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indicatori agro-ambientali per l'agricoltura biologica - Inea

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ALMA MATER MATER<br />

STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOL BOLOGNA<br />

OGNA<br />

DIPAR DIPARTIMENT<br />

TIMENTO O DI SCIENZE E TECNOLOGIE TECNOLOGIE<br />

AGROAMBIENTALI<br />

AGROAMBIENTALI<br />

WORKING PAPER PAPER<br />

n.3<br />

INDICATORI<br />

AGRO-AMBIENTALI<br />

PER<br />

L’AGRICOLTURA<br />

BIOLOGICA<br />

dd dd ii ii<br />

GGiiuulliiaannoo VViittaallii<br />

RRoossaannnnaa EEppiiffaannii<br />

AAllbbeerrttoo AAllbbeerrttoo VViiccaarrii VViiccaarrii


ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA<br />

DIPARTIMENTO DI SCIENZE E TECNOLOGIE AGROAMBIENTALI<br />

WORKING PAPER - SABIO N. 3<br />

INDICATORI AGRO-AMBIENTALI PER<br />

L’AGRICOLTURA BIOLOGICA<br />

di<br />

Giuliano Vitali<br />

Rosanna Epifani<br />

Alberto Vicari


Il presente working pa<strong>per</strong> è stato elaborato in piena autonomia e<br />

responsabilità dal Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro<strong>ambientali</strong> della<br />

Facoltà di Agraria (Università degli studi di Bologna).<br />

Il working pa<strong>per</strong> fa parte della produzione editoriale del progetto SABIO<br />

(Sostenibilità dell’Agricoltura BIOlogica), progetto finanziato dal Ministero<br />

delle Politiche Agricole e Forestali con D.M. 90801 del 26 maggio 2004.<br />

Al progetto, coordinato dall’INEA (Carla Abitabile), partecipano le seguenti<br />

Unità O<strong>per</strong>ative:<br />

Istituto Nazionale di Economia Agraria (responsabile dr.ssa Carla Abitabile)<br />

Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro<strong>ambientali</strong> della Facoltà di<br />

Agraria, Università degli studi di Bologna (responsabile prof. Alberto Vicari)<br />

Dipartimento di Neuroscienze della Facoltà di Medicina e Chirurgia,<br />

Università di Roma “Tor Vergata” (responsabile prof. Antonino De Lorenzo)<br />

Dipartimento territorio e sistemi <strong>agro</strong>forestali - sezione di economia e politica<br />

agraria - Facoltà di Agraria, Università di Padova (responsabile prof. Vasco<br />

Boatto)<br />

AGER s.r.l., Società di ricerca e consulenza della Coldiretti (responsabile<br />

dott. Fabio Ciannavei)<br />

Principali prodotti editoriali SABIO ad oggi:<br />

Berardini L., Ciannavei F., Marino D., Spagnolo F., 2006. Lo scenario<br />

dell’agricoltura <strong>biologica</strong> in Italia, Working Pa<strong>per</strong> SABIO n. 1, Roma<br />

Carillo, F. (a cura di), 2008. Le politiche <strong>per</strong> lo sviluppo dell’agricoltura<br />

<strong>biologica</strong>: evoluzione ed impatti, Working Pa<strong>per</strong> SABIO n. 4, Roma, in corso<br />

di stampa<br />

De Lorenzo A., Di Renzo L., 2006. Nutrire <strong>per</strong> prevenire: quali nuovi<br />

<strong>indicatori</strong> di rischio nutrizionale?, Working Pa<strong>per</strong> SABIO n. 2, Roma<br />

Doria P., Valli C. (a cura di), 2008. La produzione agricola tra biologico e<br />

convenzionale, Working Pa<strong>per</strong> SABIO n. 5, Roma, in corso di stampa<br />

Progetto grafico: Bendetto Venuto, INEA<br />

2


RINGRAZIAMENTI<br />

I ringraziamenti <strong>per</strong> la collaborazione al lavoro vanno in primo luogo<br />

all’INEA nella sua disponibilità e <strong>per</strong> l’efficace attività di coordinamento<br />

nelle <strong>per</strong>sone della Dott.ssa Carla Abitabile, Dott.ssa Paola Doria, Dott.ssa<br />

Carlotta Valli, Dott. Alfonso Scardera e ai collaboratori esterni nelle <strong>per</strong>sone<br />

del Dott. Giulio Lazzerini e Prof.ssa Concetta Vazzana.<br />

Un ringraziamento particolare va ai collaboratori più diretti e in<br />

particolare al Dott. Marco Vignudelli, Dott.ssa Giulia Gualandri, Dott.ssa<br />

Mireia Ibanez, il Dott. Filippo Piatesi ed il Dott. Gianfranco Fuzzi.<br />

Si ringraziano le aziende che si sono prestate ai rilevamenti diretti e<br />

allo sviluppo del questionario nelle <strong>per</strong>sone di Stefano Vecchi, Dott.Luca<br />

Rapparini, Arcangelo Bondi e Corrado Arienti.<br />

Si ringraziano infine coloro che si sono occupati del rilievo dei dati<br />

tramite questionari, l’Ager nelle <strong>per</strong>sone del Dr. Fabio Ciannavei, Dr.ssa<br />

Lucilla Berardini e tutti i tecnici e le aziende coinvolte.<br />

3


Indice<br />

Introduzione 7<br />

CAPITOLO 1<br />

VALUTARE I SISTEMI AGRO-AMBIENTALI<br />

1.1. Introduzione 9<br />

1.2. Agro-ecosistemi 10<br />

1.3. Indicatori <strong>agro</strong>-<strong>ambientali</strong> 23<br />

CAPITOLO 2<br />

CONFRONTARE BIOLOGICO E CONVENZIONALE<br />

2.1. Introduzione 33<br />

2.2. Indicatori <strong>per</strong> comparti 34<br />

2.3. Indicatori nello schema DPSIR 44<br />

CAPITOLO 3<br />

MATERIALI E METODI<br />

3.1. Le aziende analizzate 51<br />

3.2. Metodi di rilievo utilizzati 54<br />

3.3. Campionamenti e Analisi 57<br />

3.4. I sopralluoghi 60<br />

3.5. Cartografia 64<br />

3.6. Questionari e Interviste 70<br />

5


CAPITOLO 4<br />

RISULTATI E DISCUSSIONE<br />

4.1. Campionamenti e Analisi 81<br />

4.2. Sopralluoghi 87<br />

4.3. Cartografia 89<br />

4.4. Questionari e Interviste 99<br />

4.5. Considerazioni sui risultati ottenuti 106<br />

Conclusioni 111<br />

Appendice A 115<br />

Appendice B 119<br />

Bibliografia 123<br />

6


INTRODUZIONE<br />

Il progetto SABIO è volto alla valutazione della Agricoltura Biologica<br />

ed in particolare alla possibilità di definire degli strumenti di comparazione<br />

con l’agricoltura tradizionale.<br />

In questo lavoro si affronta la problematica dal punto di vista <strong>agro</strong>ambientale,<br />

con l’obiettivo di definire un metodo di analisi e di metterlo alla<br />

prova su una serie di casi concreti. La strada che si è scelto di intraprendere è<br />

quella degli <strong>indicatori</strong>, assai battuta in letteratura, ma ancora priva di uno<br />

schema investigativo univoco.<br />

Questo studio ha cercato in primo luogo di mettere in luce aspetti non<br />

di poco conto quali la complessità metodologica insita nella identificazione<br />

degli <strong>indicatori</strong> e nel loro utilizzo o<strong>per</strong>ativo, aspetti legati alla struttura del<br />

sistema da valutare e dei processi coinvolti, alla cui descrizione e differenze<br />

sono legati gli obiettivi ultimi dell’indagine.<br />

Nel primo capitolo si introduce brevemente il lettore al concetto di<br />

sistema produttivo, passando in rassegna dagli elementi di base alle<br />

peculiarità dei principali approcci <strong>agro</strong>nomici. Viene quindi introdotto il<br />

concetto di indicatore e passate in rassegna le categorie di <strong>indicatori</strong> utilizzati<br />

<strong>per</strong> la valutazione di sistemi <strong>agro</strong>-<strong>ambientali</strong>.<br />

Nel secondo capitolo si descrive il processo che porta alla sintesi del<br />

sistema di <strong>indicatori</strong> utilizzati in questo studio.<br />

Nel terzo capitolo si definiscono le metodiche di valutazione in<br />

relazione alle diverse tipologie di rilievo considerate. Si descrive infine lo<br />

schema dei rilievi effettuati.<br />

Nel quarto capitolo si riportano infine i risultati ottenuti, discutendo gli<br />

stessi e traendo le conclusioni finali.<br />

Si fa presente che tutti i valori delle variabili sono riportati in formato<br />

numerico internazionale, facendo cioè uso del punto anziché della virgola<br />

come separatore decimale.<br />

7


CAPITOLO 1<br />

VALUTARE I SISTEMI AGRO-AMBIENTALI<br />

1.1. Introduzione<br />

La valutazione di un sistema è una pratica fondamentale in tutte le<br />

attività decisionali. Poiché valutare è spesso sinonimo di misurare, diventa<br />

fondamentale scegliere il giusto strumento di misura. Per questo motivo si<br />

rende necessario in prima istanza lo svolgimento di una analisi della struttura<br />

del sistema, delle sue funzioni e dei processi coinvolti.<br />

Quando si osserva un sistema si fa tipicamente uso di uno schema<br />

concettuale che individua i lineamenti essenziali trascurando quegli aspetti<br />

strutturali che non risultano utili agli scopi dell’analisi. Inizialmente si ha la<br />

tendenza a descriverlo in modo statico, delineando così solamente lo stato in<br />

cui esso si trova come in una descrizione fotografica, geografica o anatomica,<br />

che induce a soffermarsi sui dettagli piuttosto che sui cambiamenti. In molti<br />

casi tale descrizione non è <strong>per</strong>ò sufficiente, e dobbiamo analizzare il sistema<br />

con un approccio fisico, delineando i processi in termini di flussi di energia,<br />

materia o informazione in entrata o uscita, descrivendone il comportamento,<br />

ad esempio attraverso l’introduzione di modelli dinamici.<br />

Ma la struttura di un sistema si evidenzia anche attraverso aspetti che<br />

ne determinano complessità di ordine su<strong>per</strong>iore, quali la scala: al crescere<br />

della scala di osservazione è noto che sistemi complessi mostrino nuove<br />

proprietà emergenti, non deducibili dal comportamento delle singole parti.<br />

Il paesaggio può essere interpretato proprio come una proprietà<br />

emergente: il sistema che ne è alla base è dato da un comprensorio o da una<br />

porzione di territorio talvolta assai esteso, ma ciò che determina il paesaggio<br />

sono l’uso e la co<strong>per</strong>tura del suolo con tutta la dinamicità a loro legata, il tutto<br />

a dare una risultante che <strong>per</strong> l’uomo ha un importante significato estetico.<br />

Ma la scala si manifesta anche attraverso una struttura inclusivogerarchica;<br />

è il caso dell’azienda che vede al suo interno appezzamenti ed<br />

elementi idrografici quali invasi, scoline e canali, che fanno parte, a loro<br />

volta, del reticolo idrografico aziendale. Osservare variabili a livello di<br />

9


singolo appezzamento non significa solo scendere di scala rispetto alle<br />

osservazioni a scala aziendale, ma anche osservare sottosistemi, ovvero parti<br />

dell’azienda, con una loro individuale complessità. Altri esempi di relazioni<br />

gerarchiche sono il comprensorio, che è costituito tanto da aziende quanto da<br />

altre strutture territoriali, o il bacino idrografico di cui la rete di scolo<br />

aziendale è senz’altro parte.<br />

La scala ha assunto un rilievo fondamentale anche dal punto di vista<br />

o<strong>per</strong>ativo; in Vidal et al. (2001) è descritto lo standard utilizzato a livello<br />

europeo di nomenclatura (NUTS - Nomenclature des Unités Territoriales<br />

Statisistiques) utilizzato <strong>per</strong> definire le unità territoriali (associate a livelli<br />

amministrativi diversi da paese a paese) di riferimento da utilizzare <strong>per</strong><br />

ottenere una rappresentazione aggregata ed omogenea dei dati. Gran parte<br />

delle analisi seguenti hanno portato allo sviluppo di mappe di distribuzione di<br />

indici con risoluzione NUTS3, corrispondente <strong>per</strong> l’Italia all’aggregazione<br />

provinciale.<br />

In diverse applicazioni di modellistica ambientale al concetto di<br />

sistema si sostituisce quello di comparto. Noti comparti sono l’aria, l’acqua,<br />

il suolo e il biota, talvolta ulteriormente suddivisi (es. biota in comparto<br />

vegetale e animale).<br />

Il concetto di comparto va oltre quello di scala ma al contrario di ogni<br />

tipico sistema manca di confini netti e di un facile dimensionamento. Per<br />

questo la visione <strong>per</strong> comparti rientra solo in qualche approccio estremo nel<br />

paradigma sistemico classico (es. modello di fugacità di McKay).<br />

1.2. Agro-Ecosistemi<br />

Ogni ecosistema terrestre è costituito da un ambiente fisico-chimico e<br />

da un insieme di popolazioni vegetali e animali che si influenzano<br />

reciprocamente in modo dinamico. Mentre nei sistemi naturali sono le<br />

fluttuazioni <strong>ambientali</strong> esogene (meteo-climatiche) a determinare le<br />

<strong>per</strong>turbazioni, in quelli <strong>agro</strong>nomici le attività di controllo o<strong>per</strong>ate dall’uomo<br />

sono dominanti.<br />

Con <strong>agro</strong>-ecosistema si fa riferimento ad una categoria di ecosistemi<br />

caratterizzati dalla presenza di forzanti esterne, determinate dal processo<br />

produttivo agricolo, che spostano l’equilibrio naturale (preesistente e<br />

10


dinamico) su posizioni in cui l’espressione degli organismi viventi autoctoni è<br />

fortemente inibita: dove ci sarebbe stata una vegetazione spontanea, composta<br />

da una comunità di specie vegetali in equilibrio tra loro e con altri organismi,<br />

l’uomo forza la presenza il più delle volte di una monocoltura la cui<br />

espressione utile (produttività) sarà tanto maggiore quanto minori saranno le<br />

pressioni competitive e parassitarie da parte delle specie spontanee.<br />

L’<strong>agro</strong>-ecosistema rimane costantemente in competizione con le specie<br />

vegetali ed animali locali, che difficilmente vengono completamente<br />

eradicate, rimanendo latenti (es. la banca dei semi), ma che non raramente<br />

lasciano il passo alla diffusione di nuove specie infestanti derivanti dalla<br />

propagazione di specie presenti come impurità tra i semi della coltura<br />

seminata o dall’insediamento di varietà derivate dalla stessa specie coltivata<br />

in precedenza. Tali sistemi manifestano quindi in genere una diversità<br />

<strong>biologica</strong> ridotta.<br />

Gli <strong>agro</strong>-ecosistemi possono differire fortemente l’uno dall’altro in<br />

funzione del clima, del terreno e delle scelte dell’agricoltore. Molto spesso<br />

l’ecosistema agricolo può essere identificato con l’azienda agraria dove, al<br />

suo interno, si realizza il processo produttivo che si articola in più fasi ma con<br />

lo scopo finale di ottenere un prodotto richiesto dal mercato (PAU).<br />

Affinché il processo si realizzi nel migliore modo è necessario che i<br />

fabbisogni della coltura siano <strong>per</strong>fettamente soddisfatti dall’ambiente di<br />

coltivazione. Se ciò non si verifica essa subisce uno stress che porta in misura<br />

più o meno marcata alla riduzione di produzione rispetto a quella massima<br />

potenzialmente raggiungibile. Gli interventi <strong>agro</strong>nomici hanno <strong>per</strong> questo il<br />

duplice scopo di scegliere le specie in funzione dell’ambiente (o di intervenire<br />

sulle stesse in modo da migliorarne le capacità di adattamento) e di<br />

modificare, <strong>per</strong> quanto possibile, l’ambiente stesso in modo da renderlo più<br />

idoneo alla specie coltivata. Si può allora parlare di interventi <strong>agro</strong>nomici<br />

sulla coltura (es. scelta della specie e della varietà, effettuazione di una<br />

coltura specializzata o di una consociazione, lavoro di miglioramento<br />

genetico), sul terreno (es. lavorazioni, concimazioni, irrigazioni,<br />

sistemazioni), sul clima (es. apprestamenti protettivi) e sui fattori biologici<br />

(es. trattamenti antiparassitari, trattamenti diserbanti).<br />

Alcuni di questi interventi modificano direttamente la disponibilità, <strong>per</strong><br />

la coltura, di uno o più fattori della produzione, mentre altri <strong>per</strong>mettono alla<br />

coltura stessa di meglio sfruttare le risorse disponibili dall’ambiente, altri<br />

11


ancora sono il risultato di scelte dell’ordinamento produttivo. Gli effetti di tali<br />

interventi si manifestano quasi sempre in modo multi-direzionale,<br />

modificando più aspetti contemporaneamente: con una serra, ad esempio, si<br />

modifica il microclima della zona co<strong>per</strong>ta e, parallelamente, si provocano<br />

delle modifiche anche nell’attività <strong>biologica</strong> del terreno, nella disponibilità di<br />

elementi nutritivi, ecc.; con la concimazione si accresce la quantità di<br />

elementi nutritivi presenti nel terreno, ma si può influenzare anche la struttura<br />

dello stesso, l’attività micro<strong>biologica</strong> e la crescita della pianta coltivata.<br />

La storia dell’agricoltura ha visto evolvere il modo in cui l’agricoltore<br />

ha condotto il processo produttivo e l’azienda. Negli ultimi anni specialmente<br />

il modo in cui l’agricoltore si pone rispetto all’ambeite e si confronta con la<br />

società e con il mercato ha dato luogo ad una grande varietà di approcci al<br />

modo di fare agricoltura, approcci che saranno analizzati in sintesi.<br />

Agricoltura Convenzionale - Gli <strong>agro</strong>-ecosistemi associati<br />

all’agricoltura convenzionale sono basati su una gestione colturale che ha<br />

seguito il progresso tecnologico in nome della diminuzione della fatica del<br />

lavoro dei campi, dell’aumento del fabbisogno alimentare e della sicurezza<br />

del reddito: meccanizzazione, uso di fertilizzanti ed <strong>agro</strong>farmaci hanno visto<br />

un aumento vertiginoso dal secondo dopoguerra senza alcuna consapevolezza<br />

dei limiti che avrebbe potuto avere e di quanto prossimi potevano essere i<br />

problemi che potevano generarsi dalla diffusione di tali tecniche.<br />

Una delle forme di agricoltura cui tale progresso ha condotto è<br />

l’agricoltura estensiva. La disponibilità di mezzi meccanici ha <strong>per</strong>messo<br />

infatti di ridurre enormemente la manodo<strong>per</strong>a, i capitali di esercizio e di<br />

investimenti fondiari. Diffusa nelle grandi su<strong>per</strong>fici pianeggianti europee ed<br />

americane, in Italia, dopo una diffusione nella Pianura Padana, ne è stato<br />

tentata un’esportazione anche in aree con bassa potenzialità <strong>agro</strong>nomica (es.<br />

terreni collinari e di bassa montagna) con esiti spesso fallimentari, soprattutto<br />

in termini di conseguenze sulla sostenibilità delle famiglie, contribuendo al<br />

notorio spopolamento dalle campagne, cui ancora oggi si assiste. Sotto il<br />

profilo ambientale può comportare vantaggi conseguenti al ridotto impiego di<br />

mezzi chimici e svantaggi dovuti alla scarsa accuratezza delle o<strong>per</strong>azioni<br />

colturali (ad es. favorendo la <strong>per</strong>dita di suolo <strong>per</strong> erosione). Si presta <strong>per</strong> certe<br />

forme di cerealicoltura e <strong>per</strong> l’attività zootecnica im<strong>per</strong>niata sul<br />

pascolamento.<br />

12


L’agricoltura intensiva rappresenta la forma di agricoltura più evoluta<br />

sotto il profilo tecnologico e scientifico. Essa è basata sull’utilizzo ottimale<br />

degli strumenti che la scienza <strong>agro</strong>nomica mette a disposizione (macchine,<br />

concimi, diserbanti, antiparassitari, ecc.) allo scopo di mettere in atto una<br />

produzione vegetale che massimizzi la redditività aziendale. È adatta <strong>per</strong> gli<br />

ambienti con elevata vocazione <strong>agro</strong>nomica generale e/o con vocazioni<br />

colturali specifiche, e <strong>per</strong> aziende con adeguate dimensioni e organizzazione.<br />

A seconda degli indirizzi colturali la su<strong>per</strong>ficie aziendale va dai 25-30 ettari,<br />

<strong>per</strong> indirizzi colturali quali l’orticolo, il frutticolo e il viticolo (zone DOC), a<br />

2-3 volte su<strong>per</strong>iore <strong>per</strong> gli orientamenti cerealicoli, di colture industriali,<br />

foraggere e zootecnici. Le aziende con allevamenti devono quasi sempre<br />

ricorrere ampiamente al mercato <strong>per</strong> completare il loro ciclo produttivo. Esse<br />

inoltre devono soprattutto dimensionare il numero di capi allevati sulla<br />

capacità recettiva in liquami zootecnici del terreno a disposizione. In<br />

alternativa possono ricorrere a qualche sistema di trattamento e parziale<br />

depurazione dei reflui che <strong>per</strong>metta di smaltire la parte eccedente senza danno<br />

<strong>per</strong> l’ambiente e, possibilmente, con qualche vantaggio. L’agricoltura<br />

intensiva come approccio non si è dimostrata sempre vincente: dimostrazione<br />

ne è la sua evoluzione più recente, l’agricoltura di precisione, che non ha<br />

ancora dimostrato una vera convenienza economica neppure <strong>per</strong> le grandi<br />

aziende americane.<br />

Le ricerche che hanno spinto all’agricoltura intensiva hanno portato<br />

anche allo sviluppo di tecniche di classificazione <strong>agro</strong>nomica del territorio<br />

(zonazione) con l’obbiettivo di descrivere una potenzialità di utilizzazione<br />

agricola del territorio e di arrivare a definire le differenti vocazioni colturali<br />

specifiche, utilizzabili anche <strong>per</strong> o<strong>per</strong>e di pianificazione territoriale (Paolillo,<br />

1998).<br />

Un ulteriore forma di progresso dell’agricoltura può essere vista nella<br />

agricoltura bio-tecnologica, basata sulla coltivazione e più generalmente<br />

all’uso di piante transgeniche (OGM) promettendo una vera e propria svolta<br />

nel controllo dei processi produttivi. Le modificazioni apportate alle colture<br />

sono sostanzialmente finalizzate ad incrementi produttivi, resistenza alle<br />

malattie e soprattutto ad erbicidi ad ampio spettro. Ancora in studio sono<br />

invece le varietà ingegnerizzate più adattabili alla siccità e alla salinità, alla<br />

conservabilità ed alla riduzione dei tempi di maturazione.<br />

Benché gli OGM non godono di una buona reputazione agli occhi<br />

dell’opinione pubblica, alimentata da sospetti che si richiamano al principio<br />

13


di precauzione e ad una lista di effetti sulla salute ogni giorno più ricca (es.<br />

effetti depressivi sul sistema immunitario, induzione di allergie e resistenze<br />

agli antibiotici), le necessità del mercato globale sembrano riuscire ad avere<br />

la meglio. Così, a fronte di un ancora limitato numero di colture<br />

ingegnerizzate e adottate su vasta scala, sostanzialmente soia, mais, colza e<br />

cotone, la su<strong>per</strong>ficie coltivata ad OGM risulta in rapida ascesa (112 milioni di<br />

ettari nel 2007), mentre le tecniche di monitoraggio internazionale sembrano<br />

ancora largamente insufficienti.<br />

Verso la consapevolezza ambientale - La comparsa di problemi di<br />

ordine economico legati alla sovrapproduzione e l’accresciuta sensibilità<br />

verso problematiche <strong>ambientali</strong> hanno dettato un giro di boa nell’approccio<br />

<strong>agro</strong>nomico tradizionale. Le stesse ricerche che hanno portato alle tecniche<br />

adottate dall’agricoltura intensiva hanno portato infatti anche ad un<br />

incremento nella conoscenza dei processi <strong>ambientali</strong>, <strong>per</strong>mettendo di definire<br />

nuove tecniche orientate alla riduzione degli interventi di lavorazione, il<br />

miglioramento dell’efficienza delle macchine o<strong>per</strong>ative, la razionalizzazione<br />

dell’uso dei fertilizzanti, il recu<strong>per</strong>o di masse organiche di diversa origine, la<br />

lotta integrata ai parassiti e alle erbe infestanti. Tali tecniche sono in netta<br />

controtendenza rispetto all’approccio convenzionale, dimostrandosi<br />

vantaggiose anche dal punto di vista ambientale.<br />

Agricoltura Sostenibile - La parola “Sostenibile” deriva dal latino<br />

sustinere, che significa mantenere in vita nel lungo <strong>per</strong>iodo. Il concetto di<br />

sostenibilità è quindi legata al fattore tempo, e alla possibilità che, in assenza<br />

di determinate scelte tecnologiche e strutturali, la conduzione di una certa<br />

attività e il <strong>per</strong>manere di un certo scenario non possa sopravvivere in modo<br />

indefinito.<br />

La sostenibilità può essere vista come una caratteristica di un sistema,<br />

fino a divenire una grandezza derivata che riassume proprietà statiche e le<br />

dinamiche caratterizzanti lo stato di attività e/o efficienza di un certo sistema,<br />

non necessariamente di tipo produttivo e quasi mai chiuso (es. azienda,<br />

associazione, amministrazione, sistema monetario).<br />

Tale grandezza potrà indicare di volta in volta un generico grado di<br />

sostenibilità del sistema o una grandezza associata alla durevolezza del<br />

sistema: nel primo caso si prescinde da aspetti temporali, mentre nel secondo<br />

la grandezza obiettivo può rappresentare proprio il tempo di vita del sistema<br />

analizzato.<br />

14


Proprio il tempo sta diventando di recente un fattore sempre meno<br />

trascurato: l’agricoltura è un’attività che, in quanto praticata da millenni, si è<br />

ritenuto essere basata su risorse rinnovabili: oggi l’intensità con cui l’uomo<br />

o<strong>per</strong>a sull’ambiente attraverso l’uso di macchine ed altri agenti tecnologici<br />

ha fatto capire che lo stesso terreno appare avere una durata limitata, a causa,<br />

ad esempio, dell’amplificazione di processi quali quello erosivo.<br />

La sostenibilità è associata in sintesi ad una assai ampia gamma di<br />

problematiche, tanto da spaziare dalla politica ed aspetti sociali, filosofici fino<br />

a quelli più scientificamente trattabili quali quelli energetici.<br />

Ikerd (1994) definisce l’agricoltura sostenibile come quell’agricoltura<br />

che abbia la capacità di mantenere produttività e utilità <strong>per</strong> la società sul<br />

lungo <strong>per</strong>iodo, che conservi le risorse, che sia economicamente<br />

autosufficiente, compatibile con l’ambiente, d’appoggio <strong>per</strong> la società e<br />

competitiva nel mercato.<br />

Sebbene la definizione sia, come la precedente, priva di quel dettaglio<br />

sufficiente a definire in modo univoco una tecnica <strong>per</strong> la sua misurazione, è<br />

possibile comunque specificare sotto quale aspetto si parla di sostenibilità, es.<br />

Sostenibilità Ambientale o Sostenibilità Economica. A tutt’oggi ciò che si è<br />

verificato è che solo con un’analisi retrospettiva è possibile valutare l’effetto<br />

delle pratiche agricole sulla sostenibilità.<br />

L’obiettivo di un’agricoltura sostenibile ha contribuito in modo<br />

rilevante allo sviluppo di approcci alternativi come la lotta integrata e<br />

l’agricoltura a basso input. Alla sostenibilità va quindi ascritto gran parte<br />

dell’interesse verso l’agricoltura <strong>biologica</strong>.<br />

La relazione tra agricoltura <strong>biologica</strong> e sostenibile resta tuttavia ancora<br />

da definire: <strong>per</strong> alcuni autori i due termini sono sinonimi, <strong>per</strong> altri considerarli<br />

la stessa cosa è fuorviante. Secondo Lampkin (2002), ad esempio, il sistema<br />

di produzione sostenibile costituisce il cuore dell’agricoltura <strong>biologica</strong>.<br />

Altri studiosi invece hanno spiegato già da tempo come un sistema non<br />

abbia bisogno di essere moderno, industrializzato e di usare sostanze<br />

chimiche di sintesi <strong>per</strong> essere comunque lontano dalla sostenibilità: Carter e<br />

Dale (1974) in un’analisi storica dei sistemi agricoli hanno mostrato come la<br />

fertilità di grandi aree nel bacino del mediterraneo sia stata profondamente<br />

intaccata da pratiche di agricoltura low input senza uso di prodotti chimici,<br />

