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Un modo particolare di fare volontariato - Cesvol

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SULL’ENCICLOPEDIA DELLE RELIGIONI<br />

Capitolo Diciottesimo<br />

Nella seconda e<strong>di</strong>zione della Enciclope<strong>di</strong>a delle Religioni pubblicata dal<br />

CESNUR <strong>di</strong> Torino nell’ottobre del 2006 – la prima e<strong>di</strong>zione è del 2001 –<br />

risultiamo ancora tra i “Gruppi Cattolici <strong>di</strong> frangia”.<br />

In realtà, già dagli inizi <strong>di</strong> quello stesso anno era sopraggiunta la notificazione<br />

vescovile <strong>di</strong> riammissione e riconoscimento ecclesiale della comunità; ma<br />

per ragioni e tempi del lavoro tipografico, la scheda relativa alla nostra<br />

“Comunità Famiglie <strong>di</strong> Betlemme” è rimasta dov’era prima, nel ponderoso<br />

volume del CESNUR.<br />

Di primo acchito, non fummo molto entusiasti <strong>di</strong> essere stati definiti “cattolici<br />

<strong>di</strong> frangia”; ma poi Marcello ci fece notare che le frange possono pur essere<br />

una cosa bella e che abbellisce. Ad<strong>di</strong>rittura, al suo popolo eletto Dio aveva<br />

prescritto che ogni Israelita doveva portarle ai bor<strong>di</strong> del mantello.<br />

Dal professore Massimo Introvigne e da Pier Luigi Zoccatelli che hanno<br />

curato l’articolo sulla nostra comunità, ci siamo sentiti non solo “stu<strong>di</strong>ati”,<br />

ma anche in qualche <strong>modo</strong> “capiti”, con una non comune, quasi premurosa<br />

attenzione, nell’evoluzione della nostra situazione ecclesiale.<br />

Parlando del CESNUR <strong>di</strong> Torino e dell’immagine che ha dato <strong>di</strong> noi<br />

nell’Enciclope<strong>di</strong>a, non possiamo non parlare <strong>di</strong> un’“altra” immagine: quella<br />

impressa nel sudario che avvolse il corpo <strong>di</strong> Gesù nella tomba: la Sacra<br />

Sindone conservata a Torino.<br />

Le immagini che noi – o altri per noi – <strong>di</strong>amo <strong>di</strong> noi stessi (e oggi viviamo<br />

nella cultura dell’immagine, tra l’“essere” e “l’apparire”), sono più o meno<br />

volutamente “truccate” o quantomeno “ritoccate” rispetto alla realtà che Dio<br />

solo conosce.<br />

E anche quanto abbiamo scritto sulla nostra storia e quanto altri hanno detto<br />

<strong>di</strong> noi non sfugge a questa impietosa verità. Con l’avvento delle macchine<br />

fotografiche <strong>di</strong>gitali o i telefonini... è <strong>di</strong>lagata la mania <strong>di</strong> fotogra<strong>fare</strong> e fotografarsi:<br />

sempre sorridenti ...s’ intende. Ma la fotografia che il Signore Gesù<br />

ha lasciato <strong>di</strong> sé è <strong>di</strong> altro genere: è la fotografia del vero Amore con la “A”<br />

maiuscola, che soffre e che si offre agli altri, sempre.<br />

Nella visione che cambiò la sua vita, Marcello non vide un Gesù dall’espressione<br />

sorridente e accattivante, ma “una figura maestosa...con una lunga<br />

barba e lunghi capelli, dal volto imperscrutabile”. Tempo dopo, rivide e riconobbe<br />

quel volto in una mostra itinerante sulla Sindone, allestita da<br />

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