indicatori agro-ambientali per l'agricoltura biologica - Inea
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ALMA MATER MATER<br />
STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOL BOLOGNA<br />
OGNA<br />
DIPAR DIPARTIMENT<br />
TIMENTO O DI SCIENZE E TECNOLOGIE TECNOLOGIE<br />
AGROAMBIENTALI<br />
AGROAMBIENTALI<br />
WORKING PAPER PAPER<br />
n.3<br />
INDICATORI<br />
AGRO-AMBIENTALI<br />
PER<br />
L’AGRICOLTURA<br />
BIOLOGICA<br />
dd dd ii ii<br />
GGiiuulliiaannoo VViittaallii<br />
RRoossaannnnaa EEppiiffaannii<br />
AAllbbeerrttoo AAllbbeerrttoo VViiccaarrii VViiccaarrii
ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA<br />
DIPARTIMENTO DI SCIENZE E TECNOLOGIE AGROAMBIENTALI<br />
WORKING PAPER - SABIO N. 3<br />
INDICATORI AGRO-AMBIENTALI PER<br />
L’AGRICOLTURA BIOLOGICA<br />
di<br />
Giuliano Vitali<br />
Rosanna Epifani<br />
Alberto Vicari
Il presente working pa<strong>per</strong> è stato elaborato in piena autonomia e<br />
responsabilità dal Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro<strong>ambientali</strong> della<br />
Facoltà di Agraria (Università degli studi di Bologna).<br />
Il working pa<strong>per</strong> fa parte della produzione editoriale del progetto SABIO<br />
(Sostenibilità dell’Agricoltura BIOlogica), progetto finanziato dal Ministero<br />
delle Politiche Agricole e Forestali con D.M. 90801 del 26 maggio 2004.<br />
Al progetto, coordinato dall’INEA (Carla Abitabile), partecipano le seguenti<br />
Unità O<strong>per</strong>ative:<br />
Istituto Nazionale di Economia Agraria (responsabile dr.ssa Carla Abitabile)<br />
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro<strong>ambientali</strong> della Facoltà di<br />
Agraria, Università degli studi di Bologna (responsabile prof. Alberto Vicari)<br />
Dipartimento di Neuroscienze della Facoltà di Medicina e Chirurgia,<br />
Università di Roma “Tor Vergata” (responsabile prof. Antonino De Lorenzo)<br />
Dipartimento territorio e sistemi <strong>agro</strong>forestali - sezione di economia e politica<br />
agraria - Facoltà di Agraria, Università di Padova (responsabile prof. Vasco<br />
Boatto)<br />
AGER s.r.l., Società di ricerca e consulenza della Coldiretti (responsabile<br />
dott. Fabio Ciannavei)<br />
Principali prodotti editoriali SABIO ad oggi:<br />
Berardini L., Ciannavei F., Marino D., Spagnolo F., 2006. Lo scenario<br />
dell’agricoltura <strong>biologica</strong> in Italia, Working Pa<strong>per</strong> SABIO n. 1, Roma<br />
Carillo, F. (a cura di), 2008. Le politiche <strong>per</strong> lo sviluppo dell’agricoltura<br />
<strong>biologica</strong>: evoluzione ed impatti, Working Pa<strong>per</strong> SABIO n. 4, Roma, in corso<br />
di stampa<br />
De Lorenzo A., Di Renzo L., 2006. Nutrire <strong>per</strong> prevenire: quali nuovi<br />
<strong>indicatori</strong> di rischio nutrizionale?, Working Pa<strong>per</strong> SABIO n. 2, Roma<br />
Doria P., Valli C. (a cura di), 2008. La produzione agricola tra biologico e<br />
convenzionale, Working Pa<strong>per</strong> SABIO n. 5, Roma, in corso di stampa<br />
Progetto grafico: Bendetto Venuto, INEA<br />
2
RINGRAZIAMENTI<br />
I ringraziamenti <strong>per</strong> la collaborazione al lavoro vanno in primo luogo<br />
all’INEA nella sua disponibilità e <strong>per</strong> l’efficace attività di coordinamento<br />
nelle <strong>per</strong>sone della Dott.ssa Carla Abitabile, Dott.ssa Paola Doria, Dott.ssa<br />
Carlotta Valli, Dott. Alfonso Scardera e ai collaboratori esterni nelle <strong>per</strong>sone<br />
del Dott. Giulio Lazzerini e Prof.ssa Concetta Vazzana.<br />
Un ringraziamento particolare va ai collaboratori più diretti e in<br />
particolare al Dott. Marco Vignudelli, Dott.ssa Giulia Gualandri, Dott.ssa<br />
Mireia Ibanez, il Dott. Filippo Piatesi ed il Dott. Gianfranco Fuzzi.<br />
Si ringraziano le aziende che si sono prestate ai rilevamenti diretti e<br />
allo sviluppo del questionario nelle <strong>per</strong>sone di Stefano Vecchi, Dott.Luca<br />
Rapparini, Arcangelo Bondi e Corrado Arienti.<br />
Si ringraziano infine coloro che si sono occupati del rilievo dei dati<br />
tramite questionari, l’Ager nelle <strong>per</strong>sone del Dr. Fabio Ciannavei, Dr.ssa<br />
Lucilla Berardini e tutti i tecnici e le aziende coinvolte.<br />
3
Indice<br />
Introduzione 7<br />
CAPITOLO 1<br />
VALUTARE I SISTEMI AGRO-AMBIENTALI<br />
1.1. Introduzione 9<br />
1.2. Agro-ecosistemi 10<br />
1.3. Indicatori <strong>agro</strong>-<strong>ambientali</strong> 23<br />
CAPITOLO 2<br />
CONFRONTARE BIOLOGICO E CONVENZIONALE<br />
2.1. Introduzione 33<br />
2.2. Indicatori <strong>per</strong> comparti 34<br />
2.3. Indicatori nello schema DPSIR 44<br />
CAPITOLO 3<br />
MATERIALI E METODI<br />
3.1. Le aziende analizzate 51<br />
3.2. Metodi di rilievo utilizzati 54<br />
3.3. Campionamenti e Analisi 57<br />
3.4. I sopralluoghi 60<br />
3.5. Cartografia 64<br />
3.6. Questionari e Interviste 70<br />
5
CAPITOLO 4<br />
RISULTATI E DISCUSSIONE<br />
4.1. Campionamenti e Analisi 81<br />
4.2. Sopralluoghi 87<br />
4.3. Cartografia 89<br />
4.4. Questionari e Interviste 99<br />
4.5. Considerazioni sui risultati ottenuti 106<br />
Conclusioni 111<br />
Appendice A 115<br />
Appendice B 119<br />
Bibliografia 123<br />
6
INTRODUZIONE<br />
Il progetto SABIO è volto alla valutazione della Agricoltura Biologica<br />
ed in particolare alla possibilità di definire degli strumenti di comparazione<br />
con l’agricoltura tradizionale.<br />
In questo lavoro si affronta la problematica dal punto di vista <strong>agro</strong>ambientale,<br />
con l’obiettivo di definire un metodo di analisi e di metterlo alla<br />
prova su una serie di casi concreti. La strada che si è scelto di intraprendere è<br />
quella degli <strong>indicatori</strong>, assai battuta in letteratura, ma ancora priva di uno<br />
schema investigativo univoco.<br />
Questo studio ha cercato in primo luogo di mettere in luce aspetti non<br />
di poco conto quali la complessità metodologica insita nella identificazione<br />
degli <strong>indicatori</strong> e nel loro utilizzo o<strong>per</strong>ativo, aspetti legati alla struttura del<br />
sistema da valutare e dei processi coinvolti, alla cui descrizione e differenze<br />
sono legati gli obiettivi ultimi dell’indagine.<br />
Nel primo capitolo si introduce brevemente il lettore al concetto di<br />
sistema produttivo, passando in rassegna dagli elementi di base alle<br />
peculiarità dei principali approcci <strong>agro</strong>nomici. Viene quindi introdotto il<br />
concetto di indicatore e passate in rassegna le categorie di <strong>indicatori</strong> utilizzati<br />
<strong>per</strong> la valutazione di sistemi <strong>agro</strong>-<strong>ambientali</strong>.<br />
Nel secondo capitolo si descrive il processo che porta alla sintesi del<br />
sistema di <strong>indicatori</strong> utilizzati in questo studio.<br />
Nel terzo capitolo si definiscono le metodiche di valutazione in<br />
relazione alle diverse tipologie di rilievo considerate. Si descrive infine lo<br />
schema dei rilievi effettuati.<br />
Nel quarto capitolo si riportano infine i risultati ottenuti, discutendo gli<br />
stessi e traendo le conclusioni finali.<br />
Si fa presente che tutti i valori delle variabili sono riportati in formato<br />
numerico internazionale, facendo cioè uso del punto anziché della virgola<br />
come separatore decimale.<br />
7
CAPITOLO 1<br />
VALUTARE I SISTEMI AGRO-AMBIENTALI<br />
1.1. Introduzione<br />
La valutazione di un sistema è una pratica fondamentale in tutte le<br />
attività decisionali. Poiché valutare è spesso sinonimo di misurare, diventa<br />
fondamentale scegliere il giusto strumento di misura. Per questo motivo si<br />
rende necessario in prima istanza lo svolgimento di una analisi della struttura<br />
del sistema, delle sue funzioni e dei processi coinvolti.<br />
Quando si osserva un sistema si fa tipicamente uso di uno schema<br />
concettuale che individua i lineamenti essenziali trascurando quegli aspetti<br />
strutturali che non risultano utili agli scopi dell’analisi. Inizialmente si ha la<br />
tendenza a descriverlo in modo statico, delineando così solamente lo stato in<br />
cui esso si trova come in una descrizione fotografica, geografica o anatomica,<br />
che induce a soffermarsi sui dettagli piuttosto che sui cambiamenti. In molti<br />
casi tale descrizione non è <strong>per</strong>ò sufficiente, e dobbiamo analizzare il sistema<br />
con un approccio fisico, delineando i processi in termini di flussi di energia,<br />
materia o informazione in entrata o uscita, descrivendone il comportamento,<br />
ad esempio attraverso l’introduzione di modelli dinamici.<br />
Ma la struttura di un sistema si evidenzia anche attraverso aspetti che<br />
ne determinano complessità di ordine su<strong>per</strong>iore, quali la scala: al crescere<br />
della scala di osservazione è noto che sistemi complessi mostrino nuove<br />
proprietà emergenti, non deducibili dal comportamento delle singole parti.<br />
Il paesaggio può essere interpretato proprio come una proprietà<br />
emergente: il sistema che ne è alla base è dato da un comprensorio o da una<br />
porzione di territorio talvolta assai esteso, ma ciò che determina il paesaggio<br />
sono l’uso e la co<strong>per</strong>tura del suolo con tutta la dinamicità a loro legata, il tutto<br />
a dare una risultante che <strong>per</strong> l’uomo ha un importante significato estetico.<br />
Ma la scala si manifesta anche attraverso una struttura inclusivogerarchica;<br />
è il caso dell’azienda che vede al suo interno appezzamenti ed<br />
elementi idrografici quali invasi, scoline e canali, che fanno parte, a loro<br />
volta, del reticolo idrografico aziendale. Osservare variabili a livello di<br />
9
singolo appezzamento non significa solo scendere di scala rispetto alle<br />
osservazioni a scala aziendale, ma anche osservare sottosistemi, ovvero parti<br />
dell’azienda, con una loro individuale complessità. Altri esempi di relazioni<br />
gerarchiche sono il comprensorio, che è costituito tanto da aziende quanto da<br />
altre strutture territoriali, o il bacino idrografico di cui la rete di scolo<br />
aziendale è senz’altro parte.<br />
La scala ha assunto un rilievo fondamentale anche dal punto di vista<br />
o<strong>per</strong>ativo; in Vidal et al. (2001) è descritto lo standard utilizzato a livello<br />
europeo di nomenclatura (NUTS - Nomenclature des Unités Territoriales<br />
Statisistiques) utilizzato <strong>per</strong> definire le unità territoriali (associate a livelli<br />
amministrativi diversi da paese a paese) di riferimento da utilizzare <strong>per</strong><br />
ottenere una rappresentazione aggregata ed omogenea dei dati. Gran parte<br />
delle analisi seguenti hanno portato allo sviluppo di mappe di distribuzione di<br />
indici con risoluzione NUTS3, corrispondente <strong>per</strong> l’Italia all’aggregazione<br />
provinciale.<br />
In diverse applicazioni di modellistica ambientale al concetto di<br />
sistema si sostituisce quello di comparto. Noti comparti sono l’aria, l’acqua,<br />
il suolo e il biota, talvolta ulteriormente suddivisi (es. biota in comparto<br />
vegetale e animale).<br />
Il concetto di comparto va oltre quello di scala ma al contrario di ogni<br />
tipico sistema manca di confini netti e di un facile dimensionamento. Per<br />
questo la visione <strong>per</strong> comparti rientra solo in qualche approccio estremo nel<br />
paradigma sistemico classico (es. modello di fugacità di McKay).<br />
1.2. Agro-Ecosistemi<br />
Ogni ecosistema terrestre è costituito da un ambiente fisico-chimico e<br />
da un insieme di popolazioni vegetali e animali che si influenzano<br />
reciprocamente in modo dinamico. Mentre nei sistemi naturali sono le<br />
fluttuazioni <strong>ambientali</strong> esogene (meteo-climatiche) a determinare le<br />
<strong>per</strong>turbazioni, in quelli <strong>agro</strong>nomici le attività di controllo o<strong>per</strong>ate dall’uomo<br />
sono dominanti.<br />
Con <strong>agro</strong>-ecosistema si fa riferimento ad una categoria di ecosistemi<br />
caratterizzati dalla presenza di forzanti esterne, determinate dal processo<br />
produttivo agricolo, che spostano l’equilibrio naturale (preesistente e<br />
10
dinamico) su posizioni in cui l’espressione degli organismi viventi autoctoni è<br />
fortemente inibita: dove ci sarebbe stata una vegetazione spontanea, composta<br />
da una comunità di specie vegetali in equilibrio tra loro e con altri organismi,<br />
l’uomo forza la presenza il più delle volte di una monocoltura la cui<br />
espressione utile (produttività) sarà tanto maggiore quanto minori saranno le<br />
pressioni competitive e parassitarie da parte delle specie spontanee.<br />
L’<strong>agro</strong>-ecosistema rimane costantemente in competizione con le specie<br />
vegetali ed animali locali, che difficilmente vengono completamente<br />
eradicate, rimanendo latenti (es. la banca dei semi), ma che non raramente<br />
lasciano il passo alla diffusione di nuove specie infestanti derivanti dalla<br />
propagazione di specie presenti come impurità tra i semi della coltura<br />
seminata o dall’insediamento di varietà derivate dalla stessa specie coltivata<br />
in precedenza. Tali sistemi manifestano quindi in genere una diversità<br />
<strong>biologica</strong> ridotta.<br />
Gli <strong>agro</strong>-ecosistemi possono differire fortemente l’uno dall’altro in<br />
funzione del clima, del terreno e delle scelte dell’agricoltore. Molto spesso<br />
l’ecosistema agricolo può essere identificato con l’azienda agraria dove, al<br />
suo interno, si realizza il processo produttivo che si articola in più fasi ma con<br />
lo scopo finale di ottenere un prodotto richiesto dal mercato (PAU).<br />
Affinché il processo si realizzi nel migliore modo è necessario che i<br />
fabbisogni della coltura siano <strong>per</strong>fettamente soddisfatti dall’ambiente di<br />
coltivazione. Se ciò non si verifica essa subisce uno stress che porta in misura<br />
più o meno marcata alla riduzione di produzione rispetto a quella massima<br />
potenzialmente raggiungibile. Gli interventi <strong>agro</strong>nomici hanno <strong>per</strong> questo il<br />
duplice scopo di scegliere le specie in funzione dell’ambiente (o di intervenire<br />
sulle stesse in modo da migliorarne le capacità di adattamento) e di<br />
modificare, <strong>per</strong> quanto possibile, l’ambiente stesso in modo da renderlo più<br />
idoneo alla specie coltivata. Si può allora parlare di interventi <strong>agro</strong>nomici<br />
sulla coltura (es. scelta della specie e della varietà, effettuazione di una<br />
coltura specializzata o di una consociazione, lavoro di miglioramento<br />
genetico), sul terreno (es. lavorazioni, concimazioni, irrigazioni,<br />
sistemazioni), sul clima (es. apprestamenti protettivi) e sui fattori biologici<br />
(es. trattamenti antiparassitari, trattamenti diserbanti).<br />
Alcuni di questi interventi modificano direttamente la disponibilità, <strong>per</strong><br />
la coltura, di uno o più fattori della produzione, mentre altri <strong>per</strong>mettono alla<br />
coltura stessa di meglio sfruttare le risorse disponibili dall’ambiente, altri<br />
11
ancora sono il risultato di scelte dell’ordinamento produttivo. Gli effetti di tali<br />
interventi si manifestano quasi sempre in modo multi-direzionale,<br />
modificando più aspetti contemporaneamente: con una serra, ad esempio, si<br />
modifica il microclima della zona co<strong>per</strong>ta e, parallelamente, si provocano<br />
delle modifiche anche nell’attività <strong>biologica</strong> del terreno, nella disponibilità di<br />
elementi nutritivi, ecc.; con la concimazione si accresce la quantità di<br />
elementi nutritivi presenti nel terreno, ma si può influenzare anche la struttura<br />
dello stesso, l’attività micro<strong>biologica</strong> e la crescita della pianta coltivata.<br />
La storia dell’agricoltura ha visto evolvere il modo in cui l’agricoltore<br />
ha condotto il processo produttivo e l’azienda. Negli ultimi anni specialmente<br />
il modo in cui l’agricoltore si pone rispetto all’ambeite e si confronta con la<br />
società e con il mercato ha dato luogo ad una grande varietà di approcci al<br />
modo di fare agricoltura, approcci che saranno analizzati in sintesi.<br />
Agricoltura Convenzionale - Gli <strong>agro</strong>-ecosistemi associati<br />
all’agricoltura convenzionale sono basati su una gestione colturale che ha<br />
seguito il progresso tecnologico in nome della diminuzione della fatica del<br />
lavoro dei campi, dell’aumento del fabbisogno alimentare e della sicurezza<br />
del reddito: meccanizzazione, uso di fertilizzanti ed <strong>agro</strong>farmaci hanno visto<br />
un aumento vertiginoso dal secondo dopoguerra senza alcuna consapevolezza<br />
dei limiti che avrebbe potuto avere e di quanto prossimi potevano essere i<br />
problemi che potevano generarsi dalla diffusione di tali tecniche.<br />
Una delle forme di agricoltura cui tale progresso ha condotto è<br />
l’agricoltura estensiva. La disponibilità di mezzi meccanici ha <strong>per</strong>messo<br />
infatti di ridurre enormemente la manodo<strong>per</strong>a, i capitali di esercizio e di<br />
investimenti fondiari. Diffusa nelle grandi su<strong>per</strong>fici pianeggianti europee ed<br />
americane, in Italia, dopo una diffusione nella Pianura Padana, ne è stato<br />
tentata un’esportazione anche in aree con bassa potenzialità <strong>agro</strong>nomica (es.<br />
terreni collinari e di bassa montagna) con esiti spesso fallimentari, soprattutto<br />
in termini di conseguenze sulla sostenibilità delle famiglie, contribuendo al<br />
notorio spopolamento dalle campagne, cui ancora oggi si assiste. Sotto il<br />
profilo ambientale può comportare vantaggi conseguenti al ridotto impiego di<br />
mezzi chimici e svantaggi dovuti alla scarsa accuratezza delle o<strong>per</strong>azioni<br />
colturali (ad es. favorendo la <strong>per</strong>dita di suolo <strong>per</strong> erosione). Si presta <strong>per</strong> certe<br />
forme di cerealicoltura e <strong>per</strong> l’attività zootecnica im<strong>per</strong>niata sul<br />
pascolamento.<br />
12
L’agricoltura intensiva rappresenta la forma di agricoltura più evoluta<br />
sotto il profilo tecnologico e scientifico. Essa è basata sull’utilizzo ottimale<br />
degli strumenti che la scienza <strong>agro</strong>nomica mette a disposizione (macchine,<br />
concimi, diserbanti, antiparassitari, ecc.) allo scopo di mettere in atto una<br />
produzione vegetale che massimizzi la redditività aziendale. È adatta <strong>per</strong> gli<br />
ambienti con elevata vocazione <strong>agro</strong>nomica generale e/o con vocazioni<br />
colturali specifiche, e <strong>per</strong> aziende con adeguate dimensioni e organizzazione.<br />
A seconda degli indirizzi colturali la su<strong>per</strong>ficie aziendale va dai 25-30 ettari,<br />
<strong>per</strong> indirizzi colturali quali l’orticolo, il frutticolo e il viticolo (zone DOC), a<br />
2-3 volte su<strong>per</strong>iore <strong>per</strong> gli orientamenti cerealicoli, di colture industriali,<br />
foraggere e zootecnici. Le aziende con allevamenti devono quasi sempre<br />
ricorrere ampiamente al mercato <strong>per</strong> completare il loro ciclo produttivo. Esse<br />
inoltre devono soprattutto dimensionare il numero di capi allevati sulla<br />
capacità recettiva in liquami zootecnici del terreno a disposizione. In<br />
alternativa possono ricorrere a qualche sistema di trattamento e parziale<br />
depurazione dei reflui che <strong>per</strong>metta di smaltire la parte eccedente senza danno<br />
<strong>per</strong> l’ambiente e, possibilmente, con qualche vantaggio. L’agricoltura<br />
intensiva come approccio non si è dimostrata sempre vincente: dimostrazione<br />
ne è la sua evoluzione più recente, l’agricoltura di precisione, che non ha<br />
ancora dimostrato una vera convenienza economica neppure <strong>per</strong> le grandi<br />
aziende americane.<br />
Le ricerche che hanno spinto all’agricoltura intensiva hanno portato<br />
anche allo sviluppo di tecniche di classificazione <strong>agro</strong>nomica del territorio<br />
(zonazione) con l’obbiettivo di descrivere una potenzialità di utilizzazione<br />
agricola del territorio e di arrivare a definire le differenti vocazioni colturali<br />
specifiche, utilizzabili anche <strong>per</strong> o<strong>per</strong>e di pianificazione territoriale (Paolillo,<br />
1998).<br />
Un ulteriore forma di progresso dell’agricoltura può essere vista nella<br />
agricoltura bio-tecnologica, basata sulla coltivazione e più generalmente<br />
all’uso di piante transgeniche (OGM) promettendo una vera e propria svolta<br />
nel controllo dei processi produttivi. Le modificazioni apportate alle colture<br />
sono sostanzialmente finalizzate ad incrementi produttivi, resistenza alle<br />
malattie e soprattutto ad erbicidi ad ampio spettro. Ancora in studio sono<br />
invece le varietà ingegnerizzate più adattabili alla siccità e alla salinità, alla<br />
conservabilità ed alla riduzione dei tempi di maturazione.<br />
Benché gli OGM non godono di una buona reputazione agli occhi<br />
dell’opinione pubblica, alimentata da sospetti che si richiamano al principio<br />
13
di precauzione e ad una lista di effetti sulla salute ogni giorno più ricca (es.<br />
effetti depressivi sul sistema immunitario, induzione di allergie e resistenze<br />
agli antibiotici), le necessità del mercato globale sembrano riuscire ad avere<br />
la meglio. Così, a fronte di un ancora limitato numero di colture<br />
ingegnerizzate e adottate su vasta scala, sostanzialmente soia, mais, colza e<br />
cotone, la su<strong>per</strong>ficie coltivata ad OGM risulta in rapida ascesa (112 milioni di<br />
ettari nel 2007), mentre le tecniche di monitoraggio internazionale sembrano<br />
ancora largamente insufficienti.<br />
Verso la consapevolezza ambientale - La comparsa di problemi di<br />
ordine economico legati alla sovrapproduzione e l’accresciuta sensibilità<br />
verso problematiche <strong>ambientali</strong> hanno dettato un giro di boa nell’approccio<br />
<strong>agro</strong>nomico tradizionale. Le stesse ricerche che hanno portato alle tecniche<br />
adottate dall’agricoltura intensiva hanno portato infatti anche ad un<br />
incremento nella conoscenza dei processi <strong>ambientali</strong>, <strong>per</strong>mettendo di definire<br />
nuove tecniche orientate alla riduzione degli interventi di lavorazione, il<br />
miglioramento dell’efficienza delle macchine o<strong>per</strong>ative, la razionalizzazione<br />
dell’uso dei fertilizzanti, il recu<strong>per</strong>o di masse organiche di diversa origine, la<br />
lotta integrata ai parassiti e alle erbe infestanti. Tali tecniche sono in netta<br />
controtendenza rispetto all’approccio convenzionale, dimostrandosi<br />
vantaggiose anche dal punto di vista ambientale.<br />
Agricoltura Sostenibile - La parola “Sostenibile” deriva dal latino<br />
sustinere, che significa mantenere in vita nel lungo <strong>per</strong>iodo. Il concetto di<br />
sostenibilità è quindi legata al fattore tempo, e alla possibilità che, in assenza<br />
di determinate scelte tecnologiche e strutturali, la conduzione di una certa<br />
attività e il <strong>per</strong>manere di un certo scenario non possa sopravvivere in modo<br />
indefinito.<br />
La sostenibilità può essere vista come una caratteristica di un sistema,<br />
fino a divenire una grandezza derivata che riassume proprietà statiche e le<br />
dinamiche caratterizzanti lo stato di attività e/o efficienza di un certo sistema,<br />
non necessariamente di tipo produttivo e quasi mai chiuso (es. azienda,<br />
associazione, amministrazione, sistema monetario).<br />
Tale grandezza potrà indicare di volta in volta un generico grado di<br />
sostenibilità del sistema o una grandezza associata alla durevolezza del<br />
sistema: nel primo caso si prescinde da aspetti temporali, mentre nel secondo<br />
la grandezza obiettivo può rappresentare proprio il tempo di vita del sistema<br />
analizzato.<br />
14
Proprio il tempo sta diventando di recente un fattore sempre meno<br />
trascurato: l’agricoltura è un’attività che, in quanto praticata da millenni, si è<br />
ritenuto essere basata su risorse rinnovabili: oggi l’intensità con cui l’uomo<br />
o<strong>per</strong>a sull’ambiente attraverso l’uso di macchine ed altri agenti tecnologici<br />
ha fatto capire che lo stesso terreno appare avere una durata limitata, a causa,<br />
ad esempio, dell’amplificazione di processi quali quello erosivo.<br />
La sostenibilità è associata in sintesi ad una assai ampia gamma di<br />
problematiche, tanto da spaziare dalla politica ed aspetti sociali, filosofici fino<br />
a quelli più scientificamente trattabili quali quelli energetici.<br />
Ikerd (1994) definisce l’agricoltura sostenibile come quell’agricoltura<br />
