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epistolario ii - S.Maddalena di Canossa

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Le lettere ufficiali, specialmente quelle inerenti alle prime due fondazioni, sfrondano ogni<br />

dubbio d‘incertezza. Doveva essere anche forte l‘ascendente <strong>di</strong> <strong>Maddalena</strong>. Le più alte personalità, al<br />

suo primo richiamo, rispondevano con un pronto interessamento,<br />

C‘era festa a Corte il 6 luglio 1807, perché Napoleone aveva firmato una nuova pace. Il<br />

Ministro dell‘interno e il Ministro delle Finanze, tuttavia, interpellati nelle sale <strong>di</strong> palazzo dal Marchese<br />

Carlotti, avevano assicurato, quel giorno stesso, il loro appoggio alle richieste della <strong>Canossa</strong> e,<br />

nonostante l‘insorgere <strong>di</strong> vari ostacoli e della necessità <strong>di</strong> nuovi interventi epistolari, il 6 aprile 1808, la<br />

<strong>Canossa</strong>, esultante, poteva ringraziare il Marchese dell‘ottenuto beneficio: l‘uso gratuito dei locali e il<br />

pagamento <strong>di</strong> un mo<strong>di</strong>co affitto per gli annessi al Monastero.<br />

Intanto nel 1810, i fratelli sacerdoti, Conti Cavanis, che avevano a Venezia fatto sorgere, da<br />

alcuni anni (Ep. I, lett. 223, n. 19, pag. 339), opere caritative della misura della loro grandezza d‘animo,<br />

avevano chiesto la collaborazione della <strong>Canossa</strong> perché desse una saggia impronta organizzativa<br />

all‘ultima loro istituzione per le fanciulle povere. Nel 1812 la Marchesa vi era tornata, e quando era<br />

ormai completata la sua prestazione ed ella stava per ricondursi definitivamente in Patria, le insistenze<br />

degli amici veneti, tra cui la sua ospite, la Dama Priùli (Ep. I, lett. 397, pag. 645-46) e il sacerdote Don<br />

Lorenzo Piazza, l‘avevano convinta che la città lagunare aveva le stesse esigenze <strong>di</strong> bene <strong>di</strong> Verona. La<br />

casetta c‘è, piccola e povera, ma sufficiente per un anno a dar inizio alle opere. La offriva la Priùli<br />

senza alcun compenso. <strong>Maddalena</strong> aveva dato nuovamente il suo assenso e si era così aperto il secondo<br />

cenacolo delle Figlie della Carità.<br />

Ma la casetta <strong>di</strong> Sant‘Andrea era troppo piccola e, nel 1813, per l‘intervento del Marchese<br />

Casati, un‘altra personalità milanese la cui grandezza scaturiva più dalle doti spirituali, che dalle alte<br />

cariche che ricopriva, la <strong>Canossa</strong> e le sue si trasferivano nell‘ex convento <strong>di</strong> Santa Lucia (Ep. 1, pag.<br />

384).<br />

La Storia intanto seguiva il suo corso. Nel 1814 Napoleone cadeva e il Lombardo Veneto, dopo<br />

il Congresso <strong>di</strong> Vienna (1815), passava nelle mani dell‘Imperatore d‘Austria.<br />

La <strong>Canossa</strong> doveva iniziare allora un nuovo iter burocratico: segnalare al nuovo Governo le<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> cui beneficiava per i due Monasteri <strong>di</strong> Verona e <strong>di</strong> Venezia.<br />

Ma l‘ 11 novembre 1815, Francesco I, Imperatore d‘Austria e Re del Lombardo Veneto,<br />

visitava a Santa Lucia l‘opera della <strong>Canossa</strong> e, da lei richiesto, assicurava in dono i due conventi.<br />

A <strong>Maddalena</strong> pareva ormai risolto un <strong>di</strong>fficile problema: il pagamento degli affitti, che incideva<br />

non poco sulle già precarie con<strong>di</strong>zioni economiche dell‘opera ai suoi inizi. Era però, per allora, un falso<br />

miraggio. Nonostante la convinta intenzione del Sovrano, il Demanio <strong>di</strong> Venezia e quello <strong>di</strong> Verona<br />

ingaggiarono una lotta, a volte sorda, a volte aperta, per impe<strong>di</strong>re che i due conventi fossero sottratti ai<br />

beni demaniali. <strong>Maddalena</strong> non <strong>di</strong>sarmava quando prevaleva l‘interesse dei poveri e, con l‘aiuto degli<br />

amici <strong>di</strong> Milano, <strong>di</strong> Venezia, <strong>di</strong> Verona, e con quello, ancor più valido dello stesso imperatore, il 12<br />

febbraio 1819 otteneva il Decreto Governativo con cui le si concedeva l‘uso gratuito dei due locali e<br />

degli annessi.<br />

La strada era però ancora molto lunga.<br />

L‘opera non poteva rimanere privata ed era necessario chiedere prima l‘approvazione vescovile<br />

ed imperiale dell‘Istituto stesso, poi l‘approvazione delle Regole e l‘erezione canonica. Sei tappe, sei<br />

lunghe agonie per raggiungerle, sei estenuanti dossiers da comporre, da seguire, da <strong>di</strong>fendere contro gli<br />

ostacoli, che continuamente sorgevano, infine sei soluzioni positive.<br />

Le lettere, che vengono pubblicate, quelle che si sono potute reperire negli Archivi canossiani e<br />

in quelli <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Venezia, <strong>di</strong> Verona, <strong>di</strong> Milano e, per richiesta, in quello <strong>di</strong> Vienna, danno<br />

l‘impressione esatta <strong>di</strong> un altalenare febbrile <strong>di</strong> domande, <strong>di</strong> attese, <strong>di</strong> timori, <strong>di</strong> delusioni, <strong>di</strong> riprese e,<br />

infine, <strong>di</strong> esultanza, ma danno pure l‘impressione <strong>di</strong> <strong>di</strong>scontinuità, inevitabile in una corrispondenza<br />

tanto varia e tanto complessa, che riflette la tenacia <strong>di</strong> una donna, che non cercava il proprio trionfo, ma<br />

quello del Cristo, riprodotto in tante creature sofferenti.

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