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A M L E T O

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F R A N C O B A L D I<br />

A M L E T O


AMLETO<br />

di<br />

Franco Baldi


Alla tardiva memoria<br />

di mio padre<br />

Amleto Baldisserri<br />

“Volontariamente abbiamo dichiarato guerra alla guerra<br />

pagando un alto tributo di sangue<br />

per rendere possibile la ricostruzione.”<br />

Mario Duili<br />

“Ma cosa abbiamo poi fao di tanto straordinario?<br />

Ci siamo comportati nell’unico modo giusto.<br />

Era nostro dovere.”<br />

Don Giulio Minardi<br />

“La classe operaia partecipa agli scioperi soo il fascismo e poi<br />

durante l’occupazione nazista … per combaere la diatura e<br />

lo straniero. Saranno i contadini … di Romagna e dell’Emilia<br />

a baersi e ad assistere le formazioni partigiane. Senza questa<br />

assistenza … la guerra di Liberazione sarebbe stata molto più<br />

dura.”<br />

Sandro Pertini<br />

Published by PADANA PRESS, Sydney, Australia<br />

Printed by CDM Print, Rosebery<br />

© Copyright 2008 by FRANCO BALDI Productions<br />

PO Box 770, Petersham, NSW 2049 Australia<br />

e-mail: baldi@ozemail.com.au


Una doverosa introduzione<br />

La Resistenza non ebbe termine con la liberazione<br />

dell’Italia dal nazifascismo e la fine delle ostilità sul<br />

territorio nazionale.<br />

Essa continuò ad agire, idealmente e praticamente<br />

dopo il 25 aprile 1945, ad opera di un pugno di<br />

uomini che, con sacrificio, lavorando e rischiando la<br />

propria vita, eliminarono gli strumenti di morte che<br />

la guerra e la sua perversa strategia avevano lasciato<br />

in gran parte del territorio.<br />

Questi uomini di ogni età, di ogni fede politica<br />

e religiosa, costituirono il corpo degli sminatori, e<br />

realizzarono un’epica impresa senza la quale la ricostruzione<br />

del Paese non avrebbe potuto iniziare.<br />

L’opera di bonifica dalle mine ebbe avvio a Imola<br />

per iniziativa di Girolamo Costa, ex armiere dell’aviazione<br />

militare, che con sei uomini dell’UNPA<br />

(Unione Nazionale Protezione Antiaerea) liberò dagli<br />

ordigni esplosivi le barricate eree dai tedeschi alle<br />

quaro porte della cià.<br />

Il ritorno dei contadini nei campi che furono terra<br />

di nessuno tra gli opposti schieramenti nemici e<br />

l’immediata retrovia, causava pressoché quotidianamente<br />

perdite sanguinose, acuite dai propositi di<br />

utilizzare esplosivi per altri scopi, come per esempio,<br />

sradicamento di alberi rovinati o pesca di frodo,<br />

da parte di persone impreparate. E con esse i<br />

bambini e gli adolescenti, airati da munizioni di<br />

varia foggia e colore rinvenute laddove c’erano state<br />

postazioni e trincee, nonché oggei esplodenti pro-<br />

3


prio a loro destinati durante le incursioni aeree per<br />

seminare terrore fra la popolazione civile.<br />

Inizialmente furono volontari civili a formarsi in<br />

gruppo, armati di metal-detector ricuperati presso<br />

qualche dotazione militare, nonché di tanta buona<br />

volontà.<br />

Ad Imola, appena un mese dopo la liberazione,<br />

il giorno 12 maggio 1945 questo nucleo pagò per la<br />

scarsa esperienza e lo scarso equipaggiamento un<br />

grave tributo in vite umane.<br />

Tre di loro: Amleto Baldisserri, Mario Seraini<br />

e Graziano Rebeggiani morirono per lo scoppio di<br />

una mina anticarro TOF tedesca, disposta in modo<br />

insidioso, mentre bonificavano le adiacenze del<br />

Ponte Vecchio sulla riva destra del fiume Santerno.<br />

In seguito a questo luuoso episodio il gruppo<br />

rallentò la sua aività fino a sciogliersi definitivamente<br />

con la liquidazione in campo nazionale dell’UNPA.<br />

Questi uomini che, volontariamente, avevano<br />

dichiarato guerra alla guerra, nei trentasei mesi di<br />

lavoro pagarono un alto tributo di sangue: undici<br />

morti e sei feriti furono complessivamente le viime<br />

imolesi che si immolarono per rendere possibile la<br />

ricostruzione.<br />

Con la smobilitazione generale dei rastrellatori di<br />

mine, operata senza alcun riconoscimento né materiale<br />

né morale nell’agosto del 1948 dal Ministero<br />

della Difesa, gli sminatori tornarono alla vita civile<br />

e sul loro operato, sul contributo dato alla ripresa<br />

del Paese, sui morti e sugli invalidi calò il silenzio e<br />

furono presto dimenticati.<br />

4


Gli sminatori? Chi se ne ricorda più? Forse non<br />

sono mai esistiti. E ogni volta che ne moriva uno, i<br />

sopravvisuti non sentivano il desiderio di smeere<br />

anche se la prossima volta poteva toccare a loro.<br />

Cosa spingeva a fare questo mestiere? Fra di loro<br />

c’era di tuo: ex prigionieri di guerra, ex partigiani,<br />

operai, militari e volontari dell’UNPA. In parte per<br />

la miseria, la disoccupazione, le difficoltà del reinserimento;<br />

in parte per l’adempimento di un sevizio<br />

di grande utilità sociale e che qualcuno doveva pur<br />

fare.<br />

La famiglia che diceva? La moglie sopportava,<br />

i figli erano troppo piccoli per protestare. Andavano<br />

avanti giorno per giorno senza pensare di essere<br />

eroi. Un lavoro più pericoloso degli altri fao con<br />

abnegazione e senso del dovere.<br />

Uomini coraggiosi ma non simboli. Certo molto<br />

lontani dal simbolo stereotipato alla John Wayne,<br />

che si toglie il coltello dalla bocca e disinnesca le<br />

mine per consentire l’avanzate dei berrei verdi<br />

I campi minati tedeschi bonificati furono 11.733<br />

e quelli alleati 1.027 per un territorio di migliaia di<br />

chilometri quadrati. In quest’opera di alto valore civile<br />

morirono il 25 per cento degli addei, il 12 per<br />

cento rimase mutilato, il 20 per cento rimase ferito.<br />

Nella nostra cià, per molto tempo, rimase solo<br />

un semplice marmo con incisi i nomi dei caduti,<br />

commissionato e fao murare nel Palazzo Comunale<br />

a proprie spese dallo sminatore Mario Duili.<br />

Le vedove e i figli di questi valorosi, vennero pressoché<br />

dimenticati. Gli orfani di coloro che avevano<br />

dato la vita perché i figli avessero un avvenire migliore<br />

in un Paese libero e senza tiranni, furono segregati<br />

negli orfanotrofi, per lo più soo la tutela di<br />

5


ordini religiosi e crebbero senza l’amore di una famiglia.<br />

A molti di questi non venne nemmeno dato<br />

il dirio e l’opportunità ad un’istruzione superiore,<br />

limitando il loro insegnamento a lavori manuali ed<br />

artigianali.<br />

Alle vedove non furono dati privilegi e per molti<br />

anni furono costree a lavori manuali ed al servizio<br />

dei più privilegiati.<br />

* * *<br />

Per quanto riguarda questa storia, ho riportato gli<br />

eventi famigliari nel modo in cui mi sono stati raccontati<br />

e vissuti dai direi testimoni oculari:<br />

Derna Conti, mia madre.<br />

Solo in tarda età mi ha raccontato le storie di Amleto. Non ho mai<br />

pensato che mamma esagerasse nel raccontare, anzi al contrario,<br />

il più delle volte sminuiva il vero valore dell’episodio. Non ha mai<br />

perdonato a mio padre di essersene andato troppo presto...<br />

Merli Ermelinda, vedova Conti.<br />

Mia nonna. Tuo l’opposto di mia madre. Per lei Amleto era un<br />

eroe. Aveva un grande rispeo per il genero e lo considerava come<br />

una persona giusta e generosa.<br />

Cledes Baldisserri. Mia sorella.<br />

Lei aveva 12 anni nel periodo degli eventi narrati. Sono ricordi<br />

tristi vissuti al lume della lampada a petrolio e nelle cantine. Mi<br />

ha descrio Amleto come severo e facile alla collera. Descrizioni<br />

mai condivise da mia mamma e da mia nonna. È la descrizione di<br />

una dodicenne condizionata dai terribili eventi.<br />

Giuseppe Baldisserri. Mio fratello.<br />

Lui aveva solo 6 anni nel periodo in cui questa storia evolse. Più<br />

tardi anche lui cominciò a raccogliere articoli e notizie su Amleto.<br />

Scambiammo opinioni e pensieri nella libreria Einaudi di via Calzolari<br />

a Siena, da lui gestita. Purtroppo è morto prima che potessimo<br />

diventare buoni amici. Aveva solo 60 anni.<br />

6


Don Giulio Minardi. Sacerdote e brava persona.<br />

Avevo 11 anni quando lo incontrai per la prima volta, tra un<br />

collegio e l’altro. Per un periodo fui ospitato nell’orfanotrofio di<br />

Santa Caterina. Non ne ho le prove, ma credo che nel dopoguerra<br />

abbia aiutato mamma Derna in diverse occasioni.<br />

Mario Duili. Presidente Sminatori di Imola.<br />

Partigiano che dopo la guerra si unì agli sminatori del Comune<br />

di Imola agli ordini del Sig. Costa. Ha conosciuto Amleto, anche<br />

se per poco tempo, nel 1945. L’ho incontrato personalmente nel<br />

1990 a Imola durante una visita a mia mamma. Fece erigere e<br />

murare a sue spese la lapide in memoria agli sminatori.<br />

Tilde Golinelli. La mia madrina di Baesimo.<br />

Ho incontrato Tilde a Bagnara di Romagna nel 1990. Un incontro<br />

che a dir poco sa di strano. Passeggiavo per la piazza di Bagnara<br />

con Susanna, la mia compagna, quando una donna è uscita da<br />

una porta e mi è venuta incontro chiedendomi: – Te sei Franco, il<br />

figlio di Amleto?<br />

Angiolina Baldisserri vedova Ricciarelli. Mia zia.<br />

L’ho incontrata parecchie volte nella sua Casa di Castel San Pietro.<br />

Voleva molto bene ad Amleto.<br />

Per la ricostruzione storica deglie eventi, oltre alle<br />

interviste dei testimoni oculari, mi sono documentato<br />

e messo a confronto varie versioni ufficiale e<br />

ufficiose, come:<br />

The British 8 th Army: The Italian Campaign. The Allies Capture<br />

of Imola. “The final Offensive.”<br />

The Polish Corps. 5 th Kressowa Infantry Division. Reference<br />

to “Poles in the Italian Campaign.”<br />

New Zealand Electronic Text Centre. La storia del 24 th Battalion<br />

durante la campagna d’Italia. In particolare “The drive to<br />

the Senio”.<br />

ANPI, Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, che possiede<br />

un vasto archivio sulla Resistenza.<br />

7


Imola Medaglia d’Oro. Pubblicazione a cura del Comune di<br />

Imola per l’occasione del conferimento. Grafiche Galeati, Imola,<br />

pubblicato nel 1985.<br />

Dipartimento di Discipline Storiche dell’Università di Bologna<br />

Alma Mater Studiorum. Storia contemporanea. Guerra<br />

e Resistenza: Azioni partigiane e stragi nazifasciste in Emilia<br />

Romagna.<br />

Andrea Mugnai, per l’articolo “Sminatore, chi eri?” Pubblicato<br />

su Paese Sera, cronaca di Firenze.<br />

Comune di Gaggio Montano, Bologna, per l’articolo “La Linea<br />

Gotica.”<br />

Punto Pace Bologna per l’articolo “La strage di Marzaboo”.<br />

Paolo Grandi per “Castel Bolognese nel turbine della guerra.”<br />

Andrea Bondi, per l’articolo “La descrizione dell’eccidio del<br />

Pozzo Becca.”<br />

Per ciò che riguarda l’espressione dei vari personaggi<br />

ho cercato di riprodurre il più fedelmente<br />

possibile le varie idiosincrasie individuali compresi<br />

eventuali errori di grammatica, dovuti al loro grado<br />

sociale e di istruzione. Per le espressioni in dialeo<br />

imolese e romagnolo, ho preferito tradurle a lato, riportandole<br />

foneticamente come è emerso nelle mie<br />

interviste.<br />

Ho evitato, quando possibile, di usare nomi propri<br />

di persona per non creare un senso di storicità<br />

ad eventi che, in ogni caso sono avvenuti, ma non<br />

necessariamente come narratimi.<br />

8


La campagna d’Italia<br />

Dopo l’occupazione della Sicilia e la firma dell’armistizio<br />

da parte del governo Badoglio, il 9 seembre<br />

1943 iniziano le operazioni alleate sul continente.<br />

Truppe americane sbarcano a Salerno mentre gli<br />

inglesi, in rapida successione, occuparono Taranto,<br />

Bari Foggia e Termoli. Le armate tedesche si ritirarono<br />

difendendo palmo a palmo il territorio appenninico<br />

e solo nel maggio 1944 truppe francesi e<br />

polacche riescono a superare la Linea Gustav occupando<br />

Cassino.<br />

Liberata Roma il 4 giugno 1944, gli alleati insediano<br />

il Governo Bonomi, espressione delle forze<br />

antifasciste, e proseguono per Pescara, Ancona e<br />

Firenze.<br />

Nell’agosto del 1944 Churchill convince i comandi<br />

alleati a proseguire le operazioni sul fronte italiano.<br />

Lo schieramento alleato viene suddiviso in<br />

due zone operative. Quello inglese al comando di<br />

Alexander che procede lungo la Via Emilia, mentre<br />

l’Armata americana punta verso Bologna lungo le<br />

arterie appenniniche.<br />

Le armate tedesche, comandate da Kesserling,<br />

erano protee da una fia rete di fortificazioni per<br />

resistere a oltranza agli anglo-americani: la Linea<br />

Gotica.<br />

A partire dall’oobre 1943, il comando tedesco<br />

utilizza migliaia di operai italiani, per costruire robusti<br />

capisaldi difensivi lungo i 320 km che separano<br />

il Tirreno dall’Adriatico.<br />

9


Per contrastare l’accesso alla Pianura Padana agli<br />

alleati vengono allestiti bunker e torree panther,<br />

fortini per mitragliatrici, fossati anticarro e ostacoli<br />

antisbarco, trincee, mine anticarro e reticolati antiuomo.<br />

Queste struure, insieme alla conformazione fisica<br />

del territorio, permeono ai tedeschi di resistere<br />

per oltre sei mesi ad un esercito superiore di numero,<br />

meglio equipaggiato e con una totale supremazia<br />

aerea.<br />

Con il sopraggiungere delle piogge autunnali,<br />

l’offensiva alleata, iniziata sul Foglia il 25 agosto e<br />

proseguita il 10 seembre in direzione dei passi appenninici<br />

di Scarperia, del Giogo e della Futa, viene<br />

rallentata e poi definitivamente bloccata. Liberate<br />

Rimini, Forlì e Ravenna, il fronte si arresta lungo<br />

una linea che, in Emilia-Romagna, va dal Senio ai<br />

Monti della Riva passando per Monte Baaglia, Livergnano,<br />

Monte Salvaro e Monte Belvedere.<br />

I tedeschi hanno così via libera per effeuare rastrellamenti<br />

e rappresaglie contro i partigiani e la<br />

popolazione civile; deportare civili nelle fabbriche<br />

in Germania e saccheggiare la Pianura Padana.<br />

10


Imola soo le bombe<br />

Dal fondo dei rifugi antiaerei il rumore delle bombe<br />

che cadevano su Imola giungeva come ovaato<br />

tanto che dava l’impressione più di un temporale<br />

che di un bombardamento.<br />

Nel seembre 1944 la Linea Gotica fu aaccata<br />

dagli alleati che bombardavano indiscriminatamente<br />

tuo quello che avrebbe potuto essere di ostacolo<br />

alla loro avanzata, noncuranti se tra una fabbrica e<br />

una linea ferroviaria anche case con civili, donne,<br />

vecchi e bambini venivano rase al suolo.<br />

Quando la Linea Gotica crollò, questa aveva già<br />

egregiamente adempiuto il compito conferitole di<br />

ritardare per il maggior tempo possibile l’avanzata<br />

alleata, lasciando però cià e villaggi interamente<br />

distrui. La popolazione civile che fino a quel momento<br />

aveva conosciuto una guerra di privazioni<br />

più che di combaimenti si trovò a pagare molto<br />

caro il prezzo dell’avanzata alleata e la disfaa dei<br />

tedeschi.<br />

La guerra coinvolse profondamente anche Imola,<br />

che fu bombardata da aerei alleati e subì gravi danni;<br />

era sul fronte, soo il tiro dei cannoni e soo i<br />

bombardamenti degli aerei.<br />

La parte nord di via Selice era in fiamme. L’unica<br />

colpa di questa pacifica zona periferica di Imola<br />

era la vicinanza della ferrovia e dello stabilimento<br />

meccanico Cogne, il quale fu colpito da una bomba<br />

11


che distrusse tuo l’impianto elerico della cabina<br />

di trasformazione.<br />

Le altre centinaia di bombe, invece andarono a distruggere<br />

gran parte della periferia di Imola, da Via<br />

Selice a Via Andrea Costa, distruggendo fra l’altro,<br />

la Stazione Ferroviaria e la Ceramica.<br />

Amleto Baldisserri apparteneva all’UNPA (Unione<br />

Nazionale Protezione Antiaerea) costituita da volontari<br />

delle MVSN (Milizia volontaria sicurezza nazionale)<br />

e da anziani esonerati dal servizio militare.<br />

L’allarme era dato con sei suoni di sirena di 15 secondi<br />

intervallati da pause di uguale tempo. Il cessato<br />

allarme un fischio di sirena prolungato per due<br />

minuti. Amleto, e i suoi colleghi esercitavano un<br />

ruolo rilevante nel soccorso dei civili sepolti dalle<br />

macerie.<br />

Nella cià di Imola, l’organizzazione della protezione<br />

dei civili era basata su rifugi ricavati nelle<br />

cantine delle abitazioni, e l’UNPA si assumeva l’incarico<br />

di far rispeare l’ordine di ricovero di tui<br />

i presenti nell’edifico, al suono del fis-ciò, la sirena<br />

d’allarme.<br />

Quando si avvicinava il pericolo del bombardamento<br />

aereo, dalla Centrale dell’UNPA di Bologna<br />

arrivava il messaggio e la sirena d’allarme sistemata<br />

in cima alla Rocca veniva azionata. Una volta raggiunto<br />

il rifugio, l’UNPA controllava e organizzava<br />

la permanenza dei ciadini stessi nel rifugio fino<br />

alla conferma del segnale di cessato allarme.<br />

All’improvviso il bombardamento cessò. Dopo<br />

pochi minuti si udì l’ululato della sirena che confermava<br />

la fine dei bombardamenti.<br />

Dalla cantina di Via Selice 18, Amleto dee l’ordine<br />

di uscire:<br />

12<br />

Fischione,<br />

sirena<br />

d’allarme.


– Anche per oggi se ne sono andati. Adesso tui<br />

fuori e state aenti alle macerie.<br />

Lentamente tue le famiglie della zona che si erano<br />

rifugiate nella cantina per proteggersi dall’impao<br />

dei bombardamenti, uscirono all’aperto.<br />

– Valli a capire questi alleati: con la scusa di venirci<br />

a liberare ci ammazzano soo le bombe. – Mugugnò<br />

tra se stesso Amleto, poco convinto che i bombardamenti<br />

fossero il sistema più valido per liberare<br />

l’Italia.<br />

– La nostra valorosa contraerea fascista li ribuerà<br />

tui a mare – commentava il vecchio Marangioni<br />

uscendo dal rifugio accompagnato dalla figlia.<br />

– Giovinezza, giovinezza... – canticchiò Amleto.<br />

– Prendi pure per il culo, bolscevico. – Interruppe<br />

l’anziano signore.<br />

– Non arrabbiarti Marangò, ché altrimenti ti viene<br />

un colpo.<br />

– Ve lo daremo noi il colpo – rispose Marangoni.<br />

– Stai calmo babbo, il doore ha deo che devi<br />

stare calmo – consigliò amorevolmente la figlia.<br />

– Ti ci mei anche tu adesso? – obieò l’anziano<br />

signore. – Tui contro il potere, tui contro l’ordine.<br />

– Cum vala, Rina? – cambiò discorso Amleto rivolto<br />

alla figlia.<br />

– Cum al vol cal vada. Al zavaja tot al dè – rispose<br />

sconsolata la figlia Rina, – ma se non lo guardo io,<br />

questo è capace di meersi la camicia nera e raggiungere<br />

i camerati a Sesto Imolese.<br />

– Notizie di Cesare? – chiese Amleto.<br />

– No – rispose sconsolata Rina, – da quando è<br />

partito per Castel Del Rio non abbiamo più notizie.<br />

– Vedrai che torna presto – assicurò Amleto, – la<br />

Montanara è bloccata all’altezza di Ponticelli. Hanno<br />

fao saltare il ponte...<br />

13<br />

Come va<br />

Rina?<br />

Come<br />

vuoi che<br />

vada... dice<br />

spropositi<br />

tutto il<br />

giorno


Poi Amleto tacque. Non poteva dare notizie alle<br />

persone civili. Qualcuno avrebbe potuto sentire e<br />

riferire alle autorità fasciste.<br />

– Penso che sia stata la fiumana – cercò di correggersi<br />

Amleto.<br />

– Siamo in autunno avanzato e il Santerno è spesso<br />

in piena in questo periodo – osservò Rina, che<br />

aveva capito.<br />

14


Amore a prima vista<br />

Rina era nubile. Bella donna, sulla trentina, di una<br />

bellezza sfiorita ma non trascorsa, tanto per parafrasare<br />

Alessandro Manzoni<br />

Rina viveva con il fratello Cesare nella casa del<br />

padre Ennio.<br />

In gioventù c’era stato del tenero tra Rina e Amleto.<br />

Erano stati compagni di scuola. Con Cesare c’era anche<br />

un’amicizia politica e si incontravano spesso alle<br />

riunioni anarchiche.<br />

Mentre il padre era di stampo fascista, credente<br />

della prima ora, sembra addiriura che abbia partecipato<br />

alla marcia su Roma, i figli erano di idee<br />

piuosto liberali.<br />

Cesare era iscrio al Partito Comunista e come<br />

tale poteva essere arrestato dalle autorità fasciste.<br />

Rina, un po’ colpa della guerra, un po’ colpa degli<br />

eventi non era riuscita a meer su casa.<br />

Dopo la fine della relazione con Amleto, che il padre<br />

non vedeva di buon occhio, Rina aveva dedicato<br />

la sua vita all’insegnamento, infai era maestra<br />

elementare.<br />

Amleto era partito per il servizio leva e probabilmente<br />

al suo ritorno avrebbe sposato la Rina, se non<br />

avesse incontrato Derna durante una licenza premio.<br />

Anche Derna all’epoca aveva un filarino, Bruno,<br />

un figlio di buona famiglia, proprietara di una<br />

cartolibreria in Via Emilia.<br />

15<br />

Pretendente.


Per Derna e Amleto fu amore a prima vista. Finita<br />

la licenza, Amleto fece ritorno alla sua compagnia<br />

di stanza sulle colline toscane e iniziò una fia corrispondenza<br />

con Derna.<br />

Sul retro di una fotografia formato cartolina datata<br />

18 febbraio 1930, si legge:<br />

“Amor mio, pensaci, nell’aurora svegliandomi il primo<br />

pensiero che mi affiora, la prima parola che mi viene<br />

sulle labbra è il tuo bel nome così armonioso, e sempre a<br />

te penso. Derna quanto sono dolci le tue parole d’amore,<br />

nato con le rose il nostro amore, credo che non avrà mai<br />

fine il nostro amore, credo sarai te tua la mia futura felicità.<br />

Ricevi i più distinti saluti e i più ardenti baci. Tuo<br />

Amleto.”<br />

Come poteva la dolce Derna resistere ad un amore<br />

così profondo e romantico? Il filarino Bruno fu licenziato<br />

su due piedi senza nemmeno essere degnato di<br />

un motivo. Da parte sua Amleto aveva già dimenticato<br />

Rina per lanciarsi tra le braccia di Derna.<br />

I proverbi sono la cultura dei popoli e un bel proverbio<br />

romagnolo sintetizza tutto l’evento:<br />

Rèmin da navighê, Cesena da cantê,<br />

Furlé da ballé, Ravena da magnê,<br />

Lugh da imbrujê, Faenza da lavurê,<br />

Iômla da fè ‘l’amor.<br />

Poco dopo Amleto scriveva alla madre, informandola<br />

della sua decisione di meer su giudizio, cioè<br />

passare dalla vita spensierata e scavezzacolla della<br />

gioventù alla vita pacata del matrimonio e della famiglia.<br />

16<br />

Rimini per<br />

navigare,<br />

Cesena per<br />

cantare,<br />

Forlì per<br />

ballare,<br />

Ravenna<br />

per<br />

mangiare,<br />

Lugo per<br />

imbrogliare,<br />

Faenza per<br />

lavorare,<br />

Imola<br />

per fare<br />

l’amore.


“Cara Mamma questo e il tuo fillio se o fao delle cattive<br />

azione fino á 20 anni, quando vero á casa saro quello<br />

chè tienera la casa inordine e quello che ti tien inalegria e<br />

tranquilla. Saluti e un bacio alla mia cara mamma.”<br />

Mentre quest’ultima cartolina è senza dubbio<br />

opera di Amleto, considerando gli errori di ortografia,<br />

tipici di una persona con limitata dimestichezza<br />

nello scrivere, la prima fu certamente copiata o dettata<br />

da Amleto. Il risultato oenuto però non ebbe<br />

ombra di dubbio: finito il periodo di leva Amleto e<br />

Derna convolarono a giuste nozze!<br />

Derna viveva a Mordano con la mamma Ermelinda,<br />

vedova della prima Guerra mondiale, con un<br />

fratello Ebenio, e una sorella, Maria.<br />

Gli sposini trovarono casa a Imola, al piano terreno<br />

di Via Selice, al numero 18. Amleto lavorava alla<br />

Fornace, dove venivano fabbricati maoni e laterizi.<br />

Derna, ufficialmente casalinga, lavorava saltuariamente<br />

in campagna, in qualità di raccoglitrice di<br />

frua e ortaggi e durante la stagione della mietitura<br />

andava a spigolare.<br />

Le idee politiche di Amleto, decisamente anticlericali<br />

e di sinistra, derivavano dalle continue loe<br />

sociali che la popolazione romagnola ha dovuto<br />

sostenere durante quegli anni così difficili. L’economia<br />

di quelle zone, principalmente agricole, stava<br />

subendo un cambiamento. Sempre più macchinario<br />

veniva impiegato per la lavorazione della terra, e<br />

l’occupazione dei contadini diventava sempre più<br />

precaria. Gli scioperi continui della Fornace erano<br />

dovuti principalmente allo stipendio troppo basso<br />

per i fabbisogni di una normale famiglia.<br />

17


Prima nacque Cledes, seguita sei anni dopo da<br />

Giusepppe. Poi venne la guerra. Amleto non fu richiamato<br />

nell’esercito perché orfano di guerra e padre<br />

di due figli. In cambio si era dovuto impegnare<br />

a prestare il proprio servizio volontario come membro<br />

dell’Unione Nazionale Protezione Antiaerea<br />

(UNPA) esercitando un ruolo rilevante nel soccorso<br />

dei civili sepolti dalle macerie.<br />

Nella cià di Imola l’organizzazione della protezione<br />

dei civili era basata su rifugi ricavati nelle cantine<br />

delle abitazioni. Amleto, tra l’altro, aveva l’incarico<br />

di far rispeare l’ordine di ricovero di tui i<br />

presenti nell’edifico, al suono della sirena d’allarme,<br />

nel rifugio, e la permanenza degli stessi nel rifugio<br />

fino al cessato allarme.<br />

Sei anni dopo Derna era in aesa di un bambino.<br />

Non era stata una gravidanza facile anche per colpa<br />

delle vicissitudini della guerra e dei continui spostamenti<br />

dovuti ai bombardamenti.<br />

Mentre Rina se ne andava accompagnando l’anziano<br />

genitore, Amleto rivide tui quei momenti<br />

passargli davanti. Era felice con Derna. Era veramente<br />

convinto di aver fao la scelta giusta.<br />

Una cosa gli pesava, comunque: non aver avuto il<br />

coraggio di dire a Rina quello che lui sapeva riguardo<br />

al fratello.<br />

Cesare aveva raggiunto a Castel del Rio giovani<br />

antifascisti di Casola Valsenio, Brisighella, Fontanelice,<br />

Imola e borghi limitrofi, formando un gruppo<br />

partigiano che poi sarebbe stato chiamato la 36 Brigata<br />

Garibaldi Alessandro Bianconcini.<br />

Nell’agosto di quell’anno si erano fai conoscere<br />

per il loro eroismo, e benché in numero molto inferiore<br />

ai fascisti, avevano incendiato la Casa del<br />

18


Fascio di Castel del Rio, e saccheggiato le case dei<br />

fascisti costringendoli alla fuga.<br />

La loro audacia giovanile li spinse anche ad aaccare<br />

automezzi tedeschi accorsi in aiuto dei fascisti,<br />

a distruggerli o caurarli. Nello stesso periodo si<br />

appropriarono di 200 quintali di grano razziati ai<br />

contadini dai nazifascisti, e li distribuirono alla popolazione<br />

locale.<br />

Questo ao infuriò il comando tedesco di Bologna<br />

che, il giorno successivo, alle prime luci dell’alba,<br />

ordinò l’occupazione del vicino paese di Purocielo<br />

con mezzi blindati e un numero esorbitante di soldati<br />

tedeschi provenienti dal fronte.<br />

I partigiani intrappolati da ogni parte chiesero<br />

aiuto via radio agli inglesi appostati nella parte opposta<br />

della vallata.<br />

Per ragioni a quanto pare inspiegabili, gli inglesi<br />

sparano con cannoni da posizioni più in basso colpendo<br />

e uccidendo soldati partigiani. Solo quando i<br />

partigiani trovano il modo di issare su un albero la<br />

bandiera italiana i bombardamenti cessarono.<br />

Con la fine dei bombardamenti però, nel pomeriggio<br />

iniziò da parte tedesca una vera caccia all’uomo<br />

che continuò fino al giorno dopo con scontri<br />

ravvicinati.<br />

Una divisione composta da tedeschi specialisti in<br />

antiguerriglia guidati da spie fasciste del posto che<br />

conoscevano bene le montagne, aaccarono, bruciando<br />

case e uccidendo chiunque fosse sospeato<br />

di essere partigiano o patriota.<br />

La Bianconcini si vide costrea ad abbandonare i<br />

morti e i feriti e ripiegare alla ricerca delle linee alleate<br />

per trovare rifugio.<br />

19


Gli scontri con le pauglie tedesche furono numerosi<br />

soo la pioggia baente. Cominciarono a mancare<br />

viveri e munizioni. I feriti vennero ricoverati<br />

nella Chiesa Parrocchiale della frazione Cavina. Ma<br />

i tedeschi, guidati da assoldate spie fasciste li scoprono<br />

e li caurano, a nulla valgono le mediazioni<br />

di don Giuseppe Bosi.<br />

Vengono uccisi undici uomini, di cui see partigiani<br />

e quaro civili.<br />

Il nome di Cesare entrò nella storia della Resistenza<br />

in quel terribile giorno di seembre.<br />

20


Seembre 1944<br />

Era una giornata di seembre, ma stranamente<br />

fredda per quella stagione. L’aria era ancora piena<br />

di polvere e del puzzo delle fognature sventrate dai<br />

bombardamenti. In lontananza si udivano voci che<br />

strillavano, implorando aiuto. I cani abbaiavano rivolti<br />

al cielo, come per maledire quei portatori di<br />

strage.<br />

Per ultimo uscì Amleto con la famiglia: la moglie<br />

Derna, incinta di nove mesi e i due figli, Cledes di<br />

dodici anni e Giuseppe di sei.<br />

Amleto avrebbe dovuto raggiungere i suoi colleghi<br />

volontari nel sopraluogo delle zone bombardate<br />

e l’eventuale recupero dei feriti che dovevano essere<br />

trasportati all’ospedale, ma si rese subito conto che<br />

il bombardamento era più grave del solito.<br />

Velocemente ispezionò la stanza grande a pianterreno<br />

che fortunatamente era intaa. Anche la<br />

stufa non era stata danneggiata. Amleto si precipitò<br />

nel cortile, racimolò tui i pezzi di legna che si trovavano<br />

sparpagliati un po’ ovunque e decise così di<br />

radunare tui i bambini del vicinato, che sarebbero<br />

stati al caldo, mentre i genitori raggiungevano le<br />

loro abitazioni per verificare i danni e per salvare il<br />

salvabile.<br />

– Mica te ne vai? – chiese Derna.<br />

– Certo, devo andare – rispose Amleto, – chissà<br />

quante persone saranno rimaste soo le macerie.<br />

Devo andare a tirarle fuori.<br />

21


– Tira fora gl’ietar, e a noi chi ci tira fuori? – Risposte<br />

stizzita Derna. – Io partorisco da un momento<br />

all’alto. Hai chiamato la levatrice?<br />

– Tuo a posto, ti porto all’Ospedale Civile – rispose<br />

in tono rassicurante Amleto.<br />

– In biciclea? Con tue le buche che ci sono nella<br />

Via Emilia lo faccio a metà strada. Dài, Amleto, non<br />

andare. Cledes, diglielo anche te – disse poi Derna<br />

rivolta alla figlia.<br />

– Mo và là. Smei di fare della malea. Prima vado,<br />

prima torno.<br />

Poi senza aspeare risposta Amleto si infilò la<br />

mantella e inforcata la biciclea si avviò alla volta<br />

di Via Viorio Veneto.<br />

I bambini, dieci in tuo, erano affamati. Dentro la<br />

credenza c’era rimasta un po’ di farina nera e anche<br />

un poco di zucchero in un cartoccino. La stufa emanava<br />

un bel calore, così Derna si decise ad impastare<br />

la farina con lo zucchero per farne dei biscoi.<br />

Cledes aiutò la mamma, che ormai faceva molta<br />

fatica a restare in piedi per via dell’avanzata gravidanza.<br />

Un buon odore invase la stanza e già i bambini<br />

pregustavano il momento in cui avrebbero assaggiato<br />

i biscoi.<br />

Ma il profumo aveva airato anche due tedeschi<br />

in pieno asseo di guerra che passavano in quel momento<br />

da Via Selice a bordo della motociclea con<br />

side-car.<br />

Entrarono direamente nel cortile e senza mezzi<br />

termini spalancarono con un calcio la porta. Alla<br />

vista dei militari con il mitra spianato i bambini cominciarono<br />

a piangere.<br />

– Im Namen der Deutschen Armee, diese Nahrungsmittel<br />

sind konfiziert! – strillò il soldato tedesco che era<br />

entrato per primo.<br />

22<br />

Tira fuori gli<br />

altri,<br />

Ma dai,<br />

smettila di<br />

lamentarti.<br />

Nel nome<br />

dell’esercito<br />

germanico<br />

questo cibo<br />

viene<br />

confiscato.


