strong>cemo et<br />

coman<strong>di</strong>amo che ali homini nostri del vescovato de Sotto non debiati dare più molestia<br />

né impazo alcuno per la <strong>di</strong>cta guar<strong>di</strong>a d’Ada, ma lassarli stare ad casa loro ad fare li<br />

facti suoy; et questo non manchi per cosa alcuna. Et dappuoy che <strong>di</strong>cta guar<strong>di</strong>a non<br />

bisogna fare più, volemo che ve debiati partire da quella terra et andati dove parerà a<br />

voy, o a Milano o in altro loco, perché la vostra stantia lì non è più necessaria. Data ut<br />

supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.


459<br />

Francesco Sforza avverte il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che non occorre più dar noie ai Lo<strong>di</strong>giani per la<br />

guar<strong>di</strong>a dell’Adda. Faccia, invece, ben vigilare la città, il ponte e il revellino.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1453 novembre 7, “apud Rovatum”).<br />

Perché per Dio gratia le cose nostre sonno reducte in modo che non bisogna più<br />

dubitare che l’inimici passano Adda, volemo et comettiamo che non debiati lassare sia<br />

data molestia né impazo alcuno alli homini nostri de Lodesana, tanto del vescovato de<br />

Sopra quanto de quello de Sotto, per la guar<strong>di</strong>a del fiume (a) de Adda, ma lassarli stare<br />

ad fare li facti loro ad casa sua; et questo non manchi per cosa alcuna. Fareti pur fare<br />

bona guar<strong>di</strong>a de dì et de nocte ad quella nostra citade, ponte et revellino, aciò non<br />

possiati essere inganato. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue et cetera depennato.<br />

460<br />

Francesco Sforza esprime ad Antonio de Minutis, Regolatore dei Maestri delle entrate, e a<br />

Raffaele Pugnello il suo stupore per aver inteso da alcuni uomini <strong>di</strong> Pavia, anche a nome <strong>di</strong> altri,<br />

che essi si procurano il frumento in malo modo. Li sollecita a comportarsi <strong>di</strong>versamente,<br />

cercando <strong>di</strong> avere, “sub nomine de pagamento, quella quantità che vorano dare volentere”.<br />

Procurino <strong>di</strong> acquistarne a sufficienza e presto per sopperire ai bisogni ducali.<br />

Furono scritte lettere credenziali al familiare ducale Torniello <strong>di</strong> Firenze per Antonio Sicco,<br />

commissario <strong>di</strong> Geradadda; ufficiale, comune e uomini <strong>di</strong> Rivalta;<br />

ufficiale, comune e uomini <strong>di</strong> Treviglio.<br />

(1453 novembre 7, “apud Rovatum”).<br />

Ser Antonio de Minutis, regulatori intratarum nostrarum, et Rafaeli Pugnello, familiari<br />

nostro.<br />

Sonno stati a nuy alcuni homini de Pavia a suo nome et, como <strong>di</strong>cono, a nome etiam<strong>di</strong>o<br />

de alcuni altri pover’homini, quali <strong>di</strong>cono et se gravano che per l’havere el forme(n)to da<br />

loro gli haviti usati aspreze assay et fatoli mettere in pregione; la qual cosa ne pare<br />

<strong>di</strong>fficile a credere, perché non serria segundo la comissione nostra, né serria da fare<br />

per cosa del mondo, perché, volendolo nuy pagare, spen<strong>di</strong>ressemo el nostro <strong>di</strong>naro e,<br />

se faressemo, ultra ciò l’homini inimici. E pertanto a nuy pare e volemo che gli debiati<br />

revocare ogni novitate che gli fosse facta e con bono modo e dolce parole vedete et<br />

circate de cavare da loro, sub nomine de pagamento, quella quantità che vorano dare<br />

voluntere et de bona voglia, senza extorsione alcuna; 130v et quando la comunità<br />

venesse a volerne fare donatione d’alcuna quantità, la potite acceptare, facendola<br />

quella con ben piacere. Postea per supplire ali nostri bisogni, compratine da chi ne ha<br />

et che ce lo volia dare in ven<strong>di</strong>ta; et demum fate quello haveti a fare presto e senza<br />

extorsione, como havemo <strong>di</strong>cto, avisandove che havemo facto confortare questi che<br />

retornano indreto a fare de bona voglia quello ponno fare et ad confortare l’altri ad<br />

subvenire in questi nostri bisogni; et così ancora voy bellamente gli confortariti a farlo.<br />

Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

Die suprascripto.<br />

Facte fuerunt littere credentiales in personam Tornielli de Florentia, familliaris nostri<br />

infrascriptis, videlicet:<br />

Antonio Sicho, comissario nostro Glareabdue,


officiali, communi et hominibus terre nostre Rivalte,<br />

officiali, communi et hominibus terre nostre Trivilii.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

461<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce al referendario <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> essere rimasto sorpreso <strong>di</strong> aver inteso da<br />

Valentino Ducco la ragione per cui è stato iniquamente imprigionato.<br />

Lo rimetta in libertà, e cosi faccia con quelli che “stanno in presone per sì”. Lo avverte che il<br />

referendario generale si porterà lì subito e provvederà in base alle informazioni avute da lui.<br />

Referendario nostro Placentie.<br />

(1453 novembre 7, “apud Rovatum”).<br />

E’ venuto qua da nuy Valentino Ducho da Piasenza et <strong>di</strong>ctone la casone perché tu l’hay<br />

per destenuto, el che a noy è parso molto iniquamente facto et ne maravigliamo. Per la<br />

qualcosa te coman<strong>di</strong>amo et volemo che, recevuta questa, lo debii liberamente relaxare<br />

o quelli stanno in presone per sì, avisandote che Giovane Botto, nostro Referendario<br />

generale, ha inteso <strong>di</strong>cta casone et, informato de ciò, venirà lì subito et provederà<br />

circha ciò como luy è informato da nuy. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

462<br />

Francesco Sforza comanda al notaio Iacobo Policastro, castellano del castello <strong>di</strong> Vigevano che<br />

a chiunque manderà Gabriele, ufficiale generale ducale sopra le munizioni, deve consegnare<br />

tutta la polvere <strong>di</strong> bombarda e da schioppo che ha nella rocca.<br />

In simile forma fu scritto a Iosep de Cortonio, castellano <strong>di</strong> San Colombano; a Venturino de<br />

Brambilla, castellano della rocca <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, fu scritto <strong>di</strong> consegnare la polvere, che si trova presso<br />

<strong>di</strong> lui, al luogotenente, al referendario e al tesoriere <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>.<br />

1453 novembre 9, “apud Rovatum”.<br />

131r Nobili viro et notario Iacobo Policastro, castellano arcis Viglevani.<br />

Volemo, et così per la presente te coman<strong>di</strong>amo che ad qualunque presente portatore<br />

che mandarà da ti Gabriele, officiale nostro generale sopra le monitione, debii dare et<br />

consignare tutta quella polvere da bombarda et da schiopeti che tu hay in quella nostra<br />

rocha, che non gli ne manchi niente, visis presentibus et remissa ogni casone et<br />

exceptione. Et questo non mancasse per quanto tu hay ad caro la gratia nostra et, ad<br />

ciò che firmamente tu cre<strong>di</strong> et sii certo questa essere così la nostra voluntate et<br />

intentione, habiamo (a) soctoscripta la presente de nostra propria mano. Data apud<br />

Roadum, viiii novembris 1453.<br />

Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum fuit magnifico Iosep de Cortonio, castellano Sancti Columbani.<br />

Item Venturino de Brambilla, castellano arcis nostre Laude, ut debeat consignare<br />

pulverem existentem penes se locumtenenti, referendario et thexaurario Laude.<br />

(a) habiamo ripetuto.


463<br />

Francesco Sforza scrive a Bolognino de Attendolis e a Iacobo de Alferiis da Crema, ufficiale<br />

delle munizioni <strong>di</strong> Pavia. Rivolgendosi a Bolognino gli or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> dare a Giacomo da Crema,<br />

ufficiale delle munizioni, tutta la polvere da bombarda e da schioppo che ha nel castello.<br />

Comanda, poi, a Giacomo che, avuta la predetta polvere, la man<strong>di</strong> subito a Cremona per nave e<br />

la faccia consegnare a Gianfilippo degli Allegri, ufficiale a Cremona delle munizioni. Al<br />

medesimo Gianfilippo farà imme<strong>di</strong>atamente giungere tutte le pietre da bombarda, adatte alle<br />

bombarde sforzesche (la corona, bissona e ferlina) che si trovano a Pavia.<br />

(1453 novembre 9, “apud Rovatum”).<br />

Magnifico Bolognino de Attendolis et Iacobo de Alferiis de Crema, officiali monitionum<br />

Papie.<br />

Volemo che, subito havuta questa, vuy, compare Bolognino, consignati et dati ad<br />

Iacomo da Crema, officiale nostro delle monitione, tucta la polvere da bombarda et da<br />

schiopeti che haveti in quello nostro castello, che non gli manchi niente; et questo non<br />

manchasse per cosa veruna del mondo. Et ti, Iacomo, volemo et te coman<strong>di</strong>amo che<br />

subito che <strong>di</strong>cto Bolognino te haverà data et consignata tutta <strong>di</strong>cta polvere, inme<strong>di</strong>ate et<br />

senza per<strong>di</strong>cione alcuna de tempo, volemo la man<strong>di</strong> ad Cremona per nave, et farayla<br />

consignare ad Iohanfilippo delli Allegri, officiale nostro delle monitione lì in Cremona; et<br />

così volemo anchora che debiati mandare in mano del <strong>di</strong>cto Iohanfilippo tute quelle<br />

prete da bombarda che se retroverano lì in Pavia, che siano bone ale bombarde nostre,<br />

cioè la corona, bissona et ferlina. Et in queste cose non gli perdeti uno aptimo de tempo<br />

ad mandare ad Cremona <strong>di</strong>cte polvere et prete da bombarde. Et acioché firmamente<br />

cre<strong>di</strong>ati questa essere così nostra intentione et voluntà, habiamo sottoscripta la<br />

presente de nostra propria mano. Data ut supra.<br />

Franciscusfortia Vicecomes manu propria.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

464<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>nza al luogotenente, al referendario e al tesoriere <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> portartarsi con<br />

la lettera, che loro allega, dal locale castellano e <strong>di</strong> farsi dare tutta la polvere da bombarda e da<br />

schioppo che ha nella rocca e <strong>di</strong> mandarla subito, con quant’altra se ne trova in città, a<br />

Gianfilippo, ufficiale delle munizioni a Cremona, comunicando l’ora dell’avvenuta spe<strong>di</strong>zione.<br />

(1453 novembre 9, “apud Rovatum”).<br />

131v Locumtenenti, referendario et thexaurario nostris Laude.<br />

Per la alligata scrivemo al castellano nostro de quella nostra terra che ve debia<br />

consignare et dare tutta la polvere da bombarda et da schiopeti che ha in quella nostra<br />

rocha. Pertanto volemo et coman<strong>di</strong>amove che subito, visis presentibus, debbiati andare<br />

dal <strong>di</strong>cto castellano et daretegli <strong>di</strong>cta nostra lettera, dal quale ve fareti dare tucta quella<br />

polvere da bombarda et schiopeti che luy haverà in <strong>di</strong>cta rocha; et poi imme<strong>di</strong>ate et<br />

senza per<strong>di</strong>tione nè demora d’una hora de tempo volemo la mandati ad Cremona, la<br />

quale fareti assignare ad Iohanfilippo delli Alegri, nostro officiale delle monitione; et<br />

essendo polvere in la monitione de quella nostra cità, volemo anchora tutta insieme con<br />

l’altra (man<strong>di</strong>ate) ad Cremona. Et in questo non perdeti uno attimo de tempo, per<br />

quanto haveti cara la gratia nostra, rescrivendone della receptione della presente et<br />

del’hora haveriti mandata <strong>di</strong>cta polvere ad Cremona. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.


465<br />

Francesco Sforza avverte Gracino da Pescarolo, il referendario e il tesoriere, nonchè l’ufficiale<br />

delle munizioni <strong>di</strong> Pavia d’aver or<strong>di</strong>nato che da Milano e da molti altri luoghi siano loro inviate<br />

polvere da bombarda e da schioppo, nonchè pietre da bombarda, che trasmetteranno<br />

imme<strong>di</strong>atamente a Gianfilippo, ufficiale delle munizioni <strong>di</strong> Cremona.<br />

(1453 novembre 9, “apud Rovatum”).<br />

Domino Gracino de Piscarolo, referendario et thexaurario et officiali munitionis nostris<br />

(a) Papie, <strong>di</strong>lectis.<br />

Havemo or<strong>di</strong>nato ve sia mandato da Milano et da molti altri nostri lochi polvere da<br />

bombarda et da schiopeti et prete da bombarda; pertanto volemo, et così per questa ve<br />

coman<strong>di</strong>amo che subito et imme<strong>di</strong>ate ve serano mandati <strong>di</strong>cte polvere et prete da<br />

bombarda, senza per<strong>di</strong>cione de tempo le debiati mandare ad Cremona in mano de<br />

Iohanne Filippo delli Allegri. Et in questo non metteti intervallo alcuno de tempo. Data ut<br />

supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue Cremone depennato.<br />

466<br />

Francesco Sforza comanda al commissario, al referendario e al tesoriere <strong>di</strong> Tortona <strong>di</strong> mandare<br />

imme<strong>di</strong>atamente al referendario e all’ufficiale delle munizioni <strong>di</strong> Pavia certi barili <strong>di</strong> polvere che<br />

saranno loro portati dagli ufficiali <strong>di</strong> Pozzolo. A ciò aggiunge l’or<strong>di</strong>ne, sia <strong>di</strong> trasmettere<br />

celermente, me<strong>di</strong>ante un cavallaro, a Pozzolo l’allegata lettera, come <strong>di</strong> inviare subito a Pavia la<br />

polvere che assegnerà loro il luogotenente <strong>di</strong> Alessandria.<br />

(1453 novembre 9, “apud Rovatum”).<br />

132r Commissario, referendario et thexaurario nostris Terdone.<br />

Dali officiali da Pozolo ve sarà menato et conducto certe barile de polvere da<br />

bombarda; pertanto volemo et coman<strong>di</strong>amove che illo instanti che recevereti <strong>di</strong>cta<br />

polvere, vogliati senza alcuna per<strong>di</strong>tione de tempo mandarla tutta ad Pavia in mano del<br />

referendario et officiale delle monitione nostri in Pavia. Et in questo non gli perdeti<br />

tempo alcuno per quanto haveti cara la gratia nostra, et vogliati, visis presentibus,<br />

mandare l’aligata lettera ad Pozolo per uno cavalaro delli nostri; et così mandareti<br />

ancora ad Pavia tutta quella polvere che ve sarà portata et assignata dal locotenente<br />

nostro d’Alexandria non gli perdendo tempo alcuno. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

467<br />

Francesco Sforza vuole che il capitano della cittadella e il referendario <strong>di</strong> Piacenza man<strong>di</strong>no<br />

subito a Gianfilippo, ufficiale delle munizioni <strong>di</strong> Cremona, tutta la polvere da bombarda e da<br />

schioppo che si trova nel castello e nella cittadella, oltre alle pietre da bombarda, selezionate da<br />

quel maestro inviato dai Maestri delle entrate.<br />

(1453 novembre 9, “apud Rovatum”).<br />

(a) Capitaneo citadelle et referendario Placentie.<br />

Volimo, et per la presente ve coman<strong>di</strong>amo che vogliati subito, visis presentibus,<br />

mandare ad Cremona in mano de Iohanne Filippo delli Allegri, nostro officiale delle<br />

monitione, tutta quella polvere da bombarda et da schiopeti che se retrova dentro de<br />

quella nostra citadella et castello, et che non gli ne reste niente. Et così mandareti pur<br />

ad Cremona in mano del pre<strong>di</strong>cto tutte quelle prete da bombarda che mese da parte


quello maestro, che mandareno là li nostri Maestri delle intrate; et in queste cose non<br />

perdeti tempo alcuno per quanto haveti caro la gratia nostra, et ad ciò che cre<strong>di</strong>ati che<br />

questo sia nostra intentione, havemo soctoscripto la presente de manu nostra propria.<br />

Data ut supra.<br />

Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

(a) Precede <strong>di</strong>e suprascripto.<br />

468<br />

Francesco Sforza rimprovera il capitano del <strong>di</strong>stretto <strong>di</strong> Pavia e ser Bertolucio per non essere<br />

intervenuti, come aveva loro comandato, a costringere Bernabò e Pietro, fratelli <strong>di</strong> Marchioni<br />

abitanti a Dovelasco del vescovato <strong>di</strong> Pavia, a fare quanto dovevano al condottiero Evangelista<br />

Savello che li aveva arruolati come suoi uomini d’arme dando loro prestanza e sovvenzione, ma<br />

non ottenendone alcun servizio. Impongano ora loro <strong>di</strong> fare quanto era stato loro or<strong>di</strong>nato,<br />

ripagando, inoltre, il condottiero <strong>di</strong> spese e interessi.<br />

(1453 novembre 9, “apud Rovatum”).<br />

132v Capitaneo <strong>di</strong>strictus Papie et ser Bartholutio.<br />

Per altre nostre ve habiamo scripto como Evangelista Savello, nostro conductero, tolse<br />

fin questa primavera per suoi homini d’arme Bernabò et Pietro, fratelli <strong>di</strong> Marchoni,<br />

habitanti nel loco de Dovelasco del vescovato de Pavia, et de<strong>di</strong>le la lor prestanza et<br />

subventione et may se condusseno alli suoy servicii et che li volesti astrengere et fare<br />

che lo satisfacesse, et non ne havete voluto fare mente; dela qualcosa ne<br />

maravegliamo grandemente. Pertanto volemo che, recevuta la presente, debbiate<br />

astrengere <strong>di</strong>cti Bernabò et Piero realmente et personalmente et fare che satisfaciano<br />

<strong>di</strong>cto Evangelista sì della prestanza et subventione hanno havuta da luy, como della<br />

spesa et interesse ha recevuto et retenerà per lo advenire. Et questo non manchi per<br />

niente. Data ut supra.<br />

Advena.<br />

Cichus.<br />

469<br />

Francesco Sforza vuole che il referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> intervenga per evitare che il soldato<br />

Catabriga, <strong>di</strong> recente risposatosi a Valera, non venga ingiustamente costretto lì a sopportare<br />

carichi non dovuti.<br />

Referendario nostro Laude.<br />

(1453 novembre 9, “apud Rovatum”).<br />

Se grava Catabriga, qual novamente ha tolto molie nel luoco de Valera, che siando luy<br />

soldato, el comune et homini del <strong>di</strong>cto luoco de Valera el debbano gravare ad pagare<br />

con loro alcuni carigi, ali quali luy non se pretende essere obligato. Per la qual cosa<br />

volemo et ve comettemo che debbiati intendere la cagione del suo gravamento,<br />

provedendo proinde ch’el non sia agravato ad alcuna cosa, ala quale de ragione et<br />

honestà non sia obligato. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

470<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Bernabò Sanseverino <strong>di</strong> portarsi subito in campo da lui.<br />

Magnifico Bernabovi de Sancto Severino.<br />

(1453 novembre 9, “apud Rovatum”).


Vogliati, havuta questa, subito venire via qua in campo, remossa ogni casone con li<br />

vostri. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

471<br />

Francesco Sforza chiede ad Antonio Sicco, commissario <strong>di</strong> Geradadda, <strong>di</strong> trasmettere la lettera<br />

allegata a Bernabò Sanseverino che si trova a Pan<strong>di</strong>no.<br />

Antonio de Sichis, comissario Glareabdue.<br />

(1453 novembre 9, “apud Rovatum”).<br />

Vogliati, hauta questa, mandare l’aligata nostra lettera al magnifico Bernabò de Sancto<br />

Severino, quale è a Pan<strong>di</strong>no. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

472<br />

Francesco Sforza vuole che Gracino da Pescarolo faccia avere a Iuliano, incaricato dei<br />

barbareschi ducali, allegata e gli <strong>di</strong>ca <strong>di</strong> portarsi da lui ov’è in campo.<br />

133r Domino Gracino de Piscarolo.<br />

(1453 novembre 9, “apud Rovatum”).<br />

Vogliati, subito havuta questa, far dare ad Iuliano, che atten<strong>di</strong> alli nostri Barbareschi,<br />

l’alligata nostra lettera, et <strong>di</strong>retegli per nostra parte che se debia subito partire et venire<br />

via qua da nuy o dove seremo con lo campo. Et che se sforze essere da nuy per tuto<br />

martidì proximo ad venire ad tar<strong>di</strong>us. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

473<br />

Francesco Sforza comanda a Iuliano, sorvegliante dei barbareschi, <strong>di</strong> portarsi, al più tar<strong>di</strong> entro il<br />

prossimo martedì, da lui in campo<br />

(1453 novembre 9, “apud Rovatum”).<br />

Nobili familiari nostro <strong>di</strong>lecto Iuliano de **** deputato ad custo<strong>di</strong>am Barbariscorum.<br />

Vogli subito, havuta questa, partirte da Pavia et venire via da nuy qua in campo, sichè<br />

tu te retrovi martidì proximo che venerà da nuy; et questo non mancha per cosa alcuna<br />

omnibus postpositis. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

474<br />

Francesco Sforza fa sapere ad Antonio Sicco, commissario <strong>di</strong> Geradadda, che il cavallaro che<br />

cerca se lo deve trovare da lui e farlo pagare dalle comunità cui spetta.<br />

1453 novembre 9, “apud Roadum”.<br />

Antonio Sicco, comissario nostro Glareabdue.<br />

Respondendo a quello ne hay scripto del cavallaro, qual te bisogna per mandare<br />

inanze et indreto, <strong>di</strong>cemo in poche parole che lo debii circhare ti stesso et farlo pagare<br />

per le comunitate a chi specta, como è facto per lo passato. Data apud Roadum, viiii<br />

novembris 1453.<br />

Irius.<br />

Cichus.


475<br />

Francesco Sforza vuole che Gracino da Pescarolo provveda <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare il dottore pavese<br />

Laurengo Isimbar<strong>di</strong>, che non può ricevere la sua provvisione da Cairo.<br />

Domino Gracino de Piscarolo.<br />

1453 novembre 11, “apud castrum Roatorum”.<br />

Messer Laurengo Isimbardo, doctore et nostro cita<strong>di</strong>no de Pavia, ne scrive non pò<br />

essere pagato della sua provisione da Cairi; pertanto volemo, recevuta questa,<br />

prove<strong>di</strong>ati sia satisfacto et contentato, ita che per questo non habia più casone de<br />

gravarse. Data apud castrum Roatorum, xi novembris 1453.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

476<br />

Francesco Sforza ricorda a Paolo de Brachis da Rho, sia quanto gli scrisse sulla parentela da<br />

farsi da Bartolomeo Vistarino, cameriere ducale, e Anna, come anche la promessa da Paolo<br />

fattagli che dopo sei mesi (termine a cui si è giunti) si sarebbe dato da fare perchè tutto si<br />

concludesse. Faccia in modo che tutto si avveri.<br />

Domino Paulo de Brachis de Raude.<br />

(1453 novembre 11, “apud castrum Roatorum”).<br />

Ve doveti recordare quanto altre volte ve scrivessimo della parentezza da esser<br />

contratta fra Bartholomio Vistarino, nostro camarero, et Anna; ve doveti etiam<strong>di</strong>o<br />

recordare che quanto se partisseno da Lo<strong>di</strong> ne promettessemo che, passato il termine<br />

de sei mesi, daresti opera cum effecto ch’el se concluderà. Nunc siando el termine, vi<br />

confortiamo et caricamo quanto più possimo chi voliati fare la conclusione et de venire<br />

al’effecto, como siamo certi fareti per compiacer a noy et per satisfare ad quanto ne<br />

haveti promesso. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

477<br />

Francesco Sforza avvisa il podestà e il capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> aver deciso <strong>di</strong><br />

dare lì allogiamento a re Renato. Provvedano subito per la sistemazione <strong>di</strong> 1000 cavalli. Curino<br />

che si abbia solo alloggio, qualche masserizia e della legna, legna che faranno arrivare per<br />

nave in modo che la gente non debba andare in giro per tagliare legname. Li rassicura che tale<br />

arrivo gioverà alla città per gli acquisti che gli uomini faranno.<br />

1453 novembre 12, “contra Urces Novas”.<br />

133v Potestati et capitaneo cittadelle nostre Placentie, <strong>di</strong>lectis nostris.<br />

Havendo nuy deliberato al presente de dare alogiamento ala mayestà del re Renato in<br />

quella nostra cità, volemo e ve comettemo che subito, alla receputa de questa, gli<br />

debiati fare ap(a)regiare le stantie per mille cavalli, ali quali non fariti dare se non casa,<br />

qualche masaricie grosse et ligne. Et questo delle ligne <strong>di</strong>cemo, perché se gli potranno<br />

menare aconzamente con le naveti, e mancho danno serà alli nostri cita<strong>di</strong>ni che lassare<br />

andare le gente a tagliare li lignami; la cità anchora ne sentirà comodo, perché le robbe<br />

delli homini se venderano la cità ne haverà utilità, et così l’entrate receverano<br />

acressimento; sichè ponitili or<strong>di</strong>ne subito subito, senza inducia, perché domane o l’altro<br />

la mayestà sua comenzerà mandare delle gente, avisandone subito qual or<strong>di</strong>ne haveriti<br />

posto a ciò. Ex felicibus castris contra Vices Novas, xii novembris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


478<br />

Francesco Sforza fa sapere a Benedetto de Curte che Bartolomeo da Cremona si lamenta per<br />

non potersi giovare dei bifolchi piacentini, che dopo un giorno <strong>di</strong> permanenza in campo, se ne<br />

scappano via. Ciò avviene, pur avendogli più volte scritto che a uno bifolco fuggitivo ne devono<br />

subentrare due. La situazione attuale è che ne mancano venti e vi sono carriaggi senza bifolchi.<br />

Se lui non vuole o non sa fare quello che lui, duca, gli ha comandato, lo <strong>di</strong>ca, perchè gli<br />

manderà uno capace. Gli riba<strong>di</strong>sce, perciò, che, avvisato da Bartolomeo <strong>di</strong> un fuggitivo, ne deve<br />

mandare due in sua sostituzione.<br />

Benedeto de Curte.<br />

1453 novembre 12, “contra Urceas Novas”.<br />

Bartholomeo da Cremona ne <strong>di</strong>ce che non se pò valere de nisuno bivolco de Piasenza<br />

et Piacentina, per (a) chè como stanno uno dì se ne fugono poi; de che ne<br />

maravegliamo grandemente, havendote tante volte scripto che tu debi procedere contra<br />

(b) più fugitivi et che tu fazi mandare doi bivolci per uno fugitivo et più. Te scripsemo<br />

che tu facesti cambiare li bifolci che gli sonno et mandarne altretanti, et quelli più<br />

mancano al numero delli XX, et niente hai facto, et li nostri carregi stanno senza bifolci:<br />

che quanto interesse ne sia al presente, tu el sai, <strong>di</strong> che te <strong>di</strong>cemo che, se tu non lo voi<br />

o non sai farlo, ne debbii advisare che gli mandarimo uno che saperà fare. Et volemo<br />

che, quando per Bartholomeo pre<strong>di</strong>cto te firà scripto de alchuno fugitivo, che tu debbi<br />

fare che ne fia mandato dui bifolci per zaschun fugitivo, como per più lettere haverai<br />

inteso, et advisarane della recevuta de questa. Ex castris nostris felicibus contra Urceas<br />

Novas, xii novembris MCCCCLIII.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue tucto depennato.<br />

(b) contra ripetuto.<br />

479<br />

Francesco Sforza scrive a donna Luchina dal Verme <strong>di</strong> aver saputo che è stata fatta “alcuna<br />

novitate” contra prete Giacomo de Porcellini, che gli è stato raccomandato per virtuoso. Le<br />

chiede <strong>di</strong> averlo lei pure per raccomandato.<br />

In simile forma si è scritto al vescovo <strong>di</strong> Bobbio.<br />

134r Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

(1453 novembre 12, “contra Urceas Novas”).<br />

Contra pre’ Iacomo de Porcelini, benifaciato nella terre della vostra magnificentia,<br />

havemo inteso essere facto alcuna novitate; et perchè esso pre’ Iacomo ne è stato<br />

comendato per virtuoso et da bene, confortiamo la vostra magnificentia voglia haverlo<br />

recomandato, verso il quale piacevi fargli fare tale tractamento, adeo ch’el inten<strong>di</strong><br />

queste nostre havergli giovato. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum fuit reverendo domino episcopo Bobiensi.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.


480<br />

Francesco Sforza comanda ad Antonio Sicco <strong>di</strong> dare ai suoi uomini <strong>di</strong> Orlago libre 50 <strong>di</strong> polvere<br />

da bombarda e una cassa <strong>di</strong> verrettoni delle munizioni della rocca <strong>di</strong> Caravaggio.<br />

Antonio Sicho.<br />

1453 novembre 13, “contra Urceas Novas”.<br />

Volemo che alli homini nostri de Orlago faciate dare livre cinquanta de polvere da<br />

bombarda et una cassa de vertoni delle munitione (a) della rocha nostra de Caravagio<br />

per condure alla <strong>di</strong>cta terra per loro defensione; et fatili spazare subito. Ex castris<br />

nostris contra Urceas Novas, <strong>di</strong>e xiii novembris 1453.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue nostra depennato.<br />

481<br />

Francesco Sforza informa Benedetto de Curte, capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza, che se n’è<br />

fuggito dal campo Iacopo <strong>di</strong> Giovanni da Parazo, bifolco del luogo <strong>di</strong> Iustino, vicino a Piacenza.<br />

Lo catturi, gli faccia dare <strong>di</strong>eci tratti <strong>di</strong> corda e, in sua vece, man<strong>di</strong> due bifolchi per due mesi a<br />

spese <strong>di</strong> Giacomo. Se egli non ha beni a sufficienza, vi provveda la località da cui proviene.<br />

Infine, ricorda a Benedetto la necessità, per evitare fughe, <strong>di</strong> turnare i bifolchi piacentini.<br />

(1453 novembre 13, “contra Urceas Novas)”.<br />

Nobili viro Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo citadelle civitatis nostre Placentie.<br />

Questa nocte s’è fugito da que Iacopo de Iohanne da Parazo, bovolcho de quelli del<br />

luogo de Iustino vicino lì a Piasenza. Pertanto volemo che subito, vedute le presente, tu<br />

habii in le mane esso Iaco(po) et gli faci dare deci tracte de corda senza remissione, et<br />

dela roba soa ne man<strong>di</strong> qua duy scontri pagati per duy mesi; et s’el non ha robba per<br />

mandarli, faci che quello comune, che l’ha mandato, subito ne man<strong>di</strong> li <strong>di</strong>cti scontri<br />

pagati, ut supra; et ad coluy non manchino li dece tracte de corda per dare exempio ad<br />

li altri. Ceterum te habiamo scripto più volte che tu faci che quelli bovolci de Piasenza et<br />

Piasentina, che sonno qua in campo, siano cambiati, perché non habiano casone de<br />

fugire; pur fin a qui non l’hay facto, del che ne maravigliamo. Pertanto te <strong>di</strong>cemo et de<br />

novo coman<strong>di</strong>amo che, per quanto hay cara la gratia nostra, faci che subito siano<br />

cambiati. Data ut supra.<br />

Christoforus de Cambiago.<br />

Iohannes.<br />

482<br />

Francesco Sforza avverte Bonifacio, dei marchesi <strong>di</strong> Varzi, che il condottiero Sagramoro da<br />

Parma si è lagnato con lui per vantare ancora dei denari assegnatigli a Varzi sulle tasse dei<br />

cavalli. Prima <strong>di</strong> rispondere a Sagramoro, il duca ha voluto avvertirlo perchè, con i suoi parenti,<br />

provveda a sod<strong>di</strong>sfare il condottiero.<br />

Bonifacio, ex marchionibus Varcii.<br />

(1453 novembre 13, “contra Urceas Novas”).<br />

El spectabile Sagramoro da Parma, nostro conductero, ne ha facto querella che <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>nari li foreno assignati lì a Varce sule taxe <strong>di</strong> cavalli ne resta havere certa quantità, la<br />

quale non ha possuto retrare per modo alcuno. Et perché sempre havemo amato ti et li<br />

tuoy parenti e la casa toa, como hai possuto cognoscere per efecto, anzi che habiamo<br />

dato altra respuosta a prefato Sagramoro, te havemo voluto far scrivere questa che se


poy accadesse altro non possi <strong>di</strong>re non esserne stato avisato; unde per questa te 134v<br />

te <strong>di</strong>cemo che tu vogli, recevuta questa, essere con <strong>di</strong>cti touy parenti et fare tale<br />

provisione che Segramoro pre<strong>di</strong>cto possa integramente conseguire el debito suo et<br />

essere satisfacto dela assignatione soa, altramente ne rencrescerà et ne faremo tale<br />

demonstratione che intenderay havere facto male. Data ut supra.<br />

Iacobus de Rivoltella.<br />

Iohannes.<br />

483<br />

Francesco Sforza informa Sagramoro Visconti d’aver avuto notizia che da alcuni suoi compagni<br />

e da uno da Trezzo sono stati presi, lo scorso sabato, quattro prigionieri ( uno da Bonate e tre<br />

da Locate) e due paia <strong>di</strong> buoi da Presedo. Siccome tutti sono <strong>di</strong> luoghi passati da otto giorni<br />

sotto la giuris<strong>di</strong>zione sforzesca, vuole che gli uomini siano rimessi in libertà e le bestie restituite.<br />

Sagramoro Viceomiti.<br />

1453 novembre 13, “contra Urcias Novas”.<br />

Havemo notitia che per alcuni <strong>di</strong> compagni vostri et per uno revelato da Trizo forono<br />

presi, sabato proximo passato, quatro presoni et do para de bovi, de chi, sono uno<br />

d’essi presoni da Bonate, tre da Locate et li bovi et l’homin da Presedo. Et perché tuti<br />

<strong>di</strong>cti luochi sono venuti ala obe<strong>di</strong>entia nostra, già fano octo dì passati, volemo debbiati,<br />

recevuta questa, fare lassare liberamente et senza pagamento alcuno <strong>di</strong>cti quatro<br />

presoni et restituyre senza alcuna exceptione li bovi; et in questo fati non intervenga<br />

mancamento alcuno. Contra Urcias Novas, <strong>di</strong>e xiii novembris 1453.<br />

Iacobus suprascriptus.<br />

Cichus.<br />

484<br />

Francesco Sforza risponde a Sagramoro Visconti, a Francesco e ad Antonio de Sichis che ai<br />

Bergamaschi passati sotto la sua obbe<strong>di</strong>enza hanno concesso, sia lui che il Colleoni, dei<br />

salvacondotti per portar fuori da Bergamo vettovaglie per loro uso e biade per la semina.<br />

Se trovassero persone che, anzichè estrarre, introducono merce in quella città, le fermino,<br />

perchè poi lui, duca, le giu<strong>di</strong>cherà. Dice a Sagramoro <strong>di</strong> essere spiaciuto perchè non ha potuto<br />

eseguire la commissione affidatagli; cerchi <strong>di</strong> avere più uomini possibili del paese con cui fare<br />

con i suoi uomini, guar<strong>di</strong>a a tutti i passi per evitare che gente entri in città.<br />

Fa poi sapere che Giacomo Sicco non si è ancora presentato ai suoi servizi.<br />

(1453 novembre 13, “contra Urcias Novas”).<br />

Domino Sagramoro Vicecomiti, Francisco de Sichis ac Antonio de Sichis.<br />

Havemo recevuta la vostra lettera et veduto quanto per quella ne scriveti; respondendo,<br />

<strong>di</strong>cemo, prima, ala parte del modo teneno l’homini dele terre del piano de Bergamasca<br />

che sono reducti ala obe<strong>di</strong>entia nostra et che sotto le licentie et salviconducti nostri e<br />

del magnifico Bartolomeo vano e vengono ogni dì da Bergamo et conducono dentro<br />

robbe e victualie, et maxime de quelli da Triviolo, et cetera, che nuy li concedessimo<br />

<strong>di</strong>cti salvconducti e licentie perché potesseno trare fuora de Bergamo victualie per uso<br />

loro et biade per seminare et non per portarle dentro dela città, et così fo et è la nostra<br />

intentione et del prefato magnifico Bartolomeo. Unde facendo loro altramente, como ne<br />

scriveti che fano, volemo che, trovandoli sì apresso ala città, che chiramente se possa<br />

cognoscere e iu<strong>di</strong>care che portasseno et andasseno in la cità, siano presi et tenuti sotto<br />

bona custo<strong>di</strong>a, perchè nuy poy sententiaremo quello doverà essere <strong>di</strong> facti loro; et in<br />

questo interponereti ogni vostra cura, <strong>di</strong>legentia et solicitu<strong>di</strong>ne ad ciò non siano portate<br />

victualie dentro da Bergamo. 135r Ala parte scriveti vuy, domino Sagramoro, non haveti<br />

possuto far niente dela facenda ve comettessimo, ne rencresse; pur, sia como se<br />

voglia, ve caricamo et stringemo debbiati sforzarvi per ogni modo et via de havere<br />

quanto più homini del paese sia possibile, et insieme con quelle gente vostre sonno lì,<br />

far tal guar<strong>di</strong>e a tuti li passi che non possano intrare gente dentro dela città; et ad<br />

questo habiatili tal cura che non li possa reusire el pensero et designo suo. Ala parte


che non voliamo tore ali servitii nostri Iacomo Secho, <strong>di</strong>cemo che luy non è ancora<br />

venuto da nuy; ma se li venerà, sapemo che responderli. Data ut supra.<br />

Iacobus suprascriptus.<br />

Cichus.<br />

485<br />

Francesco Sforza conferma al conte Antonello de Crivellis <strong>di</strong> essere sorpreso per lo scritto del<br />

vescovo <strong>di</strong> Costanza in<strong>di</strong>rizzato al Capitolo della chiesa maggiore <strong>di</strong> Pavia, perchè per più<br />

lettere gli ha fatto intendere, come anche ha fatto con il papa, qual’è la sua ferma volontà.<br />

Comunque, gli riba<strong>di</strong>sce che non vuole prevaricare, e così confermerà a detto vescovo e<br />

replicherà al predetto Capitolo. Circa l’ufficio <strong>di</strong> Cassola, gra<strong>di</strong>rebbe molto che il conte<br />

accontentasse il famiglio ducale Andrea da Cingoli.<br />

Comiti Antonello de Crivellis.<br />

(1453 novembre 13, “contra Urcias Novas”).<br />

Havemo recevuta la vostra lettera con la inclusa copia <strong>di</strong> quanto ha scritto el vescho de<br />

Constatia al Capitulo dela Chiesa Maggiore de quella nostra cità, et cetera, ala quale<br />

vostra, respondendo, ve <strong>di</strong>cemo che ne maravigliamo asay de tale scrivere d’esso<br />

vescho, perché nuy già più per nostre lettere li havemo scripto et fato intendere la<br />

voluntate nostra, et così anora havemo scripto ala sanctità del nostro Signore et a chi<br />

ne ha scripto per luy, ma cre<strong>di</strong>amo che prima luy habia recevuto le nostre lettere, habia<br />

scripto quella soa al <strong>di</strong>cto Capitulo, sichè ve confortiamo a darve de bona voglia et non<br />

havere de ciò pensiero alcuno. Et perché quello ve havemo promesso, quello è nostra<br />

intentione, et da quello non intendemo prevaricare per modo alcuno, nuy scrivemo al<br />

<strong>di</strong>cto Capitulo che gli responda como intenderiti, et nuy anchora per l’alligata gli<br />

replicamo la intentione e voluntà nostra, sichè quella nostra con quella gli scriverà <strong>di</strong>cto<br />

Capitulo poderano fir mandate insieme. Ala parte del’officio de Cassola ve <strong>di</strong>cemo che<br />

nuy haveressemo caro ne compiacesti, potendo havere loco, piacevi subito spazare ser<br />

Adrea da Cingoli, nostro fameglio, se desiderati farne cosa che sia grata. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

486<br />

Francesco Sforza comunica ai canonici della chiesa maggiore <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> avere con sorpresa<br />

inteso quello che scrive loro il vescovo <strong>di</strong> Costanza, benchè gli ha fatto conoscere con più lettere<br />

la sua volontà, che è pur nota al papa. Gli scriverà ancora ribadendo il già detto e, altrettanto<br />

facciano loro senza estendersi “in fargli altra respuosta”.<br />

1453 novembre 13, “contra Urces Novas”.<br />

Venerabilibus <strong>di</strong>lectis nostris dominis canonicis et Capitulo Ecclesie Maioris Papiensis.<br />

Havemo recevuto la vostra lettera con la copia, in quella inclusa, della letera ve ha<br />

scripto monsignore lo vescho de Constantia; et inteso quanto ne scriveti, ve <strong>di</strong>cemo che<br />

molto ne maravigliamo che esso domino lo vescho 135v ve habia scripto <strong>di</strong>cta lettera,<br />

perché già nuy per più nostre gli havemo scripto et facto intendere la voluntà nostra, et<br />

così havemo resposto ala sanctità del nostro Signore et a tuti quelli ne hanno scripto<br />

per luy; ma nuy cre<strong>di</strong>amo habia scripto la <strong>di</strong>cta letterea prima ch’el habia recevuto le<br />

<strong>di</strong>cte nostre. Pur non <strong>di</strong>meno de novo nuy gli repplicamo quello che è nostra voluntà<br />

dala quale non se podemo levare; sichè vuy anchora podereti respondere ala <strong>di</strong>cta sua<br />

lettera che nuy per più nostre gle habiamo resposto la intentione et voluntà nostra,<br />

como anche de novo gli scrivemo como poderà pienamente intendere. Per il che non<br />

ve estendeti in fargli altra respuosta, perché per le <strong>di</strong>cte nostre (può) intendere tuto il<br />

volere nostro; et essa vostra respuosta gli la poteriti mandare con la nostra, quale ve<br />

man<strong>di</strong>amo qui alligata. Ex castris nostris contra Urces Novas, xiii novembris 1453.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.


487<br />

Francesco Sforza comunica ad Antonio Sicco, commissario <strong>di</strong> Geradadda, che manda lì quatrro<br />

cavallari per il servizio <strong>di</strong> Milano, Lo<strong>di</strong> e per dove occorrerà.<br />

Gli faccia avere una sistemazione e dello strame.<br />

Antonio de Sicis, commissario Glareabdue.<br />

1453 novembre 14, (“contra Urces Novas”).<br />

Mandamo lì quatro <strong>di</strong> nostri caballari, quali volemo stiano lì in Caravazo per servire a<br />

Milano et Lodo, et dove bisognarà. Pertanto volemo gli faciati providere de stancia et<br />

strame; et non manchi. Data ut supra, <strong>di</strong>e xiiii novembris 1453.<br />

Iohannes Blanchus.<br />

Iohannes.<br />

488<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Iacobino de Lancis in Valtrescurra <strong>di</strong> andare subito da lui.<br />

Iacobino de Lancis in Valtrescurri.<br />

(1453 novembre 14, “contra Urces Novas”).<br />

Te comman<strong>di</strong>amo et volimo che, veduta questa, subito per certa casone debii venire<br />

qua da noy; et non tardare. Data ut supra, <strong>di</strong>e suprascripto.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

489<br />

Francesco Sforza scrive al ,condottiero Sagramoro Visconti <strong>di</strong> intimare al modenese e a<br />

Gaspare da Perugia, uomini d’arme della sua squadra, <strong>di</strong> rimettere in liberta i Cremaschi da loro<br />

presi e <strong>di</strong> restituire il bestiame catturato in spregio del salvacondotto ducale dato a quella gente.<br />

Se non eseguiranno l’or<strong>di</strong>ne ducale, esemplarmente comprenderanno che spetta solo al duca<br />

rompere e grossare i salvacondotti.<br />

Post datam. Vuole che mostri al modenese e a Gaspare la lettera ducale.<br />

Informa Sagramoro che ha rotto e revocati i salvacondotti ai Cremonesi<br />

(1453 novembre 14, “contra Urces Novas”).<br />

136r Domino Segramoro Vicecomiti, militi et armorum ductori nostro <strong>di</strong>lecto.<br />

Sonno venuti da nuy quelli homini de Cremasca ad condolerse che per lo Modenese e<br />

Gasparro da Perosa, homini d’arme della squadra vostra, sonno stati presi certi presoni<br />

e bestiame sotto lo salvoconducto nostro; dela qual cosa ne maravigliamo<br />

grandemente che debbiano havere tanta presumptione che habiano ar<strong>di</strong>re rumpere li<br />

salviconducti nostri. Unde per questa ve <strong>di</strong>cemo debbiati, recevuta questa, comandare<br />

ali <strong>di</strong>cti Modenesi et Gasparro per parte nostra debbiano, sotto pena dela desgratia<br />

nostra, relassare subito et senza pagamento alcuni <strong>di</strong>cti presoni et restituire<br />

integramente el bestame et ogni cosa havesseno tolta; et dechiarili che se non lo fanno,<br />

li daremo tale punitione li rincrescerà et serà exemplo ad li altri de non rompere li<br />

salviconducti nostri, né grosarli, perché ad nuy sta rumpere e a grosarli, e non a loro.<br />

Data ut supra.<br />

Iacobus de Rivoltella.<br />

Iohannes.<br />

Post datam. Vederiti quello scrivemo per lo facto del Modenese e Gasparro da Perosa;<br />

sichè porreti monstrargela.<br />

Ala parte de revocare li salviconducti de Cremasca, <strong>di</strong>cemo che li havemo rotti et<br />

revocati. Data ut in littera.<br />

Iohannes.


490<br />

Francesco Sforza comanda al referendario <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> far osservare all’uomo d’arme Guglielmo<br />

Polito la esenzione <strong>di</strong> cui gode finchè sarà ai servizi ducali. Eguale esenzione vuole che gli sia<br />

rispettata per i beni che ha a Broni.<br />

Referendario Papie.<br />

1453 novembre 14, (“contra Urces Novas”).<br />

El strenuo Guiglelmo Polito, nostro homo d’arme, se è gravato con nuy che, havendo<br />

luy una exemptione asieme cum Pilato da Lo<strong>di</strong>, non gli fi observata et s’è observata a<br />

<strong>di</strong>cto Pilato. Per la qual cosa volemo che, siando luy ali nostri servicii, gli la faciate<br />

observare tanto ch’el ne servirà, como è ragionevele; et così or<strong>di</strong>nati che a Broni, dove<br />

<strong>di</strong>ce havere li suoi beni, gli sia observata, omni exceptione remota. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

491<br />

Francesco Sforza scrive al podestà <strong>di</strong> Fiorenzuola che, siccome donna Giona è rimasta sola con<br />

due figlie per la morte <strong>di</strong> Bartolomeo Ciresola, ha pensato <strong>di</strong> accasare le donne, a lui non meno<br />

care <strong>di</strong> Bartolomeo, suo fedele servitore. Ricordatosi che il condottiero Donino <strong>di</strong> Parma ha<br />

scritto ai fratelli <strong>di</strong> donna Giona e a Catellano, suo parente, per indurre le donne al matrimonio<br />

con Donino e i suoi figli vuole che cooperii anche il podestà.<br />

In simile forma si è scritto a Catellano <strong>di</strong> Fiorenzuola e a Francesco Giovanni Luigi e<br />

Battistino de Bagarotis.<br />

Potestati nostro Florenzole.<br />

1453 novembre 14, (“contra Urces Novas”).<br />

Essendo remasti abandonata dona Giona con doe soe fiole per la morte de<br />

Bartholomeo Ciresola, ne siamo recordati volergli dare tale compagnia per la quale ne<br />

vengano a<strong>di</strong>utate et favorite, et che appertamente cognoscano che le havemo non<br />

manco care quanto haveamo <strong>di</strong>cto Bartholomeo, quale era ad nuy fidele servitore. Et<br />

essendo venuto per mente il spectabile et strenuo Donino da Parma, nostro<br />

conductero, havemo scripto ali fratelli d’essa dona et così ad Catellano, suo parente,<br />

che confortano le <strong>di</strong>cte done ad fare il contracto matrimoniale con esso Donino et<br />

figlioli. Per la qual cosa volemo che tu insieme con loro te operi ad questa cosa ita che<br />

la sortisca ad effecto, avisandote che ultra che farano a si medesma honore et bene, ad<br />

nuy farano cosa gratissima. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

In simili forma scriptum est Catellano de Florenzola et Francisco Iohanni Aluysio et<br />

Baptistino de Bagarotis.<br />

Cichus.<br />

492<br />

Francesco Sforza scrive ai Do<strong>di</strong>ci presidenti agli affari <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che, concordando con la loro<br />

proposta, solleciterà il luogotenente a eliminare la spesa della guar<strong>di</strong>a dell’Adda.<br />

Li assicura che scriverà al luogotenente <strong>di</strong> accordarsi con loro per il migliore modo per la<br />

“descriptione delle biave”.<br />

(1453 novembre 14, “contra Urces Novas”).<br />

136v Egregiis carissimis nostris Duodecim presidentibus negociis comunitatis nostre<br />

Laude.<br />

Inteso quanto ne scriveti de tolire via la spexa delle guar<strong>di</strong>e d’Ada, siando meliorata per<br />

la Dio gratia la cagione et conductione de quello era quando foreno instituite <strong>di</strong>cte<br />

guar<strong>di</strong>e, <strong>di</strong>cemo che l’è molto bene ragionavole, e così scrivemo al nostro locotenente lì


che più non grava li homini a quelle, et tolia via in tuto quella spexa. Quantum autem al<br />

facto della descriptione delle biave, <strong>di</strong>cemo che, per bene de quella nostra comunità,<br />

quanto meliore or<strong>di</strong>ne se gli pigliarà, tanto a più nuy piacerà, et per questo scrivemo ad<br />

esso nostro locotenente che inten<strong>di</strong> con voi questo facto et che se elleza el meliore.<br />

Sichè participaritine con sì, e de quello se concluderà, restaremo contenti. Data ut<br />

supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

A margine: Duplicata <strong>di</strong>e xvi quia capta per inimicos.<br />

493<br />

Francesco Sforza risponde al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che gli riferisce <strong>di</strong> essersi portato a Rivolta<br />

con Bonrocino per il problema <strong>di</strong> cavare le colonne del ponte et <strong>di</strong> aver poi esaminato il tutto<br />

anche con maestro Pietro da Como, convenendo che, a voler far presto, necessiteranno<br />

settanta persone tra maestri da legname, navaroli e lavoranti, tutta gente da pagare. Il duca<br />

obietta, alle loro esagerate cifre, che ai suoi uomini, che hanno ricevuto tanto danno da Rivolta,<br />

parrà una manna aiutare a <strong>di</strong>sfare dette colonne e lo faranno gratis. Lo stesso non sarà per i<br />

maestri <strong>di</strong> legname, che dovranno essere pagati e insiste che <strong>di</strong> lavoratori ne toveranno<br />

facilmente. Quanto alla richiesta <strong>di</strong> condurre oltre Adda vettovaglie nelle terre riacquistate, il<br />

duca osserva che non si ha che intendersi con il Consiglio segreto. Di certo non si può impe<strong>di</strong>re<br />

che i Pan<strong>di</strong>nesi vengano lì,”honeste tamen”, a comprare pane. Circa la “descriptione delle<br />

biade”, la comunità <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> ha un altro pensiero, per cui vuole che il luogotenente se la intenda<br />

con la comunità. Di guar<strong>di</strong>e per l’Adda, Lo<strong>di</strong> non vuole esserne più gravata e lui, duca, in data<br />

sette del corrente mese, ha <strong>di</strong>sposto che si elimini detta spesa.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1453 novembre 14, “contra Urces Novas”).<br />

Havemo recevuto le vostre lettere, date decimo presentis, continente più parte, ale qual<br />

respondendo, et primo, ala parte del vostro essere andato a Rivolta e inviato con voy el<br />

Bonrocino per mettere or<strong>di</strong>ne al cavare le colone del ponte, et che, examinato bene el<br />

tuto fra maystro Petro da Como e <strong>di</strong>cto Bonrocino, a volere far presto ce bisognano fra<br />

maystri da ligname, navaroli e lavoranti al numero de settanta, li quali se bisognarano<br />

pagare a <strong>di</strong>nari contanti, <strong>di</strong>cemo che ve rengratiamo, benché a nuy non sia cosa nova,<br />

perché sonno pur deli vostri usati aviamenti che ce metteti ale mane de spendere per<br />

ogni cosa. Ma ve avisamo nuy non essere così grossi che non sapiamo molto bene che<br />

ali nostri homini, quali hanno recevuto tanto damno da Rivolta, parria pane unto ad<br />

a<strong>di</strong>utare a desfarle, e faravelo voluntera senza pagamento, etian<strong>di</strong>o in molto maiore<br />

numero che non scrivete. Delli maystri non <strong>di</strong>cemo già così, che bene ne paria<br />

ragionevole pagarli, ma delli lavoratori haverite quanto ne voriti, rechiedendoli. Ala parte<br />

delle rechieste ve fino facte de podere conduere victoalie dellà da Adda per le nostre<br />

terre reaquistate, <strong>di</strong>cemo che de ciò ve debbiate intendere col nostro Consilio secreto,<br />

el quale va darà el modo et or<strong>di</strong>ne de concedere delle victualie 137r ali nostri, como è<br />

ragionevole, et che non andarà in sinistro. Et quanto a quelli da Pan<strong>di</strong>mo che vengono<br />

lì a comprare del pane, a nuy pare ragionevole che’l se ge ne lassi comprare e menare<br />

a Pan<strong>di</strong>no, honeste tamen, acioché non possano <strong>di</strong>re che’l (a) gli sia denegato el pane.<br />

Ceterum, perché la comunità de Lo<strong>di</strong> circa la descriptione dele biade ne ha scripto<br />

havere facto altro pensiero per lo quale la cità ne sarà più abondevole che per fare la<br />

descriptione de fuora alle ville, volimo che voy li intendati et or<strong>di</strong>nate quello ve parerà<br />

mrglio per essa nostra comunità. Quantum vero ala parte delle guar<strong>di</strong>e d’Ada, delle<br />

quale ne scrive etiam<strong>di</strong>o essa nostra comunità, non gli vogliamo agravare più, non<br />

parendo necessario. Siamo contenti et volimo, como per altre nostre, date vii del<br />

presente, che debiati tolere via la spexa d’esse e non lassarli agravare più per esse<br />

guar<strong>di</strong>e. Data ut supra.<br />

(a) Segue non depennato.<br />

494<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> offrire il giorno <strong>di</strong> Sant’ Ambrogio, nella<br />

cappella della chiesa maggiore <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> al santo de<strong>di</strong>cata, e <strong>di</strong> cui lui ha il patronato, quattro torce<br />

<strong>di</strong> tre lire e <strong>di</strong>eci l’una.


Referendario nostro Laude.<br />

(1453 novembre 14, “contra Urces Novas”).<br />

Como voy doveti sapere a dì VII del proximo futuro mese de decembre serà la festa de<br />

Sancto Ambroxio; et perché in quella Giesa Maiore de Lo<strong>di</strong> gli è la capella d’esso<br />

Sancto Ambroxio, la quale è nostro patronato, volimo che in quello tale dì, per<br />

observare quello è stato facto per lo passato, vuy in nostro nome debbiati offerire ala<br />

<strong>di</strong>cta capella ala messa solemne quatro torce de tre livere l’una e dece, cioè 10, ducati<br />

d’oro, or<strong>di</strong>nando che quello dì sia guardato et celebrato per reverentia del Sancto, ita et<br />

quemadmodum fo or<strong>di</strong>nato et facto in lo anno proximo passato. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

495<br />

Francesco Sforza comanda ad Antonio Sicco, commissario della Geradadda, <strong>di</strong> mandare, entro<br />

venerdì mattina, in campo a Bartolomeo da Cremona tutta la polvere da bombarda che si trova<br />

a Rivolta, Caravaggio e Treviglio, così come quella che arriverà a Caravaggio da Milano,<br />

dandogli notizia del quantitativo reperito in ogni località<br />

(1453 novembre 14, “contra Urces Novas”).<br />

Spectabili Antonio Sicho, commissario Glareabdue.<br />

Nuy havemo grande bisogno de polvere qui in campo, perché non havemo da potere<br />

trare le bombarde se non domane; pertanto volemo, receuta questa, subito debbiati<br />

mandare qui in campo per la via più secura suso bestie da soma tucta quella polvere e<br />

ad Rivolta, ad Caravagio et ad Trevì. Cossì, essendo giuncta, o como gyunga da<br />

Milano certa quantità de polvere, quale havemo or<strong>di</strong>nata, sia conducta lì a Caravagio,<br />

la man<strong>di</strong>ati insieme con questa; la quale polvere fati che 137v l’habiamo qui in campo<br />

venardì matina infallanter che sia consignata ad Bartholomeo da Cremona, avisandone<br />

per vostra lettera <strong>di</strong>stinctamente de quella haveriti tolta da Rivolta et da Caravagio et da<br />

Trevì, et de quella sarà venuta da Milano. Et non manchi per con<strong>di</strong>cione del mondo che<br />

venardì a bonhora sia qui. Data ut supra, hora 24.<br />

Iohannes.<br />

496<br />

Francesco Sforza, siccome gli uomini <strong>di</strong> Vailate e altri luoghi <strong>di</strong> Geradadda si sono lamentati<br />

delle spese per le tre squadre <strong>di</strong> gente d’arme alloggiate e, d’altra parte, lui non vuole che tali<br />

voci giungano a Bergamo, or<strong>di</strong>na al condottiero Sagramoro Visconti <strong>di</strong> spostare le tre squadre a<br />

Cologno, Bregnano e Urgnano dando loro solo alloggio e strame, salvo quanto i locali volessero<br />

offrire loro sponte.<br />

(1453 novembre 14, “contra Urces Novas”).<br />

Domino Segramoro Vicecomiti, militi et armorum ductori nostro.<br />

Li homini nostri de Vaylà et de quelli altri luogi de Giara d’Ada, unde sonno allogiate<br />

quelle tre squadre de gente d’arme, sonno venuti a gravarsi con nuy per le spexe che<br />

domandano esse genti da essi homini; et perché non voressemo che questa voce<br />

andasse a Pergamo né in le terre delli inimici, che li nostri homini facesseno le spexe<br />

ale gente d’arme, volimo che debiate mandare <strong>di</strong>cte gente subito a Cologno, Bregnano<br />

et Urgnano, et compartirli honestamente fra <strong>di</strong>cti tre luogi, facendoli dare solamente<br />

stantie e strame e non altro, salvo se li <strong>di</strong>cti homini de sua bona voluntà non li<br />

volesseno dare qualche altra cosa, perché <strong>di</strong>cte gente porano ben così vivere là, como<br />

facemo nuy, e queste gente de qua et multo melius per la como<strong>di</strong>tà dele stantie et<br />

strame che haveranno. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Iohannes.


497<br />

Francesco Sforza risponde a Guglielmino de Lazavechiis, capitano del <strong>di</strong>vieto a Piacenza, in<br />

merito alla poca obbe<strong>di</strong>enza da lui riscontrata a Campremoldo, <strong>di</strong> averne parlato con Pietro<br />

Giovanni, da cui ha avuto la conferma che il suo famiglio si è comportato male e ha assicurato<br />

che gli scriverà in modo che esegua quanto è tenuto a fare. Il duca, a sua volta, raccomanda a<br />

Guglielmino <strong>di</strong> impegnarsi perchè si conducano pane e vettovaglie in campo.<br />

(1453 novembre 14, “contra Urces Novas”).<br />

Guiglelmino de Lanzavechiis, capitaneo devetus nostro Placentie.<br />

Havemo recevuto le toe lettere de dì 9 de presente et inteso quanto per esse ne scrivi;<br />

te respondemo, primo, ala parte della poca obe<strong>di</strong>entia hay havuta ad Campremoldo, et<br />

l’havemo <strong>di</strong>cto ad Pedro Iohanni, qual <strong>di</strong>ce che’l suo fameglio ha facto male et contra la<br />

sua voluntà et che scriverà in modo faranno el debito suo: siché prove<strong>di</strong> che’l faciano et<br />

che sia presto. Et così volemo metti ogni tuo 138r sforzo, industria et ingenio che per<br />

caduno se conduca del pane in campo et del’altre victualie et che caduno facia la parte<br />

et debito suo.<br />

Ala parte che’l conte Alberto vole defendere quelli hanno presi li tuoy famiglii perché<br />

portavano le arme vetite, respondemo che debii intendere quello che è stato observato<br />

per lo passato, et quello observa ancora ti. Data ut supra.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

498<br />

Francesco Sforza rimprovera il capitano della Lomellina per la mancata adesione della<br />

popolazione a lui soggetta alla richiesta <strong>di</strong> fornitura <strong>di</strong> vettovaglie all’esercito. Vuole che si<br />

industri perchè si porti in campo soprattutto biada per cavalli e che coman<strong>di</strong>, “sotto certa<br />

pena”,che ogni comunità invii una determinata quantità <strong>di</strong> vettovaglie. Gli impone <strong>di</strong> cacciar via<br />

gente d’arme che soggiornassero lì, tranne se si trattasse <strong>di</strong> ammalati o <strong>di</strong> soldati con bollettino.<br />

In simile forma si è scritto al capitano <strong>di</strong> Casteggio, al referendario e al podestà <strong>di</strong> Pavia, al<br />

referendario e al podestà <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>.<br />

Capitaneo nostro Lomelline.<br />

1453 novembre 13, “contra Urces Novas”.<br />

Per più altre nostre lettere ve havemo scripto che dovesti operare et fare con effecto<br />

che dela iuris<strong>di</strong>cione a vuy concessa comandasseno et or<strong>di</strong>nasseno che fidesseno<br />

menate qua al nostro felice exercito più victualie fosse possibile; del che, non havendo<br />

fin a mò veduto altro effecto, se ne maravigliamo et anche ne rencresce asay. Per la<br />

qual cosa ve iteramo che gli mettiati (a) tal or<strong>di</strong>ne che’l se ne conduca in più quantità<br />

possibile et maxime de biada da cavallo; et a fare questo doveti comandare, sotto certa<br />

pena, che qualunque comunità d’essa vostra iuris<strong>di</strong>cione ne debbia condure ogni<br />

septimana quella conveniente quantità che ve parirà. Ulterius se in essa vostra<br />

iuris<strong>di</strong>ctione fosseno ale stantie alcune delle nostre gente d’arme, volemo che le fazati<br />

cazar via et or<strong>di</strong>nare che’l non gle sia data alcuna cosa, salvo se non fosseno così<br />

infermi che non potesseno venire via aut non havesseno bulletino da nuy. Data contra<br />

Urces Novas, xiii novembris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum fuit capitaneo Clastigii, referendario et potestati Papie, et<br />

referendario et potestati Laude.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) ve iteramo che gli me scritto su rasura.<br />

499<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà <strong>di</strong> San Nazzaro <strong>di</strong> indurre il maestro Giacomo Nano, che si<br />

era accordato con il conte Bartolomeo Albonese, compagno del condottiero Moretto <strong>di</strong> San<br />

Nazzaro, <strong>di</strong> costruirgli una casa, o a fare detto e<strong>di</strong>ficio o a restituire al conte i denari avuti.


138v Potestati Sancti Nazarii.<br />

(1453 novembre 13, “contra Urces Novas”).<br />

Ne <strong>di</strong>ce il conte Bartholomeo de Albonexo, compagno de domino Moretto da Sancto<br />

Nazaro, nostro conductero, che essendose luy ali dì passati con uno maystro Iacomo<br />

Nano de quella terra, et satisfatogli perché gle facesse una casa, <strong>di</strong>cto maystro Iacomo<br />

non gle ha atteso quanto aveva promesso; pertanto volemo inten<strong>di</strong> questo facto et<br />

provede che’l <strong>di</strong>cto maestro Iacomo attenda quanto ha promesso al <strong>di</strong>cto conte<br />

Bartholomeo, overo gli satisfazi de (a) quello ha havuto da luy, como è debito et<br />

ragionevele. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

(a) de ripetuto.<br />

500<br />

Francesco Sforza scrive a Sagramoro Visconti e ad Antonio Sicco che mo<strong>di</strong>fica quanto or<strong>di</strong>nato<br />

circa la sistemazione delle genti d’arme a Brignano, Cologno e Urgnano, con Orgnano,Calce e<br />

Bruxaporco perchè così “obviarano ala... bastita” <strong>di</strong> Canzo e il paese sarà più sicuro. Il duca<br />

vuole che Sagramoro e Sicco gli accusino ricevuta ed esecuzione della lettera.<br />

1453 novembre 15, “contra Urces Novas”.<br />

Domino Segramoro Vicecomiti et Antonio de Sichis, nostris <strong>di</strong>lectis.<br />

Non obstante quanto hersera ve scripsemo in quali luogi ne pareva dovesseno ponere<br />

quelle gente sonno dellà, cioè a Brignano, Cologno et a Urgnano, non<strong>di</strong>meno havendo<br />

inteso che quelle gente sonno in Pergamo fano forte la bastita de Canzo, ne pare, per<br />

reme<strong>di</strong>are non la faciano et che non vadano così ala larga, como vanno, ad offendere,<br />

che la <strong>di</strong>cta gente la partiate fra Orgnano, Calce et Bruxaporcho, perché obviarano ala<br />

<strong>di</strong>cta bastita, che non se farà, et che’l paese sarà securo. Così se vole provedere con li<br />

homini delle terre che quelli sonno in Crema non possano anchora loro andare ala<br />

larga. Respondetene dela receputa de questa et del’or<strong>di</strong>ne haveriti dato, et provederiti li<br />

cavallari, andaranno a Milano con le lettere, vadano securi. Data apud et contra Urces<br />

Novas, xv novembris 1453, hora quinta noctis.<br />

Cichus.<br />

501<br />

Francesco Sforza fa presente a Morello da Parma che non deve più dare molestia ai suoi uomini<br />

per la guar<strong>di</strong>a dell’Adda e, nel contempo, gli dà il ben servito per la sua attività, svolta con<br />

“<strong>di</strong>ligentia, fede et prudentia”.<br />

139r Domino Morello de Parma.<br />

1453 novembre 15, “contra Urceas Novas”.<br />

Cusì como per altre nostre lettere date VII del passato, cusì per queste ve replicano<br />

che, siando per la Dio gratia reducte le cose nostre in modo che non è da dubitare (a)<br />

che li inimici passano più Adda, ve <strong>di</strong>cemo che più non debiate dare molestia né<br />

graveza al’homini nostri per cagione delle guade d’Ada, et ulterius cessante la cagione<br />

del dubio havevamo de quelle quando ne gli mandassemo. Considerando ch’el vostro<br />

essere lì non è necessario più, poteti andare a vostra posta ad Milano o dove meglio ve<br />

pare o piace; del vostro servito ve comen<strong>di</strong>amo asai como de quello che ha servito cum<br />

<strong>di</strong>ligentia, fede et prudentia. Ex felicibus castris nostris contra Urceas Novas, xv<br />

novembris 1453.<br />

Ser (b) Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) dubitatare in A.<br />

(b) Segue Antonius depennato.


502<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al capitano <strong>di</strong> Casteggio <strong>di</strong> pagare a Giovanni Cimino, ufficiale al porto<br />

della Lapola, il suo salario<br />

Capitaneo nostro Clastigii.<br />

(1453 novembre 15, “contra Urceas Novas”).<br />

Se lamenta Iohanne Cimino nostro officiale al porto dela Lapola che non po’ consequire<br />

li <strong>di</strong>nari del suo salario or<strong>di</strong>nato, che non ne pare ragionevele né honesto; e non fizendo<br />

pagato non gli poria perseverare. Pertanto volemo che tu prove<strong>di</strong> che’l sia pagato<br />

senza contra<strong>di</strong>ctione alcuna. Data ut supra.<br />

Ser iacobus.<br />

Cichus.<br />

503<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente e al referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> lodandoli per l’invio a Cremona<br />

della polvere da bombarda e da cerbottana. Conferma quanto ha già scritto che, nonostante<br />

l’arrivo a Crema <strong>di</strong> Matteo da Capua e <strong>di</strong> Bettino da Calcina, che “hanno corso a Pan<strong>di</strong>no”, si<br />

debba mantenere la spesa ai suoi uomini, ma revocare quella agli uomini <strong>di</strong> lì per i retrovar<strong>di</strong>,<br />

che si terranno alla riva sempre pronti a operare.<br />

Locumtenenti et referendario Laude.<br />

1453 novembre <strong>16</strong>, “contra Urceas Novas”.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere, per le quale ne avisati havere or<strong>di</strong>nato de mandare<br />

quello polvere da bombarda et da cerabotane a Cremona, et che per la venuta de<br />

Matheo da Capua et de Bettino da Calcina a Crema, quali hanno corso a Pan<strong>di</strong>no,<br />

forse seria bene non remettere ancora per qualchi dì le guar<strong>di</strong>e deli duy retrovar<strong>di</strong><br />

pagati per le comunitate. Et respondendo <strong>di</strong>cemo, circa’l facto dele polvere, haveti facto<br />

bene et ve ne commen<strong>di</strong>amo; ala parte deli retrovar<strong>di</strong> inten<strong>di</strong>mo, per la venuta de<br />

coloro a Crema retenire quella spesa al’homini nostri, anci volimo, como per due altre<br />

nostre ve havimo scripto, che le debiate revocare nec proinde dare più impazo né<br />

spesa al’homini. Ma bene volimo che <strong>di</strong>cti retrovar<strong>di</strong> se tengano ala rippa apparechiati<br />

per potterse opperare ali bisogni; et cossì facite. Data contra Urceas Novas, <strong>di</strong>e vi<br />

novembris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

504<br />

Si è scritto al lo<strong>di</strong>giano Bassano de Dosso che man<strong>di</strong> subito per un cavallaro un fiasco <strong>di</strong> vino a<br />

Marnato e il resto lo conservi in modo che non vada a male.<br />

139v Bassano de Dosso Laudensi.<br />

1453 novembre <strong>16</strong>, “contra Urceas Novas”.<br />

Scriptum fuit quod subito mittat per unum caballarium unum flaschum vini Marnati;<br />

residuum vero servet taliter quod non labatur in sinistrum, et cetera. Contra Urceas<br />

Novas, xvi novembris 1453.<br />

Nicolaus.<br />

Iohannes.<br />

505<br />

Francesco Sforza avverte Antonio Sicco,che manda il presente cavallaro, cui deve provvedere a<br />

Caravaggio alloggio e strame per quattro cavallari,<br />

che invierà lì per servire Milano e dove occorrerà.<br />

(1453 novembre <strong>16</strong>, “contra Urceas Novas”).


Antonio Sico, commissario Glareeabdue.<br />

Mandamo lì el presente portitore, nostro cavallaro, alo quale volemo faciat(i) providere<br />

in quella terra de Caravazo per quatro cavallari <strong>di</strong> stancia et strami, quali mandaremo<br />

per servire a Milano alo dì et dove bisognarà. Et non manchi. Data ut supra.<br />

Iohannes.<br />

506<br />

Francesco Sforza informa il referendario <strong>di</strong> Piacenza e Teseo <strong>di</strong> aver stabilito che re Renato<br />

alloggi con 1000 cavalli in quella città e <strong>di</strong> averne scritto al podestà, al capitano e ai deputati<br />

sopra gli alloggiamenti oltre che allo stesso Teseo che, da dovunque si trovi, deve portarsi a<br />

Piacenza e aiutare in tutto, <strong>di</strong>e noctuque, a mettere or<strong>di</strong>ne alle sistemazioni necessarie.<br />

Siccome il re e il suo seguito hanno fatto rilevare che ad Alessandria e altrove non hanno pagato<br />

dazio per pane, vino e altre cose, è opportuno che anche lì si facciano tutte le agevolazioni<br />

possibili e si trattino con ogni riguardo.<br />

Referendario Placentie et Thexeo.<br />

(1453 novembre <strong>16</strong>, “contra Urceas Novas”).<br />

Carissimi nostri, perché havimo deliberato de presente dare le stantie ala maiestà del re<br />

Renato et or<strong>di</strong>nato che in quella nostra cità allogii la sua mayestà cum mille cavali,<br />

havimo scrito al podestà, capitaneo e deputati sopra li logiamenti et a te, Thexeo, una<br />

littera, dela quale vi man<strong>di</strong>amo la copia introclusa ale presente. Et per questo volimo<br />

che tu, Thexeo, subito ala receputa de questa, te debbi partire d’ogni luogo, dove te<br />

trovi lasando ogni altra cosa, et andare a Piasenza per a<strong>di</strong>utare a metere or<strong>di</strong>ne a<br />

questi logiamenti, <strong>di</strong>e e note, senza per<strong>di</strong>mento de tempo, perché le gente vengono via<br />

de mane in mane. Ceterum, perché la mayestà sua et li suoi ne hano facto <strong>di</strong>re che<br />

tropo gli seria grave pagare li datii del pane, vino et altre cose gli bisognarà comprare,<br />

non havendo pagato in Alexandrina, né in altrove dove è stato, volimo che per ogni<br />

meliore modo possibille adaptate la cosa e ve<strong>di</strong>ate de farli tute quelle esevelece, boni<br />

tractamenti e carece che sia possibille, e più che non faresti a nuy. Et sopra tuto<br />

prove<strong>di</strong>te, e cum parole e cum fati, che li suoi se habiano a contentare e fare bona<br />

relatione ala sua mayestà. Data ut supra.<br />

Cichus.<br />

507<br />

Francesco Sforza scrive al podestà, al capitano della cittadella, ai deputati sopra gli<br />

alloggiamenti e a Teseo, cancelliere <strong>di</strong> Piacenza, <strong>di</strong> avere già annunciato al podestà e al<br />

capitano l’arrivo in città <strong>di</strong> re Renato e <strong>di</strong> 1000 cavalli, ai quali si dovrà trovare sistemazione,<br />

masserizie grosse e legna. Annunzia loro che già domani il re manderà dei suoi uomini per<br />

visionare gli alloggiamenti e anche prevedere la gente da sistemare, gente che verrà, poi, a<br />

poco a poco. Si trovi “una bella et aconza stantia” per il re, cui si consegneranno le chiavi della<br />

città e delle fortezze. Vi siano negli alloggi legna, cui provvederanno gli uomini del duca per<br />

evitare che la gente vada a tagliare i suoi alberi. Ricorda loro che la venuta del re sarà <strong>di</strong><br />

vantaggio per la città per le spese che il seguito farà.<br />

(1453 novembre <strong>16</strong>, “contra Urceas Novas”).<br />

140r Potestati, capitaneo citadelle et deputatis super allogiamentis et Theseo,<br />

cancellario Placentie, nostris <strong>di</strong>lectis.<br />

A questi proximi dì scrisemo a vuy podestà e capitaneo che, havendo nuy deliberato de<br />

dare le stantie ala mayestà del re Renato, dovessevo de presente fargli apparechiare le<br />

stantie in quella nostra cità per milli cavalli, ali quali se haverà a dare pur stantie,<br />

massaritie grosse e ligne, et che subito gli dovesti fare prove<strong>di</strong>mento, et subsequenter<br />

avisarne como haveresti facto, sicuti in eis litteris nostris continetur. Nunc vero ve<br />

avisamo como la soa mayestà comenzarà (a) domane a mandare delli suoi de casa per<br />

vedere et intendere l’or<strong>di</strong>ne delli allogiamenti, et anche delle gente per allogiare, et de<br />

mane in mane tucti venerano, siché per questo volemo che debbiati subito fare or<strong>di</strong>nare


le stantie et menare delle ligne, benché già nanti la recevuta de questa haveriti dato<br />

opera circa ciò, como credemo. Et volimo che recatate una bella et aconza stantia per<br />

la persona dela mayestà sua, ala quale vorimo siano - nel’intrare farà - presentate le<br />

giave dela cità e de tute quelle fortece, reverito et acarezato como la persona nostra e<br />

molto più; siché non atendete ad altro, dì e note, che ad apparegiare <strong>di</strong>cte stantie e<br />

ligne, et or<strong>di</strong>nare quanto sia a fare, perché questa nostra intencione se exequisca. De<br />

tale logiamento quella nostra comunità ne receverà utile, perché se vendrano le robbe<br />

sue, e l’entrate receverano acresimento. El dargli dele ligne ne è parso melio per<br />

l’homini nostri, acioché le gente non gli vadano a taliare l’arbori e lignami suoi; siché<br />

provedete a far menare dele ligne et or<strong>di</strong>nare li logiamenti senza perdere uno atino de<br />

tempo. Data ut supra.<br />

Cichus.<br />

(a) comenza su parola abrasa.<br />

508<br />

Alessandro de Ubertariis ha scritto a Gracino da Pescarolo e al referendario <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong><br />

provvedere <strong>di</strong> vesti e calzature i ragazzi destinati ai cavalli barbareschi.<br />

Die xvii novembris 1453.<br />

1453 novembre 17, s.l.<br />

Per dominum Alexandrum de Ubertariis scriptum fuit domino Gracino de Piscarolo et<br />

referendario Papie quod provideant de vestimentis et calciamentis regaciis nostris<br />

deputatis super equis barbarischis.<br />

Iohannes.<br />

509<br />

Francesco Sforza scrive al commissario e podestà <strong>di</strong> Ripalta che ha concesso a Battista<br />

d’Appiano, con i salari, le benemerenze e onoranze connessi, l’ufficio della notaria <strong>di</strong> quella<br />

terra in riconoscenza per quanto si è pro<strong>di</strong>gato perchè essa passasse in suo potere.<br />

140v Commissario et potestati R(i)ppalte.<br />

1453 novembre <strong>16</strong>, “contra Urceas Novas”.<br />

Per alcuna retributione dela fede et devotione porta a nuy et al stato nostro Baptista<br />

d’Applano, habitatore de quella nostra terra, nec minus deli benemeriti, fatiche et<br />

periculi, quali sapemo ha usato a questa volta aciochè quella terra se reducesse ala<br />

obe<strong>di</strong>entia et devotione nostra, gli havimo donato et concesso liberamente l’offitio dela<br />

Notaria d’essa terra con tute le sue honorantie, salarii, preheminentie, honori et<br />

como<strong>di</strong>tate ac prerogative spectante al <strong>di</strong>cto offitio et usitate de haverse per li suoy<br />

precessori quali hanno exercito et tenuto esso offitio. Sichè pertanto volimo et<br />

comman<strong>di</strong>amoti che metti el <strong>di</strong>cto Baptista, induchi et mantenghi ala possessione et<br />

tenuta d’esso offitio, facendogli respondere senza veruna exceptione deli <strong>di</strong>cti salarii,<br />

commo<strong>di</strong>tate, prerogative, emolumenti et honorantie ali tempi debiti et usitati per lo<br />

passato, como è la nostra totale intentione. Data contra Urceas Novas, xvi novembris<br />

1453.<br />

Advena.<br />

Cichus.


510<br />

Francesco Sforza vuole che Antonio Sico, che l’ha informato della faccenda occorsa in<br />

Bergamo, assicuri della sua <strong>di</strong>sponibilità ad aiutarli, gli amici che non hanno voluto uscire.<br />

Antonio Sicho.<br />

1453 novembre 17, “contra Urceas Novas”.<br />

Havemo recevuto la toa littera et inteso quanto ne scrivi dela questione facta dentro da<br />

Bergamo, et cetera; ne restiamo avisati et <strong>di</strong>cemo che cum ogni toa <strong>di</strong>ligentia et stu<strong>di</strong>o<br />

procuri de intendere bene como serà passata la cosa, et statim ne advisaray. Et cossì<br />

ne pareria ben se podesti fare <strong>di</strong>re a quelli amici quali non sonno voluti ussire, che se<br />

havessero bisogno de qualche aiuto, che gli serà dato. Data contra Urceas Novas, xvii<br />

novembris 1453.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

511<br />

Francesco Sforza sollecita donna Luchina dal Verme a far avere a Pietro Giovanni da<br />

Camerino le 500 lire che gli spettano e <strong>di</strong> cui è ancora in attesa, come gli fece parola<br />

nei giorni scorsi Filippo Confalonieri quando fu da lui in campo..<br />

141r Domine Luchine de Verme.<br />

(1453 novembre 17, “contra Urceas Novas”).<br />

Essendo questi proximi dì qua in campo misser Filippo Confanonero ne <strong>di</strong>sse luy<br />

stesso como Petro Iohanne da Camarino dovea havere cinquecento libre de imperiali;<br />

per la qual cosa, considerato che <strong>di</strong>cto Petro Iohanne ha grande bisogno et dovendo<br />

perseverare neli servicii nostri qua in campo, non pò fare cum mancho che non sii<br />

a<strong>di</strong>utato, vi confortiamo et preghiamo vogliati fargli fare il dovere suo adeo che se<br />

possa substentare; et per questa casone non vogliati darve casone de replicare più,<br />

considerato ch’el <strong>di</strong>cto bisogno suo rechioede presto a<strong>di</strong>uto et non <strong>di</strong>mora. Data ut<br />

supra.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

512<br />

Francesco Sforza ammonisce il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che non è tollerabile che si neghi alle genti<br />

d’arme, che sono in Geradadda, <strong>di</strong> provvigionarsi <strong>di</strong> vettovaglie e <strong>di</strong> portarle fuori dalla città.<br />

Locumtenenti nostro Laude.<br />

(1453 novembre 17, “contra Urceas Novas.”)<br />

Ne hanno facto significare le nostre gente d’arme quale stanno in Giaradada che,<br />

havendo mandato per comprare pane et altre victualie in quella nostra cità, gli è stato<br />

negato et prohibito portarle fora; che non seria bene, né cosa honesta; et potite ben<br />

pensare che quelle gente non hanno con sì victualie, se non ne a tolere dove se ne<br />

trova; altramente non gli potriano stare. Et pertanto volemo che da mò inante non gli<br />

lassati fare tal prohibitione, anci se ge ne <strong>di</strong>a per li suoi <strong>di</strong>nari et lasasi condurle de fora.<br />

Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.


513<br />

Francesco Sforza comanda a Stefano da Cesate, capitano della Lomellina, <strong>di</strong> intendersi con<br />

Antonio <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, cancelliere del Colleoni, che il condottiero manda per richiedere nuovamente la<br />

restituzione ai suoi compagni della roba e dei cavalli, che a loro sottrassero gli uomini <strong>di</strong> Dorno e<br />

<strong>di</strong> Alagna, quando li saccheggiarono con Francesco Giorgio . Se fossero renitenti alla<br />

restituzione, li costringa al risarcimento.<br />

(1453 novembre 17, “contra Urceas Novas”).<br />

Domino Iohanni Stefano de Casate, capitaneo Lumelline nostro <strong>di</strong>lecto.<br />

Altre volte, a requisicione del magnifico Bartholomeo Colione, nostro capitaneo, ve<br />

scripsemo dovessevo con effectu providere che per li homini de Durni et de Lagna,<br />

nostro territorio de Lumellina, fosse restituito a compagni del <strong>di</strong>cto Bartholomeo<br />

integramente tuta la roba et cavalli loro gli tolsero quando Francesco Giorgio li fece<br />

sachezare; (la) qual cosa, a quanto sentemo, non haveti facto. Et perch’el <strong>di</strong>cto<br />

magnifico Bartholomeo de novo ne ha facto instantia et manda per tal casone Antonio<br />

de Lo<strong>di</strong>, suo cancellero, presente exhibitore, volimo che, havuta intelligentia con esso<br />

Antonio per la <strong>di</strong>cta roba perduta, constringiati per ogni modo et maynera <strong>di</strong>cti homini<br />

de Durni et de Lagna a fare debita et integra restitutione de <strong>di</strong>cta roba. Et casu che se<br />

monstrassero renitenti a <strong>di</strong>cta restitutione, prove<strong>di</strong>ati che la paghano; et in questo<br />

servareti tal or<strong>di</strong>ne che non habiamo più rasone de replicarvi, et <strong>di</strong>cto Bartholomeo sia<br />

totalmente, per una via o per un’altra, satisfacto. Data ut supra.<br />

Advena.<br />

Iohannes.<br />

514<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Teseo da Spoleto <strong>di</strong> eseguire quanto gli riferirà lo squadrero ducale<br />

Pietro Giovanni da Camerino circa la permanenza lì degli uomini d’arme e delle altre genti ducali<br />

del campo.<br />

141v Ser Theseo de Spoleto.<br />

(1453 novembre 17, “contra Urceas Novas”).<br />

Vene lì Petrozohanne da Camerino, nostro squadrero, al quale havemo commesso te<br />

debia referire alcune cose per nosra parte circha’l demorare lì delli nostri homini d’arme<br />

et delle altre gente nostre del campo. Pertanto volemo che in tuto quello te <strong>di</strong>rà per<br />

nostra parte tu li cre<strong>di</strong> et exequischi quanto se nuy a bocha te lo comandassemo. Data<br />

ut supra.<br />

Filippus.<br />

Cichus.<br />

515<br />

Francesco Sforza vuole che Teseo da Spoleto riba<strong>di</strong>sca all’uomo d’arme ducale Matteo da<br />

Pellegrino l’or<strong>di</strong>ne ducale <strong>di</strong> portarsi da lui entro sei giorni, e ne motivi la eventuale mancata<br />

osservanza dell’or<strong>di</strong>ne.<br />

In simile forma fu scritto al familiare ducale Francesco de Georgiis <strong>di</strong> provvedere che l’armigero<br />

ducale Lorenzo <strong>di</strong> Pavia se ne vada in campo entro sei giorni.<br />

Suprascripto Theseo de Spoleto.<br />

(1453 novembre 17, “contra Urceas Novas”).<br />

Nuy scrivemo a Matheo da Pelegrino, nostro homo d’arme, qual de presente se trova a<br />

Pelegrino che intra li termini de sei dì, al più tardo, venga a nuy; sichè opera anchora ti


ch’el venga, et se’l non venerà, avisarane dela cagione. Data ut supra.<br />

Iacobus.<br />

In simile forma scriptum est Francisco de Georgiis, familiari nostro, quod debeat operari<br />

quod Laurentius de Papia, armiger noster, veniat in campum infra terminum sex <strong>di</strong>erum,<br />

ut supra.<br />

Cichus.<br />

5<strong>16</strong><br />

Francesco Sforza scrive a Matteo da Pellegrino <strong>di</strong> portarsi da lui entro sei giorni.<br />

La stessa cosa fu scritta all’armigero Lorenzo da Pavia.<br />

Matheo de Pelegrino, armigero nostro.<br />

(1453 novembre 17, “contra Urceas Novas”).<br />

Volemo, per alcune cose havemo a conferire con ti, che tu vegni da nuy fra el termine<br />

de sei dì al più tarde; et non manchi per quanto hay cara la gratia nostra. Data ut supra.<br />

Ser iacobus.<br />

In simile forma scriptum est Laurentio de Papia, armigero nostro.<br />

Cichus.<br />

517<br />

Francesco Sforza comanda al referendario <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> considerare esente la possessione,<br />

già <strong>di</strong> Giacomazzo, da lui donata esente all’uomo d’arme ducale Rolando da Fiorenzuola,<br />

privilegio che i dazieri rifiutano <strong>di</strong> riconoscere perchè l’esenzione non è stata registrata e<br />

incuranti che la possessione fosse già esente prima <strong>di</strong> questa donazione.<br />

Referendario nostro Placentie.<br />

(1453 novembre 17, “contra Urceas Novas”).<br />

Più dì passati nuy donassemo a Rolando da Fiorenzola, nostro homo d’arme, certa<br />

possessione, che fo del spectabile domino Iacomazo, nel territorio de Fiorenzola et gli<br />

ne facemo fare carta de donatione, como potriti monstrare. Pare che per non havere<br />

facto registrare <strong>di</strong>cta exemptione donatione, non gli vole essere observata per li datieri<br />

la exemptione qual ha in li pre<strong>di</strong>cti beni. Pertanto, considerata che la <strong>di</strong>cta exemptione<br />

era exempta prima che gli la donassemo nuy, et anche gli la de<strong>di</strong>mo exempta, et<br />

deliberando ch’el non haverla facta registrare così presto non gli debia dare danno, te<br />

comettiamo et volemo debii providere <strong>di</strong>cta possessione gli sia preservata exempta in<br />

quello modo et forma era prima che nuy gli la donassemo et al tempo che domino<br />

Iacomazo la teneva. Data ut supra.<br />

Ser Irius.<br />

Cichus.<br />

518<br />

Francesco Sforza vuole che il referendario <strong>di</strong> Pavia intervenga perchè al marescalco ducale<br />

Anibaldo, che aveva affidato in soccida cinque bestie a Iacobino Garzo, mastro in Grazola,<br />

vengano restituite le altre due bestie oltre alle tre riavute, in<strong>di</strong>pendentemente dal fatto che<br />

Iacobino sia stato privato dei suoi beni per aver agito contro lo stato.<br />

142r Referendario nostro Papie.<br />

(1453 novembre 17, “contra Urceas Novas”).<br />

Anibaldo, nostro manescalcho, haveva dato in socido cinque bestie ad uno Iacobino<br />

Garzo,l mastro in Grazola; pare, da puoi gli fossero tolti li beni suoy per certe cose<br />

comisse contr’al stato nostro, al <strong>di</strong>cto magistro Anibaldo gli foreno restituite tre vache gli<br />

ne restino anchora doe. Ma perché <strong>di</strong>ce che n’è morta una rechiede gli sia dato uno<br />

manzo che se retrova. Pertanto, parendone honesta questa soa domanda, te<br />

comettiamo et volemo debii provedere che le <strong>di</strong>cte doe bestie, o almancho gli sia


estituito, como è iusto et rasonevele, siano ove se vogliono, perché, sebene <strong>di</strong>cto<br />

Iacobino è stato (a) uno tristo, non debbe però esso magistro Anibaldo portare damno<br />

in la robba soa. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

(a) stato in interlinea.<br />

519<br />

Francesco Sforza ingiunge, sotto pena <strong>di</strong> 500 ducati d’oro, all’ebreo Angelo <strong>di</strong> Voghera <strong>di</strong><br />

recarsi, entro tre giorni dalla ricevuta <strong>di</strong> questa missiva, a Piacenza per eseguire quello che sarà<br />

loro or<strong>di</strong>nato dagli ebrei Bonomo e Israele, commissari ducali..<br />

Angelo ebreo, habitanti in Viqueria.<br />

1453 novembre 18, “contra Urceas Novas”.<br />

Volimo et comandamote che, ala pena de cinquecento ducati d’oro da applicarse ala<br />

Camera nostra, insieme con tuo patre et tuo fratello debbiati retrovarvi ad Piacenza, fra<br />

termine de tri dì da puoi la recevuta de questa, ad exequire quanto ve sarà <strong>di</strong>cto et<br />

or<strong>di</strong>nato per Bonomo et Israeli, ebrei in Piacenza, nostri comissarii; et non venendo<br />

sareti condemnati inremisibiliter de inobe<strong>di</strong>entia. Ex castris nostris felicibus contra<br />

Urceas Novas, xviii novembris 1453.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

520<br />

Francesco Sforza comanda a Raffaele Pugnello <strong>di</strong> Cremona <strong>di</strong> far subito macinare il frumento<br />

<strong>di</strong> cui <strong>di</strong>spone e <strong>di</strong> mandarne la farina a Cremona a <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> Pasino da Vignola e <strong>di</strong><br />

Stefanino Zaccaria, commissari ducali per la preparazione del pane. Altrettanto deve fare,<br />

senza alcun indugio, per ogni frumento che ricupererà .<br />

La stessa cosa fu or<strong>di</strong>nata ad Andrea Cingolo.<br />

Raphaeli Pugnello de Cremona.<br />

(1453 novembre 18, “contra Urceas Novas”).<br />

Tutto quello formento te ritrovi havere in le mano vogli farlo macinare in farine, et <strong>di</strong>cte<br />

farine mandarle subito ad Cremona in mano de Pasino de Vignola et Stefanino<br />

Zacharia, nostri commissarii sopra la fabrica del pane; et ogni altro fromento che tu<br />

recuperaray vogli tuto farlo macinare in farine et mandarlo inme<strong>di</strong>ate a Cremona ali<br />

pre<strong>di</strong>cti; et in questo non gli perdere una hora de tempo per quanto hay ad caro la<br />

gratia nostra. Et vogli fare presto de quanto hay da fare in quelle cose per le quale te<br />

mandassemo là, et non far pensiero de stare il tempo dela via toa lì perché nuy havemo<br />

bisogno del formento adesso che stamo in campo et non quando saremo ale stantie.<br />

Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

In simili forma scriptum fuit Andree Cingulo<br />

Cichus.<br />

521<br />

Francesco Sforza scrive ad Antonio de Minutis, Regolatore generale delle entrate ducali, <strong>di</strong><br />

provvedere d’avere la maggior quantità possibile <strong>di</strong> frumento, <strong>di</strong> farlo macinare e mandarne<br />

imme<strong>di</strong>atamente la farina a Cremona dai commissari ducali per la cottura del pane, operazione,<br />

questa, che fra poco, verrà spostata al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> Cremona. La stessa cosa esigerà da Raffaele<br />

Pugnello e da Andrea da Cingoli, perchè si prestino, giorno e notte, a far macinare il frumento <strong>di</strong><br />

cui <strong>di</strong>spongono. Vuole che Antonio gli man<strong>di</strong> il suo cancelliere informato <strong>di</strong> tutto il quantitativo <strong>di</strong><br />

frumento da lui, Antonio, ricuperato e <strong>di</strong> quello <strong>di</strong> cui si avvalgono Raffaele e Andrea.<br />

(1453 novembre 18, “contra Urceas Novas”).<br />

142v Ser Antonio de Minutis, Regulatori generali intratarum nostrarum.


Perché è necessario se habia più summa de formento sia possibile per havere del pane<br />

habundant(e)mente per questo nostro exercito, vogli sforzarte recuperarne in (a) quella<br />

più maiore summa te serà possibile; il quale vogle tuto far fare in farine et mandare poi<br />

le farine a Cremona alli nostri comissarii sopra la fabrica del pane. Et questo <strong>di</strong>cemo<br />

perché <strong>di</strong>cta fabrica bisognerà fra pochi dì removerla da Cremona et farla fare più<br />

inanze in altro loco dove non serà la como<strong>di</strong>tate del macinare,: et però bisogna<br />

condurle le farine et non formento. Et in questo non gle perdere una hora de tempo, et<br />

mandaray le alligate ad Raffaele Pugnello et a domino Andrea da Cingoli per missi<br />

proprii, ali quali scriveray et sollicitaray che <strong>di</strong> nocte faciano macinare el fromento che<br />

hanno in le mano, et che volando et de tracta mandeno le farine ad Cremona senza<br />

per<strong>di</strong>ctione alcuna de tempo. Et perché meglio sapiamo quello havemo da fare et che<br />

possiamo più chiaramente intendere el facto nostro, vogli mandarne qui da nuy il tuo<br />

cancellero informato della quantità del frumento che tu te retrovi havere recuperato el<br />

presente et ch’ello fide in tua possanza. Et così che’l vegna informato del formento che<br />

ha recuperato Raphaelo Pugnello et Andrea da Cingoli, acioché inten<strong>di</strong>amo de quanto<br />

formento ne possiamo valere per uso de questo nostro exercito. Et in questo, per Dio,<br />

non gli perdere una hora de tempo, mandandone <strong>di</strong>cto tuo cancellero informato, como<br />

havemo <strong>di</strong>cto quanto più presto te serà possibile. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

(a) in ripetuto.<br />

522<br />

Francesco Sforza vuole che la comunità e gli uoimini <strong>di</strong> Vianino facciano avere ad Antonio<br />

Meroxo, loro podestà, l’intero salario, nonostante un’assenza oltre licenza per malattia e per<br />

indugio presso il duca.<br />

(1453 novembre 18, “contra Urceas Novas”).<br />

143r Comunitati et hominibus nostris Vianini.<br />

Quamvis<strong>di</strong>o che Antonio Meroxo, nostro potestate, sia stato absente da lì per più tempo<br />

non gli havevamo conceduto licentia, non<strong>di</strong>mancho per la infermitate soa e perché<br />

l’havemo tenuto indusiasto de qua, nostra intentione et volemo che del suo salario gli<br />

respon<strong>di</strong>ati quanto che non se fosse partito de lì. Et questo sia senza exceptione<br />

alcuna. Data ut supra.<br />

Advena.<br />

Cichus.<br />

523<br />

Francesco Sforza accusa ricevuta della lettera <strong>di</strong> Bartolo de Ma<strong>di</strong>is con anche la notizia<br />

dell’ingresso <strong>di</strong> Ludovico Malvezo in Bergamo con 150 cavalli e delle vertenze esistenti in città.<br />

E’ sempre in attesa <strong>di</strong> ciò che gli riferirà, desideroso anche <strong>di</strong> notizie <strong>di</strong> Restino da Martinengo,<br />

prigioniero <strong>di</strong> Cristoforo da Cremona, cui lui, duca, ha, in proposito, espressa la sua volontà.<br />

Bartololo de Ma<strong>di</strong>is.<br />

(1453 novembre 18, “contra Urceas Novas”).<br />

Havemo recevuto la toa lettera et inteso quanto ne scrive de Lodovicho Malvezo intrato<br />

in Pergamo con centocinquanta cavalli; et della <strong>di</strong>fferentia è in quella cità, et cetera, del<br />

tuto remanemo avisati. Et non accade <strong>di</strong>re altro se non che caricamote ad intendere più<br />

cose; et ne avisaray de quanto intenderay de Restino da Martinengo, quale scrive<br />

essere prexone de Christoforo da Cremona. Habbiamo scripto ad esso Christoforo la<br />

voluntà nostra. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.


524<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al capitano del <strong>di</strong>stretto <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> fare ottenere con procedura<br />

sommaria quello che realmente spetta a Tommasino Forlano da Giovannino delli Corra<strong>di</strong>, da<br />

Giovanna <strong>di</strong> Corra<strong>di</strong> e da Pisiron per taverna, pascoli, fieni e biada.<br />

Capitaneo <strong>di</strong>strictus nostro Placentie.<br />

(1453 novembre 18, “contra Urceas Novas”).<br />

Thomasino Forlano ne ha <strong>di</strong>cto dovere havere certa quantità de <strong>di</strong>nari da Iohanino delli<br />

Conra<strong>di</strong> et Giovane <strong>di</strong> Conra<strong>di</strong> et da Pisiron per casone dela taverna, pascoli, feni et<br />

biada, como da luy intenderay; deli quali non potendo consequire il debito suo, ne<br />

rechiede iuri<strong>di</strong>co a<strong>di</strong>uto. Per la qual cosa te comettiamo che debii procedere contra<br />

d’essi debitori, constandote del suo debito, ita che <strong>di</strong>cto Thomasino subito venga<br />

havere la satisfactione soa, facendo rasone summaria et expe<strong>di</strong>ta senza alcuno litigio.<br />

Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

525<br />

Francesco Sforza scrive a Bartololo de Ma<strong>di</strong>is <strong>di</strong> convincere gli uoimini <strong>di</strong> quella terra a<br />

sopportare la porzione dei cavalli <strong>di</strong> Sagramoro Visconti che, in partecipazione con quelli <strong>di</strong><br />

Urgnano, Calcio e Brusaporco loro toccherà per assicurare “quella via de quelli da Pergamo”.<br />

Bartololo de Ma<strong>di</strong>is.<br />

1453 novembre 19, “contra Urces Novas”.<br />

Havemo recevuto la toa lettera et inteso quello ne scrive della venuta lì de domino<br />

Segramoro Vesconte con quelli cavalli et della lamenta fanno quelli homini de non<br />

possere supportare quella spesa, et cetera; te <strong>di</strong>cemo che nuy non volemo habiano tuta<br />

questa spesa, ma volemo che <strong>di</strong>cti cavalli siano compartiti fra Urgnano, Calci et<br />

Bruxaporco. Siché provede che li homini de quella nostra terra receptano la parte loro,<br />

ali quali <strong>di</strong>ray che nuy recresce dare questa faticha; ma per asecurare quella via de<br />

quelli da Pergamo non possimo fare de mancho. Data contra Urces Novas, xviiii<br />

novembris 1453.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

526<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà <strong>di</strong> Pellegrino <strong>di</strong> liberare i due uomini della Gallinella <strong>di</strong><br />

Rolando Pallavicino, che sostiene essere stati da lui arrestati “per malivolentia”.Se, invece,<br />

fossero stati trattenuti ex iure, glielo faccia sapere.<br />

143v Potestati Pelegrini.<br />

(1453 novembre 19, “contra Urces Novas”).<br />

Per querella del magnifico Rolando Palavicino havemo inteso che tu hay sustenuto duy<br />

delli homini suoi dela iuris<strong>di</strong>cione dela Galinella senza alcuna legiptima precedente<br />

cagione, ma piutosto per malivolentia. Per la qual cosa, se così è, volemo che subito gli<br />

debbi relaxare senza veruna exceptione; et se forse l’havesti sostenute legiptimamente,<br />

avisace subito per toe lettere dela cagione de tale detentione. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


527<br />

Francesco Sforza si compiace con il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> per la revoca dei salvacondotti e per la<br />

<strong>di</strong>rettiva al provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema. Si <strong>di</strong>ce <strong>di</strong>sponibile ad assecondare Ettore, governatore<br />

dell’abbazia <strong>di</strong> Cerreto, che desidera far rientrare presso <strong>di</strong> lui i suoi massari dalle parti ov’è il<br />

duca, purchè, deciso che abbiano il loro ubi consistant, ivi permangano.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1453 novembre 19, “contra Urces Novas”).<br />

Inteso quanto ne scriveti della receputa delle nostre lettere per la revocatione delli<br />

salviconducti et del’altra <strong>di</strong>rectiva al prove<strong>di</strong>tore de Crema, ne piace; ma perché <strong>di</strong>ceti<br />

che Hectore, gubernatore dell’abatia de Cerreto, voria far potere venire li suoi massari<br />

dal canto nostro, <strong>di</strong>cemo che siamo contenti gli <strong>di</strong>ate licentia con questo che, venuto<br />

serano dal canto nostro, non possano retornare né praticare dal canto. Et quando<br />

intendesseno fare altramente, volimo che stiano pur de là, or<strong>di</strong>nandoli che non<br />

debbiano praticare dal canto dellà et de qua, ma stare firmi dove elegerano la stantia<br />

loro. Ala parte delle victualie quale rechiedeno quelle nostre gente de Giaradada,<br />

<strong>di</strong>cemo che ge la debiati concedere, como per altre nostre ve habiamo scripto. Data ut<br />

supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

528<br />

Francesco Sforza esprime al podestà e al capitano dellla cittadella <strong>di</strong> Piacenza la sua<br />

sod<strong>di</strong>sfazione per come hanno sistemato re Renato e i suoi. Alla obiezione <strong>di</strong> lasciare a loro la<br />

possibilità <strong>di</strong> prendere legna perchè ritengono che il quantitativo assegnato è insufficiente, il<br />

duca risponde che essi non hanno bestie “apte a mandare per legne” e, inoltre, si eviterà che<br />

si taglino alberi “ali nostri homini”. Vuole, invece, che podestà e capitano calmierino con sanzioni<br />

penali i prezzi delle vettovaglie, per evitare che accaparratori profittino. della situazione, e li<br />

esorta a provvedere che ogni giorno vi sia sul mercato la quantità <strong>di</strong> beni ritenuta onesta.<br />

(1453 novembre 19, “contra Urces Novas”).<br />

Potestati et capitaneo citadelle nostre Placentie.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere per le quale ne avisati del’or<strong>di</strong>ne posto ali logiamenti<br />

dela mayestà del re Renato con li suoy, del che ve comen<strong>di</strong>amo; et benché credemo<br />

non bisognare, pur ve caricamo, per quanto haveti voglia fare cosa a nuy grata, debiati<br />

prosequire in tuto et per tuto quanto per altre nostre lettere ve havemo scripto in quella<br />

materia 144r Et perché ne scriveti che meglio seria assignarli le ligne ali buschi, perché<br />

non se contenterano de quella quantità se gli darà, quantunche honesta, <strong>di</strong>cemo che a<br />

nuy pare altramente, perché in quella compagnia gli sonno de molti gentilhomini e<br />

signori, quali non hanno bestie apte a mandare per legne et che starano contenti ala<br />

honesta tassa gli serà data, e serà più honore a nuy e a vuy, et non haverano cagione<br />

le gente taliare et guastare li arbori ali homini nostri. Ceterum, accioché per tali<br />

logiamenti el formento et altre victualie non cresca più del’honesto precio, che seria<br />

damno ala cità, donde tenendose alo honesto precio gli serano utili, volimo e ve<br />

comettemo che statim debbiati mettere uno certo honesto e limitato precio così al<br />

formento, como ale altre victualie; et se, per questa tale limitatione, quelli che ne hanno<br />

la stringeseno e non la volesseno vendere, volemo che a quelli che n’hano debiati fare<br />

uno comandamento penale: che ogni dì de mercato ne debbiano havere mandata ala<br />

piaza quella quantità ve parerà honesta, et a questo metiti bono or<strong>di</strong>ne. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


529<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà, al comune e agli uomini <strong>di</strong> Brusaporco <strong>di</strong> accogliere tutti i<br />

cavalli e soldati che i condottieri Sagramoro Visconti e Francesco Seco assegneranno. loro.<br />

In simile forma si è scritto ai podestà, consoli e comuni <strong>di</strong> Vignano e <strong>di</strong> Calcinate.<br />

(1453 novembre 19, “contra Urces Novas”).<br />

Potestati, communi et hominibus terre nostre Bruxaporchi.<br />

Per bene et utile del stato nostro havemo or<strong>di</strong>nato ali spectabili domino Segramoro<br />

Vesconte et domino Francesco Secho, nostri conducteri, che debiano mettere in quella<br />

nostra terra alcune gente d’arme, como dali pre<strong>di</strong>cti seriti informati (a). Pertanto volemo<br />

e ve coman<strong>di</strong>amo per la presente che debbiati ad ogni rechiesta et peticione delli<br />

pre<strong>di</strong>cti de domino Segramoro et domino Francesco receptare et mettere dentro de<br />

quella nostra terra tuti quelli cavalli et soldati che ve darano et or<strong>di</strong>narano li pre<strong>di</strong>cti; et<br />

questo non manchi per quanto haveti cara la gratia nostra. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum fuit potestatibus, consulibus et communibus terrarum nostrarum<br />

Vignani et Calcinate.<br />

(a) Informati scritto su altra parola.<br />

530<br />

Francesco Sforza scrive al condottiero Sagramoro Visconti <strong>di</strong> far avere a Vignate, Calcinate e<br />

Brusaporto, restii ad accettare le genti d’arme, le lettere che gli allega con l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> accettare<br />

tutti i cavalli, che (con l’avvertenza <strong>di</strong> un’eguale ripartizione) invierà loro. Gli chiede <strong>di</strong> mandare<br />

dei cavalli a Caravaggio per fare da scorta fino a Palazzolo o a Pontoglio all’ingegnere ducale<br />

Pietro da Cernusco, attualmente alloggiato a Caravaggio nell’osteria del Serracino, che fa<br />

andare in campo.<br />

(1453 novembre 19, “contra Urceas Novas”).<br />

144v Domino Sagramoro Vicecomiti, armorum et cetera.<br />

Havemo inteso como li homini nostri da Vignano, Calcinà et Bruxaporto non hanno<br />

voluto acceptare quelle nostre gente como ve havemo or<strong>di</strong>nato; pertanto volemo subito<br />

gli mandate Ie allegate lettere, alli quali scrivemo debiano acceptare tucti quelli cavalli<br />

gli dareti, guardando fare in modo che non sia gravato più uno loco che un altro, ma se<br />

gli habia bona advertentia ad compartirli bene. Ceterum vogliate, havuta questa,<br />

mandare qualche cavalli fina (a) ad Caravagio, ali quali or<strong>di</strong>nareti fazano la scorta fino<br />

ad Palazolo o ad Pontoglio ad magistro Pedro da Cernuschio, nostro inzegnero, quale<br />

facemo venire da Milano qui in campo, il quale alogia in Caravagio al'hostaria del<br />

Saraxino. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

(a) fina in interlinea.<br />

531<br />

Francesco Sforza conferma ad Antonio Sico, commissario <strong>di</strong> Geradadda, <strong>di</strong> aver saputo che<br />

Sagramoro e Francesco che non hanno potuto entrare con le genti d’arme in Urgnano, Calcinate<br />

e Brusaporto, località cui farà pervenire le allegate lettere nelle quali or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> eseguire “quanto<br />

hanno in commissione”.. Informi, poi, l’ingegnere ducale Pietro <strong>di</strong> Cernusco d’aver or<strong>di</strong>nato a<br />

Sagramoro <strong>di</strong> mandargli una scorta perchè possa raggiungerlo in campo.<br />

(1453 novembre 19, “contra Urceas Novas”).<br />

Antonio de Sichis, comissario nostro Glareabdue.


Havemo recevuta la vostra lettera et inteso quanto ne scrivete che domino Sacramoro<br />

et domino Francesco non sono possuti intrare con quelle nostre genti in Urgnano,<br />

Calcinà et Bruxaportho. Dicemo che’l ne despiace, et per le allegate scrivemo ale <strong>di</strong>cte<br />

nostre terre che le debiano acceptare ad ogni loro petitione, sichè mandareti le allegate<br />

alli pre<strong>di</strong>cti quanto più presto porreti et che exequiscano quanto hanno in commissione.<br />

Ad maestro Pedro de Cernuschio, nostro inzegnero, quale è venuto Iì da Milano <strong>di</strong>rrete<br />

per nostra parte che scrivemo al <strong>di</strong>cto domino Sacromoro che li debia mandare la<br />

scorta; sichè <strong>di</strong>cetegli staga in puncto et in or<strong>di</strong>ne che, como domino Sagramoro Ie<br />

mandarà la scorta, possa inme<strong>di</strong>ate venire via qui da nuy. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

532<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente, al podestà e ai presidenti agli affari <strong>di</strong> Piacenza che,<br />

venuto a conoscenza che devono attendere alla elezione <strong>di</strong> quattro uomini per provvedere agli<br />

alloggiamenti, vorrebbe che nel novero dei quattro sia scelto Stefano Crodazio, <strong>di</strong> cui apprezza<br />

la “fede, virtute et sufficientia”..<br />

(1453 novembre 19, “contra Urceas Novas”).<br />

145r Locumtenenti, potestati et presidentibus negotiis civitatis Placentie, nostris <strong>di</strong>lectis.<br />

Havendo inteso che per quella comunitate de Piasenza mò novamente se fa ellectione<br />

de quatro homini, quali habiano ad provedere quello che accaderà sopra li allozamenti<br />

delli cavalli, ne siamo mosti per questa nostra recordarvi che vogliati ellezere nel<br />

numero deli <strong>di</strong>cti quatro al <strong>di</strong>cto offitio Stefano Crodatio de quella nostra cità, dela fede,<br />

virtute et sufficientia del quale ne confi<strong>di</strong>amo nuy pienamente, certificandovi che a nuy<br />

fareti cosa che summamente ne piacerà. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

533<br />

Francesco Sforza ricorda al referendario <strong>di</strong> Pavia che il giustiziato Iacobino Garzo aveva avuto<br />

da magistro Anibaldo cinque bestie in soccida e gli fa anche presente che delle tre bestie, che<br />

ebbe il conte Giovanni <strong>di</strong> Albonesi, ad Anibaldo ne sono state restituite due e delle altre non ne<br />

ha potuto avere alcuna. Intendendo che Anibaldo consegua il dovuto, gli comanda <strong>di</strong> fare in<br />

modo che egli abbia dal conte Giovanni la terza bestia, oppure un manzo.<br />

Trovandosi le altre due bestie, comanda che siano date ad Anibaldo oppure che egli possa<br />

rifarsi sui beni <strong>di</strong> detto Iacobino.<br />

Referendario Papie.<br />

(1453 novembre 19, “contra Urceas Novas”).<br />

Vuy site informato como Iacobino Garzo, quale fo iusticiato per cose comisse contra el<br />

stato nostro, haveva in socido cinque bestie bovine da magistro Anibaldo, nostro<br />

manescalcho. Sapeti anchora che de tre, quale ne hebe el conte Zohanne <strong>di</strong> Albonesi,<br />

gle ne sonno state restituite doe, et che delle altre doe gli restavano non ne ha possuto<br />

havere alcuna;. Deliberando, adunche, che <strong>di</strong>cto magistro Anibaldo consegua el dovere<br />

suo, ve commettiamo et volemo debiati provedere per ogni modo et via expe<strong>di</strong>ente<br />

ch'esso magistro Anibaldo consegua et habia dal <strong>di</strong>cto conte Zohanne la terza bestia,<br />

overo manzo quale gli resta. Provedeti anchora che, retrovandose le altre doe bestie<br />

che manchano, Iuy le habia per ogni modo, overo che delli beni del <strong>di</strong>cto quondam<br />

Iacobino gle sia satisfacto interamente del pretio et valuta dele <strong>di</strong>cte bestie et de tuto<br />

quello debe havere rasonevelemente da Iuy per lo guadagno delle <strong>di</strong>cte bestie et d'ogni<br />

altra cosa habia havuta a fare seco per casone del <strong>di</strong>cto socedo, facendo per modo<br />

ch’esso magistro Anibaldo consegua el debito suo et nuy non habiamo casone più de<br />

replicarvi circa ciò. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Iohannes.


534<br />

Francesco Sforza impone al luogotenente <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> consegnare i genovesi lì detenuti<br />

Raffaele Adorno e Baldassarro Fornaro nel modo che in<strong>di</strong>cherà Andrea da Birago.<br />

145v Locumtenenti nostro Placentie.<br />

(1453 novembre 19, “contra Urceas Novas”).<br />

Deliberamo, et così ve comettiamo et volemo che debiati consegnare domino Raphael<br />

Adorno et Baldesaro Fornaro, Zenoesi Iì destenuti, et farne <strong>di</strong>sponere como et quello<br />

ve scriverà el spectabile Andrea da Birago, <strong>di</strong>lectissimo nostro. Data ut supra.<br />

Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

535<br />

Francesco Sforza comunica a Ettore Vallisnera, rettore dell’abbazia <strong>di</strong> Cerreto che,<br />

contrariamente a quello da lui segnalatogli, il monsignore vicecancelliere è morto.. Quanto ai<br />

suoi massari, lascia a loro la scelta <strong>di</strong> dove vogliono <strong>di</strong>morare, ma con l’avvertenza che, fatta<br />

una opzione, quella devono poi mantenere.<br />

(1453 novembre 19, “contra Urceas Novas)”.<br />

Dilecto amico nostro carissimo Hectori Vallisnere, rectori abbatie Cereti Laudensis.<br />

Havendo recevuto vostre lettere per le quali ne scriveti che lo reveren<strong>di</strong>ssimo<br />

monsignore vicecancellero era meliorato, per certo ne haveressemo recevuto singulare<br />

piacere, ma ve avisamo che havemo inteso per lettere fide<strong>di</strong>gne che la signoria sua<br />

passò de questa presente vita a XXX del passato; del che havemo recevuto<br />

singolarissimo cordoglio e tale che non potressemo <strong>di</strong>re né scrivere ma, considerato<br />

che è cosa naturale, ve confortiamo ad havere pacientia. Respondendo al’altre parte de<br />

vostre lettere ve rengratiamo e, quanto ala parte delli vostri massarii dell’abatia, siamo<br />

contenti che, a suo piacere, se reducano in le parte nostre et che ellezano quella<br />

stantia che gli piacerà con questa con<strong>di</strong>tione che non ritornano delà, aut volendo stare<br />

dal canto dellà non praticano dal canto nostro, como più largamente scrivemo de<br />

questo al nostro locumtenenti Laude, col quale ve potriti intendere. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

536<br />

Francesco Sforza scrive al commissario Francesco Giorgio e al familiare ducale Raffaele de<br />

Pugnelis che gli uomini <strong>di</strong> Casteggio si <strong>di</strong>cono impossibilitati a fornire i duecento sacchi <strong>di</strong><br />

frumento loro imposti, perchè il raccolto non ha consentito loro <strong>di</strong> averne a sufficienza per il loro<br />

uso. Il duca riba<strong>di</strong>sce loro <strong>di</strong> attenersi a quanto ha detto <strong>di</strong> pigliare dagli uomini “quello vogliono<br />

dare de loro bona volontà.”<br />

(1453 novembre 19, “contra Urceas Novas”).<br />

147r Francisco Georgio, comissario, et Raphaeli de Pugnelis, familiari nostro.<br />

Dilecti nostri, perchè quelli da Chiastezo se gravano che Ii hay ti, (a) Francesco Zorzi,<br />

imposti una prestanza et graveza de docento sachi de fromento, li quali <strong>di</strong>chono essere<br />

inhabili ad poterlo fare per Ia mala con<strong>di</strong>tione hanno havuta per Ia quale non hanno<br />

recolto ad sufficientia per uso Ioro, de che ve <strong>di</strong>cemo che vogliati havere respecto ala<br />

con<strong>di</strong>tione del luoco, et non vogliati agravarli più che siano agravati Ii loro vicinii<br />

circonstanti, et fati per modo non habiano casone de gravarse più de voy; et fate per<br />

modo che <strong>di</strong>cti homini non se possano per niente gravare, che sapeti ve habiamo <strong>di</strong>cto<br />

se piglia daIi homini queIIo vogliono dare de loro bona voluntà, et non altramente; et<br />

così volemo che fazati. Data ut supra.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.


(a) Segue Nicolò depennato.<br />

537<br />

Francesco Sforza scrive al milite Stefano de Folpertis, vicario generale, che se non si è ancora<br />

portato dal Consiglio, si porti da lui. In caso contrario, dopo il Consiglio, vada da lui.<br />

(1453 novembre 19, “contra Urceas Novas”).<br />

Egregio militi et doctori domino Stefano de Folpertis, vicario generali nostro <strong>di</strong>lecto.<br />

Volemo che, recevuta questa, non essendo partito per andare dal nostro Consiglio,<br />

quale scriveti havere mandato per vuy, vegniati fin qui da nuy per alcune cose havemo<br />

conferire con vuy, perchè l’è pocha strata et ve expe<strong>di</strong>remo presto. Et se sareti partito,<br />

volemo andati presto et ve expe<strong>di</strong>ati con presteza de quello haveriti a fare con loro;<br />

possa subito, senza <strong>di</strong>mora nè contra<strong>di</strong>ctione alcuna, vegnati via da nuy perchè ve<br />

possiamo <strong>di</strong>re quello ve havemo a <strong>di</strong>re. Data ut supra.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

538<br />

Francesco Sforza fa sapere al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che non gli pare più necessaria (come del<br />

resto gli ha già comunicato con due lettere) la spesa dei retrovar<strong>di</strong>.pagati dalle comunità.<br />

Quanto agli altri due, avuti a spese ducali, che ritengono sarebbe bene vendere salvandone,<br />

però, le armature, il duca non ha <strong>di</strong>fficoltà che facciano come credono, ma non ne spendano il<br />

ricavato senza sua licenza. Con le persone che vengano da Crema e da Bergamo per acquisto<br />

<strong>di</strong> vettovaglie si comportino con <strong>di</strong>screzione.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1453 novembre 19, “contra Urceas Novas”.)<br />

Respondendo ale vostre littere circha’l facto delli retrovar<strong>di</strong> pagati per Ie comunitate, Ii<br />

quali non haviti anchora voluto fare licentiare per lo dubio a vuy posto per domino<br />

Morello, <strong>di</strong>cemo, como per altre due ve havemo scritto, che a nuy non pare più<br />

necessaria quella spexa e volemo la togliate via per alleviare el carico ali homini nostri.<br />

Ala parte del’altre duy pagati a nostre spexe, Ie quale <strong>di</strong>citi, segondo el consilio a vuy<br />

dato, seria meglio vendere e salvare Ie armature d'esse, <strong>di</strong>cemo che siamo contenti<br />

che faciati como meglio ve pare non lassando spendere li <strong>di</strong>nari che se ne cavarà<br />

senza nostra licentia. Ala parte delli homini e femine quali da Crema e Bergamo<br />

vengono Iì per necessità del vivere e cazati dala fame, <strong>di</strong>cemo che questo se vole<br />

intendere et regere con <strong>di</strong>scretione. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

539<br />

Si è scritto a Sagramoro Visconti,in risposta al fatto che quei <strong>di</strong> Urgnano, Calcinate e Brusaporto<br />

hanno ricusato <strong>di</strong> ricevere le genti d’armi, <strong>di</strong> riprovare d’entrarvi, avendo il duca “opportune”<br />

scritto a quegli uomini, che, a loro volta, manderanno due <strong>di</strong> ogni comunità dallo Sforza anche in<br />

merito ai cavalli e ai fanti presi..<br />

147v Die xxi novembris.<br />

(1453) novembre 21, (“contra Urceas Novas”).<br />

Scriptum fuit domino Segramoro Vicecomiti respondendo suis pro hominibus Urgnani,<br />

Cologni, Calcinate et Bruxaporchi in facto gentium, quas recusaverunt acceptare, quod<br />

de novo remittat in <strong>di</strong>ctis locis <strong>di</strong>ctas gentes, quia scribitur <strong>di</strong>ctis hominibus opportune,<br />

et ulterius et quod mittant duos ex hominibus <strong>di</strong>ctarum terrarum, pro qualibet terra <strong>di</strong>cta,<br />

ad dominium nostrum et etiam pro facto equorum illorum et pe<strong>di</strong>tum captivorum, et<br />

cetera. Item scriptum fuit hominibus Urgnani et Cologni mirative quia recusaverunt


acceptare <strong>di</strong>ctas gentes domini Segramori Vicecomitis mandando eis expresse quod<br />

acceptare vellint illas gentes, quas prefatus dominus Sagramor sibi missurus erit et<br />

quod mittant duos ex suis ad dominium pre<strong>di</strong>cta de causa.<br />

In simili forma scriptum est hominibus Bruxaporchi et Calcinate.<br />

Ser Alexander de Ubertariis.<br />

Cichus.<br />

540<br />

Francesco Sforza, informato che a Crema non vi sono <strong>di</strong>eci libre <strong>di</strong> sale per cui a Bergamo si<br />

sono caricati dei cavalli per condurre là detta merce, or<strong>di</strong>na al commissario <strong>di</strong> Geradadda <strong>di</strong><br />

accordarsi con Sagramoro Visconti e con Francesco Secco per vigilare un po’ per tutto il paese<br />

per intercettare detti trasporti. Uguale cura il commissario deve avere per catturare i carichi <strong>di</strong><br />

bestie che da Crema portano biade a Bergamo.<br />

Man<strong>di</strong> l’allegata a Treviglio con la risposta <strong>di</strong> ritorno.<br />

Comissario Glareabue.<br />

(1453 novembre 21, “contra Urceas Novas”).<br />

Perchè siamo informati che dentro da Crema non è dece libre de sale et siamo advisati<br />

che a Bergamo è stato caricato alcuni cavalli de sale per condure ad Crema, pertanto<br />

volemo, intendendote con domino Sagramoro Vesconte et domino Francesco Secho,<br />

prove<strong>di</strong> che de dì et de nocte se facia tale guar<strong>di</strong>a per Ii passi et per lo paese, che <strong>di</strong>cte<br />

bestie nè altre cose possano passare che non siano pigliate, advisandove che, se gli<br />

usareti bona guar<strong>di</strong>a et fareti bona guar<strong>di</strong>a, facilmente ne captaranno in le mane et<br />

faraene cosa molto grata, advisandote anchora che siamo advisati como a Crema sono<br />

caricati molte bestie per condure biava ad Bergamo; sichè prove<strong>di</strong>, per quello modo<br />

che te parerà, che te capitano in ogni modo queste bestie in mano, et questo vole<br />

essere presto et senza per<strong>di</strong>tione de tempo. Mandaray subito la aligata ali homini de<br />

Trevilio et la respuosta vogli subito mandarnela. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

541<br />

Francesco Sforza scrive al podestà, al comune e agli uomini <strong>di</strong> Castiglione <strong>di</strong> aver inteso che da<br />

quel porto passa, senza licenza, “gente del campo...da pe<strong>di</strong> e da cavallo.” Or<strong>di</strong>na che non si<br />

consenta tale passaggio se non con bollettino munito della corniola ducale e sottoscritta dal suo<br />

cancelliere in conformità all’esemplare che trasmette. Avverte il podestà che, in caso <strong>di</strong><br />

trasgressione <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>sposizione, avrà una esemplare punizione.<br />

In simile forma alle comunità <strong>di</strong> Maccastorna, Ripalta, al commissario e podestà <strong>di</strong> Cassano.<br />

(1453 novembre 21, “contra Urceas Novas”).<br />

148r Potestati, comuni et hominibus Castiglioni.<br />

Perchè intendemo molta gente del campo nostro da pe<strong>di</strong> et da cavallo passano suso<br />

quello nostro porto et partonese senza nostra licentia et saputa, la quale cosa a nuy è<br />

summamente molesta et grave, et ad ciò che da qui inanze tu sapii como governarte<br />

circha Ie genti che vengono da campo per volere passare delIà da Adda, volemo, et per<br />

la presente te coman<strong>di</strong>amo che tu non lassi passar gente alcuna nè da cavallo nè da<br />

pede del campo, et sia et habia nome che se voglia, che vengono per passare ad<br />

quello nostro porto se non porteranno uno boletino delli nostri, sigillato delIa nostra<br />

corniola et suttoscripto dal canzellero, secundo che sta lo incluso boletino, quale te<br />

man<strong>di</strong>ano per più to(a) chiareza ad ciò che tu non possi errare. Quelli che portarano el<br />

nostro boletino de campo siamo contenti che li lassi pasare secundo se contenerà in<br />

esso boletino et non altramente, avisandote che se sentiremo che ad quello porto passi<br />

gente alcuna da cavallo o da pede che vegnano de campo per passare dellà da Adda<br />

senza il <strong>di</strong>cto nostro buletino, te daremo et faremo tale punitione che sarà exempio ad li<br />

altri che seranno inobe<strong>di</strong>enti ali nostri commandamenti; sichè vogli obe<strong>di</strong>re quanto<br />

havemo <strong>di</strong>cto de sopra se ami el bene nostro et la gratia nostra. Data ut supra.


Et rescriveraene dela receptione dela presente.<br />

In simili forma scriptum fuit comunitatibus Machasturne Ripalte, comissario et potestati<br />

Cassani.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

542<br />

Fraancesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà <strong>di</strong> Treviglio <strong>di</strong> catturare Francino, famiglio del suo uomo<br />

d’arme Giacomo da Treviglio e <strong>di</strong> non rilasciarlo fino a quando non restituirà tutto quello che gli<br />

ha portato via fuggendo da lui.<br />

Potestati Trivilii, nostro <strong>di</strong>lecto.<br />

(1453 novembre 21, “contra Urceas Novas”).<br />

Vene lì Iacomo da Trivigli, nostro homo d’arme, presente exhibitore, per casone <strong>di</strong> uno<br />

suo famiglio giamato Francino de quella nostra terra, quale ali dì passati s’è fugito da<br />

luy et portogli via la robba sua, como dal <strong>di</strong>cto Iacomo intenderay. Pertanto volemo<br />

debbe fare destenire <strong>di</strong>cto Francino havuta questa, non lassandolo fino non habia<br />

restituito e satisfacto la robba soa al <strong>di</strong>cto Iacobo; et provede sia subito spazato, che<br />

possa retornare subito in campo. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

543<br />

Francesco Sforza ripropone al luogotenente, al podestà e ai presidenti agli affari <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong><br />

inserire nella quaterna degli addetti all’ufficio degli alloggiamenti dei cavalli Stefano Credazio,<br />

purchè sia ritenuto “apto a quella cosa”<br />

(1453 novembre 21, “contra Urceas Novas”).<br />

148v Locumtenenti, potestati ac deputatis presidentibus negotiis civitatis nostre<br />

Placentie.<br />

Intendemo nuy che per quella comunitate nostra de Placentia fi facta una electione de<br />

quatro homini ad providere a quelle cose che occorrerano per lo facto delli lozamenti<br />

delli cavalli. Siamo mosti recordarve Stefano Cradatio, cita<strong>di</strong>no de quella nostra cità,<br />

per la qualcosa ve confortiamo lo vogliate acceptare nel numero delli <strong>di</strong>cti quatro,<br />

parendo a vuy che sia homo apto a quella cosa. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

544<br />

Francesco Sforza comanda al suo cancelliere Teseo da Spoleto <strong>di</strong> non molestare, per dare<br />

nelle loro case alloggio ai Francesi, le mogli <strong>di</strong> Niccolò da Tolentino e <strong>di</strong> Giapino, suoi uomini<br />

d’arme che sono in campo.<br />

Teseo de Spoleto, canzellero nostro.<br />

(1453 novembre 21, “contra Urceas Novas”).<br />

A nuy non pare ragionevele nè honesto che, stando qui in campo, Nicolò da Tollentino<br />

et Giapino, nostri homini d’arme, li siano molestati le case dove stano le sue moliere in<br />

quella nostra cita. Sichè non le usare molestare, perchè quando non fossero logiate ce<br />

bisognaria alozarle, e bene se potrano logiare le gente Franzose altrove. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


545<br />

Francesco Sforza chiede a Giovanni de Cignolis da Caravaggio <strong>di</strong> consegnare ad Antonio<br />

Seco, commissario <strong>di</strong> Geradadda, la lettera <strong>di</strong> familiarità che gli ha concessa per evitare a<br />

Giovanni il tormento dei molti che ne vogliono una simile alla sua.<br />

Iohanni de Cignolis de Caravagio.<br />

1453 novembre 23, “contra Urceas Novas”.<br />

Perchè molti sonno venuti da nuy ad rechiederne lettera de fameliarità secundo<br />

havemo concessa et facta ad te, et nuy malvoluntera gli concedemo simili lettere, per<br />

tore via questoro da queste domande, et ad ciò che non habiano casone de darve più<br />

te<strong>di</strong>o de tale cosa, volemo, havuta questa, tu debie dare et consignare la lettera nostra<br />

de fameliarità, quale te havemo concessa, ad Antonio Secho, nostro comissario de<br />

Giara d’Adda, al quale havemo scripto ne la debia inme<strong>di</strong>ate remandare qui ad noy.<br />

Data in castris nostris felicibus contra Urceas Novas, xxiii novembris 1453.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

546<br />

Francesco Sforza comanda al commissario <strong>di</strong> Geradadda <strong>di</strong> trasmettergli subito la lettera <strong>di</strong><br />

familiarità che gli consegnerà Giovanni da Cignoli.<br />

Comissario nostro Glareabdue.<br />

(1453 novembre 23, “contra Urceas Novas”).<br />

Scrivemo per l’alligata ad Iohanne da Cignoli de quella nostra terra che te debia dare et<br />

consignare una lettera de familiaritate quale gli habiamo concessa; pertanto volemo gli<br />

daghi <strong>di</strong>cta nostra lettera, et la lettera che luy te darà volemo ne la man<strong>di</strong> qui ad noy per<br />

uno deli nostri cavalari sonno lì imme<strong>di</strong>ate. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

547<br />

Francesco Sforza scrive ad Antonio Sico, commissario <strong>di</strong> Geradadda, che apprezza il fattto <strong>di</strong><br />

aver posto a Mozzanica il compagno <strong>di</strong> Francesco Sico, tuttavia, siccome manda un ufficiale<br />

che si curerà del sale, delle biade, del luogo e del Cremonese, vuole che non aggravi quei <strong>di</strong><br />

Mozzanica anche <strong>di</strong> quell’uomo d’arme.<br />

(1453 novembre 23, “contra Urceas Novas”).<br />

149r Antonio Sicho, comissario nostro Glareabdue.<br />

Respondendo ad quello ne haveti scripto del compagno de domino Francesco, quale<br />

haveti posto in Mozanica, <strong>di</strong>cemo ch’el respecto per lo quale gli l’haveti posto è stato<br />

laudabile et bono; non<strong>di</strong>meno, considerato che nuy gli mandaremo uno officiale, qual<br />

haverà cura del sale et delle biade et quello loco e Cremonese, ne pare et volemo non<br />

debbiati gravare essi da Mozanicha del <strong>di</strong>cto homo d’arme et removerlo da lì. Data ut<br />

supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.


548<br />

Francesco Sforza scrive a Giovanni de Zerbis, referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, che intendendo liberare<br />

Leonardo dell’Acqua, vuole che gli vengano pure liberati i suoi beni già incamerati.<br />

(1453 novembre 23, “contra Urceas Novas”).<br />

Egregio doctori domino Bonio Iohanni de Zerbis, <strong>di</strong>lecto referendario nostro Laude.<br />

Intendendo nuy de far relaxare Leonardo dal’Acqua, siamo contenti et volemo che gli<br />

faciate libere relaxare li beni, quali erano descripti ala Camera nostra, e revocare ogni<br />

novitate quale gli fosse facta per cagione dela sua detentione. Data ut supra.<br />

Cichus.<br />

549<br />

Francesco Sforza comanda al referendario <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> portarsi da lui entro il prossimo<br />

sabato, informato della tassa del sale, vecchia e nuova, che spetta agli uomini <strong>di</strong> Castelnuovo<br />

del capitano Giberto e della mo<strong>di</strong>fica <strong>di</strong> detta tassa effettua da Bartolomeo Trovamala.<br />

Referendario Placentie.<br />

(1453 novembre 23, “contra Urceas Novas”).<br />

Volimo che subito havuta questa vegni qui da nuy, e fa’ che per ogni modo tu te retrovi<br />

qui sabbato, che vene che sarà adì XXIIII del presente, e vene sii informato dela taxa del<br />

sale vechia e nova, zoè del’anno passato et presente, che tocha ali homini nostri de<br />

Castellonovo del magnifico Giberto, nostro capitaneo; e così vene anchora informato<br />

della mo<strong>di</strong>ficatione che altra volta fece Bartholomeo Trovamala della <strong>di</strong>cta taxa. Data ut<br />

supra.<br />

Cichus.<br />

550<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà, al capitano e al referendario <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> non<br />

permettere che vengano prese dagli uomini <strong>di</strong> Calendasco <strong>di</strong>sposizioni (pagamenti <strong>di</strong><br />

imbottature dei beni che hanno là e requisizione <strong>di</strong> certa loro roba e richiesta <strong>di</strong> pegni) a danno<br />

<strong>di</strong> Romagnolo e Cristofano, compagni <strong>di</strong> suo fratello Corrado. Sia loro restituito il maltolto e<br />

siano rimessi nello stato in cui erano precedentemente alle novità loro fatte.<br />

(1453 novembre 23, “contra Urceas Novas”).<br />

149v Potestati, capitaneo et referendario nostris Placentie.<br />

Romagnolo e Christofano, compagni del magnifico Conrado, nostro fratello, se sonno<br />

doluti cum nuy che per li homini de Calendasco vogliono essere astreti et artati a certi<br />

pagamenti, maxime per casone de imbotature per certi loro beni che hanno in quello<br />

paese e territorio; et che per <strong>di</strong>cta casone gli è tolta certa robba et pegni e facta novità<br />

contra de loro e fora del consueto e usitato. Pertanto volemo che debbiati provedere<br />

che contra delli <strong>di</strong>cti Romagnolo e Christoforo ne’ loro beni e cose non sia facta novità<br />

alcuna né datoli molestia né impazo alcuno per <strong>di</strong>cta casone, et che ogni novità facta<br />

per <strong>di</strong>cti da Calendascho contra de loro e pegni, et così tolte, le faciate restituire e<br />

revocare e remettere in suo grado et stato, como erano de prima, perché non<br />

intendemo che contra de loro sia per (a) modo alcuno innovata cosa del mondo, più<br />

che sia stato facto per li tempi passati. Et questo fati, remota ogni exceptione e subito,<br />

sichè non habiamo più affanno. Data ut supra.<br />

Ser Alexander de Ubertariis.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue cosa depennato.


551<br />

Francesco Sforza informa Carolo da Cremona, ufficiale delle caccce, che assecondando le loro<br />

richieste, ha concesso a Giacomo da Sena e a magistro Franzino <strong>di</strong> Piscari, <strong>di</strong> poter tagliare nei<br />

loro boschi del Pavese della legna da ardere, ben vigilando che non tocchino legna da opera.<br />

(1453 novembre 23, “contra Urceas Novas”).<br />

Carulo de Cremona, officiali nostro caciarum.<br />

Per compiacere a Iacomo da Sena et magistro Franzino <strong>di</strong> Piscarii, per parte delli quali<br />

siamo stati pregati (a) gli vogliamo concedere licentia che posseno far tagliare neli suoi<br />

bosch, quali hanno in Pavese fora del (b) nostro barcho, ligname da focho per suo uso;<br />

tamen <strong>di</strong>cemo che siamo contenti gli presti pacientia che possano fare tagliare del <strong>di</strong>cto<br />

legname per usare solamente al focho loro, advertando perhò che sotto questo non<br />

fazano tagliare ligname da opera né altro ligname per lo qual venissero guasti li boschi.<br />

Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

(a) pregati scritto su altra parola abrasa.<br />

(b) fora del scritto su altra parola abrasa<br />

552<br />

Francesco Sforza comanda al podestà <strong>di</strong> Fiorenzuola <strong>di</strong> vietare che i massari <strong>di</strong> Bagnolo<br />

dell’uomo d’arme ducale Antonio Farina siamo costretti a pagare lì il sale, quando già sono usi<br />

pagarlo a Castelnuovo.<br />

150r Potestati Florenzole.<br />

(1453 novembre 23, “contra Urceas Novas”).<br />

Antonio Farina, nostro homo d’arme, ne fa lamenta che li suoy massari de Bagnolo<br />

voleno essere astrecti a pagare el sale lì, quantumque per lo passato sempre l’habiano<br />

pagato a Castelnovo. Et perché nostra intentione non è che gli sia innovato contra<br />

l’usato, te comettiamo et volemo debii provedere che non gli sia innovata cosa alcuna<br />

(a) del’usato. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

(a) segue cont depennato.<br />

553<br />

Francesco Sforza vuole che il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> liberi il padre e lo zio del famiglio ducale<br />

Baboro, detenuti per una vertenza <strong>di</strong> armi che hanno con Iacomello da Napoli, che verrà<br />

risarcito da detto Baboro.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1453 novembre 24, (“contra Urceas Novas”).<br />

Siamo contenti e volemo che ala receputa de questa debiate relaxare el patre et il<br />

barba de Baboro, nostro fameglio, sustenuti, como siamo informati, per la <strong>di</strong>fferentia ha<br />

con sì Iacomello da Napoli per cagione del’arme. Et hoc perché ipso Baboro ha<br />

prometuto far contento el prefato Iacomello, al quale <strong>di</strong>riti che subito venga qua in<br />

campo, perché li faremo far contento dal <strong>di</strong>cto Baboro. Data ut supra, xxiiii novembris<br />

1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


554<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> rendere, come gli scrivono i Maestri delle<br />

entrate, giustizia con rito sommario nella vertenza che i dazieri lo<strong>di</strong>giani hanno con quelli <strong>di</strong><br />

Castione Lo<strong>di</strong>giano.<br />

Referendario nostro Laude.<br />

(1453 novembre 24, “contra Urceas Novas”).<br />

Respondendo ale vostre lettere circha la lamenta fanno li dacieri de quella nostra cità<br />

per quelli da Castione de Lodesana, acioché <strong>di</strong>cti dacierii non habiano cagione de<br />

lamentarse degnamente, volemo e ve commettemo, cessante mò quelli respecti per le<br />

quale ve scripsemo che dovesti soprasedere in la causa, che debbiate far ragione<br />

summariamente expe<strong>di</strong>endo la causa quo breviori tempore poteritis, como ve scriveno li<br />

Maystri del’intrate nostre, ali quali, se havessevo facta noticia dele nostre lettere dela<br />

cagione dela soprastanza, non ve haveriano scrito quanto ve scriveno. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

555<br />

Francesco Sforza conferma a Raffaele de Pugnelis <strong>di</strong> Cremona <strong>di</strong> aver preso atto della<br />

<strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> donare 3000 lire per comprare 1000 some <strong>di</strong> frumento, comprese le 131<br />

date nei giorni scorsi. Faccia <strong>di</strong> tutto per avere concretamente e subito il frumento, farlo<br />

macinare e mandarne la farina a Cremona ai commissari ducali per la cottura del pane.<br />

Lo informa <strong>di</strong> aver scritto a Bartolomeo da Correggio e a Gracino <strong>di</strong> portarsi personalmente dove<br />

occorre per racimolare la maggior quantità <strong>di</strong> frumento, farlo macinare e inviarne la farina a<br />

Cremona. Perchè si intenda la urgenza <strong>di</strong> pane in campo, li avverte che al presente importano<br />

più 100 moggia, anzichè 300 fra 15 giorni.<br />

150v Raphaeli de Pugnelis de Cremona.<br />

(1453 novembre 24, “contra Urceas Novas”).<br />

Restiamo advisati per una toa lettera della conclusione che ha facta quella nostra<br />

comunità de Pavia de donare libre III mila per comprare some mille de fromento,<br />

computate quelle some 131 ne hanno date ali dì passati; così havemo veduta la spexa<br />

che n'hay mandata che va in <strong>di</strong>cto fromento. Del tuto restiamo advisati; ad che<br />

respondendo te <strong>di</strong>cemo che noi volemo che de queste libre III mila, quale ne scrive te<br />

darano de presente quella nostra comunità, ne debii comprare tanto fromento che<br />

monti questi <strong>di</strong>nari, lo quale volemo facii inme<strong>di</strong>ate macinare in farine, et esse farine<br />

siano subite conducte ad Cremona et consignate alIi nostri comissarii sopra la fabrica<br />

del pane; et in questo non gli perdere una hora de tempo, per quanto hay ad caro la<br />

gratia nostra, advisandote che tute Ie altre cose non sonno da equiparare ala<br />

importantia de questa. Et si may usasti <strong>di</strong>ligentia et sollicitu<strong>di</strong>ne in alcuna cosa, vogli<br />

usarla in questa, et non te lassare dare parole et menare ala longa et per al naso como<br />

se fa alle buffale, perchè deve considerare como nuy stemo in campo; et fa’ et sollicita<br />

in modo che para inten<strong>di</strong> el bisogno nostro et che habiamo casone un'altra volta<br />

adoperarte in altre cose nostre, advisandote che nuy scrivemo ad domino Bartholomeo<br />

da Coregia et ad domino Gracino che debiano personalmente andare dove bisogna per<br />

recatare maiore quantità et summa de formento che sarà possibile, lo quale volemo sia<br />

tuto macinato in farina et mandata poi de tracta ad Cremona. Et in questo non gli<br />

perdere una hora de tempo, (a) perchè adesso ogne hora vale uno mese al facto<br />

nostro; et sollicita ancora che se compona quelle altre (b) dece terre che ne hay<br />

mandate in scripto, cavandone più formento potray et con bono et piacevole modo. Ma<br />

sopra tuto quello se ha da fare se faza presto et senza per<strong>di</strong>ctione alcuna de tempo,<br />

perchè de presente ne vogliamo più presto 100 moza che de qui ad XV dì 300 moza.<br />

Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.


(a) Segue et depennato.<br />

(b) altre in interlinea.<br />

556<br />

Francesco Sforza fa presente a Gracino da Pescarolo e al referendario <strong>di</strong> Pavia la massima<br />

urgenza che si ha, in campo, <strong>di</strong> vettovaglie per poter tenere unito l’esercito. Ha l’impressione<br />

che Raffaele Pugnello, mandato per trovare frumento, venga menato per le lunghe. Siccome<br />

Raffaele gli ha scritto che si porta Oltrepo e in Lomellina, sollecita Gracino e il referendario <strong>di</strong><br />

montare imme<strong>di</strong>atamente a cavallo alla ricerca <strong>di</strong> tanto frumento, farlo macinare e mandarne<br />

subito la farina a Cremona ai commissari addetti alla preparazione del pane.<br />

(1453 novembre 24, “contra Urceas Novas”).<br />

151r Domino Gracino de Piscarolo et referendario Papie.<br />

Perchè al presente non havemo cosa che ne prema né che sia de equiparare de<br />

importantia ad alcuna altra cosa quanto è il facto delle victualie, in le quale consiste<br />

adesso tuto el facto nostro, et perchè senza victualie questo nostro exercito non se<br />

potria mantenere unito et insieme, como è nostra intentione et la importantia del facto<br />

nostro. Et havendo noy mandato là Raphaele Pugnello per recatare una notabile<br />

summa de formento, ne pare sia menato molto alla longa et in modo che ne poressemo<br />

morire de fame che stesse a sua speranza; et perchè <strong>di</strong>cto Raphaele ne ha scripto che<br />

se resta ad componere alcune terre delIà da Po et in Lomellina, volemo subito, havuta<br />

questa, debbiati montare ad cavallo et andare per tuto dove serà necessario et recatare<br />

maiore quantità et summa de fromento serà possibile potere havere. II quale, como<br />

fareti condurlo, vogliati tuto farlo macinare in farine et quelle, como se venerano<br />

macinando, inme<strong>di</strong>ate et senza per<strong>di</strong>tione alcuna de tempo le fareti condure ad<br />

Cremona; et che siano consignate ali nostri comissarii sopra la fabrica del pane. Et in<br />

questo non gli perdere una hora de tempo, postponendo ogne altra cosa da canto,<br />

perchè ogni hora importa adesso al facto nostro uno mese. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

557<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> non molestare il fratello del suo cameriere<br />

Franceso da Lampugnano con la richiesta <strong>di</strong> biada per cavalli, perchè quella poca ch’era rimasta<br />

fu data ai Francesi quando alloggiarono lì.<br />

Locumtenenti nostro Laude.<br />

(1453 novembre 24, “contra Urceas Novas”).<br />

Ne ha significato Francesco da Lampugnano, nostro camerero, che volite artare suo<br />

fratello a casa ad cundure qua al nostro felice exercito una quantità de biava da cavalli,<br />

ala quale non seria sufficiente, perchè non gli n’è : quella pocha, che gli era, fo<br />

consumata per Ie gente Franzose, quaIi a questi dì passati se allogioreno lì. Per la qual<br />

cosa non voleno che lo debbiati artare, sia gravare a quello che’l non possa fare, ma<br />

solamente a mandare de quelle cose che’l pò. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

558<br />

Francesco Sforza comanda al podestà <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> procedere legalmente contro gli uomini del<br />

conte Onofrio Anguissola e lo stesso conte per aver sottratto al suo cavaliere il ban<strong>di</strong>to.<br />

Potestati nostro Placentie.<br />

(1453 novembre 24, “contra Urceas Novas”).<br />

Inteso quanto ne scriveti per el excesso comisso per el conte Honofrio Anghixola et li<br />

suoi in tolere dale mane al vostro cavalero quello ban<strong>di</strong>to, non potrissemo <strong>di</strong>re quanto


ne sia stato exoso tale acto inhonesto e pieno de mal exempio; et pertanto volimo che<br />

debbiati procedere da ragione contra li culpevoli del’excesso, et così contra el conte<br />

Honofrio, como contra qualunche altro colpevole, non guardando in fronte ad homo del<br />

mondo. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

559<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà, il capitano, il referendario e i deputati agli alloggiamenti<br />

<strong>di</strong> Piacenza nonchè Teseo da Spoleto si attengano a quello che <strong>di</strong>rà il suo famiglio Gandolfo<br />

da Bologna circa gli alloggiamenti <strong>di</strong> re Renato.<br />

(1453 novembre 24, “contra Urceas Novas”).<br />

151v Potestati, capitaneo referendarioque nostris deputatis super allogiamentis<br />

equorum civitatis Placentie, necnon Theseo de Spoleto.<br />

Man<strong>di</strong>amo là il nobile Gandolfo da Bologna, nostro fameglio, per la or<strong>di</strong>natione delli<br />

allogiamenti dela mayestà del re Renato. Volemo aduncha che a luy, como a quello che<br />

è informato delIa mente nostra, debbiate credere in la materia d'essi alozamenti quanto<br />

faresti a nuy proprii. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

560<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> lasciare liberamente rimpatriare Francesco<br />

de Cademosti, mentre suo fratello Luigi è confinato a Milano.<br />

Si è scritto a Gentile della Molara <strong>di</strong> portarsi subito dal duca.<br />

Locumtenenti nostro Laude.<br />

(1453 novembre 24, “contra Urceas Novas”).<br />

Havemo conceduta licentia a Francesco de Cademosti de retornare a casa e repatriare<br />

honestamente con l'altri nostri cita<strong>di</strong>ni; siché lassatilo stare liberamente senza<br />

impe<strong>di</strong>mento alcuno con questo, che Aluyse, suo fratello, observi le confine a Milano,<br />

dove gli havemo deputate le confine. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

Scriptum fuit Gentili dela Molara quod veniat ad dominum, visis presentibus.<br />

Iacobus.<br />

Cichus.<br />

561<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> impegnare, d’accordo con il referendario, il<br />

ricavato della ven<strong>di</strong>ta dei due retrovar<strong>di</strong> per la rie<strong>di</strong>ficazione della parte crollata del vecchio<br />

palazzo ducale, tenendo buon conto <strong>di</strong> ogni spesa.<br />

(1453 novembre 24, “contra Urceas Novas”).<br />

Spectabili <strong>di</strong>lecto locumtenenti nostro Laude.<br />

Segondo che per altre lettere nostre ve havemo scripto, così per questa ve repplicamo<br />

che per lo recordo, qual ne haveti dato de vendere quelli nostri duy retrovar<strong>di</strong>, siamo<br />

contenti che se ven<strong>di</strong>no; et deli <strong>di</strong>nari che se ne cavarà volimo che con intelligentia del<br />

referendario Iì se conferisca al spexa dela ratificatione de quelle parte del nostro palazo<br />

vegio qual è cascata e ruynata, facendo tenere bono conto de quanto se spenderà.<br />

Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


562<br />

Francesco Sforza, espresso al referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> il suo <strong>di</strong>spiacere per la rovina <strong>di</strong> una parte<br />

del palazzo vecchio ducale, gli <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> destinare il ricavato dalla ven<strong>di</strong>ta dei due retrovar<strong>di</strong> alla<br />

rie<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong> quanto è crollato.<br />

152r Referendario nostro Laude.<br />

(1453 novembre 24, “contra Urceas Novas”).<br />

Inteso quanto ne scriveti dela ruyna d'una parte del nostro palazo vegio de quella cità,<br />

ne è rencresciuto, ma ne piace del’or<strong>di</strong>ne haviti posto per ratificarla; et perchè ne<br />

scriveti che Iì non haveti el modo al <strong>di</strong>naro, siamo contenti, e così scrivemo al nostro<br />

locotenente lì, che deli <strong>di</strong>nari deIi retrovar<strong>di</strong>, quale se debeno vendere, se facia la<br />

spesa dela <strong>di</strong>cta ratificatione. Siché intenderitene con luy, e faritine fare proinde ogni<br />

scriptura opportuna. Data (ut supra).<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

563<br />

Francesco Sforza risponde al condottiero Sagramoro Visconti, che gli ha denunciato il rifiuto <strong>di</strong><br />

quelli <strong>di</strong> Urgnano <strong>di</strong> accoglierlo, che il Colleone ha scritto a quella gente che la quota spettantele<br />

<strong>di</strong> cavalli verrà ripartita tra Urgnanesi e Colognesi.<br />

(1453 novembre 24, “contra Urceas Novas”).<br />

Domino Segramoro Vicecomiti, nostro armorum, et cetera.<br />

Respondendo brevemente alIa vostra per la quale ne scriveti como quelli da Urgnano<br />

non hanno voluto receptarve, ve <strong>di</strong>cemo che’l magnifico Bartolomeo Coglione, nostro<br />

capitano, ne <strong>di</strong>ce havere scripto là per modo che quelli da Urgnano et quelli da Cologno<br />

venerano ad tuore la parte soa delIi cavalli vostri; siché ve caricamo attendati cum ogni<br />

stu<strong>di</strong>o et <strong>di</strong>ligentia ad mantenere Ia strata secura et vetare che Ii inimici non possano<br />

fare damno alcuno. Et fate per modo ne faciati sentire bone novelle, como speramo<br />

fareti. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

564<br />

Francesco Sforza comanda a Raffaele de Pugnelis <strong>di</strong> non dare alcun fasti<strong>di</strong>o ad Alberico<br />

Maletta, consigliere del duca <strong>di</strong> Modena, per le biade delle sue proprietà lomellinesi che usa per<br />

la sua famiglia e per la ven<strong>di</strong>ta per sod<strong>di</strong>sfare i suoi cre<strong>di</strong>tori.<br />

Raphaeli de Pugnelis.<br />

1453 novembre 25, “contra Urceas Novas”.<br />

El spectabile doctore domino Alberico Maleta, consigliero del’illustre signore duca de<br />

Modena, n'ha scripto havere certa quantità de biave in Lomellina nasciute in Ie sue<br />

possessione, quale voria per suo uso et delIa fameglia sua et per vendere, aciochè’l<br />

possa satisfare a chi de’ havere da luy. Pertanto te <strong>di</strong>cemo che a luy né aIi suoy non<br />

debii dare impazo alcuno de niuna quantitade de biava. Data contra Urceas Novas, xxv<br />

novembris 1453.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

565<br />

Francesco Sforza loda il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> per l’inventario fatto dei beni dell’abbazia <strong>di</strong><br />

Cerreto. Si <strong>di</strong>ce contento che si lasciano al fattore del defunto monsignore vino, strame e legna<br />

che detiene, così come lui, duca, gli rilascia la parte spettantegli.


152v Locumtenenti Laude.<br />

(1453 novembre 25, “contra Urceas Novas”).<br />

Havemo recevuto le vostre lettere et inteso quanto ne scriveti dela descriptione facta de<br />

quelli beni et cose de quella abbatia de Cereto, <strong>di</strong> quali ce haveti mandato la copia; nel<br />

che comen<strong>di</strong>amo asay la <strong>di</strong>ligentia vostra, et così <strong>di</strong>cemo debbiati provedere che niuna<br />

cosa passa in sinistro, excepto quello vino, strame et legna che <strong>di</strong>ceti è remasto in<br />

mano Iì del factore del reveren<strong>di</strong>ssimo quondam monsignore vicecancellero, al quale<br />

siamo contenti, per quello ne scriveti in comendatione soa et della fede che'l ne porta,<br />

che ge Ii lassati liberamente; et così nuy gli lo lassiamo, per quanto ad nuy specta, de<br />

bona voglia. Data ut supra.<br />

Christoforus de Cambiago.<br />

Cichus.<br />

566<br />

Francesco Sforza comanda al lo<strong>di</strong>giano Paolo de Brachis <strong>di</strong> raggiungerlo, ovunque si trovi,<br />

perchè intende dargli certi or<strong>di</strong>ni prima della presa del suo ufficio.<br />

Paulo de Brachis, civi Laudensi.<br />

1453 novembre 26, “apud Urceas Novas”.<br />

Perchè, como haveriti inteso, havemo havuta questa terra per la Dio gratia, volemo che<br />

subito debiati venire da nuy, ita che omnino siati qui mercorì proximo a venire, che serà<br />

a XXVlll del presente; et se pur non ne retrovasseno qui, venite là dove seremo inante<br />

che intrate in l'officio, perchè ve volemo parlare e dare certi or<strong>di</strong>ni, quali vorimo faciate<br />

servare. Data apud Urceas Novas, xxvi novembris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

567<br />

Francesco Sforza fa sapere a Benedetto de Curte, capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza,<br />

che vuole che nessuno, francese o soldato sforzesco, alloggi nella casa del suo famiglio<br />

Maticello.<br />

(1453 novembre 26, “apud Urceas Novas”).<br />

Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo ci(ta)delle nostre Placentie.<br />

Volimo debii provedere et or<strong>di</strong>nare che in casa de Maticello, nostro fameglio, non sia<br />

allozato persona alcuna, così de quelli delIa mayestà del Re, como delli nostri soldati.<br />

Data ut supra.<br />

Nicolaus.<br />

Iohannes.<br />

568<br />

Francesco Sforza scrive al conte Bolognino <strong>di</strong> Sant’Angelo, castellano del castello <strong>di</strong> Pavia, che,<br />

siccome deve rilasciare Giovanni de Montalto, può riprendersi nel castello i quattro suoi famigli<br />

posti alla guar<strong>di</strong>a del suddetto Giovanni.<br />

1453 novembre 27, “apud Urceas Novas”.<br />

153r Magnifico militi domino Bolognino Sancti Angeli, comiti ac castellano arcis nostre<br />

Papie.<br />

A dì passati ve scripsemo che dovesti mettere ala guar<strong>di</strong>a de Iohanni de Montaldo<br />

quatro <strong>di</strong> vostri famegli, como ve <strong>di</strong>ria Ranino da Binascho, famiglio de Andrea da<br />

Birago. Hora siamo contenti e volemo che <strong>di</strong>cto Iohanne sia remesso in sua libertate et<br />

possa andare dove Ii piace; siché voglati retrare Ii <strong>di</strong>cti vostri famigli et tenerli in castello


a modo usato, lassando <strong>di</strong>cto Iohanne in libertate sua senza altra exceptione. Data<br />

apud Urceas Novas, xxvii novembris 1453.<br />

Advena.<br />

Cichus.<br />

569<br />

Francesco Sforza attesta a Donato da Milano la sua sod<strong>di</strong>sfazione per quanto ha fatto per<br />

Romanengo e gli <strong>di</strong>ce che l’attende all’indomani. Revoca il salvacondotto ai frati <strong>di</strong> San<br />

Bernar<strong>di</strong>no <strong>di</strong> Crema, cui invierà la lettera allegata.<br />

Donato de Me<strong>di</strong>olano.<br />

(1453 novembre 27, “apud Urceas Novas”).<br />

Havemo recevuto la toa lettera et inteso quanto ne scrivi del borgo de Romanengo;<br />

<strong>di</strong>cemo hay facto bene, ne restiamo avisati et non accade <strong>di</strong>re altro, se non che<br />

domane te aspectiamo, como tu ne recor<strong>di</strong> per l'alligata. Revocamo el salvoconducto ali<br />

frati de Sancto Bernar<strong>di</strong>no de Crema per I'alligata nostra, la quale gli potray mandare.<br />

Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

570<br />

Francesco Sforza fa sapere ai religiosi dell’Or<strong>di</strong>ne dell’Osservanza <strong>di</strong> San Bernar<strong>di</strong>no presso<br />

Crema che ritira loro il salvacondotto.<br />

(1453 novembre 27, “apud Urceas Novas”).<br />

Venerabilibus religiosis dominis fratribus Or<strong>di</strong>nis Observantie minorum monasterii<br />

Sancti Bernar<strong>di</strong>ni apud Cremam, nostris <strong>di</strong>lectis.<br />

Per certi boni respecti ve avisamo como nuy, per tenore de questa, ve revocamo il<br />

salvoconducto quale ve havemo concesso; per la qual cosa ve <strong>di</strong>cemo così che ala<br />

recevuta de questa non vogliati usare più <strong>di</strong>cto salvoconducto, avisandone che,<br />

passato el dì del contramando, non ve serà più observato. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

571<br />

Francesco Sforza avverte il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> aver scritto a Filippo d’Ancona <strong>di</strong> mandare lì<br />

al Fiorentino alcune paia <strong>di</strong> buoi, che ha comprati per fornirsi <strong>di</strong> legna. Provveda <strong>di</strong> avere dal<br />

provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema salvacondotti per più carri che può per il trasporto <strong>di</strong> molta legna<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1453 novembre 27, “apud Urceas Novas”).<br />

Havendo nuy or<strong>di</strong>nato et scripto a Filippo d'Anchona che debba mandare Iì al<br />

Fiorentino alcuni pari de bovi, quali havemo facto comprare per fornirce de legne,<br />

volimo che prove<strong>di</strong>ate de havere uno salvoconducto dal prove<strong>di</strong>tore de Crema per li<br />

nostri carri da essere mandati per legne. Et a questo non per<strong>di</strong>te tempo, e tolitelo per<br />

più carri che potriti, solicitando de continuo <strong>di</strong>cto Fiorentino a far fare bone ligne et<br />

asay. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

572<br />

Francesco Sforza risponde a donna Luchina dal Verme <strong>di</strong> non credere che il suo consigliere<br />

Angelo Simonetta abbia convenuto con lei mille staia (<strong>di</strong> sale), perchè Angelo non avrebbe mai<br />

fatto ciò a sua insaputa e con tanto pregiu<strong>di</strong>zio delle entrate ducali, perchè, come anche ben sa,<br />

il sale è il “nervo del (suo) stato”. Le riconferma che lui tratta le sue cose e quelle <strong>di</strong> Pietro con la


stessa cura che ha per le proprie. Sebbene sia vero che Roccafranca gli sia richiesta da molti,<br />

l’assicura che, sistemato tutto, sarà favorevole alle ragioni <strong>di</strong> Pietro non meno che a quelle della<br />

sua Camera. Quanto alla gente ducale che domanda le tasse nelle terre <strong>di</strong> donna Luchina, lei<br />

non ha che da imporre che faccia il proprio dovere.<br />

153v Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

(1453 novembre 27, “apud Urceas Novas”).<br />

Havemo recevuto vostre lettere, ale quale respondendo, et primo, ala parte che <strong>di</strong>ceti<br />

havere facto compositione in mille stara per lo mezo de Angelo Simoneta, nostro<br />

consigliero, ne maravigliamo asay de questo e non trovariti che la sia così, perchè <strong>di</strong>cto<br />

Angelo non l'haveria facto senza nostra saputa in tanto preiu<strong>di</strong>tio delle intrate nostre. E,<br />

como debbe sapere la vostra magnificentia, la più bella e meliore intrata e dela quale<br />

melio se a<strong>di</strong>utamo è quella del sale e, turbandonela, seria uno butare in fasse el facto<br />

nostro, che non credemo essere vostra intentione, perché el fato nostro è pur vostro<br />

proprio. Siché ve confortiamo e anche pregamo che non ve voliati fare <strong>di</strong>fficile a questo<br />

facto del sale, che è proprio nervo del stato nostro. Ala parte che nuy habiamo <strong>di</strong>cto e<br />

replicato non volere tractare mancho bene voy et il conte Pedro, <strong>di</strong>cemo che l'è vero, né<br />

menore cura volimo delle cose vostre et del <strong>di</strong>cto conte Pedro che delle nostre proprie;<br />

e così vederiti ali effecti. Quantum vero ala parte de Rocha Franca, <strong>di</strong>cemo che,<br />

quamvis<strong>di</strong>o la ne sia domandata da (a) molti, pur como siamo firmati in qualche loco,<br />

voluntera intenderemo le ragione che le ha el conte Pedro e non mancho gli seremo<br />

favorevoli che serissemo ale ragione della Camera nostra propria. Ala parte delle<br />

nostre gente, quale doman<strong>di</strong>no le taxe in le vostre terre, ve confortiamo a farli fare el<br />

dovere per tolerne tanto te<strong>di</strong>o a nuy et anche a voy. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

(a) Segue altri depennato.<br />

573<br />

Francesco Sforza informa il suo familiare Fiorentino da Firenze <strong>di</strong> aver or<strong>di</strong>nato a Filippo <strong>di</strong><br />

Ancona <strong>di</strong> mandargli sei od otto paia <strong>di</strong> buoi, che ha fatto comprare nel Novarese. Non appena il<br />

luogotenente avrà ottenuto il salvacondotto per i carri per le legne, lui, Fiorentino, si darà da fare<br />

per avere molta e buona legna da fuoco che poi riporrà nella stalla vecchia.<br />

Florentino de Florentia, familiari nostro.<br />

(1453 novembre 27, “apud Urceas Novas”).<br />

Havimo or<strong>di</strong>nato per vostre lettere a Filippo d'Anchona che te debia mandare lì a Lo<strong>di</strong><br />

VII overo VIII pari de bovi, quali havemo facto comprare in Novarese; pertanto volimo<br />

che tu soliciti de haverli subito e presto, et havuti che l'haveray troverati con el nostro<br />

locotenente Iì al quale scrivemo che circha de havere uno salvoconducto 154r per le<br />

carre da mandare per legne; siché tu non perderay tempo in mandare ogni dì per legne<br />

da focho tanto che ne habiamo una bona quantità, ma che siano bone; et le faray<br />

reponere e salvare per nuy in la stalla vegia. Et in questo usa <strong>di</strong>ligentia perchè te<br />

mandemo li <strong>di</strong>cti bovi per così fare. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

574<br />

Francesco Sforza risponde a Bartolomeo de Trovamalis dei Maestri delle entrate che gli ha<br />

segnalata la pretesa dei dazieri <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> costringere i conducenti <strong>di</strong> vettovaglie in corte e<br />

in campo al pagamento sostenendo che tutto si ferma a Cremona. Il duca chiarisce che tale<br />

merce che si arresta a Cremona si ha modo <strong>di</strong> convertirla in uso del campo anche quando non<br />

si ha modo <strong>di</strong> farla arrivare fin là. Non devono, perciò, i dazieri frapporre ostacoli, perchè<br />

Cremona è “fondeghio delle victualie pre<strong>di</strong>cte” e lui vuole che “lì...ogniuno ne possa condure<br />

delle victualie liberamente et senza pagamento alcuno”.<br />

(1453 novembre 27, “apud Urceas Novas”).


Bartholomeo de Trovamalis, ex Magistris intratarum nostrarum.<br />

Perchè per una toa de dì 24 ne pare intendere che per li datierii de quella nostra cità de<br />

Piasenza fi facta <strong>di</strong>fficultade a quelli che conducano delle victualie per uso della corte<br />

nostra et de questo nostro exercito cum volerli astringere a pagamento, <strong>di</strong>cendo che<br />

<strong>di</strong>cte victualie Ie conducano et vendano dentro da Cremona, et cetera. Acioché inten<strong>di</strong><br />

sopra ciò la dechiaratione dela mente et voluntà nostra, te <strong>di</strong>cemo che, considerato li<br />

conductori delle victualie molte volte non hanno el modo de condurle in campo et in<br />

Cremona, non hanno el (a) tempo de stare a vendere <strong>di</strong>cte victualie ale gente nostre<br />

del campo, ma considerato che, conducendose lì in Cremona poi se convertano in uso<br />

del campo, che quando in Cremona non fossero delle <strong>di</strong>cte victualie, non se ne (b)<br />

poderia havere per uso del campo, te <strong>di</strong>cemo che a nuy pare che per <strong>di</strong>cti datierii non<br />

sia facta inhibitione né impe<strong>di</strong>mento alcuno ali conductori delle victualie pre<strong>di</strong>cte; et se<br />

<strong>di</strong>cti conductori non le conducessero in campo, ma in Crema, perchè intendemo che<br />

Cremona sia fundeghio delle victualie pre<strong>di</strong>cte, etiam se <strong>di</strong>cti conductori non le<br />

conducessero, et lì volemo che ogniuno ne possa condure delle victualie liberamente et<br />

senza pagamento alcuno, intendendo, però, de quelle cose et victualie tantum che<br />

verisimelmente se habiano convertire in uso del campo, et non altramente. Data ut<br />

supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue modo depennato.<br />

(b) ne in interlinea.<br />

575<br />

Francesco Sforza scrive al condottiero Sagramoro Visconti e a Francesco de Sechis <strong>di</strong> prendere<br />

visione <strong>di</strong> quel che scrive Gaspare de Sessa e <strong>di</strong> intendersi con lui, con il conestabile Cristoforo<br />

da Cremona e con quanti altri si trovano là per dare una “rebufata” ai nemici <strong>di</strong> Crema.<br />

1453 novembre 29, “apud Urceasnovas”.<br />

154v Spectabilibus domino Segramoro Vicecomiti, armorum, et cetera, et Francesco de<br />

Sechis, nostris <strong>di</strong>lectis.<br />

Per la copia inclusa dela lettera de Gasparro de Sessa vederiti quello ne scrive; et<br />

pertanto volemo debiati intenderve con esso Gasparro, Christoforo da Cremona, nostro<br />

conestabile, et con quelli altri nostri sonno del canto dellà, et persforzarve de aptare<br />

questa cosa per tale forma che se facia qualche cosa relevata et ne dagati una rebufata<br />

ali inimici nostri lì de Crema. Et circha ciò ve confortiamo e carichamo Ii interponati ogni<br />

vostra <strong>di</strong>ligentia, cura et stu<strong>di</strong>o se amati el bene nostro. Data apud Urceas Novas, 29<br />

novembre 1453.<br />

Iacobus de Revoltella.<br />

Iohannes.<br />

576<br />

Francesco Sforza comanda ad Antonio de Sichis <strong>di</strong> trasmettere, a qualsiasi ora la riceverà, la<br />

presente missiva a Sagramoro e a Francesco Seco o a uno <strong>di</strong> loro.<br />

Antonio de Sichis, comissario Glareabdue.<br />

(1453 novembre 29, “apud Urceas Novas”).<br />

Volimo ad ogni hora receveriti la presente, debiati per messo proprio mandarla dove se<br />

retrovarà domino Segramoro e domino Francesco Secho, o uno <strong>di</strong> loro; et in questo<br />

non sia fallo. Data ut supra.<br />

Suprascriptus Iacobus.<br />

Iohannes.


577<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà <strong>di</strong> Maledo faccia restituire all’uomo d’arme Bartolino,<br />

compagno <strong>di</strong> Tiberto Brandolini, un cavallo che aveva lascito lì presso un suo amico e che gli è<br />

stato sequestrato per un debito che quella comunità aveva per la sua quota delle guar<strong>di</strong>e<br />

dell’Adda.<br />

Potestati Male<strong>di</strong>.<br />

1453 novembre 29, “apud Urceas Novas”.<br />

Ne ha significato in querella Bartholino, homo d’arme, compagno del magnifico domino<br />

Tiberto che, havendo Iuy uno cavalIo apreso uno suo amico in quella terra per<br />

mancamento e debito haveva questa comunità per la sua rata dele guar<strong>di</strong>e d'Ada, gli è<br />

stato sequestrato e menato via; et pertento volemo che debii astrengere essa comunità<br />

ad rescotere el cavallo et restituirlo a <strong>di</strong>cto Bartholino. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

578<br />

Francesco Sforza scrive a Giovanni de Iordanis, podestà, a Benedetto de Curte, capitano della<br />

cittadella <strong>di</strong> Piacenza, <strong>di</strong> aver preso atto dell’or<strong>di</strong>ne dato per gli alloggiamenti in città <strong>di</strong> re<br />

Renato. Lascia al suo famiglio Gandolfo da Bologna <strong>di</strong> manifestare loro la volontà ducale per<br />

una decorosa e onorevole accoglienza del re, cui consegneranno le chiavi della città, della<br />

cittadella e del castello, cui daranno libero accesso.<br />

(1453 novembre 29, “apud Urceas Novas”).<br />

155r Egregio doctori ac nobili <strong>di</strong>lectis nostris domino Iohanni de Iordanis, potestati, et<br />

Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo citadelle civitatis nostre Placentie.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere per le quale restiamo advisati del’or<strong>di</strong>ne haviti posto<br />

ali alogiarnenti dela mayestà del Re in quella nostra cità con quello suo; ad che non<br />

facemo altra respuosta perchè havemo poi mandato là Gandolfo da Bologna, nostro<br />

fameglio, informato deIa mente nostra, col quale ve intendeti et provedeti ad tucto<br />

quello sia necessario per recevere bene et honoratamente la prefata Mayestà et Ii<br />

suoy, et per demonstrare ala Mayestà soa la grande affectione nostra verso essa.<br />

Volemo che nel’intrare farà la Mayestà soa in quella nostra cita se presentino Ie giave<br />

dela cità et delIa citadella et del castello, et che ad ogni peticione soa lassati intrare la<br />

mayestà soa in la citadella et nel castello como parerà ad essa, non altramente como<br />

se fossemo nuy proprii. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Franciscu Sfortia vicecomes manu propria subscripsit.<br />

Cichus.<br />

579<br />

Francesco Sforza fa sapere a Gracino da Pescarolo e al referendario <strong>di</strong> Pavia che Lorenzo<br />

Isimbar<strong>di</strong> e Giacomo Scrovigno pretendono <strong>di</strong> avere entrate da Cairo. Il duca consente che essi<br />

abbiano solamente una provvisione, come e dove a Gracino e al referendario parrà.<br />

(1453 novembre 29, “apud Urceas Novas”).<br />

Domino Gracino de Piscarolo et referendario Papie.<br />

Perchè Laurenzo Isimbardo et Iacomo Scrovigno pretendeno dovere havere intrate del<br />

loco de Cayro del contado de quella nostra cita, et l'uno et l'altro se lamenta che non gli<br />

è resposto d'essa, et nuy non la prometesserno nè al'uno nè al'altro, ma gli<br />

prometessemo certa provisione a caduno de loro, como sapeti, ve <strong>di</strong>cemo che nè l'uno<br />

de loro volimo habia <strong>di</strong>cte intrate, ma gli respon<strong>di</strong>ati ad caduno de loro la soa


provisione, como et dove ve parerà meglio; et in questo ve portareti talmente et gli<br />

usareti tale parole al'uno et al'altro che tuti duy restino contenti et ben satisfacti. Data ut<br />

supra.<br />

Marchus.<br />

Cichus.<br />

580<br />

Francesco Sforza vuole che Teseo da Spoleto e il capitano del <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> Piacenza si mettano<br />

sulle tracce <strong>di</strong> Gabriele da Pavia e <strong>di</strong> Gatone dalla Vazola, famigli <strong>di</strong> Malacarne, caposquadra<br />

dei fratelli Sanseverino, condottieri ducali. Presili, non devono rilasciarli se non a restituzione<br />

avvenuta della roba rubata al Malacarne o dopo essersi accordati con lui o con un suo messo.<br />

(1453 novembre 29, “apud Urceas Novas”).<br />

Theseo de Spoleto et capitaneo devetus Placentie.<br />

L’è fugito da Malacarne, capo de squadra delli spectabili fratelli da Sanseverino, nostri<br />

conducteri, duy suoy famigli giamato, l'uno Gabriel da Pavia et l'altro Gatone dalla<br />

Vazola quali gli hanno portati via certa soa robba et sonno capitati lì in quella vostra<br />

iuris<strong>di</strong>ctione. 155v (a) Pertanto volemo che subito, recevuta questa, debiati retrovare<br />

<strong>di</strong>cti famigli et gli fariti destenere non relaxandoli fina tanto non haveranno restituito la<br />

roba de <strong>di</strong>cto Malacarne, overo che siano de accor<strong>di</strong>o cum esso, overo con suo messo<br />

portatore de questa. Data ut supra.<br />

Nicolaus.<br />

Iohannes.<br />

(a) In inizio carta: <strong>di</strong>e XXVIII novembris.<br />

581<br />

Francesco Sforza informa Paolo Amicono, capitano della Martesana, che manda lì i suoi uomini<br />

d’arme Scaramuza dal Bastone e Menino da Bergamo per una certa pratica per la quale vuole<br />

che egli <strong>di</strong>a loro ogni aiuto e favore.<br />

Paulo Amicono, capitaneo Martexane.<br />

(1453 novembre 29, “apud Urceas Novas”).<br />

Man<strong>di</strong>amo là li strenui Scaramuza dal Bastone et Menino da Bergamo, nostri homini<br />

d’arme, per exequire una certa pratica qual menano de impositione nostra. Pertanto<br />

aciochè melio se man<strong>di</strong> ad executione la facenda, volimo che tu gli daghi logiamento<br />

più apresso a Brivio che si pò et, bisognandoli più una cosa che un'altra per la facenda,<br />

darali ogni a<strong>di</strong>uto, consilio e favore possibile; e non manchi per quanto tu hay caro el<br />

fato nostro. Data ut supra.<br />

Iacobus.<br />

Cichus.<br />

582<br />

Francesco Sforza avverte Rossino Piore, commissario <strong>di</strong> Ripalta, che manda lìGiovanni Caymo,<br />

commissario a Pizzighettone, per vedere il legname e le ferramenta del ponte <strong>di</strong> Ripalta per<br />

poter poi sistemare il ponte <strong>di</strong> Pizzighettone.<br />

Gli presti ogni favore e aiuto per condurlo a Pizzighettone.<br />

Si è scritto al podestà <strong>di</strong> Caravaggio per informarlo che può lasciare per otto giorni il suo ufficio<br />

per portarsi a Milano.<br />

Rossino Piore, comissario nostro Rippalte.<br />

1453 novembre 30, “apud Urceasnovas”.<br />

Iohanni Caymo, nostro comissario in Pizghetone, manda Iì per vedere quello ligname et<br />

ferramento del ponte de Ripalta per fare accontiare el ponte de Pizighetone. Pertanto


volimo che tu gli lo lassi vedere et dargli quello ch’el te domandarà, et cosi ogni aviso et<br />

favore che te domandara per condurlo ad Pizghectone. Data apud Urceasnovas, ultimo<br />

novembris 1453.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

Die primo decembris.<br />

Scriptum fuit per litteras missivas potestati Caravagii quatenus dominus contentatur<br />

quod possit recedere ab officio suo per <strong>di</strong>es octo pro eundo Me<strong>di</strong>olanum.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

583<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Benedetto de Curte, capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza, <strong>di</strong><br />

convocare Antonio da Niceli per cercare <strong>di</strong> convincerlo a versare allo squadrero ducale<br />

Leonardo Scalino le oltre 400 lire <strong>di</strong> cui è debitore per la tassa dovutagli. Se perseverasse nella<br />

sua renitenza, lo imprigioni e non lo liberi fino a che non avrà completamente sod<strong>di</strong>sfatto il suo<br />

cre<strong>di</strong>tore.<br />

(1453 novembre 30, “apud Urceasnovas”).<br />

156r Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitano citadelle Placentie.<br />

Antonio da Nicelli è debitore de Leonardo ScaIino, squadrero nostro, de più de<br />

quatrocento libre per casone delIa taxa soa, Ii quali non ha may possuto conseguire<br />

perchè non vole comparere. Deliberando adunche non patire questa soa renitentia et<br />

ch’el <strong>di</strong>cto Leonardo sia satisfacto, te cornettiamo et volemo che con qualche honesto<br />

modo lo debii fare venire da ti, et che quando el sia venuto, lo destregni et non relaxi<br />

fina tanto che l'habia satisfacto al <strong>di</strong>cto Leonardo de tuto quello debbe havere per casone<br />

delIa <strong>di</strong>cta taxa, senza exceptione et contra<strong>di</strong>ctione alcuna; et deIe sopra<strong>di</strong>cte<br />

cose toray informatione da Theseo, nostro canzelero. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

584<br />

Francesco Sforza informa il podestà, il comune e gli uomini <strong>di</strong> Coffo che al suo famiglio<br />

Giovanni Pietro da Cremona, trovandosi a Barbata, da un uomo da Cavisano “li fo sviato uno<br />

suo ragazo”, che gli portò via denari e roba. Siccome il duca necessita <strong>di</strong> adoperare Giovanni<br />

Pietro in alcuni suoi bisogni e non può indugiare in litigi legali, vuole che il podestà, intese ambo<br />

le parti, amministri giustizia con rito sommario.<br />

Potestati comuni et heminibus Coffi.<br />

(1453 novembre 30, “apud Urceasnovas”).<br />

Ce ha facto querella Iohanne Petro da Cremona, nostro fameglio, che essendo a<br />

Barbata, da uno de quelli homini da Cavisano, Ii fo sviato uno suo ragazo, quale le<br />

portò via certi <strong>di</strong>nari et roba, et pare che al presente habita <strong>di</strong>cto homo a Coffo. Et<br />

perchè havemo bisogno operare el <strong>di</strong>cto Iohanni Petro nelli nostri bisogni in modo non<br />

(a) pò attendere a littigare, volemo, et così ve coman<strong>di</strong>amo, veduta la presente, debiati<br />

intendere la ragione del'una parte et del'altra et fare ragione expe<strong>di</strong>ta et summaria per<br />

modo che non sentiamo più querella alcuna; et questo non manche. Data ut supra.<br />

Ser Dominicus.<br />

Cichus.<br />

(a) non ripetuto.<br />

585<br />

Francesco Sforza informa il referendario <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> aver rimesso (e ne sono avvisati i<br />

Maestri delle entrate) la metà delle 500 lire che Antonio Conniale, incantatore, lo scorso anno,<br />

del dazio del porto <strong>di</strong> Piacenza, deve alla Camera ducale.


Referendario nostro Placentie.<br />

(1453 novembre 30, “apud Urceasnovas”).<br />

Intendendo nuy como Antonio Conniale, incantatore del datio del porto de quella nostra<br />

cità dello anno passato, resta debitore delIa Camera nostra de libre cinquecento per<br />

cagione del <strong>di</strong>cto datio, per usare liberalità verso luy per Ie cative con<strong>di</strong>ctione occorse<br />

<strong>di</strong>cto anno, gli havemo facto gratia delIa mitade; unde volemo che per <strong>di</strong>cta mitade non<br />

gli dagati impazo alcuno, como anche havemo scripto ali nostri Maestri del'intrate. Data<br />

ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

586<br />

Francesco Sforza avverte il capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza che non intende ricevere altre<br />

lamentele dagli ebrei per molestie ed estorsioni che vengono loro fatte dall’ufficiale delle bollette,<br />

ma vuole che siano debitamente osservate le <strong>di</strong>sposizioni dei capitoli loro concessi.<br />

156v Capitano citadelle nostre Placentie.<br />

1453 novembre 27, “contra Urceasnovas”.<br />

Havemo recevuto gravissima querella del’officiale delle bolette de quella nostra cità dali<br />

ebrei che habitano in essa cità perche gli fa tuta delle molestie, extorsione et iniurie<br />

asay solo per trabutarli et torgli el suo contra ogni debito de iustitia et contra la<br />

<strong>di</strong>spositione deli nostri Capituli a loro concessi; del che summamente ne rencresce. E<br />

pertanto ve comettiamo et volemo che prove<strong>di</strong>ati opportunamente che per lo <strong>di</strong>cto<br />

officiale nostro delle bolette, nè per altri sia facta quovismodo iniuria, molestia, nè cosa<br />

alcuna indebita ali <strong>di</strong>cti ebrei, nè ad alcuno de loro contra la <strong>di</strong>spositione delli Capituli<br />

loro, quali inten<strong>di</strong>amo che gli siano debitamente observati; sichè prove<strong>di</strong>ti in his che per<br />

forma che de ciò non receviamo veruna <strong>di</strong>gna querella. Data in castris nostris felicibus<br />

contra Urceasnovas, xxvii novembris 1453.<br />

Advena.<br />

Cichus.<br />

587<br />

Francesco Sforza ricorda al podestà e agli uomini <strong>di</strong> Castell’Arquato che, quando ottenne il<br />

dominio <strong>di</strong> quella terra, stabilì che venissero pagati l’ebreo Salomone e gli altri ai quali erano<br />

state assegnate dai Brazzeschi le entrate <strong>di</strong> quell’anno. Alle recriminazioni <strong>di</strong> Salomone per non<br />

essere stato pagato, il duca intimò a Bernabò da Pontremoli, allora podestà, <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare<br />

Salomone, ma con il risultato che egli è ancora cre<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> una buona quota, che deve trovarsi<br />

presso il tesoriere <strong>di</strong> allora o presso i dazieri. Il duca <strong>di</strong>spone che il podestà convochi quello e<br />

questi e imponga a chi tocca <strong>di</strong> liquidare del tutto, con rapida procedura sommaria, il cre<strong>di</strong>to <strong>di</strong><br />

Salomone, in modo che egli possa dare al duca quella sovvenzione che gli ha richiesto.<br />

1453 novembre 26, “apud Urceasnovas”).<br />

Potestati et hominibus nostris Castri Arquati.<br />

Altre volte quando obtenessemo el dominio de quella terra, aciochè Salamone, ebreo,<br />

habitatore de quella terra e l'altri aIi quali erano assignati l'entrate de quello anno per li<br />

Brazeschi fossemo pagati et satisfacti, concessemo a vuy, homini, esse intrate per lo<br />

<strong>di</strong>cto anno; et exinde, lamentandose Salamono pre<strong>di</strong>cto ch'el non fideva pagato,<br />

scrissemo ad Bernabò da Pontremolo, tunc nostro podestà lì, che facesse pagare<br />

Salamone. Ora intendemo (a) dal <strong>di</strong>cto Salamone che de questo tal debito non è<br />

anchora debitamente pagato, rna gli ne resta una bona parte ad riscotere d'essi <strong>di</strong>nari,<br />

quali denno essere apresso vel ad lo thexaurero tunc d'essa terra, vel ad li dacierii,<br />

secundo che luy plenius ve informarà. Per la qual cosa ve commettiamo et volemo<br />

habiati da vuy li <strong>di</strong>cti thexaurero et dacieri et vedeti de intendere presso de chi sonno<br />

essi <strong>di</strong>nari, quali 157r (b) resta ad havere Salamone, costringendo quelo haverà essi<br />

<strong>di</strong>nari preso de sì a pagare interamente Salamone de tuto quello resta ad havere, ut


supra, senza alcuna <strong>di</strong>fficultà et exceptione, sichè presto habia el debito suo, como è<br />

nostra intentione, sì che'l possa satisfare ala subventione, quale gli havemo facta<br />

rechiedere novamente, munstrandogli in questo, et in ogni altra cosa soa havesse<br />

Salamone in essa terra ad agitare, ragione summaria et expe<strong>di</strong>tissima, senza litigio<br />

alcuno et cum ogni celerità possibile sì ch’el non habia iusta casone de lamentarsi,<br />

como intendemo se facia Data in castris nostris felicibus apud Urceasnovas, xxvi<br />

novembris 1453.<br />

Advena.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue che depennato.<br />

(b) In inizio carta: primo decembris 1453; segue quali ripetuto.<br />

588<br />

Francesco Sforza informa Bolognino de Attendolis <strong>di</strong> avere “fornito quella terra” e <strong>di</strong> avere<br />

mandato alcune squadre <strong>di</strong> cavalli e fanti a Romanengo per la sua conquista in modo che, ciò<br />

avvenuto, <strong>di</strong> qua i nemici non avranno che Bergamo e Crema. Con il favore del tempo spera in<br />

altri successi.<br />

In simile forma scrive a donna Agnese Visconti e a Corrado da Fogliano.<br />

Magnifico domino Bolognino de Attendolis.<br />

(1453 novembre 26, “apud Urceasnovas”).<br />

Per continuare l'aviso delli successi nostri, ve notificamo che havemo fornito questa<br />

terra et havemo mandate alcune squadre de cavalli et fanti a Romanengo per tolire<br />

quella terra, quale speramo obtenere in breve, da poi non se tenerà de qua altro che<br />

Bergamo et Crema per li inimici nostri et, havuta la terra de Romanengo et a<strong>di</strong>utandone<br />

el tempo, andarimo in loco dove speramo farve sentire (a) novelle meliore ogni <strong>di</strong>. Data<br />

ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum fuit magnifice domine Agneti Vicecomiti et magnifico Conrado<br />

de Foliano.<br />

(a) Segue bone depennato.<br />

589<br />

Francesco Sforza in parziale adesione a quanto richiesto dai citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, fa sapere al locale<br />

luogotenente che se le cose procederanno, come “votivamente” vanno, è d’accordo che si<br />

tolgano delle guar<strong>di</strong>e “de bastione”, purchè si sorvegli sempre accuratamente il revellino.<br />

Si possono ridurre quelle del borgo e anche quelle della piazza, ma si ba<strong>di</strong> bene <strong>di</strong> non<br />

sguarnire del tutto <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>e il borgo. Lo assicura <strong>di</strong> tenere sempre in considerazione Paolo<br />

Braco per la sua sufficienza. Circa la carenza <strong>di</strong> sale denunciatagli da quel fante <strong>di</strong> Crema e<br />

delle vie praticate da Bergamo per fornire i Cremaschi, gli fa presente che parlerebbe volentieri<br />

con quel fante, ma lo avverte <strong>di</strong> curare nel frattempo che, nè da Pan<strong>di</strong>no, nè da Milano nè<br />

d’altrove filtri in Crema un granello <strong>di</strong> sale. Non è del parere che si proceda a condanne contro<br />

chi è restio a fornire vettovaglie, si usino solo mo<strong>di</strong> intimidatori e cerchi <strong>di</strong> mandare una persona<br />

capace da luoigo a luogo a sollecitare la fornitura <strong>di</strong> vettovaglie e constati chi può e chi non può<br />

dare: ciò vale in particolare per quelli <strong>di</strong> Maleo che gli hanno assicurato che in quella terra non si<br />

troverebbe <strong>di</strong> che riempire neppur quattro sacchi: se così fosse, li si lasci in pace.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1453 novembre 26, “apud Urceasnovas”).<br />

Respondendo a più vostre lettere, et primo, ala parte delle guar<strong>di</strong>e, quali doman<strong>di</strong>no<br />

quelli nostri cita<strong>di</strong>nii se toliano via et moderano per manco loro graveza, <strong>di</strong>cemo ohe a<br />

nuy pare, procedendo le cose nostre votivamente como fanno per la Dio gratia, che se<br />

possano tolere via quelle de bastione, purchè sopratuto se guar<strong>di</strong> bene el revelino; et a<br />

questo metiti ogni vostra cura et <strong>di</strong>ligentia. Quelle del borgo et anche delIa piaza, se<br />

pono etiam<strong>di</strong>o moderare per più aleviazione delli nostri cita<strong>di</strong>nii, ma non ne pare bene<br />

che quelle 157v del borgo se toliano via in tuto ch’el non ce ne sia alcune, et circha


questa moderatione ve portariti con quella <strong>di</strong>scretione ve parerà. Ala parte de Paulo<br />

Bracho, quale ne laudate de virtute et sufficientia et fede, nuy l'havemo così, et sempre<br />

l'haveremo per recomandato. Quantum vero ala parte de quello fante da Crema, quale<br />

<strong>di</strong>ce dela carestia del sale in Crema e delIa via fanno quelli che la conducano da<br />

Bergamo, restialmo avisati e ce stu<strong>di</strong>aremo farle bone provisione; et venendo qua<br />

quello fante, gli parleremo volu(n)tera. Ma caricamo voy quanto più possemo ad haverli<br />

tale <strong>di</strong>ligentia e cura per la iuris<strong>di</strong>tione vostra che, nè da Pan<strong>di</strong>no, nè da Milano, nè<br />

d'altrove ge ne vada uno minimo granello. Quanto ala parte de quelli che sonno<br />

retrogra<strong>di</strong> et inhobe<strong>di</strong>enti a mandare victualie in campo, segundo li comandamenti a<br />

loro facti, a nuy non pare, nè volimo che procedati ala condemnatione, ma ben volemo<br />

che gli mettiati pagura, monstrando volerli omnino condemnare, et mandate uno delli<br />

vostri sufficiente de terra in terra a solicitare che man<strong>di</strong>no le victualie e che veda quelli<br />

ne hanno et che non hanno. Et questo <strong>di</strong>cemo perchè quelli da Maleo hanno mandato<br />

qua da nuy a sconzurare e protestare che in quella terra non se ne trovaria quatro sachi<br />

in tuto. Sichè se informarà el vostro, che anderà, de questo et, trovando così essere,<br />

como loro ne hanno mandato a significare, non gli lassate dare altra graveza. Data ut<br />

supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

590<br />

Francesco Sforza risponde al referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che attribuisce il <strong>di</strong>minuito introito dei dazi<br />

rispetto all’anno precedente al fatto che le due o tre compagnie si sono unificate per avere<br />

“meliore con<strong>di</strong>tione in preiu<strong>di</strong>tio della Camera” ducale e anche all’atteggiamento dei dazieri che,<br />

<strong>di</strong>venuti più <strong>di</strong>fficili, allegano la vertenza che hanno avuto con il conestabile <strong>di</strong> Porta Pavese. Il<br />

duca suggerisce che all’evenienza <strong>di</strong> simili casi si man<strong>di</strong> a Milano, Pavia, Piacenza e altrove alla<br />

ricerca <strong>di</strong> altri incantatori. Comunque, vuole che ora si attenga a quanto or<strong>di</strong>neranno i Maestri<br />

delle entrate e per la vertenza con il conestabile raccomanda che sia fatta ragione e “sia servato<br />

el dato del datio”, procurando che la cosa si aggiusti “per compositione” con buona pace <strong>di</strong><br />

dazieri e anche con non gran danno per il conestabile.<br />

Referendario Laude.<br />

(1453 novembre 26, “apud Urceasnovas”).<br />

Respondendo ale vostre lettere circha'l facto delli dacii, Ii quali non giungeno al signo<br />

che giunse l'anno passato, e questo procede perchè altre fiate erano due o tre<br />

compagnie, e mò sonno acordati et tengono tuti insieme per haverne meliore con<strong>di</strong>tione<br />

in preiu<strong>di</strong>tio dela Camera 158r nostra, et anche Ii datieri se fanno <strong>di</strong>fficili, perchè gli<br />

pare non siano favoriti segondo el lor dato, alegando Ia <strong>di</strong>fferentia hanno havuto col<br />

conestabile de Porta Pavese, <strong>di</strong>cemo ch’el nostro parere seria che, quando intervene<br />

simili casi, se mandasse a Milano, Pavia, Piasenza et altre nostre cità, a domandare<br />

altri incantatori. Non<strong>di</strong>meno procederiti segondo che ve or<strong>di</strong>naranno Ii nostri Maestri<br />

del'intrate; e, quanto ala <strong>di</strong>fferentia del conestabile de Porta Pavese, nostra intentione<br />

ch’el se fatia ragione et sia servato el dato del datio, et così <strong>di</strong>reti ali datierii questa<br />

nostra intentione. Ma bene seremo contenti che ve<strong>di</strong>ati de adaptare la cosa con bono<br />

modo et acordarla per compositione ita che li datierii non habbiano cagione lamentarse<br />

et lo povero conestabile non venga haverne gran danno, como saperiti ben fare per<br />

vostra prudentia. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

591<br />

Francesco Sforza fa presente a Raffaele Pugnello che non gli abbisognano liste, ma frumento e,<br />

perciò, vuole che impegni il suo tempo con ser Antonio alla ricerca <strong>di</strong> frumento, farlo macinare e<br />

mandarlo a Cremona.<br />

Raphaeli Pugnello.<br />

(1453 novembre 26, “apud Urceasnovas”).


Havemo recevuto Ie toe lettere cum alcune liste incluse dela ragione del fromento, ale<br />

quale brevemente <strong>di</strong>cemo respondendo; <strong>di</strong>cimo che non havemo bisogno de liste, ma<br />

de formento. Sichè trovate cum domino ser Antonio e tuto quello tempo che perdeti in<br />

far liste, spendetelo in recatare formento e farlo macinare e mandare a Cremona senza<br />

parole, perchè el nostro bisogno rechiede facti; et facendolo, fareti cosa che più ne<br />

piacerà che veruna altra cosa. Data ut supra.<br />

Iacobus.<br />

Cichus.<br />

592<br />

Francesco Sforza richiede al conte Antonio de Crivelis <strong>di</strong> “spazare” prontamente Andrea de<br />

Cingoli, perchè ne ha bisogno.<br />

Comite Antonio de Crivelis.<br />

(1453 novembre 26, “apud Urceasnovas”).<br />

Havemo recevuto le vostre lettere, ale quali non accade altra respuosta, se non che ve<br />

confortiamo et stringemo quanto più possemo che vogliati spazare ser Andrea de<br />

Cinguli senza per<strong>di</strong>mento de tempo, perch’el bisogno nostro el rechiede. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

593<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Benedetto de Curte, capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza, <strong>di</strong> far<br />

avere, con rito sommario, al condottiero Bartolomeo Quartieri quanto gli è dovuto da Tato, già<br />

suo compagno.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 2, (“apud Urceasnovas”).<br />

158v Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo cittadelle Placentie.<br />

El strenuo cavaliere et nostro conductero, miser Bartholomeo dali Quarteri, ne <strong>di</strong>ce<br />

essere cre<strong>di</strong>tore d’uno chiamato Rato, habitatore <strong>di</strong> quella nostra cità, che già fue suo<br />

compagno, <strong>di</strong> certe cose et quantità de <strong>di</strong>nari, como intendereti da suo mandato.<br />

Pertanto volemo che li debbiati ministrare, o a luy o qualunque suo mandato, ragione<br />

summaria et expe<strong>di</strong>ta per modo che l’habbi et consequisca el debito suo <strong>di</strong>cto miser<br />

Bartholomeo da <strong>di</strong>cto Ratto senza litigio. Data ut supra, <strong>di</strong>e secundo decembris 1453.<br />

Iohannes. (a)<br />

(a) Segue Cichus depennato.<br />

594<br />

Francesco Sforza comanda a Bartolomeo Trovamala <strong>di</strong> non pretendere dai massari della Villa e<br />

del luogo <strong>di</strong> Vigolo Marchese <strong>di</strong> don Giovanni, cappellano ducale, più del dovuto per la tassa del<br />

sale e dell’imbottato del fieno. Ciò avvenne perchè, per più dì, alcuni <strong>di</strong> Castell’Arquato s’erano,<br />

per le loro gravezze, portati nella detta Villa Revera, ma ritornarono poi a Castell’Arquato.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 2, “apud Urceasnovas”).<br />

Bartholomeo Trovamale ex Magistris intratarum.<br />

Die suprascripto.<br />

El venerabile nostro capellano don Iohanne s’è doluto con nuy che voliti molestare et<br />

molestati li soy massari della villa et luogho de Viguli de Marchesii, pertinente alla sua<br />

prepositura, per casone dela taxa sua del salle et anche per certo imbotato de feno,<br />

zoè che li gravati et voliti gravare ad più somma et quantità che non poria, né può<br />

portare la sua facultate et extimo dele boche che sono in la <strong>di</strong>cta Villa Revera, et questo<br />

socto pretesto et colore de alcuni da Castelarquà, che, più dì, per le gravezze loro<br />

s‘erano riducti in la <strong>di</strong>cta Villa, et che poy sono ritornati pur ad abitare ad Castelarquà<br />

da che havemo concesso via in <strong>di</strong>cto luoco. Pertanto volemo che voy debiati in ciò<br />

havere tale et cossì bona advertentia che <strong>di</strong>cti massari et homini del <strong>di</strong>cto luogho non


siano gravati fuora del dovere, et a quello che non possa portare la loro facultà et<br />

possibilità segondo el numero de bocche che gli sonno, per modo che con ragione non<br />

se possa lamentare. Data ut supra.<br />

595<br />

Francesco Sforza ringrazia il podestà <strong>di</strong> Fontanelle per le informazioni dategli su quanto avviene<br />

a Crema. Provveda che a Crema non entrino vettovagli <strong>di</strong> nessun tipo.<br />

Potestati Fontanelle.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 2, “apud Urceasnovas”).<br />

Havemo recevuto le vostre lettere per le quale restiamo avisati deli mo<strong>di</strong> se tengono in<br />

Crema, et cetera; del che te comen<strong>di</strong>amo confortandote a fare el simile, accadendo<br />

cosa <strong>di</strong>gna de adviso et habii <strong>di</strong>ligentia (a) tua possanza che in Crema non vada<br />

victualie de alcuna manera. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

596<br />

Francesco Sforza comunica a Marco de Attendolis che il suo uomo d’arme Aguzo si è lamentato<br />

per essere costretto, “contra la ragione e consueto”, a pagare l’imbottato dello scorso anno. Il<br />

duca ripete a Marco quanto già gli scrisse, e cioè che se Aguzzo non pagò per il passato, deve<br />

or<strong>di</strong>nare che il simile avvenga ora e in futuro;<br />

se invece ha pagato, gli si faccia giustizia in modo che non abbia da lagnarsi.<br />

159r Marcho de Attendolis.<br />

1453 (<strong>di</strong>cembre 2, “apud Urceasnovas”).<br />

Se è adgravato con noi el strenuo fante Aguzo, nostro homo d’arme, che contra la<br />

ragione e consueto voria essere artato a pagare le imbotade del’anno passato e che<br />

per questo gli è facta novitade alla cosa, rechedendone proinde ad farli revocare la<br />

novitade et or<strong>di</strong>nare che non sia gravato a questo contra el solito; per la qualcosa,<br />

como per altre nostre ricor<strong>di</strong>amo havere scripto, cussì per queste te replicamo che,<br />

trovando tu lui non havere pagato per lo passato, debbi or<strong>di</strong>nare che per lo presente et<br />

per lo advenire non sia adgravato a pagare, et se gli revochi ogni novitade; et trovando<br />

che habbia pagato per lo passato, facciase ragione ita che nulli reliquatur iuste querele<br />

causa. Ex castris nostris felicibus apud Urceasnovas 1453.<br />

Iacobus.<br />

Cichus.<br />

597<br />

Francesco Sforza vuole che il suo familiare Iuliano de Pisiis restituisca ad Andrea da Mandria da<br />

Cignolo una giornea, uno zuparello e l’altra roba che gli ha sottratto. Ciò fatto, si porti dal duca.<br />

Iuliano de Pisiis, familiari nostro.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 2, “apud Urceasnovas”).<br />

Andrea da Mandria da Cignolo ce ha facta querella che, in questi dì proximi, li ha robato<br />

zornea una, zuparello uno et altra sua robba, del che, essendo così, ce maravegliamo<br />

considerato tu abiti lì. Ma sia como se voglia, nostra intentione non è de comportare né<br />

a ti, né ad altri lo inconveniente et cose mal facte, como he questa. Pertanto volemo et<br />

così te coman<strong>di</strong>amo, veduta la presente, servi modo de restituire la <strong>di</strong>cta roba; et<br />

questo non mancha, per quanto tu hay ad caro la gratia nostra. Deinde te coman<strong>di</strong>amo<br />

debii venire qua da nuy. Data ut supra.<br />

Ser Dominichus.<br />

Iohannes.


598<br />

Francesco Sforza scrive , anche per compiacere suo fratello Alessandro, a Stefano de Folpertis,<br />

vicario generale, <strong>di</strong> soprassedere dal fare un nuovo sindacato a Domenico da Pesaro, podestà<br />

<strong>di</strong> Castell’Arquato, dopo averne già avuto uno e non essere ancora stato rimesso nel suo ufficio.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 2, “apud Urceasnovas”).<br />

Domino Stefano de Folpertis, vicario generali nostro.<br />

Havemo inteso como novamente vuy siti venuto per sin<strong>di</strong>care iterum Dominico da<br />

Pesaro, nostro podestate ad Castelarquato; et perché a nuy pare onesto che, essendo<br />

già luy una volta stato posto al sin<strong>di</strong>cato, che esso debia prima essere posto a officio<br />

suo et poi porà essere facto il sin<strong>di</strong>cato suo, et anche per respecto che nuy de presente<br />

havemo aleviato quella terra como haveti inteso, volemo che per el presente debiati<br />

soprasedere 159v (a) et non procedere altramente al <strong>di</strong>cto sin<strong>di</strong>cato. Il che facimo per li<br />

respecti soprascripti et anche per compiacere al magnifico Alexandro, nostro fratello,<br />

quale ce ne ha pregato. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

(a) A inizio carta: iii decembris.<br />

599<br />

Francesco Sforza informa il referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che Daniele de Amicolis, debitore della Camera<br />

ducale <strong>di</strong> una certa somma “per cagione de datio”, gli ha chiesto un rinvio del pagamento per<br />

almeno tutto il corrente mese. Il duca glielo consente, purchè nessuno abbia <strong>di</strong> che gravarsi.<br />

Referendario nostro Laude.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 3, “apud Urceasnovas”).<br />

Havendone facto rechiedere domino Daniele de Amicolis de quella cità che, essendo<br />

luy debitore delIa nostra Camera de certa quantità de <strong>di</strong>nari per cagione de datio, gli<br />

vogliamo far fare sofrenza almancho per tuto questo mese; et desiderosi de compiacerli<br />

senza iniuria d'alcuno, siamo contenti che ve<strong>di</strong>ati adaptare la cosa in modo ch’el gli<br />

venga ad essere satifacto, non derogando ala ragione d'altri, talmente che se habiano<br />

ad gravare, et l'haveremo gratissimo. Data ut supra.<br />

Iacobus.<br />

Cichus.<br />

600<br />

Francesco Sforza consente al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> togliere i coppi della casetta del giar<strong>di</strong>no<br />

verso l’Adda per ricoprire la parte del palazzo vecchio caduta in rovina.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 3, “apud Urceasnovas”).<br />

Inteso quanto ne scriveti del tollire Ii cuppi de quella caseta del zar<strong>di</strong>no verso Adda per<br />

recoprire quella parte del palazo vegio, qual era ruynata, <strong>di</strong>cemo essere contenti che<br />

faciati el parere vostro, purché se fatia presto; et così faciti. Data ut supra.<br />

Iacobus.<br />

Cichus.<br />

601<br />

Francesco Sforza comanda al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> indurre al pagamento della tassa dovuta i<br />

debitori del famiglio d’arme ducale Matteo Schiavo.<br />

Locumtenenti nostro Laude.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 3, “apud Urceasnovas”).


El strenuo Matheo Schiavo, nostro famiglio d'arme, ne <strong>di</strong>ce che anche el resta lì devere<br />

havere d'alcuni homini certi <strong>di</strong>nari per casone delle taxe passate, como <strong>di</strong>ce vuy ne siti<br />

informato; per la qualcosa vi comettiamo et volemo che prove<strong>di</strong>ati de farglili dare et<br />

pagare senza exceptione alcuna <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari, cognoscendo vuy che <strong>di</strong>cti homini siano<br />

habili ad poterIi pagare. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

602<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na ad Antonio de Sichis <strong>di</strong> alloggiare in quella parte <strong>di</strong> Geradadda presso i<br />

fratelli Sanseverino a Pan<strong>di</strong>no, Rivolta e Vailate. In queste due ultime località si metteranno<br />

cento cavalli vivi, mentre “lo resto della compagnia” andrà a Pan<strong>di</strong>no, i sottoelencati condottieri :<br />

Colella da Napoli con tutti i suoi a Treviglio, Antonello dal Borgo e Angelello da Lavello a<br />

Caravaggio e Brignano. Procuri che tutti questi luoghi li accettino dando loro sistemazione,<br />

strame e legna.<br />

<strong>16</strong>0r Antonio de Sichis.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 3, “apud Urceasnovas”).<br />

Nuy havemo or<strong>di</strong>nato che in quelle parte de Giaradada allogino Ii infrascripti nostri<br />

conducteri presso li spectabili fratelli da San Severino in Pan<strong>di</strong>no, Rivolta et Vaylà, ma<br />

che solamente in queste doe terre mettano cento cavalli vivi per terra et lo resto dela<br />

compagnia loro mettano in Pan<strong>di</strong>no: Colella da Napoli con tuti Ii suoy in Trivilio,<br />

Antonello dal Borgo et Angelello da Lavello in Caravagio et Brignano, compartendoli<br />

per rata, como parirà ad ti, li quali tucti se adviarano domatina. Il perchè volemo debbi<br />

or<strong>di</strong>nare subito a tucte queste terre li debbiano acceptare et providerli de stantie e<br />

strame et legne, secundo Ii or<strong>di</strong>ni ducali, havendo advertentia de comandare et<br />

or<strong>di</strong>nare queste cose con bona <strong>di</strong>scretione. Data ut supra.<br />

Iohannes.<br />

603<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al suo familiare Bartolomeo de Riveriis <strong>di</strong> alloggiare con <strong>di</strong>screta<br />

ripatizione e dopo averne accertato il numero dei cavalli vivi, il condottiero Sagramoro da Parma<br />

con tutti i suoi a Como, Antignago, Fontanella e Barbata, cui spetterà <strong>di</strong> fornire, oltre alla<br />

sistemazione, strame e masserizie grosse .<br />

Bartholomeo de Riveriis, familiari nostro.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 4, “apud Urceasnovas”.<br />

Volemo che, havuta questa, tu va<strong>di</strong> ad allogiare Segramoro da Parma, nostro<br />

conductero, con tuti Ii suoy ad Como, Antignago, Fontanella et Barbata, compartendoli<br />

in <strong>di</strong>cti lochi, che ogniuno ne habia la parte soa, or<strong>di</strong>nando che gli prove<strong>di</strong>no de stantie,<br />

strame et massaritie grosse, secundo lo usato, havendo bona informatione prima delli<br />

cavalli vivi ha <strong>di</strong>cto Sagramoro. Data apud Urceasnovas, iiii decembris 1453.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

604<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà <strong>di</strong> Fiorenzuola, allorchè il fiorenzuolano don Giovanni,<br />

confinato a Pavia, sarà giunto lì, lo lasci, per compiacere il Colleoni, libero <strong>di</strong> fare i fatti suoi.<br />

Eguale grazia ha concesso ad Alberto, fratello del reverendo.<br />

Potestati Florenzole. (a)<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 4, “apud Urceasnovas”).<br />

Ad contemplatione del magnifico Bartholomeo Coglione, nostro capitaneo <strong>di</strong>lectissimo,<br />

havemo concesso licentia ad don Iohanne de quella nostra terra, confinato ad Pavia<br />

che possa tornare ad repatriare et stare in quella nostra terra. Pertanto volemo et


coman<strong>di</strong>amote che, quando <strong>di</strong>cto don Iohanne venerà lì, il debii libere lassare stare et<br />

repatriare et che faza Ii facti suoy, como el faceva inanze ch’el fosse pigl(i)ato, perchè<br />

per questa volta gli habiamo perdonato, et lo simile havemo facto gratia ad Alberto,<br />

fratello del <strong>di</strong>cto don Iohanne, che retorni ad casa repatriare insieme con lo <strong>di</strong>cto don<br />

Iohanne. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

(a) Potestati Florenzole scritto su Officiali bulectarum civitatis nostre Papie depennato.<br />

605<br />

Francesco Sforza informa l’ufficiale delle bollette della città <strong>di</strong> Pavia che, per compiacere<br />

Bartolomeo Colleoni, consente a don Giovanni da Fiorenzuola <strong>di</strong> ritornare nel suo borgo, libero<br />

<strong>di</strong> muoversi a suo piacere. Eguale grazia concede pure al <strong>di</strong> lui fratello Alberto.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 4, “apud Urceasnovas”).<br />

<strong>16</strong>0v Officiali buletarum civitatis nostre Papie.<br />

Ad contemplatione del magnifico Bartholomeo Coglione, nostro capitaneo <strong>di</strong>lectissimo,<br />

siamo contenti che don Iohanne da Fiorenzola, quale è lì in quella nostra cità religato,<br />

retorni ad repatriare alIa <strong>di</strong>cta terra de Fiorenzola et faze Ii facti suoy liberamente; et<br />

così volemo, havuta questa, il debie licentiare et lassarlo andare ad suo piacere dove Ii<br />

parerà, perchè gli havemo facta gratia libera, admonendolo che de qui indreto attenda<br />

ad far bene et vivere bene, como degono vivere Ii suoi pari, et che non se impaze de<br />

quello che non gli toche. Et siamo ancora contenti et volemo che tu licentie Alberto,<br />

fratello del <strong>di</strong>cto don Iohanne, che retorne ad repatriare ad casa sua ad Fiorenzola, al<br />

quale havemo facto gratia ad contemplatione del prefato magnifico Bartholomeo<br />

Coglione. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

606<br />

Francesco Sforza vuole che il commissario <strong>di</strong> Geradadda <strong>di</strong>sponga delle moglie e dei figli (che<br />

si trovano a Caravaggio) dei fratelli, Luigi e Antonio Spagnolo, fuggiti dal Colleoni, come da detto<br />

condottiero, o da un suo messo, gli verrà in<strong>di</strong>cato.<br />

Commissario Glaree Abdua.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 4, (“apud Urceasnovas”).<br />

Ne ha significato el magnifico Bartolameo Colione, nostro capitaneo d'arme, che altre<br />

volte se fugireno da luy Aluysi et Antonio Spagnolo, fratelli, quali hano in quella nostra<br />

terra da Caravazo le moliere et figlioli, richiedendone proinde che prove<strong>di</strong>amo ala sua<br />

indemnitate. Et volendo aquiesere ala sua honesta petitione, volemo et te commettimo<br />

che ad instantia et requisitione d'esso magnifico Bartholameo, o de qualunche suo<br />

messo, debbi fare et <strong>di</strong>sponere dele moliere et fioli quanto luy te or<strong>di</strong>narà. Data ut<br />

supra, <strong>di</strong>e iiii <strong>di</strong>cembris 1453.<br />

Iohannes.<br />

607<br />

Francesco Sforza impone a Pietro de Raymun<strong>di</strong>s, tesoriere <strong>di</strong> Castell’Arquato <strong>di</strong> decidersi, come<br />

più volte richiestogli, a sod<strong>di</strong>sfare entro due giorni gli uomini <strong>di</strong> Gottolengo. Se entro detto<br />

termine non li accontenterà, gli comanda <strong>di</strong> portarsi da lui.<br />

Se non ottempererà a ciò, gli farà quanto il caso richiederà.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 4, “apud Urceasnovas”).<br />

<strong>16</strong>1r Petro de Raymun<strong>di</strong>s, thesaurario nostro Castri Arquatis.<br />

Como tu say per più nostre lettere te è stato scripto che tu volesse fare che questi nostri


homini de Gottolengo fossero satisfacti del cre<strong>di</strong>to loro, et pare che siano stati menati<br />

como Ii puti; de che te <strong>di</strong>cemo che tu vogli fare che fra termine de doy dì siano spazati<br />

et satisfacti del dovere suo, como per altre è stato scripto. Et in quanto (a) non siano fra<br />

doy dì spazati da poy el recevimento de questa, volemo et coman<strong>di</strong>amote che<br />

inme<strong>di</strong>ate, da poi forniti li doy dì, debii venire da nuy; et in caso che non li satisfazi et<br />

che non venghi, faremo quanto ne parerà sia et recirchi lo debito et rasonevele. Data ut<br />

supra.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue non siano fra duy dì satisfacti et spazati del dovere suo como per altre è<br />

stato scripto ripetuto.<br />

608<br />

Francesco Sforza vuole che il commissario <strong>di</strong> Geradadda catturi, e non rilasci senza sua licenza,<br />

il Turco, famiglio <strong>di</strong> Giacometto da Vailate, sia che si trovi, come detto, a Caravaggio che altrove.<br />

Commissario nostro Glareabdue.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 4, “apud Urceasnovas”).<br />

Per certa casone havemo voglia de havere nele mane el Turcho, famiglio de Iacometo<br />

da Vaylà, quale intendemo se trova dentro da Caravazo. Per la qual cosa te<br />

coman<strong>di</strong>amo et volemo che subito, recevuta questa, tu sforzi intendere se’l fosse lì o<br />

altroe et, per tuto dove luy fosse, volemo che tu lo fazi prendere et destenire<br />

personalmente; et non lo relaxaray senza nostra licentia speciale, avisandone poi<br />

subito delIa retentione soa. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

609<br />

Francesco Sforza comanda al referendario <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> dare al condottiero Pietro Giovanni da<br />

Camerino, sistemato a Piacenza, con biada, strame, legna e vino per uso suo e della sua<br />

famiglia la stessa quantità accordata agli altri famigli e soldati ducali.<br />

Referendario nostro Placentie.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 4, “apud Urceasnovas”).<br />

El strenuo Petro Zohanne da Camerino, nostro conductero, ne ha <strong>di</strong>cto che l’ha messo<br />

dentro da Piasenza et inten<strong>di</strong> metergli da qui inanze per uso suo et dela famiglia sua,<br />

certa quantità de biava, strame, legne et vino. Pertanto volemo che per quello gli ha<br />

messo et che gli farà mettere per uso suo tanto et dela fameglia soa sia tractato in<br />

quello modo et forma che sonno li altri nostri famegli et soldati, che hanno la soa<br />

fameglia in quella cità. Data ut supra.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

610<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al comune e agli uomini <strong>di</strong> Castione <strong>di</strong> restituire all’uomo d’arme<br />

ducale Bartolino da Lo<strong>di</strong> il cavallo, sottrattogli lì nella casa <strong>di</strong> suo fratello a compenso del cre<strong>di</strong>to<br />

vantato dalla comunità <strong>di</strong> Maleo per le guar<strong>di</strong>e dell’Adda.<br />

Se qualcuno ha qualcosa da riven<strong>di</strong>care, si porti dal podestà <strong>di</strong> Maleo, che gli farà ragione.<br />

<strong>16</strong>1v Communi et hominibus Castioni.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 5, “apud Urceasnovas”.<br />

Sentimo che, già più e più dì passati, per certo debito, quale se <strong>di</strong>ceva havere la<br />

comunità de Maleo per cagione delle guar<strong>di</strong>e d'Ada fo tolto uno cavallo a Bartholino da<br />

Lo<strong>di</strong>, nostro homo d’arme, qual l'haveva Iì in casa d'uno suo fratello o parte; e quello<br />

cavallo fo conducto lì, et ancora gli è. Et pertanto non ne parendo ragionevele che'l


nostro homo d’arme debbia essere obligato per la comunità de Maleo, volemo e<br />

coman<strong>di</strong>amo che, subito ala receputa de questa, debbiati far restituire el cavallo a <strong>di</strong>cto<br />

Bartholino o a qualunque suo messo; et pretendendose alcuno agravato de questo<br />

vada al potestà de Maleo, al qual havemo or<strong>di</strong>nato gli fatia ragione. Et questo non<br />

mancha per quanto haveti cara la gratia nostra. Data apud Urceasnovas, v<br />

decembris1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

611<br />

Francesco Sforza scrive al referendario <strong>di</strong> Piacenza che, non intendendo (per non porre un<br />

precedente per altri) concedere al suo uomo d’arme Marco della Croce la richiesta esenzione<br />

dall’imbottato per sè e i suoi fittabili, gli accorda <strong>di</strong> non pagare oltre sette lire.<br />

Referendario nostro Placentie.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 1, “apud Urceasnovas”.<br />

Domandandone Marcho dela Croce, nostro homo d’arme, exemptione per luy et suoi<br />

fictabili dale imbotature, non n'è parso fargila per non dare la via ali altri; ma siamo stati<br />

contenti perchè non monta la rata soa più cha livre sette, sive libre vii. Volemo et<br />

<strong>di</strong>cemove che per quest'anno tanto gli fazi dare <strong>di</strong>cte livre sette, overo farglile bone in<br />

<strong>di</strong>cte imbotature. Data in castris nostris felicibus apud Urceasnovas, primo decembris<br />

1453.<br />

Filippus.<br />

Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit.<br />

Cichus.<br />

612<br />

Francesco Sforza comanda al capitano della Lomellina <strong>di</strong> indurre Giacomo da Landriano,<br />

abitante a San Nazzaro, a restituire allo squadrero ducale conte Giovanni Alboneso il fermaglio<br />

datogli in deposito per l’acquisto <strong>di</strong> un cavallo, poi, come convenuto, restituitogli.<br />

<strong>16</strong>2r Capitaneo nostro Lumelline.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 1, “apud Urceasnovas”).<br />

A dì quatro del passato, a rechiesta del conte Zohanne Alboneso, nostro squadrero, te<br />

scripsemo che dovessi astrenzere Iacomo da Landriano, habitatore de San Nazaro, a<br />

restituirli uno fermaglio, quale gli haveva dato in deposto per uno cavallo, quale voleva<br />

comprare da luy, et poi li ha restituito, segondo Ii pacti et conventione havute tra loro. Et<br />

inten<strong>di</strong>amo, per querella sua, che non l'hay facto; de che maravigliandone, te<br />

comettiamo et volemo che, intesa la cosa, debii astrenzere lo <strong>di</strong>cto Iacomo a restituire<br />

esso fermaglio secundo le conventione havute tra loro, facendo per modo che non ne<br />

habiamo più querella, et spazando presto el suo messo quale vene Iì per questa<br />

casone. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Iohannes.<br />

613<br />

Francesco Sforza vuole che Gaspare de Suessa restituisca al conte Urso il famiglio genovese<br />

chiamato Lazzaro, che se n’è fuggito con delle cose del suo patrono e si è rifugiato da lui. Ciò<br />

faccia anche in considerazione che il conte Urso è ai servizi <strong>di</strong> suo fratello Alessandro.<br />

Gasparri de Suessa.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 1, “apud Urceasnovas”).<br />

E' stato da nuy el conte Urso, figliolo dela bona memoria, et ne ha <strong>di</strong>cto che altra volta<br />

fugì da luy, siando nuy ad campo ad Vigievano, uno suo fameglio, giamato Lazaro,<br />

Zenoese, con alcune soe cose, et senza andare in altre parte nè in Ii altri luochi è


venuto ad stare con te. Pertanto te confortamo et caricamo che, considerato esso conte<br />

Urso è ali servicii del magnifico nostro fratello domino Alexandro, tu vogle fare verso luy<br />

como voresti che esso domino Alexandro facesse verso ti quando fosti in simile caso,<br />

como è esso; et questo ad nuy sarà carissimo. Data ut supra.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

614<br />

Francesco Sforza comanda al podestà, ai consoli, al comune e agli uomini <strong>di</strong> Trivoli <strong>di</strong> dare al<br />

suo famiglio Becarino, che manda lì, sistemazione e strame per lui e il suo cavallo.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 1, “apud Urceasnovas”).<br />

Potestati, consulibus, communi et hominibus terre nostre Trivoli.<br />

Man<strong>di</strong>amo ad alozare Iì Becharino, nostro fameglio; pertanto volemo che Ii debiati dare<br />

stantia et strame per luy et Ii suoi cavalli, como se fanno ali altri nostri famegli. Et<br />

questo non manchi. Data ut supra.<br />

Filippus.<br />

Cichus.<br />

615<br />

Francesco Sforza vuole che il castellano <strong>di</strong> San Colombano prenda i tre uomini (due <strong>di</strong> lì e il<br />

terzo <strong>di</strong> Burgeto (Borghetto) famigli dell’uomo d’arme delle lance spezzate Perusino, fuggiti con<br />

della sua roba e non li rilasci fino a completa sod<strong>di</strong>sfazione del loro patrono.<br />

<strong>16</strong>2v Castellano Sancti Columbani.<br />

(1453) <strong>di</strong>cembre 5, (“apud Urceasnovas”).<br />

AI strenuo Perusino, nostro homo d’arme delle lanze spezate, sonno fugiti tre famiglii<br />

suoy, deIi quali duy sonno dela terra de San Columbano et l'altro è del loco del Burgeto<br />

del <strong>di</strong>stricto tuo, quali gli hanno portato certa soa roba, como da luy o suo messo<br />

intenderay. Per la qual cosa te coman<strong>di</strong>amo et volemo che, subito recevuta questa,<br />

debii astrenzere <strong>di</strong>cti famegli personalmente, non relaxandoli finchè non habiano<br />

satisfacto et contentato <strong>di</strong>cto Perusino de tuto ciò che luy debbe havere; et circha ciò<br />

non gli usaray negligentia né tar<strong>di</strong>tà alcuna. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

All’inizio carta: v decembris.<br />

6<strong>16</strong><br />

Francesco Sforza comanda al condottiero Colella da Napoli <strong>di</strong> mandare, come gli <strong>di</strong>rà il famiglio<br />

ducale Gaspare Santo, tra lui e i fratelli Sanseverino 25 o 30 corazze e alcuni saccomanni,<br />

a seconda che chiederanno il conte Giovanni da Balbiano e Simone Arigone,<br />

impegnati nella presa della rocca <strong>di</strong> Baydo.<br />

In simile forma si è scritto ai condottieri Francesco, Americo e Bernabò Sanseverino.<br />

Colelle de Neapoli, armorum et cetera.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 5, “apud Urceasnovas”).<br />

Havendo nuy facto pigliare la impresa delIa rocha de Baydo et fatola stringere in modo<br />

che speramo, facendo quanto se pò fare, de obtenirla presto, volemo, et te comettemo<br />

che, ad instantia et requisitione del conte Zohanne da Balbiano et Simone Arigone,<br />

quali hanno comissione da nuy circha la <strong>di</strong>cta impresa, tra ti et Ii fratelli da San<br />

Severino, ali quali etiam<strong>di</strong>o scrivemo, mandati 25 o 30 coraze et qualchi saccomani a<br />

pede, como te <strong>di</strong>rà Gasparro Sancto, nostro famiglio, presente portatore, informato dela<br />

mente nostra circha ciò, et a luy crederà como ad nuy proprii. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


In simili forma scriptum fuit magnificis ac strenuis viris Francisco, Hamerico et<br />

Bernabovi fratribus de Santo Severino, armorum, et cetera.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

617<br />

Francesco Sforza fa notare al cancelliere Teseo da Spoleto che là sono arrivati con re Renato<br />

alcuni uomini d’armi e, fra gli altri Giovanni Robino, che tenterà <strong>di</strong> alloggiare fuori.<br />

Teseo deve curare che, nè Robino nè altri si sistemino fuori senza lettera ducale. A chiunque, re<br />

Renato compreso, egli <strong>di</strong>rà che devono arrivare là degli altri; e,se anche non giungessero degli<br />

altri nostri, ricor<strong>di</strong> che gli uomini sono sempre tenuti a pagare le tasse.<br />

<strong>16</strong>3r Nobili canzellero Theseo de Spoleto.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 5, “apud Urceasnovas”).<br />

Là ultra con la mayestà del re Renato sonno venuti alcuni homini d’arme, et fra li altri gli<br />

è venuto Iohanne Robino; et perchè credemo che esso Iohanne, se poterà, farà prova<br />

andare ad allogiare de fuora, volemo che honestamente tu prove<strong>di</strong> che nè luy nè altri<br />

non siano allogiati de fuora tanto, como havemo <strong>di</strong>cto, senza nostra lettera, et che<br />

vadano ad allogiare dentro. Et casu che la prefata mayestà, o altro in suo nome, te ne<br />

<strong>di</strong>cesse più una cosa che un'altra, responderay che là hanno ad venire delli altri et che<br />

Ii homini non poriano alogiare l'uno et l'altri, et questa tale respuosta gli <strong>di</strong>ray<br />

humanamente; et quando bene gli altri nostri non gli venesseno, bisogna che Ii homini<br />

pagino le taxe. Data ut supra.<br />

Persanctes.<br />

Iohannes.<br />

618<br />

Francesco Sforza fa presente a Donna Luchina dal Verme che, contrariamente al suo parere,<br />

vuole che l’ebreo Angelo e gli altri suoi correligionari vadano a Piacenza e si intendano con gli<br />

ebrei Bonomo e Israel. La sollecita a non impicciarsi nel suo fatto e lasci che facciano come<br />

fanno gli altri ebrei in conformità all’accordo avuto con loro.<br />

(a) Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 5, “apud Urceasnovas”).<br />

Havemo recevuto vostra lettera et inteso quanto ne scrive circha'l facto de Angelo<br />

ebreo et quelli altri suoi ebrei, quali la magnificentia vostra <strong>di</strong>ce che non gli pare che<br />

debbiano andare ad Piasenza, como sonno da nuy rechiesti, et cetera. Dicemo che la<br />

magnificentia vostra voglia fare per ogni modo che va<strong>di</strong>no, recevuta questa, ad<br />

Piasenza, dove se habbiano intendere con Bonomo et Israel, ebrei Iì in Piasenza, como<br />

sonno remasti d’acor<strong>di</strong>o con Ii altri ebrei delIa provincia nostra de Lombar<strong>di</strong>a; et non<br />

voglia la magnificentia vostra interturbare el facto nostro, et voglia che fazino quello che<br />

fanno Ii altri ebrei, et maxime como havemo <strong>di</strong>cto, siando rimasto d’acor<strong>di</strong>o con li altri<br />

de volere fare quello fanno Ii altri, chè, non venendo loro, <strong>di</strong>sturbariano el facto nostro,<br />

quaIe semo certi che voresti più tosto acconciare che guastare. Et questo non vole<br />

manchare, che como havemo <strong>di</strong>cto saria uno guastare el facto nostro, et ala<br />

magnificentia vostra non saria utile alcuno, nì anche gli fa preiu<strong>di</strong>tio alcuno. Data ut<br />

supra.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

(a) Precede Evangeliste Savelli depennato.<br />

619<br />

Francesco Sforza, volendo provvedere alla indennità spettante al suo cancelliere e segretario<br />

Abramo Ar<strong>di</strong>zi, fittavolo della possessione ducale <strong>di</strong> Vigevano, interviene, a richiesta <strong>di</strong> Abramo,<br />

per ovviare alla, non solo negligenza, ma anche renitenza nei pagamenti <strong>di</strong> parecchi suoi<br />

affittuari, <strong>di</strong>sponendo che tutti i competenti ufficiali vegevanesi, povvedano in ogni modo, in<br />

conformità degli statuti, che Abramo celermente consegua tutto quanto è realmente a lui dovuto.


1453 <strong>di</strong>cembre 5, “apud Urceasnovas”.<br />

<strong>16</strong>3v Dux Me<strong>di</strong>olani et cetera, i(n)demnitati providere volentes egregii viri Abrae de<br />

Ar<strong>di</strong>tiis <strong>di</strong>lecti cancellarii et secretarii nostri ac fictabilis in possessione nostra Viglevani,<br />

exponentes nobis quod plurimos sibi esse debitores occasione ficti, qui sibi ad<br />

solvendum negligentes non modo, imo renitentes fuerint (a), maxime quia de rime<strong>di</strong>o<br />

sibi provideri supplicavit opportuno quo ab ipsis debitoribus suum debitum consequi<br />

valeat, mandamus, presentium tenore, omnibus et singulis officialibus terre pre<strong>di</strong>cte<br />

nostre Viglevani et ad quos spectat quatenus ad omnem (b) ipsius Abrae, vel nuncii sui<br />

requisicionem et instantiam contra omnes et singulos eius veros debitores ius<br />

summarium faciant et expe<strong>di</strong>tum sine strepitu, et cetera. Etiam si de vero cre<strong>di</strong>to<br />

constiterit eos debitores cogant et compellant per omnia iuris reme<strong>di</strong>a et<br />

quemadmodum terre ipsius statuta <strong>di</strong>sponunt ad dandum et solvendum, quod dare ipsa<br />

ficti occasione debuerint omni prorsus exceptione et con<strong>di</strong>ctione remota. Et ita demum<br />

faciant quod suum cum integritate consequatur presentibus, etiam si infra mensem non<br />

presententur, mensibus sex firmiter valituris; quas in premissorum, et cetera. Data apud<br />

Urceasnovas, v decembris 1453.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

(a) In A fuint senza segno abbreviativo.<br />

(b) In A omnem scritto per esteso e con segno abbreviativo.<br />

620<br />

Francesco Sforza comanda al conte Bolognino de Attendolis, castellano del castello <strong>di</strong> Pavia, <strong>di</strong><br />

liberare la moglie e i figli del condottiero Colella da Napoli.<br />

(1453) <strong>di</strong>cembre 6, (“apud Urceasnovas”).<br />

Comiti Bollognino de Attendolis, castellano castri Papie.<br />

Volemo che, recevuta questa, debiati liberare et relaxare liberamente la femina et li puti<br />

del spectabile Colella da Napoli, nostro conductero. E non manchi. Data ut supra, <strong>di</strong>e vi<br />

decembris.<br />

FranciscuSfortia manu propria subscripsit.<br />

Cichus.<br />

621<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà <strong>di</strong> Fontanella che, a richiesta del cremasco, espulso dalla<br />

sua città, Cristoforo Poyano faccia avere con rito sommario quanto debitamente pretende dai<br />

locali fratelli Sozo e Zogno.<br />

<strong>16</strong>4r Potestati Fontanelle, nostro <strong>di</strong>lecto.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 6.<br />

El nobile Christoforo Poyano, cita<strong>di</strong>no e cazato de Crema, presente portatore, ne ha<br />

exposto dovere havere da Sozo et da Zogno, fratelli de quella terra, certa quantità de<br />

<strong>di</strong>nari e altre cose, como da luy o da suo messo saray più largamente informato, dalli<br />

quali fratelli pare non habia possuto né possa conseguire el debito suo. Pertanto<br />

volemo che a ogne sua rechiesta, o de qualunque suo mandato lì, debii ministrare<br />

ragione summaria et expe<strong>di</strong>ta, veduta la verità del facto, et sine strepitu et figura iu<strong>di</strong>cii,<br />

contra deli <strong>di</strong>cti Sozo et Zogno fratelli, per modo ch'esso Christoforo consequisca el<br />

debito suo senza littigio et <strong>di</strong>latione. Data vi decembris 1453.<br />

Ser Alexander.<br />

Cichus.<br />

622<br />

Francesco Sforza esprime al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> la sua sorpresa per la mancata esecuzione<br />

dell’or<strong>di</strong>ne datogli <strong>di</strong> abbattere il ponte <strong>di</strong> Rivolta. Gli impone <strong>di</strong> intendersi con il commissario <strong>di</strong><br />

Cassano e <strong>di</strong> dargli ogni aiuto <strong>di</strong> uomini e <strong>di</strong> quant’altro è necessario per rovinare detto ponte.


Locumtenenti Laude.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 5, “apud Urceasnovas”<br />

Credevamo fosse dato principio al levare via il ponte nostro da Rivolta, quando<br />

novamente (a) siamo avisati vuy anche non havergli mandato persona alcuna nè fatogli<br />

provisione, como seti stato de nostro or<strong>di</strong>ne rechiesto, de che molto ne maravigliamo.<br />

Pertanto ve comettiamo che, intend(end)ovi col commissario nostro de Cassano, gli dati<br />

ogni a<strong>di</strong>uto et favori de homini et de tuto quello sia necessario per guastare <strong>di</strong>cto ponte,<br />

non usando in ciò negligentia veruna. Data apud Urceasnovas, v decembris 1453.<br />

(a) novamente ripetuto.<br />

623<br />

Francesco Sforza scrive ad Andrea Dandolo, provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema che del caso <strong>di</strong> Bernardo si<br />

è grandemente rattristato. Non potendo accontentarlo in tutto per il salvacondotto, gli manda il<br />

salvacondotto allegato, valido per una parte <strong>di</strong> quanto richiesto.<br />

Domino Andree Dandolo, provisori Creme.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 6, (“apud Urceasnovas”).<br />

Non bisognia, ad respondendo ad la lettera dela vostra magnificentia, che essa ne<br />

regratia de quella gle havemo scripto, perchè invero <strong>di</strong> maior cosa voressemo<br />

compiacervi; et del caso de Bernardo tanto n’è doluto quanto <strong>di</strong>re se potesse. Et perchè<br />

non ce pare con honestade, stando Ie cose como stanno essere, de concedere il<br />

salvoconducto che rechiedeti, pur acioché la domanda vostra non torna invano, ve<br />

havemo compiaciuto d’una parte et ve man<strong>di</strong>amo per essa parte lo salvoconducto qui<br />

alligato; et se altro podemo per vostra magnificentia lo faremo de bona voglia. Data ut<br />

supra, vi decembris 1453.<br />

624<br />

Francesco Sforza informa gli armigeri della squadra <strong>di</strong> Sagramoro Visconti che devono portarsi<br />

a Brusaporto, dove ha stabilito il loro alloggiamento, ammonendoli che Castelleone è stato<br />

destinato ad altri e li avverte che se si fossero attenuti agli or<strong>di</strong>ni non sarebbe successo quel<br />

che è accaduto. Sappiano poi, che per la guerra nel Bergamasco saranno con il Colleoni.<br />

Nel medesimo giorno si è scritto a Francesco de Cademustis <strong>di</strong> portarsi dal duca ed egualmento<br />

si è fatto sapere al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> sollecitare l’andata <strong>di</strong> Francesco dallo Sforza.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 6, “apud Urceasnovas”).<br />

<strong>16</strong>4v Strenuis armigeris de squadra Segramori Vicecomiti.<br />

Havemo recevuto Ie vostre lettere, ale quale respondendo breviter ve <strong>di</strong>cemo nostra<br />

intentione essere che vuy an<strong>di</strong>ate a Bruxaporcho dove havemo deputato el vostro<br />

alogiamento; et se vuy havessevo servato quanto (a) havevamo or<strong>di</strong>nato, non gle seria<br />

intervenuto quello gli è; pur de novo se gli potrà reconzare e stare lì; siché andate Iì,<br />

perchè havemo provisto ad altri deli logiamenti de Castelione, avisandove che nostra<br />

intentione è, como havemo or<strong>di</strong>nato al <strong>di</strong>cto domino Segramoro, che intendemo siati<br />

cum domino Segramoro ala impresa e su la guerra de Bergamasca con el magnifico<br />

Bartholomeo Coglione. E questa è la nostra intentione, quale volimo sia observata.<br />

Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) quanto ripetuto.<br />

Die suprascripto.<br />

Scriptum fuit Francisco de Cademustis quatenus veniat ad dominum.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

Similiter scriptum fuit locumtenenti Laude quatenus solicitet suprascriptum Franciscum


quod subito veniat ad dominum.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

625<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Giacomo Palmerio <strong>di</strong> mandare subito a Cremona dallo spen<strong>di</strong>tore<br />

ducale Antonio, il pa<strong>di</strong>glione che fu <strong>di</strong> Luigino Bosso e che gli prestò nei giorni scorsi.<br />

Iacobo Palmerio.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 6, “apud Urceasnovas”).<br />

Nuy havemo de bisogno al presente de quello nostro paviglone fo de domino Aluysino<br />

Bosso, quale te imprestassemo ali dì passati; pertanto prove<strong>di</strong> che subito sia mandato<br />

ad Cremona et consignato ad Antonio canzellero nostro expen<strong>di</strong>tore; et in questo non<br />

intervenga fallo alcuno per cosa del mondo. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

626<br />

Francesco Sforza vuole che Francesco de Georgiis, commissario sopra gli alloggiamenti<br />

della Campagna <strong>di</strong> Pavia, assegni a suo fratello Corrado uno spazio lì per quaranta cavalli<br />

dando solo strame e coperto.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 6, “apud Urceasnovas”).<br />

<strong>16</strong>5r Francesco de Georgiis, comissario nostro super allogiamentis Campanee.<br />

Per a<strong>di</strong>utare el magnifico Conrado, nostro fratello, in lo suo presente bisogno, siamo<br />

contenti et volemo che tu li assegni et faci dare allozamento in la campagnia de Pavia<br />

per cavalli quaranta, ali quali non volemo che sia dato altro che strame et coperto. Data<br />

ut supra.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

Dupplicata <strong>di</strong>e xiii decembris 1453.<br />

627<br />

Francesco Sforza risponde a Nicola de Campanea, podestà <strong>di</strong> Lovere, apprezzando il suo<br />

<strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> consentire vettoglie ai nemici. In merito alle entrate non ha che intendersi con<br />

Giovanni <strong>di</strong> Pietrasanta, a ciò deputato, e prossimo a venire lì per provvedere opportunamente.<br />

Non intende innovare alcunchè degli accor<strong>di</strong> presi per il suo salario, per cui, se vuol rimanere, ci<br />

stia, altrimenti lo avvisi , perchè ne manderà un altro. Lasci passare liberamente quelli della Val<br />

Seriana.<br />

Nicolao de Campanea, potestati Loveri.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 6, “apud Urceasnovas”).<br />

Inteso quanto per toe lettere ne hai scripto, te respondemo, primo, ala parte del'or<strong>di</strong>ne<br />

hay posto che le victualie non vadano al’inimici, che hay facto bene, et così sforzate<br />

operrare per ogni via possibile che non gli ne sia conducto miga; alla parte del’intrate<br />

<strong>di</strong>cemo che te debii intendere con Iohanne de Petrasancta, quale havemo deputato<br />

sopra questo et venerà lì per provedere a quanto sarà expe<strong>di</strong>ente. Del facto del tuo<br />

salario, <strong>di</strong>cemo che non gle vogliamo innovare cosa alcuna contra li capituli gli havemo<br />

concessi; se gli voy stare, el poi fare; se’l non, avisane che gli mandaremo un altro<br />

apresso. Volemo che quelli de Valle Seriana lassi passare liberamente, finché<br />

haveremo or<strong>di</strong>nato el facto loro, et ti scriveremo altro. Data ut supra.<br />

Marcus.<br />

Cichus.


628<br />

Francesco Sforza scrive al suo familiare Cristoforo Gaytano che deve venir via dove sono gli altri<br />

famigli ducali.<br />

Christoforo Gaytano, farniliari nostro.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 6, “apud Urceasnovas”).<br />

Havemo recevuto le toe lettere et inteso quanto per esse ne scrive; non te respondemo<br />

altro se non che subito te ne debii venire via dove sonno l'altri nostri famiglii. Et a<br />

questo non fa’ exceptione né tardanza alcuna. Data ut supra.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

629<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che per accontentare Giacomello da Napoli<br />

deve chiamare presso <strong>di</strong> lui gli uomini <strong>di</strong> Morgnana, Valera Vecchia e Valera Nuova e trattenerli<br />

fino a quando non avranno so<strong>di</strong>sfatto detto Giacomello, sia per le armi che per le spese. Non<br />

vuole, invece, che venga scocciato il padre <strong>di</strong> Baboro.<br />

<strong>16</strong>5v Locuntenenti nostro Laude.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 7, “apud Varolas Alghixas”.<br />

Per satisfactione de Iacomello da Napoli volemo, e ve comettemo che subito, ala<br />

receputa de questa, debiati havere a voy delli homini delli luogi de Morgnana, Valera<br />

Vegia et Valera Nova, non gli lassando partire da vuy fin a tanto non habbiano<br />

satisfacto a <strong>di</strong>cto Iacomello, così per l'arme como etiam per le spexe; et questo non<br />

manchi. Quantum vero al facto del patre de Baboro, non volimo ch’el gli sia dato<br />

impazo, perchè così sonno convenute Ie parte. Ex castris nostris apud Varolas<br />

Alghixias, vii decembris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

630<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce al podestà <strong>di</strong> Fiorenzuola <strong>di</strong> apprezzare il sequestro fatto all’osteria <strong>di</strong> un<br />

mulo e <strong>di</strong> tre cavalli portati lì dai due saccomanni che <strong>di</strong>cono essere con il fratello <strong>di</strong> Colella da<br />

Napoli. Sloggiatili dall’osteria li metterà in un altro posto provvedendoli <strong>di</strong> fieno, a carico dei<br />

locali, e <strong>di</strong> biada a spese del duca.Le bestie le terrà lì fino a nuovo or<strong>di</strong>ne e se gli sarà detto <strong>di</strong><br />

rendere le bestie senza menzionare la spesa, porrà la biada a carico <strong>di</strong> colui cui le restituirà<br />

Potestati Florenzole.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 7, “apud Varolas Alghixas”).<br />

Per la toa de dì iii del presente havemo inteso quanto tu ne scrive delli cavalli tre et uno<br />

mulo hay facto sequestrare sopra l'hostaria, quali quelIi duy saccomani, che, <strong>di</strong>cemo, si<br />

asc(ri)vano con lo fratello de Colella da Napoli hanno menato in quella terra; ala quale<br />

respondendo, <strong>di</strong>cemo hay facto bene et te ne commen<strong>di</strong>amo, li quali volemo subito, ala<br />

receputa de questa, fazi levare dala <strong>di</strong>cta hostaria et metterli in altro locho e faray provedere<br />

de feno et biava in modo che stiano bene, la quale biada pagaremo nuy. Ma il<br />

feno te lo faray dare dali homini de quella terra como meglio te parirà, et <strong>di</strong>cti cavali et<br />

mulo teneray lì finché te avisaremo per nostre lettere de quanto ne haveray ad fare; et<br />

si nuy te scrivessemo che tu devesti rendere <strong>di</strong>cti cavali et mulo, et che non facessemo<br />

mentione della spexa, intendemo che quello al quale li restitueray paga (a) omnino <strong>di</strong>cta<br />

biava. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) In A pagano con no depennato.


631<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al luogotenente e al castellano <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che, siccome dalle lettere <strong>di</strong><br />

Pietro appare che il detenuto Rizardo dalla Chiesa non viene incriminato <strong>di</strong> alcun reato,<br />

lo lascino libero <strong>di</strong> andare per i fatti suoi.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 8, “apud Gabionetam”.<br />

<strong>16</strong>6r Locumtenenti et castellano nostris Laude.<br />

Perchè per lettere de vuy, domino Petro, siamo avisati che in Rizardo dala Chiesa, lì<br />

sostenuto, non se trova defecto alcuno de quello era inculpato, siamo contenti et<br />

volemo che, recevuta questa, liberamente lo debbiati relaxare et andare per li facti<br />

suoy. Et acciò cre<strong>di</strong>ati questo sia de nostra mente, havemo soctoscripta la presente de<br />

nostra propria mano. Data apud Gabionetam, viii decembris 1453.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Franciscus Sfortia manu propria subscripsit.<br />

Iohannes.<br />

632<br />

Francesco Sforza scrive al referendario <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> aver risposto, per non porre un principio,<br />

negativamente alla richiesta del suo uomo d’arme Marco della Croce <strong>di</strong> esenzione dall’imbottato<br />

per lui e per i suoi fittavoli. Siccome tale sua imposta non va oltre le sette lire,<br />

vuole che gliela faccia dare solo per quest’anno o gliela risparmi.<br />

Referendario nostro Placentie.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 1, “apud Urceasnovas”.<br />

Domandandone Marcho della Croce, nostro homo d’arme, exemptione per luy et suoy<br />

fictabili dale imbotature, non è parso farglile per non dare la via ali altri, ma siamo stati<br />

contenti perchè luy <strong>di</strong>ce che non monta la rata soa più che sette livre, sive livre vii;<br />

volemo et <strong>di</strong>cemove che, per questo anno tanto, gli fazi dare <strong>di</strong>cte livre sette overo<br />

farglile bone in <strong>di</strong>cte imbotature. Data apud Urceasnovas, primo decembris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

633<br />

Francesco Sforza vuole che il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, accertato che il massaro dell’abbazia <strong>di</strong><br />

Cerreto è stato preso pur essendo, come gli ha scritto Ettore, fattore <strong>di</strong> detta abbazia, nei due dì<br />

del contramando, scriva a Gaspare da Suessa <strong>di</strong> liberarlo.<br />

Locumtenenti nostro Laude.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 10, “apud Marchariam”.<br />

Havendo nuy inteso per lettere de Hectore, factore de l'Abbatia da Cereto, che quelli de<br />

Gasparo da Sesso hanno preso uno massaro dela <strong>di</strong>cta Abbatia contra el debito,<br />

perchè era in li duy dì del contrabando, gli habiamo scripto che, trovandose, per la<br />

informatione pigliariti sopra ciò, ch'el sia preso in li duy dì del contrabando, che lo debbi<br />

relaxare senza altra replicatione de nostre littere liberamente. Et pertanto volemo che<br />

habiate la <strong>di</strong>cta informatione et, segondo quella, avisariti <strong>di</strong>cto Gasparro che lo debba,<br />

aut absolvere e liberare aut rescotere, se pure se trovasse esser preso legitimamente e<br />

non in li dì del contramando. Data in castris nostris apud Marchariam, x decembris<br />

1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

634<br />

Francesco Sforza informa Gaspare da Suessa <strong>di</strong> aver scritto al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

assicurarsi se veramente il massaro dell’abbazia <strong>di</strong> Cerreto è stato preso dai suoi(Gaspare)<br />

uomini pur essendo nei due giorni <strong>di</strong> contramando e, in questo caso, vuole che venga senz’altro


<strong>16</strong>6v Gasparri de Suessa.<br />

liberato.<br />

1453<strong>di</strong>cembre 10, “apud Marchariam”).<br />

Havemo havuto informatione che li tuoy hanno preso uno massaro del’abbatia de<br />

Cereto e manche che legiptimamente, perché <strong>di</strong>cono che l’hanno preso in li duy dì del<br />

contramando; la qual cosa seria contro el devere et contra el tenore del nostro<br />

salvoconducto, che non volemo comportare. Et pertanto volemo che, veduto e bene<br />

inteso per lo nostro locotenente de Lo<strong>di</strong> ch’el sia preso in li duy dì del contramando,<br />

como è <strong>di</strong>cto, sia relaxato liberamente, omni prorsus exceptione remota; et in questo<br />

non aspectare altre nostre lettere. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

635<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà <strong>di</strong> San Colombano faccia ritornare da Schiaveto, uomo<br />

d’arme ducale, il suo famiglio che è fuggito lì, oppure che gli faccia restituire quanto s’è portato<br />

via.<br />

Potestati Sancti Columbani.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 10, “apud Marchariam”).<br />

Schiaveto, nostro homo d’arme, ne ha <strong>di</strong>cto che da luy se è fugito uno suo fameglio et<br />

(è) venuto là con certa soa roba. Pertanto volemo che tu lo fazi retornare da luy, overo<br />

gli fazi restituire <strong>di</strong>cta soa roba. Data ut supra.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

636<br />

Francesco Sforza comanda al podestà <strong>di</strong> Sale <strong>di</strong> procedere contro quelli del luogo che hanno<br />

<strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>to alle crida che imponevano loro <strong>di</strong> far ritorno dal Monferrato e <strong>di</strong> informare <strong>di</strong> quanto<br />

avrà fatto ai Maestri delle entrate straor<strong>di</strong>narie.<br />

Potestati Salarum.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 10, “apud Marchariam”).<br />

Inten<strong>di</strong>amo che per li locotenenti nostri de Alexandria tu fosti avisato de fare certe cride<br />

or<strong>di</strong>nate in executione de nostre lettere <strong>di</strong> quelli da Sale erano nel territorio del<br />

marchexe et delli fratelli de Monferrato, li quali non hanno mai voluto repatriare, contra li<br />

quali non s’è may proceduto ad altro. Il perché vogliamo et te coman<strong>di</strong>amo che tu<br />

proce<strong>di</strong> contra quelli che tu intenderay havere contrafacto ale <strong>di</strong>cte cride, facendoli<br />

ragione secundo che in esse cride se contene, avisandone poi li nostri Maestri<br />

extraor<strong>di</strong>narii de quanto haveray facto. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

637<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Bartolomeo da Correggio <strong>di</strong> fare avere a Lorenzo Isimbar<strong>di</strong> la stessa<br />

pensione <strong>di</strong> cui godeva nel passato.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 10, “apud Marchariam”.<br />

<strong>16</strong>7r Spectabili militi domino Bartholomeo de Corigia, referendario nostro Laude.<br />

Nostra intentione è et volemo che domino Laurentio Isimbardo sia tractato nel facto<br />

della sua annua provisione eo modo et forma che è stato per lo passato. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


638<br />

Francesco Sforza ricorda a Gracino da Pescarolo e a Bartolomeo da Correggio, referendari <strong>di</strong><br />

Pavia, <strong>di</strong> aver concesso mensilmente alla città 200 lire per interventi sui beni pubblici (ponti,<br />

porte, palazzo o altre cose per utilità e ornato citta<strong>di</strong>no). Siccome attualmente occorrono<br />

interventi su beni annotati nell’accluso [<strong>di</strong>menticato !] elenco, vuole che i referendari si intendano<br />

con massari e altri operanti per la comunità, e impegnino le 200 lire nelle riparazioni opportune e<br />

non in altro. Dato che la Camera ducale “resta debitrice de parigi mesi de tali <strong>di</strong>nari”, vuole che<br />

essi tali denari li facciano “convertire in tale operatione che siano o sarano per l’avenire<br />

necessarie”. Siccome i membri della commissione della città hanno richiesto portoni e navi per<br />

riparazioni al Ticino, il duca <strong>di</strong>spone che, avendone dei superflui, vengano loro dati.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 10, “apud Marchariam”.<br />

Gracino de Piscarolo et Bartholomeo de Corigia, referndariis nostris <strong>di</strong>lectis Papie.<br />

Como voy doveti sapere nuy havemo concesso a quella nostra comunità sopra l’intrate<br />

nostre de quella nostra cità duecento lire imperiali singulo mense per la reparatione<br />

delle cose publice, como riconzare ponti, porte, palazo o altre cose concernente el<br />

bene publico et ornamento della cità; e tale concessione facessemo molto voluntiera et<br />

ogni dì ce contentiamo più haverla facta, et omnino volemo se man<strong>di</strong> ad executione. Et<br />

proinde, intendendo nuy che de presente gli sonno da far fare reparatione et provisione,<br />

quale ve man<strong>di</strong>amo annotate in la cedula introclusa, volemo et ve comettemo che<br />

intendendove con li massari o altri che faciano per la comunità, prove<strong>di</strong>ati, me<strong>di</strong>ante li<br />

<strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari, che se faciano quelle reparatione opportune et necessarie; et item prove<strong>di</strong>te<br />

che le <strong>di</strong>cte lire ducento siano spexe segondo l’or<strong>di</strong>natione pre<strong>di</strong>cta, e non in altro. Et<br />

circa questo portateve talmente che più non habiamo cagione de iterarve nostre lettere.<br />

Et perché segondo siamo informati la Camera nostra resta debitrice de parigi mesi de<br />

tali <strong>di</strong>nari, volimo che gli faciate convertire in tale reparatione che siano o serano per<br />

l’avenire necessarie, e non in altro. Ceterum perché quelli della provisione d’essa<br />

nostra cità ne hanno facto rechedere qualche portoni et nave inutile per repar(a)tione al<br />

fiume del Ticino, como da loro sariti informati, siamo contenti che, havendone nuy de<br />

quelli che non bisognasseno ad nuy, ad ogni soa rechesta gli ne compiaciati. Data ut<br />

supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

639<br />

Francesco Sforza scrive all’ufficiale delle vettovaglie <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> aver saputo che i deputati della<br />

provvisione della città hanno preso provve<strong>di</strong>menti circa il suo ufficio a beneficio della città<br />

stessa. Vuole che sia contento e che si accor<strong>di</strong> con quelli della provvisione e stia alle loro<br />

<strong>di</strong>sposizioni.<br />

<strong>16</strong>7v Officiali victualium civitatis Papie.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 11, “apud Marchariam”.<br />

Siamo informati che Ii deputati ala provisione de quella nostra cità hanno facto certo<br />

or<strong>di</strong>ne e provisione circha l'offitio tuo, le quale concerneno lo bene et honore de quella<br />

nostra cità; et perchè quanto più adminiculo haveray in exercire l'offitio, qual è de tal<br />

natura che rechede più hogi debbe essere più contento, volemo che tu intende con li<br />

pre<strong>di</strong>cti dela provisione et acquiesci ali or<strong>di</strong>ni e provisione facte; et in tuto sforzate che<br />

l'offitio sia facto cum solicitu<strong>di</strong>ne, <strong>di</strong>ligentia et driteza. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

All’inizio carta: <strong>di</strong>e XI decembris.<br />

640<br />

Francesco Sforza sollecita il suo cancelliere Teseo da Spoleto a voler concedere, per solo<br />

quest’anno, sistemazione, nella sua possessione del Piacentino, a due cavalli <strong>di</strong> Melchione da<br />

Rimini, compagno <strong>di</strong> suo fratello Alessandro.


Theseo de Spoleto, cancellero nostro.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 11, “apud Marchariam”).<br />

Nuy havemo concesso, per questo anno tanto, ad domino Melchione da Rimino, compagno<br />

del magnifico nostro fratello domino Alexandro, stantia per duy cavalli in la soa<br />

possessione de Piasentino; volimo che tu gli la dagi liberamente et che l'habia como<br />

l'hanno li altri. Data ut supra.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

641<br />

Francesco Sforza vuole che Antonio de Minutis, Regolatore dei Maestri delle entrate, cerchi <strong>di</strong><br />

convincere il conte Antonio Crivelli a richiedere, senza “usare tante subtileze con nuy”,<br />

un prezzo più conveniente per il grano comprato da lui.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 11, “apud Marchariam”).<br />

Ser Antonio de Minutis, regulatori intratarum nostrarum.<br />

El conte Antonio Crivello ne ha scripta della <strong>di</strong>fferentia, qual havite del pretio del<br />

formento qual luy ne ha dato, rechiedendone che li voliamo far dare el pretio che corre<br />

de presente; che a nuy non pareria ragionevele, nè honesto. Pertanto volemo che tu sii<br />

con luy et, <strong>di</strong>cendoli ch'el non voglia usare tante subtileze con nuy, vede de redure la<br />

cosa al ragionevele; et demum stu<strong>di</strong>ate componere la cosa con bono modo ita ch'el non<br />

habia più cagione de scriverne de questo. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

642<br />

Francesco Sforza fa sapere al conte Antonio Crivelli che quel che ha <strong>di</strong>ffuso in città Cristoforo<br />

Roverino circa il vescovato non corrisponde al vero. Giovanni Collo è stato, sì, da lui, ma non ha<br />

riportato quello che il duca ha detto. Per tranquillità del conte lo assicura che proprio in queste<br />

ore manda un suo uomo a Roma con lettere ai suoi ambasciatori per sollecitare dal papa bolle<br />

per suo fratello. Infine, gli richiede un prezzo del frumento più onesto, come gli ripeterà ser<br />

Antonio.<br />

<strong>16</strong>8r Comiti Antonio de Crivelis.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 11, “apud Marchariam”).<br />

Havemo recevuto Ie vostre lettere et per quelle inteso quanto scriveti havere seminato<br />

per quella cità Christoforo Roverino circha la materia del vescovato; ve <strong>di</strong>cemo che<br />

<strong>di</strong>cto Christoforo pote havere <strong>di</strong>cto quanto vole, ma non <strong>di</strong>ce el vero. Ben è vero che<br />

domino Iohanne Collo è stato da nuy, ma non ha reportato da nuy quello che è stato<br />

<strong>di</strong>cto là, anzi man<strong>di</strong>amo in questa hora uno nostro con littere ali nostri ambaxatori a<br />

Roma che instano apresso la santità de nostro Signore Ie bule per vostro fratello; sichè<br />

circha questo statine de bono animo che non mancharemo de quanto ve havemo<br />

promesso. Quanto al pretio delli formenti nuy scrivemo a ser Antonio che sia con vuy et<br />

gli metiate uno pretio competente; e non possemo credere che gli vogliati mettere se<br />

non pretio honesto. Et cosi ve confortiamo. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

643<br />

Francesco Sforza scrive a Andrrea de Cingulo <strong>di</strong> smettere <strong>di</strong> far macinare il grano e <strong>di</strong><br />

raccogliere subito assai frumento e <strong>di</strong> mandarlo in grano a Cremona. Ugualmente ha scritto a<br />

Raffaele Pugnello e a Raffaele de Minutis, regolatore delle entrate ducali.<br />

Ser Andree de Cingulo.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 11, “apud Marchariam”).


Non obstan¢te che per altre nostre te habiamo scripto che dovesti fare macinare quelli<br />

furmenti, per questa te <strong>di</strong>cemo che tu debbi desistere de farne macinare, et che soliciti<br />

de accatare più quantità de frumento che tu poy et mandarlo subito a Cremona ad la<br />

munitione nostra in grano. Et in questo mette ogne tua <strong>di</strong>ligentia et solicitu<strong>di</strong>ne si<br />

desideri farne cosa che ne piatia perchè questo facto è importantissimo. Data ut supra.<br />

Cristoforus de Cambiago.<br />

In simili forma scriptum fuit Raphaeli Pugnello et ser Antonio de Minutis, intratarum<br />

nostrarum regulatori, ch'el se sforza de recatare più quantità de formento che gli sia<br />

possibile et mandarlo ut supra.<br />

644<br />

Francesco Sforza vuole che si accontenti il famiglio ducale Scaramuceto facendogli avere tutti i<br />

beni <strong>di</strong> Bassanino de Casati assegnatigli dal duca.<br />

<strong>16</strong>8v Referendario nostro Laude.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 11, “apud Marchariam”).<br />

Scaramuceto, nostro famiglio, se è gravato con nuy, <strong>di</strong>cendo che non ha anchora<br />

potuto conseguire tuti gli beni che gli spectano per rispecto aIa donatione gli fecemo<br />

delli beni de Bassanino de Casati. Et pertanto volemo che faciati vedere quello che se<br />

trova mancarli et ge lo faciati assignare liberamente et interamente senza mancamento<br />

alcuno. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

645<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Filippo d’Ancona <strong>di</strong> fare avere venti ducati d’oro dai denari che ha tra<br />

le mani al famiglio ducale Giorgio Pollito.<br />

Filippo de Ancona.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 12, “apud Marchariam”.<br />

Volimo che de qualuncha <strong>di</strong>nari hay nelle mane, debii dare ad Zorzo Pollito, nostro<br />

famiglio, ducati vinti d'oro et cetera. Data apud Marchariam, <strong>di</strong>e xii decembris 1453.<br />

Leonardus.<br />

FranciscuSfortia Vicecomes manu propria subscripsit.<br />

Iohannes.<br />

646<br />

Francesco Sforza comanda al podestà <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> far avere, entro quin<strong>di</strong>ci giorni al più tar<strong>di</strong>,<br />

con rito sommario, al me<strong>di</strong>co Francesco delle Artarie da Piacenza, salariato dalla comunità <strong>di</strong><br />

Modena, quanto gli spetta dai debitori piacentinii per fitti e altre cause.<br />

Potestati nostro Placentie.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 12, “apud Marchariam”.<br />

Lo egregio doctore de me<strong>di</strong>cina, magistro Francischo delle Artarie da Piasenza, quale è<br />

salariato con la comunità de Modena, debbe havere certi <strong>di</strong>nari in quella cità per<br />

casone de ficti e altramente et vene Iì per scoderli. Pertanto, essendo luy tal homo che<br />

non merita essere menato per <strong>di</strong>latione et che con gran<strong>di</strong>ssimo desconzo et damno de<br />

quella comunità de Modena se parte de là, ve comettiamo et volimo che gli debiati<br />

ministrare ragione summaria et expe<strong>di</strong>ta contra Ii <strong>di</strong>cti suoy debitori et astrenzerli a far<br />

el dovere, spazandolo nedum presto, ma prestissimo et fra el termine de quin<strong>di</strong>ci dì ad<br />

tar<strong>di</strong>us, acioch'el se ne possa retornare a casa. Data apud Marchariam, xii decembris<br />

1453.


Irius.<br />

De simili materia scriptum fuit comiti Francisco dela Mirandula Concor<strong>di</strong>e, et cetera.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

647<br />

Francesco Sforza scrive a Paolo de Braco, podestà <strong>di</strong> Orzinuovi, <strong>di</strong> non potere che stupirsi che<br />

non si sia contratta quella parentela da lui patrocinata con il suo cameriere Bartolomeo <strong>di</strong><br />

Vistarini. Lo sprona, pertanto, a sollecitare monsignore Battista o chi crederà meglio perchè tutto<br />

si concluda, purchè vi sia il padre <strong>di</strong> Bartolomeo.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 12, “apud Marchariam”).<br />

<strong>16</strong>9r Paulo de Brachio, potestati Urcearum Novarum.<br />

Havendone facta quella instantia che havemo per la parenteza da essere contracta con<br />

Bartholomeo <strong>di</strong> Vistarini, nostro camerero, per nostra singulare complacentia, non<br />

possemo fare che non se maravigliamo uno pocho che anchora non sia exequito,<br />

credendo che dovesti fare molto mazore cosa per nuy e piacere nostro, maxime siando<br />

pur cosa <strong>di</strong>gna, dela quale vuy et Ii parenti ve trovareti ogni dì più contenti. Per la qual<br />

cosa iterato ve confortiamo ad volere scrivere talmente aut ad Baptista, monsignore,<br />

aut ad chi meglio ve pare ch'el se conclude senza più <strong>di</strong>Ilatione de tempo e replicatione<br />

de nostre lettere, non gli volendo fare altre exceptione, purch'el ce sia el patre del <strong>di</strong>cto<br />

Bartholomeo. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

648<br />

Francesco Sforza, <strong>di</strong>ce al podestà della Somaglia <strong>di</strong> aver saputo che lì tal Parmense o<br />

Pergamino della Somaglia ha due “tace” d’argento <strong>di</strong> venti once, avute dal famiglio ducale<br />

Serviliano per sei lire. Siccome dette “tace” sono sue, comanda al podestà che convochi presso<br />

<strong>di</strong> lui il possessore <strong>di</strong> tali “tace” e le <strong>di</strong>a, in suo nome, a Giusto de Rebugo purchè paghi le dette<br />

sei lire.<br />

Qualora non le avesse il suddetto, procuri <strong>di</strong> ritrovarle, perchè <strong>di</strong> certo sa che sono lì.<br />

Bartholomeo de Somalia, potestati ibidem.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 12, “apud Marchariam”).<br />

Sentimo che Iì è uno Parmesano, overo Pergamino dala Somalia, quale ha doe tace de<br />

argento de vinte onze in pegno, che forono de Serviliano, nostro fameglio, per lire vi de<br />

imperiali. Et perchè Ie <strong>di</strong>cte tace veneno ad esser nostre, volemo, et così ve<br />

coman<strong>di</strong>amo che habiati da vuy quello tale che ha Ie <strong>di</strong>cte tace et fate che per ogni<br />

modo Ii <strong>di</strong>ano ad Iusto de Rabugo, presente portatore, in nostro nome, perchè luy gli<br />

pagarà <strong>di</strong>cte sey libre; et questo fati che non manchi per quanto havete ad caro la<br />

gratia nostra. Et caso che non I’havesse luy, nuy sapimo che de certo sonno Ii;<br />

procurate per ogni via de retrovarle et darle al <strong>di</strong>cto Iusto, como havemo <strong>di</strong>cto; et in<br />

questo non fate exceptione alcuna, perchè haveressemo molestissimo. Data ut supra.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Cichus.<br />

649<br />

Francesco Sforza ricorda al podestà <strong>di</strong> Castell’Arquato <strong>di</strong> avergli <strong>di</strong> recente scritto su richiesta<br />

dei sindaci <strong>di</strong> Gottolengo perchè costringesse Pietro <strong>di</strong> Raymon<strong>di</strong> a pagare ai Gottolenghesi il<br />

cre<strong>di</strong>to che da lui vantano. Il duca vuole che il podestà si interessi della faccenda e risultandogli<br />

che Pietro deve loro la tassa dei cavalli, lo induca a pagare. Se invece troverà che altri siano i<br />

debitori, li faccia pagare e man<strong>di</strong> da lui Pietro con quelle somme. Ammonisce il podestà che in<br />

caso <strong>di</strong> sua negligenza nel fare ciò, sarà egli pure coinvolto nei pagamenti.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 13, (“apud Marchariam”).


