Seneca, Lettera a Lucilio 30 - Treccani
Seneca, Lettera a Lucilio 30 - Treccani
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<strong>Seneca</strong>, <strong>Lettera</strong> a <strong>Lucilio</strong> <strong>30</strong> testo latino: L.D. Reynolds; trad. Stefano Maso<br />
1 Bassum Aufidium, virum optimum, vidi quassum, aetati<br />
obluctantem. Sed iam plus illum degravat quam quod possit<br />
attolli; magno senectus et universo pondere incubuit. Scis<br />
illum semper infirmi corporis et exsucti fuisse; diu illud<br />
continuit et, ut verius dicam, concinnavit: subito defecit.<br />
2 Quemadmodum in nave quae sentinam trahit uni rimae aut<br />
alteri obsistitur, ubi plurimis locis laxari coepit et cedere,<br />
succurri non potest navigio dehiscenti, ita in senili corpore<br />
aliquatenus inbecillitas sustineri et fulciri potest. Ubi tam-<br />
quam in putri aedificio omnis iunctura diducitur, et dum alia<br />
excipitur, alia discinditur, circumspiciendum est quomodo e-<br />
xeas.<br />
3 Bassus tamen noster alacer animo est: hoc philosophia praestat,<br />
in conspectu mortis hilarem et in quocumque<br />
corporis habitu fortem laetumque nec deficientem quamvis<br />
deficiatur. Magnus gubernator et scisso navigat velo et, si<br />
exarmavit, tamen reliquias navigii aptat ad cursum. Hoc facit<br />
Bassus noster et eo animo vultuque finem suum spectat quo alienum<br />
spectare nimis securi putares.<br />
4 Magna res est, Lucili, haec et diu discenda, cum adventat hora<br />
illa inevitabilis, aequo animo abire. Alia genera mortis spei<br />
mixta sunt: desinit morbus, incendium extinguitur, ruina quos<br />
videbatur oppressura deposuit; mare quos hauserat eadem vi<br />
qua sorbebat eiecit incolumes; gladium miles ab ipsa perituri<br />
cervice revocavit: nil habet quod speret quem senectus ducit ad<br />
mortem; huic uni intercedi non potest. Nullo genere homines<br />
mollius moriuntur sed nec diutius.<br />
Ho visto Aufidio Basso, una gran brava persona, molto indebolito e in lotta<br />
con l'età. Ma questa ormai gli pesa a tal punto da non permettergli più di<br />
riprendersi; la vecchiaia gli è addosso con tutto il suo grande peso. Tu sai<br />
che lui è sempre stato debole e gracile di costituzione; a lungo l'ha sostenu-<br />
to, anzi, per meglio dire, l’ha rinforzato: all’improvviso ha ceduto.<br />
Quando una nave imbarca acqua, si tenta di riparare ora l'una ora l'altra falla;<br />
ma come incomincia a cedere e ad aprirsi in più parti, non c'è più possibilità<br />
di intervenire su uno scafo che si sfascia. Allo stesso modo in un fisico<br />
invecchiato può essere sostenuta e puntellata la debolezza fino a un certo<br />
punto. Quando, come in un edificio marcio, tutte le giunzioni cedono e<br />
mentre ne rattoppi una se ne stacca un'altra, è necessario cercare il modo di<br />
uscirne fuori.<br />
Tuttavia il nostro Basso è di spirito vivace. Ebbene, proprio questo ti consente<br />
la filosofia, di essere sereno al cospetto della morte, forte e lieto al di<br />
là della condizione fisica; di non cedere anche quando il fisico sta cedendo.<br />
Un abile nocchiero sa navigare anche con la vela squarciata e, se ha perso<br />
il sartiame, tuttavia cerca di mantenere la rotta sfruttando quello che gli resta<br />
della nave. Così fa il nostro Basso: assiste alla propria fine con uno spirito<br />
e con una espressione del volto tali che tu li riterresti troppo rilassati<br />
anche in chi stesse assistendo alla morte di un’altra persona.<br />
È una cosa importante, <strong>Lucilio</strong> mio, che merita di essere un poco alla volta<br />
appresa: andarsene con animo sereno, quando si avvicina quell'ora fatale.<br />
In altre situazioni a rischio di morte non viene mai meno la speranza: una<br />
malattia può finire, un incendio si può spegnere, a volte un crollo ha lasciato<br />
illese persone che sembrava sul punto di schiacciare; il mare ha gettato<br />
sulla riva incolumi i naufraghi con la stessa forza con cui li aveva inghiottiti;<br />