Dopo brevi momenti di silenzio, i soldati si avvicinarono<br />

alla stufa, l’aprirono e trassero i biscoi<br />

ormai pronti e fumanti geandoli direamente nel<br />

loro zaino. Solo a quel punto i soldati tedeschi si<br />

accorsero della situazione reale: una donna incinta,<br />

aorniata da una decina di bambini piangenti.<br />

– Sind das alle ihre Kinder? bampini tui? – chiese il<br />

più vicino alla donna sforzandosi di mantenere il<br />

tono della voce più dolce possibile.<br />

– Questi... – rispose titubante Derna additando<br />

Cledes e Giuseppe.<br />

I militari presero tale risposta come una conferma.<br />

Convinti che la signora incinta avesse dieci figli<br />

e uno in arrivo, tolsero rapidamente i biscoi dallo<br />

zaino e li misero tui sulla tavola.<br />

– Ich bin traurig das wir Krieg haben – continuò il<br />

soldato tedesco abbassando il mitra per la prima<br />

volta. – Es tut mir leid, aber wir haben seit vier Tagen<br />

nichts gegessen... no manciare. Ich habe leider nichts<br />

für ihre Kinder und es tut mir sehr leid.Geben sie den<br />

Kindern die Kekse.<br />

Senza aspeare una risposta i due soldati tedeschi<br />

raggiunsero la porta d’ingresso e delicatamente se<br />

la rinchiusero alle spalle. Misero in moto la motociclea,<br />

che uscì dal cortine e sparì zigzagando lungo<br />

le macerie che frastagliavano Via Selice.<br />

Derna si decise a distribuire i biscoi che erano<br />

ormai poco più di grandi briciole nerastre. I bambini<br />

comunque non fecero complimenti e fecero<br />

piazza pulita in pochi secondi, raschiando anche le<br />

briciole più piccole che si erano infilate nelle fessure<br />

del tavolo.<br />

Era tornata un’atmosfera di serenità e di risatine<br />

allegre da parte di quella strana compagnia.<br />

23<br />

Sono tutti<br />

figli tuoi?<br />

Ci dispiace<br />

per questo,<br />

ma sono<br />

quattro<br />

giorni che<br />

non mangiamo.<br />

Sono<br />

dispiaciuto<br />

che non<br />

ho nulla da<br />

dare ai tuoi<br />

bambini.<br />

Dai i<br />

biscotti ai<br />

bambini.


Improvvisamente Derna si accasciò. Con un filo<br />

di voce implorò la figlia:<br />

– Cledes, presto aiutami che si sono aperte le acque!<br />

– Mamma! – Esclamò in evidente panico la ragazzina.<br />

– Giuseppe, vai a chiamare la signora Evelina, la<br />

levatrice. Corri! – ordinò Derna al figlioleo che era<br />

scoppiato in lacrime.<br />

Giuseppe non se lo fece ripetere e corse fuori dal<br />

portone nella direzione della casa al piano della levatrice.<br />

Ora la stanza era piombata nel più cupo silenzio<br />

e i nove ragazzini guardavano Derna al suolo<br />

che si contorceva.<br />

Dopo brevi momenti rientrò Giuseppe tuo trafelato:<br />

– La casa dell’Evelina non c’è più – strillò impaurito<br />

Giuseppe, – tuo è una maceria.<br />

– Oh Santa Madonna del Carmine – sentenziò<br />

Derna in preda ai dolori, – mò adesso cosa faccio?<br />

– Vado a cercare il babbo – aggiunse sicura Cledes.<br />

– No che è pericoloso – l’apostrofò Derna, – ci sono<br />

macerie d’appertuo e poi potrebbero ricominciare<br />

i bombardamenti.<br />

– Io vado lo stesso – tagliò corto Cledes. Poi rivolta<br />

a Giuseppe ordinò:<br />

– Tu stai qui con la mamma e guai a te se te ne vai!<br />

– Poi senza aspeare risposta corse via.<br />

Ora la stanza era piombata di nuovo nel silenzio,<br />

interroo solo dagli starnuti o colpi di tosse dei<br />

bambini. Giuseppe, più che aiutare la mamma, veniva<br />

rincuorato dalla mamma:<br />

– Dài, smeila di piangere che andrò a comprare<br />

un bel fratellino.<br />

24


Derna era sdraiata a terra circondata da nove<br />

bambini. Passarono minuti che sembrarono eterni.<br />

– Amlet set’atchap at’la fè paghè! – digrignava tra i<br />

denti Derna cercando di nascondere le pene.<br />

Cledes era uscita da qualche minuto che si udì<br />

rintronare nella stanza il rumore della motociclea.<br />

Poco dopo la porta si aprì e Cledes alla testa dei due<br />

soldati tedeschi fece il suo ingresso.<br />

– Wir nehmen Sie zum Krankenhaus… Io portare te<br />

Krankenhaus – disse il più grosso dei due.<br />

– Wir haben kein Benzin für das Motorrad! – l’apostrofò<br />

l’altro soldato tedesco.<br />

Derna aveva capito: Noi non abbiamo benzina.<br />

Dopo tanti anni di occupazione tedesca, ormai di<br />

certe frasi se ne capiva vagamente il significato.<br />

– Noi abbiamo un boccione con della benzina, in<br />

cantina – disse con un filo di voce Derna, – la usiamo<br />

per le lampade durante i bombardamenti.<br />

Poi rivolta a Giuseppe: – Vai a prenderla e portala<br />

ai due signori, ma presto per l’amore della Madonna<br />

del Carmine.<br />

– Babbo mi sgrida se tocco la benzina – rispose<br />

Giuseppe preoccupato da una eventuale reazione<br />

del padre.<br />

– Se ti sgrida gliela spacco in testa! – mogugnò<br />

Derna tra gli spasimi.<br />

Giuseppe uscì alla volta della cantina mentre i<br />

due militari il più delicatamente possibile trascinavano<br />

Derna nella direzione del side-car.<br />

Le misero addosso una coperta perché non prendesse<br />

freddo, visto che la carrozzea del side-car<br />

era priva di parabrezza. Giuseppe arrivò con il bottiglione<br />

di vetro nero, quelli del vino e lo consegnò<br />

al tedesco più vicino, che era uscito a controllare il<br />

serbatoio della motociclea.<br />

25<br />

Amleto se<br />

ti prendo<br />

te la faccio<br />

pagare!<br />

Ti portiamo<br />

all’ospedale<br />

Non abbiamo<br />

benzina<br />

per la motocicletta.


Questi lo prese, ne annusò il contenuto per sincerarsi<br />

che fosse veramente benzina.<br />

– Das ist gut – sentenziò. Svitò il tappo del serbatoio<br />

e ci versò il contenuto. Dal rumore era facile<br />

capire che quel serbatoio era praticamente vuoto.<br />

Cercò di meere in moto spingendo il pedale. La<br />

motociclea si rifiutava di partire. Il soldato rollò il<br />

mezzo nel tentativo di far giungere più benzina al<br />

carburatore.<br />

– Dieses Motorrad ist Scheisse! – sentenziò il tedesco<br />

visibilmente contrariato.<br />

– Bie nicht vor den Kindern fluchen – disse l’altro<br />

soldato.<br />

Finalmente, dopo innumerevoli tentativi, una nuvola<br />

di fumo nerastro uscì dal tubo di scappamento.<br />

L’altro militare si sistemò nel seggiolino posteriore e<br />

la motociclea side-car si avviò alla volta dell’ospedale<br />

civile.<br />

Cledes, Giuseppe e gli altri bambini videro la motociclea<br />

voltare in via San Pier Grisologo e sparire<br />

alla volta della Via Emilia. Proprio in quel momento<br />

si udì un frastuono tremendo: gli alleati avevano ripreso<br />

i bombardamenti.<br />

26<br />

Va bene.<br />

Questa<br />

merda di<br />

una motocicletta.<br />

Non parlare<br />

sporco<br />

davanti ai<br />

bambini.


Ospedale Civile di Imola<br />

La motociclea con i due militari e Derna avvolta<br />

nella coperta, zigzagando per evitare le buche delle<br />

bombe sulla Via Emila, arrivò ben presto all’Ospedale<br />

Civile. Anche l’Ospedale era stato colpito da<br />

una bomba, che aveva mandato in frantumi tui i<br />

vetri dell’edificio.<br />

La motociclea si fermò davanti all’ingresso dell’ospedale.<br />

Un’infermiera uscì dalla guardiola:<br />

– Non potete portare soldati qui! – disse risoluta<br />

ma con una certa riverenza. – Questo è un ospedale<br />

civile. Se ammeiamo militari rischiamo di venire<br />

bombardati. C’è un ospedale militare a Castel San<br />

Pietro...<br />

– Diese Dame ist kein Soldat. Questa no soldato! –<br />

interruppe il guidatore della motociclea. – Diese<br />

Frau ist schwanger. Donna italiana gravida... und ist italienisch.<br />

Tu chiamare doore. Presto! Rufen sie schnell<br />

einen Arzt!<br />

Alla vista di Derna appollaiata nel side-car l’infermiera<br />

capì che non c’era un aimo da perdere.<br />

– Voi meetela su quel leino – ordinò ai soldati<br />

l’infermiera: – io vado in cantina a vedere se trovo<br />

un doore.<br />

I militari delicatamente adagiarono Derna sul lettino,<br />

premurandosi prima di togliere tue le schegge<br />

di vetro che c’erano sopra.<br />

– Jetzt haben sie elf Kinder. Bampino Zahl... numero<br />

undici – sentenziò il militare grosso.<br />

27<br />

Questa<br />

signora<br />

non è un<br />

soldato.<br />

Questa<br />

donna è<br />

incinta ed<br />

e’ italiana.<br />

Presto<br />

chiamate<br />

un dottore.<br />

Ora avrai<br />

il figlio<br />

numero<br />

undici.


Le bombe ora cadevano veramente vicine all’ospedale.<br />

I militari coprirono Derna con la coperta,<br />

rimontarono sulla motociclea e soo la pioggia<br />

delle bombe che cadevano tue aorno sparirono<br />

tra il fumo e la polvere della Via Emila.<br />

Arrivarono il doore, l’infermiera e una suora.<br />

Trovarono solo Derna sul leino, in preda a forti<br />

dolori. Dei soldati tedeschi nessuna traccia.<br />

Il doore prontamente si rese conto della situazione:<br />

– Presto, nel reparto – ordinò spingendo lui stesso<br />

il leino nella direzione del reparto maternità.<br />

– Bel tempo per avere figli – proruppe il doore<br />

lungo il tragio.<br />

– La volontà del Signore – sentenziò la suora.<br />

– Se’, la vuluntè d’el Snor – mugugnò Derna – l’è stè<br />

to un zavaj. Se sapevo che andava così non l’avrei<br />

fao!<br />

– Ma cosa dice, signora – la redarguì la suora –<br />

questo è un dono del Signore.<br />

Derna sulla barella fu introdoa nel reparto pediatrico<br />

ancora tuo a soqquadro a causa dei bombardamenti.<br />

Il leino della sala operatoria era pieno di frantumi<br />

di vetro provenienti dalle finestre roe. Velocemente<br />

il doore e l’infermiera scrollarono via il<br />

vetro, riordinarono alla meglio e si prepararono per<br />

l’intervento.<br />

– Lei sorella, – disse il doore, – preghi il Signore<br />

che tuo vada bene e non ci siano conseguenze.<br />

Era evidente che in quelle condizioni e circostanze<br />

non sarebbe stato possibile nessun intervento<br />

fuori del normale. L’ospedale inoltre non era provvisto<br />

di particolari apparecchiature, perché di solito<br />

28<br />

Sì...<br />

la volontà<br />

del Signore<br />

È stato<br />

tutto uno<br />

sbaglio.


i parti più delicati venivano effeuati nella vicina<br />

Bologna.<br />

– Spinzè cal ven! Spingete che viene! – ordinò a<br />

Derna il doore: – Si vede la testa.<br />

– Pregate la Madonna Immacolata che vi ha faa<br />

la grazia – invocò la suora.<br />

– Ecco! – sentenziò il doore tenendo nelle mani<br />

il nascituro. Poi ordinò: – Le forbici.<br />

L’infermiera passò le forbici al doore. Venne<br />

tagliato il cordone ombelicale. La suora avvolse il<br />

neonato nel lenzuolo.<br />

– Un maschio – aggiunse trionfalmente il doore<br />

dandogli uno schiaffeo sul sedere. Un vagito riempì<br />

la stanza.<br />

Il doore, fiero dell’intervento senza drammi,<br />

controllò l’orologio da polso e disse rivolto all’infermiera:<br />

– Scriva sul nastrino...<br />

– Ma se è nato solo lui, non potremo certo scambiarlo<br />

con qualcun’altro.<br />

– Lei scriva – interruppe bruscamente il doore:<br />

– 11 Seembre 1944, Ospedale Civile di Imola, Lunedì<br />

ore 10,31.<br />

– D’vener e d’martè non s’arreva e non sal part. Ancò<br />

l’è lundì e sarà fortunè! – sentenziò l’infermiera.<br />

– La fortuna più grande ce l’ha regalata il Signore.<br />

– sentenziò la suora. – Il miracolo della vita che si<br />

ripete per rendere gloria a Dio!–<br />

Poi premurosamente rivolta a Derna disse:<br />

– È proprio un bel bambino! Rendiamo grazie al<br />

Signore che tutto è andato bene. Sa già come chiamarlo<br />

o si vuole consultare con i parenti?<br />

– Franco – rispose titubante Derna. – Credo proprio<br />

che si chiamerà Franco–.<br />

– Francesco? Come San Francesco, proteore<br />

d’Italia – corresse la suora.<br />

29<br />

Spinga<br />

che viene!<br />

Di venere<br />

e di marte<br />

non s’inizia<br />

e non si<br />

parte.<br />

Oggi è<br />

lunedì sarà<br />

fortunato.


– Lasci stare i Santi, sorella, che mio marito è poco<br />

religioso, anzi... – sentenziò Derna.<br />

– Non sarà mica uno di quei rossi che vogliono<br />

mangiarsi i preti e distruggere la Chiesa?<br />

– Non certo uno di quei neri – affermò Derna.<br />

– Gesù, Giuseppe, Maria – la redarguì la suora facendosi<br />

il segno della croce. – Ma cosa dice? Proprio<br />

adesso che ha avuto un grande dono dal Signore:<br />

Francesco.<br />

– No, Franco! – corresse prontamente Derna.<br />

– Franco – confermò, il doore rivolto all’infermiera<br />

che scriveva. – Ma adesso tui in cantina prima<br />

che gli alleati ci facciano saltare tui per aria!<br />

30


Alla ricerca di Amleto<br />

Nella casa di Via Selice 18 i bambini aspeavano<br />

il ritorno dei genitori. Il primo ad arrivare fu Graziano,<br />

un amico e collega di Amleto. Alla vista della<br />

stanza piena di bambini senza nessun adulto che li<br />

guardasse, chiese a Cledes:<br />

– Ma te li hanno lasciati tui a te da guardare? –<br />

– No, c’era mamma Derna – rispose titubante Cledes.<br />

– C’era? – chiese conferma Graziano che ora temeva<br />

il peggio.<br />

– Sì, l’hanno portata all’ospedale, i tedeschi!<br />

– Fiol d’un can! I tugnin? Sul sà Amlet gli amaza<br />

tot!<br />

– Ma no, questi erano tedeschi buoni – lo rassicurò<br />

Cledes.<br />

– Non ci sono tedeschi buoni – replicò Graziano.<br />

– Mamma era incinta e questi tedeschi l’hanno<br />

portata all’ospedale Civile col motore. Poi ci hanno<br />

dato i biscoi indietro.<br />

Graziano non aveva capito che importanza potessero<br />

avere i biscoi, ma aveva capito che Derna era<br />

stata portata all’ospedale.<br />

– Tu stai qui a badare ai bambini che io vado a vedere<br />

se trovo Amleto. L’ha det c’landeva a Murdan!<br />

– A Mordano abbiamo i parenti – sentenziò Cledes<br />

nel tentativo di aiutare Graziano a capire dove<br />

poteva essere andato Amleto.<br />

Graziano, inforcata la biciclea, si avviò subito<br />

alla volta di Mordano, un paesino agricolo, molto<br />

31<br />

Figli di un<br />

cane! I<br />

tedeschi?<br />

se lo sa<br />

Amleto gli<br />

ammazza<br />

tutti!<br />

Ha detto<br />

che andava<br />

a Mordano!


vicino a Imola. Derna era nata a Mordano e lì abitavano<br />

ancora dei parenti, inclusa la mamma Ermelinda.<br />

Avere dei parenti in campagna, in tempo di<br />

guerra, era una benedizione, perché dalla campagna<br />

c’era sempre qualcosa da portare a casa: una salsiccia,<br />

delle uova, e qualche volta anche una gallina.<br />

In una delle ultime visite a Mordano, Amleto aveva<br />

portato a casa un maialino che avevano subito<br />

scambiato al mercato nero per dieci baraoli di piselli<br />

in scatola, una maschera antigas, e una boiglia<br />

nera, piena di benzina, che doveva servire per le<br />

lampade a petrolio per illuminare la cantina, visto<br />

che il petrolio era ormai irreperibile.<br />

Il valore enorme della benzina era deato dal fatto<br />

che per procurarsi la benzina bisognava rubarla<br />

direamente dai camion dei tedeschi o dalle macchine<br />

dei fascisti, cosa non facile visto i tempi che<br />

correvano.<br />

Una volta il gerarca fascista di Via Selice aveva<br />

sorpreso Giuseppe che con un tubo cercava di succhiare<br />

la benzina dal serbatoio della sua auto. Giuseppe<br />

fu trascinato a casa per un orecchio, e Amleto<br />

per soddisfare il gerarca dovee dargliele di santa<br />

ragione.<br />

– Ecco cosa succede quando nelle famiglie non c’è<br />

disciplina – disse il fascista.<br />

– Voi pensate alla vostra, che alla mia famiglia ci<br />

penso io – rispose Amleto.<br />

– E voi dove eravate? – chiese arrogante il gerarca.<br />

– A tirar fuori i morti dalle macerie! Voi, piuosto<br />

dove eravate?<br />

– A far la guardia... vicino all’osteria dei Tre Scalini!<br />

32


– Adesso capisco: al casino di via Eorri.<br />

– Beh, per questa volta passi, ma la prossima volta<br />

prenderò provvedimenti.<br />

– Ma se ha solo sei anni!<br />

– E ci va a scuola dei Balilla?<br />

– Ma se l’hanno chiusa da Pasqua!<br />

– Ecco il perché: senza la scuola fascista i figli crescono<br />

come animali, senza rispeo per le autorità.<br />

– Voi aprite la scuola e io ce lo rimando – rimbeccò<br />

Amleto. Poi rivolto a Giuseppe che tremava come<br />

una foglia aggiunse: – Se ti fai prendere ancora una<br />

volta non te la cavi così a buon mercato.<br />

Riappacificato il gerarca fascista uscì dal portone<br />

salutando con il braccio teso.<br />

Assicuratosi che ormai fosse lontano, Amleto inveì:<br />

– Cui venja un’azident brot mus negar! – Poi premurosamente<br />

rivolto a Giuseppe si sincerò: – Mica ti ho<br />

fao male, ho messo la fibbia dall’altra parte.<br />

– Un po’ sì, qui – disse Giuseppe facendo vedere<br />

il segno rosso lasciato dalla cintura.<br />

– Vieni qui che ti dò un bacino e tuo passa – rispose<br />

Amleto baciucchiando la gamba di Giuseppe.<br />

– Ecco – rispose contento Giuseppe, – adesso non<br />

mi fa più male.<br />

– E te stai aento quando rubi ai ladri...<br />

– Ma era andato su dalla napoletana.<br />

– E te cosa sai di questè cose?<br />

– Me l’ha deo Cledes.<br />

– E te insegni questè belle cose? – Indagò Amleto<br />

rivolto alla figlia che aveva seguito tuo il dramma.<br />

– Quando vanno dalla napoletana ci stanno almeno<br />

mezz’ora – sentenziò Cledes, – come potevo<br />

33<br />

Gli venisse<br />

un accidente<br />

a questo<br />

brutto muso<br />

nero!


immaginare che questo qua veniva giù solo dopo<br />

cinque minuti?<br />

– Allora eravate d’accordo. Vieni qua che ti dò il<br />

resto.<br />

– Mamma, mamma! – strillò Cledes: – Babbo mi<br />

picchia.<br />

– E fa bene – rispose mamma Derna, – poi quando<br />

ha finito lui comincio io. Poi rivolto ad Amleto implora:<br />

– Per stavolta lascia perdere...<br />

– Beh, hai ragione te. Non è colpa loro se li tiriamo<br />

su a questa maniera. La guerra: chi l’ha voluta la<br />

guerra? Quel mao di Predappio?<br />

– Stai zio, che qui hanno orecchie anche i muri<br />

– implorò mamma Derna.<br />

– Cai venja a rumper i maron in casa meja...<br />

– Ma te, non dovevi andare da qualche parte?<br />

– suggerì Derna al marito come per cavarselo di torno.<br />

– Posso sempre andare al Bar delle Corriere, se mi<br />

dai due lire – suggerì Amleto.<br />

– Due lire? Te tsi mat! – strillò Derna: – vai in bollea,<br />

così torni per l’ora di cena.<br />

Graziano pedalava nella direzione di Mordano.<br />

Tronchi e sassi ostruivano la strada, mentre in precendenza<br />

aveva dovuto evitare chiodi e punte di<br />

ferro che erano stati seminati in Via Selice.<br />

– Boia d’un can – sbuffava pedalando Graziano, –<br />

se mi prendono da queste parti mi meono al muro.<br />

Quelli sono capaci di dare la colpa a me.<br />

Proprio in quel momento, in località San Prospero,<br />

Graziano incontrò Amleto, che con l’aiuto di<br />

Mario cercava di rimuovere un grosso sasso sulla<br />

strada.<br />

34<br />

Che<br />

vengano<br />

a rompermi<br />

i coglioni in<br />

casa mia...<br />

Tu sei<br />

matto!<br />

Cane boia.


– Amlet, Mario, cos ti fa lè? – urlò Graziano nella<br />

loro direzione. – Sit chapa it l’a fe paghè!<br />

– I’ma da chapers, prema! – rispose Mario.<br />

– Non avvicinarti – avvertì Amleto, – c’è una bomba<br />

soo questo sasso.<br />

– Io pensavo che steste meendo voi i sassi sulla<br />

strada – rispose Graziano.<br />

– No, sono venuti fuori da quel buco – disse Mario<br />

indicando il cratere di una bomba.<br />

– Stà indrè ca l’ha fem saltè – disse Amleto correndo<br />

dall’altra parte della strada dove scorreva il fosso.<br />

Passarono alcuni secondi e si udì il boato della<br />

bomba che era esplosa.<br />

– Io l’avrei lasciata lì così i tedeschi saltavano per<br />

aria, ma da questa strada passano anche i contadini<br />

coi carri – commentò Amleto controllando il risultato<br />

dell’esplosione. – Meglio così: i contadini devono<br />

lavorare, altrimenti noi cosa mangiamo?<br />

– Certo che questi inglesi buano le bombe in<br />

mezzo alle campagne – commentò Graziano.<br />

– Di solito ci prendono – disse Amleto in tono di<br />

scusa – ma questa deve essere scappata. Comunque<br />

adesso l’abbiamo mandata in pensione.<br />

– Potevi smontarla, – disse Graziano, – la polvere<br />

si può vendere al mercato nero.<br />

– Sè, cusè it chapa e ti fà saltè i maron – rispose ridendo<br />

Mario. – No, è troppo pericoloso, meglio così.<br />

– Cosa fai te qui? – chiese curioso Amleto.<br />

– I tedeschi hanno portato Derna all’ospedale!<br />

– I tugnen? – strillò Amleto – parchè ai tugnen?<br />

– L’hanno portata a partorire, al Civile.<br />

Solo in quel momento Amleto si rese conto che<br />

aveva lascito la moglie sola, in condizioni di partorire<br />

da un momento all’altro.<br />

– Ma l’avevo deo alla Evelina – si scusò Amleto.<br />

35<br />

Amleto,<br />

Mario...<br />

cosa fate?<br />

Se vi<br />

prendono<br />

vi fanno<br />

passare dei<br />

guai.<br />

Prima<br />

devono<br />

prenderci.<br />

Stai indietro<br />

che la<br />

facciamo<br />

saltare.<br />

Sì, così se<br />

ti scoprono<br />

ti fanno<br />

saltare i<br />

testicoli.<br />

I tedeschi?<br />

perché i<br />

tedeschi?


– La cà dl’Evelina l’ha chapè na bomba! – aggiunse<br />

Graziano, – non so neanche se erano nel rifugio.<br />

– Meglio andare – disse Amleto montando velocemente<br />

sulla biciclea. Poi rivolto a Mario aggiunse:<br />

– Te meglio che vada a casa, che se ti pigliano ti<br />

fucilano.<br />

– Perché ha te ti danno la medaglia? – chiese sarcastico<br />

Mario.<br />

– A me non mi fanno niente, sono dell’UNPA, e<br />

poi ho due... tre figli – sbuffò Amleto, pedalando<br />

nella direzione di Imola.<br />

– Io non sarei poi tanto sicuro – ribadì pedalando<br />

Graziano, – ieri hanno preso Augusto!<br />

– Dove? – si informò Amleto.<br />

– Dalle parti di Giugnola – informò Graziano.<br />

– Dicono che era andato a parlare con i Partigiani.<br />

L’hanno chiuso nella Rocca.<br />

Ben presto i due ciclisti arrivano alla periferia di<br />

Imola. La devastazione era totale. Dello stabilimento<br />

Cogne c’era rimasto ben poco. Più avanti si scorgevano<br />

le macerie ancora fumanti della Ceramica.<br />

Anche Becca, l’azienda ortofruicola, era squarciata<br />

da una bomba.<br />

– Questi inglesi sono proprio degli imbecilli –<br />

commentò Amleto, – li boa zò al bomb come c’al fos<br />

curiandol.<br />

– Certo che noi siamo proprio a posto, – commentò<br />

Graziano, – se non ci ammazzano i tedeschi, ci<br />

ammazzano gli alleati.<br />

– Dài, dài pedala – lo rassicurò Amleto, – che l’erba<br />

caiva non muore mai.<br />

Schivando detriti e buche, Graziano e Amleto arrivarono<br />

in Via Selice 18. Amleto sbaè la biciclea<br />

contro il muro e corse dentro per avere notizie. Dal-<br />

36<br />

La casa<br />

dell’Evelina<br />

è stata<br />

colpita da<br />

una bomba!<br />

Buttano giù<br />

le bombe<br />

come se<br />

fossero<br />

coriandoli.


lo stanzone dove aveva lasciato Derna e i bambini<br />

uscivano le note della canzone del momento: Ma<br />

l’amore no, l’amore mio non può...<br />

Amleto entrò e si trovo di fronte a Cledes, che intraeneva<br />

i bambini.<br />

– Come canti bene! – disse Amleto, che non voleva<br />

spaventare i presenti con il suo ingresso, – sembri<br />

proprio come la Valli! – Poi aggiunse: – E la mamma<br />

dov’è?<br />

– L’hanno portata all’ospedale civile, due tedeschi<br />

buoni – informò soddisfaa Cledes.<br />

– Si, buoni da friggere – commentò Amleto. Poi<br />

rivolto a Cledes aggiunse: – Monta sul canon dl’a bizicleta<br />

c’andem all’ospedal at’avde’ al tu fratlen... o surlena.<br />

– Vengo anch’io! – aggiunge coraggiosamente il<br />

piccolo Giuseppe.<br />

– Tu monta sulla canna della biciclea di Graziano<br />

che andiamo a vedere se mamma ha comprato<br />

un fratellino o una sorellina – concluse Amleto.<br />

Amleto con Cledes, e Graziano con Giuseppe, si<br />

avviano alla volta dell’Ospedale Civile, percorrendo<br />

il trao finale di via Selice, e poi la Via Emilia.<br />

All’altezza della Chiesa del Carmine una camionea<br />

tedesca sbarra la strada.<br />

– Anschlag! – impone il militare germanico.<br />

Le due biciclee si fermano. I militari studiano<br />

con lo sguardo il quarteo. Poi dal retro della camionea<br />

scende un gerarca fascista.<br />

– Voi venite da Mordano? – s’informò.<br />

– Mordano? – chiese prontamente Amleto. – Mia<br />

moglie è di Mordano.<br />

– Non fare lo spiritoso – spazientito intervenne il<br />

fascista. – Intendo se adesso, voi venite da Mordano.<br />

37<br />

Monta sulla<br />

canna della<br />

bicicletta<br />

che<br />

andiamo<br />

all’ospedale<br />

a vedere<br />

il tuo<br />

fratellino...<br />

o sorellina.