<strong>16</strong>9v Potestati nostro Castriarquate.<br />

Questi dì passati ad instantia de sindaci del comune de Gottolengo scrissemo et<br />

comandassemo che se dovesse astringere Petro <strong>di</strong> Raymon<strong>di</strong>, habitatore de quella<br />

terra, ad satisfare ad Ii <strong>di</strong>cti de Gottolengo de tuto quello sonno cre<strong>di</strong>tori de quello<br />

comune de Castello Arquate; el quale Petro s’è lamentato da nuy et excusato in la<br />

forma che vederay per la supplicatione qui inclusa. Pertanto volemo che tu inten<strong>di</strong><br />

questa cosa et, atrovando <strong>di</strong>cto Petro essere debitore per casone delle taxe de cavalli,<br />

lo faci pagare incontinenti et lo man<strong>di</strong> qua da nuy con essi <strong>di</strong>nari; si autem trovaray che<br />

<strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari restino in debitori da scotere, subito Ii fati scotere et prestissimo et in ogni<br />

modo fati venire qua da nuy el <strong>di</strong>cto Petro et portare essi <strong>di</strong>nari. Et questo non manchi<br />

ad exequire al più tar<strong>di</strong> fra octo dì proximi poy la recevuta de questa, avisandote che<br />

mancando, te faremo mettere et ti et coluy in loco che per ogni modo verrano questi<br />

<strong>di</strong>nari se trovino. Data ut supra, xiii decembris 1453.<br />

Christoforus de Cambiago.<br />

Cichus.<br />

650<br />

Francesco Sforza esprime al luogotenente e al referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> il suo stupore per l’esito<br />

negativo delle sue richieste <strong>di</strong> vettovaglie e soprattutto <strong>di</strong> biada per i cavalli dell’esercito. Nella<br />

prospettiva <strong>di</strong> dover campeggiare a lungo ripete la sollecitazione perchè coman<strong>di</strong>no a comuni e<br />

a privati <strong>di</strong> inviare dette vettovaglie a Cremona e poi in campo.<br />

In simile formasi è scritto al capitano <strong>di</strong> Casteggio, al podestà e referendario <strong>di</strong> Pavia al capitano<br />

della Lomellina, al capitano <strong>di</strong> Casteggio, al capitano del <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> Piacenza, al podestà e al<br />

capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza, nonchè a Teseo da Spoleto.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 14, “apud Marchariam”.<br />

170r Locumtenenti et referendario nostro Laude.<br />

Grande maeraviglia ne <strong>di</strong>amo che de quante lettere ve havemo scripte circh’al fare<br />

mandare victualie, et maxime biava da cavalli al nostro felice exercito, nulla sia<br />

mandata ad executione, et anchora siamo ad vederne uno minimo effecto, nè sapiamo<br />

imputarlo se non a vostra neglegentia. E pertanto, havendo nuy a campegiare anchora<br />

uno pezo, volemo et ve comettemo con quanta più instantia possemo che,<br />

comandando ali comune et ad singulare persone quelle quantità ve parerano<br />

convenienti, faciate lo conducano a Cremona et deinde al campo donde venirano libere<br />

et secure senza dubio alcuno; et a questo metiti ogni industria et solicitu<strong>di</strong>ne per quanto<br />

desiderate farce cosa che ce piaza. Data apud Marchariam, xiiii decembris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum est<br />

capitaneo Clastigii,<br />

potestati et referendario Papie et<br />

capitaneo nostro Lumelline,<br />

capitaneo devetus Placentie et<br />

potestati et capitaneo citadelle Placentie ac Theseo da Spoleto.<br />

651<br />

Francesco Sforza scrive al podestà <strong>di</strong> Castell’Arquato che gli uomini <strong>di</strong> Gottolengo sono stati<br />

ancora da lui lamentandosi in particolare <strong>di</strong> Pietro Raymon<strong>di</strong> e Antonio Ermano, suo compagno,<br />

tesorieri <strong>di</strong> quella comunità, come <strong>di</strong> quelli che <strong>di</strong>edero garanzia per il comune. Il duca vuole che<br />

il podestà or<strong>di</strong>ni ai due tesorieri e a tre <strong>di</strong> quelli che prestarono “segurtà” e cioè Pietro Comaleto,<br />

Giacomo Guarisco e Giovanni Segalino che subito si portino da lui.<br />

Potestati Castriarquate.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 14, “apud Marchariam”).<br />

Dopo che heri te scripsemo ad instantia de Petro Raymondo, habitatore de quella terra,


per quelli <strong>di</strong>nari delle taxe de cavalli, et cetera, sonno stati qua da nuy Ii homini del<br />

comune de Gottolengo per questa casone, Ii quali se gravano et doleno molto de quella<br />

comunità, et in specialità del <strong>di</strong>cto Petro et de Antonio Hermano, suo compagno,<br />

thexaureri d’essa comunità et item de quelli che foreno segurtà per el comune, in<br />

effecto che mai non gli è stato observato cosa che gli sia stata promettuta, anzi sonno<br />

stati tale facti et frustati de spese, et cetera. Il perché, deliberando nuy de intendere<br />

questa cosa, volemo, et per la presente te comettemo che, 170v non obstante <strong>di</strong>cte<br />

lettere, debbi commandare per nostra parte aIi pre<strong>di</strong>cti duy thexaureri et ad tri de quelli<br />

che foreno segurtà, cioe Petro Cornaleto, Iacomo Guarisco et Iohanne Segalino che<br />

subito e senza demora alcuna debbiano venire da nuy; e cosi faray che vegnino per<br />

ogni modo, et non sia fallo. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

652<br />

Francesco Sforza scrive al referendario <strong>di</strong> Piacenza che ha mandati lì cento buoi del carreggio<br />

per riprendersi. Man<strong>di</strong> da Salsomaggiore a Lo<strong>di</strong> 24 pesi del sale ducale facendolo consegnare a<br />

Fiorentino, famiglio ducale, che ha la cura <strong>di</strong> detti buoi.<br />

Refrendario nostro Placentie.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 15, “apud Marchariam”.<br />

Perchè havemo mandato cento delli nostri bovi del carezo a Lode per refarse. Volimo,<br />

recevuta questa, debbi mandare pesi XXIIII del nostro sale da Salso a Lo<strong>di</strong>, quale<br />

or<strong>di</strong>narai sia consignato al Fiorentino, nostro famiglio, che è ala cura d'essi bovi et lo<br />

faray mettere al nostro conto. Data apud Marchariam, xv decembris 1453.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

653<br />

Francesco Sforza scrive al suo familiare Fiorentino da Firenze che manda lì Torta con cento<br />

buoi ducali del carreggio perchè si rimettano, essendo “desfacti”. Li deve mettere nella stalla<br />

grande facendo loro dare del miglior fieno. Si deve attenere a quello che gli <strong>di</strong>rà Torta. Sempre<br />

mirando al ricupero dei buoi, fa avere al Fiorentino mille staia <strong>di</strong> remola, che tolta dai sacchi (da<br />

rimandare a Cremona a Stefanino Zaccaria e a Pasino Vegnola), deve mettere in un luogo<br />

secco. Gli ricorda che il referendario <strong>di</strong> Piacenza gli farà avere 24 pesi <strong>di</strong> sale, badando bene<br />

che “non sia venduto nè trabalzata unza”. A due pasti alla settimana, detto quantitativo <strong>di</strong> sale<br />

dovrà, stando alle prescrizioni del Torta durare due mesi e vigilando lui, sempre <strong>di</strong> persona,<br />

come i bifolchi lo somministreranno con la remola ai buoi. Abbiano, infine, cura che i carri che<br />

condurranno i buoi siano posti al coperto in un luogo che<br />

“non se guastino e ...stagano a salvamento.”<br />

Florentino de Florentia, familiari nostro.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 15, “apud Marchariam”).<br />

Nuy man<strong>di</strong>amo lì el Torta con cento bovi delli nostri del carezo per refarse, quali sonno<br />

desfacti; pertanto volemo che tu gli fazi mettere nella stalla nostra grande et gli faci<br />

dare <strong>di</strong> quello nostro feno habiamo li, et del migliore. Et perchè el <strong>di</strong>cto Torta haverà<br />

retornare a Cremona, volemo et te coman<strong>di</strong>amo che circha el fare attendere a <strong>di</strong>cti bovi<br />

debbi servare et far servare (a) tuti quelli mo<strong>di</strong> et or<strong>di</strong>ni te sarano dati per el <strong>di</strong>cto Torta,<br />

li quali exequiray con ogni <strong>di</strong>ligentia et advertentia; e questo non manchi per quanto<br />

haveti caro la gratia nostra. Apresso, perchè <strong>di</strong>cti bovi meglio habino refarse, 171r havemo<br />

scripto a Stefanino Zacharia et a Paxino Vegnola a Cremona che te debbano<br />

mandare le stare mille da remola in suso una nave o doe, come meglio li parera nelli<br />

sachi; sichè, havuta haveray <strong>di</strong>cta remola, la faray vodare fora <strong>di</strong> <strong>di</strong>cti sachi et reponere<br />

in qualche loco secho che non se possi guastare, e <strong>di</strong>cti sachi li remanderay indreto a<br />

<strong>di</strong>cti Pasino et Stefanino per quelli conduranno <strong>di</strong>cta remola. Similmente scrivemo al referendario<br />

de Piasenza che debia dare a qualunche messo mandaray da lui pesi XXIIII<br />

de sale li quali, a duy pasti per settimana, bastaranno per duy mesi a <strong>di</strong>cti bovi; sichè


prove<strong>di</strong> presto de mandarli a tuore; la quale remola et sale faray dare a <strong>di</strong>cti bovi<br />

secundo te or<strong>di</strong>narà <strong>di</strong>cto Torta, ma sopratuto habbi bona advertentia che del <strong>di</strong>cto sale<br />

non ne sia venduto, nè trabalzata unza. E quando Ii bovolci el daranno aIi bovi, volemo<br />

gli va<strong>di</strong> ti in persona a vedere como faranno, aciochè non habiano casone de comettere<br />

mancamento veruno; et le carre condurano <strong>di</strong>cti bovi, volemo le faze mettere a coperto<br />

in loco che non se guastino e che stagano a salvamento. Ceterum non obstante che de<br />

sopra <strong>di</strong>camo man<strong>di</strong> a tuore <strong>di</strong>cto sale, te avisamo che, per più tuo aconzo, haveno<br />

scripto a <strong>di</strong>cto referendario che luy lo man<strong>di</strong> lì e faza sia consignato in tue mane; sichè,<br />

havuto che l’haveray, ne <strong>di</strong>sponeray como è <strong>di</strong>cto de sopra. Data ut supra.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

(a) et far servare ripetuto.<br />

654<br />

Francesco Sforza comanda ai consoli, al comune e agli uomini <strong>di</strong> Castione <strong>di</strong> ricuperare da un<br />

famiglio <strong>di</strong> Americo de Forti la roba rubatagli che <strong>di</strong>ce sia stata portata lì.<br />

Consuli, comuni et hominibus Castioni.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 15, “apud Marchariam”).<br />

È fugito da Americo de Forti, presente portatore, uno suo fameglio e portatoli via certa<br />

soa robba, como da esso (intenderiti), la quale <strong>di</strong>ce essere portata lì. Pertanto volemo e<br />

ve comettemo che subito faciati ad esso Americo sia restituita, sia consignata <strong>di</strong>cta sua<br />

robba in Ie mano, senza exceptione nè contra<strong>di</strong>ctione alcuna. Data ut supra.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

655<br />

Francesco Sforza scrive al Regolatore e ai Maestri delle entrate <strong>di</strong> non dar modo agli uomini <strong>di</strong><br />

Bellano <strong>di</strong> lamentarsi perchè li vogliono costringere al pagamento della tassa vecchia del sale ,<strong>di</strong><br />

cui il duca fece loro, lo scorso anno, grazia, e perchè non consentono loro <strong>di</strong> prendere per la loro<br />

tassa 182 staia <strong>di</strong> sale in virtù della convenzione avuta.<br />

Furono fatte, nello stesso giorno, lettere credenziali a Giacomo Malombra per re Renato.<br />

171v Regulatori et Magistris intratarum.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 15, “apud Marchariam”.<br />

Hanno mandato novamente qui da nuy l'homini da Bellano, quali se gravano, como<br />

vedereti per Ie inclusa supplicatione, per respecto che vuy gli voleti astrenze(re) al<br />

pagamento delIa taxa vegia del sale, dela quale nuy gli fecimo gratia l’anno passato;<br />

similiter se gravano che vuy non gli observati la conventione facta de levare per la soa<br />

taxa stara 182 de sale, como nuy ve habiamo scripto per altre nostre lettere del tenore<br />

incluso; de che ne maravigliamo. Pertanto ve comettimo et volimo debiati provedere<br />

essi homini non siano per <strong>di</strong>cta casone più gravati et che sia exequito quanto sopra ciò<br />

ve habiamo scripto et commisso, facendo che non ne sentiamo più querela. Apud<br />

Marchariam, <strong>di</strong>e xv decembris 1453.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

Die suprascripto.<br />

Facte fuerunt littere credentiales domino Iacobo Malumbre in personam serenissimi<br />

regis Raynati.<br />

Io Antonius.<br />

Cichus.


656<br />

Francesco Sforza sollecita l’abbate <strong>di</strong> San Pietro in Ciel d’oro <strong>di</strong> consegnare imme<strong>di</strong>atamente al<br />

suo cancelliere Giacomo Malombra i 500 ducati d’oro che doveva spendere ”in quelle parte de<br />

là”, ma che ora “gli bisogna havere qua”.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 15, “apud Marchariam”).<br />

Venerabili domino abbati Sancti Petri in Celo Aureo.<br />

Noy havemo fin al presente mandato per quelli cinquecento ducati d'oro ne doveti dare,<br />

cioè ducati 500 d'oro, perchè credevamo spenderle in quelle parte (a) dellà; ma ne è<br />

accaduto uno bisogno per lo quale ne gli bisogna havere qua. Et però man<strong>di</strong>amo da<br />

vuy Iacomo Malumbra, nostro cancellero, presente portatore, al quale vogliateli dare,<br />

expe<strong>di</strong>endolo, subito giuncto che sarà Iì senza perdere tempo alcuno, perchè <strong>di</strong>cti (b)<br />

<strong>di</strong>nari Ii vogliamo spendere in uno nostro servitio importante. Data ut supra<br />

Cichus.<br />

(a) in quelle parte ripetuto.<br />

(b) <strong>di</strong>cti ripetuto.<br />

657<br />

Francesco Sforza informa Angelo Simonetta <strong>di</strong> aver deliberato, per assecondare il marchese <strong>di</strong><br />

Mantova, <strong>di</strong> “piliare la impresa de Asula”. Impresa impossibile senza almeno 11000 ducati, per<br />

cui gli manda il cancelliere Giacomo Filippo Malombra.<br />

Veda <strong>di</strong> trovare il modo, fino a fare quello che gli <strong>di</strong>rà Gicomo Filippo, per raccogliere detta<br />

somma e, non potendo fare altro, si avvalga dei 5000 ducati degli ebrei e dei 2700 ducati <strong>di</strong><br />

Mattia da Pesaro pur <strong>di</strong> raggranellare subito gli 11000 ducati che consegnerà a Giacomo Filippo.<br />

Al medesimo egli ha or<strong>di</strong>nato, secondo il parere degli ambasciatori fiorentini e <strong>di</strong> Angelo, <strong>di</strong> far<br />

visita a re Renato, cui il referendario <strong>di</strong> Piacenza donerà 30 carri <strong>di</strong> fieno,<br />

10 carri <strong>di</strong> vino e 50 some i biada per i cavalli .<br />

172r Angelo Simonete.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 15, “apud Marchariam”).<br />

Havemo omninamente deliberato per contenteza del’illustre signore domino lo<br />

marchexe de Mantua piliare la impresa de Asula, la quale parturirà ogni bono fructo. Ma<br />

perchè saria quasi impossibile condurli Ie gente utile senza (a) qualchi <strong>di</strong>nari, che<br />

almancho (b) bisognano esser XI mila ducati, man<strong>di</strong>amo a te Iacomo Filippo Malumbra,<br />

nostro cancellero, perchè tu ve<strong>di</strong> per ogni modo et via usque a fare quanto te <strong>di</strong>rà <strong>di</strong>cto<br />

Iacomo Filippo, non possendo fare altramente, de recatare, computati li 5000 ducati<br />

deIi zudei e Ii 2700 de Mathio da Pesaro, Ii <strong>di</strong>cti XI mila ducati; et a questo non lassare<br />

mancare cosa del mondo perché se habiano subito de presente; e quelli faray<br />

consignare et numerare a <strong>di</strong>cto Iacomo Filippo. Havemo insuper or<strong>di</strong>nato a <strong>di</strong>cto<br />

Iacomo Filippo che visiti Ia mayestà del Re e, segondo lo apparere delli magnifici<br />

ambassatori de Fiorenza e tuo, gli facia certe ambassiate. Ulterius havemo scripto et<br />

or<strong>di</strong>nato al referendario de Piasenza che debia subito rechatare de fare uno presente<br />

ala mayestà del Re, cioè 30 cara de feno, 10 cara de vino et cinquanta some de biada<br />

da cavali, como tu gli or<strong>di</strong>naray; sichè provede ch'el se facia subito como pienamente te<br />

informarà <strong>di</strong>cto Iacomo Filippo, al qual crederay como a nuy proprii. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

FranciscuSfortia Vicecomes manu propria.<br />

Cichus.<br />

(a) senza ripetuto.<br />

(b) al mancho ripetuto.<br />

658<br />

Francesco Sforza scrive al referendario <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> fare, come or<strong>di</strong>nerà Angelo Simonetta o<br />

Giacomo Malobra, un dono a re Renato <strong>di</strong> 30 carri <strong>di</strong> fieno, 10 carri <strong>di</strong> vino, e <strong>di</strong> 50 some <strong>di</strong><br />

biada,<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 15, “apud Marchariam”).


Referendario nostro Placentie.<br />

Havemo deliberato de fare de presente uno dono ala mayestà del re Renato de 30 cara<br />

de feno, dece cara de vino et 50 some de biada dn cavali. Per laqual cosa volimo che<br />

subito, ala receputa de questa, debbe havere recatate <strong>di</strong>cte cose per fare el presente<br />

dono, como te <strong>di</strong>rà et or<strong>di</strong>narà Angelo Simoneta, nostro consigliero, aut Iacomo<br />

Malumbra, nostro cancellero. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria.<br />

Cichus.<br />

659<br />

Francesco Sforza comanda a Sagramoro Visconti <strong>di</strong> sloggiare da Val Trescura, perchè è stata<br />

accordata al Colleoni, e <strong>di</strong> portarsi a Brusaporto nei posti assegnati a lui e alla sua compagnia,<br />

evitando che alcuno alloggi fuori dai luogi stabiliti. A Ruginale che è andato a Cremona, perchè<br />

lui gli ha negata una sistemazione, ha or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> ritornare da Sagramoro.<br />

172v Domino Segramori Vicecomiti.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 15, “apud Marchariam”.<br />

Sentimo che vuy siti andato in Valletrascura; che ne maravigliamo, perchè quella valle<br />

è assignata al magnifico Bartholomeo Coglione. Pertanto ve <strong>di</strong>cemo che, recevuta<br />

questa, subito vogliati andare ad allogiare ad Bruxaporcho, a quelli lochi ve sonno stati<br />

assignati cum tuti li vostri homini d'arme et della compagnia et squadra vostra, et che<br />

nessuno allogi fora delli allogiamenti assignati. Ruginale ha mandato qua da nuy ad <strong>di</strong>rce<br />

che luy è andato ad Cremona perchè non gli haviti voluto dare allogiamento; nuy gli<br />

scrivemo che retorni subito da vuy. Sichè ve<strong>di</strong>ati fare, et luy et Ii altri allogiare alli luoghi<br />

a vuy assignati et ch'el non sia alcuno che debbia allogiare fuora delli luochi deputati; et<br />

parce che se doveria havere cura et advertenza de non commettere deli altri<br />

inconvenienti, che doveriano bastare quelli commissi alli dì passati. Ex castris nostris<br />

apud Marchariam, <strong>di</strong>e xv decembris 1453.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

660<br />

Francesco Sforza prende atto dell’arrivo del Colleoni a Urgnano e della sua speranza per la<br />

valle <strong>di</strong> San Martino. Il duca li esorta a stare più uniti possibile e <strong>di</strong> cercare in ogni modo <strong>di</strong><br />

avere Valle San Martino, Bripio e la rocca <strong>di</strong> Baie, informandolo <strong>di</strong> quanto avverrà. Ha scritto a<br />

Sagramoro <strong>di</strong> andarsene da Val Trescura e fermarsi negli alloggiamenti assegnati a lui e alla<br />

sua gente. Assicura che scriveràal Consiglio segreto per provve<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> biade per le genti<br />

d’arme nel Bergamasco e lo solleciteràanche a fornire segale e miglio per quelli <strong>di</strong> Valle<br />

Calepio, con l’avvertenza, però, <strong>di</strong> non affamare <strong>di</strong> qua per “<strong>di</strong>ffamare” <strong>di</strong> là<br />

Magnifico Bartholomeo Coliono.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 15, “apud Marchariam”).<br />

Havemo recevuto vostra lettera de dì XII del presente et inteso quanto scriveti del vostro<br />

essere gionto ad Urgniano et che sperati bene dela valle de San Martino, et cetera.<br />

Dicemo che ne pare che ve debbiati sforzare più che possiti ad allogiarve con li vostri<br />

tutti più strecti et più uniti et da presso che sia possibile, perchè ve ne posseti in ogni<br />

caso valere meglio che allogiando sparti; et vogliati con <strong>di</strong>lligentia attendere ad havere<br />

Valle San Martin et Bripio et la Rocha de Baie et ad fare quello sapereti et sarà<br />

expe<strong>di</strong>ente per lo acquisto de quelli lochi dellà, avisandone ala giornata de quanto<br />

seguireti.<br />

Ala parte che meser Segramoro sia andato in Val Trescura, <strong>di</strong>cemo che ne<br />

maravigliamo, et non è nostra intentione, anzi è nostra intentione che vadda et stia alli


logiamenti Ii havemo facti deputare; et cossì li scrivemo per la alligata che debbia fare<br />

in opportuna forma quele gli mandareti.<br />

173r Ala parte de fare prove<strong>di</strong>mento ad quelli luochi de Bergamasca et biavne et cussì<br />

per Ie genti d'arme, et cetera, <strong>di</strong>cemo che nuy scrivemo per la alligata al Consiglio<br />

nostro che faza opportuno prove<strong>di</strong>mento de biade per quelIe gente nostre che sonno in<br />

quelle parte; et cussì ancora scrivemo che vogliano fare prove<strong>di</strong>mento de qualche<br />

segale et migli per Valle Calleppio. Ben ve <strong>di</strong>cemo che è necessario havere bona<br />

advertencia de non affamare <strong>di</strong> qua per <strong>di</strong>ffamare dellà; sichè circa ciò ne scrivemo alIi<br />

<strong>di</strong>cti nostri del Consiglio in opportuna forma, con Ii quali ve poriti intendere con mezo de<br />

qualche vostro mandato perchè se provederà perhò ad quilli luochi che ne hanno<br />

magiore bisogno. Data ut supra.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

661<br />

Francesco Sforza spera che Angelo Simonetta sia stato con gli ambasciatori fiorentini da re<br />

Renato e gli abbiano levata la “fantaxia de volersene andare”, anche se ritiene che lui non farà<br />

se non quello che torna a suo onore e a vantaggio della lega.<br />

Da Roma ha saputo che il papa tratta con ambo le parti, ma senza successo.<br />

Gli ambasciatori sono stati accontentati a Firenze e a Milano hanno avuto 15000 ducati.<br />

Sul suo fronte non ha da segnalare se non la determinazione <strong>di</strong> prendere Asola.<br />

Avrà saputo da Giacomo Malombra quello che gli si richiede, come del presente che intende<br />

fare a re Renato.Gli raccomanda <strong>di</strong> far avere presto quanto Giacomo gli ha chiesto.<br />

Magnifico domino Angelo Simonete<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 15, “apud Marchariam”.<br />

Credemo che tu saray stato con la serenissima mayestà del Re et per quanto gli<br />

haveray <strong>di</strong>cto et operato una con Ii magnifici oratori Florentini, quali sonno venuti là,<br />

che la soa mayestà serà in tuto levata dela soa fantaxia del volere andarsene,<br />

quantunque cre<strong>di</strong>amo che in ogni modo a soa mayestà non faria se non quello che<br />

fosse l'honore suo et bene et amplitu<strong>di</strong>ne delIa illustre lega. Nuy havemo recevuto<br />

lettere da Fiorenza per Ie quali restiamo chiari che Ie cose là passano bene. Da Roma<br />

non è altro, se non che la santità de nostro Signore sta in pratica et rasonamente con Ii<br />

ambassatori de ciascuna delle parti, et nientemeno non è substantia alcuna.<br />

Li ambassatori della mayestà del Re sonno stati spazati ad Fiorenza et hanno havuto<br />

tra <strong>di</strong>nari et lettere ad Milano ducati XV mila, et così retornino con la expe<strong>di</strong>tione.<br />

De qua non havemo altro de novo, se non che deliberamo pigliare questa impresa de<br />

Asola et obtenerla sebene piovesseno saette.<br />

Da ser Giacomo Malumbra haveray inteso quanto te havemo mandato ad chiedere, et<br />

del presente volemo se faza ala prefata mayestà del Re, sichè voglilo spazare<br />

prestissimo, secondo luy te havera rechiesto per la importantia delIa cosa (a) per lo<br />

<strong>di</strong>naro che <strong>di</strong>è portare. Data apud Marchariam, xv decembris 1453.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

(a) per la importantia dela cosa ripetuto.<br />

662<br />

Francesco Sforza scrive agli oratori fiorentini <strong>di</strong> aver avuto notizie dall’arcivescovo de Aquis <strong>di</strong><br />

quel che si parlò con lui per riferirlo a re Renato, che, a suo parere, è ostinato a volersene<br />

andare. Il duca crede che lo tratterrà l’onore suo e il bene della lega.<br />

Da Roma ha saputo che il papa tratta con gli ambasciatori della lega, degli aragonesi e dei<br />

veneziani, ma senza successo. Gli ambasciatori <strong>di</strong> re Renato hanno avuto a Firenze in contanti<br />

e a Milano con lettere <strong>di</strong> cambio ducati 15000.<br />

173v Oratoribus Florentinis.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 15, “apud Marchariam”.<br />

Questa sera haverno havuta la respuosta de monsignore l’arcevescovo d’Aquis de


quanto con luy fo rasonato che dovesse referire ala mayestà del re Renato et in effecto<br />

la persona soa conclude che la <strong>di</strong>cta mayestà sta pur ostinata in quella fantasia de<br />

volere andarsene. Pur niente demancho credemo che per l’andata vostra là et per<br />

quanto haveriti <strong>di</strong>cto et operato, che <strong>di</strong>cta mayestà sarà remossa de tale proposito et<br />

fantasia et sarà in <strong>di</strong>spositione et essere de fare quello sia l'honore suo et bene stato et<br />

amplitu<strong>di</strong>ne della illustre Lega.<br />

Da Fiorenza havemo havuto lettere per le quali restamo advisati che le cose de<br />

Fiorenza passano bene. Da Roma non havemo altro se non che la santità de nostro<br />

Signore sta in pratica et rasonamenti con li ambassatori et nostri et Ragonesi et<br />

Venetiani, et niente demancho non gli è substantia alcuna.<br />

Ceterum havemo per <strong>di</strong>cte lettere da Fiorenza che li ambaxatori della mayestà del re<br />

Renato sonno stati bene veduti et accarezati et spazati dellà, alli quali sonno stati<br />

assignati ducati xv mila in contanti et per lettere de cambio ad Milano, et cosi retornano<br />

con la expe<strong>di</strong>tione. Data ut supra, hora vii noctis.<br />

Iohannes.<br />

Cichus.<br />

663<br />

Francesco Sforza scrive al Colleoni <strong>di</strong> non voler accogliere, ma <strong>di</strong> rimandare Giovanni d’Alza e<br />

suo fratello Francesco fuggiti da Graziolo da Vicenza<br />

Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 17, “prope Marchariam”.<br />

El s'e fugito da Gratiolo de Vicentia Iohanino d'Alza et Francioso, suo fratello, li quali<br />

pare che siano venuti per acontrarse con vuy. Et pertanto ve pregamo et confortamo<br />

che per con<strong>di</strong>tione alcuna non li voliati acceptare, ma remandarli al <strong>di</strong>cto Gratiolo, che<br />

ne fareti singulare a piacere. Ex canpo nostro prope Marchariam, xvii decembris 1453.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

664<br />

Francesco Sforza risponde a re Renato sia in merito a quello che lui gli ha scritto che a quanto<br />

gli ha anche fatto riferire dal suo scu<strong>di</strong>ero Guilloto de Anglura circa la pubblicazione della<br />

sentenza riguardante il doge <strong>di</strong> Genova e Giovanni Filippo Fieschi. L’assicura <strong>di</strong> aver riflettuto<br />

per quattro giorni sullla sua “expe<strong>di</strong>tione” prima dell’arrivo <strong>di</strong> Guilloto e aveva or<strong>di</strong>nata la sua<br />

“publica et autenticha forma all’uno e all’altro” e ai predetti manda i suoi messi Giacomo de Abià<br />

e Giovanni della Guar<strong>di</strong>a con la sentenza, imponendo loro che non ritornino se non a sentenza<br />

“rata et ferma” dall’una e dall’altra parte e con la soluzione <strong>di</strong> ogni loro vertenza.<br />

174r Serenissimo regi Renato.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 17, “apud Marchariam”).<br />

Inteso quanto la serenissima vostra Mayestà me scrive, et me ha referto per parte de<br />

quella el spectabile Guilloto de Anglura, suo scudero, circha la publicatione delIa<br />

sententia per mi lata fra lo illustre duxe de Genova et domino Iohannefilippo del Fiesso<br />

inante che passi questo mese, <strong>di</strong>co che quatro dì continui sonno stato sopra de questa<br />

expe<strong>di</strong>tione, inante che venesse el <strong>di</strong>cto Guilloto, et haveva or<strong>di</strong>nato la sententia in<br />

publica et autenticha forma al'uno et l'altro et mandarli, et così io mando, dali prefati<br />

duxe et Iohannifilippo, Iacomo de Abià et Iohanni dela Guar<strong>di</strong>a, mei messi, con la<br />

sententia <strong>di</strong>cta al'uno et l'altro ad Ii quali ho imposto che non se partino da Iì per insino<br />

che l'una parte et l'altra habia rata et ferma <strong>di</strong>cta sententia, et sia exequito ad<br />

compimento et quietato ogni <strong>di</strong>fferentia fra loro. Data ut supra.<br />

Cristoforus da Cambiago.<br />

Cichus.<br />

665<br />

Francesco Sforza scrive a Iacobo Bocazio <strong>di</strong> aver preso atto della retrosia degli ebrei a pagare


quanto ancora spetta della loro composizione allegando <strong>di</strong> esserne impossibilitati se prima non<br />

riscuotono i denarii che vantano qua e là, oltre a quelli che loro devono coloro che sono sulle<br />

terre <strong>di</strong> donna Luchin. Pretese che contrad<strong>di</strong>conoi all’accordo avuto con gli ebrei <strong>di</strong> prima pagare<br />

e <strong>di</strong> aver poi il supporto ducale per l’acquisizione dei loro cre<strong>di</strong>ti. Il duca gli or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> imprigionare<br />

il mercante ebreo al suo arrivo a Cremona e l’ebreo Manno <strong>di</strong> Pavia, ai qualii ha scritto <strong>di</strong><br />

portarsi da lui. Li trattenga con quelli <strong>di</strong> Piacenza fino a che non abbiano sborsato il rimanete<br />

della composizione dovuta. Scrive a donna Luchina <strong>di</strong> intervenire perchè gli ebrei delle sue terre<br />

si portino da lei a fare il loro dovere, oppure paghi lei.<br />

Iacobo Bocatio.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 17, “apud Marchariam”).<br />

Havemo inteso quello ne scrive dela tar<strong>di</strong>tà, quale usano li hebrei de quella cità in<br />

pagare lo resto delli <strong>di</strong>nari dela compositione et deIe rasone, quale allegano de poderte<br />

spazare de presente se non vanno scodando Ii <strong>di</strong>nari de qua et de là, et se quelli che<br />

stanno in le terre de madona Luchina et altroe non pagano la parte soa. Et<br />

respondendote, <strong>di</strong>cemo che molto ce maravigliamo delli facti loro, perchè loro forono<br />

quelli che ne promessero sborsare tuti li <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari fin a callende proximo passato et<br />

nuy gli promissemo de dargli poy ogni favore a retrarla dali altri che, adunche li<br />

habbiamo aspectati fin al dì de hozi, et che anchora voglino menare più in longo questa<br />

exbursatione, non lo volimo patire per modo alcuno. Però te comettemo et volemo che,<br />

venendo lì marcadante hebreo in Cremona et Manno hebreo a Pavia, ali quali havemo<br />

scripto che subito vengano a parlare techo, Ii debii destenire tuti insieme con quelli altri<br />

da Piasenza et non relaxarli fin a tanto che habiano exborsato tuto el <strong>di</strong>cto resto<br />

secundo la <strong>di</strong>cta compositione havuta; et in questo non sia fallo alcuno, avisandoli però<br />

che, pagati Ii <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari, nuy gli daremo ogni favore expe<strong>di</strong>ente per retrare Ia parte che<br />

tocha aIi altri. Scrivemo però a madona Luchina debia provedere che Ii ebrei quali<br />

stano in Ie terre soe, overo vengono a fare lo dovere suo, overo paghi ley. Sforzati mò<br />

de spazare questa cosa con ogni celerità possibile, perchè nuy aspectiamo de hora in<br />

hora questi denari. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

666<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a donna Luchina <strong>di</strong> non frapporre alcuna <strong>di</strong>fficoltà alle <strong>di</strong>sposizioni<br />

ducali e, perciò, o lascia che l’ebreo vogherese Angelo vada a Piacenza per provvedere al<br />

versamento dei denari destinati al duca, o assolve lei personalmente tale onere.<br />

174v Magnifice domine Luchine.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 17, “apud Marchariam”).<br />

Essendo rechiesto Angelo hebreo, habitaore de Vogera, dali ebrei de Piasenza che’l<br />

dovesse andare da loro per mettere or<strong>di</strong>ne ala satisfactione de certi <strong>di</strong>nari quali debeno<br />

pervenire in nuy segondo certa compositione havuta, inten<strong>di</strong>amo che vuy gli haviti<br />

prohibito la <strong>di</strong>cta andata, de che ce maravigliamo perché dove va el facto nostro non<br />

doveresti zà fare tale inhibitione; pertanto ve confortiamo, caricamo et stringemo<br />

debbiati provedere che’l <strong>di</strong>cto Angelo vada a fare el dovere suo, overo, quando non<br />

volesti che gli andasse, vogliati vuy pagare la parte che gli tocha delli <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari,<br />

perché I’è omnino necessario che’l se facia o l'uno o l'altro. Data ut supra. Duplicata<br />

xviiii decembris 1453.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

667<br />

Francesco Sforza risponde al figlio Galeazzo, che ha perorato la liberazione <strong>di</strong> Gabriele da<br />

Brena, che penserà lui, a tempo opportuno, a rilasciarlo. Sollecita il figlio a redarguire in modo<br />

tale chi gli insuffla tali propositi da <strong>di</strong>stoglierlo <strong>di</strong> suggerirgliene altri in futuro.<br />

Con le debite variazioni si è del pari scritto alla suocera ducale, donna Agnese.


(1453 <strong>di</strong>cembre 17, “apud Marchariam”).<br />

Illustri comiti Galeazio, filio nostro <strong>di</strong>lectissimo.<br />

Havemo inteso quanto ne hay scripto in favore de domino Gabriele da Brena Iì<br />

destenuto per la Iiberatione soa; al che respondendo <strong>di</strong>cemo che nostra inte(n)tione<br />

non è de liberarlo al presente, immo che’l staga anchora così, perché quando ne parerà<br />

el tempo ce recordaremo ben nuy. Ce maravigliamo molto che tu ne habii scripto de<br />

questo facto et volemo che, parlandotene alcuno da mò inanze, lo rebuffi per tal modo<br />

che'l non habia voglia de parlartene un'altra fiata et habii advertentia de non scriverne<br />

più de tale materia. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum fuit magnifice domine Agneti, matri nostre carissime, mutatis<br />

mutan<strong>di</strong>s.<br />

668<br />

Francesco Sforza comanda al mercante ebreo <strong>di</strong> andare a Piacenza dal suo cancelliere<br />

Giacomo Boccazo per sistenare il versamento dei denari spettante agli ebrei.<br />

In egual forma si è scritto all’ebreo Manno.<br />

175r Mercadante hebreo.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 17, “apud Marchariam”).<br />

Per mettere or<strong>di</strong>ne ali <strong>di</strong>nari, quali se debano pagare per Ii hebrei segondo la<br />

compositione havuta, volemo che, havuta la presente, va<strong>di</strong> a Piasenza da Iacomo<br />

Boccazo, nostro cancellero, quale te avisarà del'intentione nostra. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum fuit Manno hebreo.<br />

669<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na che il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> arresti il famiglio d’arme ducale e non lo<br />

liberi se non alla ricezione <strong>di</strong> una lettera con sottoscrizione ducale.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 17, “apud Marchariam”).<br />

Inten<strong>di</strong>amo che Georgio da Lo<strong>di</strong>, nostro fameglio d'arme, deve essere venuto Iì.<br />

Pertanto volemo che subito lo faciate sostenere et mettere in presone in quello nostro<br />

castello con uno paro de ferri ali pe<strong>di</strong>, et non lo fareti relaxare se non vederiti lettera<br />

signata de nostra propria mano. Data ut supra.<br />

Christoforus de Cambiago.<br />

Iohannes.<br />

670<br />

Francesco Sforza comunica a Colella da Napoli che Diotesalvi e il provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Treviglio,<br />

lì detenuti hanno licenza ducale per cui, alla richiesta degli uoimini <strong>di</strong> Treviglio <strong>di</strong> lasciarli andare,<br />

li farà accompagnare in un luogo sicuro.<br />

Colelle de Neapoli.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 18, (“apud Marchariam”).<br />

Messer Diotesalvi et lo prove<strong>di</strong>tore de Trivilio, quali sonno lì destinuti, hano licentia da<br />

nui. Pertanto siamo contenti et volemo che ogni fiata quelli homini de Triviglio<br />

or<strong>di</strong>narano che se ne vadano, tu li debbi fare accompagnare in qualche locho securo.<br />

Ex nostris felicibus castris, <strong>di</strong>e xviii decembris 1453.<br />

Cichus.


671<br />

Francesco Sforza comanda al podestà <strong>di</strong> Treviglio che, richiedendolo i suoi uomini. lasci liberi<br />

Diotesalvi de Lupi e il già provve<strong>di</strong>tore locale Giacomo Venerio <strong>di</strong> andarse per i fatti loro.<br />

In simile forma si è scritto al commissario <strong>di</strong> Geradadda.<br />

Potestati nostro Trivilii.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 18), “apud Marchariam”.<br />

Se li homini nostri de Trivilio rechederanno che siano relaxati messer Diotesalvi de Lupi<br />

et Iacomo Venerio, olim providetore suo, con tucti li soi, siamo contenti et volemo che<br />

ad omne rechiesta de loro et homini li debbi fare relaxare et laxarli andare per li facti<br />

soi. Ex nostris felicibus castris apud Marchariam, <strong>di</strong>e et millesimo ut supra.<br />

In simili forma comissario Glaree Abdue.<br />

672<br />

Francesco Sforza comunia a Francesco de Georgiis che, in onsiderzione della <strong>di</strong>ligenza da lui<br />

praticata nei servizi affidatigli, gli assegnal’ufficio sopra gli alloggiamenti del Lo<strong>di</strong>giano<br />

consistente nella riscossione, dal primo <strong>di</strong>cembre, dei denari delle tasse <strong>di</strong> 800 cavalli a lire<br />

quttro mensili per cavallo. Si porti subito a Lo<strong>di</strong>, ove avrà da luoigotenente ogni istruzione e<br />

aiuto. Consegni tutti i documenti a Bartoluzio da Gubbio, famiglio ducale, che lo sostituerà lì.<br />

Nota degli alloggiamenti dei cavalli e nomi <strong>di</strong> coloro dai quali devono essere richieste le tasse.<br />

Nel Parmense: Gandolfo, come l’anno scorso, Rolando Pallavicino, cavalli 500 a lire quattro al<br />

mese. Nel Piacentino:Teseo da Spoleto, cavalli 2200, come nell’anno precedente,madonna<br />

Luchina, cavalli 500 a lire quattro mensili per cavallo.<br />

Nel Pavese Oltrepo: Antonio Campagnino da Cremona, cavalli 900 a lire quattro mensili per<br />

cavallo.Nel Tortonese: Raffaele Zaccaria, cavalli 500 a lire quattro mensili per cavallo.<br />

In Lomellina: Giovanni Stampa <strong>di</strong> Casate, cavalli 851 a lire quattro menili per cavallo.<br />

Nel Novarese: Gentile dalla Molara, cavalli 1200 a lire quattro mensili per cavallo.<br />

Nella Campagna <strong>di</strong> Pavia: Bartoluzo <strong>di</strong> Gubbio cavalli 400 a 4 lire mensili per cavallo.<br />

Nel Lo<strong>di</strong>giano: Francesco Giorgio, cavalli 800 a lire 4 mensili per cavallo.<br />

175v Francesco de Georgiis.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 18, “apud Marchariam”).<br />

Perché te havemo cognosciuto prompto et fidele et havere exequito <strong>di</strong>ligentemente<br />

quanto per nuy te è commesso per lo passato, deliberamo anchora adoperarte per lo<br />

venire in li servicii nostri, donde te avisamo che te havemo assignato l'offitio sopra li<br />

lozamenti de tuto el Lodesano de far rescodere tuti li denari delle taxe per octo cento<br />

cavalli, quali Ii habiamo taxati ad computo de libre IIII imperiali per cavallo per ciascuno<br />

mese, comintiando ale calende del presente mese de decembre, como tu vederay più<br />

ad pieno per le lettere patente delIa comissione, quale te man<strong>di</strong>amo qui alligata.<br />

Pertanto volemo che tu te levi da lì et vade ad fare quanto se contiene in essa<br />

comissione, retrovandote col nostro locotenente de Lo<strong>di</strong>, el qual te darà ogni<br />

introductione, a<strong>di</strong>uto et favore che te bisognarà in questa materia, sforzandote de<br />

exequire ogni cosa con <strong>di</strong>ligentia, como ne ren<strong>di</strong>amo certi faray; et consignando tute le<br />

scritture ad ser Bartholutio de Eugobio nostro fameglio, quale verà lì in tuo locho et<br />

dandoli tutte quelle informatione che te rechiederà sopra ciò, nuy ti havemo levato da lì<br />

non ad altro fine se non che cognoscemo, essendo tu Pavese, farai meglio li facti tuoy<br />

et li nostri altrove che lì; et questo non piglia in altra mala parte. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

Die XVIIII decembris 1453.<br />

Nota logiamentorum equorum et nomina illorum per quos exigi debent taxe.<br />

In Parmesana:<br />

Gandolfo como l'anno passato,


Rolando Palavicino, cavalli 500 a lire 4 per cavalo el mese.<br />

In Piasentina:<br />

Theseo da Spoliti, cavalli 2200 (a) como l'anno passato;<br />

madona Luchina, cavalli 500 a lire 4 per cavalo el mese.<br />

In Pavese oltra Po:<br />

Antonio Campagnino da Cremona, cavalli 900 a lire 4 per cavalo el mese.<br />

176r In Tertonese:<br />

Raphael Zacharia, cavalli 500 a lire 4 per cavalo el mese.<br />

In Lomellina:<br />

domino Iohanne Stampa de Casate, cavalli 851 a lire per cavalo el mese.<br />

In Novarese:<br />

Gentile dala Molara, cavalli 1200 a lire 4 per cavalo el mese.<br />

In Campagnia de Pavia:<br />

ser Bartoluzo de Eugobio, cavalli 400 a lire 4 per cavalo el mese.<br />

In Lodesana:<br />

Francisco Georgio, cavalli 800 a lire 4 per cavalo el mese.<br />

In Comasco:<br />

cavalli.<br />

(a) Segue lire depennato.<br />

673<br />

Francesco Sforza informa gli ebrei Bonomino e Israele che manda da loro l’ebreo Anselmo per<br />

accordarsi con loro e li avverte <strong>di</strong> non far torto a nessuno.<br />

Bonhomini et Israeli ebreis.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 19, (“apud Marchariam”).<br />

Nuy havemo recevuto l'aligata supplicatione da Anselmo ebreo, quale ve man<strong>di</strong>amo, al<br />

quale Anselmo havemo (scripto) che vegna ad intenderse con vuy; ben ve recor<strong>di</strong>amo<br />

che habiati cura ad non fare torto a nissuno et che non se possa licitamente lamentare<br />

de vuy. Data ut supra, <strong>di</strong>e xviiii decembris 1453.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

674<br />

Francesco Sforza sollecita l’ebreo Anselmo ad andare a Piacenza da Bonomo e da Israele<br />

e d’accordarsi con loro.<br />

Anselmo ebreo.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 19, “apud Marchariam”).<br />

Havemo recevuto toa lettera et inteso quanto scrive; <strong>di</strong>cemo che tu va<strong>di</strong> per ogni modo<br />

ad Piacenza da Bonhomo et Israel, et con loro te inten<strong>di</strong> de quanto haveray ad fare,<br />

perchè li scrivemo in modo che non te faranno torto. Data ut supra.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

675<br />

Francesco Sforza comanda a Teseo da Spoleto <strong>di</strong> prendere, in nome del duca, possesso del<br />

luogo <strong>di</strong> San Damiano per motivo del quale vi è una vertenza tra i conti Giovanni, Giovanni<br />

Galeazzo, Riccardo Anguissola e Berto, figlio <strong>di</strong> Rolando Pallavicino.<br />

Verrà consegnato ai tre conti o a Berto quando sarà veduto “de rasone ad chi specta”, ma nel<br />

frattempo, Teseo incameri le tasse e licenzi quelli dell’una e dell’altra parte.<br />

176v Theseo de Spoleto. (a)<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 19, “apud Marchariam”).<br />

Havemo inteso la <strong>di</strong>fferentia vertisse fra el conte Iohanne, conte Iohanne Galeazo et


conte Ricardo Angussoli per una parte, et Berto figliolo del magnifico Rolando<br />

Palavicino per l’altra, per cagione del loco de San Damiano con gran despiacere et Ie<br />

novità seguite dal'uno et l'altro canto per <strong>di</strong>cta cagione, de che molto ne siamo<br />

maravigliati; unde, per levare via ogni <strong>di</strong>fferentia et debato fosse fra loro, volimo che,<br />

havuta questa, tu va<strong>di</strong> con Ie alligate nostre, quale scrivemo ali homini del <strong>di</strong>cto loco et<br />

anche al'una parte et al'altra, et pigliaray la possessione d'esso in nostro nome, perchè<br />

quando sia veduto de rasone ad chi specta, gle lo faremo consignare. Ma, in questo<br />

mezo, volemo sia in mane nostre, attendendo però al facto delle tasse como te havemo<br />

scripto per altre. Et in <strong>di</strong>cto loco volimo non lassi veruno, ad petitione de Rolando né<br />

d'essi Anguxoli, siché licentiaray quelli del'una parte et l'altra gli fossero, advisandone<br />

subito como haveray facto. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue Comuni et hominibus terre nostre Sancti Damiani Placentie depennato.<br />

676<br />

Francesco Sforza comunica al comune e agli uomini <strong>di</strong> San Damiano <strong>di</strong> aver deliberato <strong>di</strong><br />

mandare il suo cancelliere Teseo da Spoleto a prendere possesso <strong>di</strong> quel luogo, delle fortezze e<br />

cose sue fino a che ex iure non sarà decisa l’assegnazione <strong>di</strong> quel luogo tra Uberto, figlio <strong>di</strong><br />

Rolando Pallavicino e i conti Giovanni, Giovanni Galeazzo, Riccardo Anguissola.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 20, “apud Marchariam”.<br />

Communi et hominibus terre nostre Sancti Damiani. (a)<br />

Havemo inteso la <strong>di</strong>fferentia vertisse fra Uberto, vostro figliolo, et li conti Iohanne,<br />

Iohanne Galeazo et Ricardo Angusoli per cagione del loco <strong>di</strong> San Damiano et le<br />

novitate seguite hincinde per <strong>di</strong>cta cagione, de che havemo preso gran despiacere;<br />

unde (b) per levare via ogni debacto havemo deliberato torre nuy la possessione de<br />

quello loco per fino che serà veduto et cognisciuto ad chi specta de raxone. Pertanto<br />

man<strong>di</strong>amo Iì Theseo da Spoleto, nostro cancellero, presente portatore, al quale volemo<br />

debbiati consignare quello loco con ogne forteze et cose soe, et a nuy overo ad<br />

qualunque gli metterà in nostro nome obe<strong>di</strong>re como ad nuy proprii finché 177r (c) sarà<br />

terminato ad chi specta da ragione; ad questo non fatti contra<strong>di</strong>ctione, et per chiareza<br />

vostra havemo sottoscripta la presente de nostra propria mano. Ex campo nostro apud<br />

Marchariam, xx decembris 1453.<br />

Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue Rolando Palavicino depennato.<br />

(b) Segue pertanto depennato.<br />

(c) che ripetuto.<br />

677<br />

Francesco Sforza fa sapere a Rolando Pallavicino <strong>di</strong> aver preso possesso <strong>di</strong> San Damiano.<br />

Per la soluzione della vertenza, come ha detto al suo inviato Antonio da Palude, che ha con i<br />

conti Anguissola vuole che Riccardo si porti da lui con tutte le sue riven<strong>di</strong>cazioni,<br />

così come richiederà alla controparte.<br />

Rolando Palavicino.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 20, “apud Marchariam”).<br />

Havemo inteso la <strong>di</strong>fferentia vertisse fra Uberto vostro figliolo et li conti Iohanne,<br />

Iohannegaleazo et Ricardo Anguxioli per cagione del locho de San Damiano, et Ie<br />

novitade seguite hincinde per <strong>di</strong>cta cagione; de che havemo preso gran despiacere.<br />

Pertanto per levare via ogni debato havemo deliberato tore in nuy <strong>di</strong>cto locho fino sarà<br />

veduto et cognosciuto ad chi de ragione specta; siché, havuta questa, vogliati mandare<br />

qui da nuy con Ie rasone vostre dove anche mandaremo l'altre parte, ad ciò se possa<br />

dare la rasone ad chi l'à, como è la intentione et voluntà nostra, secondo anche ve <strong>di</strong>rà


Antonio da Palude, vostro mandato, quale vene informato delIa mente nostra. Et<br />

or<strong>di</strong>nati che tuti Ii vostri se levino de quello loco fino sarà veduto la raxone. Data ut<br />

supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

678<br />

Francesco Sforza scrive ai conti Giovanni, Giovanni Galeazzo e Riccardo Anguissola <strong>di</strong> avere<br />

con <strong>di</strong>spiacere appreso della vertenza che hanno con Uberto, figlio <strong>di</strong> Riccardo Pallavicino, per il<br />

possesso <strong>di</strong> San Damiano facendo anche ricorso alle armi. Depongano dette armi, si portino da<br />

lui con le loro riven<strong>di</strong>cazioni, così come ha or<strong>di</strong>nato a Rolando, mentre il suo cancelliere Teseo<br />

da Spoleto assumerà, in nome del duca, il governo del luogo fino a che lui, duca, assegnerà il<br />

luogo a chi “haverà megliore raxone dal canto suo”.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 20, “apud Marchariam”).<br />

Spectabilibus militibus <strong>di</strong>lectissimis nostris comittibus Iohanni, domino Iohannigaleaz et<br />

Ricardo de Anguxolis.<br />

Havemo inteso con grande despiacere la <strong>di</strong>fferentia fra vuy et Uberto, figliolo del<br />

magnifico Rolando Palavicino per cagione del loco de San Damiano et le novitade<br />

seguite dal canto del'uno et l'altro per <strong>di</strong>cta cagione, de che molto ne siamo maravigliati,<br />

maxime intendendo como voy de presente haveti preso Ie arme in mano contra el <strong>di</strong>cto<br />

loco; che quanto sia honesto esservi messi a simile 177v acto senza nostra saputa,<br />

essendo nuy in loco dove aconzamente possevati mandare in uno dì et haveriamogli<br />

proveduto, lo lassiamo in iu<strong>di</strong>tio vostro. Pertanto ve scrivemo et admonemo per questa<br />

che, recevuta questa, vuy debiate deponere le arme et non movervi ad fare novità<br />

alcuna contra <strong>di</strong>cto loco; ma pretendendove voy de havere raxone alcuna in <strong>di</strong>cto loco<br />

vedeti o mandati ad nuy con le raxone vostre, per che cosa havemo scripto ala parte<br />

adversa che vengono con le soe. Et per tolere via ogni <strong>di</strong>fferentia fino questa cosa sia<br />

cognosciuta scrivemo ad Theseo da Spoleto, nostro cancellero, quale in nome nostro<br />

tenerà <strong>di</strong>cto loco, al quale lo vogliate far consignare; ad questo non fate replicatione né<br />

contra<strong>di</strong>ctione alcuna, et farimolo poi consignare ad quella parte haverà megliore<br />

raxone dal canto suo. Data ut supra.<br />

R(evisit) Fil(ipus).<br />

Cichus.<br />

679<br />

Francesco Sforza informa il referendario <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> aver assegnato al suo famiglio Amtonio<br />

da Verona il passo e porto della Trebbia. Gl faccia sapere a quanto detto porto verrà incantato.<br />

Referendario nostro Placentie.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 20, “apud Marchariam”).<br />

Havemo donato et concesso ad Antonio da Verona, nostro fameglio, el passo et porto<br />

della Trebia. Pertanto volemo che lo faci incantare et assigni l'intrata del <strong>di</strong>cto porto ad<br />

esso Antonio, ma habii advertentia ad avisarne quanto pretio el serà incantato. Data ut<br />

supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

680<br />

Francesco Sforza scrive a Iacobo da Piacenza, che <strong>di</strong>ede garanzia per 200 ducati per il prete<br />

Pedro Mota della Mota, che il prete se n’è scappato e perciò si aspetta che Iacobo versi<br />

la predetta somma.<br />

Domino Iacobo de Placentia.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 20, “apud Marchariam”).


Te avisamo che quello prete Pedro Mota della Mota per lo qual festi segurtade per<br />

ducento ducati se n'è fugito; siché te certificamo che volemo li <strong>di</strong>cti ducento ducati.<br />

Prove<strong>di</strong> aduncha como te pare che gli habiamo. Data ut supra. Dupplicata.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

681<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al referendario <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> intervenire per accontentare i dazieri<br />

locali che si <strong>di</strong>cono defraudati <strong>di</strong> quanto dovuto al dazio da Marco Ghisalberto,<br />

taverniere <strong>di</strong> Castronno.<br />

178r Referendario Placentie.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 20, “apud Marchariam”).<br />

Li dacieri de quella nostra cità ce lamentano da Marcho Ghisalberto, tavernaro in<br />

Castrono, ch'el frauda el datio suo et ne rechede rasone, como intenderay per<br />

l'introclusa supplicantia soa. Et perchè la rechiesta soa è honestissima, te comettiamo<br />

et volemo che debii havere informatione de questo facto et ministrarli ragione expe<strong>di</strong>ta<br />

secundo le <strong>di</strong>spositioni del datio et incanto suo. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

682<br />

Francesco Sforza risponde al Colleoni lodandolo per l’inter<strong>di</strong>zione fatta <strong>di</strong> biade a Bergamo e in<br />

parti nemiche. Nulla osta che egli cavalchi verso Valle San Martino per porre fine alle vertenze <strong>di</strong><br />

quegli uomini, così come approva il suo andare verso Bipio, la rocca <strong>di</strong> Vercurago e quella <strong>di</strong><br />

Baydo. Faccia <strong>di</strong> tutto per impossessarsi <strong>di</strong> Bripio, della rocca e <strong>di</strong> quella zona. Gli ricorda che,<br />

se ne avesse bisogno, suo fratello Alessandro, che si trova a Orzinuovi, gli potrebbe dare un<br />

aiuto. Lo assicura che provvederà presto alla carenza <strong>di</strong> cibo <strong>di</strong> quegli uomini d’arme.<br />

A proposito delle “tracte de biade” per sfamare la gente <strong>di</strong> quel paese, gli ricorda i provve<strong>di</strong>menti<br />

presi tramite il Consiglio segreto, cui deve rivolgersi nel bisogno perchè eseguirà quel che lui i<br />

richiederà. Il duca gli rispnde negativamente alla sua richiesta <strong>di</strong> concedere il salvacondotto a<br />

Roberto da Tiene per condurre moglie e figli da Brescia a Bergamo.<br />

Si <strong>di</strong>ce <strong>di</strong>spiaciuto del comportamento avuto con il Colleoni da Antonello da Campagna che ha<br />

arrestato quell’uomo della Val Seriana, gli ha preso 102 ducati, due pezze <strong>di</strong> panno oltre a due<br />

cavalli carichi <strong>di</strong> papiro. Il duca gli ha scritto intimandogli <strong>di</strong> obbe<strong>di</strong>re in tutto al Colleoni e <strong>di</strong><br />

restituire quanto sottratto a quell’uomo.<br />

Rifacendosi a quanto sopra dettogli <strong>di</strong> suo fratello Alessandro, gli <strong>di</strong>ce che, se per la cavalcata<br />

fatta dai nemici in Val Camonica gli abbisogna <strong>di</strong> qualcosa, si intenda con suo fratello.<br />

Fu scritto ad Antonello <strong>di</strong> Campagna <strong>di</strong> restituire denari, cose e beni a quelli della Val Seriana<br />

Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 21, “apud Marchariam”.<br />

Havemo recevuto doe vostre lettere, l'una de dì XVII et l'altra de XVIII del presente, ale<br />

quale, respondendo, <strong>di</strong>cemo, prima, ala parte <strong>di</strong> mo<strong>di</strong> haviti servati ad restringere che<br />

non vadano biade ad Bergamo, che haveti facto molto bene et ve ne rengratiamo, et<br />

cre<strong>di</strong>amo molto bene che quelli amici facessero quello ne scriveti, ma, essendo vuy lì,<br />

ne stiamo securi che vuy Ii provederiti per modo che non andarano victualie ad<br />

Bergamo né ad quelle terre inimiche. Del cavalcare vostro verso la valle de Sancto<br />

Martino per la <strong>di</strong>fferentia è fra quelli homini, et così verso Bripio et la bastia et la rocha<br />

de Vercuraco et dela rocha de Baydo, ne piace grandemente, et così ve confortiamo<br />

che vogliati redure al’acor<strong>di</strong>o <strong>di</strong>cta valle per ogni modo et fare tute quelle provisione ad<br />

vuy possibile, como siamo certi che fariti per la recuperatione de Bripio et la <strong>di</strong>cta rocha<br />

et le parte dellà. Et bisognandone alcuna cosa del canto de là, rechiedereti Alexandro,<br />

nostro fratello lì al’Urcinovi, el quale ve darà ogni a<strong>di</strong>uto et favore. Et questa impresa<br />

lassiamo a vuy, perchè nuy siamo dala longa et occupati ala impresa d’Asola, qual<br />

intendemo tuore de presente.<br />

Ala parte dela carastia et confusione <strong>di</strong>ceti è in quella zente d'arme, <strong>di</strong>cemo che nuy gli


provederemo per qualche modo et presto che poterano vivere.<br />

Al facto de tracte de biade per sustentare quelli homini del paese, <strong>di</strong>cemo che per altre<br />

nostre doveti havere inteso la provisione che havemo facto per la via del nostro<br />

Consiglio, siché (a) ad questo non pare <strong>di</strong>re altro se non che debiati intenderne con<br />

loro, perchè exequirano tuto quello (b) che li rechiederiti. El salvoconducto, che ve<br />

rechiede Roberto da Tiene de condure la moglie con li figlioli de Brexa ad Bergamo,<br />

<strong>di</strong>cemo che non ne pare per veruno modo glilo debiati fare.<br />

178v Dela contumaza ha usato con vuy Antonello de Campagnia in sostenire quello<br />

homo de Valle Seriana et tuorli li ducati 102, doe peze de panno et duy cavalli carchi de<br />

papiro, ne rencresce ultramodo; et pertanto gli scrivemo et coman<strong>di</strong>amo<br />

expressamente che, ad ogni vostro comando, restituisca li <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari et robba<br />

integramente; et lo admoniscomo per modo che da hora inante el exequirà et obe<strong>di</strong>rà<br />

tuto quello gli comandariti, per(chè) così è nostra intentione; et quando facesse<br />

altramente gli daremo ad intendere che harà facto male.<br />

La parte che nuy <strong>di</strong>cemo de sopra de rechiedere Alexandro, nostro fratello, <strong>di</strong>cemo per<br />

la cavalcata che inten<strong>di</strong>amo hanno facto l’inimici in Valle Camonica, ala quale siamo<br />

certi che habiate facto qualche provisione; et si li bisogna ad provedere alcuna cosa per<br />

questo, che ve intendate con <strong>di</strong>cto nostro fratello. Data apud Marchariam, xxi<br />

decembris 1453.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue per depennato.<br />

(b) Segue ti depennato.<br />

Die suprascripto.<br />

Scriptum fuit Antonello de Campanea quod debeat restituere omnes peccunias, res et<br />

bona illis de Valleseriana pro quanto gratiam nostram caripendunt.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

683<br />

Francesco Sforza scrive al Colleoni <strong>di</strong> lasciare spazi nei luoghi vicino a Brusaporto a<br />

Sagramoro Visconti e alla sua squadra, siccome non può alloggiare a Brusaporto.<br />

Bartholomeo Coleono.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 21, “apud Marchariam”.<br />

Perché misser Sagramoro Vesconte con la squadra sua non pò comodamente lozare in<br />

Brusaporco, como era or<strong>di</strong>nato, ne pare et cussì volemo che gli debiate lassare li lochi<br />

circumstanti al <strong>di</strong>cto loco de Brusaporco ad ciò che l’abia stantia idonea de allozarse.<br />

Ex campo nostro felici apud Marchariam (a), <strong>di</strong>e xxi decembris 1453.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue apud depennato.<br />

684<br />

Nel brano mutilo della missiva si osserva che lo scrito <strong>di</strong> Andrea gli è stato dettato per favorire il<br />

fatto del suo signore e danneggiare quello dello scrivente. Si puntualizza poi la nessuna<br />

cre<strong>di</strong>bilità (“non è micha da credere...” che l’andata del messo Pietro da Roa a Padova sia stata<br />

fatta “per praticar de pace”, osservando sia la maggior praticabilità <strong>di</strong> Btrscia, ove tali trattative<br />

già “principiarono”, che il mancato ritorno del messo a Ozinuovi. Fa sapere (al Colleoni) che a<br />

Sagramoro risposto che asseconda il suo desiderio <strong>di</strong> andare in campo con la sua squadra,<br />

lasciando al Colleoni la cura della sicurezza <strong>di</strong> Brusaporto.<br />

mira a favorire 1453 <strong>di</strong>cembre 19, “apud Marchariam”.<br />

180r (a) retornato ma, per <strong>di</strong>re el parere nostro de quello comprendemo del scrivere de<br />

Andrea pre<strong>di</strong>cto, ad nuy pare essere certissimi, como la magnificentia vostra intende<br />

così bene, como nuy, che questo tal scrivere la signoria l'à facto fare ad fine de favorire


el facto suo et desfavorire el nostro con parole et demonstratione, monstrando a chi<br />

loro piacesse como el vostro messo è andato fin a Padoa usando apresso, in questo,<br />

del'altre arte che sanno usare Venetiani, et non è micha da credere che vogliamo che<br />

questo vostro messo vada fin là per praticar de pace, perchè, quando el volesseno, per<br />

casone de pace praticariano la cosa a Brexa, como sapeti che principiarono, et non a<br />

Padoa, advisandove che, da poi che Piero da Roa se partì dali Orci, non è may più<br />

retornato né mandato a <strong>di</strong>re cosa alcuna, et se pur venesse o mandasseno a <strong>di</strong>re cosa<br />

alcuna sopra ciò, ne sereti avisato, perchè non havemo mancho caro l'honore et bene<br />

vostro che lo nostro proprio, perchè el reputiamo nostro, et la magnificentia vostra ha<br />

inteso mò el parere nostro, siché porà far fare quella resposta al <strong>di</strong>cto domino Andrea<br />

che li parerà sia condecente. Circh'al facto de domino Segramoro el ne ha mandato a<br />

<strong>di</strong>re che piutosto delibera del venire de qua che restare delIà con la squadra, al quale<br />

havemo mandato a <strong>di</strong>re che siamo contenti che’l venga, siché, venendo la<br />

magnificentia vostra, porà havere cura de quello loco de Bruxaporcho et, se pur<br />

volesse restare, poreti or<strong>di</strong>nare che una parte delli vostri fanti staghino con sì in quello<br />

borgo per più loro secureza; dentro del recepto nostra intentione è che non li stia<br />

alcuno. Data apud Marchariam, xviiii decembris 1453.<br />

Iohannes.<br />

(a) La missiva inizia così in quanto manca la carta precedente.<br />

685<br />

Francesco Sforza rispondendo ad Angelo Simonetta che gli ha scritto <strong>di</strong> inviare a re Renato 200<br />

carri <strong>di</strong> fieno e frumento e biada e altri 50 carri a tre gentiluomini, ricorda <strong>di</strong> aver già scritto a quei<br />

<strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> far avere al sovrano 30 carri <strong>di</strong> fieno, della biada e del vino.<br />

E’ del parere che gli vengano dosate le forniture, perchè, altrimenti, delle gran<strong>di</strong> quantità egli<br />

“consumarà in casa soa...la minor parte”. Tutto questo poi, è con<strong>di</strong>zionato al fatto che egli stia a<br />

Piacenza tutto l’inverno; ma volendosene, come ha dato a intendere, andare via quello che ha<br />

ricevuto basta. Gli è stato <strong>di</strong> grande conforto la notizia che ser Andrea gli deve mandare 4.128<br />

lire oltre alle altre 5000.<br />

Domino Angelo Simonete.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 19, “apud Marchariam”).<br />

Respondendo ala toa lettera de dì xvii del presente facta a Lo<strong>di</strong>, per la quale ne recor<strong>di</strong><br />

che’l sarà bene a far dare ala mayestà del Re quelIi ducento cara de feno et furmento<br />

et biada, et così quelli altri L carra a quelli tre gentilhomini, et cetera, <strong>di</strong>cemo che sonno<br />

già sei zorni che nuy scripsemo a quelli nostri a (a) Piasenza che dovesseno presentare<br />

ala prefata soa mayestà trenta carra de feno et certa biada et vino, et così 180v<br />

semo certi haranno exequito. Et così anchora seremo contenti che se gli faza dare<br />

del'altro feno, biada et frumento in pocha quantità la volta, perchè sarà molto più utile al<br />

prefato Re dargli quello se gli ha dare in più volte a poco a poco, attento (b) se’l<br />

consumarà in casa soa, che a dargli ogni cosa in uno tracto, perchè la menor parte<br />

secundo intendemo serà la soa. Et questa spesa intendemo se faza non in tucto, ma in<br />

parte in più volte, casu quo che la mayestà soa delibera de restare ferma in questa<br />

vernata lì in Piasenza, ma dovendosene andare via, como ha monstrato, non ne pare<br />

per niente se gli faza altra spesa che quella è stata or<strong>di</strong>nata. Et tu ne haverai ad chiarire<br />

della voluntà soa et deli mo<strong>di</strong> se haverano circha ciò ad servare.<br />

Deli denari <strong>di</strong>ce mandarne per ser Andrea, che sonno libre 4.128, et così le altre 5.000,<br />

ne restamo molto consolati perchè giongeno a tempo. Data ut supra.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue de depennato.<br />

(b) Segue che depennato.<br />

686<br />

Francesco Sforza si compiace con il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> per la provvista dei due piatti gran<strong>di</strong><br />

con il castello, delle altre cose necessare per “stropiare” il ponte a Rivolta, come per aver<br />

mandato i maestri e i guastatori e iniziata la rovina della torretta e delle colonne, anche se non si<br />

possono “stropiare integre”. Non potendo atterrare tutte le colonne, faccia scavare le altre e<br />

danneggiare il resto del ponte, lasciando che, ingrossando, l’acqua faccia la sua opera


demolitrice oppure si aspetti l’arrivo <strong>di</strong> mastro Pedro. Quel che gli interessa è che faccia “subito<br />

mandare giuso” il porto <strong>di</strong> Cerreto a Gaspare da Suessa e che solleciti Rossino ad abbattere il<br />

ponte, avendo, però, cura che “le monitione et fornimenti ...non vadano a male”.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 22, “apud Marchariam”.<br />

Havemo recevuto le vostre Iettere de dì XVI del presente et inteso quello ne scriveti<br />

delIa provisione havite facta in mandare tutti duy Ii piatti gran<strong>di</strong> col castello et tute Ie<br />

altre cose bisognano per stropare il ponte ad Rivolta, così li magistri et guastatori, et<br />

cetera, et del principio hanno facto de guastare dalla parte verso la torreta, così delle<br />

colonne sonno al secho, quale <strong>di</strong>ceti non se possono stropare integre; ala quale<br />

respondendo comendamove della provisione haviti facto per guastare <strong>di</strong>cto ponte.<br />

Benchè vuy et li altri, alli quali ne havemo dato carico, se siano portato molto<br />

lentamente, ve <strong>di</strong>cemo che, non possendose stropare quelle colonne sonno al sucto<br />

integre, li faciati lassar stare, ma fate cavare le altre et el resto del ponte guastare;<br />

perchè quando poi l'aqua sia ingrossata, overo sia venuto maestro Pedro, se porano<br />

cavare le altri. Ma el porto era a Cereto volimo debiati subito mandare giuso 181r ad<br />

Cerreto, remossa ogni casone, ad Gasparro da Sessa; et caricamovi che dal canto<br />

vostro usati ogni <strong>di</strong>ligentia. Così solicitati Rossino al desfare <strong>di</strong>cto ponte, al qual<br />

Rossino scrivemo opportune per l'aligata, como ne recordati che le monitione et<br />

fornimenti del <strong>di</strong>cto ponte non vadano ad male, la quale gli mandati. Data apud<br />

Marchariam, xxii decembris 1453.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

687<br />

Francesco Sforza scrive a re Renato in favore dei gentiluomini <strong>di</strong> Cocconato, fedeli amici dei<br />

Visconti e, tra loro, gli segnala Guideto, abitante a Ticineto, che gli è caro sia per nobiltà che per<br />

rispettabilità, anhe se è maltrattato da Guglielmo <strong>di</strong> Monferrato per la sua amicizia con lo Sforza.<br />

Siccome ha saputo che alcuni soldati regi, che stazionano a San Martino, danneggiano non<br />

poco quel suo luogo, il duca chiede al sovrano <strong>di</strong> raccomandare Guideto ai signori <strong>di</strong> Monferrato<br />

e <strong>di</strong> ammonire i suoi soldati perchè non molestino nè Guideto nè i suoi uomini.<br />

Regi Renato.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 22, “apud Marchariam”).<br />

Li gentilhomini de Cochonato sonno stati continuamente mey amici et affectionati ad la<br />

illustre casa <strong>di</strong> Vesconti, et fra li altri è Guideto da Cochonato, habitatore del loco de<br />

Ticineto, el qual, sì per la nobilità, sì etiam perchè è persona da bene, ad me è molto<br />

caro. Et perchè questa tale amititia che l'à con nuy gli è pur stata nociva apresso lo<br />

illustre signore marchese domino Guiglielmo de Monferrà, et da loro stato mal tractato,<br />

et specialmente adesso, secundo che m'ha facto <strong>di</strong>re, alcuni soldati dela serenissima<br />

Mayestà vostra, che logiano al borgo Sancto Martino, fanno gran<strong>di</strong>ssimo damno ad<br />

quello suo loco et homini, tractandoli non altramente che se fossero inimici. Pertanto io<br />

prego la prelibata vostra mayestà che la se degni recomandare esso Guideto ali prefati<br />

signori in modo che li possa stare et li suoi homeni senza molestia, et così admonire li<br />

<strong>di</strong>cti suoi soldati che non gli vogliono fare damno, anzi reguardarli per modo che non<br />

habiano cason de dolerse più per questa cosa. Il che io haverò carissimo dala prelibata<br />

vostra mayestà, cui devote me comendo. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

688<br />

Francesco Sforza informa Angelo Simonetta <strong>di</strong> aver scritto a re Renato in favore <strong>di</strong> Guideto <strong>di</strong><br />

Cocconato, abitante a Ticineto, sia perchè Guglielmo <strong>di</strong> Monferrato abbia un riguardo per lui, sia<br />

anche perchè i soldati del re la smettano <strong>di</strong> far danni nel suo luogo <strong>di</strong> San Martino.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 22, “apud Marchariam”).


Domino Angelo Simonete.<br />

Nuy scrivemo per l'aligata ad quella serenissima regia mayestà in favore et<br />

comendatione de Guideto <strong>di</strong> nobili <strong>di</strong> Cochonato, habitatore del luogo de Ticinetto<br />

apresso el borgo San Martino, che la se degni de recomandarlo ad li illustri signori<br />

marchese et Guglielmo da Monferra, et così scrivere ad li suoy soldati che alozino lì al<br />

borgo che non turbino lo <strong>di</strong>cto Guideto né li suoi homini del <strong>di</strong>cto loco de Ticinetto,<br />

como hanno facto et fanno secundo che luy ce ha <strong>di</strong>cto. Pertanto essendo el <strong>di</strong>cto<br />

Guideto ad nuy molto grato et accepto, sì per la nobilità della casa, la quale sempre è<br />

stata affectionata ad la illustre casa <strong>di</strong> Vesconti et ad nuy, volemo che, apresso 181v<br />

<strong>di</strong>cte nostre lettere, preghi per nostra parte la prelibata mayestà che vogli fare quanto<br />

scrivemo et con ogni favore che sia possibile. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

689<br />

Francesco Sforza richiama al Colleoni quello che gli ha fatto sapere circa il fatto della Val<br />

Camonica e gli comunica <strong>di</strong> aver or<strong>di</strong>nato a suo fratello Alessandro <strong>di</strong> intendersi con il Colleoni<br />

sul da farsi in merito alle cose della Val Camonica. Vuole, perciò, che lui tralasci l’impresa della<br />

Valle San Martino e della Valsassina e attenda alle cose della Val Camonica per la quale ha<br />

scritto a suo figlio Tristano, a Sagramoro da Parma, ai Sanseverino, a Colella da Napoli,<br />

ad Angelello da Lavello, ad Antonello da Borgo <strong>di</strong> trovarsi a Primeto<br />

e fare quanto <strong>di</strong>ranno loro suo fratello e lui.<br />

Bartholomeo Coleono.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 22, “apud Marchariam”.<br />

Voi haveriti inteso quello ve avimo scripto per nostre date a XVIIII et XXI del presente<br />

circa al facto delle cose de Val Camonica, et haverite inteso l'animo et <strong>di</strong>spositione<br />

nostra che è de favorire le doe cose. Pertanto havendo scripto al magnifico Alexandro,<br />

nostro fratello, che se debia intendere con voi ad fare quanto serà <strong>di</strong> bisogno circha de<br />

zò, vi confortiamo, carichamo et stringemo cum ogni stu<strong>di</strong>o, cura et <strong>di</strong>ligentia vostra<br />

debiate atendere alle cose de Val Camonica, lassando piutosto stare l'impresa de Val<br />

Samartino et de Valsasena, et fare per modo che alli inimici non possino rescire li<br />

pinsieri, cavalcando colli vostri et colli altri dove serà bisogno et facendo in questo facto<br />

como havemo speranza in voi, avisandove, che ad ciò che possate meglo favorire la<br />

<strong>di</strong>cta impresa, che nui scrivemo ad Tristano, nostro figlolo, ad Sacramor da Parma, alli<br />

Sansoverinisci, ad Colella da Napoli, ad meser Sacramor Vesconte, ad Angelello da<br />

Lavella, ad Antonello da Borgo che debiano stare im Prineto et fare quanto li serà<br />

commisso per voi et per lo <strong>di</strong>cto Alexandro, perchè, inten(den)dovi insema con lo <strong>di</strong>cto<br />

Alexandro, inten<strong>di</strong>mo da tucti siati obe<strong>di</strong>ti como la persona nostra. Ex castris nostris<br />

apud Marchariam, xxii decembris 1453.<br />

Cichus.<br />

Die suprascripto.<br />

In simili forma scriptum fuit magnifico Alexandro Sfortie, mutatis mutan<strong>di</strong>s.<br />

690<br />

Francesco Sforza, scrive a Tristano Sforza <strong>di</strong> essere stato informato che i nemici cercano <strong>di</strong> far<br />

guai in Val Camonica. Ha, perciò, or<strong>di</strong>nato a suo fratello Alessandro e al Colleoni <strong>di</strong> de<strong>di</strong>carsi a<br />

tale impresa. Gli comanda, <strong>di</strong> conseguenza, <strong>di</strong> essere pronto a rispondere a ogni loro richiesta.<br />

In simile forma ha scritto a: Angelello da Lavello, Antonello de Burgo, Sagramoro Visconti,<br />

Sagramoro da Parma, Colella da Napoli e ai fratelli Sanseverino.<br />

Tristano Sfortie.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 22, “apud Marchariam”).<br />

Perchè siamo advisati che I’inimici cercano de turbare Ie cose nostre de Vallecamonica,<br />

havemo scripto al magnifico Alexandro, nostro fratello, et al magnifico Bartolomeo


Coleone che, bisognando, debiano dare ogni favore expe<strong>di</strong>ente a quella impresa.<br />

Pertanto volemo, et coman<strong>di</strong>amove che debii stare unito et imponto con tuti Ii tuoy,<br />

rechiedendoti loro o alcuno d'essi che debii cavalcare o far più una cosa che un'altra, lo<br />

debii fare senza exceptione et contra<strong>di</strong>ctione alcuna, et non 182r altramente como se<br />

nuy te lo comandassemo. Data ut supra.<br />

Cichus.<br />

In simili forma Anghelello de Lavello, Antonello de Burgo, Segramoro Vicecomiti,<br />

Segramoro de Parma, Colelle de Neapoli, Francisco Americo et Bernabovi fratribus de<br />

Sancto Severino.<br />

691<br />

Francesco Sforza comanda al commissario <strong>di</strong> Pizzighettone <strong>di</strong> arrestare Colla da Calabria,<br />

compagno <strong>di</strong> Evangelista Savello, che dovrebbe essere in campo e, invece, se ne sta lì.<br />

In simile forma si è scritto al podestà <strong>di</strong> Bereguardo per l’arresto <strong>di</strong> Fattemanza, al podestà<br />

“Clararum” per la detenzione <strong>di</strong> Giovanni de Claris, al podestà <strong>di</strong> Cormo per la detenzione <strong>di</strong><br />

Lamberto da Misinello, al capitano <strong>di</strong> giustizia <strong>di</strong> Milano per la detenzione della comunità <strong>di</strong> San<br />

Colombano, al podestà <strong>di</strong> Fontanella per la detenzione <strong>di</strong> Andrea Sclavo.<br />

Comissario Pizleonis.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 22, “apud Marchariam”).<br />

In quella nostra terra se retrova essere Colla de Calabria, compagno de Evangelista<br />

Savello, qual non vole stare in campo como el doveria et servirlo como fanno Ii altri.<br />

Pertanto volemo che lo debiati far trovare et destenirlo, non relaxandolo senza nostra<br />

licentia. Data ut supra.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum fuit potestati Bereguar<strong>di</strong> pro detentione Fattemanze,<br />

Item potestati Clararum pro detentione Iohannis de Claris;<br />

item potestati Cormi pro detentione Lamberti de Misinello;<br />

item capitaneo iustitie Me<strong>di</strong>olani pro detentione comunitatis Sancti Columbani;<br />

item potestati Fontanelle pro detentione Andree Sclavi.<br />

Irius.<br />

692<br />

Francesco Sforza scrive a Gaspare da Suessa <strong>di</strong> aver or<strong>di</strong>nata al podestà <strong>di</strong> Novara <strong>di</strong><br />

accordare per tutto il mese <strong>di</strong> gennaio la sospensione della causa che gli ha richiesto per<br />

Giovanni Pietro Rabozo. Gli fa sapere che non occorre un rinnovo dei privilegi se essi sono stati<br />

confermati da sua sorella Elisa, cui ha affidate quelle cose. Lo assicura <strong>di</strong> aver scritto al<br />

luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> rimettere quelle navi al loro posto.<br />

Gasparri de Suessa.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 22, “apud Marchariam”).<br />

Respondendo ala toa, quanto al facto delIa suspensione rechede per Zohannepetro de<br />

Rabozo, siamo contenti se fatia, et scrivemo al nostro potestà de Novara che tegna<br />

suspesa la <strong>di</strong>cta causa per tuto el mese de zenaro. Ala parte de confirmare Ii suoy<br />

privilegii, <strong>di</strong>cemo che questo non bisogna, perchè nuy havemo una volta date quelle<br />

cose ad Elisa, nostra sorella; et se ley gli l’ha confirmati, basta. Al facto delle nave,<br />

havemo scripto al nostro locotenente de Lode che Ie debia remettere al suo loco, et<br />

così siamo certi farà. El tuo cancellero havemo spazato quanto bisogna. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.


693<br />

Francesco Sforza invita il Colleoni a proseguire nella sua impresa in Val San Martino in modo da<br />

impossessarsi presto della bastita <strong>di</strong> Brivio, curando che essa possa poi giovare contro<br />

Bergamo. Compiute le operazioni lì, vorrebbe che il Colleoni si premurasse <strong>di</strong> far danni ai nemici<br />

che si sono mossi in soccorso del castello <strong>di</strong> Bre, impedendo così, <strong>di</strong> raggiungere il loro intento.<br />

Necessitandogli aiuto, si accor<strong>di</strong> con suo fratello Alessandro.<br />

Ha scritto ai Sanseverino per il mancato loro appuntamento con il Colleoni.<br />

Si <strong>di</strong>ce consapevole del bisogno <strong>di</strong> quella gente e spera <strong>di</strong> intervenirvi presto.<br />

Gli ripete che quanto ha saputo, tramite un trombettiere, suo amico è fatto ad arte dai suoi amici<br />

per dar speranza alla gente, ma, se detto amico volesse <strong>di</strong>re qualcosa <strong>di</strong> concreto, non ha che<br />

da andare a Brescia o mandare uno dei suoi dal Colleoni,<br />

che poi contraccambierà con l’invio <strong>di</strong> un suo uomo.<br />

182v Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 24, Mantova.<br />

Havimo recevuto la vostra littera de dì XXI del presente, per la quale restiamo<br />

pienamente avisati del’andare vostro in la Valle San Martino et <strong>di</strong> quanto haveti facto, et<br />

cetera; al che non accade <strong>di</strong>re altro se non che ve confortiamo a proseguire in la<br />

impresa ita che la reducati a bon fine la bastita de Brivio, quale sperate havere<br />

prestissimo. Dicemo che havendola, non la vogliati guastare perhò che ad nuy poterà<br />

fare favore contra Bergamo et quelle cose dellà; per l'havuta dela quale bastita semo<br />

certi Brivio non poterà stare cossì et prendarà partito. Et da poy che haveriti fornito,<br />

quanto vi parirà de fare dellà, serimo contenti, perchè I’inimici, como havereti inteso,<br />

sono mosti per andare a succorere lo castello de Bre, vogliati cerchare de fargli damno<br />

et providere in modo che non gli possa reussire il pensiero loro; et bisognandovi circa<br />

ciò veruno a<strong>di</strong>uto, vogliati intendervi cum Alexandro, nostro fratello, al quale havimo<br />

scripto se intenda cum voy in tucte quelle cose che vi parerà bisognare. Che quelli<br />

fratelli de Sanseverino non siano venuti ne è despiaciuto et ne siamo maravigliati; et de<br />

novo gli scrivimo quanto ne pare.<br />

Ala parte del vivere dele gente, siamo certi lo bisogno sia como <strong>di</strong>ceti, il perchè nuy<br />

attendemo et procuramo trovare lo modo et, trovato, provederemo al bisogno, et<br />

speramo serà presto.<br />

Ala parte deIi brevi ve ha mandato quello amico per lo trombeta ve havemo resposto, et<br />

cossì ve replicamo che quello fanno quelli amici lo fanno ad arte per mantenere Ii populi<br />

soy in speranza; ma s'el volesse <strong>di</strong>re cosa de effecto vegna a Brexa et man<strong>di</strong> uno <strong>di</strong><br />

soy de voy, et voy poy mandariti uno <strong>di</strong> vostri. Questo è lo nostro parere. Data Mantue,<br />

xxiiii decembris 1453.<br />

Bonifatius.<br />

Cichus.<br />

694<br />

Francesco Sforza allega ad Antonello de Burgo e ad Angelello da Lavello la lettera <strong>di</strong>retta ai<br />

membri del Consiglio segreto perchè conceda loro le licenze necessarie per far fronte ai bisogni<br />

<strong>di</strong> vettovaglie da loro segnalati per Geradadda. Li assicura che sta dandosi da fare per avere<br />

denari per accontentare presto i loro uomini d’arme.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 26, “apud Marchariam”.<br />

183r Antonello de Burgo et Angelello de Lavello.<br />

Havemo recevuto Ie vostre lettere et inteso quanto ne scriveti dela necessità de<br />

victualia che è là in Glaradada e delle licentie che bisognino tore da quelli del nostro<br />

Conseglio de Milano, et cetera; ala quale, respondendo, <strong>di</strong>cemo che per l'aligata<br />

scrivemo opportunamente a quelli del Conseglio pre<strong>di</strong>cto che circa questo ve debbano<br />

fare in nostro nome quelle lettere et darve quella via et modo che sia più expe<strong>di</strong>to<br />

perchè non portiate necessità alcuna nè mancamento per condure el fromento che ve


isognarà. Sichè vogliate havere recorso da loro, perchè siamo certi gli provederanno<br />

et bene. Ala parte de quelli vostri homini d'arme che sonno senza <strong>di</strong>nari <strong>di</strong>cemo che<br />

nuy siamo ale mane per recuperarne et provedere ad questi bisogni; et presto nuy gli<br />

provederemo. Et de questo state de bona voglia, et serà così presto che ve atrovariti<br />

ben contento da nuy. Data apud Marchariam, xxvi decembris 1453.<br />

Christoforus de Cambiago.<br />

Cichus.<br />

695<br />

Francesco Sforza scrive al podestà e al capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza che potranno<br />

consentire a Giovanni da Iseo <strong>di</strong> portarsi da lui dopo aver confermata la garanzia <strong>di</strong> 1000 ducati.<br />

Potestati et capitaneo citadelle Placentie.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 23, “apud Marchariam”.<br />

Perchè ne è facto instantia vogliamo essere contenti che Iohanne da Iseo vegni qui da<br />

nuy, ve <strong>di</strong>cemo per questa che nuy siamo contenti, refirmando lo <strong>di</strong>cto Ionanne la<br />

securtade delli mille ducati, che venerà qui da nuy, et non se partirà da nuy senza<br />

nostra licentia in scriptis che vuy lo lassati venire. Sichè quando luy habia refirmato<br />

<strong>di</strong>cta securtade con quello modo solemne ve parerà, lo licentiarite che possa venire qua<br />

da nuy. Apud Marchariam, xxiii decembris 1453.<br />

696<br />

Francesco Sforza chiede a donna Luchina dal Verme <strong>di</strong> consentire al famiglio ducale Raffaele<br />

Pugnello <strong>di</strong> comprare sulle sue terre <strong>16</strong>00 sacchi <strong>di</strong> fumento.<br />

183v Magnifica domine Luchine de Verme.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 26, “apud Marchariam”.<br />

Perchè haverno or<strong>di</strong>nato a Raphael Pugnello, nostro farniglio, che facia una compra de<br />

formento per nostro bisogno, ve confortiarno et caricamo che a <strong>di</strong>cto Raphaelo <strong>di</strong>ate la<br />

commo<strong>di</strong>tà de comprarne e cavarne delle vostre terre sachi mille sey cento, como<br />

siamo certi fariti per lo nostro aconzo. Ex Marcharia, xxvi decembris 1453.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

697<br />

Francesco Sforza ingiunge ad Antonio de Sicchis, commissario <strong>di</strong> Geradadda, <strong>di</strong> fare una<br />

“publica et solenne crida...per Geradadda” che vieti a chiunque, persona militare o civile, <strong>di</strong><br />

portare sale e vettovaglie a Crema. E’ informato che saccomanni, sia <strong>di</strong> Crema che <strong>di</strong> Bergamo,<br />

hanno portato <strong>di</strong> notte a Crema per la via <strong>di</strong> Caravaggio a Rivalta “dalla banda de Cassano”<br />

grande quantità <strong>di</strong> sale. Chi violerà la grida verrà punito con l’impiccagione.<br />

Ciò varrà anche per i saccomanni nemici presi da condottieri e soldati sforzeschi,<br />

essendo Crema dal duca ritenuta città asse<strong>di</strong>ata.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 27, “apud Marchariam”.<br />

Antonio de Sichis, comissario nostro Glareabdue.<br />

Nuy siamo informati giaramente per persone che vegnono da Crema che per li<br />

saccomani, sì quelli che stano ad Crema como quelli che stanno ad Bergamo, fu<br />

conducto da Bergamo ad Crema grande quantità de sale ad tempo de nocte per la via<br />

de Caravazo ad Rivalta dala banda de Cassano, et quella terra de Crema assay se<br />

a<strong>di</strong>uta per questa via che, quando questo gli mancasse, la staria in extrema necessità<br />

de sale. Per la qual cosa volimo, et per Ie presente ve comettemo che subito faciate<br />

fare una publica et solene crida Iì per tuta Giaradadda che niuna persona, sia che se<br />

vogli, così soldati et sacomani como terreri et d'ogni altro grado et con<strong>di</strong>ctione, non<br />

ar<strong>di</strong>scano presumi portare sale, nè victuala alcuna ad Crema sotto pena delIa forcha; et<br />

così ne avisareti per nostra parte quelli conducteri, aciochè avisano ciascuno Ii suoy


che niuno de ciò possa pretendere ingnorantia; et poi fareti guardare molto bene quella<br />

strata et ogni altra via che habiate suspecta per questo continuamente, per modo che<br />

non va<strong>di</strong> ad Crema nè sale, nè victualia alcuna, et attrovandone veruno colpevole<br />

volemo ve lo faciate 184r consignare in Ie mane, se alcuni sacomani de inimici seranno<br />

presi per quelli conductori et soldati nostri et Ii faciate impichare per la gola, perchè nuy<br />

inten<strong>di</strong>amo che Crema è assi<strong>di</strong>ata et è prohibito ad ogni homo de condure victualia in<br />

terra assi<strong>di</strong>ata sotto pena della forcha. Sichè curarite con ogni <strong>di</strong>ligentia de exequire<br />

quanto ve habiamo <strong>di</strong>cto, avisandone per nostre lettere quanto haveriti facto. Data apud<br />

Marchariam, 27 decembris 1453.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

698<br />

Francesco Sforza impone al podestà, al capitano del <strong>di</strong>stretto e agli ufficiali <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> non<br />

ulteriormente opporsi a che gli uomini <strong>di</strong> Pluvi<strong>di</strong>zio e <strong>di</strong> Mairano possano estrarre dalle terre<br />

ducali una certa quantità <strong>di</strong> biade e condurle, come vuole la licenza ducale, nei loro luoghi.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 6, “apud Marchariam”.<br />

Potestati, capitaneo <strong>di</strong>strictus ceterisque offitialibus Placentie.<br />

Nuy havemo concesso, già sonno alcuni dì passati, alli homini nostri de Pluvi<strong>di</strong>zio et de<br />

Mayrano valida licentia de cavare delle terre nostre certa quantantità de biade (et)<br />

condurle alIi <strong>di</strong>cti luochi per uso loro, et pare che gli deneghiati de lassarli cavare Ie<br />

<strong>di</strong>cte biave; del che se maravigliamo. Et perchè nostra intentione è che gli sia observata<br />

<strong>di</strong>cta licentia, ve coman<strong>di</strong>amo et volemo che li lassate cavare <strong>di</strong>cta biava secondo<br />

contene in essa licentia et condurle alIi <strong>di</strong>cti luochi per uso loro liberamente et senza<br />

exceptione alcuna. Data Marcharie, <strong>di</strong>e xxvii decembris 1453.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus. (a)<br />

(a) Segue Conestabili nostro Paduno depennato.<br />

699<br />

Francesco Sforza scrive ai presidenti agli affari <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> dare al suo famiglio Raffaele Pugnello<br />

le 3000 lire della loro sovvenzione per l’acquisto <strong>di</strong> frumento, come e dove Raffaele sa, non<br />

intendendo derogare a patti e convenzioni fatti con quella comunità.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 26, “apud Marchariam”.<br />

184v Presidentibus negociis comunitatis Papie.<br />

Siamo contenti et piacerane molto che faciati dare et numerare ad Raphael Pugnello,<br />

nostro fameglio, quelle iii milia imperiali, delle quale ne subvenete de presente per<br />

comprare formento, perchè havemo or<strong>di</strong>nato al <strong>di</strong>cto Raphael dove et como debe fare<br />

la compra de <strong>di</strong>cto formento, non intendendo nuy per questo, nè che sia derogato ad<br />

alcune promesse, pacti nè conventioni, quale havessemo facto a quella nostra<br />

comunità le quale intendemo et volimo remagneno ferme. Et per più fede et chiareza<br />

delle suprascripte cose havemo sottoscripto la presente manu propria.<br />

Cichus.<br />

Franciscus Sfortia vicecomes manu propria subscripsit.<br />

700<br />

Francesco Sforza si congratula con il Colleoni che, nella sua andata a Lovere con Colella da<br />

Napoli, ha messo in fuga i nemici. Gli piace quel che ha scritto a Tiberto e ad altri perchè<br />

ritornino ai loro alloggiamenti. Può stare anche sette od otto giorni in Val Camonica asse<strong>di</strong>ando<br />

la rocca <strong>di</strong> Breno e le altre fortezze che “restino ad haverse” in modo che la valle sia pacificata e<br />

si impe<strong>di</strong>sca il ritorno dei nemici. Cerchi <strong>di</strong> prendere le fortezze <strong>di</strong> Valle San Martino, la rocca <strong>di</strong><br />

Baiedo e <strong>di</strong> Brivio. L’ufficiale che vi ha messo starà fino all’arrivo del capitano designato dal<br />

duca. Ricavi, purchè debitamente, danari da quelli che hanno chiamato i nemici per darli a<br />

quelle genti. Mantenuti sul posto i militari necessari in Valsassina e in Val San Martino per<br />

conquistare quelle fortezze, e non rimovendo genti d’arme da Soncino, Romanengo,<br />

Castelleone e Trivoli, gli pare opportuno che or<strong>di</strong>ni tutti i fanti <strong>di</strong> qua dall’Oglio, i saccomanni,


gli uomini d’arme e gli uomini <strong>di</strong> Valcamonica per dare una “spelizata”<br />

a quelli della Val Trompia per farli pentire della loro cavalcata.<br />

Magnifico Bartholomeo Cogliono.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 29, Piacenza.<br />

Respondendo ala vostra lettera ne scriveti del dì 26 del presente del'andata vostra con<br />

Colella ad Lovere et de quello havete seguito in caciare li inimici, quali se ne sonno<br />

fugiti et tornati indreto, ve <strong>di</strong>cemo ne piace grandemente et ve comen<strong>di</strong>amo et<br />

rengratiamo delIa <strong>di</strong>ligentia haveti usata in questo facto; cosi ne piace quello havete<br />

scripto ad domino Thiberto et ad quelle altre gente che retornino et restino ali<br />

logiamenti soy. Ala parte del restare vostro Iì in Vallecamonica per tre o quatro <strong>di</strong>, et<br />

cetera, <strong>di</strong>cemo siamo contenti et parne gli stagati vii et octo stringendo la rocha <strong>di</strong><br />

Breno et le altre forteze restino ad haverse dal canto dellà per modo che la Vallecamonica<br />

resta in pacifico stato et che li nimici non possano 185r un'altra volta venire in<br />

la <strong>di</strong>cta Valle, como hanno facto adesso, or<strong>di</strong>nando però che tutavia se atten<strong>di</strong> ad tuore<br />

le forteze de Valle San Martino, la rocha de Bayedo et quela de Brivio; vuy sete sul<br />

facto al quale lassamo la cura et affano de questo facto. Sichè provedeti como ve pare<br />

che se habia la rocha de Breno, quella de Bayedo et quella de Brivio et quelle de Valle<br />

San Martino, provedendo ad tuto como siamo certissimi saperete ben fare. Del’officiale<br />

haveti posto nuy siamo contenti gli staghi fino venerà lo capitaneo quale havemo<br />

or<strong>di</strong>nato; così delli denari <strong>di</strong>ceti voler cavare da quelli cativi hanno chiamato Ii nimici per<br />

dare ad quelle gente, vuy sete suI facto; lassiamove el caricho de provedere como ve<br />

pare, rendendone nuy certi che vuy non fareti cosa a alcuna persona dela quale<br />

debitamente se ne possano dolere; et così ve ne preghiamo et confortiamo. Ben ne<br />

pareria che per fare pentire quelli de Valtro(m)pia de questa cavalcata che, lassando<br />

ferme quelle gente ve paresseno necessarie in Valsasina et Val San Martino per tuore<br />

quelle forteze et non removendo le gente sonno ad Soncino, Romanengo, Castellione<br />

et Trivoli, vuy ordenasti tute le altre gente sonno de qua da Olio ad pede, li homini<br />

d’arme et sacomani et così più numero de homini fosse possibile de Valcamonica et<br />

Voltolina et ne daresti una spelizata ad essi de Valletro(m)pia; nientedemeno vuy sete<br />

sul facto. Provedete ad tuto como ve pare. Placentie, 29 decembris MCCCCLiii.<br />

Cichus.<br />

701<br />

Francesco Sforza fa rilevare a Teseo da Spoleto che, per errore dello scrittore, gli è stato<br />

or<strong>di</strong>nata la raccola <strong>di</strong> denari nel Piacentino per 1200 cavalli dal primo <strong>di</strong>cembre, anzichè dal<br />

primo novembre. Vuole, perciò, che Teseo avvisi tutti quelli che devono pagare detta tassa che<br />

“subito et senza <strong>di</strong>mora alcuna” mettano insieme la somma dovuta, perchè il duca la manderà a<br />

riscuotere per i soldati che “ne hanno grande de bisogno”.<br />

D’ora in poi provveda alla riscossione mensile.<br />

In simile forma, con le debite variazioni, si è sritto a: marchese Rolando Pallavicino, per le terre<br />

sue, per 500 cavalli,donna Luchina dal Verme per 500 cavalli,Gandulfo da Bologna, come al<br />

solito, per il Parmense,ser Bertoluzio da Gubbio, per la Campagna <strong>di</strong> Pavia, per 400 cavalli,<br />

Francesco de Georgiis, nel Lo<strong>di</strong>giano, per 800 cavalli, Antonio,detto Campagnino, capitano <strong>di</strong><br />

Casteggio, per le terre pavesi Oltrepo, per 900 cavalli, podestà <strong>di</strong> Tortona, per il Tortonese, per<br />

400 cavalli, Giovanni Stefano <strong>di</strong> Casate, capitano della Lomellina, per 815 cavalli.<br />

185v Theseo de Spoleto.<br />

1454 gennaio 1, “apud Marchariam”.<br />

Benchè questi dì passati te scrivessemo che tu devesti scodere et mettere in or<strong>di</strong>ne li<br />

denari delle taxe de Piasentina per li cavali 1200, cominciando in le calende de<br />

decembre passato, nondemeno per queste te <strong>di</strong>cemo che l’è stato errore del scrittore,<br />

perchè doveva <strong>di</strong>re ad calende de novernbre, et così è nostra intentione ch'el<br />

pagamento d'esse taxe debii comintiare al <strong>di</strong>cto calende de novembre, como cornintiò<br />

l’ano passato. Pertanto volemo che tu ne avisi tutti quelli che hanno ad pagare esse<br />

taxe et resco<strong>di</strong> et metti in puncto li denari de questi duy mesi proximi passati subito et<br />

senza <strong>di</strong>mora alcuna, che siano apparechiati, perchè li mandaremo ad tuore per messo


proprio per dargli ali nostri soldati, Ii quali ne hanno grande de bisogno. Et così<br />

provederay per l’avenire ch'essi denari siano scossi (a) de mese in mese et in puncto,<br />

como per l'altre nostre te habiamo scripto. Apud Marchariam, primo ianuarii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

(a) scossi scritto su rasura.<br />

In simili forma, mutatis mutan<strong>di</strong>s, Rolando Palavicino, marchioni, pro terris suis pro<br />

equis 500;<br />

domine Luchine de Verme pro equis 500;<br />

Gandulfo de Bononia iuxta solitum terminum presentem pro Parmensi;<br />

ser Bertholutio de Eugobio in campanea Papie pro equis 400;<br />

Francisco de Georgis in Laudensi pro equis 800;<br />

Antonio <strong>di</strong>cto Campagnino, capitaneo Clastigii, pro terris Papiensibus ultra Padum pro<br />

equis 900;<br />

potestati Terdone pro Terdonensi pro equis 400;<br />

Iohanni Stefano de Casate, capitaneo Lomelline, pro Lomellina pro equis 815.<br />

702<br />

Francesco Sforza vuole che Angelo Simonetta, nel caso che dei Francesi in partenza mettano<br />

in ven<strong>di</strong>ta dei cavalli, ne acquisti dei buoni da cavalcare armati e anche per i suoi famigli. A tale<br />

scopo gli manda un cavallaro. Man<strong>di</strong> gli animali acquistati nel Pavese o dove ritiene meglio.<br />

186r Angelo Simonete.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 31, “apud Marchariam”.<br />

Ne siamo recordati che in questa partita delli Franzosi se troverano forse alcuni che<br />

venderano delli suoy cavali; et perchè nuy habiamo bixogno de qualche cavali da<br />

cavalcare armati, et per le persone delli nostri famegli, haveressemo caro achatarne<br />

alcuni. Il perchè te coman<strong>di</strong>amo et volemo che prima se partino <strong>di</strong>cti Franzosi usi ogni<br />

tua <strong>di</strong>ligentia et stu<strong>di</strong>o ad achatare delli <strong>di</strong>cti cavalli, delli quali ne compreray più nurnero<br />

che potray, metendo pensiero ad acatharli boni, avisandote che per questa casone<br />

solamente nuy man<strong>di</strong>amo ad te questo cavalario, exibitore de questa; sichè non gli<br />

perderay tempo veruno. et quelli che acatharay farayli condure in Pavese o dove te<br />

parera meglio, et poy subito ne avisaray. Data Marcharie, xxxi decembris MCCCCLiiii.<br />

(a)<br />

Bonifacius,<br />

Cichus.<br />

(a) Segue acatharayli depennato.<br />

703<br />

Francesco Sforza si ripete con il podestà e il capitano <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong>sponendo che possono<br />

mandare da lui Giovanni da Iseo dopo aver rinnovata la “securitade” <strong>di</strong> 1000 ducati.<br />

Potestati et capitaneo citadelle Placentie.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 23, “apud Marchariam”.<br />

Perchè ne è facto instantia vogliamo essere contenti che Iohanne da Iseo vegni qui da<br />

nuy, ve <strong>di</strong>cemo per questa che nuy siamo contenti, refirmando lo <strong>di</strong>cto Iohane la<br />

securtade delli mille ducati, che venerà qui da nuy, et non se partirà da nuy senza<br />

nostra licentia speciale in scriptis che voi lo lassiate venire. Sichè quando luy habia<br />

refirmate <strong>di</strong>cte securtade con quello modo solemne ve parerà, lo licentiareti ch'el possa<br />

venire qui da nuy. Apud Marchariam, xxiii decembris 1453.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.


704<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà e al capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> indurre il<br />

maestro Martino da Bergamo, che è a Piacenza, a pagare quanto deve a Garbellino <strong>di</strong> Gogeti.<br />

1454 gennaio 1, “Marcharie”.<br />

186v Potestati et capitaneo citadelle Placentie.<br />

Per la inclusa supplicatione de Garbelino <strong>di</strong> Gogeti, el quale sta nel saraglio de Mantoa,<br />

intenderiti la lamenta ch'el fa de uno maestro Martino da Bergamo, el quale pare sia<br />

reducto li in Piasenza per la mercede del Baylire una sua figliola, quale recusa de<br />

pagarli, como fa mentione <strong>di</strong>cta supplicatione. Pertanto volemo e ve commettiamo che,<br />

cognoscendo questa cosa essere così, debiati astringere in ogni modo el <strong>di</strong>cto magistro<br />

Martino et non lassarlo partire per insino ch’el non gli habia satisfacto integramente de<br />

tuto quello debbe havere esso Garbellino per <strong>di</strong>cta casone, facendoli ogni favore<br />

perchè è cosa ch'el merita. Marcharie primo ianuarii 1453. (a)<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

(a) Così A.<br />

705<br />

Francesco Sforza fa sapere al Colleoni <strong>di</strong> essere stato grandemente colpito nell’apprendere che<br />

sono entrati in Crema circa 200 cavalli, carichi <strong>di</strong> vettovaglie e munizioni condotti da Bertoldo da<br />

Este, Anastasio da Sant’Angelo e da Cimarosto dopo essere passati nei pressi del borgo e il<br />

forte <strong>di</strong> Orago e aver attraversato l’Oglio “ad guazo scontro Calzo.”<br />

Se gli Oraghesi avessero fatto il loro dovere avvertendo con bombarde e fuochi, nessuno dei<br />

nemici sarebbe arrivato a Crema, come <strong>di</strong>mostra il caso <strong>di</strong> quei <strong>di</strong> Fontanella che,<br />

messi sull’avviso dai rumori per il transito dei nemici, li inseguirono e presero molti loro uomini e<br />

parecchi loro cavalli. Il duca ha deciso <strong>di</strong> mandare, per la vigilanza <strong>di</strong> quel luogo e passo,<br />

dei suoi famigli, per la cui accoglienza entro il borgo,<br />

vuole che il Colleoni scriva al vicario e agli uomini <strong>di</strong> Ornago, ai quali risparmia una esemplare<br />

punizione solamente per un riguardo verso il Colleoni.<br />

Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

(1454 gennaio 1, “Marcharie”).<br />

Con gran<strong>di</strong>ssimo despiacere, et tanto quanto <strong>di</strong>re se possa, havemo inteso como ad<br />

Crema sonno andati da circha 200 cavalli et conductoli dentro victualie et monitione, et<br />

che <strong>di</strong>ce erano Bertholdo da Est(e) et Anastaxio da Sancto Angelo et che <strong>di</strong>ce che era<br />

Cimarosto, Ii quali sonno passati apresso lo borgo et forte de Orago et passati Oglio ad<br />

guazo scontro ad Calzo; dela quale passata, se quelli de Orago havesseno facto el<br />

debito loro et facto Ii signali de bombarde et da fochi et advisato Ii circonstanti et<br />

levatogli el rumore de retro, non andava homo de loro dentro da Crema, che tuti<br />

seriano stati pigliati; et ch'el sia vero, sentendo quelli nostri che stanno in Fontanella il<br />

transito delli <strong>di</strong>cti inimici, gli levarono el rumore de retro et seguitandoli hanno<br />

guadagnato parechii cavalli et pigliato molti d'essi 187r inimici. Che se quelli homini de<br />

Orago havesseno facto el debito loro, como havemo <strong>di</strong>cto, seria sequito quanto<br />

havemo <strong>di</strong>cto de sopra; della qual cosa non ne poressemo <strong>di</strong>re nè scrivere el<br />

despiacere che ne nabiamo, et deliberamo provedergli, aciochè tale inconveniente più<br />

non possa seguire, et volere meglio ad nuy medesmi che ad queli che sonno dentro de<br />

Bressa, nostri inimici, como ne ren<strong>di</strong>amo certissimi, et così la vostra intentione et<br />

voluntate, et però havemo deliberato de mandarli alcuni nostri famigli de casa per<br />

guar<strong>di</strong>a de quello loco et passo. Pertanto vogliati scrivere al vicario et homini del <strong>di</strong>cto<br />

loco de Orago che debiano acceptare dentro d'esso loco tuti quelli che nuy gli<br />

mandaremo ad ciò che subito siano receptati, como è nostra deliberatione et<br />

<strong>di</strong>spositione, advisandone però che se non fosse, per vostro respecto daressemo tal<br />

punitione et castigatione ad essi homini de Orago che gli paria havere facto malissimo<br />

ad commettere tanto errore quanto hanno facto, et recognoscere Ii amici per amici et


l’inimici per inimci; et per questa propria casone man<strong>di</strong>amo lo presente (a) nostro<br />

cavallario. Non <strong>di</strong>cemo altro perchè siamo certissimi che sete de quella medesma<br />

oppinione et <strong>di</strong>spositione in questo facto che nuy siamo proprii, et che quello che hanno<br />

facto questi de Orago sia più molesto ad voy che ad noy. Però è da provedere como<br />

havemo deliberato. Data ut supra<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue per depennato.<br />

706<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Giovanni da Camerino <strong>di</strong> ritornare con tutti i suoi uomini e la sua<br />

squadra, non lasciando quel posto senza licenza del duca.<br />

187v Petro Iohanni de Camerino.<br />

1454 gennaio 2, “apud Marchariam”.<br />

Vogli havuta questa, tornare con tuti li tuoy et della squadra toa, et dellì non te partiray<br />

senza nostra licentia, et attenderai alo facto della guerra et governarte prudentemente,<br />

como sei usato de fare. Apud Marchariam, ii ianuarii 1453. (a)<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

(a) Così A.<br />

707<br />

Francesco Sforza fa sapere ad Antonello de Campanea <strong>di</strong> aver preso atto <strong>di</strong> come si<br />

comportano i militari con la gente del paese. Lo avvisa come detti militari se ne andranno da lì e<br />

libereranno la popolazione dai suoi guai, anche se alcuni guai quei popolani se li sono meritati,<br />

perchè alcuni <strong>di</strong> loro hanno causato l’andata lì dei nemici.<br />

Antonello de Campanea.<br />

(1454 gennaio 2, “apud Marchariam”).<br />

Havemo recevuto la toa littera et inteso quanto ne scrivi delli mo<strong>di</strong> se observeno per<br />

quelle nostre gente verso li homini de quello paese; et del tuto restiamo advisati et ne<br />

rencresce che così sia seguito. Pur te advisamo como quelle nostre gente se partiranno<br />

quasi tucte et torasse dale spalle quelli homini questi damni; advegna imperò che alcuni<br />

che sonno stati casone de fare venire l’inimici in quelle parte gli stia bene ogni male che<br />

hanno havuto, perchè loro medesmi ne sonno stati casone de tuto quello è seguito.<br />

Vogli intenderte bene con Manfredo da Forli et havere bona cura al facto del luogo et<br />

de quella rivera. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

708<br />

Francesco Sforza risponde al Colleone che lascia a lui la scelta <strong>di</strong> come comportarsi con coloro<br />

che hanno favorito l’arrivo dei nemici, poi respinti dal Colleoni “vituperosamente”. Il duca si <strong>di</strong>ce<br />

contrario a che le genti d’arme mettano a saccomanno il paese: gli lascia, però, libertà d’azione,<br />

ma non senza raccomandargli <strong>di</strong> provvedere <strong>di</strong> “conservare li sub<strong>di</strong>ti et nostri amici”. Non ha da<br />

obiettare che si affi<strong>di</strong> a Colella da Napoli la conquista del forte <strong>di</strong> Bre, purchè lo ottenga presto.<br />

Quanto al fatto <strong>di</strong> Tiberto Brandolini, lo informa <strong>di</strong> avergli scritto <strong>di</strong> portarsi da lui con i suoi per la<br />

presa <strong>di</strong> Asola. La lettera che il Colleoni farà avere a Pietro Giovanni da Camerino contiene<br />

l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> ritornare ai suoi alloggiamenti. Dalla Valle <strong>di</strong> Gan<strong>di</strong>no non s’è fatto vedere nessuno.<br />

Foransito da Bergamo, messo dal Colleoni a ufficiale o commissario della Valle <strong>di</strong> San Martino,<br />

non può occupare quel posto, perchè il padre <strong>di</strong> Ettore è gia in viaggio con una lettera ducale<br />

per raggiungere quell’ufficio e, quin<strong>di</strong>, lui,duca, non può con onore rimangiarsi la sua scelta.<br />

Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

(1454 gennaio 2, “apud Marchariam”).


Respondendo ad una vostra de dì 29 del passato, et primo, ala parte delli inimici che<br />

siano retornati indreto così vituperosamente, <strong>di</strong>cemo che ne piace et non <strong>di</strong>cemo altro<br />

sopra ciò. Ala parte che ne pare de fare circa quelli sonno stati (a) casone de fare<br />

venire l’inimici in quelle parte, et cetera, <strong>di</strong>cemo che vuy che seti in suso il facto faciati<br />

quello ve pare meglio; et non <strong>di</strong>cemo sopra ciò altro se non che ne refferemo ad quello<br />

che per doe altre 188r nostre ve havemo scripto. Ben <strong>di</strong>cemo che non ne pare ben<br />

facto che quelle nostre gente sonno dellà mettano ad saccomano quello paese, como<br />

intendemo; però provedetigli como ve pare per conservare li nostri sub<strong>di</strong>ti et boni amici.<br />

Ala parte che ve pare de lassare Colella da Napoli ala impresa de Bre, <strong>di</strong>cemo che,<br />

essendo le cose dellà reducte alli termini che scriveti et possendose havere fra cinque<br />

o sei dì, como credemo de si, siamo contenti li <strong>di</strong>cati et or<strong>di</strong>nati per nostra parte che<br />

attenda et vada ala <strong>di</strong>cta imprexa, et che se sforzi quanto più presto gli serà possibile<br />

de redure quella rocha ala nostra obe<strong>di</strong>entia; et che sopratuto faza presto. Ala parte<br />

che scriveti del facto de domino Thiberto, <strong>di</strong>cemo che nuy gli l’habiamo scripto ch’el<br />

debia venire da nuy con li suoi al’impresa de Asola; et così lo aspectiamo. Ad Piero<br />

Iohane da Camerino scrivemo per l'aligata che ritorni ali suoi allogiamenti, la quale<br />

vogliate mandare per proprio messo. Ala parte de quelli della Valle de Gan<strong>di</strong>no <strong>di</strong>cemo<br />

che havemo inteso quello che ne scriveti; et fino qui non è venuto qui da nuy. Ala parte<br />

de quello comissario, seu offitiale, Foransito da Pergamo, che haveti posto in la Valle<br />

de Sancto Martino, <strong>di</strong>cemo che questo non pò havere loco perchè lo patre de Hectore,<br />

al quale havemo promesso <strong>di</strong>cto offitio, ha già havuto la nostra lettera del <strong>di</strong>cto offitio et<br />

è partito per venire al <strong>di</strong>cto offitio; che se pure nuy havessemo havuto lo adviso inanze<br />

havesse havuta lettera, per compiacerve l'haveressemo facto voluntera et<br />

haveressemo facto restare contento il pre<strong>di</strong>cto; ma con nostro honore non lo<br />

poressemo fare, neanche ne pare de farlo per niente. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue ad depennato.<br />

709<br />

Francesco Sforza scrive al Colleoni che, se non fosse arrivato ad alcuna conclusione circa la<br />

liberazione degli uomini <strong>di</strong> San Martino, sospenda il tutto, nonostante le insistenti richieste<br />

(l’ultima fatta con Antonello da Scaliono) e sebbene lo stesso duca gli avesse, su richiesta <strong>di</strong><br />

detto Antonello, mandato da Piacenza Gentile dalla Molara perchè sistemasse ogni cosa. Se il<br />

Colleoni avesse comandato la liberazione degli uomini, il duca vuole che or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> “mandare<br />

dreto ad inhibire, con qualche honesta rasone,” che essi siano liberati.<br />

188v Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

(1454 gennaio 2, “apud Marchariam”).<br />

El signore marchexe da Monferrato ne ha più volte facto fare instantia che vogliamo<br />

fare relaxare quelli homini da Borgo San Martino, et pur novamente ha mandato da nuy<br />

Antonello da Scaliono per solicitare la liberatione pre<strong>di</strong>cta. Et nuy perfin da Piasenza ve<br />

scrissemo et, anche per la instantia del <strong>di</strong>cto Antonello, mandassemo da vuy Gentile<br />

dala Molara perchè acconciasse ciò che bisognava per la liberatione delli <strong>di</strong>cti homini.<br />

Como havereti inteso horamo per certi respecti, quali ve veneno per la mente, per<br />

questa nostra ve <strong>di</strong>cemo che, se non haveti facta la conclusione sopra la relaxatione<br />

pre<strong>di</strong>cta, debiati sospendere et non la faceti per niente. Tamen dareti qualche piacevole<br />

parole, <strong>di</strong>fferendo la cosa finchè nuy ve scriveremo altro sopra ciò; et se per caso<br />

havesti facta la <strong>di</strong>cta conclusione et havesti or<strong>di</strong>nato cbe fosseno lassati <strong>di</strong>cti homini, et<br />

da vuy già fosse partito <strong>di</strong>cto Antonello, <strong>di</strong>cemo che subito vogliati mandare dreto ad<br />

inhibire, con qualche honesta casone, che essi homini non siano relaxati; imo restino<br />

ancora finchè nuy ve scriveremo altro sopra ciò. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.


710<br />

Francesco Sforza scrive al Colleoni che gli risponderà dopo aver inteso quello che gli <strong>di</strong>rà<br />

Colella da Napoli arrivato presso <strong>di</strong> lui.<br />

Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

s.d., s.l.<br />

Havemo recevuto la vostra lettera a nuy portata per lo presente cavalaro et inteso<br />

quanto per quella ne scrivete, ala quale per questa non ve facemo respuosta, perchè<br />

qui apresso è agiuncto Colella da Napoli, col quale non havemo ancora parlato, al<br />

quale parlaremo et intenderemo quanto luy ne <strong>di</strong>rà, et poi faremo respusta aIe <strong>di</strong>cte<br />

vostre lettere. Et ad quanto luy ne <strong>di</strong>rà integramente et (a)<br />

(a) Così, mancando la carta successiva, si interrompe la missiva.<br />

711<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce all’ebreo Manno che si atterrà alla sua <strong>di</strong>chiarazione, che ritiene sarà<br />

“iusta, honesta et debita”, per la soluzione della vertenza che contrappone l’ebreo Mosè,<br />

abitante a Lo<strong>di</strong>, al padre e ai figli.<br />

190r Manno ebreo.<br />

(1454 gennaio 2, “apud Marchariam”).<br />

Intendemo che tu hay a fare certe dechiaratione como sei informato nella <strong>di</strong>fferentia<br />

vertisse fra Moyses, ebreo, habitatori de Lo<strong>di</strong>, et lo patre et Ii fratelli ; il perchè <strong>di</strong>cto<br />

Moyses ne ha supplicato che vogliamo provedere de opportuno reme<strong>di</strong>o adciochè luy<br />

possa ritrarse de <strong>di</strong>cta <strong>di</strong>fferentia et conseguire suo debito. Per la qual cosa te <strong>di</strong>cemo<br />

che tu vogli fare ogne dechiaratione, senza alcuna <strong>di</strong>llatione, quale bisogna per mettere<br />

fine ad <strong>di</strong>cta <strong>di</strong>fferentia et (a) faray quella dechiaratione che ala consientia toa parerà<br />

iusta, honesta et debita, como credemo che faray, perchè tuto quello dechiareray et<br />

or<strong>di</strong>naray faremo effectualmente exequire, tanto per l'una parte quanto per l'altra. Data<br />

ut supra.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue conseguire suo debito depennato.<br />

712<br />

Francesco Sforza fa sapere ad Angelo Acciaioli <strong>di</strong> aver ricevuto la sua lettera.<br />

Gli chiede <strong>di</strong> passare da lui prima del suo ritorno a Firenze per fargli conoscere quanto ha fatto<br />

e per <strong>di</strong>scorrere con lui su quel che accadrà.<br />

Domino Angelo de Azaiolis.<br />

(1454 gennaio 2, “apud Marchariame”).<br />

Havemo recevuto doe vostre lettere et inteso quanto scriveti: de tuto restamo advisati.<br />

Non facemo altra respuosta per questa, se non che prima che retornati ad Fiorenza<br />

vogliati venire da nuy et fare questa via per intendere quanto havete facto et per<br />

conferire con voy de quanto accaderà. Data ut supra.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.


713<br />

Francesco Sforza pone alcune domande a Gracino da Pescarolo e al procuratore fiscale<br />

Agostino de Barachis relative alla casa abitata da Giovanni d’Amelia, che gli è stata chieste per<br />

sè da Bartolomeo da Correza.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 25, Mantova.<br />

Domino Gracino de Pistarolo et Augustino de Barachis, procuratori phiscali.<br />

Perchè domino Bartholomeo da Correza ne ha rechiesto per habitatione soa quella<br />

casa dove stava domino Iohanne de Amelia volemo che vuy ne avisati per vostre<br />

lettere que casa è questa, et della con<strong>di</strong>tione d'essa, et quanto la vale, et se soleva<br />

affictare, chiarendone molto bene de quanto bisogna, aciochè sapiamo que responderli,<br />

et chi la teneva da possa che havessemo Pavia e quando el slgnore passato morì.<br />

Mantue, xxv decembris 1453.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

714<br />

Francesco Sforza vuole che Maffeo de Stampis, podestà <strong>di</strong> Treviglio, cerchi <strong>di</strong> convincere i<br />

cre<strong>di</strong>tori del trevigliese Bartolomeo Rozano, ridotto alla miseria da circa sette anni <strong>di</strong> confino,<br />

<strong>di</strong> accordargli una <strong>di</strong>lazione perchè, al nuovo raccolto, procurerà <strong>di</strong> saldare i suoi obblighi.<br />

1454 gennaio 3, “ex Marcharia”.<br />

190v Mafeo de Stampis, potestati nostro Trivilii.<br />

È venuto qua da nuy Bartholomeo Rozano de quella nostra terra, quale ne na <strong>di</strong>cto<br />

essere stato circha sette anni in confine per el quale ne venne essere deffacto, et <strong>di</strong>ce<br />

che per casone de ciò è remasto (debitore) de alcuni de certa quantità de <strong>di</strong>nari, ali<br />

quali mò <strong>di</strong>ce essere impotente ad fargli la satisfatione et pagamento suo, quantuncha<br />

<strong>di</strong>ca che non ha pensiero ad altra cosa non ma ad farli contenti. Et perchè dubita che<br />

da qualchuno d'essi suoi cre<strong>di</strong>tori non sia asperezato, ne ha pregato vogliamo<br />

provederli de qualche aspecto perchè fra questo mezo attenderà ala recuperatione del<br />

<strong>di</strong>naro per potergli satisfare. Per la qual cosa, parendo a nuy honestamente<br />

domandare, te <strong>di</strong>cemo che vogli provedere che <strong>di</strong>cti suoi cre<strong>di</strong>tori non gli fazano veruna<br />

molestia, imo gli fazano aspecto fino ala nova recolta, perchè alora farà el debito<br />

pagamento ad ogniuno, sichè restarano contenti; et tu circha ciò usaray ogne tua<br />

prudentia perchè <strong>di</strong>cti cre<strong>di</strong>tori remangano patienti fin al <strong>di</strong>cto tempo. Ex Marcharia, iii<br />

ianuarii 1453. (a)<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

(a) Così A.<br />

715<br />

Francesco Sforza invia a Teseo da Spoleto le richieste fattegli dagli oratori <strong>di</strong> quella comunità,<br />

ma lo avverte che il compartito deve rimanere <strong>di</strong> 2000 cavalli “in bone et exigibili paghe”,<br />

in modo da riscuotere infallantemente ogni mese i denari delle tasse.<br />

Concorda con la richiesta <strong>di</strong> rimuovere i deputati vecchi, purchè gli altri siano<br />

“sufficienti et da bene”.<br />

Theseo de Spoleto.<br />

(1454 gennaio 3, “ex Marcharia”).<br />

Te man<strong>di</strong>amo qui incluse certe peticione ad nuy porte per li oratori qua venuti da nuy in<br />

nome de quella nostra comunità, le quale tu vederay. Pertanto nuy te <strong>di</strong>cemo che<br />

nostra intentione è circ'al facto <strong>di</strong> cavalli che la taxa sia de cavalli doa milia netti, como


te <strong>di</strong>ssemo più ad pieno lì a bocha; et così volemo che tu ne faci fare el compartito che<br />

remagna in cavalli 2.000 netti in bone et exigibili paghe, per modo che de mese in mese<br />

siano 191r scossi li <strong>di</strong>nari delle taxe, como per altre nostre te habiamo scripto,<br />

guardando molto bene che non gli restino poi debitori che non se possino scodere.<br />

Ala parte de removere quelli deputati vechy per le rasone che ivi se conteneno, <strong>di</strong>cemo<br />

che ad nuy pare quello medesmo; et così <strong>di</strong>cemo che debii operare che siano remosti<br />

et messi in suo luocho delli altri che siano suflicienti et da bene. El simile <strong>di</strong>cemo delli<br />

libri et scripture che siano reposti in locho dove siano salvi, et secundo che debitamente<br />

se debbe fare, et secundo s'e facto per lo passato. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

7<strong>16</strong><br />

Francesco Sforza comunica al referendario <strong>di</strong> Piacenza che, per fa conoscere ai citta<strong>di</strong>ni<br />

piacentini che volendo “usare humanità” verso <strong>di</strong> loro, intende togliere (solo per quest’anno) il<br />

sisino per staio introdotto con i dazi della macina.<br />

Referendario Placentie.<br />

(1454 gennaio 3, “ex Marcharia”).<br />

Sonno stati qua da nuy li oratori de quella nostra comunità de Piasenza li quali, fra<br />

l'altre cose, n'hanno rechiesto et instato in nome d'essa comunità che vogliamo levare<br />

et tuore via quello sexino per ciascuno staro, quale fo cresciuto in li incanti <strong>di</strong> dacii delIa<br />

macina, et cetera, adciochè quella nostra cità possa bonlficarse e repopulare; la quale<br />

loro rechiesta attenduta et adciochè tuti quelli nostri cita<strong>di</strong>ni cognoscano che li vogliamo<br />

usare humanità, gli havemo resposto che ne siamo molto contenti de compiacerli per<br />

questo anno. Pertanto volemo, et per le presente te commettiamo che tu debii tuore via<br />

el <strong>di</strong>cto sexino per stare de macinare, et or<strong>di</strong>nare ch'el non sia scosso; et questo<br />

<strong>di</strong>cemo solamente per questo anno. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

717<br />

Francesco Sforza vuole che il capitano <strong>di</strong> Casteggio, viste le lettere degli uomini <strong>di</strong> Arena che si<br />

lamentano degli ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> Giovanni Luchino Beccaria per la loro renitenza a pagare la tassa dei<br />

cavalli si intenda con il podestà <strong>di</strong> Pavia e gli ufficiali cui spetta e poi agisca ex iure,<br />

come s’è fatto nel passato.<br />

Furono trasmesse agli uomini <strong>di</strong> Arena le lettere al capitano <strong>di</strong> Casteggio.<br />

Capitaneo Clastigii.<br />

(1454 gennaio 3, “ex Marcharia”).<br />

Vedray per le lettere, quale te man<strong>di</strong>amo qui incluse, quanto se gravano l'homini de<br />

Arena deli here<strong>di</strong> quondam de Iohanne Luchino de Becharia, quale recusano<br />

contribuire ad la taxa <strong>di</strong> cavalli. Pertanto volemo et te comettemo che, havuta bona<br />

informatione del podestà et officiali nostri de Pavia ad che specta, debbi provedere ad<br />

questa cosa secundo che vole la rasone, el debito et secundo s'e servato per lo<br />

passato. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Pro simili continentia scriptum fuit hominibus Arene quibus misse sunt littere capitaneo<br />

Clastigii. Data ut supra.<br />

Cichus.<br />

718<br />

Francesco Sforza scrive a Benedetto de Curte, capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza, <strong>di</strong> arrestare<br />

l’uomo d’arme ducale Giovanni Rubino a partenza <strong>di</strong> re Renato avvenuta. Non trovandolo,<br />

trasmetta l’allegata lettera con l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> cattura al podestà <strong>di</strong> borgo San Donnino.<br />

Una simile lettera è stata scritta al podestà <strong>di</strong> San Donnino,<br />

ma senza l’accenno della partenza del re.


1454 gennaio 4, “ex Marcharia”.<br />

191v Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo citadelle nostre Placentie.<br />

Debbe essere venuto lì uno chiamato Iohanni Rubino, nostro homo d'arme, con uno<br />

nostro bolletino in forma de licentia de partirse da nuy, che è stato per sua importunità.<br />

Pertanto volemo che tu lo fazi molto bene circhare per tuto lì et, attrovandolo, faci<br />

mettere in presone Ii, et così sostenere tuta la roba sua, non relaxando senza nostra<br />

licentia. Et questo <strong>di</strong>cemo che faci se la mayestà del Re è partita da li; et non essendo<br />

ancora partita, soprasede finchè sarà partita et poi exequiray quanto è dlcto de sopra.<br />

Et non attrovando <strong>di</strong>cto Iohanne Rubino lì, volimo che tu man<strong>di</strong> l'aligate al potestà del<br />

Borgo San Donino al quale scrivemo che, capitandoli, facia el simile. Data apud<br />

Marchariam, iiii ianuarii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

In simili continentia scriptum fuit potestati Burgi Sancti Doninii, excipiendo partem<br />

tangentem de recessu regis Renati.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

719<br />

Francesco Sforza esprime al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> la sua sorpresa per il mancato intervento <strong>di</strong><br />

Gapare da Suessa nell’ impedìre ai nemici <strong>di</strong> Crema <strong>di</strong> passare l’Adda per far danni. Ad evitare<br />

altre <strong>di</strong>savventure, il duca or<strong>di</strong>na che subito, senza curarsi dello stato delle colonne del ponte, <strong>di</strong><br />

portar giù a Rivolta il porto, affidandolo a Gaspare in modo che, in simili contingenze, possa<br />

andare avanti e in<strong>di</strong>etro “et provedere ali bisogni”. Si stupisce dell’opinione <strong>di</strong> Gaspare e della<br />

comunità che il porto lì serve più per dannificare <strong>di</strong> là dell’Adda per lo strame che non per<br />

guar<strong>di</strong>a. Bando alle chiacchiere, vuole che si effettui il trasferimento del porto e rinfaccia al<br />

luogotenente <strong>di</strong> non avergli provveduto <strong>di</strong> sua iniziativa. Boccia la richiesta luogotenenziale <strong>di</strong><br />

due redeguar<strong>di</strong>, l’impegno luogotenenziale dev’essere <strong>di</strong> far vigilare tutti i possibili posti <strong>di</strong> valico<br />

dei nemici. Si accor<strong>di</strong> per ciò con Gaspare e con i Sanseverino, informandosi se detti fratelli si<br />

trovano a Pan<strong>di</strong>no o dove si trovano e quando si sposteranno lì, e gli riferisca tutto. Non dà<br />

cre<strong>di</strong>to al suo dubbio del possibile passaggio <strong>di</strong> nemici a Spino, “perchè è dala longa”.<br />

Nello stesso giorno si è scritto al conte Antonio Crivelli <strong>di</strong> sospendere la causa dell’omici<strong>di</strong>o del<br />

commissario fino all’arrivo del duca a Milano.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1454 gennaio 3, “ex Marcharia”.<br />

Respondendo ad le vostre lettere, date a XXX del passato per le quale ne avisavi del<br />

passare dellà d'Adda et del damno hanno facto l’inimici che sono in Crema, <strong>di</strong>cemo che<br />

questa loro novità ne è despiaciuta, et ne rencresce grandemente et ne maravigliamo<br />

pur assay che habiano facto questa cosa così tacita che non se habia possuto sapere<br />

et fargli qualche provisione per la via de Gasparro da Sessa, o per 192r qualche altra<br />

via; donde nuy volemo che subito faciati condure in giù quello porto ad Rivolta et<br />

mandarlo al <strong>di</strong>cto Gasparro, aciochè, accadendo simile caso, l'habia la como<strong>di</strong>tà de<br />

passare inante et indreto ad sua posta et provedere ali bisogni. Et questo fareti senza<br />

<strong>di</strong>mora, non guardando che quelle colone del ponte de Rivolta anchora non siano<br />

stroppate, perchè non ne faremo caso; però siamo informati che le sonno in secho et<br />

non è troppo necessario ad sterparle de presente. Et perchè vuy ne scriveti che<br />

Gasparro circha che questo porto sia conducto più per damnificare dellà da Adda per<br />

strame, et cetera, che per guar<strong>di</strong>a veruna, nuy ne maravigliamo assay che ne scriveti<br />

simile cosa, et così quella comunità, perchè doveresti estimare che quando bene ne<br />

seguisse tale damnificazione <strong>di</strong> strame, che cre<strong>di</strong>amo, però, che Gasparro se ne<br />

guardarà meglio e tenerli el porto che stare al periculo deli inimici per simili damni, che<br />

seriano senza comparitione maiore; sichè non guardati ad parole de coloro lì, nè ad<br />

specialità de veruno, quinimo mandateli subito el <strong>di</strong>cto porto; et questa provisione<br />

haveriamo creduto dovesti havere facta senza expectare commissione da nuy. Ala<br />

parte che ne recordati de far la spesa de duy redeguar<strong>di</strong> per guardar li passi, <strong>di</strong>cemo


che a nuy non pare de presente fare questa spesa, ma che debbiate fare guardare<br />

bene per tuto dove verisimelmente potessero passare inimici, et intendervi col <strong>di</strong>cto<br />

Gasparo sopra ciò, perchè ne ren<strong>di</strong>amo certi che, facendo <strong>di</strong>cte provisione, l’inimici non<br />

poterano fare damno alcuno nè passare, intendendovi etiam con quelli fratelli da<br />

Sanseverino, rechiedendoli per nostra parte, che siamo certi faranno quanto sarà<br />

bisogno; ad quali nuy non scrivemo altro per adesso, ma volimo che vuy ve informati<br />

bene se <strong>di</strong>cti fratelli da Sanseverino sonno tuti ad Pan<strong>di</strong>no o non, et che gli manchi, et<br />

dove se retrovano, et quando se partirano, et del tuto ne avisati per vostre lettere, et<br />

presto. Al dubio che haveti de inimici che non passino ad Spino, <strong>di</strong>cemo che ad nuy<br />

non sa verisimel (a) che debbano passare lì, perchè è dala longa. Pur accadendo el<br />

caso como è <strong>di</strong>cto, provedeti et scriveti ali pre<strong>di</strong>cti San Severino, et fate quelle<br />

provisione che ve parira. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Iohannis.<br />

(a) In A verisimelmente con mente finale depennato.<br />

192v Die iii ianuarii.<br />

Scriptum fuit comiti Antonio Crivello quatinus debet suspendere in causa illius omici<strong>di</strong>i<br />

comissari in personam unius Stambichini Franzosii donec dominus erit Me<strong>di</strong>olani.<br />

Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

720<br />

Francesco Sforza accusa ricevuta delle lettere <strong>di</strong> Zanono da Crema con cui gli dà notizia del<br />

sale portato a Crema via Arena e Monticelli, nonchè del provve<strong>di</strong>mento fatto in Geradadda “de<br />

tuore quelle aque” e della restrizione data per impe<strong>di</strong>re il trasporto del sale a Crema, oltre che<br />

del colloquio avuto con il figlio <strong>di</strong> Venturino Benzono. Lo ringrazia della sua <strong>di</strong>ligenza<br />

nell’informarlo, ma lo cautela nel parlare, scrivere e credere.<br />

Zanono de Crema.<br />

1454 gennaio 5, “ex Marcharia”.<br />

Havemo recevuto doe vostre lettere, l'una de dì xxviii del passato et l'altra del primo del<br />

presente et inteso quanto ne scriveti, prima, circha la noticia <strong>di</strong>ceti havere havuto del<br />

sale che se conduce ad Crema per la via tra Arena et Montiselli, et cetera, item delle<br />

provisione facte in Giaradada de tuore quelle aque et del’or<strong>di</strong>ne posto per restringere<br />

che non vada sale, nè victualia ad Crema, et del parlare haveti facto al figliolo de<br />

Venturino Benzono. Ale quale respondendo, <strong>di</strong>cemo che del tuto ne restiamo molto<br />

contenti et comen<strong>di</strong>amone asay la <strong>di</strong>ligentia vostra; et cosi ve confortiamo ad<br />

perseverare et seguire secundo l'or<strong>di</strong>ne et comissione havete da nuy. Ala parte de<br />

mandar o scrivere ad quelli vostri amici, <strong>di</strong>cemo faciate como ve pare, ma habiati<br />

advertentia fare cautamente et de sapere el vero, et non ve sia dato ad intendere una<br />

cosa per un'altra, perchè nuy havemo notitia che Bertholdo de Est è venuto lì; et de<br />

quanto fareti <strong>di</strong>etim avisatene per vostre lettere. Dopo questo ne è sopragiunto un'altra<br />

vostra del parlare del figliolo del sepe<strong>di</strong>cto Venturino; ala quale non accade altra<br />

respuosta. Ex Marcharia, v ianuarii 1453.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

721<br />

Francesco Sforza vuole che il capitano <strong>di</strong> Casteggio convochi i mugnai che hanno burchielli fra<br />

Arena e Monticelli e il taverniere della pieve e li inquisisca, anche con minaccia della tortura, per<br />

scoprire l’eventuale loro partecipazione al traffico <strong>di</strong> sale che viene portato a Crema. Gli relazioni<br />

quanto avrà scoperto.<br />

193r Capitaneo Clastigii.<br />

(1454 gennaio 5, “ex Marcharia”).


Nuy havemo notitia et in<strong>di</strong>tio da persone degne de fede et nostri amici che ogni dì et<br />

nocte fo conducto el sale in grande quantità fra Arena et Montiselli et da lì ad Crema, et<br />

che ad questo tengono mane li molinari che tengono li burghielli per lì et lo tavernaro<br />

della Pieve. Pertanto volemo, et per le presente te commettiamo che tu debbi con bono<br />

modo havere da ti li <strong>di</strong>cti molinari che hanno burghielli fra Arena et Montiselli, et così el<br />

<strong>di</strong>cto tavernaro et li faci sostenere et examinare con farli pagura de metterli ala tortura,<br />

et como meglio te parirà; et ne cavi ogni in<strong>di</strong>cio et coniectura che sia possibile, non<br />

relaxandoli senza nostra licentia, avisandone per toe littere de quanto haverà seguito<br />

circha questa materia. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

722<br />

Francesco Sforza invia al podestà, al comune e uomini del territorio <strong>di</strong> Vigevanola la supplica dei<br />

vigevanesi Giovanni Giacomo Spiritino e Francesco,fratelli, figli <strong>di</strong> Stefano de Puteo.<br />

Esaminatone il contenuto affida al podestà <strong>di</strong> indagare e, se ha prova della sottrazione <strong>di</strong> cose,<br />

denari e beni ad opera delle persone in<strong>di</strong>cate, provveda che i fratelli non abbiano a trovarsi “in<br />

deteriore loco et con<strong>di</strong>tione” degli altri loro vicini che hanno ottenuto sod<strong>di</strong>sfazione<br />

(1454 gennaio 5, “ex Marcharia”).<br />

Potestati, comuni et hominibus terre nostre Viglevani.<br />

Supplicationem nobis porrectam parte Iohannis Iacobi Spiritini et Francischi, fratrum<br />

filiorumque Stefani de Puteo de terra nostra Viglevani, vobis his inclusam mittimus.<br />

Cuius attento tenore, tibi potestati committimus quatinus, habita super contentis in <strong>di</strong>cta<br />

supplicatione <strong>di</strong>ligenti informatione, si constiterit de rebus, pecuniis et bonis ablatis eo<br />

tempore et per gentes de quibus inibi fit mentio, ipsis suplicantibus ius ministres<br />

provideasque eis satisfieri facere his modo et forma quibus satisfactum est aliis eorum<br />

vicinis nec habeantur ipsi fratres in deteriore loco, aut con<strong>di</strong>ctione aliis eorum vicinis<br />

pre<strong>di</strong>ctis. Demum vos omnes monemus atque stringimus ut in hac re taliter provideatis<br />

quod ipsis fratribus nulla ulterius iuste querelle causa relinquatur. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

723<br />

Francesco Sforza, preso atto delle colonne in acqua cavate da Baronzino e dai maestri <strong>di</strong><br />

legname andati al ponte <strong>di</strong> Rivolta, sollecita il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> a intendersi con Rossino per<br />

rimandare detto Baronzino e maestri e navaroli per “cavare” tutte le colonne sia in acqua che<br />

(se ancora ve ne fossero) all’asciutto e procuri <strong>di</strong> mandare burchielli per il ricupero del legname.<br />

Con l’allegata scrive al referendario per i pagamenti <strong>di</strong> maestri e navaroli.<br />

193v Locumtenenti Laude.<br />

1454 gennaio 6, “ex Marcharia”.<br />

Havemo recevuto la vostra lettera per la quale ne scriveti del Baronzino con quelli altri<br />

maystri da ligname sonno venuti dal ponte de Rivolta et delle colone erano in aqua,<br />

quale hano cavato, et cetera; ala quale respondendo, ve <strong>di</strong>cemo che de quelle hanno<br />

cavate ne piace, ma volemo siano anche cavate tutte le altre. Sichè, intendendovi con<br />

Rossino, remandati là <strong>di</strong>cto Baronzino con quelli maystri et navaroli ve pare, et<br />

provedeti siano cavate quelle colone restino, così quelle fossero in aqua (a) como<br />

quelle che fossero in sucto, benchè credemo adesso siano tucte in aqua; et mandati<br />

suso quelli burghielli siano expe<strong>di</strong>enti per fare condure giuso quello ligname, secundo<br />

havemo or<strong>di</strong>nato; et in questo non se perda. Al referendario scrivemo per l'alligata<br />

quale provederà de <strong>di</strong>nari ad li maystri et navaroli, como sarà necessario. Data apud<br />

Marchariam, vi ianuarii 1454.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.


(a) Segue cosi depennato.<br />

724<br />

Francesco Sforza ammonisce Giovanni Stefano da Casate, capitano della Lomellina, che il<br />

frumento lo vuole “con bona volontà” dei proprietari, mentre lui, duca, ha lamentele da parte dei<br />

conti Giovanni e Bartolomeo Albonese nonchè da Guyone da Mede, suoi uomini d’arme che lui,<br />

capitano, li molesta per ciò: cessi, <strong>di</strong> dar noie ai predetti.<br />

(1454 gennaio 6, “ex Marcharia”).<br />

Domino Iohanni Stefano de Casate, capitaneo Lumelline.<br />

Intendemo, per querella delli conti Iohanne et Bartholomeo de Albonexo et anche per<br />

Guyone da Mede, nostri homini d’arme, como vuy gravati et molestati li suoi per casone<br />

del frumento se rechiede ad nome nostro in quelle parte, et che delli fanti vostri sonno<br />

in possessione ad casa loro; de che ne maravigliamo perchè nostra intentione è non<br />

togliere cosa alcuna per forza, anzi lo volimo con bona voluntà loro. Pertanto volemo<br />

debbiate revocare ogni novità gli havesti facto per questo et per questa casone, tanto<br />

cioè de questo frumento alli <strong>di</strong>cti Iohanni et Bartholomeo et Guyone. Da mò inanzi non<br />

dati nè lassati dare molestia nè graveza alcuna a loro, nè ad altri boni homini d’arme<br />

quali stano ali servitii nostri, perchè sapeti questo frumento nuy lo pagamo ad quilli alli<br />

quali se tole. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

725<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> dare al luogotenente i denari necessari per<br />

pagare i maestri impegnati a cavare le colonne del ponte <strong>di</strong> Rivolta.<br />

194r Referendario Laude.<br />

(1454 gennaio 6, “ex Marcharia”).<br />

Havemo or<strong>di</strong>nato et scritto al nostro locotenente lì ch'el debbia mandare ad fare stirpare<br />

tute quelle colone che restino del ponte de Rivolta. Pertanto volemo che, rechiedendoti<br />

alcuni denari per dare alIi maestri che andarano ad fare questa opera, tu gli fazi dare<br />

quelli <strong>di</strong>nari che li bisognerà. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

726<br />

Francesco Sforza impone al referendario <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> osservare quelle esenzioni praticate<br />

(quale quella attinente all’imbottatura, che ora viene richiesta) con i sottoelencati uomini d’armi<br />

quando facevano parte della compagnia <strong>di</strong> Moretto da San Nazzaro e che ora<br />

sono <strong>di</strong>ventati uomini d’armi del duca.<br />

Referendario Papie.<br />

1454 gennaio 7, “ex Marcharia”.<br />

Li infrascripti nostri homini d’arme, quali erano della compagnia de domino Moreto da<br />

San Nazaro et mò li habiamo tolti per nostri homini d’arme, ne hanno facto querella<br />

<strong>di</strong>cendo che, perfin (a) erano sucto lo <strong>di</strong>cto Moreto non erano costricti nè pagavano<br />

imboctatura alcuna, et che al presente, che sonno nostri homini d’arme, li constringeti<br />

ad farli pagar <strong>di</strong>cta imbotatura; della qual cosa, essendo così, ne siamo alquanto<br />

maravigliati et non lo possiamo credere. Pur, sia la cosa como se voglia, ve <strong>di</strong>cemo et<br />

cosi è nostra intentione et volemo che <strong>di</strong>cti nostri homini d’arme non siano astricti ad<br />

contribuire et pagare <strong>di</strong>cta imbotatura nè altro ultra l'usato, ma che siano preservati<br />

exempti como è stato facto sempre per lo tempo passato, secundo loro ne hanno<br />

exposto, et essendo così, perchè non volemo gli sia innovato cosa alcuna ultra<br />

consuetum. Apud Marchariam, vii ianuarii 1454.


Zanninus.<br />

Iohannes.<br />

Iohanne et Bartholomeo, fratelli, conti de Albonexio,<br />

Nicola da Corte,<br />

Gregorio.<br />

Burato,<br />

Antonino,<br />

Zohane Filippo,<br />

Gasparino,<br />

Zohane Matto,<br />

Boldrino da Cairo,<br />

Christofano,<br />

Antonio da Isolella,<br />

Andrea da Calabria,<br />

Pineto,<br />

Donato da Romagnano,<br />

Zohane Francesco,<br />

Ferramusca.<br />

(a) Segue che depennato.<br />

727<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà <strong>di</strong> Giarole che, accertato il cre<strong>di</strong>to <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci ducati d’oro pagati<br />

in campo da Nicola da Corte, caposquadra ducale, per Antonio <strong>di</strong> Giarole, induca costui a<br />

sod<strong>di</strong>sfare il suo obbligo.<br />

194v Potestati Glarolarum nostro.<br />

(1454 gennaio 7, “ex Marcharia”).<br />

Al strenuo Nicola da Corte, nostro capo de squadra, s'è lamentado a noi <strong>di</strong>cendo che<br />

deve havere uno Antonio della Girola ducati X d'oro, quali ha pagati per luy qui in<br />

campo, secundo luy <strong>di</strong>ce, li quali non pò havere; anzi è menato in parole et ala longa,<br />

rechiedendone li faciamo fare ragione. Et parendone la soa rechiesta honesta et iusta,<br />

volimo et commettemote che, visis presentibus, tu debii mandare per lo <strong>di</strong>cto Antonio,<br />

et constandote ch'el sia vero debitore del <strong>di</strong>cto Nicola, el debii constrengere ch'el faza<br />

el dovere et gli satisfaza integramente de quello li debe dare ad ciò ch'el se ne possa<br />

a<strong>di</strong>utare in questi suoi presenti bisogni; et expe<strong>di</strong>ray presto el suo messo aciò ch'el non<br />

stia a perdere tempo. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

728<br />

Francesco Sforza scrive al familiare ducale Iacobo de Palmanis da Piacenza circa il<br />

travestimento <strong>di</strong> Estor che è partito da casa “vestito a modo tedescho”. Si <strong>di</strong>ce spiacente <strong>di</strong> non<br />

poter assecondare la richiesta, fatta dal conte Alberto Scotta e da lui <strong>di</strong> concedere a Luigi da<br />

Visirago <strong>di</strong> rimanere lì :deve andare dove gli è stato or<strong>di</strong>nato.<br />

(1454 gennaio 7, “ex Marcharia”).<br />

Strenuo militi domino Iacobo de Palmanis de Placentia, familiari nostro <strong>di</strong>lecto.<br />

Havemo recevuto la toa lettera et inteso quanto ne scrive delIa venuta lì del signore<br />

Hestor travestito; al che te <strong>di</strong>cemo che luy è stato qui da nuy vestito a modo todescho<br />

et questa foza la fece che esso s’è partite da casa soa, et non l'ha facto per altro<br />

respecto, se non per suo piacere. Alla parte de Aluyso da Visirago che ne domande de<br />

gratia non lo lassiamo partire da lì, maxime per respecto del conte Alberto Scotta,<br />

<strong>di</strong>cemo che in questo et in ogne altra cosa compiaceressemo al <strong>di</strong>cto conte Alberto et a<br />

ti; ma in questo per niente non te volemo compiacere. Imo volimo <strong>di</strong>chi a <strong>di</strong>cto Aluyse<br />

che omnino va<strong>di</strong> dove gli è stato or<strong>di</strong>nato. Data utsupra.


Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

729<br />

Francesco Sforza risponde al Colleoni che dei cattivi <strong>di</strong> quel posto che hanno propiziato l’andata<br />

dei nemici, gli man<strong>di</strong> coloro <strong>di</strong> cui ha sinisra informazione: li manderà per alcuni giorni in qualche<br />

luogo. Gli raccomanda, anche se lo ritiene superfluo,<br />

<strong>di</strong> non motivare lamentele contro <strong>di</strong> lui e il duca.<br />

195r Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 29, Piacenza.<br />

Respondendo ala vostra, data a dì 22 del presente ad Lovere, de quelli cativi de quella<br />

terra hanno chiamato li inimici, et del parere vostro de mandarli qui da nuy, et cetera, ve<br />

<strong>di</strong>cemo che nuy ve havemo scripto per un'altra, respondendo ala vostra, de rescodere<br />

quelli cativi; così ve <strong>di</strong>cemo per questa che faciati como pare ad vuy, quali seti suso il<br />

facto, et quelli delli quali havesti sinistra informatione, parendovi de mandarli qua da<br />

nuy con una vostra lettera, siamo contenti li mandati, et nuy Ii madaremo in qualche<br />

loco per qualche dì. Ben ve recordamo, benchè siamo certi non bisogni, che vogliati<br />

portarve in questo per modo che veruno non possa debitamente dolerse de vuy et de<br />

nuy. Data Placentie, xxviiii decembris 1454. (a)<br />

Cichus.<br />

(a) Così A.<br />

730<br />

Francesco Sforza informa il podestà <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> aver graziato la Cupriana e <strong>di</strong> aver annullata<br />

(e altrettanto faccia lui) ogni scrittura attinente al suo delitto<br />

Potestati Placentie.<br />

(1453 <strong>di</strong>cembre 29, Piacenza).<br />

Havendo nuy bona informatione dello delicto commisso per la Cupriana, destenuta in<br />

possanza et vostre mane, per usare delIa clementia nostra verso essa, gli havemo<br />

facto et facimo, per (a) tenore delIa presente, gratia libera d'esso delicto et d'ogne pena<br />

et condenatione, quale per esso delicto havesse incorso. Pertanto volemo che,<br />

recevuta questa, la faciati liberare et mettere in soa libertade, facendo cassare et<br />

anullare ac penitus irritare, como nuy cassamo et anullamo per questa ogni pena et<br />

condenatione quale per casone del <strong>di</strong>cto delicto havesse meritato ita che nel’avenire,<br />

per tempo alcuno, non gli sia dato impazo veruno. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue la depennato.<br />

731<br />

Francesco Sforza riba<strong>di</strong>sce a Teseo da Spoleto che in tutto il territorio sforzesco si devono per<br />

cavallo, dal primo novembre, lire 5 mensili e non lira una e sol<strong>di</strong> <strong>di</strong>ece, come si vocifera che ad<br />

alcuni abbia così detto lui, Teseo.<br />

Theseo de Spoleto.<br />

1454 gennaio 7, “Marcharie”.<br />

El ne è stato referto che tu hay <strong>di</strong>cto ad alcuni che li denari delli taxe se degono pagare<br />

al computo de libre I et sol<strong>di</strong> X per cavallo; del che ne maravigliamo, se così è, perchè<br />

tu sai che nuy te habiamo scripto per altre nostre che vogliamo che <strong>di</strong>cte taxe se pagino<br />

al computo de libre IIIII 195v per cavallo el mese, cominciando in le callende del mese<br />

de novembre del’anno passato; et questo è or<strong>di</strong>ne generale per nuy posto per tuto el<br />

dominio nostro, e volemo che la taxa sia de doa millia cavalli netti in paghe exigibile et<br />

bone. Et così volemo che tu servi et exequischi per ogni modo, secundo te habiamo<br />

commisso, mandandone la copia delle prime lettere che te scripsemo sopra ciò. Data


Marcharie, vii ianuarii 1454.<br />

Chrisitoforus.<br />

Cichus.<br />

732<br />

Francesco Sforza scrive ad Andrea de Cingulo <strong>di</strong> non ritenere conveniente che avendo la<br />

comunità convenuto con Raffaele Pugnello l’acquisto <strong>di</strong> 200 sacchi <strong>di</strong> frumento, egli le faccia<br />

altra richiesta.<br />

Vista l’istanza che gli fanno i suoi familiari <strong>di</strong> ritornare, lascia a lui la scelta.<br />

Ser Andree de Cingulo.<br />

(1454 gennaio 7, “Marcharie”).<br />

Inteso quanto per una toa ce hay scritto circh'al facto de quello frumento che hay<br />

arechiesto ala comunità de Sale, <strong>di</strong>cemo che, essendo una volta quelli homini<br />

convenuti con Rhaphael Pugnello per Ii ducento sachi, como tu scrive, ad nuy non<br />

pariria cosa debita che se gli facesse altra novità per adesso; sichè, (a) volendo loro<br />

satisfare secondo la prima conventione, non gli daray altro impazo per lo presente,<br />

perché, quando ne parirà el tempo, se gli poterà rechiedere del’altro per altra honesta<br />

via.<br />

Apresso havemo veduto una lettera ve scriveno Ii vostri da casa del’instantia che fanno<br />

che retorni ad casa, et cetera; donde <strong>di</strong>cemo che, essendo l’andata tua in là, cosa<br />

necessaria, como scriveno, et utile, nuy te sapiamo laudare et consigliare a fare quanto<br />

è el desiderio delli tuoy, Ii quali forse hanno delli altri respecti, che non sapiamo. Sichè<br />

questo è in tuo arbitrio, et como è <strong>di</strong>cto, nuy te ne confortiamo et consigliamo, benchè<br />

nuy non te manchariamo may in tute quelle cose che ne siano possibile; ma siando<br />

così astreto dala patria, forse sarria più laudabile. Data ut supra<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue essendo depennato.<br />

733<br />

Francesco Sforza vuole che il commissario <strong>di</strong> Valle Caleppio consenta agli uomini della<br />

Franciacorta <strong>di</strong> portare da quella valle dello strame per i soldati del capitano Tiberto<br />

che non ne hanno dalle loro parti.<br />

196r Comissario Vallis Calepii.<br />

(1454 gennaio 7, “Marcharie”).<br />

Perchè l’homini d'arme del magnifico domino Thiberto, nostro capitaneo, quale allozano<br />

in la Franzacurta, se lamentano che non hanno delli strami per Ii loro cavalli, siamo<br />

contenti, et così volemo che presti pacientia et conce<strong>di</strong> licentia alIi homini de <strong>di</strong>cta<br />

Franzacurta che ne possamo comprare et cavare de quella Valle per condurlo in la<br />

<strong>di</strong>cta Franzacurta per uso delli <strong>di</strong>cti cavalli; et ad questi non gli faray contra<strong>di</strong>ctione<br />

alcuna. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

734<br />

Francesco Sforza risponde a Iacobo Malombra che non ha nulla da eccepire sul ragionamento<br />

<strong>di</strong> quel signore e sulla risposta datagli da lui. Se quel signore va a Milano, gra<strong>di</strong>sce che vi vada<br />

con lui e presenti il signor Estor facendolo ossequiare dai membri del Consiglio segreto e da<br />

Angelo Simonetta. Se si portasse a Pavia, faccia altrettanto presentandolo al conte Bolognino e<br />

agli ufficiali sforzeschi e gli faccia mostrare il castello.<br />

Iacobo Malumbre.<br />

(1454 gennaio 7, “Marcharie”).


Havemo recevuto la toa lettera delli 4 del presente, pur hogi circha Ie XVIIII ore et inteso<br />

quanto ce scrive; ad che respondendo te <strong>di</strong>cemo, primo, ala prima parte del<br />

rasonamento facto per quello signore et delIa toa resposta, et cetera, che non Ie<br />

accade al presente altra resposta.<br />

Ala parte del’andare del <strong>di</strong>cto signore a Milano, et cetera, <strong>di</strong>cemo che, andandoli la<br />

signoria soa, semo contenti et ne piace che tu va<strong>di</strong> là con la <strong>di</strong>cta signoria soa per soa<br />

compagnia e, accadendo andarli, che tu te debii retrovare con quelli nostri del<br />

Conseglio et con Angelo nostro Simoneta per farlo honorare et reverire el prefato<br />

signore Hestor. E così accadendo de andare a Pavia, tu te debii retrovare con el conte<br />

Bolognino e con quelli nostri officiali e firli mostrare el castello, e reverirlo e honorarlo,<br />

como havemo <strong>di</strong>cto. Data ut supra.<br />

Ser Alexandro.<br />

Cichus.<br />

735<br />

Francesco Sforza scrive a Tommaso de Ariete che da quando è ritornato lì è sempre stato<br />

occupato e gli sono anche arrivati gli ambasciatori fiorentini per cui ha potuto badare ai casi suoi<br />

solo ora. Gli manda istruzioni e domande e quant’altro gli è necessario per mettersi in cammino.<br />

Lo informi passo passo <strong>di</strong> quanto avverrà.<br />

Magnifico domino Thome de Ariete.<br />

((1454 gennaio 7, “Marcharie”).<br />

Da po’ siamo retornati qua siamo stati continue occupati et etiam, essendo sul<br />

deliberare el facto de questa vostra andata, ne sono sopravenuti questi magnifici<br />

ambassatori <strong>di</strong> signori Fiorentini con Ii quali siamo stati impe<strong>di</strong>ti in modo che non più<br />

presto che adesso habiamo potuto 196v dare expe<strong>di</strong>ctione al facto vostro. Adesso ve<br />

man<strong>di</strong>amo la instructione et domande, et denique quanto è necessario ala expe<strong>di</strong>ctione<br />

vostra, confortandove et caricandove a spazarne presto et metterve a camino non<br />

fazando demora alcuna. Data ut supra.<br />

Et avisandone de passo in passo de quanto seguiriti. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

736<br />

Francesco Sforza avverte Pietro da Norcia, luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, <strong>di</strong> aver concesso una licenza a<br />

Giovanni Caymo, commissario <strong>di</strong> Pizzighettone,<br />

<strong>di</strong> portar fuori da quella città della biada per Iorci.<br />

1454 gennaio 9, “ex Marcharia”.<br />

Domino Petro de Nursia, locuntenenti Laude.<br />

Havemo concesso licentia ad Iohanne Caymo, nostro commissario de Pizghetone, de<br />

cavare da quella nostra cità et condure a Iorci certa quantità de biava, como vederiti per<br />

essa nostra licentia. Pertanto volemo gli la faciati observare. Ex Marcharia, viiii ianuarii<br />

1454.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

737<br />

Francesco Sforza informa Colella da Napoli <strong>di</strong> aver or<strong>di</strong>nato che si faccia un deposito (“caneva”)<br />

<strong>di</strong> biade a Palazzolo affinchè lui e le genti sforzesche, che si trovano a Geradadda e nel<br />

Bergamasco, abbiano vettovaglie. Vuole che si intenda con quei del Consiglio, cui ha lasciato la<br />

cura <strong>di</strong> ciò, per provvedere alla sicurezza, sia nell’andata che nel ritorno, dei mercanti e dei<br />

trasportatori <strong>di</strong> biade e si accor<strong>di</strong> con quelle genti <strong>di</strong> là perchè curino che la strada da Cassano a<br />

Palazzolo non venga “ropta dalli inimici nè da Bergamo nè da Crema”<br />

In simile forma è stato scritto a Bartolomeo Colleoni, Angelello da Lavello, Francesco, Americo e<br />

Bernabò Sanseverino, fratelli, e Sagramoro da Parma, condottieri.


Colelle de Neapoli.<br />

(1454 gennaio 9, “ex Marcharia”).<br />

Ad ciò nuy et le altre gente nostre sonno in Bergamascha et Giaradadda et<br />

Bergamascha habiano delle victualie havemo or<strong>di</strong>nato se faza una caneva de biave ad<br />

Palazolo. Pertanto volemo che, intendendovi con li nostri del Consiglio, alli quali<br />

lassamo la cura de questo facto, che provedati che li mercadanti et conductori d'esse<br />

biave, così nel’andare como nel retornare (a) vadano ad salvamento; ma vedeti de<br />

provedere, intendendove con le altre nostre gente logiano del canto dellà che la strata<br />

de Cassano ad Palazolo non sia ropta dalli inimici, nè da Bergamo, nè da Crema,<br />

perchè ne seguiria troppo grande preiu<strong>di</strong>tio. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus<br />

In simili forma magnifico Bartholomeo Coleono,<br />

Angiulello de Lavello,<br />

Francisco, Aymerico et Bernabovi de Sancto Severino, fratribus, et<br />

Segramoro de Parma, armorum <strong>di</strong>lectis nostris.<br />

(a) retornare scritto su rasura.<br />

738<br />

Francesco Sforza risponde a Gracino da Pescarolo che gli ha chiesto <strong>di</strong> accompagnarlo e<br />

prendere per moglie la figlia del quondam GianAndrea da Castione, che lo asseconda in tutto<br />

perchè quel parentato gli pare “degno, honorevole et laudabile”.<br />

197r Domino Gracino de Piscarolo.<br />

(1454 gennaio 9, “ex Marcharia”).<br />

Brevemente, respondendo ad quanto ne scriveti per la vostra de 2 del presente circ'al<br />

facto del accompagniarve et tuore per donna la figliola del quondam domino<br />

Zohanneandrea da Castione, et cetera, <strong>di</strong>cemo che, inteso lo desiderio et appetito<br />

vostro circha questa materia, dal canto nostro se contentamo de tutto quello ve<br />

contentati vuy; et così quanto per nuy ve confortiamo ad fare tale parentado et como<br />

più presto meglio, perchè per ogni respecto, ad nuy pare degno, honorevole et<br />

laudabile. Data ut supra.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

739<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al referendario <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare le donne del monastero <strong>di</strong><br />

San Gerolamo dell’Osservanza <strong>di</strong> Piacenza che si sono dette non ancora pagate del fieno da<br />

loro preso lo scorso anno, mentre altre come loro sono state accontentate.<br />

Referendario Placentie.<br />

1454 gennaio 8, “Marcharie”.<br />

Per la supplicatione introclusa intendemo che le done del monastero de Sancto<br />

Ieronimo de observantia della cità nostra de Piasenza non sonno fin adesso state<br />

satisfacte del feno gli fo tolto l'anno passato nostro nomine et promesso de pagare;<br />

avenga che <strong>di</strong>cono che ad altri sonno stati in simile grado, sia stato satisfacto. Il perchè<br />

te comandemo et volemo che, essendo loro vere cre<strong>di</strong>trice, como exponeno, del <strong>di</strong>cto<br />

feno, provede omnino che siano (a) effectualiter et presto satisfacte et paghate<br />

integramente de tuto quello degono debitamente havere per questa casone nel modo<br />

che è stato facto ali altri in simile grado; et fa per forma che de ciò non habiamo ad<br />

recevere veruna degna lamenta, perchè cosi è de nostra intentione. Marcharie, viii<br />

ianuarii 1454.<br />

Thomaxius de Anguissolis.<br />

Cichus.


(a) Segue omnino depennato.<br />

740<br />

Francesco Sforza comunica al podestà <strong>di</strong> Pavia che lo scorso ottobre a Ghede ha dato via libera<br />

a Bernardo da Lonate e scrisse a lui, podestà, una lettera in data 10 ottobre (<strong>di</strong> cui gli acclude<br />

copia), mai consegnatagli da Bernardo, che se n’è andato in Monferrato. Vuole che gli man<strong>di</strong><br />

una ammonizione che gli intima <strong>di</strong> portarsi da lui entro tre o quattro giorni. Arrivato che sarà, lo<br />

mandì, con comandamento penale, subito dal duca. Se, invece, non comparirà, procederà<br />

contro <strong>di</strong> lui e i suoi beni come contumace e ribelle, “astringendo etiam le segurtà soe”,<br />

essendosi fatto latitante.<br />

Potestati Papie.<br />

1454 gennaio 10, “Marcharie”.<br />

Questo ottobre passato nuy ad Ghede licentiassemo Bernardo da Lonà et ve scripsemo<br />

per nostre lettere, sub data <strong>di</strong>e X del <strong>di</strong>cto mese, quale ve man<strong>di</strong>arno qui incluse per<br />

copie. Et perchè intendemo ch'el <strong>di</strong>cto Bernardo non ve l'ha may presentato, nè facto<br />

cosa che se contenga in esse lettere, imo se n’è absentato da lì et andato in Monferrà<br />

contra nostra voluntà. Però volemo, et per le presente ve commettemo che, essendo<br />

luy absentato, como è <strong>di</strong>cto, debbiati mandargli una monitione in scripto per proprio<br />

messo che fra tri o quatro dì, o como meglio ve parerà, debbia retornare subito da vuy,<br />

197v et venuto, volemo lo reman<strong>di</strong>ati da nuy subito, facendoli el comandamento<br />

penale, como ve parira; et casu ch'el non venesse, volemo che procedati contra luy et<br />

soi beni, como contra contumace et rebelle et fargli quello vole el rigore della iustitia,<br />

astringendo etiam le segurtà soe, secundo le obligatione che fecero, non essendo esso<br />

Bernardo venuto et presentatose ad stare ad rasone, como se contene in esse lettere,<br />

con el rescodere delli <strong>di</strong>nari dela pena; et avisandone subito della havuta de questa et<br />

quanto haveriti seguito. Data Marcharie, x ianuarii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

741<br />

Francesco Sforza, nella copia della lettera inviata al podestà <strong>di</strong> Pavia, accenna al fatto che<br />

Bernardo da Lonate compare davanti al podestà per “stare a rasone” per il tumulto avvenuto a<br />

Pavia per presentare le sue <strong>di</strong>fese. Il duca consente che esse siano ammesse, nonostante il<br />

“lapso de termino”, essendo egli stato trattenuto in campo per volontà del duca, che <strong>di</strong>spone<br />

pure che, comparendo, gli sia revocata e cassata “ogni segurtà”.<br />

Copia.<br />

1453 ottobre 10, “apud Gaydum”.<br />

Havemo licentiato Bernardo de Lonate contra el quale procedate aciò ch’el venga<br />

personalmente a comparire de presentarse da vuy per stare a rasone per casone del<br />

tumulto seguito in quella nostra cità de Pavia questi dì passati per fare le sue<br />

defensione, et perchè l’è stato questi dì passati a qui in campo de voluntà nostra.<br />

Pertanto volemo che li faciati far rasone et admetiate ogne sue prove et defensione<br />

legitime, non obstante ad questo alcuno lapso de termino, volendo anchora che,<br />

comparendo et presentandose, como havemo <strong>di</strong>cto, ogni segurtà havesse data esso<br />

Bernardo de presentarse et venire da nuy, la faciati liberamente revocare, cassare et<br />

annullare. Data apud Gaydum, <strong>di</strong>e x octobris 1453.<br />

(a) Da per fare a passati a margine.<br />

742<br />

Francesco Sforza conferma a Iacobo Malombra quel che già gli ha scritto per quel signore che<br />

vuol condurre il conte P. in giù. Quanto aIla scorta che il conte richiede per passare il Po, gli<br />

faccia presente che lì non si <strong>di</strong>spone <strong>di</strong> galeoni perchè sono <strong>di</strong>slocati, alcuni a Pavia e altri a<br />

Mantova., ma può andare con nave fino a Casalmaggiore e da lì raggiungere a terra Dosolo e lì<br />

rimontare. Raccomanda a Iacobo <strong>di</strong> fare compagnia a quel signore e arrivato a Casalmaggiore<br />

lo presenti al podestà e agli uomini del posto facendogli onore e lo accompagni poi alla nave ove


(a) Iacobo Malumbro.<br />

Malombra verrà informato dal duca <strong>di</strong> quanto sarà necessario.<br />

1454 gennaio 10, “ex Marchariam”.<br />

Respondendo ad una toa per la quale ne avisi de quello signore che pare vogli condure<br />

el conte P. in giò, <strong>di</strong>cemo ad questa parte che nuy te havemo scripto per un’altra<br />

quanto bisongnia; sichè exequiray quanto te havemo commesso circha ciò. Ala parte<br />

della scorta ch'el rechiede gli faciamo fare al passare in zoso per Po, <strong>di</strong>cemo 198r che<br />

nuy gli habiamo male el modo de presente perchè li galioni erano lì per scontro a<br />

Bersello, parte sonno conducte ad Pavia, parte ad Mantoa, et poriamo così presto fargli<br />

venire lì, ma el co. (ha) questo reme<strong>di</strong>o, cioè ch'el pò venire per nave fin ad<br />

Casalmaiore et lì scendere ad terra et poi andare per terra da lì ad Doxolo, che è pocha<br />

via, et mandare zoso le nave et remontare lì et andare securamente; et così recordaray<br />

ad quello signore per nostra parte ch'el voglia fare quella via. Et tu gli faray bona<br />

compagnia et giugendo ad Casalmaiore seray col podestà et quelli nostri homini, et<br />

faragli fare honore como se rechiede et, accompagnatolo ad la nave, veray poi da nuy<br />

informato de quanto serà bisogno. Ex Marcharia, x ianuarii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

(a) Precede domino depennato.<br />

743<br />

Francesco Sforza fa sapere a Benedetto de Curte, capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza, <strong>di</strong> aver<br />

preso atto <strong>di</strong> quanto dettogli circa la partenza <strong>di</strong> Giovanni Rubino e dell’avviso datogli dall’abbate<br />

<strong>di</strong> San Sisto. E’ felice per la cattura <strong>di</strong> Matteo da Pavia. Lo metta in prigione con i ferri ai pie<strong>di</strong> e<br />

ba<strong>di</strong> che non fugga, perchè intende fargli mozzare la testa.<br />

Vuole che si salvino i suoi cavalli e la sua roba, che consegnerà a chi il duca gli scriverà, o a chi<br />

Pisanello oppure Domenico manderà a prendere.<br />

Si è scritto il giorno 11 che si consegnino a Bartolomeo, famiglio <strong>di</strong> Pisanello,<br />

i cavalli e le armi <strong>di</strong> Matteo.<br />

(1454 gennaio 10, “Ex Marcharia”).<br />

Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo citadelle nostre Placentie.<br />

Havemo recevuto una toa lettera data ad 7 del presente per la quale restiamo avisati<br />

della partita de quello Zohanne Rubino et anche del’aviso hay havuto dal’abbate da<br />

San Sisto; al che non bisogna altra resposta.<br />

Apresso siamo avisati como tu hay facto prendere et sostenere Matheo da Pavia et<br />

toltoli quella sua robba; donde te <strong>di</strong>cemo hay facto benissimo et se ne troviamo molto<br />

contenti, et volemo che subito gli fazi mettere li ferri ali pe<strong>di</strong> et mettere in presone et<br />

cepi, facendolo guardare ch'el non fugi, avisandote che gli vogliamo fare mozare la<br />

testa. Sichè guarda bene che tu ne lo sapii consignare ad ogni nostra posta per quanto<br />

te è cara la vita; et in fede de questo te habiamo soctoscripta la presente de nostra<br />

propria mano. Li cavalli et la robba sua volemo sia salva perchè li mandaremo ad tuore<br />

et gli consignaray ad chi te scriveremo, overo ad chi mandarà Pisanello, overo ser<br />

Domenicho da nostra parte; e che non gli manchi cosa alcuna. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit.<br />

Cichus.<br />

Die xi suprascripti scriptum est quod assignentur Bartholomeo, familo Pisanelli, equi et<br />

arma suprascriti Mathei.<br />

744<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Gracino da Pescarolo <strong>di</strong> accogliere onoratamente il duca <strong>di</strong> Calabria,<br />

figlio <strong>di</strong> re Renato, che si porta da quelle parti con il totale supporto della lega in sostituzione <strong>di</strong><br />

suo padre. Deve, perciò, portarsi subito ad Alessandria e, convocati ufficiali e maggiorenti della<br />

città, si muova, non appena avuta notizia dell’ arrivo del duca <strong>di</strong> Calabria, con essi incontro a lui.


Or<strong>di</strong>ni che si apparecchino cibi in gran copia e faccia spese in modo tale che nulla gli manchi.<br />

Procuri che per il tragitto che lo menerà a Piacenza vi sia folla <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni e gentiluomini, e, ivi<br />

giunto, non risparmi, per tre giorni, denari perchè alle spese vi ha pensato lo Sforza con la<br />

lettera sottoscritta che gli invia: con essa potrà “reccatare denari per tucto, secondo che parerà”.<br />

198v Domino Gracino de Piscarolo.<br />

1454 gennaio 10, Marcaria.<br />

Perchè lo illustre signore misser lo duca de Calavria, figliolo del serenissimo re Renato,<br />

venne de presenti nele parte <strong>di</strong> qua ali sol<strong>di</strong>, a<strong>di</strong>uti, favori et soccorsi dela liga, in loco<br />

dela mayestate de suo patre, desyderamo recoglierlo nel paese et dominio nostro, et<br />

fargli quello honore che vorressemo fosse facto ala nostra propria persona; per la<br />

qualcosa non volendo nuy che circa ciò intervengha veruno manchamento, vi<br />

comman<strong>di</strong>amo et volimo che, recevuta questa, subito ve transferiati fin ad Alexandria et<br />

lì, convocando officiali et cita<strong>di</strong>ni et tucte le honorate persone, quam primum sentiriti lo<br />

agiongere suo nel terreno nostro gli andareti a farli compagnia tanto honorevolmente<br />

quanto più ve serà possibile al rmondo. Et per luy et per tucta la corte sua fareti<br />

apparechiare le spese cibarie copiosamente et in abundantia, et cum tale or<strong>di</strong>ne che<br />

nulla cosa gli mancha, tanto in le <strong>di</strong>cte spese, quanto in ogni altra cosa che bixognasse<br />

per fargli gran<strong>di</strong>ssimo honore; et deinde a venireti continuamente acompagnando essa<br />

soa signoria, facendoli fare le spese in ogni loco abundantissimamente fin dentro dela<br />

cità nostra de Piasenza, dove la soa signoria haverà ad restare, et lì ancora, per tri dì<br />

continui, faretigli fare <strong>di</strong>cte spese honoratamente, sichè nulla cosa gli mancha non<br />

mancho como ala nostra propria. Et per quanto amati l'honore et bene nostro,<br />

sforzateve de fare in modo che non receviamo vergogna. Et venendo per le citade et<br />

terre nostre fin ad Piasenza, per tucto convocareti li cita<strong>di</strong>ni et zentilhomini a fargli<br />

compagnia et honore; et aciochè possi far fare <strong>di</strong>cte spese per tucto, ve man<strong>di</strong>amo qui<br />

aligata una littera patente, soctoscripta de nostra propria mane, per tenore dele quale<br />

poteriti comandare et reccatare denari per tucto, secundo che ve parerà et serà<br />

bixogno. Sichè sforzative per Dio che sia recevuto tanto honorevolmente quanto serà<br />

possibile, respondendone subito del dì et hora che ve partereti per andare,<br />

intendendovi insieme con lo magnifico misser Angelo Azayolo, nostro compare, quale<br />

vene insieme con lo <strong>di</strong>cto duca. Marcharie, x ianuarii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue ne depennato.<br />

745<br />

Francesco Sforza accetta le scuse del comune e degli uomini <strong>di</strong> Urago, scuse convalidate<br />

anche dal Colleoni, per il passaggio non consentito <strong>di</strong> gente <strong>di</strong>retta a Crema, purchè in futuro<br />

facciano tale guar<strong>di</strong>a che nessuno passi senza che lo avvertano e facciano i debiti segnali.<br />

Li assicura che non manderà gente, ma solo quei cavalli <strong>di</strong> suo fratello Alessandro che a loro<br />

toccano secondo il compartito.<br />

Comuni et hominibus Uraghi.<br />

1454 gennaio 11, Marcaria.<br />

Havemo recevuto la vostra lettera et inteso quanto ne scriveti facendo la scusa vostra<br />

delle gente passareno l'altro dì che andareno verso Crema, che vuy non le sentisti, et<br />

cetera, el che ne scrive anchora el magnifico Bartholomeo Coleono; ala qual,<br />

respondendo, <strong>di</strong>cemo che cre<strong>di</strong>amo sia como vuy <strong>di</strong>ceti et, per questa volta, siamo<br />

contenti havere per scusati cum questo che, da mò inanze, stati attenti con tale guar<strong>di</strong>a<br />

et advertentia che niuno non possa più passare che non lo sentiati, et fazate Ii debite<br />

signali, acioché qualunque haverà a passare, sia preso, como ne scriveti che fareti.<br />

Ala parte de mandare Iì gente, <strong>di</strong>cemo che non gli volemo mandare altre (a) se non<br />

quelli cavalli de Alexandro, nostro fratello, quali ve tochano per taxa secundo el<br />

compartito facto (a)l'altre che tochano ad esso Alexandro; sichè volemo Ii debiati<br />

acceptare senza contra<strong>di</strong>ctione alcuna, alli quali fareti il dovere, como faranno Ii altri.


Data Marcharie, xi ianuarii 1454.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue che depennato.<br />

746<br />

Francesco Sforza replica al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che si cerchi in città o nei luoghi viciniori il<br />

famiglio ducale Giorgio da Lo<strong>di</strong> e lo si imprigioni.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1454 gennaio 11, Marcaria).<br />

Per un'altra nostra ve habiamo scripto che, retrovandose Iì Georgio da Lode, nostro<br />

fameglio d'arme, vuy lo dovesti fare mettere in presone, et may non habiamo havuto<br />

resposta como habiate facto; il perchè per questa de novo ve replicamo che, non<br />

havendo facto incarcerare <strong>di</strong>cto Georgio, vogliati subito farlo cercare, quale de certo<br />

intendemo è in quella cità, overo de fora (a) per Ie valle o lochi circonvicini. Et facto<br />

l'havereti trovare, faretelo mettere in presone como è <strong>di</strong>cto, non relaxandolo senza<br />

nostra licentia; et de quanto exeguiriti voliatene avisare per vostre lettere. Data ut<br />

supra.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue dellà depennato.<br />

747<br />

Francesco Sforza scrive al Colleoni che apprezzava il suo piano <strong>di</strong> andare in Val Trompia, ma<br />

constatato che la neve glielo ha impe<strong>di</strong>to, non gli resta che considerare che la neve ha anche<br />

impe<strong>di</strong>to ai nemici <strong>di</strong> portarsi in Val Camonica per portare aiuto a quelli <strong>di</strong> Bre.<br />

Invita il Colleoni a consentire, come avrà inteso al ritorno <strong>di</strong> Colella da Napoli, che le truppe <strong>di</strong><br />

questo condottiero prendano posto nelle “stantie” loro assegnate e provvedere almeno che i<br />

fanti, che occupano la rocca <strong>di</strong> Bre, non possano sortire a far danni in valle.<br />

Siccome il Colleoni si porterà in Valle San Martino con l’inten<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> conquistare Brivio, gli<br />

raccomanda <strong>di</strong> avere l’avvertenza che in detta impresa non si facciano danni al ponte sull’Adda<br />

nè alla bastia al <strong>di</strong> qua del fiume e lo sollecita a cooperare per la conquista della rocca <strong>di</strong> Baye.<br />

Il duca gli fa sapere che a Urago non manderà uomini, ma solo quel numero <strong>di</strong> cavalli <strong>di</strong><br />

Alessandro che comporta il compartito.<br />

In conformità <strong>di</strong> quanto ha fatto lui con gli Uraghesi, conferma al Colleoni che li ha scusati,<br />

chiedendo loro maggior vigilanza e cura nell’avvertire del passaggio dei nemici.<br />

199v Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

1454 gennaio 11, “Marcaria.<br />

Havemo recevuto la lettera delIa magnificentia vostra de dì vi del presente et inteso<br />

quanto per quella essa vostra magnificentia ne scrive. Respondemo, et primo, ala parte<br />

del designo anze la recevuta delle nostre lettere haveva facto <strong>di</strong>cta vostra magnificentia<br />

de passare in Valletropia che non ha potuto havere effecto per la grande multitu<strong>di</strong>ne de<br />

neve venuta in quello paese, <strong>di</strong>cemo che de tal designo comen<strong>di</strong>amo grandemente la<br />

magnificentia, il quale a nuy piaceva sommamente, ma poichè così è che non se possi<br />

passare per esse neve, ne pare che esse siano così bone per nuy, como per Ii inimici,<br />

perchè così como Ii nostri non possono passare la <strong>di</strong>cta Valletropia, così loro non<br />

poterano passare de qua in Vallecamonica nè dare a<strong>di</strong>uto nè succorso veruno a quelli<br />

de Bre.<br />

Alla parte delle genti d'arme per Colella, quale è stato da nuy et retornato Iì, la vostra<br />

magnificentia haverà inteso l'intentione nostra; sichè ne pare debbiati far redure <strong>di</strong>cte<br />

gente d’arme aIle stantie loro or<strong>di</strong>nate et lassare quella provisione per lo acquisto delIa<br />

rocha de Bre, overo che quelli fanti gli sonno dentro non possano damnificare quelli de<br />

(a) la valle, che ve parirà opportuna et necessaria.<br />

Apresso anchora ne pare che, poichè <strong>di</strong>cta vostra magnificentia serà ale stantie con la<br />

persona soa et con quelli delli soy gli parerano se debbia transferire in Vallesanmartino<br />

a Brivio et fare tuta quella opera gli parerà necessaria per averlo, el quale


acquistandolo volemo che habiati bona advertentia non sia guasto el ponte sopra Adda<br />

né etiam la bastia che è del canto de qua d’Ada, imo farli guardare et conservare con<br />

bona cura et <strong>di</strong>ligentia; et alla impresa della rocha de Baye, confortamo anchora <strong>di</strong>cta<br />

vostra magnificentia gli voglia dare ogni a<strong>di</strong>uto et favore gli sia possibile aciò se possa<br />

acquistare; et circha <strong>di</strong>cte cose faza la magnificentia vostra tuto quello gli parerà meglio,<br />

como siamo certissimi che farà.<br />

200r Alla parte delli homini de Urago nuy non gli mandaremo altre gente se non solum<br />

quelli cavalli gli tochano de Alexandro per taxa secundo el compartito facto fra l'altre<br />

terre che tochano ad esso Alexandro. Apresso della scusa fa la magnificentia vostra<br />

per <strong>di</strong>cti homini delle gente lassoreno l'altro dì passare senza fare signale veruno che<br />

essi non (b) le sentireno passare, et cetera, el simile per una soa lettera, scriveno loro<br />

anchora a nuy; <strong>di</strong>cemo che siamo certi <strong>di</strong>cono il vero, et per questa volta siamo contenti<br />

de haverli per scusati, con questo che da mò inanze stiano attenti con tale guar<strong>di</strong>e et<br />

advertentia che niuno possa più passare che non lo sentino et che fazano Ii <strong>di</strong>cti signali<br />

como però ne scriveno che farano. Et così confortamo la vostra magnificentia che<br />

voglia confortare <strong>di</strong>cti homini a fare quanto è <strong>di</strong>cto mò, che per loro casone non habia<br />

ad seguire manchamento veruno. Marcharie, xi ianuarii 1454.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue questa depennato.<br />

(b) non ripetuto.<br />

748<br />

Francesco Sforza scrive a Benedetto de Curte, capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza, che, per<br />

aderire alla richiesta <strong>di</strong> grazia <strong>di</strong> alcuni suoi famigli, vuole che non <strong>di</strong>a più luogo all’impiccagione<br />

del suo famiglio d’arme Matteo da Pavia, ma lo faccia rinchiudere “in uno fondo de torre” perchè<br />

non fugga e non abbia contatto che con coloro che gli danno da mangiare:<br />

(1454 gennaio 11, Marcaria).<br />

Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo citadelle Placentie.<br />

Non obstante quanto te habiamo scripto per un’altra nostra che lunedì proximo dovesse<br />

fare impichare Matheo da Pavia, nostro fameglio d'arme, quale hay in Ie toe mano, pur,<br />

ad complacentia <strong>di</strong> alcuni nostri famigli, quale nelo hanno domandato de gratia, per<br />

questa te <strong>di</strong>cemo e volemo che al <strong>di</strong>cto Matheo non gli lassi dare molestia nè novità<br />

veruna in la persona, ma volemo bene che tu lo tenghi in presone, como per un'altra<br />

nostra te scripsemo here, che’l non possa far fuga né partirse senza nostra licentia; el<br />

quale intendemo fazi mettere in uno fondo de tore in modo non possa far fuga,<br />

or<strong>di</strong>nando che niuno Ii possa parlare, se non quelli che gli darano da manzare. Data ut<br />

supra.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

Franciscus Sfortia manu propria.<br />

749<br />

Francesco Sforza ricorda a Gandolfo da Bologna la necessità che i suoi uomini, sistemati nel<br />

Bergamasco e nel Bresciano e in altri luoghi già usurpati dai Venziani, abbiano <strong>di</strong> che vivere e,<br />

perciò, dato bando a parole e scuse, <strong>di</strong>mostri la sua efficienza raccogliendo sollecitamente i<br />

denari necessari tassando le popolazioni <strong>di</strong> quei posti come fu fatto l’anno precedente.<br />

In simile forma e con lo stesso contenuto si è scritto a Raffaele de Zaccariis, Battista de Burgo,<br />

commissario <strong>di</strong> Oleggio, Teseo da Spoleto, Francesco Giorgio, Bartolomeo da Gubbio, capitano<br />

della Campagna della Lomellina, Stefano de Casali, capitano della Lomellina, Antonio<br />

Compagnino, capitano <strong>di</strong> Casteggio.<br />

200v Gandulfo de Bononia.<br />

(1454 gennaio 11, Marcaria).<br />

Como per altre nostre te havemo scripto et advisato et sei informato, nuy havemo<br />

metute queste nostre gente in Bressana et Bergamascha et l’altri luoghi che ne


usurpavano Venitiani, non perchè <strong>di</strong>cte nostre gente gli possano vivere nè stare per<br />

stantia senza a<strong>di</strong>uto, ma solo per mancho caricho et damno e desconzo delli nostri<br />

servitori e sub<strong>di</strong>ti dove solevano allozare, e non facendo altra provisione a <strong>di</strong>cte nostre<br />

gente lì, unde che sonno, li seria necessario abandonare <strong>di</strong>cti allogiamenti novi e<br />

retornare alli vechii, e forse se metariano in qualche desperatione: che quanto questo<br />

importi al stato nostro ogniuno el pò comprehendere; et havendo considerato fra nuy<br />

con che modo et via providere se possa a questo, trovamo che la via de fare rescodere<br />

le taxe, como l’anno passato, è la più habele et mancho grave ali nostri sub<strong>di</strong>ti. Il<br />

perchè iterato te replicamo e carichamo e stringemo che con ogni stu<strong>di</strong>o, solicitu<strong>di</strong>ne et<br />

vigilanza toa te debii sforzare ad exigere e tirare suso in quelle parte li denari delle <strong>di</strong>cte<br />

taxe secundo fo facto l'anno passato, e questo con ogni presteza e celerità possibile,<br />

perchè tu cognoschi e inten<strong>di</strong> de che importantia è questo al stato nostro. E fa’ piutosto<br />

che li effecti rendano bon testimonio della <strong>di</strong>ligentia et sollicitu<strong>di</strong>ne toa che le<br />

excusatione o parole toe, perchè in questo nostro bisogno gli è necessario el subsi<strong>di</strong>o<br />

del <strong>di</strong>naro con effecto e presteza, e non parole e excusatione. Data ut supra.<br />

Ser Alexander.<br />

Cichus.<br />

In simili forma et continentia (a) scriptum est Raphaeli de Zachariis,<br />

domino Baptiste de Burgo, Olegii comissario,<br />

Theseo de Spoleto,<br />

Francisco Georgio,<br />

Bartholomeo de Eugubio capitaneo campanee Lumelline;<br />

domino Stefano de Casali, capitaneo Lumelline et<br />

Antonio Campagnino, capitaneo Clastigii.<br />

Ser Alexander.<br />

Cichus.<br />

(a) et continentia in interlinea.<br />

750<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Gracino da Pescarolo e al referendario <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> far avere alla<br />

vedova <strong>di</strong> Antonio <strong>di</strong> Astolfi, l’intera provvisione, <strong>di</strong> cui beneficiava suo marito, per il mese <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>cembre e <strong>di</strong> inviare a lui, duca, tutte le lettere inerenti a tale provvisione<br />

1454 gennaio 11, Marcaria).<br />

201r Gracino de Piscarolo et referendario nostro Papie.<br />

Siamo contenti et volemo che ala donna che fo de domino Antonio <strong>di</strong> Astolfi, quale è<br />

passato de questa presente vita, debbiati respondere integramente della provisione<br />

havea da nuy <strong>di</strong>cto domino Antonio, suo marito, per tutto el mese de decembre proximo<br />

passato, mandandone subito tute le copie delle lettere quale havemo scripto per<br />

casone della <strong>di</strong>cta provisione da poi che l’or<strong>di</strong>nassemo. Data ut supra.<br />

Nicolaus.<br />

Cichus.<br />

751<br />

Donna Luchina dal Verme si lamenta con il duca per i danni fattile dai Correggesi, benchè le<br />

abbiano tolto Poviglio. Si duole anche con i Parmensi che voglione costringere le sue due<br />

villette, Enzano e Bersagneto, a pagare un sussi<strong>di</strong>o mai prima prestato, siccome esse<br />

concorrono con la rata loro spettante agli oneri con le altre terre vermensi. Nè basta, donna<br />

Luchina ha <strong>di</strong> che da ri<strong>di</strong>re contro il capitano <strong>di</strong> Casteggio che si impiccia delle sue terre, perchè<br />

lei i carichi, cui è tenuta, li ha ripartiti in tutte le sue possessioni e fa presente che lo scorso anno<br />

ha versato più <strong>di</strong> lire 4000, al <strong>di</strong> là delle 1000 lire <strong>di</strong> cui, senza alcun vantaggio ducale, si sono<br />

appropriati gli ufficiali sforzeschi. A conclusione dei suoi lai non le resta che la richiesta <strong>di</strong> un<br />

intervento dello Sforza perchè ponga fine a ciò che non torna nè ad onore nè ad utile del duca.<br />

Astorre mandò dal duca il suo cancelliere Ottaviano, che portò le lettere ducali a Francesco<br />

Visconti e a Guarniero Castiglioni.<br />

Illustrissimo domino duci Me<strong>di</strong>olani.<br />

1454 gennaio 10, “Ex Sancto Iohanne”.


Illustrissime princeps et excellentissime domine domine mi singularissime, per questi<br />

Corezesi me fi facti de gran<strong>di</strong>ssimi damni, non obstante che m'habiano tolto Povilio; per<br />

questo non stano che ali mei poveri homini gli fano ogni destracio e poi li Parmesani a<br />

doe mie villete, Henzano e Bersagneto, li voleno astrizere a graveze de sue taglie e<br />

subsi<strong>di</strong>o, cosa che may non fo facta che le mie terre fossano may astrecte per li<br />

Parmesani a veruno pagamento, perchè delle mie graveze supportano la rata soa con<br />

le altre mie terre. Supplico ala excellentia vostra se degna de scrivere in modo che<br />

cognoscano che l'intentione vostra sia siano reservate, como sonno sempre state per lo<br />

passato, et fare revocare omni molestia; et così supplico ad essa che la se degna de<br />

scrivere al capitaneo de Giastezo che non se impaza delle mie terre, perchè li carigi<br />

mei me li convene partire in le mie terre et fare tal or<strong>di</strong>ne che la excellentia vostra habia<br />

l'intentione sua. Perchè invero, illustrissimo mio signore, le sonno tanto agravate le<br />

terre mie che invero questo anno passato agio passato dello mio più de libre iiii mila,<br />

oltra che questi vostri officiali hanno robato ale mie terre più de libre mille; e più me dole<br />

che la excellentia vostra non ha havuto emolumento nesuno, et per questo se degna la<br />

prelibata vostra excellentia farli tale provisione che simili officiale non habiano a<br />

manezare in le mie terre nì fare simili officii, perchè non fanno honore né commodo a<br />

vuy et a mi et ale mie terre damno et vergogna, et sempre me vanno rumpendo ogni<br />

bono or<strong>di</strong>ne et me mettano in desor<strong>di</strong>ne per modo che la excellentia vostra se conturba<br />

con me, la quale turbatione me fa venire li dolori della morte; ala quale excellentia mi et<br />

li mei fioli recomando. Ex Sancto Iohanne, x ianuarii 1454.<br />

Respon<strong>di</strong>t dìe xi ianuarii 1454.<br />

Ex excellentie sue servitrice<br />

Luchina de Verme, et cetera.<br />

El signore Astor mandò dal signore ducha Octaviano, suo cancellero, quale portò<br />

lettere ducale ad domino Francischo Vesconte et domino Guarnerio.<br />

752<br />

Francesco Sforza replica alla lettera del 10 gennaio <strong>di</strong> donna Luchina puntualizzando che per la<br />

riconquista <strong>di</strong> Poviglio si comporterà come “continue” con sue lettere le ha fatto sapere. Si <strong>di</strong>ce<br />

impossibilitato a inibire ai Parmensi <strong>di</strong> comportarsi per il sussi<strong>di</strong>o <strong>di</strong> quelle sue due villette come<br />

hanno fatto nel passato e ancora faranno in futuro, sicome lei non si comporta come gli altri<br />

gentiluomini e feudatari. Non ritiene che il capitano <strong>di</strong> Casteggio la molesti in quanto lui non<br />

richiede che il dovuto alla Camera ducale, e un altro capitano non agirebbe <strong>di</strong>versamente. Il<br />

duca, infine, ignora che dei suoi ufficiali le abbiano richiesto ingiustamente 1000 lire: gli faccia<br />

sapere chi sono costoro, perchè allora lui interverrà. e le farà dare due per uno.<br />

201v Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

1454 gennaio 12, Marcaria.<br />

Respondendo a quanto n'haveti scripto per una vostra data a x del presente, <strong>di</strong>cemo,<br />

quanto al facto del Povilio, che per la recuperatione d’essi faremo quanto et como<br />

faremo per le altre nostre cose proprie, como continue per nostre lettere ve havemo<br />

scripto. Ala parte ove rechiedeti debbiamo provedere che li Parmesani non dagano<br />

graveza a quelle doe ville vostre per lo subsi<strong>di</strong>o, <strong>di</strong>cemo che quello è stato facto<br />

continuo per lo passato non poressemo inhibire ch'el non se fatia per l'avenire, perchè<br />

non faciando la magnificentia vostra per esse ville quello che fanno tucti li gentilhomini<br />

de Parmesana, essi Parmesani e lo reputariano a grande iniuria se gli lo vedassemo<br />

adesso; sichè ve confortiamo et caricamo che vogliati havere patientia et fare quanto<br />

fanno Ii altri gentilhomini et feudatarii. Ala parte delIa molestia <strong>di</strong>ceti ve dà el nostro<br />

capitaneo de Ghiastezo, <strong>di</strong>cemo che non credemo ve daga molestia alcuna se non per<br />

quelle cose, quale debitamente degono fare Ie terre et luoghi vostri ala Camera nostra.<br />

E quando non gli fosse questo capitaneo bisognaria gli ne ponessemo un altro che<br />

facesse quello offitio, né credemo questo capitaneo rechieda altro che’l debito della<br />

Camera nostra. Ala parte ove <strong>di</strong>ceti che li nostri offitiali ve hanno tolto delle Iibre mille,<br />

<strong>di</strong>cemo che nuy non ne hebbeno may noticia alcuna; et se ne avisareti che sonno quelli<br />

che ne hanno tolti li <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari et li habiano tolti indebitamente, ve li faremo restituire<br />

per ogni uno duy. Data Marcarie, xii ianuarii 1454.


Irius.<br />

Cichus.<br />

753<br />

Francesco Sforza avverte il Colleoni che gli uomini <strong>di</strong> Lovere si sentono in<strong>di</strong>fesi dai nemici e<br />

abbandonati dal Colleoni e dalle sue truppe. Vuole che oltre a provvedere all’asse<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Bre,<br />

procuri ora <strong>di</strong> curare il territorio <strong>di</strong> Lovere con lasciargli dei suoi uomini alla sua <strong>di</strong>fesa.<br />

Si compiace per la conquista della rocca <strong>di</strong> Vercurate e lo informa che il Consiglio segreto<br />

vi manderà prestoun castellano.<br />

202r Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

(1454 gennaio 12, Marcaria).<br />

Sonno venuti qua da nuy alcuni homini per parte del comune et homini nostri de Luere,<br />

quali, inter cetera, n’hanno exposto che loro non se tengono ben securi deli insulti et<br />

offese deli inimici, quali ponno venire et intrare in questa nostra valle como feceno<br />

questi proximi giorni, non essendole delle nostre genti ale soe defese. Et maxime<br />

dubitandose loro essere abandonati da vuy et dali vostri che sonno là, ne hanno pregati<br />

vogliamo provedere como ne pare meglio in forma che non habiano casone d'essere<br />

opressi et oltrazati da essi inimici, sì per lo bene loro, sì etiam per la salveza de quella<br />

<strong>di</strong>cta nostra valle. Per la qual cosa ve <strong>di</strong>cemo così, quantuncha per altre nostre ve<br />

habiamo (scripto) che mandasti delli vostri al’obsi<strong>di</strong>o delIa rocha de Bre, che<br />

non<strong>di</strong>meno mò vogliati etiam<strong>di</strong>o provedere ala <strong>di</strong>cta terra de Luere con lassargli<br />

qualcuni delli vostri ala <strong>di</strong>fexa loro, sichè non possano recevere mancamento nè damno<br />

alcuno, et restano securi dale offexe d’essi inimici. Apresso perchè per una vostra ne<br />

scriveti che Ii vostri hanno havuto la rocha de Vercurate, <strong>di</strong>cemo che molto ne piace; et<br />

per la provisione del castellano ve avisamo como nuy havemo scripto al nostro<br />

Conseglio secreto che subito debiano mandare ala <strong>di</strong>cta rocha uno castellano, sichè,<br />

quam primum, agiungerà Iì mandato dal prefato Consiglio faretegli consignare la tenuta<br />

d’essa rocha secundo ch’el prefato Consiglio ve scriverà. Dappoy per una vostra ne<br />

avisareti como haveriti facto. Data ut supra.<br />

Bonifatius.<br />

Iohannes.<br />

754<br />

Francesco Sforza fa sapere ad Antonello de Capanea, podestà <strong>di</strong> Lovere, che apprezza i suoi<br />

suggerimenti come quelli <strong>di</strong> Gentile della Molara sulla necessità della presenza in valle <strong>di</strong> cavalli<br />

e fanti, come anche gli era stato richiesto dagli ambasciatori <strong>di</strong> quella terra. Di tutto ne ha scritto<br />

al Colleoni, che ha il governo delle cose <strong>di</strong> li, per cui Antonello non ha che intendersi con lui<br />

circa la <strong>di</strong>fesa della valle e la sorveglianza del lago e sulla <strong>di</strong>slocazione dei soldati, stando<br />

sempre alle decisioni colleonesche. Il duca si <strong>di</strong>ce contento che, oltre al suo salario podestarile,<br />

possa ricevere dalla riviera bergamasca sei ducati d’oro, che debbono essere intesi come<br />

salario della sua commissione. Aderendo al desiderio degli ambasciatori <strong>di</strong> fortificare quella<br />

terra, lascia a lui il compito <strong>di</strong> convincere i comuni a contribuire per la realizzazione delle varie<br />

opere <strong>di</strong> sicurezza <strong>di</strong> quella terra.<br />

1453 <strong>di</strong>cembre 13, Marcaria.<br />

Antonello de Campanea, potestati nostro Luere.<br />

Havemo recevuto doe toe lettere de dì vi et vii del presente; ale quale, respondendo,<br />

<strong>di</strong>cemo che Ii advisi n'hay dati per Ie toe lettere et a bocha per Gentile dela Molara<br />

l'havemo intesi et ne sonno stati gratissimi, del che molto te ne comen<strong>di</strong>amo del ricordo<br />

ni day, che vogliamo lassare in quella valle cavalli et fanti ala deffexa d’essa. El simile<br />

202v ne hanno <strong>di</strong>cto et recordato Ii ambassatori de quella terra, Ii quali havemo veduto<br />

et olduto voluntera e factoli careze como meritano per la loro bona <strong>di</strong>spositione et<br />

voluntà verso nuy. Et parendone che’l tale ricordo sia bono havemo scripto al magnifico<br />

Bartholomeo Coleono, al quale havemo dato el caricho et governo de quelle nostre<br />

cose del canto dellà, che circha la deffensione e guar<strong>di</strong>a de <strong>di</strong>cta valle gli debia fare<br />

quella debita provisione gli parerà necessaria; sichè quanto in questo quanto circha’l


governo del laco et dove debia stare l'armata et in ogne altra cosa potesse accadere in<br />

quelle parte, volemo che tu inten<strong>di</strong> con il <strong>di</strong>cto Bartholomeo exequendo Ii pareri suoy et<br />

quanto per luy te seray or<strong>di</strong>nato et commandato, perchè luy, como informato della<br />

mente nostra, saperà provedere al tuto. Circh'al facto delIa tua provisione siamo<br />

contenti che ultra el tuo salario delIa potestaria possa rescodere dalla rivera de<br />

Pergamascha et delIa iuris<strong>di</strong>ctione d’essa toa potestaria ducati sei d'oro, Ii quali se<br />

intendano essere per salario delIa toa commissione, havendoli advertentia de<br />

rescoderli con più piacevoleza et ageleza delli homini che ti sia possibile, in modo che<br />

non ne habiamo querella veruna, como se rendemo certi saperay ben fare. Apresso Ii<br />

<strong>di</strong>cti ambassatori ne hanno rechiesto per parte de quella comunità che gli vogliamo<br />

dare a<strong>di</strong>uto a fortificare quella terra in alcuni lochi dove non è ben forte; dela quale cosa<br />

siamo remasti contenti, il perchè, como vederay, te man<strong>di</strong>amo alligata la commissione<br />

che debii fare sia fortificata <strong>di</strong>cta terra et che debii rechedere a<strong>di</strong>uto ali comuni che se<br />

contengano in essa et fare che ogniuno Ii contribuisca secundo la sua rata parte. Sichè<br />

de questo te ne lassiamo el carico, confortandote a fare in modo, con quelle<br />

piacevoleze saperai usare, che niuno se habia a lamentare, imo 203r che tuti a<strong>di</strong>utano<br />

volunteri et de bona voglia. Data Marcharie, <strong>di</strong>e xiii decembris 1454 (a).<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

(a) Così A.<br />

755<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Domenico da Pesaro, podestà <strong>di</strong> Castell’Arquato, <strong>di</strong> non procedere<br />

contro il tesoriere <strong>di</strong> quella terra, Pietro da Raymondo, cui aveva comandato, sotto pena <strong>di</strong><br />

ribellione, <strong>di</strong> portarsi subito da lui per ovviare allo scontento dei Gottolenghesi che si <strong>di</strong>cevano<br />

insod<strong>di</strong>sfatti dei denari ricevuti dagli Arquatesi sulla somma loro assegnata dal duca. Pietro<br />

aveva obbe<strong>di</strong>to portandosi a Cremona ove, però, non trovò nessuno (neppure il duca), perchè<br />

l’una e l’altra parte s’era accordata (ed era “la cosa per la quale”, confessa lo Sforza, “nuy lo<br />

volevamo”), se n’era tornato in<strong>di</strong>etro.<br />

(1454 gennaio 13, Marcaria).<br />

Dominico de Pisauro, potestati nostro Castriarquate.<br />

L’altro dì, essendo nuy ad Cremona, perchè se lamentaveno Ii homeni de Gottolengo<br />

non potere essere satisfacti da quelli homini de Castelloarquato delli <strong>di</strong>nari per nuy a<br />

loro assignati Iì, te comettessemo dovesse comandare ad Petro da Raymondo,<br />

texaurero de quella terra, sotto pena de rabellione che’l fosse da nuy incontinenti et,<br />

secundo luy ne <strong>di</strong>ce, como hebbe el comandamento vene ad Cremona; et trovando<br />

eramo partiti da lì et che quelli homini de Gottolengo erano remastI d'acor<strong>di</strong>o con li<br />

homini de Castello Arquato, compagni del <strong>di</strong>cto Pietro, se ne tornò ad casa senza<br />

venire da nuy, per la quale cosa monstre che tu lo vogli condamnare. Pertanto volemo,<br />

se così è, che la condemnatione che tu li vole fare sia per questa casone, non proce<strong>di</strong><br />

più ultra, nè gli daghi per questo più impazo alcuno, considerato che la cosa per la<br />

quale nuy lo volevamo à sortito effecto, et anche la sua venuta ad Cremona ha<br />

demonstrato luy non volere obe<strong>di</strong>re. Data ut supra.<br />

Iohannes Chiapanus.<br />

756<br />

Francesco Sforza esprime al suo segretario Abraam de Ar<strong>di</strong>ciis la sua sod<strong>di</strong>fazione per il fatto<br />

che suo fratello Daniele, per cui gli aveva chiesto la prepositura <strong>di</strong> Rodobbio l’aveva avuta “per<br />

vigorre delle rasone sue”. Il duca scrive a quelli de Crotti <strong>di</strong> immettere Daniele nel possesso <strong>di</strong><br />

detta prepositura e nelle relative entrate.<br />

(1454 gennaio 13, Marcaria).<br />

Egregio secretario nostro <strong>di</strong>lecto Abraam de Ar<strong>di</strong>ciis.<br />

Inteso quanto per toe littere n’hay scritto in rechiedere la prepositura de Rodobio per<br />

domino Daniel, tuo fratello, el quale l'ha acceptata per vigore delle rasone sue, et


cetera, <strong>di</strong>cemo che ne siamo molto contenti et de bona voglia te ne compiacemo; et<br />

così nuy scrivemo opportunamente ad quelli de Crotti per l’aligata che al <strong>di</strong>cto domino<br />

Daniele sii assignata liberamente la possessione d’essa prepositura et respuoso delle<br />

intrate et fructi integramente. Data ut supra.<br />

757<br />

Francesco Sforza si congratula con Antonio da Pescarolo, capitano <strong>di</strong> Casteggio, per gli or<strong>di</strong>ni<br />

impartiti per la riscossione delle tasse nelle terre d’Oltrepo.<br />

Lo faccia presto per poter dare denari ai soldati.<br />

Concorda con lui che le terre pavesi <strong>di</strong> madonna Luchina vanno incluse nel numero <strong>di</strong> 500<br />

cavalli, ma ne pigliano 200. Il duca vuole che lui riscuota le tasse delle altre terre per 700 cavalli,<br />

mentre lui, duca, provvederà che donna Luchina sod<strong>di</strong>sfi per il resto per un totale <strong>di</strong> 4000 lire a<br />

partire dallo scorso novembre.<br />

(1454 gennaio 13, Marcaria).<br />

203v Antonio de Piscarolo, capitaneo nostro Clastigii.<br />

Havemo recevuto toe lettere et inteso quanto ne scrivi delli comandamenti et provisione<br />

che hay facto per il scodere delli denari delle taxe de quelle terre de Ultra Po. Dicemo<br />

che hay facto bene, et così te caricamo et stringemo ad scoderle prestissimo et senza<br />

<strong>di</strong>mora, perchè li mandaremo ad tuore per messo proprio per darli ali nostri soldati ad<br />

chi gli havemo assignati; sichè non gli perdere tempo alcuno.<br />

Ala parte dove ne recor<strong>di</strong> el facto delle terre del Pavese de madona Luchina, <strong>di</strong>cemo<br />

che’l è vero che le vanno incluse in lo numero delli cinquecento cavall,i <strong>di</strong> quali gli<br />

havemo scritto, le quale pigliano ducento cavalli; sichè volemo che tu sco<strong>di</strong> pur le taxe<br />

delle altre terre per cavalli settecento, et perchè faremo che la prefata madona Luchina<br />

satisfarà per li altri, como gli habiamo scripto, rescodendo <strong>di</strong>cte taxe ad computo de<br />

libre IIII per el cavallo el mese, comentiando nel calende de novembre, como per altre<br />

nostre t’habiamo scritto. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

758<br />

Francesco Sforza invita i presidenti agli affari della Val Camonica <strong>di</strong> prestare fede a quanto<br />

riferiranno i loro inviati, Giovanni da Burno e Antonio da Angulo, per poi soffermarsi<br />

sull’obbligazione contratta con Morello per le 60 some <strong>di</strong> biada da lui tolte dalla rocca <strong>di</strong> Corteno<br />

e vendute a loro. Posta come premessa che la merce presa nella rocca da Morello è roba sua,<br />

<strong>di</strong>spone che, in quanto tale, la <strong>di</strong>ano al Colleoni perchè la <strong>di</strong>stribuisca tra gli asse<strong>di</strong>anti della<br />

rocca <strong>di</strong> Breno “per substentatione del vivere loro” Fatto ciò, si ritengano liberati da qualsiasi<br />

obbligazione.<br />

(1454 gennaio 13, Marcaria).<br />

Nobilibus et prudentibus viris presidentibus negotiis comunitatis Valliscamonice, nostris<br />

<strong>di</strong>lectis.<br />

Sonno venuti qua da nuy Giovane da Burno et Antonio da Angulo, vostri mandati, quali<br />

n'hanno exposto più cose per parte della comunitate de quella nostra valle, le quale<br />

havemo <strong>di</strong>ligentemente inteso et provisto sopra ciò opportunamente, et a loro havemo<br />

etiam<strong>di</strong>o respuosto complitamente a bocha, como da essi intendereti. Alli quali piaceve<br />

credergli quanto a nuy medesmi, et insuper fra l'altre cose ne hanno <strong>di</strong>cto 204r et<br />

pregati vogliamo declarare la mente nostra circa’l facto della obligatione haveti con<br />

domino Morello per casone dele sexanta somme de biada tolta per luy in la rocha de<br />

Corteno et a quella comunità venduta, et cetera. Al che respondendo ve <strong>di</strong>cemo che<br />

<strong>di</strong>cta biada, tolta in la <strong>di</strong>cta rocha è nostra, et perhò volemo che, non l'havendo data al<br />

magnifico domini Bartholomeo, gli la debiati dare liberamente, perchè havemo or<strong>di</strong>nato<br />

la faza <strong>di</strong>stribuire fra quelle gente che restarano lì ala obsi<strong>di</strong>one della rocha de Breno<br />

per substentatione del vivere loro. Et così dandogila, como havemo <strong>di</strong>cto, ve<br />

decla(ra)mo nostra intentione essere che non siati obligati al <strong>di</strong>cto Morello per <strong>di</strong>cta<br />

casone, et ex nunc, per questa nostra, ve liberamo dala <strong>di</strong>cta obligatione, sichè ala


eceputa de questa, non havendo dato ad esso Bartholomeo <strong>di</strong>cta biada, subito<br />

daretiglila liberamente. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

759<br />

Francesco Sforza scrive al podestà della valle <strong>di</strong> Caleppio che gli uomini della valle Camonica si<br />

sono lamentati con lui perchè è stato loro sottratto del vino e portato lì dalle genti d’arme.<br />

Siccome intende che il vino sia restituito ai proprietari, vuole che lo mantenga sequestrato, come<br />

lui, podestà, ha già ben fatto e avvisi il Colleoni che il duca gli ha comandato la sua restituzione,<br />

che effettuerà se il comandante lo consentirà.<br />

Potestati Vallis nostre Calepii.<br />

(1454 gennaio 13, Marcaria).<br />

Li homini nostri de Vallecamonica ne hano facto fare lamenta che per quelle gente<br />

d’arme sono in la <strong>di</strong>cta valle egli stato levato et tolto de molto vino, quale esse gente<br />

d’arme l’hanno conducto lì, et havemo inteso che tu l’hay sequestrato. Dela qual cosa<br />

te ne comen<strong>di</strong>amo, et perché nostra intentione è che’l <strong>di</strong>cto vino sia restituito ali poveri<br />

homini de chi è <strong>di</strong>cto vino, te <strong>di</strong>cemo che debii tenere <strong>di</strong>cto vino in sequestro non<br />

laxandolo movere per via alcuna, et avisare el magnifico Bartholomeo, como tu hay in<br />

comandamento da nuy, de fare restituire <strong>di</strong>cto vino ali pover’homini de chi è. Et<br />

havendo resposta da luy che’l ren<strong>di</strong> <strong>di</strong>cto vino, alhora faraylo rendere integramente alli<br />

<strong>di</strong>cti pover’homini, ita che non habiano ad poterse lamentare. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

760<br />

Francesco Sforza comunica al Colleoni che gli ambasciatori dei gentiluomini della Val Camonica<br />

si sono doluti per le “gravissime extorsione” subite dai nemici quando penetrarono in valle, ma si<br />

sono anche lamentati per “damni asay” patiti ad opera <strong>di</strong> genti amiche. Il duca, perciò, rinnova<br />

al Colleoni l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> portare fuori dalla valle e sistemare nei loro alloggiamenti le sue truppe,<br />

lasciando lì accampati solo gli uomini necessari per l’asse<strong>di</strong>o della rocca <strong>di</strong> Breno. A questi farà<br />

<strong>di</strong>stribuire le 60 some <strong>di</strong> grano ricevute dalla comunità della valle, che è stata, così, liberata<br />

dall’obbligazione che aveva con Morello.<br />

204v Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

(1454 gennaio 13, Marcaria).<br />

Sonno venuti qua da nuy li ambassatori delli zentilhomini et della universitate delli<br />

homini nostri de Vallecamonica, quale per parte soa n’hano explicate et exposte più<br />

cose. Et, fra le altre cose, n’hanno pregati che, considerate le gravissime extorsione et<br />

damni patiti, sì per la gente inimiche, quale sonno intrate in la <strong>di</strong>cta valle ali dì passati,<br />

sì etiam<strong>di</strong>o per le gente nostre, che sonno state là ala defexa loro, dali quali hanno pur<br />

recevuto delli rencresscimenti et damni asay, quantuncha se ren<strong>di</strong>amo certi sia<br />

processo senza consentimento né saputa vostra, vogliamo provedere che le <strong>di</strong>cte<br />

gente che mò sonno anchora in la <strong>di</strong>cta valle se ne retornano alli alozamenti loro,<br />

<strong>di</strong>cendove essere impossibile potere supportare tanta graveza. Per la quale cosa<br />

attendendo nuy che, dovendo sostenire lì tante gente pur gli seria troppo (a) grave et<br />

carico insuportabile, et considerato che a questi tempi se convenne acarezare <strong>di</strong>cti<br />

homini et non exaspera(r)li, ve confortiamo et volemo che, se ala receputa de questa<br />

non havesti ancora facto levare <strong>di</strong>cte vostre gente, como per l’altre nostre ve habiamo<br />

scripto, vogliati subito farle levare della <strong>di</strong>cta valle, mandarle ale loro alozamenti,<br />

lassando però quelle gente da cavallo et da pede a campo ala rocha de Breno, quale<br />

ve paresseno necessarie et sufficiente ala obsi<strong>di</strong>one de quella, como per l’altre nostre<br />

haveriti inteso; ma or<strong>di</strong>nariti che le <strong>di</strong>cte gente restarano lì vivano costumatamente et<br />

non dagano affanno alcuno ali homini della <strong>di</strong>cta valle per lo vivere loro, per la<br />

substentatione et vita loro. Però restiamo contenti fazati <strong>di</strong>stribuire fra loro quelle LX<br />

some de grano vuy scriveti havere recevuto dala comunità della <strong>di</strong>cta valle, per lo quale


grano a vuy dato havemo liberato la <strong>di</strong>cta comunità della obligatione ha con domino<br />

Morello; sichè fareti <strong>di</strong>stribuire <strong>di</strong>cto grano como havemo <strong>di</strong>cto fra quelle che restaranno<br />

lì, alli quali etiam fariti provisione in modo che non dagano molestia alli homini della<br />

<strong>di</strong>cta valle, per forma che essi non habiano rasone de poderse degnamente agravarse.<br />

Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue carich depennato.<br />

761<br />

Francesco Sforza scrive a Teseo da Spoleto <strong>di</strong> aver preso atto dei provve<strong>di</strong>menti da lui or<strong>di</strong>nati<br />

per la riscossione delle tasse per 2000 cavalli a quattro lire mensili pro capite e risalendo al<br />

primo novembre scorso. Informato, sia per quello che ha scritto a lui, come anche per ciò che ha<br />

segnalato a Cicco delle <strong>di</strong>fficoltà che incontra nel realizzare gli incassi, gli raccomanda che,<br />

comunque, “le <strong>di</strong>cte taxe se sco<strong>di</strong>no de presente senza per<strong>di</strong>tione de tempo” e attenendosi al<br />

compartito. Gli consente l’aggiunta <strong>di</strong> nuovi deputati pur <strong>di</strong> cavare denari da buoni debitori, dei<br />

quali vuole che faccia una accurata descrizione ”de loco in loco” in un quadernetto con il quale<br />

si recherà da lui, non senza aver prima pre<strong>di</strong>sposto l’or<strong>di</strong>ne perchè si proceda nelle riscossioni.<br />

Gli va quel che Teseo ha <strong>di</strong>sposto per i cavalli <strong>di</strong> Giovanni Cossa rimasti lì.<br />

205r Theseo de Spoleto.<br />

(1454 gennaio 13, Marcaria).<br />

Inteso quanto per una toa de dì VIIII del presente ne scrivi delle admonitione et<br />

provisione hai facto ad rescodere de quelle taxe per li cavalli 2000 ad libre 4 el mese<br />

per cavallo, comintiando el mese de novembre passato, et della <strong>di</strong>fficultà ne <strong>di</strong>ce serà<br />

ad rescodere per le rasone che tu ne aduce, et ultra ciò quanto n’ha referto Cicho che<br />

tu gli scrivi sopra ciò, <strong>di</strong>cemo che tu debii mettere ogni or<strong>di</strong>ne et (a) forma che ad te sia<br />

possibile et fare che le <strong>di</strong>cte taxe se sco<strong>di</strong>no de presente senza per<strong>di</strong>tione de tempo,<br />

non movendo né lassando movere el compartito vechio né anche li deputati vechii per<br />

adesso. Ma se’l te pare de giungere alcuna cosa essa <strong>di</strong> cavalli 2000 in bone et<br />

exigibile paghe, como te <strong>di</strong>ssemo, overo de a<strong>di</strong>ungere altri ad li deputati, faray como te<br />

parirà, advertando sopra tuto de fare tale fondamento che li <strong>di</strong>nari se possino cavare de<br />

boni debitori, <strong>di</strong> quali volemo che subito, vedute le presente, tu faci una descriptione in<br />

uno quaderneto particularmente de loco in loco et <strong>di</strong>stinctamente, et con esso<br />

quaderneto subito vegni da nuy et non li sia demora, lassando interim or<strong>di</strong>ne che se<br />

faciano l’executione; et tuta via se sco<strong>di</strong>no li <strong>di</strong>nari senza per<strong>di</strong>tione de tempo. La<br />

provisione hay facta ad quelli cavalli del magnifico domino Iohanne Cossa, che sonno<br />

remasti lì, ne piace et così te caricamo et stringemo che tu gli fazi fare quelli acconzi et<br />

quello bono tractamento che te sia possibile, se desidera fare cosa ne piacia. Data ut<br />

supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue via depennato.<br />

762<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Gracino da Pescarolo <strong>di</strong> lasciare che il navarolo Giovanni Pietro da<br />

Cerrano prenda due dei guardoni che si trovano al porto del Tovo per farsene un mulino o quel<br />

che vorrà.<br />

Domino Gracino de Piscarolo.<br />

1454 gennaio 14, Marcaria.<br />

Havemo or<strong>di</strong>nato ad Iohanne Petro da Cerrano, navarolo de quella nostra cità,<br />

presente portatore, doy gandoni de quelli nostri sonno al porto del Tovo per farsene<br />

uno molino o quello gli parerà a luy. Pertanto volemo che gli lassati tuore et desponerne<br />

como de cosa sua. Data Marcharie, xiiii ianuarii 1454.<br />

Marchus.


Cichus.<br />

763<br />

Francesco Sforza rimprovera gli ebrei Bonomo e Israel per la lentezza con cui procedono a<br />

versargli i denari che i loro correligionari gli devono.<br />

Comanda loro, sotto pena della <strong>di</strong>sgrazia ducale, <strong>di</strong> mostargli le “rasone et li libri della rasone” e<br />

il conto dei denari avuti dagli ebrei, e <strong>di</strong> dare a Manno, incaricato dell’esazione <strong>di</strong> detti denari,<br />

una nota degli ebrei pavesi ancora insolventi<br />

205v Bonomo et Israel ebreis.<br />

1454 gennaio 12, Marcaria.<br />

Maravigliamone grandemente che ve siati deportati sì lentamente et tristamente circha<br />

ad le executione delli denari doveti exborsarne per nome delli vostri ebrei. Et perchè<br />

volemo et deliberamo intendere questo mancamento et de havere li denari nostri senza<br />

più <strong>di</strong>latione, volemo, et per questa ve coman<strong>di</strong>amo che, alla pena delIa nostra<br />

desgratia, debbiati, recevuta questa, monstrare tute le rasone et Ii libri delIa rasone et<br />

conto del <strong>di</strong>naro haveti recevuto dali ebrei, et così che debiati dare in nota et in scripto<br />

tuti quelli ebrei che restano ad pagare a Manno ebreo ad Pavia, al quale havemo data<br />

la cura de tale exactione, poichè non l'haveti voluto nè lo haveti saputo fare vuy, perchè<br />

intendemo havere subito questo <strong>di</strong>naro senza <strong>di</strong>latione. Ex Marcharia, xii ianuarii 1454.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

764<br />

Francesco Sforza informa Antonello de Campanea che Manfredo da Forlì gli ha scritto che alla<br />

richiesta <strong>di</strong> Antonello <strong>di</strong> certe navi, ha risposto che, dandosi il caso, potevano essergli<br />

necessarie come a Lovere per la sicurezza <strong>di</strong> quel territorrio. Il duca ha detto a Manfredo <strong>di</strong><br />

accordarsi con Antonello per quello che sarà meglio per lo stato sforzesco e <strong>di</strong>ce ora ad<br />

Antonello <strong>di</strong> accordarsi con Manfredo per prendere il bresciano Carolo Borghino che s’aggira<br />

per il paese per sollevarlo. Chiede, infine, ad Antonello <strong>di</strong> sottoporre il Colla a una nuova<br />

indagine per cavargli tutta la verità su quello che lui sa.<br />

Antonello de Campanea, <strong>di</strong>lecto.<br />

1454 gennaio 13, Marcaria.<br />

Manfredo da Forlì ne ha scripto che, havendoli ti rechiesto certe nave, che’l ne haveva<br />

de bisogno lì, accadendo il caso, per conservatione sua et de quella terra, et che sonno<br />

così necessarie como ad Lovere, ad lo quale nuy havemo scripto che sopra ciò se<br />

debia intendere con ti, et così <strong>di</strong>cemo a ti che tu te vogli ben intendere con esso luy et<br />

fra vuy deliberare et exequire quanto è quello ve parira più utile et per lo megliore del<br />

stato nostro; e così ancora te <strong>di</strong>cemo che te debii intendere 206r con <strong>di</strong>cto Manfredo et<br />

fra voy servare ogni modo et <strong>di</strong>ligentia per havere in Ie mane uno Carolo Borghino,<br />

cita<strong>di</strong>no de Bressa, che va praticando tuto quello paese et surlevandolo, e pigl(i)arlo, e<br />

pigl(i)ato advisarne subito. Et questo se vole fare tanto cautamente et secretamente<br />

che non li fosse dato aviso e misso suspecto.<br />

Ad la parte delle lettere toe della detentione de Colla recevute, et cetera, <strong>di</strong>cemo che,<br />

non havendolo ben examinato, lo debii de novo examinare <strong>di</strong>ligentemente, per modo<br />

che tu habii la verità da luy de quanto sa. Data Marcharie, xiii ianuarii 1454.<br />

Ser Alexander.<br />

Cichus.<br />

765<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al capitano del <strong>di</strong>stretto <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> concedere al lo<strong>di</strong>giano Iusto<br />

Rabugo il permesso <strong>di</strong> condurre, per suo uso, da Piacenza a Lo<strong>di</strong> 25 o 30 moggia <strong>di</strong> biade.<br />

Capitaneo <strong>di</strong>strictus Placentie.<br />

(1454 gennaio 13), Marcaria.


Dilecte noster, per compiacere a Iusto Rabugo, nostro cita<strong>di</strong>no de Lode, siamo contenti<br />

et volemo che gli debii lassare cavare de Piasentina et condure a Lode per suo uso<br />

moza XXV o XXX de biade, non obstante alcuno or<strong>di</strong>ne in contrario. Marcharie, <strong>di</strong>e<br />

suprascripta.<br />

Irius.<br />

Iohannes.<br />

766<br />

Francesco Sforza vuole che Teseo da Spoleto provveda <strong>di</strong> sistemazione e strame Stafile in<br />

qualche luogo del Piacentino, purchè non turbi le tasse or<strong>di</strong>narie<br />

Theseo de Spoleto.<br />

1454 gennaio 13, Marcaria.<br />

Te comettiamo et volemo che a Stafile, presente exhibitore, debii far provedere de<br />

alozamento et strame in qualche loco de Piasentina, mettendolo però in loco che’l non<br />

habia ad turbare le taxe or<strong>di</strong>narie. Ex Marcharia, xiii ianuarii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

767<br />

Francesco Sforza scrive ad Antonio de Sichis, commissario della Geradadda, <strong>di</strong> aver designato<br />

a castellano <strong>di</strong> Caravaggio Nardo Grande da Calabria.<br />

Gli faccia consegnare la rocca e quanto in essa si contiene.<br />

1454 gennaio 14, Marcaria.<br />

206v Antonio de Sichis, commissario nostro Glareabdue.<br />

Havemo deputato per castellano de quella nostra rocha de Caravagio Nardo Grande da<br />

Calabria, nostro homo d'arme. Pertanto volemo che gli faciati consignare liberamente la<br />

<strong>di</strong>cta rocha e tuto quello che gli è dentro. Data Marcharie, xiiii ianuarii 1454.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

768<br />

Francesco Sforza informa Il condottiero Matteo da Capua che suo fratello Gorone e gli altri sono<br />

legittimamente in prigione perchè il loro salvacondotto era scaduto e falsificato per l’aggiunta <strong>di</strong><br />

due altri giorni. Inoltre, il figlio <strong>di</strong> Porcello non poteva “menare sotto... Gorone”, siccome uno <strong>di</strong><br />

minore con<strong>di</strong>zione non può condurre uno <strong>di</strong> maggior con<strong>di</strong>zione”<br />

1454 gennaio 14, Marcaria.<br />

Magnifico et strenuo amico nostro carissimo Matheo de Capua, armorum, et cetera.<br />

Respondendo ale vostre lettere circha’l facto del strenuo Gorone, vostro fratello,<br />

<strong>di</strong>cemo che nuy non fecemo quello salvoconducto, ma Alexandro, nostro fratello. Et<br />

segondo la substantia de quello salvoconducto et Gorone e l’altri sonno pregioni<br />

legitamente, et Ie cagione sonno queste: primo, che’l salvoconducto era expirato et<br />

falsificato con una giuncta d'uno termine de duy dì; et più ultra per vigore de quello<br />

etiam<strong>di</strong>o s'el non fosse expirato e falsificato como è, el fiolo de domino Porcello non<br />

poteria menare sotto quello Gorone, perchè la ragione non vole ne patisse che uno de<br />

menore con<strong>di</strong>tione possa nè debbia condure uno de maiore con<strong>di</strong>tione de luy. E questo<br />

trovariti essere vero se vuy ve ne informati; siché Gorone et l’altri sonno presoni<br />

legitimamente, né ve ne possiamo fare altro quanto per via de rasone che non<br />

facessemo iniustitia al’altra parte, che siamo certi non sia questa la intentione della<br />

domanda vostra. Ex Marcharia, xiiii ianuarii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


769<br />

Francesco Sforza avverte Andrea Dandolo, provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema che revoca e annulla<br />

qualsiasi salvacondotto a chiunque concesso avendo constatato che con essi si conducono in<br />

Crema sale e molte altre <strong>di</strong>verse vettovaglie. Vieta perciò che a Crema si conduca ogni tipo <strong>di</strong><br />

mercanzia<br />

1454 gennaio 15, Marcaria.<br />

207r Spectabili Andree Dandolo, provisori Creme.<br />

Per lo passato havemo concesso alcuni salviconducti de potere condure delle<br />

mercantie in quella terra; et credevamo dovesseno ben usare deli <strong>di</strong>cti salviconducti,<br />

ma intendemo el contrario, perchè sotto el colore d’esse mercantie gli è conducto del<br />

sale et altre victualie assay. La qual cosa havendo molesta quanto <strong>di</strong>re se potesse, et<br />

non volendola comportare, per tenore delIa presente revocamo et anullamo tuti et<br />

singuli salviconducti per nuy concessi a qualunque persona et de che con<strong>di</strong>tione voglia<br />

se sia, de potere condure de qualunche loco a quella terra qualunque mercantia se<br />

voglia; et così ogni altro salvoconducto per nuy concesso a quelli della parte vostra de<br />

lavorare, de condure legni et strame, de cazare et fare qualunque exercitio in lo<br />

territorio de Crema, ita che spirato el termine del contramando in essi specificato se<br />

serano offesi suo damno. De che ve ne havemo vogliuto dare notitia aciò ne possati<br />

avisare caduna persona, aspectando resposta da vuy delIa receptione de questa. Ex<br />

Marcharia, xv ianuarii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

770<br />

Francesco Sforza sollecita Teseo da Spoleto a intervenire perchè gli uomini d’arme della<br />

squadra <strong>di</strong> Francesco da Treviglio e Antonello da Parma abbiano le cinquemila lire che gli<br />

uomini del piano e della montagna devono loro per la tassa dello scorso anno.<br />

Theseo de Spoleto.<br />

(1454 gennaio 15), Marcaria.<br />

Li homini d’arme della squadra de Francesco da Triviglio et Antonello da Parma <strong>di</strong>cono<br />

dovere havere delle libre circa V milia dali homini del piano et dela montagna de<br />

Piasentina per casone delIa taxa soa del’anno passato. Et quantunque più fiate te<br />

habiamo scripto dovesti provedere ala satisfatione soa, pur non è facto altro, del che<br />

molto se ne gravano. Pertanto dolendone de questo, te commettiamo de novo et<br />

volemo debii provedere ala satisfatione delli <strong>di</strong>cti homini d'arme de tuto quello debeno<br />

havere et fare, per modo che se possano a<strong>di</strong>utare in Ie soe necessitate et non habiano<br />

più casone de lamentarse. Ex Marcharia, ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

771<br />

Francesco Sforza impone a Giovanni Stefano da Casate, capitano della Lomellina, <strong>di</strong><br />

provvedere che l’uomo d’arme ducale Goyone da Mede non abbia più ragione <strong>di</strong> lamentarsi per<br />

essere molestato da quelli <strong>di</strong> Mede che lo vorrebbero costringere a sopportare i carichi<br />

occorrenti, essendo egli occupato in campo ai servizi ducali.<br />

(1454 gennaio 15, Marcaria).<br />

207v Domino Iohanni Stefano de Casate, capitaneo nostro Lumelline.<br />

S’è gravato qui da nuy Goyone da Mede, nostro homo d'arme, <strong>di</strong>cendo che per quelli<br />

da Mede fi astrecto ad casa soa ad supportare insieme con loro Ii carichi occurrenti, et<br />

che novamente è statto strecto ad pagare certo frumento benchè, como doveti mò<br />

havere inteso per un’altra nostra ve habiamo scripto, non dovesti gravare nuy nè li altri


homini d'arme nostri, quali habitano in Lomellina, de questo frumento; de che ne<br />

maravigliamo, parendone non sia debito nè honesto. Il che anche è contra la intentione<br />

et voluntà nostra che li soldati, quali continue stanno in campo ad nostri servicii, siano<br />

gravati delli carichi occurrenti, como quelli quali stanno ad casa loro et fanno li facti<br />

suoy. Pertanto volemo debiati provedere et or<strong>di</strong>nare con <strong>di</strong>cto Guyone sia servato<br />

exempto dalli carichi occurrenti ad quella terra de Mede, como sonno li altri soldati<br />

nostri nel’altro paese nostro, per modo non ne habiamo più querella. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

772<br />

Francesco Sforza ammonisce il capitano <strong>di</strong> Casteggio a non gravare gli uomini <strong>di</strong> Caselli con<br />

circa 21 cavalli (sottratti a quelli <strong>di</strong> Arzene e <strong>di</strong> Godoliasse), oltre la rata loro delle tasse per 900<br />

cavalli assegnati nell’Oltrepo pavese.<br />

Capitaneo Clastigii.<br />

1454 gennaio <strong>16</strong>, Marcaria.<br />

Ne ha mandato ad fare querella qua la comunità de Caselli, <strong>di</strong>cendo che, non obstante<br />

quelli homini habiano la rata loro delle taxe per li cavalli novecento assignati in el<br />

Pavese Ultra Po, tamen tu gli gravi de cavalli XXI o circha, che sonno detracti ad quelli<br />

de Arzene et de Godoliasse. Pertanto te <strong>di</strong>cemo et commettiamo che tu non gli debbi<br />

gravare nè molestare ultra la loro debita et contingente parte per modo non habiano<br />

iusta casone de lamentarse che gli fosse facto torto nè mancamento alcuno,<br />

astringendo tutti quelli luoghi che sonno obligati ad contribuire con la comuniità de<br />

Caselli secundo che hanno facto per lo passato. Data Marcharie, xvi ianuarii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

773<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà <strong>di</strong> Treviglio provveda che il provisionato ducale Betino da<br />

Caravaggio ricuperi quanto Matteo della Mendola gli ha tolto per un valore <strong>di</strong> circa 14 ducati<br />

rifacendosi sulla roba <strong>di</strong> Matteo che trovasi in Treviglio in mano <strong>di</strong> Pietro Zuchello.<br />

208r Potestati Triviglii.<br />

1454 gennaio <strong>16</strong>, Marcaria.<br />

Betino da Caravacio, nostro provisionato, quale stava con Matheo da Medolla dal canto<br />

deli inimici, <strong>di</strong>ce che volendosse partire dal <strong>di</strong>cto Matheo gli tosse certa robba et ritenne<br />

tra <strong>di</strong>nari et altri tanto del suo, che valeva da circha ducati quatordexe; perchè <strong>di</strong>cto<br />

Betino se partiva da luy et che <strong>di</strong>cto Matheo ha certa robba della sua in Trivigli in mano<br />

de Petro Zuchello lì, richiedendone gli vogliamo fare satisfare de <strong>di</strong>cta robba. Pertanto,<br />

essendo cossì, como expone <strong>di</strong>cto Betino, volimo che debbiati fare satisfare ad esso<br />

Betino per <strong>di</strong>cta casone deli beni et robba che se trova presso al <strong>di</strong>cto Petro, sichè el<br />

consequischa el debito suo, et che lo spiagiati presto. Data Marcarie, <strong>di</strong>e xvi ianuarii<br />

1454.<br />

Ser Alexander.<br />

Cichus.<br />

774<br />

Francesco Sforza vuole che Benedetto de Curte , capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza, faccia in<br />

modo che Bartolomeo dei Quartieri sia sod<strong>di</strong>sfatto del cre<strong>di</strong>to che ha da un suo debitore,<br />

liberato da Benedetto “per respecto delle feste”<br />

(1454 gennaio <strong>16</strong>, Marcaria).<br />

Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo citadelle nostre Placentie.<br />

Meser Bartholomeo delli Quartieri ne <strong>di</strong>ce che, como tu say, luy ha lì ad Piacenza uno


suo debitore de più <strong>di</strong>nari, et lo quale, havendolo tu sostenuto, lo liberasti per respecto<br />

delle feste et promissi de pagare <strong>di</strong>cto domino Bartholomeo; de che <strong>di</strong>cto domino<br />

Bartholomeo remanda là per conseguire suo debito dal <strong>di</strong>cto suo debitore. Pertanto<br />

vogli provedere opportunamente che al <strong>di</strong>cto domino Bartholomeo sia facto il suo<br />

dovere senza litigio, veduto la verità del facto, in modo che <strong>di</strong>cto domino Bartholomeo<br />

non se possa lamentare et gravare che non li sia facto rasone. Data ut supra.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

775<br />

Francesco Sforza scrive al referendario <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> soprassedere fino al prossimo febbraio<br />

(quando Avancino potrà venire a <strong>di</strong>re le sue ragioni) da ogni atto nella vertenza che<br />

contrappone lo squadrero ducale Avancino e i suoi massari contro i dazieri dello scorso anno<br />

208v Referendario nostro Piacenza.<br />

(1454 gennaio <strong>16</strong>, Marcaria).<br />

Per la <strong>di</strong>fferentia quale vertisse tra il strenuo nostro squadrero Avancino et suoy<br />

massari per una parte et li dacieri de quella nostra cità del'anno passato per l'altra,<br />

volemo debiati soprasedere da ogni molestia e novità contro delli <strong>di</strong>cti suoi massari fin<br />

per tutto el mese de febraro proximo che esso Avancino haverà el modo de potere (a)<br />

venire là a defendere et <strong>di</strong>re la rasone sua, o a pigliare partito al facto suo per levare<br />

via <strong>di</strong>cta <strong>di</strong>fferentia. Data ut supra.<br />

Ser Alexander.<br />

Cichus.<br />

(a) potere in interlinea.<br />

776<br />

Francesco Sforza osserva a Benedetto de Curte, capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza, che non<br />

deve consegnare a Matteo <strong>di</strong> Pavia armi e cavalli, ma darli al famiglio del Pisanello. Matteo ha<br />

avuta salva la vita, ma non la galera, ove rimarrà “per la vita” con i ferri ai pie<strong>di</strong> perchè non<br />

possa fuggire.<br />

(1454 gennaio <strong>16</strong>, Marcharia).<br />

Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo cittadelle nostre Placentie.<br />

Inteso quanto ne hay scripto de dare li cavalli et armatura a Matheo da Pavia, quale<br />

hay sostenuto lì, perchè te havemo scripto che gli havemo perdonato la vita, te<br />

respondemo che, non obstante te habiamo scripto gle habiamo perdonato la vita, debii<br />

dare ad lo fameglio del Pisanello <strong>di</strong>cti cavalli et armatura, secundo cha te avemo<br />

scripto, et lo <strong>di</strong>cto Matheo lo tenghi in presone per la vita, secundo che te scripsemo<br />

per la prima nostra littera. Nuy gli havemo bene perdonatoa la vita, ma volemo però<br />

stagha in presone per la vita a fare penitentia parechii dì; et così lo tenaray con li ferri et<br />

zeppi ali pede et in modo non se ne possa fugire. Data ut supra.<br />

Marchus.<br />

Cichus.<br />

777<br />

Francesco Sforza vuole che il referendario <strong>di</strong> Piacenza faccia capire ai dazieri che la<br />

possessione concessa a Rolando da Fiorenzuola gode <strong>di</strong> esenzione, come appare dalle lettere<br />

ducali e tenuto anche conto che della passata consuetu<strong>di</strong>ne.<br />

Referendario Placentie.<br />

1454 gennaio 17, Marcaria.<br />

Vuy doveti havere inteso et essere informato della concessione et donatione, quale<br />

facissimo fare altra volta a Rolando da Firenzola, et cosl della lettera de exempitone


che etiam<strong>di</strong>o la facissimo fare, non obstante che la <strong>di</strong>cta possessione de soa natura e<br />

per consuetu<strong>di</strong>ne del passato sia stata preservata exempte; et non obstante questo<br />

pare 209r che quelli dacierii, o perché <strong>di</strong>cta lettera de exemptione non sia forse stata<br />

presentata così in tempo, o, perchè se sia, lo vogliono molestare. Il perché, considerate<br />

Ie pre<strong>di</strong>cte cose, non pare, e cosi vi <strong>di</strong>cemo e vi comettemo che ve debiati inzignare et<br />

servare modo de retrare <strong>di</strong>cti dacieri dala <strong>di</strong>cta molestia et per modo che <strong>di</strong>cto Rolando<br />

sia conservato exempte secundo el tenore delle nostre lettere e considerata ancora la<br />

natura delIa <strong>di</strong>cta soa (a) possessione e consuetu<strong>di</strong>ne del passato. Data Marcharie, xvii<br />

ianuarii 1454.<br />

Ser Alexander.<br />

Cichus.<br />

(a) soa in interlinea.<br />

778<br />

Francesco Sforza ricorda al podestà <strong>di</strong> Fiorenzuola che per due anni non deve molestare gli<br />

ebrei per quel che pagavano ogni anno avendogli promesso una “certa quantità <strong>di</strong> denari”.<br />

Potestati Florenzole.<br />

(1454 gennaio 17, Marcaria).<br />

Considerato che tucti Ii ebrei cha stanno nel dominio et terre nostre ne hanno de<br />

presenti subitamento (promesso) de certa quantità <strong>di</strong> denari et habiano havuto capitulo<br />

cum nuy che per questi duy anni non Ii debiamo dare impazo alcuno de quello ne<br />

solevano et doveano dare ogni anno per <strong>di</strong>cti doy anni tanto, nel quale capitulo se<br />

intendeno ancora Ii ebrei de quella terra quali, como say, ne pagavano ogni anno<br />

vinticinque ducati, te commettiamo et volimo cha ad essi ebrei per questi duy anni<br />

avenire non Ii debii dare impazo alcuno per <strong>di</strong>cta casone; et cossì volemo ancora sia<br />

observato per il tuo successore. Data ut supra.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

779<br />

Francesco Sforza in accordo con quanto convenuto con gli ambasciatori <strong>di</strong> quella comunità,<br />

vuole che il podestà <strong>di</strong> Treviglio abbia cura per l’accordato fieno per i cavalli <strong>di</strong> Colella da Napoli.<br />

Potestati nostro Trivilii.<br />

(1454 gennaio 17, Marcaria).<br />

Quella comunità n’ha mandato duy qui duy suoi ambassatori a rechiederne alcune<br />

cose, quale nuy gli l’habiamo concesso, como intenderay; et tra I’altre cose havemo<br />

or<strong>di</strong>nato che debiano dare del feno alIi cavalli de Colella de Napoli, nostro conductero,<br />

fina tanto che nuy seremo a Milano. Pertanto te ne avisamo et volemo che così se<br />

facia; et anche perchè intendemo che in Triviglio gli è pure del feno, volemo prove<strong>di</strong> se<br />

n’habia bona cura et non se consumi in lo bestiame delIa terra se non con bono or<strong>di</strong>ne,<br />

havendo recomandato el spectabile Colella pre<strong>di</strong>cto. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

780<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà <strong>di</strong> Caravaggio <strong>di</strong> non dare molestia ai beni <strong>di</strong> Seco.<br />

209v Potestati nostro Caravagii.<br />

1454 gennaio <strong>16</strong>, Marcaria).<br />

Per certi rispecti te comettemo et volemo che non debii dare molestia né novità alcuna<br />

in li beni de ogni bene (de) Seco. Marcharie, xvii ianuarii 1454.<br />

Irius.


Cichus.<br />

781<br />

Francesco Sforza scrive ad Antonello de Campania, commissario <strong>di</strong> Lovere, che se egli avesse<br />

conosciuto i sentimenti ducali verso i gentiluomini Cristoforo, Baldassare e Bartolomeo de Zeleri<br />

non li avrebbe mandati da lui, perchè essi, tutta la loro casa, i loro antenati sono sempre stati<br />

buoni e fedeli servitori dei Visconti. Mentre i Veneziani sono “passionari de voluntà et<br />

particularità”, lui è ben altro e ha “ogniuno per bono”. Vuole che Antonello si scusi e faccia<br />

annullare ogni segurtà richiesta in modo che capiscano che il duca li ha per “boni servitori”.<br />

(1454 gennaio 17, Marcaria).<br />

Antonello de Campania, commissario Luere.<br />

Questi zentilhomini Cristofaro, Baldasar, Zorzo e Bartolomeo de Zeleri sonno stati da<br />

nuy con toa lettera, e inteso la rasone perchè l’hay mandati da nuy, te <strong>di</strong>cemo che ne<br />

rendemo certi che se tu fosti stato informato della mente nostra et havesti saputo quello<br />

che sapemo nuy non haveristi facto quello hay facto, perchè questi zentilhomini et la<br />

casa soa et soi passati sonno continuamente stati boni servitori e affectionati ad Ia casa<br />

nostra delli signori Vesconti et così vanno loro dreto al suo naturale instincto. Et perchè<br />

e Venetiani e altri de quello paese e altrove siano passionati de voluntà et particularità<br />

questo non è nostro costume, nè andemo nè volemo andare dretro a queste cose, ma<br />

volemo essere in<strong>di</strong>fferenti e havere ogniuno per bono dal canto nostro; sichè nuy li<br />

havemo ricolti gratiosamente e acarezati e supplito per ti al <strong>di</strong>sturbo e <strong>di</strong>sconzo gli hay<br />

dato, e restamo che dal canto tuo per conformarte ala voluntà nostra et per satisfare e<br />

reparare a quello che hay facto, che tu fazi el simile, cioè che Ii recogli humamente et<br />

gratiosamente quanto sia possibile, facendo la tua scusa più honestamente che potray,<br />

<strong>di</strong>cendo che tu non eri ben informato dela conductione et natura soa et ancora non Ii<br />

mandasti da nuy perchè dovessavo recevere alcuno sinistro né mancamento, ma solo<br />

per alcune informatione che erano date perchè solo si presentasseno da nuy, como<br />

ancora nuy gli havemo <strong>di</strong>cto, et per l'avenire che li vogli acarezarli e fargli ogni honesto,<br />

bono tratamento e favore sichè cognoscano che nuy l’habiamo in lo numero delli nostri<br />

boni servitori et che tu sei retracto dal tuo primo concepto, facendoli annullare et<br />

cancellare ogni segurtà tolta da loro per <strong>di</strong>cta casone. Deinde, scrivendo questa,<br />

havemo 210r recevuto I'altra tua lettera con li testimonii recevuti, et cetera; ad che non<br />

<strong>di</strong>cemo nè repplicamo altro se non quanto è <strong>di</strong>cto de sopra. Data ut supra.<br />

Ser Alexander.<br />

Cichus.<br />

782<br />

Francesco Sforza preso atto <strong>di</strong> quanto fattogli sapere da Maffeo Stampa, podestà <strong>di</strong><br />

Treviglio,circa la liberazione <strong>di</strong> quello <strong>di</strong> Valle Magna, detenuto sotto garanzia in cambio dei tre<br />

confinati da Venezia in quella terra, oltre a quanto detto nei capitoli della sottrazione <strong>di</strong> quel<br />

territorio a Diotesalvi e agli altri da Petachio, soldato del conte Giacomo “presi et rescossi”,lo<br />

Sforza gli scrive essere sua intenzione che quello della Valle Magna e il compagno siano liberi <strong>di</strong><br />

andare con Diotesalvi e gli altri in adempimento <strong>di</strong> quanto da lui promesso e <strong>di</strong> osservare per i<br />

tre <strong>di</strong> quello che si era garantito, ma perchè gli sforzeschi non siano peggio trattati dei veneziani,<br />

vuole che si costringa quello <strong>di</strong> Valle Magna a pagare quanto fu versato nella cattura loro.<br />

Mafeo Stampa, potestati Trivilii.<br />

(1454 gennaio 17, Marcaria).<br />

Veduto quanto ne scrive delIa liberatione de quello de Valle Magna, socto sicurtate<br />

detenuto Iì per contracambio de quelli tre de quella terra erano confinati per la signoria<br />

de Venezia, quali, preter la continentia delli capituli concessi per nuy nella adeptione de<br />

quell terra al strenuo Deotesalvi et aIi altri, erano lì per la signoria pre<strong>di</strong>cta foreno per<br />

Pathachio, soldato del conte Iacomo, presi et rescossi donde venevano et dovevano<br />

libere essere relaxati, te respondemo che nostra intentione seria pre<strong>di</strong>cto de Valle de<br />

Magna et similiter il compagno fossero libere andare insieme cum Deotesalvi et con Ii<br />

altri et observarli quanto per nuy Ii fo promesso, siando observato alIi <strong>di</strong>cti tre de lì


quello se Ie doveva versavice observare; ma ad ciò che Ii nostri non siano in lo peyore<br />

grado de quelli della signoria, ce pare e così intendemo se possa astrenzere quello de<br />

Val de Magna, o soe securtade, ad satisfare aIi <strong>di</strong>cti nostri <strong>di</strong> quello forono astretti ad<br />

paghare nella captura loro; et cosi exequiray. Data ut supra.<br />

Andreas Fulgineus.<br />

783<br />

Francesco Sforza trasmette a Gaspare da Sessa la lettera con la quale può sollecitare il<br />

segretario ducale Angelo Simonetta a dargli i trecento ducati promessigli.<br />

Si stupisce perchè proprio dove sta egli debba chiedere strame; faccia come gli altri nel<br />

Bresciano e altrove che “mandano a farlo de continuo”.<br />

Gaspari de Suessa.<br />

1454 gennaio 17, Marcaria.<br />

Vedendo quanto ne scrive che non hay ancora havuto quelli ducati trecento che<br />

havemo or<strong>di</strong>nato te siano dati, nuy scrivemo denovo a Angelo, nostro secretario, per<br />

l'aligata che subito te Ii faci dare; sichè se tu non gli hay havuti fin ad qui, manda da luy<br />

perchè siamo certi ti expe<strong>di</strong>rà subito et senza <strong>di</strong>mora.<br />

Al facto de strame per Ii tuoy cavalli <strong>di</strong>cemo che ne maravigliamo dela toa domanda<br />

perchè tu sei in loco, che tu doveresti havere facto reponere strame ad bastanza per Ii<br />

tuoy cavalli et anchora per darne ad li altri. Parne che tu faci et posse fare como fanno li<br />

altri nostri soldati sonno de qua in queste frontere de Bressana, como quelli stanno ad<br />

Calvisano et Ii altri luoghi ,quali mandano ad farlo de continuo. Ex Marcharia, xvii<br />

ianuarii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

784<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce a Giovanni Carolo de Collectis <strong>di</strong> meravigliarsi che, con quanto ha<br />

ricevuto dal cancelliere ducale Teseo dalla esazione delle tasse e del carriaggio, non habbia<br />

anche avuto le lettere ducali in argomento con cui lo Sforza gli comandava <strong>di</strong> fare la stessa cosa<br />

<strong>di</strong> cui gli ha scritto Teseo circa il comportamento in simile esazione e <strong>di</strong> dargli la copia dei suoi<br />

quadernetti, oltre all’avviso datogli <strong>di</strong> andare con le sue scritture e ragioni dal duca, come con<br />

lettere ducali <strong>di</strong> Francesco <strong>di</strong> ser Antonio.<br />

Cristoforo da Cambiago ha scritto al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> perchè avvisi il duca se i Sanseverino<br />

sono o non a Treviglio.<br />

210v Iohanni Carulo de Collectis.<br />

(1454 gennaio 17, Marcaria).<br />

Respondendo a quanto tu n’hay scripto circa quello hay havuto da Theseo, nostro<br />

cancellero, circa la exactione delli <strong>di</strong>nari delle taxe e del carezo de quella parte, la<br />

comissione delIe quale tasse et carezo havemo commissa a luy, ve <strong>di</strong>cemo,<br />

maravigliandone non habiate havute altre nostre lettere in questa materia, che volemo<br />

cha tu debii fare quanto <strong>di</strong>cto Theseo t’ha scritto in ciò subito, dagandole la copia deIli<br />

quaderneti toi, et de quanto bisogna in fare in questa exactione, sichè non habia<br />

perdere tempo veruno per fare la <strong>di</strong>cta exactione per tua cagione; et ulterius che subito<br />

vegni da nuy, como per lettere nostre, o de Francesco de ser Antonio, de’ essere stato<br />

avisato e che porti con te Ie scripture et ragione tor de quanto hay exeguito. In la qual<br />

toa venuta ti sarà data resposta ad l’altre parte delIa toa lettera conveniente. Data ut<br />

supra.<br />

Ser Alexander.<br />

Cichus.<br />

Die suprascripto.<br />

Per Cristoforum de Cambiago scriptum fuit locuntenenti Laude ut aviset dominum si illi<br />

de Sanctoseverino sunt in Trivilio, vel non.<br />

Cichus.