che abbia la capacità di mantenere produttività e utilità <strong>per</strong> la società sul<br />
lungo <strong>per</strong>iodo, che conservi le risorse, che sia economicamente<br />
autosufficiente, compatibile con l’ambiente, d’appoggio <strong>per</strong> la società e<br />
competitiva nel mercato.<br />
Sebbene la definizione sia, come la precedente, priva di quel dettaglio<br />
sufficiente a definire in modo univoco una tecnica <strong>per</strong> la sua misurazione, è<br />
possibile comunque specificare sotto quale aspetto si parla di sostenibilità, es.<br />
Sostenibilità Ambientale o Sostenibilità Economica. A tutt’oggi ciò che si è<br />
verificato è che solo con un’analisi retrospettiva è possibile valutare l’effetto<br />
delle pratiche agricole sulla sostenibilità.<br />
L’obiettivo di un’agricoltura sostenibile ha contribuito in modo<br />
rilevante allo sviluppo di approcci alternativi come la lotta integrata e<br />
l’agricoltura a basso input. Alla sostenibilità va quindi ascritto gran parte<br />
dell’interesse verso l’agricoltura <strong>biologica</strong>.<br />
La relazione tra agricoltura <strong>biologica</strong> e sostenibile resta tuttavia ancora<br />
da definire: <strong>per</strong> alcuni autori i due termini sono sinonimi, <strong>per</strong> altri considerarli<br />
la stessa cosa è fuorviante. Secondo Lampkin (2002), ad esempio, il sistema<br />
di produzione sostenibile costituisce il cuore dell’agricoltura <strong>biologica</strong>.<br />
Altri studiosi invece hanno spiegato già da tempo come un sistema non<br />
abbia bisogno di essere moderno, industrializzato e di usare sostanze<br />
chimiche di sintesi <strong>per</strong> essere comunque lontano dalla sostenibilità: Carter e<br />
Dale (1974) in un’analisi storica dei sistemi agricoli hanno mostrato come la<br />
fertilità di grandi aree nel bacino del mediterraneo sia stata profondamente<br />
intaccata da pratiche di agricoltura low input senza uso di prodotti chimici,<br />
15
pratiche vicine all’agricoltura <strong>biologica</strong> in termini di input, ma egualmente<br />
non sostenibili.<br />
Focalizzarsi solo su particolari input o strumenti <strong>per</strong> identificare<br />
sistemi di agricoltura sostenibile non è quindi sufficiente.<br />
Il termine sostenibile deve essere usato nel suo senso più ampio ed<br />
includere non solo l’uso e la conservazione di risorse non rinnovabili, ma<br />
anche questioni di sostenibilità ambientale, economica e sociale.<br />
Sono nati approcci alla conduzione aziendale quali l’agricoltura<br />
integrata o sostenibile attraverso le quali l’agricoltura inizia a considerare<br />
tecniche produttive rispettose dell’ambiente. L’approccio entra ufficialmente<br />
in Italia attraverso la pubblicazione del Codice di Buona Pratica Agricola<br />
(AAVV, 1991) oggi adottato a livello amministrativo.<br />
Tali varianti ben si adattano ad areali in cui assumono importanza<br />
particolare gli aspetti qualitativi delle produzioni (es. melo, vite, olivo),<br />
nonché zone sensibili in quanto sottoposte a vincoli paesaggistici, parchi<br />
naturali e in generale, laddove l’attività agricola è più costosa e<br />
intrinsecamente meno competitiva se valutata solo con l’ottica economica<br />
consueta. La politica agricola della UE tende a favorirne la diffusione<br />
concedendo contributi all’unità di su<strong>per</strong>ficie coltivata, piuttosto che all’unità<br />
di quantità di prodotto, concedendo contributi a chi accetta di realizzarla<br />
rispettando i vincoli dei differenti disciplinari regionali e concedendo<br />
contributi alle cosiddette “fasce tampone” arboree e arbustive.<br />
I sistemi colturali con un numero di specie elevato sono relativamente<br />
complessi. In agricoltura integrata, talora le colture erbacee (almeno quattro)<br />
sono coltivate in avvicendamento a ciclo chiuso e a fasi contemporanee; il<br />
prato occupa almeno il 20% della su<strong>per</strong>ficie a seminativo e, quando non entra<br />
nell’avvicendamento, almeno una delle altre specie è una leguminosa. Le<br />
colture intercalari (anche quelle da sovescio), i vari tipi di consociazione, e<br />
colture promiscue sono adatte <strong>per</strong> questo tipo di agricoltura che privilegia le<br />
scelte che mantengono il terreno il più a lungo possibile co<strong>per</strong>to da<br />
vegetazione e conferiscono al paesaggio una piacevole e contrastata<br />
<strong>per</strong>cezione visiva.<br />
Almeno il 5% della su<strong>per</strong>ficie aziendale viene riservata a “macchie di<br />
paesaggio”, co<strong>per</strong>te da vegetazione arbustiva e/o da alberi tipici dell’ambiente<br />
16
in cui si o<strong>per</strong>a e gli interventi antropici sono limitati a qualche saltuario<br />
sfalcio dell’erba e a qualche decespugliamento <strong>per</strong> contenere la vegetazione<br />
Ai tradizionali obiettivi delle sistemazioni 1’agricoltura conservativa<br />
aggiunge anche una particolare attenzione <strong>per</strong> il rispetto delle risorse<br />
paesaggistiche e storico-culturali e <strong>per</strong> il mantenimento o la creazione di<br />
ambienti ospitali <strong>per</strong> la flora e la fauna selvatica.<br />
L’agricoltura sostenibile ricorre <strong>per</strong>ò anche a sistemazioni moderne,<br />
con ampi spazi che <strong>per</strong>mettono l’utilizzazione delle macchine.<br />
Per quanto concerne le lavorazioni, 1’agricoltura sostenibile adotta le<br />
soluzioni che minimizzano l’ossidazione della sostanza organica del terreno e<br />
i rilasci azotati nelle acque; essa inoltre privilegia gli interventi che<br />
<strong>per</strong>mettono una riduzione nell’uso dei fitofarmaci.<br />
Per questo ultimo motivo fa ampio ricorso agli interventi meccanici di<br />
sarchiatura, rincalzatura e lavorazioni leggere sulle file delle piante arboree.<br />
Le arature sono poco profonde: 20-25 cm nei terreni sciolti e <strong>per</strong> le colture<br />
autunno-primaverili, 30-35 cm negli altri casi e si ricorre frequentemente alle<br />
tecniche di minima lavorazione e semina su sodo.<br />
Per quanto riguarda la fertilizzazione, le scelte dell’agricoltura<br />
sostenibile sono mirate verso il conseguimento di un’elevata efficacia dei<br />
fertilizzanti, verso una riduzione dei rilasci <strong>ambientali</strong> e degli accumuli nel<br />
terreno, verso un riciclaggio dei liquami e dei rifiuti che non comporti<br />
problemi <strong>per</strong> la sanità dei prodotti e l’inquinamento del terreno.<br />
L’agricoltura sostenibile affronta il problema del diserbo in modo<br />
particolare, non si pone come obiettivo la completa eliminazione delle<br />
infestanti; accetta un certo grado di infestazione nel primo <strong>per</strong>iodo della<br />
coltura, tollera la nascita di semi in stagione avanzata e a una certa distanza<br />
dalle piante coltivate, sopporta una certa depressione produttiva e si accetta il<br />
principio che la su<strong>per</strong>ficie trattata con diserbanti non debba su<strong>per</strong>are, in<br />
media, il 20-30% della SAU.<br />
Per la lotta antiparassitaria, l’agricoltura sostenibile applica i moderni<br />
orientamenti fitoiatrici che accettano un “livello di soglia” dell’attacco<br />
parassitario al di sotto del quale non si fanno trattamenti, scelta dei principi<br />
attivi, delle tecniche e delle epoche di intervento in modo da danneggiare il<br />
meno possibile gli organismi utili, scelta dei principi attivi meno <strong>per</strong>icolosi<br />
<strong>per</strong> l’uomo e con elevata biodegradabilità e massima valorizzazione e<br />
17
utilizzazione dei mezzi di lotta non chimici (biologici, fisici, genetici) e messa<br />
a punto di sistemi integrati <strong>per</strong> combattere i parassiti.<br />
Oggi agricoltura sostenibile può rappresentare un obiettivo realistico<br />
<strong>per</strong> politiche agricole a scala nazionale, una soluzione <strong>per</strong> tutte quelle aziende<br />
che rimarranno a lungo lontane dalle soluzioni biologiche in senso stretto.<br />
Anche il concetto di multifunzionalità tende a dare una sorta di<br />
reinquadramento ecologico-sociale dell’attività agricola convenzionale,<br />
stabilendo che all’obiettivo tradizionale dell’agricoltura, quello della<br />
produzione da reddito, si affiancano altre attività:<br />
attività turistiche, ludiche e didattiche (agriturismi, fattorie didattiche,<br />
equitazione,..) che facilitino assieme alla fruizione di aspetti ricreativi il<br />
ripristino di condizioni naturali spontanee;<br />
salvaguardia ambientale e aspetti di sicurezza (frane, incendi);<br />
conservazione, ripristino e quindi, in certa misura, incremento della<br />
biodiversità;<br />
salvaguardia di aspetti paesaggistici.<br />
Mentre in passato tali servizi erano visti come prodotti secondari,<br />
l’agricoltura sostenibile comincia a proporre attraverso varie strategie aspetti<br />
lasciati de<strong>per</strong>ire nella memoria della cultura agraria a causa dell’avvento<br />
dell’intensivizzazione (Boller et al., 2004).<br />
Sistemi agricoli biologici - L’agricoltura <strong>biologica</strong> è il risultato dello<br />
sviluppo di diversi metodi di produzione agricola praticati, sin dall’inizio del<br />
secolo, principalmente nell’Europa settentrionale ed associati principalmente<br />
a tre correnti di pensiero:<br />
• agricoltura biodinamica, comparsa in Germania sulle ideee di Steiner,<br />
utilizza preparati particolari con funzioni più o meno specifiche di difesa,<br />
fertilizzazione, stimolazione della crescita e dello sviluppo vegetativo,<br />
basandosi su ragionamenti pressoché privi di basi scientifiche,<br />
• l’agricoltura basata su metodi organici (organic farming) nata in<br />
Inghilterra dalle tesi sviluppate da Howard nel suo testamento agricolo<br />
(Howard, 1940); le tesi valorizzano soprattutto l’importanza della sostanza<br />
organica nel terreno nel processo produttivo e nella protezione delle colture,<br />
esaltando le pratiche di compostaggio come surrogato della concimazione<br />
18
minerale; incentivate sono anche pratiche di sovescio verde <strong>per</strong> il<br />
mantenimento dell’equilibrio biologico del suolo;<br />
• l’agricoltura <strong>biologica</strong> sviluppata in Svizzera da Rusch e Müller<br />
rivolge anch’essa molta attenzione alla sostanza organica ed in particolare<br />
all’utilità delle macromolecole costituenti l’humus alla funzionalità<br />
dell’organismo vegetale, in cui un ruolo primario è anche esercitato<br />
dall’attività batterica e fungina. Il metodo è im<strong>per</strong>niato sull’uso di fertilizzanti<br />
biologici anche se ammette l’uso di prodotti, quali polvere di roccia e scorie<br />
Thomas, in sostituzione dei concimi di sintesi.<br />
Vi sono altri metodi di coltivazione in cui possiamo riconoscere molte<br />
delle idee sviluppate dalle scuole sopra discusse, quali il metodo ANOG,<br />
maggiormente rivolto alla produzione frutticola, che incentiva l’impiego di<br />
sostanza organica e concimi naturali lasciati in su<strong>per</strong>ficie senza ricorrere a<br />
lavorazioni, o il metodo Lamaire-Boucher, che invece sottolinea l’importanza<br />
di rotazioni e consociazioni, incentivando l’uso di alcuni prodotti particolari<br />
(es. ottenuti da alghe) e oligoelementi.<br />
Tutti questi movimenti sono basati sulla convinzione dell’esistenza di<br />
un profondo legame tra agricoltura e natura e sulla necessità del rispetto degli<br />
equilibri naturali rifiutandosi di vedere una tecnica produttiva orientata<br />
esclusivamente a massimizzare il profitto.<br />
Oggi l’agricoltura <strong>biologica</strong> è generalmente intesa come quel sistema<br />
di gestione dell'impresa agricola caratterizzato dall'adozione di tecniche<br />
colturali che si avvalgono delle conoscenze sulle naturali interazioni tra<br />
organismi viventi, pedoclima e azione dell'uomo, mirando a preservare gli<br />
equilibri del sistema suolo, escludendo l'impiego di prodotti chimici di sintesi<br />
e basandosi sulla coltivazione di varietà autoctone: l’agricoltura <strong>biologica</strong> è<br />
del tutto avversa all’uso di organismi geneticamente modificati.<br />
Si tratta di un sistema produttivo, spesso assai sofisticato, che mette al<br />
primo posto non la produzione fine a sé stessa (produrre il più possibile), ma<br />
la produttività nella salvaguardia della salute dell'uomo e dell'ambiente in cui<br />
vive. Secondo il Codex alimentarius (Le Guillou e Scharpé, 2000),<br />
l’agricoltura <strong>biologica</strong> è un sistema globale di produzione agricola (vegetale e<br />
animale) che privilegia le pratiche di gestione piuttosto che il ricorso a fattori<br />
di produzione di origine esterna. In sostanza, l’approccio biologico preferisce<br />
l’uso di mezzi meccanici e prodotti naturali al posto di prodotti chimici di<br />
sintesi.<br />
19
Secondo le linee direttrici del Codex, l’agricoltura <strong>biologica</strong> deve<br />
contribuire al conseguimento dei seguenti obiettivi:<br />
aumentare la diversità <strong>biologica</strong> nell’insieme del sistema;<br />
accrescere l’attività <strong>biologica</strong> dei suoli;<br />
mantenere la fertilità dei suoli a lungo termine;<br />
riciclare i rifiuti di origine vegetale e animale, al fine di restituire gli<br />
elementi nutritivi alla terra, riducendo in tal modo il più possibile<br />
l’utilizzo di risorse non rinnovabili;<br />
fare assegnamento sulle risorse rinnovabili nei sistemi agricoli<br />
organizzati localmente;<br />
promuovere la corretta utilizzazione dei suoli, delle risorse idriche e<br />
dell’atmosfera e ridurre il più possibile ogni forma di inquinamento<br />
che potrebbe derivare dalle pratiche colturali e zootecniche;<br />
manipolare i prodotti agricoli, con particolare attenzione ai metodi di<br />
trasformazione, allo scopo di mantenere l’integrità <strong>biologica</strong> e le<br />
qualità essenziali del prodotto in tutte le varie fasi;<br />
essere praticata su un’azienda agricola esistente, dopo un <strong>per</strong>iodo di<br />
conversione, la cui durata deve essere calcolata sulla base di fattori<br />
specifici del sito, quali le informazioni storiche sulla su<strong>per</strong>ficie e i tipi<br />
di coltura e di allevamento previsti.<br />
In sostanza, mentre il metodo convenzionale ha portato negli anni ad<br />
una “semplificazione” dei metodi, indubbiamente associata ad un bisogno di<br />
ridurre la ‘fatica dei campi’, il metodo biologico reintroduce pratiche che<br />
richiedono all’imprenditore agricolo una conoscenza approfondita del sistema<br />
e dei processi coinvolti.<br />
Nella pratica <strong>biologica</strong> sono centrali:<br />
uso di fertilizzanti organici ottenuti in aziende biologiche (o comunque<br />
ottenuti con tecniche eco-compatibili) e inorganici di origine naturale;<br />
ottimizzazione degli avvicendamenti allo scopo di facilitare la<br />
fissazione dell’azoto atmosferico (inserimento di leguminose),<br />
riduzione dell’ aggressività dei parassiti e contenimento delle erbe<br />
infestanti;<br />
20
interventi fitosanitari diretti (es. raccolta manuale del parassita), lotta<br />
<strong>biologica</strong>, uso di trappole, feromoni, bioinsetticidi, <strong>agro</strong>farmaci<br />
naturali;<br />
minimizzazione delle lavorazioni in modo da disturbare il meno<br />
possibile l’equilibrio microbiologico del terreno;<br />
allevamento animale a bassa intensivizzazione, con foraggi prodotti<br />
nell’azienda <strong>biologica</strong>, e farmaci di origine industriale.<br />
L’allevamento in particolare costituisce un elemento fondamentale <strong>per</strong><br />
le aziende che o<strong>per</strong>ano con metodi di produzione <strong>biologica</strong>, in quanto<br />
soddisfa il fabbisogno di materie organiche (difficilmente re<strong>per</strong>ibili) e di<br />
elementi nutritivi del terreno agricolo, contribuendo così a migliorare il suolo<br />
e a sviluppare un’agricoltura durevole, avvicinandosi al concetto di “ciclo<br />
produttivo chiuso”, che prevede la minimizzazione degli input esterni<br />
all’azienda.<br />
L’agricoltura <strong>biologica</strong> rappresenta, <strong>per</strong> molti aspetti, un ritorno<br />
all’agricoltura tradizionale del secolo diciannovesimo e della prima metà del<br />
novecento. Vuole essere una reazione alle tendenze dell’agricoltura intensiva<br />
industrializzata e trova motivazioni nelle sempre crescenti problematiche<br />
<strong>ambientali</strong> (inquinamento, paesaggio, ecc.) e dalla qualità degli alimenti (es.<br />
timori circa possibili residui tossici).<br />
In fatto di normativa, all’inizio degli anni novanta, la Comunità<br />
europea si è dotata di un quadro normativo in materia (UE, 1991), offrendo<br />
nuove possibilità di sostegno finanziario (UE, 1992) di cui l’agricoltura<br />
<strong>biologica</strong>, <strong>per</strong> le sue stesse caratteristiche, può beneficiare. Nel 2009 entrerà<br />
in vigore il nuovo regolamento (UE, 2007) già molto discusso <strong>per</strong> via<br />
dell’ammissibilità della presenza di OGM (anche se solo dello 0.9%) nei<br />
prodotti. Tale regolamento disciplina anche le tecniche di produzione<br />
individuando le basi tecnologiche nella concimazione organica (letami,<br />
sovesci o altro) e non di sintesi.<br />
In generale, il metodo biologico prevede una gestione oculata delle<br />
risorse naturali e <strong>per</strong> raggiungere lo scopo utilizza esclusivamente interventi<br />
compatibili con l’ambiente lungo tutte le fasi dalla produzione e prevede<br />
anche alcune regole <strong>per</strong> la trasformazione dei prodotti destinati ad uso<br />
alimentare.<br />
21
Queste regole privilegiano l’utilizzo di tecnologie “naturali e<br />
tradizionali”, ispirate dalla volontà di conservare le caratteristiche originarie<br />
del prodotto, nei limiti del possibile. Inoltre, la proibizione dell’utilizzo di<br />
fitofarmaci e di prodotti chimici di sintesi lungo tutta la filiera, fa sì che i<br />
prodotti ottenuti con il metodo dell’agricoltura <strong>biologica</strong> siano esenti da<br />
residui di fitofarmaci.<br />
La difesa fitosanitaria si basa sul principio della prevenzione che si<br />
traduce sostanzialmente in un uso di varietà locali e sull’ammissione di<br />
prodotti naturali.<br />
L’accessibilità dell’azienda ai benefici previsti dal regolamento<br />
comunitario relativo al biologico viene stabilita sulla base di alcuni requisiti,<br />
il primo dei quali riguarda la sua collocazione spaziale: l’azienda deve essere<br />
situata in un luogo che <strong>per</strong>mette di escludere inquinamenti riconducibili a<br />
fonti precise ed individuabili (non deve ad esempio essere situata nelle<br />
immediate prossimità di grandi vie di scorrimento, nè essere posta sottovento<br />
o a valle di discariche o di altre fonti di inquinamento della falda acquifera).<br />
Le aziende inoltre debbono evitare una contaminazione da parte di<br />
aziende confinanti condotte con metodi non biologici, contaminazioni dovute<br />
ad effetti di deriva associati ai trattamenti antiparassitari, utilizzando impianti<br />
di siepi di protezione o aree di rispetto non coltivate.<br />
Le aziende orientate al biologico devono osservare un <strong>per</strong>iodo di<br />
conversione: i prodotti ottenuti in questa fase possono essere<br />
commercializzati specificando che essi derivano da aziende in conversione.<br />
La durata del <strong>per</strong>iodo di conversione è variabile in funzione dell’intensità<br />
delle tecniche produttive precedentemente attuate, del tipo di suolo, delle sue<br />
capacità di auto-depurazione: è comunque previsto un <strong>per</strong>iodo minimo di<br />
conversione di 3 anni <strong>per</strong> le colture arboree e di minimo di due anni <strong>per</strong> le<br />
erbacee.<br />
Il problema della qualità - Negli aspetti comunicativi e nei rapporti col<br />
mercato, l’agricoltura <strong>biologica</strong> mostra talvolta aspetti contraddittori. Da<br />
dialoghi avuti direttamente con o<strong>per</strong>atori del settore emerge infatti una<br />
frangia di aziende biologiche su cui si <strong>per</strong>cepiscono convinzioni dogmatiche,<br />
mentre le aziende che si sono mosse al biologico da altre forme di conduzione<br />
tradizionale (es. integrata) sembrano motivate principalmente da<br />
opportunismo: l’adesione al biologico nasce dalla possibilità di attingere ad<br />
22
incentivi alternativi alle integrazioni tradizionali e accedere ad un mercato<br />
preferenziale.<br />
Agli agricoltori che praticano <strong>l'agricoltura</strong> <strong>biologica</strong> spettano infatti<br />
premi <strong>agro</strong>-<strong>ambientali</strong> in quanto a questo metodo di coltivazione si<br />
riconoscono effetti positivi sull'ambiente. Tali effetti sono tuttavia associati a<br />
riduzioni e discontinuità, spesso significative, delle rese: il conduttore<br />
agricolo si trova talvolta a sostenere dei costi su<strong>per</strong>iori e/o a rinunciare a dei<br />
redditi che possono essere solo parzialmente compensati dal maggior prezzo<br />
dei prodotti biologici (e <strong>per</strong> questo la società deve prevedere un pagamento<br />
<strong>per</strong> i servizi <strong>ambientali</strong> espletati dall’azienda agricola).<br />
Anche se i prodotti biologici sono tali solo se derivanti da metodi di<br />
produzione riconosciuti come tali e controllati nei presupposti di<br />
realizzazione, i controlli non sembrano ancora garantire che tutte le realtà si<br />
attengano al disciplinare imposto.<br />
A fronte di una presunta su<strong>per</strong>iorità qualitativa dei prodotti biologici<br />
rispetto a quelli dell’agricoltura convenzionale, occorre infine ricordare che i<br />
disciplinari di produzione <strong>biologica</strong> incoraggiano (o meglio <strong>per</strong>mettono) l’uso<br />
di prodotti ritenuti naturali (in quanto non di sintesi), ma che ricerche in atto<br />
hanno già dimostrato avere un certo grado di tossicità (Asinelli et al., 2005).<br />
1.3. Indicatori <strong>agro</strong>-<strong>ambientali</strong><br />
Si chiamano Indicatori tutti quegli attributi di un sistema che possono<br />
essere utilizzati in chiave valutativa nonché <strong>per</strong> o<strong>per</strong>are decisioni. Il concetto<br />
di indicatore è infatti legato all’esigenza di utilizzare grandezze oggettive <strong>per</strong><br />
scopi valutativi e decisionali, ma sono sempre contraddistinti da un contenuto<br />
soggettivo anche minimo.<br />
Gli <strong>indicatori</strong> sono detti diretti quando rappresentati da grandezze<br />
osservabili direttamente; in caso contrario si parla di <strong>indicatori</strong> indiretti,<br />
derivati, composti o sintetici.<br />
Più in particolare l’indice è un indicatore adimensionale, ottenuto<br />
facendo uso di una scala (0:10, %, gradi) espressamente coniata <strong>per</strong> facilitare<br />
il processo valutativo. L’utilizzo di <strong>indicatori</strong> ed indici determina un aumento<br />
della comprensibilità rappresentando un utile strumento in mano a <strong>per</strong>sone<br />
(decisori) con basse nozioni tecniche, ma è sempre associato ad una riduzione<br />
23
dell’informazione iniziale, nonché soggetta a rischio di generare distorsioni<br />
(Silvestri et al., 2002).<br />
Nello schema MDIAR (Barberis et al., 2001) la sequenza produttiva<br />
degli <strong>indicatori</strong> è basata su 3 passi preliminari:<br />
rilievo dei dati basati sul Monitoraggio e Controllo (MD)<br />
produzione e gestione dell’informazione (I)<br />
analisi e valutazione (A)<br />
Ad ogni passaggio corrisponde una sintesi di significati ma anche una<br />
graduale <strong>per</strong>dita di informazione.<br />
La Valutazione degli Indicatori - Poiché l’indicatore è uno strumento<br />
utilizzato <strong>per</strong> valutare e stimare un certo carattere di un sistema da analizzare,<br />
ad esso va associato una modalità di valutazione, a sua volta legata ad una<br />
tecnica di misura oppure ad una tecnica di stima solitamente detta criterio.<br />
Nel criterio è presente una componente soggettiva molto importante, che sta<br />
nella scelta e nella definizione di quella espressione che sarà utilizzata <strong>per</strong> il<br />
calcolo dell’Indicatore/Indice, relazione che riproduce l’esito di una vera<br />
misura fisica. Il criterio quindi è un tipo particolare di interfaccia, tra un<br />
sistema (fisico) ed un sistema umano (l’uomo stesso o la società) e quindi<br />
scaturisce dai valori anche di natura etica, umana, sociale e politica. Il criterio<br />
può essere associato ad una Funzione Valore (Silvestri et al., 2002), con cui<br />
gli <strong>indicatori</strong> primari (attributi) sono pesati in funzione della priorità<br />
dell’obiettivo.<br />
Sempre a fini decisionali è comune anche attribuire ad ogni indicatore<br />
un valore soglia: il confronto del valore osservato con quello di riferimento<br />
<strong>per</strong>mette così di effettuare una normalizzazione, ovvero l’uso di una scala<br />