– No, da via Selice, abitiamo al numero 18 – prontamente<br />

rispose Amleto. – Andiamo all’Ospedale<br />

Civile, mia moglie ha dato alla luce un figlio.<br />

– Sì, di questi tempi – disse incredulo il gerarca.<br />

– Venga a vedere se non ci crede – rispose Amleto,<br />

– l’ospedale è lì, ci vogliono due minuti.<br />

– Andate, andate, circolate – concluse stizzito il<br />

gerarca, – e la prossima volta usate una scusa migliore.<br />

Amleto comprese che era meglio togliere il disturbo<br />

visto che i fascisti volevano sempre l’ultima parola.<br />

Rimontò sulla biciclea e seguito da Graziano<br />

raggiunsero in breve tempo l’Ospedale Civile.<br />

Appoggiate le biciclee nell’apposita rastrelliera<br />

Amleto, Graziano, Cledes e Giuseppe si presentarono<br />

all’ingresso dell’ospedale dove furono fermati<br />

da due persone in borghese, ma con la fascia della<br />

Croce Rossa al braccio.<br />

– Fermi, dove andate, non si può entrare! – intimò<br />

uno dei due. – Una bomba ha preso di striscio l’ospedale<br />

e ci potrebbero essere altre bombe inesplose.<br />

– Ma io sono dell’UNPA – l’informò Amleto.<br />

– Dell’UNPA? – rispose incredulo quello della<br />

Croce Rossa, – e cosa fanno questi bambini?<br />

– Sono i miei – rassicurò Amleto, – andiamo a vedere<br />

mia moglie che ha avuto un bambino... o una<br />

bambina.<br />

– Tu sei il Morin? – chiese l’uomo.<br />

– A sò me. Amlet, e morin! – rispose Amleto.<br />

– Congratulazioni! – disse, facendo con un sorriso<br />

l’uomo della Croce Rossa, – Derna ha avuto un bel<br />

maschieo.<br />

– Lo sa tua Imola prima di te – aggiunse Graziano<br />

con un pizzico di ironia.<br />

38<br />

Tu sei<br />

quello che<br />

chiamono il<br />

moretto?<br />

Sono io,<br />

Amleto il<br />

moretto.


– Va là imbarlè – disse Amleto giusto per scusarsi.<br />

– Sono giù in cantina – concluse l’uomo della Croce<br />

Rossa.<br />

Ben presto il quarteo arrivò alla cantina e seguendo<br />

le indicazioni sul muro arrivarono ad una<br />

stanza adibita ad infermeria.<br />

La suora si informò:<br />

– Cercate qualcuno?<br />

– Cerco Derna, mia moglie – rispose Amleto, – ha<br />

appena avuto un bambino.<br />

– Ah, così tu saresti quel bell’imbusto di Amleto,<br />

che se ne va a spasso lasciando la moglie da sola?–<br />

– Senta sorella – esclamò contrariato Amleto, – ho<br />

già i maroni di traverso, non ci si mea pure lei.<br />

– Madonna Immacolata Santissima – rispose la<br />

suora facendosi il segno della croce – povera donna,<br />

con un marito del genere.<br />

– Perché suo marito è meglio di me?<br />

– Mio marito è il Signore – affermò la suora.<br />

– E il marito di Derna, son me, un poveraccio!<br />

La conversazione venne interroa giusto in tempo<br />

dal doore, che aveva già previsto il peggio.<br />

– Venga Amleto, – invitò gentilmente, – Derna e<br />

Franco l’aspeano.<br />

– Franco? – chiese Amleto confuso.<br />

– Franco, suo figlio – rispose il doore. – Derna<br />

mi ha deo che lo chiamerete Franco.<br />

– Franco? Il nome di un diatore fascista? Neanche<br />

morto – assicurò Amleto.<br />

Il doore a quel punto si era reso conto che non<br />

valeva la pena intromeersi in una situazione domestica<br />

che a dir poco stava degenerando in dramma.<br />

Fece cenno al quarteo capitanato da Amleto<br />

dove si trovava il leo di Derna e del bambino.<br />

39<br />

Falla finita<br />

disgraziato.<br />

Coglioni.


– Ma guarda un po’ cosa mi combini – ruppe il<br />

ghiaccio Amleto quando si trovò al capezzale. – Ti<br />

lascio sola un momento e te guarda cos t’il fà!<br />

– Guarda il tuo papà – disse Derna rivolta al figlioleo:<br />

–vedi com’è bello quando si arrabbia.<br />

– E chi si arrabbia? – chiese Amleto indispeito.<br />

– Si sentivano i tuoi strilli da qua, ancora un po’ e<br />

ti mangiavi la suora – lo rimproverò Derna.<br />

– Mi ha aggredito come se io dovessi rendere conto<br />

a lei o al suo Signore di quello che faccio – replicò<br />

Amleto.<br />

– Ma le suore sono persone buone, lo fanno per<br />

aiutare la gente.<br />

– Una che si fa suora vuole dire che ha dei problemi<br />

e non riesce a trovare nessuno che se la prenda.<br />

Poi cambiando tono: – E cos’è la storia che lo vuoi<br />

chiamare Franco?<br />

– È un bel nome Franco: uno franco, onesto...<br />

– Lo so cosa vuole dire franco: i soldi dei francesi<br />

e il nome del diatore spagnolo, fascista!<br />

– E allora come lo chiamiamo? Lenin? chiese<br />

Derna che cominciava a perdere la pazienza.<br />

– E chi è Lenin? – si informò Amleto – lo potremmo<br />

chiamare Stefano, Silvestro...<br />

– Stefano o Silvestro chiamerai il tuo gao. Questo<br />

è mio figlio e lo chiamo Franco – s’impuntò stizzita<br />

Derna.<br />

– Tuo figlio? – rispose Amleto, – pensavo che fosse<br />

anche mio...<br />

– Va bè, nostro figlio si chiamerà Franco.<br />

– Vedremo – rispose Amleto.<br />

– Vedremo un bel niente – replicò Derna. – Franco<br />

è nella lista dei nomi preferiti e ci danno cinquanta<br />

lire di premio. A meno che te non lo voglia chiamare<br />

Adolfo o Benito!<br />

40<br />

... e te<br />

guarda<br />

cosa mi<br />

combini!


– Non nominare quei nomi nemmeno per scherzo<br />

– disse Amleto turbato.<br />

Amleto si era seduto al capezzale di Derna e accarezzava<br />

la testolina calva del piccolo, che aprì gli<br />

occhi.<br />

– Ma te pensi che Franco sia un bel nome, di questi<br />

tempi? – chiese.<br />

– Cledes l’hai scelto te – informò Derna, – Giuseppe<br />

è il nome di mio papà e l’ha scelto Ermelinda, almeno<br />

lasciamene scegliere uno anche a me, perché<br />

questo è l’ultimo che ti faccio.<br />

– Potremmo chiamarlo Giovanni, come mio padre<br />

– tastò il terreno Amleto.<br />

– Amleto, lascia perdere che non ho voglia di litigare.<br />

Almeno oggi lasciami in pace – concluse<br />

Derna: – Io l’ho fao e io lo chiamo Franco!<br />

Ora è Derna che accarezza la testolina del piccolo.<br />

Poi si accorge che il marito non è solo:<br />

– Ciao Graziano, come va?–<br />

– Non c’è male, Derna – rispose Graziano. – Che<br />

bel bambino.<br />

– Grazie Graziano. – Poi rivolta ai figli: – Cledes,<br />

Giuseppe, guardate che bel bambino vi ha portato<br />

la cicogna.<br />

Cledes prima, poi Giuseppe danno un bacio al<br />

piccolo, che per tua risposta scoppia in pianto disperato.<br />

– Ha fame – informa Derna. –Amleto, porta a casa<br />

i bambini e dagli da mangiare. Ho nascosto delle<br />

patate dietro la secchia. Soo la madia c’è anche del<br />

pane. Tu hai portato niente da Mordano?<br />

– Non menzionare la parola Mordano – le sussurra<br />

Amleto.<br />

– Cosa è successo a Mordano? – si informa preoccupata<br />

Derna.<br />

41


– Niente! – informa Amleto. – È che sono caduti<br />

degli alberi sulla strada vicino a San Prospero e i<br />

tedeschi dicono che sono stati tagliati apposta per<br />

rallentare le loro operazioni...<br />

– E voi non ne sapete niente? – chiese Derna.<br />

– Io ho solo fao scoppiare una bomba che era<br />

in mezzo alla strada – disse Amleto. – Certo che gli<br />

inglesi hanno caiva mira!<br />

– E penso che la bomba abbia fao un bel buco<br />

– disse Derna.<br />

– Di lì i tugnin non passano di certo – confermò<br />

Amleto.<br />

Derna guarda Graziano per avere la sua versione<br />

dei fai, ma Graziano abbassa gli occhi, per evitare<br />

il confronto. Derna ha già capito tuo:<br />

– Porta a casa i bambini, che io dò da mangiare a<br />

questo qua. – Poi guardando amorevolmente il piccolo<br />

che piange conclude: – Ma guarda un po’ in che<br />

mondo dovevi nascere!<br />

42


Sfollati a Bagnara<br />

Amleto annunciò alla famiglia che bisognava lasciare<br />

Imola. Era troppo pericoloso restare tra qelle<br />

mura pericolanti, ora che i bombardamenti alleati si<br />

erano intensificati.<br />

– Andremo a stare dai Golinelli, a Bagnara – confermò<br />

Amleto. – Ho parlato con Tilde. È d’accordo a<br />

fare da madrina al baesimo.<br />

I Golinelli erano parenti alla lontana. Qualcuno di<br />

loro aveva sposato un cugino di Amleto, e abitavano<br />

in una grande casa, a Bagnara, non lontano dalla<br />

piazza principale. I Golinelli avevano una figlia, Tilde,<br />

ed erano abbastanza agiati nonostante la guerra.<br />

A più riprese avevano invitato Derna, Amleto e<br />

famiglia a trasferirsi a Bagnara, che era più sicuro<br />

della città. Finalmente Amleto si era fatto convincere<br />

che quella era la soluzione migliore.<br />

– Quando partiamo? – domandò Derna.<br />

– Appena te puoi pedalare – rispose Amleto.<br />

– Allora anche subito – assicurò Derna, che non<br />

voleva restare un solo momento di più in quella<br />

casa dai vetri roi e dai calcinacci che si staccavano<br />

dalle pareti senza preavviso. – Adesso che arriva<br />

l’inverno, staremo bene in campagna.<br />

– Poi sembra che mi diano un posto alla Fornace<br />

– continuò Amleto.<br />

– Ma non l’avevano chiusa dopo lo sciopero?<br />

– Sì, ma adesso la riaprono – informò Amleto.<br />

– Guarda quanto sono furbi i padroni: la chiudono<br />

quando c’è la guerra, tanto nessuno usa i maoni,<br />

43


poi la riaprono adesso che abbiamo gli alleati alla<br />

porta. Ci sarà da ricostruire tuo e intanto cominciamo<br />

dai maoni.<br />

– È pur sempre un buon lavoro – confermò<br />

Derna.<br />

– Basta che non facciano sempre sciopero. Adesso<br />

che siamo in guerra, ogni lavoro va bene. E anche<br />

dopo la guerra a portare avanti una famiglia costerà<br />

un sacco di soldi – continuò Amleto.<br />

– Dovevi pensarci prima – rispose turbata Derna.<br />

– Ma cosa capisci tu donna, fischi per fiaschi? – la<br />

rassicurò il marito. – Sono contento di avere una<br />

bella famiglia, ma dovrò pur darle da mangiare,<br />

mandare i bambini a scuola e dargli un’educazione.<br />

Non vorrai mica che crescano ignoranti come noi?<br />

– Spero proprio di no – convenne Derna. – Cledes<br />

potrebbe fare l’infermiera. È un bel lavoro l’infermiera,<br />

poi trova un bel doore e se lo sposa.<br />

– E se trova un fornaciaio? – chiese incuriosito<br />

Amleto.<br />

– Ad un furnaser non gliela dò – asserì Derna.<br />

– Ah, e così se tu m’incontrassi oggi non mi vorresti<br />

più?<br />

– Ma cosa c’entra noi: è tua un’altra cosa, poi io<br />

ti voglio bene anche se sei un orso!<br />

– Te invece sei la gaa! – Troncò Amleto che oramai<br />

ne aveva abbastanza di quella conversazione<br />

stupida sul futuro della famiglia in un Paese senza<br />

futuro.<br />

Il problema vitale era la cena.<br />

– A proposito: cosa mangiamo questa sera? – chiese<br />

Derna ispezionando la madia, che era vuota.<br />

– A tò purtè la suzeza!– Così dicendo Amleto tolse<br />

dal risvolto della giacca tre salsicce legate assieme<br />

44<br />

Ad un<br />

fornaciaio.<br />

Ti ho<br />

portato la<br />

salsiccia


che appese al chiodo della trave. Poi prese in braccio<br />

il figlioleo e sollevandolo nella direzione delle<br />

salsicce cantava:<br />

– Chapa la suzizina, chapa la suzeza!<br />

Per tua risposta il piccolo proruppe in un pianto<br />

sfrenato. Amleto prontamente lo ridiede alla madre:<br />

– Te, và là, fallo stare calmo che io cucino le salsicce.<br />

– Prima lo fai piangere poi lo dài a me da calmare<br />

– aggiunse Derna. Poi rivolto al piccolo e accortasi<br />

che aveva fame si aprì la camicia e cominciò ad allaarlo.<br />

– Con queste tee lae ce n’è da vendere – sentenziò<br />

Amleto.<br />

– Te cucina le salsicce che le tee te le faccio vedere<br />

col binocolo! – dichiarò Derna.<br />

– C’è mica un po’ di lardo? – chiese Amleto con la<br />

padella in mano.<br />

– Macché – informò Derna, –niente, neanche grasso...<br />

c’è un scartuzin con del sale...<br />

– Non importa – disse Amleto, – le salsicce hanno<br />

il loro grasso e sono anche salate. Un po’ di pane<br />

dove lo troviamo?<br />

Proprio in quel momento bussarono alla porta.<br />

– Per carità – esclamò Derna che stava ancora allaando<br />

il piccolo, – chi sarà a quest’ora?<br />

– Niente paura – la rassicurò Amleto, – hanno<br />

bussato troppo gentilmente. Se erano i fascest o i tugnì,<br />

sfondavano la porta.<br />

Contemporaneamente Amleto si accinse ad aprire<br />

la porta. Una persona tua vestita di nero. Stava<br />

quasi per mollare una bestemmia poi si traenne di<br />

colpo: la persona vestita di nero, non era un gerarca<br />

fascista, ma un prete.<br />

45<br />

Piglia la<br />

salsiccina,<br />

prendi la<br />

salsiccia!<br />

cartoccio<br />

i fascisti o i<br />

tedeschi


– Don Giulio, che ci fate qui a quest’ora, non sa<br />

che c’è il coprifuoco? – chiese Amleto.<br />

– Lo so, lo so – rispose il sacerdote, – è proprio per<br />

questo che siamo qui!<br />

– Siamo? – s’informò Amleto.<br />

– Io e Dante. Conosci Dante? – chiese il sacerdote<br />

mentre Dante si faceva distinguere avvicinandosi<br />

alla porta.<br />

Amleto fece cenno di sì. Poi mise la testa fuori<br />

dalla porta e si accorse che c’era anche un carreo.<br />

– Porca maiala – inveì Amleto, – se vi pigliano i<br />

tedeschi vi fucilano.<br />

– Abbiamo il lasciapassare del gerarca, ma dovevamo<br />

essere di ritorno al Carmine prima delle cinque,<br />

ma c’erano tante si quelle pauglie nere per la<br />

strada che siamo dovuti passare per i campi – spiegò<br />

don Giulio.<br />

– Perché, vi rubano? – chiese Amleto incuriosito.<br />

– Cosa vuoi farci, di questi tempi hanno fame tui<br />

e il lasciapassare è solo un foglio di carta, mentre la<br />

roba da mangiare, si mangia – disse seraficamente<br />

il sacerdote.<br />

– E vi siete fai tua la via Selice? – chiese Amleto.<br />

Poi senza aspeare risposta, visto anche che era logico,<br />

perché si trovavano lì, aggiunse:<br />

– L’è propri vera che la Madona d’e Carmin l’aiuta i<br />

ma e gli incuscient! – Disse Amleto in segno di ammirazione<br />

per il coraggio dimostrato da don Giulio.<br />

– Sì, va bene, fino qui, ma adesso dobbiamo arrivare<br />

al Carmine e ci sono posti di blocco un po’<br />

dappertuo – disse il sacerdote.<br />

– Al Carmine non ci arrivate, stasera. I fascisti<br />

hanno posti di blocco lungo la via Emilia. Cercano<br />

quello che si è buato dal Ponte Nuovo. Gli altri due<br />

li hanno ammazzati – disse Amleto.<br />

46<br />

È proprio<br />

vero che la<br />

Madonna<br />

del Carmine<br />

aiuta i<br />

matti e gli<br />

incoscienti!


Il sacerdote si fece il segno della croce. Seguirono<br />

aimi di silenzio. Poi Amleto ordinò:<br />

– Venite dentro, voi due. Aspeate che apro l’altra<br />

metà del portone, così entra il carreo.<br />

Così dicendo effeuò l’operazione tirando i due<br />

catenacci che tengono chiuso il portone principale.<br />

Poi aiutò Dante a spingere il carreino dentro lo<br />

stanzone.<br />

– Porco giuda quanto pesa – disse Amleto, – ma<br />

cosa avete lì dentro, un tedesco morto?<br />

– Ma no! – lo rassicurò il prete, – abbiamo patate<br />

e carote per gli orfani di Santa Caterina!<br />

–Sì, l’orfanotrofio – commentò Amleto, – voi andate<br />

al Carmine. Lo sanno tui che nascondete mezza<br />

Imola e anche dei soldati polacchi. Tui fuorché<br />

quegli imbecilli dei fascisti. Ma dài oggi, dài domani,<br />

se ne accorgono vi fucilano senza processo.<br />

– Sia faa la volontà del Signore – rispose don<br />

Giulio.<br />

– Lassè stè al Snur, cl’ha fat abbastenza dan – sentenziò<br />

Amleto. – Poi se fucilano voi, chi porta più da<br />

mangiare agli orfani?<br />

Solo allora il sacerdote si rese conto che nell’angolo<br />

della stanza c’era Derna che allaava il piccolo,<br />

con Cledes e Giuseppe vicino.<br />

– Ma Derna ha avuto un altro bambino? – chiese<br />

incuriosito don Giulio. – Di questi tempi?<br />

– È venuto e sono contento – sentenziò Amleto.<br />

– Dopo che sarà finita la guerra c’è bisogno di lavoratori.<br />

– La guerra. Chissà se finisce la guerra.<br />

– Ma sì reverendo. Gli alleati hanno quasi sfondato<br />

sul Passo del Giogo. Prima di Natale arrivano<br />

a Firenzuola. Poi i partigiani gliele stanno dando di<br />

santa ragione a Piancaldoli e Giugnola. Questi ba-<br />

47<br />

Lasciate<br />

stare il Signore<br />

che<br />

ha già fatto<br />

abbastanza<br />

danni.


stardi figli di una cagna di fascisti hanno ammazzato<br />

quasi trenta persone a Sassoleone; cosa aspea il<br />

tuo dio a cancellarli dalla faccia della terra?<br />

– Dio è buono, Dio è giusto – sentenziò il prete<br />

confuso da quell’improvvisa domanda. – Hanno<br />

ammazzato anche il parroco. Hai proprio ragione<br />

Amleto, ma penso che Dio c’entri poco in questa<br />

faccenda. Sono gli uomini a farsi la guerra. I fascisti<br />

non sono poi male, mentre i tedeschi, quelli delle<br />

SS, chissà da che mondo vengono...<br />

– Dio li fa e dio gli accompagna – sentenziò Amleto.<br />

– I fascisti vanno d’accordo coi tedeschi perché sono<br />

della stessa razza, della stessa caiveria!<br />

– Speriamo proprio che finisca presto – concluse<br />

don Giulio.<br />

Dante ha appena finito di sistemare il carreino.<br />

Don Giulio si accorge della padella e delle salsicce:<br />

– Non avete ancora cenato? – domandò.<br />

– Stavamo proprio cominciando quando siete<br />

venuti voi. Cercavamo un po’ di pane... – disse<br />

Amleto.<br />

– Ma guarda un po’ la Provvidenza, – disse gongolante<br />

don Giulio, – ho proprio una pagnoa.<br />

Così dicendo scoprì un angolo del carreino e ne<br />

trasse una bella pagnoa di pane comune.<br />

– Ma è troppo – sentenziò Amleto. – E i suoi orfanelli<br />

cosa mangeranno?<br />

Per tua risposta il sacerdote scoperse il resto del<br />

carreo lasciando intravedere una sporta piena di<br />

pane.<br />

– Ce ne hanno da mangiare, non ti preoccupare<br />

– confermò don Giulio. – Poi quello che ho da chiederti<br />

vale bene una pagnoa!<br />

– Eh no, reverendo. Io ho moglie e tre figli. L’ul-<br />

48


tima cosa che mi passa per la testa è farmi fucilare!<br />

– disse deciso Amleto.<br />

– E chi ti vuole far fucilare? – chiese il prete. – Tu<br />

sei dell’UNPA, ti fanno araversare il blocco.<br />

– Sì, da solo, in biciclea, forse. Ma con un carrettino?<br />

– Potremmo dire ai fascisti che portiamo il carreo<br />

con il mangiare agli orfani di Santa Caterina?–<br />

chiese il prete.<br />

– Sono stupidi i fascisti, ma non cretini – sentenziò<br />

convinto Amleto. – Lo sanno che il mangiare a<br />

Santa Caterina lo porta il camion. Però, si potrebbe<br />

provare.<br />

– Provare cosa? – chiese incuriosito il prete.<br />

– Provare a corromperli. Dipende da chi c’è di<br />

servizio al blocco e se non ci sono i tedeschi, forse<br />

– propose Amleto.<br />

Senza nemmeno aspeare risposta, Amleto si<br />

mee sulle spalle la “capparella”, prende la biciclea<br />

appoggiata alla parete, si aggiusta la fascia con la<br />

scria UNPA sul braccio e apre la porta:<br />

– Vado a vedere cosa si può fare. – Poi rivolto a<br />

Derna, Amleto continua: – Te comincia a cuocere le<br />

salsicce. – Poi chiede al sacerdote: – Nel carreo dei<br />

miracoli non ci sarebbe per caso un po’ d’olio, o un<br />

pezzeo di lardo?<br />

– No, l’olio costa più dell’oro. Il grasso fino a che<br />

non ammazziamo il maiale, verso Natale, neanche<br />

se ne parla. Mi dispiace – disse sconsolato don<br />

Giulio.<br />

– Fa niente reverendo – lo rassicura Amleto. Poi<br />

rivolto a Derna ordina: – Cucinale con l’acqua, vanno<br />

bene lo stesso: sono salsicce di Mordano!<br />

– Sei stato a Mordano?– chiese incuriosito il sacerdote.<br />

49<br />

Tabarro


– Sì, ma non lo dica troppo in giro, ché se lo vengono<br />

a sapere i fascisti... – poi per troncare la conversazione,<br />

anche perché non voleva che Derna<br />

sapesse troppo delle sue attività, concluse: – Vado,<br />

vedo e torno!<br />

– Ci meo cinque minuti a cucinarle – disse Derna<br />

con la padella in mano, – vuoi che ti aspeiamo?<br />

– No, tu comincia pure, entro cinque minuti sono<br />

di ritorno.<br />

Così dicendo Amleto inforca la biciclea ed esce<br />

dal portone. Derna, ora che è sola non perde l’occasione<br />

per rimproverare il prete:<br />

– Ma lei lo sà reverendo che se lo prendono e a<br />

qualcuno gli va la luna di traverso me lo sbaono<br />

alla Rocca?<br />

– Ma non preoccuparti, Derna – rispose il sacerdote<br />

con tono rassicurante, – ti chiami Derna, vero?<br />

– Sì, mi chiamo Derna...<br />

– Tuo padre era Giuseppe. Conti, credo...<br />

– Conti Giuseppe. Giuseppe, come questo qua–<br />

così dicendo accarezza i capelli al piccolo Giuseppe<br />

seduto per terra vicino alla stufa.<br />

– Gran brava persona Conti Giuseppe – sentenzia<br />

don Giulio.<br />

– Sì – afferma Derna, – però è andato a morire in<br />

Africa e ci ha lasciti orfani...<br />

Non appena pronunciate queste parole Derna<br />

scoppia in un pianto diroo. Il prete si rende conto<br />

della situazione. Giuseppe Conti è morto in guerra<br />

lasciando Derna con sua sorella Maria e il fratello<br />

Ebenio orfani.<br />

– Ma non volevo toccare questo tasto doloroso – il<br />

sacerdote cerca di rasserenare Derna, – vedrai che<br />

la bontà di Dio non permeerà nulla di grave nella<br />

vostra famiglia.<br />

50


– Speriamo che abbia ragione, padre – aggiunse<br />

Derna smeendo di piangere ed asciugandosi gli<br />

occhi con la manica della camicea.<br />

Ormai le salsicce erano coe, ma di Amleto non<br />

c’era traccia del ritorno. Il prete per ingannare il<br />

tempo leggeva il suo breviario alla luce fioca che<br />

usciva dalla stufa.<br />

Dante appoggiato al carreo sembrava che dormisse.<br />

Derna interruppe il silenzio:<br />

– Meglio che mangiamo, se no se si raffreddano<br />

sanno di grasso.<br />

– Ma io ho già mangiato – rispose con poca convinzione<br />

il prete – e anche Dante ha già mangiato.<br />

Dai da mangiare ai bambini piuosto e mangia anche<br />

te che devi essere forte per allaare.<br />

Derna esegue in parte l’ordine. Spezza il pane e<br />

porge mezza salsiccia a Cledes e mezza a Giuseppe.<br />

– Mangiate piano – ordinò Derna alla vista dei figli<br />

che si avventavano sui pezzi di salsiccia – sembrate<br />

due morti di fame.<br />

– Lascia che facciano come vogliono, non c’e nulla<br />

di più bello che vedere i bambini che mangiano – intervenne<br />

il prete. – Quando hanno finito c’è anche<br />

una mela!<br />

– Grazie padre, non doveva...<br />

– È il minimo che possa fare, e in futuro se avete<br />

bisogno venite al Carmine a trovarmi – invitò il sacerdote.<br />

– Partiamo per Bagnara domani – disse Derna<br />

come per scusarsi.<br />

– Starete bene a Bagnara, meglio che Imola di questi<br />

tempi: non bombardano la campagna. Il parroco<br />

di Bagnara, don Dino, è una gran brava persona.<br />

51


– Ma come mai Amleto non torna? – chiese Derna<br />

che ormai cominciava a preoccuparsi. – Aveva deo<br />

che tornava tra cinque minuti...<br />

– Vedrai che è solo questione di pochi minuti – il<br />

sacerdote cercò di rassicurare la donna.<br />

Aveva appena pronunciate queste parole che si<br />

udì un rumore fuori dalla porta. Pochi istanti dopo<br />

Amleto entrava con la biciclea a mano.<br />

– Porco giuda – inveì Amleto, – ho forato, proprio<br />

all’imbocco di via Selice. – Poi rivolto al prete: – Tutto<br />

a posto reverendo!<br />

– Ma come mai tuo questo tempo? – si informò<br />

preoccupata Derna.<br />

– Cosa vuoi, – spiegò Amleto, – al posto di blocco<br />

c’era Garelli, mi ha domandato cosa facevo da quelle<br />

parti a quell’ora, gli ho deo che controllavo che<br />

non ci fossero luci alle finestre in caso di bombardamenti<br />

e ci ha creduto. Poi, visto che erano in tre, gli<br />

mancava il quarto per fare la briscola, allora...<br />

– Allora?– chiese incuriosito il prete.<br />

– Allora abbiamo fao la briscola: io e Garelli contro<br />

gli altri due. Mai visti, devono essere arrivati a<br />

Imola da poco dalla bassitalia. Neri di faccia, neri di<br />

capelli e neri di camicia.<br />

– Allora? – chiese questa volta Derna.<br />

– Allora abbiamo vinto noi! Poi loro hanno voluto<br />

la rivincita. Abbiamo vinto di nuovo! Poi loro hanno<br />

voluto la rivincita della rivincita. Allora Garelli ha<br />

deo: perché non ci giochiamo due lire?<br />

– Allora? – chiesero in coro don Giulio, Derna e<br />

Dante.<br />

– Allora abbiamo fao un’altra briscola – disse<br />

Amleto.<br />

– E chi ha vinto? – chiese il prete sempre più interessato<br />

alla vicenda.<br />

52


– E chi vuole che abbia vinto, i migliori, noi – aggiunse<br />

trionfante Amleto, estraendo una bella banconota<br />

da due lire che consegnò a Derna – e fortuna<br />

che è andata così perché in tasca avevo solo quaro<br />

soldi.<br />

– E gli hai chiesto se possiamo passare? – chiese il<br />

prete preoccupato.<br />

– Questa noe no – rispose Amleto, – ma domani<br />

maina presto Garelli vi fa passare. Gli ho deo che<br />

avete il mangiare per gli orfanelli.<br />

– Sia lodato Gesù Cristo – sentenziò il prete. – Tanto<br />

vale che proviamo a dormire e domaina presto<br />

andiamo.<br />

– Ho promesso a Garelli quaro patate...<br />

– Avrà senz’altro le sue quaro patate – promise<br />

don Giulio.<br />

– Avete già mangiato? – si informò Amleto.<br />

– Se aspeavamo te, facevamo colazione! – aggiunse<br />

Derna. – Però ce n’è ancora una. Il prete non<br />

ha fame, Dante ha già mangiato. Ona a l’ho mangneda<br />

me e l’altra l’ho divisa per Cledes e Giuseppe. Aspetta<br />

che gli dò una scoatina a questa così mangi anche<br />

te.<br />

Amleto sorride. Si toglie la pesante mantella e dalla<br />

tasca interna estrae una boiglia di vetro scuro.<br />

– Questo è Sangiovese – sentenziò Amleto. – Se lo<br />

fa un bicchiere reverendo?<br />

– Questo sì, al Sangiovese non si può dir di no.<br />

Poi rivolto a Dante:<br />

– Un gocceo Dante?<br />

– Urca! – sentenzio Dante che già si leccava i baffi.<br />

–E il Sangiovese da dove arriva?– chiese Derna<br />

mentre cercava il cavatappi nel casseo.<br />

– L’è na storia longa – disse Amleto. – Sai, ai terroni<br />

il Sangiovese non piace. Loro ne avevano due bot-<br />

53<br />

Una l’ho<br />

mangiata<br />

io.<br />

Certamente.<br />

È una<br />

storia<br />

lunga.