785<br />

Francesco Sforza, omesso quanto celermente gli trasmetteranno i gentiluomini, <strong>di</strong>ce ad<br />

Antonello de Campenea, podestà <strong>di</strong> Lovere, che scriverà al Colleoni perchè gli lasci Cristoforo<br />

da Cremona con i suoi fanti oppure provveda come gli pare. Gli man<strong>di</strong> l’eremita Colla. Vuole<br />

che sia molto cauto nei riguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> quelli della Val Seriana che gli sono stati accusati: intenda<br />

bene la faccenda e gli riferisca tutto. Non vuole che si impicci della roba dei Bresciani. Tenga<br />

l’armata dove crede, purchè sia al sicuro. Cerchi <strong>di</strong> far amici ì nemici e non viceversa.<br />

Antonello de Campenea, potestati Lovere.<br />

1454 gennaio 18, Marcaria.<br />

Per un’altra nostra, che portano questi zentilhomini de celere, te scrivemo integramente<br />

quanto bisogna circh’al facto loro; sichè per questa solo respondemo ad l’altre parte<br />

delIa toa lettera. Et primo, al facto de fanti da metere Iì, ne pare <strong>di</strong>chi molto bene; et<br />

così scrivemo a Bartholomeo Coleone che gli lassa Christofaro da Cremona con Ii suoi<br />

fanti, o gli (a) proveda como meglio Ii parerà, con il quale haveray ad solicitare questa<br />

cosa. Al facto de quello Colla heremito, fa ch’el venga 211r qui da nuy a parlarne. De<br />

quelli de Valle Seriana, che te sonno accusati, guarda ad intendere molto bene la cosa,<br />

et advisane poi nuy de quanto troveray, anzi proce<strong>di</strong> ad altro, perchè ad simile cosa<br />

nuy se movemo mal voluntera che danno piutosto mala con<strong>di</strong>ctione aIi stati che bona a<br />

credere nè moverse tropo facilmente. DelIa roba de quelli citta<strong>di</strong>ni de Brexa non volemo<br />

per modo alcuno tu te ne impazi, perché quello che anche non havemo facto, non lo<br />

volemo principiare per cento livre. L’armata guarda ad tenerla dove pare a te, purchè la<br />

stia in loco sicuro. Attende bene ad quelle cose et sforzate tenere ben carezati et<br />

e<strong>di</strong>ficati quelli homini, et piutosto farne delli inimici amici che delli amici inimici. Et de<br />

quanto ala giornata seguirà, fa che ne siamo avisati. Data Marcharie, xviii ianuarii 1454.<br />

Iohannes Chiapanus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue lassa depennato.<br />

786<br />

Francesco Sforza scrive a Bartolomeo Colleoni d’essere contento della <strong>di</strong>stribuzione fatta (un<br />

ducato a cavallo) dei denari presi a quelli che cagionarono la calata dei nemici, pur se lui non<br />

scorda che gli uomini della valle ebbero danni sia dai nemici che dai suoi soldati. Il duca gli <strong>di</strong>ce<br />

che se fosse stato avvisato, sarebbe intervenuto lui sia per Sagramoro Visconti rimasto in Val<br />

Trescorre, che per Brusaporto. Gli va che il Colleoni vada verso Brivio, che abbia scritto al<br />

Consiglio segreto per avere bombarde, così che gente si porti al <strong>di</strong> là dell’Adda,come per l’invio<br />

<strong>di</strong> fanti alla rocca <strong>di</strong> Baiedo. Prende atto che gente sia lasciata a Sovere per la sicurezza <strong>di</strong><br />

Lovere, luogo, questo, <strong>di</strong> tale importanza per cui il Colleoni farebbe bene a mandarvi il<br />

conestabile Cristoforo da Cremona con i suoi fidati fanti.<br />

Non è vero che Sagramoro ha una commissione ducale per la Val Camonica; lo Sforza vi ha già<br />

provveduto. Informato dell’assalto nemico fatto alla rocca Urgnano, si <strong>di</strong>ce certo che il Colleoni<br />

ha provveduto a che i nemici non le facciano danno. Si conferma al corrente dei “boni<br />

tractamenti” <strong>di</strong> Antonello de Campagna e gli darà <strong>di</strong> ciò testimonianza del suo gra<strong>di</strong>mento.<br />

Lo informa che domani si porterà ad Asolo e lo informerà <strong>di</strong> quel che succederà. Infine<br />

raccomanda al Colleoni <strong>di</strong> sollecitare quelli della Val Camonica a vigilare i loro passi per<br />

prevenire qualsiasi attacco nemico.<br />

Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

1454 gennaio 18, “ex Aquanigra”.<br />

Havemo recevuto tre vostre lettere de dì xi et xv del presente et bene inteso quanto per<br />

esse ne scriveti; alla quale respondendo, primo, della lista delli <strong>di</strong>nari havuti da quelli,<br />

quali erano stati casone de fare venire li inimici lì, et cetera, ve <strong>di</strong>cemo che della<br />

<strong>di</strong>stributione n’haviti facto ad uno ducato per cavallo, ne piace; benchè in vero non<br />

sapiamo como sia stato ben facto, considerato il damno hanno recevuto li homini de<br />

quella valle, così dali nostri, como dali inimici ad tuorgli al presente questi <strong>di</strong>nari, pur ne<br />

piace. Quanto haviti facto de domino Sagramoro Vesconte, qual <strong>di</strong>ceti è remasto in


Valle Trascorre, et che vuy provederiti ad Bruscaporcho delli vostri, non <strong>di</strong>cemo altro,<br />

poi site remasto d’acor<strong>di</strong>o così, ma quando ad vuy ni fosti parso, et ne havesti avisato,<br />

gli haveriamo proveduto. Del’andare verso Brivio et dela provisione haveti facta in<br />

scrivere al Consiglio delle bombarde et gente ve pareno vadano ad campo al 211v al<br />

<strong>di</strong>cto loco dal canto dellà da Adda, et cetera, così delli fanti haviti mandati alla rocha de<br />

Bayedo, restamo molto contenti et commen<strong>di</strong>amo la <strong>di</strong>ligentia vostra; ali quali anche<br />

nuy havemo scripto el medesmo. Sichè benchè siamo certi non bisogni, ve caricamo<br />

attendati per ogni modo ad levare via quelle doe roche per quiete et secureza de quelle<br />

parte.<br />

Delle gente haveti lassato ad Sovere per secureza del loco de Lovere restamo advisati;<br />

ad nuy pare, considerato de quanta importantia è quella nostra terra de Lovere, che vuy<br />

lì faciati andare Christoforo da Cremona, nostro conestabile, qual è pure fidato et tene<br />

fanti fidati.<br />

De quello <strong>di</strong>ce domino Sagramoro de havere nova commissione da nuy de Valle<br />

Camonica, ne maravigliamo perché non è vero, ma como haveriti inteso, nuy gli<br />

havemo proveduto; sichè non <strong>di</strong>cemo altro. Cossì restamo advisati del’assalto hanno<br />

facto quelli da Bergamo ala rocha de Urgnano confortandovi, benchè siamo certi non<br />

bisogna, ad volere provedere et or<strong>di</strong>nare che l’inimici da Bergamo non possano far<br />

damno in veruno locho.<br />

Delli boni tractamenti de Antonello de Campagna restamo advisati; sforzaremo<br />

recognoscerlo per modo haverà ad restare da nuy bene contento.<br />

Nuy siamo venuti questa matina qui et domatina andamo ad campo ad Asola; de quello<br />

seguirà sereti advisato. Ne pare, così ve confortiamo vogliati scrivere et or<strong>di</strong>nare ad<br />

questi sonno verso Valcamonica che stiano imponcto et admonire quelli della Valle che<br />

guar<strong>di</strong>no li passi ad ciò che, mettendose l’inimici ad fare qualche cosa per essere nuy<br />

venuti qui, non possano fare damno alcuno. Ex Aquanigra, xviii ianuarii 1454.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

787<br />

Francesco Sforza vuole che il castellano <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, se non vi ha già provveduto, a ogni richiesta<br />

del Consiglio segreto, gli faccia avere la bombarda, detta la Veneziana, curando poi che rientri lì.<br />

212r Castellano Laude.<br />

1454 gennaio 18, “in villa Aquanigre”.<br />

Se ala ricevuta <strong>di</strong> questa non havesti datto al nostro Consiglio secreto quella bombarda<br />

<strong>di</strong>cta la Venetiana, como sel stato richiesto, volemo, et cossì te comman<strong>di</strong>amo che ad<br />

ogni soa petitione la debii dare con tutti li soy fornimenti, consignando a chi per esso<br />

Consiglio te serà or<strong>di</strong>nato, non altramenti che se nuy proprii te l’or<strong>di</strong>nassemo. Ma<br />

volemo bene puoy sia tua cura <strong>di</strong> sollicitare et fare che <strong>di</strong>cta bombarda te sia riducta et<br />

consignata lì. Data in villa Aquenigre, xviii ianuarii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

788<br />

Francesco Sforza comunica al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> aver scritto al locale castellano, che s’era<br />

opposto alla richiesta del Consiglio segreto dell’invio della “Veneziana” per Baiedo, <strong>di</strong><br />

assecondare tale richiesta. Il duca approfitta del caso per iricordare al luogotenente <strong>di</strong> eseguire<br />

ogni or<strong>di</strong>ne consigliare.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1454 gennaio 18, “in villa Aquanigre”).<br />

Havemo inteso quanto ne scrivete che, havendo el nostro Consiglio secreto richiesto la<br />

bomberda <strong>di</strong>cta la Venetiana per mandare a Bayedo, quello nostro castella(no), gli l'ha<br />

prohibita et denegatogliela, perchè non ha commandamento da nuy, et cetera; vi <strong>di</strong>cimo<br />

che quantunque luy havesse commandamento <strong>di</strong> nuy, tamen haveria facto bene et non<br />

haveria puncto fallito. Pur mò, aciò non gli facia contrarietate, gli scrivemo per la alligata


che exequisca quanto per esso Consiglio gli serrà or<strong>di</strong>nato, et cossì voy, in qualunque<br />

cosa or<strong>di</strong>narà et commandarà el prefato Consiglio, fariti dare celera executione. Data ut<br />

supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

789<br />

Francesco Sforza scrive ad Astorgio Manfre<strong>di</strong>, signore <strong>di</strong> Faenza, che è superfluo ogni suo<br />

ringraziamento per l’onore ricevuto a Cremona, perchè nel castello <strong>di</strong> Cremona, <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, <strong>di</strong><br />

Pavia, <strong>di</strong> Milano o <strong>di</strong> altro luogo sforzesco deve sentirsi come a Faenza. Lo ringrazia per i<br />

suggerimenti datigli. Lo informa che da Acquanegra, domani si sposterà ad Asola: sarà<br />

informato <strong>di</strong> quanto accadrà, così come avverrà per quella cosa <strong>di</strong> cui è a conoscenza.<br />

1454 gennaio 18, “in villa Aquanigre”.<br />

Magnifico domno tanque fratri nostro carissimo domino Astorgio de Manfre<strong>di</strong>s,<br />

Faventie, et cetera.<br />

Havemo recevuto la lettera della vostra signoria et inteso quanto quella ne scrive<br />

rengratiandone del’honore recevuto ad Cremona, et cetera; al che respondendo,<br />

<strong>di</strong>cemo che non bisogna la vostra signoria de ciò ne rengrazia perchè ogni honore suo<br />

è nostro medesmo. Et essendo essa vostra signoria in castello de Cremona, o de Lode,<br />

o de Pavia, o de Milano, o altrove nel paese nostro 212v pò reputare proprie essere in<br />

quello de Favenza; sichè non bisogna vostra signoria ne rengrazia per questo. L’avisi<br />

ne fa essa vostra signoria ne sonno stati cari et ne la rengraziamo. Nuy ogi siamo<br />

venuti qui et domane, con la Dio gratia, andaremo ad campo ad Asola. De quanto<br />

seguirà ne serà essa vostra signoria avisata; de quella altra facenda che essa vostra<br />

signoria sa, la cosa pur sta così ancora; de quanto ne seguirà ad effecto, la vostra<br />

signoria ne sara avisata. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

790<br />

Francesco Sforza ingiunge al referendario <strong>di</strong> Pavia, che gli ha comunicato il nuovo “excesso et<br />

tumulto” contro i dazieri che ha sconvolto Pavia <strong>di</strong> volere che si faccia un’indagine sui colpevoli<br />

contro i quali vuole che si agisca “rigidamente et severamente”.<br />

Vuole che convochi i deputati <strong>di</strong> provvisione e riferisca loro il rammarico del duca per avere<br />

usato umanità con gli autori delle precedenti sommosse della città.<br />

Sappiano tutti che è inutile perorare per i colpevoli delle nuove agitazioni: chiunque avrà<br />

sbagliato, pagherà il fio del suo errore.<br />

Referendario Papie.<br />

1454 gennaio 19, “Aquanigre”.<br />

Per vostre lettere restiamo avisati del’excesso et tumulto facto in quella nostra cità<br />

contra Ii nostri dacieri Iì per quelli giottoni et gli altri che hanno susitato questo rumore;<br />

del che havemo despiacere et molestia et tanto quanto <strong>di</strong>re se possa, tanto più quanto<br />

questo è multiplicare errore sopra errore et renovare Ie paghe vechie.<br />

Pertanto volemo, et per Ie presenti ve commettemo che debiati provedere per via de<br />

inquisitione et condemnatione contra tuti questi tali che atrovareti delinquenti et<br />

colpevoli in questa cosa, ex forma officii vestri, rigidamente et severamente et non<br />

guardate in volto ad persona veruna, et sia che se voglia. Et del tuto quanto procederite<br />

in questa materia, continuamenti avisatene per vostra littera.<br />

Apresso volemo che ve retrovati con quelli deputati ad la provisione de quella nostra<br />

comunità et gli faciati questa ambassata per nostra parte, che nuy comprendemo<br />

manifastamente ch’el havere perdonato lo inconvenente passato che occorse in quella<br />

nostra cità et havere usato humanità ad quelli che fecero quello altro excesso, ha più<br />

presto ingagliar<strong>di</strong>to et facto presumptuosi 213r de quelli de Pavia che castigate, nè<br />

emandati, et ha più presto noxuto che giovato. Donde li avisareti et certificareti per


nostra parte che da hora inante nuy deliberamo non perdonare più, s’el fosse nostro<br />

figliolo che falasse, imo punire ciascuno che desordanerà et cometterà simili errori per<br />

modo dagano exempio ad Ii altri, et non sia veruno de loro che ne (a) parla più de<br />

perdonare, nè fare gratie, perchè che ne Ie domandarà se faticarà indarno. Data<br />

Aquenigre, xviiii ianuarii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

(a) ne in interlinea.<br />

791<br />

Francesco Sforza comanda a Giovanni de Federixiis, quondam Thodeschini, <strong>di</strong> non insistere a<br />

voler costringere Giovanni da Milano, abitate a Cugnolo e famiglio <strong>di</strong> Giannuzzo de Lezo, a<br />

sostenere i carichi “occurrenti” <strong>di</strong> Cugnolo, pur essendo lui soldato e in campo ai servizi ducali.<br />

(1454 gennaio 19, “Aquanigre”).<br />

Iohanni de Federixiis quondam Thodeschini.<br />

Zohanne da Milano, habitante in Cugnolo, famiglio de Ianuzo de Lezo, nostro<br />

conductero, ne ha exposto che in quella terra de Cugnolo è gravato et astrecto ad<br />

contribuire aIi carichi gli occoreno senza haverli respecto alcuno, che sia soldato et che<br />

stia in campo aIi nostri servicii; la quale cosa, essendo così, ne pare sia malfacta.<br />

Pertanto volemo et comettemo che al <strong>di</strong>cto Iohanne non lassi dare impazo, nè molestia<br />

alcuna circa Ii carichi occurrenti in essa terra, altramente como è facto aIi nostri soldati<br />

per modo che non habia casone de lamentarse. Data ut supra.<br />

Nicolaus.<br />

Cichus.<br />

792<br />

Francesco Sforza scrive a Bongiovanni, referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, <strong>di</strong> sospendere ogni proce<strong>di</strong>mento<br />

contro un taverniere <strong>di</strong> Castiglioni, intentato dai dazieri lo<strong>di</strong>giani con l’accusa che detto<br />

taverniere vendeva vino senza licenza. Il duca all’arrivo a Lo<strong>di</strong> vorrà sentire l’una e l’altra parte e<br />

deciderà secondo giustizia.<br />

Domino Boniohanni, referendario Laude.<br />

(1454 gennaio 19, “Aquanigre”).<br />

Gravandose Ii homini de Castiglione che per Ii datieri de quella nostra città è stato<br />

proceduto contra uno loro tavernaro faceva la taverna (a) in la <strong>di</strong>cta terra per havere<br />

venduto vino senza licentia et contra Ii or<strong>di</strong>ni loro et che, per casone de ciò, è stato<br />

condemnato in certa quantità de denari; del che <strong>di</strong>cono recevere gran torto. Intendemo<br />

non se proceda in questa cosa ad acto alcuno contra <strong>di</strong>cto tavernaro, o homeni per fine<br />

non siamo nuy Iì ad Lode, dove speramo essere presto; sichè faray sopersedere in<br />

questa causa fine alIa nostra venuta, che vorrimo intendere l’una parte et l'altra et vedere<br />

chi ha raxone, et ad quello darla. Ex Marcharia, xx ianuarii 1454.<br />

Andreas Fulgineus.<br />

(a) In A tavernaro con ro depennato.<br />

793<br />

Francesco Sforza vuole che Gracino da Pescarolo e il referendario <strong>di</strong> Pavia facciano assegnare,<br />

nei luoghi nei quali lo percepiva il suo predecessore, il salario dovuto a Giovanni Stefano de<br />

Casate, capitano della Lomellina, cui ha anche affidata la cura <strong>di</strong> riscuotere le tasse.<br />

1454 gennaio 20, Marcaria.<br />

213v Gracino de Piscarolo et referendario Papie.<br />

Perchè ad domino Iohanne Stefano de Casate, nostro capitano de Lomellina, ultra el<br />

capitaneato havemo dato la cura de scodere Ie taxe, et non voressemo che, per<br />

casone de venire a solicitare el suo pagamento, havesse a perdere tempo, volimo che


ve<strong>di</strong>ati de fargli Ia assignatione del pagamento suo salario in quelli lochi in Ii quali se<br />

fece al suo precessore, aciochè possa conseguire el debito suo et solicitare Ii facti<br />

nostri senza per<strong>di</strong>ta alcuna de tempo. Data Marcarie, xxi ianuarii 1454.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

794<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Giovanni Stefano de Casate <strong>di</strong> tenere pronti i denari della riscossione<br />

delle tasse dei cavalli dello scorso bimestre, perchè li manderà a prendere. Gli raccomanda <strong>di</strong><br />

pre<strong>di</strong>sporre tutto perchè la riscossione <strong>di</strong> dette tasse abbia un ritmo mensile costringendo<br />

Vigevano e gli altri debitori a pagare secondo il compartito, ricorrendo, se necessario, ad atti<br />

ingiuntivi per un pronto pagamento.<br />

Lo rassicura <strong>di</strong> aver scritto a Gracino e al referendario <strong>di</strong> Pavia per il suo salario.<br />

Domino Iohannistefano de Casate.<br />

1454 gennaio 21, Marcaria).<br />

Havemo recevuto Ie vostre lettere et inteso quanto ne scriveti del scodere delle taxe<br />

delli nostri cavalli da duy mesi passati; al che respondendo, <strong>di</strong>cemo che debiati far<br />

tenere impuncto Ii denari, perchè Ii mandaremo ad tuore de presente per proprio<br />

messo, et cossì mettere in or<strong>di</strong>ne con effecto che Ii denari d’esse taxe siano scossi de<br />

mese in mese, como per altre nostre ve habiamo scripto. Et questo non manchi per<br />

veruno modo, astringendo la comunità de Vegevano et tutti Ii altri debitori ad pagare<br />

secundo el compartito et facendoli ogni executione opportuna perchè subito paghino et<br />

senza <strong>di</strong>mora et per<strong>di</strong>tione alcuna.<br />

Al facto delle vostre paghe che ve restino, nuy scrivemo ad domino Gratino et lo<br />

referendario nostro de Pavia che ve provedano per ogni modo siati satisfacto. Data ut<br />

supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

795<br />

Francesco Sforza informa il familiare Fiorentino da Firenze che manda lì il suo famiglio Maso<br />

con i suoi buoi. Li provveda <strong>di</strong> sistemazione e del fieno ducale quel tanto che gli chiederà Maso.<br />

1454 gennaio 21, Marcaria.<br />

215r Florentino de Florentia, familiari nostro.<br />

Man<strong>di</strong>amo Iì Maso, nostro famiglio, presente exhibitore, con Ii nostri bovi, quali volimo<br />

staghino Iì; pertanto volemo Ii fazi alogiare et provedergli <strong>di</strong> quello nostro feno secundo<br />

luy te rechiederà, quale venne informato delIa mente nostra. Ex Marcharia, <strong>di</strong>e xxi<br />

ianuarii 1454.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

796<br />

Il provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema risponde al duca in merito alla sua revoca dei salvacondotti facendogli<br />

osservare che tale sua revoca è fasulla perchè a Crema “zà bon tempo” non beneficia <strong>di</strong><br />

salvacondotti che Gorone da Capua ”per doe bestie de andare per legna”.<br />

Il provve<strong>di</strong>tore gli fa poi osservare che del suo embargo Crema se ne stropiccia perchè ha da<br />

vivere” victualie per più de duy anni et mezo ala grassa.”<br />

1454 gennaio 17, Crema.<br />

Responsio littere scripte per dominum nostrum provisori Creme pro revocatione<br />

generali salvorumconductorum illustrissimo domino duci Me<strong>di</strong>olani, et cetera.<br />

Illustrissimo princeps, et cetera, lettere delIa signoria vostra ho recevute de dì 15 del<br />

presente per la quale intendo la excelentia vostra revocare Ii salviconducti concessi de


podere condure in questa terra mercantia et etiam revoca tutti Ii salviconducti concessi<br />

de podere levare et condure legne et strame, de poter cazare et fare qualunque<br />

exertitio in lo territorio de Crema; la qual revocatione non bisognarà, perchè niuno de<br />

questa terra ha salvoconducto de potere fare alcuna de queste cose zà bon tempo,<br />

salvo che Gorone da Capua per doe bestie de andare per legna, el qual, subito inteso<br />

el scrivere delIa signoria vostra, ho revocato; nè per questo creda la signoria vostra de<br />

assi<strong>di</strong>arne, perchè certifico quella con fede de zentilhomo che nuy habiamo da vivere in<br />

questa terra d’ogne con<strong>di</strong>ctione de victualie per più de duy anni et mezo ala grassa; et<br />

Ia experientia et demostra perchè qui è megliore mercato d’ogne victualie, che terra<br />

che habia la signoria vostra. Ex Crema, xvii ianuarii 1454.<br />

Andreas Dandolus provisor Creme et cetera.<br />

797<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al referendario <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> provvedere che i dazieri non abbiano a<br />

costringere a pagare il dazio dell’imbottatura Romagnolo e Cristoforo, compagni <strong>di</strong><br />

Corrado,fratello del duca, i quali hanno un famiglio a Calendasco, villa piacentina, Essi sono<br />

soldati e comprano il vino per consumo in parte proprio. Se i dazieri insistessero nella loro<br />

richiesta, il duca chiede al referendario <strong>di</strong> riferirgliene il perchè.<br />

Referendario Placentie.<br />

(1454 gennaio 21, Marcaria).<br />

Se sonno gravati denanzi da nuy Romagnolo et Christoforo, compagni de Conrado,<br />

nostro fratello, quali tengono loro famiglio ad Calendasco, Villa de Piasentina, che pare<br />

per Ii daciarii del’imbotato siano astrecti et già pignorati ad pagare datio de imbotatura,<br />

cosa che loro non sonno may costumati fare; et il che sentendo, a nuy pare cosa<br />

extrema et non raxonevole, maxime habiando consideratione al consueto et che pur<br />

sonno nostri soldati, et che comprano aIi tempi <strong>di</strong>cti vini per loro usu in parte. Pertanto<br />

215v volemo che prove<strong>di</strong> con <strong>di</strong>cti daciarii, per modo che <strong>di</strong>cti soldati non habiano<br />

casone de darce piu molestia per questo; et casu <strong>di</strong>cti daciarii monstrasseno Ii pre<strong>di</strong>cti<br />

soldati essere tenuti ad pagare, haveremo caro essere avisati deIe casone. Data ut<br />

supra.<br />

Andreas Fulgineus.<br />

798<br />

Francesco Sforza raccomanda ad Antonio da Pescarolo, capitano <strong>di</strong> Casteggio, che quei<br />

mugnai e quel taverniere li deve fare legalmente esaminare in modo da legittimare il fondamento<br />

e l’imputazione delle fro<strong>di</strong> loro imputate ed evitare che lui abbia noie<br />

Pietro da Lo<strong>di</strong> da lui accusato <strong>di</strong> fuga è andato da lui e ora glielo rimanda.<br />

Anche con lui deve procedere ex iure e sospenda l’or<strong>di</strong>ne dato contro Raffaele Morbio fino a<br />

quando Pietro risulterà che sia o non in <strong>di</strong>fetto. Lo informa che in seguito gli segnalerà il da farsi<br />

circa il <strong>di</strong>vieto da lui dato per il porto <strong>di</strong> Parpanese: ora curi che non si commettano fro<strong>di</strong> per<br />

quella via. Gli ripete per quelli <strong>di</strong> Portalbera quanto sopra detto, <strong>di</strong> procedere, cioè, anche con<br />

loro per vie legali. Procuri <strong>di</strong> raccogliere più denaro possibile: in seguito gli <strong>di</strong>rà che deve farne.<br />

Antonio de Piscarolo, capitaneo Clastigii.<br />

1454 gennaio 21, Marcaria.<br />

Havemo recevuto la lettera toa de <strong>di</strong> XVI del presente et inteso quanto, et<br />

comen<strong>di</strong>amotene delIa <strong>di</strong>ligentia toa et te respondemo, primo, ala parte de quelli<br />

molinari e tavernaro ha pigliati, che tu Ii debii far examinare <strong>di</strong>ligentemente per la via<br />

delIa rasone, et fare Ie cose così honeste et iustificate che debitamente non te possa<br />

essere data imputatione alcuna, et tenendo quelli mo<strong>di</strong> et vie te parerano convenienti e<br />

rasonevoli per trovare el fondamento e ingiodadura de queste frosatione, non te<br />

descostandote però dalla rasone.<br />

Ad la parte de Piero da Lo<strong>di</strong>, quale scrivevi era fugito, te <strong>di</strong>cemo ch’el è venuto et stato<br />

da nuy, qual te man<strong>di</strong>amo perch’el si presenti da ti e ch’el staga a ragione. Et quello<br />

havemo <strong>di</strong>cto de sopra circha il modo de procedere et seguitare la ragione, così te<br />

repplicamo de questo altro, tenendo in questo mezo suspexo il comandamento facto a


Raphael Morbio finchè sarà trovata la verita, s’el <strong>di</strong>cto Petro è defectoso o non.<br />

Ad la parte delIa inhibitione hay facta deI porto de Parpanexe, <strong>di</strong>cemo che te avisaremo<br />

per altre nostre de quanto haveray a fare circha ciò; et che in questo mezo vogli havere<br />

bona <strong>di</strong>ligentia et cura sichè non si possano mettere froxe per quella via, nè altro<br />

mancamento ne possa seguire.<br />

Ad la parte de quelli de Portalbera, et cetera, (a) 2<strong>16</strong>r repplicando quanto è <strong>di</strong>cto de<br />

sopra, <strong>di</strong>cemo che tu vogli procedere contra de loro e contra gli altri che se trovasseno<br />

in delicto o fosseno imputati, servata la via delIa ragione et in modo che Ii non te possa<br />

accadere imputazione veruna.<br />

Ad ultima parte delli denari hay scossi, et cetera, te confortiamo et comen<strong>di</strong>amote a<br />

dovere solicitare con ogne <strong>di</strong>ligentia de tirarne suso più che sia possibile; et de quello<br />

che sonno scossi, presto te avisaremo de quello n’haveray ad fare. Habbi in lo<br />

procedere contra questi froxatori sempre memoria ad procedere iustamente, secondo Ii<br />

decreti et or<strong>di</strong>ni delIa Camera nostra usitata, et cetera. Data Marcharie, xxi ianuarii<br />

1454.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue respondendo depennato.<br />

799<br />

Francesco Sforza comanda al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> rimettere, benchè abbiano “gravemente”<br />

attentato contro lo stato, in libertà Bartolomeo e Giovanni Cattaneo,<br />

dopo aver data idonea “securtà”<br />

Locuntenenti Laude.<br />

1454 gennaio 21, Marcaria.<br />

Quantunque Bartholomeo et Zohanne Cataneo, Iì destenuti, habiano gravemente falito<br />

contra’l stato nostro, non<strong>di</strong>meno gli havemo facto gratia et volemo che, dandone loro<br />

idonea securtà d’essere valenthomini, Ii debiati relaxare tuti duy. Ex Marcharia, xxi<br />

ianuarii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

800<br />

Francesco Sforza ingiunge al comune e agli uomini <strong>di</strong> Castell’Arquato <strong>di</strong> far avere ad Antonio<br />

Treco, tesoriere <strong>di</strong> Cremona, le 700 lire che ancora gli spettano sul censo dello scorso anno.<br />

Comuni et hominibus Castriarquati.<br />

(1454 gennaio 21, Marcaria).<br />

Antonio Trecho, nostro tesaurero a Cremona, s’e mandato a dolere con nuy che delIa<br />

soa assignatione, quale gli facessemo altra volta Iì suI censo nostro del’anno passato,<br />

pare non possa essere satisfacto da vuy per settecento livre, che <strong>di</strong>ce Ii restano ad<br />

havere; del che maravigliamo. 2<strong>16</strong>v Pertanto volimo che gli prove<strong>di</strong> in forma ch’el sia<br />

satisfacto subito de quanto resta ad havere per <strong>di</strong>cta soa assignatione per modo che<br />

sentiamo con effecto ch’el sia de ciò contento da vuy; altramente nuy gli faremo tal<br />

provisione ch’el venerà ad essere satisfacto da vuy per ogni modo. Data ut supra.<br />

Ser Alexander.<br />

Cichus.


801<br />

Francesco Sforza comanda al podestà, al capitano e al referendario <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> costringere<br />

quelli <strong>di</strong> Castell’Arquato a fare avere ad Antonio Treco, tesoriere <strong>di</strong> Cremona, le 700 lire che<br />

ancora gli spettano e che gli Arquatesi sono renitenti a dargli per avere lui, duca, concesso<br />

“Castelarquà” al Colleoni.<br />

(1454 gennaio 21, Marcaria).<br />

Potestati, capitaneo et referendario Placentie.<br />

Nuy facessemo più tempo fa assignatione al nobile nostro texaurero de Cremona,<br />

Antonio Trecho, de certa somma de <strong>di</strong>nari sopra el censo nostro del’anno passato che<br />

ne davano Ii homeni de Castelarqua; et pare non habia ancora potuto essere satisfacto<br />

da loro, et che Ii resta ancora da settecento livre, ma più perchè nuy Ii havemo<br />

concessi, cioè quella terra de Castelarquà, al magnifico nostro capitano d’arme<br />

Bartholomeo Coleone, pare che siano renitenti. Pertanto volimo che ad ogni rechiesta<br />

del <strong>di</strong>cto Antonio Trecho, o de suo mandato, debiati strengere <strong>di</strong>cti de Castelarqua, e<br />

qualunque de loro accaderà a capitare Iì, ad satisfarli integramente de quanto resta ad<br />

havere, et per modo che non habiamo pili affano de questo. Data ut supra.<br />

Ser Alexander.<br />

Cichus.<br />

802<br />

Francesco Sforza informa Capuano da Capua <strong>di</strong> aver scritto ai Maestri delle entrate<br />

sollecitandoli a dargli le paghe e quant’altro dovutogli. Non ha che rivolgersi a loro, perchè lo<br />

accontenteranno.<br />

217r Capuano de Capua.<br />

1454 gennaio 23, Marcaria.<br />

Dil’inteso quanto tu ce hai scripto et sei lamentato <strong>di</strong> tractamenti te fanno Ii nostri (a)<br />

Magistri delle intrate nel facto delli danari delle toe paghe et de quello tu resti cre<strong>di</strong>tore,<br />

nuy scrivemo opportunamente et in efficace forma ad Ii <strong>di</strong>cti nostri Maestri, per modo<br />

che ne ren<strong>di</strong>amo certi che provederano alla satisfactione toa per modo che serai<br />

contento; sichè haverai recorso da loro perchè te daranno bona expe<strong>di</strong>tione. Ex<br />

Marcharia, xxiii ianuarii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue magre depennato.<br />

803<br />

Francesco Sforza avverte il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che lì si trovano Tonino da Cossena e Giannino<br />

Morono, autori <strong>di</strong> atti contro lo stato. Li fermino, li mettano nella torre del castello con i ferri ai<br />

pie<strong>di</strong> e procurino <strong>di</strong> “farli ben guardare como homini degni della morte”: il tutto facciano “non<br />

mettendoli però la mane adosso”.<br />

Locuntenenti Laude.<br />

1454 gennaio 23, Marcaria.<br />

In quella nostra cità habiamo uno Thonino da Cossena et uno Ioanino Morono, quali<br />

hanno commisso alcune cose contra el stato nostro. Pertanto volemo Ii debiati far<br />

cercare con honesto modo et farli prendere et mettere in la torre del castello con Ii ferri<br />

aIi pe<strong>di</strong> et farli ben guardare como homini degni dela morte, non mettendoli però la<br />

mane adosso altramente; et quando seremo avisaritine delIa loro detentione. Ex<br />

Marcharia, xxiii ianuarii 1454.<br />

Irius.<br />

Iohannes.


804<br />

Francesco Sforza scrive al capitano <strong>di</strong> Piacenza che in città si trova Polo da Cossena, autore <strong>di</strong><br />

atti contro lo stato. Lo si prenda, lo si metta “in uno fondo de torre”, sia ben sorvegliato “como<br />

homo degno de morte”.<br />

Capitaneo Placentie.<br />

(1454 gennaio 23, Marcaria).<br />

Lì in Piasentina habita uno Polo da Cossena, quale ha commisso alcune cose contra el<br />

stato nostro. Pertanto volemo lo debii far cercare honestamente et farlo prendere et<br />

metterlo in uno fondo de torre, et farlo ben guardare como homo degno dela morte, et<br />

avisarne presto delIa detentione d’esso, non mettendoli però le mane adosso, ma<br />

solamente tenendolo per modo ch’el non se ne possa andare. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Iohannes.<br />

805<br />

Lorenzo de Vitelensibus comunica allo Sforza i risultati dell’indagine affidatagli per la ricerca<br />

della verità nella controversia che opponeva i nobili citta<strong>di</strong>ni piacentini <strong>di</strong> Borgonovo contro i<br />

comuni e gli uomini <strong>di</strong> detto territorio e del suo <strong>di</strong>stretto nell’incertezza se detti nobili devono<br />

contribuire con la città <strong>di</strong> **** o con i predetti comuni e uomini. Lorenzo <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> essersi portato su<br />

detti luoghi, aver veduto le loro allegazioni, aver esaminato testimoni, aver lette scritture, lettere,<br />

istrumenti, sentenze e decreti : tutto gli consente <strong>di</strong> affermare che nel 1409, cioè al tempo <strong>di</strong><br />

Leonardo degli Arcelli, capo in quei luoghi, tutti e singoli i nobili contribuivano con il comune e gli<br />

uomini <strong>di</strong> Borgonovo e del suo <strong>di</strong>stretto per ogni gravezza or<strong>di</strong>naria e straor<strong>di</strong>naria, reale e<br />

personale e mista e godevano delle immunità <strong>di</strong> cui godevano i detti comuni e uomini.<br />

Quando Borgonovo fu eretto in contado con tutte le terre della val Tidone e separato da ogni<br />

città e concessogli l’autonomia, ai tempi dei conti Filippo e Bartolomeo, fratelli Arcelli, i nobili<br />

pagavano con Borgonovo. Alla morte <strong>di</strong> Bartolomeo e alla partenza <strong>di</strong> Filippo, Borgonovo passò<br />

in potere <strong>di</strong> madonna Elena, madre dei suddetti conti. Approfittando dell’iniziale debole governo<br />

<strong>di</strong> donna Elena, i nobili contribuirono con Piacena, ma quando detto governo si rafforzò, i nobili<br />

tornarono a contribuire con il comune <strong>di</strong> Borgonovo e così continuarono a fare quando a donna<br />

Elena subentrò Niccolò Piccinino e in seguito i suoi figli. Dopo il saccomanno <strong>di</strong> Piacenza, la<br />

terra <strong>di</strong> Borgonovo passò in <strong>di</strong>verse mani e i nobili “alcuna fiata hanno contribuito con essa et<br />

alcuna non”. A questo punto la conclusione <strong>di</strong> Lorenzo è che i nobili citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Piacenza, “quali<br />

hanno ad fare in lo <strong>di</strong>stricto de Burgonovo et sue pertinentie merito debbeno contribuire” con<br />

quella terra per quel che possiedono lì in qualsiasi gravezza. A ciò non osta uno statuto <strong>di</strong><br />

Piacenza, il cui incipit <strong>di</strong>ce: “quod inter cives”, e neppur osta un estratto <strong>di</strong> un lacero e<br />

anepigrafo e senza incipit e non datato libro, detto “bissono”. Questo libro non fa fede: i nobili ivi<br />

descritti non sono nominatim estimati per i beni in Borgonovo, mentre lo erano nel passato<br />

come contribuenti a Borgonovo. Non ostano neppure i “boletini de confessione”, siccome non<br />

accennano a possessi sul territorio <strong>di</strong> Borgonovo, mentre i predetti nobili hanno pagato con<br />

Borgonovo per beni posti lì. Non osta il decreto ducale “quamquam deceat” che, sebbene parli <strong>di</strong><br />

terre separate,accenna solo a usurpatori e ad approfittatori dei loro privilegi. Non osta una<br />

sentenza data da Giacomo da Tizoni <strong>di</strong> Vercelli, allora podestà <strong>di</strong> Piacenza e <strong>di</strong> Guideto<br />

Castelione, referendario, in cui si narra della riserva fatta ai nobili nella sospensione data al<br />

suaccennato conte Filippo, ma trattasi <strong>di</strong> un falso, come appare dall’allegazione degli stessi<br />

nobili e, inoltre, si tace che Borgonovo è terra separata. Va poi annotata la nullità <strong>di</strong> detta<br />

sentenza perchè, per <strong>di</strong>sposizione ducale doveva essere emessa dal podestà <strong>di</strong> Piacenza e dal<br />

referendario insieme (ma non avvenne) con il podestà <strong>di</strong> Borgonovo, nè conta che vi fosse un<br />

subdelegato <strong>di</strong> detto podestà. Non contano neppure le lettere esecutorie <strong>di</strong> Ludovico de Calvi,<br />

vicario ducale, perchè <strong>di</strong> lui non si fa parola nelle lettere ducali allegate alla sentenza nè in certi<br />

capitoli e neppure nella “responsione a quelli”. Non ostano neppure i vati ban<strong>di</strong> ai conti Filippo e<br />

Bartolomeo, nè ostano ancora certe lettere ducali, datate Cremona 23 luglio 1451 e segnate<br />

Raffaele, riguardanti i “capitoli” <strong>di</strong> Piacenza con il duca: nella “supplicanza” <strong>di</strong> detti capitoli non si<br />

fa parola <strong>di</strong> terre separate, specie <strong>di</strong> quelle della Val Tidone, eretta solennemente in contado,<br />

Sarebbe stata una grave offesa al duca Filippo Visconti se Borgonovo fosse stata inclusa nella<br />

generalità e non più considerata, come detto duca la intendeva, terra separata. Nella<br />

menzionata “supplicanza” si <strong>di</strong>ce che i nobili, al tempo dei conti Filippo e Bartolomeo, avevano<br />

contribuito con Piacenza: affermazione falsa, in opposizione a quanto riven<strong>di</strong>cato da testimoni e<br />

da documenti. Va sottolineato che gli or<strong>di</strong>ni ducali inserti nelle accennate lettere non


comprendono i nobili. Non osta ancora una sentenza in forma <strong>di</strong> precetto, data da Sceva de<br />

Curte e da Marco de Attendoli, perchè la conclusione rimette tutto a un mandato ducale. Infine.<br />

Non conta neppure un compartito del 1451, fatto da quattro citta<strong>di</strong>ni piacentini, deputati dal<br />

comune <strong>di</strong> Piacenza, nel quale i nobili sono, “sine cause cognitione” separati dai conta<strong>di</strong>ni.<br />

Il libro dell’estimo del territorio <strong>di</strong> Borgonovo, quantunque nel proemio abbia qualche rasura , è<br />

fatto da una sola mano. Non vale annotare che alcuni nominativi sono <strong>di</strong> persone già morte: ciò<br />

è dovuto al fatto che s’iniziò a scrivere il libro nel 1446 e in quel tempo tutti i descritti erano<br />

viventi e si continuò a re<strong>di</strong>gere il libro fino alla morte del duca Filippo Visconti e poi, per guerre e<br />

peste, si sospesero le iscrizioni. Nel 1451 fu fatto il libro dell’estimo descrivendo i nomi delle<br />

persone che avevano dato “in scripto loro possessioni” quando nel 1446 si cominciò detto libro:<br />

“nì perzò se muta la substantia d’esso libro”.<br />

217v Copia.<br />

1454 gennaio 2, Cremona.<br />

Illustrissime princeps et excellentissime domine domine mi singularissime, post<br />

humilem recomandationem, in Ii dì passati fu per essa signoria a mi commesso dovere<br />

trovare la verità in la controversia vertente fra Ii nobili cita<strong>di</strong>ni Piasentini de Borgonovo<br />

et Ie soe pertinentie per una parte, et li comuni et homini d’essa terra de Burgonovo et<br />

suo <strong>di</strong>stricto per l'altra, in la quale se dubita con chi Ii <strong>di</strong>cti nobili debiano per lor graveze<br />

contribuire o con la vostra cità de **** overo con Ii pre<strong>di</strong>cti comuni et homini. Sonno<br />

aduncha stato in Ii pre<strong>di</strong>cti luoghi dove è veduto quanta per loro capituli hanno vogliuto<br />

significare Ie parte, et sopra quelli examinati <strong>di</strong>versi testimoni, veduti più et varie<br />

scripture, libri, lettere, instrumenti, sententie et decreti, Ii quali tuti con <strong>di</strong>ligentia calculati<br />

in verità <strong>di</strong>co in Ii anni de MCCCCVIIII, cioè in lo tempo de domino Leonardo delli Arcelli<br />

el quale era capo in le pre<strong>di</strong>cte parte de Borgonovo, tuti et singuli nobili pre<strong>di</strong>cti<br />

contribuyvano con Ii pre<strong>di</strong>cti comune et homini de Borgonovo et suo destrecto per ogne<br />

graveza e talia or<strong>di</strong>naria, extraor<strong>di</strong>naria, reale et personale et mixte, et godevano<br />

parimente delle immunità, gratie concesse aIi pre<strong>di</strong>cti comune et homini sì como uno<br />

corpo. Dappoi, essendo erecto in titulo de contado la pre<strong>di</strong>cta terra de Borgonovo con<br />

Ie soe pertinentie una con Ie altre terre delIa valle de Didon, e separato <strong>di</strong>cto contado<br />

da ogne altra cità et concessoli essere de per sì in la forma sonno Ie citade de per sì et<br />

de quello contado, citati conti Filippo et Bartholomeo, fratelli delli Arcelli, in loro tempo Ii<br />

pre<strong>di</strong>cti nobili simelmente contribuyvano con Ii pre<strong>di</strong>cti da Borgonovo ut supra. Dappoi<br />

la morte del conte Bartholomeo e per la partenza del conte Filippo pre<strong>di</strong>cto,<br />

remagnendo (a) essa terra de Borgonovo et sue pertinentie in Ie mane de madona<br />

Elena, lore matre, havendo ley suo stato dubioso, Ii pre<strong>di</strong>cti nobili trahendose con la<br />

cità de Piasenza contribuirino con essa per Ie imbotate del vino et feno, il che<br />

perseverò tri anni o circha; ma poi che la pre<strong>di</strong>cta madona Elena firmò il stato suo, 218r<br />

Ii nobili pre<strong>di</strong>cti retornoreno a paghare con Ii <strong>di</strong>cti comune et homini de Burgonovo<br />

como prima solivano, così per imbotate pre<strong>di</strong>cte como per Ie altre graveze successive.<br />

Dappoi la morte de madona Elena pre<strong>di</strong>cta, prevegnendo la <strong>di</strong>cta terra de Burgonovo in<br />

Ie mane del magnifico Nicolao Picinino et dappoi luy de suoi figlioIi, sempre hanno Ii<br />

<strong>di</strong>cti nobili contribuire con Ii <strong>di</strong>cti comune et homini, ut supra; dappoi lo sacchomano de<br />

Piasenza, essendo andata essa terra de Burgonovo per <strong>di</strong>verse mane, li nobili pre<strong>di</strong>cti<br />

alcuna fiata hanno contribuito con essa et alcuna non. Unde concludendo li pre<strong>di</strong>cti<br />

nobili cita<strong>di</strong>ni de Piasenza, quali hanno ad fare in lo <strong>di</strong>stricto de Burgonovo et sue<br />

pertinentie, merito debbeno contribuire per tute et singule graveze or<strong>di</strong>narie et<br />

extraor<strong>di</strong>narie, reale et personale et mixte con la <strong>di</strong>cta terra de Burgonovo et sue<br />

pertinentie, per quanto possedano lì e non con la cità de Piasenza, così per vigore deli<br />

privilegii como de antiqua consuetu<strong>di</strong>ne, dela quale non esta memoria in contrario, nì<br />

obstante libri, scripture, sententie e decreti producti in contrario, benchè siano assay.<br />

Primo, non obsta uno statuto della cità de Piasenza qual comenza "Quod inter cives"<br />

per respecto non include nobili de terre separate, nè obsta uno extracto del libro<br />

asserto bissono (b), primo libro, unde è tramsumpto e lacerato, senza principio, senza<br />

fine, millesimo anno, mense, <strong>di</strong>e, et senza titulo alcuno e nome de scriptore e<br />

compilatore, nè fa alcuna fede in iu<strong>di</strong>tio nè fora, secundo dato che facesse fede, li nobili<br />

lì descripti non sonno extimati nominatim per li beni possedono in lo terreno de<br />

Borgonovo o sue pertinentie; delli quali beni consta essere extimati nominatim con la


pre<strong>di</strong>cta terra de Burgonovo et sue pertinentie per li tempi passati, cuius contrarii<br />

memoria non existat, et sonno mò al presente; nì obsta boletini de confessione<br />

producti, li quali non fanno alcuna fede, et maxime non nominando possessione poste<br />

sul territorio de Borgonovo e sue pertinentie. Ma ben consta li pre<strong>di</strong>cti nobili havere<br />

pagato con essa terra de Borgonovo e sue pertinentie nominatim per beni posti lì,<br />

anche non obsta uno decreto ducale quale comenza "Quamquam deceat" per respecto<br />

non è emanato super casu nostro, quantuncha nomina 218v terre separate, ma contra<br />

usurpatori et abutenti de loro privilegii; item non obsta una sententia data per li<br />

spectabili egregio domino Iacomo da Tizoni de Vercelli, in quello tempo potestà de<br />

Piasenza, et Guideto Casteliono, referendario, per respecto la supplicanza lì inserta,<br />

narra essere reservati li nobili in la suspensione facta al conte Filippo sopra<strong>di</strong>cto; il che<br />

è falso, como apare per la productione per parte d’essi nobili facta. Secundo perchè in<br />

essa supplicanza se tace la terra de Borgonovo e sue pertinentie essere separata,<br />

anche se tace l'antiqua consuetu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>cta de sopra; per il che le lettere ducali in essa<br />

sententia inserte se rendono subrectitie e consequenter de niuno valore. Item per le<br />

littere ducali inserte in essa sententia se comette ali <strong>di</strong>cti potestà et refferendario<br />

debbiano provedere una con lo potestà della terra de Borgonovo li quali, non servando<br />

la fine dela comissione, deteno sententia senza esso potestà de Borgonovo, senza lo<br />

quaIe niente possevano; imo dedeno la sententia pre<strong>di</strong>cta contra sua voluntà, nè obsta<br />

se Iì <strong>di</strong>ce fusse presente uno subdelegato del pre<strong>di</strong>cto potestà de Borgonovo, per<br />

respecto non appare delIa subdelegatione, ma ben appare delIa contra<strong>di</strong>ctione et<br />

absentatione d’esso potestà de Borgonovo collega, ut supra; iI che rende la sententia<br />

de niuna efficatia. Non obstano due lettere exequtorie de domino Lodovicho de Calvi,<br />

vicario ducale, perchè non appare delIa sententia in esse littere alligata nì la<br />

commissione producano ancora certi capituli et responsione a quelli, Ie quale<br />

responsione non sonno ancora facte in capituli signati per lo illustrissimo signore ducha<br />

Filippo, per li quali voleno provare la reservatione delli nobili facta con lo pre<strong>di</strong>cto conte<br />

Filippo, ma niente relevano, como cose senza esenza; nì anche obsta uno banno delIa<br />

vita, rebellione, privatione de contado et de ogne <strong>di</strong>gnità, gratie, privilegii, dato aIi conti<br />

supra<strong>di</strong>cti Filippo et Bartholomeo, per respecto per Ia privatione delli conti, non resta<br />

privato el contado. Item non obstano certe lettere delIa signoria vostra date a Cremona,<br />

XXIII de luglio 1451, signate Raphael, primo per respecto Ii capituli delIa cità de<br />

Piasenza con la illustrissima signoria vostra, delli quali in la supplicanza 219r Iì inserta<br />

se fa mentione, non includano terre separate, et maxime quelle dela Valle de Didon, la<br />

quale fo errecta in contado con tale et tanta solemnità como per Ii suoi privilegii appare.<br />

Et certo grande iniuria faria ala felice memoria dell’illustrissimo signore ducha Filippo<br />

che volesse includere la <strong>di</strong>cta terra de Borgonovo sotto generalità; la qual terra il<br />

prelibato signore volse essere da ogne cità separata. Secundo, per respecto in essa<br />

supplicanza se narra Ii pre<strong>di</strong>cti nobili per lo tempo delli conti Filippo et Lazaro (c)<br />

havere contribuito con la cità de Piasenza; il che è falso, como evidentemente apparre<br />

in la informatione presa per nuy per dati de testimonii et per scripture; unde Ie lettere<br />

pre<strong>di</strong>cte restano subrectitie et senza alcuno valore. Li or<strong>di</strong>ni ducali inserti in esse lettere<br />

non comprendano Ii <strong>di</strong>cti nobili, Ii quali non vengono sotto generalità, como è <strong>di</strong>cto de<br />

sopra; non obsta ancora una sententia in forma quasi de precepto data per Ii magnifici<br />

misseri Sceva da Corte et Marcho de Attendoli, perchè conclude de questa <strong>di</strong>fferentia<br />

devere seguire quanto si deffinerà per la vostra illustrissima signoria, overo per suo<br />

mandato. Ultimo non obsta uno compartito facto nel MCCCCLI per quatro cita<strong>di</strong>ni Piasentini,<br />

deputati per lo comune de Piasenza, in Ie quale Ii nobili sonno separati daIi<br />

conta<strong>di</strong>ni, et maxime quia sine cause cognitione.<br />

EI libro dell’extimo delIa terra de Borgonovo facto nel MCCCCLI non è viciato nè falso,<br />

quantunche nel proemio sia raso, imprezo tuto e d’una mane e anche fidelmente<br />

scripto; nè obsta si alcuni Iì descripti erano morti nante lo anno 1451. La rasone e Ii<br />

homini de Borgonovo cominzarono el libro dell’extimo in lo anno 1446; et in quel tempo<br />

tutti li descripti in lo pre<strong>di</strong>cto libro vivivano e fu lo <strong>di</strong>cto extimo prosequito fino ala morte<br />

del’illustrissimo signore ducha Filippo; et per respecto delle guerre et poi delIa peste,<br />

remaste pendente la descriptione d'esso extimo. Dappoi in lo anno 1451 fu facto el libro<br />

dell’extimo pre<strong>di</strong>cto, descrivendo lo nome de quelle persone haveano dato in scripto<br />

loro possessione in lo tempo quando fu cominzato, cioè 1446, quantunche fusseno<br />

morti alcuni de quelli; nì perzò se muta la substantia d’esso libro. Data Cremone, <strong>di</strong>e ii


mensis ianuarii 1454. (d)<br />

Subscripta.<br />

Excelentis illustris domini domini famulus Laurentius de Vitelensibus.<br />

(a) Segue esser depennato.<br />

(b) Segue bisogno depennato.<br />

(c) In A Lazaro recte Bartholomeo<br />

(d) 4 finale corretto su 5.<br />

806<br />

Francesco Sforza loda Bartolomeo da Correggio, referendario <strong>di</strong> Pavia, per come si è<br />

comportato con i soldati, già <strong>di</strong> Moretto, che frodano i dazieri : continui ad attenersi alle<br />

<strong>di</strong>sposizioni dei Maestri delle entrate e agli or<strong>di</strong>ni del suo ufficio<br />

1454 gennaio 23, Marcaria.<br />

219v Egregio militi domno Bartholomeo de Corrigia, Papie nostro referendario <strong>di</strong>lecto.<br />

Inteso quanto n’haveti scripto per vostre lettere delle fraude comettano quelli soldati<br />

che erano de domno Moreto nel facto delli dacii, et cetera, <strong>di</strong>cemo che havete facto<br />

bene ad fare quello haveti facto; et cosl <strong>di</strong>cemo debiati seguire la forma del capitulo de<br />

Maestri nostri et observare Ii or<strong>di</strong>ni del’offitio vostro, non havendo reguardo ad persona<br />

veruna ad fare Ii facti nostri. Data Marcharie, xxiii ianuarii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

807<br />

Francesco Sforza esprime al vescovo <strong>di</strong> Trento la sua sorpresa non solo perchè molti suoi<br />

uomini si siano accodati alla truppa <strong>di</strong> Pietro Brunoro da Brescia nell’invadere la Val Camonica,<br />

ma anche per aver presi dei suoi sud<strong>di</strong>ti come prigionieri da taglia. Il duca ricorda al presule i<br />

suoi rapporti <strong>di</strong> amicizia e, perciò, chiede il libero rilascio dei suoi uomini, ammonendolo che,<br />

altrimenti, provvederà alla loro indennità.<br />

220r Episcopo Tridentino.<br />

(1454 gennaio 23, Marcaria).<br />

Questi proximi giorni passati, como la signoria vostra debbe havere inteso, movendose<br />

Pietro Brunoro da Bressa con alcuno numero delle gente inimiche per andare in Valle<br />

Camonica aIe ofese nostre et delli homini nostri delIa <strong>di</strong>cta Valle, se trovarono andare<br />

et cosl andoreno secho in compagnia fin in la <strong>di</strong>cta Valle <strong>di</strong> Zorzo da Lodrono con delli<br />

suoi homini et alcuni conestabili et molti homini del paese et terre vostre, quali tuti<br />

insieme con esso Petro Brunoro feceno insulto contra l’homini nostri della pre<strong>di</strong>cta Valle<br />

nostra, tractandoli sinistramente a modo <strong>di</strong> inimici, delli quali <strong>di</strong>cti vostri ne presero pur<br />

alcuni, quali, nela sua retornata, menoreno seco come presoni da taglia, inten<strong>di</strong>amo se<br />

Ii rescodeno; dela qual cosa non poco non maravigliamo, ma pur assay ne dolemo<br />

perchè, essendo nuy sempre bene vicinato et venuti nuy et Ii nostri amicabelmente et<br />

senza veruna rixa et questione con essa vostra signoria et con Ii suoi homini, non<br />

sappiamo per qual casone siano mosti contra Ii nostri sub<strong>di</strong>ti cosi impietosamente,<br />

benchè cre<strong>di</strong>amo firmamente questo non sia processo nè con vostra saputa, nè con<br />

vostra voluntate. Per la qual cosa, pur supponendo nuy, como havemo <strong>di</strong>cto, questa<br />

cosa essere proceduta certamente senza notitia et consentimento dela vostra signoria,<br />

siamo mosti per questa nostra confortarla et pregarla voglia fare relaxare Ii <strong>di</strong>cti nostri<br />

homeni liberamente et senza alcuno pagamento de taglia et fargli restituire a loro<br />

liberamente ogni robba a lore tolta; et deinde admonirgli <strong>di</strong>cti vostri homini ad venire<br />

deinceps costumatamente et amicabelmente con li nostri, como cre<strong>di</strong>amo sia vostra<br />

intenzione. Altramente a nuy seria necessario omnino providere ala indemnitate d'essi<br />

nostri homini per modo che a nuy finalmente non piaceria per rispetco del’amore et<br />

singulare benivolentia havemo verso essa vostra signoria. Data ut supra.<br />

Bonifacius.


Cichus.<br />

808<br />

Francesco Sforza avverte Sagramoro Visconti che manda 700 paghe per provvisionati,<br />

balestrieri e fanti, oltre all’invio <strong>di</strong> sue bambar<strong>di</strong>eri e <strong>di</strong> due bambarde perchè si conquisti la<br />

rocca <strong>di</strong> Bre. Gli raccomanda <strong>di</strong> non tralasciare nulla per il successo <strong>di</strong> tale azione.<br />

220v Domino Sacramoro Vicecomiti.<br />

(1454 gennaio 23, Marcaria).<br />

Nuy man<strong>di</strong>amo là in quella nostra valle mò de presente paghe septecento <strong>di</strong> nostri<br />

provisionati, balestreri et fanti per l'aquisto dela rocha de Bre quale omnino siamo<br />

<strong>di</strong>sposti redurla ad la obe<strong>di</strong>entia nostra; et così lì man<strong>di</strong>amo duy bombarderi con doe<br />

bombarde fornite <strong>di</strong> ciò che bisogna aciochè con celerità se habia <strong>di</strong>cta rocha. Il perchè<br />

de ciò ve scrivemo ad vostro avisamento aciochè siati vuy apparechiato per attrovarve<br />

lì et che dal canto vostro non se manche ad fare quanto serà necessario per l'acquisto<br />

pre<strong>di</strong>cto, benchè cre<strong>di</strong>amo siati apparechiato et prompto dal canto vostro. Data ut<br />

supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

809<br />

Francesco Sforza vuole che la comunità della Val Camonica presti fede a quanto le riferiranno<br />

Bellotto dei Federici e il conte Sefano da Commo dopo l’incontro avuto con lui.<br />

Comunitati Valliscamonice.<br />

(1454 gennaio 23, Marcaria).<br />

Sonno venuti qua da nuy BeIIoto deIIi Federici et il conte Stefano da Commo, presenti<br />

exhibitori quali havemo recevuti et veduti molto voluntieri, et inteso da loro<br />

gratiosamente quanto per parte vostra ne hanno <strong>di</strong>cto; aIi quali havemo pienamente<br />

respuosto a bocha, como da loro intenderiti, aIi quali vogliati firmamente credere quanto<br />

a nuy medesmi. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

810<br />

Francesco Sforza scrive a Teseo da Spoleto e ai deputati agli alloggiamenti <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong><br />

rendersi conto delle possibilità degli abitanti <strong>di</strong> Garica in modo da non legittimare le lamentele<br />

dei gentiluomini e uomini <strong>di</strong> detto luogo che <strong>di</strong>cono d’essere gravati “contra il dovere”.<br />

(1454 gennaio 13, Marcaria).<br />

221r Nobili viro Thexeo de Spoleto ac deputatis super alogiamentis Placentie.<br />

Li gentilhomini et homini quali hanno ad fare nel loco de Garicha n’hanno facto lamenta<br />

che troppo sonno gravati del facto delle taxe et che sonno astrecti contra il dovere,<br />

pregandone vogliamo providere ala <strong>di</strong>cta loro graveza. Per la qual cosa, non<br />

intendendo nuy che gli sia data graveza contra il dovere, volimo che prima, inteso la<br />

facultate et possibilitate loro, prove<strong>di</strong>ati subito che non siano indebitamente gravati,<br />

imo che non gli (sia) dato più caricho como possano supportare, facendo in modo che<br />

più non si possano lamentare de tale graveza. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.


811<br />

Francesco Sforza ricorda a donna Luchina <strong>di</strong> averle or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> restituire tutte le loro cose agli<br />

uomini d’armi che fuggirono da Taddeo, ora che si sono riconciliati con lui. Faccia, perciò, in<br />

modo che il villano da Pinarolo riabbia tutto quello che era suo.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

1454 gennaio 23, Marcaria.<br />

Per altre nostre lettere se recor<strong>di</strong>amo (havere) scripto che ve piacesse fare restituire<br />

al’homini d’arme che se fugireno da Tadeo tute le cose et robbe loro, quale se<br />

retrovavano in le terre nostre, perché essi erano retornati et havemoli reconciliati con<br />

esso; hora è da nuy il vilano da Pinarolo, qual ne ha <strong>di</strong>cto che non ha potuto havere le<br />

cose soe che gli foreno tolte in Voghera. Per la qual cosa confortiamove et stringemove<br />

vogliati subito, recevuta questa, farli restituire <strong>di</strong>cte soe cose integramente poste<br />

apresso de che se voglia, ita ch’el <strong>di</strong>cto vilano più non habia ad venire con simile<br />

lamenta. Data Marcarie, xxiii ianuarii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

812<br />

Francesco Sforza vuole che Pietro Francesco Visconti lasci liberamente in libertà Martino del<br />

Miglio da Treviglio, da lui preso con Martino Bassano mentre portava lettere a Bergamo: Pietro<br />

si giustifica <strong>di</strong>cendo <strong>di</strong> non sapere che portava lettere, non a Bergamo, ma in un luogo vicino.<br />

Si è scritto a Francesco de Bagarotis e a Pietro Vianino <strong>di</strong> portarsi, via Cremona, dal duca<br />

221v 24 ianuarii.<br />

Petro Francisco Vicecomiti.<br />

(1454) gennaio 24, (Marcaria).<br />

Martino del Meglio da Trivì è stato da nuy <strong>di</strong>cendone che tu lo vole constringere a fare<br />

la taglia et rescotere, quale prendesti con quello Martino Bassano che portava lettere a<br />

Pergamo sul principio che nuy havessemo el dominio della <strong>di</strong>cta terra de Trivì; il quale<br />

<strong>di</strong>ce non sapeva puncto ch’el <strong>di</strong>cto Martino portasse lettere, ma che a bono fine et<br />

sinceramente andava de compagnia con luy et non miga per andare a Bergamo, ma ad<br />

uno loco lì circonvicinato. Pertanto, parendone cosa honesta che per così pocha cosa<br />

non debia essere posto a taglia, te confortiamo e stringemo quanto possiamo che al<br />

<strong>di</strong>cto Martino del Meglio per questa casone non daghi molestia, nì affanno veruno,<br />

facendo in modo che de questo non sentiamo più querella. Data ut supra.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

Die suprascripto. Scriptum fuit Francisco de Bagarotis et Petro Vianino quod veniant ad<br />

dominium per viam Cremone.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

813<br />

Francesco Sforza scrive al podestà <strong>di</strong> Corno Giovane che, accertata la verità <strong>di</strong> quanto riven<strong>di</strong>ca<br />

lo squadrero ducale Scarioto, gli renda giustizia sommaria contro coloro che gli hanno recato<br />

danni con tagli nei suoi boschi e contro i debitori.<br />

Potestati Cornu Iuvenis.<br />

(1454) gennaio 24, (Marcaria).<br />

Scarioto, nostro squadrero, n’ha <strong>di</strong>cto che alcuni homini de quello loco gli tagliano li<br />

suoy boschi et de questo ne farà fede, et alcuni altri gle sonno debitori per <strong>di</strong>verse


casone. Pertanto volemo che, essendo così, gli faci rasone summaria et expe<strong>di</strong>ta<br />

contra qualunche te constarà havergli dato danno, overo gli sia debitore, ita che possa<br />

conseguire il debito suo, procedendo tamen in modo che niuno se possa iustamente<br />

gravare che gli sia facto torto. Data ut supra.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

814<br />

Francesco Sforza scrive al capitano della Lomellina <strong>di</strong> aver concesso al cameriere ducale<br />

Francesco da Varese il trasporto <strong>di</strong> 100 moggia <strong>di</strong> biada dalla Lomellina in val Lugano.<br />

Consenta che ciò avvenga o con Donato, fratello <strong>di</strong> Francesco, o con chi Francesco manda con<br />

questa sua lettera.<br />

Nobili <strong>di</strong>lecto capitaneo nostro Lumelline.<br />

(1454) gennaio 24, (Marcaria).<br />

Havendo nuy concesso ad Francisco da Varese, nostro camerero, la tracta de cento<br />

moza de biada de qualunche rasone de cavare 222r fora de Lumellina et condure in<br />

una et più fiade in Val de Lucano, semo contenti et volemo lassi cavare <strong>di</strong>cti cento<br />

moza ad Donato, suo fratello, o ad qualunque mandasse con questa; et in fede<br />

habiamo soctoscripta la presente de nostra propria mano. Data ut supra.<br />

Andreas Fulgineus.<br />

Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit.<br />

815<br />

Si è scritto a Francesco Biscossa <strong>di</strong> portarsi subito dal duca e a Corrrado, fratello del duca, che<br />

man<strong>di</strong> a sollecitarne l’andata.<br />

1454 gennaio 25, Marcaria.<br />

Marcharie, <strong>di</strong>e xxv ianuarii 1454.<br />

Scriptum fuit Francisco Biscosse quod veniat ad dominum in<strong>di</strong>late et magnifico<br />

Conrado, fratri nostro, quod mittat pro ipso et operet ut veniat ad nos.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

8<strong>16</strong><br />

Francesco Sforza vuole che il referendario <strong>di</strong> Piacenza faccia le scritture opportune perchè<br />

maestro Polo da Pellegrino, eletto “postero delo sale”, possa esercitare il suo ufficio con gli<br />

uomini <strong>di</strong> Pellegrino.<br />

Referendario Placentie.<br />

(1454 gennaio 25, Marcaria).<br />

Perché magistro Polo da Pelegrino è stato electo per postero delo sale haverano et<br />

hanno a levare <strong>di</strong>cti homini da Pelegrino secondo sonno consueti, volemo debiati<br />

recevere et torre le segurtà et cautione idonee et che se rechiedeno in simile casone; et<br />

deinde che al <strong>di</strong>cto maestro dagati quelli favori et faciati quelle scripture et lettere che<br />

seranno opportune circha ciò et per exercitare <strong>di</strong>cto offitio. Data ut supra.<br />

Ser Alexander.<br />

Cichus.


817<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al referendario <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> non dare noie agli uomini <strong>di</strong> Pellegrino<br />

per <strong>di</strong>eci o do<strong>di</strong>ci giorni, perchè ha scritto al suo consigliere Angelo Simonetta <strong>di</strong> intervenire per<br />

superare la vertenza che detti uomini hanno sul prezzo del sale<br />

Suprascripto referendario Placentie.<br />

(1454 gennaio 25, Marcaria).<br />

Perché nuy havemo scripto opportunamente al spectabile nostro consigliero, Angelo<br />

Simoneta, per la <strong>di</strong>fferentia del (a) pretio del sale delli homini nostri de Pelegrino per<br />

modo che luy asetarà questa cosa et farà contenti <strong>di</strong>cti homini, volemo che in questo<br />

soprasedeati e non dagati, né lassati dare impazo alcuno, né molestia a <strong>di</strong>cti homini per<br />

<strong>di</strong>cta casone fora del consueto et del’usato finchè in ciò haveriti altro; e questa<br />

suspensione inten<strong>di</strong>amo faciati per dece o do<strong>di</strong>ci dì. Data ut supra.<br />

Ser Alexander.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue pretio del sale depennato.<br />

818<br />

Francesco Sforza<br />

Si or<strong>di</strong>na a Giovanni Bono de Sale, a Giovanni de Birago e ad Alberto Guerra <strong>di</strong> portarsi lunedì<br />

prossimo dal duca, che sarà a Cremona.<br />

Si è detto a donna Luchina <strong>di</strong> sollecitare i soprascritti ad andare dal duca lunedì prossimo.<br />

Si è scritto al podestà, al comune e agli uomini <strong>di</strong> Castell’Arquato che man<strong>di</strong>no infallantemente<br />

loro uomini dal duca a Cremona domenica o lunedì prossimo.<br />

Si è scritto al capitano del <strong>di</strong>stretto <strong>di</strong> Parma che senza fallo sia dal duca a Cremona domenica o<br />

lunedì prossimo.<br />

1454 gennaio 25, (Marcaria).<br />

222v Die 25 ianuarii.<br />

Domino Iohanni Bono (a) de Sale, Iohanni de Birago et Alberto Guerre, <strong>di</strong>lectis nostris,<br />

quod veniant ad dominum per totam <strong>di</strong>e(m) lune proxime future infallanter qui(a)<br />

dominus erit Cremone.<br />

Cichus.<br />

(a) Bono in interlinea.<br />

Magnifice domine Luchine quod solicitet ut suprascripti veniant Cremonam ad dominum<br />

<strong>di</strong>e lune ut supra.<br />

Die suprascripto.<br />

Potestati, comuni et hominibus Castriarquati quod mittant ad dominum quatenus<br />

homines ipsius terre qui veniant Cremonam ubi erit dominus per totam <strong>di</strong>em dominicam<br />

aut <strong>di</strong>em lune proxime future infallanter.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

Die suprascripto.<br />

Capitaneo <strong>di</strong>strictus Parme quod veniat ad dominum per totam <strong>di</strong>em dominicam, aut<br />

<strong>di</strong>em lune infallanter Cremonam.<br />

Irius.<br />

Cichus.


819<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce a Giacomo Malombra <strong>di</strong> aver preso atto dei mo<strong>di</strong> che si hanno in casa <strong>di</strong><br />

donna Luchina come dell’andata <strong>di</strong> quel signore (che dev’essere da lui sempre accompagnato)<br />

a Pavia a vedere il figlio del duca, Galeazzo, e poi a Milano.<br />

Ser Iacobo Malumbre.<br />

(1454 gennaio 25, Marcaria).<br />

Per questa toa ultima del XX del presente restamo advisati de quanto ne scrive delli<br />

mo<strong>di</strong> se servano in casa de madona Luchina et del’andare de quello magnifico signore<br />

ad Pavia ad vedere Galeazo, nostro fiolo, et deinde a Milano, et cetera; del tuto ne<br />

comen<strong>di</strong>amo la <strong>di</strong>ligenzia toa et breviter, respondendo, <strong>di</strong>cemo che tu debii fare<br />

compagnia al prefato signore secundo che te habiamo commesso. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

820<br />

Francesco Sforza ricorda al capitano <strong>di</strong> Casteggio <strong>di</strong> avere tempo ad<strong>di</strong>etro scritto agli ufficiali <strong>di</strong><br />

Tortona <strong>di</strong> prendere Giacomino del Castellaro perchè non aveva reso conto a suo fratello Boso<br />

delle cose da lui amministrate.<br />

La sua cattura non s’è fatta perchè non lo si è trovato, ma siccome sa che bazzica lì, vuole che<br />

lo prenda e ne avvisi Boso per farlo interrogare e avere quanto gli spetta.<br />

Capitaneo Clastigii.<br />

(1454 gennaio 25, Marcaria).<br />

Altra volta scripsemo aIi offitiali nostri de Terdona che dovessero havere omnino in Ie<br />

mane Iacomino del Castellaro, perchè non havea reso rasone al magnifico Boso, nostro<br />

fratello, delle cose che l’havea 223r administrato; et fin qui pare non habiano potuto<br />

exequire quanto gli scripsemo, perchè esso Iacomino non s’è trovato. Et perchè<br />

intendemo che’l pratica lì, volimo che tu te sforzi de haverlo neIe mane et poi statim ne<br />

avisaray il prefato Boso aciò possa mandare ad intendere Ie rasone soe et conseguire<br />

el debito suo.<br />

Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

821<br />

Francesco Sforza avverte donna Luchina dal Verme che le manda Sansoneto, caposquadra del<br />

conte Gaspare e il suo trombettiere con 300 cavalli, cui lei farà provvedere <strong>di</strong> una comoda<br />

sistemazione sulle sue terre e farà corrispondere le tasse dovute in ragione <strong>di</strong> quattro lire mensili<br />

per cavallo a far tempo dal corrente gennaio.<br />

Procurerà inoltre, che, come si fa ovunque nello stato, si raccolgano le tasse per 300 cavalli per i<br />

mesi <strong>di</strong> novembre e <strong>di</strong>cembre, sempre per l’importo <strong>di</strong> quattro lire mensili per cavallo<br />

Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

(1454 gennaio 25, Marcaria).<br />

Man<strong>di</strong>amo là Sansoneto, capo de squadra del magnifico conte Gasparro, nostro<br />

conductero, et Bartholomeo, suo trombeta, con cavalli 300 del prefato conte Gasparro,<br />

ad lo quale havemo deputato allogiamento in la terra delIa magnificentia vostra per <strong>di</strong>cti<br />

300 cavalli. Sichè piaciavi subito farli dare e assignare Ie stantie in luoghi idoney et<br />

como<strong>di</strong> in modo che Iì possano stare e farli respondere delle taxe soe a rasone de lire<br />

IIII imperiali el mese per cavallo, secundo Ii or<strong>di</strong>ni nostri et che fanno Ii altri,<br />

incomenzando in callende del presente mese de zenaro, faciando ancora tale


provisione de recatare Ii denari delle taxe delli mesi de novembre et decembre passati<br />

ad la <strong>di</strong>cta rasone de libre 4 per cavallo el mese per 300 cavalli, como è <strong>di</strong>cto et como<br />

fanno Ii altri tuti de nostro paese; sichè ad ogne nostra rechiesta possano essere<br />

assignati a chi mandaremo per essi. Data ut supra.<br />

Ser Alexander.<br />

Cichus.<br />

822<br />

Francesco Sforza informa il podestà, il capitano e i presidenti <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> aver dato al suo<br />

cancelliere Teseo nuove <strong>di</strong>sposizioni circa l’esazione dei denari dovuti alla Camera ducale e<br />

come intende volere 2200 cavalli o 2000 “neti” e che pensa dei deputati vecchi e nuovi..<br />

L’identica cosa vale per i cavalli <strong>di</strong> Giovanni Cossa.<br />

(1454 gennaio 27, Cremona).<br />

223v Potestati, capitaneo et presidentibus civitatis nostre Placentie.<br />

Havemo commesso ad Theseo, nostro cancellero, ve debia referire qual sia l'animo<br />

nostro in volere dare novo or<strong>di</strong>ne ala exatione delli <strong>di</strong>nari che spectano ala nostra<br />

Camera con minore spesa delli nostri sub<strong>di</strong>ti che sia possibile; et como volemo<br />

sopratuto li sia obe<strong>di</strong>entia et como intendamo volere, overo cavalli doa milia ducento,<br />

overo domilia neti, et in que modo intendemoll neti et exigibili et qual sia la nostra intentione,<br />

delli deputati vechii et novi; sichè in questo li crederiti como ala nostra propria<br />

persona. Lo simile <strong>di</strong>cemo deli cavalli del magnifico Iohanne Cossa. Data Cremone,<br />

xxvii ianuarii 1454.<br />

Ser Theseus.<br />

Cichus.<br />

823<br />

Francesco Sforza comanda al podestà <strong>di</strong> Valle Muzola, causa della vertenza <strong>di</strong> quella terra per<br />

cui le faccende ducali vanno male, che deve obbe<strong>di</strong>re al commissario <strong>di</strong> Pellegrino, cui impone<br />

<strong>di</strong> farsi obbe<strong>di</strong>re in modo che i denari delle tasse ducali siano subito mandate a Teseo, al quale<br />

si deve obbe<strong>di</strong>enza come a lui, duca.<br />

(1454 gennaio 27, Cremona).<br />

Commissario Pelegrini et potestati Vallis Muzole.<br />

Nuy intendemo che (a) per la vostra <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>a et stranieza haveti insieme, li nostri facti<br />

de quella nostra terra vanno in desor<strong>di</strong>ne, et may non ne potemo valere con il tempo de<br />

quelli denari che si debeno rescodere per la nostra Camera, et che tu, potestà <strong>di</strong> Vale<br />

de Muzola, vay metendo ogni <strong>di</strong>fferentia, per la qual cosa te <strong>di</strong>cemo che tu debbii<br />

obe<strong>di</strong>re al commissario nostro de Pelegrino, como è debito, et tu, comissario, che tu te<br />

fazi obe<strong>di</strong>re, et che li denari delle nostre taxe siano senza dubio et prestissimo mandati<br />

ad Theseo; et a luy obe<strong>di</strong>ati in questo quanto a nuy proprii, replicandote a ti de Val de<br />

Muzola, obe<strong>di</strong>re alo offitio de Pelegrino; aliter te demonstraremo che fay male. Data ut<br />

supra.<br />

Ser Theseus.<br />

Cichus.<br />

(a) che in interlinea.<br />

824<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al capitano e ai presidenti <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> evitare che gli uomini <strong>di</strong><br />

Pellegrino abbiano giusto motivo <strong>di</strong> lagnarsi per essere gravati oltre il dovere.<br />

(1454 gennaio 27, Cremona).<br />

224r Capitaneo et presidentibus comunitatis nostre Placentie.<br />

Li homini de Pelegrino se gravano che siano troppo excessivamente gravati in li carichi<br />

de cavalli. Et perchè non saria ben che fosseno gravati nì molestati oltra l’honesto et


devere, ve li recoman<strong>di</strong>amo et volemo se habia consideratione a non gravarli ultra el<br />

debito et quello gli tocha de rasone. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

825<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà <strong>di</strong> Cottogno cancelli ogni garanzia e promessa prestata,<br />

su istanza <strong>di</strong> Giacometto da Vailate, da Bartolomeo da Vailate, uomo ai suoi servizi. Se<br />

Giacometto “ha ad fare con luy”, lo man<strong>di</strong> dal duca che gli renderà giustizia.<br />

Nello stesso giorno furono scritte lettere credenziali a Stefano de Catiis per Andrea de Fulgineo.<br />

Potestati Cottognii.<br />

(1454 gennaio 27, Cremona).<br />

Perchè Bartholomeo de Vaylà è aconcio con nuy et ali nostri servicii volemo, et così te<br />

coman<strong>di</strong>amo che, recevuta questa, debii cancellare liberamente ogni securtate et<br />

promissione per luy prestata et facta lì ad instantia de Iacometo de Vaylà, in modo che<br />

per veruno non habia essa securtate ad fir molestata; et se esso Iacometo ha ad fare<br />

con luy, volemo ch’el vegna da nuy, perchè gli ministraremo rasone. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

Die suprascripto.<br />

Scripte fuerunt littere domino Stefano de Catiis credentiales in personam domini Andree<br />

de Fulgineo.<br />

Cichus.<br />

826<br />

Francesco Sforza avverte Colleoni <strong>di</strong> prestare aiuto a Pasino Vignola, capitano del Bergamasco,<br />

da lui designato a moderare, d’accordo con lui, il traffico delle biade che si portano a Bergamo.<br />

Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

(1454 gennaio 27, Cremona).<br />

Per restrenzere che le biade et victualie non se conducano a Pergamo, havemo<br />

constituito Pasino Vignola, capitaneo <strong>di</strong> Pergamasca, come intenderite; pertanto ve<br />

confortamo et caricano che in la exercitatione del <strong>di</strong>cto offitio ve piacia dargli ogni<br />

a<strong>di</strong>uto et favore expe<strong>di</strong>ente, avisandove como havemo comisso a luy ch’el se debia<br />

bene intendere con vuy in ogni cosa. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

827<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce a Colleoni che per asse<strong>di</strong>are la rocca <strong>di</strong> Brenio gli manda Luchino e<br />

Eustachio con i provvisionati delle loro squadre, staranno ai suoi or<strong>di</strong>ni e li potrà usare <strong>di</strong> qua<br />

dall’Adda verso valle <strong>di</strong> San Martino o <strong>di</strong> là, facendoli passare a Trezzo o al porto <strong>di</strong> Inversago.<br />

224v Bartholomeo Coleono.<br />

(1454 gennaio 27, Cremona).<br />

Perchè meglio possiate strenzere la rocha de Brenio ve man<strong>di</strong>amo Luchino et<br />

Eustachio con Ii nostri provisionati delle squatre loro, et gli havemo comesso che<br />

fasano capo da vuy et fazano quanto gli <strong>di</strong>reti et or<strong>di</strong>nareti. Pertante li posseti operare<br />

como va pare, cioè del canto de qua de Adda verso la valle San Martino, o dal canto de<br />

là; et parendove doverli adoperare dal canto dellà da Adda, Ii possete fare passare ad<br />

Trezo, o al porto de Inversago. Data ut supra.<br />

Persanctes.<br />

Iohannes.


828<br />

Francesco Sforza comanda a Gracino da Pescarolo e al referendario <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> ingiungere ai<br />

dazieri <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> restituire a Giovanni Zuffo la biada, che gli è stata sequestrata negando che<br />

essa servisse per l’esercito, perchè esso è <strong>di</strong>sseminato in vari posti. Inoltre, detti dazieri hanno<br />

eccepito che la lettera <strong>di</strong> accompagnamento era stata falsificata perchè aveva delle raschiature.<br />

La lettere falsa non era e le raschiature furono fatte dallo srittore della lettera.<br />

Le biade servono all’esercito e il duca le fa condurre lì per “monitione”, e le genti che sono nel<br />

Bresciano si portano lì per rifornirsi.<br />

1454 gennaio 28, Cremona.<br />

Domino Gracino de Piscarolo et referendario nostris Papie.<br />

Iohanne Zuffo, presente exibitore, n’ha <strong>di</strong>cto che facendo condure certa quantita de<br />

biave a questa nostra cità per uso munitione del’exercito nostro sotto nostra licentia,<br />

per Ii daciarii de quella cità gli è stato arestato quella soa biava, opponendoli che la<br />

littera è falsificata et raspata, et che mò non bisogna piu biave per lo exercito nostro,<br />

perché le nostre gente sonno sparse in qua et in là aIe stantie. Et perchè non è vero<br />

che la littera sia falsificata et quella raspatura, che l’ha, gli la fece el scriptore che (a)<br />

fece la littera, et poi Ie biave faciamo condure <strong>di</strong> qua sonno per uso et monitione del<br />

nostro exercito che per ben Ie gente nostre non siano insieme, tamen volimo che al<br />

tempo de ussire in campo se trovi questa nostra cità fomita, et poi Ie nostre gente<br />

sonno in Bressana tuti vegnano qui per biave, che se gli mancasseno non gli poriano<br />

stare, volimo et ve coman<strong>di</strong>amo che, subito havuta questa, faciate relaxare al <strong>di</strong>cto<br />

Iohanne la soa biava liberamente et Ii amoniti non faciano più simile cose perchè ne<br />

turbaressemo con loro; et questo faciati senza exceptione alcuna. Data Cremone, xxviii<br />

ianuarii 1454.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue la depennato.<br />

829<br />

Francesco Sforza scrive a Francesco de Giorgiis <strong>di</strong> non dare motivo a Onofrio Bevilacqua <strong>di</strong><br />

lamentarsi perchè i suoi uomini vengono gravati <strong>di</strong> 12 cavalli e <strong>di</strong> 15 bocche, mentre nel passato<br />

gliene venivano dati solo sei.<br />

Nello stesso giorno si scrive a Iacobo <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong>cendo <strong>di</strong> accontentare Giovanni della<br />

Guar<strong>di</strong>a de Resto dei 25 ducati.<br />

225r Francisco de Georgiis.<br />

(1454 gennaio 28, Cremona).<br />

El spectabile conte Honofrio <strong>di</strong> Bivilaque se lamenta che aIi suoi homini se vole dare<br />

graveza per XIII cavalli et XV boche et che per lo passato non gli sonno dati se non sey<br />

cavalli; et molto se ne dole. Pertanto volimo habii advertentia in questo facto a non<br />

gravarli ultra el dovere e l’usato et fare per modo ch’el non habia legitima casone de<br />

lamentarse. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

Die suprascripto.<br />

Scriptum fuit domino Iacobo de Placentia quod satisfatiat Iohanni dela Guar<strong>di</strong>a de<br />

Resto quod ab eo habere debet ex ducatis XXV et eum contentum fatiat ita quod<br />

querella<strong>di</strong> amplius caua removatur.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.


830<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Bonifacio <strong>di</strong> Gubbio <strong>di</strong> non dare molestia, nè per il passato e neppure<br />

per l’avvenire, al suo uomo d’arme Giovanni da Milano per la tassa <strong>di</strong> un quarto <strong>di</strong> cavallo che<br />

deve a lui e ai suoi massari per il possesso che ha a Vigulfo.<br />

Ser Bortholutio de Eugobio.<br />

1454 gennaio 28, Cremona).<br />

Siamo contenti et volimo che ad Iohanne de Milano, nostro homo d'arme, per Ia taxa de<br />

uno quarto de cavallo che tocha a luy et aIi suoi massari per la possessione che tene<br />

ad Vigulfi in la campagnia de Pavia, non gli dagi impazo nè molestia alcuna, nè per Ii<br />

duoi mesi passati, nè ancora per lo tempo da venire. Data ut supra.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

831<br />

Francesco Sforza informa il capitano e il podestà <strong>di</strong> Casteggio <strong>di</strong> avere deputato prete Giacomo<br />

<strong>di</strong> Calabria a economo dell’arcipretura della chiesa <strong>di</strong> San Pietro <strong>di</strong> Casteggio e, perciò, vuole<br />

che gli <strong>di</strong>ano aiuto per conseguire quel che gli spetta.<br />

225v Capitanio et potestati nostris Clastigii.<br />

1454 gennaio 27, Cremona.<br />

Habiamo deputato prete Iacomo de Calabria, iconimo delo Arciprevedato de quela<br />

chiesa de Sancto Petro de Chiastezo, como intendereti per nostre letere patenti; il<br />

perchè ve scrivemo et coman<strong>di</strong>amo che impiglare la possessione et conseguire la<br />

rasone et quela ch’aspeta al <strong>di</strong>cto Arciprevedato Ii dagati ogni a<strong>di</strong>uto et favore oportuno,<br />

nè li mancati in cossa alcuna,per quanto haviti cara la gratia nostra. Data Cremone,<br />

<strong>di</strong>e xxvii ianuarii 1454.<br />

Cichus.<br />

832<br />

Francesco Sforza vuole che il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> non gravi oltre il dovuto gli uomini <strong>di</strong> Corno<br />

Nuovo, già “desfacti” da “infinite gravezze”, per cui si lagnano dell’accresciuto numero <strong>di</strong> cavalli<br />

loro assegnato.<br />

Locuntenenti Laude.<br />

1454 gennaio 28, Cremona.<br />

Li poverhomini del Corno Novo de Lodesana n’hanno sporto la introclusa supplicatione<br />

et molto se gravano del’acrescimento delli cavalli quale gli è facto; et perchè sonno pur<br />

desfacti et hanno supportato infinite graveze per lo passato, te commettemo et volemo<br />

che debii havere advertentia al facto suo et vedere de tractarli per modo che non<br />

habiano ad agravarsi che siano gravati oltra el dovere. Ex Cremone, xxviii ianuarii<br />

1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.


833<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> intervenire con rito sommario perchè<br />

Cessaro, abbate <strong>di</strong> Santo Stefano dal Corno, possa conseguire i cre<strong>di</strong>ti che vanta dai debitori<br />

sia dell’abbazia che del canonicato della chiesa <strong>di</strong> Sant’Antonio, della quale è procuratore.<br />

E’ stata fatta una lettera retrocredenziale all’oratore della comunità <strong>di</strong> Vigevano.<br />

Potestati Placehtie.<br />

(1454 gennaio 28, Cremona).<br />

El venerabile messer Cessaro, abbate de Sancto Steffano dal Corno, ha certi debitori in<br />

quella cità, tanto dela <strong>di</strong>cta abba<strong>di</strong>a, quanto de uno canonicato dela chiesa de Sancto<br />

Antonio, dela quale è procuratore, daIi qualli non pò essere pagato. Pertanto ve<br />

commetiamo et volemo che gli faciati ragione summaria contra qualuncha suo vero<br />

debitore, ita che senza litigio possa conseguire el debito suo. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

226r Facta est littera retrocredentie in personam oratoris comunitatis Viglevani<br />

suprascripte comunitati.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

834<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al capitano della Lomellina <strong>di</strong> sospendere ogni molestia contro quelli <strong>di</strong><br />

Vigevano perchè gli hanno promesso che gli porteranno a Milano i denari, dei due mesi passati,<br />

per i cavalli.<br />

Capitaneo nostro Lomelline.<br />

(1454 gennaio 28, Cremona).<br />

Perchè quelli da Vigievano sonno stati qua da nuy per lo facto delle taxe <strong>di</strong> nostri cavalli<br />

et n’hanno promisso <strong>di</strong> portare Ii danari de duy mesi passati ad Milano, siamo contenti<br />

et per questa ve comettiamo che debiati soprasedere de darli molestia alcuna per <strong>di</strong>cta<br />

casone finchè non ve scriveremo altro, revocando ogne novità facta per <strong>di</strong>cta casone.<br />

Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

835<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà e al capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> sistemare un<br />

ufficio fuori delle porte per l’ufficiale dei cavallari in modo che possa essere vicino ai cavallari e<br />

accelerare la trasmissione delle lettere fatta via Piacenza.<br />

Potestati et capitaneo citadelle Placentie.<br />

1454 gennaio 29, Cremona.<br />

Ad ciochè Ie lettere che nuy mandaremo per la via da Piasenza siano portate con più<br />

celerità et non siano tardate niente, poy che Ie siano state portate Iì, volemo, et così ve<br />

comman<strong>di</strong>amo che subito prove<strong>di</strong>ati d’una stantia fuori deIe porte al nostro offitiale Iì<br />

sopra li cavalIari ad ciò possa presso de essi cavallari stare et continuamente exercire<br />

l'officio suo. Et sopra ciò fati non intervenga manchamento alcuno. Data Cremone, <strong>di</strong>e<br />

xxviiii ianuarii 1454.<br />

Iohannes Blanchus.<br />

Iohannes.


836<br />

Francesco Sforza risponde al Colleoni, che perorava una <strong>di</strong>minuzione degli oneri per gli uomini<br />

<strong>di</strong> Motello e <strong>di</strong> Padernello, che non li graverà oltre il dovere, ma occorre che anch’essi, come gli<br />

altri, sopportino (e così ha pur detto agli uomini andati da lui) le tasse dei cavalli <strong>di</strong> cui nessuno è<br />

esente. Gli fa presente che quelli alloggiati a Calvisano, Gambara e Gottolengo sono così mal<br />

sistemati che necessita “mandare ad saccomano per Falasco”.<br />

Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

(1454 gennaio 29, Cremona).<br />

Havemo recevuto la vostra lettera et inteso quanto ne scrivete in recomandatione delli<br />

homini dele Motello et de Padernello; al che respondendo, ve <strong>di</strong>cemo che nuy<br />

provederemo in modo che <strong>di</strong>cti homini non sarano gravati contra el dovere et contra la<br />

debita portione loro; ma necessario è che loro faciano Ia parte soa circha Ie taxe delli<br />

cavalli daIe quale niuno preservamo exempto, etiam se fosse nostro fiolo. Sichè de ciò<br />

te ne avisamo, como anchora havemo facto <strong>di</strong>re aIi homini d’essi luochi venuti qua da<br />

nuy; et certifichiamove che nuy gli haveressemo facto voluntiera ogne nostro aconcio<br />

che nuy havessemo possuto, ma non 226v se pò fare altramente, dovendose alozare Ii<br />

cavalli, avisandove che quelli nostri che sonno a Calvisano, Gambara et Gottolengho et<br />

per Ii altri stanno non bene alozati et sinistramente et in modo che gli convene mandare<br />

ad saccomano per Falasco; sichè per manchamento delli alozamenti convene che <strong>di</strong>cti<br />

homini supportano la parte loro. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

837<br />

Francesco Sforza fa sapere a Sagramoro Visconti che è nell’impossibilità <strong>di</strong> aiutare lui e i suoi<br />

soldati e rinvia tutto a poi. Per la campana tolta agli uomini <strong>di</strong> Pagazzano, risponde che non è il<br />

momento <strong>di</strong> parlarne, mentre concede subito la licenza richiesta.<br />

Nel poscritto <strong>di</strong>ce che le bombarde e le altre cose richieste sono giorni che le ha mandate e così<br />

ha risposto ai gentiluomini dei Federici.<br />

Domino Sacramoro Vicecomiti.<br />

(1454 gennaio 29, Cremona).<br />

Havemo recevuto la vostra lettera et inteso quanta ne scrivete del bixogno vostro et de<br />

quelli vostri soldati; al che respondendo, <strong>di</strong>cemove che ne ren<strong>di</strong>amo certi siati tuti in<br />

grande bisogno; pur de presente non havemo il modo de a<strong>di</strong>utarvi secundo che vuy ce<br />

rechiedeti. Ben speramo fra alcuni dì havere meglio il modo, et alhora daremo il modo<br />

al bisogno vostro et delli compagni sichè restaret tuti contenti. Ala parte delIa campana<br />

tolta aI’homini de Pagazano, et cetera, <strong>di</strong>cemo che de presente non ne pare tempo de<br />

movere queste cose. La licentia che vuy ne rechiedete la man<strong>di</strong>amo qui aligata. Data ut<br />

supra.<br />

Post scriptum. Havemo recevuto un’altra vostra per la quaIe ne rechiedeti la provisione<br />

delle bombarde et delle altre cose, et cetera, ala quale respondeamo che già sonno più<br />

dì l’havemo mandata; sichè circha ciò non accade fare altra respuosta. Ali zentilhomini<br />

delli Federiti, quali de ciò ne scriveno, facemo simile resposta. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

838<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na agli economi ducali deputati ai beni episcopali <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> pagare, come<br />

si faceva con Filippo Maria Visconti, il salario dell’ufficiale del porto <strong>di</strong> Pissarello con le entrate<br />

del porto. Vuole poi che si smetta <strong>di</strong> molestare Mafeo Bergamasco debitore del vescovato, per<br />

la restituzione dei denari che fu costretto a versare a detto ufficiale<br />

(denari che gli devono essere compensati).<br />

(1454 gennaio 29, Cremona).


227r Nobilibus <strong>di</strong>lectis nostris iconimis super bonis episcopatus Papie deputatis.<br />

Inten<strong>di</strong>amo pur per querella del’officiale nostro del porto del Pissarello, ch’el non pò<br />

essere satisfacto del suo salario or<strong>di</strong>nato, perchè se <strong>di</strong>ce ch’el pagamento non se gli<br />

debe fare del'intrate del porto pre<strong>di</strong>cto. Et perchè nuy siamo informati che al tempo<br />

delIa bona memoria dell’illustrissimo quondam signore ducha passato se satisfaceva al<br />

<strong>di</strong>cto officiale d’esso porto et daIi homini circonstanti, ve comettemo et volemo che vuy<br />

ancora debiati per ogne modo farli satisfare per quello modo et forma che se gli<br />

satisfaceva al tempo del prefato quondam illustrissimo signore ducha, così del passato<br />

como del’avenire, senza exceptione et contra<strong>di</strong>ctione alcuna. Et perchè inten<strong>di</strong>amo che<br />

voleti astrenzere Mafeo Bergamasco, quale era debitore del vescoato, a restituire certi<br />

<strong>di</strong>nari, quale fo constrecto a numerare al <strong>di</strong>cto officiale, el che non è iusto nè<br />

conveniente, volemo che al <strong>di</strong>cto Pergamasco non debiati dare impazo per questa<br />

casone, immo compensarli Ii <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari exbursati nel debito ch’el ha; et in Ie cose<br />

pre<strong>di</strong>cte fate per modo che non habiamo più casone de replicarve. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

839<br />

Francesco Sforza informa il referendario <strong>di</strong> Piacenza che ha concesso a Bartolomeo Bocca <strong>di</strong><br />

importare dalla Savoia e dal Monferrato una certa quantità <strong>di</strong> vino e <strong>di</strong> biada, merci esenti da<br />

dazio perchè provenienti dall’estero.<br />

Referendario Placentie.<br />

(1454 gennaio 29, Cremona).<br />

Havemo concesso a Bartholomeo Bocca licentia de potere condure de Savoya et de<br />

Monferra qui certa quantità de biade et de vino; et perchè como tu say quelle victualie,<br />

quale se conducano de fora del payse in Ie terre nostre non sonno obligati ad alcuno<br />

pagamento de datii, volemo debiati provedere che al <strong>di</strong>cto Bartholomeo, nì ad alcuno<br />

suo messo non sia dato impazo per quelle biade che l’havesse conducte, overo<br />

conducese da fora del territorio nostro. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus<br />

840<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al capitano <strong>di</strong> Casteggio <strong>di</strong> pagare a Ghirardo da Binasco, già podestà<br />

<strong>di</strong> Casteggio, quel che debitamente gli è ancora dovuto.<br />

227v Capitaneo Clastigii.<br />

(1454 gennaio 29, Cremona).<br />

Ghirardo da Binascho, olim potestà delIa terra nostra de Chiastezo, <strong>di</strong>ce dovere havere<br />

alcuni <strong>di</strong>nari dal comune et homini d’essa nostra terra, como vederay per la inclusa<br />

supplicatione; pertanto te commettiamo et volemo che, inteso Ie ragioni d'esso<br />

Ghirardo, prove<strong>di</strong> el sia pagato et satisfacto de quello trovaray el debbe havere debitamente<br />

per modo non habia ad retornare ad nuy più con querella. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.


841<br />

Francesco Sforza, pur informato della promessa liberatoria del Colleoni, vuole che Mafeo de<br />

Stampis, podestà <strong>di</strong> Treviglio, indaghi se veramente Modena <strong>di</strong> Valle Magna fu trattenuto dagli<br />

uomini <strong>di</strong> lì in cambio dei loro ostaggi, perchè lui, duca, vuole che abbia il medesimo trattamento<br />

che ebbero coloro che furono trattenuti per i loro ostaggi.<br />

Mafeo de Stampis, potestati Trivilii.<br />

1454 gennaio 29, Cremona).<br />

Havemo inteso che Ii homini de quella terra hanno in Ie mane uno Modena de<br />

Valdemagna quale, quando venero ad la devotione nostra, fo retenuto insieme con el<br />

tunc loro prove<strong>di</strong>tore per scontro deIi suoy hostagii; et el magnifico Bartholomeo<br />

Coleone ha promesso aIi homini de <strong>di</strong>cta Valle de fare liberare <strong>di</strong>cto Modena. Te<br />

comettemo, et volemo che te debii informare se così è che <strong>di</strong>cto Modena fosse retenuto<br />

per cambio delli hostagii suoy, et trovando che così sia, lo faci relexare, perchè ne pare<br />

honesto che Iuy sia tractato como Ii altri foreno retenuti per <strong>di</strong>cti loro hostagii. Data ut<br />

supra.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.<br />

842<br />

Francesco Sforza comanda al podestà <strong>di</strong> Treviglio <strong>di</strong> rivolgeri <strong>di</strong>rettamente a Colella da Napoli<br />

perchè i suoi uomini risarciscano i Trevigliesi dei furti loro fatti<br />

ammonendoli a trattenersi da simili atti.<br />

Potestati Trivilii.<br />

(1454 gennaio 29, Cremona).<br />

Havemo recevuto Ie toe lettere per Ie quali restiamo avisati delle robberie et furti<br />

commettano quelli de Colella de Napoli; respondemo che quando comettano simili<br />

cose, te debii retornare dal <strong>di</strong>cto Colela che, 228r siamo certi, gli farà oportuna<br />

provisione. Et così scrivemo ad luy che debbia fare, provedendo in modo che<br />

satisfaciano aIi furti commessi per Ii suoy per lo passato, et per l’avenire non ar<strong>di</strong>scano<br />

lasarsi corere in simili errrori et inconvenienti. Sichè vogliati intenderve con luy et<br />

provedere che se satisfatia aIi pover homini che è stato furato la robba soa. Data ut<br />

supra.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.<br />

843<br />

Francesco Sforza informa Colella da Napoli delle lamentele degli uomini <strong>di</strong> Treviglio per i furti e<br />

gli assassinii che perpetrano: si accor<strong>di</strong> con il podestà <strong>di</strong> Treviglio ingiunga ai suoi soldati <strong>di</strong><br />

riparare il malfatto, <strong>di</strong> astenersi da tali scelleratezze e <strong>di</strong> procurare che siano sicure quelle<br />

strade <strong>di</strong> transito per raggiungere il Bresciano.<br />

Colelle de Neapoli.<br />

(1454 gennaio 29, Cremona).<br />

Havemo havuto dali nostri homini de Trivi et dalli luochi circonvicinii lamenta delle<br />

robbarie, furti et assasinamenti comettano li tuoy; la qual cosa siamo certi faciano<br />

contra saputa toa et voluntà. Pertanto, aciochè così cognoscano che per effecto che se<br />

fazi questo senza tuo consentimento, considerato che maxime che molto importa al<br />

facto che le strate siano segure, et maxime ad Trivilio, perchè se passa per venire in<br />

Bressana, te caricamo, stringemo et volemo che subito, havuta questa, te debbii<br />

intendere con el potestà de Trivì a vedere che li tuoy restituischano tutto quello hanno


obbato et furato et gli admonischi in tal forma che per l’avenire non commettano più<br />

simili errori perchè ne sonno troppo molesti; et così, se ami el ben nostro, debbiano<br />

ancora essere molesti a ti. Data ut supra.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.<br />

844<br />

Francesco Sforza informa il capitano <strong>di</strong> Categgio <strong>di</strong> evitare che i marchesi <strong>di</strong> Varzi abbiano<br />

giusta ragione <strong>di</strong> querelarsi per essere tassati per i cavalli oltre il dovere.<br />

Capitaneo Clastigii.<br />

1454 gennaio 28, Cremona.<br />

Sonno stati da nuy li gentilhomini marchexi da Varci et hanno facto querella che per la<br />

nova taxatione facta delli cavalli sonno ultra el dovere et più che l’altri loro vicini<br />

aggravati. Il perchè te comettiamo et volemo debii <strong>di</strong>ligentemente intendere questa<br />

cosa et servare modo che li <strong>di</strong>cti marchexi siano equalmente tractati e datoli la loro rata<br />

parte delle taxe per la lore facultate, et secundo li loro vicini sonno stati tractati, ita che<br />

più non possano <strong>di</strong>re essere pegio tractati d’essi loro vicini. Data Cremone, 28 ianuarii<br />

1454.<br />

Iohannes.<br />

845<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> rilasciare, a richiesta dell’ebreo Isach,<br />

Cressone, figlio dell’ebreo Mosè, perchè Manno ha promesso <strong>di</strong> pagate per lui.<br />

228v Locuntenenti Laude.<br />

1454 gennaio 30, Cremona.<br />

Siamo contenti et volemo debbiati ad ogne requisitione de Isach, ebreo, lassare de<br />

presone Cressono, figliolo de Moyse, ebreo, habitatori de quella nostra cità, senza<br />

alcuna contra<strong>di</strong>ctione, perchè Manno da Pavia ha promisso pagare per luy. Data<br />

Cremone, 30 ianuarii 1454.<br />

Iacobus de Rivoltella.<br />

Cichus.<br />

846<br />

Francesco Sforza fa sapere a Marco de Attendolis che il suo uomo d’arme Taddeo gli ha<br />

denunciato che tal Cristoforo si è accattivato una sua femmina che gli ha sottratto della sua<br />

roba. Faccia restituire la roba, anche se la femmina non vuole ritornare da Taddeo.<br />

(1454 gennaio 30, Cremona).<br />

Spectabili affini nostro carissimo Marcho de Attendolis.<br />

Tadeo, nostro homo d'arme, exibitore de questa, <strong>di</strong>ce che uno Christoforo gli ha<br />

desviato una soa femena et factoli portare via certa sua robba; del che molto se ne<br />

dole. Pertanto, constandote essere così, ne pare, et così volimo debii provedere che<br />

omnino Ii sia restituito Ia soa roba, se bene la femina non volesse retornare seco. Data<br />

ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.


847<br />

Francesco Sforza si congratula con il figlio Galeazzo che gli ha comunicato il suo buono stato <strong>di</strong><br />

salute. Si <strong>di</strong>ce contento della caccia fatta e dell’accoglienza riservata ad Astorre Manfre<strong>di</strong>.<br />

(1454 gennaio 30, Cremona).<br />

Illustri primogenito nostro <strong>di</strong>lestissimo Galeazmarie Vicecomiti, comiti, et cetera.<br />

Havemo recevuto la toa lettera et inteso quanta ne hay scripto de tua mano delIa<br />

convalescentia et sanità toa; del che havemo preso et prendemo singularmente<br />

contentamento. Et così ne è piaciuto quella catia ha facto, et apresso la recoglientia et<br />

visitatione hay facto al magnifico signore Astore ne è stata molto grata; sichè<br />

attenderay ad conservarti in sanità et farti galiardo et presto avisarne del’essere tuo.<br />

Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

848<br />

Francesco Sforza esprime al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> la sua sorpresa perchè non ha ancora fatto<br />

sistemare, in modo che passino sicuramente carri e carrette, il ponte sopra la Muzza che porta<br />

alla strada che va dritta da Lo<strong>di</strong> a Melegnano. Faccia mettere in sesto ponti e passi da Lo<strong>di</strong> a<br />

Padulo, là dove sta come abbate il fratello <strong>di</strong> Angelello da Lavello e altrettanto provveda si faccia<br />

<strong>di</strong> qua dal ponte e <strong>di</strong> là verso Melegnano. Faccia rimettere a posto tutti i passi a cominciare dalla<br />

guar<strong>di</strong>a fuori Lo<strong>di</strong> sulla strada, che è malconcia, e mena a Pizzighettone e fino alla città<br />

229r Locuntenenti Laude.<br />

(1454 gennaio 30, Cremona).<br />

Vogliati subito, havuta questa, fare aconzare el ponte che è sopra la Muza che va per la<br />

strata dericta da Lo<strong>di</strong> ad Melignano, el quale ne maravigliamo siete stato fino adesso<br />

ad farlo aconzare; et fatelo fare et aconzare in modo che sia fortissimo et che carri et<br />

carrete gli possa passare suso securamente et expe<strong>di</strong>tamente. Et così fareti aconzare<br />

tuti queli ponti et passi che fosseno cativi da Lo<strong>di</strong> per fino ad quello Padulo dove sta per<br />

abbate el fratello de Angelello de Lavello; et conzare el passo de quello Padulo del<br />

canto de qua dal ponte, et così dellà verso Melignano, che stia bene et che pare che<br />

sia stato aconzo quello passo. Ancora volemo fatiati aconzare queIIi passi Ii fossero<br />

cativi, acomenzando dalla guar<strong>di</strong>a ch’è fuora de Lode suso la strata che vene ad<br />

Pizghitone per fino ala cità, che intendemo è una pessima via. Et in questo ve scrivemo<br />

non perdeti tempo alcuno perchè seremo prestissimo Iì. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

849<br />

Francesco Sforza denuncia al provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema che gli uomini <strong>di</strong> Romanengo si sono<br />

lamentati perchè dai suoi soldati sono stati presi dei Romanenghesi pur muniti del salvacondotto<br />

provve<strong>di</strong>torale in ritorsione della cattura <strong>di</strong> un suo uomo con un salvacondotto ducale. Siccome<br />

quello denunciato non è il primo atto compiuto dalla gente della signoria <strong>di</strong> Venezia, anzi si è<br />

presa l’abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> fermare persone pur munite <strong>di</strong> salvacondotti, il duca minaccia, che<br />

mancando il rilascio dei suoi uomini, egli praticherà lo stesso comportamento del provve<strong>di</strong>tore,<br />

catturando “tanto terreri quanti forasteri” anche con salvacondotti ducali e pubblicizzerà il suo<br />

atto in modo che sia noto a tutti in Lombar<strong>di</strong>a. Se i suoi uomini avessero fatto qualcosa contro gli<br />

stessi salvacondotti ducali, il provve<strong>di</strong>tore avrebbe dovuto dargliene notizia, essendo ben<br />

consapevole che, quando casualmente “è intervenuto qualche cosseta” da parte dei suoi uomini,<br />

lui, duca, ha sempre imposto che venisse “facto fare il dovere”.<br />

Se, avvisato, lui non vi avesse provveduto, essi avrebbero avuto ragione <strong>di</strong> intervenire<br />

apertamente, e non artatamente come hanno fatto. Chiede che i suoi uomini siano liberati,<br />

perchè altrettanto farà per quelli della controparte.


Provisori Creme.<br />

1454 gennaio 31, Cremona.<br />

Li homini nostri da Romanengo sonno stati da nuy et n’hanno <strong>di</strong>cto che per quelli<br />

soldati sonno Iì in Crema sonno stati pigliati alcuni homini d’essa terra quali hanno da<br />

voy salvoconducto; et questo <strong>di</strong>cono havete facto fare perchè è stato pigliato uno delli<br />

vostri per Ie nostre gente quale haveva da noy salvoconducto; del quale acto ne siamo<br />

alquanto maravigliati advegna, però ad nuy non sia cosa nova perchè questa non è la<br />

prima volta che habiati et che sia stato facto per Ie gente delIa signoria de Venetia<br />

simile ato. Et deliberamo non lo comportare più, ne che Ii nostri se fidano più de (a)<br />

vostre promesse nè salviconducti, da puoi che dal canto vostro de là si è pigliata questa<br />

consuetu<strong>di</strong>ne de cattare la gente sotto li vostri salviconducti et promissione che, quanto<br />

sia ben facto, honesta et iusta cosa, el lassamo iu<strong>di</strong>care a voy, advegna, imperò, (b) ne<br />

ren<strong>di</strong>amo certi lo cognosceti molto bene. Pur, perchè siati chiari delIa intentione et<br />

voluntà nostra, ve avisamo che se voy non fareti libere relaxare <strong>di</strong>cti nostri homini,<br />

como rechiede el debito del’honore vostro et delIa vostra signoria, nuy da qui inanzi<br />

229v observaremo el simile modo haveti pigliato et principiato dal canto vostro et quanti<br />

tanto terreri, quanti forasteri che haverano da nuy salviconducti, tuti gli Ii romperemo,<br />

nè gli ne faremo observare veruno, et faremove tale demonstrazione de tanta iniquità<br />

quanto se usa dal canto vostro, che ne daremo notizia et esempio ad tuti Ii signori et<br />

homini de Lombar<strong>di</strong>a, perchè, como havemo <strong>di</strong>cto, non deliberamo comportare più che<br />

Ii nostri homini siano inganati per questa via sotto Ii vostri salviconducti et promissione,<br />

et dare questo guadagno aIi vostri con sì pocha fa<strong>di</strong>cha et pericolo. Et questo noy el<br />

faremo perchè se Ii nostri havesseno facto cosa alcuna contra il tenore del nostro<br />

salvoconducto, ne dovevati dare notizia a nuy, che sapeti bene, quando alcuna volta<br />

casualmente et non voluntarie è intervenuto qualche cosseta per Ii nostri, nuy sempre<br />

gli havemo facto fare il dovere; et quando ne havesseno advisati, et noy non Ii<br />

havessemo poy proveduto, haverestevo (c) havuto qualche colore de rasone al facto<br />

vostro, et non fare così como fate che, sotto queste scuse ed arte, (d) che sia stato<br />

pigliato uno delli vostri, andati poi ad correre et pigliare Ii homini nostri, como fesseno<br />

un’altra volta a Lode. Pertanto ve rechiedemo, per observantia del vostro<br />

salvoconducto et honore vostro, vogliati liberamente fare relaxare tuti Ii homini che<br />

sonno stati pigliati delIa nostra terra <strong>di</strong> Romanengo et ogne altra cosa che Ii fosse stata<br />

tolta, ch’el non gli manchi casa alcuna; et se alcuno è stato pigliato delli vostri, o che sia<br />

stato robbato sotto il nostro salvoconducto, advisatene delIa cosa como passa, perchè<br />

provederemo che non gli mancarà cosa alcuna. Ben ne recrescerà et dolerà fino al<br />

cuore de venire ad simili inconvenienti, perchè sempre è stato et è nostra natura et<br />

costume de observare Ii salviconducti et Ie cose che promettemo inviolabilmente, et<br />

non Ii mancarà niente. Ex Cremona, ultimo ianuarii 1454.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue simile depennato.<br />

(b) imperò in interlinea.<br />

(c) haverestevo corretto su altra parola.<br />

(d) arte in interlinea su atti depennato.<br />

850<br />

Francesco Sforza vuole che Teseo da Spoleto,constatato lo spopolamento delle località<br />

piacentine <strong>di</strong> Viloc e Arbarola, <strong>di</strong> cui gli ha fatto parola il suo famiglio d’arme Giovanni Augustolo,<br />

intervenga a ridurre <strong>di</strong> un poco i carichi gravanti sugli scarsi abitanti rimasti.<br />

230r Theseo de Spoleto.<br />

1454 gennaio 31, Cremona).<br />

Iohanne Carlo Augustolo, nostro famiglio d’arme, ne ha significato che da una soa terra<br />

de Piasentina, chiamata de Viloc et Arbarola, son absentati la più parte delli homini che


Iì solevano habitare in modo che tuto il caricho deIe taxe remane ad Ie spalle de quelli<br />

pochi sonno remasti; che <strong>di</strong>ce essere omnino insopportabile, rechiedendone con<br />

instantia che de ciò volessemo provedere. Pertanto siamo contenti et comettemote che,<br />

havuta bona informatione sopra ciò et attrovando Ie cose essere così, vogli fargli<br />

qualche reductione per modo che Iì possano stare. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

851<br />

Francesco Sforza risponde al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> compiacendosi per la detenzione <strong>di</strong> Bartolino<br />

e Tommaso Carriono siccome vuole conoscere quali sono i loro traffici e le loro mercanzie. Li<br />

trattenga, senza molestarli, fino al suo arrivo lì, cercando <strong>di</strong> catturare i loro compagni.Vuole che<br />

provveda un comoda sistemazione per Tiberio Brandolini che lo accompagna lì.<br />

Locumtenenti nostro Laude.<br />

(1454 gennaio 31, Cremona).<br />

Respondendo ala vostra lettera de dì XXIIII, maxime circha la detentione de Bartholino<br />

Tinello et Thomaso Carriono, et cetera, <strong>di</strong>cemo che ne piace, perchè siamo desiderosi<br />

de intendere Ie mercantie et traffichi che loro fanno, et volimo che Ii retegnati finche nuy<br />

serimo là et intenderemo questa cosa, sforzandove de sapere quali sonno Ii compagni<br />

et haverli nele mane, se possibile; e contra Ii quaIi destenuti, perhò, non volemo faciati<br />

veruna molestia finchè nuy seremo là. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

Insuper volemo che attrovati Iì alozamento per lo magnifico ser Tiberto, quali vene con<br />

nuy; et faretilo or<strong>di</strong>nare et apparechiare sichè stia bene. Data ut spra.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

852<br />

Francesco Sforza scrive al conte Ludovico de Lugo <strong>di</strong> mandare da lui il falconiere, che sta a<br />

Felizzano e del quale si fece parola a Marcaria. Egli ritornerà, poi, con lui a Milano.<br />

Comiti Lodovicho de Lugo.<br />

1454 febbraio 1, Cremona.<br />

Haveremo caro et cosi ve confortiamo et caricamo che, havuta questa, tegnati modo de<br />

mandare qui quello falconero bono sta ad Falizano, in Alexandrina, del quale doveti<br />

recordarve nuy raxonassemo a Marcharia; et lo fati venire da nuy. Poy ad la venuta<br />

vostra a Milano lo condureti insieme con vuy. Ex Cremona, primo februarii 1454<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

853<br />

Francesco Sforza avverte i comuni e gli uomini della Valle Cavallina Superiore e Inferiore che<br />

essi sono tenuti, come negli altri luoghi bergamaschi e bresciani,<br />

a dare ai soldati solo sistemazione e strame.<br />

Li informa <strong>di</strong> aver designato, come suo ufficiale lì, Giacomo da San Genesio, persona perbene.<br />

Gli passino lo stipen<strong>di</strong>o e gli provvedano l’alloggiamento e lo trattino bene,<br />

perchè altrettanto farà lui con loro.<br />

1454 febbraio 1, Cremona.<br />

230v Comunibus et hominibus Vallecavaline Superioris et Inferioris.<br />

Perchè intendemo che vuy ve gravati de quelli nostri soldati che hanno Ii lozamenti in<br />

quella Valle, quali ve rechiedeno pane et vino, et cetera, <strong>di</strong>cemo per satisfatione vostra,<br />

che nuy non vogliamo dagati ad <strong>di</strong>cti soldati se non stantia et strame, et se loro voleno


altro, che lo comprano; et questa nostra lettera ve sia testimonianza et defensione<br />

vostra, perchè el simile or<strong>di</strong>ne havemo posta per tuto il Bressano et Bergamasco dove<br />

alozano nostri soldati.<br />

Apresso nuy havemo deputato per nostro offitiale Iì Iacomo da San Genese quale è<br />

persona da bene et ad nuy fidata. Pertanto ve confortiamo et caricamo che Ii prove<strong>di</strong>ati<br />

al pagamento del suo salario ad Ii tempi debiti et non lassarlo patire desasio delIa<br />

provisione sua; et così <strong>di</strong>cemo Ii prove<strong>di</strong>ati al facto delIa casa dove el habita, portandove<br />

humanamente con luy, perchè anche luy farà el simile verso voy. Sichè fareti<br />

per modo che luy habia ad laudarse de vuy, perchè ve ren<strong>di</strong>amo certi se portarà<br />

talmente verso de vuy che ve contentariti de facti suoy. Data Cremone, primo februarii<br />

1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

854<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Teseo da Spoleto <strong>di</strong> non gravare i frati e i monaci <strong>di</strong> SanSisto <strong>di</strong><br />

quella città dell’onere dato loro dell’alloggio <strong>di</strong> Staffile con 13 cavalli e 14 bocche nel loro luogo<br />

<strong>di</strong> Codetebia se anche nel passato detto luogo non ebbe tale carico.<br />

Theseo de Spoleto.<br />

(1454 febbraio 1, Cremona).<br />

Li venerabili domni frati et monaci da San Sisto de quella nostra cità se sono doluti con<br />

nuy perchè tu gli hay madato ad alozare al loco suo de Chodetebia Staffile con cavalli<br />

XIII et boche XIIII, <strong>di</strong>cendo che per lo passato el <strong>di</strong>cto suo loco non è stato gravato de<br />

taxe; pertanto te <strong>di</strong>cemo che, se per lo passato <strong>di</strong>cto loco non ha patito simile carico,<br />

che anche tu lo preservi per lo presente. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

855<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Gracino da Pescarolo <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>sporre una nave idonea in tutto per il<br />

comodo trasporto <strong>di</strong> due buoi grassi che regalerà ai marchesi <strong>di</strong> Ferrara e <strong>di</strong> Mantova.Da Milano<br />

gliene verrà consegnato avrà uno dal vescovo <strong>di</strong> Novara. Francesco Maletta scriverà lì perchè<br />

gliene sia consegnato un altro.<br />

231r Domino Gracino de Piscarolo.<br />

(1454 febbraio 1, Cremona).<br />

Volendo nuy mandare ad presentare aIi marchesi de Ferrara et de Mantoa duy bovi<br />

grassi, vogliamo che subito faciati mettere in puncto una nave idonea per condure Iì<br />

<strong>di</strong>cti bovi, et che sia coperta et chiosa intorno per modo che stiano bene aconzi,<br />

deputandoli ancora persona docta per attendergli et ne habia bona cura. Da Milano ve<br />

ne serà consignato uno, quale n’ha consignato monsignore de Novara; vogliamo lo<br />

retegnati et gli faciati ben attendere (a) finchè manderemo Iì da vuy quello che voremo<br />

Ii vada ad presentare. Francesco Maletta scrivi Iì ve ne sia consignato un altro. Data ut<br />

supra.<br />

Cichus.<br />

(a) attendere corretto su intendere.<br />

856<br />

Francesco Sforza comanda al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> catturare tal Bor<strong>di</strong>ga, abitante a Zorlesco<br />

che, con danno dello stato, conduce sale a Crema. Indaghi bene su quel che ha fatto.<br />

Locumtenenti nostro Laude.<br />

1454 febbraio 1, Cremona.<br />

Perchè siamo informati che uno Bol<strong>di</strong>ga, qual habita in Zorlesco, conduce de molto sale


a Crema in detrimento del’honore et bene del stato nostro, volemo che ve<strong>di</strong>ati da<br />

haverlo in Ie mane et lo examinati molto bene de quanta ha commesso. Data ex<br />

Cremona, <strong>di</strong>e primo februarii 1454.<br />

Irius.<br />

Iohannes.<br />

857<br />

Francesco Sforza vuole che Marco de Attendolis consegni i denari dell’entata <strong>di</strong> Borgonovo,<br />

dello scorso e del presente anno, a Tristano da Desio, famiglio ducale, perchè li porti a Milano.<br />

Marco de Attendolis.<br />

(1454 febbraio 1, Cremona).<br />

Te comettiamo et volemo che tuti Ii <strong>di</strong>nari del’intrata del Borgonovo, così del’anno<br />

passato como del’anno presente, debii dare et consignare a Tristano da Desio, nostro<br />

fameglio, quale man<strong>di</strong>amo Iì per torIi, aciò ne Ii porta a Milano; et in questo non sia<br />

fallo, nè exceptione, nè delatione alcuna. Et aciò cognoschi questa essere la mente<br />

nostra havemo sottoscripto la presente de nostra propria mano. Data ut supra.<br />

Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

858<br />

Francesco Sforza esprime a Filippo Confalonieri la sua sorpresa per la risposta datagli alla<br />

richiesta <strong>di</strong> informarlo dei fatti <strong>di</strong> madonna Luchina. Alla risposta che lui non intende impicciarsi<br />

dei casi <strong>di</strong> madonna, gli oppone che lui, Filippo, vuol sapere dei fatti del duca più <strong>di</strong> quel che<br />

allo stesso duca interessa, e gli precisa che la richiesta non era <strong>di</strong> “indovinare” i fatti. Il duca gli<br />

comanda <strong>di</strong> portarsi domani da lui a “Pizleone”, ove si troverà per pranzo.<br />

231v Domino Filippo de Confanoneriis.<br />

1454 febbraio 1, Cremona.<br />

Havemo recevuta la vostra littera et inteso quanta voi ne scriveti ala nostra<br />

respondendo, cioè, che voi credete che noi ve habiamo rechiesto per Ii facti de madona<br />

Luchina, delli quali <strong>di</strong>ceti non volerveme impazare, et cetera. Al che respondendo, vi<br />

<strong>di</strong>cemo che non possiamo fare che de ciò non ne meravigliamo, perchè voglate<br />

in<strong>di</strong>vinare et sapere delli (a) facti nostri più che se voglamo nui; el che non sta bene ad<br />

voi, et quando bene ve havessemo rechiesto per Ii facti d’essa Madonna Luchina, ne<br />

pare che voi devevati obe<strong>di</strong>re et non in<strong>di</strong>vinare. Per la qual cosa de novo ve replicamo<br />

che, recevuta questa, subito vegnati da noi senza exceptione alchuna. Data Cremone,<br />

primo februarii 1454.<br />

Insuper perchè nui se retrovarimo domane a <strong>di</strong>sinare a Pizleone, volemo che domane<br />

ad questa hora ve trovati là senza fallo. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue facti con segno abbreviativo depennato.<br />

859<br />

Francesco Sforza scrive al castellano della rocca <strong>di</strong> Pellegrino <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>e noctuque vigilante<br />

perchè due uomini del conte Gicomo hanno, per accor<strong>di</strong> presi, la possibilità <strong>di</strong> scalare la fortezza<br />

e a Modena hanno fatto fare “li inzegni” opportuni.<br />

Castellano arcis nostre Pelegrini.<br />

1454 febbraio 6, Lo<strong>di</strong>.<br />

Nuy habiamo havuto adviso certo como duy de quelli del conte Iacomo hanno il modo<br />

de scalare quella forteza per via de tractato, et hanno facto fare Ii inzigni a Modena per


scalarla. Pertanto vogle stare vigile et attento, facendo fare bone et fidate guar<strong>di</strong>e dì et<br />

nocte, per modo non possi essere inganato, et aIi pre<strong>di</strong>cti non resca el loro pensero.<br />

Data Laude, vi februarii 1454.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

860<br />

Francesco Sforza vuole che segretamente il podestà <strong>di</strong> Fiorenzuola si informi sul costo del fieno,<br />

dove si può trovare e quanto se ne può avere lì, ove manda dei suoi buoi a svernare.<br />

Si è scritto, nello stesso giorno, all’ingegnere Pietro de Cumis <strong>di</strong> portarsi domani dal duca.<br />

232r Potestati Florenzole.<br />

(1454 febbraio 6, Lo<strong>di</strong>).<br />

Perchè mandaressemo voluntiere in quelle parte una quantità de bovi ad invernarse,<br />

volimo che subito te debii informare quanto vale el feno in quello, et in che loco se<br />

potesse trovare et quanto; et de tuti ne avise el Torta, exhibitore delIa presente, quale<br />

man<strong>di</strong>amo Iì per questa casone. Questa informatione vogli tore secretamente aciò non<br />

se sapia la casone. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Chichus.<br />

Die suprascripto.<br />

Magistro Petro de Cumis, ingeniario.<br />

Quod <strong>di</strong>e crastina veniat ad dominium.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

861<br />

Francesco Sforza comunica al provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema che il conestabile ducale Gaspare da<br />

Suessa, <strong>di</strong>morante a Cerreto, s’è lamentato con lui perchè da due mesi i suoi famigli Gabriele de<br />

Piemonte e Bartolomeo da Novara sono tenuti prigionieri a Crema in rivalsa <strong>di</strong> tal Maffino da<br />

Crema, da Gaspare “rescosso per presone”, pur essendo (si <strong>di</strong>ce) soldato, ed è stato osservato<br />

che dei due suddetti famigli, uno è fuggito e l’altro non vuole essere rilasciato. Il duca nega che<br />

Maffino fosse soldato, perchè, altrimenti, Gaspare non ne avrebbe chiesto il riscatto: Maffino<br />

(<strong>di</strong>chiara il duca) “è pur vilano et terrero de lì”. L’estaste scorsa anche molti prigionieri bresciani<br />

hanno cercato <strong>di</strong> passare per soldati, ma erano villani e “se rescodevano, como è debito nel<br />

mestiere del soldo”: Maffino è un caso simile. Si rilasci, perciò, liberamente il famiglio <strong>di</strong><br />

Gaspare, ed é ben noto al provve<strong>di</strong>tore che, nei giorni scorsi, lui, duca, liberò quelli che furono<br />

presi e li lasciò entrare in Crema, benchè fosse asse<strong>di</strong>ata. Se il provve<strong>di</strong>tore non liberasse il<br />

famiglio <strong>di</strong> Gaspare, darebbe al duca motivo <strong>di</strong> agire <strong>di</strong>versamente<br />

Provisori Creme.<br />

1454 febbraio 4, Lo<strong>di</strong>.<br />

Gasparre da Suessa, nostro conestabile che logia ad Cerreto, s’è doluto con nuy che,<br />

zà sonno duy mesi passati, per quelli vostri foreno pigliati duy suoy famigli, nominati,<br />

l‘uno Gabriel de Piemonte, e l'altro Bartholomeo de Novara, quali son tenuti in presone<br />

Iì in Crema; et havendoli luy rechiesti più volte che gli fossero relaxati, como voleno Ie<br />

bone usanza el costume del soldo, gli è stato obiecto gli sonno retenuti per scontro de<br />

uno Maffino de Crema, quale esso Gasparre ha rescosso per presone, pretendendo<br />

ch’el fosse soldato et non potesse essere riscosso, et cetera; <strong>di</strong> quali suoi famigli, l’uno<br />

s’è fugito et retornato da luy, l’altro sta pur in destretta et pare non vogli essere<br />

relaxato. Dela qual cosa nuy meravigliamo assay perchè non è ben facta nè honesta et<br />

non se ne convene fare tale compagnie l’una parte et l'altra; neanche sonno bone<br />

scuse ch’el <strong>di</strong>cto Maffino sia soldato, perché ne ren<strong>di</strong>amo certi ch’el <strong>di</strong>cto Gasparre non<br />

l’haveria rescosso se’l non l’havesse potuto debitamente rescodere; pò ben essere


ch’el <strong>di</strong>cto Maffino se serà facto scrivere per soldato cautelosamente per evitare simile<br />

(a) caso, ma è pur vilano et terrero de Iì; et questo ne pare sia in effecto, perchè,<br />

questa estate passata, è accaduto molte volte simile <strong>di</strong>fferentia de presoni de 232v<br />

Bressana che se excusavano essere soldati, et pur se retrovano essere villani et se<br />

rescodevano, como è debito nel mestere del soldo; et così cre<strong>di</strong>amo firmamente; et<br />

così ne certifica <strong>di</strong>cto Gasparre questo caso essere simile. Pertanto confortiamo et<br />

preghiamo Ia spectabilità vostra che vogli fare relaxare liberamente el <strong>di</strong>cto famiglio del<br />

prefato Gasparre, et non fare queste cavillate exceptione, perchè sapeti che dal canto<br />

nostro non se fanno, et sapete che, ali dì passati, quelli vostri che foreno presi Ii fecemo<br />

relaxare libere, non obstante che nuy de rasone Ii potevamo mandare altrove et non<br />

lassarIi intrare in Crema, la quale è confinata tra Ie nostre et obsi<strong>di</strong>ate, como vedeti.<br />

Quando vuy lo fareti, l’haveremo a caro et serà vostro honore et debito del costume del<br />

soldo; aliter ne daresti materia de farli altra provisione, che non ve piaceranno, benchè<br />

ne rencresceria ad innovare alcuna cosa, ma, como provocati et constrecti, lo fariamo.<br />

Data Laude, iiii februarii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue scandalo depennato.<br />

862<br />

Francesco Sforza chiede al Colleoni <strong>di</strong> trovare nel Bergamasco una sistemazione per Lazzaro<br />

Albanese e per Gaspare da Perugia, uomini d’arme della squadra <strong>di</strong> Sagramoro Visconti: sono<br />

<strong>di</strong> quelli sconfitti a Brusaporto.<br />

Bartholomeo Coleono.<br />

(1454 febbraio 4, Lo<strong>di</strong>).<br />

Lazaro Albanese et Gasparo de Perosa, homini d'arme delIa squadra de domino<br />

Segramoro Vesconte, che <strong>di</strong>cono son de quelli che foreno desfacti ad Brusaporcho, se<br />

sonno lamentati da nuy che non hanno lozamento alcuno como hanno Ii altri suoi<br />

compagni; et questa è stato per essere loro stati absente per remeterse. Pertanto<br />

piacia ad la magnificentia vostra farli alozare como Ii altri, dove et como ve parirà in<br />

Bergamasca, perchè <strong>di</strong>cono se la magnificentia vostra non Ii provede, non sanno ad<br />

cuy altro recorere. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

863<br />

Francesco Sforza comanda a Teseo da Spoleto <strong>di</strong> pagare con i sol<strong>di</strong> delle tasse dell’anno<br />

scorso da lui riscossi (come <strong>di</strong>cono) Griffone e gli altri uomini d’arme del fratello del duca<br />

Corrado e <strong>di</strong> non tenerli per sè, perchè sarebbe “gran fallo”: Se, invece, deve ancora riscuoterli,<br />

li esiga subito per darli a quegli uomini d’arme.<br />

233r Theseo de Spoleto.<br />

(1454 febbraio 4, Lo<strong>di</strong>).<br />

Griffone et Ii altri homini d'arme de Conrado, nostro fratello, se sonno lamentati da nuy<br />

<strong>di</strong>cendo che restano havere alcuni denari per Ie taxe loro del’anno passato quali tu hay<br />

rescossi et Ii tenne per ti; del che ne maravigliamo, se così è, et hay facto gran fallo.<br />

Pertanto te <strong>di</strong>cemo che se tu hay rescossi alcuni denari delle taxe loro, tu gli Ii debbi<br />

restituire et fargli el debito loro; o, essendo da rescodere, Ii sco<strong>di</strong> subito et Ii daghi aIi<br />

<strong>di</strong>cti homini d'arme, facendo per modo non habiano ad dolerse <strong>di</strong> facti tuoy. Data ut<br />

supra.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.


864<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> in favore <strong>di</strong> Griffone e <strong>di</strong> Romagnolo, suoi<br />

uomini d’arme, che furono ragazzi e famigli del defunto Giovanni Piccinino e con cui, in fedeltà e<br />

obbe<strong>di</strong>enza, con<strong>di</strong>visero fino all’ultimo ogni stento e fatica. Inteso che in città e nel <strong>di</strong>stretto vi<br />

sono dei debitori del Piccinino e persone con la sua roba, gli pare onesto che trovandosi debitori<br />

o gente con roba del Piccinino, Griffone e Romagnolo beneficino della roba e dei cre<strong>di</strong>ti<br />

Locumtenenti Placentie.<br />

(1454 febbraio 4, Lo<strong>di</strong>).<br />

Griffone et Romagnolo, nostri homini d'arme, foreno regazi et poi famigli, et demum<br />

continuamente stetero con el quondam Iohanne Picinino de Suana, in casa soa usque<br />

ad ultimum; el quale, essendo Ii pre<strong>di</strong>cti alevati con luy, como sonno, siamo certi, se<br />

fosse vivuto, gli haveria facto del bene perchè Ii pre<strong>di</strong>cti gli foreno sempre fideli et<br />

obe<strong>di</strong>enti. Per la qual cosa, intendendo nuy che in quella nostra cità et suo destrecto,<br />

gli sonno alcuni debitori et che hanno delIa roba del <strong>di</strong>cto quondam Iohanne Picinino, et<br />

parendo honesta et iusta cosa che quelli, che hanno patuto et durato per ogne tempo<br />

ogne fa<strong>di</strong>ga et stento per lo <strong>di</strong>cto Iohanne Picinino, debbiano havere utile et como<strong>di</strong>tate<br />

delle cose soe, volimo et comettiamove che, retrovandose robba alcuna o debitori del<br />

<strong>di</strong>cto quondam Iohanne Picinino, che licitamente fosse del pre<strong>di</strong>cto et che adesso<br />

spectasse ad luy, faciati dare et consignare aIi pre<strong>di</strong>cti Griffone et Romagnolo tutta<br />

quella robba se trovarà del pre<strong>di</strong>cto quondam Iohanne Picinino; et così Ii dareti ogne<br />

favore opportuno perchè possano extrahere dalli <strong>di</strong>cti debitori quello che<br />

rasonevelmente sonno obligati, como a pieno ve informarano Ii pre<strong>di</strong>cti. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Iohannes.<br />

865<br />

Francesco Sforza vuole che il conte Onofrio Bevilacqua provveda che Cristoforo d’Arezzo abbia<br />

il ragazzo che gli ha “desviato” un suo uomo oppure la roba che quello gli ha portato via<br />

233v Comiti Honofrio Bevelaqua.<br />

(1454 febbraio 4, Lo<strong>di</strong>).<br />

Christoforo d’Arezo, nostro homo d'arme, ne <strong>di</strong>ce, lamentandose, che uno delli vostri<br />

homini gli ha desviato uno suo regazo, qual g’ha facto danno in certa soa robba, como<br />

da esso, overo suo messo, intenderiti. Pertanto volemo che debiati provedere che in<br />

questo gli sia ministrato rasone summarma et expe<strong>di</strong>ta per modo che habia el regazo<br />

suo, overo la robba et dovere suo, che non habia casone de dolerse. Data ut supra.<br />

Nicolaus.<br />

Iohannes.<br />

866<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Pietro da Norcia <strong>di</strong> provvedere, d’accordo con Francesco da Varese<br />

e Bartolomeo d’Ancona, che gli elencati gentiluomini della sua consorte, madonna Bianca, e<br />

anche alcuni dei suoi trovino un’idonea sistemazione a Lo<strong>di</strong> in occasione della sua venuta. Curi<br />

pure che trovino sempre lì alloggio i suoi famigli che giungeranno dopo la sua partenza<br />

Domino Petro de Nursia.<br />

1454 febbraio 1, Cremona.<br />

Aciochè (a) Ii gentilhomini delIa illustrissima madona Biancha, nostra consorte, et così<br />

ancora alcuni altri deIi nostri, quali non hanno logiamento Iì in Lode a questa nostra<br />

venuta, troveno Ie stantie dove possano logiare, volemo debbiati far provedere de<br />

logiamenti idonei aIi <strong>di</strong>cti de madona Bianca, (b) secundo se contene in la inclusa lista,


quali intendemo non hanno logiamento, or<strong>di</strong>nando anchora che Ii altri nostri che hanno<br />

Ii logiamenti deputati, non Ii siano tolti, ma conservati, intendendove de questi<br />

alogiamenti con Francesco da Varese et Bartholomeo d'Ancona. Per respecto aIi altri<br />

logiamenti delli famigli nostri d'arme, che debeno venire ad stare Iì, deIi quali logiamenti<br />

potereti al presente, como ve parerà, provedere a questi sonno neIe liste presente,<br />

attento che quando <strong>di</strong>cti famegli venerano per allogiarli, nuy seremo partiti. Et questa<br />

provisione fate sia facta presto aciochè ad ogne hora zonzerano Iì, ogniuno sapia dove<br />

alogiare. Cremone, primo februarii 1454.<br />

Iohannes.<br />

(a) che ripetuto.<br />

(b) madonna Bianca scritto su magnifico Bartholomeo.<br />

867<br />

Francesco Sforza comanda al vicario del vescovo <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> eliminare le novità da lui<br />

promosse contro gli ebrei, novità che impe<strong>di</strong>rebbero loro <strong>di</strong> abitare in detta città e che derogano<br />

ai privilegi concessi loro dal duca e per i quali lui, duca, con sua vergogna, non potrebbe che<br />

intervenire con un altro provve<strong>di</strong>mento.<br />

234r Vicario domino episcopi Placentie.<br />

1454 febbraio 1, Cremona.<br />

Con querella n’hanno exposto Ii ebrei de quella nostra cità che per vuy gli sonno<br />

innovate cose, quale may più non gli foreno usate, et che sonno contra Ii privilegii<br />

hanno da nuy, del che gravemente se doleno e lamentano <strong>di</strong>cendo che, quando simile<br />

novitate gli siano usate, non poteranno habitare in <strong>di</strong>cta cità. Pertanto nuy ve confortiamo<br />

et caricamo che ali <strong>di</strong>cti ebrei non vogliati fare, nè usare cosa che sia contra Ii nostri<br />

privilegii perché, quando faceste altramente, retornaria in nostro mancamento et<br />

vergogna, et per nostro honore non poteressemo fare altramente che fare la debita<br />

provisione, sichè vogliati desistere da esse novitate et non farli quello che è contra delli<br />

<strong>di</strong>cti privilegii hanno da nuy, como non dubitamo fareti, cognoscendo vuy così essere la<br />

nostra intentione. Data Cremone, primo februarii 1454.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

868<br />

Francesco Sforza scrive a Sansoneto e Ado de Alipran<strong>di</strong>s <strong>di</strong> accettare la sistemazione per i<br />

trecento cavalli del conte Gaspare che donna Luchina è <strong>di</strong>sposta a concedere sulle sue terre.<br />

Sansoneto et Ado de Alipran<strong>di</strong>s.<br />

1454 febbraio 2, Cremona.<br />

Perchè la magnifica madona Luchina ha scripto et mandato a <strong>di</strong>re anchora che è<br />

apparechiata ad dare allogiamento nelIe terre soe et farIi fare el dovere ad quelli CCC<br />

cavalli del conte Gasparro, secundo nuy gli havemo or<strong>di</strong>nato, volimo, et così ve<br />

coman<strong>di</strong>amo che debbiati acceptare Ii allozamenti che ley ve farà assignare, perchè se<br />

rendemo certi farà fare el dovere ad essi cavalli. Cremone, ii februarii 1454.<br />

Iohannes.


869<br />

Francesco Sforza risponde ad Antonello de Campanea <strong>di</strong> aver inteso dalle sue lettere della fuga<br />

<strong>di</strong> Paolo eremita, mentre degli altri, del cui invio gli ha scritto per riferirgli come è avvenuto il<br />

fatto, nulla sa <strong>di</strong> loro.<br />

Informato della incursione nemica, lo riassicura <strong>di</strong> aver or<strong>di</strong>nato a Tiberto Brandolini <strong>di</strong> portarsi lì.<br />

Circa la sua licenza <strong>di</strong> far ritorno a casa, gli <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> rinviare tutto a tempi migliori.<br />

Antonello de Campanea.<br />

1454 febbraio 5, Lo<strong>di</strong>.<br />

Havemo recevuto Ie toe lettere de dì XXIII et XXX del passato et inteso quanto ne scrive<br />

dela fuga de Paulo heremita et de quelli altri, che <strong>di</strong>ce mandare da nuy per referire il<br />

facto como era passato: Per breve resposta te <strong>di</strong>cemo che fin ad qui coloroa non sonno<br />

venuti da nuy, nè sapiamo che sia de loro. Ad la parte delIa venuta in quella parte delle<br />

gente inimiche havemo inteso el tuto, et per questa et altra casone havemo mandato in<br />

là el magnifico miser Tiberto con premissima commissione de provedere ad simili cose<br />

et fare che ad inimici non reschi el pensiero. 234v Al facto dela licentia ne rechie<strong>di</strong> de<br />

andare ad casa, te <strong>di</strong>cemo che quando Ie cose siano in migliore assecto, tu ne avisi,<br />

perchè alhora te responderemo quanto haveray ad fare. Data Laude, 5 februarii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

870<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podesta <strong>di</strong> Ripalta <strong>di</strong> non rilasciare, senza sua licenza, il<br />

saccomanno che si portava con sale a Crema.<br />

Lo sollecita a far pervenire subito le sue lettere a Treviglio, perchè sono importantissime.<br />

Potestati nostro Rippalte.<br />

1454 febbraio 5, Lo<strong>di</strong>).<br />

Havemo veduto quanto per una toa n’hay scripto de quello saccomano che è stato<br />

pigliato, quale andava per intrare in Crema con sale, et cetera, et inteso quello ha<br />

confessato, non <strong>di</strong>cemo altro, salvo che tu lo vogli tenere in presone et in destrecto, et<br />

non liberarlo senza nostra licentia. Vogli subito, havuta questa, mandare Ie alligate<br />

nostre per proprio messo ad Trivilio, perchè sonno de gran<strong>di</strong>ssima importantia. Data ut<br />

supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

871<br />

Francesco Sforza vuole che i fratelli Sanseverino si impegnino per impe<strong>di</strong>re che <strong>di</strong> notte,<br />

come gli ha scritto il podestà <strong>di</strong> Rivolta e ha saputo da alcuni amici,<br />

si conducano sale e vettovaglie entro Crema.<br />

Magnificis fratribus de Sanctoseverino.<br />

(1454 febbraio 5, Lo<strong>di</strong>).<br />

Ve man<strong>di</strong>amo qui inclusa una copia d’una Iettera che n’ha scripto el potestate nostro de<br />

Rivolta, quale havemo fatta in questa hora, ad ciò che inten<strong>di</strong>ati et vi<strong>di</strong>ati como ogne<br />

nocte se conduce sale et altre vistualie dentro da Crema; et questo medesimo<br />

advisamento havemo havuto da certi nostri amici che sonno dentro da Crema. Pertanto<br />

vogliati provedergli et fargli fare de nocte tale guar<strong>di</strong>a che victualie non possono essere<br />

conducte in Crema; et fati in modo che inten<strong>di</strong>amo gli haveti proveduto, avisandove che<br />

se gli metterete suso l’animo et il pensiero, facile satisfareti ad questa nostra voluntà; la<br />

qual cosa non ve poteressemo scrivere quanto l’habiamo a cuore. Data ut supra.<br />

Zaninus.


Cichus.<br />

872<br />

Francesco Sforza comanda ad Angravallo da Napoli in San Colombano che sloggi i suoi cinque<br />

cavalli che ha nella possessione che il famiglio ducale Pisanello ha in affitto alla Cassina de<br />

Mazza de Lodesano, ove sono già sistemati sette cavalli e mezzo <strong>di</strong> quelli <strong>di</strong> suo fratello<br />

Corrado..<br />

1454 febbraio 5, Lo<strong>di</strong>.<br />

235r Angravallo de Neapoli in Sancto Columbano.<br />

S’è lamentato da nuy el Pisanello, nostro famiglio, <strong>di</strong>cendo che tu tieni V cavalli lozati ad<br />

quella sua possessione che ha affitto chiamata la Cassina de Mazza de Lodesana, et<br />

questo non obstante che li gli sta lozato et taxato VII cavallo et mezo de quilli de<br />

Conrado, nostro fratello. Pertanto te <strong>di</strong>cimo che tu debbie levare da Iì <strong>di</strong>cti tuoi cavalli et<br />

mandarli dove te hè assignato allozamento et non guasti la possessione del <strong>di</strong>cto (a)<br />

Pisanello, perchè basta assay ch’el porti el carico che Ii tocha senza darli altra fatigha.<br />

Data Laude, <strong>di</strong>e v februarii 1454.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue lozamento depennato.<br />

873<br />

Francesco Sforza scrive al podestà <strong>di</strong> Treviglio <strong>di</strong> lasciare che Martino da Treviglio rimpatri e<br />

faccia gli affari suoi: egli gli ha confessato <strong>di</strong> desiderare tornare lì, perchè scempiamente si è<br />

portato a Bergamo senza “alcuno cattivo fine” e, avvedutosi <strong>di</strong> aver fatto male, ha fatto ritorno.<br />

Potestati TriviIii.<br />

(1454 febbraio 5, Lo<strong>di</strong>).<br />

É stato qui da nui Martino da Trivilio et ne ha <strong>di</strong>cto como lui altra volta, senza altra<br />

consideratione, sempiamente, andò ad Bergamo, et non già, però, ad alcuno cattivo<br />

fine, et cognoscendo havere facto male, è retornato. Et perchè dubitava per questo de<br />

venire là, gli havimo <strong>di</strong>cto che, non havendo luy commesso altro fallo, ch’el pò venire là;<br />

sichè, servando la cosa como de sopra è <strong>di</strong>cto, siamo contenti et volimo che lo lassi<br />

repatriare et fare Ii facti suoi senza alcun altro impe<strong>di</strong>mento; et questo finchè non<br />

manchi. Data ut supra.<br />

Cichus.<br />

874<br />

Francesco Sforza scrive, dopo l’inefficace ricorso del suo luogotenente, al provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema<br />

<strong>di</strong> voler rilasciare Cristoforo Favalo e le quattro some <strong>di</strong> farina, le due bestie da soma, che i suoi<br />

uomini hanno catturato, oltre ad aver “scosso per presone, per quattro ducati e mezzo,<br />

Princivalle de Raymon<strong>di</strong>, quando i suoi uomini Giovanni da San Gallo, Daniele del Bayo e<br />

Giacomino da Seriate si sono portati, muniti del suo (provve<strong>di</strong>tore) salvacondotto, con alcuni<br />

compagni e bestie da soma. cariche <strong>di</strong> biada degli uomini <strong>di</strong> Pan<strong>di</strong>no, al mulino <strong>di</strong> Donara.<br />

Provisori Creme.<br />

1454 febbraio 6, Lo<strong>di</strong>.<br />

Como la magnificentia vostra è stata avisata et rechiesta per più lettere del nostro<br />

locotenente de questa nostra cità, essendo aIi dì passati andato Iohanne de San Gallo,<br />

Daniele del Bayo et Iacomino de Seriate, homini nostri, con alcuni compagni et bestie<br />

da somma cariche de biade delli homini nostri de Pan<strong>di</strong>no al molino da Donara, focto la<br />

fidanza del salvoconducto vostro per lo quale, <strong>di</strong>cto Iohanne, Daniele et Iacomino,<br />

como per lo registro d'esso salvoconducto porà la magnificentia vostra intendere, 235v


possevano con cinque compagni andare liberamente al <strong>di</strong>cto molino con <strong>di</strong>cte bestie<br />

cariche delle biave delli homini de Pan<strong>di</strong>no et poi con la farina retornare ad Pan<strong>di</strong>no,<br />

per li vostri gli sonno state retenute somme quatro de farina, doe bestie da soma,<br />

retenuto per presone Christoforo Favalo, suo compagno, et scosso per presone per<br />

ducati quatro et mezo Princivallo de Raymon<strong>di</strong>, etiam loro compagno. Et benchè esso<br />

nostro locotenente più volte habia scripto ala magnificentia vostra per la restitutione de<br />

queste cose tolte et liberatione del presone, tamen per la vostra magnificentia non gli è<br />

ancora dato or<strong>di</strong>ne nè modo, de che ne maravigliamo grandemente. Pertanto havemo<br />

voluto scrivere questa ala magnificentia vostra per la quale ve rechiedemo et<br />

confortiamo che per observatione del salvoconducto et fede vostra, vogliati fare<br />

restituire <strong>di</strong>cte cose et liberare <strong>di</strong>cto presone, altramente seremo constrecti ad fare il<br />

simile aIi vostri per provedere ala indemnità de questi homini nostri. Data Laude, vi<br />

februarii 1454.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

875<br />

Francesco Sforza scrive ad Ambrogio da Rho, podestà <strong>di</strong> Maleo, <strong>di</strong> non consentire che<br />

Cristoforo Moyentino, se è coinvolto nelle faccende <strong>di</strong> suo cognato Cristoforo, trombettiere<br />

ducale, venga invitus costretto a impicciarsi in affari <strong>di</strong> quel comune.<br />

Ambrosio de Raude, potestati Maley.<br />

1454 febbraio 5, Lo<strong>di</strong>.<br />

Christoforo, trombeta nostro, ne <strong>di</strong>ce che per quello comune pare voglia essere<br />

astrecto Christoforo Moyetino, suo cugnato e factore Iì, ad exercitarse e intrometerse in<br />

Ie facende et cose che bisognano al <strong>di</strong>cto comune, contra la voluntà soa e in damno et<br />

preiu<strong>di</strong>tio d’esso nostro trombetta perché, essendo constrecto <strong>di</strong>cto suo cugnato a fare<br />

Ii facti de quello comune, gli è forza 236r lassare et obmettere Ii facti et bisogni d’esso<br />

nostro trombetta. Pertanto volemo, et così te commettiamo che, adoperandose <strong>di</strong>cto<br />

Christofaro Moyentino in le facende et bisogni del <strong>di</strong>cto Christoforo, nostro trombetta,<br />

prove<strong>di</strong> et servi modo ch’el non sia astrecto contra soa voluntà ad impazarse et<br />

intrometterse de alcuna facenda de quello commune. Data Laude, v februarii.<br />

Ser Alexander.<br />

Iohannes.<br />

876<br />

Francesco Sforza scrive a Ioseph de Cortonio, castellano della rocca <strong>di</strong> San Colombano, che le<br />

corazzine si trovano a Cerreto, per cui deve aver pazienza.<br />

Gli invia in buona forma la licenza richiestagli.<br />

(1454 febbraio 5), Lo<strong>di</strong>.<br />

Iosep de Cortonio, castellano arcis nostre Sancti Columbani.<br />

Havemo veduto quanta tu ne hay scripto; al che brevemente respondendo, <strong>di</strong>cemo che<br />

quelle corazine (a) sonno ad Cerreto, sichè per adesso bisognia che tu habii patientia.<br />

La licentia che n’hay rechiesta, te man<strong>di</strong>amo qui alligata et in bona forma, como<br />

vederay. Laude, ut supra.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

(a)Segue che depennato.<br />

877<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al referendario <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> accertare se veramente nel passato la<br />

possessione della Bonissima, che ora hanno i famigli ducali Giulio e Scarioto, ha goduto, come<br />

essi asseriscono, della esenzione dalle imbottature.<br />

Gli riferisca il tutto in modo che lui sappia quale decisione prendere.<br />

(1454 febbraio 5, Lo<strong>di</strong>).


Referendario Placentie.<br />

Ne <strong>di</strong>cono Iulio et Scarioto, nostri famigli, quali tengono la possessione della Bonissima,<br />

che altre volte per lo tempo passato quelli hanno tenuto la <strong>di</strong>cta possessione, l’hanno<br />

tenuta exempta de imboctature et altri dacii. Pertanto volemo che sopra ciò tu habii<br />

bona et chiara informatione del modo che l’hanno tenuta li altri per lo passato, et de<br />

quanto che tu haveray trovato, fa che subito ne avisi chiaramente et del vero ad ciò<br />

sapiamo quello havemo ad fare dal canto nostro. Data ut supra.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

878<br />

Francesco Sforza vuole che Teseo da Spoleto dei due cavalli che toccano alla possessione<br />

della Bonissima e che ora hanno i suoi famigli Giulio e Scarioto, ne assegni uno a detta<br />

possessione e l’altro ponga sul suo conto.<br />

Theseo de Spoleto.<br />

(1454 febbraio 5, Lo<strong>di</strong>).<br />

Siamo contenti et volemo che delli duoy cavalli tocha per taxa ala possessione delIa<br />

Bonissima, quale tengono Iulio et Scarioto, nostri famigli, tu gli ne daghe uno et non più,<br />

et l’altro poneray ad nostro conto. Data ut supra.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

879<br />

Francesco Sforza comanda che Antonio da Pescarolo, capitano <strong>di</strong> Casteggio, e Bertoluzio da<br />

Gubbio, commissario della Campagna <strong>di</strong> Pavia, si portino subito da lui.<br />

s.d., s.l.<br />

236v Antonio de Piscarolo, capitano Clastigii, et ser Bartolutio de Eugubio, commissario<br />

super logiamentis campanee Papie.<br />

Quod veniant ad dominum in<strong>di</strong>late.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

880<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na ad Andrea de Fulgineo <strong>di</strong> mostrare ai citta<strong>di</strong>ni le lettere che gli invia e<br />

scruti che caso ne fanno, siccome vuole che comprendano il suo <strong>di</strong>spiacere per la loro renitenza<br />

e ostinazione. Se gli pare che mutino atteggiamento e che la sua permanenza lì sia utile, vi<br />

rimanga per un po’, altrimenti se ne venga via. Ha comandato ad Antonio Guidobono <strong>di</strong> ritornare<br />

a Milano.<br />

Andree de Fulgineo.<br />

(1454 febbraio 5, Lo<strong>di</strong>).<br />

Volimo che queste lettere che scrivemo tu Ie monstre ad quelli cita<strong>di</strong>ni che te parirà<br />

como da te, et ve<strong>di</strong> que volto et que caso ne fanno perchè deliberamo che intendano<br />

ne <strong>di</strong>spiace la renitentia loro et obstinatione. Et s’el te paresse che mutassero proposito<br />

et ch’el tuo stare lì fazi fructo, siamo contenti tu resti per qualche dì, como te parirà; si<br />

minus, ventene via et non sta Iì ad perdere tempo, ma avisane subito del’havuta de<br />

questa et que caso seria facto de queste nostre lettere. Ad Antonio Guidobono<br />

scrivemo ch’el vada ad Milano perchè non volemo che luy se impazi più de queste<br />

cose; sichè staray Iì tu et avisarayne de quanto serà seguito. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.


881<br />

Francesco Sforza comanda al viceluogotenente <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> rimuovere dal casamento attiguo<br />

al monastero francescano piacentino <strong>di</strong> Santa Chiara tutti coloro che <strong>di</strong>sturbano madonna<br />

abbadessa e le relative monache in modo che esse non abbiano ulteriore motivo <strong>di</strong> lagnarsi<br />

Vicelocuntenenti nostro Placentie.<br />

1454 febbraio 5, Lo<strong>di</strong>.<br />

Più fiate habiamo recevuto querella dale venerabile madona abbatissa et monaghe da<br />

Sancta Chiara del’Or<strong>di</strong>ne de Sancto Francisco de quella nostra citade che in uno suo<br />

casamento contiguo al monastero et che se sarra dentro da loro curtaritio, gli fi alogiati<br />

foresteri per modo che ne patiscano damno et incomodo pur assay. Et perchè a nuy<br />

non ne pare debito nè honesto gli sia facto tal desconzo nì damno, et pocha advertentia<br />

usano quelli tali che sonno deputati sopra simili alogiamenti ad non considerare tali<br />

inconvenienti, et che sonno 237r done religiose, le quale in ogne caso debano essere<br />

reguardate, volemo et commandemote che, recevuta la presente, prove<strong>di</strong> per modo<br />

che da mò inante non siano turbate nel <strong>di</strong>cto loro casamento; et si alcuno ve è alogiaro<br />

dentro ad esso, prove<strong>di</strong> subito sia remoto et posto altroe per modo che Ie <strong>di</strong>cte done<br />

più non habiano a lamentarse per questa casone. Data Laude, v februarii 1454.<br />

Aluysius.<br />

Cichus.<br />

882<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al referendario <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> far dare 12 pesi per buoi sia a Rafanino<br />

Torta che a Giacomo d’Arsago che manda a Fiorenzuola con 190 suoi buoi perchè svernino lì.<br />

Referendario nostro Placentie.<br />

(1454 febbraio 5, Lo<strong>di</strong>).<br />

Man<strong>di</strong>amo a Firenzuola Rafaninio Torta et Iacomo d'Arsagio con bovi centonovanta<br />

nostri per invernarli Iì, pertanto volemo che ad caduno de loro duy debii far dare dodeci<br />

pesi de bovi per uso delli <strong>di</strong>cti bovi. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

883<br />

Francesco Sforza ha preso atto dal podestà <strong>di</strong> Fiorenzuola che lì il fieno costa da quattro lire e<br />

mezza a cinque lire il carro. Vuole che il podestà gliene comperi 300 carri e gliene faccia sapere<br />

il prezzo, perchè gli manderà il denaro. Consegni il fieno a Rafanino Torta e a Giacomo<br />

d’Arsago, che manda lì con 190 buoi. Provveda a un buon alloggiamento sia per i buoi che per<br />

loro due, come pure per due loro cavalli.<br />

Potestati Firenzole.<br />

(1454 febbraio 5, Lo<strong>di</strong>).<br />

Havemo veduto quanta tu n’hay scripto respondendo ala nostra circa’l facto del feno,<br />

quale vale Iì quatro livre et meza fin in cinque il carro; ala quale respondendo, <strong>di</strong>cemo<br />

che nostra intentione non è de tore el <strong>di</strong>cto feno a credenza, immo a <strong>di</strong>nari, perchè, s’el<br />

se domanda al’officiale sive al referendario de Piasenza, se trovarà ch’el pagò l’ano<br />

passato tuto el feno che era tolto per Ii nostri bovi. Pertanto vogline subito comprarne<br />

trecento carra et avisarne del pretio, perchè te daremo il modo al <strong>di</strong>naro. Interim vogli<br />

dare del <strong>di</strong>cto feno ad Rafanino Torta et Iacomo d’Arzago, quali man<strong>di</strong>amo Iì con li bovi<br />

centonovanta et non lasargline mancare, et anche provedere de bono lozamento per Ii<br />

<strong>di</strong>cti bovi et per loro et per duy cavalli suoy. Et non gli sia fallo. Data ut supra.


Irius.<br />

Cichus.<br />

884<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce ad Antonio Guidobono <strong>di</strong> ritornare al suo ufficio <strong>di</strong> Milano.<br />

Antonio Guidobono.<br />

(1454 febbraio 5, Lo<strong>di</strong>).<br />

Respondendo ale toe lettere, <strong>di</strong>cemo, per quelli respecti te ne scrive, siamo contenti<br />

che tu vada ad Milano all’offitio tuo. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

885<br />

Francesco Sforza concede al podestà <strong>di</strong> Fiorenzuola licenza <strong>di</strong> assentarsi, senza per<strong>di</strong>ta del<br />

salario, dal suo ufficio per 20 giorni per andare a Pesaro, lasciando, però, un sostituto idoneo.<br />

237v Potestati Florenzole.<br />

(1454 febbraio 5, Lo<strong>di</strong>).<br />

Volendo nuy compiacere ala toa rechiesta, siamo contenti, et così per la presente te<br />

conce<strong>di</strong>amo licentia che tu te posse absentare dal tuo offitio et andare fino ad Pesaro<br />

per vinti dì, computato l’andare, stare et retornare, Ii quali se comenzano dal primo de<br />

che tu te partiray da lì, senza retenzione alcuna del tuo salario, lasando perhò prima in<br />

tuo loco una persona idonea et sufficiente, la quale supplisca aIe toe visende fin ala toa<br />

retornata. Data ut supra.<br />

Leonardus.<br />

Cichus.<br />

886<br />

Francesco Sforza comanda a Venturino de Brambilla, castellano della rocca <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, <strong>di</strong> liberare il<br />

figlio <strong>di</strong> Bartolomeo del Meno.<br />

1454 febbraio 6, Lo<strong>di</strong>.<br />

Vinturino de Brambilla, castellano arcis nostre Laude.<br />

Siamo contenti et volemo che, havuta questa, tu debii relaxare et ponere in soa libertà<br />

et arbitrio lo figliolo de Bartholomeo del Meno, quale tu hay in Ie mane; et questo non<br />

obstatnte cosa alcuna in contrario. Laude, vi februarii 1454.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

887<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssequestrare “cose et robbe” della donna <strong>di</strong><br />

Bartolomeo dal Meno.<br />

Locumenenti Laude.<br />

(1454 febbraio 6, Lo<strong>di</strong>).<br />

Siamo contenti et volemo che, havuta questa, levati via quello sequestro che altra volta<br />

fo facto delIa cose et robbe che sonno delIa dona de Bartholomeo dal Meno; et questo<br />

exequireti non obstante cosa alcuna in contrario, aciò essa in Ii suoy bisogni se possa<br />

valere delle <strong>di</strong>cte cose et robbe. Data ut supra.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.


888<br />

Francesco Sforza esprime ad Andrea Fulgineo e a Antonio Guidobono lo sconcerto per i citta<strong>di</strong>ni<br />

che hanno indolentemente risposto alla richiesta ducale <strong>di</strong> aiuto per gli attuali “urgentissimi<br />

bisogni”, pur avendo essi sofferto meno aggravi <strong>di</strong> quello che hanno patito altre città.<br />

Cita il caso <strong>di</strong> Cremona, che gli ha donato 15000 fiorini pur avendo avuto la guerra alle sue<br />

porte, mentre quei <strong>di</strong> Pavia si mostrano tanto renitenti ad aiutarlo. Or<strong>di</strong>na ad Andrea e ad<br />

Antonio <strong>di</strong> venirsene via, ma con la nota <strong>di</strong> coloro che hanno dato risposta negativa alle loro<br />

richieste <strong>di</strong> sovvenzione in modo che lui, a sua volta egualmente li ricambi in caso <strong>di</strong> bisogno.<br />

1454 febbraio 6, Lo<strong>di</strong>.<br />

238r Andree de Fulgineo et Antonio Guidobono.<br />

Havemo recevuto Ie vostre lettere et inteso ad pieno quanto ne avisate del vostro<br />

giungere Iì et de rechiedere de quelli cita<strong>di</strong>ni, con Ie persuasione facte per nostra parte,<br />

che ne volesseno a<strong>di</strong>utare ad questi nostri urgentissimi bisogni, Ie quale pocho ne pare<br />

habiano vogliuto exaui<strong>di</strong>re, nè intendere il grave peso che nuy havemo aIe spalle, che<br />

tuto è per sforrzarse nuy de mantenere et defensare iI stato nostro et dare riposo ad<br />

loro et Ii altri nostri sub<strong>di</strong>ti; del che non possiamo se non maravegliare et dolere de loro<br />

et adpena possiamo credere che ve habiano facto cotale resposte vacue de carità, che<br />

nel vero non hanno zà casone de portarse verso nuy in questa forma, essendo loro<br />

tractati meglio et più regurdati piu che verune del'altre nostre cità, Ie quale tute hanno<br />

supportate damno, spese et desasio assay per Ie guerre, che sapeti non hanno patito<br />

loro queste graveze et pesi de guerra quasi niente ad comparatione delli altri; et niente<br />

demancho aIe rechieste che l'havemo facte, l’havemo trovati più mansueti, più benigni<br />

et più tractabili, senza comparatione che loro. Et fra Ii altri quelli de Cremona de soa<br />

bona voluntà n’hanno donato quindeci mille fiorini de presente, che già duy anni ha<br />

havuta la guerra fin aIe porte continuamente, et quelli de Pavia se fanno tanto renitenti<br />

ad subvenirce et servirne de uno pocho de tempo in prestito; cre<strong>di</strong>amo assay che vuy<br />

dal canto vostro habiate facto quello haveti saputo et potuto. Il perchè concludendo,<br />

<strong>di</strong>cemove che debiati partirve da Iì et venirvene ad Milano et non dare più molestia ad<br />

quelli cita<strong>di</strong>ni, ma portatene la lista et nome de tuti quelli rechiesti per nostra parte et in<br />

scripto la respuosta quale havite havuta da caduno de loro perché, quando gli accaderà<br />

bisogno ad loro delli facti nostri, possiamo servirli in quello modo al bisogno loro che<br />

essi hanno servito et satisfacto al bisogno nostro presente, et sapiamo quale concepto<br />

habiamo ad fare de loro in Ie altre cose per l’avenire. Data Laude, vi februarii.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

889<br />

Francesco Sforza, siccome ha deciso <strong>di</strong> stringere Crema d’asse<strong>di</strong>o in tutte le parti, vuole che<br />

Antonio Sicco, commissario <strong>di</strong> Geradadda, man<strong>di</strong> una buona scorta <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a a un miglio da<br />

Mozzanica e faccia spianare <strong>di</strong>eci trabucchi <strong>di</strong> Alchina in modo da impe<strong>di</strong>re che alcuni “sortumi”<br />

da Caravaggio vadano a Crema.<br />

1454 febbraio 7, Lo<strong>di</strong>.<br />

238v Antonio Sicho, comissario nostro Glareabdue.<br />

Perchè deliberamo de restringere Crema per tute quelle vie che ne sia possibile,<br />

sentendo nuy che alcuni sortumi de Caravagio vanno in Alchina et da Iì ad Crema,<br />

volimo che, mandando sufficiente scorta ad la guar<strong>di</strong>a, lontano uno miglio de Mozanica,<br />

faciati spianare dece trabuchi dela <strong>di</strong>cta Alchina modo ch’essi sortumi vadano in Serio<br />

et non ad Crema. Data Laude, vii februarii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.


890<br />

Francesco Sforza scrive a Filippo de Osio, ufficiale sopra il legname dei sandoni, <strong>di</strong> essere<br />

contento che al suo famiglio Giacomo da Piacenza sia concesso che possa condurre tanto<br />

legname per i suoi sandoni, sia che l’abbia già posto in opera che non, mentre deve procedere<br />

contro altri che hanno preso detto legname e farselo restituire.<br />

(1454 febbraio 7, Lo<strong>di</strong>).<br />

Filippo de Osio de Me<strong>di</strong>olano, officiali super lignamine zandonum.<br />

Siamo contenti, et così volemo che ad domino Iacomo da Piasenza, nostro fameglio,<br />

per ligname delli nostri zandoni, quale havesse conducto a casa tanto, sia facto<br />

condure et tanto che l’havesse posto in opera quanto che non l’havesse facto ponere,<br />

perchè nuy siamo remasti contenti che l'habia tolto; ma siamo ben contenti et così<br />

volemo che, trovando tu altri che n’havesse tolto et usurpato, tu debii procedere contra<br />

de loro per ogni modo et via ad fartelo restituire. Data ut supra.<br />

Filipus.<br />

Cichus.<br />

891<br />

Francesco Sforza ricorda al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> aver scritto al vescovo <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> far citare<br />

prete Niccolò Dragone e altri preti assenti dalla città, sotto pena della per<strong>di</strong>ta dei benefici se non<br />

rimpatriavano, il che non han fatto.<br />

Vuole che a prete Niccolò intimi <strong>di</strong> rimpatriare entro un certo tempo: se non lo facesse, costringa<br />

il fratello, Leonardo Dragono, a rinunciare ai benfici che tiene detto prete Niccolò.<br />

239r Locumtenenti Laude.<br />

(1454 febbraio 7, Lo<strong>di</strong>).<br />

Te recor<strong>di</strong>amo per altre nostre lettere havere scripto al reverendo monsignore vescovo<br />

de questa nostra cità che facesse citare prete Nicolò Dragono et alcuni altri preti<br />

absenti dala cità che, sotto pena delIa privatione delli loro beneficii, dovessero redurse<br />

a repatriare; la qual cosa non hanno voluto fare. Il perchè te deliberamo vedere se ne<br />

voranno obe<strong>di</strong>re, et volemo et ve commettemo che al <strong>di</strong>cto prete Nicola debbiati far<br />

intimare che infra certo termine, che ve parirà idoneo e competente, debba venire et<br />

repatriare per consolatione et salute delle anime sottoposte ala cura soa; et non venendo<br />

luy, volimo che senza repplicatione de più (a) nostre littere, costringati Leonardo<br />

Dragono, suo fratello, ad renuntiare ad Ii beneficii, quali tene <strong>di</strong>cto prete Nicholò in<br />

questa nostra cità. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) più in interlinea.<br />

892<br />

Francesco Sforza scrive al referendario e tesoriere <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che sono stati condotti 25 burchielli <strong>di</strong><br />

legname e ne verranno altri 35. Vuole che paghi a quelli, dei quali il luogotenete <strong>di</strong> lì manderà il<br />

bollettino, sol<strong>di</strong> venti a burchiello per ogni “andata et conducta”.<br />

Referendario et thesaurario Laude.<br />

1454 febbraio 7, Lo<strong>di</strong>.<br />

Sonno stati conducti per Ii navaroli de questa nostra cità burchielIi vinticinque de<br />

ligname da Rivolta ad questa nostra città, et gli n’è ancora da condurre burchielli XXXV,<br />

che in tutto seranno da circa LX burchielli de ligname. Pertanto volemo debie numerare<br />

et pagare ad quelli, quali te scriverà per suo bolectino il nostro locumtenente de questa<br />

nostra città, per caduna andata et conducta, sol<strong>di</strong> vinti de imperiali per burchiello, et


seranno in tucto libre sesanta de imperili; Ii quali denari vogli pagare subito inme<strong>di</strong>ate<br />

ad ciò che possano andare ad fornire tucto <strong>di</strong>cto legname qui, como hanno principiato;<br />

et per più toa chiareza havemo sottoscripta de nostra propria manu. Laude, vii februarii<br />

1454.<br />

Zaninus.<br />

Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit.<br />

Cichus.<br />

893<br />

Francesco Sforza scrive al podesta <strong>di</strong> Ripalta <strong>di</strong> mandare dal luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> il “piacto”<br />

nuovo che è affondato lì per adoperarlo in alcuni servizi oltre ai ferramenti del ponte e delle<br />

colonne.<br />

239v Potestati Ripalte.<br />

1454 febbraio 7, Lo<strong>di</strong>.<br />

Voglamo debbie mandare qui al nostro locumtenente de questa cità, visis presentibus,<br />

quello piacto novo che è affundato, quale è lì, perché bisogna adoperarlo de presente<br />

in alchuni nostri servitii importanti assay al stato nostro; et cussì manderai tutto quello<br />

ferramento che se troverà lì che era del ponte et colomne, lo quale ferramento<br />

mandaray tutto in mano del <strong>di</strong>cto nostro locumtenente. Laude, vii februarii 1454.<br />

Zaninus.<br />

S?.<br />

894<br />

Francesco Sforza fa presente al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che le robe sequestrate ai due famigli<br />

fuggitivi erano, su richiesta <strong>di</strong> Perugino, uomo d’arme della squadra <strong>di</strong> Marioto, state consegnate<br />

ad Antonino Boryoco <strong>di</strong> San Colombano, che con danno del Perugino, le ha restituite. Il duca<br />

vuole che il luogotenente convochi Antonino e, se le cose stanno così, lo costringa a<br />

consegnare dette cose al Perugino o lo risarcisca.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1454 febbraio 7, Lo<strong>di</strong>).<br />

Como vuy intenderiti, foreno poste in sequestro alcune robbe de duy famigli fugitivi in<br />

mane de Antonino Boryocho dela terra de San Colombano ad instantia de Perusino,<br />

nostro homo d’arme della squadra de domino Marioto, le quale robbe esso Antonino le<br />

ha restituite, senza veruna licentia, in preiu<strong>di</strong>tio d’esso Perusino, et perché esso<br />

Perusino ne recircha, vogliamo provedere che’l possa havere la satisfatione soa, el che<br />

a nuy pare ragionevele. Volimo, et così ve commettiamo che man<strong>di</strong>ati per <strong>di</strong>cto<br />

Antonino qui vengha da vuy, et intesa poi la cosa essere così, stringeritelo ad farlo<br />

consignare <strong>di</strong>cte robbe sequestrate, overo ad pagare quello che esso Perusino debbe<br />

havere per casone d’esso sequestro, facendo circa ciò in modo che nuy più non<br />

habiamo ad receberne querella; et sentendo che la cosa fosse altramente, ne avisariti<br />

per vostre lettere. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.


895<br />

Francesco Sforza scrive a Stefano de Catiis <strong>di</strong> essere stato informato dal suo segretario Cicco<br />

dell’or<strong>di</strong>ne da lui dato a Piacenza circa la decima, del che il duca si <strong>di</strong>ce contento,<br />

del pare contento è Antonio Bernuzio <strong>di</strong> accettare detta commissione a Parma, per cui a Stefano<br />

non resta che <strong>di</strong>rgli cosa deve fare.<br />

240r Domino Stefano de Catiis.<br />

(1454 febbraio 7, Lo<strong>di</strong>).<br />

Da Ciccho, nostro secretario, siamo avisati del’or<strong>di</strong>ne haveti posto in Piasenza circa’l<br />

facto della decima; de che remanemo ben contenti. Messer Antonio Bernutio resta<br />

contento de acceptare quella commissione in Parma, como intenderiti per la sua<br />

lettera, quale ve man<strong>di</strong>amo a questa inclusa. A voy sta a dargli l’or<strong>di</strong>ne voleti che’l<br />

habia a servare. Data ut supra.<br />

Cichus.<br />

896<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Gracino da Pescarolo e a Bartolomeo da Correggio, referendari <strong>di</strong><br />

Pavia, <strong>di</strong> far avere al famiglio ducale Francesco Zorzo dai beni del vescovato pavese i venti<br />

ducati d’oro che sia loro che gli economi del vescovato gli fissarono per l’inventario dei beni del<br />

vescovato.<br />

(1454 febbraio 7, Lo<strong>di</strong>).<br />

Domino Gracino de Piscarolo et Bartholomeo de Corigia, referendariis nostris Papie.<br />

Ne ha significato el nobile Francesco Zorzo, nostro fameglo, che, quando ali dì passati<br />

fo mandato a fare la descriptione deli (a) beni de quello episcopato, gli forono taxati vinti<br />

ducati d'oro così per vuy como per li inconomi del vescovato de provisione, et non gli ha<br />

potuto havere nè conseguire, rechiedendone proinde che’l gli sia facto el dovere. Et<br />

atese le promesse, parendone adunche ragionevole et honesta la soa domanda, volimo<br />

et ve commettemo, siando così como è <strong>di</strong>cto, che delli beni del vescovato faciati habia<br />

li <strong>di</strong>cti vinti ducati, omni prorsus exceptione remota. Mercenarius autem <strong>di</strong>gnus est<br />

mercede sua. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue quel depennato.<br />

897<br />

Francesco Sforza comanda al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> far restituire dai soldati a frate Bartolino da<br />

Castrezago il figliolo che portava lì per votarlo all’osservanza <strong>di</strong> San Francesco. Per in<strong>di</strong>viduare i<br />

soldati, interroghi il taverniere <strong>di</strong> Ceresolo, presso cui Bartolino, s’era fermato per colazione, e<br />

dove gli venne dai soldati rapito il ragazzo.<br />

Locumtenenti nostro Laude.<br />

(1454 febbraio 7, Lo<strong>di</strong>).<br />

Menando hozi da Castrezago qui frate Bartolino da Castrezago uno suo figliolo per<br />

meterlo in l’observantia de Sancto Francesco, ove l’ha vodato, et facendo colatione in<br />

la taverna de Ceresolo, gli è stato tolto per forza el <strong>di</strong>cto suo figliolo d’alcuni soldati,<br />

como sareti informato da luy. Et perchè luy non cognoschi <strong>di</strong>cti soldati et el tabernaro el<br />

debbe cognoscere, ve commettiano et volemo che, 240v havuto da vuy <strong>di</strong>cto tabernaro<br />

et inteso che sonno Ii <strong>di</strong>cti soldati, debiati provedere per qualunque modo che’l puto sia<br />

restituito, habialo chi se voglia, deportandove in questo per modo che’l parà che<br />

exequati la mente et voluntà nostra. Data ut supra.<br />

Irius.


Cichus.<br />

898<br />

Francesco Sforza vuole che Benedetto de Curte, capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza, faccia<br />

abbattere la murata <strong>di</strong> detta cittadella e con le sue pietre siano fatti alcuni lavori, mentre della<br />

murata devono essere conservate, come gli in<strong>di</strong>cherà il famiglio ducale Giacomo da Piacenza,<br />

alcune cose.<br />

(1454 febbraio 7, Lo<strong>di</strong>).<br />

Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo citadelle Placentie.<br />

Nostra intentione et voluntà è che quella murata della citadella sia desfacta et delle<br />

prede d’essa ne siano facti alcuni lavori, et d’essa murata siano reservate alcune cose,<br />

como ve ne informarà meser Iacomo da Piasenza, nostro fameglio, presente exhibitore.<br />

Pertanto volemo debii darli piena fede et exequire quanto per luy sopra ciò te sarà <strong>di</strong>cto<br />

et or<strong>di</strong>nato, como se fossemo nuy proprii. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

899<br />

Francesco Sforza scrive a Teseo da Spoleto che per una or<strong>di</strong>nata sistemazione degli<br />

alloggiamenti deve, oltre ai quattro citta<strong>di</strong>ni deputati agli alloggiamenti, prendere una persona<br />

capace e ammodo che si intenda con i predetti quattro citta<strong>di</strong>ni e poi, d’accordo con Teseo,<br />

provveda agli alloggiamenti senza beneficiare o danneggiare persona alcuna.<br />

Theseo de Spoleto.<br />

(1454 febbraio 7, Lo<strong>di</strong>)<br />

Acioché quelli logiamenti de Piasentina passino con or<strong>di</strong>ne et per modo nissuno possa<br />

debitamente querellarsi, ne pare necessario: così te <strong>di</strong>cemo che, ultra li quatro cita<strong>di</strong>ni<br />

deputati sopra li logiamenti, tu debbe ellegere et deputare un’altra persona da bene,<br />

sufficiente per nuy, quale insieme con <strong>di</strong>cti quatro cita<strong>di</strong>ni deputati ad nome nostro veda<br />

et intenda como passarà il facto de questi logiamenti. Et intendendose con ti proveda<br />

che per passione non se giovi 241r nè se noxa ad persona alcuna, como è la intentione<br />

et voluntà nostra; et non manchi, advisandone per toa lettera como haveray facto. Data<br />

ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

900<br />

Francesco Sforza comanda al podestà <strong>di</strong> Ripalta <strong>di</strong> dare ad Antonio <strong>di</strong> Zorzi, fratello <strong>di</strong> Rivoltino,<br />

quattro some della farina che il duca ha lì.<br />

Potestati Rippalte.<br />

1454 febbraio 9, Milano.<br />

Volemo che ad Antonio <strong>di</strong> Zorzi, fratello de Rivoltino, nostro galuppo, daghi o faci dare<br />

some quatro de farina <strong>di</strong> quella havemo lì in quella nostra terra; et a questo fa’ che non<br />

gli intervenga manchamento alcuno. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e viiii februarii 1454.<br />

Iohannes Blanchus.<br />

Cichus.


901<br />

Francesco Sforza scrive al podestà e ai deputati agli affari <strong>di</strong> Vigevano <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>spiaciuto per<br />

non avere essi, come da promessa, riscossi i denari delle tasse. Vuole che vi provvedano<br />

subito, minacciandoli, in caso <strong>di</strong> inerzia, ne subiranno le spese e <strong>di</strong>s<strong>di</strong>rà l’or<strong>di</strong>ne dato al<br />

capitano della Lomellina <strong>di</strong> non dar loro noie.<br />

1454 febbraio 9, Milano.<br />

Potestati et deputatis negociis comunitatis nostre Viglevani.<br />

Non possemo fare che non se maravigliamo et anche doliamo che non habiate<br />

mandato, né anche como havemo inteso pur riscossi li denari delle tasse secondo le<br />

promissione a nuy facte. Et pertanto volemo et ve coman<strong>di</strong>amo che subito senza<br />

per<strong>di</strong>mento de tempo debbiati havere rescuossi <strong>di</strong>cti denari; et tu, potestas, attende a<br />

subita executione, non guardando in fronte ad homo del mondo, ita che gli <strong>di</strong>nari li<br />

siano per ogni modo de presente, certificandove che non pigliando vuy altri or<strong>di</strong>ni ali<br />

pagamenti, ve ne occorrerà spesa, et ne fareti mutare <strong>di</strong> proposito: nam sì como<br />

havemo scripto al capitaneo de Lomellina che non ve fatia molestia, anzi lassi<br />

l’exactione a vuy, gli scriveremo il contrario. Ex Me<strong>di</strong>olano, viiii februarii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

902<br />

Francesco Sforza chiarisce al capitano della Lomellina che non deve intervenire a Vigevano per<br />

l’esazione della tassa dei cavalli.<br />

241v Egregio capitaneo nostro Lumelline.<br />

(1454 febbraio 9, Milano).<br />

Respondendo ale vostre lettere per le quale rechiedeti essere giarito se per lo avenire<br />

debbiati fare l'exactione a quelli (de) Viglevano per le tasse de cavalli, como fati aI’altri,<br />

ve <strong>di</strong>cemo che non, se noy non ve scriveremo altro, perchè siamo convenuti con loro in<br />

modo che credemo ce attenderanno ali termini. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

903<br />

Francesco Sforza scrive al Colleoni <strong>di</strong> aver ricevute tre sue lettere e si sofferma sull’ultima da<br />

Urgnano, nella quale accludeva lo scritto <strong>di</strong> Pietro da Roado. Il duca si <strong>di</strong>ce contento che Pietro<br />

vada dal Colleoni e anche, se lo vuole, da lui, per cui gli fa già avere il salvacondotto, in<br />

considerazione del quale ha scritto ai podestà <strong>di</strong> Roado, <strong>di</strong> Chiari e <strong>di</strong> Pontoglio <strong>di</strong> lasciarlo<br />

passare, mentre prima aveva comandato <strong>di</strong> catturarlo.<br />

Se Pietro andasse da lui gli farà restituire il sale o lo pagherà, se non andrà, glielo farà ridare.<br />

Quanto il duca ha scritto agli uomini delle Valli Cavallina e <strong>di</strong> Caleppio circa il dare solo alloggio<br />

e strame, era dovuto al fatto <strong>di</strong> ritenere che vi fossero solo le truppe del Sagramoro e non<br />

sapeva affatto che vi fossero anche dei suoi militari.<br />

Con l’allegata scrive <strong>di</strong> dare ai suoi uomini il debito, ma anche raccomanda ai soldati <strong>di</strong> trattare<br />

gli abitanti umanamente. Lo loda per i suoi propositi <strong>di</strong> conquistare le rocche <strong>di</strong> Baiedo e <strong>di</strong><br />

Brivio; gli raccomanda, anche se è superfluo <strong>di</strong> attuare tali propositi. Lo assicura che alla sua<br />

gente non mancheranno nè munizioni nè quant’altro <strong>di</strong> cui abbisogna.<br />

Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

(1454 febbraio 9, Milano).<br />

Per Abon<strong>di</strong>o, vostro cancellero, et Frazino, vostro camerero, havemo recevuto tre<br />

vostre lettere: l'una de vostra mano, data adì VI ad Villa de Rippa d’Ada, l'altra de dì VII,<br />

et l' ultima de viii de presente, data ad Urgnano; in quale de vostra mano era incluso el


scritto de Petro da Roà, qual havemo ben inteso. Et respondendo <strong>di</strong>cemo che nuy<br />

siamo contenti che’l <strong>di</strong>cto Petro vegni dala magnificientia vostra et anche ad nuy, se li<br />

piace, et così li man<strong>di</strong>amo il salvoconducto in bona forma qui aligato, como potriti<br />

vedere. Et ultra ciò scrivemo ad li nostri podestà de Roado, Chiari et Pontolio per lettere<br />

similiter qui aligate, commandandoli che lo (a) lassar(an)o passare per lì liberamente,<br />

perché nuy prima havevamo or<strong>di</strong>nato che se’l passava per lì, el fusse sostenuto. Sichè<br />

poreti mò farlo venire ad vuy, et se li piacerà venire a nuy, lo intenderimo voluntiera. Ma<br />

volendo scusare con vuy de quelle cose, ne restaremo contenti, avisandone poi la<br />

magnificientia vostra per sue lettere de quanto havereti facto con luy, al quale, venendo<br />

a nuy, faremo restituire il suo sale o pagarlo realmente, o non venendo scriveremo et li<br />

li faremo dare; et de questo certificatelo per nostra parte.<br />

242r Apresso respondendo a quello ne sciveti delle lettere per nuy scrite a quelli de<br />

Valle Cavallina et Valle Calepio che non dovessero dare a quelli soldati se non stantia<br />

et strame, <strong>di</strong>cemo che nuy fecemo scrivere quelle lettere non credando che li lozassero<br />

alcuni da vostri, ma che li fossero de quelli de domino Segramoro o altri; et se<br />

l’havessemo saputo non l’haveressemo scrito, donde nuy li scrivemo per l’aligata che li<br />

debano dare et satisfare secundo che vuy li rechiedereti non obstante <strong>di</strong>cte lettere;<br />

sichè vogliateli provedere como ve pare et per modo che li vostri soldati habiano il<br />

debito et anche quelli homini siano reguardati, et dateli mancho desconzo che se pò et<br />

li vostri se portino con loro humanamente. Delle provisione che vuy haveti facte contra<br />

la rocha de Bayedo et così contra Brivio, tuto havemo inteso et ne rengratiamo, et<br />

comen<strong>di</strong>amo sumamente la magnificientia vostra, perché sapemo ha durate delle<br />

fatiche et affanni assay in cavalcare de qua et dellà per provedere a queste cose,<br />

donde nuy ve <strong>di</strong>cemo altro se non pregarvi et confortarve che non mancate a far quanto<br />

v’è possibile per ultimare queste doe imprese, quantunche siamo certissimi che lo fareti<br />

senza che ve lo recordamo. Nuy dal canto nostro provederemo a quelle gente che non<br />

li mancarà né munitione né veruna altra che li sia de bisogno. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue non depennato.<br />

904<br />

Francesco Sforza scrive al vicario e agli uomini delle Valli Cavallina e <strong>di</strong> Caleppio che in riforma<br />

<strong>di</strong> quanto precedentemente or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> dare solo alloggio e strame, <strong>di</strong>ano agli uomini del<br />

Colleoni quanto questi richiederà, perchè ha pieni poteri <strong>di</strong> richiesta.<br />

(1454 febbraio 9, Milano).<br />

Vicario et hominibus Vallis Cavalline et (a) Calepii.<br />

Benchè questi dì proximi passati, essendo a Cremona, ve scrivessemo che ali soldati<br />

che alozano in quella Valle non Ii dovesseno dare se non stantia et strame,<br />

nientemeno, perchè quelli soldati sonno de quelli del magnifico Bartholomeo, nostro<br />

capitaneo, ve <strong>di</strong>cemo che vuy debiati darli tute quelle cose che luy ve rechederà,<br />

perchè a luy havemo data piena comissione sopra ciò; et siamo certi ch’el se portarà<br />

con vuy humanamente, perchè ve potereti contentare. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue Ca depennato.<br />

905<br />

Francesco Sforza siccome sa che la fortezza <strong>di</strong> Lozio, vicina a Bre, è mal custo<strong>di</strong>ta, sollecita il<br />

Colleoni a inviare una persona capace e pratica che vi rimanga finchè sia ben rassicurata,<br />

fornendo tutto ciò che sarà necessario.<br />

Bartolomeo de Collionibus.<br />

1454 febbraio 9, Milano.<br />

Perché inten<strong>di</strong>amo che la fortezza de Locio, vicina ad Bre, è molto male guardata et in


le mano de alcuni che non sta troppo sicura, bemchè forsi vuy ne habbiate altro<br />

concepto, nui ve confortiamo et caricamo che subito, vedute le presente, vogliate<br />

mandarla ad fornirla per li nostri in modo che ne possiamo stare con l’animo repusato<br />

ch’ella sia bem guardata, perché sapete quanto la importa al facto della impresa de<br />

Bre, advisandone per vostre lettere della provisione che harete facta, mandando lì una<br />

persona delli vostri intendente et pratica, che stia lì finchè sia messo fine alla impresa<br />

pre<strong>di</strong>cta, et insieme con quelli homini li daghy tucti quelli favori et a<strong>di</strong>uti che<br />

bisognaranno circa zò. Et questo sia prestissimo et senza tardatione alcuna. Ex<br />

Me<strong>di</strong>olano, <strong>di</strong>e viiii februarii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

906<br />

Francesco Sforza risponde a Sagramoro Visconti che non può assecondare la sua richiesta <strong>di</strong><br />

balestreri e <strong>di</strong> provisionati da mandare all’impresa <strong>di</strong> Bre: abbisognano a lui per alcune cose<br />

importanti. Scrive a Tiberto Brandolini <strong>di</strong> mandargli fanti e balestrieri e li provveda <strong>di</strong> pane,<br />

perchè da quegli uomini avranno del vino, mentre a lui chiede <strong>di</strong> fare del tutto, d’accordo con<br />

Tiberto, per conquistare quella fortezza.<br />

Lo ringrazia dell’avvertimento datogli per la fortezza <strong>di</strong> Lozio. Ha scritto al Colleoni “che per ogni<br />

modo la faccia fornire” e custo<strong>di</strong>re per esserne sicuri.<br />

Domino Segramoro Vicecomiti.<br />

(1454 febbraio 9, Milano).<br />

Respondendo ad una vostra de dì V del presente per la quale ne rechiedeti doe<br />

squadre de balestreri et una de provisionati per mandare al’impresa de Bre, et cetera,<br />

<strong>di</strong>cemo che nuy non vedemo il modo che li possiamo mandare più gente como<br />

habiamo mandate, perché queste che sonno de qua li tenemo per alcune cose<br />

importante. Scrivemo bene ad domino Thiberto che lì man<strong>di</strong> li suoy fanti et balesteri, et<br />

così credemo che li mandarà et li proveda de pane, perché da quelli homini haveranno<br />

del vino, et dal canto suo faci tute quelle provisione che siano possibili ad fare per<br />

astringere et vincere quella forteza. Sichè intenderiteve con luy et, bisognando più una<br />

cosa che un’altra ad questa impresa, vogliateli dare tuto quello a<strong>di</strong>uto et secorso vi sia<br />

possibile per mettere fine con ogne presteza ad <strong>di</strong>cta impresa.<br />

243r Ala parte che ne scriveti della rocha de Locio, <strong>di</strong>cemo che molto n’è piaciuto il<br />

vostro aviso, donde scrivemo a Bartholomeo da Bergamo che per ogne modo la facia<br />

fornire et guardare per modo che ne stiamo ben securi, como vedereti per la copia qui<br />

inclusa. A quelli fanti nuy l’habiamo provisto de frumento, qual gli fecemo dare ad<br />

Cremona, sichè non lassati che <strong>di</strong>ano altra spesa a quelli homini dandoli del vino, como<br />

è <strong>di</strong>cto. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

907<br />

Francesco Sforza risponde alla richiesta <strong>di</strong> Antonello de Campanea <strong>di</strong> bronzine e al motivo per<br />

cui esse non sono state ancora piantate, lo rassicura <strong>di</strong> aver scritto a Tiberto <strong>di</strong> mandargli<br />

balestrieri e provisionati e <strong>di</strong> fare tutte le provvisioni necessarie per la conquista della fortezza <strong>di</strong><br />

Bre. Si intenda con lui e gli <strong>di</strong>a ogni aiuto.<br />

Si scrive al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> inviare l’allegata lettera al provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema.<br />

Antonello de Campanea.<br />

(1454 febbraio 9, Milano).<br />

Respondendo ad una toa per la quale ne scrive del condure lì delle nostre bronzine et<br />

la cason perché non sonno ancora piantate per la paucità de quelle gente che sonno lì,<br />

et cetera, <strong>di</strong>cemo che nuy scrivemo ad domino Thiberto che lì man<strong>di</strong> li suoi balestreri et<br />

provisionati, et faci tute quelle provisione che siano necessarie et opportune ala<br />

expugnatione de quella forteza de Bre, rescaldandolo quanto più possiamo al’ultimare<br />

de quella impresa, et quanto più presto sia possibile; et così credemo che’l farà.


Pertanto vogli intenderti con luy, et, bisognandoli alcuna cosa exequire subito et senza<br />

<strong>di</strong>mora alcuna, non mancando dal canto tuo ad fare tuto quello te sia possibile perché<br />

questa impresa habia optato fine. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

Quod mittat infrascriptam litteram provisori Creme.<br />

908<br />

Francesco Sforza scrive al provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema bollando come “molto desoneste et iniuste” le<br />

sue lettere per aver addossato a lui la violazione dei salvacondotti in possesso degli uomini <strong>di</strong><br />

Romanengo. Lo Sforza riven<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> non aver mai deliberatamente commesso verun eccesso<br />

“contra la fede (dei) salviconducti” e se”casualiter” vi mancò, intervenne subito quando se ne<br />

avvide. E’, invece, palese in tutta la Lombar<strong>di</strong>a che lui, provve<strong>di</strong>tore, “pensatamente” ha violato i<br />

suoi salvacondotti, come possono anche testimoniare gli uomini <strong>di</strong> Castiglione, non solo, ma la<br />

stessa cosa possono certificare quelli <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, contro i quali fu fatto rappresaglia per “uno bove<br />

tolto”; quelli <strong>di</strong> Offlaga che patirono un incen<strong>di</strong>o; quelli <strong>di</strong> Azzate, cui furono tolte tutte le bestie e<br />

portati via gli uomini fuori del castello, per cui non ne sono rimasti che nove; quelli <strong>di</strong> Breda<br />

Cremonese, cui fu tutto rubato e mai nulla restituito, nonostante due sentenze dei povve<strong>di</strong>tori.<br />

Altre affermazioni delle lettere provve<strong>di</strong>torali meritano un’adeguata replica, ma rinvia tutto a un<br />

incontro in cui potrà riba<strong>di</strong>rgli oralmente la verità.<br />

243v Provisori Creme.<br />

(1454 febbraio 9, Milano).<br />

Havemo recevuto le vostre lettere et inteso quanto per quelle ne scriveti ale nostre<br />

respondendo circa il facto de quelli nostri homini da Romanengo, quali foreno presi per<br />

li vostri, le quale lettere invero sonno molto desoneste et iniuste, perché per esse voleti<br />

attribuire ad nuy quello caricho della inobservantia delli salviconducti quali, per ogne<br />

demonstratione et evidentia, vene attribuito a vuy et ali vostri, perché, como è noto et<br />

manifesto ad ogniuno, per nuy et per li nostri fin in lo presente dì non è may stato<br />

commesso veruno excesso, errore nì mancamento alcuno deliberatamente,<br />

apensatamente contra la fede <strong>di</strong> nostri salviconducti, sed tantum casualiter pò essere<br />

accaduto qualche errore, como accade ale volte dove sonno multitu<strong>di</strong>ne de gente como<br />

havemo nuy, ali quali errori, perhò, et mancamenti, quando l’havemo inteso, havemo<br />

provisto molto opportunamente; ma per vuy et per li vostri è bene stato fatto altramente<br />

como è noto a tuta Lombar<strong>di</strong>a, che pensatamente, deliberatamente et con <strong>di</strong>spositione<br />

de violare li vostri salviconducti sonno stati commessi moltissimi errori et mancamenti,<br />

como de ciò ne ponno testificare li homini nostri de Casteliono, ali quali se sa quanto<br />

iniustamente et con quanta deshonestate li fo violato et inobservato il loro<br />

salvoconducto. Item quelli da Lode, contra li quali, per uno bovo tolto, gli fo facta<br />

represaglia. Item quelli da Oflaga, quali foreno bruxati. Item quelli de Azate, ali quali pur<br />

novamente per li vostri gli sonno state tolte tute le loro bestie et menati via tuti li homini,<br />

quali se trovavano fora del castello, adeo che in esso non gli remasero non ma nove<br />

homini. Item quelli de Breda de Cremonese, che forono robate et toltogli ogni cosa soa.<br />

Item molti altri, maxime alcuni nostri homini pur del Cremonese, quali pur similiter<br />

foreno robbati, et havendo loro havuto recorso dali prove<strong>di</strong>tori ne hebeno doe sententie<br />

244r in suo favore; ma finaliter non possereno may havere restitutione alcuna. Molti altri<br />

ancora ne saperessemo ricordare, quali mò non explicarimo, et così non se<br />

affaticaremo più ultra in respondere ale parte che sonno in <strong>di</strong>cte littere, quale<br />

meritariano pur respuosta perhochè sonno iniuste et deshoneste. Ma speramo qualche<br />

volta trovarse in loco dove a tute le parte ve faremo respuosta a bocha, per modo che<br />

ve parerà che nuy ve habiamo <strong>di</strong>cto il vero. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.


909<br />

Francesco Sforza chiede a donna Luchina <strong>di</strong> mandare lettere ai suoi ufficiali <strong>di</strong> Bobbio e dei<br />

luoghi vicini con le quali or<strong>di</strong>ni che, ad ogni richiesta del referendario ducale <strong>di</strong> Piacenza,<br />

arrestino gli uomini in transito con bestie e robe della Valle Nure e altri del vescovato <strong>di</strong><br />

Piacenza, che sono morosi nel pagamento delle tasse del sale per oltre 6000 lire e non li<br />

rilascino senza il consenso del referendario o dei Regolatori e Maestri delle entrate.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

(1454 febbraio 9, Milano).<br />

Perché li nostri homini de Valle de Nurio et altri del nostro vescovato de Placentia, vicini<br />

ali vostri, son debitori dela nostra gabella più cha de libre semille de imperiali per<br />

casone delle loro taxe de sale, et al pagamento de esse insino al presente sonno stati<br />

renitenti, ve caricamo et confortamo che vogliati mandare per vostre lettere<br />

opportunamente ad li officiali vostri de Bobio et caduni altri vostri loci lì vicini che, ad<br />

ogne requisitione del referendario nostro de Placentia, faciano detinere caduno de loro<br />

farà transito per quelle vostre parte con bestie et robbe, et non gli relaxano senza (a)<br />

licentia d’esso referendario, overo delli Regulatori et Magistri delle nostre intrate<br />

informati d’essi debiti. Data ut supra.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue nostra depennato.<br />

910<br />

Francesco Sforza scrive a Battista da Rivarolo che Alberto da Marliano e Melchione si<br />

lamentano <strong>di</strong> essere eccessivamente tassati a Conterego perchè hanno un carico maggiore <strong>di</strong><br />

cavalli del passato, quando nel Lo<strong>di</strong>giano venivano tassati 1000 o 1200 cavalli. Il duca gli<br />

comanda <strong>di</strong> lasciare in pace quel luogo finchè non avrà inteso questa cosa.<br />

Strenuo Baptiste de Rivarolo.<br />

1454 febbraio 10, Milano.<br />

Perché domino Alberto da Marliano et Melchione se agravano del carico taxatoli a<br />

quello loco de Conteregho, perché gli sonno taxati più cavalli che non se soleva ali<br />

tempi passati quando bene solevano fir taxati lì in Lodesana mille o mille ducento<br />

cavalli, volimo, et così te coman<strong>di</strong>amo che non gli debii dare molestia alcuna al <strong>di</strong>cto<br />

loco finchè nuy haveremo inteso questa cosa. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e x februarii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

911<br />

Francesco Sforza comanda a Francesco de Georgiis <strong>di</strong> precisargli perchè ha tassato ai massari<br />

<strong>di</strong> Alberto e Melchione da Marliano, meglio al luogo <strong>di</strong> Corterego due cavalli, mentre in altri tempi<br />

non si tassava che mezzo cavallo, quando nel Lo<strong>di</strong>giano erano tassati 1000 o 1200 cavalli,<br />

mentre ora se ne tassano <strong>di</strong> meno. Provveda <strong>di</strong> non dare motivo ai predetti <strong>di</strong> lagnarsi e,<br />

siccome si è portato là Battista da Rivarolo con tre cavalli, faccia in modo che non li molesti fino<br />

a che lui, duca, non avrà intesa questa cosa.<br />

244v Francisco de Georgiis.<br />

(1454 febbraio 10, Milano).<br />

Messer Alberto et Melchione da Marliano ne hanno facto querella che tu hay taxato ali<br />

suoy massari, sive al loco de Conteregho, duy cavalli; del che se agravano molto,<br />

<strong>di</strong>cendone che ad quello loco may per altri tempo non li è stato taxato altro che mezo<br />

cavallo, quando bene alo Lodesano tuto fossero taxati mille o mille ducento cavalli,<br />

dove essendo mò lì taxato mancho summa de cavalli, <strong>di</strong>cono che li doveva tocare


mancho de mezo cavallo. Per la qual cosa volimo che subito ne debii avisare dela<br />

casone perché mò gli hay taxati <strong>di</strong>cti duy cavalli, provedendo interim che non se<br />

posseno <strong>di</strong>gnamente lamentarse et che non habiano se non la debita parte soa; et<br />

perché <strong>di</strong>cono che al <strong>di</strong>cto loco è gli andato Baptista da Rivarolo con tri cavalli, te<br />

<strong>di</strong>cemo che tu gli prove<strong>di</strong> che esso Baptista non gli daghi molestia finchè haveremo<br />

intesa questa cosa. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

912<br />

Francesco Sforza informa Teseo da Spoleto <strong>di</strong> aver preso ai suo servizi Staffile e, perciò, gli<br />

procuri alloggio per i cavalli che giurerà <strong>di</strong> avere provvedendolo <strong>di</strong> quanto si dà alle altre genti<br />

sforzesche. Lo informi del numero dei suoi cavalli e del luogo ove l’ha alloggiato.<br />

Theseo de Spoleto.<br />

1454 febbraio 8, Laude.<br />

Havemo tolto al soldo et servicii nostri el strenuo Staffile; et pertanto volemo che per li<br />

cavalli vivi, quali per suo sacramento se trovarà havere, ve<strong>di</strong> de darli logiamenento e<br />

subito, facendoli provedere de quanto se prove<strong>di</strong> al’altre nostre gente, avisandone<br />

postmodum del vero numero se trovarà havere vivi et del luogo dove l’haveray alogiato.<br />

Data Laude, viii februarii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

913<br />

Francesco Sforza scrive a Francesco de Georgis che Tomino Schiafenato, fittabile della<br />

possessione <strong>di</strong> San Colombano, si è lagnato perchè dagli ufficiali <strong>di</strong> lì, si vuole tassare i suoi<br />

uomini <strong>di</strong> Graffignana <strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci cavalli e do<strong>di</strong>ci bocche, sebbene, dovendosi alloggiare lì 40<br />

cavalli, a loro non toccherebbero che sette cavalli e mezzo. Il duca gli or<strong>di</strong>na che, per quei circa<br />

venti cavalli, che si devono ora sistemare, a Tomino non si <strong>di</strong>a che la parte che gli tocca.<br />

245r Francisco de Georgiis.<br />

1454 febbraio 10, Milano.<br />

Thomino Schiafenato, fictabile della possessione de Sancto Columbano, ne ha facto<br />

grave querella che per li officiali et deputati de San Columano se vole dare de taxa ali<br />

suoy homini de Graffignani, per quelli che se debbeno logiare adesso, do<strong>di</strong>ci cavalli et<br />

dodece boche, non obstante che, dovendose lozare tuti li XL cavalli, non gli tochariano<br />

se non cavalli septe et mezo. Pertanto te comettiamo et volemo debii provedere che<br />

per quelli cavalli vinti o più o meno, che se debbeno lozare de presente, gli sia data<br />

solamente la parte soa et quello gli tocha, facendo per modo che non ne habiamo<br />

querella alcuna. Data Me<strong>di</strong>olani, x februarii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

914<br />

Francesco Sforza ricorda a Benedetto de Curte, viceluogotenente <strong>di</strong> Piacenza, <strong>di</strong> avergli<br />

mandato a <strong>di</strong>re dal suo famiglio Giacomo da Piacenza <strong>di</strong> far abbattere la murata e “derlare” le<br />

pietre, salvando la torre del battiponte e le altre due torrette vicine, ma <strong>di</strong> avergli pur detto che<br />

facesse esaminare se era meno costoso darla all’incanto o fare tutto a spese del duca.<br />

Non avendo ancora avuto risposta, gli rinnova il <strong>di</strong>lemma perchè gliene <strong>di</strong>a una pronta risposta e<br />

fermi tutto se non si fosse iniziata la demolizione.<br />

1454 febbraio 10, Milano.<br />

Bene<strong>di</strong>cto de Curte, vicelocumtenenti Placentie.<br />

Per messer Iacomo da Piasenza, nostro famiglio, sotto nostre lettere de credenza te


mandassemo a <strong>di</strong>re che tu facesse buttare per terra la murata et (a) derlare le prede,<br />

reservate la torre del battiponte et le altre doe torrete che sonno lì apresso, como tu più<br />

largamente siamo certi haverai inteso da luy; ma che facesti videre utrum fosse mancho<br />

spesa o ad darla al’incanto o fare fare questo ale nostre spese, et che de ciò ne avisasti<br />

puoi. Et perché sopra ciò anchora non havemo havuto risposta alcuna da ti, de novo ti<br />

repplicamo che faci videre quale serà mancho spesa o darlo al’incanto como havemo<br />

<strong>di</strong>cto, o farlo fare nuy ale nostre spese; et subito ne avisaray. Et non havendo in fin mò<br />

incomenciato de buctarla, volemo resti finchè nuy seremo avisati de ciò et ti scriverimo<br />

puoi quanto haveray ad fare.Ex Me<strong>di</strong>olano, <strong>di</strong>e x februarii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue del depennato.<br />

915<br />

Francesco Sforza informa il Colleoni <strong>di</strong> essere venuto a sapere che Pietro Palmero deve portarsi<br />

ad alloggiare a Crema con i suoi fanti passando per Pontoglio con denari per i soldati <strong>di</strong> Crema.<br />

Faccia in modo che ciò non avvenga e passando <strong>di</strong> lì con i denari, li requisisca.<br />

In simile forma si è scritto a Tiberto Brandolini e al vicario <strong>di</strong> Portoglio.<br />

245v Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

1454 febbraio 11, Milano.<br />

Havemo inteso da persone degne de fede che Petro Palmero debe venire ad allozare<br />

ad Crema con li suoy fanti et debbe fare la via sotto ad Pontoglio, et portare denari ad<br />

quelli soldati che lozano in Crema. Pertanto ve confortiamo et caricamo che vogliati<br />

mettere tal or<strong>di</strong>ne con li vostri et fare sì facta provisione che’l non gli reeschi el pensiero<br />

et, passando per lì con li denar,i haverli bona adverte(n)tia perché serà bono botino. Le<br />

alligate vogliati (a) mandare ad domino Tiberto et al vicario de Pontoglio, ad cui<br />

scrivemo per simile aviso. Me<strong>di</strong>olani, xi februarii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

In simili forma scriptum est magnifico domino Tiberto et vicario Pontisolii.<br />

(a) vogliati ripetuto.<br />

9<strong>16</strong><br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Raffaele Pugello <strong>di</strong> liberare gli Stradellini imprigionati a Port’Albera e<br />

procuri <strong>di</strong> essere domani da lui.<br />

Raphaeli Pugnello.<br />

(1454 febbraio 11, Milano).<br />

Siamo contenti che tu faci relaxare quelli dela Stradella da Portalbera sostenuti per lo<br />

facto del frumento, et subito veduta la presente vegni qua da nuy et fa che domane tu<br />

sii qui per ogni modo. Data ut supra.<br />

Cichus.<br />

917<br />

Francesco Sforza comanda a Benedetto da Firenze <strong>di</strong> mandare a Cremona tutta la calcina che<br />

gli richiederà il luogotenente <strong>di</strong> Cremona per la continuazione dei lavori che ha fatto iniziare.<br />

Bene<strong>di</strong>cto de Florentia.<br />

(1454 febbraio 11, Milano).<br />

Perchè è necessario che de presente sia conducta ad Cremona una bona summa et<br />

quantità de calzina per fare certi lavoreri havemo facto principiare, volemo et<br />

coman<strong>di</strong>amote che tuta quella quantità de calzina che te scriverà et rechiederà il nostro<br />

locotenente de Cremona, tu gli debii inme<strong>di</strong>ate et senza alcuna per<strong>di</strong>tione de tempo


mandare ad Cremona. Et in questo non perdessi un’hora de tempo per quanto hay caro<br />

la gratia nostra. Data Me<strong>di</strong>olani, xi februarii 1454.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

918<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà <strong>di</strong> Ripalta <strong>di</strong>a un carro <strong>di</strong> biscotto e tre some della farina<br />

che ha lì a Pietro Predaso, Raynero d’Arzago, Simone Barella, Cristoforo da Gabiano<br />

e Mineto da Sirono.<br />

A Treviglio: due barili gran<strong>di</strong> e due piccoli da bombarda, 60 casse <strong>di</strong> verrettoni.<br />

A Caravaggio: 21 barili <strong>di</strong> polvere e venti casse <strong>di</strong> verrettoni.<br />

A Rivalta: 50 casse <strong>di</strong> verrettoni, dei quali Guido ne ha dato quattro agli uomini, sette balestre,<br />

che sono munizione degli uomini, 36 barili <strong>di</strong> polvere, sei cerbottane <strong>di</strong> ferro, un palo <strong>di</strong> ferro,<br />

due leve <strong>di</strong> ferro, 15 rabbi <strong>di</strong> ferro, 4 spingarde <strong>di</strong> ferro, 9 bombardelle <strong>di</strong> ferro,<br />

170 moggia <strong>di</strong> miglio vecchio,<br />

4 carri <strong>di</strong> biscotto “marzo”, 20 moggia <strong>di</strong> farina vecchia.<br />

Memoria a Zanotto Parpaglione, per far condurre nella rocca <strong>di</strong> Caravaggio le infrascritte cose:<br />

A Rivolta vi sono 170 moggia <strong>di</strong> miglio, settanta delle quali il duca ha dato alla comunità e ne<br />

condurrà nella rocca 50 (corrette, poi, in 80) delle cento rimaste.<br />

A Rivolta prenderà delle munizioni che vi sono: 3 balestre, 3 barili <strong>di</strong> polvere, 1 palo <strong>di</strong> ferro, 2<br />

leve <strong>di</strong> ferro, 3 cerbottane, 2 spingarde, 3 bombardelle. Da (a sua <strong>di</strong>screzione) Rivolta, Treviglio<br />

e Caravaggio, prenderà: 4 casse <strong>di</strong> verrettoni, e porrà con cura tutte le predette cose nella<br />

rocca <strong>di</strong> Caravaggio e procuri <strong>di</strong> portargli un inventario <strong>di</strong> tutto.<br />

247r Potestati nostro Ripalte.<br />

1454 febbraio 12, Milano.<br />

Volimo che de quello biscotto è lì tu ne daghi uno carro et così tre some de quella farina<br />

è lì ali infrascripti, cioè Petro Predasio, Raynero d’Arzago, Simone Barella, Christofane<br />

da Gabiano et Mineto da Sirono. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xii februarii 1454.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

In Trivilio.<br />

Barili duoi gran<strong>di</strong> et duoi picini da bombarda,<br />

casse sexanta de veretoni.<br />

In Caravazo.<br />

Barili vintiuno de polvere, casse vinti de veretoni.<br />

In Rivalta.<br />

Casse quinquanta de veretoni, de quali miser Guido ne ha dato quatro ali homini.<br />

Balestre septe, che sono in la monitione fra li homini,<br />

barile de polvere trentasey, cerbatane de fero sei,<br />

palo de fero uno, livere de fero doe,<br />

rabbi de fero quindexe,<br />

spingarde de fero quatro,<br />

bombardelle de fero nove,<br />

meglio vechio mogia centoseptanta,<br />

biscotto marzo carri quatro,<br />

farina vechia mogia vinti.<br />

Memoria ad ti, Zanoto Parpaglone, de fare condure in la rocha de Caravagio le cose<br />

infrascripte.<br />

In Rivolta sonno mogia centoseptanta de meglio, del quale il nostro illustrissimo signore<br />

ha dato ala comunità mogia septanta, et cento sonno del signore; et de questi cento<br />

mogia ne torray cinquanta et conduralo in la <strong>di</strong>cta rocha.<br />

In Rivolta torray de quella monitione che gli è tre balestre, tre barili de polvere, uno palo<br />

de ferro, doe livere de ferro, tre ciarabatane, doe spingarde et tre bombardelle; et de<br />

247v Rivolta, Trivilio, Caravagio, como meglio te parirà, torray quatro casse de veretoni


et tute le cose pre<strong>di</strong>cte poneray in la <strong>di</strong>cta rocha de Caravagio con ogne stu<strong>di</strong>o et<br />

solicitu<strong>di</strong>ne, et de tute queste cose che gli metteray fa’ che, ala toa retornata, ne porta<br />

una scripta et inventario.<br />

Non obstante <strong>di</strong>ca de sopra de mogia cinquanta de meglio, fa’ che ne togli fin in octanta<br />

et portalo como havemo <strong>di</strong>cto in la <strong>di</strong>cta rocha de Caravagio.<br />

919<br />

Francesco Sforza avverte Antonio de Sichis, commissario <strong>di</strong> Geradadda, il comune e gli uomini<br />

<strong>di</strong> Caravaggio che manda lì Zanotto, suo cavallaro, incaricato <strong>di</strong> riferire loro in suo nome alcune<br />

cose riguardanti le munizioni che si trovano lì<br />

In simile forma si è scritto al podestà, comune e uomini <strong>di</strong> Ripalta, al podestà, comune e uomini<br />

<strong>di</strong> Treviglio e <strong>di</strong> Rardogrande e al castellano della rocca <strong>di</strong> Caravaggio<br />

1454 febbraio 12, Milano.<br />

Antonio de Sichis, commissario Glareabdue et comuni et hominibus terre nostre<br />

Caravagii.<br />

Man<strong>di</strong>amo lì Zanoto Parpaglone, nostro cavalero, presente portatore, al quale havemo<br />

comesso che ve <strong>di</strong>ca alcune cose per (parte) nostra sopra lo facto de quelle monitione<br />

sonno lì. Et pertanto volemo li cre<strong>di</strong>ati quanto ala nostra propria persona. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, xii februarii 1454.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum est potestati, comuni et hominibus terre nostre Rippalte;<br />

potestati, comuni et hominibus Trivilii et Rardogran<strong>di</strong>, castellano arcis nostre Caravagii.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

920<br />

Francesco Sforza vuole che Antonio de Sichis, commissario <strong>di</strong> Geradadda, or<strong>di</strong>ni che Martino da<br />

Treviglio, andato sconsideratamente, ma senza “alcuno cativo fine,<br />

a Bergamo, possa tranquillamente rincasare, anche se il locale podestà, inosservante della<br />

volontà del duca, non lo consente.<br />

(1454 febbraio 12, Milano).<br />

248r Antonio de Sichis, comissario nostro Glareabdue.<br />

Nuy havemo scripto in li dì passati al nostro potestà de Trivilio che lasasse retornare ad<br />

casa soa uno Martino da Trivilio, et questo non obstante che luy puramente et<br />

s(c)empiamente più dì sonno fosse andato a Pergamo non perhò ad alcuno cativo fine;<br />

mò pare ch’esso potestà non l’habia lassato retornare, la qual cosa havemo havuta<br />

molto molesta. Pertanto volemo che tu or<strong>di</strong>ni per quello modo che te pare ch’el possa<br />

stare liberamente in casa soa senza impazo alcuno. Data ut supra.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

921<br />

Francesco Sforza concorda con quello che il Colleoni gli ha scritto circa la fortezza <strong>di</strong> Lozio e<br />

chiede <strong>di</strong> tenervi un suo “fidatissimo”, che dovrà in tutto concordare con Sagramoro Visconti<br />

e con quanti sono là.<br />

Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

(1454 febbraio 12, Milano).<br />

Havemo veduto quanto ne haveti scripto circha lo facto della forteza de Lozio; <strong>di</strong>cemo<br />

che nuy siamo contenti, et così ve confortamo et caricamo che, finchè faremo altra<br />

provisione ala <strong>di</strong>cta forteza, gli vogliati tenere uno vostro fidatissimo al quale or<strong>di</strong>nareti<br />

che in ogne cosa se intenda bene con domino Segramoro Vesconte et con quelli altri


nostri che sonno dellà. Data ut supra.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

922<br />

Francesco Sforza scrive al podestà <strong>di</strong> Ripalta che, in considerazione della povertà della sua<br />

popolazione, ha deciso, oltre al miglio donatole, <strong>di</strong> darle tutta la farina e il biscotto che è lì,<br />

escluso quanto ha già assegnato a Pietro Polasio, Raynero d’Arzago, Simone Barca e Cristoforo<br />

da Gabiano e a Mineto da Sirino.<br />

Potestati nostro Ripalte.<br />

(1454 febbraio 12, Milano).<br />

Per compiacere ala comunità et homini de quella terra, considerata la extrema<br />

povertate loro, siamo contenti et volemo, ultra il miglio che gli havemo donato, de dargli<br />

ancora tuta la farina et biscotto, quale se retrova lì in munitione, reservando quello che<br />

havemo donato a Petro Polasio, a Raynero d’Arzago, a Simone (a) Barca et Christoforo<br />

da Gabiano et a Mineto da Sirino; et così volimo gli la lassi tore a suo piacere. Data ut<br />

supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue Barb depennato.<br />

923<br />

Francesco Sforza vuole che l’ingegnere ducale Baroncino <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, per assecondare la richiesta<br />

degli uomini <strong>di</strong> Rivolta che paventano gran<strong>di</strong> danni se si abbattessero tutte le colonne, risparmi<br />

quelle che, quando l’acqua dell’Adda è alta, “ se retrovano in sucto”. Assecon<strong>di</strong> anche il loro<br />

bisogno <strong>di</strong> legname per fare una palizzata nell’Adda, al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> quello necessario per le colonne<br />

e i lavori ducali.<br />

1454 febbraio 12, Milano.<br />

248v Baroncino de Laude, ingeniario nostro.<br />

Quantunche fosse or<strong>di</strong>nato de strepare tute le colonine che sonno sul fiume d’Ada<br />

contra Rivolta, non<strong>di</strong>meno, perché li poverhomini de Rivolta <strong>di</strong>cono che gli saria troppo<br />

gran desconzo et damno a desfare ogne cosa, deliberamo et volemo che debii lassare<br />

in pede solamente tute le colonine che se retrovano in sucto quando Adda è alta in suo<br />

lecto, strepando tute le altre che sonno in aqua quando Adda è nel modo <strong>di</strong>cto de<br />

sopra. Et perchè li homini de Rivolta <strong>di</strong>cono havere bisogno de certo ligname per fare<br />

una palificata nel ramo d’Adda per conservatione de quella terra, siamo contenti et<br />

volimo che del ligname che avanzarà, oltra le colompne et altro ligname necessario per<br />

li lavorerii nostri, ne debii lassare ali <strong>di</strong>cti homini una parte necessaria per fare la <strong>di</strong>cta<br />

palificata. Ex Me<strong>di</strong>olano, xii februarii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

924<br />

Francesco Sforza informa Marcarone da Bologna, castellano della Valle Muzzola, che,<br />

in seguito a quanto gli ha fatto sapere il suo famiglio, gli manda, perchè gli <strong>di</strong>ca tutto, il famiglio<br />

ducale Bartolomeo Rivero.<br />

1454 febbraio 12, Milano.<br />

Marcarono de Bononia, castellano nostro Vallis Muzole.<br />

Per queIIo ne hay mandato a <strong>di</strong>re per lo tuo fameglio man<strong>di</strong>iamo lì Bartholomeo Rivero,<br />

nostro fameglio, al quale vogli <strong>di</strong>re ogne cosa quanto ala persona nostra propria. Data<br />

Me<strong>di</strong>elani, xii februarii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.


925<br />

Francesco Sforza ripete al podestà, comune e uomini <strong>di</strong> Treviglio quanto ha già detto ai loro<br />

ambasciatori, e, cioè, quanto allo strame, devono dare fieno finchè ne hanno e poi stobie e “altri<br />

strami”. Circa la limitazione dei cavalli, li informa che per quel che gli ha riferito in giornata il<br />

cancelliere <strong>di</strong> Colella da Napoli, li allieverà subito <strong>di</strong> loro.<br />

Li rassicura <strong>di</strong> aver rifatta la licenza per 300 some <strong>di</strong> biada.<br />

249r Potestati, comuni et hominibus Trivilii.<br />

(1454 febbraio 12, Milano).<br />

Li vostri ambassatori, quali sonno stati qui da nuy n'hanno rechiesto doe cose, l'una che<br />

aIe zente d’arme lozate Iì possati dare delle stobie et altri strami, mancandovi il feno;<br />

l'altra che vogliamo limitare quanti cavalli haveti a tenere; et quantunche habiamo<br />

resposto a loro, non<strong>di</strong>meno respenderemo ancora a vuy. Et quanto ala parte del<br />

strame, <strong>di</strong>cemo che gli debiati dare del feno finchè gli n’è, et quando non gli ne sarà<br />

più, saremo contenti gli dagati delIe stobie et delli altri strami che havereti; et comettiamo<br />

a ti, podestà, che ve<strong>di</strong> la quantità del feno che gli è et gli ne faci dare. Ad la parte de<br />

limitare Ii cavalli, <strong>di</strong>cemo che questo non bisogna, avisandove che per certe cose, quale<br />

ne <strong>di</strong>sse hozi el cancellero de Colella de Napoli, nuy ve aleviaremo subito deli <strong>di</strong>cti<br />

cavalli. La licentia de CCC somme de biade, ve I’havemo facta refare, como vederiti.<br />

Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

926<br />

Francesco Sforza, inteso dal commissario <strong>di</strong> Geradadda quanto gli ha riferito circa i buoni<br />

comportamenti <strong>di</strong> Angelello da Lavello e <strong>di</strong> Antonello del Borgo, nonchè dei loro bisogni e della<br />

necessità <strong>di</strong> cavalli, li assicura che vi farà “suso pensiero” in modo che siano sod<strong>di</strong>sfatti <strong>di</strong> lui.<br />

Commissario nostro Glareabue.<br />

1454 febbraio 13, Milano.<br />

Inteso quanto ne scriveti delli boni portamenti deli strenuy Angelello de Lavello et<br />

Antonello del Borgo, nostri conducteri, et del bisogno suo et deli cavali, <strong>di</strong>cemo che<br />

haveti facto bene ad avisarne, perchè nuy li faremo suso pensiero et Ii provederemo<br />

per modo Ii potrano stare et poterano contentarse de nuy. Et così <strong>di</strong>reteli per nostra<br />

parte che stiano de bona voglia. Data Me<strong>di</strong>olani, xiii februarii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

927<br />

Francesco Sforza risponde al Colleoni <strong>di</strong> non poter accordare la richiesta <strong>di</strong> una riduzione<br />

dell’onere del sale per i Bellanesi, pur se il Colleoni gli ricorda la loro “fede et devotione”, oltre<br />

l’aiuto da loro dato per la presa <strong>di</strong> quella rocca.<br />

Gli ricorda <strong>di</strong> aver preso parte con un intervento favorevole e <strong>di</strong> aver concordato con loro una<br />

composizione, come può confermare Simone Origone, autore <strong>di</strong> una promessa, a loro nome, del<br />

pagamento <strong>di</strong> un certo quid che deve ancora essere onorato. Inoltre, ogni altra concessione<br />

sarebbe un precedente per eguali pretese dei loro vicini.<br />

249v Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

(1454 febbraio 13), Milano.<br />

Havemo recevuto una vostra lettera per la quale ne recordati la fede et devotione verso<br />

nuy et stato nostro delli homini nostri da Bellano et del’a<strong>di</strong>uto hanno dato a quella<br />

impresa della rocha, iI perchè ne gli recomandate strectamente nel facto del sale; ala<br />

quale respondemo che dela loro fede verso nuy siamo certissimi, ma, comprendendo<br />

che non ve hanno bene informato circa’l facto del sale et se gravano et lamentano


contra il dovere et honestà, et per chiarirve de questo ve avisamo che loro stessi<br />

feceno una compositione con la nostra Camera de pagare certum quid de sua bona<br />

voluntà; et gli parse alhora remanere satisfacti et havere Ia cosa a suo modo, como<br />

potria atestare Simone Origone, el quale promisse per loro de pagare infra certo<br />

termine, et non hanno pagato né voriano pagare. Ulterius Ii fecessemo una bona et<br />

grande reductione del sale, e mò non voriano pagare pur su quella reductione e,<br />

quando nuy Ii consentissemo, non voriano pagare niente, che seria uno guastare il<br />

facto nostro, perché l'altri suoy vicini fariano il simile. Dela qual cosa ve havemo voluto<br />

avisare, aciochè, retornando loro da vuy, gIi sapiate respondere, certificandovi bene<br />

che l’animo nostro è de tractarli bene in ogne cosa. Ex Me<strong>di</strong>olano, <strong>di</strong>e suprascripto.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

928<br />

Francesco Sforza si compiace, in un primo momento, con il referendario <strong>di</strong> Pavia per avere<br />

sospeso dall’insegnamento nello Stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Pavia il pavese Francesco Sacheti, per aver istigato<br />

gli “altri doctori de me<strong>di</strong>cina et lege” a non “più legere non siando integre pagato”. Siccome,<br />

però, detto magistro Francisco riconosce il suo errore, il duca lo assolve e or<strong>di</strong>na che gli venga<br />

data, ora e in futuro, la sua provisione, “restituendolo nel suo pristino grado dela lectura sua”<br />

250r Referendario Papie.<br />

1454 febbraio 13, Milano.<br />

Ne ha facto <strong>di</strong>re lo egregio doctore magistro Francisco <strong>di</strong> Sacheti, cita<strong>di</strong>no de questa<br />

nostra inclita cità, quale Iege lì, che intendendo vuy che luy incomenzava ad suburnare<br />

Ii altri doctori de me<strong>di</strong>cina et lege che non dovessavo più legere, non siando integre<br />

pagato, lo facesti removere dala soa lectura con retentione della soa provisione; del<br />

che molto ve comen<strong>di</strong>amo, perchè facesti como dovevati fare et como è stata et è la<br />

nostra intentione. Et perchè <strong>di</strong>cto domino Frances(c)o n’ha facto pregare asay,<br />

domandandose in colpa del suo errore che gli vogliamo perdonare, et nuy volendo<br />

usare clementia verso de luy, gli havemo perdonato et siamo contenti, et così volemo<br />

che vuy Ii fazati respondere della <strong>di</strong>cta soa provisione more solito tanto del passato<br />

quanto del’avenire, restituendolo nel suo pristino grado dela lectura soa. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, xiii februarii 1454.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

929<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al commissario <strong>di</strong> Geradadda <strong>di</strong> darsi da fare per informarlo sul<br />

quantitativo <strong>di</strong> munizioni e <strong>di</strong> sale che, da informazioni avute, doveva esservi in abbondanza<br />

nella rocca <strong>di</strong> Caravaggio.<br />

Commissario Glareabue.<br />

1454 febbraio 14, Milano.<br />

Havimo havuto informatione che in quella nostra rocha de Caravagio era de molta<br />

monitione et una bona quantità de sale, del quale non sapimo quello se ne sia; pertanto<br />

vogliati cum ogni stu<strong>di</strong>o et ingegnio intendere per ogni modo et via che ve parerà dove<br />

sonno andate <strong>di</strong>cta monitione et sale, et del tucto per lo presente por mano, ne vogliati<br />

dare chiaro adviso per vostra lettera. Me<strong>di</strong>olani, xiiii februarii 1454.<br />

Cichus.<br />

930<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà <strong>di</strong> Vigevano <strong>di</strong> provvedere, accertato quanto si contiene<br />

nella supplica del vigevanese Agostino <strong>di</strong> Ferrari, che egli sia accontentato del suo cre<strong>di</strong>to.<br />

250v Potestati Viglevani.<br />

1454 febbraio 14, Milano.


Per la supplicatione, quale ve man<strong>di</strong>amo introclusa, vederiti de quanto se grava<br />

Augustino <strong>di</strong> Ferrari de quella nostra terra; attenduta duncha la continentia d’essa, volimo,<br />

et expresse ve comettemo che, constandote del vero cre<strong>di</strong>to d’esso supplicante, gli<br />

faciati fare il dovere, ita ch’el non habia iusta casone de lamentarse né più per questa<br />

casone havere recorso a nuy. Data Me<strong>di</strong>olani, xiiii februarii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

931<br />

Francesco Sforza esprime al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> il suo stupore per aver potuto i nemici passare<br />

<strong>di</strong> qua dell’Adda con i burchielli, fatto avvenuto se non con la connivenza <strong>di</strong> qualcuno. Gli<br />

comanda, perciò, <strong>di</strong> indagare come ciò sia accaduto e <strong>di</strong> trattenere presso <strong>di</strong> lui i burchielli.<br />

Nello stesso giorno si è scritto a Bartolomeo de Birago <strong>di</strong> andare dal duca.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1454 febbraio 13, Milano.<br />

Respondendo ala lettera del passare hanno facto l’inimici con quelli burchielli dal canto<br />

de qua d’Adda, <strong>di</strong>cemo che ne maravigliamo como habiano così tolti <strong>di</strong>cti burchielli, et<br />

credemo che qualcuno l’habia tenuto mano et consentito ad questa cavalcata; però<br />

volimo ve sforzate intervenire la veritate de questa cosa et castigare chi ha falito. Li <strong>di</strong>cti<br />

burchielli volemo, et ve coman<strong>di</strong>amo Ii reteniati in nostro nome apresso de vuy et per<br />

niente non Ii restituire ali patroni, gli quali non gIi hanno da fare più niente. Ex<br />

Me<strong>di</strong>olano, xiii februarii 1454.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

Die suprascripto scriptum fuit Bartholomeo de Birago quod veniat ad dominum.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

932<br />

Francesco Sforza sollecita il Colleoni a voler adempiere la promessa per il fatto <strong>di</strong> Borgo San<br />

Martino fatta al conestabile ducale Antonello da Mora e a consentirgli che abbia una pozione del<br />

frumento tassato agli uomini <strong>di</strong> detto borgo.<br />

251r Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

1454 febbraio 15, Milano.<br />

Antonello da Mora, nostro conestabile, n’ha <strong>di</strong>cto con querella che vuy non gli haveti<br />

atteso quanto gli haviti promesso per lo facto de Borgo San Martino, et ne ha pregato<br />

ve vogliamo sopra ciò scrivere, caricandone gli vogliati attendere la <strong>di</strong>cta promessa soa;<br />

per la qual cosa, essendo così, ve confortiamove gli vogliati far fare suo debito et<br />

providere in modo che’l resta contento, necminus perchè <strong>di</strong>ce che del frumento taxato<br />

ali homini d’esso Burgo gli ne tocha una certa parte: siché piaciave provedere che<br />

anche del <strong>di</strong>cto frumento habia il debito suo. Data Me<strong>di</strong>olani, xv februarii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.


933<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> provvedere <strong>di</strong> alloggiamenti per i cavalli e<br />

famigli del suo cameriere Francesco da Lampugnano, ammonendolo che ciò non avvenga con<br />

lo sfratto <strong>di</strong> casa <strong>di</strong> chi vi abita o con l’occupazioni <strong>di</strong> luoghi <strong>di</strong> chiesa o <strong>di</strong> ospedale.<br />

Locumtenenti nostro Laude.<br />

(1454 febbraio 15, Milano).<br />

Francesco da Lampugnano, nostro camerero, n’ha <strong>di</strong>cto che ancora non ha logiamento<br />

per Ii suoy cavalli et famegli; pertanto volimo che ve<strong>di</strong>ati de darli logiamento nel Borgo<br />

como s’è facto ali altri nostri famegli, havendo però advertentia che, dove el meteriti,<br />

non sia troppo desconzo a quelli de casa, perchè non intendemo che niuno sia cazato<br />

fora de casa per logiarlo luy, né etiam volimo sia posto in loco de chiesa né de hospitali.<br />

Siché provedeteli per qualche via che niuno se habia casone de lamentarse et che luy<br />

stia più comodamente che sia possibiIe. Data ut supra.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.<br />

934<br />

Francesco Sforza, dopo aver atteso invano che si provvedesse ai denari dovuti per questi sei<br />

mesi per il carriaggio, scrive al referendario e ai presidenti agli affari <strong>di</strong> Pavia perchè attendano a<br />

detta provvisione e avverte il referendario che, in caso <strong>di</strong> perdurante inerzia, intervenga, nei<br />

mo<strong>di</strong> che crederà opportuni, perchè quattro dei principali presidenti si portino da lui, che li<br />

scuoterà dalla loro indolenza.<br />

1454 febbraio <strong>16</strong>, Milano.<br />

251v Referendario Papie et presidentibus negociis civitatis nostre Papie.<br />

Havemo aspectato fin ad questo dì che vuy havesti facto qualche provisione al facto<br />

delli denari del caregio per questi sey mesi, et per fin a qui per quello inten<strong>di</strong>amo non<br />

s’è facto niente; del che ne maravigliamo grandemente et dolemo de facti vostri.<br />

Pertanto ve <strong>di</strong>cemo che subito, vedute le presente, debiati mettere tal (a) modo et<br />

provisione circa ciò che questi <strong>di</strong>nari se possono havere de presente secundo Ii nostri<br />

urgenti bisogni, senza <strong>di</strong>latione o exceptione alcuna. Et quando vuy, domino<br />

Bartholomeo, vedesti che loro facessero altramente, volimo che faciati comandamento<br />

per nostra parte ad quatro <strong>di</strong> principali de quelli presidenti che, sotto quella pena ve<br />

parirà, che subito vegnino qua da nuy, perchè se deliberamo che non se partino finchè<br />

non habiamo misso modo ad questa cosa. Me<strong>di</strong>olani, xvi februarii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue ord depennato.<br />

935<br />

Francesco Sforza informa il luogotenente e i presidenti dellla comunità <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che il suo famiglio<br />

Francesco Giorgio gli ha confessato <strong>di</strong> non aver alterato il compartito delle tasse dei cavalli, <strong>di</strong><br />

cui quelli <strong>di</strong> Codogno e altri del contado si sono lamentati per asserita mancata eguaglianza.<br />

Tuttavia, ad evitare ogni ulteriore lamentela, manda lì detto Francesco perchè con “duy<br />

valenthomini” e con quelli del contado riformino il compartito.<br />

1454 febbraio 15, Milano.<br />

Locumtenenti et presidentibus comunitatis nostre Laudensis.<br />

Perchè da poi è facto Iì el compartito dele tasse <strong>di</strong> cavalli, quelli da Cotogno et molti<br />

altri del contato se sonno lamentati <strong>di</strong>cendo che’l non gli è servata bona equalità et se<br />

gravano de Francisco Georgio, nostro fameglio, havemo voluto havere da nuy <strong>di</strong>cto


Francesco, el quale, scusandose, <strong>di</strong>ce non havergli colpa alcuna, nè havere viciato et<br />

alterato <strong>di</strong>cto compartito; pur per redure la cosa et tolere ogni cagione de lame(n)ta<br />

man<strong>di</strong>amo lì <strong>di</strong>cto Francesco, al quale volemo <strong>di</strong>ati duy valenthomini fora d’ogni passione<br />

et con quelli etiam<strong>di</strong>o del contato habiano ad reformare il compartito e reducerlo ad<br />

equalità, havendo respecto ad Ii luoghi 252r desfacti et inhabitati, ita che niuno non<br />

habia iusta casone de querella. Data Me<strong>di</strong>olani, xv februarii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

936<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza<strong>di</strong> procurare presto 150 moggia<br />

<strong>di</strong> calcina alla misura lo<strong>di</strong>giana a spese del tesoriere e referendario piacentini e mandarla al<br />

luogotenente <strong>di</strong> Cremona per importanti lavori da farsi in loco.<br />

Capitaneo citadelle Placentie.<br />

1454 febbraio <strong>16</strong>, Milano.<br />

Per certi lavorerii havemo da fare al presente a Cremona è necessario gli sia della<br />

calzina asay; pertanto vogliamo, havuta questa, tu facii circare Iì in Piasenza et Iì<br />

intorno ala citate, et vede de trovare et havere moza cento cinquanta de calzina ala<br />

mesura Lodesana, la quale paghirano Ii nostri referendario et thexaurario <strong>di</strong> quella cità,<br />

et, havuta, vogli inme<strong>di</strong>ate et senza per<strong>di</strong>tione alcuna de tempo mandarla per aqua<br />

suso nave al nostro locotenente de Cremona; et toray <strong>di</strong>cta calzina dove ne serà, et<br />

habiala sia che se voglia, sichè habiamo <strong>di</strong>cta quantità, la quale gli faray pagare dalli<br />

pre<strong>di</strong>cti, como <strong>di</strong>cemo de sopra. Et non gli perderay in questo tempo alcuno, perchè<br />

<strong>di</strong>cta calzina bisogna adoperarla de presente in cose de grande importantia al stato<br />

nostro. Ex Me<strong>di</strong>olano, xvi februarii 1454.<br />

Zanninus.<br />

Cichus.<br />

937<br />

Francesco Sforza acclude nella lettera al Colleoni lo scritto dell’ufficiale <strong>di</strong> Valle San Martino<br />

circa i fatti <strong>di</strong> Brivio. Cerchi <strong>di</strong> mandargli uomini per tutelare la gente impegnata nell’impresa <strong>di</strong><br />

Brivio e <strong>di</strong> inviare soldati verso Bergamo e dove altro crederà per bloccare i nemici. Lo informa <strong>di</strong><br />

aver dato un alt allo spostamento verso là della bombarda, che si trova <strong>di</strong> qua.<br />

Gli faccia sapere che intende si faccia.<br />

Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

(1454) febbraio <strong>16</strong>, Milano.<br />

In quest’hora havemo recevuto la inclusa lettera dal’officiale nostro da Valle San<br />

Martino circa li facti de Brivio, como per essa lettera vederiti, quale ve man<strong>di</strong>amo qui<br />

introclusa, adciò che inten<strong>di</strong>ati il tuto. Pertanto vogliati provedere de mandarli tanta<br />

gente, sichè quelli che sonno ala impresa de Brivio non possano recevere damno né<br />

mancamento alcuno, et provedere ale cose de là, siché al’inimici non possa reusire il<br />

pensiero, mandando verso Bergamo, et dove ve parerà necessario, adciò che possiati<br />

molto bene provedere ad questo facto, advisandove che nuy 252v havevamo or<strong>di</strong>nato<br />

de mandare la bombarda, che è del canto de qua, che fosse conducta dal canto dellà<br />

per farla trare ala bastita; mò havemo scripto non volemo li sia conducta per finché nuy<br />

gli scriveremo altro, et faremola pur trare del canto de qua per lo presente nostro<br />

cavalaro. Vogliati avisarne del’or<strong>di</strong>ne li havereti dato, et così della provisione gli<br />

havereti facta in questa cosa. Data Me<strong>di</strong>olani, xvi februarii, hora 24.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.


938<br />

Francesco Sforza scrive a Bartolomeo Visconti che, avendo revocata la licenza concessa al<br />

Colleoni <strong>di</strong> portar fuori dal ducato una certa quantità <strong>di</strong> biada, deve restituirgli i denari già da lui<br />

versati per l’acquisto <strong>di</strong> detta merce.<br />

In simile forma è scritto a Giovanni Treco e a Suzo dell’Orto.<br />

Nello stesso giorno furono scritte lettere credenziali ad Andrea Fulgineo, a Bartolomeo Colleoni<br />

e al podestà <strong>di</strong> Treviglio.<br />

Spectabili viro Bartholomeo Vicecomiti.<br />

1454 febbraio 17, Milano.<br />

Per rendere el nostro ducato de Milano più habundevele de victualie, havendo nuy<br />

concessa licentia al magnifico Bartholomeo Coleone de trahere una certa quantità de<br />

biava fora del <strong>di</strong>cto ducato, gli l’havimo revocata, ita che’l non la pò usare; et perchè el<br />

n’ha facto <strong>di</strong>re che’l ne havea comparato una quantità da ti, la quale pocho gli valeva,<br />

non la possendo condure, a nuy pare ragionevele, e volimo che, siando corso li denari,<br />

gli debbi restituire a luy o a suo messo, omni prorsus exceptione remota. Me<strong>di</strong>olani, xvii<br />

februarii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum fuit Iohanni Trecho et Suzo del’Orto.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

Die xvii februarii facte fuerunt littere credentiales domino Andre(e) de Fulgineo,<br />

magnifico Bartholomeo Coleono et potestati Trivilii.<br />

Iohannes.<br />

Iohannes Antonius.<br />

939<br />

Francesco Sforza vuole che Francesco Giorgio non <strong>di</strong>a legittimo motivo <strong>di</strong> lamentarsi a<br />

Melchione da Marlino se per il suo luogo <strong>di</strong> Conterico ha sempre pagato <strong>di</strong> tassa mezzo cavallo<br />

e non un cavallo, come lui, Francesco, pretede.<br />

253r Francisco Georgio.<br />

1454 febbraio 17, Milano.<br />

El nobile homo Melchiorre da Marliano n’ha exposto che’l suo loco de Contericho (a),<br />

quale è nel vescovato de Lode, may per veruno tempo hebbe may de taxa più de mezo<br />

cavallo, et ti gli hay taxato uno cavallo, de che se grava assay, et nuy non voriamo che<br />

veruno havesse iusta casone de querella. Sichè volemo inten<strong>di</strong> bene questo facto, et<br />

tegni modo et via che delli cavalli sonno là esso Melchiorre per <strong>di</strong>cto luoco non habia<br />

gravamento né expesa oltra el debito, ma tanto quanto debitamente li tocha per rata, et<br />

quanto è la sua debita portione et non più. Me<strong>di</strong>olani, xvii februarii 1454.<br />

Ser Facinus.<br />

Cichus.<br />

(a) Contericho in interlinea su Conturbio depennato.<br />

940<br />

Francesco Sforza attesta al Colleoni il gra<strong>di</strong>mento per la <strong>di</strong>sposizione presa <strong>di</strong> mandare Gervaso<br />

da Parma con uomini d’arme e balestreri a Pontida per impe<strong>di</strong>re ai nemici <strong>di</strong> portar aiuto a<br />

Brivio. Lo informa che scrive agli uomini che sono all’impresa <strong>di</strong> Brivio <strong>di</strong> far trasportare la<br />

bombarda Martina <strong>di</strong> là d’Adda per condurla alla bastida, tenuto conto <strong>di</strong> come la sua presenza<br />

possa anche incutere timore agli asse<strong>di</strong>ati. Il duca sollecita il Colleone a mandare altri suoi<br />

uomini dove parerà più necessario e <strong>di</strong> provvedere che le bombarde siano sicure, confidando<br />

che fra tre o quattro giorni “haverano spazata quela bastita”. Ha mandato il suo bombar<strong>di</strong>ere


Gan<strong>di</strong>no e Mafeo da Como ben forniti <strong>di</strong> polvere, pietre e spingarde e <strong>di</strong> quant’altro occorre<br />

perchè nessun inconveniente capiti a quanti sono impegnati in detta impresa.<br />

Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

(1454 febbraio 17, Milano).<br />

In quest’hora havemo recevuto Ie vostre lettere responsive ale nostre et inteso quanto<br />

ne scriveti della provisione haveti facta delli homini del paese che stagano proveduti; et<br />

così del mandare de Gervaso da Parma con quelli homini d’arme et balestreri ad<br />

Pontida per più secureza, acioché ali inimici non possa reusire il pensiero de soccorere<br />

Brivio, et cetera. Dicemo che n’è molto piaciuto de quanto haveti facto, et<br />

comen<strong>di</strong>amovene asay; et per quello n’haveti scripto, in quest’hora scrivemo ad quelli<br />

sonno ala <strong>di</strong>cta impresa de Brivio che fazano condure la bombarda Martina del canto<br />

dellà da Adda per farla trahere ala bastita, la quale, essendo del canto dellà, faria più<br />

presto quello se doverà fare che non faria ad farla trahere ala <strong>di</strong>cta bastia, stagando<br />

essa bombarda del canto de qua. Et ancora quelli de dentro haveranno più paura et<br />

timerano più tanto per l'opera bona che farà <strong>di</strong>cta bombarda quanto per lo 253v dare<br />

della battaglia. Sichè vogliati, non obstante tute quelle provisiane haveti facte, mandare<br />

delle altre vostre gente dove ve parerano più necessarie, et provedere che quelle<br />

nostre bombarde staghino secure, advisandove che gli le man<strong>di</strong>amo socto la vostra<br />

speranza; et siamo certi fra tri o quatro dì haverano spazata quella bastita. Et gli<br />

havemo mandato Gan<strong>di</strong>no, nostro bombardero, et Mafeo da Como, et havemoli facto<br />

fornire molto bene de polvere, prede et springarde, et de ogne altra cosa necessaria,<br />

ad ciò che fazano prestissimo; sichè mò la vostra magnificentia li proveda et faza quello<br />

meglio li parerà per la secureza delle <strong>di</strong>cte nostre bombarde, et che scandalo né<br />

inconveniente alcuno non possa seguire ali nostri sonno ala <strong>di</strong>cta impresa, et che<br />

al’inimici non possi reusire il loro pensiero et <strong>di</strong>segno; et haveremo ad caro essere<br />

avisati da vuy dele provisione et prove<strong>di</strong>menti gli haveti facto et fareti circha questa<br />

facenda. Data ut supra, hora ii noctis.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

941<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> sfrattare dalla casa ove<br />

stanno l’ufficiale e i cavallari, tutte le persone estranee, in modo che essi vi stiano liberamente.<br />

Capitaneo citatelle Placentie.<br />

1454 febbraio 17, Milano.<br />

Deliberando nuy che Ii nostri cavallari deputati in quella nostra cità et l’officiale deputato<br />

sopra essi cavallari habbiano una casa in la quale possano stare liberamente senza<br />

alcuno impe<strong>di</strong>mento; et sentando che, in la casa dove habitano <strong>di</strong>cti cavallari stano<br />

alcune altre persone cha loro, volemo che le <strong>di</strong>cte persone subito faci caciare fora dela<br />

<strong>di</strong>cta casa, et sia lassata liberamente ali pre<strong>di</strong>cti cavallari senza alcuna exceptione.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xvii februarii 1454.<br />

Cichus.<br />

942<br />

Francesco Sforza vuole che il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> consenta al lo<strong>di</strong>giano Giovanni da Mulzano<br />

<strong>di</strong> rincasare e possa fare gli affari suoi.<br />

254r Locumtenenti Laude.<br />

1454 febbraio 18, Milano.<br />

Havendo nuy dato licentia a Iohanne da Mulzano de quella nostra cità ch’el vegni a<br />

casa, siamo contenti e volimo che vuy el lassati stare habitare et fare li facti suoi in la


cità, portandose luy bene e fidelmente, como credemo farà. Ex Me<strong>di</strong>olano, <strong>di</strong>e xviii<br />

februarii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

942<br />

Francesco Sforza comanda a Bolognino de Attendolis, a Gracino da Pescarolo e al referendario<br />

<strong>di</strong> Pavia che, fra notte e giorno, gli man<strong>di</strong>no la bombarda detta leone con tutte le sue<br />

attrezzature.<br />

1454 febbraio 13, Milano.<br />

Magnifico domino Bolognino de Attendolis et domino Gracino de Piscarolo necnon<br />

referendario Papie.<br />

Recevuta la presente, volimo che fra nocte et dì, senza <strong>di</strong>mora alcuna, ce man<strong>di</strong>ati la<br />

bombarda <strong>di</strong>cta leona, quale è lì in castello con li se<strong>di</strong>mi, repari et culate sue quale<br />

vogliamo operare de presente; et questo non manchi per niente, non perdendo ad ciò<br />

actimo alcuno de tempo; et vuy, Bolognino, gli la dareti. Data Me<strong>di</strong>olani, xiii februarii<br />

1454.<br />

Ser Andreas Fulgineus.<br />

943<br />

Francesco Sforza scrive al referendario <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> aver <strong>di</strong>sposto che un cavallaro <strong>di</strong><br />

Piacenza e uno <strong>di</strong> Borgo San Donnino siano <strong>di</strong> posta a Fiorenzuola, come or<strong>di</strong>nerà loro Giorgio<br />

Alipran<strong>di</strong>, ufficiale generale dei cavallari. Ad esssi detto referendario passerà otto sol<strong>di</strong> al giorno<br />

da quando gli <strong>di</strong>rà detto ufficiale.<br />

Referendario Placentie.<br />

1454 febbraio 17, Milano.<br />

Nuy havemo or<strong>di</strong>nato et volemo che uno deli nostri cavallari de quella nostra cità de<br />

Placentia et così un altro de quelli dal Borgo San Donino stagano ad posta in<br />

Fiorenzola per servire ad portare le littere, secundo gli or<strong>di</strong>narà et commetterà Georgio<br />

Alipran<strong>di</strong>, nostro officiale generale sopra li cavallari. Pertanto ad ciò che essi duy<br />

cavallari possano continuamente stare ala <strong>di</strong>cta posta, volemo et così te commectemo<br />

che, remossa ogni exceptione, gli dagi o faci dare et pagare ogni dì a cadauno <strong>di</strong> loro<br />

sol<strong>di</strong> viii de imperiali; dal dì ch’el <strong>di</strong>cto officiale nostro te <strong>di</strong>rà, gli incomenzi a dare fino<br />

ad tanto che sopra ciò nuy te scriveremo altro in contrario. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xvii<br />

februarii 1454.<br />

Iohannes Blanchus.<br />

Cichus.<br />

944<br />

Francesco Sforza comanda a Gracino da Pescarolo <strong>di</strong> fargli avere, tramite un suo uomo, il resto<br />

dei cento ducati d’oro, che ebbe, in suo nome, dal defunto vescovo secondo l’or<strong>di</strong>ne del<br />

cancelliere ducale Zanino.<br />

Ingiunga a detto suo uomo <strong>di</strong> non dare detto denaro se non a chi a voce gli <strong>di</strong>rà il duca.<br />

254v Domino Gracino de Piscarolo.<br />

1454 febbraio 18, Milano.<br />

Vogliamo che quello resto delli ducati cento d’oro che recevessevo in nostro nome dal<br />

quondam episcopo de quella cità secundo l’or<strong>di</strong>ne ve lassò Zanino, nostro cancellero,<br />

ne debiati mandarlo qui a noy per uno delli vostri subito recevuta la presente, et<br />

or<strong>di</strong>nareti ch’el non gli daghi ad persona veruna, se noy non gli lo <strong>di</strong>remo de bocha. Et<br />

per più vostra chiareza havemo soctoscripto la presente manu nostra propria. Ex<br />

Me<strong>di</strong>olano, xviii februarii 1454.<br />

Zaninus.<br />

Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit.


Cichus.<br />

945<br />

Francesco Sforza avvisa il Colleone che manda un’altra bombarda, con pietre e altre forniture, a<br />

Brivio. Lo sollecita a inviare persona capace <strong>di</strong> sistemare detta bombarda e <strong>di</strong> fare quanto<br />

occorre per por fine a quella impresa. Lo informa <strong>di</strong> aver or<strong>di</strong>nato ai suoi uomini che sono lì <strong>di</strong><br />

obbe<strong>di</strong>rgli in tutto. Gli raccomanda <strong>di</strong> por fine a quell’impresa. Gli <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> sapere che, siccome<br />

quelli della rocca <strong>di</strong> Bayedo hanno gli occhi puntati sulla rocca <strong>di</strong> Pizino, gli pare conveniente<br />

rimuovere quanti sono in quella rocca e sostituirli con dei suoi uomini o con degli sforzeschi,<br />

perchè a quel che sa, “fornita <strong>di</strong>cta rocha”, quelli della Bayedo “mutarano proposito”.<br />

Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

(1454 febbraio 18), Milano.<br />

Nuy man<strong>di</strong>amo de presente un’altra bombarda ad Brivio con polvere, prede et<br />

fornimenti necessarii. Pertanto vogliati mandare qualchuno delli vostri intelligente quale<br />

sia al piantare <strong>di</strong>cta bombarda et ad fare tute quelle provisione siano necessarie per<br />

dare fine ad quella impresa, advisando la magnificientia vostra che nuy havemo<br />

or<strong>di</strong>nato ad li nostri sonno ala <strong>di</strong>cta impresa, quali faranno quanto per la vostra<br />

magnificientia li sarà or<strong>di</strong>nato et comandato; la quale ben caricamo et stringemo voglia<br />

far stringere quella rocha per modo se ne cavino li pe<strong>di</strong>; et perché siamo informati quelli<br />

della rocha de Bayedo guardano molto ala rocha de Pizino, ne pare, così piacia ala<br />

magnificientia vostra, removere quelli sonno nella <strong>di</strong>cta rocha, et overo metergli delli<br />

suoy, overo or<strong>di</strong>nare gli va<strong>di</strong>no delli nostri sonno dellà, perché siamo informati, fornita la<br />

<strong>di</strong>cta rocha, quelli della rocha de Bayedo mutarano proposito. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Zanectus.<br />

Iohannes.<br />

946<br />

Francesco Sforza scrive al podestà e agli uomini <strong>di</strong> Castell’Arquato <strong>di</strong> mandare, per i pagamenti<br />

dell’anno, da lui sei loro uomini, che, nel loro spostamento, si porteranno a Piacenza, dal suo<br />

cancelliere Teseo che <strong>di</strong>rà loro a quanto ammonta la tassa dei cavalli dell’anno in corso.<br />

255r Potestati et hominibus Castriarquati.<br />

1454 febbraio 18, Milano.<br />

Per alcune cose che havemo da conferire con voi per caxone delli pagamenti dell’anno<br />

presente, volemo che, recevuta la presente, debiate mandare da noi sey delli vostri<br />

homini li quali nel loro venire facciano capo a Theseo, nostro canzellero, quale è ad<br />

Piacenza, et da lui pigl(i)ono informatione de quanto monta la taxa delli cavalli de<br />

questo anno, et colla <strong>di</strong>cta informatione vengano da noi; et questo non manchi quanto<br />

haveti cara la gratia nostra. Data Me<strong>di</strong>olani, xviii februarii 1454.<br />

Theseus.<br />

Cichus.<br />

947<br />

Francesco Sforza esprime ai nobili, ai consoli e agli uomini della Valle <strong>di</strong> Nure il suo <strong>di</strong>spiacere<br />

per la loro non più tollerabile <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enza e, perciò, perchè non abbiano possibilità <strong>di</strong> scusarsi<br />

asserendo <strong>di</strong> non essere stati avvisati e perchè lui sappia chi gli obbe<strong>di</strong>sce e chi non, ha<br />

manifestato al suo cancelliere Teseo qual è il suo stato d’animo.<br />

(1454 febbraio 18, Milano).<br />

Nobilibus, consulibus et hominibus Vallis Nurie.<br />

Nui havemo piglato tanto <strong>di</strong>spiacere in l’animo nostro della vostra deshobe<strong>di</strong>enza et<br />

obstinatione che per modo nisuno non volemo più sopportarlo, ma intendemo<br />

provederli in modo che tuti li altri ne piglino exempio et ad ciò che non possate<br />

scusarve de non essere stati avisati, et che nui possamo conoscere chi vole obe<strong>di</strong>re et


chi non, havemo comesso a Theseo, nostro canzellero, che ve <strong>di</strong>ca qual sia l’animo et<br />

intentione nostra, al qual crederite et in questo obe<strong>di</strong>rete quanto a noi proprii. Et questo<br />

non manchi per quanto havete cara la gratia nostra. Data ut supra.<br />

Theseus.<br />

Cichus.<br />

948<br />

Francesco Sforza scrive al podestà <strong>di</strong> Rivolta <strong>di</strong> consentire che a tre uomini <strong>di</strong> lì egli <strong>di</strong>a licenza,<br />

per il tempo che riterrà conveniente, <strong>di</strong> andare a Brescia in compagnia della sorella <strong>di</strong> Bettino<br />

Calegaro, che intende maritarsi, e ritornare senza alcun impe<strong>di</strong>mento. A maggiore loro sicurezza<br />

gli manda un bollettino patente per quei tre uomini.<br />

Potestati Rivolte.<br />

1454 febbraio 18, Milano.<br />

Siamo contenti et volemo che ad tre homni de quella terra, quali ad te parerano,<br />

conce<strong>di</strong> licentia et libertà piena et ampla de potere andare liberamente ad Bressa in<br />

compagnia della sorella de Bettino Calegaro, quale vole andare ad marito et retornare<br />

senza molestia et impazo alcuno per quello tempo te parerà conveniente, et secundo<br />

che ad simile cose se recircha; et così per più secureza et cautella de loro, te<br />

man<strong>di</strong>amo uno bullettino patente quale poteray dare ad quelli tre homini haverano<br />

licentia da ti che vadano là. Me<strong>di</strong>olani, xviii feruarii 1454.<br />

Ser Facinus.<br />

Cichus.<br />

949<br />

Francesco Sforza vuole che Bartolomeo da Correggio e Gracino da Pescarolo accertino se<br />

maestro Beltramino da Como è debitore dell’abbazia tortonese <strong>di</strong> Sant’Alberto e, se così fosse,<br />

lo inducano a dare <strong>di</strong> quanto è debitore a Taddeo, fratello <strong>di</strong> Pietro da Noceto, che ha avuto dal<br />

pontefice, con il consenso ducale, tale abbazia.<br />

1454 febbraio 18, Milano).<br />

255v Domino Bartholomeo de Corigia et Gracino de Piscarolo.<br />

Più dì fa nuy havemo compiaciuto al venerabile domino Tadeo, fratello de domino Petro<br />

da Noxeto della abbatia de Sancto Alberto della <strong>di</strong>ocese Tertonese, quale esso domino<br />

Tadeo ha impetrata dala sanctità de nostro Signore de nostro consentimento; et così è<br />

nostra intentione che luy la golda pacificamente. Et perché ne è stato <strong>di</strong>cto per sua<br />

parte che uno maestro Baltramino da Como, habitatore de quella nostra cità, ha in sé<br />

circa ducati cento cinquanta della pre<strong>di</strong>cta abbatia <strong>di</strong> quali debitamente è tenuto ad<br />

satisfarli, rechiedendone che circa ciò li volessemo provedere de opportuno reme<strong>di</strong>o,<br />

pertanto siamo contenti et ve commettiamo che ad (a) instantia del <strong>di</strong>cto domino Tadeo,<br />

overo ciascuno suo messo, presente exibitore, havuto da vuy el <strong>di</strong>cto maestro Beltramo<br />

et havuta bona informatione sopra ciò, attrovando la cosa essere così, debiati<br />

astringerlo per ogni modo opportuno ad satisfare integramente et pagare tuto quello<br />

che se attrovarà debitore della <strong>di</strong>cta abbatia; et questo se facia summarie et expe<strong>di</strong>te et<br />

con più celerità che sia possibile.Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue alcuno depennato.


950<br />

Francesco Sforza ricorda al podestà, ai presidenti agli affari della comunità, nonchè ai riformatori<br />

dell’estimo del <strong>di</strong>stretto <strong>di</strong> Pavia che nella nuova riforma dell’estimo come si erano tenuti<br />

presenti i danni cagionati ai luoghi dalle varie guerre, così non si sono scordate sia le rovine da<br />

eventi bellici, fatte presenti dai conti e dagli uomini <strong>di</strong> Langosco, che le esenzioni date con<br />

lettere ducali, come neppure si è <strong>di</strong>menticato che molti Vercellesi, aventi beni nel territorio <strong>di</strong><br />

Langosco, non sono tenuti a pagare vigore capitulorum con il duca <strong>di</strong> Savoia, come,<br />

reciprocamente, avviene per i sud<strong>di</strong>ti sforzeschi con posse<strong>di</strong>menti in terre sabaude.<br />

1454 febbraio 18, Milano.<br />

Potestati et presidentibus negociis comunitatis, necnon reformatoribus extimi <strong>di</strong>strictus<br />

civitatis nostre Papie.<br />

Aciochè in la nova reformatione del’extimo che se fa si erano havuti quelli respecti che<br />

se convene alli luoghi et terre che sonno frustate per le guerre et che hanno del’altre<br />

con<strong>di</strong>ctione, como intenderiti, sapiati che li nobili conti et homini da Langusco alegano<br />

loro gravissimi damni recevuti per le guerre; et allegano etiam<strong>di</strong>o che molti gli sonno<br />

256r exempti per nostre lettere patente, et che molti da Vercelli hanno posessione e<br />

beni nel <strong>di</strong>cto luogo e territorio de Langusco per li quali non paghino, né sonno obligati<br />

ad pagare, vigore capituloum che havemo con lo illustre duca de Savoya <strong>di</strong>sponentium<br />

che li suoy sub<strong>di</strong>ti, habentes bonam in territorio nostro, non siano obligati, nè debbano<br />

pagare li carichi occurrenti ala nostra Camera, et, e converso, che li nostri sub<strong>di</strong>ti non<br />

siano obligati, et cetera. Sichè, considerati li <strong>di</strong>cti respecti, volimo et ve commettemo<br />

che in la <strong>di</strong>cta reformatione habiati tale consideratione ali pre<strong>di</strong>cti <strong>di</strong>e Langusco che non<br />

habiano legitima cagione de gravarse. Me<strong>di</strong>olani, xviii februarii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

951<br />

Francesco Sforza sollecita Francesco Montagna a restituire a Francesco da Landriano i <strong>di</strong>eci<br />

ducati d’oro che gli prestò per l’osteria <strong>di</strong> Casale. Il duca gli <strong>di</strong>ce che finora si è astenuto dal dare<br />

corso alla richiesta <strong>di</strong> cattura fattagli da Francesco, ma che ciò non gli sarà possibile evitare se<br />

continuerà nella sua morosità.<br />

Francisco Montagne.<br />

1454 febbraio 18, Milano.<br />

El spectabile cavalero domino Francisco da Landriano ne <strong>di</strong>ce che deve havere da ti<br />

circa ducati dece d’oro, quale ti imprestò per levarte dal’hostaria a Casale; et havendoti<br />

facto instantia de rehaverli, como rechiede el debito, may non l’hay possuto havere. Il<br />

perchè ne rechiedeva te facessemo destenire finchè luy fosse satisfacto; la qual cosa<br />

non havemo voluto concedere al presente, ma bene te confortiamo et caricamo che<br />

senza più <strong>di</strong>latione vogli satisfare integramente al <strong>di</strong>cto domino Francisco de quanto<br />

deve havere da ti et essere conoscente del benefitio che luy te fece, avisandote,<br />

quando tu facesti altramente, che non poriamo fare che no li concedessemo <strong>di</strong>cta<br />

lettera. Data Me<strong>di</strong>olani, xviii februarii 1454.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.


952<br />

Furono fatte lettere credenziali all’abbate <strong>di</strong> San Lanfranco e alle monache <strong>di</strong> Monte Oliveto per<br />

Raffaele Pugnello.<br />

256v Die xviii februarii 1454.<br />

1454 febbraio 18, (Milano).<br />

Facte fuerunt littere credentiales in personam Raphaeli Pugnelli domino abbati Sancti<br />

Lafranchi Papie et monialibus Montis Oliveti.<br />

Cichus.<br />

953<br />

Francesco Sforza scrive al conte Bolognino <strong>di</strong> Sant’Angelo <strong>di</strong> togliere Ambrogio da Triulzio dalla<br />

gabbia e metterlo, come meglio gli parerà, in una camera.<br />

Vuole che nel castello <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> egli possa muoversi a suo agio, ma sempre sotto la vigilanza <strong>di</strong><br />

una guar<strong>di</strong>a perchè non possa fuggire.<br />

Comiti Bolognino Sancti Angeli.<br />

1454 febbraio 19, Milano).<br />

Siamo contenti et volemo che debiati far cavare dala gabia Ambroxo da Triulzo et lo<br />

faciati redure in una de quelle camere, como ve parerà meglio, et dentro Lode lo lassati<br />

andare per quello nostro castello ad suo piacere, mettendoli dreto continuamente bona<br />

guar<strong>di</strong>a in modo che nè de dì, nè de nocte, potesse fare fuga; et fareteli tuto quello<br />

aconzio che posseti, purchè siati ben securo <strong>di</strong> facti suoy che ne lo possiati consignare<br />

ad ogni nostra peticione. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

954<br />

Francesco Sforza fa presente al podestà <strong>di</strong> Vigevano la necessità <strong>di</strong> sistemare i tetti del castello<br />

perchè vi sono infiltrazioni d’acqua. Si intenda per ciò con il castellano Notargiacomo che gli <strong>di</strong>rà<br />

quali interventi necessitano.<br />

Potestati Viglevani.<br />

1454 febbraio 19, Milano.<br />

Intendemo che li tecti del castello nostro de quella terra strapiovano in parechi luochi;<br />

pertanto volemo che tu fazi vedere dove bisogna farli reconzare, et lo fazi fare,<br />

intendendete con NotarIacomo, nostro castellano, quale te <strong>di</strong>rà quello li bisogna; et<br />

questo volemo sia presto. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xviiii februarii 1454.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

955<br />

Francesco Sforza assicura Pasino Vignola <strong>di</strong> aver inteso dalle sue lettere del suo arrivo là<br />

e del colloquio con il Colleoni. Gli raccomanda <strong>di</strong> provvedere a tutto quello che riterrà necessario<br />

per il bene dello stato.<br />

Pasino Vignole.<br />

(1454 febbraio 19), Milano.<br />

Havemo recevuto la vostra lettera et inteso quanto tu n’hay scripto del tuo essere<br />

giuncto là et havere parlato con lo magnifico Bartholomeo, et cetera; ne piace et te ne<br />

comen<strong>di</strong>amo, caricandoti et stringendoti che tu vogli continuo stare attento et provedere


ad tuto quello che te parerà necessario in quelle parte per bene del stato nostro. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani ut supra.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

956<br />

Francesco Sforza informa il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che mandarono da lui Cristoforo dalla Lana,<br />

Marcagnino Bayella, Giovanni Rama e Giovanni Bayella da Rivolta, proprietari delle navi sulle<br />

quali nei giorni scorsi i nemici, dopo aver tagliate le catene che a Rivolta le legavano, si<br />

portarono giù. Gli or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> restituirle loro.<br />

257r Locotenente Laude.<br />

(1454 febbraio 19), Milano.<br />

Hanno mandato da nuy Christofaro dala Lana, Marchagnino Bayella, Iohanne Rama et<br />

Iohanne Bayella da Rivolta per casone delle nave suso le quale passorono l’inimici<br />

questi dì, quale sonno Iì, le quale <strong>di</strong>cono essere soe, che l’inimici taglareno le cathene<br />

dove erano inchatenate <strong>di</strong>cte nave ad Rivolta et le condussero giuso. Pertanto volimo<br />

che subito gli le faciati restituire. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes<br />

957<br />

Francesco Sforza comanda al podestà <strong>di</strong> Ripalta <strong>di</strong> trovare la cerbottana, presa da uno <strong>di</strong> lì<br />

quando detto territorio passò sotto la signoria sforzesca, oltre alle altre munizioni allora tolte.<br />

Potestati Ripalte.<br />

1454 febbraio 19, Milano).<br />

Siamo informati che uno de quella nostra terra ha una zarbatana, quale tolse quando<br />

essa terra venne ala obe<strong>di</strong>entia nostra; et anche credemo gli siano delle altre<br />

monitione. Pertanto volemo che subito, havuta questa, prove<strong>di</strong> per quello modo et via<br />

te parerà de trovare <strong>di</strong>cta zarbatana et ogne altra monitione fossero state tolte,<br />

advisandone per toa lettera de quello haveray trovato. Data ut supra<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

958<br />

Francesco Sforza vuole che il referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, ogni anno, nel giorno <strong>di</strong> Sant’Agnese, faccia<br />

un’offerta <strong>di</strong> sei scellini.<br />

Referendario Laude.<br />

1454 febbraio 20, Milano.<br />

Per la reverentia portiamo ala beata Sancta Agnesia et presentim al loco suo e in quella<br />

nostra cità de Lode, pertanto volimo et comandamovi prove<strong>di</strong>ati opportune che, singulo<br />

anno, nella festa dela prelibata Sancta Agnesia sia facta oblatione al <strong>di</strong>cto luoco de sey<br />

florini per anno ad computo de sol<strong>di</strong> xxxii imperiali per chiaschuno florino. Et questo non<br />

manchi se facia ogni anno in futuro. Me<strong>di</strong>olanI, xx februarii 1454.<br />

Angelus au<strong>di</strong>tor.<br />

Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit.<br />

Cichus.


959<br />

Francesco Sforza risponde a Giuliano da Calvisano che, in merito alla lagnanza degli uomini del<br />

posto per l’onere “delli cavalli et boche” del Colleoni, sono stati da lui i suoi messi e, intesili, li ha<br />

rimandati con lettere per cui il Colleoni provvederà <strong>di</strong> non scontentare gli uomini <strong>di</strong> lì.<br />

Ha inteso quanto gli ha fatto sapere circa Vigolo e Tavernola, luoghi che il duca afferma<br />

appatenere alla giuris<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> quella valle: lo informa che scriverà a Gentile della Molara <strong>di</strong><br />

portarsi lì e <strong>di</strong> cercare <strong>di</strong> por fine alla <strong>di</strong>vergenza, così come <strong>di</strong>ce a lui, Giuliano,<br />

<strong>di</strong> “quietare <strong>di</strong>cta <strong>di</strong>fferentia”.<br />

Non vuole che gli uomini <strong>di</strong> Sarnico e <strong>di</strong> Predero paghino i sei ducati loro richiesti da Antonello<br />

de Campagna, podestà <strong>di</strong> Lovere.<br />

257v Iuliano de Calvisano<br />

s.d<br />

Respondendo ad tre toe lettere de dì xiii del presente, et primo, alIa parte (a) de<br />

gravamento fano quelli nostri homini delli cavalli et boche del magnifico Bartholomeo<br />

Coleone, nostro capitaneo, <strong>di</strong>cemo che questi suoi messi sono stati da nui et Ii havemo<br />

bene inteso et Ii reman<strong>di</strong>amo in dreto expe<strong>di</strong>ti con lettere che scrivemo al prefato<br />

Bartholomeo in bona forma; el quale, siamo certi, provederà ad questa per modo che<br />

queIIi homini ne restaranno ben contenti.<br />

Al facto de Vigolo et Tavernola, che <strong>di</strong>cemo essere della iuris<strong>di</strong>tione de quella valle,<br />

havemo inteso quanto tu ne scrivi per questo, scrivemo ad Zentile dela Molara ch’el<br />

debbia trasferirse li et intendere questa cosa et proveierli et quietare questa <strong>di</strong>ferentia;<br />

et cussì te <strong>di</strong>cemo che tu debbi stu<strong>di</strong>are de pacificare et quietare <strong>di</strong>cta <strong>di</strong>fferentia<br />

perchè non è tempo de litizare in simile cose.<br />

AlIa lamenta che fanno Ii homini da Sarnigo et de Predero della rata de sey ducati chelli<br />

rechie<strong>di</strong> Antonello de Campagna, nostro podestà de Luere, nuy te <strong>di</strong>cemo che siamo<br />

contenti che non pachino alchuna cosa per questa casone; et cussl tu non Ii lassarai<br />

dare impazo alchuno.<br />

(a) Segue fanno depennato.<br />

960<br />

Francesco Sforza vuole che Gentile della Molara si porti sul posto per por fine alla vertenza tra<br />

gli uomini <strong>di</strong> valle Caleppio e quelli <strong>di</strong> Lovere per la giuris<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Vigolo e Tavernola. Deve<br />

cercare <strong>di</strong> calmare tutto “ con bone parole”, non essendo “cosa de litigio”<br />

Gentili dela Molara.<br />

s.d<br />

Pare che vertisa fra Ii homini de vale Calepio et quello de Luere, per la iuris<strong>di</strong>tione de<br />

Vigolo et Tabernola, allegan<strong>di</strong>o l’una parte che <strong>di</strong>cti luochi degano respondere ad sè et<br />

l’altra e converso, pertanto volemo che tu debbi trasferirte (a) fin lì, intendere questa et<br />

provederli per qualche bono mezo como te parerà, et quietare questa <strong>di</strong>fferentia in<br />

modo che niuna delle parte habia ad stare in contesa per questo facto, avisandone per<br />

toe lettere de quanto haverai seguito. Questa non è cosa de litigio, ma cosa de<br />

acordare con bone parole per al presente, perché, quanto alIa raxone, col tempo più<br />

quieto, se provederà al tuto.<br />

(a) In A trasferire con t in interlinea.


