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Maria Stuarda - Il giornale dei Grandi Eventi

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<strong>Il</strong> Giornale <strong>dei</strong> <strong>Grandi</strong> <strong>Eventi</strong><br />

La regina Elisabetta<br />

I d’Inghilterra<br />

(1533 – 1603) reinventò<br />

radicalmente il<br />

ruolo del sovrano di sesso<br />

femminile, in una ineguagliata<br />

dimostrazione<br />

di emancipazione, circa<br />

quattrocento anni prima<br />

della liberazione della<br />

donna.<br />

L’eccezionalità della sua<br />

storia emerge già a partire<br />

dalla complessa vicenda<br />

che la portò al potere.<br />

Suo padre, Enrico VIII<br />

(1509-1547), è rimasto celebre<br />

per la sua ossessione<br />

di procreare un erede<br />

maschio e per la sua crudeltà<br />

verso le donne che<br />

fallirono in questo loro<br />

compito. La sua perseveranza<br />

diede, però, alla fine<br />

i suoi frutti: nel ventinovesimo<br />

anno del suo<br />

regno, la terza moglie Jane<br />

Seymour morì dando<br />

ad Enrico l’unico figlio<br />

legittimo, il futuro<br />

Edoardo VI. Ironia della<br />

sorte, Edoardo morì dopo<br />

essere stato sul trono<br />

per soli sei anni. Così,<br />

undici anni dopo la morte<br />

di Enrico, la corona<br />

d’Inghilterra non solo<br />

passò ad una donna, ma<br />

a tre di fila (prima a<br />

Lady Jane Grey, poi a<br />

<strong>Maria</strong> Tudor ed infine<br />

ad Elisabetta).<br />

Una Regina con un<br />

carattere da Re<br />

Nell’Inghilterra del XVI<br />

secolo avere un erede<br />

maschio era un imperativo<br />

imposto dalla cultura<br />

più che dalla legge. Legge<br />

che non vietava<br />

espressamente il potere<br />

Sovrano fosse esercitato<br />

da una donna. Tale imperativo<br />

era sostenuto<br />

dai potenti Protestanti<br />

che caldeggiavano la<br />

Riforma anglicana, per i<br />

quali, come scrive la storica<br />

inglese Anne McLaren,<br />

un Sovrano donna<br />

era una prospettiva improponibile.Consideravano<br />

le donne inferiori<br />

sia razionalmente che<br />

spiritualmente; ed una<br />

Regina non avrebbe mai<br />

potuto rappresentare la<br />

guida di ascendenza di-<br />

vina che essi vedevano<br />

nel loro sovrano, una<br />

guida capace di agire come<br />

un baluardo contro il<br />

Papa.<br />

Tuttavia, ad un certo<br />

momento gli aspetti religiosi<br />

della successione<br />

diventarono più urgenti<br />

<strong>dei</strong> pregiudizi nei confronti<br />

del sesso femminile.<br />

Nel 1558 i Protestanti<br />

finirono col supportare<br />

l’ascesa al trono di Elisabetta,<br />

anche se invece di<br />

nominarla “Capo Supremo”<br />

della Chiesa Protestante,<br />

come suo padre<br />

era stato prima di lei, la<br />

chiamarono “Supremo<br />

Governatore”.<br />

<strong>Il</strong> secondo elemento assai<br />

curioso della storia di<br />

Elisabetta è la questione<br />

del suo mancato matrimonio<br />

e della sua perseveranza<br />

nel rimanere nubile<br />

(tanto da passare alla<br />

storia come “Vergin<br />

Queen”, la “Regina Vergine”).<br />

Per anni, l’élite Protestante<br />

cercò di persuadere<br />

Elisabetta a sposarsi.<br />

Ovviamente, se lei si fosse<br />

unita in matrimonio<br />

ancora giovane, avrebbe<br />

potuto ragionevolmente<br />

dare alla luce un erede<br />

maschio, ma anche qualora<br />

questo non fosse accaduto,<br />

un marito avrebbe<br />

tratto i suoi sostenitori<br />

fuori dall’imbarazzo, a<br />

condizione che egli fosse<br />

un “buon” Protestante.<br />

Dalle donne che erano<br />

succedute al trono per<br />

proprio diritto dinastico,<br />

ci si aspettava che gover-<br />

<strong>Maria</strong> <strong>Stuarda</strong><br />

nasserounitamente ai loro<br />

mariti, con un<br />

ruolo subordinato.<br />

Ma Elisabetta<br />

I ruppe con la<br />

tradizione. «Si<br />

propose di governare<br />

come<br />

suo padre»,<br />

scrive McLaren,<br />

«ed era ben<br />

attrezzata per<br />

questo ruolo.<br />

Era finemente<br />

educata sotto<br />

ogni punto di<br />

vista: aveva<br />

grandi conoscenze<br />

nel campo<br />

della politica estera e conosceva<br />

sei diverse lingue.<br />

Aveva molta esperienza<br />

dell’ambiente in cui operava,<br />

e comprese quali erano<br />

le questioni importanti per<br />

i suoi sostenitori. Inoltre<br />

aveva una personalità forte,<br />

e uno straordinario controllo<br />

emotivo. Soprattutto,<br />

