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DIALOGO SUI PRECARI E IL CONTRATTO UNICO - ricerca gruppi

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116 In ogni caso: esistono dati in proposito? I dati esistono, e non confortano le<br />

affermazioni che ho ricordato poco sopra. Prendiamo i più recenti dati<br />

Istat, pubblicati nel 2006, con riguardo alle controversie di lavoro in materia<br />

di licenziamenti. Ebbene, l’Istat ci dice che la media nazionale di accoglimento<br />

dei ricorsi in materia di licenziamenti, nel biennio 2003-2004, è<br />

stata di poco superiore al 60 per cento, per essere precisi il 61,3 per cento.<br />

Ma si badi bene che questo dato, che già è ben lontano dal suffragare la tesi<br />

secondo cui i giudici del lavoro sarebbero particolarmente disponibili nei<br />

confronti dei lavoratori (siamo di poco sopra al fifty-fifty), in realtà dice più<br />

di quanto non appaia. La serie dell’Istat è costruita prendendo in considerazione<br />

la causa in quanto tale, nella quale non rientrano solo i licenziamenti<br />

ma anche, ad esempio, le domande legate a questioni retributive. E<br />

quindi l’Istat calcola come ricorso accolto anche quello in cui sia stata accolta<br />

soltanto la richiesta di pagamento di differenze retributive, ma magari<br />

respinta la contestazione relativa al licenziamento.<br />

C’è poi la tesi sostenuta da altri studiosi della stessa area – penso a uno<br />

studio di alcuni anni fa degli economisti Andrea Ichino e Michele Polo e<br />

del più noto giurista Pietro Ichino – i quali cercarono di dimostrare che<br />

l’applicazione della disciplina sui licenziamenti sarebbe più rigida nelle<br />

aree meridionali del paese, perché i giudici sarebbero – come dire? –<br />

mossi da compassione per il povero lavoratore impossibilitato a reperire<br />

facilmente un nuovo posto di lavoro. Tale studio è di un rigore metodologico<br />

pressoché pari a zero. A suo tempo lo commentai in questi termini<br />

e oggi vedo che i dati Istat ancora una volta mi danno ragione: la medesima<br />

rilevazione che ricordavo prima segnala che la percentuale di accoglimento<br />

dei ricorsi scende al 53 per cento al Sud, al 51 per cento nelle<br />

isole, mentre è al 60,8 per cento nel Nord-Ovest, al 57 per cento nel<br />

Nord-Est e addirittura al 68,3 per cento al centro. Quindi non è affatto<br />

vero che i giudici meridionali siano più propensi a riconoscere le ragioni<br />

dei lavoratori, semmai lo sono meno.<br />

Dunque tutte le cose che si sono scritte per sostenere, in primo luogo, che<br />

la nostra legislazione in materia di licenziamento è particolarmente restrittiva<br />

e, in secondo luogo, che, quand’anche non lo fosse, molto restrittivi<br />

sarebbero i giudici del lavoro, non soltanto non riposano su dati<br />

empirici, ma anzi sono da questi contraddette.<br />

Questa è la cornice teorica entro la quale è formulata anche la proposta<br />

del «contratto unico», ed è evidente che se la cornice teorica non regge<br />

alla prova empirica anche la proposta concreta ne risulta compromessa.<br />

Ora, per quanto concerne l’analisi di tale specifica proposta, sarà una<br />

deformazione professionale, ma i giuristi sono abituati a utilizzare le parole<br />

con proprietà di linguaggio e quindi se dicono «contratto unico», intendono<br />

dire proprio «contratto unico». Invece nella proposta di Boeri e<br />

Garibaldi il contratto unico non è affatto un contratto unico. È un contratto<br />

ulteriore, nel senso che verrebbe introdotta una nuova tipologia<br />

contrattuale che si affiancherebbe a tutte quelle oggi esistenti, le quali ri-

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