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F R A N C O B A L D I<br />
A M L E T O
AMLETO<br />
di<br />
Franco Baldi
Alla tardiva memoria<br />
di mio padre<br />
Amleto Baldisserri<br />
“Volontariamente abbiamo dichiarato guerra alla guerra<br />
pagando un alto tributo di sangue<br />
per rendere possibile la ricostruzione.”<br />
Mario Duili<br />
“Ma cosa abbiamo poi fao di tanto straordinario?<br />
Ci siamo comportati nell’unico modo giusto.<br />
Era nostro dovere.”<br />
Don Giulio Minardi<br />
“La classe operaia partecipa agli scioperi soo il fascismo e poi<br />
durante l’occupazione nazista … per combaere la diatura e<br />
lo straniero. Saranno i contadini … di Romagna e dell’Emilia<br />
a baersi e ad assistere le formazioni partigiane. Senza questa<br />
assistenza … la guerra di Liberazione sarebbe stata molto più<br />
dura.”<br />
Sandro Pertini<br />
Published by PADANA PRESS, Sydney, Australia<br />
Printed by CDM Print, Rosebery<br />
© Copyright 2008 by FRANCO BALDI Productions<br />
PO Box 770, Petersham, NSW 2049 Australia<br />
e-mail: baldi@ozemail.com.au
Una doverosa introduzione<br />
La Resistenza non ebbe termine con la liberazione<br />
dell’Italia dal nazifascismo e la fine delle ostilità sul<br />
territorio nazionale.<br />
Essa continuò ad agire, idealmente e praticamente<br />
dopo il 25 aprile 1945, ad opera di un pugno di<br />
uomini che, con sacrificio, lavorando e rischiando la<br />
propria vita, eliminarono gli strumenti di morte che<br />
la guerra e la sua perversa strategia avevano lasciato<br />
in gran parte del territorio.<br />
Questi uomini di ogni età, di ogni fede politica<br />
e religiosa, costituirono il corpo degli sminatori, e<br />
realizzarono un’epica impresa senza la quale la ricostruzione<br />
del Paese non avrebbe potuto iniziare.<br />
L’opera di bonifica dalle mine ebbe avvio a Imola<br />
per iniziativa di Girolamo Costa, ex armiere dell’aviazione<br />
militare, che con sei uomini dell’UNPA<br />
(Unione Nazionale Protezione Antiaerea) liberò dagli<br />
ordigni esplosivi le barricate eree dai tedeschi alle<br />
quaro porte della cià.<br />
Il ritorno dei contadini nei campi che furono terra<br />
di nessuno tra gli opposti schieramenti nemici e<br />
l’immediata retrovia, causava pressoché quotidianamente<br />
perdite sanguinose, acuite dai propositi di<br />
utilizzare esplosivi per altri scopi, come per esempio,<br />
sradicamento di alberi rovinati o pesca di frodo,<br />
da parte di persone impreparate. E con esse i<br />
bambini e gli adolescenti, airati da munizioni di<br />
varia foggia e colore rinvenute laddove c’erano state<br />
postazioni e trincee, nonché oggei esplodenti pro-<br />
3
prio a loro destinati durante le incursioni aeree per<br />
seminare terrore fra la popolazione civile.<br />
Inizialmente furono volontari civili a formarsi in<br />
gruppo, armati di metal-detector ricuperati presso<br />
qualche dotazione militare, nonché di tanta buona<br />
volontà.<br />
Ad Imola, appena un mese dopo la liberazione,<br />
il giorno 12 maggio 1945 questo nucleo pagò per la<br />
scarsa esperienza e lo scarso equipaggiamento un<br />
grave tributo in vite umane.<br />
Tre di loro: Amleto Baldisserri, Mario Seraini<br />
e Graziano Rebeggiani morirono per lo scoppio di<br />
una mina anticarro TOF tedesca, disposta in modo<br />
insidioso, mentre bonificavano le adiacenze del<br />
Ponte Vecchio sulla riva destra del fiume Santerno.<br />
In seguito a questo luuoso episodio il gruppo<br />
rallentò la sua aività fino a sciogliersi definitivamente<br />
con la liquidazione in campo nazionale dell’UNPA.<br />
Questi uomini che, volontariamente, avevano<br />
dichiarato guerra alla guerra, nei trentasei mesi di<br />
lavoro pagarono un alto tributo di sangue: undici<br />
morti e sei feriti furono complessivamente le viime<br />
imolesi che si immolarono per rendere possibile la<br />
ricostruzione.<br />
Con la smobilitazione generale dei rastrellatori di<br />
mine, operata senza alcun riconoscimento né materiale<br />
né morale nell’agosto del 1948 dal Ministero<br />
della Difesa, gli sminatori tornarono alla vita civile<br />
e sul loro operato, sul contributo dato alla ripresa<br />
del Paese, sui morti e sugli invalidi calò il silenzio e<br />
furono presto dimenticati.<br />
4
Gli sminatori? Chi se ne ricorda più? Forse non<br />
sono mai esistiti. E ogni volta che ne moriva uno, i<br />
sopravvisuti non sentivano il desiderio di smeere<br />
anche se la prossima volta poteva toccare a loro.<br />
Cosa spingeva a fare questo mestiere? Fra di loro<br />
c’era di tuo: ex prigionieri di guerra, ex partigiani,<br />
operai, militari e volontari dell’UNPA. In parte per<br />
la miseria, la disoccupazione, le difficoltà del reinserimento;<br />
in parte per l’adempimento di un sevizio<br />
di grande utilità sociale e che qualcuno doveva pur<br />
fare.<br />
La famiglia che diceva? La moglie sopportava,<br />
i figli erano troppo piccoli per protestare. Andavano<br />
avanti giorno per giorno senza pensare di essere<br />
eroi. Un lavoro più pericoloso degli altri fao con<br />
abnegazione e senso del dovere.<br />
Uomini coraggiosi ma non simboli. Certo molto<br />
lontani dal simbolo stereotipato alla John Wayne,<br />
che si toglie il coltello dalla bocca e disinnesca le<br />
mine per consentire l’avanzate dei berrei verdi<br />
I campi minati tedeschi bonificati furono 11.733<br />
e quelli alleati 1.027 per un territorio di migliaia di<br />
chilometri quadrati. In quest’opera di alto valore civile<br />
morirono il 25 per cento degli addei, il 12 per<br />
cento rimase mutilato, il 20 per cento rimase ferito.<br />
Nella nostra cià, per molto tempo, rimase solo<br />
un semplice marmo con incisi i nomi dei caduti,<br />
commissionato e fao murare nel Palazzo Comunale<br />
a proprie spese dallo sminatore Mario Duili.<br />
Le vedove e i figli di questi valorosi, vennero pressoché<br />
dimenticati. Gli orfani di coloro che avevano<br />
dato la vita perché i figli avessero un avvenire migliore<br />
in un Paese libero e senza tiranni, furono segregati<br />
negli orfanotrofi, per lo più soo la tutela di<br />
5
ordini religiosi e crebbero senza l’amore di una famiglia.<br />
A molti di questi non venne nemmeno dato<br />
il dirio e l’opportunità ad un’istruzione superiore,<br />
limitando il loro insegnamento a lavori manuali ed<br />
artigianali.<br />
Alle vedove non furono dati privilegi e per molti<br />
anni furono costree a lavori manuali ed al servizio<br />
dei più privilegiati.<br />
* * *<br />
Per quanto riguarda questa storia, ho riportato gli<br />
eventi famigliari nel modo in cui mi sono stati raccontati<br />
e vissuti dai direi testimoni oculari:<br />
Derna Conti, mia madre.<br />
Solo in tarda età mi ha raccontato le storie di Amleto. Non ho mai<br />
pensato che mamma esagerasse nel raccontare, anzi al contrario,<br />
il più delle volte sminuiva il vero valore dell’episodio. Non ha mai<br />
perdonato a mio padre di essersene andato troppo presto...<br />
Merli Ermelinda, vedova Conti.<br />
Mia nonna. Tuo l’opposto di mia madre. Per lei Amleto era un<br />
eroe. Aveva un grande rispeo per il genero e lo considerava come<br />
una persona giusta e generosa.<br />
Cledes Baldisserri. Mia sorella.<br />
Lei aveva 12 anni nel periodo degli eventi narrati. Sono ricordi<br />
tristi vissuti al lume della lampada a petrolio e nelle cantine. Mi<br />
ha descrio Amleto come severo e facile alla collera. Descrizioni<br />
mai condivise da mia mamma e da mia nonna. È la descrizione di<br />
una dodicenne condizionata dai terribili eventi.<br />
Giuseppe Baldisserri. Mio fratello.<br />
Lui aveva solo 6 anni nel periodo in cui questa storia evolse. Più<br />
tardi anche lui cominciò a raccogliere articoli e notizie su Amleto.<br />
Scambiammo opinioni e pensieri nella libreria Einaudi di via Calzolari<br />
a Siena, da lui gestita. Purtroppo è morto prima che potessimo<br />
diventare buoni amici. Aveva solo 60 anni.<br />
6
Don Giulio Minardi. Sacerdote e brava persona.<br />
Avevo 11 anni quando lo incontrai per la prima volta, tra un<br />
collegio e l’altro. Per un periodo fui ospitato nell’orfanotrofio di<br />
Santa Caterina. Non ne ho le prove, ma credo che nel dopoguerra<br />
abbia aiutato mamma Derna in diverse occasioni.<br />
Mario Duili. Presidente Sminatori di Imola.<br />
Partigiano che dopo la guerra si unì agli sminatori del Comune<br />
di Imola agli ordini del Sig. Costa. Ha conosciuto Amleto, anche<br />
se per poco tempo, nel 1945. L’ho incontrato personalmente nel<br />
1990 a Imola durante una visita a mia mamma. Fece erigere e<br />
murare a sue spese la lapide in memoria agli sminatori.<br />
Tilde Golinelli. La mia madrina di Baesimo.<br />
Ho incontrato Tilde a Bagnara di Romagna nel 1990. Un incontro<br />
che a dir poco sa di strano. Passeggiavo per la piazza di Bagnara<br />
con Susanna, la mia compagna, quando una donna è uscita da<br />
una porta e mi è venuta incontro chiedendomi: – Te sei Franco, il<br />
figlio di Amleto?<br />
Angiolina Baldisserri vedova Ricciarelli. Mia zia.<br />
L’ho incontrata parecchie volte nella sua Casa di Castel San Pietro.<br />
Voleva molto bene ad Amleto.<br />
Per la ricostruzione storica deglie eventi, oltre alle<br />
interviste dei testimoni oculari, mi sono documentato<br />
e messo a confronto varie versioni ufficiale e<br />
ufficiose, come:<br />
The British 8 th Army: The Italian Campaign. The Allies Capture<br />
of Imola. “The final Offensive.”<br />
The Polish Corps. 5 th Kressowa Infantry Division. Reference<br />
to “Poles in the Italian Campaign.”<br />
New Zealand Electronic Text Centre. La storia del 24 th Battalion<br />
durante la campagna d’Italia. In particolare “The drive to<br />
the Senio”.<br />
ANPI, Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, che possiede<br />
un vasto archivio sulla Resistenza.<br />
7
Imola Medaglia d’Oro. Pubblicazione a cura del Comune di<br />
Imola per l’occasione del conferimento. Grafiche Galeati, Imola,<br />
pubblicato nel 1985.<br />
Dipartimento di Discipline Storiche dell’Università di Bologna<br />
Alma Mater Studiorum. Storia contemporanea. Guerra<br />
e Resistenza: Azioni partigiane e stragi nazifasciste in Emilia<br />
Romagna.<br />
Andrea Mugnai, per l’articolo “Sminatore, chi eri?” Pubblicato<br />
su Paese Sera, cronaca di Firenze.<br />
Comune di Gaggio Montano, Bologna, per l’articolo “La Linea<br />
Gotica.”<br />
Punto Pace Bologna per l’articolo “La strage di Marzaboo”.<br />
Paolo Grandi per “Castel Bolognese nel turbine della guerra.”<br />
Andrea Bondi, per l’articolo “La descrizione dell’eccidio del<br />
Pozzo Becca.”<br />
Per ciò che riguarda l’espressione dei vari personaggi<br />
ho cercato di riprodurre il più fedelmente<br />
possibile le varie idiosincrasie individuali compresi<br />
eventuali errori di grammatica, dovuti al loro grado<br />
sociale e di istruzione. Per le espressioni in dialeo<br />
imolese e romagnolo, ho preferito tradurle a lato, riportandole<br />
foneticamente come è emerso nelle mie<br />
interviste.<br />
Ho evitato, quando possibile, di usare nomi propri<br />
di persona per non creare un senso di storicità<br />
ad eventi che, in ogni caso sono avvenuti, ma non<br />
necessariamente come narratimi.<br />
8
La campagna d’Italia<br />
Dopo l’occupazione della Sicilia e la firma dell’armistizio<br />
da parte del governo Badoglio, il 9 seembre<br />
1943 iniziano le operazioni alleate sul continente.<br />
Truppe americane sbarcano a Salerno mentre gli<br />
inglesi, in rapida successione, occuparono Taranto,<br />
Bari Foggia e Termoli. Le armate tedesche si ritirarono<br />
difendendo palmo a palmo il territorio appenninico<br />
e solo nel maggio 1944 truppe francesi e<br />
polacche riescono a superare la Linea Gustav occupando<br />
Cassino.<br />
Liberata Roma il 4 giugno 1944, gli alleati insediano<br />
il Governo Bonomi, espressione delle forze<br />
antifasciste, e proseguono per Pescara, Ancona e<br />
Firenze.<br />
Nell’agosto del 1944 Churchill convince i comandi<br />
alleati a proseguire le operazioni sul fronte italiano.<br />
Lo schieramento alleato viene suddiviso in<br />
due zone operative. Quello inglese al comando di<br />
Alexander che procede lungo la Via Emilia, mentre<br />
l’Armata americana punta verso Bologna lungo le<br />
arterie appenniniche.<br />
Le armate tedesche, comandate da Kesserling,<br />
erano protee da una fia rete di fortificazioni per<br />
resistere a oltranza agli anglo-americani: la Linea<br />
Gotica.<br />
A partire dall’oobre 1943, il comando tedesco<br />
utilizza migliaia di operai italiani, per costruire robusti<br />
capisaldi difensivi lungo i 320 km che separano<br />
il Tirreno dall’Adriatico.<br />
9
Per contrastare l’accesso alla Pianura Padana agli<br />
alleati vengono allestiti bunker e torree panther,<br />
fortini per mitragliatrici, fossati anticarro e ostacoli<br />
antisbarco, trincee, mine anticarro e reticolati antiuomo.<br />
Queste struure, insieme alla conformazione fisica<br />
del territorio, permeono ai tedeschi di resistere<br />
per oltre sei mesi ad un esercito superiore di numero,<br />
meglio equipaggiato e con una totale supremazia<br />
aerea.<br />
Con il sopraggiungere delle piogge autunnali,<br />
l’offensiva alleata, iniziata sul Foglia il 25 agosto e<br />
proseguita il 10 seembre in direzione dei passi appenninici<br />
di Scarperia, del Giogo e della Futa, viene<br />
rallentata e poi definitivamente bloccata. Liberate<br />
Rimini, Forlì e Ravenna, il fronte si arresta lungo<br />
una linea che, in Emilia-Romagna, va dal Senio ai<br />
Monti della Riva passando per Monte Baaglia, Livergnano,<br />
Monte Salvaro e Monte Belvedere.<br />
I tedeschi hanno così via libera per effeuare rastrellamenti<br />
e rappresaglie contro i partigiani e la<br />
popolazione civile; deportare civili nelle fabbriche<br />
in Germania e saccheggiare la Pianura Padana.<br />
10
Imola soo le bombe<br />
Dal fondo dei rifugi antiaerei il rumore delle bombe<br />
che cadevano su Imola giungeva come ovaato<br />
tanto che dava l’impressione più di un temporale<br />
che di un bombardamento.<br />
Nel seembre 1944 la Linea Gotica fu aaccata<br />
dagli alleati che bombardavano indiscriminatamente<br />
tuo quello che avrebbe potuto essere di ostacolo<br />
alla loro avanzata, noncuranti se tra una fabbrica e<br />
una linea ferroviaria anche case con civili, donne,<br />
vecchi e bambini venivano rase al suolo.<br />
Quando la Linea Gotica crollò, questa aveva già<br />
egregiamente adempiuto il compito conferitole di<br />
ritardare per il maggior tempo possibile l’avanzata<br />
alleata, lasciando però cià e villaggi interamente<br />
distrui. La popolazione civile che fino a quel momento<br />
aveva conosciuto una guerra di privazioni<br />
più che di combaimenti si trovò a pagare molto<br />
caro il prezzo dell’avanzata alleata e la disfaa dei<br />
tedeschi.<br />
La guerra coinvolse profondamente anche Imola,<br />
che fu bombardata da aerei alleati e subì gravi danni;<br />
era sul fronte, soo il tiro dei cannoni e soo i<br />
bombardamenti degli aerei.<br />
La parte nord di via Selice era in fiamme. L’unica<br />
colpa di questa pacifica zona periferica di Imola<br />
era la vicinanza della ferrovia e dello stabilimento<br />
meccanico Cogne, il quale fu colpito da una bomba<br />
11
che distrusse tuo l’impianto elerico della cabina<br />
di trasformazione.<br />
Le altre centinaia di bombe, invece andarono a distruggere<br />
gran parte della periferia di Imola, da Via<br />
Selice a Via Andrea Costa, distruggendo fra l’altro,<br />
la Stazione Ferroviaria e la Ceramica.<br />
Amleto Baldisserri apparteneva all’UNPA (Unione<br />
Nazionale Protezione Antiaerea) costituita da volontari<br />
delle MVSN (Milizia volontaria sicurezza nazionale)<br />
e da anziani esonerati dal servizio militare.<br />
L’allarme era dato con sei suoni di sirena di 15 secondi<br />
intervallati da pause di uguale tempo. Il cessato<br />
allarme un fischio di sirena prolungato per due<br />
minuti. Amleto, e i suoi colleghi esercitavano un<br />
ruolo rilevante nel soccorso dei civili sepolti dalle<br />
macerie.<br />
Nella cià di Imola, l’organizzazione della protezione<br />
dei civili era basata su rifugi ricavati nelle<br />
cantine delle abitazioni, e l’UNPA si assumeva l’incarico<br />
di far rispeare l’ordine di ricovero di tui<br />
i presenti nell’edifico, al suono del fis-ciò, la sirena<br />
d’allarme.<br />
Quando si avvicinava il pericolo del bombardamento<br />
aereo, dalla Centrale dell’UNPA di Bologna<br />
arrivava il messaggio e la sirena d’allarme sistemata<br />
in cima alla Rocca veniva azionata. Una volta raggiunto<br />
il rifugio, l’UNPA controllava e organizzava<br />
la permanenza dei ciadini stessi nel rifugio fino<br />
alla conferma del segnale di cessato allarme.<br />
All’improvviso il bombardamento cessò. Dopo<br />
pochi minuti si udì l’ululato della sirena che confermava<br />
la fine dei bombardamenti.<br />
Dalla cantina di Via Selice 18, Amleto dee l’ordine<br />
di uscire:<br />
12<br />
Fischione,<br />
sirena<br />
d’allarme.
– Anche per oggi se ne sono andati. Adesso tui<br />
fuori e state aenti alle macerie.<br />
Lentamente tue le famiglie della zona che si erano<br />
rifugiate nella cantina per proteggersi dall’impao<br />
dei bombardamenti, uscirono all’aperto.<br />
– Valli a capire questi alleati: con la scusa di venirci<br />
a liberare ci ammazzano soo le bombe. – Mugugnò<br />
tra se stesso Amleto, poco convinto che i bombardamenti<br />
fossero il sistema più valido per liberare<br />
l’Italia.<br />
– La nostra valorosa contraerea fascista li ribuerà<br />
tui a mare – commentava il vecchio Marangioni<br />
uscendo dal rifugio accompagnato dalla figlia.<br />
– Giovinezza, giovinezza... – canticchiò Amleto.<br />
– Prendi pure per il culo, bolscevico. – Interruppe<br />
l’anziano signore.<br />
– Non arrabbiarti Marangò, ché altrimenti ti viene<br />
un colpo.<br />
– Ve lo daremo noi il colpo – rispose Marangoni.<br />
– Stai calmo babbo, il doore ha deo che devi<br />
stare calmo – consigliò amorevolmente la figlia.<br />
– Ti ci mei anche tu adesso? – obieò l’anziano<br />
signore. – Tui contro il potere, tui contro l’ordine.<br />
– Cum vala, Rina? – cambiò discorso Amleto rivolto<br />
alla figlia.<br />
– Cum al vol cal vada. Al zavaja tot al dè – rispose<br />
sconsolata la figlia Rina, – ma se non lo guardo io,<br />
questo è capace di meersi la camicia nera e raggiungere<br />
i camerati a Sesto Imolese.<br />
– Notizie di Cesare? – chiese Amleto.<br />
– No – rispose sconsolata Rina, – da quando è<br />
partito per Castel Del Rio non abbiamo più notizie.<br />
– Vedrai che torna presto – assicurò Amleto, – la<br />
Montanara è bloccata all’altezza di Ponticelli. Hanno<br />
fao saltare il ponte...<br />
13<br />
Come va<br />
Rina?<br />
Come<br />
vuoi che<br />
vada... dice<br />
spropositi<br />
tutto il<br />
giorno
Poi Amleto tacque. Non poteva dare notizie alle<br />
persone civili. Qualcuno avrebbe potuto sentire e<br />
riferire alle autorità fasciste.<br />
– Penso che sia stata la fiumana – cercò di correggersi<br />
Amleto.<br />
– Siamo in autunno avanzato e il Santerno è spesso<br />
in piena in questo periodo – osservò Rina, che<br />
aveva capito.<br />
14
Amore a prima vista<br />
Rina era nubile. Bella donna, sulla trentina, di una<br />
bellezza sfiorita ma non trascorsa, tanto per parafrasare<br />
Alessandro Manzoni<br />
Rina viveva con il fratello Cesare nella casa del<br />
padre Ennio.<br />
In gioventù c’era stato del tenero tra Rina e Amleto.<br />
Erano stati compagni di scuola. Con Cesare c’era anche<br />
un’amicizia politica e si incontravano spesso alle<br />
riunioni anarchiche.<br />
Mentre il padre era di stampo fascista, credente<br />
della prima ora, sembra addiriura che abbia partecipato<br />
alla marcia su Roma, i figli erano di idee<br />
piuosto liberali.<br />
Cesare era iscrio al Partito Comunista e come<br />
tale poteva essere arrestato dalle autorità fasciste.<br />
Rina, un po’ colpa della guerra, un po’ colpa degli<br />
eventi non era riuscita a meer su casa.<br />
Dopo la fine della relazione con Amleto, che il padre<br />
non vedeva di buon occhio, Rina aveva dedicato<br />
la sua vita all’insegnamento, infai era maestra<br />
elementare.<br />
Amleto era partito per il servizio leva e probabilmente<br />
al suo ritorno avrebbe sposato la Rina, se non<br />
avesse incontrato Derna durante una licenza premio.<br />
Anche Derna all’epoca aveva un filarino, Bruno,<br />
un figlio di buona famiglia, proprietara di una<br />
cartolibreria in Via Emilia.<br />
15<br />
Pretendente.
Per Derna e Amleto fu amore a prima vista. Finita<br />
la licenza, Amleto fece ritorno alla sua compagnia<br />
di stanza sulle colline toscane e iniziò una fia corrispondenza<br />
con Derna.<br />
Sul retro di una fotografia formato cartolina datata<br />
18 febbraio 1930, si legge:<br />
“Amor mio, pensaci, nell’aurora svegliandomi il primo<br />
pensiero che mi affiora, la prima parola che mi viene<br />
sulle labbra è il tuo bel nome così armonioso, e sempre a<br />
te penso. Derna quanto sono dolci le tue parole d’amore,<br />
nato con le rose il nostro amore, credo che non avrà mai<br />
fine il nostro amore, credo sarai te tua la mia futura felicità.<br />
Ricevi i più distinti saluti e i più ardenti baci. Tuo<br />
Amleto.”<br />
Come poteva la dolce Derna resistere ad un amore<br />
così profondo e romantico? Il filarino Bruno fu licenziato<br />
su due piedi senza nemmeno essere degnato di<br />
un motivo. Da parte sua Amleto aveva già dimenticato<br />
Rina per lanciarsi tra le braccia di Derna.<br />
I proverbi sono la cultura dei popoli e un bel proverbio<br />
romagnolo sintetizza tutto l’evento:<br />
Rèmin da navighê, Cesena da cantê,<br />
Furlé da ballé, Ravena da magnê,<br />
Lugh da imbrujê, Faenza da lavurê,<br />
Iômla da fè ‘l’amor.<br />
Poco dopo Amleto scriveva alla madre, informandola<br />
della sua decisione di meer su giudizio, cioè<br />
passare dalla vita spensierata e scavezzacolla della<br />
gioventù alla vita pacata del matrimonio e della famiglia.<br />
16<br />
Rimini per<br />
navigare,<br />
Cesena per<br />
cantare,<br />
Forlì per<br />
ballare,<br />
Ravenna<br />
per<br />
mangiare,<br />
Lugo per<br />
imbrogliare,<br />
Faenza per<br />
lavorare,<br />
Imola<br />
per fare<br />
l’amore.
“Cara Mamma questo e il tuo fillio se o fao delle cattive<br />
azione fino á 20 anni, quando vero á casa saro quello<br />
chè tienera la casa inordine e quello che ti tien inalegria e<br />
tranquilla. Saluti e un bacio alla mia cara mamma.”<br />
Mentre quest’ultima cartolina è senza dubbio<br />
opera di Amleto, considerando gli errori di ortografia,<br />
tipici di una persona con limitata dimestichezza<br />
nello scrivere, la prima fu certamente copiata o dettata<br />
da Amleto. Il risultato oenuto però non ebbe<br />
ombra di dubbio: finito il periodo di leva Amleto e<br />
Derna convolarono a giuste nozze!<br />
Derna viveva a Mordano con la mamma Ermelinda,<br />
vedova della prima Guerra mondiale, con un<br />
fratello Ebenio, e una sorella, Maria.<br />
Gli sposini trovarono casa a Imola, al piano terreno<br />
di Via Selice, al numero 18. Amleto lavorava alla<br />
Fornace, dove venivano fabbricati maoni e laterizi.<br />
Derna, ufficialmente casalinga, lavorava saltuariamente<br />
in campagna, in qualità di raccoglitrice di<br />
frua e ortaggi e durante la stagione della mietitura<br />
andava a spigolare.<br />
Le idee politiche di Amleto, decisamente anticlericali<br />
e di sinistra, derivavano dalle continue loe<br />
sociali che la popolazione romagnola ha dovuto<br />
sostenere durante quegli anni così difficili. L’economia<br />
di quelle zone, principalmente agricole, stava<br />
subendo un cambiamento. Sempre più macchinario<br />
veniva impiegato per la lavorazione della terra, e<br />
l’occupazione dei contadini diventava sempre più<br />
precaria. Gli scioperi continui della Fornace erano<br />
dovuti principalmente allo stipendio troppo basso<br />
per i fabbisogni di una normale famiglia.<br />
17
Prima nacque Cledes, seguita sei anni dopo da<br />
Giusepppe. Poi venne la guerra. Amleto non fu richiamato<br />
nell’esercito perché orfano di guerra e padre<br />
di due figli. In cambio si era dovuto impegnare<br />
a prestare il proprio servizio volontario come membro<br />
dell’Unione Nazionale Protezione Antiaerea<br />
(UNPA) esercitando un ruolo rilevante nel soccorso<br />
dei civili sepolti dalle macerie.<br />
Nella cià di Imola l’organizzazione della protezione<br />
dei civili era basata su rifugi ricavati nelle cantine<br />
delle abitazioni. Amleto, tra l’altro, aveva l’incarico<br />
di far rispeare l’ordine di ricovero di tui i<br />
presenti nell’edifico, al suono della sirena d’allarme,<br />
nel rifugio, e la permanenza degli stessi nel rifugio<br />
fino al cessato allarme.<br />
Sei anni dopo Derna era in aesa di un bambino.<br />
Non era stata una gravidanza facile anche per colpa<br />
delle vicissitudini della guerra e dei continui spostamenti<br />
dovuti ai bombardamenti.<br />
Mentre Rina se ne andava accompagnando l’anziano<br />
genitore, Amleto rivide tui quei momenti<br />
passargli davanti. Era felice con Derna. Era veramente<br />
convinto di aver fao la scelta giusta.<br />
Una cosa gli pesava, comunque: non aver avuto il<br />
coraggio di dire a Rina quello che lui sapeva riguardo<br />
al fratello.<br />
Cesare aveva raggiunto a Castel del Rio giovani<br />
antifascisti di Casola Valsenio, Brisighella, Fontanelice,<br />
Imola e borghi limitrofi, formando un gruppo<br />
partigiano che poi sarebbe stato chiamato la 36 Brigata<br />
Garibaldi Alessandro Bianconcini.<br />
Nell’agosto di quell’anno si erano fai conoscere<br />
per il loro eroismo, e benché in numero molto inferiore<br />
ai fascisti, avevano incendiato la Casa del<br />
18
Fascio di Castel del Rio, e saccheggiato le case dei<br />
fascisti costringendoli alla fuga.<br />
La loro audacia giovanile li spinse anche ad aaccare<br />
automezzi tedeschi accorsi in aiuto dei fascisti,<br />
a distruggerli o caurarli. Nello stesso periodo si<br />
appropriarono di 200 quintali di grano razziati ai<br />
contadini dai nazifascisti, e li distribuirono alla popolazione<br />
locale.<br />
Questo ao infuriò il comando tedesco di Bologna<br />
che, il giorno successivo, alle prime luci dell’alba,<br />
ordinò l’occupazione del vicino paese di Purocielo<br />
con mezzi blindati e un numero esorbitante di soldati<br />
tedeschi provenienti dal fronte.<br />
I partigiani intrappolati da ogni parte chiesero<br />
aiuto via radio agli inglesi appostati nella parte opposta<br />
della vallata.<br />
Per ragioni a quanto pare inspiegabili, gli inglesi<br />
sparano con cannoni da posizioni più in basso colpendo<br />
e uccidendo soldati partigiani. Solo quando i<br />
partigiani trovano il modo di issare su un albero la<br />
bandiera italiana i bombardamenti cessarono.<br />
Con la fine dei bombardamenti però, nel pomeriggio<br />
iniziò da parte tedesca una vera caccia all’uomo<br />
che continuò fino al giorno dopo con scontri<br />
ravvicinati.<br />
Una divisione composta da tedeschi specialisti in<br />
antiguerriglia guidati da spie fasciste del posto che<br />
conoscevano bene le montagne, aaccarono, bruciando<br />
case e uccidendo chiunque fosse sospeato<br />
di essere partigiano o patriota.<br />
La Bianconcini si vide costrea ad abbandonare i<br />
morti e i feriti e ripiegare alla ricerca delle linee alleate<br />
per trovare rifugio.<br />
19
Gli scontri con le pauglie tedesche furono numerosi<br />
soo la pioggia baente. Cominciarono a mancare<br />
viveri e munizioni. I feriti vennero ricoverati<br />
nella Chiesa Parrocchiale della frazione Cavina. Ma<br />
i tedeschi, guidati da assoldate spie fasciste li scoprono<br />
e li caurano, a nulla valgono le mediazioni<br />
di don Giuseppe Bosi.<br />
Vengono uccisi undici uomini, di cui see partigiani<br />
e quaro civili.<br />
Il nome di Cesare entrò nella storia della Resistenza<br />
in quel terribile giorno di seembre.<br />
20
Seembre 1944<br />
Era una giornata di seembre, ma stranamente<br />
fredda per quella stagione. L’aria era ancora piena<br />
di polvere e del puzzo delle fognature sventrate dai<br />
bombardamenti. In lontananza si udivano voci che<br />
strillavano, implorando aiuto. I cani abbaiavano rivolti<br />
al cielo, come per maledire quei portatori di<br />
strage.<br />
Per ultimo uscì Amleto con la famiglia: la moglie<br />
Derna, incinta di nove mesi e i due figli, Cledes di<br />
dodici anni e Giuseppe di sei.<br />
Amleto avrebbe dovuto raggiungere i suoi colleghi<br />
volontari nel sopraluogo delle zone bombardate<br />
e l’eventuale recupero dei feriti che dovevano essere<br />
trasportati all’ospedale, ma si rese subito conto che<br />
il bombardamento era più grave del solito.<br />
Velocemente ispezionò la stanza grande a pianterreno<br />
che fortunatamente era intaa. Anche la<br />
stufa non era stata danneggiata. Amleto si precipitò<br />
nel cortile, racimolò tui i pezzi di legna che si trovavano<br />
sparpagliati un po’ ovunque e decise così di<br />
radunare tui i bambini del vicinato, che sarebbero<br />
stati al caldo, mentre i genitori raggiungevano le<br />
loro abitazioni per verificare i danni e per salvare il<br />
salvabile.<br />
– Mica te ne vai? – chiese Derna.<br />
– Certo, devo andare – rispose Amleto, – chissà<br />
quante persone saranno rimaste soo le macerie.<br />
Devo andare a tirarle fuori.<br />
21
– Tira fora gl’ietar, e a noi chi ci tira fuori? – Risposte<br />
stizzita Derna. – Io partorisco da un momento<br />
all’alto. Hai chiamato la levatrice?<br />
– Tuo a posto, ti porto all’Ospedale Civile – rispose<br />
in tono rassicurante Amleto.<br />
– In biciclea? Con tue le buche che ci sono nella<br />
Via Emilia lo faccio a metà strada. Dài, Amleto, non<br />
andare. Cledes, diglielo anche te – disse poi Derna<br />
rivolta alla figlia.<br />
– Mo và là. Smei di fare della malea. Prima vado,<br />
prima torno.<br />
Poi senza aspeare risposta Amleto si infilò la<br />
mantella e inforcata la biciclea si avviò alla volta<br />
di Via Viorio Veneto.<br />
I bambini, dieci in tuo, erano affamati. Dentro la<br />
credenza c’era rimasta un po’ di farina nera e anche<br />
un poco di zucchero in un cartoccino. La stufa emanava<br />
un bel calore, così Derna si decise ad impastare<br />
la farina con lo zucchero per farne dei biscoi.<br />
Cledes aiutò la mamma, che ormai faceva molta<br />
fatica a restare in piedi per via dell’avanzata gravidanza.<br />
Un buon odore invase la stanza e già i bambini<br />
pregustavano il momento in cui avrebbero assaggiato<br />
i biscoi.<br />
Ma il profumo aveva airato anche due tedeschi<br />
in pieno asseo di guerra che passavano in quel momento<br />
da Via Selice a bordo della motociclea con<br />
side-car.<br />
Entrarono direamente nel cortile e senza mezzi<br />
termini spalancarono con un calcio la porta. Alla<br />
vista dei militari con il mitra spianato i bambini cominciarono<br />
a piangere.<br />
– Im Namen der Deutschen Armee, diese Nahrungsmittel<br />
sind konfiziert! – strillò il soldato tedesco che era<br />
entrato per primo.<br />
22<br />
Tira fuori gli<br />
altri,<br />
Ma dai,<br />
smettila di<br />
lamentarti.<br />
Nel nome<br />
dell’esercito<br />
germanico<br />
questo cibo<br />
viene<br />
confiscato.