comune anche ad indici diversi.<br />
Indicatori di sistemi - Analizzare un sistema significa osservare<br />
grandezze che ne rappresentino lo stato, oppure i cambiamenti in atto. La<br />
prima categoria fa riferimento a grandezze fisiche estive con la dimensione di<br />
lunghezze (quelle delle infrastrutture) o di su<strong>per</strong>fici quali la SAU. L’uso di<br />
<strong>indicatori</strong> fa tuttavia sempre uso di grandezze di riferimento, e <strong>per</strong> cui<br />
grandezze estensive sono ricondotte a grandezze intensive (es. lunghezza<br />
delle siepi rapportata alla su<strong>per</strong>ficie aziendale). Grandezze già tipicamente<br />
intensive sono le concentrazioni, utilizzate in modo ricorrente <strong>per</strong> esprimere<br />
24
quanto di una certa informazione, energia o sostanza è presente nell’unità di<br />
sostanza di riferimento (es. acqua).<br />
La seconda categoria di grandezze fa invece riferimento a quelle<br />
grandezze che ne descrivono il comportamento, quali il tempo, associabile a<br />
quelle grandezze ed <strong>indicatori</strong> che descrivono una durata o una vita media (es.<br />
quella di un fitofarmaco). Il tempo è utilizzato come variabile di<br />
intensivizzazione quando si rivolge l’attenzione a grandezze quali tassi, flussi,<br />
accumuli e degradi, di estrema importanza nell’analisi dei sistemi, in quanto<br />
legate agli aspetti più complessi e <strong>per</strong> questo ancora poco considerati a fini<br />
decisionali; tassi sono quello del degrado di una risorsa o quello di rinnovo<br />
della stessa. Dinamiche sono anche grandezze pure, dimensionali ma sempre<br />
con una base temporale di riferimento, quali bilanci ed efficienze riferite<br />
all’uso di materiali e sostanze, ma anche di energia, la cui quantificazione può<br />
non essere sufficiente; dobbiamo poter raffrontare il quantitativo uscente a<br />
quello entrante in modo additivo; nel caso delle efficienze si tratta invece di<br />
analizzarne il rapporto.<br />
Talvolta <strong>indicatori</strong> sono utilizzati anche <strong>per</strong> stimare mutamenti della<br />
struttura stessa del sistema (Mancinelli, 2000); instabilità, dinamicità ed<br />
efficienza possono infatti incidere sulla sua stessa conservazione e<br />
determinarne mutamenti sia in senso negativo (morte) che positivo anche<br />
radicali (metamorfosi).<br />
Il contesto <strong>agro</strong>-ambientale - Per le valutazioni di ordine ambientale è<br />
assai comune far riferimento alle osservazioni dirette compiute su corpi (es.<br />
quello idrico) e sostanze (es. terreno) il cui stato dimostri praticamente la<br />
possibilità che sia in corso un processo di cambiamento o di un evento che<br />
abbia dato luogo al verificarsi della situazione attuale. Sia nel caso dell’aria<br />
che dell’acqua le alterazioni e le ricadute hanno una durata inferiore, <strong>per</strong> cui è<br />
richiesto un monitoraggio continuato con una produzione di campioni (ed un<br />
numero di analisi) conseguentemente assai maggiore.<br />
In tale contesto gli obiettivi di riferimento sono dedotti dalle<br />
problematiche associate alle ricadute delle attività dell’uomo sull’ambiente<br />
con ri<strong>per</strong>cussioni sul piano sociale ed economico. Tali obiettivi sono sempre<br />
associati a quei caratteri del sistema su cui si intende intervenire. Per quanto<br />
riguarda il comparto agricolo, ai ‘vecchi’ criteri <strong>agro</strong>-economici orientati alla<br />
massimizzazione della PAU e del PLV, se ne sono affiancati altri, più<br />
complessi, a causa dell’accresciuta attenzione dell’opinione pubblica nei<br />
25
confronti delle risorse e delle interazioni tra attività dell’uomo in generale e<br />
l’ambiente, un bene appartenente a tutti, legati al concetto di esternalità.<br />
Le esternalità sono rappresentate da quei fattori esterni al mercato e<br />
quindi senza diretti effetti sull’economia, quali appunto gli effetti<br />
sull’ambiente o su proprietà del sistema (fertilità del terreno) senza una<br />
ricaduta sull’attività nel breve <strong>per</strong>iodo. Le esternalità aggiungono nuovi<br />
vincoli nell’ottimizzazione aziendale, rappresentando la ricaduta sulle logiche<br />
economiche di quella presa di coscienza dell’effetto delle attività dell’uomo<br />
su risorse che appartengono alla comunità e sulle quali la stessa ha iniziato ad<br />
esercitare un controllo.<br />
Indicatori e scala - A seconda del livello di aggregazione dei dati<br />
l’indicatore che ne deriva avrà una valenza diversificata. Esempio ne sono gli<br />
Indicatori utilizzati da Bockstaller e Giradin (2003) sulla scala territoriale<br />
quali quello di Diversificazione Colturale (IDC) o di Succesione Colturale<br />
(ISC) che vengono riportati al territorio ma calcolati sulla singola azienda,<br />
cosa che certamente non vale <strong>per</strong> gli indici di Stabilità Colturale del Territorio<br />
(SCT) o di Diversificazione Biologica di Territorio (DBT).<br />
L’importanza della scala è ben delineata anche da Pacini (2002), che<br />
suddivide gli indici da utilizzare <strong>per</strong> la valutazione dei processi in base a tre<br />
scale: azienda, sito, appezzamento.<br />
In realtà tra azienda e appezzamento esiste un livello intermedio, che<br />
connette la scala spaziale e quella temporale, rappresentato dalla rotazione<br />
agraria, qui generalizzata nel concetto di processo composto. Il processo<br />
elementare è invece determinato dalla conduzione del singolo appezzamento<br />
(es. coltura di mais) ed è parte del processo composto (es. rotazione<br />
quinquennale).<br />
Il processo composto può in realtà essere rappresentato tanto da<br />
rotazioni quanto da consociazioni ed ha la peculiarità di poter impegnare tali<br />
appezzamenti <strong>per</strong> più anni. Analizzare i dati di processo a tutte queste scale<br />
(spaziale e temporale) è importante in quanto l’analisi alla sola scala<br />
aziendale può portare a fenomeni di compensazione che tendono a falsare le<br />
informazioni: ad esempio la produzione di una parcella può essere elevata,<br />
ma mascherata dalla produttività media aziendale (Silvestri et al., 2002).<br />
Criteri di scelta degli <strong>indicatori</strong> - La scelta degli <strong>indicatori</strong> adatti ad<br />
un determinato obiettivo segue <strong>per</strong> primo un criterio di ammissibilità, in cui<br />
26
la scelta è funzione proprio dell’obiettivo da <strong>per</strong>seguire, e di accettabilità,<br />
subordinata, secondo Malczewsky (1999) a requisiti di comprensibilità<br />
(l’indicatore deve essere ben chiaro e specificare la misura del<br />
raggiungimento dell’obiettivo a cui è associato) e misurabilità (l’indicatore<br />
assegna ad esso un valore numerico associato ad un livello di importanza utile<br />
al Decision Maker).<br />
Un insieme di <strong>indicatori</strong> che si possa considerare valido deve inoltre<br />
risultare:<br />
completo - l’insieme degli <strong>indicatori</strong> deve coprire tutti gli aspetti<br />
rilevanti al problema oggetto della decisione ed indicare la misura del<br />
raggiungimento dell’obiettivo generale;<br />
o<strong>per</strong>ativo - possibilità di utilizzo proficuo nell’ambito del processo<br />
decisivo;<br />
decomponibile - possibilità di disaggregare il processo decisionale in<br />
parti disgiunte di piccola dimensione;<br />
non-ridondante - gli attributi dovrebbero essere definiti in maniera<br />
tale da non essere valutati più volte nel processo decisionale;<br />
minimale - deve essere impossibile definire un insieme di<br />
attributi/<strong>indicatori</strong> ridotto in grado di rappresentare lo stesso<br />
problema decisionale.<br />
Inclusione - Possibili criteri di inclusione sono stati forniti dalla stessa<br />
UE (2001) e da Nappi (2000). Tra questi ricordiamo:<br />
re<strong>per</strong>ibilità delle informazioni – si ha certezza sulla disponibilità a<br />
breve termine delle informazioni;<br />
esistenza di una metodologia di rilievo delle informazioni;<br />
costi di produzione della tecnologia <strong>per</strong> l’uso delle informazioni;<br />
informazioni disponibili - gli <strong>indicatori</strong> sono scelti in base alle<br />
informazioni disponibili sul sistema analizzato;<br />
esistenza di procedure di aggiornamento e facilità di aggiornamento;<br />
attinenza alle politiche - essere im<strong>per</strong>niati sulle problematiche<br />
<strong>ambientali</strong>;<br />
chiave (di rilevanza nazionale) e attinenza.<br />
27
Selezione - Possibili criteri in base ai quali determinare priorità sono:<br />
essere già riferiti in normative esistenti;<br />
rilevanza <strong>per</strong> le politiche - essere im<strong>per</strong>niati sulle problematiche<br />
<strong>ambientali</strong>;<br />
chiave di rilevanza nazionale e attinenza;<br />
sensibilità - ai piccoli cambiamenti di ordine ambientale, sociale ed<br />
economico;<br />
reattività - cambiare con sufficiente rapidità in risposta all'azione;<br />
solidità analitica - essere fondati su solide basi scientifiche;<br />
misurabilità - essere fattibili in termini di disponibilità attuale o futura<br />
di dati;<br />
facilità d'interpretazione - trasmettere informazioni essenziali, di<br />
facile comprensione e senza ambiguità;<br />
convenienza economica - avere un costo proporzionato al valore<br />
dell'informazione ottenuta.<br />
Inquadramento di <strong>indicatori</strong> <strong>agro</strong>-<strong>ambientali</strong> in ambito economico -<br />
Gran parte dell’uso degli <strong>indicatori</strong> ha preso piede in un ambito economico<br />
negli ultimi 30 anni in quanto la accresciuta sensibilità e consapevolezza<br />
dell’opinione pubblica riguardo ai temi <strong>ambientali</strong> e di salute umana ha<br />
comportato un aumento della richiesta di informazioni in relazione alla<br />
definizione ed alla evoluzione delle politiche <strong>ambientali</strong> e dei relativi effetti<br />
sullo stato dell’ambiente, sia a livello europeo che nazionale.<br />
Gli <strong>indicatori</strong> sono utilizzati in qualità di strumenti <strong>per</strong> la<br />
regolamentazione legislativa e <strong>per</strong> aiutare nelle decisioni politiche, interfacce<br />
fondamentali ai risultati della ricerca e alla metodologia scientifica. Avendo<br />
solitamente un obiettivo possono anche essere distinti <strong>per</strong> scopo, quali<br />
informativi-descrittivi, problem-oriented, predittivi e programme evaluationoriented.<br />
Uno degli utilizzi maggiori degli <strong>indicatori</strong> riguarda processi di analisi<br />
e reporting, fondamentali <strong>per</strong> gli Indici <strong>agro</strong>-<strong>ambientali</strong>, il cui uso è<br />
individuato da una serie di attività riportate dalla stessa normativa EU (EU,<br />
2001):<br />
28
eporting <strong>agro</strong>-ambientale: contribuire a monitorare e a valutare i<br />
programmi e le politiche <strong>agro</strong><strong>ambientali</strong>;<br />
fornire informazioni contestuali sullo sviluppo rurale in generale;<br />
individuare le problematiche <strong>ambientali</strong> in correlazione con<br />
<strong>l'agricoltura</strong> europea;<br />
contribuire a rendere più mirati i programmi incentrati su temi <strong>agro</strong><strong>ambientali</strong>;<br />
comprendere le relazioni tra le pratiche agricole e l'ambiente.<br />
Il reporting rappresenta l’attività su cui maggiormente si sono spese<br />
forze <strong>per</strong> l’individuazione di <strong>indicatori</strong>. Esso è dato da quel complesso di<br />
attività di analisi e sintesi volte alla produzione di reports, tipicamente svolto<br />
da o <strong>per</strong> conto di organismi governativi allo scopo di fornire informazioni<br />
sullo stato di un sistema.<br />
Il reporting ambientale è normalmente orientato alla valutazione<br />
sull’attuazione di provvedimenti a favore dell’ambiente, spesso preliminari<br />
alla modifica delle normative esistenti. Esso si può far risalire agli inizi degli<br />
anni ottanta, quando i governi di molti paesi nord-occidentali avvertirono<br />
l’esigenza di migliorare la capacità o<strong>per</strong>ativa rispetto a diversi ordini di<br />
questioni, quali: monitorare lo stato dell’ambiente <strong>per</strong> valutarne le<br />
modificazioni, in atto e tendenziali, stimare l’efficacia delle politiche<br />
<strong>ambientali</strong>, analizzare la gestione ambientale <strong>per</strong> un’integrazione tra ambiente<br />
ed economia (Barberis et al., 2001).<br />
Per questo motivo negli ultimi decenni gli <strong>indicatori</strong> <strong>ambientali</strong> hanno<br />
acquisito un’importanza sempre crescente, tali strumenti di valutazione hanno<br />
avuto origine in gran parte da attività di analisi e reporting.<br />
In tale ambito è stato sviluppato un sistema di <strong>indicatori</strong> basato su un<br />
inquadramento a ciclo di vita, il DPSIR (Jesinghaus, 1999, derivato dal più<br />
semplice schema PSR) che mette in relazione variabili ed azioni<br />
caratteristiche del sistema sociale/politico/attività umane con quelle<br />
dell’ambiente e delle risorse. Si tratta di uno schema in cui gli stati (States)<br />
dell’ambiente subiscono gli effetti delle pressioni (Pressures) sull’ambiente<br />
esercitate dalle forzanti (Driving forces) dovute alle attività umane. Tali stati<br />
danno luogo ad effetti con una ricaduta sull’ambiente e sulla società (Impacts)<br />
in base ai quali sono generate risposte (Responses) in termini di azioni<br />
politiche (fig. 1.3.1).<br />
29
Figura 1.3.1 - Schema DPSIR (da Nappi, 2001) con alcuni esempi relativi<br />
alle diverse voci<br />
Agricoltura<br />
Intensiva<br />
- semplificazione delle rotazioni<br />
- lavorazioni più energetiche<br />
- asportazione dei residui colturali<br />
- abbandono della concimazione<br />
organica<br />
Determinanti<br />
Pressioni<br />
Risposte<br />
Riduzione del contenuto<br />
in sostanza organica<br />
del terreno<br />
30<br />
Stato<br />
Impatti<br />
- Riduzione Fertilità<br />
- Erosione<br />
- Desertificazione<br />
Il DPSIR è uno schema che, pur se sviluppato nell’ambito dell’attività<br />
di reporting ambientale, è utile all’organizzazione e alla comprensione di<br />
informazioni da utilizzare <strong>per</strong> valutare un sistema complesso quale quello che<br />
interessa l’interazione uomo-ambiente in generale.<br />
Esso è del resto stato utilizzato in molti progetti basati su <strong>indicatori</strong><br />
dell’OCSE e dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA), volti a<br />
comprendere le relazioni tra le attività agricole ed ambiente, quali il progetto<br />
ELISA (EnvironmentaL Indicators for Sustainable Agricolture, Wascher,<br />
1999) e il progetto IRENA (Indicator Reporting on the integration of<br />
ENvironmental concerns into Agricultural policy, IRENA, 2004). In questi<br />
progetti sono stati definiti indici <strong>ambientali</strong> <strong>per</strong> l’agricoltura sostenibile<br />
attraverso una concettualizzazione delle relazioni <strong>agro</strong>-<strong>ambientali</strong>, da cui<br />
scaturirono i 35 <strong>indicatori</strong> utilizzati nelle comunicazioni UE (2000 e 2001).<br />
Lo schema DPSIR è stato utilizzato anche nel progetto PAIS (2003), mentre<br />
il progetto TEPI (Toward Environmental Pressure Indicators, TEPI, 1999) li<br />
ha utilizzati <strong>per</strong> valutare le 10 politiche <strong>ambientali</strong> del 5° programma<br />
d’Azione Ambientale dell’EU.<br />
A livello nazionale il Centro Tematico Nazionale Territorio e Suolo<br />
dell’APAT (CTN-TES già CTN SSC, Suolo e Siti Contaminati dell’ANPA),<br />
elabora nell’ambito del programma SINA una serie di <strong>indicatori</strong> (ANPA,
2001) che Nappi (2000) raggruppa in tematiche che, <strong>per</strong> le applicazioni <strong>agro</strong><strong>ambientali</strong>,<br />
risultano essere qualità dei suoli, degradazione fisica e <strong>biologica</strong><br />
del suolo, contaminazione dei suoli da fonti diffuse, contaminazione puntuale<br />
del suolo (siti contaminati).<br />
Significativamente differenti dallo schema DPSIR e importanti sono<br />
quelli su base sistemica come quello utilizzato nel progetto Vegineco<br />
(VEGetable INtegrated and ECOlogical production 1997-2001, Sukkel e<br />
Garcia Diaz, 2002) in cui gli <strong>indicatori</strong> venivano raggruppati <strong>per</strong> tematismi<br />
(themes): produzione di qualità, elementi nutritivi e ambiente, fitofarmaci e<br />
ambiente, natura e paesaggio, uso sostenibile delle risorse, continuità<br />
dell’azienda, intensità d’uso del suolo. In Silvestri (2002) il paradigma<br />
sistemico è insito nello schema (già discusso) <strong>per</strong> comparti (Aria, Acqua,<br />
Suolo, Biota edafico e Animali su<strong>per</strong>iori), classificazione che è possibile<br />
ritrovare anche in Lazzerini (2003). In Mancinelli (2000) l’approccio<br />
sistemico dimostra di essere particolarmente proficuo nella trattazione di<br />
<strong>indicatori</strong> di prestazioni <strong>agro</strong>ecologiche (IPA, espressi in termini energetici o<br />
monetari), che forniscono indicazioni sulla efficienza produttiva, sulla<br />
stabilità e sulla sostenibilità dell'<strong>agro</strong>ecosistema.<br />
31
CAPITOLO 2<br />
CONFRONTARE BIOLOGICO E CONVENZIONALE<br />
2.1 Introduzione<br />
Al fine di selezionare un insieme di <strong>indicatori</strong> utili ad una<br />
comparazione tra sistemi produttivi biologici e convenzionali in un contesto<br />
orientato a distinguere quali differenze la scelta di una politica produttiva<br />
(<strong>biologica</strong> piuttosto che convenzionale) comporti a livello aziendale e a<br />
livello di singolo processo, è chiaro che possono essere tralasciati in prima<br />
battuta i risvolti comprensoriali, regionali e globali.<br />
Caporali et al. (2003) presentano un’analisi comparativa (biologico vs.<br />
tradizionale) realizzata a scala aziendale basata su <strong>indicatori</strong> di <strong>agro</strong>biodiversità<br />
(come numero colture, dimensione degli appezzamenti, ecc.).<br />
In realtà il fatto che la comparazione tra biologico e convenzionale sia<br />
da svolgere a scala aziendale è tutt’altro che ovvio. Un primo distinguo va<br />
posto proprio a livello dichiarativo, se siano cioè aziende piuttosto che<br />
processi produttivi, ulteriormente distinguibili, come sopra indicato, in<br />
processi composti (rotazioni, successioni e consociazioni) e processi<br />
elementari, le entità da porre a confrono.<br />
Questa distinzione fa riferimento ad una prima modalità di<br />
inquadramento degli <strong>indicatori</strong>, abbinata alla scala: il processo elementare è<br />
infatti associato al singolo appezzamento sia nel caso che in esso sia condotta<br />
una coltura, sia nel <strong>per</strong>iodo che intercorre tra una coltura e la successiva, in<br />
entrambi i casi attraverso una sequenza di o<strong>per</strong>azioni colturali.<br />
La figura 2.1.1 riassume le relazioni che legano le entità distinte fino a<br />
questo momento: azienda, appezzamento, processo, o<strong>per</strong>azione colturale.<br />
33
Figura 2.1.1 - Rappresentazione delle relazioni tra le entità in gioco<br />
2.2. Indicatori <strong>per</strong> comparti<br />
Mentre l’approccio sistemico si presta bene all’individuazione di un costrutto<br />
adatto alla derivazione e al calcolo delle grandezze rappresentative di un<br />
sistema fisico, quello basato su più comparti, come accennato in precedenza,<br />
è particolarmente adatto come metodo di aggregazione degli <strong>indicatori</strong> (vedi<br />
figura 2.2.1). In questo paragrafo passeremo in rassegna i principali comparti<br />
con riferimento alle grandezze e agli <strong>indicatori</strong> che li caratterizzano<br />
maggiormante.<br />
Figura 2.2.1 - Rappresentazione di alcune relazioni tra i maggiori comparti<br />
<strong>ambientali</strong>; le frecce tratteggiate indicano dipendenze secondo lo standard<br />
UML<br />
34
Il comparto aria – L’osservazione della qualità dell’aria è solitamente<br />
effettuata attraverso centraline che monitorano più o meno in continuo alcuni<br />
gas presenti nell’aria, ma solo in pochi punti. Risente quindi fortemente<br />
dell’allocazione dei punti di rilievo (Fava et al., 1997). Se essa risulta<br />
particolarmente proficua in presenza di sorgenti localizzate (puntuali o<br />
lineari), è invece problematica in presenza di derive occasionali, quali quelle<br />
associate ai trattamenti fitosanitari. Tale problematica, associata solitamente<br />
alla presenza di condizione meteorologiche sfavorevoli, è del resto trattata in<br />
termini di rischio associato ad eventi accidentali.<br />
L’inquinamento atmosferico in campo <strong>agro</strong>-ecologico riguarda<br />
solitamente più problemi associati agli spandimenti di liquame, le<br />
concimazioni ed i trattamenti, non molto preoccupanti sotto il profilo<br />
patologico, e trattato da anni con la politica dei <strong>per</strong>iodi e delle distanze dalle<br />
strutture viarie e abitative, sono marginali alla tecnica produttiva <strong>agro</strong>nomica.<br />
Anche altre problematiche affacciatisi in passato al comparto agricolo, e di<br />
<strong>per</strong> sé importanti, quali l’inquinamento da IPA (Idrocarburi Policiclici<br />
Aromatici), polveri sottili, pollini, sono (quanto meno <strong>per</strong> ora) poco legate<br />
alla tecnica <strong>agro</strong>nomica, oggetto di questo studio.<br />
Il comparto idrologico – Per quanto riguarda l’acqua occorre fare in<br />
primo luogo una distinzione tra acque su<strong>per</strong>ficiali e sotterranee. Nel caso<br />
delle prime il reticolo idrografico, attraverso l’univoca direzione di flusso,<br />
<strong>per</strong>metterebbe di riconoscere in modo abbastanza tempestivo un versamento,<br />
ma altrettanto velocemente il trasporto fa solitamente in modo che un<br />
versamento non continuativo sia mal osservabile, se non attraverso<br />
l’intervento di processi di ritenzione, in tempi diversi da quello dell’evento.<br />
Notevolmente maggiori sono i tempi <strong>per</strong> il caso delle acque di falda, ma<br />
anche più ‘irreversibili’ gli effetti e le ricadute sulla risorsa associata (fonte<br />
d’acqua potabile). Nel caso dei corsi d’acqua su<strong>per</strong>ficiale il problema del<br />
monitoraggio continuo è comune a quello dell’aria, entrambi associati ad una<br />
consistente produzione di campioni. Nel caso delle falde, oltre alla<br />
definizione della maglia dei rilievi si aggiungono la collocazione di punti di<br />
prelievo che, oltre a determinare oneri aggiuntivi, sono associati ad una<br />
problematica di scala e trasporto mal associabili alla scala aziendale.<br />
Il comparto suolo – Nonostante la evidente complessità del sistema,<br />
<strong>per</strong> quello che riguarda alcuni aspetti, il suolo sembrerebbe essere il sistema<br />
più semplice da rilevare. Esso tende infatti a conservare le sostanze che vi<br />
vengono immesse e a mostrare i primi effetti (benefici o meno) sulle<br />
35
popolazioni vegetali ed animali che ospita (vedi bio<strong>indicatori</strong>). L’effetto<br />
‘memoria’ che lo caratterizza <strong>per</strong>mette di effettuare un monitoraggio anche a<br />
lunghi intervalli temporali. Per quanto riguarda il campionamento, tuttavia,<br />
l’estensione del sistema, l’eterogeneità e la profondità rendono il compito<br />
meno semplice, anche quando aiutato dall’approccio geostatistico.<br />
Tipiche <strong>per</strong> il terreno sono le valutazioni fisiche (es. densità,<br />
granulometria, porosità, ritenzione idrica, infiltrabilità, drenabilità,<br />
lisciviabilità) ma sono senz’altro quelle chimiche su cui è da tempo<br />
focalizzata l’attenzione (acidità, salinità, concentrazione di nitrati, sostanza<br />
organica). Questo a causa del fatto che, mentre l’analisi chimica del suolo<br />
consente di valutare molte grandezze, tanto gli aspetti fisici quanto altri<br />
(microbiologici, entomologici) sono osservabili con molta difficoltà anche se<br />
da alcuni anni iniziano ad affacciarsi al panorama scientifico tecniche<br />
analitiche affidabili.<br />
Purtroppo l’attenzione sulla sola fertilità chimica del suolo sembra<br />
ormai così consolidata da far apparire quella fisica (e quindi anche idrologica)<br />
e micro<strong>biologica</strong> in secondo piano, quando invece la stessa agricoltura<br />
<strong>biologica</strong> tende a mettere in luce, anche se implicitamente, l’importanza della<br />
fertilità ‘strutturale’ del terreno (la struttura è determinata sia da aspetti fisicoidrologici<br />
che microbiologici), sia attraverso le pratiche che attraverso le<br />
politiche.<br />
La conoscenza del suolo dal punto di vista fisico è del resto ancora<br />
scarsa, soprattutto <strong>per</strong> quanto riguarda gli aspetti che riguardano più da vicino<br />
