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DIALOGO SUI PRECARI E IL CONTRATTO UNICO - ricerca gruppi

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122 Bene, la nostra proposta è diversa. È una proposta che dà delle tutele decisamente<br />

superiori a quelle di cui gode la maggior parte delle persone<br />

che entra oggi nel mercato del lavoro. Il termine di paragone del nostro<br />

«contratto unico» non può essere – come suggerisce il professor Roccella<br />

– solo l’attuale contratto a tempo indeterminato, ma anche tutti quei<br />

contratti atipici che oggi sono il principale canale di inserimento nel<br />

mondo del lavoro.<br />

Mi si chiede che cosa impedisce al datore di lavoro, dopo tre anni, di licenziare<br />

il lavoratore? In primis ci sono questi sei mesi di indennità che dovrebbero<br />

essere corrisposti al lavoratore e che oggi non ci sono. Oggi il datore<br />

di lavoro non deve pagare assolutamente nulla quando, al termine del<br />

contratto, decide di non rinnovarlo. Tra l’altro i contratti a tempo determinato<br />

e le collaborazioni coordinate e continuative hanno una durata media<br />

di un anno, un anno e mezzo, quindi le mensilità residue nel caso di lincenziamento<br />

prima della scadenza, di cui parlava prima il professor Roccella,<br />

sono più o meno al livello dei pagamenti che noi prevediamo. Inoltre,<br />

c’è il costo di formare un altro dipendente, un costo molto elevato. Infine –<br />

ripeto – c’è anche da considerare il problema dei salari minimi, che è molto<br />

importante, perché un conto è pagare sei mensilità a un salario di 5 euro<br />

l’ora, un altro conto è invece dover ottemperare a un minimo salariale<br />

più consistente e pagare le indennità sulla base di quel minimo.<br />

Detto questo, ripeto che il problema vero di fronte al quale ci troviamo è<br />

di riuscire a valorizzare i risultati ottenuti negli ultimi dieci anni in termini<br />

occupazionali (forte incremento dell’occupazione e riduzione della<br />

disoccupazione, in particolare della disoccupazione giovanile), eliminando<br />

però le patologie che si sono venute a creare, prima fra tutte questo<br />

dualismo del nostro mercato del lavoro. La nostra è una proposta che<br />

cerca di portare aventi parallelamente entrambi questi obiettivi.<br />

Roccella: Innanzitutto la questione della creazione dei posti di lavoro.<br />

Come sicuramente il professor Boeri non ignora, questa tesi è molto contestata.<br />

Del resto, nello stesso libro di Boeri e Garibaldi si riconosce ciò<br />

che tutti in realtà sanno, ovvero che buona parte dei nuovi posti di lavoro<br />

è frutto dell’emersione dal sommerso dovuta alla regolarizzazione dei<br />

lavoratori immigrati.<br />

Questo è un punto davvero importante, perché non ci si può limitare a dire<br />

che l’Italia sarebbe passata da una situazione di crescita senza occupazione<br />

a una situazione di crescita dell’occupazione senza crescita economica. Beh,<br />

qui ci sarebbe un vero e proprio salto di paradigma teorico che meriterebbe<br />

di essere spiegato un po’ più accuratamente. Siccome non abbiamo il tempo<br />

di approfondire più di tanto, mi limito a dire che forse la questione è un<br />

po’ più complicata di come la mettono Boeri e Garibaldi.<br />

Forse la spiegazione dell’apparente crescita di posti di lavoro è di carattere<br />

eminentemente statistico. Mi spiego cercando di semplificare molto:<br />

quando cresce l’occupazione i lavoratori di solito stanno meglio perché<br />

cresce anche il loro reddito. Invece è noto che le cose sono andate ben di-

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