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Seneca, Lettera a Lucilio 30 - Treccani

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5 Bassus noster videbatur mihi prosequi se et componere et vivere<br />

tamquam superstes sibi et sapienter ferre desiderium sui.<br />

Nam de morte multa loquitur et id agit sedulo ut nobis persuadeat,<br />

si quid incommodi aut metus in hoc negotio est, morientis<br />

vitium esse, non mortis; non magis in ipsa quicquam esse<br />

molestiae quam post ipsam.<br />

6 Tam demens autem est qui timet quod non est passurus quam<br />

qui timet quod non est sensurus. An quisquam hoc futurum<br />

credit, ut per quam nihil sentiatur, ea sentiatur? 'Ergo' inquit<br />

'mors adeo extra omne malum est ut sit extra omnem malorum<br />

metum.'<br />

7 Haec ego scio et saepe dicta et saepe dicenda, sed neque cum<br />

legerem aeque mihi profuerunt neque cum audirem iis dicentibus<br />

qui negabant timenda a quorum metu aberant: hic vero<br />

plurimum apud me auctoritatis habuit, cum loqueretur de mor-<br />

te vicina.<br />

8 Dicam enim quid sentiam: puto fortiorem esse eum qui in<br />

ipsa morte est quam qui circa mortem. Mors enim admota<br />

etiam inperitis animum dedit non vitandi inevitabilia; sic<br />

gladiator tota pugna timidissimus iugulum adversario prae-<br />

stat et errantem gladium sibi adtemperat. At illa quae in pro-<br />

pinquo est utique ventura desiderat lentam animi firmitatem,<br />

quae est rarior nec potest nisi a sapiente praestari.<br />

9 Libentissime itaque illum audiebam quasi ferentem de morte<br />

sententiam et qualis esset eius natura velut propius inspectae<br />

indicantem. Plus, ut puto, fidei haberet apud te, plus ponderis,<br />

si quis revixisset et in morte nihil mali esse narraret expertus:<br />

accessus mortis quam perturbationem adferat optime tibi hi dicent<br />

qui secundum illam steterunt, qui venientem et viderunt et<br />

receperunt.<br />

10 Inter hos Bassum licet numeres, qui nos decipi noluit. Is ait<br />

tam stultum esse qui mortem timeat quam qui senectutem; nam<br />

quemadmodum senectus adulescentiam sequitur, ita mors se-<br />

Il nostro Basso mi sembrava uno che stesse assistendo al proprio funerale e<br />

alla propria sepoltura, ma che continuasse poi a vivere come superstite a se<br />

stesso, sopportando con saggezza il proprio lutto. Infatti parla molto della<br />

morte e si dà da fare con premura per convincerci che, se c’è qualcosa di<br />

spiacevole e preoccupante in questa faccenda, la colpa è di chi muore, non<br />

della morte; in essa non c'è più dolore, di quanto non ce ne sia dopo.<br />

È un demente colui che teme ciò che poi non subirà, tanto quanto colui che<br />

teme una cosa che non potrà percepire. O forse qualcuno crede che sia possibile<br />

avvertire ciò per mezzo di cui non sentiremo più niente? "Quindi,"<br />

egli conclude, "la morte è così al di là di ogni male da essere al di là anche<br />

da ogni paura di qualsiasi male."<br />

So bene che questi cose sono state spesso ripetute e spesso dovranno essere<br />

ripetute; ma non mi avevano mai recato tanto giovamento quando le avevo<br />

lette o ascoltate da persone che sostenevano che non si deve aver paura di<br />

ciò da cui erano però lontane: Basso, invece, ha acquistato grande autorità<br />

su di me perché parla della morte ormai vicina.<br />

Ti dirò allora come la penso: ritengo più risoluto colui che si trova in punto<br />

di morte di chi è prossimo alla morte. La morte ormai imminente ha dato,<br />

infatti, anche a uomini impreparati il coraggio di non fuggire l'inevitabile;<br />

così il gladiatore, che si è dimostrato pieno di paura nel corso di tutto il<br />

combattimento, offre la gola all'avversario e aggiusta contro di sé la direzione<br />

imprecisa della spada. Ma quella morte che, pur destinata ad arrivare<br />

in ogni caso, è solo vicina, richiede una fermezza d'animo tenace che è più<br />

rara e che solo dal sapiente può essere dimostrata.<br />

Perciò ascoltavo molto volentieri Basso, come se egli esprimesse un giudizio<br />

sulla morte e ne indicasse la vera natura, come se l'avesse osservata più<br />

da vicino. Avresti più fiducia e, io penso, e attribuiresti maggior credito a<br />

uno che, resuscitato, ti raccontasse per sua esperienza che nella morte non<br />

c'è nessun male: ma il turbamento che porta l'avvicinarsi della morte, te lo<br />

potrebbero spiegare meglio quelli che le sono stati sulla traccia, l'hanno vi-<br />

sta sopraggiungere e l'hanno accolta.<br />

Tra costoro è giusto mettere Basso, il quale ha voluto liberarci dall'errore.<br />

Egli dice che è da stolti tanto temere la morte quanto temere la vecchiaia;<br />

infatti come la vecchiaia succede all'adolescenza, così la morte alla vec-<br />

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