Dopo brevi momenti di silenzio, i soldati si avvicinarono<br />
alla stufa, l’aprirono e trassero i biscoi<br />
ormai pronti e fumanti geandoli direamente nel<br />
loro zaino. Solo a quel punto i soldati tedeschi si<br />
accorsero della situazione reale: una donna incinta,<br />
aorniata da una decina di bambini piangenti.<br />
– Sind das alle ihre Kinder? bampini tui? – chiese il<br />
più vicino alla donna sforzandosi di mantenere il<br />
tono della voce più dolce possibile.<br />
– Questi... – rispose titubante Derna additando<br />
Cledes e Giuseppe.<br />
I militari presero tale risposta come una conferma.<br />
Convinti che la signora incinta avesse dieci figli<br />
e uno in arrivo, tolsero rapidamente i biscoi dallo<br />
zaino e li misero tui sulla tavola.<br />
– Ich bin traurig das wir Krieg haben – continuò il<br />
soldato tedesco abbassando il mitra per la prima<br />
volta. – Es tut mir leid, aber wir haben seit vier Tagen<br />
nichts gegessen... no manciare. Ich habe leider nichts<br />
für ihre Kinder und es tut mir sehr leid.Geben sie den<br />
Kindern die Kekse.<br />
Senza aspeare una risposta i due soldati tedeschi<br />
raggiunsero la porta d’ingresso e delicatamente se<br />
la rinchiusero alle spalle. Misero in moto la motociclea,<br />
che uscì dal cortine e sparì zigzagando lungo<br />
le macerie che frastagliavano Via Selice.<br />
Derna si decise a distribuire i biscoi che erano<br />
ormai poco più di grandi briciole nerastre. I bambini<br />
comunque non fecero complimenti e fecero<br />
piazza pulita in pochi secondi, raschiando anche le<br />
briciole più piccole che si erano infilate nelle fessure<br />
del tavolo.<br />
Era tornata un’atmosfera di serenità e di risatine<br />
allegre da parte di quella strana compagnia.<br />
23<br />
Sono tutti<br />
figli tuoi?<br />
Ci dispiace<br />
per questo,<br />
ma sono<br />
quattro<br />
giorni che<br />
non mangiamo.<br />
Sono<br />
dispiaciuto<br />
che non<br />
ho nulla da<br />
dare ai tuoi<br />
bambini.<br />
Dai i<br />
biscotti ai<br />
bambini.
Improvvisamente Derna si accasciò. Con un filo<br />
di voce implorò la figlia:<br />
– Cledes, presto aiutami che si sono aperte le acque!<br />
– Mamma! – Esclamò in evidente panico la ragazzina.<br />
– Giuseppe, vai a chiamare la signora Evelina, la<br />
levatrice. Corri! – ordinò Derna al figlioleo che era<br />
scoppiato in lacrime.<br />
Giuseppe non se lo fece ripetere e corse fuori dal<br />
portone nella direzione della casa al piano della levatrice.<br />
Ora la stanza era piombata nel più cupo silenzio<br />
e i nove ragazzini guardavano Derna al suolo<br />
che si contorceva.<br />
Dopo brevi momenti rientrò Giuseppe tuo trafelato:<br />
– La casa dell’Evelina non c’è più – strillò impaurito<br />
Giuseppe, – tuo è una maceria.<br />
– Oh Santa Madonna del Carmine – sentenziò<br />
Derna in preda ai dolori, – mò adesso cosa faccio?<br />
– Vado a cercare il babbo – aggiunse sicura Cledes.<br />
– No che è pericoloso – l’apostrofò Derna, – ci sono<br />
macerie d’appertuo e poi potrebbero ricominciare<br />
i bombardamenti.<br />
– Io vado lo stesso – tagliò corto Cledes. Poi rivolta<br />
a Giuseppe ordinò:<br />
– Tu stai qui con la mamma e guai a te se te ne vai!<br />
– Poi senza aspeare risposta corse via.<br />
Ora la stanza era piombata di nuovo nel silenzio,<br />
interroo solo dagli starnuti o colpi di tosse dei<br />
bambini. Giuseppe, più che aiutare la mamma, veniva<br />
rincuorato dalla mamma:<br />
– Dài, smeila di piangere che andrò a comprare<br />
un bel fratellino.<br />
24
Derna era sdraiata a terra circondata da nove<br />
bambini. Passarono minuti che sembrarono eterni.<br />
– Amlet set’atchap at’la fè paghè! – digrignava tra i<br />
denti Derna cercando di nascondere le pene.<br />
Cledes era uscita da qualche minuto che si udì<br />
rintronare nella stanza il rumore della motociclea.<br />
Poco dopo la porta si aprì e Cledes alla testa dei due<br />
soldati tedeschi fece il suo ingresso.<br />
– Wir nehmen Sie zum Krankenhaus… Io portare te<br />
Krankenhaus – disse il più grosso dei due.<br />
– Wir haben kein Benzin für das Motorrad! – l’apostrofò<br />
l’altro soldato tedesco.<br />
Derna aveva capito: Noi non abbiamo benzina.<br />
Dopo tanti anni di occupazione tedesca, ormai di<br />
certe frasi se ne capiva vagamente il significato.<br />
– Noi abbiamo un boccione con della benzina, in<br />
cantina – disse con un filo di voce Derna, – la usiamo<br />
per le lampade durante i bombardamenti.<br />
Poi rivolta a Giuseppe: – Vai a prenderla e portala<br />
ai due signori, ma presto per l’amore della Madonna<br />
del Carmine.<br />
– Babbo mi sgrida se tocco la benzina – rispose<br />
Giuseppe preoccupato da una eventuale reazione<br />
del padre.<br />
– Se ti sgrida gliela spacco in testa! – mogugnò<br />
Derna tra gli spasimi.<br />
Giuseppe uscì alla volta della cantina mentre i<br />
due militari il più delicatamente possibile trascinavano<br />
Derna nella direzione del side-car.<br />
Le misero addosso una coperta perché non prendesse<br />
freddo, visto che la carrozzea del side-car<br />
era priva di parabrezza. Giuseppe arrivò con il bottiglione<br />
di vetro nero, quelli del vino e lo consegnò<br />
al tedesco più vicino, che era uscito a controllare il<br />
serbatoio della motociclea.<br />
25<br />
Amleto se<br />
ti prendo<br />
te la faccio<br />
pagare!<br />
Ti portiamo<br />
all’ospedale<br />
Non abbiamo<br />
benzina<br />
per la motocicletta.
Questi lo prese, ne annusò il contenuto per sincerarsi<br />
che fosse veramente benzina.<br />
– Das ist gut – sentenziò. Svitò il tappo del serbatoio<br />
e ci versò il contenuto. Dal rumore era facile<br />
capire che quel serbatoio era praticamente vuoto.<br />
Cercò di meere in moto spingendo il pedale. La<br />
motociclea si rifiutava di partire. Il soldato rollò il<br />
mezzo nel tentativo di far giungere più benzina al<br />
carburatore.<br />
– Dieses Motorrad ist Scheisse! – sentenziò il tedesco<br />
visibilmente contrariato.<br />
– Bie nicht vor den Kindern fluchen – disse l’altro<br />
soldato.<br />
Finalmente, dopo innumerevoli tentativi, una nuvola<br />
di fumo nerastro uscì dal tubo di scappamento.<br />
L’altro militare si sistemò nel seggiolino posteriore e<br />
la motociclea side-car si avviò alla volta dell’ospedale<br />
civile.<br />
Cledes, Giuseppe e gli altri bambini videro la motociclea<br />
voltare in via San Pier Grisologo e sparire<br />
alla volta della Via Emilia. Proprio in quel momento<br />
si udì un frastuono tremendo: gli alleati avevano ripreso<br />
i bombardamenti.<br />
26<br />
Va bene.<br />
Questa<br />
merda di<br />
una motocicletta.<br />
Non parlare<br />
sporco<br />
davanti ai<br />
bambini.
Ospedale Civile di Imola<br />
La motociclea con i due militari e Derna avvolta<br />
nella coperta, zigzagando per evitare le buche delle<br />
bombe sulla Via Emila, arrivò ben presto all’Ospedale<br />
Civile. Anche l’Ospedale era stato colpito da<br />
una bomba, che aveva mandato in frantumi tui i<br />
vetri dell’edificio.<br />
La motociclea si fermò davanti all’ingresso dell’ospedale.<br />
Un’infermiera uscì dalla guardiola:<br />
– Non potete portare soldati qui! – disse risoluta<br />
ma con una certa riverenza. – Questo è un ospedale<br />
civile. Se ammeiamo militari rischiamo di venire<br />
bombardati. C’è un ospedale militare a Castel San<br />
Pietro...<br />
– Diese Dame ist kein Soldat. Questa no soldato! –<br />
interruppe il guidatore della motociclea. – Diese<br />
Frau ist schwanger. Donna italiana gravida... und ist italienisch.<br />
Tu chiamare doore. Presto! Rufen sie schnell<br />
einen Arzt!<br />
Alla vista di Derna appollaiata nel side-car l’infermiera<br />
capì che non c’era un aimo da perdere.<br />
– Voi meetela su quel leino – ordinò ai soldati<br />
l’infermiera: – io vado in cantina a vedere se trovo<br />
un doore.<br />
I militari delicatamente adagiarono Derna sul lettino,<br />
premurandosi prima di togliere tue le schegge<br />
di vetro che c’erano sopra.<br />
– Jetzt haben sie elf Kinder. Bampino Zahl... numero<br />
undici – sentenziò il militare grosso.<br />
27<br />
Questa<br />
signora<br />
non è un<br />
soldato.<br />
Questa<br />
donna è<br />
incinta ed<br />
e’ italiana.<br />
Presto<br />
chiamate<br />
un dottore.<br />
Ora avrai<br />
il figlio<br />
numero<br />
undici.
Le bombe ora cadevano veramente vicine all’ospedale.<br />
I militari coprirono Derna con la coperta,<br />
rimontarono sulla motociclea e soo la pioggia<br />
delle bombe che cadevano tue aorno sparirono<br />
tra il fumo e la polvere della Via Emila.<br />
Arrivarono il doore, l’infermiera e una suora.<br />
Trovarono solo Derna sul leino, in preda a forti<br />
dolori. Dei soldati tedeschi nessuna traccia.<br />
Il doore prontamente si rese conto della situazione:<br />
– Presto, nel reparto – ordinò spingendo lui stesso<br />
il leino nella direzione del reparto maternità.<br />
– Bel tempo per avere figli – proruppe il doore<br />
lungo il tragio.<br />
– La volontà del Signore – sentenziò la suora.<br />
– Se’, la vuluntè d’el Snor – mugugnò Derna – l’è stè<br />
to un zavaj. Se sapevo che andava così non l’avrei<br />
fao!<br />
– Ma cosa dice, signora – la redarguì la suora –<br />
questo è un dono del Signore.<br />
Derna sulla barella fu introdoa nel reparto pediatrico<br />
ancora tuo a soqquadro a causa dei bombardamenti.<br />
Il leino della sala operatoria era pieno di frantumi<br />
di vetro provenienti dalle finestre roe. Velocemente<br />
il doore e l’infermiera scrollarono via il<br />
vetro, riordinarono alla meglio e si prepararono per<br />
l’intervento.<br />
– Lei sorella, – disse il doore, – preghi il Signore<br />
che tuo vada bene e non ci siano conseguenze.<br />
Era evidente che in quelle condizioni e circostanze<br />
non sarebbe stato possibile nessun intervento<br />
fuori del normale. L’ospedale inoltre non era provvisto<br />
di particolari apparecchiature, perché di solito<br />
28<br />
Sì...<br />
la volontà<br />
del Signore<br />
È stato<br />
tutto uno<br />
sbaglio.
i parti più delicati venivano effeuati nella vicina<br />
Bologna.<br />
– Spinzè cal ven! Spingete che viene! – ordinò a<br />
Derna il doore: – Si vede la testa.<br />
– Pregate la Madonna Immacolata che vi ha faa<br />
la grazia – invocò la suora.<br />
– Ecco! – sentenziò il doore tenendo nelle mani<br />
il nascituro. Poi ordinò: – Le forbici.<br />
L’infermiera passò le forbici al doore. Venne<br />
tagliato il cordone ombelicale. La suora avvolse il<br />
neonato nel lenzuolo.<br />
– Un maschio – aggiunse trionfalmente il doore<br />
dandogli uno schiaffeo sul sedere. Un vagito riempì<br />
la stanza.<br />
Il doore, fiero dell’intervento senza drammi,<br />
controllò l’orologio da polso e disse rivolto all’infermiera:<br />
– Scriva sul nastrino...<br />
– Ma se è nato solo lui, non potremo certo scambiarlo<br />
con qualcun’altro.<br />
– Lei scriva – interruppe bruscamente il doore:<br />
– 11 Seembre 1944, Ospedale Civile di Imola, Lunedì<br />
ore 10,31.<br />
– D’vener e d’martè non s’arreva e non sal part. Ancò<br />
l’è lundì e sarà fortunè! – sentenziò l’infermiera.<br />
– La fortuna più grande ce l’ha regalata il Signore.<br />
– sentenziò la suora. – Il miracolo della vita che si<br />
ripete per rendere gloria a Dio!–<br />
Poi premurosamente rivolta a Derna disse:<br />
– È proprio un bel bambino! Rendiamo grazie al<br />
Signore che tutto è andato bene. Sa già come chiamarlo<br />
o si vuole consultare con i parenti?<br />
– Franco – rispose titubante Derna. – Credo proprio<br />
che si chiamerà Franco–.<br />
– Francesco? Come San Francesco, proteore<br />
d’Italia – corresse la suora.<br />
29<br />
Spinga<br />
che viene!<br />
Di venere<br />
e di marte<br />
non s’inizia<br />
e non si<br />
parte.<br />
Oggi è<br />
lunedì sarà<br />
fortunato.
– Lasci stare i Santi, sorella, che mio marito è poco<br />
religioso, anzi... – sentenziò Derna.<br />
– Non sarà mica uno di quei rossi che vogliono<br />
mangiarsi i preti e distruggere la Chiesa?<br />
– Non certo uno di quei neri – affermò Derna.<br />
– Gesù, Giuseppe, Maria – la redarguì la suora facendosi<br />
il segno della croce. – Ma cosa dice? Proprio<br />
adesso che ha avuto un grande dono dal Signore:<br />
Francesco.<br />
– No, Franco! – corresse prontamente Derna.<br />
– Franco – confermò, il doore rivolto all’infermiera<br />
che scriveva. – Ma adesso tui in cantina prima<br />
che gli alleati ci facciano saltare tui per aria!<br />
30
Alla ricerca di Amleto<br />
Nella casa di Via Selice 18 i bambini aspeavano<br />
il ritorno dei genitori. Il primo ad arrivare fu Graziano,<br />
un amico e collega di Amleto. Alla vista della<br />
stanza piena di bambini senza nessun adulto che li<br />
guardasse, chiese a Cledes:<br />
– Ma te li hanno lasciati tui a te da guardare? –<br />
– No, c’era mamma Derna – rispose titubante Cledes.<br />
– C’era? – chiese conferma Graziano che ora temeva<br />
il peggio.<br />
– Sì, l’hanno portata all’ospedale, i tedeschi!<br />
– Fiol d’un can! I tugnin? Sul sà Amlet gli amaza<br />
tot!<br />
– Ma no, questi erano tedeschi buoni – lo rassicurò<br />
Cledes.<br />
– Non ci sono tedeschi buoni – replicò Graziano.<br />
– Mamma era incinta e questi tedeschi l’hanno<br />
portata all’ospedale Civile col motore. Poi ci hanno<br />
dato i biscoi indietro.<br />
Graziano non aveva capito che importanza potessero<br />
avere i biscoi, ma aveva capito che Derna era<br />
stata portata all’ospedale.<br />
– Tu stai qui a badare ai bambini che io vado a vedere<br />
se trovo Amleto. L’ha det c’landeva a Murdan!<br />
– A Mordano abbiamo i parenti – sentenziò Cledes<br />
nel tentativo di aiutare Graziano a capire dove<br />
poteva essere andato Amleto.<br />
Graziano, inforcata la biciclea, si avviò subito<br />
alla volta di Mordano, un paesino agricolo, molto<br />
31<br />
Figli di un<br />
cane! I<br />
tedeschi?<br />
se lo sa<br />
Amleto gli<br />
ammazza<br />
tutti!<br />
Ha detto<br />
che andava<br />
a Mordano!
vicino a Imola. Derna era nata a Mordano e lì abitavano<br />
ancora dei parenti, inclusa la mamma Ermelinda.<br />
Avere dei parenti in campagna, in tempo di<br />
guerra, era una benedizione, perché dalla campagna<br />
c’era sempre qualcosa da portare a casa: una salsiccia,<br />
delle uova, e qualche volta anche una gallina.<br />
In una delle ultime visite a Mordano, Amleto aveva<br />
portato a casa un maialino che avevano subito<br />
scambiato al mercato nero per dieci baraoli di piselli<br />
in scatola, una maschera antigas, e una boiglia<br />
nera, piena di benzina, che doveva servire per le<br />
lampade a petrolio per illuminare la cantina, visto<br />
che il petrolio era ormai irreperibile.<br />
Il valore enorme della benzina era deato dal fatto<br />
che per procurarsi la benzina bisognava rubarla<br />
direamente dai camion dei tedeschi o dalle macchine<br />
dei fascisti, cosa non facile visto i tempi che<br />
correvano.<br />
Una volta il gerarca fascista di Via Selice aveva<br />
sorpreso Giuseppe che con un tubo cercava di succhiare<br />
la benzina dal serbatoio della sua auto. Giuseppe<br />
fu trascinato a casa per un orecchio, e Amleto<br />
per soddisfare il gerarca dovee dargliele di santa<br />
ragione.<br />
– Ecco cosa succede quando nelle famiglie non c’è<br />
disciplina – disse il fascista.<br />
– Voi pensate alla vostra, che alla mia famiglia ci<br />
penso io – rispose Amleto.<br />
– E voi dove eravate? – chiese arrogante il gerarca.<br />
– A tirar fuori i morti dalle macerie! Voi, piuosto<br />
dove eravate?<br />
– A far la guardia... vicino all’osteria dei Tre Scalini!<br />
32
– Adesso capisco: al casino di via Eorri.<br />
– Beh, per questa volta passi, ma la prossima volta<br />
prenderò provvedimenti.<br />
– Ma se ha solo sei anni!<br />
– E ci va a scuola dei Balilla?<br />
– Ma se l’hanno chiusa da Pasqua!<br />
– Ecco il perché: senza la scuola fascista i figli crescono<br />
come animali, senza rispeo per le autorità.<br />
– Voi aprite la scuola e io ce lo rimando – rimbeccò<br />
Amleto. Poi rivolto a Giuseppe che tremava come<br />
una foglia aggiunse: – Se ti fai prendere ancora una<br />
volta non te la cavi così a buon mercato.<br />
Riappacificato il gerarca fascista uscì dal portone<br />
salutando con il braccio teso.<br />
Assicuratosi che ormai fosse lontano, Amleto inveì:<br />
– Cui venja un’azident brot mus negar! – Poi premurosamente<br />
rivolto a Giuseppe si sincerò: – Mica ti ho<br />
fao male, ho messo la fibbia dall’altra parte.<br />
– Un po’ sì, qui – disse Giuseppe facendo vedere<br />
il segno rosso lasciato dalla cintura.<br />
– Vieni qui che ti dò un bacino e tuo passa – rispose<br />
Amleto baciucchiando la gamba di Giuseppe.<br />
– Ecco – rispose contento Giuseppe, – adesso non<br />
mi fa più male.<br />
– E te stai aento quando rubi ai ladri...<br />
– Ma era andato su dalla napoletana.<br />
– E te cosa sai di questè cose?<br />
– Me l’ha deo Cledes.<br />
– E te insegni questè belle cose? – Indagò Amleto<br />
rivolto alla figlia che aveva seguito tuo il dramma.<br />
– Quando vanno dalla napoletana ci stanno almeno<br />
mezz’ora – sentenziò Cledes, – come potevo<br />
33<br />
Gli venisse<br />
un accidente<br />
a questo<br />
brutto muso<br />
nero!
immaginare che questo qua veniva giù solo dopo<br />
cinque minuti?<br />
– Allora eravate d’accordo. Vieni qua che ti dò il<br />
resto.<br />
– Mamma, mamma! – strillò Cledes: – Babbo mi<br />
picchia.<br />
– E fa bene – rispose mamma Derna, – poi quando<br />
ha finito lui comincio io. Poi rivolto ad Amleto implora:<br />
– Per stavolta lascia perdere...<br />
– Beh, hai ragione te. Non è colpa loro se li tiriamo<br />
su a questa maniera. La guerra: chi l’ha voluta la<br />
guerra? Quel mao di Predappio?<br />
– Stai zio, che qui hanno orecchie anche i muri<br />
– implorò mamma Derna.<br />
– Cai venja a rumper i maron in casa meja...<br />
– Ma te, non dovevi andare da qualche parte?<br />
– suggerì Derna al marito come per cavarselo di torno.<br />
– Posso sempre andare al Bar delle Corriere, se mi<br />
dai due lire – suggerì Amleto.<br />
– Due lire? Te tsi mat! – strillò Derna: – vai in bollea,<br />
così torni per l’ora di cena.<br />
Graziano pedalava nella direzione di Mordano.<br />
Tronchi e sassi ostruivano la strada, mentre in precendenza<br />
aveva dovuto evitare chiodi e punte di<br />
ferro che erano stati seminati in Via Selice.<br />
– Boia d’un can – sbuffava pedalando Graziano, –<br />
se mi prendono da queste parti mi meono al muro.<br />
Quelli sono capaci di dare la colpa a me.<br />
Proprio in quel momento, in località San Prospero,<br />
Graziano incontrò Amleto, che con l’aiuto di<br />
Mario cercava di rimuovere un grosso sasso sulla<br />
strada.<br />
34<br />
Che<br />
vengano<br />
a rompermi<br />
i coglioni in<br />
casa mia...<br />
Tu sei<br />
matto!<br />
Cane boia.
– Amlet, Mario, cos ti fa lè? – urlò Graziano nella<br />
loro direzione. – Sit chapa it l’a fe paghè!<br />
– I’ma da chapers, prema! – rispose Mario.<br />
– Non avvicinarti – avvertì Amleto, – c’è una bomba<br />
soo questo sasso.<br />
– Io pensavo che steste meendo voi i sassi sulla<br />
strada – rispose Graziano.<br />
– No, sono venuti fuori da quel buco – disse Mario<br />
indicando il cratere di una bomba.<br />
– Stà indrè ca l’ha fem saltè – disse Amleto correndo<br />
dall’altra parte della strada dove scorreva il fosso.<br />
Passarono alcuni secondi e si udì il boato della<br />
bomba che era esplosa.<br />
– Io l’avrei lasciata lì così i tedeschi saltavano per<br />
aria, ma da questa strada passano anche i contadini<br />
coi carri – commentò Amleto controllando il risultato<br />
dell’esplosione. – Meglio così: i contadini devono<br />
lavorare, altrimenti noi cosa mangiamo?<br />
– Certo che questi inglesi buano le bombe in<br />
mezzo alle campagne – commentò Graziano.<br />
– Di solito ci prendono – disse Amleto in tono di<br />
scusa – ma questa deve essere scappata. Comunque<br />
adesso l’abbiamo mandata in pensione.<br />
– Potevi smontarla, – disse Graziano, – la polvere<br />
si può vendere al mercato nero.<br />
– Sè, cusè it chapa e ti fà saltè i maron – rispose ridendo<br />
Mario. – No, è troppo pericoloso, meglio così.<br />
– Cosa fai te qui? – chiese curioso Amleto.<br />
– I tedeschi hanno portato Derna all’ospedale!<br />
– I tugnen? – strillò Amleto – parchè ai tugnen?<br />
– L’hanno portata a partorire, al Civile.<br />
Solo in quel momento Amleto si rese conto che<br />
aveva lascito la moglie sola, in condizioni di partorire<br />
da un momento all’altro.<br />
– Ma l’avevo deo alla Evelina – si scusò Amleto.<br />
35<br />
Amleto,<br />
Mario...<br />
cosa fate?<br />
Se vi<br />
prendono<br />
vi fanno<br />
passare dei<br />
guai.<br />
Prima<br />
devono<br />
prenderci.<br />
Stai indietro<br />
che la<br />
facciamo<br />
saltare.<br />
Sì, così se<br />
ti scoprono<br />
ti fanno<br />
saltare i<br />
testicoli.<br />
I tedeschi?<br />
perché i<br />
tedeschi?
– La cà dl’Evelina l’ha chapè na bomba! – aggiunse<br />
Graziano, – non so neanche se erano nel rifugio.<br />
– Meglio andare – disse Amleto montando velocemente<br />
sulla biciclea. Poi rivolto a Mario aggiunse:<br />
– Te meglio che vada a casa, che se ti pigliano ti<br />
fucilano.<br />
– Perché ha te ti danno la medaglia? – chiese sarcastico<br />
Mario.<br />
– A me non mi fanno niente, sono dell’UNPA, e<br />
poi ho due... tre figli – sbuffò Amleto, pedalando<br />
nella direzione di Imola.<br />
– Io non sarei poi tanto sicuro – ribadì pedalando<br />
Graziano, – ieri hanno preso Augusto!<br />
– Dove? – si informò Amleto.<br />
– Dalle parti di Giugnola – informò Graziano.<br />
– Dicono che era andato a parlare con i Partigiani.<br />
L’hanno chiuso nella Rocca.<br />
Ben presto i due ciclisti arrivano alla periferia di<br />
Imola. La devastazione era totale. Dello stabilimento<br />
Cogne c’era rimasto ben poco. Più avanti si scorgevano<br />
le macerie ancora fumanti della Ceramica.<br />
Anche Becca, l’azienda ortofruicola, era squarciata<br />
da una bomba.<br />
– Questi inglesi sono proprio degli imbecilli –<br />
commentò Amleto, – li boa zò al bomb come c’al fos<br />
curiandol.<br />
– Certo che noi siamo proprio a posto, – commentò<br />
Graziano, – se non ci ammazzano i tedeschi, ci<br />
ammazzano gli alleati.<br />
– Dài, dài pedala – lo rassicurò Amleto, – che l’erba<br />
caiva non muore mai.<br />
Schivando detriti e buche, Graziano e Amleto arrivarono<br />
in Via Selice 18. Amleto sbaè la biciclea<br />
contro il muro e corse dentro per avere notizie. Dal-<br />
36<br />
La casa<br />
dell’Evelina<br />
è stata<br />
colpita da<br />
una bomba!<br />
Buttano giù<br />
le bombe<br />
come se<br />
fossero<br />
coriandoli.
lo stanzone dove aveva lasciato Derna e i bambini<br />
uscivano le note della canzone del momento: Ma<br />
l’amore no, l’amore mio non può...<br />
Amleto entrò e si trovo di fronte a Cledes, che intraeneva<br />
i bambini.<br />
– Come canti bene! – disse Amleto, che non voleva<br />
spaventare i presenti con il suo ingresso, – sembri<br />
proprio come la Valli! – Poi aggiunse: – E la mamma<br />
dov’è?<br />
– L’hanno portata all’ospedale civile, due tedeschi<br />
buoni – informò soddisfaa Cledes.<br />
– Si, buoni da friggere – commentò Amleto. Poi<br />
rivolto a Cledes aggiunse: – Monta sul canon dl’a bizicleta<br />
c’andem all’ospedal at’avde’ al tu fratlen... o surlena.<br />
– Vengo anch’io! – aggiunge coraggiosamente il<br />
piccolo Giuseppe.<br />
– Tu monta sulla canna della biciclea di Graziano<br />
che andiamo a vedere se mamma ha comprato<br />
un fratellino o una sorellina – concluse Amleto.<br />
Amleto con Cledes, e Graziano con Giuseppe, si<br />
avviano alla volta dell’Ospedale Civile, percorrendo<br />
il trao finale di via Selice, e poi la Via Emilia.<br />
All’altezza della Chiesa del Carmine una camionea<br />
tedesca sbarra la strada.<br />
– Anschlag! – impone il militare germanico.<br />
Le due biciclee si fermano. I militari studiano<br />
con lo sguardo il quarteo. Poi dal retro della camionea<br />
scende un gerarca fascista.<br />
– Voi venite da Mordano? – s’informò.<br />
– Mordano? – chiese prontamente Amleto. – Mia<br />
moglie è di Mordano.<br />
– Non fare lo spiritoso – spazientito intervenne il<br />
fascista. – Intendo se adesso, voi venite da Mordano.<br />
37<br />
Monta sulla<br />
canna della<br />
bicicletta<br />
che<br />
andiamo<br />
all’ospedale<br />
a vedere<br />
il tuo<br />
fratellino...<br />
o sorellina.