961<br />

Francesco Sforza scrive ad Antonello <strong>di</strong> Campagna <strong>di</strong> non pretendere, come esige dagli uomini<br />

della Val Caleppio oltre al salario e provisione, anche dagli uomini <strong>di</strong> Sarnico e <strong>di</strong> Pradoro sei<br />

ducati al mese, perchè hanno già “tanta spesa et graveza de cavalli et fanti.”<br />

258r Anthonello de Campanea.<br />

(1454 febbraio 20), Milano.<br />

Li homini de Val Culepio hano mandato da nui ad notificare che ti gIi doman<strong>di</strong> et vuole<br />

exigere da loro, ultra el tuo sallario et provisione della podesteria de Luere, sei ducati<br />

per mese, cioè ducati sei, al quale pagamento vuole contribuiscano Sarnego et<br />

Pradoro. De che ne meravigliamo et volemo che alIi <strong>di</strong>cti homini per <strong>di</strong>ca cagione non<br />

gli <strong>di</strong> inpacio nè molestia alchuna, chè hanno tanta spesa et graveza de cavalli et fanti<br />

che basta bene et senza altro gravamento; sichè no(n) li dare più spesa. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, ut supra<br />

Cichus<br />

962<br />

Francesco Sforza replica a Benedetto de Curte, capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza, che non gli<br />

ha chiesto pietre ma 150 moggia <strong>di</strong> calcina, che deve cercare ovunque e mandargliela subito.<br />

1454 febbraio 20, Milano.<br />

Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo citadelle Placentie.<br />

Respondendo ala toa lettera circa il facto delle prede et calzina da essere mandate a<br />

Cremona per la refectione dela bastita, <strong>di</strong>cemo che de prede non (a) scrivessemo, nè<br />

fo nostra intentione che de lì se gli mandasse prede, ma la calzina sì in quella quantità,<br />

cioè moza CL. Et così te replicamo che subito debbii recatare <strong>di</strong>cta calzina ita che la ce<br />

sia de presente, sebene dovesse far circare de casa in casa delli cita<strong>di</strong>ni perchè,<br />

dovendose aspectare al termine deli XX dì, como tu scrivi, seria troppo tarde e non<br />

farissemo el facto nostro; (b) sichè fa como tu voy che se gli man<strong>di</strong> subito. Ex<br />

Me<strong>di</strong>olano, xx februarii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) non in interlinea.<br />

(b) Segue Data depennato.<br />

963<br />

Francesco Sforza comanda al podestà <strong>di</strong> Treviglio <strong>di</strong> far avere al condottiero Antonello del<br />

Borgo 100 lance da cavallo. Lo informi <strong>di</strong> quante gliene ha date e quante ancora gli rimangono.<br />

Potestati Trivilii.<br />

(1454 febbraio 20, Milano).<br />

Perchè lo strenuo Antonello del Borgo, nostro conductiero, n’ha facto <strong>di</strong>re ha bisogno<br />

de lanze, volemo che de quelIe lanze sonno Iì, o ad luy o ad suo mandato, exhibitore<br />

presente, Ii daghi cento lance, cioè lanze cento da cavallo, advisandone poi de quanto<br />

gli haveray date et poi quante ne remane poi a ti. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


964<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente, ai presidenti agli affari della comunità e al referendario<br />

<strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> aver appreso dal luogotenente del consenso dei dazieri, eccezion fatta per quelli del<br />

dazio delle bestie vive e dell’olio <strong>di</strong> linosa, per l’ad<strong>di</strong>zione del nuovo sussi<strong>di</strong>o, cui, invece, anche,<br />

da quel che gli hanno detto gli ambasciatori della città, si oppongono i dazieri della mercanzia. Il<br />

duca vuole che si proceda all’incanto <strong>di</strong> detta ad<strong>di</strong>zione, purchè facciano “contenti essi dacieri”<br />

in modo che non pretendano alcuna ricompensa.<br />

(1454 febbraio 20, Milano).<br />

258v Locumtenenti et presidentibus negotii comunitatis nostre Laude ac etiam<br />

referendario ibidem.<br />

Havemo recevuto Ie lettere de voy, locotenente, per Ie quaIe ne significate che Ii datiarii<br />

de quella nostra cità, excepti quelli del datio delle bestie vive et del’olio de linosa,<br />

rimangono contenti ch’el se incantano Ie a<strong>di</strong>cione per lo novo subsi<strong>di</strong>o; havemo<br />

simelmente inteso quello medesmo dali ambaxatori de quella nostra carissima<br />

comunità, ma <strong>di</strong>cono che Ii dacerii della mercantia repugnano ancora a questo e non gli<br />

asentano. Unde <strong>di</strong>cemo così che siamo contenti e piacene che se incantano Ie <strong>di</strong>cte<br />

ad<strong>di</strong>ctione per el subsi<strong>di</strong>o, dummodo che faciati restare contenti essi dacerii ita et taliter<br />

che per questo non ne possano (a) domandare restauro. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue restare depennato.<br />

965<br />

Francesco Sforza ripete agli uoimini <strong>di</strong> Varzi <strong>di</strong> essere obbe<strong>di</strong>enti al podestà e al castellano e <strong>di</strong><br />

far loro avere il salario nei debiti tempi, come, purtroppo, non fanno, mostrando la massima<br />

incuria delle lettere ducali, che devono “bene servare”.<br />

Hominibus Varci.<br />

(1454 febbraio 20, Milano).<br />

Per più nostre lettere ve havemo scripto et commadato che al nostro podestà, quale è<br />

lì, gli debiate portare reverentia et prestare debita obe<strong>di</strong>entia, et ad esso podestà et al<br />

nostro castellano respondere ad Ii debiti tempi de loro salario et provisione; et havemo<br />

informatione fino a qui non haviti facto, nè voluto fare niente, che molto ne fa<br />

maravigliare siati così renitenti, tar<strong>di</strong> et retrogra<strong>di</strong>, et che fate così pocha stima del<br />

nostro scrivere et <strong>di</strong> nostri comandamenti. Pur siamo contenti de scriverve de novo et<br />

per queste ve confortamo et coman<strong>di</strong>amo, et expresse ve <strong>di</strong>cemo che al nostro potestà<br />

debiati obe<strong>di</strong>re et così a luy como etiam al castellano far li loro pagamenti del passato<br />

et presente et per l’avenire respondere ad Ii tempi debiti, senza più scriverve et<br />

repplicarve de ciò, certificandove che così facendo l’haveremo grato et accepto, et<br />

grandemente ne piacerà; altramente gli faremo oportune et debite provisione,<br />

admonendove debbiati bene servare queste nostre lettere che, quando per veruno<br />

tempo ve Ie mandaremo, Ie possiati bene monstrare; sichè Ie servareti con <strong>di</strong>ligentia.<br />

Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


966<br />

Francesco Sforza, in considerazione del rincaro delle biade in città e nel vescovato, impone al<br />

luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> non consentire alcuna, anche minima, esportazione <strong>di</strong> biade non<br />

tenendo conto <strong>di</strong> alcun tipo <strong>di</strong> precedente licenza concessa “a che se voy”.<br />

259r Locumtenenti nostro Laude.<br />

(1454 febbraio 20, Milano).<br />

Perchè sentemo essere molto incarite le biave in quella nostra cità et anche de fora nel<br />

vescovato, non intendemo nè volimo per cosa alcuna che voy lassati trare fora d’essa<br />

cità, nè del vescovato alcuna quantità de biave, nè picola nè grande, per alcuna licentia<br />

qual havessemo concessa de qui indreto a che se voy, salvo a quelli a quali<br />

concedessemo nove licentie per l’avenire. Servate aduncha questa nostra mente. Data<br />

ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

Vuy vederiti per l’altre nostre lettere scripte a voy, al referentario et ali presidenti (a)<br />

(a) La missiva che così si interrompe, è depennata.<br />

967<br />

Francesco Sforza richiama al referendario e ai presidenti della città quanto ha scritto circa<br />

l’ad<strong>di</strong>zione per il nuovo sussi<strong>di</strong>o. Fa presente, con riferimento all’ultima parte delle loro lettere,<br />

che se vorrà qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso <strong>di</strong> quanto ha scritto, saranno avvisati dagli incaricati alla<br />

riscossione del danaro.<br />

Locumtenemti Laude.<br />

(1454 febbraio 20, Milano).<br />

Vuy haveriti veduto quanto scrivemo a voy, referendario et presidenti de quella nostra<br />

comunità, circ’al facto delle a<strong>di</strong>cione per el novo subsi<strong>di</strong>o; sichè circa questo non<br />

<strong>di</strong>cemo altro. Al’ultima parte delle vostre lettere, se vorimo altro da quelli ve foreno<br />

mandati in scripto, seriti avisato dali nostri qua che sonno deputati al ricato del <strong>di</strong>naro.<br />

Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

968<br />

Francesco Sforza scrive al podestà <strong>di</strong> Vailate che non ritiene onesta la richiesta <strong>di</strong> chi è stato in<br />

campo per la rocca <strong>di</strong> Bayedo pretendendo <strong>di</strong> avere fieno e legna per tutto il tempo in cui furono<br />

assenti da lì, perchè in campo percepirono soldo e fieno.<br />

Potestati Vaylate.<br />

1454 febbraio 20, Milano.<br />

Perchè alcuni de quelli nostri homini d’arme che hanno alogiamento in quella nostra<br />

terra, et Ii quali sonno stati absenti da quella terra per lo essere stati a campo ad la<br />

rocha de Bayedo, a<strong>di</strong>mandano così fieno et legne per lo tempo sonno stati absenti,<br />

como quando hanno facto continua residentia. Et perchè <strong>di</strong>cti tali homini d’arme, che<br />

sonno stati ala <strong>di</strong>cta rocha de Bayedo, hanno havuto et strame et sol<strong>di</strong> quatro per<br />

cavallo per fino sonno stati; sichè non ne pare honesto che gli sia respuosto nì de fieno<br />

nè de Iegne per lo <strong>di</strong>cto tempo che sonno stati absenti, havendo havuto nel <strong>di</strong>cto tempo<br />

et feno et denari per lo tempo gIi sonno stati. Me<strong>di</strong>olani, xx februarii 1454.<br />

Ser Iohannes.


Cichus.<br />

969<br />

Francesco Sforza vuole che il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> non impe<strong>di</strong>sca a Giacomo Codazo <strong>di</strong> fare<br />

quanto ritiene opportuno operare negli otto giorni <strong>di</strong> licenza concessigli a Lo<strong>di</strong>.<br />

259v Locumtenente Laude.<br />

(1454 febbraio 20, Milano).<br />

Perchè havemo concessa licentia ad Iacomo Codazo che possa andare ad Lode et<br />

stargli octo dì perchè <strong>di</strong>ce esserli sumamente necessario per vedere alcune sue<br />

rasone, pertanto non vogliate dare impe<strong>di</strong>mento alcuno al <strong>di</strong>cto Iacomo per Ii <strong>di</strong>cti octo<br />

dì aciò possa fare quanto Ii è expe<strong>di</strong>ente. Data ut supra<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

970<br />

Francesco Sforza scrive al Colleoni che gli uomini <strong>di</strong> Val Caleppio, che fin qui hanno sopportato<br />

200 cavalli, cui hanno dato strame, e 230 bocche, alle quali hanno somministrato pane e vino,<br />

<strong>di</strong>cono che ora la loro situazione è <strong>di</strong>ventata intollerabile. Di ciò si è fatto ieri parola ad<br />

Abbon<strong>di</strong>o, suo cancelliere. Il duca gli chiede <strong>di</strong> “aleviarli de qualche cosa”.<br />

Bartholomeo Coleono.<br />

(1454 febbraio 20, Milano).<br />

Se sonno doluti con nuy l’homini de Valle Calepio <strong>di</strong>cendo che hanno ale spalle<br />

ducento cavalli et ducento trenta boche de vostra (signoria) ad li quali fino ad qui loro<br />

hanno facto Ie spese de pane et vino et cosl de strame aIi cavalli. Et questo hanno<br />

facto voluntere et fariano per l’avenire se potessero, perchè loro hanno mal il modo de<br />

vivere per loro; et heri sera de questo parlassemo ad Abon<strong>di</strong>o, vostro cancellero,<br />

perchè questo gli è caricho insupportabile, et cetera. Mò nuy Ii reman<strong>di</strong>amo ala<br />

magnificentia vostra, confortandovi che Ii voliati provederli como meglio ve parerà con<br />

aleviarli de qualche cosa, perchè li possano stare, et supra in tuto nuy ve Ii<br />

recoman<strong>di</strong>amo. Me<strong>di</strong>olani, xx februarii 1453. (a)<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

(a) Così in A.<br />

971<br />

Francesco Sforza ripete a Pietro da Norcia, luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, <strong>di</strong> rilasciare quelle navi <strong>di</strong> cui si<br />

servirono i nemici per portarsi da Rivolta a Lo<strong>di</strong>.<br />

Dia la sua nave al suo“fornasaro” che lì gli manda, perchè possa avere <strong>di</strong>eci moggia <strong>di</strong><br />

frumento che porterà a Rivolta per suo uso e degli altri fornai.<br />

1454 febbraio 21, Milano.<br />

Domino Petro de Nursia, locumtenenti Laude.<br />

L’altro dì ve scripsimo che dovesti relaxare et restituire quelle nave, che mandarono Ii<br />

inimici da Rivolta Iì ad Lode, alIi nostri homini da Rivolta. Pertanto per questa ve<br />

replicamo che, (a) non havendo ala recevuta de questa relaxato esse nave, debiati<br />

subito relaxarle et restituire ali dcti homini de RivoIta; et per questa casone venne Iì el<br />

presente portatore, nostro fornasaro, al quale subito fariti restituire la sua, acioch’el<br />

possa attendere a fare Ii facti nostri. Ulterius siamo contenti et volemo che debiati<br />

concedere licentia al <strong>di</strong>cto nostro Fornasaro che possa cavare de quella nostra cità et<br />

condure a Rivolta 260r moza dece de frumento per uso delli altri nostri fornasari et<br />

lavoranti; et questo non obstante nì revocatione nì alcuno altro or<strong>di</strong>ne nostro facto in<br />

contrario. Data Me<strong>di</strong>olani, xxi februarii 1454.<br />

Nicolaus.


Iohannes.<br />

(a) Segue che ripetuto.<br />

972<br />

Francesco Sforza scrive al condottiero Antonello <strong>di</strong> Burgo <strong>di</strong> montare a cavallo per andare da lui<br />

per sistemare la sua faccenda.<br />

(1454 febbraio 21, Milano).<br />

Antonello de Burgo. armorum ductori nostro.<br />

Ad ciò che possiamo aconciare il facto tuo per lo quale è stato qui tanti dì el tuo<br />

cancellero, ne pare, et così ti caricamo tu vogIi montare a cavallo et venire qua da nuy.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, xxi februarii 1454.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

973<br />

Francesco Sforza si compiace con Antonio de Sichis, commissario <strong>di</strong> Geradadda, per quel che<br />

gli ha fatto per la faccenda <strong>di</strong> Antonello de Borgo, cui ha scritto <strong>di</strong> portarsi da lui “per aconzare il<br />

facto suo”<br />

(1454 febbraio 21, Milano).<br />

Antonio de Sichis, commissario Glareabdue.<br />

Havemo recevuto la vostra lettera et inteso quanto n’haveti scripto circa’l facto de<br />

Antonello dal Borgo; al che non ve <strong>di</strong>cemo altro, se non che ve comen<strong>di</strong>amo de quanto<br />

haveti facto. Al quale Antonello, per aconzare il facto suo, nuy scrivemo per l’aligata<br />

che vegni qui da nuy; sichè subito gli la vogliati far presentare. Data ut supra.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

974<br />

Francesco Sforza si <strong>di</strong>ce sod<strong>di</strong>sfatto <strong>di</strong> quanto gli ha riferito Antonello da Campagna, podestà <strong>di</strong><br />

Lovere, circa l’operato <strong>di</strong> Tiberto Brandolini e anche per quel che lui ha fatto per quelle navi.<br />

Scrive con l’allegata al vicario per colpa del quale non ha avuto la nave <strong>di</strong> Sarnico.<br />

Antonello de Campanea, Luere potestati.<br />

(1454 febbraio 21), Milano.<br />

Havemo recevuto doe toe, date a xiii et xvi del presente, et inteso quanto in esse se<br />

contene, et piacene quanto ha facto el magnifico domino Tiberto in quelle parte, et<br />

similmente quanto hay facto te de quelle nave. Et perchè <strong>di</strong>ce che non hay possuto<br />

havere le nave de Sarnico per defecto del vicario, scrivemo al <strong>di</strong>cto vicario per l’aligata<br />

in modo ch’el ne intenderà. Data Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

975<br />

Francesco Sforza risponde ai conti Bartolomeo,Federico, Cristoforo, Antonio e Giovanni de<br />

Federicis per quanto hanno fatto a vantaggio dello stato sforzesco in Val Camonica e li informa<br />

che Tiberto Brandolini si è portato là e crede che, con gli uomini sforzeschi,<br />

abbia fatto quanto bisogna.<br />

(1454 febbraio 21, Milano).<br />

260v (a) Bartholomeo, Federico, Christoforo, Antonio et Iohannim, comittibus de<br />

Federicis.<br />

Havemo recevuto doe lettere, l'una de vuy tuti insieme, l’altra de vuy Federico solo, per<br />

le quale restiamo avisati delle occurrentie de quelle parte et delle provisione facte per


vuy che l'inimici non possano andare in Valle Camonica; al che non accade altra<br />

respuosta, perché’l magnifico domino Tiberto s’è retrovato de là, et luy insieme con li<br />

nostri haverano facto provisione a quanto bisogna. Ben ve comen<strong>di</strong>amo et rengratiamo<br />

de quanto haveti facto et fati in benefitio nostro; de che, prosperando le cose nostre<br />

como speramo, ve remuneraremo in modo che restareti ben contenti. Al’altre parte<br />

delle vostre lettere non accade respuosta. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

(a) Precede Iohanni depennato.<br />

976<br />

Francesco Sforza esprime a Giuliano da Calvisano, podestà <strong>di</strong> Sarinco, il suo stupore per il fatto<br />

che, a causa sua, i suoi uomini sono stati gli unici a rispondere negativamente alla richiesta<br />

<strong>di</strong> navi fatta dal podestà <strong>di</strong> Lovere. Si comporti <strong>di</strong>versamente quando si tratta del bene dello<br />

stato e non si lasci subornare da nessuno.<br />

Iuliano de Calvisano, potestati Sarinci.<br />

(1454 febbraio 21, Milano).<br />

Havemo inteso che quando il nostro potestà de Luere ha vogliuto delle nave ali nostri<br />

bisogni, l'ha havute tute se non quella delli homini de quella terra, et che tu sii casone<br />

de questo; del che molto ce maravigliamo, se così è, et apena non lo possemo credere.<br />

Pertanto volemo et te coman<strong>di</strong>amo che in quelle cose che concernano il bene del stato<br />

nostro, debii havere altra advertentia et non lassarti imbarchare d'alcuna persona, sia<br />

che se voglia. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

977<br />

Francesco Sforza scrive a Francesco Giorgio e ai deputati al rinnovo delle tasse del vescovato<br />

<strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> non dar modo al locale commendatore <strong>di</strong> Sant’Antonio <strong>di</strong> giustamente lamentarsi per<br />

l’onere delle tasse dei cavalli, mai precedentemente sopportato dai suoi massari <strong>di</strong> Trebbiano.<br />

Se così non fosse, l’avvertano per poter intervenire con qualche provve<strong>di</strong>mento.<br />

1454 febbraio 21, Milano.<br />

261r Francisco Georgio et deputatis refectioni tassarum episcopatus Laude.<br />

Se è doluto con nuy el reverendo comandatore de Sancto Antonio de questa nostra<br />

inclita cità che agravati li suoy massarii da Trebiano per lo carigo delle tasse de cavalli<br />

contra l'usato, alegando che (a) per li anni passati non sonno stati astrecti a simile<br />

contributione. Pertanto, se così è, non volemo che gli artati a questo, salvo che se<br />

fossero descriti nel quaterneto; volimo che ce avisati per vostre lettere, acioché Ii<br />

possiamo fare quella provisione che ne parirà. Data Me<strong>di</strong>olani, xxi februarii 1454.<br />

Ser lacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue contr depennato.


978<br />

Francesco Sforza fa presente a Giovanni Stefano de Casate, capitano della Lomellina, che i<br />

feudatari del contado <strong>di</strong> Pavia gli hanno fatto rilevare come poco sensato, che solo quelli della<br />

città siano stati eletti per fare il compartito, motivando il ricorso con il dubbio che i tassatori<br />

citta<strong>di</strong>ni appesantiscano oltre il debito le terre feudali per alleggerire se stessi. Il duca ritiene<br />

ragionevole che in tale operazione vi sia anche chi non vi è compromesso e, perciò, ha scelto lo<br />

stesso, Giovanni Stefano a partecipare all’operazione del compartito insieme con i tassatori<br />

delle terre feudali, e sia l’uno che gli altri gli espongano i loro pareri<br />

“inanti che se butta fora la tassa ale pre<strong>di</strong>cte terre”<br />

1454 febbraio 22, Milano.<br />

Domino Iohanni Stefano de Casate, capitaneo nostro Lumelline.<br />

Ne hanno facto <strong>di</strong>re alcuni nostri feudatarii del contado de Pavia che in la nova<br />

comparticione delle tasse <strong>di</strong> cavalli gli pare pocho ragionevele che quelli dela cità, che<br />

sonno electi per fare il compartito, gli debbano tassare loro, dubitandose forse che non<br />

caricasseno più del dovere le terre feudale per legierire se stessi. Et che, proinde, gli<br />

vogliamo provedere de qualche a<strong>di</strong>uto, qual non habia interesse in la facenda et sia<br />

fora d’ogne passione, senza il quale li <strong>di</strong>cti electi ala compartitione non possano tassare<br />

le terre feudale, acioché la cosa passa senza suspitione, ma equalmente ogni homo<br />

porti il caricho suo. Parendone aduncha honesta la sua domanda et confidendoce in la<br />

vostra prudentia et driteza, havemo electo voy che debiati essere con <strong>di</strong>cti tassatori<br />

circha le <strong>di</strong>cte terre feudale; et postea del suo et anche del vostro apparere ce avisariti,<br />

inanti che se butta fora la tassa ale pre<strong>di</strong>cte terre, avisandone che havemo scripto ali<br />

<strong>di</strong>cti tassatori che non procedano al compartito delle terre feudale senza vostra<br />

participatione. Siché inten<strong>di</strong>te la cosa maturamente et deinde avisatice. Me<strong>di</strong>olani, xxii<br />

februarii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

979<br />

Francesco Sforza scrive a Giovanni Rufino e a PietroSimone <strong>di</strong> Olevano, deputati al rinnovo<br />

della tassa dei cavalli della Lomellina che non devono procedere a tale operazione senza la<br />

partecipazione <strong>di</strong> Giovanni Stefano da Casate, capitano della Lomellina, per togliere motivo ai<br />

feudatari del contado <strong>di</strong> Pavia che loro soli, per quella comunità, debbano procedere al<br />

compartito delle terre feudali.<br />

(1454 febbraio 22, Milano).<br />

261v Domino Iohanni Rufino doctori et Petrosimoni de Olevano, deputatis ad<br />

refectionem tasse equorum Lumelline.<br />

Se sonno agravati con nuy alcuni delli nostri feudatarii del contado de Pavia, che’l gli<br />

pareria preiu<strong>di</strong>tio dele sue ragione, et anche gli pariria pocho ragionevele che voy per<br />

quella nostra comunità dovesti tassare le terre feudale, dubitandose che per lo<br />

interesse della comunità loro non venessero ad essere più gravati del’honesto. Unde<br />

per tolergli ogne cagione de lamentarse, parendone pur che non se moveno (a),<br />

havemo deliberato che domino Iohannestefano da Casate, nostro capitaneo de<br />

Lumellina, como persona in<strong>di</strong>fferente et <strong>di</strong>screta, debba essere con vuy, et che senza<br />

sua participatione e consentimento non se debia procedere ala compartitione delle terre<br />

feudale; siché intenderiteve con luy e non procederiti ad publicare tassa veruna ale<br />

<strong>di</strong>cte terre feudale senza sua participatione, como è <strong>di</strong>cto. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue dala honestate depennato.


980<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce ad Antonio Sico, commissario <strong>di</strong> Geradadda, <strong>di</strong> aver preso atto <strong>di</strong> quel<br />

che gli ha riferito circa l’andare solo <strong>di</strong> Antonello del Borgo nei boschi verso Crema. Lo informa<br />

che, primar delle sue lettere, ha convocato da lui detto Antonello e lo tratterà con lui , mentre lui,<br />

Sico, procurerà, cautamente, <strong>di</strong> sapere chi se ne va e viene per quei boschi, certo chè<br />

Antonello non smetterà <strong>di</strong> menar trattative tramite i suoi uomini.<br />

Antonio Sicho, comissario Glareabdue.<br />

(1454 febbraio 22, Milano).<br />

Havemo recevuto le toe lettere, date xxi presentis, per le quale tu ne avisi che Antonello<br />

del Borgo è veduto andare solo solo neli buschi verso Crema, et cetera, como altra<br />

volta fece; ale quale respondendo ce avisamo che, nanti la receputa d’esse tue lettere,<br />

havevamo mandato per lo <strong>di</strong>cto Antonello che venisse a nuy. Et venendo tentaremo<br />

retenerlo, et, volendo far bene, gli faremo bono tractamento; ma in questo mezo habii<br />

l'oghio al panello et provede con bona <strong>di</strong>ligentia che sinistro 262r o mancamento non<br />

intervenga, facendo per alcuni fidati delli tuoy provedere a quelli boschi cautamente chi<br />

gli vene et chi gli andarà de questi del <strong>di</strong>cto Antonello, perchè se bene venesse qui<br />

esso Antonello et havesse voglia de malignare non staria per lo suo essere qua de far<br />

menare le pratiche per li suoy, ma, stando tu su lo aviso là, e nuy de qua, venendo<br />

<strong>di</strong>cto Antonello non poterà intervenire mancamento alcuno. Siché stu<strong>di</strong>ate per ogni<br />

modo de intendere le pratiche che se menano. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

981<br />

Francesco Sforza vuole che il capitano <strong>di</strong> Casteggio, presente e futuro, indaghi se<br />

GianFrancesco da Cotima non ha mai contribuito agli oneri occorrenti con quelli <strong>di</strong> Montebello.<br />

Se così è, lo lasci in pace.<br />

Capitaneo Clastigii presenti et futuro.<br />

(1454 febbraio 22, Milano).<br />

Per la inclusa supplicatione tu vederay de quanto se grava Iohannefrancesco da<br />

Cotima; per la qual cosa te comettemo et volemo che tu te informi <strong>di</strong>ligentemente se<br />

vero è che’l non contribuisse may con quelli de Montebello per li beni gli ha ali carighi<br />

occurenti e che sonno occorsi per lo passato al <strong>di</strong>cto luogho de Montebello. Et trovando<br />

ti con effecto che’l sia como luy ce ha significato, prove<strong>di</strong> che’l non sia molestato,<br />

gravato né inquietato per li <strong>di</strong>cti de Montebello, provedendo demum che’l non gli sia<br />

facto torto né più habia casone il <strong>di</strong>cto supplicante recorere a nuy per <strong>di</strong>cta casone.<br />

Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

982<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al prete Giovanni da Voghera <strong>di</strong> portarsi da lui in<strong>di</strong>rizzandosi dal suo<br />

segretario Francesco Maletta.<br />

Presbitero Iohanni de Viqueria.<br />

(1454 febbraio 22, Milano).<br />

Volimo che subito, havuta questa, vegnati qua da nuy, et fareti capo ad Francesco<br />

Maleta, nostro secretario, non facendo in questo exceptione né <strong>di</strong>ficultà alcuna. Data ut<br />

supra.<br />

Nicolaus.<br />

Cichus.


983<br />

Francesco Sforza informa Teseo da Spoleto <strong>di</strong> aver precisato al suo famiglio Antonello da<br />

Piacenza, che lamentava l’aumento <strong>di</strong> cavalli fatto agli uomini <strong>di</strong> Cormano, benchè il “loco è<br />

deteriorato asay”, che ciò non deve addebitarsi a Teseo, ma alla comunità. Il duca vuole che,<br />

comunque, Teseo, inbtervenga perché quegli uomini “non habiano più caricho che non<br />

dovesseno”.<br />

262v Theseo de Spoleto.<br />

1454 febbraio 22, Milano.<br />

Messer Antonello da Piasenza, nostro fameglio, ne ha <strong>di</strong>cto che ali homini de Cormano<br />

gli è stata facta agiuncta de cavalli, che doveria essere il contrario, perché’l loco è<br />

deteriorato asay. Nuy gli havemo respuosto che non sei stato ti, che è stata la<br />

comunità, pur siamo contenti et volemo debii intendere molto bene questo facto. Et così<br />

intenderay, provedendo opportunamente che <strong>di</strong>cti homini non habiano più caricho che<br />

non dovesseno, et non siano tracta(ti) pegio de altri, ma meglio per respecto d’esso<br />

domino Antonello, et non habiano più che ragionevelmente gli tochasse che quello<br />

fosse la parte loro. Data Me<strong>di</strong>olani, xxii fearuarii 1454.<br />

984<br />

Francesco Sforza comanda al podestà <strong>di</strong> Treviglio <strong>di</strong> far avere 70 lance al condottiero<br />

Sacramoro da Parma, comunicandogli la consegna <strong>di</strong> dette lance e facendogli sapere quante<br />

gliene rimangono.<br />

Potestati Trivilii.<br />

1454 febbraio 22, Milano.<br />

Perché lo strenuo Sacramoro da Parma ne ha facto <strong>di</strong>re ha de bisogno de lance, siamo<br />

contenti et volemo che ad esso Sacramoro, nostro conductero, o a suo mandato,<br />

exhibitore presente, gli de’ et consigni lance septanta, cioè 70 lance; et come per altre<br />

te havemo scripto ne advisaray come gli haveray dacte et quante te ne remanerà.<br />

Me<strong>di</strong>olani, xxii februarii 1454.<br />

Ser Facinus.<br />

Iohannes.<br />

985<br />

Francesco Sforza comanda a Gracino da Pescarolo e al referendario <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> far preparare<br />

una nave per condurre da lì, dal suo cameriere Ettore da Piacenza con un bovaro, il bellissimo<br />

bue grasso bianco al marchese <strong>di</strong> Ferrara, oltre a tre cavalli. Meglio ancora sarebbe se si<br />

trovasse una nave adatta a trasportare, con “mancho spesa”, anche un altro bue, da dare al<br />

marchese <strong>di</strong> Mantova, insieme con sei cavalli.<br />

1454 febbraio 22, Milano.<br />

Domino Gracino de Piscarolo et referendario Papie.<br />

Volimo che subito faciati aparechiare et or<strong>di</strong>nare una nave per condure uno de quelli<br />

bovi grassi habiamo Iì, quaIe volimo mandare al’illustre signore marchese de Ferrara<br />

per Hector da Piasenza, nostro camerero; et sia tale <strong>di</strong>cta nave che anche possa<br />

condure el <strong>di</strong>cto Hector con tri cavalli, facendo anchora provisione de persona atta<br />

quaIe habia ad attendere al bove, et de victualia necessaria per lo <strong>di</strong>cto bo(ve). 263r Et<br />

trovando nave apta per questo bove et uno altro, quale volemo mandare a presentare<br />

al’illustre signore marchese de Mantua, et per sei cavalli insieme, forse seria il meglio<br />

per fare mancho spesa; et venendo lì il <strong>di</strong>cto Hector faretigli assignare quello bo(ve)<br />

biancho, perché è il più bello. Data Me<strong>di</strong>olani, xxii februarii 1454.<br />

Cichus.


986<br />

Francesco Sforza informa Gracino da Pescarolo <strong>di</strong> aver ricevuto da Mennio de Battaglia lire 260,<br />

destinate, in conformità al suo or<strong>di</strong>ne, al cameriere ducale Giangiacomo Guismala.<br />

Domino Gracino de Piscarolo.<br />

1454 febbraio 23, Milano.<br />

Ve avisamo como per Mennio de Battaglia, vostro messo, presente exhibitore, havemo<br />

recevuto le livre ducento sexanta de imperiali, quale de vostro comandamento luy l’ha<br />

numerate a Iohanneiacomo Guismala, nostro camerero. Data (a), Me<strong>di</strong>olani 23 februarii<br />

1454.<br />

Leonardus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue ut supra depennato.<br />

987<br />

Francesco Sforza conferma al Colleoni <strong>di</strong> aver ricevuto la lettera con cui gli denunciava che<br />

Zuca, provisionato ducale, aveva derubato Manfredo della Val Brembana benchè egli avesse<br />

licenza e salvocondotto <strong>di</strong> esportare dalla Val Trompia tale mercanzia i. Dopo aver riven<strong>di</strong>cato<br />

che lettere e salvacondotti del Colleoni devono osservarsi come quelli sforzeschi, il duca<br />

assicura il Colleoni <strong>di</strong> aver scritto a Sagramoro Visconti imponendogli <strong>di</strong> far restituire a Manfredo<br />

tutta la sua roba e <strong>di</strong> darne notizia al Colleoni.<br />

Magnifico Bartholomeo Coliono.<br />

1454 febbraio 23, Milano.<br />

Havemo receuto la vostra letra et inteso quanto la magnificencia vostra ne scrive dela<br />

robaria facta per el Zucha, nostro provisionato, ad Manfredo, homo de Vale Branbania,<br />

al quale havevati facto licencia et salvoconduto de cavare de Valle Tropia quella<br />

mercantia, el quale ha roto essa licencia et salvoconduto, et cetera. Dela qualcossa<br />

havemo presso et pren<strong>di</strong>amo despiacere et affano ultra el modo, perché nostra<br />

intentione è che le vostre letere et salviconduti siano observati non altramente che li<br />

nostri proprii, donde nuy havemo scrito ad misere Sagramoro Vesconte et<br />

strictassimamente comandato che per ogni modo faci restituire al pre<strong>di</strong>to Manfredo tuta<br />

la roba sua fin ad uno pello, et de questo rendasse certa la prefacta vostra<br />

magnificentia che siamo a tuti <strong>di</strong>spositi che el sia satisfato integramente. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, xxiii februarii 1454.<br />

Iohannes.<br />

988<br />

Francesco Sforza, informa Sacramoro Visconti dell’avventura capitata a un tal Manfredo della<br />

val Brembana <strong>di</strong> ritorno dalla Val Trompia dove, munito <strong>di</strong> licenza e salvacondotto del Colleoni,<br />

aveva smerciato la sua mercanzia. Si imbattè allora nel conestabile Zuca e in altri conestabili<br />

sforzeschi che insieme a dei villani lo alleggerirono <strong>di</strong> merce e denari. facendosi beffe del<br />

Colleoni. Il duca or<strong>di</strong>na al Sacramoro <strong>di</strong> rintracciare lo Zuca e gli altri colpevoli e <strong>di</strong> far loro<br />

restituire ogni cosa, pena, in caso <strong>di</strong> rifiuto, della prigione lasciandoveli fin a quando non<br />

avranno completamente sod<strong>di</strong>sfatto detto Manfredo, che manda da lui.<br />

263v Domino Sacramoro Vicecomiti.<br />

1454 febbraio 23, Milano.<br />

El magnifico Bartholomeo Coleone, nostro capitanio, se dole com nuy et grava ultra<br />

modo che, havendo lui facto licentia et salvoconduto ad uno Manfredo de Valle<br />

Branbanna de andare in Vale Tropia et potere conduere certa mercantia, cioè lanne,<br />

sapone et pesi, ritorna(n)do si scontrò in el Zucha et alcuni altri nostri provisionati et


villani, li quali li hanno robbato et tolto ogni cossa et roto el salvoconduto, et factosse<br />

beffe del prefacto Bartholomeo, et cetera; et così è stato da nuy el <strong>di</strong>to Manfredo<br />

lamentandosse de questa cossa. Del che nuy havemo presso despiacere et afano tanto<br />

quanto <strong>di</strong>re se possi, perché nuy inten<strong>di</strong>mo che le litere et salviconduti del prefacto<br />

magnifico Bartholomeo servati et obe<strong>di</strong>ti non altramente che li nostri proprii. Pertanto<br />

volemo, et per le presente vi coman<strong>di</strong>amo strictissimamente caricandovi quanto più<br />

possiamo che subito debiate havere da vuy el <strong>di</strong>to Zucha et tuti queli sonno colpevoli<br />

de questa cossa, et non relasarli per in sere (a) che non sii restituito al <strong>di</strong>to Manfredo<br />

integramente tuta quela roba glè stata tolta fin ad uno pontale de stringa, et cossì li<br />

<strong>di</strong>nari che anche <strong>di</strong>ce gle sonno tolti. Et quando et quanto costoro fossero renitenti ad<br />

restituire <strong>di</strong>cta roba, volemo li faciati metere in presone et non lassarli finchè non habia<br />

restituito et satisfato de ogni cossa al <strong>di</strong>to Manfredo, quale man<strong>di</strong>amo da vuy per<br />

questa cassone, denique facendo per modo non habia più cassone de lamentarse.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, xxiii februarii 1454.<br />

Iohannes.<br />

(a) sere per serà.<br />

989<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Teseo da Spoleto <strong>di</strong> detrarre dalle tasse a quei <strong>di</strong> Fiorenzuola quanto<br />

essi spendono per fornire fieno per i 190 buoi che Teseo Eufino Torta gli <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> aver là.<br />

Siccome Rufino gli ha precisato che il fieno viene valutato quattro lire e mezzo al carro, vuole<br />

che Teseo si accerti del prezzo e lo computi al prezzo più conveniente.<br />

Teseo de Spolito.<br />

1454 febbraio 23, Milano.<br />

Teseo Rufino Torta ne <strong>di</strong>ce havere in la nostra terra de Fiorenzola bovi cento novanta<br />

<strong>di</strong> nostri, quali nuy facemo subernarli et queli de Fiorenzola gli danno el fieno, et <strong>di</strong>ce<br />

esso Rufino che gle ne andarà circa cara CCC. Pertanto nuy siamo contenti che ad li<br />

<strong>di</strong>cti de Fiorenzola faci boni et compensi in el pagamento dele taxe tuti queli <strong>di</strong>nari che<br />

monterà el fieno che hanno dato et darano per li <strong>di</strong>cti bovi nostri; et perché el <strong>di</strong>to<br />

Ruffino <strong>di</strong>ce che nuy gli lo possiamo mettere alo conto ad computo de quatro libre e<br />

mezo per carro, <strong>di</strong>cemo che tu debi informarte bene sopra ciò et computarlo per quelo<br />

quanto te parirà pretio conveniente et con più nostro utile che tu porai. Data Me<strong>di</strong>olani,<br />

<strong>di</strong>e xxiii februarii 1454.<br />

Cichus.<br />

990<br />

Francesco Sforza vuole che il luogotenente faccia sloggiare dalla casa <strong>di</strong> Giovanni da Milano,<br />

assente per servizi ducali, il famiglio d’arme ducale che, secondo la denuncia del figlio <strong>di</strong><br />

Giovanni, gli ha messo in casa.<br />

264r Locumtenenti Laude.<br />

1454 febbraio 22, Milano.<br />

Havimo i(n)teso per querela del figlolo de Iohanni da Milano, nostro provisionato, che gli<br />

havete metuto in casa uno nostro famiglio d’arme ad allogiare; la qual cosa non ne pare<br />

bene honesta che, siando luy absente in li nostri servicii, se gli debba mettere gente ad<br />

logiare in casa. Et ideo volimo che subito gle lo faciate levare de casa, non ge ne<br />

mettendo veruno altro. Ex Me<strong>di</strong>olano, xxii februarii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


991<br />

Francesco Sforza scrive al podestà <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> rendere giustizia, dopo aver accertato il fatto<br />

espostogli da Marcolo de Bastonis <strong>di</strong> avere una figlia che Damiano de Fiochi ha, come egli<br />

pubblicamente si vanta, sverginata, ma che si rifiuta <strong>di</strong> sposare.<br />

Potestati Papie.<br />

(1454 febbraio 22, Milano).<br />

Marcolo de Bastonis, exhibitore de queste, ne ha exposto luy havere una fiola da marito<br />

et uno Damiano de Fiochi, suo vicino, l’à loxengata con <strong>di</strong>re la voleva tore per mogliere,<br />

et, como lei <strong>di</strong>ce l’ha sponsata et carnalmente cognosciuta, secundo esso Damiano ha<br />

publice <strong>di</strong>cto haverla carnalmente cognosciuta; et perche’l <strong>di</strong>cto Damiano più volte è<br />

stato recerchato per esso Marcolo ha sempre recusato et recusa essa fiola<br />

pubblicamente sposare et tore per mogliera. Il perché siamo contenti et volemo debbii<br />

bene intendere et examinare questo facto et fare iustitia et ministrare ragione<br />

summariamente et expe<strong>di</strong>ta senza longeza de tempo. Data ut supra.<br />

Ser Facinus.<br />

Cichus.<br />

992<br />

Francesco Sforza comanda al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> arrestare il cancelliere <strong>di</strong> Parma se gli<br />

capitasse <strong>di</strong> averlo tra le mani, avendo cura <strong>di</strong> avvisarlo subito e <strong>di</strong> non farne parola con alcuno.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1454 febbraio 22), Milano.<br />

Volemo, et per questo nostre te comman<strong>di</strong>amo che, capitando lì nela tua comissione el<br />

cancellero da Parma, tegni modo et via haverlo in le mane et tenerlo subto bona<br />

guar<strong>di</strong>a, advisando de ciò subito nuy et non comunicare questo con altro nostrio<br />

officiale se non serà expresse de bisogno. Data Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Ser Facinus.<br />

Cichus.<br />

993<br />

Francesco Sforza comunica alla comunità e agli uomini <strong>di</strong> Vigevano che ai loro ambasciatori,<br />

andati da lui con i denari delle tasse, non ha potuto che rispondere negativamente alla richiesta<br />

<strong>di</strong> un alleggerimento della pressione fiscale perché deve prepararsi, con l’arrivo del bel tempo,<br />

per l’uscita in campo. Chiede, perciò, <strong>di</strong> riscuotere presto il resto delle tasse e rinvia all’avvenire<br />

lo scordarsi dei presenti affanni.<br />

264v Comunitati et hominibus Viglevani.<br />

(1454 febbraio 22, Milano).<br />

Li vostri ambassatori sonno stati qui da nuy et n’hanno portati quelli denari delle taxe;<br />

apreso n’hanno supplicato volesemo sgravare quella comunità de <strong>di</strong>cte taxe. El che<br />

haveressemo facto voluntiere se havessemo possuto, ma per lo grande caricho<br />

havemo ale spalle de mettere insieme le nostre gente d’arme per ussire in campo al<br />

bon tempo non potemo, como da <strong>di</strong>cti vostri ambassatori intenderiti, ali quali dariti fede<br />

circa ciò como a nuy proprii; però ve confortiamo et stringemo ad provedere che presto<br />

se rescoda il resto de <strong>di</strong>cte taxe, che’l possiamo havere presto, poi un’altra volta (a) per<br />

l’avenire ve faremo delle cose (b) per le quale ve scordarite questo pocho presente<br />

affanno. Ma ad questa volta bisogna ogne nostro bon servitore ne a<strong>di</strong>ute e sustegna a<br />

questo nostro presente bisogno, et siamo certi el fareti voluntieri. Data ut supra.<br />

Marcus.<br />

Cichus.


(a) Segue volta ripetuto.<br />

(b) Segue ve depennato.<br />

994<br />

Francesco Sforza avverte il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che rimanda (mentre, invece, rimane il fratello<br />

Bongiovanni) dal confino Luigi Bonone con facoltà <strong>di</strong> badare ai fatti suoi.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1454 febbraio 24, Milano.<br />

Siamo remasti contenti et volemo che Aluyse Bonone, cita<strong>di</strong>no de quella nostra cità,<br />

retorni a Laude a repatriare, remanendo qua Boniohanne, suo fartello; siché lassatilo<br />

stare et habitare et fare li facti suoy, non altramente che facesse inante che’l fosse<br />

relegato, admonendolo che’l viva bene et honestamente con l'altri nostri cita<strong>di</strong>ni.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, xxiiii februarii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

995<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Perino de Ottobonis, commissario dell’Isola <strong>di</strong> Bergamo, <strong>di</strong> far<br />

ritornare dal milanese Damiano da Piacenza il ragazzo fuggito da lui con la sua roba, che si<br />

trova presso Giovanni Bono <strong>di</strong> Solcia, o <strong>di</strong> restituirgli ogni cosa portatagli via.<br />

1454 febbraio 23, Milano.<br />

265r Perino de Ottobonis, comissario insule Pergami.<br />

Se è gravato con nuy Damiano da Piasenza, nostro cita<strong>di</strong>no milanese, che già più dì<br />

passati Iohanne Bono, habitatore del luogo de Solcia, gli teneva uno suo regazo qual,<br />

segondo <strong>di</strong>ce esso Damiano, gli ha asportato certe sue robbe et <strong>di</strong>nari, rechiedendone<br />

proinde che, atesa la cativanza del <strong>di</strong>cto regazo et la sua ingratitu<strong>di</strong>ne, perché poco<br />

avanti se ne fugisse, gli haveva facto <strong>di</strong>cto Damiano non pocha spesa in farlo liberare<br />

d’una cossa che l’aveva scavezata, gli volimo far restituire aut el regazo aut saltim la<br />

sua robba asportata. Et pertanto volimo et te comettemo che statim, absque litigio,<br />

prove<strong>di</strong> per ogni via et reme<strong>di</strong>o de ragione che’l <strong>di</strong>cto regazo aut la roba, dela quale<br />

seray informato è da luy o suo messo, gli sia restituita, ita che non habia cagione de<br />

ricorere a nuy più per questa facenda. Data Me<strong>di</strong>olani, 23 februarii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

996<br />

Francesco Sforza scrive a Filippo Visconti e a Colella da Napoli posti contra Bacello <strong>di</strong> averli<br />

informati della presa <strong>di</strong> Brivio, ma, benchè abbia loro mandato polvere e quant’altro necessario<br />

per quell’impresa, egli si meraviglia che non abbiano ancora preso quel luogo e si domanda che<br />

hanno fatto in tre giorni. Si sbrighino e lo informino continuamente <strong>di</strong> quel che faranno.<br />

1454 febbraio 25, Milano.<br />

Domino Filippo Vicecomiti et Colelle de Neapoli contra Bacelium.<br />

Dilectissimi nostri, ve havemo havisati del'havuta de Brivio, et si ve havemo mandato<br />

pulvere et ogni altra cosa necessaria per quella imprexa maravigliemose multo stiati<br />

tanto ad havere quello loco, et che da voy non siamo avisati como habiati facto questi<br />

tri dì, cioè l'altroheri, heri et hozi. Pertanto vogliativene spazare presto et continuamente<br />

avisarne de quanto fariti, et questo non manchi. Me<strong>di</strong>olani, 25 februarii 1454.<br />

Ser Alexander de Romano.<br />

Cichus.


997<br />

Francesco Sforza vuole che Ioseph de Cortonio, podestà e castellano <strong>di</strong> San Colombano si<br />

impegni, con coloro cui spetta, perché il suo famiglio Giacomazzo da San Cristoforo possa<br />

sposare Ghisumia , figlia del quondan locale Pizzino Busone, sapendo che ciò farebbe al duca<br />

molto piacere.<br />

1454 febbraio 25, Milano.<br />

265v Iosep de Cortonio, potestati et castellano Sancti Columbani.<br />

Iacomazo da San Christoforo, nostro fameglio, presente exhibitore, desidera molto de<br />

havere per sua mogliere una Ghisumia, figliola quondam de Pizino Bussone de quella<br />

nostra terra; il che anche nuy haveremo molto caro, perché havendo donna nel dominio<br />

nostro ne possiamo confidare piu largamente. Pertanto te comettiamo et volemo che,<br />

havuta questa, debii provedere et operare con ogne tuo inzegno et stu<strong>di</strong>o con quelli ad<br />

chi specta per modo siano contenti de dare questa donna per mogliere al <strong>di</strong>cto<br />

Iacomazo, de che haveremo grande piacere. Me<strong>di</strong>olani, xxv ianuarii (a) 1454.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

(a) Così in A.<br />

998<br />

Francesco Sforza invia ai presidenti e ai deputati al comparto degli alloggiamenti dei cavalli la<br />

supplica del comune e degli uomini <strong>di</strong> Mortara perché, avuto riguardo a quanto in essa si <strong>di</strong>ce,<br />

specie dell’incen<strong>di</strong>o e della guerra, “occursis post factum extremum”, trattino quegli uomini nella<br />

tassazione dei cavalli compatibilmente con le loro possibilità in modo che<br />

“merito possint contentari”.<br />

1454 febbraio 25, Milano.<br />

Presidentibus, viris deputatis comparticioni logiamentorum equorum comunitatis nostre<br />

Papie.<br />

Supplicationem nobis porectam parte communis et hominum terre nostre Mortarii vobis<br />

inclusam his mittimus, cuius attento tenore comittimus vobisque mandamus quatenus<br />

super his que in ipsa supplicatione recitantur <strong>di</strong>gnam considerationem <strong>di</strong>gnumque<br />

respectum habeatis, maxime attentis casibus incen<strong>di</strong>i et belli occursis post factum<br />

extremum, uti in ea fit mentio et, his <strong>di</strong>ligenter examinatis, pre<strong>di</strong>ctos commune et<br />

homines terre Mortarii in facto taxe equorum, ita tractetis quod merito possint contentari<br />

nec graventur ultra eorum vires et facultates, sed alias potius aliquo favore sese iuvare<br />

intelligant. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxv februarii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

999<br />

Francesco Sforza scrive a Francesco de Georgis che, per compiacere il conte Filippo Borromeo,<br />

preserva il suo luogo <strong>di</strong> Caimerago dalla tassa dei cavalli e, perciò,farà mettere altrove detti<br />

animali, lasciando <strong>di</strong> provvedervi Francesco <strong>di</strong> ser Antonio.<br />

266r Francisco de Georgiis.<br />

(1454 febbraio 25, Milano).<br />

Perché deliberamo de compiacere al spectabile conte Filippo Bonromeo per li suoy<br />

meriti apresso nuy et preservarli il suo locho de Caymerago dale taxe <strong>di</strong> cavalli, volemo<br />

che subito fazi levare quelli cavalli sonno lì ad Caymerago (a) et meterli altrove dove te<br />

parerà, perché nuy li faremo provedere dele taxe per la via de Francisco de ser<br />

Antonio; et questo non manchi per veruno modo. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue dale taxe <strong>di</strong> cavalli volemo che subito fazi le depennato.


1000<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Francesco de Georgiis <strong>di</strong> restituire le cose che, secondo alcune<br />

denunce, egli ha tolto dal vescovato <strong>di</strong> Pavia per un ammontare <strong>di</strong> oltre 60 ducati d’oro. Gli <strong>di</strong>ce<br />

<strong>di</strong> ritenere invece ragionevole la sua mercede <strong>di</strong> 20 ducati<br />

Francisco de Georgiis.<br />

(1454 febbraio 25, Milano).<br />

Se sonno lamentati da nuy quelli che fanno per lo vescovato de Pavia, <strong>di</strong>cendo che tu<br />

hay tolto et convertito in tuo uso tanta robba de quello vescovato fra una cosa et<br />

un’altra che monta più de sexanta ducati d’oro; et ultra questo pare che tu te habii<br />

taxato ducati vinti per la mercede tua, quali gli rechiede de presente. Dela qualcosa nuy<br />

ne maravigliamo, se vero è che tu habii tolto questa robba, perché non è cosa honesta<br />

né rasonevele. Pertanto te <strong>di</strong>cemo che tu gli debii restituire tute quelle cose che tu hay<br />

del <strong>di</strong>cto vescovato et portarte con loro che non habiano casone de dolerse de ti.<br />

Circha’l facto delli ducati XX per la mercede tua, <strong>di</strong>cemo che ne pare ragionevele che tu<br />

habii il debito tuo, ma del resto prove<strong>di</strong> per forma che non habiano ad gravarse <strong>di</strong> facti<br />

tuoy et restituisseli ogne cosa. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

1001<br />

Francesco Sforza chiede a donna Luchina dal Verme <strong>di</strong> voler dare, anzichè in montagna,<br />

alloggiamento al piano alla genti del conte Gaspare da Vimercate per averle più prontamente in<br />

caso <strong>di</strong> bisogno.<br />

266v Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

1454 febbraio 25, Milano.<br />

Intentendo nuy de a<strong>di</strong>utarse in brevi delle gente del spectabile conte Gasparro da<br />

Vimercato, nostro conductero, in certi nostri importantissimi bisogni, ve confortiamo e<br />

caricamo quanto più possemo che gli vogliati dare logiamento ale <strong>di</strong>cte gente in<br />

montagna, ma piutosto al piano, aciochè, accadendo de volerli in uno subito, gli<br />

possiamo havere più presto et più uniti, como se convene al facto nostro. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxv februarii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1002<br />

Francesco Sforza conferma al referendario <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> aver inteso dalle sue lettere l’accusa che<br />

gli muovono gli uomini d’arme <strong>di</strong> osservare le loro esenzioni a suo modo. Ha preso atto <strong>di</strong><br />

quanto da lui evidenziato circa il danno che ne deriverebbe alla Camera ducale per il<br />

risarcimento che chiederebbero i dazieri per la mancata osservanza della <strong>di</strong>sposizione dei<br />

Maestri delle entrate sugli incanti. Il duca vuole che detta <strong>di</strong>sposizione sia osservata e lo<br />

assicura che agli uomini d’arme darà la risposta conseguente a quanto gli ha scritto.<br />

Referendario nostro Papie.<br />

(1454 febbraio 25, Milano).<br />

Havemo recevuto le vostre lettere circ’al facto de quelli nostri homini d’arme, quali se<br />

gravano non gli siano observate le sue exemptione a loro modo, alegando vuy etiam<strong>di</strong>o<br />

il preiu<strong>di</strong>tio ne seguiria ala Camera nostra per respecto al ristauro domandariano li<br />

dacieri, et lo potriano domandare non observando el capitulo or<strong>di</strong>nato per li Maystri


del’intrate nostre sopra li incanti; et ve respondemo che sia observato el <strong>di</strong>cto capitulo.<br />

Et retornando a nuy li <strong>di</strong>cti homini d’arme per questa cagione, gli daremo quella<br />

respuosta che ne parerà conveniente, siando avisati da vuy de quello che siamo. Data<br />

ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1003<br />

Francesco Sforza avverte Bartolomeo da Gubbio <strong>di</strong> voler tassare separatamente dalle altre terre<br />

della Lomellina . Groppello, <strong>di</strong> cui è proprietario Pietro Visconti; Garlasco, posseduta da<br />

Guarnero Catiglioni; Redobio, che appartiene a Lanzalotto Croto, tutti suoi consiglieri. Abbia,<br />

quin<strong>di</strong>, cura <strong>di</strong> non inserire queste terre nel compartito delle tasse dei cavalli per non<br />

penalizzarle a pagare duplicatamente.<br />

(1454 febbraio 25, Milano).<br />

267r BerthoIutio de Eugubio, familiari et commissario nostro super taxis equorum in<br />

Papiensi.<br />

Habiamo deliberato de taxare, o fare taxare nuy, separatamente dale altre terre de<br />

Lumellina, queste tre terre, cioè Groppello, qual tene el spectabile cavalero domino<br />

Petro Vesconte; Garlasco, del spectabile doctore et cavalere domino Guarnero de<br />

Casteliono et Rodobio, de Lanzaloto Croto, tuti nostri consiglieri carissimi. Per la qual<br />

cosa vogliamo habii advertentia et prove<strong>di</strong> che nel compartito debese fare per casone<br />

delle taxe de nostri cavalli in quelle parte de Lumellina, non gli siano poste le pre<strong>di</strong>cte<br />

terre, perochè honesto non serebe che fosseno le loro taxe dupplicate; et circa questo<br />

intenderati col nostro capitaneo de Lomellina al quale havemo data speciale<br />

comissione sopra ciò. Data ut supra.<br />

Cichus.<br />

1004<br />

Francesco Sforza vuole che Pasino Vignola si informi appieno quanto rende la ven<strong>di</strong>ta al minuto<br />

<strong>di</strong> pane, vino e carne a Ponte San Pietro del <strong>di</strong>stretto <strong>di</strong> Bergamo.<br />

Pasino Vignole.<br />

(1454 febbraio 25, Milano).<br />

Volimo, recevute queste, pigli <strong>di</strong>ligente et bona informatione que cosa è et il fructo<br />

rende de vendere pane, vino et carne ad menuto in loco del Ponte de San Pietro, del<br />

<strong>di</strong>stricto de Pergamo; de che ne avisaray subito ad plenum che sapiamo el che, como<br />

et quanto che siamo informati del facto, aciò sapiamo poy que fare de questo. Data ut<br />

supra.<br />

Ser Facinus.<br />

Cichus.<br />

1005<br />

Francesco Sforza risponde al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che gli piace, e gli servirà <strong>di</strong> norma per<br />

eventuali risposte, quanto egli <strong>di</strong>ce del compartito delle tasse dei cavalli fatto, com’egli <strong>di</strong>ce, “con<br />

bona equalità” dai due “non apasionati” scelti, ma che Francesco Zorzo minaccia <strong>di</strong> far<br />

<strong>di</strong>struggere per ripristinare il suo primo compartito. Sa quanto basta del salvacondotto <strong>di</strong> Spino.<br />

Concorda, ancora con lui, per come ha messo sull’avviso la gente d’arme e i conta<strong>di</strong>ni sul<br />

progetto <strong>di</strong> una cavalcata da parte dei nemici che stanno a Crema.<br />

Faccia avere a coloro ai quali sono <strong>di</strong>rette, le lettere allegate vertenti su ciò.<br />

267v Locumtenenti Laude.<br />

1454 febbraio 25, Milano.<br />

Respondendo a due vostre lettere, et primo, ala parte del compartito delle tasse de<br />

cavalli, qual <strong>di</strong>ceti essere facto con bona equalità per lo mezo de quelli duy ellecti non<br />

apasionati, et cetera, ma che Francisco Zorzo ha <strong>di</strong>cto et menazato de farlo butare per


terra, desiderando pur ch’el suo primo compartito vaglia et tenga, et cetera, <strong>di</strong>cimo che<br />

ne piace quanto haviti facto, siandoli usata quella equalità et driteza et <strong>di</strong>ligentia qual<br />

scriviti; et venendo altri per volere interumpere la cosa, gli responderemo quanto ne<br />

parerà. Ala parte del salvaconducto del Spino restiamo avisati. Circa quanto n’haveti<br />

scripto dela cavalcata hanno deliberato fare le gente inimiche stanno in Crema, e<br />

del’or<strong>di</strong>ne haviti facto e del’aviso havito dato de ciò, così ale nostre gente d’arme como<br />

etiam ali conta<strong>di</strong>ni, ve ne coman<strong>di</strong>amo singularmente, confortandove et caricandove,<br />

benchè siamo certi non bisognare, ad stare atento et dare continuamente aviso ale<br />

gente nostre et anche ali conta<strong>di</strong>ni aciochè sinistro non intervenga, ma passando essi<br />

inimici, se faciano pentire del’essere venuti troppo inanzi. Mandarite le alligate ad cuy<br />

se drizano, ali quali scrivemo in questa materia quanto bisogna per bona guar<strong>di</strong>a et<br />

prove<strong>di</strong>mento. Quelle gente seranno venute qua cercaremo remandare là ali suoy<br />

logiamenti. Data Me<strong>di</strong>olani, xxv februarii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1006<br />

Francesco Sforza avverte gli armigeri sistemati a Pan<strong>di</strong>no che i nemici <strong>di</strong> Crema progettano <strong>di</strong><br />

fare una cavalcata oltre l’Adda e portarsi a Castione per far danni. Stiano all’erta ed eseguano<br />

gli or<strong>di</strong>ni che impartirà il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>.<br />

In simile forma si è scritto agli uomini <strong>di</strong> Castione e a Giovanni de Caimis.<br />

268r Armigeris logiantibus in Pan<strong>di</strong>no.<br />

(1454 febbraio 25, Milano).<br />

Havemo havuto certissimo aviso che le gente che stanno in Crema hanno deliberato de<br />

fare una certa cavalcata de qua d’Ada e passare verso Castione o là de sotto, per<br />

dannezare li nostri sub<strong>di</strong>ti et anche quelle nostre gente allogiano in là. Per la qual cosa<br />

volemo et ve commettemo che, per quanto haveti cara la gratia nostra, debiate stare<br />

suso l’aviso et attenti, et intenderve col nostro locotenente de Lode et servare li or<strong>di</strong>ni<br />

quali luy ve darà, aciochè, passando pur loro, como forse potriano fare, se faciano<br />

pentire del suo essere venuti troppo inanti. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum est hominibus Castioni, Iohanni de Caimis.<br />

1007<br />

Francesco Sforza concorda con il podestà <strong>di</strong> Vigevano <strong>di</strong> intentare un esemplare processo<br />

contro la donna rea confessa <strong>di</strong> aver gettato in un pozzo l’infante appena partorito.<br />

Potestati Viglevani.<br />

1454 febbraio 27, Milano.<br />

Havimo revute le tue lectere per le quali tu ne significhi havere formato un processo<br />

contra una femena quale, havendo parturito un figliolo, de subito lo necò et buctolo in<br />

un poczo, como <strong>di</strong>ce essere manifesto per la confessione sua, et tu inten<strong>di</strong> de farli<br />

ragione. Al che respon<strong>di</strong>mo che <strong>di</strong> tal proponimento te laudamo et più non ne porrissi<br />

compiacere como fare ragione; sichè proce<strong>di</strong> et fa’ quanto se debbe per dare exempio<br />

ad l’altre femme impu<strong>di</strong>che de abstenirse da simile sceleragine. Ex Me<strong>di</strong>olano, xxvii<br />

februarii 1454.<br />

Cichus.


1008<br />

Francesco Sforza fa presente all’affine ducale conte Marco de Attendolis, luogotenente a<br />

Borgonovo, che alcuni citta<strong>di</strong>ni piacentini con beni a Borgonovo si sono fortemente lamentati<br />

che i locali hanno tolto tegole dalle loro case, rovinati i solai, portato via le “veze” e molte altre<br />

cose mobili e fatti molti maldestri. Intollerante <strong>di</strong> tutto ciò, il duca manda chi constati questi danni<br />

e ha or<strong>di</strong>nato ai membri del Consiglio <strong>di</strong> giustizia <strong>di</strong> far ripristinare ogni cosa e a lui, Marco,<br />

comanda <strong>di</strong> non consentire alcuna novità dal 14 del mese in poi, prima <strong>di</strong> una decisione <strong>di</strong> detto<br />

Consiglio, eseguendo quanto quelli <strong>di</strong> detto Consiglio gli scriveranno.<br />

1454 febbraio 25, Milano.<br />

268v Marcho de Attendolis ex comittibus Cottignole, affini nostro <strong>di</strong>lecto in Burgonovo<br />

locumtenenti<br />

Alcuni zentilhomini et citatini de Piasenza, quali <strong>di</strong>cono havere certi suoy beni et<br />

possessione in quella terra de Borgonovo et sue pertinentie, gravemente se sonno<br />

lamentati che l'homini d’essa terra et pertinentie, seu ad eorum instantiam, gli è stato<br />

tolto li cupi zoso dele case, guastati solari, menato via le veze et infinite altre cose<br />

mobile, deinde vetato ali lavoratori non conciano le vite, et facti molti et deshonesti<br />

excessi delli quali, s’el è vero, grandemente ne maravigliamo et ne <strong>di</strong>spiazano quanto<br />

se possa <strong>di</strong>re, né li volgliamo supportare per alcuno modo, né sono excutione da<br />

officiali, ma da mortali inimici. Et per questo man<strong>di</strong>amo il presente portatore che veda<br />

queste cose, commettendo a ti et volendo omnino che ogne robbaria, destructione, o<br />

altra novitate facta o intentata contra li <strong>di</strong>cti zentihomini dal quartodecimo dì del<br />

presente in qua, nel quale <strong>di</strong>fferentia vertisse fra essi citat<strong>di</strong>ni et quelli homini, fecemo<br />

commissione ali spectabili de Consiglio nostro de iustitia faci revocare et restituire nel<br />

grado e stato erano prima, et da mò inanti non lassi fare altra novità per la <strong>di</strong>cta<br />

cagione fino per li pre<strong>di</strong>cti del Conseglio non sarà declarato in la <strong>di</strong>cta vostra; il che<br />

credemo serà fra quatro dì, et exquiray quanto essi del Conseglio te scriveranno in<br />

questa materia. Me<strong>di</strong>olani, xxv februarii 1454.<br />

Bartholomeus.<br />

Iohannes.<br />

Albricus.<br />

1009<br />

Francesco Sforza comunica a Giovanni Stefano e a Pietrosimone <strong>di</strong> Olevano, deputati al rinnovo<br />

delle tasse dei cavalli nella Lomellina pavese, che ser Niccolò, podestà <strong>di</strong> Sarirana, gli ha riferito<br />

che loro intendono alleviare quel luogo <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci cavalli: li ringrazia, perché detto luogo, pur con il<br />

salvacondotto del duca <strong>di</strong> Savoia, “fo desfacto de homini et bestiame”, cui poi fecero seguito<br />

epidemia e guerra poco lungi, per cui il luogo, se non fosse pervenuto in potere sforzesco, “saria<br />

al tucto desfacto et consumpto”. Il duca chiede <strong>di</strong> non badare a quanto lui fece, ma <strong>di</strong> far<br />

attenzione a quello che “il caso e l’impotentia de quello loco richiede”<br />

curando <strong>di</strong> seguire ciò che la coscienza loro suggerisce.<br />

1454 febbraio 25, Milano.<br />

269r Domino Iohanni Stephano et Petrosimoni de Olevano, deputatis super refectione<br />

taxarum equorum in Lumelline Papie.<br />

Ho inteso como seti in Lumellina deputati ala reformatione delle tasse de cavalli; et<br />

siando passato dellà ser Nicolò, mio potestate da Sartirana, m’ha <strong>di</strong>cto como intendete<br />

sgravare et alleviare quello mio luoco de X cavalli, de che ve regratio, perché quello<br />

loco ne ha summamente <strong>di</strong> bisogno, attento che socto salvoconducto del duca de<br />

Savoya, fo desfacto de homini et bestiame, possa gli è stata la moria, deinde la guerra<br />

presso ad uno miglio; che se quello loco non fosse pervenuto in mie mane, che l’ho pur<br />

a<strong>di</strong>utato et sostenuto, saria al tucto desfacto et consumpto. Io non <strong>di</strong>co che per mio<br />

respecto, né favore gli faciati più alcun’azione, se non quanto il caso et impotentia de<br />

quello loco richiede, et lo vero; sichè non guardati ad mi se non ad vero et ala<br />

conscientia vostra; et in questo ve lo recomando, ricordandove che ve sforzati, et


questa et le altre reformatione fariti farle iuste et fundate sopra la verità et non inganati<br />

la conscientia et honore vostro per compiacere ad nisuno, sichè non habiano poi ad<br />

essere revocati. Dicto mio potestà retorna da vuy per questa casone, pregove gli faciati<br />

dare presta expe<strong>di</strong>tione. Me<strong>di</strong>olani, xxv februarii 1454.<br />

Cichus de Calabria.<br />

1010<br />

Francesco Sforza fa presente al podestà <strong>di</strong> Treviglio che il condottiero Colella da Napoli gli ha<br />

chiesto <strong>di</strong> far trasferire i suoi cavalli perché lì, per mancanza <strong>di</strong> fieno, essi si scorticano. Il duca<br />

non concede tale trasferimento perché quel territorio non può stare “senza la guar<strong>di</strong>a delli<br />

soldati”. Vuole, pertanto, che lui, podestà, provveda che i cavalli abbiano fieno a sufficienza in<br />

modo che “non se scorticano per questo mancamento”.<br />

269v Potestati Trivilii.<br />

1454 febbraio 28, Milano.<br />

El spectabile Colella de Neapoli, nostro conductero, ne ha facto <strong>di</strong>re che, stando li suoy<br />

cavalli in quella terra in quello modo gli stanno, che non hanno fieno, se scorticano et<br />

guastino; et però ne rechiedeva licentia de levarli da lì et mandarli ultra Po per non<br />

lassarli scorticare in tuto; donde, considerato che quella terra al presente non staria<br />

bene senza la guar<strong>di</strong>a delli soldati, havemo pur deliberato che gli restino et che habiano<br />

del feno che se retrova lì. Pertanto volemo che tu (a) ve<strong>di</strong> <strong>di</strong>ligentemente et con bono<br />

modo quello feno che è lì in quella nostra terra et prove<strong>di</strong> che questi cavalli n’habiano et<br />

non se scorticano per questo mancamento, usando circa ciò ogne <strong>di</strong>ligentia et cura che<br />

te parerà bisognare in questa cosa, perché tu debi sapere quanto importa questo facto.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, xxviii februarii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

(a) ve<strong>di</strong> in interlinea su debii depennato.<br />

1011<br />

Francesco Sforza comunica a Stefano da Casate, capitano della Lomellina, che al pavese<br />

Donato de Abono caddero per strada delle “bolce” con le cose, annotate sulla cedola che gli<br />

manda. Dette borse furono trovate da Francesco da Cilavegna, ma Francesco si trova presso i<br />

nemici e non ha fatto nessuna restituzione. Il duca autorizza Stefano a dare a Donato tanto dei<br />

beni <strong>di</strong> Francesco da pareggiare la somma <strong>di</strong> dette “bolce e cose erano in esse”.<br />

1454 febbraio 26, Milano.<br />

Domino Stefano de Casate, capitaneo Lumelline.<br />

A Donato de Abono, cita<strong>di</strong>no nostro de Pavia, altre volte cadeteno per la strata uno<br />

paro de bolce con le cose annotate in la cedula, quale ve man<strong>di</strong>amo qui in inclusa, et<br />

fureno retrovate per Francisco da Cilavegna, quale più et più volte confessò haverle<br />

havute et promesso gli haveria restituire. De puoi <strong>di</strong>cto Francisco è stato dal canto delli<br />

inimici et fin qui non ha facto restitutione alcuna. Et perché a nuy pare iusto et<br />

rasonevele el <strong>di</strong>cto Donato habia la robba sua, per questa ve comettiamo et volemo<br />

che faciati che <strong>di</strong>cto 270r Donato sia satisfacto sopra tanto delli beni d’esso Francisco<br />

che ascendano la debita summa et valuta d’esso bolce et cose erano in esse.<br />

Me<strong>di</strong>oalni, xxvi februarii 1454.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Cichus.


1012<br />

Francesco Sforza fa presente al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che il pavese Pasquino dal Zucaro gli ha<br />

denunciato che da lui se n’è fuggito un suo massaro asportandogli della roba. Detto massaro è<br />

fuggito nel Lo<strong>di</strong>giano e, perciò, il duca vuole che il luogotenente convochi Pasquino e il massaro<br />

, cui farà restituire la roba che constaterà essere stata portata via a Pasquino.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1454 febbraio 26, Milano).<br />

Ne ha exposto Pasquino dal Zucharo, nostro cita<strong>di</strong>no de Pavia, che da luy altre volte<br />

fugiti uno suo massaro et venuto ad stare lì sopra il Lodesano, como dal <strong>di</strong>cto Pasquino<br />

o suo messo, presente portatore, seriti informato, al quale ha portatoli via certa sua<br />

robba; del che ne vene ad patire gran damno; per il che n’ha supplicato li vogliamo<br />

provedere. Pertanto, volendo nuy provedere ala indemnità d’esso Pasquino, ve<br />

commettiamo et volemo che, havuto da vuy le parte et constandovi che li habia portato<br />

via robba alcuna, prove<strong>di</strong>ati che la gli sia restituita, ministrando però rasone ad caduna<br />

delle parte per modo che niuna habia casone <strong>di</strong>gna de lamenta. Data ut supra.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Cichus.<br />

1013<br />

Francesco Sforza vuole che il Colleoni intervenga con quelli <strong>di</strong> Lozio perché, come lamenta<br />

Sagramoro Visconti, nell’asse<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Bre si comportano male.<br />

Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

1454 febbraio 28, Milano.<br />

Nuy havemo aviso da domino Sagramoro Vesconte che quelli de Lotio se portano<br />

molto male in questa obsi<strong>di</strong>one de Bre et non como amici, ma como inimici, perché in li<br />

signali et falo<strong>di</strong>i respondano ad quelli de Bre et fanno delle altre demostratione cative.<br />

Pertanto confortiamo et pregamo la magnificientia vostra che vogli provederli pr modo<br />

che quelli sonno al’impresa de Bre non habiano ad recevere mancamento alcuno, et<br />

farli quella provisione che ve parirà sopra ciò. Me<strong>di</strong>olani, ultimo februarii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

1014<br />

Francesco Sforza avverte Pietro da Norcia, luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, che il giorno dopo, a sera,<br />

arriverà lì con Astore da Faenza per il quale deve far preparare una sistemazione <strong>di</strong> due camere<br />

e una sala in casa del comandatore Vistarino oltre alla stalla per i suoi cavalli.<br />

Procuri anche che sia apparecchiato l’alloggiamento ducale.<br />

1454 marzo 1, Milano.<br />

270v Spectabili militi et doctori domino Petro de Nursia, locumtenenti nostro Laude.<br />

Perché domane da sera nuy seramo lì ad Lode, et con nuy vene el magnifico signore<br />

Astore da Faenza, volemo che subito facciate aparechiare al prefato signore el<br />

lozamento lì in casa del comandatore da Visterino, et assignarli quelle doe camere et la<br />

sala et cussì la stalla per li suoi cavalli, lì o appresso la casa, dove stiano bene; et<br />

similiter or<strong>di</strong>nate sia aparechiato el lozamento nostro. Data Me<strong>di</strong>olani, primo martii<br />

1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.


1015<br />

Francesco Sforza informa Gracino da Pescarolo e il referendario <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> aver concesso a<br />

varie persone lettere patenti per il trasporto <strong>di</strong> vino, biade e altre cose per la fornitura <strong>di</strong><br />

Cremona, per uso dell’esercito e anche per le genti d’arme ducali stanziate nel Bresciano nel<br />

Bergamasco e nel Cremonese, oltre che per la corte ducale. Ha però saputo che tale merce,<br />

esente da dazio, viene venduta a chi la vuole, per cui molti dazieri riven<strong>di</strong>cano <strong>di</strong> venir risarciti. Il<br />

duca, intervenendo contro i violatori dei suoi or<strong>di</strong>ni, <strong>di</strong>spone l’intervento dei Regolatori e dei<br />

Maestri delle entrate perché i dazieri siano sod<strong>di</strong>sfatti per il quantitativo <strong>di</strong> merce, che ha preso<br />

una <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong>versa da quella imposta, Disposizione che viene ripetuta a Gracino e al<br />

referendario per evitare che la <strong>di</strong>sonestà dei trasportatori sia <strong>di</strong> danno ai dazieri.<br />

1454 marzo 1, Milano).<br />

Domino Gracino de Piscarolo et referendario Papie.<br />

Habiamo concesso ad più persone lettere patente de potere condure vino, biade et<br />

altre cose, sì per la munitione nostra faciamo ad Cremona per uso del’exercito nostro et<br />

ancora per quelle nostre gente d’arme sonno alogiate in le parte nostre de Brexana,<br />

Pergamasca et Cremonese, como anchora per la corte nostra. Et essendo avisato che<br />

sotto pretexto d’esse lettere, grande quantità, così de biade como de vino et altre cose,<br />

non fino conducte né despensate in la <strong>di</strong>cta munitione et gente d’arme nela <strong>di</strong>cta nostra<br />

corte, anze se ne fa ven<strong>di</strong>ta et vende ad caduno che ne vole, non obstante le lettere<br />

nostre pre<strong>di</strong>cte, altramente <strong>di</strong>sponano et non habiano pagato per quele alcuno datio,<br />

secondo l’or<strong>di</strong>ne della Camera nostra; et rechiedendone più et più daciarii per questo<br />

ristoro feceno li Regulatori et li Maystri del’intrate nostre <strong>di</strong> nostro mandamento, or<strong>di</strong>ne<br />

et tute quelle quantitate de vino, biade et altre cose non (a) fossano in riposte in la<br />

pre<strong>di</strong>cta munitione invero despensati in le <strong>di</strong>cte 271r <strong>di</strong>cte gente d’arme, che ali <strong>di</strong>cti<br />

daciarii fosse integramente satisfacto et per cautione de questo dovesseno quelli<br />

conducesseno esse cose satisdare, como per sue lettere doviti havere inteso. Et ad ciò<br />

ancora inten<strong>di</strong>ati la <strong>di</strong>spositione nostra essere così, né vogliamo patire che socto esse<br />

lettere li pre<strong>di</strong>cti daciarii ne patiscano veruno danno, volimo, et così <strong>di</strong>cemo che debiati<br />

provedere et or<strong>di</strong>nare che caduno condurà et ha conducto vino, biade et altre cose per<br />

vigore delle pre<strong>di</strong>cte lettere, debiano idonee satisdare che non conducendo, nì<br />

riponendo in la suprascripta nostra munitione, li <strong>di</strong>cti vino, biade et altre cose overo<br />

convertendole in uso d’esse gente congnandole per uso dela pre<strong>di</strong>cta nostra corte,<br />

facendo de cotale consignatione idonea chiareza et fede, pagaranno et satisfarano ali<br />

prenominati daciarii; et così faciati vuy exequire et observare, remosta ogne<br />

exceptione, et prove<strong>di</strong>ati circa <strong>di</strong> ciò in modo che non habiano più iusta casone de<br />

dolerse, né <strong>di</strong>re se interpr(e)tino le lettere altramente, non <strong>di</strong>cano. Data ut supra.<br />

Cichus.<br />

(a) non in interlinea.<br />

10<strong>16</strong><br />

Francesco Sforza ringrazia i deputati agli affari <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> per aver ricuperato quel che gli devono<br />

per il carriaggio del castello <strong>di</strong> Milano. Risponde <strong>di</strong> ritenere improponibile la loro richiesta <strong>di</strong><br />

annullamento <strong>di</strong> quanto dovuto per lo stesso scopo da gennaio in<strong>di</strong>etro, invitandoli a riflettere<br />

sull’importanza della costruzione <strong>di</strong> detto castello e sulle <strong>di</strong>fficoltà cui ha fatto fronte lo scorso<br />

anno per non dare loro altro “impazo” in considerazione dei danni da loro subiti. Ciò fece<br />

caricando <strong>di</strong> oneri degli altri, ai quali ora conviene dare un sollievo e ricorda che i denari loro<br />

richiesti, “già sonno spesi e bisogna siano dati a chi gli debbi havere”.<br />

Deputatis negotiis civitatis nostre Laude<br />

(1454 marzo 1. Milano)<br />

.Havemo recevuto le vostre litere per le quale ne significate havere posto bonissimo<br />

or<strong>di</strong>ne per la recuperatione deli denari del carezo del nostro castello de Milano, ita che<br />

gli serano subito con effecto dal mese de zinaro proxime passato fina per tuto zugno


proxime avenire; ale quale respondendo ve ne comen<strong>di</strong>amo et rengratiamo, benché a<br />

noy non sia cosa nova perché sempre haveti facto el simile per nuy et stato nostro.<br />

Quantum vero ala parte de remeterve el debito del <strong>di</strong>cto carezo da zenaro indreto per li<br />

respecti alegati in le vostre lettere 271v, ve confortiamo ad considerare la importantia<br />

della refectione del <strong>di</strong>cto castelo et li stanti afani et fatiche habiamo nuy supportate<br />

l’anno pasato per non darvene impazo a vuy, perché ve vedevemo più restreti e più<br />

damnezati e non potere goldere il vostro per le guerre, che non siti mò per la Dio gratia.<br />

Et per non haverne alhora rechiesti de quello debito che paghino tuti l’altri nostri<br />

fidelissimi sub<strong>di</strong>ti, tolissemo li <strong>di</strong>nari de loco, al quale se bisognano mò restituire; et<br />

questo fecessemo per non abandonare il lavorerio del <strong>di</strong>cto castello; sichè per cosa del<br />

mondo non poteressemo fare quello che domandate, perché seria uno guastare il facto<br />

nostro; nam l’altri nostri sub<strong>di</strong>ti domandarevano il simile; preterea questi tali <strong>di</strong>nari già<br />

sonno spexi e bisogna siano dati a che gli debbi havere. Per la qual cosa ve caricamo<br />

quanto più possemo che non faciate tale exceptione, anzi, ad provedere che li <strong>di</strong>nari gli<br />

siano, siando per tale importantia, quale sonno et tanto importante per lo stato nostro,<br />

che doveti reputare vostro. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1017<br />

Francesco Sforza insiste per la pronta liberazione <strong>di</strong> Pasino, che è uno dei famigli d’arme ed é,<br />

<strong>di</strong>ce il duca, come tale, “scritto con nuy in casa nostra”.<br />

Gli uomini della Val Camonica temendo che, scomparse le navi, i nemici si portino in detta valle<br />

via Lozio, hanno richiesto <strong>di</strong> voler bene <strong>di</strong>fendere quella fortezza. Il duca, aderendo alla<br />

richiesta, designa a responsabile della cuso<strong>di</strong>a della rocca Ambrogino de Longagnana, cui ha<br />

or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> affidarne la vigilanza a parecchi provisionati della sua squadra<br />

1454 marzo 3, Lo<strong>di</strong>.<br />

(a) ve parirano necessarie per la liberatione sua, facendoli piena fede et testimonianza,<br />

como el è nostro fameglio et scritto con nuy in casa nostra, como sonno li altri nostri<br />

famegli d’arme, perché così è la verità; et per le presente ve ne faciamo chiaro essere<br />

così. Sichè piaceve operarvi caldamente et per modo ch’el sii relaxato, como siamo<br />

certi che fareti, perché el debito et la rasone el rechiede. Et si paresse ad la<br />

magnificientia vostra de mandare uno delli vostri a Pergamo per questa cosa per più<br />

presta liberatione del <strong>di</strong>cto Pasino l’haremo molto caro; et così de novo ve stringemo et<br />

caricamo ad servare ogni modo perch’el sia relaxato. Et de quanto hareti seguito<br />

piaciavi farne avisati.<br />

Ceterum perché li nostri homini de Vallecamonica stanno in grande suspecto de quelli<br />

de Lotio dubitando che, deleguate siano le nave, l’inimici non vegnano in essa Valle per<br />

quella via de Lotio; et per questo n’hanno pregato asay che nuy vogliamo fare guardare<br />

quella forteza. Per la qual cosa confortiamo la magnificientia vostra che vogli mandare<br />

ad fare consignare <strong>di</strong>cta forteza in le mane de Ambroxino de Longagnana, al qual<br />

havemo commesso che li mande parechii delli provisionati della squadra sua ad stare lì<br />

a guardarla. Data Laude, <strong>di</strong>e iii marcii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

(a) Così, mancando la carta precednte inizia la missiva.<br />

(b)<br />

1018<br />

Francesco Sforza scrive a Teseo da Spoloeto <strong>di</strong> volere che Bartolomeo, rustico <strong>di</strong> quella città,<br />

perseveri con quei deputati a far parte <strong>di</strong> quell’ufficio e abbia quanto ancora gli spetta del suo<br />

salario quale deputato.<br />

273v Theseo de Spoleto.<br />

1454 marzo 1, Milano.


Nuy siamo contenti et volemo che Bartholomeo, rustico de quella nostra cità, stia et<br />

perseveri insieme con quelli deputati ad quello offitio. Apresso volemo che tu fazi<br />

satisfare al <strong>di</strong>cto Bartholomeo del suo salario per lo tempo passato che l’è stato nel<br />

numero d’essi deputati, de tuto quello ch’el resti havere. Data Me<strong>di</strong>olani, primo marcii<br />

1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

1019<br />

Francesco Sforza vuole che Gaspare de Suessa gli man<strong>di</strong> gli uomini annotati nell’accluso<br />

elenco dei prigionieri che sono a Cerreto in quanto bene informati delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> Crema.<br />

Dopo averli ascoltati glieli rimanderà.<br />

Gasparri de Suessa.<br />

(1454 marzo 1, Lo<strong>di</strong>).<br />

Siamo informati che li descripti in la cedula inclusa sonno presoni lì in Cerreto, li quali<br />

sonno molto bene informati delle con<strong>di</strong>tione de Crema. Pertanto volimo ne li debii<br />

mandare qui da nuy, acompagnati per clcuni delli tuoy, con li quali parlato gli habiamo e<br />

li remandaremo per li <strong>di</strong>cti tuoi fin là. Et questo, quanto più presto poray. Ex Laude, ut<br />

supra.<br />

Zaninus.<br />

Iohannes.<br />

1020<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Gracino da Pescarolo <strong>di</strong> fargli avere, in più o in meno, la quantità <strong>di</strong><br />

frumento in<strong>di</strong>cata dai comuni annotati nella cedola che gli acclude.<br />

274r Domino Gracino de Piscarolo.<br />

(1454 marzo 1, Lo<strong>di</strong>).<br />

Intendendo nuy de a<strong>di</strong>utarse de qualche quantità de formento dele terre et comuni,<br />

anno(ta)ti in la cedula qual ve man<strong>di</strong>amo introclusa, volemo et ve comettiamo che<br />

debiate con bono modo (a) tentare et vedere de componere esse comune in le quantità<br />

annotate in ipsa cedula, aut in maiore o minore quantità, como meglio potriti fare. Data<br />

ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue terre depennato.<br />

1021<br />

Francesco Sforza scrive a Bendetto de Curte, capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza, <strong>di</strong><br />

consegnare a Brandolino, parente e squadrero <strong>di</strong> Tiberto Brandolini la torre <strong>di</strong> Carpeneto <strong>di</strong> cui<br />

Brandolino ne ha parte in affitto, perché in essa vuole sistemare la moglie che attualmente è a<br />

Carpi. Informi gli altri che il duca non intende pregiu<strong>di</strong>care i loro <strong>di</strong>ritti, che, quando saranno ex<br />

iure sanciti, li farà rispettare.<br />

1454 marzo 4, Lo<strong>di</strong>.<br />

Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo citadelle Placentie.<br />

Perch’el strenuo Brandolino, parente et squadrero del magnifico domino Tiberto, ne<br />

<strong>di</strong>ce volere de presente condure la dona sua da Carpi in qua et non havendo altro<br />

reducto, desidera metterla in la torre de Carpaneto, maxime perché n’ha a ficto una<br />

parte. Nuy siamo contenti et volemo che ad ogne sua rechiesta gli debi fare consignare<br />

in le mane la <strong>di</strong>cta torre liberamente, acioché lì possi stare la donna sua, avisando le<br />

parte che questo non facemo per preiu<strong>di</strong>care ad veruna rasone sua, ma solo per fare<br />

questa como<strong>di</strong>tà al <strong>di</strong>cto Brandolino, el quale mettiamo in nostro loco perché luy farà


guardare la <strong>di</strong>cta torre in nostro nome. Et quando sarà dechiarato ad cuy la specta de<br />

rasone, alhora la faremo consignare ad che spectarà. Data Laude, iiii marcii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

1022<br />

Francesco Sforza sollecita il Colleoni a voler far consegnare a Perino de Incisa anche la rocca<br />

da coloro che vi stanno dentro e non la intendono consegnare senza licenza del Colleoni,<br />

mentre essa era compresa nelle promesse fatte a Perino quando il duca gli rilasciò Pozolo dopo<br />

il fatto <strong>di</strong> Giovanni della Noce.<br />

274v Bartholomeo Coleono.<br />

1454 marzo 4, Lo<strong>di</strong>.<br />

La vostra magnificientia deve savere che, quando occorse el facto de domino Zuane<br />

della Noce, nui promettemo al spectabile cavaliero, domino Perino de Incisa, el luoco<br />

de Puzolo, et cossì, per servare le nostre promesse, gli havemo dato et concesso; et<br />

secundo siamo informati epso dominio Petrino è stato recevuto gratamente, ma non ha<br />

potuto havere quela rocha in le mane perché quili che sonno lì dentro non la vogliano<br />

consignare senza vostra licentia. Et per servare quanto havemo promesso et per lo<br />

honore nostro, seramo contenti grandemente ne piacerà <strong>di</strong>cta forteza fosse consignata<br />

ad esso domino Petrino. Sichè confortiamo la magnificientia vostra ad dare tale or<strong>di</strong>ne<br />

et modo ad quelli vostri sono là che consigni <strong>di</strong>cta forteza, como havemo <strong>di</strong>cto; et si<br />

domino Petrino ha a fare più una cossa cha un’altra per <strong>di</strong>cta casone, siamo certi farà<br />

quanto debito sarà et ragionevele ciò <strong>di</strong> quili puochi <strong>di</strong>nari foreno spisi quando fu<br />

e<strong>di</strong>ficata <strong>di</strong>cta forteza. Laude, iiii marcii 1454.<br />

Facinus.<br />

Cichus.<br />

1023<br />

Francesco Sforza trasmette al podestà <strong>di</strong> Caravaggio la supplica <strong>di</strong> Valeriano de Calvi perché,<br />

ben esaminatala, amministri giustizia alle parti.<br />

Potestati Caravagii.<br />

1454 marzo 4, Lo<strong>di</strong>.<br />

Valeriano de Calvi de questa nostra terra ne ha exposta la inclusa supplicatione, quale<br />

te man<strong>di</strong>amo ad ciò che ve<strong>di</strong> et inten<strong>di</strong> quanto in essa si contene; et parendove la sua<br />

domanda assai honesta, volemo te informi <strong>di</strong>lligentemente dela cossa et ministrerai<br />

rasone et iustitia ale parte ita che veruna d’esse iustamente se possa querelare gli sia<br />

facto iniusticia. Ex Laude, iiii marcii 1454.<br />

Zaninus.<br />

Iohannes.<br />

1024<br />

Francesco Sforza vuole che magistro Ioseph de Tortona induca frate Giovanni <strong>di</strong> lì a portarsi<br />

martedì dal duca per giustificare la sua renitenza a pagare il debito che ha con<br />

il famiglio ducale Scaramazetto.<br />

275r Magistro Ioseph de Tortona.<br />

1454 marzo 4, Lo<strong>di</strong>.<br />

Perché uno frate Zohanni, quale sta in quella terra ha ad fare et è debitore de<br />

Scharamozetto, nostro fameglio, et per quante littere habbiamo scripto, pare non gli<br />

voglia fare el debito suo, pertanto volimo che gli coman<strong>di</strong> per nostra parte che domane,<br />

che serà martedì, senza fallo et exceptione alchuna che vegna da noy perché<br />

vogl(i)amo intendere la casone perch’é ad questo renitente. Laude, quarto martii 1454.<br />

Nicolaus.


Iohannes.<br />

1025<br />

Francesco Sforza, riformando quanto precedentemente scritto, avverte il podestà e i presidenti<br />

agli affari della comunità <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che, a sollievo <strong>di</strong> quanto patito per le guerre, li esonera dal<br />

pagamento degli arretrati del carriaggio anteriori al gennaio scorso.<br />

1454 marzo 4, Lo<strong>di</strong>.<br />

Potestati et presidentibus negociis comunitatis Laude.<br />

Non obstante quello vi havemo scripto del debito del carezo haviti con la Camera<br />

nostra da zenaro proximo passato in dreto, non<strong>di</strong>meno, volendo usare clementia et<br />

liberalità cum questa nostra comunitate per aliquale relevatione deli danni supportati<br />

per le guerre passate, siamo contenti remettere, et per le presente remettemo et<br />

annulemo tucto el debito quale se trova havere questa nostra comunità da zenaro in<br />

dreto, per casone del carezo cum la Camera nostra, como é <strong>di</strong>cto. E tu, podestà, non<br />

gli darai, né mò, né may, alguna molestia per cagione de tal debito. Data, Laude iiii<br />

marcii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1026<br />

Francesco Sforza comanda a Teseo da Spoleto <strong>di</strong> non infasti<strong>di</strong>re, per i renitenti a pagare le<br />

tasse, i pastori Bertoro da Nuceto de Valleaulto e Gubertino de Corvulo da Compiano se gli<br />

consta che essi sono dei regolari solventi.<br />

Theseo de Spoleto.<br />

(1454 marzo 4, Lo<strong>di</strong>).<br />

Per parte de Bertono da Nuceto de Valleaulto et Gubertino de Corvulo da Compiano,<br />

pastori, ene facta querela che, satisfacendo loro per la rata soa dele tasse et altri<br />

carichi, tamen sonno molestati molte volte per li altri, quali sonno renitenti a pagare la<br />

parte loro; per il che siamo pregati vogliamo providere che non siano molestati contra lo<br />

dovere. Pertanto ti comman<strong>di</strong>amo et volemo che, pagando loro la parte soa deli <strong>di</strong>cti<br />

tasse et carichi, debii providere che per li altri renitenti non siano aggravati, né molestati<br />

ad ciò non habbiano ad podersi <strong>di</strong>gnamente lamentare. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1027<br />

Francesco Sforza scrive ai rettori <strong>di</strong> Bergamo per aver saputo che il famiglio ducale Pasino<br />

Vignola, destinato ad essere commissario ad Albino, preso dai soldati, è ora in mano <strong>di</strong> Bettino<br />

da Calcinate e tenuto, contro quel che “ragione et mistiro recercha”, “con persone de talya”. Si<br />

<strong>di</strong>ce stupito, perchè nel passato ciò non é mai avvenuto e mai neppure lui così si comportò con<br />

Ludovico Malvezo e con molti altri <strong>di</strong> quella Signoria. Vogliano, perciò, subito liberare Pasino,<br />

che, li riasssicura, é un suo famiglio, “deputato lì per meglio exequire la intentione “ ducale ed<br />

evitino <strong>di</strong> dar inizio a una cattiva pratica che lo induca a fare con altri quel che si fa ai suoi.<br />

In simile forma fu scritto a Bettino de Calcinate.<br />

275v Rectoribus Pergami.<br />

1454 marzo 4, Lo<strong>di</strong>.<br />

Son alchuni dì passati che uno nostro fameglio, <strong>di</strong>cto Paxino Vignola, qual havevamo<br />

deputato comissario ad Albino et per quelli nostri luoci de Bergamasca per quelli<br />

soldati son in Pergamo fuy preso, et credendo nuy fusse lassato et liberato, come è<br />

consuetu<strong>di</strong>ne et usanza deli soldati, et le ragione et mistiro recercha, però non (a)<br />

havemo curato nè facto caso alchuno de ciò, al presente che sentiamo esser nostro<br />

familio esser in nelle manno dello strenuo Bettino da Calzinate et con esso delIa


signoria vostra de Venetia, et tenuto con persone de talya, n’è paruto scrivere aIle<br />

magnificentie vostre et con quello maravigliare et dolere che uno nostro fameglio sia<br />

detenuto et cossì tractato, perchè non ce pare per el passato sia così usato et<br />

costumato nè per nuy sia stato facto questo tractamento ad quelli delIa signoria vostra,<br />

come è del spectabile domino Ludovico Malvezo et delli altri asay. Pertanto ve<br />

confortamo et pregamo ve piaza fare rellassare et liberare <strong>di</strong>cto nostro fameglio, et<br />

cossì ve recerchamo acciò che bona compagnia se faza, como è usato et la ragione et<br />

el mestiero rechiede, et acciò non se <strong>di</strong>a cagione né prencipio ad nisuna mala usanza<br />

che non fuy may nè de nostra intentione, nè de nostro costume, che ad nuy seria fare<br />

ad altri como fussi facto ad li nostri, facendove per questa piena fede et chiareza como<br />

esso Paxino già più tempo è nostro fameglio et operatolo como nostro fameglio<br />

haveriamo deputato Iì per meglio exequire la intentione nostra, como informato del<br />

costume nostro et scripto ad lo nostro libro, como Ii altri famegli nostri, et facendo subito<br />

leberare et relassare como speramo in Ie magnificentie vostre farano per el debito et<br />

per la ragione, lo reputaremo caro et agrato da essa magnificentia vostra per più<br />

respecti. Laude, iiii marcii 1454.<br />

Cichus.<br />

Mutatis mutan<strong>di</strong>s in simili forma Bettino de Calzinate.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue nui ve hu depennato.<br />

1028<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà <strong>di</strong> Piacenza avvisi Albertino Pennavaga e Rosso <strong>di</strong><br />

Pavia, uomini d’arme ducali delle lance spezzate, che sono <strong>di</strong> stanza a Calvisano nel Bresciano,<br />

ma ora devono essere in città o nel suo vescovato, che devono portarsi nei loro alloggiamenti.<br />

Se non volessero andarvi, deve fare <strong>di</strong> tutto perché vi ritornino, altrimenti imputerebbe anche a<br />

lui la mancata osservanza <strong>di</strong> tale or<strong>di</strong>ne.<br />

276r Potestate Placentie.<br />

1454 marzo 5, Lo<strong>di</strong>.<br />

Albertino Pennavaga et Rosso da Pavia, nostri homini d’arme deIe lanze spetiate, quali<br />

hanno loro stantie ad Calvisano in Bressana, debbiono esser in quella cità, o nel suo<br />

vescovato. Sichè volemo, ricevute queste, subito sine mora Ii advise vaddano ad il loro<br />

logiamenti, et, non gli andando, teneray modo et via gli vaddano. In che usa quella<br />

sollicitu<strong>di</strong>ne et <strong>di</strong>ligentia serà necessaria, avisandovi che, si per defecto de questa che<br />

non fosse alle statie, occorresse manchamento alcuno, ne doleramo non gli havendo<br />

notifficato, non mancho de ti che de loro, et daramote ad intendere non havessi facto<br />

bene, et non che al <strong>di</strong>cti, ma che se gli sonno deIi altri che allogiano in Bressana, gli<br />

faray quanto te <strong>di</strong>cemo <strong>di</strong> sopra. Laude, v marcii MCCCCLiiii.<br />

Ser Facinus.<br />

Cichus.<br />

1029<br />

Francesco Sforza vuole che il referendario <strong>di</strong> Piacenza faccia avere al famiglio ducale Ruggero<br />

da Romano, deputato alla guar<strong>di</strong>a del porto del Po, le masserizie che gli spettano come anche<br />

le tre paghe <strong>di</strong> cui è cre<strong>di</strong>tore.<br />

Referendario Placentie.<br />

1454 marzo 4, Lo<strong>di</strong>.<br />

Rugero da Romano, nostro familio, deputato ala guar<strong>di</strong>a de quello nostro porto de Po,<br />

se agreva che non gli sia satisfacto in l'anno proximo passato de quello gli è attenuta et<br />

obligata la comunitate nostra de Piasenza per casone dele masseritie, secondo se<br />

conviene cum essa comunitate, et che luy cre<strong>di</strong>tore de tre paghe, como da luy più<br />

pienamente intenderay. Et perchè nostra intentione é, et omnino volemo habia la debita<br />

satisfactione sua, te comandemo provi tal modo supra de ciò, como ben sapemo che


saperay fare, ch'el sia interamente pagato, sì del passato como delo avenire; et fa non<br />

manchi. Laude, iiii Marcii 1454.<br />

Cichus.<br />

1030<br />

Francesco Sforza scrive al Colleoni <strong>di</strong> aver ricevuto le sue lettere con inclusa quella degli uomini<br />

<strong>di</strong> Alzano, Nembro e <strong>di</strong> aver inteso della cattura del famiglio ducale Pasino Vignolo, cattura che<br />

lo sorprende perché, se gli uomini avessero fatto il loro dovere, avrebbero impe<strong>di</strong>to, non solo a<br />

“poci fanti”, ma a molti <strong>di</strong> più <strong>di</strong> catturarlo. Siccome gli uomini <strong>di</strong> Albino, Nembro e Alzate hanno<br />

salvacondotti dai nemici, chiede al Colleoni <strong>di</strong> provvedere che essi se ne “valieno securi”. Gli<br />

raccomanda, in conformità anche a quanto ha detto al suo cancelliere Abbon<strong>di</strong>o, che Pasino sia<br />

presto liberato, e gli ri<strong>di</strong>ce la sua sorpresa che un suo famiglio sia trattenuto dai nemici, e che<br />

non vorrebbe che sia avviata l’usanza <strong>di</strong> far prigionieri i famigli.<br />

276v Bartholomeo Coliono.<br />

1454 marzo 5, Lo<strong>di</strong>.<br />

Havemo recevute Ie vostre letere cum la inclusa deIi homini de Alzano, Nembro, et<br />

cetera, et inteso quanto la magnificentia vostra ne scrive dela presa de Paxino Vignolo,<br />

nostro fameglio, et cossì quanto ne scriveno <strong>di</strong>cti homini in loro excusatione, et cetera.<br />

Restiamo del tuto advisati et, respondendo, ve <strong>di</strong>cemo che crederamo quela ne scrive<br />

essa magnificentia sia el vero, ma ne ren<strong>di</strong>amo ben certi che essi homini, et cossì quelli<br />

de Albino, se havessero facto el debito loro, como dovevano fare, non tanto quelli poci<br />

fanti et cavali che venero a pigliare <strong>di</strong>cto Pasino, ma se fosero stati dece volte tante (a)<br />

gente non haveriano pigl(i)ato là, como hanno facto; et siamo certi essa vostra<br />

magnificentia cognose quello medesimo in questo facto che facemo noy. Et perchè<br />

intendemo che Albino, Nembro, Alzà et quelli altri luochi hanno salvoconduto daIi<br />

inimici, del quaIe tuti homini de quello paese se ne gravano, pertanto preghiamo essa<br />

vostra magnificentia gli voglia provedere in modo che <strong>di</strong>cti nostri homini valieno securi,<br />

et non stagheno in suspecto de queli salviconduti ad ciò che sapiano meglio da chi<br />

guardarse. Non obstante quanto per altre nostre let(r)re habiamo scrito ad essa vostra<br />

magnificentia, et poi hogie a bocha habiamo <strong>di</strong>cto ad Abon<strong>di</strong>o, vostro cancellero, che<br />

vogl(i)ate opperare con effecto che <strong>di</strong>cto Pasino sia libere relaxato et cavato de<br />

presone, perchè nostro famiglio, et maravegliamo sia retenuto, pur per non voler<br />

comportar questo, che Ii nostri famigli siano retenuti, ve lo recor<strong>di</strong>amo, pregamo et<br />

stringnemo il ve piaza opperare cum effecto che <strong>di</strong>cto nostro famiglio sia relaxato como<br />

el debito; la qual cossa ultra che a noy farete cossa agrata, tamen sapeti quanto <strong>di</strong>cto<br />

Pasino vostro per la liberatione del quale (b) se gli volle fare ogni provissione<br />

necessaria per non conportare, nè mettere tale usanza che gli famigli nostri siano<br />

retenuti. Et de quanto opera essa vostra magnificentia sopra questa cosa, ve<br />

preghiamo ne voglate continue dare noticia per intendere como passa el fato suo.<br />

Laude, <strong>di</strong>e iiii marcii 1454.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue tanto depennato.<br />

(b) del quale ripetuto.<br />

1031<br />

Francesco Sforza dà atto al commissario <strong>di</strong> Geradadda dei fuochi fatti la sera precedente a<br />

Bergamo e a Crema e chiede <strong>di</strong> informarlo <strong>di</strong> quel che gli ha riferito il messo appositamente<br />

inviato per intendere la ragione <strong>di</strong> quei fuoci.<br />

277r Comissario nostro Clareabdue.<br />

1454 marzo 4, Lo<strong>di</strong>.<br />

Restiamo advisati de quanto ne scrivete per Ii falo<strong>di</strong>i fatti hiersera a Bergamo et a<br />

Crema, et non <strong>di</strong>cemo altro se non che de quello ve haverà reportato il messo haveti<br />

mandato ad intendere il facto de questi luochi, ne vogliate dar subito notitia ed<br />

advisamento. Ex Laude, <strong>di</strong>e iiii marcii 1454.<br />

Cichus.


1032<br />

Francesco Sforza scrive a Teseo da Spoleto a Piacenza <strong>di</strong> aver inteso da quel che ha scritto a<br />

Cicco che i gentiluomini <strong>di</strong> quelle parti ricusano <strong>di</strong> pagare la tassa dovuta. Gli ricorda quanto già<br />

dettogli: catturare alcuni uomini della Val <strong>di</strong> Nure, non rilasciandoli fino a che sia sicuro dei fatti<br />

loro. Non vuole che si facciano novità a Gabriele e ad Antonio Malvicini, cui ha scritto <strong>di</strong> andare<br />

da lui. Ha pure scritto a GianGaleazzo e al conte Onofrio Anguissola: se eseguiranno quanto<br />

loro detto, bene, altrimenti farà loro un’altra “provisione”. Da parte sua, <strong>di</strong> Teseo, si faccia quanto<br />

egli deve, perché lui, duca, non mancherà <strong>di</strong> intervenire a dovere.<br />

Theseo de Spoleto in Placentia.<br />

1454 marzo 5, Lo<strong>di</strong>.<br />

Havemo inteso quello ne hay scripto sive a Cicho, nostro secretario, della <strong>di</strong>fficultà<br />

fanno quilli zentilhomini de quelle parte ad pagare quello gli tocca dela taxa; al che,<br />

respondendo, <strong>di</strong>cemo che tu say bene quello te fecimo <strong>di</strong>re, zioè che dovessi videre de<br />

havere in Ie mane alcuni deIi homini dela valle de Nuro, et non relaxarli finchè fossi<br />

secure de facti suoy. Ala parte che Gabriele et domino Antonio Malvicini, non volemo<br />

che per mò se li facia altra novitade, ma gli scrivemo per l’aligata che subito vengano<br />

qua da nuy; et venendo gli <strong>di</strong>remo per modo che intenderano. A misser Zohannegaleaz<br />

et lo conte Honofrio Angusola scrivemo per la alligata quello intenderai per l'introclusa<br />

copia; et exeguendo la nostra littera ben serà; si minus gli faremo altra provisione. Fa<br />

mò tu ch'el non manchi dal canto tuo perché in quello che serà da fare per nuy, non gli<br />

mancharemo in niente. Ex Laude, v marcii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1033<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Gabriele e ad Antonio de Malvicinis <strong>di</strong> portarsi subito da lui,<br />

Gabriele et Antonio de Malvicinis.<br />

(1454 marzo 5, Lo<strong>di</strong>).<br />

Per alcune cose che havemo ad conferire con voy, volemo che subito debiate venire da<br />

nuy; et non gli sia fallo né <strong>di</strong>latione perché la cosa richiede celerità. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1034<br />

Francesco Sforza comanda a Giangaleazzo e ad Onofrio de Anguissola <strong>di</strong> pagare sia loro che i<br />

propri uomini la tassa dei cavalli, <strong>di</strong> cui, né nel presente né nel passato, hanno, a quel che<br />

asserisce il cancelliere ducale, Teseo da Spoleto, versato “uno <strong>di</strong>naro”, incuranti <strong>di</strong> quel che<br />

fanno gli altri sud<strong>di</strong>ti e ostentando poca stima degli ufficiali ducali.<br />

1454 marzo 5, Lo<strong>di</strong>.<br />

277v Dominis Iohannigaleaz et Honofrio, fratribus de Angussolis.<br />

Quantunche vuy sappiati la mente et <strong>di</strong>spositione nostra che vuy et Ii homini vostri<br />

debbiati contribuire a quello vi tocha per la taxa de cavalli, non<strong>di</strong>meno inten<strong>di</strong>amo per<br />

quello ne ha scripto ser Theseo, nostro canzelaro, che Ii homini dela iuris<strong>di</strong>ctione vostra<br />

non hano pagato nel passato, nè in lo presente, uno <strong>di</strong>naro per la casone dela taxa; del<br />

che ce maravigliamo et dolemone de vuy che in Ii facti nostri prendati cossì puocho<br />

pensiero et cura et non provedati che Ii homini vostri faciano quello che fanno Ii altri<br />

sub<strong>di</strong>ti nostri; et pur ne duole che faciate cossì puoca stima deIi officiali nostri, como<br />

fati. Pertanto volemo et vi comman<strong>di</strong>amo debiate providere che a Theseo, nostro<br />

canzelero, sia satisfacto de tuto quello ve tocha et doveti pagare per la <strong>di</strong>cta taxa, così<br />

del passato como del presente; et fati che in questo non sia fallo, nì habiamo più<br />

casone de scrivervi sopra de ciò, certificandovi che questa sarà l’ultima che ve


scriviamo. Et se non fareti como è <strong>di</strong>cto, procederemo contra de vuy per modo che<br />

cognoscereti ali effecti che siamo de vuy malcontenti. Ex Laude, v marcii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1035<br />

Francesco Sforza vuole che il Referendario <strong>di</strong> Pavia convinca Giacomo Zaza a render conto<br />

dell’amministrazione della tesoreria per tutto il tempo che fu tesoriere <strong>di</strong> quella comunità,<br />

rivedendo con lui, referendario, e con Giovanni Filippo Baraco i conti e insieme esaminino poi<br />

anche le cose amministrate da Agostino e dal quondam Luigi de Astariis per il periodo che<br />

furono tesorieri della medesima comunità, e lo informino, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> tutto. Inoltre, ben sapendo<br />

quanto importi il rifacimento del ponte del Ticino ed egualmente il provve<strong>di</strong>mento da farsi alle<br />

bocche del Ticino e Orgalo, vuole che vi si ponga mano.<br />

278r Referendario Papie.<br />

1454 marzo 5, Lo<strong>di</strong>.<br />

Rendendoce certissimi che Iacomo Zaza, cita<strong>di</strong>no de quella nostra cità, se sia portato<br />

bene in l’officio delIa thexauraria per quello tempo che fo thexaurero delIa comunità e<br />

talmente ch’el sarà contento siano cognosciuti Ii soi portamenti, cossì etian<strong>di</strong>o acioché<br />

Ie cose passano per lo drito delIa raxone et bona usanza, volimo et ve commettimo che<br />

debiati confortare et caricare esso Iacomo ad rendere la raxone delIa administrazione<br />

delIa texauraria per tutto quello tempo ch’el ha administrata; et vuy asieme con el savio<br />

doctore, domino Iohanne Rufino Baraco, al quale havimo commisso ad bocha che sia<br />

con vuy, revedereti et bene rimunarite Ie raxoni del <strong>di</strong>cto Iacopo circha Ie cose delIa<br />

thexauraria; et similiter volimo et ve commettimo che una cum domino Zohanne Rufino<br />

pre<strong>di</strong>cto reve<strong>di</strong>ati et faciati <strong>di</strong>ligentemente examinare deIe cose administrate per<br />

Augustino et quondam Aluyse de Astariis per lo tempo che forono etian<strong>di</strong>o thexaurerii<br />

de <strong>di</strong>cta nostra comunità, et de quanto trovareti ne avisareti per vostre littere. Ceterum,<br />

cognoscendo nuy de quanta importantia è la refectione del ponte de Ticino et similiter<br />

la provixione da essere facta ale buche del Ticino et Orgalo, como etian<strong>di</strong>o cognoscete<br />

vuy, ve confortamo et caricamo che vuy ne pigliate tale et cossi facta cura ch’el se<br />

intenda l'honore nostro et il bene et ornamento de quella nostra cità, esserne caro. Data<br />

Laude, <strong>di</strong>e quinto marcii MCCCCLIIII.<br />

Ser Iacobus.<br />

Chicus.<br />

1036<br />

Francesco Sforza esprime a Gracino da Pescarolo e al referendario <strong>di</strong> Pavia la sua delusione<br />

per avere inteso, dopo quanto altre volte scritto loro, <strong>di</strong> “robbarie” fatte dai conestabili alle porte<br />

della città. Vuole che entrambi convochino detti conestabili e attestino loro l’insofferenza del<br />

duca per tali comportamenti, che varranno trattenute sulle paghe e anche il loro licenziamento.<br />

1454 marzo 5, Lo<strong>di</strong>.<br />

278v Domino Gracino de Piscarolo et referendario Papie.<br />

Ce recor<strong>di</strong>amo altre volte, a lamenta de multi nostri cita<strong>di</strong>ni, havere scripto ad vuy,<br />

domino Gracino, che volessivo o dovessivo reprimere et prohibire Ie robbarie, quale se<br />

<strong>di</strong>ceva fir commetute per Ii conestabili delle porte de quella nostra cità delIe cose che<br />

se introduceno in essa cità; et credevemo gli fosse posto tale or<strong>di</strong>ne che più non ne<br />

dovessimo sentire lamenta. Ma novamente, havendone più richiamo che prima, volimo,<br />

et ve comettimo, vobis ambobus, che debbiati havere da vuy Ii <strong>di</strong>cti conestabili et <strong>di</strong>rgli<br />

che per modo alchuno non volimo patire che faciano tale cose, nè insolence che<br />

sariano in detrimento del nostro honore et de quella nostra cità, <strong>di</strong>cendoli per nostra<br />

parte che non volimo, quoquo modo, che toglino cosa alchuna oltra l'honesta et<br />

consueta; et sentendo nuy che faciano altramente, non solum gli farimo retenere Ie lore<br />

paghe, ma Ii farimo cassare et darimoli tale punicione che se accorgerano non havere<br />

facto bene, et sarimo contenti che mostrate queste nostre littere alIi prefati conestabili.<br />

Laude, v marcii 1454.


Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1037<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà <strong>di</strong> Piacenza intervenga perché Simonino da Cicognara,<br />

fratello <strong>di</strong> Bartolomeo Testa Grossa, possa conseguire, con rito sommario, i suoi cre<strong>di</strong>ti dai<br />

debitori <strong>di</strong> quella città.<br />

Potestati Placentie.<br />

1454 marzo 5, Lo<strong>di</strong>.<br />

Simonino da Cicognara, fratello de Bartholomeo Testa Grossa, ne <strong>di</strong>ce havere alchuni<br />

suoy debitori in quella nostra ciptà et iuris<strong>di</strong>ctione tua, dalli quali non pò consequire el<br />

debito per la renitentia loro. Pertanto volemo che, ad ogni instantia del <strong>di</strong>cto Simonino<br />

et ciascuno suo messo, vocatis vocan<strong>di</strong>s, contra questi tali suoi debitori proce<strong>di</strong> con<br />

rasone sumaria et expe<strong>di</strong>ta, per modo che, senxa <strong>di</strong>lacione de tempo, consegua el<br />

debito suo. Laude, v marcii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

1038<br />

Francesco Sforza scrive al referendario <strong>di</strong> Piacenza che per ovviare alle lamentele degli ufficiali<br />

incaricati <strong>di</strong> riscuotere le tasse dei cavalli deve inquisire i mo<strong>di</strong> e i comportamenti tenuti da<br />

Teseo da Spoleto in tali esazioni e come agisce con “quilli che manda a cercho.”<br />

In simile forma fu scritto a:Francesco, luogotenente <strong>di</strong> Cremona,<br />

Oldrado, Gracino, al podestà e la referendario<strong>di</strong> Pavia, a Giorgio de Myno, Francesco Cagnola,<br />

referendario <strong>di</strong> Tortona.<br />

279r Referendario Placentie.<br />

1454 marzo 6, Lo<strong>di</strong>.<br />

Perchè pur sentimo alchune querele delli officiali nostri, quali scoteno le taxe de cavalli,<br />

volemo, et expresse te coman<strong>di</strong>amo et carichamo che, quanto meglio se poterà et serà<br />

possibile fare, debbi investigare, inquisire et cercare, in mo<strong>di</strong> et in portamenti fa, cercha<br />

tale exactione Theseo da Spoleto, quale ha nemo deputato nel vescovato et de quella<br />

nostra cità de Piasenza, si toglie uno soldo per libra o più de exactura, et quanto (a) per<br />

la sua persona si togli doi grossi per cavallo, o que; et se quilli che manda a cercho<br />

hanno le spese, o non, et quanto oltra le spese, el dì et loro provisione, et ogni altro<br />

emolumento et guadagno che habbiano recte, vel in<strong>di</strong>rette, sichè sappiamo ogni loro<br />

modo et portamento et siamo informati ad pieno de ogni cosa, da che ne advisarai poi<br />

subito, subito. Data Laude, vi marcii 1454.<br />

Fazinus.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum fuit:<br />

domino Francisco, locumtenenti Cremone;<br />

domino Oldrado;<br />

domino Gracino,<br />

domino potestati et<br />

domino Referendario Papie;<br />

domino Georgio de Mayno<br />

Francisco Cagnole, referendario Terdone.<br />

(a) Segue exaptura depennato.


1039<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Stefano de Folpertis <strong>di</strong> trovarsi a Milano lunedì o martedì prossimi<br />

per essere presente al sindacato <strong>di</strong> Giovanni Filippo <strong>di</strong> Melii.<br />

279v Domino Stephano de Folpertis.<br />

1454 marzo 6, Lo<strong>di</strong>.<br />

Per intendere el sin<strong>di</strong>cato dello spectabile cavaliero, domino Zohanne Filippo <strong>di</strong> Melii, et<br />

misser Manuello Trocto siamo contenti et volemo che lune<strong>di</strong> o marte<strong>di</strong> proximo che<br />

verrano, che serà xi et xii del presente, debii essere a Milano dove serimo anche nuy;<br />

et non manchi per niente che al <strong>di</strong>cto termine non sii Iì. Laude, <strong>di</strong>e vi marcii MCCCCLiiii.<br />

Fazinus.<br />

Cichus.<br />

1040<br />

Francesco Sforza comunica al conte Bolognino de Attendolis il suo <strong>di</strong>spiacere per i continui tagli<br />

<strong>di</strong> legna da opera e da fuoco che si fanno nel Barco <strong>di</strong> Pavia, tagli che ridondano a <strong>di</strong>sdoro suo,<br />

perchè ovunque, fuori e dentro Italia, si lamenterà che il duca ha tollerato il <strong>di</strong>sfacimento <strong>di</strong> un<br />

bosco voluto dal primo duca e incrementato da Filippo M. Visconti. Ha, perciò, <strong>di</strong>sposto che il<br />

capitano del Barco non consenta a nessuno <strong>di</strong> far tagli <strong>di</strong> sorta in detto bosco, anche se nel<br />

castello vi fossero sua moglie, suo figlio Galeazzo o gli altri suoi figlioli o madonna Agnese, sua<br />

madre, nonché lui stesso. Chi abbisogna <strong>di</strong> legna la cerchi in riva al Ticino o altrove.<br />

Comiti Bolognino de Attendolis.<br />

1454 marzo 5, Lo<strong>di</strong>.<br />

Nuy con pocho <strong>di</strong>spiacere havemo inteso la devastatione et consumptione del bosco<br />

nostro del Barcho de quella nostra citade per Ie molte legne et da opera et da focho,<br />

che se gli tagliano ogni zorno per modo che, quando se perseverasse tagliarlo per<br />

questa via, non è dubio che in breve tempo veneria ad esser in tuto consumato; la qual<br />

cosa redundaria in grave nostro danno et in nostra grande infamia, attento ch'el se <strong>di</strong>ria<br />

in Lombar<strong>di</strong>a et in tuta Italia et fuora de Italia ch'el nel tempo nostro habiamo lassato<br />

desfare <strong>di</strong>cto boscho; et tanto piacere et <strong>di</strong>lecto el quale fo or<strong>di</strong>nato et conservato con<br />

tanto stu<strong>di</strong>o et reguardo dalo illustrissimo quondam duca primo et successive<br />

accresciuto et augumentato dala bona memoria del duca Filippo, nostro padre, como è<br />

manifesto ad ogne. Unde per fugire questa infamia havemo deliberato totalmente et<br />

<strong>di</strong>sposito nel'animo nostro, et cosl havemo dato in commissione expressamente al<br />

capitano d’esso Barcho che da mò inanzi non sia persona alcuna che possa tagliare,<br />

nè fare tagliare legnamo alcuno, nè da opera, nè da focho in esso Barcho, etiam se<br />

bene se retrovasse essere in quello nostro 280r castello la illustrissima madona nostra<br />

consorte, overo lo illustre conte Galeazo, nostro fiolo, et li altri nostri figlioli et la<br />

magnifica madona Agnesa, nostra madre, nè ancora se lì fossimo nuy in persona. Et<br />

che haverà bisogno de ligne vada ad fornirse in riva de Ticino o altrove; sichè ad ciò<br />

che non prendate admiratione s’el <strong>di</strong>cto capitaneo non ve lassarà da qui innanzi più<br />

legne nel <strong>di</strong>cto boscho, havemo voluto scriverve questa littera per vostra chiareza.<br />

Laude, v marcii 1454.<br />

Iohannes.


1041<br />

Francesco Sforza comanda al podestà <strong>di</strong> Vailate che a Francesco e a Guido Visconti non si <strong>di</strong>a<br />

alcuna molestia per la loro possessione <strong>di</strong> Agnadello, perché così (come essi riven<strong>di</strong>cano) si è<br />

sempre fatto e si fa agli altri Visconti.<br />

Potestate de Vaylate.<br />

1454 marzo 2, Lo<strong>di</strong>.<br />

Ne hanno exponuto li spectabili meser Francisco et Guido Vesconti che per lo passato<br />

loro non sonno may stati constrecti ad graveza alcuna lì in quello loco per le cose et<br />

bene della loro possessione de Agnatello, et che ad essi è stato facto sempre, como se<br />

fa ali altri Vesconti; mò pare che se cerchi lì darli certo impazo et molestia. Pertanto<br />

<strong>di</strong>cemo così che nostra intentione é che, et volemo che ali <strong>di</strong>cti domino Francesco et<br />

Guido Vesconti, poichè per lo passato non è usato dargli altro impazo, nè graveza per<br />

la <strong>di</strong>cta casone, non se gli <strong>di</strong>a ancora per lo advenire; et siandoli fata alcuna novità,<br />

volemo che senza exceptione alcuna gli la revocati. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e v marcii 1454.<br />

Cichus.<br />

1042<br />

Francesco Sforza scrive a Stefano de Folpertis, referendario <strong>di</strong> Piacenza, che constandogli,<br />

come l’ebreo Bonomo asserisce, che egli imprestò a Giovanni dal Torchio, quand’era “officiale in<br />

quella cità sopra el morbo” degli anelli, glieli faccia restituire o ne abbia la loro “valuta”.<br />

1454 marzo 2, Milano.<br />

280v Domino Stefano de Folpertis, referendario Placentie.<br />

Bonhomo ebreo è stato da nuy et gravase che non pò havere certe anelle, quale prestò<br />

ad quella nostra comunità de Placenza per mezo de Zohanne Dal Terchio, allora<br />

officiale in quella cità sopra el morbo; et <strong>di</strong>ce che ad voi consta chiaramente questo<br />

essere vero per cognitione havuta delIa <strong>di</strong>cta cosa ad vuy commessa per nostre lettere.<br />

De che, siando così et che ad voy consta legiptimamente che esso Bonhomo debia<br />

havere Ie anelle soe, fate che Ie <strong>di</strong>cte anelle Ie rehabia et che li sia facto rasone, et che<br />

non habia più casone de ritornare da nuy per <strong>di</strong>cta casone; et non possendo havere Ie<br />

anelle che habia la valuta d'esse. Ex Me<strong>di</strong>olano, ii marcii 1454.<br />

Cichus.<br />

1043<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al capitano della cittadella e al tesoriere <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> far avere a<br />

Cremona fino a 100.000 pietre per finire la costruzione della bastita “scontro ad Cremona de là<br />

da Po” mandandole via acqua al luogotenente <strong>di</strong> quella città. Lo informino sul quantitativo che<br />

ora riescono ad avere e quante ne manderanno.<br />

1454 marzo 5, Lo<strong>di</strong>.<br />

281r Capitaneo citadelle (a) et tesaurario Placentie.<br />

Per fornire presto quella opera et fabricatione havemo or<strong>di</strong>nato sia facta alla bastita<br />

scontro ad Cremona de là da Po, é necessario gli fia mandato fino ad cento migliaia de<br />

prede da quella città. Pertanto volemo et comman<strong>di</strong>amove, havuta questa, subito et<br />

imme<strong>di</strong>ate fazati trovare quello più numero de prete cotte che possite havere dentro et<br />

intorno de quella nostra città, Ie quale prede vogliate subito et senza per<strong>di</strong>ctione de una<br />

hora de tempo mandarle suso nave fino (b) alIa <strong>di</strong>cta bastita et che sieno consignate al<br />

nostro locuntenente de Cremona. Et questo non manchi per quanto havete cara la<br />

gratia nostra, rescrivendone delIa recectione delIa presente, et quante prete podete<br />

havere de presente et quanto (c) le mandareti ad Cremona. Data Laude, <strong>di</strong>e v marcii<br />

1454.


Iohanninus.<br />

Cichus.<br />

(a) citadelle in interlinea.<br />

(b) fino in interlinea.<br />

(c) Segue ne depennato.<br />

1044<br />

Francesco Sforza comanda a Gaspare da Sessa <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re ai suoi uomini <strong>di</strong> prendere,<br />

come <strong>di</strong>ce Martino de Ferufffini, fieno nelle cascine <strong>di</strong> Cerredello nella possessione <strong>di</strong> Bertonico.<br />

Gaspari de Suessa.<br />

(1454 marzo 5), Lo<strong>di</strong>.<br />

Martino de Ferufini se grava de ti fortemente et <strong>di</strong>ce che Ii toi gli togliono lo suo feno<br />

che ha (a) aIle cassine de Cerredello alla possessione de Bertonico, delIa qualcosa ne<br />

siamo maravigliati; et però volimo che tu ordeni et comman<strong>di</strong> alIi toy che non li<br />

debbiano più andare a tuorre del fieno del <strong>di</strong>cto Martino, perchè lì ne hanno tolto tanto<br />

che Ii pò bem bastare; et de questo fa’ che non ne habiamo più querela né(l) lamenta,<br />

perchè ad noi saria poi necessario fartelo pagare tucto. Però provide che questo non<br />

habbia ad seguire, et che lo pre<strong>di</strong>cto non habbia cason dolerse delli facti toi. Laude, ut<br />

supra.<br />

Leonardus.<br />

Cichus.<br />

(a) ha in interlinea.<br />

1045<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che, per compiacere il suo cancelliere<br />

Boschino, non <strong>di</strong>a molestia al suo famiglio e fattore in città, Perino de Gui<strong>di</strong> per carichi<br />

straor<strong>di</strong>nari personali.<br />

281v Referendario Laude.<br />

(1454 marzo 5), Lo<strong>di</strong>.<br />

Per compiacere ad Boschino, nostro cancellero, siamo contenti et volemo che ad<br />

Perino de Gui<strong>di</strong>, suo famiglio et factore in questa città, non debiate da mò inanzi dare<br />

molestia alcuna de carchi extraor<strong>di</strong>narii personali che occorre in essa cità de Lode. Ex<br />

Laude, ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1046<br />

Francesco Sforza comanda al viceluogotenente <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> non richiedere a<br />

quelli <strong>di</strong> Castell’Arquato il pagamento del censo dal giorno che il Colleoni prese<br />

possesso <strong>di</strong> quel territorio.<br />

Vicelocumtenenti Placentie.<br />

1454 marzo 5, Lo<strong>di</strong>.<br />

Perché quelli de Castelloarquato se lamentano che vogliono fir astrecti ad pagare il (a)<br />

censo dappoy che nuy gli havemo dati al magnifico Bartholomeo, te coman<strong>di</strong>amo che,<br />

recevuta questa, prove<strong>di</strong> che non siano più molestati per casone del <strong>di</strong>cto censo dal dì<br />

che il prefato Bartholomeo ne tolse la possessione dela <strong>di</strong>cta terra in qua. Laude, v<br />

marcii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Ihannes.<br />

(a) Segue ineo depennato.


1047<br />

Francesco Sforza scrive al podestà <strong>di</strong> Vigevano che l’ebreo Salomone s’é lagnato per<br />

l’imprigionamento <strong>di</strong> Elia, figlio dell’ebreo Dattilo, imputato, si <strong>di</strong>ce a torto, <strong>di</strong> fornicazione.<br />

Siccome lui, duca, dallo scorso settembre concesse una generale assoluzione a tutti gli ebrei,<br />

vuole che il podestà si informi se Elia fornicò prima <strong>di</strong> detta assoluzione generale, nel qual caso<br />

va rilasciato. Se il fatto avvenne dopo, il duca vuole esserne avvisato.<br />

Il 6 marzo si scrisse agli uomini <strong>di</strong> Corno Giovane <strong>di</strong> dare il solo alloggio a Cristoforo da Reggio<br />

con cinque cavalli.<br />

In simile forma si é scritto agli uomini <strong>di</strong> Castioneper Paolo de Pisis e Giovanni de Caravaggio.<br />

Potestati Viglevani.<br />

1454 marzo 7, Milano.<br />

Havemo inteso per querella de maestro Salamone ebreo che tu hay detenuto Elia,<br />

figliolo de Dactilo ebreo, per imputatione a luy facta de fornicatione, del che se dole<br />

<strong>di</strong>cendo essere imputato a torto; et perchè nuy sin questo septembre facemo generale<br />

et libera absolutione a tuti li ebrei del paese nostro, così appare per nostre lettere<br />

patente, acioché 282r <strong>di</strong>cti ebrei non possano lamentarse che non gli siano observate<br />

le <strong>di</strong>cte nostre lettere, volemo et così te coman<strong>di</strong>amo che, havendo tu informatione<br />

che’l <strong>di</strong>cto Elia habia commesso el <strong>di</strong>cto peccato inante la <strong>di</strong>cta nostra absolutione et<br />

liberatione, lo debii liberamente relaxare. Ma se <strong>di</strong>cto commesso peccato fosse facto<br />

dappuoy la <strong>di</strong>cta liberatione nostra, volemo che subito ne avisi. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e vii<br />

marcii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

Die vi marcii scriptum fuit hominibus Cornu Iuvenis quod alogient Christoforum de<br />

Regio cum equis quinque bene et quod solum dent ei stantiam.<br />

In simili forma scriptum fuit hominibus Castioni pro Paulo de Pisis et Iohanni de<br />

Caravagio.<br />

Christophorus.<br />

Cichus.<br />

1048<br />

Francesco Sforza ricorda a Gracino da Pescarolo e a Bartolomeo da Correggio, referendario<br />

<strong>di</strong> Pavia, <strong>di</strong> aver accordato all’aulico ducale Matteo Buttigella il pontatico <strong>di</strong> Gravellone nei pressi<br />

<strong>di</strong> Pavia. Siccome <strong>di</strong> tale dazio non v’é alcuna pubblica documentazione archivistica citta<strong>di</strong>na,<br />

vuole che Gracino e Bartolomeo sentano i dazieri <strong>di</strong> tale dazio o coloro che da circa <strong>di</strong>eci anni vi<br />

furono a capo e, sotto giuramento, da essi sappiano “quid, quantum, quomodo et a quibus<br />

personis et locis” esigevano <strong>di</strong> detto dazio, trascrivendo ogni cosa e poi tutto riponendo in<br />

archivio in modo che “ea forma ipsum datium exigatur nunc”.<br />

1454 marzo 1, Milano.<br />

Domino Gracino de Piscarolo et domino Bartholomeo Corigie, referendario Papie.<br />

Sicuti apparet per litteras nostras donavimus egregio aulico nostro Iohanni Matheo<br />

Butigele datium pontaticus Gravaloni prope civitatem nostram Papie; et intendentes<br />

quod datium ullum super ipso datio non reperitur descriptum in archivio (a) publico <strong>di</strong>cte<br />

nostre civitatis, de quo valde admiramur, volumus et vobis expresse comittimus et<br />

mandamus quatenus statim moneatis ad vos datiarios solitos <strong>di</strong>cti datii seu eorum<br />

participes, qui cure <strong>di</strong>cti dacii ab annis decem vel circa proxime preteritis prefuerunt,<br />

282v et cum iuramento vobis refferant, eosque refferre faciatis et scrutemini ab eis quid<br />

et quantum et quomodo et a quibus personis et locis ipsum dacium exigebant et<br />

exigerunt. Et tunc, secundum eorum <strong>di</strong>ctum et relationem, quas volumus in scriptis<br />

redegi faciatis volumus (b), or<strong>di</strong>netis quod ea forma ipsum datium exigatur nunc, et de<br />

cetero ea omnia in archivio <strong>di</strong>cte nostre civitatis registrari faciendo ne <strong>di</strong>ctum in<br />

similibus molestemur, et ipsum datium, eo defectu, quia datum non reperiatur<br />

descriptum, damnum de cetero non substineat. Me<strong>di</strong>olani, primo marcii 1454.


Cichus.<br />

(a) Segue proprio depennato.<br />

(b) Segue quod depennato.<br />

1049<br />

Francesco Sforza avverte il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che lì deve esserci un tal frate Grazio<br />

proveniente da Crema, che ha pratiche con Venezia per rapporti con il papa. Si ba<strong>di</strong> che alle<br />

porte non sfugga alla sorveglianza e, se fosse già uscito, lo si insegua e, presolo,<br />

“honestamente” lo si man<strong>di</strong> da lui.<br />

Vuole che il luogotenente <strong>di</strong>ca a Giovanni Grosso <strong>di</strong> trovarsi per tempo domattina dal duca.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1454) marzo 7, Milano.<br />

Semo avisati como in quella cità debbe essere uno frate Gratio, quale è venuto da<br />

Crema et mena pratiche per la signoria de Venesia col serenissimo nostro signore el<br />

Papa; però volemo che subito, veduto questa, ve<strong>di</strong>ati con bono et honesto modo de<br />

havere <strong>di</strong>cto frate, facendo havere bona advertentia aIe porte, e tale che non se ne<br />

possa andare che non lo pren<strong>di</strong>ati et, preso, subito lo mandati qui da nuy. Et se per<br />

ventura, ala recevuta de questa, fosse partito, volemo gli man<strong>di</strong>ati dreto per quella via<br />

intendereti che’l facia et che, in ogni loco ove el se trovarà, il faciate prendere et deinde<br />

ne lo mandate subito, però honestamente.<br />

Apresso volemo <strong>di</strong>cati ad Iohanne Grosso da Milano che domatina se debia trovare qui<br />

da nuy, et che vegna per tempo. Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e vii marcii, hora v noctis.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

1050<br />

Francesco Sforza concede al podestà <strong>di</strong> Caravaggio otto giorni <strong>di</strong> licenza per portarsi a<br />

Milano e altri successivi quattro giorni <strong>di</strong> assenza dall’ufficio per gli affari suoi.<br />

1454 marzo 8, Milano.<br />

283r Concessa est licentia potestati Caravagii venien<strong>di</strong> Me<strong>di</strong>olanum per octo <strong>di</strong>es.<br />

Me<strong>di</strong>olani, viii marcii 1454. Insuper concedemote ancora licentia che, forniti serano li<br />

pre<strong>di</strong>cti octo giorni, possi stare absente dal <strong>di</strong>cto offitio per quatro giorni ancora<br />

inme<strong>di</strong>ate sequenti, aciò meglio possi dare expe<strong>di</strong>cione ale toe facende. Data ut supra.<br />

1051<br />

Francesco Sforza scrive a Francesco Maletta <strong>di</strong> portarsi da lui possibilmente domattina,<br />

portando con lui Giacomo Scrovigno e il priore <strong>di</strong> San Maiolo.<br />

Francisco Malette.<br />

1454 marzo 8, Milano.<br />

Volimo, recevuta questa, debbi venire da nuy per alcune cose havimo a conferire cum<br />

ti; et s’el fosse possibile haveressemo caro fosse qui domatina. Data Me<strong>di</strong>olani, viii<br />

marcii 1454. Et menaray cum ti Iacomo Scrovigno et lo priore de San Mayoli. Data ut<br />

supra.<br />

Leonardus.<br />

Cichus.


1052<br />

Francesco Sforza vuole che Arrigo Todesco, imprigionato, perchè imputato, a torto, <strong>di</strong><br />

tramare contro lo stato, ritorni a stare con la sua donna a Fiorenzuola come faceva<br />

precedentemente.<br />

Potestati Florenzole.<br />

1454 marzo 8, Milano.<br />

Arigo Todescho, presente portatore, altre volte fo imputato havere commesso alcune<br />

cose contra il stato nostro, il perché fo preso et messo in presone, et in effecto non s’è<br />

trovato havesse fallito in cosa alcuna. Et volendo luy mò ritornare con la donna sua ad<br />

habitare in quella nostra terra de Fiorenzola, volimo che gli stare et habitare et fare Ii<br />

facti suoy como faceva inanzi che Ii fosse facta tale imputatione. Me<strong>di</strong>olani, viii marcii<br />

1454.<br />

Cherichinus.<br />

Cichus.<br />

1053<br />

Francesco Sforza si meraviglia che il podestà <strong>di</strong> Pavia non abbia dato notizia dell’omici<strong>di</strong>o<br />

commesso presso il Barco. Vuole che lo informi dei malfattori e del perchè non ha proceduto<br />

contro <strong>di</strong> loro, pur avendo lui, duca, saputo che al delitto vi presero parte alcuni del Barco.<br />

283v Potestati Papie.<br />

1454 marzo 6, Milano.<br />

Havemo noticia che questi dì passati fo commisso et perpetrato uno homici<strong>di</strong>o apresso<br />

il parco nostro de Pavia, et da vuy non habiamo aviso alcuno, de che ne maravigliamo.<br />

Pertanto vogliati avisarne como sta questa cosa, et che sono Ii malefactori, et perchè<br />

restati ad procederli contra o perché non ce haveti significato questo homici<strong>di</strong>o, perchè<br />

nuy siamo avisati che alcuni del Barcho gli tenero mane. Data Me<strong>di</strong>olani, vi marcii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

1054<br />

Francesco Sforza fa sapere al Colleoni, che si era detto <strong>di</strong>spiaciuto <strong>di</strong> alcuni suoi fanti che si<br />

erano allontanati dall’impresa <strong>di</strong> Bayedo, che <strong>di</strong> ciò ha avuto conferma dal famiglio ducale<br />

Angelo de Caposilvis. Vuole,perciò, che il Colleoni coman<strong>di</strong> a detti fanti <strong>di</strong> partecipare a detta<br />

impresa. Angelo farà ad essi “provedere de quello gli bisogna”, come s’é fatto nel passato.<br />

Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

1454 marzo 8, Milano.<br />

AlIi dì passati la magnificentia vostra ne scripse del despiacere havia havuto delli fanti<br />

suoy, quali se erano partiti dal’impresa delIa rocha de Bayedo, et che Ii faria subito<br />

retornare. Mò havendo nuy mandato per Angelo de Caposilvi, nostro fameglo, ad quella<br />

impresa con comissione de provedere aI vivere d’essi vostri fanti, ne scrive <strong>di</strong>cti vostri<br />

fanti anche non essere andati alIa <strong>di</strong>cta impresa; unde caricamo la magnificentia vostra<br />

(a) or<strong>di</strong>nare che <strong>di</strong>cti fanti vadano ala <strong>di</strong>cta impresa, acioché se gli possa dare fine, alIi<br />

quali Angelo farà provedere de quello gli bisogna, como gli è stato proveduto per lo<br />

passato. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e viii marcii 1454.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue avisare depennato.


1055<br />

Francesco Sforza comunica al podestà <strong>di</strong> Ripalta che il milanese Melchione da Rho si é<br />

accordato con lui <strong>di</strong> fornirgli calcina per tutti i lavori <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, Pizzighettone e Cremona e sicoome<br />

<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> avere inviato assai calcina lì, il duca vuole che se vi fosse qualcuno renitente ad<br />

osservare quanto promesso, deve agire contro <strong>di</strong> lui con rito sommario.<br />

284r Potestati Ripalte.<br />

(1454 marzo 8, Milano).<br />

Melchione da Ro, nostro cita<strong>di</strong>no milanese, s’è convenuto con nuy de tenerne fornito de<br />

calcina per tuti Ii lavorerii nostri de Lode, Pizguitono et de Cremona; et perch’él <strong>di</strong>ce<br />

havere inviato assay bona quantità de calzina in quella terra, te comettiamo et volemo<br />

che s’el fosse aIcuno renitente ad observarIi quello gli havesseno promesso et a fargli<br />

el dovere, gli debii fare rasone summaria et expe<strong>di</strong>ta, et deportarte per modo ch'el <strong>di</strong>cto<br />

Melchione non ne lassi mancare delIa <strong>di</strong>cta calcina. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1056<br />

Francesco Sforza comanda al tesoriere e al referendario <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzare<br />

l’assegnazione <strong>di</strong> denari che i Maestri delle entrate fecero sulle entrate <strong>di</strong> quella città al solo<br />

doge <strong>di</strong> Genova o al suo cancelliere, Leonardo da Pietrasanta, tranne se il duca impone loro<br />

<strong>di</strong>versamente con lettere da lui sottoscritte.<br />

In simile forma fu scritto al referendario, ai tesorieri <strong>di</strong> Parma, al referendario e<br />

al tesoriere <strong>di</strong> Como.<br />

1454 marzo 8, Milano.<br />

Thesaurario nostro Placentie et referendario.<br />

Li Magistri del’intrate nostre hanno facto certa assignatione de <strong>di</strong>nari al’illustre signore<br />

domino lo duce de Zenoa sopra l'intrate de quella nostra cità. Et perché nostra<br />

intentione è che la <strong>di</strong>cta assignatione gli corra, ve comettiamo et volemo che delli <strong>di</strong>nari<br />

d’essa assignatione non debbiati respondere ad alcuna persona sia che se voglia,<br />

excepto al prefato domino lo duce, overo a domino Lonardo da Petrasancta, suo<br />

cancellero, senza exceptione et contra<strong>di</strong>cione alcuna, excepto se nuy ve scrivessemo<br />

lettere sottoscripte de nostra propria mano. Me<strong>di</strong>olani, viii marcii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum fuit referendario et thesaurariis nostris Parme, et referendario et<br />

thexaurario nostris Cumarum.<br />

1057<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce al podestà <strong>di</strong> Ripalta <strong>di</strong> concedere che Scipione da Casa o un suo<br />

inviato <strong>di</strong> prendere 25 legni cavati dal ponte <strong>di</strong> Ripalta,<br />

tranne se sono buoni per i ponti <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> e <strong>di</strong> Pizzighettone.<br />

284v Potestati Rippalte.<br />

1454 marzo 9, Milano.<br />

Siamo contenti et volemo che lassi pigliare ad domino Sipione da Casa, o ad<br />

qualunqua suo mandato, legni vinticinque, cioè 25, de quelli foreno cavati del ponte de<br />

Rivalta, purchè <strong>di</strong>cti 25 legni non siano boni per potere operare nel ponte nostro de<br />

Lode e de Pizghitone, che, siando boni per operare in li <strong>di</strong>cti ponti, li volemo operare<br />

per nuy. Data Me<strong>di</strong>olani, viiii marcii 1454.<br />

Duplicata <strong>di</strong>e xiii marcii per Marcum Trotum.<br />

Ser Iohannes.<br />

Iohannes.


1058<br />

Francesco Sforza vuole che il referendario <strong>di</strong> Piacenza restituisca all’uomo d’arme ducale<br />

delle lance spezzate, Gabriele da Taranto, il ragazzo Baldesar, assentatosi senza permesso.<br />

In simile forma si é scritto al capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza perché faccia restituire dal<br />

referendario a Gabriele il suo ragazzo.<br />

Referendario nostro Placentie.<br />

(1454 marzo 9, Milano).<br />

S’è lamentato da nuy Gabriel da Taranto, nostro homo d’arme delle lanze spezate,<br />

<strong>di</strong>cendo che tu li hay desviato uno suo regazo, nominato Baldesar, el quale (a) s’è<br />

absentato da luy senza licentia, donde ne porta grande sinistro et non pò fare senza<br />

esso. Pertanto volemo che tu debbi restituire al <strong>di</strong>cto Gabriel esso suo regazo, et non te<br />

impazi <strong>di</strong> facti suoi per veruno modo. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum fuit capitaneo citadelle Placentie quod faciat restituere<br />

suprascripto Gabrieli regatium suum a suprascripto referendario Placentie.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

(a) s’è ripetuto.<br />

1059<br />

Si é scritto a Sagramoro Visconti che man<strong>di</strong> dal duca i detenuti Decio de Advocatis e il il già<br />

castellano <strong>di</strong> Breda.<br />

(1454) marzo 9.<br />

285r Die viiii marcii.<br />

Scriptum fuit domino Segramoro Vicecomiti quod mittat huc ad nos Decium de<br />

advocatis et castellanum olim Brede detentos, et cetera.<br />

Cichus.<br />

1060<br />

Francesco Sforza dà atto a Gaspare da Suesse <strong>di</strong> aver inteso della “mala compagnia” che fanno<br />

quei <strong>di</strong> Crema ai suoi compagni, <strong>di</strong> cui ne hanno presi sei che non intendono rilasciare Gli<br />

trasmette lo scritto inviato ai soldati sforzeschi sistemati nei pressi <strong>di</strong> Crema in cui or<strong>di</strong>na loro <strong>di</strong><br />

trattenere i soldati <strong>di</strong> lì che piglieranno e <strong>di</strong> non liberarli finchè non faranno altrettanto con i suoi.<br />

Gasparri de Suessa.<br />

1454 marzo 9, Milano.<br />

Per la toa delli cinque del presente restiamo avisati della mala compagnia fanno quelli<br />

da Crema ali tuoi compagni, quali ne hanno preso sei et non li voleno relaxare, el che<br />

molto ne despiace; et per obviare a questo te avisamo, como havemo scripto a tuti li<br />

soldati nostri alogiati nelle terre circonvicine a Crema, che quanti soldati pigliarano de<br />

quelli logiano in la <strong>di</strong>cta terra, tuti li debiano retenere, non relaxandoli finchè <strong>di</strong>cti tuoy<br />

compagni non siano relaxati. Et fazano quella compagnia a loro che serà facta aIi tuoy;<br />

il perché cre<strong>di</strong>amo, facendo in questo modo, gli venerà voglia mutare verso, et Ie littere<br />

scrivemo aIi <strong>di</strong>cti soldati nostri te le man<strong>di</strong>amo qui aligate, siché le poray mandare per<br />

uno delli tuoy ad che se drizano. Me<strong>di</strong>olani, viiii marcii 1454.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.


1061<br />

Francesco Sforza comanda agli squadreri Francesco de Ad<strong>di</strong>s e a Scaramuccia de Platina <strong>di</strong><br />

trattenere tutti i soldati nemici che cattureranno in rivalsa <strong>di</strong> quanto hanno fatti i soldati alloggiati<br />

a Crema, che hanno preso, e non intendono liberare, sei compagni del conestabile ducale<br />

Gaspare da Suessa, che trattengono in “mala compagnia”. Così, per evitare che si istaurino<br />

“cative usanze”, dovranno fare finché i compagni <strong>di</strong> Gaspare non saranno rilasciati.<br />

In simile forma é stato scritto a: Pupo de Pisis a Armerico Bernabò, Francesco <strong>di</strong> Sanseverino,<br />

Antonello de Burgo, condottiere, Domato da Milano, familiare ducale.<br />

(1454 marzo 9, Milano).<br />

Francisco de Ad<strong>di</strong>s et Scaramutie de Platina, squadreriis nostris.<br />

Perché Ii soldati allogiati in Crema hanno preso sei delli compagni de Gasparro da<br />

Sessa, nostro conestabile, allogiato in Ceredo, li quali non vogliono relaxare et hanno<br />

incomenzato ad fare mala compagnia, volimo che quanti ne seranno presi per li vostri<br />

tuti li fazati retenere, finchè serano relaxati Ii compagni de Gasparro 285v, et fare quella<br />

compagnia a loro che essi farano ali nostri, poiché sempre dal canto suo comenzano a<br />

mettere Ie cative usanze et fare Ie male compagnie. Data ut supra.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

In simili forma scriptum fuit<br />

Pupo de Pisis et Americo Bernabovi<br />

et Francisco de Sancto Severino,<br />

Antonello de Burgo armorum ductori<br />

et Donato de Me<strong>di</strong>olano, familiari nostro.<br />

1062<br />

Francesco Sforza sollecita donna Luchina dal Verme a consentire che il cremonese<br />

Gabriele <strong>di</strong> Maffi possa portar fuori, pagando i debiti dazi, dalle terre vermesche i circa 100<br />

sacchi <strong>di</strong> frumento che ha lì comprati<br />

In data 9 marzo, si é scritto all’ufficiale delle vettovaglie <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> portarsi dal duca<br />

in<strong>di</strong>rizzandosi da Cicco.<br />

Magnifico domine Luchine de Verme.<br />

1454 marzo 11, Milano.<br />

Gabriele <strong>di</strong> Maffi, nostro cita<strong>di</strong>no Cremonese, ha comparato cento sachi de fromento,<br />

vel circa, in le vostre terre, e vorialo luy condure a Cremona, ma <strong>di</strong>ce gli faciti uno<br />

pocho de obiecto, e ve fate <strong>di</strong>fficile (a) lassargelo trarre fora. Per la qual cosa,<br />

considerato che già ha facto la compra, et che non la conduce se non in le nostre terre,<br />

ve confortiamo e caricamo che gli lassati far la conducta, pagando luy li dacii e facendo<br />

quanto se debbe fare dal canto suo; e de questo ne farete piacere asay. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, xi martii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue fa depennato.<br />

Die viiii marcii. Scriptum fuit officiali victualium Papie quod veniat ad dominium et quod<br />

se presentet coram magnifico domino Cicho.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1063<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà <strong>di</strong> Pavia renda giustizia, con rito sommario, ad<br />

Antonio Trombetta, uomo del marchese <strong>di</strong> Mantova, e al pavese Antonio Fioco, che hanno<br />

vertenze con gli ortolani Bellano e Gierico.


286r Potestati Papie.<br />

1454 marzo 10, Milano.<br />

Antonio Trombetta del’illustre signor miser lo marchese de Mantoa, et Antonino Fiocho<br />

de quella nostra cità, n’hanno significato havere certe <strong>di</strong>fferentie con il Bellano et<br />

Gierico, ortolani, per la quale domandano gli sia facto ragione summaria senza strepito,<br />

de piado et <strong>di</strong>latione de tempo; con ciò sia che <strong>di</strong>cto Antonio Trombetta sia domandato<br />

dal prelibato illustre signore domino lo marchese et non habia tempo ad piadezare. Per<br />

reverentia, adoncha, del <strong>di</strong>cto signore et aciò che per le parte non se habiano ad fare<br />

grande spese, siamo contenti et ve comettemo che debiati far ragione ale <strong>di</strong>cte parte<br />

summarie, simpliciter et de plano, sine strepitu et figura iu<strong>di</strong>cii, cavillationibus et cetera,<br />

ita tamen che veruna delle parte habia iusta casone de lamentarse. Data Me<strong>di</strong>olani, x<br />

marcii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1064<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà <strong>di</strong> Ripalta faccia riavere a Tommaso e Negro Fromento,<br />

abitanti nel Lo<strong>di</strong>giano, il paio <strong>di</strong> buoi che fu loro sottratto durante la guera da quelli <strong>di</strong> Rivalta e<br />

che ora si trovano presso il pan<strong>di</strong>nese Marchese <strong>di</strong> Vanni, che afferma <strong>di</strong> averli comprati per<br />

venti ducati (denari che gli vanno restituiti) dal rivoltano Cristoforo Morono.<br />

Potestate Ripalte.<br />

1454 marzo 10, Milano.<br />

Essendo stato tolto nel tempo della guerra passata per quelli da Rivolta a Thomaso et<br />

Negro Fromento, habitante in Lodesana, uno paro de bovi contra la <strong>di</strong>spositione del<br />

salvoconducto, et havendo trovato li <strong>di</strong>cti bovi presso Marchese <strong>di</strong> Vanni, habitante in<br />

Pan<strong>di</strong>no, havemo or<strong>di</strong>nato che gli siano restituiti; et perch’el <strong>di</strong>cto Marchese <strong>di</strong>ce<br />

havere comprati Ii <strong>di</strong>cti bovi per vinti ducati da Christofaro Morono, habitatore da<br />

Rivolta, et ne pare honesto ch’el non perda Ii suoy <strong>di</strong>nari, volimo che gli fazi rasone et<br />

prove<strong>di</strong> che ad esso Marchese siano restituiti Ii <strong>di</strong>cti vinti ducati, perchè se luy l’ha mal<br />

comprati debe essere suo danno, et non del <strong>di</strong>cto Marchese. Me<strong>di</strong>olani, xi marcii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1065<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce al Colleoni <strong>di</strong> aver inteso quel che ha scritto Giovanni da Pietrasanta agli<br />

uomini delle valli Brembana e Seriana, ma conferma che vanno osservati, come ha scritto a<br />

Giovanni, i privilegi che il duca ha loro concessi.<br />

286v Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

1454 marzo 11, Milano.<br />

Havemo inteso quanto ne scriveti de quello che ha scripto Iohanne da Petrasancta aIi<br />

homini de Vallebrembana et de Valle Seriana. Ad che, respondendo, <strong>di</strong>cemo che nostra<br />

intentione è che aIi pre<strong>di</strong>cti sia observato Ii suoy privilegii, quaIi hanno da nuy<br />

inviolabilmente; et havemo scripto alo <strong>di</strong>cto Iohanne che non gli debbia dare impazo<br />

alcuno alli <strong>di</strong>cti homioni per <strong>di</strong>cta casone. Me<strong>di</strong>olani, xi marcii 1454.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.


1066<br />

Francesco Sforza scrive ai rettori <strong>di</strong> Bergamo e rivolgendosi in particolare a Bettino da Calcinate<br />

confuta quanto egli asserisce in merito alla detenzione del famiglio ducale Pasino da Vignola<br />

negando lo stato <strong>di</strong> famiglio <strong>di</strong> Pasino, <strong>di</strong> cui Bettino evidenzia la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> ufficiale ducale e<br />

capitano con il compito <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re che si conducano vettovaglie a Bergamo. Il duca ribatte<br />

riven<strong>di</strong>cando lo stato <strong>di</strong> famiglio del suo uomo, <strong>di</strong> averlo come tale, più e più volte adoperato e<br />

come si attesta nelle stesse patenti con cui gli si affida l’ufficio <strong>di</strong> capitano. A convalida del<br />

comportamento ducale con i prigionieri nemici, Lo Sforza allega copia della convenzione con<br />

Venezia per attestare d’averla puntualmente osservata con condottieri, capisquadra, soldato o<br />

famiglio catturati da lui sempre liberamente rilasciati. Siccome Bettino gli ricorda che Diotesalvi<br />

fu liberato dopo il versamento <strong>di</strong> 2000 ducati, il duca gli fa presente che Diotesalvi fu preso a<br />

Caravaggio e “riscosso da villani”, ai quali “non gli é data legge alcuna”.<br />

Circa la vicenda del maestro Bartolaso, il duca non ha <strong>di</strong>fficoltà a rammentare a Bettino che<br />

Bartolaso fu preso dagli uomini <strong>di</strong> Bartolomeo Colleoni e, quanto a Bartolaso, Bettino ben sa che<br />

Bartolaso “ha facrto quanto ha facto”. Comunque, per Bartolaso il duca ha chiesto al Colleoni <strong>di</strong><br />

inviargli due cancellieri che, proprio oggi, son da lui e gli hanno confermato che il Colleoni<br />

sapeva chiaramente che Bartolaso non era soldato.<br />

A conclusione il duca torna a richiedere il libero rilascio <strong>di</strong> Pasino, non tralasciando <strong>di</strong> insinuare<br />

che lui che ha in mano Desio Avogadro e il castellano <strong>di</strong> Bre e altri ancora ne avrà nei prossimi<br />

giorni, non li libererà prima che sia data la libertà a Pasino e il trattamento che verrà fatto a lui<br />

sarà attuato con quelli <strong>di</strong> loro che il duca ha e avrà in suo potere.<br />

Rectoribus Pergami et Bettino da Calcinate.<br />

1454 marzo 10, Milano.<br />

Spectabilis et probi viri amici nostri carissimi, havemo recevuto la lettera che tu, Bettino,<br />

n’hai scripto responsiva ala nostra circha la retentione de Pasino Vignola, nostro<br />

fameglio, et inteso Ie allegatione tu fay <strong>di</strong>cendo non ne dobiamo maravigliare d’essa<br />

soa retentione, perhò che l’hai preso per bona guerra et che luy non è nostro fameglio,<br />

ma che è nostro officiale et capitaneo, deputato in Bergamasca ad prohibere che Ie<br />

victualie non se conducono dentro da Bergamo, et cetera. Ala quaIe lettera, de parte in<br />

parte respondendo, <strong>di</strong>cemo che non denegamo <strong>di</strong>cto Passino non sia preso per bona<br />

guerra, ma ben <strong>di</strong>cemo et cosi protestamo luy essere longamente nostro fameglio, et<br />

havemolo operato più et più volte per nostro fameglio; et così veramente è et nuy<br />

l’havemo sempre tenuto et reputato nostro fameglio, como piu largamente se fa<br />

mentione in Ie nostre lettere patente concesse a luy per lo <strong>di</strong>cto officio. Et quantunque<br />

I’habiamo concesso 287r <strong>di</strong>cto officio, tamen non resta ch’el non sia nostro fameglio,<br />

como anche se pò vedere per tuto il Bressano, perché li nostri famegli sonno quelli alIi<br />

quaIi havemo dati et comissi Ii officii; et per questa casone non resti perho che essi non<br />

siano nostri famegli. Per la quale rasone pare a nuy che molto ve partiati dala honestà<br />

et dal dovere, advisandove che tra la signoria et nuy sonno conventione delle quale ve<br />

ne man<strong>di</strong>amo qui inclusa la copia, le quale in fin mò havemo nuy facto observare<br />

illesamente dalla parte nostra, perchè de quanti conducteri et capodesquadre et veruno<br />

soldato o fameglio, o altri scripti con la prefata signoria che siano stati pigliati, nuy<br />

sempre et subito l’havemo facti relaxare liberamente per observatione della promessa<br />

nostra et de mantenere la bona usanza; siché ne pare debbiati similmente vuy per<br />

observo della voluntate d’essa signoria, fare liberamente relaxare <strong>di</strong>cto Pasino del<br />

quale, per tenore de questa, post che per moltissime vie podeti havere inteso essere<br />

nostro fameglio, ve facemo de novo piena fede, como è nostro fameglio. Et perchè tu,<br />

Bettino, per una particella d’essa tua lettera ne recor<strong>di</strong> che domino Diotesalvi fo preso a<br />

Caravazo et scosso ducati 2000, et che per soldato dovea fir relaxato, <strong>di</strong>cemo a questo<br />

che esso Diotesalvi fo preso et riscosso da villani, alli quali sapeti in simile cosa non gli<br />

è data lege alcuna, et per questo non cade imputatione a nuy de inobservantia deIe<br />

bone usanze militari.<br />

Ala parte de quello maestro Bartolaso, <strong>di</strong>cemo che esso è stato preso per quelli del<br />

magnifico Bartholomeo, como vuy sapeti, quale como cognoscente d’esso Bartolaso,<br />

ha facto quanto ha facto. Et per piu chiareza de questo, pur ogi havemo mandato per<br />

duy cancelleri d’esso Bartholomeo, che sonno qua, quali n’hanno <strong>di</strong>cto como el prefato


Bartholomeo 287v sapea bene luy chiaramente <strong>di</strong>cto Bartholaso non essere soldato,<br />

dove l’ha poduto scodere; et sopra ciò da luy n’havereti più chiareza, se serà bisogno,<br />

dove per <strong>di</strong>cte casone non haveti niuna vera rasone de retenire <strong>di</strong>cto Pasino. Per la<br />

qual cosa concludemo et così ve confortiamo che vogliate fare relaxare liberamente<br />

<strong>di</strong>cto Pasino, nostro fameglio, como arechiede il dovere et la honestà et la promissione<br />

che ha con nuy la vostra signoria, advisandove como nuy havemo in le mane Desio<br />

Avogadro et lo castellano che era nella rocha de Bre; et delli altri ancora ne capitarà<br />

nelle mano fra pochi dì, quali tuti similmente faremo ritenere et non Ii relaxaremo may<br />

per finchè vuy non habiati relaxato <strong>di</strong>cto Pasino; et ve advisamo et certifacamo che per<br />

ogne <strong>di</strong>naro fareti pagare al <strong>di</strong>cto Pasino, nuy ne faremo pagare a costoro et ad ogne<br />

altro venerà in Ie mane et possanza nostra, quatro. Et tali tractamenti quaIi seranno<br />

facti al pre<strong>di</strong>cto nostro fameglio nuy faremo (a) fare el simile aIi prenominati et ad ogne<br />

altro ne capitarà neIe mano. Ma facendo vuy liberare <strong>di</strong>cto Pasino, como rechiede el<br />

debito et l’honestà, nuy faremo ancora el simigliante et faremo relaxare li pre<strong>di</strong>cti et<br />

castellano. Data Me<strong>di</strong>olani, x marcii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

(a) fare ripetuto.<br />

1067<br />

Francesco Sforza ricorda al referendario <strong>di</strong> Pavia che doveva far restituire la parte delle vacche<br />

e dei loro frutti (vitellini), che aveva ricevuti il defunto Giacomino Garzo, al marescalco ducale<br />

Anibal se gli risultava che gli spettassero. Siccome le vacche sono state vendute, Anibal chiede<br />

un risarcimento che lo compensi delle vacche e dei loro frutti dal fratello <strong>di</strong> Giacomino, cui il duca<br />

ha dato la roba <strong>di</strong> Giacomino.<br />

288r Referendario Papie.<br />

1454 marzo 11, Milano.<br />

Per altre nostre ve havemo scrito che dovessivo fare restituire la sua parte de Ie vache,<br />

et così deIi fructii, quali haveva perceputi el condam Iacomino Garzo ad Anibal, nostro<br />

marischalco, constando a vuy che lo debitamente, rasonevolmente Ii dovesse havere;<br />

mò <strong>di</strong>cto Anibal ne <strong>di</strong>ce che <strong>di</strong>cte vache sonno state vindute et che per questa casone<br />

non pò rehavere la roba sua, et che vogl(i)ano provedere (a) non Ii sia tolto el suo<br />

indebitamente. Et parendone la sua domanda honesta, ve comettemo et volemo che<br />

constando a voy che el pre<strong>di</strong>cto Anibal debia havere <strong>di</strong>cte vache et parte deIe fruc(te)<br />

d’esse, secondo lui ne <strong>di</strong>ce, debati providere et cun effecto fare che Ii sia dacto tanta<br />

roba o <strong>di</strong>nari o altre cosse, che a <strong>di</strong>cto condam Iacomino che vegna ad esse(re)<br />

satisfacto et pagato de tuto quelo che debitamente doveva havere et deve dal pre<strong>di</strong>cto<br />

condam Iacomino, como è cossa iusta et rasonevole, advisandove che noi intendemo<br />

havere donato la roba del <strong>di</strong>cto Iacomino al suo fratello, ma non gli havemo donata la<br />

roba et cosse del <strong>di</strong>cto Anibal, et de quelo che <strong>di</strong>cto Iacomino gl’era debitore como luy<br />

demonstrerà chiaramente. Però provi<strong>di</strong>ti che dela roba sua o de debitorii o per altra via,<br />

che <strong>di</strong>cto Anibal resti pagato, satisfato et ben contento de tuto quelo deve havere dal<br />

pre<strong>di</strong>cto condam Iacomino; et de questo facti non n’abiamo più te<strong>di</strong>o, nè lamentanza et<br />

che exequate quanto ve (b) scrivemo, se così hé che debitamente et iustamente <strong>di</strong>cto<br />

Anibal sia vero cre<strong>di</strong>tore. Data Me<strong>di</strong>olani, xi marcii 1454.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue la roba sua depennato.<br />

(b) ve ripetuto.<br />

1068<br />

Francesco Sforza scrive al podestà <strong>di</strong> Romanengo <strong>di</strong> essere contento dell’informazione datagli<br />

dei locali Giacomo e Bettino <strong>di</strong> Francinelli<br />

(1454 marzo 11, Milano).


Potestati Romanenghi.<br />

Havemo recevuta la toa lettera et inteso quanto ci hay scripto dela informatione havuta<br />

de Iacomo et Bettino <strong>di</strong> Francinelli de quella terra, et cetera; non accade far altra<br />

resposta con che ce piace havere havuto talo aviso. Data ut supra.<br />

Andreas.<br />

1069<br />

Francesco Sforza vuole che Iosep, castellano <strong>di</strong> San Colombano convochi la madre delle<br />

due figlie che Marazo e Giovanni Albanese vogliono sposare e la persuada a detti matrimoni e la<br />

assicuri che il duca la aiuterà.<br />

1454 marzo 12, Milano.<br />

288v Iosep, castellano arcis Sancti Culumbani.<br />

Perché Marazo et Iohanne Albanese, nostri famegli, hanno certa pratica con la madona<br />

de Pasino da Gravati de torre per mogliere doe soe figliole, pertanto volemo che habbi<br />

<strong>di</strong>cta dona et vogli persuaderla et confortarla ad fare <strong>di</strong>cti parentati, chiarendola che<br />

della <strong>di</strong>fferenza che ha, nuy la a<strong>di</strong>utaremo et favorizaremo sì ad rasone che non gli serà<br />

facto torto alcuno. Data Me<strong>di</strong>oani, xii marcii 1454.<br />

Ser Iohannes.<br />

Iohannes.<br />

1070<br />

Francesco Sforza vuole che donna Luchina dal Verme, vista la supplica della comunità e<br />

degli uomini della Pieve <strong>di</strong> Incino, solleciti i suoi massari a fare la parte loro, facendo loro “levare<br />

la spesa del’hostaria” o in altra maniera in modo che i ricorrenti non abbiano doppia spesa.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

(1454 marzo 12, Milano).<br />

Vederiti per la supplicatione inclusa quanto n’hanno significato la comunità et homini<br />

della Pieve de Incino; et perchè, siando como loro narano, ne pare pur ragionevele et<br />

conveniente che li vostri massari debiano fare la parte sua, ve confortiamo et caricamo,<br />

quanto più possimo, che vogliate far levare la spexa del’hostaria, aut ali vostri massari,<br />

aut per qualch’altra via, in modo che la comunità et homini, quali hanno facto il dovere<br />

suo, non siano aflicti de dopia spexa. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

1071<br />

Francesco Sforza scrive al podestà <strong>di</strong> Milano che, dopo aver liberato l’ebreo Elia per non<br />

aver commesso altro fallo, liberi pure la femmina sua complice.<br />

289r Potestati Me<strong>di</strong>olani.<br />

1454 marzo 12, Milano.<br />

Havemo veduto quanto ne havete scripto circa lo facto de quella femina, quale era<br />

destenuta insieme cum quello Elia, ebreo; <strong>di</strong>cemo che possa, per non havere trovato lo<br />

<strong>di</strong>cto Elia in altro fallo, l’haveti relassato. Siamo contenti et volimo che, non siandoli<br />

altra casone che quella d'esso Elia, debiati etiam relassare liberamente la <strong>di</strong>cta femina.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, xii marcii 1454.<br />

Persanctes.<br />

Iohanne.<br />

1072<br />

Francesco Sforza ricorda ai nobili, al comune e agli uomini della Guazzola che, lo scorso anno,<br />

tolsero armi e carriaggi a Gabriele da Milano e a Matteo da Pavia, fratelli e compagni <strong>di</strong>


Bartolomeo Colleoni, quando da Bartolomeo, che era <strong>di</strong> là, se ne fuggì Opicino Rivero, suo<br />

condottiero, armi che non restituirono neppur quando glielo scrisse il Colleoni.<br />

Ora il duca or<strong>di</strong>na alla gente <strong>di</strong> Guazzola <strong>di</strong> consegnare ai due fratelli dette cose che, <strong>di</strong>cono, si<br />

trovano presso Battistino da Corte.<br />

(1454 marzo 12, Milano).<br />

Nobilibus, comuni et hominibus dela Guazola.<br />

Gabriello da Milano et Matheo da Pavia, fratelli et compagni del magnifico Bartholomeo<br />

Colione, nostro capitaneo, ce <strong>di</strong>cono che nel tempo che Bartholomeo pre<strong>di</strong>cto se<br />

trovava questo anno proximo passato delà, fugendose da luy, Opicino Rivero, suo<br />

conductero, pare per vuy fosse tolte et retenute certe arme et cariagi deIli pre<strong>di</strong>cti<br />

fratelli, per la restitutione deIe quale, havendove già scripto <strong>di</strong>cto Bartholomeo, non gli<br />

volse essere date. Pertanto, venendo de presente ambiduy per <strong>di</strong>cte sue cose, quale<br />

<strong>di</strong>cono essere presso uno Baptistino da Corte, volemo et ve comandamo gli debiate<br />

senza contra<strong>di</strong>ctione restituire; et non sia fallo alcuno aciò se possano mettere in<br />

puncto quelle me<strong>di</strong>ante. Data ut supra.<br />

Andreas Fulgineus.<br />

1073<br />

Francesco Sforza si comanda a Giovanni Capretto, prevosto della Trinità a Pavia e al prete<br />

Belloto, pure <strong>di</strong> lì, <strong>di</strong> portarsi dal duca.<br />

(1454 marzo 12, Milano).<br />

Domino presbitero Iohanni Capreto, preposito Trinitatis Papie, nec non presbitero<br />

Belloto ibidem quod veniant ad dominum in<strong>di</strong>late<br />

Andreas Fulgineus.<br />

1074<br />

Francesco Sforza si <strong>di</strong>ce sod<strong>di</strong>sfatto che GiovanniGiacomo de Beccaria, economo ducale<br />

nell’episcopato <strong>di</strong> Pavia, gli abbia fatto sapere che il Capitolo non vuole accettare don Antonio<br />

Picheto per vicario.<br />

(1454 marzo 12, Milano).<br />

Presbitero Iohanniiacobo de Beccaria, iconimo nostro in episcopatu Papiensis.<br />

Asai ne piace lo aviso ne haveti facto così delo capitolo, Ii quale non vole acceptare<br />

domino Antonio Picheto per vicario, como del’altre cose ne haveti scripto; circa questo<br />

non <strong>di</strong>cemo altro, se non che presto daremo forma aIe cose, sichè haverano bona<br />

expe<strong>di</strong>tione. Et vuy del canto vostro ne vogliati tenere avisati se altro accaderà. Data ut<br />

supra.<br />

Andreas Fulgineus.<br />

Cichus.<br />

1075<br />

Francesco Sforza sollecita donna Luchina dal Verme a far avere al cancelliere ducale Francesco<br />

<strong>di</strong> ser Antonio, non più tar<strong>di</strong> del 20 del mese in corso, le 6340 lire dovute per il sale in modo da<br />

poter pagare le lance spezzate ducali.<br />

289v Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

1454 marzo 12, Milano.<br />

Perché havemo deputate quelle libre vi mila cccxl che haveti pagare per lo sale deIe<br />

terre vostre al spazamento delle lanze spezate nostre, vogliati mandarle qui quanto più<br />

presto sia possibile, et al piu tardo ali xx dì de questo mese da fir numerati a Francisco<br />

de ser Antonio, nostro cancellero; et in questo non sia fallo né mancamento veruno a


ciò non stia impazato lo <strong>di</strong>cto spazamento delle lanze spezate, et rescrivitene dela<br />

recevuta de questa. Me<strong>di</strong>olani, xii marcii 1454.<br />

Iohannes.<br />

1076<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al referendario <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> non motivare le lamentele dei navaroli<br />

piacentini Guglielmo Bardena e Bartolomeo Stefanono che recriminano <strong>di</strong> non essere trattatati<br />

come gli altri navaroli.<br />

Referendario nostro Placentie.<br />

(1454 marzo 12), Milano.<br />

Se sono lamentati da nuy Guglielmo Bardena et Bartolino Stefanono de quella nostra<br />

cità, <strong>di</strong>cendo essere navaroli como sonno Ii altri navaroli de Piasensa et, non obstante<br />

questo, pare che nel facto del sale siano pegio tractato et in pegiore grado che Ii altri.<br />

Pertanto te <strong>di</strong>cemo che tu debii intendere questa loro querella et provederli per modo<br />

che non habiano cason de lamentarse; et essendo loro navaroli, como <strong>di</strong>cono, non<br />

siano in pegiore grado che Ii altri, revocando ogne novità che Ii fosse facta contra il<br />

debito. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

1077<br />

Francesco Sforza vuole che Teseo da Spoleto trovi una sistemazione sia per i cavalli che<br />

per i due uomini d’arme, transfughi dal nemico. che Giorgio Gonzaga,<br />

condottiero <strong>di</strong> suo fratello Alessandro, manda lì.<br />

290rTheseo de Spoleto.<br />

1454 marzo 13, Milano.<br />

Lo spectabile Zorzo da Gonzaga, conductero de Alexandro, nostro fratello, mandarà Ii<br />

duy homini d’arme, quali sonno venuti de presente dal canto de inimici, et se sonno<br />

acconzo in la compagnia d’esso Alexandro; volimo che in qualche loco, como te parerà,<br />

gli prove<strong>di</strong> de stantia solum per loro et loro cavalli, et non de altro. Data Me<strong>di</strong>olani, xiii<br />

marcii 1454.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

1078<br />

Francesco Sforza vuole che il piacentino Giacomo Palmano informi l’abbate <strong>di</strong> San Vitale che, a<br />

consegna avvenuta dei 1000 ducali da lui offerti, gli restituirà la sua abbazia alla con<strong>di</strong>zione che<br />

faccia residenza a Piacenza, o a Pavia o a Milano.<br />

Or<strong>di</strong>na a Palmano <strong>di</strong> <strong>di</strong>re d’andarsene via all’uomo d’arme del conte Giacomo. che é lì per<br />

visitare i suoi, beneficiando del salvacondotto datogli dallo stesso Palmano.<br />

Se non fosse ancora arrivato, gli faccia sapere <strong>di</strong> non muoversi, perché gli é stato revocato il<br />

salvacondotto: é uno dei Marenghi.<br />

Domino Iacobo Palmano de Placentia.<br />

(1454 marzo 13, Milano).<br />

S’el abbate de San Vidale ne vole dare quelli mille ducati d’oro, quali altra volta tu ne<br />

offeristi per sua parte, nuy siamo contenti de restituirlo ala sua abbatia liberamente, ma<br />

volemo che la sua stantia sia qui o ad Milano o ad Pavia, dove piu ne piacerà, et non<br />

altrove per veruno modo. Et li mille ducati d’oro volimo inanze trato, et poi subito lo<br />

remetteremo ala abbatia; siché vogli mandarli ad <strong>di</strong>re questo che te scrivemo, et vede<br />

de havere subito la risposta, et avisane.<br />

Apresso se quello homo d’arme del conte Iacomo, qual hebe il salvoconducto per le tue<br />

mane de venire lì ad vedere li suoy, se retrova lì de presente, volimo che tu gli <strong>di</strong>chi per<br />

nostra parte ch’el va<strong>di</strong> per li facti soi; et s’el non è ancora venuto, mandagli ad <strong>di</strong>re ch’el


non vegni, perché nuy gli revocamo il salvoconducto; el quale homo d’arme credemo sii<br />

de quelli de Marenghi. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

1079<br />

Francesco Sforza replica al podestà <strong>di</strong> Pavia, che tutto nega, <strong>di</strong> informarsi del fattaccio<br />

commesso, se non nel parco, a due miglia da Pavia e lo informi dei colpevoli.<br />

290v Potestati Papie.<br />

1454 marzo 13, Milano.<br />

Havemo recevuto la vostra lettera responsiva ala nostra circa el facto de quello<br />

malefitio commesso ne(l) quello nostro parco, per la quale ne scriveti havere<br />

intervenuto chi sonno questi malefactori, et non ne haveti trovato nesuno, né che sia<br />

commisso malafitio alcuno; <strong>di</strong>cemo, replicandove quello medesimo che ve scrivessemo<br />

per <strong>di</strong>cta nostra, che debiate bene intervenire dove è stacto facto <strong>di</strong>cto malefitio, et chi<br />

sonno Ii maleafactori. Et per questo ne vogliate partecipare col capitaneo nostro del<br />

parco quale ve informarà del tuto. Quantunche <strong>di</strong>camo <strong>di</strong> sopra che <strong>di</strong>cto malefitio sia<br />

stato facto nel parco, <strong>di</strong>cemo el fuy facto presso a Pavia, doa miglia. Me<strong>di</strong>olano, xiii<br />

marcii 1454.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

1080<br />

Francesco Sforza comunica a Bolognino de Attendolis che manda magistro Io<strong>di</strong>o da San<br />

Martino, costruttore <strong>di</strong> bombarde, per <strong>di</strong>sfare la tromba della bombarda, detta la veronese.<br />

Magnifico Bolognino de Attendolis.<br />

(1454 marzo 13), Milano.<br />

Man<strong>di</strong>amo Iì magistro Io<strong>di</strong>o da San Martino, fabricatore da bombarde, et havemoli<br />

commesso ch’el debia desfare la tromba de quella nostra bombarda, che se ritrova in<br />

quello nostro castello, chiamata la veronese; però volimo ne lassati desponere como<br />

vorà luy senza exceptione alcuna. Me<strong>di</strong>olani <strong>di</strong>e suprascripto.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1081<br />

Francesco Sforza avverte Gracino da Pescarolo che manda lì maestro Io<strong>di</strong>o <strong>di</strong> San Martino,<br />

costruttore <strong>di</strong> bombarde, per fare a pezzi quella bombarda che é nel castello ed é già smontata<br />

da maestro Guglielmo, avendo cura <strong>di</strong> mandargli tutto il metallo del cui peso lo informerà.<br />

291r Domino Gracino de Piscarolo.<br />

(1454 marzo 13, Milano).<br />

Man<strong>di</strong>amo Ii magistro Io<strong>di</strong>o da San Martino, fabricatore da bombarda et havemoli<br />

comesso ch’el debia fare in peze et mandarne qui et metallo de quella nostra<br />

bombarda, sive coda da bombarda, che fo desfacta per magistro Guglielmo, et<br />

similmente la tromba d’essa bombarda quale è in quello nostro castello; però volimo<br />

che gli debiati provedere d’ogne cosa expe<strong>di</strong>ente a spezare <strong>di</strong>cto metallo de coda et la<br />

<strong>di</strong>cta tromba, et poi mandarne qui tuto lo <strong>di</strong>cto metallo, facendone tenere bono conto<br />

aciò non vada in sinistro, et avisandone quanti pesi serà. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.


1082<br />

Francesco Sforza comanda a Francesco de Georgis <strong>di</strong> trattenere allo squadrero ducale<br />

Avanzino tante paghe per risarcire Nicolino Colione per gli otto carri <strong>di</strong> fieno della Villa<br />

Pompeiana consumato dai cavalli dello squadrero.<br />

Francisco de Georgis.<br />

(1454 marzo 13, Milano).<br />

Nonobstante quanto sia <strong>di</strong>cto e replicato ad Avanzino, nostro squadrero, che non<br />

volesse damnezare Ie cose né possessione del nobile Nicolino Coliono lì in Lodesana,<br />

con ciò sia cosa che luy facia el dovere suo altroe e como gli apertene, non<strong>di</strong>meno,<br />

segondo n’ha facto significare <strong>di</strong>cto Nicolino ch’el prefato Avanzino con suoy cavalli ala<br />

Villa Pompeiana gli ha manzato più che cara octo de feno, contra ogne debito et<br />

honestà. Per la qual cosa, non havendo voluto <strong>di</strong>cto Avanzino observare quanto gli è<br />

stato <strong>di</strong>cto, volimo et expresse te comettemo che debii fare retenire tante delle tasse<br />

del <strong>di</strong>cto Avanzino che se possa restorare esso Nicolino, como vole la ragione et<br />

honestate; et a questo metti bono or<strong>di</strong>ne. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1083<br />

Francesco Sforza vuole che il referendario <strong>di</strong> Piacenza imponga ai dazieri che, contrariamente a<br />

come hanno fatto, lascino che i cremonesi Marco de Dulci e Federico Burse, non vengano<br />

assoggettati ad alcun pagamento dopo aver assicurati detti dazieri <strong>di</strong> condurre frumento e vino<br />

per Cremona, per la gente d’arme, per l’esercito o per la corte ducale.<br />

291v Referendario Placentie.<br />

1454 marzo 13, Milano.<br />

Marco de Dulci et Federico Burse, cita<strong>di</strong>ni nostri Cremonese, n’hanno facto lamenta<br />

che, facendo loro condure certa quantità de vino e frumento de fora del territorio nostro<br />

ala cità nostra de Cremona, secundo hanno licentia da nuy, gli è stata retenuta lì per li<br />

dacierii de quella nostra cità. Pertanto volemo che, dagando loro segurtà aIi <strong>di</strong>cti<br />

dacierii <strong>di</strong> condure <strong>di</strong>cto frumento et vino ala cità nostra de Cremona et che lo<br />

venderanno ale nostre gente d'arme, overo ale munitione del nostro exercito o ala corte<br />

nostra fra il termino de tre mesi, faze che liberamente senza pagamento de datio<br />

alcuno, possano seguire il camino loro liberamente perché, como tu say, le biave et<br />

victualie forastere che sonno conducte per uso delle nostre gente d’arme, non sonno<br />

tenute a pagamento de datio alcuno. Data Me<strong>di</strong>olano, xiii marcii 1454.<br />

Leonardus.<br />

Cichus.<br />

1084<br />

Francesco Sforza comanda al viceluogotenente <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> multare pro capite <strong>di</strong> 20 fiorini i<br />

bifolchi, elencati nella lista che gli invia, per aver abbandonato il carriaggio.<br />

Vice locumtenenti Placentie.<br />

1454 marzo 11, Milano.<br />

Novamente sonno partiti dal nostro carezo et dala cura delli nostri bovi li bevolci, quali<br />

te man<strong>di</strong>amo descripti in la lista qui inclusa, senza licentia alcuna; la qual cosa a nuy<br />

<strong>di</strong>spiace molto. Et perché deliberamo che essi siano certi delli suoy errori, volemo, et<br />

cosi te coman<strong>di</strong>amo che debii stringere caduno delli pre<strong>di</strong>cti ad pagare vinto fiorini per<br />

uno, senza remissione alcuna; et circa ciò non gli perderai tempo veruno acioché anche<br />

sia exempio al’altri de meglio governare. Et de quanto farai ne avisaray Bartolomeo da


Cremona, nostro comissario sopra il carezo, al quale havemo dato carico de zò.<br />

Me<strong>di</strong>olani, xi marcii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1085<br />

Francesco Sforza vuole che il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> consenta che Serafino e maestro Aguzzo<br />

prendano tutti gli arnesi necessari dai ponti <strong>di</strong> Rivolta e <strong>di</strong> Cerreto per un ponte a Soncino.<br />

292r Locumtenenti Laude.<br />

1454 marzo 14, Milano.<br />

Serafino et maestro Aguzo vengono lì, ali quali habiamo commesso che debiano fare<br />

uno ponte lì ad Sonzino et perché li <strong>di</strong>e ghidarie et fornimenti del ponte de Rivolta et del<br />

ponte de Cereto, pertanto lassati pigliare ali <strong>di</strong>cti Serafino et magistro Aguzo tute quelle<br />

chidarie, feramenti et fornimenti de ponte che vorriano et che a loro piacerà de quelli se<br />

retrovano lì delli <strong>di</strong>cti duy ponti. Data Me<strong>di</strong>olani, xiiii marcii 1454.<br />

1086<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Teseo da Spoleto che alle donne della Regola <strong>di</strong> San Gerolamo <strong>di</strong><br />

Piacenza, cui il locale referendario non ha provveduto, si sal<strong>di</strong>, come s’é fatto con altri, il fieno<br />

dato per i buoi ducali.<br />

Theseo de Spoleto.<br />

(1454 marzo 14, Milano).<br />

Benché altre volte habiamo scripto al nostro referendario de Piasensa che debbia far<br />

fare el dovere et debito pagamento ale donne dela Observantia de San Ieronimo de<br />

Piasenza de certa quantità de feno hanno data per li nostri bovi, como etian<strong>di</strong>o è stato<br />

satisfacto et pagato ad altri, quali similmente hanno dato feno, pur segondo che<br />

n’hanno facto significare Ie <strong>di</strong>cte donne, non hanno ancora havuto el dovere suo. Del<br />

che ne maravigliamo et propterea volimo che serve ogne modo per la quale esse done<br />

habiano el dovere suo cum effecto. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1087<br />

Francesco Sforza informa il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che fa rimpatriare Luigi Cademusto: non lo si<br />

impacci ma si abbia cura <strong>di</strong> come si comporterà.<br />

Locumtenenti nostro Laude.<br />

1454 marzo 14, Milano.<br />

Habiamo dato licentia et siamo contenti che Aluyse Cademusto, relegato de quella<br />

nostra cità, vegni a casa sua a repatriare con Ii altri nostri cita<strong>di</strong>ni. Siché lassatilo stare<br />

et habitare a modo usato; ma volimo che habiate bona <strong>di</strong>ligentia aIi mo<strong>di</strong> servarà in la<br />

cità et che ne avisate como el se portarà. Data Me<strong>di</strong>olani, xiiii marcii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1088<br />

Francesco Sforza avverte Antonio de Nicelis che, siccome intende avvalersi dei denari delle<br />

tasse del sale e constando la pertinacia degli uomini della Valle Nure nel non volere pagare la<br />

notevole somma dovuta, ha deciso <strong>di</strong> mandare da quelle parti Bartolomeo Trovamala, Maestro<br />

delle entrate ducali, per sollecitarne il pagamento con l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> avvalersi delle genti d’armi in<br />

modo da costringere tutti con la forza al pagamento <strong>di</strong> quella che il duca stima “la più bella<br />

intrata”. Il duca ha voluto ammonire lui e i suoi uomini <strong>di</strong> quello che capiterà loro se<br />

persevereranno nella loro ostinazione a non sod<strong>di</strong>farlo in tale richiesta.


In simile forma ha scritto ai fratelli Zanino e Stefano, nonché a Perino e ad altri nobili de Nicolis,<br />

al conte Giovanni de Angussolis, ai conti GianGaleazzo e Onofrio, fratelli de Nicellis, al conte e<br />

milite Manfredo de Lando, alle comunità e agli uomini del marchesato <strong>di</strong> Pellegrino,<br />

al comune e agli uomini <strong>di</strong> Fiorenzuola, al conte Alberto d Scottis.<br />

292v Antonio de Nicelis.<br />

1454 marzo 15, Milano.<br />

Disponendo nuy a<strong>di</strong>utarne de presente deIi denari delle taxe del sale del territorio<br />

nostro, et vedendo che quelli homini de Valle de Nuria, debitori de notabile somma de<br />

<strong>di</strong>nari per Ie taxe del sale, imposte da qui indreto, non provedono al pagamento, imo<br />

sonno pertinaci, ne é parso mandare a quella parte el nobile homo Bartholomeo<br />

Trovamala, Magistro del’intrate nostre, per provedere ch'el pagamento delle <strong>di</strong>cte taxe<br />

se facia de presente, al quale Bartholomeo havemo commisso che contra quelli serano<br />

retrogra<strong>di</strong>, debia procedere et far fare cosi facte executione cum lo brazo de quelle<br />

nostre gente d’arme che ad ogne modo se habia lo <strong>di</strong>cto pagamento, et che non vorà<br />

satisfare per ancora, sia astretto a farlo per forza, perché ne pare poco bona voluntà<br />

quella de coloro che in questi nostri carichi recusano de a<strong>di</strong>utarne, maxime in refugere<br />

de satisfare per lo sale, che è cosa de poca graveza, et che estimamo la piu bella<br />

intrata che habiamo, et perché haveressemo sempre più caro il pagamento in voluntà<br />

delli sub<strong>di</strong>ti nostri, che havere casone <strong>di</strong> fargli dare spexa. Te havemo voluto avisare de<br />

questo aciò che certifichi Ii homini che sonno sotto il tuo governo de quello gli<br />

intervenerà, se non provedono al pagamento, infra octo giorni prossimi, de quello<br />

restano debitori per <strong>di</strong>cta casone, siché vogli operare che satisfaciano fra <strong>di</strong>cto tempo<br />

senza mancamento alcuno, altramente sii certo che se faranno tale executione 293r<br />

che Ii <strong>di</strong>cti homini et ti non ve havereti a gloriare dela renitentia et intenderiti quanto ne<br />

sonno molesti Ie obstinatione de non volere pagare, et circa ciò te potray intendere con<br />

lo <strong>di</strong>cto Bartholomeo, informato delIa mente nostra, al quale daray piena fede in Ie<br />

pre<strong>di</strong>cte cose, como a nuy proprii. Me<strong>di</strong>olani, xv marcii 1454.<br />

Cichus.<br />

In simiilii forma Zanino et Stefano fratribus, necnon Perino et aliis nobilibus de Nicelis.<br />

Comiti Iohanni de Angussolis,<br />

comittibus Iohannigaleaz et Honofrio, fratribus de Nicellis,<br />

comiti Manfredo de Laudo, militi,<br />

comunitatibus et hominibus marchionatus Pelegrini,<br />

comuni et hominibus Florenzole et<br />

comiti Alberto de Scottis.<br />

1089<br />

Francesco Sforza vuole che il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> non consenta che Bassano Bocono abbia<br />

ulteriori motivi <strong>di</strong> ragionevolmente lamentarsi che il fratello del duca, Corrado, ancora gli occupi<br />

la sua osteria per la quale paga annualmente 200 lire. Gliela liberi e, venendo lì detto suo<br />

fratello, gliene ne trovi un’altra<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1454 marzo 15, Milano).<br />

Non senza ragione, a nostro parere, se grava et lamenta Basano Bocone de quella<br />

nostra cità che per Conrado, nostro fratello, gli sia occupata l’hostaria dela quale luy<br />

pagha annuatim ultra ducento libre Imperiali, et maravigliamone che, siando <strong>di</strong>cto tante<br />

fiate che gli sia expe<strong>di</strong>ta et relaxata la sua hostaria, ancora non sia facto, et ideo volimo<br />

che subito gli la faciate liberare et relaxare, et accadendo venire in là <strong>di</strong>cto Conrado gli<br />

ne trovarete un’altra qual non sia de tanto danno et preiu<strong>di</strong>tio. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


1090<br />

Francesco Sforza scrive al referendario e al capitano del <strong>di</strong>stretto <strong>di</strong> Piacenza e ricordando in<br />

particolare al capitano <strong>di</strong> aver scritto al suo predecessore per sollecitare, ma invano, i nobili de<br />

Nicelli e gli uomini della Valle <strong>di</strong> Nure a saldare il cre<strong>di</strong>to che Bartolomeo Trovamala, Maestro<br />

delle entrate, vanta da loro. Vuole, perciò, che il referendario e il capitano si rifacciano sui beni<br />

dei debitori qualora questi persistessero nella loro renitenza a far fronte ai loro obblighi.<br />

1454 marzo 12, Milano.<br />

293v Referendario, capitaneo <strong>di</strong>strectus nostris Placentia.<br />

Piu volte habiamo moniti Ii nobili de Nicelli et Ii homini de Valle de Nura, como ancora<br />

se recor<strong>di</strong>amo havere scrito al precessore de ti, capitaneo, che dovesseno satisfare al<br />

nobile Maystro del’intrate nostre, Bartholomeo Trovamalla, de quello cre<strong>di</strong>to, quale ce<br />

ha con loro, et fin a qui non l’hanno satisfacto se non per una parte, et del resto vanno<br />

pur subterfugiendo; dela qual cosa esso Bartholomeo assai se dole con nuy. Il perché,<br />

non essendo nostra intentione ch’el sia menato più a longo, ve comettiamo et volemo<br />

che non satisfacendo <strong>di</strong>cti nobili et homini a esso Bartholomeo, como de novo gli<br />

scrivemo che lo vogliono pagare, proce<strong>di</strong>ti contra li loro beni, et altramente como meglio<br />

ve parerà a satisfarlo de tuto quello resta havere per casone del pre<strong>di</strong>cto cre<strong>di</strong>to per<br />

forma che, remossa ogne casone, luy habia suo debito et non sentemo altra lamenta.<br />

Me<strong>di</strong>olani, xii marcii 1454.<br />

Cichus.<br />

1091<br />

Francesco Sforza comunica a Teseo da Spoleto che manda da quelle parti Bartolomeo<br />

Trovamala, Maestro delle entrate, con l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> servirsi delle genti d’armi per ottenere la<br />

riscossione della tassa del sale. Vuole che Teseo sia pronto, se richiesto da Bartolomeo, ad<br />

accompagnarlo con quel numero <strong>di</strong> soldati necessari per le esecuzioni da farsi.<br />

Theseo de Spoleto.<br />

(1454 marzo 12, Milano).<br />

Man<strong>di</strong>amo a quelle parte el nobile homo Bartholomeo Trovamalla, Magistro del’intrate<br />

nostre, per retrare li denarii delle tasse del sale cum or<strong>di</strong>ne et comissione de fare<br />

executione me<strong>di</strong>ante lo brazo de quelle nostre gente d’arme contro quelli seranno<br />

renitenti. Siché volimo, et expressamente te coman<strong>di</strong>amo che, ad ogne rechiesta<br />

d’esso Bartholomeo, va<strong>di</strong> insieme con luy per tuto dove serà expe<strong>di</strong>ente con quello<br />

numero de soldati che serà bisogno ad fare ogne executione necessarie; et in questo<br />

non vogli mancare perché havemo grandemente al cuore che <strong>di</strong>cti denari se rescodano<br />

prestissimo per li bisogni nostri. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Cichus.<br />

1092<br />

Francesco Sforza scrive a Sandrino de Notaris, capitano ducale <strong>di</strong> Val Gan<strong>di</strong>no, <strong>di</strong> non credere<br />

alle voci che corrono su Bartolomeo Colleoni. Gli conferma che egli <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> non voler fare se non<br />

quello che vuole il duca. Vuole che sia bene accorto circa quelli della Val Seriana, che hanno il<br />

salvacondotto dai rettori <strong>di</strong> Bergamo, frequentano Bergamo e fanno come loro piace: gli va che<br />

facciano i fatti loro, ma non che “praticano a Pergamo”.<br />

1454 marzo 14, Milano.<br />

294r Sandrino de Notariis, capitaneo nostro Vallisgan<strong>di</strong>nii.<br />

Havemo veduto quanto tu ne hai scripto dela nominanza che è facta là delli facti de<br />

Bartholomeo Coglione; <strong>di</strong>cemo ch’el non è puncto vero, anzi te advisamo che luy parla<br />

et <strong>di</strong>ce ch’el non è con niuno, et ch’el non vole fare se non tuto quello che volemo nuy.


Siché confortaray quelli homini che stiano de bona voglia et non habiano dubio alcuno<br />

perché lo facto d’esso Bartholomeo acconzaremo in modo che starà bene.<br />

Ala parte de quelli de Valle Seriana che hanno salvoconducto daIi rectori de Pergamo<br />

et praticano a Pergamo et fanno como vogliono, <strong>di</strong>cemo che tu hay facto bene ad darne<br />

tale aviso; ma vogli vedere intendere bene questa cosa, como passa, perché te<br />

advisamo che nuy volimo bene che ogniuno possano fare Ii facti loro, ma non che per<br />

alcuno modo praticano a Pergamo. Me<strong>di</strong>olani, xiiii marcii 1454.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

1093<br />

Francesco Sforza scrive a Francesco de Georgis che occorre intervenire se le cose stanno<br />

come si lamentano i citta<strong>di</strong>ni che hanno da fare a Comatio (Comazzo).<br />

Francisco de Georgiis.<br />

(1454 marzo 14, Milano).<br />

Per la supplicatione, quale te man<strong>di</strong>amo qui inclusa, intenderay la graveza delli cita<strong>di</strong>ni<br />

quali hanno ad fare nel loco de Comatio; la quale essendo così, a nuy pare <strong>di</strong>gna de<br />

provisione. Pertanto contentiamose che, intendendo tu questa cosa, prove<strong>di</strong> como te<br />

parerà bisognare, siché non habiano ad agravarse <strong>di</strong>gnamente. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1094<br />

Francesco Sforza esprime a maestro Michele dei Tar<strong>di</strong> <strong>di</strong> Caravaggio, abitante a Martinengo, <strong>di</strong><br />

aver inteso le ottime referenze dategli <strong>di</strong> dui da Michele da Terzo; auspica che sempre si<br />

mantenga così e si <strong>di</strong>ce <strong>di</strong>sposto a incontrarlo.<br />

Si è scritto lo stesso giorno a donna Luchina dal Verme <strong>di</strong> mandare subito uno dei suoi dal duca<br />

1454 marzo 14, Milano.<br />

Magistro Michaeli ex Tar<strong>di</strong>s de Caravagio, habitanti in Martinengo, me<strong>di</strong>cine doctori.<br />

Havemo inteso Ii avisi e quello n’ha <strong>di</strong>cto lo egregio doctore nostro domino Michele da<br />

Terzo, et cognoscemo la optima vostra intentione e fede verso de nuy e stato nostro;<br />

de che asay ve rengratiamo, confortandove che vogliati fare como siti usato et in vuy de<br />

fermo speramo ve ne seguirà bene et honore; et aparecchiati nuy ad ogne vostro<br />

honore et servitio, et desideramo quanto 294v ve piacerà de parlare con voy. Ceterum<br />

ve <strong>di</strong>rà domino Michel lo resto per nostra parte, e Ii crederiti. Data Me<strong>di</strong>olani, xiiii marcii<br />

1454.<br />

Cichus.<br />

Die suprascripto.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme quod mittat unum ex suis ad dominium in<strong>di</strong>late.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1095<br />

Francesco Sforza lascia a Benedetto de Curte, capitano <strong>di</strong> Piacenza, <strong>di</strong> fargli sapere cosa<br />

sceglie <strong>di</strong> dare a Gabriele e Antonio, marchesi Malvicini, tra la parte della tassa dei cavalli<br />

spettante a loro e quella dovuta alla comunità.<br />

(1454 marzo 14, Milano).<br />

Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo nostro Placentie.<br />

Gabriele et Antonio, marchesi Malvicini, ne rechiedeno vogliamo provedere che tu gli<br />

daghi la sua contingente parte dela taxa de cavalli, et non quella nostra comunità.<br />

Pertanto remettemo questa cosa a ti che ne avisi del’aparere tuo in questa materia.


Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1096<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> si essere sorpreso per le scorrerie fatte dai nemici<br />

ancora a Calvisano. Ciò va addebitato all’inosservanza degli or<strong>di</strong>ni ducali. Impone <strong>di</strong> riba<strong>di</strong>re le<br />

<strong>di</strong>sposizioni e <strong>di</strong> imporre maggiore vigilanza dell’Adda, specie nei luoghi più pericolosi. Lo loda<br />

per aver imprigionato il famiglio <strong>di</strong> Bartolomeo Testagrossa, autore <strong>di</strong> un furto. Incurante <strong>di</strong><br />

quanto gli hanno richiesto molti famigli, non lo rilasci senza or<strong>di</strong>ne ducale.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1454 marzo 14, Milano.<br />

Respondendo a due vostre lettere, et prima a quella fa mentione del passare et coraria<br />

et robaria hanno facta l’inimici, ne rencresce et dole ultra modo et maxime che la botta<br />

sia pur ancora tocata aIi nostri fideli de Calvisano, como etian<strong>di</strong>o tochò altre fiate; la<br />

qual cosa é proceduta mò et altre volte solum per non servare Ii or<strong>di</strong>ni nostri, che<br />

veramente é purtroppo grande mancamento, a nostro parere; 295r perché non saria<br />

possibile che gli havesse quella <strong>di</strong>ligentia et or<strong>di</strong>ne se doveria havere che l’inimici<br />

stracoresseno così. Volimo adunche che vuy replicate per lo paese che se servano Ii<br />

or<strong>di</strong>ni et che se faciano Ie guar<strong>di</strong>e su per l' aqua d’Ada in Ii luoghi pIù expe<strong>di</strong>enti et<br />

periculosi. Al’altra vostra lettera per la quale ne havisate che haviti sostenuto el<br />

fameglio de Bartholomeo Testagrossa per cagione de furto, et che molti deIi nostri<br />

famegli ve fanno instantia asay ch’el vogliati relaxare, <strong>di</strong>cemo che havete facto bene, et<br />

vostro debito ad farlo prendere et sustenere, et ve ne comen<strong>di</strong>amo et anche ve<br />

commettimo che per modo alcuno non lo debiati relaxare senza nostra licentia, et <strong>di</strong>ca<br />

et facia instantia chi voglia. Data Me<strong>di</strong>olani, xiiii marcii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

1097<br />

Francesco Sforza si duole con i nobili de Nicelis, le comunità e gli uomini della Val <strong>di</strong> Nure che,<br />

nonostante le sue lettere, non abbiano che in parte pagato il cre<strong>di</strong>to che Bartolomeo Trovamala<br />

vanta da loro. Li sollecita ad accontentarlo fino all’ultimo denaro, perché altrimenti interverranno<br />

il referendario e il capiutano <strong>di</strong> Piacenza perché Bartolomeo sia del tutto appagato.<br />

1454 marzo 12, Milano.<br />

Nobilibus de Nicelis ac comunitatibus et hominibus Vallisnurie.<br />

Quantuncha per replicate nostre lettere ve habiamo scrito et admoniti che dovessevo<br />

satisfare al nobile magistro del’intrate nostre, Bartholomeo Trovamalla, del cre<strong>di</strong>to,<br />

quale ce ha con vuy, non<strong>di</strong>meno, non attese esse lettere né considerato el longo tempo<br />

passato delIa satisfatione del <strong>di</strong>cto cre<strong>di</strong>to, non gli haviti ancora provisto delo integro<br />

pagamento, benché habiati principiato de farlo in parte, del che <strong>di</strong>cto Bartholomeo<br />

molto se agrava, et nuy ce maravigliamo, perché con vostro honore hormay lo<br />

doveressevo havere facto contento. II perché, <strong>di</strong>sponendo omnino ch’el conseguischa<br />

suo debito non sia menato piu ala longa, replicamove che senza altra induxia debiati<br />

provedere ch’el sia satisfacto integramente de tuto quello resta havere per lo <strong>di</strong>cto<br />

cre<strong>di</strong>to fin a uno <strong>di</strong>naro, in modo ch’el habia suo debito et non habia casone de dolerse<br />

più 295v de ciò, altramente ve avisamo che fin a mò habiamo commesso al<br />

referendario de Piasenza et al capitaneo del <strong>di</strong>stricto che contra de vuy procedano in<br />

forma che vuy habiati casone de fare el dovere al <strong>di</strong>cto Bartholomeo. Data Me<strong>di</strong>olani,<br />

xii marcii 1454.<br />

Cichus.<br />

1098<br />

Francesco Sforza scrive a Bartolomeo de Barateriis, dottore <strong>di</strong> Piacenza, che<br />

il duca <strong>di</strong> Modena lo ha pregato <strong>di</strong> consentire che vada ai suoi servizi, il che gli è altrettanto<br />

grato che se fosse ai suoi servizi.


1454 marzo 15, Milano.<br />

Domino Bartholomeo de Barateriis, doctori Placentie.<br />

Lo illustre nostro fratello domino lo duca de Modena n’ha pregato vogliamo essere<br />

contenti che vuy andagati aIi servitii suoy. Pertanto ve avisamo che nuy ne siamo<br />

contenti, et non solamente contenti, ma ve confortiamo gli vogliati andare perché non<br />

manco grato ne sarà che siati aIi servicii suoy, come se foste aIi nostri per amore et<br />

<strong>di</strong>lectione che gli portiamo. Data Me<strong>di</strong>olani, xv marcii1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1099<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce al referendario e al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> aver scritto nei giorni scorsi<br />

lettere al Regolatore e ai Maestri delle entrate, <strong>di</strong> cui invia la copia al referendario per la<br />

lamentela <strong>di</strong> Giovanni da Palazzo <strong>di</strong> quella città, con l’or<strong>di</strong>ne della Camera ducale. Vuole che<br />

dette lettere vengano fatte osservare come in esse viene detto.<br />

Referendario et locumtenenti Laude.<br />

1454 marzo 15, Milano.<br />

Havemo scripto alli dì passati li Regulatori et Magistri delle intrate nostre ad vuy,<br />

messer referendario, lettere, la copia delle quali ho ad questa inclusa, ad la lamenta li<br />

ha facto Giohanni da Palazo, hostryii in quella nostra cità, secundo se <strong>di</strong>spone per<br />

l’or<strong>di</strong>ne dela Camera nostra; el perché volemo, et così ve confortiamo et carichiamo<br />

ch’elle <strong>di</strong>cte lettere, como iaceno, le volliate et debiate observare et fare observare et<br />

exeguire quanto in esse se contene, rimosta ogni <strong>di</strong>fficultà. Data Me<strong>di</strong>olani,<strong>di</strong>e xv marcii<br />

1454.<br />

Cichus.<br />

1100<br />

Francesco Sforza rimprovera Teseo da Spoleto <strong>di</strong> inerzia nel riscuotere la tassa dei,cavalli che<br />

serve per il pagamento della gente d’arme.<br />

Lo sprona a intervenire giorno e notte con esecuzioni reali e personali e con altri provve<strong>di</strong>menti<br />

in modo che presto si riscuotano i denari <strong>di</strong> detta tassa.<br />

Nel suddetto giorno si è scritto al capitano del <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> Piacenza perché aiuti Teseo nella<br />

raccolta delle tasse <strong>di</strong> cavalli.<br />

Si è scritto nella suddetta forma al podestà <strong>di</strong> Valle Muzzola , al podestà, al capitano e al<br />

referendario <strong>di</strong> Piacenza.<br />

296r Theseo de Spoleto.<br />

1454 marzo 15, Milano.<br />

Tu sai quanto te habiamo commisso ad bocha circ’al facto del scodere li denari delle<br />

taxe <strong>di</strong> cavalli, el quale scodere importa tanto quanto poi estimare per lo spazamento<br />

delle nostre gente d’arme; pur sin a qui ne pare che tu haby proceduto et proce<strong>di</strong> molto<br />

lentamente et fredamente, che assay ne rencresce et maravigliamo delli facti toy.<br />

Pertanto volemo et coman<strong>di</strong>amote per quanto tu hay cara la gratia nostra che subito<br />

continuamente, dì et nocte, debbi attendere ad fare scodere <strong>di</strong>cti denari con fare ogne<br />

executione reale et personale, et con ogne altro reme<strong>di</strong>o che te parerà bisognerà per<br />

scoderli con ogne celerità, non havendo respecto, nè reguardo ad persona del mondo,<br />

se non ad fare il facto nostro; altramente ne doleressemo de facti toy. Ex Me<strong>di</strong>olano, xv<br />

marcii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

Die suprascripto scriptum fuit capitaneo vetitus Placentie quod prestare debat auxilium<br />

et favorem Theseo suprascripto pro eximen<strong>di</strong>s denariis (a) taxarum equorum.<br />

Christoforus.


Cichus.<br />

(a) Segue equo depennato.<br />

In suprascripta simile forma scriptum fuit potestati Vallis Muzole et potestati, capitaneo<br />

et referendario nostris Placentie.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

1101<br />

Francesco Sforza vuole che il Regolatore, i Maestri delle entrate e il referendario <strong>di</strong><br />

Lo<strong>di</strong> assegnino 100 lire sulle entrate ducali <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> a madonna Margherita da Mantova<br />

per aver concesso al duca una casetta che gli consente <strong>di</strong> ampliare la piazza davanti alla corte<br />

ducale lo<strong>di</strong>giana.<br />

1454 marzo 15, Milano.<br />

Regulatori et Magistris intratarum et referendario nostris Laude.<br />

Havendone compiaciuto madona Margarita da Mantua d’una caseta haveva ley in Lo<strong>di</strong>,<br />

per fare spatiosa la piaza devanti ala corte nostra in Lo<strong>di</strong>, et siandone convenuti de<br />

darli cento libre imperiali per pretio et pagamento d'essa, volimo et ve comettemo che a<br />

<strong>di</strong>cta dona faciate dare et numerare <strong>di</strong>cte 296v livre cento delli denari del'intrate nostre<br />

de Lo<strong>di</strong>, omni prorsus exceptione remota. Data Me<strong>di</strong>olani, xv marcii 1454.<br />

Franciscus Sfortia manu propria subscripsit.<br />

Cichus.<br />

1102<br />

Francesco Sforza fa presente ad Antonello de Campanea, podestà <strong>di</strong> Lovere, che esula dalle<br />

sue competenze la restituzione delle bestie cariche <strong>di</strong> biade con cui il viceluogotenente <strong>di</strong><br />

Pasino Vignola, nonché famiglio ducale e commissario sopra i <strong>di</strong>vieti, trasportava merce per la<br />

sua famiglia Il duca avvisa il podestà che trattiene coloro che detto famiglio gli ha inviato per<br />

denunciargli il provve<strong>di</strong>mento da lui preso in attesa della relazione podestarile per mettere a<br />

confronto le due versioni dei fatti, avvertendolo che, comunque, il suo operato é sempre<br />

criticabile per la forma, al <strong>di</strong> là del problema se simili cose appartengono al suo ufficio.<br />

(1454 marzo 15, Milano).<br />

Antonello de Campaneo, potestati nostro Luere.<br />

Ha mandato da nuy el vicelocotenente de Pasino Vignola, nostro fameglio, comissario lì<br />

sopra li deveti, condolendose che, havendo facto torre per la sua fameglia certe bestie<br />

carche de biada, quale andavano contra bando, et factole menare in quella terra sopra<br />

l’hostaria, tu ha facto restituire inderetro <strong>di</strong>cta biada et bestie contra loro conscientia;<br />

del che, essendo così, molto ne maravigliamo et quasi che non lo possiamo credere,<br />

maxime non extendendose l’offitio tuo a simile restitutione. Il perché volimo che subito<br />

ce avvisi como è passata la cosa, et così ce avisaray perché faciamo restare qui li<br />

pre<strong>di</strong>cti ce sonno mandati per questa casone fine haveremo la resposta de questa, ad<br />

ciò possiamo intendere meglio la cosa per lo parere tuo, il suo et per la veritate; che se<br />

così fosse, como loro <strong>di</strong>cono, ne restaressemo non ben contenti perché queste cose<br />

non aparteneno al’offitio tuo. Et quando bene apartenesseno non doveresti exequirli in<br />

questa forma; et fay che per quanto tu hay cara la gratia nostra che da qui inanze non li<br />

<strong>di</strong>i più impazo, anzi prestarali ogni a<strong>di</strong>uto et favore circa cio quanto a ti serà possibile.<br />

Data ut supra.<br />

Andreas Fulgineus.


1103<br />

Francesco Sforza sollecita il Colleoni a far vigilare i passi <strong>di</strong> accesso a Bergamo siccome si é<br />

convenuto da quelli della rocca <strong>di</strong> Bayedo con gli uomini sforzeschi <strong>di</strong> trovarsi là il prossino<br />

giovedì.<br />

297r Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

1454 marzo 15, Milano.<br />

Perché quelli de la rocha de Bayedo sonno a patto con li nostri per tuto mercorì<br />

proximo a venire, et renderse là zobia subsequente, et forse per questo l’inimici nostri<br />

faranno prova de darli succorso, ve confortiamo et pregamo che vogliate scrivere et<br />

or<strong>di</strong>nare opportunamente ali vostri che stanno ali passi e luoghi per li quali se potria<br />

andare da Pergamo o d'altroe a la <strong>di</strong>cta rocha, che stiano attenti et faciano tale bone<br />

guar<strong>di</strong>e che gente veruna non gli possa andare. Data Me<strong>di</strong>olani, xv marcii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

1104<br />

Francesco Sforza, visto quanto Teseo da Spoleto scrive a Francesco <strong>di</strong> ser Antonio circa i<br />

denari delle tasse del Piacentino, gli fa presente che non intende si ripeta quanto è accaduto lo<br />

scorso anno quando, per mancata tempestiva raccolta <strong>di</strong> danaro per pagare i soldati, non ha<br />

potuto scendere in campo a tempo con grave pericolo per lo stato. Gli comanda, perciò, <strong>di</strong> agire<br />

realmente e personalmente contro uomini, comunità e chiunque é renitente al pagamento della<br />

propria rata togliendo bestiame e roba e ricorrendo anche alla galera.<br />

Lo informa che con le lettere allegate, ammonisce quei <strong>di</strong> Fiorenzuola, Valdemuro, e Borgonovo<br />

e gli altri gentiluomini e uomini renitenti a detto pagamento che entro aprile devono pagare<br />

quanto ancora dovuto, pena la confisca dei loro beni.<br />

Circa le cassazioni fatte dal Consiglio segreto, lo assicura che lui non vi é compreso, ma<br />

riguardano solo gli esattori del sale.<br />

Theseo de Spoleto.<br />

1454 marzo 15, Milano.<br />

Havemo veduto quanto tu scrive a Francisco de ser Antonio per una tua de dì xv del<br />

presente circ’al facto de quelli denari de taxe de Piasentina; al che brevemente<br />

respondendote, <strong>di</strong>cimo, aciò non habiamo incorrere in quello medesimo periculo<br />

incoressemo l’anno passato che, per non havere havuto li denari presto et a tempo et<br />

spazato presto le nostre gente d’arme, non potessemo ussire in campo a tempo; che a<br />

quanto periculo stesse il stato nostro è noto assay ad ogniuno, che nuy volemo, et<br />

expressamente te coman<strong>di</strong>amo che contra qualunque comunità, comune et homini<br />

debbe fare ogne executione reale et personale, et ad qualunque renitente al<br />

pagamento d’esse tasse torgli il bestiame et ogne altra sua robba et metergli in<br />

presone, et fare ogne cosa perché ognuno de presente, senza più per<strong>di</strong>tione de tempo,<br />

paghi quello gli tocha per la rata soa acioché che habiasi nuy <strong>di</strong>cti denari, li possamo<br />

dare ali nostre gente d’arme a chi tochano perché se possano mettere in puncto et fare<br />

de quello gli bisogna. Siché Theseo, se may tu pensi farne cosa grata 297v fa’ che<br />

circa quanto é <strong>di</strong>cto non gli manchi de solicitu<strong>di</strong>ne et ogni <strong>di</strong>ligentia a ti possibile,<br />

perché presto se possano a<strong>di</strong>utare de questi denari.<br />

Ceterum per l’aligate nostre lettere scrivemo a quelli de Fiorenzola, Valdemuro, Burgo<br />

Novo et a quelli altri gentilhomini, l’homini delli quali sonno renitenti al <strong>di</strong>cto pagamento,<br />

che sotto pena de confiscatione de tuti li loro beni debiano havere pagato per tuto il<br />

presente mese quanto restano a pagare per tuto il mese de aprile; siché siamo certi<br />

che <strong>di</strong>cte lettere faranno pur bono fructo, ma tu non perderay mò pur una hora de<br />

tempo a fare quello è bisogno et intentione nostra.


Ala parte che tu <strong>di</strong>chi che quelli del Conseglio nostro secreto hanno cassati et<br />

qualunche altro nostro exactore, <strong>di</strong>cimo che tale cassatione non se intende per ti, imo<br />

solamente per li exactori sonno sopra il sale. Data Me<strong>di</strong>olani, xv marcii 1454.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

1105<br />

Francesco Sforza per scuotere la loro indolenza nel pagamento della tassa dei cavalli scrive al<br />

comune e agli uomini <strong>di</strong> Fiorenzuola che se entro aprile non salderanno tutto l’arretrato <strong>di</strong> detta<br />

tassa, egli interverrà con la confisca dei loro beni in modo da poter pagare le genti d’arme.<br />

In simile forma si é scritto al comune e agli uomini <strong>di</strong> Vianino, al comune e agli uomini <strong>di</strong> Valle<br />

Muzzola, alla comunità e agli uomini <strong>di</strong> Borgonovo.<br />

Egualmente si é scritto ai conti Alberto e Francesco Scotti e al condottiero ducale conte<br />

Giovanni Anguissola.<br />

298r Comunitati et hominibus Florenzole.<br />

(1454 marzo 15, Milano).<br />

Perché inten<strong>di</strong>amo che vuy siti molto tar<strong>di</strong> et renitenti al pagamento ve tocha de taxe <strong>di</strong><br />

cavalli, per le presente ve coman<strong>di</strong>amo, sotto pena de confiscatione de tuti Ii vostri<br />

beni, et per quanto haveti cara la gratia nostra, che al più tardo almanco per tuto questo<br />

presente mese debiati havere satisfacto a Theseo, nostro comissario Iì in Piasentina,<br />

de tuti Ii denari restate a dare per casone delle <strong>di</strong>cte taxe, tanto del passato quanto del<br />

presente, aciò Ii possiamo dare a quelIe gente d’arme nostre che Ii debano havere,<br />

certificandove se vuy fareti altramente nuy servarimo tali mo<strong>di</strong> verso vuy che ve faremo<br />

intendere ne seranno state moleste <strong>di</strong>cte vostre renitentie et obstinatione; et così<br />

inten<strong>di</strong>amo che pur per tuto questo mese debiati havere pagato ancora Ie taxe del<br />

mese de aprile proximo. Et in questo non gli intervenga mancamento alcuno. Data ut<br />

supra.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

In simili forma scriptum fuit comuni et hominibus Vianiny, comuni et hominibus<br />

Valdemuzole et comunitati et hominibus Burginovi.<br />

In simili tenore scriptum fuit comittibus Alberto et Francisco de Scottis, et comiti Iohanni<br />

Angussole, nostro armorum ductori.<br />

1106<br />

Francesco Sforza scrive al podestà <strong>di</strong> Treviglio che il suo famiglio Pietro Albanese affidò della<br />

sua roba a uno <strong>di</strong> lì al tempo della rotta <strong>di</strong> Caravaggio. Convochi quel tale e gli faccia restituire<br />

la roba <strong>di</strong> Pietro.<br />

Potestati Trivilii.<br />

1454 marzo 17, Milano.<br />

Piero Albanese, nostro famiglio, ce <strong>di</strong>ce che al tempo dela rotta de Caravagio lassò Iì<br />

presso uno dela terra certa sua robba, quale intende repetere adesso, et perché quello<br />

l’ha non andasse in desinistrando, ce ha requesto il nostro favore. Pertanto volemo che,<br />

habiando denanzi da ti <strong>di</strong>cto tale, prove<strong>di</strong>, per quella meglior via te pare, restituischa la<br />

sua robba ad Petro pre<strong>di</strong>cto o ad qualunche suo messo. Data ut supra, xvii marcii 1454.<br />

1107<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> aver inteso che famigli e uomini d’arme che<br />

stanno lì, mandano o vanno a saccheggiare strame o erba per i loro cavalli. Non volendo che ciò<br />

avvenga con danno della popolazione, comanda al luogotenente <strong>di</strong> imprigionare (patrono e non<br />

famiglio) colto in tali saccheggi.<br />

1454 marzo <strong>16</strong>, Milano.


298v Locumtenenti Laude.<br />

Inten<strong>di</strong>amo che quelli nostri famigli et homini d’arme, quali de presente se retrovano<br />

stare in quella cità nostra, mandano fora ad saccomano per lo vivere delli suoi cavalli et<br />

non curano compararse ciò che Ii bixogna, el che a nuy molto rencresce per respecto<br />

che non inten<strong>di</strong>amo che Ii nostri homini siano damnificati per tale forma. Per la qual<br />

cosa deliberando nuy non supportare questa insolentia, volimo che, recevuta questa,<br />

coman<strong>di</strong>ati che niuno vada né man<strong>di</strong> ad saccomano. Et deinde trovando poi alcuno<br />

desobe<strong>di</strong>ente che manda ad torre ad saccomano o strame o herba che non havesse<br />

comparati, ve coman<strong>di</strong>amo che subito man<strong>di</strong>ati ad prendere non il fameglio, ma il<br />

patrone che l’haverà mandato, mettendolo in prexone in modo che non se possa<br />

fugere, qual non relaxariti finché da nuy non haveriti lettere in contrario. Et circha ciò<br />

fariti per modo che ne sentiamo novella. Data Me<strong>di</strong>olani, xvi marcii1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1108<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al castellano <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> liberare i lo<strong>di</strong>giani Pollo e Tonino Dossena, che<br />

ebbero, lo stesso giorno, lettere patenti <strong>di</strong> andare e stare in tutto il ducato,<br />

eccezion fatta nell’episcopato <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>.<br />

Castellano Laude castri.<br />

1454 marzo 17, Milano.<br />

Siamo contenti et volimo che relassi Pollo da Dossena et Thonino da Dossena, cita<strong>di</strong>ni<br />

de quella nostra cità, qualli hai in Ie mano, andare per Ii facti suoi. Me<strong>di</strong>olani, xvii martii<br />

1454.<br />

Marcus.<br />

Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit.<br />

Cichus.<br />

Suprascripti <strong>di</strong>e eadem habuerunt litteras patentes eun<strong>di</strong> et stan<strong>di</strong> per omnes terras<br />

ducatus, Laudensi et episcopatu, dumtaxat exceptione.<br />

1109<br />

Francesco Sforza vuole che Teseo da Spoleto accerti se veramente, come il conte Manfredo<br />

Anguissola afferma, é tassato più <strong>di</strong> 25 cavalli,<br />

cioé oltre il debito. In tal caso riduca tutto alla debita tassa.<br />

299r Theseo de Spoleto.<br />

1454 marzo 17, Milano.<br />

Messer Iohannegaleaz et il conte Manfredo Angusola se gravano che gli è taxato più de<br />

vinticinque cavalli de taxa che non gli tocha debitamente per la soa debita parte; et<br />

perché nuy non intendemo questa cosa, volimo la inten<strong>di</strong> tu, et trovando che siano<br />

gravati ultra il debito gli reduchi ala loro debita taxa, ita che non siano gravati non ma<br />

per la loro debita parte. Data Me<strong>di</strong>olani, xvii marcii 1454.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.<br />

1110<br />

Francesco Sforza al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, che gli ha denunciato i famigli dei famigli che non<br />

vogliono pagare, motivando le lamentele dei dazieri. il dazio della macina, risponde che tutti<br />

debbono effettuare tale pagamento, eccettuati coloro che sono annotati nel quadernetto e gli<br />

esentati dagli incanti.<br />

Locumtenenti nostro Laude.<br />

1454 marzo 18, Milano.


Respondendo aIle vostre lettere, et primo ala parte delli famigli <strong>di</strong> nostri famigli, quali<br />

non voleno pagare il dacio delIa macina, anzi fanno macinare Ii molinari a suo <strong>di</strong>specto,<br />

del che Ii dacierii se gravano e lamentano, <strong>di</strong>cemo che ogne homo debba pagare, et sia<br />

che voglia, excepti quelli notati nel quaterneto et exceptuati nelli incanti, né se potria<br />

fare altramente; siché fati che tuti pagano, excepto como è <strong>di</strong>cto de sopra. Ala parte<br />

delli famigli che mandano ad saccomano, ve havemo resposto per altre nostre quanto<br />

(a) basta, et quello doveti fare. Data Me<strong>di</strong>olani, xviii marcii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue ve depennato.<br />

1111<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà e il capitano <strong>di</strong> Piacenza arrestino (con armi, cavalli e<br />

robe) il conestabile ducale Graziolo da Vicenza e suo figlio, non rilasciandoli senza licenza<br />

ducale. Se non fossero in città, <strong>di</strong>ano or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> arresto ai passi e alle porte della città.<br />

In simile forma scrivano a Giorgio de Annono, luogotenente <strong>di</strong> Alessandria, al podestà <strong>di</strong><br />

Tortona e a quello <strong>di</strong> Pavia.<br />

1454 marzo 18, Milano.<br />

299v Potestati et capitaneo Placentie, nostris <strong>di</strong>lectis.<br />

Per certo <strong>di</strong>gno respecto volimo et ve comettemo che con bona <strong>di</strong>ligentia et vigilantia<br />

secretamente debiati intendere se Gratiolo da Vincentia, nostro conestabile, overo suo<br />

figliolo, o tuti duy, se retrovano in quella nostra cità aut altroe, in loco dove li possiate<br />

fare sustenire tuti duy, aut uno de loro con le arme et cavalli et ogne sua roba, da non<br />

essere relaxati senza nostra licentia; et casu che non se trovano, metiti tali or<strong>di</strong>ni ali<br />

passi et de fora delle porte che, passando per quella iuris<strong>di</strong>cione a vuy commissa,<br />

siano arestati et sustenuti, como è <strong>di</strong>cto, avisandone del recepimento de questa e de<br />

quanto haveriti seguito e sentito circa questa materia. Data Me<strong>di</strong>olani, xviii marcii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

In simili forma Georgio de Annono, locumtenenti Alexandrie et potestati nostro Terdone<br />

et potestati nostro Papie.<br />

1112<br />

Francesco Sforza avverte la sorella Lisa de Attendolis che, se é vero quanto deplora il conte<br />

Ludovico da Lugo d’aver lei fatto e<strong>di</strong>ficare una casa sul terreno del conte con grande pregiu<strong>di</strong>zio<br />

<strong>di</strong> una sua taverna, egli, duca, farà spianare la sua nuova costruzione.<br />

1454 marzo 19, Milano.<br />

Magnifice domine Lixe de Attendolis, sorori nostre.<br />

Se è gravato con nuy el conte Lodovicho da Lugo che gli haveti facto he<strong>di</strong>ficare una<br />

casa suso il suo terreno e iuris<strong>di</strong>cione, che seria grande preiu<strong>di</strong>tio d’una sua taverna;<br />

per la qual ve <strong>di</strong>cemo così che la farimo vedere, et trovando nuy che non l’habiate<br />

potuta fare la ragione, la farimo butare et spianare per non lassar far torto a veruno.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xviiii marcii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

1113<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na ad Antonio Sicco, commissario <strong>di</strong> Geradadda, <strong>di</strong> provvedere <strong>di</strong> guide e<br />

scorte per il trasferimento <strong>di</strong> una certa quantità <strong>di</strong> munizioni a Palazzolo.<br />

1454 marzo 19, Milano.<br />

300r Antonio Sicco, commissario Glareeabdue.


Man<strong>di</strong>amo a Palazolo certa quantità de munitione. Pertanto te commettiamo et volemo<br />

che ale conductori d’esse munitione debii providere de guide et (a) scorte expe<strong>di</strong>ente<br />

aciò zongano a salvamento. Me<strong>di</strong>olani, xviiii marcii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

(a) et in interlinea.<br />

1114<br />

Francesco Sforza ricorda al capitano <strong>di</strong> Casteggio presente e futuro che egli ha dato <strong>di</strong>sposizioni<br />

che non si gravasse <strong>di</strong> tasse <strong>di</strong> cavalli il conte Antonio da Valperga nel luogo <strong>di</strong> monte Acutelo.<br />

(a) Capitaneo Clastigii, presenti et futuro.<br />

1454 marzo 19, Milano.<br />

Per altre nostre lettere havemo scripto a tuoy precessori e a ti che non stringesseno né<br />

gravasseno ala contributione delle tasse de cavalli el conte Antonio da Valperga nel<br />

luogo de monte Acutelo, intendendo de luy tanto; et così per questa te repplicamo<br />

nostra intentione essere che per <strong>di</strong>cte tasse a luy non sia dato gravamento alcuno, et<br />

hoc non obstante alcuno or<strong>di</strong>ne in contrario. Et perché tu inten<strong>di</strong> questa essere la<br />

nostra mente et <strong>di</strong>spositione, havemo soctoscripta la presente de nostra propria mano.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, xviiii marcii 1454.<br />

Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria.<br />

Cichus.<br />

(a) Precede l’intestazione Domino Gracino de Piscarolo et domino Bartholomeo de<br />

depennato.<br />

1115<br />

Francesco Sforza riba<strong>di</strong>sce al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> non ritenere onesto che si occupino con<br />

soldati o altra gente le abitazioni <strong>di</strong> quanti prestano servizio militare. Vuole, perciò, che venga<br />

sgombrata la casa del provisionato ducale Pietro Beveto, trovando un alloggiamento nei pressi<br />

della porta ai camerieri ducali Francesco da Lampugnano e Prieto.<br />

Locumtenenti nostro Laude.<br />

(1454 marzo 19), Milano.<br />

Como altre fiate ve havemo scritto, a nuy pare pocho honesto che’l se debbano<br />

occupare le stantie de quelli che ne servono nel’arte del soldo, posmeterli altri soldati<br />

nè altra gente. Volimo aduncha che debiati removere quelli che fossero in casa de<br />

Petro Bevelo, nostro provisionato, et farli liberare la sua casa in tuto, trovando un altro<br />

logiamento più contiguo ala porta che se potterà a Francesco da Lampugnano e Prieto,<br />

nostri camererii. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

11<strong>16</strong><br />

Francesco Sforza vuole che il referendario <strong>di</strong> Piacenza induca i dazieri locali a lasciare libero<br />

passaggio alle biade dei cremonesi Marcoantonio Mariano e compagni, perché tale merce<br />

proviene da San Martino <strong>di</strong> Monferrato, luogo in potere <strong>di</strong> re Renato e in quanto proveniente da<br />

“loco forastero” non é soggetta a pagamento <strong>di</strong> dazio.<br />

300v Referendario Placentie.<br />

1454 marzo 19, Milano.<br />

Se gravano Marcoantonio Mariano et alcuni suoi compagni, nostri cita<strong>di</strong>ni de Cremona,<br />

che facendo loro condure alcuna quantità de biave del borgo San Martino da Monferrà<br />

a Cremona li dacierii de quella nostra cità gli voglio(no) stringere al pagamento de<br />

datio, <strong>di</strong>cendo che’l borgo San Martino è nostro; la qual cosa non è vera, anze è in


possanza e deposito dela mayestà del re Renato, né è obligata tale biava a pagamento<br />

de dacio perché è conducta da loco forastero. Fariteli adunche liberare la biava et<br />

revocare ogne novitate superinde facta, et etiam ogne segurtà havesseno data per<br />

<strong>di</strong>cta cagione, constando che la sia conducta da San Martino como è <strong>di</strong>cto, o da altro<br />

luogo forastero. Data Me<strong>di</strong>olani, xviiii marcii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1117<br />

Francesco Sforza loda il proposito <strong>di</strong> Gracino da Pescarolo <strong>di</strong> voler sposare una sorella <strong>di</strong><br />

Antonio da Landriano da Vi<strong>di</strong>gulfo.<br />

Domino Gracino de Piscarolo.<br />

(1454 marzo 19, Milano).<br />

Intesa per le vostre lettere la <strong>di</strong>spositione vostra in volere tolere per moglie una sorella<br />

de Antonio da Landriano da Videgulfi, non siando seguito quello parentado, del quale<br />

altre volte ne scrivisseno, <strong>di</strong>cimo che siamo contenti et lau<strong>di</strong>amo il propos(i)to vostro ad<br />

adherirne ad quella che meglio ve pare. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1118<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Benedetto de Curte, capitano <strong>di</strong> Piacenza, <strong>di</strong> convocare Giacomo<br />

Morotono e compagni cercando <strong>di</strong> avere i 50 ducati che hanno barattati da un villano della<br />

Valsassina e, avutili, man<strong>di</strong> tutti da lui curando che non vi si impicci “fra’ <strong>di</strong> Lonate”.<br />

(1454 marzo 19), Milano.<br />

301r Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo nostro Placentie.<br />

Te comettiamo et volemo che havuti da ti Iacomo Morotono et li compagni, ve<strong>di</strong> de<br />

retrare da loro quelli cinquanta ducati quali hanno baratati ad uno vilano de Vallesaxina;<br />

quali havuti, volimo neli man<strong>di</strong> qua, et così il vilano de che erano, providendo che<br />

Zohanne, <strong>di</strong>cto el fra’ de Lonà, non gli metta suxo le mane nì se ne impaza per alcuno<br />

modo. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1119<br />

Francesco Sforza avverte il podestà e i quattro deputati agli alloggiamenti dei cavalli a Piacenza<br />

<strong>di</strong> aver deputato Beltrame da Casale a espletare i loro stessi compiti, che loro gli consentiranno<br />

<strong>di</strong> assolvere in buona concor<strong>di</strong>a.<br />

Nel suddetto giorno si é scritto a donna Luchina <strong>di</strong> mandare un suo uomo dal duca.<br />

1454 marzo 19, Milano.<br />

Potestati ac quatuor deputatis ad alogiamenta equorum Placentie.<br />

Havemo deputato Beltrame da Casal remisso ad essere insieme con vuy quatro<br />

deputati et con Theseo, nostro cancellero, a scodere li denari delle taxe; però volemo<br />

che ve inten<strong>di</strong>ati ben insieme et lo lassiati exercere insieme con vuy lo <strong>di</strong>cto offitio, et<br />

fare tute le altre cose pertinenti a questa materia che retornino in benefitio del stato<br />

nostro. Ex Me<strong>di</strong>olano, xviiii marcii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

Die suprascripto.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme, quod mittat unum ex suis ad dominium in<strong>di</strong>late.<br />

Irius.


Cichus.<br />

1120<br />

Francesco Sforza ricorda a Gracino da Pescarolo <strong>di</strong> avergli scritto su richiesta <strong>di</strong> Taddeo da<br />

Noceto, commendatario dell’abbazia <strong>di</strong> Sant’Alberto, <strong>di</strong> procedere contro tal maestro Beltramino<br />

da Como, debitore del precedente abbate <strong>di</strong> 150 ducati. Ha ora inteso che il priore <strong>di</strong> Santo<br />

Spirito <strong>di</strong> Pavia ha avuto tale somma da detto Beltramino in virtù del testamento del predetto<br />

precedente abbate. Il duca vuole che, per una rituale soluzione <strong>di</strong> tale faccenda, Gracino si<br />

avvalga <strong>di</strong> un saggio e, per risolvere tutto ex iure, or<strong>di</strong>na che Beltramino, data idonea garanzia,<br />

venga messo in libertà.<br />

301v Domino Gracino de Piscarolo.<br />

1454 marzo 19, Milano.<br />

Altre volte ve scripsimo ad requisitione de misser Tadeo da Noxeto, commendatario<br />

dela abbatia de Sancto Alberto, che dovesti procedere contra uno magistro Beltramino<br />

da Como, debitore del’abbate passato d’essa abbatia de ducati centocinquanta; mò<br />

autem, havendo inteso che’l priore de Sancto Spirito da Pavia ha havuto decti <strong>di</strong>nari dal<br />

decto magistro Beltramino como <strong>di</strong>nari che spectano al convento de Sancto Spirito per<br />

vigore del testamento facto per lo prefato quondam misser lo abbate, volimo che questa<br />

cosa se intenda molto bene et se ne facia quello che la rasone vole. Et adciò che<br />

meglio sia terminata et nissuno habia iusta casone de lamentarse de iniustitia, volimo in<br />

cognoscere questo facto habiati consiglio de savio et de valenthomo, et secundo il<br />

iu<strong>di</strong>cio suo prove<strong>di</strong>ati che la rasone habia loco; et fra tanto che questa cosa serà<br />

conosciuta de rasone, <strong>di</strong>reti ad quello che solliciti Iì per misser Tadeo che’l voglia<br />

havere patientia. Et perché inten<strong>di</strong>amo che’l <strong>di</strong>cto magistro Beltramino è destenuto,<br />

volimo lo faciate relaxare, dando luy securtà idonea de stare in rasone et de presentarsi<br />

<strong>di</strong>nanzi da voy tante volte quante serà de bisogno. Me<strong>di</strong>olani, xviiii martii 1454.<br />

Caricandovi perhò a determinare et conoscere questa cosa quanto più presto sia<br />

possibile (a) et fra el termino de xv dì.<br />

Donatus de Aplano.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue Data ut supra depennato.<br />

1121<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al referendario <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> mandare fuori esattori per la riscossione<br />

del sale senza eccedere la forma degli or<strong>di</strong>ni con richiesta eccessiva <strong>di</strong> spesa.<br />

302r Referendario nostro Placentie.<br />

1454 marzo 19, Milano.<br />

Sentiamo per querella de molti che in el facto dela executione del sale tu man<strong>di</strong> fora<br />

exactori ad dare spexa ad Ii homirii excessiva, iI che è contra Ii ordeni et decreti che te<br />

son mandati; la qual cosa grandemente ne despiace. Pertanto volemo et per Ie<br />

presente te coman<strong>di</strong>amo che tu non debii mandare spexa ad Ii homini né excedere la<br />

forma de <strong>di</strong>cti ordeni et decreto, altramente non seremo ben contenti <strong>di</strong> facti tuoy. Et<br />

guarda fare per modo che non habiamo piu rechiamo de questa cosa. Data Me<strong>di</strong>olani,<br />

xviiii marcii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

1122<br />

Francesco Sforza informa il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che non intende addossare ai suoi uomini le<br />

spese dei retrovar<strong>di</strong>, dei quali si assume lui le spese. Vuole che metta in or<strong>di</strong>ne i due retrovar<strong>di</strong><br />

che ritiene possano essere armati e fissa la collocazione <strong>di</strong> un retrovardo sopra Spino o dove il<br />

luogotenente crederà meglio, lasciando del tutto a lui la sistemazione al <strong>di</strong> sotto degli altri due.<br />

Affida agli uomini del paese la vigilanza dei passi pericolosi dell’Adda.<br />

Non intende che si rimuova il “galionzello” da dove si trova.


Concede ad Antonio da Landriano la liberazione degli uomini <strong>di</strong> Spino, ma li avvisa che se<br />

incorreranno ancora in un simile inconveniente non saranno perdonati.<br />

Quanto a frate Gerolamo lo assicura che si asterrà dai salvacondotti.<br />

Domino locumtenenti Laude.<br />

1454 marzo 20, Milano.<br />

Respondendo ale vostre lettere date a xviiii marcii, hora tertia noctis: et primo ala parte<br />

deIi retrovar<strong>di</strong>, ve commen<strong>di</strong>amo de quanto haveti facto fino mò, ma ve avisamo che<br />

volemo nuy pagare la spesa d’essi retrovar<strong>di</strong> et non Ii homini nostri, quaIi hanno deIe<br />

altre gravezze como scriviti, non possendossi in questi tempi fare altramente. Et per<br />

chiarirve dela mente nostra, volemo che subito (a), ala receputa de questa, faciati<br />

mettere in ponto quelli duy, quali scriveti potersi armare de presenti, che anche faciati<br />

armare et spuldare de quelli duy facesti <strong>di</strong>sfare altre volte, et a questo non perdeti<br />

tempo alcuno, avisandone che subito ve mandaremo Ii denari de qua senza dubio<br />

alcuno. Volumus etiam che de tri retrovar<strong>di</strong> l’uno stia <strong>di</strong> sopra a Spino, o dove meglio vi<br />

parerà, et li altri duy <strong>di</strong> socto; et serano pagati da nuy. Ma volimo che habbiati bona<br />

advertenza in tollere homini fidatissimi et bene animosi et experti al mestiero. Ali homini<br />

del paese dariti solamente el caricho <strong>di</strong> guardare la riva d’Adda in alcuni luoci che vi<br />

parerano più periculosi et necessarii; et del riconzare et armare de <strong>di</strong>cti retrovar<strong>di</strong> subito<br />

ce dariti aviso ad ciò che man<strong>di</strong>amo el <strong>di</strong>naro.<br />

El galionzello volemo che remanga lì per li respeti scriveti.<br />

Ala parte de Antonio da Landriano siamo contenti che per questa fiata gli compiaciati<br />

dela liberatione de quelli homini da Spino, deli quali luy ve scrive, admonendoli che da<br />

mò inanti se abstingano da simile inconveniente che non gli seriano un’altra fiata<br />

facilmente perdonati.<br />

Ala parte de frate Ieronimo, et cetera, habiamo inteso et circa la concessione deli<br />

salviconducti se ne abstignarimo, parendone che’l <strong>di</strong>ca el vero et bene nostro. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, xx marcii 1454.<br />

Ser Iacobus,<br />

Cichus.<br />

(a) subito in interlinea.<br />

1123<br />

Francesco Sforza vuole che il luogotenente e il podestà <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> convochino gli uomini <strong>di</strong> Maleto<br />

e quelli <strong>di</strong> Corno Giovane e <strong>di</strong> Corno Vecchio e intese le varie ragioni, decidano se gli ultimi due<br />

debbono contribuire con quelli <strong>di</strong> Maleto nel pagamento della tassa dei cavalli. Nel caso che non<br />

siano costretti a tale congiunta contribuzione per il territorio che hanno sulla giuris<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

Maleo, decidano la cosa con rito sommario in modo che le parti non abbiano motivo <strong>di</strong> querela.<br />

1454 marzo 20, Milano.<br />

302v Locumtenenti et potestati nostris Laude.<br />

Se rendano <strong>di</strong>fficili al pagare delle taxe <strong>di</strong> cavalli li nostri comune et homini de Maleto,<br />

allegando che non gli seria possibile se li homini del Corno Zovene et Vechio non gli<br />

contribuissano ad ratam per lo territorio hanno su la iuris<strong>di</strong>ctione de Maleo. Per la qual<br />

cosa volimo, et ve comettemo che, vocatis vocan<strong>di</strong>s et intellectis iuribus partium,<br />

prove<strong>di</strong> con effecto che, dovendo da ragione contribuire li <strong>di</strong>cti del Corno Veghio et<br />

Zovene ale taxe, como è <strong>di</strong>cto, siano astrecti ad contribuirli, casu vero quo non, sia<br />

talmente decisa la <strong>di</strong>fferentia che più non se habia a litigare per questa facenda,<br />

expe<strong>di</strong>endo la cosa summarie, simpliciter et de plano, sine strepitu et figura iu<strong>di</strong>cii,<br />

cavillationibus et frivolis exceptionibus quibuscunque reiectis; ita tamen quod neutra<br />

partium iuxtam habeat querelle causam. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xx marcii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


1124<br />

Francesco Sforza fa sapere a Teseo da Spoleto e al referendario <strong>di</strong> Piacenza che è stato da lui<br />

Giovanni <strong>di</strong> Nicelli <strong>di</strong>cendosi pronto, lui e i suoi uomini, a pagare per il passato, presente e futuro<br />

a Teseo la quota dovuta della tassa dei cavalli, così come sono <strong>di</strong>sposti a versare al<br />

referandario la competente tassa del sale. Non intendono, però, essere coinvolti con i renitenti ai<br />

necessari pagamenti. Il duca or<strong>di</strong>na che se si comporteranno così, lui e i suoi uomini, non<br />

abbiano più alcuna molestia, mentre per i renitenti vale quanto già altre volte detto.<br />

(1454 marzo 20, Milano).<br />

Theseo de Spoleto et referendario Placentie.<br />

È stato qua da nuy Iohanne <strong>di</strong> Nicelli excusandose dela imputatione ad luy facta, cioè<br />

che luy et li homini suoy de Valle de Nura siano retroga<strong>di</strong> et contumaci ad pagare la<br />

loro parte delli debiti delle taxe <strong>di</strong> cavalli et del sale; et simelmente impazava che li altri<br />

della <strong>di</strong>cta Valle non pagassero, et cetera, <strong>di</strong>cendo et affirmando non essere vero<br />

alcuna delle pre<strong>di</strong>cte cose, imo che luy è et vole essere obe<strong>di</strong>ente et li suoy homini, et<br />

fare quello debitamente 303r debbe fare, concludendo che luy è apparechiato et<br />

promette de pagare tuto quello debito che’l ha et li suoy homini da qui indreto, et così<br />

ad li tempi subsequenti per caxon d’esse taxe de cavalli ad ti Theseo, et per el sale ad<br />

ti referendario; et così opererà et farà a tuta sua possanza che li altri simelmente<br />

pagharano. Et pur quando alcuni de loro fossero renitenti et contumaci, non vorà però<br />

luy né li suoi patire spesa per quelli tali. Et con questa conclusione è partito da nuy.<br />

Pertanto siamo contenti et ve comettiamo che, satisfacendo luy per sì et li suoy homini,<br />

como è <strong>di</strong>cto de sopra, et così operando ut supra che li altri paghino, debiati desistere<br />

de darli molestia alcuna né graveza; et se alcuni delli altri d’essa Valle serano<br />

contumaci, ut premittitur, contra quelli tali, fareti fare le executione per modo che tuti<br />

paghino. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

1125<br />

Francesco Sforza avverte il capitano del naviglio e Gracino da Pescarolo che manda verso<br />

Ferrara e anche verso Bologna il suo consigliere Niccolò Arcimboldo e, perciò, vuole che gli si<br />

preparino due navi, una per lui e le do<strong>di</strong>ci persone che lo accompagnano, e una per i suoi<br />

cavalli. Tutto deve essere pronto per domenica o lunedì prossimo. Si informi il duca<br />

dell’ammontare della spesa.<br />

(1454 marzo 20, Milano).<br />

Domino capitaneo Navilii et domino Gracino de Piscarolo.<br />

Per cose importantissime et ardue man<strong>di</strong>amo ale parte de sotto el spectabile doctore<br />

domino Nicolò Arcimboldo, nostro consigliero carissimo, e desiderosi del’aconcio dela<br />

persona soa et anche ch’el vada più presto, volimo che faciati mettere in puncto doe<br />

nave, cioè una tenuta et aconcia per luy et dodeci persone serano in compagnia con<br />

luy, l’altra per condure li suoy cavalli che seranno dece in tuto a numero, et ambe due<br />

le conducano a Ferrara, aut più ultra verso Bologna, se a luy piacerà. Fate adunche<br />

subito fare el <strong>di</strong>cto apparechio ita che’l possa montare domenicha o lunedì proximo<br />

avenire s’el venerà là, advisandone per lo presente nuntio quanto montarà la spesa de<br />

<strong>di</strong>cte nave fin a Ferrara. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


1126<br />

Francesco Sforza informa il capitano della Lomellina che Guideto da Cocconato si lagna che si<br />

importuni lui e i suoi per la tassa dei cavalli per la metà del possesso <strong>di</strong> Galliavola, <strong>di</strong> cui non<br />

gode alcunché. Il duca vuole che se le cose stanno come lui <strong>di</strong>ce, faccia pagare a chi gode tale<br />

possessione e a lui non <strong>di</strong>a fasti<strong>di</strong>o e revochi, se ve ne furono, i provve<strong>di</strong>menti in suo danno.<br />

303v Capitaneo nostro Lumelline.<br />

1454 marzo 20, Milano.<br />

Ne ha significato con querella lo egregio Guideto da Coconate che tu molesti luy et li<br />

suoy per cagione delle taxe <strong>di</strong> cavalli per la mitate della possessione de Galiavola, dela<br />

quale luy no(n) gode alcuna cosa benché, segundo se <strong>di</strong>ce, iure merito, specta a sì.<br />

Per la qual cosa siando così como luy <strong>di</strong>ce a nuy, non pare ragionevele né<br />

conveniente, né volimo che gli debbi dare tale gravamento; et se proinde havesse facta<br />

alcuna novità a luy né a veruno delli suoy, volimo che tu lha debii revocare et faci<br />

pagare ad che gode la possessione. Et se havesse alcuna cosa contraria a questa de<br />

ragione, avisace per tue lettere. Data Me<strong>di</strong>olani, xx marcii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1127<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Bartolomeo <strong>di</strong> Gubbio, commissario sulle tasse della Campagna e ai<br />

deputati agli affari <strong>di</strong> Pavia che, presa visione della supplica degli uomini <strong>di</strong> San Gaudenzio e<br />

trovato che sono gravati oltre il debito, gli fissino la loro debita rata.<br />

1454 marzo 21, Milano.<br />

Bartholomeo de Eugobio, commissario super taxis Campanee ac deputatis negociis<br />

civitatis Papie.<br />

Li homini de Sancto Gaudentio del <strong>di</strong>stricto de quella nostra cità sonno stati qua da nuy<br />

ad agravarse che sonno ultra el debito gravati della taxa <strong>di</strong> cavalli in questo novo<br />

compartito, secundo vederiti per la loro inclusa suplicatio, quale ve man<strong>di</strong>amo et volimo<br />

l’inten<strong>di</strong>ati; et trovando che siano gravati ultra el debito, gli reducati ala soa debita rata<br />

parte, ita che non siano gravati ultra il debito. Me<strong>di</strong>olani, xxi marcii 1454.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.<br />

1128<br />

Francesco Sforza avverte Gracino da Pescarolo e il referendario <strong>di</strong> Pavia Bartolomeo da<br />

Correggio <strong>di</strong> aver concesso a Giovanni Matteo Bottigella i due sandoni che si trovano al porto<br />

del Tono alla con<strong>di</strong>zione che li restituisca ogni volta che si devono usare per la costruzione del<br />

ponte sul Po nei pressi <strong>di</strong> Cremona.<br />

1454 marzo 21, Milano.<br />

304r Domino Gracino de Piscarolo et Bartolomeo de Corigia, referendario, nostris<br />

<strong>di</strong>lectis Papie.<br />

Ne ha rechiesto il nobile Iohannematheo Botichiella, nostro cortesano, doi sandoni sono<br />

al porto del Tono, quali nuy fecemo fare altre volte per fabricare il ponte sopra Po<br />

presso la cità nostra de Cremona; li quali nuy gli havemo concessi con questa<br />

con<strong>di</strong>cione, che ogne volta li vogliamo operare alla constructione d’esso ponte ne li<br />

debia restituire et consignare. Pertanto volemo che ad ogne requisitione d’esso<br />

Iohannematheo, gli faciati dare et consignare essi sandoni, delli quali possa <strong>di</strong>sponere<br />

como parerà et piacerà a luy, fino gli fosseno rechiesti per nuy. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxi<br />

marcii 1454.<br />

Zanetus.


Iohannes.<br />

1129<br />

Francesco Sforza vuole che il commissario <strong>di</strong> Caravaggio man<strong>di</strong> <strong>di</strong>eci cavalle degli uomini <strong>di</strong> lì,<br />

con opportuni sacchi, che devono portarsi a Milano, dove riceveranno dai Mestri delle entrate<br />

straor<strong>di</strong>narie do<strong>di</strong>ci moggia <strong>di</strong> biada da trasportare, come munizione, nella rocca caravaggina. .<br />

Commissario Caravagii.<br />

1454 marzo 21, Milano).<br />

Perché havemo deliberato de mandare lì in quella nostra rocha circa octo o dece moza<br />

de biava per monitione d’essa, volimo che subito, recevuta questa, debiati tore octo o<br />

dece cavalle de quelle delli homini d’essa terra et li sachi opportuni per potere condure<br />

<strong>di</strong>cta biava lì et mardarneli qui da nuy, havendo advertentia ad torre delli homini de<br />

quella terra che habiano ad venire con esse cavalle, quali habiano ad venire qua per<br />

altre facende per mancho desconzo de loro, et or<strong>di</strong>nandoli che faciano capo dali<br />

Maystri del’intrate nostre extraor<strong>di</strong>narie, perché loro gli faranno dare essa biava. Et che<br />

siano qua domane infallanter. Et quamvis habiamo <strong>di</strong>cto de sopra octo o dece moza, ve<br />

avisamo che serano dodeci; et dariti l’aligata al castellano d’essa rocha. Data ut supra.<br />

Filipus.<br />

Cichus.<br />

1130<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà, al comune e agli uomini <strong>di</strong> Vigevano <strong>di</strong> provvedere<br />

che Giovanni Giacomo Spirotino e Francesco, fratelli dal Pozzo non siano trattati<br />

<strong>di</strong>versamente dagli altri <strong>di</strong> lì <strong>di</strong> pari grado.<br />

(1454 marzo 21, Milano).<br />

304v Potestati, comuni et habitantibus Viglevani.<br />

Per altre nostre lettere date Macharie v ianuarii proxime presenti ad supplicatione de<br />

Iohanneiacomo Spirotino et Fra(n)cisco, fratelli dal Pozo, de quella nostra terra ve<br />

scrissemo quanto poterite relezere in esse nostre lettere. Et perché novamente ne hano<br />

facto (a) significare cum lamenta <strong>di</strong>cti fratelli che non haveti exequito quanto alora ve<br />

scrissemo in loro grave danno et preiu<strong>di</strong>tio, denuo ve comettemo et volemo<br />

expressamente che debbiate provedere che li pre<strong>di</strong>cti non habbiano cagione<br />

lamentarse <strong>di</strong>gnamente, nè de gravarse che siano pegio tractati del’altri de quella<br />

nostra terra, quali sonno in eodem gradu. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue instantia depennato.<br />

1131<br />

Francesco Sforza, richiamato quanto ha scritto circa la vertenza esistente per la tassa dei cavalli<br />

tra gli uomini <strong>di</strong> Maleto verso quelli <strong>di</strong> Corno Vecchio e <strong>di</strong> Corno Giovane, comanda al<br />

logotenente e al podestà <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> intervenire perché facciano restituire da quelli <strong>di</strong> Maleto le<br />

bestie che hanno sottratto a quelli <strong>di</strong> Corno Giovane<br />

Locumtenenti et potestati nostris Laude.<br />

(1454 marzo 21, Milano).<br />

Dapoi che per nostre lettere date heri ve scripsemo cha dovestivo intendere, conoscere<br />

et determinare le <strong>di</strong>fferentie quale se vertisseno fra l’homini da Maleto, Corno Vechio et<br />

Zovene per cagione della contributione delle tasse <strong>di</strong> cavalli, sonno venuti a nuy<br />

l’homini nostri dal Corno Zovene ad lamentarse che quelli da Maleto gli hanno tolte e<br />

facto tolere alcune bestie per cagione de <strong>di</strong>cta <strong>di</strong>fferentia, che non ne pare honesto, né<br />

ragionevele che se debiano far ragione da per sé. Per la qual cosa volimo e ve<br />

comettemo che subito gli debiati fare restituire le loro bestie fina tanto che per vuy sarà


<strong>di</strong>ffinita la (a) causa, pendente enim lite nichil debet invocari, postea procederiti ala<br />

<strong>di</strong>ffinitione della <strong>di</strong>fferentia quo breviori temporis spacio (b) poteritis et videritis<br />

convenire. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue cosa depennato.<br />

(b) Segue fieri depennato.<br />

1132<br />

Si é scritto al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> rilasciare o far rilasciare il servo <strong>di</strong> Berto Testagrossa,<br />

familiare ducale, nonostante lettere in contrario.<br />

305r Die xxii marcii.<br />

(1454) marzo 21.<br />

Scriptum fuit locumtenenti Laude quod debeat relaxare, seu relaxari facere, famulum<br />

Berto Teste Grosse, familiaris nostri non obstante aliquibus litteris in contrarium<br />

facientibus.<br />

Nicolaus.<br />

Iohannes.<br />

1133<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà <strong>di</strong> Treviglio, sapendo il perdono del duca, non <strong>di</strong>a fasti<strong>di</strong>o<br />

a Stefano da Treviglio che, senza licenza, se n’é andato a Bergamo a visitare suo fratello<br />

Potestati nostro Trivilii.<br />

1454 marzo 22, Milano.<br />

Essendo Stephano da Trivilio, habitante lì, exibitore de questa, andato a Pergamo<br />

senza toa licentia per vedere uno suo fratello, dubita che retornando lì tu gli fazi<br />

qualche novità o molestia. Et perché nuy gli habiamo perdonato, te comettiamo et<br />

volemo che lo debii lassare retornare liberamente, et non dargli impazo per questa<br />

casone. Ex Me<strong>di</strong>olano, <strong>di</strong>e xxii marcii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1134<br />

Francesco Sforza informa il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che Petrolo e fratelli si sono lamentati <strong>di</strong> essere<br />

impossibilitati a pagare il carico dei cavalli loro imposto, asserendo che a loro ne dovrebbero<br />

toccare solo una metà. Accertata la loro situazione, si riduca il loro onere a proporzioni<br />

ragionevoli.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1454 marzo 22, Milano).<br />

Petrolo et li fratelli <strong>di</strong> Origi, habitatori delle Cassine de Bolenzano del veschoato de<br />

Lode, se lamentano esserli impossibile pagare quello carico gli è stato dato per taxa <strong>di</strong><br />

cavalli, <strong>di</strong>cendo che gli ne tocha solamente duy quarti. Pertanto ve comettiamo et<br />

volemo che, havuto informatione de questa cosa, si trovariti <strong>di</strong>cti fratelli essere gravati<br />

ultra el dovere et a cosa insupportabile, li debiati fare redure a cosa honesta et<br />

rasonevele et che possano supportare aciò non habiano casone legitima de gravarse.<br />

Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.


1135<br />

Francesco Sforza scrive a maestro Iosep da Cotone, castellano <strong>di</strong> San Colombano, che il<br />

famiglio ducale Giacomazzo da San Cristoforo gli ha detto che non è ancor riuscito a prendere<br />

per moglie la donna per la quale il duca gli aveva scritto. Se non gli riesce <strong>di</strong> sistemare la<br />

faccenda, il duca vuole che man<strong>di</strong> da lui Paolo dall’Acqua e Giovanni Bosono per capire perché<br />

sono contrari a tale parentado.<br />

1454 marzo 22, Milano.<br />

305v Magistro Iosep de Cortonio, castellano sancti Columbani.<br />

Credevamo non havere più ad scriverte per la donna, quale voria torre per mogliere<br />

Iacomazo de San Christoforo, nostro fameglio, de quella nostra terra, ma, secundo luy<br />

ne <strong>di</strong>ce, anche non è facto niente; del che ne maravigliamo. Pertanto volemo debbi de<br />

novo vedere de aconzare questa cosa ita che Iacomazo habia questa mogliere. Pur<br />

quando non possi condure questa cosa ad effecto, volimo che mando qua da nuy Paulo<br />

dal’Aqua et Iohanne Bosono, dali quali volimo intendere perché cagione non sonno<br />

contenti fare questo parentado con <strong>di</strong>cto Iacomazo per nostra contemplaziome. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxii marcii 1454.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

1136<br />

Francesco Sforza comanda al capitano della Lomellina <strong>di</strong> intervenire perché il garlaschese Berto<br />

da Guara sal<strong>di</strong> il debito che ha con Paolo Visconti.<br />

Capitaneo Lumelline.<br />

1454 marzo 23, Milano.<br />

Polo Vesconte debbe havere certi <strong>di</strong>nari da uno Berto da Guara, habitante in Garlasco;<br />

et <strong>di</strong>ce non poterà conseguire el dovere suo. Però commettiamo a ti et volemo che,<br />

constandote el <strong>di</strong>cto Berto esserli debitore, lo debii astrengere me<strong>di</strong>ante la rasone a<br />

farli el dovere, como è iusto et rasonevele. Ex Me<strong>di</strong>olano, <strong>di</strong>e xxiii marcii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1137<br />

Francesco Sforza dà al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> la facoltà <strong>di</strong> concedere a Stefanino da Pantani la<br />

licenza <strong>di</strong> portarsi a Venezia per sod<strong>di</strong>sfare i suoi cre<strong>di</strong>tori<br />

306r Locumtenenti nostro Laude.<br />

1454 marzo 23, Milano.<br />

Respondendo ale vostre lettere <strong>di</strong>e xxii de presente, date Laude, circha la licentia da<br />

essere data a Stefanino de Pantani per andare a Venezia ad componersi con li suoi<br />

cre<strong>di</strong>tori, et siando homini de quella qualità et bona con<strong>di</strong>tione che scriveti, siamo<br />

contenti, et per questa ve concedemo che gli <strong>di</strong>ati licentia, como meglio ve parerà. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, xxiii marcii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


1138<br />

Francesco Sforza scrive a donna Luchina dal Verme che le manda il suo trombetta Luigi per<br />

avere la somma <strong>di</strong> cui suo marito, come le é noto, era debitore <strong>di</strong> Antonio da Septo<br />

Domine Luchine de Verme.<br />

(1454 marzo 23, Milano).<br />

Antonio da Septo, nostro citta<strong>di</strong>no de qui, pretendendo dovere havere dala bona<br />

memoria del conte Aluysi, già vostro consorte, bona summa de denari. como la vostra<br />

magnificentia <strong>di</strong>ce essere informata, constrecto da necessità, ce ha requesto vogliamo<br />

mandare Aluysi, nostro trombetta, da essa per tale faccenda, et recomandarglila<br />

strectamente; dove che per condescendere ad <strong>di</strong>cta soa requesta, siamo stati contenti<br />

et così gli man<strong>di</strong>amo <strong>di</strong>cto nostro trombetta, confortandola voglia fare opportuna<br />

provisione circha ciò per modo <strong>di</strong>cto Antonio resti contento che, oltre la magnificentia<br />

vostra ne reportariggia comendatione et laude presso ad Dio et al mondo, anchora da<br />

nuy serà grande piacere. Data ut supra.<br />

Andreas Fulgineus.<br />

1139<br />

Francesco Sforza informa donna Luchina dal Verme <strong>di</strong> aver assegnato come confino Voghera<br />

ad Ambrogio Macasola da Milano, detenuto nel castello <strong>di</strong> Pavia.<br />

Le chiede <strong>di</strong> or<strong>di</strong>nare al podestà <strong>di</strong> Voghera <strong>di</strong> pretendere che, ogni giorno, detto Ambrogio si<br />

presenti da lui una o due volte.<br />

306v Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

1454 marzo 23, Milano.<br />

Ad Ambrosio Machasola da Milano, quale tenevamo destenuto in lo castello de Pavia,<br />

havemo assignato el suo confine ad Voghera. Pertanto ve confortiamo che or<strong>di</strong>nati con<br />

lo vostro potestà lì che ogne dì, doe volte o almanco una, toglia la presentatione da<br />

esso Ambroxo finchè altro gli or<strong>di</strong>naremo in contrario. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxiii marcii<br />

1454.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

1140<br />

Francesco Sforza scrive a Bolotgnino de Attendolis, castellano <strong>di</strong> Pavia, <strong>di</strong> rilasciare Ambrogio<br />

Macasola da Milano, perché lo ha confinato a Voghera.<br />

(1454 marzo 23, Milano).<br />

Domino Bolognino de Attendolis, castellano castri nostri Papie.<br />

Siamo contenti et volimo che, havuta questa, debiati liberamente relaxare Ambroxio<br />

Machasola da Milano, quale haveti lì in vostre mane, perché gli havemo assignato il<br />

suo confine ad Voghera. Et per chiareza de questo habiamo sottoscripto la presente<br />

manu propria. Data ut supra.<br />

Persanctes.<br />

Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria.<br />

Cichus.


1141<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al commissario <strong>di</strong> Geradadda <strong>di</strong> far provvedere alla riparazione <strong>di</strong><br />

alcuni tetti della rocca e <strong>di</strong> rendere praticabile il ponte del soccorso.<br />

Commissario Glareabdue.<br />

(1454 marzo 23, Milano).<br />

Intendemo che quella nostra rocha ha pur bisogno de alcune reparatione, et maxime de<br />

alcuni tecti che strapioveno, et così de aconciare lo ponte del succorso che non se pò<br />

calare. Pertanto volimo che prove<strong>di</strong> per quello modo ti pare, etiam sopra l’intrate nostre<br />

lì, far fare subito le <strong>di</strong>cte reparatione in modo che stiano bene. Data ut supra.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

1142<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce al Colleoni <strong>di</strong> aver inteso che quelli della Valle Seriana <strong>di</strong> Sotto e della<br />

Valle Trascora hanno avuto salvacondotti dai rettori <strong>di</strong> Bergamo per cui i nemici vanno<br />

comodamente avanti e in<strong>di</strong>etro e i Valeriani ducali menano anche le loro robe fin dentro<br />

Bergamo. Il duca gli chiede <strong>di</strong> non tollerare tali salvacondotti, impedendo così che i nemici<br />

possano più praticare con la gente sforzesa.<br />

307r Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

(1454 marzo 23, Milano).<br />

Per relatione a nuy facta havemo inteso che la Valle Seriana de Sotto et la<br />

Valletrascora hanno havuto salvaconducto delli rectori de Pergamo, per lo quale<br />

inten<strong>di</strong>amo che l’inimici nostri vanno et vengono a a loro posta senza alcuno contrasto,<br />

como s’el volesse la più bella pace del mondo; quo fit che, andando li nostri Valeriani<br />

ale <strong>di</strong>cte Valle et conducendose hincinde dele robe, ne fino ale volte menate dentro da<br />

Pegamo, el che credemo habiano facto senza alcuna vostra saputa, né consentimento.<br />

Et perché questa cosa a nuy è molesta, confortiamove et pregamove vogliati provedere<br />

che <strong>di</strong>cti Valeriani non usano <strong>di</strong>cto salvaconducto, imo che penitus gli sia nullius valoris,<br />

ita che de cetero non habiano li <strong>di</strong>cti nostri inimici ad praticare con li <strong>di</strong>cti homini nostri;<br />

per la qual pratica, como intendeti, non se ne reporta veruno bono fructo. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

a Segue Bergamo depennato.<br />

1143<br />

Francesco Sforza risponde a Sandrino de Nodariis da Calvisano, vicario della valle <strong>di</strong> Gan<strong>di</strong>no,<br />

che, in seguito a sua segnalazione, ha or<strong>di</strong>nato la revoca dei salvacondotti per evitare che si<br />

conducano robe dentro Bergamo. A Sandrino raccomanda <strong>di</strong> vigilare per evitare violazioni del<br />

genere in quelle vallate e lo loda per il suggerimento <strong>di</strong> mettere dei fanti a Gazzaniga.<br />

(1454 marzo 23, Milano).<br />

Sandrino de Nodariis de Calvisano, vicario nostro Vallis nostre Gan<strong>di</strong>nii.<br />

Havemo inteso quanto per la toa ne hai scripto de quelle Valle che per havere<br />

salvoconducto patiscano che l’inimici vanno et vengono ad suo piacere; per il che ne<br />

segue che molte volte se conducono delle robbe dentro da Pergamo, et cetera. Al che<br />

respondendo, te <strong>di</strong>cemo perché questa cosa a nuy é molto molesta et exosa, havemo<br />

or<strong>di</strong>nato che serano revocati <strong>di</strong>cti salviconducti, sichè tu mò dal canto tuo attenderay ad<br />

tale guar<strong>di</strong>a che niuno mancamento possa reusire in quelle vallate. Del ricordo ne fay<br />

de mettere qualchi fanti in Gazanigha, te ne comen<strong>di</strong>amo et sopra ciò faremo<br />

provisione. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.