15


pratiche vicine all’agricoltura <strong>biologica</strong> in termini di input, ma egualmente<br />

non sostenibili.<br />

Focalizzarsi solo su particolari input o strumenti <strong>per</strong> identificare<br />

sistemi di agricoltura sostenibile non è quindi sufficiente.<br />

Il termine sostenibile deve essere usato nel suo senso più ampio ed<br />

includere non solo l’uso e la conservazione di risorse non rinnovabili, ma<br />

anche questioni di sostenibilità ambientale, economica e sociale.<br />

Sono nati approcci alla conduzione aziendale quali l’agricoltura<br />

integrata o sostenibile attraverso le quali l’agricoltura inizia a considerare<br />

tecniche produttive rispettose dell’ambiente. L’approccio entra ufficialmente<br />

in Italia attraverso la pubblicazione del Codice di Buona Pratica Agricola<br />

(AAVV, 1991) oggi adottato a livello amministrativo.<br />

Tali varianti ben si adattano ad areali in cui assumono importanza<br />

particolare gli aspetti qualitativi delle produzioni (es. melo, vite, olivo),<br />

nonché zone sensibili in quanto sottoposte a vincoli paesaggistici, parchi<br />

naturali e in generale, laddove l’attività agricola è più costosa e<br />

intrinsecamente meno competitiva se valutata solo con l’ottica economica<br />

consueta. La politica agricola della UE tende a favorirne la diffusione<br />

concedendo contributi all’unità di su<strong>per</strong>ficie coltivata, piuttosto che all’unità<br />

di quantità di prodotto, concedendo contributi a chi accetta di realizzarla<br />

rispettando i vincoli dei differenti disciplinari regionali e concedendo<br />

contributi alle cosiddette “fasce tampone” arboree e arbustive.<br />

I sistemi colturali con un numero di specie elevato sono relativamente<br />

complessi. In agricoltura integrata, talora le colture erbacee (almeno quattro)<br />

sono coltivate in avvicendamento a ciclo chiuso e a fasi contemporanee; il<br />

prato occupa almeno il 20% della su<strong>per</strong>ficie a seminativo e, quando non entra<br />

nell’avvicendamento, almeno una delle altre specie è una leguminosa. Le<br />

colture intercalari (anche quelle da sovescio), i vari tipi di consociazione, e<br />

colture promiscue sono adatte <strong>per</strong> questo tipo di agricoltura che privilegia le<br />

scelte che mantengono il terreno il più a lungo possibile co<strong>per</strong>to da<br />

vegetazione e conferiscono al paesaggio una piacevole e contrastata<br />

<strong>per</strong>cezione visiva.<br />

Almeno il 5% della su<strong>per</strong>ficie aziendale viene riservata a “macchie di<br />

paesaggio”, co<strong>per</strong>te da vegetazione arbustiva e/o da alberi tipici dell’ambiente<br />

16


in cui si o<strong>per</strong>a e gli interventi antropici sono limitati a qualche saltuario<br />

sfalcio dell’erba e a qualche decespugliamento <strong>per</strong> contenere la vegetazione<br />

Ai tradizionali obiettivi delle sistemazioni 1’agricoltura conservativa<br />

aggiunge anche una particolare attenzione <strong>per</strong> il rispetto delle risorse<br />

paesaggistiche e storico-culturali e <strong>per</strong> il mantenimento o la creazione di<br />

ambienti ospitali <strong>per</strong> la flora e la fauna selvatica.<br />

L’agricoltura sostenibile ricorre <strong>per</strong>ò anche a sistemazioni moderne,<br />

con ampi spazi che <strong>per</strong>mettono l’utilizzazione delle macchine.<br />

Per quanto concerne le lavorazioni, 1’agricoltura sostenibile adotta le<br />

soluzioni che minimizzano l’ossidazione della sostanza organica del terreno e<br />

i rilasci azotati nelle acque; essa inoltre privilegia gli interventi che<br />

<strong>per</strong>mettono una riduzione nell’uso dei fitofarmaci.<br />

Per questo ultimo motivo fa ampio ricorso agli interventi meccanici di<br />

sarchiatura, rincalzatura e lavorazioni leggere sulle file delle piante arboree.<br />

Le arature sono poco profonde: 20-25 cm nei terreni sciolti e <strong>per</strong> le colture<br />

autunno-primaverili, 30-35 cm negli altri casi e si ricorre frequentemente alle<br />

tecniche di minima lavorazione e semina su sodo.<br />

Per quanto riguarda la fertilizzazione, le scelte dell’agricoltura<br />

sostenibile sono mirate verso il conseguimento di un’elevata efficacia dei<br />

fertilizzanti, verso una riduzione dei rilasci <strong>ambientali</strong> e degli accumuli nel<br />

terreno, verso un riciclaggio dei liquami e dei rifiuti che non comporti<br />

problemi <strong>per</strong> la sanità dei prodotti e l’inquinamento del terreno.<br />

L’agricoltura sostenibile affronta il problema del diserbo in modo<br />

particolare, non si pone come obiettivo la completa eliminazione delle<br />

infestanti; accetta un certo grado di infestazione nel primo <strong>per</strong>iodo della<br />

coltura, tollera la nascita di semi in stagione avanzata e a una certa distanza<br />

dalle piante coltivate, sopporta una certa depressione produttiva e si accetta il<br />

principio che la su<strong>per</strong>ficie trattata con diserbanti non debba su<strong>per</strong>are, in<br />

media, il 20-30% della SAU.<br />

Per la lotta antiparassitaria, l’agricoltura sostenibile applica i moderni<br />

orientamenti fitoiatrici che accettano un “livello di soglia” dell’attacco<br />

parassitario al di sotto del quale non si fanno trattamenti, scelta dei principi<br />

attivi, delle tecniche e delle epoche di intervento in modo da danneggiare il<br />

meno possibile gli organismi utili, scelta dei principi attivi meno <strong>per</strong>icolosi<br />

<strong>per</strong> l’uomo e con elevata biodegradabilità e massima valorizzazione e<br />

17


utilizzazione dei mezzi di lotta non chimici (biologici, fisici, genetici) e messa<br />

a punto di sistemi integrati <strong>per</strong> combattere i parassiti.<br />

Oggi agricoltura sostenibile può rappresentare un obiettivo realistico<br />

<strong>per</strong> politiche agricole a scala nazionale, una soluzione <strong>per</strong> tutte quelle aziende<br />

che rimarranno a lungo lontane dalle soluzioni biologiche in senso stretto.<br />

Anche il concetto di multifunzionalità tende a dare una sorta di<br />

reinquadramento ecologico-sociale dell’attività agricola convenzionale,<br />

stabilendo che all’obiettivo tradizionale dell’agricoltura, quello della<br />

produzione da reddito, si affiancano altre attività:<br />

attività turistiche, ludiche e didattiche (agriturismi, fattorie didattiche,<br />

equitazione,..) che facilitino assieme alla fruizione di aspetti ricreativi il<br />

ripristino di condizioni naturali spontanee;<br />

salvaguardia ambientale e aspetti di sicurezza (frane, incendi);<br />

conservazione, ripristino e quindi, in certa misura, incremento della<br />

biodiversità;<br />

salvaguardia di aspetti paesaggistici.<br />

Mentre in passato tali servizi erano visti come prodotti secondari,<br />

l’agricoltura sostenibile comincia a proporre attraverso varie strategie aspetti<br />

lasciati de<strong>per</strong>ire nella memoria della cultura agraria a causa dell’avvento<br />

dell’intensivizzazione (Boller et al., 2004).<br />

Sistemi agricoli biologici - L’agricoltura <strong>biologica</strong> è il risultato dello<br />

sviluppo di diversi metodi di produzione agricola praticati, sin dall’inizio del<br />

secolo, principalmente nell’Europa settentrionale ed associati principalmente<br />

a tre correnti di pensiero:<br />

• agricoltura biodinamica, comparsa in Germania sulle ideee di Steiner,<br />

utilizza preparati particolari con funzioni più o meno specifiche di difesa,<br />

fertilizzazione, stimolazione della crescita e dello sviluppo vegetativo,<br />

basandosi su ragionamenti pressoché privi di basi scientifiche,<br />

• l’agricoltura basata su metodi organici (organic farming) nata in<br />

Inghilterra dalle tesi sviluppate da Howard nel suo testamento agricolo<br />

(Howard, 1940); le tesi valorizzano soprattutto l’importanza della sostanza<br />

organica nel terreno nel processo produttivo e nella protezione delle colture,<br />

esaltando le pratiche di compostaggio come surrogato della concimazione<br />

18


minerale; incentivate sono anche pratiche di sovescio verde <strong>per</strong> il<br />

mantenimento dell’equilibrio biologico del suolo;<br />

• l’agricoltura <strong>biologica</strong> sviluppata in Svizzera da Rusch e Müller<br />

rivolge anch’essa molta attenzione alla sostanza organica ed in particolare<br />

all’utilità delle macromolecole costituenti l’humus alla funzionalità<br />

dell’organismo vegetale, in cui un ruolo primario è anche esercitato<br />

dall’attività batterica e fungina. Il metodo è im<strong>per</strong>niato sull’uso di fertilizzanti<br />

biologici anche se ammette l’uso di prodotti, quali polvere di roccia e scorie<br />

Thomas, in sostituzione dei concimi di sintesi.<br />

Vi sono altri metodi di coltivazione in cui possiamo riconoscere molte<br />

delle idee sviluppate dalle scuole sopra discusse, quali il metodo ANOG,<br />

maggiormente rivolto alla produzione frutticola, che incentiva l’impiego di<br />

sostanza organica e concimi naturali lasciati in su<strong>per</strong>ficie senza ricorrere a<br />

lavorazioni, o il metodo Lamaire-Boucher, che invece sottolinea l’importanza<br />

di rotazioni e consociazioni, incentivando l’uso di alcuni prodotti particolari<br />

(es. ottenuti da alghe) e oligoelementi.<br />

Tutti questi movimenti sono basati sulla convinzione dell’esistenza di<br />

un profondo legame tra agricoltura e natura e sulla necessità del rispetto degli<br />

equilibri naturali rifiutandosi di vedere una tecnica produttiva orientata<br />

esclusivamente a massimizzare il profitto.<br />

Oggi l’agricoltura <strong>biologica</strong> è generalmente intesa come quel sistema<br />

di gestione dell'impresa agricola caratterizzato dall'adozione di tecniche<br />

colturali che si avvalgono delle conoscenze sulle naturali interazioni tra<br />

organismi viventi, pedoclima e azione dell'uomo, mirando a preservare gli<br />

equilibri del sistema suolo, escludendo l'impiego di prodotti chimici di sintesi<br />

e basandosi sulla coltivazione di varietà autoctone: l’agricoltura <strong>biologica</strong> è<br />

del tutto avversa all’uso di organismi geneticamente modificati.<br />

Si tratta di un sistema produttivo, spesso assai sofisticato, che mette al<br />

primo posto non la produzione fine a sé stessa (produrre il più possibile), ma<br />

la produttività nella salvaguardia della salute dell'uomo e dell'ambiente in cui<br />

vive. Secondo il Codex alimentarius (Le Guillou e Scharpé, 2000),<br />

l’agricoltura <strong>biologica</strong> è un sistema globale di produzione agricola (vegetale e<br />

animale) che privilegia le pratiche di gestione piuttosto che il ricorso a fattori<br />

di produzione di origine esterna. In sostanza, l’approccio biologico preferisce<br />

l’uso di mezzi meccanici e prodotti naturali al posto di prodotti chimici di<br />

sintesi.<br />

19


Secondo le linee direttrici del Codex, l’agricoltura <strong>biologica</strong> deve<br />

contribuire al conseguimento dei seguenti obiettivi:<br />

aumentare la diversità <strong>biologica</strong> nell’insieme del sistema;<br />

accrescere l’attività <strong>biologica</strong> dei suoli;<br />

mantenere la fertilità dei suoli a lungo termine;<br />

riciclare i rifiuti di origine vegetale e animale, al fine di restituire gli<br />

elementi nutritivi alla terra, riducendo in tal modo il più possibile<br />

l’utilizzo di risorse non rinnovabili;<br />

fare assegnamento sulle risorse rinnovabili nei sistemi agricoli<br />

organizzati localmente;<br />

promuovere la corretta utilizzazione dei suoli, delle risorse idriche e<br />

dell’atmosfera e ridurre il più possibile ogni forma di inquinamento<br />

che potrebbe derivare dalle pratiche colturali e zootecniche;<br />

manipolare i prodotti agricoli, con particolare attenzione ai metodi di<br />

trasformazione, allo scopo di mantenere l’integrità <strong>biologica</strong> e le<br />

qualità essenziali del prodotto in tutte le varie fasi;<br />

essere praticata su un’azienda agricola esistente, dopo un <strong>per</strong>iodo di<br />

conversione, la cui durata deve essere calcolata sulla base di fattori<br />

specifici del sito, quali le informazioni storiche sulla su<strong>per</strong>ficie e i tipi<br />

di coltura e di allevamento previsti.<br />

In sostanza, mentre il metodo convenzionale ha portato negli anni ad<br />

una “semplificazione” dei metodi, indubbiamente associata ad un bisogno di<br />

ridurre la ‘fatica dei campi’, il metodo biologico reintroduce pratiche che<br />

richiedono all’imprenditore agricolo una conoscenza approfondita del sistema<br />

e dei processi coinvolti.<br />

Nella pratica <strong>biologica</strong> sono centrali:<br />

uso di fertilizzanti organici ottenuti in aziende biologiche (o comunque<br />

ottenuti con tecniche eco-compatibili) e inorganici di origine naturale;<br />

ottimizzazione degli avvicendamenti allo scopo di facilitare la<br />

fissazione dell’azoto atmosferico (inserimento di leguminose),<br />

riduzione dell’ aggressività dei parassiti e contenimento delle erbe<br />

infestanti;<br />

20


interventi fitosanitari diretti (es. raccolta manuale del parassita), lotta<br />

<strong>biologica</strong>, uso di trappole, feromoni, bioinsetticidi, <strong>agro</strong>farmaci<br />

naturali;<br />

minimizzazione delle lavorazioni in modo da disturbare il meno<br />

possibile l’equilibrio microbiologico del terreno;<br />

allevamento animale a bassa intensivizzazione, con foraggi prodotti<br />

nell’azienda <strong>biologica</strong>, e farmaci di origine industriale.<br />

L’allevamento in particolare costituisce un elemento fondamentale <strong>per</strong><br />

le aziende che o<strong>per</strong>ano con metodi di produzione <strong>biologica</strong>, in quanto<br />

soddisfa il fabbisogno di materie organiche (difficilmente re<strong>per</strong>ibili) e di<br />

elementi nutritivi del terreno agricolo, contribuendo così a migliorare il suolo<br />

e a sviluppare un’agricoltura durevole, avvicinandosi al concetto di “ciclo<br />

produttivo chiuso”, che prevede la minimizzazione degli input esterni<br />

all’azienda.<br />

L’agricoltura <strong>biologica</strong> rappresenta, <strong>per</strong> molti aspetti, un ritorno<br />

all’agricoltura tradizionale del secolo diciannovesimo e della prima metà del<br />

novecento. Vuole essere una reazione alle tendenze dell’agricoltura intensiva<br />

industrializzata e trova motivazioni nelle sempre crescenti problematiche<br />

<strong>ambientali</strong> (inquinamento, paesaggio, ecc.) e dalla qualità degli alimenti (es.<br />

timori circa possibili residui tossici).<br />

In fatto di normativa, all’inizio degli anni novanta, la Comunità<br />

europea si è dotata di un quadro normativo in materia (UE, 1991), offrendo<br />

nuove possibilità di sostegno finanziario (UE, 1992) di cui l’agricoltura<br />

<strong>biologica</strong>, <strong>per</strong> le sue stesse caratteristiche, può beneficiare. Nel 2009 entrerà<br />

in vigore il nuovo regolamento (UE, 2007) già molto discusso <strong>per</strong> via<br />

dell’ammissibilità della presenza di OGM (anche se solo dello 0.9%) nei<br />

prodotti. Tale regolamento disciplina anche le tecniche di produzione<br />

individuando le basi tecnologiche nella concimazione organica (letami,<br />

sovesci o altro) e non di sintesi.<br />

In generale, il metodo biologico prevede una gestione oculata delle<br />

risorse naturali e <strong>per</strong> raggiungere lo scopo utilizza esclusivamente interventi<br />

compatibili con l’ambiente lungo tutte le fasi dalla produzione e prevede<br />

anche alcune regole <strong>per</strong> la trasformazione dei prodotti destinati ad uso<br />

alimentare.<br />

21


Queste regole privilegiano l’utilizzo di tecnologie “naturali e<br />

tradizionali”, ispirate dalla volontà di conservare le caratteristiche originarie<br />

del prodotto, nei limiti del possibile. Inoltre, la proibizione dell’utilizzo di<br />

fitofarmaci e di prodotti chimici di sintesi lungo tutta la filiera, fa sì che i<br />

prodotti ottenuti con il metodo dell’agricoltura <strong>biologica</strong> siano esenti da<br />

residui di fitofarmaci.<br />

La difesa fitosanitaria si basa sul principio della prevenzione che si<br />

traduce sostanzialmente in un uso di varietà locali e sull’ammissione di<br />

prodotti naturali.<br />

L’accessibilità dell’azienda ai benefici previsti dal regolamento<br />

comunitario relativo al biologico viene stabilita sulla base di alcuni requisiti,<br />

il primo dei quali riguarda la sua collocazione spaziale: l’azienda deve essere<br />

situata in un luogo che <strong>per</strong>mette di escludere inquinamenti riconducibili a<br />

fonti precise ed individuabili (non deve ad esempio essere situata nelle<br />

immediate prossimità di grandi vie di scorrimento, nè essere posta sottovento<br />

o a valle di discariche o di altre fonti di inquinamento della falda acquifera).<br />

Le aziende inoltre debbono evitare una contaminazione da parte di<br />

aziende confinanti condotte con metodi non biologici, contaminazioni dovute<br />

ad effetti di deriva associati ai trattamenti antiparassitari, utilizzando impianti<br />

di siepi di protezione o aree di rispetto non coltivate.<br />

Le aziende orientate al biologico devono osservare un <strong>per</strong>iodo di<br />

conversione: i prodotti ottenuti in questa fase possono essere<br />

commercializzati specificando che essi derivano da aziende in conversione.<br />

La durata del <strong>per</strong>iodo di conversione è variabile in funzione dell’intensità<br />

delle tecniche produttive precedentemente attuate, del tipo di suolo, delle sue<br />

capacità di auto-depurazione: è comunque previsto un <strong>per</strong>iodo minimo di<br />

conversione di 3 anni <strong>per</strong> le colture arboree e di minimo di due anni <strong>per</strong> le<br />

erbacee.<br />

Il problema della qualità - Negli aspetti comunicativi e nei rapporti col<br />

mercato, l’agricoltura <strong>biologica</strong> mostra talvolta aspetti contraddittori. Da<br />

dialoghi avuti direttamente con o<strong>per</strong>atori del settore emerge infatti una<br />

frangia di aziende biologiche su cui si <strong>per</strong>cepiscono convinzioni dogmatiche,<br />

mentre le aziende che si sono mosse al biologico da altre forme di conduzione<br />

tradizionale (es. integrata) sembrano motivate principalmente da<br />

opportunismo: l’adesione al biologico nasce dalla possibilità di attingere ad<br />

22


incentivi alternativi alle integrazioni tradizionali e accedere ad un mercato<br />

preferenziale.<br />

Agli agricoltori che praticano <strong>l'agricoltura</strong> <strong>biologica</strong> spettano infatti<br />

premi <strong>agro</strong>-<strong>ambientali</strong> in quanto a questo metodo di coltivazione si<br />

riconoscono effetti positivi sull'ambiente. Tali effetti sono tuttavia associati a<br />

riduzioni e discontinuità, spesso significative, delle rese: il conduttore<br />

agricolo si trova talvolta a sostenere dei costi su<strong>per</strong>iori e/o a rinunciare a dei<br />

redditi che possono essere solo parzialmente compensati dal maggior prezzo<br />

dei prodotti biologici (e <strong>per</strong> questo la società deve prevedere un pagamento<br />

<strong>per</strong> i servizi <strong>ambientali</strong> espletati dall’azienda agricola).<br />

Anche se i prodotti biologici sono tali solo se derivanti da metodi di<br />

produzione riconosciuti come tali e controllati nei presupposti di<br />

realizzazione, i controlli non sembrano ancora garantire che tutte le realtà si<br />

attengano al disciplinare imposto.<br />

A fronte di una presunta su<strong>per</strong>iorità qualitativa dei prodotti biologici<br />

rispetto a quelli dell’agricoltura convenzionale, occorre infine ricordare che i<br />

disciplinari di produzione <strong>biologica</strong> incoraggiano (o meglio <strong>per</strong>mettono) l’uso<br />

di prodotti ritenuti naturali (in quanto non di sintesi), ma che ricerche in atto<br />

hanno già dimostrato avere un certo grado di tossicità (Asinelli et al., 2005).<br />

1.3. Indicatori <strong>agro</strong>-<strong>ambientali</strong><br />

Si chiamano Indicatori tutti quegli attributi di un sistema che possono<br />

essere utilizzati in chiave valutativa nonché <strong>per</strong> o<strong>per</strong>are decisioni. Il concetto<br />

di indicatore è infatti legato all’esigenza di utilizzare grandezze oggettive <strong>per</strong><br />

scopi valutativi e decisionali, ma sono sempre contraddistinti da un contenuto<br />

soggettivo anche minimo.<br />

Gli <strong>indicatori</strong> sono detti diretti quando rappresentati da grandezze<br />

osservabili direttamente; in caso contrario si parla di <strong>indicatori</strong> indiretti,<br />

derivati, composti o sintetici.<br />

Più in particolare l’indice è un indicatore adimensionale, ottenuto<br />

facendo uso di una scala (0:10, %, gradi) espressamente coniata <strong>per</strong> facilitare<br />

il processo valutativo. L’utilizzo di <strong>indicatori</strong> ed indici determina un aumento<br />

della comprensibilità rappresentando un utile strumento in mano a <strong>per</strong>sone<br />

(decisori) con basse nozioni tecniche, ma è sempre associato ad una riduzione<br />

23


dell’informazione iniziale, nonché soggetta a rischio di generare distorsioni<br />

(Silvestri et al., 2002).<br />

Nello schema MDIAR (Barberis et al., 2001) la sequenza produttiva<br />

degli <strong>indicatori</strong> è basata su 3 passi preliminari:<br />

rilievo dei dati basati sul Monitoraggio e Controllo (MD)<br />

produzione e gestione dell’informazione (I)<br />

analisi e valutazione (A)<br />

Ad ogni passaggio corrisponde una sintesi di significati ma anche una<br />

graduale <strong>per</strong>dita di informazione.<br />

La Valutazione degli Indicatori - Poiché l’indicatore è uno strumento<br />

utilizzato <strong>per</strong> valutare e stimare un certo carattere di un sistema da analizzare,<br />

ad esso va associato una modalità di valutazione, a sua volta legata ad una<br />

tecnica di misura oppure ad una tecnica di stima solitamente detta criterio.<br />

Nel criterio è presente una componente soggettiva molto importante, che sta<br />

nella scelta e nella definizione di quella espressione che sarà utilizzata <strong>per</strong> il<br />

calcolo dell’Indicatore/Indice, relazione che riproduce l’esito di una vera<br />

misura fisica. Il criterio quindi è un tipo particolare di interfaccia, tra un<br />

sistema (fisico) ed un sistema umano (l’uomo stesso o la società) e quindi<br />

scaturisce dai valori anche di natura etica, umana, sociale e politica. Il criterio<br />

può essere associato ad una Funzione Valore (Silvestri et al., 2002), con cui<br />

gli <strong>indicatori</strong> primari (attributi) sono pesati in funzione della priorità<br />

dell’obiettivo.<br />

Sempre a fini decisionali è comune anche attribuire ad ogni indicatore<br />

un valore soglia: il confronto del valore osservato con quello di riferimento<br />

<strong>per</strong>mette così di effettuare una normalizzazione, ovvero l’uso di una scala<br />

comune anche ad indici diversi.<br />

Indicatori di sistemi - Analizzare un sistema significa osservare<br />

grandezze che ne rappresentino lo stato, oppure i cambiamenti in atto. La<br />

prima categoria fa riferimento a grandezze fisiche estive con la dimensione di<br />

lunghezze (quelle delle infrastrutture) o di su<strong>per</strong>fici quali la SAU. L’uso di<br />

<strong>indicatori</strong> fa tuttavia sempre uso di grandezze di riferimento, e <strong>per</strong> cui<br />

grandezze estensive sono ricondotte a grandezze intensive (es. lunghezza<br />

delle siepi rapportata alla su<strong>per</strong>ficie aziendale). Grandezze già tipicamente<br />

intensive sono le concentrazioni, utilizzate in modo ricorrente <strong>per</strong> esprimere<br />

24


quanto di una certa informazione, energia o sostanza è presente nell’unità di<br />

sostanza di riferimento (es. acqua).<br />

La seconda categoria di grandezze fa invece riferimento a quelle<br />

grandezze che ne descrivono il comportamento, quali il tempo, associabile a<br />

quelle grandezze ed <strong>indicatori</strong> che descrivono una durata o una vita media (es.<br />

quella di un fitofarmaco). Il tempo è utilizzato come variabile di<br />

intensivizzazione quando si rivolge l’attenzione a grandezze quali tassi, flussi,<br />

accumuli e degradi, di estrema importanza nell’analisi dei sistemi, in quanto<br />

legate agli aspetti più complessi e <strong>per</strong> questo ancora poco considerati a fini<br />

decisionali; tassi sono quello del degrado di una risorsa o quello di rinnovo<br />

della stessa. Dinamiche sono anche grandezze pure, dimensionali ma sempre<br />

con una base temporale di riferimento, quali bilanci ed efficienze riferite<br />

all’uso di materiali e sostanze, ma anche di energia, la cui quantificazione può<br />

non essere sufficiente; dobbiamo poter raffrontare il quantitativo uscente a<br />

quello entrante in modo additivo; nel caso delle efficienze si tratta invece di<br />

analizzarne il rapporto.<br />

Talvolta <strong>indicatori</strong> sono utilizzati anche <strong>per</strong> stimare mutamenti della<br />

struttura stessa del sistema (Mancinelli, 2000); instabilità, dinamicità ed<br />

efficienza possono infatti incidere sulla sua stessa conservazione e<br />

determinarne mutamenti sia in senso negativo (morte) che positivo anche<br />

radicali (metamorfosi).<br />

Il contesto <strong>agro</strong>-ambientale - Per le valutazioni di ordine ambientale è<br />

assai comune far riferimento alle osservazioni dirette compiute su corpi (es.<br />

quello idrico) e sostanze (es. terreno) il cui stato dimostri praticamente la<br />

possibilità che sia in corso un processo di cambiamento o di un evento che<br />

abbia dato luogo al verificarsi della situazione attuale. Sia nel caso dell’aria<br />

che dell’acqua le alterazioni e le ricadute hanno una durata inferiore, <strong>per</strong> cui è<br />

richiesto un monitoraggio continuato con una produzione di campioni (ed un<br />

numero di analisi) conseguentemente assai maggiore.<br />

In tale contesto gli obiettivi di riferimento sono dedotti dalle<br />

problematiche associate alle ricadute delle attività dell’uomo sull’ambiente<br />

con ri<strong>per</strong>cussioni sul piano sociale ed economico. Tali obiettivi sono sempre<br />

associati a quei caratteri del sistema su cui si intende intervenire. Per quanto<br />

riguarda il comparto agricolo, ai ‘vecchi’ criteri <strong>agro</strong>-economici orientati alla<br />

massimizzazione della PAU e del PLV, se ne sono affiancati altri, più<br />

complessi, a causa dell’accresciuta attenzione dell’opinione pubblica nei<br />

25


confronti delle risorse e delle interazioni tra attività dell’uomo in generale e<br />

l’ambiente, un bene appartenente a tutti, legati al concetto di esternalità.<br />

Le esternalità sono rappresentate da quei fattori esterni al mercato e<br />

quindi senza diretti effetti sull’economia, quali appunto gli effetti<br />

sull’ambiente o su proprietà del sistema (fertilità del terreno) senza una<br />

ricaduta sull’attività nel breve <strong>per</strong>iodo. Le esternalità aggiungono nuovi<br />

vincoli nell’ottimizzazione aziendale, rappresentando la ricaduta sulle logiche<br />

economiche di quella presa di coscienza dell’effetto delle attività dell’uomo<br />

su risorse che appartengono alla comunità e sulle quali la stessa ha iniziato ad<br />

esercitare un controllo.<br />

Indicatori e scala - A seconda del livello di aggregazione dei dati<br />

l’indicatore che ne deriva avrà una valenza diversificata. Esempio ne sono gli<br />

Indicatori utilizzati da Bockstaller e Giradin (2003) sulla scala territoriale<br />

quali quello di Diversificazione Colturale (IDC) o di Succesione Colturale<br />

(ISC) che vengono riportati al territorio ma calcolati sulla singola azienda,<br />

cosa che certamente non vale <strong>per</strong> gli indici di Stabilità Colturale del Territorio<br />

(SCT) o di Diversificazione Biologica di Territorio (DBT).<br />

L’importanza della scala è ben delineata anche da Pacini (2002), che<br />

suddivide gli indici da utilizzare <strong>per</strong> la valutazione dei processi in base a tre<br />

scale: azienda, sito, appezzamento.<br />

In realtà tra azienda e appezzamento esiste un livello intermedio, che<br />

connette la scala spaziale e quella temporale, rappresentato dalla rotazione<br />

agraria, qui generalizzata nel concetto di processo composto. Il processo<br />

elementare è invece determinato dalla conduzione del singolo appezzamento<br />

(es. coltura di mais) ed è parte del processo composto (es. rotazione<br />

quinquennale).<br />

Il processo composto può in realtà essere rappresentato tanto da<br />

rotazioni quanto da consociazioni ed ha la peculiarità di poter impegnare tali<br />

appezzamenti <strong>per</strong> più anni. Analizzare i dati di processo a tutte queste scale<br />

(spaziale e temporale) è importante in quanto l’analisi alla sola scala<br />

aziendale può portare a fenomeni di compensazione che tendono a falsare le<br />

informazioni: ad esempio la produzione di una parcella può essere elevata,<br />

ma mascherata dalla produttività media aziendale (Silvestri et al., 2002).<br />

Criteri di scelta degli <strong>indicatori</strong> - La scelta degli <strong>indicatori</strong> adatti ad<br />

un determinato obiettivo segue <strong>per</strong> primo un criterio di ammissibilità, in cui<br />