l’<strong>agro</strong>nomo, in particolare la struttura del terreno, aspetto che la fisica del<br />
terreno rappresenta ma di cui non può da sola interpretare le dinamiche.<br />
La struttura del terreno e soprattutto la sua stabilità è collegata sia alla<br />
mineralogia che alle sollecitazioni meteorologiche, oltre che alle<br />
sollecitazioni termiche ed a quelle di ordine idrologico. Ma la struttura del<br />
terreno è anche nelle mani dell’agricoltore grazie al controllo che vi esercita<br />
attraverso le o<strong>per</strong>azioni e gli interventi previsti dalle o<strong>per</strong>azioni colturali, tra<br />
cui quelle di ordine meccanico.<br />
Ed infine la struttura del terreno, proprietà qualitativa di alto pregio, è<br />
collegata a proprietà ancora più importanti di un suolo visto sempre più come<br />
risorsa, ovvero la disponibilità del terreno stesso, compromessa da attività che<br />
facilitino l’erosione.<br />
36
Nell’erosione, così come nel ruscellamento, la carenza conoscitiva del<br />
terreno come sistema fisico-idrologico si evidenzia in modo particolare, come<br />
testimoniano i numerosi tentativi di interpretare il fenomeno ricorrendo a<br />
modelli empirici.<br />
Il ruscellamento è un processo ancora assai studiato e di difficile stima.<br />
È solo attraverso la sua comprensione che è possibile eseguire un bilancio<br />
idrologico in un’area collinare. Solo da stime efficaci del ruscellamento si<br />
possono del resto seguire stime affidabili di inquinamento delle acque<br />
su<strong>per</strong>ficiali <strong>per</strong> trasporto su<strong>per</strong>ficiale, e quindi di sostanze quali il fosforo, e<br />
fitofarmaci.<br />
Circa l’erosione, sebbene diverse siano già le direttive volte ad indicare<br />
a tecnici ed agricoltori come svolgere pratiche <strong>agro</strong>nomiche in modo più<br />
conservativo allo scopo di ridurre i rischi di <strong>per</strong>dita di suolo, il recepimento<br />
ed il riscontro a livello aziendale di tali aspetti è ancora lento. Del resto,<br />
sempre in merito all’erosione, se si analizza la stessa relazione di Wischmeier<br />
e Smith (1978), ancora molto usata, il fattore inerente alle tecniche colturali e<br />
quello legato alle pratiche conservative determinano una differenza tra due<br />
possibili conduzioni <strong>agro</strong>nomiche. Tuttavia, benché suggerimenti circa le<br />
pratiche conservative da applicare in campo non manchino all’interno dei<br />
disciplinari produttivi, non sono ancora disponibili studi di settore che<br />
verifichino la reale diffusione ed efficacia di tali tecniche <strong>per</strong> un campione<br />
statisticamente rilevante di aziende biologiche.<br />
Ultimo ma non meno importante aspetto legato all’idrologia del terreno<br />
è quello riguardante la pratica irrigua, che considera a sè stante l’azienda<br />
irrigua, sia essa convenzionale che <strong>biologica</strong>. Attiene infatti a criteri di usi<br />
dell’acqua tipici della coltura e delle tecniche irrigue in uso nel<br />
comprensorio, tanto che l’adozione del regime di conduzione aziendale<br />
(biologico piuttosto che convenzionale) preclude la possibilità di o<strong>per</strong>are vere<br />
scelte a riguardo. Anche se nella sostenibilità viene preso in esame l’aspetto<br />
irriguo, come uso delle risorsa idrica, le tecniche <strong>agro</strong>nomiche obbligano<br />
l’uso di schemi con una limitata flessibilità.<br />
Nel complesso, le fenomenologie collegate al trasporto ambientale e<br />
all’idrologia sono così differenziate da non poter determinare una<br />
differenziazione tra metodo biologico e convenzionale in modo svincolato dai<br />
diversi ambienti italiani:<br />
37
uscellamento, erosione e trasporto associato si verificano<br />
principalmente in collina;<br />
il trasporto di sostanze è dipendente dalle tipologie di terreno e dalla<br />
regimazione idrologica;<br />
l’irrigazione è praticata solo su certa agricoltura e sistematicamente in<br />
determinatii areali produttivi.<br />
Per questi motivi tutti gli <strong>indicatori</strong> individuabili solo attraverso una<br />
parametrizzazione degli aspetti idrologici sono stati esclusi dalla seguente<br />
analisi.<br />
Il comparto biologico - Il comparto biologico è osservato attraverso<br />
una classe di <strong>indicatori</strong> particolari, i bio<strong>indicatori</strong>, dati da <strong>indicatori</strong> biologici<br />
direttamei e indiretti in grado di rilevare condizioni <strong>ambientali</strong> presenti o<br />
passate associate alla presenza di sostanze inquinanti in grado di determinare<br />
alterazioni morfo-funzionali. Secondo Iserentant e De Sloover (1976) con<br />
bioindicatore si intende qualunque organismo o sistema biologico usato <strong>per</strong><br />
valutare una modificazione, generalmente degenerativa, della qualità<br />
dell’ambiente, qualunque sia il suo livello di organizzazione e l’uso che se ne<br />
fa. Secondo i casi il bioindicatore sarà una comunità, un gruppo di specie con<br />
comportamento analogo (gruppo ecologico), una specie particolarmente<br />
sensibile (specie indicatrice), oppure una porzione di organismo.<br />
Data la loro capacità di accumulare e trattenere al loro interno elevate<br />
concentrazioni di inquinanti <strong>per</strong>sistenti sono oggi ampiamente usati nei saggi<br />
di biovalutazione come descrittori del degrado ambientale.<br />
La biovalutazione si basa sull'impiego di organismi viventi sensibili, in<br />
grado cioè di fungere da <strong>indicatori</strong> del degrado della qualità ambientale<br />
dovuto all'inquinamento. Attraverso questi organismi è possibile ottenere<br />
anche dati diretti, qualitativi e quantitativi, su specifici contaminanti. Essi si<br />
comportano infatti come delle vere e proprie centraline naturali di<br />
rilevamento.<br />
Nonostante l’uso crescente della biovalutazione è sempre opportuno<br />
eseguire dei confronti con dati provenienti da misure strumentali. La<br />
biovalutazione, infatti, ha una serie di svantaggi tra cui ricordiamo:<br />
è meno oggettiva rispetto alla misura strumentale;<br />
38
fornisce una risposta non selettiva essendo data dalla sinergia di più<br />
componenti <strong>ambientali</strong>; uno strumento di misura solitamente non<br />
discrimina le diverse componenti <strong>ambientali</strong>;<br />
il bioindicatore può sviluppare un buon grado di adattamento<br />
all’inquinamento o meccanismi di resistenza alle sostanze tossiche,<br />
falsando così il risultato della biovalutazione, mentre gli strumenti di<br />
misura non subiscono variazioni nelle prestazioni;<br />
La biovalutazione è tuttavia normalmente più economica del<br />
rilevamento strumentale, soprattutto in termini di spese iniziali.<br />
Pur nella loro diversità, biovalutazione e rilevazione strumentale si<br />
integrano: le indagini estensive della biovalutazione <strong>per</strong>mettono successive e<br />
mirate analisi strumentali passando da un’analisi non empirica all’oggettività.<br />
Dalla diversa natura del bioindicatore discende anche il diverso modo<br />
di definire le risposte da considerare come segnali utili <strong>per</strong> la valutazione<br />
<strong>biologica</strong>.<br />
Quando la biovalutazione è eseguita in modo ripetuto e finalizzata allo<br />
scopo di tenere sotto controllo un sistema si parla di biomonitoraggio, invece<br />
se ci si riferisce alle singole risposte fornite da organismi bio<strong>indicatori</strong>, si<br />
parla di bioindicazioni: queste costituiscono il segnale integrato di un<br />
determinato livello di contaminazione <strong>per</strong> una determinata zona. Il segnale è<br />
spesso associato ad un cambiamento della struttura o della funzione di<br />
processi biochimici cellulari indotti da un contaminante e può fornire<br />
informazioni qualitative e semiquantitative dell’entità dell’inquinamento<br />
(Colborn et al., 1993, NRC, 1989).<br />
È prassi ormai consolidata il valutare la tossicità di matrici complesse,<br />
quali quelle <strong>ambientali</strong>, mediante una serie di bio<strong>indicatori</strong>, tali da saggiare<br />
gli effetti di diversi contaminanti su differenti organismi.<br />
I requisiti di un buon bioindicatore variano a seconda della risposta<br />
fornita e dal grado di alterazione ambientale che si vuole rilevare. Quindi un<br />
buon indicatore dovrebbe possedere le seguenti caratteristiche:<br />
essere facilmente re<strong>per</strong>ibile ed individuabile;<br />
fornire indicazioni sugli effetti sinergici di miscele di sostanze e non<br />
presentare una sensibilità ristretta ad un singolo fattore inquinante;<br />
39
avere un lungo ciclo vitale, notevole resistenza agli stress <strong>ambientali</strong><br />
naturali e mostrare un accrescimento lineare e continuo.<br />
Fra gli <strong>indicatori</strong> biologici, quelli a livello subcellulare (attività<br />
cellulari specifiche) sono utili ad individuare modificazioni di processi<br />
biochimici e fisiologici provocate dall’azione diretta o indiretta della sostanza<br />
tossica, rappresentando un metodo a elevata sensibilità e precocità di<br />
situazioni incipienti di inquinamento, nonchè un dettagliato studio di quei<br />
meccanismi fisiologici che determinano una particolare sensibilità o<br />
tolleranza a inquinanti.<br />
Fra gli organismi più utilizzati negli studi di biomonitoraggio ci sono i<br />
licheni (Nimis, 1994), la cui semplicità morfo-strutturale li rende<br />
particolarmente suscettibili di accumulo diretto di molti inquinanti<br />
atmosferici difficilmente eliminabili.<br />
Fra gli organismi animali invece molto efficaci come <strong>indicatori</strong><br />
biologici vi sono le api, le quali, esplorando l'ambiente circostante l'alveare,<br />
trattengono passivamente sulla peluria le sostanze tossiche presenti nell'aria.<br />
A seconda della composizione chimica e della concentrazione degli<br />
inquinanti esse rispondono con tassi più o meno elevati di mortalità.<br />
Fra le popolazioni e le comunità comunemente usate come<br />
bio<strong>indicatori</strong>, i macroinvertebrati sono buoni <strong>indicatori</strong> della qualità dei corsi<br />
d’acqua. La quantificazione dell’inquinamento si basa su indici quali l’EBI<br />
(Extended Biotic Index), che <strong>per</strong>mette di suddividere i corsi d'acqua in<br />
diverse classi di qualità in funzione del tipo e del numero di taxa presenti.<br />
Anche i vegetali possono essere utilizzati come <strong>indicatori</strong> sia come<br />
specie singole che come aggregazione, in quanto in grado di evidenziare<br />
quelle condizioni <strong>ambientali</strong> che limitano lo sviluppo delle diverse tipologie<br />
vegetali (vedi anche biodiversità).<br />
Il suolo come entità vivente - Il suolo è in grado di respirare, di<br />
assimilare elementi utili quali il carbonio e l’azoto, di degradare e<br />
mineralizzare i composti organici, di accumulare sostanze di riserva sotto<br />
forma di humus. Tutte queste funzioni sono da attribuire agli organismi che<br />
con il loro metabolismo sono parte integrante nei processi di trasformazione e<br />
rigenerazione della materia organica del suolo, migliorandone la fertilità<br />
(Nappi, 2000). Qualsiasi contaminazione del suolo che inibisca o limiti<br />
40
l’attività microbica in esso presente determina un danneggiamento dell’intero<br />
ecosistema vegetazione-suolo.<br />
Il monitoraggio del suolo, rivolto alla valutazione della sua qualità è<br />
materia di grande interesse negli ultimi anni. Studi a livello mondiale hanno<br />
sancito l’importanza della biodiversità dell’ecosistema suolo e solo a metà<br />
degli anni ‘90 sono state proposte le prime caratterizzazioni dei suoli basati<br />
sul biomonitoraggio. La caratterizzazione chimica del suolo, infatti, non<br />
consente, da sola, di esprimere valutazioni relative al <strong>per</strong>icolo <strong>per</strong> gli<br />
organismi viventi; è necessario <strong>per</strong>tanto ricorrere agli strumenti biologici ed<br />
ecotossicologici <strong>per</strong> una valutazione complessiva.<br />
Il suolo, risorsa naturale non rinnovabile, è potenzialmente soggetto a<br />
fenomeni che ne degradano le proprietà (es. l’erosione, la riduzione di<br />
sostanza organica, la <strong>per</strong>dita di biodiversità, la salinizzazione), <strong>per</strong>tanto la<br />
conservazione e la corretta gestione del suolo sono vitali <strong>per</strong> assicurare uno<br />
stato di equilibrio, inteso come qualità del suolo.<br />
Questo concetto di qualità del suolo in passato è stato spesso associato<br />
alla capacità produttiva ed è stato tradizionalmente legato ad aspetti gestionali<br />
di ordine <strong>agro</strong>nomico. Attualmente la qualità del suolo viene definita come la<br />
capacità di interagire con l’ecosistema <strong>per</strong> mantenere la produttività<br />
<strong>biologica</strong>, la qualità ambientale e promuovere la salute animale e vegetale<br />
(Doran e Parkin, 1994). A tal proposito è opportuno analizzare in dettaglio<br />
quelli che sono gli <strong>indicatori</strong> propri del suolo.<br />
Bio<strong>indicatori</strong> del suolo – La componente <strong>biologica</strong> del suolo è assai<br />
sensibile ai cambiamenti che avvengono nel suolo, rispondendo con<br />
prontezza a tutti gli eventi che ne alterano l’equilibrio (Trasar-Cepeda et al.,<br />
2003) . Tra gli aspetti più studiati vi è la biomassa microbica e, in particolare,<br />
la dinamica di singole specie sensibili a <strong>per</strong>turbazioni specifiche o dell’intera<br />
comunità biotica (la stima della diversità delle specie). La biomassa<br />
microbica di un suolo è valutabile solitamente attraverso la respirazione del<br />
suolo, ossia la quantità di CO2 prodotta dalla popolazione microbica durante<br />
l’ossidazione della sostanza organica. Tale valore funge da indicatore in<br />
quanto capace di valutare le differenze o i cambiamenti della popolazione<br />
microbica come sinonimo di apporti di prodotti chimici, quali fitofarmaci e<br />
metalli pesanti.<br />
Microrganismi come bio<strong>indicatori</strong> - L’impiego dei microrganismi<br />
come bio<strong>indicatori</strong> può avvenire in due diverse ottiche:<br />
41
s<strong>per</strong>imentazione allestita appositamente <strong>per</strong> indagare l’effetto di un<br />
determinato inquinante (in laboratorio);<br />
studio di un caso sospetto: essendosi verificato un evento<br />
inquinante, si studia la microflora <strong>per</strong> indagarne le ri<strong>per</strong>cussioni (in<br />
campo).<br />
Sia nelle indagini in situ che in laboratorio possono essere seguiti<br />
approcci di tipo qualitativo o quantitativo, i primi solitamente basati su<br />
tecniche di conta microbica, mentre i secondi sull’identificazione delle specie<br />
microbiche (morfologicamente e fisiologicamente).<br />
Sostanza Organica e contenuto microbico - Con Sostanza Organica<br />
del terreno si intende un insieme molto vasto di sostanze. Esso è identificato<br />
da grandezze quali il Carbonio organico totale (TOC), determinato in<br />
laboratorio a partire da analisi distruttive. Esso quindi non discrimina la<br />
componente organica vivente rappresentata in grande misura dalla biomassa<br />
microbica. Il contenuto di Sostanza Organica è del resto tenuto in tanta<br />
considerazione dall’<strong>agro</strong>nomia classica, essendo legato all’influenza delle<br />
pratiche gestionali sulla fertilità del suolo, ma solo recentemente si è<br />
compresa l’importanza del discriminare la componente vivente in quanto è ad<br />
essa che è da attribuire l’attività di trasformazione delle sostanze organiche<br />
provenienti dai residui vegetali e animali e che determina in modo stabile la<br />
fertilità del suolo e altri parametri qualitativi (es. stabilità di struttura).<br />
Biodiversità e rilevazione floristica - Lo studio della biodiversità si<br />
concentra solitamente su su<strong>per</strong>fici definite dette habitat o ambienti, con la<br />
dimensione anche di pochi metri quadrati. Ciò che caratterizza il modo di<br />
vedere questi sistemi è un orientamento ad individuare la capacità di<br />
mantenere le proprietà qualitative in termini di:<br />
aria, acqua, suolo: qualità e quantità della risorsa/comparto che<br />
consentono di salvaguardare la salute e la capacità di lavoro<br />
dell’uomo;<br />
territorio: paesaggio inteso come uso del suolo fruibile dal punto di<br />
vista sociale;<br />
habitat: diversità delle specie vegetali ed animali che consentono al<br />
sistema di mantenersi vitale ed autonomo nel tempo.<br />
Uno dei settori in cui si è maggiormente concentrata l’analisi della<br />
biodiversità in passato riguarda la rilevazione floristica. Una delle analisi più<br />
42
estese ed articolate dal punto di vista ecologico nel fornire le informazioni<br />
circa la co<strong>per</strong>tura vegetale di uno specifico sito. Quando con bioindicatore<br />
intendiamo una classe floristica, l’identificazione è non di rado orientata a<br />
valutare aspetti legati alla biodiversità.<br />
Lo studio delle successioni seriali e delle unità di co<strong>per</strong>tura vegetale,<br />
opportunamente integrate con altre metodologie, come quella GIS, <strong>per</strong>mette<br />
di proporre soluzioni gestionali <strong>per</strong> la conservazione della biodiversità delle<br />
specie e degli ambienti e di progettare la connessione tra siti a diverso grado<br />
di naturalità <strong>per</strong> migliorare la qualità del territorio. La sua caratteristica<br />
consiste nell’uscire da un ambito qualitativo <strong>per</strong> approdare ad un’analisi<br />
quali-quantitativa che consente un confronto oggettivo tra situazioni<br />
fisionomicamente simili o diverse.<br />
Bordi e fasce vegetate - Un ulteriore modo di ottenere indicazioni sulla<br />
biodiversità, seppure ad una scala maggiore di quella vista precedentemente,<br />
è quello dell’analisi dei diversi ambienti vegetati-habitat, determinati<br />
largamente da formazioni spontanee.<br />
Tali su<strong>per</strong>fici non sempre sono inquadrate nell’ambito di suddivisioni<br />
territoriali che ne definiscono gli usi specifici <strong>per</strong> via della dimensione e della<br />
collocazione (l’essere interne ad un’area sui cui dettagli non si discrimina <strong>per</strong><br />
motivi di risoluzione e problemi di rilievo).<br />
Ciò non di meno tali su<strong>per</strong>fici hanno preso ad essere da diversi anni di<br />
interesse <strong>per</strong> l’ecologia ed individuate in tale ambito come infrastrutture<br />
ecologiche, su cui è in atto un vero e proprio processo di classificazione<br />
(Boller et al., 2004). Ecco quindi che ad una scala di paesaggio sono stati<br />
distinti:<br />
habitat <strong>per</strong>manenti (large <strong>per</strong>manent habitats) solitamente associate<br />
ad ampie su<strong>per</strong>fici in cui in qualche caso sono fatti rientrare ex-coltivi<br />
quali frutteti semi-abbandonati o prati spontanei non sfalciati (setaside,<br />
low intensity grassland, less intensive grassland, bitter<br />
meadows; rotational fallows);<br />
aree rifugio (stepping stones) determinate da su<strong>per</strong>fici limitate poste<br />
anche all’interno di coltivi dove <strong>per</strong> motivi morfologici (frana) o<br />
storici (vecchi maceri) si è sviluppata una vegetazione spontanea<br />
(woodland patch);<br />
43
strutture lineari (corridor structures). Sono determinate da bordi<br />
campo (conservation headland, wildflower strips, grassland strips,<br />
hedges).<br />
In ecologia è molto importante l’aspetto della scala, legato alla<br />
tipologia di popolazione (insetti, uccelli, ecc) in grado di fruire di tali habitat.<br />
Per questo la distinzione della scala di campo (50-100 m) da quella aziendale<br />
(100-500 m) e ancora quella di paesaggio (dai 500 m in su) a quella che<br />
<strong>per</strong>mette di delineare le massime distanze tra le formazioni vegetali in grado<br />
di determinare un network (corridoio) ecologico <strong>per</strong> determinate popolazioni.<br />
2.3. Indicatori nello schema DPSIR<br />
Se proviamo a tracciare un diagramma delle componenti coinvolte, può<br />
scaturire la rappresentazione sistemica riportata in figura 2.3.1.<br />
Figura 2.3.1 - Raffigurazione di una semplificazione del sistema aziendale<br />
che evidenzia i principali sistemi, insiemi di stati e flussi associati ad<br />
<strong>indicatori</strong><br />
44
Servendoci a questo punto della visione DPSIR, è possibile individuare<br />
le tre categorie di obiettivi seguenti.<br />
A - Questa categoria vede l’azienda come sistema chiuso e mira a<br />
valutare le interazioni col mercato (consorzi, bonifiche, ditte chimiche,<br />
produttori di mezzi e tecnologie) in termini di flussi economici e di materiali.<br />
È quindi all’ingresso (gate) dell’azienda che si cerca di identificare il livello<br />
di indipendenza dell’azienda e quello di interazione col mercato, ovvero la<br />
capacità/necessità di scambiare prodotti. L’indipendenza dal mercato può<br />
essere vista sia positivamente, come capacità di svolgere attività in modo<br />
autonomo, sia come limitazione e fragilità di fronte alla capacità di<br />
relazionarsi al mercato e ad una elasticità che possa essere richiesta da mutate<br />
condizioni politiche ed economiche.<br />
Nell’approccio DPSIR questa categoria riguarda la comprensione<br />
dell’impatto delle determinanti socio-politiche ed economiche sulle pressioni<br />
che l’uomo esercita sull’ambiente. Questa categoria include aspetti<br />
riguardanti gli utilizzi delle risorse e le efficienze d’uso delle stesse (come<br />
rapporto tra contenuto di energia e sostanze negli outputs rispetto agli inputs).<br />
Circa l’uso di prodotti, si fa riferimento al contenuto in energia<br />
primaria <strong>per</strong> unità di su<strong>per</strong>ficie agricola utilizzata: i beni più monitorati a tale<br />
uso sono dati dai combustibili (diretti), fertilizzanti, fitofarmaci (indiretti),<br />
riconducibili ai costi variabili sostenuti nell’anno dall’agricoltore e<br />
l’efficienza energetica, nella quale il consumo di energia primaria è<br />
rapportato all’equivalente energetico delle produzioni aziendali (Spugnoli et<br />
al., 1993). Essendo l’analisi rivolta allo studio di processi produttivi vegetali<br />
non è stato qui preso in considerazione il contributo della presenza degli<br />
allevamenti animali, pur considerevole in molti ambiti.<br />
Le attività che l’uomo conduce in azienda, e che la visione appena<br />
descritta riassume come flussi di gate (letteralmente al cancello dell’azienda),<br />
possono essere ulteriormente distinte in una classe che privilegia la visione<br />
produttiva (in chiave economica) e che si trova a fare i conti con<br />
problematiche a carattere ambientale, ed una più orientata alla conservazione,<br />
con riflessi sugli aspetti produttivi.<br />
45
Figura 2.3.2 - Raffigurazione dell’obiettivo A nell’ambito del ciclo DPSIR (la<br />
componente R è omessa in quanto non toccata da questa analisi)<br />
Determinanti<br />
A<br />
Pressioni<br />
46<br />
Stato<br />
Impatti<br />
B - Questa seconda categoria è rivolta alle attività agricole<br />
maggiormente conservative e legate ad aspetti di sostenibilità dell’attività<br />
agricola vista soprattutto attraverso il mantenimento di una fertilità dovuta<br />
alla capacità autorigenerante degli ambienti naturali. Nell’ambito di questa<br />
categoria sono individuate 2 sottocategorie, B1 e B2, una relativa alle ricadute<br />
delle attività produttive sulla fertilità ed una seconda associata alle ricadute<br />
della gestione <strong>agro</strong>nomica ed uso del suolo sull’ambiente circostante<br />
(biodiversità, paesaggio, territorio).<br />
B1 - Per quanto riguarda la prima, la conservazione della fertilità può<br />
essere <strong>per</strong>seguita attraverso diverse tecniche particolarmente attente al<br />
bilancio della sostanza organica (<strong>per</strong> es. attraverso l’interramento di residui<br />
colturali), ed il contenuto della sostanza organica dei suoli rappresenta<br />
un’ottima indicazione al riguardo (Haberts et al., 1991).<br />
Ma al mantenimento della fertilità possono contribuire anche un’ampia<br />
diversificazione colturale nonché la pratica di avvicendamenti di lunga durata<br />
(numero di anni di rotazione) delle colture aziendali (Vereijken, 1995),<br />
talvolta generalizzati come <strong>indicatori</strong> dell’efficienza <strong>agro</strong>-ecologica degli<br />
appezzamenti aziendali.<br />
Appartengono a questa categoria anche parametri orientati alla stima<br />
del fenomeno erosivo, conseguente alla stima del bilancio idrico su<strong>per</strong>ficiale<br />
e quindi associato alla disponibilità di informazioni fisico-idrologiche sui<br />
suoli. Allo stato attuale delle conoscenze non esiste ancora una<br />
parametrizzazione affidabile in tal senso a scala nazionale.