– No, da via Selice, abitiamo al numero 18 – prontamente<br />
rispose Amleto. – Andiamo all’Ospedale<br />
Civile, mia moglie ha dato alla luce un figlio.<br />
– Sì, di questi tempi – disse incredulo il gerarca.<br />
– Venga a vedere se non ci crede – rispose Amleto,<br />
– l’ospedale è lì, ci vogliono due minuti.<br />
– Andate, andate, circolate – concluse stizzito il<br />
gerarca, – e la prossima volta usate una scusa migliore.<br />
Amleto comprese che era meglio togliere il disturbo<br />
visto che i fascisti volevano sempre l’ultima parola.<br />
Rimontò sulla biciclea e seguito da Graziano<br />
raggiunsero in breve tempo l’Ospedale Civile.<br />
Appoggiate le biciclee nell’apposita rastrelliera<br />
Amleto, Graziano, Cledes e Giuseppe si presentarono<br />
all’ingresso dell’ospedale dove furono fermati<br />
da due persone in borghese, ma con la fascia della<br />
Croce Rossa al braccio.<br />
– Fermi, dove andate, non si può entrare! – intimò<br />
uno dei due. – Una bomba ha preso di striscio l’ospedale<br />
e ci potrebbero essere altre bombe inesplose.<br />
– Ma io sono dell’UNPA – l’informò Amleto.<br />
– Dell’UNPA? – rispose incredulo quello della<br />
Croce Rossa, – e cosa fanno questi bambini?<br />
– Sono i miei – rassicurò Amleto, – andiamo a vedere<br />
mia moglie che ha avuto un bambino... o una<br />
bambina.<br />
– Tu sei il Morin? – chiese l’uomo.<br />
– A sò me. Amlet, e morin! – rispose Amleto.<br />
– Congratulazioni! – disse, facendo con un sorriso<br />
l’uomo della Croce Rossa, – Derna ha avuto un bel<br />
maschieo.<br />
– Lo sa tua Imola prima di te – aggiunse Graziano<br />
con un pizzico di ironia.<br />
38<br />
Tu sei<br />
quello che<br />
chiamono il<br />
moretto?<br />
Sono io,<br />
Amleto il<br />
moretto.
– Va là imbarlè – disse Amleto giusto per scusarsi.<br />
– Sono giù in cantina – concluse l’uomo della Croce<br />
Rossa.<br />
Ben presto il quarteo arrivò alla cantina e seguendo<br />
le indicazioni sul muro arrivarono ad una<br />
stanza adibita ad infermeria.<br />
La suora si informò:<br />
– Cercate qualcuno?<br />
– Cerco Derna, mia moglie – rispose Amleto, – ha<br />
appena avuto un bambino.<br />
– Ah, così tu saresti quel bell’imbusto di Amleto,<br />
che se ne va a spasso lasciando la moglie da sola?–<br />
– Senta sorella – esclamò contrariato Amleto, – ho<br />
già i maroni di traverso, non ci si mea pure lei.<br />
– Madonna Immacolata Santissima – rispose la<br />
suora facendosi il segno della croce – povera donna,<br />
con un marito del genere.<br />
– Perché suo marito è meglio di me?<br />
– Mio marito è il Signore – affermò la suora.<br />
– E il marito di Derna, son me, un poveraccio!<br />
La conversazione venne interroa giusto in tempo<br />
dal doore, che aveva già previsto il peggio.<br />
– Venga Amleto, – invitò gentilmente, – Derna e<br />
Franco l’aspeano.<br />
– Franco? – chiese Amleto confuso.<br />
– Franco, suo figlio – rispose il doore. – Derna<br />
mi ha deo che lo chiamerete Franco.<br />
– Franco? Il nome di un diatore fascista? Neanche<br />
morto – assicurò Amleto.<br />
Il doore a quel punto si era reso conto che non<br />
valeva la pena intromeersi in una situazione domestica<br />
che a dir poco stava degenerando in dramma.<br />
Fece cenno al quarteo capitanato da Amleto<br />
dove si trovava il leo di Derna e del bambino.<br />
39<br />
Falla finita<br />
disgraziato.<br />
Coglioni.
– Ma guarda un po’ cosa mi combini – ruppe il<br />
ghiaccio Amleto quando si trovò al capezzale. – Ti<br />
lascio sola un momento e te guarda cos t’il fà!<br />
– Guarda il tuo papà – disse Derna rivolta al figlioleo:<br />
–vedi com’è bello quando si arrabbia.<br />
– E chi si arrabbia? – chiese Amleto indispeito.<br />
– Si sentivano i tuoi strilli da qua, ancora un po’ e<br />
ti mangiavi la suora – lo rimproverò Derna.<br />
– Mi ha aggredito come se io dovessi rendere conto<br />
a lei o al suo Signore di quello che faccio – replicò<br />
Amleto.<br />
– Ma le suore sono persone buone, lo fanno per<br />
aiutare la gente.<br />
– Una che si fa suora vuole dire che ha dei problemi<br />
e non riesce a trovare nessuno che se la prenda.<br />
Poi cambiando tono: – E cos’è la storia che lo vuoi<br />
chiamare Franco?<br />
– È un bel nome Franco: uno franco, onesto...<br />
– Lo so cosa vuole dire franco: i soldi dei francesi<br />
e il nome del diatore spagnolo, fascista!<br />
– E allora come lo chiamiamo? Lenin? chiese<br />
Derna che cominciava a perdere la pazienza.<br />
– E chi è Lenin? – si informò Amleto – lo potremmo<br />
chiamare Stefano, Silvestro...<br />
– Stefano o Silvestro chiamerai il tuo gao. Questo<br />
è mio figlio e lo chiamo Franco – s’impuntò stizzita<br />
Derna.<br />
– Tuo figlio? – rispose Amleto, – pensavo che fosse<br />
anche mio...<br />
– Va bè, nostro figlio si chiamerà Franco.<br />
– Vedremo – rispose Amleto.<br />
– Vedremo un bel niente – replicò Derna. – Franco<br />
è nella lista dei nomi preferiti e ci danno cinquanta<br />
lire di premio. A meno che te non lo voglia chiamare<br />
Adolfo o Benito!<br />
40<br />
... e te<br />
guarda<br />
cosa mi<br />
combini!
– Non nominare quei nomi nemmeno per scherzo<br />
– disse Amleto turbato.<br />
Amleto si era seduto al capezzale di Derna e accarezzava<br />
la testolina calva del piccolo, che aprì gli<br />
occhi.<br />
– Ma te pensi che Franco sia un bel nome, di questi<br />
tempi? – chiese.<br />
– Cledes l’hai scelto te – informò Derna, – Giuseppe<br />
è il nome di mio papà e l’ha scelto Ermelinda, almeno<br />
lasciamene scegliere uno anche a me, perché<br />
questo è l’ultimo che ti faccio.<br />
– Potremmo chiamarlo Giovanni, come mio padre<br />
– tastò il terreno Amleto.<br />
– Amleto, lascia perdere che non ho voglia di litigare.<br />
Almeno oggi lasciami in pace – concluse<br />
Derna: – Io l’ho fao e io lo chiamo Franco!<br />
Ora è Derna che accarezza la testolina del piccolo.<br />
Poi si accorge che il marito non è solo:<br />
– Ciao Graziano, come va?–<br />
– Non c’è male, Derna – rispose Graziano. – Che<br />
bel bambino.<br />
– Grazie Graziano. – Poi rivolta ai figli: – Cledes,<br />
Giuseppe, guardate che bel bambino vi ha portato<br />
la cicogna.<br />
Cledes prima, poi Giuseppe danno un bacio al<br />
piccolo, che per tua risposta scoppia in pianto disperato.<br />
– Ha fame – informa Derna. –Amleto, porta a casa<br />
i bambini e dagli da mangiare. Ho nascosto delle<br />
patate dietro la secchia. Soo la madia c’è anche del<br />
pane. Tu hai portato niente da Mordano?<br />
– Non menzionare la parola Mordano – le sussurra<br />
Amleto.<br />
– Cosa è successo a Mordano? – si informa preoccupata<br />
Derna.<br />
41
– Niente! – informa Amleto. – È che sono caduti<br />
degli alberi sulla strada vicino a San Prospero e i<br />
tedeschi dicono che sono stati tagliati apposta per<br />
rallentare le loro operazioni...<br />
– E voi non ne sapete niente? – chiese Derna.<br />
– Io ho solo fao scoppiare una bomba che era<br />
in mezzo alla strada – disse Amleto. – Certo che gli<br />
inglesi hanno caiva mira!<br />
– E penso che la bomba abbia fao un bel buco<br />
– disse Derna.<br />
– Di lì i tugnin non passano di certo – confermò<br />
Amleto.<br />
Derna guarda Graziano per avere la sua versione<br />
dei fai, ma Graziano abbassa gli occhi, per evitare<br />
il confronto. Derna ha già capito tuo:<br />
– Porta a casa i bambini, che io dò da mangiare a<br />
questo qua. – Poi guardando amorevolmente il piccolo<br />
che piange conclude: – Ma guarda un po’ in che<br />
mondo dovevi nascere!<br />
42
Sfollati a Bagnara<br />
Amleto annunciò alla famiglia che bisognava lasciare<br />
Imola. Era troppo pericoloso restare tra qelle<br />
mura pericolanti, ora che i bombardamenti alleati si<br />
erano intensificati.<br />
– Andremo a stare dai Golinelli, a Bagnara – confermò<br />
Amleto. – Ho parlato con Tilde. È d’accordo a<br />
fare da madrina al baesimo.<br />
I Golinelli erano parenti alla lontana. Qualcuno di<br />
loro aveva sposato un cugino di Amleto, e abitavano<br />
in una grande casa, a Bagnara, non lontano dalla<br />
piazza principale. I Golinelli avevano una figlia, Tilde,<br />
ed erano abbastanza agiati nonostante la guerra.<br />
A più riprese avevano invitato Derna, Amleto e<br />
famiglia a trasferirsi a Bagnara, che era più sicuro<br />
della città. Finalmente Amleto si era fatto convincere<br />
che quella era la soluzione migliore.<br />
– Quando partiamo? – domandò Derna.<br />
– Appena te puoi pedalare – rispose Amleto.<br />
– Allora anche subito – assicurò Derna, che non<br />
voleva restare un solo momento di più in quella<br />
casa dai vetri roi e dai calcinacci che si staccavano<br />
dalle pareti senza preavviso. – Adesso che arriva<br />
l’inverno, staremo bene in campagna.<br />
– Poi sembra che mi diano un posto alla Fornace<br />
– continuò Amleto.<br />
– Ma non l’avevano chiusa dopo lo sciopero?<br />
– Sì, ma adesso la riaprono – informò Amleto.<br />
– Guarda quanto sono furbi i padroni: la chiudono<br />
quando c’è la guerra, tanto nessuno usa i maoni,<br />
43
poi la riaprono adesso che abbiamo gli alleati alla<br />
porta. Ci sarà da ricostruire tuo e intanto cominciamo<br />
dai maoni.<br />
– È pur sempre un buon lavoro – confermò<br />
Derna.<br />
– Basta che non facciano sempre sciopero. Adesso<br />
che siamo in guerra, ogni lavoro va bene. E anche<br />
dopo la guerra a portare avanti una famiglia costerà<br />
un sacco di soldi – continuò Amleto.<br />
– Dovevi pensarci prima – rispose turbata Derna.<br />
– Ma cosa capisci tu donna, fischi per fiaschi? – la<br />
rassicurò il marito. – Sono contento di avere una<br />
bella famiglia, ma dovrò pur darle da mangiare,<br />
mandare i bambini a scuola e dargli un’educazione.<br />
Non vorrai mica che crescano ignoranti come noi?<br />
– Spero proprio di no – convenne Derna. – Cledes<br />
potrebbe fare l’infermiera. È un bel lavoro l’infermiera,<br />
poi trova un bel doore e se lo sposa.<br />
– E se trova un fornaciaio? – chiese incuriosito<br />
Amleto.<br />
– Ad un furnaser non gliela dò – asserì Derna.<br />
– Ah, e così se tu m’incontrassi oggi non mi vorresti<br />
più?<br />
– Ma cosa c’entra noi: è tua un’altra cosa, poi io<br />
ti voglio bene anche se sei un orso!<br />
– Te invece sei la gaa! – Troncò Amleto che oramai<br />
ne aveva abbastanza di quella conversazione<br />
stupida sul futuro della famiglia in un Paese senza<br />
futuro.<br />
Il problema vitale era la cena.<br />
– A proposito: cosa mangiamo questa sera? – chiese<br />
Derna ispezionando la madia, che era vuota.<br />
– A tò purtè la suzeza!– Così dicendo Amleto tolse<br />
dal risvolto della giacca tre salsicce legate assieme<br />
44<br />
Ad un<br />
fornaciaio.<br />
Ti ho<br />
portato la<br />
salsiccia
che appese al chiodo della trave. Poi prese in braccio<br />
il figlioleo e sollevandolo nella direzione delle<br />
salsicce cantava:<br />
– Chapa la suzizina, chapa la suzeza!<br />
Per tua risposta il piccolo proruppe in un pianto<br />
sfrenato. Amleto prontamente lo ridiede alla madre:<br />
– Te, và là, fallo stare calmo che io cucino le salsicce.<br />
– Prima lo fai piangere poi lo dài a me da calmare<br />
– aggiunse Derna. Poi rivolto al piccolo e accortasi<br />
che aveva fame si aprì la camicia e cominciò ad allaarlo.<br />
– Con queste tee lae ce n’è da vendere – sentenziò<br />
Amleto.<br />
– Te cucina le salsicce che le tee te le faccio vedere<br />
col binocolo! – dichiarò Derna.<br />
– C’è mica un po’ di lardo? – chiese Amleto con la<br />
padella in mano.<br />
– Macché – informò Derna, –niente, neanche grasso...<br />
c’è un scartuzin con del sale...<br />
– Non importa – disse Amleto, – le salsicce hanno<br />
il loro grasso e sono anche salate. Un po’ di pane<br />
dove lo troviamo?<br />
Proprio in quel momento bussarono alla porta.<br />
– Per carità – esclamò Derna che stava ancora allaando<br />
il piccolo, – chi sarà a quest’ora?<br />
– Niente paura – la rassicurò Amleto, – hanno<br />
bussato troppo gentilmente. Se erano i fascest o i tugnì,<br />
sfondavano la porta.<br />
Contemporaneamente Amleto si accinse ad aprire<br />
la porta. Una persona tua vestita di nero. Stava<br />
quasi per mollare una bestemmia poi si traenne di<br />
colpo: la persona vestita di nero, non era un gerarca<br />
fascista, ma un prete.<br />
45<br />
Piglia la<br />
salsiccina,<br />
prendi la<br />
salsiccia!<br />
cartoccio<br />
i fascisti o i<br />
tedeschi
– Don Giulio, che ci fate qui a quest’ora, non sa<br />
che c’è il coprifuoco? – chiese Amleto.<br />
– Lo so, lo so – rispose il sacerdote, – è proprio per<br />
questo che siamo qui!<br />
– Siamo? – s’informò Amleto.<br />
– Io e Dante. Conosci Dante? – chiese il sacerdote<br />
mentre Dante si faceva distinguere avvicinandosi<br />
alla porta.<br />
Amleto fece cenno di sì. Poi mise la testa fuori<br />
dalla porta e si accorse che c’era anche un carreo.<br />
– Porca maiala – inveì Amleto, – se vi pigliano i<br />
tedeschi vi fucilano.<br />
– Abbiamo il lasciapassare del gerarca, ma dovevamo<br />
essere di ritorno al Carmine prima delle cinque,<br />
ma c’erano tante si quelle pauglie nere per la<br />
strada che siamo dovuti passare per i campi – spiegò<br />
don Giulio.<br />
– Perché, vi rubano? – chiese Amleto incuriosito.<br />
– Cosa vuoi farci, di questi tempi hanno fame tui<br />
e il lasciapassare è solo un foglio di carta, mentre la<br />
roba da mangiare, si mangia – disse seraficamente<br />
il sacerdote.<br />
– E vi siete fai tua la via Selice? – chiese Amleto.<br />
Poi senza aspeare risposta, visto anche che era logico,<br />
perché si trovavano lì, aggiunse:<br />
– L’è propri vera che la Madona d’e Carmin l’aiuta i<br />
ma e gli incuscient! – Disse Amleto in segno di ammirazione<br />
per il coraggio dimostrato da don Giulio.<br />
– Sì, va bene, fino qui, ma adesso dobbiamo arrivare<br />
al Carmine e ci sono posti di blocco un po’<br />
dappertuo – disse il sacerdote.<br />
– Al Carmine non ci arrivate, stasera. I fascisti<br />
hanno posti di blocco lungo la via Emilia. Cercano<br />
quello che si è buato dal Ponte Nuovo. Gli altri due<br />
li hanno ammazzati – disse Amleto.<br />
46<br />
È proprio<br />
vero che la<br />
Madonna<br />
del Carmine<br />
aiuta i<br />
matti e gli<br />
incoscienti!
Il sacerdote si fece il segno della croce. Seguirono<br />
aimi di silenzio. Poi Amleto ordinò:<br />
– Venite dentro, voi due. Aspeate che apro l’altra<br />
metà del portone, così entra il carreo.<br />
Così dicendo effeuò l’operazione tirando i due<br />
catenacci che tengono chiuso il portone principale.<br />
Poi aiutò Dante a spingere il carreino dentro lo<br />
stanzone.<br />
– Porco giuda quanto pesa – disse Amleto, – ma<br />
cosa avete lì dentro, un tedesco morto?<br />
– Ma no! – lo rassicurò il prete, – abbiamo patate<br />
e carote per gli orfani di Santa Caterina!<br />
–Sì, l’orfanotrofio – commentò Amleto, – voi andate<br />
al Carmine. Lo sanno tui che nascondete mezza<br />
Imola e anche dei soldati polacchi. Tui fuorché<br />
quegli imbecilli dei fascisti. Ma dài oggi, dài domani,<br />
se ne accorgono vi fucilano senza processo.<br />
– Sia faa la volontà del Signore – rispose don<br />
Giulio.<br />
– Lassè stè al Snur, cl’ha fat abbastenza dan – sentenziò<br />
Amleto. – Poi se fucilano voi, chi porta più da<br />
mangiare agli orfani?<br />
Solo allora il sacerdote si rese conto che nell’angolo<br />
della stanza c’era Derna che allaava il piccolo,<br />
con Cledes e Giuseppe vicino.<br />
– Ma Derna ha avuto un altro bambino? – chiese<br />
incuriosito don Giulio. – Di questi tempi?<br />
– È venuto e sono contento – sentenziò Amleto.<br />
– Dopo che sarà finita la guerra c’è bisogno di lavoratori.<br />
– La guerra. Chissà se finisce la guerra.<br />
– Ma sì reverendo. Gli alleati hanno quasi sfondato<br />
sul Passo del Giogo. Prima di Natale arrivano<br />
a Firenzuola. Poi i partigiani gliele stanno dando di<br />
santa ragione a Piancaldoli e Giugnola. Questi ba-<br />
47<br />
Lasciate<br />
stare il Signore<br />
che<br />
ha già fatto<br />
abbastanza<br />
danni.
stardi figli di una cagna di fascisti hanno ammazzato<br />
quasi trenta persone a Sassoleone; cosa aspea il<br />
tuo dio a cancellarli dalla faccia della terra?<br />
– Dio è buono, Dio è giusto – sentenziò il prete<br />
confuso da quell’improvvisa domanda. – Hanno<br />
ammazzato anche il parroco. Hai proprio ragione<br />
Amleto, ma penso che Dio c’entri poco in questa<br />
faccenda. Sono gli uomini a farsi la guerra. I fascisti<br />
non sono poi male, mentre i tedeschi, quelli delle<br />
SS, chissà da che mondo vengono...<br />
– Dio li fa e dio gli accompagna – sentenziò Amleto.<br />
– I fascisti vanno d’accordo coi tedeschi perché sono<br />
della stessa razza, della stessa caiveria!<br />
– Speriamo proprio che finisca presto – concluse<br />
don Giulio.<br />
Dante ha appena finito di sistemare il carreino.<br />
Don Giulio si accorge della padella e delle salsicce:<br />
– Non avete ancora cenato? – domandò.<br />
– Stavamo proprio cominciando quando siete<br />
venuti voi. Cercavamo un po’ di pane... – disse<br />
Amleto.<br />
– Ma guarda un po’ la Provvidenza, – disse gongolante<br />
don Giulio, – ho proprio una pagnoa.<br />
Così dicendo scoprì un angolo del carreino e ne<br />
trasse una bella pagnoa di pane comune.<br />
– Ma è troppo – sentenziò Amleto. – E i suoi orfanelli<br />
cosa mangeranno?<br />
Per tua risposta il sacerdote scoperse il resto del<br />
carreo lasciando intravedere una sporta piena di<br />
pane.<br />
– Ce ne hanno da mangiare, non ti preoccupare<br />
– confermò don Giulio. – Poi quello che ho da chiederti<br />
vale bene una pagnoa!<br />
– Eh no, reverendo. Io ho moglie e tre figli. L’ul-<br />
48
tima cosa che mi passa per la testa è farmi fucilare!<br />
– disse deciso Amleto.<br />
– E chi ti vuole far fucilare? – chiese il prete. – Tu<br />
sei dell’UNPA, ti fanno araversare il blocco.<br />
– Sì, da solo, in biciclea, forse. Ma con un carrettino?<br />
– Potremmo dire ai fascisti che portiamo il carreo<br />
con il mangiare agli orfani di Santa Caterina?–<br />
chiese il prete.<br />
– Sono stupidi i fascisti, ma non cretini – sentenziò<br />
convinto Amleto. – Lo sanno che il mangiare a<br />
Santa Caterina lo porta il camion. Però, si potrebbe<br />
provare.<br />
– Provare cosa? – chiese incuriosito il prete.<br />
– Provare a corromperli. Dipende da chi c’è di<br />
servizio al blocco e se non ci sono i tedeschi, forse<br />
– propose Amleto.<br />
Senza nemmeno aspeare risposta, Amleto si<br />
mee sulle spalle la “capparella”, prende la biciclea<br />
appoggiata alla parete, si aggiusta la fascia con la<br />
scria UNPA sul braccio e apre la porta:<br />
– Vado a vedere cosa si può fare. – Poi rivolto a<br />
Derna, Amleto continua: – Te comincia a cuocere le<br />
salsicce. – Poi chiede al sacerdote: – Nel carreo dei<br />
miracoli non ci sarebbe per caso un po’ d’olio, o un<br />
pezzeo di lardo?<br />
– No, l’olio costa più dell’oro. Il grasso fino a che<br />
non ammazziamo il maiale, verso Natale, neanche<br />
se ne parla. Mi dispiace – disse sconsolato don<br />
Giulio.<br />
– Fa niente reverendo – lo rassicura Amleto. Poi<br />
rivolto a Derna ordina: – Cucinale con l’acqua, vanno<br />
bene lo stesso: sono salsicce di Mordano!<br />
– Sei stato a Mordano?– chiese incuriosito il sacerdote.<br />
49<br />
Tabarro
– Sì, ma non lo dica troppo in giro, ché se lo vengono<br />
a sapere i fascisti... – poi per troncare la conversazione,<br />
anche perché non voleva che Derna<br />
sapesse troppo delle sue attività, concluse: – Vado,<br />
vedo e torno!<br />
– Ci meo cinque minuti a cucinarle – disse Derna<br />
con la padella in mano, – vuoi che ti aspeiamo?<br />
– No, tu comincia pure, entro cinque minuti sono<br />
di ritorno.<br />
Così dicendo Amleto inforca la biciclea ed esce<br />
dal portone. Derna, ora che è sola non perde l’occasione<br />
per rimproverare il prete:<br />
– Ma lei lo sà reverendo che se lo prendono e a<br />
qualcuno gli va la luna di traverso me lo sbaono<br />
alla Rocca?<br />
– Ma non preoccuparti, Derna – rispose il sacerdote<br />
con tono rassicurante, – ti chiami Derna, vero?<br />
– Sì, mi chiamo Derna...<br />
– Tuo padre era Giuseppe. Conti, credo...<br />
– Conti Giuseppe. Giuseppe, come questo qua–<br />
così dicendo accarezza i capelli al piccolo Giuseppe<br />
seduto per terra vicino alla stufa.<br />
– Gran brava persona Conti Giuseppe – sentenzia<br />
don Giulio.<br />
– Sì – afferma Derna, – però è andato a morire in<br />
Africa e ci ha lasciti orfani...<br />
Non appena pronunciate queste parole Derna<br />
scoppia in un pianto diroo. Il prete si rende conto<br />
della situazione. Giuseppe Conti è morto in guerra<br />
lasciando Derna con sua sorella Maria e il fratello<br />
Ebenio orfani.<br />
– Ma non volevo toccare questo tasto doloroso – il<br />
sacerdote cerca di rasserenare Derna, – vedrai che<br />
la bontà di Dio non permeerà nulla di grave nella<br />
vostra famiglia.<br />
50
– Speriamo che abbia ragione, padre – aggiunse<br />
Derna smeendo di piangere ed asciugandosi gli<br />
occhi con la manica della camicea.<br />
Ormai le salsicce erano coe, ma di Amleto non<br />
c’era traccia del ritorno. Il prete per ingannare il<br />
tempo leggeva il suo breviario alla luce fioca che<br />
usciva dalla stufa.<br />
Dante appoggiato al carreo sembrava che dormisse.<br />
Derna interruppe il silenzio:<br />
– Meglio che mangiamo, se no se si raffreddano<br />
sanno di grasso.<br />
– Ma io ho già mangiato – rispose con poca convinzione<br />
il prete – e anche Dante ha già mangiato.<br />
Dai da mangiare ai bambini piuosto e mangia anche<br />
te che devi essere forte per allaare.<br />
Derna esegue in parte l’ordine. Spezza il pane e<br />
porge mezza salsiccia a Cledes e mezza a Giuseppe.<br />
– Mangiate piano – ordinò Derna alla vista dei figli<br />
che si avventavano sui pezzi di salsiccia – sembrate<br />
due morti di fame.<br />
– Lascia che facciano come vogliono, non c’e nulla<br />
di più bello che vedere i bambini che mangiano – intervenne<br />
il prete. – Quando hanno finito c’è anche<br />
una mela!<br />
– Grazie padre, non doveva...<br />
– È il minimo che possa fare, e in futuro se avete<br />
bisogno venite al Carmine a trovarmi – invitò il sacerdote.<br />
– Partiamo per Bagnara domani – disse Derna<br />
come per scusarsi.<br />
– Starete bene a Bagnara, meglio che Imola di questi<br />
tempi: non bombardano la campagna. Il parroco<br />
di Bagnara, don Dino, è una gran brava persona.<br />
51
– Ma come mai Amleto non torna? – chiese Derna<br />
che ormai cominciava a preoccuparsi. – Aveva deo<br />
che tornava tra cinque minuti...<br />
– Vedrai che è solo questione di pochi minuti – il<br />
sacerdote cercò di rassicurare la donna.<br />
Aveva appena pronunciate queste parole che si<br />
udì un rumore fuori dalla porta. Pochi istanti dopo<br />
Amleto entrava con la biciclea a mano.<br />
– Porco giuda – inveì Amleto, – ho forato, proprio<br />
all’imbocco di via Selice. – Poi rivolto al prete: – Tutto<br />
a posto reverendo!<br />
– Ma come mai tuo questo tempo? – si informò<br />
preoccupata Derna.<br />
– Cosa vuoi, – spiegò Amleto, – al posto di blocco<br />
c’era Garelli, mi ha domandato cosa facevo da quelle<br />
parti a quell’ora, gli ho deo che controllavo che<br />
non ci fossero luci alle finestre in caso di bombardamenti<br />
e ci ha creduto. Poi, visto che erano in tre, gli<br />
mancava il quarto per fare la briscola, allora...<br />
– Allora?– chiese incuriosito il prete.<br />
– Allora abbiamo fao la briscola: io e Garelli contro<br />
gli altri due. Mai visti, devono essere arrivati a<br />
Imola da poco dalla bassitalia. Neri di faccia, neri di<br />
capelli e neri di camicia.<br />
– Allora? – chiese questa volta Derna.<br />
– Allora abbiamo vinto noi! Poi loro hanno voluto<br />
la rivincita. Abbiamo vinto di nuovo! Poi loro hanno<br />
voluto la rivincita della rivincita. Allora Garelli ha<br />
deo: perché non ci giochiamo due lire?<br />
– Allora? – chiesero in coro don Giulio, Derna e<br />
Dante.<br />
– Allora abbiamo fao un’altra briscola – disse<br />
Amleto.<br />
– E chi ha vinto? – chiese il prete sempre più interessato<br />
alla vicenda.<br />
52
– E chi vuole che abbia vinto, i migliori, noi – aggiunse<br />
trionfante Amleto, estraendo una bella banconota<br />
da due lire che consegnò a Derna – e fortuna<br />
che è andata così perché in tasca avevo solo quaro<br />
soldi.<br />
– E gli hai chiesto se possiamo passare? – chiese il<br />
prete preoccupato.<br />
– Questa noe no – rispose Amleto, – ma domani<br />
maina presto Garelli vi fa passare. Gli ho deo che<br />
avete il mangiare per gli orfanelli.<br />
– Sia lodato Gesù Cristo – sentenziò il prete. – Tanto<br />
vale che proviamo a dormire e domaina presto<br />
andiamo.<br />
– Ho promesso a Garelli quaro patate...<br />
– Avrà senz’altro le sue quaro patate – promise<br />
don Giulio.<br />
– Avete già mangiato? – si informò Amleto.<br />
– Se aspeavamo te, facevamo colazione! – aggiunse<br />
Derna. – Però ce n’è ancora una. Il prete non<br />
ha fame, Dante ha già mangiato. Ona a l’ho mangneda<br />
me e l’altra l’ho divisa per Cledes e Giuseppe. Aspetta<br />
che gli dò una scoatina a questa così mangi anche<br />
te.<br />
Amleto sorride. Si toglie la pesante mantella e dalla<br />
tasca interna estrae una boiglia di vetro scuro.<br />
– Questo è Sangiovese – sentenziò Amleto. – Se lo<br />
fa un bicchiere reverendo?<br />
– Questo sì, al Sangiovese non si può dir di no.<br />
Poi rivolto a Dante:<br />
– Un gocceo Dante?<br />
– Urca! – sentenzio Dante che già si leccava i baffi.<br />
–E il Sangiovese da dove arriva?– chiese Derna<br />
mentre cercava il cavatappi nel casseo.<br />
– L’è na storia longa – disse Amleto. – Sai, ai terroni<br />
il Sangiovese non piace. Loro ne avevano due bot-<br />
53<br />
Una l’ho<br />
mangiata<br />
io.<br />
Certamente.<br />
È una<br />
storia<br />
lunga.