tiglie, così gli ho deo: – Se mi date una boiglia di<br />

vino vi dò quaro patate.<br />

Hanno acceato, e qui è il vino. Le patate gliele<br />

diamo domani quando andiamo al Carmine.<br />

– Porco diavolo – si lasciò scappare il sacerdote,<br />

– io pensavo che le quaro patate fossero il prezzo<br />

da pagare per passare col carreo...<br />

– No, quello passa gratis – continuò Amleto, – Garelli<br />

ha deo che può passare. Gli altri sono da fuori<br />

e non sanno niente e crederanno alla storia degli orfanelli<br />

di Santa Caterina.<br />

– Tira il tappo Amleto – disse Derna passando il<br />

cavatappi.<br />

– Te mica puoi bere – disse Amleto facendo finta<br />

di essere serio. – Se te bevi va a finire che mi ubriachi<br />

il bambino.<br />

– Se è figlio tuo, meglio che si abitui presto – disse<br />

Derna ridendo.<br />

– Come sarebbe a dire: se è?– chiese Amleto.<br />

– E di chi? – chiese Derna ridendo, – figlio del prete?<br />

– Ohi voi due, non meiamo in giro chiacchiere<br />

che le peegole ci credono – interloquì don Giulio<br />

col bicchiere in mano, – beviamoci su che è meglio.<br />

Amleto versa il vino nei bicchieri. Il prete ne assaggia<br />

un sorso poi esclama:<br />

– Ma non potevi dargli oo patate così prendevi<br />

anche l’altra boiglia?<br />

– Reverendo, per chi mi ha preso? – rispose<br />

Amleto. – Grazie del consiglio, ma ho già fao: ho<br />

preso anche l’altra boiglia.<br />

Così dicendo Amleto mostra dall’altra tasca interna<br />

della mantella l’altra boiglia, poi aggiunge:<br />

– Ma questa ce la beviamo a Bagnara per festeggiare<br />

il baesimo.<br />

54


– Auguri allora – sentenziò don Giulio trangugiando<br />

il bicchiere di Sangiovese.<br />

Tui bevvero. Nel fondo della boiglia ce n’era<br />

rimasto ancora un poco.<br />

– L’ultima parola al prete? – chiese Amleto.<br />

– Naturalmente! – convenne don Giulio avvicinando<br />

il bicchiere, – dopotuo le patate erano le<br />

nostre.<br />

– Noi dormiamo lì, tui e cinque – disse Amleto<br />

indicando il giaciglio.<br />

– Io dormo bene sulle assi del pavimento, vicino<br />

alla stufa – disse don Giulio.<br />

Dante già dormiva appoggiando la testa sui sacchi<br />

delle patate nel carreo, quindi sembrò superfluo<br />

chiedergli dove preferiva dormire.<br />

– Buona noe, Reverendo – augurò Amleto.<br />

– Buona noe Amleto – ricambiò don Giulio. – Dio<br />

ve ne renda merito. Poi rivolto a Derna ed ai bambini<br />

facendo un ampio gesto con la mano aggiunse:<br />

– Vi benedica Dio Onnipotente, Padre, Figlio e<br />

Spirito Santo...<br />

55


Alla volta del Carmine<br />

Gli eventi di quei giorni di seembre erano particolarmente<br />

gravi e i bombardamenti incessanti. I<br />

partigiani erano molto aivi nella zona rendendo i<br />

fascisti particolarmente aggressivi e vendicativi.<br />

La 36 Brigata aveva occupato Castel del Rio e distribuito<br />

il grano alla popolazione. Lungo la strada<br />

Montanara ci furono scontri coi tedeschi, con parecchie<br />

perdite da parte dei partigiani.<br />

Anche nel centro di Imola avvenivano scontri. Un<br />

segretario del fascio fu freddato e due fascisti furono<br />

feriti. I partigiani furono aaccati dai nazifascisti<br />

sul Monte Pianaccio, vicino a Castagno. Dopo una<br />

cruenta baaglia durata parecchie ore, i tedeschi lasciarono<br />

sul campo trenta morti e una cinquantina<br />

di feriti. Da parte loro i partigiani ebbero tre morti<br />

e cinque feriti.<br />

A Marradi, per rappresaglia i tedeschi coadiuvati<br />

dai fascisti ammazzano trentacinque contadini. A<br />

Casea di Tiara vengono bruciate alcune case e la<br />

chiesa.<br />

Sugli Appennini sopra a Bologna tra il seembre<br />

e l’oobre 1944 ci fu lo sterminio di un intera popolazione,<br />

che viveva nei monti denominati zona di<br />

Monte Sole. La strage è più comunemente conosciuta<br />

come Strage di Marzaboo.<br />

Il 29 seembre le truppe delle SS accerchiarono<br />

tua la zona e accompagnati da guide fasciste della<br />

zona incominciarono a risalire i monti.<br />

57


In quel periodo la zona era abitata, oltre che dalla<br />

gente locale, anche dagli sfollati che vi si erano rifugiati<br />

pensavano di essere più sicuri che nelle proprie<br />

abitazioni di valle, considerandole più pericolose in<br />

vista dell’imminente e sperato aacco degli alleati,<br />

che già avevano sfondato le prime fortificazioni della<br />

Linea Gotica.<br />

Lungo tua la Linea Gotica, vi erano sparse varie<br />

brigate partigiane, carabinieri e militari che si erano<br />

opposti alla repubblica di Salò, militari alleati fuggiti<br />

alla prigionia tedesca, e la brigata Stella Rossa.<br />

In vari luoghi la popolazione pensò che le truppe<br />

nazifasciste stessero arrivando per rastrellare solo<br />

gli uomini, considerati tui possibili partigiani. Per<br />

questo gli uomini si nascosero nei boschi, mentre le<br />

donne, i bambini e gli anziani rimasero nei villaggi.<br />

Le truppe nazifasciste invece, in ogni zona abitata<br />

che arrivarono, bruciarono le case e uccisero indiscriminatamente<br />

tua la popolazione.<br />

Alcune persone vedendo i primi incendi pensarono<br />

di rifugiarsi nelle chiese, ma non vi era alcuna<br />

pietà… Alcuni uomini nascosti videro morire tui<br />

i propri cari: moglie, figli, padre, madre, nonni, zii,<br />

amici, preti, conoscenti…<br />

Dopo una decina di giorni di saccheggio, di uccisioni,<br />

di distruzioni di case e chiese, le truppe sterminarono<br />

l’intera popolazione civile di 38 diverse<br />

località: oltre 770 persone tra cui 315 donne, 189<br />

bambini fino ai 12 anni, 30 giovani dai 12 ai 18 anni,<br />

cinque sacerdoti e una suora.<br />

– Attenti alle buche! – sbuffò Amleto spingendo il<br />

carreino lungo la Via Emilia.<br />

– Alt! – impose Garelli alla vista del carreo. Poi<br />

58


iconosciuti quelli che lo spingevano aggiunse: – Sei<br />

te Amleto, che ci fai coi preti? – Poi riconosciuto anche<br />

il sacerdote aggiunse: – Sia lodato Gesù Cristo,<br />

don Giulio. Presto, passate prima che tornino i tedeschi.<br />

Sono incazzati neri, hanno il loro bel da fare<br />

sulla Montanara. I briganti sono ovunque. Aenti<br />

anche voi, che se vi vedono vi rubano tuo.<br />

– Chi ci ruba? – chiese don Giulio.<br />

– Che differenza fa? – rispose Garelli. – Se non ve<br />

lo rubano i tedeschi ve lo rubano i banditi.<br />

– Queste sono per voi – aggiunse il prete consegnando<br />

al Garelli le quaro patate.<br />

– Lasci perdere reverendo – rispose Garelli respingendo<br />

l’offerta, – le porti ai suoi orfanelli che ne<br />

hanno più bisogno di noi.<br />

– Dio ve ne renda merito – disse il prete rimeendo<br />

le patate sul carreino e cominciando a spingere<br />

alla volta del Carmine.<br />

Il carreo spinto dai tre uomini avanzava abbastanza<br />

velocemente lungo la Via Emilia, nonostante<br />

le buche delle bombe e la mancata manutenzione<br />

dovuta alla guerra. Non appena furono a debita distanza<br />

Amleto si rivolse a don Giulio:<br />

– Così il vostro dio rende merito anche ai fascisti?<br />

– chiese Amleto, sbuffando e spingendo il carreo.<br />

– Per il Signore non ci sono differenze – affermò<br />

il prete poco convinto. – Almeno, non ci dovrebbero<br />

essere. Lui è morto in croce per noi. Siamo tui figli<br />

di Dio...<br />

– No, loro no – interruppe Amleto, – quei figli di<br />

una cagna non possono essere figli di dio, se c’è un<br />

dio!<br />

Don Giulio non volle o non seppe rispondere. Si<br />

limitò ad abbassare lo sguardo e spingere un po’ più<br />

59


forte il carreo, che senza altri intoppi arrivò alla<br />

Chiesa del Carmine.<br />

– Io vi lascio qui – disse Amleto.<br />

– Prenditi almeno qualche patata – disse il sacerdote<br />

per dimostrare la sua riconoscenza.<br />

– No, grazie lo stesso Reverendo – rispose Amleto<br />

rifiutando. – Che non si abbia a dire che ho tolto il<br />

pane... le patate di bocca agli orfani...<br />

– Proprio non vi capisco – disse il prete, – c’è chi<br />

ammazza per una patata e oggi due me le hanno<br />

rifiutate. Chi non ha fame ha già mangiato!<br />

– Va là don Giulio, faccia pure lo spirito di patata!<br />

– rispose Amleto con un sorriso. Poi cercò di accomiatarsi<br />

dal prete: – Allora io tolgo il disturbo...<br />

– Grazie Amleto – rispose convinto il sacerdote,<br />

– e auguri per il trasferimento a Bagnara. Ci rivedremo?<br />

– Adesso che ci siamo conosciuti un po’ meglio,<br />

meglio tenerci in contao – disse Amleto.<br />

– I tempi non sono ancora maturi – informò don<br />

Giulio, – ma presto avremo bisogno di brave persone<br />

come te.<br />

– Bravo non lo so... Faccio quello che posso, quando<br />

posso... – rispose imbarazzato Amleto.<br />

– Se hai bisogno di qualcosa o sai che qualcuno è<br />

disperato, vieni alla Casa Nuova nel podere – disse<br />

il sacerdote.<br />

– Grazie don Giulio – rispose Amleto, – io lascio<br />

la famiglia a Bagnara, così sta al sicuro, ma continuo<br />

a venire a Imola. Poi sembra che riaprano la Fornace,<br />

e devo fare il mio dovere per l’UNPA.<br />

60


A Bagnara per il Baesimo<br />

– La chiesa arcipretale di Bagnara è dedicata a<br />

San Giovanni Baista e Sant’Andrea Apostolo, –<br />

spiegava don Dino, – potreste chiamare il bambino<br />

col nome dei Santi, di questi tempi è sempre meglio<br />

avere un Santo proteore.<br />

– Lei lo vuole chiamare Franco – rispose Amleto<br />

additando la moglie, – e se lei lo vuole chiamare<br />

Franco, mi sa proprio che si chiamerà Franco.<br />

– Ma almeno il nome di mezzo – insistè don<br />

Dino.<br />

– Ci provi lei, reverendo – disse Amleto, – io in<br />

quaordici anni non sono ancora riuscito a farle<br />

cambiare idea una volta. Beati voi che non vi sposate.<br />

– E questo è il fonte baesimale. Costruzione<br />

in pietra del quindicesimo secolo – annunciò don<br />

Dino.<br />

In quel preciso istante entrò correndo nella chiesa<br />

Antonio, il sacrestano:<br />

– Don Dino, i tedeschi hanno fao posti di blocco<br />

dappertuo. A Imola hanno arrestato più di duemila<br />

persone. Li mandano a lavorare alle trincee.<br />

Quelli senza documenti li hanno rinchiusi nella<br />

Rocca.<br />

– Meglio che ci spicciamo con questo baesimo,<br />

prima che i tedeschi arrivino fin qui – intervenne<br />

don Dino.<br />

– Appena arriva Tilde, cominciamo – annunciò<br />

Amleto.<br />

61


– Meglio che baezziamo quest’innocente, poi tu<br />

e la famiglia ve ne andate a Bubano.<br />

Il paeseo di Bubano era relativamente intoccato<br />

dalla guerra, vista la scarsa popolazione e le poche<br />

case coloniche che formavano l’intero nucleo. In<br />

uno di questi casoni abitava Ermelinda, la mamma<br />

di Derna, che avrebbe senz’altro ospitato la famiglia<br />

in quel periodo così travagliato.<br />

Nel fraempo era arrivata Tilde, che avrebbe fao<br />

da madrina. Inoltre c’era anche la sorella di Amleto,<br />

Angiolina, che era venuta da Castel San Pietro per<br />

l’occasione.<br />

Don Dino, con l’aiuto del sacrestano, premurosamente<br />

cominciò a preparare l’altare con tui i paramenti.<br />

Mise l’acqua nel fonte baesimale. Si sedee<br />

nel primo banco, aprì il messale e aspeò che arrivassero<br />

altri ritardatari.<br />

Cledes e Giuseppe se ne stavano buoni buoni vicino<br />

alla mamma che allaava il bambino.<br />

Derna aveva appena finito di allaare il piccolo,<br />

che entrò in chiesa Ermelinda, la mamma di Derna.<br />

Inoltre c’erano altre quaro persone; curiosi che erano<br />

venuti a vedere quello strano evento, visto che in<br />

paese era parecchio tempo che non si celebrava un<br />

baesimo.<br />

– Mamma – gridò contenta Derna alla vista di Ermelinda,<br />

– Ti sei fatta tua questa strada da Bubano<br />

per venire qui?<br />

– Non mi sono persa gli altri due baesimi, non<br />

mi voglio perdere neanche questo, venisse giù il<br />

mondo – rispose nonna Ermelinda, – poi mica sono<br />

venuta a piedi, sono venuta col camion dell’UNPA.<br />

– Il camion? – chiese incuriosito Amleto.<br />

62


Non aveva neanche finito di parlare che entrarono<br />

nella chiesa quaro persone in divisa da fatica<br />

con la fascia dell’UNPA al braccio.<br />

– Graziano, Mario, Gildo, voi qui? – disse Amleto<br />

commosso alla vista dei colleghi. Poi guardò l’altra<br />

persona che non credeva di conoscere.<br />

– Girolamo Costa – porgendo la mano si presentò<br />

ad Amleto.<br />

– Piacere di conoscerla – rispose Amleto stringendogli<br />

la mano, – voi siete l’ingegnere Costa?<br />

– Ingegnere. Non mi ricordo l’ultima volta che ho<br />

usato l’ingegno. Chiamami pure Girolamo.<br />

– Oej, ci son anca me – disse Angiolina, la sorella<br />

di Amleto, che si sentiva dimenticata. – Son vn’u da<br />

Castel cun la bizicleta par v’de sta’ nvod.<br />

– Ciao Angiolina, non ti avevo vista – disse Amleto<br />

in tono di scusa.<br />

– Ma se sono grossa come una vacca, come hai<br />

fao a non vedermi? – chiese la sorella.<br />

– Macché grossa – la tranquillizzò Amleto, – ti<br />

trovo bene!–<br />

– Allora vogliamo incominciare? – interruppe<br />

quella riunione familiare don Dino.<br />

– Ci siamo tui – affermò Derna, – abbiamo quasi<br />

riempita la chiesa.<br />

– Ohi, tu, piccolo – disse gentilmente don Dino<br />

– come ti Chiami?–<br />

– Giuseppe.<br />

– Tu Giuseppe mi aiuti con l’acqua santa – disse<br />

don Dino passando il secchiello. – E tu, ragazzina,<br />

come ti chiami?<br />

– Cledes–.<br />

– Che bel nome – sentenziò il sacerdote. – Non sò<br />

se c’è un Santo proteore con quel nome. Sono sicuro<br />

che ci sarà una Santa con questo nome. Tu dovre-<br />

63<br />

Ehi, ci sono<br />

anch’io.<br />

Son venuta<br />

da Castel<br />

San Pietro<br />

in bicicletta<br />

per vedere<br />

questo<br />

nipote!


sti tenere la candela, ma purtroppo non ne abbiamo<br />

più di questi tempi.<br />

Il sacerdote si voltò verso l’altare come per cercare<br />

qualcosa che potesse sostituire la candela.<br />

– Tieni questo fiore – disse don Dino porgendo<br />

una grande margherita a Cledes, – non sarà una<br />

candela, ma è pur sempre bianco.<br />

Poi rivolto all’assemblea don Dino si accertò:<br />

– Ci siamo tui? Possiamo cominciare?<br />

– Cominciamo pure, reverendo. Poi tui a casa di<br />

Tilde – annunciò Amleto rivolto ai presenti, – abbiamo<br />

preparato qualche cosina...<br />

– Allora cominciamo – disse don Dino. – Tu, Tilde,<br />

prendi in braccio il bambino. – Poi cominciò:<br />

– Colgo l’occasione per rivolge un saluto ai presenti,<br />

specialmente ai genitori e alla madrina. Questi<br />

sono momenti di gioia in un periodo così difficile<br />

e funesto.<br />

Ringraziamo Dio che ci ha concesso questo dono:<br />

è lui, fonte della vita, che nel baesimo vuole comunicare<br />

la sua vita stessa.<br />

Poi rivolto ai genitori don Dino chiese:<br />

– Che nome date al vostro bambino?<br />

– Franco – risposero contemporaneamente Derna<br />

e Amleto.<br />

– Franco... e? – chiese il sacerdote.<br />

– Franco e Giovanni – disse Amleto guardando<br />

la moglie, e, visto che non interveniva, confermò:<br />

– Franco Giovanni.<br />

– Per Franco Giovanni che cosa chiedete alla Chiesa<br />

di Dio? – Continuò don Dino.<br />

– Il baesimo.<br />

– Dio, che ama tui gli uomini, dimostri la sua bontà<br />

verso i congiunti e gli amici qui presenti: li preservi<br />

dal male e doni loro l’abbondanza della pace.<br />

64


– Amen! – esclamarono tui in coro.<br />

Tilde si avvicinò al fonte baesimale con Franco<br />

tra le braccia, seguita dai genitori.<br />

Don Dino bagnò la fronte del piccolo con l’acqua<br />

benedea esclamando: – Io ti baezzo, nel nome del<br />

Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.<br />

– Amen!<br />

Don Dino fece un cenno a Giuseppe che passò il<br />

secchiello con l’acqua santa. Inzuppò l’aspersorio e<br />

spruzzò d’acqua santa i presenti dicendo:<br />

– Vi benedica tui Dio onnipotente, Padre e Figlio<br />

e Spirito Santo – invocò don Dino.<br />

– Amen! – conclusero tui in coro.<br />

65


Vita a Bubano<br />

Il trasferimento di tua la famiglia nel casone di<br />

Ermelinda avvenne poco dopo il baesimo del piccolo<br />

Franco. Bagnara non era poi tanto tranquilla<br />

data la vicinanza del fronte. La Rocca Sforzesca era<br />

stata trasformata in una prigione per i presunti antifascisti.<br />

Bagnara non possedeva un vero e proprio<br />

tribunale, così i prigionieri venivano trasportati a<br />

Bologna e non era di rado che ritornava la notizia di<br />

torture e fucilazioni.<br />

Amleto godeva di una relativa autonomia, considerato<br />

che era un volontario dell’UNPA, ma di quei<br />

tempi, e con i tedeschi in ritirata, le rappresaglie erano<br />

sempre più comuni e bastava trovarsi al momento<br />

sbagliato nel posto sbagliato per essere rastrellati<br />

ed eventualmente fucilati per rappresaglia.<br />

Via Lughese, via Selice e la Gambellara erano tappezzate<br />

di manifesti che rammentavano le eventuali<br />

sanzioni alla popolazione civile:<br />

“Se dovesse verificarsi il ferimento di un soldato germanico<br />

50 persone sarebbero fucilate. Nel caso di morte<br />

di un soldato germanico 100 persone sarebbero fucilate. Il<br />

Commissario Prefeizio consiglia quindi alla calma nell’interesse<br />

stesso della popolazione.”<br />

Questi manifesti avevano la funzione di spaventare<br />

le mogli dei partigiani che non resistevano alla<br />

tentazione di liberarsi di qualche usurpatore.<br />

67


Non era difficile incontrare nelle campagne qualche<br />

pauglia tedesca allo sbando e un’imboscata<br />

poteva riuscire molto facilmente. La paura delle<br />

rappresaglie era un efficace deterrente perché le<br />

rappresaglie nazifasciste erano indiscriminate e<br />

spietate.<br />

– Sit chapa it fuzela !– piagnucolava Derna che cercava<br />

di convincere Amleto.<br />

– Mica vado a fare alla guerra – rispondeva Amleto<br />

in tono rassicurante, – io vado a fare la pace, a tirare<br />

fuori dalle macerie quei poveri disgraziati.<br />

– Tu sei un brav’uomo – rispose Derna convinta<br />

– ma loro non lo sanno.<br />

– Lo sanno, lo sanno – informò Amleto. – Mica<br />

tiro fuori solo i partigiani. Quelli soo le macerie<br />

sono soo le macerie e quando sono soo le macerie<br />

sono tui uguali, dei disgraziè da tirar fora!<br />

Queste ultime parole Amleto le aveva pronunciate<br />

che ormai era già fuori dalla porta. A nulla valevano<br />

le proteste di Derna e della mamma Ermelinda<br />

e forse anche loro lo sapevano che il lavoro di Amleto<br />

era necessario come il pane.<br />

Graziano e Amleto arrivarono alla Colombara, una<br />

casa colonica vicino a Bubano che nell’estate precedente<br />

era stata usata come base partigiana delle<br />

Squadre di Azione Patriottica (SAP).<br />

Mario era già arrivato sul posto e parlava con Pio,<br />

il figlio di Cesira:<br />

– Ma sei sicuro che tua mamma è sotto le macerie?<br />

– chiedeva Mario.<br />

– Non lo so – rispose preoccupato, – noi avevamo<br />

il nostro da fare a tenere a bada i tedeschi che<br />

volevano rubare le mucche. Gli abbiamo inseguiti<br />

fino alla Lughese, poi quando siamo tornati indietro<br />

abbiamo trovato la casa in fiamme.<br />

68<br />

Se ti<br />

prendono ti<br />

fucilano.<br />

Disgraziati<br />

da tirare<br />

fuori!


– C’è stato un bombardamento – annunciò Graziano<br />

intervenendo nella conversazione.<br />

– Ma no – insistette Pio, – le bombe le hanno buttate<br />

ieri mattina. Quando sono tornato a controllare<br />

i danni, c’erano già i tedeschi che ronzavano attorno<br />

alla stalla. Mamma non voleva abbandonare le<br />

bestie. Se ci siamo noi a guardarle, diceva, quelli ci<br />

lasciano in pace.<br />

– Può anche darsi che ci abbiano dato fuoco per<br />

rappresaglia – convenne Amleto.<br />

– Sono preoccupato – continuò Pio, – non vorrei<br />

che avessero rubato le mucche e dato fuoco alla casa<br />

con mamma dentro.<br />

Senza aspettate altro Amleto, Mario e Graziano<br />

cominciarono a rimuovere le assi fumanti che bloccavano<br />

l’ingresso della stalla. Dentro la stalla, che<br />

trovarono vuota, era tutto carbonizzato. Il tetto parzialmente<br />

crollato e tutto il fienile incenerito. Del<br />

bestiame non c’era nemmeno l’ombra. Ora la loro<br />

preoccupazione si spostò verso la casa.<br />

– Hanno portato via tutto – informò Amleto.<br />

– Nessuna traccia di Cesira? – chiese Pio, temendo<br />

il peggio.<br />

– Nella stalla niente – informò Mario, – forse è<br />

scappata lungo il fosso...<br />

– Eh no – osservò Amleto uscendo dalla parte semidiroccata<br />

della casa, – non è scappata. È qui, almeno<br />

quello che resta è qui.<br />

Con un urlo tremendo di dolore il figlio Pio si gettò<br />

nelle rovine della casa. A nulla valsero i tentativi<br />

per fermarlo. Pio piangeva su quelle spoglie carbonizzate.<br />

Gli uomini dell’UNPA stavano decidendo sul da<br />

farsi quando videro arrivare la cisterna dei pompie-<br />

69


i accompagnata da una cammionetta delle Brigate<br />

Nere.<br />

– Non c’è più niente da spegnere – disse Amleto<br />

rivolto ai pompieri, – ma c’è il corpo di Cesira, dentro<br />

la casa.<br />

Scesero dal camion con la barella, caricarono il<br />

corpo della Cesira. I militi delle Brigate Nere sapevano<br />

che Cesira aveva militato nella Squadra di<br />

Azione Patriottica (SAP) e confabulavano tra loro.<br />

Poi rivolti a Pio espressero il loro parere:<br />

– Adesso sarete contenti che i vostri amici inglesi<br />

vi hanno buttato le bombe in testa!<br />

– Sono stati i tedeschi! – protestò Pio in lacrime.<br />

– Sono sempre i tedeschi a fare i danni – commentò<br />

il brigatista, – mentre gli inglesi seminano i fiori.<br />

– Hanno razziato il bestiame – informò Amleto.<br />

Il tono canzonatorio del brigatista cambiò assumendo<br />

un ghigno di stizza:<br />

– Te sei dell’UNPA? – chiese il brigatista ad<br />

Amleto.<br />

– Sì – rispose Amleto con fierezza mostrando il<br />

distintivo e la fascia.<br />

– E cosa fai qui? – continuò il brigatista con arroganza.<br />

– Faccio il mio dovere – informò Amleto, – tiro<br />

fuori i morti dalle macerie.<br />

– Hai tirato fuori i morti? – continuò il brigatista.<br />

– Sì – confermò Amleto indicando il corpo carbonizzato<br />

di Cesira sulla barella.<br />

– Allora il tuo dovere è fatto e ve ne potete andare<br />

tutti – disse il brigatista, – ora tocca a noi fare il nostro<br />

verbale.<br />

Pio, che fino a quel momento si era limitato a<br />

piangere, al sentire queste parole di sfida si scagliò<br />

contro il brigatista che aveva parlato.<br />

70


Amleto fece appena in tempo a trattenerlo prima<br />

che si mettesse nei guai. Se avesse colpito il militare<br />

avrebbe potuto essere arrestato e giudicato un sovversivo,<br />

o anche venire fucilato sul posto.<br />

– Lascia stare – disse Amleto, – non vale la pena<br />

sporcarsi le mani.<br />

– Ringrazia il tuo dio– disse il brigatista, – se non<br />

ti spacco la testa!<br />

– Lasciate stare, compatitelo – implorò Amleto rivolto<br />

al brigatista, – ha già sofferto abbastanza per<br />

un giorno.<br />

– E allora portatelo via prima che mi vengano i<br />

cinque minuti – gridò con disprezzo il milite.<br />

A quel punto divenne chiaro per tutti quale fosse<br />

veramente l’unica cosa da fare. I pompieri caricarono<br />

il corpo di Cesira sul camion. I volontari dell’UNPA<br />

e Pio ritornarono alla volta di Bubano sulle<br />

loro biciclette.<br />

Era scesa la sera, bisognava fare presto prima del<br />

coprifuoco.<br />

71


La storia del bue<br />

Il mercato nero prosperava grazie alle limitazioni<br />

e ai razionamenti imposti per causa della guerra. Il<br />

regime fascista non riuscì ad assicurare un efficace<br />

sistema di razionamento causato dalla necessità<br />

politica di creare un’impressione di normalità alla<br />

popolazione, e le quantità dei generi razionati non<br />

arrivarono a soddisfare che la metà del fabbisogno.<br />

Se questa situazione non comportò una legalizzazione<br />

di fao del mercato nero, era comunque<br />

tollerata e si diffuse ulteriormente verso la fine della<br />

guerra a causa dello sconvolgimento provocato dai<br />

bombardamenti aerei e dalla progressiva dissoluzione<br />

del regime fascista.<br />

Quella maina la nebbia era particolarmente fia<br />

e il camion procedeva molto lentamente lungo Via<br />

Laguna. L’autocarro-traore Fiat era formato dalla<br />

cabina in legno ed il cassone, anch’esso di tipo tedesco,<br />

per il trasporto di bestiame e generi agricoli.<br />

Arrivato nelle vicinanze della Chiesa di Chiusura<br />

due blocchi stradali sbarrarono il suo cammino.<br />

I due occupanti del veicolo scesero per esaminare<br />

la situazione e rimasero sorpresi nel vedere che<br />

sul lato sinistro della strada c’era una pauglia delle<br />

Brigate Nere, e dall’altra un gruppo di partigiani.<br />

Solo in quel momento le due fazioni si accorsero<br />

dell’altra. E si accorsero anche che quello non era<br />

né un camion tedesco e nemmeno uno degli Alleati:<br />

era un camion carico di bestiame e boi di vino, destinate<br />

al mercato nero.<br />

73


La situazione era tesa, nessuno osava fare la prima<br />

mossa. La nebbia, tagliata in due dai fari dell’autocarro<br />

creava un’atmosfera di tensione.<br />

Finalmente quello che sembrava essere il capo<br />

della pauglia partigiana ruppe il silenzio strillando<br />

nella direzione delle Brigate Nere:<br />

– C’unt venja in ment d’fà njent c’at amaz!<br />

– Te t’namaz nissò! – rispose prontamente il più vicino<br />

brandendo il mitragliatore.<br />

– Al parla in dialet? – chiese al suo comandante<br />

Tristano, un partigiano di Castel Bolognese.<br />

– E dialet d’Iômla! – confermò Martelli.<br />

– C’ut venja n’azidet, me at so d’Iômla e vû? – chiese<br />

senza abbassare l’arma.<br />

– Fat un po’ avdè – rispose Martelli avvicinandosi<br />

di un passo.<br />

– Me at cnos! – disse il fascista. – Te sei Martlè.<br />

– E te ts’è Spada! – disse Martelli, che aveva riconosciuto<br />

quello che gli stava davanti.<br />

In uno dei tanti intrighi di una guerra civile era<br />

avvenuto che due vicini di casa, che avevano trascorso<br />

l’infanzia nello stesso cortile, frequentata la<br />

stessa scuola elementare e giocato a pallone nell’oratorio<br />

di sant’Agostino, ora si trovavano uno di<br />

fronte all’altro minacciandosi di morte e impugnando<br />

le armi.<br />

Con altreanto stupore i membri delle due brigate<br />

seguirono l’incontro. Non avvenne un abbraccio,<br />

questo no, sarebbe stato troppo, però il tono della<br />

conversazione si fece più rilassato.<br />

– Cosa fate da queste parti? – chiese Martelli abbassando<br />

il mitra.<br />

– Cosa vuoi che facciamo: cerchiamo da mangiare.<br />

Non arriva più niente nella caserma di Bubano e<br />

ci arrangiamo come possiamo.<br />

74<br />

Attento a<br />

quel che fai<br />

che t’ammazzo!<br />

Tu non<br />

ammazzi<br />

nessuno!<br />

Parla in<br />

dialetto?<br />

Il dialetto di<br />

Imola<br />

Che ti<br />

venisse un<br />

accidente,<br />

io son di<br />

Imola e<br />

voi?<br />

Fatevi un<br />

po’ vedere.<br />

Io ti conosco!<br />

Tu sei<br />

Martelli.<br />

E te sei<br />

Spada!