A contribuire al controllo del ruscellamento e dell’erosione vi è tuttavia<br />
la rete scolante su<strong>per</strong>ficiale, la cui o<strong>per</strong>a di manutenzione è considerata in<br />
termini preventivi da già esistenti regolamentazioni in materia.<br />
B2 - Per quanto riguarda invece le risultanti delle attività<br />
dell’agricoltura, col ruolo di ‘gestione <strong>agro</strong>-ambientale’ si fa spesso<br />
riferimento alla biodiversità o, quando esiste una valenza geografica, di geobiodiversità.<br />
Si tratta di <strong>indicatori</strong> che rappresentano l’effetto dell’attività di<br />
controllo o<strong>per</strong>ata dall’agricoltura sul sistema naturale: oltre a valutare la<br />
biodiversità legata alla co<strong>per</strong>tura boschiva e alla lunghezza delle infrastrutture<br />
ecologiche (siepi), si è considerata la biodiversità legata alle specie erbacee.<br />
Tale biodiversità è stata espressa con due <strong>indicatori</strong>: il numero di specie<br />
erbacee totali rilevate in azienda (Vereijken, 1995) e l’indice di diversità di<br />
Shannon delle specie erbacee (O’Neil, 1998). Per entrambi gli indici si è<br />
proceduto ad effettuare un campionamento nei diversi appezzamenti<br />
aziendali, nel <strong>per</strong>iodo aprile-maggio. Ove possibile è stato preso in esame<br />
anche la ricchezza di specie vegetali e animali (entomofauna e frequentazione<br />
di insetti e rettili).<br />
Pure ricorrente è la valutazione della qualità del paesaggio agrario in<br />
termini di su<strong>per</strong>ficie non coltivata e diversità colturale (O’Neil, 1998).<br />
Nell’approccio DPSIR questo obiettivo riguarda la comprensione<br />
dell’effetto delle pressioni dovute alle attività umane sullo stato<br />
dell’ambiente.<br />
Figura 2.3.3 - Raffigurazione degli obiettivi B1 e B2 nell’ambito del ciclo<br />
DPSIR<br />
Determinanti<br />
Pressioni<br />
B1<br />
47<br />
Stato<br />
Impatti<br />
C – Una terza categoria mira infine a valutare quegli aspetti della<br />
pratica agricola più legati all’uso di mezzi tecnici e sostanze di sintesi<br />
(nutrienti e fitofarmaci), la cui distribuzione può determinare un’alterazione
delle caratteristiche chimico-meccaniche dei suoli in prima istanza ed una<br />
successiva potenziale dis<strong>per</strong>sione nelle acque su<strong>per</strong>ficiali e di falda.<br />
Questo obiettivo è molto focalizzato sul concetto di ambiente,<br />
<strong>per</strong>cepito come un’entità esterna, che risente sia dell’azienda singola che<br />
dell’insieme delle attività agricole di un certo comprensorio, e a cui possono<br />
essere addotti prodotti nocivi, sia <strong>per</strong> via aerea che attraverso il sistema idrico<br />
su<strong>per</strong>ficiale e sottosu<strong>per</strong>ficiale. Anche <strong>per</strong> questa categoria è stata o<strong>per</strong>ata una<br />
distinzione in una sottocategoria più focalizzata sulle ricadute interne<br />
piuttosto che su quelle esterne (associate in modo palese a ciò che abbiamo<br />
chiamato esternalità).<br />
C1 - Le pratiche intensive possono determinare più facilmente<br />
sbilanciamenti delle concentrazioni degli elementi chimici della fertilità del<br />
suolo. Questi sbilanciamenti sono rilevabili in termini di salinità o eccessi di<br />
nitrati e di fosforo; la concentrazione di nitrati ad una profondità di 60 cm<br />
(Nitrogen Available Reserves - NAR) <strong>per</strong>mette di stimare il rischio di<br />
lisciviazione (Vereijken, 1995).<br />
C2 - La rete scolante costituisce un’infrastruttura che l’azienda può<br />
vedere come accessoria ma che è comunque parte integrante di strutture<br />
comprensoriali e di bacino e <strong>per</strong> questo direttamente connessa con l’ambiente.<br />
Tuttavia essa rappresenta anche un sistema che figura a valle del suolo, il<br />
quale media la fase di dis<strong>per</strong>sione attraverso i processi di ruscellamento e<br />
lisciviazione; gli <strong>indicatori</strong> solitamente presi in considerazione sono:<br />
qualità delle acque del reticolo di scolo aziendale e delle falde;<br />
stima delle <strong>per</strong>dite potenziali di prodotti <strong>per</strong> lisciviazione e <strong>per</strong><br />
ruscellamento.<br />
Per stimare i quantitativi di nutrienti (N e P) che raggiungono le acque<br />
si usa l’approccio modellistico (es. Haberts et al., 1991). Inoltre <strong>per</strong> il calcolo<br />
del ruscellamento del fosforo è stato valutato l’indice di ruscellamento<br />
potenziale del fosforo determinato con il metodo proposto dall’USDA (1994).<br />
Per valutare la <strong>per</strong>dita di fitofarmaci sono disponibili indici quali il LQ<br />
(concentrazione in acqua di falda) ed il modello EPRIP (Trevisan et al.,<br />
1999). Per valutare le relazioni tra fitofarmaci ed organismi non bersaglio è<br />
stato utilizzato l’indice di rischio complessivo <strong>per</strong> l’ambiente (ICRA)<br />
proposto dall’ANPA (Finizio, 1999).<br />
48
Nell’approccio DPSIR anche questo obiettivo riguarda la<br />
comprensione dell’effetto delle pressioni dovute alle attività umane sullo<br />
stato dell’ambiente, ma il genere di attività è abbastanza diverso adottando<br />
una politica meno minimalista in fatto d’uso delle risorse.<br />
Figura 2.3.4 - Raffigurazione degli obiettivi C1 e C2 nell’ambito del ciclo<br />
DPSIR<br />
Determinanti<br />
Pressioni<br />
C1<br />
49<br />
Stato<br />
Impatti<br />
C2<br />
In figura 2.3.5 sono riassunti i riflessi delle azioni (e relative politiche<br />
e strategie) condotte nell’ambito della stessa conduzione aziendale, mentre in<br />
tabella 2.3.1 sono riassunte le 5 categorie di obiettivi qui discusse.<br />
Figura 2.3.5 - Azioni condotte in azienda e ricadute sui diversi comparti
Tabella 2.3.1 - Associazioni tra famiglie di <strong>indicatori</strong> e categorie<br />
Categoria Descrizione Famiglie di <strong>indicatori</strong><br />
A<br />
Bilanci aziendali Efficienza d’uso delle risorse esterne<br />
Indipendenza / Autonomia<br />
B1<br />
Ricaduta delle azioni a bassa<br />
tecnologia sui fattori della<br />
produzione<br />
Stabilità della fertilità<br />
Salvaguardia delle risorse della produzione<br />
Ricaduta delle azioni a bassa Effetti delle pratiche di salvaguardia<br />
B2 tecnologia sull’ambiente<br />
territoriale<br />
Riscontri delle attività agricole sul paesaggio<br />
C1<br />
Ricaduta delle azioni ad alto<br />
contenuto tecnologico sui<br />
fattori della produzione<br />
Livelli di Input Tecnologico<br />
Carico di sostanze nei suoli<br />
C2<br />
Ricaduta delle azioni ad alto<br />
contenuto tecnologico<br />
sull’ambiente<br />
Input Ambientale<br />
Pericolo di Inquinamento delle acque<br />
In sintesi, nella struttura composita dell’azienda è possibile riconoscere<br />
ben quattro livelli informativi, ai quali corrisponde una diversa scala di<br />
osservazione:<br />
F - Azienda (Farm), solitamente intesa come corpo aziendale<br />
contiguo;<br />
P - Appezzamento (Plot), su<strong>per</strong>ficie continua su cui sono praticate le<br />
stesse attività;<br />
C - Combinazione di appezzamenti, ovvero insieme di su<strong>per</strong>fici<br />
utilizzate <strong>per</strong> il processo composto;<br />
H - Ambiente (Environment), su<strong>per</strong>ficie interna ad un appezzamento<br />
o appartenente ad un bordo o fascia vegetata.<br />
Chiaramente ogni indicatore può essere riferito ad una sola di queste<br />
quattro scale di osservazione ed assunto alla scala su<strong>per</strong>iore solo attraverso<br />
assunzioni di ‘upscaling’.<br />
50
3.1. Le aziende analizzate<br />
CAPITOLO 3<br />
MATERIALI E METODI<br />
Per la valutazione degli <strong>indicatori</strong> selezionati sono state identificate 4<br />
aziende, costituite da 2 coppie di aziende gemelle, ovvero prossime sia<br />
geograficamente che in termini di ambienti e suoli, ma diverse nella<br />
conduzione, essendo una a conduzione convenzionale e l’altra <strong>biologica</strong>. I siti<br />
su cui sono state individuate le coppie sono uno collinare ed uno di pianura,<br />
rispettivamente nei comuni di Ozzano e Bentivoglio (Provincia di Bologna).<br />
Su queste 4 aziende sono stati svolti i sopralluoghi, i campionamenti e<br />
le analisi di laboratorio nonché le elaborazioni grafiche. Per queste aziende<br />
sono stati anche sviluppati e validati i questionari che sono stati in seguito<br />
somministrati ad un campione derivato su base nazionale di 70 aziende.<br />
La selezione di queste 70 aziende è stata effettuata a partire da dati<br />
statistici su base provinciale inerenti la presenza di tipologie produttive. I<br />
dati, derivati da rilievi del 2003 (fonte Federbio), sono stati utilizzati <strong>per</strong><br />
individuare un ordine di preferenza delle province in base al numero delle<br />
aziende con una tipologia prefissata. Poiché il progetto SABIO è orientato<br />
allo studio di aziende a prevalente indirizzo vegetale, sono stati scelti i quattro<br />
indirizzi produttivi relativi: cerealicolo, orticolo, frutticolo e arboreo (vite e<br />
olivo).<br />
Nella tabella 3.1.1 sono riportate le prime 20 province <strong>per</strong> ogni<br />
indirizzo. Da questi elenchi è stata estratta successivamente una selezione che<br />
tuttavia non ha avuto l’intento di ottenere un campione a valenza statistica,<br />
ma semplicemente dotato di una eterogeneità tale da evidenziare la validità<br />
dell’approccio. È emerso infatti che il campione finale è derivato solo da 9<br />
regioni italiane.<br />
51
Figura 3.1.1 - Località in cui suono state selezionate le 4 aziende campione,<br />
tutte in provincia di Bologna; a sinistra le aziende di collina (CH, OH) nel<br />
comune di Ozzano dell’Emilia, a destra le aziende di pianura (CP, OP), nel<br />
comune di Bentivoglio. In basso due foto danno idea del tipico paesaggio<br />
osservabile nei due contesti aziendali.<br />
Anche in questo caso le aziende sono state selezionate a coppie (una<br />
<strong>biologica</strong> ed una convenzionale) prossime geo-pedologicamente e come<br />
orientamento produttivo, originando così 35 coppie di aziende riportate in<br />
tabella 3.1.2.<br />
52
Tabella 3.1.1 – Elenco delle province con il maggior numero di aziende<br />
aventi i 4 orientamenti individuati <strong>per</strong> l’analisi, ordinate <strong>per</strong> numero di<br />
aziende<br />
prov cereali prov colture prov colture prov colture<br />
arboree<br />
fruttifere<br />
orticole<br />
PV 7166 BA 3501 FC 775 PV 1116<br />
BA 5882 CS 2678 BZ 764 SR 467<br />
EN 4115 TP 2520 VR 714 FE 444<br />
VT 3775 TA 2232 BA 449 FG 443<br />
FG 3658 FI 2174 BO 387 GR 373<br />
PG 3460 FG 2163 MT 334 BA 369<br />
SI 3322 SI 1920 RA 313 VR 206<br />
SS 3096 BR 1774 TN 268 TN 190<br />
GR 2968 LE 1669 CN 261 RG 183<br />
CA 2336 PG 1606 LT 205 VT 150<br />
PZ 2281 CH 1486 PD 177 SA 143<br />
VR 1844 GR 1198 MO 156 FI 136<br />
PU 1640 CA 907 VT 144 AQ 132<br />
SR 1440 SA 885 TV 133 VE 119<br />
TA 1295 VT 870 FO 131 BS 113<br />
NU 1282 RM 739 RM 130 MT 108<br />
MT 1176 PV 730 SR 96 RE 105<br />
FE 1152 SS 638 CE 90 PD 105<br />
CT 1117 MT 628 FE 85 CS 97<br />
Tabella 3.1.2 - Elenco delle aziende e delle province selezionate <strong>per</strong> la<br />
somministrazione del questionario <strong>per</strong> orientamento produttivo (C:<br />
cerealicolo; O: orticolo; F: frutticolo; A: arboreo)<br />
Orientamenti Orientamenti<br />
Prov C O F A Prov C O F A<br />
NO 1 1 RM 1 1<br />
RA 1 VT 2 3 1<br />
TN 1 1 RI 1<br />
BZ 1 1 LT 1<br />
FE 1 TR 1<br />
MO 1 AQ 1<br />
BO 1 CT 1<br />
PU 1 1 SR 2 1 1 1<br />
PG 1 SS 1<br />
SI 1 1 CA 1<br />
53<br />
10 10 7 8
3.2. Metodi di rilievo utilizzati<br />
La valutazione degli <strong>indicatori</strong> è stata qui distinta in base alle 4<br />
tipologie di rilievo:<br />
L - Campionamenti e analisi di laboratorio (in <strong>per</strong>iodi e sui siti<br />
individuati);<br />
S - Osservazioni/sopralluoghi orientati a valutazioni quali-quantitative<br />
da parte di una o più <strong>per</strong>sone giudicate es<strong>per</strong>te (in uno o più istanti<br />
durante il <strong>per</strong>iodo di analisi e su un <strong>per</strong>corso aziendale determinato);<br />
solitamente includono rilievi geografici <strong>per</strong> l’aggiornamento di<br />
cartografia pregressa;<br />
C - Cartografia eventualmente unita ad estratti catastali, mappe, anche<br />
di tematismi particolari sviluppati su progetti di studio particolare,<br />
nonché foto aeree (ortofoto);<br />
Q - Questionari/interviste con tecnici o<strong>per</strong>anti attivamente sul territorio<br />
in quanto agenti di associazioni di categoria o di produttori, e<br />
solitamente con una conoscenza storica del panorama aziendale e delle<br />
aziende singole.<br />
Nella figura 3.2.1 sono individuate le diverse metodologie di rilievo<br />
nello schema sistemico che individua le diverse entità in gioco. In alto a<br />
sinistra è rappresentata la caratterizzazione dell’ambiente attraverso i rilievi<br />
vegetazionali associati a sopralluoghi (S), mentre al centro, sempre a sinistra<br />
è raffigurata la caratterizzazione derivante dall’analisi cartografica (C), es.<br />
reticolo idrografico, uso del suolo, pedologia e carta delle pendenze. In basso<br />
a sinistra è riportata la caratterizzazione basata su campionamenti cui fanno<br />
seguito analisi di laboratorio (L), svolte su un certo numero di punti in modo<br />
da poterle estendere all’appezzamento e quando possibile a scala di azienda.<br />
Completano il panorama le caratterizzazioni, a maggior valenza <strong>agro</strong>nomica,<br />
riguardanti i processi colturali condotti in azienda, associati ad una<br />
descrizione delle attività qui distinte negli interventi ordinari (lavorazione,<br />
semina e raccolta) ed interventi di controllo (trattamenti, concimazioni ed<br />
irrigazioni).<br />
54
Figura 3.2.1 – Schema dei sistemi in gioco e delle relazioni tra loro esistenti;<br />
i rettangoli colorati racchiudono tipologie di informazioni aventi un comune<br />
metodo di rilievo (S: sopralluoghi; C: cartografia; L: analisi di laboratorio;<br />
Q: questionari)<br />
Questi rilievi sono andati ovviamente ad arricchire e dettagliare<br />
informazioni pregresse, da cui è sempre bene partire in quanto le più<br />
economiche da ottenere, quali quaderni di campagna riguardanti la storia<br />
della gestione aziendale, incluse risistemazioni e cambi d’uso del suolo. Più<br />
raramente si sono rese disponibili analisi fisico-chimiche e biologiche dei<br />
suoli (raramente delle acque) più o meno recenti e riguardanti uno o più siti<br />
e/o corsi d’acqua aziendali.<br />
55
Nella tabella che segue la lista degli <strong>indicatori</strong> utilizzati è riassunta <strong>per</strong><br />
categorie (A, B1, B2, C1, C2) scala (F, C, P, H) e tecnica di valutazione (L,<br />
S, C, Q). La sigla utilizzata fa invece riferimento alla tipologia di grandezza<br />
fisica (T: tempo, S: spazio, L: lunghezza, I: informazione, F: flusso/tasso,<br />
Q: bilancio, C: concentrazione o numero) mentre il pedice ricorda il carattere<br />
osservato (e: energia, co: sostanza organica, c: colture, h: habitat,<br />
v: vegetazione spontanea, ve: vegetazione erbacea, s: salinità, n: azoto,<br />
p: fosforo.<br />
Tabella 3.2.1 – Indicatori valutati con riferimento alla categoria, alla scala<br />
(H. ambiente, P: processo, C. processo composto, F: Azienda) e all’origine<br />
dell’informazione (L:Analisi di Laboratorio, S: Sopralluoghi, C: Cartografia,<br />
Q: Questionario)<br />
Categoria Sigla Indicatore H P C F<br />
A IQe CONTENUTO IN ENERGIA PRIMARIA Q<br />
A IEe EFFICIENZA ENERGETICA Q<br />
B1 ICco SOSTANZA ORGANICA DEI SUOLI L<br />
B1 IFco RESPIRAZIONE MICROBICA L<br />
B1 IQco BILANCIO SOSTANZA ORGANICA<br />
Q<br />
INPUT/OUTPUT<br />
B1 ITc DURATA DELL’AVVICENDAMENTO Q<br />
B1 IIc DIVERSITÀ COLTURALE Q<br />
B1 ILh LUNGHEZZA SIEPI C<br />
B1 ILi LUNGHEZZA RETE SCOL. SUPERF.<br />
C<br />
FUNZIONANTE<br />
B2 ISh SUPERFICIE NATURALE C<br />
B2 ICh NUMERO DI AMBIENTI NATURALI C<br />
B2 IIv DIVERSITÀ SPECIE (Erbacee+Arbusti+Arboree) S<br />
B2 ICv RICCHEZZA DI SPECIE<br />
S<br />
(Erbacee+Arbusti+Arbore)<br />
B2 IIve DIVERSITÀ SPECIE ERBACEE (Lanci) S<br />
B2 ICve RICCHEZZA DI SPECIE ERBACEE (Lanci) S<br />
C1 ICs SALINITÀ L<br />
C1 ICn AZOTO TOTALE DEI SUOLI L<br />
C1 ICp FOSFORO ASSIMILABILE DEI SUOLI L<br />
C2 IQn BILANCIO AZOTO INPUT/OUTPUT Q<br />
C2 IQp BILANCIO FOSFORO INPUT/OUTPUT Q<br />
56
3.3. Campionamenti e Analisi<br />
In questa classe di metodiche sono riportati quegli <strong>indicatori</strong> derivanti<br />
da campionamenti svolti su alcuni appezzamenti selezionati all’interno delle 4<br />
aziende selezionate, come descritto in precedenza. Gli <strong>indicatori</strong> associati a<br />
questa tecnica, sintetizzati nella tabella 3.3.1, <strong>per</strong>mettono di valutare aspetti<br />
legati solo alle classi di <strong>indicatori</strong> associati alle categorie B2 e C2, ovvero alle<br />
ricadute di azioni a bassa ed alta tecnologia sull’ambiente.<br />
Tabella 3.3.1 Indicatori valutati con riferimento alla categoria, alla scala (H.<br />
ambiente, P: processo, C. processo composto, F: Azienda) e all’origine<br />
dell’informazione (L:Analisi di Laboratorio, S: Sopralluoghi, C: Cartografia,<br />
Q: Questionario)<br />
Categoria Sigla Indicatore H P C F<br />
B1 ICco SOSTANZA ORGANICA DEI SUOLI L<br />
B1 IFco RESPIRAZIONE MICROBICA L<br />
C1 ICs SALINITÀ’ L<br />
C1 ICn AZOTO TOTALE DEI SUOLI L<br />
C1 ICp FOSFORO ASSIMILABILE DEI SUOLI L<br />
Salinità dei Suoli (ICs) - Obiettivo dell’indice è quello di valutare<br />
fattori limitanti la fertilità chimica dei suoli, determinata tramite analisi<br />
chimico del terreno. La salinità C è stata misurata con il parametro<br />
Conducibilità elettrica del suolo (µS/cm 2 a 20°C), determinata tramite una o<br />
più analisi chimiche degli appezzamenti aziendali. Per ottenere il valore<br />
dell’indice di Salinità dei suoli a livello aziendale è stata eseguita la media<br />
ponderata dei valori in funzione della su<strong>per</strong>ficie agricola utilizzata (SAU) di<br />
ciascun appezzamento:<br />
ICs = C (i) [µS/cm 2 (20°C)]<br />
Azoto Totale del suolo (ICN) - Obiettivo dell’indice è quello di<br />
valutare fattori limitanti la fertilità chimica dei suoli, determinata tramite<br />
analisi chimica del terreno. Ha richiesto l’analisi dell’N totale del suolo,<br />
determinata tramite una o più analisi chimiche degli appezzamenti aziendali.<br />
57
Per ottenere il valore dell’indice di Azoto Totale dei suoli a livello<br />
aziendale si calcola la media ponderata dei valori in funzione della su<strong>per</strong>ficie<br />
agricola utilizzata (SAU) di ciascun appezzamento:<br />
ICN = Ntot (i) [ o /oo]<br />
Fosforo Assimilabile dei Suoli (ICP) - Obiettivo dell’indice è quello di<br />
valutare fattori limitanti la fertilità chimica dei suoli, determinata tramite<br />
analisi chimica del terreno. È stata effettuata l’analisi del P-assimilabile del<br />
suolo espressa in ppm, determinata tramite una o più analisi chimiche degli<br />
appezzamenti aziendali.<br />
Per ottenere il valore dell’indice di Fosforo Assimilabile dei suoli a<br />
livello aziendale è stata effettuata la media ponderata dei valori in funzione<br />
della su<strong>per</strong>ficie agricola utilizzata (SAU) di ciascun appezzamento:<br />
ICP = Pass (i) [ppm]<br />
Sostanza Organica dei Suoli (ICco) - Obiettivo dell’indice è quello di<br />
valutare fattori limitanti la fertilità chimica dei suoli, determinata tramite<br />
analisi chimica del terreno. È stata valutata a partire dal risultato dell’analisi<br />
della sostanza organica del suolo espressa in %, determinata tramite una o più<br />
analisi chimiche degli appezzamenti aziendali.<br />
Per ottenere il valore dell’indice di Sostanza organica dei suoli a livello<br />
aziendale è stata effettuata la media ponderata dei valori in funzione della<br />
su<strong>per</strong>ficie agricola utilizzata (SAU) di ciascun appezzamento:<br />
ICco = OM(i) [ o /o]<br />
Va sottolineato che esiste, <strong>per</strong> tutti gli indici sopra citati, una certa<br />
difficoltà di deteminazione dovuta alla correttezza del campionamento di<br />
terreno.<br />
La respirazione microbica del suolo (IFco) - Come indice di attività<br />
microbica, la respirazione del suolo è stata utilizzata da diversi autori<br />
(Anderson, 1982; Insam, 1990). La respirazione basale del suolo, misurata<br />
come evoluzione di CO2, rappresenta una stima del metabolismo degli<br />
58
organismi edafici; più ricca e più attiva è la comunità edafica, maggiore è<br />
l’evoluzione di CO2 dal suolo. Secondo Parker & Doxtader (1983), l’attività<br />
microbica è responsabile del 71% dell’evoluzione totale di CO2 dal suolo,<br />
altamente correlata alla stabilità della sostanza organica e fortemente<br />
influenzata dai trattamenti e dalle tecniche colturali. Frequentemente è<br />
<strong>per</strong>tanto usata <strong>per</strong> la valutazione degli effetti dell’apporto di prodotti chimici<br />
come fitofarmaci e metalli pesanti al suolo. La respirazione è <strong>per</strong>ò sensibile a<br />
numerosi fattori <strong>ambientali</strong>, tra i quali la tem<strong>per</strong>atura, l’umidità e la<br />
disponibilità di sostanza organica nel suolo (Brookes, 1995), ed infatti è un<br />
parametro ampiamente utilizzato <strong>per</strong> valutare l’influenza delle variazioni<br />
delle condizioni <strong>ambientali</strong> sui processi di ossidazione della sostanza<br />
organica (Nannipieri et al., 1990). La respirazione del suolo può essere<br />
determinata in campo ed in laboratorio. Quella misurata in campo include,<br />
oltre all’attività dei microrganismi e della pedofauna, anche quella delle radici<br />