tiglie, così gli ho deo: – Se mi date una boiglia di<br />
vino vi dò quaro patate.<br />
Hanno acceato, e qui è il vino. Le patate gliele<br />
diamo domani quando andiamo al Carmine.<br />
– Porco diavolo – si lasciò scappare il sacerdote,<br />
– io pensavo che le quaro patate fossero il prezzo<br />
da pagare per passare col carreo...<br />
– No, quello passa gratis – continuò Amleto, – Garelli<br />
ha deo che può passare. Gli altri sono da fuori<br />
e non sanno niente e crederanno alla storia degli orfanelli<br />
di Santa Caterina.<br />
– Tira il tappo Amleto – disse Derna passando il<br />
cavatappi.<br />
– Te mica puoi bere – disse Amleto facendo finta<br />
di essere serio. – Se te bevi va a finire che mi ubriachi<br />
il bambino.<br />
– Se è figlio tuo, meglio che si abitui presto – disse<br />
Derna ridendo.<br />
– Come sarebbe a dire: se è?– chiese Amleto.<br />
– E di chi? – chiese Derna ridendo, – figlio del prete?<br />
– Ohi voi due, non meiamo in giro chiacchiere<br />
che le peegole ci credono – interloquì don Giulio<br />
col bicchiere in mano, – beviamoci su che è meglio.<br />
Amleto versa il vino nei bicchieri. Il prete ne assaggia<br />
un sorso poi esclama:<br />
– Ma non potevi dargli oo patate così prendevi<br />
anche l’altra boiglia?<br />
– Reverendo, per chi mi ha preso? – rispose<br />
Amleto. – Grazie del consiglio, ma ho già fao: ho<br />
preso anche l’altra boiglia.<br />
Così dicendo Amleto mostra dall’altra tasca interna<br />
della mantella l’altra boiglia, poi aggiunge:<br />
– Ma questa ce la beviamo a Bagnara per festeggiare<br />
il baesimo.<br />
54
– Auguri allora – sentenziò don Giulio trangugiando<br />
il bicchiere di Sangiovese.<br />
Tui bevvero. Nel fondo della boiglia ce n’era<br />
rimasto ancora un poco.<br />
– L’ultima parola al prete? – chiese Amleto.<br />
– Naturalmente! – convenne don Giulio avvicinando<br />
il bicchiere, – dopotuo le patate erano le<br />
nostre.<br />
– Noi dormiamo lì, tui e cinque – disse Amleto<br />
indicando il giaciglio.<br />
– Io dormo bene sulle assi del pavimento, vicino<br />
alla stufa – disse don Giulio.<br />
Dante già dormiva appoggiando la testa sui sacchi<br />
delle patate nel carreo, quindi sembrò superfluo<br />
chiedergli dove preferiva dormire.<br />
– Buona noe, Reverendo – augurò Amleto.<br />
– Buona noe Amleto – ricambiò don Giulio. – Dio<br />
ve ne renda merito. Poi rivolto a Derna ed ai bambini<br />
facendo un ampio gesto con la mano aggiunse:<br />
– Vi benedica Dio Onnipotente, Padre, Figlio e<br />
Spirito Santo...<br />
55
Alla volta del Carmine<br />
Gli eventi di quei giorni di seembre erano particolarmente<br />
gravi e i bombardamenti incessanti. I<br />
partigiani erano molto aivi nella zona rendendo i<br />
fascisti particolarmente aggressivi e vendicativi.<br />
La 36 Brigata aveva occupato Castel del Rio e distribuito<br />
il grano alla popolazione. Lungo la strada<br />
Montanara ci furono scontri coi tedeschi, con parecchie<br />
perdite da parte dei partigiani.<br />
Anche nel centro di Imola avvenivano scontri. Un<br />
segretario del fascio fu freddato e due fascisti furono<br />
feriti. I partigiani furono aaccati dai nazifascisti<br />
sul Monte Pianaccio, vicino a Castagno. Dopo una<br />
cruenta baaglia durata parecchie ore, i tedeschi lasciarono<br />
sul campo trenta morti e una cinquantina<br />
di feriti. Da parte loro i partigiani ebbero tre morti<br />
e cinque feriti.<br />
A Marradi, per rappresaglia i tedeschi coadiuvati<br />
dai fascisti ammazzano trentacinque contadini. A<br />
Casea di Tiara vengono bruciate alcune case e la<br />
chiesa.<br />
Sugli Appennini sopra a Bologna tra il seembre<br />
e l’oobre 1944 ci fu lo sterminio di un intera popolazione,<br />
che viveva nei monti denominati zona di<br />
Monte Sole. La strage è più comunemente conosciuta<br />
come Strage di Marzaboo.<br />
Il 29 seembre le truppe delle SS accerchiarono<br />
tua la zona e accompagnati da guide fasciste della<br />
zona incominciarono a risalire i monti.<br />
57
In quel periodo la zona era abitata, oltre che dalla<br />
gente locale, anche dagli sfollati che vi si erano rifugiati<br />
pensavano di essere più sicuri che nelle proprie<br />
abitazioni di valle, considerandole più pericolose in<br />
vista dell’imminente e sperato aacco degli alleati,<br />
che già avevano sfondato le prime fortificazioni della<br />
Linea Gotica.<br />
Lungo tua la Linea Gotica, vi erano sparse varie<br />
brigate partigiane, carabinieri e militari che si erano<br />
opposti alla repubblica di Salò, militari alleati fuggiti<br />
alla prigionia tedesca, e la brigata Stella Rossa.<br />
In vari luoghi la popolazione pensò che le truppe<br />
nazifasciste stessero arrivando per rastrellare solo<br />
gli uomini, considerati tui possibili partigiani. Per<br />
questo gli uomini si nascosero nei boschi, mentre le<br />
donne, i bambini e gli anziani rimasero nei villaggi.<br />
Le truppe nazifasciste invece, in ogni zona abitata<br />
che arrivarono, bruciarono le case e uccisero indiscriminatamente<br />
tua la popolazione.<br />
Alcune persone vedendo i primi incendi pensarono<br />
di rifugiarsi nelle chiese, ma non vi era alcuna<br />
pietà… Alcuni uomini nascosti videro morire tui<br />
i propri cari: moglie, figli, padre, madre, nonni, zii,<br />
amici, preti, conoscenti…<br />
Dopo una decina di giorni di saccheggio, di uccisioni,<br />
di distruzioni di case e chiese, le truppe sterminarono<br />
l’intera popolazione civile di 38 diverse<br />
località: oltre 770 persone tra cui 315 donne, 189<br />
bambini fino ai 12 anni, 30 giovani dai 12 ai 18 anni,<br />
cinque sacerdoti e una suora.<br />
– Attenti alle buche! – sbuffò Amleto spingendo il<br />
carreino lungo la Via Emilia.<br />
– Alt! – impose Garelli alla vista del carreo. Poi<br />
58
iconosciuti quelli che lo spingevano aggiunse: – Sei<br />
te Amleto, che ci fai coi preti? – Poi riconosciuto anche<br />
il sacerdote aggiunse: – Sia lodato Gesù Cristo,<br />
don Giulio. Presto, passate prima che tornino i tedeschi.<br />
Sono incazzati neri, hanno il loro bel da fare<br />
sulla Montanara. I briganti sono ovunque. Aenti<br />
anche voi, che se vi vedono vi rubano tuo.<br />
– Chi ci ruba? – chiese don Giulio.<br />
– Che differenza fa? – rispose Garelli. – Se non ve<br />
lo rubano i tedeschi ve lo rubano i banditi.<br />
– Queste sono per voi – aggiunse il prete consegnando<br />
al Garelli le quaro patate.<br />
– Lasci perdere reverendo – rispose Garelli respingendo<br />
l’offerta, – le porti ai suoi orfanelli che ne<br />
hanno più bisogno di noi.<br />
– Dio ve ne renda merito – disse il prete rimeendo<br />
le patate sul carreino e cominciando a spingere<br />
alla volta del Carmine.<br />
Il carreo spinto dai tre uomini avanzava abbastanza<br />
velocemente lungo la Via Emilia, nonostante<br />
le buche delle bombe e la mancata manutenzione<br />
dovuta alla guerra. Non appena furono a debita distanza<br />
Amleto si rivolse a don Giulio:<br />
– Così il vostro dio rende merito anche ai fascisti?<br />
– chiese Amleto, sbuffando e spingendo il carreo.<br />
– Per il Signore non ci sono differenze – affermò<br />
il prete poco convinto. – Almeno, non ci dovrebbero<br />
essere. Lui è morto in croce per noi. Siamo tui figli<br />
di Dio...<br />
– No, loro no – interruppe Amleto, – quei figli di<br />
una cagna non possono essere figli di dio, se c’è un<br />
dio!<br />
Don Giulio non volle o non seppe rispondere. Si<br />
limitò ad abbassare lo sguardo e spingere un po’ più<br />
59
forte il carreo, che senza altri intoppi arrivò alla<br />
Chiesa del Carmine.<br />
– Io vi lascio qui – disse Amleto.<br />
– Prenditi almeno qualche patata – disse il sacerdote<br />
per dimostrare la sua riconoscenza.<br />
– No, grazie lo stesso Reverendo – rispose Amleto<br />
rifiutando. – Che non si abbia a dire che ho tolto il<br />
pane... le patate di bocca agli orfani...<br />
– Proprio non vi capisco – disse il prete, – c’è chi<br />
ammazza per una patata e oggi due me le hanno<br />
rifiutate. Chi non ha fame ha già mangiato!<br />
– Va là don Giulio, faccia pure lo spirito di patata!<br />
– rispose Amleto con un sorriso. Poi cercò di accomiatarsi<br />
dal prete: – Allora io tolgo il disturbo...<br />
– Grazie Amleto – rispose convinto il sacerdote,<br />
– e auguri per il trasferimento a Bagnara. Ci rivedremo?<br />
– Adesso che ci siamo conosciuti un po’ meglio,<br />
meglio tenerci in contao – disse Amleto.<br />
– I tempi non sono ancora maturi – informò don<br />
Giulio, – ma presto avremo bisogno di brave persone<br />
come te.<br />
– Bravo non lo so... Faccio quello che posso, quando<br />
posso... – rispose imbarazzato Amleto.<br />
– Se hai bisogno di qualcosa o sai che qualcuno è<br />
disperato, vieni alla Casa Nuova nel podere – disse<br />
il sacerdote.<br />
– Grazie don Giulio – rispose Amleto, – io lascio<br />
la famiglia a Bagnara, così sta al sicuro, ma continuo<br />
a venire a Imola. Poi sembra che riaprano la Fornace,<br />
e devo fare il mio dovere per l’UNPA.<br />
60
A Bagnara per il Baesimo<br />
– La chiesa arcipretale di Bagnara è dedicata a<br />
San Giovanni Baista e Sant’Andrea Apostolo, –<br />
spiegava don Dino, – potreste chiamare il bambino<br />
col nome dei Santi, di questi tempi è sempre meglio<br />
avere un Santo proteore.<br />
– Lei lo vuole chiamare Franco – rispose Amleto<br />
additando la moglie, – e se lei lo vuole chiamare<br />
Franco, mi sa proprio che si chiamerà Franco.<br />
– Ma almeno il nome di mezzo – insistè don<br />
Dino.<br />
– Ci provi lei, reverendo – disse Amleto, – io in<br />
quaordici anni non sono ancora riuscito a farle<br />
cambiare idea una volta. Beati voi che non vi sposate.<br />
– E questo è il fonte baesimale. Costruzione<br />
in pietra del quindicesimo secolo – annunciò don<br />
Dino.<br />
In quel preciso istante entrò correndo nella chiesa<br />
Antonio, il sacrestano:<br />
– Don Dino, i tedeschi hanno fao posti di blocco<br />
dappertuo. A Imola hanno arrestato più di duemila<br />
persone. Li mandano a lavorare alle trincee.<br />
Quelli senza documenti li hanno rinchiusi nella<br />
Rocca.<br />
– Meglio che ci spicciamo con questo baesimo,<br />
prima che i tedeschi arrivino fin qui – intervenne<br />
don Dino.<br />
– Appena arriva Tilde, cominciamo – annunciò<br />
Amleto.<br />
61
– Meglio che baezziamo quest’innocente, poi tu<br />
e la famiglia ve ne andate a Bubano.<br />
Il paeseo di Bubano era relativamente intoccato<br />
dalla guerra, vista la scarsa popolazione e le poche<br />
case coloniche che formavano l’intero nucleo. In<br />
uno di questi casoni abitava Ermelinda, la mamma<br />
di Derna, che avrebbe senz’altro ospitato la famiglia<br />
in quel periodo così travagliato.<br />
Nel fraempo era arrivata Tilde, che avrebbe fao<br />
da madrina. Inoltre c’era anche la sorella di Amleto,<br />
Angiolina, che era venuta da Castel San Pietro per<br />
l’occasione.<br />
Don Dino, con l’aiuto del sacrestano, premurosamente<br />
cominciò a preparare l’altare con tui i paramenti.<br />
Mise l’acqua nel fonte baesimale. Si sedee<br />
nel primo banco, aprì il messale e aspeò che arrivassero<br />
altri ritardatari.<br />
Cledes e Giuseppe se ne stavano buoni buoni vicino<br />
alla mamma che allaava il bambino.<br />
Derna aveva appena finito di allaare il piccolo,<br />
che entrò in chiesa Ermelinda, la mamma di Derna.<br />
Inoltre c’erano altre quaro persone; curiosi che erano<br />
venuti a vedere quello strano evento, visto che in<br />
paese era parecchio tempo che non si celebrava un<br />
baesimo.<br />
– Mamma – gridò contenta Derna alla vista di Ermelinda,<br />
– Ti sei fatta tua questa strada da Bubano<br />
per venire qui?<br />
– Non mi sono persa gli altri due baesimi, non<br />
mi voglio perdere neanche questo, venisse giù il<br />
mondo – rispose nonna Ermelinda, – poi mica sono<br />
venuta a piedi, sono venuta col camion dell’UNPA.<br />
– Il camion? – chiese incuriosito Amleto.<br />
62
Non aveva neanche finito di parlare che entrarono<br />
nella chiesa quaro persone in divisa da fatica<br />
con la fascia dell’UNPA al braccio.<br />
– Graziano, Mario, Gildo, voi qui? – disse Amleto<br />
commosso alla vista dei colleghi. Poi guardò l’altra<br />
persona che non credeva di conoscere.<br />
– Girolamo Costa – porgendo la mano si presentò<br />
ad Amleto.<br />
– Piacere di conoscerla – rispose Amleto stringendogli<br />
la mano, – voi siete l’ingegnere Costa?<br />
– Ingegnere. Non mi ricordo l’ultima volta che ho<br />
usato l’ingegno. Chiamami pure Girolamo.<br />
– Oej, ci son anca me – disse Angiolina, la sorella<br />
di Amleto, che si sentiva dimenticata. – Son vn’u da<br />
Castel cun la bizicleta par v’de sta’ nvod.<br />
– Ciao Angiolina, non ti avevo vista – disse Amleto<br />
in tono di scusa.<br />
– Ma se sono grossa come una vacca, come hai<br />
fao a non vedermi? – chiese la sorella.<br />
– Macché grossa – la tranquillizzò Amleto, – ti<br />
trovo bene!–<br />
– Allora vogliamo incominciare? – interruppe<br />
quella riunione familiare don Dino.<br />
– Ci siamo tui – affermò Derna, – abbiamo quasi<br />
riempita la chiesa.<br />
– Ohi, tu, piccolo – disse gentilmente don Dino<br />
– come ti Chiami?–<br />
– Giuseppe.<br />
– Tu Giuseppe mi aiuti con l’acqua santa – disse<br />
don Dino passando il secchiello. – E tu, ragazzina,<br />
come ti chiami?<br />
– Cledes–.<br />
– Che bel nome – sentenziò il sacerdote. – Non sò<br />
se c’è un Santo proteore con quel nome. Sono sicuro<br />
che ci sarà una Santa con questo nome. Tu dovre-<br />
63<br />
Ehi, ci sono<br />
anch’io.<br />
Son venuta<br />
da Castel<br />
San Pietro<br />
in bicicletta<br />
per vedere<br />
questo<br />
nipote!
sti tenere la candela, ma purtroppo non ne abbiamo<br />
più di questi tempi.<br />
Il sacerdote si voltò verso l’altare come per cercare<br />
qualcosa che potesse sostituire la candela.<br />
– Tieni questo fiore – disse don Dino porgendo<br />
una grande margherita a Cledes, – non sarà una<br />
candela, ma è pur sempre bianco.<br />
Poi rivolto all’assemblea don Dino si accertò:<br />
– Ci siamo tui? Possiamo cominciare?<br />
– Cominciamo pure, reverendo. Poi tui a casa di<br />
Tilde – annunciò Amleto rivolto ai presenti, – abbiamo<br />
preparato qualche cosina...<br />
– Allora cominciamo – disse don Dino. – Tu, Tilde,<br />
prendi in braccio il bambino. – Poi cominciò:<br />
– Colgo l’occasione per rivolge un saluto ai presenti,<br />
specialmente ai genitori e alla madrina. Questi<br />
sono momenti di gioia in un periodo così difficile<br />
e funesto.<br />
Ringraziamo Dio che ci ha concesso questo dono:<br />
è lui, fonte della vita, che nel baesimo vuole comunicare<br />
la sua vita stessa.<br />
Poi rivolto ai genitori don Dino chiese:<br />
– Che nome date al vostro bambino?<br />
– Franco – risposero contemporaneamente Derna<br />
e Amleto.<br />
– Franco... e? – chiese il sacerdote.<br />
– Franco e Giovanni – disse Amleto guardando<br />
la moglie, e, visto che non interveniva, confermò:<br />
– Franco Giovanni.<br />
– Per Franco Giovanni che cosa chiedete alla Chiesa<br />
di Dio? – Continuò don Dino.<br />
– Il baesimo.<br />
– Dio, che ama tui gli uomini, dimostri la sua bontà<br />
verso i congiunti e gli amici qui presenti: li preservi<br />
dal male e doni loro l’abbondanza della pace.<br />
64
– Amen! – esclamarono tui in coro.<br />
Tilde si avvicinò al fonte baesimale con Franco<br />
tra le braccia, seguita dai genitori.<br />
Don Dino bagnò la fronte del piccolo con l’acqua<br />
benedea esclamando: – Io ti baezzo, nel nome del<br />
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.<br />
– Amen!<br />
Don Dino fece un cenno a Giuseppe che passò il<br />
secchiello con l’acqua santa. Inzuppò l’aspersorio e<br />
spruzzò d’acqua santa i presenti dicendo:<br />
– Vi benedica tui Dio onnipotente, Padre e Figlio<br />
e Spirito Santo – invocò don Dino.<br />
– Amen! – conclusero tui in coro.<br />
65
Vita a Bubano<br />
Il trasferimento di tua la famiglia nel casone di<br />
Ermelinda avvenne poco dopo il baesimo del piccolo<br />
Franco. Bagnara non era poi tanto tranquilla<br />
data la vicinanza del fronte. La Rocca Sforzesca era<br />
stata trasformata in una prigione per i presunti antifascisti.<br />
Bagnara non possedeva un vero e proprio<br />
tribunale, così i prigionieri venivano trasportati a<br />
Bologna e non era di rado che ritornava la notizia di<br />
torture e fucilazioni.<br />
Amleto godeva di una relativa autonomia, considerato<br />
che era un volontario dell’UNPA, ma di quei<br />
tempi, e con i tedeschi in ritirata, le rappresaglie erano<br />
sempre più comuni e bastava trovarsi al momento<br />
sbagliato nel posto sbagliato per essere rastrellati<br />
ed eventualmente fucilati per rappresaglia.<br />
Via Lughese, via Selice e la Gambellara erano tappezzate<br />
di manifesti che rammentavano le eventuali<br />
sanzioni alla popolazione civile:<br />
“Se dovesse verificarsi il ferimento di un soldato germanico<br />
50 persone sarebbero fucilate. Nel caso di morte<br />
di un soldato germanico 100 persone sarebbero fucilate. Il<br />
Commissario Prefeizio consiglia quindi alla calma nell’interesse<br />
stesso della popolazione.”<br />
Questi manifesti avevano la funzione di spaventare<br />
le mogli dei partigiani che non resistevano alla<br />
tentazione di liberarsi di qualche usurpatore.<br />
67
Non era difficile incontrare nelle campagne qualche<br />
pauglia tedesca allo sbando e un’imboscata<br />
poteva riuscire molto facilmente. La paura delle<br />
rappresaglie era un efficace deterrente perché le<br />
rappresaglie nazifasciste erano indiscriminate e<br />
spietate.<br />
– Sit chapa it fuzela !– piagnucolava Derna che cercava<br />
di convincere Amleto.<br />
– Mica vado a fare alla guerra – rispondeva Amleto<br />
in tono rassicurante, – io vado a fare la pace, a tirare<br />
fuori dalle macerie quei poveri disgraziati.<br />
– Tu sei un brav’uomo – rispose Derna convinta<br />
– ma loro non lo sanno.<br />
– Lo sanno, lo sanno – informò Amleto. – Mica<br />
tiro fuori solo i partigiani. Quelli soo le macerie<br />
sono soo le macerie e quando sono soo le macerie<br />
sono tui uguali, dei disgraziè da tirar fora!<br />
Queste ultime parole Amleto le aveva pronunciate<br />
che ormai era già fuori dalla porta. A nulla valevano<br />
le proteste di Derna e della mamma Ermelinda<br />
e forse anche loro lo sapevano che il lavoro di Amleto<br />
era necessario come il pane.<br />
Graziano e Amleto arrivarono alla Colombara, una<br />
casa colonica vicino a Bubano che nell’estate precedente<br />
era stata usata come base partigiana delle<br />
Squadre di Azione Patriottica (SAP).<br />
Mario era già arrivato sul posto e parlava con Pio,<br />
il figlio di Cesira:<br />
– Ma sei sicuro che tua mamma è sotto le macerie?<br />
– chiedeva Mario.<br />
– Non lo so – rispose preoccupato, – noi avevamo<br />
il nostro da fare a tenere a bada i tedeschi che<br />
volevano rubare le mucche. Gli abbiamo inseguiti<br />
fino alla Lughese, poi quando siamo tornati indietro<br />
abbiamo trovato la casa in fiamme.<br />
68<br />
Se ti<br />
prendono ti<br />
fucilano.<br />
Disgraziati<br />
da tirare<br />
fuori!
– C’è stato un bombardamento – annunciò Graziano<br />
intervenendo nella conversazione.<br />
– Ma no – insistette Pio, – le bombe le hanno buttate<br />
ieri mattina. Quando sono tornato a controllare<br />
i danni, c’erano già i tedeschi che ronzavano attorno<br />
alla stalla. Mamma non voleva abbandonare le<br />
bestie. Se ci siamo noi a guardarle, diceva, quelli ci<br />
lasciano in pace.<br />
– Può anche darsi che ci abbiano dato fuoco per<br />
rappresaglia – convenne Amleto.<br />
– Sono preoccupato – continuò Pio, – non vorrei<br />
che avessero rubato le mucche e dato fuoco alla casa<br />
con mamma dentro.<br />
Senza aspettate altro Amleto, Mario e Graziano<br />
cominciarono a rimuovere le assi fumanti che bloccavano<br />
l’ingresso della stalla. Dentro la stalla, che<br />
trovarono vuota, era tutto carbonizzato. Il tetto parzialmente<br />
crollato e tutto il fienile incenerito. Del<br />
bestiame non c’era nemmeno l’ombra. Ora la loro<br />
preoccupazione si spostò verso la casa.<br />
– Hanno portato via tutto – informò Amleto.<br />
– Nessuna traccia di Cesira? – chiese Pio, temendo<br />
il peggio.<br />
– Nella stalla niente – informò Mario, – forse è<br />
scappata lungo il fosso...<br />
– Eh no – osservò Amleto uscendo dalla parte semidiroccata<br />
della casa, – non è scappata. È qui, almeno<br />
quello che resta è qui.<br />
Con un urlo tremendo di dolore il figlio Pio si gettò<br />
nelle rovine della casa. A nulla valsero i tentativi<br />
per fermarlo. Pio piangeva su quelle spoglie carbonizzate.<br />
Gli uomini dell’UNPA stavano decidendo sul da<br />
farsi quando videro arrivare la cisterna dei pompie-<br />
69
i accompagnata da una cammionetta delle Brigate<br />
Nere.<br />
– Non c’è più niente da spegnere – disse Amleto<br />
rivolto ai pompieri, – ma c’è il corpo di Cesira, dentro<br />
la casa.<br />
Scesero dal camion con la barella, caricarono il<br />
corpo della Cesira. I militi delle Brigate Nere sapevano<br />
che Cesira aveva militato nella Squadra di<br />
Azione Patriottica (SAP) e confabulavano tra loro.<br />
Poi rivolti a Pio espressero il loro parere:<br />
– Adesso sarete contenti che i vostri amici inglesi<br />
vi hanno buttato le bombe in testa!<br />
– Sono stati i tedeschi! – protestò Pio in lacrime.<br />
– Sono sempre i tedeschi a fare i danni – commentò<br />
il brigatista, – mentre gli inglesi seminano i fiori.<br />
– Hanno razziato il bestiame – informò Amleto.<br />
Il tono canzonatorio del brigatista cambiò assumendo<br />
un ghigno di stizza:<br />
– Te sei dell’UNPA? – chiese il brigatista ad<br />
Amleto.<br />
– Sì – rispose Amleto con fierezza mostrando il<br />
distintivo e la fascia.<br />
– E cosa fai qui? – continuò il brigatista con arroganza.<br />
– Faccio il mio dovere – informò Amleto, – tiro<br />
fuori i morti dalle macerie.<br />
– Hai tirato fuori i morti? – continuò il brigatista.<br />
– Sì – confermò Amleto indicando il corpo carbonizzato<br />
di Cesira sulla barella.<br />
– Allora il tuo dovere è fatto e ve ne potete andare<br />
tutti – disse il brigatista, – ora tocca a noi fare il nostro<br />
verbale.<br />
Pio, che fino a quel momento si era limitato a<br />
piangere, al sentire queste parole di sfida si scagliò<br />
contro il brigatista che aveva parlato.<br />
70
Amleto fece appena in tempo a trattenerlo prima<br />
che si mettesse nei guai. Se avesse colpito il militare<br />
avrebbe potuto essere arrestato e giudicato un sovversivo,<br />
o anche venire fucilato sul posto.<br />
– Lascia stare – disse Amleto, – non vale la pena<br />
sporcarsi le mani.<br />
– Ringrazia il tuo dio– disse il brigatista, – se non<br />
ti spacco la testa!<br />
– Lasciate stare, compatitelo – implorò Amleto rivolto<br />
al brigatista, – ha già sofferto abbastanza per<br />
un giorno.<br />
– E allora portatelo via prima che mi vengano i<br />
cinque minuti – gridò con disprezzo il milite.<br />
A quel punto divenne chiaro per tutti quale fosse<br />
veramente l’unica cosa da fare. I pompieri caricarono<br />
il corpo di Cesira sul camion. I volontari dell’UNPA<br />
e Pio ritornarono alla volta di Bubano sulle<br />
loro biciclette.<br />
Era scesa la sera, bisognava fare presto prima del<br />
coprifuoco.<br />
71
La storia del bue<br />
Il mercato nero prosperava grazie alle limitazioni<br />
e ai razionamenti imposti per causa della guerra. Il<br />
regime fascista non riuscì ad assicurare un efficace<br />
sistema di razionamento causato dalla necessità<br />
politica di creare un’impressione di normalità alla<br />
popolazione, e le quantità dei generi razionati non<br />
arrivarono a soddisfare che la metà del fabbisogno.<br />
Se questa situazione non comportò una legalizzazione<br />
di fao del mercato nero, era comunque<br />
tollerata e si diffuse ulteriormente verso la fine della<br />
guerra a causa dello sconvolgimento provocato dai<br />
bombardamenti aerei e dalla progressiva dissoluzione<br />
del regime fascista.<br />
Quella maina la nebbia era particolarmente fia<br />
e il camion procedeva molto lentamente lungo Via<br />
Laguna. L’autocarro-traore Fiat era formato dalla<br />
cabina in legno ed il cassone, anch’esso di tipo tedesco,<br />
per il trasporto di bestiame e generi agricoli.<br />
Arrivato nelle vicinanze della Chiesa di Chiusura<br />
due blocchi stradali sbarrarono il suo cammino.<br />
I due occupanti del veicolo scesero per esaminare<br />
la situazione e rimasero sorpresi nel vedere che<br />
sul lato sinistro della strada c’era una pauglia delle<br />
Brigate Nere, e dall’altra un gruppo di partigiani.<br />
Solo in quel momento le due fazioni si accorsero<br />
dell’altra. E si accorsero anche che quello non era<br />
né un camion tedesco e nemmeno uno degli Alleati:<br />
era un camion carico di bestiame e boi di vino, destinate<br />
al mercato nero.<br />
73
La situazione era tesa, nessuno osava fare la prima<br />
mossa. La nebbia, tagliata in due dai fari dell’autocarro<br />
creava un’atmosfera di tensione.<br />
Finalmente quello che sembrava essere il capo<br />
della pauglia partigiana ruppe il silenzio strillando<br />
nella direzione delle Brigate Nere:<br />
– C’unt venja in ment d’fà njent c’at amaz!<br />
– Te t’namaz nissò! – rispose prontamente il più vicino<br />
brandendo il mitragliatore.<br />
– Al parla in dialet? – chiese al suo comandante<br />
Tristano, un partigiano di Castel Bolognese.<br />
– E dialet d’Iômla! – confermò Martelli.<br />
– C’ut venja n’azidet, me at so d’Iômla e vû? – chiese<br />
senza abbassare l’arma.<br />
– Fat un po’ avdè – rispose Martelli avvicinandosi<br />
di un passo.<br />
– Me at cnos! – disse il fascista. – Te sei Martlè.<br />
– E te ts’è Spada! – disse Martelli, che aveva riconosciuto<br />
quello che gli stava davanti.<br />
In uno dei tanti intrighi di una guerra civile era<br />
avvenuto che due vicini di casa, che avevano trascorso<br />
l’infanzia nello stesso cortile, frequentata la<br />
stessa scuola elementare e giocato a pallone nell’oratorio<br />
di sant’Agostino, ora si trovavano uno di<br />
fronte all’altro minacciandosi di morte e impugnando<br />
le armi.<br />
Con altreanto stupore i membri delle due brigate<br />
seguirono l’incontro. Non avvenne un abbraccio,<br />
questo no, sarebbe stato troppo, però il tono della<br />
conversazione si fece più rilassato.<br />
– Cosa fate da queste parti? – chiese Martelli abbassando<br />
il mitra.<br />
– Cosa vuoi che facciamo: cerchiamo da mangiare.<br />
Non arriva più niente nella caserma di Bubano e<br />
ci arrangiamo come possiamo.<br />
74<br />
Attento a<br />
quel che fai<br />
che t’ammazzo!<br />
Tu non<br />
ammazzi<br />
nessuno!<br />
Parla in<br />
dialetto?<br />
Il dialetto di<br />
Imola<br />
Che ti<br />
venisse un<br />
accidente,<br />
io son di<br />
Imola e<br />
voi?<br />
Fatevi un<br />
po’ vedere.<br />
Io ti conosco!<br />
Tu sei<br />
Martelli.<br />
E te sei<br />
Spada!
