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DIALOGO SUI PRECARI E IL CONTRATTO UNICO - ricerca gruppi

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112 gnata però da un’altrettanto sostenuta capacità del sistema di generare<br />

nuovi posti di lavoro (è ciò che nelle pubblicazioni in lingua inglese viene<br />

definita jobless growth, crescita senza lavoro), a una situazione esattamente<br />

rovesciata, in cui la nostra economia è entrata in una fase di stagnazione<br />

che di fatto continua da circa la metà degli anni Novanta e tuttavia è<br />

riuscita a creare moltissimi posti di lavoro, più di 2 milioni.<br />

Quindi siamo passati dalla crescita senza posti di lavoro alla crescita del<br />

lavoro senza crescita economica, che – mutuando ancora un’espressione<br />

dall’inglese – potremmo definire growthless job creation.<br />

Perché è avvenuto tutto ciò? Senza dubbio c’è stato il contributo importante<br />

esercitato dall’immigrazione: in un paese immobile come il nostro<br />

gli immigrati sono andati a tappare dei buchi che l’offerta di lavoro degli<br />

italiani non riusciva a soddisfare. C’è stata poi una forte moderazione<br />

salariale, legata a vari fattori fra cui la stessa immigrazione e la comparsa,<br />

appunto, del precariato, che rappresenta l’effetto estremo del crescente<br />

dualismo del nostro mercato del lavoro.<br />

La ragione più importante dei cambiamenti intervenuti nel rapporto tra<br />

crescita economica e occupazione è proprio in questo dualismo. Dopo le<br />

più significative riforme del mercato del lavoro che sono state prodotte<br />

in Italia negli ultimi anni, la capacità del nostro sistema economico di<br />

creare occupazione è aumentata.<br />

Questo è un fenomeno – sulla cui analisi teorica abbiamo lavorato molto<br />

io e il professor Garibaldi – che abbiamo definito honeymoon, cioè «luna<br />

di miele»: quando in un mercato del lavoro che ha un regime di protezione<br />

dell’impiego abbastanza forte si introduce la possibilità per il datore<br />

di lavoro di assumere dei lavoratori molto flessibili e non eccessivamente<br />

tutelati, i datori di lavoro – durante fasi non negative del ciclo –<br />

possono costruirsi una specie di «cuscinetto» di lavoratori, i quali saranno<br />

i primi a essere mandati via qualora la situazione del ciclo dovesse<br />

peggiorare. Ecco perché può avvenire che, anche quando l’economia non<br />

va a gonfie vele, si registri un aumento dell’occupazione.<br />

Chiarito – per sommi capi – il quadro di fronte al quale ci troviamo, passiamo<br />

a vedere le patologie dalle quali è affetto, che sono principalmente<br />

tre.<br />

Il primo aspetto rimanda all’eccessiva complessità normativa determinata<br />

dalla moltiplicazione delle figure contrattuali. A questo ha contribuito<br />

un pensiero giuslavorista che riteneva importante diversificare le figure<br />

contrattuali; era un po’ l’idea della cassetta degli attrezzi, dello statuto<br />

dei lavori, attraverso i quali poter coprire una pluralità di prestazioni<br />

e di esigenze che nei rapporti di lavoro già esistono e in questo modo<br />

possono trovare una sorta di riconoscimento e «tipizzazione». A lungo<br />

andare questo approccio ha però prodotto una giungla molto intricata, e<br />

poco trasparente, di formule contrattuali in cui è difficile orientarsi sia<br />

da parte dei lavoratori che da parte dei datori di lavoro, i quali, infatti,<br />

hanno quasi sempre bisogno di rivolgersi a un consulente del lavoro.

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