delle piante. In laboratorio la respirazione generalmente si misura su suolo<br />
setacciato (maglie del setaccio: 2 mm).<br />
Per ogni contesto sono stati analizzati 5 campioni estratti casualmente<br />
da una matrice di 25 punti ottenuti da una parte della parcella ove era stata<br />
o<strong>per</strong>ata una riquadratura regolare di 5 m di lato (originante <strong>per</strong>ciò 25 punti di<br />
rilievo).<br />
I campioni sono stati congelati fino all’inizio delle analisi, momento in<br />
cui si è provveduto ad essiccamento all’aria, macinatura e setacciamento.<br />
Poiché ogni analisi richiede 15 gg, i campioni sono stati analizzati<br />
scaglionati, ma il basso tasso di umidità e la conservazione in sacchetti di<br />
plastica chiusi non determina un’alterazione significativa del contenuto in<br />
flora batterica.<br />
A tal fine si è proceduto con campionamenti di suolo indicativamente<br />
attorno ai 100 g evitando di campionare in situazioni <strong>ambientali</strong> estreme o<br />
comunque poco caratteristiche 1 . Il campione arrivato in laboratorio è stato<br />
setacciato, nella sua interezza, a 2 mm prima dell’analisi. In tal modo è stato<br />
eliminato il cosiddetto scheletro del suolo, poco rilevante <strong>per</strong> la presenza di<br />
microflora, e si è sfruttata l’o<strong>per</strong>azione <strong>per</strong> omogeneizzare la massa.<br />
Ai fini di una corretta valutazione delle diverse attività biologiche, è<br />
stato necessario innanzitutto effettuare un condizionamento a tem<strong>per</strong>atura<br />
1 È bene non campionare nei pochi millimetri attorno alle radici, dove esiste un<br />
ambiente particolare, la rizosfera, molto ricco di microflora specifica.<br />
59
ambiente <strong>per</strong> 2-3 giorni del campione di suolo conservato a bassa<br />
tem<strong>per</strong>atura. La respirazione di ciascun campione di terreno è stata misurata<br />
in un sistema chiuso secondo la metodica descritta da Isermeyer (1952).<br />
Repliche di 20 g ciascuna, riferiti a peso secco di ciascun campione di suolo,<br />
umidificate fino al relativo valore di ritenzione idrica ed incubate a 30°C,<br />
sono state poste in vasi di vetro della capacità di 1 litro contenenti inoltre un<br />
beaker con un’opportuna quantità di KOH 1 N. Si è posto a incubare al buio a<br />
25°C e si è titolato quindi l’eccesso di KOH, non neutralizzato dalla CO2<br />
svolta, con HCl 0,5 N al punto di viraggio della fenolftaleina e del<br />
metilarancio. L’evoluzione di CO2 è stata misurata dopo 1, 2, 4, 7, 10, 14, 17,<br />
21, e 28 giorni. I dati sono espressi in µg C-CO2 <strong>per</strong> g di peso secco e sono<br />
relativi a quattro settimane di incubazione. I valori medi ottenuti <strong>per</strong> il 28°<br />
giorno <strong>per</strong> ciascun campione sono stati utilizzati come valori di respirazione<br />
basale della biomassa. La mineralizzazione del carbonio organico è stata<br />
calcolata dai valori giornalieri di respirazione attraverso un modello<br />
esponenziale di decomposizione di primo ordine:<br />
Ct = Co ( 1 - e –kt )<br />
dove Ct è il valore cumulativo del carbonio mineralizzato nel tempo di<br />
osservazione t (d), Co il carbonio potenzialmente mineralizzabile e k è la<br />
costante cinetica.<br />
Dalla velocità di respirazione, che esprime la quantità di CO2 emessa in<br />
un tempo t, si sono ricavate le curve di respirazione che consentono di<br />
mettere in relazione la respirazione microbica alla decomposizione della<br />
sostanza organica. Tassi di respirazione elevati, che rispecchiano cinetiche di<br />
mineralizzazione della sostanza organica più accelerate, caratterizzano i siti<br />
disturbati che risultano <strong>per</strong>tanto soggetti ad una costante <strong>per</strong>dita di sostanza<br />
organica, con le relative conseguenze negative (<strong>per</strong>dita di struttura, minore<br />
ritenzione idrica, <strong>per</strong>dita di fertilità, erosione).<br />
L’indice utilizzato in questa analisi è stato definito in modo analogo<br />
alle grandezze analitiche sopra viste, come tasso di respirazione giornaliero,<br />
ottenuto in base al metodo descritto sopra:<br />
IFCo [ ppm/d ]<br />
60
3.4. I sopralluoghi<br />
I sopralluoghi utilizzati <strong>per</strong> la validazione della cartografia e dell’uso<br />
delle su<strong>per</strong>fici (destino e processi produttivi in atto) sono anche stati utilizzati<br />
<strong>per</strong> ottenere informazioni sulla biodiversità.<br />
I sopralluoghi hanno avuto anche lo scopo di validare la cartografia, e<br />
quindi di apporvi degli aggiornamenti. Le indagini orientate agli ultimi 4<br />
<strong>indicatori</strong> sono state assai esose in termini di risorse umane (oltretutto<br />
competenti) e tempo richiesto; il tempo è dipeso inoltre, oltre che dalla<br />
su<strong>per</strong>ficie e dal tempo <strong>per</strong> raggiungerla, dalla complessità del paesaggio e<br />
dall’accessibilità dello stesso (es. zone naturali im<strong>per</strong>vie). Segue una<br />
descrizione degli <strong>indicatori</strong> selezionati, riassunti in tabella 3.4.1.<br />
Tabella 3.4.1 - Indicatori valutati con riferimento alla categoria, alla scala<br />
(H. ambiente, P: processo, C. processo composto, F: Azienda) e all’origine<br />
dell’informazione (L:Analisi di Laboratorio, S: Sopralluoghi, C: Cartografia,<br />
Q: Questionario)<br />
Categoria Sigla Indicatore H P C F<br />
B2 IIv DIVERSITA’ SPECIE<br />
(Erbacee+Arbusti+Arboree)<br />
S<br />
B2 ICv RICCHEZZA DI SPECIE<br />
(Erbacee+Arbusti+Arboree)<br />
S<br />
B2 IIve DIVERSITA’ SPECIE ERBACEE (Lanci) S<br />
B2 ICve RICCHEZZA DI SPECIE ERBACEE (Lanci) S<br />
Ricchezza di Specie Erbacee (ICve) - Obiettivo dell’indice è stato<br />
quello di valutare la biodiversità delle specie erbacee spontanee (infestanti)<br />
nelle parcelle coltivate, attraverso il computo del totale delle specie rilevate:<br />
ICve = nve [ ha -1 ]<br />
Il campionamento sia a livello di appezzamento che di infrastrutture<br />
ecologiche è stato effettuato eseguendo una serie di lanci in un unico<br />
momento nel <strong>per</strong>iodo aprile–giugno (in numero minimo di 8 <strong>per</strong> ciascun<br />
rilievo floristico), secondo il metodo proposto da Vazzana e Raso (1997).<br />
Diversità Specie Erbacee (IIve) - Obiettivo dell’indice è quello di<br />
valutare la biodiversità delle specie erbacee spontanee (infestanti). Il calcolo è<br />
stato fatto con il numero di individui <strong>per</strong> specie con l’indice di diversità<br />
Shannon. Il campionamento sia a livello di appezzamento che di infrastrutture<br />
61
ecologiche è stato effettuato eseguendo una serie di lanci in un unico<br />
momento nel <strong>per</strong>iodo aprile - giugno (in numero minimo di 8 <strong>per</strong> ciascun<br />
rilievo floristico), secondo il metodo proposto da Vazzana e Raso (1997).<br />
IIve = - ∑ (Ps * log Ps) [-]<br />
dove Ps = presenza di ogni specie sul totale (%).<br />
La sommatoria è estesa al n° tipi di specie rilevate.<br />
La misura della biodiversità - Il metodo si fonda su una tecnica messa<br />
a punto negli anni ‘20 da Braun-Blanquet (1932) che consiste in un<br />
censimento della vegetazione che compone un’associazione vegetale<br />
fisionomicamente omogenea. L’associazione vegetale è definita da Braun-<br />
Blanquet come “un aggruppamento vegetale più o meno stabile ed in<br />
equilibrio con l’ambiente, caratterizzato da una composizione floristica, in cui<br />
alcune specie vegetali, che si rinvengono quasi esclusivamente in questa<br />
popolazione, rilevano con la loro presenza, una ecologia particolare ed<br />
autonoma”.<br />
Il rilievo è accompagnato da una valutazione quantitativa<br />
dell’abbondanza di ogni specie (stima a vista) utilizzando coefficienti<br />
quantitativi, i quali fanno riferimento alla scala proposta da Braun-Blanquet,<br />
secondo la quale alle specie rinvenute in <strong>per</strong>centuale inferiore all’1% viene<br />
assegnato il valore r e valori da 1 a 5 <strong>per</strong> classi di presenza via via crescenti di<br />
ciascuna specie vegetale (tabella 3.4.2)<br />
Tabella 3.4.2 - Classificazione delle co<strong>per</strong>ture secondo Brown-Blanquet<br />
PUNTEGGIO Classe di co<strong>per</strong>tura<br />
+<br />
Presenza < 1%<br />
1 1-20 %<br />
2 21-40 %<br />
3 41-60 %<br />
4 61-80 %<br />
5 80-100 %<br />
Tra gli indubbi vantaggi del metodo Braun-Blanquet vi sono la facilità<br />
e la rapidità d’esecuzione, la possibilità di elaborazione statistica dei dati e la<br />
facilità di paragone fra i diversi siti. Per contro, uno svantaggio attribuitogli è<br />
62
quello di basarsi su valutazioni “ad occhio” e quindi necessariamente<br />
soggettive.<br />
Essenzialmente con questa tecnica di censimento si <strong>per</strong>viene a<br />
determinare i seguenti parametri:<br />
Frequenza specifica di una specie: corrisponde al numero di punti in cui<br />
una specie è stata osservata nel corso del rilievo (frequenza assoluta<br />
della specie).<br />
Contributo specifico: corrisponde al rapporto <strong>per</strong>centuale tra la<br />
frequenza specifica e la somma delle frequenze specifiche di tutte le<br />
specie, cioè quanto una singola specie contribuisce <strong>per</strong>centualmente<br />
rispetto alla somma del contributo di tutte le specie presenti.<br />
Ricchezza o densità di specie: corrisponde al numero totale di specie<br />
presenti. Generalmente questo parametro è espresso come rapporto<br />
specie/area o specie/numero di individui.<br />
Omogeneità di specie: basata sulla relativa abbondanza, dominanza o<br />
rarità delle specie.<br />
Ai fini di questo studio i rilievi floristici sono stati utilizzati <strong>per</strong><br />
calcolare due indici, uno basato sul semplice numero delle specie ritrovate<br />
negli ambienti di ciascuna azienda ed uno basato ancora una volta sull’Indice<br />
di Shannon-Weaver (SH), che definisce la biodiversità delle varie zone<br />
premiando in particolare le specie rare.<br />
Ricchezza di specie (ICv) - Obiettivo dell’indice è quello di valutare la<br />
biodiversità delle specie spontanee aziendali. Il calcolo della ricchezza di<br />
specie vegetali è stato fatto come somma delle specie rilevate. È stato<br />
eseguito tramite il campionamento su una su<strong>per</strong>ficie di circa 300 m 2 <strong>per</strong> ogni<br />
formazione boschiva aziendale, secondo il metodo di Braun Blanquet (Braun<br />
Blanquet, 1932).<br />
ICv = nv [n]<br />
Diversità delle specie dell’ambiente naturale (IIv) - Obiettivo<br />
dell’indice è stato quello di valutare la biodiversità delle specie spontanee<br />
aziendali. Il calcolo della diversità delle specie arboree è stata effettuato a<br />
partire dalla % di abbondanza delle colture rilevate con il metodo proposto da<br />
Braun-Blanquet e trasformandola in termini numerici con il metodo proposto<br />
da Van der Maaler (1972), calcolando successivamente l’indice di diversità di<br />
63
Shannon (Shannon e Weaver, 1963). Il riconoscimento delle specie e<br />
l’attribuzione della <strong>per</strong>centuale di co<strong>per</strong>tura sono state effettuate tramite il<br />
campionamento su una su<strong>per</strong>ficie di circa 300 m 2 <strong>per</strong> ognuna delle formazioni<br />
vegetali naturali aziendali, secondo il metodo di Braun Blanquet. Per la<br />
<strong>per</strong>centuale di co<strong>per</strong>tura da attribuire alle specie rilevate in ogni rilievo sono<br />
stati usati i codici e le classi di Braun Blanquet e Van der Maaler (tab. 3.4.3).<br />
Tabella 3.4.3 - Classi di Braun-Blanquet (BB) e Van der Maaler (VDM)<br />
% di co<strong>per</strong>tura BB VDM<br />
Specie con co<strong>per</strong>tura pari all’80-100% 5 9<br />
Specie con co<strong>per</strong>tura pari all’60 – 80% 4 8<br />
Specie con co<strong>per</strong>tura pari all’40- 60% 3 7<br />
Specie con co<strong>per</strong>tura pari all’20- 40% 2 5<br />
Specie con co<strong>per</strong>tura pari all’1- 20% 1 3<br />
Co<strong>per</strong>tura trascurabile (inferiore all’1 %) (+) 2<br />
Specie molto rare, rappresentate solo da pochi individui<br />
isolatissimi, con co<strong>per</strong>tura trascurabile<br />
® 1<br />
L’indice di diversità è dato da:<br />
IIv = - ∑ (Ps * log Ps) [ha -1 ]<br />
dove Ps = presenza di ogni specie sul totale (%) scelto come valore massimo<br />
tra tutte le formazioni aziendali osservate nella singola azienda. La<br />
sommatoria è estesa a tutte le specie rilevate.<br />
3.5. Cartografia<br />
A questa categoria di <strong>indicatori</strong> appartengono quelli corrispondenti ad<br />
elementi aziendali associati ad una localizzazione geografica e rilevati in gran<br />
parte dalla cartografia. Taluni di questi elementi e delle grandezze ad essi<br />
associati sono derivabili, osservabili direttamente dal conduttore aziendale<br />
che potrebbe di conseguenza, semplicemente indicarne il valore in un<br />
questionario. Dalla tabella 3.5.1 è possibile notare ancora come il rilevamento<br />
geografico e l’elaborazione dei dati relativi <strong>per</strong>mettono solo di valutare<br />
<strong>indicatori</strong> delle classi B1 (o<strong>per</strong>azioni conservative) e B2 (effetti sul territorio).<br />
In particolare la lunghezza delle siepi e della rete scolante sono assumibili<br />
anche da dichiarazioni dei conduttori, purché messi in condizione di<br />
comprendere il reale significato dell’indicatore. Per gli stessi risulta del resto<br />
difficile un’estrinsecazione dalla sola cartografia che va invece confortata da<br />
64
un minimo di sopralluoghi. Ancora più complessa è la valutazione degli<br />
<strong>indicatori</strong> associati alla valutazione del fenomeno erosivo.<br />
Più semplice è la valutazione degli <strong>indicatori</strong> B2, estrapolabili dalla<br />
cartografia con o<strong>per</strong>azioni GIS standard.<br />
Tabella 3.5.1 - Indicatori valutati con riferimento alla categoria, alla scala<br />
(H. ambiente, P: processo, C. processo composto, F: Azienda) e all’origine<br />
dell’informazione (L:Analisi di Laboratorio, S: Sopralluoghi, C: Cartografia,<br />
Q: Questionario)<br />
Categoria Sigla Indicatore H P C F<br />
B1 ILh LUNGHEZZA SIEPI C<br />
B1 ILi LUNGHEZZA RETE SCOL. SUPERF.<br />
FUNZIONANTE<br />
C<br />
B2 ISh SUPERFICIE NATURALE C<br />
B2 ICh NUMERO DI AMBIENTI NATURALI C<br />
Su<strong>per</strong>ficie a Vegetazione Spontanea (ISh) - L’obiettivo dell’indice<br />
(tipo Size) è quello di valutare il peso degli elementi naturali e semi-naturali<br />
presenti in azienda. Si determina tramite individuazione cartografica delle<br />
su<strong>per</strong>fici lasciata ad habitat naturali e semi-naturali, fra cui rientrano, in<br />
termini di uso del suolo: pascoli naturali, fasce vegetate, affioramenti<br />
rocciosi, siepi, macchie di bosco, fasce ripariali, alberature, aree umide.<br />
ISh = ∑i=1,N Sh(i) / SAT [-]<br />
dove Sh è la su<strong>per</strong>ficie a vegetazione naturale (habitat naturali e seminaturali)<br />
e SAT la su<strong>per</strong>ficie totale dell’azienda.<br />
Numero di Ambienti Naturali (ICh) - Obiettivo dell’indice è quello di<br />
valutare la diversità di ambienti sulla su<strong>per</strong>ficie aziendale attraverso il<br />
numero di ambienti <strong>per</strong> unità di su<strong>per</strong>ficie:<br />
ICh = N / SAT [ha -1 ]<br />
dove N è il numero di ambienti sul totale della su<strong>per</strong>ficie aziendale.<br />
La misura dei bordi - Il bordo è inteso come quella parte della<br />
su<strong>per</strong>ficie che <strong>per</strong>de gradualmente quelle proprietà attribuite alla sua parte più<br />
interna, mostrando influenze della su<strong>per</strong>ficie ad essa adiacente.<br />
65
In ambito <strong>agro</strong>-ambientale, il bordo ha un significato diverso rispetto a<br />
quello che se ne da’ in ecologia; l’importanza del bordo (edge) è oggi valutata<br />
principalmente sotto l’aspetto della multifunzionalità, che definisce il forte<br />
legame tra agricoltura ed ecologia, intesa attraverso gli aspetti che la<br />
biodiversività esercita in modo attivo sull’agricoltura, in termini di<br />
conservazione e di benefici.<br />
I bordi sono generalmente rappresentati da:<br />
fasce vegetate;<br />
fasce riparali, date da quelle zone soggette, a causa della<br />
diversificazione del regime idrologico, ad un’alternanza di<br />
bagnamenti ed asciugamenti, quindi contraddistinti da particolari<br />
sollecitazioni sulla popolazione vegetale, anche associati a ruoli di<br />
filtro degli alvei: tipico è stato l’interesse nelle applicazioni di<br />
regimazioni delle acque quali le casse di espansione;<br />
fasce tampone boscate, orientate a difendere corpi idrici da possibili<br />
sorgenti di inquinamento diffuso (deriva dei trattamenti con<br />
<strong>agro</strong>farmaci <strong>per</strong> via aerea, eutrofizzazione dovuto ad eccessi di<br />
concimazioni);<br />
siepi campestri, importanti <strong>per</strong> il ruolo ecologico ma anche con<br />
funzionalità specifiche (frangivento, da legno, apicoltura, lotta<br />
<strong>biologica</strong>).<br />
Descrivere i bordi (edge, field margin) significa osservare una<br />
molteplicità di aspetti. Quando si parla di struttura ci si orienta tuttavia<br />
comunemente alla composizione vegetazionale in termini di taglia ed età<br />
media, con una eventuale distinzione in strati (layers).<br />
A fini o<strong>per</strong>ativi uno dei parametri di importanza rilevante è la<br />
larghezza del bordo. La conoscenza di tale aspetto è tuttavia ben nota in molti<br />
ambiti, e trattata in termini, ad esempio, di fasce di rispetto (<strong>per</strong> es. nei<br />
confronti di su<strong>per</strong>fici con valore naturalistico, di alvei fluviali) ma non è<br />
ancora adottato in modo rigoroso quando si parla di fasce vegetate in ambito<br />
agrario. La larghezza è utilizzata nella distinzione riportata da Boller et al.<br />
(2004):<br />
fasce inerbite comunemente al bordo di un appezzamento coltivato,<br />
utili alla biodiversità se di almeno 3 m di larghezza;<br />
66
ordi bassi e siepi spontanee di 1-3 m di larghezza; possono<br />
raggiungere i 10 m se comprendono una fascia inerbita; sono<br />
costituite da specie ad andamento cespuglioso con un’altezza<br />
massima di 2-3 m;<br />
bordi alti a 3 strati più larghe delle precedenti e con alberi alti fino a<br />
5-6 m. Esse delimitano i confini e non raramente il passaggio ad<br />
un’area bosco adiacente. Utilizzate anche come frangivento, sono<br />
considerate aree boschive a sè stanti se su<strong>per</strong>ano una su<strong>per</strong>ficie limite<br />
(in Svizzera 800 m 2 ).<br />
Nonostante le moderne tecniche cartografiche <strong>per</strong>mettano agevolmente<br />
di associare ai confini di appezzamenti idealmente lineari una ampiezza<br />
concreta (buffer), le regolamentazioni non sembrano in grado di considerare<br />
zone di confine con caratteristiche graduali, ne di prendere in considerazione<br />
usi del suolo diversi da quelli tradizionali.<br />
Una classificazione di tali fasce può essere basata su elementi fisici,<br />
ovvero tra quali elementi (cartografici) è posto il bordo, segnandone lo stesso<br />
il confine (sfumato).<br />
In un’azienda agraria (o in uno stesso comprensorio) gli appezzamenti,<br />
unità geografiche che si distinguono dai catastali (unità commerciali) <strong>per</strong> il<br />
loro carattere o<strong>per</strong>ativo, sono suddivisi da ostacoli naturali o realizzati<br />
dall’uomo, in sostanza infrastrutture di tipo idrografico o viario.<br />
Per l’utilizzo di queste suddivisioni occorre anche tenere conto che<br />
all’interno di un’azienda esistono suddivisioni che interessano le su<strong>per</strong>fici <strong>per</strong><br />
la loro natura geologica, pedologica e climatica (tab. 3.5.2), <strong>per</strong> volontà<br />
passate e presenti sulla conduzione inerente alla produzione vegetale e<br />
animale nonché <strong>per</strong> le funzioni fisiologiche e accessorie dell’azienda<br />
(solitamente accentate come tare in quanto non rientranti nella SAU).<br />
Tabella 3.5.2 - Usi del suolo<br />
Naturali Zone rocciose<br />
Aree boschive, incolti e pascoli naturali<br />
Artificiali Abitazioni e strutture accessorie<br />
Aree contigue<br />
Siepi e artificiali<br />
Coltivi e Impianti arborei<br />
67
Il concetto di semi-bordo - Se è vero che ogni bordo è definito<br />
univocamente dall’abbinamento di due su<strong>per</strong>fici, è più corretto anche solo<br />
formalmente introdurre il concetto di semi-bordo, quale quella parte di una<br />
su<strong>per</strong>ficie non destinabile all’uso prescritto o previsto.<br />
Tabella 3.5.3 - Struttura delle infrastrutture aziendali in grado di ospitare<br />
formazioni vegetali spontanee (habitat)<br />
Tipo di su<strong>per</strong>ficie Larghezza del<br />
semibordo<br />
F = Field (Appezzamento Coltivato o no) F: f=1 m<br />
H = HydroBranch (Idrologia Naturale e Artificiale)<br />
H0: h= 2 m<br />
H1: h=1 m<br />
S = Street (Sistema Viario)<br />
H2: h=0.5 m<br />
H3: h=0.2 m<br />
S: s=0.5 m<br />
Combinazioni Larghezza bordo<br />
68<br />
F - F -<br />
F- H | H - F f + h<br />
F – S | S - F f + s<br />
H – S | S - H s + h<br />
Strutture Ambientali abituali Larghezza bordo<br />
F - F 2 f<br />
F – H - F 2 f + h<br />
F – S - F 2 f + s<br />
F – H – S – F |<br />
F – H – S - F<br />
2 f + s + h<br />
F –H –S – H - F 2 f + 2s + 4 h<br />
F –S –H – S - F 2 f + 4 s + 2 h
Dal punto di vista della o<strong>per</strong>atività di un GIS, il semi-bordo<br />
corrisponde ad un buffer ricavato sulla sola parte interna del confine di una<br />
su<strong>per</strong>ficie e in misura dipendente dal tipo di semi-bordo della su<strong>per</strong>ficie<br />
confinante in quel determinato tratto. Il semi-bordo non è quindi uniforme sul<br />