capì che mettendo al mondo<br />

o nominando un erede maschio,<br />

o anche sposandosi,<br />

si sarebbe esposta ad una<br />

possibile usurpazione del<br />

trono o ad essere messa in<br />

secondo piano. Era abbastanza<br />

brillante per fare<br />

qualcosa in modo meccanico,<br />

senza coinvolgimento<br />

personale, ma rimase incrollabilmente<br />

“single”».<br />

L'immagine di Elisabetta<br />

si avvale, quindi, di<br />

due direttrici di percorso,<br />

connesse tra loro: la<br />

sublimazione della femminilità<br />

e l'acquisizione<br />

di qualità maschili. Rinunciando<br />

al matrimonio<br />

e alla maternità, Elisabetta<br />

finì infatti per<br />

esercitare un potere che<br />

11<br />

La rivale Regina d’Inghilterra<br />

Elisabetta I, inedito modello di sovranità<br />

Elisabetta I<br />

luy depuis j'ai mesprise<br />

l'honnoeur/ Ce qui nous peust<br />

«Pour<br />

seul pourvoir de bonheur».<br />

Sono i primi due versi di una delle poesie<br />

d'amore dedicate da <strong>Maria</strong> <strong>Stuarda</strong> al suo<br />

amante, James di Bothwell.<br />

Ritenute unanimemente autentiche, queste<br />

poesie fanno parte della raccolta di<br />

documenti nota come le Lettere dello scrigno,<br />

che conservate da Bothwell in uno<br />

scrigno d'argento regalatogli da <strong>Maria</strong>,<br />

(che a propria volta aveva ricevuto in dono<br />

dal suo primo marito, Francesco II di<br />

Francia), furono ritrovate nel castello di<br />

Edimburgo dopo la battaglia di Carberry<br />

Hill, in cui i baroni sconfissero la coppia<br />

regicida e costrinsero all'esilio il conte di<br />

Bothwell. Tali documenti costituirono le<br />

prove più importanti della connivenza<br />

della Regina nell'omicidio del suo secondo<br />

marito, Lord Darnley.<br />

Sono stati così tramandati i testi delle lettere<br />

di <strong>Maria</strong>, da Glasgow, in cui le Regina<br />

si rodeva dal rimorso nel vedere come<br />

nella sua realtà storica<br />

era maschile.<br />

A ben vedere, queste<br />

due possibilità di autorappresentazione<br />

di Elisabetta<br />

finiscono per essere<br />

ricomprese nell’ambito<br />

di una terza immagine<br />

della Regina. Più<br />

volte infatti Elisabetta<br />

giustificò il rifiuto del<br />

matrimonio dichiarando<br />

di essere già impegnata<br />

in un vincolo matrimoniale<br />

di ben più alto valore,<br />

non fisico e materiale,<br />

ma politico e spirituale.<br />

La Regina si presentava<br />

quindi come<br />

simbolo della Monarchia<br />

e del popolo inglese, incarnazione<br />

asessuata, né<br />

femminile né maschile,<br />

rappresentazione simbolica<br />

dello Stato, asessuata<br />

e immortale.<br />

Diana Sirianni<br />

«Le lettere dello scrigno»<br />

La sfrenata passione di<br />

<strong>Maria</strong> <strong>Stuarda</strong> nelle sue poesie<br />

Darnley cadesse ingenuamente nel tranello<br />

delle sue blandizie, inconsapevole<br />

delle trame che si stavano tessendo sul<br />

suo capo. Infatti, non appena Darnley fu<br />

convinto dalla Stuart a ritornare a Edimburgo,<br />

secondo il piano di Bothwell, la<br />

sua casa fu fatta saltare in aria.<br />

Ma, accanto a queste lettere gonfie di rimorso<br />

e di tormento, nello scrigno vi erano<br />

anche le eleganti e raffinate poesie,<br />

scritte in francese, che testimoniano l'ardente<br />

passione della Regina per il suo<br />

amante: una passione così assoluta da trascinare<br />

<strong>Maria</strong> <strong>Stuarda</strong> verso la china del<br />

delitto.<br />

Riportiamo la traduzione italiana di uno<br />

di questi sonetti:<br />

«Da allora per lui ho in sprezzo l'onore, /la<br />

sola cosa che ci dia felicità.<br />

Per lui metto a repentaglio grandezza e coscienza,<br />

/per lui ho lasciato parenti e amici,/<br />

ogni altro riguardo è tralasciato.<br />

Per lui stimo un nulla tutti gli amici,/ e auguro<br />

bene ai nemici.<br />

Per lui ho messo a repentaglio nome e coscienza,/<br />

per lui voglio rinunciare al mondo,/<br />

voglio morire perché lui cammini.<br />

Per lui voglio cercare la grandezza,/ e tanto<br />

farò finché riconoscerà veramente che l'unico<br />

mio bene, / l'unica mia soddisfazione è di<br />

ubbidirlo e servirlo lealmente.<br />

Per lui mi attendo ogni buona sorte, / per lui<br />

voglio mantenermi sana e viva, / per lui voglio<br />

seguire ogni virtù, / e sempre così immutata<br />

mi troverà».<br />

A. C.

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