1144<br />

Francesco Sforza scrive all’università degli uomini e dei vicini <strong>di</strong> Gazzaniga della valle <strong>di</strong><br />

Gan<strong>di</strong>no che per il momento non può inviare, per loro carenza, delle munizioni, ma che, in caso<br />

<strong>di</strong> bisogno, li fornirà <strong>di</strong> ogni munizione necessaria.<br />

1454 marzo 23, Milano.<br />

307v Universitati hominum et vicinorum de Gazanica Vallisgan<strong>di</strong>ne, nostris <strong>di</strong>lectis.<br />

Bonifacius. Nuy havemo inteso quanto per la vostra ne rechiedeti che per vostra<br />

defensione et secureza vogliamo providerve de qualche munitione, et cetera. Al che<br />

respondendo, ve <strong>di</strong>cemo, perché de presenti non se troviamo havere le balestre et<br />

quello che vuy domandati, al presente non ve lo possiamo mandare; ma accadendo<br />

veruno bisogno, nuy subito ve provideremo de ogne monitione che a vuy serà<br />

necessaria. Data Me<strong>di</strong>olani, xxiii marcii 1454.<br />

Cichus.<br />

1145<br />

Francesco Sforza vuole che il referendario <strong>di</strong> Piacenza prenda atto <strong>di</strong> quello che gli scrivono i<br />

Maestri delle entrate per garantire i daziari locali per la quantità <strong>di</strong> vino che hanno fatto condurre<br />

in città Lorenzo Bellono e Gabriele Oldovino. Esegua, perciò, quel che loro gli scrivono.<br />

Referendario Placentie.<br />

1454 marzo 24, Milano.<br />

Tu vederay quanto te scriveno li Magistri nostri del’intrate per certa securtà data alli<br />

daciarii de quella città per certa quantità de vino hanno facto condure ad Cremona<br />

Lorenzo Bellono et Gabriel Oldovino. Pertanto volimo debi exeguire quanto loro te scriveno<br />

perché cossi é la intentione nostra. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e 24 marcii 1454.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

1146<br />

Francesco Sforza, dopo avergli rimproverato l’inottemperanza <strong>di</strong> quanto gli aveva comandato,<br />

or<strong>di</strong>na al capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> convocare prontamente Rato da Romagna e <strong>di</strong><br />

non lasciarlo partire se non quando avrà saldato il debito che ha con lo squadrero ducale<br />

Bartolomeo de Quarteri, che deve essere in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> eseguire una commissione ducale.<br />

Capitaneo citadelle Placentie.<br />

1454 marzo 24, Milano.<br />

Per un’altra te havemo scripto che dovessi constrengere Rato da Romagna ad fare il<br />

debito ad domino Bartholomeo de Quarteri, nostro squadrero, de quello debbe havere<br />

da luy; el che ancora non hay facto secundo n’ha <strong>di</strong>cto domino Bartholomeo. Pertanto<br />

iterato te comettemo che habii da ti <strong>di</strong>cto Rato et lo astrengi inanti se parta da ti, ad fare<br />

el debito al <strong>di</strong>cto domino Bartholomeo, et presto, acioché luy se possa mettere in<br />

puncto et exequire quanto per nuy gli serà commisso. Data Me<strong>di</strong>olani, xxiiii Marcii 1454.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.


1147<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Francesco Giorgio <strong>di</strong> non aggravare <strong>di</strong> altri due cavalli il consigliere<br />

ducale Alberto da Trivulzi al <strong>di</strong> là dei cinque cavalli e mezzo tassati ai beni che ha nel Lo<strong>di</strong>giano.<br />

308r Franciscogiorgio.<br />

1454 marzo 24, Milano.<br />

Gravandose domino Antonio da Trivulzi, nostro consigliero, che ultra li cinque cavalli et<br />

mezo forono ultimamente taxati per li homini del paese ali soy beni ha in Lodesana,<br />

pare tu li habbi sopragionti doy altri cavalli per li quale reque<strong>di</strong> il pagamento del tempo<br />

passato, ce ha requesto vogliamo provedere et scriverte per <strong>di</strong>cta casone in opportuna<br />

forma; per la qual cosa, maravigliandone prima de tale ad<strong>di</strong>tione, volemo, se così è<br />

como luy <strong>di</strong>ce, non li daghi per <strong>di</strong>cti doy cavalli alcuno impazo et facci per modo luy non<br />

habbia casone porgerce più querella; et non manchi. Data Me<strong>di</strong>olani, xxiiii marcii 1454.<br />

Andreas Fulgineus.<br />

1148<br />

Francesco Sforza scrive a Benedetto de Curte, capitano <strong>di</strong> Piacenza, <strong>di</strong> aver provveduto per<br />

Graziolo da Vicenza, mentre gli comanda <strong>di</strong> rilasciare il giudeo che detiene e <strong>di</strong> or<strong>di</strong>nargli <strong>di</strong><br />

andare da lui.<br />

Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo Placentie.<br />

1454 marzo 24, Milano.<br />

Respondendo a quello ne scrivi circ’al facto de Gracciolo da Vicenza. <strong>di</strong>cemo che gli è provisto<br />

quanto bisogna. Alla parte del zudeo destenuto volemo che lo debbi relaxare et conmandarli<br />

ch’el vegna qua da nuy. Me<strong>di</strong>olani, xxiiii marcii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1149<br />

Francesco Sforza comanda a Benedetto, detto Fiorentino <strong>di</strong> Firenze, <strong>di</strong> dare al cavallaro che gli<br />

manda il mulo consegnatogli dal suo cacelliere Giovanni Ciapano oltre i sei cavalli <strong>di</strong> Graziolo da<br />

Vicenza.Dia della crusca ai sei cavallio che gli restano in modo che ritornino gagliar<strong>di</strong>.<br />

Bene<strong>di</strong>cto, <strong>di</strong>cto Fiorentino de Florentia.<br />

1454 marzo 25, Milano.<br />

Volimo che quello mullo, quale te consignò Zohanne Chiapano, nostro cancellero, insieme con<br />

quelli altri cavalli che forono de Gratiolo da Vincenza, tu lo debbi dare et consignare liberamente<br />

al cavallaro presente portatore. Et alli sei cavalli quali ti restano, volimo che facii bene intendere<br />

et dare della cruscha in modo se refaciano uno poco acioché, quando l’haveremo ad <strong>di</strong>stribuire,<br />

se retrovano grassi et bene in puncto. Data Me<strong>di</strong>olani, xxv marcii 1454.<br />

Nicolaus.<br />

Cichus.<br />

1150<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na che il podestà e i presidenti agli affari <strong>di</strong> Pavia, assecondando la<br />

volontà <strong>di</strong> Giovanni e Isnardo, fratelli Barberi, non siano più in quella provisione ducale.<br />

1454 marzo 24, Milano.<br />

308v Potestati et presidentibus negotiis comunitatis civitatis nostre Papie.<br />

Zohanne et Isnardo, fratelli <strong>di</strong> Barberi, cita<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> quella nostra cità, per certe legitime casone non<br />

voriano più essere in quella provisione nostra. Per compiacerli adunche haveremo caro che,


non essendoli alcuna legitima casone per la quale bisogna siano in essa provisione, non gli<br />

vogliate più dare questo carico. Ex Me<strong>di</strong>olano, xxiiii marcii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1151<br />

Francesco Sforza vuole che, anche per assecondare la perorazione fatta da donna Bianca,<br />

Giovanni da Pesaro, podestà <strong>di</strong> Piacenza, liberi Arasmino <strong>di</strong> Agliate da Milano che “per<br />

sempitate” ha tolto un panno bianco durante la festa <strong>di</strong> carnevale.<br />

1454 marzo 26, Milano.<br />

Domino Iohanni de Pisauro, potestati nostro Placentie.<br />

Per parte de Arasmino da Aglià da Milano, ad nuy è stato exposto de certo panno bianco per luy<br />

tolto in la festa de carnevale passato et che questo ha facto più presto per sempitate che per<br />

alcuno altro cativo fine. Et perché la illustrissima madona Biancha, nostra consorte, n’ha facto<br />

granda instantia in favore del <strong>di</strong>cto Arasmino, siamo remasti contenti, per contemplazione della<br />

signoria sua, perdonarli et remetterli tale debito; unde <strong>di</strong>cemo che, non siandoli altra legitima et<br />

precedente casone che per la casone pre<strong>di</strong>cta, vuy lo debiati relaxare et liberarlo senza altra<br />

exceptione et replicatione, facendo cassarli et annullarli ogne processo et condemnatione che gli<br />

fosse facta; et ultra ciò admonirlo che da mò inanzi se guar<strong>di</strong> molto bene de non incorere più in<br />

simile fallo perché gli ne potria incontrare altro che non gli è incontrato questa volta. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxvi marcii 1454.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

1152<br />

Francesco Sforza comanda al castellano <strong>di</strong> Vigevano <strong>di</strong> rimettere in libertà<br />

prete Giovanni <strong>di</strong> Colli.<br />

309r Castellano Viglevani.<br />

1454 marzo 27, Milano.<br />

Siamo contenti et volimo che domino prete Iohanne <strong>di</strong> Colli, quale hay in le tue mano, lo debii<br />

relaxare et mettere in sua libertà che possa andare per li facti suoy. Data Me<strong>di</strong>olani, xxvii marcii<br />

1454.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

1153<br />

Francesco Sforza vuole che il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> amministri celermente giustizia sommaria<br />

contro i debitori del suo balestriere Bon<strong>di</strong>, che deve ritornare a far la guar<strong>di</strong>a nel Bresciano.<br />

Nel suddetto giorno si é scritto al podestà <strong>di</strong> Caravaggio in favore del suddetto Bon<strong>di</strong> perché, risarcito,<br />

induca il cavallaro <strong>di</strong> Leno, ivi abitante, a restituire, se dovutigli, a Bon<strong>di</strong> alcuni beni datigli in custo<strong>di</strong>a<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1454 marzo 26, Milano.<br />

Bon<strong>di</strong>, nostro balestrero, ne <strong>di</strong>ce ha una certa <strong>di</strong>fferentia cum alcuni de quella nostra cità, como<br />

da luy saray ad pieno informato. Et perch’el <strong>di</strong>cto Bon<strong>di</strong> non po’ stare ad perdere tempo, né ad<br />

littigare lì per questa casone, quale volimo vada ad la guar<strong>di</strong>a sua in Brexana, volimo, inteso il<br />

facto, li ministrati rasone summaria et expe<strong>di</strong>ta, sola facta veritate comperta, contra qualunque<br />

suo debitore et vogliati spazarlo prestissimo, ad ciò che retorni presto ala guar<strong>di</strong>a, como havemo<br />

<strong>di</strong>cto et che non stagha lì suso l’hostaria ad spendere li denari gli habiamo facto dare. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxvi marcii 1454.<br />

Zaninus.<br />

Iohannes.<br />

Cichus.


Die suprascripto.<br />

Similiter scriptum fuit potestati Caravagii pro suprascripto Bon<strong>di</strong>o quatenus artet Cavallarium de<br />

Leno, habitantem illius terre, ad restituenda <strong>di</strong>cto Bon<strong>di</strong>o nonnullas res et bona que sibi dedet<br />

alias in custo<strong>di</strong>am, constando sibi quod sic sit aut quod debeat eidem Bon<strong>di</strong>o solvere <strong>di</strong>ctas res<br />

et bona, iusto et convenienti pretio, et quod debeat ipsum expe<strong>di</strong>re presto.<br />

Zaninus.<br />

Iohannes.<br />

1154<br />

Francesco Sforza comanda al luogotenente e al podestà <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> replicare agli uomini <strong>di</strong> Maleo<br />

l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> restituire i buoi tolti a quelli del Corno, non tollerando che essi tengano in così poca<br />

considerazione le loro <strong>di</strong>sposizioni.<br />

1454 marzo 26, Milano.<br />

309v Locumtenenti et potestati nostris Laude.<br />

Quantunche habiati mandato a comandare ali homini de Male’ che debiano restituire li<br />

bovi tolti ali homini del Corno et poi domandare rasone, secundo la <strong>di</strong>spositione della<br />

nostra lettera quale ve scripsemo, pur inten<strong>di</strong>amo che non hanno vogliuto obe<strong>di</strong>re el<br />

comandamento vostro; maravigliandone adunche che faciano così pocha stima <strong>di</strong> facti<br />

vostri, ve comettiamo de novo et volemo li debiati astrenzere ala restitutione de <strong>di</strong>cti<br />

bovi, voglino o non, perché non volemo tolerare tanta pertinacia loro. Data Me<strong>di</strong>olani,<br />

<strong>di</strong>e xxvi marcii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1155<br />

Francesco Sforza rinfaccia, (replicando l’or<strong>di</strong>ne della restituzione), al podestà, al comune e agli<br />

uomini <strong>di</strong> Maleo la inosservanza all’or<strong>di</strong>ne, dato in nome del duca, dal luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

restituire bestie e biade tolte a quelli del Corno. Se hanno <strong>di</strong> che eccepire, man<strong>di</strong>no due <strong>di</strong> loro<br />

dai Maestri delle entrate straor<strong>di</strong>narie che amministreranno loro quella giustizia che loro si sono<br />

arrogata.<br />

Potestati, comuni et hominibus Maley.<br />

(1454 marzo 26), Milano.<br />

Vuy homini de Maleo haviti tolto de propria auctoritate vostra certe bestie et biade ali<br />

homini del Corno; et quantunche el nostro locotenente de Lode in executione de nostre<br />

lettere ve habia commandato che li dovesti restituire, pur non ne haveti vogliuto fare<br />

niente; del che grandemente ce maravegliamo. Et però ve comman<strong>di</strong>amo<br />

expressamente che subito li debiati restituire <strong>di</strong>cte bestie et biade senza contra<strong>di</strong>ctione<br />

alcuna; et se ve sentireti gravati de questo veniti duy de vuy ali nostri Maystri del’intrate<br />

extraor<strong>di</strong>narie, quali ve ministrarano rasone perché non volimo la ministrati vuy stessi.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1156<br />

Francesco Sforza ricorda al podestà e agli uomini <strong>di</strong> Ripalta <strong>di</strong> aver loro detto, ma invano, <strong>di</strong><br />

dare legni del ponte <strong>di</strong> lì a Scipione da Casate.<br />

Replica l’or<strong>di</strong>ne, comandando che gliene <strong>di</strong>ano do<strong>di</strong>ci.<br />

310r Potestati et hominibus Rippalte.<br />

1454 marzo 27, Milano.<br />

Per tre nostre lettere ne recor<strong>di</strong>amo haverve scritto dovessi dare ad domino Scipione<br />

de Casate certi ligni de quelli del ponte de quella terra; et may non l’haviti facto. Mò per<br />

questa ve <strong>di</strong>cemo et coman<strong>di</strong>amo che de qualunque ligni del <strong>di</strong>cto ponte remasti lì, ne


debiate dare al <strong>di</strong>cto domino Scipione li dodeci, expe<strong>di</strong>endolo subito. Data Me<strong>di</strong>olani,<br />

<strong>di</strong>e xxvii marcii 1454.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.<br />

1157<br />

Francesco Sforza scrive al capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza d’aver saputo che, su richiesta<br />

del Colleoni, ha fatto sequestrare i beni <strong>di</strong> Pietroantonio da Perugia, già uomo d’arme<br />

colleonesco, ma ha pure inteso che ha rinchiuso nella cittadella la moglie, che “é pur donna,<br />

quale non sta bene in ogni loco”. Vuole, perciò, che, se vi fosse lì Feracino o altri per il Colleoni,<br />

accenni a ciò e, se Pietroantonio darà idonea garanzia <strong>di</strong> consegnare a ogni richiesta la moglie<br />

e le cose sequestrate, la liberi subito e <strong>di</strong>ssequestri le dette cose.<br />

Poliza.<br />

E’ intenzione ducale che Benedetto liberi la donna <strong>di</strong> Petroantonio e <strong>di</strong>ssequestri le sue cose.<br />

Se Ferracino o altri <strong>di</strong>l Colleoni mostrerà la lettera ducale e Benedetto <strong>di</strong>rà quel che gli parerà<br />

Capitaneo nostro citadelle Placentie.<br />

1454 marzo 27, Milano.<br />

Havemo inteso como tu hay, ad instantia del magnifico Bartholomeo Coglione, facto<br />

sequestrare le cose et beni de Petroantonio de Perosa, già homo d’arme d’esso<br />

magnifico Bartholomeo, quale luy ha in quella nostra cità, et destenuto la mogliere, et<br />

factola menare lì in citadella. Et quantunche tu non possi havere fallito ad havere facto<br />

quello t’ha rechiesto il prefato magnifico Bartholomeo, il quale pò commandare ali nostri<br />

como nuy stessi, como ha possuto nel passato, tamen ne pare, considerato che questa<br />

é pur donna, quale non sta bene in ogni loco, como se fosse uno homo, se gli debia<br />

havere respecto; unde te <strong>di</strong>cemo che, essendo lì Feracino o altro per il magnifico<br />

Bartholomeo, debi trovarli et <strong>di</strong>rli de questo facto. Et, dando esso Petroantonio idonea<br />

segurtade de consignarti ad ogne toa peticione la mogliere et quelle cose havite facto<br />

sequestrare et non lassarle movere de quella nostra cità senza toa licentia, faray subito<br />

liberare la donna sua, et così le cose sequestrare faray cavare de sequestro, perché,<br />

havute <strong>di</strong>cte securtade, non potrà fugire esso Petroantonio il debito. Data Me<strong>di</strong>olani,<br />

xxvii marcii 1454.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

Poliza.<br />

Bene<strong>di</strong>cto, nostra intentione è che tu liberi la donna de Petroantonio et che fazi liberare<br />

le cose soe de sequestro; ma se Ferracino o altro de quelli del magnifico Bartholomeo,<br />

é lì, tu li poray monstrare questa nostra lettera et <strong>di</strong>rli sopra ciò ad bocha quello che ti<br />

parirà. Data ut in litteris.<br />

Cichus.<br />

1158<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Gracino da Pescarolo e al referendario Bartolomeo da Correggio <strong>di</strong><br />

fare preparare senza grande spesa una navetta per Giovanni Martino da Parma e Giovanni<br />

Matteo da Gra<strong>di</strong>, me<strong>di</strong>ci, perché si portino presto dal marchese <strong>di</strong> Mantova che non sta bene.<br />

1454 marzo 27, Milano.<br />

310v Domino Gracino de Piscarolo et Bartholomeo de Corigia, referendario Papie.<br />

Perchè lo illustre signore domino lo marchese de Mantua se sente rencrescimento, che<br />

a nuy é molestissimo ultramodo, volimo che subito, ala receputa de questa, debiati fare<br />

apparechiare una naveta per magistro Iohannemartino da Parma et magistro<br />

Iohannematheo da Gra<strong>di</strong>, phisici, ali quali scrivemo per le aligate che, <strong>di</strong>e noctuque,<br />

debiano andare gioso ala cura del prelibato illustre signore marchese; fariteli ergo<br />

trovare, senza <strong>di</strong>mora alcuna, et presentare le lettere et iustare et solicitare che subito<br />

vadano via. Et voy de qualunque <strong>di</strong>nari fareti mettere in or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>cta naveta, che


credemo non montarà molti <strong>di</strong>nari. Ma se may facesti cosa presta et che a nuy sia<br />

grata, fate questa, siché per tuto domane fra dì et nocte siano a Mantua. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, xxvii marcii 1454, hore iii noctis.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1159<br />

Francesco Sforza sollecita Giovanni Martino da Parma e Giovanni Matteo da Grado, me<strong>di</strong>ci, <strong>di</strong><br />

salire subito su una nave che li porterà dal marchese <strong>di</strong> Mantova e <strong>di</strong> non lasciarlo fino a che<br />

non sarà fuori pericolo.<br />

(1454 marzo 27, Milano).<br />

Domino Iohanni Martino de Parma et Iohannematheo de Gra<strong>di</strong>, phisicis.<br />

Havemo informatione chelo illustre signore domino lo marchese de Mantua se sente<br />

rencrescimento che a nuy non è mancho molesto che saria de fratello proprio. Et<br />

desiderosi dela sua salute, volimo che se may havesti voglia de farne cosa grata, et se<br />

haveti cara la gratia nostra, che subito, ala receputa de questa, debiati montare in nave<br />

qual serà metuta in punto per domino Gracino e nostro referendario lì, et 311r<br />

andarvene gioso ala cura del prelibato Illustre signore domino lo marchese; et dala sua<br />

signoria non ve partirite fina tanto che vederite sia fora de pericolo. Et a questo vostro<br />

andare non perdati uno minimo attimo de tempo, sichè per tuto domane, sia dì et nocte,<br />

siati a Mantua. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1<strong>16</strong>0<br />

Francesco Sforza loda Francesco de Sommariva e Battista de Monsignoribus per la <strong>di</strong>rittura ed<br />

equanimità con cui hanno proceduto nella ripartizione della tassa dei cavalli e, perciò, assegna<br />

la tassa <strong>di</strong> un cavallo tra loro due fino a quando non provvederà meglio.<br />

1454 marzo 27, Milano.<br />

Francisco de Sumaripa et Baptiste de Monsignoribus de Laude.<br />

Habiamo havuto bonissima informatione della driteza et equalità usata circha la<br />

comparticione delle tasse <strong>di</strong> cavalli, et delli portamenti vostri circha ciò; de che ve ne<br />

comen<strong>di</strong>amo singularmente, avisandove che per questo ve trovarite per l’avenire<br />

havere fato tale aquisto con nuy che ve ne trovariti ben contenti. Et acioché per qualche<br />

signo del vostro ben fare, siamo contenti et volimo che habiati la taxa d'uno cavallo tra<br />

vuy duy fina tanto che ve provederemo meglio, como è nostra intentione. Et de questo<br />

scrivemo opportune al nostro locotenente lì et ad Francisco Zorzo. Data Me<strong>di</strong>olani, xxvii<br />

marcii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1<strong>16</strong>1<br />

Francesco Sforza informa Francesco Giorgio che per la equanimità con cui Francesco<br />

Sommariva e Battista Bonsignore hanno proceduto alla ripartizione della tassa dei cavalli ha<br />

assegnato tra loro due un cavallo.<br />

In simile forma ha scritto al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>.<br />

Francisco Georgio, familiari nostro.<br />

(1454 marzo 27), Milano.<br />

Per li boni portamenti et equalità hanno servata in la comparticione della taxa <strong>di</strong> cavalli<br />

Francisco Sumarippa et Baptista Bonsignore de quella nostra cità, volimo pro aliquale


emuneratione del loro ben fare et fatiche, che fra tuti duy habiano la taxa d'uno cavallo.<br />

Et così gli ne fati respondere, omni prorsus exceptione remota. Data Me<strong>di</strong>olani ut<br />

supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

In simili forma scriptum fuit locumtenenti Laude.<br />

1<strong>16</strong>2<br />

Francesco Sforza scrive a Pietro Matteo, squadrero ducale, che per aver avuto sentore che i<br />

nemici intendono portarsi a Carpenedolo, egli e quant’altri dei suoi sono lì devono subito<br />

montare a cavallo per andare là.<br />

1454 marzo 27, Milano.<br />

311v Petro Matteo, armorum squadrerio nostro.<br />

Perchè sentemo che l’inimici fanno movimento per andare a Carpanetolo, volimo che<br />

subito, ala receputa de questa, tu debbi montare a cavallo et andartene là, dì et nocte,<br />

facendo simelmente montare et venire via qualunque deli tuoy se trovarà lì. Et questo<br />

non manchi per quanto ne hay cara la grazia nostra. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxvii marcii<br />

1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1<strong>16</strong>3<br />

Francesco Sforza scrive al capitano e al podestà <strong>di</strong> Bassignana <strong>di</strong> aver saputo che é stato tolto<br />

sul fiume Tanagro al novarese Marchione Torniello una certa quantità <strong>di</strong> frumento da quelli <strong>di</strong><br />

Bassignana, asserendo che detto frumento era del conte Otto da Mandello. Siccome non consta<br />

che esso sia dato in solutum dal conte a Marchione quale parte della dote <strong>di</strong> sua moglie, il duca<br />

vuole che capitano e podestà intervengano per far rilasciare, con ogni danno e interesse, detto<br />

frumento, perché altrimenti egli sarà costretto a provvedere alla indennità <strong>di</strong> detto Marchione.<br />

Capitaneo et potestati Bassignane.<br />

(1454 marzo 27, Milano).<br />

Havendo nuy inteso essere stato tolto a Marchione Torniello, citta<strong>di</strong>no nostro <strong>di</strong> Novara,<br />

certa summa de frumento nel fiume del Tanagro da quelli da Baxignana, allegando<br />

<strong>di</strong>cto frumento essere del spectabile conte Otto da Mandello. Benché non sia però che<br />

é dato insolutum da esso conte Otto al <strong>di</strong>cto Marchiono per parte de dotta dela donna<br />

sua, ve confortamo a relaxare, overo far rilaxare, il <strong>di</strong>cto frumento integramente cum<br />

ogni danno et interesse (a) suportato, como rechiede il debito dela raxone; altramente<br />

seressemo constrecti provedere per quella meglior via ce paresse ala indemnità del<br />

<strong>di</strong>cto Marchione, perché non ve seria honore alcuno comportare che li nostri fosseno in<br />

il debito in questa forma oltregiati. Data ut supra.<br />

Andreas Fulgineus.<br />

(a) suportato in interlinea su secondo depennato.<br />

1<strong>16</strong>4<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce a Giacomo Bolognino, castellano della rocca <strong>di</strong> Sant’Angelo <strong>di</strong><br />

meravigliarsi che egli abbia tardato tanto a dargli notizia <strong>di</strong> furti e omici<strong>di</strong> che si commettono ogni<br />

<strong>di</strong> in quel paese. Gli concede ogni arbitrio <strong>di</strong> intervento imprigionando i colpevoli, qualunque<br />

genere <strong>di</strong> militari essi siano e non liberandoli senza licenza ducale.<br />

1454 marzo 27, Milano.<br />

312r Iacobo Bolognini, castellano arcis Sancti Angeli.<br />

Havemo recevuto una toa lettera data heri et inteso quanto tu ne ne scrive delle robarie<br />

et saxinamenti che <strong>di</strong>ce se fanno ogne dì per quello paese, et cetera; ad le quale


espondendo, <strong>di</strong>cemo che nuy se maravigliamo assay che tu sii stato fin ad qui ad<br />

avisarcene, perché questa é la prima novella che ne habiamo inteso, perché,<br />

havendolo inteso prima, gli haveriamo provisto. Pertanto te <strong>di</strong>cemo che siamo contenti<br />

et per queste te comettiamo et concedemo pieno arbitrio et possanza de provedere<br />

circa ciò como te pare; et che tu fazi mettere in presone et prendere tuti questi che<br />

trovaray commettere et perpetrare queste robarie et saxinamenti, siano homeni d’arme,<br />

sachomani, fanti ad pede, o de qualunque altra con<strong>di</strong>cione se voglia, li quali non faray<br />

relaxare senza nostra licentia, avisandone del tuto perché gli faremo tale et si facta<br />

punitione che sarà exempio ad li altri de guardarse da simile excessi. Data Me<strong>di</strong>olani,<br />

<strong>di</strong>e xxvii marcii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

1<strong>16</strong>5<br />

Francesco Sforza si <strong>di</strong>ce sorpreso che il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> non abbia fatto osservare le lettere<br />

che gli mandò il 5 aprile dello scorso anno in seguito a supplica dei milanesi Giacomo e<br />

Giovanni Francesco, fratelli da Muzano. Di tali lettere gli invia una copia perché le osservi e le<br />

faccia osservare come volontà ducale.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1454 marzo 28, Milano.<br />

Sentemo che ve fate <strong>di</strong>fficili in observare le nostre lettere, quale ve scrissemo del’anno<br />

passato, videlicet ad v de aprile, ad supplicatione delli nobili Iacobo et Iohanne<br />

Francesco, fratelli da Muzano, nostri cita<strong>di</strong>ni Milanesi <strong>di</strong>lectissimi, dele quale ve ne<br />

man<strong>di</strong>amo la copia introclusa; del che se maravigliamo assay, eo maxime perché <strong>di</strong>cte<br />

lettere processero de nostra mente e con ogne honestate. Et ideo ve coman<strong>di</strong>amo<br />

expressius e volimo che observati et faciati observare omnino esse nostre lettere ac in<br />

tale denique modum che, dela inobservantia de quelle non ne sentiamo più lamenta<br />

alcuna, perchè l'haveriamo molestissima. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxviii marcii 1454.<br />

Iohannes Thomaxius domini Angeli.<br />

Cichus.<br />

1<strong>16</strong>6<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> far ritornare i due famigli dallo squadrero<br />

ducale Marliano, oppure faccia loro restituire quanto hanno avuto da lui.<br />

312v Locumtenenti nostro Laude.<br />

1454 marzo 27, Milano.<br />

Marliano, nostro squadrero, ha duy famegli, quali da po’ sonno stati vestiti da luy, sonno<br />

partiti et retornati a casa in quella nostra cità, et non se curano de retornare più seco.<br />

Però ve comettiamo et volimo che debiati provedere che li <strong>di</strong>cti duy famegli, overo<br />

retornino seco, overo gli restituissano quello gli ha dato, como è iusto et rasonevele. Ex<br />

Me<strong>di</strong>olano, xxvii marcii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1<strong>16</strong>7<br />

Francesco Sforza ricorda a Benedetto de Curte, capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza, <strong>di</strong> avergli<br />

or<strong>di</strong>nato che si facesse dare da quel baro i denari che aveva truffati a quelli della Valsassina.<br />

Siccome ha inteso che ha dato garanzia e pegni per detti denari, vuole che Benedetto si faccia<br />

dare detti denari, gli restituisca i pegni e annulli le garanzie date. Faccia, poi, avere i predetti<br />

denari a Cicco tramite un suo famiglio fidato.<br />

1454 marzo 28, Milano.<br />

Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo citadelle nostre Placentie.


Tu say che ordenassemo che te facesse dare da quello barro li denari haveva abbarrati<br />

et trabalzati a quelli de Valle Saxina; mò intendemo che l’ha dato segurtà et pegni per<br />

<strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari. Pertanto te <strong>di</strong>cemo che habii <strong>di</strong>cto barro et tegni modo de havere li <strong>di</strong>cti<br />

denari et poy gli restituisse li suoy pegni, et casse le segurtà; li quali denari volimo che,<br />

per uno tuo fidato fameglio, ne li man<strong>di</strong> qui in mano de Iohanne de Cicho, nostro<br />

secretarlo. Et questo fa’ presto. Data Me<strong>di</strong>olani, xxviii marcii 1454.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.<br />

1<strong>16</strong>8<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> liberare, perché da lui graziato, Pietro da<br />

Corzano, famiglio <strong>di</strong> Albertino da Cremona, famiglio ducale<br />

313r Locumtenenti Laude.<br />

(1454 marzo 28, Milano).<br />

Siamo contenti et volimo, havuta questa, faciati libere relaxare et cavare fora de<br />

presone Petro da Corzano, fameglio de Albertino da Cremona, nostro fameglio, al<br />

quale havemo facto la gratia. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Iohannes.<br />

1<strong>16</strong>9<br />

Francesco Sforza informa l’ufficiale delle bollette <strong>di</strong> Piacenza che manda lì in confino Venturino<br />

Rabia con l’obbligo <strong>di</strong> presentarsi ogni giorno da lui due volte o almeno una volta fino a nuova<br />

<strong>di</strong>sposizione.<br />

Officiali bullettarum nostro Placentie.<br />

1454 marzo 29 Milano.<br />

Man<strong>di</strong>amo lì Venturino Rabia, presente portatore, in confine et gli havemo or<strong>di</strong>nato<br />

ch’el se presenti ogni dì doe volte o una almanco denanzi da ti, finchè gli or<strong>di</strong>naremo<br />

altro. Pertanto volimo che tu togli la presentatione soa, così como nuy havemo <strong>di</strong>cto, et<br />

advisane poi como haveray facto. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxviiii marcii 1454.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

1170<br />

Francesco Sforza scrive al conte Bolognino <strong>di</strong> liberare Bartolomeo Vismala con l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

portarsi da lui.<br />

Comiti Bolognino.<br />

(1454 marzo 29, Milano).<br />

Siamo contenti et volimo che, havuta questa, debbiati relaxari Bartolomeo Vismala da<br />

Milano, lo quale haveti lì destenuto; al quale per nostra parte commandareti che debbia<br />

venire qui et presentarse <strong>di</strong>nanzi da nui; et per chiareza vostra havemo suctoscripto la<br />

presente de nostra propria mano. Data ut supra.<br />

Franciscus Vicecomes manu propria subscripsit.<br />

Cichus.


1171<br />

Francesco Sforza vuole che Benedetto de Curte, capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza, rimetta in<br />

libertà il famiglio ducale Matteo da Cecima, cui il duca nel passato, perdonandolo, aveva<br />

salvata la vita, e con la libertà gli restituisca cavalli, armi e ogni altra cosa <strong>di</strong> cui era stato privato.<br />

1454 marzo 27, Milano.<br />

313v Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo citadelle nostre Placentie.<br />

Tu say che bon pezo é che perdonassemo la vita ad Matheo da Cecima, nostro<br />

fameglio, per lo delicto che luy havia commesso. Mò siamo contenti et volimo che,<br />

havuta questa, tu debii liberamente relaxare et liberare <strong>di</strong>cto Matheo che possa far li<br />

facti suoi; et così volimo che gli fazi restituire li cavalli, arme et ogne altra robba et cose<br />

che gli havesti facto tore. Me<strong>di</strong>olani, xxvii marcii 1454.<br />

Persanctes.<br />

Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit.<br />

Cichus.<br />

1172<br />

Francesco Sforza riba<strong>di</strong>sce a Francesco de Georgiis <strong>di</strong> sollevare, come già gli aveva or<strong>di</strong>nato,<br />

gli uomini del consigliere ducale Antonio da Trivulzio dall’onere <strong>di</strong> due cavalli.<br />

Francisco de Georgiis.<br />

1454 marzo 27, Milano.<br />

El spectabile Antonio da Triulcio, nostro consigliero, ne fa querella che per fina mò non<br />

hay vogliuto aleviare li suoi homini <strong>di</strong> quelli duy cavalli <strong>di</strong> quale te scripsemo; dela qual<br />

cosa molto ne maravigliamo. Però volimo et de novo te comettiamo che omnino li debii<br />

aleviare delli <strong>di</strong>cti duy cavalli, et non dargli impazo per essa casone. Volimo ancora che<br />

ne debii mandare uno quaterneto delle taxe <strong>di</strong> cavalli. Data Me<strong>di</strong>olani, xxvii marcii 1454.<br />

Irius<br />

Iohannes.<br />

1173<br />

Francesco Sforza comunica al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che concede a Giacomo Codazio e a<br />

Niccolò Francesco Sacco, confinati in quella città, libertà <strong>di</strong> rimpatriare.<br />

314r Locumtenenti nostro Laude.<br />

1454 marzo 29, Milano.<br />

Havemo concesso, et per questa concedemo bona licentia ad Antonio da Lo<strong>di</strong>, Iacomo<br />

Codatio et Nicolò Francesco (a) Saco, exhibitori della presente, confinati de quella cità,<br />

de repatriare. Pertanto volemo et ve coman<strong>di</strong>amo gli lassati repatriare et stare a casa<br />

soa et fare li facti suoy, como possano l’altri cita<strong>di</strong>ni de quella nostra cità. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, xxviiii marcii 1454.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

(a) Francesco in interlinea.<br />

1174<br />

Francesco Sforza ripete a Francesco de Georgiis, commissario sopre le tasse dei cavalli nel<br />

Lo<strong>di</strong>giano, <strong>di</strong> non volere che <strong>di</strong>a molestia per la tassa <strong>di</strong> un cavallo a Giacomino, figlio del<br />

quondam Tomaso da To<strong>di</strong>.<br />

(1454 marzo 29, Milano).<br />

Francisco de Georgiis, comissario nostro super taxis equorum in Laudensi.


Nuy te havemo <strong>di</strong>cto et or<strong>di</strong>nato più volte che a Iacomino, figliolo del quondam<br />

Thomaso da To<strong>di</strong>, non dovessi dar molestia alcuna per quello cavallo gli tocha de taxa<br />

perché gli ne havemo facto gratia libera; et secundo inten<strong>di</strong>amo, tu vole pur ad ogne<br />

modo constrenzere <strong>di</strong>cto Iacomino a pagare la taxa del <strong>di</strong>cto cavallo. Pertanto de novo<br />

te <strong>di</strong>cemo (a) et coman<strong>di</strong>amo che per questa casone non debii dare molestia ad esso<br />

Iacomino; et fa che de ciò non sentiamo più querella. Data ut supra.<br />

Leonardus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue che depennato.<br />

1175<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> aver preso atto che il navetto é marcio e che<br />

ha provveduto a prenderne uno per 18 lire da Giovanni Marcaboto, cui il duca ha già fatto<br />

pervenire il pagamento. Avvisi il castellano che ha or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> condurre lì la bombarda<br />

veneziana. Ha memorizzato quanto hanno riferito i prigionieri venuti da Crema.<br />

Locumtenenti nostro Laude.<br />

(1454 marzo 29, Milano).<br />

Inteso quanto per la vostra n’haveti scritto del nostro naveto, quale haveti trovato<br />

essere marzo, et che n’haveti tolto uno de Iohanne Marcaboto, quale è stato extimato<br />

livre xviii, <strong>di</strong>cemo che havemo facto dare <strong>di</strong>cte livre xviii ad esso (a) Iohanne, ita ch’el<br />

remane contento da nuy. Dela bombarda venetiana, havemo or<strong>di</strong>nato che sia<br />

reconducta lì, sichè ne potreti avisare el nostro castellano lì; deli presoni venuti da<br />

Crema et del’aviso hanno facto, ne restiamo avisati et non accade <strong>di</strong>re altro. Data ut<br />

supra.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue Marco depennato.<br />

1176<br />

Francesco Sforza invia al podestà e al castellano <strong>di</strong> Vigevano la supplica dei vigevanesi<br />

Galeazzo de Collis e Simone de Bellaciis, nonché del procuratore della chiesa <strong>di</strong> San<br />

Francesco. Vuole che assumano <strong>di</strong>ligente informazione <strong>di</strong> quanto in essa si contiene e,<br />

accertatane la verità, costringano, con tutti i rime<strong>di</strong> <strong>di</strong> legge, i detetentori dei beni della chiesa a<br />

restituirli a coloro cui spetta.<br />

314v Potestati et castellano Viglevani.<br />

1454 marzo 29, Milano.<br />

Supplìcationem Galeaz de Collis et Simonis de Bellaciis de terra illa nostra, et<br />

procuratoris ecclesie Sancti Francisci nobis porrectam vobis presentibus introclusam;<br />

cuius attenta continentia et attento quod de re ecclesiastica agitur ,que favore <strong>di</strong>gna<br />

est, volumus et vobis committimus ut de contentis in ea supplìcatione <strong>di</strong>ligentem<br />

assumatis informationem; et comperto vera esse que narrant, compellatis per omnia<br />

iuris reme<strong>di</strong>a omnes illicitos detentores bonorum ecclesie spectantium ad ea bona<br />

relaxandum et assignandum in manibus eorum quibus spectant pro utilitate et honore<br />

ecclesie. Data Me<strong>di</strong>olani 29 marcii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1177<br />

Francesco Sforza trasmette al podestà <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> la supplica avuta dal lo<strong>di</strong>giano Giovanni de<br />

Monsignoribus. Attentamente lettala e accertata la verità <strong>di</strong> quanto vi si <strong>di</strong>ce, costringa colui, <strong>di</strong><br />

cui nella supplica si fa parola, a sod<strong>di</strong>sfare del tutto il ricorrente con procedura sommaria.<br />

Potestati Laude.<br />

(1454 marzo 29, Milano).


Supplìcationem recepimus parte Iohannis de Monsignoribus de civitate illa nostra nobis<br />

porrettam tibi mittimus presentibus introclusam; et cuis attenta continentia volumus et<br />

tibi comittimus ut de narratis in ea te <strong>di</strong>ligenter informes, et comperto vera esse que per<br />

supplicantem ipsum significantur, cogas, volumus, per omnia iuris reme<strong>di</strong>a, ipsum, de<br />

quo in supplicatione ipsa fit mentio, ad integre ipsi supplicanti satisfaciendum ex omni<br />

et toto eo de quo verus debitor extiterit; et hoc summarie simpliciter. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1178<br />

Francesco Sforza scrive al podestà e al castellano <strong>di</strong> Vigevano e ricorda <strong>di</strong> aver menzionato a<br />

lui o al suo predecessore quello, <strong>di</strong> cui si fa menzione nella supplica acclusa. Siccome Galeazzo<br />

Collo ne fa ancora ricorso, vuole che, vagliato quanto si ri<strong>di</strong>ce, proceda con rito sommario alla<br />

soluzione <strong>di</strong> questa faccenda.<br />

315r Potestati et castellano Viglevani.<br />

(1454 marzo 29, Milano).<br />

Ce recor<strong>di</strong>amo altre volte havere scrito a ti, podestà, aut al tuo precessore, in la materia<br />

della quale se fa mentione in la supplicatione quale ve man<strong>di</strong>amo introclusa. Et perchè<br />

Galeaz Collo de quella nostra terra novamente ha havuto recorso a nuy et narratone<br />

non essere facta alcuna executione, volimo, et denuno ve comettemo che, attentis<br />

narratis in ipsa supplicatione, debiate procedere ala executione summaria et de plano<br />

sine strepitu aciò ch'el supplicante non habia più recorrere a nuy per questa facenda,<br />

che a nuy seria molto molesto. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1179<br />

Francesco Sforza vuole che Francesco de Georgis, commissario e deputato agli alloggiamenti<br />

dei cavalli, accerti se é vero quanto sostiene il commandatore <strong>di</strong> Sant’Antonio <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che il<br />

luogo <strong>di</strong> Terenzano é sempre stato preservato dalla tassa dei cavalli. Se così é, la smetta <strong>di</strong><br />

dargli fasti<strong>di</strong>o per detta tassa.<br />

(1454 marzo 29, Milano).<br />

Francisco de Georgiis, comissario et deputato super logiamentis equorum in Laudensi.<br />

Ne ha significato con lamenta el venerabile domino comandatore de Sancto Antonio de<br />

questa nostra cità che, nonobstante el suo loco de Terenzano de quello vescovato de<br />

Lode sia stato perseverato per lo passato dale taxe <strong>di</strong> cavalli, tamen pare che per vuy<br />

sia stato taxato et gravato de taxe de cavalli contra l’usato et contra le sue exemptione.<br />

Pertanto ve <strong>di</strong>cemo, se così è como il prefato domino comandatore ha exposto, cioè<br />

che per lo passato il <strong>di</strong>cto luogo sia stato preservato dale <strong>di</strong>cte taxe, non ne pare debito<br />

che gli faciati altra novità. Et così prove<strong>di</strong>te che li sia servato l’usato. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

1180<br />

Francesco Sforza comunica al podestà della Valle <strong>di</strong> San Martino che gli uomini della Val<br />

Brembana e della Val Serina, nonché il Colleoni gli hanno fatto sapere che egli ha vietato <strong>di</strong><br />

condurre biade da un luogo a un altro senza una sua licenza, licenza che consente <strong>di</strong> incassare,<br />

a lui, quattro grosse e, al suo cancelliere, due, né basta, ma ha pure sequestrate delle cavalle e<br />

della biada. Il duca gli or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> restituire tutto e <strong>di</strong> consentire il libero transito delle biade.<br />

315v Potestati nostro Vallis Sancti Martini.<br />

1454 marzo 30, Milano.


Per querella a nuy facta per li homini de Valle Brambana et Valle Serina et per quello<br />

ce ha scripto el magnifico Bartolomeo Coleone, inten<strong>di</strong>amo che tu hai factoli uno deveto<br />

che nisuno possa condure biade da loco ad loco senza toa licentia, dela quale<br />

facendoglila tu ne tole quatro grosse per ti et duy per el tuo cancellero; et per questo tu<br />

hai facto sostenere certe cavalle et biada de alcuni de <strong>di</strong>cta Valle et factoli dare segurtà<br />

de certa quantità de <strong>di</strong>nari, dela qual cosa molto ce maravegliamo, perché tu say che tu<br />

non hay questo in comissione da nuy. Pertanto volimo et coman<strong>di</strong>amoti expressamente<br />

che tu gli fazi restituire <strong>di</strong>cte bestie et revocare ogne novità et lassare passare le biade<br />

inante et indreto al modo usato senza inhibitione alcuna. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e penultimo<br />

marcii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

1181<br />

Francesco Sforza informa il Colleoni <strong>di</strong> aver imposto all’ufficiale della Valle <strong>di</strong> San Martino <strong>di</strong><br />

eliminare ogni novità da lui fatta agli uomini della Val Brembana e della Valle Sedrina contro il<br />

libero transito delle biade e <strong>di</strong> restituire a chi spetta la roba da lui trattenuta.<br />

Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

(1454 marzo 30, Milano).<br />

Respondendo ad una vostra lettera per la quale la magnificentia vostra ne scrive del<br />

deveto che ha facto fare el nostro officiale dela Valle San Martino sopra le biade et delli<br />

denari che’l tole per le licentie et della novità facta ad li homini de quelle Valle<br />

Brambana et Sedrina et cetera, <strong>di</strong>cemo che a nuy é <strong>di</strong>spiaciuto che’l habia facto queste<br />

cose, perché sonno contra la voluntà nostra et però l’habiamo scripto che’l debia fare<br />

relaxare la roba sua ad li <strong>di</strong>cti homini et revocare ogne 3<strong>16</strong>r novità et lassare andare le<br />

biade inante et indreto a modo usato. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

1182<br />

Francesco Sforza vuole che Gracino da Pescarolo faccia dare agli uomini fuorusciti <strong>di</strong> Cassino<br />

25 some del frumento <strong>di</strong> cui Raffaello Pugnello impose la riscossione e <strong>di</strong> assegnarlo poi in<br />

qualche luogo da cui possano poi comodamente averlo.<br />

Domino Gracino de Piscarolo.<br />

1454 marzo 30, Milano.<br />

Volemo che ad questi poveri homini fuora usciti de Cassino voi li debiate fare dare<br />

some vinticinque de quello fromento che lassò da rescotere Raphaello Pugnello et<br />

assignarlo là da po’ in qualche locho, dove loro el possano havere comodamente.<br />

Me<strong>di</strong>olani, xxx marcii 1454.<br />

Piersantes.<br />

Cichus.<br />

1183<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> accordarsi con il podestà <strong>di</strong> Pan<strong>di</strong>no e, bene<br />

informato delle bocche d’arme della compagnia <strong>di</strong> Sanseverino, faccia loro avere delle biade,<br />

curando, però, che non ne facciano mercanzia e non vadano a finire a Crema.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1454 marzo 30, Milano).<br />

Perché ala compagnia de quelli da San Severino bisognano pur delle biave per vivere,<br />

siamo contenti et volemo che, intendendove col podestà de Pan<strong>di</strong>no et havendo bona<br />

informatione delle boche delli homini d’arme, concedati licentia ad quelli ve scriverà el<br />

<strong>di</strong>cto podetsà, overo che portarano il suo bolletino della quantità gli bisognarà et


secundo che luy ve scriverà, havendo singulare advertentia che non se ne faciano<br />

mercantie. Et de questo ve caricamo et stringemo; et se sentemo ne vadano ad Crema,<br />

ne doleremo de vuy. Siché ve intendeti col podestà de Pan<strong>di</strong>no et provedete como ve<br />

pare che quelle gente habiano da vivere et non se faciano mercantie. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

1184<br />

Francesco Sforza avverte il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che domani sarà da lui il suo provisionato<br />

Serafino, cui ha affidato un lavoro: gli conceda tutte le “prexe” che chiederà dandogli la<br />

possibilità <strong>di</strong> condurle fino a Pizzighettone.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1454 marzo 30, Milano).<br />

Serafino, nostro provisionato, domane serà lì, al quale havemo commisso uno nostro<br />

lavorerio; il perché coman<strong>di</strong>amove che (a) debiati dare ad ogne soa peticione tute<br />

quelle prexe che luy ve domandarà, et dariteli el modo perché le possa far condure fin a<br />

Pizleone senza alcuna per<strong>di</strong>cione de tempo. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue gli depennato.<br />

1185<br />

Francesco Sforza informa Antonio Sicco, commissario <strong>di</strong> Geradadda, <strong>di</strong> non avergli risposto<br />

prima perché intendeva mandargli un messo. Ha fatto avere a Marco il salvacondotto, <strong>di</strong> cui lasci<br />

che se ne serva. Eviti che altri impetri salvacondotti senza una particolare licenza ducale.<br />

1454 marzo 30, Milano.<br />

3<strong>16</strong>v Antonio Sicho, commissario Glareabdue.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere con le aligate de domino Thiberto et lo salvoconducto<br />

<strong>di</strong>rectivi ad Marco Secho, et inteso quanto ne scriveti, circa ciò <strong>di</strong>cemo che non più<br />

presto ve habiamo resposto, perché stavamo in pensiero de mandare lì uno messo<br />

proprio; el salvoconducto et le lettere nuy l’havemo mandato al <strong>di</strong>cto Marco, perché<br />

siamo contenti ch'el ne usi, et de nostro consentimento l'ha impetrato et cossì lo<br />

lasserete usare, perché ne ren<strong>di</strong>amo certi che in questo et ogni altra cosa se portarà<br />

bene et laudabilmente. Deli altri salvoconducti <strong>di</strong>cemo che per lo venire prove<strong>di</strong>ati che<br />

niuno altro vad<strong>di</strong> intorno per simile impetratione senza nostra spetiale licentia.<br />

Me<strong>di</strong>olani, penultimo marcii 1454.<br />

Cristoforus.<br />

Cichus.<br />

1186<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Melchione de Lanteriis in Val Trescore <strong>di</strong> portarsi da lui e <strong>di</strong> rivolgersi<br />

al suo cancelliere Giovanni Chiapano, che gli <strong>di</strong>rà che dovrà fare.<br />

Melchioni de Lanteriis in Valle Trescure.<br />

1454 marzo 31, Milano.<br />

Per alcune cose havemo ad conferire con ti vogli, havuta questa, venire fin qui da nuy<br />

et faray capo ad Iohanne Chiapano, nostro cancellero, che luy te or<strong>di</strong>narà et (a) <strong>di</strong>rà<br />

quanto haveray da fare. Et questo non manchi per quanto tu hay cara la gratia nostra.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e ultimo marcii 1454.<br />

Zaninus.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue have depennato.


1187<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà delle Giarole provveda che il marescalco ducale Annibale<br />

da Castelnuovo sia sod<strong>di</strong>sfatto delle sue vacche e dell’utile che ne doveva avere secondo<br />

l’accordo fatto affidandole a Giacomino Garzo, giustiziato, poi, per delitti contro lo stato. Si<br />

avvalga per ciò del cre<strong>di</strong>to (21 ducati d’oro) che detto Giacomino aveva con quella comunità.<br />

Potestati Glarolarum.<br />

1454 marzo 28, Milano.<br />

Credevamo magistro Hanibale da Castelnovo, nostro marescalcho, fosse pagato et<br />

satisfacto delle soe vache, quale haveva date ad tenere ad Iacomino Garzo de quella<br />

nostra terra, il quale - como tu say - fo iustitiato ali dì passati per delicti havia commissi<br />

contra il stato nostro; così de quello dovia havere per lo utile d'esse vache del 317r<br />

tempo l’havia tenute secundo le conventione et pacti havevano insieme, delle quale<br />

esso magistro Hanibale <strong>di</strong>ce haverti facto chiaro. Ma esso magistro Hanibale de novo<br />

ne <strong>di</strong>ce anche non essere stato satisfacto, del che ne maravigliamo, havendone nuy<br />

scripto tante lettere. Et perché pare che <strong>di</strong>cto Iacomino havesse certo cre<strong>di</strong>to de <strong>di</strong>nari<br />

con quella nostra comunità, ne pare, et così volimo aciò esso magistro Hanibale<br />

consegui il debito suo, che havuta questa prove<strong>di</strong> gli sia satisfacto integramente delle<br />

soe vache et dello utile ne deve havere secundo le conventione havevano insieme per<br />

lo tempo le ha tenute il <strong>di</strong>cto Iacomino. Et prove<strong>di</strong> non habiamo più querella, cioé che<br />

esso magistro Hanibale sia pagato de questi <strong>di</strong>nari dovia havere il <strong>di</strong>cto Iacomino da<br />

quella nostra comunità della valuta et utile d'esse vache, quale pare siano state<br />

extimate per ti in vintuno ducato d'oro. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxviii marcii 1454.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

1188<br />

Francesco Sforza riba<strong>di</strong>sce al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> avere designato all’ufficio delle munizioni<br />

della città Cristoforo da Vailate in sostituzione del predecessore. Si corrisponda a Cristoforo il<br />

salario e quant’altro si soleva accordare a chi ricopriva tale ufficio.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1454 marzo 31, Milano.<br />

Como per un’altra nostra doveti havere inteso, nuy havimo dato lo offitio delle monitione<br />

de quella nostra cità ad Christoforo da Vaylà, habitatore in essa cità, et havemo<br />

revocato ogne altro che mò se retrova exercere <strong>di</strong>cto offitio. Pertanto volimo et ve<br />

comman<strong>di</strong>amo che, recevuta questa, subito mettiati <strong>di</strong>cto Christoforo ala posessione de<br />

<strong>di</strong>cto offitio, removendo, como havemo <strong>di</strong>cto, quello che mò se retrova exercere <strong>di</strong>cto<br />

offitio; al qual Christoforo fariti da mò inanti de respondere dela mensuale provisione<br />

seu salario, como<strong>di</strong>tate, quemadmodum sole fir resposto ali suoy precessori in <strong>di</strong>cto<br />

offitio. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e ultimo Marcii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

1189<br />

Francesco Sforza trasmette al capitano <strong>di</strong> Casteggio la supplica dei comuni e degli uomini <strong>di</strong><br />

Propera, Revelino e Motta, provvedendo a quanto vi si <strong>di</strong>ce e che, comunque, non vi sia alcun<br />

ritardo al pagamento delle tasse.<br />

317v Capitaneo Clastigii.<br />

1454 aprile 1, Milano.<br />

Per parte delli communi et homini de Propera, Revelino et la Mota havemo recevuto la


supplicatione, qual te man<strong>di</strong>amo introclusa, cuius attenta continentia volimo et te<br />

comettemo che, non derogando al pagamento subito delle tasse et non le tardando pur<br />

uno minimo attamo de tempo, prove<strong>di</strong> a quanto ne fì significato per parte delli <strong>di</strong>cti<br />

supplicanti, ita che meritamente non se possano lamentare de iniustitia et inequalità.<br />

Ma como havemo <strong>di</strong>cto, non volimo che né per questo né per altro se tar<strong>di</strong>no li<br />

pagamenti dele <strong>di</strong>cte tasse. Data Me<strong>di</strong>olani, primo aprilis 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1190<br />

Francesco Sforza comunica all’ufficiale del porto <strong>di</strong> Pissarello che, sebbene abbia concesso<br />

detto ufficio a Rosso Caraza, non deve lasciare l’ufficio prima che gli scriva altro: tale <strong>di</strong>posizione<br />

mostri alla sopravvenuta <strong>di</strong> Rosso.<br />

Officiali Portus Pissarelli.<br />

(1454 aprile 1), Milano.<br />

Non obstante che ad Rosso Caraza habiamo per nostre lettere concesso quello tuo<br />

offitio, tamen per certi respecti te coman<strong>di</strong>amo che tu non te debii partire da quello<br />

offitio finché te scriveremo altro. Et s'el <strong>di</strong>cto Rosso venerà per intrare ala possessione<br />

d'esso offitio, gli mostraray questa nostra lettera et <strong>di</strong>ray per nostra parte che non debia<br />

circare de intrare <strong>di</strong>cto offitio finché gli scriveremo altro. Data Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

1191<br />

Francesco Sforza dà atto a Giovanni de Iordanis, podestà <strong>di</strong> Piacenza, del suo intervento nella<br />

questione dei due famigli del figlio <strong>di</strong> Giovanni Cossa, ma vuole che si attenga a quello che gli<br />

<strong>di</strong>rà costui.<br />

.(1454 aprile 1, Milano).<br />

Egregio doctori domino Iohanni de Iordanis, potestati nostro Placentie.<br />

Havemo recevuto la vostra lettera per la quale restiamo avisati della questione facta fra<br />

quelli duy famegli del figliolo de Iohanne Cossa et delli mo<strong>di</strong> per vuy servati sopra ciò,<br />

delli quali ve 318r ve comen<strong>di</strong>amo. Ben ne rencresce del male vostro; tamen in questo<br />

facto volimo che debiati fare et <strong>di</strong>sponere quanto per lo <strong>di</strong>cto figliolo del <strong>di</strong>cto Iohanne<br />

Cossa ve sarà <strong>di</strong>cto et commandato. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

1192<br />

Francesco Sforza comanda a Stefano de Folpertis, vicario generale, <strong>di</strong> portarsi da lui in seguito<br />

alle lamentele avute dai suoi sindaci . Non vuole che <strong>di</strong>a alcuna molestia ai citta<strong>di</strong>ni che furono<br />

dazieri a istanza <strong>di</strong> quella comunità.<br />

(1454 aprile 1, Milano).<br />

Egregio militi et doctori domino Stefano de Folpertis, vicario nostro generali.<br />

Per molte querelle havemo havute da questi vostri sin<strong>di</strong>ci ve scrivemo et volimo che<br />

subito debiati venire qua da nuy, et fra questo mezo non fati molestia o novitade veruna<br />

ad quelli cita<strong>di</strong>ni forono daciarii per lo tempo passato ad instantia de quella nostra<br />

comunitade. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

1193


Francesco Sforza vuole che il capitano della Lomellina provveda una temporanea sistemazione<br />

per i sei o sette uomini d’arme che ha preso Agnolello da Lavello,<br />

Domino capitaneo Lumelline.<br />

(1454 aprile 1), Milano.<br />

Siamo contenti et volimo che debiati lozare lì per Lomellina, dove ve pararà più<br />

commodo, quelli sei o setti homini d’arme che ha tolto Angnolello de Lavello con sì che<br />

sonno venuti dal canto de là, lozandoli como meglio ve parirà; et li homini non li dagano<br />

altro cha lozamento per alcuni pochi dì, perché nuy gli faremo provedere de <strong>di</strong>nari<br />

como ad li altri et faremoli levarli da lì presto. Data Me<strong>di</strong>olani, ut supra. Et questo non<br />

manchi.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

1194<br />

Francesco Sforza scrive al comune e agli uomini <strong>di</strong> Cugnolo che se i massari e gli uomini dei<br />

fratelli Francesco e Antonio e <strong>di</strong> Giacomo, loro cugino da Landriano, già pagano i carichi<br />

occorrenti, non devono molestare per essi detti fratelli e cugino.<br />

Communi et hominibus terre Cugnoli.<br />

1454 aprile 1, Milano.<br />

Se sonno doluti con nuy domino Francesco et Antonio, fratelli, et Iacomo, suo cosino da<br />

Landriano, che, non obstante che li suoy massari et homini della possessione sua lì in<br />

el territorio de Cugnolo contribuiscano et paghino et così se offereno 318v pagare la<br />

parte loro <strong>di</strong> carichi che occoreno, tamen pare che loro proprii vogliono essere astrecti<br />

ad pagare et per questo sonno molestati <strong>di</strong>cti suoy massari et homini. La qual cosa ad<br />

nuy pare iniusta, perché pagando como é <strong>di</strong>cto, essi suoy massari et homini d’essa<br />

possessione ve debbi bastare senza astrengerli per loro fratelli et cusino da Landriano.<br />

Pertanto ve <strong>di</strong>cemo che, pagando essi massari et homini per la sua parte, non gli<br />

debiati molestare più ultra né innovare cosa alcuna contra <strong>di</strong>cti da Landriano, più como<br />

se fa ad li altri zentihomini, né siano in pegiore grado che li altri cita<strong>di</strong>ni. Data Me<strong>di</strong>olani,<br />

primo aprilis 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

1195<br />

Francesco Sforza ammonisce il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> per aver imprigionato Giovanniantonio,<br />

figlio del milanese Giacomo da Muzano, per una vertenza tra i Muzano, pur essendo pronto a<br />

dare garanzia. Lo rimetta in libertà e procuri che le parti <strong>di</strong>ano garanzia <strong>di</strong> attenersi al giu<strong>di</strong>zio,<br />

curando che fra loro si ad<strong>di</strong>venga a un accordo. Se ciò non si verificasse, rimetta la causa al<br />

podestà <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che della faccenda é il giu<strong>di</strong>ce or<strong>di</strong>nario.<br />

In data 1 aprile si é scritto a Francesco de Georgiis <strong>di</strong> andare dal duca.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1454 marzo 31, Milano.<br />

Sentemo che havete destenuto nuper Iohanniantonio, figliolo del nobile Iacomo da<br />

Muzano, nostro citta<strong>di</strong>no Milanese, per casone de certa <strong>di</strong>fferentia vertisse fra essi da<br />

Muzano; del che se meravigliamo eo maxime che intendemo che per il <strong>di</strong>cto<br />

Iohanniantonio vi é stato offerto de volere dare idonea sicurtate per questa casone. Et<br />

pertanto vi comandemo et volemo che, recevute le presente, relaxati liberamente esso<br />

Iohanniantonio de presone, et fate che le parte ve <strong>di</strong>ano idonea sicurtade in questo de<br />

stare a raxone, et operativi cum ogni bono modo de concordare le parte insieme; il che,<br />

quando non possi havere loco, volemo che remettiti questa cosa al potestà nostro de<br />

Lode, iu<strong>di</strong>ce in questo or<strong>di</strong>nario, acciò che la iustitia habbia il suo condegno effecto et<br />

niuno obinde merito se possi querelare, como é la nostra intentione. Data Me<strong>di</strong>olani,


ultimo marcii 1454.<br />

Andreas.<br />

319r Me<strong>di</strong>olani, primo aprilis 1454.<br />

Scriptum fuit Franzisco de Georgiis quod veniat.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1196<br />

Francesco Sforza comanda a Benedetto de Curte, capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza, che non<br />

si consenta a nessuno <strong>di</strong> entrare a Carpeneto e or<strong>di</strong>ni a colui, che vi é stato messo quando fu<br />

preso quel territorio, che lo sorvegli attentamente.<br />

(1454 aprile 1, Milano).<br />

Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo citadelle Placentie.<br />

Non obstante altre lettere te habiamo scripto, volimo et te coman<strong>di</strong>amo che nel loco de<br />

Carpaneto lassi intrare niuno, né in la terra d'esso loco; ma li faci molto ben guardare<br />

per quello che gli metesti a nostro nome quando fo preso <strong>di</strong>cto loco a nostro nome<br />

finché te scriveremo altro, ma sopratuto che sia molto bene guardato. Data ut supra.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

1197<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà <strong>di</strong> Corno Giovane, constandogli il cre<strong>di</strong>to dell’uomo<br />

d’arme ducale Giovanni da Cremona, induca Lodorino, lì abitante, a saldare il debito che ha da<br />

più <strong>di</strong> tre anni.<br />

Potestati nostro Cornu Iuvenis.<br />

(1454 aprile 1, Milano).<br />

Iohanne da Cremona, nostro homo d’arme, <strong>di</strong>ce dovere havere certi <strong>di</strong>nari da Lodorino,<br />

habitatore de quello loco zà più de tri anni passati, et non li pò conseguire. Però te<br />

commettiamo et volimo che, constandote del debito del <strong>di</strong>cto Lodorino, lo debii<br />

astrenzere ad satisfare ad esso Iohanne o in <strong>di</strong>nari o per altro modo, ita che subito el<br />

resti satisfacto et contento, perché prestissimo ha essere in campo con nuy. Data ut<br />

supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1198<br />

Francesco Sforza scrive al podestà, ai nobili, al comune e agli abitanti <strong>di</strong> Can<strong>di</strong>a, che si<br />

lamentano perché viene loro imposto l’onere <strong>di</strong> otto cavalli superiore <strong>di</strong> 2 2|3 <strong>di</strong> quello che tocca<br />

loro, <strong>di</strong> sopportare tale aggravio richiesto per le genti d’arme. Promette che ciò non avverrà più<br />

per non dar loro motivo <strong>di</strong> lamentarsi e <strong>di</strong> danneggiarli.<br />

1454 marzo 1, Milano.<br />

Potestati, nobilibus, communi et habitantibus Can<strong>di</strong>e.<br />

Havemo recevuto vostra lettera et inteso quanto n’haveti scritto circa lo facto delle<br />

graveze delle tasse de cavalli, et che a vuy é domandato per octo cavalli più 2 2/3 che<br />

non ve tocha, <strong>di</strong>cemo che questo facto havemo bene inteso; et perché li <strong>di</strong>nari d'esse<br />

tasse havemo assignati ad alcune nostre gente, volimo che per questa volta habiati<br />

patientia et che pagati secundo che vuy pagassi l'anno passato, perché da questa volta<br />

inanzi acconciaremo questo facto 319v in modo che niuno haverà iusta casone de<br />

querellarse; ma al presente per modo alcuno non lo poteressemo fare, perché seria<br />

uno ponere in rocta et desor<strong>di</strong>ne il facto nostro, che siamo certi ve rencresceria. Siché<br />

vogliati con ogne presteza et celerità pagare li <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari al nostro capitaneo de


Lumellina, perché a luy havemo or<strong>di</strong>nato quanto debia fare. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e primo<br />

marcii (a) 1454.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

(a) Così in A.<br />

1199<br />

Francesco Sforza ricorda ai nobili, al comune e agli uomini <strong>di</strong> Maledo che, dopo aver affidato al<br />

luogotenente e al podestà <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> la vertenza che essi hanno con quelli <strong>di</strong> Corno Nuovo e <strong>di</strong><br />

Corno Vecchio per il terreno, da questi posseduto lì, <strong>di</strong> aver fatto loro, inutilmente, comandare <strong>di</strong><br />

restituire le bestie e la roba tolta a quelli del Corno. Il duca non consente che autonomamente si<br />

renda giustizia e, perciò, ripete loro detto comando, pena 200 ducati per la Camera ducale se<br />

entro due girni non attuano la restituzione imposta o l’equivalente in danaro.<br />

Nobilibus, communi et hominibus Maleti.<br />

(1454 marzo 1), Milano.<br />

Havendo nuy a questi dì commisso ali nostri locotenente et potestà da Lo<strong>di</strong> la causa et<br />

<strong>di</strong>fferentia vertente fra vuy et l’homini dal Corno Novo et Vechio per cagione del loro<br />

tereno hanno su quello da Maledo, ve fo facto comandamento per <strong>di</strong>cti locotenente et<br />

potestà de Lode facesseno restituire certe bestie et altra roba haviti facte tolire a quelli<br />

del Corno, fina tanto fosse chiarito che havesse megliore regione. Et vuy non haviti<br />

voluto obe<strong>di</strong>re né fare restituire el bestiame et cose tolte, del che ne siamo maravigliati.<br />

Per la qual cosa ve comettemo et coman<strong>di</strong>amo, per quanto haveti ad caro la gratia<br />

nostra, et sotto pena de ducento ducati applican<strong>di</strong> ala Camera nostra, che, subito ala<br />

receputa de questa, debiati far restituire el <strong>di</strong>cto bestiame et robbe tolte senza spexa<br />

alcuna, perché non é ragionevele né honesto che de vostra propria auctoritate debiati<br />

procedere ad simili inconvenienti; ma doveti produre et alegare le vostre ragione a<br />

quelli a che é commissa la causa, non dubitando che, havendo vuy bona ragione, ve<br />

sarà data, avisandove 320r che, non lo facendo restituire infra el termine de duy giorni,<br />

havemo or<strong>di</strong>nato che li nostri Maystri del’intrate debbano scodere la penna delli<br />

ducento ducati. Et non allegati che li soldati habiano le bestie, ché se vuy dariti li <strong>di</strong>nari<br />

che valeno, quelli del Corno se contentarano, siché non fate exceptione alcuna ala<br />

restitutione. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

1200<br />

Francesco Sforza comunica al luogotenente e al podestà <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che, siccome quelli del Corno<br />

Vecchio e del Corno Nuovo gli hanno fatto sapere <strong>di</strong> non aver ricevuta nessuna restituzione da<br />

quelli <strong>di</strong> Maleto, ha scritto a questi <strong>di</strong> ottemperare (pena 200 ducati) all’or<strong>di</strong>ne avuto. Altrettanto<br />

vuole che facciano il luogotenente e il podestà, ai quali anche or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> informarsi da Francesco<br />

Giorgio e da coloro che fecero il compartito nel Lo<strong>di</strong>giano se sono state imposte tasse a quelli<br />

del Corno per il terreno che hanno a Maledo.<br />

Locumtenenti et potestati Laude.<br />

(1454 marzo 1, Milano).<br />

Secundo n’hanno facto significare li homini nostri del Corno Novo e Vegio, quelli da<br />

Maleto non gli hanno voluto restituire el bestiame né robbe gli habiano facto tolire per<br />

cagione delle <strong>di</strong>fferentie hanno asieme e dele quale haviti comissione da nuy; del che<br />

ne siamo maravigliati, maxime havendoli voy facto fare commandamento che ge le<br />

dovessero restituire. Il perché nuy gli habiamo scripto che subito le debano far<br />

restituire, et così volimo che vuy operate che gli siano restituire senza spexa perché<br />

non ne pare ragionevele né honesto che se debbano far ragione da per sé, et maxime<br />

pendente la lite. Volumus insuper che ve informati da Francesco Zorzo et da quelli<br />

hanno facto el compartito (a) in Lodesana se lo caricho delle tasse é stato imposto a<br />

quelli del Corno etiam per lo terreno qual hanno su quello da Maledo, como essi dal<br />

Corno <strong>di</strong>cono, acioché meglio sapiati como procedere in la causa, avisandove che<br />

havemo metuto penna ducento ducati ali <strong>di</strong>cti da Maledo, casu quo infra biduum non


estituiscano le bestie, senza exceptione alcuna; né gle valerà <strong>di</strong>cano che li soldati le<br />

habiano, perché quelli dal Corno toleranno bene da loro li <strong>di</strong>nari che valeno. Data ut<br />

supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue da Lode depennato.<br />

1201<br />

Francesco Sforza rimprovera magistro Iosep <strong>di</strong> Cortona per aver fatto tutt’altro <strong>di</strong> quello che gli<br />

aveva scritto, cioé <strong>di</strong> favorire lo sposalizio <strong>di</strong> Gismina con il famiglio ducale Giacomazzo. Gli<br />

or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> ingegnarsi perché detto matrimonio s’abbia a fare.<br />

1454 aprile 2, Milano.<br />

320v Magistro Iosep de Cortonio, castellano arcis nostre Sancti Columbani.<br />

Tu te debbe recordare che te havemo scritto con instantia che dovessi operare con<br />

effecto bono che Gismina, de quella nostra terra, fosse copulata per matrimonio a<br />

Iacomazo, nostro fameglio, como etian<strong>di</strong>o ne promissero li suoi più proximi parenti. Ma<br />

credendo nuy che la cosa dovesse già havere havuto conclusione, sentemo che tu hay<br />

cercato lo opposito et fato opera de farla dare ad un altro; che seria tuto contrario ala<br />

mente nostra. Et pertanto volemo et te comettemo che debii mettere ogne tuo inzegno<br />

et intellecto in fare che <strong>di</strong>cto Iacomazo l'habia, como é stato nostro proponimento et<br />

como havemo scripto, altramente, non havendo effecto, non saparemo a chi imputare<br />

se non a te che non hai voluto fare la voluntà nostra. Data Me<strong>di</strong>olani, ii aprilis 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1202<br />

Francesco Sforza comanda al podestà <strong>di</strong> Treviglio <strong>di</strong> prendere visione della supplica <strong>di</strong><br />

Giovanni, detto il Modena della Valle Magna, e <strong>di</strong> provvedere che, vocatis vocan<strong>di</strong>s, gli<br />

amministri giustizia con rito sommario in modo che non abbia motivo <strong>di</strong> lamentarsi.<br />

Potestati nostro Trivilii.<br />

(1454 aprile 2, Milano).<br />

Iohanne, <strong>di</strong>cto el Modena, de Valle de Magnia, ce ha porto la supplicatione, quale te<br />

man<strong>di</strong>amo qui inclusa. Pertanto, attenduto el tenore d'essa, volimo, et per la presente<br />

te comettiamo che, vocatis vocan<strong>di</strong>s, tu debbi molto bene questa sua querella et<br />

provedere che non gli sia facta iniuria, né torto, ministrandoli circa ciò ragione summaria<br />

et expe<strong>di</strong>ta per modo ch’el <strong>di</strong>cto Iohanne non habii iusta casone de Iamentarse più ad<br />

nuy per questa casone. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

1203<br />

Francesco Sforza richiama magistro Iosep <strong>di</strong> Cortona all’obbe<strong>di</strong>enza pronta <strong>di</strong> quanto gli scrive.<br />

Tre lettere non sono bastate perché lui ponesse termine alla vertenza tra il famiglio ducale<br />

Giovanni Albanese e Martino del Moza. Se perseverasse nell’indolenza, lo sostituirà con un altro<br />

più pronto ai suoi or<strong>di</strong>ni.<br />

321r Magistro Ioseph de Cortonio.<br />

1454 aprile 4, Milano.<br />

Ne meravigliemo et dolemo de ti non pocho che già per tre lettere, havendote scripto<br />

dovessi terminare fra certo termine già passato cognoscere et terminare la <strong>di</strong>fferentia<br />

verte fra questo Iohanne Albanese, nostro fameglio, et Martino del Moza, che non habbi<br />

exequito la volontà nostra, Per la qual cosa te <strong>di</strong>cerno, et expresse te comandamo<br />

adten<strong>di</strong> ad mandare ad effecto quanto te or<strong>di</strong>namo, così in questo como che nele altre


cose, altramente ce rencresceria et seressemo constrecti mettere lì un altro in tuo<br />

cambio che ce sapesse meglio obe<strong>di</strong>re che non fay ti, avisandote che nuy habiamo<br />

altro da fare che adtendere tucto el dì ad simile questioni, et doveria bastare una<br />

minima lettera senza farte tante fiate replicare. Et inten<strong>di</strong> questa fiada per l’altri<br />

anchora. Data Laude, iiii Aprilis 1454.<br />

Andreas.<br />

1204<br />

Francesco Sforza comunica al capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza che l’uomo d’arme ducale<br />

Fantagucio da Firenze gli ha detto d’essere cre<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> 40 lire dal piacentino Bono de Canto,<br />

per le quali detto Bono pare sia, a sua volta, in lite con Leonardo dal Pozo da Borgonovo, cui<br />

Bono asserisce <strong>di</strong> aver versato tali lire a nome <strong>di</strong> Fantagucio, anche se Leonardo lo nega. Il<br />

duca vuole che il capitano convochi Bono e Leonardo in modo che Fantagucio sia sod<strong>di</strong>sfatto.<br />

Capitaneo citadelle Placentie.<br />

1454 aprile 3, Milano.<br />

El é stato qui da nuy Fantagucio da Fiorenza, nostro homo d’arme, presente exhibitore,<br />

quale ne <strong>di</strong>ce doverà havere le libre xl de imperiali da uno Bono de Canto de quella<br />

nostra cità, dele quale pare esso Bono sia in <strong>di</strong>fferentia con uno Leonardo dal Pozo da<br />

Burgonovo al quale esso Bono <strong>di</strong>ce havere numerato <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari ad nome del <strong>di</strong>cto<br />

Fantagucio, licet <strong>di</strong>cto Leonardo paro recusi haverli havuti, como da luy intendereti. Et<br />

perché ne pare debito et honesto che questo nostro homo d’arme sia satisfacto deli soy<br />

<strong>di</strong>nari, volemo debbiati havere denanzi ad vuy li <strong>di</strong>cti Bono et Leonardo, et intendere<br />

questo facto, et providere per modo el <strong>di</strong>cto Fantagucio sia facto contento et satisfato<br />

deli soy <strong>di</strong>nari, et non habbia per questo ad stare lì al’hostaria. Data Me<strong>di</strong>olani, iii aprilis<br />

1454.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

1205<br />

Francesco Sforza accusa ricevuta delle lettere del familiare ducale Giacomo de Alferiis che lo<br />

informano dei furti fatti. Gli fa sapere <strong>di</strong> scrivere con l’allegata a Farina e a Martino Albanese <strong>di</strong><br />

portarsi subito da lui. Lo informi se ai derubati manca qualcosa: farà loro restituire tutto.<br />

Nel giorno suddetto<br />

fu scritto a Farina e a Martino Albanese <strong>di</strong> portarsi imme<strong>di</strong>atamente dal duca.<br />

1454 aprile 4, Lo<strong>di</strong><br />

321v Iacobo de Alferiis de Crema, familiari nostro.<br />

Havemo recevuto le toe lettere continenti quelli robamenti foreno facti; del che te<br />

coman<strong>di</strong>amo, certificandote che veruna altra cosa non ne potria più rencrescere che<br />

simili inconvenienti, ali quali deliberamo omninamente providere. Et così scrivemo per<br />

l’aligata al Farina et anche a Martino Albanese che subito vengano a nuy; siché manda<br />

le lettere a qualunque de loro. Et avisane subito se a quelli sonno stati robati gli<br />

mancha cosa alcuna, perché inten<strong>di</strong>amo li sia restituito (a) fin ad uno pontale de<br />

stringha; et ultra, de darli quella punitione li parerà. Data Laude, <strong>di</strong>e 4 aprilis 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue fun depennato.<br />

Die suprascrito.<br />

Scriptum fuit Farine et Martino Albanesio quod veniant ad dominium in<strong>di</strong>llate.<br />

Cichus.


1206<br />

Francesco Sforza loda il vicario <strong>di</strong> Gan<strong>di</strong>no e pertinenze per averlo informato del pessimo<br />

comportamento <strong>di</strong> quelli della Val Seriana <strong>di</strong> sotto e della Val Brembana e degli inconvenienti<br />

dovuti ai salvacondotti.<br />

Scrive al Colleoni <strong>di</strong> mettere or<strong>di</strong>ne, <strong>di</strong> vietare che biade e altre vettovaglie finiscano a<br />

Bergamo, nonché <strong>di</strong> revocare i salvacondotti, dandone a tutti notizia.<br />

Vicario nostro Gan<strong>di</strong>ni et pertinentiis.<br />

1454 aprile 5, Lo<strong>di</strong>.<br />

Havimo recevuto le toe lettere, date Gan<strong>di</strong>ni ultimo marcii proximi preteriti, per le quale<br />

restiamo avisati delli mali mo<strong>di</strong> tengono quelli de Valle Seriana de sotto et de Valle<br />

Brembana, et delli inconvenienti seguiti per la via delli salviconducti; ale quale<br />

respondendo, te comen<strong>di</strong>amo del’aviso, et per le alligate scrivemo al magnifico<br />

Bartholomeo Coleone che metta ordene et modo a tali inconvenienti et che biave et<br />

altre victualie non se conducano in Bergamo, et penitus siano revocati li salviconducti, li<br />

quali per le presente revocamo; et così volimo che facii publicare ad notitia de hogni<br />

homo, intendendote col prefato magnifico Bartholomeo. Data Laude, v aprilis 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

1207<br />

Francesco Sforza informa il Colleoni <strong>di</strong> quanto il vicario <strong>di</strong> Gan<strong>di</strong>no gli ha detto circa il negativo<br />

comportamento <strong>di</strong> quelli della Val Brembana e della Val Seriana <strong>di</strong> sotto. Gli chiede <strong>di</strong><br />

provvedervi, <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re che si fornisca Bergamo <strong>di</strong> biade e <strong>di</strong> vettovaglie e, a tale scopo ha<br />

revocato e vuole che si revochino i salvacondotti<br />

322r Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

1454 aprile 5, Lo<strong>di</strong>.<br />

Segondo che nuy siamo informati per quelli nostri de Valle Brambana et Valle Seriana<br />

de sotto se portano mancho che bene et non temeno ad praticare con l'inimici nostri,<br />

prestando pocha au<strong>di</strong>entia in li facti nostri a quelle che gli rechedeno, como é el nostro<br />

vicario de Gan<strong>di</strong>no, al quale havemo scritto se dovesse intendere et a<strong>di</strong>utarse de loro in<br />

le ocuurentie; et intendemo che non gli hanno voluto attendere né pur prestare<br />

au<strong>di</strong>entia; del che ne siamo maravigliati e tanto più quanto che nuy sentemo che per la<br />

via loro se pratica a Bergamo et se gle conduce biave et altre vectualie, Per la qual<br />

cosa ve confortiamo et caricamo che ve vogliati informare de questo et providerli como<br />

ve parirà. Et perché etian<strong>di</strong>o sentemo che li salviconducti sonno molto nocivi in quelle<br />

parte al facto nostro, et sotto quelli se conducano victualie a Pergamo, a nuy pare et<br />

volimo che gli debiati revocare, et per le presente gli revocamo; et così faciti promulgare<br />

et publicare. Data Laude, v aprilis 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

1208<br />

Francesco Sforza sollecita Gracino da Pescarolo e Bartolomeo da Correggio che si <strong>di</strong>ano i<br />

finanziamenti per dar corso ai lavori del Ticino, impedendo così che vada a finire nel Gravellone<br />

1454 aprile 5, Lo<strong>di</strong>.<br />

Domino Gracino de Piscarolo et Bartholomeo Corigia, referendariis nostris <strong>di</strong>lectissimis.


Altre volte ve havemo scripto et facto or<strong>di</strong>nare che omnino facessevo (a) respondere<br />

delli <strong>di</strong>nari delli lavorerii debuti a quella nostra comunità ita et taliter che per non haverli<br />

facto exbursare, se possa <strong>di</strong>re essere restato il lavorerio del ponte et della bucha de<br />

Ticino che sonno de quella importantia che doveti sapere. Et perché siamo informati<br />

che ancora non é data forma, né principio al <strong>di</strong>cto lavorerio ne siamo molto maravigliati,<br />

et anche tropo ne rencresce che se per tale mancamento el Ticino andasse nel<br />

Gravallone, lassiamo andare la deformità 322v et detrimento della cità, troppo grande<br />

vergogna seguiria, così a quelli della provisione, como a voi officiali. Per la qual cosa<br />

volimo che omnibus ve trovati subito con essi della provisione et gli mettiati tal ordene<br />

che, non fiando principiato el lavorerio, de subito se principii et prosequisca inanti che<br />

l'aque crescano più; et a questo ponete ogne industria et sollicitu<strong>di</strong>ne. Data Laude, v<br />

aprilis 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue or<strong>di</strong>nare depennato.<br />

1209<br />

Francesco Sforza ricorda ai deputati agli affari <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> avere ripetutamente sollecitato il loro<br />

intervento per lavori sul pericolante ponte sul Ticino e per la buca <strong>di</strong> detto fiume, che, non<br />

eliminata, minaccerebbe la deviazione delle sue acque nel Gravellone. Li informa <strong>di</strong> aver scritto<br />

a Gracino da Pescarolo e al referendario per il finanziamento <strong>di</strong> dette opere, ma se anche non<br />

fossero intervenuti, vuole che essi <strong>di</strong>ano inizio ai lavori, certi <strong>di</strong> avere i denari “a mane a mane”.<br />

Diano subito corso ai lavori approfittando della buona stagione, perché con il tempo cattivo le<br />

acque potrebbero crescere e, non solo aumenterebbe la spesa, ma potrebbe incombere il<br />

pericolo <strong>di</strong> non poter più intervenire. Di tutto é a conoscenza Stefano Fazardo, cui dovranno, per<br />

questa facenda, prestar piena fede.<br />

(1454 aprile 5, Laude).<br />

Deputatis negotiis comunitatis civitatis nostre Papie.<br />

Recordandoce nuy che altre fiate ne haviti scritto et iterato che, non provedendo al<br />

ponte de Ticino de quella nostra cità, el quale menaza ruyna da una parte, et item, non<br />

provedendo ala bucha de Ticino, forse deviaria dal suo lecto et andaria in Gravalone,<br />

che seriano cose de grande detrimento et anche deformità della cità, scrissemo et<br />

or<strong>di</strong>nassemo opportunamente che per fare provisione che tanto mancamento non<br />

occorse domino Gracino et anche el referendario facesseno respondere delli <strong>di</strong>nari deli<br />

lavorerii; et così credemo debbano havere facto; et quando non l’havesseno facto, ne<br />

despiaceria, et così gli ne scrivemo de novo. Ma ve volimo <strong>di</strong>re così che, quando pur gli<br />

denari non gli fossero così a mane a mane et fossevo certi, com(e) potiti essere certi,<br />

de haverli, a nuy paria grande mancamento el vostro che per così pochi <strong>di</strong>nari, como gli<br />

vanno, a dare lo principio al lavorerio de quella importantia, 323r che li dovesti mancare<br />

de principiarlo et lassare incorere tanto mancamento quanto seria questo; del che, ultra<br />

el danno, ve seria gran<strong>di</strong>ssma et perpetua vergogna. Per la qual cosa ve confortiamo et<br />

caricamo quanto più possemo che, non havendo ancora vuy dato principio al <strong>di</strong>cto<br />

lavorerio, gli lo vogliati dare et prosequire l’opera tanto ch’el tempo el concede perché,<br />

crescendo poi l’aque, non se potria fare senza gran<strong>di</strong>ssima spexa, et anche seria<br />

periculo de non poterse fare, et non se facendo, non se potrissemo se non maravigliare<br />

et imputare a vuy, como circa ciò habiamo più a pieno informato domino Stefano<br />

Fazardo, al quale crederiti in questa materia, como faresti a nuy proprii. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.


1210<br />

Francesco Sforza informa il podestà <strong>di</strong> Pavia che il famiglio ducale Francesco Crispianno vanta<br />

un cre<strong>di</strong>to dall’ebreo pavese Manno. Vuole che abbia davanti a sé le due parti e se Manno<br />

negasse il debito, vuole che Francesco gli chieda una specie <strong>di</strong> giuramento e, comunque, lui.<br />

podestà, faccia in modo che Francesco possa essere del tutto (comprese le spese fatte)<br />

sod<strong>di</strong>sfatto <strong>di</strong> quanto gli spetta.<br />

Potestati Papie.<br />

(1454 aprile 5, Lo<strong>di</strong>).<br />

Ne <strong>di</strong>ce Francisco Chrispianno, nostro fameglio, presente exhibitore, havere ad fare<br />

alcune cose con Manno, hebreo, de quella nostra cità, como da luy intendereti.<br />

Pertanto volimo debiati havere <strong>di</strong>cto Manno denanza a vuy et intendere l’uno et l’altro;<br />

et confessando <strong>di</strong>cto Manno essere debitore de <strong>di</strong>cto Francisco, como luy ve <strong>di</strong>rà,<br />

provedeti sia subito satisfacto. Ma quando <strong>di</strong>cto Manno recusasse el debito, como poria<br />

acadere che farà, perché secundo <strong>di</strong>ce <strong>di</strong>cto Francesco non ha tanta chiareza et<br />

testimonianza como bisognaria, siamo contento ch’el <strong>di</strong>cto Francisco gli possa dare il<br />

sacramento ad suo modo, siché in summa provedeti che <strong>di</strong>cto Francisco sia pagato et<br />

satisfacto similiter delle spese havesse facte in più volte; et venuto là per questa<br />

casone, provedeti per quello modo ve parirà honesto et raxonevele che esso Francisco<br />

non porti questo danno. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

1211<br />

Francesco Sforza ringrazia il conte Leonoro della Pergola per avergli fatto sapere quello che<br />

Guglielmo (<strong>di</strong> Monferrato) ha mandato a <strong>di</strong>re al marchese suo fratello. Lo assicura che le cose<br />

non stanno come sono state riferite da Guglielmo: lui, duca, é meglio informato <strong>di</strong> quei che sono<br />

in Francia.<br />

323v Comiti Leonoro dela Pergola.<br />

1454 aprile 5, Lo<strong>di</strong>.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere date a zevudì el terzo del presente mese per le quale<br />

havemo inteso quello haveti havuto de quello vostro amico ch’el signore Giuglielmo ha<br />

mandato a <strong>di</strong>re al signore marchexe, suo fratello, confortandolo, et cetera:<br />

Respondendo, ve rengratiamo et comen<strong>di</strong>amo quanto possemo: haveti facto bene. Ben<br />

ve certificamo che la cosa non sta così como manda a <strong>di</strong>re el prefato signore<br />

Giuglielmo, anzi serà tuto il contrario; et de questo, benché non siamo in Franza, ne<br />

siamo meglio informato che quelloro gli sonno. Vogliati far el simile per l’avenire de tuto<br />

quello sentirete. Data Laude, v (a) aprilis 1454.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue mar depennato.<br />

1212<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al comune e agli uomini <strong>di</strong> Corno Giovane <strong>di</strong> mandare domani quatttro<br />

<strong>di</strong> loro bene informati della vertenza che corre fra loro e quelli <strong>di</strong> Maleto.<br />

Communi et hominibus Cornu Iuvenis.<br />

1454 aprile 5, Lo<strong>di</strong>.<br />

Perché volimo intendere la questione che vertisse fra vuy et quelle da Malé volimo che<br />

subito, havuta questa, mandati qui da nuy quatro de vuy informati de <strong>di</strong>cta causa, che<br />

siano per ogni modo qui domani. Data ut supra.


Marcus.<br />

Iohannes.<br />

1213<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Venturino de Brambilla, castellano della rocca <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, <strong>di</strong> liberare, a<br />

richiesta del condottiero Bartolomeo Quartieri, tal Giovanni de Morone che ha lì detenuto per<br />

trasporto contro il bando <strong>di</strong> biade.<br />

1454 aprile 5, Lo<strong>di</strong>.<br />

Venturino de Brambilla, castellano arcis nostre Laude.<br />

Ad contemplatione de domino Bartholomeo <strong>di</strong> Quarteri, nostro conductero, siamo<br />

contenti facci liberare uno Iohanne de Morone, (de) <strong>di</strong>cto signore, quale hay lì<br />

destenuto per casone de biade ha conducte contra banno. Et così liberalo subito et non<br />

manchi. Data Laude, v aprilis 1454.<br />

Andreas.<br />

1214<br />

Francesco Sforza riba<strong>di</strong>sce ai referendari Gracino da Pescarolo e a Bartolomeo da Correggio <strong>di</strong><br />

dare al suo cortigiano Giovanni Matteo Buttigella due dei cinque sandoni fatti al Tovo, riva del<br />

Po, sandoni che loro asseriscono <strong>di</strong> aver consegnati ad altri per or<strong>di</strong>ne avuto con lettere ducali..<br />

Il duca ribatte <strong>di</strong> sapere che sono rimasti due sandoni e, se pur li avessero dati in seguito a<br />

lettere ducali, egli vuole sapere a chi e come sono stati dati.<br />

1454 aprile 6, Lo<strong>di</strong>.<br />

324r Domino Gracino de Piscarolo et Bartholomeo de Corigia, referendariis nostris<br />

Papie.<br />

In questi dì passati nuy ve scripsemo che dovesti far consignare al spectabile Iohanne<br />

Matheo Buttighella, nostro cortesano, quelli duy sandoni de quelli (a) cinque forono facti<br />

al Tovo, riva del Po rippa de Po che sonno avanzati, delli quali gli ne havemo facte<br />

donatione; et già credevamo li havesse havuti; mò esso Iohanne Matheo ne ha scripto<br />

lamenta et <strong>di</strong>ce ch’el non l’ha potuti havere, et che vuy allegati sonno dati ad altri; dela<br />

qual cosa molto ne maravigliamo, perché nuy sapemo bene che ne debbano ancora<br />

essere remasti duy li quali, como havemo <strong>di</strong>cto, donassemo al <strong>di</strong>cto Iohanne Matheo et<br />

non ad altri. Et pertanto de novo ve scrivemo et volimo che ad esso Iohanne Matheo, o<br />

qualunque suo messo, gli debiati dare et consignare <strong>di</strong>cti sandoni per modo che più<br />

non ve habiamo ad scrivere per questa cosa, perché l’haveressemo molesto. Et se pur<br />

l’haveste data via per nostre lettere che nuy ve havessemo scripto, ne vogliati avisare a<br />

chi et como, perché nuy non voressemo donare una cosa ad due persone. Data Laude,<br />

vi aprilis 1454.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue duy depennato.<br />

1215<br />

Francesco Sforza vuole che l’armigero ducale Ventura da Parma convochi davanti a sé i suoi<br />

due famigli e gli altri che presero parte a derubare Perino da Chiavari e altri suoi compagni <strong>di</strong> sei<br />

“pelle” <strong>di</strong> olio e cinque “sportelli” <strong>di</strong> pesce oltre ad altre cose, come sarà pienamente informato<br />

dal cancelliere <strong>di</strong> suo fratello Corrado (cui consentirà subito <strong>di</strong> andare per i fatti suoi).<br />

Coman<strong>di</strong> ai rei <strong>di</strong> tale furto <strong>di</strong> restituire ogni cosa, lasciando a lui, duca, <strong>di</strong> intervenire contro chi<br />

fosse renitente a fare ciò.<br />

Venture de Parma, armigero nostro.<br />

(1454 aprile 6), Lo<strong>di</strong>.<br />

Siando stato robbato ali dì passati questo Perino da Chiavari et cinque altri soy<br />

compagni, et toltoli sey pelle de olio et cinque sportelli de pesce et alcune altre cose,<br />

secondo da luy intenderay per doy toy famigli et alcuni altri, secondo seray dal


cancellero de Corrado, nostro fratello, avisato, ne havemo preso despiacere assay che<br />

tal cosa sia seguita, et se havessemo havuto denanzi da nuy li malfactori, li<br />

haveressemo dato ad intendere havesseno facto male. Pertanto, comettendo questa<br />

cosa ad ti, volemo che subito, recevuta questa, habbi denanzi da ti tucti quelli se sonno<br />

trovati ad simile robbarie et li coman<strong>di</strong> per nostra parte contenteneno il bono homo de<br />

tucto fine et uno bagattino, altramente certificali che non vorriano nuy haver veduto tal<br />

pesce et olio, et tu ne avisi chi serà renitente et lasseray poy fare a nuy; a questo<br />

messo faray l’onore, et presto, et spazaralo presto acciò possa andare ala sua via. Et<br />

questo non manchi per quanto hay cara la gratia nostra, mostrando questa littera se<br />

bisogna ad quelli volessero essere retrogra<strong>di</strong>. Data Laude, ut supra.<br />

Andreas.<br />

12<strong>16</strong><br />

Francesco Sforza scrive al podestà, al comune e agli uomini <strong>di</strong> San Nazzaro Pavese <strong>di</strong> essere<br />

sorpreso che il podestà non l’abbia prima informato dei furti che si perpetuano dagli uomini<br />

d’arme <strong>di</strong> Moretto. Lo ammonisce che se detti uomini sono <strong>di</strong> quelli che lui, duca, ha <strong>di</strong> recente<br />

assunto, li man<strong>di</strong> ai loro alloggiamenti nel Parmense. Se sono altri e fossero ancora reci<strong>di</strong>vi, li<br />

metta in galera e lo avvisi, perché darà loro una punizione esemplare.<br />

1454 aprile 8, Lo<strong>di</strong>.<br />

324v Potestati, communi et hominibus Sancti Nazarii Papiensis.<br />

Per una vostra lettera restiamo avisati deli latrocinii et robbarie che ne scrivete se<br />

commectano ogni dì per quelli homini d’arme de misser Moretto, il che ad nuy é<br />

<strong>di</strong>spiaciuto grandemente et maravigliamo de ti, podestà, che tu non gli habbii<br />

proveduto, o avisarne più presto. Pertanto vi <strong>di</strong>cemo, se questi homini d’arme sono de<br />

quelli che nuy havemo tolto novamente, che li debbiati fare levare de lì et andare ali<br />

suoi logiamenti, quali nuy gli havemo assignati in Parmesana, et non li lassate<br />

demorare lì per niente. Ma se non sono con nuy, state attenti et se commettano<br />

robbarie né alcuna de queste cose, volemo li debiate pigliare et metterli in presone et<br />

avisarne, perché ne faremo tale punitione che serà exemplo ad li altri. Laude, viii aprilis<br />

1454.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

1217<br />

Francesco Sforza risponde a Giuliano <strong>di</strong> Calvisano, vicario <strong>di</strong> Caleppio, <strong>di</strong> aver preso atto del<br />

fatto del Colleoni e lo assicura del suo intervento per sistemare tutto.<br />

Iuliano de Calvisano, vicario Calepii.<br />

1454 aprile 8, Lo<strong>di</strong>.<br />

Inteso quanto n’hay scrito del facto del magnifico Bartholomeo Coglione restiamo ad<br />

compimento advisati; et respondendo te <strong>di</strong>cemo che te debii dare de bona voglia<br />

perché nuy acconzaremo et adaptaremo il facto nostro, per uno modo o per un altro<br />

che starà bene. Data Laude, viii aprilis 1454.<br />

Zanninus.<br />

Iohannes.<br />

1218<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà <strong>di</strong> Maleto non pretenda che Niccolò <strong>di</strong> Guastalla<br />

contribuisca lì per un terreno che fa parte della giuris<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Castelnuovo Bocca d’Adda.<br />

Potestati Maleti.<br />

(1454 aprile 8, Lo<strong>di</strong>).<br />

Li homini da Castelnovo de Boccha d’Adda sonno venuti da nuy ad condolerse che tu<br />

constrengi uno Nicolò de Guastalla ad contribuire lì de certo terreno é sopra la


iuris<strong>di</strong>tione loro, contra il debito et contra il consueto. Per la qual cosa volemo che,<br />

adtento il consueto, lo lassi contribuire cum Castelnovo; (et) non manchi. Data ut supra.<br />

Andreas.<br />

1219<br />

Francesco Sforza vuole che Teseo da Spoleto <strong>di</strong>a sistemazione nel Piacentino al nuovo uomo<br />

d’arme assunto Giorgio da Parma, oltre che per sei cavalli e sette bocche.<br />

Nel suddretto giorno furono fatte lettere credenziali a Giovanni Chiapano<br />

per Bartolomeo Colleoni.<br />

325r Theseo de Spoleto.<br />

1454 aprile 10, Lo<strong>di</strong>.<br />

Habiamo tolto ali nostri servitii nel mestere del'arme Zorzo da Parma, presente<br />

portatore, al quale volimo che daghi logiamento lì in Piasentina dove meglio te parerà e<br />

più conveniente per sey cavalli et sete boche, facendolo tractare como se tractano<br />

l'altre nostre gente d’arme che logiano là. Data Laude, x aprilis 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

Die suprascripto.<br />

Facte fuerunt lIttere credentiales Iohanni Chiapano in personam magnifici Bartholomei<br />

Coleoni.<br />

Nicolaus.<br />

Iohannes.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1220<br />

Francesco Sforza avverte il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> lasciar rimpatriare<br />

Pedrone Cul<strong>di</strong>raro da Lorenzago.<br />

1454 aprile 10, Lo<strong>di</strong>.<br />

Semo contenti et volimo che lassati venire Pedrone Cul<strong>di</strong>raro da Lorinzago, relegato de<br />

questa nostra cità a casa sua, repatriare et stare liberamente perché gli havemo<br />

concesso et concedemo per questa libera licentia. Data Laude, decimo aprilis 1454.<br />

Marchus.<br />

Cichus.<br />

1221<br />

Francesco Sforza comanda al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> lasciar rimpatriare Bassano Cagamosto.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1454 aprile 10, Lo<strong>di</strong>.<br />

Havemo concesso libera licentia ad Bassano Cagamosto, relegato de questa nostra<br />

cità, possa repatriare et stare a casa; siché volimo lo lassati repatriare et stare<br />

liberamente a casa soa. Data Laude, x aprilis 1454.<br />

Marchus.<br />

Cichus.<br />

1222<br />

Francesco Sforza srive al podestà, al castellano, al comune e agli uomini <strong>di</strong> Castell’Arquato che,<br />

avendo il Colleoni <strong>di</strong>sertato da lui, come “ingrato d’ogni beneficio”, gli pare doveroso riprendersi<br />

quella terra. Per questo manda lì il consigliere ducale Sceva de Curte per riprendersi terra,<br />

fortezza e il giuramento della loro fedeltà.La stessa riappropriazione fa <strong>di</strong> ogni munizione come<br />

<strong>di</strong> ogni cosa che si trova lì.


1454 aprile 12, Lo<strong>di</strong>.<br />

Potestati, castellano ac comuni et hominibus Castriarquati.<br />

Noi havemo concesso ad Bartholomeo Coglione el dominio de quella terra de<br />

Casteloarquà, perché luy perseverasse fidelmente in li servicii nostri et fare verso nuy<br />

et lo stato nostro quello che degno fare li vallenthomini. Adeso, havendo luy preso altra<br />

via, como ingrato d’ogni beneficio et alienatose da nuy non senza grande desfavore et<br />

manchamento dele cose nostre maxime, non havendo alcuna casone, né rasone de<br />

così fare, ne pare rasonevele de repetere la <strong>di</strong>cta terra et non lassare ghodere el nostro<br />

da chi ne ha offeso. Pertanto, mandando nuy lì el spectabile doctore et cavallero<br />

domino Sceva de Corte, nostro consigliero, presente exhibitore, per ritorre la tenuta <strong>di</strong><br />

quella terra et forteza in nostro nome, volimo, et per le presente vi coman<strong>di</strong>amo che<br />

subito, vedute queste, gli debiati consignare la possessione et tenuta d’essa terra in<br />

nostro nome; et così tu, castellano, consigneragli <strong>di</strong>cta rocha et forteza et tuti vuy gli<br />

prestareti el debito iuramento de fidelità et obe<strong>di</strong>entia, et cre<strong>di</strong>reti et obe<strong>di</strong>reti in ogni<br />

cosa quanto la nostra persona propria. Et perché credati che questo proceda de nostra<br />

voluntà, nuy habiamo sottoscrite le presente de nostra propria mano. Laude, xii aprilis<br />

1454. El simile <strong>di</strong>cemo d’ogni monicione e altra cosa che se trova in quella terra et<br />

rocha.<br />

Iohannes.<br />

1223<br />

Francesco Sforza ammonisce il podestà <strong>di</strong> Vi<strong>di</strong>gulfo che <strong>di</strong> lì, o lontano un miglio, passerà il<br />

conte Ludovico da Lugo. Se passasse con donne, gli <strong>di</strong>a libero transito, se queste non vi<br />

fossero, vuole che lo prenda e lo meni lì con un ragazzo tenendolo sempre ben vigilato e<br />

avvisando subito il duca. Non consenta che questa lettera sia vista da altri e, soprattutto, ba<strong>di</strong><br />

che il conte non passi inavvertito; se ne pentirebbe amaramente.<br />

In simile forma si é scritto al podestà <strong>di</strong> Landriano.<br />

325v Potestati nostro Vi<strong>di</strong>gulfi.<br />

1454 luglio 3, Milano.<br />

El conte Lodovico da Lugo debbe passare per quella terra, overo per presso ad uno<br />

miglio. Pertanto volimo che tu gli habii tale cura et guar<strong>di</strong>a per quella via te parerà che<br />

non possa passare che non lo sapii. Passando con done, non volimo che tu gli daghi<br />

impazo; ma se passarà senza donne, volimo lo debii prendere et menarlo lì, dando<br />

licentia ad tuti li suoy, excepto ad uno regazo, quale teneray apresso de luy et lo<br />

metteray in loco con tale guar<strong>di</strong>a (a) che non se ne possa fugire, et preso, ne avisaray<br />

subito. Et guarda, per quanto hai cara la gratia nostra, che questa nostra lettera non la<br />

veda persona del mundo, et che <strong>di</strong>cto conte Lodovicho da Lugo non passa che non lo<br />

sapi et non faci quanto t’havemo <strong>di</strong>cto, avisandote che, se per ventura passasse che<br />

non lo sapesse et exequisse quanto de sopra t’havemo <strong>di</strong>cto, ne scorozaressemo con<br />

te et te daressemo tale punitione che saresti sempre exempio ad altri. Data Me<strong>di</strong>olani,<br />

iii Iulii 1454.<br />

Marchus.<br />

Cichus.<br />

In simili forma potestati Landrianii.<br />

(a) Segue preso ne avisaray subito depennato.<br />

1224<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al familiare ducale Giovanni de Garibol<strong>di</strong>s <strong>di</strong> dare a Gapare da Suessa,<br />

conestabile ducale, la farina che si trova nella fortezza <strong>di</strong> Cerreto. Gli or<strong>di</strong>na anche <strong>di</strong> far<br />

condurre a Lo<strong>di</strong> tutte le munizioni e le cose che stanno in detta fortezza.<br />

1454 aprile 13, Milano.<br />

326v Iohanni de Garibol<strong>di</strong>s, familiari nostro.


Volemo, et per questa te comettemo che debbi dare et assignare al strenuo Gasparro<br />

da Suessa, nostro conestabile, la farina, quale se trova nel luogo et forteza de Cerreto;<br />

et tute le monitione et altre cose se trovano in essa forteza farayle quanto più presto<br />

possibile condure a Lo<strong>di</strong>. Ex Me<strong>di</strong>olano, xiii aprilis 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1225<br />

Francesco Sforza invia al conte Ludovico da Lugo le sue condoglianze per la morte<br />

dell’ammirabile, per più aspetti, sua consorte e lo esorta a rassegnarsi ai voleri <strong>di</strong> Dio.<br />

Si é scritto a Camarino de Camarano, alloggiato a Villanuova <strong>di</strong> non far danni ai prati e alle<br />

messi del monastero <strong>di</strong> Villanuova, altrimenti avrà una punizione che lo farà pentire.<br />

(1454 aprile 13, Milano).<br />

Spectabili <strong>di</strong>lectissimo nostro comiti Ludovicho de Lugo.<br />

Havemo recevuto la vostra lettera per la quale ne scrivete dela morte de vostra<br />

consorte; la qual cosa intesa, certamente ne dede penna et singulare dolore. Heri,<br />

agiungendo in Melegnano, non sapendo cosa alcuna del <strong>di</strong>cto caso, ve scripsemo una<br />

nostra lettera, como doveti havere inteso. Ma quamprimum giungessemo qua, la nostra<br />

illustrissima consorte ne lo <strong>di</strong>sse anchora, dappuoi la receptione de <strong>di</strong>cta vostra lettera;<br />

del che ne dolemo grandemente et ne rencresse assay, sì perché ella era virtuosa et<br />

da bene et de bona parenteza, sì anche per respecto vostro, perché ne patereti<br />

<strong>di</strong>sconzo et sinistro asay. Ma como se voglia, nuy sapiamo tuti che la humana natura é<br />

sottomissa ala morte, la quale é or<strong>di</strong>nata comme ad ogni omo dal onnipotente Dio<br />

dove, benché sia duro, é tal caso da fir supportato patientemente et rengratiare Dio de<br />

ciò che luy vole et dà; et hormay pacificate l’animo vostro al volere de Dio et non ve<br />

tristate più, certificandove che se per dolerse né per robba, 327r né per qualunque altra<br />

via ella potesse fir retornata a vita, non nuy ne doleressemo non mancho che vuy, et gli<br />

spenderessemo tanta robba che la faressemo revivere. Siché confortiamove ad stare<br />

contento dela gratia de Dio, et nuy de cetero haveremo caro vuy et li vostri et l'honore<br />

et bene vostro, più che l'havessemo may. Data Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

Me<strong>di</strong>olani, xii aprilis.<br />

Scriptum est Camarino de Camarino, logiato in Villa Nova quod non inferat aliquod<br />

damnum pratis nec messibus monasterii Ville Nove, aliter fiet ei talis punitio quod eum<br />

penitebit<br />

1226<br />

Francesco Sforza dà atto al cancelliere Giovanni Chiappano <strong>di</strong> aver inteso quanto ha fatto con<br />

quell’ambasciatore per le terre tenute dal Colleoni e si <strong>di</strong>ce imbarazzato sul da farsi, prima<br />

d’avere una risposta da Venezia.Gli manda il contrassegno della rocca <strong>di</strong> Verturago, ma vuole<br />

che <strong>di</strong>a a intendere <strong>di</strong> non aver scritto nulla per quello <strong>di</strong> Picino.<br />

Iohanni Chiappano, cancellero.<br />

1454 aprile 13, Milano.<br />

Restiamo avisati de quanto ne scrivi havere facto cum quello ambassiatore circha la<br />

tenuta dele terre de Bartolameo Colione, al che non accade altra resposta, se non che<br />

voressimo sappere quello habiamo ad fare, finché sia venuta quella resposta da<br />

Venexia. Ala parte <strong>di</strong> contrasigni, te man<strong>di</strong>amo qui incluso quello della rocha de<br />

Verturago; de quello de Picino, s’el te ne sarà <strong>di</strong>cto niente, mostra che tu non ne habii<br />

scripto cosa alchuna. Me<strong>di</strong>olani, xiii aprilis 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.


1227<br />

Francesco Sforza avverte Gracino da Pescarolo e il referendario <strong>di</strong> Pavia che Donato <strong>di</strong> Valle<br />

Trescore nel Bergamasco aveva licenza ducale <strong>di</strong> condurre biada da Pavia in detta valle<br />

e ne ha trasportata una parte, dando per il rimanente garanzia <strong>di</strong> pagamento.<br />

Avvenuta la pace, il duca ha vietato che si conducano biade fuori dal territorio ducale, per cui<br />

ritiene onesto che Donato abbia l’importo della sua garanzia.<br />

1454 aprile 13, Milano.<br />

327v Domino Gracino de Piscarolo et referendario Papie.<br />

Donato de Valletrescore de Pergamasca haveva da nuy licentia de condure certa<br />

quantità de biade dal Pavese in la <strong>di</strong>cta Valle, et ne ha conducta una parte; del resto,<br />

parte ne ha pagata et l’altra parte ha data securtà de pagare. Et perché da poy é<br />

conclusa la pace, havemo facta inhibitione ch’el non se conduca più fora del territorio<br />

nostro, et anche ne pare honesto che luy non ne supporti damno: ve comettiamo et<br />

volemo debiate provedere che per quella quantità de biade ch’esso Donato non ha<br />

menato via, gli siano restituiti li soi <strong>di</strong>nari, et anche cassate et anullate tute le securtate<br />

ch’el ha date per questa casone. Et in questo non sia fallo, né exceptione alcuna<br />

perché questa é la totale intentione nostra. Me<strong>di</strong>olani, xiii aprilis 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1228<br />

Francesco Sforza informa i rettori <strong>di</strong> Bergamo che alcuni <strong>di</strong> Cividale, pur avendo convenuto con<br />

fuorusciti <strong>di</strong> Crema <strong>di</strong> condurre biade a Tayni, hanno portato tale merce a Bergamo. Al duca<br />

pare doveroso un intervento dei rettori per indurre quei <strong>di</strong> Cividale al rispetto dell’accordo<br />

Rectoribus Pergami.<br />

1454 aprile 12, Lo<strong>di</strong>.<br />

Facendo alcuni forussiti de Crema, exhibitori de questa, certo pacto con alcuni da<br />

Cividal de fare condure certe quantitate de biade a Tayni, suis expensis et periculis,<br />

pare che <strong>di</strong>cti da Cividal, contra la <strong>di</strong>cta loro conventione et pacto, conducessero <strong>di</strong>cte<br />

biade lì a Pergamo, como vuy intenderiti per relatione deli portitori de questa. Et perché<br />

a nuy pare ragionevele che <strong>di</strong>cti da Cividal patiscano la pena del’ingano et debiano<br />

satisfare a <strong>di</strong>cti Cremaschi, confortiamo et pregamove che, intesa questa cosa, vogliate<br />

ministrare rasone summaria et expe<strong>di</strong>ta ali <strong>di</strong>cti Cremaschi contra d'essi da Cividal et<br />

senza veruno, in modum che vengono essi ad recevere con presteza loro satisfactione;<br />

nel che, oltra fareti el dovere, a nuy fareti cosa grata. Data Laude, xii aprilis 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1229<br />

Francesco Sforza vuole che Bertoluzio da Gubbio e il commissario degli alloggiamenti della<br />

campagna <strong>di</strong> Pavia trovino, evitando <strong>di</strong> recar danni alla popolazione, una sistemazione<br />

temporanea nella campagna per i cavalli del conte Pietro Torelli che ha fatto passare <strong>di</strong> qua<br />

dall’Adda le sue genti.<br />

La stessa cosa gli fu replicata il <strong>16</strong> aprile.<br />

1454 aprile 14, Milano.<br />

328r Ser Bertholutio de Eugubio, comissario super logiamentis campanee Papie.<br />

Perché il magnifico conte Pedro Torello novamente ha facto passare le sue gente de<br />

qua da Adda et non li possiamo de presente deputare logiamento fermo, né inten<strong>di</strong>amo<br />

ancora che <strong>di</strong>cte soe gente vagano vagabunde in qua et in là, facendo damno ad<br />

questo et ad quello, volimo che, havuta bona et vera informatione del numero delli


cavalli vivi che sonno, tu li alloggii nella campagna, mettendoli in loco dove cognosce<br />

faciano mancho desconzo ali homini che sia possibile, notificando ali homini dove tu li<br />

metteray, che questa loro stantia serà per pochissimi <strong>di</strong> là perché deliberamo presto de<br />

providerli de logìamento fermo.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xiiii aprilis 1454.<br />

Die xvi aprilis idem suprascripto replicatum fuit.<br />

Iohanne Antonius.<br />

Cichus.<br />

1230<br />

Francesco Sforza sollecita Andrea Dandolo, provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema, a voler, in ossequio ai<br />

capitoli della pace, rilasciare gli uomini <strong>di</strong> Castelleone e <strong>di</strong> Trivoli nonché gli altri detenuti.<br />

Andree Dandolo, provisori Creme.<br />

1454 aprile 12, Lo<strong>di</strong>.<br />

Questi proximi giorni forono presi alcuni homini nostri da Castelione et da Trivoli per<br />

quelli soldati quali stanno lì, li quali non essendo stati relaxati in fin mò, per vigore delli<br />

capituli della pace, degono fir relaxati. Pertanto confortiamove et pregamove ch'el ve<br />

piacia per observatione delle cose promesse fare relaxare li <strong>di</strong>cti nostri homini captivi, et<br />

etiam ognun’altro quale se trovasse captivato in quella terra per observo delli <strong>di</strong>cti<br />

capituli dela pace, liberamente et expe<strong>di</strong>tamente et senza pagamento alcuno de taglia.<br />

Data Laude, <strong>di</strong>e xii aprilis 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1231<br />

Francesco Sforza vuole che Antonello de Campanea, podestà <strong>di</strong> Lovere, si attenga a ciò che gli<br />

<strong>di</strong>rà il cancelliere ducale Giovanni e tranquillizzi la popolazione, perché Venezia ha promesso <strong>di</strong><br />

trattare benignamente tutta quella gente.<br />

1454 aprile 15, Milano.<br />

328v Antonello de Campanea, potestati Leveri.<br />

Havemo recevute le tue lettere et inteso quanto tu ne scrive; al che non accade <strong>di</strong>re<br />

altro, perché cre<strong>di</strong>amo che in quest'ora debbia essere gionto lì ser Iohanne, nostro<br />

cancellero, el quale é informato da noi de quanto se ha affare; siché vogli exequire<br />

quello che lui ordenarà, confortando quelli homini per nostra parte a star de bona voglia<br />

et non dubitare in cosa alcuna perché in le conventione de questa pace che havemo<br />

firmata et stabilita cum la illustrissima signoria de Venetia, essa signoria n'ha promesso<br />

largamente de fare bono tractamento ad tucti quelli populi et remectere ogni cosa<br />

passata liberamente. Et così siamo certi che farà; siché stiano de bono animo et<br />

atten<strong>di</strong>no a far bene, perché nui sempre li haverimo cari et accepti per la fede et<br />

devotione che ce hano mustrato quanto li altri nostri sub<strong>di</strong>ti. Ex Me<strong>di</strong>olano, <strong>di</strong>e xv aprilis<br />

1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

1232<br />

Francesco Sforza scrive ai presidenti agli affari <strong>di</strong> Pavia che, non potendo mandare il suo<br />

ingegnere Aguzzo, impegnato in lavori nel Cremonese, invia loro per la riparazione del ponte e<br />

la sistemazione del corso dell’acqua un altro suo ingegnere, Bartolo da Novate, valido<br />

professionista.<br />

(1454 aprile 13, Milano).<br />

Presidenti negotiis comitatis civitatis nostre Papie.


Per mettere bono or<strong>di</strong>ne ala reparatione del ponte et anche ad providere cha l'aqua non<br />

devia dal corso suo, haveressemo mandato, segondo la rechiesta per vuy facta,<br />

magistro Aguzo, nostro inzignero; ma non se siando trovati qui et siando occupato in<br />

altri nostri lavorerii in Cremonese, man<strong>di</strong>amo el Bartholo da Novate, etiam nostro<br />

inzignero, de sano consiglio et bono inzegno, confortandove e caricandove quanto più<br />

possimo a farli presta et bona provisione. Data Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1233<br />

Francesco Sforza informa Bartolomeo da Correggio, referendario <strong>di</strong> Pavia, che dopo aver<br />

sentito che il doge <strong>di</strong> Genova non sta bene, gli manda Giovanni Martino da Parma, cui<br />

Bartolomeo darà, come <strong>di</strong>rà il familiare ducale Boniforte Maletta, del danaro per tale sua andata.<br />

1454 aprile <strong>16</strong>, Milano.<br />

330r Domino Bartholomeo de Corigia, delecto referendario nostro Papie.<br />

Havendo nuy presentito con grande despiacere che lo illustre signore misser lo duce de<br />

Zenoa se sente rincrescimento, havimo deliberato per la intrinsecheza et amicitia é fra<br />

nuy mandarlo a visitare et così gli man<strong>di</strong>amo magistro Iohanne Martino da Parma, il<br />

quale habia a visitare et operare quanto poterà et saperà per la salute soa. Et per<br />

questo volimo et ve commettemo che subito a <strong>di</strong>cto magistro Iohanne Martino debiati<br />

dare qualche <strong>di</strong>nari per il suo andare como ve <strong>di</strong>rà il nobile Boniforto Maleta, nostro<br />

familiare, presente portatore, al quale credereti in questa materia quanto a nuy proprii.<br />

Ex Me<strong>di</strong>olano, <strong>di</strong>e xvi aprilis 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1234<br />

Francesco Sforza comunica al me<strong>di</strong>co Giovanni Martino da Parma <strong>di</strong> volere che si porti dal<br />

l’ammalato doge <strong>di</strong> Genova, cui il duca é legato da singolare amicizia. Faccia quanto gli <strong>di</strong>rà il<br />

familiare ducale Boniforte Maletta e, dopo averlo visitato, lo informi dello stato <strong>di</strong> salute del doge<br />

(1454 aprile <strong>16</strong>, Milano).<br />

Domino Iohanni Martino de Parma, artium et me<strong>di</strong>cine doctori.<br />

Havendo nuy presentito che lo illustre signore misser lo duce de Zenoa a questi dì<br />

passati se ha sentito male dela persona cum alcuni parocismi de febre, havemo<br />

deliberato, per la intrisecheza et singulare amicitia havimo con la signoria sua,<br />

mandarlo a visitare. Et così ve caricamo, confortiamo et volemo che voy subito gli<br />

andati et per nostra parte ve gli offerati con quelli boni mo<strong>di</strong> sapereti fare, operandone<br />

per la cura et liberatione sua non mancho che facesti per nuy proprii, segondo che più a<br />

pieno ve <strong>di</strong>rà per parte nostra el nobile Boniforte Maleta, nostro familiare, al quale<br />

prestareti in questa materia quella pieneza de fede che faresti a nuy proprii. Preterea<br />

volimo che subito giuncto seriti là et visitato il prefato illustre duce, ce avisate del essere<br />

dela persona soa. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1235<br />

Francesco Sforza informa il lo<strong>di</strong>giano Bartolomeo de Ricar<strong>di</strong>s, che trovandosi a Lo<strong>di</strong> e sentendo<br />

che il famiglio ducale Niccolò da Fabriano cercava <strong>di</strong> imparentarsi con Orio <strong>di</strong> Ricar<strong>di</strong><br />

chiedendogli in moglie una sua figliola, ritenendo tale connubio assai conveniente per l’una e<br />

l’altra parte, mandò a chiamare Orio per convincerlo a tale parentado, ma lo lasciò dubbioso e<br />

alla ricerca <strong>di</strong> consiglio. Il duca si rivolge a Bartolomeo suffragando tale unione , assicurandolo<br />

che, se non conoscesse bene Niccolò, si guarderebbe bene dal caldeggiarla e, perciò, lo esorta<br />

a convincere Orio in tal senso.<br />

(1454 aprile <strong>16</strong>, Milano).


330v Spectabili militi et doctori domino Bartholomeo de Ricar<strong>di</strong>s, civi Laudensi.<br />

A questi dì, siando nuy a Lo<strong>di</strong> et presentendo nuy che Nicolò da Fabriano, nostro<br />

fameglio, cercava aparentarse cum Orio <strong>di</strong> Ricar<strong>di</strong> per lo mezo d'una sua fiola, qual<br />

domandava per mogliere, et parendone cosa conveniente asay, così per l'una parte<br />

quanto per l'altra, mandassemo per lo <strong>di</strong>cto Orio et assay lo confortassemo che volesse<br />

inclinarse a questa parenteza per molti respecti, quali alhora gli allegassemo, et luy non<br />

ne affirmò né negò volerlo fare, anze <strong>di</strong>sse volerse consigliare. Et sentendo nuy che<br />

<strong>di</strong>cto Orio circa consiglio circa ciò, il perché, desiderosi che tal cosa se concluda così<br />

per bene del'una parte quanto del'altra, certificandove che se nuy non conoscessemo el<br />

<strong>di</strong>cto Nicolò essere da bene et sperassemo che <strong>di</strong>etim se dovesse far da meglio,<br />

guardarissemo molto bene, per honore nostro et per non gravarse la conscientia ad<br />

persuadere questa facenda, ve confortiamo et caricamo, quanto più possimo, che<br />

subito con bono modo voliati havere da vuy <strong>di</strong>cto Orio et confortarlo et indurlo a questo;<br />

del che receveremo piacere et contentamento assay, avisandove della receptione et<br />

qualiter feceritis in premissis. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

1236<br />

Francesco Sforza prende atto della comunicazione datagli dal suo cancelliere Giovanni da<br />

Milano <strong>di</strong> avere ieri consegnato ai rettori <strong>di</strong> Bergamo quelle terre e vallate. Gli spiace che il<br />

castellano <strong>di</strong> Pizzino non abbia consegnato quella fortezza, per cui, per averne il contrassegno,<br />

fu necessario madare a Parma da Filippo Visconti perché lo mandasse, come ha fatto,<br />

spedendolo ai suoi che sono là, in modo che consegnino la fortezza ai ducali che andranno a<br />

prenderla. Di ciò il duca incarica Giovanni, perché la consegni ai rettori <strong>di</strong> Bergamo. Fatto ciò,<br />

ritorni da lui senza attendere la risposta <strong>di</strong> Venezia per le terre che tiene il Colleoni : ad esse si<br />

provvederà opportunamente.<br />

1454 aprile <strong>16</strong>, Milano.<br />

331r Iohanne de Me<strong>di</strong>olano, <strong>di</strong>lecto cancellario nostro.<br />

Restiamo avisati per la toa lettera facta hieri quanto hay exequito in consignare ali<br />

magnifici rectori da Bergamo quelle terre et vallate et forteze; del che restiamo ben<br />

contenti, et rencresce ch’el castellano de Pizzino non habia consignata quella forteza<br />

per le nostre lettere, como l’havemo scritto, avisandote che per havere el contrasegno<br />

d’essa forteza é bisognato, habiamo mandato fina (a) ad Parma a misser Filippo<br />

Vesconte che ne lo mandasse; et così n’ha mandato l'inclusa lettera che scrive ali suoy,<br />

che sonno là, che debia consignare et dare quella forteza ali nostri che andaranno a<br />

torla, la quale te man<strong>di</strong>amo; et porray andare te medesmo ad farla dare ali pre<strong>di</strong>cti<br />

magnifici rectori de Bergamo, o ad chi piacerà meglio ad essi. Expe<strong>di</strong>to haveray ogne<br />

cosa, vogli retornare da nuy senza stare ad aspectare la resposta de Venetia delle terre<br />

che tenne Bartholomeo Coglione, perché ad quello se gle provederà opportunamente,<br />

como se intenderà la voluntà d’essa illustrissima signoria de Venetia. Data Me<strong>di</strong>oani,<br />

<strong>di</strong>e xvi aprilis 1454.<br />

(a) Segue par depennato.<br />

1237<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà <strong>di</strong> Fiorenzuola <strong>di</strong> restituire il cavallo ad Angravallo da<br />

Napoli, già squadrero ducale, dopo che lo avrà, come da lui promesso, risarcito delle spese<br />

dell’osteria.<br />

Potestati Florenzole.<br />

1454 aprile <strong>16</strong>, Milano.<br />

Volimo che debii dare (a) el suo cavallo al strenuo Angravallo de Neapoli, olim nostro<br />

squadrero, o ad qualunque suo messo, presente portatore, quale retenesti presso de ti


fin questo mese de octobre passato per le spese del’hostaria, pagando luy le <strong>di</strong>cte<br />

spese facte sopra della <strong>di</strong>cta hostaria, como <strong>di</strong>ce pagare, et tractandolo bene et<br />

honestamente per <strong>di</strong>cte spese, et spazandolo presto ad ciò ch’el se ne possa andare<br />

per li facti suoy. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xvi aprilis 1454.<br />

Filippus.<br />

Cichus.<br />

(a) dare in interlinea.<br />

1238<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na all’ufficale delle bollette <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> concedere, per assecondare le<br />

richieste <strong>di</strong> fratelli e parenti, che il relegato lì Venturino Rabia possa partirsene da lì.<br />

331v Officiali bulectarum Placentie.<br />

1454 aprile <strong>16</strong>, Milano.<br />

Per compiacere alli fratelli et parenti de Venturino Rabia, relegato lì in quella nostra cità,<br />

siamo rimasti contenti ch’el se possa absentare et partirse da lì per venire qua.<br />

Pertanto coman<strong>di</strong>amoti che li daghi libera licentia ad ciò che se ne possa venire via ad<br />

suo piacere. Data Me<strong>di</strong>olani, xvi aprilis 1454.<br />

Bonifatius.<br />

Iohannes.<br />

1239<br />

Francesco Sforza invia al Colleoni le accluse note del luogotenente ducale <strong>di</strong> Alessandria<br />

perché provveda ai suoi bisogni.<br />

Magnifico Bartholomeo Coleoni.<br />

(1454 aprile <strong>16</strong>, Milano).<br />

In quest’hora havemo recevute le incluse da Georgio de Annono, nostro locotenente in<br />

Alexandrina, le quale man<strong>di</strong>amo ala magnificentia vostra perché essa intenda il bisogno<br />

suo et possa providergli come meglio li parerà. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

1240<br />

Francesco Sforza richiama Andrea Dandolo, provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema, all’osservanza della<br />

convenzione <strong>di</strong> pace con Polo Barbo per la quale chiede che Francesco Antonio e fratelli de<br />

Sechi, rimandati in<strong>di</strong>etro senza consentire loro <strong>di</strong> lavorare nelle possessioni che hanno in<br />

Crema, vi possano liberamente ritornare.<br />

Domino Andree Dandolo, provisori Creme.<br />

1454 aprile <strong>16</strong>, Milano.<br />

Havendo mandato li spectabili domino Francesco Antonio et fratelli de Sechi ad fare<br />

lavorare alcune soe possesione, quale hanno in quello de Crema, pare che gli sia stato<br />

prohibito et vetato et factoli retornare indereto, dela qual cosa assay ne maravigliamo<br />

che ali pre<strong>di</strong>cti sia stata facta tale inhibitione et contrarietate, benché siamo certi sia<br />

facto questo contra voluntate et saputa vostra, et cre<strong>di</strong>amo anchora che quelli che gli<br />

hanno facto questa resposta, seu contra<strong>di</strong>ctione, non siano bene informati delli 332r<br />

capituli et conventione dela pace concluxa con el magnifico domino Polo Barbo, quali<br />

<strong>di</strong>sponeno che li nostri cita<strong>di</strong>ni et sub<strong>di</strong>ti possano goldere li suoi beni hanno in quello de<br />

Crema como, havendone dubio, ne podereti havere informatione et chiareza da esso<br />

domino Polo. Siché confortiamove che vogliati provedere che possano far lavorare et<br />

goldere soe possessione como per vigore delle <strong>di</strong>cte conventione meritamente debeno<br />

goldere. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xvi aprilis 1454.<br />

Bonifacius.


Iohannes.<br />

1241<br />

Francesco Sforza fa presente al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che gli uomini <strong>di</strong> Valera si lamentano<br />

perché li si vogliono, pur avendo pagato ciò che é stato convenuto con quelli <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> per non<br />

essere costretti ad altri versamenti, indurrre al pagamento delle “gravezze occurrenti”. Stando<br />

così le cose, il duca comanda <strong>di</strong> non imporre ai Valeriani un doppio carico.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1454 aprile <strong>16</strong>, Milano).<br />

Se sonno gravati con nuy l’homini nostri de Valera che, nonobstante una conventione<br />

qual hanno con quella nostra comunità de Lo<strong>di</strong> che, pagando loro una certa quantità,<br />

non debano né possano essere astrecti ad altro pagamento de graveze occurrente, o<br />

che occorrerano, debano essere relevati per essa nostra comunità de Lo<strong>di</strong>, pagando<br />

essi homini da Valera a quella comunità quello a che sono obligati et conventionati, pur<br />

fireno agravati, et non gli fi servata la conventione né pacti. Per la qual cosa volimo et<br />

ve comettemo che debiati intendere la ragione delle parte, et trovando essere così,<br />

como ve fi significato, a noy non pare ragionevele che <strong>di</strong>cti homini da Valera debbano<br />

supportare dopio caricho, facendo ragione in modo che né quella nostra comunità de<br />

Lo<strong>di</strong> né <strong>di</strong>cti homini da Valera merito se possano lamentare. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1242<br />

Francesco Sforza ricorda al capitano della Lomellina <strong>di</strong> avergli più volte scritto per la vertenza<br />

per un fermaglio tra lo squadrero ducale Giovanni Albanese e Giacomo da Landriano, abitante a<br />

San Nazzaro. Se gli consta che tutto é conforme a quel che <strong>di</strong>ce Giovanni, vuole che amministri<br />

giustizia e induca Giacomo alla restituzione <strong>di</strong> quell’oggetto.<br />

1454 aprile <strong>16</strong>, Milano.<br />

332v Egregio militi capitaneo nostro Lumelline.<br />

Per più nostre ve havemo scripto quello haveti veduto circa la <strong>di</strong>fferentia del fermalio<br />

vertente tra Zohanne Conte Albanese, nostro squadero, per una parte, et Iacomo da<br />

Landriano, habitatore <strong>di</strong> San Nazaro per l’altra, et inten<strong>di</strong>amo che non ne havete<br />

exquito niente, de che molto ce maravigliamo. Et perché <strong>di</strong>cto Zohanne de novo ne ha<br />

sporto l’introclusa supplicatione, de novo ve comettemo et volemo gli debiate ministrare<br />

ragione et expe<strong>di</strong>te, et constandove essere così, como se contene in essa<br />

supplicatione, astrenziti el <strong>di</strong>cto Iacomo ad restituirli <strong>di</strong>cto fermaglio, del quale se fa<br />

mentione in essa supplicatione, spazandolo prestissimo in modo che de ciò non ne<br />

habiamo più querella. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xvi aprilis 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1243<br />

Francesco Sforza informa il podestà <strong>di</strong> Vailate che Giovanni Cazione da Trescore si é lagnato<br />

perché, <strong>di</strong>retto a Lo<strong>di</strong>, passato Melegnano, Bartolomeo del Maligno <strong>di</strong> lì con due compagni lo<br />

assalirono e gli portarono via il cavallo e altre cose. Riuscì a farsi ridare il cavallo, ma gli tolsero<br />

la spada e altre cose. Il duca vuole che il podestà abbia da lui Bartolomeo e compagni e intenda<br />

come sta la faccenda e renda giustizia a Giovanni.<br />

Potesti de Vaylate.<br />

1454 aprile 17, Milano.<br />

Zohanne Cazione da Trescorre ne ha fatto fare lamenta, <strong>di</strong>cendo che Bartolomeo del<br />

Malignino de quella nostra terra, con dui compagni, partendose lui de qui per andare ad<br />

Lode, quando fo passato Melignano, essi Bartolomeo, Tolomeo et compagni lo


assaltarono alla strata et gli tolsero il cavallo et certe altre soe cose. Demum,<br />

seguitando lui et <strong>di</strong>cti Bartolomeo et compagni, <strong>di</strong>ce che hebbe el cavallo; ma pur gli<br />

portaro via la spada et alcune altre soe cose. Pertanto te commetiamo et volemo che,<br />

havuto da ti el <strong>di</strong>cto Bartolomeo e li compagni, ancora se gli porrai havere, et intesa la<br />

cosa como sta, debii fare ragione al <strong>di</strong>cto Zohanne ita che degnamente più non se<br />

possa lamentare et ch’el abbia la robba sua. Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxvii aprilis 1454.<br />

Leonardus.<br />

Cichus.<br />

1244<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al capitano <strong>di</strong> Casteggio e al podestà <strong>di</strong> Broni <strong>di</strong> far avere a Francesco<br />

da Landriano i <strong>di</strong>eci ducati d’oro <strong>di</strong> cui é cre<strong>di</strong>tore da Niccolò Montagna.<br />

333r Capitaneo Clastigii et potestati Bronii.<br />

1454 aprile 17, Milano.<br />

El spectabile cavalero domino Francesco da Landriano ne <strong>di</strong>ce dovere havere da<br />

Nicolò Montagna ducati dece d'oro dal quale non pò essere satisfacto. Pertanto ve<br />

comettemo et volimo che, da qualunque de vuy haverà ricorso, ciascuno messo del<br />

<strong>di</strong>cto domino Francesco, presente exibitore, a soa instantia debiati procedere contra<br />

<strong>di</strong>cto Nicolò per omnia iuris reme<strong>di</strong>a, ita che luy integramente habia il debito suo,<br />

remossa ogne exceptione et <strong>di</strong>llatione de tempo. Data Me<strong>di</strong>olani <strong>di</strong>e xvii aprilis 1454.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes<br />

1245<br />

Francesco Sforza comanda ad Antonio de Sichis, commissario <strong>di</strong> Geradadda, che qualora si<br />

trovi in Geradadda il famiglio <strong>di</strong> Cola <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina, caposquadra del Colleoni, che se n’é fuggito<br />

da lui con un cavallo, faccia riconsegnare a Cola detto famiglio e cavallo.<br />

(1454 aprile 17), Milano.<br />

Antonio de Sichis, commissario Glareabdue.<br />

Lo strenuo Cola da Me<strong>di</strong>xina, capo de squadra de Bartolomeo Coglione, ne <strong>di</strong>ce<br />

essergli fuggito uno suo fameglio et menateli via uno cavallo et altre cose, como da lui<br />

seray informato; il quale fameglio et cavallo inten<strong>di</strong>amo é dentro de quella nostra terra.<br />

Pertanto volimo et te coman<strong>di</strong>amo che, visis presentibus, che, retrovandose <strong>di</strong>cto<br />

fameglio et cavallo in quella terra, o in altro loco de Giaradada, debie consignarle in le<br />

mano et possanza del <strong>di</strong>cto Colla esso fameglio et cavallo, remota omni exceptione.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Iohannes.<br />

1246<br />

Francesco Sforza avverte il suddetto Antonio che Battista da Merate ha licenza ducale <strong>di</strong><br />

estrarre da terre forestiere certa quantità <strong>di</strong> biade, <strong>di</strong> cui deve condurne lì 109 some da vendere<br />

a uomini della Val Camonica. Fatta detta ven<strong>di</strong>ta, non permetta che vada nel Bergamasco, ma si<br />

faccia portare l’attestazione che detta biada sia stata portata solo in in Val Camonica.<br />

Suprascripto Antonio.<br />

1454 aprile 17, Milano.<br />

Baptista de Morate ha licenza da nuy de condurre dale terre forastere certa quantità <strong>di</strong><br />

biave, delle quale dovrà haverne conducto lì cento nove some, et venduto a certi<br />

homini de Vallecamonica, vuy non gli lo voleti lassare ussire de quella terra. Pertanto<br />

ve <strong>di</strong>cemo che, essendo, como lui <strong>di</strong>ce, che habia venduto ali homini de Vallecamonica,<br />

siamo contenti che vuy gli lo lassati cavare con questo che permetiti non vada in 333v<br />

Pergamasca et che ve faciati portare il retorno como <strong>di</strong>cta biava sia conducta in


Vallecamonica et non in Pergamasca. Data Me<strong>di</strong>olani <strong>di</strong>e xvii aprilis 1454. Dupplicata iii<br />

maii.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

1247<br />

Francesco Sforza informa Giovanna de Cipellis, vedova <strong>di</strong> Alessandro <strong>di</strong> San Nazzaro, a lui<br />

molto affezionato per le sue doti, dopo aver pensato, dopo aver ben ponderato, <strong>di</strong> accasarla con<br />

Achille Acorso, conestabile ducale, persona rispettabile e a lui molto cara. Di ciò ne ha parlato<br />

con Zanone da Crema e con altri suoi cugini che si sono detti contenti, così, come sperano sia<br />

lei alla pari <strong>di</strong> quello che, se acconsentisse, sarebbe lui, duca, sia per la stima che ha <strong>di</strong> Achile<br />

come per il rispetto che porta <strong>di</strong> Alessandro.<br />

(1454 aprile 17, Milano).<br />

Domine Iohanne de Cipellis, consorti olim Alexandri de Sancto Nazario.<br />

Essendo seguito il caso dela morte de Alexandro de Sancto Nazario, vostro consorte,<br />

de che havemo recevuto tanto despiacere et molestia quanto vuy stessa, perché per la<br />

fede sua verso nuy et lo stato nostro, et per la virtute lo amavamo et havevamo<br />

carissimo, havemo fra nuy deliberato prende(re) il carico, parendone così sia debito<br />

nostro, perché Dio l’ha chiamato ad sì, de locharve ad qualche persona da bene et<br />

quale ad nuy sia grata et accepta, ad ciò che anche vuy non perdati la etate vostra. Et<br />

essendo nuy stati al quanto in questo pensamento, ne é venuto in mente el strenuo<br />

Achille Acorso, nostro conestabile, persona virtuosa et de bona reputazione et ad nuy<br />

per la singulare soa fede et devotione et soy optimi portamenti, carissimo; et havemo<br />

havuto da nuy Zanone da Crema et li altri vostri coxini sonno qui con li quali havemo<br />

<strong>di</strong>cto de questo parentato; li quali omnino non ne hanno data altra risposta, como nuy<br />

credevamo, et como siamo certi fareti vuy, cioé che de bona voglia sonno contenti e<br />

apparechiati ad fare quello ne sia in piacere. Pertanto ve stringemo et confortiamo<br />

vogliate essere contenta, de bono 334r animo et de bon core acceptare <strong>di</strong>cto Achile per<br />

vostro legitimo sposo et marito, certificandove che ultra vuy et li parenti, amisi vostri,<br />

per le virtude et bona con<strong>di</strong>tione d’esso Achile ogni dì ve ne trovareti più contenti, como<br />

se vederà per effecto. Nuy lo haveremo ad singulare complacentia et restaremone<br />

contentissimi, così per lo amore et affectìone che portiamo ad Achile, como quello che<br />

portiamo a vuy, per rispecto de Alexandro, né poresti havere altra persona quale più<br />

satisfacesse ad nuy d’esso Achile, quale ha nel dominio nostro ciò che ha al mondo et<br />

delibera vivere et morire presso nuy. Data ut supra<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

1248<br />

Francesco Sforza ricorda ad Andrea Dandolo, provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema, che fin da quando gli fece<br />

consegnare la tenuta <strong>di</strong> Crema, il piacentino don Giovanni Maria degli Angussoli era in posseso<br />

del priorato della chiesa <strong>di</strong> San Pietro da Madegnano <strong>di</strong> Crema, anche se, per essere nel<br />

Piacentino non si portò mai a Crema. Siccome uno dei capitoli <strong>di</strong> pace recita che i beneficiati<br />

perseverano a godere dei loro benefici, gli chiede <strong>di</strong> consentire che don Giovanni Maria possa<br />

venire a Crema.<br />

La missiva viene replicata al provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema il 13 <strong>di</strong>cembre 1454.<br />

In simile forma fu scritto a Paolo Barbo.<br />

Domino Andree Dandulo, provisori Creme.<br />

1454 aprile 17, Milano).<br />

Fin al tempo che nui fecimo consignare la tenuta <strong>di</strong> Crema ala vostra illustrissima<br />

signoria, don Zohannemaria delli Angussoli, nostro citta<strong>di</strong>no de Piacenza, me<strong>di</strong>ante<br />

bulle et privilegii suoy, era ala possessione del priorato dela chiesa <strong>di</strong> San Pedro da<br />

Madegnano de Crema, ma perché allhora se retrovava in Piasentina non venne may<br />

più a Crema. Et perché in li capituli <strong>di</strong> pace concluse tra la vostra illustrissima signoria<br />

et nuy, como dovete sapere, gli n’é uno che le sub<strong>di</strong>ti del’una parte et del’altra, così


ecelesiastici, como i seculari, possono goldere pacificamente li beneficii et boni suoi,<br />

però per observatione delli descritti capituli, vi confortiamo et preghamo vogliati<br />

or<strong>di</strong>nare che esso don Zohannemaria possa liberamente venire a Crema et goldere il<br />

suo benefitio pacificamente, la qual cosa, ultra che la sarà iusta et rasonevole, nuy<br />

l’haveremo gratissima. Data ut supra.<br />

In simili forma scriptum fuit domino Paulo Barbo.<br />

Irius.<br />

In simili forma scriptum fuit domino Paulo Barbo<br />

Cichus.<br />

Replicata provisori Creme sub <strong>di</strong>e xiii decembris 1454.<br />

1249<br />

Francesco Sforza informa Stefano Groppello <strong>di</strong> avere, per assecondare Pietro da Pusterla,<br />

concesso la grazia e assolto da ogni sindacato mosso contro Emanuele Trotto, vicario <strong>di</strong><br />

Giovanni Filippo, già podestà <strong>di</strong> Piacenza, e <strong>di</strong> avere <strong>di</strong> ciò data comunicazione al Consiglio<br />

segreto. Vuole quin<strong>di</strong> che si annulli ogni processo e sindacato intentato da Stefano e dai suoi<br />

contro il predetto Emanuele in modo che non abbia noie <strong>di</strong> sorta per detto motivo.<br />

334v Domino Stefano Groppello doctori.<br />

1454 aprile 17, Milano.<br />

Ad contemplatione del spectabile Petro da Pusterla, nostro aulico, havemo facto gratia<br />

et absolutione al’egregio doctore domino Emanuel Trotto, olim vicario del spectabile<br />

cavalero domino Iohanne Filippo, già potestà della cità de Piasenza, d’ogni sin<strong>di</strong>cato<br />

per vuy contra luy facto, como etiam havemo scripto al nostro Consiglio secreto.<br />

Pertanto ve <strong>di</strong>cemo et coman<strong>di</strong>amo che non debiate procedere più contra <strong>di</strong>cto domino<br />

Emanuel, imo debiati anullare et irritare ogne processo et sin<strong>di</strong>cato per vuy et li<br />

compagni vostri facto contra luy sì et in tal modo che may per alcuno tempo avenire<br />

possa fir inquietato né molestato per <strong>di</strong>cta casone. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xvii aprilis 1454.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

1250<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente, al podestà, al referendario e ai presidenti agli affari <strong>di</strong><br />

Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> assecondare la richiesta fatta dal lo<strong>di</strong>giano Tomaso da Lemene, cre<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> quella<br />

comunità, <strong>di</strong> essere pagato o <strong>di</strong> essere compensato con i carichi occorrenti.<br />

1454 aprile <strong>16</strong>, Milano.<br />

Locumtenenti et potestati, referendario et presidentibus negociis comunitatis Laude.<br />

Thomaso da Lemene, nostro citta<strong>di</strong>no de quella cità, <strong>di</strong>ce essere cre<strong>di</strong>tore de quella<br />

comunità de alcuni <strong>di</strong>nari, quali non pò conseguire et rechiede o ch’el sia satisfacto, o<br />

che gli siano compensati in le graveze che occoreno a quella comunità. Et perché la<br />

rechiesta soa ne pare honesta, ve comettemo et volimo debiate provedere ch’el <strong>di</strong>cto<br />

Thomaso overo sia satisfacto de quello debbe havere, overo gli sia compensato il<br />

cre<strong>di</strong>to suo 335r in li carichi occurenti, overo che accaderanno ala prefata comunità,<br />

como é iusto et rasonevele; et aciò inten<strong>di</strong>ati le petitione sue, ve le man<strong>di</strong>amo qui<br />

incluse. Data Me<strong>di</strong>olani <strong>di</strong>e xvi aprilis 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1251<br />

Francesco Sforza sollecita donna Luchina dal Verme a intervenire perché Giliano Ghilino abbia<br />

dall’uomo d’arme Fante da Pede, che sta sulle sue terre, il paio <strong>di</strong> buoi, che, con un tale<br />

Gubelino, compagno del conte Giovanni Angussola, gli tolse nei pressi <strong>di</strong> Castelciriolo.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

1454 aprile 17, Milano.


Fa grande lamenta apresso nuy Giliano Ghilino che uno, quale se domanda Fante da<br />

Pede et é homo d’arme, habitante nele vostre terre, già più dì passati asieme con un<br />

altro giamato el Gubelino, compagno del conte Iohanne Angussola, gli tolsero dua para<br />

de bovi appresso ad Castelciriolo, et may non ge l’ha voluto restituire, domandandone<br />

proinde che gli faciamo fare ragione e restituire la roba sua. Per la qual cosa,<br />

rendendoci certissimi che simili excessi et robarie non mancho raccresceno a vuy che a<br />

noy, ve confortiamo et caricamo quanto più possemo che vogliati far costringere <strong>di</strong>cto<br />

homo d'arme, giamato Fante de Pede, ala restitutione de <strong>di</strong>cti bovi, aut assignare tanti<br />

delli suoi beni quanto valino, o valevano, <strong>di</strong>cti bovi a prefato Giliano per suo restauro e<br />

satisfactione; et in questo, ultra che la ragione el volia et rechieda, a nuy fareti piacere<br />

assay et haveremolo grato. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xvii aprilis 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1252<br />

Francesco Sforza sollecita Giacomino Palmano a mandargli i 1300 ducati prima <strong>di</strong> pasqua dei<br />

quali non può assolutamente farne a meno.<br />

335v Dominio Iacobo Palmano.<br />

1454 aprile 18, Milano.<br />

Perché siamo astretti in gran<strong>di</strong>ssimo bisogno, non vogliamo <strong>di</strong>re forse che fossemo<br />

gran tempo passato; et trovandosi cossì vicini alla festa <strong>di</strong> Pascha, in modo che non<br />

possiamo trovare subvencione al <strong>di</strong>cto nostro bisogno, vi confortiamo, stringemo et<br />

carichamo che ne vogliate subito mandare quelli (a) 1300 ducati che voi sapete,<br />

mandandoli omnino de qua dalla festa, certificandove ch’el bisogno e necessità nostra<br />

é tale che non possiamo farne con mancho; siché presto presto neli vogliate mandare.<br />

Me<strong>di</strong>olani, xviii aprilis 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue 1030 depennato.<br />

1253<br />

Francesco Sforza risponde al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> e soffermandosi sulla richiesta <strong>di</strong> ricupero<br />

fatta dai dazieri per il <strong>di</strong>vieto delle biade, gli fa presente <strong>di</strong> avere investito della faccenda i<br />

Maestri delle entrate alla cui risoluzione vuole che lui si attenga così come farà lui, duca. Quanto<br />

poi alla volontà dei soldati da Crema <strong>di</strong> alloggiare a Castelletto, a Robino e a Rovereto, gli<br />

or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> informarsi da vecchi valent’uomini pratichi del paese per sapere se dette terre fan parte<br />

del Lo<strong>di</strong>giano o del Cremasco e <strong>di</strong> riferirgli quanto verrà a sapere perché, se facessero parte del<br />

Cremasco, nulla impe<strong>di</strong>rebbe <strong>di</strong> assecondare i soldati, mentre se appartenessero al Lo<strong>di</strong>giano,<br />

gli <strong>di</strong>rà quel che deve fare e scriverà quel che occorre al provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema, mentre, nel<br />

frattempo, lui, luogotenente, avrà cura che non esca dal territorio ducale neppure un granello e,<br />

necessitando <strong>di</strong> fornire gli uomini sforzeschi <strong>di</strong> là dall’Adda, procuri che si man<strong>di</strong> loro solo quel<br />

tanto <strong>di</strong> cui abbisognano.<br />

Il giorno dopo si é scritto da Marco Trotto a Stefano Folperto <strong>di</strong> portarsi all’indomani dal duca.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1454 aprile 17, Milano.<br />

Havemo ricevuto doe vostre lettere ale quale, respondendo, et primo, alla parte deli<br />

datieri del travesso, quali stanno in domandare ristauro per la inibitione facta dele<br />

biave, <strong>di</strong>cimo che de ciò havimo facto parlare cum li Magistri delle nostre intrate, como<br />

a quelli che debono sapere quanto rende ragione; et cussì loro ve scrivono el parer suo<br />

per le alligate, et nuy etiam<strong>di</strong>o confermemo el <strong>di</strong>cto suo el quale servarite. Alla parte de<br />

quelli soldati da Crema quali mostrano voler venire al alozare a Castellecto, a Robiano<br />

et Rovereto, <strong>di</strong>cimo cossì che subito ve debiate informare da qualchi valenthomini,<br />

antiqui et pratichi del paese, se le <strong>di</strong>cte terre sonno del Lodesano o del Cremasco; et<br />

de quanto vuy trovarite, datice aviso che deinde ve mandarimo quanto haveriti a fare et


seguire. Nam, quando <strong>di</strong>cte terre fossero del Cremascho, non gli voressemo impe<strong>di</strong>re il<br />

facto loro, ma quando se trovassero essere Lodesane, scriveressemo al prove<strong>di</strong>tore de<br />

Crema segondo il bisogno. Isto autem interim habiati bona advertentia, che non ne va<strong>di</strong><br />

fora dela cità uno nemmeno granello per essere conducto fora del 336r territorio nostro.<br />

Et se pur dellà da Adda ne bisognasse uno pocho per lo vivere delli homini nostri,<br />

habiati mente che non gli ne va<strong>di</strong> se non per lo loro bisogno tanto. Data Me<strong>di</strong>olani, xvii<br />

aprilis 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

Die xviii aprilis.<br />

Scriptum fuit per Marcum Trottum domino Stefano Folperto quod veniant <strong>di</strong>e crastina ad<br />

dominium.<br />

Cichus.<br />

1254<br />

Francesco Sforza comanda al luogotenente, al podestà e ai presidenti agli affari <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> far<br />

avere a Gaspare da Sessa i denari che gli sono stati assegnati lì.<br />

1454 aprile 18, Milano.<br />

Locumtenenti et potestati et presidentibus negociis comunitatis Laude.<br />

É venuto qua da nuy Gasparro da Sessa, quale s’é doluto et gravato con nuy che non<br />

pò havere li denari quali li sonno stati assignati lì, <strong>di</strong>cendo che pare a luy non gli sia<br />

posto veruno or<strong>di</strong>ne perché possa havere <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari; per il che ne sta molto de mala<br />

voglia; dela qual cosa ne maravigliamo assay. Pertanto, considerato che questo torna<br />

in graveza et danno a (a) nuy, ve <strong>di</strong>cemo et così ve cometiamo et volemo che debiati<br />

provedere che <strong>di</strong>cto Gasparro subito habia li suoy <strong>di</strong>nari, facendo circa ciò in modo che<br />

non habiamo ad reprecarve più. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xviii aprilis 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

(a) In A da con d depennata.<br />

1255<br />

Francesco Sforza informa l’oratore veneto Paolo Barbo che il Colleoni gli ha mandato a <strong>di</strong>re dal<br />

suo famiglio Ferazino che lui é passato al servizio <strong>di</strong> Venezia, la quale trattiene per sé le terre<br />

che lui teneva. Siccome, però, dette terre sono state da lui affidate a Tiberto, vuole che Barbo gli<br />

confermi se le cose stanno così come <strong>di</strong>ce il Colleoni, perché allora rimuoverebbe da là Tiberto<br />

e gli altri. Gli faccia avere una risposta tramite il cavallaro ducale.<br />

Nel suddetto giorno è stata mandata una copia della soprascritta lettera a Giovanni de Ulexis<br />

perché ne solleciti una risposta.<br />

336v Domino Paulo Barbo, oratori Veneto.<br />

1454 aprile 19, Milano.<br />

Questa sera n'ha mandato a <strong>di</strong>re Bartholomeo Coglione per Ferazino, suo fameglio,<br />

como é conducto ali servicii dela illustrissima signoria de Venetia, la qual cosa ad nuy<br />

piace quando sia in benefitio d’essa illustre signoria; ne manda ancora a <strong>di</strong>re (a) <strong>di</strong>cto<br />

Bartholomeo como la prefata signoria se tene per ricevute le terre quale luy tene. Et<br />

perché da vuy non havemo de ciò advisamento alcuno, et tegnando nuy impazati dellà<br />

domino Tiberto et quelle altre terre per cagione de <strong>di</strong>cte terre de Bartholomeo, perché<br />

non vogliando consignarle possiamo provedere ad quanto siamo obligati, ve pregamo<br />

ne avisati se cosi é che ve chiamati contento havere recevuto <strong>di</strong>cte terre, perché<br />

provederemo ad removere domino Thiberto et altri et revocarli de qua. Per questo<br />

nostro cavallaro aspectiamo adunque la vostra resposta, perché inten<strong>di</strong>amo quanto<br />

habiamo ad fare. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xviiii aprilis 1454.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue como depennato.<br />

Die supscripto.


Missa est copia supscripte littere domino Iohanni de Ulexis ; et scriptum est ei quod<br />

solicitet habere presto responsionem.<br />

Cichus.<br />

1256<br />

Francesco Sforza ringrazia Gabriele e Antonio, marchesi Malvicini, per aver pagato le duecento<br />

lire richieste loro.<br />

Gabrieli et Antonio, marchionibus Malvicinis.<br />

s.d.<br />

Havemo inteso la vostra lettera per la quale ne scriveti vuy havere pagati ducento livre<br />

imperiali per li <strong>di</strong>nari ve sonno stati rechiesti da nostra parte, quali <strong>di</strong>cete volerne<br />

donare, et cetera. Respondendo, <strong>di</strong>cemo che li havemo per accepti et ve ne<br />

rengratiamo, avisandove che questa vostra bona voluntà verso nuy non é cosa nova (a)<br />

(a) Così, mancando la carta successiva, si interrompe la missiva.<br />

1257<br />

Francesco Sforza informa il provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema che quin<strong>di</strong>ci giorni fa Ugolino del Torchio <strong>di</strong><br />

Castel<strong>di</strong>done insieme con Giovanni de Cocono, pur lui della stessa località cremonese, furono<br />

presi e condotti a Crema e si impose loro una taglia. Ora Ugolino, <strong>di</strong> ritorno da casa per avere i<br />

sol<strong>di</strong> della taglia sua e <strong>di</strong> Giovanni é ritornato lì. Nel frattempo é sopravvenuta la pace in vigore<br />

della quale tutti i prigionieri vanno rilasciati, così come lui, duca, ha fatto e farà. Chiede che<br />

altrettanto si faccia con entrambi i suddetti e siano liberati senza alcun pagamento.<br />

338r Andrea Dandolo, provisori Creme.<br />

1454 aprile 20, Milano.<br />

Vene li da voy Ugolino del Torchio delli homini nostri da Castello Didone de<br />

Cremonexe, presente exhibitore, quale come da lui intendereti, venendo, già sonno<br />

quin<strong>di</strong>ci dì, insieme con uno Iohanni de Cochono, pure da Castel<strong>di</strong>done, forono presi et<br />

conducti ad Crema et fattogli fare la tagl(i)a; venne ad casa il <strong>di</strong>cto Ugolino per portare li<br />

denari della tagl(i)a sua del <strong>di</strong>cto Iohanni, il quale remase obligato per sé et per el <strong>di</strong>cto<br />

Ugolino. Da poi, me<strong>di</strong>ante la <strong>di</strong>vina gratia, é seguita la conclusione della pace, per<br />

vigore della quale se debbono liberare tutti li presoni dell’una parte e dell'altra; et cussi<br />

nuy ne havemo facto liberare et farimo relaxare tucti quelli delli quali serimo advisati.<br />

Pertanto ve confortamo, per observatione delle promesse, vogliate fare licenziare il<br />

<strong>di</strong>cto Iohanni et liberare l'una et l’altro et senza alcuno pagamento de tagl(i)a, como nuy<br />

havimo facto et farimo liberare li vostri. Me<strong>di</strong>olani, xx aprilis 1454.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

1258<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce a donna Luchina dal Verme <strong>di</strong> aver avuto le sue lettere sul fatto <strong>di</strong><br />

Poviglio, <strong>di</strong> cui si <strong>di</strong>ce <strong>di</strong>spostissimo alla restituzione per cui ha mandato un suo messo dai<br />

gentiluomini <strong>di</strong> Coreza. Nel caso che essi si opponessero alla restituzione, interverrà “con altro<br />

cha cum parole”.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

1454 aprile 20, Milano.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere circ’al facto de Puviglio, ale quale rispondendo, ve<br />

<strong>di</strong>cemo che sempre may havemo havuto quella cura delle cose vostre e del conte Petro<br />

che dele nostre proprie, et così de presente non aspectate le vostre lettere; ce siamo<br />

recordati del facto de Puviglio con animo <strong>di</strong>spositissimo ch’el ve sia restituito, et<br />

havemo novamente mandato nostro messo proprio ali zentilhomini de Coreza che ce<br />

vogliono dare quello et anche le altre cose che ce hanno tolte; e quando ce le vogliano<br />

restituire starà bene, et farano suo debito; casu quo non, gli ne faremo venire voglia


con altro cha cum parole, deliberando omnino ch’el ve prevengha nele mane. Et<br />

quando ne parirà il tempo ve daremo aviso che mandati (a) a torre la possesione et<br />

tenuta; siché stative de bona voglia. Data Me<strong>di</strong>olani, xx aprilis 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue p abraso.<br />

1259<br />

Francesco Sforza scrive ai rettori <strong>di</strong> Bergamo che, a causa del gran tempo trascorso<br />

inattivamente per un possibile ricupero (settembre-ottobre scorso, quando lui ebbe Rivolta), gli<br />

pare <strong>di</strong>fficile poter realizzare qualcosa per risarcire Barbero da Venezia e i suoi della roba tolta<br />

loro, perché i compagni <strong>di</strong> Cristoforo da Cremona, autori dei furti, si son tutti squagliati chi qua e<br />

chi là. Tuttavia li assicura che farà quel che potrà perché Barbero ottenga la restituzione <strong>di</strong><br />

quanto sottrattogli.<br />

338v Rectoribus (a) Pergami.<br />

1454 aprile 22, Milano.<br />

Magnifici amici nostri carissimi, havemo recevuto la vostra lettera sopra il fatto della<br />

roba tolta al Barbero da Venesia et li suoy fino questo septembrie over octobre proximo<br />

passato quando nuy havessemo la terra de Rivolta; ala quale rispondendo, <strong>di</strong>cemo che<br />

a nuy seria sempre summa gratia de fare tute quelle cose che fossero grate ale<br />

magnificentie vostre, maxime in le cose che hanno in sé honesta, como é questa, ma,<br />

essendo questa cosa tanto invecchiata, como é, senza may esserne facta mentione<br />

alcuna, ne pare seria quodammodo impossibile se ne potesse cavere alcuno costructo,<br />

perché li compagni de Cristoforo de Cremona che foreno ad torre questa robba, sonno<br />

poy transmutati et fugiti chi in qua e chi in la, como fanno li pari suoy in modo dove ne é<br />

uno non vi n’é più. Non<strong>di</strong>meno ogni bene et aconzo che nuy poteremo fare al <strong>di</strong>cto<br />

Barbero circa la restituzione dela <strong>di</strong>cta roba, lo faremo <strong>di</strong> bona voglia, et se veruna altra<br />

cosa ve possiamo fare che ve sia de piacere, sempre seremo apparecchiati ad farla.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, xxii aprilis 1454.<br />

Iohannes Giapanus.<br />

(a) Segue nostris depennato.<br />

1260<br />

Francesco Sforza scrive al rettore degli scolari e ai magnifici de Castiliono del collegio pavese <strong>di</strong><br />

Sant’Agostino che non scorda <strong>di</strong> aver loro scritto per Angelo de Scala, canonico anconitano e<br />

suo cappellano, perché lo ammettessero in quel collegio, il che, forse per degni motivi, allora<br />

non avvenne. Tenuto conto <strong>di</strong> quelli in cui potere é <strong>di</strong> ivi sistemare gli scolari, come si <strong>di</strong>ce nella<br />

lettera del reverendo Costante, li esorta, ancora a compiacerlo e volere ammettere in quel<br />

collegio Angelo, essendo egli seriamente determinato a proseguire il suo stu<strong>di</strong>o.<br />

1454 aprile 22, Milano.<br />

339r Venerabili ac circumspectis viris domino rectori de scolaribus Colegii Sancti<br />

Augustini Papiensis illorum de Castiliono carissimis nostris.<br />

Non sumus immemores alias vobis scripsisse in rem domini Angeli de Scala, canonici<br />

Anchonitani, et capellani nostri <strong>di</strong>lecti, ut videlicet eum admittere velletis in collegio illo;<br />

verum quia tunc non successit, <strong>di</strong>gnis fortasse respectibus, et cupientes sibi bene esse<br />

cum virtuose se moveat ad stu<strong>di</strong>um suum prosequendum et hec via voto suo aptissima<br />

sit. Considerato etiam quod ii, quibus data est potestas similes scolares nominan<strong>di</strong> et in<br />

ipso collegio collocan<strong>di</strong>, sicuti per litteras reveren<strong>di</strong> domini Constantis videre potuistis,<br />

hortamur vos et oneramus quantum possumus ut pro nostra singulari complacentia,<br />

eundem dominum Angelum admittere vellitis, nec pro re ista ulteriores litteras<br />

expectetis; offeren<strong>di</strong>s nos pro honore et commodo Collegii ipsius ad multo maiora<br />

paratos. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxii aprilis 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


1261<br />

Francesco Sforza vuole che il suo affine Marco de Attendolis dei conti <strong>di</strong> Cotignola, commissario<br />

<strong>di</strong> Borgonuovo, gli faccia sapere quali sono state le entrate <strong>di</strong> Borgonuovo, le spese fatte e gli<br />

avanzi avuti in modo che possa approfittarne.<br />

1454 aprile 22, Milano.<br />

Spectabili affini nostro carissimo Marco de Attendolis ex comittibus Cotignole,<br />

commissario nostro Burginovi.<br />

Volimo che subito ne advisi per toa lettera, mandandone in iscripto dìstinctamente ogne<br />

cosa, como stanno l’intrate de quella terra de Burgonovo de questo anno presente, et<br />

quelle fossero consumate et spese, et quelle avanzassero, ita che sapiamo quello<br />

sonno spese et quelle avanzano de questo anno, delle quale se possiamo a<strong>di</strong>utare.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxii aprilis 1454<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

1262<br />

Francesco Sforza comanda a Leone da Camereno, podestà <strong>di</strong> Vigevano, che se é vero che<br />

Isabellina da Gambolò, in sua presenza, prima che fosse giustiziata, ha <strong>di</strong>scolpato l’ebreo Mosé<br />

<strong>di</strong> Galli, vuole che, per ciò, gli venga annullata ogni condanna e possa ritornare liberamente lì.<br />

Se le cose stessero <strong>di</strong>versamento, lo avvisi.<br />

1454 aprile 22, Milano.<br />

339v Domino Leoni de Camereno, potestati nostro Viglevani.<br />

Tu vederay per la inclusa supplicatione ad nuy porta per Moyses <strong>di</strong> Galli, hebreo,<br />

hactenus habitatore de quella nostra terra de Vigievano, quale se grava <strong>di</strong>cendo che ad<br />

sugestione de alcuni emuli et inimici suoi alli dì passati, essendo una Isabellina da<br />

Gambolò in presone et già condemnata ad morte, fo acusato et incolpato per essa<br />

Isabellina che haviva havuto ad fare con sì contra ogne ragione, como <strong>di</strong>ce poi in toa<br />

presentia <strong>di</strong>cta Isabellina, haverlo descolpato. Pertanto, parendo nuy essendo <strong>di</strong>cto<br />

Moyses stato descolpato per essa Isabellina anze fosse iustitiata, habia purgato la<br />

imputazione gli era facta, te commettemo et <strong>di</strong>cemo per questa che, essendo così, cioé<br />

che <strong>di</strong>cta Isabellina in toa presentia lo descolpasse, havuta questa, fazi cassare et<br />

anullare ogni bando, pena et condemnatione fosse facta al <strong>di</strong>cto Moyses per questa<br />

ragione, ita che possa liberamente retornare ad habitare lì como prima; et se fosse<br />

altramente, volimo ne debbi de ciò avisare. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxii aprilis 1454.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

1263<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà <strong>di</strong> San Nazzaro <strong>di</strong> cacciar via la gente d’arme cui egli ha<br />

imposto, a nome del duca, <strong>di</strong> portarsi ai loro alloggiamenti, avendone in risposta che non si<br />

muovevano <strong>di</strong> lì e hanno fatte minacce a lui e a suo figlio.<br />

1454 aprile 23, Milano.<br />

340r Potestati nostro Sancti Nazari Lomelline.<br />

Rispondendo brevemente ale toe lettere per le quale tu ne scrivi che quelle gente<br />

d'arme <strong>di</strong>cono non havere a fare con ti, et che non se voleno levare et andare ali suoy<br />

logiamenti. segondo che tu gli hay comandato per nostra parte, anci hanno menaciato a<br />

te et a tuo fiolo, <strong>di</strong>cemo che subito tu gli debii cazare via, non gli volendo loro andare<br />

con bone parole, <strong>di</strong>cendoli et comandandoli che vadano ali suoy logiamenti deputati; et<br />

questo fa omni prorsus exceptione remota. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxiii aprilis 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1264


Francesco Sforza vuole che Gracino da Pescarolo non <strong>di</strong>a più molestie agli uomini <strong>di</strong> Tromello<br />

per il frumento.<br />

Domino Gracino de Piscarolo.<br />

1454 aprile 24, Milano.<br />

L’homini de Tromello n’hanno supplicato non gli lassamo più molestare per quello<br />

frumento per lo quale gli molestati; volendo compiacere ala loro richiesta, siamo<br />

contenti et ve comettemo che per <strong>di</strong>cta casone non gli dagati né faciati più dare<br />

molestia alcuna. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxiiii aprilis 1454.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

1265<br />

Francesco Sforza informa il luogotenente <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> avere il giorno prima personalmente<br />

rimproverato Melchione da Rimini per le lamentele che <strong>di</strong> lui gli aveva fatto Morello <strong>di</strong> Pavia per<br />

molestie ai suoi uomini residenti a Genova con furti <strong>di</strong> bestiame e per “novitate” perpetrate<br />

contro i bergamini, per riven<strong>di</strong>care suoi <strong>di</strong>ritti. Il duca intima al luogotenente <strong>di</strong> provvedere che<br />

sia revocata ogni “novitate” contro Morello e che si facciano ritornare i bergamini allontanatisi da<br />

Genova a causa <strong>di</strong> Malchione, che se avesse qualcosa da riven<strong>di</strong>care, gli si <strong>di</strong>ca <strong>di</strong> portarsi dal<br />

duca per attestare i suoi <strong>di</strong>ritti.<br />

Locumtenenti nostro Placentie.<br />

1454 aprile 24, Milano.<br />

Fin l’altro dì, trovandose qua da nuy domino Melchione de Arimini, gli <strong>di</strong>cessemo d’una<br />

lamenta, la quale n’haveva facta de sì domino Morello da Pavia per casone d'alcune<br />

molestie facte contra li suoi habitanti nel suo loco de Zenua; et lo admonessemo che<br />

cessasse de fargli novitate; et pare, secundo havemo inteso per querella d’esso domino<br />

Morello, che esso domino Melchione gli ha facto robbare alcune bestie et scomiato<br />

alcuni bergamini, et etiam<strong>di</strong>o factogli fare altre novitate; dela qual cosa ne<br />

maravigliamo, perché ne pare che de si stesso non dovesse pigliare or<strong>di</strong>ne de fare<br />

simile novitate, dato che pretendendose poderlo fare de rasone. Et perché de ciò ne<br />

prendemo molestia, coman<strong>di</strong>amoti che statim prove<strong>di</strong> che sia liberamente revocata<br />

ogne novitate facta contra esso domino Morello, facendo retornare, se alcuni bergamini<br />

o altri homini fossero partiti, dal <strong>di</strong>cto loco de Zenua per casone d’esso 340v domino<br />

Melchione. Et se esso se gravasse de cosa alcuna, comiteragli che vegni qua da nuy<br />

con le raxone soe, perché gli faremo aministrare iusticia. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxiiii aprilis<br />

1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1266<br />

Francesco Sforza comanda al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> intervenire contro i famigli ducali che<br />

alloggiano sui posse<strong>di</strong>menti dei citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> là dall’Adda e impiantano tende e pa<strong>di</strong>glioni sui loro<br />

prati. Lo stesso <strong>di</strong>ce dei Sanseverinaschi che stanno a Pan<strong>di</strong>no e prendono posti per alloggiarvi.<br />

La smettano <strong>di</strong> recar danno a detti citta<strong>di</strong>ni che già hanno sopportato molti malanni,<br />

provvedendo, nel caso fossero pertinaci in tali abusi, con ogni rigore e anche con la prigione.<br />

Quanto ai Sanseverinaschi farà in modo che non vadano là e, se vi andassero, li cacci via nel<br />

caso che danneggiassero i citta<strong>di</strong>ni, ma se stessero sull’incolto non <strong>di</strong>a loro noie.<br />

Lo loda per la <strong>di</strong>sposizione data perché le biade “non vadano in sinistro” e curi che non passino<br />

oltre Adda delle biade, tranne quelle autorizzate con lettere con sottoscrizione autografa ducale<br />

e le poche concesse a Giacomo del Bolognino. Circa coloro che intendono vigilare ai passi per<br />

evitare fro<strong>di</strong> e che pretendono <strong>di</strong> appropriarsi <strong>di</strong> quanto scoperto, abbiano solo quello che<br />

consentono gli or<strong>di</strong>ni ducali. In merito alla gente che era nel Bresciano ed é andata ad alloggiare<br />

in quell’episcopato non c’é da far altro se non che sloggi <strong>di</strong> lì, perché vi andrà altra gente.<br />

Spectabili locumtenenti Laude.<br />

1454 aprile 24, Milano.


Havemo ricevuto doe vostre lettere ale quale respondemo, et primo, ala parte de quelli<br />

cita<strong>di</strong>ni hanno a fare dellà da Adda, quali se lamentano delli nostri famegli che gli vanno<br />

ad allogiare alle loro ville et possessione et se gli logiano con tendre et paviglione, sule<br />

loro prate et che quelle gente Sanseverinesche, quale stano ad Pan<strong>di</strong>no, similmente<br />

hanno mandato a prendere le stantie per venire ad logiarli, ve <strong>di</strong>cemo così che statim<br />

debiati admonire tutti li nostri famigli et altre gente stiano in quella nostra cità che<br />

ommino se abstengano de damnezare li nostri cita<strong>di</strong>ni, et de andarli ad alogiare sopra<br />

le loro prate, o possessione, perché intendemo che li nostri cita<strong>di</strong>ni et sub<strong>di</strong>ti, quali<br />

hanno supportato per lo passato più gravezze et damni che non voressemo, vivano in<br />

pace et non siano damnezati né maltractati; e quando haveriti admoniti li <strong>di</strong>cti nostri<br />

famigli e gente che se abstengano dalli damni, et non se abstengano, volimo che gli<br />

procedati contra con ogne regorosità et gli fati pigliare et impresonare senza remissione<br />

alcuna; et in questo usate ogni <strong>di</strong>ligentia. Quanto ala parte <strong>di</strong> Sanseverineschi, nuy<br />

provederemo che non gli venerano; et quando gli venesseno 341r fatteli cazare via et<br />

pigliare, como gli havemo sopra<strong>di</strong>cto, intendendo quando facessero damno ali cita<strong>di</strong>ni;<br />

ma mettendose in lochi non semenati et non faciano damno ale biave, siamo contenti li<br />

lassati stare, como gli havemo concesso.<br />

Ala parte del’or<strong>di</strong>ne che haveti posto perché le biave non vadano in sinistro, haveti<br />

facto bene et ve ne comen<strong>di</strong>amo, avisandove che nostra intentione non é, né volimo<br />

che lassati passare Adda alcune biave, de qual con<strong>di</strong>ctione se voglia, salvo quelle<br />

serano licentiate per nostre nove lettere sottoscripte de nostra propria mano; et excepte<br />

quelle poche delle quale havemo conceduta licentia a Iacomo del Bolognino et alcune<br />

altre non, et a questo habiate bona cura. Et quanto ala parte de quelli se offeriscono<br />

guardare li passi per le froxe dele (a) biave et altre cose, guadagnando loro le<br />

inventione, <strong>di</strong>cimo che li debiati promettere et attendere et dare de ogne inventione<br />

farano tuto quello gli prometteno et danno li or<strong>di</strong>ni et decreti facti et observati per lo<br />

passato. Sopra ciò che vuy non habiate facto ban<strong>di</strong>re tal deveto de biave, <strong>di</strong>cemo haviti<br />

facto bene per monstrare, et cetera. Ala parte de quella gente erano in Brexana, che<br />

sonno andate in quello episcopato ad allogiare in quelli lochi che paghino taxa al’altra<br />

nostra gente, <strong>di</strong>cemo ch’el non bisogni fare altro, perché non gli hanno ad stare, et<br />

subito se leverano secundo l’or<strong>di</strong>ne nostro, et non s’é possuto fare altramente, havendo<br />

facto venire de qua quella gente de Brexana. Data Me<strong>di</strong>olani xxiiii aprilis 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) le <strong>di</strong> dele in interlinea.<br />

1267<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al conte Bolognino, castellano <strong>di</strong> Pavia, <strong>di</strong> rimettere in libertà Gabriele<br />

da Brena con l’obbligo <strong>di</strong> soggiorno in Pavia, da cui non potrà a sua <strong>di</strong>screzione uscire sotto<br />

pena <strong>di</strong> ribellione.<br />

1454 aprile 24, Milano.<br />

341v Comiti Bolognino, castellano castri Papie.<br />

Ad ciò che misser Gabriel de Brena participi del fructo <strong>di</strong> questa pace et prenda<br />

exempio de vivere correctamente et bene, siamo contenti et volimo che subito, vidute le<br />

presente, lo faciati relaxare de quello nostro castello liberamente, dandoli licentia in<br />

nostro nome ch’el possi habitare, stare et praticare per quella nostra cità ad suo<br />

piacere, ma ch’el non esca <strong>di</strong> fora d’essa cità senza nostra speciale licentia socto pena<br />

de rebellione. Me<strong>di</strong>olani, xxiiii aprilis 1454.<br />

Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit.<br />

Iohannes.<br />

1268<br />

Francesco Sforza sollecita i rettori <strong>di</strong> Bergamo a voler far fare una lettera patente che imponga<br />

agli ufficiali bergamaschi <strong>di</strong> procedere con rito sommario contro i debitori del cremonese Taddeo<br />

Picarino che con certi compagni ha venduto frumento a cre<strong>di</strong>to in quella parte del Bergamasco.


Rectoribus Pergami.<br />

1454 aprile 25, Milano.<br />

Thadeo Picarino, nostro cita<strong>di</strong>no Cremonese, (a) con certi suoi compagni hanno facto<br />

condure in quelle parte de Bergamasca certa quantità <strong>di</strong> biava quale hanno data a<br />

credenza. Et perché per la mutazione delli officiali, forse non haveriano quello favore se<br />

rechiede, ve confortiamo ve piaza fargli fare una lettera patente, comandando ad tuti et<br />

singuli officiali de Pergamasca, che alo <strong>di</strong>cto Tadeo et compagni faciano contro li loro<br />

debitori per <strong>di</strong>cto frumento rasone sumaria et expe<strong>di</strong>ta con honesto favore ita che<br />

possano conseguire il dovere suo et presto. Data Me<strong>di</strong>olani, xxv aprilis 1454.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

(a) C <strong>di</strong> Cremonese su Mila abraso.<br />

1269<br />

Francesco Sforza chiede al provve<strong>di</strong>totore <strong>di</strong> Crema <strong>di</strong> voler far rilasciare il famiglio <strong>di</strong> Giorgio da<br />

Gonzaga che, in tempo <strong>di</strong> guerra, era fuggito da Crema per andare da lui.<br />

342r Provisori Creme.<br />

1454 aprile 26, Milano.<br />

El spectabile et strenuo Georgio da Gonzaga ne scrive dolendose che vuy havete facto<br />

destenire lì in iorci uno suo famiglio perché<br />

ello era fugito da Crema et andato da luy. Et perché luy ne certifica <strong>di</strong>cto famiglio<br />

essere fugito fora de Crema prima che fosse conclusa la pace, et in tempo della guerra,<br />

ne pare mancho cha honesto haverlo facto destenire perché, che volessemo fare<br />

destenire ogniuno che é fugito dal'uno canto e dal’altro, sarìa tolto da fare assay; et<br />

però, essendo luy absentato da Crema in tempo de guerra, confortiamone et<br />

preghiamone che per lo dovere lo faciati relaxare liberamente, perché a nuy farete a<br />

piacere. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxvi aprilis 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

1270<br />

Francesco Sforza risponde al lo<strong>di</strong>giano Orio de Ricar<strong>di</strong>s che non capiva il motivo<br />

dell’interessamento del duca per il matrimonio <strong>di</strong> sua figlia al punto da spronare Bartolomeo de<br />

Ricar<strong>di</strong> a convincerlo perché unisse la figlia al famiglio ducale Niccolò da Fabriano. Lui, duca,<br />

non consiglierebbe a nessun citta<strong>di</strong>no cosa che non gli sembrasse onorevole e onesta.<br />

Comunque, Orio faccia pure come gli piace, ma tuttavia sia ben accorto a non sposare sua figlia<br />

senza sua speciale licenza.<br />

Orio de Ricar<strong>di</strong>s, civi nostro Laudensi.<br />

1454 aprile 26, Milano.<br />

A questi dì passati nuy scripsemo a domino Bartholomeo <strong>di</strong> Ricar<strong>di</strong> che per nostra parte<br />

te confortasse ad volere dare toa fiola per legitima sposa ad Nicolò da Fabriano, nostro<br />

famiglio; et tu gli hay facta quella resposta che tu say, per la quale comprehendemo<br />

che tu non inten<strong>di</strong> cum quale effecto se movemo; a questo ne pilii la cosa in quella<br />

bona parte che doveresti, avisandote che se reputaressemo grande mancamento a<br />

confortare et persuadere a te né a veruno altro nostro cita<strong>di</strong>no, cosa che non ne<br />

paresse honorevole et honesta. Ma sia como se voglia, nuy non intendemo gravarte più<br />

de questo, ma bene te <strong>di</strong>cemo, et anche per la presente te coman<strong>di</strong>amo che, per<br />

quanto tu hay cara la grazia nostra, tu non debbi quoquomodo a persona veruna<br />

maritare <strong>di</strong>cta toa fiola senza nostra speciale licentia; et guarda bene ad non contrafare<br />

ad questo nostro comando. Me<strong>di</strong>olani, xxvi aprilis 1454.<br />

Ser Iacobus.


Iohannes.<br />

1271<br />

Francesco Sforza comunica al lo<strong>di</strong>giano Bartolomeo de Ricar<strong>di</strong>s la stupita risposta che ha avuta<br />

da Orio Ricar<strong>di</strong> per la suggestione fatta dal duca a lui, Bartolomeo, perché lo invogliasse a dare<br />

la figlia al famiglio ducale Niccolò da Fabriano. Il duca confessa <strong>di</strong> non essere appetitoso <strong>di</strong> tale<br />

matrimonio, lui é ben lungi dal volere la vergogna dei suoi citta<strong>di</strong>ni e proclama “nuy non<br />

intendemo né volimo sforzar alcuno in questo né in altro”. In virtù, però, della <strong>di</strong>vina grazia per<br />

cui ha il potere sul paese, ha ricordato a Orio che non può maritare la figlia senza licenza del<br />

duca “etiam se nuy stessemo cinquanta anni a dargliela.”<br />

1454 aprile 26, Milano.<br />

342v Spectabili militi doctori domino Bartholomeo de Ricar<strong>di</strong>s, civi Laudensi.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere responsive ale nostre, et anche havemo veduto la<br />

resposta de Orio circha el facto de Nicolò da Fabriano, nostro fameglio; ala qual,<br />

respondendo, credemo perfectamente che vuy habiati facte tute quelle persuasione<br />

haviti saputo et potuto perché la cosa havesse havuto effecto, così per bene del’una<br />

parte et del’altra, quanto per nostra complacentia. Ma bene se siamo maravigliati et<br />

maravegliamo della risposta de <strong>di</strong>cto Orio el quale pocho considera che nuy se<br />

movemo bene e con bono effecto, cognoscendo nuy la sufficienza del <strong>di</strong>cto Nicolò et<br />

quanto é per farse da bene; et anche doveva pur considerare <strong>di</strong>cto Orio che nuy non<br />

siamo tanto appetitosi de dare mogliere ad uno nostro fameglio, quantunche ne fosse<br />

carissimo, che nuy volissemo la vergogna <strong>di</strong> nostri cita<strong>di</strong>ni, quando cognoscessemo gli<br />

fosse per dovere essere in mancamento alcuno, ma, sia como se voglia, nuy non<br />

intendemo né volimo sforzar alcuno in questo né in altro. Et perché sapiati la risposta<br />

quale gli facemo, parendone pure che havendo per <strong>di</strong>vina gratia el dominio de questo<br />

paese, possiamo usare della auctorità del comandare ali nostri cita<strong>di</strong>ni et sub<strong>di</strong>ti, gli<br />

scrivemo et coman<strong>di</strong>amo per nostre lettere ch’el non debbia maritare la figliola soa<br />

quoquomodo senza nostra licentia, etiam se nuy stessemo cinquanta anni a darglila; e<br />

questa é la risposta gli facemo. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxvi aprilis 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

1272<br />

Francesco Sforza scrive al podestà <strong>di</strong> Codogno che a Giovanni Maria, quando il campo<br />

sforzesco era a Orzinuovi, furono rubati tre buoi e altre robe, cose tutte che, a suo <strong>di</strong>re, sono<br />

state comprate da uno <strong>di</strong> lì. Il duca vuole che il podestà convochi il presunto ricettatore per<br />

in<strong>di</strong>viduare il ladro e provvedere alla restituzione della refurtiva.<br />

343r Potestati Codognii.<br />

1454 aprile 27, Milano.<br />

Furono tolte et furate a Iohannemaria da Cremona, presente exhibitore, tri bovi et<br />

alcune altre soe robbe, como da luy intenderay essendo el campo nostro a Iorcinovi, le<br />

quale robbe, <strong>di</strong>ce luy, havere informazione essere state comprate per uno habitatore in<br />

quello loco. Et perché deliberamo intendere che é stato il malfactore, si per la<br />

satisfacione del <strong>di</strong>cto Iohannemaria, si etiam per farne debita punitione, volimo, et così<br />

te coman<strong>di</strong>amo che habii da ti coluy che ha havuto in compra <strong>di</strong>cte robbe per intendere<br />

che fu il ven<strong>di</strong>tore; et deinde provederay ala restituzione de <strong>di</strong>cte robe, ita che <strong>di</strong>cto<br />

Iohannemaria vengha ad rehavere il facto suo. Data Me<strong>di</strong>olani xxvii aprilis 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes Giapanus.<br />

1273<br />

Francesco Sforza fa sapere al condottiero Matteo da Capua <strong>di</strong> aver ricevuto con le sue lettere<br />

l’allegata orazione, in<strong>di</strong>rizzata al re d’Aragona, inviatagli da Venezia. L’ha fatta leggere e intesa<br />

con piacere sia per il suo stile fiorito che per l’abbondanza dei fatti attenenti al Turco. Di ciò lo<br />

ringrazia e gli ricorda quanto gli <strong>di</strong>sse a Lo<strong>di</strong> circa il desiderio d’avere notizie dei progressi del


Turco, così come l’affermazione che gli fece circa il suo invio <strong>di</strong> messi da quelle parti per<br />

esserne assicurato, per cui ancora aspetta detti inviati per essere ben ragguagliato <strong>di</strong> tali cose.<br />

Matheo de Capua, armorum, et cetera.<br />

1454 aprile 27, Milano.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere insieme con l’aligata oratione intitulata ad la mayestà<br />

del Re d’Aragona, mandata da Venetia ad la magnificientia vostra, la qual havemo facto<br />

legere, et intesa con gran<strong>di</strong>ssimo piacere perché é molto ornata et copiosa deli facti del<br />

Turcho, del che rengraziamo assay la prefata vostra magnificenza che l'habia usata<br />

verso nuy questa humanità, recordandose de quello che nuy ve <strong>di</strong>ssemo a Lode del<br />

desiderio che havevamo de sentire <strong>di</strong> progressi d’esso Turcho, et così é vero quanto<br />

nuy <strong>di</strong>ssemo che havemo mandati nostri messi verso quelle parti per esserne certificati;<br />

et così li expectiamo con desiderio che retornino informati de queste cose. Siché vuy<br />

haviti facto troppo bene ad anticipare el tempo et darci tali avisi per el mandare d’essa<br />

oratione, quale nuy reman<strong>di</strong>amo ad la pregiata vostra magnificenza. Data Me<strong>di</strong>olani,<br />

xxvii aprilis 1454.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

1274<br />

Francesco Sforza avverte il conte Bolognino che se Battista de Guarino, ambasciatorre del doge<br />

<strong>di</strong> Genova, volesse nel suo ritorno a Genova sostare a visitare il castello, glielo faccia visitare<br />

con la massima cor<strong>di</strong>alità. Inoltre,siccome lui, duca, abbisogna <strong>di</strong> tapezzerie per le feste, vuole<br />

che ne faccia richiesta a Gracino e a tutti coloro che gliene possono dare, e tutte, oltre a quelle<br />

del castello le man<strong>di</strong> subito a Zoppo <strong>di</strong> Alzate a ciò deputato.<br />

343v Comiti Bolognino.<br />

1454 aprile 27, Milano.<br />

Venendo là per ritornare a Zenova el spectabile doctore misser Baptista de Guarino,<br />

ambaxiatore dell’illustre misser lo duce et comunità de Zenova, volemo che, intendendo<br />

luy <strong>di</strong> videre quello nostro castello ge lo dobbiate monstrare et farli bona recoglìenza et<br />

acarezarlo et farli honore non mancho che facesseno ala nostra propria persona. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani xxvii aprilis 1454. Ulterius, havendo nuy bisogno de tapezarie per le feste<br />

volimo fare, ve caricamo quanto più possimo rechiadati; et misser Gracino et tucti quelli<br />

ne hano et tucti quelli potrite recatare asieme con quelle sono lì in castello, mandatili<br />

qua subito senza <strong>di</strong>mora in mano del Zoppo de Alzate, deputato ala cura de quelle.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1275<br />

Francesco Sforza comanda al capitano della Lomellina <strong>di</strong> rispettare l’esenzione concessa a<br />

Marco <strong>di</strong> San Severino. Se avesse qualcosa in contrario, lo avvisi.<br />

Capitaneo Lumelline.<br />

1454 aprile 27, Milano.<br />

A Marcho de Sancto Severino se grava che non li voleti servare la soa exemptione gli<br />

havimo concessa. Per la qual cosa ve <strong>di</strong>cemo che li debiati servare <strong>di</strong>cta exemptione<br />

como la sta; et se gli haveti cosa niuna incontrario perché non se gli debia observare,<br />

avisatene. Data Me<strong>di</strong>olani, xxvii aprilis 1454.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.


1276<br />

Francesco Sforza esprime a Benedetto de Curte la sua sorpresa per non avergli fatto ancora<br />

avere i 50 ducati <strong>di</strong> quel pover’uomo <strong>di</strong> Vallesasna.<br />

Li faccia consegnare subito al suo segretario Giovanni.<br />

Si é scitto a Giacomo Bolognino <strong>di</strong> portarsi domattina dal duca.<br />

Bene<strong>di</strong>cto de Curte.<br />

(1454 aprile 27), Milano.<br />

Ne maravigliamo che tu non ne habii mandati qua cinquanta ducati <strong>di</strong> quello poverhomo<br />

<strong>di</strong> Vallesasna secundo per altre te havemo scripto. Pertanto te <strong>di</strong>cemo che, havuta<br />

questa, neli debii mandare, facendoli dare a Iohanne, nostro secretario, come nel’altre<br />

nostre lettere se contene. Data Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.<br />

344r Die xxvii aprilis.<br />

Scriptum fuit Iacobo Bolognini, Castellano Sancti Angeli quod veniat cras in mane<br />

omnino ad dominum.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1277<br />

Francesco Sforza scrive al priore <strong>di</strong> San Maiolo <strong>di</strong> aver inteso dal suo segretario Francesco<br />

Maleta dell’or<strong>di</strong>ne impostogli per il ricupero dei denari promessigli. Siccome lo stesso Maleta gli<br />

ha riferito che per lunedì prossimo egli <strong>di</strong>sporrà <strong>di</strong> 500 ducati, vuole che li faccia avere a Maleta,<br />

perché ne ha grande bisogno e gli vieterà <strong>di</strong> corrucciarsi con lui.<br />

Domino priori Sancti Maioli Papie.<br />

(1454) aprile 27, (Milano).<br />

Habiamo inteso quello n’ha referto Francesco Maleta, nostro secretario, circa l’or<strong>di</strong>ne<br />

<strong>di</strong>ceti havere ala recuperatione delli <strong>di</strong>nari quali n’haveti promessi, dela quale ve<br />

carigamo et stringemo quanto più possiamo. Et perché il <strong>di</strong>cto Francesco n’ha referito<br />

che lunedì proximo haveriti apparechiati ducati cinquecento, senza veruno dubio, ve<br />

<strong>di</strong>cemo che omnino prove<strong>di</strong>ati che l’habiamo et li man<strong>di</strong>ati qua al <strong>di</strong>cto Francesco,<br />

perché nel vero el bisogno nostro non rechiede più <strong>di</strong>latione; et non ne vogliati dare<br />

materia de corrozarse con vuy perché, venendo a quella, ne faremo per modo che<br />

remaneresti mal contenti de nuy. Siché vogliati provedere et presto per quanto amore<br />

ne portati. Data ut supra.<br />

Donatus.<br />

Cichus.<br />

1278<br />

Francesco Sforza scrive al me<strong>di</strong>co Gianmatteo de Gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> essere stato pregato dal doge <strong>di</strong><br />

Genova, nonché dalla Casa Dorda e Grimalda <strong>di</strong> mandarlo a Genova per curare un serio<br />

ammalato, fiduciosi come essi sono nella sua bravura. Il duca lo sollecita ad assecondare tale<br />

richiesta e trasferirsi insieme all’ambasciatore genovese.<br />

Lo assicura che dai Grimal<strong>di</strong> avrà buon trattamento e si <strong>di</strong>cono <strong>di</strong>sposti, pur se non lo ritiene<br />

necessario, a farlo accompagnare nel ritorno.<br />

1454 aprile 27, Milano.<br />

Egregio et famoxo artium et me<strong>di</strong>cine doctori domino Iohanimatheo de Gra<strong>di</strong>.<br />

Siamo confortati et pregati assay, così per parte dell’iIlustre domino lo duce de Zenoa,<br />

como etiam<strong>di</strong>o per la casa Dorda (Doria) e Grimalda, che ve vogliamo mandare là a


Zenoa ala cura de uno suo qual é non vulgarmente infermo, havendo loro tale<br />

devotione, fidutia in voy che me<strong>di</strong>ante l'opere vostre e prima la gratia de Dio debbia<br />

liberare. Per satisfare aduncha ala rechiesta honestissima de tali e tanti signori e<br />

zentilhomini quali havemo in 344v singularissimi amici, ve confortiamo et confortiamo<br />

(a) quanto più possemo che se may havisti voglia far cosa che ne sia grata, como<br />

credemo, debiati transferirve là, e potriti andare in compagnia del spectabile<br />

ambaxatore, el quale ve serà bona compagnia, certificandove che dali pre<strong>di</strong>cti<br />

zentilhomini Grimal<strong>di</strong> haveriti bono tractamento, et se bisognarà al retornare in qua (che<br />

credemo non serà necessario), ve farano fare acompagnare, ita che retornariti<br />

securamente. Andati aduncha, e non <strong>di</strong>ceti de non per cosa del mondo. Data Me<strong>di</strong>olani,<br />

xxvii aprilis 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) Così A.<br />

1279<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce al suo familiare lo<strong>di</strong>giano Giovanni Garimboldo <strong>di</strong> essere contento che<br />

egli entri nella torre, ove sta il provvisionato ducale Serafino, e che la guar<strong>di</strong> a suo nome e<br />

man<strong>di</strong> le munizioni che vi si trovano a Lo<strong>di</strong>. Scriverà tutto ciò a Serafino. Si spicci a spianare la<br />

fortezza <strong>di</strong> Cerreto.<br />

(1454 aprile 27, Milano).<br />

Iohanni Garimboldo, familiari et civi nostro Laudensi.<br />

Havemo recevuto le toe lettere de più parte; et respondendo ala parte dela torre nela<br />

quale sta Serafino, nostro provisionato, siamo contenti che tu gli intre dentro, gli staghi<br />

per stantia et la guar<strong>di</strong> a nostro nome e man<strong>di</strong> le munitione che gli sonno dentro a Lo<strong>di</strong>;<br />

et così scrivemo per le alligate a Seraffino pre<strong>di</strong>cto che te assigni la torre e le<br />

munitione. Ala parte del spianare la forteza de Cerreto, te caricamo a far presto. Al'altre<br />

parte de tue lettere te responderemo per altre nostre. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1280<br />

Francesco Sforza scrive al suo provvisionato Serafino de Gavazzo <strong>di</strong> consegnare al famiglio<br />

ducale Giovanni Garimboldo con la torre, che sta sulle rive dell’Adda, anche le munizioni che vi<br />

si trovano.<br />

1454 aprile 26, Milano.<br />

345r Serafino de Gavazo, provisonato nostro.<br />

Siamo contenti et volimo che debii consignare quella torre sula riva d'Ada a Iohanne<br />

Garimboldo, nostro fameglio, asieme con le munitione che gli sonno dentro, perché gli<br />

havemo scripto et or<strong>di</strong>nato ciò che’l ne debbi fare. Data Me<strong>di</strong>olani, xxvi aprilis 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1281<br />

Francesco Sforza mentre loda il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> per aver messo in prigione l’uomo d’arme<br />

Alessio, autore <strong>di</strong> ferimenti, lo rimprovera per non aver dato corso alle lettere ducali che gli<br />

imponevano <strong>di</strong> far sgombrare l’osteria della Spada da quelli <strong>di</strong> suo fratello Corrado. Gli rinnova,<br />

perciò, l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> far tirare fuori i cavalli da quell’osteria e, se degli uomini <strong>di</strong> Corrado lo<br />

vietassero, mostrerà loro la lettera ducale. Se non si sentisse <strong>di</strong> obbe<strong>di</strong>re, gliene <strong>di</strong>ca il perché:<br />

farà fare ciò da un altro.<br />

Vuole che presenti le allegate lettere a Bartolomeo <strong>di</strong> Ricar<strong>di</strong> e a Orio Ricardo e gli riferisca<br />

come avrà fatto.<br />

1454 aprile 27, Milano.


Locumtenenti nostro Laude.<br />

Inteso quanto n’haveti scripto delli sinistri mo<strong>di</strong> e portamenti de Alexio, nostro homo<br />

d’arme, in ferire l’homini così temerariamente, et che l’haviti facto pigliare et<br />

impresonare, <strong>di</strong>cimo che haviti facto bene e ve ne comen<strong>di</strong>amo singularmente, e non<br />

l’havendo facto non haveresti facto el dovere vostro; unde ve <strong>di</strong>cemo e caricamo ch’el<br />

debiati far tenire in modo ch’el non possa far fuga da non essere relaxato senza nostra<br />

licentia.<br />

Ceterum per troppo ne maravigliamo, né possemo pensare donde proceda che<br />

anchora non ne habiati voluto hobe<strong>di</strong>re in fare sgombrare quella hostaria dela Spada<br />

da quelli de Corado, nostro fratello; ma perché cre<strong>di</strong>amo che stiati lì a nostro nome per<br />

hobe<strong>di</strong>re li nostri comandamenti, ve havemo ancora voluto scrivere questa, e ve<br />

<strong>di</strong>cemo denuo ala receputa de questa che debiati fare tirare fora li cavalli d’essa<br />

hostaria, perché così é la nostra intentione; et se’l serà alcuno de quelli del <strong>di</strong>cto<br />

Conrado così temerario che lo volesse vetare, monstrariteli questa, e non<strong>di</strong>meno fariti<br />

quanto ve <strong>di</strong>cemo. E quando non lo vogliati fare voy, seremo contenti che ce avisati<br />

della cagione, perché’l faremo fare da un altro.<br />

345v Al'altre parte de vostre lettere, per altre nostre ve responderemo.<br />

Ultimo, volimo voy proprio presentate le alligate nostre lettere a domino Bartolomeo <strong>di</strong><br />

Ricar<strong>di</strong> et a Orio Ricardo, a cui se drizano, avisandone poi como gli la haveriti<br />

presentate. Data Me<strong>di</strong>olani, xxvii aprilis 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1282<br />

Francesco Sforza scrive a Lanzalotto da Figino d’aver inteso che é arrivato con la gente a<br />

Cugnolo. Gli <strong>di</strong>ce d’essere <strong>di</strong>spiaciuto per aver mandato il conte Urso con i suoi alla villa Polo<br />

Ro, cioé a Borghetto. Ha visto che ha scritto a donna Luchina <strong>di</strong> non volere sistemare sulle sue<br />

terre se non 300 cavalli : il duca vuole che ne alloggi 500 e con lei insista per tal numero. Non<br />

<strong>di</strong>mori oltre dove attualmente sta: domattina per tempo passi il Po con tutte le sue genti e faccia<br />

in modo che non si procurino, come avvenne a Borghetto, danni ai sud<strong>di</strong>ti sforzeschi. Ba<strong>di</strong> a<br />

quel che gli scrive lui e non a quel che vuole donna Luchina. Lo informa che gli uomini del conte<br />

Gaspare se ne vanno <strong>di</strong> là per altri alloggiamenti loro assegnati. Provveda ad Alessio<br />

alloggiamenti per i fanti che ha.<br />

Nel giorne suddetto si é scritto a Nicola de Palude perché si porti imme<strong>di</strong>atamente dal duca.<br />

Lanzaloto de Figino.<br />

(1454 aprile 27, Milano).<br />

Havemo recevuto doe toe lettere et inteso quanto tu ne scrive del’essere tuo venuto lì a<br />

Cugnolo con quelle gente: <strong>di</strong>cemo ch’el ne piace, le quale non meni così unite como tu<br />

ne scrive et como te comandassemo, anze tu sei andato ad Cugnolo, et lo conte Urso<br />

con li suoy hay mandato ala villa de domino Polo Ro, cioé ad Burgheto, la qual cosa n’é<br />

molto despiaciuta, et maraviglamone che tu habii preterito li nostri comandamenti.<br />

Habiamo ancora veduto quanto te ha scripto la magnifica madona Luchina del Verme,<br />

che non inten<strong>di</strong> de logiare se non cavalli 300, et cetera : te <strong>di</strong>cemo che tu debii omnino<br />

passare Po con <strong>di</strong>cte gente, et andaray allogiare in le terre et lochi della <strong>di</strong>cta madona<br />

Luchina. Et perché essa <strong>di</strong>ca de cavalli 300, te advisamo che nostra intentione é che<br />

ella ne allogia cavalli 500; et quando tu seray con le <strong>di</strong>cte gente suso le terre soe, se<br />

starà poi ad vedere et <strong>di</strong>scutere quanti cavalli ne doverà tenere; et per niente non te<br />

demorare più lì (a) dove tu sey, né in veruno altro locho, per finché tu seray ale terre et<br />

lochi dela <strong>di</strong>cta madona Luchina; et passaray domatina a bona hora Po cum tute <strong>di</strong>cte<br />

gente. Et fa’ per modo che non n’habiamo più querella como 346r havemo havuto del<br />

locho de Borghetto, et che non se faza damno ad li nostri sub<strong>di</strong>ti se é possibile; et non<br />

guardare ad lettere che te scrivesse madona Luchina: fa’ che tu exequischi quanto te<br />

scrivemo, advisandote como quelli soldati del conte Gasparro se parteno de là et vano<br />

ad altri logiamenti ad loro deputati. Ad Guido de Assisio volimo tu prove<strong>di</strong> de<br />

alogiamento per li fanti se retrova; ma te avisamo como nuy non damo logiamento alli<br />

(b) fanti per li cavalli che hanno. Data ut supra.


Zaninus.<br />

Cichus.<br />

(a) lì in interlinea.<br />

(b) Segue cavalli depennato.<br />

Die suprascripto.<br />

Scriptum fuit Nicolao de Palude quod veniat ad dominum in<strong>di</strong>late omni exceptione<br />

remota.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

1283<br />

Francesco Sforza scrive a Giovanni Bono e a Marco Corio <strong>di</strong> aver inteso che Tiberto Brandolini<br />

pretende alloggiamenti per la condotta e non per cavalli vivi: E’ ciò che il duca farebbe se lo<br />

potesse, ma gli é impossibile, dato il gran numero <strong>di</strong> gente che ha. Siccome per la sua richiesta<br />

Tiberto avanza il fatto che aspetta quello <strong>di</strong> Carpi e l’altro suo parente, gli si risponda che<br />

quando costoro arriveranno, li si provvederà <strong>di</strong> idoneo allloggiamento, ma non é consentito che,<br />

nell’attesa. al presente se ne lascino alcuni vuoti. Procurino <strong>di</strong> fare del loro meglio perché<br />

Tiberto si accontenti e se ne stia paziente.<br />

A Giovanni e a Marco sollecita l’invio dell’elenco dei cavalli vivi che si trovano lì.<br />

Iohanni Bono et Marco Coyro.<br />

1454 aprile 27, Milano.<br />

Havemo recevute le vostre lettere et inteso quanto ne scriveti del levare de quelle gente<br />

et de quello n’ha resposto il magnifico domino Thiberto, che vole logiamento per la<br />

conducta et non per li cavalli vivi, et cetera. Del tuto restiamo avisati, et respondendone<br />

solamente ala parte che luy <strong>di</strong>ce volere il logiamento per la conducta, <strong>di</strong>cemo che nuy il<br />

faressemo più voluntiera che luy non lo domanda possendo nuy fare, la qual cosa non<br />

possiamo fare per con<strong>di</strong>ctione alcuna del mondo, considerato tanta multitu<strong>di</strong>ne et<br />

grande numero de gente quanto ne retrovamo al presente allogiare in le terre nostre,<br />

che ogni homo serà molto excessivamente gravato, pur bisogna comparterli como<br />

meglio se pò. Et che volesse dare logiamento per le conducte, pensati como se potria<br />

fare quando li 346v cavalli vivi apena se possono allogiare; et però exequeriti quanto ve<br />

habiamo commesso sporgendo la cosa con quello megliore modo et via ve parirà al<br />

prefato domino Thiberto. Et perché <strong>di</strong>ce la magnificentia sua che aspecta quello da<br />

Carpi et quello altro suo parente, et cetera, <strong>di</strong>cemo che quando questoro venerano da<br />

luy li provederemo de opportuno alogiamento, et che starano bene, ma non é possibile<br />

che se lassi li logiamenti voyti per aspectare quelli che degono venire, perché bisogna<br />

prima allogiare questi che gle sono et adactare la cosa meglio che se pò. Siché<br />

governati mò la cosa con lo <strong>di</strong>cto domino Thiberto como meglio ve parirà per farlo<br />

restare contento et patiente ad quanto ve scrivemo, perché questa é la nostra<br />

voluntate. Vogliate poi portarne o mandarne la lista de tuti li cavalli vivi se retroveranno,<br />

secundo ve or<strong>di</strong>nassemo; et spazati prestissimo quello havete ad fare. Data Me<strong>di</strong>olani,<br />

xxvii aprilis 1454.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

1284<br />

Francesco Sforza vuole che Gracino da Pescarolo, accertato quanto <strong>di</strong>cono Perino da Marzano<br />

e Boniforte <strong>di</strong> Orlan<strong>di</strong>, si trovi con la comunità <strong>di</strong> Pavia e sod<strong>di</strong>sfi detto Perino e Boniforte che<br />

riven<strong>di</strong>cano <strong>di</strong> essere stati, mandati da Pavia, in campo con lui, duca, nell’impresa <strong>di</strong> Milano con<br />

due carri, due uomini e due buoi per carro e <strong>di</strong> non essere, contrariamente a quello che si fece<br />

con altri, mai stati pagati.<br />

Domino Gracino.<br />

(1454 aprile 27, Milano).


Sonno venuti qui ad nuy Perino da Marzano et Boniforto <strong>di</strong> Orlan<strong>di</strong>, (a) quali, como<br />

intenderay, se gravano <strong>di</strong>cendo che altre volte stetero in campo con nuy alla impresa<br />

de Milano, mandati da quella nostra comunità de Pavia con duy carri, con duy homini et<br />

doa para de bovi per carro, et may non sonno possuto essere paghati, como <strong>di</strong>cono<br />

sonno stati deli altri venero in quello tempo ad servirce in campo. Pertanto volimo<br />

debiati intendere questo facto, poy essere con quella nostra comunità et con chi ve<br />

parerà bisognare, et provedere che questi poveri homini habiano el suo pagamento, ita<br />

che più non habiamo querela. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue com depennato.<br />

1285<br />

Francesco Sforza, siccome si hanno ancora da riscuotere molti denari del sale, vuole che Teseo<br />

da Spoleto si intenda con il referendario della città e si proceda, senza alcun riguardo per<br />

nessuno, a introitare quanto é dovuto per la tassa del sale.<br />

347r Theseo de Spoleto.<br />

1454 aprile 27, Milano.<br />

El resta de rescotersi molti <strong>di</strong>nari per casone delle taxe del sale, quali pari siano molti<br />

duri ad retraherli suso, et non havendone bisogno deliberamo che omnino siano<br />

rescossi et retracti. Pertanto volimo et comettemote che tu te debii intenderte con lo<br />

referendario de quella nostra cità, quale é informato de questo facto, et provederay<br />

como meglio te parirà, constringendo li homini personalmente et per qualunque altro<br />

modo et via te parirà più necessaria et expe<strong>di</strong>tiva siché omnino paghino et fazino il<br />

debito loro allo <strong>di</strong>cto referendario, non havendo respecto né resguardo in questo facto<br />

ad persona alcuna et sia et habia nome como se voglia, siché ogne persona paghe de<br />

presente et senza più <strong>di</strong>mora et per<strong>di</strong>tione de tempo. Et sopra ciò non volere aspectare<br />

che te repplicamo più lettere, ma fa’ che cum effecto tu facii et exequischi quanto te<br />

scrivemo. Data Me<strong>di</strong>olani, xxvii aprilis 1454.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

1286<br />

Francesco Sforza ha scritto al conte Giovanni de Angussolis o agli ufficiali <strong>di</strong> Ponte che,<br />

andando lì Gabriele <strong>di</strong> Cremona e Berardo, suoi messi per comprare uova e polli per portarli a<br />

Ponte, provvedano che li possano acquistare con i loro denari,<br />

fornendoli, se necessario, <strong>di</strong> bestie per il trasporto <strong>di</strong> polli e uova per la celebrazione delle nozze<br />

<strong>di</strong> suo figlio Sforza.<br />

In simile forma si é scritto al podestà <strong>di</strong> Casalmaggiore, al podestà <strong>di</strong> Borgonovo, ai nobili della<br />

Vezola e a Francesco Scorto.<br />

Die suprascripto.<br />

(1454 aprile 27, Milano).<br />

Scriptum fuit comiti Iohanni de Angussolis seu officialibus de Ponte quatenus<br />

venientibus illuc Gabriele de Cremona et Berardo, nunciis nostris, pro emen<strong>di</strong>s ovis et<br />

pullis qui portabuntur ad (a) forum Pontis, provideant ut possint eos emere suis<br />

denariis, et providendo eis de bestiis, si opus fuerit, pro <strong>di</strong>ctis pullis et ovis conducen<strong>di</strong>s<br />

pro celebran<strong>di</strong>s nuptiis Sforcie, filii nostri.<br />

Bonifacius.<br />

In simili forma scriptum fuit potestati Casalismaioris, potestati Burginovi, nobilibus dela<br />

Vezola et Francisco Scorto.<br />

(a) ad in interlinea.<br />

1287<br />

Francesco Sforza raccomanda ad Andrea Dandolo, provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema, <strong>di</strong> non consentire<br />

che a Ugolino del Torchio da Castel<strong>di</strong>done e al suo compagno si chieda <strong>di</strong> più delle loro spese.


1454 aprile 28, Milano.<br />

347v Domino Andree Dandolo, provisori Creme.<br />

Rispondendo ala vostra lettera responsiva ad quanto ve havemo scripto per la<br />

liberatione de Ugolino del Torchio da Castello Didone et del compagno, quali forono<br />

presi ali dì passati per li vostri et conducti lì ad Crema, bene che poi esso Ugolino se<br />

partisse per venire ad tore li denari dela taglia lassando il compagno obligato per l’uno<br />

et per l’altro, et cetera, non <strong>di</strong>cemo altro, perché dal <strong>di</strong>cto Ugolino, quale mandò uno<br />

messo là per questa cagione, siamo advisati como ad luy et ad lo compagno non se<br />

domanda se non li denari della spesa soa; se non che ve pregamo li habiate<br />

recommandati, non lassandoli tuore più dello honesto per esse spese, considerato che<br />

forono presi venendo in nostri servigii. Me<strong>di</strong>olani, xxviii aprilis 1454.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

1288<br />

Francesco Sforza informa il podestà <strong>di</strong> Sale che Pietro Visconti, preposito della casa tortonese<br />

<strong>di</strong> San Marco é debitore <strong>di</strong> una buona somma, che asserisce <strong>di</strong> non poter pagare se prima non<br />

si inducono a sod<strong>di</strong>sfarlo da parte <strong>di</strong> alcuni suoi debitori, tra i quali vi sono Franceschino e<br />

Perrone, fratelli de Ma<strong>di</strong>is <strong>di</strong> Sale, che gli devono non poco. Il duca vuole che, a ogni richiesta <strong>di</strong><br />

detto preposito o <strong>di</strong> uu suo procuratore o inviato, il podestà convochi i due fratelli, e, accertato il<br />

loro debito, li costringa a saldare a Pietro quel che gli devono con procedura sommaria.<br />

Potestati Salarum.<br />

1454 aprile 28, (Milano).<br />

Est debitor Camere nostre dominus frater Petrus ex Vicecomitibus, prepositus domus<br />

Sancti Marci civitatis nostre Terdonensis, de certa denariorum quantitate, quam asserit<br />

solvere non posse nisi ad hoc compellantur nonnulli sui debitores ex quibus asserit<br />

Francischinum et Perronum, fratres de Ma<strong>di</strong>is, habitatores illius terre nostre Salarum,<br />

suos esse debitores de satis bona summa iustis et legitimis ex causis quemadmodum<br />

tibi opportunam proinde fidem facere se (a) offert. Itaque volumus, tibique mandamus<br />

quatenus ad omnem <strong>di</strong>cti domini prepositi requisitionem, seu cuiusvis nuncii et<br />

procuratoris sui, vocatis ad te pre<strong>di</strong>ctis Francischino et Perrono, et, constante tibi de<br />

huiusmo<strong>di</strong> debito, ipsos et utrumque eorum cogas artes et compellas ad solvendum<br />

quicquid dare debuerint, ius in hoc ministrando summarium et expe<strong>di</strong>tissimum, sola<br />

facti veritate inspecta et cum omni celeritate possibili. (b) Denique contra eos agas<br />

tanquam si nunc iuste essent absoluti. xxviii aprilis 1454.<br />

(a) Segue opportet depennato.<br />

(b) Segue Data Me<strong>di</strong>olani <strong>di</strong>e depennato.<br />

1289<br />

Francesco Sforza sollecita donna Luchina dal Verme a considerare come raccomandato ducale<br />

Scaco, suo famiglio d’arme, che ha, contiguo ai suoi, un posse<strong>di</strong>mento, concessogli dal defunto<br />

suo marito con certi <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> acqua.<br />

348r Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

1454 aprile 28, Milano.<br />

Scacho, nostro famiglio d'arme, n’ha facto significare che l’ha una possessione<br />

contingua ale vostre con certe ragione de adaquare, le qual gli concesse la bona<br />

memoria del magnifico quondam vostro marito; per la qual cosa ve confortiamo et<br />

pregamo che’l vogliati havere recomandato per contemplatione (a) nostra, non gli<br />

lassando fare torto né turbare le sue ragione, avisandove che, siando luy valent’homo<br />

et havendolo carissimo, ne fareti cosa gratissima. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxviii aprilis 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


(a) Segue vostra depennato.<br />

1290<br />

Francesco Sforza avverte i rettori <strong>di</strong> Bergamo <strong>di</strong> aver ban<strong>di</strong>ta quella città perché vi imperversa la<br />

peste. Si <strong>di</strong>ce sicuro della loro comprensione <strong>di</strong> tale suo provve<strong>di</strong>mento, che, ovviamente,<br />

esclude le altre località immuni da tale morbo. Li sollecita a volergli, poi, comunicare con ogni<br />

sincerità la fine <strong>di</strong> tale moria, in modo che anche quei citta<strong>di</strong>ni possano entrare nelle sue terre.<br />

Rectoribus Pergami.<br />

1454 aprile 24, Milano.<br />

Siamo certi doveti molto bene sapere de quanto detrimento, damno et male é casone la<br />

moria in le citade, terre et lochi dove ella é, et maxime ad quelli che l'hano provata. Et<br />

essendo nuy advisati como in quella citade pur gli ne moreno, et assay de peste, del<br />

che ne rencresce et dole grandemente, unde se presentessemo che <strong>di</strong>cta citade de<br />

Bergamo tantum fosse ban<strong>di</strong>giata dalle terre nostre, non ve maravegliateti puncto,<br />

perché’l faremo per fugire ogne inconveniente et damno che potesse seguire per<br />

casone della <strong>di</strong>cta peste, la quale cosa, quando pur accadesse in le nostre terre, ne<br />

ren<strong>di</strong>amo certi ve ne doleria et rencressceria como ad nuy medesmi.<br />

Le altre persone del territorio de Bergamo, dove non é il morbo, possono venire, stare,<br />

praticare, et andare inanze et indreto, et quello et ciascaduno altro sub<strong>di</strong>to et homo<br />

della illustrissima signoria de Venetia serano sempre da nuy et da tutti li nostri ben<br />

veduti et amati como li altri nostri proprii homini. Siché ve ne advisamo acioché,<br />

essendo così como n’é refferito et che li sia <strong>di</strong>cta peste, ne vogliati advisare, perché,<br />

como ne fareti de ciò chiari et che in quella città non sia più morbo, che siamo certi ne<br />

avisareti del vero, faremo che potranno venire a loro piacere in lo dominio nostro como<br />

fanno li altri sub<strong>di</strong>ti et homini della prefata illustrissima signoria. Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxiiii<br />

aprilis 1454.<br />

Zanninus.<br />

Cichus.<br />

1291<br />

Francesco Sforza, siccome Giovanni Bono e Marco Corio lo hanno avvisato che domani Tiberto<br />

Brandolini passerà con la sua gente il Po, or<strong>di</strong>na a Teseo da Spoleto <strong>di</strong> sistemare coloro che<br />

arrivano da Piacenza in giù, <strong>di</strong>spiegandoli verso Fiorenzuola e Castell’Arquato fino a che vi sarà<br />

posto, dando anche sistemazione ai loro cavalli vivi. Avendo detto Tiberto annunciato a Bono e<br />

a Corio <strong>di</strong> essere in attesa <strong>di</strong> un gentiluomo <strong>di</strong> Carpi e <strong>di</strong> Gianfrancesco Pallavicino, il duca<br />

vuole che, al loro apparire, sistemi i loro cavalli vivi da Piacenza in su, qualora fossero pieni gli<br />

alloggiamenti da Piacenza in giù, avendo sempre l’avvertenza che, comprando gli uomini d’arme<br />

dei cavalli, i padroni stiano loro accanto. Lo informa che molti citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Piacenza si sono<br />

lamentati del loro carico <strong>di</strong> cavalli, mentre altri ne rimangono immuni: il duca li ha garantiti e<br />

vuole che avvenga che ognuno avrà la rata propria. Vuole che dal primo maggio si <strong>di</strong>a alle gente<br />

d’armi quello che si osservava al tempo <strong>di</strong> Filippio Maria Visconti.<br />

Polizza.<br />

Vuole che Teseo mostri questa lettera a Tiberto senza <strong>di</strong>rgli nulla <strong>di</strong> questo comando.<br />

348v Theseo de Spoleto.<br />

1454 aprile 26, Milano.<br />

Iohambono et Marco Coyro, nostri famigli, n’hanno scripto como domane il magnifico<br />

domino Thiberto con le soe gente passarà Po. Et perché tu sapii como tu le debie<br />

allogiare, volimo che così, como le <strong>di</strong>cte gente veneranno giungendo, tu le debie<br />

acomenzare ad allogiare da Piasenza in giuso, <strong>di</strong>stendendole verso Fiorenzola et<br />

Castelloarquato, per quanto durerano li logiamenti et per finché serano tutte allogiate,<br />

dandoli lo allogiamento per li cavalli vivi, secundo che se fa ad tutte le altre nostre gente<br />

d'arme, et como semo ancora certi che é la (a) intentione del <strong>di</strong>cto domino Thiberto. Et<br />

perché li pre<strong>di</strong>cti ne scriveno che <strong>di</strong>cto domino Thiberto <strong>di</strong>ce aspecta quello gentilhomo<br />

de Carpi et Zohamfrancisco Palavicino, volimo che, quando li pre<strong>di</strong>cti venerano, tu li<br />

debii dare logiamento per li cavalli che haverano vivi da Piasenza in suso, quando


siano pieni li logiamenti de Piasenza in giuso, havendo advertentia che li cavalli che<br />

venerano, comprandoli l'homini d'arme, habiano etiam<strong>di</strong>o logiamento, or<strong>di</strong>nando como<br />

meglio parerà ad ti che li patroni li possono tenere presso de sì. Ancora te advisamo<br />

como molti et molti cita<strong>di</strong>ni da Piasenza sonno venuti qua a nuy a <strong>di</strong>rne et lamentarse<br />

como loro vengono et sonno gravati delli allogiamenti delli cavalli et altri restano vacui<br />

et senza graveza de cavalli, et de ciò molto fortemente se ne gravano; nuy l'habiamo<br />

resposto che de ciò non dubitano puncto, perché faremo che ogniuno haverà la rata<br />

parte sua et nyuno restarà desgravato né vacuo dalli <strong>di</strong>cti logiamenti: et così nuy te<br />

coman<strong>di</strong>amo debie fare et exequire, non havendo respecto ad persona alcuna. Et<br />

perché tu sapii molto bene quale sia la voluntà nostra et quelle se ha ad dare ale 349r<br />

nostre gente d'arme che allogiano in Piasentina, te <strong>di</strong>cemo che, incomenzando ad<br />

calende de magio proximo che verrà inanti, volimo che tu facii dare alle <strong>di</strong>cte gente<br />

d'arme quello che era consueto observarse et dare alle gente d'arme al tempo<br />

del’illustre signore quondam ducha passato secundo l'or<strong>di</strong>ne ducale consueto servarse.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxvi aprilis 1454.<br />

Zaninus.<br />

Iohannes.<br />

(a) la in interlinea.<br />

Poliza.<br />

Theseo, questa lettera nuy siamo contenti che tu la mostri ad domino Thiberto et fazi<br />

quanto in essa se contene, non monstrando che te habiamo scripto che tu gli la mostri.<br />

Data ut supra. Duplicata <strong>di</strong>e xxvii aprilis et signata Cichus.<br />

1292<br />

Francesco Sforza vuole che il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, aderendo alla richiesta fatta al duca dal<br />

provvisionato ducale Donato da Napoli <strong>di</strong> avere <strong>di</strong>eci dei legni necessari per il ponte, tagliati a<br />

Cerreto <strong>di</strong> qua dall’Adda, in modo che egli possa rimettere in sesto la casa <strong>di</strong> Caravaggio,<br />

rovinatagli da quei <strong>di</strong> Cerreto quand’erano ancora sotto Venezia.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1454 aprile 28, Milano.<br />

Donato da Napoli, nostro provisionato, presente exhibitore, ne <strong>di</strong>ce como luy havia una<br />

casa in la villa de Caravagio, quale gli fo guasta per quelli da Cerreto quando se teneva<br />

per Venetiani, et ne domanda dece ligni de quelli sonno tagliati per mezo Cerreto de<br />

qua da Adda, aciò luy possa fare refare la stantia sua. Pertanto nuy siamo contenti che<br />

tu gli facii dare dece de quelli ligni, quali siano boni per l'opera sua, non movendo però<br />

quelli fossero necessarii per l'opera d’esso ponte; ma gli fati dare degli altri sonno<br />

manco necessarii. Data Me<strong>di</strong>olani, xxviii aprilis 1454.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

1293<br />

Francesco Sforza chiede ad Andrea Dandolo, provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema, <strong>di</strong> voler far restituuire la<br />

taglia che un famiglio <strong>di</strong> Donato, famiglio ducale, fu costretto, contro le convenzioni, a pagare<br />

quando fu da Donato mandato, in tempo <strong>di</strong> guerra, a riscuotere i beni <strong>di</strong> un suo massaro.<br />

349v Andree Dandulo, provisori Creme.<br />

(1454 aprile 28, Milano).<br />

Donato, nostro fameglio, é stato qua da nuy et n’ha <strong>di</strong>cto che fin al tempo della guerra<br />

passata, havendo mandato lì uno suo fameglio per rescodere li beni d’uno suo<br />

massaro, fo preso et constreto ad pagare certa taglia, el che é contra l'ordeni et<br />

conventione et bone usanze, perché sa bene la signoria vostra che sempre li soldati et<br />

messi sonno stati relaxati liberamente senza taglia alcuna, et così s'é servato per l'una<br />

et l'altra parte. Pertanto ve confortiamo et pregamo che faciati restituire al <strong>di</strong>cto suo<br />

famiglio li <strong>di</strong>nari et cose pagò per la <strong>di</strong>cta taglia. Data ut supra.


Marcus.<br />

Cichus.<br />

1294<br />

Francesco Sforza comanda a Marco Corio <strong>di</strong> filare <strong>di</strong>rettamente al luogo or<strong>di</strong>nato, sloggiando<br />

imme<strong>di</strong>atamente dalle possessioni lo<strong>di</strong>giane <strong>di</strong> Giacomello e degli altri gentiluomini da Trivulzio,<br />

sulle quali ha osato tanto insolentemente sistemare in un solo luogo tutte le sue genti.<br />

Marco Coyro.<br />

1454 aprile 29, Milano.<br />

Ne hanno facta gran<strong>di</strong>ssima lamenta li spectabili domino Iacomello e l'altri zentilhomini<br />

da Triulzo delli tuoi portamenti asai sinistri et deshonesti in menarli tute quelle gente ale<br />

lor stantie e posessione in Lodesana, del che ne meraviglamo et anche dolimo, perché<br />

questa non é la comissione tua de usare tanta deshonestà et dare tanta graveza ad<br />

uno locho solo; per la qual cosa volimo che subito tu te debbi levare cum <strong>di</strong>cte genti<br />

non ge ne lassando alchuno, et passa via de tratta ad locho or<strong>di</strong>nato, et sia subito alla<br />

recevuta de questa. Me<strong>di</strong>olani, xxviiii aprilis 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1295<br />

Francesco Sforza risponde al podestà <strong>di</strong> Treviglio che, a proposito <strong>di</strong> colui che era provve<strong>di</strong>tore<br />

lì al tempo <strong>di</strong> Venezia e che <strong>di</strong> questi giorni si é portato verso Trezzo, non deve farsene pensiero<br />

per cui, se arrivasse lì, lo accolga garbatamente. Quanto a Niccolò da Lucca, vuole che,<br />

ricuperato che abbiano i tre mercanti <strong>di</strong> Monza le cose perdute, lo liberi, ma non senza aver<br />

prima saputi i nomi degli altri compagni, perché a loro si devono i furti.<br />

350r Potestati Trevilii.<br />

(1454) aprile 29, Milano.<br />

Havimo recevuto tre toe lettere et inteso quello ne scrive, alle quale, rispondendo,<br />

primo, alla parte de quello era provi<strong>di</strong>tore lì al tempo de San Marcho, quale <strong>di</strong>ci questi<br />

dì é venuto verso Trezo cussì presso quella nostra terra, et cetera, te <strong>di</strong>cimo che de<br />

questo non bisogna havere dubbio alchuno; anzi venendo lì, se bene venesse in quella<br />

nostra terra, volemo lo recevi et gli fazzi honore et grata accoglienza come ad noi<br />

proprii. Alla parte de quello Nicolò da Lucha hai destinuto lì, te <strong>di</strong>cimo che havendo<br />

satisfacto o satisfacendo tutte quelle cose hanno perduto quelli tre merchatanti da<br />

Monza, lo debbi liberare; bem volimo, anzi sia relassato, che tu sappi li nomi delli altri<br />

compagni et de quali sonno et ce ne advisi, perché questi <strong>di</strong>cono essere li merchatanti<br />

delle robbarie se fanno. Alla parte delli danni fanno quelle nostre gente, nuy vederimo<br />

de provederli subito. Me<strong>di</strong>olani, xxviiii aprilis.<br />

Zanectus.<br />

Iohannes.<br />

1296<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà <strong>di</strong> Lactarela gli procuri la maggior quantità <strong>di</strong> capponi,<br />

polli e piccioni per sabato, 4 maggio, perché il giorno dopo si sposa suo figlio Sforza. Gli faccia<br />

sapere i prezzi e la quantità <strong>di</strong> merce raccolta, che farà avere a Lanzalotto de Brivio, siniscalco<br />

<strong>di</strong> dette nozze.<br />

Si é scritto la stessa cosa al: podestà <strong>di</strong> Abbiate, podestà <strong>di</strong> Robecco, capitano <strong>di</strong> Binasco,<br />

podestà <strong>di</strong> Landriano e Vi<strong>di</strong>gulfo, podestà <strong>di</strong> Magenta, podestà <strong>di</strong> Catano, podestà <strong>di</strong> Casorate e<br />

podestà <strong>di</strong> Rosate.Il 3 maggio a Gracino da Pescarolo.<br />

Potestati Lactarele.<br />

1454 aprile 29, Milano.


Essendo bisogno d’una bona quantità de caponi, polastri et pipioni per honorare et<br />

celebrare de presente le noze <strong>di</strong> Sforza nostro <strong>di</strong>lecto figliolo, volimo et te comettemo<br />

che subito debii fare ogne opera possibile per recatare (a) in più quantità sia possibile e<br />

mandarli qua in mano del nobile Lanzaloto de 350v Brivio, seschalcho delle <strong>di</strong>cte noze,<br />

et siano presentate al più tarde sabbato proximo che venne, che serà a iiii giorni de<br />

magio, perché nel dì sequente se farano le noze; avisando etiam<strong>di</strong>o del pretio de <strong>di</strong>cti<br />

caponi, polastri et pipioni, per quelli che li portaranno, ali quali serà fato debito<br />

pagamento, avisando insuper presto della quantità tu speri potere havere. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, xxviiii aprilis 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue ogn depennato.<br />

Similiter scriptum fuit infrascriptis, videlicet:<br />

potestati Abiate,<br />

potestati Robechi,<br />

capitaneo Binaschi,<br />

potestati Landriani et Videgulfi,<br />

potestati Mazente,<br />

potestati Casteni,<br />

potestati Caxorate et<br />

potestati Roxate. Die iii maii,<br />

domino Gracino de Pischarolo.<br />

1297<br />

Francesco Sforza scrive al, podestà <strong>di</strong> Pavia che donna Giovanna gli ha fatto sapere <strong>di</strong> aver<br />

allattato un pupo <strong>di</strong> Giacomo da Meda per cui le deve <strong>di</strong>ciotto fiorini, ma la va trascinando in lite.<br />

Il duca vuole che il podestà s’informi della cosa e se sta come la donna <strong>di</strong>ce, le faccia avere,<br />

“me<strong>di</strong>ante la rasone”, quel che le spetta.<br />

Potestati Papie.<br />

(1454 aprile 29, Milano).<br />

Una madona Zohannia n’ha facto <strong>di</strong>re che ha lactato uno puto de Iacomo da Medda de<br />

quella cità et per soa mercede debbe havere da luy circa fi(o)rini decedocto, li quali non<br />

li pò havere da luy, anzi la va menando per littigii. Pertanto volimo che ve informati de<br />

questa cosa, et essendo così como n’ha facto <strong>di</strong>re, gli faciati contra d’esso Iacomo<br />

rasone summaria et expe<strong>di</strong>ta, ita che me<strong>di</strong>ante la rasone possa havere el debito suo<br />

senza littigio. Data ut supra.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

1298<br />

Francesco Sforza avverte il luogotenenete <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che domani sera sarà lì Pandolfo Contareno,<br />

oratore <strong>di</strong> Venezia, che vi transiterebbe <strong>di</strong>retto a Crema. Gli man<strong>di</strong> incontro un cavallaro per<br />

sapere l’ora certa del suo arrivo per andargli incontro con alcuni citta<strong>di</strong>ni a due miglia da Lo<strong>di</strong> e<br />

lo accompagni poi fuori dalla città fino a quattro miglia in là.<br />

351r Locumtenenti Laude.<br />

1454 aprile 29, Milano.<br />

Perché domane serà lì el spectabile domino Pandolfo Contareno, oratore della<br />

illustrissima signoria de Venetia, et passando per lì andarà ad Crema, volimo che gli<br />

man<strong>di</strong>ati subito al’incontro uno cavalaro per sapere l’hora certa della sua venuta; et gli<br />

andate incontra or<strong>di</strong>natamente con qualchi de quelli citta<strong>di</strong>ni fin ad doa miglia et<br />

compagnarlo dentro da Lode et così fuora de Lode verso de Crema quatro miglia,<br />

facendoli tutto quello honore et recoglienze che ve siano possibile. Data Me<strong>di</strong>olani,<br />

xxviiii aprilis 1454, hora ii noctis.<br />

Christoforus.


Cichus.<br />

1299<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà <strong>di</strong> Codogno <strong>di</strong> andare da lui perché vuole essere bene<br />

informato degli scambi <strong>di</strong> parole fra lui, quegli uomini e le genti d’arme <strong>di</strong> Tiberto.<br />

Potestati nostro Codognii.<br />

1454 aprile 29, Milano.<br />

Perché omnino deliberamo intendere le parole et novitate seguiti fra ti, quelli homini et<br />

quelle gente d’arme de domino Thiberto, te coman<strong>di</strong>amo et volimo che subito venghi da<br />

nuy senza alcuno fallo. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxviiii aprilis 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1300<br />

Francesco Sforza scrive al familiare ducale Lanzalotto da Figino <strong>di</strong> avere piacevolmente<br />

appreso che lascia passare la gente <strong>di</strong> suo fratello Alessandro, cui va dato solo sistemazione e<br />

strame.<br />

Lanzaloto de Figino, familiari nostro <strong>di</strong>lecto.<br />

1454 aprile 29, Milano.<br />

Remanemo avisati de quanto n’hay scripto per la toa de dì xxviiii del presente del fare<br />

passare le gente de Alexandro, nostro fratello, el che ne piace; et non accade <strong>di</strong>re altro,<br />

se non che te recor<strong>di</strong>amo che solum fazi 351v dare ale <strong>di</strong>cte gente et ale altre che faray<br />

alozare casa et stramo, et como <strong>di</strong>sponeno li ordeni del’illustrissimo quondam signore<br />

ducha passato, et non verun’altra cosa. De quanto hai scripto a madona Luchina<br />

restiamo simelmente avisati et non accade <strong>di</strong>re altro. Data Me<strong>di</strong>olani, xxviiii aprilis 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1301<br />

Francesco Sforza fa sapere a Giorgino, squadrero <strong>di</strong> Tiberto, che ha convocato il podestà <strong>di</strong><br />

Codogno per rimproverarlo delle parole usate contro Tiberto, contro lui, Giorgino, nel volergli<br />

negare l’alloggiamento, e contro quei saccomanni.<br />

(1454 aprile 29, Milano).<br />

Georgino squadrerio magnifici militis domini Thiberti.<br />

Havemo recevuto la toa lettera et inteso quanto ne scrivi delle male et inhoneste parole<br />

ha usate lo potestate da Codogno contra l’honore del magnifico domino Thiberto et<br />

contra te, et delli insulti facti contra quelli sacomani, non volendo darti alozamento, et<br />

cetera; del tuto ne restiamo advisati et dolemone assay, et perché tu inten<strong>di</strong> che’l ne sia<br />

molesto scrivemo al <strong>di</strong>cto potestate che’l venga da nuy, al quale faremo de ciò tale<br />

corectione che tu intenderay chiaramente quanto a nuy sia stata grave questa cosa.<br />

Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1302<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al suo consigliere Sceva de Curte <strong>di</strong> liberare e cancellare tutte le<br />

garanzie cui ha sottoposto il prete Francesco dalla Valle <strong>di</strong> Borgonovo, beneficiato a Manerbio.<br />

Domino Sceve de Curte, consiliario nostro.<br />

1454 aprile 28, Milano.


Inteso quanto per vostre lettere n’haveti scripto de quello prete Francisco dalla Valle de<br />

Borgonovo, beneficiato in Manerbio, quale havete sostenuto lì, respondemo che siamo<br />

contenti che faciati cassare le segurtate et lo lassati andare per li facti suoy. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxviii aprilis 1454.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

1303<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Gracino da Pescarolo e al referendario <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> estromettere da<br />

quella città il pavese Stefano Rabbia, confinato, prima, presso Bolognino nel castello e, poi,<br />

nella stessa Pavia, or<strong>di</strong>nandogli <strong>di</strong> presentarsi da lui.<br />

1454 aprile 29, Milano.<br />

352r Domino Gracino de Piscarolo et referendario Papie.<br />

Ve commettiamo et volimo che, recevuta questa, debiati licentiare Stefano Rabia de<br />

questa cità, confinato, già bon tempo fa, prima in Castello appresso il magnifico<br />

Bolognino et poy in quella nostra cità de Pavia, et commandarli in nostro nome che<br />

senza alcuna <strong>di</strong>latione el debia venire qui a presentarsi a nuy. Me<strong>di</strong>olani, xxviiii aprilis<br />

1454.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

1304<br />

Francesco Sforza scrive a Pietro Balistrerio da Pesaro, castellano della rocca Arde <strong>di</strong><br />

Fiorenzuola che può assentarsi per venti giorni per portarsi da lui a Milano e a Piacenza per<br />

esporre le sue ragioni, purché lasci in sua vece suo padre che non deve abbandonare la<br />

fortezza fino al suo ritorno.<br />

1454 aprile 30, Milano.<br />

Petro Balistrerio de Pisauro, castellano Rocche Arde Florenzole.<br />

Recevuta la toa lettera per la qual ne scrive del bisogno ha de venire qui ad Milano et<br />

ad Piasenza per acconzare le raxone toe, te <strong>di</strong>cemo siamo contenti che, lassando tuo<br />

padre in tuo locho, quale non escha de quella nostra forteza fine alla toa tornata, possi<br />

absentarti per dì vinti per venire ad Piasenza et qui ad Milano, computato lo venire et<br />

stare et retornare senza retentione alchuna, et non obstante cosa alchuna in contrario.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, ultimo aprilis 1454.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

1305<br />

Francesco Sforza insiste con donna Giovanna de Cipellis perché receda da ogni resistenza dal<br />

maritarsi con Achille Orso, suo conestabile, perhé tale parentado pare a lui “bono et honorevele”<br />

sì per i pregi <strong>di</strong> detto Achille che per qualsiasi altra ragione. Vuole, pertanto, che, in<br />

considerazione del duca, “senza più replicatione et excusatione” accetti Achille per suo legittimo<br />

sposo.<br />

Domine Iohanne de Cippellis.<br />

1454 aprile 30, Milano.<br />

Havemo veduto et inteso quello respondeti circha il facto de Achille Corso, nostro<br />

conestabile, quale ve havemo scripto et recomandato vogliate acceptare per vostro<br />

marito, et siamone assai maravigliati intendendo la excusatione faceti de non volervi<br />

maritare anchora et de non contentarvi del <strong>di</strong>cto Achille; parendo ad noi che’l parentato<br />

d’esso Achille sia bono et honorevele et per le virtù d’esso Achille et per ogni altro<br />

respecto, ultra che ad noi serà gratissimo per lo amore gli portiamo, che siate certa che


ne sarà 352v cossì grato che voi acceptati esso Achille per vostro marito como veruno<br />

altro delli nostri. Pertanto de novo ve scrivemo questo confortandovi et caricandovi che<br />

ad nostra singulare contemplatione senza più replicatione et excusatione vogliate<br />

acceptare esso Achille per vostro legitimo sposo et marito como é (a) il piacere, (b)<br />

voluntà et dexiderio nostro, certificandovi che ultra che ogni dì ve ne trovarite più<br />

contenta, non porresti havere persona alchuna della quale noi restassimo più contenti<br />

et satisfatti che d’esso Achille. Siché ad questo non vogliate fare contra<strong>di</strong>ctione<br />

alchuna; ma poiché noi ve lo habiamo proposto et recordato, ce ne vogliate fare<br />

honore, como non dubitamo farreti. Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e ultimo aprilis 1454.<br />

Zannetus.<br />

Cichus.<br />

(a)Segue il dexiderio et volontà depennato.<br />

(b)Segue dexiderio et depennato.<br />

1306<br />

Francesco Sforza aderendo alla richiesta del luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, concede che l’uomo d’arme<br />

Alessio, trattenuto nella prigione del comune, venga messo nel castello.<br />

Nel suddetto giorno fu scritto al castellano <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> accettare in castello Alessio, non<br />

liberandolo senza autorizzazione ducale.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1454 aprile 30, Milano).<br />

Respondendo ale vostre lettere circa el mettere in castello Alexio, homo d’arme<br />

sostenuto in la pregione del comune, <strong>di</strong>cimo ch’el faciati mettere in castello; et così<br />

scrivemo al castellano che lo recepta. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

Die suprascripto.<br />

Scriptum fuit castellano Laude quod acceptet suprascriptum Alexium in castro non<br />

relaxando absque licentia domini. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1307<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Gabriele della Croce , lo<strong>di</strong>giano, siniscalco ducale <strong>di</strong> informarlo<br />

dell’ora in cui partirà da lì il marchese, dove e per quanto tempo sosterà a pranzare e del<br />

percorso che farà in modo che egli, duca, possa, ov’é, tutto tempestivamente provvedere<br />

1454 maggio 1, Milano.<br />

353r Gabrieolo dela Cruce, Laudensi sexchalcho nostro.<br />

Volimo ne advise all’ora se parterà de lì lo illustre signore marchese et la demora farà,<br />

et dove venerà a <strong>di</strong>sinare et quanto starà et che et come del suo progresso; siché<br />

sappiamo attempo ogni cosa che possiamo de qua opportunamente provedere et in<br />

tempore, et non manchare in niente che per ogni modo siamo informati attempo.<br />

Me<strong>di</strong>olani, primo maii 1454.<br />

Fazinus.<br />

Cichus.<br />

1308<br />

Francesco Sforza esprime ai Rettori <strong>di</strong> Bergamo la sua sod<strong>di</strong>sfazione per essersi la loro città<br />

liberata dalla peste e, perciò, li informa <strong>di</strong> aver revocato ogni <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> accesso, sicuro che, nel<br />

caso <strong>di</strong> peggioramento delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> sanità, gliene darebbero pronta comunicazione.<br />

1454 maggio 1, Milano.


Rectoribus Pergami.<br />

Havemo havuto piacere assay intendere per vostre lettere responsive ad le nostre<br />

quanto le vostre spectabilità ne scriveno dela con<strong>di</strong>tione et incolumità de quella vostra<br />

cità, donde per il contrario havevamo preso despiacere sentendo che la peste gli era<br />

principiata. Hora inteso che la <strong>di</strong>cta cità é sana et in bono essere et essergli alcuna<br />

cosa de sinistro, ne restiamo molto contenti et così ne persuademo et ren<strong>di</strong>amo certi<br />

essere per lo vero, et, se’l fusse altramente, non ce l’haveresti scripto per la mutua<br />

benivolentia et stricto legame che é fra la vostra illustrissima signoria et nuy. Et però<br />

nuy havemo facto revocare lo inter<strong>di</strong>cto et inhibitione facta sopra ciò in modo che li<br />

vostri et li nostri possono andare inante et indreto ad suo piacere. Ben confortiamo le<br />

prefate vostre spectabilità che voglino ad attendere ad conservare quella cità con ogni<br />

<strong>di</strong>ligentia acioché la con<strong>di</strong>tione non peiorasse; et quando quello accadesse, che Dio nol<br />

vogli, piaciane darne aviso che li possamo provedere che li nostri et vostri non se<br />

infectassero de tale morbo, perché sapeti bene quanto caso se ne debbe fare. Ex<br />

Me<strong>di</strong>olano, <strong>di</strong>e primo maii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

1309<br />

Francesco Sforza concede a Raimondo, castellano del ponte del Ticino a Pavia, <strong>di</strong> potersi<br />

assentare per quin<strong>di</strong>ci giorni, ma lasciando al suo posto il fratello Grazia<strong>di</strong>o e Melchione, suo<br />

cognato<br />

Raimondo, castellano pontis Tic(i)ni Papie.<br />

1454 maggio 2, Milano.<br />

Ra(i)mondo, siamo contenti che lassando in quella rocha in tuo loco Gratia<strong>di</strong>o, tuo<br />

fratello, et Melchione, tuo cognato, che attendano ala guar<strong>di</strong>a d’essa, siché in toa<br />

absentia non gli potesse occorere sinistro alcuno, te possi absentare et andare a<br />

Cremona per quindeci dì, l'andare, stare et retornare computati. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e ii<br />

maii 1454.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

1310<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al luogotenente e all’ufficiale delle munizioni <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> consegnare a<br />

Serafino da Lo<strong>di</strong> o a un suo messo 30 punte <strong>di</strong> ferro da mettere alle colonne del ponte che fa<br />

rifare a Soncino.<br />

Locuntenenti et officiali municionum Laude.<br />

1454 maggio 2, Milano.<br />

Siamo contenti et volimo che vuy debiati dare ad Sarafino da Lode o vero ad qualuncha<br />

suo messo ve mandarà xxx ponte de ferro per mettere alle colone del ponte, quale<br />

facimo refare ad Soncino et questo exequeti senza exceptione et contra<strong>di</strong>ctione<br />

alchuna. Me<strong>di</strong>olani ii may 1454.<br />

Nicholaus.<br />

Iohannes.


1311<br />

Francesco Sforza scrive al castellano <strong>di</strong> Vigevano <strong>di</strong> aver inteso che, dopo la ricevuta delle<br />

lettere ducali, é molto peggiorata la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Ambrogino <strong>di</strong> Magi, (segno del poco conto<br />

fatto degli scritti ducali). Gli comanda <strong>di</strong> rilasciare Ambrogino con ogni garanzia e beni tolti e<br />

sequestrati, con il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> dare molestie ad alcuno <strong>di</strong> loro, valendociò anche per delle spese<br />

fatte da un figlio <strong>di</strong> Maxono, imprigionato a Milano, e per spese nelle osterie <strong>di</strong> Gaudenzio Collo<br />

fatte da Lazzarino da Mandello e dal suo compagno; se, qualcuno si sente per ciò gravato,<br />

compaia davanti al duca che gli farà amministrare giustizia con rito sommario.<br />

Castellano nostro Viglevani.<br />

1454 maggio 1, Milano.<br />

Perché ne recor<strong>di</strong>amo l'altro dì haverne scripto circ’al facto de Ambroxino <strong>di</strong> Magi<br />

iustificatamente et inten<strong>di</strong>amo, da poy la receptione delle nostre lettere, havere peiorato<br />

molto soa con<strong>di</strong>tione dove la doveria megliorare (et questo procede per essere pocho<br />

estimato el nostro scrivere), volimo che, veduta la presente, relassi liberamente et<br />

senza alcuna exceptione esso Ambroxino <strong>di</strong> Mazi et ogne sua securtade et loro beni<br />

quolibet tolti o sequestrati; et per la <strong>di</strong>cta casone non li sii dato impazo né molestia ad<br />

alcuno <strong>di</strong> loro senza nostra special licentia; et finché te scriveremo, el simile <strong>di</strong>cemo per<br />

casone de alcune spexe fate per uno fiolo de Maxono steva in la presone in Milano et<br />

per spese facte in l’hostarie de Gaudencio Collo, hostero, per Lazarino da Mandello et<br />

suo compagno, et se nyuno se senti gravato comparano denazi a nuy, perché li faremo<br />

administrare rasone summaria et expe<strong>di</strong>ta. Data Me<strong>di</strong>olani, primo maii 1454.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

1312<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente e all’ufficiale delle munizioni <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> consegnare<br />

a Serafino da Lo<strong>di</strong> o a un suo messo trenta punte <strong>di</strong> ferro da mettere alle colonne<br />

del ponte che fa rifare a Soncino.<br />

Locuntenenti et officiali municionum Laude.<br />

1454 maggio 2, Milano.<br />

Siamo contenti et volimo che vuy debiati dare ad Sarafino da Lode overo ad qualuncha<br />

suo messo ve mandarà xxx ponte de ferro per mettere alle colone del ponte, quale<br />

facimo refare ad Soncino; et questo exequeti senza exceptione et contra<strong>di</strong>ctione<br />

alchuna. Me<strong>di</strong>olani, ii maii 1454.<br />

Nicolaus.<br />

Iohannes.<br />

1313<br />

Francesco Sforza avverte Sagramoro da Parma che gli uomini <strong>di</strong> Covo, Antignago, Fontanella e<br />

Barbata si sono portati da lui per lamentarsi dei gravi danni che fanno i soldati con tagliare erbe<br />

dai loro prati, mentre ve ne sono molte <strong>di</strong> selvatiche. Vuole che Sagramoro li ammonisca <strong>di</strong><br />

approfittare delle sole erbe selvatiche. Siccome quelli <strong>di</strong> Fontanella e Antignate aggiungono alle<br />

lagnanze la pretesa dei soldati <strong>di</strong> alloggiare nei borghi, vuole che Sagramoro provveda perché<br />

se ne stiano nei loro alloggiamenti.<br />

354r Sagramoro de Parma.<br />

1454 maggio 2, Milano.<br />

Sonno venuti qui da nuy li homini da Covo, Antignago, Fontanella et Barbata, quali se<br />

gravano del danno insupportabile gli danno li soldati vostri nele herbe <strong>di</strong> prati loro<br />

domesteghi, <strong>di</strong>cendo loro che gle sonno dele herbe salvatiche asay, quale porriano


tagliare. Pertanto volimo debiati provedere, or<strong>di</strong>nare et comandare ali vostri per modo<br />

non taglano le erbe <strong>di</strong> prati loro domesteghi, ma vadano ad taglare dele herbe<br />

salvatiche poiché gli ne sonno, como faciano gli altri; et faciano ad queli homini mancho<br />

danno sia posibile, et perché queli da Fontanela et Antignate se lamentano che queli<br />

vostri logiano in <strong>di</strong>cti luochi, essendo alogiati fino al presente nele terre, domandano<br />

alogiamento neli borgi, volimo debiati provedere che stagano in li logiamenti loro dove<br />

sonno stati fin al presente nela terra et non dagano molestia né inpazo veruno nelo<br />

borgo. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e ii maii 1454.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

1314<br />

Francesco Sforza informa Sceva de Curte e il referendario <strong>di</strong> Piacenza che Giovanni <strong>di</strong> Sandri <strong>di</strong><br />

Castelletto Cremonese é stato da lui per lagnarsi perché, per aver fatto condurre da terre non<br />

sforzesche della biada con la nave <strong>di</strong> Agostino della Gerola fin lì a Piacenza e poi volerla far<br />

arrivare a Cremona, gli é stata sequestrata la nave e richiesto il pagamento del dazio della biada<br />

che trasportava. Siccome avranno uno scritto del luogotenente <strong>di</strong> Cremona attestante che la<br />

biada ha per destinazione Cremona, il duca vuole che si lasci passare la nave con il suo carico<br />

<strong>di</strong> biada, merce non soggetta a dazio in quanto per <strong>di</strong>sposizione ducale le biade, prese in un<br />

altro paese e condotte in quello sforzesco, non sono soggette a dazio.<br />

Il 3 maggio si é fatta una simile lettera a favore <strong>di</strong> Giovanni de Cumis <strong>di</strong> Cremona e soci.<br />

1454 maggio 2, Milano.<br />

Domino Sceve de Curte et referendario Placentie.<br />

Giohanne <strong>di</strong> Sandri del loco del Casteleto <strong>di</strong> Cremonese é stato qua da nuy<br />

lamentandosse che, havendo luy conducto over facto condurre delle terre che a nuy<br />

non sono sottoposte una quantità de biava nella nave de Augustino dala Gierola fin lì a<br />

Piasenza per volerla condurre a Cremona, gli é stata sustenuta la nave in executione<br />

de altre nostre lettere, et anche gli fi domandato dacio <strong>di</strong> essa biava; il perché, havendo<br />

voy promessa dal <strong>di</strong>cto Giohanne, como ello vi farà havere dalo nostro locotenente de<br />

Cremona, uno rescripto como <strong>di</strong>cta biava sia conducta a Cremona, volemo, et per<br />

questa vi commettemo che, non obstante inhibitione alcuna in contrario, lassati et<br />

permettati liberamente et senza impe<strong>di</strong>mento alcuno, ac etiam senza pagamento <strong>di</strong><br />

dacio alcuno, passare la <strong>di</strong>cta nave con ogni quantità de biava gli fosse dentro,imperhò<br />

che l'or<strong>di</strong>ne nostro <strong>di</strong>spone che le biave che sonno levate d’altruy paese et conducte<br />

nel nostro non siano tenute ad pagamento <strong>di</strong> dacio alcuno. Data Me<strong>di</strong>olani, ii maii 1454.<br />

Iohannes Blanchus.<br />

Die iii maii similis littera pro Iohanne de Cumis de Cremona et sociis.<br />

Cichus.<br />

1315<br />

Francesco Sforza scrive al podestà <strong>di</strong> Valenza <strong>di</strong> consegnare il suo famiglio Battista da<br />

Montemonaco, fuggitosene da lui, al podestà <strong>di</strong> Sartirana, siccome lo vuole avere nelle sue mani<br />

per cosa importantissima dello stato.<br />

354v Potestati (a) Valentie.<br />

1454 maggio 2, Milano<br />

Havemo inteso che haveti in le mano ser Baptista da Montemonaco quale, como per<br />

uno nostro cavalario ve havemo facto significare, s’é fugito da nuy; et perché l’é nostro<br />

fameglio et già gran tempo stato in casa nostra et ne lo bisogna havere nele mano<br />

nostre per cosa importantissima al stato nostro, ve pregamo et confortiamo che’l vogliati<br />

consignare in mane del potestà de Sartirana senza contra<strong>di</strong>ctione, perché como<br />

havemo <strong>di</strong>cto l’é nostro homo et famiglio già gran tempo stato in casa nostra. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, ii maii 1454.<br />

Marcus.<br />

Cichus.


(a) Segue Bassignane depennato.<br />

13<strong>16</strong><br />

Francesco Sforza scrive al podestà e al castellano <strong>di</strong> Vigevano per dei misfatti, dei quali<br />

in<strong>di</strong>ziariamente ritiene autori i soldati <strong>di</strong> suo nipote Roberto alloggiati nel Novarese a Villanova, e<br />

or<strong>di</strong>na in particolare al castellano, lasciato il fratello alla guar<strong>di</strong>a delle fortezze, <strong>di</strong> portarsi con il<br />

podestà cautamente sul posto con uomini sufficienti a circondare detto luogo e, risparmiati i soli<br />

ragazzi per la cura dei cavalli, prenda i predetti soldati <strong>di</strong> Roberto e li tenga con sicurezza in<br />

prigione a Vigevano. Il duca vuole che non ba<strong>di</strong> se la lettera non é da lui sottoscritta, si attenga a<br />

quello che gli <strong>di</strong>ce il trombettiere Cristoforo appositamente lì inviatogli.<br />

Potestati et castellano Viglevani.<br />

1454 maggio 3, Milano.<br />

El’é stato commisso certo excesso, quale, secundo l’iu<strong>di</strong>cii et coniecture havemo<br />

havuto, é stato commisso per quelli de Roberto nostro nepote, quali stanno per<br />

logiamento a Villanova della iuris<strong>di</strong>cione de Novarese; per la qualcosa volimo che tu,<br />

Notariacomo in persona, lassando lì ala guar<strong>di</strong>a de quelle forteze tuo fratello, et<br />

insieme con lo potestà de quella terra andati al <strong>di</strong>cto loco de Villanova con tanti homini<br />

che bastino a circondare esso loco et intrarli dentro, et pren<strong>di</strong>ati tuti quelli del <strong>di</strong>cto<br />

nostro nepote, lassando stare solamente li regazi ala cura delli cavalli, et li menati in<br />

quella terra, et ti, castellano, gli metteray in presone in modo che non se ne possono<br />

fugire. Et questo sopra tuto che nel’andare vostro la faciati così secretamente et con<br />

tale <strong>di</strong>scretione che loro non lo vegnano a sentire perché se ne andariano con Dio. Et<br />

<strong>di</strong>cemo a ti, castellano, tu gli va<strong>di</strong> in persona, perché siamo certi che tu saperay<br />

mandare ad executione questa nostra voluntà; et non guarda che questa nostra lettera<br />

non sia sottoscripta de nostra propria mano, perché non l'havemo possuto sottoscrivere<br />

per le molte occupatione che havemo; et per questa casone man<strong>di</strong>amo 355r lì<br />

Christoforo, trombeta, informato della mente nostra, al quale crederiti circa ciò quanto<br />

ala persona nostra propria, avisandone poi como haveriti seguito. Me<strong>di</strong>olani, iii may<br />

1454.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.<br />

1317<br />

Francesco Sforza informa il commissario <strong>di</strong> Caravaggio della protesta avuta che i sodati,<br />

alloggiati a Treviglio, Caravaggio e Vailate, si sono portati a Casirate e ad Arzago con gran parte<br />

dei loro cavalli pascendoli <strong>di</strong> erbe e biade con gran danno della gente del posto. Il duca vuole<br />

che il commissario ammonisca i soldati <strong>di</strong> far ritorno ai loro alloggiamenti e <strong>di</strong>sponga che da<br />

ciascuno si assegnino prati dove i soldati possano far pascolare i propri cavalli senza recare<br />

ulteriori danni alla gente del luogo; nel caso che ancora ne facessero, conceda alla gente locale<br />

<strong>di</strong> rifarsi sui cavalli e la roba dei soldati.<br />

Commissario Caravagii.<br />

1454 maggio 3, Milano.<br />

Havemo recevuto querella che li soldati quali allogiano in Triviglio, Caravazo et Vaylà<br />

sonno partiti dali suoi alozamenti et andati ad Casirate et Arzago con la più parte delli<br />

cavalli loro, et l’hanno tagliati et pasciute et tagliano et pasceno tute le herbe et biade,<br />

guastando le stantie et le vigne <strong>di</strong> homini per modo che quelli che hanno le<br />

possessione non possono mandare li suoi massari ad lavorarle et ad stare nelle case<br />

loro; del che havemo preso admiratione et <strong>di</strong>spiacere assay, perché, havendo nuy facta<br />

la pace, non intendemo che ali homini nostri per li nostri medesmi non sia facto guerra,<br />

né volemo che questi hanno le possessione loro in questi lochi restino in tuto desfacti,<br />

como restariano havendo tute le gente d'arme de Giaradada ale spalle loro. Pertanto<br />

volimo che, havuta questa, debiati provedere et amonire <strong>di</strong>cti soldati che se levino delli<br />

<strong>di</strong>cti lochi et tornino ali logiamenti loro consueti, perché non saria honesto che questi tri<br />

lochi portassero la botta de tuta Giaradada. Ben ne pare, aciò anche quelli cavalli de<br />

quelle nostre gente habiano da vivere, che vuy or<strong>di</strong>nati, con quello honesto et aconzo


modo ve parerà, che quelli lochi, dove allogiano <strong>di</strong>cte nostre gente, ciaschaduno ali soi<br />

assigni qualche prati dove possano pascere li soi cavalli, como se fa altrove, il che<br />

facendo li soldati non haverano ad fare altro danno et, facendose or<strong>di</strong>natamente, cioé<br />

che ogniuno ne daghi ali soi, serà legiere cosa ad ogniuno, et nisuno se lamentarà<br />

perché havendo li soldati qualchi prati da pascere et la commo<strong>di</strong>tà delle herbe<br />

salvatiche, non volimo se impazano d'altro; pur quando facesseno danno altrove che<br />

nelle 355v prati gli serano assignati, siamo contenti conce<strong>di</strong> ali homini che gli togliano li<br />

cavalli et robbe loro. De questo nuy havemo advisato Colella et Anghelello qua; tu ne<br />

advisaray Antonello dal Borgo et li altri. Data Me<strong>di</strong>olani, iii maii 1454.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

1318<br />

Francesco Sforza comanda a Bertolucio da Gubbio, capitano della Campagna <strong>di</strong> Pavia, che per<br />

le bestie ammazzate a quelli <strong>di</strong> Santa Cristina, si porti con gli uomini del posto e, occorrendo,<br />

con altri, per catturare il famiglio ducale Farina, i suoi famigli e altri e portarli in prigione a Pavia.<br />

1454 maggio 3, Milano.<br />

Bartolutio de Eugubio, capitaneo campanee Papie.<br />

Perché sei informato de quelle bestie sonno state morte ali homini de Sancta Christina,<br />

volimo va<strong>di</strong> là et con quelli homini de Sancta Christina; et non bastando quelli ne habbi<br />

deli altri, siché possi pigliare el Farina, nostro fameglio et li famegli soi, et li altri che<br />

sonno stati ad quello, et così piglaray et menerali in presone ad Pavia. Et fa’ per modo<br />

che la cosa habia effecto che da ti non manchi. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e iii may 1454.<br />

Ser Facinus.<br />

Iohannes.<br />

1319<br />

Francesco Sforza vuole che Sceva de Curte, luogotenente <strong>di</strong> Piacenza, consenta a Schiavo da<br />

San Giovanni, compagno del conte Cristoforo Torello, <strong>di</strong> trasportare le biade fino a 25 sacchi<br />

che portava da Stradella a San Giovanni in Croce in virtù <strong>di</strong> una licenza che pur non portava la<br />

sottoscrizione ducale, siccome essa non é richiesta per chi conduce così poca biada per proprio<br />

uso e non fuori dal territorio ducale.<br />

(1454 maggio 3, Milano).<br />

Domino Sceve de Curte, locumtenenti Placentie.<br />

Conducendo dala Stratella a San Zohanne in Croce el Schiavo da San Zohanne,<br />

compagno del magnifico conte Christoforo Torello, certa biada con la nostra licentia,<br />

quando l’é stato lì gli é retenuta la <strong>di</strong>cta biada, perché la licentia non é sottoscripta de<br />

nostra mano secundo l’or<strong>di</strong>ne dato. Perché adunche nostra intentione non é che questo<br />

or<strong>di</strong>ne se extenda a simili homini, quali conducano così pocha biada per suo uso, ma a<br />

quelli che ne conducono in maiore quantità et fora del territorio nostro, siamo contenti et<br />

volimo che debiati lassare passare zoso el <strong>di</strong>cto Schiavo con le <strong>di</strong>cte biade fina ala<br />

quantità de sachi xxv, como se contene in la <strong>di</strong>cta licentia. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1320<br />

Francesco Sforza assicura il provve<strong>di</strong>tore e podestà <strong>di</strong> Bergamo <strong>di</strong> aver scritto al commissario<br />

perché faccia restituire le quattro cavalle cariche <strong>di</strong> ferro che i dazieri <strong>di</strong> Lecco hanno tolte a<br />

Giovanni <strong>di</strong> Val Seriana. Vuole che lo si avvisi se manca qualcosa,<br />

perché si capisca che non tollera ciò.<br />

356r Provisori et potestati Pergami.<br />

1454 maggio 3, Milano.


Ne rencrese molto, respondendo ad l’altra dela vostra magnificentia del modo tenuto<br />

per queli daciarii de Leuco in tuore quele iiii cavale carghe de ferro ad quelo Iohanne <strong>di</strong><br />

Val Seriana, et subito havemo scrito al nostro comissario lì che gli facia restituire ogni<br />

cossa senza ma(n)camento né spesa alcuna, et così siamo certi; et quando niente ne<br />

ma(n)casse, et ne siamo avisati, gli provederemo in forma che ogni persona cognosca<br />

che ne remcreseno cosse simile. Data Me<strong>di</strong>olani, iii maii 1454.<br />

Cichus.<br />

1321<br />

Francesco Sforza impone ai marchesi <strong>di</strong> Varzi che tre dei più importanti <strong>di</strong> loro si portino da lui<br />

non più in là <strong>di</strong> mercoledì venturo, ammonendoli <strong>di</strong> non ripetere l’inobbe<strong>di</strong>enza <strong>di</strong> altre volte,<br />

perché la farebbe loro scontare.<br />

Marchionibus Varcii.<br />

(1454 maggio 3, Milano).<br />

Per alcune cose che havemo ad conferire con vuy, volimo e ve coman<strong>di</strong>amo che<br />

debiati venire ala presentia nostra tri de vuy principali et siati qua da nuy al più tardo<br />

mercoridì proximo a venire, che sarà a octo del presente mese. Et non faciti como haviti<br />

facto delle altre volte che, havendove scripto non seti venuti, perché veramente ve<br />

faressemo intendere che non haveresti facto bene ad non obe<strong>di</strong>re. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1322<br />

Francesco Sforza vuole che Fiorentino <strong>di</strong> Firenze sia il giorno dopo, <strong>di</strong> mattina, da lui.<br />

Florentino de Florentia.<br />

1454 maggio 4, Milano.<br />

Perché havemo ad parlare cum ti et or<strong>di</strong>nare alchune cose quale intendarai, volemo<br />

domatina per ogni modo vegni ad noi; et non manchi per cosa al mondo. Me<strong>di</strong>olani, iiii<br />

maii 1454.<br />

Ser Fazinus.<br />

Cichus.<br />

1323<br />

Francesco Sforza comanda a Sceva de Curte, luogotenente <strong>di</strong> Piacenza, <strong>di</strong> sbloccare le due<br />

navi cariche <strong>di</strong> frumento che i signori <strong>di</strong> Carpi facevano menare giù per il Po e gli precisa che il<br />

<strong>di</strong>vieto generale contempla solo le biade che si conducono <strong>di</strong> là dall’Oglio.<br />

1454 maggio 4, Milano.<br />

356v Domino Sceve de Curte, locumtenenti Placentie.<br />

Facendo condure zoso per Po li magnifici signori de Carpi doe navate de fromento con<br />

nostra licentia, inten<strong>di</strong>amo che gli é stato retenuto per la inhibitione generale per nuy<br />

facta in questi dì; et perché non volimo che questa inhibitione se extenda se non per<br />

quelle biade che se conducano dellà da Oglio, ve comettiamo et volemo che debiati<br />

lassare condure zoso le <strong>di</strong>cte navate doe de frumento senza contra<strong>di</strong>ctione alcuna, non<br />

obstante alcuno or<strong>di</strong>ne in contrario. Data Me<strong>di</strong>olani, (a) iiii maii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue viii depennato.