confine (edge) della su<strong>per</strong>ficie: da una su<strong>per</strong>ficie si originano quindi una serie<br />
di semibordi, uno <strong>per</strong> ogni tratto <strong>per</strong> il quale la su<strong>per</strong>ficie esterna è distinta, e<br />
che assieme al semibordo complementare costituisce un bordo: il bordo è<br />
costituito quindi da una coppia di semi-bordi.<br />
Tale approccio <strong>per</strong>mettere quindi di associare alla lunghezza dei bordi<br />
classificati e distinti nella loro struttura fisica una larghezza da cui stimare in<br />
modo più affidabile la su<strong>per</strong>ficie aziendale, servendosi di schemi di studio<br />
come quello riportato in tabella 3.5.3.<br />
Lunghezza Fasce Vegetate (ILh) - Con questo indicatore si intende<br />
valutare la consistenza di fasce vegetate identificabili come siepi, ovvero con<br />
una larghezza compresa tra 1 m e 5 m (Boller, 2004); la valutazione corretta è<br />
fatta attraverso sopralluoghi, ma è possibile farne esplicita richiesta tramite<br />
questionari; il valore dell’indicatore si ottiene sommando la lunghezza degli<br />
elementi separati e dividendo il totale <strong>per</strong> la SAU:<br />
dove:<br />
ILh = ∑ Ls(i) / SAU [km/ha]<br />
Ls = lunghezza dei bordi di tipo i-esimo.<br />
Algoritmo GIS: LunghezzaBordi = | ∩ { U Bordi, SupAziendale } |<br />
( | | è l’o<strong>per</strong>azione di misura, ∩ intersezione, U unione)<br />
Lunghezza Rete Scolante Su<strong>per</strong>ficiale Funzionante (ILi) - Tramite<br />
questo indicatore si vuole valutare il dimensionamento del sistema scolante<br />
<strong>per</strong>manente funzionante presente all’interno dell’azienda. L’osservazione<br />
della rete, stimata inizialmente dalla cartografia aziendale e dichiarabile dalla<br />
stessa azienda in questionario, richiede sopralluoghi di validazione. Le<br />
tipologie di sistemazione scolante sono scoline <strong>per</strong>manenti, fossi di guardia,<br />
capofossi, canali, dreni.<br />
L’indicatore si ottiene sommando la lunghezza degli elementi della rete<br />
scolante su<strong>per</strong>ficiale degli appezzamenti e dividendo il totale <strong>per</strong> la SAU:<br />
69
ILi = ∑i Li(i) / SAU [m/ha]<br />
dove Li= Lunghezza dell’affossatura i-esima<br />
Algoritmo GIS: ReteScolante = ∩ { IdrografiaArtificiale,<br />
SupAziendale } ; ( | | è l’o<strong>per</strong>azione di misura, ∩ intersezione)<br />
3.6. Questionari e Interviste<br />
In questa sezione si discuteranno quegli <strong>indicatori</strong> derivanti da<br />
questionari. Benchè il questionario sia stato orientato a raccogliere ogni<br />
informazione su usi di risorse <strong>ambientali</strong>, materiali ed energetiche da parte<br />
dell’azienda, la maggior parte delle richieste è stata orientata alla tecnica<br />
<strong>agro</strong>nomica.<br />
A questo riguardo è stata ravvisata la possibilità di ricorrere a diversi<br />
ordini di approfondimento, in parte collegati al genere di azienda già discusso<br />
in precedenza (localizzazione: pianura, collina; latitudine: provincia;<br />
conduzione: <strong>biologica</strong>, integrata). Infatti, lo sviluppo del data-base in cui<br />
immagazzinare le informazioni ha richiesto di adottare un certo numero di<br />
approssimazioni che in chiave o<strong>per</strong>ativa ha significato adottare ipotesi ed<br />
estrapolazioni ad hoc. In tutti casi ci si è comunque sempre attenuti<br />
all’obiettivo della ricerca che consiste nell’individuare e quantificare le<br />
differenze tra conduzione <strong>biologica</strong> e convenzionale.<br />
A partire dal questionario in forma cartacea, in prima istanza i dati<br />
sono stati riportati su supporto informatico su fogli EXCEL con una struttura<br />
(fogli di lavoro) simile al questionario di partenza, quindi i dati sono stati<br />
riorganizzati nelle seguenti tabelle omogenee:<br />
- Aziende<br />
- Macchinari<br />
- Processi composti (rotazioni e consociazioni)<br />
- Processi elementari (coltura e intercolturali)<br />
- O<strong>per</strong>azioni singole (costi, tempo, macchinario e parametri)<br />
- Parametri Colturali (distinti <strong>per</strong> seminativi, orticole e arboreefrutticole)<br />
- Parametri aggiuntivi (concimazioni e trattamenti)<br />
- Parametri prodotti (formulati e parametrizzazione distinte <strong>per</strong><br />
concimi e fitofarmaci)<br />
- Parametri principi attivi<br />
70
A partire da questi è stato infine sviluppato un sistema di elaborazione<br />
con una struttura molto simile a quella del sistema reale il cui principale<br />
pregio è la facilità di introdurre regole <strong>per</strong> la ricostruzione di informazioni<br />
mancanti. I 70 questionari sono infatti stati sottoposti ad agricoltori di tutta<br />
Italia e alla diversità di modalità di compilazione e di interpretazione si è<br />
unita una certa diversità nell’approssimare le risposte, molte delle quali<br />
ampiamente note ma solo in parte prevedibili nel dettaglio.<br />
Il Questionario - Il questionario sviluppato nell’ambito del progetto<br />
SABIO è stato principalmente orientato all’ottenimento di informazioni a<br />
carattere tecnico sull’utilizzo agricolo delle su<strong>per</strong>fici (molto orientato alle<br />
tecniche produttive). La consistenza del questionario è di poche pagine, anche<br />
se è stato necessario utilizzare alcune di esse in copie molteplici quando il<br />
numero di tecniche colturali era tale da non poter essere riportate in un unico<br />
foglio (moduli C, D, E).<br />
Il questionario richiedeva inoltre che fosse allegata anche una mappa<br />
aziendale approssimativa, allo scopo di controllare e visionare alcune delle<br />
informazioni inserite, come la posizione relativa degli appezzamenti e di<br />
infrastrutture alla cui base sta il calcolo di indici quali la lunghezza della rete<br />
scolante e la consistenza delle siepi e di su<strong>per</strong>fici non coltivate (in particolare<br />
siepi). Si è richiesto anche, ove disponibile, copia delle ultime analisi<br />
chimico-fisiche eseguite e comunque indicazione dei tipi di suolo aziendale.<br />
Nella prima parte del questionario (A, figura 3.6.1) sono riportate le<br />
questioni orientate ad ottenere informazioni sulla struttura generale<br />
dell’azienda, comprese eventuali attività di allevamento e di ricezione.<br />
Nella sezione B sono richieste le informazioni descrittive delle<br />
su<strong>per</strong>fici e alla conduzione <strong>biologica</strong> in generale, come riportato in figura<br />
3.6.2.<br />
71
Figura 3.6.1 - La sezione A del questionario<br />
Nelle sezioni C, D ed E sono le informazioni più specifiche: in C<br />
(figura 3.6.3) sono riportate le tipologie di produzione (orticole, rotazioni,<br />
impianti) dell’azienda, in D (figura 3.6.4) i dettagli del processo/tecnica, ove<br />
vanno riportate le singole o<strong>per</strong>azioni ed infine nella scheda E (figura 3.6.5)<br />
sono riportati tutti i dettagli di ogni singola coltura, dalla varietà alle rese ed<br />
alcune informazioni commerciali. Altre informazioni generali sull’azienda<br />
sono riportate nella sezione F: sono richieste informazioni riguardanti<br />
l’impiantistica e spese generali (fig. 3.6.6)<br />
72
Figura 3.6.2 - Sezione B del questionario<br />
Figura 3.6.3 - Sezione C del questionario<br />
73
Figura 3.6.4 - Sezione D del questionario<br />
Figura 3.6.5 - Sezione E del questionario<br />
Struttura delle informazioni raccolte - Come sopra descritto, i<br />
processi sono stati distinti in composti e semplici, dove <strong>per</strong> i processi<br />
composti si fa riferimento non solamente a rotazioni e successioni ma anche a<br />
pratiche di coltivazione continuate quali pascolo, set-aside, coltivazioni<br />
arboree da legno e da frutto (compresi piccoli frutti), in qualche caso da<br />
intendere quali consociazioni, allorquando la pratica dello sfalcio e della<br />
trinciatura non la si consideri attuata strettamente sulla coltura principale.<br />
Tra le consociazioni vanno naturalmente contemplate le ortive, sia<br />
quando condividono la su<strong>per</strong>ficie dell’appezzamento (es. a file alterne) che<br />
quando siano semplicemente o<strong>per</strong>ate sullo stesso appezzamento non<br />
distinguendo i frazionamenti o<strong>per</strong>ati al suo interno.<br />
La stessa accezione del termine appezzamento era inizialmente intesa<br />
in modo leggermente diverso dai rilevatori e dai tecnici aziendali interpellati;<br />
talvolta la si intende come su<strong>per</strong>ficie omogenea separata da confini fisici<br />
(capezzagne, fossi, fasce vegetate, dislivelli); in altri casi <strong>per</strong> appezzamento si<br />
intende l’insieme delle su<strong>per</strong>fici su cui è praticata la stessa coltura o su cui è<br />
attuata la stessa rotazione.<br />
74
La scarsa risposta nella restituzione delle mappe aziendali non ha<br />
quindi <strong>per</strong>messo nè di ricostruire né di trattare gli appezzamenti (secondo la<br />
prima accezione) in modo distinto. In tabella 3.6.1 sono riportati gli <strong>indicatori</strong><br />
desumibili dai dati ottenuti dai questionari,<br />
Tabella 3.6.1 - Indicatori associati alla valutazione tramite questionario con<br />
riferimento alla categoria, alla scala (H: ambiente, P: processo, C: processo<br />
composto, F: Azienda) e all’origine dell’informazione (L: Analisi di<br />
Laboratorio, S: Sopralluoghi, C: Cartografia, Q: Questionario)<br />
Categoria Sigla Indicatore H P C F<br />
A IQe CONTENUTO IN ENERGIA PRIMARIA Q<br />
A IEe EFFICIENZA ENERGETICA Q<br />
B1 ITc DURATA DELL’AVVICENDAMENTO Q<br />
B1 IIc DIVERSITÀ COLTURALE Q<br />
C2 IQn BILANCIO AZOTO INPUT/OUTPUT Q<br />
C2 IQp BILANCIO FOSFORO INPUT/OUTPUT Q<br />
Dall’analisi della tabella si desume che nessun indicatore della classe<br />
B2 (ricadute benefiche delle attività aziendali tradizionali sulla biodiversità) è<br />
ottenibile da questionari ed interviste, mentre vi sono già informazioni <strong>per</strong><br />
<strong>indicatori</strong> di tipo C2 (ricadute negative e rischi <strong>ambientali</strong>). Tra tali <strong>indicatori</strong><br />
occorre tuttavia fare un ulteriore importante distinguo. Infatti, mentre<br />
diversità colturale e durata dell’avvicendamento sono derivabili in modo<br />
pressoché immediato dall’elenco dei processi aziendali, gli indici che vanno<br />
desunti dai dettagli sui processi, quali contenuto di energia, efficienze, bilanci<br />
e rischi meritano di entrare nei meriti dei descrittori dei processi.<br />
Metodo di calcolo generale - Per quanto riguarda il calcolo degli<br />
<strong>indicatori</strong> <strong>per</strong> la singola azienda (A), la maggioranza di essi prevede un<br />
computo basato su informazioni tratte dai singoli processi, o<strong>per</strong>ando una<br />
media pesata. Se I è un indicatore generico, utilizzando come peso la<br />
su<strong>per</strong>ficie degli appezzamenti (S), il valore dell’indicatore è ottenuto a partire<br />
dal valore corrispondente <strong>per</strong> il processo composto (P*) attraverso la:<br />
I(A) = Σj Sj I(P*j) / Σj Sj<br />
dove j è l’indice ordinale di ciascuno dei processi composti svolti in azienda<br />
<strong>per</strong> cui, salvo eccezioni, Σj Sj = SAU.<br />
75
Il processo è condotto su una su<strong>per</strong>ficie nota ed ha una durata (quella<br />
dell’avvicendamento) <strong>per</strong>ciò a questo livello è già possibile calcolare<br />
<strong>indicatori</strong> quali la complessità degli schemi colturali adottati nonché la durata<br />
media degli avvicendamenti aziendali (l’espressione è riportata in seguito).<br />
Per il calcolo di tutti gli altri <strong>indicatori</strong> occorre invece rifarsi sulle<br />
informazioni note da un lato sulle colture praticate e dall’altro sulle modalità<br />
di conduzione dei processi elementari (P, k è l’indice corrispondente) che<br />
contengono la descrizione della tecnica colturale.<br />
Per quanto riguarda la coltura, l’ammontare relativo ad una generica<br />
grandezza (energia, azoto, fosforo) è ottenuto a partire dal contenuto (indicato<br />
come una concentrazione [X]) in energia primaria o in N e P nelle produzioni<br />
<strong>per</strong> il valore della produzione areica (Y):<br />
XC = [XC] YC<br />
Per quanto riguarda invece l’energia e i materiali spesi nel processl<br />
elementare, va tenuto conto che ognuno di essi è rappresentato da una<br />
sequenza di o<strong>per</strong>azioni colturali, che possono a loro volta prevedere l’uso<br />
combinato di attrezzi, <strong>per</strong>ciò denominate o<strong>per</strong>azioni composte, (T*):<br />
XP = Σl XT*<br />
A tali o<strong>per</strong>azioni composte è associata un’energia spesa attraverso il lavoro a<br />
macchina (ET*, noto dai questionari) più risorse associate alle singole<br />
o<strong>per</strong>azioni elementari (T, es. letamazione, interramento):<br />
XT* = ∑ XT + { ET* }<br />
Tali risorse sono associate all’uso di fertilizzanti / nutrienti (N) e fitofarmaci:<br />
XT = ∑ ( XN doseN) + ∑ XF<br />
Mentre <strong>per</strong>ò nel caso dei nutrienti la dose (doseN) è definita dall’utilizzatore<br />
(anche qui nota dal questionario), nel caso dei fitofarmaci la dose assunta è<br />
76
quella consigliata (dosePA) <strong>per</strong> ognuno dei Principi Attivi (PA) inclusi nel<br />
formulato, nota dalle indicazioni d’uso:<br />
XN = [XN]<br />
XF =∑ ( [XPA] dosePA )<br />
dove [XN] è la concentrazione del materiale X (es. azoto) nel prodotto<br />
utilizzato, [XPA] è il contenuto (di energia primaria) in ognuno dei PA<br />
inclusi nel formulato utilizzato.<br />
Figura 3.6.6 – Entità coinvolte nel calcolo deglii <strong>indicatori</strong>. A:Azienda,<br />
P*:Processo Composto; P: Processo Elementare; T*: O<strong>per</strong>azione Composta;<br />
T: O<strong>per</strong>azione Semplice; N: Nutriente; F: Fitofarmaco; C: Coltura; PA;<br />
Principio Attivo.<br />
Diversità Colturale (IIc) - Obiettivo di questo indicatore è di valutare<br />
la diversità degli elementi del paesaggio coltivato attribuendo un peso relativo<br />
alle classi di uso del suolo e quindi di valutare la complessità della<br />
distribuzione spaziale degli appezzamenti. Per la valutazione si può quindi<br />
individuare sulla cartografia aziendale la su<strong>per</strong>ficie totale di ogni coltivazione<br />
di ogni appezzamento, ma si può anche approssimare tale diversità a partire<br />
dalle tipologie di coltivazione effettuate.<br />
Per il calcolo dell’indice di diversità si passa comunque <strong>per</strong> la<br />
trasformazione di Shannon-Weaver (1963) già discussa in precedenza:<br />
77
IIc = ∑i Si (Ni iog Ni) / SAU [-]<br />
dove Si è la su<strong>per</strong>ficie come % della SAT, dedicata a ciascun processo di<br />
coltivazione (avvicendamento) mentre Ni è il numero di colture coinvolte.<br />
Durata dell’avvicendamento (ITc) - Con questo indicatore si intende<br />
valutare l’efficienza <strong>agro</strong>-ecologica degli appezzamenti dell’azienda. Esso si<br />
basa sul numero di anni su cui si sviluppa l’avvicendamento di seminativi<br />
(numero di colture >1) presenti all’interno dell’azienda: si considerano solo<br />
avvicendamenti escludendo il set-aside e quindi ogni altra coltura <strong>per</strong>manente<br />
nonché usi del suolo non a produzione vegetale. La durata è pesata con<br />
l’estensione della su<strong>per</strong>ficie dedicata a tale processo (avvicendamento):<br />
ITc = ∑i Si di / SAU [anni/ha]<br />
dove di è la durata in anni di ciascun avvicendamento.<br />
Uso di Energia Primaria (IQe) –L’obiettivo di questo indice è valutare<br />
il consumo di energia derivante dagli input aziendali, talvolta distinti in diretti<br />
(combustibili ed energia) ed indiretti (fertilizzanti, fitofarmaci, ecc.). L’indice<br />
ha base annuale ed è riferito all’unità di su<strong>per</strong>ficie e si calcola a partire dal<br />
contenuto di energia primaria di materiali grezzi, energia che include quella<br />
utilizzata nell’intero processo produttivo:<br />
IQe = [ ∑i Si ( ∑j EPij ) / di ] / SAU [Mj/ha]<br />
dove EP è il contenuto in energia primaria complessiva di ciascun processo<br />
produttivo (elementare).<br />
Efficienza Energetica (IEe) - Con questo indice si intende valutare<br />
quanto efficientemente si fa uso dell’energia rapportandone il contenuto nelle<br />
produzioni a quello nei prodotti utilizzati nel processo produttivo. Anche<br />
78
questo indicatore è stato valutato come difficilmente comprensibile dagli<br />
agricoltori.<br />
IEe = [ ∑i Si ( ∑k Ecik ) / ( ∑j Epij ) ] / SAU [-]<br />
dove Ec rappresenta l’equivalente energetico nei prodotti (output).<br />
Bilancio del Fosforo (IQp) - L’obiettivo dell’indicatore è quello di<br />
valutare il bilancio a livello aziendale del P ed eventuali surplus o difetti che<br />
possono essere associati ad una valutazione della gestione aziendale. Il<br />
bilancio prende in esame esclusivamente un bilancio di prima<br />
approssimazione che non include processi di trasformazione naturale:<br />
IQp = [ ∑i Si ( PC - PN ) ] / SAU [kg/ha]<br />
dove PC è il contenuto di fosforo nel prodotto, mentre PN è quello nei<br />
concimi e fertilizzanti utilizzati.<br />
Bilancio dell’azoto (Iqn) - Obiettivo dell’indicatore è quello di valutare<br />
eventuali sbilanciamenti in positivo (surplus) o negativo sugli apporti di<br />
azoto. Anche in questo caso, data anche la tipologia di aziende su cui si è<br />
concentrata l’analisi (esclusivamente produzione vegetale), il bilancio<br />
considera unicamente asportazioni e aggiunte insite nella pratica <strong>agro</strong>nomica:<br />
IQn = [ ∑i Si ( NC - NN ) ] / SAU [kg/ha]<br />
dove NC è il contenuto di azoto nel prodotto, mentre NN è quello nei nutrienti<br />
apportati alla coltura.<br />
79
CAPITOLO 4<br />
RISULTATI E DISCUSSIONE<br />
In questo capitolo sono analizzati gli <strong>indicatori</strong> valutati e calcolati<br />
come descritto nel capitolo precedente. I valori ottenuti sono riassunti <strong>per</strong> le 2<br />
tipologie di conduzione <strong>agro</strong>nomica tenendo separato il contesto di pianura da<br />
quello di collina. Ai risultati segue anche un giudizio che riassume in modo<br />
estremamente sintetico la capacità dell’indicatore di dimostrare una<br />
sensibilità alla tecnica in entrambi i contesti. Per questo in calce ad ognuna<br />
delle tabelle degli <strong>indicatori</strong> compare il giudizio di idoneità, valutato<br />
positivamente solo quando l’indice ha risposto univocamente nei due contesti<br />
<strong>ambientali</strong>, negativamente sia quando l’indicatore non ha mostrato di seguire<br />
il trend atteso, sia quando il trend è semplicemente opposto <strong>per</strong> i due contesti<br />
<strong>ambientali</strong>. Solo gli <strong>indicatori</strong> giudicati idonei sono stati utilizzati <strong>per</strong> la<br />
discussione dei risultati.<br />
4.1. Campionamenti ed Analisi<br />
Come descritto nella metodologia, <strong>per</strong> ognuna delle quattro aziende è<br />
stata monitorata l’unica rotazione in comune negli anni <strong>per</strong> cui è stato svolto<br />
lo studio. Sui terreni delle parcelle monitorate sono state eseguite le analisi<br />
fisiche, sostanzialmente quella densitometrica e tessiturale, riportate in tabella<br />
4.1.1, che confermano che le coppie di aziende selezionate sono collocate su<br />
terreni sostanzialmente identici, risultati a medio impasto nel caso di collina e<br />
argilloso-limosi nel caso di pianura. La diversa densità apparente nel caso di<br />
pianura è infatti ascrivibile alle diverse pratiche <strong>agro</strong>nomiche (semina su<br />
sodo).<br />
Nelle prime (tabella 4.1.2) è completata l’individuazione del suolo che<br />
si evidenzia tendenzialmente alcalino sia in su<strong>per</strong>ficie che in profondità.<br />
Unica nota è la differente dotazione in K nello scenario di collina, nettamente<br />
a favore dell’azienda organica sia nello strato profondo che in quello<br />
su<strong>per</strong>ficiale. La differente quota, locazione e substrato litologico dei terreni<br />
81
delle due aziende, in parte desumibile dalla stessa seppur debole differenza<br />
granulometrica, non <strong>per</strong>mette tuttavia di formulare nessuna considerazione in<br />
merito. Tutti valori sono complessivamente nella norma.<br />
Tabella 4.1.1 - Risultati delle analisi fisiche compiute sui terreni delle 4<br />
aziende; AL: argilloso limoso, F: medio impasto, MVA: densità apparente<br />
C (Conv) O (Bio)<br />
MVA (g/cm 3 ) 1.45 1.29<br />
Sabbia 5 6<br />
Limo 51 50<br />
Argilla 44 44<br />
tessitura AL AL<br />
MVA (g/cm 3 ) 1.57 1.60<br />
Sabbia 38 27<br />
Limo 34 32<br />
Argilla 28 41<br />
tessitura F F<br />
82<br />
P<br />
(Pianura)<br />
H<br />
(Collina)<br />
Per quanto riguarda le analisi chimiche, alcune sono state svolte una<br />
sola volta in quanto utilizzate <strong>per</strong> la caratterizzazione dei suoli, altre in due<br />
distinti <strong>per</strong>iodi dell’anno (2007), in inverno ed in estate, in quanto<br />
potenzialmente utili ad eseguire stime di bilancio.<br />
Tabella 4.1.2 - Analisi chimiche del suolo delle 4 aziende seguite<br />
Terreno pH Salinità CSC K K-assim.<br />
mS/cm meq/100g K (g/100g) K (ppm) K2O (ppm)<br />
OH Sup 8.21 0.14 13.40 1.40 383 462<br />
Prof 8.16 0.15 11.20 1.37 259 312<br />
CH Sup 8.32 0.11 11.10 0.70 238 287<br />
Prof 8.47 0.10 12.60 0.52 170 205<br />
OP Sup 8.18 0.17 19.30 0.98 439 529<br />
Prof 8.37 0.13 16.70 0.83 238 287<br />
CP Sup 8.10 0.18 18.40 1.01 473 569<br />
Prof 8.40 0.17 15.90 0.88 195 234<br />
Salinità dei Suoli (ICs) - Da questi valori possiamo immediatamente<br />
estrarre i valori associati all’indice di salinità dei suoli, valore mediato sulle<br />
profondità, da cui non è possibile evincere nessuna particolare evidenza<br />
(tabella 4.1.3).