il soldato ha ritratto la spada proprio dal capo della vittima. Ma non ha<br />
nessuna speranza colui che è condotto verso la morte dalla vecchiaia: solo<br />
a essa non ci si può opporre. In nessun altro modo gli uomini muoiono più<br />
dolcemente, ma neppure più lentamente.<br />
1
5 Bassus noster videbatur mihi prosequi se et componere et vivere<br />
tamquam superstes sibi et sapienter ferre desiderium sui.<br />
Nam de morte multa loquitur et id agit sedulo ut nobis persuadeat,<br />
si quid incommodi aut metus in hoc negotio est, morientis<br />
vitium esse, non mortis; non magis in ipsa quicquam esse<br />
molestiae quam post ipsam.<br />
6 Tam demens autem est qui timet quod non est passurus quam<br />
qui timet quod non est sensurus. An quisquam hoc futurum<br />
credit, ut per quam nihil sentiatur, ea sentiatur? 'Ergo' inquit<br />
'mors adeo extra omne malum est ut sit extra omnem malorum<br />
metum.'<br />
7 Haec ego scio et saepe dicta et saepe dicenda, sed neque cum<br />
legerem aeque mihi profuerunt neque cum audirem iis dicentibus<br />
qui negabant timenda a quorum metu aberant: hic vero<br />
plurimum apud me auctoritatis habuit, cum loqueretur de mor-<br />
te vicina.<br />
8 Dicam enim quid sentiam: puto fortiorem esse eum qui in<br />
ipsa morte est quam qui circa mortem. Mors enim admota<br />
etiam inperitis animum dedit non vitandi inevitabilia; sic<br />
gladiator tota pugna timidissimus iugulum adversario prae-<br />
stat et errantem gladium sibi adtemperat. At illa quae in pro-<br />
pinquo est utique ventura desiderat lentam animi firmitatem,<br />
quae est rarior nec potest nisi a sapiente praestari.<br />
9 Libentissime itaque illum audiebam quasi ferentem de morte<br />
sententiam et qualis esset eius natura velut propius inspectae<br />
indicantem. Plus, ut puto, fidei haberet apud te, plus ponderis,<br />
si quis revixisset et in morte nihil mali esse narraret expertus:<br />
accessus mortis quam perturbationem adferat optime tibi hi dicent<br />
qui secundum illam steterunt, qui venientem et viderunt et<br />
receperunt.<br />
10 Inter hos Bassum licet numeres, qui nos decipi noluit. Is ait<br />
tam stultum esse qui mortem timeat quam qui senectutem; nam<br />
quemadmodum senectus adulescentiam sequitur, ita mors se-<br />
Il nostro Basso mi sembrava uno che stesse assistendo al proprio funerale e<br />
alla propria sepoltura, ma che continuasse poi a vivere come superstite a se<br />
stesso, sopportando con saggezza il proprio lutto. Infatti parla molto della<br />
morte e si dà da fare con premura per convincerci che, se c’è qualcosa di<br />
spiacevole e preoccupante in questa faccenda, la colpa è di chi muore, non<br />
della morte; in essa non c'è più dolore, di quanto non ce ne sia dopo.<br />
È un demente colui che teme ciò che poi non subirà, tanto quanto colui che<br />
teme una cosa che non potrà percepire. O forse qualcuno crede che sia possibile<br />
avvertire ciò per mezzo di cui non sentiremo più niente? "Quindi,"<br />
egli conclude, "la morte è così al di là di ogni male da essere al di là anche<br />
da ogni paura di qualsiasi male."<br />
So bene che questi cose sono state spesso ripetute e spesso dovranno essere<br />
ripetute; ma non mi avevano mai recato tanto giovamento quando le avevo<br />
lette o ascoltate da persone che sostenevano che non si deve aver paura di<br />
ciò da cui erano però lontane: Basso, invece, ha acquistato grande autorità<br />
su di me perché parla della morte ormai vicina.<br />
Ti dirò allora come la penso: ritengo più risoluto colui che si trova in punto<br />
di morte di chi è prossimo alla morte. La morte ormai imminente ha dato,<br />
infatti, anche a uomini impreparati il coraggio di non fuggire l'inevitabile;<br />
così il gladiatore, che si è dimostrato pieno di paura nel corso di tutto il<br />
combattimento, offre la gola all'avversario e aggiusta contro di sé la direzione<br />
imprecisa della spada. Ma quella morte che, pur destinata ad arrivare<br />
in ogni caso, è solo vicina, richiede una fermezza d'animo tenace che è più<br />