26


la scelta è funzione proprio dell’obiettivo da <strong>per</strong>seguire, e di accettabilità,<br />

subordinata, secondo Malczewsky (1999) a requisiti di comprensibilità<br />

(l’indicatore deve essere ben chiaro e specificare la misura del<br />

raggiungimento dell’obiettivo a cui è associato) e misurabilità (l’indicatore<br />

assegna ad esso un valore numerico associato ad un livello di importanza utile<br />

al Decision Maker).<br />

Un insieme di <strong>indicatori</strong> che si possa considerare valido deve inoltre<br />

risultare:<br />

completo - l’insieme degli <strong>indicatori</strong> deve coprire tutti gli aspetti<br />

rilevanti al problema oggetto della decisione ed indicare la misura del<br />

raggiungimento dell’obiettivo generale;<br />

o<strong>per</strong>ativo - possibilità di utilizzo proficuo nell’ambito del processo<br />

decisivo;<br />

decomponibile - possibilità di disaggregare il processo decisionale in<br />

parti disgiunte di piccola dimensione;<br />

non-ridondante - gli attributi dovrebbero essere definiti in maniera<br />

tale da non essere valutati più volte nel processo decisionale;<br />

minimale - deve essere impossibile definire un insieme di<br />

attributi/<strong>indicatori</strong> ridotto in grado di rappresentare lo stesso<br />

problema decisionale.<br />

Inclusione - Possibili criteri di inclusione sono stati forniti dalla stessa<br />

UE (2001) e da Nappi (2000). Tra questi ricordiamo:<br />

re<strong>per</strong>ibilità delle informazioni – si ha certezza sulla disponibilità a<br />

breve termine delle informazioni;<br />

esistenza di una metodologia di rilievo delle informazioni;<br />

costi di produzione della tecnologia <strong>per</strong> l’uso delle informazioni;<br />

informazioni disponibili - gli <strong>indicatori</strong> sono scelti in base alle<br />

informazioni disponibili sul sistema analizzato;<br />

esistenza di procedure di aggiornamento e facilità di aggiornamento;<br />

attinenza alle politiche - essere im<strong>per</strong>niati sulle problematiche<br />

<strong>ambientali</strong>;<br />

chiave (di rilevanza nazionale) e attinenza.<br />

27


Selezione - Possibili criteri in base ai quali determinare priorità sono:<br />

essere già riferiti in normative esistenti;<br />

rilevanza <strong>per</strong> le politiche - essere im<strong>per</strong>niati sulle problematiche<br />

<strong>ambientali</strong>;<br />

chiave di rilevanza nazionale e attinenza;<br />

sensibilità - ai piccoli cambiamenti di ordine ambientale, sociale ed<br />

economico;<br />

reattività - cambiare con sufficiente rapidità in risposta all'azione;<br />

solidità analitica - essere fondati su solide basi scientifiche;<br />

misurabilità - essere fattibili in termini di disponibilità attuale o futura<br />

di dati;<br />

facilità d'interpretazione - trasmettere informazioni essenziali, di<br />

facile comprensione e senza ambiguità;<br />

convenienza economica - avere un costo proporzionato al valore<br />

dell'informazione ottenuta.<br />

Inquadramento di <strong>indicatori</strong> <strong>agro</strong>-<strong>ambientali</strong> in ambito economico -<br />

Gran parte dell’uso degli <strong>indicatori</strong> ha preso piede in un ambito economico<br />

negli ultimi 30 anni in quanto la accresciuta sensibilità e consapevolezza<br />

dell’opinione pubblica riguardo ai temi <strong>ambientali</strong> e di salute umana ha<br />

comportato un aumento della richiesta di informazioni in relazione alla<br />

definizione ed alla evoluzione delle politiche <strong>ambientali</strong> e dei relativi effetti<br />

sullo stato dell’ambiente, sia a livello europeo che nazionale.<br />

Gli <strong>indicatori</strong> sono utilizzati in qualità di strumenti <strong>per</strong> la<br />

regolamentazione legislativa e <strong>per</strong> aiutare nelle decisioni politiche, interfacce<br />

fondamentali ai risultati della ricerca e alla metodologia scientifica. Avendo<br />

solitamente un obiettivo possono anche essere distinti <strong>per</strong> scopo, quali<br />

informativi-descrittivi, problem-oriented, predittivi e programme evaluationoriented.<br />

Uno degli utilizzi maggiori degli <strong>indicatori</strong> riguarda processi di analisi<br />

e reporting, fondamentali <strong>per</strong> gli Indici <strong>agro</strong>-<strong>ambientali</strong>, il cui uso è<br />

individuato da una serie di attività riportate dalla stessa normativa EU (EU,<br />

2001):<br />

28


eporting <strong>agro</strong>-ambientale: contribuire a monitorare e a valutare i<br />

programmi e le politiche <strong>agro</strong><strong>ambientali</strong>;<br />

fornire informazioni contestuali sullo sviluppo rurale in generale;<br />

individuare le problematiche <strong>ambientali</strong> in correlazione con<br />

<strong>l'agricoltura</strong> europea;<br />

contribuire a rendere più mirati i programmi incentrati su temi <strong>agro</strong><strong>ambientali</strong>;<br />

comprendere le relazioni tra le pratiche agricole e l'ambiente.<br />

Il reporting rappresenta l’attività su cui maggiormente si sono spese<br />

forze <strong>per</strong> l’individuazione di <strong>indicatori</strong>. Esso è dato da quel complesso di<br />

attività di analisi e sintesi volte alla produzione di reports, tipicamente svolto<br />

da o <strong>per</strong> conto di organismi governativi allo scopo di fornire informazioni<br />

sullo stato di un sistema.<br />

Il reporting ambientale è normalmente orientato alla valutazione<br />

sull’attuazione di provvedimenti a favore dell’ambiente, spesso preliminari<br />

alla modifica delle normative esistenti. Esso si può far risalire agli inizi degli<br />

anni ottanta, quando i governi di molti paesi nord-occidentali avvertirono<br />

l’esigenza di migliorare la capacità o<strong>per</strong>ativa rispetto a diversi ordini di<br />

questioni, quali: monitorare lo stato dell’ambiente <strong>per</strong> valutarne le<br />

modificazioni, in atto e tendenziali, stimare l’efficacia delle politiche<br />

<strong>ambientali</strong>, analizzare la gestione ambientale <strong>per</strong> un’integrazione tra ambiente<br />

ed economia (Barberis et al., 2001).<br />

Per questo motivo negli ultimi decenni gli <strong>indicatori</strong> <strong>ambientali</strong> hanno<br />

acquisito un’importanza sempre crescente, tali strumenti di valutazione hanno<br />

avuto origine in gran parte da attività di analisi e reporting.<br />

In tale ambito è stato sviluppato un sistema di <strong>indicatori</strong> basato su un<br />

inquadramento a ciclo di vita, il DPSIR (Jesinghaus, 1999, derivato dal più<br />

semplice schema PSR) che mette in relazione variabili ed azioni<br />

caratteristiche del sistema sociale/politico/attività umane con quelle<br />

dell’ambiente e delle risorse. Si tratta di uno schema in cui gli stati (States)<br />

dell’ambiente subiscono gli effetti delle pressioni (Pressures) sull’ambiente<br />

esercitate dalle forzanti (Driving forces) dovute alle attività umane. Tali stati<br />

danno luogo ad effetti con una ricaduta sull’ambiente e sulla società (Impacts)<br />

in base ai quali sono generate risposte (Responses) in termini di azioni<br />

politiche (fig. 1.3.1).<br />

29


Figura 1.3.1 - Schema DPSIR (da Nappi, 2001) con alcuni esempi relativi<br />

alle diverse voci<br />

Agricoltura<br />

Intensiva<br />

- semplificazione delle rotazioni<br />

- lavorazioni più energetiche<br />

- asportazione dei residui colturali<br />

- abbandono della concimazione<br />

organica<br />

Determinanti<br />

Pressioni<br />

Risposte<br />

Riduzione del contenuto<br />

in sostanza organica<br />

del terreno<br />

30<br />

Stato<br />

Impatti<br />

- Riduzione Fertilità<br />

- Erosione<br />

- Desertificazione<br />

Il DPSIR è uno schema che, pur se sviluppato nell’ambito dell’attività<br />

di reporting ambientale, è utile all’organizzazione e alla comprensione di<br />

informazioni da utilizzare <strong>per</strong> valutare un sistema complesso quale quello che<br />

interessa l’interazione uomo-ambiente in generale.<br />

Esso è del resto stato utilizzato in molti progetti basati su <strong>indicatori</strong><br />

dell’OCSE e dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA), volti a<br />

comprendere le relazioni tra le attività agricole ed ambiente, quali il progetto<br />

ELISA (EnvironmentaL Indicators for Sustainable Agricolture, Wascher,<br />

1999) e il progetto IRENA (Indicator Reporting on the integration of<br />

ENvironmental concerns into Agricultural policy, IRENA, 2004). In questi<br />

progetti sono stati definiti indici <strong>ambientali</strong> <strong>per</strong> l’agricoltura sostenibile<br />

attraverso una concettualizzazione delle relazioni <strong>agro</strong>-<strong>ambientali</strong>, da cui<br />

scaturirono i 35 <strong>indicatori</strong> utilizzati nelle comunicazioni UE (2000 e 2001).<br />

Lo schema DPSIR è stato utilizzato anche nel progetto PAIS (2003), mentre<br />

il progetto TEPI (Toward Environmental Pressure Indicators, TEPI, 1999) li<br />

ha utilizzati <strong>per</strong> valutare le 10 politiche <strong>ambientali</strong> del 5° programma<br />

d’Azione Ambientale dell’EU.<br />

A livello nazionale il Centro Tematico Nazionale Territorio e Suolo<br />

dell’APAT (CTN-TES già CTN SSC, Suolo e Siti Contaminati dell’ANPA),<br />

elabora nell’ambito del programma SINA una serie di <strong>indicatori</strong> (ANPA,


2001) che Nappi (2000) raggruppa in tematiche che, <strong>per</strong> le applicazioni <strong>agro</strong><strong>ambientali</strong>,<br />

risultano essere qualità dei suoli, degradazione fisica e <strong>biologica</strong><br />

del suolo, contaminazione dei suoli da fonti diffuse, contaminazione puntuale<br />

del suolo (siti contaminati).<br />

Significativamente differenti dallo schema DPSIR e importanti sono<br />

quelli su base sistemica come quello utilizzato nel progetto Vegineco<br />

(VEGetable INtegrated and ECOlogical production 1997-2001, Sukkel e<br />

Garcia Diaz, 2002) in cui gli <strong>indicatori</strong> venivano raggruppati <strong>per</strong> tematismi<br />

(themes): produzione di qualità, elementi nutritivi e ambiente, fitofarmaci e<br />

ambiente, natura e paesaggio, uso sostenibile delle risorse, continuità<br />

dell’azienda, intensità d’uso del suolo. In Silvestri (2002) il paradigma<br />

sistemico è insito nello schema (già discusso) <strong>per</strong> comparti (Aria, Acqua,<br />

Suolo, Biota edafico e Animali su<strong>per</strong>iori), classificazione che è possibile<br />

ritrovare anche in Lazzerini (2003). In Mancinelli (2000) l’approccio<br />

sistemico dimostra di essere particolarmente proficuo nella trattazione di<br />

<strong>indicatori</strong> di prestazioni <strong>agro</strong>ecologiche (IPA, espressi in termini energetici o<br />

monetari), che forniscono indicazioni sulla efficienza produttiva, sulla<br />

stabilità e sulla sostenibilità dell'<strong>agro</strong>ecosistema.<br />

31


CAPITOLO 2<br />

CONFRONTARE BIOLOGICO E CONVENZIONALE<br />

2.1 Introduzione<br />

Al fine di selezionare un insieme di <strong>indicatori</strong> utili ad una<br />

comparazione tra sistemi produttivi biologici e convenzionali in un contesto<br />

orientato a distinguere quali differenze la scelta di una politica produttiva<br />

(<strong>biologica</strong> piuttosto che convenzionale) comporti a livello aziendale e a<br />

livello di singolo processo, è chiaro che possono essere tralasciati in prima<br />

battuta i risvolti comprensoriali, regionali e globali.<br />

Caporali et al. (2003) presentano un’analisi comparativa (biologico vs.<br />

tradizionale) realizzata a scala aziendale basata su <strong>indicatori</strong> di <strong>agro</strong>biodiversità<br />

(come numero colture, dimensione degli appezzamenti, ecc.).<br />

In realtà il fatto che la comparazione tra biologico e convenzionale sia<br />

da svolgere a scala aziendale è tutt’altro che ovvio. Un primo distinguo va<br />

posto proprio a livello dichiarativo, se siano cioè aziende piuttosto che<br />

processi produttivi, ulteriormente distinguibili, come sopra indicato, in<br />

processi composti (rotazioni, successioni e consociazioni) e processi<br />

elementari, le entità da porre a confrono.<br />

Questa distinzione fa riferimento ad una prima modalità di<br />

inquadramento degli <strong>indicatori</strong>, abbinata alla scala: il processo elementare è<br />

infatti associato al singolo appezzamento sia nel caso che in esso sia condotta<br />

una coltura, sia nel <strong>per</strong>iodo che intercorre tra una coltura e la successiva, in<br />

entrambi i casi attraverso una sequenza di o<strong>per</strong>azioni colturali.<br />

La figura 2.1.1 riassume le relazioni che legano le entità distinte fino a<br />

questo momento: azienda, appezzamento, processo, o<strong>per</strong>azione colturale.<br />

33


Figura 2.1.1 - Rappresentazione delle relazioni tra le entità in gioco<br />

2.2. Indicatori <strong>per</strong> comparti<br />

Mentre l’approccio sistemico si presta bene all’individuazione di un costrutto<br />

adatto alla derivazione e al calcolo delle grandezze rappresentative di un<br />

sistema fisico, quello basato su più comparti, come accennato in precedenza,<br />

è particolarmente adatto come metodo di aggregazione degli <strong>indicatori</strong> (vedi<br />

figura 2.2.1). In questo paragrafo passeremo in rassegna i principali comparti<br />

con riferimento alle grandezze e agli <strong>indicatori</strong> che li caratterizzano<br />

maggiormante.<br />

Figura 2.2.1 - Rappresentazione di alcune relazioni tra i maggiori comparti<br />

<strong>ambientali</strong>; le frecce tratteggiate indicano dipendenze secondo lo standard<br />

UML<br />

34


Il comparto aria – L’osservazione della qualità dell’aria è solitamente<br />

effettuata attraverso centraline che monitorano più o meno in continuo alcuni<br />

gas presenti nell’aria, ma solo in pochi punti. Risente quindi fortemente<br />

dell’allocazione dei punti di rilievo (Fava et al., 1997). Se essa risulta<br />

particolarmente proficua in presenza di sorgenti localizzate (puntuali o<br />

lineari), è invece problematica in presenza di derive occasionali, quali quelle<br />

associate ai trattamenti fitosanitari. Tale problematica, associata solitamente<br />

alla presenza di condizione meteorologiche sfavorevoli, è del resto trattata in<br />

termini di rischio associato ad eventi accidentali.<br />

L’inquinamento atmosferico in campo <strong>agro</strong>-ecologico riguarda<br />

solitamente più problemi associati agli spandimenti di liquame, le<br />

concimazioni ed i trattamenti, non molto preoccupanti sotto il profilo<br />

patologico, e trattato da anni con la politica dei <strong>per</strong>iodi e delle distanze dalle<br />

strutture viarie e abitative, sono marginali alla tecnica produttiva <strong>agro</strong>nomica.<br />

Anche altre problematiche affacciatisi in passato al comparto agricolo, e di<br />

<strong>per</strong> sé importanti, quali l’inquinamento da IPA (Idrocarburi Policiclici<br />

Aromatici), polveri sottili, pollini, sono (quanto meno <strong>per</strong> ora) poco legate<br />

alla tecnica <strong>agro</strong>nomica, oggetto di questo studio.<br />

Il comparto idrologico – Per quanto riguarda l’acqua occorre fare in<br />

primo luogo una distinzione tra acque su<strong>per</strong>ficiali e sotterranee. Nel caso<br />

delle prime il reticolo idrografico, attraverso l’univoca direzione di flusso,<br />

<strong>per</strong>metterebbe di riconoscere in modo abbastanza tempestivo un versamento,<br />

ma altrettanto velocemente il trasporto fa solitamente in modo che un<br />

versamento non continuativo sia mal osservabile, se non attraverso<br />

l’intervento di processi di ritenzione, in tempi diversi da quello dell’evento.<br />

Notevolmente maggiori sono i tempi <strong>per</strong> il caso delle acque di falda, ma<br />

anche più ‘irreversibili’ gli effetti e le ricadute sulla risorsa associata (fonte<br />

d’acqua potabile). Nel caso dei corsi d’acqua su<strong>per</strong>ficiale il problema del<br />

monitoraggio continuo è comune a quello dell’aria, entrambi associati ad una<br />

consistente produzione di campioni. Nel caso delle falde, oltre alla<br />

definizione della maglia dei rilievi si aggiungono la collocazione di punti di<br />

prelievo che, oltre a determinare oneri aggiuntivi, sono associati ad una<br />

problematica di scala e trasporto mal associabili alla scala aziendale.<br />

Il comparto suolo – Nonostante la evidente complessità del sistema,<br />

<strong>per</strong> quello che riguarda alcuni aspetti, il suolo sembrerebbe essere il sistema<br />

più semplice da rilevare. Esso tende infatti a conservare le sostanze che vi<br />

vengono immesse e a mostrare i primi effetti (benefici o meno) sulle<br />

35


popolazioni vegetali ed animali che ospita (vedi bio<strong>indicatori</strong>). L’effetto<br />

‘memoria’ che lo caratterizza <strong>per</strong>mette di effettuare un monitoraggio anche a<br />

lunghi intervalli temporali. Per quanto riguarda il campionamento, tuttavia,<br />

l’estensione del sistema, l’eterogeneità e la profondità rendono il compito<br />

meno semplice, anche quando aiutato dall’approccio geostatistico.<br />

Tipiche <strong>per</strong> il terreno sono le valutazioni fisiche (es. densità,<br />

granulometria, porosità, ritenzione idrica, infiltrabilità, drenabilità,<br />

lisciviabilità) ma sono senz’altro quelle chimiche su cui è da tempo<br />

focalizzata l’attenzione (acidità, salinità, concentrazione di nitrati, sostanza<br />

organica). Questo a causa del fatto che, mentre l’analisi chimica del suolo<br />

consente di valutare molte grandezze, tanto gli aspetti fisici quanto altri<br />

(microbiologici, entomologici) sono osservabili con molta difficoltà anche se<br />

da alcuni anni iniziano ad affacciarsi al panorama scientifico tecniche<br />

analitiche affidabili.<br />

Purtroppo l’attenzione sulla sola fertilità chimica del suolo sembra<br />

ormai così consolidata da far apparire quella fisica (e quindi anche idrologica)<br />

e micro<strong>biologica</strong> in secondo piano, quando invece la stessa agricoltura<br />

<strong>biologica</strong> tende a mettere in luce, anche se implicitamente, l’importanza della<br />

fertilità ‘strutturale’ del terreno (la struttura è determinata sia da aspetti fisicoidrologici<br />

che microbiologici), sia attraverso le pratiche che attraverso le<br />

politiche.<br />

La conoscenza del suolo dal punto di vista fisico è del resto ancora<br />

scarsa, soprattutto <strong>per</strong> quanto riguarda gli aspetti che riguardano più da vicino<br />

l’<strong>agro</strong>nomo, in particolare la struttura del terreno, aspetto che la fisica del<br />

terreno rappresenta ma di cui non può da sola interpretare le dinamiche.<br />

La struttura del terreno e soprattutto la sua stabilità è collegata sia alla<br />

mineralogia che alle sollecitazioni meteorologiche, oltre che alle<br />

sollecitazioni termiche ed a quelle di ordine idrologico. Ma la struttura del<br />

terreno è anche nelle mani dell’agricoltore grazie al controllo che vi esercita<br />

attraverso le o<strong>per</strong>azioni e gli interventi previsti dalle o<strong>per</strong>azioni colturali, tra<br />

cui quelle di ordine meccanico.<br />

Ed infine la struttura del terreno, proprietà qualitativa di alto pregio, è<br />

collegata a proprietà ancora più importanti di un suolo visto sempre più come<br />

risorsa, ovvero la disponibilità del terreno stesso, compromessa da attività che<br />

facilitino l’erosione.<br />

36


Nell’erosione, così come nel ruscellamento, la carenza conoscitiva del<br />

terreno come sistema fisico-idrologico si evidenzia in modo particolare, come<br />

testimoniano i numerosi tentativi di interpretare il fenomeno ricorrendo a<br />

modelli empirici.<br />

Il ruscellamento è un processo ancora assai studiato e di difficile stima.<br />

È solo attraverso la sua comprensione che è possibile eseguire un bilancio<br />

idrologico in un’area collinare. Solo da stime efficaci del ruscellamento si<br />

possono del resto seguire stime affidabili di inquinamento delle acque<br />

su<strong>per</strong>ficiali <strong>per</strong> trasporto su<strong>per</strong>ficiale, e quindi di sostanze quali il fosforo, e<br />

fitofarmaci.<br />

Circa l’erosione, sebbene diverse siano già le direttive volte ad indicare<br />

a tecnici ed agricoltori come svolgere pratiche <strong>agro</strong>nomiche in modo più<br />

conservativo allo scopo di ridurre i rischi di <strong>per</strong>dita di suolo, il recepimento<br />

ed il riscontro a livello aziendale di tali aspetti è ancora lento. Del resto,<br />

sempre in merito all’erosione, se si analizza la stessa relazione di Wischmeier<br />

e Smith (1978), ancora molto usata, il fattore inerente alle tecniche colturali e<br />

quello legato alle pratiche conservative determinano una differenza tra due<br />

possibili conduzioni <strong>agro</strong>nomiche. Tuttavia, benché suggerimenti circa le<br />

pratiche conservative da applicare in campo non manchino all’interno dei<br />

disciplinari produttivi, non sono ancora disponibili studi di settore che<br />

verifichino la reale diffusione ed efficacia di tali tecniche <strong>per</strong> un campione<br />

statisticamente rilevante di aziende biologiche.<br />

Ultimo ma non meno importante aspetto legato all’idrologia del terreno<br />

è quello riguardante la pratica irrigua, che considera a sè stante l’azienda<br />

irrigua, sia essa convenzionale che <strong>biologica</strong>. Attiene infatti a criteri di usi<br />

dell’acqua tipici della coltura e delle tecniche irrigue in uso nel<br />

comprensorio, tanto che l’adozione del regime di conduzione aziendale<br />

(biologico piuttosto che convenzionale) preclude la possibilità di o<strong>per</strong>are vere<br />

scelte a riguardo. Anche se nella sostenibilità viene preso in esame l’aspetto<br />

irriguo, come uso delle risorsa idrica, le tecniche <strong>agro</strong>nomiche obbligano<br />

l’uso di schemi con una limitata flessibilità.<br />

Nel complesso, le fenomenologie collegate al trasporto ambientale e<br />

all’idrologia sono così differenziate da non poter determinare una<br />

differenziazione tra metodo biologico e convenzionale in modo svincolato dai<br />

diversi ambienti italiani:<br />

37


uscellamento, erosione e trasporto associato si verificano<br />

principalmente in collina;<br />

il trasporto di sostanze è dipendente dalle tipologie di terreno e dalla<br />

regimazione idrologica;<br />

l’irrigazione è praticata solo su certa agricoltura e sistematicamente in<br />

determinatii areali produttivi.<br />

Per questi motivi tutti gli <strong>indicatori</strong> individuabili solo attraverso una<br />

parametrizzazione degli aspetti idrologici sono stati esclusi dalla seguente<br />

analisi.<br />

Il comparto biologico - Il comparto biologico è osservato attraverso<br />

una classe di <strong>indicatori</strong> particolari, i bio<strong>indicatori</strong>, dati da <strong>indicatori</strong> biologici<br />

direttamei e indiretti in grado di rilevare condizioni <strong>ambientali</strong> presenti o<br />

passate associate alla presenza di sostanze inquinanti in grado di determinare<br />

alterazioni morfo-funzionali. Secondo Iserentant e De Sloover (1976) con<br />

bioindicatore si intende qualunque organismo o sistema biologico usato <strong>per</strong><br />

valutare una modificazione, generalmente degenerativa, della qualità<br />

dell’ambiente, qualunque sia il suo livello di organizzazione e l’uso che se ne<br />

fa. Secondo i casi il bioindicatore sarà una comunità, un gruppo di specie con<br />

comportamento analogo (gruppo ecologico), una specie particolarmente<br />

sensibile (specie indicatrice), oppure una porzione di organismo.<br />

Data la loro capacità di accumulare e trattenere al loro interno elevate<br />

concentrazioni di inquinanti <strong>per</strong>sistenti sono oggi ampiamente usati nei saggi<br />

di biovalutazione come descrittori del degrado ambientale.<br />

La biovalutazione si basa sull'impiego di organismi viventi sensibili, in<br />

grado cioè di fungere da <strong>indicatori</strong> del degrado della qualità ambientale<br />

dovuto all'inquinamento. Attraverso questi organismi è possibile ottenere<br />

anche dati diretti, qualitativi e quantitativi, su specifici contaminanti. Essi si<br />

comportano infatti come delle vere e proprie centraline naturali di<br />

rilevamento.<br />

Nonostante l’uso crescente della biovalutazione è sempre opportuno<br />

eseguire dei confronti con dati provenienti da misure strumentali. La<br />

biovalutazione, infatti, ha una serie di svantaggi tra cui ricordiamo:<br />

è meno oggettiva rispetto alla misura strumentale;<br />

38


fornisce una risposta non selettiva essendo data dalla sinergia di più<br />

componenti <strong>ambientali</strong>; uno strumento di misura solitamente non<br />

discrimina le diverse componenti <strong>ambientali</strong>;<br />

il bioindicatore può sviluppare un buon grado di adattamento<br />

all’inquinamento o meccanismi di resistenza alle sostanze tossiche,<br />

falsando così il risultato della biovalutazione, mentre gli strumenti di<br />

misura non subiscono variazioni nelle prestazioni;<br />

La biovalutazione è tuttavia normalmente più economica del<br />

rilevamento strumentale, soprattutto in termini di spese iniziali.<br />

Pur nella loro diversità, biovalutazione e rilevazione strumentale si<br />

integrano: le indagini estensive della biovalutazione <strong>per</strong>mettono successive e<br />

mirate analisi strumentali passando da un’analisi non empirica all’oggettività.<br />

Dalla diversa natura del bioindicatore discende anche il diverso modo<br />

di definire le risposte da considerare come segnali utili <strong>per</strong> la valutazione<br />

<strong>biologica</strong>.<br />

Quando la biovalutazione è eseguita in modo ripetuto e finalizzata allo<br />

scopo di tenere sotto controllo un sistema si parla di biomonitoraggio, invece<br />

se ci si riferisce alle singole risposte fornite da organismi bio<strong>indicatori</strong>, si<br />

parla di bioindicazioni: queste costituiscono il segnale integrato di un<br />

determinato livello di contaminazione <strong>per</strong> una determinata zona. Il segnale è<br />

spesso associato ad un cambiamento della struttura o della funzione di<br />

processi biochimici cellulari indotti da un contaminante e può fornire<br />

informazioni qualitative e semiquantitative dell’entità dell’inquinamento<br />

(Colborn et al., 1993, NRC, 1989).<br />

È prassi ormai consolidata il valutare la tossicità di matrici complesse,<br />

quali quelle <strong>ambientali</strong>, mediante una serie di bio<strong>indicatori</strong>, tali da saggiare<br />

gli effetti di diversi contaminanti su differenti organismi.<br />

I requisiti di un buon bioindicatore variano a seconda della risposta<br />

fornita e dal grado di alterazione ambientale che si vuole rilevare. Quindi un<br />

buon indicatore dovrebbe possedere le seguenti caratteristiche:<br />

essere facilmente re<strong>per</strong>ibile ed individuabile;<br />

fornire indicazioni sugli effetti sinergici di miscele di sostanze e non<br />

presentare una sensibilità ristretta ad un singolo fattore inquinante;<br />

39


avere un lungo ciclo vitale, notevole resistenza agli stress <strong>ambientali</strong><br />

naturali e mostrare un accrescimento lineare e continuo.<br />

Fra gli <strong>indicatori</strong> biologici, quelli a livello subcellulare (attività<br />

cellulari specifiche) sono utili ad individuare modificazioni di processi<br />

biochimici e fisiologici provocate dall’azione diretta o indiretta della sostanza<br />

tossica, rappresentando un metodo a elevata sensibilità e precocità di<br />

situazioni incipienti di inquinamento, nonchè un dettagliato studio di quei<br />

meccanismi fisiologici che determinano una particolare sensibilità o<br />

tolleranza a inquinanti.<br />

Fra gli organismi più utilizzati negli studi di biomonitoraggio ci sono i<br />

licheni (Nimis, 1994), la cui semplicità morfo-strutturale li rende<br />

particolarmente suscettibili di accumulo diretto di molti inquinanti<br />

atmosferici difficilmente eliminabili.<br />

Fra gli organismi animali invece molto efficaci come <strong>indicatori</strong><br />

biologici vi sono le api, le quali, esplorando l'ambiente circostante l'alveare,<br />

trattengono passivamente sulla peluria le sostanze tossiche presenti nell'aria.<br />

A seconda della composizione chimica e della concentrazione degli<br />

inquinanti esse rispondono con tassi più o meno elevati di mortalità.<br />

Fra le popolazioni e le comunità comunemente usate come<br />

bio<strong>indicatori</strong>, i macroinvertebrati sono buoni <strong>indicatori</strong> della qualità dei corsi<br />

d’acqua. La quantificazione dell’inquinamento si basa su indici quali l’EBI<br />

(Extended Biotic Index), che <strong>per</strong>mette di suddividere i corsi d'acqua in<br />

diverse classi di qualità in funzione del tipo e del numero di taxa presenti.<br />