– Perché non vi arrendete? – chiese Martelli. – Ormai<br />
per voi è finita, i polacchi sono vicini, hanno<br />
araversato il Senio.<br />
– Finché non arrivano, noi continuiamo a fare il<br />
nostro dovere – rispose Spada, – abbiamo giurato<br />
fedeltà al gagliardeo e difenderemo questa fedeltà<br />
con la morte, se necessario.<br />
– Ma lassa stè – esortò Martelli con il tono più amichevole<br />
che sapesse trovare in quella circostanza:<br />
– Sit fà amazè an cambja njent!<br />
Approfittando della conversazione che decisamente<br />
aveva preso toni più pacati, i due del mercato<br />
nero si avvicinarono al camion.<br />
– E voi dove credete d’andare? – chiesero quasi<br />
contemporaneamente Spada e Martelli.<br />
– Ma, ma – balbeò uno di loro, – visto che tutto è<br />
chiarito, noi toglieremmo il disturbo.<br />
– Brisa fè l’imbezel! – disse Martelli.<br />
– Cosa dice? – chiese quello.<br />
– Non siete di qui? – domandò Martelli. – Dove<br />
avete rubato quel camion e quella roba?<br />
– Il camion è mio – rispose prontamente il mercatonerista,<br />
– e la roba l’abbiamo comprata a Imola.<br />
– Al mercato nero? – chiese conferma Spada.<br />
– Macché mercato nero – chiarì, – dal contadino<br />
sulla via Poiano.<br />
Spada e Martelli si avvicinarono. Ora potevano<br />
parlarsi senza gridare.<br />
– Senti Martlè: questi due sono ladri del mercato<br />
nero. Non sono certo gli italiani che fanno del bene<br />
alla popolazione. Cosa ne dici se gli portiamo via il<br />
camion con tuo quello che c’è dentro?<br />
– Così le gloriose Brigate Nere diventano ladri?<br />
– disse in tono scherzoso Martelli.<br />
– Rubare ai ladri non è reato! – sentenziò Spada.<br />
75<br />
Ma lascia<br />
perdere.<br />
Se ti fai<br />
ammazzare<br />
non cambia<br />
niente!<br />
Non fare<br />
l’imbecille!
I due comandanti affiancati si avvicinarono con<br />
cipiglio duro ai due del mercato nero.<br />
– Nel nome del popolo italiano prendiamo possesso<br />
di questo carico illegale – sentenziò Martelli.<br />
– Ma non potete fare ciò! – risposero gli sciacalli.<br />
– Quello che noi possiamo o non possiamo fare<br />
non dipende da te – disse Spada facendo un cenno<br />
ai suoi uomini che circondarono i due e li trascinarono<br />
contro il muro della chiesa.<br />
– Ma non potete permeere questo! – strillò il<br />
malfaore come per chiedere aiuto a quelli delle<br />
Brigate Nere.<br />
– Noi non siamo riusciti a trovare un rimedio in<br />
vent’anni; mi sa che anche questa volta siamo impotenti<br />
– disse Spada strizzando l’occhio a Martelli.<br />
I due malcapitati già temevano il peggio. La nebbia<br />
si era alzata e ora la scena appariva ancora più<br />
macabra. Quei due del mercato nero in lacrime contro<br />
il muro della chiesa di Chiusura e i partigiani<br />
con le armi in pugno in attesa di ordini.<br />
– Vi do cinque minuti per sparire! – disse Martelli<br />
in tono minaccioso.<br />
I due non se lo fecero ripetere e si avviarono verso<br />
il camion.<br />
– Cosa avete capito? – li fermò Martelli. – Sparire<br />
vuol dire andarsene. Il camion e il contenuto viene<br />
requisito nel nome del popolo italiano!<br />
Senza aggiungere parola i due scomparvero all’orizzonte<br />
mischiandosi ai banchi di nebbia ancora<br />
bassi qua e là lungo la via Lughese.<br />
– Avete imparato bene la vostra parte – disse Spada<br />
a Martelli.<br />
– Abbiamo avuto dei gran bravi maestri – replicò<br />
il partigiano. – Adesso portiamo questo camion a<br />
Bubano e distribuiamo il tuo alla popolazione.<br />
76
– Il bue no – disse Spada.<br />
– Lo volete voi?– chiese Martelli.<br />
– Vieni che lungo la strada ti racconto quello che<br />
è successo ieri alla Colombara.<br />
– La cà d’la Cesira? – chiese Martelli.<br />
I due montarono sulla cabina in legno del camion.<br />
Martelli alla guida e Spada a fianco. I mitra appoggiati<br />
dietro lo schienale. Il resto dei partigiani sulla<br />
camionea e quelli delle Brigate Nere sul cassone<br />
del camion tra le bestie e i barili di vino.<br />
Dopo breve tempo il camion e la camionea arrivarono<br />
a Bubano e si fermarono davanti al casone di<br />
Ermelinda. Scese Spada e bussò violentemente alla<br />
porta. Amleto si presentò sulla soglia.<br />
– Te sei quello dell’UNPA di ieri? – chiese Spada.<br />
– Facevo il mio lavoro – disse in tono di scusa<br />
Amleto che temeva qualcosa.<br />
– Hei Murè! – strillò dal camion Martelli.<br />
– Martlè? – chiese meravigliato Amleto. – Cus ti fè<br />
cun stì què?<br />
Martelli scese dalla cabina e si avviò verso il retro<br />
del camion, abbassò il parapetto e aiutato dai suoi<br />
uomini fece scendere il bue. Spada prese l’animale<br />
per la caveja e si diresse verso Amleto.<br />
– Questo è per il figlio della Cesira – disse Spada<br />
nel modo più gentile che conoscesse. – Lo sò che<br />
non è la stessa cosa, ma è pur sempre qualcosa.<br />
– Allora sono stati i tedeschi? – chiese Amleto.<br />
– Ma che ne sò? – rispose. – In ogni caso che differenza<br />
fà? In guerra si muore da tutte le parti. Cesira<br />
è morta e noi non possiamo riportarla in vita. Questo<br />
bue sarà utile per provare a ricominciare.<br />
– Che dio ve ne renda merito – fu la prima frase<br />
che uscì dalla bocca di Amleto.<br />
– Lassè stè dio cus’è scurdè d’noiâter!<br />
77<br />
La casa<br />
della<br />
Cesira?<br />
Ciao<br />
moretto!<br />
Cosa fai<br />
con questi<br />
qui?<br />
Gancio.<br />
Lasciate<br />
stare dio<br />
che si è<br />
dimenticato<br />
di noi.
Amleto prese in consegna il bue e Spada rimontò<br />
sul camion.<br />
– Andiamo a Bubano a distribuire questa roba<br />
alla popolazione – informò Martelli.<br />
– Già che siete qui – disse Derna, che era appena<br />
uscita dalla casa con il piccolo in braccio, seguita da<br />
Cledes, Giuseppe e la mamma Ermelinda, – potete<br />
cominciare la distribuzione.<br />
Senza farselo ripetere quelli sistemati nel cassone<br />
del camion fecero scendere un tino di vino e una<br />
stia con quattro polli.<br />
Martelli rimise in moto il camion salutò e si mise<br />
nella direzione di Bubano.<br />
– Se aspetto te – disse Derna in tono di rimprovero<br />
rivolta al marito.<br />
– Perché, vi ho mai fatto mancare niente? – replicò<br />
Amleto turbato.<br />
– Mò brisa sentir stà fiola cl’a zavaja – disse nonna<br />
Ermelinda, che ben conosceva le qualità del genero.<br />
Derna aveva capito di essere in minoranza e opportunatamente<br />
cambiò discorso.<br />
– Ma è finita la guerra, che i partigiani e i fascisti<br />
si sono messi d’accordo?<br />
– La và a poco – rispose Amleto.<br />
– Lega il bue che tiriamo il collo al cappone – disse<br />
Derna.<br />
– Ma non è ancora Natale... – obieò ingenuamente<br />
Cleses.<br />
– I signori mangiano cappone tuo l’anno – disse<br />
Amleto in tono di vioria, – e noi oggi siamo signori<br />
per un giorno.<br />
– E lo saremo per altre tre volte! – affermò Cledes<br />
guardando il resto dei polli dentro la stia.<br />
78<br />
Non dar<br />
retta a mia<br />
figlia che<br />
non sa<br />
quello che<br />
dice.
Sciopero alla fornace<br />
Prima ancora che aprissero i cancelli della fornace<br />
si notava una strana atmosfera. Gruppei di operai<br />
fuori dai cancelli erano sorvegliati a debita distanza<br />
da drappelli di uomini in camicia nera.<br />
– Cosa fanno quelli lì? – chiese Amleto alla vista<br />
dei fascisti.<br />
– Controllano gli scioperanti – rispose Gildo.<br />
– Cominciamo bene. Il mio primo giorno e già<br />
facciamo sciopero?<br />
– Puana maiala! – inveì Gildo. – Tra scioperi e<br />
licenziamenti c’è proprio da stare allegri!<br />
Davanti al primo forno si era radunata una folla<br />
di operai che parlavano con i dirigenti.<br />
– Io sostengo i miei genitori – diceva il ragioniere<br />
Marchetti, – se non lavoro non mi pagano e se non<br />
mi pagano cosa mangiamo?<br />
– Unisciti a noi nella protesta – rispose Marino.<br />
– Sì, e i fascisti la fuori? – chiese Marchetti.<br />
– Quelli ce li mangiamo in insalata – replicò Antonio.<br />
– Lasciate stare, date retta a me, quelli sono dei<br />
facinorosi assoldati dai padroni – informò il ragioniere.<br />
– Allora una ragione di più per scioperare – ribadì<br />
Antonio, – dobbiamo costruire l’Italia partendo<br />
dalle fabbriche, dai campi. E ora che la smettiamo<br />
di farci sfruttare.<br />
– Hei, moren, anche te que? – chiese Marino, compagno<br />
di osteria di Amleto.<br />
79<br />
Ei moretto<br />
anche te<br />
qua?
– L’è me prem de d’lavur e mi fa sciperà? – Chiese con<br />
un’altra domanda Amleto.<br />
– Dobbiamo fare un sacrificio oggi per il bene dei<br />
nostri figli domani – spiegò Marino.<br />
– In Germania hanno impiccato gli scioperanti<br />
– avvertì il ragionier Marchetti.<br />
– Ma qui mica siamo in Germania – replicò Antonio.<br />
– Poi gli americani sono già dalle parti di Fontanelice.<br />
– I tugnen hanno fao saltare tui i ponti sul Santerno<br />
– disse Amleto, – se non passano con i carri<br />
armati, quelli arrivano dopo Natale.<br />
– Mica vorrete fare sciopero fino a Natale? – si assicurò<br />
Marchei.<br />
– Faremo sciopero fino a quando i padroni ci daranno<br />
una paga decente. Non questi quaro soldi<br />
da fame – risolutamente informò Marino.<br />
In quel preciso istante i fascisti cominciarono a<br />
chiudere i cancelli. Agli operai che erano fuori fu<br />
impedito di entrare. Qualcuno cominciò a tirare<br />
pugni. Per tua risposta i fascisti fecero volteggiare<br />
nell’aria i manganelli.<br />
– State indietro ché vi spacco la testa – gridava<br />
uno che sembrava essere il capo. – Cani bolscevichi,<br />
statemi alla larga o vi spacco il cranio!<br />
Per tua risposta gli scioperanti si gearono a capofio<br />
sui fascisti. Ne nacque una colossale rissa nel<br />
polverone presso il cancello della Fornace. Il gruppo<br />
di cui faceva parte Amleto corse nella direzione<br />
della loa per aiutare i compagni. Gli operai della<br />
fornace superavano di gran lunga il drappello di<br />
fascisti, così chè il comandante ordinò una ritirata<br />
strategica:<br />
80<br />
È il primo<br />
giorno di<br />
lavoro e già<br />
scioperiamo?
– Via da qui – strillò alla sua truppa, – ma non<br />
finisce qui, andiamo a chiamare i rinforzi e gliela<br />
faremo pagare cara.<br />
E se la dettero a gambe fino a raggiungere la camionetta<br />
parcheggiata sotto i pioppi dalla parte opposta<br />
del cancello. Il gruppo dei soccorritori tolse il<br />
lucchetto al cancello e fece entrare gli scioperanti di<br />
fuori, poi rinchiusero il cancello a chiave.<br />
– Se te ne vuoi andare, ragioniere – disse Marino,<br />
– vai pure, noi prendiamo la fornace.<br />
– Ma voi siete mai. Quelli tornano coi fucili –<br />
disse il ragionier Marchei nel disperato tentativo<br />
di dissuaderli.<br />
– Allora dovranno ammazzarci tui – strillò Celestino.<br />
– Me l’è meji can m’amaza – replicò Amleto, – ho<br />
moglie e tre figli!<br />
– Si fa per dire – lo rassicurò Marino, – quelli non<br />
ammazzano nessuno. Lo sanno benissimo che gli<br />
alleati sono vicini e che prima o poi dovranno andarsene.<br />
– Proverò a telefonare al padrone – disse il ragioniere.<br />
– Bravo, fa mò il tuo mestiere e parla col paron!<br />
– approvò Antonio.<br />
– Io gli parlo, ma non posso garantirvi niente –<br />
aggiunse il ragionier Marchei mentre camminava<br />
verso l’ufficio. – Portate su anche Anselmi che ha la<br />
testa roa – disse poi Marchei alludendo alla ferita<br />
nella testa.<br />
– È solo un graffio – rispose Anselmi.<br />
– Vieni su prima che se ne vada tuo il giudizio da<br />
quella testa vuota.<br />
– Vai, vai – approvò Marino, – non si sa mai, potrebbe<br />
infearsi.<br />
81<br />
A me è<br />
meglio che<br />
non mi ammazzino.
Anselmi seguì l’ingegnere alla volta degli uffici,<br />
una palazzina situata nel mezzo della fornace.<br />
Una volta nell’ufficio, il ragioniere fasciò la testa del<br />
malcapitato operaio disinfeando prima la ferita.<br />
– Beh, non è poi così grave – affermò.<br />
– Glielo deo me che ci ho la testa dura – disse<br />
Anselmi.<br />
Il ragioniere spingeva la manovella del telefono.<br />
Passarono alcuni secondi. Niente. Riprovò. Ancora<br />
niente. Poi uscì a portare la notizia agli scioperanti.<br />
– Mi sa proprio che abbiano tagliato i fili – informò<br />
Marchei. – È meglio che ce ne andiamo tui a<br />
casa prima che tornino indietro.<br />
– Di qua non esce nessuno! – gridò Antonio.<br />
– Altrimenti? – chiese Nino che fino al quel momento<br />
era rimasto in disparte.<br />
– Altrimenti gli spacco la testa! – informò Antonio.<br />
– Te non spacchi la testa a nessuno – disse Amleto<br />
fungendo da paciere, – se no diventiamo bastardi<br />
come loro.<br />
– Ma se non siamo compai ci distruggeranno<br />
– reagì Antonio, – dobbiamo scioperare tui se vogliamo<br />
vincere.<br />
– Io non ho deo che me ne andavo...<br />
Raggiunta così l’unanimità, gli scioperanti si riunirono<br />
nel grande salone sotto la palazzina che fungeva<br />
da sala da pranzo. C’era un’atmosfera tesa, ma<br />
ognuno seduto si sforzava di rimanere calmo.<br />
Tra maestranze ed impiegati si potevano contare<br />
oltre cinquanta persone. Passò tutta la giornata senza<br />
che succedesse nulla.<br />
Verso sera si videro fuori dal cancello delle donne.<br />
Erano le mogli, le figlie degli operai che venivano<br />
a osservare di persona lo sciopero.<br />
82
Tra le prime, Derna con il figlioletto in braccio:<br />
– Abbiamo manifestato a Bubano. Tutte le donne<br />
sono scese in piazza. Abbiamo anche fermato un camion<br />
con roba da mangiare.<br />
– Voi donne avete assalito un camion? – chiese incredulo<br />
Amleto.<br />
– Ci hanno dato una mano quelli della SAP. Poi<br />
abbiamo dato da mangiare a tui – precisò Derna<br />
passando un cartoccio da sopra il filo spinato.<br />
– Siamo in cinquanta, almeno – informò Amleto<br />
– ci vuole ben altro che un scartoz d’magnè!<br />
– Mò aspea che adesso arrivano anche le altre.<br />
La notizia ha fao il giro. Hanno deo che avete<br />
preso la Fornace.<br />
– Presa... ci hanno chiusi dentro... beh, sì l’abbiamo<br />
presa! – si convinse Amleto.<br />
– Non venite fuori stasera? – chiese Derna vedendo<br />
il luccheo nel cancello d’ingresso.<br />
– Mi sa proprio di no – disse Amleto, – dormiremo<br />
nel refeorio, poi domani è un altro giorno.<br />
– Stai aento te, che ci hai tre figli – supplicò<br />
Derna.<br />
– Lo faccio anche per loro – rispose fieramente<br />
Amleto.<br />
– Sì, va bene, ma stai aento lo stesso – concluse<br />
amorevolmente Derna.<br />
Oramai era buio pesto. Anche dentro il refeorio<br />
era buio. La luce non funzionava. Così come per il<br />
telefono, avevano senz’altro tagliato i fili della luce.<br />
In lontananza si vedevano i bagliori della baaglia.<br />
Gli americani dovevano essere arrivati dalle parti di<br />
Casalfiumanese. Nell’ufficio il ragionier Marchei<br />
cercava ancora di far funzionare il telefono. Con lui<br />
c’erano Amleto, Antonio e Marino.<br />
83<br />
cartoccio<br />
con cibo.
– Mi sa proprio che abbiano tagliato i fili – confermò.<br />
– Devono essere vicini gli alleati – disse Amleto.<br />
– Si vedono i lampi delle bombe da qui – convenne<br />
Marchetti guardando fuori dalla finestra.<br />
– Vedrai che domani sono qui – disse Antonio.<br />
Il ragionier Marchei frugava all’interno di uno<br />
scatolone seminascosto dietro la scrivania.<br />
– Avevo una Galena... – borboò.<br />
– Una radio Galena? – s’informò Marino.<br />
– Perché, ti meravigli? – chiese Marchei senza<br />
smeere di cercare.<br />
– Se ti pigliano i fascisti... – continuò Marino più<br />
con tono di ammirazione che di rimprovero.<br />
– Non avete mica l’esclusiva voi della Resistenza.<br />
Anche noi caolici vogliamo la fine della guerra e il<br />
ritorno alla normalità – affermò Marchetti.<br />
– Era ora che usciste dalle cantine – disse Marino.<br />
– Mai stato in cantina, io – disse fieramente Marchei.<br />
– In Piemonte ci sono compagnie partigiane di<br />
caolici. Anche dei preti. Qualcuno ci ha lasciato le<br />
penne – informò Amleto.<br />
– Questa non è una guerra civile tra caolici e<br />
bolscevichi, è una guerra di liberazione e dobbiamo<br />
sconfiggere i tedeschi e i loro servi fascisti – disse<br />
Marino.<br />
– Ecco! – disse trionfante il ragioniere, che aveva<br />
trovato la radio di fortuna.<br />
La radio Galena era una stazione radio formata<br />
con una lamea e una matita. La galena era un piccolo<br />
cristallo che fungeva da diodo. Questa radio<br />
sfrua lo stesso principio del fao che una lametta<br />
da barba offre una superficie anodizzata con un<br />
buon potere separatore delle cariche. Le spire del<br />
84
occheo sono fae con filo di rame, sia per antenna<br />
sia per la messa a terra.<br />
La punta di grafite della mina del lapis era aaccata<br />
ad una molla di filo di rame; la punta doveva<br />
fare contao con la lamea e muovendola su quest’ultima<br />
si effeuava la ricerca delle stazioni.<br />
Per la messa a terra si collegava il filo ad un rubineo<br />
o ad un termosifone. All’aperto si doveva tirare<br />
su l’antenna usando una larga superficie metallica o<br />
issando un cavo di rame su un palo o un albero.<br />
Il ragionier Marchei aveva aaccato il filo dell’antenna<br />
che entrava dalla finestra.<br />
– Il palo della bandiera fa da antenna – informò i<br />
presenti mentre aaccava l’altro filo al termosifone.<br />
Porse la cuffia, formata da due ricevitori di bachelite,<br />
a Marino, il quale porse l’altra metà ad Amleto.<br />
– Stanno suonando musica da chiesa– sentenziò<br />
Marino sorpreso dal suono gracchiante che usciva<br />
dalla cornea.<br />
– Non è musica da chiesa – corresse Marchei<br />
sorridendo. – Le trasmissioni in italiano di Radio<br />
Londra cominciano con le prime note della quinta<br />
di Beethoven.<br />
– Ma se parlano in inglese chi li capisce? – chiese<br />
Amleto.<br />
– La BBC trasmee in italiano ogni sera dalle 22,00<br />
alle 23,00 sulle onde medie. Con una radio qualsiasi<br />
si può captare la ricezione – specificò il ragioniere.<br />
Ora la musica era terminata. Seguirono istanti di<br />
silenzio poi la radio riprese a trasmeere:<br />
– Parla Londra. Trasmeiamo alcuni messaggi speciali.<br />
Felice non è felice. È cessata la pioggia. La mia barba<br />
è bionda. La mucca non dà latte. Giacomone bacia Maometto.<br />
Le scarpe mi stanno strette. Il pappagallo è rosso.<br />
85
L’aquila vola. Parla Londra. Abbiamo trasmesso alcuni<br />
messaggi speciali.<br />
– Sono messaggi in codice – precisò il ragioniere<br />
Marchetti, – solo gli interessati capiscono il significato.<br />
I messaggi sono direi a gruppi di partigiani,<br />
o alle missioni inglesi che già si trovavano sul territorio<br />
italiano.<br />
– E te li capisci? – chiese Amleto.<br />
– Capirli proprio no, ma cerco di interpretare il<br />
significato – disse il ragionier Marchei. – Se fossero<br />
facili da decifrare li capirebbero anche quegli imbecilli<br />
dei fascisti.<br />
– E te perché gli ascolti? – chiese Amleto incuriosito.<br />
– Perché questa è la mia Patria – rispose Marchetti<br />
con voce tremolante dall’emozione, – ne abbiamo<br />
avuto abbastanza dell’occupazione dei fascisti prima<br />
e dei tedeschi poi. Questo re Savoia deve andarsene<br />
con loro. Poi l’Italia diventerà una repubblica.<br />
Ne sono sicuro.<br />
Nel frattempo la radio ricominciò:<br />
–Parla Londra. Trasmeiamo alcuni messaggi speciali:<br />
La forbice può tagliare il filo. Una voce arriva dall’aldilà.<br />
L’asinello sta dietro la lavagna. La bandiera sventola.<br />
Banditi all’amatriciana giocano. Forse a Calais, forse a<br />
Boulogne. Tanto va la gaa al lardo che ci lascia lo zampino.<br />
Il faro lampeggia. Parla Londra. Abbiamo trasmesso<br />
alcuni messaggi speciali.<br />
– La forbice può tagliare il filo – ripetè Amleto,<br />
– forse vuole dire che sono vicini e possono tagliare<br />
il fronte.<br />
86
– È un modo di interpretare – rispose Marchetti.<br />
– La bandiera sventola potrebbe dire che la loro<br />
bandiera arriva, cioè gli inglesi stanno arrivando.<br />
– Se fosse così facile li capirebbero anche i tedeschi<br />
– disse Amleto. – Penso che saranno in codice e<br />
solo i direi interessati ne capiscono il significato.<br />
– Basta che si spiccino ad arrivare questi alleati<br />
– disse Marino.<br />
– Certo che vanno piano – convenne Antonio, – a<br />
seembre erano a Cesena. Adesso siamo in aprile.<br />
Ci si và a piedi a Cesena in see mesi!<br />
– Ormai sono qui– disse Amleto.<br />
– Sono fermi al Senio – confermò Marino.<br />
– Se tardano ancora un po’ cominciamo noi a fare<br />
del casino – continuò Antonio.<br />
– Sì, così vi fate ammazzare alla vigilia della liberazione<br />
– disse Marchetti in tono paternalistico.<br />
– A mè non me fà paura nè i tugnen o quei brut mus di<br />
fascest – reagì Antonio.<br />
– Lasciate fare la guerra a quelli che la fanno per<br />
mestiere – disse Amleto, – noi siamo contadini,<br />
semplici operai. Facciamo la pace che è meglio!–<br />
– Ma se questi hanno fatto bivacco al fiume – continuò<br />
Antonio in tono belligerante, – non arrivano<br />
qua neanche per l’anno prossimo!<br />
– Arrivano, arrivano – obiettò Amleto, – abbiamo<br />
aspeato tanti anni, qualche giorno in più e siamo<br />
liberi.<br />
– Beh, adesso cerchiamo di dormire – concluse il<br />
ragioniere, – domani sarà una giornataccia, e se tornano<br />
i fascisti, così arrabbiati come sono, fanno un<br />
casino.<br />
87<br />
A me non<br />
fanno<br />
paura nè i<br />
tedeschi nè<br />
questi brutti<br />
musi neri di<br />
fascisti.
I fascisti minacciano rappresaglie<br />
Le previsioni del ragioniere non tardarono ad<br />
avverarsi. La maina dopo, prima dell’alba c’erano<br />
quaro camionee fuori dal cancello.<br />
Per evitare ulteriori scontri, il ragionier Marchei<br />
si avviò verso il cancello nel tentativo di calmare gli<br />
animi.<br />
Uscendo dal cancello venne tempestivamente fermato<br />
da due militi in camicia nera che puntandogli<br />
il mitra allo stomaco gli impedirono di proseguire.<br />
– Sono il ragioniere Marchei – si presentò, – rappresento<br />
gli interessi dell’Azienda.<br />
– Non un passo di più – intimò il più vicino – brutto<br />
bolscevico!<br />
– Bruo sono d’accordo – rispose Marchei nel<br />
tentativo di rallentare la tensione, – ma bolscevico<br />
no. Io sono caolico, credente e osservante.<br />
– E cosa ci fai con questi rivoluzionari? – chiese<br />
l’altro.<br />
– Macché rivoluzionari, bolscevichi: questi sono<br />
padri di famiglia che non riescono a portare a casa<br />
uno stipendio decente.<br />
– Se scioperassero di meno – osservò il primo –<br />
porterebbero a casa di più.<br />
– Questo senza dubbio – convenne Marchei.<br />
In quel preciso istante un’auto nera raggiunse il<br />
trio e una persona di mezza età scese dalla veura.<br />
– Ossequi – disse Marchei, che aveva riconosciuto<br />
il proprietario della Fornace.<br />
89
–Anche voi nel comploo?– si informò il proprietario.<br />
–Macché comploo– corresse Marchei, – solo un<br />
malinteso. Vedrà che verso mezzogiorno tuo ritorna<br />
normale.<br />
I due militi si guardarono in faccia come per investigare<br />
sul da farsi. Marchei e il proprietario si<br />
avvicinarono al cancello dove Garelli, sceso da una<br />
camionea, li aspeava.<br />
– Senta Marchei – disse a bassa voce Garelli, –<br />
non facciamo idiozie proprio adesso che avete vinto<br />
voi.<br />
– Mi sa che qui abbiamo perso tui – rispose il<br />
proprietario.<br />
– Voi, Garelli, portate via quei facinorosi, che ai<br />
miei ci penso io – informò Marchei.<br />
Deo ciò si avviò col proprietario nella direzione<br />
dell’edificio centrale della Fornace dove un folto<br />
gruppo di scioperanti aveva seguito l’intera scena.<br />
Nello stesso istante Garelli faceva ampi cenni ai<br />
suoi uomini, che rimontarono sulle camionee e lasciarono<br />
velocemente il territorio della Fornace.<br />
– Sarà pericoloso? – si informò il proprietario.<br />
– No, non si preoccupi – rassicurò il ragioniere,<br />
– qualche testa calda, ma nella maggioranza brave<br />
persone.<br />
– Dio solo sa che abbiamo bisogno di brave persone<br />
in questo periodo così drammatico.<br />
Il proprietario e Marchei avevano raggiunto il<br />
grosso degli scioperanti e ben presto si formò una<br />
specie di comizio. Marchetti montò su uno sgabello<br />
per farsi vedere da tutti.<br />
– Amici, compagni – iniziò con foga, – il proprietario<br />
della Fornace è qui con noi in questo difficile<br />
momento!<br />
90
– Bella questa: protesta lui che ha una bella casa e<br />
un sacco di quattrini? – intervenne Marino.<br />
– La casa bella ce l’avevo – informò in segno di<br />
scusa il proprietario, – ma me l’hanno requisita i tedeschi.<br />
In quanto al sacco di quattrini...<br />
– Se non riprendiamo i lavori – intervenne tempestivamente<br />
Marchetti, – la Fornace finirà in malora.<br />
Siamo nei debiti fino al collo.<br />
– Cosa ci propone? – chiese Amleto.<br />
– Di ricominciare la produzione senza ulteriori interruzioni<br />
– chiarificò Marchetti. – La guerra finirà<br />
da un giorno all’altro. La ricostruzione dell’Italia ha<br />
bisogno del nostro contributo. E con il nostro lavoro<br />
non tarderanno ad arrivare i giusti compensi.<br />
– Io non prometto nulla – intervenne il proprietario,<br />
– ma vedo che oramai per me è giunto il momento<br />
di andare in pensione. Voi fate il vostro dovere e<br />
se ci saranno le basi necessarie lascerò la Fornace ai<br />
lavoratori.<br />
Alla pronuncia di questa frase la maggioranza<br />
degli operai gli tributò una calorosa ovazione.<br />
Marchetti prese a braccetto Amleto e avviandosi<br />
verso l’ufficio disse:<br />
– Volevate l’aumento, vi ha regalato la Fornace!<br />
– Penso che una cooperativa sia il modo giusto di<br />
salvare la Fornace – disse Amleto. – Perché non ci<br />
avevamo pensato prima?<br />
– Perché i padroni sono sempre un passo più<br />
avanti di noi – disse Marchetti. – Non ha detto che<br />
ve la regala: ha detto se ci saranno le basi...<br />
– He parla diffezil acsè nujeter en capè brisa – disse<br />
Amleto.<br />
– La forza della cultura – disse Marchetti.<br />
– La forza dei soldi – corresse Amleto.<br />
91<br />
Parla<br />
difficile così<br />
noi non<br />
capiamo.