rara e che solo dal sapiente può essere dimostrata.<br />
Perciò ascoltavo molto volentieri Basso, come se egli esprimesse un giudizio<br />
sulla morte e ne indicasse la vera natura, come se l'avesse osservata più<br />
da vicino. Avresti più fiducia e, io penso, e attribuiresti maggior credito a<br />
uno che, resuscitato, ti raccontasse per sua esperienza che nella morte non<br />
c'è nessun male: ma il turbamento che porta l'avvicinarsi della morte, te lo<br />
potrebbero spiegare meglio quelli che le sono stati sulla traccia, l'hanno vi-<br />
sta sopraggiungere e l'hanno accolta.<br />
Tra costoro è giusto mettere Basso, il quale ha voluto liberarci dall'errore.<br />
Egli dice che è da stolti tanto temere la morte quanto temere la vecchiaia;<br />
infatti come la vecchiaia succede all'adolescenza, così la morte alla vec-<br />
2
nectutem. Vivere noluit qui mori non vult; vita enim cum exceptione<br />
mortis data est; ad hanc itur. Quam ideo timere de-<br />
mentis est quia certa expectantur, dubia metuuntur.<br />
11 Mors necessitatem habet aequam et invictam: quis queri potest<br />
in ea condicione se esse in qua nemo non est? prima autem<br />
pars est aequitatis aequalitas. Sed nunc supervacuum est naturae<br />
causam agere, quae non aliam voluit legem nostram esse<br />
quam suam: quidquid composuit resolvit, et quidquid resolvit<br />
componit iterum.<br />
12 Iam vero si cui contigit ut illum senectus leviter emitteret, non<br />
repente avulsum vitae sed minutatim subductum, o ne ille agere<br />
gratias diis omnibus debet quod satiatus ad requiem homini<br />
necessariam, lasso gratam perductus est. Vides quosdam optantes<br />
mortem, et quidem magis quam rogari solet vita. Nescio<br />
utros existimem maiorem nobis animum dare, qui deposcunt<br />
mortem an qui hilares eam quietique opperiuntur, quoniam illud<br />
ex rabie interdum ac repentina indignatione fit, haec ex iudicio<br />
certo tranquillitas est. Venit aliquis ad mortem iratus:<br />
mortem venientem nemo hilaris excepit nisi qui se ad illam diu<br />
composuerat.<br />
13 Fateor ergo ad hominem mihi carum ex pluribus me causis<br />
frequentius venisse, ut scirem an illum totiens eundem invenirem,<br />
numquid cum corporis viribus minueretur animi vigor;<br />
qui sic crescebat illi quomodo manifestior notari solet<br />
agitatorum laetitia cum septimo spatio palmae adpropinquant.<br />
14 Dicebat quidem ille Epicuri praeceptis obsequens, primum<br />
sperare se nullum dolorem esse in illo extremo anhelitu; si tamen<br />
esset, habere aliquantum in ipsa brevitate solacii; nullum<br />
enim dolorem longum esse qui magnus est. Ceterum succursurum<br />
sibi etiam in ipsa distractione animae corporis-<br />
que, si cum cruciatu id fieret, post illum dolorem se dolere non<br />
posse. Non dubitare autem se quin senilis anima in primis labris<br />
esset nec magna vi distraheretur a corpore. 'Ignis qui alentem<br />
materiam occupavit aqua et interdum ruina extinguendus<br />
chiaia. Chi non vuole morire, non vuole vivere: la vita ci è stata data a condizione<br />
di morire; verso di essa andiamo. Perciò è da pazzi temerla, perché<br />
le cose certe si aspettano, mentre quelle dubbie si temono.<br />
C’è nella morte una necessità uguale per tutti e invincibile: che potrebbe<br />
lamentarsi di essere in una situazione tutti si trovano? Condizione primaria<br />
della giustizia è l'uguaglianza. Ma è ora superfluo difendere la natura per<br />
aver voluto per noi una legge non diversa dalla sua: essa dissolve quanto ha<br />
formato e riforma quanto ha dissolto.<br />
Di fatto se a uno è successo che la vecchiaia lo congedi lentamente, senza<br />
strapparlo all'improvviso dalla vita, ma sottraendovelo a poco a poco, non<br />
deve ringraziare tutti gli dèi, perché sazio viene condotto a quel riposo necessario<br />
all'uomo e gradito a chi è stanco? Tu vedi che certi invocano la<br />
morte, e con più intensità di quanto di solito si domandi la vita. Non so se<br />
ci infonda più coraggio chi implora la morte o chi l'aspetta lieto e tranquillo:<br />
