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Registro missive n. 16 - Istituto Lombardo Accademia di Scienze e ...

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185<br />

Francesco Sforza sollecita il vescovo <strong>di</strong> Pavia a intervenire perchè i parenti ed ere<strong>di</strong> del defunto<br />

predecessore dell’attuale preposito <strong>di</strong> San Romano <strong>di</strong> Pavia non abbiano (come lamenta il<br />

nuovo preposito) a irregolarmente occupare “alcuni beni et cose che debitamente spectano ad<br />

quella chiesa.<br />

(1453 settembre 1, “apud Gaydum”).<br />

Reverendo in Christo patri domino episcopo Papiensi.<br />

El c’è stato significato con lamenta per parte de miser lo preposto de Sancto Romano<br />

de quella nostra cità che per alcuni, quali se fanno here<strong>di</strong> quondam del’altro preposto<br />

suo precessore, funo occupati et retenuti alcuni beni et cose che debitamente spectano<br />

ad quella ecclesia, quantumque <strong>di</strong>cto precessore, como se <strong>di</strong>ce, gli habia legati et<br />

in<strong>di</strong>cati ad essi suoi here<strong>di</strong>, il che non ha potuto fare iuri<strong>di</strong>camente. Per la qual cosa<br />

confortiamo et caricamo la reverenda vostra paternità che la voglia molto bene<br />

intendere questa cosa, et se <strong>di</strong>cte cose et beni sonno alienati contra el debito in<br />

detrimento della <strong>di</strong>cta ecclesia, provedere siano restituiti et che la ecclesia sia satisfacta<br />

et non sia inganata né fraudata. Et quello or<strong>di</strong>narà la reverentia vostra circha questo, lo<br />

inconomo nostro li exequirà. Data ut supra.<br />

Cristoforus de Cambiago.<br />

Cichus.<br />

186<br />

Francesco Sforza risponde a Pietro da Lonate, commissario <strong>di</strong> Tortona, nonchè a Ludovico da<br />

Bologna e ad Antonio da Fabriano, familiari ducali. Rivolgendosi innanzitutto a Pietro gli <strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />

interpretare quanto gli hanno scritto la duchessa e quei del Consiglio segreto come dovuto a<br />

null’altro che a “importunità gli è stata facta”, perchè la sua volontà è che ognuno, non importa<br />

chi egli sia, paghi la tassa dei cavalli e quella del carriaggio.<br />

Circa poi agli uomini dei Ratti <strong>di</strong> Antonio da Cassano e <strong>di</strong> altri gentiluomini, “quali essi<br />

gentilhomini non vogliono astringere a pagare el debito loro”, li inducano con ogni mezzo a fare il<br />

loro dovere in modo che i soldati non ancora del tutto sod<strong>di</strong>sfatti vengano accontentati.<br />

Rivolgendosi nuovamente a Pietro, imputa alla indolenza sua e dei suoi consorti il non aver<br />

ancora riscosso quel che è dovuto ai soldati, quasi non avessero inteso che nel loro<br />

“spazamento”, riba<strong>di</strong>sce il duca,”consiste el bene de nuy et del stato nostro”.<br />

La risposta ducale si chiude concedento “plena, libera e larga licentia” <strong>di</strong> agire “realmente et<br />

personalmente” contro qualsiasi debitore della tassa dei cavalli e del carriaggio.<br />

(1453 settembre 1, “apud Gaydum”).<br />

50v Petro de Lonate, comissario Terdone, necnon Lodovicho de Bononia et Antonio de<br />

Fabriano, familiaribus nostris <strong>di</strong>lectis.<br />

Havemo recevute le vostre lettere et inteso quanto ne haveti scripto seperatamente,<br />

alle quale, respondendovi, <strong>di</strong>cimo: primo, ala parte che tu Petro ne scrivi delle lettere<br />

scripte per la illustrissima madona nostra consorte et per lo Conseglio nostro secreto<br />

che siano servate le exemptione lì ad alcuni, et cetera, <strong>di</strong>cemo che credemo le lettere<br />

quale loro hanno scripto piutosto l’habiano facto per importunità gli è stata facta che per<br />

altra casone; ma nostra intentione è, et così volemo che niuno, sia che voglia, sia<br />

preservato exempto de taxe de cavalli nì dal carrezo, sichè, senza che tu habii più altre<br />

lettere da nuy, constringeray ogniuno ad contribuire ala <strong>di</strong>cta spesa. Alla parte delli<br />

homini de quelli delli Rati de domino Antonio da Cassano et de più altri gentilhomini,<br />

quali essi gentilhomini non vogliono astringere a pagare el debito loro, ne rencresce<br />

asay et dole, il perché volimo, et così ve coman<strong>di</strong>amo che contra loro debiati procedere<br />

per tucte quelle vie e mo<strong>di</strong> a vuy parerano meglio et con ogni industria, sollicitu<strong>di</strong>ne et<br />

ingenio, sichè gli vengha voglia de fare el debito loro, et che li soldati nostri, che<br />

restano ad havere, siano integramente satisfacti del tuto. Et questo volemo ve sforzati<br />

de exequirlo con ogni presteza, celerità a vuy possibile. Apresso havemo inteso che tu<br />

Petro, insieme con li toy consorti, anchora non haveti constrecti li homini vostri a fare et

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