– Perché non vi arrendete? – chiese Martelli. – Ormai<br />

per voi è finita, i polacchi sono vicini, hanno<br />

araversato il Senio.<br />

– Finché non arrivano, noi continuiamo a fare il<br />

nostro dovere – rispose Spada, – abbiamo giurato<br />

fedeltà al gagliardeo e difenderemo questa fedeltà<br />

con la morte, se necessario.<br />

– Ma lassa stè – esortò Martelli con il tono più amichevole<br />

che sapesse trovare in quella circostanza:<br />

– Sit fà amazè an cambja njent!<br />

Approfittando della conversazione che decisamente<br />

aveva preso toni più pacati, i due del mercato<br />

nero si avvicinarono al camion.<br />

– E voi dove credete d’andare? – chiesero quasi<br />

contemporaneamente Spada e Martelli.<br />

– Ma, ma – balbeò uno di loro, – visto che tutto è<br />

chiarito, noi toglieremmo il disturbo.<br />

– Brisa fè l’imbezel! – disse Martelli.<br />

– Cosa dice? – chiese quello.<br />

– Non siete di qui? – domandò Martelli. – Dove<br />

avete rubato quel camion e quella roba?<br />

– Il camion è mio – rispose prontamente il mercatonerista,<br />

– e la roba l’abbiamo comprata a Imola.<br />

– Al mercato nero? – chiese conferma Spada.<br />

– Macché mercato nero – chiarì, – dal contadino<br />

sulla via Poiano.<br />

Spada e Martelli si avvicinarono. Ora potevano<br />

parlarsi senza gridare.<br />

– Senti Martlè: questi due sono ladri del mercato<br />

nero. Non sono certo gli italiani che fanno del bene<br />

alla popolazione. Cosa ne dici se gli portiamo via il<br />

camion con tuo quello che c’è dentro?<br />

– Così le gloriose Brigate Nere diventano ladri?<br />

– disse in tono scherzoso Martelli.<br />

– Rubare ai ladri non è reato! – sentenziò Spada.<br />

75<br />

Ma lascia<br />

perdere.<br />

Se ti fai<br />

ammazzare<br />

non cambia<br />

niente!<br />

Non fare<br />

l’imbecille!


I due comandanti affiancati si avvicinarono con<br />

cipiglio duro ai due del mercato nero.<br />

– Nel nome del popolo italiano prendiamo possesso<br />

di questo carico illegale – sentenziò Martelli.<br />

– Ma non potete fare ciò! – risposero gli sciacalli.<br />

– Quello che noi possiamo o non possiamo fare<br />

non dipende da te – disse Spada facendo un cenno<br />

ai suoi uomini che circondarono i due e li trascinarono<br />

contro il muro della chiesa.<br />

– Ma non potete permeere questo! – strillò il<br />

malfaore come per chiedere aiuto a quelli delle<br />

Brigate Nere.<br />

– Noi non siamo riusciti a trovare un rimedio in<br />

vent’anni; mi sa che anche questa volta siamo impotenti<br />

– disse Spada strizzando l’occhio a Martelli.<br />

I due malcapitati già temevano il peggio. La nebbia<br />

si era alzata e ora la scena appariva ancora più<br />

macabra. Quei due del mercato nero in lacrime contro<br />

il muro della chiesa di Chiusura e i partigiani<br />

con le armi in pugno in attesa di ordini.<br />

– Vi do cinque minuti per sparire! – disse Martelli<br />

in tono minaccioso.<br />

I due non se lo fecero ripetere e si avviarono verso<br />

il camion.<br />

– Cosa avete capito? – li fermò Martelli. – Sparire<br />

vuol dire andarsene. Il camion e il contenuto viene<br />

requisito nel nome del popolo italiano!<br />

Senza aggiungere parola i due scomparvero all’orizzonte<br />

mischiandosi ai banchi di nebbia ancora<br />

bassi qua e là lungo la via Lughese.<br />

– Avete imparato bene la vostra parte – disse Spada<br />

a Martelli.<br />

– Abbiamo avuto dei gran bravi maestri – replicò<br />

il partigiano. – Adesso portiamo questo camion a<br />

Bubano e distribuiamo il tuo alla popolazione.<br />

76


– Il bue no – disse Spada.<br />

– Lo volete voi?– chiese Martelli.<br />

– Vieni che lungo la strada ti racconto quello che<br />

è successo ieri alla Colombara.<br />

– La cà d’la Cesira? – chiese Martelli.<br />

I due montarono sulla cabina in legno del camion.<br />

Martelli alla guida e Spada a fianco. I mitra appoggiati<br />

dietro lo schienale. Il resto dei partigiani sulla<br />

camionea e quelli delle Brigate Nere sul cassone<br />

del camion tra le bestie e i barili di vino.<br />

Dopo breve tempo il camion e la camionea arrivarono<br />

a Bubano e si fermarono davanti al casone di<br />

Ermelinda. Scese Spada e bussò violentemente alla<br />

porta. Amleto si presentò sulla soglia.<br />

– Te sei quello dell’UNPA di ieri? – chiese Spada.<br />

– Facevo il mio lavoro – disse in tono di scusa<br />

Amleto che temeva qualcosa.<br />

– Hei Murè! – strillò dal camion Martelli.<br />

– Martlè? – chiese meravigliato Amleto. – Cus ti fè<br />

cun stì què?<br />

Martelli scese dalla cabina e si avviò verso il retro<br />

del camion, abbassò il parapetto e aiutato dai suoi<br />

uomini fece scendere il bue. Spada prese l’animale<br />

per la caveja e si diresse verso Amleto.<br />

– Questo è per il figlio della Cesira – disse Spada<br />

nel modo più gentile che conoscesse. – Lo sò che<br />

non è la stessa cosa, ma è pur sempre qualcosa.<br />

– Allora sono stati i tedeschi? – chiese Amleto.<br />

– Ma che ne sò? – rispose. – In ogni caso che differenza<br />

fà? In guerra si muore da tutte le parti. Cesira<br />

è morta e noi non possiamo riportarla in vita. Questo<br />

bue sarà utile per provare a ricominciare.<br />

– Che dio ve ne renda merito – fu la prima frase<br />

che uscì dalla bocca di Amleto.<br />

– Lassè stè dio cus’è scurdè d’noiâter!<br />

77<br />

La casa<br />

della<br />

Cesira?<br />

Ciao<br />

moretto!<br />

Cosa fai<br />

con questi<br />

qui?<br />

Gancio.<br />

Lasciate<br />

stare dio<br />

che si è<br />

dimenticato<br />

di noi.


Amleto prese in consegna il bue e Spada rimontò<br />

sul camion.<br />

– Andiamo a Bubano a distribuire questa roba<br />

alla popolazione – informò Martelli.<br />

– Già che siete qui – disse Derna, che era appena<br />

uscita dalla casa con il piccolo in braccio, seguita da<br />

Cledes, Giuseppe e la mamma Ermelinda, – potete<br />

cominciare la distribuzione.<br />

Senza farselo ripetere quelli sistemati nel cassone<br />

del camion fecero scendere un tino di vino e una<br />

stia con quattro polli.<br />

Martelli rimise in moto il camion salutò e si mise<br />

nella direzione di Bubano.<br />

– Se aspetto te – disse Derna in tono di rimprovero<br />

rivolta al marito.<br />

– Perché, vi ho mai fatto mancare niente? – replicò<br />

Amleto turbato.<br />

– Mò brisa sentir stà fiola cl’a zavaja – disse nonna<br />

Ermelinda, che ben conosceva le qualità del genero.<br />

Derna aveva capito di essere in minoranza e opportunatamente<br />

cambiò discorso.<br />

– Ma è finita la guerra, che i partigiani e i fascisti<br />

si sono messi d’accordo?<br />

– La và a poco – rispose Amleto.<br />

– Lega il bue che tiriamo il collo al cappone – disse<br />

Derna.<br />

– Ma non è ancora Natale... – obieò ingenuamente<br />

Cleses.<br />

– I signori mangiano cappone tuo l’anno – disse<br />

Amleto in tono di vioria, – e noi oggi siamo signori<br />

per un giorno.<br />

– E lo saremo per altre tre volte! – affermò Cledes<br />

guardando il resto dei polli dentro la stia.<br />

78<br />

Non dar<br />

retta a mia<br />

figlia che<br />

non sa<br />

quello che<br />

dice.


Sciopero alla fornace<br />

Prima ancora che aprissero i cancelli della fornace<br />

si notava una strana atmosfera. Gruppei di operai<br />

fuori dai cancelli erano sorvegliati a debita distanza<br />

da drappelli di uomini in camicia nera.<br />

– Cosa fanno quelli lì? – chiese Amleto alla vista<br />

dei fascisti.<br />

– Controllano gli scioperanti – rispose Gildo.<br />

– Cominciamo bene. Il mio primo giorno e già<br />

facciamo sciopero?<br />

– Puana maiala! – inveì Gildo. – Tra scioperi e<br />

licenziamenti c’è proprio da stare allegri!<br />

Davanti al primo forno si era radunata una folla<br />

di operai che parlavano con i dirigenti.<br />

– Io sostengo i miei genitori – diceva il ragioniere<br />

Marchetti, – se non lavoro non mi pagano e se non<br />

mi pagano cosa mangiamo?<br />

– Unisciti a noi nella protesta – rispose Marino.<br />

– Sì, e i fascisti la fuori? – chiese Marchetti.<br />

– Quelli ce li mangiamo in insalata – replicò Antonio.<br />

– Lasciate stare, date retta a me, quelli sono dei<br />

facinorosi assoldati dai padroni – informò il ragioniere.<br />

– Allora una ragione di più per scioperare – ribadì<br />

Antonio, – dobbiamo costruire l’Italia partendo<br />

dalle fabbriche, dai campi. E ora che la smettiamo<br />

di farci sfruttare.<br />

– Hei, moren, anche te que? – chiese Marino, compagno<br />

di osteria di Amleto.<br />

79<br />

Ei moretto<br />

anche te<br />

qua?


– L’è me prem de d’lavur e mi fa sciperà? – Chiese con<br />

un’altra domanda Amleto.<br />

– Dobbiamo fare un sacrificio oggi per il bene dei<br />

nostri figli domani – spiegò Marino.<br />

– In Germania hanno impiccato gli scioperanti<br />

– avvertì il ragionier Marchetti.<br />

– Ma qui mica siamo in Germania – replicò Antonio.<br />

– Poi gli americani sono già dalle parti di Fontanelice.<br />

– I tugnen hanno fao saltare tui i ponti sul Santerno<br />

– disse Amleto, – se non passano con i carri<br />

armati, quelli arrivano dopo Natale.<br />

– Mica vorrete fare sciopero fino a Natale? – si assicurò<br />

Marchei.<br />

– Faremo sciopero fino a quando i padroni ci daranno<br />

una paga decente. Non questi quaro soldi<br />

da fame – risolutamente informò Marino.<br />

In quel preciso istante i fascisti cominciarono a<br />

chiudere i cancelli. Agli operai che erano fuori fu<br />

impedito di entrare. Qualcuno cominciò a tirare<br />

pugni. Per tua risposta i fascisti fecero volteggiare<br />

nell’aria i manganelli.<br />

– State indietro ché vi spacco la testa – gridava<br />

uno che sembrava essere il capo. – Cani bolscevichi,<br />

statemi alla larga o vi spacco il cranio!<br />

Per tua risposta gli scioperanti si gearono a capofio<br />

sui fascisti. Ne nacque una colossale rissa nel<br />

polverone presso il cancello della Fornace. Il gruppo<br />

di cui faceva parte Amleto corse nella direzione<br />

della loa per aiutare i compagni. Gli operai della<br />

fornace superavano di gran lunga il drappello di<br />

fascisti, così chè il comandante ordinò una ritirata<br />

strategica:<br />

80<br />

È il primo<br />

giorno di<br />

lavoro e già<br />

scioperiamo?


– Via da qui – strillò alla sua truppa, – ma non<br />

finisce qui, andiamo a chiamare i rinforzi e gliela<br />

faremo pagare cara.<br />

E se la dettero a gambe fino a raggiungere la camionetta<br />

parcheggiata sotto i pioppi dalla parte opposta<br />

del cancello. Il gruppo dei soccorritori tolse il<br />

lucchetto al cancello e fece entrare gli scioperanti di<br />

fuori, poi rinchiusero il cancello a chiave.<br />

– Se te ne vuoi andare, ragioniere – disse Marino,<br />

– vai pure, noi prendiamo la fornace.<br />

– Ma voi siete mai. Quelli tornano coi fucili –<br />

disse il ragionier Marchei nel disperato tentativo<br />

di dissuaderli.<br />

– Allora dovranno ammazzarci tui – strillò Celestino.<br />

– Me l’è meji can m’amaza – replicò Amleto, – ho<br />

moglie e tre figli!<br />

– Si fa per dire – lo rassicurò Marino, – quelli non<br />

ammazzano nessuno. Lo sanno benissimo che gli<br />

alleati sono vicini e che prima o poi dovranno andarsene.<br />

– Proverò a telefonare al padrone – disse il ragioniere.<br />

– Bravo, fa mò il tuo mestiere e parla col paron!<br />

– approvò Antonio.<br />

– Io gli parlo, ma non posso garantirvi niente –<br />

aggiunse il ragionier Marchei mentre camminava<br />

verso l’ufficio. – Portate su anche Anselmi che ha la<br />

testa roa – disse poi Marchei alludendo alla ferita<br />

nella testa.<br />

– È solo un graffio – rispose Anselmi.<br />

– Vieni su prima che se ne vada tuo il giudizio da<br />

quella testa vuota.<br />

– Vai, vai – approvò Marino, – non si sa mai, potrebbe<br />

infearsi.<br />

81<br />

A me è<br />

meglio che<br />

non mi ammazzino.


Anselmi seguì l’ingegnere alla volta degli uffici,<br />

una palazzina situata nel mezzo della fornace.<br />

Una volta nell’ufficio, il ragioniere fasciò la testa del<br />

malcapitato operaio disinfeando prima la ferita.<br />

– Beh, non è poi così grave – affermò.<br />

– Glielo deo me che ci ho la testa dura – disse<br />

Anselmi.<br />

Il ragioniere spingeva la manovella del telefono.<br />

Passarono alcuni secondi. Niente. Riprovò. Ancora<br />

niente. Poi uscì a portare la notizia agli scioperanti.<br />

– Mi sa proprio che abbiano tagliato i fili – informò<br />

Marchei. – È meglio che ce ne andiamo tui a<br />

casa prima che tornino indietro.<br />

– Di qua non esce nessuno! – gridò Antonio.<br />

– Altrimenti? – chiese Nino che fino al quel momento<br />

era rimasto in disparte.<br />

– Altrimenti gli spacco la testa! – informò Antonio.<br />

– Te non spacchi la testa a nessuno – disse Amleto<br />

fungendo da paciere, – se no diventiamo bastardi<br />

come loro.<br />

– Ma se non siamo compai ci distruggeranno<br />

– reagì Antonio, – dobbiamo scioperare tui se vogliamo<br />

vincere.<br />

– Io non ho deo che me ne andavo...<br />

Raggiunta così l’unanimità, gli scioperanti si riunirono<br />

nel grande salone sotto la palazzina che fungeva<br />

da sala da pranzo. C’era un’atmosfera tesa, ma<br />

ognuno seduto si sforzava di rimanere calmo.<br />

Tra maestranze ed impiegati si potevano contare<br />

oltre cinquanta persone. Passò tutta la giornata senza<br />

che succedesse nulla.<br />

Verso sera si videro fuori dal cancello delle donne.<br />

Erano le mogli, le figlie degli operai che venivano<br />

a osservare di persona lo sciopero.<br />

82


Tra le prime, Derna con il figlioletto in braccio:<br />

– Abbiamo manifestato a Bubano. Tutte le donne<br />

sono scese in piazza. Abbiamo anche fermato un camion<br />

con roba da mangiare.<br />

– Voi donne avete assalito un camion? – chiese incredulo<br />

Amleto.<br />

– Ci hanno dato una mano quelli della SAP. Poi<br />

abbiamo dato da mangiare a tui – precisò Derna<br />

passando un cartoccio da sopra il filo spinato.<br />

– Siamo in cinquanta, almeno – informò Amleto<br />

– ci vuole ben altro che un scartoz d’magnè!<br />

– Mò aspea che adesso arrivano anche le altre.<br />

La notizia ha fao il giro. Hanno deo che avete<br />

preso la Fornace.<br />

– Presa... ci hanno chiusi dentro... beh, sì l’abbiamo<br />

presa! – si convinse Amleto.<br />

– Non venite fuori stasera? – chiese Derna vedendo<br />

il luccheo nel cancello d’ingresso.<br />

– Mi sa proprio di no – disse Amleto, – dormiremo<br />

nel refeorio, poi domani è un altro giorno.<br />

– Stai aento te, che ci hai tre figli – supplicò<br />

Derna.<br />

– Lo faccio anche per loro – rispose fieramente<br />

Amleto.<br />

– Sì, va bene, ma stai aento lo stesso – concluse<br />

amorevolmente Derna.<br />

Oramai era buio pesto. Anche dentro il refeorio<br />

era buio. La luce non funzionava. Così come per il<br />

telefono, avevano senz’altro tagliato i fili della luce.<br />

In lontananza si vedevano i bagliori della baaglia.<br />

Gli americani dovevano essere arrivati dalle parti di<br />

Casalfiumanese. Nell’ufficio il ragionier Marchei<br />

cercava ancora di far funzionare il telefono. Con lui<br />

c’erano Amleto, Antonio e Marino.<br />

83<br />

cartoccio<br />

con cibo.


– Mi sa proprio che abbiano tagliato i fili – confermò.<br />

– Devono essere vicini gli alleati – disse Amleto.<br />

– Si vedono i lampi delle bombe da qui – convenne<br />

Marchetti guardando fuori dalla finestra.<br />

– Vedrai che domani sono qui – disse Antonio.<br />

Il ragionier Marchei frugava all’interno di uno<br />

scatolone seminascosto dietro la scrivania.<br />

– Avevo una Galena... – borboò.<br />

– Una radio Galena? – s’informò Marino.<br />

– Perché, ti meravigli? – chiese Marchei senza<br />

smeere di cercare.<br />

– Se ti pigliano i fascisti... – continuò Marino più<br />

con tono di ammirazione che di rimprovero.<br />

– Non avete mica l’esclusiva voi della Resistenza.<br />

Anche noi caolici vogliamo la fine della guerra e il<br />

ritorno alla normalità – affermò Marchetti.<br />

– Era ora che usciste dalle cantine – disse Marino.<br />

– Mai stato in cantina, io – disse fieramente Marchei.<br />

– In Piemonte ci sono compagnie partigiane di<br />

caolici. Anche dei preti. Qualcuno ci ha lasciato le<br />

penne – informò Amleto.<br />

– Questa non è una guerra civile tra caolici e<br />

bolscevichi, è una guerra di liberazione e dobbiamo<br />

sconfiggere i tedeschi e i loro servi fascisti – disse<br />

Marino.<br />

– Ecco! – disse trionfante il ragioniere, che aveva<br />

trovato la radio di fortuna.<br />

La radio Galena era una stazione radio formata<br />

con una lamea e una matita. La galena era un piccolo<br />

cristallo che fungeva da diodo. Questa radio<br />

sfrua lo stesso principio del fao che una lametta<br />

da barba offre una superficie anodizzata con un<br />

buon potere separatore delle cariche. Le spire del<br />

84


occheo sono fae con filo di rame, sia per antenna<br />

sia per la messa a terra.<br />

La punta di grafite della mina del lapis era aaccata<br />

ad una molla di filo di rame; la punta doveva<br />

fare contao con la lamea e muovendola su quest’ultima<br />

si effeuava la ricerca delle stazioni.<br />

Per la messa a terra si collegava il filo ad un rubineo<br />

o ad un termosifone. All’aperto si doveva tirare<br />

su l’antenna usando una larga superficie metallica o<br />

issando un cavo di rame su un palo o un albero.<br />

Il ragionier Marchei aveva aaccato il filo dell’antenna<br />

che entrava dalla finestra.<br />

– Il palo della bandiera fa da antenna – informò i<br />

presenti mentre aaccava l’altro filo al termosifone.<br />

Porse la cuffia, formata da due ricevitori di bachelite,<br />

a Marino, il quale porse l’altra metà ad Amleto.<br />

– Stanno suonando musica da chiesa– sentenziò<br />

Marino sorpreso dal suono gracchiante che usciva<br />

dalla cornea.<br />

– Non è musica da chiesa – corresse Marchei<br />

sorridendo. – Le trasmissioni in italiano di Radio<br />

Londra cominciano con le prime note della quinta<br />

di Beethoven.<br />

– Ma se parlano in inglese chi li capisce? – chiese<br />

Amleto.<br />

– La BBC trasmee in italiano ogni sera dalle 22,00<br />

alle 23,00 sulle onde medie. Con una radio qualsiasi<br />

si può captare la ricezione – specificò il ragioniere.<br />

Ora la musica era terminata. Seguirono istanti di<br />

silenzio poi la radio riprese a trasmeere:<br />

– Parla Londra. Trasmeiamo alcuni messaggi speciali.<br />

Felice non è felice. È cessata la pioggia. La mia barba<br />

è bionda. La mucca non dà latte. Giacomone bacia Maometto.<br />

Le scarpe mi stanno strette. Il pappagallo è rosso.<br />

85


L’aquila vola. Parla Londra. Abbiamo trasmesso alcuni<br />

messaggi speciali.<br />

– Sono messaggi in codice – precisò il ragioniere<br />

Marchetti, – solo gli interessati capiscono il significato.<br />

I messaggi sono direi a gruppi di partigiani,<br />

o alle missioni inglesi che già si trovavano sul territorio<br />

italiano.<br />

– E te li capisci? – chiese Amleto.<br />

– Capirli proprio no, ma cerco di interpretare il<br />

significato – disse il ragionier Marchei. – Se fossero<br />

facili da decifrare li capirebbero anche quegli imbecilli<br />

dei fascisti.<br />

– E te perché gli ascolti? – chiese Amleto incuriosito.<br />

– Perché questa è la mia Patria – rispose Marchetti<br />

con voce tremolante dall’emozione, – ne abbiamo<br />

avuto abbastanza dell’occupazione dei fascisti prima<br />

e dei tedeschi poi. Questo re Savoia deve andarsene<br />

con loro. Poi l’Italia diventerà una repubblica.<br />

Ne sono sicuro.<br />

Nel frattempo la radio ricominciò:<br />

–Parla Londra. Trasmeiamo alcuni messaggi speciali:<br />

La forbice può tagliare il filo. Una voce arriva dall’aldilà.<br />

L’asinello sta dietro la lavagna. La bandiera sventola.<br />

Banditi all’amatriciana giocano. Forse a Calais, forse a<br />

Boulogne. Tanto va la gaa al lardo che ci lascia lo zampino.<br />

Il faro lampeggia. Parla Londra. Abbiamo trasmesso<br />

alcuni messaggi speciali.<br />

– La forbice può tagliare il filo – ripetè Amleto,<br />

– forse vuole dire che sono vicini e possono tagliare<br />

il fronte.<br />

86


– È un modo di interpretare – rispose Marchetti.<br />

– La bandiera sventola potrebbe dire che la loro<br />

bandiera arriva, cioè gli inglesi stanno arrivando.<br />

– Se fosse così facile li capirebbero anche i tedeschi<br />

– disse Amleto. – Penso che saranno in codice e<br />

solo i direi interessati ne capiscono il significato.<br />

– Basta che si spiccino ad arrivare questi alleati<br />

– disse Marino.<br />

– Certo che vanno piano – convenne Antonio, – a<br />

seembre erano a Cesena. Adesso siamo in aprile.<br />

Ci si và a piedi a Cesena in see mesi!<br />

– Ormai sono qui– disse Amleto.<br />

– Sono fermi al Senio – confermò Marino.<br />

– Se tardano ancora un po’ cominciamo noi a fare<br />

del casino – continuò Antonio.<br />

– Sì, così vi fate ammazzare alla vigilia della liberazione<br />

– disse Marchetti in tono paternalistico.<br />

– A mè non me fà paura nè i tugnen o quei brut mus di<br />

fascest – reagì Antonio.<br />

– Lasciate fare la guerra a quelli che la fanno per<br />

mestiere – disse Amleto, – noi siamo contadini,<br />

semplici operai. Facciamo la pace che è meglio!–<br />

– Ma se questi hanno fatto bivacco al fiume – continuò<br />

Antonio in tono belligerante, – non arrivano<br />

qua neanche per l’anno prossimo!<br />

– Arrivano, arrivano – obiettò Amleto, – abbiamo<br />

aspeato tanti anni, qualche giorno in più e siamo<br />

liberi.<br />

– Beh, adesso cerchiamo di dormire – concluse il<br />

ragioniere, – domani sarà una giornataccia, e se tornano<br />

i fascisti, così arrabbiati come sono, fanno un<br />

casino.<br />

87<br />

A me non<br />

fanno<br />

paura nè i<br />

tedeschi nè<br />

questi brutti<br />

musi neri di<br />

fascisti.


I fascisti minacciano rappresaglie<br />

Le previsioni del ragioniere non tardarono ad<br />

avverarsi. La maina dopo, prima dell’alba c’erano<br />

quaro camionee fuori dal cancello.<br />

Per evitare ulteriori scontri, il ragionier Marchei<br />

si avviò verso il cancello nel tentativo di calmare gli<br />

animi.<br />

Uscendo dal cancello venne tempestivamente fermato<br />

da due militi in camicia nera che puntandogli<br />

il mitra allo stomaco gli impedirono di proseguire.<br />

– Sono il ragioniere Marchei – si presentò, – rappresento<br />

gli interessi dell’Azienda.<br />

– Non un passo di più – intimò il più vicino – brutto<br />

bolscevico!<br />

– Bruo sono d’accordo – rispose Marchei nel<br />

tentativo di rallentare la tensione, – ma bolscevico<br />

no. Io sono caolico, credente e osservante.<br />

– E cosa ci fai con questi rivoluzionari? – chiese<br />

l’altro.<br />

– Macché rivoluzionari, bolscevichi: questi sono<br />

padri di famiglia che non riescono a portare a casa<br />

uno stipendio decente.<br />

– Se scioperassero di meno – osservò il primo –<br />

porterebbero a casa di più.<br />

– Questo senza dubbio – convenne Marchei.<br />

In quel preciso istante un’auto nera raggiunse il<br />

trio e una persona di mezza età scese dalla veura.<br />

– Ossequi – disse Marchei, che aveva riconosciuto<br />

il proprietario della Fornace.<br />

89


–Anche voi nel comploo?– si informò il proprietario.<br />

–Macché comploo– corresse Marchei, – solo un<br />

malinteso. Vedrà che verso mezzogiorno tuo ritorna<br />

normale.<br />

I due militi si guardarono in faccia come per investigare<br />

sul da farsi. Marchei e il proprietario si<br />

avvicinarono al cancello dove Garelli, sceso da una<br />

camionea, li aspeava.<br />

– Senta Marchei – disse a bassa voce Garelli, –<br />

non facciamo idiozie proprio adesso che avete vinto<br />

voi.<br />

– Mi sa che qui abbiamo perso tui – rispose il<br />

proprietario.<br />

– Voi, Garelli, portate via quei facinorosi, che ai<br />

miei ci penso io – informò Marchei.<br />

Deo ciò si avviò col proprietario nella direzione<br />

dell’edificio centrale della Fornace dove un folto<br />

gruppo di scioperanti aveva seguito l’intera scena.<br />

Nello stesso istante Garelli faceva ampi cenni ai<br />

suoi uomini, che rimontarono sulle camionee e lasciarono<br />

velocemente il territorio della Fornace.<br />

– Sarà pericoloso? – si informò il proprietario.<br />

– No, non si preoccupi – rassicurò il ragioniere,<br />

– qualche testa calda, ma nella maggioranza brave<br />

persone.<br />

– Dio solo sa che abbiamo bisogno di brave persone<br />

in questo periodo così drammatico.<br />

Il proprietario e Marchei avevano raggiunto il<br />

grosso degli scioperanti e ben presto si formò una<br />

specie di comizio. Marchetti montò su uno sgabello<br />

per farsi vedere da tutti.<br />

– Amici, compagni – iniziò con foga, – il proprietario<br />

della Fornace è qui con noi in questo difficile<br />

momento!<br />

90


– Bella questa: protesta lui che ha una bella casa e<br />

un sacco di quattrini? – intervenne Marino.<br />

– La casa bella ce l’avevo – informò in segno di<br />

scusa il proprietario, – ma me l’hanno requisita i tedeschi.<br />

In quanto al sacco di quattrini...<br />

– Se non riprendiamo i lavori – intervenne tempestivamente<br />

Marchetti, – la Fornace finirà in malora.<br />

Siamo nei debiti fino al collo.<br />

– Cosa ci propone? – chiese Amleto.<br />

– Di ricominciare la produzione senza ulteriori interruzioni<br />

– chiarificò Marchetti. – La guerra finirà<br />

da un giorno all’altro. La ricostruzione dell’Italia ha<br />

bisogno del nostro contributo. E con il nostro lavoro<br />

non tarderanno ad arrivare i giusti compensi.<br />

– Io non prometto nulla – intervenne il proprietario,<br />

– ma vedo che oramai per me è giunto il momento<br />

di andare in pensione. Voi fate il vostro dovere e<br />

se ci saranno le basi necessarie lascerò la Fornace ai<br />

lavoratori.<br />

Alla pronuncia di questa frase la maggioranza<br />

degli operai gli tributò una calorosa ovazione.<br />

Marchetti prese a braccetto Amleto e avviandosi<br />

verso l’ufficio disse:<br />

– Volevate l’aumento, vi ha regalato la Fornace!<br />

– Penso che una cooperativa sia il modo giusto di<br />

salvare la Fornace – disse Amleto. – Perché non ci<br />

avevamo pensato prima?<br />

– Perché i padroni sono sempre un passo più<br />

avanti di noi – disse Marchetti. – Non ha detto che<br />

ve la regala: ha detto se ci saranno le basi...<br />

– He parla diffezil acsè nujeter en capè brisa – disse<br />

Amleto.<br />

– La forza della cultura – disse Marchetti.<br />

– La forza dei soldi – corresse Amleto.<br />

91<br />

Parla<br />

difficile così<br />

noi non<br />

capiamo.