Anche i vegetali possono essere utilizzati come <strong>indicatori</strong> sia come<br />

specie singole che come aggregazione, in quanto in grado di evidenziare<br />

quelle condizioni <strong>ambientali</strong> che limitano lo sviluppo delle diverse tipologie<br />

vegetali (vedi anche biodiversità).<br />

Il suolo come entità vivente - Il suolo è in grado di respirare, di<br />

assimilare elementi utili quali il carbonio e l’azoto, di degradare e<br />

mineralizzare i composti organici, di accumulare sostanze di riserva sotto<br />

forma di humus. Tutte queste funzioni sono da attribuire agli organismi che<br />

con il loro metabolismo sono parte integrante nei processi di trasformazione e<br />

rigenerazione della materia organica del suolo, migliorandone la fertilità<br />

(Nappi, 2000). Qualsiasi contaminazione del suolo che inibisca o limiti<br />

40


l’attività microbica in esso presente determina un danneggiamento dell’intero<br />

ecosistema vegetazione-suolo.<br />

Il monitoraggio del suolo, rivolto alla valutazione della sua qualità è<br />

materia di grande interesse negli ultimi anni. Studi a livello mondiale hanno<br />

sancito l’importanza della biodiversità dell’ecosistema suolo e solo a metà<br />

degli anni ‘90 sono state proposte le prime caratterizzazioni dei suoli basati<br />

sul biomonitoraggio. La caratterizzazione chimica del suolo, infatti, non<br />

consente, da sola, di esprimere valutazioni relative al <strong>per</strong>icolo <strong>per</strong> gli<br />

organismi viventi; è necessario <strong>per</strong>tanto ricorrere agli strumenti biologici ed<br />

ecotossicologici <strong>per</strong> una valutazione complessiva.<br />

Il suolo, risorsa naturale non rinnovabile, è potenzialmente soggetto a<br />

fenomeni che ne degradano le proprietà (es. l’erosione, la riduzione di<br />

sostanza organica, la <strong>per</strong>dita di biodiversità, la salinizzazione), <strong>per</strong>tanto la<br />

conservazione e la corretta gestione del suolo sono vitali <strong>per</strong> assicurare uno<br />

stato di equilibrio, inteso come qualità del suolo.<br />

Questo concetto di qualità del suolo in passato è stato spesso associato<br />

alla capacità produttiva ed è stato tradizionalmente legato ad aspetti gestionali<br />

di ordine <strong>agro</strong>nomico. Attualmente la qualità del suolo viene definita come la<br />

capacità di interagire con l’ecosistema <strong>per</strong> mantenere la produttività<br />

<strong>biologica</strong>, la qualità ambientale e promuovere la salute animale e vegetale<br />

(Doran e Parkin, 1994). A tal proposito è opportuno analizzare in dettaglio<br />

quelli che sono gli <strong>indicatori</strong> propri del suolo.<br />

Bio<strong>indicatori</strong> del suolo – La componente <strong>biologica</strong> del suolo è assai<br />

sensibile ai cambiamenti che avvengono nel suolo, rispondendo con<br />

prontezza a tutti gli eventi che ne alterano l’equilibrio (Trasar-Cepeda et al.,<br />

2003) . Tra gli aspetti più studiati vi è la biomassa microbica e, in particolare,<br />

la dinamica di singole specie sensibili a <strong>per</strong>turbazioni specifiche o dell’intera<br />

comunità biotica (la stima della diversità delle specie). La biomassa<br />

microbica di un suolo è valutabile solitamente attraverso la respirazione del<br />

suolo, ossia la quantità di CO2 prodotta dalla popolazione microbica durante<br />

l’ossidazione della sostanza organica. Tale valore funge da indicatore in<br />

quanto capace di valutare le differenze o i cambiamenti della popolazione<br />

microbica come sinonimo di apporti di prodotti chimici, quali fitofarmaci e<br />

metalli pesanti.<br />

Microrganismi come bio<strong>indicatori</strong> - L’impiego dei microrganismi<br />

come bio<strong>indicatori</strong> può avvenire in due diverse ottiche:<br />

41


s<strong>per</strong>imentazione allestita appositamente <strong>per</strong> indagare l’effetto di un<br />

determinato inquinante (in laboratorio);<br />

studio di un caso sospetto: essendosi verificato un evento<br />

inquinante, si studia la microflora <strong>per</strong> indagarne le ri<strong>per</strong>cussioni (in<br />

campo).<br />

Sia nelle indagini in situ che in laboratorio possono essere seguiti<br />

approcci di tipo qualitativo o quantitativo, i primi solitamente basati su<br />

tecniche di conta microbica, mentre i secondi sull’identificazione delle specie<br />

microbiche (morfologicamente e fisiologicamente).<br />

Sostanza Organica e contenuto microbico - Con Sostanza Organica<br />

del terreno si intende un insieme molto vasto di sostanze. Esso è identificato<br />

da grandezze quali il Carbonio organico totale (TOC), determinato in<br />

laboratorio a partire da analisi distruttive. Esso quindi non discrimina la<br />

componente organica vivente rappresentata in grande misura dalla biomassa<br />

microbica. Il contenuto di Sostanza Organica è del resto tenuto in tanta<br />

considerazione dall’<strong>agro</strong>nomia classica, essendo legato all’influenza delle<br />

pratiche gestionali sulla fertilità del suolo, ma solo recentemente si è<br />

compresa l’importanza del discriminare la componente vivente in quanto è ad<br />

essa che è da attribuire l’attività di trasformazione delle sostanze organiche<br />

provenienti dai residui vegetali e animali e che determina in modo stabile la<br />

fertilità del suolo e altri parametri qualitativi (es. stabilità di struttura).<br />

Biodiversità e rilevazione floristica - Lo studio della biodiversità si<br />

concentra solitamente su su<strong>per</strong>fici definite dette habitat o ambienti, con la<br />

dimensione anche di pochi metri quadrati. Ciò che caratterizza il modo di<br />

vedere questi sistemi è un orientamento ad individuare la capacità di<br />

mantenere le proprietà qualitative in termini di:<br />

aria, acqua, suolo: qualità e quantità della risorsa/comparto che<br />

consentono di salvaguardare la salute e la capacità di lavoro<br />

dell’uomo;<br />

territorio: paesaggio inteso come uso del suolo fruibile dal punto di<br />

vista sociale;<br />

habitat: diversità delle specie vegetali ed animali che consentono al<br />

sistema di mantenersi vitale ed autonomo nel tempo.<br />

Uno dei settori in cui si è maggiormente concentrata l’analisi della<br />

biodiversità in passato riguarda la rilevazione floristica. Una delle analisi più<br />

42


estese ed articolate dal punto di vista ecologico nel fornire le informazioni<br />

circa la co<strong>per</strong>tura vegetale di uno specifico sito. Quando con bioindicatore<br />

intendiamo una classe floristica, l’identificazione è non di rado orientata a<br />

valutare aspetti legati alla biodiversità.<br />

Lo studio delle successioni seriali e delle unità di co<strong>per</strong>tura vegetale,<br />

opportunamente integrate con altre metodologie, come quella GIS, <strong>per</strong>mette<br />

di proporre soluzioni gestionali <strong>per</strong> la conservazione della biodiversità delle<br />

specie e degli ambienti e di progettare la connessione tra siti a diverso grado<br />

di naturalità <strong>per</strong> migliorare la qualità del territorio. La sua caratteristica<br />

consiste nell’uscire da un ambito qualitativo <strong>per</strong> approdare ad un’analisi<br />

quali-quantitativa che consente un confronto oggettivo tra situazioni<br />

fisionomicamente simili o diverse.<br />

Bordi e fasce vegetate - Un ulteriore modo di ottenere indicazioni sulla<br />

biodiversità, seppure ad una scala maggiore di quella vista precedentemente,<br />

è quello dell’analisi dei diversi ambienti vegetati-habitat, determinati<br />

largamente da formazioni spontanee.<br />

Tali su<strong>per</strong>fici non sempre sono inquadrate nell’ambito di suddivisioni<br />

territoriali che ne definiscono gli usi specifici <strong>per</strong> via della dimensione e della<br />

collocazione (l’essere interne ad un’area sui cui dettagli non si discrimina <strong>per</strong><br />

motivi di risoluzione e problemi di rilievo).<br />

Ciò non di meno tali su<strong>per</strong>fici hanno preso ad essere da diversi anni di<br />

interesse <strong>per</strong> l’ecologia ed individuate in tale ambito come infrastrutture<br />

ecologiche, su cui è in atto un vero e proprio processo di classificazione<br />

(Boller et al., 2004). Ecco quindi che ad una scala di paesaggio sono stati<br />

distinti:<br />

habitat <strong>per</strong>manenti (large <strong>per</strong>manent habitats) solitamente associate<br />

ad ampie su<strong>per</strong>fici in cui in qualche caso sono fatti rientrare ex-coltivi<br />

quali frutteti semi-abbandonati o prati spontanei non sfalciati (setaside,<br />

low intensity grassland, less intensive grassland, bitter<br />

meadows; rotational fallows);<br />

aree rifugio (stepping stones) determinate da su<strong>per</strong>fici limitate poste<br />

anche all’interno di coltivi dove <strong>per</strong> motivi morfologici (frana) o<br />

storici (vecchi maceri) si è sviluppata una vegetazione spontanea<br />

(woodland patch);<br />

43


strutture lineari (corridor structures). Sono determinate da bordi<br />

campo (conservation headland, wildflower strips, grassland strips,<br />

hedges).<br />

In ecologia è molto importante l’aspetto della scala, legato alla<br />

tipologia di popolazione (insetti, uccelli, ecc) in grado di fruire di tali habitat.<br />

Per questo la distinzione della scala di campo (50-100 m) da quella aziendale<br />

(100-500 m) e ancora quella di paesaggio (dai 500 m in su) a quella che<br />

<strong>per</strong>mette di delineare le massime distanze tra le formazioni vegetali in grado<br />

di determinare un network (corridoio) ecologico <strong>per</strong> determinate popolazioni.<br />

2.3. Indicatori nello schema DPSIR<br />

Se proviamo a tracciare un diagramma delle componenti coinvolte, può<br />

scaturire la rappresentazione sistemica riportata in figura 2.3.1.<br />

Figura 2.3.1 - Raffigurazione di una semplificazione del sistema aziendale<br />

che evidenzia i principali sistemi, insiemi di stati e flussi associati ad<br />

<strong>indicatori</strong><br />

44


Servendoci a questo punto della visione DPSIR, è possibile individuare<br />

le tre categorie di obiettivi seguenti.<br />

A - Questa categoria vede l’azienda come sistema chiuso e mira a<br />

valutare le interazioni col mercato (consorzi, bonifiche, ditte chimiche,<br />

produttori di mezzi e tecnologie) in termini di flussi economici e di materiali.<br />

È quindi all’ingresso (gate) dell’azienda che si cerca di identificare il livello<br />

di indipendenza dell’azienda e quello di interazione col mercato, ovvero la<br />

capacità/necessità di scambiare prodotti. L’indipendenza dal mercato può<br />

essere vista sia positivamente, come capacità di svolgere attività in modo<br />

autonomo, sia come limitazione e fragilità di fronte alla capacità di<br />

relazionarsi al mercato e ad una elasticità che possa essere richiesta da mutate<br />

condizioni politiche ed economiche.<br />

Nell’approccio DPSIR questa categoria riguarda la comprensione<br />

dell’impatto delle determinanti socio-politiche ed economiche sulle pressioni<br />

che l’uomo esercita sull’ambiente. Questa categoria include aspetti<br />

riguardanti gli utilizzi delle risorse e le efficienze d’uso delle stesse (come<br />

rapporto tra contenuto di energia e sostanze negli outputs rispetto agli inputs).<br />

Circa l’uso di prodotti, si fa riferimento al contenuto in energia<br />

primaria <strong>per</strong> unità di su<strong>per</strong>ficie agricola utilizzata: i beni più monitorati a tale<br />

uso sono dati dai combustibili (diretti), fertilizzanti, fitofarmaci (indiretti),<br />

riconducibili ai costi variabili sostenuti nell’anno dall’agricoltore e<br />

l’efficienza energetica, nella quale il consumo di energia primaria è<br />

rapportato all’equivalente energetico delle produzioni aziendali (Spugnoli et<br />

al., 1993). Essendo l’analisi rivolta allo studio di processi produttivi vegetali<br />

non è stato qui preso in considerazione il contributo della presenza degli<br />

allevamenti animali, pur considerevole in molti ambiti.<br />

Le attività che l’uomo conduce in azienda, e che la visione appena<br />

descritta riassume come flussi di gate (letteralmente al cancello dell’azienda),<br />

possono essere ulteriormente distinte in una classe che privilegia la visione<br />

produttiva (in chiave economica) e che si trova a fare i conti con<br />

problematiche a carattere ambientale, ed una più orientata alla conservazione,<br />

con riflessi sugli aspetti produttivi.<br />

45


Figura 2.3.2 - Raffigurazione dell’obiettivo A nell’ambito del ciclo DPSIR (la<br />

componente R è omessa in quanto non toccata da questa analisi)<br />

Determinanti<br />

A<br />

Pressioni<br />

46<br />

Stato<br />

Impatti<br />

B - Questa seconda categoria è rivolta alle attività agricole<br />

maggiormente conservative e legate ad aspetti di sostenibilità dell’attività<br />

agricola vista soprattutto attraverso il mantenimento di una fertilità dovuta<br />

alla capacità autorigenerante degli ambienti naturali. Nell’ambito di questa<br />

categoria sono individuate 2 sottocategorie, B1 e B2, una relativa alle ricadute<br />

delle attività produttive sulla fertilità ed una seconda associata alle ricadute<br />

della gestione <strong>agro</strong>nomica ed uso del suolo sull’ambiente circostante<br />

(biodiversità, paesaggio, territorio).<br />

B1 - Per quanto riguarda la prima, la conservazione della fertilità può<br />

essere <strong>per</strong>seguita attraverso diverse tecniche particolarmente attente al<br />

bilancio della sostanza organica (<strong>per</strong> es. attraverso l’interramento di residui<br />

colturali), ed il contenuto della sostanza organica dei suoli rappresenta<br />

un’ottima indicazione al riguardo (Haberts et al., 1991).<br />

Ma al mantenimento della fertilità possono contribuire anche un’ampia<br />

diversificazione colturale nonché la pratica di avvicendamenti di lunga durata<br />

(numero di anni di rotazione) delle colture aziendali (Vereijken, 1995),<br />

talvolta generalizzati come <strong>indicatori</strong> dell’efficienza <strong>agro</strong>-ecologica degli<br />

appezzamenti aziendali.<br />

Appartengono a questa categoria anche parametri orientati alla stima<br />

del fenomeno erosivo, conseguente alla stima del bilancio idrico su<strong>per</strong>ficiale<br />

e quindi associato alla disponibilità di informazioni fisico-idrologiche sui<br />

suoli. Allo stato attuale delle conoscenze non esiste ancora una<br />

parametrizzazione affidabile in tal senso a scala nazionale.


A contribuire al controllo del ruscellamento e dell’erosione vi è tuttavia<br />

la rete scolante su<strong>per</strong>ficiale, la cui o<strong>per</strong>a di manutenzione è considerata in<br />

termini preventivi da già esistenti regolamentazioni in materia.<br />

B2 - Per quanto riguarda invece le risultanti delle attività<br />

dell’agricoltura, col ruolo di ‘gestione <strong>agro</strong>-ambientale’ si fa spesso<br />

riferimento alla biodiversità o, quando esiste una valenza geografica, di geobiodiversità.<br />

Si tratta di <strong>indicatori</strong> che rappresentano l’effetto dell’attività di<br />

controllo o<strong>per</strong>ata dall’agricoltura sul sistema naturale: oltre a valutare la<br />

biodiversità legata alla co<strong>per</strong>tura boschiva e alla lunghezza delle infrastrutture<br />

ecologiche (siepi), si è considerata la biodiversità legata alle specie erbacee.<br />

Tale biodiversità è stata espressa con due <strong>indicatori</strong>: il numero di specie<br />

erbacee totali rilevate in azienda (Vereijken, 1995) e l’indice di diversità di<br />

Shannon delle specie erbacee (O’Neil, 1998). Per entrambi gli indici si è<br />

proceduto ad effettuare un campionamento nei diversi appezzamenti<br />

aziendali, nel <strong>per</strong>iodo aprile-maggio. Ove possibile è stato preso in esame<br />

anche la ricchezza di specie vegetali e animali (entomofauna e frequentazione<br />

di insetti e rettili).<br />

Pure ricorrente è la valutazione della qualità del paesaggio agrario in<br />

termini di su<strong>per</strong>ficie non coltivata e diversità colturale (O’Neil, 1998).<br />

Nell’approccio DPSIR questo obiettivo riguarda la comprensione<br />

dell’effetto delle pressioni dovute alle attività umane sullo stato<br />

dell’ambiente.<br />

Figura 2.3.3 - Raffigurazione degli obiettivi B1 e B2 nell’ambito del ciclo<br />

DPSIR<br />

Determinanti<br />

Pressioni<br />

B1<br />

47<br />

Stato<br />

Impatti<br />

C – Una terza categoria mira infine a valutare quegli aspetti della<br />

pratica agricola più legati all’uso di mezzi tecnici e sostanze di sintesi<br />

(nutrienti e fitofarmaci), la cui distribuzione può determinare un’alterazione


delle caratteristiche chimico-meccaniche dei suoli in prima istanza ed una<br />

successiva potenziale dis<strong>per</strong>sione nelle acque su<strong>per</strong>ficiali e di falda.<br />

Questo obiettivo è molto focalizzato sul concetto di ambiente,<br />

<strong>per</strong>cepito come un’entità esterna, che risente sia dell’azienda singola che<br />

dell’insieme delle attività agricole di un certo comprensorio, e a cui possono<br />

essere addotti prodotti nocivi, sia <strong>per</strong> via aerea che attraverso il sistema idrico<br />

su<strong>per</strong>ficiale e sottosu<strong>per</strong>ficiale. Anche <strong>per</strong> questa categoria è stata o<strong>per</strong>ata una<br />

distinzione in una sottocategoria più focalizzata sulle ricadute interne<br />

piuttosto che su quelle esterne (associate in modo palese a ciò che abbiamo<br />

chiamato esternalità).<br />

C1 - Le pratiche intensive possono determinare più facilmente<br />

sbilanciamenti delle concentrazioni degli elementi chimici della fertilità del<br />

suolo. Questi sbilanciamenti sono rilevabili in termini di salinità o eccessi di<br />

nitrati e di fosforo; la concentrazione di nitrati ad una profondità di 60 cm<br />

(Nitrogen Available Reserves - NAR) <strong>per</strong>mette di stimare il rischio di<br />

lisciviazione (Vereijken, 1995).<br />

C2 - La rete scolante costituisce un’infrastruttura che l’azienda può<br />

vedere come accessoria ma che è comunque parte integrante di strutture<br />

comprensoriali e di bacino e <strong>per</strong> questo direttamente connessa con l’ambiente.<br />

Tuttavia essa rappresenta anche un sistema che figura a valle del suolo, il<br />

quale media la fase di dis<strong>per</strong>sione attraverso i processi di ruscellamento e<br />

lisciviazione; gli <strong>indicatori</strong> solitamente presi in considerazione sono:<br />

qualità delle acque del reticolo di scolo aziendale e delle falde;<br />

stima delle <strong>per</strong>dite potenziali di prodotti <strong>per</strong> lisciviazione e <strong>per</strong><br />

ruscellamento.<br />

Per stimare i quantitativi di nutrienti (N e P) che raggiungono le acque<br />

si usa l’approccio modellistico (es. Haberts et al., 1991). Inoltre <strong>per</strong> il calcolo<br />

del ruscellamento del fosforo è stato valutato l’indice di ruscellamento<br />

potenziale del fosforo determinato con il metodo proposto dall’USDA (1994).<br />

Per valutare la <strong>per</strong>dita di fitofarmaci sono disponibili indici quali il LQ<br />

(concentrazione in acqua di falda) ed il modello EPRIP (Trevisan et al.,<br />

1999). Per valutare le relazioni tra fitofarmaci ed organismi non bersaglio è<br />

stato utilizzato l’indice di rischio complessivo <strong>per</strong> l’ambiente (ICRA)<br />

proposto dall’ANPA (Finizio, 1999).<br />

48


Nell’approccio DPSIR anche questo obiettivo riguarda la<br />

comprensione dell’effetto delle pressioni dovute alle attività umane sullo<br />

stato dell’ambiente, ma il genere di attività è abbastanza diverso adottando<br />

una politica meno minimalista in fatto d’uso delle risorse.<br />

Figura 2.3.4 - Raffigurazione degli obiettivi C1 e C2 nell’ambito del ciclo<br />

DPSIR<br />

Determinanti<br />

Pressioni<br />

C1<br />

49<br />

Stato<br />

Impatti<br />

C2<br />

In figura 2.3.5 sono riassunti i riflessi delle azioni (e relative politiche<br />

e strategie) condotte nell’ambito della stessa conduzione aziendale, mentre in<br />

tabella 2.3.1 sono riassunte le 5 categorie di obiettivi qui discusse.<br />

Figura 2.3.5 - Azioni condotte in azienda e ricadute sui diversi comparti


Tabella 2.3.1 - Associazioni tra famiglie di <strong>indicatori</strong> e categorie<br />

Categoria Descrizione Famiglie di <strong>indicatori</strong><br />

A<br />

Bilanci aziendali Efficienza d’uso delle risorse esterne<br />

Indipendenza / Autonomia<br />

B1<br />

Ricaduta delle azioni a bassa<br />

tecnologia sui fattori della<br />

produzione<br />

Stabilità della fertilità<br />

Salvaguardia delle risorse della produzione<br />

Ricaduta delle azioni a bassa Effetti delle pratiche di salvaguardia<br />

B2 tecnologia sull’ambiente<br />

territoriale<br />

Riscontri delle attività agricole sul paesaggio<br />

C1<br />

Ricaduta delle azioni ad alto<br />

contenuto tecnologico sui<br />

fattori della produzione<br />

Livelli di Input Tecnologico<br />

Carico di sostanze nei suoli<br />

C2<br />

Ricaduta delle azioni ad alto<br />

contenuto tecnologico<br />

sull’ambiente<br />

Input Ambientale<br />

Pericolo di Inquinamento delle acque<br />

In sintesi, nella struttura composita dell’azienda è possibile riconoscere<br />

ben quattro livelli informativi, ai quali corrisponde una diversa scala di<br />

osservazione:<br />

F - Azienda (Farm), solitamente intesa come corpo aziendale<br />

contiguo;<br />

P - Appezzamento (Plot), su<strong>per</strong>ficie continua su cui sono praticate le<br />

stesse attività;<br />

C - Combinazione di appezzamenti, ovvero insieme di su<strong>per</strong>fici<br />

utilizzate <strong>per</strong> il processo composto;<br />

H - Ambiente (Environment), su<strong>per</strong>ficie interna ad un appezzamento<br />

o appartenente ad un bordo o fascia vegetata.<br />

Chiaramente ogni indicatore può essere riferito ad una sola di queste<br />

quattro scale di osservazione ed assunto alla scala su<strong>per</strong>iore solo attraverso<br />

assunzioni di ‘upscaling’.<br />

50


3.1. Le aziende analizzate<br />

CAPITOLO 3<br />

MATERIALI E METODI<br />

Per la valutazione degli <strong>indicatori</strong> selezionati sono state identificate 4<br />

aziende, costituite da 2 coppie di aziende gemelle, ovvero prossime sia<br />

geograficamente che in termini di ambienti e suoli, ma diverse nella<br />

conduzione, essendo una a conduzione convenzionale e l’altra <strong>biologica</strong>. I siti<br />

su cui sono state individuate le coppie sono uno collinare ed uno di pianura,<br />

rispettivamente nei comuni di Ozzano e Bentivoglio (Provincia di Bologna).<br />

Su queste 4 aziende sono stati svolti i sopralluoghi, i campionamenti e<br />

le analisi di laboratorio nonché le elaborazioni grafiche. Per queste aziende<br />

sono stati anche sviluppati e validati i questionari che sono stati in seguito<br />

somministrati ad un campione derivato su base nazionale di 70 aziende.<br />

La selezione di queste 70 aziende è stata effettuata a partire da dati<br />

statistici su base provinciale inerenti la presenza di tipologie produttive. I<br />

dati, derivati da rilievi del 2003 (fonte Federbio), sono stati utilizzati <strong>per</strong><br />

individuare un ordine di preferenza delle province in base al numero delle<br />

aziende con una tipologia prefissata. Poiché il progetto SABIO è orientato<br />

allo studio di aziende a prevalente indirizzo vegetale, sono stati scelti i quattro<br />

indirizzi produttivi relativi: cerealicolo, orticolo, frutticolo e arboreo (vite e<br />

olivo).<br />

Nella tabella 3.1.1 sono riportate le prime 20 province <strong>per</strong> ogni<br />

indirizzo. Da questi elenchi è stata estratta successivamente una selezione che<br />

tuttavia non ha avuto l’intento di ottenere un campione a valenza statistica,<br />

ma semplicemente dotato di una eterogeneità tale da evidenziare la validità<br />

dell’approccio. È emerso infatti che il campione finale è derivato solo da 9<br />

regioni italiane.<br />

51


Figura 3.1.1 - Località in cui suono state selezionate le 4 aziende campione,<br />

tutte in provincia di Bologna; a sinistra le aziende di collina (CH, OH) nel<br />

comune di Ozzano dell’Emilia, a destra le aziende di pianura (CP, OP), nel<br />

comune di Bentivoglio. In basso due foto danno idea del tipico paesaggio<br />

osservabile nei due contesti aziendali.<br />

Anche in questo caso le aziende sono state selezionate a coppie (una<br />

<strong>biologica</strong> ed una convenzionale) prossime geo-pedologicamente e come<br />

orientamento produttivo, originando così 35 coppie di aziende riportate in<br />

tabella 3.1.2.<br />

52


Tabella 3.1.1 – Elenco delle province con il maggior numero di aziende<br />

aventi i 4 orientamenti individuati <strong>per</strong> l’analisi, ordinate <strong>per</strong> numero di<br />

aziende<br />

prov cereali prov colture prov colture prov colture<br />

arboree<br />

fruttifere<br />

orticole<br />

PV 7166 BA 3501 FC 775 PV 1116<br />

BA 5882 CS 2678 BZ 764 SR 467<br />

EN 4115 TP 2520 VR 714 FE 444<br />

VT 3775 TA 2232 BA 449 FG 443<br />

FG 3658 FI 2174 BO 387 GR 373<br />

PG 3460 FG 2163 MT 334 BA 369<br />

SI 3322 SI 1920 RA 313 VR 206<br />

SS 3096 BR 1774 TN 268 TN 190<br />

GR 2968 LE 1669 CN 261 RG 183<br />

CA 2336 PG 1606 LT 205 VT 150<br />

PZ 2281 CH 1486 PD 177 SA 143<br />

VR 1844 GR 1198 MO 156 FI 136<br />

PU 1640 CA 907 VT 144 AQ 132<br />

SR 1440 SA 885 TV 133 VE 119<br />

TA 1295 VT 870 FO 131 BS 113<br />

NU 1282 RM 739 RM 130 MT 108<br />

MT 1176 PV 730 SR 96 RE 105<br />

FE 1152 SS 638 CE 90 PD 105<br />

CT 1117 MT 628 FE 85 CS 97<br />

Tabella 3.1.2 - Elenco delle aziende e delle province selezionate <strong>per</strong> la<br />

somministrazione del questionario <strong>per</strong> orientamento produttivo (C:<br />

cerealicolo; O: orticolo; F: frutticolo; A: arboreo)<br />

Orientamenti Orientamenti<br />

Prov C O F A Prov C O F A<br />

NO 1 1 RM 1 1<br />

RA 1 VT 2 3 1<br />

TN 1 1 RI 1<br />

BZ 1 1 LT 1<br />

FE 1 TR 1<br />

MO 1 AQ 1<br />

BO 1 CT 1<br />

PU 1 1 SR 2 1 1 1<br />

PG 1 SS 1<br />

SI 1 1 CA 1<br />

53<br />

10 10 7 8


3.2. Metodi di rilievo utilizzati<br />

La valutazione degli <strong>indicatori</strong> è stata qui distinta in base alle 4<br />

tipologie di rilievo:<br />

L - Campionamenti e analisi di laboratorio (in <strong>per</strong>iodi e sui siti<br />

individuati);<br />

S - Osservazioni/sopralluoghi orientati a valutazioni quali-quantitative<br />

da parte di una o più <strong>per</strong>sone giudicate es<strong>per</strong>te (in uno o più istanti<br />

durante il <strong>per</strong>iodo di analisi e su un <strong>per</strong>corso aziendale determinato);<br />

solitamente includono rilievi geografici <strong>per</strong> l’aggiornamento di<br />

cartografia pregressa;<br />

C - Cartografia eventualmente unita ad estratti catastali, mappe, anche<br />

di tematismi particolari sviluppati su progetti di studio particolare,<br />

nonché foto aeree (ortofoto);<br />

Q - Questionari/interviste con tecnici o<strong>per</strong>anti attivamente sul territorio<br />

in quanto agenti di associazioni di categoria o di produttori, e<br />

solitamente con una conoscenza storica del panorama aziendale e delle<br />

aziende singole.<br />

Nella figura 3.2.1 sono individuate le diverse metodologie di rilievo<br />

nello schema sistemico che individua le diverse entità in gioco. In alto a<br />

sinistra è rappresentata la caratterizzazione dell’ambiente attraverso i rilievi<br />

vegetazionali associati a sopralluoghi (S), mentre al centro, sempre a sinistra<br />

è raffigurata la caratterizzazione derivante dall’analisi cartografica (C), es.<br />

reticolo idrografico, uso del suolo, pedologia e carta delle pendenze. In basso<br />

a sinistra è riportata la caratterizzazione basata su campionamenti cui fanno<br />

seguito analisi di laboratorio (L), svolte su un certo numero di punti in modo<br />

da poterle estendere all’appezzamento e quando possibile a scala di azienda.<br />

Completano il panorama le caratterizzazioni, a maggior valenza <strong>agro</strong>nomica,<br />

riguardanti i processi colturali condotti in azienda, associati ad una<br />

descrizione delle attività qui distinte negli interventi ordinari (lavorazione,<br />

semina e raccolta) ed interventi di controllo (trattamenti, concimazioni ed<br />

irrigazioni).<br />

54


Figura 3.2.1 – Schema dei sistemi in gioco e delle relazioni tra loro esistenti;<br />

i rettangoli colorati racchiudono tipologie di informazioni aventi un comune<br />

metodo di rilievo (S: sopralluoghi; C: cartografia; L: analisi di laboratorio;<br />

