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Registro missive n. 16 - Istituto Lombardo Accademia di Scienze e ...

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Ve scripsemo l’altro per una nostra lettera facta per mano de Angelo da Riete, nostro<br />

au<strong>di</strong>tore, quello era nostra intentione dovesti seguire in la <strong>di</strong>fferentia et controversia<br />

vertente tra Bartolomeo Pozolo et figlioli per una parte, et Caterina de Canisi da<br />

Piacenza per l'altra. Et per quello che novamente intendemo per lamenta de <strong>di</strong>cta<br />

Caterina, non solum non (a) haveti facto quello ve havemo scrito in suo favore, ma<br />

l’haveti missa in novo litigio con havere facto comandamento a <strong>di</strong>cte parte che vegnano<br />

con le loro rasone qui da nuy; dela qual cosa molto me meravigliamo perché dovevati<br />

obe<strong>di</strong>re le nostre lettere et lassare il caricho a nuy del’altra parte se se lamentasse,<br />

attento che in ogne modo poy l’haveressemo facto administrare rasone; et questa<br />

provisione che haveti facta 365r de fare venire qui le parte da nuy, la haveressemo<br />

saputa fare senza vuy, como fecemo l’altro dì. (b) Benché me pare intendere la casone<br />

molto bene, et perché la <strong>di</strong>cta nostra lettera non é stata exequita da vuy, ma como el se<br />

sia, volimo, remossa ogne casone et exceptione, desiati mandare ad effecto quanto se<br />

contene in <strong>di</strong>cta lettera facta per mano del <strong>di</strong>cto domino Angelo; et se l'altra parte se<br />

lamentasse de iniustitia, <strong>di</strong>ceti ch’el venga da nuy perché gli faremo fare il dovere, siché<br />

meritamente non se potrà dolere. Ma sopra ogne cosa intendemo che vuy, Sceve, et<br />

ciascuno a chi scrivemo, debia exequire la nostra voluntà et non giosarla. Data<br />

Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e vii maii 1454.<br />

Leonardus.<br />

Iohannes.<br />

(a) non in interlinea.<br />

(b) Da como a <strong>di</strong> ripetuto.<br />

1357<br />

Francesco Sforza esprime al condottiero Tiberto Brandolini la sua contrarietà per aver assunto ai<br />

suoi servizi Graziolo da Vicenza e i figli. ll duca ha perdonato a Graziolo ogni suo errore e fallo,<br />

ma ricorda a Tiberto il proverbio che <strong>di</strong>ce “che offende non perdona”, dal duca tradotto che chi é<br />

perdonato non <strong>di</strong>mentica mai <strong>di</strong> essere ingrato del beneficio ricevuto. Tiberto sa così <strong>di</strong> preciso<br />

quel che il duca ne pensa <strong>di</strong> Graziolo, lascia a Tiberto <strong>di</strong> fare quel che gliene pare.<br />

1454 maggio 8, Milano.<br />

Magnifico militi domino Thiberto de Brandolinis, armorum capitaneo nostro.<br />

Havemo inteso che vuy haveti tolto, overo seti per tore con vuy et ali servicy vostri,<br />

Gratiolo da Vicenza et li figlioli; la qual cosa, quanto é in nuy, non ne piaceria, perché,<br />

quantunche essi Gratiolo et figlioli habiano fallito grandemente contro de nuy, el ché é<br />

chiaro e manifesto, et nuy gli habiamo remisso et perdonato liberamente ogne errore et<br />

fallo suo, non<strong>di</strong>mancho se <strong>di</strong>ce comune proverbio che offende non perdona, et é<br />

comune vicio de simili homini, quando hanno fallito et gli é (a) perdonato, de non<br />

<strong>di</strong>mentecarse may et essere sempre ingrati del benefitio ricevuto. Lo quale vicio<br />

cre<strong>di</strong>amo debia regnare in costoro; et dubitiamo, immo siamo quasi certi, che de loro<br />

non se haverà may né bono, né fidele servitio. Et se per lo passato hanno commisso<br />

delle mancamenti, non una fiata, ma più volte, farano molto pezo per l'avenire. Vuy<br />

intendeti mò el parere nostro, che quanto é in nuy non ne piace che vuy l'acceptate;<br />

non<strong>di</strong>meno remettiamo a vuy che faciate como ve pare. Data Me<strong>di</strong>olani, viii maii 1454.<br />

Irius.<br />

Cichus.<br />

(a) gli é in interlinea.<br />

1358<br />

Francesco Sforza si meraviglia che Giovanni de Picotonibus, causi<strong>di</strong>co pavese, non gli abbia<br />

mandato il suo co<strong>di</strong>go. Glielo man<strong>di</strong> con un suo figlio a conoscenza del prezzo.<br />

1454 maggio 8, Milano.<br />

365v Domino Iohanni de Picotonibus, civi et causi<strong>di</strong>co Papiensi.<br />

Ne meravigliamo che non haveti mandato quello vostro Co<strong>di</strong>go, secundo ve havemo<br />

scripto. Et pertanto replicamove et carichamo che, veduta la presente, lo man<strong>di</strong>ati

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