– Lo sai, Amleto, che te mi ricordi tanto Don Chisciotte?<br />
– E chi è questo prete che si assomiglia a me? –<br />
chiese incuriosito Amleto.<br />
– Macché prete – precisò il ragioniere mentre apriva<br />
la porta dell’ufficio, – Don Chisciotte è un personaggio<br />
letterario, di Miguel de Cervantes, scrittore<br />
spagnolo.<br />
– Un repubblichino? – chiese Amleto.<br />
– No, il contrario – disse Marchetti. – Pensa che<br />
l’ha scritto in prigione.<br />
– Come Silvio Pellico? – chiese Amleto, anche per<br />
dimostrare la sua conoscenza storica.<br />
– Una specie di Silvio Pellico, anche se in tempi<br />
diversi – precisò il ragioniere. – Pensa che Don Chisciotte<br />
combatteva contro i mulini a vento...<br />
– Acsè me a sò cal’imbezel cl’a fe la guera ai mulen?<br />
– chiese conferma Amleto.<br />
– No, sei quello che crede nella bontà umana e<br />
combatte contro le ingiustizie anche se ostacolate da<br />
insormontabili barriere.<br />
– Sarebbe un complimento, questo? – chiese<br />
Amleto che proprio non aveva percepito il significato<br />
del paragone.<br />
– È un grande complimento – confermò Marchetti,<br />
– anzi, non è un complimento, ma una constatazione.<br />
Vincere non è tanto importante, come è importante<br />
provare a vincere.<br />
– Non ho proprio capito – rispose Amleto, – ma<br />
se lo dite voi...<br />
– Te lo spiegheranno i tuoi figli, un giorno – disse<br />
convinto il ragionier Marchetti, – loro andranno a<br />
scuola e cresceranno liberi in un Paese libero e democratico<br />
dove tutti avranno gli stessi diritti e gli<br />
stessi privilegi.<br />
92<br />
Così io<br />
sarei<br />
quell’imbecille<br />
che fa<br />
la guerra ai<br />
mulini?
– Questa l’ho capita – rispose orgoglioso Amleto.<br />
– E te, hai figli? – chiese.<br />
– Se non sono neanche sposato! – rispose vergognosamente<br />
il ragioniere.<br />
– Non hai nemmeno la morosa? – chiese Amleto.<br />
– Beh, morosa proprio no – chiarì Marchei, – ci<br />
vediamo con Rina. Te conosci Rina?–<br />
– La fiola d’Marangò? – chiese sorpreso Amleto.<br />
– Perché, la conosci? – Marchei rispose alla domanda<br />
con un’altra domanda.<br />
– Beh, sì, alla lontana... – rispose Amleto mentendo.<br />
– Ma conosco bene la famiglia... è di buona famiglia.<br />
– Con un padre fascista fanatico, e te dici di buona<br />
famiglia? – chiese Marchei.<br />
– Oramai l’è finita – disse Amleto, – basta coi fascisti,<br />
con i comunisti, con i bolscevichi, con i repubblichini:<br />
ora siamo tui italiani.<br />
93<br />
La figlia di<br />
Marangoni?<br />
Ormai è<br />
finita.
Ritorno a Imola<br />
Bubano e Mordano erano diventate più pericolose<br />
della cià per via dei tedeschi che scorrazzavano<br />
per le campagne e razziavano tuo quello che trovavano.<br />
Preparativi erano in corso lungo tua la linea<br />
Imola-Lugo in vista di un imminente aacco degli<br />
alleati. Si prevedevano forti bombardamenti prima<br />
dell’aacco e Amleto conosceva di persona l’indiscriminato<br />
modo di butar zò al bomb degli alleati.<br />
Un’intera divisione di paracadutisti tedeschi era<br />
stata dislocata nella zona, coadiuvata dalla 26 Divisione<br />
Panzer.<br />
Amleto prese la decisione di traslocare nuovamente<br />
a Imola, in via Selice 18. La casa era rimasta<br />
intaa nonostante i forti bombardamenti e il padrone<br />
Valintè, il calzolaio, era sfollato in Toscana.<br />
L’intera famiglia, compresa la mamma Ermelinda,<br />
arrivò a Imola il primo di aprile. In altri tempi<br />
questo avrebbe potuto dare adito a umoristiche situazioni,<br />
ma di quei tempi c’era poco da stare allegri.<br />
La casa di via Selice era un palazzo a tre piani con<br />
un cortile interno delimitato da un muro. Nel mezzo<br />
del cortile c’era il pozzo con la fontana per riempire<br />
i secchi dell’acqua. Gli appartamenti erano sprovvisti<br />
di acqua e di servizi. In fondo al cortile c’era l’unico<br />
gabineo che serviva al bisogno di see famiglie.<br />
La stufa al centro della stanza era ancora lì, come<br />
l’avevano lasciata, e i materassi di crine se li erano<br />
95<br />
Buttare giù<br />
le bombe.<br />
Valentino.
portati da Bubano. Derna mandò Cledes a riempire<br />
la secchia alla fontana. Amleto racimolò tui i pezzi<br />
di legno che trovò nel cortile, aiutato da Giuseppe.<br />
Nella pentola fu geato tuo il mangiare che si<br />
erano portati da Bubano: carote, patate, rape, una<br />
cotica di maiale e un pugno di pasta secca.<br />
Forse l’odore del minestrone o gli strilli felici di<br />
Cledes e Giuseppe che giocavano nel cortile airarono<br />
gli altri inquilini del palazzo.<br />
Chiara e Gianì abitavano al piano terreno di fronte<br />
a loro con l’unico figlio, Luciano.<br />
Gianì lavorava da Becca, lo stabilimento ortofrutticolo,<br />
che però in quel periodo era chiuso, la moglie<br />
Chiara lavorava all’ospedale dei mai.<br />
– A sì turnè da Buban? – chiese Chiara.<br />
– I bota zò al bomb. L’è trop v’sen a Lugo. E i tugnin<br />
gli’è dapertot! – rispose Derna.<br />
– Te ja d’avrer com i bota al bomb da y’aruplà –<br />
confermò Ermelinda, – i và chi sflezna!<br />
– Noi abbiamo fao un po’ di minestrone – disse<br />
Amleto, – se volete favorire...<br />
– Aspea che chiamo Ciano e Gianì – disse Chiara<br />
uscendo dalla porta nella direzione del loro appartamento.<br />
– Già che c’eri potevi meere i manifesti in piazza<br />
così veniva a pranzo tuo il vicinato – rimproverò<br />
Derna.<br />
– Guarda com’è pallida – osservò Amleto, – quella<br />
non mangia da tre giorni, almeno.<br />
– Mamma, ja rasò Am’let! – disse Derna rivolta a<br />
Ermelinda. – Bota in tlà candrola stò bisinì d’arveia e<br />
sti dû pistineg.<br />
In quel momento rientrò Chiara seguita dal marito<br />
Gianì e dal figlio Luciano. Gianì aveva in mano<br />
una cassetta di mele.<br />
96<br />
Siete<br />
tornati da<br />
Bubano?<br />
Buttano giù<br />
le bombe.<br />
È troppo<br />
vicina a<br />
Lugo.<br />
Devresti<br />
vedere<br />
come<br />
buttano giù<br />
le bombe<br />
dagli aerei.<br />
Vanno<br />
così forte<br />
da fare<br />
scintille.<br />
Mamma,<br />
Amleto ha<br />
ragione!<br />
Butta nella<br />
pentola anche<br />
questi<br />
pochi piselli<br />
e queste<br />
due carote.
–Mò guarda com’è cresciuto! – Disse Gianì accarezzando<br />
il piccolo Franco che se ne dormiva pacifico<br />
nel passeggino.<br />
– È cresciuto in fretta – confermò Derna, – ha già<br />
sei mesi!<br />
– E com’è buono! – disse Chiara.<br />
– Sì, perché dorme. Prova a svegliarlo e viene giù<br />
la casa – corresse Amleto.<br />
Gianì continuò ad accarezzare i pochi capelli di<br />
Franco. Poi consegnando la cassetta di mele a Derna<br />
aggiunse:<br />
– Non è molto, ma con tuo il cuore.<br />
– Grazie Gianì – rispose Derna impacciata e con<br />
un certo senso di colpa.<br />
– A vag a tor na tera at pà – disse Chiara.<br />
– Avete anche il pane? – chiese sorpreso Amleto.<br />
– Da quando hanno chiuso Becca per le bombe,<br />
Gianì fa il guardiano – precisò Chiara, – non lo<br />
pagano ma gli dànno tua la frua che vuole, e<br />
qualche volta anche una pagnoa.<br />
– Di questi tempi – commentò Derna, – meglio<br />
avere da mangiare che avere soldi in tasca.<br />
– A proposit et bajoc – disse Amleto, – se avete<br />
delle lire del fascio, meglio che le spendiate, perché<br />
quando arrivano gli alleati cambiano soldi.<br />
Così dicendo Amleto trasse dal portafogli alcuni<br />
pezzi di carta, i nuovi soldi del Governo Militare<br />
Alleato.<br />
– Sembrano i soldi della tombola – disse Chiara.<br />
– Ormai dalle parti di Bubano e Mordano non<br />
circolano che questi – disse Amleto. – In certi posti<br />
non vogliono più le lire italiane.<br />
– Prema i bota zò e bomb, pò i te imbunês cùi so bajoc<br />
– sbuffò Ermelinda. – Vo butè fora i tugnin e i ariva nû<br />
padron?<br />
97<br />
Vado a<br />
prendere<br />
una<br />
pagnotta.<br />
A<br />
proposito di<br />
soldi.<br />
Prima ti<br />
buttano le<br />
bombe poi<br />
ti rabboniscono<br />
con i<br />
soldi.<br />
Voi buttate<br />
fuori e<br />
tedeschi<br />
e arrivano<br />
nuovi<br />
padroni?
– Lasà stè la politica Ermelinda – disse Amleto<br />
ridendo, – l’è trop complichè.<br />
– Dopo la guerra cosa pensi di fare? – Chiese Gianì<br />
tanto per entrare nella conversazione.<br />
– Torno alla Fornace – rispose Amleto, – il padrone<br />
ha deo che forse diventerà una cooperativa.<br />
– Non ti daranno nessuna carica ciadina? – chiese<br />
Gianì sorpreso da quella risposta. – Ho sentito dire<br />
che ai partigiani e quelli dell’UNPA dànno delle<br />
posizioni di privilegio.<br />
– I partigiani, forse – rispose Amleto, –loro hanno<br />
combauto, ma quelli dell’UNPA hanno fao solo il<br />
loro dovere.<br />
– E lo chiami poco, rischiare la vita ogni giorno<br />
per tirare fuori la gente da soo le macerie? – incalzò<br />
Gianì mostrando ammirazione.<br />
– No, Imola ha bisogno di gente più intelligente di<br />
me – disse Amleto in evidente imbarazzo. – Me a sò<br />
fiol d’un cuntadè e a sò fortunè d’lavurè intla la furnesâ!<br />
– Al m’nastron l’è pront! – annunciò Ermelinda.<br />
– Alora tôt a magnè prèma c’là sar freda! – concluse<br />
allegramente Amleto.<br />
98<br />
Lasciate<br />
stare la<br />
politica,<br />
Ermelinda.<br />
È troppo<br />
complicata.<br />
Io sono<br />
figlio di un<br />
contadino,<br />
e posso<br />
ritenermi<br />
fortunato<br />
che ho<br />
trovato<br />
lavoro alla<br />
Fornace.<br />
Il minestrone<br />
è<br />
pronto!<br />
Allora tutti<br />
a mangiare<br />
prima che<br />
si raffreddi!
Contao con gli alleati<br />
Era ancora buio quando il camion dell’UNPA si<br />
fermò davanti alla casa di via Selice.<br />
Amleto era già pronto da mezz’ora. Saltò sul camion,<br />
che si avviò lungo la via Selice alla volta di<br />
San Prospero.<br />
– Cos’è tua questa frea? – chiese Amleto a Graziano<br />
considerando, che il veicolo procedeva a velocità<br />
piuosto sostenuta.<br />
Il camion, lasciata la via Selice in località Poiano,<br />
girò in via Lughese.<br />
– Hanno trovato un polacco! – informò Graziano.<br />
– Un polacco? Dove? – chiese curioso Amleto.<br />
– L’hanno nascosto nella chiesa di San Prospero.<br />
È stato trovato dai contadini che vagava per i campi.<br />
Deve aver preso un colpo alla testa perché non dice<br />
molto.<br />
– Non dice molto perché non parla italiano o perché<br />
ha preso una boa?<br />
– Non lo so – rispose Graziano, – hanno mandato<br />
un biglieino al Carmine.<br />
– Perché, lo portiamo al Carmine? – chiese<br />
Amleto.<br />
– E dove? Se lo trovano i tedeschi lo ammazzano<br />
sul posto – rispose Graziano.<br />
– E se lo trovano sul nostro camion fucilano noi!<br />
– Ma no, noi siamo dell’UNPA. L’abbiamo trovato<br />
in un fosso e l’abbiamo tirato su pensando che fosse<br />
un tedesco!<br />
– Sì, e i tedeschi ci credono! – ribaè Amleto.<br />
99<br />
Colpo in<br />
testa.
– Hanno quasi la stessa uniforme...<br />
– Dài Graziano, smeila di fare il cretino. Tiriamo<br />
su questo polacco e speriamo che ci vada bene!<br />
La chiesa di San Prospero, opera dell’architeo<br />
Cosimo Morelli, uno dei gioielli dell’architeura<br />
religiosa imolese, venne consacrata il 4 seembre<br />
1836 dal Vescovo Giovanni Maria Mastai Ferrei,<br />
divenuto Papa nel 1846 con il nome di Pio IX.<br />
Ma questo certamente gli uomini dell’UNPA<br />
non lo sapevano, e nemmeno importava in quel<br />
momento. La loro missione era quella di trasportare<br />
un soldato polacco da un posto insicuro a un posto<br />
relativamente più tranquillo.<br />
– È proprio un polacco! – Confermò Amleto.<br />
– Wer sind Sie? Waren Sie gekommen von? Welche<br />
Brigade gehören Sie? – chiese Graziano.<br />
– Così lo spaventi – disse Amleto, – sembri un<br />
maggiore delle SS che fa l’interrogatorio.<br />
– Io capire tetesco. Io parlare italiano, poco... – replicò<br />
il soldato polacco.<br />
– Pauglia avanzata Brigata Polacca. Bombe inglesi<br />
distruo Brigata – informò il soldato.<br />
– Ma gli inglesi non sono con gli Alleati?<br />
– Inglesi Alleati. Bombe Alleati.<br />
– Meglio che ti portiamo al sicuro – interruppe<br />
Amleto, – se arrivano i tedeschi siamo a posto: ci<br />
fanno fuori tui!<br />
La ferita alla testa del polacco non sembrava tanto<br />
grave. Caricarono il soldato nel cassone del camion<br />
e lo coprirono con un telone cerato. I bombardamenti<br />
ricominciarono, ma in lontananza, molto più<br />
vicino a Lugo che non a Imola.<br />
100<br />
Chi sei?<br />
Da dove<br />
vieni? A<br />
che Brigata<br />
appartieni?
All’imboccatura della via Selice c’era una pattuglia<br />
delle Brigate Nere, ma si limitarono a salutare<br />
senza fermare il camion dell’UNPA.<br />
Arrivarono al Carmine. Il portone era aperto come<br />
se li stessero aspettando. Il camion entrò nel cortile<br />
e il portone fu chiuso alle loro spalle.<br />
Un gruppetto di seminaristi si fece incontro e aiutarono<br />
il soldato a scendere. Nel frattempo era uscito<br />
anche don Giulio.<br />
– Presto – ordinò il sacedote, – nel campanile!<br />
Graziano rimise in moto il camion dell’UNPA. Il<br />
sacerdote si avvicinò.<br />
– Aspetta, Amleto – intervenne il sacerdote, – vieni<br />
con me che ti faccio vedere qualcosa.<br />
Amleto scese dal camion.<br />
– Andè pu vò prema cl’ariva i tugnin! – disse Amleto<br />
rivolto ai compagni sul camion. – Ma vag a cà a piè ca<br />
jo bisôgn de caminè.<br />
Amleto senza chiedere spiegazioni seguì don<br />
Giulio dentro la canonica.<br />
La chiesa del Carmine era vicina all’Istituto Santa<br />
Caterina dove erano ospitati circa 160 orfanelli. Nell’inverno<br />
1944 Imola si trovava a circa dieci chilometri<br />
dal fronte del Senio e a circa quindici da quello<br />
degli Appennini. Nella canonica della chiesa del<br />
Carmine, nell’Istituto Santa Caterina e nell’adiacente<br />
Convento delle Suore di Clausura di Santo Stefano<br />
vivevano circa 350 persone fra orfani, suore, seminaristi,<br />
sacerdoti, perseguitati politici, partigiani e<br />
profughi. Quando qualcuno bussava alla porta, don<br />
Giulio non diceva mai di no. Nel campanile della<br />
Chiesa c’erano due polacchi, un russo, un lussemburghese,<br />
un ufficiale ebreo dell’esercito e parecchie<br />
armi e munizioni.<br />
101<br />
Andate<br />
pure voi<br />
prima che<br />
arrivino i<br />
tedeschi.<br />
Io vado<br />
a casa a<br />
piedi, che<br />
ho bisogno<br />
di camminare.
Non si poteva tenere nascosta tua questa gente<br />
senza destare sospei. Don Giulio era convinto<br />
che bastasse tenere lontano le SS tedesche. I fascisti<br />
chiudevano un occhio e a volte anche due. Data la<br />
vicinanza del fronte e aspeando gli alleati da un<br />
giorno all’altro era più necessario pensare al futuro<br />
che al presente.<br />
Amleto era al corrente di tuo ciò e don Giulio lo<br />
sapeva. Era arrivato il momento di agire. Nella canonica<br />
ad aendere con trepidazione il ritorno del<br />
sacerdote c’erano Amedeo ed Ezio. La presentazione<br />
non fu necessaria perché i tre già si conoscevano.<br />
– Bisogna avvisare i polacchi di là dal Senio che<br />
possono venire in cià – esordì Amedeo.<br />
– I partigiani sulla strada Montanara sono fermi a<br />
Ponticelli – informò Amleto.<br />
– È importante che non avvenga inutile spargimento<br />
di sangue – continuò Amedeo, – i tedeschi<br />
sono in ritirata, ma sono come cani rabbiosi: potrebbero<br />
fare rappresaglie.<br />
– Hanno messo Augusto e altri nella Rocca – informò<br />
Amleto, – e in cià ci sono forze fasciste di<br />
fuori. Gli imolesi si possono convincere, ma loro<br />
non ne sono tanto sicuro.<br />
– I tedeschi hanno messo mine dappertuo – avvertì<br />
Amleto. Se non passano i carri armati quelli<br />
non vengono.<br />
– Bisogna accelerare i tempi – disse Amedeo, – potrebbe<br />
essere pericoloso lasciare i tedeschi a Imola<br />
circondati da tue le parti, potrebbero fare pazzie.<br />
– Già ne hanno fae anche troppe – confermò don<br />
Giulio.<br />
– Nella Rocca ci sono prigionieri politici o partigiani?<br />
– chiese Amedeo.<br />
– Ce ne sono di tui i tipi – confermò Amleto.<br />
102
– Non sai mica quanti e se è possibile liberarli?<br />
– Chiese Ezio.<br />
– Liberarli? Voi siete mai – rispose Amleto che<br />
stava cominciando a capire da che parte pendeva il<br />
discorso. – Ci sono le SS nella Rocca. Quelli prima<br />
sparano poi chiedono.<br />
– Ma tu, come milite dell’UNPA hai accesso alla<br />
Rocca! – informò don Giulio.<br />
– Ho accesso ad alcune parti della Rocca – confermò<br />
Amleto, – come la torre dove c’è il fis-ciò.<br />
– Quando vai alla Rocca?– chiese Amedeo.<br />
– Io non ci sono mai stato – disse Amleto. – Ci va<br />
Graziano ogni tanto a controllare il fis-ciò, ma ultimamente<br />
nella Rocca Sforzesca oltre ai tedeschi delle<br />
SS ci sono elementi del distaccamento della Brigata<br />
repubblichina Mario Zecchini di Bologna.<br />
– Non sono soddisfai delle porcate che fanno a<br />
Bologna, ora vengono anche a Imola – disse contrariato<br />
Ezio. – Ma finirà prima o poi questa guerra e<br />
allora...<br />
– Allora niente! – intervenne don Giulio. – Cristo<br />
è morto in croce e non si è mai vendicato sui suoi<br />
aguzzini, anzi li ha perdonati.<br />
– Me a so mega Crist! – obieò Ezio.<br />
– Questo lo sapevo già, non c’è ombra di dubbio<br />
– ribaè don Giulio, – e nemmeno io! Non ti<br />
ho neanche chiesto di porgere l’altra guancia. Ti ho<br />
solo chiesto di provare a liberare quei disgraziati.<br />
Poi rivolto ad Amleto chiese:<br />
– Tu Amleto, che sei giusto, cosa ne pensi?<br />
– Cosa sono io? – chiese Amleto sovrappensiero.<br />
– Giusto – confermò il sacerdote. – Tu non sei fascista<br />
e tu non sei comunista. Non prendi le parti<br />
dei fascisti ma nemmeno vai in montagna a fare la<br />
guerra ai tedeschi. Un uomo giusto!<br />
103<br />
Io non sono<br />
Cristo!
– Non vado a far la guerra perché ho moglie e<br />
figli. Se avessi avuto dieci anni di meno sarei partito<br />
con Cesare – replicò Amleto che non voleva dare<br />
l’impressione che non fosse partigiano perché aveva<br />
paura.<br />
– Ha ragione don Giulio – convenne Amedeo, – la<br />
liberazione si consegue con tutte le forze. Non solo<br />
chi combatte, ma anche chi resta ad aiutare la popolazione.<br />
–Va bè, prima che mi facciate il monumento –<br />
troncò Amleto imbarazzato, – cosa volete da me?<br />
– Che tu vada alla Rocca per controllare la situazione<br />
– rispose Ezio.<br />
– Se don Giulio viene con me – disse Amleto senza<br />
pensarci su, – possiamo andare a vedere.<br />
– Ecco, questa è una buona proposta – convenne<br />
don Giulio.<br />
Il sacerdote prese la stola viola dal casseo e il<br />
breviario.<br />
– Allora andiamo? – chiese Amleto, che aveva interpretato<br />
quei movimenti come un’affermazione.<br />
– Andiamo! – confermò don Giulio.<br />
Dal Carmine alla Rocca il viaggio è breve. Con<br />
le loro biciclette don Giulio e Amleto arrivarono in<br />
cinque minuti. Passarono da viale Caterina Sforza<br />
perché le altre strade erano ingombrate dalle macerie.<br />
Arrivati alla Rocca notarono subito uno strano silenzio.<br />
Il portone d’ingresso era spalancato. Amleto<br />
non lo aveva mai visto aperto, solo quello piccolo<br />
veniva usato. Il portone grande serviva solo per fare<br />
entrare e uscire grossi veicoli.<br />
– Se ne sono andati – disse Amleto mentre appoggiava<br />
la bicicletta al muro.<br />
104
– Sembra proprio di sì – convenne don Giulio.<br />
Amleto era entrato nel cortile. Carte e cartacce un<br />
po’ dappertutto. Sedie rotte e rifiuti accatastati in un<br />
angolo.<br />
– C’è nessuno? – strillò Amleto.<br />
L’eco della sua voce rimbombò nell’antico edificio<br />
ma non giunse risposta.<br />
– Hanno liberato i prigionieri? – esclamò il prete.<br />
– Diciamo che non c’è più nessuno – replicò<br />
Amleto, – se poi li hanno liberati non si sa.<br />
– C’è nessuno? – strillò ancora Amleto.<br />
– A sò rimâst sol mè – rispose questa volta una voce<br />
esile dalla balconata del piano superiore.<br />
Era il vecchio guardiano. Vestito di nero poteva<br />
dare l’impressione sinistra di un gerarca, ma da vicino<br />
si notava che era solo un vecchio traballante.<br />
– Jè andè veja. Ai rimâst sol mè – confermò il vecchietto<br />
quando fu vicino ad Amleto e don Giulio.<br />
– Dove sono andati? – chiese Amleto, – e i prigionieri<br />
dove sono?<br />
– Io non so niente! – rispose il vecchietto, –non<br />
fatemi del male.<br />
– E chi ti vuole fare del male? – disse don Giulio<br />
con un sorriso. – Io sono un sacerdote di Cristo!<br />
– E me sono dell’UNPA! – specificò Amleto.<br />
– Ah, non siete banditi? chiese il vecchietto poco<br />
convinto.<br />
– Macché banditi.<br />
– Neanche partigiani?–<br />
– Né banditi, né partigiani. Siamo un prete e un<br />
umpino! – tranquillizarono il vecchietto don Giulio<br />
e Amleto.<br />
– Sono andati via l’altra noe – informò il guardiano.<br />
– C’erano quelli delle SS e quelli di Bologna,<br />
Pietro De Vito e Delendo Vassura.<br />
105<br />
Sono<br />
rimasto<br />
solo io.<br />
Sono andati<br />
via. Sono<br />
rimasto<br />
solo io.
– Li conosci? – chiese don Giulio ad Amleto.<br />
– Non sono nomi di qua – rispose Amleto.<br />
– Li hanno caricati sul camion. Hanno deo che li<br />
andavano a liberare – specificò il vecchieo.<br />
– A liberarli? Finalmente una buona notizia – disse<br />
don Giulio, – non sono poi così caivi i repubblichini.<br />
Avranno senz’altro convinto le SS a liberare i<br />
fratelli italiani.<br />
– Le SS non si fanno convincere da nessuno. Non<br />
condivido questo vostro oimismo – replicò Amleto<br />
pensoso, – ho uno strano presentimento.<br />
106
L’offensiva finale<br />
Quei primi giorni d’aprile erano caldi e nell’aria<br />
c’era un movimento strano. L’inverno che aveva<br />
fermato l’avanzata degli alleati se ne era andato, lasciando<br />
via libera all’offensiva finale.<br />
Nella mainata del 9 di aprile le Forze Alleate<br />
Mediterranee avevano organizzato delle sortite per<br />
controllare la situazione.<br />
Poco prima delle due del pomeriggio cominciò il<br />
bombardamento che si protrasse per un’ora e mezza<br />
lungo tua la linea Imola-Lugo.<br />
Non è facile immaginare la potenza distruiva di<br />
un bombardamento che indiscriminatamente punisce<br />
civili e militari, amici e nemici. 825 bombardieri<br />
pesanti e 234 di media portata assistiti da 740 caccia<br />
bombardieri furono impiegati quel giorno.<br />
Come se non bastasse l’artiglieria pesante dell’8<br />
Armata martellava le linee difensive tedesche che<br />
si ramificavano tra le abitazioni civili e i paesi della<br />
bassa imolese. Un’ondata di bombe investì in pieno<br />
il gruppo avanzato della 2 Divisione Polacca procurando<br />
danni e perdite umane.<br />
Per non perdere il faore della sorpresa, l’8 Armata<br />
Indiana coadiuvata dalla 2 Divisione Neozelandese<br />
araversò il fiume Senio quella sera stessa,<br />
subito dopo le see, incontrando solo una piccola e<br />
trascurabile resistenza.<br />
Subito dopo le undici della sera gli indiani erano<br />
già penetrati per oltre un chilometro e le truppe<br />
107
neozelandesi avevano già geato ponti sul Santerno<br />
e fao passare la 5 e la 6 Divisione senza incontrare<br />
resistenza alcuna.<br />
Meno fortunati furono i polacchi della 2 Divisione<br />
al comando del Maggiore Generale Rakowski,<br />
che stavano ancora risollevandosi dall’erroneo aacco<br />
aereo. Nel passare il fiume Senio trovarono una<br />
forte resistenza da parte della 26 Divisione Panzer<br />
e dalla 4 Divisione Paracadutisti.<br />
Finalmente gruppi della 1 e della 2 Brigata Carpazia,<br />
nonostante il numero enorme di mine che<br />
sbarravano il cammino, stroncarono l’opposizione<br />
tedesca e presero posizione lungo la riva sud del Senio<br />
all’alba del 10 aprile 1945.<br />
I combaimenti proseguirono intensamente per<br />
tua la giornata. L’8 Armata si era aestata sulla<br />
destra del fronte per un’estensione di circa 12 chilometri<br />
comprendente Alfonsine, Fusignano, Lugo<br />
e Cotignola. Al centro elementi dell’8 Divisione Indiana<br />
avevano raggiunto il Canale Trauro. Sulla sinistra<br />
le truppe neozelandesi erano nelle vicinanze<br />
del fiume Santerno. Quaro Divisioni tedesche erano<br />
impegnate, la 42 Jaeger, la 362 e 98 Fanteria e la<br />
26 Divisione Panzer. Alla fine della giornata queste<br />
forze erano costree ad indietreggiare perdendo tra<br />
morti, feriti e prigionieri oltre 2200 uomini.<br />
Alle prime luci dell’alba del giorno dopo, l’11 e<br />
la 56 Divisione lanciavano un aacco anfibio dalle<br />
Valli di Comacchio arrivando nella stessa giornata a<br />
Menate, araversando Longastrino fino alla località<br />
Case Manzine. La scarsa resistenza era formata da<br />
resti della 42 Jaeger e alcune pauglie stazionate ad<br />
Argenta. Furono fai circa 200 prigionieri.<br />
Durante la noe la 167 Brigata raggiungeva il<br />
fiume Reno incontrando una forte opposizione.<br />
108
L’8 Armata subiva il grosso degli aacchi nemici,<br />
mentre la 2 Divisione Neozelandese passava il fiume<br />
Santerno a sud-est della ciadina di Sant’Agata.<br />
La 17 Brigata Indiana araversò il canale Trauro e<br />
si spinse fino alla riva del Santerno a nord-ovest di<br />
San’Agata.<br />
Contemporaneamente la 2 Divisione Polacca<br />
avanzava lungo la Via Emilia fino ad arrivare ed entrare<br />
senza opposizione in Bagnara. Continuando<br />
lungo la Via Emilia i polacchi erano alla periferia di<br />
Castel Bolognese prima di sera.<br />
Sulla sinistra delle formazioni polacche la pressione<br />
contro le forze tedesche era mantenuta dalla<br />
2 Divisione Ebraica, che aveva varcato il Senio nelle<br />
prossimità di Monte Gebbio. Il Gruppo Friuli aveva<br />
varcato il Senio e caurato Riolo dei Bagni senza incontrare<br />
forte opposizione.<br />
Con i tedeschi in ritirata, il Gruppo Folgore occupava<br />
Tossignano, già liberata dai partigiani.<br />
La 36 Brigata avanzava velocemente incontrando<br />
solo sporadica resistenza e in località San Patrino<br />
caurò ancora intai due ponti sul Canale dei<br />
Molini.<br />
I polacchi nel fraempo cauravano Castel Bolognese,<br />
mentre il Gruppo Folgore che aveva sconfio<br />
la 278 Divisione tedesca nelle vicinanze di Castelnuovo,<br />
avanzò occupando Codrignano, Ronco e Camaggio.<br />
Nella mainata del 13 l’opposizione tedesca si<br />
intensificò cercando di creare uno sbarramento all’avanzata<br />
Alleata, ma senza successo. Nel pomeriggio<br />
la baaglia scese di intensità e cominciò la<br />
ritirata tedesca, che in massa abbandonava il fronte<br />
lasciando via libera all’8 Armata, che raggiunse il<br />
fiume Sillaro.<br />
109
La 38 e 19 Brigata Indiana passò la linea ferroviaria<br />
a Conselice, mentre la 2 Divisione Neozelandese<br />
entrò in Massa Lombarda.<br />
La 56 Divisione posizionatasi a nord del fiume<br />
Reno* trovò una forte opposizione da parte della<br />
42 Jaeger, che impedì di passare il fiume nelle vicinanze<br />
del ponte di Bastia. Solo con l’arrivo delle<br />
Brigate 169 e 38 l’esito della baaglia volse in loro<br />
favore e spostando il guado del fiume più a valle,<br />
finalmente riuscirono ad avanzare.<br />
La 43 Brigata Motorizzata Indiana, distaccata al<br />
Corpo d’Armata polacco, superò lo Scolo Gambellaro<br />
a pochi chilometri da Imola. La 2 Divisione polacca<br />
era arrivata nelle vicinanze del Ponte Vecchio<br />
alla periferia nord di Imola.<br />
* Fiume Reno, da non confondersi con quello omonimo che scorre in<br />
Svizzera, Francia, Germania e Paesi Bassi.<br />
Nasce presso Prunea, a circa m 1000, in provincia di Pistoia. Sfocia<br />
nel mare Adriatico presso il Lido di Spina (Po di Primaro). Costeggiato<br />
dalla strada Passo di Primaro-San Biagio d’Argenta SS. 16 (Adriatica)<br />
fino ad Argenta, quindi dalla strada Molinella-San Gabriele-<br />
Poggio Renatico-Sant’Agostino SS. 255 (di San Maeo Decima) fino<br />
a Cento, strada Cento-Bologna SS. 64 (Porreana) fino al Ponte della<br />
Venturina, strada per Pontepetri SS. 66 (Pistoiese) fino a Le Piastre.<br />
Riceve a sinistra: torrente Maresca, torrente Orsigna.<br />
110
La liberazione di Imola<br />
Giunta la primavera, l’armata alleata che durante<br />
l’inverno si era fermata sul fronte del Senio, inizia<br />
l’offensiva con l’intento di raggiungere Bologna e<br />
il fiume Po. Dopo pesanti bombardamenti aerei e<br />
di artiglieria, la seconda Divisione neozelandese e<br />
l’oava Divisione indiana si meono in marcia nella<br />
direzione di Lugo.<br />
Il 10 aprile i partigiani del gruppo Cremona liberano<br />
Fusignano e Alfonsine, oramai ridoe a cumuli<br />
di macerie. Contemporaneamente il Corpo polacco<br />
prosegue lungo la Via Emilia raggiungendo Castelbolognese.<br />
Tre giorni dopo, indiani e neozelandesi<br />
passano il fiume Santerno, raggiungono Massa<br />
Lombarda.<br />
Il 14 aprile, dopo una cruenta baaglia con la 4<br />
Divisione dei paracadutisti tedesca, i polacchi della<br />
5 Divisione Kresowa sono nelle vicinanze di Imola,<br />
già in parte presidiata dai partigiani.<br />
Graziano arrivò in biciclea. Velocemente smontò<br />
di sella e bussò alla porta. Amleto, che l’aspeava<br />
aprì quasi simultaneamente.<br />
– Amleto – disse ansimando Graziano, – riunione<br />
generale al Carmine. Ci sono tui, noi dell’UNPA,<br />
quelli del CLN, quelli della SAP e i comandanti del<br />
GAP. Stavolta l’è la volta bona!<br />
– Era ora – rispose raggiante Amleto.<br />
Senza aggiungere altro Amleto inforcò la bicicletta<br />
e si mise in sella.<br />
111<br />
Questa volta<br />
è la volta<br />
buona.