Q: questionari)<br />

Questi rilievi sono andati ovviamente ad arricchire e dettagliare<br />

informazioni pregresse, da cui è sempre bene partire in quanto le più<br />

economiche da ottenere, quali quaderni di campagna riguardanti la storia<br />

della gestione aziendale, incluse risistemazioni e cambi d’uso del suolo. Più<br />

raramente si sono rese disponibili analisi fisico-chimiche e biologiche dei<br />

suoli (raramente delle acque) più o meno recenti e riguardanti uno o più siti<br />

e/o corsi d’acqua aziendali.<br />

55


Nella tabella che segue la lista degli <strong>indicatori</strong> utilizzati è riassunta <strong>per</strong><br />

categorie (A, B1, B2, C1, C2) scala (F, C, P, H) e tecnica di valutazione (L,<br />

S, C, Q). La sigla utilizzata fa invece riferimento alla tipologia di grandezza<br />

fisica (T: tempo, S: spazio, L: lunghezza, I: informazione, F: flusso/tasso,<br />

Q: bilancio, C: concentrazione o numero) mentre il pedice ricorda il carattere<br />

osservato (e: energia, co: sostanza organica, c: colture, h: habitat,<br />

v: vegetazione spontanea, ve: vegetazione erbacea, s: salinità, n: azoto,<br />

p: fosforo.<br />

Tabella 3.2.1 – Indicatori valutati con riferimento alla categoria, alla scala<br />

(H. ambiente, P: processo, C. processo composto, F: Azienda) e all’origine<br />

dell’informazione (L:Analisi di Laboratorio, S: Sopralluoghi, C: Cartografia,<br />

Q: Questionario)<br />

Categoria Sigla Indicatore H P C F<br />

A IQe CONTENUTO IN ENERGIA PRIMARIA Q<br />

A IEe EFFICIENZA ENERGETICA Q<br />

B1 ICco SOSTANZA ORGANICA DEI SUOLI L<br />

B1 IFco RESPIRAZIONE MICROBICA L<br />

B1 IQco BILANCIO SOSTANZA ORGANICA<br />

Q<br />

INPUT/OUTPUT<br />

B1 ITc DURATA DELL’AVVICENDAMENTO Q<br />

B1 IIc DIVERSITÀ COLTURALE Q<br />

B1 ILh LUNGHEZZA SIEPI C<br />

B1 ILi LUNGHEZZA RETE SCOL. SUPERF.<br />

C<br />

FUNZIONANTE<br />

B2 ISh SUPERFICIE NATURALE C<br />

B2 ICh NUMERO DI AMBIENTI NATURALI C<br />

B2 IIv DIVERSITÀ SPECIE (Erbacee+Arbusti+Arboree) S<br />

B2 ICv RICCHEZZA DI SPECIE<br />

S<br />

(Erbacee+Arbusti+Arbore)<br />

B2 IIve DIVERSITÀ SPECIE ERBACEE (Lanci) S<br />

B2 ICve RICCHEZZA DI SPECIE ERBACEE (Lanci) S<br />

C1 ICs SALINITÀ L<br />

C1 ICn AZOTO TOTALE DEI SUOLI L<br />

C1 ICp FOSFORO ASSIMILABILE DEI SUOLI L<br />

C2 IQn BILANCIO AZOTO INPUT/OUTPUT Q<br />

C2 IQp BILANCIO FOSFORO INPUT/OUTPUT Q<br />

56


3.3. Campionamenti e Analisi<br />

In questa classe di metodiche sono riportati quegli <strong>indicatori</strong> derivanti<br />

da campionamenti svolti su alcuni appezzamenti selezionati all’interno delle 4<br />

aziende selezionate, come descritto in precedenza. Gli <strong>indicatori</strong> associati a<br />

questa tecnica, sintetizzati nella tabella 3.3.1, <strong>per</strong>mettono di valutare aspetti<br />

legati solo alle classi di <strong>indicatori</strong> associati alle categorie B2 e C2, ovvero alle<br />

ricadute di azioni a bassa ed alta tecnologia sull’ambiente.<br />

Tabella 3.3.1 Indicatori valutati con riferimento alla categoria, alla scala (H.<br />

ambiente, P: processo, C. processo composto, F: Azienda) e all’origine<br />

dell’informazione (L:Analisi di Laboratorio, S: Sopralluoghi, C: Cartografia,<br />

Q: Questionario)<br />

Categoria Sigla Indicatore H P C F<br />

B1 ICco SOSTANZA ORGANICA DEI SUOLI L<br />

B1 IFco RESPIRAZIONE MICROBICA L<br />

C1 ICs SALINITÀ’ L<br />

C1 ICn AZOTO TOTALE DEI SUOLI L<br />

C1 ICp FOSFORO ASSIMILABILE DEI SUOLI L<br />

Salinità dei Suoli (ICs) - Obiettivo dell’indice è quello di valutare<br />

fattori limitanti la fertilità chimica dei suoli, determinata tramite analisi<br />

chimico del terreno. La salinità C è stata misurata con il parametro<br />

Conducibilità elettrica del suolo (µS/cm 2 a 20°C), determinata tramite una o<br />

più analisi chimiche degli appezzamenti aziendali. Per ottenere il valore<br />

dell’indice di Salinità dei suoli a livello aziendale è stata eseguita la media<br />

ponderata dei valori in funzione della su<strong>per</strong>ficie agricola utilizzata (SAU) di<br />

ciascun appezzamento:<br />

ICs = C (i) [µS/cm 2 (20°C)]<br />

Azoto Totale del suolo (ICN) - Obiettivo dell’indice è quello di<br />

valutare fattori limitanti la fertilità chimica dei suoli, determinata tramite<br />

analisi chimica del terreno. Ha richiesto l’analisi dell’N totale del suolo,<br />

determinata tramite una o più analisi chimiche degli appezzamenti aziendali.<br />

57


Per ottenere il valore dell’indice di Azoto Totale dei suoli a livello<br />

aziendale si calcola la media ponderata dei valori in funzione della su<strong>per</strong>ficie<br />

agricola utilizzata (SAU) di ciascun appezzamento:<br />

ICN = Ntot (i) [ o /oo]<br />

Fosforo Assimilabile dei Suoli (ICP) - Obiettivo dell’indice è quello di<br />

valutare fattori limitanti la fertilità chimica dei suoli, determinata tramite<br />

analisi chimica del terreno. È stata effettuata l’analisi del P-assimilabile del<br />

suolo espressa in ppm, determinata tramite una o più analisi chimiche degli<br />

appezzamenti aziendali.<br />

Per ottenere il valore dell’indice di Fosforo Assimilabile dei suoli a<br />

livello aziendale è stata effettuata la media ponderata dei valori in funzione<br />

della su<strong>per</strong>ficie agricola utilizzata (SAU) di ciascun appezzamento:<br />

ICP = Pass (i) [ppm]<br />

Sostanza Organica dei Suoli (ICco) - Obiettivo dell’indice è quello di<br />

valutare fattori limitanti la fertilità chimica dei suoli, determinata tramite<br />

analisi chimica del terreno. È stata valutata a partire dal risultato dell’analisi<br />

della sostanza organica del suolo espressa in %, determinata tramite una o più<br />

analisi chimiche degli appezzamenti aziendali.<br />

Per ottenere il valore dell’indice di Sostanza organica dei suoli a livello<br />

aziendale è stata effettuata la media ponderata dei valori in funzione della<br />

su<strong>per</strong>ficie agricola utilizzata (SAU) di ciascun appezzamento:<br />

ICco = OM(i) [ o /o]<br />

Va sottolineato che esiste, <strong>per</strong> tutti gli indici sopra citati, una certa<br />

difficoltà di deteminazione dovuta alla correttezza del campionamento di<br />

terreno.<br />

La respirazione microbica del suolo (IFco) - Come indice di attività<br />

microbica, la respirazione del suolo è stata utilizzata da diversi autori<br />

(Anderson, 1982; Insam, 1990). La respirazione basale del suolo, misurata<br />

come evoluzione di CO2, rappresenta una stima del metabolismo degli<br />

58


organismi edafici; più ricca e più attiva è la comunità edafica, maggiore è<br />

l’evoluzione di CO2 dal suolo. Secondo Parker & Doxtader (1983), l’attività<br />

microbica è responsabile del 71% dell’evoluzione totale di CO2 dal suolo,<br />

altamente correlata alla stabilità della sostanza organica e fortemente<br />

influenzata dai trattamenti e dalle tecniche colturali. Frequentemente è<br />

<strong>per</strong>tanto usata <strong>per</strong> la valutazione degli effetti dell’apporto di prodotti chimici<br />

come fitofarmaci e metalli pesanti al suolo. La respirazione è <strong>per</strong>ò sensibile a<br />

numerosi fattori <strong>ambientali</strong>, tra i quali la tem<strong>per</strong>atura, l’umidità e la<br />

disponibilità di sostanza organica nel suolo (Brookes, 1995), ed infatti è un<br />

parametro ampiamente utilizzato <strong>per</strong> valutare l’influenza delle variazioni<br />

delle condizioni <strong>ambientali</strong> sui processi di ossidazione della sostanza<br />

organica (Nannipieri et al., 1990). La respirazione del suolo può essere<br />

determinata in campo ed in laboratorio. Quella misurata in campo include,<br />

oltre all’attività dei microrganismi e della pedofauna, anche quella delle radici<br />

delle piante. In laboratorio la respirazione generalmente si misura su suolo<br />

setacciato (maglie del setaccio: 2 mm).<br />

Per ogni contesto sono stati analizzati 5 campioni estratti casualmente<br />

da una matrice di 25 punti ottenuti da una parte della parcella ove era stata<br />

o<strong>per</strong>ata una riquadratura regolare di 5 m di lato (originante <strong>per</strong>ciò 25 punti di<br />

rilievo).<br />

I campioni sono stati congelati fino all’inizio delle analisi, momento in<br />

cui si è provveduto ad essiccamento all’aria, macinatura e setacciamento.<br />

Poiché ogni analisi richiede 15 gg, i campioni sono stati analizzati<br />

scaglionati, ma il basso tasso di umidità e la conservazione in sacchetti di<br />

plastica chiusi non determina un’alterazione significativa del contenuto in<br />

flora batterica.<br />

A tal fine si è proceduto con campionamenti di suolo indicativamente<br />

attorno ai 100 g evitando di campionare in situazioni <strong>ambientali</strong> estreme o<br />

comunque poco caratteristiche 1 . Il campione arrivato in laboratorio è stato<br />

setacciato, nella sua interezza, a 2 mm prima dell’analisi. In tal modo è stato<br />

eliminato il cosiddetto scheletro del suolo, poco rilevante <strong>per</strong> la presenza di<br />

microflora, e si è sfruttata l’o<strong>per</strong>azione <strong>per</strong> omogeneizzare la massa.<br />

Ai fini di una corretta valutazione delle diverse attività biologiche, è<br />

stato necessario innanzitutto effettuare un condizionamento a tem<strong>per</strong>atura<br />

1 È bene non campionare nei pochi millimetri attorno alle radici, dove esiste un<br />

ambiente particolare, la rizosfera, molto ricco di microflora specifica.<br />

59


ambiente <strong>per</strong> 2-3 giorni del campione di suolo conservato a bassa<br />

tem<strong>per</strong>atura. La respirazione di ciascun campione di terreno è stata misurata<br />

in un sistema chiuso secondo la metodica descritta da Isermeyer (1952).<br />

Repliche di 20 g ciascuna, riferiti a peso secco di ciascun campione di suolo,<br />

umidificate fino al relativo valore di ritenzione idrica ed incubate a 30°C,<br />

sono state poste in vasi di vetro della capacità di 1 litro contenenti inoltre un<br />

beaker con un’opportuna quantità di KOH 1 N. Si è posto a incubare al buio a<br />

25°C e si è titolato quindi l’eccesso di KOH, non neutralizzato dalla CO2<br />

svolta, con HCl 0,5 N al punto di viraggio della fenolftaleina e del<br />

metilarancio. L’evoluzione di CO2 è stata misurata dopo 1, 2, 4, 7, 10, 14, 17,<br />

21, e 28 giorni. I dati sono espressi in µg C-CO2 <strong>per</strong> g di peso secco e sono<br />

relativi a quattro settimane di incubazione. I valori medi ottenuti <strong>per</strong> il 28°<br />

giorno <strong>per</strong> ciascun campione sono stati utilizzati come valori di respirazione<br />

basale della biomassa. La mineralizzazione del carbonio organico è stata<br />

calcolata dai valori giornalieri di respirazione attraverso un modello<br />

esponenziale di decomposizione di primo ordine:<br />

Ct = Co ( 1 - e –kt )<br />

dove Ct è il valore cumulativo del carbonio mineralizzato nel tempo di<br />

osservazione t (d), Co il carbonio potenzialmente mineralizzabile e k è la<br />

costante cinetica.<br />

Dalla velocità di respirazione, che esprime la quantità di CO2 emessa in<br />

un tempo t, si sono ricavate le curve di respirazione che consentono di<br />

mettere in relazione la respirazione microbica alla decomposizione della<br />

sostanza organica. Tassi di respirazione elevati, che rispecchiano cinetiche di<br />

mineralizzazione della sostanza organica più accelerate, caratterizzano i siti<br />

disturbati che risultano <strong>per</strong>tanto soggetti ad una costante <strong>per</strong>dita di sostanza<br />

organica, con le relative conseguenze negative (<strong>per</strong>dita di struttura, minore<br />

ritenzione idrica, <strong>per</strong>dita di fertilità, erosione).<br />

L’indice utilizzato in questa analisi è stato definito in modo analogo<br />

alle grandezze analitiche sopra viste, come tasso di respirazione giornaliero,<br />

ottenuto in base al metodo descritto sopra:<br />

IFCo [ ppm/d ]<br />

60


3.4. I sopralluoghi<br />

I sopralluoghi utilizzati <strong>per</strong> la validazione della cartografia e dell’uso<br />

delle su<strong>per</strong>fici (destino e processi produttivi in atto) sono anche stati utilizzati<br />

<strong>per</strong> ottenere informazioni sulla biodiversità.<br />

I sopralluoghi hanno avuto anche lo scopo di validare la cartografia, e<br />

quindi di apporvi degli aggiornamenti. Le indagini orientate agli ultimi 4<br />

<strong>indicatori</strong> sono state assai esose in termini di risorse umane (oltretutto<br />

competenti) e tempo richiesto; il tempo è dipeso inoltre, oltre che dalla<br />

su<strong>per</strong>ficie e dal tempo <strong>per</strong> raggiungerla, dalla complessità del paesaggio e<br />

dall’accessibilità dello stesso (es. zone naturali im<strong>per</strong>vie). Segue una<br />

descrizione degli <strong>indicatori</strong> selezionati, riassunti in tabella 3.4.1.<br />

Tabella 3.4.1 - Indicatori valutati con riferimento alla categoria, alla scala<br />

(H. ambiente, P: processo, C. processo composto, F: Azienda) e all’origine<br />

dell’informazione (L:Analisi di Laboratorio, S: Sopralluoghi, C: Cartografia,<br />

Q: Questionario)<br />

Categoria Sigla Indicatore H P C F<br />

B2 IIv DIVERSITA’ SPECIE<br />

(Erbacee+Arbusti+Arboree)<br />

S<br />

B2 ICv RICCHEZZA DI SPECIE<br />

(Erbacee+Arbusti+Arboree)<br />

S<br />

B2 IIve DIVERSITA’ SPECIE ERBACEE (Lanci) S<br />

B2 ICve RICCHEZZA DI SPECIE ERBACEE (Lanci) S<br />

Ricchezza di Specie Erbacee (ICve) - Obiettivo dell’indice è stato<br />

quello di valutare la biodiversità delle specie erbacee spontanee (infestanti)<br />

nelle parcelle coltivate, attraverso il computo del totale delle specie rilevate:<br />

ICve = nve [ ha -1 ]<br />

Il campionamento sia a livello di appezzamento che di infrastrutture<br />

ecologiche è stato effettuato eseguendo una serie di lanci in un unico<br />

momento nel <strong>per</strong>iodo aprile–giugno (in numero minimo di 8 <strong>per</strong> ciascun<br />

rilievo floristico), secondo il metodo proposto da Vazzana e Raso (1997).<br />

Diversità Specie Erbacee (IIve) - Obiettivo dell’indice è quello di<br />

valutare la biodiversità delle specie erbacee spontanee (infestanti). Il calcolo è<br />

stato fatto con il numero di individui <strong>per</strong> specie con l’indice di diversità<br />

Shannon. Il campionamento sia a livello di appezzamento che di infrastrutture<br />

61


ecologiche è stato effettuato eseguendo una serie di lanci in un unico<br />

momento nel <strong>per</strong>iodo aprile - giugno (in numero minimo di 8 <strong>per</strong> ciascun<br />

rilievo floristico), secondo il metodo proposto da Vazzana e Raso (1997).<br />

IIve = - ∑ (Ps * log Ps) [-]<br />

dove Ps = presenza di ogni specie sul totale (%).<br />

La sommatoria è estesa al n° tipi di specie rilevate.<br />

La misura della biodiversità - Il metodo si fonda su una tecnica messa<br />

a punto negli anni ‘20 da Braun-Blanquet (1932) che consiste in un<br />

censimento della vegetazione che compone un’associazione vegetale<br />

fisionomicamente omogenea. L’associazione vegetale è definita da Braun-<br />

Blanquet come “un aggruppamento vegetale più o meno stabile ed in<br />

equilibrio con l’ambiente, caratterizzato da una composizione floristica, in cui<br />

alcune specie vegetali, che si rinvengono quasi esclusivamente in questa<br />

popolazione, rilevano con la loro presenza, una ecologia particolare ed<br />

autonoma”.<br />

Il rilievo è accompagnato da una valutazione quantitativa<br />

dell’abbondanza di ogni specie (stima a vista) utilizzando coefficienti<br />

quantitativi, i quali fanno riferimento alla scala proposta da Braun-Blanquet,<br />

secondo la quale alle specie rinvenute in <strong>per</strong>centuale inferiore all’1% viene<br />

assegnato il valore r e valori da 1 a 5 <strong>per</strong> classi di presenza via via crescenti di<br />

ciascuna specie vegetale (tabella 3.4.2)<br />

Tabella 3.4.2 - Classificazione delle co<strong>per</strong>ture secondo Brown-Blanquet<br />

PUNTEGGIO Classe di co<strong>per</strong>tura<br />

+<br />

Presenza < 1%<br />

1 1-20 %<br />

2 21-40 %<br />

3 41-60 %<br />

4 61-80 %<br />

5 80-100 %<br />

Tra gli indubbi vantaggi del metodo Braun-Blanquet vi sono la facilità<br />

e la rapidità d’esecuzione, la possibilità di elaborazione statistica dei dati e la<br />

facilità di paragone fra i diversi siti. Per contro, uno svantaggio attribuitogli è<br />

62


quello di basarsi su valutazioni “ad occhio” e quindi necessariamente<br />

soggettive.<br />

Essenzialmente con questa tecnica di censimento si <strong>per</strong>viene a<br />

determinare i seguenti parametri:<br />

Frequenza specifica di una specie: corrisponde al numero di punti in cui<br />

una specie è stata osservata nel corso del rilievo (frequenza assoluta<br />

della specie).<br />

Contributo specifico: corrisponde al rapporto <strong>per</strong>centuale tra la<br />

frequenza specifica e la somma delle frequenze specifiche di tutte le<br />

specie, cioè quanto una singola specie contribuisce <strong>per</strong>centualmente<br />

rispetto alla somma del contributo di tutte le specie presenti.<br />

Ricchezza o densità di specie: corrisponde al numero totale di specie<br />

presenti. Generalmente questo parametro è espresso come rapporto<br />

specie/area o specie/numero di individui.<br />

Omogeneità di specie: basata sulla relativa abbondanza, dominanza o<br />

rarità delle specie.<br />

Ai fini di questo studio i rilievi floristici sono stati utilizzati <strong>per</strong><br />

calcolare due indici, uno basato sul semplice numero delle specie ritrovate<br />

negli ambienti di ciascuna azienda ed uno basato ancora una volta sull’Indice<br />

di Shannon-Weaver (SH), che definisce la biodiversità delle varie zone<br />

premiando in particolare le specie rare.<br />

Ricchezza di specie (ICv) - Obiettivo dell’indice è quello di valutare la<br />

biodiversità delle specie spontanee aziendali. Il calcolo della ricchezza di<br />

specie vegetali è stato fatto come somma delle specie rilevate. È stato<br />

eseguito tramite il campionamento su una su<strong>per</strong>ficie di circa 300 m 2 <strong>per</strong> ogni<br />

formazione boschiva aziendale, secondo il metodo di Braun Blanquet (Braun<br />

Blanquet, 1932).<br />

ICv = nv [n]<br />

Diversità delle specie dell’ambiente naturale (IIv) - Obiettivo<br />

dell’indice è stato quello di valutare la biodiversità delle specie spontanee<br />

aziendali. Il calcolo della diversità delle specie arboree è stata effettuato a<br />

partire dalla % di abbondanza delle colture rilevate con il metodo proposto da<br />

Braun-Blanquet e trasformandola in termini numerici con il metodo proposto<br />

da Van der Maaler (1972), calcolando successivamente l’indice di diversità di<br />

63


Shannon (Shannon e Weaver, 1963). Il riconoscimento delle specie e<br />

l’attribuzione della <strong>per</strong>centuale di co<strong>per</strong>tura sono state effettuate tramite il<br />

campionamento su una su<strong>per</strong>ficie di circa 300 m 2 <strong>per</strong> ognuna delle formazioni<br />

vegetali naturali aziendali, secondo il metodo di Braun Blanquet. Per la<br />

<strong>per</strong>centuale di co<strong>per</strong>tura da attribuire alle specie rilevate in ogni rilievo sono<br />

stati usati i codici e le classi di Braun Blanquet e Van der Maaler (tab. 3.4.3).<br />

Tabella 3.4.3 - Classi di Braun-Blanquet (BB) e Van der Maaler (VDM)<br />

% di co<strong>per</strong>tura BB VDM<br />

Specie con co<strong>per</strong>tura pari all’80-100% 5 9<br />

Specie con co<strong>per</strong>tura pari all’60 – 80% 4 8<br />

Specie con co<strong>per</strong>tura pari all’40- 60% 3 7<br />

Specie con co<strong>per</strong>tura pari all’20- 40% 2 5<br />

Specie con co<strong>per</strong>tura pari all’1- 20% 1 3<br />

Co<strong>per</strong>tura trascurabile (inferiore all’1 %) (+) 2<br />

Specie molto rare, rappresentate solo da pochi individui<br />

isolatissimi, con co<strong>per</strong>tura trascurabile<br />

® 1<br />

L’indice di diversità è dato da:<br />

IIv = - ∑ (Ps * log Ps) [ha -1 ]<br />

dove Ps = presenza di ogni specie sul totale (%) scelto come valore massimo<br />

tra tutte le formazioni aziendali osservate nella singola azienda. La<br />

sommatoria è estesa a tutte le specie rilevate.<br />

3.5. Cartografia<br />

A questa categoria di <strong>indicatori</strong> appartengono quelli corrispondenti ad<br />

elementi aziendali associati ad una localizzazione geografica e rilevati in gran<br />

parte dalla cartografia. Taluni di questi elementi e delle grandezze ad essi<br />

associati sono derivabili, osservabili direttamente dal conduttore aziendale<br />

che potrebbe di conseguenza, semplicemente indicarne il valore in un<br />

questionario. Dalla tabella 3.5.1 è possibile notare ancora come il rilevamento<br />

geografico e l’elaborazione dei dati relativi <strong>per</strong>mettono solo di valutare<br />

<strong>indicatori</strong> delle classi B1 (o<strong>per</strong>azioni conservative) e B2 (effetti sul territorio).<br />

In particolare la lunghezza delle siepi e della rete scolante sono assumibili<br />

anche da dichiarazioni dei conduttori, purché messi in condizione di<br />

comprendere il reale significato dell’indicatore. Per gli stessi risulta del resto<br />

difficile un’estrinsecazione dalla sola cartografia che va invece confortata da<br />

64


un minimo di sopralluoghi. Ancora più complessa è la valutazione degli<br />

<strong>indicatori</strong> associati alla valutazione del fenomeno erosivo.<br />

Più semplice è la valutazione degli <strong>indicatori</strong> B2, estrapolabili dalla<br />

cartografia con o<strong>per</strong>azioni GIS standard.<br />

Tabella 3.5.1 - Indicatori valutati con riferimento alla categoria, alla scala<br />

(H. ambiente, P: processo, C. processo composto, F: Azienda) e all’origine<br />

dell’informazione (L:Analisi di Laboratorio, S: Sopralluoghi, C: Cartografia,<br />

Q: Questionario)<br />

Categoria Sigla Indicatore H P C F<br />

B1 ILh LUNGHEZZA SIEPI C<br />

B1 ILi LUNGHEZZA RETE SCOL. SUPERF.<br />

FUNZIONANTE<br />

C<br />

B2 ISh SUPERFICIE NATURALE C<br />

B2 ICh NUMERO DI AMBIENTI NATURALI C<br />

Su<strong>per</strong>ficie a Vegetazione Spontanea (ISh) - L’obiettivo dell’indice<br />

(tipo Size) è quello di valutare il peso degli elementi naturali e semi-naturali<br />

presenti in azienda. Si determina tramite individuazione cartografica delle<br />

su<strong>per</strong>fici lasciata ad habitat naturali e semi-naturali, fra cui rientrano, in<br />

termini di uso del suolo: pascoli naturali, fasce vegetate, affioramenti<br />

rocciosi, siepi, macchie di bosco, fasce ripariali, alberature, aree umide.<br />

ISh = ∑i=1,N Sh(i) / SAT [-]<br />

dove Sh è la su<strong>per</strong>ficie a vegetazione naturale (habitat naturali e seminaturali)<br />

e SAT la su<strong>per</strong>ficie totale dell’azienda.<br />

Numero di Ambienti Naturali (ICh) - Obiettivo dell’indice è quello di<br />

valutare la diversità di ambienti sulla su<strong>per</strong>ficie aziendale attraverso il<br />

numero di ambienti <strong>per</strong> unità di su<strong>per</strong>ficie:<br />

ICh = N / SAT [ha -1 ]<br />

dove N è il numero di ambienti sul totale della su<strong>per</strong>ficie aziendale.<br />

La misura dei bordi - Il bordo è inteso come quella parte della<br />

su<strong>per</strong>ficie che <strong>per</strong>de gradualmente quelle proprietà attribuite alla sua parte più<br />

interna, mostrando influenze della su<strong>per</strong>ficie ad essa adiacente.<br />

65


In ambito <strong>agro</strong>-ambientale, il bordo ha un significato diverso rispetto a<br />

quello che se ne da’ in ecologia; l’importanza del bordo (edge) è oggi valutata<br />

principalmente sotto l’aspetto della multifunzionalità, che definisce il forte<br />

legame tra agricoltura ed ecologia, intesa attraverso gli aspetti che la<br />

biodiversività esercita in modo attivo sull’agricoltura, in termini di<br />

conservazione e di benefici.<br />

I bordi sono generalmente rappresentati da:<br />

fasce vegetate;<br />

fasce riparali, date da quelle zone soggette, a causa della<br />

diversificazione del regime idrologico, ad un’alternanza di<br />

bagnamenti ed asciugamenti, quindi contraddistinti da particolari<br />

sollecitazioni sulla popolazione vegetale, anche associati a ruoli di<br />

filtro degli alvei: tipico è stato l’interesse nelle applicazioni di<br />

regimazioni delle acque quali le casse di espansione;<br />

fasce tampone boscate, orientate a difendere corpi idrici da possibili<br />

sorgenti di inquinamento diffuso (deriva dei trattamenti con<br />

<strong>agro</strong>farmaci <strong>per</strong> via aerea, eutrofizzazione dovuto ad eccessi di<br />

concimazioni);<br />

siepi campestri, importanti <strong>per</strong> il ruolo ecologico ma anche con<br />

funzionalità specifiche (frangivento, da legno, apicoltura, lotta<br />

<strong>biologica</strong>).<br />

Descrivere i bordi (edge, field margin) significa osservare una<br />

molteplicità di aspetti. Quando si parla di struttura ci si orienta tuttavia<br />

comunemente alla composizione vegetazionale in termini di taglia ed età<br />

media, con una eventuale distinzione in strati (layers).<br />

A fini o<strong>per</strong>ativi uno dei parametri di importanza rilevante è la<br />

larghezza del bordo. La conoscenza di tale aspetto è tuttavia ben nota in molti<br />

ambiti, e trattata in termini, ad esempio, di fasce di rispetto (<strong>per</strong> es. nei<br />

confronti di su<strong>per</strong>fici con valore naturalistico, di alvei fluviali) ma non è<br />

ancora adottato in modo rigoroso quando si parla di fasce vegetate in ambito<br />

agrario. La larghezza è utilizzata nella distinzione riportata da Boller et al.<br />

(2004):<br />

fasce inerbite comunemente al bordo di un appezzamento coltivato,<br />

utili alla biodiversità se di almeno 3 m di larghezza;<br />

66


ordi bassi e siepi spontanee di 1-3 m di larghezza; possono<br />

raggiungere i 10 m se comprendono una fascia inerbita; sono<br />

costituite da specie ad andamento cespuglioso con un’altezza<br />

massima di 2-3 m;<br />

bordi alti a 3 strati più larghe delle precedenti e con alberi alti fino a<br />

5-6 m. Esse delimitano i confini e non raramente il passaggio ad<br />

un’area bosco adiacente. Utilizzate anche come frangivento, sono<br />

considerate aree boschive a sè stanti se su<strong>per</strong>ano una su<strong>per</strong>ficie limite<br />