il desiderio dei primi nasce talvolta da furore o da sdegno improvviso,<br />
mentre questa tranquillità deriva da un ben ponderato giudizio. Qualcuno<br />
va incontro alla morte pieno d'ira: accoglie lieto l’arrivo della morte solo<br />
chi vi si è preparato a lungo.<br />
Confesso di essere andato piuttosto di frequente a visitare quest'uomo che<br />
mi è caro per moltissimi motivi, per vedere se lo avrei trovato ogni volta<br />
sempre uguale, o se insieme alla forza fisica venisse meno il suo vigore<br />
spirituale; ma questo cresceva in lui come diventa più evidente l'esultanza<br />
degli aurighi quando sono al settimo giro e si avvicinano alla vittoria.<br />
Egli, seguendo gli insegnamenti di Epicuro, diceva di sperare prima di tutto<br />
che non ci fosse nessun dolore in quell'estremo anelito; e se poi ci fosse,<br />
l’essere di breve durata sarebbe già di grande sollievo: infatti nessun dolore<br />
intenso dura a lungo. Ma anche gli sarebbe stato di conforto, nel momento<br />
del distacco dell'anima dal corpo, nel caso ciò avvenisse con dolore, il pensiero<br />
che dopo quella sofferenza non avrebbe più potuto soffrire. Non dubitava,<br />
poi, che la sua anima di vecchio fosse a fior di labbra e che non si sarebbe<br />
staccata dal corpo con grande sforzo. "Il fuoco, quando si appicca a<br />
materiali infiammabili, va estinto con l'acqua, e a volte demolendo le strut-<br />
3
est: ille qui alimentis deficitur sua sponte subsidit.' ture; ma se gli manca l’alimento si estingue da sé."<br />
15 Libenter haec, mi Lucili, audio non tamquam nova, sed tamquam<br />
in rem praesentem perductus. Quid ergo? non multos<br />
spectavi abrumpentes vitam? Ego vero vidi, sed plus momenti<br />
apud me habent qui ad mortem veniunt sine odio vitae et ad-<br />
mittunt illam, non adtrahunt.<br />
16 Illud quidem aiebat tormentum nostra nos sentire opera, quod<br />
tunc trepidamus cum prope a nobis esse credimus mortem: a<br />
quo enim non prope est, parata omnibus locis omnibusque<br />
momentis? 'Sed consideremus' inquit 'tunc cum aliqua causa<br />
moriendi videtur accedere, quanto aliae propiores sint quae<br />
non timentur.' Hostis alicui mortem minabatur, hanc cruditas<br />
occupavit.<br />
17 Si distinguere voluerimus causas metus nostri, inveniemus alias<br />
esse, alias videri. Non mortem timemus sed cogitationem<br />
mortis; ab ipsa enim semper tantundem absumus. Ita si timenda<br />
mors est, semper timenda est: quod enim morti tem-<br />
pus exemptum est?<br />
18 Sed vereri debeo ne tam longas epistulas peius quam mortem<br />
oderis. Itaque finem faciam: tu tamen mortem ut numquam timeas<br />
semper cogita. Vale.<br />
Ascolto volentieri, <strong>Lucilio</strong>, queste cose non perché mi siano nuove, ma<br />
perché mi mettono di fronte alla realtà. E che dunque? Non ho forse visto<br />
molti uomini togliersi la vita? Certo ne ho visti, ma per me hanno più valore<br />
coloro che arrivano alla morte senza odiare la vita e l’accolgono, ma non<br />
se la tirano addosso.<br />
Basso diceva poi che quel tormento noi lo sentiamo per colpa nostra, perché<br />
ci lasciamo prendere dal panico quando crediamo che la morte sia ormai<br />
vicina: ma a chi la morte non è vicina, in attesa in ogni luogo e in ogni<br />
momento? "Quando ci sembra che si avvicini un pericolo di morte," diceva,<br />
"consideriamo quanto ci siano più vicini altri pericoli che non temiamo<br />
affatto." A un tale il suo nemico minacciava la morte e invece è morto<br />
prima per un’indigestione.<br />
Se vorremo analizzare le cause della nostra paura, ne troveremo alcune reali,<br />
altre apparenti. Noi non temiamo la morte, temiamo il pensiero della<br />
morte; da essa siamo sempre ugualmente lontani. Così se dev’essere temuta,<br />
dev’essere temuta sempre: quale momento della vita ne è privo?<br />
Ma temo che tu finisca per odiare più della morte una lettera tanto lunga.<br />
Perciò concluderò: tu però pensa sempre alla morte per non temerla mai.<br />
Ti saluto.<br />
4