1324<br />

Francesco Sforza avverte Francesco de Giorgio, commissario degli alloggiamenti nel Lo<strong>di</strong>giano,<br />

<strong>di</strong> aver scritto al podestà <strong>di</strong> Maledo circa i cavalli che toccano ai massari <strong>di</strong> Rabotto. Francesco<br />

provvederà che detti massari contribuiscano, per la parte loro, separatamente dagli altri<br />

1454 maggio 4, Milano.<br />

Francisco de Georgio, comissario super logiamentis in Laudense.<br />

Havemo scripto al potestate nostro de Maledo che te avisi della quantità <strong>di</strong> cavalli tocha<br />

ali massari da Rabotto che stanno in Maledo. Pertanto havuto <strong>di</strong>cto aviso volimo faci<br />

<strong>di</strong>cti massari contribuiscano per la rata loro, facendoli però pagare seperatamente delli<br />

altri, siché li homini d’arme vengano ad havere il debito suo. Data Me<strong>di</strong>olani, iiii maii<br />

1454.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

1325<br />

Francesco Sforza informa il podestà <strong>di</strong> Maledo della renitenza dei massari <strong>di</strong> Rabotto opposta,<br />

come lamentano gli uomini d’arme, al pagamento delle tasse loro dovute.<br />

Vuole che il podestà faccia sapere a Francesco Giorgio quanti cavalli spettano ai massari per il<br />

pagamento della relativa tassa.<br />

Potestati nostro Male<strong>di</strong>.<br />

(1454 maggio 4, Milano).<br />

L’homini d’arme che lozano lì a Maledo se lamentano che non pono essere satisfacti<br />

delle taxe loro, perché quelli homini <strong>di</strong>cono che li massari da Rabotto debeno pagare la<br />

parte soa che li tocha, quali pare non volino pagare; et perché nuy intendemo et volimo<br />

che <strong>di</strong>cti homini paghino la parte soa, te comettemo et volimo che subito debbii avisare<br />

Francisco Zorzo dela quantità delli cavalli tocha ali <strong>di</strong>cti massari, al qual havemo<br />

commisso che faci <strong>di</strong>cti massari paghino la rata soa. Data ut supra.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

1326<br />

Francesco Sforza sollecita Giovanni de Pontonibus in Pavia a concedere ad Andrea Dandolo,<br />

provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema, il co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> cui ha contrattato l’acquisto per un suo figlio che vuole darsi<br />

agli stu<strong>di</strong>. Il duca apprezzerebbe assai che nel clima <strong>di</strong> pace con Venezia si compiacessero i<br />

gentiluomini veneziani e si accordasse a Dandolo il co<strong>di</strong>ce da lui perorato, tenendo anche<br />

presente la <strong>di</strong>sponibilità ducale per procurargli un libro simile per un figlio <strong>di</strong> Giovanni.<br />

1454 maggio 4, Milano.<br />

357r Domino Iohanni de Pontonibus in Papia.<br />

Messer Andrea Dandalo, prove<strong>di</strong>tore de Crema, ne ha avisati che’l ha havuto pratica de<br />

comprare uno vostro co<strong>di</strong>cho per certo pretio, el quale desidera molto de havere per<br />

uno suo fiolo che vuole stu<strong>di</strong>are; et perché, essendo conclusa bona pace fra la illustre<br />

segnoria de Venesia et nuy, haveressemo a caro de fare ogni complacentia possibile a<br />

ciascuno de quelli gentilhomini venetiani, et consequenter vederessemo volentiera che’l<br />

<strong>di</strong>cto messer Andrea fusse provi(s)to de questo vostro libro, ve confortiamo lo vogliate<br />

fare portare qui o mandarlo per uno deli vostri fioli, et mandarne a <strong>di</strong>re la finale<br />

intentione vostra del pretio che ne voliti, perché ve ne farimo fare ben contento. Et in<br />

questo non vogliate manchare per l’afectione che ne portate, aciò possamo compiacere


al desiderio d’esso messer Andrea; et se per nuy se poterà fare cossa alchuna perché<br />

siate servito de un altro simile libro per vostro fiolo, faremo el tuto de bona voglia,<br />

acioché esso vostro fiolo non habia casone de perdere tempo. Et quanto più presto ne<br />

lo mandareti tanto maiore piacere ne sarà. Me<strong>di</strong>olani, quarto maii 1454.<br />

Cichus.<br />

1327<br />

Francesco Sforza informa il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che, in seguito a quanto ultimamente gli ha<br />

fatto sapere circa i soldati che stanziavano a Crema e che al presente sono andati ad alloggiare<br />

a Trebiano e in altre località lo<strong>di</strong>giane <strong>di</strong> là dall’Adda, oltre a ciò che avevano preso al<br />

Castelletto, ha scritto, come può intendere dalla copia dell’acclusa sua lettera, al governatore <strong>di</strong><br />

Crema. Vuole che anche lui si rivolga al detto governatore con il medesimo tono bonario e<br />

umano usato dal duca e gli man<strong>di</strong> un lo<strong>di</strong>giano <strong>di</strong> buona con<strong>di</strong>zione bene informato dei <strong>di</strong>ritti e<br />

della giuris<strong>di</strong>zione del Lo<strong>di</strong>giano, il tutto corroborato, se possibile, da quanto si <strong>di</strong>ce nelle lettere<br />

<strong>di</strong> Filippo M. Visconti. A tale scopo gli fa anche avere copia <strong>di</strong> un capitolo della pace appena<br />

conclusa perché possa eventualmente trovare altri spunti a favore dei Lo<strong>di</strong>giani.<br />

Domino locumtenenti Laude.<br />

1454 maggio 4, Milano.<br />

Respondendo ad quanto ne scrivesti ad questi dì passati deli soldati che solevano stare<br />

in Crema, quali sonno venuti ad allogiare ad Trebiano et ad altri lochi del Lodesano<br />

dellà d'Adda, et de quello havevano preso al Casteleto, havemo deliberato <strong>di</strong> scrivere al<br />

governatore de Crema quanto vedriti per la copia introclusa. Et perché non inten<strong>di</strong>mo al<br />

presente asprezare con luy né movere nova lite, (a) anzi andarli piacevolmente, como<br />

potiti comprehendere per le nostre lettere, a nuy pare et volimo che voy debbiati<br />

scrivere per vostra parte al pre<strong>di</strong>cto governatore più bonamente et humanamente<br />

potriti, piliando la instrutione dale nostre lettere; et cum esse vostre et nostre littere<br />

mandarli uno deli nostri citatini de Lode de bona con<strong>di</strong>tione, non superbo né altero, ma<br />

humano et bene informato dele ragione et iuris<strong>di</strong>tione del Lodesano, cum tale<br />

instructione da voy che’l sappia allegare et domandare la ragione sua. Et se potesseno<br />

havere o trovare qualche lettere o iu<strong>di</strong>cio o declaratione d'una <strong>di</strong>ffinitione qual altre volte<br />

al tempo del duca passato fu facta per propria et simile cagione in favore de Lodesani<br />

seria bene. Ve man<strong>di</strong>amo etiam<strong>di</strong>o la copia d’uno capitolo se contene in la pace<br />

novamente contracta, ad ciò che acchadendo in questa materia se possa allegare. Et<br />

de quanto acchaderà avisatice per vostre lettere. Me<strong>di</strong>olani, iiii may 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue anda depennato.<br />

1328<br />

Francesco Sforza fa presente ad Andrea Dandolo, provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema, che s’erano portati da<br />

lui dei citta<strong>di</strong>ni lo<strong>di</strong>giani e dei conta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> là dell’Adda per lagnarsi dei danni subiti dai soldati già<br />

stanziati a Crema andatisi ad alloggiare a Robiano e in altri luoghi del Lo<strong>di</strong>giano con i loro cavalli<br />

e che avevano anche preso un lo<strong>di</strong>giano del Castelletto dell’abbazia <strong>di</strong> Cerreto con il pretesto<br />

che detti uomini sono del Cremasco. Ad evitare che sorgano motivi <strong>di</strong> rancore fra gli sforzeschi e<br />

i suoi uomini, invita il Dandolo a prestare attenzione a quanto gli riferirà circa i <strong>di</strong>ritti dei Lo<strong>di</strong>giani<br />

l’uomo che si porta da lui in modo da favorire un suo intervento per evitare motivi <strong>di</strong> contesa dei<br />

suoi uomini con quelli sforzeschi.<br />

357v Andree Dandulo, provisori Creme.<br />

1454 maggio 4, Milano.<br />

Sonno venuti ad nuy alcuni deli nostri citatini Lodesani, et anche conta<strong>di</strong>ni dellà d’Adda,<br />

ad significarne che non senza loro danno et <strong>di</strong>sconcio assay li soldati vostri che<br />

stavano a Crema sonno andati a Robiano et ad altri lochi del Lodesano con loro cavalli<br />

ad allogiare; et più ultra presero uno homo del Casteleto del'abbatia de Cerreto pur de<br />

Lodesana sotto pretexto che siano de Cremasca, che potria facilmente occorrere per<br />

errore et contraria informatione. Et benché per tale cosete ne par verun’altra potesse


may nascere né intervenire cosa alcuna quale ne facesse pensare altro cha vivere in<br />

pace et bona tranquilità et ben vicinare con la vostra illustrissima signoria, pur per<br />

tollere ogni rancore et <strong>di</strong>fferentia potesse nascere fra li vostri homini et li nostri et anche<br />

per levarne el te<strong>di</strong>o ne dano li nostri per questo facto, ve confortiamo et pregamo che<br />

vogliati ben intendere dal presente portatore le ragione ve allegarà sopra questa<br />

materia; et siando tale che ve satisfacia, como credemo, piacciavi fare stare li vostri neli<br />

termini per fugire ogni cagione <strong>di</strong> scandalo, avisandove che quando siati facto ben<br />

chiaro che le <strong>di</strong>cte terre et lochi siano Lodesane, se offerimo de bon animo non<br />

solamente in quelle ma in tutte l'altre nostre fare ogni piaciere et aconcio a voy et ali<br />

vostri; et non manche che ali nostri, rendendoci certi che siati de medesimo animo et<br />

opinione verso nuy et cose nostre. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e iiii maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Franciscus Sfortia Vicecomes dux et cetera.<br />

Cichus.<br />

1329<br />

Francesco Sforza risponde a Sceva de Curte <strong>di</strong> aver <strong>di</strong>sposto che i buoi che sono nel Piacentino<br />

siano condotti a Cassano. Per ciò che riguarda i trasporti, vuole che accuratamente si informi su<br />

quelli che si possono fare e con quale guadagno, avvisandone poi Bartolomeo da Cremona,<br />

Circa l’ufficio <strong>di</strong> Castell’Arquato promesso a suo fratello, il duca vuole che ne parli con Tiberto<br />

Brandolini per sapere se é <strong>di</strong>sposto a concederlo almeno per un anno. Gliene parli lo stesso<br />

Sceva in modo che Tiberto non sospetti che, dopo avergli dato quel territorio, il duca voglia<br />

quell’ufficio per lui.<br />

Provveda ad ammonire, come gli pare, quelli del capitano del <strong>di</strong>vieto per i loro comportamenti.<br />

Domino Sceve De Curte.<br />

1454 maggio 4, Milano.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere de dì 25 et 26 del passato et inteso quello ne scriveti;<br />

alle quale respondendo: primo, ala parte delli nostri bovi sonno in Piasentina, li quali<br />

<strong>di</strong>ceti havere inteso volere essere conducti altrove, et cetera, <strong>di</strong>cemo che nuy havemo<br />

or<strong>di</strong>nato che siano conducti ad Cassano, siché ad questa parte non bisogna <strong>di</strong>re altro;<br />

ala parte delle victure, et cetera, <strong>di</strong>cemo che debiati con quello stu<strong>di</strong>o et <strong>di</strong>ligentia sia<br />

possibile informarvi che victure possono essere facte et quello ne é guadagnato, et ne<br />

advisati Bartolomeo da Cremona. Ala parte dell’officio de Castelloarquate, quale<br />

havevamo promesso per vostro fratello, et cetera, ve <strong>di</strong>cemo che vuy, come da vuy, ne<br />

posseti tocare qualche cosa con domino Thiberto per vedere se almanco per uno anno<br />

ve 358r lo volesse concedere, <strong>di</strong>cendo che l’havevati havuti da nuy con quello bono et<br />

honesto modo ve parirà; ma parlategli honestamente per modo che, havendogli nuy<br />

dato la terra, non paresse volessemo lo offitio per nuy. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e iiii maii<br />

1454. Delli deportamenti fanno quelli del capitano del deveto vogliati admonirli como ve<br />

pare necessario. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

1330<br />

Francesco Sforza vuole che il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> consenta al lo<strong>di</strong>giano Boxo de Vitulo,<br />

relegato a Pavia e ora graziato dal duca, <strong>di</strong> attendere come gli altri agli affari suoi.<br />

La stessa grazia ha concesso a Lorenzo de Cademustis.<br />

Locumtenenti nostro Laude.<br />

(1454 maggio 4, Milano).<br />

Volendo nuy <strong>di</strong>spensare la gratia nostra con Boxo de Vitulo, nostro cita<strong>di</strong>no Lodesano<br />

et relegato a Pavia, siamo contenti et gli havemo concessa licentia ch’el possa<br />

retornare a casa sua et repatriare et fare li facti soi, como fanno li altri nostri cita<strong>di</strong>ni.<br />

Siché lassaritelo venire, stare et andare como l’altri, admonendolo che atten<strong>di</strong> ad ben<br />

vivere et pacificamente. Data ut supra.


Ser Iacobus.<br />

In simili forma pro Laurentio de Cademustis.<br />

Cichus.<br />

1331<br />

Francesco Sforza avverte il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> avere, nonostante imputazioni <strong>di</strong> frode <strong>di</strong><br />

sale, <strong>di</strong> biade e <strong>di</strong> altro genere, concesso, per compiacere Paolo Bracco, la libertà a Comino e<br />

Dannoto, fratelli <strong>di</strong> Tinelli, e a Bellino Brambilla. Provveda che non venga dato loro alcun<br />

impaccio.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1454 maggio 4, Milano).<br />

Per compiacere a Paulo Bracho habiamo concesso licentia et gratia a Comino et<br />

Dannoto, fratelli <strong>di</strong> Tinelli, et a Bellino de Brambilla che possino retornare a stare et<br />

repatriare a casa soa in quella nostra cità liberamente et senza impazo alcuno, non<br />

obstante alcuna imputatione de froxa de sale, de biade o de qualunque altre froxe; la<br />

quale per tenore de questa gli havemo remissa et remettemo liberamente. Per la qual<br />

cosa volimo che, venendo loro lì, non gli lassate fare impazo né novità alcuna; ymo se<br />

alcuna gli ne fosse facta, faretila liberamente revocare. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1332<br />

Francesco Sforza ammonisce i marchesi, il comune e gli uomini <strong>di</strong> Varzi <strong>di</strong> non volere che per<br />

sostenere, chi prete Boniforte Brancazolo da Pavia, procuratore <strong>di</strong> Maffeo <strong>di</strong> Vegi, e chi<br />

Panatero da Crema a causa della chiesa <strong>di</strong> San Germano, si ricorra alle armi, ma vuole che si<br />

avvertano i due preti <strong>di</strong> portarsi dal duca, che amministrerà giustizia a colui cui spetta.<br />

1454 maggio 4, Milano.<br />

358v Marchionibus, communi et hominibus Varcii.<br />

Havendo nuy inteso che'l vertisse una <strong>di</strong>fferentia fra uno prete Boniforte Brancazolo da<br />

Pavia, procuratore de domino Mafeo <strong>di</strong> Vegii, et il venerabile prete Antonio Panatero de<br />

Crema per cagione dela chiesa de San Germano, per la quale <strong>di</strong>fferentia alcuni de vuy<br />

homini se moveno et pigliano l’arme ad instantia dele parte, che a nuy é molto spiazuto,<br />

volimo et ve comettemo che veruno non ar<strong>di</strong>sca de vuy né presuma de impazarse dela<br />

<strong>di</strong>cta <strong>di</strong>fferentia ad instantia de alcuna delle parte. Et questo a pena della desgratia<br />

nostra, admonendo per nostra parte li pre<strong>di</strong>cti duy preti che subito vengano da nuy,<br />

perché volimo intendere la causa e far ministrare ragione a chi l'haverà. Data Me<strong>di</strong>olani,<br />

iiii maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1333<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà e al castellano <strong>di</strong> Varzi <strong>di</strong> andare da lui con tre dei principali<br />

marchesi del luogo per <strong>di</strong>scutere e sistemare le faccende locali oggetto <strong>di</strong> continue lamentele.<br />

Dicano al prete Boniforte Brancazolo da Pavia e al prete Antonio Panatero da Crema <strong>di</strong> portarsi<br />

da lui, intendendo sentire il motivo della vertenza che li contrappone per la chiesa <strong>di</strong> San<br />

Germano pretandendo che i marchesi e gli uomini <strong>di</strong> lì non si impiccino in detta vertenza.<br />

Potestati et castellano Varcii.<br />

(1454 maggio 4, Milano).<br />

Deliberando nuy de conzare le cose de là in modo che ogni dì non sentiamo tante<br />

novelle né lamenti da voy né da altri, havemo scripto a quelli marchexi che subito<br />

mandano qua da nuy tri deli loro principali; et così volimo che ancora vuy duy vegnati et<br />

ve trovati qua con loro per meglio <strong>di</strong>scutere quanto serà a fare et or<strong>di</strong>nare. Ulterius


volimo et ve comettemo che debiati admonire per nostra parte prete Boniforte da<br />

Branchazolo da Pavia, et anche el venerando prete Antonio Panatero da Crema, che<br />

vengano qua da nuy perché volimo intendere la <strong>di</strong>fferentia vertisse fra loro per la giesa<br />

de San Germano, admonendo etiam<strong>di</strong>o li marchexi et homini de quella terra che per<br />

quanto hanno cara la gratia nostra non se impazano della <strong>di</strong>cta <strong>di</strong>fferentia né per l'una<br />

parte né per l'altra, como nuy etiam<strong>di</strong>o li scrivemo. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1334<br />

Francesco Sforza loda il castellano e il podestà <strong>di</strong> Vigevano per come si sono comportati nel<br />

prendere i famigli del nipote Roberto. Raccomanda loro che, accuratamente, con le buone e con<br />

le cattive, ma senza pestaggi, scoprano gli eccessi e i furti commessi da ognuno <strong>di</strong> loro e se<br />

in<strong>di</strong>viduassero alcuni chiaramente innocenti, li liberino. Esaminino con particolare cura Trionfo,<br />

perché, pur se si é <strong>di</strong>chiarato più volte non colpevole, dev’essere stato lui il capo delle cavalcate.<br />

Confida nel buon risultato dell’or<strong>di</strong>ne dato al trombettiere Cristoforo per scoprire gli altri cinque,<br />

che erano assenti se non per essere parte <strong>di</strong> un’altra cavalcata.<br />

1454 maggio 5, Milano.<br />

359r Castellano et potestati nostris Viglevani.<br />

Havemo recevuto la vostra lettera responsiva ala nostra et per quella, inteso quello<br />

modo haveti tenuto in prendere li famigli de Roberto, nostro nepote, et del’or<strong>di</strong>ne<br />

lassato al governo deli cavalli, respondemo che ne piace et haviti seguito a puncto<br />

quello che era la voluntà nostra circa ciò, dela qual cosa ve comen<strong>di</strong>amo. Et perché ne<br />

deliberamo trovare li excessi et robbarie commisse per <strong>di</strong>cti famigli, volimo che li<br />

examinati ad uno ad uno et con bone parole, menaze et metterli pagura, et ogne altro<br />

megliore modo ve parerà expe<strong>di</strong>ente, purché non li metiati le mano adosso, ve<strong>di</strong>ati<br />

sapere et intendere da loro tuti li excessi et robbarie hanno commisso et che sanno sia<br />

stato commisso; et facto questo examine, se trovareti che gli ne sia alcuno che<br />

giaramente cognoscati innocente, siamo contenti lo liberati; ma che prima habiati ben<br />

chiaramente che sia innocente. L’altri volimo tegnati così, et ne avisati tuto quello<br />

haveriti trovato in questo; et sopra l'altri ve<strong>di</strong>ti examinare molto bene Triumpho, perché<br />

luy debbe essere stato capo de queste cavalcate. Del’or<strong>di</strong>ne haveti lassato a<br />

Christoforo, (a) nostro trombetta, per havere l’altri cinque erano absenti, ne piace et<br />

credemo gli haverà, perché non dubitamo ch’erano absente per niuna altra casone che<br />

per qualcha cavalcata dovevano essere andati ad fare; possendoli havere, fareti de loro<br />

como havemo <strong>di</strong>cto faciati del'altri haviti in presone. Nuy <strong>di</strong>cemo de Triumpho perché<br />

ne habia ben più volte facto scusa che non é culpevole; siamo certi luy sia consentiente<br />

et habia havuto noticia de questi excessi como principale de loro famigli. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e v maii 1454.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue vostro depennato.<br />

1335<br />

Francesco Sforza informa il podestà <strong>di</strong> Piacenza che, un tempo, per una vertenza tra Filippo<br />

dalle Roxe e il famiglio ducale Niccolò da Piacenza per della roba <strong>di</strong> Paulello dalle Roxe, furono<br />

date delle garanzie per cento ducati da Niccolò, ma Filippo, pur convocato plurime volte dal<br />

duca per esporre i suoi <strong>di</strong>ritti, non si é mai presentato.<br />

Siccome ora Niccolò pretende l’annullamento <strong>di</strong> dette garanzie, il duca comanda al podestà <strong>di</strong><br />

dar seguito alla richiesta <strong>di</strong> Niccolò e, se si dovesse far avanti Filippo, gli coman<strong>di</strong> <strong>di</strong> portarsi dal<br />

duca che gli amministrerà giustizia.<br />

359v Potestati Placentie.<br />

1454 maggio 4, Milano.<br />

Vertendose altra volta certa <strong>di</strong>fferentia fra Filippo dale Roxe et Nicolò da Piasenza,<br />

nostro fameglio, per casone de certa robba che fo de Paulello dale Roxe, forono date


alcune securtate per <strong>di</strong>cto Nicolò de cento ducati, como tu dey essere informato; et<br />

havendo nuy più volte facto comandare al <strong>di</strong>cto Filippo che venga da nuy per defendere<br />

la rasone soa, may non gli é venuto. Per la qualcosa essendo mò rechiesti dal <strong>di</strong>cto<br />

Nicolò che vogliamo far cancellare et liberare <strong>di</strong>cte securtate, parendone ragionevele,<br />

te <strong>di</strong>cemo et così te coman<strong>di</strong>amo che fazi liberamente cancellare <strong>di</strong>cte securtate, (a)<br />

non lassandoli deinde fargli impazo veruno per casone de <strong>di</strong>cte robbe. Ma s’el prefato<br />

Filippo dapuoi se tenesse gravato de questo, comandaragli che venga (da) nuy perché<br />

gli farimo administrare rasone. Data Me<strong>di</strong>olani, iiii maii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

(a) parendone ragionevele, te <strong>di</strong>cemo et così te coman<strong>di</strong>amo che fazi liberamente<br />

cancellare <strong>di</strong>cte securtate ripetuto.<br />

1336<br />

Francesco Sforza ha scritto a Giacomo Bolognino, castellano <strong>di</strong> Sant’Angelo <strong>di</strong> mandar presto<br />

gli un<strong>di</strong>ci capponi, che lasciarono presso <strong>di</strong> lui i siniscalchi ducali. Se può avere degli altri<br />

capponi, glieli man<strong>di</strong>, perché lui gliene salderà il prezzo. Gli faccia avere tutti i capponi da uno <strong>di</strong><br />

lì su un cavallo bastito.<br />

Iacobo Bologninii, castellano Sancti Angeli.<br />

1454 maggio 5, Milano.<br />

Scriptum fuit quod mittat cito un<strong>di</strong>cim caponos, quos penes eum <strong>di</strong>misserunt seschalchi<br />

ducales; et quod si ipse potest habere plures caponos, quod mittat eos, quia satisfiet<br />

mentio de precio ipsorum caponorum, et quod mittat suprascriptos caponos per unum<br />

habitantem illius terre super uno equo a basto. Me<strong>di</strong>olani, v maii 1454.<br />

Iohannes Blanchus.<br />

Cichus.<br />

1337<br />

Francesco Sforza vuole che il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> procuri <strong>di</strong> avere, all’insaputa <strong>di</strong> tutti, tra le<br />

mani un tal Luca Albanese, famiglio ducale, che fu con il conte Giacomo e s’é sposato a Lo<strong>di</strong>, e<br />

faccia in modo che non fugga. Se non stesse lì, ma capitasse nella sua giuris<strong>di</strong>zione, cerchi con<br />

il massimo impegno <strong>di</strong> prenderlo ed eviti a ogni modo che per sua negligenza gli sfugga, perché<br />

ciò gli procurerebbe un grave <strong>di</strong>sappunto nei suoi riguar<strong>di</strong>.<br />

Domino locuntenenti Laude.<br />

1454 maggio 5, Milano.<br />

Carissime noster, essendo lì uno Luca Albanese, nostro famiglo, quale stete cum el<br />

conte Iacomo et ha tolto mugliera lì in Lode, volemo ogni modo et via senza che nisuno<br />

el sappia haverlo et metterlo in luocho che non se fugia, et advisarne subito de quanto<br />

haverai facto. Et non gli essendo et capitando nella tua iuris<strong>di</strong>cione, 360r vide haverlo<br />

et fare quanto havemo <strong>di</strong>cto; et per haverlo metti ogni tuo stu<strong>di</strong>o, pensiero et vigilantia,<br />

siché se habia per ogni modo; et vede che per tua colpa et defecto non manchi sì de<br />

haverlo sì anche de tenerlo: che, manchando da ti, non te voramo mai più bene, et<br />

daramote ad intendere non havissi facto bene né poteriti fare cosa più ne rencressesse,<br />

et cussì haverai cura et guar<strong>di</strong>a ali cavalli, arme et cosse sue. Me<strong>di</strong>olani, v maii 1454.<br />

Cichus.<br />

1338<br />

Francesco Sforza vuole che Gracino da Pescarolo e il referendario <strong>di</strong> Pavia approntino per il<br />

prossimo mercoledì due navi con marinai e remi, l’una per il vescovo <strong>di</strong> Novara, capace <strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci<br />

persone, che andrà fino a Bologna e l’altra per Guarnerio Castiglioni, capace <strong>di</strong> trenta persone,<br />

che andrà fino a Venezia. Gli si comunichi entro domani l’ammontare della spesa.<br />

1454 maggio 5, Milano.<br />

Domino Gracino de Piscarolo et referendario Papie.


Havendo a cavalcare in li nostri servicii non <strong>di</strong> pocha importantia, cioé el reverendo<br />

monsignore da Novara a Roma et el spectabile domino Guarnerio, nostri consiglieri, a<br />

Venetia, volimo che subito debiati far aparechiare doe nave et metterle in puncto de<br />

navaroli et remi e remare honoratamente, et siano in puncto mercorì proximo a venire<br />

senza fallo; cioé una per lo <strong>di</strong>cto monsignore capace de do<strong>di</strong>ci persone, et andarà (a)<br />

sin a Bologna et subito potrà retornare indreto. L'altra de domino Guarnero, capace de<br />

trenta persone, et andarà fino a Venetia et subito potrà etiam retornare indreto;<br />

avisandone domane per tuto’l dì quanto potrà montare la spexa (b) d’esse nave doe<br />

per l'andata <strong>di</strong>cta de sopra. Data Me<strong>di</strong>olani, v maii 1454, hora 4 noctis.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue subito depennato.<br />

(b) Segue l’andata depennato.<br />

1339<br />

Francesco Sforza ricordato ad Antonio de Sicchis, commissario <strong>di</strong> Geradadda, l’or<strong>di</strong>ne circa le<br />

erbe da dare alle genti d’arme, fa presente che Colella da Napoli si lamenta che lui non può<br />

avere foraggio in alcun modo per cui é anche <strong>di</strong>sposto a starsene a Treviglio se gli si dà<br />

possibilità <strong>di</strong> rimanere. Il duca vuole che si povveda dove può tenere i cavalli e gli si faccia avere<br />

erbe perché non abbia cagione <strong>di</strong> procurare danni.<br />

1454 maggio 6, Milano.<br />

360v Antonio de Sichis, comissario Glareabdue.<br />

Sapeti quanto ve havemo scripto del’or<strong>di</strong>ne se ha ad observare in dare l’erbe ale gente<br />

d'arme nostre sono in Giaradada; et perché Colella da Napoli se grava che luy per li soi<br />

non ne pò havere né con or<strong>di</strong>ne né senza or<strong>di</strong>ne, et luy se oferisse stare in Trivì<br />

quando gli sia proveduto che’l gli possa stare, et dato del'herba secundo l'or<strong>di</strong>ne é che<br />

se gli se farà questo de pagare ogne danno facessero li soi, volimo che prove<strong>di</strong>ati che<br />

<strong>di</strong>cti da Crema gli provedano dove possa tenere li cavalli; et così gli faciati provedere de<br />

herba aciò non habiano casone andare guastando (a) le biave, et facendo damno<br />

al’homini. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e vi maii 1454.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue l’erbe depennato.<br />

1340<br />

Francesco Sforza manda al bolognese Ludovico Malvizio le da lui richieste lettere <strong>di</strong> passo per<br />

40 cavalli, <strong>di</strong>cendosi sempre <strong>di</strong>sposto ad accontentare lui e la comunità <strong>di</strong> Bolopgna.<br />

Lodovicho Malvitio Bononiensi.<br />

(1454 maggio 6, Milano).<br />

Inteso quanto per vostre ne scriveti et la rechiesta ne fate, ve man<strong>di</strong>amo le lettere de<br />

passo per li quaranta cavalli, secundo n’havete rechiesto, et de bona voglia; et tanto de<br />

questo quanto altro vogliati per vuy et quella magnifica comunità de Bonogna, quale<br />

con tanta instantia ne recoman<strong>di</strong>ate, sempre siamo <strong>di</strong>sposti ad compiacervi et con bono<br />

animo. Data ut supra.<br />

Ser Facinus.<br />

Cichus.<br />

1341<br />

Francesco Sforza, siccome gli uomini d’arme alloggiati a Caravaggio non hanno <strong>di</strong> che<br />

mantenere i loro cavalli, vuole che il commissario locale faccia loro dare delle erbe <strong>di</strong> campo<br />

selvatiche e, non bastando queste, faccia in modo che abbiano pure delle erbe domestiche<br />

sufficienti per il loro nutrimento.<br />

A chi si lamenta perché lui ha concesso ogni bene a Seco, risponde che se qualcuno ha <strong>di</strong> che<br />

riven<strong>di</strong>care da lui, lui, commissario gli amministri giustizia.


361r Comissario Caravagii.<br />

(1454 maggio 6, Milano).<br />

Perché se sonno lamentati da nuy l’homini d’arme nostri lozati in Caravazo che non<br />

hanno da dare manzare ali loro cavalli, et che per quelli nostri homini gli é prohibito che<br />

non mandano ad saccomano, te <strong>di</strong>cemo, perché é pur necessario providerli per lo<br />

vivere delli <strong>di</strong>cti cavalli, gli fazi dare delle herbe de campi salvatiche fin ad bastanza del<br />

vivere d’essi cavalli; et non bastando le <strong>di</strong>cte herbe salvatiche, siamo contenti gli faci<br />

dare delle domestiche, siché ne habiano ad sufficientia per uso delli <strong>di</strong>cti cavalli,<br />

providendo che da poi non se faza damno alcuno. Apresso, perché nuy havemo havuto<br />

lamenta della lettera che nuy habiamo concessa ad ogne bene Secho, te <strong>di</strong>cemo che<br />

per esse lettere non intendemo nuy tollere le rasone de veruno, imo se alcuno<br />

pretendesse havere da esso, volimo che, non obstante la <strong>di</strong>cta nostra lettera, ministri<br />

rasone ad chi debbe havere contra d’esso ogni bene. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1342<br />

Francesco Sforza scrive al comune e agli uomini <strong>di</strong> Caravaggio che agli uoimini d’arme lì<br />

sistemati, che si lametano <strong>di</strong> non avere da mangiare per i cavalli, concedano <strong>di</strong> poter andare a<br />

prendere delle erbe per il sostentamento delle loro bestie.<br />

Comuni et hominibus Caravagii.<br />

(1454 maggio 6, Milano).<br />

Perché se sono lamentati da nuy quelli homini d’arme sonno alozati lì in quella nostra<br />

terra che non hanno ad dare da manzare ali suoi cavalli, et che vuy gli haviti prohibito<br />

che non mandano fora ad saccomano, ve <strong>di</strong>cemo, perché é pur necessario che<br />

habiano da dare da manzare ali suoi cavalli, vogliati provederli in qualche loco manco<br />

damnoso a vuy dove possano mandare ad tore delle herbe per il vivere delli <strong>di</strong>cti cavalli<br />

per qualchi dì, finché nuy gli provederemo de altro; siché non ve darano questa briga.<br />

Data ut supra<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1343<br />

Francesco Sforza fa presente al podestà <strong>di</strong> Caravaggio che le lettere concesse a Ognibene<br />

Seco non sono in pregiu<strong>di</strong>zio dei <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> nessuno.<br />

361v Potestati Caravagii.<br />

1454 maggio 6, Milano.<br />

Le nostre lettere più misi sonno concesse al nobile Ognibene Secho volimo non se<br />

intendano concesse in preiu<strong>di</strong>tio de nisuno, et così le interpetray che non é intentione<br />

né voluntà nostra per compiacere ad esso Ognibene preiu<strong>di</strong>care ad nisuno altro, né in<br />

preiu<strong>di</strong>tio d’altri concesse; et questa é la voluntà nostra, la quale observaray<br />

<strong>di</strong>ligentemente. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e vi maii 1454.<br />

Ser Facinus.<br />

Cichus.<br />

1344<br />

Francesco Sforza scrive a Biagio da Clivate, podestà <strong>di</strong> Geradadda, <strong>di</strong> volere che il maniscalco<br />

ducale magistro Annibale abbia i 21 ducati d’oro che gli doveva dare il quondam Giacomino<br />

Garzo dai denari avuti dal comune, denari che, secondo quanto il referendario <strong>di</strong> Pavia aveva<br />

scritto al podestà, dovevano darsi a Giovanni Luchino Bottigella.<br />

(1454 maggio 6, Milano).


Blaxio de Clivate, potestati nostro Glarolarum.<br />

Havemo recevuto la toa Iettera responsiva ala nostra circa’l facto delli ducati vintiuno<br />

d'oro doveva havere magistro Aniballe, nostro mariscalcho, dal quondam Iacomino<br />

Garzo, quale t’havemo scripto gli fazi satisfare delli <strong>di</strong>nari doveva havere il <strong>di</strong>cto<br />

Iacomino da quello nostro comune; li quali <strong>di</strong>nari <strong>di</strong>ce che’l nostro referendario de Pavia<br />

t’haveva scripto facessi numerare ad Iohanne Luchino Buttigella, et cetera. Ala quale<br />

respondendo te <strong>di</strong>cemo che nostra intentìone é, et così exequiray, che <strong>di</strong>cto magistro<br />

Aniballe sia primo satisfacto de quello doveva havere dal <strong>di</strong>cto quondam Iacomino<br />

Garzo; et così lo faray pagare del resto dovesse havere. Il <strong>di</strong>cto quondam Iacomino<br />

<strong>di</strong>sponeray como te sarà scripto et or<strong>di</strong>nato per esso nostro referendario; ma primo<br />

volimo sia pagato esso maestro Aniballe, como anche nuy scrivemo al <strong>di</strong>cto nostro<br />

referendario. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

1345<br />

Francesco Sforza informa il referendario <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> aver or<strong>di</strong>nato al podestà dalle Gerole <strong>di</strong><br />

provvedere al pagamento dei 21 ducati d’oro spettanti a magistro Annibale, ducati che doveva<br />

avere dal quondan Giacomino Garzo dalle Gerole dai denari che gli erano dovutii dal locale<br />

comune, ma che lui, referendario, aveva assegnati a Giovanni Luchino Bottigella.<br />

362r Domino referendario Papie.<br />

(1454 maggio 6, Milano).<br />

Dovendo havere magistro Aniballe, nostro mariscalcho, ducati vintiuno d'oro dal<br />

quondam Iacomino Garzo dalle Gerole del <strong>di</strong>stricto de quella nostra cità, nuy havevamo<br />

scripto al potestà nostro de quella terra che facesse pagare esso magistro Anibale de<br />

certi <strong>di</strong>nari doviva havere il <strong>di</strong>cto quondam Iacomino dal comune d’essa nostra terra<br />

delle Gerole; il quale potestà ne respon<strong>di</strong> como vuy havevati assignati quelli <strong>di</strong>nari ad<br />

Iohanneluchino Buttigella, unde, perché nostra intentione é, parendone così sia debito<br />

et rasonevele, che esso magistro Aniballe sia primo satisfacto, ve avisamo che havemo<br />

scripto al <strong>di</strong>cto nostro potestà delle Gerole lo faci pagare, et così <strong>di</strong>cimo a vuy. Ma del<br />

resto dovesse havere il <strong>di</strong>cto Iacomino, quale restasse ala Camera nostra, prove<strong>di</strong>ti al<br />

<strong>di</strong>cto Iohanneluchino, o come ve parà necessario. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

1346<br />

Francesco Sforza avverte il conte Bolognino, castellano del castello <strong>di</strong> Pavia, che, venendo lì in<br />

visita della città il gentiluomo veneziano Bertuzo da Cacabriello, vuole che gli si faccia festosa<br />

accoglienza e gli si assegnino tre delle più belle camere ducali del castello, ove possa alloggiare<br />

con il suo seguito <strong>di</strong> <strong>16</strong> persone. Si facciano a tutti loro, come anche ha scritto al referendario <strong>di</strong><br />

Pavia, “spese honorevelmente”. Si mostrino loro i reliquari e la bibblioteca del castello e si<br />

cerchino 10 o 12 giovani dei più dabbene della città per fare compagnia a detti visitatori. I <strong>16</strong> loro<br />

cavalli siano sistemati presso il castello.<br />

Comiti Bolognino, castellano arcis Papie.<br />

1454 maggio 6, Milano.<br />

Venendo là a Pavia lo egregio domino Bertuzo da Chacabriello, zentilhomo venetiano,<br />

per videre la cità et anche principalmente el castello, et deliberando nuy ch’el sia ben<br />

veduto, acarezato et honorato quanto più se pote, volemo che gli faciati apparichiare tre<br />

camere decentemente de quelle de sopra, delle più belle et delle nostre proprie, et in<br />

quelle el faciati allogiare con li suoy, che serano se<strong>di</strong>ci persone vel circha; ali quali<br />

volimo etiam<strong>di</strong>o siano fatte le spese honorevelmente a nostro nome per lo referendario<br />

<strong>di</strong> quella cità nostra, al quale scrivemo opportunamente sopra ciò. Li loro cavalli, che<br />

serrano circa se<strong>di</strong>ci, se potrano fare allogiare de fuora del castello più apresso se potrà.


Et monstrandoli tutto el castello, reliquia et libraria, faritili fare grande honore, facendo<br />

richiedere dece o duodeci zoveni <strong>di</strong> più honoreveli dela cità, che gli faciano compagnia<br />

et piacevoleze assay, che a noy sarà sopramodo gratissimo. Me<strong>di</strong>olani, vi may 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Franciscus Sfortia Vicecomes propria manu subscripsit.<br />

Cichus.<br />

1347<br />

Francesco Sforza scrive al referendario e al tesoriere <strong>di</strong> Pavia circa la visita del gentiluomo<br />

veneziano Bertuzo da Cacabriello e ripete quanto accennato nella lettera al conte Bolognino,<br />

solo precisando che le spese sono a carico del duca<br />

1454 maggio 6, Milano.<br />

362v Domino referendario et thexaurario Papie.<br />

Venendo a Pavia lo egregio domino Bertuzo da Cacabriello, zentilhomo venetiano, per<br />

videre la cità et anche principalmente el castello, et deliberando nuy ch’el sia ben<br />

veduto, acarezato et honorato quanto più se pote, volemo che’l sia allogiato nel castello<br />

con le persone sua et deli suoy, che serano el numero de se<strong>di</strong>ci o vinti. Et li cavalli, che<br />

(a) sarano altritanti, siano allogiati <strong>di</strong> fuora del castello più propinqui sia possibile; et per<br />

suo piacere et nostro honore volimo sia richiesti et posti in sua (b) compagnia deci o<br />

duodeci zoveni zentilhomini et delli più aparissenti dela cità, quali continue lo<br />

acompagnano amorevelmente et bene. Et perché inten<strong>di</strong>mo gli siano facte le spese a<br />

nostro costo, volimo che li faciati pagare a nostro nome, intendendovene come el<br />

magnifico Bolognino castellano, al qual etian<strong>di</strong>o superinde scrivemo quanto bisogna.<br />

Me<strong>di</strong>olani, vi may 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit.<br />

Cichus.<br />

(a) che in interlinea<br />

(b) sua in interlinea<br />

1348<br />

Francesco Sforza informa il podestà e Antonio degli Eustachi, capitano generale della flotta <strong>di</strong><br />

Pavia, circa la visita della città del gentiluomo veneziano. Ad Antonio raccomanda <strong>di</strong> fargli<br />

visitare la darsena e <strong>di</strong> concedergli <strong>di</strong> pescare.<br />

Nel suddetto giorno si é scritto al priore <strong>di</strong> San Maiolo <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> portarsi dal duca.<br />

1454 maggio 7, Milano.<br />

Potestati et Antonio de Eustachio, militi et capitaneo generali classis nostre Papie.<br />

Venendo là per vedere la cità et anche el castello lo egregio domino Bertuzo da<br />

Cacabrielo, zentilhomo venetiano, et intendendo nuy che’l sia honorato et acarezato et<br />

fatoli bona et honorevele compagnia como a nuy proprii, havemo scripto al magnifico<br />

Bolognino et al referendario quanto bisogna circha el facto de alozarlo et de farli le<br />

spese. Resta aduncha che vuy gli faciati bona compagnia; et vuy, domino Antonio,<br />

mostratili la darsina facendo piscare et dare tuti quelli piacere ve sarà possibile. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, vii maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Die suprascripto scriptum fuit priori Sancti Maioli Papie quod veniat ad dominum<br />

in<strong>di</strong>late.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1349<br />

Francesco Sforza avvisa il luogotenente, il referendario e il tesoriere <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che il prossimo<br />

venerdì sarà lì, a sera, il gentiluomo veneziano Cacabrielo. Gli offrano la cena (paga il duca) e,


se vuole, anche la colazione. Accompagnino il veneziano e la sua brigata <strong>di</strong> <strong>16</strong> o 20 persone e<br />

altrettanti cavalli. per un certo tratto fuori dalla città.<br />

1454 maggio 8, Milano.<br />

363r Locumtenenti, referendario et thexaurario Laude.<br />

Essendo vago per suo piacere lo egregio domino Bertholuzo da Cacabrielo, zentilhomo<br />

venetiano, de visitare la nostra cità et anche lo castello de Pavia, havemo scripto et<br />

or<strong>di</strong>nato là che’l gli sia facto grande honore, et quella bona compagnia et recoglientia<br />

che se facesse a nuy proprio. Et intendendo che’l se facia el simile l’é a Lo<strong>di</strong>, volimo et<br />

ve caricamo che ve sforzati de farli quello honore ve serà possibile, avisando che<br />

venerdì proximo a venire serà li a cena cum persone circha sedece o vinte et altritanti<br />

cavalli; siché fateli aparechiare a nostre spexe, et or<strong>di</strong>nati che vuy et qualche altri<br />

honoreveli cita<strong>di</strong>ni gli faciano compagnia per la cità più honoratamente potriti; et ulterius<br />

el dì sequente, che sarà sabato, fariteli apparechiare la colatione se’l vorà. Et nela soa<br />

partanza fariteli fare compagnia uno pezo fora dela cità, stu<strong>di</strong>andove de farli tuto quello<br />

honore che ve serà possibile, se haviti voglia de farne cosa che ne piaqua. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, viii maii 1454.<br />

Franciscus Sfortia manu propria.<br />

Cichus.<br />

1350<br />

Francesco Sforza in risposta a quanto gli ha scritto il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> ferrare le colonne<br />

del ponte <strong>di</strong> Soncino, lavoro da assegnare a Serafino Guazo, e <strong>di</strong> non avere trovato “munitione<br />

alcune”, si <strong>di</strong>ce contento che egli abbia conservate quelle del revellino per poter sistemare il<br />

ponte <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che necessita <strong>di</strong> grande riparazione.<br />

Il duca gra<strong>di</strong>sce assai che ad evitare <strong>di</strong>spersione in terre forestiere <strong>di</strong> biade, che si portano in<br />

Geradadda per terre sforzesche, si esiga, da tutti quelli che le trasportano, <strong>di</strong> portare, al ritorno<br />

garanzia dagli ufficiali delle terre nelle quali sono state portate.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1454 maggio 7, Milano.<br />

Respondendo ale vostre lettere circa’l facto dele ponte da ferare le columpne da essere<br />

date et assignate a Seraffino Guazo per lo ponte da Sonzino, ve <strong>di</strong>cimo così che non<br />

siandosene trovato ala nostra munitione alcune, como ne scriveti, restiamo contenti che<br />

habiati retenute quelle che sonno nel revellino per reconzare quello ponte lì a Lode, il<br />

quale ha bisogno de gran<strong>di</strong>ssima reparatione.<br />

Ceterum ala parte delle biave che seranno conducte in Giaradada, le quale facilmente<br />

non gli mitendo bona (cura) trabucariano ale terre forastere, siamo contenti, e molto ne<br />

piace che a tuti quelli conduranno biave in Giaradada in le nostre terre debiati<br />

domandare et anche stringerli a farne dare bona segurtà de portarve el ritorno dali<br />

officiali de quelle terre in le quale accaderà essere conducto <strong>di</strong>cte biave. Et questo<br />

or<strong>di</strong>ne servate con <strong>di</strong>ligentia, exceptione aliqua prorsus non servata. Me<strong>di</strong>olani, vii maii<br />

1454.<br />

Cichus.<br />

1351<br />

Francesco Sforza vuole che Antonio Sico, commissario <strong>di</strong> Geradadda, tratti bene Ognibene<br />

Iacopo e i suoi in modo che avendo a fare alcunché ci si attenga a norme <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto e non,<br />

come lui <strong>di</strong>ce, ad atti <strong>di</strong> fatto.<br />

1454 maggio 7, Milano.<br />

363v Antonio Sicho, commissario nostro Glareabdue.<br />

Se grava assay il nobile Ognibene Iacopo ch’el fi tractato in la terra non como l’altri ma<br />

molto sinistramente, et ch'el gli fi tolta ogne dela robba sua, nulla precedente legitima


causa che non seria bene e non ne piacerla se cosi fusse. Per la qual cosa volemo che,<br />

havendo luy a fare cosa alcuna, se gli doman<strong>di</strong> me<strong>di</strong>ante la raxone e con iustificatione,<br />

et non de facto como luy <strong>di</strong>ce; siché or<strong>di</strong>nati et fati ch'el non sia tractato male né luy né<br />

li suoy nela roba sua, acioché da mò innante più non habia cagione de recorrere a nuy<br />

per questa cagione. Data Me<strong>di</strong>olani, vii maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1352<br />

Francesco Sforza informa il podestà <strong>di</strong> Maleto che l’uomo d’arme ducale Antonello da Cremona<br />

é ora riuscito a in<strong>di</strong>viduare chi, al tempo della rotta <strong>di</strong> Castiglione, gli ha sottratto un bue. È una<br />

persona <strong>di</strong> quel posto, che il podestà, accertato lo fatto, costringerà alla restituzione o al<br />

risarcimento <strong>di</strong> quanto gli é stato tolto.<br />

Potestati nostro Maleti.<br />

1454 maggio 8, Milano.<br />

Ne ha significato Antonello da Cremona, nostro homo d’arme, che altre volte, al tempo<br />

della rotta de Castellione et alogiando in quella terra, perse uno bove, né may lo poté<br />

retrovare né sapere dove fosse; se non adesso che per in<strong>di</strong>retto nostro ha saputo ch’el<br />

gli tolse uno homo de quella terra furtivamente, como da luy seray pienamente<br />

informato. Pertanto volimo et te comettemo che, trovandose essere vero quanto luy<br />

n’ha significato, gli facii restituire el bove, aut el precio d'esso, procedendo in questa<br />

causa summariamente et senza litigio absque tamen alicuius pretii iniuria. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, viii maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1353<br />

Sono state fatte lettere credenziali, sottoscritte da Cicco, a Gentile della Molara per Riberto<br />

Brandolini e Giacomo Griffo, podestà <strong>di</strong> Fiorenzuola.<br />

1454 maggio 8, Milano.<br />

364r Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e viii maii 1454.<br />

Scripte fuerunt littere credentiales signate Cichus in personam Gentilis dela Molaria<br />

infrascriptis videlicet;<br />

magnifico domino Tiberto Brandolino et Iacobo Griffo, potestati Fiorenzuole.<br />

Iohannes Blanchus.<br />

1354<br />

Francesco Sforza risponde alla lettera <strong>di</strong> Teseo da Spoleto. In merito agli alloggiamenti dati a<br />

Tiberto Brandolini pe 1061 cavalli; ha fatto bene se Tiberto ha tanti cavalli vivi, ma così non é<br />

ora, a pace fatta, se i cavalli sono <strong>di</strong> meno, perché si aggraverebbero ingiustamente <strong>di</strong> spese i<br />

sud<strong>di</strong>ti sforzeschi, né vale che, precedentemente, si sia largheggiato in alloggiamenti nel<br />

Bresciano. Se Tiberto, poi, aggiunge che per 400 fanti ha avuto alloggiamento per 153 cavalli, il<br />

duca ricorda a Teseo <strong>di</strong> non avergli mai concesso ciò, siccome non é usanza che si <strong>di</strong>ano<br />

alloggi per cavalli <strong>di</strong> fanti, anche se il duca precisa <strong>di</strong> essere ben contento se un conestabile<br />

tiene cavalli per condotta perché ha, oltre ai fanti, anche delle lance: in questo caso vuole che si<br />

alloggino i cavalli. Gli osserva <strong>di</strong> convenire con lui che é gravissimo che siano rimasti vacui<br />

luoghi per 300 cavalli pur avendo dato alloggiamenti secondo la tassa dei cavalli. Per gli<br />

alloggiamenti a Graziolo da Vicenza e figli, lo assicura che risponde lui a Tiberto.<br />

Theseo de Spoleto.<br />

(1454 maggio 8, Milano).<br />

Havemo recevuto una toa, data a vi del presente, continente più parte circ’al facto delli<br />

lozamenti del magnifico domino Thiberto et delli altri nostri in Piasentina, ala qual<br />

respondendo, perché <strong>di</strong>ce havere dato lozamento al prefato domino Thiberto per cavalli


millesexantuno, <strong>di</strong>cemo che s’el prefato domino Thiberto ha li <strong>di</strong>cti cavalli vivi, hai facto<br />

molto bene a darli lo <strong>di</strong>cto alozamento per essi; ma quando non se retrovasse havere<br />

tanti cavalli, non ne pare zò bene, né volimo che se daga tanta graveza ali sub<strong>di</strong>ti nostri<br />

perché, se bene in Bresana gli habiamo dato li lozamenti larghi a suo modo, mò che li<br />

sub<strong>di</strong>ti nostri debeno goldere lo benefitio dela, pace non gli volimo dare tanta graveza.<br />

Et perché ancora <strong>di</strong>ci che per fanti cccc, ch’el <strong>di</strong>ce havere ben dato lozamento a cavalli<br />

centocinquantatri, <strong>di</strong>cemo che nuy non te comettessemo may questo, nì é d'usanza de<br />

dare lozamento a cavalli per fanti; e però volimo che ali <strong>di</strong>cti fanti non debii dare<br />

lozamento alcuno per (a) cavalli. Siamo ben contenti che, se alcuno suo conestabile<br />

havesse qualche cavalli per conducta che havesse de lanze, ultra li fanti, como hanno<br />

alcuni conestabili che doe lanze, et che tri, et che quatro, tu gli debii provedere de<br />

lozamento per essi per li cavalli vivi se trovassero havere dele conducte loro dele lanze;<br />

altramente non. Ala parte ove <strong>di</strong>ce essere remasti vacui li lochi per cavalli ccc et che,<br />

havendo dato li lozamenti segondo la taxa <strong>di</strong> cavalli questo é gravissimo et<br />

insoportabile caricho, <strong>di</strong>cemo che tu <strong>di</strong>ce molto bene, ma te advisamo che habiamo più<br />

bisogno de a<strong>di</strong>uto che de conseglio per il presente. Ala parte de quello che t’ha scripto<br />

el <strong>di</strong>cto domino Thiberto che providere de lozamento a Gratiolo da Vicentia et figlioli,<br />

nuy respondemo a luy quanto bisogna, como vederay per la copia inclusa. Però non<br />

<strong>di</strong>cemo altro. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue fanti depennato.<br />

1355<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà <strong>di</strong> Vigevano <strong>di</strong> non procedere contro l’ebreo Mosé in base<br />

all’imputazione datagli per la femmina che venne giustiziata. Ciò vale, oltre che per lui, anche<br />

per i suoi e le cose sue.<br />

364v Potestati nostro Viglevani.<br />

1454 maggio 6, Milano.<br />

Per altre nostre ve havemo scripto, como haveti veduto, circ’al facto de Moyses, ebreo,<br />

per casone de quella imputatione gli fo data de quella femena che altre volte fo<br />

iusticiata et, fin al presente de quanto ve havemo scripto non intendemo ne sia seguito<br />

altro effecto. Il perché, replicando quello medesimo, <strong>di</strong>cemo che, se vero é che al fine la<br />

<strong>di</strong>cta femina <strong>di</strong>scolpasse lo <strong>di</strong>cto Moyses, nonobstante ch’el appara inscripto, volimo<br />

che contra luy non procedati più per alcuno modo, né contra li suoy, né le cose soe.<br />

Immo volimo che ogni novità et molestia gli havessemo facta per la casone pre<strong>di</strong>cta, gli<br />

la revocati et anullati, et così lo absolvati liberamente secundo l’altra repplicatione. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, vi maii 1454.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

1356<br />

Francesco Sforza ricorda a Sceva de Curte (in sua assenza apra la lettera ed esegua quanto vi<br />

é detto suo fratello Benedetto) <strong>di</strong> avergli scritto, tramite l’u<strong>di</strong>tore ducale Angelo da Rieti, come<br />

deve comportarsi nella vertenza <strong>di</strong> Bartolomeo Pozolo e figli contro Caterina de Canisi da<br />

Piacenza, ma, per quel che ha inteso da questa, l’ha messa in una peggiore situazione<br />

imponendo alle parti <strong>di</strong> presentarsi dal duca per esporre i loro <strong>di</strong>ritti, <strong>di</strong>sposizione, questa,<br />

riven<strong>di</strong>ca il duca, esclusivamente sua. Vuole, comunque, che Sceva attui quel che si contiene<br />

nella lettera scritta da Angelo da Rieti e, alla parte che lamentasse ingiustizia, <strong>di</strong>ca <strong>di</strong> andare dal<br />

duca, che gli farà fare il dovere. La conclusiva raccomandazione rivolta a Sceva, e a chi il duca<br />

scrive, é che si esegua la sua volontà ”et non giosarla”.<br />

1454 maggio 7, Milano.<br />

Domino Sceve de Curte, et in eius absentia aperiantur et exequantur per Bene<strong>di</strong>ctum,<br />

fratrem suum.


Ve scripsemo l’altro per una nostra lettera facta per mano de Angelo da Riete, nostro<br />

au<strong>di</strong>tore, quello era nostra intentione dovesti seguire in la <strong>di</strong>fferentia et controversia<br />

vertente tra Bartolomeo Pozolo et figlioli per una parte, et Caterina de Canisi da<br />

Piacenza per l'altra. Et per quello che novamente intendemo per lamenta de <strong>di</strong>cta<br />

Caterina, non solum non (a) haveti facto quello ve havemo scrito in suo favore, ma<br />

l’haveti missa in novo litigio con havere facto comandamento a <strong>di</strong>cte parte che vegnano<br />

con le loro rasone qui da nuy; dela qual cosa molto me meravigliamo perché dovevati<br />

obe<strong>di</strong>re le nostre lettere et lassare il caricho a nuy del’altra parte se se lamentasse,<br />

attento che in ogne modo poy l’haveressemo facto administrare rasone; et questa<br />

provisione che haveti facta 365r de fare venire qui le parte da nuy, la haveressemo<br />

saputa fare senza vuy, como fecemo l’altro dì. (b) Benché me pare intendere la casone<br />

molto bene, et perché la <strong>di</strong>cta nostra lettera non é stata exequita da vuy, ma como el se<br />

sia, volimo, remossa ogne casone et exceptione, desiati mandare ad effecto quanto se<br />

contene in <strong>di</strong>cta lettera facta per mano del <strong>di</strong>cto domino Angelo; et se l'altra parte se<br />

lamentasse de iniustitia, <strong>di</strong>ceti ch’el venga da nuy perché gli faremo fare il dovere, siché<br />

meritamente non se potrà dolere. Ma sopra ogne cosa intendemo che vuy, Sceve, et<br />

ciascuno a chi scrivemo, debia exequire la nostra voluntà et non giosarla. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e vii maii 1454.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

(a) non in interlinea.<br />

(b) Da como a <strong>di</strong> ripetuto.<br />

1357<br />

Francesco Sforza esprime al condottiero Tiberto Brandolini la sua contrarietà per aver assunto ai<br />

suoi servizi Graziolo da Vicenza e i figli. ll duca ha perdonato a Graziolo ogni suo errore e fallo,<br />

ma ricorda a Tiberto il proverbio che <strong>di</strong>ce “che offende non perdona”, dal duca tradotto che chi é<br />

perdonato non <strong>di</strong>mentica mai <strong>di</strong> essere ingrato del beneficio ricevuto. Tiberto sa così <strong>di</strong> preciso<br />

quel che il duca ne pensa <strong>di</strong> Graziolo, lascia a Tiberto <strong>di</strong> fare quel che gliene pare.<br />

1454 maggio 8, Milano.<br />

Magnifico militi domino Thiberto de Brandolinis, armorum capitaneo nostro.<br />

Havemo inteso che vuy haveti tolto, overo seti per tore con vuy et ali servicy vostri,<br />

Gratiolo da Vicenza et li figlioli; la qual cosa, quanto é in nuy, non ne piaceria, perché,<br />

quantunche essi Gratiolo et figlioli habiano fallito grandemente contro de nuy, el ché é<br />

chiaro e manifesto, et nuy gli habiamo remisso et perdonato liberamente ogne errore et<br />

fallo suo, non<strong>di</strong>mancho se <strong>di</strong>ce comune proverbio che offende non perdona, et é<br />

comune vicio de simili homini, quando hanno fallito et gli é (a) perdonato, de non<br />

<strong>di</strong>mentecarse may et essere sempre ingrati del benefitio ricevuto. Lo quale vicio<br />

cre<strong>di</strong>amo debia regnare in costoro; et dubitiamo, immo siamo quasi certi, che de loro<br />

non se haverà may né bono, né fidele servitio. Et se per lo passato hanno commisso<br />

delle mancamenti, non una fiata, ma più volte, farano molto pezo per l'avenire. Vuy<br />

intendeti mò el parere nostro, che quanto é in nuy non ne piace che vuy l'acceptate;<br />

non<strong>di</strong>meno remettiamo a vuy che faciate como ve pare. Data Me<strong>di</strong>olani, viii maii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

(a) gli é in interlinea.<br />

1358<br />

Francesco Sforza si meraviglia che Giovanni de Picotonibus, causi<strong>di</strong>co pavese, non gli abbia<br />

mandato il suo co<strong>di</strong>go. Glielo man<strong>di</strong> con un suo figlio a conoscenza del prezzo.<br />

1454 maggio 8, Milano.<br />

365v Domino Iohanni de Picotonibus, civi et causi<strong>di</strong>co Papiensi.<br />

Ne meravigliamo che non haveti mandato quello vostro Co<strong>di</strong>go, secundo ve havemo<br />

scripto. Et pertanto replicamove et carichamo che, veduta la presente, lo man<strong>di</strong>ati


senza veruna <strong>di</strong>mora, facendo venire uno delli vostri figlioli informato del pretio. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, viii maii 1454<br />

Advena.<br />

Iohannes.<br />

1359<br />

Francesco Sforza chiede a donna Luchina dal Verme <strong>di</strong> voler far restituire all’uomo d’arme<br />

ducale Niccolò da Tolentino i due ragazzi che, con grave suo danno sono fuggiti da lui, e si sono<br />

portati nelle terre <strong>di</strong> donna Luchina.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

(1454 maggio 8, Milano).<br />

El strenuo Nicolò da Tolentino, nostro homo d’arme, ne ha significato ch’el gli é fugiti<br />

duy regazi cum suo grave detrimento et incomodo et danno, et <strong>di</strong>ce essersi reducti nele<br />

terre vostre, richiedendo gli lo faciamo restituire. Per la qual cosa ve confortiamo et<br />

caricamo che per tuto dove se trovasseno in esse vostre terre gli le faciati restituire,<br />

omni prorsus exceptione remota. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1360<br />

Francesco Sforza comunica al podestà e al castellano <strong>di</strong> Vigevano che il trombettiere Cristoforo<br />

gli ha riportato molte notizie circa i furti commessi dai famigli <strong>di</strong> suo nipote Roberto e anche <strong>di</strong><br />

quello recentemente fatto ai mercanti <strong>di</strong> lì, del quale sono stati presi i i presunti autori.<br />

Devono essere tenuti sotto buona guar<strong>di</strong>a e se scarseggiano <strong>di</strong> uomini, ne richiedano alla<br />

comunità perché, se i detenuti fuggissero, richiederà loro il risarcimento dovuto da quelli.<br />

Devono cercare con accortezza <strong>di</strong> sapere da loro come si sono svolti i fatti e, siccome gli é<br />

giunta informazione che solo sette persone a cavallo hanno derubato i mercanti e che chi ha<br />

cura dei prigionieri ha riferito che uno dei famigli ha detto <strong>di</strong> non voler stare in prigione per quel<br />

che hanno fatto altri, il duca raccomanda che si sottoponga costui a stringente interrogatorio. Li<br />

avverte che é <strong>di</strong>sposto a tenere detti famigli in prigione anche per un anno, ma vuol venire a<br />

capo della verità sui malandrini, ai quali va fatto intendere che, se dopo un anno non si sarà<br />

scoperto nulla, sottoporrà ognuno <strong>di</strong> loro a tortura. Non sperino in un intervento <strong>di</strong> clemenza <strong>di</strong><br />

Roberto perché desideroso <strong>di</strong> conoscere i malfattori che <strong>di</strong>sonorano la sua compagnia. Siccome<br />

Roberto, a scusa dei suoi, <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> sapere che v’é gente <strong>di</strong> là in Ticino che passa nel Milanese<br />

per far furti, il duca or<strong>di</strong>na al castellano <strong>di</strong> portarsi domattina presto ad esaminare tutti i portuali<br />

del Ticino da Parasacco in su fino a Terca indagando che gente é quella che passa <strong>di</strong> là.<br />

Potestati et castellano nostris Viglevani.<br />

1454 maggio 9, Milano.<br />

Christoforo trombetta é retonato et n’ha portato molte informatione so delle robbarie<br />

commisse per el passato per li famigli de Roberto, nostro nepote, come etian<strong>di</strong>o de<br />

questa robaria commessa mò novamente contra li mercadanti de questa terra; per la<br />

quale robbaria havemo facto pigliare <strong>di</strong>cti famigli, il perché se presumi che per ogniuno<br />

che <strong>di</strong>cti famigli sonno in colpa in havere commesso questo fallo. Et pertanto volimo, et<br />

per questa ve commettemo che debiate tenere sotto bona guar<strong>di</strong>a et custo<strong>di</strong>a <strong>di</strong>cti<br />

famigli per modo che niuno non possa 366r fugire, avisandove che, se veruno de loro<br />

se partisse, o fugisse, per vostro mancamento, ne faremo tale demonstratione che<br />

parirà ne sia rincresciuto; et ultra de questo faremo pagare a vuy la robba et <strong>di</strong>nari che<br />

sonno domandati a <strong>di</strong>cti famigli. Apresso volimo che ve debiati inzigniare et usare ogne<br />

industria et (a) arte cum <strong>di</strong>cti famigli, o cum parte de loro, de cavare la verità de questo<br />

fallo, ma parte, perché, secundo l’informatione che havemo havuto, forono solum septe<br />

persone a cavallo quelli che roboreno <strong>di</strong>cti mercatanti. Et perché siamo avisati de quello<br />

che haveti deputato ala loro cura ha <strong>di</strong>cto che uno de <strong>di</strong>cti famigli <strong>di</strong>sse: “Ch’io non<br />

voglio stare in presone per lo male che hanno facto li altri”, vogliati examinare lo <strong>di</strong>cto<br />

deputato per vuy se l’é vero che l’intendesse queste parole, et da chi; et trovando ch’el<br />

sia così, vogliati examinare <strong>di</strong>ligentemente quel che l’haverà <strong>di</strong>cto et cavarne quello<br />

posseti, avisandove che nuy siamo <strong>di</strong>sposti omninamente trovare quelli sonno stati li


malfactori, se bene dovessero stare uno anno in presone; et siamo contenti che vuy<br />

<strong>di</strong>cati a <strong>di</strong>cti famigli, che l’o<strong>di</strong>no tucti, che nuy omninamente siamo <strong>di</strong>sposti a trovare<br />

questi malfactori, et quando seranno stati uno anno in presone, et non l’haverano<br />

palezato fra loro li malfactori in cavo del’anno, li faremo pigliare ad uno ad uno et li<br />

faremo lassare le braze in su la corda; et forse questo giocho li faremo fare più presto<br />

che non credano, et serà in modo che porterà la penna così el bono como el cativo,<br />

perché l’informatione havemo delli facti loro ne stringono a fare così; et non stiano a<br />

speranza del <strong>di</strong>cto Roberto, perché luy li é de migliore voglia a trovare questi giotti che<br />

li fanno queste vergogne, che nuy, como quello che ha più caro l’honore suo che non<br />

ha li tristi; et che serà meglio per loro quelli che non sonno in colpa ad accusare quelli<br />

che sonno in colpa. Appesso, perché <strong>di</strong>cto Roberto <strong>di</strong>ce che l’ha infomatione che<br />

passano de là da Ticino dela zente che sonno dal canto de qua in Milanese per robarie,<br />

et per questa via vole pur excusare li suoy, volimo che tu, castellano, domatina a bona<br />

hora monti a cavallo et va<strong>di</strong> ad examinare tuti li portuari de Ticino, da Parasacho in<br />

suso sino a Tertha <strong>di</strong>ligentemente, et intende da loro che gente 366v sonno queste che<br />

passano dellà, et in che modo, et quando; et de tuto ne avisaray. Se voy non haveti<br />

bene il modo fra vuy de far ben guardare li <strong>di</strong>cti famigli, como havemo <strong>di</strong>cto de sopra,<br />

rechiedeti quella comunità che ve <strong>di</strong>a tuto quello ayuto che sia necessario. Avisatine de<br />

tuto quello che haveriti cavato et havuto dali <strong>di</strong>cti famigli acioché sapiamo che fare.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, viiii maii 1454.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue honore depennato.<br />

1361<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente e podestà <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che, per provvedere alla mancata<br />

sistemazione delle strade della città, manda lì magistro Pietro, ingegnere ducale. Perché tutto<br />

avvenga senza carichi per i citta<strong>di</strong>ni, gli ha or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> servirsi delle asse portate da Cerreto per<br />

fare circa venti carretti e <strong>di</strong> servirsi dei citta<strong>di</strong>ni per le opere necessarie, i ferramenti e quant’altro<br />

occorre in modo che presto le strade siano sistemate. Ad evitare spese <strong>di</strong> osteria magistro a<br />

Pietro, lo sollecita a dargli ricetto nella sua casa finché dureranno i lavori.<br />

Locumtenenti et potestati nostris Laude.<br />

(1454 maggio 9, Milano).<br />

Per fare che quelli nostri cita<strong>di</strong>ni se reprendano da sì medesmi non havere provisto al<br />

mancamento dele strade de quella nostra cità, che in vero é pur vergogna asay,<br />

man<strong>di</strong>amo lo magistro Petro, nostro ingegnero, presente exibitore, al quale havemo<br />

commesso che facia aconciare tute le <strong>di</strong>cte strade. Et perché questo se facia senza<br />

spesa delli cita<strong>di</strong>ni, gli havemo comesso ch’el toglia lì, in la nostra munitione, delle asse<br />

che forono menate da Cerreto, tanto che ne possa far fare circha vinti carreti, como<br />

intendereti da luy. Ben ve <strong>di</strong>cemo che volimo gli faciati provedere per quelli cita<strong>di</strong>ni<br />

delie opere che gli seranno necessarie, et etian<strong>di</strong>o de ferramento et delle altre cose,<br />

secundo che ve parirà bisognare et luy ve rechiederà, non mancandoli in cosa alcuna,<br />

siché con celeritate possa far aconciare <strong>di</strong>cte strade et fare acconziare quanto<br />

l’habiamo commesso.Data ut supra. Insuper aciòche esso magistro Petro non habia ad<br />

stare suso la hostaria per finché sarà fornito <strong>di</strong>cto lavorerio, volimo gli faciati provedere<br />

dela vostra casa per suo lozamento. Data ut supra<br />

Cichus.<br />

1362<br />

Francesco Sforza scrive al podestà <strong>di</strong> Vailate <strong>di</strong> far avere, con rito sommario, a Guglielmo da<br />

Forli, cancelliere <strong>di</strong> Tiberto, i cinque ducati che il provvisionato vailatese é restio a dargli.<br />

367r Potestati Vaylate.<br />

1454 maggio 9, Milano.


Guglelmo da Forlì, cancellero del magnifico domino Thiberto, n’ha facto <strong>di</strong>re che debbe<br />

havere da uno Marcheto de quella terra nostra et provisionato, ducati cinque, quali non<br />

pò conseguire, ma lo mena per <strong>di</strong>latione. Pertanto, essendo così, volimo che ad ogne<br />

istantia d’esso Guiglelmo, overo ad suo messo presente portatore, constrengi per ogne<br />

reme<strong>di</strong>o de rasone <strong>di</strong>cto Marcheto a fargli el debito suo, facendogli rasone summaria et<br />

expe<strong>di</strong>ta, senza strepito et figura iu<strong>di</strong>cii, ita che presto conseguisca el debito suo. Ex<br />

Me<strong>di</strong>olano, viiii maii 1454.<br />

Cichus.<br />

1363<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà <strong>di</strong> Casteggio, accertato il cre<strong>di</strong>to <strong>di</strong> Abramo de Ar<strong>di</strong>cis <strong>di</strong><br />

Vigevano, glielo faccia avere con rito sommario dagli ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> Franceschino <strong>di</strong> Codecà, detto<br />

Becheto <strong>di</strong> Casteggio.<br />

Potestati nostro Clastigii.<br />

1454 maggio 7, Milano.<br />

Asserit Abraam de Ar<strong>di</strong>ciis de Viglevano, familiaris noster <strong>di</strong>lectus, cre<strong>di</strong>torem se esse<br />

heredum quondam Francischini de Codecha, <strong>di</strong>cti Becheti de Clastigio de certa<br />

pecuniarum summa, ex causis in inclusa supplicatione seriosius annotatur. Quibus<br />

attentis, volumus, et tibi comittimus quatenus, evocatis qui evocan<strong>di</strong> veniunt, si tibi<br />

costiterit memoratum Abraam verum esse cre<strong>di</strong>torem, uti exponit, provideas opportune<br />

quod sibi integre satisfiat, in premissorum expe<strong>di</strong>tionem, procedendo summarie<br />

simpliciter et de plano, sine strepitu et figura iu<strong>di</strong>cii, abiectis cavillationibus et frivolis<br />

exceptionibus quibuscumque, facta tantum veritate attenta ac ullo penitus absque<br />

littigio ne is Abraam quem nostris assidue in serviciis (a) habemus occupatum per<br />

littigia trahatur. Data Me<strong>di</strong>oani, vi maii 1454.<br />

Thomax de Angeli.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue habi depennato.<br />

1364<br />

Francesco Sforza comanda al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> annullare ogni garanzia data da Battista<br />

Monsignore per sua nipote Anna. Vuole, inoltre, che faccia venir fuori dal monatero <strong>di</strong> Santa<br />

Chiara detta Anna Monsignore<br />

Locumtenenti nostro Laude.<br />

1454 maggio 10, Milano.<br />

Per bono respecto siamo contenti et volimo che debiati far annullare, revocare et<br />

cassare ogne securtade, qual havesse date el nobile Baptista Monsignore, cita<strong>di</strong>no<br />

Lodesano, per cagione de Anna, sua nepote, osia parente. Volimo, insuper, che vuy<br />

faciati cavare fora del monastero de Sancta Giara la <strong>di</strong>cta Anna de Monsignori et<br />

meterla in sua libertà. Et hoc non obstante aliquibus iam secutis in contrarium. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, x maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1365<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a magistro Giuseppe de Cortona, castellano <strong>di</strong> San Colombano, che<br />

<strong>di</strong>ca a Lanzalotto <strong>di</strong> portarsi dal duca per delle faccende <strong>di</strong> cui lo informerà il famiglio ducale<br />

Niccolò da Cremona<br />

1454 maggio 10, Milano.<br />

367v Magistro Iosep de Cortonio, castellano Sancti Columbani.<br />

Havendo nuy ad conferire alcune cose con domino Lanzaloto de quela nostra terra,<br />

quale te infomarà Nicolo da Cremona, nostro famiglio, presente exhibitore, volimo che,


havuta questa, le <strong>di</strong>ghi de nostra parte che vegni qui da nuy. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e x maii<br />

1454.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

1366<br />

Francesco Sforza prende atto della denuncia fatta dai Rettori <strong>di</strong> Bergamo che lamentano<br />

l’eccesso dei lavori <strong>di</strong> Brivio oltre il capitolo della pace. Assicura che scriverà a Paolo Amicono,<br />

capitano ducale della Martesana, che se ha ecceduto, deve far tutto rientrare nella forma<br />

prevista dal capitolo della pace e gra<strong>di</strong>rebbe assai che loro mandassero uno dei loro uomini a<br />

osservare quel che farà fare Amicono e lo si avvisi <strong>di</strong> ogni eccesso.<br />

Lo stesso vale per le ali <strong>di</strong> muro che ancora devono essere abbattute.<br />

Dominis Rectoribus Pergami.<br />

1454 maggio 9, Milano.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere, et inteso quanto ne scriveti del lavorerio de Brivio,<br />

qual <strong>di</strong>ceti excedere la forma et sustantia del capitulo dela pace, ne siamo maravigliati<br />

et anche ne dolimo deli nostri, quali habiano exceduta la commissione nostra, la quale<br />

era, et é, de non preterire el capitulo; et così scrivemo denovo a Paulo Amicono, nostro<br />

capitaneo de Martesana, che, havendo facto fare quello che ne scriviti, subito lo debbia<br />

revocare et redure la cosa in la forma del capitulo el qual intendemo omniamente,<br />

asieme con tuti l’altri (a), observare e dal canto nostro. Et per più chareza de questo,<br />

haveremo carissimo et anche ve pregamo che vogliati mandare uno delli vostri a<br />

visitare lo <strong>di</strong>cto lavorerio apresso el prenominato Paulo Amicono, capitaneo de<br />

Martesana, el quale vostro intenderà molto bene la opinione nostra circa ciò, et<br />

parendoli che se exceda la forma del capitulo et ne siamo avisati, ve (b) daremo a<br />

vedere con effecto che non serà nostra intentione. El simile <strong>di</strong>cemo de quelle ale de<br />

muro, quale non siando butate, como scriventi, seranno infalanter butate in la forma<br />

che <strong>di</strong>ce el capitulo; et così vederà effectualmente el vostro messo, se gli lo manderiti.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, viiii maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue nostri depennato.<br />

(b) Segue <strong>di</strong>cemo depennato.<br />

1367<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà <strong>di</strong> Dorno induca il fuggitivo famiglio <strong>di</strong> Luigi Carazo a<br />

ritornare ai suoi servizi o a restituirgli quello che gli ha portato via.<br />

368r Potestati Durni.<br />

(1454 maggio 9, Milano).<br />

Aluyso Carazo, nostro famiglio, ce ha facto querella como da luy é fugito uno suo<br />

famiglio, quale <strong>di</strong>ce essere capitato lì, et gli ha portato via certa sua robba. Pertanto<br />

volimo, et così te coman<strong>di</strong>amo servi modo che, aut el <strong>di</strong>cto famiglio retorni ali servitii del<br />

<strong>di</strong>cto Aluyso, aut li restituisca la roba sua; et questo non manchi.<br />

Data ut supra.<br />

Ser Dominicus.<br />

Cichus.<br />

1368<br />

Francesco Sforza scrive al podestà e al referendario <strong>di</strong> Pavia che non può se non meravigliarsi<br />

che, mentre gli altri suoi sud<strong>di</strong>ti, sia <strong>di</strong> un minimo luogo che <strong>di</strong> una città, hanno provveduto al<br />

pagamento del carriaggio del castello, lì non si sia preso alcun provve<strong>di</strong>mento. Si spiccino,<br />

perciò, a pagare e facciano in modo che Filippo d’Ancona non ritorni ancora in<strong>di</strong>etro senza<br />

denari.<br />

1454 maggio 10, Milano.


Potestati et referendario nostris Papie.<br />

Non possemo fare che non ne maravigliamo et anche dogliamo de quella nostra<br />

comunità; et anche più ne pare da dolere de vuy che, havendo l’altri nostri sub<strong>di</strong>ti de<br />

qualunque minimo loco, nonché de cità, posto or<strong>di</strong>ne al pagamento del carezo del<br />

castello et anche pagato, quelli della provisione lì ancora non gli hanno posto or<strong>di</strong>ne, né<br />

facto provisione alcuna, como se vivesseno senza leze, la qual cosa non intendemo<br />

comportare. E pertanto volimo et te comettemo che debiati servare ogne vostro<br />

expe<strong>di</strong>ente perché pagano con effecto, e non de parole, aciòche Filippo d’Ancona,<br />

quale man<strong>di</strong>amo lì per questa casone, non ritorna adreto senza <strong>di</strong>nari, como ha facto<br />

altre volte, de che non potressemo se non imputare vuy et la vostra negligentia. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, x maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1369<br />

Francesco Sforza rimprovera i presidenti agli affari <strong>di</strong> Pavia per il mancato pagamento del<br />

carriaggio del castello.<br />

Facciano in modo che Filippo d’Ancona non ritorni ancora in<strong>di</strong>etro a mani vuote.<br />

1454 maggio 10, Milano.<br />

Presiden<strong>di</strong>bus negociis comunitatis civitatis nostre Papie.<br />

Non possimo fare che non se maravigliamo et dogliamo de vuy che ancora non habiati<br />

posto or<strong>di</strong>ne al pagamento del carezo del castello, non siando alcuni altri quali non<br />

habiano pagato, aut posto or<strong>di</strong>ne al pagamento. Pertanto denuo vero reman<strong>di</strong>amo lì<br />

Filippo de Ancona per li denari 368v del <strong>di</strong>cto carezo, al quale ve caricamo che debiate<br />

dare tal spazamento con effecto che non habiamo casone de lamentarse et dolerse de<br />

vuy; ne credevamo che a simile debito dovesti aspectare tanti stimuli. Data Me<strong>di</strong>olani, x<br />

maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1370<br />

Francesco Sforza deplora gli armigeri ducali Vicino Pietro Albanese e Antonello Guercio per i<br />

danni da loro causati e li rampogna in particolare per avere ultimamente lasciato i loro<br />

alloggiamenti ed essersi portati a Corte, ove hanno fatto pascolare i loro cavalli, segate l’erbe<br />

dei prati e ammazzato bestiame dei locali. Comanda loro <strong>di</strong> abbandonare quel posto e <strong>di</strong> far<br />

ritorno ai loro alloggiamenti non dando più motivi <strong>di</strong> lagnanze, perché, altrimenti, interverrà con<br />

punizioni che saranno d’esempio a tutta la Lombar<strong>di</strong>a.<br />

Nel giorno suddetto si é scritto a Teseo da Spoleto <strong>di</strong> andare dal duca.<br />

Nel predetto giorno furono fatte lettere credenziali a Marco Corio per i comuni e gli uomini e gli<br />

armigeri sistemati a Caravaggio, Rivalta, Fontanella, Covo e Antignago.<br />

(1454 maggio 10, Milano).<br />

Vicino Petro Albanesio, Cole et Antonello Guercio, armigeris nostris.<br />

Nuy havemo ogni dì lamente deli facti vostri delli danni et rencrescimenti che faceti et<br />

delli deshonesti mo<strong>di</strong> che teneti con ogniuno, et che mò novamente ve siate levati con li<br />

cavalli dali logiamenti vostri et andati <strong>di</strong>scorrendo per tuto, et maxime al luoco de Corte<br />

dove vuy faceti pascere li cavalli, segare herbe de prati et robbare li homini nostri et<br />

amazare le loro bestiame, et che non haveti più respecto che se fusseno in terreno de<br />

inimici; dela qual cosa havemo tanto despiacere quanto potessemo havere de<br />

alcun’altra cosa. Pertanto ve <strong>di</strong>cemo et coman<strong>di</strong>amo che, per quanto haveti cara la<br />

gratia nostra, che subito, havuta questa, senza alcuna <strong>di</strong>mora ve levati da esso loco de<br />

Corte et tornati ali logiamenti che ve sonno stati assignati, et da mò inanzi non teneti<br />

più simili mo<strong>di</strong>, avisandove che la prima volta haveremo una minima lamenta delli facti


vostri, nuy non ve <strong>di</strong>remo altro, ma ve faremo fare uno servitio che sarà exemplo ad<br />

tuta Lombar<strong>di</strong>a; (a) et faceti che ve governati bene questa nostra littera. Data ut supra.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue data depennato.<br />

Die suprascripto.<br />

Scriptum fuit Theseo de Spoleto quod veniat ad dominium.<br />

369r Die suprascripto.<br />

Facte fuerunt littere credentiales Marco Coyro in comunibus et hominibus ac etiam<br />

armigeris allogiatis in suprascriptis nostris terris videlicet:<br />

Caravagii, Ripalte, Trivilii, Fontanelle, Covi et Antignagi.<br />

1371<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al luogotenente e podestà <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> rendere giustizia con rito<br />

sommario a Tonolo del Menno che ha debitori in quella città.<br />

Locumtenenti et potestati Laude.<br />

1454 maggio 10, Milano.<br />

Vuy ve doveti recordare de quanto havemo or<strong>di</strong>nato e scripto circ’al far ragione a quelli<br />

della illustrissima signoria de Venetia quali havessero recorso da vuy; per la qual cosa,<br />

havendone significato Tonolo del Menno havere in quella cità alcuni debitori a luy<br />

obligati per instrumento publico, et rechiedendone gli faciamo far ragione, volimo et ve<br />

comettemo che, vocatis vocandìs et ìntellectis iuribus partium, faciati ragione, summarie<br />

simpliciter et de plano, et cetera. Data Me<strong>di</strong>olani, x maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1372<br />

Francesco Sforza assicura gliuomini <strong>di</strong> Sale che, inteso i loro messi, Guglielmo e Guerra, ha<br />

scritto al capitano <strong>di</strong> Casteggio <strong>di</strong> non gravarli <strong>di</strong> un solo cavallo oltre il debito.<br />

Hominibus terre Salarum.<br />

1454 maggio 11, Milano.<br />

Sonno stati qua el Guerra et Guiglielmino, vostri messi, dali quali havemo inteso el<br />

gravamento <strong>di</strong> cavalli et spese quale ha (a) dato el capitaneo da Chiastezo a quella<br />

nostra terra; ve <strong>di</strong>cemo che habiamo scripto al <strong>di</strong>cto capitaneo che debia provedere che<br />

non siati gravati ultra el debito, nonché de xxxvi cavalli, ma pur de uno solo; apresso<br />

delle spexe a vuy date per <strong>di</strong>cto capitaneo, volimo subito ne debiati avisare de ogne<br />

spexa ve ha data <strong>di</strong>cto capitaneo da doi mesi in qua per casone de exactione. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, xi maii 1454.<br />

Filippus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue quali depennato.<br />

1373<br />

Francesco Sforza comanda al capitano <strong>di</strong> Casteggio <strong>di</strong> eliminare l’imposizione data agli uomini<br />

<strong>di</strong> Sale <strong>di</strong> 106 cavalli, cioé <strong>di</strong> ben 36 in più del massimo da loro avuto,<br />

e <strong>di</strong> attenersi alla tassa che loro spetta.<br />

369v Capitaneo nostro Clastigii.<br />

1454 maggio 11, Milano.<br />

L'homini da Sale hanno mandato qua da nuy ad agravarse che gli hai mandato a casa<br />

centosei cavalli che may, quando havessero più cavalli, non n’hanno havuto più cha


settanta; siché vengono ad essere gravati ultra el loro debito de trentasei cavalli più;<br />

dela qual cosa me maravigliamo che gli haby dato aloro questa zonta più che ali altri.<br />

Pertanto volimo che debii provedere non siano gravati de più cavalli che gli tocha per la<br />

soa debita taxa perché non che vogliamo che siano gravati de 36 cavalli più ch’al<br />

debito, ma pur d’uno solo; siché provedeti aduncha non se habiano più agravare per<br />

questa cason. Data Me<strong>di</strong>olani, xi maii 1454.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

1374<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà e uomini <strong>di</strong> Voghera <strong>di</strong> desistere dal rifiuto <strong>di</strong> dare le cose<br />

necessarie e in particolare l’erba per i cavalli dei soldati <strong>di</strong> suo fratello Alessandro.<br />

Le stesse cose sono state scritte a Luchina dal Verme perché altrettanto facciano i suoi uomini.<br />

Potestati et hominibus Viquerie.<br />

(1454 maggio 11, Milano).<br />

Se lamentano quelli soldati de Alexandro, nostro fratello, logiati in quella terra e<br />

territorio che non le voleti dare le herbe per li loro cavalli, né l'altre cose necessarie,<br />

secundo l'or<strong>di</strong>ne nostro; de che assay se meravigliamo che gli siano usate queste<br />

straneze. Et così per questa ve <strong>di</strong>cemo, perché soi cavalli sono adherbati, che li faciati<br />

dare del'herbe a satisfatione del <strong>di</strong>cto nostro or<strong>di</strong>ne; e similmente fatili fare provisione<br />

dele cose necessarie, secundo la continentia del <strong>di</strong>cto nostro or<strong>di</strong>ne e per modo che<br />

non se possano da qui inanti per tale casone gravare de vuy. Data ut supra.<br />

Cichus.<br />

In simili continentia scriptum fuit magnifice domine Luchine de Verme et provideat quod<br />

homines sui suprascripti faciant prout supra contuetur.<br />

Cichus.<br />

1375<br />

Francesco Sforza, siccome l’oste Giovanni Surasio si é lamentato che Tiberto ha preso alloggio<br />

da lui e che a coloro che hanno debito viene detratto qualcosa dell’estimo, mentre a lui no, il<br />

duca scrive al podestà e agli uomini <strong>di</strong> Fiorenzuola <strong>di</strong> provvedere un alloggio a Tiberto o <strong>di</strong><br />

pagare le spese dell’osteria. Vuole, poi, che, trovandosi l’oste nelle stesse con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> coloro<br />

che hanno una detrazione, <strong>di</strong> questa benefici anche lui.<br />

370r Potestati et hominibus Florenzole.<br />

(1454 maggio 11, Milano).<br />

Iohanne Surasio, hostero in quella nostra terra, n’ha sporta l’introclusa supplicatione<br />

per la quale se grava ch’el magnifico domino Thiberto sia logiato in casa soa, et che ali<br />

altri che hanno debito sia detracto qualche cosa del’estimo et a luy non. Pertanto,<br />

considerato l’effecto della <strong>di</strong>cta supplicatione, quale merita con<strong>di</strong>gna provisione, ve<br />

comettemo et volimo che, overo al prefato domino Thiberto debiati provedere de altra<br />

idonea stantia in quella terra, overo, dovendo stare nel’hostaria, sia facto el dovere per<br />

vuy homini al <strong>di</strong>cto hostero. Volimo ancora che, essendo detracto del exstimo ali altri<br />

che hanno debito et havendo luy etiam<strong>di</strong>o debito, prove<strong>di</strong>ati ch’el non sia in pegiore<br />

con<strong>di</strong>cione delli altri. Data utsupra<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1376<br />

Francesco Sforza fa presente al luogotenente e podestà <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che Luigi Bonomo e Luigi<br />

Cademosto sono stati da lui a nome <strong>di</strong> molti citta<strong>di</strong>ni che si <strong>di</strong>cono inabili al pagamento del resto<br />

del sussi<strong>di</strong>o per cui hanno chiesto che tale resto si paghi per taglia generale, ma Gaspare da<br />

Suessa obietta che tale generalità menerebbe le cose per le lunghe, mentre lui ne ha tanto<br />

bisogno. Il duca decide che luogotenente e podestà convochino gli operatori della comunità e<br />

altri citta<strong>di</strong>ni e prendano una decisione per cui, in<strong>di</strong>pendentemente dagli inabili, entro <strong>di</strong>eci giorni<br />

Gaspare abbia i denari dovutigli perché ha da essere impiegato in servizi importantissimi.


Locumtenenti et potestati Laude.<br />

1454 maggio 11, Milano.<br />

Sonno stati a nuy Aluyso Bonomo et Aluyso Cademosto per parte de molti altri cita<strong>di</strong>ni<br />

Lodesani nostri ad richiederne che, retrovandose loro inhabili et impotenti al pagamento<br />

del resto del subsi<strong>di</strong>o, vogliamo or<strong>di</strong>nare et provedere che tal resto se buti fora et se<br />

rescoti per taglia da fir generalmente imposta; dal'altra parte allega Gasparo de Suessa<br />

che per questa generalità el riscotere del <strong>di</strong>naro andaria troppo ala longa et tanto suo<br />

bisogno; per la qual cosa volimo et ve comettemo che statim debiati havere quelli che<br />

fanno per quella (a) comunità con quelli altri cita<strong>di</strong>ni ve parirà et subito piliarite con loro<br />

quello megliore or<strong>di</strong>ne se potrà perché, ad tar<strong>di</strong>us infra dece dì, li denari li siano, omni<br />

prorsus exceptione remota, perché quelli <strong>di</strong>nari vanno al <strong>di</strong>cto Gasparro, el quale<br />

havemo adoperare in nostri importantissimi servicii; et se pur gli fusseno alcuni al tuto<br />

inhabile, potriti lasarli stare; et purché li <strong>di</strong>nari gli siano nel termino pre<strong>di</strong>cto, adaptate la<br />

cosa como meglio ve parirà. Data Me<strong>di</strong>olani, xi maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) quella in interlinea.<br />

1377<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà <strong>di</strong> Stradella che se il ragazzo dell’uomo d’arme ducale<br />

Giovanni da Piacenza é riparato lì, lo restituisca al suo patrono.<br />

370v Potestati nostro Stradelle.<br />

1454 maggio 11, Milano.<br />

El strenuo Iohanne da Piasenza, nostro homo d’arme, n’ha significato che gli é fugito<br />

uno suo regazo con suo grande <strong>di</strong>sconzo et danno, e che é venuto lì rechiedendone<br />

che gli lo faciamo restituire. Pertanto volemo et te comettemo che, trovandose lì, tu gli<br />

lo facii restituire, omni prorsus exceptione remota. Data Me<strong>di</strong>olani, xi maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1378<br />

Francesco Sforza scrive al podestà <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che Antonio da Landriano si é lagnato perché<br />

procede contro uno dei suoi uomini <strong>di</strong> Spino in violazione dei suoi privilegi. Accertato che le cose<br />

stanno così, il duca <strong>di</strong>ce al podestà <strong>di</strong> lasciare che detto Antonio si avvalga dei suoi privilegi.<br />

Potestati nostro Laude.<br />

(1454 maggio 11), Milano.<br />

Se é gravato con nuy el strenuo Antonio da Landriano che vuy proce<strong>di</strong>ti contra uno delli<br />

suoi homini da Spino in preiu<strong>di</strong>tio dele soe ragione, alegando luy che, secundo el suo<br />

privilegio, non tocha a vuy la iuris<strong>di</strong>cione de procedere contra delli homini suoi, ma che<br />

(a) tocha a luy; unde non intendemo nuy de preiu<strong>di</strong>care ale sue ragione, anze volimo<br />

conservarlo et mantenerlo in quello. Volimo che faciati vedere et intendere quanto vorà<br />

aligare, perché non debiati procedere contra <strong>di</strong>cti suoy homini; et trovando essere como<br />

luy <strong>di</strong>ce, non ve ne impazate, anze lassate fare a luy. o a chi luy deputerà, rendendoci<br />

certi ch’el farà fare ragione per suo honore et nostro. Data Me<strong>di</strong>olani ut supra.<br />

Se Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue non depennato.<br />

1379<br />

Francesco Sforza scrive a donna Luchina che Giovanni dal Verme sposò fin dal tempo in cui<br />

viveva il conte Alberto dal Verme una delle marchese <strong>di</strong> Coliasso, che non vede da gran tempo


e ora ha lo sfizio <strong>di</strong> rivederla, ma non ha il modo per andarvi. Il duca chiede a donna Luchina <strong>di</strong><br />

propiziare questo incontro.<br />

371r Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

1454 maggio 11, Milano.<br />

Zohanne dal Verme n’ha exposto che fine al tempo viveva el magnifico conte Aluyso<br />

del Verme li dede moglie una de quelle marchese da Coliasso, quale già grande tempo<br />

non ha may veduta, et al presente ne <strong>di</strong>ce voria andare ad vederla, ma ha male el<br />

modo per andare, como a luy se conveneria et seria debito andare. Il perché ve<br />

recoman<strong>di</strong>amo et preghamo ve piacia darli el modo che, oltra sia debito ala<br />

magnificentia vostra, così fare ve sarà anche honore et farete cosa ad vuy laudabile et<br />

ad nuy grata. Me<strong>di</strong>olani, xi maii 1454.<br />

Ser Facinus.<br />

Cichus.<br />

1380<br />

Francesco Sforza scrive a Gracino e al referendario <strong>di</strong> Pavia perché sia tutto pronto entro sera<br />

per la nave che deve portare a Venezia Guarnerio Catiglioni,consigliere ducale.<br />

Domino Gracino et referendario Papie.<br />

1454 maggio 12, Milano.<br />

Benché nuy cre<strong>di</strong>amo et se ren<strong>di</strong>amo certi segondo el vostro scrivere che la nave nella<br />

quale se debbe condurre a Venetia el spectabile miser Guarnero da Castiglione, nostro<br />

consigliere, con li suoy sia imponto, pur ve havemo voluto iterare questa ad ciò che, se’l<br />

ge manchasse alcuna cosa, faciati che omnino questa sira sia imponto et fornita de<br />

boni navaroli; et pagherite la spesa de quella a nostro nome. Me<strong>di</strong>olani, xii maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit.<br />

Cichus.<br />

1381<br />

Francesco Sforza scrive ad Agostino de Copianis <strong>di</strong> Sale, castellano della fortezza <strong>di</strong> Carpaneto,<br />

<strong>di</strong> aver preso visione <strong>di</strong> quanto ha scritto al luogotenente <strong>di</strong> Piacenza, Benedetto da Corte, circa<br />

la molestia data alla fortezza. Il duca gli comanda la massima vigilanza, evitando <strong>di</strong> fare entrare<br />

persone non autorizzate da lui.<br />

1454 maggio 12, Milano.<br />

Angustino de Copianis de Sale, castellano arcis Carpaneti.<br />

Havemo veduto quanto tu hay scripto ad Bene<strong>di</strong>cto da Corte, nostro locotenente de<br />

Piasenza, circa la molestia te fi data per quella forteza et del dubio et suspecto che tu<br />

hay; <strong>di</strong>cemo che tu hay facto bene ad avisare de questo. Pertanto volimo et te<br />

coman<strong>di</strong>amo, per quanto tu hay cara la gratia nostra, che tu debii attendere a guardare<br />

la <strong>di</strong>cta forteza con ogne <strong>di</strong>ligentia et solicitu<strong>di</strong>ne, non li lassando entrare persona<br />

veruna, sia et habia nome como voglia, 371v senza littera sottoscripta de nostra propria<br />

mano, servando integramente tuti li or<strong>di</strong>ni et comandamenti te forono facti quando<br />

andasse ala guar<strong>di</strong>a d’essa forteza; et in questo habia tale advertentia che non te sia<br />

furata né tolta da persona che viva, et ad ogne rechiesta nostra ne la possi consignare<br />

segondo te fo consignata ad te. Siche bisogna che tu staghi vigile et attento, et che non<br />

dormi, non te fidando de persona alcuna. Data Me<strong>di</strong>olani, xii maii 1454.<br />

Nicolaus.<br />

Cichus.<br />

1382<br />

Francesco Sforza loda Benedetto da Corte, luogotenente <strong>di</strong> Piacenza, per avergli mandato la<br />

lettera del castellano <strong>di</strong> Carpaneto e gli <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> aver scritto a detto castellano per raccomandargli


la custo<strong>di</strong>a della fortezza, non consentendo ad alcuno <strong>di</strong> entrarvi senza una lettera sottoscritta<br />

personalmente dal duca, e <strong>di</strong> osservare gli or<strong>di</strong>ni avuti in modo che nessuno possa<br />

impossessarsene. Vuole che anche Benedetto intervenga a esortarlo per una grande vigilanza.<br />

(1454 maggio 12), Milano.<br />

Havemo veduto la lettera quale t’ha scripto el castellano de Carpaneto; <strong>di</strong>cemo che hai<br />

facto bene ad avisarne et mandarne <strong>di</strong>cta lettera. Unde te avisamo che nuy scrivemo al<br />

<strong>di</strong>cto castellano che attenda ala custo<strong>di</strong>a d’essa forteza con ogne cura, (a) <strong>di</strong>ligentia et<br />

vigilanza et che non se fi<strong>di</strong> né lassi intrare persona veruna dentro della <strong>di</strong>cta forteza, sia<br />

che habia nome como voglia, senza lettera sottoscripta de nostra propia mano, et che<br />

serva li or<strong>di</strong>ni che gli forono dati per modo che non li sia robata et che ne la possa<br />

consignare ad ogne nostra rechiesta. Siché ancora tu lo vogli confortare et caricare<br />

quanto te sia possibile, che facia quanto te é <strong>di</strong>cto de sopra, et che non stagha ad<br />

dormire, acioché non habia ad sequire mancamento né inconveniente alcuno. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Nicolaus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue et depennato.<br />

1383<br />

Francesco Sforza notifica ai Rettori <strong>di</strong> Crema che ad Arona, terra <strong>di</strong> Filippo Borromeo, si tiene<br />

fiera dal primo al quin<strong>di</strong>ci giugno. Si sappia che chi vi vuole partecipare non subisce alcuna<br />

molestia nell’andata, <strong>di</strong>mora e ritorno per causa personale o reale, purché non si provenga da<br />

parti infestati da peste, non sia ribelle sforzesco o ban<strong>di</strong>to dal territorio ducale.<br />

Tutto questo é reso noto con un pubblico proclama.<br />

In simile forma si é scritto ai Rettori <strong>di</strong> Bergamo, Biella, Iporrigia, Brescia e Vercelli.<br />

372r Rectoribus Creme.<br />

(1454 maggio 12), Milano.<br />

In terra Arone, que est magnifici comiti Filippi de Bonromeis, ex veteri consuetu<strong>di</strong>ne<br />

quolibet anno his <strong>di</strong>ebus tenentur nun<strong>di</strong>ne quorumcumque mercimoniorum que incipiunt<br />

circha callendas iunii proxime futuri, et finiunt ad xv mensis eiusdem. Avixandum<br />

propterea de hoc vos duximus ut vestris istich inotescat; quod volentes ad nun<strong>di</strong>nas<br />

ipsas se conferre in itu mora et red<strong>di</strong>tu nulla eis quacumque ex causa realis, vel<br />

personalis, molestia inferetur, aut inferri permìttetur, quovìsmodo dum tamen a partibus<br />

non veniant morbo suspectis, neque sint rebelles nostri, aut de territorio nostro banniti.<br />

Quamquidem consuetu<strong>di</strong>nem et mentem nostram per publicum etiam proclama<br />

notificare facere poteritis, si vobis videatur. Ad cuius beneplacita ex annuo nos paratos<br />

offerimus. Data Me<strong>di</strong>olani ut supra.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum fuit rectoribus Pergami,<br />

rectoribus Bielle,<br />

rectoribus Iporrigie,<br />

rectoribus Brixie,<br />

rectoribus Vercellarum.<br />

1384<br />

Francesco Sforza, siccome per abbondanza d’acqua non si può spesso passare a pie<strong>di</strong> e a<br />

cavallo al ponte della Scelere <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> Vecchio, or<strong>di</strong>na al giu<strong>di</strong>ce delle vettovaglie <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che, per<br />

favorire lo scorrimento dell’acqua, sia ben spazzata la roggia sotto detto ponte e si faccia sulla<br />

Scelere un bel ponte <strong>di</strong> legno su cui comodamente transitare.<br />

Iu<strong>di</strong>ce super victualibus civitatis Laude.<br />

1454 maggio 11, Milano.<br />

Siamo informati che per abundantia de aque persepe occorre che non senza <strong>di</strong>fficultà<br />

al ponte dela Scelere de Lode Vechio se pò passare a pede et a cavallo, che fa grande


<strong>di</strong>sturbio ali viandanti. Pertanto, acioché aconzamente se possa passare a pede et a<br />

cavallo, volimo che subito, ricevuta la presente, prove<strong>di</strong> per ogne modo opportuno che<br />

la rugia della <strong>di</strong>cta Scelere sia desotto dal <strong>di</strong>cto ponte ben spazata, che habia el suo<br />

conveniente decorso, et super quella se facia uno ponte de legno super lo qua le se<br />

possa passare como se debbe, facendo fare el pre<strong>di</strong>cto laborerio como meglio te parirà<br />

con alcuni che intendano el facto; et per quelli che specta el <strong>di</strong>cto lavoro non te fazi<br />

negligente, perché seristi imputato a tua negligentia. Data Me<strong>di</strong>olani, xi maii 1454.<br />

Iohannes.<br />

1385<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na ad Antonello de Favonera e a quelli della squadra <strong>di</strong> Sagramoro<br />

Visconti <strong>di</strong> lasciare Monticelli e Bertonigo e portarsi dove or<strong>di</strong>nerà Sagramoro.<br />

1454 maggio 13, Milano.<br />

372v Antonello de Favonera et ceteris de squadra Segramori Vicecomitis logiatis in<br />

locis Monticellorum in Bertonighi.<br />

Volimo che subito, havuta questa, debbiati levarvi da (a) Monticelli et da Bertonigo et<br />

andati dove ve sarà scripto et or<strong>di</strong>nato per domio Sagramoro et non fati ad questo<br />

contra<strong>di</strong>ctione, né replicatione. Me<strong>di</strong>olani, xiii maii 1454.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

(a) da ripetuto.<br />

1386<br />

Francesco Sforza informa il condottiero Colella da Napoli che i Rettori <strong>di</strong> Bergamo si sono<br />

lagnati per i furti dei suoi uomini. L’avverte <strong>di</strong> aver fatto pace con Venezia per vivere in<br />

tranquillità e non perché i suoi uomini si <strong>di</strong>ano a rubare. Li ammonisca <strong>di</strong> astenersi da tali<br />

inconvenienti e <strong>di</strong> andare a pascolare nel Bergamasco. Vuole che restituiscano ogni refurtiva e<br />

sappia che se non lo faranno, sconterà tutto lui.<br />

(1454 maggio 13, Milano).<br />

Colelle de Neapoli, armorum ductori nostro <strong>di</strong>lecto.<br />

Tu vederai per la inclusa quanto me scriveno li spectabili rectori de Bergamo, et de<br />

quanto se gravano deli toi che hanno robbato li suoi; del che ne rencresce ultra modo.<br />

Et per giararte della mente nostra, nuy havemo facto bona et sincera pace con la<br />

illustrissima signoria per vivere in pace et tranquilità, e non perché li tuoi e l’altri vadano<br />

robando, né siano cagione de scandalo, per la qual cosa volemo che statim debii<br />

admonire li tuoy et anche l’altri et comandarli che restituiscano le robbarie et che se<br />

abstehgano da nunc vero inanti da simili inconvenienti, et che per modo alcuno non<br />

vadano a tagliare, né a pascere l’erbe, né altro suso quello del Bergamasco, avisandote<br />

et certificanhdote che, se non se restituiranno le cose robate, le faremo nuy pagare a<br />

tuo costo. Et similiter faremo quando accaderano simili errori et inconvenienti, quali non<br />

patiremo per cosa del mondo. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1387<br />

Francesco Sforza accusa ricevuta dai Rettori <strong>di</strong> Bergamo delle denunce dei mali comportamenti<br />

dei suoi uomini sistemati in Geradadda e in particolare <strong>di</strong> quelli <strong>di</strong> Colella da Napoli. Riba<strong>di</strong>sce <strong>di</strong><br />

aver fatto pace con Venezia per vivere in armonia.<br />

Li assicura che se andranno da lui quelli che sono stati danneggiati e colui che é stato spogliato<br />

della “capa”, tutti saranno risarciti, e così ha scritto ai suoi soldati.<br />

373r Dominis Rectoribus Pergami.<br />

(1454 maggio 13, Milano).


Havemo recevuto le vostre lettere per le quali ne significate de mali portamenti de<br />

quelle nostre gente stano logiate in Giaradada, recordando alcuni damni in speciali facti<br />

per quelle de Colella de Napoli; ale quali, respondendo, <strong>di</strong>cemo che ultramodo ne<br />

rencresce se hanno facto cosa alcuna ve rincresca a vuy, né habiano damnezato alcuni<br />

delli vostri, li quali intendemo omniamente siamo ben veduti et tractati, como li nostri<br />

propri. Et con questa ferma opinione et con questo effecto havemo facto pace sincera<br />

et perfecta con la illustrissima signoria; et non potresti havere facto maiore piacere che<br />

avisarne de questo aciò le possiamo fare le debite provisioni, avisandove et<br />

certificandove et che, venendo qui quelli vostri, quali <strong>di</strong>ceti essere damnezati e quello<br />

spoliato dela capa, gli faremo fare tale restauro ch’el non gli mancarà niente. Ultra ciò<br />

havemo scripto quanto ne é parso a quelle nostre gente et in modo che credemo<br />

viverano honestamente e staranno neli termini; e quando non lo faciano et ne siamo<br />

avisati, gli faremo vedere che non faranno bene. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1388<br />

Francesco Sforza richiama il capitano del <strong>di</strong>vieto dell’Oltrepo pavese e Bertolucio da Gubbio,<br />

commissario sopra gli alloggiamenti dei cavalli nel Pavese, al rispetto delle lettere loro inviate<br />

dalla sua consorte su richiesta <strong>di</strong> Giovanni e fratelli Beccaria <strong>di</strong> Pavia. Vuole, perciò, che si<br />

faccia quanto richiesto da sua moglie, sia per la tassa dei cavalli che per altro, e provvedano che<br />

i cavalli assegnati ai supplicanti siano <strong>di</strong>stribuiti a coloro ai quali spettano.<br />

1454 maggio 13, Milano.<br />

Capitaneo nostro devectus Papiensis Ultrapadum ac Bertolutio de Eugubio,<br />

commissario nostro super alogiamentis equorum in Papiense.<br />

Con gran<strong>di</strong>ssima admiratione et <strong>di</strong>splicenza havemo inteso che ve fati <strong>di</strong>fficile in<br />

observare et exequire le lettere ve ha scripto la illustrissima madona nostra consorte ad<br />

instantia delli nobili Zohanne et li fratelli de Becaria, nostri cita<strong>di</strong>ni de Pavia <strong>di</strong>lecti. Et<br />

pertanto ve comandamo expressus et volimo che observati et fate observare et<br />

mandare ad effecto le prefate lettere dela nostra illustrissima consorte, tanto per<br />

respecto ale taxe de cavalli, quanto per altra casone, perché inten<strong>di</strong>amo che le <strong>di</strong>cte<br />

lettere siano non altramente observate quanto le nostre proprie; et in questo non gli fati<br />

<strong>di</strong>fficultà veruna, providendo etiam che quelli cavalli gli sonno dati ad essi supplìcanti,<br />

siano <strong>di</strong>stribuiti et dati ad chi spectano debitamente, como é la nostra intentione. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, xiii maii 1454.<br />

Thomax de Angelis.<br />

Cichus.<br />

1389<br />

Francesco Sforza richiama i Rettori <strong>di</strong> Bergamo all’osservanza del ventiduesimo capitolo della<br />

pace con Venezia in cui si contempla che siano assolti da ogni fallo commesso in guerra tutti gli<br />

uomini restituiti alla signoria <strong>di</strong> Venezia, ciò che detti Rettori non praticano con gli uomini <strong>di</strong><br />

Comenduno con la pretesa <strong>di</strong> costringere detti uomini a pagare i danni patiti dalle genti d’arme<br />

quando le forze sforzesche si impossessarono del luogo e gli uomini del posto si sottomisero al<br />

dominio sforzesco.<br />

373v Rectoribus Bergami.<br />

1454 maggio 13, Milano.<br />

Neli capituli dela pace novamente contracta et conclusa fra la illustrissima signoria de<br />

Venesia et nuy se contene como tuti l’homini et terre da fir restituiti per nuy ala prelibata<br />

signoria debiano essere absolti et senza pena, et liberamente liberati da ogne fallo et<br />

delicto per loro commisso in la presente guerra contra essa signoria in favore nostro,<br />

como più largamente intenderiti per la copia del vigesimo secundo capitulo, quale ve<br />

man<strong>di</strong>amo in questa nostra inclusa. Et perché inten<strong>di</strong>amo che ad instantia d’alcuni delle<br />

zente d’arme della prefata signoria, quale se trovavano essere nel loco da Comenduno,


vuy voleti astringere l’homini del <strong>di</strong>cto loco a pagare et restaurare li damni et<br />

spogliationi che esse zente d’arme patirono quando li nostri intrereno nel <strong>di</strong>cto loco, et<br />

che li <strong>di</strong>cti homini (a) se dedeno ala devotione nostra, imputandoli che loro foreno<br />

casone de questi tali damni, siamo mosti ad confortarve et pregarve vogliati<br />

soprasedere et desistere da far fare molestia ali <strong>di</strong>cti homini per la <strong>di</strong>cta casone; immo li<br />

vogliati conservare liberi et absolti da ogne delicto et imputatione contra de loro facta<br />

per observatione del <strong>di</strong>cto capitulo. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xiii maii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue ver depennato.<br />

1390<br />

Francesco Sforza vuole che Benedetto de Curte, capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza, liberi<br />

l’ebreo piacentino Israel, detenuto per quei denari <strong>di</strong> cui é debitore all’ebreo <strong>di</strong> Castel San<br />

Giovanni, purché <strong>di</strong>a a detto ebreo garanzia <strong>di</strong> pagarlo o <strong>di</strong> presentarsi<br />

ad ogni richiesta dal duca o da Benedetto.<br />

1454 maggio 13, Milano.<br />

Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo citadelle nostre Placentie.<br />

Volimo non debii più tenere sostenuto Israel, ebreo da Piacenza, per quelli denari che<br />

esso é debitore al iudeo de Castello San Zohanne per carta de deposito, sive aliter,<br />

dando però esso iudeo segurtà de pagare <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari, overo de presentarse ad ogne<br />

nostra rechiesta a nuy, sia ad tua in nostro nome; et per questa casone non li dare più<br />

impazo, se altro sopra ciò non te scriveremo. Data Me<strong>di</strong>olani, xiii maii 1454.<br />

374r Scarioto de Imola.<br />

1391<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Scarioto <strong>di</strong> Imola <strong>di</strong> portarsi subito da lui.<br />

1454 maggio 14, Milano.<br />

Per certo respecto bisogna che tu vegni qua; però te coman<strong>di</strong>amo et volimo che subito,<br />

recevuta questa, vegni qua da nuy. Data Me<strong>di</strong>olani, xiiii maii 1454,<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1392<br />

Francesco Sforza ripete a donna Luchina l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> mandare dal duca con il messo, che<br />

appositamente le invia, gli ebrei ai quali spetta fare il pagamento dovuto a Francesco <strong>di</strong> ser<br />

Antonio e l’avverte che, <strong>di</strong>sobbedendo, farà pagare a lei e ai suoi il doppio del debito.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

1454 maggio 14, Milano.<br />

Più volte ve havemo scripto che dovesti mandare qua quelli ebrei lì ad fare el<br />

pagamento debeno fare a Francesco de messer Antonio, e pur may non gli haviti<br />

mandati; del che ne maravigliamo et dolemo perché quelli debono havere ogne dì ne<br />

sonno ale spalle. Et pertanto denuo ve confortiamo et caricamo quanto più possemo<br />

che gli vogliate mandare con questo messo al (a) quale man<strong>di</strong>amo per questa cagione,<br />

avisandove che non gli mandando, serà facto pagare a vuy e li vostri in dopio; più, né<br />

più ve scriveremo de questa materia. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xiiii maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) al ripetuto.


1393<br />

Francesco Sforza chiede a frate Ludovico da Lura, provinciale dei domenicani della Lombar<strong>di</strong>a,<br />

<strong>di</strong> voler assegnare a frate Pietro, figlio del gentiluomo pavese Gaspare da Sannazaro la camera<br />

occupata nella chiesa pavese <strong>di</strong> San Tomaso dal defunto Battista dei Cortesi.<br />

In simile forma fu scritto ai frati del convento pavese <strong>di</strong> San Tomaso.<br />

1454 maggio 15, Milano.<br />

Venerabili in Christo sacre theologie professori, fratri Lodovico da Lura, or<strong>di</strong>nis fratris<br />

Pre<strong>di</strong>catorum provinciali provincie Lombar<strong>di</strong>e, amico nostro carissimo.<br />

Havemo inteso che per la morte de Baptista de li Cortesi vacha una camera la quale luy<br />

habitava in la chiesa de San Thomaso de Pavia. Et habiando nuy carissimo Gasparo<br />

da Sanezaro, nostro gentilhomo de Pavia, et anche per certi boni respecti, ve<br />

confortiamo pur assay et haveremo caro che vogliati (a) or<strong>di</strong>nare et comandare sia<br />

concessa <strong>di</strong>cta camera a frate Petro, figliolo del <strong>di</strong>cto Gasparro, nostro <strong>di</strong>lectissimo; et<br />

de questo ne fareti complacentia pur assay. Parati et cetera. Data Me<strong>di</strong>olani, xv maii<br />

1454.<br />

Andreas Fulgineus.<br />

In simili forma scriptum fuit fratribus conventus Sancti Thome de Papia.<br />

(a) Segue concedere la <strong>di</strong>cta camera depennato.<br />

1394<br />

Francesco Sforza avvisa il podestà e il castellano <strong>di</strong> Vigevano che manda da loro Angelo da<br />

Viterbo, giu<strong>di</strong>ce dei malefici <strong>di</strong> Milano, per i famigli, lì detenuti, <strong>di</strong> suo nipote Roberto. Vuole che<br />

gli <strong>di</strong>ano informazioni e giu<strong>di</strong>zi su detti prigionieri e credano a quanto <strong>di</strong>rà loro da parte del duca<br />

<strong>di</strong>sponendo dei famigli in base a quello che or<strong>di</strong>nerà.<br />

1454 maggio 15, Milano.<br />

374v Potestati et castellano nostris Viglevani.<br />

Man<strong>di</strong>amo lì miser Angelo da Viterbo, iu<strong>di</strong>ce nostro de maleficii de questa nostra citade<br />

de Milano, per cavare le mane de quelli famegli de Roberto, nostro nepote, sostenuti lì<br />

per la casone che sapete. Il perché volimo che subito gli debiati dare tute quelle<br />

informatione et iu<strong>di</strong>cii che haveti havuti fin ad qui contra loro, et così crederle<br />

pienissimamente, quanto ad nuy proprii, in tuto quello che ve <strong>di</strong>rà per nostra parte in<br />

questa materia, et così <strong>di</strong>sponere d’essi famigli, o tuti o parte de loro, et farne quello<br />

che’I prefato domino Angelo ve or<strong>di</strong>nerà, como informato pienamente del’intentione<br />

nostra sopra ciò. Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xv maii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

1395<br />

Francesco Sforza scrive al capitano <strong>di</strong> Casteggio che, per compiacere il doge <strong>di</strong> Genova, <strong>di</strong> non<br />

dare, per questa estate, gravezze agli uomini della Rippa de Nazaro per la tassa dei cavalli e<br />

provveda, come gli parerà, alla sistemazione dei cavalli del conte Pietroguido Torelli lì assegnati.<br />

Capitaneo nostro Clastigii.<br />

(1454 maggio 15, Milano).<br />

Perché deliberamo, ad complacentia del’illustre signore misser lo duxe de Zenoa, non<br />

dare graveza ad li suoi homini dela Rippa de Nazaro de taxa de cavalli per questa<br />

estate, volimo che tu prove<strong>di</strong> de lozamento ad quelli cavalli del conte Petroguido Torello<br />

che erano assignati lì, et li metti altrove dove te parirà meglio. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.


1396<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà, al comune e agli uomini <strong>di</strong> Vigevano <strong>di</strong> prendere visione<br />

della lamentela del vigevanese Antonio Busso per il rifiuto opposto da quella comunità a<br />

compensargli per il debito dell’acqua quei denari che ha pagato insieme con quei trentasei.<br />

Ricordando che <strong>di</strong> ciò lui, duca, gliene aveva già scritto e altrettanto ha fatto la sua consorte,<br />

vuole che non si tar<strong>di</strong> oltre ad accontentare Antonio.<br />

1454 giugno 28, s.l.<br />

375r Potestati, comuni et hominibus terre nostre Viglevani.<br />

Vederiti la suplìcatìone qui inclusa, quale de novo ce ha porto Antonio Busso de quella<br />

nostra terra, et la querella che luy fa, <strong>di</strong>cendo che quella comunità non gli vole<br />

compensare in el debito del’aqua, che l’ha ad ficto, quelli <strong>di</strong>nari che luy pagò insieme<br />

con quelli xxxvi. Et perché nuy ce recor<strong>di</strong>amo haverve scripto altra volta ad sua<br />

instantia sopra questa materia, et così inten<strong>di</strong>amo ha scripto la nostra illustrissima<br />

consorte, de novo ve <strong>di</strong>cemo et comettemo che debiati exequire et adempire le <strong>di</strong>cte<br />

nostre littere et dela prefata nostra consorte, et non vogliati tenere più in suspeso el<br />

<strong>di</strong>cto Antonio, né darli materia de lamentarse più per questa cosa. Data (a)<br />

Nota quod suprascripta littera cum cursit ea <strong>di</strong>e, videlicet <strong>di</strong>e xxviii iunii 1454.<br />

Christophorus.<br />

Cichus.<br />

(a) Così A.<br />

1397<br />

Francesco Sforza concede al milanese Ambrogio Macassole <strong>di</strong> portarsi a Milano con l’obbligo <strong>di</strong><br />

presentarsi subito da lui.<br />

1454 maggio 15, Milano.<br />

Nobile viro Ambroxio Machassole, civi nostro Me<strong>di</strong>olanensi.<br />

Siamo contenti, et così per la presente te conce<strong>di</strong>amo (a) libera licentìa che tu te possi<br />

partire da lì et venire qui a Milano non obstante comandamento alcuno quale havesse<br />

in contrario, con questo che quaprimum tu seray zonto qui te debbi presentare denaaze<br />

a nuy. Data Me<strong>di</strong>olani, xv maii 1454.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

(a) conce<strong>di</strong>amo corretto su coman<strong>di</strong>amo.<br />

1398<br />

Francesco Sforza ammonisce il console ducale Gaspare da Suessa <strong>di</strong> imporre alla sua gente <strong>di</strong><br />

Cerreto <strong>di</strong> desistere dal far danni, tagliando l’erba e facendo altro, alla possessione del suo<br />

cameriere Giovanni Pietro da Lo<strong>di</strong>, figlio <strong>di</strong> Marco Cagnola. Vuole che non si facciano guasti a<br />

nessuno e, in particolare, a quelli <strong>di</strong> casa ducale.<br />

Gasparri de Suessa, consoli nostro <strong>di</strong>lecto.<br />

(1454 maggio 15, Milano).<br />

Iohanne Petro da Lode, nostro camerero, figliolo de Marco Cagnola, n’ha <strong>di</strong>cto,<br />

lamentandose, che per li tuoy famigli et zente che sonno ad Cerreto gli fi guasto le sue<br />

possessione, tagliando l’erbe et facendo ogne male; dela qual cosa grandemente ne<br />

maravigliamo et dolemo, perché pur se doveria havere respecto ad fare simile damno<br />

et maxime ali nostri de casa. Pertanto volimo et te coman<strong>di</strong>amo per quanto hay caro la<br />

gratia nostra, che te debii abstenere et fare abstinere li <strong>di</strong>cti toy da simili damni et<br />

guastatione per modo che non ne sentiamo lamente, certificandote che quando ne<br />

sentessemo pure una parola sola, ne saria necessario provederli et fare<br />

demonstratione che simile cose ne rencresce. Data ut supra.<br />

Nicolaus.


Cichus.<br />

1399<br />

Francesco Sforza richiama ai Rettori <strong>di</strong> Bergamo il capitolo della pace, in cui si <strong>di</strong>spone che gli<br />

ufficiali sforzeschi abbiano i loro salari fino alla restituzione delle terre, per sollecitarli ad<br />

adempiere tale <strong>di</strong>sposizione a favore del famiglio ducale Antonello de Campagna, che fu<br />

ufficiale a Lovere fino alla restituzione <strong>di</strong> quel territorio.<br />

375v Rectoribus Pergami.<br />

1454 maggio 15, Milano.<br />

Antonello de Campagna, nostro famiglio, quale é stato nostro officiale in Luere fin al dì<br />

dela restitutione de quella terre, ne <strong>di</strong>ce dovere havere certa quantità de <strong>di</strong>nari per<br />

casone del salario suo, como per suo messo più largamente intenderiti, quale in fin mo<br />

non ha potuto havere. Et perché neli capituli dela pace se contene che li nostri officiali<br />

debiano fir pagati delli suoy salarii fin ala restitutione delle terre, confortiamovi et<br />

pregamove che vogliate provedere in modo che <strong>di</strong>cto Antonello habia la debita<br />

satisfatione soa per obsevatione d’essi capituli. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xv maii 1454.<br />

Bonifacius<br />

Cichus.<br />

1400<br />

Francesco Sforza vuole che il capitano <strong>di</strong> Casteggio intervenga con procedura sommaria per<br />

costringere i debitori <strong>di</strong> Giovanni Marco Gabo e <strong>di</strong> Giovanni Antonio <strong>di</strong> Michele<br />

a sod<strong>di</strong>sfarli del loro cre<strong>di</strong>to.<br />

Capitaneo nostro Clastigii.<br />

1454 maggio 15, Milano.<br />

Havendo a te recorso Iohanne Marco Gabo et Iohanne Antonio <strong>di</strong> Michele per<br />

domandare a certi debitori dela tua iuris<strong>di</strong>tione dali quali <strong>di</strong>cono non potere consequire<br />

il dovere suo, volimo et te comettemo che gli facii ragione summarie simpliciter et<br />

cetera, ita quod sibi debitum me<strong>di</strong>ante iusticia quo breviori temporis spatio fieri poterit<br />

consequantur. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xv maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1401<br />

Francesco Sforza scrive al podestà <strong>di</strong> Can<strong>di</strong>a che Simone da Mortara, trombettiere dello strenuo<br />

de Lavello si lagna perché, comprata della biada al prezzo, allora maggiore, non gli é stata data,<br />

mentre gliela si vuole fare avere ora “che é a più vile pretio”. Il duca vuole che, intese le parti e i<br />

rispettivi <strong>di</strong>ritti, il podestà renda giustizia.<br />

376r Potestati nostro Can<strong>di</strong>e.<br />

(1454 maggio 15, Milano).<br />

Se lamenta Simone da Mortara, trombetta del strenuo de Lavello, che, havendo già più<br />

et più dì passati facta una compra de biava per il pretio che alhora coreva, et non<br />

havendogela a quello tempo vogliutila dare, che la valeva meglio, adesso ge la voria<br />

dare, che é a più vile pretio; et sentendose gravato de questo domanda che sia facta<br />

ragione. Pertanto volimo et te comettemo che, vocati vocan<strong>di</strong>s, intelectis iuribus<br />

partium, facii ragione in modo che veruna dele parte habia cagione de querellarse. Data<br />

ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


1402<br />

Francesco Sforza vuole che Francesco de Georgiis, faccia avere, secondo la promessa fatta<br />

all’uomo d’arme ducale Paolo da Pisa, il pegno da lui sborsato per l’acquisto, su suo consiglio, <strong>di</strong><br />

una casa a nolo in Castione Lo<strong>di</strong>giano, <strong>di</strong> cui lui, Paolo, non avrebbe pagato nulla.<br />

Francisco de Georgiis.<br />

(1454 maggio 15, Milano).<br />

Ne ha significato Paulo da Pixa, nostro homo d’arme, che de tuo consentimento et<br />

consilio tolse ali dì passati una casa a nolo in Castione de Lodesana, promittendogli tu<br />

ch’el non pagarà niente, et, così <strong>di</strong>ce luy, havendola tolta, ch’el dede uno pigno al<br />

patrone dela casa con intentione che tu ge lo facesse restituire; et nunc domanda<br />

quanto tu gli hay promesso gli sia observato. Siché a nuy pare e volimo che, havendoli<br />

tu promesso alcuna cosa, tu gli la facii observare como é debito et ragionevole. Data ut<br />

supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1403<br />

Francesco Sforza scrive ad Andrea Dandolo, provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema, ricordandogli <strong>di</strong> avergli<br />

richiesto la liberazione <strong>di</strong> Ugolino e <strong>di</strong> Giovanni da Castel<strong>di</strong>done, ma ha saputo da Ugolino che<br />

Giovanni é ancora detenuto, perché si pretendono anche le spese <strong>di</strong> prigionia <strong>di</strong> Ugolino, anche<br />

se lui non é stato trattenuto che un sol giorno.Il duca chiede a Dandolo <strong>di</strong> volere, pagando le<br />

spese che gli paiono oneste, liberare i suddetti.<br />

Domino Andree Dandulo, provisori Creme.<br />

1454 maggio 15, Milano.<br />

Havendove nui scripto questi dì per la liberazione de Ugolino et Iohanni da<br />

Castel<strong>di</strong>done, credevamo fossero liberati; ma novamente e venuto da nuy <strong>di</strong>cto Ugolino<br />

il quale, come porreti vedere per la suplicatione inclusa, <strong>di</strong>ce che, benché per voi sia<br />

stato comandato che fossero liberati, tamen non é facto niente; imo il <strong>di</strong>cto Iohanni fi<br />

tenuto in presone, licet da luy non sia manchato de pagare le spese soe, perché pare<br />

quilli lo hanno in presone voglano ancho medesmo pagamento de spese dal <strong>di</strong>cto<br />

Ugolino, quale non stete in presone se non uno dì solo; il che cre<strong>di</strong>mo sia contra vostra<br />

saputa et volontà. Pertanto ve confortamo et pregamo che, senza dare più spesa ad<br />

quisti poveri homini, vogla provedere che siano liberati, pagando le spese ve parano<br />

honeste per li dì sonno stati im presone, et non per quello tempo non gli é stato <strong>di</strong>cto<br />

Ugolino li quali, perché forono presi in nostri servitii, ve recomman<strong>di</strong>amo. Me<strong>di</strong>olani, xv<br />

maii 1454.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

1404<br />

Francesco Sforza scrive al podestà <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> aver inteso dei comportamenti <strong>di</strong> Pecino<br />

Francesco e Iacopino de Pellegrini da Larzano, abitanti a Garega. Li faccia citare davanti a lui<br />

per ammonirli <strong>di</strong> comportarsi umanamente senza presunzione <strong>di</strong> far ricorso alle armi. Prima <strong>di</strong><br />

partire <strong>di</strong>ano garanzia <strong>di</strong> comportarsi secondo ragione. La stessa cosa esiga da Giovanni <strong>di</strong><br />

Porzi da Settino, anche lui parte <strong>di</strong> questi Barbarini.<br />

376v Potestati nostro Placentie.<br />

1454 maggio 15, Milano.<br />

Havemo inteso delli mo<strong>di</strong> servano et, inter cetera, de certa questione hanno facta<br />

questi dì Pecino Francesco et Iacopino de Pelegrini da Larzano, habitanti ad Garega;


de che molto ne meravigliamo. Pertanto volimo gli faciate citare denanze a vuy et<br />

admonirli che da mò inanze se portano humanamente con ogniuno et non presumeno<br />

ogne volta de corere ale arme; li quali mo<strong>di</strong> ad nuy non piaceno, facendo che inanze se<br />

partino da lì, daghano segurtà idonea de stare a ragione del passato et del’avenire. Il<br />

medesmo <strong>di</strong>cemo et volimo faciati ad Iohanne <strong>di</strong> Porzi da Septino, qual intendemo é<br />

anche luy <strong>di</strong> questi Barbarini. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xv maii 1454.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

1405<br />

Francesco Sforza informa il podestà <strong>di</strong> Vigevano che Antonio da Treviglio e Moran<strong>di</strong>no <strong>di</strong>cono<br />

d’essere stati derubati dai famigli <strong>di</strong> suo nipote Roberto. Li metta a confronto con i prigionieri e<br />

se in<strong>di</strong>viduano i ladri, si faccia <strong>di</strong>re che é stato loro tolto perché intende che venga restituito.<br />

Nello stesso giorno viene concessa licenza per quattro giorni al podestà <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> portarsi,<br />

quando può, a Milano.<br />

Si é scritto, il medesimo giorno, a Giovanni Filippo degli Eustachi <strong>di</strong> portarsi a Milano.<br />

Potestati Viglevani.<br />

1454 maggio <strong>16</strong>, Milano.<br />

Antonio da Trivì et Moran<strong>di</strong>no, presente portatore, se gravano che sono stati robbati da<br />

quilli famigli de Ruberto, nostro nepote. Pertanto volimo gli faciate videre tucti quilli che<br />

sonno lì in presone et, trovando che gli sia alcuno de quilli che l’abiano robbati, volimo<br />

inten<strong>di</strong>ati da loro che li hano robbato, che della robba, et poi subito ne advisate del<br />

nome del malfacto et della robba tolta perché inten<strong>di</strong>mo farglila restituire. Me<strong>di</strong>olani, xvi<br />

maii 1454.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.<br />

Die suprascripto.<br />

Concessa est licentia potestati Papie, quatenus possit, se <strong>di</strong>scendere a Papia, causa<br />

venien<strong>di</strong> Me<strong>di</strong>olani per quatuor <strong>di</strong>es.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

Scriptum fuit <strong>di</strong>e suprascripto Iohanni Filippo de Eustachio quod veniat Me<strong>di</strong>olanum.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

1406<br />

Francesco Sforza riba<strong>di</strong>sce a Teseo da Spoleto <strong>di</strong> riscuotere i denari del sale e delle tasse in<br />

modo che le genti sforzesche possano riprendere a cavalcare.<br />

377r Theseo de Spoleto.<br />

1454 maggio 15, Milano.<br />

Tu say la commissione te havemo facto qua circ’al rescodere li denari, così del sale<br />

como delle taxe, aciòche per mancamento d’essi non restassero a cavalcare le nostre<br />

gente, secundo havemo or<strong>di</strong>nato. Et perché <strong>di</strong>cte gente non ponno cavalcare como nuy<br />

credevamo per lo <strong>di</strong>cto mancamento, de novo te repplicamo et coman<strong>di</strong>amoti che fazi<br />

ogne (a) necessaria executione, como te parerà convenire in tal modo che presto se<br />

rescodano <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari, per foma che le <strong>di</strong>cte gente possano cavalcare, non perdendogli<br />

circa ciò una hora de tempo, se tu ami la gratia nostra, Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xv maii<br />

1454.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue cosa depennato.<br />

1407<br />

Francesco Sforza informa Francesco Giorgio che il comandatore della chiesa <strong>di</strong> Sant’Antonio <strong>di</strong><br />

lì si é lamentato perché, arrivati a Trebiano degli uomini d’arme, hanno danneggiato gravemente<br />

gli uomini del luogo e uno <strong>di</strong> loro, tal Battista da Rivarolo, se l’é presa con un massaro


insultandolo e minacciandolo. Il duca or<strong>di</strong>na a Francesco <strong>di</strong> cercare detto Battista e chiedergli<br />

cosa lo ha indotto a tali comportamenti minacciandolo <strong>di</strong> gravi punizioni se dovesse ripetersi.<br />

Francisco Georgio.<br />

1454 maggio <strong>16</strong>, Milano.<br />

Ne ha facto grave querella el venerabile comandatore della chiesa de Santo Antonio de<br />

quella nostra inclita cità che, siando andati alcuni homini d’arme a Trebiano, li quali,<br />

danezando gravemente l’homini <strong>di</strong> quello luogo, così in le biave como in l’herbe, fra<br />

l’altri uno Baptìsta da Rivarolo, homo d’arme, facendo gran danno ad uno massaro de<br />

quelli de Sant’Antonio, quali più che l’altri dovevano essere reguardati, et lamentandose<br />

el <strong>di</strong>cto massaro et dolendose del suo damno, quello Baptista molto superbamente et<br />

temerarie domandò quello massaro a sé, et vilanezandolo a et menazandolo gli corse<br />

adosso con l’arme e volsero ferire; la qual cosa non intendemo per modo alcuno<br />

supportare, né patire che l’homini siano talmente tractati, anzi godano ancora loro del<br />

benefitio dela pace. Pertanto volemo et te commettemo che debbi mandare per <strong>di</strong>cto<br />

Baptìsta et sapere da luy che lo in<strong>di</strong>ce a fare queste insolentie de dare tale molestie<br />

al’homini, et maxime quelli del Santo, et deinde vinalezarli et baterli, <strong>di</strong>cendoli et<br />

certificandoli, se per lo avenire sentiremo simile lamente, gli daremo ad intendere ch’el<br />

non habia facto bene, et con tale effecto ch’eI faremo pentire; ali quali inconvenienti<br />

doveressi etiam tu provedere senza nostre lettere. Data Me<strong>di</strong>olani, xvi maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

a vilanezandolo corretto su altra parola.<br />

1408<br />

Francesco Sforza fa avere ai deputati ai negozi <strong>di</strong> Pavia la lettera che invia a maestro Giovanni<br />

Matteo de Guar<strong>di</strong>, che trovasi da tempo a Genova per curare il doge, per sollecitarlo a rientrare<br />

a Pavia, dove la sua assenza é a scapito dei citta<strong>di</strong>ni e degli scolari.<br />

Lo stesso giorno si é scritto a maestro Giovanni Matteo de Gar<strong>di</strong> perché ritorni a Pavia.<br />

377v Deputatis negotiis civitatis Papie.<br />

1454 maggio <strong>16</strong>, Milano.<br />

Havemo recevuto la vostra lettera et inteso quanto n’havete scripto de maestro Iohanne<br />

Matheo de Gar<strong>di</strong>, quale più dì sono andò a Genoa per l’infirmitate del’illustre signore<br />

domino lo duxe, l’absentia del quale, essendo più longa seria molto damnosa ad quelli<br />

cita<strong>di</strong>ni nostri et ali scolari; al che respondendo, molto ne piace el ricordo vostro. Per la<br />

qual cosa nuy scrivemo per l’aligata al <strong>di</strong>cto magistro Iohanne Matheo ch’el retorni a<br />

repatriare lì, la quale gli mandereti. Data Me<strong>di</strong>olani, xvi maii 1454.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

Die suprascripto.<br />

Scriptum fuit Ianue magistro Iohanne Matheo de Gar<strong>di</strong> quod veniat Papiam.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

1409<br />

Francesco Sforza conferma ad Andrea Dandolo <strong>di</strong> aver visto il memoriale da lui mandato al<br />

consigliere ducale Angelo Simonetta con la denuncia contro il console ducale Gaspare da<br />

Sessa o i suoi per il furto patito da Bartolomeo Albergon <strong>di</strong> un paio <strong>di</strong> buoi e <strong>di</strong> una vacca, e per<br />

il rifiuto <strong>di</strong> Gaspare <strong>di</strong> restituire i soldati fuggitivi. Oltre a ciò, Dandolo lamenta che quelli <strong>di</strong><br />

Castelnuovo han tolto un putto a Giacomo da Sandro, e anche un manzo e un ducato a tal<br />

Mafio, e ancora si lagna dei soldati <strong>di</strong> Sagramoro per gli inconvenienti da loro causati. Il duca<br />

informa Andrea Dandolo che a Gaspare e a Sagramoro, presenti il suo cameriere Donato con il<br />

podestà <strong>di</strong> Castiglione, ha fatto una romanzina e li ha castigati e, in più, ha or<strong>di</strong>nato a Gaspare<br />

<strong>di</strong> restituire quanto é stato preso e ha mandato un suo uomo per la esecuzione <strong>di</strong> quanto ha<br />

comandato, e altrettanto ha detto al podestà <strong>di</strong> Castiglione e a Donato nel transitare nel portarsi


lì. Il duca lo esorta, se ancora, deprecatamente si ripetessero tali inconvenienti, <strong>di</strong> scrivere<br />

<strong>di</strong>rettamente ai suoi ufficiali.<br />

Andrea Dandolo, provisori Creme.<br />

(1454 maggio <strong>16</strong>, Milano).<br />

Havemo veduto uno memoriale portato per uno delli vostri ad Angelo Simoneta, nostro<br />

consigliere, de alcuna lamente faceti de Gasparro da Sessa, nostro console, o <strong>di</strong> suoi<br />

per certa robbaria facta ad Bartolomeo Albergon de quella vostra terra de uno paro de<br />

bovi et una vaca, et ch’el <strong>di</strong>cto Gasparro non vole restituire li soldati fugitivi et cetera.<br />

Apresso de quelli nostri da Casteliono per uno puto tolto ad Iacomo da Sandro et uno<br />

manzo et uno ducato ad uno Maffio, et denique delle deshonestate facte per quelli de<br />

domino Segramoro, le quali cose certamente ne sonno rencrescìute et rencrescono, et<br />

ne despìaceno ultramodo et sonno al tuto contra la mente et <strong>di</strong>spositione nostra; donde<br />

per satisfatione de quanto rechiede la spectabile vostra signoria l’avisamo che,<br />

retroavandose qui li pre<strong>di</strong>cti 378r Gasparre et domino Segramoro et Donato, nostro<br />

camerero, col nostro podestate (a) da Castiglione gli havemo <strong>di</strong>cto quello n’é parso et<br />

factoli admonitione et castigatione che da hora inante siamo certi non sentireti simili<br />

rechiami, et comessoli ad bocha al <strong>di</strong>cto Gasparro, che subito fazi restituire et relaxare<br />

le pre<strong>di</strong>cte cose, et così ha mandato uno <strong>di</strong> suoy per exequire, et similiter commisso al<br />

<strong>di</strong>cto potestate de Castellione et Donato, como da loro intendereti nel passare che<br />

faranno per lì. Si per lo advenire accadesse simile inconveniente, che credemo però<br />

non accaderà, vogliati pur scrivere vuy stesso ad quelli nostri officiali et sub<strong>di</strong>ti perché<br />

gli havemo commesso che in similibus exequiscano quanto se nuy proprii li<br />

scrivessemo. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

(a) podesta scritto su altra parola.<br />

1410<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che, dovendo servirsi per Cremona del galeone<br />

che é lì, vuole che domattina, 17 maggio, porti marinai sufficienti con il conestabile del galeone<br />

per arrivare a Pizzighettone, ove i marinai <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> ritorneranno a casa, e il commissario del posto<br />

farà trovare altrettanti marinai e un conestabile per condurre l’imbarcazione a Cremona, che<br />

verrà consegnata a Filippo degli Eustachi e a Biagio Pugnello.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1454 maggio <strong>16</strong>, Milano).<br />

Havendo nuy adoperare là de sotto verso Cremona quello galeone che é li, volemo et<br />

ve comettemo che domane a matina, che serà a xvii del presente, recare tanti navaroli<br />

che siano sufficienti asieme col conestabile d’esso galeone ad condure il galeone ad<br />

Pizghitone; et quando seranno lì presentano le alligate lettere al commissario de<br />

Pizghitone al quale scriveremo che retrova lì altrettanti navaroli asieme al conestabile<br />

che conducano el galeone ad Cremona, et li navaroli da Lode potranno retornare a<br />

Lode quando haveranno conducto il galeone a Pizghitone, admonendo voi et<br />

instruendo bene el <strong>di</strong>cto consestabile che, quando haverà conducto il <strong>di</strong>cto galeone a<br />

Cremona, lo debia consignare ad Philippo de Eustachio et Biasio Pugnello, quali hanno<br />

comissione da nuy de quanto debano fare. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1411<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà <strong>di</strong> Pavia convochi il pavese Giovanni Antonio<br />

Mezzabarba e faccia restituire all’uomo d’arme ducale Ronzinante il ragazzo, che era stato con<br />

Seco e poi con Ronzinante ed era fuggito fin dai tempi <strong>di</strong> Ghe<strong>di</strong> ed era ora presso Giovanni<br />

Antonio.<br />

1454 maggio <strong>16</strong>, Milano.


378v Potestati Papie.<br />

Da Ronzinale, nostro homo d’arme, se ne fugì per fino nuy eravamo a Ghede questo<br />

anno passato, uno suo regazo, quale era stato con Secho circha de quatro anni, et<br />

presentendo hora quello essere lì presso Iohanne Antonio Mezabarba, nostro cita<strong>di</strong>no<br />

de Pavia, ce ha pregato gli lo vogliamo fare rendere, maxime perché d’esso n’ha<br />

desasio. Per la qual cosa, attento il desasio suo et ch’é de consuetu<strong>di</strong>ne é che simili<br />

regazi nedum quali sonno in mano deli amici, immo quando sonno in le mano de inimici<br />

se restituiscano liberamente, volimo che habiati denanze da vuy <strong>di</strong>cto Iohanne Antonio;<br />

et con quello migliore modo ve parirà prove<strong>di</strong>atì restituisca il suo regazo ad Rozinale<br />

pre<strong>di</strong>cto, dandoli exepe<strong>di</strong>tione senza tenerlo in tempo, siché non sia fallo. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, xvi maii 1454.<br />

Andrea Fulgineus.<br />

1412<br />

Francesco Sforza ricorda a Benedetto de Curte, capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza, <strong>di</strong> essersi<br />

spesso lagnato con lui perché il Piacentino manda meno bifolchi <strong>di</strong> nessun altro luogo e, inoltre,<br />

un terzo <strong>di</strong> quelli da lui mandati se n’é scappato. Vuole che i fuggitivii si facciano sostituire da<br />

due altri bifolchi e, se sono dei poveracci, i loro comuni provvedano a tali sostituzioni.<br />

Bifolchi fuggiti da Piacenza e dal Piacentino: Antonio <strong>di</strong> Giovanni Spagnolo, abitante a Fabiano,<br />

Girardo <strong>di</strong> messer Giovanni da Cossa, abitante a Magniano, Giorgio <strong>di</strong> Antonio Roeda, abitante<br />

a Virgiparo, Gaspare <strong>di</strong> Iacopino da Concorino, abitante a Bre, Raimondo <strong>di</strong> Fredenzo da Bre,<br />

abitante a Podenzana, Perrino <strong>di</strong> Bartolomeo da Poeri, abitante a Mausano, Antonio <strong>di</strong><br />

Giacomino Butafava, abitante a Santo Ottolino, Domenico <strong>di</strong> Zanni Bragaza, abitante a Rezano,<br />

Antonio <strong>di</strong> Antonio Roeda, abitante a San Damiano,<br />

Perino <strong>di</strong> Perazino Bardon, abitante a Tavernago.<br />

1454 maggio 15, Milano.<br />

Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo citadelle nostre Piacentie.<br />

Per più nostre lettere te habiamo scritto che nuy siamo mal forniti de bevolci da<br />

Piasentina et più da quello paese che da nessun’altro locho, prima in non havere may<br />

integramente mandato el numero, preterea quelli sonno stati mandati, dele quatro<br />

parte, le tre sono fugite, como vederay per la inclusa copia qual te mandamo. Et<br />

perché tu poi molto bene considerare quanto interesse é il nostro ad tenere lo carezo<br />

nostro ben fornito de bevolci, volimo che tu astringe tuti l’introclusi che sonno fugitivi ad<br />

mandarne duy in scambio loro per la fuga loro; et in caso che <strong>di</strong>cte persone siano<br />

miserabili et non habiano ad pagare, volimo che siano astrecti li comuni che l’hanno<br />

mandati 378v ad mandarne duy per uno, perché degono mandare persone idonee et<br />

non fugitive, et vogli fare per modo che non habiamo più ad scrivere sopra ciò. Ex<br />

Me<strong>di</strong>olano, xv maii 1454.<br />

Bevolcii fugiti da Piacenza et Piacentina:<br />

Antonio de Zohanne Spagnolo, habitante Fabiani;<br />

Girardo de meser Zohanne da Cossa. habitante Magniani;<br />

Zorzo de Antonio Roeda, habitante Virgipari;<br />

Gasparro de Iacopino de Concorani, habitante a Bre;<br />

Raymondo de Fredenzo da Bre, habitante Podenzane;<br />

Perrino de Bartolomeo <strong>di</strong> Poeri, habitante Musani;<br />

Antonio de Iacomino Butafava, habitante a Sancto Ottolino;<br />

Domenigo <strong>di</strong> Zanni Bragaza, habitante Rezani;<br />

Antonio de Antonio Roeda, habitante Sancti Damiani;<br />

Perino de Perazino Bardon, habitante a Tavernago.<br />

1413<br />

Francesco Sforza scrive ai marchesi <strong>di</strong> Varzi che tralascia <strong>di</strong> ricordare loro come <strong>di</strong>rettamente<br />

ha fatto loro intendere <strong>di</strong> volere che tre o quattro dei principali <strong>di</strong> loro si portassero da lui e così<br />

pure ha fatto, invano, ultimamente. Replica ora l’or<strong>di</strong>ne e comanda che cinque o sei dei


principali <strong>di</strong> loro devono subito andare da lui e, non andando, si avvedranno <strong>di</strong> aver fatto male,<br />

come più espressamente <strong>di</strong>rà loro Antonio Marchese.<br />

Marchionibus Varcii.<br />

1454 maggio <strong>16</strong>, Milano.<br />

Asai doveti recordarve, se may haveti voluto fare et exequire cosa che ve habiamo<br />

scritta, né mandata a <strong>di</strong>re, né in lo facto del castellano, né in verun’altra cosa; ma<br />

lassiamo andare questo. Ve havemo scripto nuperime che tre o quattro de vuy et deli<br />

principali, venisseno a noy, et se seti venuti vuy lo sapeti; il perché ve avisamo che non<br />

deliberamo vivere in questo modo con vuy. Et pertanto ve repplicamo che cinque o sey<br />

de vuy et deli principali, debiati subito venire da nuy ad intendere quanto gli voreno <strong>di</strong>re,<br />

avisandove che non venendo voy, ve daremo ad intendere che non haveriti facto bene,<br />

como più largamente ve <strong>di</strong>rà Antonio Marchexe, presente portatore, informato dela<br />

mente nostra, al quale crederiti in questa materia quanto ad nuy proprii. Data Me<strong>di</strong>olani,<br />

xvi maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1414<br />

Francesco Sforza vuole che il capitano <strong>di</strong> Casteggio faccia avere, con procedura sommaria, a<br />

Cesare, abbate <strong>di</strong> Santo Stefano da Como, i denari dovutigli da Bernardo de Marconi.<br />

379v Capitano nostro Clastigii.<br />

1454 maggio <strong>16</strong>, Milano.<br />

El venerabile domino Cesaro, abbate de Sancto Stefano de Como, <strong>di</strong>ce dovere havere<br />

certi <strong>di</strong>nari da Bernabò de Marconi, como per altre nostre te havemo scripto; il perché te<br />

comettiamo et volemo che al <strong>di</strong>cto domino lo abbate, o suo messo, presente portatore,<br />

fazi rasone summaria et expe<strong>di</strong>ta contra lo <strong>di</strong>cto Bernabò aciò non habia ad mandare<br />

più lì per questa cagione. Data Me<strong>di</strong>olani, xvi maii 1454.<br />

Cichus.<br />

1415<br />

Francesco Sforza esprime al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> il suo <strong>di</strong>sappunto per il mancato invio, causa il<br />

ritardo dell’arrivo del cavallaro, del galeone e gli rinnova, se già non l’avesse fatto, l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

mandarlo subito. Non riesce a capire <strong>di</strong> qual conestabile lui parli, per cui gli chiarisce che si tratta<br />

del conestabile del galeone che sta lì, appositamente pagato per la guar<strong>di</strong>a dell’imbarcazione e<br />

che la condurrà a Cremona, per cui se non l’ha ancora mandato, lo faccia imme<strong>di</strong>atamente.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1454 maggio <strong>16</strong>, Milano.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere responsive ale nostre circ’al mandare del galeone<br />

zuso, et bene se dolemo dela tar<strong>di</strong>tà del cavalaro, quale non venisse a tal hora, como<br />

poteva venire, che heri non lo potessimo mandare zuso al bon hora; et benché<br />

cre<strong>di</strong>amo et ce confi<strong>di</strong>amo in la vostra <strong>di</strong>ligentia, che già l’habiati mandato inante la<br />

receputa de questa, pur attesa la importantia dela cosa, ve havemo voluto replicare<br />

che, non gli l’havendo mandato, non per<strong>di</strong>ate tempo in mandarlo. Et perché ne scriveti<br />

che, venendo el conestabile el mandariti, et cetera, non intendemo qual conestabile<br />

vogliati <strong>di</strong>re; et dubitando nuy che forse non cre<strong>di</strong>ati (a) che ve vogliamo mandare altro<br />

conestabile, ve avisamo che intendemo ch’el conestabile del galeone proprio che sta lì,<br />

el quale havemo pagato continue per la guar<strong>di</strong>a d’esso galeone como sapiti, sia quello<br />

quale conduca esso galeone sino ad Cremona; siché, non l’havendo mandato,<br />

mandatilo ala receputa de questa, como per altri date heri ve scripsemo. Data ut supra,<br />

<strong>di</strong>e xvi maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


(a) Segue non depennato.<br />

14<strong>16</strong><br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente e podestà <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> essere certo che,<br />

permettendo la fortificazione del luogo <strong>di</strong> Manolo Sottano, nulla più potrà pregiu<strong>di</strong>care alla<br />

sicurezza della città e gioverà pure ai beni <strong>di</strong> Giovanni e Andrea da Fonibio, ai quali é contento<br />

che si conceda <strong>di</strong> far fortificare il luogo <strong>di</strong> Palengato.<br />

380r Locumtenenti et potestati Placentie.<br />

1454 maggio <strong>16</strong>, Milano.<br />

Essendo certificati che, lassando nuy fortificare el loco de Manolo Sottano de quello<br />

nostro vescovato, tale fortificatione niente pò fare preiu<strong>di</strong>tio a quella nostra cita, né a<br />

quelli altri loci; imo pò fare giovamento ale cose et bene de Iohanne et Andrea da<br />

Fonibio. Siamo contenti che possano essi prenominati far fortificare <strong>di</strong>cto loco da<br />

Palengato tantum et de fossa. Volimo adunque che ad ogne loro rechiesta gli concedati<br />

licentia et prestati pacientia che possano far fare <strong>di</strong>cta forteza, utsupra. Data Me<strong>di</strong>olani,<br />

xvi maii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1417<br />

Francesco Sforza, sebbene abbia già espresso a Giovannina de Capellis, vedova <strong>di</strong> Alessandro<br />

<strong>di</strong> San Nazzaro, il suo compiacimento se sposasse Achille Corso, tuttavia, perché meglio<br />

intenda l’animo ducale, le manda fra’ Pietro da Piacenza che le chiarirà i sentimenti ducali.<br />

1454 maggio 18, Milano.<br />

Domine Iohannine de Capellis, relicte Alexandri de Sancto Nazario.<br />

Benché per altre nostre lettere ve habiamo scripto la intentitione et voluntà nostra, et<br />

quanto piacere haveressemo che vuy fosti contenta acceptare per vostro legiptimo<br />

sposo et marito il strenuo Achile Corso, nostro conestabile, tamen aciò meglio intendati<br />

l’animo et <strong>di</strong>spostione nostra in questo facto et quanto haveremo ad core questa cosa,<br />

man<strong>di</strong>amo da vuy el religioso fra’ Pedro da Piasenza, presente exhibitore, qual ve <strong>di</strong>rà<br />

et chiarirà lo animo nostro, al quale vogliati dare piena fede como farestivo a nuy<br />

proprii. Data Me<strong>di</strong>olani, xviii maii 1454.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

1418<br />

Francesco Sforza scrive a Teseo e al referendario <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> far restituire agli uomni <strong>di</strong><br />

Antonello da Piacenza le bestie loro tolte, perché ha dato assicurazione del pagamento del<br />

debito che hanno.<br />

Theseo et referendario Piacentie.<br />

1454 maggio 18, Milano.<br />

Ne ha significato misser Antonello da Piasenza che a suy homini sonno tolte alcune<br />

bestie cariche de biava per certo debito hano; et perché <strong>di</strong>cto misser Antonello ne <strong>di</strong>ce<br />

che indubie gli farà fare et debito, siché rendendoci certi che esso misser Antonello gli<br />

farà fare como <strong>di</strong>ce el debito, volimo che subito gli faciati relaxare le bestie et robbe ali<br />

homini soy. Data Me<strong>di</strong>olani, xviii maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


1419<br />

Francesco Sforza comunica al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che alcuni giovani “morbioni” senza legge<br />

della città e, tra essi, Luigi Musso e Leonardo Scodaro e altri, <strong>di</strong> cui meglio lo informeranno<br />

Bassano La<strong>di</strong>na e Giacomo Locadello, che alcuni giorni fa rovinarono il pozzo <strong>di</strong> Santa Maria<br />

Vecchia con grave danno dei vicini.<br />

Intollerante <strong>di</strong> tali inconvenienti, il duca vuole che il luogotenente, accertati gli autori, li costringa<br />

a riparare i danni e <strong>di</strong>a loro una esemplare punizione.<br />

380v Locumtenenti Laude.<br />

1454 maggio 18, Milano.<br />

Siamo informati che sonno alcuni zoveni morbioni de quella nostra cità, quali non se<br />

vedano stanchi de far quanto male ponno como se non fossero supposti a leze alcuna,<br />

fra li quali Aluyso Musso et Leonardo Scudaro cum alcuni altri deli quali ve saperà dare<br />

informatione Bassano La<strong>di</strong>na et Iacomo Locadello, già più dì passati guastareno el<br />

pozo de Santa Marta Vechia, non senza grave damno et spexa delli vicini; et non<br />

intendendo nuy comportare simili inconvenienti, anze volendo che siano puniti simili<br />

deviati, volimo et ve comettemo che, havuta bona informatione de quelli che haverano<br />

commisso simili errori, como é <strong>di</strong>cto de sopra, gli constrigate ad emandare el <strong>di</strong>cto<br />

damno, et ulterius li dariti quella punitione che ve pareranno meritare, inspecta qualitate<br />

facti, acioché se <strong>di</strong>a exemplo ad altri de abstenirse da simili inconvenienti. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, xviii maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1420<br />

Angelo da Viterbo comunica al duca <strong>di</strong> avere accuratamente esaminato ognuno dei famigli <strong>di</strong><br />

Roberto e tutti si sono <strong>di</strong>chiarati innocenti; non avendo trovato motivo <strong>di</strong> sottoporli a tortura, non<br />

ha posto nesuno alla corda e non lo farà se non avrà licenza dal duca.<br />

Il Bresciano, autore <strong>di</strong> vari furti, é stato alquanto incerto per cui, se lui, duca, vuole, lo porrà al<br />

“curlo” con due o tre suoi compagni.<br />

1454 maggio <strong>16</strong>, Vigevano.<br />

Copia<br />

Illustrissimo domino duci Me<strong>di</strong>olani et cetera.<br />

Illustrissime princeps et excellentissime domine domine mi unice, post<br />

recommendatione iusta, lo commandamento ad mi facto per la vostra excelentia son<br />

vinuto qua a Viglevano per casone de quella robbaria che é stata facta, dela quale<br />

sonno imputati li famigli del magnifico (a) signore Roberto; ho examinato tucti in<br />

singularità li pre<strong>di</strong>cti famigli, et breviter, usata quella <strong>di</strong>ligentia se ricercha, quanto ho<br />

saputo et inteso, tucti <strong>di</strong>cono essere inocenti et non colpevoli de tale delicto. Et perché<br />

non ho alcuno in<strong>di</strong>tio sufficiente a ponerli a tortura, non ho altramente posti loro ala<br />

corda, et nol faria senza expressa licentia dela vostra signoria, benché qui é tra li altri<br />

uno chiamato el Brexiano, che ha facto molti furti et robarie, et etiam domandato de<br />

questo excesso, vacila et varia un poco. Per la quale casone, piacendo ala prelibata<br />

vostra excellenza el ponerò al curlo con duy o tre altri soy compagni che sonno stati<br />

partecipi <strong>di</strong> molte cose cum luy; exequirò quanto vostra excellenza me commanderà,<br />

ala quale humilmente me racomando. Viglevani, xvi maii 1454.<br />

Excellentissimi domini fidelissimus servitor Angelus de Viterbo, doctor.<br />

(a) Segue misser depennato.<br />

1421<br />

Francesco Sforza accusa ricevuta da Angelo da Viterbo, giu<strong>di</strong>ce dei malefici <strong>di</strong> Milano nonché<br />

podestà e castellano <strong>di</strong> Vigevano, della sua relazione sugli interrogatori fatti ai famigli <strong>di</strong> suo<br />

nipote Roberto e prende atto che ha trovato solo vacillante il Bresciano, colpevole <strong>di</strong> molti furti<br />

con due o tre compagni. Vuole che metta alla tortura il solo Bresciano come gli parrà giusto e


agionevole, perché vuole che sia ai citta<strong>di</strong>ni derubati che andavano a Ginevra, che a detti<br />

famigli sia fatto quello che debitamente richiede la legge.<br />

1454 maggio 18, Milano.<br />

381r Domino Angelo de Viterbo, iu<strong>di</strong>ci mallificiorem Me<strong>di</strong>olani necnon potestati et<br />

castellano Viglevani.<br />

Respondendo brevemente alla littera de vuy, misser Angelo, facta noy heri l’altro,<br />

recevuta hersera ale xxiii hora, per la quale succintamente ne <strong>di</strong>ceti non havere trovato<br />

in<strong>di</strong>tio alcuno sufficiente per lo quale havesti possuto mettere ala tortura li famigli de<br />

Roberto, nostro nepote, et che non procederesti ad tale acto senza nostra licentia,<br />

subiungendo che tra li altri el Brexano, quale haveti trovato colpevole in molti altri furti<br />

con duy o tre altri compagni, domandandolo de questo excesso per lo quale <strong>di</strong>cti famigli<br />

sonno in presone, trovati vacilare et variare un poco, ve <strong>di</strong>cemo che, parendo ad voy<br />

tucti che de rasone <strong>di</strong>cto Brexano se possa mettere alo examine de <strong>di</strong>cto excesso, per<br />

lo quale nuy havimo mandato voy, misser Angelo, lì per via dela tortura, che voy li<br />

mettiati <strong>di</strong>cto Brexano solo ala tortura, et procedati in questa materia secundo ve parirà<br />

iusto et rasonevole, perché la mente et l’intentione nostra é che tanto ad questi nostri<br />

cita<strong>di</strong>ni, quali se lamentano dela robbaria facta contra li loro che andavano a Zenevra,<br />

inculpando <strong>di</strong>cti famigli de Roberto, quanto ali <strong>di</strong>cti famigli sia facto quello che<br />

debitamente rechiede la rasone; et non altramente. Me<strong>di</strong>olani, xviii maii 1454.<br />

Iohanne Antonius.<br />

Iohannes.<br />

1422<br />

Francesco Sforza fa sapere ai Rettori <strong>di</strong> Bergamo che i provisionati ducali Zucca e compagni si<br />

sono lamentati ancora per non essere stati sod<strong>di</strong>sfatti da Fanscino de Fenaroli. Dettosi poi<br />

sorpreso per la riduzione della somma a ducati 80, riven<strong>di</strong>ca che l’esatto cre<strong>di</strong>to <strong>di</strong> Zucca e<br />

compagni é <strong>di</strong> ducati 122 d’oro.<br />

381v Rectoribus Pergami.<br />

1454 maggio 18, Milano.<br />

Se sonno gravati con nuy de novo el Zucha et compagni, nostri provisionati, <strong>di</strong>cendo<br />

non havere ancora potuto conseguire quelli ducati cxxii d'oro delle quale gli é debitore<br />

quello Fanschino de Fenaroli, como per l'altre nostre habiamo scripto ad le vostre<br />

spectabilità; benché quelle gli habiano facto comandamento <strong>di</strong> executione contra coluy,<br />

tamen poco gli sonno giovate, et pare ch’esse vostre spectabilità gli reducano essi<br />

ducati in ducati lxxx, che non sanno per che casone el faciate, perché il <strong>di</strong>cto Fanschino<br />

una volta gli é obligato per tuta la <strong>di</strong>cta summa deli ducati cxxii. Pertanto de novo<br />

confortiamo et pregamo le perfate vostre spectabilità che le piacia provedere ad questa<br />

cosa per modo et forma ch’essi nostri provisionati conseguano integramente el debito<br />

suo et siano satisfacti et non tenuti più in suspeso perché, ultra che se farà el debito ad<br />

nuy, faranno esse vostre spectabilità piacere asay, como cre<strong>di</strong>amo sia la intentione<br />

vostra, essendo questa cosa iusta che <strong>di</strong>cti provisionati nostri conseguano il debito suo.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, xviii maii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

1423<br />

Francesco Sforza assicura i Provve<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> Crema <strong>di</strong> aver fatto <strong>di</strong> tutto per la restituzione del<br />

saccomanno e del cavallo <strong>di</strong> Matteo da Capua. Siccome il cavallo é stato venduto a un loro<br />

uomo, gli si é scritto per la riconsegna della bestia, oltre a farlo perseguire da un messo perché<br />

la riporti e, non riuscendo, faranno il possibile per averla.<br />

Nel suddetto giorno si é scritto a Marco Trotto <strong>di</strong> portarsi dal duca.<br />

Provisori Creme.<br />

1454 maggio 18, Milano.


Veduto quanto ne scriveti per la arestatione et restitutione del saccomano et cavallo del<br />

spectabile Matheo de Capua, ve respondemo che, desiderosi et in questo et in<br />

cadun’altra cosa ad nuy possibile condescendere ale vostre requeste, subito gli<br />

fessemo quella <strong>di</strong>ligentia attenta, che haveressemo facto in caduna nostra facenda ben<br />

de grande importantia, secundo questo messo ha occulata fide veduto, et siando stato<br />

venduto el cavallo ad uno delli nostri, habiamoli in istanti mandatoli deretro et scripto<br />

per la restitutione d’esso, che non dubitamo lo messo lo remenerà indereto et, non<br />

rema(ndan)dolo, returnando da nuy, non gli 382r lasseremo que fare perché se<br />

conseguisca. Et così intendemo nele altre cose che per vuy, o per qualunque della<br />

vostra illustrissima signoria, ce seranno requeste exequire de bon core como fosseno<br />

per li facti nostri proprii. Data Me<strong>di</strong>olani, xviii maii 1454.<br />

Andrea Fulgineus.<br />

Die suprascripto.<br />

Scriptum fuit per Marcum Trottum Iohanni dela Guar<strong>di</strong>a quod veniat ad dominium.<br />

1424<br />

Francesco Sforza scrive a Bartolomeo de Sichiss, abbate del monastero <strong>di</strong> San Nazzaro,<br />

<strong>di</strong> gra<strong>di</strong>re la riconferma a podestà e fattore <strong>di</strong> Barbata Cristoforo de Ghislieri,<br />

che già lo fu nel passato e lo é tuttora.<br />

1454 maggio 18, Milano.<br />

Domino Bartholomeo de Sichis, abbati monasterii Sancti Nazarii.<br />

Haveriamo caro et in singulare piacere che volesti confirmare per podestà vostro et<br />

factore de Barbata Christoforo de Ghisleri, quale gl’é stato per lo passato et gli é de<br />

presente, prima perché l’habiamo caro et accepto, deinde perché é homo pratico et<br />

instructo de quelle cose, et del quale se ren<strong>di</strong>amo certi n’havereti utile servitio perfino<br />

che havereti meglio assectati li facti vostri. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xviii maii 1454.<br />

Donatus.<br />

Cichus.<br />

1425<br />

Francesco Sforza ricorda a Marco de Attendolis dei conti <strong>di</strong> Cotignola e luogotenente <strong>di</strong><br />

Borgonovo <strong>di</strong> aver stabilito <strong>di</strong> riservare, per solo quest’anno, a lui, duca, l’arbitrio <strong>di</strong> fissare per i<br />

citta<strong>di</strong>ni piacentini abitanti lì, ma estimati nella loro città, la quota della tassa <strong>di</strong> cavalli<br />

separatamente dal comune e dagli uomini <strong>di</strong> detto luogo.<br />

Si accorderà per ciò con Teseo e con il podestà <strong>di</strong> Piacenza, che saranno da lui avvertiti,<br />

1454 maggio 19, Milano.<br />

Spectabili affini carissimo Marco de Attendolis, ex committibus Cotignole, et<br />

locumtenenti Burginovi.<br />

Como tu debbi sapere per nuy é stato largamente declarato como et in que modo li<br />

cita<strong>di</strong>ni de Piasenza, habitanti in quello loco de Borgonovo, debbano pagare le taxe et<br />

graveze loro; la quale nostra intentione inten<strong>di</strong>amo sia integramente observata. Et<br />

perché per essa nostra declaratione habiamose reservato in nuy l’arbitrio de podere<br />

dare quella parte della taxa de cavalli, che parerà (a) ad nuy, ali cita<strong>di</strong>ni Piasentini,<br />

habitanti lì et exstimati ala cità, separatamente dal comune del <strong>di</strong>cto loco per questo<br />

anno tantum, como più largamente se contene in essa prima declaratione, per fare che<br />

quelli nostri cavalli sonno là habiano il suo dovere, volimo che tu li debii taxare ali <strong>di</strong>cti<br />

cita<strong>di</strong>ni non insieme col <strong>di</strong>cto comune et homini, quella parte de <strong>di</strong>cti cavalli che parerà<br />

a ti conveniente. Sopra il che intenderati con Theseo, al quale sopra ciò scrivemo<br />

opportunamente, et così etiam<strong>di</strong>o con lo potestà nostro de Piasenza, al quale<br />

pariformiter scrivemo sopra ciò; et 382v dela <strong>di</strong>cta parte che per ti sarà taxata ali <strong>di</strong>cti<br />

cita<strong>di</strong>ni, volimo ne desgrave <strong>di</strong>cti comune et homini, facendo proinde intendere ali<br />

pre<strong>di</strong>cti cita<strong>di</strong>ni che nuy voluntera gli haveressemo levata questa fatiga, ma siamo tanto


astrecti de moltitu<strong>di</strong>ne de cavalli che non possiamo fare altramente. Data Me<strong>di</strong>olani,<br />

xviiii maii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

(a) che parerà ripetuto.<br />

1426<br />

Francesco Sforza informa Teseo da Spoleto che, per consentire che i cavalli abbiano quanto<br />

loro dovuto, ha scritto a Marco de Attendoli, luogotenente <strong>di</strong> Borgonuovo che, per quest’anno, si<br />

riserva la facoltà <strong>di</strong> fissare la tassa dei cavalli dovuta dai citta<strong>di</strong>ni<br />

piacentini abitanti in detto luogo.<br />

Theseo de Spoleto.<br />

(1454 maggio 19, Milano).<br />

Per fare che li cavalli, quali nuy habiamo mandati a Borgonovo, habiano il dovere suo,<br />

havemo scripto ad Marco de Attendoli, locotenente in <strong>di</strong>cto loco, che debia taxare li <strong>di</strong>cti<br />

cavalli quella parte che parerà a luy conveniente ali cita<strong>di</strong>ni Piasentini, habitanti in <strong>di</strong>cto<br />

loco, attento che per la declaratione facta per nuy in la <strong>di</strong>fferentia che vertiva fra li <strong>di</strong>cti<br />

cita<strong>di</strong>ni Piasentini et <strong>di</strong>cti comune et homini del <strong>di</strong>cto loco se <strong>di</strong>spone che, per questo<br />

anno tanto, nuy possiamo dargli quella taxa che parerà ad nuy, separatamente dal<br />

comune et <strong>di</strong>cti homini. Pertanto volimo che te inten<strong>di</strong> con questo Marco sopra ciò,<br />

siché <strong>di</strong>cti cavalli vengano ad havere il dovere suo, dandogli quello a<strong>di</strong>uto et favore che<br />

te parerà bisognare et come richiederà. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1427<br />

Francesco Sforza avverte il podestà <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> aver scritto a Marco de Attendolis,<br />

luogotenente <strong>di</strong> Borgonovo, <strong>di</strong> tassare, in conformità della <strong>di</strong>chiarazione a proposito da lui, duca,<br />

fatta, i citta<strong>di</strong>ni piacentini abitanti lì separatamente dal comune e dagli altri abitanti del luogo.<br />

In data 17 maggio si scrive al capitano <strong>di</strong> Casteggio <strong>di</strong> portarsi subito dal duca.<br />

Potestati Placentie nostro <strong>di</strong>lecto.<br />

(1454 maggio 19, Milano).<br />

Nuy havemo scripto ad Marco de Attendolis, locotenente in Burgonovo, che debia<br />

taxare ali cita<strong>di</strong>ni Piasentini quali habitano lì quella parte, che a luy parerà conveniente,<br />

delli cavalli, quali sonno mandati al <strong>di</strong>cto loco, non insieme con lo comune et homini del<br />

<strong>di</strong>cto loco, ma separatamente, como se <strong>di</strong>spone per la declaratione per nuy facta sopra<br />

ciò, et questo per questo anno presente tantum. Pertanto volimo 383r che tu inten<strong>di</strong><br />

con <strong>di</strong>cto Marco et Theseo per fare dal canto tuo tuto quello che fosse necessario et ti<br />

fosse or<strong>di</strong>nato. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

Die xx maii.<br />

Scriptum fuit capitaneo Clastigii quod veniat ad dominium, in<strong>di</strong>late.<br />

1428<br />

Francesco Sforza scrive al podestà <strong>di</strong> Salle <strong>di</strong> concordare con gli uomini del posto <strong>di</strong> dover<br />

pagare le tasse ai soldati arrivati lì dal giorno del loro arrivo e non dalla data fissata nel<br />

bollettino. Vuole che si man<strong>di</strong>no da lui due persone, o una, bene informata della faccenda, per<br />

<strong>di</strong>scutere davanti a lui con il capitano <strong>di</strong> Casteggio circa la lista delle spese da costui inviata.<br />

Potestati nostro Sallarum.<br />

1454 maggio 20, Milano.


Perché quelli nostri fideli da Salle n’hanno facto <strong>di</strong>re che le nostre gente, ale quale é<br />

assignato logiamento lì, domandano il dovere per final <strong>di</strong> del data del bulletino del<br />

logiamento, non obstante che non siano venute el dì del data (a), ma deinde (b) a tri o<br />

quattro dì, gravandose, et <strong>di</strong>cendo che gli pare bastare che nel dì giungeno lì quello se<br />

debba comentiare le loro taxe, <strong>di</strong>cemo che ne pare se movano iustificatamente; et così<br />

giaremo essere la mente et (c) nostra intentione, cometendote, proinde, che debbi<br />

or<strong>di</strong>nare et provedere che <strong>di</strong>cte gente habiano il dovere de dì che giungeno lì inantea,<br />

et non del dì del data del bulletino; et de questo avisaray ancora quelli nostri homini<br />

acioché sapiano quanto hanno a fare. Ulterius avisaray quelli nostri homini che ultra la<br />

lista n’hanno mandato delle spese a lor date per lo capitaneo da Chiastezo, mandano<br />

qua duy homini, aut uno bene informato delle <strong>di</strong>cte spese, perché havemo simelmente<br />

mandato per lo <strong>di</strong>cto capitaneo che venga a nuy. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xx maii 1454.<br />

(a) del data ripetuto.<br />

(b) ma deinde corretto su altre parole.<br />

(c) Segue <strong>di</strong>spositione depennato.<br />

1429<br />

Francesco Sforza vuole che il referendario <strong>di</strong> Piacenza accerti se Antonio Augustolo e Lazzaro e<br />

fratelli suoi cugini godano della esenzione del dazio dell’entrata delle porte e ne abbiano<br />

beneficiato nel passato e così si sia osservato con gli altri loro parenti.<br />

383v Referendario Placentie.<br />

1454 maggio 20, Milano.<br />

Antonio Augustolo et Lazaro et fratelli soi cusini pretendano, per vigore dele<br />

exemptione sue, (a) essere exempti etiam dal datio del’intrate delle porte, como <strong>di</strong>cono<br />

che li altri soi parenti sonno exempti, et cossi preservati da tale datio; noi non credemo<br />

che la exemptione sua stia in quella forma, né se recor<strong>di</strong>amo haverglila concessa con<br />

quella specificatione delle intrate dele porte. Pur, como se sia, volemo che tu ve<strong>di</strong> et<br />

inten<strong>di</strong> <strong>di</strong>cta loro exemptione, et trovando che per vigore de quella siano exempti et per<br />

el passato tempo siano preservati dal <strong>di</strong>cto datio delle intrate delle porte, et cossi sia<br />

observato alli altri soi parenti, siamo contenti che tu gli servi <strong>di</strong>cta exemptione nel modo<br />

che é <strong>di</strong>cto. Data Me<strong>di</strong>olani, xx maii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue exe depennato.<br />

1430<br />

Francesco Sforza vuole che Teseo da Spoleto ammonisca pubblicamente chiunque, conta<strong>di</strong>no o<br />

uomo d’arme, <strong>di</strong> non ar<strong>di</strong>re, senza sua licenza, <strong>di</strong> accordarsi con i comuni e gli uomini presso i<br />

quali sono stati alloggiati per trasferirsi abusivamente altrove con danno della gente del posto.<br />

Postscripta. Dice a Teseo che ritiene superfluo fare un altro or<strong>di</strong>ne a proposito <strong>di</strong> quanto sopra.<br />

Lo assicura che sa quel che dovrà rispondere al notaio <strong>di</strong> Cappella.<br />

Theseo de Spoleto.<br />

1454 maggio 20, Milano.<br />

Havendo nuy havuto grave et infinite lamente de molti nostri conta<strong>di</strong>ni de Piasentina<br />

che molte delle gente d’arme allogiate là se accordano con li comuni et homini che gli<br />

sonno dati per allogiamento, et deinde se strasportano ad altri loghi, li quali, ex or<strong>di</strong>ne,<br />

non gli debeno allogiare, et gli damnificano et fanno detrimento asay, per la qual cosa,<br />

intendendo de obviarli, volimo et te comettemo che debbi fare publica noticia a<br />

qualunque dela iuris<strong>di</strong>tione a te commessa, et così conta<strong>di</strong>no como homo d’arme, che<br />

sotto quella pena che te parerà non ar<strong>di</strong>scano componerse senza tua licentia; e questo<br />

acioché tu possa sapere dove qualunque serà alogiato, et che serano quelli che<br />

faranno damno ali nostri sub<strong>di</strong>ti, admonendo strictamente le <strong>di</strong>cte gente d’arme che se<br />

abstengano dali <strong>di</strong>nari de nostri sub<strong>di</strong>ti; altramente ne faremo 384r uno <strong>di</strong> tale evidentia<br />

ch’el parirà ne stia rincresciuto. Data Me<strong>di</strong>olani, xx maii 1454.


Postscripta. Per rispondere ale tue lettere, a nuy non é parso per adesso fare altro<br />

or<strong>di</strong>ne circa quello che tu me scrive de prohibere che non se possano acordare le<br />

nostre gente d’arme con li conta<strong>di</strong>ni per cagione delle tasse; siché fa observare quanto<br />

te scrivemo. Al’altre parte delle tue lettere se quello notaro de Cappella venerà per<br />

quello che tu ne scrive, saperemo ciò che responderli. Data ut supra in litteris.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1431<br />

Francesco Sforza ingiunge a Giacomino e al Capitolo della chiesa maggiore <strong>di</strong> Pavia, nonché<br />

agli agenti per la sede episcopale pavese <strong>di</strong> far avere, senza altri solleciti, i denari del bue<br />

all’economo, denari che egli manderà al segretario ducale Francesco Maletta.<br />

1454 maggio 20, Milano).<br />

Venerabilibus Iacomino et Capitulo Maioris Ecclesie civitatis Papie, necnon agentibus<br />

pro sede episcopali ibidem.<br />

Più volte siti stati amoniti per li <strong>di</strong>nari haviti a pagare per l’honorantia del Bo, et sin a<br />

questa hora non gli haveti facta alcuna provisione; nuy volemo et coman<strong>di</strong>amove che<br />

subito, veduta la presente, prove<strong>di</strong>ati per qualunque nostro ve parerà conveniente ala<br />

recuperatione de questi <strong>di</strong>nari, et siano dati al iconimo lì quali li manda qui a Francesco<br />

Maleta, nostro secretarlo. Et in questo non vogliamo essere più tenute in parole, ma<br />

che vegnate al effecto, altramente seremo malcontenti de vuy et ve daremo ad<br />

intendere quanto questa vostra negligentia ne sia molesta. Data Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Donatus.<br />

Cichus<br />

1432<br />

Francesco Sforza vuole che donna Luchina dal Verme paghi senz’altre remore Sagramoro da<br />

Parma che deve impegnare in importanti suoi servizi.<br />

384v Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

1454 maggio 21, Milano.<br />

Perché havemo adoperare el strenuo Segramoro da Parma in nostri importanti nostri<br />

servitii, ve confortiamo, pregamo et caricamo quanto più possemo che subito el vogliati<br />

far spazare acioch’el non habia casone de stare in tempo. Data Me<strong>di</strong>olani, xxi (a) maii<br />

1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) In A xxi corretto su xxiii.<br />

1433<br />

Francesco Sforza richiama ancora Teseo da Spoleto a sod<strong>di</strong>sfare in tutto <strong>di</strong> quello che é a loro<br />

dovuto per il fieno, a loro tolto nel 1452 e dato a quelli <strong>di</strong> Calvisano, le donne del monastero <strong>di</strong><br />

San Gerolamo <strong>di</strong> quella città.<br />

Theseo de Spoleto.<br />

(1454 maggio 21, Milano).<br />

Intendemo che ancora non sonno satisfacte le donne del monastero de Sancto<br />

Ieronimo de quella nostra cita, del feno gli fo tolto del’anno 1452 passato e dato a quelli<br />

de Calvisano, licet plurius te habiamo scripto per questo; del che se meravigliamo. Et<br />

ideo, deliberandose sì per lo debito sì etiam per la reverentia et devotione portiamo al<br />

<strong>di</strong>cto monastero siano pagate, te coman<strong>di</strong>amo et volemo che faciate satisfare ale <strong>di</strong>cte<br />

suppliche de tuto quello che sonno vere cre<strong>di</strong>trice per casone del <strong>di</strong>cto feno; e questo<br />

faray tanto delle taxe vechie quanto delle nove per forma che siano hormay pagate et<br />

non habiano (a) casone de farce più lamenta. Data ut supra.


Thomaxus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue più depennato.<br />

1434<br />

Francesco Sforza vuole che Francesco de Georgiis e il locale luogotenente non facciano<br />

sopportare al solo Cristoforo Squintano, oste al Segno della Cerva, l’onere della spesa della<br />

casa che occupano per abitazione.<br />

Francesco de Georgiis.<br />

(1454 maggio 21, Milano).<br />

Perché a nuy non pare ragionevole né honesto che Christoforo Squintano, hostero al<br />

Signo dela Cerva de quella nostra cità, debia portare luy solo el carico e la spexa dela<br />

casa, quale tene tu occupata per tua habitatione, volimo et te comettemo che con<br />

partecipatione del nostro locotenente lì, al quale etiam<strong>di</strong>o scrivemo, facii et operi ch’el<br />

sia pagato della pisone per quanto meritamente debbe havere. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1435<br />

Francesco Sforza sollecita il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> a pagare Cristoforo Squinzano, oste al Segno<br />

della Cerva, per la pensione della casa, che occupa con Francesco Giorgio in modo che non si<br />

addossi a lui solo il carico dellla pensione. della sua casa.<br />

385r Locumtenenti Laude.<br />

1454 maggio 21, Milano.<br />

Ve doveti recordare che, siando nuy a Lode, ve facessemo <strong>di</strong>re et anche nuy stessi ve<br />

<strong>di</strong>cessimo che facessimo fare debito pagamento a Christoforo Squintano, hostero al<br />

Signo dela Cerva de quella nostra cità, per la pensione dela sua casa che tenne et<br />

opera Francesco Zorzo, perché non ne pare ragionevele che luy solo porta il carico<br />

dela pensione. Et pur segondo siamo informati, non haviti facto altra provisione circa<br />

ciò; del che ne maravigliamo et de novo replicamo che vogliati fare con tale effecto che<br />

più non ne habiamo lamenta. Data Me<strong>di</strong>olani, xxi maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1436<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> amministrare con rito sommario la causa che<br />

l’uomo d’arme ducale Romanello promuove per conto suo o, procuratorio nomine, per sua<br />

moglie.<br />

Potestati Laude.<br />

1454 maggio 21, Milano.<br />

Havendo ad agitare una certa sua causa, aut de sua mogliere, procu(rato)rio nomine,<br />

Romanello, nostro homo d’arme, devanti al’offitio vostro, como intendereti da luy,<br />

volimo et ve comettemo che gli faciati ragione summaria, simpliciter et cetera, ita tamen<br />

quod partes, sive altera earum, iustam non habeant querellan<strong>di</strong> causam. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, xxi maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1437<br />

Francesco Sforza vuole che Giovanni Stefano de Casate, capitano ducale della Lomellina,<br />

faccia in modo che con procedura sommaria Buenio delli Conti da Mede ricuperi i cre<strong>di</strong>ti<br />

dovutigli da più perone <strong>di</strong> quel paese lomellino.


1454 maggio 21, Milano.<br />

Domino Iohanni Stefano de Casate, capitaneo nostro Lumelline.<br />

Ne <strong>di</strong>ce Buenio delli Conti da Mede dovere havere certe quantità de denari da più<br />

persone in quello nostro payse de Lomellina, como da luy intenderay. Pertanto volimo<br />

debbi munstrargli ragione summaria et expe<strong>di</strong>ta contra qualunque suoi debitori,<br />

providendo che senza litigio sia satisfacto de quello trovaray debia havere debitamente.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxi maii 1454.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

1438<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al bresciano Desio de Advocatis <strong>di</strong> non interporsi per impe<strong>di</strong>re che il<br />

condottiero ducale, Sagramoro Visconti, abbia a ricuperare da Gerardo da Terzo da Sarnico la<br />

roba che gli ha dato in custo<strong>di</strong>a.<br />

Nel medesimo giorno si é scritto ai Rettori <strong>di</strong> Bergamo <strong>di</strong> sollecitare il suddetto Gerardo a<br />

restituire a Sagramoro il suo tesoro, non avendo egli nulla a che fare con Desio de Advocatis.<br />

385v Dexio de Advocatis, civi Brexiensi.<br />

1454 maggio 21, Milano.<br />

El spectabile domino Sagramoro Vesconte, nostro conductero, n’ha <strong>di</strong>cto che, havendo<br />

luy dato in custo<strong>di</strong>a de Girardo da Terzo da Sarnico, alcuna soa roba, vuy gli la<br />

impe<strong>di</strong>ti; del che se ne agrava et dole. Et perché <strong>di</strong>ce luy non havere ad fare cosa<br />

alcuna con vuy, ve confortiamo per l’honore vostro vogliate non farli impazo in <strong>di</strong>cta soa<br />

roba, imo vogliate fare verso luy, como se ren<strong>di</strong>amo certi faria luy verso vuy. Me<strong>di</strong>olani,<br />

xxi maii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

Die suprascripto.<br />

In simili continentia scriptum fuit Rectoribus Pergami quod velint instare quod <strong>di</strong>ctus<br />

Girardus restituat (a) <strong>di</strong>cto domino Segramoro suam gazam, quia nichil habet agere<br />

cum suprascripto Dexio de Advocatis.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue sibi depennato.<br />

1439<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente e ai presidenti agli affari <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> voler assecondare la<br />

richiesta <strong>di</strong> Giovanni Albanese Sfrosiato <strong>di</strong> riavere la citta<strong>di</strong>nanza <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> e <strong>di</strong> consentire anche<br />

che sia esonerato dal versamento della somma che generalmente si richiede in simili casi.<br />

1454 maggio 14, Lo<strong>di</strong>.<br />

Locumtenenti et Presidentibus negotiis civitatis Laude.<br />

Desideroso Iohanni Albanesi Sfrosiato, nostro homo d’arme, de essere facto recreato<br />

citta<strong>di</strong>no de quella nostra città de Lode, ce ha supplicato voglimo operare a suo favore<br />

che consequisca questo suo desiderio. Per la qual cosa, havendo nuy a caro ogne sua<br />

como<strong>di</strong>tà et bene per respecto al’amore et affectione ce porta et al longo servitio ce ha<br />

dato per lo passato, ve <strong>di</strong>cemo, confortamo et caricamo lo vogliate de presente elegerlo<br />

citta<strong>di</strong>no de quella nostra città, his modo et forma che se costuma, et che possa usare<br />

deli benefitii et emolumenti como li altri citta<strong>di</strong>ni, facendoli fare caxone de ciò li<br />

instrumenti et l'altre cose necessarie. Et perché il pre<strong>di</strong>cto Iohanne si retorva de<br />

presente inhabile et impotente ad butar fora il denaro che de consuetu<strong>di</strong>ne se richiede<br />

in creare simili civiltate, similiter ve confortano che, ad contemplatione nostra, gli<br />

vogliate usare questa cortesia ve sia possibile, et remeterli liberamente il pagamento se<br />

ha ad fare; il che ce serà summamente caro et acepto. Data Laude, xiii maii 1454.


Antonius.<br />

1440<br />

Francesco Sforza ricorda a Sebastiano Fornaro che davanti a lui pende una causa <strong>di</strong><br />

compromesso per una vertenza <strong>di</strong> Francesco da Foligno, studente a Pavia e fratello <strong>di</strong> Andrea,<br />

cancelliere ducale, con Cristoforo de Piscanis per un cavallo da questi ha venduto a Francesco.<br />

Detto cavallo, a causa <strong>di</strong> un <strong>di</strong>fetto, gli cascò addosso e gli rovinò una spalla. Pur non dubitando<br />

che Sebastiano non farà che il suo dovere, gli fa presente che, siccome Cristoforo é pavese ed<br />

é dottore , quin<strong>di</strong>, può beneficiare <strong>di</strong> più aiuti, e Francesco é forestiero e studente, vuole che, in<br />

considerazione <strong>di</strong> suo fratello Andrea, gli ammninistri giustizia come se fosse citta<strong>di</strong>no pavese.<br />

386r Sebastiano Fornario.<br />

1454 maggio 21, Milano.<br />

Havemo inteso per querella de domino Francesco da Foligni, quale stu<strong>di</strong>a lì ad Pavia,<br />

fratello de ser Andrea, nostro cancellero, come denanzi <strong>di</strong> vuy pende per compromesso<br />

una certa causa et questione vertente fra luy per una parte, et domino Cristoforo de<br />

Piscariis per l’altra parte, de uno cavallo venduto al <strong>di</strong>cto domino Francesco per il<br />

prefato domino Cristoforo, quale cavallo <strong>di</strong>ce che, per caxone de certo defecto havya,<br />

caschò addosso al <strong>di</strong>cto domino Francesco et guastatoli una spalla. Et perché luy é lì<br />

forestero et scolaro et l’altra parte é citta<strong>di</strong>no et doctore, quale é verisimile debbia<br />

havere molti più aiuti et favori ch’el <strong>di</strong>cto domino Francesco advena<strong>di</strong>o, compren<strong>di</strong>amo<br />

vuy non fareste se non il dovere. Tunc, ad contemplatione del <strong>di</strong>cto nostro cancellero,<br />

ve confortamo che in expe<strong>di</strong>re <strong>di</strong>cta <strong>di</strong>fferentia non vogliate guardare ch’eI <strong>di</strong>cto domino<br />

Francesco sia forestero, ma che adten<strong>di</strong>ate ad ministrarli expe<strong>di</strong>ta raxone et fare il<br />

dovere, concedendoli che in <strong>di</strong>cta causa possa godere ogni benefitio che se fosse<br />

nostro citta<strong>di</strong>no de Pavia; il che facendo, ce serà caro assay. Data Me<strong>di</strong>olani, xxi maii<br />

1454.<br />

Iohannes.<br />

1441<br />

Francesco Sforza si compiace con Pietro da Norcia, luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, per l’inventario fatto<br />

dei beni dell’ebreo Isacco, sia <strong>di</strong> quelli trovati nella sua casa come <strong>di</strong> quelli portati altrove da sua<br />

moglie. Dall’ebreo Manno, fratello <strong>di</strong> Isacco, gli é stato promesso <strong>di</strong> fargli, a richiesta,<br />

consegnare tutte le cose descritte nel detto inventario o i denari ricavati dalle robe per pegni o<br />

per ven<strong>di</strong>ta. Gli or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> revocare ogni novità e <strong>di</strong> affidare tutto alla moglie <strong>di</strong> Isacco, compresi i<br />

libri, ma premessa la garanzia che non verranno falsificati, mentre lui tratterrà il detto inventario.<br />

Testimoni delle promesse <strong>di</strong> Manno furono:<br />

Matteo de Iordanis da Pesaro dei Maestri delle entrate ducali, Ser Giovanni de Ulessis,<br />

cancelliere ducale, Cicco, segretario, Giacomo Filippo Malombra.<br />

1454 maggio 23, Milano.<br />

Locumtenenti Laude, videlicet domino Petro de Nursia.<br />

Havimo recevuto le vostre lettere, date Laude xxiiii presentis, per le quali restiamo<br />

avisati de quanto haviti facto et exequito nel facto de Isaach, ebreo, e dela descriptione<br />

or<strong>di</strong>natamente facta deli suoi beni et universe robbe trovate in casa sua, et anche<br />

portate altrove per sua mogliere; dela qual ve ne comen<strong>di</strong>amo singularmente,<br />

parendone che habiate fato bene. Ma perché Manno, ebreo, fratelo del <strong>di</strong>cto Isaach,<br />

qual é qui de presente, ne ha promiso e facto cauti de farve consignare, ad ogni nostra<br />

requisìtione, ogni e tute le robbe, quale se contengono in la descriptione, aut li <strong>di</strong>nari<br />

che pervenirano d’esse robbe, o per la via del riscoterse deli pigni, o per la via de<br />

venderli, volimo, e ve cometimo che debiate revocare ogni novità fata, e remetere le<br />

cose tute in mano dela moliera del <strong>di</strong>cto Isaach, retenendo apud vos la lista dela<br />

descriptione; el simile <strong>di</strong>cimo debiate renderli li libri, tolendo prima ogni possibille<br />

cautione che non siano falsificati. Mandariti adonca ad executione questa nostra<br />

voluntà ita ch’el non gli manchi una minima coseta. Me<strong>di</strong>olani, xxiii maii 1454.<br />

Cichus.<br />

Testes fuerunt suprascripti quando Mannus ebreus suprascriptus promisis ut supra:


Matheus de Iordanis de Pixauro, ex Magistris intratarum ducalium;<br />

ser Iohannes de Ulesiis, cancellarius ducalis;<br />

magnificus Cichus secretarius<br />

et Iacobus Filippus Malumbra.<br />

1442<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Ludovico da Napoli in Maleto <strong>di</strong> portarsi subito da lui.<br />

Si é scritto a Zanesio da Monticelli <strong>di</strong> portarsi da lui entro tre giorni dalla ricevura della missiva.<br />

386v (a)Lodovico de Neapoli in Maleto.<br />

1454 maggio 13, Milano.<br />

Lodovico, volimo che, havuta questa, senza alchuna <strong>di</strong>mora debii venire qui da noi; et<br />

non far indutia alchuna. Me<strong>di</strong>olani, xiii maii 1454.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

(a) Precede Anglo de depennato.<br />

Scriptum fuit Zanexio de Monticello, familiari, quod veniat ad dominium infra tres <strong>di</strong>es<br />

proxime future a <strong>di</strong>e receptionis ipsius littere pro quanto gratiam nostram caripen<strong>di</strong>t.<br />

Data ut supra.<br />

Iohannes.<br />

1443<br />

Francesco Sforza rimprovera il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> perché, benché gli abbia espresso “l’altro<br />

dì” il suo desiderio per l’ornamento della città e per la sistemazione delle strade per cui gli ha<br />

mandato l’ingegnere ducale, Pietro da Como, non si sia cominciato a far qualcosa. Siccome é<br />

molto importante il “<strong>di</strong>cto reconciamento”, vuole che si inizino ai lavori e si <strong>di</strong>a aiuto a Pietro.<br />

Locumtenenti nostro Laude.<br />

(1454 maggio 13), Milano.<br />

Desiderosi molto del’ornamento de quella cità nostra et del reconciamento delle strate<br />

de quella, ve scripsemo l’altro dì, como vuy intendesti, et ve mandassemo là magistro<br />

Pedro de Como, nostro ingegnero, al quale facemo commissione de fare acontiare le<br />

<strong>di</strong>cte strade, como siamo certi vuy havete inteso, anche non é adcomentiato ad fare<br />

cosa alchuna; del che ne maravigliamo molto, et questa non é la <strong>di</strong>ligentia che vuy<br />

doveti usare in questa facenda. Et perché nuy siamo molto apetitosi del <strong>di</strong>cto<br />

reconciamento, denovo ve repplicamo che cum ogni industria et pensieri vostro vogliati<br />

fare recontiare le <strong>di</strong>cte strate, dando ogne a<strong>di</strong>uto et favore ad esso magistro Petro,<br />

siché cum celerità se faza quanto havemo or<strong>di</strong>nato ut supra; et circha ciò faciti non<br />

intervengha veruno mancamento. Data Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1444<br />

Francesco Sforza si duole con magistro Pietro, ingegnere ducale, che non abbia ancora posto<br />

mano al riassetto delle strade <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>. Vi si impegni senza perdere un’ora.<br />

(1454 maggio 13), Milano.<br />

387r Magistro Petro de Cumis, ingeniario nostro.<br />

Ne meravigliamo che in fin mò anche non habii facto cosa alcuna circ’al reconciamento<br />

delle strate de quella nostra cità, como nuy t’havemo or<strong>di</strong>nato; et cre<strong>di</strong>amo habii<br />

deliberato de fare non ma al tuo piacere che a nuy dole. Et perché nuy appetemo molto<br />

questa cosa, ti repplicamo denovo et <strong>di</strong>cemo che metti ogne tuo pensiero et industria<br />

ad fare reconciare <strong>di</strong>cte strate quanto più presto te sia possibile, non perdendogli circa


ciò un’hora de tempo, avisandote che quello ne <strong>di</strong>spiaceria molto. Data Me<strong>di</strong>olani, ut<br />

supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1445<br />

Francesco Sforza comunica a Teseo da Spoleto che la comunità <strong>di</strong> Fiorenzuola ha mandato da<br />

lui a recriminare che si costringano gli uomini del posto a pagare per gli assenti. Il duca lo<br />

sollecita a costringere detti lagnosi a pagare per gli assenti, se questi non pagano altrove.<br />

Theseo de Spoleto.<br />

1454 maggio 24, Milano.<br />

La comunità nostra de Fiorenzola ha mandato qui da nuy ad condolerse che voleno<br />

essere astrecti a pagare la taxa et altri carichi occurrenti, così per quelli che stanno de<br />

presente in quella terra, como per quelli che se sono absentati, <strong>di</strong>cendo che essi<br />

absentati erano usati pagare, et che per fugire li pagamenti se sonno absentati, et che<br />

non paghano nì a Piacenza, nì altroe. Et perché nostra intentione é che la comunità de<br />

Fiorenzola pagha quello ve debbe dare. et anche ne pare honesto che li absentati<br />

paghano la rata soa, essendo usati paghare per lo passato, te commettemo et volemo<br />

debii astrenzere tuta la comunità ad exbursare tuto quello ve debeno dare senza<br />

<strong>di</strong>latione alcuna; et deinde, constandoti ch’essi absentati fosseno usati pagare la soa<br />

parte de carichi in la comunità pre<strong>di</strong>cta, volimo li debii astrenzere a pagare in la <strong>di</strong>cta<br />

comunità quella parte che gli tocha et che serà exborsata per loro; et questo <strong>di</strong>cemo<br />

perché, dovendo nuy aspectare finché li <strong>di</strong>cti absentati fossero astrecti a tale<br />

pagamento, la cosa andaria tropo in longo. Siché prove<strong>di</strong> che <strong>di</strong>cti absentati, havendo<br />

contribuito per lo passato con la comunità de Fiorenzola, contribuiscano ancora de<br />

presente. Data Me<strong>di</strong>olani, xxiiii maii 1454<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1446<br />

Francesco Sforza vuole che Teseo da Spoleto costringa gli uomini <strong>di</strong> Borgonovo Piacentino e <strong>di</strong><br />

Pellegrino a pagare la tassa dovuta per il passato.<br />

387v Theseo de Spoleto.<br />

1454 maggio 24, Milano.<br />

Perché l’homini de Borgonovo de Piasentina sonno debitori della taxa, como tu say, te<br />

comettemo et volimo li debii astrenzere con tuti quelli mo<strong>di</strong> te pareranno expe<strong>di</strong>enti a<br />

pagare tuto quello debeno dare per lo tempo passato, senza altra <strong>di</strong>latione, né<br />

exceptione alchuna. Similmente volimo debii astrenzere li homini de Pelegrino a pagare<br />

ancora loro quello tuto debeno (a) dare per <strong>di</strong>cta casone da qui indreto aciò se ne<br />

possa satisfare a chi ha assignatione deli <strong>di</strong>cti denari. El che deveriano fare tanto più<br />

prontamente quanto che per l’avenire non haveranno più graveza nì de taxe, nì de<br />

carezo. Data Me<strong>di</strong>olani, xxiiii maii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus. (b)<br />

(a) Segue pagare depennato.<br />

(b) La lettera é depennata.<br />

1447<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al luogotenente <strong>di</strong> Piacenza che non si <strong>di</strong>ano noie agli uomini <strong>di</strong><br />

Rivargario per il paio <strong>di</strong> buoi che Rosseto, famiglio e uomo d’arme del condottiero ducale<br />

Taddeo dal Verme, vendette al conestabile della porta piacentina <strong>di</strong> San Raimondo. Il duca ha<br />

or<strong>di</strong>nato a Taddeo <strong>di</strong> indurre Rosseto a restituire buoi e denari.<br />

(1454 maggio 23, Milano).


Locumtenenti Placentie.<br />

Nostra intentione, et cosi ve comettiamo et volimo che non debiati fare nì lassare fare<br />

molestia nì novitate alcuna ali comuni et homini de Rivargario per casone de quello<br />

paro de bovi, quali altra fiata el Rosseto, famiglio, sive homo d’arme de Tadeo del<br />

Verme, nostro condutero, vendeti al conestabile dela porta de San Raymondo de quella<br />

nostra cità, perché nostra intentione é ch’el <strong>di</strong>cto Rosseto quale hebbe li <strong>di</strong>cti bovi et li<br />

<strong>di</strong>nari, li restituisca; et così n’havemo facto comissione al <strong>di</strong>cto Tadeo et essi homini del<br />

Rivargarlo non siano gravati per questa casone. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1448<br />

Francesco Sforza vuole che Taddeo dal Verme, condottiero ducale, faccia restituire da Rosseto,<br />

suo famiglio e uomo d’arme, il paio <strong>di</strong> buoi rubati e restituisca i denari pagati dal conestabile<br />

della porta piacentina <strong>di</strong> San Raimondo pe l’acquisto <strong>di</strong> detti buoi.<br />

Tadeo del Verme, armorum ductori nostro.<br />

1454 maggio 24, Milano.<br />

Tu debe essere informato de uno paro de bovi che furono furati per lo Rosseto, tuo<br />

famiglio, sive homo d’arme, et venduti al conestabile dela porta de San Raymondo de<br />

Piacenza. Et perché l'é (a) 388r necessario ch’el <strong>di</strong>cto conestabile restituisca li <strong>di</strong>cti bovi<br />

et non é licito ch’el perda li denari suoy, volimo debii provedere ch’el <strong>di</strong>cto Rosseto<br />

restituisse li <strong>di</strong>nari del pretio d’essi bovi al <strong>di</strong>cto conestabile, como é iusto et rasonevele.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, xxiiii maii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

(a) l’é ripetuto.<br />

1449<br />

Francesco Sforza chiede a donna Luchina dal Verme che, per compiacerlo, voglia rispettare<br />

l’esenzione accordata alla moglie <strong>di</strong> Giovanni da Basilea, falconiere ducale, dal defunto suo<br />

marito e confermata da lei con lettera patente.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

(1454 maggio 24, Milano).<br />

Doveti sapere che la bona memoria del magnifico quondam vostro consorte concesse<br />

una lettera de exemptione ala mogliere de Iohanni da Basilea, nostro carissimo<br />

falconero, et deinde la vostra magnificentia gli la confirmò, como appare per lettere<br />

patente. Et perché segondo luy n’ha significato gli fo rotta <strong>di</strong>eta exemptione, che non é<br />

però de molta substantia, ve confortiamo et pregamo che, per nostra singulare<br />

complacentia, gli vogliati far servare la <strong>di</strong>cta exemptione, che a nuy serà molto grato.<br />

Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1450<br />

Francesco Sforza vuole che Antonio degli Eustachi, capitano della flotta ducale faccia restituire<br />

le 34 paia <strong>di</strong> “remme”, trasportate sul Po per Torino da un famiglio <strong>di</strong> Rolando Pallavicino,<br />

e trattenute dal portinaio del Toce.<br />

(1454 maggio 4, Milano).<br />

Domino Antonio de Eustachio, capitaneo Navigii nostri.<br />

Havemo ricevuto le vostre lettere per le quale ne significati ch’el vostro portinaro del<br />

Tose ha retenuto xxiiii para de remme, quale conduceva uno famiglio de Rolando


Palavicino suso per lo fiume del Po a Taurino; del che commen<strong>di</strong>amo vuy et li vostri.<br />

Non <strong>di</strong>mancho siamo contenti et volimo che ge le faciati restituire et lassare condure<br />

dove le piace. Data ut supra.<br />

Sers Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1451<br />

Francesco Sforza precisa ai pavesi Antonio e fratelli de Lonate, in risposta a quanto essi gli<br />

scrissero e gli fecero intendere da Pietro Pusterla, <strong>di</strong> essersi, con gli ambasciatori <strong>di</strong> quella città,<br />

lamentato <strong>di</strong> Bernardo per aver mancato alle promesse fatte e <strong>di</strong> aver aggiunto che lo avrebbe<br />

punito e lo stesso egli <strong>di</strong>sse <strong>di</strong> Belnovo. Non é vero che lui, duca, imputò loro l’andata <strong>di</strong><br />

Bernardo dal marchese <strong>di</strong> Monferrato, perché, se avesse creduto ciò, si sarebbe lagnato <strong>di</strong> loro.<br />

Stiano sereni perché, se potrà fare qualcosa a loro vantaggio, lo troveranno sempre pronto.<br />

Nel suddetto giorno si scrisse al podestà, al comune e agli uomini <strong>di</strong> Treviglio che devono<br />

provvedere erbe grasse o fieno a 15 cavalli <strong>di</strong> Colella da Napoli che <strong>di</strong>morano lì. Per i rimanenti<br />

cavalli facciano come si comportarono ad<strong>di</strong>etro.<br />

1454 maggio 25, Milano.<br />

388v Domino Antonio ductori et fratribus de Lonate, civibus Papiensibus.<br />

Havemo inteso quanto n’haveti scripto, et n’ha <strong>di</strong>cto per vostra parte Petro da Pusterla<br />

per excusatione de quello <strong>di</strong>ceti che nuy siamo dogliuti con li ambassatori de quella<br />

nostra comunità del’andata de Bernardo, vostro fratello, dal marchexe da Monferrà, et<br />

che gli sia andato (a) de vostro consentimento. Al che, respondendo, <strong>di</strong>cemo ch’el fo<br />

vero nuy ce gravassemo publicamente con li <strong>di</strong>cti ambassatori d’esso Bernardo et<br />

<strong>di</strong>cessemo ch’el é uno giotto et ch’el ha contrafacto ale promisse ch’el n’haveva facto,<br />

et che nostra intentione é de punirlo, et così <strong>di</strong>cemo de Belnovo, ma non fo vero che<br />

nuy l’imputassemo a vuy, né che <strong>di</strong>cessemo ch’esso Bernardo sia andato de<br />

consentimento vostro, ché, quando havessemo creduto questo, doveti essere certi che<br />

ce saressero gravati et havessemo <strong>di</strong>cto male simelmente de vuy. Siché dativi de bona<br />

voglia et siati certi che nuy ve habiamo tuti vuy per nostri boni et fideli servitori et ve<br />

havemo cari et facemo stima de vuy como de qualunque altro nostro cita<strong>di</strong>no, et<br />

possendo nuy fare alcuna cosa in honore et benefitio vostro, ce trovariti che nuy<br />

sempre prompti et aparechiati. Data Me<strong>di</strong>olani, xxv maii 1454.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue con depennato.<br />

Die suprascripto.<br />

Scriptum fuit potestati, comuni et hominibus Trivilii quod debeant providere de victu,<br />

sive de herbis grassis, seu de feno, per equis quindecim spectabilis Collelle de Neapoli<br />

quos habitant in ipsa terra donec per nos aliter provedebimus; et de reliquis equis suis<br />

provideant ut fecerunt pro preterito. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

1452<br />

Francesco Sforza tranquillizza donna Francesca de Attendolis, moglie <strong>di</strong> Marco de Attendolis,<br />

assicurandola che la possessione <strong>di</strong> cui beneficia magistro Mattia non é stata tolta né a lei né a<br />

suo marito e, quin<strong>di</strong>, possono raccogliere quanto é stato da loro seminato, avendo solo<br />

l’avvertenza <strong>di</strong> rispettare la parte dominicale spettante a Mattia.<br />

1454 maggio 23, Monza.<br />

389r Domine Francisce de Attendolis, consorti spectabilis Marchi de Attendolis.<br />

Havemo inteso per la vostra n’havete scripto del facto della possesione; al che<br />

respondendove, <strong>di</strong>cemo che, quantunche habiamo concessa <strong>di</strong>cta possesione ad<br />

magistro Mathia, non é però nostra intentione che luy ve toglia quello che debitamente<br />

specta a vostro marito et ad vuy; et per questa ve <strong>di</strong>cemo che nostra intentione é che<br />

debiate recogliere el vostro seminato (a) senza impe<strong>di</strong>mento alcuno. Et de ciò


n’havemo parlato con esso magistro Mathia, quale se contenta de ciò, salvo se alcuna<br />

cosa potesse spectare a luy per la parte dominicale, perché ancora a luy non volimo far<br />

torto; et in quella parte confortiamove non vogliati usarli renitentia. Data Modoetie, xxiii<br />

maii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

(a) Seminato in interlinea su frumento depennato.<br />

1453<br />

Francesco Sforza ritorna a raccomandare ai signori dell’almo collegio Castiglioni <strong>di</strong> Pavia<br />

l’ammissione in detto collegio <strong>di</strong> Angelo de Scala <strong>di</strong> Ancona, non <strong>di</strong>mentico <strong>di</strong> averne già<br />

precedentemente scritto quando, forse per vali<strong>di</strong> motivi, egli volutamente non insistette. Non<br />

solo per suo riguardo, ma anche per le lettere <strong>di</strong> presentazioni che ha avute dal vescovo<br />

constanciense, che ha il potere d’ogni genere nell’ assunzione degli scolari in detto collegio, li<br />

esorta a voler accogliere detto Angelo<br />

1454 maggio 22, Milano.<br />

Veneralibus et sapientibus viris dominis de collegio, almi stu<strong>di</strong>i domus Castilionee<br />

Papie.<br />

Non sumus inmemores alias vobis scripsisse in rem domini Angeli de Scala de Ancona,<br />

nostri <strong>di</strong>lecti, ut videlicet cum velletis admittere in illo collegio, verum, quia tunc non<br />

successit <strong>di</strong>gnis fortasse respectibus, quibus etiam ne quid ultra in ea re fieret nostra<br />

sponte superse<strong>di</strong>mus, cumque modo idem dominus Angelus, nostra contemplatione, sit<br />

consecutus, litteras presentationis ab reverendo domino episcopo constanciesi, de<br />

quibus plene vobis constat, qui omnimodam habet nominan<strong>di</strong> et presentan<strong>di</strong> scolares in<br />

<strong>di</strong>cto collegio potestatem, cupientes sibi bene esse cum se virtuose moveat ad stu<strong>di</strong>um<br />

suum proseguendum; et hec via, voto suo, sit attimam, hortamur vos et strictius<br />

oneramus ut, pro nostra singulare complacentia, eundem dominum Angelum benigne<br />

recipere velitis, nec pro re ista ulteriores litteras expectetis, offerendo nos, pro honore et<br />

comodo ipsius Collegiis ad multo maiora paratos. Me<strong>di</strong>olani, xxii maii 1454.<br />

Cichus.<br />

1454<br />

Francesco Sforza risponde al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> e, in merito a quanto gli ha scritto circa<br />

To<strong>di</strong>no da L’Aquila, vuole che faccia sapere a To<strong>di</strong>no che non ha dubbi sulla sua fedeltà, che lo<br />

vedrà sempre volentieri, ma quanto a passare ai suoi servizi, l’offerta sua é fuori tempo, perché<br />

con la pace intende sbarazzarsi <strong>di</strong> altri conestabili e ridurre le spese.<br />

389v Locumtenenti Laude.<br />

1454 maggio 25, Milano.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere, et per quelle inteso quanto ne scriveti del strenuo<br />

To<strong>di</strong>no da L’Aquila, qual <strong>di</strong>ceti che, venendo novamente da L’Aquila, ne ha ad fare<br />

alcune ambassiate, et ulterius se proferisse ali nostri servitii. Dicemo che ne piace<br />

quanto ne scriviti et volimo respon<strong>di</strong>ati al <strong>di</strong>cto To<strong>di</strong>no che del suo amore et fede verso<br />

nuy et stato nostro lo rengratiamo singularmente, benché a nuy non sia cosa nova, che<br />

sempre l’havemo cognosciuto nostro fidel amico et così lo reputamo; et quanto ale<br />

ambassiate n’ha ad fare, s’el veneria qua da nuy lo vederemo tanto voluntera quanto<br />

amico habiamo al mondo; et quanto ala parte del suo venire a servire, gli poriti<br />

respondere che sempre haveremmo cari et acepti li suoy servitii, ma che non havemo<br />

bisogno al presente, anci intendemo cassare del’altri nostri conestabili per retrarse et<br />

redurse ad una spesa minore et conveniente al tempo della pace, proferendone ad<br />

ogne altro suo piacere, comodo et honore. Data Me<strong>di</strong>olani, xxv maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


1455<br />

Francesco Sforza scrive a Iacobo de Alferis da Crema, castellano <strong>di</strong> Sant’Angelo, <strong>di</strong> aver<br />

appreso con grande <strong>di</strong>spiacere la notizia dell’eccesso commesso dal famiglio ducale Giuliano da<br />

Pisa con alcuni uomini <strong>di</strong> Cugnolo. Saputo dell’orrendo fatto già prima <strong>di</strong> avere da lui<br />

informazione, aveva deciso <strong>di</strong> affidargli la punizione dei colpevoli. Vuole che prenda a un tratto<br />

tutti i rei, ma, se non sarà possibile, catturi innanzitutto Giuliano con i suoi famigli e ragazzi e li<br />

metta nella rocca <strong>di</strong> San Colombano. Per il successo del compito affidatogli ha scritto a Iosef da<br />

Cortona, castellano <strong>di</strong> San Colombano perché gli <strong>di</strong>a ’aiuto e consiglio e, in più, gli farà avere<br />

una lettera patente per cui potrà chiedere la collaborazione <strong>di</strong> chiunque crederà.<br />

Si é scritto a Iosef da Cortona, castellano <strong>di</strong> San Colombano nel modo che é detto nella lettera.<br />

Si é scritta una lettera patente a detto Iacobo comandando a ufficiali, gente e armigeri <strong>di</strong><br />

aiutarlo e <strong>di</strong> fare quello che lui chiederà sotto pena dell’in<strong>di</strong>gnazione del principe.<br />

1454 maggio 23, Monza.<br />

Iacobo de Alferiis de Crema, castellano Sancti Angeli.<br />

Havemo recevuto le toe lettere per le quale tu ne significhi ordìnatamente lo orribile<br />

excesso commisso per Iuliano da Pisa, nostro fameglio, assieme con alchuni homini de<br />

Cugnolo, et cetera, del quale più ne rincresce et dole più che poteressemo <strong>di</strong>re né<br />

scrivere. Et deliberando nuy omniamente de punirlo como richiede el caso, et pensando<br />

de persona idonea et sufficiente et che voluntera facesse et exequisse la voluntà<br />

nostra, tu ne venisse in mente et (a) 390r già inanti la receputa delle toe lettere, perché<br />

ne eravamo avisati prima d’altro, te facevamo fare la commissione et in medesmo<br />

tempo ne foreno presentate le toe lettere, per le quale ne é cresciuta la opinione de<br />

farte tal commissione. Volimo aduncha et te commettiamo che con più <strong>di</strong>ligentia, cura,<br />

stu<strong>di</strong>o et vigilanza et inzegno che may usasse in cosa alcuna, tu cirche havere nele<br />

mane el <strong>di</strong>cto Iuliano et anche tuti li colpevoli del delicto, tuti ad uno tracto, s’el se po’,<br />

et casu no, ad uno tracto tuti non se potesseno havere, atten<strong>di</strong> principalmente ad<br />

havere el <strong>di</strong>cto Iuliano (b) et soi famigli, regazi, cavalli et robba et farali mettere nela<br />

Roca de San Columbano. Et per fare la cosa con più maturità, acioché l’habia effecto,<br />

intenderati con Iosef da Cortona, castellano de San Columbano, al quale scrivemo che<br />

te <strong>di</strong>a ogne a<strong>di</strong>uto, consiglio et favore a luy possibile in questa materia; et ultra ciò<br />

man<strong>di</strong>amo una lettera patente per la quale potray domandare a<strong>di</strong>uto et favore da chi<br />

meglio te parirà poterte fidare, confortandote demum et caricandote ad mandare questa<br />

cosa ad executione, se may havesti voglia fare cosa che me piaque, avisandone<br />

postea qualiter feceris in premissis. Modoetie, xxiii maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) et ripetuto in A.<br />

(b) Da el <strong>di</strong>cto Iuliano a havere el <strong>di</strong>cto Iuliano scritto su: allegato 1 a pag. 739.<br />

Scriptum fuit losef de Cortona, castellano Sancti Columbani, in forma prout in<br />

precedenti littera fit mentio.<br />

Facte fuerunt patentes suprascripto Iacobo iniugentes universis officialibus et gentibus<br />

armigeris quatenus eidem dent auxilium et favorem et exequantur omnia per ipsum<br />

requisita sub pena in<strong>di</strong>gnatione et sub penis per eum imponen<strong>di</strong>s pro suprascripto facto<br />

exequendo. Data ut supra<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


1456<br />

Francesco Sforza vuole che Teseo da Spoleto induca gli uomini <strong>di</strong> Borgonovo Piacentino a<br />

pagare l’arretrato della tassa da loro dovuta. Altrettanto costringa a fare gli uomini <strong>di</strong><br />

Castell’Arquato per accontentare Tiberto Brandolini dei 1500 ducati che gli sono dovuti.<br />

390v Theseo de Spoleto.<br />

1454 maggio 25, Milano.<br />

Perché l’homini de Borgonovo de Piasentina sonno debitori dela taxa, como tu say, te<br />

comettemo et volemo li debii astrenzere con tuti quelli mo<strong>di</strong> te pareranno expe<strong>di</strong>enti a<br />

pagare tuto quello debeno dare per lo tempo passato, senza altra <strong>di</strong>latione et<br />

exceptione alcuna; delli quali <strong>di</strong>nari faray satisfare ad chi sonno assignati. Similmente<br />

volimo che tu debii astrenzere l’homini de Castelarquate a pagare ancora loro tuto<br />

quello debeno dare per <strong>di</strong>cta casone da qui indetro; et delli <strong>di</strong>nari debeno dare, faray<br />

satisfare al magnifico domino Thiberto delli milli cinquecento ducati gli sonno stati<br />

assignati aciò se ne possa a<strong>di</strong>utare in li termini et como per altre te havemo scripto. In<br />

la qual cosa li <strong>di</strong>cti homini de Castelarquate non debeno fare <strong>di</strong>fficultà alcuna,<br />

considerato che per l’avenire non haveranno più graveze de taxe, nì <strong>di</strong> carrezi. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxv maii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1457<br />

Francesco Sforza comunica a donna Luchina dal Verme che il cancelliere ducale Facino da<br />

Fabriano gli ha fatto sapere che lei ritiene giusto che il fatto <strong>di</strong> Leone de Arcelli per la decima<br />

della sala venga valutato da un valent’uomo non sospetto dalle parti. Siccome la faccenda si<br />

trascina da molto tempo, il duca la sollecita a volerle porre fine.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

(1454 maggio 25, Milano).<br />

Tra l’altre cose n’ha referito Facino da Fabriano, nostro cancellero, per parte vostra si é<br />

che la magnificentia vostra nel facto <strong>di</strong> Leone de Arcelli per la decima della sala, tanto<br />

vole quanto é iusto et rasonevele, et é contenta che questa cosa se veda per qualche<br />

valenthomo non respecto ala magnificentia vostra, né a luy; il che commendamo et<br />

parne bene facto et cosa assay ragionevele. Ma perché questa cosa é hormay tanto<br />

tempo cominciata, che doveva essere finita, 391r confortiamo la magnificentia vostra<br />

ad ponerli fine et presto, senza menarla più ala longa, et che Leone non ce <strong>di</strong>a più<br />

molestia de ciò, ch’el tempo recercha expe<strong>di</strong>tione et non longheza. Data ut supra.<br />

Ser Facinus.<br />

Cichus.<br />

1458<br />

Francesco Sforza scrive ai consoli, al comune e agli uomini <strong>di</strong> Varzi che, volendo togliere al<br />

podestà ogni motivo <strong>di</strong> lamentela per non ricevere il suo salario, aveva <strong>di</strong>sposto ch’egli venisse<br />

accontentato ogni mese con le condanne, come si usava al tempo <strong>di</strong> Filippo Maria Visconti.<br />

Il podestà gli ha obiettato che per la loro durezza e inobbe<strong>di</strong>enza, tale <strong>di</strong>sposizione non sarebbe<br />

stata efficace. Il duca <strong>di</strong>spone allora che si eleggano tra loro 12 uomini dabbene che, a ogni<br />

richiesta del podestà, facciano l’esazione <strong>di</strong> quanto é pertinente al suo salario.<br />

Consulibus, comuni et hominibus Varcii.<br />

(1454 maggio 25, Milano).<br />

Per tolere materia al nostro potestà de quella terra de lamentarse ogne dì ch’el non pò<br />

essere pagato del suo salario, como se convene, havemo preso questo or<strong>di</strong>ne, cioé<br />

ch’el se debia pagare ogne mese della condemnatione, et eo modo et forma che se


pagavano li altri potestà al tempo della bona memoria del duca Filippo. Et perché <strong>di</strong>cto<br />

potestà non assentiva a questo or<strong>di</strong>ne, <strong>di</strong>cendo che per la vostra dureza et inobe<strong>di</strong>entia<br />

non potrà fare la exatione del <strong>di</strong>cto suo salario, volimo et ve comettemo che per quanto<br />

haveti ad cara la gratia nostra, che debiati ellegere dodeci homini de vuy da bene, quali<br />

ad ogni requisìtione et istantia del prefato potestà debbano rescotere et fare la exatione<br />

contra qualunque debitore, aut de condemnatione, aut de qualunque altra cosa<br />

pertinente al salario et fornimento de casa d’esso potestà, ita che ogne mese venga ad<br />

havere et conseguire el suo debito salario, avisandove che, non exequendo voy questa<br />

nostra voluntà et sentendone una minima lamenta da qui in ante del pre<strong>di</strong>cto podestà,<br />

ve ne daremo tale punizione che cognosceriti havere facto male ad non obe<strong>di</strong>re li nostri<br />

or<strong>di</strong>ni et comandamenti. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1459<br />

Francesco Sforza comanda al suo familiare Belforte de Meto de Firmo <strong>di</strong> levarsi da Montenaso<br />

in modo che a ragione Giovanni Stampa non abbia più a lamentarsi per la sua presenza lì, ove<br />

si é portato senza licenza ducale.<br />

1454 maggio 26, Milano.<br />

391v Belforto de Meto de Firmo, familiari nostro.<br />

Messer Iohanne Stampa s’é doluto con nuy che tu sii andato ad lozare ad Montanaso<br />

con li tuoi cavalli in suo grande damno, et hanno pregato che vogliamo provedere che<br />

tu te levi da lì; et perche a nuy pare che tu habii mal facto essere andato lì senza nostra<br />

licentia et senza sua saputa, te comettiamo che subito, receputa questa, tute levi da lì,<br />

siché esso non se habia ad poterse più lamentere. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxvi maii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

1460<br />

Francesco Sforza comunica al fratello Bosio Sforza de Attendolis che, per por fine alle lamentele<br />

del castellano <strong>di</strong> Varzi che non riesce ad avere il suo salario <strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci fiorini mensili, interpellati i<br />

marchesi <strong>di</strong> Varzi sul mancato loro pagamento <strong>di</strong> detto salario ne ha avuto la <strong>di</strong>chiarazione della<br />

loro impossibilità. Il duca ha, perciò, deciso <strong>di</strong> ridurre il salario a otto scellini, per cui il terzo<br />

dovuto da quelli <strong>di</strong> Bosio si riduce a fiorini 2,21,6.<br />

Nota del 25 maggio. All’inviato dai marchesi <strong>di</strong> Varzi, richiesti del mancayto pagamento del<br />

castellano e del podestà, si é addotta la loro impossibilità e si é aggiunto che il castellano non ha<br />

spese per la guar<strong>di</strong>a e si é precisato che durante le sue frequenti assenze per viaggi, basta sua<br />

moglie per la <strong>di</strong>fesa della fortezza con la rocca. Stando così le cose, si é stabilito che dal<br />

prossimo primo giugno il salario del castellano sarà <strong>di</strong> otto fiorini mensili. Toccheranno, quin<strong>di</strong>, a<br />

Boso, fiorini 2,sol<strong>di</strong> 21 e denari 6. La stessa quota spetterà sia al marchese Bonifacio che a<br />

Bernabò e ai nipoti Bartolomeo e Raffaele da Petra, Federico e Francesco.<br />

Il salario del podestà é <strong>di</strong> 12 fiorini e verrà così pagato:<br />

Bosio paga un terzo, cioé fiorini 4; da Bonifacio e fratello si daranni fiorini 4. All’altro terzo<br />

provvederanno Bernabò e nipoti per due parti <strong>di</strong> un terzo.<br />

La terza parte del terzo toccherà ai seguenti: Bartolomeo Piccinino ne pagherà un terzo <strong>di</strong> detta<br />

parte; le rimanenti quote toccheranno a Bartolomeo de Petra e fratelli e nipote. In egual maniera<br />

verrà saldato il salario del castellano<br />

1454 maggio 25, Milano.<br />

Magnifico Bosio Sfortia de Attendolis, fratri nostro.<br />

Per levarne la molestia de tante lamente, quale continuamente fa el castellano de Varci<br />

per non potere conseguire el suo salario già or<strong>di</strong>nato de fiorini dodeci el mese, havemo<br />

mandato novamente per li marchesi de Varcii per intendere la cagione che non pagano<br />

<strong>di</strong>cto castellano; et allegandone loro una cosa et un'altra et la loro et impossibilità,<br />

finalmente, acioché meglio et più habilmente se possa fare el pagamento l'havemo<br />

reducto ad octo fiorini el mese, con questo ch’el non manche ogne mese el pagamento.


Unde, acioché tu sapii quanti te ne tocha in parte, facta et calculata la ragione de<br />

quatro fiorini che te ne tochava per lo passato ad ragione de dodeci fiorini, adesso te ne<br />

tocha fiorini ii, sol<strong>di</strong> xxi. denari vi per lo tuo terzo; siché vogli or<strong>di</strong>nare et dare tale forma<br />

ali tuoy che omninamente sia satisfacto al <strong>di</strong>cto castellano per la rata tua, cosi per lo<br />

passato, como per l’avenire. Data Me<strong>di</strong>olani, xxv maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

392r Nota quod <strong>di</strong>e xxv maii, siando mandato per li marchesi de Varcio per intendere la<br />

cagione perché non pagano il castellano né il potestà, et <strong>di</strong>cte molte cose, finaliter,<br />

alegando <strong>di</strong>cti marchexi de Varcio la loro impotentia et ch’el castellano non ha spesa ad<br />

quella guar<strong>di</strong>a, se non de luy solo, et sua moglie, la qual, in absentia del castellano,<br />

qual continue sta in viagio, potria defendere la forteza con la rocha, et sia sì, se é<br />

venuto ad questa compositione e posto or<strong>di</strong>ne che, sicuti prima haveva el <strong>di</strong>cto<br />

castellano fiorini xii el mese, nunc per l’avenire, incomenzando kalende de zugno<br />

proximo avenire, habia fiorini octo ogne mese tanto. Et sì como prima gli tochava<br />

quatro fiorini per qualunque tercio, como apare della nota infrascripta, adesso per la<br />

defalcatione et reductione delli xii ali viii, tocha al magnifico signore Boso fiorini ii, sol<strong>di</strong><br />

xxi, denari vi ogni mese, ad Bonifatio, marchese, fiorini duy, sol<strong>di</strong> xxi, denari vi ogne<br />

mese et ad domino Bernabò et li nepoti, cioé ad Bartholomeo et Raphael da Petra,<br />

Frederico et Francischino insieme, fiorini ii, sol<strong>di</strong> xxi denari vi. Et sopra ciò é scripto<br />

quanto se pò vedere per le lettere annotate al registro presente.<br />

Salarium potestatis Varcii est florenorum xii et solvitur prout infra per infrascriptos,<br />

videlicet:<br />

per magnificum dominum Bosium solvitur tertia pars s florenorum iiii;<br />

per Bonifacium et fratrem solvitur etiam una etiam alia tertia pars s florenorum iiii.<br />

Reliqua tertia pars solvitur per infrascriptos, videlicet:<br />

per domnum Bernabovem et nepotes solvuntur due partes <strong>di</strong>cti tercii;<br />

alia tercia pars <strong>di</strong>cte tertie partis solvitur per infrascriptos videlicet:<br />

per Bartholomeum Pizininum solvitur una tertia pars et<br />

relique due partes persolvuntur per Bartholomeum de Petra et fratres, sive nepotes.<br />

Et similiter solvitur salarium castellani.<br />

1461<br />

Francesco Sforza ingiunge a Teseo da Spoleto <strong>di</strong> procedere senza ulteriori ritar<strong>di</strong> alla<br />

riscossione dei denari assegnati a Giovanni da Tolentino, che ha già spesi denari per ricuperare<br />

(invano) sul posto quanto dovutogli. Gli manda Francesco Squasso, cancelliere <strong>di</strong> Giovanni,<br />

perché gli <strong>di</strong>a una spiegazione del mancato pagamento.<br />

392v Theseo de Spoleto.<br />

1454 maggio 27, Milano.<br />

Theseo, el magnifico domno Iohanne da Thollentino s’é doluto con nuy grandemente,<br />

<strong>di</strong>cendoni che delli <strong>di</strong>nari della soa assignatione non ha possuto havere cosa veruna;<br />

immo <strong>di</strong>ce havere facta gran spesa in tenere là un suo canzellero per el recato d’essi<br />

denari, dove molto se dole. Et perché de questa cosa ne siamo pur ancora nuy<br />

maravegliati assay, non intendendo donde sia proceduto questo manchamento, per<br />

esserni chiaro, man<strong>di</strong>amo lì Francesco Squasso, canzellero d’esso messere Iohanne,<br />

presente exhibitore, per intendere il tutto; volimo aduncha che tu il faci intendere la<br />

cagione perché non sianno recatati detti denari, et perché in fin mò non gli ne sia<br />

numerato veruno; et deinde attendaray con tal presteza et solicitu<strong>di</strong>ne al recato de detti<br />

denari, non perdendoli una hora de tempo, siché più non ti habiamo ad scrivere,<br />

avisandoti che faciendo altramente, nuy intenderemo (a) dove proceda detto<br />

manchamento. Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e 27 maii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue duace depennato.


1462<br />

Francesco Sforza informa Bartolomeo e Raffaele, fratelli de Petra, nonché Federico e<br />

Francesco, marchesi <strong>di</strong> Varzi <strong>di</strong> avere, tenendo conto delle loro impossibilità, fissato, dal<br />

prossimo primo giugno, il salario del castellano a fiorini otto mensili. Vuole che loro o paghino la<br />

quota <strong>di</strong> salario loro spettante anche per il passato, o si portino subito da lui.<br />

1454 maggio 25, Milano.<br />

Bartholomeo et Raphaeli, fratribus de Petra, necnon Federico et Francesco, omnibus<br />

marchionibus Varcii.<br />

Per levarve la molestia de tante lamente quale continue fa el nostro castellano de lì per<br />

non potere conseguire el suo salario già or<strong>di</strong>nato de dodeci fiorini el mese,<br />

mandassemo a questi dì passati per vuy et per l’altri marchesi vostri consorti; et benché<br />

vuy non siati venuti, del che ne gravamo de vuy, pur, intesa la cagione per la quale per<br />

lo passato non s’é pagato <strong>di</strong>cto castellano, volendo tolire ogne excusatione et de<br />

impotentia et de ogne altra cosa, havemo reducto il <strong>di</strong>cto salario dali dodeci fiorini a viii<br />

tanto. Per la qual cosa volimo et ve coman<strong>di</strong>amo, per quanto haveti cara la gratia<br />

nostra, aut pagati la rata vostra incomenzando a kalende proxime avenire, a ragione<br />

393r de <strong>di</strong>cti viii fiorini el mese, aut vegnati subito qua da nuy, facendo el pagamento<br />

ogne mese, omni prorsus exceptione remota; et similiter faretelo contento del passato.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxv maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1463<br />

Francesco Sforza ammonisce Luchino de Cornago, referendario <strong>di</strong> Piacenza, per la poca<br />

sollecitu<strong>di</strong>ne da lui mostrata per far avere al conestabile ducale Gaspare da Sessa<br />

l’assegnazione fattagli sopra il sale. Si <strong>di</strong>a da fare in modo da sod<strong>di</strong>sfare Gaspare e anche da<br />

evitare che il cancelliere <strong>di</strong> Gaspare stia sul posto a perdere tempo<br />

1454 maggio 27, Milano.<br />

Luchino de Conago, referendario nostro Placentie.<br />

Se dole con nuy Gasparro de Sessa, nostro conestabile, che fin ad qui non ha potuto<br />

havere uno soldo de quella assignatione gli habiamo facta sopra el sale, et che tu usi<br />

pocha solicitu<strong>di</strong>ne in fare scodere <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari; donde ne porta extremo bisogno.<br />

Pertanto, maravigliandone assay de questa toa tepe<strong>di</strong>tà, volimo et te comettemo che tu<br />

te debii sforzare per ogne modo in fare executione et ogni altra provisione che sia<br />

necessaria perché questi <strong>di</strong>nari se rescodano, con quella celerità che sia possibile, et lo<br />

<strong>di</strong>cto Gasparre sia satisfacto et quello suo cancellero non stia lì ad perdere tempo,<br />

altramente ne doleremo delli facti tuoy. Me<strong>di</strong>olani, xxvii maii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

1464<br />

Francesco Sforza scrive a Giovanni Benedetto da Norcia, cancelliere <strong>di</strong> Gaspare da Suessa, <strong>di</strong><br />

aver sollecitato il referendario perché realizzi l’assegnazione fatta a Gaspare.<br />

(1454 maggio 27, Milano).<br />

Iohanni Bene<strong>di</strong>cto de Nursia, cancellario Gasparri de Suessa.<br />

Inteso quanto tu ne scrive dolendote del nostro referendario lì che ancora non t’habii<br />

expe<strong>di</strong>to de quella assignatione de Gasparre de Sessa, n’havemo havuto despiacere<br />

assay, donde gli scrivemo per l’aligata in forma che l’intenderà; siché vogli solicitarlo<br />

perché ne ren<strong>di</strong>amo certi ch’el te expe<strong>di</strong>rà presto. Data ut supra.


Christoforus.<br />

Cichus.<br />

1465<br />

Francesco Sforza rimprovera prete Antonio de Panateriis da Cecima per non avere obbe<strong>di</strong>to al<br />

suo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> portarsi da lui con tutti i suoi <strong>di</strong>ritti per il beneficio <strong>di</strong> Varzi <strong>di</strong> Maffeo Vecchio. Gli<br />

impone <strong>di</strong> andare da lui entro quattro giorni giurati della recezione della presente missiva.<br />

1454 maggio 27, Milano.<br />

393v Presbitero Antonio de Panateriis de Cecima.<br />

Per altre nostre ve havimo scripto dovesti venire da nuy con le vostre rasone haveti in<br />

quello beneficio de Varci de misser Mafeo Vechio, et fin adesso non seti voluto venire,<br />

del che ne havemo pigliato admiratione et <strong>di</strong>splicentia non poca; siché pertanto de<br />

novo vi replicamo et volimo che fra lo termine de quattro iorni continui, al più tarde,<br />

doppo la receptione dele presente vegnati omnino personalmente con le <strong>di</strong>cte vostre<br />

rasone de nuy, et intendereti ciò ve havimo ad explicare. Et questo non manchi per<br />

quanto haveti cara la gratia nostra; et dela presentacione de questa se darà piena fede<br />

al portatore presente, sacramento tamen me<strong>di</strong>ante. Me<strong>di</strong>olani, xxvii maii 1454.<br />

Iohannesthomas.<br />

Cichus.<br />

1466<br />

Francesco Sforza scrive ad Antonio da Pescarolo, capitano del <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> Casteggio, <strong>di</strong><br />

intervenire presso quella comunità perché il pavese Gerardo da Binasco, abbia quanto ancora<br />

gli spetta del suo salario e quello che gli é dovuto per i prestiti fatti per il rifacimento dei ponti <strong>di</strong><br />

lì.<br />

1454 maggio 27, Milano.<br />

Antonio de Piscarolo, capitaneo devetus Clastigii.<br />

Havemo havuto la inclusa supplicatione de Girardo de Binasco, cita<strong>di</strong>no nostro de<br />

Pavia, olim potestà nostro de Chiastezo, quale, como vederay per essa, <strong>di</strong>ce dovere<br />

havere dalla comunità nostra de Chiastezo certa quantità de <strong>di</strong>nari del salario suo, et<br />

quali gli imprestò per la refectione delli ponti d’essa terra, delli quali non pò essere<br />

satisfacto. Pertanto parendo ad nuy sia debito che esso Girardo habia il debito suo,<br />

volimo debii provedere et servare modo con essa nostra comunità de Chiastezo che’l<br />

<strong>di</strong>cto Girardo sia pagato et satisfacto de quello deve havere debitamente, como ne pare<br />

iusto et rasonevele. Data Me<strong>di</strong>olani, xxvii maii 1454.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

1467<br />

Francesco Sforza vuole che il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> faccia sloggiare dalla possessione del<br />

lo<strong>di</strong>giano Luigi Tinto, ove già vi sono i buoi del duca e cavalli dei famigli ducali, gli uomini <strong>di</strong><br />

Sagramoro che vi si sono sistemati senza licenza sforzesca.<br />

394r Locumtenenti Laude.<br />

(1454 maggio 27, Milano).<br />

Aluyso Tincto, nostro cita<strong>di</strong>no Lodesano, n’ha facto <strong>di</strong>re che, ultra li bovi <strong>di</strong> nostri sonno<br />

allogiati in una sua possessione et certi cavalli <strong>di</strong> nostri famigli, gli sonno andati alcuni<br />

homini d’arme de Sagramoro secundo da luy intenderiti. Pertanto volimo che ve<br />

informati se l’é così; et trovando così, perché non ne pare conveniente che luy debia


portare tanto damno et carico, volimo che prove<strong>di</strong>ati che quelli de <strong>di</strong>cto Segramoro se<br />

levano et vadano ad allogiare altrove. Data ut supra.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

1468<br />

Francesco Sforza chiede a donna Luchina dal Verme <strong>di</strong> intervenire perché Pietro da Navarino<br />

possa essere sod<strong>di</strong>sfatto del cre<strong>di</strong>to <strong>di</strong> una grossa somma dovutagli da Columbo de Paviani per<br />

un debito da costui contratto sua vita natural durante, Il duca ha saputo che i beni e le proprietà<br />

che gli ere<strong>di</strong> del Columbo hanno a Bobbio sono posti in ven<strong>di</strong>ta, non vuole che vengano alienati<br />

prima che Pietro sia appagato del suo cre<strong>di</strong>to.<br />

Domine Luchine de Verme.<br />

1454 maggio 27, Milano.<br />

Ne ha facto significare el strenuo Petro da Navarino luy essere vero cre<strong>di</strong>tore d’una<br />

notabile summa de <strong>di</strong>nari deli here<strong>di</strong> quondam misser Columbo de Paviari per certo<br />

debito contrasse cum luy esso domino Columbo, quando era in vita, rechiedendone<br />

proinde che voliamo provedere sia satisfacto, como richiede la ragione et honestà. Et<br />

perché ne <strong>di</strong>ce gli <strong>di</strong>cti here<strong>di</strong> havere alchuni beni et proprietate a Bobio, quale<br />

intendono vendere et alienare, ve confortiamo et caricamo quanto più possimo che ad<br />

instantia et requisitione del <strong>di</strong>cto Petro da Navarino o de qualuncha altro meglore modo<br />

ve parerà provedere che <strong>di</strong>cti beni né proprietate non se alienano se prima el<br />

prenominato Petro non é satisfacto, aut facto securo de quanto (a) se trovarà vero<br />

cre<strong>di</strong>tore. Me<strong>di</strong>olani, xxvii maii 1454.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue haverà h depennato.<br />

1469<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà <strong>di</strong> Sale <strong>di</strong> provvedere che l’uomo d’arme Andrea Bove sia<br />

risarcito dal suo famiglio, chiamato Giovanni da Omegna e cognominato Mognone, che da<br />

tempo se n’é fuggito da lui sottraendogli roba e denari. Vuole che accerti, per via <strong>di</strong> giuramento,<br />

o come meglio crederà, se Giovanni ha roba e cre<strong>di</strong>ti da lavoro lì e, in tal caso, con procedura<br />

sommaria, faccia in modo che Andrea sia accontentato.<br />

394v Potestati Salarum.<br />

1454 maggio 27, Milano.<br />

Ne ha significato cum gram lamenta el strenuo Andrea Bove de quela terra, nostro<br />

homo d’arme, che già molti giorni passati s’é fugite da luy uno suo famiglo giamato<br />

Iohane da Homegna cognominato Mognone, et asportogli alcune sue robe et anche<br />

<strong>di</strong>nari como da <strong>di</strong>cto Andrea saray informato; rechidendone proinde che gli vogliamo<br />

provedere de oportuno reme<strong>di</strong>o <strong>di</strong> ragione, quo me<strong>di</strong>ante, possa et venga a consequire<br />

le cosse sue, aut del valore d’esse; et perché ultra ciò ne ha significato el <strong>di</strong>cto Andrea<br />

che eso Iohanne fugitivo ha cre<strong>di</strong>to in quela nostra terra cum alcuni cum li quali era<br />

conduto ad lavorare et etiam gli ha alcune sue robe, volimo e te comitimo che, o per via<br />

de streto sacramento, o per qualu(n)que altro meliore modo te parirà expe<strong>di</strong>ente debii<br />

far ogni <strong>di</strong>ligente invistagacione de qualunque vero cre<strong>di</strong>to et de qualunque roba se<br />

trovasi havere lì el <strong>di</strong>cto Iohanne fugitivo appresso <strong>di</strong> chi se volia, quibus me<strong>di</strong>antibus,<br />

esso Andrea sia satisfacto de quanto aparirà essere damezato, procedendo in hoc<br />

sumarie simpliciter et de plano sine strepitu et figura iu<strong>di</strong>cii frivolis et cavilacionibus<br />

exceptionibus cessantibus quibuscumque. Data Me<strong>di</strong>olani, xxvii maii 1454.<br />

Cichus.


1470<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà <strong>di</strong> Vigevano assolva l’ebreo Mosé con formula piena dalla<br />

imputazione, poi ritrattata, dalla donna che “altra volta fo iusticiata” e, perciò non abbia più, per il<br />

fatto attribuitogli, alcuna noia.<br />

Potestati Viglevani.<br />

1454 maggio 28, Milano.<br />

Per un’altra de xxii de aprile cum una supplicatione de Moyses ebreo ve scripsemo,<br />

como siamo certi che havereti veduto, circa il facto de Moyses pre<strong>di</strong>cto per casone<br />

della imputatione gli fo data de quella femina, che altra volta fo iusticiata, et fin al<br />

presente de quanto ve habiamo scripto non intendemo che sia seguito altro effecto; il<br />

perché, replicando quello medesmo, <strong>di</strong>cemo che s’é vero che la <strong>di</strong>cta femena per<br />

alcuno modo <strong>di</strong>scolpasse <strong>di</strong>cto Moyses, non obstante che’l non appara per scripto,<br />

volimo et così per questa ve <strong>di</strong>cemo et coman<strong>di</strong>amo che contra il <strong>di</strong>cto Moyses non<br />

procedati più ultra in alcuno modo né contra li suoy et soe cose. Imo volimo che ogne<br />

novità et molestia che gli havesseno facta per la casone pre<strong>di</strong>cta gli la revocati et<br />

annullati, et lo reponati in lo suo 395r pristino grado et stato como era prima che gli<br />

fosse data la <strong>di</strong>cta imputatione, et così lo absolvati liberamente senza altre<br />

repplicatione. Siché in lo advenire per alcuno modo et forma Moyses pre<strong>di</strong>cto non habia<br />

per la <strong>di</strong>cta casone tanto più impazo né molestia. Data Me<strong>di</strong>olani, xxviii maii 1454.<br />

Cichus.<br />

1471<br />

Francesco Sforza vuole che Bolognino de Attendolis tratti, come anche gli <strong>di</strong>rà il cappellano<br />

ducale frate Luca, con ogni riguardo frate Simoneto da Camerino in visita alla città. Gli faccia<br />

visitare il castello, gli mostri la biblioteca, le relique e il resto.<br />

Magnifico Bolognino de Attendolis.<br />

1454 maggio 28, Milano.<br />

Volimo che venendo là el venerabile frate Simoneto da Camerino per vedere quella<br />

nostra cità e castello, gli mostrati el castello, lib(r)eria, reliquie et ogne altra cosa,<br />

receptandolo cum bona cera et acarezandolo et honorandolo quanto faresti nuy proprii,<br />

como etiam<strong>di</strong>o ve <strong>di</strong>rà frate Lucha nostro capellano, qual man<strong>di</strong>amo in sua compagnia.<br />

Me<strong>di</strong>olani, xxviii maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1472<br />

Francesco Sforza chiede a Stefano de Iu<strong>di</strong>cibus, abbate <strong>di</strong> San Pietro in Ciel d’oro, <strong>di</strong> voler dare<br />

<strong>di</strong>gnitoso alloggio a frate Simoneto da Camerino per quei pochi giorni che vi rimarrà, Lo avverte<br />

che le spese sono a carico del duca e che é accompagnato dal cappellano ducale frate Luca.<br />

Nel medesimo giorno si é scritto a Gracino da Pescarolo e al referendario <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> dare<br />

alloggio a frate Simoneto da Camerino a Sant’Agostino, provvedendo, a spese del duca, al suo<br />

vitto fin a quando starà lì e trattandolo onoratamente, come più <strong>di</strong>ffusamente <strong>di</strong>rà loro frate Luca.<br />

(1454 maggio 28, Milano).<br />

Domino Stefano de Iu<strong>di</strong>cibus abbati Sancti Petri in Celo Aureo Papie.<br />

Venendo là per vedere quella nostra cità il venerabile frate Simoneto da Camerino et<br />

parendone per quelli pochi dì che l’haverà ad stare lì che la sua stantia sia più honesta<br />

in lo vostro monastero che in altro luogo, ve confortiamo ad acceptarlo in casa et darli<br />

stantia, avisandone che havemo or<strong>di</strong>nato de farli fare nuy le spese; haveremo ben caro


che lo accarezate et honorati non altramente che facesti nuy, como etiam<strong>di</strong>o ve <strong>di</strong>rà<br />

frate Lucha nostro capellano, quale man<strong>di</strong>amo in sua compagnia. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

Die suprascripto scriptum domino Gracino de Piscarolo et refendario Papie quod<br />

debeant facere allogiare suprascriptum fratrem Simonetum in Sancto Augustino,<br />

providendo sibi de expensis pro victu suo quousque manebit illic et eum venerando uti<br />

personam nostram propriam prout lacuis sibi <strong>di</strong>cat suprascriptus frater Luchas<br />

cappellanus, et cetera.<br />

Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1473<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce al podestà <strong>di</strong> Vailate <strong>di</strong> aver preso atto del <strong>di</strong>spiacere avuto dal<br />

provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema per l’andata dei soldati a tagliare l’erba nel Cremasco, nonostante le<br />

ammonizioni del podestà e lo scritto <strong>di</strong> Francesco Sanseverino. Vuole che ammonisca detti<br />

soldati che, se ancora si ripeteranno, verranno loro tolti i cavalli.<br />

395v Potestati Vaylate, nostro <strong>di</strong>lecto.<br />

1454 maggio 28, Milano.<br />

Havemo recevuto la toa lettera et inteso quanto tu ne scrive del despiacere ha il<br />

prove<strong>di</strong>tore de Crema, perché quelli soldati vanno ad tagliare l’erbe in Cremascha, et<br />

eciam che, havendo tu admonito <strong>di</strong>cti soldati et anchora havendogli scripto Francisco<br />

da Sanseverino, che tamen non cessano de andargli, dela qual cosa n’havemo<br />

recevuto molestia; et perché non intendemo supportare questa loro insolentia, <strong>di</strong>cemo<br />

che da poi non hanno voluto cessare per le toe monitione né per lettere d’esso<br />

Francesco, debii farli intendere tuti <strong>di</strong>cti homini d’arme che se più andarano in quello de<br />

Crema per l’herbe, che gli seranno tolti li cavalli. Et così conce<strong>di</strong>amo licentia a ti che<br />

andandogli tu gli li possa fare tore, et circa ciò usa ogne <strong>di</strong>ligentia a ti possibile perché<br />

più non gli vadano. Data Me<strong>di</strong>olani, xxvii maii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1474<br />

Francesco Sforza scrive a Francesco de Georgiis <strong>di</strong> non tollerare che gli uomini d’arme,<br />

alloggiati nel Lo<strong>di</strong>giano, abbandonino i loro posti e vadano a stare dove loro piace facendo danni<br />

ai citta<strong>di</strong>ni. Vuole avere i nomi <strong>di</strong> tali trasmigranti.<br />

Francisco de Georgiis.<br />

(1454 maggio 28, Milano).<br />

Con despiacere habiamo inteso che molti delli homini d’arme allozati in Lodesano se<br />

partino dalli suoi lozamenti et vanno ad stare dove li pare ad loro damnificando le<br />

possessione de quelli nostri cita<strong>di</strong>ni; la qual cosa a nuy é molto molesta et<br />

rencrescevole, et etiam<strong>di</strong>o ali <strong>di</strong>cti cita<strong>di</strong>ni. Perché non inten<strong>di</strong>amo supportare tale<br />

insolentie, te coman<strong>di</strong>amo che subito fazi retornare ogniuno ad li suoy lozamenti<br />

pre<strong>di</strong>cti, avisandone poy per toe lettere che serano stati coloro che se seranno mosti da<br />

essi suoy lozamenti. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1475<br />

Francesco Sforza vuole che il Colleoni provveda che tal Sabianeto, famiglio del suo compagno,<br />

Melchione da Bergamo, restituisca il cavallo dello squadrero Ianuzo da Leza, tolto a un suo<br />

famiglio nel Cremonese.<br />

(1454 maggio 28, Milano).


396r Magnifico Bartholomeo Coleono.<br />

El strenuo Ianuzo da Leza, nostro squadrero, n’ha <strong>di</strong>cto che per uno Sebianeto,<br />

fameglio de Melchione da Pergamo, vostro compagno, é gli stato tolto uno suo cavallo,<br />

quale haveva uno suo fameglio in Cremonese, como da luy intenderiti; quale havendolo<br />

domandato più volte, <strong>di</strong>ce non haverlo in fin mò poduto havere. Per la qual cosa,<br />

venendo da vuy o mandando per questa casone, confortiamove gli faciati rendere <strong>di</strong>cto<br />

suo cavallo, ita che più non habia ad reclamarne per questa cosa. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1476<br />

Francesco Sforza, comunica a Colella da Napoli che i Rettori <strong>di</strong> Bergamo gli hanno segnalato<br />

che, pur avendo dato il podestà <strong>di</strong> Treviglio licenza a Mafiolo da Levate, uno degli uomini <strong>di</strong><br />

Colella gli ha tolto biada e cavalla protestando che conduceva biada <strong>di</strong> contrabbando. Il duca<br />

impone a Colella <strong>di</strong> far restituire ogni cosa. Se ciò non avvenisse, farebbe pagare a lui, Colella,<br />

il valore <strong>di</strong> quanto illegalmente sequestrato<br />

Colele de Napoli.<br />

1454 maggio 27, Milano.<br />

Li spectabili Rectori da Bergamo ne hanno scrito como havendo il nostro potestate de<br />

quela terra de Trivilio concessa licentia ad Mafiolo da Levate, presente exibitore, per<br />

uno deli vostri, glé stata tolta la biava e trasfugata la cavala, <strong>di</strong>cendo el <strong>di</strong>cto vostro che<br />

conduceva <strong>di</strong>cta biava im contrabando; et perché siamo certi queste tale cosse e mali<br />

mo<strong>di</strong> despiaceno cossì a voy como ad noy propri, et per cossa alcuna nom lo volemo<br />

comportare, volemo prove<strong>di</strong>ati per quela via et modo ve parirà che al <strong>di</strong>cto Mafiollo sia<br />

restituita la cavala, biava et ogni altra cossa ad luy tolta che nom li manca uno <strong>di</strong>naro,<br />

advisandove che, retornando el pre<strong>di</strong>cto qui da noy et che non habia rehavuta la roba<br />

sua, noy li faremo pagare (a) ogni cossa ad luy tolta ad spese vostre, et faremolo<br />

partire bem contento; siché vogliati provedere con effecto che li sia integramente<br />

restituita la cavala, biava et ogne altra cossa ad luy tolta, como del tuto da luy sariti ad<br />

pieno informato, et comandareti et amonereti tuti li vostri che nom observano questi<br />

mo<strong>di</strong>, perché nom gli li comportaremo per con<strong>di</strong>ctione alcuna del mondo. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, xxvii maii 1454.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue la roba soua depennato.<br />

1477<br />

Francesco Sforza fa sapere ai Rettori <strong>di</strong> Bergamo, che gli hanno denunciato l’atto commesso dai<br />

soldati <strong>di</strong> Colella contro Mafiolo, quantunque avesse la licenza del podestà <strong>di</strong> Treviglio, che tale<br />

atto gli é <strong>di</strong>spiaciuto come se fosse stato fatto contro i suoi uomini, perché vuole che sia uguale<br />

il trattamento che si fa ai loro come ai suoi sud<strong>di</strong>ti. Ha <strong>di</strong>sposto che Colella faccia restituire tutto<br />

e, nel caso che ciò non avvenga, vuole che Mafiolo si porti da lui certo che non se ne ripartirà<br />

che pienamente sod<strong>di</strong>sfatto.<br />

396v Dominis Rectoribus Pergamy.<br />

1454 maggio 28, Milano.<br />

Respondendo ala vostra letra continente dela cavala et biava tolta ad Mafiolo da Levate<br />

per queli dela compagnia del spectabele Colela da Napoli, nostro condutero, il quale<br />

Mafiolo haviva licencia dal nostro potestate da Trivilio de condure <strong>di</strong>cta biava, <strong>di</strong>cemo<br />

che delato et male tractamento hanno usato et facto li <strong>di</strong>cti de Colela ne despiace<br />

grandemente et reputiamo et tenemo l’habia facto ali nostri proprii homini, perché nom<br />

altramente volemo siano tractati, carizati, veduti et bem amati li homini dela illustre<br />

signoria como li nostri proprii, et cossì é nostra firmissima intencione et <strong>di</strong>sposicione.<br />

Noy havimo scrito in forma oportuna al <strong>di</strong>cto Colela che faza restituire la cavala, biava<br />

et ogni altra cossa al <strong>di</strong>cto Mafiolo tolto, che nom gli mancha uno tristo pontale de


stringa; et siamo certi restituerà ogni cossa integramente. Casu quo il pre<strong>di</strong>cto nom sia<br />

satisfato et che nom reabia ogni cossa ad luy tolta, li habiamo <strong>di</strong>cto retorni qui da noy<br />

che nom se partirà, lo faremo pagare et satisfare del tuto im modo che restarà bem<br />

contento et satisfacto; et così gli faremo cum effeto. Data Me<strong>di</strong>olani, xxviii maii 1454.<br />

Cichus.<br />

1478<br />

Francesco Sforza, informato da Bertolucio da Gubbio, commissario della Campagna <strong>di</strong> Pavia<br />

per la tassa dei cavalli, che dei sud<strong>di</strong>ti sforzeschi hanno <strong>di</strong> che da ri<strong>di</strong>re sui soldati che tolgono<br />

loro biade, vuole che Bertolucio faccia, nei luoghi in cui i soldati sono alloggiati, un pubblico<br />

proclama che li minacci <strong>di</strong> perdere i cavalli se oseranno tagliare l’erba degli uomini del Pavese.<br />

1454 maggio 28, Milano.<br />

Ser Bartholutio de Eugubio, comissario campanee Papie super taxas equorum.<br />

Inteso quanto ne scrive del dubio hanno quelli nostri cita<strong>di</strong>ni et homini che quelli nostri<br />

soldati che sonno allogiati in la campagna de Pavia non tagleno le loro biave, et cetera,<br />

<strong>di</strong>cemo che tu debii far fare uno comandamento sive proclamatione per nostra parte in<br />

tuti li lochi dove allogiano <strong>di</strong>cti soldati che sotto penna de perdere li cavalli non debiano<br />

né olseno tagliare né far tagliare per alcuno modo le biave delli homini del Pavese, et<br />

fare tute quelle provisione te pareranno necessarie et expe<strong>di</strong>enti per obviare ad questi<br />

damni et tali inconvenienti, perché non volemo comportare che tagliano, né faciano<br />

pascere, né tore le loro biave alli pover’homini per niente. Et facto haveray quanto te<br />

scrivemo, se alcuno serà inobe<strong>di</strong>ente 397r vogli avisarne del suo nome et quello<br />

haverà facto luy o li suoy, perché li faremo tal punitione che serà exemplo ali altri.<br />

Me<strong>di</strong>olani, xxviii maii 1454.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

1479<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente <strong>di</strong> Piacenza che Bernardo, figlio <strong>di</strong> Giacomino della<br />

Valle, che sta a Cassano con l’uomo d’arme ducale Battista da Rivarolo, rubò a Battista Soletta<br />

da Fontanella alcune cavalle e altre cose del valore <strong>di</strong> 12 ducati d’oro, denari che il duca fece<br />

pagare con il soldo dell’uomo d’arme Battista, dato che Bernardo era suo famiglio. Siccome,<br />

però, Battista ha fatto sapere che tutta la refurtiva era finita da Giacomino, e da lui venduta, il<br />

duca vuole che il luogotenente, appurato che le cose stanno così, costringa il padre <strong>di</strong> Bernardo<br />

a rifondere spe<strong>di</strong>tamente l’uomo d’arme dei denari pagati a Battista Soletta.<br />

Locumtenenti Placentie.<br />

(1454 maggio 28, Milano).<br />

Stando Bernardo, figliolo de Iacomino dela Valle, che sta ad Cassano con Baptista de<br />

Rivarolo, nostro homo d’arme, robò et tolse per forza ad Baptista Soletta da Fontanella<br />

alcune cavalle et altre cose che ascendano ala summa de ducati dodeci d’oro, li quali<br />

<strong>di</strong>nari, per essere <strong>di</strong>cto Bernardo fameglio del <strong>di</strong>cto Baptista, havemo facto pagare<br />

sopra la imprestanza del <strong>di</strong>cto Baptista li <strong>di</strong>cti xii ducati al <strong>di</strong>cto Baptista Soletta. Mò<br />

<strong>di</strong>cto nostro homo d’arme ne <strong>di</strong>ce che queste tale cavalle et cose tolte al pre<strong>di</strong>cto<br />

forono conducte et portate in casa de Iacomino, suo patre, et <strong>di</strong>ce provarà como <strong>di</strong>cto<br />

Iacomino et li fratelli suoi vendereno <strong>di</strong>cte cose et che hebbeno li <strong>di</strong>nari. Per la qual<br />

cosa volemo che habiati <strong>di</strong>ligente informatione, et constando a vuy che sia così, como<br />

<strong>di</strong>ce <strong>di</strong>cto nostro homo d’arme, che <strong>di</strong>cto Iacomino habia havuto le cavalle et cose tolte<br />

al <strong>di</strong>cto Baptista Asoletta, debiati constrengere <strong>di</strong>cto Iacomino et altri che havessero<br />

havute <strong>di</strong>cte cose che satisfaciano et paghano al <strong>di</strong>cto Baptista li <strong>di</strong>cti ducati xii che luy<br />

ha pagati al <strong>di</strong>cto Baptista Soletta per satisfactione della robba soa, sola facti veritate<br />

comperta; et expe<strong>di</strong>ritelo presto ad ciò che non staga lì suso l’hostaria ad spendere <strong>di</strong>cti<br />

<strong>di</strong>nari. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.


1480<br />

Francesco Sforza comanda a Gracino da Pescarolo e al referendario <strong>di</strong> Pavia che, inteso da<br />

Dragoneto, ufficiale ducale al porto <strong>di</strong> Parasacco, quali sono i comuni renitenti a pagargli il<br />

dovuto salario, li costringano a dargli il dovuto in modo che l’ufficiale possa continuare ad<br />

attendere ai suoi compiti.<br />

1454 maggio 28, Milano.<br />

397v Domino Gracino de Piscarolo et referendario nostro Papie.<br />

Ne ha significato el provido Dragoneto, nostro officiale al porto de Parasaco, che non<br />

pò essere pagato del suo debito salario; il perché seguiria che’l non potria starce como<br />

intendemo che’l stia et atten<strong>di</strong> ad fare quanto ha in commissione da nuy; per la qual<br />

cosa volimo et ve comettemo che, inteso da luy quali sonno li renitenti et quelli comuni<br />

che non vogliono pagare, gli stringati per ogne via de rasone ad pagare la loro debita<br />

portione omni prorsus exceptione remota. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxviii maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1481<br />

Francesco Sforza avverte il referendario e il tesoriere <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che manda da loro Francesco<br />

Pandolfo, tesoriere del castello <strong>di</strong> porta Zobia, perché gli <strong>di</strong>ano l’assegnazione or<strong>di</strong>nata per i<br />

lavori <strong>di</strong> detto castello e, siccome sono in arretrato <strong>di</strong> quanto dovuto nel mese, vuole che <strong>di</strong>ano a<br />

Francesco quanto spetta per il mese in corso e tengano presente che in avvenire devono, a<br />

metà mese pagare metà rata, che completeranno a fine mese.<br />

Referendario et thexaurario Laude.<br />

1454 maggio 28, Milano.<br />

Man<strong>di</strong>amo lì da vuy Francisco Pandulfo, thexaurero del nostro castello de Porta Zobia,<br />

al quale volemo che, veduta la presente, li respon<strong>di</strong>ati la assignatione ve é stata<br />

or<strong>di</strong>nata per lo lavorerio de questo nostro castello; et perché in questo mese<br />

intendemo non l’haviti resposto niente, volimo che alla zonta del <strong>di</strong>cto Francesco li<br />

respon<strong>di</strong>ati de tuto il compimento de questo mese et, per lo avenire, or<strong>di</strong>nati de<br />

respondere a mezo il mese la mitade, et il resto al fine del mese. Et in questo non<br />

mancati per niente, perché inten<strong>di</strong>amo che chi (ha) a fare con lo nostro castello sia<br />

pagato. Me<strong>di</strong>olani, xxviii maii 1454.<br />

Iohannes.<br />

1482<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che, per por fine agli inconvenienti citta<strong>di</strong>ni<br />

dovuti alla collocazione lì dei famigli d’arme ducali, deve comandare che domattima devono<br />

smammare da lì con tutto il loro bagaglio e andare nel Milanese o dove altro saranno destinati.<br />

Da tale <strong>di</strong>sposizione sono esclusi coloro che hanno le moglie <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, perché supposti alieni dal<br />

far danni in loco.<br />

398r Locuntenenti Laude.<br />

1454 maggio 29, Milano.<br />

Per tuore via li inconvenienti che alla zornata seguitano in quella cità per la stancia de<br />

quelli nostri famigli d’arme che gli allogiano, volimo subito, havuta questa, comman<strong>di</strong>ati<br />

ad tutti et singuli <strong>di</strong>cti nostri famigli che damatina se debiano levare da lì con ogni cosa<br />

del suo et se ne vadano ad allogiare nelli soy logiamenti in Milanese o altroe dove gli<br />

sonno deputati; et questo non manchi per quanto hanno cara la gratia nostra, salvo et<br />

reservati quelli che hanno le loro moliere et stancie ferme lì in Lode, perché ne<br />

rendemo certi che loro non farano cosa deshonesta contra veruno. Me<strong>di</strong>olani, xxviiii<br />

maii 1454.<br />

Nicolaus.


Iohannes.<br />

1483<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al capitano della Lomellina <strong>di</strong> rintracciare un uomo d’arme chiamato<br />

Niccolò Rampino, abitante a Gheme che, quando si aveva il campo a Iorci era fuggito da<br />

Angelello da Lavello rubandogli della roba. Procuri <strong>di</strong> catturarlo, non rilasciandolo che a<br />

restituzione avvenuta della refurtiva,oppure per accordo intervenuto a Milano con Angelello.<br />

Capitaneo nostro Lumelline.<br />

1454 maggio 29, Milano.<br />

Ne <strong>di</strong>ce Angelello de Lavello, nostro conductero, che essendo nuy col campo a Iorci s’é<br />

fugiti da luy uno suo homo d’arme chiamato Nicolò Rampino, quale de presente habita<br />

ad Gheme, et portogli via la robba soa. Pertanto volimo che, havuta questa, con quello<br />

modo te parirà, tu fazi destenere el <strong>di</strong>cto Nicolò Rampino, non lassandolo nisi prius<br />

habia satisfacto <strong>di</strong>cto Anghelello, overo prestato in toe mano idonea segurtà de venire<br />

ad stare ad rasone col <strong>di</strong>cto Anghelello qui in Milano, como ne pare debito et<br />

rasonevele. Data Me<strong>di</strong>olani, xxviiii maii 1454.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

1484<br />

Francesco Sforza avverte il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che manda il trombettiere Tegia per fare, al pari<br />

<strong>di</strong> quel che farà lui, spostare dal Lo<strong>di</strong>giano i Sanseverineschi.<br />

Qualora rifiutassero <strong>di</strong> andar via, li faccia levare da lì per amore o per forza.<br />

Locu(m)tenenti Laude.<br />

(1454 maggio 29), Milano.<br />

Man<strong>di</strong>amo lì el Thegia, nostro trombeta, presente portatore, per fare levare quelle gente<br />

d’arme delli Sanseverineschi, quali stanno lì in Lodesana; per la qualcosa volimo che<br />

ancora voy gli faciati <strong>di</strong>re che subito se levino, et, casu che non se vogliano levare,<br />

volimo et ve comettemo che gli faciati levare per ogne modo o per forza o per amore.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e suprascripto.<br />

Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1485<br />

Francesco Sforza raccomanda al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> fare buona accoglienza a Giovanni<br />

Sapianso e a Febur, segretario della Signoria <strong>di</strong> Venezia. Sia nell’accoglierli che<br />

nell’accomiatarsi da loro vuole che ovunque si trattino con cor<strong>di</strong>alità, così come ha fatto lui.<br />

398v Locumtenenti Laude.<br />

1454 maggio 29, Milano.<br />

Retornino al presente indereto li generosi domini Iohanne Sapianso et Phebur,<br />

secretario della illustrissima signoria de Venetia, quali sonno stati da nuy et havemoli<br />

bene veduti et acarezati et tractati per modo che se partino ben contenti et assay de<br />

bona voglia et anche satisfacti da nuy. Et como havemo facto nuy et siamo stati<br />

principio de demonstratione de benivolentia, volimo anche faciati vuy, et così ve<br />

confortamo, stringemo et caricamo in farli grate accoglientie et honorevele<br />

demonstratione se convene con venirli incontra acompagnarli così nel venire como nel<br />

partire, siché sia continuato per i nostri secundo havemo incomenzato nuy, et como se<br />

partene da nuy ben contenti così anche da lì; et quanto più demonstratione gli fariti in<br />

honorarli et gratificarli, tanto ne serà più caro et haveremolo più grato et accepto, como<br />

speramo certamente saperiti fare et fariti. Ad que iterum ve astri(n)gemo advisandone<br />

della receptione de questa. Me<strong>di</strong>olani, xxviiii maii 1454.<br />

Ser Facinus.