(in Svizzera 800 m 2 ).<br />

Nonostante le moderne tecniche cartografiche <strong>per</strong>mettano agevolmente<br />

di associare ai confini di appezzamenti idealmente lineari una ampiezza<br />

concreta (buffer), le regolamentazioni non sembrano in grado di considerare<br />

zone di confine con caratteristiche graduali, ne di prendere in considerazione<br />

usi del suolo diversi da quelli tradizionali.<br />

Una classificazione di tali fasce può essere basata su elementi fisici,<br />

ovvero tra quali elementi (cartografici) è posto il bordo, segnandone lo stesso<br />

il confine (sfumato).<br />

In un’azienda agraria (o in uno stesso comprensorio) gli appezzamenti,<br />

unità geografiche che si distinguono dai catastali (unità commerciali) <strong>per</strong> il<br />

loro carattere o<strong>per</strong>ativo, sono suddivisi da ostacoli naturali o realizzati<br />

dall’uomo, in sostanza infrastrutture di tipo idrografico o viario.<br />

Per l’utilizzo di queste suddivisioni occorre anche tenere conto che<br />

all’interno di un’azienda esistono suddivisioni che interessano le su<strong>per</strong>fici <strong>per</strong><br />

la loro natura geologica, pedologica e climatica (tab. 3.5.2), <strong>per</strong> volontà<br />

passate e presenti sulla conduzione inerente alla produzione vegetale e<br />

animale nonché <strong>per</strong> le funzioni fisiologiche e accessorie dell’azienda<br />

(solitamente accentate come tare in quanto non rientranti nella SAU).<br />

Tabella 3.5.2 - Usi del suolo<br />

Naturali Zone rocciose<br />

Aree boschive, incolti e pascoli naturali<br />

Artificiali Abitazioni e strutture accessorie<br />

Aree contigue<br />

Siepi e artificiali<br />

Coltivi e Impianti arborei<br />

67


Il concetto di semi-bordo - Se è vero che ogni bordo è definito<br />

univocamente dall’abbinamento di due su<strong>per</strong>fici, è più corretto anche solo<br />

formalmente introdurre il concetto di semi-bordo, quale quella parte di una<br />

su<strong>per</strong>ficie non destinabile all’uso prescritto o previsto.<br />

Tabella 3.5.3 - Struttura delle infrastrutture aziendali in grado di ospitare<br />

formazioni vegetali spontanee (habitat)<br />

Tipo di su<strong>per</strong>ficie Larghezza del<br />

semibordo<br />

F = Field (Appezzamento Coltivato o no) F: f=1 m<br />

H = HydroBranch (Idrologia Naturale e Artificiale)<br />

H0: h= 2 m<br />

H1: h=1 m<br />

S = Street (Sistema Viario)<br />

H2: h=0.5 m<br />

H3: h=0.2 m<br />

S: s=0.5 m<br />

Combinazioni Larghezza bordo<br />

68<br />

F - F -<br />

F- H | H - F f + h<br />

F – S | S - F f + s<br />

H – S | S - H s + h<br />

Strutture Ambientali abituali Larghezza bordo<br />

F - F 2 f<br />

F – H - F 2 f + h<br />

F – S - F 2 f + s<br />

F – H – S – F |<br />

F – H – S - F<br />

2 f + s + h<br />

F –H –S – H - F 2 f + 2s + 4 h<br />

F –S –H – S - F 2 f + 4 s + 2 h


Dal punto di vista della o<strong>per</strong>atività di un GIS, il semi-bordo<br />

corrisponde ad un buffer ricavato sulla sola parte interna del confine di una<br />

su<strong>per</strong>ficie e in misura dipendente dal tipo di semi-bordo della su<strong>per</strong>ficie<br />

confinante in quel determinato tratto. Il semi-bordo non è quindi uniforme sul<br />

confine (edge) della su<strong>per</strong>ficie: da una su<strong>per</strong>ficie si originano quindi una serie<br />

di semibordi, uno <strong>per</strong> ogni tratto <strong>per</strong> il quale la su<strong>per</strong>ficie esterna è distinta, e<br />

che assieme al semibordo complementare costituisce un bordo: il bordo è<br />

costituito quindi da una coppia di semi-bordi.<br />

Tale approccio <strong>per</strong>mettere quindi di associare alla lunghezza dei bordi<br />

classificati e distinti nella loro struttura fisica una larghezza da cui stimare in<br />

modo più affidabile la su<strong>per</strong>ficie aziendale, servendosi di schemi di studio<br />

come quello riportato in tabella 3.5.3.<br />

Lunghezza Fasce Vegetate (ILh) - Con questo indicatore si intende<br />

valutare la consistenza di fasce vegetate identificabili come siepi, ovvero con<br />

una larghezza compresa tra 1 m e 5 m (Boller, 2004); la valutazione corretta è<br />

fatta attraverso sopralluoghi, ma è possibile farne esplicita richiesta tramite<br />

questionari; il valore dell’indicatore si ottiene sommando la lunghezza degli<br />

elementi separati e dividendo il totale <strong>per</strong> la SAU:<br />

dove:<br />

ILh = ∑ Ls(i) / SAU [km/ha]<br />

Ls = lunghezza dei bordi di tipo i-esimo.<br />

Algoritmo GIS: LunghezzaBordi = | ∩ { U Bordi, SupAziendale } |<br />

( | | è l’o<strong>per</strong>azione di misura, ∩ intersezione, U unione)<br />

Lunghezza Rete Scolante Su<strong>per</strong>ficiale Funzionante (ILi) - Tramite<br />

questo indicatore si vuole valutare il dimensionamento del sistema scolante<br />

<strong>per</strong>manente funzionante presente all’interno dell’azienda. L’osservazione<br />

della rete, stimata inizialmente dalla cartografia aziendale e dichiarabile dalla<br />

stessa azienda in questionario, richiede sopralluoghi di validazione. Le<br />

tipologie di sistemazione scolante sono scoline <strong>per</strong>manenti, fossi di guardia,<br />

capofossi, canali, dreni.<br />

L’indicatore si ottiene sommando la lunghezza degli elementi della rete<br />

scolante su<strong>per</strong>ficiale degli appezzamenti e dividendo il totale <strong>per</strong> la SAU:<br />

69


ILi = ∑i Li(i) / SAU [m/ha]<br />

dove Li= Lunghezza dell’affossatura i-esima<br />

Algoritmo GIS: ReteScolante = ∩ { IdrografiaArtificiale,<br />

SupAziendale } ; ( | | è l’o<strong>per</strong>azione di misura, ∩ intersezione)<br />

3.6. Questionari e Interviste<br />

In questa sezione si discuteranno quegli <strong>indicatori</strong> derivanti da<br />

questionari. Benchè il questionario sia stato orientato a raccogliere ogni<br />

informazione su usi di risorse <strong>ambientali</strong>, materiali ed energetiche da parte<br />

dell’azienda, la maggior parte delle richieste è stata orientata alla tecnica<br />

<strong>agro</strong>nomica.<br />

A questo riguardo è stata ravvisata la possibilità di ricorrere a diversi<br />

ordini di approfondimento, in parte collegati al genere di azienda già discusso<br />

in precedenza (localizzazione: pianura, collina; latitudine: provincia;<br />

conduzione: <strong>biologica</strong>, integrata). Infatti, lo sviluppo del data-base in cui<br />

immagazzinare le informazioni ha richiesto di adottare un certo numero di<br />

approssimazioni che in chiave o<strong>per</strong>ativa ha significato adottare ipotesi ed<br />

estrapolazioni ad hoc. In tutti casi ci si è comunque sempre attenuti<br />

all’obiettivo della ricerca che consiste nell’individuare e quantificare le<br />

differenze tra conduzione <strong>biologica</strong> e convenzionale.<br />

A partire dal questionario in forma cartacea, in prima istanza i dati<br />

sono stati riportati su supporto informatico su fogli EXCEL con una struttura<br />

(fogli di lavoro) simile al questionario di partenza, quindi i dati sono stati<br />

riorganizzati nelle seguenti tabelle omogenee:<br />

- Aziende<br />

- Macchinari<br />

- Processi composti (rotazioni e consociazioni)<br />

- Processi elementari (coltura e intercolturali)<br />

- O<strong>per</strong>azioni singole (costi, tempo, macchinario e parametri)<br />

- Parametri Colturali (distinti <strong>per</strong> seminativi, orticole e arboreefrutticole)<br />

- Parametri aggiuntivi (concimazioni e trattamenti)<br />

- Parametri prodotti (formulati e parametrizzazione distinte <strong>per</strong><br />

concimi e fitofarmaci)<br />

- Parametri principi attivi<br />

70


A partire da questi è stato infine sviluppato un sistema di elaborazione<br />

con una struttura molto simile a quella del sistema reale il cui principale<br />

pregio è la facilità di introdurre regole <strong>per</strong> la ricostruzione di informazioni<br />

mancanti. I 70 questionari sono infatti stati sottoposti ad agricoltori di tutta<br />

Italia e alla diversità di modalità di compilazione e di interpretazione si è<br />

unita una certa diversità nell’approssimare le risposte, molte delle quali<br />

ampiamente note ma solo in parte prevedibili nel dettaglio.<br />

Il Questionario - Il questionario sviluppato nell’ambito del progetto<br />

SABIO è stato principalmente orientato all’ottenimento di informazioni a<br />

carattere tecnico sull’utilizzo agricolo delle su<strong>per</strong>fici (molto orientato alle<br />

tecniche produttive). La consistenza del questionario è di poche pagine, anche<br />

se è stato necessario utilizzare alcune di esse in copie molteplici quando il<br />

numero di tecniche colturali era tale da non poter essere riportate in un unico<br />

foglio (moduli C, D, E).<br />

Il questionario richiedeva inoltre che fosse allegata anche una mappa<br />

aziendale approssimativa, allo scopo di controllare e visionare alcune delle<br />

informazioni inserite, come la posizione relativa degli appezzamenti e di<br />

infrastrutture alla cui base sta il calcolo di indici quali la lunghezza della rete<br />

scolante e la consistenza delle siepi e di su<strong>per</strong>fici non coltivate (in particolare<br />

siepi). Si è richiesto anche, ove disponibile, copia delle ultime analisi<br />

chimico-fisiche eseguite e comunque indicazione dei tipi di suolo aziendale.<br />

Nella prima parte del questionario (A, figura 3.6.1) sono riportate le<br />

questioni orientate ad ottenere informazioni sulla struttura generale<br />

dell’azienda, comprese eventuali attività di allevamento e di ricezione.<br />

Nella sezione B sono richieste le informazioni descrittive delle<br />

su<strong>per</strong>fici e alla conduzione <strong>biologica</strong> in generale, come riportato in figura<br />

3.6.2.<br />

71


Figura 3.6.1 - La sezione A del questionario<br />

Nelle sezioni C, D ed E sono le informazioni più specifiche: in C<br />

(figura 3.6.3) sono riportate le tipologie di produzione (orticole, rotazioni,<br />

impianti) dell’azienda, in D (figura 3.6.4) i dettagli del processo/tecnica, ove<br />

vanno riportate le singole o<strong>per</strong>azioni ed infine nella scheda E (figura 3.6.5)<br />

sono riportati tutti i dettagli di ogni singola coltura, dalla varietà alle rese ed<br />

alcune informazioni commerciali. Altre informazioni generali sull’azienda<br />

sono riportate nella sezione F: sono richieste informazioni riguardanti<br />

l’impiantistica e spese generali (fig. 3.6.6)<br />

72


Figura 3.6.2 - Sezione B del questionario<br />

Figura 3.6.3 - Sezione C del questionario<br />

73


Figura 3.6.4 - Sezione D del questionario<br />

Figura 3.6.5 - Sezione E del questionario<br />

Struttura delle informazioni raccolte - Come sopra descritto, i<br />

processi sono stati distinti in composti e semplici, dove <strong>per</strong> i processi<br />

composti si fa riferimento non solamente a rotazioni e successioni ma anche a<br />

pratiche di coltivazione continuate quali pascolo, set-aside, coltivazioni<br />

arboree da legno e da frutto (compresi piccoli frutti), in qualche caso da<br />

intendere quali consociazioni, allorquando la pratica dello sfalcio e della<br />

trinciatura non la si consideri attuata strettamente sulla coltura principale.<br />

Tra le consociazioni vanno naturalmente contemplate le ortive, sia<br />

quando condividono la su<strong>per</strong>ficie dell’appezzamento (es. a file alterne) che<br />

quando siano semplicemente o<strong>per</strong>ate sullo stesso appezzamento non<br />

distinguendo i frazionamenti o<strong>per</strong>ati al suo interno.<br />

La stessa accezione del termine appezzamento era inizialmente intesa<br />

in modo leggermente diverso dai rilevatori e dai tecnici aziendali interpellati;<br />

talvolta la si intende come su<strong>per</strong>ficie omogenea separata da confini fisici<br />

(capezzagne, fossi, fasce vegetate, dislivelli); in altri casi <strong>per</strong> appezzamento si<br />

intende l’insieme delle su<strong>per</strong>fici su cui è praticata la stessa coltura o su cui è<br />

attuata la stessa rotazione.<br />

74


La scarsa risposta nella restituzione delle mappe aziendali non ha<br />

quindi <strong>per</strong>messo nè di ricostruire né di trattare gli appezzamenti (secondo la<br />

prima accezione) in modo distinto. In tabella 3.6.1 sono riportati gli <strong>indicatori</strong><br />

desumibili dai dati ottenuti dai questionari,<br />

Tabella 3.6.1 - Indicatori associati alla valutazione tramite questionario con<br />

riferimento alla categoria, alla scala (H: ambiente, P: processo, C: processo<br />

composto, F: Azienda) e all’origine dell’informazione (L: Analisi di<br />

Laboratorio, S: Sopralluoghi, C: Cartografia, Q: Questionario)<br />

Categoria Sigla Indicatore H P C F<br />

A IQe CONTENUTO IN ENERGIA PRIMARIA Q<br />

A IEe EFFICIENZA ENERGETICA Q<br />

B1 ITc DURATA DELL’AVVICENDAMENTO Q<br />

B1 IIc DIVERSITÀ COLTURALE Q<br />

C2 IQn BILANCIO AZOTO INPUT/OUTPUT Q<br />

C2 IQp BILANCIO FOSFORO INPUT/OUTPUT Q<br />

Dall’analisi della tabella si desume che nessun indicatore della classe<br />

B2 (ricadute benefiche delle attività aziendali tradizionali sulla biodiversità) è<br />

ottenibile da questionari ed interviste, mentre vi sono già informazioni <strong>per</strong><br />

<strong>indicatori</strong> di tipo C2 (ricadute negative e rischi <strong>ambientali</strong>). Tra tali <strong>indicatori</strong><br />

occorre tuttavia fare un ulteriore importante distinguo. Infatti, mentre<br />

diversità colturale e durata dell’avvicendamento sono derivabili in modo<br />

pressoché immediato dall’elenco dei processi aziendali, gli indici che vanno<br />

desunti dai dettagli sui processi, quali contenuto di energia, efficienze, bilanci<br />

e rischi meritano di entrare nei meriti dei descrittori dei processi.<br />

Metodo di calcolo generale - Per quanto riguarda il calcolo degli<br />

<strong>indicatori</strong> <strong>per</strong> la singola azienda (A), la maggioranza di essi prevede un<br />

computo basato su informazioni tratte dai singoli processi, o<strong>per</strong>ando una<br />

media pesata. Se I è un indicatore generico, utilizzando come peso la<br />

su<strong>per</strong>ficie degli appezzamenti (S), il valore dell’indicatore è ottenuto a partire<br />

dal valore corrispondente <strong>per</strong> il processo composto (P*) attraverso la:<br />

I(A) = Σj Sj I(P*j) / Σj Sj<br />

dove j è l’indice ordinale di ciascuno dei processi composti svolti in azienda<br />

<strong>per</strong> cui, salvo eccezioni, Σj Sj = SAU.<br />

75


Il processo è condotto su una su<strong>per</strong>ficie nota ed ha una durata (quella<br />

dell’avvicendamento) <strong>per</strong>ciò a questo livello è già possibile calcolare<br />

<strong>indicatori</strong> quali la complessità degli schemi colturali adottati nonché la durata<br />

media degli avvicendamenti aziendali (l’espressione è riportata in seguito).<br />

Per il calcolo di tutti gli altri <strong>indicatori</strong> occorre invece rifarsi sulle<br />

informazioni note da un lato sulle colture praticate e dall’altro sulle modalità<br />

di conduzione dei processi elementari (P, k è l’indice corrispondente) che<br />

contengono la descrizione della tecnica colturale.<br />

Per quanto riguarda la coltura, l’ammontare relativo ad una generica<br />

grandezza (energia, azoto, fosforo) è ottenuto a partire dal contenuto (indicato<br />

come una concentrazione [X]) in energia primaria o in N e P nelle produzioni<br />

<strong>per</strong> il valore della produzione areica (Y):<br />

XC = [XC] YC<br />

Per quanto riguarda invece l’energia e i materiali spesi nel processl<br />

elementare, va tenuto conto che ognuno di essi è rappresentato da una<br />

sequenza di o<strong>per</strong>azioni colturali, che possono a loro volta prevedere l’uso<br />

combinato di attrezzi, <strong>per</strong>ciò denominate o<strong>per</strong>azioni composte, (T*):<br />

XP = Σl XT*<br />

A tali o<strong>per</strong>azioni composte è associata un’energia spesa attraverso il lavoro a<br />

macchina (ET*, noto dai questionari) più risorse associate alle singole<br />

o<strong>per</strong>azioni elementari (T, es. letamazione, interramento):<br />

XT* = ∑ XT + { ET* }<br />

Tali risorse sono associate all’uso di fertilizzanti / nutrienti (N) e fitofarmaci:<br />

XT = ∑ ( XN doseN) + ∑ XF<br />

Mentre <strong>per</strong>ò nel caso dei nutrienti la dose (doseN) è definita dall’utilizzatore<br />

(anche qui nota dal questionario), nel caso dei fitofarmaci la dose assunta è<br />

76


quella consigliata (dosePA) <strong>per</strong> ognuno dei Principi Attivi (PA) inclusi nel<br />

formulato, nota dalle indicazioni d’uso:<br />

XN = [XN]<br />

XF =∑ ( [XPA] dosePA )<br />

dove [XN] è la concentrazione del materiale X (es. azoto) nel prodotto<br />

utilizzato, [XPA] è il contenuto (di energia primaria) in ognuno dei PA<br />

inclusi nel formulato utilizzato.<br />

Figura 3.6.6 – Entità coinvolte nel calcolo deglii <strong>indicatori</strong>. A:Azienda,<br />

P*:Processo Composto; P: Processo Elementare; T*: O<strong>per</strong>azione Composta;<br />

T: O<strong>per</strong>azione Semplice; N: Nutriente; F: Fitofarmaco; C: Coltura; PA;<br />

Principio Attivo.<br />

Diversità Colturale (IIc) - Obiettivo di questo indicatore è di valutare<br />

la diversità degli elementi del paesaggio coltivato attribuendo un peso relativo<br />

alle classi di uso del suolo e quindi di valutare la complessità della<br />

distribuzione spaziale degli appezzamenti. Per la valutazione si può quindi<br />

individuare sulla cartografia aziendale la su<strong>per</strong>ficie totale di ogni coltivazione<br />

di ogni appezzamento, ma si può anche approssimare tale diversità a partire<br />

dalle tipologie di coltivazione effettuate.<br />

Per il calcolo dell’indice di diversità si passa comunque <strong>per</strong> la<br />

trasformazione di Shannon-Weaver (1963) già discussa in precedenza:<br />

77


IIc = ∑i Si (Ni iog Ni) / SAU [-]<br />

dove Si è la su<strong>per</strong>ficie come % della SAT, dedicata a ciascun processo di<br />

coltivazione (avvicendamento) mentre Ni è il numero di colture coinvolte.<br />

Durata dell’avvicendamento (ITc) - Con questo indicatore si intende<br />

valutare l’efficienza <strong>agro</strong>-ecologica degli appezzamenti dell’azienda. Esso si<br />

basa sul numero di anni su cui si sviluppa l’avvicendamento di seminativi<br />

(numero di colture >1) presenti all’interno dell’azienda: si considerano solo<br />

avvicendamenti escludendo il set-aside e quindi ogni altra coltura <strong>per</strong>manente<br />

nonché usi del suolo non a produzione vegetale. La durata è pesata con<br />

l’estensione della su<strong>per</strong>ficie dedicata a tale processo (avvicendamento):<br />

ITc = ∑i Si di / SAU [anni/ha]<br />

dove di è la durata in anni di ciascun avvicendamento.<br />

Uso di Energia Primaria (IQe) –L’obiettivo di questo indice è valutare<br />

il consumo di energia derivante dagli input aziendali, talvolta distinti in diretti<br />

(combustibili ed energia) ed indiretti (fertilizzanti, fitofarmaci, ecc.). L’indice<br />

ha base annuale ed è riferito all’unità di su<strong>per</strong>ficie e si calcola a partire dal<br />

contenuto di energia primaria di materiali grezzi, energia che include quella<br />

utilizzata nell’intero processo produttivo:<br />

IQe = [ ∑i Si ( ∑j EPij ) / di ] / SAU [Mj/ha]<br />

dove EP è il contenuto in energia primaria complessiva di ciascun processo<br />

produttivo (elementare).<br />

Efficienza Energetica (IEe) - Con questo indice si intende valutare<br />

quanto efficientemente si fa uso dell’energia rapportandone il contenuto nelle<br />

produzioni a quello nei prodotti utilizzati nel processo produttivo. Anche<br />

78


questo indicatore è stato valutato come difficilmente comprensibile dagli<br />

agricoltori.<br />

IEe = [ ∑i Si ( ∑k Ecik ) / ( ∑j Epij ) ] / SAU [-]<br />

dove Ec rappresenta l’equivalente energetico nei prodotti (output).<br />

Bilancio del Fosforo (IQp) - L’obiettivo dell’indicatore è quello di<br />

valutare il bilancio a livello aziendale del P ed eventuali surplus o difetti che<br />

possono essere associati ad una valutazione della gestione aziendale. Il<br />

bilancio prende in esame esclusivamente un bilancio di prima<br />

approssimazione che non include processi di trasformazione naturale:<br />

IQp = [ ∑i Si ( PC - PN ) ] / SAU [kg/ha]<br />

dove PC è il contenuto di fosforo nel prodotto, mentre PN è quello nei<br />

concimi e fertilizzanti utilizzati.<br />

Bilancio dell’azoto (Iqn) - Obiettivo dell’indicatore è quello di valutare<br />

eventuali sbilanciamenti in positivo (surplus) o negativo sugli apporti di<br />

azoto. Anche in questo caso, data anche la tipologia di aziende su cui si è<br />

concentrata l’analisi (esclusivamente produzione vegetale), il bilancio<br />

considera unicamente asportazioni e aggiunte insite nella pratica <strong>agro</strong>nomica:<br />

IQn = [ ∑i Si ( NC - NN ) ] / SAU [kg/ha]<br />

dove NC è il contenuto di azoto nel prodotto, mentre NN è quello nei nutrienti<br />

apportati alla coltura.<br />

79


CAPITOLO 4<br />

RISULTATI E DISCUSSIONE<br />

In questo capitolo sono analizzati gli <strong>indicatori</strong> valutati e calcolati<br />

come descritto nel capitolo precedente. I valori ottenuti sono riassunti <strong>per</strong> le 2<br />

tipologie di conduzione <strong>agro</strong>nomica tenendo separato il contesto di pianura da<br />

quello di collina. Ai risultati segue anche un giudizio che riassume in modo<br />

estremamente sintetico la capacità dell’indicatore di dimostrare una<br />

sensibilità alla tecnica in entrambi i contesti. Per questo in calce ad ognuna<br />

delle tabelle degli <strong>indicatori</strong> compare il giudizio di idoneità, valutato<br />

positivamente solo quando l’indice ha risposto univocamente nei due contesti<br />

<strong>ambientali</strong>, negativamente sia quando l’indicatore non ha mostrato di seguire<br />

il trend atteso, sia quando il trend è semplicemente opposto <strong>per</strong> i due contesti<br />

<strong>ambientali</strong>. Solo gli <strong>indicatori</strong> giudicati idonei sono stati utilizzati <strong>per</strong> la<br />

discussione dei risultati.<br />

4.1. Campionamenti ed Analisi<br />

Come descritto nella metodologia, <strong>per</strong> ognuna delle quattro aziende è<br />

stata monitorata l’unica rotazione in comune negli anni <strong>per</strong> cui è stato svolto<br />

lo studio. Sui terreni delle parcelle monitorate sono state eseguite le analisi<br />

fisiche, sostanzialmente quella densitometrica e tessiturale, riportate in tabella<br />

4.1.1, che confermano che le coppie di aziende selezionate sono collocate su<br />

terreni sostanzialmente identici, risultati a medio impasto nel caso di collina e<br />

argilloso-limosi nel caso di pianura. La diversa densità apparente nel caso di<br />

pianura è infatti ascrivibile alle diverse pratiche <strong>agro</strong>nomiche (semina su<br />

sodo).<br />

Nelle prime (tabella 4.1.2) è completata l’individuazione del suolo che<br />

si evidenzia tendenzialmente alcalino sia in su<strong>per</strong>ficie che in profondità.<br />

Unica nota è la differente dotazione in K nello scenario di collina, nettamente<br />

a favore dell’azienda organica sia nello strato profondo che in quello<br />

su<strong>per</strong>ficiale. La differente quota, locazione e substrato litologico dei terreni<br />

81


delle due aziende, in parte desumibile dalla stessa seppur debole differenza<br />

granulometrica, non <strong>per</strong>mette tuttavia di formulare nessuna considerazione in<br />

merito. Tutti valori sono complessivamente nella norma.<br />

Tabella 4.1.1 - Risultati delle analisi fisiche compiute sui terreni delle 4<br />

aziende; AL: argilloso limoso, F: medio impasto, MVA: densità apparente<br />

C (Conv) O (Bio)<br />

MVA (g/cm 3 ) 1.45 1.29<br />

Sabbia 5 6<br />

Limo 51 50<br />

Argilla 44 44<br />

tessitura AL AL<br />

MVA (g/cm 3 ) 1.57 1.60<br />

Sabbia 38 27<br />

Limo 34 32<br />

Argilla 28 41<br />

tessitura F F<br />

82<br />

P<br />

(Pianura)<br />

H<br />

(Collina)<br />

Per quanto riguarda le analisi chimiche, alcune sono state svolte una<br />

sola volta in quanto utilizzate <strong>per</strong> la caratterizzazione dei suoli, altre in due<br />

distinti <strong>per</strong>iodi dell’anno (2007), in inverno ed in estate, in quanto<br />

potenzialmente utili ad eseguire stime di bilancio.<br />

Tabella 4.1.2 - Analisi chimiche del suolo delle 4 aziende seguite<br />

Terreno pH Salinità CSC K K-assim.<br />

mS/cm meq/100g K (g/100g) K (ppm) K2O (ppm)<br />

OH Sup 8.21 0.14 13.40 1.40 383 462<br />

Prof 8.16 0.15 11.20 1.37 259 312<br />

CH Sup 8.32 0.11 11.10 0.70 238 287<br />

Prof 8.47 0.10 12.60 0.52 170 205<br />

OP Sup 8.18 0.17 19.30 0.98 439 529<br />

Prof 8.37 0.13 16.70 0.83 238 287<br />

CP Sup 8.10 0.18 18.40 1.01 473 569<br />

Prof 8.40 0.17 15.90 0.88 195 234<br />

Salinità dei Suoli (ICs) - Da questi valori possiamo immediatamente<br />

estrarre i valori associati all’indice di salinità dei suoli, valore mediato sulle<br />

profondità, da cui non è possibile evincere nessuna particolare evidenza<br />

(tabella 4.1.3).