– Dove andate questa volta? – chiese Derna, che si<br />
era svegliata a tuo quel frastuono.<br />
– Arrivano gli alleati – urlò Amleto.<br />
– E te dove vai? – chiese Derna preoccupata.<br />
– Al Carmine – rispose Amleto.<br />
– Hanno convocato tue le forze ciadine al Carmine<br />
– confermò Graziano, – noi dell’UNPA dobbiamo<br />
coordinare l’entrata.<br />
– Aenti ai tedeschi. E ricordati che hai tre figli!<br />
– supplicò Derna. – Prima di andarsene quelli fanno<br />
un macello!<br />
Queste raccomandazioni erano come diree al<br />
vento, perché Amleto e Graziano erano già spariti<br />
imboccando velocemente via San Pier Grisologo<br />
alla volta del Carmine.<br />
Pochi minuti dopo arrivarono e trovarono le porte<br />
chiuse. Bussarono freneticamente e furono fatti<br />
entrare nel cortile, dove c’erano parecchi partigiani<br />
armati.<br />
Nella Canonica oltre ai rappresentanti dell’UNPA<br />
c’erano Ezio, Dante e Amedeo.<br />
La presenza dell’UNPA era stata voluta da don<br />
Giulio, perché convinto che con il loro appoggio si<br />
sarebbero risparmiate vite umane. I partigiani erano<br />
pronti a combattere, ma con i tedeschi che già<br />
battevano in ritirata, lo scontro avrebbe potuto trasformarsi<br />
in una sanguinosa e inutile battaglia.<br />
Fu deciso di aspettare fino a mezzogiorno, per<br />
dare più tempo alle retroguardie tedesche di lasciare<br />
la città. Renzo dette l’ordine di impossessarsi dei<br />
punti chiave della città e sincerarsi che non vi fossero<br />
più tedeschi in giro. Verso l’una un gruppo di<br />
partigiani si insediò nella Piazza Maggiore. Fu trasmesso<br />
via radio il messaggio che informava le SAP<br />
dell’avvenuta liberazione.<br />
112
La parola d’ordine fu UNPA. La stessa organizzazione<br />
si accollò l’incarico di avvertire la popolazione<br />
e di controllare se i tedeschi avessero lasciato mine<br />
all’ingresso della città o nei palazzi da loro precedentemente<br />
occupati.<br />
A Luigi venne dato l’incarico di avvertire le forze<br />
polacche che erano alla periferia, prendendo contatto<br />
con il comandante delle forze alleate per sollecitarlo<br />
ad entrare nella città.<br />
Un gruppo di partigiani incontra un drappello<br />
della retroguardia tedesca nella vicinanza di Piazza<br />
dei Servi. Ne segue un sanguinoso combattimento. I<br />
tedeschi vengono messi in fuga, ma Anacleto, colpito<br />
a morte, cade al suolo. Il gruppo continua la sua<br />
avanzata e in via De Amicis incontra una pattuglia<br />
polacca e chiede di comunicare col comandante.<br />
Raggiunto il comando dei carristi i partigiani informano<br />
che Imola è stata liberata dai tedeschi e che<br />
possono entrare pacificamente.<br />
Nel frattempo sulla torre del Palazzo Municipale<br />
viene issata una bandiera bianca per segnalare che<br />
Imola è stata definitivamente liberata dai tedeschi.<br />
Finalmente i polacchi furono convinti e inviarono<br />
una pattuglia accompagnata dal partigiano Marino.<br />
Vicino alla ferrovia, sul lato destro del Santerno<br />
avanzarono i mezzi cingolati.<br />
Ci fu una piccola scaramuccia all’altezza di via<br />
Molino Vecchio, ma fortunatamente i tedeschi si arresero<br />
quasi subito.<br />
La colonna fu costretta a fermarsi poco prima<br />
delle quattordici alla periferia di Imola. I tedeschi<br />
in ritirata avevano ostruito l’ingresso della città minando<br />
parte della strada e formando una grande<br />
trincea.<br />
113
La popolazione di Imola stava riversandosi nelle<br />
strade e inneggiava ai liberatori, ma la situazione<br />
era estremamente pericolosa.<br />
Senza ricevere nessun ordine, come per tacito accordo,<br />
con la guida dell’ingenier Costa, i militi dell’UNPA<br />
cominciarono a disinnescare le mine.<br />
Amleto, Graziano, Mario, Gildo, Primo... ad uno<br />
ad uno resero inefficaci quegli atroci e criminali ordigni<br />
di morte.<br />
La strada per Imola è così spalancata. Tanti, troppi<br />
morti avevano preceduto quel momento, ma almeno<br />
ora, grazie alle valorose forze partigiane e ai<br />
collaboratori dell’UNPA, gli alleati entravano e liberavano<br />
la città senza ulteriore e inutile spargimento<br />
di sangue.<br />
Amedeo scorta un ufficiale polacco fino al comando<br />
in Piazza Maggiore, poi sale sul campanile di San<br />
Cassiano e spara alcune raffiche di mitra, avvisando<br />
così che Imola è veramente libera.<br />
Alle 17,15 del 14 aprile 1945, le truppe polacche,<br />
precedute dalla popolazione e dalle forze partigiane<br />
entrano nella città.<br />
La campana della torre comunale comincia a suonare<br />
a festa, seguita di lì a poco da quelle di San<br />
Cassiano, Sant’Agostino, Sant’Agata, La Madonna<br />
del Carmine...<br />
Viene ammainata la bandiera bianca. I partigiani<br />
vogliono issare la bandiera rossa. L’ufficiale polacco<br />
si oppone categoricamente per il timore che quella<br />
bandiera possa scatenare le ire dei soldati della 5<br />
Divisione Kresowa.<br />
Senza nessuna opposizione fu deciso di issare sul<br />
pennone del Municipio la bandiera tricolore.<br />
Imola è finalmente liberata!<br />
114
Al suono delle campane era accorsa in piazza anche<br />
Derna, con la mamma Ermelinda, Cledes, Giuseppe<br />
e il piccolo Franco nel passeggino.<br />
C’era parecchia confusione in Piazza Maggiore, i<br />
soldati polacchi, i partigiani, la popolazione festante,<br />
e Derna non riuscì a trovare Amleto.<br />
Subito Derna pensò al peggio, che fosse successa<br />
qualche disgrazia, quando vide Graziano.<br />
– Sai mica dov’è Amleto? – chiese Derna trafelata.<br />
– È da stamaina che è fuori. Mica sarà successo<br />
niente?<br />
– Quelli dell’UNPA sono con l’ingenier Costa a<br />
sminare le Porte – informò Graziano, – dovrebbero<br />
essere a Porta Montanara. Hanno già sminato Porta<br />
Appia.<br />
– Le mine? Ma le mine, non sono pericolose le<br />
mine? – chiese trepidante Derna, – cosa vuoi che<br />
sappia Amleto di mine?<br />
– L’ingenier Costa è stato un armiere dell’aviazione<br />
militare – rassicura Graziano, – lui sa cosa fare,<br />
stai tranquilla.<br />
– Ma nessuno ha mai deo ad Amleto che ha moglie<br />
e tre figli? – chiese Derna un po’ più rasserenata.<br />
– Lo sa, lo sa. Certo che lo sa. È per voi che lo fa<br />
– disse Graziano.<br />
– Allora è proprio finita? – chiese Derna.<br />
– La guerra no – specificò Graziano, – ma per<br />
Imola finalmente è finita. Vent’anni di fascismo e<br />
cinque di guerra. Ora basta. Ora facciamo la pace.<br />
In Pazza Maggiore era stato allestito un altare,<br />
proprio soo all’obelisco dei caduti della prima<br />
guerra mondiale. C’era il Vescovo con tue le Autorità<br />
religiose. C’era anche don Giulio, ma non nel<br />
115
palco principale, bensì appartato con un gruppeo<br />
di seminaristi soo il portico. Nessuno l’aveva invitato<br />
a celebrare la Messa e certamente lui non si era<br />
offerto.<br />
Forse all’ombra delle colonne del portico stava già<br />
pensando a cose ben più importanti. Come avrebbe<br />
potuto tirare avanti il suo orfanotrofio che si sarebbe<br />
senz’altro riempito ancor di più di orfani abbandonati<br />
per gli eventi della guerra?<br />
Forse all’ombra delle colonne del portico stava<br />
già pensando cosa rispondere a quelli che gli avrebbero<br />
chiesto in futuro, a volte anche senza troppo<br />
rispetto:<br />
– E te prete, cosa hai fatto in cantina durante la<br />
guerra mentre noi combattevamo sui monti?<br />
Don Giulio non rispondeva mai a queste provocazioni,<br />
si limitava a sorridere.<br />
E quando invece qualcuno informato dei fatti lo<br />
decantava pubblicamente come un eroe, sempre col<br />
suo sorriso sardonico don Giulio rispondeva:<br />
– Ma cosa abbiamo poi fao di tanto straordinario?<br />
Ci siamo comportati nell’unico modo giusto.<br />
Era nostro dovere. La vita è così. Allora bisognava<br />
resistere per vivere. Vivere per continuare. È un dovere<br />
umano oltre che cristiano.<br />
116
Scoperti i morti di Becca<br />
La maina del 16 aprile 1945, Gianì entrò ansimando<br />
nella stanza mentre Derna stava pulendo il<br />
pavimento.<br />
– Derna – strillò guardandosi attorno, – ho bisogno<br />
di parlare con Amleto.<br />
– Che c’è Gianì? – domandò Derna preoccupata.<br />
– Son tornati i tedeschi?<br />
– No, peggio, il pozzo di Becca – balbeò.<br />
Proprio in quel momento entrò Amleto con una<br />
fascina di legna da bruciare. Aveva captato l’ultima<br />
parte della conversazione:<br />
– Cos’è successo al pozzo di Becca? – chiese.<br />
– I tedeschi l’hanno fao saltare – informò Gianì<br />
– e da dentro vengono dei lamenti!<br />
– Ma te t’zavaj? – chiese Amleto preoccupato.<br />
– No, no, è proprio così, non c’è un minuto da perdere<br />
– supplicò Gianì.<br />
Amleto e Gianì corsero fuori e, montati in bicicletta,<br />
si misero in viaggio per raggiungere lo stabilimento<br />
ortofrutticolo di Becca. Durante tutto il<br />
tragitto non pronunciarono parola. Amleto era convinto<br />
che Gianì stesse vaneggiando, ma in ogni caso<br />
bisognava pur controllare.<br />
Davanti allo stabilimento ortofrutticolo c’era una<br />
pattuglia di soldati inglesi.<br />
– Alt! – Intimò un soldato.<br />
– Sono dell’UNPA – disse Amleto, – vengo a investigare<br />
un incidente.<br />
117<br />
Ma che<br />
vaneggi?
– Qui no incident – rispose il militare, – qui off limits;<br />
no civilian allowed.<br />
Amleto non aveva capito cosa il militare avesse<br />
detto ma la parola no l’aveva capita.<br />
– Io UNPA – disse disperatamente Amleto scandendo<br />
le leere: – Unione Nazionale Protezione Antiaerea.<br />
– I don’t care who you are, this area is off limits! –<br />
strillò il soldato britannico.<br />
Solo allora Amleto si accorse che non aveva nessun<br />
segno di riconoscimento. Era arrivato in tutta<br />
fretta e si era dimenticato della fascia dell’UNPA,<br />
che forse gli avrebbe ottenuto maggiore attenzione<br />
da parte degli inglesi.<br />
– Gianì, tu resta qui che io vado in Comune a<br />
cercare qualcuno – disse Amleto montando velocemente<br />
in biciclea, – questi hanno la testa più dura<br />
dei tedeschi.<br />
Prima di arrivare alla sede del Comune passò davanti<br />
al Carmine e presto cambiò idea. Il portone era<br />
aperto. In fondo al cortite c’era la canonica. Bussò<br />
alla porta. Un giovane seminarista venne ad aprire.<br />
– Presto Reverendo, ho bisogno di parlare subito<br />
con don Giulio! – disse Amleto.<br />
– Ma non posso, io sono solo un seminarista, don<br />
Giulio sta dicendo Messa – informò il pretino.<br />
– Non m’interessa neanche se parla con dio! – disse<br />
Amleto adirato per il rifiuto.<br />
Il seminarista si fece il segno della croce, ma per<br />
non adirare ulteriormente chi gli stava davanti si decise<br />
ad andare nella chiesa per avvertire don Giulio.<br />
Pochi istanti dopo don Giulio entrò in canonica:<br />
– Ah, sei tu, Amleto – chiese sorpreso il sacerdote<br />
nel vederlo.<br />
– È una cosa importante.<br />
118<br />
Non mi<br />
interessa<br />
chi sei.<br />
In questa<br />
zona non<br />
si può<br />
entrare!
– Cosa c’è di così importante che non potevi aendere<br />
la fine della Santa Messa?<br />
– Scusate don Giulio – replicò Amleto, – ma mi sa<br />
che da Becca sia successo qualcosa di grave!<br />
– Ma se è chiusa? – replicò il sacerdote.<br />
– Hanno fao saltare il pozzo con dentro della<br />
gente, Gianì ha sentito dei lamenti venire dal fondo!–<br />
– Ma chi? – chiese il sacerdote incredulo.<br />
– I tedeschi delle SS in ritirata. No, No! – strillò<br />
Amleto.<br />
– Cosa no? – disse preoccupato don Giulio, – cosa<br />
è successo?<br />
Amleto si era seduto sulla panca. Fissava nel vuoto<br />
come se avesse avuto una visione.<br />
– Quelli della Rocca – balbeò Amleto, – hanno<br />
buato giù i prigionieri della Rocca!<br />
– Ma cosa dici? – disse don Giulio togliendosi i<br />
paramenti sacri, – i prigionieri li hanno liberati!<br />
– Son passati quaro giorni – disse Amleto sempre<br />
più pallido, – almeno dieci di loro sono di Imola.<br />
Nessuno gli ha visti!<br />
–Va bè – rispose il sacerdote, – non li avranno liberati,<br />
li avranno trasferiti al carcere di Bologna!<br />
– E i pianti che vengono dal fondo? – chiese<br />
Amleto.<br />
– Ma te li hai sentiti? – chiese don Giulio.<br />
– Io no, ma Gianì sì – rispose Amleto.<br />
– Presto, andiamo – disse don Giulio.<br />
Fuori dalla canonica c’era una camionea parcheggiata<br />
appartenete al CLN. Don Giulio si rivolse<br />
al guidatore in tono autorevole:<br />
– Presto, portaci da Becca!<br />
– Per chi mi ha preso reverendo? – obiettò sgarbatamente<br />
il guidatore. – Per un tassista?<br />
119
– Portaci da Becca, per dio! – digrignò il prete.<br />
– Ma non posso reverendo – rispose l’autista che<br />
si era accorto anche di Amleto, – sto aspeando il<br />
comandante Amedeo che esca dalla Messa!<br />
– La Messa è finita!– replicò don Giulio, – portaci<br />
subito da Becca!<br />
– Don Giulio perché vuole andare da Becca? –<br />
Chiese Amedeo, che era uscito di chiesa.<br />
– Mi sa che è successo qualcosa di grave – informò<br />
il sacerdote.<br />
– Ecco perché la messa è stata così breve – disse<br />
Amedeo aprendo la portiera della camionea.<br />
Il tragio tra la Chiesa del Carmine e lo Stabilimento<br />
ortofruicolo di Becca fu percorso in pochi<br />
minuti. Davanti all’ingresso ora c’erano ancora più<br />
soldati di prima. Qualche inglese e dei polacchi.<br />
Amedeo scese dalla camionea e si presentò al soldato<br />
di guardia.<br />
– Sono il Comandante del Comitato di Liberazione<br />
Nazionale – disse con tono fermo Amedeo, – Who<br />
is in charge here?–<br />
– Major Ried, of the English Military Police – rispose<br />
il soldato meendosi sull’aenti.<br />
– I want to talk to him! – ordinò Amedeo.<br />
– Sono qui. Potete parlare con me – disse giungendo<br />
da dietro il cancello l’ufficiale inglese, che<br />
parlava un oimo italiano.<br />
– Cosa succede qui? – chiese Amedeo.<br />
– Siamo stati informati dai proprietari dello stabilimento<br />
che un’odore acre usciva dal pozzo e che<br />
il pozzo stesso era stato fao saltare. Inizialmente<br />
pensavamo ad un incidente, poi siamo scesi con le<br />
corde a controllare: Non ho mai visto in vita mia<br />
uno speacolo così orrendo. È incredibile che tan-<br />
120<br />
Chi è in<br />
comando<br />
qui?<br />
Il maggiore<br />
Ried, della<br />
Polizia<br />
Militare<br />
inglese.<br />
Voglio<br />
parlare con<br />
lui!
ta crudeltà possa esistere in esseri umani – disse il<br />
maggiore abbassando gli occhi.<br />
Amleto si avvicinò al pozzo. Nell’aria c’era un<br />
odore pungente. La parte in muratura del pozzo era<br />
pressoché distrua e crollata all’interno.<br />
Con l’aiuto di un fazzoleo per ridurre l’odore<br />
che emanava dal pozzo, Amleto si avvicinò al ciglio.<br />
Dal fondo del pozzo non giungeva nessun suono.<br />
Nessun lamento come aveva sostenuto Gianì.<br />
– Ho chiesto ordini – informò il maggiore.<br />
– Quando? – chiese Amedeo.<br />
– Ieri. Ma fino ad ora nulla.<br />
– Ma potrebbero ancora esserci dei superstiti?<br />
– Inizialmente, forse – confermò il graduato, – ma<br />
ora certamente no. Ho mandato due dei miei uomini<br />
a controllare.<br />
– Ci avete messo sei mesi ad arrivare – disse<br />
Amleto, – se vi foste mossi dal campeggio sul fiume<br />
un po’ prima...<br />
– Te Amlet stà zet che clukilè s’arabia! – rimproverò<br />
Amedeo.<br />
– In ogni caso non dipende da me. Se non ricevo<br />
ordini dal Comando non posso proseguire nell’opera<br />
di recupero – disse risentito il maggiore Ried, – se<br />
è uno sterminio nazista bisogna preservare le prove<br />
e bisogna documentare i fai.<br />
– Questo territorio è soo la giurisdizione del<br />
CLN – precisò Amedeo, – quindi io do l’ordine di<br />
procedere al recupero!<br />
– Adesso sì che ti riconosco! – si complimentò<br />
Amleto col vecchio compagno di scuola.<br />
– Questo è compito nostro – disse Amedeo, – andiamo<br />
a chiamare rinforzi, dobbiamo tirarli su!<br />
Amedeo e Amleto rimontarono sulla camionetta<br />
alla volta della Croce Rossa dove probabilmente<br />
121<br />
Amleto stai<br />
zitto che<br />
questo si<br />
arrabbia!
avrebbero trovato altri volontari dell’UNPA, mentre<br />
don Giulio, inginocchiato sul ciglio del pozzo,<br />
pregava stringendo le mani e con gli occhi rivolti al<br />
cielo.<br />
La sede della Croce Rossa fungeva anche da ritrovo<br />
e magazzino per i volontari dell’UNPA. La<br />
caserma dei pompieri era poco lontano. Le tre organizzazioni<br />
avevano più volte lavorato assieme nel<br />
salvataggio delle viime dei bombardamenti.<br />
Davanti all’ufficio c’erano Graziano e Mario. Alla<br />
vista di Amleto trafelato che scendeva dalla cammionea<br />
si resero conto che era successo qualcosa<br />
di tragico.<br />
– Presto – disse Amleto, – chi altri c’è dentro?<br />
– Antonio e Nino! – rispose. – Cos’è successo?<br />
– Hanno ammazzato i prigionieri della Rocca e li<br />
hanno buati nel pozzo di Becca! – disse Amleto.<br />
– Tui e sedici? – chiese Graziano incredulo.<br />
– Non si sa ancora – rispose Amleto, – dobbiamo<br />
tirarli su per vedere quanti ce ne sono.<br />
Graziano e Amleto, seguiti da Mario, entrarono<br />
nel magazzino. Presero le maschere antigas in dotazione<br />
all’UNPA e delle corde.<br />
– Presto Nino – ordinò Amleto, – vai dai pompieri<br />
con Antonio. Fai dare tue le corde che ci hanno.<br />
Ci vediamo da Becca!<br />
Uscirono e rimontarono sulla cammionetta con le<br />
corde che avevano trovato nel magazzino e le maschere<br />
antigas.<br />
Arrivati al pozzo di Becca trovarono il maggiore<br />
Ried che stava organizzando il recupero. Erano anche<br />
arrivati altri volontari dell’UNPA.<br />
– Lasciate fare a noi – disse Graziano, – che siamo<br />
dell’UNPA. È il nostro lavoro.<br />
– Se posso aiutare – si offrì il maggiore.<br />
122
– Servono delle travi – informò Amleto – e delle<br />
carrucole.<br />
– Le due carrucole del pozzo sono qui – indicò<br />
Mario.<br />
– E le corde sono qui – informò Antonio che era<br />
arrivato con il camion dei pompieri.<br />
Le travi furono portate dall’interno del magazzino<br />
venne costruito un supporto per la carrucola.<br />
Con le maschere antigas in posizione, Amleto e<br />
due volontari dell’UNPA vennero calati nel pozzo.<br />
Il maggiore Ried aveva organizzato l’illuminazione<br />
del pozzo calando una lampada alimentata dal<br />
generatore posizionato su un camion dell’esercito<br />
inglese.<br />
Dopo pochi minuti che parvero un’eternità la fune<br />
venne tirata dal basso, segnale che era pronta per<br />
essere issata. I soldati inglesi e quelli polacchi aiutarono<br />
i volontari dell’UNPA e i pompieri a tirare la<br />
fune alla cui estremità era legato un corpo umano.<br />
Questa triste operazione venne ripetuta sedici<br />
volte. I corpi orrendamente mutilati furono portati<br />
alla superficie e allineati dentro il magazzino usando<br />
casse di legno per la frutta come giaciglio.<br />
I corpi caricati sulla macchina dei pompieri furono<br />
portati al Palazzo Comunale, dove venne allestita<br />
una camera ardente. La cittadinanza fu inviata a<br />
rendere omaggio alle vittime del truce misfatto e a<br />
partecipare al corteo funebre.<br />
“La descrizione dell’eccidio del Pozzo Becca.<br />
Il 12 aprile 1945, due giorni prima della liberazione, le<br />
brigate nere di Imola e un reparto di SS prelevarono sedici<br />
prigionieri dalle carceri della Rocca e li uccisero dopo<br />
averli a lungo torturati.<br />
123
Nello stabilimento ortofruicolo ‘Becca’, un magazzino<br />
per la frua sito in via Viorio Veneto, in un pozzo profondo<br />
trenta metri, furono geati il 13 aprile i corpi seviziati<br />
(occhi e unghie strappati, testicoli bruciati) di sedici<br />
partigiani e civili che erano stati tenuti in ostaggio nella<br />
Rocca Sforzesca dai tedeschi e dal distaccamento della<br />
Brigata repubblichina ‘Mario Zecchini’ di Bologna.<br />
I resti delle viime furono recuperati dai volontari dell’UNPA<br />
qualche giorno dopo la liberazione di Imola.<br />
Il maggiore I.C. Ried, della polizia militare inglese dichiarò:<br />
– Non ho mai visto in vita mia uno speacolo così<br />
orrendo. È incredibile che tanta crudeltà possa esistere in<br />
esseri umani. – Le viime sono: Bernardo Baldazzi, Dante<br />
Bernardi, Gaetano Bersani, Duilio Broccoli, Antonio<br />
Cassani, Guido Facchini, Mario Felicori, Paolo Filippini,<br />
Cesare Galassi, Secondo Grassi, Ciliante Martelli, Mario<br />
Martelli, Corrado Masina, Domenico Rivalta, Giovanni<br />
Roncarati, Augusto Ronzani.<br />
Il 13 febbraio 1948 la Corte d’Assise speciale di Bologna<br />
condannò a 30 anni di reclusione Pietro De Vito e Delendo<br />
Vassura, riconosciuti colpevoli dell’eccidio. Il processo<br />
contro tui i responsabili non fu mai celebrato.”<br />
Le crudeltà durante il periodo della seconda guerra<br />
mondiale furono tante. L’eccidio del Pozzo Becca<br />
fu una delle pagine più brue scrie dall’uomo.<br />
È terribile anche solo pensare a chi, estraendo i<br />
corpi dal Pozzo, si è trovato davanti ad amici, compagni,<br />
familiari così barbaramente e terribilmente<br />
torturati, uccisi.<br />
124
Caccia al fascista<br />
Nei giorni seguenti si verificano varie esecuzioni<br />
sommarie e si consumano molte vendee contro repubblichini<br />
e collaborazionisti, ritenuti autori o complici<br />
delle violenze commesse negli anni dell’occupazione.<br />
Era necessario costruire la pace, lanciare le basi<br />
per la ricostruzione e la rinascita della cià anche se<br />
i ricordi di vent’anni di diatura e cinque di guerra<br />
non erano facili da cancellare.<br />
Era necessario anche trovare abitazioni per le migliaia<br />
di persone sfollate che avrebbero fao ritorno<br />
alla cià dalla campagna o dagli altri paesini dove<br />
erano rifugiati.<br />
Il Comune si sforzava ad organizzare alloggi di<br />
fortuna negli edifici pubblici. Enti comunali e assistenziali<br />
sopperivano come potevano alla scarsità di<br />
generi alimentari e di prima necessità.<br />
Amleto stava tornando con Nino e Graziano da<br />
una perlustrazione nella zona del Ponte Vecchio. Il<br />
ponte era in buone condizioni, nonostante fosse stato<br />
colpito da varie bombe, ma tuo aorno, sulla<br />
riva del fiume Santerno furono rilevate parecchie<br />
mine anticarro.<br />
Nella strada del ritorno avevano fao soste più o<br />
meno lunghe nelle varie osterie della zona. Mancava<br />
il cibo, mancavano servizi e infrastruure, ma in<br />
Romagna non mancava il buon vino.<br />
Arrivati all’altezza della Piazza dei Servi si trovarono<br />
nel mezzo di un’accanita discussione.<br />
125
Un partigiano inveiva contro una persona in camicia<br />
nera, che Amleto riconobbe come Garelli.<br />
– Fermi voi due – ordinò Amleto.<br />
– Te fai i cazzi tuoi! – rispose il partigiano.<br />
– La guerra è finita, non ve l’ha deo nessuno?<br />
– ribattè Amleto.<br />
– Questo bastardo è un collaboratore fascista! – rispose<br />
il partigiano portando la mano alla tasca per<br />
prendere o far intendere di prendere un’arma.<br />
– Era un fascista! – corresse Amleto.<br />
– Una volta fascista, fascista per sempre! – ribaè<br />
il partigiano.<br />
– Senti te: come ti chiami?– chiese Amleto.<br />
– Gesso! – Rispose fiero.<br />
Il soprannome Gesso era un nome di battaglia. I<br />
partigiani inizialmente non erano conosciuti con<br />
il loro vero nome per il timore di rappresaglie nei<br />
confronti dei loro familiari. Infatti i nazifascisti non<br />
riuscendo a catturarli, si rifacevano contro i parenti<br />
più prossimi compiendo delle stragi di inaudita<br />
violenza.<br />
– Senti Gesso – disse Amleto con tono paternalistico,<br />
– te mi sembri un bravo ragazzo, non rovinare<br />
tuo con porcate e vendee.<br />
– Me ho fao porcate? – esplose quello risentito.<br />
– Loro sono dei criminali e noi vogliamo giustizia.<br />
– Giustizia è un parolone. Se hanno commesso<br />
crimini, verranno giudicati dal tribunale – intervenne<br />
Graziano.<br />
– Io posso garantire per Garelli – intervenne<br />
Amleto, non tanto perché fosse certo che Garelli fosse<br />
innocente, ma perché voleva evitare scontri.<br />
– Te sei un fascista come lui? – chiese con tono<br />
sprezzante il partigiano.<br />
126
– Io sono dell’UNPA – dichiarò Amleto.<br />
– Te va bene, ma loro sono dei bastardi che ne<br />
hanno combinate di cotte e di crude!<br />
– Oh sì, ne hanno combinate tante. Voi invece siete<br />
stati sempre bravi e osservanti delle regole della<br />
convenzione di Ginevra. Se hanno fao carognate<br />
verranno giudicati dalle autorità competenti.<br />
– Loro non sono stati così giusti nei nostri confronti<br />
in vent’anni di diatura – replicò Gesso.<br />
–Dimostriamo che non siamo come loro – disse<br />
Amleto, – l’Italia ha bisogno di tutti gli italiani per la<br />
rinascita. Abbiamo già avuto troppi morti da ambo<br />
le parti.<br />
– E tu non dici niente, bastardo di un fascista?<br />
– disse Gesso rivolto a Garelli.<br />
– Dico che ho fao solo il mio dovere! – rispose<br />
Garelli che nel fraempo aveva ripreso coraggio,<br />
– io non ho mai ammazzato nessuno!<br />
– Senti Garè – disse Amleto, – togliti stà camicia<br />
nera. Vai a farti un giro in campagna. Sparisci dalla<br />
circolazione per un po’. Vedrai che prima o poi tutto<br />
si aggiusta.<br />
Garelli non se lo fece ripetere due volte e velocemente<br />
si avvio lungo viale De Amicis per raggiungere<br />
il quartiere della Rivazza, dove abitava.<br />
Gesso senza più fiatare si era incamminato verso<br />
il centro cittadino. Forse alla ricerca di qualcun altro<br />
con cui litigare e smaltire le sue brame di vendetta.<br />
Amleto e compagni avevano anche loro qualcosa<br />
da smaltire. La giornata era particolarmente calda e<br />
dopo quell’accanita discussione i fumi del vino cominciavano<br />
a ronzare nella testa.<br />
– Meglio andare a casa – disse Amleto.<br />
– Una fermatina ai Tre Scalini? – disse Nino.<br />
127
– No – rispose Amleto. – Sà torn a cà ibriag Derna<br />
la fà nà malea d’là madona–.<br />
– Hai mica due lire? – chiese Graziano.<br />
– A so in buleta scanè – rispose Amleto portando la<br />
mano al portafogli. – E se Derna si accorge che ho<br />
preso le ultime due lire da soo il materasso...<br />
Arrivato a casa ebbe la conferma. Se ne era accorta.<br />
Sulla tavola una cipolla schiacciata. Il piccolo<br />
che piangeva. Cledes e Giuseppe erano già a leo.<br />
Ermelinda rammendava calzini.<br />
– Quella è la tua cena! – disse Derna visibilmente<br />
contrariata indicando la cipolla cruda e schiacciata<br />
sul tavolo della cucina.<br />
– A jo zà magnè – rispose Amleto.<br />
– In quel ostarea? – chiese sarcastica Derna.<br />
– Sono andato al Ponte Vecchio – disse in tono di<br />
scusa Amleto, – poi ho incontrato Graziano, Nino...<br />
e ci siamo fermati a fare un goccio!<br />
– Una bona adbvuda la t’ fa ròmpar mej l’êria e la<br />
t’fà vdè è mond piò bël. Commentò Ermelinda senza<br />
interrompere il rammendo dei calzini.<br />
– Così non va – disse Derna mollando un altro pugno<br />
alla cipolla schiacciandola ancora di più. – Passi<br />
più tempo all’osteria che a casa con i tuoi figli.<br />
– Se non riaprono al più presto la Fornace, non so<br />
da che parte sbaere la testa – disse Amleto.<br />
– Almeno in tempo di guerra qualcosa da mangiare<br />
l’abbiamo sempre trovato – disse Derna in procinto<br />
di piangere, – adesso che abbiamo la pace...<br />
– Ma no, Derna. Vedrai che riapriranno le fabbriche<br />
i contadini cominceranno a seminare.<br />
– Sì, con tue le bombe che ci sono seminate nei<br />
campi l’anno prossimo nascono le mine! – ironizzò<br />
Derna sempre più depressa.<br />
128<br />
Se torno<br />
a casa<br />
ubriaco,<br />
Derna non<br />
finisce più<br />
di brontolare!<br />
Sono<br />
completamente<br />
al<br />
verde!<br />
Ho già<br />
mangiato.<br />
n quale<br />
osteria?<br />
Una buona<br />
bevuta ti fa<br />
respirare<br />
meglio<br />
e ti fa<br />
vedere<br />
più bello il<br />
mondo.
