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DIALOGO SUI PRECARI E IL CONTRATTO UNICO - ricerca gruppi

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120 a tempo indeterminato, rappresenta senza dubbio un miglioramento considerevole.<br />

Significa non avere più di fronte agli occhi una scadenza, con<br />

tutti i disagi, anche a livello esistenziale, che questa comporta.<br />

Roccella: Innanzitutto mi dispiace se il professor Boeri se l’è presa. Io – si<br />

sa – discuto sempre con molto calore, ma voglio rassicurarlo che ho la massima<br />

stima per gli studiosi di altre discipline e in particolare per gli economisti,<br />

tant’è che ho accettato di far parte della redazione della neonata rivista<br />

telematica Economia e politica. Quindi il problema non è questo; il problema<br />

è che quando si discute, soprattutto fra studiosi di diverse discipline,<br />

bisogna avere un minimo di codice comunicativo comune. E non si possono<br />

cambiare le carte in tavola. Ho davanti a me uno scritto di Emilio Rayneri,<br />

che è uno dei più prestigiosi sociologi del lavoro italiani. Commentando<br />

l’evoluzione dei dati Ocse di cui si è parlato, Rayneri dice testualmente:<br />

«Dopo la revisione dell’indice Ocse, il valore di tale indice precipita a 1,8.<br />

L’Italia risulta così sin dalla fine degli anni Ottanta tra i paesi europei ove i<br />

rapporti di lavoro a tempo indeterminato sono meno protetti contro i licenziamenti<br />

individuali». Perché, si faccia attenzione su questo punto, l’indice<br />

Ocse è stato costruito sui rapporti di lavoro a tempo indeterminato. I lavori<br />

atipici non c’entrano, sono un’altra cosa.<br />

Per quanto concerne i licenziamenti collettivi, cui ha accennato il professor<br />

Boeri, una delle ragioni per la quale le analisi dell’Ocse sono sempre<br />

apparse poco convincenti – almeno secondo una valutazione di tipo giuslavoristico<br />

– sta nel fatto che esse sono incentrate sui licenziamenti individuali,<br />

mentre per valutare il grado di rigidità di un mercato del lavoro<br />

bisogna sempre ricordare che esistono due tipi di licenziamenti: gli individuali<br />

e, appunto, i collettivi.<br />

Ebbene, al contrario di quanto ha appena sostenuto il professor Boeri,<br />

nel nostro paese il licenziamento collettivo è facilissimo. La legislazione<br />

in materia di licenziamenti collettivi si fonda su una direttiva europea alla<br />

quale il nostro paese si è uniformato, e lo ha fatto con ritardo e al livello<br />

più basso possibile. Ciò che differenzia il nostro sistema di protezione<br />

dell’impiego da quelli propri dei paesi più avanzati, come Francia<br />

e Germania, è che in questi paesi gli imprenditori che vogliono effettuare<br />

un licenziamento collettivo sono obbligati a predisporre dei costosissimi<br />

piani sociali di accompagnamento dei lavoratori licenziati. Da noi<br />

non c’è nulla di tutto ciò. Da noi fare un licenziamento collettivo è la cosa<br />

più facile del mondo. Quindi, per favore, non scherziamo su queste<br />

cose, che hanno un fondamento normativo ed empirico a tutti noto.<br />

Ritorniamo al contratto unico. Ribadisco: qui davvero si rischia di parlare<br />

due linguaggi diversi. Non ha nessun senso comparare le mele con le<br />

pere e dire, ad esempio, che alla scadenza di un contratto a termine il lavoratore<br />

non ha diritto a nulla, mentre nel caso del contratto unico sin<br />

dall’inizio avrebbe diritto a qualche cosa. Bisogna comparare situazioni<br />

omogenee. Quello che è certo è che, se tu sei licenziato durante un contratto<br />

a termine in maniera arbitraria, hai diritto a un risarcimento inte-

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