– Lo sai, Amleto, che te mi ricordi tanto Don Chisciotte?<br />

– E chi è questo prete che si assomiglia a me? –<br />

chiese incuriosito Amleto.<br />

– Macché prete – precisò il ragioniere mentre apriva<br />

la porta dell’ufficio, – Don Chisciotte è un personaggio<br />

letterario, di Miguel de Cervantes, scrittore<br />

spagnolo.<br />

– Un repubblichino? – chiese Amleto.<br />

– No, il contrario – disse Marchetti. – Pensa che<br />

l’ha scritto in prigione.<br />

– Come Silvio Pellico? – chiese Amleto, anche per<br />

dimostrare la sua conoscenza storica.<br />

– Una specie di Silvio Pellico, anche se in tempi<br />

diversi – precisò il ragioniere. – Pensa che Don Chisciotte<br />

combatteva contro i mulini a vento...<br />

– Acsè me a sò cal’imbezel cl’a fe la guera ai mulen?<br />

– chiese conferma Amleto.<br />

– No, sei quello che crede nella bontà umana e<br />

combatte contro le ingiustizie anche se ostacolate da<br />

insormontabili barriere.<br />

– Sarebbe un complimento, questo? – chiese<br />

Amleto che proprio non aveva percepito il significato<br />

del paragone.<br />

– È un grande complimento – confermò Marchetti,<br />

– anzi, non è un complimento, ma una constatazione.<br />

Vincere non è tanto importante, come è importante<br />

provare a vincere.<br />

– Non ho proprio capito – rispose Amleto, – ma<br />

se lo dite voi...<br />

– Te lo spiegheranno i tuoi figli, un giorno – disse<br />

convinto il ragionier Marchetti, – loro andranno a<br />

scuola e cresceranno liberi in un Paese libero e democratico<br />

dove tutti avranno gli stessi diritti e gli<br />

stessi privilegi.<br />

92<br />

Così io<br />

sarei<br />

quell’imbecille<br />

che fa<br />

la guerra ai<br />

mulini?


– Questa l’ho capita – rispose orgoglioso Amleto.<br />

– E te, hai figli? – chiese.<br />

– Se non sono neanche sposato! – rispose vergognosamente<br />

il ragioniere.<br />

– Non hai nemmeno la morosa? – chiese Amleto.<br />

– Beh, morosa proprio no – chiarì Marchei, – ci<br />

vediamo con Rina. Te conosci Rina?–<br />

– La fiola d’Marangò? – chiese sorpreso Amleto.<br />

– Perché, la conosci? – Marchei rispose alla domanda<br />

con un’altra domanda.<br />

– Beh, sì, alla lontana... – rispose Amleto mentendo.<br />

– Ma conosco bene la famiglia... è di buona famiglia.<br />

– Con un padre fascista fanatico, e te dici di buona<br />

famiglia? – chiese Marchei.<br />

– Oramai l’è finita – disse Amleto, – basta coi fascisti,<br />

con i comunisti, con i bolscevichi, con i repubblichini:<br />

ora siamo tui italiani.<br />

93<br />

La figlia di<br />

Marangoni?<br />

Ormai è<br />

finita.


Ritorno a Imola<br />

Bubano e Mordano erano diventate più pericolose<br />

della cià per via dei tedeschi che scorrazzavano<br />

per le campagne e razziavano tuo quello che trovavano.<br />

Preparativi erano in corso lungo tua la linea<br />

Imola-Lugo in vista di un imminente aacco degli<br />

alleati. Si prevedevano forti bombardamenti prima<br />

dell’aacco e Amleto conosceva di persona l’indiscriminato<br />

modo di butar zò al bomb degli alleati.<br />

Un’intera divisione di paracadutisti tedeschi era<br />

stata dislocata nella zona, coadiuvata dalla 26 Divisione<br />

Panzer.<br />

Amleto prese la decisione di traslocare nuovamente<br />

a Imola, in via Selice 18. La casa era rimasta<br />

intaa nonostante i forti bombardamenti e il padrone<br />

Valintè, il calzolaio, era sfollato in Toscana.<br />

L’intera famiglia, compresa la mamma Ermelinda,<br />

arrivò a Imola il primo di aprile. In altri tempi<br />

questo avrebbe potuto dare adito a umoristiche situazioni,<br />

ma di quei tempi c’era poco da stare allegri.<br />

La casa di via Selice era un palazzo a tre piani con<br />

un cortile interno delimitato da un muro. Nel mezzo<br />

del cortile c’era il pozzo con la fontana per riempire<br />

i secchi dell’acqua. Gli appartamenti erano sprovvisti<br />

di acqua e di servizi. In fondo al cortile c’era l’unico<br />

gabineo che serviva al bisogno di see famiglie.<br />

La stufa al centro della stanza era ancora lì, come<br />

l’avevano lasciata, e i materassi di crine se li erano<br />

95<br />

Buttare giù<br />

le bombe.<br />

Valentino.


portati da Bubano. Derna mandò Cledes a riempire<br />

la secchia alla fontana. Amleto racimolò tui i pezzi<br />

di legno che trovò nel cortile, aiutato da Giuseppe.<br />

Nella pentola fu geato tuo il mangiare che si<br />

erano portati da Bubano: carote, patate, rape, una<br />

cotica di maiale e un pugno di pasta secca.<br />

Forse l’odore del minestrone o gli strilli felici di<br />

Cledes e Giuseppe che giocavano nel cortile airarono<br />

gli altri inquilini del palazzo.<br />

Chiara e Gianì abitavano al piano terreno di fronte<br />

a loro con l’unico figlio, Luciano.<br />

Gianì lavorava da Becca, lo stabilimento ortofrutticolo,<br />

che però in quel periodo era chiuso, la moglie<br />

Chiara lavorava all’ospedale dei mai.<br />

– A sì turnè da Buban? – chiese Chiara.<br />

– I bota zò al bomb. L’è trop v’sen a Lugo. E i tugnin<br />

gli’è dapertot! – rispose Derna.<br />

– Te ja d’avrer com i bota al bomb da y’aruplà –<br />

confermò Ermelinda, – i và chi sflezna!<br />

– Noi abbiamo fao un po’ di minestrone – disse<br />

Amleto, – se volete favorire...<br />

– Aspea che chiamo Ciano e Gianì – disse Chiara<br />

uscendo dalla porta nella direzione del loro appartamento.<br />

– Già che c’eri potevi meere i manifesti in piazza<br />

così veniva a pranzo tuo il vicinato – rimproverò<br />

Derna.<br />

– Guarda com’è pallida – osservò Amleto, – quella<br />

non mangia da tre giorni, almeno.<br />

– Mamma, ja rasò Am’let! – disse Derna rivolta a<br />

Ermelinda. – Bota in tlà candrola stò bisinì d’arveia e<br />

sti dû pistineg.<br />

In quel momento rientrò Chiara seguita dal marito<br />

Gianì e dal figlio Luciano. Gianì aveva in mano<br />

una cassetta di mele.<br />

96<br />

Siete<br />

tornati da<br />

Bubano?<br />

Buttano giù<br />

le bombe.<br />

È troppo<br />

vicina a<br />

Lugo.<br />

Devresti<br />

vedere<br />

come<br />

buttano giù<br />

le bombe<br />

dagli aerei.<br />

Vanno<br />

così forte<br />

da fare<br />

scintille.<br />

Mamma,<br />

Amleto ha<br />

ragione!<br />

Butta nella<br />

pentola anche<br />

questi<br />

pochi piselli<br />

e queste<br />

due carote.


–Mò guarda com’è cresciuto! – Disse Gianì accarezzando<br />

il piccolo Franco che se ne dormiva pacifico<br />

nel passeggino.<br />

– È cresciuto in fretta – confermò Derna, – ha già<br />

sei mesi!<br />

– E com’è buono! – disse Chiara.<br />

– Sì, perché dorme. Prova a svegliarlo e viene giù<br />

la casa – corresse Amleto.<br />

Gianì continuò ad accarezzare i pochi capelli di<br />

Franco. Poi consegnando la cassetta di mele a Derna<br />

aggiunse:<br />

– Non è molto, ma con tuo il cuore.<br />

– Grazie Gianì – rispose Derna impacciata e con<br />

un certo senso di colpa.<br />

– A vag a tor na tera at pà – disse Chiara.<br />

– Avete anche il pane? – chiese sorpreso Amleto.<br />

– Da quando hanno chiuso Becca per le bombe,<br />

Gianì fa il guardiano – precisò Chiara, – non lo<br />

pagano ma gli dànno tua la frua che vuole, e<br />

qualche volta anche una pagnoa.<br />

– Di questi tempi – commentò Derna, – meglio<br />

avere da mangiare che avere soldi in tasca.<br />

– A proposit et bajoc – disse Amleto, – se avete<br />

delle lire del fascio, meglio che le spendiate, perché<br />

quando arrivano gli alleati cambiano soldi.<br />

Così dicendo Amleto trasse dal portafogli alcuni<br />

pezzi di carta, i nuovi soldi del Governo Militare<br />

Alleato.<br />

– Sembrano i soldi della tombola – disse Chiara.<br />

– Ormai dalle parti di Bubano e Mordano non<br />

circolano che questi – disse Amleto. – In certi posti<br />

non vogliono più le lire italiane.<br />

– Prema i bota zò e bomb, pò i te imbunês cùi so bajoc<br />

– sbuffò Ermelinda. – Vo butè fora i tugnin e i ariva nû<br />

padron?<br />

97<br />

Vado a<br />

prendere<br />

una<br />

pagnotta.<br />

A<br />

proposito di<br />

soldi.<br />

Prima ti<br />

buttano le<br />

bombe poi<br />

ti rabboniscono<br />

con i<br />

soldi.<br />

Voi buttate<br />

fuori e<br />

tedeschi<br />

e arrivano<br />

nuovi<br />

padroni?


– Lasà stè la politica Ermelinda – disse Amleto<br />

ridendo, – l’è trop complichè.<br />

– Dopo la guerra cosa pensi di fare? – Chiese Gianì<br />

tanto per entrare nella conversazione.<br />

– Torno alla Fornace – rispose Amleto, – il padrone<br />

ha deo che forse diventerà una cooperativa.<br />

– Non ti daranno nessuna carica ciadina? – chiese<br />

Gianì sorpreso da quella risposta. – Ho sentito dire<br />

che ai partigiani e quelli dell’UNPA dànno delle<br />

posizioni di privilegio.<br />

– I partigiani, forse – rispose Amleto, –loro hanno<br />

combauto, ma quelli dell’UNPA hanno fao solo il<br />

loro dovere.<br />

– E lo chiami poco, rischiare la vita ogni giorno<br />

per tirare fuori la gente da soo le macerie? – incalzò<br />

Gianì mostrando ammirazione.<br />

– No, Imola ha bisogno di gente più intelligente di<br />

me – disse Amleto in evidente imbarazzo. – Me a sò<br />

fiol d’un cuntadè e a sò fortunè d’lavurè intla la furnesâ!<br />

– Al m’nastron l’è pront! – annunciò Ermelinda.<br />

– Alora tôt a magnè prèma c’là sar freda! – concluse<br />

allegramente Amleto.<br />

98<br />

Lasciate<br />

stare la<br />

politica,<br />

Ermelinda.<br />

È troppo<br />

complicata.<br />

Io sono<br />

figlio di un<br />

contadino,<br />

e posso<br />

ritenermi<br />

fortunato<br />

che ho<br />

trovato<br />

lavoro alla<br />

Fornace.<br />

Il minestrone<br />

è<br />

pronto!<br />

Allora tutti<br />

a mangiare<br />

prima che<br />

si raffreddi!


Contao con gli alleati<br />

Era ancora buio quando il camion dell’UNPA si<br />

fermò davanti alla casa di via Selice.<br />

Amleto era già pronto da mezz’ora. Saltò sul camion,<br />

che si avviò lungo la via Selice alla volta di<br />

San Prospero.<br />

– Cos’è tua questa frea? – chiese Amleto a Graziano<br />

considerando, che il veicolo procedeva a velocità<br />

piuosto sostenuta.<br />

Il camion, lasciata la via Selice in località Poiano,<br />

girò in via Lughese.<br />

– Hanno trovato un polacco! – informò Graziano.<br />

– Un polacco? Dove? – chiese curioso Amleto.<br />

– L’hanno nascosto nella chiesa di San Prospero.<br />

È stato trovato dai contadini che vagava per i campi.<br />

Deve aver preso un colpo alla testa perché non dice<br />

molto.<br />

– Non dice molto perché non parla italiano o perché<br />

ha preso una boa?<br />

– Non lo so – rispose Graziano, – hanno mandato<br />

un biglieino al Carmine.<br />

– Perché, lo portiamo al Carmine? – chiese<br />

Amleto.<br />

– E dove? Se lo trovano i tedeschi lo ammazzano<br />

sul posto – rispose Graziano.<br />

– E se lo trovano sul nostro camion fucilano noi!<br />

– Ma no, noi siamo dell’UNPA. L’abbiamo trovato<br />

in un fosso e l’abbiamo tirato su pensando che fosse<br />

un tedesco!<br />

– Sì, e i tedeschi ci credono! – ribaè Amleto.<br />

99<br />

Colpo in<br />

testa.


– Hanno quasi la stessa uniforme...<br />

– Dài Graziano, smeila di fare il cretino. Tiriamo<br />

su questo polacco e speriamo che ci vada bene!<br />

La chiesa di San Prospero, opera dell’architeo<br />

Cosimo Morelli, uno dei gioielli dell’architeura<br />

religiosa imolese, venne consacrata il 4 seembre<br />

1836 dal Vescovo Giovanni Maria Mastai Ferrei,<br />

divenuto Papa nel 1846 con il nome di Pio IX.<br />

Ma questo certamente gli uomini dell’UNPA<br />

non lo sapevano, e nemmeno importava in quel<br />

momento. La loro missione era quella di trasportare<br />

un soldato polacco da un posto insicuro a un posto<br />

relativamente più tranquillo.<br />

– È proprio un polacco! – Confermò Amleto.<br />

– Wer sind Sie? Waren Sie gekommen von? Welche<br />

Brigade gehören Sie? – chiese Graziano.<br />

– Così lo spaventi – disse Amleto, – sembri un<br />

maggiore delle SS che fa l’interrogatorio.<br />

– Io capire tetesco. Io parlare italiano, poco... – replicò<br />

il soldato polacco.<br />

– Pauglia avanzata Brigata Polacca. Bombe inglesi<br />

distruo Brigata – informò il soldato.<br />

– Ma gli inglesi non sono con gli Alleati?<br />

– Inglesi Alleati. Bombe Alleati.<br />

– Meglio che ti portiamo al sicuro – interruppe<br />

Amleto, – se arrivano i tedeschi siamo a posto: ci<br />

fanno fuori tui!<br />

La ferita alla testa del polacco non sembrava tanto<br />

grave. Caricarono il soldato nel cassone del camion<br />

e lo coprirono con un telone cerato. I bombardamenti<br />

ricominciarono, ma in lontananza, molto più<br />

vicino a Lugo che non a Imola.<br />

100<br />

Chi sei?<br />

Da dove<br />

vieni? A<br />

che Brigata<br />

appartieni?


All’imboccatura della via Selice c’era una pattuglia<br />

delle Brigate Nere, ma si limitarono a salutare<br />

senza fermare il camion dell’UNPA.<br />

Arrivarono al Carmine. Il portone era aperto come<br />

se li stessero aspettando. Il camion entrò nel cortile<br />

e il portone fu chiuso alle loro spalle.<br />

Un gruppetto di seminaristi si fece incontro e aiutarono<br />

il soldato a scendere. Nel frattempo era uscito<br />

anche don Giulio.<br />

– Presto – ordinò il sacedote, – nel campanile!<br />

Graziano rimise in moto il camion dell’UNPA. Il<br />

sacerdote si avvicinò.<br />

– Aspetta, Amleto – intervenne il sacerdote, – vieni<br />

con me che ti faccio vedere qualcosa.<br />

Amleto scese dal camion.<br />

– Andè pu vò prema cl’ariva i tugnin! – disse Amleto<br />

rivolto ai compagni sul camion. – Ma vag a cà a piè ca<br />

jo bisôgn de caminè.<br />

Amleto senza chiedere spiegazioni seguì don<br />

Giulio dentro la canonica.<br />

La chiesa del Carmine era vicina all’Istituto Santa<br />

Caterina dove erano ospitati circa 160 orfanelli. Nell’inverno<br />

1944 Imola si trovava a circa dieci chilometri<br />

dal fronte del Senio e a circa quindici da quello<br />

degli Appennini. Nella canonica della chiesa del<br />

Carmine, nell’Istituto Santa Caterina e nell’adiacente<br />

Convento delle Suore di Clausura di Santo Stefano<br />

vivevano circa 350 persone fra orfani, suore, seminaristi,<br />

sacerdoti, perseguitati politici, partigiani e<br />

profughi. Quando qualcuno bussava alla porta, don<br />

Giulio non diceva mai di no. Nel campanile della<br />

Chiesa c’erano due polacchi, un russo, un lussemburghese,<br />

un ufficiale ebreo dell’esercito e parecchie<br />

armi e munizioni.<br />

101<br />

Andate<br />

pure voi<br />

prima che<br />

arrivino i<br />

tedeschi.<br />

Io vado<br />

a casa a<br />

piedi, che<br />

ho bisogno<br />

di camminare.


Non si poteva tenere nascosta tua questa gente<br />

senza destare sospei. Don Giulio era convinto<br />

che bastasse tenere lontano le SS tedesche. I fascisti<br />

chiudevano un occhio e a volte anche due. Data la<br />

vicinanza del fronte e aspeando gli alleati da un<br />

giorno all’altro era più necessario pensare al futuro<br />

che al presente.<br />

Amleto era al corrente di tuo ciò e don Giulio lo<br />

sapeva. Era arrivato il momento di agire. Nella canonica<br />

ad aendere con trepidazione il ritorno del<br />

sacerdote c’erano Amedeo ed Ezio. La presentazione<br />

non fu necessaria perché i tre già si conoscevano.<br />

– Bisogna avvisare i polacchi di là dal Senio che<br />

possono venire in cià – esordì Amedeo.<br />

– I partigiani sulla strada Montanara sono fermi a<br />

Ponticelli – informò Amleto.<br />

– È importante che non avvenga inutile spargimento<br />

di sangue – continuò Amedeo, – i tedeschi<br />

sono in ritirata, ma sono come cani rabbiosi: potrebbero<br />

fare rappresaglie.<br />

– Hanno messo Augusto e altri nella Rocca – informò<br />

Amleto, – e in cià ci sono forze fasciste di<br />

fuori. Gli imolesi si possono convincere, ma loro<br />

non ne sono tanto sicuro.<br />

– I tedeschi hanno messo mine dappertuo – avvertì<br />

Amleto. Se non passano i carri armati quelli<br />

non vengono.<br />

– Bisogna accelerare i tempi – disse Amedeo, – potrebbe<br />

essere pericoloso lasciare i tedeschi a Imola<br />

circondati da tue le parti, potrebbero fare pazzie.<br />

– Già ne hanno fae anche troppe – confermò don<br />

Giulio.<br />

– Nella Rocca ci sono prigionieri politici o partigiani?<br />

– chiese Amedeo.<br />

– Ce ne sono di tui i tipi – confermò Amleto.<br />

102


– Non sai mica quanti e se è possibile liberarli?<br />

– Chiese Ezio.<br />

– Liberarli? Voi siete mai – rispose Amleto che<br />

stava cominciando a capire da che parte pendeva il<br />

discorso. – Ci sono le SS nella Rocca. Quelli prima<br />

sparano poi chiedono.<br />

– Ma tu, come milite dell’UNPA hai accesso alla<br />

Rocca! – informò don Giulio.<br />

– Ho accesso ad alcune parti della Rocca – confermò<br />

Amleto, – come la torre dove c’è il fis-ciò.<br />

– Quando vai alla Rocca?– chiese Amedeo.<br />

– Io non ci sono mai stato – disse Amleto. – Ci va<br />

Graziano ogni tanto a controllare il fis-ciò, ma ultimamente<br />

nella Rocca Sforzesca oltre ai tedeschi delle<br />

SS ci sono elementi del distaccamento della Brigata<br />

repubblichina Mario Zecchini di Bologna.<br />

– Non sono soddisfai delle porcate che fanno a<br />

Bologna, ora vengono anche a Imola – disse contrariato<br />

Ezio. – Ma finirà prima o poi questa guerra e<br />

allora...<br />

– Allora niente! – intervenne don Giulio. – Cristo<br />

è morto in croce e non si è mai vendicato sui suoi<br />

aguzzini, anzi li ha perdonati.<br />

– Me a so mega Crist! – obieò Ezio.<br />

– Questo lo sapevo già, non c’è ombra di dubbio<br />

– ribaè don Giulio, – e nemmeno io! Non ti<br />

ho neanche chiesto di porgere l’altra guancia. Ti ho<br />

solo chiesto di provare a liberare quei disgraziati.<br />

Poi rivolto ad Amleto chiese:<br />

– Tu Amleto, che sei giusto, cosa ne pensi?<br />

– Cosa sono io? – chiese Amleto sovrappensiero.<br />

– Giusto – confermò il sacerdote. – Tu non sei fascista<br />

e tu non sei comunista. Non prendi le parti<br />

dei fascisti ma nemmeno vai in montagna a fare la<br />

guerra ai tedeschi. Un uomo giusto!<br />

103<br />

Io non sono<br />

Cristo!


– Non vado a far la guerra perché ho moglie e<br />

figli. Se avessi avuto dieci anni di meno sarei partito<br />

con Cesare – replicò Amleto che non voleva dare<br />

l’impressione che non fosse partigiano perché aveva<br />

paura.<br />

– Ha ragione don Giulio – convenne Amedeo, – la<br />

liberazione si consegue con tutte le forze. Non solo<br />

chi combatte, ma anche chi resta ad aiutare la popolazione.<br />

–Va bè, prima che mi facciate il monumento –<br />

troncò Amleto imbarazzato, – cosa volete da me?<br />

– Che tu vada alla Rocca per controllare la situazione<br />

– rispose Ezio.<br />

– Se don Giulio viene con me – disse Amleto senza<br />

pensarci su, – possiamo andare a vedere.<br />

– Ecco, questa è una buona proposta – convenne<br />

don Giulio.<br />

Il sacerdote prese la stola viola dal casseo e il<br />

breviario.<br />

– Allora andiamo? – chiese Amleto, che aveva interpretato<br />

quei movimenti come un’affermazione.<br />

– Andiamo! – confermò don Giulio.<br />

Dal Carmine alla Rocca il viaggio è breve. Con<br />

le loro biciclette don Giulio e Amleto arrivarono in<br />

cinque minuti. Passarono da viale Caterina Sforza<br />

perché le altre strade erano ingombrate dalle macerie.<br />

Arrivati alla Rocca notarono subito uno strano silenzio.<br />

Il portone d’ingresso era spalancato. Amleto<br />

non lo aveva mai visto aperto, solo quello piccolo<br />

veniva usato. Il portone grande serviva solo per fare<br />

entrare e uscire grossi veicoli.<br />

– Se ne sono andati – disse Amleto mentre appoggiava<br />

la bicicletta al muro.<br />

104


– Sembra proprio di sì – convenne don Giulio.<br />

Amleto era entrato nel cortile. Carte e cartacce un<br />

po’ dappertutto. Sedie rotte e rifiuti accatastati in un<br />

angolo.<br />

– C’è nessuno? – strillò Amleto.<br />

L’eco della sua voce rimbombò nell’antico edificio<br />

ma non giunse risposta.<br />

– Hanno liberato i prigionieri? – esclamò il prete.<br />

– Diciamo che non c’è più nessuno – replicò<br />

Amleto, – se poi li hanno liberati non si sa.<br />

– C’è nessuno? – strillò ancora Amleto.<br />

– A sò rimâst sol mè – rispose questa volta una voce<br />

esile dalla balconata del piano superiore.<br />

Era il vecchio guardiano. Vestito di nero poteva<br />

dare l’impressione sinistra di un gerarca, ma da vicino<br />

si notava che era solo un vecchio traballante.<br />

– Jè andè veja. Ai rimâst sol mè – confermò il vecchietto<br />

quando fu vicino ad Amleto e don Giulio.<br />

– Dove sono andati? – chiese Amleto, – e i prigionieri<br />

dove sono?<br />

– Io non so niente! – rispose il vecchietto, –non<br />

fatemi del male.<br />

– E chi ti vuole fare del male? – disse don Giulio<br />

con un sorriso. – Io sono un sacerdote di Cristo!<br />

– E me sono dell’UNPA! – specificò Amleto.<br />

– Ah, non siete banditi? chiese il vecchietto poco<br />

convinto.<br />

– Macché banditi.<br />

– Neanche partigiani?–<br />

– Né banditi, né partigiani. Siamo un prete e un<br />

umpino! – tranquillizarono il vecchietto don Giulio<br />

e Amleto.<br />

– Sono andati via l’altra noe – informò il guardiano.<br />

– C’erano quelli delle SS e quelli di Bologna,<br />

Pietro De Vito e Delendo Vassura.<br />

105<br />

Sono<br />

rimasto<br />

solo io.<br />

Sono andati<br />

via. Sono<br />

rimasto<br />

solo io.


– Li conosci? – chiese don Giulio ad Amleto.<br />

– Non sono nomi di qua – rispose Amleto.<br />

– Li hanno caricati sul camion. Hanno deo che li<br />

andavano a liberare – specificò il vecchieo.<br />

– A liberarli? Finalmente una buona notizia – disse<br />

don Giulio, – non sono poi così caivi i repubblichini.<br />

Avranno senz’altro convinto le SS a liberare i<br />

fratelli italiani.<br />

– Le SS non si fanno convincere da nessuno. Non<br />

condivido questo vostro oimismo – replicò Amleto<br />

pensoso, – ho uno strano presentimento.<br />

106


L’offensiva finale<br />

Quei primi giorni d’aprile erano caldi e nell’aria<br />

c’era un movimento strano. L’inverno che aveva<br />

fermato l’avanzata degli alleati se ne era andato, lasciando<br />

via libera all’offensiva finale.<br />

Nella mainata del 9 di aprile le Forze Alleate<br />

Mediterranee avevano organizzato delle sortite per<br />

controllare la situazione.<br />

Poco prima delle due del pomeriggio cominciò il<br />

bombardamento che si protrasse per un’ora e mezza<br />

lungo tua la linea Imola-Lugo.<br />

Non è facile immaginare la potenza distruiva di<br />

un bombardamento che indiscriminatamente punisce<br />

civili e militari, amici e nemici. 825 bombardieri<br />

pesanti e 234 di media portata assistiti da 740 caccia<br />

bombardieri furono impiegati quel giorno.<br />

Come se non bastasse l’artiglieria pesante dell’8<br />

Armata martellava le linee difensive tedesche che<br />

si ramificavano tra le abitazioni civili e i paesi della<br />

bassa imolese. Un’ondata di bombe investì in pieno<br />

il gruppo avanzato della 2 Divisione Polacca procurando<br />

danni e perdite umane.<br />

Per non perdere il faore della sorpresa, l’8 Armata<br />

Indiana coadiuvata dalla 2 Divisione Neozelandese<br />

araversò il fiume Senio quella sera stessa,<br />

subito dopo le see, incontrando solo una piccola e<br />

trascurabile resistenza.<br />

Subito dopo le undici della sera gli indiani erano<br />

già penetrati per oltre un chilometro e le truppe<br />

107


neozelandesi avevano già geato ponti sul Santerno<br />

e fao passare la 5 e la 6 Divisione senza incontrare<br />

resistenza alcuna.<br />

Meno fortunati furono i polacchi della 2 Divisione<br />

al comando del Maggiore Generale Rakowski,<br />

che stavano ancora risollevandosi dall’erroneo aacco<br />

aereo. Nel passare il fiume Senio trovarono una<br />

forte resistenza da parte della 26 Divisione Panzer<br />

e dalla 4 Divisione Paracadutisti.<br />

Finalmente gruppi della 1 e della 2 Brigata Carpazia,<br />

nonostante il numero enorme di mine che<br />

sbarravano il cammino, stroncarono l’opposizione<br />

tedesca e presero posizione lungo la riva sud del Senio<br />

all’alba del 10 aprile 1945.<br />

I combaimenti proseguirono intensamente per<br />

tua la giornata. L’8 Armata si era aestata sulla<br />

destra del fronte per un’estensione di circa 12 chilometri<br />

comprendente Alfonsine, Fusignano, Lugo<br />

e Cotignola. Al centro elementi dell’8 Divisione Indiana<br />

avevano raggiunto il Canale Trauro. Sulla sinistra<br />

le truppe neozelandesi erano nelle vicinanze<br />

del fiume Santerno. Quaro Divisioni tedesche erano<br />

impegnate, la 42 Jaeger, la 362 e 98 Fanteria e la<br />

26 Divisione Panzer. Alla fine della giornata queste<br />

forze erano costree ad indietreggiare perdendo tra<br />

morti, feriti e prigionieri oltre 2200 uomini.<br />

Alle prime luci dell’alba del giorno dopo, l’11 e<br />

la 56 Divisione lanciavano un aacco anfibio dalle<br />

Valli di Comacchio arrivando nella stessa giornata a<br />

Menate, araversando Longastrino fino alla località<br />

Case Manzine. La scarsa resistenza era formata da<br />

resti della 42 Jaeger e alcune pauglie stazionate ad<br />

Argenta. Furono fai circa 200 prigionieri.<br />

Durante la noe la 167 Brigata raggiungeva il<br />

fiume Reno incontrando una forte opposizione.<br />

108


L’8 Armata subiva il grosso degli aacchi nemici,<br />

mentre la 2 Divisione Neozelandese passava il fiume<br />

Santerno a sud-est della ciadina di Sant’Agata.<br />

La 17 Brigata Indiana araversò il canale Trauro e<br />

si spinse fino alla riva del Santerno a nord-ovest di<br />

San’Agata.<br />

Contemporaneamente la 2 Divisione Polacca<br />

avanzava lungo la Via Emilia fino ad arrivare ed entrare<br />

senza opposizione in Bagnara. Continuando<br />

lungo la Via Emilia i polacchi erano alla periferia di<br />

Castel Bolognese prima di sera.<br />

Sulla sinistra delle formazioni polacche la pressione<br />

contro le forze tedesche era mantenuta dalla<br />

2 Divisione Ebraica, che aveva varcato il Senio nelle<br />

prossimità di Monte Gebbio. Il Gruppo Friuli aveva<br />

varcato il Senio e caurato Riolo dei Bagni senza incontrare<br />

forte opposizione.<br />

Con i tedeschi in ritirata, il Gruppo Folgore occupava<br />

Tossignano, già liberata dai partigiani.<br />

La 36 Brigata avanzava velocemente incontrando<br />

solo sporadica resistenza e in località San Patrino<br />

caurò ancora intai due ponti sul Canale dei<br />

Molini.<br />

I polacchi nel fraempo cauravano Castel Bolognese,<br />

mentre il Gruppo Folgore che aveva sconfio<br />

la 278 Divisione tedesca nelle vicinanze di Castelnuovo,<br />

avanzò occupando Codrignano, Ronco e Camaggio.<br />

Nella mainata del 13 l’opposizione tedesca si<br />

intensificò cercando di creare uno sbarramento all’avanzata<br />

Alleata, ma senza successo. Nel pomeriggio<br />

la baaglia scese di intensità e cominciò la<br />

ritirata tedesca, che in massa abbandonava il fronte<br />

lasciando via libera all’8 Armata, che raggiunse il<br />

fiume Sillaro.<br />

109


La 38 e 19 Brigata Indiana passò la linea ferroviaria<br />

a Conselice, mentre la 2 Divisione Neozelandese<br />

entrò in Massa Lombarda.<br />

La 56 Divisione posizionatasi a nord del fiume<br />

Reno* trovò una forte opposizione da parte della<br />

42 Jaeger, che impedì di passare il fiume nelle vicinanze<br />

del ponte di Bastia. Solo con l’arrivo delle<br />

Brigate 169 e 38 l’esito della baaglia volse in loro<br />

favore e spostando il guado del fiume più a valle,<br />

finalmente riuscirono ad avanzare.<br />

La 43 Brigata Motorizzata Indiana, distaccata al<br />

Corpo d’Armata polacco, superò lo Scolo Gambellaro<br />

a pochi chilometri da Imola. La 2 Divisione polacca<br />

era arrivata nelle vicinanze del Ponte Vecchio<br />

alla periferia nord di Imola.<br />

* Fiume Reno, da non confondersi con quello omonimo che scorre in<br />

Svizzera, Francia, Germania e Paesi Bassi.<br />

Nasce presso Prunea, a circa m 1000, in provincia di Pistoia. Sfocia<br />

nel mare Adriatico presso il Lido di Spina (Po di Primaro). Costeggiato<br />

dalla strada Passo di Primaro-San Biagio d’Argenta SS. 16 (Adriatica)<br />

fino ad Argenta, quindi dalla strada Molinella-San Gabriele-<br />

Poggio Renatico-Sant’Agostino SS. 255 (di San Maeo Decima) fino<br />

a Cento, strada Cento-Bologna SS. 64 (Porreana) fino al Ponte della<br />

Venturina, strada per Pontepetri SS. 66 (Pistoiese) fino a Le Piastre.<br />

Riceve a sinistra: torrente Maresca, torrente Orsigna.<br />

110


La liberazione di Imola<br />

Giunta la primavera, l’armata alleata che durante<br />

l’inverno si era fermata sul fronte del Senio, inizia<br />

l’offensiva con l’intento di raggiungere Bologna e<br />

il fiume Po. Dopo pesanti bombardamenti aerei e<br />

di artiglieria, la seconda Divisione neozelandese e<br />

l’oava Divisione indiana si meono in marcia nella<br />

direzione di Lugo.<br />

Il 10 aprile i partigiani del gruppo Cremona liberano<br />

Fusignano e Alfonsine, oramai ridoe a cumuli<br />

di macerie. Contemporaneamente il Corpo polacco<br />

prosegue lungo la Via Emilia raggiungendo Castelbolognese.<br />

Tre giorni dopo, indiani e neozelandesi<br />

passano il fiume Santerno, raggiungono Massa<br />

Lombarda.<br />

Il 14 aprile, dopo una cruenta baaglia con la 4<br />

Divisione dei paracadutisti tedesca, i polacchi della<br />

5 Divisione Kresowa sono nelle vicinanze di Imola,<br />

già in parte presidiata dai partigiani.<br />

Graziano arrivò in biciclea. Velocemente smontò<br />

di sella e bussò alla porta. Amleto, che l’aspeava<br />

aprì quasi simultaneamente.<br />

– Amleto – disse ansimando Graziano, – riunione<br />

generale al Carmine. Ci sono tui, noi dell’UNPA,<br />

quelli del CLN, quelli della SAP e i comandanti del<br />

GAP. Stavolta l’è la volta bona!<br />

– Era ora – rispose raggiante Amleto.<br />

Senza aggiungere altro Amleto inforcò la bicicletta<br />

e si mise in sella.<br />

111<br />

Questa volta<br />

è la volta<br />

buona.