Cichus.<br />

1486<br />

Francesco Sforza comunica al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> aver concessa all’ebreo Isac, abitante a<br />

Lo<strong>di</strong>, l’assoluzione dal delitto da lui commesso, per cui vuole che gli si restituiscano tutti i beni e<br />

le cose che gli appartengono, annullando qualsiasi bando, processo o scrittura contro <strong>di</strong> lui.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1454 maggio 29, Milano.<br />

Perché havemo facto, et per tenore de questa facemo ad Isac ebreo, habitatore de<br />

quella cità, libera gratia et absolutione del fallo et delicto per luy commesso et da luy<br />

semo contenti, volemo et ve comettemo che, havuta questa, gli faciati restituire tuti li<br />

suoi beni et robe et cose sino ad uno pontale de stringa che non gli manca alcuna<br />

minima cosa, facendo cassare, annullare et irritare ogni bando, processo et scriptura<br />

facta quomodocunque contra luy per questa casone, et mettendolo in quello grado e<br />

stato che l'era prima che fosse facto contra 399r d’esso questa novità, ita che may per<br />

niuno tempo a venire non possa essere molestato né inquietato per questa casone; et<br />

così gli fariti restituire li suoi libri. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxviiii maii 1454.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

1487<br />

Francesco Sforza richiama a donna Luchina dal Verme la sollecitazione fattale tramite l’invio del<br />

suo cancelliere Fazino da Fabriano perché notificasse a tutti gli ebrei della sua giuris<strong>di</strong>zione che<br />

dovevano andare da lui. Se n’é mosso uno soltanto con un cavallaro, ma non é giunto da lui. Le<br />

riba<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> volere che essi assolutamente si portino da lui con questo cavallaro.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

(1454 maggio 29), Milano.<br />

Ad questi proximi dì passati per Fazino da Fabriano, nostro cancellero, tra l'altre cose<br />

ve facessemo exponere fo che li ebrei sonno nella vostra iuris<strong>di</strong>cione dovesseno venire<br />

da nuy, et così man<strong>di</strong>amo uno nostro cancellero ad posta con el quale dovesseno<br />

venire; et secundo siamo informati uno de essi ebrei venne col cavalaro, ma non s’é<br />

presentato may, che potiamo <strong>di</strong>re non essere venuto. Il perché ve confortiamo et<br />

caricamo dati sì facto or<strong>di</strong>ne et modo che <strong>di</strong>cti ebrei infallanter vegnano subito,<br />

recevute queste, da nuy con questo cavallaro, quale man<strong>di</strong>amo lì per questa casone<br />

solamente, et presentase poi a nuy per ogni modo. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e suprascripto.<br />

Ser Facinus.<br />

Cichus.<br />

1488<br />

Francesco Sforza scrive a Manno de Donatis, a Gracino da Pescarolo e a Bartolomeo de<br />

Corigia, referendario <strong>di</strong> Pavia, <strong>di</strong> ritenerli bene informati delle malefatte operate in città da<br />

Bernardo da Lonate e, in particolare, del tumulto avvenuto l’anno ad<strong>di</strong>etro e come lui, duca, sia<br />

stato clemente con Bernardo, ammonendolo <strong>di</strong> astenersi dai suoi misfatti con il risultato <strong>di</strong><br />

ottenere un suo peggiore comportamento, come é accaduto ultimamente quando, sollecitato ad<br />

andare da lui, egli se n’é fuggito presso i nemici e, in più, ha sparlato e agito contro il duca e lo<br />

stato. Dopo tutto questo, in quanto ribelle, il duca ha deliberato <strong>di</strong> incamerare tutti i suoi beni.<br />

1454 (maggio) 28, Milano.<br />

Manno de Donatis et Gracino de Piscarolo et Bartholomeo de Corigia, referendario<br />

Papie.<br />

Cre<strong>di</strong>amo debiati essere assai informati quante volte Bernardo de Lonà sia stato<br />

suscitatore et principio de varii errori et scandali sequiti in quella nostra cità, et precipue<br />

del tumulto che’llì seguì l'anno passato, et quanto l’habiamo ricolto con clementia et


humanità non pocha admonendolo ad absentarse et riprendendolo de tali soy mali mo<strong>di</strong><br />

et costumi. Ma luy, non havendo verum respecto alle pre<strong>di</strong>cte nostre monitioni et<br />

reprensioni et honore suo alla iustitia né ad nuy, se é sforzato de stare ogni volta peio,<br />

como facile se pò comprendere per quello che ha facto poy, et novamente che, inter<br />

alia, havendolo domandato da nuy, non é voluto venire et andato alli luochy de quelli<br />

che allora erano nostri emuli et inimici. Ulterius ha sparlato in multi mo<strong>di</strong> et tentato<br />

contra nuy et lo stato nostro, le quali cose pensamo certissime siano state contra la<br />

intentione et voluntà de tucti li soy, unde che, deliberando nuy de farli reconuscere per<br />

la via della iustitia lo errore suo como inobe<strong>di</strong>ente et renitente alli nostri<br />

comandamenenti et ad exempio delli altri, volimo che faciati fare descriptione de tucti li<br />

soy beny, mobili et inmobili, ac rasoni et dericti dello <strong>di</strong>cto Bernardo chesse ritrova<br />

havere ubique in lo dominio nostro, et quelli pigliateli et incorporateli ala Camera nostra<br />

como nuy li applicamo et incorporamo per le presente alla prefata nostra Camera et<br />

havemoli per applicati como de nostro rebelle, avisando in<strong>di</strong>late et specifice del tucto<br />

399v per vostre lectere, nuy et li Magistri delle intrate nostre extraor<strong>di</strong>narie; et in questo<br />

non manchate in cosa alchuna. Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxviii 1454.<br />

Angelus au<strong>di</strong>tor.<br />

Cichus.<br />

1489<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà <strong>di</strong> San Colombano <strong>di</strong> cancellare la garanzia data da<br />

Giovanni da Reggio e da sua moglie in modo che non abbiano più alcuna molestia.<br />

Potestati Sancti Columbani.<br />

1454 maggio 27, Milano.<br />

Remanemo mò contenti che tu facci cancellare le segurtate altra volta exibite et date<br />

per Iohanni de Regio et soa mogliere, ita che in veruno tempo non habiano ad fir<br />

molestati; et questo perché mò restiamo contenti <strong>di</strong> luy. Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxvii maii 1454.<br />

Cichus.<br />

1490<br />

Francesco Sforza vuole che il referendario e il tesoriere <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong>ano a Giorgio del Mayno e<br />

a Gabriele della Croce i denare necessari per accogliere con il massimo onore possibile il<br />

car<strong>di</strong>nale Andegavense.<br />

Referendario et thexaurario Placentie.<br />

1454 maggio 30, Milano.<br />

Man<strong>di</strong>amo lì, per honorare et fare le spese al reveren<strong>di</strong>ssimo monsignore car<strong>di</strong>nale<br />

Andegavense, el spectabile domino Zorzo del Mayno et Gabriel dela Croce<br />

informatissimi dela mente et voluntà nostra; et perché volemo che al <strong>di</strong>cto car<strong>di</strong>nale sia<br />

facto tanto honore quanto sia possibile al mondo possese fare, ve coman<strong>di</strong>amo che tuti<br />

quelli <strong>di</strong>nari et altre cose che per li <strong>di</strong>cti domini Zorzo et Gabriolo ve sarano rechiesti per<br />

fare provedere ala <strong>di</strong>cta spesa, subito et inme<strong>di</strong>ate li debiati provedere de tuti quelli<br />

<strong>di</strong>nari et altre cose ve rechiederanno tolendo de ogne <strong>di</strong>nari, non obstante or<strong>di</strong>ne né<br />

alcun’altra cosa che vuy havesti in contrario. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e 30 maii 1454.<br />

Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria.<br />

1491<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà, al castellano e agli uomini <strong>di</strong> San Colombano <strong>di</strong> prestare<br />

aiuto a Maladerata che si porta lì per riscuotere la decima per i figli <strong>di</strong> Luigi da Landriano.<br />

1454 maggio 30, Milano.<br />

Potestati, castellano et hominibus Sancti Columbani.


Vene lì Maladerata, presente exhibitore, per scodere la decima lì in nome <strong>di</strong> figlioli de<br />

Aluyse da Landriano da chi luy l’ha, como intenderiti. Pertanto siamo contenti et volimo<br />

che gli prestiati ogni a<strong>di</strong>uto et favore al scodere d’essa decima in quello modo et forma<br />

se scodeva per lo tempo passato. Me<strong>di</strong>olani, penultimo maii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

1492<br />

Francesco Sforza comanda al luogotenente e al podestà <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> far avere al suo conestabile<br />

Gaspare da Suessa quanto gli spetta, ma rimasto ancora insod<strong>di</strong>sfatto benché lui, duca,<br />

li abbia spesso sollecitati.<br />

1454 maggio 29, Milano.<br />

400r Locumtenenti et potestati nostris Laude.<br />

Novamente n’ha facto fare lamenta el strenuo Gasparre da Suessa, nostro conestabile,<br />

che resta ancora a recevere deli <strong>di</strong>nari a luy assignati et non gli pò conseguire, del che<br />

ne maravigliamo, parendone che havendove (a) nuy scripto sopra ciò tante volte, gli<br />

dovessevo havere usato maiore <strong>di</strong>ligentia che non haviti in fare che’l sia pagato; per la<br />

qual cosa iterato ve commetiamo, et quanto più possemo ve caricamo che debiati fare<br />

tale opera che con effecto consequisca el suo dovere senza altra repplicatione de<br />

nostre lettere. Data Me<strong>di</strong>olani, 29 maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) che havendove ripetuto.<br />

1493<br />

Francesco Sforza chiede a donna Luchina dal Verme <strong>di</strong> accogliere assai onorevolmente il<br />

car<strong>di</strong>nale Andegavense che transiterà e forse sosterà nella sua terra <strong>di</strong> San Giovanni.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

1454 maggio 30, Milano.<br />

Credemo et siamo certi che’l reveren<strong>di</strong>ssimo car<strong>di</strong>nale An(de)gavense farà transito per<br />

quella vostra terra de San Zohanne. Et perché havemo or<strong>di</strong>nato in le nostre terre ch’el<br />

sia ben veduto in le nostre terre, ch’el sia ben veduto, recevuto et honorato non<br />

mancho che la nostra propria persona, et non pigliando manco confidentia in vuy et li<br />

vostri che in nuy medesmi, ve confortiamo et pregamo che, accadendo il suo venire lì in<br />

mo<strong>di</strong> ch’el gli bisognasse far demora, lo vogliati far recevere et receptare et fare honore<br />

non manco che faresti a nuy proprii, et tanto quanto facesti altra fiata, e più se più se<br />

potrà; la qual cosa a nuy sarà supramodo gratissima. Me<strong>di</strong>olani, xxx maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1494<br />

Francesco Sforza, informato dagli uomini della pieve <strong>di</strong> Incino che donna Luchina dal Verme<br />

intende allontanare dal suo ufficio Giovanni Antonio da Figino, che detti uomini, invece, lodano<br />

per il suo comportamento, la invita ad astenersi da tale rimozione fino alla scadenza dell’anno<br />

assegnatogli, perché ciò ritornerebbe a infania <strong>di</strong> Giovanni Antonio e tenga conto che é<br />

considerato citta<strong>di</strong>no <strong>di</strong> buona reputazione.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

1454 maggio 30, Milano.<br />

Sonno stati da nuy alcuni homini dela pieve de Incino et deli meliori quali, laudandosi<br />

molto delli boni deporatamenti e vivere netamente de Iohanneantonio de Figino, se<br />

grava assai che per vuy debba essere remosto dal’offitio a luy assignato per uno anno,<br />

segondo el tenore delle vostre lettere, in così breve termine senza veruna legiptima


cagione a loro nota; similmente luy, qual é pur bono cita<strong>di</strong>no de questa inclita nostra<br />

cità 401v, molto se ne doleria, reputandoselo a garn<strong>di</strong>ssimo mancamento et infamia.<br />

Per la qual cosa, considerato che l’é grato al’homini, cosiderato etiam che pur é<br />

cita<strong>di</strong>no de asay bona reputatione et anche a nuy grato, ve confortiamo et caricamo che<br />

non vogliati farli questo mancamento; anzi lassarlo al’offitio gli haviti assignato fino al<br />

suo termine limitato, rendendoci certissimi che ne haveriti bonissimo et fidelissimo<br />

servitio. Data Me<strong>di</strong>olani, xxx maii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1495<br />

Francesco Sforza avvisa il conte Bolognino de Attendolis <strong>di</strong> avere tolta la casa vicina al castello<br />

<strong>di</strong> Porta Zobia del conte Giovanni Anguissola per mettervi i suoi falconi. Accanto ad essa c’é<br />

una casa del conte Bolognino che ha un solaio adatto a ciò, che egli ha deliberato (crede che<br />

Bolognino ne sia felice) <strong>di</strong> usare per detti falconi.<br />

Comiti Bolgnino de Attendolis.<br />

(1454 maggio 30, Milano).<br />

Nuy havemo tolta la casa del conte Iohanne Angussola qui vicina al nostro castello de<br />

Porta Zobia per tenerli dentro li nostri falconi; et vicina ad quella inten<strong>di</strong>amo esserli una<br />

vostra casa, la quale ha uno solaro aconcio ad questa cosa. Et perché havimo<br />

deliberato usare <strong>di</strong>cto solaro per <strong>di</strong>cti falconi, ve ne havimo imprimis voluto dare aviso,<br />

confortandove vogliati essere contento, perché ne fareti piacere. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1496<br />

Francesco Sforza avverte il conte Giovanni Anguissola <strong>di</strong> aver deciso <strong>di</strong> prendere la casa <strong>di</strong>etro<br />

al castello <strong>di</strong> Porta Zobia, che gli pare adatta per tenervi i suoi falconi. Spera che non gli<br />

<strong>di</strong>spiaccia e perciò lo avvisa e lo assicura che si accorderà con lui per l’affitto.<br />

Comiti Iohanni Angussole.<br />

(1454 maggio 30), Milano.<br />

Parendone de potere fare a securtate con vuy, ve avisamo como nuy havemo<br />

deliberato de tolere la vostra casa haveti qui dreto al nostro castello de Porta Zobia per<br />

tenerli li nostri falconi, perché quella n’é piaciuta et ne pare aconcia a questa cosa. Et<br />

così ex nunc l’havemo tolta quando non ve despiaci; siché ve ne facemo avisato. Del<br />

ficto d’essa casa nuy remaneremo d’acor<strong>di</strong>o con vuy et faremove contento<br />

integramente. Data Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1497<br />

Francesco Sforza informa Francesco de Georgiis <strong>di</strong> aver affidato ai Maestri della Camera ducale<br />

straor<strong>di</strong>naria la soluzione della vertenza tra i comuni <strong>di</strong> Corno e <strong>di</strong> Maleo per la tassa dei cavalli.<br />

Vuole che per cinque o sei giorni, entro i quali si avrà la sentenza, Francesco non <strong>di</strong>a noie a<br />

quelli <strong>di</strong> Maleo, perché la sentenza deciderà a chi toccherà il pagamento <strong>di</strong> detta tassa.<br />

401r Francisco de Georgiis.<br />

1454 maggio 31, Milano.<br />

Havimo commesso alli Magistri della Camera nostra extraor<strong>di</strong>naria la causa et<br />

<strong>di</strong>ferentia vertisse fra li comuni et homini del Corno et de Maleo per il pagamento della<br />

taxa <strong>di</strong> cavalli, et havimogli comandato che senza <strong>di</strong>llatione la debiamo <strong>di</strong>ffinire et<br />

terminare. Pertanto siamo contenti et volimo che per cinque o sei dì, fra li quali credemo


se darà questa sententia, non fazi novità, né daghi impe<strong>di</strong>mento, né spesa alchuna ad<br />

quelli da Maleo per casone delli <strong>di</strong>nari delle taxe <strong>di</strong> cavalli, perché, data la sententia,<br />

sarrà pagato chi doverà havere. Me<strong>di</strong>olani, xxxi maii 1454.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

1498<br />

Francesco Sforza sollecita Bolognino de Attendolis <strong>di</strong> fare calorosa accoglienza a Carlo della<br />

Volpe, che é un bravo gentiluomo, e <strong>di</strong> fargli visitare il castello.<br />

In simile forma si é scritto al capitano del parco <strong>di</strong> Pavia perché gli faccia vedere il parco.<br />

Magnifico Bolognino de Attendolis.<br />

1454 giugno 3, Milano.<br />

Carlo della Volpe, quale é gentilhomo da bene, venne là per vedere quella cità.<br />

Pertanto vogliateli fare gratissima acoglienza et honore et careze, et monstrateli lo<br />

castello ad suo bon piacere. Data Me<strong>di</strong>olani, iii iunii 1454.<br />

Ser Iohannes.<br />

Iohannes.<br />

In simili forma capitaneo parchi Papie, quod ostendat sibi parchum.<br />

Ser Iohannes.<br />

Iohannes.<br />

1499<br />

Francesco Sforza chiede a donna Luchina dal Verme <strong>di</strong> far revocare la <strong>di</strong>sposizione del<br />

podestà <strong>di</strong> Castel San Giovanni che ha inibito ai massari <strong>di</strong> Pietro Antonio Confalonieri <strong>di</strong><br />

lavorare il terreno che Pietro Antonio ha lì, impedendo loro <strong>di</strong> tagliare i prati, <strong>di</strong> raccogliere i frutti<br />

e la biada della sua possessione, ignorando che i prati non tagliati si rovinano e non<br />

raccogliendo i frutti e la biada se ne avrebbe grande danno.Il podestà non tiene anche conto che<br />

tutta la produzione si porta e conserva dentro Castel San Giovanni, e si scorda che Pietro<br />

Antonio é pronto a pagare quanto gli spetta, né considera che donna Luchina può, per il<br />

pagamento, sempre riaversi dei prodotti del suolo posseduto da Pietro Antonio.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

1454 giugno 3, Milano.<br />

Petroantonio Confaloniero n’ha facto (a) querella <strong>di</strong>cendo che per lo potestate de<br />

Castello Sanzohanne gli é stato commandato ali suoy massari per lo terreno che ha<br />

suso lo territorio de Sanzohanne che non debano più lavorare, né far lavorare <strong>di</strong>cto<br />

terreno d’esso Petroantonio, et che non debiano far segare li prati suoy, né etiam<br />

recogliere li fructi d’esse possessione, né le biave; dela qual cosa ne dole et 401v (b)<br />

grava grandemente, <strong>di</strong>cendo et offerendose <strong>di</strong>cto Petroantonio che vole pagare tute<br />

quelle taglie et spese che debitamente li tocha ad pagare per la contingente rata parte<br />

soa. Il perché, considerando che stando li prati senza essere segati se guastano et<br />

perdese l’herba, et così non recoglendose li fructi et le biave ne veneria ad supportare<br />

gran<strong>di</strong>ssimo damno, et quasi seria la sua desfactione, et considerato ancora che le<br />

biave, fructi e feni che se recoglieno in le soe possessione se conducano et<br />

governanose dentro de Castello Sanzohanne, pregamo et confortamo la magnificentia<br />

vostra voglia far revocare ogni comandamento et novitate facte contra delli suoy<br />

massari, fictabili et possessione ad ciò che li possa recogliere lo feno, le biave et fructi,<br />

perché esso se offerisse pagare integramente tuto quello gli tocharà a pagare<br />

debitamente per la rata sua. Poy ancora, essendo la biave et fructi dentro da Castello<br />

Sanzohanne, la magnificentia vostra sempre se potrà far pagare dal <strong>di</strong>cto Petroantonio<br />

et a<strong>di</strong>utare d’essi, et le possessione non se guastarano et li fructi et herbe non se<br />

perderano in la campagna; del ché ve advisamo ne fareti singulare piacere, et<br />

haveremolo molto grato. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e iii iunii 1454.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.


(a) Segue fare depennato.<br />

(b) et ripetuto.<br />

1500<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al referendario <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> arrestare subito, prima che se ne parta,<br />

Niccolò <strong>di</strong> Ban<strong>di</strong>nelli da Siena sopraggiunto in città, su richiesta degli ere<strong>di</strong> del quondam<br />

Ambrogio da Omate e Francesco da Pozzobonello, che sono suoi cre<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> una notevole<br />

somma, che mai hanno potuto avere. Avvenuto l’arresto, lo avvisi in modo che i cre<strong>di</strong>tori<br />

possano farsi avanti ed esporre i loro <strong>di</strong>ritti, giustificando la detenzione <strong>di</strong> Niccolò.<br />

Referendario nostro Papie.<br />

1454 giugno 3, Milano.<br />

Ne hanno significato li nobili here<strong>di</strong> de quondam Ambroxio de Homate et Francisco da<br />

Pozobonello che, essendo loro cre<strong>di</strong>tori de notabile quantità de <strong>di</strong>nari de Nicolò <strong>di</strong><br />

Ban<strong>di</strong>neli da Sena, may non hanno potuto conseguire il dovere suo, rechiedendone con<br />

molte instantie che, siando capitato lì il <strong>di</strong>cto Nicolò, debitore, in quella nostra cità et<br />

siandose per partire, de subito vogliamo provedere sia sostenuto, como <strong>di</strong>cono volere<br />

la ragione, siando luy forastero et suspecto de fuga. Per la qual cosa, parendone la sua<br />

peticione continere iustitia et honestà, volimo et ve commettemo che subito il faciati<br />

sustenire 402r et ne advisati deinde dela detentione aciòche possano venire là li<br />

cre<strong>di</strong>tori con le loro ragione et dare a vedere a luy ch’el non gli fi facto cosa veruna<br />

contra ragione, ma con ragione et honestà. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e iii iunii 1454.<br />

1501<br />

Francesco Sforza assicura il Provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema <strong>di</strong> avere scritto a Gaspare da Suessa<br />

ammonendolo perché i suoi uomini vanno nel Cremasco a rubare l’erba<br />

nella possessione <strong>di</strong> Giacomo Benzomo.<br />

Provisori Creme.<br />

1454 giugno 1, Lo<strong>di</strong>.<br />

Havemo recevuto la vostra lettera et inteso quanto n’haveti scripto de Gasparo da<br />

Sessa vanno ad saccomano per l’herbe in le possessione de Iacomo Benzomo, che<br />

sonno in Cremasca. El che inteso, respondendo, ve <strong>di</strong>cemo che a nuy é molto<br />

rencrescuto questa cosa, et per obviare a ciò havemo amonito esso Gasparro, quale da<br />

mò inanze guardarà a fare cosa che ve despiacia. Data Laude, primo iunii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1502<br />

Francesco Sforza scrive al podestà <strong>di</strong> Vigevano <strong>di</strong> voler costruire presso Lo<strong>di</strong> una fornace<br />

doppia per cuocere 60.000 pietre alla volta. Siccome domani sarà a Milano, vuole che man<strong>di</strong><br />

subito quattro o sei buoni e industriosi maestri <strong>di</strong> fornace dal suo cancelliere Giacomo Filippo<br />

Malombra, che poi li presenterà a lui, che farà loro intendere quel che vuole facciano.<br />

Potestati Viglevani.<br />

(1454 giugno 1, Lo<strong>di</strong>).<br />

Intendendo nuy de far fare qua apresso Lode una fornace dopia, la quale possa cocere<br />

lx mila de petre ala volta, volimo et comettemo che subito, ala receputa de questa,<br />

debbi havere informatione delli meliori maystri da fornace de quella terra, e man<strong>di</strong>ne da<br />

nuy a Milano quatro o sei, or<strong>di</strong>nando che faciano capo a Iacomo Filipo Malumbra,<br />

nostro cancellero, al quale havemo or<strong>di</strong>nato che gli conduca ala presentia nostra; et<br />

cum primum haveremo parlato con loro, et datoli intendere quanto voremo faciano, gli<br />

faremo dare <strong>di</strong>nari et tractare bene. Siché mandali subito et sine mora, se may havesti<br />

voglia fare cosa a nuy grata. Et sopra ciò stu<strong>di</strong>a de mandarne maystri boni et industriosi


a simile lavorerio. Domane, Deo dante, seremo a Milano; siché or<strong>di</strong>nati ali maystri che<br />

vengano là. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1503<br />

Francesco Sforza informa il capitano <strong>di</strong> Piacenza che liberamente alcuni Cremonesi hanno fatto<br />

garanzia a Giovanni Antonio Mattia da Iseo <strong>di</strong> una bella somma <strong>di</strong> denaro, come meglio<br />

intenderà dal familiare ducale Raffaele Pugnello, che é uno dei garanti. Sciaguratamente<br />

Giovanni Antonio Mattia ha preso il largo con grave pregiu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> tale garanzia. Ma perché <strong>di</strong><br />

tale fuga non é all’oscuro Giovanni da Iseo, padre del fuggitivo, or<strong>di</strong>na al capitano <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re<br />

che anche il padre si assenti dalla città senza aver prima fatto la carta <strong>di</strong> procura, <strong>di</strong> cui gli<br />

parlerà Raffaele in modo che le garanzie rimangano sicure.<br />

Ne medesimo giorno si é scritto al podestà, al luogotenente, al castellano <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che devono,<br />

per l’arrivo del car<strong>di</strong>nale Andegavense, rilasciare Giovanni de Episcopo e il figlio Berto,<br />

detenuti per frode <strong>di</strong> sale.<br />

Nel detto giorno furono fatte lettere credenziali al podestà <strong>di</strong> Ripalta per Antonio e Franceschino<br />

per l’inventario dei cavalli degli armigeri, or<strong>di</strong>nando che anch’egli partecipi all’inventario.<br />

Simili lettere e per lo stesso motivo furono fatte al podestà <strong>di</strong> Vailate per Pergamino.<br />

402v Capitaneo Placentie.<br />

(1454 giugno 1), Lo<strong>di</strong>.<br />

Havendo alcuni nostri cita<strong>di</strong>ni Cremonesi liberamente facto segurtade a Iohanneantonio<br />

Mathia da Iseo de notevel quantità de <strong>di</strong>nari, como seriti informati più pienamente dal<br />

nobile Raphael Pugnello, nostro familiare, quale é uno delle segurtade, é accaduto per<br />

tristeza d’esso Iohanneantonio Mathia ch’el s’e absentato dolosamente in grave<br />

preiu<strong>di</strong>tio delle <strong>di</strong>cte segurtade. Et perche de (a) tale segurtade et anche dela absentia,<br />

sive fuga, Iohanne da Iseo, suo patre, se trova consapevele et in dolo dela absentia del<br />

fiolo, et anche se dubita che luy simelmente se absetarà, volimo et ve commettemo che<br />

subito, ala receputa de questa, debiati ponere or<strong>di</strong>ne con bono modo et effecto ch’el<br />

<strong>di</strong>cto Iohanne non possa ussire de quella cità, né fugire, se prima non remanerà<br />

d’acor<strong>di</strong>o con le segurtade et farà la carta de procura dela quale ve informarà il <strong>di</strong>cto<br />

Raphael, nostro fameglio, operando in effecto che le segurtade remangano secure et<br />

caute del facto suo, et che non venganno ad portare damno dela loro liberalità et<br />

cortexia . Data Laude, ut supra.<br />

(a) Segue <strong>di</strong>cte depennato.<br />

Die suprascripto.<br />

Scriptum fuit potestati et (a) locumtenenti, castellano Laude quod debeant relaxare a<br />

carceribus Iohannem de Episcopo et Bertum, eius filium, habitantes <strong>di</strong>cte civitatis,<br />

detentos occaxione salis froxationis; et hoc contemplatione reveren<strong>di</strong>ssimi car<strong>di</strong>nalis<br />

Andegavensis.<br />

Leonardus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue locumtenenti depennato.<br />

Die suprascripto.<br />

Facte fuerunt littere credentiales potestati Ripalte in personam Antonii et Francischini,<br />

presentium latorum, pro descriptione equorum gentium armigerorum et quod sit una<br />

cum ipsis pro facienda <strong>di</strong>cta descriptione.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

Similes littere facte fuerunt facte potestati Vaylate suprascripta de causa in personam<br />

Pergamini, presentis latoris.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.


1504<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce a Marco Corio <strong>di</strong> essere sorpreso per la incertezza sul suo compito pur<br />

avendolo mandato con uno ben definito. Poco conta che quelli <strong>di</strong> Sanseverino gli <strong>di</strong>cano altro: lui<br />

deve fare quello per cui é stato mandato. Se i Sanseverineschi non vogliono giurare secondo la<br />

commissione ducale, non prenderanno nulla. Quanto ai loro cavalli, Marco deve tenere<br />

presente che deve dare alloggiamento solo per quelli vivi che essi attualmente possiedono, per<br />

quelli che acquisteranno si provvederà poi.<br />

Gli va quel che ha accordato nelle lettere cremonesi. Se quelli ai quali ha dato la parte dovuta e<br />

quelli che hanno assai erbe e si <strong>di</strong>cono esenti andranno da lui a lamentarsi, risponderà loro<br />

quanto crederà. Per quelli uomini che, per loro sollievo, richiedono che il duca <strong>di</strong>a altre vallate<br />

presso Pan<strong>di</strong>no che, per essere della Geradadda, contribuiscono con loro, per loro il duca<br />

rimette tutto al futuro, intendendo prima essere meglio informato, mentre ora lui, Marco baderà,<br />

come gli é stato comandato, a fare il compartito.<br />

403r Marco de Coyris.<br />

1454 giugno 3, Milano.<br />

Havemo recevuto doe tue lettere, l’una de duy et l’altra de tri del presente continente<br />

più parte; et fra l’altre tu ne scrive che te avisano se debbe fare el compito, et che tu<br />

non hay facto nulla, perché quelli da Sanseverino <strong>di</strong>cono che nuy gli havemo facto uno<br />

compito da per sé, et cetera; al quale respondendo, non possemo fare che non ci<br />

maravigliano de te che ne doman<strong>di</strong> se tu debbe fare el compito, sapendo tu che non te<br />

habiamo mandato lì per altra cagione et, al nostro parere, doveresti fare quanto nuy ti<br />

commettemo, non attendendo più ad altri che a nuy. Et se voremo removere li<br />

Sanseverineschi, como tu <strong>di</strong>ce che loro <strong>di</strong>cono, nuy te ne avisaremo; et quando non<br />

vogliono iurare segondo le comìssione nostre, non volimo che tu li facii dare niente. Ala<br />

parte delli cavalli vivi <strong>di</strong>cemo che tu gli debii fare dare logiamento per li cavalli se<br />

trovano de presente havere vivi; et se loro alegano haverne più et haverli altroe, et che<br />

ne voleno comprare, tu gli potray respondere et or<strong>di</strong>nare che quando gli haveranno, gli<br />

serà dato el logiamento, ita che in summa vengano ad havere per li cavalli vivi; et<br />

questa é la nostra intentione.<br />

De quanto tu hay facto et accordato in lettere de Cremonese, restamo avisati et ne<br />

piace; se quelli alli quali tu hay dato la parte soa, perché hanno herbe assay, et li quali<br />

se allegano exempti, venirano da nuy ad a lamentarsene, gli responderemo quanto ne<br />

parirà; de quelli homini, quali demandano che per loro aleviatione vogliamo essere<br />

contenti che donare pussino et quelle altre valete, preso Pan<strong>di</strong>no con ciò sia che siano<br />

de Giaradada contribuiscano con loro; non intendemo farne altro per adesso, perché<br />

se ne voremo meglio informare, attende pur ad fare el compartito, como te habiamo<br />

commesso. Me<strong>di</strong>olani iii iunii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1505<br />

Francesco Sforza richiama a Fiorentino da Firenze la sua determinazione <strong>di</strong> fare una fornace<br />

doppia per cuocere 80.000 pietre, ma dubitando i maestri che il terreno la sopporti, spera in una<br />

capace per 60.000 pietre. La vorrebbe vicina alla città il più possibile e piuttosto al <strong>di</strong> sopra del<br />

ponte che al <strong>di</strong> sotto per essere più adatta al lavoro e più vicina, che si possa, all’acqua. Vuole<br />

che i maestri <strong>di</strong> Vigevano si portino per la scelta del posto ove collocare la fornace. Vuole che<br />

Fiorentino abbia con il Bolognino qualche altro che si intenda <strong>di</strong> tali cose e quando con i maestri<br />

avranno scelto il luogo dove impiantarla, intenda il prezzo che pretendono per farla e per ogni<br />

“fornasata”. Messo tutto per iscritto con il parere <strong>di</strong> Bolognino e <strong>di</strong> altri, vuole che Fiorentino,<br />

informatissimo <strong>di</strong> tutto, si porti da lui con i maestri.<br />

403v Fiorentino de Florentia.<br />

1454 giugno 4, Milano.


Como tu say, nuy intendemo far fare una dopiera da fornace per cocere ottanta migliara<br />

de petre, ma li maystri dubitano ch’el terreno non lo patisca per non essere forte, ma<br />

che confidano farla capace al manco de lx migliara; et vorissemo <strong>di</strong>cta dopia più<br />

apresso ala cità fusse possibile, et piutosto de sopra del ponte, che de sotto, per più<br />

acconzo de condure l’opera al lavorerio; et anche quanto fosse pur apresso l’aqua, sarà<br />

meglio. Per la qual cosa vengano là li maystri da Vigevano, presenti portatori, per<br />

vedere et elligere il luogo dove starà meglio <strong>di</strong>cta fornace. Volimo, adunque, et te<br />

comettemo che debbi havere il Bolognino et qualche altro, intendente de simile cose,<br />

asieme con li <strong>di</strong>cti maystri, et quando haverano ellecto el luogo dove farla, vederay con<br />

loro per quanto precio voleno fare <strong>di</strong>cta fornace et darla facta con una cotta, et poi<br />

quanto vogliono tolere de ogne fornasata. Et quanto haveray bene inteso il tuto et<br />

postolo in scrito con lo apparere del Bolognino et de alcuni altri, ventene da nuy con li<br />

<strong>di</strong>cti maystri informatissimo bene et <strong>di</strong>stinctamente d’ogne cosa. Me<strong>di</strong>olani, iiii iunii<br />

1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1506<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, che, accertato da Filippo Boldono, o da chi<br />

crede, che Morello da Parma deve ancora avere denari della provisione per quando fu a<br />

Casteione Lo<strong>di</strong>giano a guar<strong>di</strong>a dell’Adda, glieli faccia dare.<br />

Locuntenenti Laude.<br />

1454 giugno 5, Milano.<br />

Lo egregio cavalero domino Morello de Parma <strong>di</strong>ce resta havere da quelli da Maleto<br />

alcuni <strong>di</strong>nari dela provisione, qual gli erano tenuti fare quando steti a Casteione de<br />

Lodesana ala guar<strong>di</strong>a d’Ada, como sapeti, rechiedendone che gli faciamo fare el<br />

dovere. Per la qual cosa volimo, et ve commettemo che, havuta informatione del suo<br />

cre<strong>di</strong>to da Filippo Boldono, o da chi meglio paria a vuy, gli faciati fare debito pagamento<br />

senza littigio, remotis omnibus frivolis exceptionibus. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e v iunii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1507<br />

Francesco Sforza vuole che il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> trovi una stalla per togliere dalle spese<br />

dell’osteria i cavalli del famiglio ducale Belforte.<br />

404r Locuntenenti Laude.<br />

(1454 giugno 5, Milano).<br />

Perché li cavalli del Belforte, nostro famiglio, stanno suso l’hostaria in quella nostra cità,<br />

volimo et comettemove che li debiati far trovare qualche logiamento et stalla dove<br />

stavano li nostri famigli che erano allogiati lì siché lì possano stare li cavalli del <strong>di</strong>cto<br />

Belforte comodamente. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

1508<br />

Francesco Sforza, siccome non intende più servirsi dei fanti <strong>di</strong> Gaspare da Sessa, or<strong>di</strong>na a<br />

Teseo da Spoleto <strong>di</strong> accordarsi con il condottiero ducale Tiberto Bartolini per avere alcuni suoi<br />

fanti per agire contro quelli <strong>di</strong> Valle Nura e <strong>di</strong> Antonello da Piacenza, oltre che contro qualsiasi<br />

altro debitore della Camera ducale per la tassa del sale.<br />

Theseo de Spoleto.<br />

1454 giugno 5, Milano.


Volimo, perché lì sonno li fanti del magnifico domino Thiberto, nostro capitaneo, debii,<br />

recevuta questa, intenderte con luy et fartene dare tanti che tu possa fare executione et<br />

contra quelli de Valledenura et contra quelli de domino Antonello da Piasenza, et contra<br />

caduno altro che sia debitore della Camera nostra per le taxe del sale; et questo senza<br />

altra resplicatione, avisandote che havemo deliberato de non mandarte più li fanti de<br />

Gasparre da Sessa, possendo tu valerte et a<strong>di</strong>utarte de quelli del prefato domino<br />

Thiberto, como tu potray. Siché provederay che caduno paghi como é nostra intentione.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, v maii 1454.<br />

Iacobo de Rivoltela.<br />

Cichus.<br />

1509<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce a Bolognino de Attendolis <strong>di</strong> essere contento per aver ricevuto in castello<br />

Ban<strong>di</strong>neli da Siena, arrestato dal referendario. Vuole che lo trattenga fino a che saranno<br />

riconosciuti i <strong>di</strong>ritti dei citta<strong>di</strong>ni che hanno a che fare con lui.<br />

Magnifico Bolognino de Attendolis.<br />

1454 giugno 6, Milano.<br />

Siamo remasti contenti che habiati receptato in castello Nicolò da Ban<strong>di</strong>neli da Senna,<br />

sostenuto de nostra comissione per lo nostro referendario lì; et consequenter volimo et<br />

ve comettemo ch’el debiati retenire fina tanto seranno cognosciute le ragione de quelli<br />

nostri cita<strong>di</strong>ni hanno ad far con sì. Me<strong>di</strong>olani, vi iunii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1510<br />

Francesco Sforza, richiestone da frate Simone da Camerino, che s’é molto impegnato per la<br />

presente pace, caldeggia presso donna Luchina dal Verme la liberazione <strong>di</strong> Antonio da Varese,<br />

già cancelliere del conte Luigi, considerato che ha già scontati parecchi anni <strong>di</strong> prigione, non<br />

solo, ma darebbe pure a frate Simone e ad altri una prova <strong>di</strong> quanto, e ancor <strong>di</strong> più, lui, duca,<br />

può presso <strong>di</strong> lei. Liberato, ammonisca Antonio <strong>di</strong> portarsi dal duca.<br />

404v Magnifice madona Luchine de Verme.<br />

1454 giugno 6, Milano.<br />

El venerabile frate Simone de Camerino, quale molto s’é operato per la conclusione<br />

della pace, n’ha pregato et facto gran<strong>di</strong>ssima instantia che vogliamo operare con vuy la<br />

liberatione de Antonio da Varese, cancellero fo dela bona memoria del conte Aluyso.<br />

Per la qual cosa, desiderosi compiacerli, considerando etiam<strong>di</strong>o che già habia purgato<br />

in così longa presonia el peccato commisso, ve confortiamo ad usare clementia con luy<br />

et non volere la morte sua in prigione, pregandove el vogliati liberare per nostra<br />

contemplatione per dare ad vedrer al <strong>di</strong>cto frate Simone et anche ad altri, che possiamo<br />

de vuy questo et altro maiore cosa; et cum primum l’haveriti liberato, admonitelo ch’el<br />

venga da nuy perché volimo conferire con sì. Ulterius ve pregamo ne vogliati advisare<br />

dela receptione de questa et de quanto haveriti facto o inte<strong>di</strong>te fare. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

1511<br />

Francesco Sforza vuole che il referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> faccia avere a Luigi Tinto i denari per i quali<br />

ha commissione epistolare da sua moglie, dandoglieli per altra via anziché per le lettere<br />

mostrate a Bartolomeo de Ricar<strong>di</strong> .<br />

Vuole che il referendario raccoman<strong>di</strong> a Luigi <strong>di</strong> andare subito da lui.<br />

Referandario Laude.<br />

(1454 giugno 6, Milano).


Siamo contenti che faciati et lassati corere ad Aluyso Tincto quelli <strong>di</strong>nari, li quali haviti in<br />

commissione dala illustrissima madona Biancha, nostra consorte, dargli per soe lettere,<br />

quale ne mostrasti ad domino Bartholomeo de Ricar<strong>di</strong>, curareti sia proveduto per altra<br />

via. Ulterius volimo che comandati al <strong>di</strong>cto Aluyso per nostra parte che subito vegna<br />

qua da nuy senza contra<strong>di</strong>ctione alcuna. Data ut supra.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.<br />

1512<br />

Francesco Sforza, in seguito alle lamentele degli agenti dell’abbate <strong>di</strong> Cerreto per l’intollerabile<br />

carico causato dall’arrivo <strong>di</strong> cavalli a Barbata, or<strong>di</strong>na, tenuto anche conto dell’importanza degli<br />

agenti nel riscuotere i denari dell’abbazia, a Marco Corio <strong>di</strong> rimuovere da lì detti cavalli<br />

ricordandogli d’avergli detto <strong>di</strong> mettere quei cavalli dove non ve n’erano altri. Ad evitare che quei<br />

<strong>di</strong> Piumanengp si lagnino per la rovina delle erbe dei loro prati, gli raccomanda <strong>di</strong> far sì che i<br />

soldati si riguar<strong>di</strong>no dal tagliare l’erbe adacquate.<br />

405r Marco de Coriis.<br />

(1454 giugno 5, Milano).<br />

Per parte delli agenti del futuro abbate de Cerreto havemo havuto lamenta delli cavalli<br />

quali tu hay sopraiuncti a Barbata, <strong>di</strong>cendone quello esserli carico insupportabile,<br />

pregandone deinde prove<strong>di</strong>amo ala graveza loro. Et perché como tu say, nuy te<br />

<strong>di</strong>cessemo che dovesti mettere <strong>di</strong>cti cavalli nelli lochi dove li altri non erano, te <strong>di</strong>cemo<br />

che, recevuta questa, subito tu removi <strong>di</strong>cti cavalli da Barbata, mettendoli altrove dove<br />

te parerà; et hoc attenduto lo grande pexo hanno li <strong>di</strong>cti agenti a rechatare li <strong>di</strong>nari della<br />

<strong>di</strong>cta abbatia. Apresso, perché quelli che hanno ad fare ad Piumanengo non habiano<br />

poterse lamentarsi che gli siano guaste le soe prate, volimo che essendogli delle altre<br />

herbe de campo per uso delli cavalli, che sonno in <strong>di</strong>cto loco, debii provedere che non<br />

tagliano l’herbe adequate per cosa del modo, ita che non ne habiamo ad receverne più<br />

molestia. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1513<br />

Francesco Sforza vuole che Francesco de Georgiis veda la supplica inviata al duca da Giovanni<br />

da Bacapé, Gabriele da Magnago e da Marco da Septara per i danni provocati da Romano,<br />

uomo d’arme della squadra <strong>di</strong> Francalanza, che, <strong>di</strong> suo arbitrio, ha preso alloggio a Roncore<br />

Lo<strong>di</strong>giano con cinque cavalli, mentre detto luogo é tassato <strong>di</strong> due soli cavalli. Comanda a<br />

Francesco <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre che in detto luogo non stiano che i cavalli tassati e imponga a quell’uomo<br />

d’arme <strong>di</strong> non intromettersi nei prati, frutti e cose <strong>di</strong> quel posto. In più, vuole che Francesco<br />

abbia, per il risarcimento dei supplicanti, un esatto resoconto dei danni da loro patiti per il<br />

maggior numero <strong>di</strong> cavalli. Siccome si é lagnato che il suo famiglio Pigliardo gli ha fracassato<br />

case e usci e altro, avvisi detto famiglio che se non la smette, verrà da Francesco impiccato.<br />

Francisco de Georgiis.<br />

1454 giugno 6, Milano.<br />

Tu vederay per la supplicatione, quale nuy te man<strong>di</strong>amo in questa inclusa, a nuy sporta<br />

per Iohanne da Baxilicapetri, Gabriele da Magnago et Marco da Saptara quanti<br />

rencrescementi, molestie et danno tuta volta gli fa Romano, homo d’arme nella squadra<br />

de de Francalanza, qual é andato, sua auctoritate, ad allozare nel locho de Roncore de<br />

Lodesana con cavalli cinque, dato che al <strong>di</strong>cto loco non sia taxato altro cha duy cavalli;<br />

el che a loro gli (é) molto insupportabile et a nuy molestissimo. Et perché n’hanno<br />

pregati che vogliamo provedere ala indemmnitate soa, te coman<strong>di</strong>amo che subito<br />

or<strong>di</strong>na che in quello locho non remangano se non quelli cavalli che gli sono stati taxati,<br />

comandando al <strong>di</strong>cto homo d’arme che da mò inante non se intrometta dele prate, fruge<br />

et cose soe; et ulterius sforzaraite de intendere quante spese et damni li <strong>di</strong>cti<br />

suppuplicanti habiano suportati per lo sopra più delli cavalli che hanno tenuto nel <strong>di</strong>cto<br />

loco per potere poy provedere alla satisfatione soa. 405v Et perché ancora s’é


lamentato del Pigliardo, suo fameglio, che gli ha desfacto case et ussi, et cetera,<br />

<strong>di</strong>cemo che admonischi <strong>di</strong>cto famiglio ad vivere più costumatamente et avisaraylo che<br />

s’el non cessarà de fare simili mancamenti, tu lo impicharay per la gola, circha ciò<br />

facendo in modo che non ne habiamo ad receverne più querella. Data Me<strong>di</strong>olani, v<br />

iunny 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1514<br />

Francesco Sforza rimprovera il referendario e il tesoriere <strong>di</strong> Pavia per come si comportano con il<br />

conte Ludovico da Lugo, con i sud<strong>di</strong>ti e le cose sue. In particolare il conte gli ha segnalato che<br />

essi hanno costretto un suo uomo a dare garanzia <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci fiorini per una tassa <strong>di</strong> biade, Fa loro<br />

presente che ritiene detto conte come fosse della sua casa e vuole che come tale venga trattato,<br />

per cui avendo a che fare con i suoi sud<strong>di</strong>ti, prima <strong>di</strong> far loro qualche novità, devono prima<br />

avvisare il conte in modo che non abbia più motivo <strong>di</strong> querelarsi <strong>di</strong> loro e,pertanto, la garanzia <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>eci scellini da loro richiesta all’uomo del conte, il duca vuola che venga annullata, pur avendo<br />

l’avvertenza che la suddetta tassa dovesse essere pagata.<br />

Referendario et thexaurario Papie.<br />

1454 giugno 2, Milano.<br />

El spectabile conte Lodovico da Lugo s’é doluto con nuy fortemente delli rencrescevoli<br />

et mali deportamenti havuti usati et usate verso de luy et delli sud<strong>di</strong>ti, et cose soe; et<br />

ultra alli altri deportarnenti, in questì dì proximi haveti astrecto uno suo homo ad darve<br />

securtà de <strong>di</strong>ece fiorini per una certa taxa de biade, quale non <strong>di</strong>é pagare, et più altri<br />

rencrescimenti tuto’l dì <strong>di</strong>ce essereli facti per voy; che quando così fusse, ad nuy saria<br />

molto molesto. Vuy dovete sapere che nuy amamo cor<strong>di</strong>almente el prefato conte<br />

Lodovico, non altramente che s’el fusse della nostra propria casa, et é nostra intentione<br />

che sia reguardato et tractato in ogne soa cosa secundo l’amore che li portramo che,<br />

honorandolo nuy così, haveremo grato che sia honorato et tractato et recognosciuto<br />

dal’altri per nostro respecto in le cose iuste et honeste. Et quando vi accadesse a fare<br />

alcuna cosa (a) con li sub<strong>di</strong>ti suoi, doveti, prima che innovati altro, darne noticia a luy et<br />

non mettere li facti suoy in generale, perché pur debe essere qualche <strong>di</strong>ffrentia da uno<br />

al’altro. Pertanto volemo che al pre<strong>di</strong>cto suo homo, qual ha dato la securtà de dece<br />

fiorini, li fazati cassare et licentiare <strong>di</strong>cta securtà, et che non 406r gli sia dato<br />

impe<strong>di</strong>mento alcuno per casone de tal taxa, perché non volimo che paghi taxa; et<br />

vogliati talmente deportarve con luy et con li homini, sub<strong>di</strong>ti et cose soe che non habia<br />

ad agravarse d’alcuno de vuy, perché ogne inhonesto deportamento gli sarà usato,<br />

haveremo molestissimo, havendo tamen advertentia al facto dela supra<strong>di</strong>cta taxa,<br />

siando così come luy <strong>di</strong>ce, dovere de rasone essere tenuto al pagamento della <strong>di</strong>cta<br />

taxa, el é ben vero che per fin qui non havemo voluto sia stato astrecto ad taxa de<br />

cavalli; siché vogliati intendere bene el facto de <strong>di</strong>cta taxa, et che non li sia facto torto.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, vi iunii 1454.<br />

Ser Iohannes.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue nuy depennato.<br />

1515<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà e il capitano <strong>di</strong> Piacenza convochino davanti a loro<br />

Giovanni Corio, legittimato cre<strong>di</strong>tore da pubblici istrumenti, e Rosino Puichegello e Giovanni<br />

Catellano, renitenti debitori dai molti sotterfugi che li fanno renitenti a pagare le 300 lire che<br />

devono e, intese le parti, “per omnia iuris reme<strong>di</strong>a”, inducano i debitori a pagare il dovuto.<br />

Potestati et capitaneo Placentie.<br />

(1454 giugno 6, Milano).<br />

Ne ha significato il nobile Iohanne Coyro, nostro cita<strong>di</strong>no Milanese, che essendo luy già<br />

più anni cre<strong>di</strong>tore de trecento lire imperiali de Rosino Puichegello et Iohanne Catellano


da Fiorenzola, como <strong>di</strong>ce appare per publici instrumenti, may non ha potuto conseguire<br />

il dovere suo per loro renitentia et subterfugio; la qual cosa gli cede in gran<strong>di</strong>ssimo<br />

preiu<strong>di</strong>cio et damno rechedendone, proinde, che gli faciamo fare totalmente ragione<br />

ch’el consequisca il dovere suo. Et, pertanto, parendone honesta la sua peticione,<br />

volimo et ve comettemo che, havuto a vuy le parte et intese le ragioni de ambesse et<br />

constandove del vero cre<strong>di</strong>to d’esso Iohanne, procedati summariamente contra li <strong>di</strong>cti<br />

Rosino et Iohanne, asserti debitori, costringendoli demum per omnia iuris reme<strong>di</strong>a ad<br />

fare il debito ad quod teneantur de iure. Data Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

15<strong>16</strong><br />

Francesco Sforza scrive al podestà e al capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza e raccomanda al<br />

capitano <strong>di</strong> tenere in prigione sotto buona guar<strong>di</strong>a Bartolomeo de Ifornati, siccome vuole sapere<br />

come é passata la cosa e chiede ad entrambi <strong>di</strong> informarlo <strong>di</strong> ogni imputazione e processo che<br />

gli si dà, perché intende rendergli giustizia.<br />

1454 giugno 7, Milano.<br />

406v Potestati et capitaneo cittadelle Placentie.<br />

Volemo che tu, capitaneo, non relaxi per alcuno modo Bartholameo de Ifornati, quale<br />

hay im prexone; imo tu lo faci tenere sotto bona guar<strong>di</strong>a finché nuy te scriveremo altro,<br />

perché deliberamo intendere questa cosa como é passata et passa. Et però volemo<br />

che ne advixate particularmente de ogni imputatione et processo che gli é opposto et<br />

se oppone, perché deliberamo farli raxone. Ex Me<strong>di</strong>olano, <strong>di</strong>e vii iunii 1454.<br />

Signata Cichus.<br />

1517<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Teseo da Spoleto <strong>di</strong> far avere al Conte Cristoforo Torello quella<br />

somma che ancora gli é dovuta dagli uomini <strong>di</strong> Borgono e che non ha potuto finora ottenere per<br />

una controversia fra i gentiluomini e gli uomini <strong>di</strong> quel borgo.<br />

Per il medesimo motivo si é scritto al luogotenente <strong>di</strong> Piacenza che, in caso <strong>di</strong> assenza <strong>di</strong> Teseo,<br />

faccia lui con gli uomini <strong>di</strong> Borgonovo quel che spettava a Teseo.<br />

Theseo de Spoleto.<br />

(1454 giugno 6, Milano9.<br />

Resta il magnifico conte Christoforo Torello havere dali homini, sive zentilhomini, da<br />

Burgonovo alcuna quantità de <strong>di</strong>nari, como tu dei essere informato in del’anno passato,<br />

li quali may non ha poduto havere per la <strong>di</strong>fferentia quale é stata fra li zentilhomini et<br />

homini del <strong>di</strong>cto borgo; et perché esso conte ne receve per questo grande incomodo et<br />

non pò spazare alcuni <strong>di</strong> suoy, volimo che tu prove<strong>di</strong> cum fare ogne debita executione<br />

che esso consegua il dovere suo integramente et sine aliqua mora. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Super eadem continentia scriptum fuit locumtenenti Placentie quod, si contingeret<br />

suprascriptum Theseum esse absentem, quod faciat eam executionem contra<br />

suprascriptos homines Burginovi, quam fecisset ipse Theseus.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1518<br />

Francesco Sforza comanda a Teseo da Spoleto e a Giovanni Pietro <strong>di</strong> Montebecto <strong>di</strong> prendere<br />

cautamente l’arciprete <strong>di</strong> Torano e,<strong>di</strong> notte, lo mettano nelle mani del castellano della rocca <strong>di</strong><br />

Sommovico <strong>di</strong> Fiorenzuola raccomandandogli, come anche lui gli scriverà, <strong>di</strong> tenerlo sotto buona<br />

guar<strong>di</strong>a. Se capiterà <strong>di</strong> prenderlo occasionalmente, vuole che or<strong>di</strong>nino a quelli che saranno con<br />

loro <strong>di</strong> non farne parola.<br />

1454 giugno 6, Milano.


407r Theseo de Spoleto et Iohanni Petro de Mombecto.<br />

Vogliamo et coman<strong>di</strong>amove che per ogne modo et via et con quella maior <strong>di</strong>ligentia et<br />

più honestamente sia possibile, et per forma che non ne segua scandalo alcuno, ve<strong>di</strong>ati<br />

de havere nele mane vostre lo arciprete de Torano, et havuto, lo conducati et<br />

consignati nele mane del castellano nostro dela rocha de Summo Vico de Firenzola, et<br />

gli lo recomandati per parte nostra che lo tenga sotto bona guar<strong>di</strong>a per modo ch’el non<br />

possa andarsene senza nostra licentia, como ancora nuy gli scrivemo per l’aligata; et<br />

più se contentaremo gli lo conducati a tempo de nocte che de dì, per più respecti. Et<br />

sopra de questo vogliati usare ogne vostra astutia, secundo che in vuy largamente se<br />

confi<strong>di</strong>amo, avisandove s’el venerà a capitarve nele mane, vogliati or<strong>di</strong>nare et<br />

provedere con quelli seranno con vuy, et che lo haverano a condure che non se ne parli<br />

per alcuno modo et che la cosa se tenga sepulta, rescrivendone da poy como haveriti<br />

facto. Data Me<strong>di</strong>olani, vi iunii1454.<br />

Donatus.<br />

Cichus.<br />

1519<br />

Francesco Sforza informa il castellano della rocca <strong>di</strong> Sommovico <strong>di</strong> Fiorenzuola che Teseo da<br />

Spoleto e Giovanni Pietro da Mombretto, economo nel Piacentino, gli consegneranno l’arciprete<br />

<strong>di</strong> Torano. Lo tenga con riguardo, ma sotto buona guar<strong>di</strong>a perché non fugga. Coman<strong>di</strong> a quelli<br />

che avranno contatti con lui <strong>di</strong> comportarsi come se non l’avessero mai visto.<br />

(1454 giugno 6, Milano).<br />

Castellano nostro roche Summivici Florenzole.<br />

Accadendo che Theseo da Spoleto et Iohannepetro da Mombreto, iconomo in<br />

Piasentina, te conducesseno et consignassero uno prete che se chiama lo arciprete de<br />

Torano, vogliamo che lo accepti in quella nostra rocha et lo tenghi socto bona guar<strong>di</strong>a<br />

per modo ch’el non se ne possa andare senza nostra licentia, tractandolo però bene<br />

altramente; et per quanto hay ad caro la gratia nostra non gli lassare parlare da<br />

persona alcuna, imo volimo et coman<strong>di</strong>amote che or<strong>di</strong>ni et prove<strong>di</strong> con tuti quelli hanno<br />

ad stare in quella rocha non ne faciano mentione con persona del mondo, non<br />

altramente como anche se non lì fosse, né may l’havessero veduto. Data ut supra.<br />

Donatus.<br />

Cichus.<br />

1520<br />

Francesco Sforza ricorda a Benedetto de Curte, capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza, <strong>di</strong> avergli<br />

scritto, ad istanza <strong>di</strong> Raffaele Pugnello e <strong>di</strong> alcuni citta<strong>di</strong>ni Cremonesi che <strong>di</strong>edero garanzia a<br />

Giovanni Matteo da Iseo, <strong>di</strong> non consentire a suo padre Giovanni da Iseo <strong>di</strong> lasciare la città se<br />

prima non fosse d’accordo con detti garanti. Siccome i garanti gli hanno fatto sapere che il padre<br />

non fa “alcuna provisione al facto loro”, che <strong>di</strong>a loro sicurezza <strong>di</strong> ricuperare i loro denari, il duca<br />

vuole che il padre <strong>di</strong>a tale sicurezza a Raffaele e compagni,e ciò tanto più perché Raffaele ha<br />

fatto sapere al duca <strong>di</strong> avere lettere <strong>di</strong> Giovanni per le quali promette per suo figlio <strong>di</strong> non<br />

abbandonare Piacenza se non ha prima accontentato i garanti.<br />

1454 giugno 7, Milano.<br />

407v Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo Cittadelle Placentie.<br />

Per altre nostre lettere, date Laude <strong>di</strong>e primo presente, te scripsemo che, ad instantia<br />

de Raphaelo Pugnello et de alcuni altri nostri cita<strong>di</strong>ni Cremonesi che forono segurtate<br />

de Iohannematheo da Iseo, secundo che te informaria <strong>di</strong>cto Raphaelo, dovessi con<br />

bono modo or<strong>di</strong>nare che Iohanne da Iseo, suo patre, non se potesse absentarse da<br />

quella cità se prima non era d’acor<strong>di</strong>o con <strong>di</strong>cte segurtate; et perché <strong>di</strong>cte segurtatde de<br />

novo n’hanno facto <strong>di</strong>re che per ben sia dato or<strong>di</strong>ne non se possa absentare, tamen<br />

non fa però provisione alcuna al facto loro, per la quale siano seguri de havere il debito<br />

suo. Pertanto volimo che con quello megliore modo te parirà prove<strong>di</strong> che <strong>di</strong>cto Iohanne<br />

facia seguro <strong>di</strong>cto Raphaello et compagni in modo che non habiano ad dubitare et


possano havere il debito suo, eo maxime che <strong>di</strong>cto Raphael n’ha facto <strong>di</strong>re che l’ha<br />

lettere del <strong>di</strong>cto Iohanne per le quale promette per <strong>di</strong>cto Iohanne Mathia, suo figliolo,<br />

provedendo in modo che <strong>di</strong>cto Iohanne non se ne possa partire per alcuno modo da<br />

quella cità se primo non ha contentate <strong>di</strong>cte segurtade et facto segure del facto suo.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, vii iunii 1454.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

1521<br />

Francesco Sforza fa presente ad Andrea Dandolo, provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema, che Giacomo da<br />

Fossatto, prevosto della chiesa <strong>di</strong> San Giorgio in Palazzo <strong>di</strong> Milano, Giovanni Gerolamo, suo<br />

nipote, e Giovanni da Magnago, suo cappellano, con certi benefici nel Cremasco si lamentano<br />

che i loro fittavoli siano restii a pagare i loro passati affitti dei benefici. Gli chiede, perciò, <strong>di</strong><br />

provvedere che detti fittavoli paghino i loro debiti.<br />

Domino Andree Dandulo, provisori Creme.<br />

1454 giugno 7, Milano.<br />

Hanno li venerabili <strong>di</strong>lecti nostri domini Iacomo da Fossato, preposito dela chiesa de<br />

Sancto Giorgio in Palatio de questa nostra inclita cità, et Iohanne Ieronimo da Fossato,<br />

suo nepote, et Iohanne da Magnago, suo capellano, certi beneficii in quello territorio de<br />

Crema in li quali per alcuni fino molestati et turbati, et li loro fictabili se rendeno molto<br />

<strong>di</strong>fficili et retrogra<strong>di</strong> 408r ad satisfare (a) per li ficti de li loro beneficii del tempo passato;<br />

et habiandoli nuy in singolare <strong>di</strong>lectione, como nostri boni cita<strong>di</strong>ni et honesti religiosi, et<br />

a nuy cari et acepti siano etiam perché ciascaduno in le soe rasone meritamente<br />

debano essere conservati, et dali soi debitori essere satisfacto. Id circho li prefati<br />

proposito, nepote et capellano strictamente ve lo recomman<strong>di</strong>amo, confortandove che<br />

per nostra contemplatione vogliati provedere che in li loro beneficii non siano perturbati,<br />

né molestati, et tuto quello debano loro havere iustamente dali suoy fictabili, cum<br />

celeritate possibile et expe<strong>di</strong>tione bona conseguiscano suo debito; la qual cosa ne sarà<br />

molto acepta et grata, offerendosi nuy ad li vostri piaceri apparechiati. Data Me<strong>di</strong>olani,<br />

<strong>di</strong>e vii iunii 1454.<br />

Cichus.<br />

(a) satisfare scritto su altra parola.<br />

1522<br />

Francesco Sforza si <strong>di</strong>ce sorpreso che gli uomini <strong>di</strong> Fiorenzuola non abbiano, a <strong>di</strong>fferenza degli<br />

altri, preparato il legname (150 ligni) richiesto. Esso serve per i lavori che vuol fare nel castello <strong>di</strong><br />

Cremona, affidati a magistro Giovanni da Lo<strong>di</strong>, ingegnere ducale.<br />

Potestati, comuni et hominibus Florenzole.<br />

1454 giugno 7, Milano.<br />

Secundo l'or<strong>di</strong>ne preso tocavano a quella comunità, homini de Fiorenzola apparechiare<br />

cento cinquanta ligni; et credevamo fossero apparechiati, como hanno apparechiati li<br />

altri lì soi che li tochavano, et inten<strong>di</strong>amo che non n’haveti facto niente; del che ce<br />

maravigliamo et non possemo credere che, essendo questa così picola cosa et a nuy<br />

tanto grata, et havendolo li altri facto la parte soa, vuy ve vogliati retrare dala vostra.<br />

Però ve confortiamo, caricamo et strinzemo che vogliati apparechiare lo <strong>di</strong>cto ligname<br />

per modo che questo lo possiamo havere per quelli lavorerii che volemo fare in lo<br />

nostro castello de Cremona, credendo in questo et dando piena fede a magistro<br />

Zohanne da Lode, nostro inzegnero. Ex Me<strong>di</strong>olano, <strong>di</strong>e vii iunii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1523<br />

Francesco Sforza comunica al familiare ducale Pietro Albanese che gli uomini <strong>di</strong> Orio si sono<br />

lagnati per aver portato certa gente che ha danneggiato verze vecchie e quanto avevano, quasi


fossero dei nemici, ma molto più si sono in<strong>di</strong>gnati con lui per avere una possessione vicina. Gli<br />

comanda <strong>di</strong> comportarsi meglio con detti uomini.<br />

1454 giugno 7, Milano.<br />

408v Petro Albanesio, familiari nostro <strong>di</strong>lecto.<br />

N’é facto grave lamenta dali nomini da Orio che tu gli hai conducto a casa certa zente<br />

d’arme quale gli hanno tagliate le verze veze. et quanto hanno, et li hanno tractati a<br />

modo de inimici; et molto più se dolemo de ti, quanto che <strong>di</strong>cono che tu sii vicino de una<br />

possessione che tene a ficto; la qual cosa quanto sia stata deshonesta el lassiamo<br />

iu<strong>di</strong>care a ti, et, a fare bene, tu doveresti essere astrecto a pagare li <strong>di</strong>cti damni. Però<br />

volemo et te coman<strong>di</strong>amo che da mò inanze tu debii deportare meglio con li <strong>di</strong>cti homini<br />

et vicinare bene seco, recordandote che se nuy haveremo più querella <strong>di</strong> facti tuoy, te<br />

faremo uno servitio che tu non te lo <strong>di</strong>menticaray may. Data Me<strong>di</strong>olani, vii Iunny 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1524<br />

Francesco Sforza rimprovera Manfre<strong>di</strong>no Beccaria per aver costretto Andrea da Calabria, uomo<br />

d’arme ducale, a tirar fuori il suo cavallo dall’osteria alla Pieve e l’ha fatto cavalcare in qua e in là<br />

per cui si é molto scorticato. Il duca lo ammonisce perché non vuole che, contro la sua volontà,<br />

si tolgano i cavalli agli uomini d’arme ducali.<br />

Faccia curare quel cavallo in modo che quell’uomo sia contento.<br />

Domino Manfre<strong>di</strong>no de Becharia.<br />

1454 giugno 8, Milano.<br />

Andrea de Calabria, nostro homo d’arme, exibtore presente, ne ha exposto como gli<br />

havete facto torre uno suo cavallo dell’ostaria alla Pieve et tanto l’havete facto<br />

cavalchare là et qua che s’é scortechato; la qual cosa ad noy non pare niente ben<br />

facta che togliate i cavalli (a) alli nostri homini d’arme contra loro voluntà, et poi li<br />

sorticate. Siché per questo ve <strong>di</strong>cimo che teniti modo et via <strong>di</strong> mendare il <strong>di</strong>cto cavallo<br />

ad esso nostro homo d’arme et contentarlo per modo non habbia alchuna iusta rasone<br />

de querelarse de voy per questo. Me<strong>di</strong>olani viiii Iuniy 1454.<br />

Fazinus.<br />

Iohannes.<br />

(a) i cavalli in interlinea.<br />

1525<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce al tesoriere <strong>di</strong> Piacenza che l’offerta a San Bernar<strong>di</strong>no, della quale i<br />

Maestri delle entrate hanno scritto anche al duca, va fatta nel giorno della festa <strong>di</strong> detto santo.<br />

409r Thexaurario nostro Placentie.<br />

1454 giugno 8, Milano.<br />

Li nostri Maiystri del’intrate per executione delle nostre lettere, como haveray inteso,<br />

hanno scripto al nostro referendario lì et a ti de una offerta che se ha ad fare annuatim<br />

al beato sancto Bernar<strong>di</strong>no, segondo in esser lettere se contenne. Et perché<br />

inten<strong>di</strong>amo che in esse lettere non se specifica quando debia cominzare <strong>di</strong>cta offerta, te<br />

<strong>di</strong>cemo et dechiaramo per questa nostra lettera che nostra intentione é et volimo el dì<br />

della festa del memorato <strong>di</strong>cto Bernar<strong>di</strong>no de questo anno prente 1454. Me<strong>di</strong>olani, viii<br />

iunii 1454.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

1526<br />

Francesco Sforza comunica al priore <strong>di</strong> Santa Maria <strong>di</strong> Crescenzago che il suo conestabile<br />

Cristoforo da Cremona gli ha denunciato che lui trattiene nel monatero un suo ragazzo,


nominato Bernabò, fuggito da lui e che gli é debitore <strong>di</strong> sei ducati d’oro, sborsati a nome del<br />

priore per il riscatto del ragazzo.<br />

Il duca vuole che lui, priore, restituisca il ragazzo o che paghi a Cristoforo i sei ducati d’oro.<br />

1454 giugno 9, Milano.<br />

Domino priori Sancte Marie de Cresenzago.<br />

S’é lamentato da nuy Christoforo da Cremona, (a) nostro conestabile, che vuy li<br />

retenete in quello monastero, overo in le forze vostre, uno suo regazo, nominato<br />

Bernabò, quale gli é stato desviato, strafugato, <strong>di</strong>cendo che, ultra che l’é suo regazo, gli<br />

é ancora suo debitore de sei ducati d’oro, quali altra volta exborse per vuy ad<br />

rescoderlo de persone. Pertanto ve caricamo et stringemo che debiati reIaxare (a)<br />

<strong>di</strong>cto Christoforo esso regazo, et non impazarvi <strong>di</strong> facti suoy; et se pur esso regazo non<br />

volesse andare con luy, ma stare con vuy, volimo che pagati al <strong>di</strong>cto Christoforo essi<br />

suoy <strong>di</strong>nari, cioé ducati sei d’oro, overo li consignati esso regazo in le mane, perché el<br />

non perda el regazo et li <strong>di</strong>nari. Data Me<strong>di</strong>olani (b), viiii iunii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

(a) Cremona scritto su altra parola.<br />

(b) Me<strong>di</strong>olani scritto su altra parola.<br />

1527<br />

Francesco Sforza scrive a Gaspare da Suessa <strong>di</strong> essere pronto, alla prima <strong>di</strong>sposizione ducale,<br />

a trasferirsi lui, i suoi fanti e la sua compagnia nel Novarese<br />

409v Gasparri de Suessa.<br />

1454 giugno 10, Milano.<br />

Perché intendemo che de proxime va<strong>di</strong> in Novarese con li tuoy fanti et cavalli et ogne<br />

tua compagnia, volimo che tu staghi in puncto et aparecchiato talmente che ala prima<br />

lettera o ambassiata che te faremo fare, tu te possi levare subito et andartaene via.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e x iunii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1528<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> aver preso atto <strong>di</strong> quanto gli ha scritto<br />

dell’Apollonio portatosi da lui per, a suo <strong>di</strong>re, parlare con Antonio Boccone per conto <strong>di</strong><br />

Beron<strong>di</strong>no dall’Acqua. Ricordandosi che egli era venuto in campo a trovarlo ad Arona, vuole che<br />

lo rilasci e gli faccia un mucchio <strong>di</strong> cortesie e lo esorti a portarsi da lui.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1454 giugno 10, Milano.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere et inteso quanto tu ne scriveti de quello Apolonio,<br />

qual é venuto lì per parlare, segondo luy <strong>di</strong>ceva, ad Antonio Bocone per parte de<br />

Beron<strong>di</strong>no dal’Aqua, et cetera; <strong>di</strong>cemo che haveti facto bene et ve ne comen<strong>di</strong>amo.<br />

Non<strong>di</strong>meno, recordandone che luy vene in campo ad trovarne ad Arona, como ne<br />

scriveti luy haverve <strong>di</strong>cto, siamo contenti et volimo che lo faciati relaxare liberamente; et<br />

da poi l’havereti facto relaxare, fariteli careze et dariteli et confortarite ch’el venga qua<br />

da nuy ch’el vederemo voluntera. Data Me<strong>di</strong>olani, x iunii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1529<br />

Francesco Sforza si compiace con Antonio de Sichis, commissario <strong>di</strong> Geradadda, e con Marco<br />

Corio per l’equità con cui hanno fatto il compartito. Se Caravaggio e Brignano si ritengono<br />

onerati per i cavalli che hanno, occorre che pazientino. Vuole che i 100 cavalli che ha


Sagramoro da Parma e quelli della squadra <strong>di</strong> Sagramoro Visconti siano ripartiti sulle terre dove<br />

é stato fatto il compartito. in modo che ognuna si avveda <strong>di</strong> essere stata sgravata, come ha loro<br />

scritto, a suo nome, il suo famiglio Francesco Capra. Con i frati <strong>di</strong> Caravaggio, restii a<br />

contribuire, si tiri dritto e li si costringa a fare secondo il consueto.<br />

(1454 giugno 10, Milano).<br />

Antonio de Sichis, commissario Glareabdue, et Marco de Coyris.<br />

Havemo recevuto la vostra lettera ala quale respondendo, prima, ala parte del<br />

compartito che haveti facto equalmente ad tute le terre, <strong>di</strong>cemo ne piace. Ala parte de<br />

quelli cavalli che Caravagio et Brignano se tengano gravati, non <strong>di</strong>cemo altro, se non<br />

che bisogna habiano pacientia ad quella 410r contingente parte che li tocha, como<br />

fanno le altre terre. Ben siamo contenti et vogliamo che quelli cento cavalli che haveva<br />

domino Segramoro da Parma più che quelli della squadra de domino Segramoro<br />

Vesconte, li debiati compartire equalmente su tute le terre dove é stato facto lo<br />

compartito, siché ogneuna senta de questa sgravatione et commo<strong>di</strong>tate, secundo ve<br />

debe havere scripto Francesco Capra, nostro famigilo, de nostro consentimento. Ala<br />

parte de quelli lochi <strong>di</strong> frati, che stanno in Caravagio, che non voleno contribuire<br />

secundo li altri, et cetera, <strong>di</strong>cemo che in questo facto debiati fare exequire et<br />

observare secundo il consueto, et non altramente. Data ut supra.<br />

Zanninus.<br />

Cichus.<br />

1530<br />

Francesco Sforza é informato da donna Luchina dal Verme <strong>di</strong> aver rimosso Giovanni Antonio da<br />

Figino dal suo posto perché aveva lasciato in servizio due in<strong>di</strong>vidui meritevoli della forca. Il duca<br />

le replica, a giustificazione <strong>di</strong> Giovanni Antonio, ricordando che, nei dì scorsi, dei suoi soldati<br />

erano stati derubati e i due suoi uomini, trovati in combutta con dei soldati, furono presi. Passati<br />

dei giorni, il duca liberò i soldati ladri.Per <strong>di</strong>fendere i soldati ed evitare che gli si attribuissero<br />

atteggiamenti <strong>di</strong> partigianeria per cui i soldati venivano liberati e i villani impiccati, il duca scrisse<br />

a Giovanni Antonio <strong>di</strong> liberare i due villani e così, per obbe<strong>di</strong>re a lui, li liberò. Se per aver<br />

obbe<strong>di</strong>to all’or<strong>di</strong>ne del duca, Giovanni Antonio venisse licenziato, ne verrebbe scornato l’onore<br />

del duca. Per evitare a lui questa infamia, il duca insiste nel richiederle <strong>di</strong> riassume Giovanni<br />

Antonio fino alla scadenza del suo tempo.<br />

Magnifice domine Luchine de Verme.<br />

1454 giugno 10, Milano.<br />

Noi ve havemo scripto per doe altre nostre lettere che volessevo remettere Iohanne<br />

Antonio de Figino al suo offitio; mò havemo recevuto la risposta vostra, et inteso le<br />

rasone et casone che ne allegati per le quale ve seti mossa ad removerlo dal <strong>di</strong>cto<br />

offitio, <strong>di</strong>cendo che ha lassato duy, che meritavano le forche, senza vostra saputa, et<br />

cetera. Dicemo che, essendo stato robbate alcune cose ali dì passati d’alcuni soldati, et<br />

essendo questi doy de compagnia con loro ad fare questo delicto, et essendo stati<br />

pigliati, passati alcuni (dì) facessemo liberare <strong>di</strong>cti soldati, ali quali fecemo gratia.<br />

Donde, per non demonstrare che nuy fessemo questo partesanamente per defendere<br />

et a<strong>di</strong>utare li soldati, et poi che havessemo facto impichare li vilani, scripsemo al <strong>di</strong>cto<br />

Iohanne Antonio che dovesse liberare li pre<strong>di</strong>cti duy vilani; et così, per obe<strong>di</strong>re li nostri<br />

comandamenti et con nostra licentia, imme<strong>di</strong>ate li liberò et cavò fora de presone. Siché,<br />

se per havere obe<strong>di</strong>to nuy ello deve essere casso dallo suo offitio, quanto tal atto ne<br />

renda ad nuy honore et reputatione fra ogne persona el lassiamo iu<strong>di</strong>care a vuy che<br />

non doveti essere certissima che a nuy rende pocho honore et reputatione, et maxime<br />

fra quelli homini che se <strong>di</strong>ca, como se <strong>di</strong>ce, che vuy haveti casso el vostro offitiale<br />

perché ha obe<strong>di</strong>to le nostre lettere. 410v Per la qual cosa de novo ve replicamo,<br />

<strong>di</strong>cemo et caricamo che per ogne respecto, et maxime per l’honore nostro, vogliati<br />

omnino remettere <strong>di</strong>cto Iohanne Antonio al suo offitio, et che gli staghi fin haverà fornito<br />

il tempo suo; et che per nuy el non receva questa vergogna ad torto et contra ogne<br />

honestate et rasone. Et de questo a nuy, et così ad tuti quelli homini, fareti cosa molto<br />

grata et haveremolo gratissimo, rescrivendone dela voluntate vostra per questo


presente cavalaro. Data Me<strong>di</strong>olani, x iunii1454.<br />

Zanninus.<br />

Cichus.<br />

1531<br />

Francesco Sforza comanda a Gentile della Molara <strong>di</strong> trasferirsi ad Alessandria, ove saranno<br />

sistemati, quelli <strong>di</strong> Sagramoro da Parma, <strong>di</strong> Zanetto Visconti, Daniele Tonesco e Petromato, con<br />

i fanti <strong>di</strong> Achille Corso, Cristoforo da Cremona, Giacomo d’Arquate, Astorello Corso, Bartolomeo<br />

da Cremona e Bartolomeo da Messina. Ne ha dato notizia a Giorgio de Annono, luogotenente<br />

ducale ad Alessandria, con il quale lui deve intendersi. Deve aver cura che nel trasferimento la<br />

gente d’arme non faccia danni ai sud<strong>di</strong>ti e altrettanto non avvenga quando saranno sul posto.<br />

Gentili dela Molara.<br />

1454 giugno 11, Milano.<br />

Per breve resposta de quanto n’hay scripto circa’l facto de quelle nostre gente d’arme,<br />

<strong>di</strong>cemo che vogli, havuto questa, levarti con quelli de Segramoro da Parma, de Zaneto<br />

Vesconte et Daniello Tonesco (a) et Petromato, et con quelli fanti de Achile Corso,<br />

Christoforo da Cremona, lacomo d’Arquate, Astorello Corso, Bartholomeo da Bologna<br />

et Bartholomeo da Messina et andare in Alexandrina perché havemo deputato ali<br />

pre<strong>di</strong>cti la stantia loro là oltra, et così sopra ciò havemo scripto et or<strong>di</strong>nato ad Zorzo de<br />

Annono, nostro locuntenenti de Alexandria, con lo quale volimo che tu te inten<strong>di</strong>; et<br />

prove<strong>di</strong> tanto in lo andare, quanto esse gente et fanti seranno stantiati et allogiati, che<br />

niuno fatia uno minimo damno et rencrescimento ali homini nostri. Et sopra ciò per<br />

nostra parte admoneray ogniuno, certificandoli che se farà el contrario, gli daremo ad<br />

intendere che l’habia facto male. Data Me<strong>di</strong>olani, xi iunii 1454.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

(a) Todesco scritto su Vesconte.<br />

1532<br />

Francesco Sforza chiede al Provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema che, nel rispetto delle convenzioni <strong>di</strong> recente<br />

firmate tra Venezia e lui, faccia restituire al suo uomo d’arme Giovanni Giacomo Maletta il<br />

ragazzo chiamato Vicino che se n’é fuggito da lui con 50 ducati in oro e si ritiene si sia portato a<br />

Crema perché ha lì il padre.<br />

411r Provisori Creme.<br />

(1454 giugno 11, Milano).<br />

É fugito novamente, secundo n’é stato significato da Zohanne Iacomo Maletta, homo<br />

d’arme delle nostre lanze spezate, uno suo regazo, chiamato il Vicino, et gli ha portati<br />

via ducati cinquanta in oro, il quale debbe essere capitato lì ad Crema, peroché ha il<br />

patre in quelle parte, como più largamente dal famiglio de Iohanne Iacomo, exibitore<br />

dela presente, sareti informato. Et pertanto, sì per observatione delle conventione<br />

novamente concluse et firmate tra la illustrissima signoria de Venetia et nuy, sì etiam<br />

per respecto del <strong>di</strong>cto Zohanne Iacomo, quale é valente et homo da bene, ve<br />

confortiamo, pregamo et stringemo vogliati dare opera de havere il <strong>di</strong>cto regazo, et<br />

provedere ch’el regazo et <strong>di</strong>nari per luy asportati siano restituiti al <strong>di</strong>cto Zohanne<br />

Iacomo, secundo che nuy fariamo per li vostri in simile caso; et ne vogliati demonstrare<br />

tale effecto che cognoscamo che non manchi dal canto vostro che le conventione tra<br />

nuy non siano observate. Data ut supra.<br />

Donatus.<br />

Iohannes.<br />

1533<br />

Francesco Sforza comanda al viceluogotenente <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> arrestare Matto da Castelnovo,<br />

della squadra <strong>di</strong> Bartolomeo dal Martello, che, insieme con altri, ha bruciato, come gli hanno<br />

denunciato i fattori del consigliere ducale Niccolò Arcimbol<strong>di</strong>, un mulino e fatti molti altri danni. Il<br />

duca non vuole che venga rilasciato prima del risarcimento <strong>di</strong> tutto il malfatto.


Vicelocumtenenti Placentie.<br />

(1454 giugno 11, Milano).<br />

Per li factori del spectabile doctore et cavalero, nostro consiglero, domino Nicolò<br />

Arcimboldo n’é stata facta lamenta ch’el Matto da Castelnovo, dela squadra de<br />

Bertolameo dal Mantello, insieme con alcuni altri, instigati da luy, gli hanno bruxato et<br />

guasto uno suo molino, et factogli molti altri damni voluntariamente et per propria<br />

malitia, quamquam fosse preavisato et admonito che cessasse de fare <strong>di</strong>cti damni. Et<br />

perché a nuy sonno molestissimi <strong>di</strong>cti damni dati, et deliberamo non comportarli,<br />

maxime perché così ne siamo pregati, volimo, et così ve coman<strong>di</strong>amo che ve ingegnati<br />

de havere in le mane <strong>di</strong>cto Matto, qual non relaxariti finché non habia integramente<br />

restituito tuti li damni. Data ut supra.<br />

Cichus.<br />

1534<br />

Francesco Sforza avverte Gaspare da Suessa che il suo compare Giovanni Schiavo, oltre a<br />

quello che ha detto contro <strong>di</strong> lui in sua presenza, cioé, <strong>di</strong> avergli fatto togliere un cavallo e della<br />

sua roba, aggiunge ora che lo aggre<strong>di</strong>sce con sconvenienti espressioni <strong>di</strong> minaccia.<br />

Il duca raccomanda a Gaspare <strong>di</strong> contenersi perché in momenti d’ira si trascende.<br />

411v Gasparri de Suessa.<br />

1454 giugno 11, Milano.<br />

É retornato a nuy Iohanne Schiavo, tuo compare, el quale molto se grava et dole che,<br />

ultra quello che ne <strong>di</strong>sse in tua presentia, gli haviti facto tolire il cavallo et roba sua; <strong>di</strong>ce<br />

ancora che gli menazi de sopra de farli male ala persona con molto parole mancho cha<br />

honeste; le quale cose molto ne pare grave credere. Pur perché la ira et scorezi molte<br />

fiate straportano l’homo a quello che che sempre non é honesto, né ragionevele, te<br />

havemo voluto avisare che non ne piaceria che li facesse rincresciemnto alcuno, anzi<br />

ne doleria ulra modo. Siché guarda ad portarte honestamente e non stracorere ad<br />

alcuno inconveniente; et a questo te caricamo per quanto tu hay a caro l’honore nostro.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, xi iunii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

1535<br />

Francesco Sforza sollecita i Rettori <strong>di</strong> Bergamo a voler fare avere al famiglio ducale Pasino<br />

Vignola quanto ancora gli é dovuto del salario <strong>di</strong> capitano e commissario <strong>di</strong> Bergamo, oltre ai<br />

denari che gli spettano da alcune persone, come saranno meglio informati dallo stesso Pasino o<br />

da un suo messo.<br />

Rectoribus Pergami.<br />

1454 giugno 12, Milano.<br />

Il nobile Pasino Vignola, nostro famiglio, ne <strong>di</strong>ce resta ad havere li <strong>di</strong>nari del salario et<br />

provisione soa delo (a) offitio dello capitaneato et comissaria de Pergamasco in le<br />

quale nuy l’havevamo constituito et deputato; et così deve havere alcuni <strong>di</strong>nari et altre<br />

cose da speciale persone, como dal <strong>di</strong>cto Pasino o da qualunque altro suo messo,<br />

presente portatore, sariti ad plenum informati. Pertanto pregamo et confortiamo le<br />

vostre spectabilità gli piacia de fargli fare il debito fino, tanto della provisione del’offitio<br />

quanto de altra casone, ministrandogli rasone summaria et expe<strong>di</strong>ta como facemo fare<br />

nuy ad tuti li vostri ch’ recorso da noy, o ali altri offitiali nostri; la quale cosa a nuy sarà<br />

summariamente grata. Me<strong>di</strong>olani, xii iunii 1454.<br />

Zaninus.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue capi depennato.


1536<br />

Francesco Sforza informa Marco de Attendolis che manda lì il suo famiglio Antonio da Dexe, cui<br />

farà avere i denari che ha e che si possono ottenere dalle entrate <strong>di</strong> quella terra, circa le quali<br />

crederà a quello che lui gli <strong>di</strong>rà.<br />

412r Marco de Attendolis.<br />

1454 giugno 12, Milano.<br />

Man<strong>di</strong>amo lì Antonio da Dexe, nostro famiglio, presente portatore, al quale volimo fati<br />

dare et numerare tuti li <strong>di</strong>nari che tu te trovi havere, et che se ponno cavare delle intrate<br />

de quella terra; et ulterius crederay a luy circa li <strong>di</strong>nari et intrate pre<strong>di</strong>cte quanto faresti a<br />

nuy proprii. Data Me<strong>di</strong>olani, xii iunii 1454.<br />

Franciscus Sforza dux Me<strong>di</strong>olani manu propria.<br />

Cichus.<br />

1537<br />

Francesco Sforza risponde a Marco Corio <strong>di</strong> avere già or<strong>di</strong>nato dove devono trasferirsi quelli <strong>di</strong><br />

Sagramoro da Parma. Per il resto delle sue lettere non aggiunge altro se nonché gli é grato per<br />

gli avvisi che gli fa avere.<br />

Marco Coyro.<br />

(1454 giugno 12, Milano).<br />

Havemo recevuto le toe letttere, l’una de octo et l’altra de dece del presente, et quelle<br />

intese, te respondemo che havemo or<strong>di</strong>nato et dato il modo che quelli de Segramoro da<br />

Parma se debiano levare et andare dove gli havemo deputato vadano; siché cre<strong>di</strong>amo,<br />

ala havuta de questa, se seranno levati et andati ala loro via, como é or<strong>di</strong>nato. Al’altre<br />

parte, quale havemo inteso, non occorre al presente fare altramente resposta, se non<br />

che hay facto bene advisarne lì; li avisi ne fay, ne piace, de che te lau<strong>di</strong>amo et<br />

comman<strong>di</strong>amo. Data ut supra.<br />

Ser Facinus.<br />

Cichus.<br />

1538<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà <strong>di</strong> Pavia faccia riavere a Giovanni da Montefiascone,<br />

compagno del conte Gaspare, il ragazzo che si é portato lì.<br />

412v Potestati Papie.<br />

1454 giugno 13, Milano.<br />

Da Zohanne da Montefiaschone, compagno del spectabile conte Gasparre, exibitore de<br />

questa, é fugito uno ragazo et reductose lì, et non vorria più retornare seco; et perch’el<br />

<strong>di</strong>cto Zuhanne non pò fare senza ragazo, ve comectimo et volimo gli debbiate fare<br />

restituire <strong>di</strong>cto ragazo. Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xiii iunii 1454.<br />

Irius.<br />

Iohannes.<br />

1539<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> assolvere il milanese Niccolò Odono da<br />

Landriano condannato per porto d’arme, e vuole che non rimanga alcuna traccia scritta <strong>di</strong> tale<br />

reato in modo che mai ne abbia noie.<br />

Potestaii Papie.<br />

1454 giugno 13, Milano.


Nicolò Odono da Landriano, nostro cita<strong>di</strong>no Milanese, n’ha significalo che l’é stato<br />

condemnato per lo offitio vostro de portatione de arme; et che siando luy in corso in tale<br />

delicto piutosto per non sapere più et per ignorantia che per malitia, gli vogliamo<br />

perdonare et remettere tale errore. Et pertanto, volendo nuy usare benignità et<br />

clementia con luy, siamo contenti, et per le presente ve commettiamo che per questa el<br />

debiati absolvere et perdonare el delicto, revocando, annullando et cancellando ogni<br />

bando, condempnatione, processo et sententia che fossero facte et da fir facte contra<br />

luy per <strong>di</strong>cta ragione, ita che né mò, né may luy, né veruno per luy, nona possa, né<br />

debba essere molestato, né inquietato per tale ragioone. Data Me<strong>di</strong>olani, xiii iunii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1540<br />

Francesco Sforza comanda al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> fare annullare ogni garanzia richiesta dai<br />

dazieri <strong>di</strong> lì a Benedetto da Treviglio, per il trasporto, con licenza del luogotenente <strong>di</strong> Cremona,<br />

<strong>di</strong> 310 staia <strong>di</strong> frumento da Cremona a Treviglio.<br />

Si tratta <strong>di</strong> frumento ducale, donato dal duca a quei <strong>di</strong> Treviglio.<br />

Licenza.<br />

Dal luogotenente ducale <strong>di</strong> Cremona Francesco Visconti é stata concessa licenza, valida soli<br />

otto giorni, a Benedetto <strong>di</strong> Treviglio <strong>di</strong> trasportare da Cremona a Treviglio liberamente senza<br />

dazio, gabella o gravame <strong>di</strong> transito sia via terra che via acqua 310 staia <strong>di</strong> frumento del duca.<br />

413r Referendario Laude.<br />

(1454 giugno 13), Milano.<br />

Como potuti vedere per uno scripto de licentia data per lo nostro locuntenente de<br />

Cremona a Bene<strong>di</strong>cto da Trivilio de condure trecento e dece stara de formento da<br />

Cremona a Trivilio senza pagamento de alcuno datio, perché quello tal formento é del<br />

nostro e lo donamo a quelli da Trivilio, <strong>di</strong>cto Bene<strong>di</strong>cto l’ha conducto fina lì, et quelli<br />

datieri l'hanno constrecto a dare segurtà de pagare el datio contra il tenóre d’essa<br />

licentia. Et pertanto volimo et ve comettemo che debiati fare che lassano passare <strong>di</strong>cto<br />

formento senza alcuno pagamento de datio per li respecti de sopra <strong>di</strong>cti, facendo<br />

cassare et anullare one segurtà che fosse data per <strong>di</strong>cta cagione. Data Me<strong>di</strong>olani ut<br />

supra.<br />

Scriptum fuit licentia.<br />

Per magnificum et generosum dominum Franciscum Vicecomitem, ducalem in<br />

Cremona locumtenentem, et cetera, concessa est licentia Bene<strong>di</strong>cto de Trivilio<br />

conducen<strong>di</strong> ex Cremona ad <strong>di</strong>ctam terram Trivilli, tam per terra quam aquam, sestariois<br />

tercentum decem frumenti del frumento illustrissimi domini domini nostri libere et sine<br />

alicuius dacii, gabelle, vel tranversus in alio loco prelibati domini fienda, valita <strong>di</strong>ebus<br />

octo proxime futuris semel tantum.<br />

Antonius.<br />

1541<br />

Francesco Sforza vuole che il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, al <strong>di</strong> là delle sinistre voci su un tale chiamato<br />

Fra’ de Mei, che tiene una taverna sulla strada da Lo<strong>di</strong> a Sant’Angelo, abbia esplicite notizie<br />

sull’in<strong>di</strong>viduo da Paolo Braco, che gli risulta ne é bene informato e gli trasmetta il tutto.<br />

(1454 giugno 13, Milano).<br />

Locuntenenti Laude.<br />

Havemo havuto una certa sinistra informatione de uno chiamato el Fra de Mei, fornaro,<br />

quale tenne una taverna andando da Lode a Sancto Angelo; et perché, inanti che<br />

procedemo ad altro, vorissemo meliore et più chiara informatìone de facti suoi, volimo<br />

che ve informariti dela sua qualità et con<strong>di</strong>tione et fama da Paulo Bracho, el quale,<br />

segondo sentemo, ne é bene et abonde informato. Et de quanto trovariti avisaritene per<br />

vostre lettere. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.


Cichus.<br />

1542<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che può ben comprendere con quale batticuore<br />

abbia visto arrivare tanto frequentemente il cavallaro con lettere con scritto molti cito, lettere che<br />

poi gli risultarono contenere cose ri<strong>di</strong>cole. Dovrebbe ormai ben sapere che la gente parla e<br />

sparla <strong>di</strong> tutto senza fondamento. I castellani <strong>di</strong> Trezzo erano amici e poi sono stati sud<strong>di</strong>ti<br />

fedelissimi. Gli pare spropositata tanta fretta nello scrivergli e tanto movimento <strong>di</strong> cavallaro,<br />

rischiando <strong>di</strong> creare sospetti nellla gente e peggio sarebbe stato se le lettere fossero finite nelle<br />

mani <strong>di</strong> detti castellani. Lasci che il conte Giacomo si porti quanto vuole a Crema.<br />

413v Locuntenenti Laude.<br />

(1454 giugno 13, Milano).<br />

Questa nocte ad hore v de nocte con grande frequentia del cavallaro recevessemo doe<br />

toe lettere dove gli erano de sopra scripte de molti cito, le quali, per finché nuy non<br />

l’hebemo lecte, ne bateva il core credendo firmamente che fosse qualche cosa de<br />

grande importantia al stato nostro; et quando l’hebemo lecte trovasemo erano cose<br />

piutosto ri<strong>di</strong>cule che altramente, et facte con grande legiereza, perché doveti pur<br />

hormay cognoscere como sonno facti li populi et como é facto il mondo, che chi <strong>di</strong>ce<br />

una cosa et che ne <strong>di</strong>ce un’altra, et may se gli trova fondamento, né fine alcuno, como<br />

siamo certi haveti trovati in questo facto. Li castellani da Trezo, perfino inanze che nuy<br />

havessemo et obtenessemo questo damno, erano nostri boni amici et servitori,<br />

dappuoy sonno venuti nostri fidellissimi sub<strong>di</strong>ti, delli quali non poressemo havere vena<br />

alcuna in dosso che podesse pigliare de loro suspecto, né umbreza alcuna. Et parene<br />

non sia ben facto admonerne così subitamente et con tante celeritate ad scrivere simile<br />

cose perché, dato suspecto ale gente che intendano queste cose quando vuy che siti lì,<br />

nostro locumtenente, fate tanto grande extima de una cosa et poi quando vedeno<br />

venire il cavallaro con tanta frequentia gli dati ancora più da pensare, et pare che la<br />

cosa debia essere vera; poi ancora le lettere potriano male acapitare et andare in<br />

noticia ali <strong>di</strong>cti castellani che da vuy inteso pensati quanto seria ben facto et laudabile;<br />

siché un’altra vogliati meglio et più prudemente governarve ch’el conte Iacomo vegna<br />

ad Crema, non <strong>di</strong>cemo altro, perché gli pò venire ad suo bello piacere. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Iohannes.<br />

1543<br />

Francesco Sforza comanda al podestà <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> non procedere, anche per assecondare la<br />

richiesta <strong>di</strong> quanto gliel’hanno richiesto, contro la figlia dei marchesi da Faino, Lagranzina per il<br />

delitto commesso. Vuole sapere, sia la verità circa l’intervento in giu<strong>di</strong>zio della madre in <strong>di</strong>scolpa<br />

<strong>di</strong> Lagranzina, che il motivo per cui il podestà intendeva giustiziarla.<br />

414r Potestati Papie.<br />

1454 giugno 14, Milano.<br />

Intedemo che voliti voleti procedere contra Legranzina, figliola de marchesi da Faino,<br />

per el delicto ha commesso in farla bruxare. Pertanto volemo, per compiacere ad alcuni<br />

n’hanno pregato per ley, volimo non procedati più contra <strong>di</strong>cta Legranzina finché ve<br />

scriveremo altro. Volimo bene ne avisati del vero de quello intendemo se <strong>di</strong>ce che la<br />

madre, quando fo menate ala iustitia, <strong>di</strong>scolpò <strong>di</strong>cta Legranzina, soa figliola; et così<br />

ancora dela casone per la quale ve induxete a farla iustitiare. Me<strong>di</strong>olani, xiii iunii 1454.<br />

Marcus.<br />

Iohannes<br />

1544<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà, il capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza e Teseo da<br />

Spoleto rimuovano dal convento citta<strong>di</strong>no dei frati <strong>di</strong> San Francesco i soldati ivi alloggiati in<br />

modo che non <strong>di</strong>ano più fasti<strong>di</strong>o nell’impe<strong>di</strong>re l’installazione dell’organo, Cerchino ai soldati un<br />

altro posto che li sod<strong>di</strong>sfi.


1454 giugno 14, Milano.<br />

Potestati et capitaneo citadelle Placentie, necnon Theseo de Spoleto.<br />

Per la supplicatione quale ve man<strong>di</strong>amo in questa inclusa intenderiti quanto se<br />

agravano et dogliono li frati del’Or<strong>di</strong>ne de Sancto Francesco de quella nostra cità per<br />

respecto de alcuni soldati quali allozano nel suo convento, li quali gli sonno ad grande<br />

impe<strong>di</strong>mento, adeo che non ponno far fare uno organo, como haveano or<strong>di</strong>nato. Et<br />

perché a nuy pare assay indegna cosa tenere occupato <strong>di</strong>cto convento de <strong>di</strong>cti soldati<br />

et impazare ch’el <strong>di</strong>cto organo non possa fir facto, il quale é ornamento dela chiesa et<br />

acrescimento <strong>di</strong> donatione ali <strong>di</strong>vini offitii, volimo che debiati removere <strong>di</strong>cti soldati fora<br />

del <strong>di</strong>cto convento, ali quali provederite de alozamento altrove, ita che <strong>di</strong>cti soldati non<br />

habiano ad poderse lamentare. Data Me<strong>di</strong>olani, xiiii iunii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1545<br />

Francesco Sforza vuole che il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> intervenga perché il lo<strong>di</strong>giano Giovanni<br />

Baron sia sod<strong>di</strong>sfatto per l’aglio presogli da quelli <strong>di</strong> Gaspare da Sessa, al quale ha inutilmente<br />

scritto per far risarcire Giovanni.<br />

Il duca, che <strong>di</strong> ciò ha informato il tesoriere, comanda al luogotenente <strong>di</strong> provvedere che il<br />

derubato abbia la somma che gli parerà o il valore dell’aglio toltogli.<br />

Locuntenenti Laude.<br />

1454 giugno 14, Milano.<br />

Havendone de questi dì facto lamenta Zohanne Baron da Lode, che per quelli de<br />

Gasparro da Sessa gli era tolto una quantità de aglio, scripsemo al <strong>di</strong>cto Gasparre gli el<br />

facesse pagare, il quale, secundo intendemo, non ha facto niente, né monstrato de fare<br />

stima dele nostre lettere. De novo anchora gli repplicamo, et perché non sapemo como<br />

vorà fare, ve commettiamo et volemo che, non volendo luy fare contento il <strong>di</strong>cto<br />

Iohanne, 414v fati ch’el thexaurero deli <strong>di</strong>nari dele assignatione del <strong>di</strong>cto Gasparro gli<br />

satisfatia fina ala summa che esso Iohanne pararà, o ve farà chiaro valesse l’aglio suo,<br />

perché sopra ciò nuy facemo opportunamente scrivere al <strong>di</strong>cto thexaurero. Ex<br />

Me<strong>di</strong>olano, xiiii iunii 1454.<br />

Ioannes Chiapanus.<br />

Cichus.<br />

1546<br />

Francesco Sforza, siccome ha bisogno <strong>di</strong> un bel po’ <strong>di</strong> fieno, vuole che Fiorentino da Firenze gli<br />

faccia sapere quanto ne può trovare nel Lo<strong>di</strong>giano.<br />

Fiorentino de Florentia.<br />

(1454 giugno 14, Milano).<br />

Perché havemo bisogno d’una bona quantità de feno, volimo che subito, havuta questa,<br />

ne avisi quanto tu speri de haverni in Lodesana lì, aciò sapiamo de quella quantità ne<br />

possiamo valere. Data ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Iohannes.<br />

1547<br />

Francesco Sforza si compiace con il podestà <strong>di</strong> Rippanazano ( Rivanazzano) per l’informazione<br />

fattagli avere dell’andare innanzi e in<strong>di</strong>etro <strong>di</strong> Gentiolo, uomo d’arme del Colleoni. Siccome sa<br />

che attualmente é dalle parti <strong>di</strong> Basaluzzo, vuole che gli faccia avere quanto gli allega per<br />

invitarlo a portarsi da lui.<br />

Nello stesso giorno si é scritto al suddetto Gentiolo, armigero del Colleoni, perché vada dal Duca


Potestati Rippenazani.<br />

1454 giugno 14, Milano.<br />

Havemo recevuto le toe lettere circa l’andare in ante et indreto de Gentiolo, homo<br />

d’arme de Bartholomeo Colione, dele quale te comen<strong>di</strong>amo et hai facto bene; et perché<br />

sentemo che <strong>di</strong>cto Sentiolo debe essere de presente in le parte de là verso Basalutio,<br />

volimo che tu intervegni donde se trova et gli man<strong>di</strong> subito le aligate per le quale gli<br />

scrivemo che venga da nuy, perché havemo a parlare con sì. Data Me<strong>di</strong>olani, xiiii iunii<br />

1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

Die suprascripto.<br />

Scriptum fuit suprascripto Gentiolo, armigero magnifici Bartolomei Coleoni, quod veniat<br />

ad dominum.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1548<br />

Francesco Sforza fa sapere ai Rettori <strong>di</strong> Bergamo <strong>di</strong> avere, in seguito alla loro comunicazione<br />

circa la fuga dei massari del bergamasco Contino da Comendulo, subito scritto al figlio <strong>di</strong><br />

Contino per informarlo della <strong>di</strong>sposizione data <strong>di</strong> detenere detti massari e <strong>di</strong> non rilasciarli che<br />

dopo aver sod<strong>di</strong>sfatto Contino. Questa, assicura lo Sforza, sarà sempre la sua linea <strong>di</strong> condotta<br />

nei riguar<strong>di</strong> dei loro sud<strong>di</strong>ti che faranno ricorso a lui.<br />

415r Rectoribus Pergami.<br />

1454 giugno 14, Milano.<br />

Inteso quanto n’haveti scripto circ’al facto delli massari fugiti ad Contino da Comendulo,<br />

cita<strong>di</strong>no de Bergamo, subito havemo facto fare lettere patente in forma opportuna al<br />

figliolo d’esso Contino che, in ogne loco del nostro dominio dove se atrovasse alcuni de<br />

<strong>di</strong>cti massari, siano destenuti et non relaxati fina non habiano facto contento <strong>di</strong>cto<br />

Contino, et così continuamente faremo ad tuti li vostri che haveranno recorso da nuy in<br />

modo cognosceranno non manchi essere ben tractati da nuy como li nostri propry. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani xiiii iunii 1454.<br />

Iohannes Chiapanus.<br />

Cichus.<br />

1549<br />

Francesco Sforza avverte il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che gli manda il cameriere ducale Pietro<br />

Cagnola per vedere il lavoro fatto alla strada <strong>di</strong> Porta Regale e anche perché intenda con molta<br />

attenzione il parere del duca su <strong>di</strong> quella, oltre a quello suglii acquaroli che deformano la città.<br />

Locuntenenti Laude.<br />

(1454 giugno 14, Milano).<br />

Man<strong>di</strong>amo lì Iohanne Petro Cagnola, nostro camerero carissimo. per vedere il lavorerio<br />

facto ala strata de Porta Ragale. et anche per <strong>di</strong>re el modo nel quale vorissemo che la<br />

facesse, et item per <strong>di</strong>re il parere nostro circa il guidere deli aquaroli li quali, como<br />

vedeti, molto deformano la cità; siché circha le pre<strong>di</strong>cte cose gli prestarite pieneza et lo<br />

remandariti indreto informato del tuto. Data ut supra .<br />

Ser Iacobus<br />

Iohannes.


1550<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al capitano <strong>di</strong> Casteggio <strong>di</strong> portarsi all’osteria della Pieveta e <strong>di</strong><br />

indagare accuratamente chi sia il ladro che ha rubato 19 ducati ad Andrea da Como. Trovatolo,<br />

gli farà restituire i denari e gli amministrerà giustizia.<br />

Capitaneo Clastigii.<br />

1454 giugno 15, Milano.<br />

Essendo Andrea da Commo, presente exibitore, allogiato alla hostaria dela Pieveta, gli<br />

é stato furato et tolto ducati xviiii. Pertanto volemo che, havuta questa, tu debii andare<br />

fin al <strong>di</strong>cto loco et hostaria, et sforzarte per ogne via et modo ad ti possibile de inquirere<br />

et circare tanto che se trovi questo malfactore, non gli mancando de <strong>di</strong>ligentia et<br />

solicitu<strong>di</strong>ne in veruno apto et al quale (a) Andrea, retrovandose che é stato il ladro, li<br />

faray restituire imme<strong>di</strong>ate li suoy <strong>di</strong>nari, et al malfactore ministraray rasone et iustitia.<br />

Me<strong>di</strong>olani, xv iunii 1454.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue sia depennato.<br />

1551<br />

Francesco Sforza, rimproverato Teseo da Spoleto per la sua indolenza nell’incassare i denari<br />

delle tasse, gli rinnova l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> attendere con sollecitu<strong>di</strong>ne a tale riscossione, tenuto presente<br />

il suo grande bisogno <strong>di</strong> denaro.<br />

1454 giugno 14, Milano.<br />

415v Theseo da Spoleto, nuy se dolemo de te perché ne pare che tu usi grande<br />

negligentia et tardeza in rescotere quelli denari delle taxe et in fare quello che tu hay<br />

havuto in commissione da nuy, che certo a nuy é molto molesto et hormay ne<br />

rencresce el scrivere tanto sopra questa materia. Et perché pur siamo astrecti da gran<br />

bisogno, como tu say, <strong>di</strong>cemo de novo et comman<strong>di</strong>amoti che con ogne via possibile<br />

debii dare opera al rescodere <strong>di</strong>cti denari, facendo che ogniuno paghi senza più<br />

intermissione de tempo. Me<strong>di</strong>olani, xiiii iunii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

1552<br />

Francesco Sforza comanda a Pietro Giovanni de Camereno e agli armigeri della sua squadra <strong>di</strong><br />

desistere dal <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>re agli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Teseo, espressione della volontà ducale, e,<br />

conseguentemente, gli ripete <strong>di</strong>i trasferirsi dove gli é stato or<strong>di</strong>nato.<br />

In simile forma si é scritto agli armigeri della squadra <strong>di</strong> Raboto e <strong>di</strong> Bartolomeo de Mantello<br />

(1454 giugno 14, Milano).<br />

Petro Iohani de Camereno, necnon armigeriis de eius squadra.<br />

Non possiamo se non maravigliarse, imo dolerse assay de ti che, essendote or<strong>di</strong>nato<br />

per Theseo, nostro cancellero, che te removi da quello lozamento et va<strong>di</strong> dove luy te ha<br />

or<strong>di</strong>nato, tu faci oppositione et recusi de farlo; in che te accade grande imputatione<br />

perché presumi desobe<strong>di</strong>re quello che de mente nostra te é stato commandato. Et<br />

pertanto, per questa nostra, te <strong>di</strong>cemo, coman<strong>di</strong>amo che, recevuta questa, debii<br />

exequire quanto per luy te é stato or<strong>di</strong>nato et comandato. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

In simil forma scriptum fuit armigeris de squadra Rhaboti et Bartholomei de Mantello.<br />

Cichus.


1553<br />

Francesco Sforza scrive al podestà, comune e uomini <strong>di</strong> Borgonovo <strong>di</strong> non tollerare che non si<br />

curino <strong>di</strong> eseguire quello che ha loro imposto Teseo da Spoleto, suo cancelliere, circa la<br />

sistemazione dei cavalli. Comanda pure a loro <strong>di</strong> provvedere al pagamento delle tasse che<br />

ancora devono, perché, altrimenti, li farà riscuotere a loro spese.<br />

Nelle stesso giorno furono fatte lettere credenziali a Marco Corio per il podestà e uomini <strong>di</strong><br />

Ripalta, per il podestà e uomini <strong>di</strong> Vailate, podestà e uomini <strong>di</strong> Treviglio, commissario <strong>di</strong><br />

Geradadda, podestà, comune e uomini <strong>di</strong> Caravaggio,<br />

podestà e uomini <strong>di</strong> Fontanella, podestà e uomini <strong>di</strong> Antignago.<br />

Potestati, comuni et hominibus Burginovi.<br />

(1454 giugno 14, Milano).<br />

Non possiamo se non maravigliarsi et dolerse pur assai de vuy perché, essendove<br />

or<strong>di</strong>nato et comandato per Theseo, nostro cancellero, alcuna cosa circha lo allozare<br />

quelli nostri cavalli, 4<strong>16</strong>r vuy presumati desobe<strong>di</strong>rlo et farve beffe <strong>di</strong> suoi<br />

commandanenti; ve avisamo che per una cosa non poteresti fare la più molesta et<br />

quella che più ne potesse despiacere. Et perché nostra intentione non é de sofrire tale<br />

renitentia, ve <strong>di</strong>cemo così che subito debiati exequire quanto per luy ve é stato<br />

or<strong>di</strong>nato; altramente, sentendone più querella, nuy ce provederemo in modo che a vuy<br />

non serà grato. Simelmente ve <strong>di</strong>cemo che debiati subito provedere al pagamento delli<br />

<strong>di</strong>nari dele taxe che vuy restati ad dare senza <strong>di</strong>mora, altrimenti nuy circaremo de fairli<br />

rescodere ale spese vostre. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

Die suprascripto.<br />

Facte fuerunt littere credentiales in personam Marchi Coyri,<br />

potestati et hominibus Rippalte,<br />

potestati et hominibus Vaylate,<br />

potestati et hominibus Trivilii,<br />

commissario Glareabdue, potestati, comuni et hominibus Caravagii,<br />

potestati et hominibus Fontanelle et<br />

potestati et hominibus Antignagi.<br />

1554<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al milite Stefano da Casate, capitano della Lomellina, che se le cose<br />

stanno come gli hanno fatto presente Giacomo e fratelli, gentiluomini Torti, a nome dei<br />

gentiluomini <strong>di</strong> Gambarana che, cioé, essi non sono tenuti a contribuire per le tasse dei cavalli e<br />

per altri oneri per i beni che hanno in quel territorio, perché già vi provvedono, come citta<strong>di</strong>ni, a<br />

Pavia, considerato, in particolare, che per i loro beni quei <strong>di</strong> Gambarana non sopportano alcun<br />

danno. Detti beni furono esclusi da Niccolò Arcimbol<strong>di</strong>, Pietro Cotta e Simonino Ghiglino<br />

dall’estimo <strong>di</strong> quella terra.<br />

1454 giugno 14, Milano.<br />

Domino Stefano de Casate, militi Lumelline capitaneo.<br />

Iacomo et fratelli, gentilhomini <strong>di</strong> Torti, se sonno gravati da nuy che, ad instantia delli<br />

gentilhomini da Gambarana, gli voleti astrengere ad contribuire le taxe <strong>di</strong> cavalli et altri<br />

carighi per alcuni beni che hanno nel territorio de Gambarana, <strong>di</strong>cendo loro non dovere<br />

per <strong>di</strong>cti beni debitamente contribuire con loro, ma con la cità de Pavia, como cita<strong>di</strong>ni,<br />

et segondo voleno li statuti d’essa cità, eo maxime che <strong>di</strong>cti da Gambarana per <strong>di</strong>cti<br />

beni non vengono ad supportare damno alcuno, né carigo, perché <strong>di</strong>cti beni foreno una<br />

volta exclusi per domino Nicolò Arcimboldo, Petro Cotta et Simonino Ghiglino<br />

dal’extimo d’essa terra, como se offeriscono de provare. Pertanto ve comettiamo et<br />

volimo 4<strong>16</strong>v che a <strong>di</strong>cti gentilhomini, se così é, non debiati dare più impazo per questa<br />

rasone, et ogne novità facta contra loro la revocati; et se alcuno se sentisse agravato


de questo, se recorra dal nostro Consiglio de iustitia, quale gli administrarà rasone.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, xiiii iunii 1454.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

1555<br />

Francesco Sforza comanda al podestà, comune e uomini <strong>di</strong> Caselle <strong>di</strong> por fine agli eccessi<br />

(taglio <strong>di</strong> erbe, furto <strong>di</strong> legna e, quel che é peggio, ferimento <strong>di</strong> loro uomini), dei quali si<br />

lamentano quelli <strong>di</strong> Castelnovo. In particolare vuole che il podestà intervenga per far restituire<br />

quanto é stato tolto e, inoltre, gli or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> mandare, entro <strong>di</strong>eci giorni, due uomin per<br />

accompagnare il commissario da lui scelto per incontrarsi lì con quello eletto dal duca <strong>di</strong><br />

Modena per risolvere la vertenza fra quelli <strong>di</strong> Castelnovo e loro.<br />

1454 giugno 15, Milano.<br />

Potestati, communi et hominibus Castellarum.<br />

Non senza grave lamenta de quelli da Castelnovo habiamo inteso che contra de loro et<br />

suoi beni haveti facto fare et faceti molte grande novitate, cioé in segarli l’herbe et<br />

biave, torgli le legne et, quod deterius est, ferire de loro, le quale cose, siando vere, ne<br />

pareno assay deshoneste et ne sonno moIto despiaciute, né le vogliamo per alcuno<br />

modo tollerare. Pertanto ve comman<strong>di</strong>amo che omnino ve abstenati da ogne molestia<br />

et novità contra li pre<strong>di</strong>cti homini et suoi beni et ti, potestà, obviarà ad simile scandalo<br />

per quello megliore modo che te parerà, et faray restituire le cose tolte, et mandati qui<br />

duy homini, fra dece dì al più tardo che ve parerà, per condure quello commissario,<br />

quale nuy deputaremo venga lì per retrovarse con quello, quale ha electo illustre ducha<br />

de Modena per levare la <strong>di</strong>fferentia vertente tra li pre<strong>di</strong>cti da Castelnovo et vuy, la<br />

quale, per via de amicabile compositione o per rasone, deliberamo che penitus se leve<br />

quanto più presto sia possibile. Data Me<strong>di</strong>olani, xv iunii 1454.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

1556<br />

Francesco Sforza comunica agli stipen<strong>di</strong>ati e a quanti sono a Caselle <strong>di</strong> aver avuto ancora<br />

lamentele dal governatore e dagli uomini <strong>di</strong> Castelnovo per gli atti da loro commessi contro <strong>di</strong><br />

loro e i loro beni, come tagliare erbe e biade e commettere ferimenti. Impone loro la restituzione<br />

<strong>di</strong> quello che hanno preso e <strong>di</strong> guardarsi in futuro dal commettere simili soprusi, perché,<br />

altrimenti, avrebbero <strong>di</strong> che pentirsi.<br />

(1454 giugno 15, Milano).<br />

417r Stipen<strong>di</strong>atis et omnibus existentibus in Caselli.<br />

Per molte vie, et mò novamente per lamento et querella del governatore et homini de<br />

Castelnovo, havemo inteso li deshonesti mo<strong>di</strong> et deportamenti quali haviti usati et tuto<br />

volta usati con loro et suoi beni, cioé in segarli herbe, biave et ferirli de loro, dela<br />

qualcosa havemo gran<strong>di</strong>ssimo despiacere et se retrovamo malcontenti de vuy. Pertanto<br />

volimo et ve coman<strong>di</strong>amo, per quanto haveti cara la gratia nostra che, havuta questa,<br />

gli faciati integra restitutione de tute quello che havessevo tolto, che non gli manchi<br />

niente, et da qui inanzi guardateve che per modo alcuno non incorrati più in simili<br />

inconvenienti perché ve daressemo ad intendere che faressevo male ad tenere simili<br />

mo<strong>di</strong> et non obe<strong>di</strong>re nostri comandamenti. Data ut supra.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

1557<br />

Francesco Sforza scrive a magistro Pietro da Como, ingegnere ducale, d’aver inteso dal suo<br />

cameriere Giovanni Pietro da Lo<strong>di</strong> della sua <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> avere la strada un po’ elevata nel<br />

mezzo. Si <strong>di</strong>ce d’accordo che or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> lasciare la strada concava nel mezzo<br />

in modo che l’acqua scorra sotto la “chiavega”.


Magistro Petro de Cumo, ingeniario nostro.<br />

(454 giugno 15, Milano).<br />

Havemo inteso quanto n’ha referito da toa parte Zohanopetro da Lode, nostro<br />

camerero, circa quello te mandassemo a <strong>di</strong>re per luy de far che la strata che tu aconzi<br />

fusse nel mezo uno pocho relevata. Et pertanto nuy semo contenti che tu segui<br />

secundo hay or<strong>di</strong>nato de fare, cioé lassare la strata concava nel mezo, aciòche tuta a<br />

uno tracto possa corere l’aqua socto la chiavega. Data ut supra.<br />

Leonardus<br />

Iohannes.<br />

1558<br />

Francesco Sforza ringrazia Tiberto Brandolini per averlo informato che Gaspare da Cannedelo é<br />

stato “stravestito” dal conte Giacomo, che Ludovico é andato in terre venete, e che Achille se<br />

l’intende con i fuorusciti. Procuri <strong>di</strong> percepire qualcosa d’altro e a comunicargliela..<br />

Magnifico domino Thiberto Brandolino.<br />

(1454 giugno 15, Milano).<br />

Havemo inteso quello n’haveti scripto de quello haveti sentito de Gaspare da<br />

Cannedelo, quale é stato stravestito dal conte Iacomo, et similmente del’andata de<br />

domino Lodovico in le terre della signoria, et dela intelligentia ha domino Achile con li<br />

forausiti, et cetera; circa la qual cosa non accade altra resposta se non che ve<br />

commen<strong>di</strong>amo deli avisi quali n’haveti dati et ve caricamo che vogliati stare attento a<br />

presentire qualche cosa più ultra, et de tuto ne dagati noticia. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1559<br />

Francesco Sforza prende atto della <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> Sanguinolo della Somaglia a sorvegliare il<br />

passaggio del Po e gli altri passi attraverso i quali si fanno fro<strong>di</strong> <strong>di</strong> sale con grande danno delle<br />

gabelle e della Camera ducale. Lo investe dell’ autorità <strong>di</strong> proibire e indagare tali fro<strong>di</strong> contro<br />

chiunque passi senza licenza.<br />

Dalle scoperte che farà, otterrà quella quota che consentono i decreti ducali.<br />

417v Sanguinolo de Somalia.<br />

1454 giugno 17, Milano.<br />

Havemo inteso quanto tu n’hai facto <strong>di</strong>re et significare delle molte fraude de sale et<br />

d’altre cose per lo passare del Po lì appresso la Somalia contra li or<strong>di</strong>ni et decreti nostri,<br />

che cede in grande detrimento delle gabelle et Camera nostra, proferendote tu ad<br />

guardare quello et anche l’altri passi in modo che per l’avenire non serano commissi<br />

simili frau<strong>di</strong>, et commettendose ne faray pentire li fraudatori; dela qual cosa te<br />

coman<strong>di</strong>amo et rengratiamo et remanemo molto contenti che tu vogli pigliare questa<br />

cura. Et ex nunc te commettemo, et per tenore dela presente te <strong>di</strong>amo piena possanza<br />

et auctoritate de prohibere, inquirere et vetare simile (a) fraude et de procedere contra<br />

qualunque quale se trovarà andare et passare senza legitime lettere o licentia, et contra<br />

l’or<strong>di</strong>ni et decreti nostri, intendendo nuy che dele inventione farai iuri<strong>di</strong>camente te sia<br />

data quella parte che <strong>di</strong>spone li or<strong>di</strong>ni et decreti nostri; et per questo volimo che de<br />

quanto te accaderà, farene avisi per toe lettere. Data Me<strong>di</strong>olani, xvii iunii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue auctoritate depennato.<br />

1560<br />

Francesco Sforza vuole che Giuseppe da Cortona gli man<strong>di</strong>, sotto scorta <strong>di</strong> 25 uomini <strong>di</strong> lì,<br />

Giuliano da Pisa e Marchesino Spelta da lui detenuti.


In un’altra lettera s’é detto che vengano consegnati in mano <strong>di</strong> Pisanello.<br />

Magistro Ioseph de Cortona.<br />

(1454 giugno 17, Milano).<br />

Havemo recevuta la toa lettera et inteso quanto ce scrivi de quelli Iuliano da Pisa et<br />

Marchisino Spelta, et cetera, quali hay lì destenuti. Volemo che subito, recevuta questa,<br />

como per altra te habiamo scripto questa matttina, ce li man<strong>di</strong> qua da nuy<br />

accompagnati cum xxv homini de quella terra per modo si consigneno qui a<br />

salvamento; et questo non manchi. Data ut supra.<br />

Andreas.<br />

Scriptum fuit in alia littera, ut consignarentur in manibus Pisanelli.<br />

1561<br />

Francesco Sforza informa Francesco Giorgio delle lagnanze del citta<strong>di</strong>no Bassan Quintero,<br />

alloggiato in una possessione, sopra l’uomo d’arme ducale Matteo Schiavo per i fasti<strong>di</strong> che<br />

costui gli dà. Il duca or<strong>di</strong>na a Francesco <strong>di</strong> trovare altrove un alloggiamento comodo per Matteo.<br />

418r Francisco Georgo.<br />

1454 giugno <strong>16</strong>, Milano.<br />

Bassan Quintero, nostro cita<strong>di</strong>no de lì, ha mandato da nuy ad condolerse che, essendo<br />

allogiato ad una possessione su Mattheo Schiavo, nostro homo d’arme, gli dà danno et<br />

descontio assay per modo che (a) li torna in gran<strong>di</strong>sssimo manchamento. Il perché<br />

volemo, et così te comettemo debbi levare de lì subito <strong>di</strong>cto Mattheo assignandoli<br />

altrove allogiamento comodo, dove luy possa stare; et questo non manchi per quanto<br />

hay cara la gratia nostra. Data Me<strong>di</strong>olani, xvi iunii 1454.<br />

Andreas.<br />

(a) Segue li depennato.<br />

1562<br />

Francesco Sforza accusa ricevuta delle lettere del podestà <strong>di</strong> Pavia con cui gli notifica <strong>di</strong> avere<br />

fatto imprigionare il pavese Bartolomeo Piacentino per le offese fattegli e sconvenienti all’ufficio<br />

che ricopre. Siccome detto Bartolomeo si é, poi, portato, pentito, a scusarsi dal duca, questi<br />

sollecita il podestà a perdonare questa volta questo suo amico.<br />

Potestati Papie.<br />

(1454 giugno <strong>16</strong>, Milano).<br />

Havemo recevuto le vostre lettere et inteso quanto ne scriveti de Bartholomeo<br />

Piasentino, cita<strong>di</strong>no de quella nostra cità, el quale facesti sostenire, havendove luy <strong>di</strong>cto<br />

parole mancho cha honeste et non conveniente alo offitio vostro, qual intendemo et<br />

volemo sia honorato como la persona nostra propria; <strong>di</strong>cemo che vuy facesti molto<br />

bene et ve commen<strong>di</strong>amo, siando vero quanto ne scriveti, come siamo certi. Ma siando<br />

subinde venuto <strong>di</strong>cto Bartholomeo a nuy, et con bone parole excusandose et<br />

parendone ch’el sia malcontento de havere facto quello non doveva, et havendoli nuy<br />

<strong>di</strong>cto quanto ne é parso, siamo contenti et volimo, siando quello bono cita<strong>di</strong>no et nostro<br />

amico che l’é, che voi gli perdonati per questa fiata et gli remetiati ogni fallo sequito per<br />

questa cagione, havendolo et reputandolo per vostro amico et <strong>di</strong>cendoli humanamente<br />

che voglia vivere a modo honesto et bene, como siamo certi farà, per dare bono<br />

exemplo al’altri che vivano con modestia et in hobe<strong>di</strong>entia. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1563<br />

Francesco Sforza fa sapere al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che il lo<strong>di</strong>giano Bernardo Saco é cre<strong>di</strong>tore <strong>di</strong><br />

una certa somma <strong>di</strong> denari dal lo<strong>di</strong>giano Pietro Codacioi. Se questi non lo sod<strong>di</strong>sfa, egli é<br />

nell’impossibilità <strong>di</strong> onorare le altre sue obbligazioni e, in particolare, quelle con il castellano.Il


duca vuole che il luogotenente, convocati quelli che si devono e accertato il cre<strong>di</strong>to <strong>di</strong> Bernardo,<br />

amministri giustizia con procedura sommaria.<br />

Locuntenenti Laude.<br />

1454 giugno 17, Milano.<br />

Ne ha significato Bernardo Sacho, cita<strong>di</strong>no de quella nostra cità, che é cre<strong>di</strong>tore d’una<br />

certa quantità de <strong>di</strong>nari de Petro Codacio, etiam nostro cita<strong>di</strong>no de lì, et che, non gli<br />

potendo consequire, non potrà ancora luy satisfare ad altri suoi cre<strong>di</strong>tori, et maxime al<br />

nostro castellano lì, del quale <strong>di</strong>ce essere debitore, 418v rechiedendone proinde che gli<br />

faciamo fare ragione. Per la qual cosa volimo et ve comettemo che, vocatis vocan<strong>di</strong>s et<br />

intellectis iuribus partium, constandone del vero cre<strong>di</strong>to d’esso Bernardo, astringati il<br />

<strong>di</strong>cto Petro, suo debitore, per omnia iuris reme<strong>di</strong>a a farili el debito, summarie simpliciter<br />

et de plano sine strepitu et figura iu<strong>di</strong>cii, cavillationibus, et cetera. Data Me<strong>di</strong>olani, xvii<br />

iunii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1564<br />

Francesco Sforza informa i marchesi <strong>di</strong> Varzi, il podestà, il comune e gli uomini del posto che il<br />

prete Antonio da Cecina, arciprete <strong>di</strong> quella pieve, é andato da lui con tutti i suoi <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong>sposto a<br />

obbe<strong>di</strong>re a quanto gli verrà or<strong>di</strong>nato. Vuole, perciò, che non si faccia nulla contro <strong>di</strong> lui, né per il<br />

beneficio, stando in attesa della decisione ducale.<br />

Or<strong>di</strong>na all’altra parte <strong>di</strong> portarsi da lui con tutte le sue riven<strong>di</strong>cazioni.<br />

1454 giugno 18, Milano.<br />

Marchionibus Varcii et potestati, comuni et hominibus ibidem.<br />

Perché prete Antonio da Cecina, arciprete de quella pieve, é venuto da nuy cum le<br />

raxione sue; et per obe<strong>di</strong>re quanto per nuy serrà or<strong>di</strong>nato, volemo, non obstante cosa<br />

scripta in contrario, per lo passato non si faccia novitate alcuna contra de luy, né con il<br />

pre<strong>di</strong>cto beneficio fino non scrivamo altro perché, vedute le rasone sue, ordenaremo<br />

quanto se haverà a fare. Interea, habiate cura et advertentia che scandali non se<br />

commectano, deli quali seressemo malcontenti; et cussì dariano ad avedere ad cui ne<br />

fusse casone. Me<strong>di</strong>olani, xviii iunii 1454. Facendo commandamento ad l’altra parte che<br />

subito venga qui da nuy cum le sue raxone. Data ut supra.<br />

Cichus.<br />

1565<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> convocare Giovanni Terrazo, che riven<strong>di</strong>ca la<br />

restituzione della sua roba, data in deposito a Bassano de Marzi e a sua moglie, che ora sono<br />

renitenti alla restituzione. Intesi i <strong>di</strong>ritti delle parti, renda giustizia sommaria a Giovanni<br />

costringendo i coniugi a ridare quanto hanno avuto in deposito.<br />

Locuntenenti Laude.<br />

1454 giugno 18, Milano.<br />

Ne ha facto significare con querella Iohanne Terrazo che, havendo luy fiducialmente<br />

depositato apresso Bassano de Marzi et sua mogliera certa sua robba, et deinde<br />

repetendola, non la pò havere, rechiedendone proinde gli prove<strong>di</strong>amo de opportuno<br />

reme<strong>di</strong>o iuris, quo me<strong>di</strong>ante, possa conseguire la robba sua. Per la qual cosa volimo<br />

che, vocatis vocan<strong>di</strong>s et intellectis iuribus partium, faciati ragione summaria a <strong>di</strong>cto<br />

Iohanne, constringendo li prefati Bassano et soa mogliere ad restituirli la robba sua, s’é<br />

vero che gly fi depositata, et venga ad essere restituita de iure. Me<strong>di</strong>olani, xviii iunii<br />

1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


1566<br />

Francesco Sforza conferma a Bongiovanni Zerbo, referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, <strong>di</strong> aver preso atto della<br />

spesa superflua <strong>di</strong> 10 lire imperiali per la guar<strong>di</strong>a del galeone Barbota, dei piati e dei retrovar<strong>di</strong>.<br />

Vuole che, con la partecipazione del luogotenente, faccia restituire il naveto <strong>di</strong> un retrovardo al<br />

proprio padrone, mentre dell’altro farà come gli pare, riducendo la spesa <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a al minimo.<br />

(1454 giugno 18, Milano).<br />

419r Domno Boniohanni Zerbo, referendario Laude.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere et inteso quanto ne scriveti de quella spesa superflua<br />

de lire x imperiali per la guar<strong>di</strong>a del galeone Barbota piati et retrovar<strong>di</strong>; et parendone<br />

che la sia così, como scriveti, siamo contenti et volemo che con partecipatione del<br />

nostro locotenente lì faciati restituire il naveto del’uno <strong>di</strong> retrovar<strong>di</strong> al patrone de che l’é<br />

et del’altro faciati quanto ve pare, reducendo etiam<strong>di</strong>o la spesa dela guar<strong>di</strong>a a quello<br />

meno se potrà. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1567<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> desistere dall’ostinato suo rifiuto <strong>di</strong> restituire<br />

all’ebreo lo<strong>di</strong>giano Isacco Aberlino le cose sue, delle quali gli aveva già or<strong>di</strong>nato la riconsegna.<br />

Locuntenenti Laude.<br />

(1454 giugno 18, Milano).<br />

Isacho Aberlino, ebreo, in quella nostra cità, ne <strong>di</strong>ce che vuy gli havite retenute alcune<br />

soe cose, quale non gli voleti restituire; del che se maravigliamo perché, como sapeti,<br />

nuy pur ve or<strong>di</strong>nassemo che gli dovesti fare restituire ogne cosa. Pertanto de novo ve<br />

<strong>di</strong>cemo et coman<strong>di</strong>amo che, havuta questa, subito gli faciati restituire ogne soa cosa<br />

per modo che de ciò non ne sentiamo più querella, la quale ne seria molestissima. Data<br />

ut supra.<br />

Leonardus.<br />

Cichus.<br />

1568<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al capitano <strong>di</strong> Casteggio <strong>di</strong> muoversi ad andare a prendere l’uomo<br />

d’arme della squadra <strong>di</strong> Leonardo Scolino, chiamato Lorenzo da Pavia, che da quin<strong>di</strong>ci giorni si<br />

é sistemato in casa <strong>di</strong> Antonio Saffo da Basilica mangiando a ufo. Né basta, un suo famiglio gli<br />

ha rubato una cavalla e un puledro e ha condotto le bestie in casa dell’uomo d’arme. Vuole che<br />

detto Lorenzo faccia restituire le due bestie, risarcisca Antono <strong>di</strong> quel che lui e i suoi hanno<br />

mangiato a scrocco <strong>di</strong> Antonio e non venga rilasciato senza licenza del duca , che, in aggiunta,<br />

ammonisce il capitano che, se non ottempererà a quanto impostogli, tutto ricadrà su <strong>di</strong> lui.<br />

Capitaneo Ciastigy.<br />

1454 giugno 19, Milano.<br />

É stato da noy Antonio Saffo da Basilicha, portatore de questa, dolendose che, già<br />

sonno quin<strong>di</strong>ci dì, che in casa sua é allogiato uno homo d’arme della squadra de<br />

Lionardo Scholino, quale se domanda Lorenzo da Pavia, al quale continuamente gl’é<br />

convenuto fare et fa le spese, et, non obstante questo, uno suo famiglo gl’à furato<br />

novamente una cavalla et uno polledro, et conducto ad casa del <strong>di</strong>cto homo d’arme; et<br />

benché esso Antonio ne habbia facta lamenta al <strong>di</strong>cto homo d’arme, (a) non gli l’à però<br />

facto restituire, anzi el mena per parole. La quale cosa, havendo noy exosa quanto <strong>di</strong>re<br />

se possa, te comettemo et volemo che senza <strong>di</strong>mora, receuta la presente, va<strong>di</strong> ad<br />

pigliare <strong>di</strong>cto homo d’arme et lo metti in presone et facci che restituischa al <strong>di</strong>cto<br />

Antonio la <strong>di</strong>cta cavalla et pollegro, et gli paghi integramente 419v tuto quello ha<br />

magnato del suo, luy et li soy; et non <strong>di</strong> mancho non lo relassi poy senza nostra


speciale licentia. Et questo fa che non manchi per niente, perché, non lo facendo, lo<br />

farimo pagare ad ti. Data Me<strong>di</strong>olani, xviiii iunii 1454.<br />

Antonius.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue et bench’esso depennato.<br />

1569<br />

Francesco Sforza rimprovera podetà, consoli e uomini <strong>di</strong> San Nazzaro per non aver fatto<br />

sloggiare i soldati che abusivamente sono alloggiati lì e continuano a far danni. Or<strong>di</strong>na a quelli <strong>di</strong><br />

San Nazzaro <strong>di</strong> farsi risarcire dei danni subiti e che si liberino anche con la forza, qualora si<br />

opponessero, dei soldari che hanno i loro alloggiamenti altrove.<br />

(1454 giugno 19, Milano).<br />

Potestati, consuli et hominibis terre Sancti Nazarii.<br />

Per altre lettere ve é stato scripto che dovesti pigliare quelli soldati stanno lì a darve<br />

rencrescimento et danezarvi, et farvi restorare deli damni a vuy dati, perché <strong>di</strong>cti soldati<br />

non sonno deputati lì per logiamenti, anze gli sonno stati et stanno contra l'or<strong>di</strong>ne et<br />

mente nostra; et pur non haveti facto. Del che pur ne maravigliamo et denuo ve<br />

comettiamo che statim gli debiati pigliare et farve pagare et satisfare deli damni dati;<br />

altramente non imputaremo se non vuy, et crederemo che vuy li tegnati a casa de<br />

vostra voglia. Ulterius volimo et ve comettemo che debiati licentiare tuti quelli soldati<br />

stanno logiati lì che non hanno el logiamento lì, e siano che vogliono, <strong>di</strong>cendoli che<br />

vadano ali loro logiamenti deputati; et quando non gli vogliono andare, caciariteli per<br />

forza. Et de queste cose sopra<strong>di</strong>cte non aspectate altre lettere da nuy; anze exequeriti<br />

quanto habiamo <strong>di</strong>cto per quanto haveti cara la gratia nostra. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1570<br />

Francesco Sforza risponde ad Andrea Dandolo, provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema, e ai locali provve<strong>di</strong>tori<br />

del sale che gli hanno denunciato che quei <strong>di</strong> Soncino hanno costretto i cavallanti che<br />

trasportavano il sale a dare garanzia <strong>di</strong> pagare 14 sol<strong>di</strong> per ogni cavallata. Il duca riba<strong>di</strong>sce la<br />

sua determinazione <strong>di</strong> osservare i capitoli della pace e fa loro avere copia <strong>di</strong> quello attinente al<br />

sale, ove si considera l’esenzione dai pagamenti per il sale destinato all’uso della Signoria. Dal<br />

che si evince che per quello che si consuma dai sud<strong>di</strong>ti s’ha da pagar dazio.<br />

(1454 giugno 19 Milano).<br />

420r Andree Dandulo, provisori Creme ac provisoribus super sale ibidem.<br />

Havemo recevuto una vostra, data a xviii del presente, et inteso quanto in essa se<br />

contenne del sale, quale facevati condure da Bressa lì et deli nostri da Soncino, quali<br />

hanno astrecti li cavallanti che lo conducevano a dare securtà de pagare per lo datio<br />

sol<strong>di</strong> quator<strong>di</strong>ci per cavallata, et cetera; ala quale respondendo, <strong>di</strong>cemo ch’é nostra<br />

firma intentione et totale <strong>di</strong>spositione de observare li capitoli dela pace, et non<br />

contrafargli in cosa alcuna; et così se trovarà con effecto. Ma perché <strong>di</strong>ceti che <strong>di</strong>cto<br />

sale non é obligato a pagamento de dacio, come cosa che non specta ad altri che ala<br />

vostra illustrissima signoria, nuy havemo veduto et facto vedere li capituli dela pace, et<br />

maximame quello che pertene a questa materia. Et perché forse non seti bene informati<br />

dela continentia d’esso, ve ne man<strong>di</strong>amo una copia qui inclusa, quale <strong>di</strong>ce così che per<br />

le cose d’essa signoria non se paghi cosa alcuna, essendo per uso d’essa signoria. In<br />

conclusione el parere nostro sì é questo: ch’el <strong>di</strong>cto sale debbe pagare datio perché<br />

non é conducto per uso d’essa signoria, nì per munitione dele forteze soe, ma per uso<br />

de sub<strong>di</strong>ti suoi che l’ànno a comprare et mangiare in Crema e Cremasca. Et vedendo<br />

bene lo <strong>di</strong>cto capitulo, siamo certi che iu<strong>di</strong>cariti ancora vuy che per lo <strong>di</strong>cto sale se<br />

debia pagare datio. Dat ut supra.<br />

Irius.<br />

Cichus.


1571<br />

Francesco Sforza, siccome fa condurre da Cremona a Pavia due suoi galeoni, or<strong>di</strong>na al<br />

luogotenente e al podestà <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> dare ai “patroni” <strong>di</strong> detti galeoni tutti gli uomini<br />

necessari per trasferirli da Piacenza ad Arena Po.<br />

In simile forma scrive al podestà e agli uomini <strong>di</strong> Arena per il trasferimento da Arena a Pavia.<br />

Locuntenenti et potestati Placentie.<br />

(1454 giugno 19 Milano).<br />

Perché nuy facemo condure da Cremona ad Pavia duy nostri galeoni, volimo ali patroni<br />

che serano in li <strong>di</strong>cti galeoni vuy dati tuti quelli navaroli bisognano, et como da loro<br />

sereti rechiesti per condurli da Piacenza ad Arena; et in questo fa che non sia alcuno<br />

fallo. Data Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Cichus.<br />

Persanctes.<br />

In simili forma potestati et hominibus Arene pro conducendo ipsos ex Arene Papiam.<br />

Cichus.<br />

1572<br />

Francesco Sforza rinfaccia all’ufficiale, al comune e agli uomini <strong>di</strong> Borgonovo l’accanita<br />

resistenza opposta all’or<strong>di</strong>ne del suo cancelliere Teseo <strong>di</strong> accettare i cavalli che gli aveva<br />

mandato. Il duca riba<strong>di</strong>sce l’or<strong>di</strong>ne e comanda che, dopo la sistemazione dei cavalli, man<strong>di</strong>no da<br />

lui due dei loro uomini.<br />

1454 giugno 18, Milano.<br />

420v Officiali, comuni et hominibus Burginovi.<br />

Per un’altra vostra ve scripsemo dolendose et admirandose molto dela inobe<strong>di</strong>entia<br />

usata verso li comandamenti a vuy facti per Theseo, nostro cancellero, circha lo<br />

acceptare li cavalli, quali luy ve haveva mandati, comandandove che con ogni presteza<br />

dovesti exequire quanto per vuy ve fosse or<strong>di</strong>nato et comandato; et per quanto havemo<br />

inteso, pare che habiati usato più renitentia et inobe<strong>di</strong>entia che may, quale a nuy é<br />

molestissima quanto più <strong>di</strong>re se possa; et de quella ne prendemo più despiacere che<br />

de cosa hormay ne podesse accadere, et quella deliberamo omnino non comportavila.<br />

Per la qual cosa, imprimis, per questa nostra, avvisandove de questa nostra<br />

deliberatione, ve <strong>di</strong>cemo et coman<strong>di</strong>amo che debiati allozare <strong>di</strong>cti cavalli che <strong>di</strong>cto<br />

Theseo ve ha or<strong>di</strong>nato, et exequire promptamente et senza exceptione ogne suo<br />

comandamento, certificandove che se vuy mancariti in cosa alcuna nuy ve ne faremo<br />

pentire; et questo ve basta. Et perché cre<strong>di</strong>ati che questo sia de nostra mente, havemo<br />

voluto sottoscrivere la presente de nostra propria mano. Apresso volimo che da poy<br />

haveriti allozati <strong>di</strong>cti cavalli, man<strong>di</strong>ati subito duy homini da nuy per intendere quanto nuy<br />

gli <strong>di</strong>remo. Data Me<strong>di</strong>olani, xviii Iunii 1454.<br />

Franciscus Sforza manu propria.<br />

Cichus.<br />

1573<br />

Francesco Sforza redarguisce Rizardo de Avenione per non aver ottemperato al suo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

sgrossare la legna prima del suo trasporto causando, così, la rottura <strong>di</strong> sette carri, che ora gli<br />

toccherebbe pagare.<br />

421r Rizardo de Aveniono.<br />

1454 giugno 20, Milano.<br />

Tu te deveresti recordare che, quando te comettessemo la conducta del ligname, te<br />

<strong>di</strong>cessimo principalmente che facesti sgrossare li ligni al bosco aciò fusseno più legieri<br />

da condurre; se tu l’ay facto tu lo say, et anche noy sapemo che per non l’havere voluto<br />

fare, tu ha facto rompere et spezare sette delli nostri carri; del che non ne meraviglano


perhò che sempre tu voy fare a tuo modo et non al nostro. Per la qual cosa te <strong>di</strong>cemo<br />

così che anchora li potressi pagare et basta. Data Me<strong>di</strong>olani, xx iunii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1574<br />

Francesco Sforza comanda al capitano della Lomellina <strong>di</strong> fargli sapere perché al suo consigliere<br />

Pietro Visconti ha assegnato per la tassa 24, anziché <strong>16</strong> cavalli per la sua terra <strong>di</strong> Gropello,<br />

come é avvenuto soprattutto negli ultimi tre anni e contro la <strong>di</strong>sposizione delle lettere ducali.<br />

Capitaneo Lomeline.<br />

1454 giugno 20, Milano.<br />

Se é agravato con noy el spectabile cavalero misser Petro Vesconte, nostro<br />

<strong>di</strong>lectissimo consiliero, che, et potissimum li tri anni proximi passati, la sua terra de<br />

Cropello, non ha pagato per taxa de cavalli se non se<strong>di</strong>ci, cioé <strong>16</strong> cavalli; et mò fi<br />

constrecto a pagare per cavalli vintiquattro, cioé 24, che a luy non pare honesto, né<br />

ragionevele, anci contra el dovere et contra el tenore delle nostre lettere, alias<br />

superinde scriptura. Per la qual cosa volimo che subito ne avisate per vostre lettere se<br />

così é, como luy <strong>di</strong>ce, et anche della cagione che gli sia facta tale gionta. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, xx iunii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1575<br />

Francesco Sforza informa Sagramoro da Parma e gli armigeri della sua squadra del gran<strong>di</strong>ssimo<br />

malcontento della gente del posto per il taglio da loro fatto dell’avena e del frumento.Vuole che<br />

subito sloggino da Zelo e vadano dove é stato loro <strong>di</strong>sposto.<br />

(1454 giugno 20, Milano).<br />

Segramoro de Parma et armigeris de eius squadra.<br />

Havemo havuto gravissima lamenta delli deportamenti vostri che sonno, segondo<br />

siamo informati, assay sinistri et rencrescevole in tagliare le biave, cioé avene et<br />

formenti in total destructione delli sub<strong>di</strong>ti nostri. E pertanto volimo et ve coman<strong>di</strong>amo<br />

che subito ve debiati levare da lì da Zelo, et andare al camino vostro segondo ve é<br />

stato or<strong>di</strong>nato; altramente ne scorozanmo con vuy in modo che seriti malcontenti. Data<br />

ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1576<br />

Francesco Sforza assicura Teseo da Spoleto <strong>di</strong> avere, con la lettera allegata, or<strong>di</strong>nato al<br />

capitano della cittadella, Benedetto da Corte, <strong>di</strong> fornirgli la polvere e i verrettoni che gli<br />

abbisognano, munizioni che lui rimpiazzerà a carico <strong>di</strong> quelli della Val <strong>di</strong> Nure, causa <strong>di</strong> tale<br />

spesa. Il duca vuole che li sistemi per bene in modo da non ricorrere ancora a detti mezzi.<br />

Tiberto Brandolino <strong>di</strong>ce che si possono convincere con buone parole. Lui parla così perché ha<br />

avuto i suoi denari, mentre Giovanni da Tolentino e gli altri non hanno ottenuto nulla.<br />

421v Theseo de Spoleto.<br />

1454 giugno 20, Milano.<br />

Rispondendo ad quanto ne scrive de veretoni et polvere te mancha, et cetera, <strong>di</strong>cemo<br />

che per l’aligata nuy scrivemeo ad Bene<strong>di</strong>cto da Corte, nostro capitaneo della citadella,<br />

che te debia dare tuti quelli veretoni et polvere che tu gli rechiederay; siché ve<strong>di</strong> de<br />

exequire prudentemente et con solicitu<strong>di</strong>ne quanto habiamo or<strong>di</strong>nato, facendo per<br />

modo questa volta che un’altra volta non ne bisogni venire a questo, et che se gli pigli<br />

et daghi uno perpetuo fine et or<strong>di</strong>namento. Messer Thiberto ha scripto qua che se


vogliano pigliare con bone parole, et cetera, <strong>di</strong>cemo che luy ha havuto li suoi <strong>di</strong>nari, ma<br />

domino Iohanne da Tolentino et li altri nostri non hanno havuti li suoi; siché vogli<br />

omnino exequire quanto t’havemo or<strong>di</strong>nato. Volimo anchora che tu remetti dentro della<br />

citadella nostra de Piasenza altratanti veretoni et polvere che tu haverai dal nostro<br />

capitaneo d’essa citadella ad spesa de quelli de Valle de Nuro, che sonno rasone de<br />

fare questa spesa; et questo non manchi per niente, advisandote che non lo facendo, te<br />

faremo pagare ad ti ogne cosa. Data Me<strong>di</strong>olani, xx iunii 1454.<br />

Zanninus.<br />

Cichus.<br />

1577<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Benedetto de Curte, capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza, <strong>di</strong><br />

consegnare al cancelliere ducale Teseo tutti i verrettoni e la polvere da schioppo o da bombarda<br />

che richiede, tenendo conto <strong>di</strong> tutto, perché dovrà esere completamente rimpiazzato.<br />

Si é scritto al podestà <strong>di</strong> Mortara <strong>di</strong> far restituire il ragazzo fuggito <strong>di</strong> Andrea <strong>di</strong> Calabria.<br />

(1454 giugno 20, Milano).<br />

Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo citadelle nostre Placentie.<br />

Volimo che tu daghi ad Theseo, nostro cancellero, tuti quelli veretoni et polvere da<br />

schiopeti o da bombarda che luy te recercharà ad ciò possa exequire quanto l’habiamo<br />

or<strong>di</strong>nato, tenendo ben conto de tuto quello gli daray, perché te faremo remettere ogne<br />

cosa .Data ut supra.<br />

Zanninus.<br />

Cichus.<br />

422r Scriptum fuit potestati Mortarii quod faciat restituire quendam regacium fugitivum<br />

Andree de Calabria omni prorsus exceptione remota. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1578<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al milite Manfrino Beccaria <strong>di</strong> risarcire all’uomo d’arme ducale Andrea<br />

da Calabria il ronzino morto nelle mani dei suoi famigli. Il prezzo sarà fissato dagli uomini<br />

d’arme. Se Manfrino avrà qualcosa da riven<strong>di</strong>care da Andrea, gli sarà fatta giustizia.<br />

Domno Manfrino de Beccaria, militi.<br />

(1454 giugno 20, Milano).<br />

É stato da nuy Andrea da Calavria, nostro homo d’arme, el quale se grava d’uno suo<br />

roncino perito et morto nele mane <strong>di</strong> vostri famigli, como per altre nostre haviti inteso et<br />

domandane la emenda d’esso. Subinde é sopragiunto Rufenino da Corte, vostro<br />

procuratore, et intesi tuti duy tandem se é venuto a questa conclusione, cioé che vuy<br />

comunemente et senza veruna exceptione gli debiati pagare il ronzino quello pretio<br />

serà extimato da quelli homini d’arme et valenthomini conoscerano el cavallo. Et così<br />

ve confortiamo et caricamo vogliati fare, prorsus exceptione remota; et se da esso<br />

Andrea ve pretenderiti havere cosa alcuna, per qual rasone se voglia, e doman<strong>di</strong>ate<br />

ragione, ve sarà facta interamente. Ma primo é determinato pagate el ronzino, como é<br />

sopra <strong>di</strong>cto; et così faciti. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1579<br />

Francesco Sforza fa presente al capitano della Lomellina <strong>di</strong> non volere che genti d’arme, prive <strong>di</strong><br />

alloggiamenti in Lomellina, stazionino lì: siano cacciati via anche con la forza, ma si lascino<br />

coloro che hanno lì moglie o case loro.<br />

(1454 giugno 20, Milano).


Capitaneo Lumelline.<br />

Nostra intentione non é, né volimo che alcune gente d’arme, quali non habiano <strong>di</strong><br />

or<strong>di</strong>natione nostra logiamento in Lomellina, per alcuno modo gli debiano stare. Pertanto<br />

volimo et ve commettemo che subito, ala receputa de questa, debiati fare dare licentia<br />

a tuti che se partino e vadano ali suoi logiamenti deputati; et non volendose partire, fatili<br />

cazare per forza; et a questo non manchati per quanto haveti ad caro la gratia nostra.<br />

Ben ve <strong>di</strong>cemo che, trovandose lì alcuni, li quali havessero mogliera o loro case<br />

proprie, et per lor stare non dasessavo spesa ale nostre comunitate, gli debiati lassare<br />

stare, intendendo etiam che non faciano rencrescimento a veruno et stagano con<br />

benivolentia de li suoi vicini. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1580<br />

Francesco Sforza vuole che il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> amministri giustizia con rito sommario al<br />

balestriere ducale Bartolomeo Schiavo che si porta lì per realizzare alcuni suoi (cre<strong>di</strong>ti).<br />

422v Locumtenenti Laude.<br />

1454 giugno 21, Milano.<br />

Vene li Bartholomeo Schiavo, nostro balestrero, quale <strong>di</strong>ce havere alcuni (cre<strong>di</strong>ti) con<br />

alcuni de quella nostra cità, como da luy intenderti. Pertanto ve comettiamo et volimo<br />

che, havute le parte da vuy, gli ministrati rasone summaria, et cetera, per modo ch’el<br />

non habia stare lì ad spendere la roba sua sopra l’hostaria. Data Me<strong>di</strong>olani, xxi iunii<br />

1454.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Cichus.<br />

1581<br />

Francesco Sforza rimprovera ser Facino da Fabriano per aver fatto esattamente l’opposto <strong>di</strong><br />

quel che gli aveva raccomandato e, cioé, <strong>di</strong> aver fatta l’ambasciata a donna Luchina in assenza<br />

<strong>di</strong> quelli <strong>di</strong> Voghera e <strong>di</strong> San Giovanni. Non vuole, tuttavia, che si sposti <strong>di</strong> lì, ma solleciti l’arrivo<br />

<strong>di</strong> Filippo e del compagno perché, dopo aver inteso con quali intenti sono arrivati, gli <strong>di</strong>rà che<br />

avrà da fare.<br />

Ser Facino de Fabriano.<br />

(1454 giugno 21, Milano).<br />

Havemo inteso quanto ne scrivi del modo hay tenuto circa quello che te mandassemo;<br />

ad che, ad commmendatione tua, respondemo che tu hay facto tuto ad reverso de<br />

quello che nuy te comissemo, perché say bene che nuy te <strong>di</strong>cessemo non dovessi fare<br />

ambassiata alcuna ad madona Luchina che non gli fossero presenti queli de Voghera et<br />

quelli da Sanzohanne; et tu gli l’ay facta che non gli é stato nisuno de loro, secundo<br />

comprendemo nel tuo scrivere. Siché, poi che così é, ne pare et volimo che non te movi<br />

de lì, ma che soliciti el venire de domino Filippo et del compagno perché, poi che<br />

haveremo inteso con que effecto venirano, te chiariremo ciò che haveray a fare de fare<br />

l’ambassiata o non. Data ut supra.<br />

Iohannes Chiapanus.<br />

Iohannes.<br />

1582<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce a Teseo da Spoleto che, se dopo aver letta la lettera <strong>di</strong> Tiberto<br />

Brandolini, ritiene che quello che egli suggerisce sia il miglior modo per ottenere i denari<br />

da quelli della Val <strong>di</strong> Nure che non quello <strong>di</strong> andarvi con la gente d’arme,<br />

faccia come Tiberto suggerisce.<br />

(1454 giugno 21, Milano).


Theseo de Spoleto.<br />

Dal magnifico domino Thiberto havemo havuto la lettera, quale te man<strong>di</strong>amo qui<br />

inclusa, la quale, poi che haverai bene intesa, volimo che, parendote che sia megliore<br />

via de retrare il <strong>di</strong>naro da quelli de Valledenura, questa de che se fa mentione (in) <strong>di</strong>cte<br />

lettere che lo andare tuo là con gente d’arme, et vedendo de havere tale et sì facte<br />

securtate, 423r che sii securo ad li termini havere li <strong>di</strong>nari et anche, essendo li termini<br />

honesti et con consentimento de quelli ad chi sonno assegnati, faci quanto in essa<br />

lettera se contene, intendendote sopra ciò col prefato domino Thiberto perché, quanto<br />

più humanamente se fanno queste cose, non preiu<strong>di</strong>cando al facto nostro, nuy siamo<br />

più contenti. Data ut supra.<br />

Iohannes Chiapanus.<br />

Iohannes.<br />

1583<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al condottiero ducale Orlan<strong>di</strong>no da Martinengo o <strong>di</strong> pagare ad Apollonio<br />

da Brescia il cavallo che ha preso da lui o <strong>di</strong> restituirglielo nell’ottimo stato in cui glielo <strong>di</strong>ede,<br />

ricordandogli che é con quel cavallo che Apollonio si portò da lui per cose importantissime per<br />

lo stato sforzesco.<br />

(1454 giugno 21, Milano).<br />

Orlan<strong>di</strong>no de Martinengo, armorum ductori nostro.<br />

S’é doluto con nuy Apollonio da Bressa <strong>di</strong>cendo che tu gli hay tolto uno cavallo, il quale<br />

gli prometesti de pagarlo, et mo’ tu te fay beffe de luy et pare non gli pagare. Et perché<br />

<strong>di</strong>cto Apolonio, quando venne da nuy con <strong>di</strong>cto cavallo, venne per cose de gran<strong>di</strong>ssima<br />

importantia al stato nostro, volimo che tu prove<strong>di</strong> de pagare in ogne modo el <strong>di</strong>cto<br />

cavallo ad esso Apolonio, overo che gli restitueray il <strong>di</strong>cto cavallo sano, galiardo como<br />

luy te lo dede; et prove<strong>di</strong> in modo che non habiamo più querella de questa cosa. Data<br />

ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Iohannes.<br />

1584<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che dopo aver letto quanto lui gli ha scritto <strong>di</strong><br />

fra’ de Mei, taverniere, lo avverta <strong>di</strong> portarsi facendo capo dal cancelliere ducale Giacomo<br />

Filippo Malombra.<br />

In detto giorno si é scritto a fra’ de Meis Fornario, taverniere presso Lo<strong>di</strong> sulla strada <strong>di</strong><br />

Sant’Angelo perché vada dal duca, presentandosi dal cancelliere ducale Giacomo Malombra.<br />

Locuntenenti Laude.<br />

(1454 giugno 21, Milano).<br />

Inteso quanto ne haveti scripto della informatione havuta del fra’ de Mei, tavernaro, et<br />

volendo nuy vederlo et cognoscerlo, volimo che lo moniati ch’el venga da nuy e facia<br />

capo a Iacomo Filippo Malumbra, nostro cancellero, como etiam<strong>di</strong>o gli scrivemo per<br />

l’aligata ,quale gli farite presentiare. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

Die supraqscripto. Scriptum fuit fra’ de Meis Fornario, tabernario prope Laude super<br />

strata Sancti Angeli, quod veniat ad dominium et quod presentet se coram Iacobo<br />

Malumbre. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


1585<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Francesco Giorgio <strong>di</strong> lasciare del tutto <strong>di</strong>sponibile la sua stanza a<br />

Cristoforo Squintano<br />

423v Francisco Georgio. (a)<br />

1454 giugno 21, Milano.<br />

Nostra intenione é et volimo che debii relaxare liberamente vacua et expe<strong>di</strong>ta la sua<br />

stantia a Christoforo Squintano perché non é ragionevele, né iusto che luy debia<br />

supportare el sinstro d’essa; lasegla aduncha, et sopra ciò non aspectare altre nostre<br />

lettere. Data ut supra.<br />

(a) Precede il destinatario: <strong>di</strong>e xxi iunii.<br />

1586<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che si é chiarito che la comunità non deve<br />

pagare la pigione della stanza a Francesco Giorgio per cui questi deve lasciar libera la stanza a<br />

Cristoforo Squintano in modo che non abbia a sopportare quel fasti<strong>di</strong>o per la sua casa.<br />

Locumtenenti nostro Laude.<br />

(1454 giugno 21, Milano).<br />

Siamo chiariti che quella nostra comunità non é obbligata pagare la pexone dela stantia<br />

a Francisco Zorzo. Et parendone ancora che Christoforo Squitano non debia luy portare<br />

quello sinistro del sua casa, volimo et ve comettemo che subito debiati fare che <strong>di</strong>cto<br />

Francisco Zorzo vacua et libera la soa casa a <strong>di</strong>cto Christoforo. Et non manchi;<br />

altramente, havendone altra lamenta, non imputaremo se non vuy. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1587<br />

Francesco Sforza raccomanda, quantunque lo ritenga superfluo, ad Andrea Dandolo,<br />

provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema, il milanese Leonardo Lampugnano che si porta a Crema per ottenere i<br />

molti cre<strong>di</strong>ti che ha lì.<br />

Domino Andree Dandulo, provisori Creme.<br />

(1454 giugno 21, Milano).<br />

Il nobile Leonardo da Lampugnano, notro cita<strong>di</strong>no milanese, vene là a Crema per<br />

consequire alcuni cre<strong>di</strong>ti quali <strong>di</strong>ce havere lì et in notabile quantità. Et benché nuy ne<br />

ren<strong>di</strong>amo certissimi che non gli mancharà ragione, como non mancaria, né mancarà<br />

may a veruno deli vostri apresso nuy, pur ve l’havemo voluto recomandare per quanto<br />

porta la iustitia et honore vostro, maxime circa la celere expe<strong>di</strong>tione; et havemolo<br />

gratissimo, offerendone ad similia et maiora per qualunque vostro. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1588<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà <strong>di</strong> Geradadda intervenga perché il suo cameriere Gicomo<br />

da Corte e suo fratello, figli del quondam de Cavalchinis da Corte possano,<br />

sentite le parti, realizzare i considerevoli cre<strong>di</strong>ti che hanno con quella comunità e con persone<br />

avvalendosi della procedura sommaria.<br />

424r Potestai nostro Glareabdue.<br />

(1454 giugno 21, Milano).


Iacomo da Corte, nostro carissimo camorero et suo fratello, fioli quondam de<br />

Cavalchinis da Corte, ne hanno significato che sonno cre<strong>di</strong>tori de quella comunità et<br />

anche de singulare persone de notabile quantità de <strong>di</strong>nari per <strong>di</strong>verse et varie casone,<br />

como più a pieno seray informato da loro, o da uno d’essi; et non potendo consequire il<br />

dovere loro ne domandano gli prove<strong>di</strong>amo de opportuno reme<strong>di</strong>o et ragione, quo<br />

me<strong>di</strong>ante, vegnano ad essere satisfacti. Per la qual cosa volimo et te (a) commettemo<br />

che, vocatis vocan<strong>di</strong>s et intellectis iuribus partium, faci rasone summaria, simpliciter, et<br />

cetera, ita che <strong>di</strong>cti fratelli exponenti infra più breve termine sia possibile consequiscano<br />

el debito loro pagamento. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) te corretto su ve.<br />

1589<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> consentire che Stefano da Razi abbia la<br />

licenza, finora rifiutatagli, per il mulino che vuole da Lo<strong>di</strong> alla villa sul Tarco presso Cavenago,<br />

purché non pregiu<strong>di</strong>chi alle entrate.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1454 giugno 22, Milano.<br />

É stato qua da nuy Stefano da Razi <strong>di</strong>cando che vole da Lode ala villa sul Tarcho<br />

apresso Cavenago, uno suo molino, et che vuy non gli haveti voluto dare licentia,<br />

donde ve <strong>di</strong>cemo che, non essendo preiu<strong>di</strong>tio ad quella nostra comunità, gli lo possa<br />

condure, havendo però bona advertentia che non preiu<strong>di</strong>casse ale intrate et al facto<br />

nostro. Me<strong>di</strong>olani, xxii iunii 1454.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

1590<br />

Francesco Sforza, ricordato al familiare ducale Giovanni da Pavia che non tollera gli atti da lui<br />

compiuti nell’entrare in casa e cacciando fuori i parenti del detenuto famiglio ducale Giuliano da<br />

Pisa, gli comanda <strong>di</strong> andarsene via dalla casa <strong>di</strong> Giuliano,<br />

consegnandola con ogni cosa alla sorella della moglie <strong>di</strong> Giuliano.<br />

Iohanni de Papia, faimilari nostro.<br />

(1454 giugno 22, Milano).<br />

Assai ne siamo maravigliati de ti intendendo li mo<strong>di</strong> hai servati in intrare in casa de<br />

Iuliano da Pisa, nostro famiglio qui destenuto, et cazare fora li suoi et fare como te é<br />

parso; et te avisamo che nuy non siamo apti ad comportare questo et delle altre cose<br />

che tu fay, como say bene che nuy sapemo. Pertanto te <strong>di</strong>cemo per questa che tu debii<br />

subito, havuta questa, levarti de casa de Iuliano et ogne cosa lassare et consignare ala<br />

sorella della mogliere de Iuliano et ali suoi, che non manchi niente. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

1591<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà <strong>di</strong> Treviglio <strong>di</strong> far avere all’uomo d’arme ducale Cristoforo da<br />

Forlì la giornea <strong>di</strong> velluto alessandrino che al tempo della rotta <strong>di</strong> Caravaggio lasciò in mano<br />

della madre <strong>di</strong> Americo Corda, che poi questi e i suoi fratelli portarono. Non potendola restituire,<br />

Americo e i fratelli ne compensino il valore.<br />

424v Potestati Trivilii.<br />

1454 giugno 22, Milano.<br />

Christoforo da Forlì, nostro homo d’arme, presente portatore, n’ha <strong>di</strong>cto che per fino ala<br />

rotta de Caravazo lassò in quella terra in mano della madre de Americo Corda una soa


zorneya de veluto alexandrino quale ha poi luy et li suoy fratelli havuta, et luy non la pò<br />

havere. Pertanto volimo che , provando luy essere così como n’ha <strong>di</strong>cto, astrengi <strong>di</strong>cto<br />

Americo et fratelli ad restituirli la soa zorneya, o ad pagarla, expe<strong>di</strong>endolo presto senza<br />

littigio, facendo però in modo che niuno se possa iustamente lamentare. Me<strong>di</strong>olani, xxii<br />

iunii 1454.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.<br />

1592<br />

Francesco Sforza<br />

Si é scritto al provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema in risposta alla sua lettera per il ragazzo <strong>di</strong> Giovanni<br />

Simonetta fuggito a Vercelli che man<strong>di</strong>no a Vercelli, dove lo si toverà.<br />

Nel suddetto giorno si é scritto a donna Luchina dal Verme <strong>di</strong> far restituire il suo ragazzo fuggito<br />

da Battista da Napoli.<br />

(1454 giugno 22, Milano).<br />

Scriptum fuit provisori Creme respondendo litteris suis pro facto regacii qui aufugit a<br />

domino Iohanne Simonecta Vercelles quod mittant Vercellas ubi inveniat ipsum<br />

vestitum, quod libenter fecissemus illum sibi restitui ni aufugisset. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

Die suprascripto, scriptum fuit magnifice domine Luchine de Verme quod debeat facere<br />

restituere regacium suum Baptiste de Neapoli quia aufugit ab ipso.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

1593<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> investigare bene la cosa per cui Giacomo e<br />

Bettino Brognolo da Calvisano si lamentano <strong>di</strong> voler essere tassati <strong>di</strong> tre ducati dai dazieri per il<br />

bestiame con cui si sono portati a lavorare nel Lo<strong>di</strong>giano.<br />

425r Referendario Laude.<br />

1454 giugno 22, Milano.<br />

Se lamentano Iacomo et Bettino Brognolo da Calvisano che, essendo loro vegnuti da<br />

Calvisano in Lodesana con loro bestiame ad lavorare certe possessioni, per i datiarii de<br />

quella nostra cità voglono essere astrecti a pagare tre ducati per lo <strong>di</strong>cto bestiame; el<br />

che pare contra ogni equità. Pertanto volemo che voy inten<strong>di</strong>ati questa cosa et<br />

prove<strong>di</strong>ati non li sia facto contra rasone, anzi piutosto siano ben tractati, considerato<br />

che sono forestieri. Data Me<strong>di</strong>olani, xxii iunii 1454.<br />

P.Antonius.<br />

Iohannes.<br />

Si é concesso licenza al referendario suddetto <strong>di</strong> assentarsi dal suo ufficio per 15 giorni.<br />

Concessa est licentia referendario suprascripto quod se absentare ab offitio suo<br />

<strong>di</strong>erum xv spatio, itu, mora et re<strong>di</strong>tu computatis. Data ut supra.<br />

Cichus.<br />

1594<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> far restituire dai parenti il ragazzo, che é fuggito<br />

dall’uomo d’arme ducale Matteo da Fermo portando via della sua roba, oppure <strong>di</strong> costringerlo a<br />

restituire quello che ha portato via.<br />

Potestati Papie.<br />

1454 giugno 22, Milano.<br />

Ne <strong>di</strong>ce Mateo da Fermo, nostro homo d’arme, presente exibitore, alli dì passati<br />

essergli fugito uno suo ragazo de quella nostra cittade, como da luy intenderiti, il quale


gli ha portato via la robba sua. Pertanto ve cometimo et volimo che, havuta questa,<br />

habiati il patre o parenti d’esso ragazo li quali stringeti, overo ad restituire il suo ragazo<br />

al <strong>di</strong>cto Mateo, overo ad satisfargli la robba soa, como ne pare debito et ragionevele;<br />

ma in questo procedeti per modo <strong>di</strong>cto Mateo non habbia ad stare ad spendere lì alla<br />

hostaria. Me<strong>di</strong>olani, duie xxii ianuii 1454.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

1595<br />

Francesco Sforza scrive al podestà e al capitano <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> provvedere che il milanese<br />

Giovanni Corio non abbia a spendere ancora dell’altro danaro per essere sod<strong>di</strong>sfatto dei grossi<br />

cre<strong>di</strong>ti che vanta da Ruffino Pichelo e da Giovanni Catelano renitenti a pagarlo.<br />

Potestatie et capitaneo Placentie.<br />

1454 giugno 22, Milano.<br />

Per altre nostre lettere, date Me<strong>di</strong>olani vi presente, ve scripsemo che, facendose il<br />

nobile Iohanne Coyro, nostro cita<strong>di</strong>no Milanese, cre<strong>di</strong>tore de Roffino Pichelo et Iohanne<br />

Catellano de assay notabile quantità de <strong>di</strong>nari, et non li potendo luy conseguire per loro<br />

renitentia, gli facessemo ragione summaria, como più largamente se contene in esse<br />

ale quale se riferimo. Et perché n’ha facto significare denuo che pur se rendeno <strong>di</strong>fficili<br />

<strong>di</strong>cti suoi debitori ad satisfarlo in grande suo damno et spese 425v asai, havendo a<br />

littigare fora de casa sua, volimo et ve commettemo ancora che gli servati tal modo che<br />

gli faciano il debito per quanto se gli trovano obligati de ragione, non lo tenendo più in<br />

tempo, né impiado. Data Me<strong>di</strong>olani, xxii iunii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1596<br />

Francesco Sforza scrive al podestà e al capitano <strong>di</strong> Piacenza perché pongano fine al lamentato<br />

vagabondare dei soldati, fatto anche in accordo con quelli che gli devono dare alloggio. Vuole<br />

che facciano trattenere i soldati nei posti loro stabiliti, punendo con il carcere i <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enti che<br />

non devono essere rilasciati se non dopo aver risarcito i danni da loro causati.<br />

Potestati et capitaneo Placentie.<br />

Si é scritta la stessa cosa a Teseo da Spoleto<br />

(1454 giugno 22, Milano).<br />

Per li nostri fideli cita<strong>di</strong>ni et conta<strong>di</strong>ni de Piasenza ne é stato facto gran<strong>di</strong>ssima lamenta<br />

che le nostre gente d’arme che debbano stare in li loro logiamenti statuiti et or<strong>di</strong>nati,<br />

non gli stanno, anze vanno vagabondando, anche qui, domane che lì, tributando questo<br />

e quello et componendose con quelli, quali meritatamente gli debbono dare lozamento,<br />

perché non gli stiano a casa; la qual cosa a nuy é molestissima ultra modo. Et pertanto<br />

volimo et ve commettemo che per ogne modo, via debati ponere tal or<strong>di</strong>ne che così non<br />

se facia, anze ogni homo stia ne lor termini et logiamenti statuiti; et se veruno<br />

contrafarà et partirasse damnezando veruno nostro sub<strong>di</strong>to, volimo che lo faciati<br />

pigliare et incarcerare, da non essere relaxato se primo non haverà satisfacto et<br />

emandato li damni dati. Et a questo meteti tale <strong>di</strong>ligentia che ne sentiamo novella. Data<br />

ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

Similiter scriptum fuit Theseo se Spoleto.<br />

1597<br />

Francesco Sforza comunica al podestà e al capitano <strong>di</strong> Piacenza che i deputati alle faccende <strong>di</strong><br />

quella città si sono lagnati perché alcuni cercano <strong>di</strong> attirare sotto la propria giuris<strong>di</strong>zione terre<br />

che giuri<strong>di</strong>camente spettano alla città. Tra gli altri si citano donna Luchina dal Verme e il conte


Pietro, suo figlio, che tengono castelli, terre e luoghi non compresi nei privilegi loro accordati o<br />

che non risultano in possesso del defunto conte Luigi dal Verme al tempo della morte <strong>di</strong> Filippo<br />

M. Visconti. Tali luoghi devono essere accorpati alla città e, a loro sicurezza, invia una<br />

attestazione della conferma da lui, duca, fatta a donna Luchina e al conte Pietro.<br />

426r Potestati et capitaneo Placentie.<br />

(1454 giugno 22, Milano).<br />

Havendone più fiate facto lamenta li deputati ale facende de quella nostra comunità che<br />

sonno alcuni quali gli usurpano la loro iuris<strong>di</strong>cione, atribuendose et tirando a sé alcune<br />

terre quale doveriano, iuris merito, contribuire con la cità, siando suoi proprii membri,<br />

che cede in grave preiu<strong>di</strong>tio, damno et vergogna d’esse, allegando fra li latri la mgnifica<br />

madona Luchina del Verme et il conte Pedro, suo fiolo, che gli usurpano, segondo lor<br />

<strong>di</strong>cono, de molte terre che doveriano contribuire ala cità. Et volendo occorrere a questo<br />

per tolere ogni iusta casone de lamenta ala <strong>di</strong>cta nostra comunità de Piasenza, volimo,<br />

et per la presente ve commettemo che, facta <strong>di</strong>ligente investigazione, trovando che la<br />

prefata magnifica madona Luchina et il conte Pedro, suo fiolo, tegnano alcuno castello,<br />

terra, villa o luogo che non se contengano in li loro privilegii et confirmatione, aut che<br />

non tenesse et possidesse il magnifico quondam (a) conte Aluysio dal Verme nel tempo<br />

dela morte del’illustrissimo quondam duca Filippo Maria, nostro socero, le debiate<br />

aprehendere a nostro nome et unirli con la cità, omni prorsus exceptione et<br />

contra<strong>di</strong>tione remota. Et per qualche evidentia de melio intendere quanto é <strong>di</strong>cto de<br />

sopra, ve man<strong>di</strong>amo introclusa una particula delle confirmatione per nuy concesse ali<br />

prefati magnifica madona Luchina et conte Petro. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

(a) quondam in interlinea.<br />

1598<br />

Teseo da Spoleto comunica a Francesco Sforza che la prima assegnazione a Evangelista<br />

Savello é stata <strong>di</strong> lire 9.690. Nei giorni scorsi con una lettera, sottoscritta Francesco, gli si<br />

comandava <strong>di</strong> dare a Giovanni da Tolentino se non fino a una certa somma e ad Evangelista<br />

fino a lire 6.490, pur avendo già percepite lire 6.623, cioé 133 lire in più. Gli é ora arrivato il suo<br />

cancelliere con una lettera sottoscritta Francesco con la quale gli si or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> pagare<br />

Evangelista. Detto cancelliere insiste sul totale pagamento, il che mette in imbarazzo Teseo, che<br />

non capise più se deve attenersi alla prima assegnazione, perché nella seconda Evangelista ha<br />

avuto, come detto, <strong>di</strong> più.<br />

Illustrissimo duci Me<strong>di</strong>olani.<br />

(1454 giugno 20, Piacenza).<br />

La prima assignatione ad Evanghelista Savello (é) facta su lire 9.690. Ali dì passati<br />

hebbe una lettera dela signoria vostra, signata Francisco, per la quale me comanda<br />

che, non obstante altre lettere, io non daghe ad domino Iohanne da Tollentino se non<br />

fine ad una certa quantità et ad Evanghelista fine in lire 6.490 et have già havite lire<br />

6.623, che venne havere havute lire 133 più. Mò é venuto con una lettera dela signoria<br />

vostra, signata pur Francisco, el 426v suo cancellero, per la quale la prefata signoria<br />

vostra me comanda debia spaciare el <strong>di</strong>cto Evanghelista; el cancellero domanda el<br />

compimento dela prima assignatione, io non l’ho voluto <strong>di</strong>re altro. Luy é homo che va<br />

troppo speculando per soctile, né li se ponno dare parole. Venne ala signoria vostra<br />

dolerse, ala quale supplico se degna avisarme se debio dare al <strong>di</strong>cto cancellero sula<br />

prima assignatione, perché per la secunda vene havere havuto più, como ho <strong>di</strong>cto,<br />

recomendandose sempre ala vostra signoria. Placentie, xx iunii 1454.<br />

Vestre illustrissime dominationis servus Theseus.<br />

1599<br />

Francesco Sforza risponde a Teseo da Spoleto in merito ai pagamenti da farsi al condottiero<br />

ducale Evangelista Savello precisandogli che a lui spettano in tutto lire 9690.<br />

1454 giugno 22, Milano.


Theseo de Spoleto.<br />

Havemo receputa una toa in la quale circ’al facto de Evanghelista Savello, nostro<br />

conductero, se contene tu havere havute certe nostre lettere, signate Francisco,<br />

continente che non dovessi dare al <strong>di</strong>cto Evanghelista se non ala somma de lire 6.490.<br />

Volimo per la presente et expressamente te coman<strong>di</strong>amo che, non obstante alcune<br />

nostre lettere facte in contrario, tu debii dare quanto più presto poi al <strong>di</strong>cto Evanghelista<br />

tuto il compimento dela soa assignatione, che é fin ala somma de lire 9.690, cioé lire<br />

viiii mila dc lxxxx imperiali, per modo non habia più casone darne moestia; e basta.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, xxi iunii 1454.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>00<br />

Francesco Sforza ringrazia Benedetto de Curte, capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza, per avergli<br />

ricordato che il tesoriere locale ha i denari riscossi per la riparazione del ponte <strong>di</strong> Pizzighettone.<br />

Gabriele da Narni, ufficiale ducale delle bollette <strong>di</strong> Cremona verrà o manderà a prendere detti<br />

denari, dei quali lui, Benedetto, farà l’opportuno mandato.<br />

1454 giugno 24, Milano.<br />

427r Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo citadelle Placentie.<br />

Ne piace il ricordo che ce hai facto de quelli <strong>di</strong>nari ha in sì el thexaurero lì, scossi per la<br />

reparatione del ponte de Pizleone, et ne comen<strong>di</strong>amo la <strong>di</strong>ligentia tua; havemo<br />

adunche scripto ad Gabriele da Narni, nostro officiale delle bollette de Cremona, che<br />

vegni od man<strong>di</strong> ad tuorli. Et così, venendo o mandando, con queste nostre lettere<br />

volimo tu gli li faci numerare subito dal <strong>di</strong>cto thexaurero, al quale siamo contenti faci il<br />

mandato opportuno, como tu ne scrive. Data Me<strong>di</strong>olani, xxiiii iunii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>01<br />

Francesco Sforza avverte Teseo a Piacenza che gli manderà Gabriele da Narni o un suo messo<br />

per ricuperare le 110 lire riscosse per la riparazione del ponte <strong>di</strong> Pizzighettone.<br />

Thexeo nostro Placentie.<br />

(1454 giugno 24, Milano).<br />

Siamo avisati che tu hay nele mano circa libre cx imperiali delli <strong>di</strong>nari che altra volta<br />

forono scossi per la reparatione del ponte de Pizguitone. Pertanto volimo che tu questi<br />

<strong>di</strong>nari li debii numerare ad Gabriel da Narni, nostro officiale delle bollette de Cremona, o<br />

ad ciascuno suo messo presente portatore, el quale l’ha ad spendere in certi nostri<br />

servicii; et in questo non sia exceptione, né contra<strong>di</strong>cione alcuna, né anche <strong>di</strong>mora.<br />

Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>02<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Teseo da Spoleto <strong>di</strong> desistere dal suo inten<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> volere<br />

sistemare sulle terre piacentine del conte Galeazzo e Onofrio de Anguissoli i 200 o 300 fanti <strong>di</strong><br />

Tiberto Brandolini. Vorrebbe conoscere ciò che lo spinge, con <strong>di</strong>spiacere dei suddetti Anguissoli,<br />

ad alloggiare lì detti soldati.<br />

Theseo de Spolito Placentie.<br />

1454 giugno 25, Milano.<br />

Ne é stato facto lamenta per parte deli spectabili conte Galeazo et Honofrio de<br />

Angussoli che tu voy allozare in quelle sue terre de Piasentina ducento, osia trecento,<br />

fanti <strong>di</strong> quelli del magnifico miser Thiberto; del che ne maravigliamo, perché non


sappiamo per quale casone tu vogli fare questo. Pertanto volemo che tu non li debbi<br />

allozare fanti veruni, né fargli alcuna novità per insino che nuy te scriveremo altro; et<br />

vogli subito avisarci dela casone che (a) te move ad alozar lì questi fanti lì. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, xxv iunii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue che depennato.<br />

<strong>16</strong>03<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce al condottiero ducale Tiberto Brandolini <strong>di</strong> essere certo che l’affetto verso<br />

<strong>di</strong> lui lo ha spinto a ricordargli il fatto dei castellani <strong>di</strong> Trezzo. In merito, poi, ai due<br />

<strong>di</strong> Varese provenienti da Roma, che furono derubati sulla strada <strong>di</strong> Piacenza,<br />

si congratula per il modo da lui usato per in<strong>di</strong>viduare i malviventi, perché, quanto ha fatto in<br />

merito a ciò, ridonda a onore suo e del duca<br />

1454 giugno 24, Milano.<br />

427v Magnifico domino Thiberto Brandolino, capitaneo armorum nostro.<br />

Havemo recevto la vostra lettera et inteso quanto ne scriveti circ’al facto de castellani<br />

da Trezo; <strong>di</strong>cimo ch’el ricordo vostro havemo havuto carissimo et non dubitamo, imo se<br />

rendemo certissimi che con perfecto et sincero amore ve siati mosso ad darne recordo.<br />

Non <strong>di</strong>cemo circa ciò altro, se non che gli faremo bono pensiero, como rechiede la<br />

natura della cosa. Ala parte de quelli duy da Varesio che venevano da Roma, quali<br />

sonno stati robbati, et cetera, et del modo che haveti pigliato per retrovare li malfactori,<br />

<strong>di</strong>cemo che per una cosa non ne poteressevo havere facto cosa che più ne fosse<br />

piaciuta che havere provato quello modo ne scriveti, et questo perché, siando vuy et<br />

nuy una cosa insieme, como siamo, et puoi, siando nominanza per tuto che li vostri<br />

sonno pur in quella strata de Piasenza, fareti intendere ogniuno che questo acto ne sia<br />

stato molestissimo, como siamo certi che é stato. Siché per quanto amore ne portati ve<br />

pregamo et confortiamo che con ogni stu<strong>di</strong>o et <strong>di</strong>ligentia, per honore vostro et ancora<br />

nostro, vogliati attendere a questo facto et ali malfactori, per exempio et terrore delli<br />

altri, dare quella castigatione et punitione che ve parerà sia conveniente ad uno tanto<br />

excesso et delicto. Data Me<strong>di</strong>olani, xxiiii iunii 1454.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>04<br />

Francesco Sforza scrive ai Rettori <strong>di</strong> Bergamo <strong>di</strong> avere per raccomandato il suo famiglio Pietro<br />

da Campagna, che si é portato da loro per il fatto <strong>di</strong> suo fratello Antonello.<br />

Dominis Rectoribus Pergmi.<br />

1454 giugno 25, Milano.<br />

El vene da vuy Petro da Campagna, nostro famiglio, presente exhibitore, per lo facto de<br />

Antonello, suo fratello, como intendereti da luy et como seti informati. Et pertanto ve<br />

confortiamo et pregamo che per nostro amore l’habiati recommandato; la qual cosa<br />

receveremo ad singulare piacere. Data Me<strong>di</strong>olani, xxv iunii 1454.<br />

Persantes.<br />

Iohannes.


<strong>16</strong>05<br />

Francesco Sforza si compiace con Filippo degli Eustachi che si muove con i galeoni<br />

verso Parma. Sistematili, provveda che siano messi lì e sistemati pronti per essere adoperati.<br />

Si é scritto ai suddetti Gracino e a Bartolomeo che facciano mettere in punto per essere<br />

adoperati i detti galeoni.<br />

In quel giorno si é scritto agli armigeri Burato da Caravaggio, Antonio da Napoli, Gotardo da<br />

Riva, Antonio Gavio, Antonio da Sannazzaro, Alessandro Farinanza e Saccomanno che si<br />

portino dal duca.<br />

Nel suddetto giorno si é scritto al podestà <strong>di</strong> Treviglio per la restituzione a Matteo, o a un suo<br />

messo con queste lettere, del ragazzo che era fuggito da lui.<br />

428r Filippo de Eustachio.<br />

1454 giugno 25, Milano.<br />

Havemo inteso como tu sey aviato cum quelli galeoni verso Parma, il che ne piace.<br />

Vogli spazarte prestissimo ad farli redure lì et volemo che tu li faci conzare che se<br />

possono operare et stiano in puncto; et per questo scrivemo ad misser Bartholameo da<br />

Correza che prove<strong>di</strong>no subito ad farli conzare et le lettere te man<strong>di</strong>amo qui alligate.<br />

Siché no gli perde tempo alcuno. Ex Me<strong>di</strong>olano, <strong>di</strong>e xxv iunii 1454.<br />

Cichus.<br />

Scriptum est domino Gracino et Bartolomeo suprascriptis quod aptari faciant <strong>di</strong>ctos<br />

galeones et in puncto poni per modum quod possint operari. Data ut supra.<br />

Cichus.<br />

Die suprascripto.<br />

Scriptum fuit Burato da Caravagio, Antonio de Neapoli, Gotardo de Rippa, Antonio<br />

Gavio, Antonio de Sanctonazario, Alexandro Farinanze et Sacomano, armigeris, quod<br />

veniant ad dominium.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

Die suprascripto.<br />

Scriptum fuit potestati Trivilii quod faciat restituere quendam regatium qui aufugit a<br />

magnifico Matheo de Capua ipsi magnifico Matheo, sive cuicumque eius nuntio, harum<br />

latori.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.<br />

<strong>16</strong>06<br />

Francesco Sforza scrive al podestà <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> aver inteso che il conte Giorgio d’Arcelli cerca<br />

<strong>di</strong> vendere dei beni che, però, spettano alla Camera ducale.Per questo motivo gli fa avere una<br />

lettera <strong>di</strong>retta al conte Giorgio, che vuole gli sia consegnata in presenza <strong>di</strong> notai e <strong>di</strong> testimoni<br />

or<strong>di</strong>nandogli <strong>di</strong> rispettare quanto in essa si <strong>di</strong>ce.<br />

Potestati Placentie.<br />

1454 giugno 25, Milano.<br />

Intendendo nuy ch’el conte Zorzo d’Arcelli circa de alienare li beni, quali tenne al<br />

presente et che spectano ala Camera nostra, como più largamente intenderiti per la<br />

copia della lettera che scrivemo al conte Zorzo qui alligata. Volimo che vuy man<strong>di</strong>ati<br />

428v per esso conte Zorzo et, in presentia de notarii et testimonii, vuy gli presentati la<br />

nostra lettera, comandandogli che voglia servare quanto gli scrivemo perché gli sarà<br />

utile et honore. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxv iunii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.


<strong>16</strong>07<br />

Francesco Sforza manda a Marco de Attendolis, luogotenente <strong>di</strong> Borgonovo, una lettera dello<br />

stesso tenore <strong>di</strong> quella inviata al podestà <strong>di</strong> Piacenza, in cui si riven<strong>di</strong>cano come beni della<br />

Camera ducale quelli che Giorgio d’Arcelli intende alienare. Mostri la lettera a quanti crede in<br />

modo che siano messi sull’avviso <strong>di</strong> quali beni si tratta.<br />

(1454 giugno 25, Milano).<br />

Marco de Attendolis, locuntenenti Burginovi.<br />

Havemo inteso che il conte Zorzo delli Arcelli circa de alienare li beni, quali luy tene et li<br />

quali spectano ala Camera nostra. Et perché non vogliamo che li suoi contracti faciano<br />

preiu<strong>di</strong>tio ale raxone dela Camera nostra, gli scrivemo una lettera del tenore incluso, la<br />

quale havemo mandata al nostro potestà de Piasenza che gli l’à presente; et te<br />

honestamente vogli notificare questa nostra voluntà ad quelle persone che te parerano,<br />

acioché le siano avisati de non fare alcuno contracto sopra li beni ch’el tene. Data ut<br />

supra. Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>08<br />

Francesco Sforza ammonisce il conte Giorgio de Arcellis che il suo proposito <strong>di</strong> vendere i suoi<br />

beni é sbagliato, perché non ha nessuna possibilità autonoma <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporne, siccome essi sono<br />

stati confiscati dalla Camera ducale al tempo <strong>di</strong> Filippo Maria Visconti e successivamente da lui,<br />

duca. E’, invece, intenzione del duca <strong>di</strong> consentire che ne beneficino, vita natural durante, sia<br />

lui che suo fratello, alla cui morte la sua porzione s’accorperà alla sua per essere poi il tutto<br />

riassorbito dalla Camera ducale alla sua scomparsa, siccome lui non ha figli. Sappia che,<br />

attualmente, ogni alienazione <strong>di</strong> tali beni senza la licenza ducale é ex nunc, prout ex tunc, nulla<br />

e tutto avverrà a danno del compratore e sua.<br />

Comiti Georgio de Arcellis.<br />

1454 giugno 25, Milano.<br />

Nuy havemo inteso che vuy procurati, overo a suggestione de alcuni ve seti mosto ad<br />

volere vendere et alienare delli beni, quali vuy teneti de presente; la qual cosa a nuy<br />

non pare ben facta, né etiam tolerabile, perché vuy sapeti <strong>di</strong>cti beni et possessione che<br />

vuy teniti sonno nostre per essere stati longo tempo, pleno iure, applicate et confiscate<br />

ala Camera del quondam illustrissimo nostro patre et socero, et successive ala Camera<br />

nostra. 429r Et per lo amore et affectione quale havemo portato et portiamo ala Casa<br />

vostra, remanemo contenti lassarle a vostro fratello et a vuy et remettervi ambi duy vuy<br />

in casa et in possessione d’essi, con <strong>di</strong>spositione et iuris<strong>di</strong>ctione che li dovesti tenere et<br />

goldere in vita vostra; et essendo morto vostro fratello, et remasto vuy senza fioli, como<br />

vuy seti, sapeti <strong>di</strong>cti beni, decedendo vuy, recadeno ala Camera nostra. N’é parso de<br />

avisarve, adunque, che a nuy non piace che vuy faciati ven<strong>di</strong>te, alienatione, né altro<br />

contracto de <strong>di</strong>cti beni, imo ne pare debiati conservarli et circarli de bonificare perché<br />

cederà in vostro honore. Et così per questa ve <strong>di</strong>cemo et coman<strong>di</strong>amo, certificandove<br />

che, facendo vuy ven<strong>di</strong>te, alienatione, o altro contracto de <strong>di</strong>cti beni, o d’alcuni d’essi<br />

senza nostra expressa licentia, nuy intenderimo, et così intendemo <strong>di</strong>cte ven<strong>di</strong>te,<br />

alienatione, o altro contracto ex nunc, prout ex tunc, essere nulle et seu nullo; et faremo<br />

perdere li <strong>di</strong>nari al compratore, et a vuy faremo delle cose che ve despiacerano. Data ut<br />

supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.


<strong>16</strong>09<br />

Francesco Sforza informa Antonio Eustachio, capitano generale della flotta sforzesca, <strong>di</strong> avere<br />

or<strong>di</strong>nato che i due galeoni che stavano a Cremona siano trasferiti lì, siccome intende servirsene<br />

sul Po verso Valenza. Procuri che siano messi in or<strong>di</strong>ne e, se uno non fosse servibile, lo<br />

sostituisca subito con un altro che sia in tutto <strong>di</strong>sponibile.<br />

1454 giugno 25, (Milano).<br />

Domino Antonio de Eustachio, capitaneo generali navigii nostri.<br />

Havemo or<strong>di</strong>nato che li duy galeoni stavano ad Cremona siano conducti lì perché<br />

intendemo operarli in lo fiume del Po verso Valenza. Et pertanto volimo che subito,<br />

giuncti seranno, faciati vedere s’el gli mancha cosa veruna, fatili recontiare et metere<br />

bene in or<strong>di</strong>ne; et quando veruno d’essi fosse in modo che non se potesse operare,<br />

fatine mettere in puncto un altro senza intervallo de tempo. Data ut supra, <strong>di</strong>e xxvi iunii<br />

1454.<br />

Ser iacobus.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>10<br />

Francesco Sforza assicura Matteo da Capua <strong>di</strong> aver detto ai suoi <strong>di</strong> cercare dove é fuggito il suo<br />

famiiglio e, trovatolo, lo imprigionino, non liberandolo che a restituzione del cavallo e <strong>di</strong> tutte le<br />

sue cose. Quanto poi ai ragazzi, vuole che siano tutti restituiti, perché se così si faceva in<br />

tempo <strong>di</strong> guerra, tanto più deve farsi così con la pace.<br />

429v Magnifico Matheo de Capua.<br />

1454 giugno 26, Milano.<br />

Havemo recevuto una vostra, data a xxv del presente, et inteso quanto in essa se<br />

contene; et respondendote, quanto ala parte del vostro fameglio fugito, havemo <strong>di</strong>cto ali<br />

vostri lo debiano circare et vedere dove l’é perché, trovandolo, lo faremo destenire et<br />

non relaxarlo finché habia restituito il cavallo et robe vostre. Ala parte delli regazi,<br />

nostra intentione é che siano restituti tuti et, come li vostri ve referirano, havemo scripto<br />

per tuto ove sonno, che siano restituiti perché, se al tempo dela guerra nuy li facevamo<br />

restituire, tanto più li volimo fare (a) restituire adesso che la pace é, rendendone certi<br />

che vuy ancora dal canto vostro, fariti il simile. Data Me<strong>di</strong>olani, xxvi iunii 1454.<br />

Irius.<br />

Iohannes.<br />

(a) fare in interlinea.<br />

<strong>16</strong>11<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Benedetto de Curte <strong>di</strong> andare nell’alloggiamento <strong>di</strong><br />

Taddeo dal Verme e <strong>di</strong> prendere, con i più acconci mo<strong>di</strong> possibili due dei suoi migliori<br />

cavalli e <strong>di</strong> mandarli da lui.<br />

Bene<strong>di</strong>cto de Curte.<br />

1454 giugno 22, Milano.<br />

Volemo che, recevuta questa, va<strong>di</strong> ad lozamento de Taddeo dal Verme et che pigli dui<br />

cavalli delli soy, delli migliori che ha, et mandali qua da noy. Et questo vogli fare più<br />

acconzamente et quitamente et con quilli più aconzi et megliori mo<strong>di</strong> che te parerà. Et<br />

questo vogli fae cum effecto; et non manche. Ex Me<strong>di</strong>olano, xxii iunii 1454.<br />

Cichus.


<strong>16</strong>12<br />

Francesco Sforza scrive al capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza che si é presentato da lui il<br />

Matto, uomo d’arme ducale, con una lettera circa il danno fatto al mulino <strong>di</strong> Niccolò Arcimbol<strong>di</strong>.<br />

Lui si <strong>di</strong>scolpa da tale atto ed é pronto a riferire al capitano nomi e luoghi ove si trovano gli<br />

autori del misfatto. Se il capitano acciuffa i malfattori, che risarciranno appieno Niccolò, vuole<br />

che annulli ogni garanzia del Matto e lo rimetta nella sua precedente con<strong>di</strong>zione.<br />

430r Capitraneo citadelle Placentie.<br />

1454 giugno 26, Milano.<br />

S’é presentato a nuy con una toa lettera il Matto, nostro homo d’arme, per casone del<br />

damno facto al molino de domino Nicolò Arcimboldo; et inteso quanto tu ne scrive della<br />

securitete gli hay facto dare, <strong>di</strong>cemo hay facto bene. Ma perché il <strong>di</strong>cto Matto (a) se<br />

scusa et <strong>di</strong>ce che non é stato luy et che sonno stati alcuni altri, delli quali esso ve<br />

informarà <strong>di</strong>l nome et dove stanno, <strong>di</strong>cemo che, dandote luy per nome li malfacori, et<br />

che con veritate tu trovi et sii certisimo ch’el <strong>di</strong>cto Matto non sia stato colpevole, né se<br />

sia impazato per alcuno modo in questa cosa, et che tu habii in tua possanza li<br />

malfactori pre<strong>di</strong>cti, alhora siamo contenti debii fare cassare et tore via <strong>di</strong>cta securtade et<br />

remetterlo al suo primo grado, studendo et sforzandote con ogne <strong>di</strong>ligentia, stu<strong>di</strong>o et<br />

sagacità de trovare et havere in le mane toe li malfactori de questo tale damno ita ch’el<br />

<strong>di</strong>cto Nicolò sia restaurato et satisfacto fino ad uno solo punctale de stringa. Me<strong>di</strong>olani,<br />

xxvi iunii 1454.<br />

Zaninus.<br />

Iohannes.<br />

(a) In A Mathto con h depennata.<br />

<strong>16</strong>13<br />

Francesco Sforza vuole che il capitano <strong>di</strong> Casteggio, se Lorenzo <strong>di</strong> Pavia, da lui detenuto per<br />

una cavalla e una puledra portate via da un suo famiglio, gli <strong>di</strong>mostrerà che lui é innocente,<br />

rimetta Lorenzo, dopo data idonea garanzia, in libertà, amministrando poi giustizia in modo che il<br />

derubato e Lorenzo non possano lamentarsi.<br />

Capitaneo Clastigii.<br />

1454 giugno 26, Milano.<br />

Perché per parte de Lorenzo da Pavia, quale hay lì destenuto per casone dela cavalla<br />

et polledra, quale ha menato via uno suo famiglio, come tu sii informato, ne é stato<br />

<strong>di</strong>cto luy volere <strong>di</strong>monstrare essere inociente et senza colpa dela imputatione contra luy<br />

facta, te <strong>di</strong>cemo, et cossì remaniamo contenti che, dando luy idonea securtate de stare<br />

ad rasone, debii lassarlo de presone. Et deinde volimo inten<strong>di</strong> la cosa <strong>di</strong>ligentemente,<br />

ministrando dappoy iusticia et rasone ita ch’el povero homo a che sono tolti le <strong>di</strong>cte<br />

bestie et anche il <strong>di</strong>cto Lorenzo non habiano ad podersi <strong>di</strong>gnamente lamentare.<br />

Me<strong>di</strong>olani, xxvi iunii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

<strong>16</strong>14<br />

Francesco Sforza si <strong>di</strong>ce <strong>di</strong>spiaciuto con Andrea Dandolo perché i suoi ufficiali non gli hanno<br />

fatto avere i ragazzi ricercati. Ciò é <strong>di</strong>peso dal fatto che i suoi ufficiali non hanno agito in<br />

conformità alla volontà ducale, che non <strong>di</strong>fferisce dalla sua. Volontà quella <strong>di</strong> Dandolo <strong>di</strong> cui gli<br />

ha dato una testimonianza rendendo a Maletta il suo ragazzo. Lo assicura, però, che se si<br />

portassero ancora dei ragazzi nel suo stato, egli li farebbe ritornare con quel che hanno portato<br />

via. Gli fa presente il caso <strong>di</strong> Matteo da Capua: egli ha scritto ovunque per fargli riavere i suoi<br />

ragazzi.<br />

1454 giugno 26, Milano.


430v Domino Andree Dandulo provisori Creme.<br />

Respondendo ala lettera vostra de dì xxv del presente per la quale ne scriveti che,<br />

havendo vuy scripto ali officiali nostri secundo é accaduto circa la restitutione delli<br />

regazi non haveti possuto obtenere cosa veruna, <strong>di</strong>cemo ne spiace grandemente<br />

perché essi officiali nostri hanno facto contra la mente, <strong>di</strong>spositione et voluntate nostra<br />

sopra ciò perhò che nuy siamo non in altra <strong>di</strong>spositione verso vuy, como siati vuy verso<br />

nuy. Dela quale vostra bona <strong>di</strong>spositione et voluntate (a) bona ve ne rengratiamo; et<br />

maxime de quello che mò novamente haveti facto in fare a restituire a Iacomo Maletta il<br />

suo regazo, quale era venuto là con alcuna sua robba, ve avisiamo che nuy siamo in<br />

quello medesmo proposito et opinione. Et accadendo venire de qua alucni, o regazi, o<br />

altri, che siano da canto dellà, nuy li faremo retornare et restituire le robbe che gli<br />

accadesse portare; et così or<strong>di</strong>naremo ali officiale nostri che farano quello medesmo,<br />

benché non é da maravgliarse se circa la restitutione delli <strong>di</strong>cti regazi, li nostri officiali<br />

non hanno facto votiva expe<strong>di</strong>tione ale vostre recheste perché in lo facto de <strong>di</strong>cti regazi<br />

non hanno havuto spetiale commissione. Non <strong>di</strong> meno, como haveti possuto vedere, ad<br />

rechiesta del magnifico Matheo da Capua, havemo scripto dove é bisognato per la<br />

restitutione <strong>di</strong> alcuni suoi regazi. Me<strong>di</strong>olani, xxvi iunii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue vostra depennato.<br />

<strong>16</strong>15<br />

Francesco Sforza comanda a Maxio, figlio <strong>di</strong> Gaspare da Suessa, <strong>di</strong> liberare dalle grangie<br />

dell’abbazia <strong>di</strong> Morimondo dalla presenza <strong>di</strong> gente d’arme.Vuole che lui e i suoi se ne vadano da<br />

Francavegia e si spostino in luoghi non soggetti alla giuris<strong>di</strong>zione dell’abbazia.<br />

431r Maxio, filio Gasparri de Suessa.<br />

(1454 giugno 26, Milano).<br />

Te avisamo che nostra intentione non é che in quelle granze del’aba<strong>di</strong>a de Miramondo<br />

se <strong>di</strong>mori, né allogi alcune gente d’arme per alcuno modo. Pertanto volimo et<br />

coman<strong>di</strong>amoti che subito, veduta la presente, tu te levi con tuti li tuoy et d’altri, se gli n’é<br />

de quello loco de Francavegia, dove sentiamo che tu sei, et te transferisse altroe che<br />

non sia iuris<strong>di</strong>cione dela <strong>di</strong>cta abbatia; altramente te daremo ad intendere che ne<br />

saremo malcontenti. data Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Donatus.<br />

Andreas Fulgineus.<br />

<strong>16</strong><strong>16</strong><br />

Francesco Sforza dà in<strong>di</strong>stintamente a qualsiasi persona d’ambo i sessi, abitanti a Frascarolo,<br />

Torre Beretti, Cascina de Bossis, parti d’Isola, del comitato <strong>di</strong> Pavia, possibilità per due mesi e<br />

poi a beneplacito del duca, <strong>di</strong> stare, soggiornare in detti luoghi e commerciare, sia nel territorio<br />

sforzesco che sabaudo, <strong>di</strong> arare, seminare, fare fieno, pascolare, macinare ovunque, ma specie<br />

nei due mulini sul Po, portare i prodotti a casa, sia su carri, carretti che su bestie o, come più<br />

piacerà <strong>di</strong> andare a caccia e fare ogni cosa tranquillamente a suo piacere.<br />

1454 giugno 26, Milano.<br />

Dux Me<strong>di</strong>olani, et cetera, universis et singulis personis utriumque sexsus, habitantibus<br />

et habitare solitis in terra et locis de Frascarolo et Turre Birretorum et Cassina de<br />

Bossiis, partium Isolarie, comitatus Papie, cuiusvis gradus et con<strong>di</strong>cionis existant et<br />

quibusvis nominibus nuncupatis stan<strong>di</strong>, comoran<strong>di</strong> et pernoctan<strong>di</strong> in <strong>di</strong>cta terra et locis<br />

et pratican<strong>di</strong> tam in nostro quam illustris domini ducis Sabau<strong>di</strong>e territorio, aran<strong>di</strong>,<br />

seminan<strong>di</strong>, metten<strong>di</strong>, fenan<strong>di</strong>, pabulan<strong>di</strong>, macinan<strong>di</strong> ubicumque, presertim in duobus<br />

molen<strong>di</strong>nis suis sitis in flunime Pa<strong>di</strong>, fruges et quoslibet fructus et red<strong>di</strong>tus suos ad<br />

domos suas reducen<strong>di</strong>, tam super carris et plaustris, quam bestiis, et prout sibi placuerit<br />

melius aucupan<strong>di</strong> preterea et venan<strong>di</strong> cetera demum omnia et singula geren<strong>di</strong>,


exercen<strong>di</strong> et exequen<strong>di</strong> quecumque beneplaciti sui fuerint que, ne agere possint<br />

tempore tranquille tutinemque pacis tute, et cetera, valiture ad duos menses proxime<br />

futuros, et deinde usque ad nostri beneplacitum mandantes, et cetera. Me<strong>di</strong>olani, xxvi<br />

iunii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>17<br />

Francesco Sforza fa presente al capitano del <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> Piacenza che Giovanni Ludovico<br />

Piacentino si é lagnato perché, al passaggio per le pubbliche strade piacentine dei suoi uomini<br />

con le armi, lui li ha costretti a pagare una penale.<br />

Cosa, questa, lecita, con gli altri, ma non, così vuole il duca, con gli uomini <strong>di</strong> Giovanni Ludovico<br />

che possono andare avanti e in<strong>di</strong>etro senza alcun impaccio.<br />

431v Capitaneo devetus Placentie.<br />

1454 giugno 26, Milano.<br />

Trovandose qui presso de nuy messer Iohanne Ludovico Palavicino se é condoluto<br />

che, passando li soy homeni per quelle strate publiche del Piacentino cum l’arme soy,<br />

tu li desteni et astrengi ad pagare certa pena, cosa indebita et che non fo may più in<br />

consuetu<strong>di</strong>ne, del che ne maravigliamo. Pertanto, intendendo nuy che quando ben ali<br />

altri te fosse licito fare simili deveti, ali soy sia usata cortesia. Volemo che per l’havenire<br />

li lassi andare inanzi et in deretro senza darli impaccio alcuno, et havendone alcuno<br />

nele mani destenuto per questa caxone, che lo facci subito liberare; et questo non<br />

manchi. Data Me<strong>di</strong>olani, xxvi iunii 1454.<br />

Andreas Fulgineus.<br />

<strong>16</strong>18<br />

Francesco Sforza sollecita Andrea Dandolo, provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema, a far desistere l’uomo<br />

d’arme <strong>di</strong> Matteo da Capua dall’occupazione <strong>di</strong> una possessione cremasca del suo famiglio<br />

Pan<strong>di</strong>no in modo che detto famiglio possa raccogliere i frutti e portarli dove vuole.<br />

Le stesse cose sono state scritte con le debite variazioni a Matteo da Capua.<br />

Domino Andree Dandulo, provisori Creme.<br />

(1454 giugno 26, Milano).<br />

Pare che per uno homo d’arme del spectabile Mattheo da Capoa sia occupata una<br />

possessione de Pan<strong>di</strong>no, nostro famiglio, posta in quello territorio de Crema. Et<br />

scrivendo per caxone de ciò in opportune forma al <strong>di</strong>cto Mattheo, preghiamo anchora<br />

vuy ve piacia operare che <strong>di</strong>cto homo d’arme desista da tale impresa et ch’el <strong>di</strong>cto<br />

nostro famiglio possa reintrare ala soa possessione et, pretendendo <strong>di</strong>cto homo d’arme<br />

haverli sopra raxone alcuna, che la usi, et non faccia de facto, li fructi deli quali ve<br />

piaccia lassare recogliere al <strong>di</strong>cto nostro famiglio et condurli dove a luy parerà. Il che<br />

facendo l’haverimo grato assay. Data ut supra.<br />

Andreas Fulgineus.<br />

In simili substantia, mutatis et cetera, scriptum fuit strenuo Mattheo de Capua.<br />

<strong>16</strong>19<br />

Francesco Sforza<br />

Si é scritto al console, al comune e agli uomini <strong>di</strong> Castel Lambro che man<strong>di</strong>no dal duca <strong>di</strong>eci<br />

dei loro uomini.<br />

(1454) giugno 27, (Milano).<br />

432r Die xxvii iunii.<br />

Scriptum fuit consuli, comuni et hominibus Castri Lambri quod mittant ad nos, visis<br />

presentibus, usque ad decem homines ex ipsis.<br />

Iohannes.<br />

Ser Iacobus.


<strong>16</strong>20<br />

Francesco Sforza comanda a Giovanni Stefano da Casate, capitano della Lomellina, <strong>di</strong> far avere<br />

prontamente, dopo aver constatato il suo cre<strong>di</strong>to, a Michele Cane quanto <strong>di</strong> affitto gli spetta da<br />

Antonio Cairo.<br />

(1454 giugno 26, Milano).<br />

Domino Iohanni Stefano de Casate, capitaneo Lomelline.<br />

Michele Cane n’ha <strong>di</strong>cto dovere havere da Antonio Cairo per casone de massaritio et<br />

ficto certa quantità de <strong>di</strong>nari, quali, per li suoi subterfugii, non pò havere. Pertanto<br />

volimo che, constandove del vero cre<strong>di</strong>to de <strong>di</strong>cto Michaele, gli faciati contra <strong>di</strong>cto<br />

Antonio rasone summaria expe<strong>di</strong>ta, siché senza littigio conseguisca il debito suo. Data<br />

ut supra.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>21<br />

Francesco Sforza ricorda al podestà, comune e uomini <strong>di</strong> Castel’Arquato che giorni fa si<br />

portarono da lui a Lo<strong>di</strong> due arquatesi, che si accordarono con suo nipote Roberto Sanseverino,<br />

scontento per non essere stato so<strong>di</strong>sfatto dei denari della sua assegnazione, che glieli<br />

avrebbero dati entro un certo tempo, che, però, é passato invano. Ora Roberto ne ha <strong>di</strong> bisogno<br />

per poter cavalcare, per cui il duca esige <strong>di</strong> far subito avere detti denari al cancelliere <strong>di</strong> Roberto,<br />

appositamente lì mandato, e <strong>di</strong> mandare due loro uomini che giustifichino il mancato versamento<br />

nel termine concordato.<br />

(1454 giugno 26, Milano).<br />

Potestati comuni et hominibus Castriarquati.<br />

A questi proximi dì passati, essendo nuy a Lode, venero da nuy duy homini de quella<br />

terra, li quali per il magnifico Roberto da Sanseverino, nostro nepote, non era ancora<br />

satisfacto deli denari del’asignatione soa, gli li dedemo in mane; et <strong>di</strong>cti ambassiatori,<br />

per potere retornare indreto, gli promisero et fecero conventione con luy de dargli <strong>di</strong>cti<br />

denari fra certo termine. Et perché mò <strong>di</strong>cto termine é passato et <strong>di</strong>cto Roberto non é<br />

satisfacto et mo’ de presente convene ch’el cavalca, al quale suo cavalcare gli fa<br />

grande impe<strong>di</strong>mento il mancamento de <strong>di</strong>cti denari, ne siamo nuy molto maravigliati et<br />

anche nuy ne dolemo grandemente. Pertanto acioché esso non resti impazato in <strong>di</strong>cto<br />

suo cavalcare, ve coman<strong>di</strong>amo et volimo che, recevuta questa, subito gli faciati<br />

numerare <strong>di</strong>cti suoi <strong>di</strong>nari in mane del cancellero suo, exibitore dela presente, quale per<br />

questa casone luy manda là, et deinde mandariti a nuy <strong>di</strong>cti duy homini perché<br />

vogliamo intendere da loro la casone perché non hanno satisfacto in <strong>di</strong>cto termino.<br />

Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>22<br />

Francesco Sforza, in risposta alla lettera <strong>di</strong> Tiberto, non crede abbia da aggiungere altro circa<br />

quell’arciprete, perché sa cosa deve fare. Quanto al suo andare da lui, ritiene che alla ricevuta <strong>di</strong><br />

questo suo scritto, avrà inteso quello che già gli <strong>di</strong>sse in merito a dove deve cavalcare e lo<br />

sollecita a causare meno danno possibile ai suoi uomini.<br />

432v Magnifico domino Thiberto.<br />

1454 giugno 27, Milano.<br />

Havemo recevuto vostra lettera et bene inteso quanto scriveti. Non accade circ’al facto<br />

de quello arcipreto <strong>di</strong>re altro; la magnificentia vostra inten<strong>di</strong> mò la cosa et sa quello che


l’ha a fare. Ala parte del venire vostro da nuy, et cetera, havemo inteso quanto scriveti;<br />

siamo inteso che, ala receputa de questa, havereti inteso quello che per un’altra ve<br />

havemo scripto del cavalcare vostro et dove haveti ad andare. Siché ve confortiamo et<br />

pregamo che vogliati andare via presto et governarve con quello bono modo, che siamo<br />

certissimi fareti; et sopratuto, per<strong>di</strong>o, habiati advertentia che in questa vostra andata se<br />

facia quanto manco damno et rencrescimento che sia possibile ali homini et sub<strong>di</strong>ti<br />

nostri, avisandone che per una cosa non poteresti fare la più grata et accepta.<br />

Me<strong>di</strong>olani, xxvii iunii 1454.<br />

Persanctes.<br />

Iohannes.<br />

<strong>16</strong>23<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce allo squadrero ducale Giovanni dei conti Albonesi <strong>di</strong> aver saputo da quel<br />

che ha scritto al suo segretario Cicco del colloquio avuto con gli uomini <strong>di</strong> Castelnoveto. Vuole<br />

che risponda loro che, prima <strong>di</strong> sei o sette giorni, ci saranno da quelle parti più <strong>di</strong> 12.000 unità<br />

tra uomini a pie<strong>di</strong> e a cavallo. Ba<strong>di</strong> alla loro reazione e lo informi <strong>di</strong> ciò.<br />

(1454 giugno 27), Milano.<br />

Iohanni ex comittibus Albonexii, squadrerio nostro.<br />

Havemo per quanto haveti scritto a Cicho, nostro secretario, inteso el parlamento<br />

havuto con li homini de Castelnoveto, del che ve comen<strong>di</strong>amo et siamo contenti che gli<br />

faciati questa resposta, cioé, inanti che siano sei o setti giorni, sarano infallanter in<br />

quelle parte delli nostri, più che dodece milia persone da pede et da cavallo; siché gli<br />

seranno molti più che vuy non scriveti. Et con queste parole vederiti et tentarite qual<br />

animo sia el loro, et intendendo de fare qualche (a) cosa, non procedeti più ultra, ma<br />

avisatine subito de quanto ve <strong>di</strong>ranno et intenderano de fare. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue cos non depennato.<br />

<strong>16</strong>24<br />

Francesco Sforza comunica a Teseo da Spoleto che gli Anziani e i Presidenti della comunità <strong>di</strong><br />

Piacenza hanno lamentato <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni e furti quoti<strong>di</strong>ani nel Piacentino e, tra l’altro, vagabondaggio<br />

<strong>di</strong> 400 fanti <strong>di</strong> Tiberto in svariati luoghi, intenzionati, in più, <strong>di</strong> portarsi in Val <strong>di</strong> Nure; furti e<br />

violenze sulle strade pubbliche, specie sulla strada Romea e quella <strong>di</strong> Pombio. Altre lagnanze<br />

sono da loro fatte contro <strong>di</strong> lui per far pagare la tassa <strong>di</strong> 30 cavalli a Giovanni Cosa, mentre ne<br />

ha solo 9 vivi. Gli rimprovera <strong>di</strong> non essere mai intervenuto a troncare tali <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni e <strong>di</strong> non<br />

avergliene dato notizia. Vuole che catturi i delinquenti, e lo informi della sua impossibilità a<br />

prenderli, perché, in tal caso, provvederà lui. Man<strong>di</strong>, poi, nei propri alloggiamenti i fanti <strong>di</strong> Tiberto<br />

e, infine, si ricor<strong>di</strong> che a lui non compete imporre <strong>di</strong> suo arbitrio delle tasse.<br />

433r Theseo de Spoleto.<br />

(1454 giugno 27, Milano).<br />

Li Anziani et Presidenti de quella nostra comunità de Piasenza n’hanno facto grande<br />

lamenta de molte cose, prima, delli desordeni et robbarie se fanno ogne dì in quello<br />

nostro terreno Piasentino, et fra l’altri che quatrocento fanti de quelli de domino Tiberto<br />

sonno stati per più e più ville et quasi l’hanno misso ad sacho, monstando de volere<br />

andare in Valle de Nura; secundo, dele robbarie et violentie se fanno ad le strate<br />

pubbliche, presertim sula strata Romea et quella de Fiombo, como s’el fusse guerra<br />

publica; tercio, che tu fay dare taxa ad quelli sonno lì de domino Iohanne Cosa per<br />

cavalli xxx, et non sonno se non nove vivi, che é spesa excessiva; et ultimo, che tu hai<br />

dato taxa de cavalli de toa propria auctoritate et contra voluntà et or<strong>di</strong>ni de quella<br />

capella et delli depuattai sopra ciò, et cetera. Dele quale cose nuy habiamo preso<br />

despiacere assay, maravigliandone et dolendone ultra modo delli facti tuoi che tu habii<br />

usato tanta negligentia quanto ad la parte delle robbarie se fanno, et che may tu non gli<br />

habii proveduto; et non potendoce provedere may, omnino ne habii dato uno minimo<br />

aviso, benché questo non n’é però cosa nova, perché te cognoscemo che tu fay el


simile in le altre cose che tu hay ad fare. Donde te <strong>di</strong>cemo che tu debii provedere per<br />

ogne modo che non se commettano simile robbarie, né violentie, facendo sostenire<br />

personalmente li malfactori, et se tu no li potray havere in le mano, avisane che sonno<br />

costoro, accioché li possiamo provedere; et non vogli passare questa cosa con tanta<br />

tepi<strong>di</strong>tà. Ad la parte delli fanti de domino Tiberto, te <strong>di</strong>cemo che tu li debii mandare ad li<br />

suoi lozamenti et non lassarli andare vagando per lo paese. Delli cavalli de domino<br />

Iohanne Cossa te <strong>di</strong>cemo che tu non gli debii fare dare taxe se non per quelli cavalli vivi<br />

che hanno, et non più, perché gli debbe bastare fargli el debito senza fargli el<br />

superchio. Al’ultima parte che tu habii data taxa de tua propria auctoritate, nuy ne<br />

maravigliamo et però te comman<strong>di</strong>amo che tu non debii dare tassa ultra l’or<strong>di</strong>ne et<br />

quello che nuy te habiamo commisso. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

<strong>16</strong>25<br />

Francesco Sforza informa Benedetto de Curte, capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza, <strong>di</strong> aver<br />

avuto gravi lamentele dalla comunità della città, perché nel Piacentino, e specie sulla via<br />

Romeo e su quella <strong>di</strong> Fombio, si commettono ogni giorno furti e violenze, per cui quelle strade<br />

non sono sicure. Gli rinfaccia la sua negligenza nel provvedervi, ciò che, invece dovrà fare,<br />

procurando anche <strong>di</strong> catturare quei malfattori che gli capiteranno. Se lui non potrà mettervi<br />

rime<strong>di</strong>o, lo avvisi, perché interverrà il duca. Di questa faccenda ne parli e si accor<strong>di</strong> con Teseo.<br />

1454 giugno 27, Milano.<br />

433v Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo cittadelle nostre Placentie.<br />

Havemo havuto grande doglianza da quella comunità de Piasenza che per quello<br />

territorio nostro Piacentino, et presertim su la strata Romea et quella da Fombio, ogne<br />

dì sonno commisse robbarie et violentie, como s’el fusse guerra ban<strong>di</strong>ta, in modo che<br />

niuno po’ andare inante, né indreto ben seguro; del che havemo preso despiacere<br />

assay et ne maravigliamo molto delli facti tuoy che, se questo é vero, tu non habii<br />

curato de provedere ad tali excessi o, non potendoli provedere, may tu non n’habii dato<br />

uno minimo aviso. Pertanto volimo et comman<strong>di</strong>amo che tu debe mettere ogne stu<strong>di</strong>o<br />

et <strong>di</strong>ligentia et provedere per ogne modo che quelle strate siano secure et non se<br />

commettano queste robbarie; et qualunque tu trovaray malfactore, lo faci sostenire<br />

personalmente et non relaxarlo senza nostra licentia, et non potendoli provederli,<br />

vogline avisare chi sonno questi malfactori ad ciò che li possiamo provedere per altra<br />

via, perché deliberamo per ogne modo de fare ch’el paese nostro sia securo. Et sopra<br />

questo vogli intenderti con Theseo al quale scrivemo opportune sopra ciò. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, xxvii iunii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

<strong>16</strong>26<br />

Francesco Sforza risponde alle lettere degli Anziani e dei Presidenti della comunità <strong>di</strong> Piacenza<br />

piene <strong>di</strong> lamentele per gli eccessi commessi nel Piacentino sulla strada Romea e su quella <strong>di</strong><br />

Pombio, percorse da malandrini, e per il fatto dei cavalli <strong>di</strong> Giovanni Cossa. Li assicura <strong>di</strong> aver<br />

accettato la pace al solo scopo che essi vivessero in pace. Ha scritto, tra le altre cose, a Teseo<br />

da Spoleto e al capitano della cittadella anche in merito ai soldati, e li leverà loro dai pie<strong>di</strong>.<br />

(1454 giugno 27, Milano).<br />

Antianis et Presidentibus negociis civitatis nostre Placentie.<br />

Havemo recevuto vostre lettere et inteso quanto ne scriveti, dolendone delli excessi che<br />

se commettano in quello nostro territorio Piasentino della strata Romea et quella da<br />

Fombio, rotta dali robbatori, del facto delli cavalli de domino Iohanne Cossa et dele taxe<br />

fa dare Theseo contra la voluntà et or<strong>di</strong>ni de quelli deputati, et cetera; le quali cose ad<br />

nuy sonno rencresciute 434r et rencrescano quanto <strong>di</strong>re se possa, perché voriamo che<br />

vuy et tuti li altri sub<strong>di</strong>ti nostri stesti bene et pacificamente, senza alcuno affanno. Et per


niuna altra cosa siamo condesesi ad la pace, se non per dare reposo et tranquillità ad li<br />

populi et sub<strong>di</strong>ti nostri. Per satisfactione, adunque, de quanto ce haveti scripto, <strong>di</strong>cemo<br />

che non (a) habiamo scripto et commesso al capitaneo dela nostra cittadella lì et ad<br />

Theseo quello n’é parso convenire in questa materia et in modo che ne ren<strong>di</strong>amo certi<br />

ne remanereti ben contenti et, fra le altre cose circ’al facto delli soldati, vuy non ne<br />

hareti più affanno, perché, como porite intendere, nuy li facemo levare tuti et cavalcare<br />

de presente. Data ut supra.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

(a) non per noi<br />

<strong>16</strong>27<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà <strong>di</strong> Pavia, con molta cautela e in gran segreto, catturi<br />

magistro Alberto da Cremona, studente a Pavia. Lo si metta in un luogo sicuro, ignoto a tutti e<br />

tale per cui non possa praticare con nessuno. Manderà nel suo alloggio a prendere tutte le<br />

scritture e le monete che vi si trovano. Esamini accuratamente le monete in modo da scoprire le<br />

false, cerchi <strong>di</strong> sapere dove ha speso simili monete, come le ha avute e con chi trafficava. Di<br />

tutto gli <strong>di</strong>a notizia scritta.<br />

Potestati Papie.<br />

1454 giugno 27, Milano.<br />

Volimo che subito, havuta questa, securamente et cum quello più honesto modo che<br />

possibile ve sia, vui debbiati destinere uno magistro Alberto da Cremona, studente lì in<br />

Pavia, et mecterlo in luoco che non se ne possa fugire, né che homo del mundo sappia<br />

dove sia, né gli lassati parlare da niuuno, et, havuto l’habbiati in le mane, mandareti al<br />

suo allogiamento et fareti tore tucte scripture et ogni monete ch’el se retrovasse havere<br />

tanto presso de lui, quanto in lo <strong>di</strong>cto suo allogiamento; et così fareti fare descritione de<br />

tucto quello che l’ha. Puoi volimo lo examinati et sappiati cum vero quale moneta falsa<br />

é quella che lui ha et che ha despesa et in che modo l’ha havuta et quanto tempo et<br />

cum chi ne ha participato. Et in questo usati ogni stu<strong>di</strong>o et <strong>di</strong>ligentia, et del tucto,<br />

secundo che fareti, ne dareti subito advisamento per vostre lettere; la quale moneta che<br />

trovareti volimo che tucta la togliati. Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxvii iunii 1454.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>28<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà <strong>di</strong> Pavia e Bertoluccio da Gubbio in<strong>di</strong>viduino quei<br />

delinquenti <strong>di</strong> Cugnolo che nei giorni scorsi ferirono un famiglio <strong>di</strong> un compagno del conte<br />

Gasparo, che poi morì. Vuole che impongano loro il risarcimento delle spese fatte per detto<br />

famiglio e poi glieli denuncino in modo che egli li punisca.<br />

1454 giugno 27, Milano.<br />

434v Potestati Papie et Bertolutio de Eugubio.<br />

Per alcuni de quelli nostri homini de Cugnolo, questi proximi dì, fo ferito uno famiglio de<br />

uno compagno del conte Gasparro, como tu, Bertolutio, debbi essere informato; per la<br />

qual ferita <strong>di</strong>cto famiglio é pervenuto a morte, como il <strong>di</strong>cto conte (a) Gasparro n’ha<br />

<strong>di</strong>cto, circha il quale gli sonno facte de molte spese per volerlo a<strong>di</strong>utare, como vuy<br />

intenderite. Et perché é raxonevole cosa che chi fa male patisca la pena, volimo che ve<br />

informati che sonno stati li malfactori et quelli astringeriti ad pagare tute le spese facte<br />

in el servitio del <strong>di</strong>cto famiglio; et deinde ne avisariti nuy del nome loro, aciò ne<br />

possiamo far fare debita punitione. Me<strong>di</strong>olani, xxvii iunii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

(a) conte in interlinea.


<strong>16</strong>29<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al capitano <strong>di</strong> Binasco <strong>di</strong> indagare chi fu colui che, non provocato, colpì<br />

con un bastone, il giorno della festa <strong>di</strong> San Giovanni, Carlo da Milano, compagno del conte<br />

Gaspare da Vimercate e gli amministri esemplare ,giustizia.<br />

Capitaneo Binaschi.<br />

(1454 giugno 27, Milano).<br />

Carlo da Milano, compagno del spectabile conte Gasparro da Vimercato, n’ha facto fare<br />

lamenta che, stando luy al dì de Sancto Iohanne a vedere fare festa lì, per uno vilano<br />

gli fo dato suxo la testa d’uno bastone molto iniquamente; per il che ne sta molto grave,<br />

como tu sarai informato; et questo gli fece senza che altre parole fusseno seguite fra<br />

loro. Et perché simile tracto a nuy é molto molestissimo, volimo che <strong>di</strong>ligentemente tu te<br />

informi de questa cosa; et trovando la cosa essere così, volimo che faci rasone et<br />

ministri iustitia contra esso villano ita che transeat in exemplum ad altri de non fare<br />

simili excessi. Data ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

<strong>16</strong>30<br />

Francesco Sforza scrive al milanese Enrichino Panigarola <strong>di</strong> avere inteso del suo arrivo a<br />

Pavia e saputo da suo fratello Antonio che desiderava parlargli,<br />

gli <strong>di</strong>ce che é contento <strong>di</strong> sentirlo a Milano.<br />

1454 giugno 26, Milano.<br />

435r Henrigino Panigarole, civi Me<strong>di</strong>olanensi.<br />

Havendo inteso la toa venuta a Pavia ne havemo havuto piacere; et havendone<br />

apresso <strong>di</strong>cto Antonio Panigarola, tuo fratello, che haveresti molto caro potermi parlare,<br />

li <strong>di</strong>cesemo essere contenti che ne parlasti; et così per questa te <strong>di</strong>cemo essere<br />

contenti che tu venghi qui a parlarne. Me<strong>di</strong>olani, xxvi iunii 1454.<br />

Iohannes.<br />

<strong>16</strong>31<br />

Francesco Sforza comanda al capitano della Lomellina <strong>di</strong> concedere al vigevanese Galeazzo <strong>di</strong><br />

Colli <strong>di</strong> condurre liberamente a Vigevano le biade della sua possessione <strong>di</strong> Cilavegna.<br />

Capitaneo Lumelline.<br />

1454 giugno 28, Milano.<br />

Galeaz <strong>di</strong> Colli, della nostra terra de Viglevano, ne <strong>di</strong>ce che, per alcuni or<strong>di</strong>ni facti, luy<br />

non pò fare condure ad essa terra de Viglevano le biave soe, quale coglie sula<br />

possessione soa, posita nella villa de Cilavegna, del contato de Pavia, senza licentia.<br />

Pertanto, parendone honesto che luy possa condure <strong>di</strong>cte biave ala <strong>di</strong>cta terra dove luy<br />

habita, volimo che tu gli debii concedere <strong>di</strong>cta licentia che possa condure liberamente,<br />

senza veruno impe<strong>di</strong>mento, alla <strong>di</strong>cta terra de Viglevano ogne soa biava, non obstante<br />

alcuno altro or<strong>di</strong>ne in contrario. Me<strong>di</strong>olani, xxviii iunni 1454.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.


<strong>16</strong>32<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che benché, come ha scritto a Francesco<br />

Giorgio, deve cacciare per forza e imprigionare quella gente d’arme sistemata nel<br />

Lo<strong>di</strong>giano,che rifiuta <strong>di</strong> cavalcare, tuttavia se vi fosse chi volesse lasciare nell’alloggiamento<br />

cavalli ammalati o ragazzi con carriaggio, vuole che gli si consenta <strong>di</strong> stare.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1454 giugno 28, Milano).<br />

Non obstante ve habiamo scripto che, non volendo cavalcare quelle gente d’arme<br />

stanno logiate in Lodesana segondo l’or<strong>di</strong>natione nostra et como havemo scrito ad<br />

Francisco Zorzo, gli dovesti far cazare per forza et incarcerare, non<strong>di</strong>meno s’el fusse<br />

alcune d’esse gente, quale volesse lassare al logiamento alcuno cavallo amalato,<br />

regazi con li cariagii, volimo che gli lassati stare senza molestia, perché ancora non<br />

havemo deliberato quelli logiamenti. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>33<br />

Francesco Sforza ricorda a Teseo da Spoleto e a Benedetto de Curte, capitano della cittadella <strong>di</strong><br />

Piacenza, che, per essersi lamentati i francescani della città per la sistemazione che avevano<br />

fatto lì quelli <strong>di</strong> Giovanni Cosso, loro dovessero trovarne un’altra a quei soldati. A mandare via i<br />

soldati hanno provveduto gli stessi frati, per cui a Teseo e a Benedetto non resta che trovare ai<br />

soldati un altro alloggio fino alla venuta <strong>di</strong> Giovanni Cosso.<br />

1454 giugno 28, Milano.<br />

435v Theseo de Spoleto et Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo citadelle Placentie.<br />

L'altro dì ve scrìpsemo como li frati de San Francesco de quella nostra città haviano<br />

mandato da nuy a dolerse et gravarse dela stantia che haviano lì quelli del magnifico<br />

Iohanne Cosso, et nuy scripsemo che gli ne fusse trovata un'altra altrove; ma pare<br />

che siano stati cazati da quelli de San Francesco, et che non gli sia stato proveduto<br />

de altra. Pertanto volimo che vuy faciati quello modo et via che ve pare che loro<br />

n’habiano un’altra fino ala venuta de esso Iohanne Cosso. Me<strong>di</strong>olani, xxviii Iunii<br />

1454.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>34<br />

Francesco Sforza comanda al familiare ducale Tommaso Schiavo che, per vietare violenze e<br />

<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni delle gente d’arme che vagabondano a caso or qua or là, si trasferisca a Cologno e nei<br />

luoghi dei Trivulzio perché, necessitando <strong>di</strong> alloggiare delle genti d’armi, abbia cura che queste<br />

non facciano danni.<br />

Thome Sclavo, familiari nostro.<br />

(1454 giugno 28, Milano).<br />

Siamo contenti et volimo che per prohibere le violenze et desordene delle nostre<br />

gente d'arme che hanno ad andare in qua et là, tu te transferischi a Cologno et a quelli<br />

lochi delli gentilhomini de Trivulzio, perché, accadendo pur ale fiate como bisogna<br />

allogiar lì qualche gente per lo passare per qua et là, tu habii cura de non lassarli<br />

damnezare, né robare. Me<strong>di</strong>olani,ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


<strong>16</strong>35<br />

Francesco Sforza informa Giovanni Stefano da Casate che quelli <strong>di</strong> Can<strong>di</strong>a si sono lamentati<br />

con lui per aver tolto loro bestie e biade per la vertenza che hanno con quelli <strong>di</strong> Cozzo per il<br />

pagamento delle tasse dei cavalli per certo territorio che i Can<strong>di</strong>esi tengono sulla giuris<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

Cozzo, ma che essi fecero togliere da tempo dall’estimo <strong>di</strong> Cozzo e congiunsero a quello <strong>di</strong><br />

Can<strong>di</strong>a. Vuole che Giovanni Stefano convochi le parti e, accertato che le cose stanno così,<br />

amministri giustizia in modo che nessuna parte sopporti il carico dell’altra.<br />

436r Domino Iohanni Stefano de Casate.<br />

(1454 giugno 28, Milano).<br />

Sonno venuti qua da nuy l’homini del loco de Can<strong>di</strong>a, quali se gravano della novitate gli<br />

havete facta in fargli togliere le bestie et biave loro per la <strong>di</strong>fferentia vertisse fra loro.et<br />

quelli del loco de Cozo del pagamento delle taxe <strong>di</strong> cavalli per certo territorio tengono<br />

essi da Can<strong>di</strong>a suso la giuris<strong>di</strong>zione de Cotio, <strong>di</strong>cendo essi da Can<strong>di</strong>a che già bon<br />

pezo, como <strong>di</strong>cono, ve monstraranno fecero cavare del’extimo de Cotio et giungere nel<br />

extimo loro quello territorio de Cotio, quale tengono essi da Can<strong>di</strong>a. Pertanto, parendo<br />

a nuy sia debito et conveniente, como anche é la voluntà vostra, che l'uno non paghi<br />

per l’altro, ve commettemo et volemo che, vocatis vocan<strong>di</strong>s, debiate intendere <strong>di</strong>ligenter<br />

che sia facto, et con ogne solertia possibile acioché né l’uno né l’altro se trovi in spese.<br />

Et trovando che quelli da Cotio siano defalcati nel’extimo loro, et quelli da Can<strong>di</strong>a siano<br />

giuncti nel’extimo suo per quello territorio tengono essi de Can<strong>di</strong>a, fati subito levare li<br />

boni et cose tolte ad quelli de Can<strong>di</strong>a, stringendo essi de Cotio al pagamento, como sia<br />

ragionevole, essendo vero ministrare rasone ale parte per modo l’uno non porti il carico<br />

del’altro; et che de questo non n’habiamo più querella perché seria molestissimo.<br />

Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>36<br />

Francesco Sforza comanda ad Antonio degli Eustaci, capitano della flotta sforzesca e a Gracino<br />

da Pescarolo <strong>di</strong> fare, entro quattro o sei giorni, un ponte <strong>di</strong> barche sul Po verso Valenza.<br />

1454 giugno 29, Milano.<br />

Domini Antonio Eustachio, capitaneo general navigii et Gracino de Piscarolo.<br />

Perché inten<strong>di</strong>mo far fare un ponto <strong>di</strong> navi sul fiume del Po verso Valenza, volimo che<br />

subito debbiati cercare tante navi ch’el faciano che sia apparechiate infra el termine de<br />

quatro, over sey (a) zorni al più tardo, avisandone del’or<strong>di</strong>ne havereti posto a ciò. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, xxviiii iunii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue dì depennato.<br />

<strong>16</strong>37<br />

Francesco Sforza scrive a Pietro e fratelli de Bagarotis e a Pietro de Vianino che, per l’affezione<br />

che gli portava Bartolomeo Ciresola, si era già curato <strong>di</strong> maritare la vedova e la figlia, soprattutto<br />

per beneficare le donne che, senza l’aiuto degli uomini, potrebbero subire maltrattamenti. Per<br />

questo motivo fece venire lui, Pietro, e gli espose i suoi desideri. Se ne stette poi in silenzio,<br />

supponendo che Pietro cercasse <strong>di</strong> provvedervi. Gli replica ora <strong>di</strong> avvicinare dette donne e <strong>di</strong><br />

indurle a maritarsi con quelli che lui gli propose, cioé, i figli del signore <strong>di</strong> Parma : sono gente<br />

perbene e assicuri le donne che gra<strong>di</strong>rebbe assai che consentissero.<br />

1454 giugno 29, Milano.<br />

436v Petrus et fratribus de Bagarotis et Petro de Vianino.<br />

Per la fede et amore che ne portava la bona anima de Bartolomeo Cirexola se<br />

recordassemo, altra volta, de volere prendere cura de maritare quella che fo soa


mogliere et la figliola, maxime per fare bene ale done, le quali, stando senza a<strong>di</strong>uto de<br />

homini, como molte volte accade ale done vidue et orphane, poteriano recevere mal<br />

tractamento, et per questa casone facemo venire ti, Petro, da nuy et alhora te fecemo<br />

intendere la voluntà nostra, et recordassemo et proponessimo alhora cosa <strong>di</strong>gna, utile<br />

et honorevole ale <strong>di</strong>cte donne. Et credendo nuy che sopra ciò gli havesti facto qualche<br />

provisione, siamo remasti taciti in fin mò, et havemo inteso non haveti facto niente. Et,<br />

pertanto, de novo ve repplicamo, confortandove che vogliate praticare et indure <strong>di</strong>cte<br />

donne ad maritarse in quelli che nuy te <strong>di</strong>cessimo che, se bene te recor<strong>di</strong>, furono gli<br />

figlioli de domino da Parma, quali sonno da bene et meritano assay, certificandove che<br />

facendosi questa cosa a nuy serà gratissima. Data Me<strong>di</strong>olani, xxviiii, iunii 1454.<br />

Bonifacius<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>38<br />

Francesco Sforza scrive al podestà <strong>di</strong> Fiorenzuola <strong>di</strong> sapere che lì si trova la vedova <strong>di</strong><br />

Bartolomeo Ciresola e una sua figlia, che farebbe volentieri sposare con i figli del signore <strong>di</strong><br />

Parma, suo condottiero. Ha già scritto due volte <strong>di</strong> ciò ai fratelli della donna e a Pietro Vianino,<br />

perché spingessero le donne al matrimonio con detti figlioli. Siccome fin qui non ne é seguito<br />

nulla, vuole che lui, con i mo<strong>di</strong> che saprà usare, induca gli uni e le altre a sposarsi.<br />

Potestati Florenzole.<br />

(1454 giugno 29, Milano).<br />

Lì, in quella terra, gli é quella che fo mogliere de Bartolomeo Ciresola et una sua<br />

figliola, le quali nuy voluntiera le faressemo maritare in duy figlioli de domino da Parma,<br />

nostro conductero, et per cagione de questo già per doe nostre havemo scripto ali<br />

fratelli della <strong>di</strong>cta donna et a Petro de Vianino, confortandoli che volessono indure le<br />

<strong>di</strong>cte donne ad maritarse con li <strong>di</strong>cti figlioli. Et perché in fin qui non havemo inteso ch’el<br />

ne sia seguito altro, volimo che tu, con li mo<strong>di</strong> saperay usare, faci pratica per far fare<br />

<strong>di</strong>cto matrimonio, inducendo li prenominati, et così le pre<strong>di</strong>cte done, ad farlo de bona<br />

voglia, perché a nuy faranno cosa grata. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>39<br />

Francesco Sforza comunica al capitano <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> aver avuto lamentele dal commissario <strong>di</strong><br />

Castelnuovo Tortonese perché i soldati <strong>di</strong> stanza a Sale gli tolgono erbe, biade e fieni sul suo<br />

territorio. Il duca vuole che il capitano provveda che i soldati non commettano tali atti su detto<br />

territorio.<br />

Si é scritto agli stipen<strong>di</strong>ati sistemati a Sale <strong>di</strong> astenersi dal fare tali danni.<br />

437r Capitaneo comunitatis Papie.<br />

1454 giugno 30, Milano.<br />

El commissaro de Castelnovo de Terdonese per soe littere ne fa querella delli soldati<br />

lozati in Sale, <strong>di</strong>cendo che gli togliono l’herbe, biave et feni sul territorio suo. Pertanto,<br />

essendo malcontenti de questo, et scrivendoli che debiano desistere da essi damni,<br />

commettiamo a ti, et volemo debii provedere che da mò inanze non comettano più<br />

robbarie nel <strong>di</strong>cto territorio, et che non habiamo più lamenta de questo facto. Me<strong>di</strong>olani,<br />

xxx lunii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

In simile materia scriptum est quibuscunque stipen<strong>di</strong>atis existentibus in Salis quod<br />

desistant a pre<strong>di</strong>ctis damnis.<br />

<strong>16</strong>40<br />

Francesco Sforza avvisa il podestà <strong>di</strong> Arena o l’ufficiale del porto che fa venire sul Po da<br />

Cremona alcune navi con bombarde, loro attrezzature e munizioni. Quando saranno giunte lì,<br />

<strong>di</strong>ca ai maestri e superiori <strong>di</strong> dette navi e bombarde che si portino fino al porto <strong>di</strong> Dossi, porto


che non lasceranno senza suo permesso: stiano accorti a fare buona guar<strong>di</strong>a, chiedendo anche<br />

aiuto agli ufficiali e agli uomini dei luoghi circostanti. Lettera duplicata per Zaneto e Giacomo.<br />

Furono fatte lettere credenziali a Tiberto per Orfeo da Firenze.<br />

Potestati Arene, vel officiali portus.<br />

1454 giugno 30, Milano.<br />

Nuy facemo venire suso da Cremona dreto Po, da sopra da Pavia, alcune nave cariche<br />

de doe nostre bombarde et soi fornimenti et munitioni. Pertanto volimo staghi advisato<br />

per modo <strong>di</strong>cte bombarde non passerano suso che tu non lo sapy et ne sii advisato. Et<br />

quando siano lì, <strong>di</strong>rai ali maestri et superiori delle <strong>di</strong>cte nave et bombarde che vadano<br />

suso senza <strong>di</strong>mora sino al porto <strong>di</strong> Dossi, ma che se firmino al <strong>di</strong>cto porto <strong>di</strong> Dossi, et<br />

subito ne advisano como seranno giuncti et non se partano senza nostra licentia; et li<br />

admoniray da nostra parte che, quando siano firmati alli Dossi, staghino advisati et<br />

facino bona guar<strong>di</strong>a per modo non recevessero damno o mancamento alcuno,<br />

rechiedendo li officiali et homini delli lochi circonstanti de homini et de quello che<br />

bisognerà per guar<strong>di</strong>a et secureza d’esse bombarde et nave; et tunc advisaray della<br />

havuta de questa et quando <strong>di</strong>cte bombarde sono giuncte et partite da lì. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, ultimo Iunii 1454. Duplicata per dominum Zanetum et Iacobum, <strong>di</strong>e<br />

suprascripto.<br />

Facte fuerunt littere credentiales magnifico domino Thiberto in personam Orphei de<br />

Florentia. (a)<br />

(a) Segue bomarde et navi et tu depennato.<br />

<strong>16</strong>41<br />

Francesco Sforza comanda a Melchione Lavavegra <strong>di</strong> farsi dare dal vescovo della città i<br />

cinquanta ducati del bue grasso <strong>di</strong> cui lui tante volte gliene ha parlato: é una onoranza da cui<br />

nessuno é esente. Se il vescovo si perdesse in parole, insista nel chiedergli i denari, chiarendo<br />

al vescovo che, se non si trattasse <strong>di</strong> una onoranza, la smetterebbe <strong>di</strong> dargli tale fatica.<br />

1454 giugno 30, Milano.<br />

437v Melchioni Lavavegre, executori nostro.<br />

Vogliamo te debii retrovare con lo reverendo domino vescovo de quella nostra cità de<br />

Lode et gli <strong>di</strong>ray, per mia parte, ch’el te faza dare quelli cinquanta ducati ch’esso ne é<br />

obbligato a dare per l’honoranza nostra del bove, delli quali tante volte gli habiamo<br />

scripto et facto <strong>di</strong>re; et semper ne ha dato parola in pagamento. Et considerato che<br />

questa é nostra (a) honoranza et preheminentia, non deliberiamo ullo modo perdonarla<br />

ad persona alcuna, et sia che habia nome como se voglia, però voliamo facii ogne<br />

instantia apresso ala sua reverenda paternità ch’essa te faza dare li <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari. Et casu<br />

quo esso non te li volesse dare, o che menasse per parole, siamo contenti prove<strong>di</strong> per<br />

quello più honesto et megliore modo ti parerà de recuperare et havere <strong>di</strong>cti cinquanta<br />

ducati sopra le intrate del <strong>di</strong>cto vescovato, o per altra via. Siché che inanzi te parti da lì<br />

sii sicuro et cauto de <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari, et che non habiamo più casone de scrivere et<br />

domandaro questi nostri <strong>di</strong>nari, chiarendo ala sua reverenda paternità che, se questo<br />

non fosse nostra honoranza et prehemìnentia, et che fosse per altra casone, noy non<br />

gli daressemo questa fa<strong>di</strong>ga et sforzaressemo fargli cosa che gli fosse in piacere, como<br />

havemo facto sempre. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e ultimo Iunii 1454.<br />

Zanninus<br />

Cichus.<br />

(a) Segue intentione depennato.


<strong>16</strong>42<br />

Francesco Sforza replica ad Antonio degli Eustachi, capitano generale della flotta sforzesca, e a<br />

Gracino da Pescarolo che, al più tar<strong>di</strong>, entro quattro giorni, devono trovare imbarcazioni<br />

sufficienti per fare un ponte sul Po presso Valenza. Ha poi loro scritto <strong>di</strong> due galeoni fatti venire<br />

da Cremona per provvedere che, mancando <strong>di</strong> qualche cosa, li facessero risistemare. Per fare<br />

più presto, ha pensato <strong>di</strong> servirsi solo <strong>di</strong> quello che era a Lo<strong>di</strong>, che necessita <strong>di</strong> un minimo<br />

intervento, per la cui spesa provvederanno Gracino e Bartolomeo. Man<strong>di</strong>no le allegate lettere a<br />

chi sono destinate.<br />

1454 giugno 30, Milano.<br />

438r Domino Antonio Eustachio, capitaneo generali navigii nostri, Gracino de Piscarolo,<br />

referendario Papie.<br />

Como per altre nostre havemo scripto a vuy, domino Antonio et domino Gracino, così<br />

per questa ve repplicamo che subito, et infra termine de quatro giorni al più tardo,<br />

debiati recatare le nave expe<strong>di</strong>ente per fare uno ponte sulo fiume del Po, presso<br />

Valenza. Ulterius, da puoi ve scripsemo che facessevo vedere duy galeoni havemo<br />

facto venire da Cremona et, mancandoli alcuna cosa, gli facessevo reconzare, havemo<br />

pensato, per fare più presto, de operare solum quello era a Lode, al quale pensiamo li<br />

mancha poco o niente. Siché subito, mancandoli pure alcuna coseta, fatelo reconzare<br />

subito senza alcuno per<strong>di</strong>mento de tempo; et vuy, domino Gracino et Bartolomeo, fate<br />

fare la spesa, che serà pochissima et non bisognarà per questo rumpere assignatione<br />

alcuna, et a questa poca facenda pigliati vuy il partito preso, senza altra replìcatione de<br />

nostre littere. Data ut supra. Et che mandano le allegate ad che se drizano per uno<br />

messo fidele.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>43<br />

Francesco Sforza informa il podestà, il Comune e gli uomini <strong>di</strong> Caselle che manda da Cremona<br />

sul Po delle bombarde, che devono rimanere ferme ai Dossi, ove dovranno essere ben<br />

sorvegliate perché ad esse e alle polveri non sia fatto alcun danno.<br />

In simile forma fu scritto al podestà, al comune e agli uomini <strong>di</strong> Sannazzaro e <strong>di</strong> Giarole.<br />

Potestati, comuni et hominibus Casellarum.<br />

(1454 giugno 30, Milano).<br />

Perché man<strong>di</strong>amo da Cremona, suso per lo fiume del Po, le nostre bombarde ed<br />

degono aspectare ali Dossi fin a tanto che gli scriveremo et ordìnaremo quanto<br />

deverano fare, volimo, et ve commettemo che, subito, inteso che siano giuncti lì ali<br />

Dossi, gli debiate mandare a fare la guar<strong>di</strong>a per quello (a) pocho tempo ch’haveranno a<br />

stare lì, acioché ala polvere né ale <strong>di</strong>cte bombarde possa intervenire sinistro, né<br />

mancamento alcuno. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum fuit potestati, comuni et hominibus Sancti Nazarii et Glarolarum.<br />

(a) quello in interlinea.


<strong>16</strong>44<br />

Francesco Sforza comunica a Giacomo da Piacenza le lamentele del suo uomo Ventura da<br />

Parma per avergli fatto tagliare l’erba <strong>di</strong> un suo prato. Ha scritto al podestà <strong>di</strong> fare giustizia, per<br />

cui Giacomo starà a quel che il <strong>di</strong>ritto consente, anche se lui, duca gra<strong>di</strong>rebbe che restituisse il<br />

fieno a Ventura come anche che si comportasse bene con Stoco Sorza, interme<strong>di</strong>ario ducale.<br />

438v Iacobo de Placentia.<br />

1454 luglio 1, Milano.<br />

Se é condoluto denanze a nuy Ventura da Parma, nostro homo d’arme, che pare de<br />

facto gli habi facta segare uno suo prato contra ogni raxone; del che ne meravigliamo.<br />

Pertanto te avisamo, como scrivemo lì al potestà, ministri raxone al’una parte et l’altra,<br />

siché staray paciente ad quello la raxone permette; ben ce piacerà che de plano<br />

restituisse il suo feno de Ventura pre<strong>di</strong>cto, et te deportassi ben cum Stocho Sorza, altro<br />

mezano, perché ello é pur nostro, como say. Data Me<strong>di</strong>olani, primo iulii 1454.<br />

Andreas Fulgineus.<br />

<strong>16</strong>45<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà <strong>di</strong> Piacenza che, in seguito alle lagnanze dell’uomo d’arme<br />

ducale Ventura da Parma per aver avuto tagliato l’erba del prato da Giacomo Palmano, egli<br />

convochi le parti renda loro giustizia con rito sommario.<br />

Potestati Placentie.<br />

(1454 luglio 1, Milano).<br />

Siandose condoluto denanzi da nuy Ventura da Parma, nostro homo d’arme, che<br />

domino Iacomo Palmano gli ha facto segare uno suo prato de facto et contra raxone,<br />

volemo che, havuto denanzi de vuy l’una parte et l’altra, faciate raxone expe<strong>di</strong>ta, senza<br />

reguardo alcuno et in modo che de ciò non ne sentiamo più querella. Data ut supra.<br />

Andreas Fulgineus.<br />

<strong>16</strong>46<br />

Francesco Sforza sollecita Andrea Dandolo a rimettere, in ossequio al principio giuri<strong>di</strong>co per cui<br />

actor sequitur forum rei, l’ebreo Samuele de Anselmo, abitante <strong>di</strong> Castelleone, da lui detenuto in<br />

seguito a denuncia <strong>di</strong> uno <strong>di</strong> Castelleone, al giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> tale località, che é loro giu<strong>di</strong>ce naturale.<br />

Domino Andree Dandolo.<br />

1454 agosto 1, Milano.<br />

Pare che uno Samuello de Anselmo, ebreo, habitatore de Castelyono, sia sostenuto lì<br />

in quella terra per debito ad instantia de uno pur de Castellione. Et quia actor sequitur<br />

forum rei, et anche che tuti duy, zoé lo actore et lo reo, sonno habitanti de Castellione,<br />

dove ce sta lo officiale nostro che fa rasone, pertanto voglia la magnificentia vostra fare<br />

liberare <strong>di</strong>cto Samuel et remandare ad Castellione dal suo iu<strong>di</strong>ce competente, quale<br />

farà rasone alli parte, como é honesto et rasonevele. Data Me<strong>di</strong>olani, primo iulii 1454.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

Dupplicata <strong>di</strong>e xi augusti 1454.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.


<strong>16</strong>47<br />

Francesco Sforza vuole che Angelo de Caposilvis provveda che alle case, possessioni e beni <strong>di</strong><br />

Antonio e nipoti <strong>di</strong> Mayo <strong>di</strong> Sant’Angelo, da sempre suoi amici e servitori, non venga mai fatto<br />

alcun danno. Istanza <strong>di</strong> Giovanni Botto dei Maestri delle entrate<br />

439r Angelo de Caposilvis.<br />

1454 luglio 1, Milano.<br />

Perché Antonio et li nepoti de Mayo de Sancto Angelo sonno stati continue et sonno<br />

nostri amici et servitori, pertanto te comettimo et volimo debbi providere et servare<br />

modo che alle case, possessione et beni del <strong>di</strong>cto Antonio et nepoti, dentro et de fora,<br />

non sia facto novità, molestia o damno alchuno, certificandoti che, essendogli facto<br />

danno, o rencrescimento alchuno, ne sarria molestissimo, perché li avemo cari como<br />

boni amici et servitori. Me<strong>di</strong>olani, primo Iulii 1454.<br />

Cichus.<br />

Instante Iohanne Botto ex Magistris intratarum.<br />

<strong>16</strong>48<br />

Francesco Sforza vuole che Marco de Attendolis, luogotenente <strong>di</strong> Borgonovo, <strong>di</strong>a consiglio,<br />

aiuto e favore al suo famiglio Luigi da Romano che manda lì per l’espletamenti <strong>di</strong> una sua<br />

commissione.<br />

1454 luglio 1, Milano.<br />

Comiti Marco de Attendolis, locumtenenti in Burgonovo.<br />

Mandemo lì Aloysio da Ramano, nostro famiglio, presente exhibitore, per alchune<br />

nostre importanti faciende, como da luy intenderay. Pertanto vogli dargli ogni a<strong>di</strong>uto,<br />

consilio et favore te rechiederà et te parerà opportuno per ademplire questa nostra<br />

commissione, et credere a quanto te <strong>di</strong>rà como ala nostra propria persona. Me<strong>di</strong>olani,<br />

<strong>di</strong>e primo Iulii 1454.<br />

Aloysius de Ravano.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>49<br />

Francesco Sforza si compiace con il capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza per la cattura <strong>di</strong><br />

Cristoforo Corio, detto Matto, per la moneta falsa, i se<strong>di</strong>ci alfonsini e il bislacco e novini trovatigli<br />

e mandati poi a Sceva, che glieli ha trasmessi. Procuri <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare gli altri spacciatori e, presili,<br />

li tenga sotto buona custo<strong>di</strong>a. Cerchi <strong>di</strong> aver cura che non facciano danni le genti d’armi che<br />

stanno per “passare in su”, benché egli abbia loro provveduto mandando dei suoi cancellieri e<br />

dei cavallari. Lo tenga continuamente avvisato del loro comportamento.<br />

Capitaneo citadelle nostre Placentie.<br />

1454 luglio 1, Milano.<br />

Della presa et retentione hay facta de quello Christoforo Coyro, <strong>di</strong>cto Macto, per quella<br />

moneta falsa, et deli se<strong>di</strong>ce alfonsini et uno bislacho falsi et altri novini in moneta,<br />

mandati per ti in uno sacheto ad domino Sceva, li quali havemo havuti, comen<strong>di</strong>amo<br />

singularmente la fede et <strong>di</strong>ligentia tua che certo per una cosa non ne potresti havere<br />

facto maiore piacere. Unde volimo, et molto haveremo caro, che te staghi attento ad<br />

questo facto et ve<strong>di</strong>, per recto o in<strong>di</strong>recto, se li fosse modo che tu potese fare pigliare li<br />

altri, quali sonno de tale falsità quomodocunque participi; presi, ne fati notitia a nuy, et<br />

che li tenghi socto bona guar<strong>di</strong>a 439v che non possano fugire, ne faray singulare<br />

piacere. Preterea perché quelle nostre gente d’arme sonno per passare in su, non<br />

obstante che li habiamo assay proveduto con mandargli <strong>di</strong> nostri cancelleri et<br />

cavalcatori, haveremo piacere, et così volimo che tu ne pren<strong>di</strong> ancora cura, tanto


quanto dura lo territorio Piacentino, che non se faza damno in lo paese nostro, né<br />

robbarie, portandoti con prudentia et <strong>di</strong>scretione como, se voleray, semo certi saperay<br />

fare. Et se niuno commette robbarie, né altri mancamenti, advisane continuamente dela<br />

veritate per toe littere, acioché li possiamo, como é la nostra intentione, debitamente<br />

provedere. Me<strong>di</strong>olani, primo iulii 1454.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>50<br />

Francesco Sforza conferma ad Antonio degli Eustachi e a Gracino da Pescarolo <strong>di</strong> aver avuto le<br />

lettere loro circa la sistemazione del galeone e li sollecita a far presto. Gli va che il retrovardo sia<br />

menato lì, perché intende servirsene insieme al galeone. Gli comunichino i dati relativi<br />

all’ammontare della spesa per il loro uso per 15 giorni, ivi compresa quella dei navaroli e <strong>di</strong><br />

quant’altro occorre. Più tar<strong>di</strong> li informerà circa i denari necessari per fare il ponte sul Po.<br />

(1454 luglio 1, Milano).<br />

Dominis Antonio de Eustachio, Gracino de Piscarolo.<br />

Havemo recevuto le vostre littere circa el reconzare del galeone, che molto ve piace; et<br />

così ve caricamo a far fare più presto sia possibile, provedendoli de quella antiana et<br />

due prexe che scriveti. Ala parte del retrovardo, molto ne piace che sia menato lì,<br />

perché intendemo operarlo similmente con il galeone; siché habiati lì in puncto tuti duy,<br />

cioé il galeone et retrovardo. Et volimo che subito ne avisati or<strong>di</strong>natamente quanto<br />

monterà la spesa a farli operare per xv dì, computata la spesa deli navaroli et ogne<br />

altra cosa. Ala parte delli denari per fare il ponte sul Po, ve ne avisaremo per altre<br />

nostre lettere. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>51<br />

Francesco Sforza accusa ricevuta dal podestà <strong>di</strong> Pavia, oltre che dal suo vicario e dai suoi<br />

giu<strong>di</strong>ci della trasmissione della descrizione dei beni <strong>di</strong> Oliviero <strong>di</strong> Cremona con la relativa<br />

indagine. Si <strong>di</strong>ce stupito che gli abbiano inviato un’indagine non autenticata, né sottoscritta da<br />

un notaio, Non appare che lui, podestà, come anche gli altri abbiano imposto a Oliviero il ius<br />

iurandum veritatis; se ben riflettono su quel che il maestro ha detto, non risulterà delitto né falso<br />

<strong>di</strong> monete, sia <strong>di</strong> quelle che egli aveva addosso che <strong>di</strong> quelle in<strong>di</strong>cate nella descrizione, per cui<br />

non v’é appiglio giuri<strong>di</strong>co <strong>di</strong> sorta per giu<strong>di</strong>carlo. Se questa é la <strong>di</strong>ligenza della corte podestarile,<br />

non c’é <strong>di</strong> che rallegrarsi circa il suo modo <strong>di</strong> far giustizia. Il duca gli or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> ammonire i sud<strong>di</strong>ti<br />

a comportarsi <strong>di</strong>versamente e a rifare nuovamente detta indagine, rispedendola poi in debita<br />

forma e in modo che si possa intendere la verità <strong>di</strong> quanto accertato. Gli facciano pure avere la<br />

debita informazione, richiesta nei giorni scorsi, circa i fatti <strong>di</strong> Tomino Landolfi.<br />

440r Potestati Papie.<br />

1454 luglio 1, Milano.<br />

Havemo havuto la vostra lettera con descriptione de li beni de quello maestro Oliviero<br />

da Cremona et etiam del suo examine; del che commen<strong>di</strong>amo asay la <strong>di</strong>ligentia vostra,<br />

sia del vicario et iu<strong>di</strong>ce vostri. Se maravegliamo che ve habiano mandato il <strong>di</strong>cto<br />

examine (a) così serialmente et nudamente e, primamente, perché <strong>di</strong>cto examine,<br />

quale el se sia, non hanno mandato in forma autentica, né sottoscripta per lo notaro<br />

che facia fede alcuna, Secundo, non ne appare che al <strong>di</strong>cto maestro Oliviero, né per<br />

vui, né per essi, sia stato dato il sacramento de veritate <strong>di</strong>cenda, como se convenia et<br />

de rasone et de bona consuetu<strong>di</strong>ne, inanti che gli haveti posto altramente pagura.<br />

Tercio, che se gli guardati bene per quello che habia <strong>di</strong>cto maestro Oliviero, (b) in lo<br />

<strong>di</strong>cto examine confessato, non ne appare de delicto, né falsata alcuna, né <strong>di</strong>ce che<br />

quelli pochi novini trovatoli adosso, né quelli altri delli vintiquatro ducati che gli mandò il<br />

patre, né etiam quelle libre 198 retrovate mò in la descriptione, siano bone, né false;<br />

non sapemo ad che attacarse quando vogliamo che de ciò se facia rasone, et se<br />

queste sonno delle <strong>di</strong>ligentie della corte vostra in li facti nostri, li quali ve man<strong>di</strong>amo


spetialmente, assai possiamo intendere como passano le altre pertinentie ali sub<strong>di</strong>ti<br />

nostri et ala iusticia publica. Pertanto volimo che amoniati li <strong>di</strong>cti nostri sub<strong>di</strong>ti a portarse<br />

per altra via et far fare lo examine pre<strong>di</strong>cto de novo; et mandatenelo in forma che non<br />

siano date le mosche in mane, ma sia autentico et possiamo intendere lo fondamento<br />

(c) et verità de questo facto, con darli molto bene a vedere che vogliamo sinceramente<br />

da nostri officiali esse serviti et obe<strong>di</strong>ti, et che faciano rasone in<strong>di</strong>fferentemente et con<br />

debita <strong>di</strong>ligentia ad caduno, et etiam ne mandariti ogne informatione che habiati presa,<br />

como ve scripsemo ali dì passati, in li (d) facti 440v de Tomino de Landolfi; la qual cosa<br />

deliberiamo volere intendere. Data Me<strong>di</strong>olani, primo iulii 1464.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue che depennato.<br />

(b) maestro Olivero in interlinea su examine depennato.<br />

(c) Segue della depennato.<br />

(c) In A gli con g depennata.<br />

<strong>16</strong>52<br />

Francesco Sforza comunica al podestà <strong>di</strong> Pavia che ha inteso con grande <strong>di</strong>spiacere <strong>di</strong> come gli<br />

studenti citramontani hanno reagito, senza che lui intervenisse, contro quelli ultramontani per il<br />

rettorato per quest’ultimi da lui deliberato per quest’anno. Vuole che il podestà ammonisca i<br />

citramontani <strong>di</strong> astenersi da qualsiasi atto ostile verso gli ultramontani, assicurandoli anche <strong>di</strong><br />

una personale presenza ducale per una punizione esemplare.<br />

Potestati Papie.<br />

(1454 luglio 1, Milano).<br />

Con singulare despiacere, havemo inteso le insolentie et deshonesti acti che hanno<br />

usati in Pavia quelli scolari Citramontani verso li scolari Ultramontani, per la <strong>di</strong>gnità de<br />

rettorato, quale omnimo havemo deliberato habiano li <strong>di</strong>cti scolari Ultramontani per<br />

questo anno, et che vuy non li habiati facto altra provisione. Il perché volimo che,<br />

havuta questa, amoniati tuti <strong>di</strong>cti scolari che, da qui inanze, se astengano et per alcuno<br />

modo non incorreno più in simile acto verso <strong>di</strong>cti scolari Ultramontani, giarandoli et<br />

certificandoli che etiam, se ne dovesseno personaliter transferirse lì in Pavia, ne faremo<br />

con effecto fare tale et se facta punitione et castigatione che sia exemplo ad ognuno, et<br />

faremo intendere che <strong>di</strong>cti acti ne siano molestissime, como sonno. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Petrus.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>53<br />

Francesco Sforza assicura i consoli, il comune e gli uomini <strong>di</strong> Salle che, saputo con <strong>di</strong>sappunto<br />

del riprovevole comportamento della gente d’arme lì sitemata, l’ha richiamata in iscritto nel modo<br />

suo. Vuole che ai soldati che stanno lì abusivamente, <strong>di</strong>cano, a nome suo, <strong>di</strong> portarsi ai loro<br />

posti e, se non vi andassero, ve li cacciano per forza.<br />

1454 luglio 1, Milano.<br />

441r Consulibus, comuni et hominibus terre nostre Sallarum.<br />

Havemo inteso con singulare <strong>di</strong>splecentia per vostre littere li funesti et mali portamenti<br />

de quella vostra gente d’arme logiano lì, et delli damni ve danno, che ne rencresce ultra<br />

modo. Et così scrivemo a loro in quello modo et forma che n’é parso a nuy, siché fariteli<br />

presentare le littere. Ulterius ala parte de quelli homini d’arme originari da lì, quali<br />

hanno logiamento or<strong>di</strong>nato altrove et pur stanno lì con vostri damni et incomo<strong>di</strong> et<br />

anche delli vostri vicini, <strong>di</strong>cemo così che gli <strong>di</strong>cati per nostra parte va<strong>di</strong>no ali loro<br />

or<strong>di</strong>nati et deputati logiamenti, et casu quo non se vogliano partire, che non possiamo<br />

però credere, <strong>di</strong>cendogelo per nostra parte, volimo et così ve comettiamo che li cazati<br />

via per forza. Me<strong>di</strong>olani, primo iulii 1454.<br />

Ser Iacobus<br />

Cichus.


