A M L E T O

– Adesso capisco: al casino di via Eorri.
– Beh, per questa volta passi, ma la prossima volta
prenderò provvedimenti.
– Ma se ha solo sei anni!
– E ci va a scuola dei Balilla?
– Ma se l’hanno chiusa da Pasqua!
– Ecco il perché: senza la scuola fascista i figli crescono
come animali, senza rispeo per le autorità.
– Voi aprite la scuola e io ce lo rimando – rimbeccò
Amleto. Poi rivolto a Giuseppe che tremava come
una foglia aggiunse: – Se ti fai prendere ancora una
volta non te la cavi così a buon mercato.
Riappacificato il gerarca fascista uscì dal portone
salutando con il braccio teso.
Assicuratosi che ormai fosse lontano, Amleto inveì:
– Cui venja un’azident brot mus negar! – Poi premurosamente
rivolto a Giuseppe si sincerò: – Mica ti ho
fao male, ho messo la fibbia dall’altra parte.
– Un po’ sì, qui – disse Giuseppe facendo vedere
il segno rosso lasciato dalla cintura.
– Vieni qui che ti dò un bacino e tuo passa – rispose
Amleto baciucchiando la gamba di Giuseppe.
– Ecco – rispose contento Giuseppe, – adesso non
mi fa più male.
– E te stai aento quando rubi ai ladri...
– Ma era andato su dalla napoletana.
– E te cosa sai di questè cose?
– Me l’ha deo Cledes.
– E te insegni questè belle cose? – Indagò Amleto
rivolto alla figlia che aveva seguito tuo il dramma.
– Quando vanno dalla napoletana ci stanno almeno
mezz’ora – sentenziò Cledes, – come potevo
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Gli venisse
un accidente
a questo
brutto muso
nero!