– Dove andate questa volta? – chiese Derna, che si<br />

era svegliata a tuo quel frastuono.<br />

– Arrivano gli alleati – urlò Amleto.<br />

– E te dove vai? – chiese Derna preoccupata.<br />

– Al Carmine – rispose Amleto.<br />

– Hanno convocato tue le forze ciadine al Carmine<br />

– confermò Graziano, – noi dell’UNPA dobbiamo<br />

coordinare l’entrata.<br />

– Aenti ai tedeschi. E ricordati che hai tre figli!<br />

– supplicò Derna. – Prima di andarsene quelli fanno<br />

un macello!<br />

Queste raccomandazioni erano come diree al<br />

vento, perché Amleto e Graziano erano già spariti<br />

imboccando velocemente via San Pier Grisologo<br />

alla volta del Carmine.<br />

Pochi minuti dopo arrivarono e trovarono le porte<br />

chiuse. Bussarono freneticamente e furono fatti<br />

entrare nel cortile, dove c’erano parecchi partigiani<br />

armati.<br />

Nella Canonica oltre ai rappresentanti dell’UNPA<br />

c’erano Ezio, Dante e Amedeo.<br />

La presenza dell’UNPA era stata voluta da don<br />

Giulio, perché convinto che con il loro appoggio si<br />

sarebbero risparmiate vite umane. I partigiani erano<br />

pronti a combattere, ma con i tedeschi che già<br />

battevano in ritirata, lo scontro avrebbe potuto trasformarsi<br />

in una sanguinosa e inutile battaglia.<br />

Fu deciso di aspettare fino a mezzogiorno, per<br />

dare più tempo alle retroguardie tedesche di lasciare<br />

la città. Renzo dette l’ordine di impossessarsi dei<br />

punti chiave della città e sincerarsi che non vi fossero<br />

più tedeschi in giro. Verso l’una un gruppo di<br />

partigiani si insediò nella Piazza Maggiore. Fu trasmesso<br />

via radio il messaggio che informava le SAP<br />

dell’avvenuta liberazione.<br />

112


La parola d’ordine fu UNPA. La stessa organizzazione<br />

si accollò l’incarico di avvertire la popolazione<br />

e di controllare se i tedeschi avessero lasciato mine<br />

all’ingresso della città o nei palazzi da loro precedentemente<br />

occupati.<br />

A Luigi venne dato l’incarico di avvertire le forze<br />

polacche che erano alla periferia, prendendo contatto<br />

con il comandante delle forze alleate per sollecitarlo<br />

ad entrare nella città.<br />

Un gruppo di partigiani incontra un drappello<br />

della retroguardia tedesca nella vicinanza di Piazza<br />

dei Servi. Ne segue un sanguinoso combattimento. I<br />

tedeschi vengono messi in fuga, ma Anacleto, colpito<br />

a morte, cade al suolo. Il gruppo continua la sua<br />

avanzata e in via De Amicis incontra una pattuglia<br />

polacca e chiede di comunicare col comandante.<br />

Raggiunto il comando dei carristi i partigiani informano<br />

che Imola è stata liberata dai tedeschi e che<br />

possono entrare pacificamente.<br />

Nel frattempo sulla torre del Palazzo Municipale<br />

viene issata una bandiera bianca per segnalare che<br />

Imola è stata definitivamente liberata dai tedeschi.<br />

Finalmente i polacchi furono convinti e inviarono<br />

una pattuglia accompagnata dal partigiano Marino.<br />

Vicino alla ferrovia, sul lato destro del Santerno<br />

avanzarono i mezzi cingolati.<br />

Ci fu una piccola scaramuccia all’altezza di via<br />

Molino Vecchio, ma fortunatamente i tedeschi si arresero<br />

quasi subito.<br />

La colonna fu costretta a fermarsi poco prima<br />

delle quattordici alla periferia di Imola. I tedeschi<br />

in ritirata avevano ostruito l’ingresso della città minando<br />

parte della strada e formando una grande<br />

trincea.<br />

113


La popolazione di Imola stava riversandosi nelle<br />

strade e inneggiava ai liberatori, ma la situazione<br />

era estremamente pericolosa.<br />

Senza ricevere nessun ordine, come per tacito accordo,<br />

con la guida dell’ingenier Costa, i militi dell’UNPA<br />

cominciarono a disinnescare le mine.<br />

Amleto, Graziano, Mario, Gildo, Primo... ad uno<br />

ad uno resero inefficaci quegli atroci e criminali ordigni<br />

di morte.<br />

La strada per Imola è così spalancata. Tanti, troppi<br />

morti avevano preceduto quel momento, ma almeno<br />

ora, grazie alle valorose forze partigiane e ai<br />

collaboratori dell’UNPA, gli alleati entravano e liberavano<br />

la città senza ulteriore e inutile spargimento<br />

di sangue.<br />

Amedeo scorta un ufficiale polacco fino al comando<br />

in Piazza Maggiore, poi sale sul campanile di San<br />

Cassiano e spara alcune raffiche di mitra, avvisando<br />

così che Imola è veramente libera.<br />

Alle 17,15 del 14 aprile 1945, le truppe polacche,<br />

precedute dalla popolazione e dalle forze partigiane<br />

entrano nella città.<br />

La campana della torre comunale comincia a suonare<br />

a festa, seguita di lì a poco da quelle di San<br />

Cassiano, Sant’Agostino, Sant’Agata, La Madonna<br />

del Carmine...<br />

Viene ammainata la bandiera bianca. I partigiani<br />

vogliono issare la bandiera rossa. L’ufficiale polacco<br />

si oppone categoricamente per il timore che quella<br />

bandiera possa scatenare le ire dei soldati della 5<br />

Divisione Kresowa.<br />

Senza nessuna opposizione fu deciso di issare sul<br />

pennone del Municipio la bandiera tricolore.<br />

Imola è finalmente liberata!<br />

114


Al suono delle campane era accorsa in piazza anche<br />

Derna, con la mamma Ermelinda, Cledes, Giuseppe<br />

e il piccolo Franco nel passeggino.<br />

C’era parecchia confusione in Piazza Maggiore, i<br />

soldati polacchi, i partigiani, la popolazione festante,<br />

e Derna non riuscì a trovare Amleto.<br />

Subito Derna pensò al peggio, che fosse successa<br />

qualche disgrazia, quando vide Graziano.<br />

– Sai mica dov’è Amleto? – chiese Derna trafelata.<br />

– È da stamaina che è fuori. Mica sarà successo<br />

niente?<br />

– Quelli dell’UNPA sono con l’ingenier Costa a<br />

sminare le Porte – informò Graziano, – dovrebbero<br />

essere a Porta Montanara. Hanno già sminato Porta<br />

Appia.<br />

– Le mine? Ma le mine, non sono pericolose le<br />

mine? – chiese trepidante Derna, – cosa vuoi che<br />

sappia Amleto di mine?<br />

– L’ingenier Costa è stato un armiere dell’aviazione<br />

militare – rassicura Graziano, – lui sa cosa fare,<br />

stai tranquilla.<br />

– Ma nessuno ha mai deo ad Amleto che ha moglie<br />

e tre figli? – chiese Derna un po’ più rasserenata.<br />

– Lo sa, lo sa. Certo che lo sa. È per voi che lo fa<br />

– disse Graziano.<br />

– Allora è proprio finita? – chiese Derna.<br />

– La guerra no – specificò Graziano, – ma per<br />

Imola finalmente è finita. Vent’anni di fascismo e<br />

cinque di guerra. Ora basta. Ora facciamo la pace.<br />

In Pazza Maggiore era stato allestito un altare,<br />

proprio soo all’obelisco dei caduti della prima<br />

guerra mondiale. C’era il Vescovo con tue le Autorità<br />

religiose. C’era anche don Giulio, ma non nel<br />

115


palco principale, bensì appartato con un gruppeo<br />

di seminaristi soo il portico. Nessuno l’aveva invitato<br />

a celebrare la Messa e certamente lui non si era<br />

offerto.<br />

Forse all’ombra delle colonne del portico stava già<br />

pensando a cose ben più importanti. Come avrebbe<br />

potuto tirare avanti il suo orfanotrofio che si sarebbe<br />

senz’altro riempito ancor di più di orfani abbandonati<br />

per gli eventi della guerra?<br />

Forse all’ombra delle colonne del portico stava<br />

già pensando cosa rispondere a quelli che gli avrebbero<br />

chiesto in futuro, a volte anche senza troppo<br />

rispetto:<br />

– E te prete, cosa hai fatto in cantina durante la<br />

guerra mentre noi combattevamo sui monti?<br />

Don Giulio non rispondeva mai a queste provocazioni,<br />

si limitava a sorridere.<br />

E quando invece qualcuno informato dei fatti lo<br />

decantava pubblicamente come un eroe, sempre col<br />

suo sorriso sardonico don Giulio rispondeva:<br />

– Ma cosa abbiamo poi fao di tanto straordinario?<br />

Ci siamo comportati nell’unico modo giusto.<br />

Era nostro dovere. La vita è così. Allora bisognava<br />

resistere per vivere. Vivere per continuare. È un dovere<br />

umano oltre che cristiano.<br />

116


Scoperti i morti di Becca<br />

La maina del 16 aprile 1945, Gianì entrò ansimando<br />

nella stanza mentre Derna stava pulendo il<br />

pavimento.<br />

– Derna – strillò guardandosi attorno, – ho bisogno<br />

di parlare con Amleto.<br />

– Che c’è Gianì? – domandò Derna preoccupata.<br />

– Son tornati i tedeschi?<br />

– No, peggio, il pozzo di Becca – balbeò.<br />

Proprio in quel momento entrò Amleto con una<br />

fascina di legna da bruciare. Aveva captato l’ultima<br />

parte della conversazione:<br />

– Cos’è successo al pozzo di Becca? – chiese.<br />

– I tedeschi l’hanno fao saltare – informò Gianì<br />

– e da dentro vengono dei lamenti!<br />

– Ma te t’zavaj? – chiese Amleto preoccupato.<br />

– No, no, è proprio così, non c’è un minuto da perdere<br />

– supplicò Gianì.<br />

Amleto e Gianì corsero fuori e, montati in bicicletta,<br />

si misero in viaggio per raggiungere lo stabilimento<br />

ortofrutticolo di Becca. Durante tutto il<br />

tragitto non pronunciarono parola. Amleto era convinto<br />

che Gianì stesse vaneggiando, ma in ogni caso<br />

bisognava pur controllare.<br />

Davanti allo stabilimento ortofrutticolo c’era una<br />

pattuglia di soldati inglesi.<br />

– Alt! – Intimò un soldato.<br />

– Sono dell’UNPA – disse Amleto, – vengo a investigare<br />

un incidente.<br />

117<br />

Ma che<br />

vaneggi?


– Qui no incident – rispose il militare, – qui off limits;<br />

no civilian allowed.<br />

Amleto non aveva capito cosa il militare avesse<br />

detto ma la parola no l’aveva capita.<br />

– Io UNPA – disse disperatamente Amleto scandendo<br />

le leere: – Unione Nazionale Protezione Antiaerea.<br />

– I don’t care who you are, this area is off limits! –<br />

strillò il soldato britannico.<br />

Solo allora Amleto si accorse che non aveva nessun<br />

segno di riconoscimento. Era arrivato in tutta<br />

fretta e si era dimenticato della fascia dell’UNPA,<br />

che forse gli avrebbe ottenuto maggiore attenzione<br />

da parte degli inglesi.<br />

– Gianì, tu resta qui che io vado in Comune a<br />

cercare qualcuno – disse Amleto montando velocemente<br />

in biciclea, – questi hanno la testa più dura<br />

dei tedeschi.<br />

Prima di arrivare alla sede del Comune passò davanti<br />

al Carmine e presto cambiò idea. Il portone era<br />

aperto. In fondo al cortite c’era la canonica. Bussò<br />

alla porta. Un giovane seminarista venne ad aprire.<br />

– Presto Reverendo, ho bisogno di parlare subito<br />

con don Giulio! – disse Amleto.<br />

– Ma non posso, io sono solo un seminarista, don<br />

Giulio sta dicendo Messa – informò il pretino.<br />

– Non m’interessa neanche se parla con dio! – disse<br />

Amleto adirato per il rifiuto.<br />

Il seminarista si fece il segno della croce, ma per<br />

non adirare ulteriormente chi gli stava davanti si decise<br />

ad andare nella chiesa per avvertire don Giulio.<br />

Pochi istanti dopo don Giulio entrò in canonica:<br />

– Ah, sei tu, Amleto – chiese sorpreso il sacerdote<br />

nel vederlo.<br />

– È una cosa importante.<br />

118<br />

Non mi<br />

interessa<br />

chi sei.<br />

In questa<br />

zona non<br />

si può<br />

entrare!


– Cosa c’è di così importante che non potevi aendere<br />

la fine della Santa Messa?<br />

– Scusate don Giulio – replicò Amleto, – ma mi sa<br />

che da Becca sia successo qualcosa di grave!<br />

– Ma se è chiusa? – replicò il sacerdote.<br />

– Hanno fao saltare il pozzo con dentro della<br />

gente, Gianì ha sentito dei lamenti venire dal fondo!–<br />

– Ma chi? – chiese il sacerdote incredulo.<br />

– I tedeschi delle SS in ritirata. No, No! – strillò<br />

Amleto.<br />

– Cosa no? – disse preoccupato don Giulio, – cosa<br />

è successo?<br />

Amleto si era seduto sulla panca. Fissava nel vuoto<br />

come se avesse avuto una visione.<br />

– Quelli della Rocca – balbeò Amleto, – hanno<br />

buato giù i prigionieri della Rocca!<br />

– Ma cosa dici? – disse don Giulio togliendosi i<br />

paramenti sacri, – i prigionieri li hanno liberati!<br />

– Son passati quaro giorni – disse Amleto sempre<br />

più pallido, – almeno dieci di loro sono di Imola.<br />

Nessuno gli ha visti!<br />

–Va bè – rispose il sacerdote, – non li avranno liberati,<br />

li avranno trasferiti al carcere di Bologna!<br />

– E i pianti che vengono dal fondo? – chiese<br />

Amleto.<br />

– Ma te li hai sentiti? – chiese don Giulio.<br />

– Io no, ma Gianì sì – rispose Amleto.<br />

– Presto, andiamo – disse don Giulio.<br />

Fuori dalla canonica c’era una camionea parcheggiata<br />

appartenete al CLN. Don Giulio si rivolse<br />

al guidatore in tono autorevole:<br />

– Presto, portaci da Becca!<br />

– Per chi mi ha preso reverendo? – obiettò sgarbatamente<br />

il guidatore. – Per un tassista?<br />

119


– Portaci da Becca, per dio! – digrignò il prete.<br />

– Ma non posso reverendo – rispose l’autista che<br />

si era accorto anche di Amleto, – sto aspeando il<br />

comandante Amedeo che esca dalla Messa!<br />

– La Messa è finita!– replicò don Giulio, – portaci<br />

subito da Becca!<br />

– Don Giulio perché vuole andare da Becca? –<br />

Chiese Amedeo, che era uscito di chiesa.<br />

– Mi sa che è successo qualcosa di grave – informò<br />

il sacerdote.<br />

– Ecco perché la messa è stata così breve – disse<br />

Amedeo aprendo la portiera della camionea.<br />

Il tragio tra la Chiesa del Carmine e lo Stabilimento<br />

ortofruicolo di Becca fu percorso in pochi<br />

minuti. Davanti all’ingresso ora c’erano ancora più<br />

soldati di prima. Qualche inglese e dei polacchi.<br />

Amedeo scese dalla camionea e si presentò al soldato<br />

di guardia.<br />

– Sono il Comandante del Comitato di Liberazione<br />

Nazionale – disse con tono fermo Amedeo, – Who<br />

is in charge here?–<br />

– Major Ried, of the English Military Police – rispose<br />

il soldato meendosi sull’aenti.<br />

– I want to talk to him! – ordinò Amedeo.<br />

– Sono qui. Potete parlare con me – disse giungendo<br />

da dietro il cancello l’ufficiale inglese, che<br />

parlava un oimo italiano.<br />

– Cosa succede qui? – chiese Amedeo.<br />

– Siamo stati informati dai proprietari dello stabilimento<br />

che un’odore acre usciva dal pozzo e che<br />

il pozzo stesso era stato fao saltare. Inizialmente<br />

pensavamo ad un incidente, poi siamo scesi con le<br />

corde a controllare: Non ho mai visto in vita mia<br />

uno speacolo così orrendo. È incredibile che tan-<br />

120<br />

Chi è in<br />

comando<br />

qui?<br />

Il maggiore<br />

Ried, della<br />

Polizia<br />

Militare<br />

inglese.<br />

Voglio<br />

parlare con<br />

lui!


ta crudeltà possa esistere in esseri umani – disse il<br />

maggiore abbassando gli occhi.<br />

Amleto si avvicinò al pozzo. Nell’aria c’era un<br />

odore pungente. La parte in muratura del pozzo era<br />

pressoché distrua e crollata all’interno.<br />

Con l’aiuto di un fazzoleo per ridurre l’odore<br />

che emanava dal pozzo, Amleto si avvicinò al ciglio.<br />

Dal fondo del pozzo non giungeva nessun suono.<br />

Nessun lamento come aveva sostenuto Gianì.<br />

– Ho chiesto ordini – informò il maggiore.<br />

– Quando? – chiese Amedeo.<br />

– Ieri. Ma fino ad ora nulla.<br />

– Ma potrebbero ancora esserci dei superstiti?<br />

– Inizialmente, forse – confermò il graduato, – ma<br />

ora certamente no. Ho mandato due dei miei uomini<br />

a controllare.<br />

– Ci avete messo sei mesi ad arrivare – disse<br />

Amleto, – se vi foste mossi dal campeggio sul fiume<br />

un po’ prima...<br />

– Te Amlet stà zet che clukilè s’arabia! – rimproverò<br />

Amedeo.<br />

– In ogni caso non dipende da me. Se non ricevo<br />

ordini dal Comando non posso proseguire nell’opera<br />

di recupero – disse risentito il maggiore Ried, – se<br />

è uno sterminio nazista bisogna preservare le prove<br />

e bisogna documentare i fai.<br />

– Questo territorio è soo la giurisdizione del<br />

CLN – precisò Amedeo, – quindi io do l’ordine di<br />

procedere al recupero!<br />

– Adesso sì che ti riconosco! – si complimentò<br />

Amleto col vecchio compagno di scuola.<br />

– Questo è compito nostro – disse Amedeo, – andiamo<br />

a chiamare rinforzi, dobbiamo tirarli su!<br />

Amedeo e Amleto rimontarono sulla camionetta<br />

alla volta della Croce Rossa dove probabilmente<br />

121<br />

Amleto stai<br />

zitto che<br />

questo si<br />

arrabbia!