Tabella 4.1.3 – Valori dell’indicatore ICs (µS/cm)<br />

C (Conv) O (Bio)<br />

175 150 (Pianura) P<br />

105 145 (Collina) H<br />

GIUDIZIO: NON IDONEO<br />

Per quanto riguarda le concentrazioni di N e P, i macroelementi<br />

indubbiamente più interessanti dal punto di vista <strong>agro</strong>-ambientale, i valori<br />

osservati mostrano interessanti variabilità, quali un impoverimento<br />

su<strong>per</strong>ficiale con un riscontro di arricchimento in profondità nel caso del<br />

terreno biologico di collina (tab. 4.1.4). Un comportamento analogo è<br />

osservabile <strong>per</strong> l’azienda convenzionale di pianura, mentre <strong>per</strong> le altre due<br />

aziende si registra un arricchimento sia in su<strong>per</strong>ficie che in profondità, anche<br />

se decisamente maggiore nell’azienda convenzionale di collina.<br />

Mentre non si può notare un’univocità di risposta <strong>per</strong> l’N, nel caso del<br />

P è possibile notare un deciso depau<strong>per</strong>amento (a entrambe le profondità) nei<br />

due appezzamenti biologici rispetto a quelli convenzionali.<br />

Tabella 4.1.4 - Valori di N e P risultati dalle analisi di laboratorio (inv:<br />

campionamento invernale, est: campionamento estivo)<br />

Terreno N-tot-Kjeldahl ( o /oo) P-assim-Olsen (ppm)<br />

inv est ratio inv est ratio<br />

OH Sup 1.40 1.26 0.90 11.80 7 0.59<br />

Prof 0.60 0.85 1.42 5.83 3 0.51<br />

CH Sup 0.80 1.09 1.36 32.60 25 0.77<br />

Prof 0.60 1.09 1.82 10.70 24 2.24<br />

OP Sup 1.50 1.68 1.12 33.40 22 0.66<br />

Prof 1.20 1.65 1.37 8.33 8 0.96<br />

CP Sup 1.70 1.51 0.89 17.00 18 1.06<br />

Prof 0.90 1.54 1.71 7.50 20 2.67<br />

Azoto Totale/Fosforo Assimilabile (Icn / Icp) - Da questi valori<br />

possiamo immediatamente estrarre i valori associati all’indice che stima la<br />

dotazione in macroelementi, valore mediato sulle profondità e sulle stagioni,<br />

da cui sono state dedotte le tabelle 4.1.5 e 4.1.6. Circa l’N totale è possibile<br />

notare una maggior dotazione, seppure minima, nella gestione organica<br />

83


ispetto alla convenzionale sia in pianura che in collina. Poco si può invece<br />

dire sulla dotazione in fosforo. Sebbene in pianura si osservi qualcosa di<br />

analogo a quanto già detto sull’N, in collina la dotazione in P sulle su<strong>per</strong>fici<br />

organiche sembra inadeguata (vedi <strong>indicatori</strong> di efficienza).<br />

Tabella 4.1.5 - Valori dell’indicatore ICN ( o /oo)<br />

GIUDIZIO: IDONEO<br />

C (Conv) O (Bio)<br />

1.41 1.51 (Pianura) P<br />

0.90 1.03 (Collina) H<br />

Tabella 4.1.6 - Valori dell’indicatore ICP (ppm)<br />

C (Conv) O (Bio)<br />

15.6 17.9 (Pianura) P<br />

23.1 6.9 (Collina) H<br />

GIUDIZIO: NON IDONEO<br />

Anche <strong>per</strong> quanto riguarda la sostanza organica è possibile far notare<br />

qualche interessante aspetto, quale la diversa concentrazione in profondità nei<br />

terreni di collina. Sempre in collina è possibile registrare una maggior<br />

dinamicità tra il contenuto in inverno e quello estivo, ma senza particolari<br />

differenziazioni tra il biologico e il convenzionale (tab. 4.1.7).<br />

Tabella 4.1.7 - Valori dell’indicatore sostanza organica dei suoli (ICco).<br />

Nelle colonne a destra sono riporate le medie e le differenze <strong>per</strong> i campioni<br />

prelevati in su<strong>per</strong>ficie e in profondità<br />

Terreno S.O.-inv S.O.-est inverno estate<br />

media differenza media differenza<br />

OH Sup 1.95 1.48 1.41 1.08 1.12 0.73<br />

Prof 0.87 0.75<br />

CH Sup 1.28 0.69 1.11 0.34 0.70 0.02<br />

Prof 0.94 0.71<br />

OP Sup 2.34 2.06 2.06 0.56 2.07 0.01<br />

Prof 1.78 2.07<br />

CP Sup 2.71 1.98 1.99 1.45 2.03 0.10<br />

Prof 1.26 2.08<br />

84


Il valore dell’indicatore ICco (sostanza organica dei suoli), mediato tra<br />

i valori stagionali, evidenzia, come in parte già osservato, una maggiore<br />

differenziazione tra gli ambienti piuttosto che tra le tipologie di conduzione<br />

(tab. 4.1.8). In pianura la differenza è tuttavia troppo limitata <strong>per</strong>ché essa<br />

possa essere utilizzata vantaggiosamente.<br />

Tabella 4.1.8 - Valori dell’indicatore ICco<br />

C (Conv) O (Bio)<br />

2.01 2.06 (Pianura) P<br />

0.90 1.25 (Collina) H<br />

GIUDIZIO: NON IDONEO<br />

Il tasso di respirazione del terreno (IFco) - Questo indice, come<br />

riportato nella metodologia, deriva da analisi svolte su campioni di terreno<br />

rilevate in inverno ed estate.<br />

Nella tabella 4.1.9 sono riportati i valori dei tassi respirometrici ottenuti<br />

adattando ai risultati delle analisi un modello lineare. Nella tabella 4.1.10<br />

sono invece riportati i valori medi, da cui non risulta una netta differenza in<br />

valore assoluto tra i terreni derivanti da aziende a conduzione diversificata.<br />

Ciò che risalta è invece una maggior mobilità stagionale dei valori<br />

respirometrici nello scenario biologico. Le differenze ed i rapporti tra i tassi<br />

respirometrici ottenuti nelle 2 stagioni (invernale ed estivo), riportate in<br />

tabella 4.1.11, quantificano questi valori evidenziando questa fluttuazione<br />

intorno ad 1/3 - 1/4 della respirometria di riferimento.<br />

Tale risultato è confermato da quanto già osservato sulle oscillazioni<br />

stagionali del contenuto in S.O. In figura 4.1.1 sono riportati i risultati delle<br />

analisi di respirazione su cui è stata effettuata la regressione lineare (con<br />

forzatura dell’intercetta sull’origine): IFc è dato dalla pendenza.<br />

Come <strong>per</strong> le concentrazioni delle sostanze chimiche, sono stati presi in<br />

considerazione i valori medi, da cui risulta una discreta capacità di<br />

evidenziare le due tipologie di conduzione. La differenza che si evidenzia è<br />

del resto attesa, data la maggior capacità di mineralizzazione della sostanza<br />

organica ad o<strong>per</strong>a dei micro-organismi nella gestione organica rispetto alla<br />

convenzionale.<br />

85


Tabella 4.1.9 - Tassi di respirazione dei 4 suoli campionati nel <strong>per</strong>iodo estivo<br />

(E) ed invernale (I). I valori sono dati in mgC-CO2/d<br />

Terreno Stagione IF C R 2<br />

OH I 0.333 0.94<br />

E 0.423 0.99<br />

CH I 0.281 0.99<br />

E 0.301 0.99<br />

OP I 0.243 0.99<br />

E 0.363 0.99<br />

CP I 0.279 0.99<br />

E 0.297 0.99<br />

Figura 4.1.1 - Andamento dei livelli di respirazione osservati sulle 5 repliche<br />

<strong>per</strong> ognuno dei 4 siti <strong>per</strong> i campioni prelevati nelle due stagioni (la barra<br />

rappresenta l’errore standard)<br />

mgC-CO2 / d<br />

mgC-CO2 / d<br />

6<br />

4<br />

2<br />

0<br />

6<br />

4<br />

2<br />

0<br />

invernale<br />

estivo<br />

Lineare (invernale)<br />

Lineare (estivo)<br />

CP<br />

2 6 10<br />

tempo (d)<br />

14<br />

invernale<br />

estivo<br />

Lineare (invernale)<br />

Lineare (estivo)<br />

OP<br />

tempo (d)<br />

2 6 10 14<br />

86<br />

mgC-CO2 / d<br />

mgC-CO2 / d<br />

6<br />

4<br />

2<br />

0<br />

6<br />

4<br />

2<br />

0<br />

invernale<br />

estivo<br />

Lineare (invernale)<br />

Lineare (estivo)<br />

CH<br />

2 6 10<br />

tempo (d)<br />

14<br />

invernale<br />

estivo<br />

Lineare (invernale)<br />

Lineare (estivo)<br />

CP<br />

2 6 10<br />

tempo (d)<br />

14


Tabella 4.1.10 - ICR - Indici di respirazione microbica medio (mg/d)<br />

GIUDIZIO: IDONEO<br />

C (Conv) O (Bio)<br />

0.289 0.304 P (Pianura)<br />

0.300 0.380 H (Collina)<br />

Tabella 4.1.11 - Differenze e rapporti tra i valori dell’Indice di respirazione<br />

medio (I=inverno, E=estate, in mg/d)<br />

4.2. Sopralluoghi<br />

Ambienti C (Conv) O (Bio)<br />

Differenza I-E 0.018 0.120<br />

Rapporto I/E 0.06 0.39<br />

Differenza I-E 0.006 0.088<br />

Rapporto I/E 0.02 0.23<br />

87<br />

P (Pianura)<br />

H (Collina)<br />

Come illustrato nella metodologia, tale indagine ha riguardato in modo<br />

particolare il rilievo floristico delle specie spontanee. In particolare le analisi<br />

floristiche sulle specie erbacee sono state condotte sui 4 appezzamenti<br />

identificati in via preliminare (nell’ambito del protocollo più dettagliato) col<br />

metodo dei lanci. Il rilievo è stato condotto nell’estate 2006 su 4<br />

appezzamenti, in quella stagione tutti a frumento duro: al momento del rilievo<br />

il frumento era a piena maturazione e prossimo alla trebbiatura. Il risultato del<br />

sopralluogo, in termini di singole specie è riportato in tabella A1 (App. A).<br />

Ricchezza di Specie Erbacee (ICve) - Questo indicatore rappresenta il<br />

numero delle specie erbacee spontanee conteggiate sulle parcelle campione<br />

poco prima della raccolta del frumento (metodo dei lanci). Come si osserva<br />

dalla tabella 4.2.1 la differenza numerica tra metodo biologico e<br />

convenzionale è abbastanza netta, anche se il rapporto si assottiglia<br />

nell’ambiente collinare.


Tabella 4.2.1 - ICve ovvero totale degli individui delle specie erbacee<br />

osservate<br />

GIUDIZIO: IDONEO<br />

C (Conv) O (Bio)<br />

5 18 (Pianura) P<br />

40 51 (Collina) H<br />

Indice di diversità delle specie erbacee (IIve) - L’indice di diversità<br />

delle specie (secondo il metodo di Shannon-Weaver) conferma<br />

sostanzialmente la differenza ma esaltando la diversità di conduzione<br />

nell’ambiente collinare (tab. 4.2.2).<br />

Tabella 4.2.2 - IIve - Valore dell’indice di di Shannon-Weaver<br />

GIUDIZIO: IDONEO<br />

C (Conv) O (Bio)<br />

1.61 1.84 (Pianura) P<br />

1.65 2.36 (Collina) H<br />

Nel complesso i due <strong>indicatori</strong> si complementano abbastanza bene<br />

rappresentando uno meglio la situazione di pianura, l’altro la collinare.<br />

Per quanto riguarda le analisi degli ambienti naturali, i sopralluoghi<br />

hanno <strong>per</strong>messo di identificare 8 diversi formazioni vegetali naturali<br />

all’interno o al confine delle aziende di pianura (adiacenti) e ben 17 in quelle<br />

di collina (poste nello stesso bacino, delle dimensioni di 200 ha). Sono state<br />

identificate tutte le specie presenti nell’ambiente al momento del rilievo<br />

(estate 2006) e di ognuna di esse è stato stimato il tasso di frequenza/densità<br />

col metodo di Braun-Blanquet. In appendice A sono riportate le specie<br />

identificate nei due scenari.<br />

Ricchezza di Specie (ICv) - Per quanto riguarda la numerosità delle<br />

specie (tab. 4.2.3) <strong>per</strong> unità di su<strong>per</strong>ficie (ha -1 ) i valori in collina hanno<br />

fortemente risentito della vicinanza di un parco regionale e dell’elevato<br />

numero di formazioni vegetali, fattori che <strong>per</strong>ò sembrano incidere egualmente<br />

sulle due tipologie aziendali, senza alterare la differenziazione che <strong>per</strong>mane<br />

tra le stesse.<br />

88


Tabella 4.2.3 - ICv ovvero totale degli individui delle specie osservate<br />

C (Conv) O (Bio) O/C<br />

0.70 1.91 (Pianura) P 2.72<br />

1.12 3.58 (Collina) H 3.18<br />

GIUDIZIO: IDONEO<br />

Diversità di Specie dell’ambiente naturale (IIv) - Per quanto riguarda<br />

la biodiversità (tab. 4.2.4), indice che tiene conto della densità delle specie<br />

ritrovate (sempre riferito alla su<strong>per</strong>ficie aziendale), le differenze vengono<br />

esaltate questa volta a favore dello scenario di pianura (le colonne più a destra<br />

delle tabelle rappresentano i rapporti tra i due valori), rimanendo comunque<br />

consistenti le differenze tra conduzione <strong>biologica</strong> e convenzionale<br />

Tabella 4.2.4 - IIv - Valore dell’indice di di Shannon-Weaver<br />

C (Conv) O (Bio) O/C<br />

24.7 75.9 (Pianura) P 4.61<br />

5.49 25.3 (Collina) H 3.07<br />

GIUDIZIO: IDONEO<br />

Gli ambienti sono stati successivamente riportati nella cartografia onde<br />

stimarne l’estensione con gli strumenti GIS a disposizione, analisi descritta<br />

nella sezione successiva. I sopralluoghi sono anche serviti ad aggiornare altri<br />

elementi della cartografia, ed in modo particolare la struttura del reticolo<br />

idrografico.<br />

4.3. Cartografia<br />

Nelle figure 4.3.1 e 4.3.2 sotto sono illustrate le due aree monitorate<br />

direttamente durante questa indagine, basandosi sulle foto aeree disponibili.<br />

Nella tabella 4.3.1 vengono invece riportate le dimensioni delle 4<br />

aziende investigate.<br />

89


Figura 4.3.1 - Area di Bentivoglio (BO) con evidenziate le due aziende di<br />

pianura, a sinistra la <strong>biologica</strong> (OP, linea verde) e a destra la convenzionale<br />

(CP, linea rossa)<br />

90


Figura 4.3.2 - Area di Ozzano (BO) con evidenziate le due aziende di collina,<br />

a sinistra la <strong>biologica</strong> (OH, linea verde) e a destra la convenzionale (CH,<br />

linea rossa)<br />

Tabella 4.3.1 - Dimensioni delle 4 aziende nelle quali sono stati effettuati i<br />

sopralluoghi<br />

Azienda C (Conv) O (Bio)<br />

SAT (ha)<br />

SAU (ha)<br />

40.10<br />

38.72<br />

36.19<br />

33.05<br />

P (Pianura)<br />

SAT (ha)<br />

SAU (ha)<br />

72.97<br />

33.41<br />

17.91<br />

13.67<br />

H (Collina)<br />

91


Su<strong>per</strong>ficie naturale (ISh) - Questo indicatore non sembra in grado di<br />

rilevare una qualche differenza tra le due conduzioni, come si può osservare<br />

dalla tabella 4.3.2, a causa sia della diversificazione che assume l’indicatore<br />

nei due contesti, che dell’incongruenza nel modo in cui cambia tra la realtà<br />

convenzionale e <strong>biologica</strong>.<br />

Tabella 4.3.2 - Valori dell’indicatore ISh (%)<br />

C (Conv) O (Bio)<br />

0.02 0.07 P (Pianura)<br />

1.10 0.21 H (Collina)<br />

GIUDIZIO: NON IDONEO<br />

Numero ambienti naturali (ICh) – Questo indicatore, derivato dai<br />

sopralluoghi (figure 4.3.3 e 4.3.4) è orientato a discriminare la differenza tra<br />

le due conduzioni in termini di presenza di su<strong>per</strong>fici lasciate a vegetazione<br />

spontanea, obiettivo che, come si può osservare dalla tabella 4.3.3, sembra<br />

rispettare con successo, anche se l’enorme eterogeneità osservata dai<br />

sopralluoghi consiglia di utilizzarlo con cautela.<br />

Tabella 4.3.3 - Valori dell’indicatore ICh (ha -1 )<br />

C (Conv) O (Bio)<br />

N 2 8<br />

N/SAT 0.05 0.17<br />

N 6 9<br />

N/SAT 0.27 0.44<br />

GIUDIZIO: IDONEO<br />

Lunghezza delle siepi (ILh) – Questo indice misura l’estensione di<br />

bordi, siepi e vegetazione spontanea, in termini di lunghezza <strong>per</strong> unità di<br />

su<strong>per</strong>ficie.<br />

Nella tabella 4.3.4 è riportato il riepilogo delle lunghezze dei diversi<br />

tipi di bordi (macro-ambienti) e delle lunghezze <strong>per</strong> unità di su<strong>per</strong>ficie.<br />

92<br />

P (Pianura)<br />

H (Collina)


Tabella 4.3.4 – Valori dell’indicatore ILh – Il rapporto lunghezza/su<strong>per</strong>ficie<br />

(approssimati al valore intero) mostra una marcata differenziazione in<br />

entrambi gli scenari<br />

GIUDIZIO: IDONEO<br />

C(Conv) O(Bio)<br />

30 137 P (Pianura)<br />

48 197 H (Collina)<br />

Figura 4.3.3 - Collocazioni delle fasce vegetate <strong>per</strong> le aziende di pianura (CP<br />

e OP); le colorazioni rappresentano diverse tipologie di bordo<br />

93


Figura 4.3.4 - Collocazioni delle fasce vegetate <strong>per</strong> le aziende di collina (CH<br />

e OH); le colorazioni rappresentano diverse tipologie di bordo<br />

94


Figura 4.3.5 - Suddivisione degli appezzamenti nelle aziende di pianura (CP<br />

e OP)<br />

95


Figura 4.3.6 - Suddivisione degli appezzamenti (coltivati) nelle aziende di<br />

collina (CH e OH)<br />

Estensione della rete scolante su<strong>per</strong>ficiale (ILi). Calcolata secondo<br />

quanto descritto nel capitolo precedente, restituisce i valori riportati in tabella<br />

4.3.6.<br />

Tabella 4.3.6 - Valori dell’indicatore ILi: Lunghezza della rete e rapporto<br />

lunghezza/su<strong>per</strong>ficie <strong>per</strong> le 4 aziende (approssimati al valore intero)<br />

C (Conv) O (Bio)<br />

Lunghezza (m) 5619 8757<br />

Lungh. relative (m/ha) 148 256<br />

Lunghezza (m) 7625 1174<br />

Lungh. relative (m/ha) 104 65<br />

GIUDIZIO: NON IDONEO<br />

96<br />

P (Pianura)<br />

H (Collina)


La rete scolante è la componente artificiale del reticolo idrografico che<br />

si integra con quello naturale, riportato nelle figure 4.3.7 e 4.3.8 <strong>per</strong> i due<br />

scenari. Come riportato nell’introduzione metodologica, l’estensione della<br />

rete di scolo può essere in grado di stimare una buona pratica agricola tutte le<br />

volte che la stessa sia intesa come gestione del territorio. Di fatto la diversità<br />

delle casistiche fa sì che tale indicatore vada preso con estrema cautela. A<br />

dimostrarlo sono ancora una volta i dati forniti nella tabella 4.3.6 che<br />

riassumono le 4 situazioni riscontrate nella realtà.<br />

Figura 4.3.7 - Reticolo di scolo <strong>per</strong> le aziende di pianura (CH e OH)<br />

Nel caso di pianura si nota effettivamente una rispondenza del criterio<br />

sopra enunciato, rafforzato dall’aver notato come in pianura (nel caso<br />

specifico) c’è una tendenza a semplificare il paesaggio. Tale semplificazione<br />

è legata alla meccanizzazione ed in particolare all’avvento di mezzi sempre<br />

più potenti che danno il loro meglio in assenza di barriere quali filari e fossi.<br />

In particolare il fosso si rende poco utile con l’avvento di stagioni siccitose<br />

97


come quelle registrate negli ultimi anni, in cui la regimazione delle acque in<br />

eccesso è risultata molto bassa. A questo si può aggiungere anche una<br />

legittimazione da parte del mondo accademico che nell’ultimo decennio si è<br />

auspicato il successo dell’agricoltura di precisione, anch’essa resa<br />

maggiormente attuabile su contesti territoriali particolarmente omogenei:<br />

l’idea è quella di una intensivizzazione/estensivizzazione orientata all’<br />

automazione.<br />

Figura 4.3.8 - Reticolo di scolo <strong>per</strong> le aziende di collina (CH e OH, in blu).<br />

In rosso si evidenzia l’idrologia naturale extra-aziendale<br />

In collina la situazione è assai diversa e anzi non è raro osservare<br />

politiche di regimazione in cui l’idrologia è lasciata sviluppare in completa<br />

autonomia: nell’azienda <strong>biologica</strong> la rete di scolo è osservabile solo al confine<br />

con la strada <strong>per</strong>iferica (provinciale) mentre all’interno si osservano i lembi<br />

della rete naturale, identificabili come risorgive e lasciate correre su su<strong>per</strong>fici<br />

incolte, laddove una vera e propria erosione non può quindi aver luogo se non<br />

in forma estremamente ridotta.<br />

98


Rimane comunque la sensazione che nel contesto collinare un rapporto<br />

tra la lunghezza della rete scolante e la su<strong>per</strong>ficie aziendale dipende<br />

inevitabilmente dalla topografia, lasciando alla conduzione un ruolo di<br />

secondo piano.<br />

4.4. Questionari e Interviste<br />

Mentre nei paragrafi precedenti si è rivolta maggior attenzione a<br />

rilevamenti provenienti dalle 4 aziende seguite direttamente da questa’U.O.,<br />

gli <strong>indicatori</strong> derivanti da questionario sono stati somministrati sia a queste<br />

aziende, sulle quali è stato sviluppato il questionario, che sulle 70 aziende del<br />

campione nazionale. Di queste 38 sono risultate in pianura, 32 in collina, con<br />

una distribuzione di dimensione rappresentata in tabella 4.4.1.<br />

Tabella 4.4.1 - Distribuzione della su<strong>per</strong>ficie (SAT) delle aziende intervistate<br />

C (Conv) O (Bio)<br />

Dimensione minima (ha) 0.5 1.2<br />

Dimensione massima (ha) 120.0 108.0<br />

Dimensione media (ha) 28.9 24.9<br />

Dimensione minima (ha) 0.5 3.4<br />

Dimensione massima (ha) 140.0 99.0<br />

Dimensione media (ha) 37.7 29.5<br />

99<br />

P<br />

(Pianura)<br />

H<br />

(Collina)<br />

Nella parte metodologica, in cui si è discussa la tecnica adottata <strong>per</strong> la<br />

selezione del campione, si è descritto come lo stesso sia composto da coppie<br />

di aziende, una a conduzione <strong>biologica</strong> ed una convenzionale, prossime nella<br />

loro struttura e collocate nello stesso ambito territoriale. Pur nella<br />

consapevolezza che sia il ridotto numero delle aziende che il carattere<br />

soggettivo della selezione (ad o<strong>per</strong>a di tecnici di associazioni sindacali) non<br />

<strong>per</strong>mettono di considerare il campione valido da un punto di vista statistico,<br />

nell’ampia dis<strong>per</strong>sione del campione è stato <strong>per</strong>seguito il tentativo di evitare<br />

di ricadere su scenari troppo particolari.<br />

Problemi riscontrati nei rilevamenti - Nel rilievo tramite questionario<br />

è risultato difficile far comprendere all’agricoltore l’importanza delle<br />

informazioni richieste. Ci si è trovati talvolta di fronte ad aziende già<br />

intervistate in passato in cui l’atteggiamento critico dei conduttori sull’utilità<br />

di questo genere di indagini è mitigato solo dalla curiosità.


La delicatezza, <strong>per</strong> non dire la difficoltà, di comunicare con<br />

l’agricoltore è del resto ben nota agli o<strong>per</strong>atori del settore, tanto che parlare<br />

con l’agricoltore richiede l’uso di tecnici interfaccia, preposti di associazioni<br />

di categoria, sindacali e consorzi (es. di irrigazione).<br />

Dal lato pratico tale problema si è trasferito sulla necessità di ricorrere<br />

ad approssimazioni ed ipotesi, alcune delle quali riportate di seguito.<br />

Non raramente la conduzione di alcuni appezzamenti, colture o solo<br />

particolari o<strong>per</strong>azioni colturali (es. mietitura) è demandata a terzi non<br />

disponendo l’azienda di mezzi particolari o non essendo conveniente<br />

utilizzare i mezzi aziendali: in tal caso l’azienda si fa comunque carico<br />

di tutte le o<strong>per</strong>azioni, <strong>per</strong> tutti i bilanci energetici e di materia.<br />

È difficile ottenere dal conduttore informazioni dettagliate su dosaggi e<br />

caratteristiche, soprattutto quando si parla di prodotti non commerciali<br />

quali concimi organici ed ammendanti.<br />

Si sono riscontrati problemi nel comprendere quale rotazione sia<br />

effettivamente condotta in azienda.<br />

Nelle rotazioni i prati (erbai pluriennali) e set-aside sono spesso non<br />

considerati nella valutazione della durata della rotazione.<br />

Sempre nelle rotazioni esistono colture alternative che non<br />

sembrerebbero modificare la rotazione ma nei confronti delle quali le<br />

o<strong>per</strong>azioni colturali non sono necessariamente le stesse: ad esempio la<br />

rotazione quadriennale con orzo o avena.<br />

Non raro è il fatto che le o<strong>per</strong>azioni colturali in <strong>per</strong>iodi in cui la coltura<br />

non è presente dipendano sia dalla coltura precedente (es. interramento<br />

stoppie) che da quella successiva (es. letamazione), <strong>per</strong> cui è stato<br />

necessario distinguere le o<strong>per</strong>azioni riguardanti strettamente una coltura<br />

da quelle intercolturali, descritte in funzione di ogni coppia ordinata di<br />

colture rilevata.<br />

Sulle o<strong>per</strong>azioni colturali si parla di o<strong>per</strong>azione principale o di aratura<br />

profonda senza specificare l’attrezzo, la potenza della trattrice o la<br />

profondità.<br />

Carenti sono le informazioni fornite sulla caratterizzazione fisicochimica<br />

del suoli aziendali.<br />

100


Per fare alcuni esempi su come tale mancanza di risposta possa avere<br />

ri<strong>per</strong>cussioni sul sistema di valutazione, si prenda in esame il caso del rilievo<br />

sui macchinari, quali macchine principali (es. mietitrebbiatrici, trattrici) e<br />

attrezzi utilizzati: individuare il bilancio energetico di un’azienda richiede di<br />

valutare i consumi di carburante (generalmente gasolio) sulle su<strong>per</strong>fici<br />

coltivate, ma non sempre il tecnico è stato in grado di dire quanto tempo <strong>per</strong><br />

unità di su<strong>per</strong>ficie è necessario <strong>per</strong> una determinata o<strong>per</strong>azione (es. fresatura).<br />

Occorre allora prima generalizzare la rappresentazione delle<br />

o<strong>per</strong>azioni, raccogliere le informazioni che si possiedono, quindi provare a<br />

generalizzarle <strong>per</strong> corredarle ai casi su cui non si hanno informazioni.<br />

Problemi simili incorrono <strong>per</strong> le concimazioni ed i trattamenti in merito ai<br />

prodotti indicati (non tutti ancora censiti nelle banche dati). Per questo si è<br />

reso necessario creare una struttura dati gerarchica, rappresentata in figura<br />

4.4.1. Sulle 70 + 4 aziende investigate sono stati osservati 157 processi<br />

composti (suddivisi in rotazione e consociazione) con un massimo di 6 <strong>per</strong><br />

singola azienda. Del totale dei processi elementari osservati, 71 sono i<br />

processi colturali (tab. B1) <strong>per</strong> 77 processi intercolturali (tab. B2), elencati in<br />

appendice B.<br />

In corrispondenza di ogni o<strong>per</strong>azione (semplice o composta) vengono<br />

quindi indicati:<br />

l’eventuale lista delle o<strong>per</strong>azioni, ciascuna individuata da un<br />

identificatore univoco ed eventualmente associata ad una lista di<br />

parametri;<br />

il numero di ripetizioni (in qualche caso l’o<strong>per</strong>azione è ripetuta durante<br />

la stagione, come lo sfalcio);<br />

la potenza della macchina utilizzata;<br />

il lavoro (h/ha): tempo-uomo necessario allo svolgimento<br />

dell’o<strong>per</strong>azione stessa; esso è utilizzato sia <strong>per</strong> la valutazione della<br />

risorsa umana impiegata che <strong>per</strong> la stima energetica e di combustibile<br />

che comporta l’utilizzo del macchinario.<br />

101


Figura 4.4.1 – Rappresentazione del sistema delle entità principali utilizzate<br />

<strong>per</strong> la rappresentazione dei processi produttivi aziendali e <strong>per</strong> l’elaborazione<br />

delle informazioni rilevate<br />

Le o<strong>per</strong>azioni rilevate (tab. B3, app.B) sono ulteriormente distinguibili in:<br />

manuali;<br />

con la sola macchina principale (es. mietitrebbiatrice);<br />

con una trattrice e più attrezzi.<br />

Vanno inoltre distinte le o<strong>per</strong>azioni colturali che prevedono o meno<br />

interventi sul suolo o irrigazioni (non analizzate in dettaglio) da quelle<br />

o<strong>per</strong>azioni associate ad apporti di materiali che maggiormente interessano<br />

questa analisi, e cioè:<br />

concimazioni: fertilizzanti, letamazioni e liquamazioni;<br />

trattamenti: diserbo, difesa, antiparassitario.<br />

Nel primo caso è possibile associare all’o<strong>per</strong>azione non solo la lista dei<br />

prodotti utilizzati ma anche il dosaggio (in kg/ha), mentre nel secondo si<br />

assume quello consigliato dalla casa produttrice.<br />

Di seguito (tabella 4.4.2) è riportato un esempio di processo elementare<br />

in cui sono distinte sulle righe le o<strong>per</strong>azioni composte (date da o<strong>per</strong>azioni<br />

102


semplici svolte simultaneamente attraverso l’uso di strumenti diversi) e da cui<br />

è facilmente desumibile la grammatica e la sintassi utilizzate <strong>per</strong> la relativa<br />

parametrizzazione.<br />

Tabella 4.4.2 - Rappresentazione del processo elementare<br />

o<strong>per</strong>azione ripetizioni Potenza(CV) Lavoro (h/ha)<br />

semina 1 50 1.5<br />

(Urea_100) 3 50 1.0<br />

trinciatura;erpicatura 1 50 2.5<br />

(rame; zolfo) 1 50 1.0<br />

raccolta 1 (manuale) 50<br />

Durata dell’avvicendamento (ITc) - Tale indice, come è chiaro dalla<br />

definizione data nel capitolo precedente, premia le aziende con su<strong>per</strong>fici<br />

impiegate in rotazioni di lunga durata; dal computo sono escluse le su<strong>per</strong>fici<br />

ad uso agricolo <strong>per</strong>manente. I valori che scaturiscono dal computo sembrano<br />

indicare una certa risposta dell’indicatore, ma diseguale <strong>per</strong> i due scenari. Si<br />

evidenzia infatti come nell’approccio convenzionale la scelta della rotazione<br />

non sia molto influenzata da terreni in pendenza, cosa invece che si nota nel<br />

biologico (tab. 4.4.3); l’indicatore non è stato quindi ritenuto in grado di dare<br />

una risposta univoca <strong>per</strong> i due scenari.<br />

Tabella 4.4.3 - Valori dell’indicatore ITc (anni.)<br />

C (Conv) O (Bio)<br />

1.66 2.99 P (Pianura)<br />

2.02 1.77 H (Collina)<br />

GIUDIZIO: NON IDONEO<br />

Diversità colturale (IIc) - Questo indicatore si riferisce all’impatto<br />

paesaggistico della diversità colturale (osservabile <strong>per</strong> le 4 aziende nelle<br />

figure 4.3.5 e 4.3.6). Il risultato è buono in pianura, mentre in collina il<br />

probabile effetto della complessità del terreno spinge, in modo analogo di<br />

quanto osservato nel caso precedente, ad una riduzione della complessità nel<br />

biologico; anche qui quindi la diversa risposta dei due <strong>indicatori</strong> non <strong>per</strong>mette<br />

l’utilizzo dell’indicatore in senso generale (tab. 4.4.4).<br />

103


Tabella 4.4.4 - Valori dell’indicatore IIc (ha -1 )<br />

C (Conv) O (Bio)<br />

1.66 2.53 P (Pianura)<br />

1.85 1.65 H (Collina)<br />

GIUDIZIO: NON IDONEO<br />

Va anche riportato che nella maggioranza dei casi (aziende) il valore dei due<br />