<strong>16</strong>54<br />

Francesco Sforza avverte gli armigeri sistemati a Salle <strong>di</strong> astenersi dal recar danno alle biade e<br />

ai frutti dei suoi sud<strong>di</strong>ti, minacciandoli, altrimenti, <strong>di</strong> provve<strong>di</strong>menti punitivi. Esige, poi, che quelli<br />

che alloggiano fuori posto, si portino nei luoghi loro fissati.<br />

Armigeris logiatis in terra nostra Sallarum.<br />

(1454 luglio 1, Milano).<br />

Havemo inteso con grande <strong>di</strong>splicentia che vuy ve portate molto sinistramente et<br />

<strong>di</strong>shonestamente in damnezare li nostri sub<strong>di</strong>ti in le loro biave et fructi; la qual cosa non<br />

intendemo comportare per alcuno nostro. Et volimo stati contenti del dovere vostro,<br />

secundo l’or<strong>di</strong>ni nostri, avisandove et certificandove che, non abstinendove da <strong>di</strong>cti<br />

damni, ne faremo tale evidentia ch’el parerà siamo mal (a) contenti de vuy, avisandove<br />

che non volimo che quelli de vuy quale alogiano lì senza l’or<strong>di</strong>ne nostro et che non<br />

hanno il suo deputato logiamento lì, gli stiano per modo alcuno, anzi va<strong>di</strong>no ali loro<br />

logiamenti deputati. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) mal in interlinea.<br />

<strong>16</strong>55<br />

Francesco Sforza scrive a Marco Corio <strong>di</strong> piacergli che parte della sua gente sia passata e crede<br />

che domani ne passerà dell’altra. Gli <strong>di</strong>ce che verranno pure i condottieri che sono qui per<br />

portar via i loro soldati. Si <strong>di</strong>ce sorpreso della vociferazione comunicatagli che, cioé, egli intenda<br />

cedere la Geradadda a Venezia, perché, data l’amicizia con detta Signoria, ritiene che lei non<br />

solo non pretenderà un minimo lotto <strong>di</strong> terra, ma gliene darà del suo. Certo <strong>di</strong> ciò, gli concede <strong>di</strong><br />

mostrare la presente lettera ai creduli <strong>di</strong> tale chiacchiera.<br />

441v Marco de Coyris.<br />

(1454 luglio 1, Milano).<br />

Respondendo a quello n’hai scripto, prima, circa’l levare et passare de quelle nostre<br />

zente, piacene che ne siano passate una parte; et domani cre<strong>di</strong>amo ne passarano delle<br />

altre. Questi nostri conducteri, che se retrovano qui, veneranno ancora loro de là a<br />

levare li suoi de presente, siché a questa nostra parte non ce accade altra resposta. Ala<br />

parte della vociferazione facta in quelle parte che nuy dasemo Giara d’Adda ala<br />

illustrissima signoria de Venetia, et cetera, ve <strong>di</strong>cemo che nuy ce maravigliamo de facti<br />

tuoy et de qualunque crede questo, perché nuy havemo bona, sincera et intrinsica<br />

benivolentia et amicitia con la prefata signoria et siamo certi che non solamente ne<br />

richiederà una minima terra delle nostre, ma piutosto ne daria delle sue, et non sapemo<br />

donde proceda questa tale vociferazione. Però volimo certifichi ogni homo de questa<br />

cosa et gli daghi a vedere che questa vociferazione é falsa; et aciò siano certi de<br />

questo, monstragli questa nostra littera. Ale altre parte delle toe littere non ce accade<br />

altra resposta. Data ut supra.<br />

Irius.<br />

Iohannes.<br />

<strong>16</strong>56<br />

Francesco Sforza comanda a Raboto de Landech a Maledo <strong>di</strong> portarsi dalla sua squadra che<br />

vuole cavalchi con le altre nell’Alessandrino.<br />

Si é scritto in simile forma a Bartolomeo de Mandello in Ripalta.<br />

442r Rabotho de Landech in Maledo.<br />

1454 luglio 2, Milano.<br />

Perché havemo or<strong>di</strong>nato et mandato ad fare levare la toa squadra, la quale volimo che<br />

cavalcha in Alexandrina cum alcun’altre, volemo et comman<strong>di</strong>amote che, receptis


presentibus, monti a cavallo et vad<strong>di</strong> a trovare essa toa squadra per fare quanto te sarà<br />

or<strong>di</strong>nato et commandato. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e ii Iulii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

Bartholomeo de Mandello in Rippalta<br />

Scriptum fuit in simili forma ut supra.<br />

<strong>16</strong>57<br />

Francesco Sforza vuole che Tiberto Brandolini nella impresa <strong>di</strong> là abbia per raccomandato<br />

Guidotto da Cocconate, i suoi luoghi e uomini in modo che capisca che lo ha caro.<br />

In simile forma si é scritto ad Angelo de Caposilvis.<br />

Magnifico domino Tiberto Brandolino.<br />

1454 luglio 2, Milano.<br />

Perché sempre havemo havuto et havemo per bono amico et fidel servitore el nobile<br />

Guidotto da Coconà et li suoi et, intendendo reservarli in ogni caso et evento, volimo<br />

che in quella impresa de là habbiati talmente recomandato luy et li suoy luochi et<br />

homini ch’el conosca che l’havimo caro, non gli lassando fare danno, né manchamento<br />

alcuno più che ale cose nostre proprie. Data Me<strong>di</strong>olani, ii iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

Angelo de Caposilvio.<br />

In simili forma scriptum fuit ut supra.<br />

<strong>16</strong>58<br />

Francesco Sforza loda il podestà <strong>di</strong> Pavia per avere imprigionato il me<strong>di</strong>co Oliviero da Cremona.<br />

Siccome, però, i suoi gli hanno detto che lo ha messo in un luogo orribile, vuole che lo sposti in<br />

un luogo meno scomodo, ma tale che sia sempre ben vigilato e non possa comunicare che con<br />

chi gli da da mangiare e deve curarlo.<br />

Potestati Papie.<br />

(1454 luglio 2, Milano).<br />

Havemo inteso como per la commissione ve havemo facta haviti sostenuto maestro<br />

Oliviero da Cremona, me<strong>di</strong>co; il che ne é piaciuto et ve ne comen<strong>di</strong>amo. Ma perché li<br />

suoy sonno venuti da nuy et n’hanno <strong>di</strong>cto che l'haveti facto mettere in uno loco molto<br />

orribile, nel quale sta molto sinistramente, a nuy pare, et così volimo, che lo debiati<br />

cavare da quello loco et metterlo in un altro loco dove possa stare più habilmente et<br />

senza troppo desconzo della persona sua; con questo che lo faciate molto bene<br />

guardare che non se ne possa fugire et non gli lassate parlare da niuno, se non da<br />

quelli che gli hanno ad dare da mangiare et governarlo. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.<br />

<strong>16</strong>59<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na ad Angelo de Caposilvis <strong>di</strong> mandare da lui il suo cancelliere che scrive<br />

le sue lettere, specie la lettera scritta a Vigevano per preparare per lui due suoi cavallari:<br />

gli vuole parlare.<br />

442v Angelo de Caposilvis.<br />

1454 luglio 2, Milano.<br />

Vogli, havuta questa, mandare qui da nuy quello tuo cancellero che te scrive le lettere,<br />

et maxime quello che scrisse la lettera ad Viglevano che dovesseno apparechiare et<br />

tenete doy cavallari per toa parte, al quale volimo parlare. Me<strong>di</strong>olani, ii iulii 1454.<br />

Zanninus.<br />

Iohannes.


<strong>16</strong>60<br />

Francesco Sforza comunica al capitano e al podestà <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> aver dato al condottiero<br />

ducale Pietro Giovanni da Camereno tutti i beni del quondam Giovanni Piccinino da Suano.<br />

Se Romagnolo e Griffono riven<strong>di</strong>cano qualcosa su detti beni, si <strong>di</strong>ano loro dalle armi, panni e<br />

argenterie <strong>di</strong> Giovanni.<br />

Capitaneo et potestati Placentie.<br />

(1454 luglio 2, Milano).<br />

Non obstante quanto ve habiamo scripto per altre nostre sopra il facto delli beni del<br />

quondam Iohanne Picinino da Suano, como haveriti veduto, <strong>di</strong>cemo per questa nostra<br />

che nuy l’havemo dati et donati liberamente tuti <strong>di</strong>cti beni a Piero Iohanne de<br />

Camereno, nostro conductero; siché volimo che tutti cre<strong>di</strong>ti et miglioramenti d’essi beni<br />

che havia il <strong>di</strong>cto Iohanne Picinino gli siano consignati. Et se Romagnolo et Griffono<br />

degono havere cosa alcuna sopra li <strong>di</strong>cti beni, volimo che gli sia dato sopra arme,<br />

panni, argentarie d’esso Iohanne. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>61<br />

Francesco Sforza fa sapere ad Antonello da Piacenza che gli esattori della tassa del sale non<br />

vengono pagati dai suoi uomini per il favore che accampano <strong>di</strong> avere da lui. Il duca non crede<br />

che questo sia il vero motivo, ma che proceda da <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enza,e, perciò, comanda ad<br />

Antonello <strong>di</strong> impartire l’or<strong>di</strong>ne ai suoi uomini <strong>di</strong> pagare subito quello <strong>di</strong> cui sono debitori sia della<br />

tassa del sale che <strong>di</strong> quella dei cavalli, perché, altrimenti, farà loro capire che lui vuole essere<br />

obbe<strong>di</strong>to da qualsiasi persona del suo dominio.<br />

In egual modo si é scritto a Giacomo Palmano.<br />

Si sono scritte lettere credenziali al trombettiere Teco per Guglielmo de Rossano, squadrerio<br />

alloggiato a Camairago.<br />

Domino Antonello de Placentie.<br />

(1454 luglio 2, Milano).<br />

Nuy habiamo pur querella dali nostri che scodano le taxe del sale in Piacentina che dali<br />

tuoy homini non possono essere pagati, né havere obe<strong>di</strong>entia alcuna, et questo<br />

procede per lo favore che credano havere da ti, cosa che non se fa per persona alcuna<br />

sia in Piacentina. Et quantunque cre<strong>di</strong>amo questa tale renitentia non proceda micha da<br />

ti, ma piutosto per inobe<strong>di</strong>ehtia et pocha consideratione delli tuoy, niente de manco ad<br />

nuy però tale 443r apto rencresce perché non intendemo che li tuoy siano più exempti<br />

dela taxa, né de sale, né de cavalli, como se siano li altri nostri sub<strong>di</strong>ti. Pertanto per<br />

questa te admonemo et coman<strong>di</strong>amo che, remossa ogne casone, tu daghi tale et sì<br />

facto or<strong>di</strong>ne, che per li <strong>di</strong>cti tuoy homini se satisfaza integralmente de presente de tuto<br />

quello apparesseno debitori, et del sale et delle taxe delli cavalli, avisandoti che quando<br />

intenderemo che perseverano in questa loro fantasia de non pagar, ne faremo tale<br />

demonstratione che ogniuno conoscerà che vogliamo esser obe<strong>di</strong>ti da qualunque<br />

persona sia sotto il nostro dominio, sia che sia voglia, et non exceptandone persona<br />

alcuna. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Cichus.<br />

Iohannes.<br />

Similter domino Iacobo Palmano.<br />

Littere credenziales in Techum tubicinem ad Guilliemun de Rossano, squadrerium<br />

logiatum in Camayrago. Me<strong>di</strong>olani, ii iulii. Me<strong>di</strong>olani, iii iulii.<br />

Cichus.


<strong>16</strong>62<br />

Francesco Sforza dà atto al podestà <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> avere, in conformità a quanto or<strong>di</strong>natogli,<br />

imprigionato i bari che frodarono Giovanni da Como. Il duca vuole che il podestà renda giustizia<br />

in modo che detti bari restituiscano a Giovanni i suoi denari.<br />

Potestati Placentie.<br />

1454 luglio 2, Milano.<br />

Havemo inteso como tu hay facto substenere lì quelli barri quali abarrarono Iohanne da<br />

Como, secondo te havevamo scripto. Il perché siamo contenti et volemo ministri raxone<br />

ali <strong>di</strong>cti barri, facendo restituire subito, recevuta questa, li suy denari al pre<strong>di</strong>cto<br />

Iohanne; et questo non manchi. Data Me<strong>di</strong>olani, ii iulii 1454.<br />

Andreas Fulgineus.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>63<br />

Francesco Sforza scrive ad Angelo de Caposilvis <strong>di</strong> avere ben inteso da lui quale sia l’animo<br />

degli uomini e delle terre sotto il duca <strong>di</strong> Savoia. Gli fa sapere <strong>di</strong> aver mandato due trombettieri<br />

per avere due uomini <strong>di</strong> quelle terre, cui lui, Sforza, intende parlare e far loro intendere che se<br />

vogliono passare sotto il suo dominio, vi provvederà lui, se prima, a Dio piacendo, non vi fossero<br />

già passati. Da parte sua Angelo se ne stia quieto, perché tutto si chiarirà presto.<br />

443v Angelo de Caposilvis.<br />

1454 luglio 3, Milano.<br />

Havemo recivuto una toa lettera, data heri, et inteso ad compimento quanto tu ne scrive<br />

dell’animo et <strong>di</strong>spositione delli homini et delle terre che se tengono per lo duca de<br />

Savoya, et cetera; et cussì de quanto tu desideri essere chiarito da noy quello habbi ad<br />

fare circha quisti facti. Brevemente, respondendo, te <strong>di</strong>cemo che nuy habiamo mandato<br />

de presenti nostri trombetti ad rechiedere duy homini per ciascuna de quelle terre, ali<br />

quali noy vogliamo parlare, siché, venendo noy lì, <strong>di</strong>remo quello serà da <strong>di</strong>re, et<br />

volendo loro venire ad hobe<strong>di</strong>entia nostra, como <strong>di</strong>cono, sia col nome <strong>di</strong> Dio, se non<br />

nuy gli provederimo per altra via, perché deliberemo per ogni modo de haverle.<br />

Pertanto volemo che tu debbi temporezare et non fare più como tu hay facto fine a qui,<br />

perché questa cosa ha ad chiarisse presto; et noy te avisarimo (a) <strong>di</strong> quanto haveray a<br />

fare. Data Me<strong>di</strong>olani, iii iulii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

(a) In A havisarimo con h depennata.<br />

<strong>16</strong>64<br />

Francesco Sforza fa avere a Marco de Coyris la supplica dei poveri uomini <strong>di</strong> Fornovo che si<br />

lamentano per i quattro cavalli loro assegnati. Lascia a lui la libertà <strong>di</strong> prendere quel<br />

provve<strong>di</strong>mento che merita la compassionevole situazione <strong>di</strong> quella gente.<br />

Marco de Coyris.<br />

1454 luglio 2, Milano.<br />

Per parte delli poverhomini da Fornonovo ne sporto la introclusa supplicatione per la<br />

quale se gravano de quatro cavalli, quali gli sonno stati dati, como intenderay; la quale<br />

considerata, havendo compassione ala povertate soa, remettiamo a ti che gli fazi quella<br />

provisione che ti parerà expe<strong>di</strong>ente. Me<strong>di</strong>olani, ii iulii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.


<strong>16</strong>65<br />

Francesco Sforza vuole che Angelo de Caposilvis catturi Sbardelato, che già fu con Giovanni<br />

d’Amelia, e lo man<strong>di</strong> sotto buona scorta dal castellano <strong>di</strong> Vigevano, cui scriverà <strong>di</strong> tenerlo in<br />

modo che non possa fuggire e non lo liberi senza autorizzazione sottoscritta dal duca.<br />

Si é scritto a Giacomo Palmano <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> portarsi dal duca.<br />

Angelo de Caposilvis.<br />

1454 luglio 2, Milano.<br />

Volimo che, havuta questa, debii pigliare Sbardelato che altra volta stase con domino<br />

Iohanne d'Amelia, et lo man<strong>di</strong> bene acompagnato al castellano de Vegievano; 444r et a<br />

luy scriverai che lo metta in presone et lo tenge per modo che non se ne possa fugire et<br />

che non lo relaxa senza lettera sottoscripta de nostra propria mano. Angelo, se tu cre<strong>di</strong><br />

per una volta farne cosa gratissima, faray quanto te havemo <strong>di</strong>cto, et non gli mancharai<br />

in cosa alcuna. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Persanctes.<br />

Iohannes.<br />

Scriptum fuit domino Iacobo Palmano de Placentia quod veniat ad dominum. Me<strong>di</strong>olani,<br />

iii iulii 1454.<br />

Persanctes.<br />

Iohannes.<br />

<strong>16</strong>66<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Giovanni Stefano de Casate, capitano della Lomellina, <strong>di</strong> indurre a<br />

pagare la quota <strong>di</strong> tassa <strong>di</strong> cavalli quei proprietari <strong>di</strong> terreni che, secondo la denuncia degli<br />

uomini <strong>di</strong> Cozzo, ricusano <strong>di</strong> pagarla.<br />

1454 aprile 23, Milano.<br />

Domino Iohanni Stefano de Caxati, capitaneo Lumelline.<br />

Sono stati da nuy l’homini della terra nostra de Cotio lamentandose, <strong>di</strong>cendone che<br />

sono alcuni quali hanno a fare et hanno possesione sul suo territorio et recusano<br />

pagare la rata loro contingente per le taxe deli cavaglii. Et inteso la sua domanda,<br />

parendone iusto et rasonevele, ve comettiamo et volimo che faciati per modo che ogni<br />

homo, non reservando alcuno, pigliano et satisfaciano integramente per la sua rata<br />

parte integramente, et che l’uno non porti il carigo del’altro, facendo paghano et<br />

satisfaciano così per lo tempo passato et per lo advenire, como hanno facto li altri. Et<br />

faciati per modo che non sentiamo più de questo querella nì lamenta veruna. Me<strong>di</strong>olani,<br />

xxiii aprilis 1454.<br />

Cichus.


<strong>16</strong>67<br />

Francesco Sforza ha inteso da Angelo de Caposilvis e da Giovanni Chiapano che gli uomini<br />

delle terre sforzesche, precedentemente tenute dal duca <strong>di</strong> Savoia, hanno mutato parere e ora<br />

optano per il Savoia per suggestione degli ufficiali <strong>di</strong> lì e dell’inviato <strong>di</strong> quel duca che ha detto<br />

d’essere d’accordo con lo Sforza. Se l’opzione é spontanea, l’ accettino. Per il resto li avvisa che<br />

manda i due sottoin<strong>di</strong>cati trombettieri, che devono portarsi nei luoghi in<strong>di</strong>cati per richiedere che<br />

vengano mandati due uomini per sentire quello che lui <strong>di</strong>rà loro e poi ritornarsene<br />

tranquillamente a casa.<br />

Il trombettiere Garavela andrà a: Confienza, Sant’Angelo, Palestro, Castelnoveto, Bulgaro,<br />

Casalegualone, Villata de Bolgari, Vicolongo,<br />

Breme,Villata apresso Can<strong>di</strong>a.<br />

Il trombettiere Cristoforo andrà a: Valenza, Bassignana, Pezeto, La Preda,<br />

Montecastello ultra Padum, Bolgaro da Bassignana, Frascarolo, Torre Beretti,<br />

Cassina <strong>di</strong> Bossi, citra Padum.<br />

1454 luglio 3, Milano.<br />

444v Angelo de Caposilvis et Iohanni Chiapano.<br />

Nuy havemo recevuto le vostre lettere per le quale ne significati che li homini de quelle<br />

terre nostre, quale funo tenute per lo ducha de Savoya, hanno mutato proposito, donde<br />

primo monstravano volere venire ala obe<strong>di</strong>entia nostra, nunc <strong>di</strong>cono volere fare<br />

l’honore suo, così per le suasione delli offitiali d’esse terre, como etiam<strong>di</strong>o per quello gli<br />

ha mandato el prelibato duca, cioé che l’é d’acor<strong>di</strong>o con nuy, et cetera. Ala quale<br />

respondendo <strong>di</strong>cemo che, volendose rendere de sua voluntà, gli debiate acceptare in<br />

nostro nome, avisandove che man<strong>di</strong>amo lì duy infrascripti trombetti nostri, quali<br />

habiano ad andare ale infrascripte terre ad rechiederli per parte nostra che mandano<br />

duy homini per qualunque terra da nuy ad ol<strong>di</strong>re et intendere quanto gli voremo <strong>di</strong>re,<br />

assecurandoli che possano venire et retornare securamente. Siché drizariti li <strong>di</strong>cti<br />

trombetti ale terre infrascripte, como gli havemo or<strong>di</strong>nato, non gli movendo altra guerra<br />

pubblica fina tanto che non ve scriveremo altro. Me<strong>di</strong>olani, iii iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

Garavela, trombeto, a :<br />

Confienza,<br />

Sancto Angelo,<br />

Palestro,<br />

Castelnoveto,<br />

Bulgaro,<br />

Casalegualone,<br />

Villata de Bolgari,<br />

Vicolongo,<br />

Breme,<br />

Villata appresso Can<strong>di</strong>a.<br />

Christoforo, trombetta, (a):<br />

Valenza,<br />

Bassignana,<br />

Pezeto,<br />

La Preda,<br />

Montecastello, ultra Padum,<br />

Bolgaro da Bassignana,<br />

Frascarolo,<br />

Torre de Bereti,<br />

Cassina <strong>di</strong> Bossi, citra Padum.


<strong>16</strong>68<br />

Francesco Sforza vuole che il conte Bolognino de Attendolis rilasci a richiesta dei mercanti<br />

milanesi, ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> Ambrogio de Omate e Francesco Pozzobonelli, che già ne avevano chiesto la<br />

cattura, Niccolò <strong>di</strong> Ban<strong>di</strong>nelli da Senna.<br />

445r Comiti Bolognino de Attendolis.<br />

1454 luglio 3, Milano.<br />

Ali vi del mese proximo passato ve scripsemo che eravamo contenti havessevo<br />

acceptato in vostra guar<strong>di</strong>a Nicolò <strong>di</strong> Ban<strong>di</strong>nelli da Senna, a vuy assignato per lo<br />

referendario de quella cità. Nunc autem, rechesti da quelli nostri cita<strong>di</strong>ni et mercadanti<br />

Milanesi, cioé li here<strong>di</strong> de quondam Ambroso de Homate et Francisco da Pozobonello,<br />

ad instantia delli quali era sostenuto <strong>di</strong>cto Nicolò, che gli lo faciamo relaxare, siamo<br />

contenti et volimo che, ad instantia delli pre<strong>di</strong>cti o de suo messo, presente exhibitore,<br />

debiati relaxare <strong>di</strong>cto Nicolò; et così faciti. Me<strong>di</strong>olani, iii iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>69<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al capitano del <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> Pavia, o al suo vicario, <strong>di</strong> far restituire a quelli<br />

<strong>di</strong> Robbio i buoi che, per ritorsione, furono loro rubati da quelli <strong>di</strong> Vinaglio,<br />

mentre poi <strong>di</strong>sporrà per questi ultimi.<br />

1454 luglio 3, Milano.<br />

Capitaneo devetus nostri Papie, seu eius locumtenenti.<br />

Perché ad (a) quelli de Robbio sonno robati et tolti certi bovi in scambio de quelli de<br />

Vinzalio, pertanto volimo che a <strong>di</strong>cti da Robio fati restituire <strong>di</strong>cti boni senza exceptione;<br />

et al facto de quelli da Vinzaglio, per un’altra te avisaremo della intentione nostra.<br />

Me<strong>di</strong>olani, iii iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) ad in interlinea.<br />

<strong>16</strong>70<br />

Francesco Sforza risponde a Marco Corio e ad Antonio de Sichis, commissario <strong>di</strong> Geradadda, <strong>di</strong><br />

credere che alla ricevuta della sua missiva, quelle genti si fossero mosse, perché aveva<br />

mandato là il suo trombettiere Giovanni che aspetterà Marco a Cassano, dove dette genti<br />

passeranno per alloggiare il primo giorno verso Merlino e l’altro giorno a Corsico, mentre poi<br />

passeranno il Ticino.<br />

s.d.<br />

Marco Coyro, Antonio de Sichis, commissaro Glareabdue.<br />

Respondendo ala vostra, data heri, credeamo che quelle zente, ala recevuta de questa,<br />

saranno levate, perché havemo mandato là Iohanne, nostro trombetta, quale aspectarà<br />

ti, Marco, a Cassano, ove hanno ad passare <strong>di</strong>cte zente, avìsandoti che le <strong>di</strong>cte zente<br />

haverano a lozare lo primo dì verso Merlino, l’altro dì a Corsico et l’altro dì passarano<br />

Ticino; et in questo modo non damnificarano il Milanese. (a)<br />

(a) Così termina la missiva.


<strong>16</strong>71<br />

Francesco Sforza scrive al conte Antonio Bevilacqua che sarebbe ben felice che egli ottenesse<br />

l’assoluzione e la liberazione dal bando e dalla taglia, che Venezia gli ha inflitto e si <strong>di</strong>ce<br />

<strong>di</strong>sposto a prestargli in tutto ciò ogni aiuto.<br />

445v Comiti Antonio de Bivilaquis.<br />

1454 luglio 3, Milano.<br />

Havemo inteso quanto n’haveti facto <strong>di</strong>re de volere procurare la absolutione et de farve<br />

cavare dal bando et taglia havuti dala illustre signoria de Venetia; et hoc cum nostra<br />

licentia et bon piacere per li respecti a nuy allegati per parte vostra. Al che<br />

respondendo, <strong>di</strong>cemo che, non solamente siamo contenti de questo, ma ve confortiamo<br />

a tentarlo e farlo per ogne modo et via possibile, per cavarve da ogne sinistro, periculo<br />

ve potesse occorere, che a nuy saria molestissimo; et parendove che a questo ve<br />

possiamo ben essere in cosa alcuna, avisatene perché lo faremo voluntera et de bona<br />

voglia. Me<strong>di</strong>olani, iii iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

<strong>16</strong>72<br />

Francesco Sforza manifesta al suo squadrerio Antonello Seguro il suo grosso <strong>di</strong>sappunto perché<br />

é ancora a Parasacco, mentre avrebbe dovuto trovarsi là dov’é il suo famiglio Angelo de<br />

Caposilvis. Gli comanda, perciò, <strong>di</strong> portarsi subito in campo con la sua squadra.<br />

Antonello Seguro, squadrerio nostro.<br />

1454 luglio 3, Milano.<br />

Nuy credevamo che hormay tu fosti giuncto lì dove mò se trova Angelo de Caposilvi,<br />

nostro famiglio; et per quanto havemo inteso tu ancora sii lì ad Parasaco, che quanto a<br />

nuy sia molesto et grave tu lo poi pensare. Et perciò per questa nostra te coman<strong>di</strong>amo<br />

che, subito havuta questa, et senza <strong>di</strong>mora va<strong>di</strong> in campo con la squadra; altramente te<br />

daremo ad intendere quanto importa ad andare in qui(n)deci dì de quatordece miglia.<br />

Me<strong>di</strong>olani, iii iulii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

<strong>16</strong>73<br />

Francesco Sforza scrive a Francesco e Bernabò, fratelli Sanseverino <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>re la loro andata<br />

venerdì prossimo. Accelerino la cavalcata per eseguire quanto aveva loro or<strong>di</strong>nato, che é assai<br />

importante per lo stato.<br />

1454 luglio 3, Milano.<br />

446r Francisco et Bernaboni, fratribus de Sancto Severino.<br />

Respondendo ad una vostra per la quale ne scriveti del vostro passare con li vostri<br />

venerdì proximo per exequire quanto ve scripsemo, seu habiamo scripto, <strong>di</strong>cemo che<br />

l’havemo molto caro. Et così ve confortiamo, caricamo et stringemo, che debiati<br />

accelerare questa vostra cavalcata quanto più presto ve é possibile et exequire quello<br />

che per altre nostre lettere ve habiamo scripto, commisso; et circa ciò non perdete una<br />

hora de tempo, perché questa cosa importa al stato nostro quanto possi extimare.<br />

Me<strong>di</strong>olani, iii iulii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.


<strong>16</strong>74<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce a Simone da Spoleto che ha fatto bene a far passare le genti sforzesche<br />

<strong>di</strong> qua dall’Adda per andare nel Novarese. Gli comanda <strong>di</strong> accompagnarsi con loro e fare in<br />

modo che si ritrovino tutti con Angelo de Caposilvis. Venuto a conoscere che niuno dei soldati é<br />

rimasto negli alloggiamenti, avvisi Francesco Capra.<br />

Ser Simoni de Spoleto.<br />

(1454 luglio 3, Milano).<br />

Havemo recevute le toe lettere et inteso quanto ne scrivi del passare de quelle nostre<br />

gente <strong>di</strong> qua d’Ada per aviarse in Novarese; <strong>di</strong>cemo che tu hay facto bene, et per breve<br />

resposta te commettiamo che tu debii aviarte insieme con loro, secundo l’or<strong>di</strong>ne dato,<br />

et provedere che tuti cavalcano ad questa impresa et se trovano con Angelo de<br />

Caposilvi, et niuno resti de detro, excepto quelli fusseno infermi, et poi retorni in<br />

Cremonese. Et retrovando che niuno de quelli soldati sia remasto ad li lozamenti,<br />

volimo che ne avisi Francisco Capra. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Christophorus.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>75<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Giovanni Stefano da Casate, capitano della Lomellina, a non<br />

costringere gli uomini o massari <strong>di</strong> Guideto da Coconate, solventi la quota loro spettante, a<br />

pagare anche per gli altri inobbe<strong>di</strong>enti.<br />

(1454 luglio 3, Milano).<br />

Domino lohanni Stefano de Casate, capitaneo Lumelline.<br />

Scriptum fuit quatenus non debeat artare homines, sive massarios, domini Guideti de<br />

Cochonate ipsis eorum partem contingentem onerum quoruncunque solventes (a) ad<br />

solvendum pro aliis (b) renitentibus et inobe<strong>di</strong>entibus. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

(a) solvendam in interlinea.<br />

(b) Segue nostris depennato.<br />

<strong>16</strong>76<br />

Francesco Sforza risponde ad Antonio degli Eustachi, capitano della flotta sforzesca, e a<br />

Gracino da Pescarolo <strong>di</strong> aver inteso quanto gli hanno scritto della spesa per equipaggiare il<br />

galeone e il retroguardo <strong>di</strong> marinai, conestabili e “paroni”: Li sollecita ad aver tutto pronto al più<br />

presto. Informato <strong>di</strong> ciò, li avviserà se le imbarcazioni devono essere equipaggiate da forestieri o<br />

da paesani. Quanto ai remi, rassicura <strong>di</strong> aver scritto al luogotenente e al referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

mandarne 20 o più, a secondo della loro richiesta.<br />

1454 luglio 4, Milano.<br />

446v Domino Antonio Eustachio, capitaneo Navigii nostri et domino Gracino de<br />

Piscarolo.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere et per quelle inteso la spesa per armare il galeone et<br />

lo retrovardo de navaroli, conestabili et paroni; ale quale respondnedo, <strong>di</strong>cemo che<br />

debiati dar opera, che siano conze quanto più presto sia possibil et tenere apparechiati<br />

li navaroli e quanto gli é de bisogno acioché, avisandone nuy, presto possano andare<br />

suso; et avisandone deinde nuy quando saranno reconzi, ve avisaremo se gli voremo<br />

armare de forasteri o paysani. Ala parte delli remi per lo retroguardo, nuy scrivemo per<br />

l’alligate al locotenente et referendario de Lode che ve man<strong>di</strong>no xx, o più o meno,


segondo gli avisariti vuy; siché mandateli le littere nostre et avisate del numero gli<br />

bisogna. Me<strong>di</strong>olani, iiii Iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>77<br />

Francesco Sforza vuole che il luogotenente e il referendario <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> facciano avere, a secondo<br />

della richiesta, circa 20 remi a Pavia, ove ha fatto sistemare un retroguardo per il servizio sul<br />

Po. Antonino degli Eustachi e Gracino da Pescarolo manderanno dei loro inviati a prenderli.<br />

(1454 luglio 4, Milano).<br />

Locumtenenti et referendario civitatis Laude.<br />

Havemo facto mettere in or<strong>di</strong>ne uno retroguardo a Pavia per operarlo de presente nel<br />

fiume Po. Et perché gli mancano li remi, volimo et ve commettemo che subito gli debiati<br />

mandare vinti remi, o più o meno, segondo seriti avisato dali egregi cavalieri de<br />

Antonino de Eustachio et Gracino da Piscarolo, in mane delli quali fareti mandare <strong>di</strong>cti<br />

remi, et subito. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>78<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che vuole sapere chiaramente come sono<br />

successe le cose per cui il suo galuppo Boniforte é in prigione. Se Boniforte desse garanzia <strong>di</strong><br />

attenersi alla sentenza, lo può liberare, ma gli lascia l’opzione <strong>di</strong> rilasciarlo dopo che avrà resi<br />

noti i fatti al duca oppure <strong>di</strong> attendere la risposta ducale.<br />

447r Locumtenenti Laude.<br />

(1454 luglio 4, Milano).<br />

Havemo inteso como haviti sostenuto Boniforte, nostro galuppo, per certo excesso per<br />

luy commisso; et benché luy vi habia avisato della cosa como l’é passata, tamen volimo<br />

che subito, havuta questa, vuy ne avisati della verità, come la sta giaramente, perché<br />

l’ha volimo intendere da vuy. Dicemo bene che, volendo dare securtà de stare a<br />

rasone, s’el ve parerà, el relaxati, et se ve parerà retenerlo finché ne havereti avisato,<br />

fate como ve pare, et etiam finché havereti resposta da nuy et perché volimo pur che li<br />

nostri che fallano, siano puniti. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>79<br />

Francesco Sforza informa i Rettori <strong>di</strong> Bergamo <strong>di</strong> aver imposto al podestà e al castellano della<br />

Valsassina <strong>di</strong> restituire a Filippo de Carigi i cavalli e le biade toltigli, pur conducendo Filippo tali<br />

biade con sicurezza dello stesso podestà.<br />

Rectoribus Pergami.<br />

(1454 luglio 4, Milano).<br />

Inteso quello n’haveti scripto delli cavalli et biade, quali sonno stati tolti per lo potestà<br />

et castellano nostri de Valsaxina a Filippo de Carigi conducendoli con secureza d’esso<br />

podestà, <strong>di</strong>cemo che l’é stato male a torgli <strong>di</strong>cti cavalli et biade, essendo prima<br />

assecurato, como <strong>di</strong>ceti; et non <strong>di</strong>cemo per conpiacere ale spectabilità vostre, quando<br />

bene le <strong>di</strong>cte biade fossero conducte in commisso, siamo contenti de fargline gratia.<br />

Però havemo scripto ali potestà et castellano pre<strong>di</strong>cti strictamente che, senza <strong>di</strong>latione<br />

et replicatione alcuna, subito debiano restituire <strong>di</strong>cti cavalli et biade, et così siamo certi


faranno; de che ne havemo vogliuto dare aviso ale vostre spectabilità. Me<strong>di</strong>olani, ut<br />

supra.<br />

Irius.<br />

Iohannes.<br />

<strong>16</strong>80<br />

Francesco Sforza denuncia al conte Bolognino de Attendolis, podestà <strong>di</strong> Pavia, e a Gracino da<br />

Pescarolo la <strong>di</strong>savventura <strong>di</strong> cui é stata oggetto una gentildonna inglese <strong>di</strong> nome Anna, cui fu<br />

rubato una cagnolina, cui era molto affezioinata. Il duca vuole che insieme e separatamente si<br />

<strong>di</strong>ano da fare con ricerche e ban<strong>di</strong> pubblici in modo che chi ha il prezioso animaletto lo<br />

restituisca alla padrona. Se, invece, chi lo ha se lo tiene e viene scoperto, dovrà pagare alla<br />

Camera ducale cento ducati; se costui fosse un miserabile, lo si punirà con do<strong>di</strong>ci “strepate”. Se<br />

la nobildonna volesse portarsi a far visita a lui e alla sua consorte, or<strong>di</strong>na a Gracino <strong>di</strong> fornirla <strong>di</strong><br />

cavalli, come gli <strong>di</strong>rà Emanuele <strong>di</strong> Iacopo che ne é informato.<br />

(1454 luglio 4 , Milano).<br />

447v Comiti Bolognino de Attendolis, potestati Papie, et domino Gracino de Piscarolo.<br />

Havemo novamente havuto noticia como, essendo arivata in quella nostra cità una<br />

zentile dona de Ingletera chiamata madona Anna, gli é stata furata una sua cagnola<br />

quale gli era molto cara, et n’ha preso summo despiacere; et parendo a nuy tale apto<br />

molto deshonesto et alieno da ogne humanità, ne pare conveniente cosa, sì per il<br />

debito, sì per nostro honore, che se debia usare ogne industria et ogne rigore de<br />

rasone per fare che <strong>di</strong>cta donna rehabia la sua cagnola. Et pertanto volimo subito,<br />

recevuta questa, tutti vuy insieme et separatamente debiati usare ogne industria et<br />

inzegno, sì in far cercare et investigare subtilmente per ogne via, sì etiam<strong>di</strong>o in far fare<br />

ban<strong>di</strong> publici per la cita cum penna expressa che qualunque habia <strong>di</strong>cta cagnola, la<br />

debia presentare; et che lo sa, el debia notificare prestissimo; in caso che non, et che<br />

se sapia che l’haverà havuta, debia pagare cento ducati da essere applicati ala Camera<br />

nostra; et s’el sera inhabile, li siano date dece strepate de corda irremissibelmente,<br />

siché <strong>di</strong>cta cagnola se possa rehavere et consignarla ala pre<strong>di</strong>cta madonna Anna; ala<br />

quale volimo che vuy, domino Gracino, volendo ley venire qui dala presentia nostra et<br />

della nostra illustrissima consorte, li debiati provedere de cavalli opportuni per ley et<br />

quelli seranno con ley, quando sentesti che ley non havesse cavalli Et circa ciò crederiti<br />

ad Emanuel de Iacopo como informato della mente nostra. Me<strong>di</strong>olani, iiii iulii 1454.<br />

Iohannes.<br />

Iohannes Antonius.<br />

<strong>16</strong>81<br />

Francesco Sforza vuole che il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> gli faccia sapere come é avvenuto<br />

l’avvelenamento della maggior parte delle suore del locale monastero <strong>di</strong> Santa Chiara. Interroghi<br />

suore, me<strong>di</strong>ci, vicini e chiunque sia in grado <strong>di</strong> darne notizia in modo che egli sappia la verità<br />

dell’accaduto.<br />

448r Locumtenenti Laude.<br />

1454 luglio 4, Milano.<br />

Non con picola amaritu<strong>di</strong>ne habiamo questa sera inteso uno adverso caso successo<br />

nel monastero de Sancta Chiara de quella nostra cità in essere state advenenate la<br />

maiore parte de quelle monache. Per la qual cosa, desiderosi intendere como sia<br />

passata questa cosa et che é stata casone de tale delicto, volimo che subito, recevuta<br />

questa, pren<strong>di</strong>ati informatione da loro, da me<strong>di</strong>ci, da vicini et da qualunque altro che ve<br />

parerà, per modo che la verità se trova; et secundo trovariti, daritene ininstanti aviso,<br />

non perdendoli actimo de tempo alcuno. Me<strong>di</strong>olani, iiii iulii 1454.<br />

Andreas Fulgineus.


<strong>16</strong>82<br />

Francesco Sforza comunica al referendario <strong>di</strong> Pavia che, dopo avergli scritto su istanza del<br />

marescalco ducale Annibale circa i 21 ducati d’oro da lui pretesi dal quondam Garzo dalla<br />

Girola, ha ricevuto una supplica del pavese Giovanni Luchino Buttigella per cui, se gli constarà<br />

che i detti 21 ducati spettano de iure a costui, glieli assegni.<br />

Referendario nostro Papie.<br />

1454 giugno 30, Milano.<br />

Dopoy le lettere ve scripsemo ali dì passati ad supplicatione et instantiam de maestro<br />

Anibale, nostro marescalco, silicet ad dì vi de marzo proximo passato, circ’al facto delli<br />

xxi ducati d’oro se prentendeva dovere havere da quondam Iacomino Garzo dala<br />

Girola, havemo recevuta da Iohanne Luchino Buttigella, nostro cita<strong>di</strong>no Pavese, la<br />

supplicatione quale ve man<strong>di</strong>amo qui introclusa; dela quale, attesa la continentia,<br />

presertim perché volimo che <strong>di</strong>cto Iohanne Luchino in questo non receva torto, vel sia<br />

privato del suo debito, ve scrivemo et volimo che, non havendo respecto ad <strong>di</strong>cte nostre<br />

lettere date ut supra, s’el ve constarà li xxi ducati spectare iure ad esso Iohanne<br />

Luchino, eo casu prove<strong>di</strong>ti che gli siano dati et assignati perché così ce pare debita<br />

cosa et é nostra intentione. Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxx iunii 1454.<br />

Thomaxius de Angeli.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>83<br />

Francesco Sforza risponde a Francesco de Georgiis, d’essere certo che, alla ricevuta della<br />

missiva, le genti delle tre squadre viste passare si saranno già unite alle altre che sono in<br />

Lomellina. Se così non fosse. le conduca lui stesso là dove si trovano le altre, badando che<br />

lungo il percorso non facciano danni agli abitanti. Gli dà poi il compito <strong>di</strong> sollecitare quelle che<br />

non sono ancora passate, e le menarà poi a congiungersi alle altre. Vuole avere da lui l’elenco<br />

delle genti che ancora devono passare.<br />

Francisco de Georgis.<br />

1454 luglio 4, Milano.<br />

Rispondendo brevemente ala tua lettera, te <strong>di</strong>cemo nuy siamo certi che quelle gente,<br />

che tu <strong>di</strong>ce essere passate de quelle tre squadre, ala recevuta de questa tute serano<br />

unite con le altre gente che sonno in Lumeìlina. Et pur quando le non fosseno giuncte,<br />

vogli in persona condurle fino dove sono le altre, advertendo che nel’andare loro non<br />

faciano damno ali homini del paise; et le altre che non sonno passate, volimo che tu<br />

debii solicitare et instare che subito passano, et li meneray dove sonno le altre et ne<br />

mandaray la lista de tute quelle gente seranno restate ad passare. Me<strong>di</strong>olani, iiii iulii<br />

1454.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

<strong>16</strong>84<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> credere che i danni subiti dai suoi uomini dai fanti <strong>di</strong> Teseo, non<br />

vanno addebitati a Teseo, ma sono da attribuirsi ai suoi uomini <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enti agli or<strong>di</strong>ni ducali.<br />

1454 luglio 5, Milano.<br />

448v Havemo inteso quanto per una vostra ne scriveti del damno facto ad quelli vostri<br />

homini per li fanti venuti con Theseo; ale quale rispondendo, <strong>di</strong>cemo ch'el ne rencresce<br />

che al <strong>di</strong>cto Theseo sia stato dato casone de comettere simile, perché a (a) nuy pur<br />

parebe che nele cose debite et iuste se doveria exequire quello che per li nostri fi<br />

comandato ad nostro nome maxime, non facendo più che se facia li altri nostri homini


et sub<strong>di</strong>ti, chiarificandove essere nostra intentione, poi che Dio per sua gratia ne ha<br />

facto signore, de volere essere obe<strong>di</strong>ti dali homini nostri; siche potiti imputare <strong>di</strong>cto<br />

excesso et damno essere seguito per casone della inobedentia delli homini vostri et<br />

non per voluntà che havesse <strong>di</strong>cto Theseo da farli damno. Se per l’avenire seranno<br />

obe<strong>di</strong>enti, como sonno l’altri, potranno essere certi non gli incontrerà quello che gli é<br />

incontrato de presente. Me<strong>di</strong>olani, v iulii 1454.<br />

Nicolaus.<br />

Cichus.<br />

(a) a in interlinea.<br />

<strong>16</strong>85<br />

Francesco Sforza loda Benedetto de Curte per quanto ha fatto per il danno al mulino <strong>di</strong> Niccolò<br />

Arcimbol<strong>di</strong>. Gli comunica che l’uomo d’arme, il Matto é stato da lui e, siccome Francesco della<br />

Capra ha promesso <strong>di</strong> vincolarsi con le medesime obbligazioni del Matto, vuole che a questi si<br />

restituiscano i cavalli e le garanzie date dal medesimo.<br />

Bene<strong>di</strong>cto de Curte.<br />

1454 luglio 5, Milano.<br />

Havemo inteso quanto hay exequito et scripto del damno dato nel molino de domino<br />

Nicolò Arcemboldo; respondemo che ne piace et hay facto bene. Ma perché il Matto,<br />

homo d’arme, é stato qui da nuy, et per luy n’ha promisso Francisco dela Capra et se<br />

obliga per luy a quelle medesme obligatione che sonno obligate le segurtate date per<br />

<strong>di</strong>cto Matto, volimo che ad esso Matto, homo d’arme, faci restituire li suoi cavalli, et così<br />

le segurtate date per luy perché, como havemo <strong>di</strong>cto, Francesco ne ha promesso luy.<br />

Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e v iulii 1454.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>86<br />

Francesco Sforza ammonisce il pavese Agostino Beccaria <strong>di</strong> volere (e a questo fine gli manda<br />

un suo cavallaro) che, per la sua duplice <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enza, si porti da lui per metterlo in un posto<br />

che gli <strong>di</strong>mostrerà che non se la passa da impunito. Esige che detta andata da lui avvenga<br />

anche se é, come lui <strong>di</strong>ce, ammalato, nel qual caso lo farà trasportare in barella.<br />

1454 luglio 5, Milano.<br />

449r Domino Augustino de Beccaria, <strong>di</strong>lecto civi nostro Papie.<br />

Ne meravigliamo non poco della desobedentia in la quale già doe fiade seti incorso. Et<br />

perché intendemo omnino essere obe<strong>di</strong>ti, per questa ve <strong>di</strong>cemo et coman<strong>di</strong>amo che,<br />

subito l’haveriti recevuta, debiati venire qui; altramente ve avìsiamo che daremo ad<br />

intendere ad vuy et ad ciascuno, che vogliamo li nostri comandamenti et lettere siano<br />

observate, et faremove mettere in loco che ve parerà non an<strong>di</strong>ati impunito; et quando<br />

bene vuy fossevo amalato, como mostrate, se ve dovessevo far portare in barra, non<br />

restati de venire, perché intendemo vencere questa puncta con vuy. Et intendeti<br />

sanamente il nostro scrivere, avisandove che man<strong>di</strong>amo là questo cavallaro aposta<br />

facta solum per questa facenda. Me<strong>di</strong>olani, 5 iulii 1454.<br />

Andreas Fulgineus.<br />

<strong>16</strong>87<br />

Francesco Sforza loda Angelo de Caposilvis e Giovanni Chiapano per aver mandato nei posti<br />

in<strong>di</strong>cati i trombettieri ducali e si compiace con Angelo per aver inviato Sbardelato dal castellano<br />

<strong>di</strong> Vigevano. Quanto alla scusa <strong>di</strong> Angelo <strong>di</strong> non potergli mandare per sue necessità il suo<br />

cancelliere, ritiene che esse non siano tali che non le possa supplire Giovanni. Gli fa presente<br />

che uno dei motivi per cui richiede il suo cancelliere é che egli, in una delle lettere che scrive,<br />

intitola Angelo luogotenente ducale, come constaterà da una lettera che gli trasmette e che farà<br />

leggere da Giovanni. Un altro motivo glielo farà conoscere a voce.<br />

1454 luglio 5, Milano.


Angelo de Caposilvis et Iohanni Chiapano.<br />

Havemo inteso per le vostre lettere como haveti mandato quelli nostri trombetti et<br />

aviatoli dove denno andare; <strong>di</strong>cemo che ne piace. Et così tu, Angelo, hay facto bene ad<br />

mandare Sbardelato al nostro castellano de Viglevano; al che non accade <strong>di</strong>re altro.<br />

Ad un’altra parte che tu, Angelo, ne scrive non poterne mandare il tuo cancellero per li<br />

bisogni che tu n’hay, <strong>di</strong>cemo che tu non hay tanto ad fare che tu, Iohanne, non possi<br />

supplire. Et però volimo che tu ce lo man<strong>di</strong> ad ogne modo, avisandote che una delle<br />

casone perché lo volimo, é ch’esso tuo cancellero in le lettere ch’el scrive per toa parte,<br />

el te intitula nostro locotenente, como tu poray intendere per questa lettera che te<br />

man<strong>di</strong>amo alligata, quale te faray legere da Iohanne; et quanto honore sia ad ti et ad<br />

nuy, lo lassiamo iu<strong>di</strong>care a ti. Un’altra casone é ancora quale volemo <strong>di</strong>rli a bocha;<br />

siche mandacelo per ogne modo. Me<strong>di</strong>olani, v iulii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

<strong>16</strong>88<br />

Francesco Sforza avverte Notario Iacobo de Policastro, castellano <strong>di</strong> Vigevano, che gli ha fatto<br />

mandare da Angelo de Caposilvis, Sbardellato perché lo tenga sotto buona custo<strong>di</strong>a e non<br />

possa uscirne se non dopo aver risarcito i furti <strong>di</strong> bestiame, cavalli e altro.<br />

1454 luglio 5, Milano.<br />

449v Notario Iacobo de Policastro, castellano nostro Viglevani.<br />

Siamo avisati da Angelo de Caposilvi como el te ha mandato Sbardellato in le mane.<br />

Però te coman<strong>di</strong>amo che tu io debii ben guardare sotto tale custo<strong>di</strong>a ch’el non possa<br />

fugire, se tu non vole portare quella penna ch’el debbe portare luy, avisandote che la<br />

casone perché l’havemo facto mettere lì é per le molte robbarie et furti de bestiame et<br />

cavalli et altre cose che l’ha commesso de qua, quale vogliamo ch’el paghi fin ad uno<br />

quatrino; et così lo avisaray per nostra parte ch’el non pensa de uscire da lì altramente;<br />

et pariragli ancora usarne bene, se li voremo remettere la pena ch’el meritarebe per<br />

questa cosa. Me<strong>di</strong>olani, v iulii 1454<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

<strong>16</strong>89<br />

Francesco Sforza scrive a podestà, comune e uomini <strong>di</strong> Vigevano <strong>di</strong> volere che stiano lì due<br />

suoi cavallari per faccende che dovranno espletare da quelle parti. Chiede che si trovi una<br />

sistemazione per gli uomini e le bestie e si fornisca dello strame per le cavalle.<br />

Potestati, comuni et hominibus Viglevani.<br />

1454 luglio 5, Milano.<br />

Nuy man<strong>di</strong>amo lì duy delli nostri cavallari li quali volimo stiano lì per servire, secundo<br />

achadrà il bisogno, per respetto ale cose serano da fare verso quelle parte. Il perché<br />

volimo che, ala havuta <strong>di</strong> questa, debbiati providergli de una (a) stantia per lo stare<br />

d’essi cavallari et cavalle, facendoli providere etiam<strong>di</strong>o de strame per uso dele <strong>di</strong>cte<br />

loro cavalle per finché havirano ad stare lì, che speramo sarà pocho. Et questo non<br />

manchi per niente. Ex Me<strong>di</strong>olano, v iulii 1454.<br />

Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

(a) una in interlinea.


<strong>16</strong>90<br />

Francesco Sforza scrive a donna Giovanna de Cipellis <strong>di</strong> Maleto <strong>di</strong> essere stupito che lei non<br />

abbia accolta la proposta ducale <strong>di</strong> sposare il suo conestabile Achille Corso, convinto, come egli<br />

era che la proposta <strong>di</strong> qualsiasi altro le avesse presentato,l’avrebbe accettata alla prima<br />

richiesta. Ba<strong>di</strong> <strong>di</strong> non sposarsi né in segreto né in palese a qualsiasi altra persona senza sua<br />

speciale licenza scritta. Se sapesse che ha agito contro la sua volontà, le <strong>di</strong>mostrerà che non ha<br />

mai seguito peggior consiglio, siccome in casa sua egli vuole essere obbe<strong>di</strong>to.<br />

1454 luglio 5, Milano.<br />

450r Domine Iohanne de Cipellis de Maleto.<br />

Nuy ve havemo scripto et mandato ad <strong>di</strong>re più volte che volesti essere contenta de<br />

acceptare per vostro marito Achille Corso, nostro conestabile, como saria la intentione<br />

et voluntà nostra; et in fin al presente haveti recusato de fare in questo la voglia nostra,<br />

como quella che non extimati il facto nostro; de che ne siamo grandemente maravigliati,<br />

et siati certa ne trovamo de mala voglia che haveressemo creduto, nonché de Achille<br />

Corso, quale é persona da bene et a nuy affectionatissimo; ma d’ogni altro ve<br />

havessemo confortato et preposto non havesti aspectato se non la prima richiesta.<br />

Unde per questa ve <strong>di</strong>cemo et coman<strong>di</strong>amo che, se extimati la gratia nostra, non<br />

presumati maritarve in secreto, né in paleso ad persona del mondo, sia che se voglia,<br />

senza nostra speciale licentia in scripto, certificandovi che, quando intendessemo<br />

facesti contra questa nostra voluntà, ve monstraremo non facisti may pezore<br />

consigliata, perché deliberamo ad casa nostra essere obe<strong>di</strong>ti. Me<strong>di</strong>olani, v iulii 1454.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>91<br />

Francesco Sforza scrive a Marco de Sichis che, siccome intende mandarlo nel Novarese, vuole<br />

che venga via ben equipaggiato con i suoi uomini.<br />

Marco de Sichis, <strong>di</strong>lectissimo nostro.<br />

1454 luglio 6, Milano.<br />

Perché intendemo mandarve de presente là in Novarese, como é or<strong>di</strong>nato, voliati<br />

venire via subito con li vostri, apparechiati et expe<strong>di</strong>ti al’andare; et quanto più presto,<br />

meglio serà. Data Me<strong>di</strong>olani, vi iulii 1454.<br />

Ser Iacobus<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>92<br />

Francesco Sforza fa sapere ad Angelo de Caposilvis e a Giovanni Chiapano che, alla profferta<br />

<strong>di</strong> Santino dei suoi servizi, ha già dato una risposta al suo messo.<br />

Circa quanto scrive Mariano da Rezo per la possessione <strong>di</strong> Cilavegna, il duca <strong>di</strong>ce che de iure<br />

tale possessione spetta alla Camera ducale, ma tutto dev’essere ancora chiarito e ne passerà<br />

del tempo e, comunque, non lo riguarderà. Non é detto che non si prospetti qualcosa per<br />

Mariano e, allora, il duca vi provvederà.<br />

1454 luglio 6, Milano.<br />

450v Angelo de Caposilvis et Iohanni Chiapano.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere et inteso quanto ne scrivete del strenuo Sentino da<br />

Riva, quale se proferisse volere essere ali nostri servicii piacendo a nuy, et cetera; ve<br />

avisamo che a questi dì passati <strong>di</strong>cto Sentino mandò a nuy suo messo per medesima<br />

cagione, al quale respondesemo quanto ne parse et quanto gli debbe havere refferito


esso suo messo; siché non <strong>di</strong>cemo altro, inherendose a quello gli habiamo facto<br />

respondere. Ala parte del strenuo Mariano da Rezo, per lo quale ne scrive dela<br />

possessione de Cilavegna, <strong>di</strong>cemo così che ancora non é chiarito, ma la possessione<br />

specta iuri<strong>di</strong>camente ala Camera nostra: andarà molto ala longa anze sia chiarito, et<br />

quando bene aspectasse ala Camera nostra, non é cosa che se affatia per luy. Ma non<br />

pò essere che non accada qualche cosa in breve per luy e voluntera gli ne<br />

provederemo; et così gli potriti <strong>di</strong>re per nostra parte, et anche rengratiariti el sopra<strong>di</strong>cto<br />

Santino de quanto ve ha facto <strong>di</strong>re et della sua bona voluntà verso nuy. Data Me<strong>di</strong>olani,<br />

vi iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>93<br />

Francesco Sforza vuole che Gracino da Pescarolo coman<strong>di</strong> a Giovanni Pietro da Villanova,<br />

Quirino da Genova, Agostino da Valenza e Bartolomeo da Pescarolo, causa della rissa tra il<br />

rettore degli Ultramontani e <strong>di</strong> quello dei Citramontani <strong>di</strong> portarsi da lui perché intende conoscere<br />

bene detta faccenda.<br />

Nel frattempo Gracino procuri che tra detti rettori e gli scolari non si faccia altro scandalo.<br />

Domino Gracino de Piscarolo.<br />

1454 luglio 6, Milano.<br />

Perché nuy intendemo che misser Iohannepetro da Villanova, misser Quirico da<br />

Zenova, miser Augustino da Valenza et miser Bartolomeo da Piscarolo sonno stati<br />

potissima casone de suscitare la rissa et questione é facta fra il rectore Ultramontano et<br />

il Citramontano, et volendo nuy intendere questa cosa, ve comman<strong>di</strong>amo et voiimo che<br />

subito, recevuta questa, li faciati fare commandamento a cadauno de loro che, per<br />

quanto hanno cara la gratia nostra, domane se ritrovano <strong>di</strong>nanti ad nuy per tutto lo dì.<br />

Et in questo mezo prove<strong>di</strong>reti che fra <strong>di</strong>cti rectori et quelli scolari non se facia altro<br />

scandalo et novità. Ex Me<strong>di</strong>olano, vi iulii 1454.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

<strong>16</strong>94<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na ad Angelo de Caposilvis e a Giovanni Giapano <strong>di</strong> non dare alcun<br />

impaccio, né fare danni e neppur prendere la minima biada a quelli <strong>di</strong> Sant’Angelo perché hanno<br />

mandato da lui i loro ambasciatori per esporgli quello che devono fare e sentire ciò che il duca<br />

vuole, in modo che ritornino dalla loro comunità per avere il mandato <strong>di</strong> prestare il debito<br />

giuramento <strong>di</strong> fedeltà. Possono mandare là semplicemente un <strong>di</strong>screto famiglio che rimanga sul<br />

posto fino all’arrivo dell’ufficiale ivi deputato. Lo stesso comportamento devono osservare con<br />

quelli <strong>di</strong> Castelnoveto che manderanno da lui i loro ambasciatori. Andranno, invece, a togliere le<br />

biade a coloro che rifiutano <strong>di</strong> prestare obbe<strong>di</strong>enza.<br />

451r Angelo Caposilvis et Iohanni Giapano.<br />

1454 luglio 6, Milano.<br />

L'homini da Sant’Angelo hanno mandato da nuy suo(i) ambassatori ad significarne che<br />

vogliono fare quello che debeno, et ciò vogliamo nuy, et così retornano a casa per tolire<br />

il mandato della loro comunità de far il debito iuramento de fidelità. Per la qual cosa non<br />

volimo gli che lassati dare impazo, né danno alcuno, nepur tolire uno minimo granello<br />

de biava; et gli potriti mandare uno famiglio <strong>di</strong>screto, senza altra gente, el quale habia<br />

ad stare lì finatanto gli mandaremo l’officiale deputato, che sera presto. Similmente<br />

credemo venerano li ambassatori da Castelnoveto; siché non volimo etiam<strong>di</strong>o non <strong>di</strong>ati<br />

impazo a quelli da Castelnoveto, ma andariti ad tolire dele biave al’altre terre che non<br />

voleno venire ala obedentia. Me<strong>di</strong>olani, vi iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


<strong>16</strong>95<br />

Francesco Sforza rimprovera il bombar<strong>di</strong>ere ducale Giorgio Bachioco per non essere andato<br />

oltre Covo fino ai Dossi, come gli aveva fatto <strong>di</strong>re dal podestà <strong>di</strong> Arona. Ai Dossi ha voluto che vi<br />

siano a guar<strong>di</strong>a delle navi quelli della Gerola e altri. Gli rinnova l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> portarsi ai Dossi, non<br />

abbandonandoli che in seguito a suo or<strong>di</strong>ne o all’arrivo <strong>di</strong> Bartolomeo da Cremona.<br />

Georgio Bachiocho, nostro bombarderio.<br />

1454 luglio 6, Milano.<br />

Ne meravigliamo molto che tu sii firmato lì a Covo con quelle nostre nave et che non sii<br />

andato zoso fin ali Dossi, como te havemo facto <strong>di</strong>re per il potestate nostro de Arena; et<br />

de ciò ne dolemo grandemente. Et perché nuy havemo or<strong>di</strong>nato che ali Dossi siano<br />

facte le guar<strong>di</strong>e ale <strong>di</strong>cte nave, et per quelli della Girola et così per molti altri, volimo et<br />

così te coman<strong>di</strong>amo che subito va<strong>di</strong> fino ali <strong>di</strong>cti Dossi, dove, como havemo <strong>di</strong>cto,<br />

seranno facte le guar<strong>di</strong>e; et da lì non te partiray finché nuy non te scriveremo altro, o<br />

Bartholomeo da Cremona sia agiuncto là. Me<strong>di</strong>olani, vi iulii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>96<br />

Francesco Sforza comanda a Fiorentino da Firenze <strong>di</strong> trovare ogni modo per avere calcina per<br />

Cremona e la consegni all’ufficiale ducale delle bollette Gabriele de Narni perché si prosegua la<br />

locale costruzione della bastita.<br />

451v Fiorentino de Fìorentia.<br />

1454 luglio 6, Milano.<br />

Aciò non se perda tempo in proseguire ala bastita da Cremona, volimo che servi via per<br />

demandare per ogni modo del mondo della calcina ad Cremona et faray consignarla ad<br />

Gabriel da Narni, nostro officiale delle bollete lì; et fa che ad questo non intervenga<br />

veruna <strong>di</strong>mora. Me<strong>di</strong>olani vi iulii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>97<br />

Francesco Sforza dà atto a Lorenzo de Corneto <strong>di</strong> aver appreso dalla sua lettera notizie circa la<br />

confusione trovata in quella terra e in particolare nei resoconti <strong>di</strong> Cristoforo Rodolfo, detto<br />

Paltrafio, che, a giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Lorenzo, meriterebbe d’essere condannato. Gli or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> indagare<br />

tutto attentamente e <strong>di</strong> procedere alla condanna e a quano ritiene ragionevole e conveniente.<br />

Ser Laurentio de Corneto.<br />

1454 luglio 5, Milano.<br />

Havemo recevuto la toa lettera et inteso quanto tu n’hay scripto delle molte confusione<br />

hay trovato in quella nostra terra, et maxime in le rasone de Christoforo Rodolfo, <strong>di</strong>cto<br />

Paltrafio, quale, per havere commesso fraude et inganno, pare a ti ch’el merita essere<br />

condemnato; al che, rispondendo, te <strong>di</strong>cemo ch’el ne piace che investigi et trovi<br />

subtilmente queste (a) tali et simili errori commessi; quali errori a nuy in vero sono<br />

molestissimi. Et così te caricamo prosegui con <strong>di</strong>ligentia, ma cum più sollicitu<strong>di</strong>ne et<br />

presteza che non hay facto in fin mò, et deinde procederay ale condemnatione, et a<br />

tuto quello te parerà raxonevole et conveniente, et in modo che nyuno non habia ad<br />

poterse iustamente lamentare. Me<strong>di</strong>olani, v iulii 1454.<br />

Bonifacius


Cichus.<br />

(a) Segue cose depennato.<br />

<strong>16</strong>98<br />

Francesco Sforza invia al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> la supplica dei provvisionati ducali Giacomo e<br />

Domenico, suo figlio, <strong>di</strong> Civita perché appieno informato della faccenda, convochi Vescovino e<br />

chi altro crederà in modo da risolvere la cosa con sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> tutti.<br />

452r Locumtenenti Laude.<br />

1454 luglio 6, Milano.<br />

Vederiti per la supplicatione quale ve man<strong>di</strong>amo introclusa quanto ne fi rechiesto per<br />

Iacomo et Dominico, suo fiolo da Civita, nostri provisionati. Et perché voluntera li<br />

compiaceressemo et haveressemo caro obtenesseno el loro voto, volimo et ve<br />

comettemo che, re bene intellecta, habiati a vuy <strong>di</strong>cto Vescovino, in la supplicatione<br />

nominato, et qualunque altro ve parerà, et tractati la cosa bono modo et or<strong>di</strong>ne, como<br />

saperiti ben fare, ita che la venga ad havere effecto, como desideremo, et ita tamen<br />

che veruno non habia per questo iusta cagione de lamentarse. Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e vi iulii<br />

1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

<strong>16</strong>99<br />

Francesco Sforza comunica ad Angelo de Caposilvis e a Giovanni Chiapano che sono stati da<br />

lui alcuni uomini <strong>di</strong> Sant’Angelo e <strong>di</strong> Castelnoveto e ha cercato <strong>di</strong> sgombrare dalle loro teste le<br />

fole <strong>di</strong> un suo accordo con il duca <strong>di</strong> Savoia, fole che avevano indotto detti uomini ad essere<br />

restii a quella obbe<strong>di</strong>enza, che al loro ritorno si accorderanno <strong>di</strong> prestargli. Se non si<br />

accordassero, scriverà loro come devono comportarsi perché quelle e altre terre ad<strong>di</strong>vengano<br />

all’obbe<strong>di</strong>enza del duca. Si <strong>di</strong>ce contento che quegli uomini si siano portati da lui perché, se<br />

subiranno dei danni, lo imputeranno a loro stessi, anche se ha fiducia nella loro saggezza e non<br />

vorranno essere d’esempio in pertinacia agli altri.<br />

Avverte Angelo e Giovanni che non approva la taglia <strong>di</strong> frumento imposta a quei <strong>di</strong> Sant’Angelo,<br />

perché essa solleciterà gli altri ad essere renitenti.<br />

Angelo de Caposilvio et Iohanni Chiapano.<br />

(1454 luglio 6, Milano).<br />

Siando venuti da nuy questo dì alcun de quelli homeni da Sancto Angelo et da<br />

Castelnoveto, gli habiamo voluto cavare dela mente le zanze gli erano date ad<br />

intendere che tra lo illustre duca de Savoya et nuy era facto accordo, il perché loro et li<br />

altri venevano ad stare renitenti ad venire ad obedentia, et credemo, per quello li<br />

habiamo <strong>di</strong>cto et loro ce hanno resposto che, subito retornati siano de là, faranno la<br />

debita fedeltà in le vostre mane, siché vederite de indurli ad ciò, requedendoli vegnano<br />

ad accordarse subito senterite siano questi loro tornati, quali da nuy furono imme<strong>di</strong>ate<br />

spacciati; et non venendo al'accordo lunedì proximo per fine a mezo <strong>di</strong> cunstritione, ne<br />

in<strong>di</strong>late che ve rescriverimo il modo haverite ad observare perché le pre<strong>di</strong>cte terre et<br />

l'altre se facciano venire, o vogliano o non. Ce piace ben siano venuti <strong>di</strong>cti homini da<br />

nuy per più vostra excusa et che se recevessono danno alcuno, che l'imputino ad loro<br />

et non ad nuy, quantunche non dubitamo seranno savii et non vorranno essere<br />

exemplo deli altri vorranno stare pertinaci; et preterea sentemo che ad quelli de<br />

Sanct'Angelo pare habiate domandato et facta taglia de certa quantità de frumento, il<br />

che non c'é piaciuto, perché, oltra al manchamento che torna al honore nostro, le altre<br />

terre, sentendo tali tractamenti, venerano ad stare più pertinaci et renitente, et però<br />

volemo che desistiati de mettere più tale tagle, né ad Castelnovetto, né ad veruna dele<br />

altre terre, et cerchare de indurle ad venire ala obedentia volontera et de bono umore<br />

più tosto che per altre vie. Data ut supra.<br />

Andreas.


1700<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà e agli uomini <strong>di</strong> Castell’Arquato <strong>di</strong> mandare da loro<br />

Sigismondo Bugaroeto, Pietro de Amale, Guglielmo Bunzo, Benedetto Bugaroeto, el Calerà,<br />

maestro Giovanni Spadolaro, Gabrino Gamberto per alcune cose che deve <strong>di</strong>r loro.<br />

452v Potestati et hominibus Castri Arquati.<br />

1454 luglio 6, Milano.<br />

Volimo che, havuta questa, mandati da nui Sigismundo Bugaroeto, Petro de Amale,<br />

Guielmo Bunzo, Bene<strong>di</strong>cto Bugaroeto, el Calerà, magistro Iohanne Spadolaro, Gabrino<br />

Barbero, Ambrosino Aino et Antonio Gamberto per alcune cose che havimo da<br />

conferire cum loro alcune cose, et subito tomaranno ad casa. Data Me<strong>di</strong>olani, vi iulii<br />

1454.<br />

Cichus.<br />

1701<br />

Francesco Sforza risponde a Tiberto Brandolino che quanto al fatto <strong>di</strong> quelli <strong>di</strong> Castell’Arquato,<br />

ha assegnato tali denari a suo nipote Roberto e che non poteva fare altrimenti circa tale<br />

assegnazione, sicché non gli resta che sod<strong>di</strong>sfare Roberto.<br />

Domino Thiberto Brandoìino.<br />

(1454 luglio 6, Milano).<br />

Havimo recevuto la vostra lettera et inteso quanto la magnificentia vostra n'ha scripto<br />

circ'al facto de quelli de Castello Arquà, <strong>di</strong>cemo che quelli tali <strong>di</strong>nari havemo assignati,<br />

como per l'altra havemo scripto ad Roberto, nostro nepote, et per alcuno altro modo<br />

non potressemo fare che luy havesse li <strong>di</strong>cti denarii, perché non havemo altra<br />

aptitu<strong>di</strong>ne, siché ve confortiamo che faciati per modo che esso Roberto sia satisfacto.<br />

Data ut supra.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

1702<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ssuade Angelo de Caposilvis <strong>di</strong> portarsi a Coriovo a tre miglia da Vercelli<br />

dove, a suo <strong>di</strong>re, troverebbe abbondanza <strong>di</strong> erbe, acque, frasche e altro. La sua permanenza lì<br />

ha per scopo <strong>di</strong> attirare all’obbe<strong>di</strong>enza del duca le terre circostanti. Prende atto che Niccolò da<br />

Corte e gli uomini d’arme <strong>di</strong> Sagramoro siano giunti lì.<br />

Angelo de Caposilvis.<br />

1454 luglio 6, Milano.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere date v del presente circa el volerve levare da lì, per la<br />

incomo<strong>di</strong>tà del strame, et andare a Coriovo, presso Vercelli a trea milia, dove haveresti<br />

molta como<strong>di</strong>tà de herbe, aque, frasche, et cetera, et seresti sopra il nostro, al quale,<br />

respondendo, <strong>di</strong>cemo che a nuy non pare né volemo che ve debiati partire dalì, perché,<br />

andando vuy là suso, como <strong>di</strong>ceti, non se faria quello effecto per lo quale ve facemo<br />

stare lì, cioé per fare venire quelle terre, lì circostante 453r dove seti, ad hobedentia,<br />

che non venirano levandove de lì, siché non ve levate finatanto che non scrivemo altro,<br />

che serrà però presto. Ala parte de Nicolò da Corte et delli homini d'arme de domino<br />

Segramoro, quale sonno giuncte lì, restiamo avisati et non accade <strong>di</strong>re altro. Me<strong>di</strong>olani,<br />

vi iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


1703<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce ad Angelo de Caposilvis <strong>di</strong> aver inteso a quale con<strong>di</strong>zione gli uomini <strong>di</strong><br />

Sant’Angelo gli hanno dato cento sacchi <strong>di</strong> frumento. Accetta questa volta che così avvenga, ma<br />

ba<strong>di</strong> bene a non ripetersi, perché non vuole che siano gli uomini a decidere come deve avvenire<br />

la riscossione. Con altra lettera gli ha fatto sapere perché deve starsene lì.<br />

Angelo de Caposilvis.<br />

(1454 luglio 6), Milano.<br />

Havemo recevuto le toe lettere et inteso quanto tu ne scrivi della promessa, quale<br />

t'hanno facta de cento sachi de fromento l'homini de Sant’Angelo, pregandone che<br />

rechiedendove lor gratia del <strong>di</strong>cto fromento, non gli la vogliamo fare per non torlo a te;<br />

<strong>di</strong>cemo che per questa fiata siamo contenti che te attendano la promessa et de questo<br />

non gli faremo gratia né remissione alcuna, ma non volemo che da mò inante per modo<br />

alcuno facii simili contracti, né pacti, né conventione cum alcune del'altre terre, e<br />

facendole non te le lassaremo attendere né observare, perché non volimo che l’homini<br />

possano <strong>di</strong>re che siano rescossi a questo modo, siché guardatene per l'avenire. Ala<br />

parte de levarve da lì, a nuy non pare né volimo, per li respecti che scrivemo a ti et<br />

Iohanne Giapano per le alligate. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1704<br />

Francesco Sforza biasima Gracino da Pescarolo e Bartolomeo da Correggio per come hanno<br />

fin adesso fatto avere la sua provisione a donna Elisabetta, moglie <strong>di</strong> Antonio degli Astolfi. Li<br />

richiama a sod<strong>di</strong>farla integramente sia per il passato che per l’avvenire.<br />

1454 luglio 6, Milano.<br />

453v Domino Gracino de Piscaroio et domino Bartholomeo de Corigia.<br />

Per altre nostre ve habiamo (scritto) circ’al facto delli denari che resta havere madona<br />

Elisabet, mogliera de domino Antonio delli Astolfi nella sua provisione, et sin qui pare<br />

non sia seguito altro effecto, dela qual cosa ne pren<strong>di</strong>amo admiratione. Pertanto volimo<br />

che pigliati tal modo e forma che essa sia satisfacta integramente del passato, et così<br />

in l’avenire, che non habiamo casone de replicarve pù sopra ciò, perché ne sarà<br />

molestissimo. Me<strong>di</strong>olani, vi iuli 1454.<br />

Persanctes.<br />

Cichus.<br />

1705<br />

Francesco Sforza risponde a Gentile della Molara che gli ha denunciato genti d’arme che non<br />

cavalcano, <strong>di</strong> aver <strong>di</strong>sposto che il suo famiglio Francesco Capra si porti a Castel San Giovanni, a<br />

Voghera e in altre parti per far cavalcare tutte le genti del Parmense e del Piacentino e si<br />

intenda in tutto con lui, Gentile.<br />

Gentili dela Molara.<br />

1454 luglio 7, Milano.<br />

Responnendo alla toa lettera circ’al facto de quelle genti che non cavalcano, et cetera,<br />

te avisamo como havemo mandato Francesco Capra, nostro famiglio, a Castello San<br />

Zohane, Voghera et quelle altre parti, et ha commissione de fare cavalcare tute le genti<br />

de Parmesana e Piasentina et cometterli quello hanno a fare et de ogne cosa se<br />

intenderà teco, siché ala toa lettera non accade altra resposta. Me<strong>di</strong>olani, vii iuli 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.


1706<br />

Francesco Sforza scrive al castellano <strong>di</strong> Vigevano <strong>di</strong> liberare Sbardellato, perché, come sarà<br />

informato da Cristino, egli é <strong>di</strong>sposto a restituire le bestie o a darne, se il loro padrone gra<strong>di</strong>sce,<br />

il relativo loro valore.<br />

454r Castellano nostro Viglevani.<br />

1454 luglio 7, Milano.<br />

Quello nostro provisionato chiamato Sbardellato, el quale tu hay in presone per lo<br />

bestiame tolto, et cetera, se profera volere rendere quello bestiame tolto overo de<br />

pagarlo, como da Christino, presente portatore, seray informato. Pertanto siamo<br />

contenti, et così vogliamo trabutato per cosa alcuna, ne rencresceria, siché vuy posseti<br />

fare della robba vostra como ve pare. che, rendendo luy o pagando le bestie tolte, lo<br />

debi subito liberare, et per questo non manchi purché’l patrone delle bestie sia<br />

acordato. Me<strong>di</strong>olani, vii iulii 1454.<br />

Cichus.<br />

1707<br />

Francesco Sforza scrive a consoli, comune e uomini <strong>di</strong> Vigevano <strong>di</strong> aver inteso quanto il loro<br />

ambasciatore gli ha riferito circa il fatto del panno del famiglio ducale Angelo de Caposilvis, ma li<br />

assicura che <strong>di</strong> detto panno non ha mai avuto notizia alcuna né da quella comunità, né lui se n’é<br />

mai lamentato con Angelo o altri, ma assicura che, quando Angelo o altri “fusse trabutato” per<br />

cosa alcuna ne avrebbe <strong>di</strong>spiacere.<br />

1454 luglio 7, Milano.<br />

Consulibus, comuni et hominibus terre nostre Viglevani.<br />

Havemo inteso quanto n’haveti scripto et n’ha referito Antonio Cepolato, vostro<br />

ambassatore, per parte vostra circa’l facto del panno de Angelo da Caposilvi, nostro<br />

fameglio, et cetera. Respondendo ve <strong>di</strong>cemo che ad nuy may, per parte de quella<br />

nostra comunità, é stato referito cosa alcuna che <strong>di</strong>cto Angelo habia havuto panno<br />

alcuno, né nuy n’habiamo facta lamenta alcuna con luy né con veruno altro, ma bene<br />

ve certificamo, quando <strong>di</strong>cto Angelo né veruno altro delli nostri fusse trabutato per cosa<br />

alcuna ne rencresceria, siché vuy posseti fare della roba vostra come ve pare. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e vii iulii 1454.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

1708<br />

Francesco Sforza fa sapere al podestà <strong>di</strong> Pavia che, quanto gli scrive <strong>di</strong> Olivero <strong>di</strong> Asi da<br />

Cremona per la moneta falsa, si riferisce a maestro Niccolò, suo padre, ma da Cremona ha<br />

saputo che entrambi sono innocenti e, quin<strong>di</strong>, rilasci Olivero con tutta la sua roba.<br />

Potestati Papie.<br />

1454 luglio 7, Milano.<br />

Inteso quanto ultimate n’haveti scripto circa lo facto de magistro Olivero <strong>di</strong> Asi da<br />

Cremona per quella moneta falsa, <strong>di</strong>cemo che questo é stato maestro Nicolò, suo<br />

patre, et, havuta informatione da Cremona, trovamo la cosa essere altramente et che<br />

loro non sonno colpevoli in questo, siché volimo che lassati liberamente <strong>di</strong>cto magistro<br />

Olivero, che gli restituati ogne sua cosa et robba integre et sine aliqua exceptione.<br />

Me<strong>di</strong>olani, vii iulii 1454.<br />

Filipus.<br />

Cichus.


1709<br />

Francesco Sforza scrive al comune e agli uomini <strong>di</strong> Bassignana che intende parlare <strong>di</strong> alcune<br />

cose con loro e, perciò, man<strong>di</strong>no martedì due <strong>di</strong> loro per riferire loro quel che gli accade.<br />

454v Comuni et hominibus Bassignane.<br />

1454 luglio 7, Milano.<br />

Havendo ad conferire alcune cose con vuy, mandariti subito, ricevuta questa, dui delli<br />

vostri homini da nuy con li quali a bocha possiamo parlare et per loro mandarve a <strong>di</strong>re<br />

quanto ce accade, quali vegnano libere et secure, et siano qui per tuto martedì<br />

proximo, et non sia fallo. Me<strong>di</strong>olani, vii iulii 1454.<br />

Andreas Fulgineus.<br />

1710<br />

Francesco Sforza risponde a Giovannino, signore <strong>di</strong> Chiabona e a Glando, signore <strong>di</strong> Petango,<br />

commissari ducali della Savoia, che in seguito alla loro comunicazione della cattura <strong>di</strong> quattro<br />

uomini da Montecastello con le loro bestie, carri e cose da parte delle genti d’arme alloggiate nel<br />

Tortonese, allega loro, ignorando in mano <strong>di</strong> chi siano le persone e le cose, la patente mandata<br />

a tutti i suoi uomini con l’or<strong>di</strong>ne dell’imme<strong>di</strong>ata liberazione <strong>di</strong> chi e quanto é stato preso. Li<br />

assicura che qualsiasi simile atto futuro gli rincrescerà e sarà punito.<br />

(1454 luglio 7), Milano.<br />

Iohannini domino de Chiabona et Glando domino de Petango, ducalibus comissariis<br />

Sabau<strong>di</strong>e.<br />

Havemo recevuto vostra lettera et veduto quanto ce scriveti de quelli quatro homini da<br />

Montecastello, quali sonno stati presi con le loro bestie, carri et cose per le nostre gente<br />

d'arme allogiano in Tertonese, quale ce rechiedeti vogliamo far liberare: ve respondemo<br />

che ne maraviglamo et dolemoce che per alcuni delli nostri per aderietro sia incorso in<br />

tale apto senza nostra licentia; nientedemeno, non sapiando in le mane de chi siano,<br />

ecco ve man<strong>di</strong>amo la ligata patente che se deriza ad tuti li nostri, comandando, per<br />

tenore de quella, siano subito et libere relaxati con ogne cosa del suo, con la quale<br />

potrite mandare uno delli vostri per procurare la liberatione loro. Si per l'avenire serà<br />

per alcuno delli nostri facta violentia alcuna ad veruno delli vostri, et che sonno et<br />

degono essere (a) nostri proprii, ce rencrescerà et ad loro che receveranno il danno et<br />

ad nuy ce tocharà dolere et ad alcun'altra persona noncheé serà caxone de ciò farà<br />

grande male et haverà gran torto. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Andreas Fulgeneus.<br />

(a) Segue delli depennati.<br />

1711<br />

Francesco Sforza, duca <strong>di</strong> Milano, siccome da commissari ducali <strong>di</strong> Savoia gli é stato<br />

comunicato che nei giorni scorsi sono stati presi quattro uomini <strong>di</strong> Montecastello dai soldati<br />

sforzeschi e furono privati <strong>di</strong> buoi, carri, il che é al duca assai spiacevole e, siccome tale cattura<br />

é avvenuta senza licenza ducale, or<strong>di</strong>na che, in virtù della presente, soldati, ufficiali e sud<strong>di</strong>ti tutti<br />

<strong>di</strong> liberare subito detti quattro uomini con i loro buoi, cari e cose senza trattenere alcunché.<br />

1454 luglio 7, Milano.<br />

455r Dux Me<strong>di</strong>olani, et cetera, cum per spectabiles ducales Sabau<strong>di</strong>e comissarios in<br />

partibus nostris significatum nobis extiterit proximis elapsis <strong>di</strong>ebus quatuor ex<br />

hominibus Montiscastri a nostris stipen<strong>di</strong>ariis captos et ipsorum bobus, plaustris et<br />

bovis spoliatos fuisse, quod permoleste tulimus, intendentes propterea eosdem qui<br />

hactenus, nostra absque licentia, capti fuere libere debere relaxari tenore presentium,<br />

mandamus quibuscumque stipen<strong>di</strong>atis officialibus et sub<strong>di</strong>tis nostris, ad quos presentes<br />

advenerint, quatenus <strong>di</strong>ctos quatuor de Montecastro cum ipsorum bobus, plaustris et<br />

rebus quibusvis absque aliqua deminutione in<strong>di</strong>late liberent et liberare faciant et ad


ipsorum locum re<strong>di</strong>re permittant et hoc pro quanto gratiam nostram caram habent,<br />

decernentes ut presentium latori hac de causa liberum iter detur. Me<strong>di</strong>olani, vii iulii<br />

1454.<br />

Andreas Fulgineus.<br />

1712<br />

Francesco Sforza comunica a Gracino da Pescarolo che sono stati da lui parecchi scolari<br />

ultramontani dello Su<strong>di</strong>o pavese a chiedere che si <strong>di</strong>a loro il rettorato dei giuristi, affermando<br />

che, se ciò avverrà, procureranno che vi sia una grossa affluenza <strong>di</strong> loro compatrioti<br />

ultramontani.<br />

Domino Gracino de Piscarolo.<br />

s.d.<br />

Fuerunt hic plures ex ultramontanis scolaribus in illo celebri Gymnasio nostro<br />

studentibus ingenti cum instantia postulantes quemadmodum rectoratum iuristarum<br />

anni proximi pertinere sibi pretendunt; sic providere <strong>di</strong>gnemur quod eis conferatur<br />

comemorantes et affirmantes, si sic fiet, operaturos se quod magnus eo confluet<br />

compatriotarum suorum (a) ultramontanorum scolarium numerus.<br />

(a) Segue numero depennato.<br />

1713<br />

Francesco Sforza ammonisce Sagramoro da Parma <strong>di</strong> non dare, né permettere che si <strong>di</strong>a<br />

alcuna molestia agli uomini <strong>di</strong> Voghera, nonostante la licenza da lui concessa <strong>di</strong> offendere gli<br />

uomini <strong>di</strong> donna Luchina.<br />

In simile forma si é scritto a Colella da Napoli.<br />

455v Segramoro de Parma.<br />

1454 luglio 8, Milano.<br />

Non obstante la licentia quale vuy haveti da nuy da possere offendere li homini della<br />

magnifica madona Luchina per li denari che doveti havere delle vostre taxe, <strong>di</strong>cemo et<br />

volimo che vuy per alcuno nostro non offendati né dati impazo né molestia alcuna ali<br />

homini de Voghera et cose loro, perché loro hanno satisfacto; et così fati che altri non<br />

gli <strong>di</strong>ano rencrescimento. Me<strong>di</strong>olani, viii iulii 1454.<br />

Persanctes.<br />

Iohannes.<br />

In simili forma scriptum fuit Colelle de Neapoli.<br />

1714<br />

Francesco Sforza dà atto al suo familiare Marco Corio delle informazioni dategli della sua<br />

presenza a Gambolò, del passaggio delle gente d’armi , della permanenza <strong>di</strong> quelle che ancora<br />

devono passare e della volontà <strong>di</strong> Colella da Napoli <strong>di</strong> voler danneggiare le terre <strong>di</strong> donna<br />

Luchina. Non si perde in parole, perché si portarà lì Francesco da Capra aggiornato delle<br />

decisioni ducali. Quanto a lui, gli <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> recasi da lui quando quelle genti saranno insieme.<br />

Marco Coyro, familiari nostro.<br />

1454 luglio 8, Milano.<br />

Havemo recevuto le toe lettere per le quali restiamo avisati del tuo essere lì a Gambolò,<br />

e de quelle nostre gente sonno passate e de quelle sonno da passare, et de Colella da<br />

Napole, quale <strong>di</strong>ce volere andare ad damnezare le terre de madonna Luchina; ale qual<br />

cose non facemo altra resposta, perché venne in là Francesco Capra informato della<br />

mente nostra circa il tuto. Ala parte del tuo venire o stare, <strong>di</strong>cemo che, quando quelle<br />

gente seranno insieme, debbii venire a nuy. Me<strong>di</strong>olani, viii iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


1715<br />

Francesco Sforza scrive ad Antonio degli Eustachi e a Gracino da Pescarolo che, siccome vuole<br />

servirsi del galeone e del retoguardo <strong>di</strong> cui gli ha accennato ultimamente, vuole che siano pronti<br />

per marinai e per quant’altro occorre, in modo che non resti che equipaggiarli <strong>di</strong> fanti o<br />

balestrieri, avvisandolo del numero che sopportano le due imbarcazioni. Informato che sia <strong>di</strong><br />

quanto or<strong>di</strong>natogli, gli farà subito avere i denari.<br />

Se non avesse richiesto i remi a Lo<strong>di</strong>, lo faccia a tamburo battente.<br />

(1454 luglio 8, Milano).<br />

Domino Antonio Eustachio et Gracino de Piscarolo.<br />

Deliberando nuy de proximo operare quello galeone e retrovardo, delli quali ve<br />

scripsemo a questi dì proximi passati, volimo che, subito ala receputa de questa, gli<br />

debiati havere in puncto <strong>di</strong> navaroli et de ogne altra cosa expe<strong>di</strong>ente, 456r ita che non<br />

resta se non ad armarli de quelli fanti o balestreri che or<strong>di</strong>naremo nuy; et avisandone,<br />

deinde ve mandaremo li <strong>di</strong>nari senza veruna <strong>di</strong>mora. Et non havendo mandato ad tollire<br />

li remi per lo retrovardo a Lode, como ve scripsemo, mandateli batando, benché<br />

credemo già l’haveriti mandato; avisatine insuper quanti balestreri e schiopeteri<br />

potranno verisimiliter portare <strong>di</strong>cto galeone et retrovardo. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

17<strong>16</strong><br />

Francesco Sforza comunica ai comuni e agli uomini <strong>di</strong> Montecastello e <strong>di</strong> Petra <strong>di</strong> aver avuto,<br />

tramite Sandro da Saluzzo, la loro lettera con la notizia dei danni patiti dalle genti d’arme. Ha<br />

manifestato a Sandro la sua volontà e, perciò, gli crederanno.<br />

Li sollecita a mandare due uomini per ogni comune bene informati della loro volontà in modo<br />

che egli sappia quello che devono fare.<br />

1454 luglio 8, Milano.<br />

Comunibus et hominibus terrarum Montis Castri et Petre.<br />

Par Sandro de Salluzo, presente exhibitore, havemo recevuto la vostra lettera per la<br />

quale ne scrivete delli damni haviti recevuti dalle gente nostre, et cetera, alle quale,<br />

respondendo, ve <strong>di</strong>cemo che’l ne rencresce sia comenzato ad vuy; et perché havimo<br />

<strong>di</strong>cto al <strong>di</strong>cto Sandro largamente la volontà et intentione nostra, non <strong>di</strong>cemo altro se<br />

non che alluy porreti credere como ad noy proprii, confortandovi ad volere subito<br />

mandare qui da noy duy homini per comune, alli qualli possiamo <strong>di</strong>re la volontà vostra<br />

(a). Et cussì vengano informati della vostra, ad ciò sapiamo quello habiano ad fare.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, viii iulii 1454 .<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

(a) nostra ripetuto.<br />

1717<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà e al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che, per il mantenimento della<br />

nettezza delle stade sistemate, provvedano che chiunque ha acque nella propria casa che<br />

scolano nelle strade, deve subito chiudere tutti i condotti che fanno fluire l’acqua nelle strade,<br />

provvedendo che l’acqua usata in casa finisca in fosse o cave, purché non scorra per le strade.<br />

Del pari vuole che tutte le chiaviche che sono in città, siano tenute pulite dalle persone alle quali<br />

spetta per consuetu<strong>di</strong>ne.<br />

Potestati et locumtenenti Laude.<br />

1454 luglio 8, Milano.<br />

Acioché le strate de quella cité, quale havemo or<strong>di</strong>nato siano aconze, se possano<br />

mantenere et stare nette, volimo et ve comman<strong>di</strong>amo che debiati provedere che tuti<br />

quelli cita<strong>di</strong>ni, overo altre persone che hanno le case che portano aqua et che se


scolano nelle <strong>di</strong>cte strate, cossì in quelle che al presente se retrovano aconze, como<br />

ancora in quelle che tutavia se vegneranno conzando, subito debiano sarrare et<br />

chiudere tutti li conducti che portano 456v l'aqua nelle <strong>di</strong>cte strate, provedendo che tute<br />

l’aque se consumano nelle case per via de fosse o cave, o per qualunque megliore via,<br />

se saperano adaptare, purché non se sparza per le <strong>di</strong>cte strate. Et in questo porreti<br />

ogne vostro pensiero et intellecto, acioché questa nostra voluntà, quale cede in bene,<br />

politeza et ornamento de tuta la <strong>di</strong>cta cità, sia omnino exequita. Similiter volimo che tute<br />

quelle chiaveghe comune, che vanno per la cità, subito siano aconze et anetate per<br />

quelle persone a chi debitamente specta secundo le consuetu<strong>di</strong>ne. Data Me<strong>di</strong>olani, viii<br />

iulii 1454.<br />

Nicolaus.<br />

Iohannes.<br />

1718<br />

Francesco Sforza risponde a Orfeo da Ricavo che quelle genti si uniscano presto a quelle <strong>di</strong><br />

Tiberto. Congiunte che saranno, vuole che, informato <strong>di</strong> ogni cosa, si porti da lui.<br />

Orpheo de Ricavo.<br />

(1454 luglio 8), Milano.<br />

Havemo veduto quanto tu n’hay scripto per alcune toe lettere: del tuto remanemo ad<br />

compimento avisati, non accade <strong>di</strong>re altro. Vogli solicitare che quelle nostre gente se<br />

mettano presto insieme con domino Thiberto, como havemo or<strong>di</strong>nato, et como siano<br />

unite vogliamo che tu vegni da nuy informato de ogne cosa. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Persanctes.<br />

1719<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na all’ufficiale delle munizioni <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> dare 300 lance a chiunque<br />

manderanno sia suo fratello Corrado che suo nipote Roberto.<br />

Officiali munitionum Papie.<br />

(1454 luglio 8), Milano.<br />

Volimo che a qualunque te mandarano Conrado, nostro fratello, et Roberto, nostro<br />

nepote, tu daghe lanze trecento da cavallo o da pede como loro voranno. Me<strong>di</strong>olani, ut<br />

supra.<br />

Persanctes.<br />

Iohannes.<br />

1720<br />

Francesco Sforza conferma a Bettino de Calcinate, conestabile dei fanti, <strong>di</strong> aver ricevuto la<br />

notizia della restituzione del ragazzo fuggito dal suo compagno Simone Rotando così come <strong>di</strong><br />

aver inteso che dal suo governatore si sono fatti restituire quelli scappati presso Venezia. Fa<br />

presente che altrettanto ha fatto lui. Osserva che <strong>di</strong> queste fughe bisogna fare una<br />

<strong>di</strong>scriminazione. Vi é chi fugge per andare a casa ed é trattenuto dai suoi per averne bisogno:<br />

non ritiene che sia onesto farlo rientrare per forza. E’ bene usare un criterio <strong>di</strong> mezzo, cioé, farlo<br />

restituire per qualche tempo. In base a ciò, egli scrive al podestà <strong>di</strong> Como <strong>di</strong> far restituire il<br />

ragazzo a Simone per uno o due mesi, periodo durante il quale ne potrà trovare un altro. La<br />

stessa cosa replicherà per i due ragazzi fuggiti dalla compagnia <strong>di</strong> Matteo da Capua.<br />

(1454 luglio 8), Milano.<br />

457r Bettino de Calcinate, pe<strong>di</strong>tum conestabili, amico nostro carissimo.<br />

Havemo recevuto la vostra lettera per la restitutione del regazo fugito da Simone<br />

Rotando, vostro compagno, como anche <strong>di</strong>ceti per lo magnifico vostro gubernatore<br />

sonno facto restituire quelli se fugiano dalli nostri nelle terre della illustrissima signoria,<br />

et cetera; ala quale, respondendo, ve <strong>di</strong>cemo che fino al presente nuy havemo facto<br />

restituire tutti quelli delli quali ne é stato facto querella, et dal canto nostro havemo


servato et servaremo ogne bona vicinanza. Pur invero ne pare che in questo fugire de<br />

regazi sia <strong>di</strong>versità assay et gli sia de havere respecto et bona consideratione, perché<br />

quando uno regazo se fugisse dal canto de qua o dal canto de là per andare ad stare<br />

ad casa soa, et lo padre et li parenti suoy havessero bisogno de luy et volessero tenerlo<br />

ad casa, non ne pare già fosse honesto ad farlo restituire et tolerlo per forza alli suoy,<br />

unde ad nuy pare sia ad servare una mezanità, como anche vuy scriveti, cioé de farli<br />

restituire per qualche tempo; il perché nuy scrivemo per l’aligata al nostro podestà de<br />

Como, quale farà restituire <strong>di</strong>cto regazo al <strong>di</strong>cto Simone per uno o duy mesi, perché in<br />

questo mezo se ne potrà trovare un altro. Cossì anche li repplicamo per la restitutione<br />

de altri duy regazi fugiti della compagnia de Matheo da Capua. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

1721<br />

Francesco Sforza comanda a Danesio de Mayneris, bombar<strong>di</strong>ere ducale, <strong>di</strong> portarsi dove sono<br />

state trasportate le bombarde e fare quello che gli or<strong>di</strong>nerà Bartolomeo da Cremona,<br />

che sarà là con altri bombar<strong>di</strong>eri.<br />

Danesio de Mayneriis, bombarderio nostro.<br />

(1454 luglio 8, Milano).<br />

Tu say como quelle nostre bombarde sonno andate suso, quale deliberamo operare dal<br />

canto dellà. Pertanto volimo che subito debbi andare dove sonno andate le <strong>di</strong>cte<br />

bombarde, et faray quanto te sarà or<strong>di</strong>nato per Bartholomeo da Cremona, quale sarà o<br />

subito giungerà là con li altri bombarrderi. Data ut supra.<br />

Zanetus.<br />

Cichus.<br />

1722<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na, su segnalazione dei Rettori <strong>di</strong> Bergamo, al conte Giovanni da Balbiano<br />

<strong>di</strong> liberare i suoi prigionieri Cristino e compagni da Olmo della Signoria <strong>di</strong> Venezia che, con<br />

consenso del podestà <strong>di</strong> Valsassina, portavano fuori biade.<br />

457v Comiti Iohanni de Balbiano.<br />

1454 luglio 6, Milano.<br />

Li rectori <strong>di</strong> Bergamo ne hanno scripto hogi de uno Crestino et alcun’altri da (a) l’Olmo,<br />

sub<strong>di</strong>ti del’illustre signoria de Venetia, quali, socto fidanza del nostro potestà de<br />

Valsasina, pare cavasseno fora certe biade, et che però le habbi destenuti et tolto li<br />

cavalli et biade; il perché volemo che, recevuta questa, liberi domino Cristino e<br />

compagni et li restituissi ogni cosa del suo senza <strong>di</strong>minutione alcuna. Et questo non<br />

manchi per quanto havete cara la gratia nostra. Data Me<strong>di</strong>olani, vi iulii 1454.<br />

Andreas.<br />

(a) Segue Bergamo depennato.<br />

1723<br />

Francesco Sforza ricorda al castellano <strong>di</strong> Baiedo e al podestà <strong>di</strong> Valsassina <strong>di</strong> avere già loro<br />

scritto <strong>di</strong> rilasciare con biade e cavalli Filippo Tarchio e compagni, presi per causa <strong>di</strong> biade. I<br />

rettori <strong>di</strong> Bergamo anche oggi gli fanno presente che hanno fermato con biade e cavalli<br />

Gasparino e compagni: li liberino. Or<strong>di</strong>na al podestà <strong>di</strong> andare da lui.<br />

Castellano Baye<strong>di</strong> et potestati Vallissasine.<br />

(1454 luglio 6, Milano).<br />

Per un'altra nostra lettera ve scripsemo heri ad plenum dovesseno restituire certe biade<br />

et cavalli ad uno Filippino Tarchio et compagni, quali pare facessevo torre per casone<br />

de biade, et cetera, como siamo certi per quella haverite bene inteso; hoggi de novo c’é<br />

stato scripto dali Rectori da Bergamo che per simile facende havete etiam substenuto


et tolto li cavalli et biade ad un altro Gasparrino et compagni, del che ne meravigliamo.<br />

Pertanto volemo che subito recevuta questa facciate liberare et restituire ogni cosa del<br />

suo ali pre<strong>di</strong>cti secondo ve scripsemo heri che non li manchi uno pontale de strenga,<br />

per modo che de ciò non ne receviamo più lhamenta; et non manchi per quanto havete<br />

cara la gratia nostra. Et veneray, ti potestà, subito recevuta questa qui da nuy, perché<br />

ad boccha te vogliamo parlare per questo et anchora per altra faccenda. Et non<br />

manchi. Data ut supra.<br />

Andreas.<br />

1724<br />

Francesco Sforza accusa ricevuta, ieri e oggi, delle lettere dei Rettori <strong>di</strong> Bergamo circa la<br />

trattenuta <strong>di</strong> uomini, cavalli e biade da parte del podestà <strong>di</strong> Valsassina e del conte Giovanni<br />

Balbiano e li assicura <strong>di</strong> aver scritto al conte. In merito alle parole usate dal podestà, li assicura<br />

<strong>di</strong> averlo convocato per fargli un pre<strong>di</strong>cozzo sul buon comportamento che deve usare con la<br />

gente della Signoria <strong>di</strong> Venezia in modo che loro non abbiano motivo <strong>di</strong> adombrarsi.<br />

Rectoribus Pergami.<br />

(1454 luglio 6, Milano).<br />

Havemo recevuta hogi una vostra lettera ultra quella recevessemo heri continente la<br />

retenctione deli homini, cavalli et biade facta per il potestà nostro de Valsassina et per il<br />

conte Iohanne da Balbiano; ala quale respondendo <strong>di</strong>cemo che habiando heri in<br />

opportuna forma scripto intorno ala continentia dela vostra, de novo replicamo quella de<br />

heri et scrivemo similiter al <strong>di</strong>cto conte Iohanne liberi in instanti quelli ha luy nele mani<br />

et ogni cosa del suo, dolendone del maltractamento li ha facto. Et per le parole scrivete<br />

ha usate <strong>di</strong>cto potestà, li scrivemo debbia venire qui da nuy, perché li vorremo dare ad<br />

intendere havendo simile parole che haverà facto male, et monerimolo como se debbia<br />

deportare per l’havenire, perché nostra intentione é che non altramente debbia luy et li<br />

altri nostri accharezare et deportarse humanamente et bene cum quelli dela illustre<br />

signoria che faria cum li nostri proprii, et guardarse de non <strong>di</strong>re né fare cosa per la<br />

quale se ne habbiate ad prendere umbreza alcuna. Data ut supra.<br />

Andreas.<br />

1725<br />

Bettino da Calcinate informa Francesco Sforza che si portano da lui Domenico da Monterotondo<br />

e Santo dal Borgo, suoi compagni, ai quali sono fuggiti nelle terre sforzesche dei loro ragazzi.<br />

Indotto da come si osserva dal suo governatore per i fuggitivi sforzeschi, chiede che altrettanto<br />

faccia lui, restituendo i suoi fuggitivi almeno per un periodo che consenta <strong>di</strong> provvedersi <strong>di</strong> altri.<br />

458r Illustrissimo domino duci Me<strong>di</strong>oiani.<br />

1454 luglio 7, Crema.<br />

Vengano dalla vostra excellentia Dominico da Monterotondo et Sancto dal Borgo, mei<br />

compagni portatori della presente, ali quali sonno fugiti loro regazi nele terre et forza<br />

d’essa excellentia vostra; et attento lo stile et consuetu<strong>di</strong>ne se observa per lo magnifico<br />

nostro governatore in simili fugiastri <strong>di</strong> servidori della prelibata vostra excellentia,<br />

vegnando de qua in le forze nostre a restituirli et fare restituire, me move in simile caso<br />

recorrere ala vostra excellentia supplicando ad quella se degni farli restituire almanco<br />

per uno certo tempo che li <strong>di</strong>cti se possano provedere d'altri, non altro ala vostra<br />

excellentia, se non che ad quella, sempre ad quella me recomando dali <strong>di</strong>cti compagni<br />

sarà la prelibata vostra excellentia ad pieno informata dove sonno et che ha <strong>di</strong>cti regazi.<br />

Ex Crema, vii iulii 1454.<br />

E. excellentie vestre servitor Bettinus de Calcinate.


1726<br />

Francesco Sforza scrive al podestà <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong> restituire a Olivero da Cremona, o al suo parente<br />

latore <strong>di</strong> questa, tutte le monete false, ma avvertendolo che prima deve farle fondere alla zecca<br />

in modo che non siano più commerciabili ed egli ricuperi il solo metallo.<br />

Potestati Papie.<br />

1454 luglio 9, Milano.<br />

Siamo contenti et volemo che vuy, havuta questa, restituati ad magistro Olivero da<br />

Cremona, overo al presente portatore suo parente, tucte quelle monete falsse gli foreno<br />

tolte, con questo però, che volemo vuy in persona debiati andare ad farle refondere ala<br />

Cecha, ita che non se possano puy spendere. Et poy gli faciati consignare il mettallo si<br />

ne cavarà. Data (a) Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e (b) viiii iullii 1454.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue ut supra depennato.<br />

(b) Segue x depennato.<br />

1727<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na ad Angelo de Caposilvis e a Giovanni Chiapano <strong>di</strong> non dare noie ai<br />

gentiluomini <strong>di</strong> Can<strong>di</strong>a perché si sono accordati con loro che faranno quello che egli vuole.<br />

Angelo de Caposilvis et Iohanni Chiapano.<br />

1454 luglio 9, Milano.<br />

Non intendemo né volimo quoquomodo che debiati molestare né dare impazo veruno<br />

ali zentilhomini de Can<strong>di</strong>a per lo facto della Villata, perché havemo tale intelligentia con<br />

loro che sempre faranno quanto voremo. Me<strong>di</strong>olani, viiii iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1728<br />

Francesco Sforza comunica ad Angelo de Caposilvis e a Giovanni Chiapano che farà avere la<br />

rieposta alla loro,lettera da suo nipote Roberto, partito oggi per portarsi da loro. Assicura<br />

Giovanni <strong>di</strong> avergli mandato il sigillo tramite un suo famiglio. Li accerta che manderà i<br />

trombettieri e or<strong>di</strong>nerà che l’ufficiale venga a Sant’Angelo.<br />

1454 luglio 8, Milano.<br />

458v Angelo de Caposilvis et Iohanni Chiappano.<br />

Havemo recevuta vostra lettera continente più parte le quale tucte habiamo inteso; non<br />

farimo per questa altra resposta, perché hoggi se partì de qui Roberto, nostro nepote,<br />

informato ad plenum de nostra intentione per venire là, et quanto ve <strong>di</strong>rà per nostra<br />

parte exequirite senza <strong>di</strong>latione alcuna. El sigillo ve habiamo mandato per uno famiglio<br />

de ti, Iohanni. Li trombetti ve mandarimo et or<strong>di</strong>narimo che l’offitiale vegna ad<br />

Sanctangelo. Data Me<strong>di</strong>olani, viiii iulii 1454.<br />

Andreas.


1729<br />

Francesco Sforza scrive a Notaro Iacobo, castellano <strong>di</strong> Vigevano, che, delle 2000 lance<br />

mandate lì, 1000 sono da cavallo e 1000 da piede e deve <strong>di</strong>sporne come gli or<strong>di</strong>nerà suo nipote<br />

Roberto, partito oggi per il campo.<br />

Notari Iacobo, castellano Viglevani.<br />

(1454 luglio 8, Milano).<br />

De quelle doy milia lanze che fine hora degono essere state conducte lì nele toy mane,<br />

videlicet mille da cavallo et mille da pede, volemo ne <strong>di</strong>sponghi secondo te or<strong>di</strong>nerà<br />

Roberto, nostro nepote, quale oggi se parte da qui per andare in campo; et non manchi.<br />

Data ut supra.<br />

Andreas.<br />

1730<br />

Francesco Sforza scrive a Giovanni Marco de Grassis <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>spiaciuto che donna Luchina<br />

sia tanto cocciuta nel suo proposito : egli auspica che regga il suo stato <strong>di</strong>versamente. Se non<br />

cambia stile, anche se a malincuore, sarà a lui giocoforza intervenire in modo che le spiacerà.<br />

Vuole, perciò, che la consigli per il suo bene e conforme alla volontà ducale, ed é per questo che<br />

ritiene proficua la sua permanenza presso lei.<br />

Domino Iohanni Marco de Grassis.<br />

(1454 luglio 8), Milano.<br />

Havemo inteso delli deportamenti dela magnifica madonna Luchina, quale pur sta nel<br />

suo proposto de seguitare il stilo usato, dela qual cosa ne rencresce, perché voriamo<br />

tenesse altri mo<strong>di</strong> nel regere de quello suo stato, che, non mutandose de opinione, ne<br />

sarà forza a provedergli per via gle rencrescerà, el che faremo mal voluntera; siché la<br />

poteti confortare et consigliare a quello che ve parerà et cognosceti el ben suo. Et<br />

perché havemo tale confidentia in vuy, che semo certissimi non gli consigliariti se non<br />

quello sia il bene suo et la voluntà et mente nostra, ne pare che per alcuno tempo<br />

stagati presso a quella, perché non dubitiamo el vostro stare non gli possa essere altro<br />

che proficuo. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

1731<br />

Francesco Sforza fa sapere a Teseo da Spoleto <strong>di</strong> aver inteso dal referendario e dall’ufficiale<br />

delle bollette <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> monete false trovate a Felino, giuris<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Montecchio, oltre a<br />

un barile <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi stampi. Vuole, perciò, che faccia <strong>di</strong> tutto per pigliare quel negro <strong>di</strong> Adevanoli<br />

in casa, ove sono state trovate dette stampe e monete false, e anche i suoi complici,<br />

mandandoli poi tutti da lui, come pure gli invierà tutte le stampe e le monete false ritrovate.<br />

Faccia fare un inventario a nome della Camera ducale, <strong>di</strong> tutti i beni mobili e immobili <strong>di</strong> quei<br />

furfanti, inventario che manderà ai Maestri delle entrate straor<strong>di</strong>narie.<br />

Gli <strong>di</strong>ce che <strong>di</strong> questa sua intenzione ha scritto a Giovanni Galeazzo e al conte Onofrio<br />

Anguissola, dei cui comportamenti gli piace che sia avvisato.<br />

459r Theseo de Spoleto.<br />

(1454 luglio 8), Milano.<br />

Nuy havemo inteso per lo referendario et officiale delle bollete de quella nostra cità de<br />

Piasenza delle monete false retrovate in una villa presso a Felino, iuri<strong>di</strong>cione de<br />

Montechio, et de uno barrile de <strong>di</strong>verse stampi, la qual cosa credemo sii certo ne sia<br />

tanto exosa quanto <strong>di</strong>re se possa. Pertanto se may desideri farne cosa grata, volimo<br />

tegni modo et via de fare pigliare quello nigro de Adevanoli in casa, de cuy se <strong>di</strong>ce


essere trovate <strong>di</strong>cte stampe et monete false, et così ciascuno participe de tale falsitade,<br />

et sia che se voglia, et ve<strong>di</strong> de mandargli qua da nuy; et etiam mandaray tute le <strong>di</strong>cte<br />

stampe et artificii et false monete che porray retrovare, facendo descrivere, a nome<br />

della Camera nostra, tuti li beni mobili et immobili de quelli tali, et la descriptione<br />

mandaray incontinenti ali nostri Maestri del’intrate extraor<strong>di</strong>nari, metendo in ciò ogne<br />

tua <strong>di</strong>ligentia et cura per quanto hay cara la gratia nostra, avisandote che questa nostra<br />

intentione scrivemo a domino Iohanne Galeaz et al conte Honofrio Angussoli, delli<br />

deportamenti delli quali haveremo caro da ti essere avisati. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Marcus.<br />

Cichus.<br />

1732<br />

Francesco Sforza comunica a Francesco Capra che quelli <strong>di</strong> donna Luchina, che sono da lui, si<br />

sono accordati con i condottieri ducali, cui era stata fatta l’assegnazione dei denari che doveva<br />

pagare donna Luchina. Vuole, perciò, che, ricevuta la presente missiva, faccia in modo che le<br />

genti sforzesche che sono là, non <strong>di</strong>ano molestia né facciano danni agli uomini e ai luoghi <strong>di</strong><br />

detta donna e li metta subito in cammino secondo l’or<strong>di</strong>ne dato loro dal duca.<br />

In simile forma si é scritto a Tiberto Brandolini.<br />

Francesco Capra.<br />

(1454 luglio 8), Milano.<br />

Perché quisti sonno qua per la magnifica madona Luchina acordano questi nostri<br />

conducteri, ali quali erano facte assignatione deli denari dovia pagare la sua<br />

magnificentia, volimo, subito recevuta questa, che tegni modo che per quelle nostre<br />

gente sonno là non sia dato impatio, damno né molestia alcuna al’homini, terra et<br />

luoghi dela prefata magnifica madona; et così li faray levare subito et andare al suo<br />

camino, facendo l'or<strong>di</strong>ne ha da nuy. Et non gli perdere tempo alcuno senza mancare in<br />

niente. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Ser Facinus.<br />

In simili forma scriptum fuit magnifico domino Thiberto.<br />

1733<br />

Francesco Sforza scrive a Giovanni Galeazzo e al conte Onofrio de Anguissolis che entrambi o<br />

uno <strong>di</strong> loro procurino o procuri con la massima <strong>di</strong>ligenza <strong>di</strong> catturare il negro <strong>di</strong> Adavanoli da<br />

Felino e lo facciano subito sicuramente accompagnare da lui consegnandolo a Giorgio Alipran<strong>di</strong>,<br />

ufficiale dei cavallari.<br />

1454 luglio 9, Milano.<br />

459v Domino Iohanni Galeaz militi et comiti Honofrio de Angussolis.<br />

Per alcune casone importantissime al stato nostro volimo che vuy tuti duy, overo qual<br />

se sia de vuy, tegnati modo et via de fare prendere el nigro de Adavanoli da Felino<br />

della iuris<strong>di</strong>tione de Montechiaro, quale preso subito, bene acompagnato in modo non<br />

se ne possa fugire, mandereti qui da nuy et lo fariti consignare ad Georgio Aliprando,<br />

nostro officiale sopra li cavallari, quale é informato della mente nostra circa ciò; et in<br />

questo, se amati la gratia nostra et ben nostro, metteteli ogne vostra cura et <strong>di</strong>ligentia,<br />

avisandone subito dela receptione de questa nostra lettera. Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e viiii iulii 1454.<br />

Marcus.<br />

1734<br />

Francesco Sforza scrive a Corrado da Fogliano e a Roberto, suo nipote, <strong>di</strong> non volere che<br />

domani e doman l’atro facciano guerra o novità alle terre che furono occupate e neppur vuole<br />

che spostino le loro genti <strong>di</strong> lì, ma comanda che, nel frattempo, le bombarde siano poste nel<br />

luogo designato, mentre loro, nei giorni successivi, eseguiranno l’or<strong>di</strong>ne avuto. Ha parimenti<br />

scritto ad Angelo <strong>di</strong> non spostarsi da dove si trova con i suoi uomini fin a quando Corrado e<br />

Roberto non siano là, e chiede che lo si avvisi <strong>di</strong> ogni loro progresso.<br />

1454 luglio 10, Milano.


Magnificis domino Conrado de Foliano et Roberto, nepoti nostro.<br />

Per certo degno respecto non intendemo né volimo che per domane e l'altro faciati<br />

guerra alcuna, né noxia, novità ale terre quale ne fino occupati, né volimo lassiati<br />

movere le vostre gente de lì come sonno; ma bene volimo che in questo mezo solicitati<br />

quanto più presto sia possibile bombarde et li apparechiamenti che siano al luogo<br />

deputato, et voy, l’altri dì subsequenti, an<strong>di</strong>ati ad exequire l'or<strong>di</strong>ne dato, non<br />

scrivendone nuy altro in contrario. Et così havemo scripto ad Angelo che non se mova<br />

con le genti fin a tanto non siati là; avisatene de passo in passo delli vostri progressi.<br />

Me<strong>di</strong>olani, x iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1735<br />

Francesco Sforza ripete ad Angelo de Caposilvis e a Giovanni Giapano <strong>di</strong> non muoversi <strong>di</strong> lì fino<br />

all’arrivo <strong>di</strong> suo fratello Corrado e <strong>di</strong> suo nipote Roberto, al corrente <strong>di</strong> quel che si dovrà fare.<br />

Non vuole che intanto facciano guerra e danni a quelle terre che furono occupate.<br />

In data 10 luglio fu scritto a Roberto Sanseverino che faccia restituire a Giovanni Iacobo<br />

Guismala, latore della presente, il suo ragazzo portato via da Tartaglia e Barberio.<br />

(1454 luglio 10), Milano.<br />

460r Angelo de Caposilvis et Iohanni Giapano.<br />

Como per altre nostre ve scripsemo a questi dì proximi passati non volimo che ve<br />

partiati da lì fin a tanto non serano giuncte lì da vuy Cunrado, nostro fratello, et Roberto,<br />

nostro nepote, quali vengono informati della mente nostra circa quanto se haverà a<br />

fare; et in questo mezo non faciati guerra né veruna noxia novità a quelle terre che ne<br />

fino occupate dal tolere le biade in fuora. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

Die x iulii, scriptum fuit magnifico domino Roberto de Sancto Severino quod faciat<br />

restituere latori presentium Iohannis Iacobi Guismale regacium suum sibi abductum per<br />

Tartagliam et Barberium suos omnino.<br />

Zaninus.<br />

Iohannes.<br />

1736<br />

Francesco Sforza assicura Andrea Dandolo, provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema, che lo ha informato della<br />

fuga <strong>di</strong> Tartaglia da Cologno da Matteo da Capua, che se or<strong>di</strong>nerà a Matteo <strong>di</strong> mandare un<br />

uomo qua, il duca gli farà ogni favore per cui, trovato che sia il Tartaglia, liberamente glielo<br />

consegnerà con tutto quello che avrà portato via a Matteo o ad altri.<br />

Domino Andree Dandulo, provisori Creme.<br />

1454 luglio 10, Milano.<br />

Inteso quanto ne scriveti della partita et fuga ha facto Tartaglia da Cologno dal<br />

spectabile Matheo da Capua, brevemente respondendo ve <strong>di</strong>cemo che se vuy alo <strong>di</strong>cto<br />

Matheo mandareti uno qua, nuy li faremo tuti quelli favori et provederemo con effecto<br />

che, retrovandose <strong>di</strong>cto Tartaglia in le forze nostre, gli lo faremo libere consignare in le<br />

mano, et così ogne altra cosa che l'havesse portata del <strong>di</strong>cto Matheo o de altra<br />

persona. Me<strong>di</strong>oiani, x iulii 1454.<br />

Zaninus.<br />

Iohannes.


1737<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che, siccome il suo balestriere lo<strong>di</strong>giano<br />

Rosseto ha rubato due cavalli al latore della presente missiva, lo arresti e in ogni modo gli si<br />

faccia risarcire il furto commesso.<br />

460v Locumtenenti Laude.<br />

1454 luglio 10, Milano.<br />

Havendo nuy informatione che Rosseto, nostro balestrero, habitante in quella nostra<br />

cità, ha furato duy cavalli al portatore della presente, volimo che subito ala receputa de<br />

questa con bono modo debiate far pigliare <strong>di</strong>cto Rosseto da non essere relaxato senza<br />

licentia; et in quanto <strong>di</strong>cto Rosseto non se trovasse lì, habiati bona informatione se l'ha<br />

alcuna robba o tanta facultà che potesse restaurare li <strong>di</strong>cti duy cavalli o il pretio d’essi.<br />

Et de quanto farite avisatine per vostre lettere. Me<strong>di</strong>olani, x iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1738<br />

Francesco Sforza ricorda a Pietro e fratelli de Bagarotis e a Pietro de Vianino <strong>di</strong> averli sollecitati<br />

a indurre, perché a lui così piaceva, la vedova e la figlia <strong>di</strong> Bartolomeo Cirasola a imparentarsi<br />

con il suo condottiero Donino da Parma e ricorda pure <strong>di</strong> aver detto loro, tramite il suo<br />

consigliere Angelo Simonetta, che se non garbava quel partito, inducessero le donne a<br />

imparentarsi con il nipote <strong>di</strong> Fiasco. Li sollecita a promuovere l’unione con l’uno o con l’altro dei<br />

personaggi in<strong>di</strong>cati, comunque, non cerchino <strong>di</strong> maritarle se non accordandosi con lui non<br />

scordando che senza il suo assenso alcun matrimionio non s’ha da fare.<br />

In simile modo si é scritto al podestà <strong>di</strong> Fiorenzuola.<br />

1454 luglio 11, Milano.<br />

Petro et fratribus de Bagarotis, et Petro de Vianino.<br />

Se recor<strong>di</strong>amo per dupplicate nostre lettere haverve scripto confortandove che volesti<br />

indure quella che fu donna et anche la figliola de Bartolomeo Ciresola ad fare<br />

parenteza con il strenuo Donino da Parma, nostro conductero, perché a nuy saria<br />

piaciuto; poi ancora per la mezanità de Angelo Simonetta, nostro consigliero, ve<br />

havemo facto <strong>di</strong>re che non volendo o non parendone fare parentato con esso domino,<br />

volesti indure le <strong>di</strong>cte done ad fare parenteza con il nepote del strenuo Fiasco, perché<br />

simelmente assay piaceria a nuy. In che de novo ve confortiamo ad fare <strong>di</strong>cta<br />

parenteza o in l'uno o in l'altro delli prenominati, quale più ve piacerà, perché et del’uno<br />

et del'altro nuy ne restaremo contenti; ma, se pur finaliter non ve delectasse la amititia,<br />

del'uno né del'altro, ve <strong>di</strong>cemo così, et anche ve coman<strong>di</strong>amo che non vogliati maritare<br />

le <strong>di</strong>cte done ad veruna 461r persona senza nostra speciale licentia, perché circaremo<br />

nuy con vuy insieme a trovare cosa che sarà grata ad vuy et ale pre<strong>di</strong>cte done. Et<br />

questo nostro comandamento guardatilo et non lo preterite per quanto havete cara la<br />

gratia nostra. Me<strong>di</strong>olani, xi iulii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

In simili materia scriptum fuit potestati Florenzole.


1739<br />

Francesco Sforza vuole che Gracino da Pescarolo ricuperi dal locale vescovo i 50 ducati d’oro<br />

che spettano al duca per la onoranza del bue grasso. Se lo abbindolasse con parole, si avvalga<br />

delle entrate del vescovato e, avuti entro otto giorni i denari, li man<strong>di</strong> ai cancellieri Zanino<br />

Barbato e de Persancte de Senano. Agirà nel medesimo modo con il priore <strong>di</strong> San Maiolo, ma,<br />

se avesse pagato, informi i predetti cancellieri sul quanto e a chi ha dato.<br />

Domino Gracino de Piscarolo.<br />

1454 luglio 11, Milano.<br />

Per la honoranza et preheminentia nostra del bove, lo reverendo domino lo vescovo de<br />

quella cità n’é obligato a pagare ogni anno ducati 50 d’oro, della quale honoranza<br />

restiamo cre<strong>di</strong>tori del’anno proximo passato; et perché al presente ne trovamo in<br />

grande bisogno et necessitate de <strong>di</strong>nari, é necessario ne a<strong>di</strong>utamo del nostro. Pertanto<br />

volimo che ve debiati trovare con quelli i quali fanno li facti del prefato domino lo<br />

vescovo de quella cità, et recircate li <strong>di</strong>cti cinquanta ducati che ne li debiano dare in<br />

nostro nome; se ni li voranno dare de bona voglia benequidem, in casu che vedesseno<br />

che ve menassero per parole et ala longa, vogliamo prove<strong>di</strong>ati per quello megliore<br />

modo et via ve parerà necessaria et expe<strong>di</strong>ta de assecurarne sopra le intrate del <strong>di</strong>cto<br />

vescovato o altre cose del <strong>di</strong>cto domino vescovo: siché siati securo et cauto delli <strong>di</strong>cti<br />

cinquanta ducati, et che nuy li possiamo havere fra octo dì al più longo, non havendo<br />

respecto né reguardo ad (a) alcuna cosa per retrahere suso prestissimo li <strong>di</strong>cti<br />

cinquanta ducati; li quale havuti, vogliateli subito mandarli in mano de Zanino Barbato,<br />

nostro cancellero, et de Persancte da Sernano, nostro cancellero, et in questo non<br />

vogliati perdere tempo alcuno né vogliati da nuy aspectare altra replicatione né<br />

solicitu<strong>di</strong>ne, et provedeti et fate como ve parerà: siché fra octo dì habiamo <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari<br />

per ogne modo. Et il simile fareti al priore de San Mayolo de quella cità non havendo<br />

pagato et, havendo esso pagato, avisaritene li pre<strong>di</strong>cti nostri cancelleri quanto é che ha<br />

pagato et ad chi ha pagato, et non ve lassati dare parolle in pagamento. Me<strong>di</strong>olani, xi<br />

iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue persona depennato.<br />

1740<br />

Francesco Sforza comunica ad Antonio degli Eustachi, a Gracino Pescarolo e a Bartolomeo da<br />

Correggio che, per portare a buon fine il ricupero delle terre sforzesche che occupa il duca <strong>di</strong><br />

Savoia, ritiene necessario fare un ponte sul Po verso Bassignana. A questo scopo invia lì il<br />

famiglio ducale Tommaso da Nogarolo per quel che, <strong>di</strong>scorrendone con lui, si riterrà opportuno<br />

fare e, intanto, intende che si provveda a fornire navi, marinai, marangoni, corde, chiodame,<br />

legname e quant’altro occorre.<br />

1454 luglio 12, Milano.<br />

461v Domino Antonio de Eustachio, domino Gracino de Pischarolo, domino<br />

Bartholomeo de Corrigia, et cetera.<br />

Per prosequire et me<strong>di</strong>ante la <strong>di</strong>vina gratia dedurre prestissimo et ad optato fine<br />

l’impresa principiata per recuperare le nostre terre et ha tenute et tene occupate lo<br />

illustre signor duca de Savoya, et compren<strong>di</strong>amo essere necessario far fare uno ponte<br />

sopra Po verso Bassignana, man<strong>di</strong>amo per <strong>di</strong>cta caxone a là il <strong>di</strong>lecto nostro famiglio<br />

Thomaso da Nugarolo, presente portatore, instructo ad ciò, informato de nostra<br />

intenctione, al quale habiamo comisso debia far capo ad vuy per le cose li seranno de<br />

bisogno; volemo adunche che instanti li prove<strong>di</strong>ate de quelle nave, navaroli, marangoni,<br />

corde, chiodarie, lignami et altre cose expe<strong>di</strong>ente, secondo che, <strong>di</strong>scotendo questa<br />

cosa inseme, cognoscerite fare <strong>di</strong> bisogno, non prendendo (a) in ciò actimo de tempo,<br />

se credete far cosa summe grata. Data Me<strong>di</strong>olani, xii iulii 1454.


Andreas.<br />

(a) Così A.<br />

1741<br />

Francesco Sforza informa Corrado da Fogliano e Roberto Sanseverino che, volendo riacquisire<br />

le terre sforzesche attualmente nelle mani del duca <strong>di</strong> Savoia, ritiene conveniente fare un ponte<br />

<strong>di</strong> barche presso Bassignana. Ha, perciò, spe<strong>di</strong>to a Pavia il suo famiglio Tommaso da Nogarolo<br />

per far mandare su navi, marinai, marangoni e altre cose necessarie.<br />

Chiede al fratellastro e al nipote <strong>di</strong> trovare sulle terre vicine al luogo, ove si farà detto ponte,<br />

guastatori, legname e quanto necessiterà per detta opera.<br />

(1454 luglio 12, Milano).<br />

Domino Corrado de Fogliano, domino Roberto de Sancto Severino.<br />

Intendendo, me<strong>di</strong>ante la <strong>di</strong>vina gratia, prosequire et senza perderli actimo de tempo ad<br />

optato fine dedurre l’impresa principiata per redurle ala nostra devotione le nostre terre<br />

tenutoce occupate, et che de presente se tengono anchi per lo illustre signore duca de<br />

Savoya, et per casone de ciò habiamo or<strong>di</strong>nato como é necessario far fare uno ponte<br />

verso Bassignana cun barche sopra Po, et già habiamo mandato Thomasi de Nugarolo,<br />

nostro famiglio, ad Pavia per trovare et far condurre suso volando le nave, navaroli,<br />

marangoni et altre cose expe<strong>di</strong>ente, siandoli necessarii deli guasti per aiuto suo et per<br />

far gratize et altre factioni et similiter del ligname, dele quale cose bisogna li sia<br />

proveduto per la via. Et sul locho dove il ponte se haverà ad (a) derizare, or<strong>di</strong>narite per<br />

quelle terre et lochi più apti et propinqui che li sia subvenuto de guastatori, de legname<br />

et de tucto quello fusse expe<strong>di</strong>ente, non pretermettendoli cosa alcuna.<br />

Data ut supra.<br />

Andreas.<br />

(a) Segue fare depennato.<br />

1742<br />

Francesco Sforza comanda ad Angelo de Caposilvis <strong>di</strong> ricercare quei provisionati, e in<br />

particolare Branchino, che in due azioni. hanno sottratto al novarese Baldassare <strong>di</strong> Brusati,<br />

“suso de Lara”, 24 sacchi <strong>di</strong> frumento. Trovati i delinquenti, ne impicchi qualcuno, e imponga la<br />

restituzione della refurtiva o il suo pieno risarcimento.<br />

Siccome forse Angelo non conosce Bianchino, il presente latore della missiva gli darà i ragguagli<br />

su tutto e gli farà sapere come é avvenuta la cosa.<br />

462r Angelo de Caposilvis.<br />

1454 luglio 11, Milano.<br />

Domino Baldesarro <strong>di</strong> Bruxati, nostro cita<strong>di</strong>no Novarese, ne ha facto querella <strong>di</strong>cendo<br />

che per alcuni delli nostri provisionati, et maxime per uno chiamato Branchino, gli é<br />

stato tolto suso de Lara, fra doe volte, sachi xxiiii de fromento; dela qual cosa<br />

n’habiamo havuto despiacere assay che li nostri sub<strong>di</strong>ti siano tractati in questa forma.<br />

Però volimo tu te sforzi per ogne modo trovare questi tali che hanno tolto <strong>di</strong>cto fromento<br />

et gli lo faray restituire o pagare molto bene al <strong>di</strong>cto Baldassarro, che non ne perda uno<br />

azino; et haveressemo caro, quando tu trovi simili genti che tractano l’homini nostri<br />

como inimici et toglino la robba loro, che tu ne impichasse qualcuno. Et perché forse tu<br />

non cognosceresti questo Bianchino, lo presente portatore te informarà del tuto et como<br />

é passata la cosa. Data Me<strong>di</strong>olani, xi iulii 1454.<br />

Zaninus.<br />

Iohannes.


1743<br />

Francesco Sforza avverte Angelo de Caposilvis che domenica prossima saranno lì suo fratello<br />

Corrado e suo nipote Roberto con le loro genti per andare, il giorno dopo, in campo al Borgo.<br />

Sia pronto a fare quello che loro or<strong>di</strong>neranno, perché sono al corrente delle volontà ducali.<br />

Sappia che il capitano della Lomellina, come Gentile della Molara sono stati sollecitati a<br />

provvedere alle vettovaglie.<br />

Angelo de Caposilvis.<br />

1454 luglio 12, Milano.<br />

Secondo l'or<strong>di</strong>ne dato per Conrado, nostro fratello, et anche Roberto, nostro nepote,<br />

seranno dominica proxima avenire lì con le gente, et Iunedì subsequenter andarite a<br />

campo al Borgo; siché fa’ sii in puncto a fare quanto loro or<strong>di</strong>naranno, perché sonno<br />

informati della mente nostra, avisandote che scrivemo al capitaneo dela Lomellina che<br />

facia venire delle victualie in campo, et anche a Gentile dela Molara che le solliciti.<br />

Sollicitali ancora tu, et piglia la cura che non siano robbate, che maiore piacere non ne<br />

potresti fare. Me<strong>di</strong>olani, xii iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1744<br />

Francesco Sforza scrive a Giovanni Stefano de Casate, capitano della Lomellina, che, siccome<br />

ha <strong>di</strong>sposto <strong>di</strong> fare il campo a Bassignana e al Borgo, vuole che <strong>di</strong>a or<strong>di</strong>ni e ingiunga <strong>di</strong> fare<br />

ban<strong>di</strong> e pubbliche cride nelle terre della sua giuris<strong>di</strong>zione per la fornitura <strong>di</strong> vettovaglie al campo,<br />

assicurandone il pagamento.<br />

1454 luglio 12, Milano.<br />

462v Domino Iohanni Stefano de Casate, capitaneo Lumelline.<br />

Havendo nuy or<strong>di</strong>nato che'l nostro campo de proximo vada a Bassignana et al Borgo,<br />

et acioché le nostre gente d'arme non habiano ad partirse dal campo per le cose<br />

necessarie al vivere, volimo che, subito ala receputa de questa, debiati fare or<strong>di</strong>ne et<br />

far fare ban<strong>di</strong>menti et cride publice per le terre et iuris<strong>di</strong>tione a vuy commessa che<br />

menano cose necessarie et victualie al campo, avisandoli che gli serà facta bona<br />

compagnia senza violentia et receveranno bono pagamento delle cose sue; et a questo<br />

usati ogne <strong>di</strong>ligentia a vuy possibile se desiderate farne cosa grata, como credemo<br />

fariti. Me<strong>di</strong>olani, xii iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1745<br />

Francesco Sforza scrive a Corrado da Fogliano e al nipote Roberto Sanseverino compiacendosi<br />

con costui per la <strong>di</strong>sposizione presa a Pavia con Corrado <strong>di</strong> trovarsi domenica là dove sarà<br />

Angelo e <strong>di</strong> cominciare già lunedì a darsi da fare in modo che quel giorno si accampino a<br />

Bassignana. Si accor<strong>di</strong>no per il loro spostamento con Tiberto, cui lui pure <strong>di</strong>rà <strong>di</strong> ritrovarsi quel<br />

giorno a Bassignana. Scriverà ad Angelo d’essere pronto e <strong>di</strong> stare ai loro or<strong>di</strong>ni.<br />

Ha <strong>di</strong>sposto che il capitano della Lomellina faccia pervenire vettovaglie in campo e lo stesso<br />

sollecito ha fatto a Gentile della Molara.<br />

(1454 luglio 12), Milano.<br />

Magnificis Conrado de Foliano et Roberto de Sancto Severino, nepoti.<br />

Inteso quanto tu Roberto n’hai scripto del ragionamento haviti havuto insieme Conrado<br />

et tu a Pavia, e del’or<strong>di</strong>ne preso d'essere dominica proxima avenire là dove serà Angelo


et de comintiare lunedì proximo subsequente a fare qualche cosa, a nuy piace l'or<strong>di</strong>ne<br />

haviti preso, et così ve <strong>di</strong>cemo che lunedì ve debiati acamparve al borgo de<br />

Bassignana, intendendove del vostro andare con il magnifico domino Thiberto, al quale<br />

scrivemo etiam<strong>di</strong>o che <strong>di</strong>cto dì et hora vada a campo al Bassignana et de ciò se<br />

intenda con vuy. Scrivemo etiam<strong>di</strong>o ad Angelo che sia in puncto e facia quanto<br />

or<strong>di</strong>nariti. Item scrivemo al capitaneo de Lumellina che facia venire delle victualie in<br />

campo et anche a Gentile dela Molara che solicite le victualie; vuy etiam<strong>di</strong>o le solicitariti<br />

et ve governariti con prudentia in ogne cosa, et de quanto seguirà ne avisariti<br />

continuamente. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1746<br />

Francesco Sforza inter<strong>di</strong>ce ad Angelo de Caposilvis <strong>di</strong> far danni ad Antonio da Bolgaro, ai suoi<br />

parenti e vicini. In più lo informa <strong>di</strong> aver affidato la cura del luogo <strong>di</strong> Bolgaro ad Antonio.<br />

464r Angelo de Caposilvis.<br />

1454 luglio 12, Milano.<br />

Nostra intentione non é né volimo per modo alcuno che damnezati né lassati<br />

damnezare Antonio da Bolgari, né li suoi parenti, né vicini, avisandote che sonno<br />

d'acor<strong>di</strong>o con nuy; avisandote ultra ciò che nuy havemo dato la cura del loco de (a)<br />

Bulgaro al prenominato Antonio, il quale per ogne respecto l’havemo amico. Me<strong>di</strong>olani,<br />

xii iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) loco de in interlinea.<br />

1747<br />

Francesco Sforza fa sapere al podestà <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> avergli or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> rendere giustizia ai bari<br />

che deteneva facendo restituire all’imbrogliato quanto gli era stato frodato e non vuole che<br />

questi, per colpa del podestà, spenda tempo e denaro all’osteria nell’attesa che i delinquenti<br />

siano suppliziati. Proceda contro i bari come <strong>di</strong>ritto vuole e faccia avere al defraudato quel che<br />

ha speso e quello <strong>di</strong> cui é stato ingannato.<br />

Potestati Placentie.<br />

(1454 luglio 12, Milano).<br />

Havendove scripto ad questi dì passati che vuy facessevo quanto raxone portava ad<br />

certi barri, quali havevate nele man destenuti, facendo inme<strong>di</strong>ate restituire li soy denari<br />

ad quel tale l'havevano barrato, havemo de presente inteso che socto sicurtà havete<br />

liberato <strong>di</strong>cti barri et fate perdere tempo lì sopra l’hostaria ad rehavere li soy denari<br />

quello bono homo é stato barrato, del che molto ne siamo meravigliati, maxime<br />

intendendo che per tale delicto degono portare il supplicio de essere frustati et mituati.<br />

Pertanto volemo che, recevuta questa, proce<strong>di</strong>ate contra loro secondo rasone vole,<br />

facendo restituire li soy denari al pre<strong>di</strong>cto povero homo tanto quelli ha despisi per<br />

questa faccenda, quanto quelli li forono barrati senza alcuna <strong>di</strong>menutione. Et non<br />

manchi per quanto havete cara la gratia nostra; et fate che de ciò non ne sentiamo più<br />

querela. Data ut supra.


1748<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che é stato da lui il suo galuppo Boniforte<br />

<strong>di</strong>cendosi <strong>di</strong>sposto <strong>di</strong> stare a quel che giustizia esige. Vuole, perciò, che senta le parti, e renda<br />

giustizia a Boniforte in conformità <strong>di</strong> quel che giustizia vuole.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1454 luglio 13, Milano.<br />

É stato a nuy Boniforte, nostro galuppo, el quale, scusandose dela imputatione a luy<br />

data, <strong>di</strong>ce volere stare a ragione e purgare la innocentia soa; per la qual cosa<br />

parendone che’l se mova bene et con bona iustificatione, volimo et ve commettemo che<br />

debiati ol<strong>di</strong>re et intendere le parte et fare ragione, puniendo et absolvendo el <strong>di</strong>cto<br />

Boniforte, segondo il debito della ragione senza veruno respecto. Me<strong>di</strong>olani, xiii iulii<br />

1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1749<br />

Francesco Sforza risponde ad Angelo de Caposilvis e a Giovanni Chiapano informandoli che<br />

sono stati da lui quelli <strong>di</strong> Sant’Angelo,<strong>di</strong> Castelnoveto e <strong>di</strong> Bolgari giurandogli fedeltà, come<br />

altrettanto hanno fatto i gentiluomini <strong>di</strong> Can<strong>di</strong>a per la località <strong>di</strong> Villata.<br />

Vuole, quin<strong>di</strong>, che agli uomini <strong>di</strong> dette terre non si <strong>di</strong>a molestia alcuna, anzi si trattino alla pari<br />

degli altri sud<strong>di</strong>ti sforzeschi.<br />

Dispone che si man<strong>di</strong> ai gentiluomini da Sanseverino la lettera con cui esprime la sua<br />

riprovazione per i danni fatti ai suoi uomini. Il parlare, che al <strong>di</strong>re <strong>di</strong> Santino da Riva, ha fatto<br />

Bonifacio da Castignola circa i Borgognoni che arriveranno in aiuto del duca <strong>di</strong> Savoia, é stato<br />

fatto per solo favorire il fatto loro. Vuole che in merito alla profferta a lui fatta <strong>di</strong> entrare a<br />

Valenza o in altre terre del Savoia, gli facciano sapere che assolutamente non deve accettare <strong>di</strong><br />

prestarsi alla <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> quelle terre, perché se lo facesse lo avrebbe per nemico.<br />

Gli manifestino, all’opposto, che lui, Sforza, vedrebbe <strong>di</strong> buon grado che togliesse al Savoia<br />

alcune sue terre e le saccheggiasse facendo il ìmaggior danno possibile.<br />

s.d<br />

464v Angelo de Caposilvis et Iohanni Chiapano.<br />

Respondendo al'ultima vostra lettera de dì xi del presente, et, primo, circa la parte de<br />

quelli da Sanctangelo, da Castelnoveto et Bolgari, <strong>di</strong>cemo sonno stati qui da nuy et<br />

n’hanno iurato la debita fidelità et omagio, et così li zentilhomini de Can<strong>di</strong>a ne hanno<br />

iurato la fidelità per lo loco dela Villata; ali quali lochi or<strong>di</strong>nareti che non sia dato impazo<br />

né molestia né damno alcuno, anzi volimo siano ben veduti l’homini d’essi lochi et<br />

benissimamente tractati dalli nostri como li altri nostri sub<strong>di</strong>ti.<br />

Ala parte del tardare et <strong>di</strong>mora hanno facto quelli zentilhomini da Sanseverino in questo<br />

loro camino et del damno hanno facto al’homini nostri, <strong>di</strong>cemo che ne é <strong>di</strong>spiaciuto<br />

asai, et per l’aligata li scrivemo in forma che intenderanno quanto piacere n’hanno<br />

facto, la quale vogliati ma(n)darglila per messo proprio. Ala parte de quello n’ha<br />

mandato a <strong>di</strong>re a Sanctino da Riva de quella voce et parlare ha facto Bonifatio da<br />

Castignola de quelli Borgognoni che degono venire in succorso del duca de Savoya, et<br />

cetera, <strong>di</strong>cemo che esso l’ha facto per favorire il facto loro, ma ali facti se ne<br />

acorgeranno. Ala parte de quella proferta gli é stata facta perch'ello intra in Valenza o in<br />

altre terre del prefato ducha de Savoya, et cetera, volimo li debiati respondere che per<br />

con<strong>di</strong>ctione alcuna del mondo esso non lha debia acceptare, né etiam<strong>di</strong>o debia intrare<br />

in terra alcuna del <strong>di</strong>cto duca de Savoya per defenderla et fare contra de nuy,<br />

advisandola che, quando facesse questo et che fusse ali favori del duca de Savoya<br />

contra nuy, partiremo l’amititia in modo che may più il reputaremo amico, né li voremo<br />

may bene. Ben siamo contenti che se luy pò torre terra alcuna de quelle del <strong>di</strong>cto duca<br />

de Savoya, quale non (a) siano de quelle che aspectano a nuy, le debia torre et


sachezarle, et fargli quello male che gli vorà fare; ma como havemo <strong>di</strong>cto per niente<br />

non se metesse ad a<strong>di</strong>utare et favorire (b) et defendere (c) le terre et cose d'esso duca<br />

de Savoya contra nuy et li nostri.<br />

(a) non in interlinea.<br />

(b) Segue le terre depennato.<br />

(c) Segue cose depennato.<br />

1750<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> consentire agli uomini <strong>di</strong> Spino del<br />

condottiero ducale Antonio da Landriano <strong>di</strong> portar fuori da quella città le biade, senza delle quali,<br />

al <strong>di</strong>re <strong>di</strong> Antonio, non potrebbero vivere.<br />

466r Locumtenenti Laude.<br />

1454 luglio 13, Milano.<br />

Antonio da Landriano, nostro conductero, ne fa lamenta che li suoi homini de Spino non<br />

pono havere victualie et biade da Lo<strong>di</strong> per suo uso; et perché <strong>di</strong>cti poverhomini non<br />

potriano vivere senza biade, siamo contenti et volimo debiati vedere quante boche<br />

sonno et hanno li <strong>di</strong>cti suoi homini et quante biade li bisognano, et lassarglile cavare da<br />

quella nostra cità. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xiii iulii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

1751<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà <strong>di</strong> Salle, intesi Tommaso Caluvio <strong>di</strong> Tortona e Bartolomeo<br />

Raveta, amministri loro giustizia con rito sommario.<br />

Potestati Sallararum.<br />

(1454 luglio 13), Milano.<br />

Thomasio Caluvio da Tertona <strong>di</strong>ce havere a fare lì alcune cose con uno Bartholomeo<br />

Raveta como da luy intenderay. Pertanto volimo che, inteso l'una parte et l’altra, tu gli<br />

fazi rasone summaria et expe<strong>di</strong>ta, siché niuna d'esse habia iusta casone de<br />

querellarse. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Persanctes.<br />

1752<br />

Francesco Sforza chiede al provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema che, nel rispetto dei capitoli della pace e <strong>di</strong><br />

quanto consuetu<strong>di</strong>nariamente facevano nel passato, consenta agli uomini <strong>di</strong> Mozzanica <strong>di</strong> portar<br />

fuori dal <strong>di</strong>stretto <strong>di</strong> Crema le biade prodotte nelle loro possessioni cremasche,<br />

salvo sempre il pagamento dei dazi.<br />

Provisori Creme.<br />

1454 luglio 13, Milano.<br />

Delli homini nostri de Mozanica sonno venuti qua da nuy <strong>di</strong>cendone con querella che,<br />

havendo loro recolto alcune sue biade, nate in alcune sue terre et possessioni situate in<br />

quello de Crema, egli stato inhibito che non le fazano condure fora del <strong>di</strong>stricto de<br />

Crema, del che molto se agravano, <strong>di</strong>cendo questo essere cosa nova et che may non<br />

fu facta contra loro, et pregandone che vogliamo provedere che <strong>di</strong>cto recolto suo lo<br />

possano menare et condure a casa sua, como solevano fare. Pertanto, atteso che neli<br />

capitoli della pace se extenda che ogniuno possano goldere li suoi beni, confortiamo et<br />

pregamo la vostra spectabilità che voglia provedere che <strong>di</strong>cti poverhomini 466v<br />

possano condure et havere le <strong>di</strong>cte soe biade, non lassandogli innovare cosa alcuna<br />

inusitata; et deinde farli fare tale tractamento nele facende soe, siché non habiano ad<br />

agravarse, imo ad laudarse, como anche nuy faremo verso li vostri. Et questo <strong>di</strong>cemo,<br />

facendo perhò loro il dovere suo ali dacii como se rechiede. Me<strong>di</strong>olani, xiii iulii 1454.<br />

Bonifacius.


Iohannes.<br />

1753<br />

Francesco Sforza si <strong>di</strong>ce sicuro che il fratello Corrado e il nipote Roberto domattina andranno a<br />

campo al Borgo, mentre Tiberto farà lo stesso a Bassignana. Siccome l’impresa <strong>di</strong> Bassignana é<br />

più dura e <strong>di</strong>fficile della loro, vuole che due delle tre bombarde, che sono lì, le abbia Tiberto, che<br />

vuole sia da loro trattato cor<strong>di</strong>almente.<br />

1454 luglio 14, Milano.<br />

Magnifico Conrado fratri et Roberto nepoti, nostris <strong>di</strong>lectis.<br />

Siamo certi che vuy domatina ve levareti secundo l'or<strong>di</strong>ne nostro et andariti a campo al<br />

Borgo, et così il magnifico domino Thiberto andarà ad Campo ad Bassignana; et perché<br />

la impresa de Bassignana é pur più dura et <strong>di</strong>fficile che quella del Borgo, ne pare, et<br />

così ve <strong>di</strong>cemo, che de quelle tre bombarde che sonno lì, il magnifico domino Thiberto<br />

ne toglia doe per piantare ad Bassignana et vuy ne tolleti una per piantare al Borgo,<br />

quale siamo certi me<strong>di</strong>ante li mo<strong>di</strong> sapereti tenere se obtenerà presto et faciliter. Ben<br />

ve <strong>di</strong>cemo et caricamo che con lo prefato domino Thiberto ve inten<strong>di</strong>ati et portati bene<br />

et amorevelmente in ogne cosa, havendogli quello respecto siamo certi cognosceti se<br />

gli debia havere. Me<strong>di</strong>olani, xiiii iulii 1454.<br />

Zaninus.<br />

Iohannes.<br />

1754<br />

Francesco Sforza avverte il fratello Corrado e il nipote Roberto <strong>di</strong> ammonire le loro genti d’arme<br />

<strong>di</strong> non fare né scorrerie né prigionieri nel Vercellese e in altro paese del duca <strong>di</strong> Savoia.<br />

Sarebbe contento che riprendessero con la forza delle terre sforzesche in mano <strong>di</strong> quel duca.<br />

1454 luglio 15, Milano.<br />

467r (a) Magnificis Conrado fratri, et Ruberto de Sancto Severino.<br />

Ad ciò siati informati della mente et voluntà nostra circa lo offendere li sub<strong>di</strong>ti et homini<br />

del duca de Savoya, nostra intentione é, et così ve <strong>di</strong>cemo debiati providere et or<strong>di</strong>nare<br />

che per quelle nostre gente non siano facte correrie né facti presoni in Vercellese né in<br />

l'altro paese del duca de Savoya; et ad questo poneti ogne <strong>di</strong>ligentia per modo sia<br />

exequito con effecto. Siamo ben contenti che, possendo vuy havere per forza qualcuna<br />

de quelle terre nostre tene il prefato duca, vuy la togliati; ma in l'altro paese del prefato<br />

duca non volimo se fazano correrie né presoni como havemo <strong>di</strong>cto de sopra. Me<strong>di</strong>olani,<br />

xv iulii 1454.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

(a) Precede l’intestazione Magnifico domino Thiberto. Per una vostra ulti… depennato.<br />

1755<br />

Francesco Sforza esprime a Gracino da Pescarolo il suo sconcerto per aver inteso da Marco<br />

Leone che, per la mancanza della piccola somma <strong>di</strong> lire 136 necessarie per pagare i maestri e i<br />

navaroli, le navi non abbiano potuto andare su. Detti denari potevano essere sborsati da lui,<br />

Gracino, sicuro che li avrebbe ricuperati. Procuri <strong>di</strong> fare i predetti pagamenti d’accordo con<br />

Marco e <strong>di</strong> mandare le navi alla destinazione fissata.<br />

In merito a quanto Gracino gli ha scritto <strong>di</strong> maestro Giovanni che, per ia malattia, il fuoco e altro<br />

non ha potuto avere in pezzi se non 60 rubbi della bombarda, vuole che gli <strong>di</strong>a 10 ducati perché<br />

continui a fare quanto gli ha or<strong>di</strong>nato.<br />

Domino Gracino de Piscarolo.<br />

1454 luglio 15, Milano.<br />

Per lettere de Marco Leone siamo avisati con grande <strong>di</strong>splicentia che le nave per fare il<br />

ponte or<strong>di</strong>nato non sonno potuto andare suso per mancamento de libre CXXXVI da dare<br />

ali Maistri et anche ali navaroli, dele qual cose non possemo fare che non se


maravigliamo asay de vuy, et non haveressemo creduto, se bene havesti debuto<br />

pagare del vostro proprio, che non é perhò nostra intentione che havesseve tardato uno<br />

facto de tanta importantia per picola cosa, et ben dovevati credere se vuy havessevo<br />

speso per nuy libre CXXXVI ve le haveressemo facto restituire, ma sia como se voglia.<br />

Fati che subito siano pagati li <strong>di</strong>nari et intendendove con <strong>di</strong>cto, fate che subito et senza<br />

<strong>di</strong>mora alcuna le nave siano conducte a far quanto se debbe.<br />

467v Ceterum respondendo ad una vostra lettera circa’l facto de maestro Iohanne,<br />

quale per le desgratie seguite così dela malatia, como del foco, et cetera, non ha potuto<br />

havere in peze se non lx rubbi dela bombarda, siamo contenti che vuy gli faciati dare<br />

quelli dece ducati havevati posti in desposito, sollicitandolo, confortandolo et<br />

caricandolo che vada dreto ad fare quanto gli habiamo commisso. Me<strong>di</strong>olani, xv iulii<br />

1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

Franciscus Sfortia dux Me<strong>di</strong>olani et cetera, subscripsit.<br />

1756<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che é stato da lui To<strong>di</strong>no dall’Aquila, ma non lo<br />

ha potuto ascoltare. Siccome ha 8 o 10 cavalli a Crema che vorrebbe portare <strong>di</strong> qua per<br />

venderli, il duca si <strong>di</strong>ce contento che siano sistemati nel Lo<strong>di</strong>giano ove non possano far danno.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1454 luglio 15, Milano.<br />

El strenuo To<strong>di</strong>no dall’Aquila é stato qua da nuy et l’havemo veduto volentieri, ma, per<br />

le varie et multe occupat(i)oni nostre, non havemo parlato né facto conclusione alchuna<br />

con sì; et perché <strong>di</strong>ce havere ad Crema viii o x cavalli, quali vorria menare de qua per<br />

vendere, siamo contenti et volemo che gli (a) faczi logiare in Lodesana in qualche locho<br />

dove non faczano damno, et non habiamo richiamo alchuno per qualche dì ch’elli<br />

venda. Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xv iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) gli ripetuto.<br />

1757<br />

Francesco Sforza spera che il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> abbia preso visione <strong>di</strong> quello che gli ha<br />

scritto circa la restituzione dei beni <strong>di</strong> maestro Antonio da Burgo, già dati al suo uomo d’arme<br />

Niccolò da Tolentino. Vuole che i frutti fin qui raccolti da detto Niccolò, gli rimangano e del pari<br />

vuole che ricuperi le spese da lui fatte per l’erbe che si raccolgono ora. Tutto il resto andrà ad<br />

Antonio , purché rimpatri come ha promesso.<br />

Locumtenenti Placentie.<br />

1454 luglio 15, Milano.<br />

Ala recevuta de questa haveray veduto quanto habiamo scripto per l'altra circa’l facto<br />

della restitutione <strong>di</strong> beni de maestro Antonio da Burgo, quali altra volta donassemo ad<br />

Nicolò da Tollentino, nostro homo d'arme; et che li fructi esso Nicolò se retrovava<br />

havere recolti fine al presente, volevamo che fosseno suoy. Mò perché <strong>di</strong>cto Nicolò <strong>di</strong>ce<br />

che’l se retrova havere facto spesa in l'herbe che se hanno ad recogliere de presente,<br />

ne pare iusta cosa, et così volimo siano suoi et lo resto 468r sia del <strong>di</strong>cto maestro<br />

Antonio, dummodo che'l vegna ad repatriare como ha promesso; et così gli faray<br />

intendere quando lo faray ponere ala possessione d'essi beni. Me<strong>di</strong>olani, xv Iulii 1454.<br />

Persanctes.<br />

Iohannes.


1758<br />

Francesco Sforza scrive al capitano della cittadella e viceluogotenente <strong>di</strong> Piacenza che, in<br />

seguito alla supplica del priore <strong>di</strong> Santa Maria da Casoreto <strong>di</strong> quella città, vuole che si informi se<br />

Antonio Cornaleto é citta<strong>di</strong>no <strong>di</strong> quella città e vi abita. Se così fosse, non é giusto che<br />

Fiorenzuola pretenda che paghi pure in quel comune anche dopo ch’egli é citta<strong>di</strong>no piacentino:<br />

nonostante alcune generali lettere ducali, purché in esse si facesse particolare menzione <strong>di</strong><br />

detto Antonio, nel qual caso lo si avvisi.<br />

(1454 luglio 15), Milano.<br />

Capitaneo citadelle et vicelocumtenenti civitatis Piacentie.<br />

Per parte del priore de Sancta Maria da Casareto de questa nostra cità ne é stata<br />

sporta l'inclusa supplicatione, il perché te comettiamo et volimo te debii informare et<br />

sapere se Antonio Cornaleto, in essa supplicatione nominato, é facto cita<strong>di</strong>no de quella<br />

nostra cità, como ne é exposto, et li habiti, como fanno et debeno fare li altri cita<strong>di</strong>ni. Et<br />

trovando tu così, non parendone iusto né rasonevele che'l sia astreto et habia ad<br />

pagare con il comune de Fiorenzola, che saria ad contribuire et pagare in duy lochi,<br />

volimo che non li laxi dare impazo né molestia alcuna per il <strong>di</strong>cto comune, sì per il<br />

passato, da poi é facto cita<strong>di</strong>no in qua, como per il presente et advenire; et se alcuna<br />

novità li fusse stata facta, farala revocare, non obstante alcune nostre lettere generale<br />

che fosseno scripte o scrivessemo, nisi in esse fusse stata facta o se facesse speciale<br />

mentione del <strong>di</strong>cto Antonio; et trovando altramente, avisane como sta la cosa.<br />

Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Iohannes Antonius<br />

Iohannes.<br />

1759<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce a consoli, comune e uomini <strong>di</strong> Bassignana <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>spiaciuto per i<br />

danni loro dati, danni che non avrebbero avuto luogo se essi avessero assolto il loro compito <strong>di</strong><br />

porsi sotto la sua obbe<strong>di</strong>enza. Lo facciano ora e avranno <strong>di</strong> che essere sempre contenti, perché,<br />

altrimenti, a lui spetterà sempre <strong>di</strong> riven<strong>di</strong>care i suoi <strong>di</strong>ritti, come ampiamente esporrà loro il suo<br />

famiglio Cristoforo da Castelnovo.<br />

1454 luglio <strong>16</strong>, Milano.<br />

468v Consulibus, comuni et hominibus Bassignane.<br />

A nuy rencresce assay delli incomo<strong>di</strong> vostri et damni quali non seriano seguiti se vuy<br />

havesti facto il dovere vostro in venire ala hobe<strong>di</strong>entia nostra, como é debito; siché<br />

farite bene a venire, et venendo ve faremo tale tractamento et recoglientia che ve<br />

haveriti sempre a contentare bene, altramente a nuy serà licito a fare ogne cosa per lo<br />

aquisto delle ragione nostre, como più largamente ve <strong>di</strong>rà per nostra parte Christoforo<br />

da Castelnovo, nostro fameglio, presente portatore, al quale crederiti tuto quello ve <strong>di</strong>rà<br />

per parte nostra quanto a nuy proprii. Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xvi iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.


1760<br />

Francesco Sforza scrive al fratello Corrado e al nipote Roberto che ogni giorno e ogni ora i<br />

Lomellinesi si lamentano che le genti d’arme sforzesche, oltre mangiare e bere, rubano e<br />

tagliano biade, battono gli uomini e al <strong>di</strong> là della prigione non li potrebbero trattare peggio. Il<br />

duca li scongiura caldamente <strong>di</strong> intervenire perché i suoi sud<strong>di</strong>ti non siano così maltrattati.<br />

(1454 luglio <strong>16</strong>, Milano).<br />

Magnificis Conrado de Foliano fratri et Roberto nepoti, nostris <strong>di</strong>lectis.<br />

Tante et così spesse sonno le lamente ne fino hogni dì et ogne ora facte per li nostri<br />

sub<strong>di</strong>ti de Lomellina che haveressemo purtroppo da fare ad responderli: <strong>di</strong>cono che,<br />

ultra el manzare e bevere, le nostre gente d'arme gli robbano, tagliano et strasinano le<br />

biave, sforzano l’homini et gli bateno (a), et da presonia in fora non gli potriano tractare<br />

pezo, la qual cosa ne rencrese et dole in fino al’anima; per la qual cosa ve caricamo et<br />

stringemo, se may havesti voglia farne cosa grata, che vogliati astringere a quelli<br />

termini, et fare et operare per ogne via et modo che li nostri fideli sub<strong>di</strong>ti non siano<br />

tractati così sinistramente, dela qual cosa iterum atque iterum ve caricamo quanto più<br />

possiamo. Data ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

(a) Segue le biave depennate<br />

1761<br />

Francesco Sforza comunica al provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema che, dopo aver inteso che i deputati (da<br />

anni e anni istituiti) alla guar<strong>di</strong>a e <strong>di</strong>vieto delle fro<strong>di</strong> avevano arrestati alcuni dei suoi che<br />

conducevano fraudolentemente biade a Crema, ne ha or<strong>di</strong>nato, per questa volta, il loro rilascio.<br />

Vuole che ammonisca i suoi sud<strong>di</strong>ti <strong>di</strong> astenersi da simili fro<strong>di</strong> per evitare che i suoi ufficiali<br />

abbiano a ricorrere nuovamenter a simili provve<strong>di</strong>menti, <strong>di</strong>cendosi <strong>di</strong>sponibile a concedergli, a<br />

ogni sua richiesta. una o due “tracte de biave”.<br />

469r Provisori Creme.<br />

(1454 luglio <strong>16</strong>), Milano.<br />

Havendo nuy inteso che conducendo alcuni delli vostri a Crema biave in fraude et<br />

contra l'or<strong>di</strong>ni, già molti et molti anni instituiti li nostri deputati ala guar<strong>di</strong>a et deveto che<br />

simile fraude non se commetteno, gli havevano sostenuti et presi, segondo l'or<strong>di</strong>ne et<br />

offitio suo, subito havemo provisto et or<strong>di</strong>nato et scripto opportune che gli sia relaxato<br />

ogne cosa integramente senza mancamento alcuno per questa fiata; ben confortiamo<br />

et pregamove, quanto più possemo che vogliati admonire li vostri che abstengano da<br />

simile fraude per evitare simile inconveniente che, trovandosi li officiali nostri ala<br />

guar<strong>di</strong>a et deveto, tracoriano ancora facile al simile, che é fare l'offitio loro, avisandonve<br />

et certificandove che, per piacere et commodo vostro et de qualunque vostro, sempre<br />

ad ogne vostra petitione ve compiaceremo d'una et de due tracte de biave, et como<br />

voriti vuy, et molto voluntera et de bona voglia, lo faremo. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.


1762<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che, per quanto egli sa e che viene a sapere da<br />

altri per l’ornamento e il comodo della città, intende far chiudere e aprire porta Cremonese che<br />

risponde <strong>di</strong>rettamente a porta del Borgo, servendosene come già si soleva in passato.<br />

Vuole che si porti sul posto con l’ingegnere Pietro, e con chi altri crede, ed esamini quel che sa<br />

da fare, e se non ci sono porte e ponti e se occorre che si facciano,<br />

dandogli <strong>di</strong> ogni intervento informazione.<br />

Locontenenti Laude.<br />

1454 luglio <strong>16</strong>, Milano.<br />

Per quanto da per nuy cognoseramo et inten<strong>di</strong>amo da altri, comprendemo che<br />

redondaria in magiore ornamento et più comodo de quella città et deli citta<strong>di</strong>ni, al che<br />

continuo invigilamo fare, de stopare et aprire porta Cremonese, quale risponde per<br />

mezo et ad derictura de porta del Borgo, et che <strong>di</strong>cta porta se usasse, como già se<br />

usava. Il perché volemo che, subito recevuta questa, an<strong>di</strong>ate a vedere una cum<br />

magistro Petro ingegnero et cum chi altri ve pare, et examinare molto bene quel che gli<br />

fosse da fare et quel che gli fosse necessario, tanto in destoparli et desmurarli, quanto<br />

che se potesse poy serare et aprire; et se gli sonno né porte né ponti suso, o non se gli<br />

bisognasseno fare de novo. Et de tucto de partita in partita per vostra lettera ce<br />

avisarite. Data Me<strong>di</strong>olani, xvi iulii 1454.<br />

Andreas Fulgineus.<br />

1763<br />

Francesco Sforza risponde alle lettere del fratello Corrado e del nipote Roberto, datate contra<br />

Burgum il 15 corrente mese, con cui lo si informa che si sono accampati lì per mancata<br />

prestazione <strong>di</strong> obbe<strong>di</strong>enza degli abitanti. Anziché far guerra alle terre del duca <strong>di</strong> Savoia o a<br />

quelle che egli occupa, li consiglia <strong>di</strong> guerreggiare per queste e, potendo, saccheggino il Borgo e<br />

le terre che debbono essere sforzesche e non prestano obbe<strong>di</strong>enza. Gli va che si intendano con<br />

Tiberto e con lui concor<strong>di</strong>no <strong>di</strong> trattenere due bombarde, già destinate a Bassignana,<br />

convincendolo che Borgo é più forte e la sua arresa faciliterà la presa <strong>di</strong> Bassignana. Li assicura<br />

sull’invio del galeone e sull’arrivo <strong>di</strong> Todeschino per sollecitare i guastatori e lavoranti, oltre al<br />

mandare cavallari.<br />

1454 luglio <strong>16</strong>, Milano.<br />

469v Magnificis Conrado fratri et Roberto nepoti, nostris.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere date contra Burgum <strong>di</strong>e xv presente, per le quale<br />

restiamo avisati del vostro esserne acampati lì, perché, havendoli rechiesti, non sonno<br />

voluto venire ala obe<strong>di</strong>e<strong>di</strong>entia nostra; et molto ne piace quanto haviti facto. Ala parte<br />

de far guerra ale terre del duca de Savoya, o pur solamente ale tere quale luy ne tenne<br />

et occupa, <strong>di</strong>cemo che dovite guerezare pur quelle che'l ne occupa, et potendo mettere<br />

ad saccomano il Borgo siamo contenti glilo metiati, et non solum il Borgo, ma<br />

qualunque del'altre terre che debbeno essere nostre, et non voleno venire ala nostra<br />

obe<strong>di</strong>entia. Ala parte che ve intendeti bene con il magnifico domino Thiberto,<br />

summamente ne piace e così ve confortiamo et caricamo voliate fare, perché non ne<br />

potreste fare cosa qual più ne piacesse. Ala parte delle bombarde che più bisognano lì<br />

che a Bassignana, <strong>di</strong>cemo, siando così, che ne debiati retenere due lì, ma con<br />

intelligentia del prefato magnifico domino Thiberto, persuadendolo con bono modo<br />

como quello loco del Borgo é pur forte, et che, havendose quello, il facto da<br />

Bassignana se farà per sé como nuy etiam<strong>di</strong>o gli scrivemo, e retenendo le doe<br />

bombarde, retenetele con suo contentamento. Ala parte del galeone or<strong>di</strong>naremo farlo<br />

venire suso, et similiter mandaremo il Todeschino per solicitare li guastatori et lavoranti,<br />

et anche ve mandaremo deli cavalarii. Me<strong>di</strong>olani, xvi iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.


1764<br />

Francesco Sforza scrive al luogotenente, al podestà e agli altri ufficiali <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che nessuno deve<br />

accampare esenzioni per non contribuire alla risistemazione delle strade,<br />

bene <strong>di</strong> cui tutti si servono.<br />

1454 luglio 17, Milano.<br />

470r Locumtenenti, potestati et ceteris officialibus nostris Laude.<br />

Perché inten<strong>di</strong>amo che alcuni in quella nostra cità, per vigore delle exemptione hanno<br />

da nuy, recusano de contribuire ale factione che mò occorreno per fare acontiare le<br />

strate d’essa cità, <strong>di</strong>cemo, perché ne pare inconveniente et cosa non bene tractata,<br />

attento che lo acontiamento delle <strong>di</strong>cte strate redunda in benefitio ad ogne homo; et<br />

così per questa nostra ve coman<strong>di</strong>amo che debiati astringere ogniuno exempto et non<br />

exempto, et sia et habia nome como se voglia, ad contribuire al’acontiamento delle<br />

<strong>di</strong>cte strate sine aliqua contra<strong>di</strong>ctione, non attese le exemptione pre<strong>di</strong>cte, ale quale<br />

exemptione perhò non intendemo per questa derrogare nisi quo al'accontiamento delle<br />

<strong>di</strong>cte strate. Et questa nostra intentione exequirite integramente et senza veruno<br />

mancamento, per quanto havete cara la gratia nostra. Me<strong>di</strong>olani, xvii iulii 1454.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

1765<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, convocato il sarto e, accertato che a lui il suo<br />

cameriere Galeazzo Pagnano <strong>di</strong>ede in pegno la sua giornea per un paio <strong>di</strong> calze, gli restituisca,<br />

senza impicci procedurali, la sua giornea, da Galeazzo invano richiesta, o il rispettivo prezzo.<br />

Potestati nostro Laude.<br />

(1454 luglio 17), Milano.<br />

Ne ha significato con querella Galeaz Pagnano, nostro camerero, che havendo luy già<br />

più mesi passati lassati in desposto, osia pigno una sua geornea per uno paro de calce<br />

ad uno sartore de quella nostra cità, et deinde, repetendo luy la geornea pagando il<br />

pretio delle calce, non la poté né fino al dì d'ozi non l'ha potuta conseguire, anze fi<br />

menato per parolle como intederiti da esso Galeaz o da suo messo, per la qual cosa<br />

volimo et ve commettemo che, havuto a vuy <strong>di</strong>cto sartore, del qual sariti informato, et<br />

trovando essere vero quanto é sopra <strong>di</strong>cto, lo constringiati a darli la zornea aut il pretio<br />

d’essa, et hoc summarie et senza piado, sola facti veritate inspecta. Me<strong>di</strong>olani, ut<br />

supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

1766<br />

Francesco Sforza vuole che Marco de Attendolis, commissario <strong>di</strong> Borgonovo, faccia dare a<br />

Giovanni Savio, spen<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> suo figlio Sforza, i denari dell’anno delle entrate <strong>di</strong> pane, vino e<br />

carne <strong>di</strong> quella terra e, qualora esse non fossero state ancora incantate, le faccia subito<br />

incantare e riscuotere e ne <strong>di</strong>a il ricavato a Giovanni, che lo deve ora spendere.<br />

1454 luglio 17, Milano.<br />

470v Marco de Attendolis, comissario Burginovi.<br />

Volimo che tu fazi dare ad Iohanne Savio, spen<strong>di</strong>tore de Sforza, nostro fiolo, quale<br />

man<strong>di</strong>amo ad te per questa casone, tuti li <strong>di</strong>nari del'intrate de quella terra, de pane, vino<br />

et carne de tuto questo anno, le quale se ancora non sonno incantate, subito le fazi<br />

incantare et rescodere, et dare <strong>di</strong>cti <strong>di</strong>nari ad esso Iohanne per ogni modo perché li ha<br />

ad spendere de presente; siché faray per ogni modo che’l non retorni senza essi.<br />

Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xvii iulii 1454.<br />

Christoforus.


Cichus.<br />

1767<br />

Francesco Sforza avverte Giovanni Stefano da Casate che il comune e gli uomini <strong>di</strong> Mortara si<br />

sono lamentati per la sottrazione dell’acqua della loro roggia fatta da quei <strong>di</strong> Confienza,<br />

Vespolate, Borgolavezzaro, Nicorvo e Albonese.<br />

Vuole che, ammonite le parti, si porti sul luogo e intenda le loro ragioni e, compreso quello che il<br />

<strong>di</strong>ritto vuole, decida che tutti si attengano nei limiti loro consentiti.<br />

Domino Iohanni Stefano de Casate.<br />

1454 luglio 17, Milano.<br />

Il comune et homini nostri da Mortara n’hanno facto significare con querella che per<br />

l’homini da Confienza, Vespolà, Burgolavezaro, Nicorvo et Albonixio gli fi tracta l'aqua<br />

della sua rugia per li buchelli gli tengono suso in loro gravissimo damno et mancamento<br />

de sue ragione, rechiedendone con instantia che gli prove<strong>di</strong>amo de opportuno reme<strong>di</strong>o<br />

de ragione; per la qual cosa volimo, et ve comettemo che, monitis partibus, ve<br />

transferate al luogo et au<strong>di</strong>ate le ragione d'esse parte. Et demum, bene inteso quanto<br />

ne vole la ragione, prove<strong>di</strong>ati che qualunque delle parte stia nelli suoy termini senza<br />

iniuria del compagno; et in questo procederiti con bona maturità et iustificatione acioché<br />

le parte, né veruna d'esse habia iusta casone de lamentarse. Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xvii iulii<br />

1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1768<br />

Francesco Sforza ricorda a Marco de Attendolis, commissario <strong>di</strong> Borgonovo, al comune e agli<br />

uomini della stessa località <strong>di</strong> avere più volte inutilmente loro scritto per la vertenza che essi<br />

hanno con i nobili e i citta<strong>di</strong>ni piacentini per i loro posse<strong>di</strong>menti e beni e <strong>di</strong> avere, anche <strong>di</strong><br />

recente, ancora scritto lettere dell’intercluso tenore. Dalla risposta avutane dal luogotenente e<br />

dalla relazione <strong>di</strong> Antonio Malvicino ha capito che gli uomini <strong>di</strong> lì non intendono rispettarle. E’ per<br />

lui insopportabile che le sue lettere vengano beffate e trascurate e, perciò, rigorosamente<br />

ingiunge loro, sotto la pena <strong>di</strong> 50 (ducati) da versarsi alla Camera ducale, oltre all’in<strong>di</strong>gnazione<br />

del principe, <strong>di</strong> osservare prontamente le accennate lettere, come se fossero sottoscritte da lui,<br />

pur se sotto portano il nome <strong>di</strong> un qualsiasi suo segretario,ma sono munite del sigillo ducale.. Se<br />

si comporteranno <strong>di</strong>versamente, prenderà tale provve<strong>di</strong>mento che tornerà <strong>di</strong> poco onore al<br />

luogotenente e a loro tutti con non in<strong>di</strong>fferente loro danno. Se qualcuno <strong>di</strong> loro si mostrerà restio<br />

o negligente nell’obbe<strong>di</strong>rlo, toccherà al luogotenente <strong>di</strong> avvisare il duca o i membri del Consiglio<br />

<strong>di</strong> giustizia declinandone nome e cognome e sotto la protezione <strong>di</strong> chi agisce, perché intende<br />

agire contro simili in<strong>di</strong>vidui in modo tale che tornino d’esempio a eseguire le lettere ducali.<br />

1454 luglio 13, Milano.<br />

471r Marco de Attendolis, commissario Burginovi et comuni et hominibus eiusdem<br />

Burginovi.<br />

Plures scripsimus litteras in materia <strong>di</strong>fferentie verse et vertentis inter nobiles et cives<br />

Placentinos habentes eorum possessiones et bona illa et eius pertinentiis ex una parte<br />

seu pluribus et vos homines ex alia, que debitum effectum non sunt sortite; nuper<br />

quoque scripsimus litteras tenoris introclusi quas, sicuti ex litteris tui locumtenentis et<br />

relatione Antonii Malvicini percipere potuimus, vos homines nolle observare <strong>di</strong>cere<br />

presumpsistis, de quo profecto miramur nec ullo pacto tolerare inten<strong>di</strong>mus quod littere<br />

nostre periupendantur neque etiam negligantur. Et propter ea mandamus vobis et<br />

stricte iniungimus, etiam sub pena quinquaginta (ducatorum) Camere nostre<br />

applicandorum et ulterius in<strong>di</strong>gnationis nostre quatenus memoratas litteras quam alias<br />

quasvis nostras per quemvis ex sacretariis nostris signatas et nostro sigillo sigillatas<br />

observetis inconcise et prompte exequamini ac executioni protinus mandari faciatis,<br />

non aliter ac si nostra propria manu essent subscripte, aliter quidem tallem ac talli ex<br />

nostris faciemus proinde commissionem qua tibi locumtenenti parum honoris vobisque<br />

omnibus, ultra pre<strong>di</strong>ctas penas, non me<strong>di</strong>ocre detrimentum afferetur; et si forte aliqui ad


observandam hanc firmam intentionem nostram se retrogrados vel negligentes<br />

prestarent, nobis aut spectabilibus de Consilio nostro iustitie tu, locumtenens, rescribas<br />

eorum nomina et cognomina et sub quo clipeo vel cuius favore id agere presument, ut<br />

contra eos quam inten<strong>di</strong>mus facere valeamus provisionem, et quidem tallem, quod<br />

ceteris fiat exemplum litteras nostras observandas. Me<strong>di</strong>olani, xiii iulii 1454.<br />

Advena.<br />

Cichus.<br />

1769<br />

Francesco Sforza comunica a Marco de Attendolis, commissario <strong>di</strong> Borgonovo piacentino, <strong>di</strong><br />

aver avuto ancor oggi notizia che gli uomini <strong>di</strong> lì, o parte <strong>di</strong> loro, hanno, venerdì scorso,<br />

nonostante la <strong>di</strong>sposizione ducale e la <strong>di</strong>chiarazione del Consiglio <strong>di</strong> giustizia, commesso furti <strong>di</strong><br />

biade ai danni dei gentiluomini e citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Piacenza che hanno le loro possessioni a<br />

Borgonovo e hanno altresì ferito dei gentiluomini. Vuole, perciò, che lui, Marco, coman<strong>di</strong> ai<br />

sottoscritti, irriverenti a Dio e ai Santi e <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enti al duca, che paghino ciascuno 50 ducati<br />

alla Camera ducale e, a tre giorni dal comando loro fatto, si portino da lui o dai membri del<br />

Consiglio <strong>di</strong> giustizia e non li lascino senza loro licenza. Se non avesse il coraggio <strong>di</strong> farsi<br />

obbe<strong>di</strong>re, gli provvederà un altro luogotenente, perché ridonda a vergogna del duca e a danno<br />

dei sud<strong>di</strong>ti la <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enza agli ufficali, specie se agiscono in esecuzione <strong>di</strong> tante lettere ducali.<br />

Siccome é convinto che ci si comporti così perché si é supportati da altri, vuole che si informi<br />

bene <strong>di</strong> chi li spalleggia e <strong>di</strong> tutto lo avvisi per porvi rime<strong>di</strong>o.<br />

I citati sottoscritti sono: Antonio da Rezzano detto Ferrarino, Alovise dalla Valle, Pietro Suliano<br />

detto Toresano, Antonio Manerio, console <strong>di</strong> Ziliano.<br />

1454 luglio 15, Milano.<br />

471v Marco de Attendolis, comissario Burginovi Piacentie.<br />

Pur ogii ancora habiamo inteso che li homini <strong>di</strong> quella terra, overo molti de quilli venerdì<br />

proximo passato fecero grande eccesso in robbare le biade delli zentilhomini et citta<strong>di</strong>ni<br />

de Piazenza, quali hanno le loro possessione in quelio territorio, et ulterius ferire alcuno<br />

delli <strong>di</strong>cti zentiihomini contra la <strong>di</strong>spositione della dechiaratione zà più <strong>di</strong> facta per noy<br />

cum deliberatione et iu<strong>di</strong>tio del nostro Consiglio della ìustitia; la qual cosa come<br />

detestabile a nuy, n’é stata molestissima et per essa molto se siamo turbati. Et<br />

<strong>di</strong>sponendo ripremere l’insolentia de quilli homini quali pare non temano né riverissino<br />

(a) Dio né Sancti, nì vogliano obbe<strong>di</strong>re accosa gli scriviamo, volemo che, viste le<br />

presente, comman<strong>di</strong> alli infrascricti che socto pena de l ducati per uno da fi(r) applicata<br />

inrimissibiliter alla Camera nostra, infra tre dì poi il comandamento facto vengano qua<br />

da nuy personaliter, overo alli spectabili del Consiglio nostro della iustitia, et non si<br />

partano senza loro spetiale licentia; et se forte saranno desubi<strong>di</strong>enti vogliamo scode<br />

statim la <strong>di</strong>cta pena da loro et ulterius li coman<strong>di</strong> sotto pena del doppio, siano qua, ut<br />

supra, et fatti obbe<strong>di</strong>re. Et se pur non ti bastasse l’animo de farte obbe<strong>di</strong>re,<br />

provederimo de uno altro locotenente lì a chi non manchi l’animo, perché é nostra<br />

vergogna et damno delli sub<strong>di</strong>ti quando alli officiali non fi obbe<strong>di</strong>to, et maxime in<br />

executione de tante nostre lettere. Et perché non possiamo credere che siano tanto<br />

insolenti senza scudo de alcuno altro, vogliamo che detro habbi bona informatione, e<br />

tucto quello trovaray, subito ne scrive ad ciò possiamo provedere. Magnifico Antonio da<br />

Rezano <strong>di</strong>cto Ferrarino, Alovise dala Valle, Petro Suliano <strong>di</strong>cto Toresano, Antonio<br />

Manerio, consule de Ziliano. Data Me<strong>di</strong>olani, xv iulii 1454.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue né depennato.


1770<br />

Francesco Sforza loda Corrado da Fogliano e il nipote Roberto per essersi accampati al Borgo e<br />

per aver piazzate lì le bombarde siccome gli uomini del luogo ricusano <strong>di</strong> passare all’obbe<strong>di</strong>enza<br />

ducale. Circa quei <strong>di</strong> Breme che hanno ridotte le bestie in una terra del marchese, li <strong>di</strong>ssuade <strong>di</strong><br />

andare a prendere tali bestie e, in particolare, sconsiglia Corrado <strong>di</strong> prendere qualsiasi cosa<br />

portata fuori <strong>di</strong> Valenza<br />

1454 luglio 17, Milano.<br />

472r Conrado de Foliano et Roberto, nepoti nostris.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere (a), ale quale respondendo, et primo, ala parte che<br />

ve seti acampati al Borgo che l’homini de lì se monstrano <strong>di</strong>fficili et che per parole non<br />

voleno venire ala nostra hobe<strong>di</strong>entia, et che gli piantariti le bombarde et fariti il dovere,<br />

et cetera, ne piace et lau<strong>di</strong>amo il proposito vostro. Ala parte de quelli da Breme hanno<br />

reducte le bestie in una delle terre del signore marchese che desiderati essere giariti da<br />

nuy como nuy staremo col signore marchese, et se doveti o posseti andare a tore el<br />

<strong>di</strong>cto bestiame, ve <strong>di</strong>cimo che non, per cosa dal mondo; et se haveti voglia (b) fare a<br />

nuy cosa grata, non ve impazate delle sue terre, né per simile caso, né per veruno<br />

altro; el simile <strong>di</strong>cemo a ti, Conrado, che non debbi caricare per modo alcuno il <strong>di</strong>cto<br />

bestiame, né veruna altra cosa menato né portato fora de Valenza dove se voglia, né<br />

più in le nostre terre, como (c) altroe. Del’altre cose (d) contenute in le vostre lettere<br />

restiamo avisati, et ne piace l’aviso. Me<strong>di</strong>olani, xvii iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.<br />

(a) Segue date apud Bassignanam depennato.<br />

(b) Segue haver depennato.<br />

(c) Segue in le depennato.<br />

(d) cose ripetuto.<br />

1771<br />

Francesco Sforza ha inteso con piacere le notizie comunicategli da Francesco della Capra, da<br />

Orfeo da Firenze e da Gentile della Molara circa la presa <strong>di</strong> Montecastello e Pietra de Marazi e<br />

ciò tramite il saccheggio <strong>di</strong> Pezeto e anche l’apporto <strong>di</strong> Giuliano Ghilino. Alla loro speranza <strong>di</strong><br />

fargli avere notizie <strong>di</strong> Valenza, contrappone il suo <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> impicciarsi <strong>di</strong> detta località, <strong>di</strong>vieto<br />

che vuole estendano ai capitani e alle genti d’arme. Gli é stato gra<strong>di</strong>to apprendere che mancano<br />

solo pochissimi uomini d’arme delle lance spezzate.<br />

Furono fatte lettere credenziali al cancelliere ser Facino da Fabriano per Andrea Dandolo,<br />

provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema.<br />

(1454 luglio 17, Milano).<br />

Francesco dela Capra, Orpheo de Florentia et Gentili dela Molara.<br />

Havemo recevuto le vostre lettare, date apud Bassignanam, xvi presente, per le quale<br />

restiamo avisati del’havuta de Montecastello e la Petra de Marazi, et hoc per lo<br />

saccomano de Pezeto, et cetera, et anche per mezanità de Iuliano Ghilino, et cetera;<br />

del che remanemo molto contenti et comen<strong>di</strong>amo la vostra <strong>di</strong>ligentia. Et perché ne<br />

scriviti più oltra che sperate in breve de farne 472v sentire novelle de Valenza, quaìe<br />

piacerano a nuy et ale nostre gente d’arme, et non sapendo dare altro intellecto a<br />

questo vostro scrvere de Valenza, se non che sperate de farla mettere a sacomano, ve<br />

<strong>di</strong>cemo così, per quanto n’haviti cara la gratia nostra, non debiati (a) fare pensiero de<br />

metterla a saccomano, perché non intendemo per cosa del mundo desfare quella terra<br />

per via de saccomano. Et de questa nostra mente volimo che ne faciate a tuti li nostri<br />

capitanei et gente d’arme, avisanadove de mò che, se’l saccomano de quella terra<br />

incoresse, ne renderissemo mai contenti de vuy; che pochissimi homini d’arme delle<br />

lanze spezate mancano al campo, assay ne piace. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.


(a) Segue meterla depennato.<br />

Facte fuerunt littere credentiales ser Facino de Fabriano, cancellario, in personam<br />

spectabilis domini Andree Danduli, provisoris Creme.<br />

Irius.<br />

Iohannes.<br />

1772<br />

Francesco Sforza vuole che Antonio da Pescarolo, capitano <strong>di</strong> Casteggio, or<strong>di</strong>ni agli uomini<br />

della sua giuris<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> corrispondere agli uomini del condottiero ducale conte Pietro Torello le<br />

tasse passate e presenti che loro competono, senza pretendere, per non sod<strong>di</strong>sfarli, che essi si<br />

portino in campo, perché questo non é affare loro.<br />

1454 luglio 18, Milano.<br />

Antonio de Piscarolo, capitano nostro Clastigii.<br />

Il conte Pedro Torello, nostro conductero, 473r se gravano con nuy <strong>di</strong>cendo che ali<br />

suoi, quali logiano nella tua iuris<strong>di</strong>tione, maxime in Chiastezo, sonno recusate le taxe<br />

per quelli homini i quali pare <strong>di</strong>cono de non volergli respondere delle taxe, secundo<br />

havemo or<strong>di</strong>nato, <strong>di</strong>cendo essi doveriano andare in campo come li altri nostri; de che<br />

ne maravigliamo perché ne pare essi homini fariano meglio ad fare quanto havemo<br />

commandato et or<strong>di</strong>nato che volere loro mandare quelli del conte Pedro in campo, li<br />

quali anche non hanno havuto li suoi <strong>di</strong>nari. Pertanto volimo che, havuta questa, debii<br />

providere et or<strong>di</strong>nare che per quelli da Chiastezo et delli altri lochi ad chi specta sia<br />

resposto ad quelli del prefato conte Pedro delle taxe loro, così del passato como per<br />

quello gli haverano ad stare, secundo say havemo or<strong>di</strong>nato; et é la voluntà nostra,<br />

como loro sonno remasti d’acor<strong>di</strong>o. Me<strong>di</strong>olani, xviii 1454.<br />

Zanetus.<br />

Iohannes.<br />

1773<br />

Francesco Sforza vuole che il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>, faccia, o ritornare dal suo famiglio,<br />

Scaramuza da Compiano, il ragazzo,che, profittando dell’assenza del famiglio, se n’é fuggito lì<br />

presso suo padre portando via anche della roba, o che restituisca quanto gli ha portato via.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1454 luglio 18, Milano.<br />

Ce ha facto querelia Scaramuza da Compiano, nostro famiglio, che da luy é fugito uno<br />

suo regazo con certa sua robba, desarmato da suo patre et madre, siando il <strong>di</strong>cto<br />

Scaramuza absente de lì, et é il <strong>di</strong>cto regazo in quella nostra citade in casa de suo<br />

padre. Pertanto, se così é, volimo servati modo, overo il <strong>di</strong>cto regazo retorni con lo <strong>di</strong>cto<br />

Scaramuza et habia la sua robba, overo li sia restituito integramente la sua robba.<br />

Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xviii iulii 1454.<br />

Ser Dominicus.<br />

Iohannes.<br />

1774<br />

Francesco Sforza esprime a Colella da Napoli la sua sorpresa perché i suoi uomini hanno presi i<br />

due ambasciatori che quelli <strong>di</strong> Voghera mandavano dal duca per loro faccende e per il fatto del<br />

denaro con donna Luchina. Vuole che liberi i due ambasciatori vogheresi e li lasci andare per la<br />

loro strada con quanto essi avevano.<br />

473v Colella de Neapoli.<br />

1454 luglio 18, Milano.<br />

Con lamenta ne hanno mandato ad significare l’homini da Voghera che, mandando loro<br />

da nuy duy soi ambassatori per loro facende et per il facto del <strong>di</strong>naro con madona


Luchina, sono stati presi per le vostre ala strata et menati da vuy; del che ne pren<strong>di</strong>amo<br />

uno pocho admiratione, perché sapeti bene che non fugivano venendo ad nuy. Il<br />

perché volimo che li debiate relaxare et lassarli venire per la via sua, et porrete<br />

mandare con loro uno <strong>di</strong> vostri se haveti a fare più una cosa de un’altra con essi,<br />

facendoli restituire ogne cosa del suo integramente fino ad uno pontale de stringa. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, xviii iulii 1454.<br />

Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

1775<br />

Francesco Sforza scrive ai Rettori <strong>di</strong> Bergamo in merito a quanto gli hanno denunciato contro<br />

Mario da Reate, podestà in Valsassina, accusato <strong>di</strong> aver dato oralmente licenza ad alcuni<br />

Bergamaschi <strong>di</strong> condurre biade, e <strong>di</strong> aver poi pigliato biade e bestie e investìto i conducenti con<br />

male parole. Inteso ciò, ha convocato per punirlo detto podestà, che, però, ha negatò <strong>di</strong> aver<br />

mai data alcuna licenza né <strong>di</strong> aver profferito tali parole, e si é detto pronto a sottostare a ogni<br />

genere <strong>di</strong> punizione se si provasse la verità dell’accusa. Sebbene il duca lo conosca non così<br />

temerario da esprimere tali frasi, lo manda da loro perché, trovandolo colpevole, lo<br />

sottopongano, con gra<strong>di</strong>mento del duca, a qualsiasi punizione. Se, però, non gli si trovasse<br />

colpa alcuna, vuole che detti Rettori siano più cauti a prestar fede a ogni ciancia e chiude<br />

<strong>di</strong>cendosi in attesa <strong>di</strong> un loro chiarimento su questa faccenda.<br />

Dominis Rectoribus Pergami.<br />

1454 luglio 18, Milano.<br />

A questi dì passati le vostre magnificentie ce notificorono littere che ser Mario da Reate,<br />

nostro potestà in Valasasina, havendo già asecurato et dato licentia a bocha ad alcuni<br />

Pergamaschi de condure certe biave, non attenta la secureza data, subinde gli pigliò,<br />

aut gli fece pigliare, et tore le biave et bestie, et più ultra usò, esso nostro potestà,<br />

alcune parole manco cha honeste, segondo il tenore d’esse vostre lettere, le quale<br />

intese, subito mandassemo per luy 474r cum intentione de dargli quella punitione ne<br />

pareva meritare, perché a nuy non potria far cosa qual più ne spiacesse et<br />

rencrescesse che fare né <strong>di</strong>re cosa ingrata a quella illustrissima signoria, o ali suoi, li<br />

quali volemo sempre siano tractati non mancho bene e favoriti che le nostri. Et perché<br />

interrogato da nuy <strong>di</strong>ligentemente sopra tale materia fa sua excusatione, <strong>di</strong>cendo che<br />

may non fu vero ch’eI gli assecurasse né dasesse licentia a boca, né usasse veruna<br />

cativa né ìnhonesta parola, subiacendose ad qualunque punitione, casu quo se trova<br />

essere vero quanto é <strong>di</strong>cto, et perché pur non lo cognoscamo così temerario che,<br />

sapendo lui l’opinione nostra verso quella illustrissima signoria, havesse usato quelle<br />

parole, havemo deliberato mandarlo ale vostre magnificentie; et così ge lo man<strong>di</strong>amo<br />

ad ciò che, trovandose in defecto, faciano de luy ogne punitione dela quale restaremo<br />

contentissimi et piacerane; et quando non se trova essere vero, le vostre magnificentie<br />

saperanno quanto credere un’altra fiata a quelii reportano simile parole. Ben haveremo<br />

carissimo essere giariti per vostre lettere de quanto se troverà in questa materia.<br />

Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xviii iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1776<br />

Francesco Sforza risponde a Francesco del Capra che non può concedergli la podestaria e la<br />

castellania <strong>di</strong> Bassignana, perché le ha assegnate alla sua consorte, cui non può <strong>di</strong>re <strong>di</strong> no.<br />

474v Francisco del Capra.<br />

1454 luglio 18, Milano.<br />

Respondendo ad una toa lettera per la quale tu ne rechiede che te vogliano compiacere<br />

dela potestaria et castellania de Bassignana, <strong>di</strong>cemo che tu dei pensare et essere certo<br />

che nuy non siamo stati fin adesso ad fare via tuti li officii de quelle terre perché più de<br />

quatro mesi passati l’havemo dati via, et fra l’altri quelli de Bassignana, ad la<br />

illustrissima madona nostra consorte da cuy non possiamo <strong>di</strong>re de non; siché tu ne


haveray pacientia perché, se tu l’havesse domandato, te ne haveressemo potuto<br />

compiacere. Me<strong>di</strong>olani, xviii iulii 1434.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

1777<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce a Benedetto de Curte, capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza, che,<br />

quantunque gli abbia scritto <strong>di</strong> far pagare all’abate piacentino <strong>di</strong> San Donnino i 50 ducati della<br />

onoranza del bue grasso, deve, per compiacere sua moglie, soprassedere nella richiesta.<br />

1454 luglio 19, Milano.<br />

Bene<strong>di</strong>cto de Curte, capitaneo cittadelle Placentie.<br />

Non obstante quanto per altre nostre te havemo scrito che dovesse far pagare alo<br />

abbate de San Donino de quella cità ducati cinquanta per la honoranza nostra del bove<br />

del’anno proximo passato, ve <strong>di</strong>cemo che ad contemplatione della illustrissima madona<br />

nostra consorte non li debii per <strong>di</strong>cta casone dare impazo, né impe<strong>di</strong>mento alcuno per<br />

fin che sopra de ciò haveray da nuy altro in contrario; ma volemo debii soprasedere.<br />

Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xviiii 1454.<br />

Zaninus.<br />

Iohannes.<br />

1778<br />

Francesco Sforza scrive a Giorgio <strong>di</strong> Annone che, in seguito al richiamo fattogli da Pietro da<br />

Pusterla, gli concede la licenza <strong>di</strong> otto giorni per andare da lui.<br />

476r Georgio de Anono.<br />

(1454 luglio 18, Milano).<br />

Havendoce reducto ad memoria Petro de Pusterla del tuo venire qui per qualche dì,<br />

siamo remasti contenti; et così per la presente te conce<strong>di</strong>amo licentia che venghi solum<br />

per octo <strong>di</strong>. Data ut supra.<br />

Andreas.<br />

1779<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà e gli uomini <strong>di</strong> Soncino gli man<strong>di</strong>no, come già richiesto,<br />

due loro uomini informati del modo con cui vivono i cavalli dei soldati lì alloggiati, che a quel che<br />

si <strong>di</strong>ce soffrono <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> carenze.<br />

Potestati et homimbus Soncini.<br />

(1454 luglio 18, Milano).<br />

Havendove scripto de questi dì dovessevo mandare qui da nuy doy homini per<br />

intendere il modo del vivere deli cavalli de quelli nostri soldati sonno allogiati, li quali<br />

sentiamo hanno grande manchamento, ne meravigliamo non l’habbiati anchora<br />

mandati. Pertanto ve coman<strong>di</strong>amo li debbiati subito mandare, informati de questa<br />

faccenda; et non manchi. Data ut supra.<br />

Andreas Fulgineus.<br />

1780<br />

Francesco Sforza scrive ad Andrea Dandolo, provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema, che lo incontrerebbe<br />

volentieri prima della sua andata a Venezia. Se gli fosse scomoda la <strong>di</strong>stanza per portarsi da lui,<br />

gli propone un incontro a Lo<strong>di</strong>, donde, dopo aver conferito con lui, potrebbe andare per la sua<br />

destinazione.<br />

Andree Dandulo, provisori Creme.<br />

(1454 luglio 18, Milano).


Havendo nuy inteso vuy haverve a partire da lì fra breve tempo et andare a Venetia,<br />

perché volentera ve vedaressemo per conferire asseme a vuy alcune cose haverimo ad<br />

caro, anzi la partita vostra, ve piacesse venire fine qui da nuy; et quando ve paresse la<br />

stantia nostra in troppo <strong>di</strong>sconzo per più como<strong>di</strong>tà vostra, scrivendone, se<br />

transferiressemo fino a Lode dove, che conferito havessemo asseme, ve poteressevo<br />

aviare al vostro camino. Il che ne sarà molto grato et accepto. Data ut supra.<br />

Andreas Fulgineus.<br />

1781<br />

Francesco Sforza avverte Roberto e Corrado che gli uomini <strong>di</strong> Confienza si sono accordati con<br />

lui. Vieta, <strong>di</strong> conseguenza, a loro <strong>di</strong> andare, come <strong>di</strong> mandare qualcuno là da loro, a Confienza,<br />

che, ex nunc considera dei suoi.<br />

476v Domino Roberto et domino Conrado.<br />

1454 luglio 20, Milano.<br />

Ve avisamo como li homeni da Conflentia hanno mandato da nuy ad accordarse, et già<br />

li habiamo per accordati. Et perché semo per vostre lettere et per altre vie avisati<br />

del’andare vostro lì, per tenore dela presente ve <strong>di</strong>cemo et inhibemo debbiate restare<br />

de andare là, né mandarli né consentirli ad cosa li rincresca como ad nostri, che ex<br />

nunc tegnano siano. Data Me<strong>di</strong>olani, xx iulii 1454.<br />

Andrfeas Fulgineus.<br />

1782<br />

Francesco Sforza informa Iacobo da Policastro, castellano <strong>di</strong> Vigevano, che gli manda il suo<br />

famiglio Rizo da Cortona per prelevare il bracco o la bracca da rete. Procuri <strong>di</strong> non accampare<br />

scuse <strong>di</strong> non averne, perché, in tal caso, gli farebbe capire che l’avrebbe a male.<br />

1454 luglio 19, Milano.<br />

Messer Iacobo de Policastro, castellano Viglevani.<br />

Man<strong>di</strong>amo a te Rizo da Cortona, nostro famiglio, al quale volemo che consegni quello<br />

bracho, sive bracha, da rete et non trovare scusa alcuna che tu non l’habii o altramente<br />

perché, facendo il contrario de questo te scrivemo, te daremo intendere per effecto ne<br />

serà despiaciuto che tu non l’habii facto; siché vogli in ogne modo consignarli <strong>di</strong>cto<br />

cane, sive cagna, con la sua rethe al <strong>di</strong>cto Rizzo che ne la possa menare qua da nuy,<br />

como l’haverimo or<strong>di</strong>nato. Data Me<strong>di</strong>olani, xviiii iulii 1454.<br />

Zaninus.<br />

Iohannes.<br />

1783<br />

Francesco Sforza risponde al luogotenente e ai presidenti agli affari <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> in merito alla<br />

inibizione <strong>di</strong>sposta, per evitare ogni carestia citta<strong>di</strong>na,<strong>di</strong> consentire l’andata <strong>di</strong> biade in altri<br />

luoghi La sua sorpresa é che il luogotenente abbia atteso tanto ad avvisarlo <strong>di</strong> ciò. Non intende<br />

che i dazieri facciano bollettini per condurre biade <strong>di</strong> là dall’Adda : li concedano solo a quelli che<br />

si portano a Milano e Pavia e, quin<strong>di</strong>, replica loro <strong>di</strong> astenersi dal fare bollettini <strong>di</strong> là dall’Adda:<br />

non é nella loro giuris<strong>di</strong>zione il farli e, facendoli, incorrono nella pena <strong>di</strong> quattro botte <strong>di</strong> corda<br />

per ogni bollettino. Se avessero <strong>di</strong> che da recriminare, si portino dai Maestri delle entrate, che<br />

risponderanno loro a dovere. Il duca ricorda al luogotenente che non riceve maggior piacere che<br />

dal sapere che quella città é “habundevele de victualie” .<br />

(1454 luglio 19, Milano).<br />

478r Locumtenenti et presidentibus negotiis comunitatis nostre Laude.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere circa’l facto delle provisione da essere poste per la<br />

inhibitione delle biave acioché, per lo andare d’esse biave ad altri luoghi, la cità non<br />

habia mancamento, né carestia, al quale respondendo, <strong>di</strong>cemo che ne maravigliamo<br />

che vuy, locotenente, siate stato fin ad questo dì ad avisare de questo, et remanemo


contenti del’or<strong>di</strong>ne havete posto: circa il vendere d’esse biave suso la piaza, volimo<br />

sarà observato. Quantum vero al facto delli bulletini che se fanno per li datierii ad chi ne<br />

vole per condure biave dellà da Adda, <strong>di</strong>cemo che nostra intentione non é, né volemo<br />

che <strong>di</strong>cti dacierii faciano <strong>di</strong>cti bolletini se non a quelli vengono verso Milano et Pavia,<br />

havendo nuy informatione per li dacierii vegii de quella nostra cità, che non é<br />

iuris<strong>di</strong>ctione d’essi nostri dacierii de far bulletini dellà d’Ada, comandandoli per nostra<br />

parte che non faciano bulletino veruno de là d’Ada sotto pena de quatro botte de corda<br />

per qualunque bulletino faranno de là d’Ada; et se de questo se gravano <strong>di</strong>cti dacierii,<br />

moniteli che vengano ali Maystri del’intrate nostre, quali gli responderanno in ragione, e<br />

non gli lassaranno far torto. Volimo insuper che vuy, locotenente, (a) servati ogne modo<br />

possibile perché le biave non siano conducte al’altri lochi contra l’or<strong>di</strong>ni nostri, perché<br />

non potressemo havere maiore piacere como che quella nostra carissima cità fusse<br />

habundevele de victualie. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue del’intrate nostre depennato.<br />

1784<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Tiberto Brandolini <strong>di</strong> non spostarsi da dove si trova prima <strong>di</strong><br />

conoscere le <strong>di</strong>sposizioni del duca dal suo cancelliere ser Andrea da Foligno, che sarà lì la<br />

mattina seguente.<br />

1454 luglio 20, Milano.<br />

478v Magnifico dominoo Thiberto Brandolino.<br />

Perché man<strong>di</strong>amo a vuy ser Andrea de Foligno, nostro canzellero, (a) informato<br />

pienamente della mente nostra circa quanto haveriti a fare, non volemo ve partiate da<br />

lì, ove seti, né fatiate veruna altra novità fino tanto' intenderite luy: domani a matina<br />

serà sine dubio. Meciolani, xx Iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

(a) In A conductero corretto in canzellero.<br />

1785<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Corrado e al nipote Roberto <strong>di</strong> andar via dal Borgo e <strong>di</strong> non andare a<br />

Confienza ma si spostino a Villata de Bulgari sul Sesia e stanzino lì badando <strong>di</strong> non fare alcun<br />

danno ai sud<strong>di</strong>ti; man<strong>di</strong>no uomini al <strong>di</strong> là del Sesia in quel <strong>di</strong> Vercelli per saccheggiare erba e<br />

biada, ma non facciano prigionieri. Se si fossero portati a Confienza, come aveva loro scritto,<br />

non si muovano da lì fino a nuovo or<strong>di</strong>ne. Comunque, domattina se ne vadano da lì e vadano<br />

dove ha loro detto, lasciando le bombarde dove si trovano.<br />

1454 luglio 20, Milano.<br />

Magnifico Conrado et Ruberto, nepoti nostro.<br />

Per certo degno et gram bono respecto volimo, et ve comettemo per quanto desiderate<br />

fare cosa a nuy grata, subito ala receputa de questa, senza uno minimo intervallo de<br />

tempo ve debiate levare con tute le gente de lì dal Borgo. Et non siando vuy andati a<br />

Confienza, como ve havemo scripto, non li debiate andare, perché é d’acoroo con nuy:<br />

andatevene ala Villata de Bolgari sula Sesia, et lì stariti fino tanto ve scriveremo altro et<br />

non dariti uno minimo damno ali nostri sub<strong>di</strong>ti né in biave, né in veruna altra cosa per<br />

quanto haveti cara la gratia nostra; ma mandariti dellà dala Sesia su quello da Vercelli a<br />

sacomano per herba ac biada, non pigliando perhò presoni né bestiame, né facendo<br />

altra novità da herba et biava in fora. Ma casu quo fusti pur andati a Confienza inante la<br />

receputa delle nostre lettere, et havesti posta a sacomano, non ve partiti da lì fina tanto<br />

ve scrivemo altro, o man<strong>di</strong>amo a <strong>di</strong>re quanto havereti a fare, che serà subito subito<br />

dreto a queste nostre. Ma per ogni modo fati per importantissimo respecto che<br />

domatina ve levate dellì et andati via como havemo <strong>di</strong>cto, lassando le bombarde dove<br />

se trovano. Me<strong>di</strong>olani, xx iulii 1454.


Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1786<br />

Francesco Sforza informa il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che ha destinato lì Pietro de Campagna. Gli si<br />

trovi, in città o nel borgo, una stanza comoda, come si é fatto per gli altri famigli ducali.<br />

479r Locumtenenti Laude.<br />

1454 luglio 20, Milano.<br />

Nuy havemo deputato Pedro de Campagna, presente exibitore, ad stare lì. Pertanto<br />

che, havuta questa, gli faciati provedere de una stantia comoda per luy in quella nostra<br />

cità, o nel Borgo, como hanno havuto li altri nostri famigli alogiavano lì. Me<strong>di</strong>olani, xx<br />

iulii 1454.<br />

Zanetus<br />

Iohannes.<br />

1787<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al familiare ducale Zaccagnino da Roma che dei gual<strong>di</strong>, condotti contro<br />

i suoi or<strong>di</strong>ni in un naveto, i due terzi, che spettano alla Camera ducale, li assegna al suo<br />

siniscalco Leonardo Visconte, l’altro terzo lo dà a lui, ma, beninteso, sia lui che Leonardo<br />

devono pagare il loro trasporto in ragione <strong>di</strong> <strong>16</strong> sol<strong>di</strong> per centinaio <strong>di</strong> gual<strong>di</strong>.Tali sol<strong>di</strong> devono<br />

essere mandati ai Maestri delle entrate straor<strong>di</strong>narie.<br />

Zachagnino de Roma, ducali familiari.<br />

1454 luglio 20, Milano.<br />

Dele mentione quale faceste neli dì passati deli gual<strong>di</strong> conducti, contra li nostri or<strong>di</strong>ni, in<br />

uno naveto, spectano le due parti ala Camera nostra, quale habiamo donato a<br />

Leonardo Vesconte, nostro sescalcho, e la terza parte in ti debe pervenire, pagando<br />

però ti et esso Leonardo ala Camera nostra la tracta d’essi gual<strong>di</strong> ad ragione de sol<strong>di</strong><br />

xvi per centonaro ala rata della parte de ciascuno. Il perché volimo et te coman<strong>di</strong>amo<br />

che al <strong>di</strong>cto Leonardo delle due parte suprascripte de gual<strong>di</strong> respon<strong>di</strong> liberamente et<br />

senza alcuna exceptione; et li <strong>di</strong>nari della <strong>di</strong>cta tracta ali Maystri qua del’intrate nostre<br />

extraor<strong>di</strong>narie mandaray. Me<strong>di</strong>olani, xx iulii 1454.<br />

Antonius.<br />

Paulus.<br />

Francischinus.<br />

Cichus.<br />

1788<br />

Francesco Sforza comanda al podestà <strong>di</strong> Fiorenzuola <strong>di</strong> far ricuperare, con rito sommario, ai<br />

fratelli Tomaso e Giuliano, castellani in quel territorio, i cre<strong>di</strong>ti che essi vantano da certi debitori<br />

locali.<br />

Potestati Florenzole.<br />

1454 luglio 20, Milano.<br />

Ne hanno referito Thomhasio et Iuliano, fratelli et castellani de quella nostra terra,<br />

<strong>di</strong>cendo havere in quella terra certi debitori quali nel satisfare el loro debito sonno<br />

retrogra<strong>di</strong> et renitenti, como da loro chiaramente intenderay. Pertanto te comettemo et<br />

volemo che, havuta la presente, debi ad li prefati castellani administrare summaria et<br />

expe<strong>di</strong>ta rasone ita et tale che celeriter possano el loro debito consequire. Me<strong>di</strong>olani, xx<br />

iulii 1454.<br />

Iohannes.


1789<br />

Francesco Sforza avverte Colella da Napoli che, secondo quanto gli é stato detto, alcuni suoi<br />

uomini, tra i quali é stato riconosciuto un suo famiglio <strong>di</strong> Monza, hanno picchiato, ferito e<br />

maltrattato sulla via <strong>di</strong> ritorno, nella pieve <strong>di</strong> Cairo, cinque uomini ducali mandati a Bassignana<br />

con certa munizione. Il duca gli comanda <strong>di</strong> convocare il suo famiglio <strong>di</strong> Monza, o chiunque altro<br />

sia stato presente al fatto, e indurlo a rivelare i malfattori, che poi lui, Colella manderà dal duca.<br />

Faccia tutto ciò <strong>di</strong>ligentemente, perché altrimenti vi provvederà lui a suo modo.<br />

479v Colelle de Neapoli.<br />

1454 luglio 21, Milano.<br />

Havendo nuy a questi dì mandato certa munitione a Bassignana et retornando a dreto<br />

quelli conduttori l’havevano conducta, ch’erano cinque, foreno assaltati ala Pieve da<br />

Cayro, batuti, feriti, robbati et maltractati, como appare per le batiture et, segondo che<br />

ne fu affirmato, sonno stati delli tuoy delli quali é conosciuto uno tuo famiglio, <strong>di</strong>cono<br />

essere da Monza. Et perché questo caso ne rencresce più che se potesse <strong>di</strong>re, dolene<br />

ultramodo per più respecti, volimo che statim, per quanto hay cara la gratia nostra,<br />

debbe havere a ti quello tuo famiglio da Monza, o qualunque altro sia stato al facto, et<br />

faralo confessare li compagni malfactori et mandali tuti a nuy in modo non possano<br />

fugire, et ita et taliter che ne siano presentati denanti. Et se may havesti voglia farne<br />

cosa grata, como credemo, fa questa con tale modo et <strong>di</strong>ligentia che cognoscamo te<br />

spiaceno simile cose, aliter nuy, per certo, cercaremo de provederli a nostro modo.<br />

Me<strong>di</strong>olani, xxi iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1790<br />

Francesco Sforza narra a Tiberto Branddolini <strong>di</strong> essere stato informato dal podestà <strong>di</strong> Magenta<br />

che, partiti da lì Giacomo e Antonio dalla Valle <strong>di</strong> Vegegio, furono, lungo la via, feriti e poi<br />

ripararono a Pezeto per guarire, ma capitò che detto luogo venisse saccheggiato e i due<br />

poveretti furono fatti prigionieri e sono ora nelle mani <strong>di</strong> suo genero Pallavicino, che ha posto su<br />

<strong>di</strong> loro una taglia.<br />

Siccome trattasi veramente <strong>di</strong> poveracci portatisi a Pezeto per guarire, é inumano quel che da<br />

loro si pretende e, perciò, chiede a Tiberto <strong>di</strong> farli liberare senza alcun pagamento.<br />

(1454 luglio 21, Milano).<br />

480r Magnifico domino Thiberto Brandolino.<br />

Già sonno passati alcuni giorni, secundo che nuy siamo informati dal nostro potestate<br />

de Mazenta, che, partendose da Mazenta Iacomo et Antonio della Valle de Vegegio,<br />

forono in via assasinati et feriti, et puoi, reducendose loro a Pezeto per guarire, e gli<br />

intervenuto al <strong>di</strong>cto loco de Pezeto el caso del sacomano per lo quale <strong>di</strong>cti poverhomini<br />

pare siano facti presoni et capitati nelle mane de domino Iohanne Francesco<br />

Palavicino, vostro genero, qual, secundo siamo informati, hagli posta la taglia. Et<br />

perché nuy habiamo informatione che veramente sonno poverhomini et che, andando<br />

circando de guadagnare, li intervenne lo (a) pre<strong>di</strong>cto assasinamento, considerato che,<br />

essendose reducto in <strong>di</strong>cto loco de Pezeto per guarire et non per niun’altra casone, ne<br />

paria inhumana cosa farli maltractamento, però confortiamo et caricamo la<br />

magnificentia vostra che gle piacia de farli liberare et relaxarli senza pagamento de<br />

taglia, como é debito et honesto, li <strong>di</strong>cti poverhomini acioché possano andare ad<br />

guarire et aquistarse la vita soa. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Bonifacius.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue caso depennato.


1791<br />

Francesco Sforza avverte il conte Bolognino de Attendolis che, quantunque gli sia stato scritto <strong>di</strong><br />

liberare Niccolò Ban<strong>di</strong>nello da Siena, detenuto in quel castello, non vuole che venga rilasciato fin<br />

a quando non si sia sistemato con il milanese Cattaneo dei Cattanei, <strong>di</strong> cui é debitore <strong>di</strong><br />

notevole somma.<br />

480v Comiti Bolognino de Attendolis.<br />

1454 luglio 21, Milano.<br />

Non obstante quanto ve fusse scripto da qui inanti per la liberatione de Nicolò<br />

Ban<strong>di</strong>nelo da Siena, sustenuto lì in quello nostro castello apresso vuy, non intendemo,<br />

né volemo ch’el sia relaxato fina tanto non sia de accor<strong>di</strong>o con Cataneo de Catanei,<br />

nostro cita<strong>di</strong>no Milanese, del quale se <strong>di</strong>ce <strong>di</strong>cto Nicolò essere vero debitore de notevel<br />

quantità de <strong>di</strong>nari. Me<strong>di</strong>olani, xxi iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1792<br />

Francesco Sforza comanda al familiare ducale Giovanni de Urbeveteri <strong>di</strong> restituire a Matteo da<br />

Carpi il ronzino e le coperte che questi si portò via quando lasciò la Signoria e si accordò con<br />

Fiasco.<br />

Iohanni de Urbeveteri, familiari nostro.<br />

1454 luglio 22, Milano.<br />

Pare che tu habbi tolto uno ronzino et uno paro de coperte ad Matheo da Carpi, quale,<br />

siando partito dal canto della Signoria et aconzosse con Fiasco venendo dal <strong>di</strong>cto<br />

Fiasco cum <strong>di</strong>cto ronzino et coperte, tu gli hay totli <strong>di</strong>cto ronzino et coperte, che ne<br />

maravigliamo de ti. Pertanto volemo che, recevuta questa, debbii restituire (a) al <strong>di</strong>cto<br />

Matheo <strong>di</strong>cto ronzino et coperte senza exceptione et repplicaticne alcuna. Me<strong>di</strong>olani,<br />

xxii iulii 1454.<br />

Cichus.<br />

(a) debbii restituire ripetuto.<br />

Domino Baptiste de Parvis, doctori.<br />

1793<br />

Si é scritto a Battista de Parvis <strong>di</strong> portarsi dal duca.<br />

1454 luglio 22, Milano.<br />

Scriptum fuit quod veniat, visis presentibus, huc ad dominum ducem. Data Me<strong>di</strong>olani,<br />

<strong>di</strong>e xxii iulii 1454.<br />

Marcus.<br />

Iohannes.<br />

1794<br />

Francesco Sforza scrive a Tiberto d’essere <strong>di</strong>sposto a sod<strong>di</strong>sfare la sua richiesta <strong>di</strong> avere la<br />

metà delle munizioni che si trovano nella rocca <strong>di</strong> Bassignano. Gli fa, tuttavia, presente che<br />

quella rocca é assai importante e che lui, duca, non si trova in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> rifornirla<br />

adeguatamente, tenuto conto <strong>di</strong> quelle usate nel Bresciano e altrove. Gli chiede, perciò, <strong>di</strong><br />

moderare la sua richiesta in modo che la rocca rimanga ben fornita.<br />

481r Magnifico domino Thiberto.<br />

1454 luglio 21, Milano.


Havemo inteso como la vostra magnificentia vole tore la mitade delle munitioni che<br />

sonno dentro della nostra rocha de Bassignana, et nuy ne siamo contenti. Ma,<br />

considerato quella rocha é pur de importantia suso quello passo, como vuy sapeti et<br />

nuy ne trovamo mal il modo de farla fornire per respecto ale munitione consumate in<br />

Brexana et altrove, ve pregamo, confortiamo et caricamo che gli ne vogliati lassare<br />

tante munitione dentro d’essa rocha che resta ben fornita; del che la vostra<br />

magnificentia ne farà cosa molto grata et haveremo gratissimo. Me<strong>di</strong>olani, xxi iulii 1454.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

1795<br />

Francesco Sforza sollecita Orfeo da Ricavo <strong>di</strong> Firenze <strong>di</strong> tenere presente quel che ha scritto a<br />

Tiberto in merito alle munizioni della rocca <strong>di</strong> Bassignana e faccia, in bello modo, che ci si<br />

attenga a quanto ha detto al condottiero. Gli chiede, poi, <strong>di</strong> in<strong>di</strong>cargli quanta munizione s’é<br />

trovata nella rocca e <strong>di</strong> farsi dare la lista <strong>di</strong> ogni cosa dal castellano Savoyno.<br />

Orpheo De Ricavo de Florentia.<br />

(1454 luglio 21, Milano).<br />

Per la copia introclusa vederay quanto scrivemo al magnifico domino Thiberto circa le<br />

munitione della rocha de Bassignana; cureray, adunque, apresso la sua magnificentia,<br />

con bono et piacevole modo, che sia exequito quanto li scrivemo. Vogli mandarne in<br />

scripto la munizione tuta et ogne altra cosa che s’é retrovata dentro della <strong>di</strong>cta rocha, et<br />

farayte dare la lista de (a) ogne cosa dal castellano Savoyno. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

(a) la lista de in interlinea su in scripto depennato.<br />

1796<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na a Bartolomeo de Ga<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Cremona <strong>di</strong> non muoversi da dove si trova<br />

con quel carriaggio, né con i buoi fino a quando non avrà <strong>di</strong>versa <strong>di</strong>sposizione.<br />

Bartholomeo de Ga<strong>di</strong>a de Cremona.<br />

(1454 luglio 21, Milano).<br />

Como per un’altra t’habiamo scripto, volimo che tu non te movi per ti da lì dove tu sey<br />

con quello nostro caregio, né con li bovi per fin che te serà scripto, o comandato altro in<br />

contrario per nostra parte. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Zaninus.<br />

Cichus.<br />

(a) da lì ripetuto.<br />

1797<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce a Iacobo Palmano <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> avere già scritto ai fratelli e ai parenti<br />

della vedova <strong>di</strong> Bartolomeo Ciresola <strong>di</strong> Fiorenzuola per convincerla a imparentarsi con il domino<br />

<strong>di</strong> Parma. Non andandole tale partito, il segretario ducale Angelo Simonetta l’ha sollecitata, per<br />

volontà del duca, a congiungersi con il nipote <strong>di</strong> Fiasco, ma, siccome finora non se n’é cavato<br />

nulla, e quello lo ha pregato <strong>di</strong> scrivere a Iacobo perché si <strong>di</strong>a da fare per questa faccenda, il<br />

duca gli raccomanda <strong>di</strong> fare <strong>di</strong> tutto per condurre a buon fine la cosa.<br />

1454 luglio 22, Milano.<br />

481v Domino Iacobo Palmano de Placentia.<br />

Altre volte nuy havemo scripto ali fratelli et parenti della donna che fo de Bartholomeo<br />

Ciresola della terra nostra de Fiorenzola, confortandoli che volesseno indurla ad devere<br />

fare parenteza con il strenuo domino da Parma; et dappuoi questo Angelo Simoneta,


nostro secretario, ha facta instantia pur per parte nostra che, non piacendole de<br />

imparentarse con esso domino, che volesse far parenteza col nepote de Fiasco. Et<br />

perché in fin qui non é seguito altro et <strong>di</strong>cto domino n’ha pregato te vogliamo scrivere<br />

che te operi in questa facenda per luy, sapiandoti quanto domino ne sia amato, gli<br />

havemo voluto compiacere, et per questa nostra te caricamo et stringemo che tu vogli<br />

per l’amore che tu li porti operarti in questa facenda siché la cosa sortisca ad effecto.<br />

Me<strong>di</strong>oiani, xxii iulii 1454.<br />

Barnifacius.<br />

Cichus.<br />

1798<br />

Francesco Sforza ricorda alla comunità e agli uomini <strong>di</strong> Voghera che egli chiese, ad istanza <strong>di</strong><br />

quella stessa comunità, al suo condottiero Colella da Napoli <strong>di</strong> liberare tre uomini <strong>di</strong> lì per il<br />

debito <strong>di</strong> 1000 lire della comunità, somma che donna Luchina aveva assegnata a Colella. Si dà<br />

ora che, non essendosi né i tre rilasciati portati dal duca, come da lui promesso per la loro<br />

liberazione, né sod<strong>di</strong>sfatto il Colella della predetta somma, al duca incomba il dovere <strong>di</strong><br />

insistere perché si accontenti il suo condottiero, ché, altrimenti, non se ne starà senza reagire..<br />

Comunitati et hominibus Viquerie.<br />

1454 luglio 22, Milano.<br />

Questi dì, havendo facto sostenire ch’el spectabile Colella da Napoli, nostro<br />

conductero, tri delli homini de quella terra per debito de libre mille imperiali che ha<br />

quella comunità, assignate al <strong>di</strong>cto Colella per la magnifica madona Luchina, nuy<br />

scripsemo al prefato Colella che li relaxasse ad instantia de quella comunità, <strong>di</strong>cendo<br />

vuy che questi tali venevano ad nuy per questa casone, et così luy li fece 482r relaxare<br />

credendo che gli dovesti satisfare <strong>di</strong> suoi <strong>di</strong>nari, il che non haveti facto fin ad qui, né<br />

coloro sonno venuti ad nuy, né habiamo inteso alcuna cosa che prove<strong>di</strong>ati de satisfare<br />

al <strong>di</strong>cto Colella; donde luy se dole et grava ultramodo perché ne porta desagio et<br />

desconzo <strong>di</strong> suoi <strong>di</strong>nari. Pertanto, maravigliandone de questa vostra negligentia et<br />

contumatia et pertinatia, ve caricamo et coman<strong>di</strong>amo strictimamente che debiati<br />

provedere con effecto et de presente ad satisfare al <strong>di</strong>cto Colella, né cre<strong>di</strong>ati perché<br />

costoro siano relaxati, d’esser assolti, avisandove ch’el <strong>di</strong>cto Colella ve farà il simile, et<br />

anche pegio, se non gli satisfarite, et così luy <strong>di</strong>ce havere in commissione et licentia de<br />

fare dala prefata madona Luchina. Me<strong>di</strong>olani, xxii iulii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Iohannes.<br />

1799<br />

Francesco Sforza, siccome il suo spen<strong>di</strong>tore Antonio degli Oliari <strong>di</strong> San Giovanni non può<br />

portarsi lì per curare gli affari suoi, essendo occupato nei servizi ducali, chiede alla contessa<br />

donna Luchina dal Verme che, a sua richiesta o <strong>di</strong> un suo messo, gli renda con rito sommario<br />

giustizia <strong>di</strong> ogni suo debitore.<br />

(1454 luglio 22, Milano).<br />

Domine Luchine de Verme, comitisse, et cetera.<br />

Non possendo Antonio delli Oliarii de quella terra de Sanzohanne, nostro expen<strong>di</strong>tore<br />

venire là per componere et curare le facende sue, siando occupato nelli servicii nostri<br />

como é, et perché non voressemo ancora per il suo stare qua ali nostri servicii ch’el<br />

patisse detrimento ale sue cose, ve confortiamo et pregamo ch’el vogliate havere<br />

recomanaato luy, li suoi et le cose sue, preganove insuper che, ad instantia sua et de<br />

qualunque suo messo, gli faciate far ragione contra qualunque suo vero debitore<br />

summarie et senza strepito de (a) piano et de ogne honesto et ragionevole favore gli<br />

serà facto per la consecutione delle sue ragione, caveremo piacere. Data Me<strong>di</strong>oiani, ut<br />

supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Iohannes.


(a) Segue pede depennato.<br />

1800<br />

Francesco Sforza scrive a Marco Roberto <strong>di</strong> comandare ad Antonello da Palma, a Guglielmo da<br />

Bologna e a Ciapino de Neco <strong>di</strong> portarsi da lui rivolgendosi al suo famiglio Francesco Capra.<br />

482v Marco domino Ruberto.<br />

1454 luglio 23, Milano.<br />

Per certi nostri bisogni volimo che subito, veduta la presente, coman<strong>di</strong> ad Antonello da<br />

Palma, Guglielmo da Bologna et Chiapino de Necho, nostri homini d'arme, che debiano<br />

venire ad nuy et presentarse ad Francesco Capra, nostro fameglio. Me<strong>di</strong>olani, xxiii iulii<br />

1454.<br />

Petrus Antonius.<br />

Cichus.<br />

1801<br />

Francesco Sforza <strong>di</strong>ce al Luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> aver appreso con <strong>di</strong>spiacere della forte<br />

tempesta abbattutasi sulla città.<br />

Circa il fatto che nottetempo da alcuni Cremaschi si introducano furtivamente biade su naveti<br />

che <strong>di</strong> giorno escono per la pesca, gra<strong>di</strong>rebbe che ne pigliasse qualcuno sul fatto per sapere chi<br />

sono i mercanti che fanno ciò. Abbiano, però, l’avvertenza <strong>di</strong> far tutto con molta cautela in modo<br />

che gli ufficiali <strong>di</strong> Crema non possano lamentarsi.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1454 luglio 23, Milano).<br />

Havemo inteso cum singularissimo despiacere et noya per vostre lettere la crudeza et<br />

tempesta de maltempo caduta in quella nostra cità et anche in alcuni lochi del contado:<br />

essa ne rencresce veramente assay. E quando fusse cosa che se potesse reme<strong>di</strong>are<br />

tentaressemo per ogne modo reme<strong>di</strong>arli per la indemnità delii nostri boni cita<strong>di</strong>ni, et<br />

così gli potriti <strong>di</strong>re per nostra parte.<br />

Ala parte de quanto <strong>di</strong>ceti essere novamente avisato che furtive per alcuni Cremaschi<br />

se conduce a tempo de nocte biava a Crema in alcuni naveti nelli quali al giorno vanno<br />

piscando, <strong>di</strong>cemo così che voluntera voressemo che vuy gli havesti in le mane per<br />

sapere da loro quali sonno li mercadanti; ma voressemo che vuy li piliasti con tale<br />

iustificatione che non havesseno alcuna minima legitima casone de lamentarse, né che<br />

li offitiali de Crema potessero pigliarne umoreza, né lamentarsene. Et potendolo fare<br />

con bona iustificatione, como havemo <strong>di</strong>cto, saremo molto contenti. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1802<br />

Francesco Sforza informa il luogotenente <strong>di</strong> Piacenza che, per questa sola volta, concede al<br />

vescovo locale <strong>di</strong> versare 50 anziché 100 fiorini per l’onoranza del bue grasso dello scorso<br />

anno. Avuta detta somma entro sei giorni, la man<strong>di</strong> ai cancellieri ducali Persancte da Sernano e<br />

Zanino Barbato, rilasciando, alla ricevuta dei denari, la debita quietanza.<br />

483r Locumtenenti Placentie.<br />

1454 luglio 23, Milano.<br />

Per la honranza del bo(ve) del’anno passato del quale tocha pagare cento fiorini ala<br />

Camera nostra per quello reverendo monsignore messe(r) vescoscovo (a) da Piacenza,<br />

semo contenti de remetterli la mittà; siché, per questa volta solamente, non paghi se<br />

non cinquanta fiorini. Volemo adonche tu ve<strong>di</strong> de havere li <strong>di</strong>cti cinquanta fiorini per<br />

ogni modo fra sei dì da poi la recevuta de questa, et havuti, li manderay qui i mani de<br />

Persancte da Sernano et de Zanino Barbato, nostri canceleri, como per altre ve<br />

habiamo scripto; et del’altra mittà non volimo gli day impazo, né molestia alcuna. Et


tucta volta che luy te habbia dato li denari, volemo che li facia la confessione Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, xxiii iulii 1434.<br />

(a) Così A.<br />

1803<br />

Francesco Sforza avverte il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> che da Giovanello, uomo d’arme <strong>di</strong> Gaudo<br />

Roncone é fuggito un suo ragazzo che si é rifugiato in casa dei suoi parenti. Siccome<br />

Giovanello <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> averne bisogno, vuole che glielo faccia restituire, purché con il consenso <strong>di</strong><br />

suo padre o dei suoi parenti.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

1454 luglio 22, Milano.<br />

Da Iohannello, homo d'arme del magnifico Gaudo Roncone, é fugito uno suo ragazzo et<br />

capitato lì ad casa de suoi parenti, como voi intenderite da luy. Et perché <strong>di</strong>ce haverne<br />

bisogno, volemo che gli lo fazati rendere, tamen cum contentamento de suo patre, o<br />

delli <strong>di</strong>cti suoi parenti, li quali bem siamo contenti li confortiate et li induchati ad farli<br />

essere contenti. Me<strong>di</strong>olani, xxii iulii 1434.<br />

Bonifacius.<br />

Iohannes.<br />

1804<br />

Francesco Sforza risponde a Bartolomeo da Cremona che gli ha comunicato <strong>di</strong> aver fatto<br />

caricare le bombarde sulle navi: su <strong>di</strong> esse il duca gli or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> porre pure, con tutte le sue<br />

munizioni e attrezzature, la bombarda ferlina che Bartolomeo ha mandato sui carri del paese<br />

<strong>di</strong>etro al campo ducale. Lo ammonisce <strong>di</strong> non lasciare quel posto fino a che non gli scriverà<br />

altro. Gli comanda <strong>di</strong> dare licenza ai carri e ai buoi del Pavese che sono forestieri, perché, non<br />

occorrendo più, se ne stiano a casa.<br />

Bartholomeo de Cremona.<br />

1454 luglio 23, Milano.<br />

Respondendo brevemente ala toa lettera delle bombarde hay facte carigare suso le<br />

nave, et così della bombarda ferlina hay mandata suso li carri del paese dereto al<br />

campo nostro, <strong>di</strong>cemo che tu vogli fare condure et menare la <strong>di</strong>cta bombarda ferlina<br />

con tuti li suoi fornimenti, polvere et prede et ogne altra monitione dove sonno le altre<br />

nostre doe (a) bombarde et farayla carigare suso la nave, como sonno le altre. Con tute<br />

le <strong>di</strong>cte monitione et fornimenti suoy, et con tute 483v le <strong>di</strong>cte bombarde et monitione et<br />

carri et bovi nostri non te partiray de lì perfin che nuy non te scriveremo altro in<br />

contrario, avisandote che presto te avisaremo de quello haveray a fare. Vogliamo<br />

ancora tu debii dare licentia ad tuti li carri et bovi del Pavese, et che siano forestieri, che<br />

vadano ad casa sua ad fare li facti loro, perché non li volemo dare questo carico et<br />

graveza al presente, non bisognando. Me<strong>di</strong>olani, xxiii iulii 1454.<br />

Iohannes.<br />

Zaninus.<br />

(a) doe in interlinea.<br />

1805<br />

Francesco Sforza vuole che il luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> coman<strong>di</strong> a Stefanino da Pavia e agli ere<strong>di</strong> del<br />

quondam Zaccaria da Pavia <strong>di</strong> portarsi da lui e comparire davanti all’au<strong>di</strong>tore ducale Angelo da<br />

Reate per <strong>di</strong>fendere le loro ragioni contro il milanese Serafino da Gallarate<br />

in modo che alle parti si amministri giustizia.<br />

Locumtenenti Laude.<br />

(1454 luglio 23, Milano).<br />

Volimo che debbi, visis presentibus, comandare ad Stefanino da Pavia et alli here<strong>di</strong> del<br />

quondam Zacharia da Pavia, che debiano venire qua da nuy et comparere denanti al


spectabile domino Angelo de Reate, nostro au<strong>di</strong>tore, per casone della <strong>di</strong>fferentia che<br />

hanno con (a) Serafino da Galarate, nostro cita<strong>di</strong>no Milanese, ad ciò che possano <strong>di</strong>re<br />

et defendere la loro rasone et che ale parte se possa ministrare iustitia. Me<strong>di</strong>olani, ut<br />

supra.<br />

Zaninus.<br />

Iohannes.<br />

(a) In A col con l depennata e segno abrreviatico.<br />

1806<br />

Lettere credenziali <strong>di</strong> Federico Teotonico a Tiberto de Vinniolis e lettere a Corrado da Fogliano<br />

e a Roberto Sanseverino.<br />

(1454 luglio 23, Milano).<br />

485r (a) Littere credentiales in personam Federici Teotonici domino Tiberto de Vinniolis;<br />

item alie littere domino Conrado de Foliano et domino Roberto de Sancto Severino sub<br />

<strong>di</strong>e xxv iulii 1454.<br />

Persanctes.<br />

(a) Così, mancando la carta precedente, inizia la missiva.<br />

1807<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà <strong>di</strong> Castel San Giovanni <strong>di</strong> restituire al piacentino Bartolomeo<br />

Ban<strong>di</strong>co da Fontana tutto quello che gli ha fatto portar via.<br />

Se a restituzione <strong>di</strong> quanto sopra detto avvenuta, Bartolomeo avrà <strong>di</strong> che altro da reclamare, lo<br />

man<strong>di</strong> da lui che gli renderà giustizia.<br />

In simile forma si é scritto a Francesco, fratello del suddetto Bartolomeo.<br />

Potestati castri Sancti Iohannis.<br />

1454 luglio 25, Milano.<br />

É stato qui da nuy Bartholomeo Ban<strong>di</strong>co da Fontana, nostro cita<strong>di</strong>no Piacentino, quale<br />

n’ha facta gravissima querella <strong>di</strong>cendo che tu hai facto robare et toregli una grande<br />

parte della roba sua de casa, contra ogne debito et honestate; dela qual cosa ne siamo<br />

assay maravigliati; et però te <strong>di</strong>cemo et coman<strong>di</strong>amo vogli imme<strong>di</strong>ate, havuta questa,<br />

farli restituire ogne cosa gli é stata tolta, che non li manchi uno puntale de stringa. Et<br />

quando tu gli haveray facta <strong>di</strong>cta restitutione della robba et cose sue, se lo <strong>di</strong>cto<br />

Bartholomeo haverà ad fare più una cosa como un’altra de rasone, avisareene nuy et<br />

mandaraylo qui da nuy che li faremo fare il dovere, et stare molto bene ad rasone. Ma<br />

como havemo <strong>di</strong>cto, fa che adesso tu restituischi integre al <strong>di</strong>cto Bartholomeo ogne<br />

cosa ad luy tolta per te, o per li tuoy. Me<strong>di</strong>olani, xxv iulii 1454.<br />

Zaninus.<br />

Iohannes.<br />

Die xxvii iulii 1454.<br />

In simili forma scriptum est pro Francisco, fratre suprascripti Bartolomei Ban<strong>di</strong>ci de<br />

Fontana.<br />

1808<br />

Francesco Sforza ammonisce Brandolini che dal marchese Guglielmo é stato informato che<br />

dagli uomini <strong>di</strong> Tiberto sono stati compiuti grossi furti e danni enormi contro la gente del<br />

marchese <strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là del Po, trattandola da capitale nemica. Gli uomini <strong>di</strong> Tiberto hanno fatto<br />

devastanti scorrerie a Villanova, Trecerro, Trino e Grantia asportando grande quantità <strong>di</strong><br />

bestiame e ora imperversano a Isolella e a Vallemaca. Comanda al Brandolini <strong>di</strong> intervenire<br />

imme<strong>di</strong>atamente, imponendo ai suoi soldati <strong>di</strong> cessare <strong>di</strong> far danni e <strong>di</strong> provvedere a restituire<br />

ogni refurtiva, procurando, inoltre, che non si rechi più alcun danno in danaro e nelle persone.<br />

1454 luglio 25, Milano.<br />

485v Magnifico domino Thiberto Brandolino.


In questa hora siamo avvisati per quelle dell’illustre signore Guiglielmo che, prima la<br />

soa retornata et poi, per quelle nostre gente sonno là ad vostra obe<strong>di</strong>entia et regimento,<br />

sonno state facte et fanno de presente correrie, grande robbarie et altre iniurie et damni<br />

enormi contra l’homini et sub<strong>di</strong>ti dello illustre signore marchese et suoi dellà et de qua<br />

da Po como se fosseno nostri capitali inimici, et che <strong>di</strong>cte gente hanno corso ad<br />

Villanova, Trecerro, Trino et la Grantia, et conducto via grande summa de bestiame et<br />

facti altri assay infiniti damni, et che al presente sonno ale terre de Isolella et batteno<br />

frumenti et conducto via bestiame de Vallemacha; la qual cosa havemo intesa con<br />

<strong>di</strong>splicentia assay et é ad nuy grave et molesta quanto al mundo <strong>di</strong>re se potesse; et più<br />

ch’el prefato illustre signore Guglielmo sia stato da nuy et venuto liberamente como ha<br />

facto et habiamolo carezato et veduto como fratello, et partitose ben contento da nuy,<br />

et poi inten<strong>di</strong>amo simile querelle, assay ne rencresce et despiace. Siché confortamo,<br />

stringemo et caricamo la magnificentia vostra, se haveti caro l’honore nostro et haveti<br />

voglia fare cosa a nuy summamente grata et accepta, vogliate subito, recevuta questa,<br />

senza perderli tempo, né usarli tar<strong>di</strong>tà alcuna fare restituire ogne cosa ali prefati homini<br />

et subaiti delii <strong>di</strong>cti illustri signori, che non li manchi niente, et per l’avenire provedere<br />

omnino et tenere modo et via che per li nostri non sia facto damno, impatio, né molestia<br />

alcuna 486r in here, né persona, né per modo alcuno ali homini et sub<strong>di</strong>ti de essi illustri<br />

signori, in che usariti quella cura, sollicitu<strong>di</strong>ne et <strong>di</strong>ligentia serà expeniente et<br />

necessaria in ciò. Et questo fate se amati l’honore nostro et la gratia nostra che per una<br />

fiata non ne porrite fare cosa più grata, né più accepta ce fosse che haveressemo più<br />

despiacere de una bestia fosse tolta alli homini delli prefati illustri signori che se fusse<br />

messo ad saccomano tre delie nostre castella per le nostre gente. Me<strong>di</strong>olani, xxv iulii<br />

1454.<br />

Ser Facinus.<br />

Cichus.<br />

1809<br />

Francesco Sforza rimprovera al vicario del vescovo <strong>di</strong> Piacenza la trascuratezza e lentezza con<br />

cui assolve il compito <strong>di</strong> rendere giustizia nella vertenza che contrappone Brandolino,<br />

condottiero <strong>di</strong> Tiberto, capitano ducale, e Manfre<strong>di</strong> da Forlì al prete Pietro <strong>di</strong> Montinari.<br />

Lo sollecita a risolvere detta vertenza in modo che Brandolino e Manfre<strong>di</strong> non abbiano a<br />

lamentare ingiustizia alcuna.<br />

1454 luglio 25, Milano.<br />

Vicario reveren<strong>di</strong> domini episcopo Piacentini.<br />

Ne é facto lamenta per parte del strenuo Brandolino, conductero del magnifico domino<br />

Thiberto, nostro capitaneo, et de Manfredo da Forlì che nel facto della <strong>di</strong>fferentia<br />

vertisse fra loro per una parte et prete Piero <strong>di</strong> Montinari per l'altra, ad vuy commissa,<br />

proce<strong>di</strong>ti tepidamente et negligenter, et pare che non ve curati de expe<strong>di</strong>rla; donde loro<br />

ne portano desconzo et damno assay. Pertanto, maravigiiandone de questa vostra<br />

tar<strong>di</strong>tà, ve caricamo et stringemo quanto più possiamo che debiate hormay <strong>di</strong>ffnire<br />

questa controversia et non menarla più in longo.Et guardati ad expe<strong>di</strong>rla in modo che li<br />

<strong>di</strong>cti Brandolino et Manfredo non habiano casone de lamentarse de iniustitia, né de<br />

longheza; altramente non saremo ben contenti <strong>di</strong> facti vostri. Me<strong>di</strong>olani, xxv iulii 1454.<br />

Christoforus.<br />

Cichus.<br />

1810<br />

Francesco Sforza esprime a Giovanni Antonio dei capitani <strong>di</strong> Villanterio, capitano del parco <strong>di</strong><br />

Pavia, il suo <strong>di</strong>spiacere per i <strong>di</strong>sastri causati dal maltempo nel rovinare e sra<strong>di</strong>care alberi.<br />

Vuole che li risistemi tutti in modo che quella casa sia tra il verde. E’ sod<strong>di</strong>sfatto che il tempo<br />

non abbia danneggiato gli animali.<br />

1454 luglio 25, Milano.<br />

486v Iohanni Antonio ex Capitaneis de Villanterio, capitaneo parci nostri Papie.


Havemo recevuto le tue lettere et per quelle inteso il damno ha facto il maltempo nel<br />

nostro parco così in strepare un<strong>di</strong>ci arbori de rovere, come in fracassarne et scavezarni<br />

molti altri, che ne rencresce asay. Ma pur siando occorso, volimo che faciati recollere et<br />

reponere li <strong>di</strong>cti arbori tuti et farne havere bona cura perché gli voremo fare operare in<br />

reconzare quella casa verde lì. Ben ne piace che quello maltempo non habia damnezati<br />

li animali del <strong>di</strong>cto parco quali ve recoman<strong>di</strong>amo. Me<strong>di</strong>olani, xxv iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1811<br />

Francesco Sforza scrive a Cristoforo de Nimio e Gerardo de Barba, nonché ai loro figli de<br />

Rodebio, abitanti a Sant’Angelo Lomellina che, in considerazione della richiesta del comune e<br />

degli uomini <strong>di</strong> quel territorio, li accetta nella sua grazia e concede loro la libertà <strong>di</strong> stare e <strong>di</strong><br />

muoversi ovunque in quella terra, sciolti da qualsiasi bando dei gentiluomini <strong>di</strong> Robbio, e<br />

ripristinati nel grado in cui erano prima che quel territorio passasse sotto la sua obbe<strong>di</strong>enza.<br />

1454 luglio 26, Milano.<br />

Carissimis nostris Christoforo de Nimio et Girardo de Barba ac eorum filiis de Rodebio,<br />

habitantibus in terra nostra Sancti Angeli Lomelline.<br />

A contemplaticne e rechiesta del comune et homini de quella terra de Sanctangelo ve<br />

acceptamo asieme con loro ala gratia nostra, et siamo contenti. Et per tenore della<br />

presente ve concedemo et <strong>di</strong>spensemo che possiate stare, praticare et habitare<br />

securamente in quella nostra terra con ogne proprietà et beni vostri et andare et<br />

retornare a vostro bel piacere, non obstante il bando havessevo o habiati dalli<br />

zentilhomini de Robio, né veruna altra cosa in contrario, salvo tantum semper iure tercii;<br />

et demum ve mettiamo in quello grado eravati inanti che quella nostra terra de<br />

Sanctangelo retornasse a la nostra obe<strong>di</strong>entia. Me<strong>di</strong>olani, xxvi iulii 1454.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1812<br />

Francesco Sforza conviene con Bartolomeo da Cremona per quanto ha fatto con i “paroni” e i<br />

navaroli, dando anche loro del danaro, denaro che cercherà <strong>di</strong> procurare in qualche modo<br />

perché essi possano vivere meglio. Se abbisognasse <strong>di</strong> navaroli, se li procuri nel paese come<br />

crederà meglio.<br />

487r Bartolomeo de Cremona.<br />

1454 luglio 26, Milano.<br />

Ad quanto per toe lettere ne scrive del facto delli navaroli, te rispondemo che hay facto<br />

bene ad retenere i paroni et quelli quatro navaroli, et piacene habi così facto et che gli<br />

habbi proveduto de <strong>di</strong>nari, como ne scrive havere facto; et per l’havenire vi<strong>di</strong> havere<br />

qualche denari per qualche via et darli, aciò se possano sostentare et vivere meglio che<br />

possono finché gli faremo qualche provisione, et bisognando navaroli, potray provedere<br />

per quello paese como meglio te parerà, Me<strong>di</strong>olani, xxvi iulii 1454<br />

Ser Facinus.<br />

Iohannes.<br />

1813<br />

Francesco Sforza conferma a Tiberto Brandolini <strong>di</strong> aver inteso quello che gli ha detto Antonio<br />

da Lignana, mandato dal Consiglio del duca <strong>di</strong> Savoia. Gli é piaciuto ciò che ha risposto ad<br />

Antonio. Gli raccomanda poi <strong>di</strong> insistere con i soldati perché non facciano danno ai sud<strong>di</strong>ti<br />

sforzeschi e neppure, al <strong>di</strong>l là del saccomanno, anche a quelli del Savoiardo<br />

Domino Thiberto Brandolino.<br />

(1454 luglio 26, Milano).


Havemo recevuto vostra lettera et inteso quanto scriveti de quello Antonio de Lignana<br />

qual é venuto da vuy mandato dal Conseglio del duca de Savoya; et de tuto quello ve<br />

ha <strong>di</strong>cto da parte d’esso Conseglio del tuto remanemo advisati ad compimento. Et circa<br />

ciò non accace <strong>di</strong>re altro, se non che la resposta haveti facta al <strong>di</strong>cto Antonio a nuy é<br />

molto piaciuta; vederemo se gli é altro che ne debia restituire el prefato duca, et del tuto<br />

ve advisaremo. Ulterius ve pregamo et confortiamo, como per altre nostre ve havemo<br />

scripto, che vogliati servare tutti quelli mo<strong>di</strong> et vie che ve pare che quelle nostre gente<br />

non faciano damno né roncrescimencto alcuno ail homini et sub<strong>di</strong>ti nostri, né ancora ad<br />

quelli del prefato duca de Savoya del’andare ad saccomano in fora. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Persanctes.<br />

Iohannes.<br />

1814<br />

Francesco Sforza conferma a Marchesio <strong>di</strong> Varese <strong>di</strong> aver visto quel che gli ha scritto<br />

dell’andata <strong>di</strong> Antonio da Lignana, mandato dal consiglio <strong>di</strong> Savoia da Tiberto, e del colloquio<br />

che ha avuto con lui. In simile forma fu scritto a Gentile della Molara.<br />

487v Marchexio de Varexio.<br />

1454 luglio 26, Milano.<br />

Havemo veduto quanto tu ne scrive della venuta de quello Antonio da Lignana mandato<br />

dal Consiglio del duca de Savoya al magnifico domino Thiberto et del parlamento che<br />

tu hay hauto con luy; de ogne cosa remanemo avisati. Dela <strong>di</strong>ligentia et solicitu<strong>di</strong>ne hay<br />

usata in questo facto te coman<strong>di</strong>amo et lo<strong>di</strong>amo grandemente. Data Me<strong>di</strong>olani, xxvi iulii<br />

1454.<br />

Persanctes.<br />

Iohannes.<br />

In simili forma scriptum fuit Gentili dela Molaria.<br />

1815<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al luogotenente <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> far aprire sollecitamente la Porta, ingombrata<br />

in parte da Porta Pavese, e per la quale si va nel Borgo. La faccia sistemare con un ponte in<br />

modo che consenta l’an<strong>di</strong>rivieni, come avviene con le altre Porte.<br />

Locumtenenti (a) civitatis nostre Laude.<br />

1454 luglio 26, Milano.<br />

Volimo che havuta questa vuy faciati <strong>di</strong>stopare quella porta quale é stopata per mezo<br />

Porta Pavese per la quale se va nel Borgo, et la faciati acontiare molto bene facendoli<br />

fare il ponte forte et ogne altra cosa necessaria, in modo che se possa andare inanze et<br />

indreto como se fa per l'altre porte; et in questo usariteli bona <strong>di</strong>ligentia et solicitu<strong>di</strong>ne,<br />

perché sia acontiata presto et bene. Me<strong>di</strong>olani, xxvi iulii 1454.<br />

Filippus.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue et presidentibus negociis depennato.<br />

18<strong>16</strong><br />

Francesco Sforza conferma al luogotenente e ai presidenti agli affari <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> aver inteso<br />

quanto gli hanno mandato a <strong>di</strong>re da Giovanni Lupo, loro ambasciatore.<br />

Da lui sentiranno qual’é il pensiero del duca.<br />

(1454 luglio 26), Milano.<br />

Locumtenenti et presidentibus negotiis Laude.<br />

Havemo inteso quanto n’haveti mandato ad <strong>di</strong>re per domino Iohanne Lupo, vostro<br />

ambassatore, el quale havemo veduto voluntera, et non <strong>di</strong>cemo altro ad presens,


perché luy retorna indreto informato ad pieno della mente nostra; siché crederiteli<br />

quanto ad nuy proprii in nostra parte referente. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Filippus.<br />

1817<br />

Francesco Sforza esprime ad Andrea Dandolo, provve<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Crema, la sua sod<strong>di</strong>sfazione per<br />

aver deciso <strong>di</strong> portarsi da lui e rimette ad allora il parlare della roggia cremasca, quando si<br />

cercherà <strong>di</strong> combinare ogni cosa d’accordo.<br />

(1454 luglio 26), Milano.<br />

488r Domino Andree Dandulo, provisori Creme.<br />

Havemo recevuto le vostre lettere et vedutele molto voluntera, ale quale respondendo<br />

del vostro venire a nuy ve rengratiamo singularmente et, venendo, ve vederemo molto<br />

voluntera et seriti il benvenuto. Ala parte della roza cremasca non <strong>di</strong>cemo pro nunc<br />

altro, perché, venendo vuy qua, ve vederemo voluntera et parlaremo asieme de questo<br />

et or<strong>di</strong>naremo la cosa in bona forma et como voriti pur vuy. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Ser Iacobus.<br />

Cichus.<br />

1818<br />

Francesco Sforza informa il comune e gli uomini <strong>di</strong> Castropecetto <strong>di</strong> aver confermato al conte<br />

Otto e a Otto de Picinino, suo cugino <strong>di</strong> Mandello, ogni <strong>di</strong>ritto e azione nel luogo <strong>di</strong> Pecetto e ha<br />

mantenuto gli eventuali <strong>di</strong>ritti degli altri gentiluomini che, in tal caso, vuole che si rimettano nei<br />

loro posse<strong>di</strong>menti, oltre a prestar loro omaggio, obbe<strong>di</strong>enza e corrispondere loro<br />

i frutti e le entrate del luogo nel modo e nella forma che erano da loro goduti<br />

al tempo <strong>di</strong> Filippo Maria Visconti.<br />

Comuni et hominibus Castripiceti.<br />

(1454 luglio 26), Milano.<br />

Perché habiamo confirmato conte Octo et Octo de Picinino, suo cosino de Mandello,<br />

ogne rasone et actione che hanno in quello loco de Peceto, reservando etiam<strong>di</strong>o le<br />

rasone delli altri gentilhomini che gli havessero, però volimo li ponati ala possessione<br />

d'esso luoco et gli prestati il debito iuramento de fidelitate, omaggio et obe<strong>di</strong>entia, et gli<br />

respon<strong>di</strong>ati delli fructi et intrate d'esso luoco; siché in omnibus et per omnia <strong>di</strong>cti<br />

gentilhomini tengano, godano et possedano <strong>di</strong>cto loco eo modo et forma che tenevano<br />

et godevano ac possidevano al tempo dello illustrissimo quondam signore duca Filippo,<br />

quando d'esso loco erano in possessione et tenuta. Me<strong>di</strong>olani, ut supra.<br />

Ser Iohannes.<br />

Cichus.<br />

1819<br />

Francesco Sforza scrive a Teseo e ai deputati sopra gli alloggiamenti <strong>di</strong> Piacenza <strong>di</strong> intendere<br />

quello <strong>di</strong> cui si lamenta l’abbate <strong>di</strong> Chiaravalle e se é gravato, com’egli <strong>di</strong>ce, oltre il debito,<br />

riducano tutto al ragionevole.<br />

1454 luglio 27, Milano.<br />

Theseo acdeputatis super logiamentis Placentie.<br />

L'abbate de Chiaravalle se lamenta et <strong>di</strong>ce che é gravato delle taxe più che non pò<br />

supportare, et de molto più che non li tocha excessivamente. Pertanto ve <strong>di</strong>cemo che<br />

vogliati intendere molto bene el facto suo et siando gravato, como <strong>di</strong>ce, voglati redure<br />

la cosa a raxonevele per modo non habia iusta casone de querellarse. Me<strong>di</strong>olani, xxvii<br />

iulii 1454.<br />

1820


Francesco Sforza fa presente a Tiberto, Corrado e a Roberto che i Rettori <strong>di</strong> Verona gli hanno<br />

denunciato la fuga da Rodorico Spagnolo, conestabile del signore, <strong>di</strong> due suoi famigli e <strong>di</strong> un<br />

ragazzo portando via cavalli, arme e roba. Essi sono stati inseguiti da Andrea, cancelliere dei<br />

Rettori, che é il latore della lettera <strong>di</strong> denuncia del fatto. Per mantenere la pace e perseverare<br />

nel buon vicinato, il duca vuole che <strong>di</strong>ano ogni aiuto ad Andrea per trovare i fuggitivi e a fargli<br />

reperire tutto quello che hanno portato via a Rodorico.<br />

1454 luglio 26, Milano.<br />

488v Domino Tiberto, Corado et domino Roberto.<br />

Havendoce de presente scripto li rectori de Verona vogliamo operare che Rodorico<br />

Spagnolo, conestabile del signore, consequischa certi soy cavalli, arme et robba che<br />

doy soy famigli et uno regazo se sonno fugiti ad questi dì da luy et, venuti dal canto de<br />

qua, se hanno menato cum loro; et perciò mandaroli deretro questo Andrea, suo<br />

cancellero portatore de questa. Desiderosi nuy adunche, sì per observanza dela pace<br />

et nonché per mantenere et perseverare in ben vicinare et amorevolmente deportarse<br />

inseme, et etiam perché quelli ce scrivono cognoscano le loro lettere havere facto<br />

fructo che Rodorico pre<strong>di</strong>cto rehabbia il suo, però vogliate, subito recevuta questa,<br />

prestare ogni aiuto et favore ad questo suo in retrovare <strong>di</strong>cti famigli et regazo, et<br />

constrengerli imme<strong>di</strong>ate a restituirli que (a) hanno portato dal <strong>di</strong>cto loro patrone senza<br />

resistentia o <strong>di</strong>minutione alcuna, non altramente facendo che se fosseno fugiti da nuy<br />

proprii. Data Me<strong>di</strong>olani, xxvi iulii 1454.<br />

Andreas Fulgineus.<br />

(a) Segue ce ne depennato.<br />

1821<br />

Francesco Sforza comunica al luogotenente, al podestà, al referendario e al commissario sopra<br />

gli alloggiamenti <strong>di</strong> Piacenza che il vescovo locale si é lagnato sia della inosservanza delle<br />

esenzioni del suo episcopato che del fatto che i suoi massari <strong>di</strong> San Giumento sono gravati <strong>di</strong><br />

una duplice tassa sugli alloggiamenti senza alcun riguardo delle tasse degli appartamenti <strong>di</strong> cui<br />

sono già onerati gli altri villani dell’episcopato. Ciò posto, or<strong>di</strong>na loro <strong>di</strong> praticare le esenzioni e le<br />

immunità nella forma più ampia in cui sono state osservate fin qui.<br />

s.d.<br />

Locumtenenti, potestati, referendario ac comissario super logiamentis civitatis nostre<br />

Placentie.<br />

Reverende pater dominus episconus Placentinus apud nos conquestus est<br />

exemptiones episcopatus sui iuxta solitum non servari, suosque massarios Sancti<br />

Iumenti duplici logiamentorum onere gravari, videlicet per litteras nostras atque in<br />

genere cum reliquis villicis episcopatus illius, nullo habito respectu ad onera<br />

logiamentorum que sibi per litteras nostras de<strong>di</strong>mus; quinimo, iteratis vicibus, equos in<br />

<strong>di</strong>cto loco ad<strong>di</strong>tos superad<strong>di</strong>tos fuisse exponit. Qua propter <strong>di</strong>cimus et mandamus vobis<br />

quod exemptiones et immunitates ipsius episcopatus in illa ampliori forma qua hactenus<br />

servati sunt.<br />

1822<br />

Francesco Sforza vuole che Benedetto de Curte ponga fine alla vertenza tra la comunità <strong>di</strong><br />

Fiorenzuola e Antonio da Cornaleto e, perciò, convochi le due parti e cerchi <strong>di</strong> metterle<br />

d’accordo, come pare sia il loro desiderio.<br />

490r Bene<strong>di</strong>cto de Curte.<br />

1454 agosto 1, Milano.<br />

Per mettere fine ala <strong>di</strong>fferentia vertisse fra la comunità de Firenzola per una parte et<br />

Antonio de Cornaleto per l'altra, te commettiamo et volimo habii da ti <strong>di</strong>cte parte et,<br />

intesa la cosa vide de acordarle insieme, perché ne hanno promesso veneranno<br />

al’acor<strong>di</strong>o. Me<strong>di</strong>olani, primo augusti 1454.


Iohannes Antonius.<br />

Iohannes.<br />

1823<br />

Francesco Sforza vuole che il capitano <strong>di</strong> Casteggio, vista la supplica che gli trasmette del<br />

cre<strong>di</strong>tore Iacobo de Comite, citta<strong>di</strong>no <strong>di</strong> Milano e <strong>di</strong> Pavia, induca, con rito sommario, Francesco<br />

da Crema a saldare il debito che ha con lui.<br />

Capitanio Clastigii.<br />

1454 agosto 26, Milano.<br />

Supplicationem nobis poretam parte Iacobi de Comite, civis nostri Me<strong>di</strong>olani et Papie,<br />

tibi his imclusam mictimus, tibique mandamus quatenus ad te vocato illo Iohanne<br />

Francisco de Crema, debitore, prout in ipsa supplicatione fit mentio super contentis im<br />

ea, ius sumarium et expe<strong>di</strong>tum facias sine strepitu et figura iu<strong>di</strong>cii, sola veritate<br />

inspecta, ita quod ipse lacobum (a) suum proinde debitum consequatur nec expensis<br />

frustetur. Data Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e xxvi augusti 1454.<br />

Cichus.<br />

(a) Così A.<br />

490v Memoria sia (a) della Valle de Brambana mandarlo a notificare ad Antonio (b) de<br />

Terrenzano, habitante Castrezagi.<br />

Apud castrum Coatorum, <strong>di</strong>e xi novembris 1453.<br />

(Or<strong>di</strong>ne) ad Antinello <strong>di</strong> San Flixio, armigero del magnifico Corrado, fratello del duca, <strong>di</strong><br />

andare a Piacenza con quattro cavalli e i suoi domestici<br />

(Con) relazione <strong>di</strong> Griffone, armigero <strong>di</strong> Corrado, fratello del duca, da parte del duca.<br />

Antonello de Sancto Flixio, armigero magnifici Conra<strong>di</strong>, germani nostri, cum quatuor<br />

equis et famulis suis eun<strong>di</strong> Placentiam.<br />

A margine: Relatione Griffonis, armigeri magnifici Cunra<strong>di</strong>, parte ducis Me<strong>di</strong>olani.<br />

Bon Zohanne per lo salvoconducto de Crema, denari i sol<strong>di</strong> xii.<br />

(a) Segue a te Filippo havuto che se serà scripta depennato.<br />

(b) Segue <strong>di</strong> Vichi depennato.<br />

Illustrissimo principe, il duca si <strong>di</strong>ce stupito della loro indolenza nella riscossione del danaro.<br />

Data l’importanza della cosa egli riteneva, come anche gli si era fatto credere, che si dessero<br />

per detta raccolta, ma pare che si lascino prendere per il naso con belle parole. A Zanino<br />

comanda che, appena ricevuta questa missiva, si porti da lui con i denari che ha poturo<br />

incassare, altrimenti procuri <strong>di</strong> essere chiaro e <strong>di</strong>rgli perché non ce n’é, e gli spiattelli da che ciò<br />

<strong>di</strong>penda in modo che che possa provvedervi.<br />

Allegato 1r<br />

Illustrissime princeps et cetera, <strong>di</strong>lecte noster, maravigliamone grandamente che siati<br />

così fre<strong>di</strong> et pigri in dare hora maxima expe<strong>di</strong>tione al recato del <strong>di</strong>naro et che ve lassiati<br />

menare per parole et frasche; attenta la importantia dela cosa, nuy credevamo che vuy<br />

foste in camino con lo spazamento del <strong>di</strong>cto <strong>di</strong>naro, secundo el scrivere vostro, et<br />

parene che ve lassiati ogni dì più cha mai menare per parole, como fanno li buffali per<br />

lo naso. Pertanto ve comettemo et volemo che subito recevuta questa che tu, Zanino,<br />

vegni via con quelli più <strong>di</strong>nari che tu hai potuto recatare, overo che tu ne avisi dela cosa<br />

chiaro como passa, et perché mancha et da che viene, ad ciò inten<strong>di</strong>amo el facto<br />

nostro chiaramente et che li possiamo provedere.<br />

Gli ripete ancora <strong>di</strong> mandare due squadre <strong>di</strong> genti d‘arme con tutti i soldati utili, sia a pie<strong>di</strong> che a<br />

cavallo, lasciando i loro carriaggi a Melzo con l’or<strong>di</strong>ne che se si trovano, come scrisse ieri, a<br />

Pizzighettone, se ne vadano via tutti.<br />

Allegato 1v<br />

Non obstante quanto te habbiamo scripto che ne dovisse mandare quelli doi squadre<br />

de zente d’arme et tuti li fanti, cossì da pede, como da cavallo che sonno a Melzo con


tuti li loro carriazi, volimo adesso de novo che ne debii mandare <strong>di</strong>cte doe squadre cum<br />

tuti li loro zente utile, così da pede, como da cavallo, lassando lì loro cariazzi firmi a<br />

Melzo con or<strong>di</strong>ne et comissione che, se demoreno lì a Pizguitone, como te scripsemo<br />

heri, facendo taliter che tuti se ne venghano via et che non gli remangha alcuna. Data.<br />

Il duca ricorda a Sceva e al luogotenente <strong>di</strong> avergli scritto <strong>di</strong> non importunare il comune e gli<br />

uomini <strong>di</strong> Rivergaro per il paio <strong>di</strong> buoi, venduti al conestabile ducale della Porta piacentina <strong>di</strong><br />

San Raimondo, da Rosseto, famiglio, ovvero uomo d’arme del condottiero ducale Taddeo dal<br />

Verme. Gli ricorda pure che con ciò non intendeva ledere i <strong>di</strong>ritti del conestabile sforzesco<br />

Bolognino: gli era stato assicurato da Taddeo che avrebbe indotto Rosseto a pagare<br />

Bolognino, oppure vi avrebbe provveduto lui.<br />

Siccome Bolognino non ha ancora ricevuto nulla, il duca vuole che subentrino in questa<br />

vertenza Sceva e il luogotenente per convincere Taddeo ad accontentare, entro quattro o sei<br />

giorni, Bolognino, trascorsi i quali invano, essi agireranno con procedura sommaria contro quelli<br />

<strong>di</strong> Rivergaro, o chi credono, in modo che Bolognino sia appagato.<br />

Allegato 2r<br />

Domino Sceve et locumtenenti Placentie.<br />

Dillecte noster, quisti dì passati ve scripsemo non dovesti lassar far molestia nì novitate<br />

alcuna al comune et homini de Rivergaro per casone de quelo paro de bovi, quali altra<br />

fiata el Rosseto, famiglio osia homo d'arme de Tadeo dal Vermo, nostro conductero,<br />

vendeti al conestabile nostro dela porta de San Raymondo de quela nostra citade, et<br />

reliqua, como in esse nostre litere se conteneva date a Me<strong>di</strong>olano adì xxiiii del<br />

presente. Ve avisamo che nuy scripsemo in quela forma non per togliere la raxone sua<br />

al Bolognino, connestabile nostro pre<strong>di</strong>cto, ma perché esso Tadeo ne ha <strong>di</strong>cto e<br />

promisso de fare pagare e satisfare al <strong>di</strong>cto Bolognino per lo <strong>di</strong>cto Rosseto, overo de<br />

farlo lui del suo, il che ne pareva asay più continente. Mò é stato qua esso Bolognino a<br />

lamentarse, per la qual cosa volemo, e nostra intentione é che voy faciati noticia al<br />

<strong>di</strong>cto Tadeo che faza contento el <strong>di</strong>cto connestabile per li <strong>di</strong>cti bovi e suo interesse e<br />

spexe infra quatro o sei dì. E non lo facendo cum effecto, passato lo <strong>di</strong>cto termino,<br />

siamo contenti e volemo fatiati rasone a esso connestabile, sive contra quili da<br />

Rivergaro sive contra chi se voglia summaria et expe<strong>di</strong>ta, in modo ch'el non habia più<br />

casone legitima de querella. E questo non obstando le nostre pre<strong>di</strong>cte litere. Data xxx<br />

maii 1452.

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