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Registro missive n. 16 - Istituto Lombardo Accademia di Scienze e ...

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quale ne rendemo molto mal contenti e rencrescene ultramodo et, segondo <strong>di</strong>cono essi<br />

homini d’arme volere aprovare per alcuni zentilhomini et più altri che se trovavano lì,<br />

non gli hanno colpa nè defecto, et niente de mancho sonno stati feriti et toltoli li lor<br />

cavalli et carriagii e robbe per quelli da Casale. Per la qual cosa volemo e ve<br />

commettemo che subito, et primo et ante omnia, debbiati far fare subtile inquisitione<br />

deli cavalli e cose tolte a <strong>di</strong>cti homini d’arme et farli restituire senza mancamento<br />

alcuno, et, se deinde li homini d’arme se graverano de questo, admoniteli che mandano<br />

qua da messer Angelo da Reate, nostro au<strong>di</strong>tore, ad docendum del suo gravamento et<br />

gli sarà ministrato ragione. Et pigliarati ogni meliore informatione poterite de questo;<br />

dela quale subsequenter ne avisarite per vostre lettere. Data ut supra.<br />

26<br />

Francesco Sforza comunica alla duchessa che i gentiluomini da Fontana, citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Piacenza,<br />

l’hanno informato <strong>di</strong> una causa che si trascina da tempo fra loro e i gentiluomini della Somaglia,<br />

causa dalla duchessa affidata a Sceva de Curte su istanza degli stessi della Somaglia. Di detta<br />

costosa causa “non resta altro nisi dare la sententia,” ma, siccome i della Somaglia temono <strong>di</strong><br />

uscirne perdenti, hanno supplicato il duca per un rinvio della causa fino alla sua venuta a Milano,<br />

rinvio, che egli ha loro concesso in considerazione del fatto che Sanguinetto è al campo. Per un<br />

medesimo rinvio si sono rivolti alla duchessa, ottenendone “lettere <strong>di</strong> comissione ali Maestri...<br />

delle intrate straor<strong>di</strong>narie”. Tanto comportamento <strong>di</strong>sonesto dei della Somaglia induce il duca a<br />

informare la duchessa della sua deteminzione <strong>di</strong> far portare a termine la causa da Sceva, che sa<br />

essere uomo che in questa faccenda non vuole che giustizia..<br />

1453 agosto 5, “in castris nostris felicibus apud Gaydum”.<br />

9v Illustrissime domine ducisse Me<strong>di</strong>olani.<br />

Nomine deli zentilhomini da Fontana, nostri cita<strong>di</strong>ni de Piasenza, n'è stato significato<br />

con gravissima querella che, essendo vertita già longo tempo <strong>di</strong>fferentia fra essi e li<br />

zentilhomini dala Somalia, la quale causa la vostra signoria alias la commisse al<br />

spectabile messer Sceva da Corte ad instantia d’essi zentilhomini dala Somalia e con<br />

gran<strong>di</strong>ssimo affanno e spese, processo in causa in modo che non resta altro nisi dare<br />

la sententia, li <strong>di</strong>cti zentilhomini dala Somalia, dubitandosi succumbere in causa, per<br />

dedure la cosa in longho e fugire el iu<strong>di</strong>cio, hanno ad uno trato havuto da uno tanto<br />

recorso da nuy et supplicato suspendessemo la causa fine ala venuta nostra a Milano,<br />

et ge la havemo concessa ad nostro beneplacito, considerato che Sanguinolo sta<br />

occupato qui in campo. Dal'altro canto hanno supplicato ala signoria vostra e da quella<br />

obtenute lettere de comissione ali Maestri nostri dell’intrate extraor<strong>di</strong>narie. Dela qual<br />

cosa, non parendo honesta, nè che sia stata vostra intentione, ne havemo voluto<br />

avvisare la signoria vostra et carrichare che in questo facto, voglia havere debita<br />

consideratione ed advertentia et provedere che, essendo proceduto in causa fin al<br />

proferrire dela sententia, como se <strong>di</strong>ce, la cosa vengha ad essere terminata per il<br />

prefato messer Sceva, el quale l’à examinata, ut asseritur, et bene intesa; et quello<br />

homo che è che non si de’ stimare che facesse altro in questo che quello che vole<br />

iustitia. E questo ne pare se habia a scrivere per la signoria vostra al <strong>di</strong>cto messer<br />

Sceva e sarà utile ale parte non havere a principiare altro litigio novo. Data in castris<br />

nostris felicibus apud Gaydum, <strong>di</strong>e v augusti 1453.<br />

Thomaxius de Angeli.<br />

Cichus.<br />

27<br />

Francesco Sforza, riallacciandosi alla lettera in cui ha parlato solo delle 500 lire che ancora<br />

devono gli uomini del vescovo <strong>di</strong> Tortona, risponde alle altre situazioni prospettategli dal<br />

commissario <strong>di</strong> Tortona con la sua lettera del 30 luglio scorso. Lo loda per aver spronato Paolo<br />

Pizamata a muoversi per riscuotere i denari dei soldati; altrettanto vuole che, per tale scopo,<br />

faccia con qualunque altro. Si congratula ancora con il commissario per aver mandato tre dei<br />

suoi uomini all’abbazia <strong>di</strong> San Alberto, argomento su cui più <strong>di</strong>ffusamente gli farà parola in<br />

un’altra lettera. Gli garba pure quanto gli ha detto <strong>di</strong> quei <strong>di</strong> Castelnuovo, cui, alla loro andata da<br />

lui, risponderà secondo il suo parere. Si <strong>di</strong>ce <strong>di</strong>spiaciuto che Mangiavillano, castellano <strong>di</strong> quella<br />

fortezza, non abbia voluto accogliere, per i sospetti che corrono, i sei uomini che gli ha mandato,<br />

anche se non del tutto a torto il castellano si è comportato così per “certo desdegno et

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