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Registro missive n. 16 - Istituto Lombardo Accademia di Scienze e ...

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Si propizia, così, un altro rabbuffo ducale: “luy ha una grande rasone contra de<br />

ti, como per un’ altra nostra più largamente intenderay”.<br />

Ovviamente i rapporti Sforza – Colleoni non si concretizzano unicamente in<br />

simili atteggiamenti. Il 21.12.1453 il duca loda la decisione del Colleoni <strong>di</strong><br />

portarsi nella Valle <strong>di</strong> San Martino per por fine ai contrasti che vi sono fra gli<br />

uomini <strong>di</strong> là. Approva la sua cavalcata a Brivio, verso la bastia e la rocca <strong>di</strong><br />

Vercurago e la rocca <strong>di</strong> Baido. Si <strong>di</strong>ce certo del suo ricupero <strong>di</strong> Brivio e della sua<br />

rocca oltre che delle “parte dellà”. Gli dà atto <strong>di</strong> avere efficacemente agito “ad<br />

restringere che non vadano biade ad Bergamo”. Per contro lo Sforza assicura il<br />

Colleoni <strong>di</strong> aver provveduto alle “tracte de biade” per sostentare gli uomini del<br />

paese segnalatogli dal condottiero tramite i membri del Consiglio segreto, ai<br />

quali il Colleoni potrà rivolgersi perchè, lo accerta, “exequirano tuto quello<br />

rechiederiti”.<br />

Il Colleoni sarà informato dallo Sforza (12.1.1454) che degli uomini <strong>di</strong> Lovere gli<br />

hanno manifestato il senso <strong>di</strong> insicurezza <strong>di</strong> cui soffrono e dubitano <strong>di</strong> essere<br />

abbandonati dal Colleoni.<br />

Sebbene con altre lettere gli abbia richiesto <strong>di</strong> mandare dei suoi soldati “al<br />

obsi<strong>di</strong>o della rocha de Bre”, vuole che provveda “ala <strong>di</strong>cta terra de Luere”<br />

lasciandogliene degli altri “ala <strong>di</strong>fexa loro, siché non possano recevere<br />

mancamento e damno alcuno”. Gli comunica <strong>di</strong> aver scritto al Consiglio segreto<br />

<strong>di</strong> designare il castellano della rocca <strong>di</strong> Vercurago conquistata da lui, Colleoni.<br />

Nello stesso girno il <strong>di</strong> duca risponde ad Antonello de Campania, podestà <strong>di</strong><br />

Lovere, per tranquillizzare sia lui che Gentile della Molara circa la permanenza lì<br />

<strong>di</strong> cavalli e <strong>di</strong> fanti e ha ricordato loro che il Colleoni, cui aveva dato “el caricho<br />

et governo de quelle ... cose del canto dellà, … circha la deffensione e guar<strong>di</strong>a<br />

de <strong>di</strong>cta valle gli doveva fare la debita provisione gli parerà necessaria”.<br />

Agli uomini <strong>di</strong> Lovere faranno seguito, il giorno dopo, quelli della valle Camonica<br />

che si lagneranno dei danni patiti dai nemici, ma pure dalle genti “ che sonno<br />

state là ala defexa loro”.Non resta che far ritornare quella soldataglia in hiberna.<br />

E’ cio che lo Sforza farà e al Colleoni or<strong>di</strong>nerà premettendo circuenti parole:<br />

“considerato che a questi tempi se conviene acarezare <strong>di</strong>cti homini et non<br />

exasperarli”.<br />

Proseguendo la scorsa <strong>di</strong> documenti riguardanti il Colleoni si ha notizia (il<br />

23.2.1454) che il provisionato ducale Zuca aveva derubato Manfredo, uomo<br />

della Val Brembana, cui il Colleone aveva concesso licenza e salvacondotto per<br />

portar fuori della merce dalla Val Trombia. Questo fatto dà motivo al duca <strong>di</strong><br />

attestare che le lettere e i salvocondotti dati dal Colleoni “siano observati non<br />

altramente che le nostre proprie”.<br />

Ulteriore affermazione dei poteri concessi al Colleoni viene rilasciata (27.3.1454)<br />

dallo Sforza quando avverte il capitano della cittadella <strong>di</strong> Piacenza che il<br />

condottiero “pò commandare ali nostri como nuy stessi”.<br />

Non passerà una quin<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> giorni e, allusivamente, farà sapere a Giuliano<br />

Calvisano, vicario <strong>di</strong> Caleppio, <strong>di</strong> avere bene inteso quanto gli ha scritto del<br />

“facto” del Colleoni: restiamo “ad compimento advisati” e, come al solito<br />

rassicurante aggiunge “nuy acconzaremo et adaptaremo il facto nostro per uno<br />

modo o per un altro che starà bene”.<br />

A queste parole <strong>di</strong> colore oscuro, altre più esplicite esprimerà lo stesso giorno<br />

(8.4.1454) al podestà castellano, al comune e uomini <strong>di</strong> Castell’Arquato. Inizierà<br />

con il <strong>di</strong>re <strong>di</strong> aver “concesso ad Bartolomeo Coglione” (va notato che al nome<br />

non viene premesso l’appellativo <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinzione “magnifico” e il nome non è più<br />

“Colione”, ma storpiato offensivamente) “el dominio <strong>di</strong> quella terra <strong>di</strong><br />

Castellarquata perchè lui perseverasse fidelmente in li servicii nostri et fare

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