<strong>indicatori</strong> è risultato identico a causa della ridotta incidenza nelle aziende di<br />

lunghe rotazioni e quindi di ripetizioni della stessa coltura sullo stesso<br />

insieme di appezzamenti.<br />

Contenuto in Energia Primaria (IQe) - Anche questo indicatore ha<br />

insita nella sua definizione una buona propensione ad identificare differenze<br />

ascrivibili alla tipologie di conduzione; esso non ha tuttavia evidenziato a<br />

fronte di una netta differenza tra scenario collinare e di pianura, alcuna<br />

nessuna differenza (tab. 4.4.5) tra uso di energia nel biologico rispetto al<br />

convenzionale.<br />

Tabella 4.4.5 - Valori dell’indicatore IQe (Tj/ha)<br />

C (Conv) O (Bio)<br />

1.292 1.285 P (Pianura)<br />

0.451 0.449 H (Collina)<br />

GIUDIZIO: NON IDONEO<br />

Efficienza Energetica (IEe) - L’indice, che intende confrontare le<br />

produzioni ai materiali utilizzati, mostra anch’esso significative differenze tra<br />

i due metodi di conduzione, ma con esito opposto tra collina e pianura (tab.<br />

4.4.6).<br />

Tabella 4.4.6 - Valori dell’indicatore IEe (-)<br />

C (Conv) O (Bio)<br />

0.43 0.62 P (Pianura)<br />

0.71 0.68 H (Collina)<br />

GIUDIZIO: NON IDONEO<br />

104


Bilancio dell’azoto (IQn) - Indice finalizzato a mostrare un’efficienza<br />

d’uso dei fertilizzanti attraverso la componente considerata la più importante<br />

tra i nutrienti, ma anche rilevante dal punto di vista ambientale. I valori<br />

riportati in tabella 4.4.7 <strong>per</strong> le 4 tipologie aziendali non lascia le aspettative<br />

disattese (vedi anche le conclusioni).<br />

Tabella 4.4.7 - Valori dell’indicatore IQn (kg/ha)<br />

C (Conv) O (Bio)<br />

72 2.5 P (Pianura)<br />

122 33 H (Collina)<br />

GIUDIZIO: IDONEO<br />

Bilancio del Fosforo (IQp) - Anche questo indice è, come il<br />

precedente, finalizzato a mostrare un’efficienza d’uso dei fertilizzanti<br />

attraverso un altro importante nutriente, anch’esso rilevante dal punto di vista<br />

ambientale (non <strong>per</strong> la mobilità idrologica interna al suolo ma attraverso il<br />

trasporto di su<strong>per</strong>ficie). I valori riportati in tabella 4.4.8 <strong>per</strong> le 4 tipologie<br />

aziendali non lasciano tuttavia trarre immediate conclusioni.<br />

Tabella 4.4.8 - Valori dell’indicatore IQp (kg/ha)<br />

C (Conv) O (Bio)<br />

72 -10 P (Pianura)<br />

122 33 H (Collina)<br />

GIUDIZIO: NON IDONEO<br />

105


4.5. Considerazioni sui risultati ottenuti<br />

Nei grafici sottostanti sono riportati i valori degli <strong>indicatori</strong> sui quali è<br />

stato dato un giudizio di idoneità, poiché in grado di rilevare differenze sia in<br />

un contesto collinare che in uno di pianura. Per rendersi meglio conto del<br />

grado di sensibilità degli <strong>indicatori</strong> in tal senso e della possibilità di costruire<br />

un indicatore che sintetizzi in modo univoco le differenze tra le conduzioni, si<br />

sono raffigurati i valori degli <strong>indicatori</strong> in diagrammi polari distinti <strong>per</strong> scala,<br />

che si ricorda essere quella parcellare e aziendale, quest’ultima distinta <strong>per</strong><br />

aziende con sopralluoghi diretti ed aziende intervistate. I valori rappresentati<br />

in diagrammi polari sono stati preventivamente normalizzati, ovvero riferiti al<br />

valor medio. La figura 4.5.1 dà la sintesi globale dei valori ottenuti, mentre in<br />

tabella 4.5.1 è riportata la legenda degli <strong>indicatori</strong>.<br />

Figura 4.5.1 - Rappresentazione polare dei valori medi degli <strong>indicatori</strong> <strong>per</strong> i<br />

due scenari esaminati (pianura e collina)<br />

IQ_e<br />

IL_h<br />

IQ_n<br />

IQ_h<br />

IC_n<br />

2.0<br />

1.0<br />

0.0<br />

II_ve<br />

IF_co<br />

IC_ve<br />

IC_ve<br />

II_ve<br />

106<br />

convenzionale<br />

biologico


Tabella 4.5.1 - Denominazioni degli <strong>indicatori</strong> valutati come idonei<br />

Sigla Descrizione Sigla Descrizione<br />

IQ_e Contenuto in Energia Primaria II_v Diversità di specie vegetali<br />

IF_co Tasso di respirazione del suolo IC_v Ricchezza delle specie<br />

IT_c Durata dell’avvicendamento II_ve Diversità delle specie erbacee<br />

IL_h Lunghezza delle siepi IC_ve Ricchezza di specie erbacee<br />

IC_h Numero di ambienti naturali IC_n Azoto Totale del suolo<br />

IQ_n Bilancio dell’Azoto<br />

Nei grafici (fig. 4.5.2 e fig. 4.5.3) sono riportati distintamente le<br />

risultanti dei valori <strong>per</strong> lo scenario di pianura e quello di collina.<br />

Figura 4.5.2 -<br />

Rappresentazione polare<br />

dei valori degli<br />

<strong>indicatori</strong> <strong>per</strong> il caso di<br />

pianura<br />

Figura 4.5.3 -<br />

Rappresentazione polare<br />

dei valori degli<br />

<strong>indicatori</strong> <strong>per</strong> il caso di<br />

collina<br />

IQ_e<br />

IL_h<br />

IQ_e<br />

IL_h<br />

IQ_n<br />

IQ_h<br />

IQ_n<br />

IQ_h<br />

107<br />

IC_n<br />

2.0<br />

1.0<br />

0.0<br />

IC_n<br />

2.0<br />

1.0<br />

0.0<br />

II_ve<br />

II_ve<br />

IF_co<br />

IC_ve<br />

IF_co<br />

IC_ve<br />

IC_ve<br />

II_ve<br />

IC_ve<br />

II_ve<br />

convenzionale<br />

biologico<br />

convenzionale<br />

biologico


In tutti i grafici si può notare la presenza di un incrocio tra le linee di<br />

congiungimento dei dati, dovuta al fatto che i due indici associati all’uso di<br />

energia primaria e bilancio dell’azoto crescono al crescere di inputs di<br />

materiali, e quindi evidenziano fattori tipici della conduzione convenzionale,<br />

mentre gli altri indici premiano attività più tipiche della conduzione<br />

<strong>biologica</strong>.<br />

Nel complesso (figura 4.5.1) gli <strong>indicatori</strong> che hanno mostrato più<br />

diversificazione sono quelli riferiti alla biodiversità vegetale in tutte le sue<br />

espressioni, numero di specie, di habitat e di estensione su<strong>per</strong>ficiale. Chiara è<br />

anche la diversificazione in termini di input energetici e di fertilizzanti,<br />

mentre il contenuto in carbonio e la respirazione non mostrano differenze<br />

così elevate come i primi. A mostrare le maggiori differenze tra pianura e<br />

collina sono gli indici vegetazionali associati naturalmente anche alle evidenti<br />

differenze in termini di paesaggio.<br />

Una considerazione particolare va fatta sulla sostanza organica nei<br />

suoli. Benché il giudizio sia risultato negativo, i dati hanno fatto notare come<br />

in alternativa possano essere utilizzati i valori relativi alla variabilità<br />

stagionale della concentrazione di SO. Tanto più che tale dinamicità conferma<br />

quella notata <strong>per</strong> la respirazione microbica.<br />

Considerazioni sui costi di Produzione degli Indicatori - La metodica<br />

di rilevamento ha, come prevedibile, grosse ri<strong>per</strong>cussioni sui costi di<br />

produzione del dato.<br />

A seconda della tecnica di valutazione associata all’indicatore, la<br />

valutazione dello stesso può comportare un impegno di risorse umane e<br />

finanziarie più o meno elevato, fattore che incide nella selezione degli<br />

<strong>indicatori</strong> da adottare in una determinata analisi.<br />

Il campionamento prevede una fase di determinazione dei siti da<br />

rilevare, di pianificazione delle uscite, una fase o<strong>per</strong>ativa (il campionamento<br />

vero e proprio), una di immagazzinamento (es. frigorifero) e un’analisi di<br />

laboratorio con una articolazione a sé stante (protocollo). Questo processo<br />

accomuna sia l’osservazione di grandezze fisiche che di quelle chimiche e<br />

microbiologiche dei terreni.<br />

La parte più impegnativa dal punto di vista delle risorse (umane) che<br />

devono essere simultaneamente disponibili è la prima (pianificazione) mentre<br />

quella più onerosa è senz’altro quella di laboratorio. Spesso si osserva che lo<br />

108


sforzo analitico è assai più elevato <strong>per</strong> i fluidi che <strong>per</strong> le componenti solide: in<br />

pratica, essendo le analisi <strong>ambientali</strong> condotte solitamente su suolo, acque e<br />

aria, l’impegno richiesto <strong>per</strong> il campionamento delle ultime è assai maggiore.<br />

Quella riportata nella tabella 4.5.2 che segue fornisce una stima<br />

orientativa di tipo comparativo sugli oneri <strong>per</strong> la produzione di <strong>indicatori</strong> in<br />

base alle tecniche suddette basata sulle es<strong>per</strong>ienze recenti.<br />

Tabella 4.5.2 - Valori indicativi del tempo uomo necessario alla derivazione<br />

di <strong>indicatori</strong> a partire dal protocollo sviluppato dall’analisi SABIO<br />

Campionamento/ analisi 3 <strong>per</strong>sone giorno / azienda<br />

Sopralluogo 3 <strong>per</strong>sone giorno / azienda<br />

Cartografia 2 <strong>per</strong>sone giorno / azienda<br />

Questionario 1 <strong>per</strong>sone giorno / azienda<br />

Naturalmente occorre distinguere i tempi di produzione di <strong>indicatori</strong><br />

già inquadrati in un protocollo da quelli necessari allo sviluppo del protocollo<br />

stesso (come in questa analisi).<br />

I valori sono da considerare puramente indicativi e soggetti a variazioni<br />

che come si intuisce sono estremamente sensibili a:<br />

- dimensione e complessità aziendale e del territorio;<br />

- quantità di campioni desiderati, sia in termini di risoluzione spaziale che<br />

temporale.<br />

109


110


CONCLUSIONI<br />

Questo studio ha mirato a sviluppare una metodologia di analisi dei<br />

sistemi produttivi basata su <strong>indicatori</strong> con una articolazione orientata a<br />

migliorare i numerosi sforzi compiuti in passato. Per questo nella prima parte<br />

si sono evidenziate in modo analitico le diverse modalità di approccio al<br />

problema, cercando anche di focalizzare lo studio su <strong>indicatori</strong> in grado di<br />

evidenziare differenze tra metodo biologico e convenzionale. Già in questa<br />

analisi emerge l’importanza di distinguere la scala aziendale da quella di<br />

processo produttivo.<br />

Il protocollo di rilievo, basato su 4 tecniche di osservazione ed<br />

elaborazione (campionamento ed analisi di laboratorio, sopralluoghi<br />

territoriali e rilievi vegetazionali, analisi ed elaborazioni cartografiche ed,<br />

infine, somministrazione di questionari ed analisi dei dati), ha <strong>per</strong>messo<br />

altresì di sondare <strong>indicatori</strong> con un contenuto informativo radicalmente<br />

diverso.<br />

Nel selezionare gli <strong>indicatori</strong> ci si è anche resi conto di come alcuni di<br />

essi, ampiamente utilizzati in letteratura <strong>per</strong> l’analisi dell’inquinamento<br />

ambientale da fertilizzanti e fitofarmaci, basati su informazioni a carattere<br />

geo-pedologico e idrologico, non fossero idonei a questa analisi a causa della<br />

scarsa disponibilità ed attendibilità di informazioni tecniche inerenti alle<br />

pratiche irrigue e, soprattutto, sui dettagli delle pratiche <strong>agro</strong>nomiche (es.<br />

direzione dei <strong>per</strong>corsi di lavorazione rispetto alla pendenza). Tali<br />

informazioni utilizzate <strong>per</strong> il calcolo di <strong>indicatori</strong> tradizionali dell’agricoltura<br />

sostenibile, quali quelli associati alla stima della fenomenologia erosiva, non<br />

sono infatti risultate facilmente re<strong>per</strong>ibili nè <strong>per</strong> le 4 aziende investigate<br />

direttamente dall’U.O. nè <strong>per</strong> il campione di aziende a scala nazionale.<br />

Il suddetto coinvolgimento diretto delle aziende ha <strong>per</strong>altro<br />

evidenzianto l’importanza dell’aspetto comunicativo. La mediazione da parte<br />

di associazioni di categoria è risultata essere, nel caso dei questionari diffusi a<br />

scala nazionale, indispensabile <strong>per</strong> intervenire nel territorio, dando del resto<br />

ennesima riprova di come tali agenti siano oggi gli unici in grado di attivare<br />

un dialogo tra mondo della ricerca (accademica) e quello della produzione<br />

agraria.<br />

111


Nello schema investigativo oltre a confrontare realtà biologiche e<br />

convenzionali, si è tenuta distinta la realtà collinare da quella di pianura,<br />

distinzione che ha fatto emergere come non tutti gli <strong>indicatori</strong> valutati<br />

<strong>per</strong>mettono di distinguere attività biologiche e convenzionali nei due contesti.<br />

In particolare, <strong>per</strong> quanto riguarda le analisi chimico-microbiche, il<br />

contenuto organico e la dinamicità dell’attività microbica stagionale hanno<br />

messo in luce quanto la conduzione <strong>biologica</strong> possa voler dire in termini di<br />

componente microbica, la cui influenza sulla fertilità del suolo è nota da<br />

molto tempo, con un rinnovato interesse a livello internazionale.<br />

Le analisi floristiche sono quelle che hanno manifestato la maggior<br />

efficienza nel mostrare una diversità di conduzione. Tutti gli <strong>indicatori</strong><br />

rilevabili sia a scala aziendale che parcellare hanno infatti risposto<br />

validamente alla tipologia di conduzione più che alla collocazione territoriale<br />

dell’azienda. Anche in termini di metodica di rilievo, le risorse richieste in<br />

termini di <strong>per</strong>sone e tempo (incluse le elaborazioni), hanno rivelato come essa<br />

sia la più applicabile in modo estensivo.<br />

Le analisi cartografiche si sono tutto sommato dimostrate meno<br />

confortanti di quanto atteso, anche se il dato può in parte essere imputato alla<br />

già menzionata elevata eterogeneità strutturale delle aziende e al variegato<br />

paesaggio che contraddistingue il territorio italiano.<br />

Dai rilevamenti da questionario sono invece provenuti i risultati attesi,<br />

anche se non <strong>per</strong> tutti gli indici. Le differenze di conduzione sono state infatti<br />

rese visibili sia in termini di flussi di materia ed energia che come efficienze,<br />

in entrambi i casi a favore dell’approccio biologico.<br />

Nel complesso si può quindi osservare che l’analisi condotta ha<br />

<strong>per</strong>messo di delineare una valida serie di <strong>indicatori</strong> in grado di rilevare<br />

differenze tra regime convenzionale e biologico, <strong>indicatori</strong> che <strong>per</strong>mettono<br />

oggi di tracciare i punti di forza del biologico rispetto al convenzionale da un<br />

punto di vista <strong>agro</strong>-ambientale <strong>per</strong> quel che riguarda:<br />

Aspetti microbiologici - è stato notato in modo deciso il diverso<br />

comportamento dei suoli soggetti ad un minor carico di input e di<br />

attività produttive, in termini di una popolazione microbica più<br />

sensibile alle variazioni stagionali e quindi probabilmente più vitale;<br />

una conferma dell’importanza del fenomeno potrebbe venire solo da<br />

campagne di rilievi di maggior ampiezza.<br />

112


Biodiversità - netta è risultata la differenziazione in termini di<br />

biodiversità delle fasce vegetati e dei bordi di campo, positiva dal<br />

punto di vista ecologico; con cautela va invece vista l’aumentata<br />

biodiversità associata ad un aumento dello sviluppo delle malerbe<br />

presenti sulla coltura.<br />

Input/output di energia e materiali - favorevole <strong>per</strong> il biologico è<br />

risultato anche il bilancio di sostanze nutrienti e di prodotti quali<br />

<strong>agro</strong>farmaci e carburanti, presi in considerazione attraverso l’energia<br />

interna, parametro che riassume l’interezza dei costi produttivi e <strong>per</strong><br />

la società.<br />

I maggiori problemi evidenziati dall’analisi sono da vedere<br />

fondamentalmente in chiave comunicativa. È emersa infatti l’esigenza di un<br />

approfondimento della conoscenza delle aziende ed in particolare delle<br />

tecniche <strong>agro</strong>nomiche.<br />

113


114


APPENDICE A<br />

Elenco delle specie riconosciute nelle parcelle coltivate (tab. A1), negli<br />

ambienti di pianura (tab. A2) e in quelle di collina (tab. A3).<br />

Tabella A1 - Specie e numero di individui ritrovati negli appezzamenti<br />

coltivati (i valori sono ottenuti attraverso 8 lanci casuali di una cornice<br />

quadrata di 20cm di lato, e quindi <strong>per</strong> una su<strong>per</strong>ficie esplorata complessiva<br />

di 0.32 mq)<br />

Specie CP OP CH OH<br />

Alopecurus myosuroides 4<br />

Anagallis arvensis 13<br />

Anagallis foemina 2<br />

Anagallis spp 1 5<br />

Anthemis altissima 3<br />

Avena sterilis 1 5 7<br />

Cirsium arvense 1<br />

Convolvulus arvensis 1<br />

Echinochloa Crus-Galli 1 1 1<br />

Equisetum arvense 1<br />

Equisetum Telmateia 1<br />

Euphorbia esula 6 1 3<br />

Fallopia convolvolus 2 9<br />

Galium aparine 1<br />

Legousia speculum-veneris 3 1<br />

Nigella spp. 2<br />

Papaver rhoaes 14 1<br />

Phalaris paradoxa 1 1<br />

Picris echioides 2<br />

Polygonum aviculare 1 7 6<br />

Ranunculus arvensis 2<br />

Scandix pecten-veneris 1<br />

Sinapis arvensis 1<br />

Vicia sativa 1<br />

115


Tabella A2 - Lista delle specie rilevate nelle formazioni vegetali in pianura<br />

(P)<br />

Achillea millefolium Clematis alpine Poa spp.<br />

Abutilon theophrasti Medicus Convolvulus arvensis Poa trivialis<br />

Agrimonia eupatoria Crepis spp Polygonum aviculare<br />

Agropyron repens Cuscuta Polygonum lapathifolium<br />

Agropyron spp. Cynodon spp. Potentilla reptans<br />

Alisma plantago-acquatica Cy<strong>per</strong>us spp. Ranunculus repens<br />

Alopecurus myosuroides Daucus carota Ranunculus spp.<br />

Anagallis arvensis Equisetum arvense Rumex acetosa (acetosella)<br />

Anagallis foemina Galium aparine Rumex crispus<br />

Anagallis spp Galium mollugo Salix alba (salice bianco)<br />

Aristolochia clematitis Galium verum Salvia pratensis<br />

Artemisia vulgaris Geranium dissectum Scandix pecten-veneris<br />

Avena spp. Gladiolus segetum Scolymus hispanicus<br />

Avena sterilis Glechoma hederacea Sinapis arvensis<br />

Bolboschoenus maritimus Lemna spp. Sonchus as<strong>per</strong><br />

Bromus spp. Lolium multiflorum Symphytum officinale<br />

Bromus erectus Lotus corniculatus Taraxacum Off.<br />

Bromus hordeaceus Lythrum salicaria Trifolium pratense<br />

Butomus umbellatus Matricaria chamomilla Trifolium repens (tr. Bianco)<br />

Calystegia arvensis Melandryum album Typha latifolia<br />

Calystegia sepium Myosotis arvensis Ulmus minor<br />

Chenopodium album Ornithogallum<br />

narbonense<br />

Urtica dioica<br />

Chenopodium polys<strong>per</strong>mum Papaver rhoaes Veronica anagallis-aquatica<br />

Chenopodium vulvaria Picris echioides Veronica Persica<br />

Cirsium vulgare Plantago lanceolata Vitis vinifera<br />

116


Tabella A3 - Lista delle specie rilevate nelle formazioni vegetali in collina<br />

(H)<br />

Acer campestre Eupatorium cannabinum Plantago minor<br />

Acer pseudoplatanus Festuca spp Poa pratensis<br />

Aegylops geniculata Ficus carica (fico) Poa spp.<br />

Agropyron repens Fraxinus ornus (orniello) Poa trivialis<br />

Alopecurus myosuroides Galega Off. Populus Nigra<br />

Anagallis arvensis Galium aparine Potentilla reptans<br />

Anthemis altissima Galium mollugo Prunus spinosa (prugnolo)<br />

Anthemis tinctoria Geranium dissectum Pulmonaria officinalis<br />

Artemisia vulgaris Gladiolus segetum Pyrus pyraster<br />

Arundo donax Glechoma hederacea Quercus petrea (rovere)<br />

Avena sterilis Hedysarum coronatum Quercus pubescens<br />

Bromus spp. I<strong>per</strong>icum <strong>per</strong>foratum Robinia pseudoacacia<br />

Bromus erectus juglans nigra Rosa canina<br />

Bromus hordeaceus juglansa regia (noce) Rubus caesius (rovo)<br />

Bromus Murinum Lactuca serriola Rumex crispus<br />

Bromus sterilis Lamium spp. Rumex spp.<br />

Broussonetia Papyrifera Lapsana communis Salix alba (salice bianco)<br />

Calystegia sepium Lathyrus sylvestris Sambucus nigra<br />

Cedrus atlantica Legousia spec.veneris Sanguisorba minor<br />

Centarium Umbellatum Ligustrum japonicum Scabiosa columbaria<br />

Centaurea jacea Ligustrum vulgare Sinapis arvensis<br />

Cichorium Intybus Lolium multiflorum Sonchus as<strong>per</strong><br />

Cirsium arvense Lolium <strong>per</strong>enne Spartium junceum<br />

Cirsium spp Malva sylvestris Stachis Sylvatica<br />

Cirsium vulgare Matricaria chamomilla Stellaria media<br />

Clematis vitalba Medicago lupulina Taraxacum officinale<br />

Convolvulus arvensis Melandryum album Trifolium spp.<br />

Cornus sanguinea Meliloto Offcinalis Trifolium Incarnato<br />

Coronilla varia Mentha spp. Trifolium repens<br />

Crategus monogyna Morus alba (gelso) Ulmus minor<br />

Dactylis glomerata Papaver rhoaes Urtica dioica<br />

Daucus carota Parietaria judaica Verbena officinalis<br />

Echinochloa spp Phalaris paradoxa Vicia sativa<br />

Edera helix Picris echioides Vitis vinifera<br />

Equisetum arvense Plantago lanceolata Xanthium Italicum (lappa)<br />

Equisetum Telmateia Plantago major<br />

117


118


APPENDICE B<br />

Elenco dei processi colturali (tab. B1), di quelli intercolturali (tab. B2) e delle<br />

singole o<strong>per</strong>azioni riportate nei questionari.<br />

Tabella B1 - Lista dei processi colturali esaminati<br />

Actinidia Cocomero Mais-mono Pomodoro-da-mensa<br />

Agrume Erbaio Medica Prato<br />

Albicocco Fagiolino Melanzana Radicchio<br />

Arancio Farro Melo Rovo-da-more<br />

Avena Favino Melograno Soia<br />

BarbaBietola Frumento-Duro Melone Sorgo<br />

Bietola Frumento-Duro- Nespolo Sovescio<br />

mono<br />

Carciofo Frumento-Tenero Nocciolo Spinacio<br />

Castagno Frutteto Olivo Susino<br />

Cavolfiore Girasole Ortaggio-a-foglia Tabacco<br />

Cavolo Insalata Orzo Trifoglio<br />

Cavolo-broccolo Kaki Patata Valerianella<br />

Cavolo-<br />

Lampone Pe<strong>per</strong>one Veccia<br />

cappuccio<br />

Cavolo-Verza Lattuga Pero Vite<br />

Cereale-a-paglia Limone Pesco Zucca<br />

Ciliegio Loietto Pisello-Proteico Zucchino<br />

Cipolla Mais Pomodoro-daindustria<br />

119


Tabella B2 - Lista dei processi intercolturali rilevati<br />

Avena_Erbaio Mais_Frumento-tenero<br />

Barbabietola_Mais Mais_Mais<br />

Bietola_Melanzana-Pe<strong>per</strong>one Mais_Sorgo<br />

Cavolo_Zucchino Mais_Trifoglio<br />

Cavolo-verza_Zucchino Medica_Erbaio<br />

Cece_Frumento-duro Medica_Frumento-duro<br />

Cereale-a-paglia_Mais Melanzana_Sovescio<br />

Cereale-a-paglia_Pisello-proteico Melanzana_Valerianella<br />

Cipolla_Cavolo Orzo_Avena<br />

Erbaio_Farro Orzo_Erbaio<br />

Erbaio_Frumento-duro Orzo_Favino<br />

Erbaio_Frumento-tenero Orzo_Frumento-duro<br />

Erbaio_Girasole Orzo_Medica<br />

Erbaio_Orzo Orzo_Sorgo<br />

Farro_Orzo Orzo_Trifoglio<br />

Favino_Frumento-duro Pe<strong>per</strong>one_Sovescio<br />

Favino_Orzo Pe<strong>per</strong>one_Valerianella<br />

Favino_Pisello-Proteico Pisello-Proteico_Mais<br />

Frumento-duro_Erbaio Pisello-Proteico_Medica<br />

Frumento-duro_Favino Pisello-Proteico_Orzo<br />

Frumento-duro_Girasole Pomodoro_Bietola<br />

Frumento-duro_Mais Prato_Frumento-duro<br />

Frumento-duro_Medica Radicchio_Insalata<br />

Frumento-duro_Orzo Radicchio_Lattuga<br />

Frumento-duro_Pisello-proteico Set-Aside_Frumento-duro<br />

Frumento-duro_Soia Soia_Frumento-tenero<br />

Frumento-duro_Sorgo Sorgo_Favino<br />

Frumento-duro_Trifoglio Sorgo_Pisello-proteico<br />

Frumento-tenero_Barbabietola Sovescio_Cipolla<br />

Frumento-tenero_Girasole Tabacco_Orzo<br />

Frumento-tenero_Orzo Trifoglio_Frumento-duro<br />

Girasole_Frumento-duro Trifoglio_Mais<br />

Girasole_Soia Trifoglio_Medica<br />

Girasole_Tabacco Trifoglio_Orzo<br />

Insalata_Pomodoro Valerianella_Zucchino<br />

Lattuga_Cavolo-verza Veccia_Frumento-duro<br />

Lattuga_Radicchio Zucchino_Lattuga<br />

Mais_Cereale-a-paglia Zucchino_Radicchio<br />

120


Tabella B3 - Lista delle o<strong>per</strong>azioni riscontrate nei questionari<br />

Tipo<br />

Lavorazione<br />

O<strong>per</strong>azione Tipo O<strong>per</strong>azione<br />

principale Aratura Semina Semina<br />

Aratura-profonda Semina-proporzionale<br />

Lavorazione<br />

Aratura-su<strong>per</strong>ficiale Trapianto Trapianto<br />

secondaria Affinamento<br />

Lav.<br />

Trapianto-manuale<br />

Fresatura<br />

co<strong>per</strong>tura Sarchiatura<br />

Vangatura Rincalzatura<br />

Motozappatura Interramento<br />

Lav.preliminari Intermedia Controllo Irrigazione<br />

Discatura Concimazione<br />

Estirpo-discatura Letamazione<br />

Estirpatura Liquamazione<br />

Erpicatura Trattamento<br />

Erpicatura-disco Trattamento seminativo<br />

Erpicatura-rotante Trattamento frutteto<br />

Strigliatura Trattamento manuale<br />

Lav. Messa a coltura Sistemazione Raccolta Raccolta (manuale)<br />

Interv. non invasivi Falciatura Vendemmia<br />

Trinciatura Raccolta-meccanica<br />

Trinciatura-frutteto Scuotitura<br />

Falsa-semina Trebbiatura<br />

Sfalcio / Fienagione<br />

Manutenzione- PostRaccoltat<br />

Interventi manuali su<strong>per</strong>ficiale<br />

manuali Rimozione-teli<br />

Posa-teli Rimozione-tunnel<br />

Rimozione-<br />

Pacciamatura<br />

pacciamature<br />

Manutenz.impianti Espianto<br />

Rimozione-residui<br />

Tiraggio Essicazione<br />

Manutenzione-piante Calibrazione<br />

Potatura Pulitura<br />

Legatura Cernita<br />

Diradamento Confezionamento<br />

Strecciatura Insacchettatura<br />

Scarducciatura<br />

Post Raccolta<br />

Movimentazione<br />

Dicioccatura meccanizzati Voltamento<br />

Sfemminatura Andanatura<br />

Diradamento Ranghinatura<br />

Cimatura Pressatura<br />

Stragliatura Imballatura<br />

Stolonatura Caricamento-balle<br />

Scacchiatura<br />

Defogliazione<br />

Trasporto<br />

121


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