– Vedrai che tra poco si aggiusta tutto. Presto ritorna<br />
anche la luce elettrica. Una nuova vita si apre<br />
davanti a noi – rispose amorevolmente Amleto.<br />
Poi prese in braccio il piccolo Franco che non la<br />
voleva smeere di piangere. Lo sollevò verso la trave<br />
dove c’erano state appese le salsicce, mentre ora<br />
c’era solo un chiodo.<br />
– Tè, chapa la suzizina – disse Amleto lanciandolo<br />
leggermente in aria, – chapa la susizina.<br />
– Metil zò prema cut casca dal man! – disse Derna<br />
preoccupata.<br />
Franco smise di piangere. Quel piccolo gioco era<br />
stato sufficiente per fare ritornare il sorriso sul volto<br />
del piccolo.<br />
– Dal à me – disse Ermelinda premurosa prendendo<br />
in braccio il piccolo. – Ma guerda un po’ in che<br />
temp ti sò vnù al mond!<br />
Poi messo il piccolo nel passeggino, rimboccò la<br />
coperta e piano piano, dondolando il leino di fortuna,<br />
canticchiò la ninna nanna.<br />
Fa la nana, fa la dounca, e tu babb porta la counca,<br />
u la porta in s’na spala ch’è vò fer una muraja.<br />
U la porta ‘n s’un galoun ch’è vò fer un murajoun.<br />
Fa la nana, fa la dounca e tu babb porta la counca.<br />
Era scesa lo noe, e con la noe era scesa la calma<br />
in via Selice 18. I bambini dormivano sognando i<br />
giochi del giorno dopo. Amleto e Derna dormivano<br />
sognando i problemi del giorno dopo. Era arrivata<br />
l’ora anche per Ermelinda di riposare. Soffiò sulla<br />
lampada a petrolio e la stanza piombò nel buio.<br />
129<br />
Dai, prendi<br />
la salsiccia.<br />
Mettilo giù<br />
prima che ti<br />
cada dalle<br />
mani.<br />
Datelo a<br />
me.<br />
Ma guarda<br />
un po’ in<br />
che periodo<br />
sei venuto<br />
al mondo!
Leàrco Andalò, assessore della Provincia di Bologna<br />
scrisse:<br />
“Il terribile consuntivo di disastri e di sangue dell’ultima<br />
guerra ci conferma che un conflio armato è un meccanismo<br />
immorale sia per quelli che vincono che per quelli<br />
che perdono.<br />
La guerra è soltanto distruzione materiale e mentale. Si<br />
deve dire a quelli che si illudono che la guerra possa essere<br />
la soluzione dei conflii ideologici o di altri interessi più<br />
concreti, che le loro idee sono veleno ripugnante, pazzo<br />
ed omicida.”<br />
130
Non c’è lavoro alla Fornace.<br />
La Fornace tardava ad aprire i baenti. Le bombe<br />
l’avevano danneggiata come avevano danneggiato<br />
quasi tue le struure della cià di Imola.<br />
Finita l’euforia della liberazione ora appariva agli<br />
occhi di tui la cruda realtà.<br />
I bombardamenti su Imola cominciati il 13 maggio<br />
1944 erano proseguiti ininterroamente su tuo<br />
il territorio del Comune. Con i cannonneggiamenti<br />
degli Alleati e con lo scoppio delle mine posizionate<br />
dai nazifascisti il 48% delle abitazioni andò distrutto<br />
o reso inabitabile.<br />
Circa 9000 abitazioni distrue e circa 2000 gravemente<br />
lesionate e rese inabitabili.<br />
Interi centri rurali dell’imolese vennero rasi al suolo,<br />
come Sasso Morelli e Sesto Imolese. Tui gli altri<br />
più o meno gravemente danneggiati.<br />
Le strade intensamente percorse dai mezzi militari<br />
e per anni trascurate dalla manutenzione erano<br />
pressochè impraticabili. In molte zone il guasto era<br />
reso ancor più grave dallo scoppio delle tubature e<br />
fognature.<br />
Tui i ponti nel territorio imolese, faa eccezione<br />
di quello sul Sillaro, salvato all’ultimo momento dal<br />
coraggioso intervento di una contadina, furono fatti<br />
saltare dai tedeschi. I ponti minori sui canali, gli<br />
scoli e condoi, furono distrui in numero di 124.<br />
Il Parco delle Acque Minerali servì per mesi alle<br />
truppe tedesche come deposito di munizioni ed<br />
131
automezzi. Migliaia di piante furono abbaute. Le<br />
strade interne distrue e il terreno minato.<br />
Le scuole, le biblioteche e i musei subirono danni<br />
di grave entità.<br />
L’acqua, il gas e la luce mancavano dal 6 oobre<br />
1944, quando i tedeschi fecero saltare gli acquedoi<br />
e le centrali.<br />
L’Ospedale Civile venne colpito 27 volte dai bombardamenti<br />
e dalle granate. I degenti erano collocati<br />
nei soerranei e nelle cantine, privi di medicinali e<br />
mezzi di cura.<br />
Anche l’Ospedale Psichiatrico venne colpito e lesionato<br />
facendo viime tra i ricoverati.<br />
Gli orfanotrofi vennero danneggiati e spogliati di<br />
suppelleili e mobili.<br />
Il Macello Pubblico fu bombardato selvaggiamente<br />
e reso inutilizzabile.<br />
Il Teatro Comunale spogliato da tua l’arezzatura<br />
e degli impianti venne fortemente danneggiato.<br />
L’intero impianto ferroviario della Santerno fu distruo.<br />
La linea in gran parte asportata, le stazioni e<br />
i caselli completamente rasi al suolo.<br />
Tui gli impianti telefonici della cià e della provincia<br />
furono resi inoperativi.<br />
Il patrimonio zootecnico andò quasi interamente<br />
perduto.<br />
La distruzione degli stabilimenti industriali fu<br />
pressoché totale. La Cogne, la Dalmata, la cooperativa<br />
La lavorazione del legno la cooperativa Ortolani,<br />
le Fornaci laterizie, la Cooperativa Ceramica, la<br />
Cooperativa Macchine Agricole...<br />
Questa, in parte, era la situazione di Imola e del territorio<br />
circostante. E in questa situazione uno doveva<br />
mantenere e mandare avanti la famiglia.<br />
132
Costa arrivò verso le 10 del mattino. Amleto era<br />
nel cortile alle prese con delle assi di legno.<br />
– Buon giorno Amleto, come te la passi? – chiese<br />
l’ingegnere.<br />
– Cun voil c’la vada: La Fornace non apre ancora.<br />
Dipendiamo dalla carità dai preti e dal comune per<br />
non morire di fame.<br />
– Cos’è che fai? – chiese incuriosito Costa.<br />
– Faccio un banzulè per Franco – disse Amleto,<br />
– ancora un po’ e cammina!<br />
– Ho una proposta da farti – disse l’ingegnere<br />
senza troppi preamboli.<br />
– Proposta? – chiese Amleto. – Pagata?<br />
– Penso proprio di sì – rispose Costa. – Possiamo<br />
andare dentro a parlare che qui nel cortile...<br />
– C’è Derna, dentro... – rispose Amleto che non<br />
era sicuro se Derna fosse stata bene accetta nella<br />
conversazione.<br />
– Bene – assicurò l’ingegnere, – avrei piacere che<br />
fosse presente anche Derna.<br />
Costa e Amleto entrarono nella stanza. Derna stava<br />
lavando la testa di Giuseppe sopra il catino.<br />
– Portami un’altra secchia d’acqua – ordinò all’ingresso<br />
del marito. Poi si accorse che c’era anche<br />
l’ingegner Costa: – Scusi ingegnere, stavo lavando<br />
la testa di Giuseppe. Con tutti questi pidocchi che<br />
vanno in giro, meglio tenerlo pulito.<br />
– E fai bene Derna – approvò Costa, – la famiglia<br />
è la cosa più preziosa che abbiamo.<br />
Derna asciugò velocemente la testa di Giuseppe,<br />
poi uscì col il catino nel cortile. Amleto mise le sedie<br />
vicino al tavolo. Derna rientrò e Costa fece cenno di<br />
sedersi.<br />
– Voi conoscete il mio impegno verso la bonifica<br />
delle zone minate – iniziò entrando nel vivo della<br />
133<br />
Come<br />
vuole che<br />
vada:<br />
Sgabello.
questione. – Il Comune di Imola mi ha autorizzato a<br />
formare una squadra di sei uomini per combattere<br />
il pericolo delle mine e delle bombe inesplose nel<br />
territorio municipale.<br />
– Mica sarete venuto a chiederlo ad Amleto? – domandò<br />
Derna preoccupata.<br />
– Sono venuto a chiedere ad Amleto di unirsi alla<br />
mia squadra – rispose Costa, – tui uomini dell’UNPA.<br />
– Avete già convinto qualcuno? – chiese Amleto.<br />
– Tui. Ne manca solo uno. Te – rispose Costa.<br />
– Ma lui ha tre figli e una moglie – intervenne Piagnucolando<br />
Derna.<br />
– Ma cosa ne sappiamo noi dell’UNPA delle mine<br />
e delle bombe? – chiese Amleto.<br />
– Per tanti anni avete loato tra le macerie causate<br />
dai bombardamenti – disse Costa, – ora dobbiamo<br />
loare per ricostruire il Paese e per bonificarlo dalle<br />
mine e dalle bombe. E lo facciamo soprauo per i<br />
nostri figli.<br />
– Ma perché non lo fa l’esercito? – chiese Amleto.<br />
– Quale esercito? – chiese l’ingegnere. – I tedeschi<br />
le hanno messe, gli inglesi le hanno messe e ora tocca<br />
agli italiani toglierle!<br />
– Ha ragione! – rispose Amleto. – I contadini devono<br />
arare per piantare il grano, i bambini devono<br />
giocare nei parchi. Se non togliamo i pericoli non<br />
riusciremo mai a ripartire.<br />
– Ma è pericoloso? – chiese Derna visibilmente<br />
preoccupata.<br />
– Mentirei se dicessi di no. Pericoloso come era<br />
lavorare per l’UNPA. Solo che il comune erogherà<br />
uno stipendio; non si sa ancora quanto, ma senz’altro<br />
Amleto verrà retribuito.<br />
– Ma non sono esperto – replicò Amleto.<br />
134
– Eri forse esperto quando nel maggio del 44 cominciarono<br />
i bombardamenti? – replicò Costa.<br />
– Se è per me, acceo! – convenne Amleto.<br />
– Se è per me, fa pure quello che vuoi – disse<br />
Derna, – perché anche se dico di no lo fai lo stesso!<br />
– È il mio dovere – replicò Amleto, – non si può<br />
andare in piazza a gridare Italia, Italia, poi quando<br />
l’Italia chiama tirarsi indietro.<br />
– Sì, sì, belle parole ma se ti fai ammazzare chi si<br />
prenderà cura di noi? – disse Derna.<br />
– Non dirlo nemmeno per scherzo! – replicò<br />
Amleto. – In tui gli anni dell’UNPA ogni volta che<br />
uscivo dopo i bombardamenti era sempre la stessa<br />
malea e come vedi sono ancora quà. L’erba cativa lan<br />
mor mai.<br />
– Ti dico solo di stare attento – concluse Derna.<br />
L’ingegner Costa strinse la mano ad Amleto e baciò<br />
Derna sulle guance. Aveva raggiunto il suo scopo<br />
ed era soddisfatto.<br />
– Vorrei offrire qualcosa – disse Derna con tono di<br />
scusa, – ma non c’è niente da darle.<br />
– Ha già dato anche troppo – rispose Costa. Poi<br />
guardandosi attorno chiese: – Oggi cosa mangiate?<br />
– Non lo so. Ermelinda è andata a fare la fila all’ECA<br />
(Ente Comunale Assistenza). La turna sempar<br />
con un pignatin d’mnestra!<br />
– Ti ringrazio lo stesso – disse portando la mano<br />
al portafoglio, – e questa è una caparra sul primo<br />
stipendio.<br />
– Ma no ingegnere, non ce n’è bisogno – disse<br />
Amleto, colpito nell’orgoglio. – Presto riaprirà la<br />
Fornace e ricomincerò a lavorare!<br />
– Non farci troppo assegnamento – consigliò Costa,<br />
– la fornace è un disastro, non credo apriranno<br />
prima di Agosto... Seembre!<br />
135<br />
L’erba<br />
cattiva<br />
non muore<br />
mai.<br />
Torna<br />
sempre<br />
con un<br />
pentolino di<br />
minestra.
– E allora grazie – disse Derna.<br />
– Questa l’è bela: me a luvurer e te te chapa i sold –<br />
disse Amleto sorridendo.<br />
Derna prese la banconota, la guardò e riguardò<br />
rigirandola.<br />
– Sono buoni! – disse Costa.<br />
– Lo so che sono buoni – rispose Derna, – ma non<br />
avevo mai visto cento lire tue di un pezzo!<br />
– Non valgono più come una volta – informò l’ingegner<br />
Costa, – ma son pur sempre soldi.<br />
Di nuovo Costa strinse la mano ad Amleto e baciò<br />
Derna sulle guance. Accarezzò la testolina di Franco,<br />
che era in braccio alla mamma.<br />
– Questo omeo si fa grande! – disse Costa.<br />
– Ha già sette mesi – disse Derna, – sembra ieri<br />
che nasceva sotto le bombe...<br />
– Sì, le bombe; quante ne hanno buate – disse<br />
Costa con un sospiro. – Ma ora mai più. Ora abbiamo<br />
la pace e dobbiamo costruire il futuro.<br />
Poi si rivolse a Giuseppe meendosi le mani in<br />
tasca.<br />
– Se indovini cosa ci ho, te le dò.<br />
– Le caramelle? – disse Giuseppe.<br />
– Ehi, è furbo questo qua – disse Costa consegnando<br />
due caramelle a Giuseppe.<br />
Poi ne dee altre due a Cledes: – Le mangiate dopo<br />
pranzo – disse Costa rivolto ai bambini vedendo che<br />
entrava Ermelinda con il pentolino della minestra.<br />
136<br />
Questa è<br />
bella: io<br />
lavoro e<br />
te prendi<br />
soldi.
12 maggio 1945:<br />
Imola, vicino al Ponte Vecchio,<br />
sulla riva destra del fiume Santerno<br />
Il contadino era vicino all’aratro trascinato dal<br />
bue quando Amleto, Graziano e Mario arrivarono<br />
al suo podere.<br />
Alla vista degli sminatori il volto gli si illuminò:<br />
– Ah, si què. L’è sota cal sâs, dopo cla radiz – disse il<br />
contadino, – furtona clè brisa schopè!<br />
Graziano si chinò sull’ordigno per rendersi conto<br />
della situazione. Attorno Amleto e Mario guardavano<br />
in attesa di direttive.<br />
– È tedesca! – confermò con voce pacata, – ci darà<br />
molto da fare.<br />
Poi rivolto al contadino:<br />
– Porta via il bue e l’aratro, e vai via anche te.<br />
– Allora me vado a preparer – disse allegramente il<br />
contadino, – e quand vujater avè finè av dag na bela<br />
magnèda ad parsût!<br />
– È una anticarro TOF – disse Graziano, – è difficile,<br />
ma ne abbiamo già disinnescate tante.<br />
– Aspetta che ti dò una mano – disse Amleto.<br />
– Sì, te tieni tirata la radice – disse Graziano, – e te<br />
Mario sposta quel sasso, mentre io...<br />
– Signor Costa, cum vala? – Disse Derna.<br />
– Cum vol cl’a vada... – rispose Costa in dialeo.<br />
L’ingegnere Costa non si era mai espresso in dialeo<br />
anche se era di Imola e lo comprendeva perfettamente.<br />
137<br />
Ah, siete<br />
qui. È sotto<br />
quel sasso,<br />
dopo quella<br />
radice.<br />
Fortuna<br />
che non è<br />
scoppiata!<br />
Allora io<br />
vado a preparare<br />
e quando<br />
avrete finito<br />
c’è una<br />
bella mangiata<br />
di<br />
prosciutto<br />
per tutti!<br />
Come va?<br />
Come<br />
vuole che<br />
vada...
Derna comprese all’istante che qualcosa di grave<br />
era successo.<br />
– È successa una disgrazia? – chiese fremendo.<br />
L’ingegnere con le lacrime agli occhi non rispose.<br />
– Per l’amor di dio s’è fao male Amleto? – strillò<br />
Derna afferrando per le braccia Costa.<br />
– Sono morti tui e tre – disse con un filo di<br />
voce.<br />
– No, no. Lei si sbaglia – replicò Derna – Amleto<br />
no. Amleto no...<br />
L’ingegnere abbassò lo sguardo senza pronunciare<br />
parola.<br />
– Lo voglio vedere! – disse Derna risoluta. – Dove<br />
l’avete portato, all’ospedale?<br />
– Non lo puoi vedere. Non c’è rimasto nulla da<br />
vedere. Era una mina anticarro...<br />
Derna si accasciò al suolo, si coprì la faccia con le<br />
mani mormorando:<br />
– L’è mort par nà magnè ed parsût!<br />
– È morto per una mangiata di prosciutto!<br />
– No, Derna, è morto per molto, molto di più...<br />
Ma queste parole Derna non le intese. Derna era<br />
sdraiata sul pavimento priva di sensi.<br />
138
Imola. Viale Dante. Autunno 1948.<br />
– Ma stai fermo un po’ – strillò Ermelinda mentre<br />
portava a spasso il piccolo Franco soo i giganteschi<br />
alberi di castagno selvatico che fiancheggiano viale<br />
Dante.<br />
Ermelinda aveva preso cura di Franco perché non<br />
aveva ancora l’età per la scuola. Giuseppe era stato<br />
messo all’orfanotrofio di via Pambera, Cledes era a<br />
Milano, dalle suore, che studiava per diventare infermiera<br />
all’ospedale Niguarda.<br />
A Derna il comune di Imola aveva trovato lavoro<br />
all’ospedale civile. Aiutante di cucina.<br />
Ermelinda era molto contenta di quel nipotino da<br />
badare perché finalmente dava uno scopo alla sua<br />
vita.<br />
Viale Dante era tuo coperto di foglie gialle, cadute<br />
a terra. Era come camminare su un gigantesco<br />
tappeto. Franco era tuo intento a raccogliere le castagne<br />
cadute a terra e per gioco le meeva, a sua<br />
insaputa, nella grande sporta della nonna. Il leggero<br />
vento d’autunno sollecitava le foglie nella caduta.<br />
La sporta si fa pesante. Ermelinda sorride, facendo<br />
finta di non essersene accorta.<br />
Arrivano così alla Rotonda dove nel centro c’è un<br />
monumento ai Caduti con l’iscrizione:<br />
SONO MORTI PER TE E PER ME<br />
PER TUTTI NOI<br />
SONO MORTI PERCHÉ LA VITA<br />
VALGA LA PENA DI ESSERE VISSUTA<br />
12 - 5 - 1946<br />
139
Ermelinda guarda il monumento. I ricordi tristi di<br />
due guerre mondiali passano araverso la sua mente.<br />
Lo stesso anniversario: 12 maggio. Una tragica<br />
coincidenza, un doveroso riconoscimento? Guarda<br />
il nipotino, unico conforto in quel momento ai suoi<br />
tristi pensieri.<br />
– I codardi restano, i valorosi partono, gli eroi non<br />
fanno ritorno... – borboa Ermelinda.<br />
Franco la guarda con un sorriseo stupido, come<br />
se non avesse capito nulla della spiegazione. Cade<br />
una foglia secca da un grande castagno selvatico e<br />
va a posarsi ai piedi del piccolo e della nonna. Il piccolo<br />
la raccoglie teneramente e la guarda con i grandi<br />
occhi neri pieni di lacrime:<br />
– Nonna, la foglia è morta. Babbo non farà ritorno...<br />
Ermelinda lo guarda teneramente, traiene a<br />
stento le lacrime e col sorriso che solo una nonna<br />
può avere, sussurra:<br />
– Non è morta: è partita, per fare posto alle altre<br />
migliaia di foglioline che nasceranno a primavera.<br />
140
Conclusione<br />
Trentacinque anni dopo, nella sala dei Convegni<br />
del Comune di Imola vennero consegnati aestati e<br />
medaglie a coloro che: “Durante la guerra, facevano<br />
parte dell’UNPA, ma che vennero distaccati e messi a disposizione<br />
del Comune di Imola agli ordini del Sig. Costa<br />
con l’incarico di rimuovere e raccogliere eventuali ordigni<br />
esplosivi che avessero costituito rischio e pericolo per<br />
la popolazione. Il Sig. Sindaco consegnerà di persona gli<br />
aestati ai viventi, ed ai familiari di coloro che purtroppo,<br />
perirono nello svolgimento di tanto ingrato lavoro.”<br />
Trentanove anni dopo, superando ostacoli di ogni<br />
genere, quella che sembrava una utopia ebbe pratica<br />
auazione per la generosità del Consiglio Comunale<br />
di Castelbolognese, che mise a disposizione una<br />
dignitosa area urbana nel piccolo centro romagnolo<br />
e il monumento, inaugurato con solenne cerimonia<br />
il 15 aprile 1984.<br />
Nel quarantesimo anniversario della Liberazione,<br />
con decreto presidenziale della Repubblica 12<br />
giugno 1984, è stata concessa la ricompensa al valor<br />
militare per aività partigiane al gonfalone del Comune<br />
di Imola. Giovedì 11 Aprile 1985 alle ore 17,00<br />
nella Piazza Maeoi di Imola, cerimonia ufficiale<br />
di consegna da parte del Presidente della Repubblica<br />
On. Sandro Pertini.<br />
L’Amministrazione Comunale di Imola nel quarantesimo<br />
anniversario della Liberazione e in occa-<br />
141
sione della consegna della Medaglia d’Oro al Valor<br />
Militare per Aività Partigiana, vuole ricordare il<br />
sacrificio delle Viime del fascismo, dei Caduti Partigiani<br />
e della Guerra di Liberazione con un diploma<br />
e una medaglia.<br />
Caloroso saluto del Sindaco di Imola, Bruno Solaroli,<br />
che tra l’altro dice: “I ciadini tui, ma soprauo<br />
le giovani generazioni, troveranno certo uno stimolo ad<br />
approfondire ed estendere la conoscenza della Resistenza”.<br />
Dopo gli interventi delle Autorità politiche e religiose,<br />
dei rappresentanti delle Associazioni Partigiane,<br />
viene concessa la medaglia d’oro al valor militare<br />
per aività Partigiane allo sminatore Amleto<br />
Baldisserri. Riceve il diploma e la medaglia la signora<br />
Derna Conti vedova Baldisserri.<br />
“Le decorazioni al valor militare sono concesse a coloro<br />
i quali, per compiere un ao di ardimento che avrebbe<br />
potuto omeersi senza mancare al dovere ed all’onore,<br />
abbiano affrontato coscientemente, con insigne coraggio<br />
e con felice iniziativa, un grave e manifesto rischio personale<br />
in imprese belliche.<br />
La concessione di dee decorazioni può aver luogo tuttavia<br />
solo quando l’ao compiuto sia tale che possa costituire,<br />
soo ogni aspeo, un esempio degno di essere<br />
imitato”.<br />
63 anni dopo, ho scrio questa storia.<br />
Perché c’è voluto tuo questo tempo per capire il<br />
dramma di Amleto e l’amore che Derna aveva per<br />
Amleto?<br />
Quando si è giovani si sanno troppe cose e non si<br />
fanno tante domande. Si corre dietro al mondo che<br />
corre più forte di noi. Si prendono per buone le verità<br />
dei giornali della stampa, degli organi d’infor-<br />
142
mazione anche se ben sappiamo che non sono vere<br />
e i romagnoli la sanno lunga a proposito:<br />
I giurnél, i scrìv i fùrb e i lezz i patèca.<br />
I giornali sono scrii dai furbi e lei dagli sciocchi.<br />
Solo invecchiando (vecchio proprio no, ma quasi) ho<br />
cominciato a pormi domande e scartabellare vecchie<br />
foto, vecchie lettere e ricordi. A chiedermi perché?<br />
C’è voluto la morte della mia amata compagna<br />
Susanna, per capire che, quando muore una persona<br />
molto vicina, insostituibile, si passa attraverso<br />
varie emozioni.<br />
Prima si prova il dolore per la perdita.<br />
Poi si passa alle recriminazioni. La nostra posizione<br />
nell’evento. Le nostre colpe, che non abbiamo<br />
fatto abbastanza per impedire l’inevitabile.<br />
Poi subentra la rabbia nei confronti della persona<br />
amata che ci ha lasciati senza nemmeno chiedere<br />
permesso:<br />
“Te ne sei andata troppo in fretta,<br />
senza nemmeno dirmi addio.”<br />
Ho incontrato veramente mamma Derna all’età di<br />
sedici anni quando sono uscito definitivamente dai<br />
vari collegi dove ho trascorso la mia infanzia.<br />
L’ho conosciuta nel terzo periodo avanzato. Passato<br />
il dolore, passate le recriminazioni ora restava solo<br />
la rabbia.<br />
– L’è mort par nà magnè ed parsût!<br />
– È morto per una mangiata di prosciuo.<br />
No, Derna, è morto per molto, molto di più, è<br />
morto perché la vita valga la pena di essere vissuta:<br />
ma questo lo sai anche te anche se non hai mai voluto<br />
ammeerlo.<br />
143
144
Sotto i bombardamenti degli Alleati a Imola, sfollati a Bagnara di Romagna<br />
e a Bubano e il ritorno a Imola. La storia dei 257 giorni di Derna e Amleto<br />
durante quegli ultimi tragici giorni della guerra e i primi dopo la liberazione