avrebbero trovato altri volontari dell’UNPA, mentre<br />

don Giulio, inginocchiato sul ciglio del pozzo,<br />

pregava stringendo le mani e con gli occhi rivolti al<br />

cielo.<br />

La sede della Croce Rossa fungeva anche da ritrovo<br />

e magazzino per i volontari dell’UNPA. La<br />

caserma dei pompieri era poco lontano. Le tre organizzazioni<br />

avevano più volte lavorato assieme nel<br />

salvataggio delle viime dei bombardamenti.<br />

Davanti all’ufficio c’erano Graziano e Mario. Alla<br />

vista di Amleto trafelato che scendeva dalla cammionea<br />

si resero conto che era successo qualcosa<br />

di tragico.<br />

– Presto – disse Amleto, – chi altri c’è dentro?<br />

– Antonio e Nino! – rispose. – Cos’è successo?<br />

– Hanno ammazzato i prigionieri della Rocca e li<br />

hanno buati nel pozzo di Becca! – disse Amleto.<br />

– Tui e sedici? – chiese Graziano incredulo.<br />

– Non si sa ancora – rispose Amleto, – dobbiamo<br />

tirarli su per vedere quanti ce ne sono.<br />

Graziano e Amleto, seguiti da Mario, entrarono<br />

nel magazzino. Presero le maschere antigas in dotazione<br />

all’UNPA e delle corde.<br />

– Presto Nino – ordinò Amleto, – vai dai pompieri<br />

con Antonio. Fai dare tue le corde che ci hanno.<br />

Ci vediamo da Becca!<br />

Uscirono e rimontarono sulla cammionetta con le<br />

corde che avevano trovato nel magazzino e le maschere<br />

antigas.<br />

Arrivati al pozzo di Becca trovarono il maggiore<br />

Ried che stava organizzando il recupero. Erano anche<br />

arrivati altri volontari dell’UNPA.<br />

– Lasciate fare a noi – disse Graziano, – che siamo<br />

dell’UNPA. È il nostro lavoro.<br />

– Se posso aiutare – si offrì il maggiore.<br />

122


– Servono delle travi – informò Amleto – e delle<br />

carrucole.<br />

– Le due carrucole del pozzo sono qui – indicò<br />

Mario.<br />

– E le corde sono qui – informò Antonio che era<br />

arrivato con il camion dei pompieri.<br />

Le travi furono portate dall’interno del magazzino<br />

venne costruito un supporto per la carrucola.<br />

Con le maschere antigas in posizione, Amleto e<br />

due volontari dell’UNPA vennero calati nel pozzo.<br />

Il maggiore Ried aveva organizzato l’illuminazione<br />

del pozzo calando una lampada alimentata dal<br />

generatore posizionato su un camion dell’esercito<br />

inglese.<br />

Dopo pochi minuti che parvero un’eternità la fune<br />

venne tirata dal basso, segnale che era pronta per<br />

essere issata. I soldati inglesi e quelli polacchi aiutarono<br />

i volontari dell’UNPA e i pompieri a tirare la<br />

fune alla cui estremità era legato un corpo umano.<br />

Questa triste operazione venne ripetuta sedici<br />

volte. I corpi orrendamente mutilati furono portati<br />

alla superficie e allineati dentro il magazzino usando<br />

casse di legno per la frutta come giaciglio.<br />

I corpi caricati sulla macchina dei pompieri furono<br />

portati al Palazzo Comunale, dove venne allestita<br />

una camera ardente. La cittadinanza fu inviata a<br />

rendere omaggio alle vittime del truce misfatto e a<br />

partecipare al corteo funebre.<br />

“La descrizione dell’eccidio del Pozzo Becca.<br />

Il 12 aprile 1945, due giorni prima della liberazione, le<br />

brigate nere di Imola e un reparto di SS prelevarono sedici<br />

prigionieri dalle carceri della Rocca e li uccisero dopo<br />

averli a lungo torturati.<br />

123


Nello stabilimento ortofruicolo ‘Becca’, un magazzino<br />

per la frua sito in via Viorio Veneto, in un pozzo profondo<br />

trenta metri, furono geati il 13 aprile i corpi seviziati<br />

(occhi e unghie strappati, testicoli bruciati) di sedici<br />

partigiani e civili che erano stati tenuti in ostaggio nella<br />

Rocca Sforzesca dai tedeschi e dal distaccamento della<br />

Brigata repubblichina ‘Mario Zecchini’ di Bologna.<br />

I resti delle viime furono recuperati dai volontari dell’UNPA<br />

qualche giorno dopo la liberazione di Imola.<br />

Il maggiore I.C. Ried, della polizia militare inglese dichiarò:<br />

– Non ho mai visto in vita mia uno speacolo così<br />

orrendo. È incredibile che tanta crudeltà possa esistere in<br />

esseri umani. – Le viime sono: Bernardo Baldazzi, Dante<br />

Bernardi, Gaetano Bersani, Duilio Broccoli, Antonio<br />

Cassani, Guido Facchini, Mario Felicori, Paolo Filippini,<br />

Cesare Galassi, Secondo Grassi, Ciliante Martelli, Mario<br />

Martelli, Corrado Masina, Domenico Rivalta, Giovanni<br />

Roncarati, Augusto Ronzani.<br />

Il 13 febbraio 1948 la Corte d’Assise speciale di Bologna<br />

condannò a 30 anni di reclusione Pietro De Vito e Delendo<br />

Vassura, riconosciuti colpevoli dell’eccidio. Il processo<br />

contro tui i responsabili non fu mai celebrato.”<br />

Le crudeltà durante il periodo della seconda guerra<br />

mondiale furono tante. L’eccidio del Pozzo Becca<br />

fu una delle pagine più brue scrie dall’uomo.<br />

È terribile anche solo pensare a chi, estraendo i<br />

corpi dal Pozzo, si è trovato davanti ad amici, compagni,<br />

familiari così barbaramente e terribilmente<br />

torturati, uccisi.<br />

124


Caccia al fascista<br />

Nei giorni seguenti si verificano varie esecuzioni<br />

sommarie e si consumano molte vendee contro repubblichini<br />

e collaborazionisti, ritenuti autori o complici<br />

delle violenze commesse negli anni dell’occupazione.<br />

Era necessario costruire la pace, lanciare le basi<br />

per la ricostruzione e la rinascita della cià anche se<br />

i ricordi di vent’anni di diatura e cinque di guerra<br />

non erano facili da cancellare.<br />

Era necessario anche trovare abitazioni per le migliaia<br />

di persone sfollate che avrebbero fao ritorno<br />

alla cià dalla campagna o dagli altri paesini dove<br />

erano rifugiati.<br />

Il Comune si sforzava ad organizzare alloggi di<br />

fortuna negli edifici pubblici. Enti comunali e assistenziali<br />

sopperivano come potevano alla scarsità di<br />

generi alimentari e di prima necessità.<br />

Amleto stava tornando con Nino e Graziano da<br />

una perlustrazione nella zona del Ponte Vecchio. Il<br />

ponte era in buone condizioni, nonostante fosse stato<br />

colpito da varie bombe, ma tuo aorno, sulla<br />

riva del fiume Santerno furono rilevate parecchie<br />

mine anticarro.<br />

Nella strada del ritorno avevano fao soste più o<br />

meno lunghe nelle varie osterie della zona. Mancava<br />

il cibo, mancavano servizi e infrastruure, ma in<br />

Romagna non mancava il buon vino.<br />

Arrivati all’altezza della Piazza dei Servi si trovarono<br />

nel mezzo di un’accanita discussione.<br />

125


Un partigiano inveiva contro una persona in camicia<br />

nera, che Amleto riconobbe come Garelli.<br />

– Fermi voi due – ordinò Amleto.<br />

– Te fai i cazzi tuoi! – rispose il partigiano.<br />

– La guerra è finita, non ve l’ha deo nessuno?<br />

– ribattè Amleto.<br />

– Questo bastardo è un collaboratore fascista! – rispose<br />

il partigiano portando la mano alla tasca per<br />

prendere o far intendere di prendere un’arma.<br />

– Era un fascista! – corresse Amleto.<br />

– Una volta fascista, fascista per sempre! – ribaè<br />

il partigiano.<br />

– Senti te: come ti chiami?– chiese Amleto.<br />

– Gesso! – Rispose fiero.<br />

Il soprannome Gesso era un nome di battaglia. I<br />

partigiani inizialmente non erano conosciuti con<br />

il loro vero nome per il timore di rappresaglie nei<br />

confronti dei loro familiari. Infatti i nazifascisti non<br />

riuscendo a catturarli, si rifacevano contro i parenti<br />

più prossimi compiendo delle stragi di inaudita<br />

violenza.<br />

– Senti Gesso – disse Amleto con tono paternalistico,<br />

– te mi sembri un bravo ragazzo, non rovinare<br />

tuo con porcate e vendee.<br />

– Me ho fao porcate? – esplose quello risentito.<br />

– Loro sono dei criminali e noi vogliamo giustizia.<br />

– Giustizia è un parolone. Se hanno commesso<br />

crimini, verranno giudicati dal tribunale – intervenne<br />

Graziano.<br />

– Io posso garantire per Garelli – intervenne<br />

Amleto, non tanto perché fosse certo che Garelli fosse<br />

innocente, ma perché voleva evitare scontri.<br />

– Te sei un fascista come lui? – chiese con tono<br />

sprezzante il partigiano.<br />

126


– Io sono dell’UNPA – dichiarò Amleto.<br />

– Te va bene, ma loro sono dei bastardi che ne<br />

hanno combinate di cotte e di crude!<br />

– Oh sì, ne hanno combinate tante. Voi invece siete<br />

stati sempre bravi e osservanti delle regole della<br />

convenzione di Ginevra. Se hanno fao carognate<br />

verranno giudicati dalle autorità competenti.<br />

– Loro non sono stati così giusti nei nostri confronti<br />

in vent’anni di diatura – replicò Gesso.<br />

–Dimostriamo che non siamo come loro – disse<br />

Amleto, – l’Italia ha bisogno di tutti gli italiani per la<br />

rinascita. Abbiamo già avuto troppi morti da ambo<br />

le parti.<br />

– E tu non dici niente, bastardo di un fascista?<br />

– disse Gesso rivolto a Garelli.<br />

– Dico che ho fao solo il mio dovere! – rispose<br />

Garelli che nel fraempo aveva ripreso coraggio,<br />

– io non ho mai ammazzato nessuno!<br />

– Senti Garè – disse Amleto, – togliti stà camicia<br />

nera. Vai a farti un giro in campagna. Sparisci dalla<br />

circolazione per un po’. Vedrai che prima o poi tutto<br />

si aggiusta.<br />

Garelli non se lo fece ripetere due volte e velocemente<br />

si avvio lungo viale De Amicis per raggiungere<br />

il quartiere della Rivazza, dove abitava.<br />

Gesso senza più fiatare si era incamminato verso<br />

il centro cittadino. Forse alla ricerca di qualcun altro<br />

con cui litigare e smaltire le sue brame di vendetta.<br />

Amleto e compagni avevano anche loro qualcosa<br />

da smaltire. La giornata era particolarmente calda e<br />

dopo quell’accanita discussione i fumi del vino cominciavano<br />

a ronzare nella testa.<br />

– Meglio andare a casa – disse Amleto.<br />

– Una fermatina ai Tre Scalini? – disse Nino.<br />

127


– No – rispose Amleto. – Sà torn a cà ibriag Derna<br />

la fà nà malea d’là madona–.<br />

– Hai mica due lire? – chiese Graziano.<br />

– A so in buleta scanè – rispose Amleto portando la<br />

mano al portafogli. – E se Derna si accorge che ho<br />

preso le ultime due lire da soo il materasso...<br />

Arrivato a casa ebbe la conferma. Se ne era accorta.<br />

Sulla tavola una cipolla schiacciata. Il piccolo<br />

che piangeva. Cledes e Giuseppe erano già a leo.<br />

Ermelinda rammendava calzini.<br />

– Quella è la tua cena! – disse Derna visibilmente<br />

contrariata indicando la cipolla cruda e schiacciata<br />

sul tavolo della cucina.<br />

– A jo zà magnè – rispose Amleto.<br />

– In quel ostarea? – chiese sarcastica Derna.<br />

– Sono andato al Ponte Vecchio – disse in tono di<br />

scusa Amleto, – poi ho incontrato Graziano, Nino...<br />

e ci siamo fermati a fare un goccio!<br />

– Una bona adbvuda la t’ fa ròmpar mej l’êria e la<br />

t’fà vdè è mond piò bël. Commentò Ermelinda senza<br />

interrompere il rammendo dei calzini.<br />

– Così non va – disse Derna mollando un altro pugno<br />

alla cipolla schiacciandola ancora di più. – Passi<br />

più tempo all’osteria che a casa con i tuoi figli.<br />

– Se non riaprono al più presto la Fornace, non so<br />

da che parte sbaere la testa – disse Amleto.<br />

– Almeno in tempo di guerra qualcosa da mangiare<br />

l’abbiamo sempre trovato – disse Derna in procinto<br />

di piangere, – adesso che abbiamo la pace...<br />

– Ma no, Derna. Vedrai che riapriranno le fabbriche<br />

i contadini cominceranno a seminare.<br />

– Sì, con tue le bombe che ci sono seminate nei<br />

campi l’anno prossimo nascono le mine! – ironizzò<br />

Derna sempre più depressa.<br />

128<br />

Se torno<br />

a casa<br />

ubriaco,<br />

Derna non<br />

finisce più<br />

di brontolare!<br />

Sono<br />

completamente<br />

al<br />

verde!<br />

Ho già<br />

mangiato.<br />

n quale<br />

osteria?<br />

Una buona<br />

bevuta ti fa<br />

respirare<br />

meglio<br />

e ti fa<br />

vedere<br />

più bello il<br />

mondo.


– Vedrai che tra poco si aggiusta tutto. Presto ritorna<br />

anche la luce elettrica. Una nuova vita si apre<br />

davanti a noi – rispose amorevolmente Amleto.<br />

Poi prese in braccio il piccolo Franco che non la<br />

voleva smeere di piangere. Lo sollevò verso la trave<br />

dove c’erano state appese le salsicce, mentre ora<br />

c’era solo un chiodo.<br />

– Tè, chapa la suzizina – disse Amleto lanciandolo<br />

leggermente in aria, – chapa la susizina.<br />

– Metil zò prema cut casca dal man! – disse Derna<br />

preoccupata.<br />

Franco smise di piangere. Quel piccolo gioco era<br />

stato sufficiente per fare ritornare il sorriso sul volto<br />

del piccolo.<br />

– Dal à me – disse Ermelinda premurosa prendendo<br />

in braccio il piccolo. – Ma guerda un po’ in che<br />

temp ti sò vnù al mond!<br />

Poi messo il piccolo nel passeggino, rimboccò la<br />

coperta e piano piano, dondolando il leino di fortuna,<br />

canticchiò la ninna nanna.<br />

Fa la nana, fa la dounca, e tu babb porta la counca,<br />

u la porta in s’na spala ch’è vò fer una muraja.<br />

U la porta ‘n s’un galoun ch’è vò fer un murajoun.<br />

Fa la nana, fa la dounca e tu babb porta la counca.<br />

Era scesa lo noe, e con la noe era scesa la calma<br />

in via Selice 18. I bambini dormivano sognando i<br />

giochi del giorno dopo. Amleto e Derna dormivano<br />

sognando i problemi del giorno dopo. Era arrivata<br />

l’ora anche per Ermelinda di riposare. Soffiò sulla<br />

lampada a petrolio e la stanza piombò nel buio.<br />

129<br />

Dai, prendi<br />

la salsiccia.<br />

Mettilo giù<br />

prima che ti<br />

cada dalle<br />

mani.<br />

Datelo a<br />

me.<br />

Ma guarda<br />

un po’ in<br />

che periodo<br />

sei venuto<br />

al mondo!


Leàrco Andalò, assessore della Provincia di Bologna<br />

scrisse:<br />

“Il terribile consuntivo di disastri e di sangue dell’ultima<br />

guerra ci conferma che un conflio armato è un meccanismo<br />

immorale sia per quelli che vincono che per quelli<br />

che perdono.<br />

La guerra è soltanto distruzione materiale e mentale. Si<br />

deve dire a quelli che si illudono che la guerra possa essere<br />

la soluzione dei conflii ideologici o di altri interessi più<br />

concreti, che le loro idee sono veleno ripugnante, pazzo<br />

ed omicida.”<br />

130


Non c’è lavoro alla Fornace.<br />

La Fornace tardava ad aprire i baenti. Le bombe<br />

l’avevano danneggiata come avevano danneggiato<br />

quasi tue le struure della cià di Imola.<br />

Finita l’euforia della liberazione ora appariva agli<br />

occhi di tui la cruda realtà.<br />

I bombardamenti su Imola cominciati il 13 maggio<br />

1944 erano proseguiti ininterroamente su tuo<br />

il territorio del Comune. Con i cannonneggiamenti<br />

degli Alleati e con lo scoppio delle mine posizionate<br />

dai nazifascisti il 48% delle abitazioni andò distrutto<br />

o reso inabitabile.<br />

Circa 9000 abitazioni distrue e circa 2000 gravemente<br />

lesionate e rese inabitabili.<br />

Interi centri rurali dell’imolese vennero rasi al suolo,<br />

come Sasso Morelli e Sesto Imolese. Tui gli altri<br />

più o meno gravemente danneggiati.<br />

Le strade intensamente percorse dai mezzi militari<br />

e per anni trascurate dalla manutenzione erano<br />

pressochè impraticabili. In molte zone il guasto era<br />

reso ancor più grave dallo scoppio delle tubature e<br />

fognature.<br />

Tui i ponti nel territorio imolese, faa eccezione<br />

di quello sul Sillaro, salvato all’ultimo momento dal<br />

coraggioso intervento di una contadina, furono fatti<br />

saltare dai tedeschi. I ponti minori sui canali, gli<br />

scoli e condoi, furono distrui in numero di 124.<br />

Il Parco delle Acque Minerali servì per mesi alle<br />

truppe tedesche come deposito di munizioni ed<br />

131


automezzi. Migliaia di piante furono abbaute. Le<br />

strade interne distrue e il terreno minato.<br />

Le scuole, le biblioteche e i musei subirono danni<br />

di grave entità.<br />

L’acqua, il gas e la luce mancavano dal 6 oobre<br />

1944, quando i tedeschi fecero saltare gli acquedoi<br />

e le centrali.<br />

L’Ospedale Civile venne colpito 27 volte dai bombardamenti<br />

e dalle granate. I degenti erano collocati<br />

nei soerranei e nelle cantine, privi di medicinali e<br />

mezzi di cura.<br />

Anche l’Ospedale Psichiatrico venne colpito e lesionato<br />

facendo viime tra i ricoverati.<br />

Gli orfanotrofi vennero danneggiati e spogliati di<br />

suppelleili e mobili.<br />

Il Macello Pubblico fu bombardato selvaggiamente<br />

e reso inutilizzabile.<br />

Il Teatro Comunale spogliato da tua l’arezzatura<br />

e degli impianti venne fortemente danneggiato.<br />

L’intero impianto ferroviario della Santerno fu distruo.<br />

La linea in gran parte asportata, le stazioni e<br />

i caselli completamente rasi al suolo.<br />

Tui gli impianti telefonici della cià e della provincia<br />

furono resi inoperativi.<br />

Il patrimonio zootecnico andò quasi interamente<br />

perduto.<br />

La distruzione degli stabilimenti industriali fu<br />

pressoché totale. La Cogne, la Dalmata, la cooperativa<br />

La lavorazione del legno la cooperativa Ortolani,<br />

le Fornaci laterizie, la Cooperativa Ceramica, la<br />

Cooperativa Macchine Agricole...<br />

Questa, in parte, era la situazione di Imola e del territorio<br />

circostante. E in questa situazione uno doveva<br />

mantenere e mandare avanti la famiglia.<br />

132


Costa arrivò verso le 10 del mattino. Amleto era<br />

nel cortile alle prese con delle assi di legno.<br />

– Buon giorno Amleto, come te la passi? – chiese<br />

l’ingegnere.<br />

– Cun voil c’la vada: La Fornace non apre ancora.<br />

Dipendiamo dalla carità dai preti e dal comune per<br />

non morire di fame.<br />

– Cos’è che fai? – chiese incuriosito Costa.<br />

– Faccio un banzulè per Franco – disse Amleto,<br />

– ancora un po’ e cammina!<br />

– Ho una proposta da farti – disse l’ingegnere<br />

senza troppi preamboli.<br />

– Proposta? – chiese Amleto. – Pagata?<br />

– Penso proprio di sì – rispose Costa. – Possiamo<br />

andare dentro a parlare che qui nel cortile...<br />

– C’è Derna, dentro... – rispose Amleto che non<br />

era sicuro se Derna fosse stata bene accetta nella<br />

conversazione.<br />

– Bene – assicurò l’ingegnere, – avrei piacere che<br />

fosse presente anche Derna.<br />

Costa e Amleto entrarono nella stanza. Derna stava<br />

lavando la testa di Giuseppe sopra il catino.<br />

– Portami un’altra secchia d’acqua – ordinò all’ingresso<br />

del marito. Poi si accorse che c’era anche<br />

l’ingegner Costa: – Scusi ingegnere, stavo lavando<br />

la testa di Giuseppe. Con tutti questi pidocchi che<br />

vanno in giro, meglio tenerlo pulito.<br />

– E fai bene Derna – approvò Costa, – la famiglia<br />

è la cosa più preziosa che abbiamo.<br />

Derna asciugò velocemente la testa di Giuseppe,<br />

poi uscì col il catino nel cortile. Amleto mise le sedie<br />

vicino al tavolo. Derna rientrò e Costa fece cenno di<br />

sedersi.<br />

– Voi conoscete il mio impegno verso la bonifica<br />

delle zone minate – iniziò entrando nel vivo della<br />

133<br />

Come<br />

vuole che<br />

vada:<br />

Sgabello.


questione. – Il Comune di Imola mi ha autorizzato a<br />

formare una squadra di sei uomini per combattere<br />

il pericolo delle mine e delle bombe inesplose nel<br />

territorio municipale.<br />

– Mica sarete venuto a chiederlo ad Amleto? – domandò<br />

Derna preoccupata.<br />

– Sono venuto a chiedere ad Amleto di unirsi alla<br />

mia squadra – rispose Costa, – tui uomini dell’UNPA.<br />

– Avete già convinto qualcuno? – chiese Amleto.<br />

– Tui. Ne manca solo uno. Te – rispose Costa.<br />

– Ma lui ha tre figli e una moglie – intervenne Piagnucolando<br />

Derna.<br />

– Ma cosa ne sappiamo noi dell’UNPA delle mine<br />

e delle bombe? – chiese Amleto.<br />

– Per tanti anni avete loato tra le macerie causate<br />

dai bombardamenti – disse Costa, – ora dobbiamo<br />

loare per ricostruire il Paese e per bonificarlo dalle<br />

mine e dalle bombe. E lo facciamo soprauo per i<br />

nostri figli.<br />

– Ma perché non lo fa l’esercito? – chiese Amleto.<br />

– Quale esercito? – chiese l’ingegnere. – I tedeschi<br />

le hanno messe, gli inglesi le hanno messe e ora tocca<br />

agli italiani toglierle!<br />

– Ha ragione! – rispose Amleto. – I contadini devono<br />

arare per piantare il grano, i bambini devono<br />

giocare nei parchi. Se non togliamo i pericoli non<br />

riusciremo mai a ripartire.<br />

– Ma è pericoloso? – chiese Derna visibilmente<br />

preoccupata.<br />

– Mentirei se dicessi di no. Pericoloso come era<br />

lavorare per l’UNPA. Solo che il comune erogherà<br />

uno stipendio; non si sa ancora quanto, ma senz’altro<br />

Amleto verrà retribuito.<br />

– Ma non sono esperto – replicò Amleto.<br />

134


– Eri forse esperto quando nel maggio del 44 cominciarono<br />

i bombardamenti? – replicò Costa.<br />

– Se è per me, acceo! – convenne Amleto.<br />

– Se è per me, fa pure quello che vuoi – disse<br />

Derna, – perché anche se dico di no lo fai lo stesso!<br />

– È il mio dovere – replicò Amleto, – non si può<br />

andare in piazza a gridare Italia, Italia, poi quando<br />

l’Italia chiama tirarsi indietro.<br />

– Sì, sì, belle parole ma se ti fai ammazzare chi si<br />

prenderà cura di noi? – disse Derna.<br />

– Non dirlo nemmeno per scherzo! – replicò<br />

Amleto. – In tui gli anni dell’UNPA ogni volta che<br />

uscivo dopo i bombardamenti era sempre la stessa<br />

malea e come vedi sono ancora quà. L’erba cativa lan<br />

mor mai.<br />

– Ti dico solo di stare attento – concluse Derna.<br />

L’ingegner Costa strinse la mano ad Amleto e baciò<br />

Derna sulle guance. Aveva raggiunto il suo scopo<br />

ed era soddisfatto.<br />

– Vorrei offrire qualcosa – disse Derna con tono di<br />

scusa, – ma non c’è niente da darle.<br />

– Ha già dato anche troppo – rispose Costa. Poi<br />

guardandosi attorno chiese: – Oggi cosa mangiate?<br />

– Non lo so. Ermelinda è andata a fare la fila all’ECA<br />

(Ente Comunale Assistenza). La turna sempar<br />

con un pignatin d’mnestra!<br />

– Ti ringrazio lo stesso – disse portando la mano<br />

al portafoglio, – e questa è una caparra sul primo<br />

stipendio.<br />

– Ma no ingegnere, non ce n’è bisogno – disse<br />

Amleto, colpito nell’orgoglio. – Presto riaprirà la<br />

Fornace e ricomincerò a lavorare!<br />

– Non farci troppo assegnamento – consigliò Costa,<br />

– la fornace è un disastro, non credo apriranno<br />

prima di Agosto... Seembre!<br />

135<br />

L’erba<br />

cattiva<br />

non muore<br />

mai.<br />

Torna<br />

sempre<br />

con un<br />

pentolino di<br />

minestra.


– E allora grazie – disse Derna.<br />

– Questa l’è bela: me a luvurer e te te chapa i sold –<br />

disse Amleto sorridendo.<br />

Derna prese la banconota, la guardò e riguardò<br />

rigirandola.<br />

– Sono buoni! – disse Costa.<br />

– Lo so che sono buoni – rispose Derna, – ma non<br />

avevo mai visto cento lire tue di un pezzo!<br />

– Non valgono più come una volta – informò l’ingegner<br />

Costa, – ma son pur sempre soldi.<br />

Di nuovo Costa strinse la mano ad Amleto e baciò<br />

Derna sulle guance. Accarezzò la testolina di Franco,<br />

che era in braccio alla mamma.<br />

– Questo omeo si fa grande! – disse Costa.<br />

– Ha già sette mesi – disse Derna, – sembra ieri<br />

che nasceva sotto le bombe...<br />

– Sì, le bombe; quante ne hanno buate – disse<br />

Costa con un sospiro. – Ma ora mai più. Ora abbiamo<br />

la pace e dobbiamo costruire il futuro.<br />

Poi si rivolse a Giuseppe meendosi le mani in<br />

tasca.<br />

– Se indovini cosa ci ho, te le dò.<br />

– Le caramelle? – disse Giuseppe.<br />

– Ehi, è furbo questo qua – disse Costa consegnando<br />

due caramelle a Giuseppe.<br />

Poi ne dee altre due a Cledes: – Le mangiate dopo<br />

pranzo – disse Costa rivolto ai bambini vedendo che<br />

entrava Ermelinda con il pentolino della minestra.<br />

136<br />

Questa è<br />

bella: io<br />

lavoro e<br />

te prendi<br />

soldi.


12 maggio 1945:<br />

Imola, vicino al Ponte Vecchio,<br />

sulla riva destra del fiume Santerno<br />

Il contadino era vicino all’aratro trascinato dal<br />

bue quando Amleto, Graziano e Mario arrivarono<br />

al suo podere.<br />

Alla vista degli sminatori il volto gli si illuminò:<br />

– Ah, si què. L’è sota cal sâs, dopo cla radiz – disse il<br />

contadino, – furtona clè brisa schopè!<br />

Graziano si chinò sull’ordigno per rendersi conto<br />

della situazione. Attorno Amleto e Mario guardavano<br />

in attesa di direttive.<br />

– È tedesca! – confermò con voce pacata, – ci darà<br />

molto da fare.<br />

Poi rivolto al contadino:<br />

– Porta via il bue e l’aratro, e vai via anche te.<br />

– Allora me vado a preparer – disse allegramente il<br />

contadino, – e quand vujater avè finè av dag na bela<br />

magnèda ad parsût!<br />

– È una anticarro TOF – disse Graziano, – è difficile,<br />

ma ne abbiamo già disinnescate tante.<br />

– Aspetta che ti dò una mano – disse Amleto.<br />

– Sì, te tieni tirata la radice – disse Graziano, – e te<br />

Mario sposta quel sasso, mentre io...<br />

– Signor Costa, cum vala? – Disse Derna.<br />

– Cum vol cl’a vada... – rispose Costa in dialeo.<br />

L’ingegnere Costa non si era mai espresso in dialeo<br />

anche se era di Imola e lo comprendeva perfettamente.<br />

137<br />

Ah, siete<br />

qui. È sotto<br />

quel sasso,<br />

dopo quella<br />

radice.<br />

Fortuna<br />

che non è<br />

scoppiata!<br />

Allora io<br />

vado a preparare<br />

e quando<br />

avrete finito<br />

c’è una<br />

bella mangiata<br />

di<br />

prosciutto<br />

per tutti!<br />

Come va?<br />

Come<br />

vuole che<br />

vada...


Derna comprese all’istante che qualcosa di grave<br />

era successo.<br />

– È successa una disgrazia? – chiese fremendo.<br />

L’ingegnere con le lacrime agli occhi non rispose.<br />

– Per l’amor di dio s’è fao male Amleto? – strillò<br />

Derna afferrando per le braccia Costa.<br />

– Sono morti tui e tre – disse con un filo di<br />

voce.<br />

– No, no. Lei si sbaglia – replicò Derna – Amleto<br />

no. Amleto no...<br />

L’ingegnere abbassò lo sguardo senza pronunciare<br />

parola.<br />

– Lo voglio vedere! – disse Derna risoluta. – Dove<br />

l’avete portato, all’ospedale?<br />

– Non lo puoi vedere. Non c’è rimasto nulla da<br />

vedere. Era una mina anticarro...<br />

Derna si accasciò al suolo, si coprì la faccia con le<br />

mani mormorando:<br />

– L’è mort par nà magnè ed parsût!<br />

– È morto per una mangiata di prosciutto!<br />

– No, Derna, è morto per molto, molto di più...<br />

Ma queste parole Derna non le intese. Derna era<br />

sdraiata sul pavimento priva di sensi.<br />

138


Imola. Viale Dante. Autunno 1948.<br />

– Ma stai fermo un po’ – strillò Ermelinda mentre<br />

portava a spasso il piccolo Franco soo i giganteschi<br />

alberi di castagno selvatico che fiancheggiano viale<br />

Dante.<br />

Ermelinda aveva preso cura di Franco perché non<br />

aveva ancora l’età per la scuola. Giuseppe era stato<br />

messo all’orfanotrofio di via Pambera, Cledes era a<br />

Milano, dalle suore, che studiava per diventare infermiera<br />

all’ospedale Niguarda.<br />

A Derna il comune di Imola aveva trovato lavoro<br />

all’ospedale civile. Aiutante di cucina.<br />

Ermelinda era molto contenta di quel nipotino da<br />

badare perché finalmente dava uno scopo alla sua<br />

vita.<br />

Viale Dante era tuo coperto di foglie gialle, cadute<br />

a terra. Era come camminare su un gigantesco<br />

tappeto. Franco era tuo intento a raccogliere le castagne<br />

cadute a terra e per gioco le meeva, a sua<br />

insaputa, nella grande sporta della nonna. Il leggero<br />

vento d’autunno sollecitava le foglie nella caduta.<br />

La sporta si fa pesante. Ermelinda sorride, facendo<br />

finta di non essersene accorta.<br />

Arrivano così alla Rotonda dove nel centro c’è un<br />

monumento ai Caduti con l’iscrizione:<br />

SONO MORTI PER TE E PER ME<br />

PER TUTTI NOI<br />

SONO MORTI PERCHÉ LA VITA<br />

VALGA LA PENA DI ESSERE VISSUTA<br />

12 - 5 - 1946<br />

139


Ermelinda guarda il monumento. I ricordi tristi di<br />

due guerre mondiali passano araverso la sua mente.<br />

Lo stesso anniversario: 12 maggio. Una tragica<br />

coincidenza, un doveroso riconoscimento? Guarda<br />

il nipotino, unico conforto in quel momento ai suoi<br />

tristi pensieri.<br />

– I codardi restano, i valorosi partono, gli eroi non<br />

fanno ritorno... – borboa Ermelinda.<br />

Franco la guarda con un sorriseo stupido, come<br />

se non avesse capito nulla della spiegazione. Cade<br />

una foglia secca da un grande castagno selvatico e<br />

va a posarsi ai piedi del piccolo e della nonna. Il piccolo<br />

la raccoglie teneramente e la guarda con i grandi<br />

occhi neri pieni di lacrime:<br />

– Nonna, la foglia è morta. Babbo non farà ritorno...<br />

Ermelinda lo guarda teneramente, traiene a<br />

stento le lacrime e col sorriso che solo una nonna<br />

può avere, sussurra:<br />

– Non è morta: è partita, per fare posto alle altre<br />

migliaia di foglioline che nasceranno a primavera.<br />

140


Conclusione<br />

Trentacinque anni dopo, nella sala dei Convegni<br />

del Comune di Imola vennero consegnati aestati e<br />

medaglie a coloro che: “Durante la guerra, facevano<br />

parte dell’UNPA, ma che vennero distaccati e messi a disposizione<br />

del Comune di Imola agli ordini del Sig. Costa<br />

con l’incarico di rimuovere e raccogliere eventuali ordigni<br />

esplosivi che avessero costituito rischio e pericolo per<br />

la popolazione. Il Sig. Sindaco consegnerà di persona gli<br />

aestati ai viventi, ed ai familiari di coloro che purtroppo,<br />

perirono nello svolgimento di tanto ingrato lavoro.”<br />

Trentanove anni dopo, superando ostacoli di ogni<br />

genere, quella che sembrava una utopia ebbe pratica<br />

auazione per la generosità del Consiglio Comunale<br />

di Castelbolognese, che mise a disposizione una<br />

dignitosa area urbana nel piccolo centro romagnolo<br />

e il monumento, inaugurato con solenne cerimonia<br />

il 15 aprile 1984.<br />

Nel quarantesimo anniversario della Liberazione,<br />

con decreto presidenziale della Repubblica 12<br />

giugno 1984, è stata concessa la ricompensa al valor<br />

militare per aività partigiane al gonfalone del Comune<br />

di Imola. Giovedì 11 Aprile 1985 alle ore 17,00<br />

nella Piazza Maeoi di Imola, cerimonia ufficiale<br />

di consegna da parte del Presidente della Repubblica<br />

On. Sandro Pertini.<br />

L’Amministrazione Comunale di Imola nel quarantesimo<br />

anniversario della Liberazione e in occa-<br />

141


sione della consegna della Medaglia d’Oro al Valor<br />

Militare per Aività Partigiana, vuole ricordare il<br />

sacrificio delle Viime del fascismo, dei Caduti Partigiani<br />

e della Guerra di Liberazione con un diploma<br />

e una medaglia.<br />

Caloroso saluto del Sindaco di Imola, Bruno Solaroli,<br />

che tra l’altro dice: “I ciadini tui, ma soprauo<br />

le giovani generazioni, troveranno certo uno stimolo ad<br />

approfondire ed estendere la conoscenza della Resistenza”.<br />

Dopo gli interventi delle Autorità politiche e religiose,<br />

dei rappresentanti delle Associazioni Partigiane,<br />

viene concessa la medaglia d’oro al valor militare<br />

per aività Partigiane allo sminatore Amleto<br />

Baldisserri. Riceve il diploma e la medaglia la signora<br />

Derna Conti vedova Baldisserri.<br />

“Le decorazioni al valor militare sono concesse a coloro<br />

i quali, per compiere un ao di ardimento che avrebbe<br />

potuto omeersi senza mancare al dovere ed all’onore,<br />

abbiano affrontato coscientemente, con insigne coraggio<br />

e con felice iniziativa, un grave e manifesto rischio personale<br />

in imprese belliche.<br />

La concessione di dee decorazioni può aver luogo tuttavia<br />

solo quando l’ao compiuto sia tale che possa costituire,<br />

soo ogni aspeo, un esempio degno di essere<br />

imitato”.<br />

63 anni dopo, ho scrio questa storia.<br />

Perché c’è voluto tuo questo tempo per capire il<br />

dramma di Amleto e l’amore che Derna aveva per<br />

Amleto?<br />

Quando si è giovani si sanno troppe cose e non si<br />

fanno tante domande. Si corre dietro al mondo che<br />

corre più forte di noi. Si prendono per buone le verità<br />

dei giornali della stampa, degli organi d’infor-<br />

142


mazione anche se ben sappiamo che non sono vere<br />

e i romagnoli la sanno lunga a proposito:<br />

I giurnél, i scrìv i fùrb e i lezz i patèca.<br />

I giornali sono scrii dai furbi e lei dagli sciocchi.<br />

Solo invecchiando (vecchio proprio no, ma quasi) ho<br />

cominciato a pormi domande e scartabellare vecchie<br />

foto, vecchie lettere e ricordi. A chiedermi perché?<br />

C’è voluto la morte della mia amata compagna<br />

Susanna, per capire che, quando muore una persona<br />

molto vicina, insostituibile, si passa attraverso<br />

varie emozioni.<br />

Prima si prova il dolore per la perdita.<br />

Poi si passa alle recriminazioni. La nostra posizione<br />

nell’evento. Le nostre colpe, che non abbiamo<br />

fatto abbastanza per impedire l’inevitabile.<br />

Poi subentra la rabbia nei confronti della persona<br />

amata che ci ha lasciati senza nemmeno chiedere<br />

permesso:<br />

“Te ne sei andata troppo in fretta,<br />

senza nemmeno dirmi addio.”<br />

Ho incontrato veramente mamma Derna all’età di<br />

sedici anni quando sono uscito definitivamente dai<br />

vari collegi dove ho trascorso la mia infanzia.<br />

L’ho conosciuta nel terzo periodo avanzato. Passato<br />

il dolore, passate le recriminazioni ora restava solo<br />

la rabbia.<br />

– L’è mort par nà magnè ed parsût!<br />

– È morto per una mangiata di prosciuo.<br />

No, Derna, è morto per molto, molto di più, è<br />

morto perché la vita valga la pena di essere vissuta:<br />

ma questo lo sai anche te anche se non hai mai voluto<br />

ammeerlo.<br />

143


144


Sotto i bombardamenti degli Alleati a Imola, sfollati a Bagnara di Romagna<br />

e a Bubano e il ritorno a Imola. La storia dei 257 giorni di Derna e Amleto<br />

durante quegli ultimi tragici giorni della guerra e i primi dopo la liberazione

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