Tabella 4.1.3 – Valori dell’indicatore ICs (µS/cm)<br />
C (Conv) O (Bio)<br />
175 150 (Pianura) P<br />
105 145 (Collina) H<br />
GIUDIZIO: NON IDONEO<br />
Per quanto riguarda le concentrazioni di N e P, i macroelementi<br />
indubbiamente più interessanti dal punto di vista <strong>agro</strong>-ambientale, i valori<br />
osservati mostrano interessanti variabilità, quali un impoverimento<br />
su<strong>per</strong>ficiale con un riscontro di arricchimento in profondità nel caso del<br />
terreno biologico di collina (tab. 4.1.4). Un comportamento analogo è<br />
osservabile <strong>per</strong> l’azienda convenzionale di pianura, mentre <strong>per</strong> le altre due<br />
aziende si registra un arricchimento sia in su<strong>per</strong>ficie che in profondità, anche<br />
se decisamente maggiore nell’azienda convenzionale di collina.<br />
Mentre non si può notare un’univocità di risposta <strong>per</strong> l’N, nel caso del<br />
P è possibile notare un deciso depau<strong>per</strong>amento (a entrambe le profondità) nei<br />
due appezzamenti biologici rispetto a quelli convenzionali.<br />
Tabella 4.1.4 - Valori di N e P risultati dalle analisi di laboratorio (inv:<br />
campionamento invernale, est: campionamento estivo)<br />
Terreno N-tot-Kjeldahl ( o /oo) P-assim-Olsen (ppm)<br />
inv est ratio inv est ratio<br />
OH Sup 1.40 1.26 0.90 11.80 7 0.59<br />
Prof 0.60 0.85 1.42 5.83 3 0.51<br />
CH Sup 0.80 1.09 1.36 32.60 25 0.77<br />
Prof 0.60 1.09 1.82 10.70 24 2.24<br />
OP Sup 1.50 1.68 1.12 33.40 22 0.66<br />
Prof 1.20 1.65 1.37 8.33 8 0.96<br />
CP Sup 1.70 1.51 0.89 17.00 18 1.06<br />
Prof 0.90 1.54 1.71 7.50 20 2.67<br />
Azoto Totale/Fosforo Assimilabile (Icn / Icp) - Da questi valori<br />
possiamo immediatamente estrarre i valori associati all’indice che stima la<br />
dotazione in macroelementi, valore mediato sulle profondità e sulle stagioni,<br />
da cui sono state dedotte le tabelle 4.1.5 e 4.1.6. Circa l’N totale è possibile<br />
notare una maggior dotazione, seppure minima, nella gestione organica<br />
83
ispetto alla convenzionale sia in pianura che in collina. Poco si può invece<br />
dire sulla dotazione in fosforo. Sebbene in pianura si osservi qualcosa di<br />
analogo a quanto già detto sull’N, in collina la dotazione in P sulle su<strong>per</strong>fici<br />
organiche sembra inadeguata (vedi <strong>indicatori</strong> di efficienza).<br />
Tabella 4.1.5 - Valori dell’indicatore ICN ( o /oo)<br />
GIUDIZIO: IDONEO<br />
C (Conv) O (Bio)<br />
1.41 1.51 (Pianura) P<br />
0.90 1.03 (Collina) H<br />
Tabella 4.1.6 - Valori dell’indicatore ICP (ppm)<br />
C (Conv) O (Bio)<br />
15.6 17.9 (Pianura) P<br />
23.1 6.9 (Collina) H<br />
GIUDIZIO: NON IDONEO<br />
Anche <strong>per</strong> quanto riguarda la sostanza organica è possibile far notare<br />
qualche interessante aspetto, quale la diversa concentrazione in profondità nei<br />
terreni di collina. Sempre in collina è possibile registrare una maggior<br />
dinamicità tra il contenuto in inverno e quello estivo, ma senza particolari<br />
differenziazioni tra il biologico e il convenzionale (tab. 4.1.7).<br />
Tabella 4.1.7 - Valori dell’indicatore sostanza organica dei suoli (ICco).<br />
Nelle colonne a destra sono riporate le medie e le differenze <strong>per</strong> i campioni<br />
prelevati in su<strong>per</strong>ficie e in profondità<br />
Terreno S.O.-inv S.O.-est inverno estate<br />
media differenza media differenza<br />
OH Sup 1.95 1.48 1.41 1.08 1.12 0.73<br />
Prof 0.87 0.75<br />
CH Sup 1.28 0.69 1.11 0.34 0.70 0.02<br />
Prof 0.94 0.71<br />
OP Sup 2.34 2.06 2.06 0.56 2.07 0.01<br />
Prof 1.78 2.07<br />
CP Sup 2.71 1.98 1.99 1.45 2.03 0.10<br />
Prof 1.26 2.08<br />
84
Il valore dell’indicatore ICco (sostanza organica dei suoli), mediato tra<br />
i valori stagionali, evidenzia, come in parte già osservato, una maggiore<br />
differenziazione tra gli ambienti piuttosto che tra le tipologie di conduzione<br />
(tab. 4.1.8). In pianura la differenza è tuttavia troppo limitata <strong>per</strong>ché essa<br />
possa essere utilizzata vantaggiosamente.<br />
Tabella 4.1.8 - Valori dell’indicatore ICco<br />
C (Conv) O (Bio)<br />
2.01 2.06 (Pianura) P<br />
0.90 1.25 (Collina) H<br />
GIUDIZIO: NON IDONEO<br />
Il tasso di respirazione del terreno (IFco) - Questo indice, come<br />
riportato nella metodologia, deriva da analisi svolte su campioni di terreno<br />
rilevate in inverno ed estate.<br />
Nella tabella 4.1.9 sono riportati i valori dei tassi respirometrici ottenuti<br />
adattando ai risultati delle analisi un modello lineare. Nella tabella 4.1.10<br />
sono invece riportati i valori medi, da cui non risulta una netta differenza in<br />
valore assoluto tra i terreni derivanti da aziende a conduzione diversificata.<br />
Ciò che risalta è invece una maggior mobilità stagionale dei valori<br />
respirometrici nello scenario biologico. Le differenze ed i rapporti tra i tassi<br />
respirometrici ottenuti nelle 2 stagioni (invernale ed estivo), riportate in<br />
tabella 4.1.11, quantificano questi valori evidenziando questa fluttuazione<br />
intorno ad 1/3 - 1/4 della respirometria di riferimento.<br />
Tale risultato è confermato da quanto già osservato sulle oscillazioni<br />
stagionali del contenuto in S.O. In figura 4.1.1 sono riportati i risultati delle<br />
analisi di respirazione su cui è stata effettuata la regressione lineare (con<br />
forzatura dell’intercetta sull’origine): IFc è dato dalla pendenza.<br />
Come <strong>per</strong> le concentrazioni delle sostanze chimiche, sono stati presi in<br />
considerazione i valori medi, da cui risulta una discreta capacità di<br />
evidenziare le due tipologie di conduzione. La differenza che si evidenzia è<br />
del resto attesa, data la maggior capacità di mineralizzazione della sostanza<br />
organica ad o<strong>per</strong>a dei micro-organismi nella gestione organica rispetto alla<br />
convenzionale.<br />
85
Tabella 4.1.9 - Tassi di respirazione dei 4 suoli campionati nel <strong>per</strong>iodo estivo<br />
(E) ed invernale (I). I valori sono dati in mgC-CO2/d<br />
Terreno Stagione IF C R 2<br />
OH I 0.333 0.94<br />
E 0.423 0.99<br />
CH I 0.281 0.99<br />
E 0.301 0.99<br />
OP I 0.243 0.99<br />
E 0.363 0.99<br />
CP I 0.279 0.99<br />
E 0.297 0.99<br />
Figura 4.1.1 - Andamento dei livelli di respirazione osservati sulle 5 repliche<br />
<strong>per</strong> ognuno dei 4 siti <strong>per</strong> i campioni prelevati nelle due stagioni (la barra<br />
rappresenta l’errore standard)<br />
mgC-CO2 / d<br />
mgC-CO2 / d<br />
6<br />
4<br />
2<br />
0<br />
6<br />
4<br />
2<br />
0<br />
invernale<br />
estivo<br />
Lineare (invernale)<br />
Lineare (estivo)<br />
CP<br />
2 6 10<br />
tempo (d)<br />
14<br />
invernale<br />
estivo<br />
Lineare (invernale)<br />
Lineare (estivo)<br />
OP<br />
tempo (d)<br />
2 6 10 14<br />
86<br />
mgC-CO2 / d<br />
mgC-CO2 / d<br />
6<br />
4<br />
2<br />
0<br />
6<br />
4<br />
2<br />
0<br />
invernale<br />
estivo<br />
Lineare (invernale)<br />
Lineare (estivo)<br />
CH<br />
2 6 10<br />
tempo (d)<br />
14<br />
invernale<br />
estivo<br />
Lineare (invernale)<br />
Lineare (estivo)<br />
CP<br />
2 6 10<br />
tempo (d)<br />
14
Tabella 4.1.10 - ICR - Indici di respirazione microbica medio (mg/d)<br />
GIUDIZIO: IDONEO<br />
C (Conv) O (Bio)<br />
0.289 0.304 P (Pianura)<br />
0.300 0.380 H (Collina)<br />
Tabella 4.1.11 - Differenze e rapporti tra i valori dell’Indice di respirazione<br />
medio (I=inverno, E=estate, in mg/d)<br />
4.2. Sopralluoghi<br />
Ambienti C (Conv) O (Bio)<br />
Differenza I-E 0.018 0.120<br />
Rapporto I/E 0.06 0.39<br />
Differenza I-E 0.006 0.088<br />
Rapporto I/E 0.02 0.23<br />
87<br />
P (Pianura)<br />
H (Collina)<br />
Come illustrato nella metodologia, tale indagine ha riguardato in modo<br />
particolare il rilievo floristico delle specie spontanee. In particolare le analisi<br />
floristiche sulle specie erbacee sono state condotte sui 4 appezzamenti<br />
identificati in via preliminare (nell’ambito del protocollo più dettagliato) col<br />
metodo dei lanci. Il rilievo è stato condotto nell’estate 2006 su 4<br />
appezzamenti, in quella stagione tutti a frumento duro: al momento del rilievo<br />
il frumento era a piena maturazione e prossimo alla trebbiatura. Il risultato del<br />
sopralluogo, in termini di singole specie è riportato in tabella A1 (App. A).<br />
Ricchezza di Specie Erbacee (ICve) - Questo indicatore rappresenta il<br />
numero delle specie erbacee spontanee conteggiate sulle parcelle campione<br />
poco prima della raccolta del frumento (metodo dei lanci). Come si osserva<br />
dalla tabella 4.2.1 la differenza numerica tra metodo biologico e<br />
convenzionale è abbastanza netta, anche se il rapporto si assottiglia<br />
nell’ambiente collinare.
Tabella 4.2.1 - ICve ovvero totale degli individui delle specie erbacee<br />
osservate<br />
GIUDIZIO: IDONEO<br />
C (Conv) O (Bio)<br />
5 18 (Pianura) P<br />
40 51 (Collina) H<br />
Indice di diversità delle specie erbacee (IIve) - L’indice di diversità<br />
delle specie (secondo il metodo di Shannon-Weaver) conferma<br />
sostanzialmente la differenza ma esaltando la diversità di conduzione<br />
nell’ambiente collinare (tab. 4.2.2).<br />
Tabella 4.2.2 - IIve - Valore dell’indice di di Shannon-Weaver<br />
GIUDIZIO: IDONEO<br />
C (Conv) O (Bio)<br />
1.61 1.84 (Pianura) P<br />
1.65 2.36 (Collina) H<br />
Nel complesso i due <strong>indicatori</strong> si complementano abbastanza bene<br />
rappresentando uno meglio la situazione di pianura, l’altro la collinare.<br />
Per quanto riguarda le analisi degli ambienti naturali, i sopralluoghi<br />
hanno <strong>per</strong>messo di identificare 8 diversi formazioni vegetali naturali<br />
all’interno o al confine delle aziende di pianura (adiacenti) e ben 17 in quelle<br />
di collina (poste nello stesso bacino, delle dimensioni di 200 ha). Sono state<br />
identificate tutte le specie presenti nell’ambiente al momento del rilievo<br />
(estate 2006) e di ognuna di esse è stato stimato il tasso di frequenza/densità<br />
col metodo di Braun-Blanquet. In appendice A sono riportate le specie<br />
identificate nei due scenari.<br />
Ricchezza di Specie (ICv) - Per quanto riguarda la numerosità delle<br />
specie (tab. 4.2.3) <strong>per</strong> unità di su<strong>per</strong>ficie (ha -1 ) i valori in collina hanno<br />
fortemente risentito della vicinanza di un parco regionale e dell’elevato<br />
numero di formazioni vegetali, fattori che <strong>per</strong>ò sembrano incidere egualmente<br />
sulle due tipologie aziendali, senza alterare la differenziazione che <strong>per</strong>mane<br />
tra le stesse.<br />
88
Tabella 4.2.3 - ICv ovvero totale degli individui delle specie osservate<br />
C (Conv) O (Bio) O/C<br />
0.70 1.91 (Pianura) P 2.72<br />
1.12 3.58 (Collina) H 3.18<br />
GIUDIZIO: IDONEO<br />
Diversità di Specie dell’ambiente naturale (IIv) - Per quanto riguarda<br />
la biodiversità (tab. 4.2.4), indice che tiene conto della densità delle specie<br />
ritrovate (sempre riferito alla su<strong>per</strong>ficie aziendale), le differenze vengono<br />
esaltate questa volta a favore dello scenario di pianura (le colonne più a destra<br />
delle tabelle rappresentano i rapporti tra i due valori), rimanendo comunque<br />
consistenti le differenze tra conduzione <strong>biologica</strong> e convenzionale<br />
Tabella 4.2.4 - IIv - Valore dell’indice di di Shannon-Weaver<br />
C (Conv) O (Bio) O/C<br />
24.7 75.9 (Pianura) P 4.61<br />
5.49 25.3 (Collina) H 3.07<br />
GIUDIZIO: IDONEO<br />
Gli ambienti sono stati successivamente riportati nella cartografia onde<br />
stimarne l’estensione con gli strumenti GIS a disposizione, analisi descritta<br />
nella sezione successiva. I sopralluoghi sono anche serviti ad aggiornare altri<br />
elementi della cartografia, ed in modo particolare la struttura del reticolo<br />
idrografico.<br />
4.3. Cartografia<br />
Nelle figure 4.3.1 e 4.3.2 sotto sono illustrate le due aree monitorate<br />
direttamente durante questa indagine, basandosi sulle foto aeree disponibili.<br />
Nella tabella 4.3.1 vengono invece riportate le dimensioni delle 4<br />
aziende investigate.<br />
89
Figura 4.3.1 - Area di Bentivoglio (BO) con evidenziate le due aziende di<br />
pianura, a sinistra la <strong>biologica</strong> (OP, linea verde) e a destra la convenzionale<br />
(CP, linea rossa)<br />
90
Figura 4.3.2 - Area di Ozzano (BO) con evidenziate le due aziende di collina,<br />
a sinistra la <strong>biologica</strong> (OH, linea verde) e a destra la convenzionale (CH,<br />
linea rossa)<br />
Tabella 4.3.1 - Dimensioni delle 4 aziende nelle quali sono stati effettuati i<br />
sopralluoghi<br />
Azienda C (Conv) O (Bio)<br />
SAT (ha)<br />
SAU (ha)<br />
40.10<br />
38.72<br />
36.19<br />
33.05<br />
P (Pianura)<br />
SAT (ha)<br />
SAU (ha)<br />
72.97<br />
33.41<br />
17.91<br />
13.67<br />
H (Collina)<br />
91
Su<strong>per</strong>ficie naturale (ISh) - Questo indicatore non sembra in grado di<br />
rilevare una qualche differenza tra le due conduzioni, come si può osservare<br />
dalla tabella 4.3.2, a causa sia della diversificazione che assume l’indicatore<br />
nei due contesti, che dell’incongruenza nel modo in cui cambia tra la realtà<br />
convenzionale e <strong>biologica</strong>.<br />
Tabella 4.3.2 - Valori dell’indicatore ISh (%)<br />
C (Conv) O (Bio)<br />
0.02 0.07 P (Pianura)<br />
1.10 0.21 H (Collina)<br />
GIUDIZIO: NON IDONEO<br />
Numero ambienti naturali (ICh) – Questo indicatore, derivato dai<br />
sopralluoghi (figure 4.3.3 e 4.3.4) è orientato a discriminare la differenza tra<br />
le due conduzioni in termini di presenza di su<strong>per</strong>fici lasciate a vegetazione<br />
spontanea, obiettivo che, come si può osservare dalla tabella 4.3.3, sembra<br />
rispettare con successo, anche se l’enorme eterogeneità osservata dai<br />
sopralluoghi consiglia di utilizzarlo con cautela.<br />
Tabella 4.3.3 - Valori dell’indicatore ICh (ha -1 )<br />
C (Conv) O (Bio)<br />
N 2 8<br />
N/SAT 0.05 0.17<br />
N 6 9<br />
N/SAT 0.27 0.44<br />
GIUDIZIO: IDONEO<br />
Lunghezza delle siepi (ILh) – Questo indice misura l’estensione di<br />
bordi, siepi e vegetazione spontanea, in termini di lunghezza <strong>per</strong> unità di<br />
su<strong>per</strong>ficie.<br />
Nella tabella 4.3.4 è riportato il riepilogo delle lunghezze dei diversi<br />
tipi di bordi (macro-ambienti) e delle lunghezze <strong>per</strong> unità di su<strong>per</strong>ficie.<br />
92<br />
P (Pianura)<br />
H (Collina)
Tabella 4.3.4 – Valori dell’indicatore ILh – Il rapporto lunghezza/su<strong>per</strong>ficie<br />
(approssimati al valore intero) mostra una marcata differenziazione in<br />
entrambi gli scenari<br />
GIUDIZIO: IDONEO<br />
C(Conv) O(Bio)<br />
30 137 P (Pianura)<br />
48 197 H (Collina)<br />
Figura 4.3.3 - Collocazioni delle fasce vegetate <strong>per</strong> le aziende di pianura (CP<br />
e OP); le colorazioni rappresentano diverse tipologie di bordo<br />
93
Figura 4.3.4 - Collocazioni delle fasce vegetate <strong>per</strong> le aziende di collina (CH<br />
e OH); le colorazioni rappresentano diverse tipologie di bordo<br />
94
Figura 4.3.5 - Suddivisione degli appezzamenti nelle aziende di pianura (CP<br />
e OP)<br />
95
Figura 4.3.6 - Suddivisione degli appezzamenti (coltivati) nelle aziende di<br />
collina (CH e OH)<br />
Estensione della rete scolante su<strong>per</strong>ficiale (ILi). Calcolata secondo<br />
quanto descritto nel capitolo precedente, restituisce i valori riportati in tabella<br />
4.3.6.<br />
Tabella 4.3.6 - Valori dell’indicatore ILi: Lunghezza della rete e rapporto<br />
lunghezza/su<strong>per</strong>ficie <strong>per</strong> le 4 aziende (approssimati al valore intero)<br />
C (Conv) O (Bio)<br />
Lunghezza (m) 5619 8757<br />
Lungh. relative (m/ha) 148 256<br />
Lunghezza (m) 7625 1174<br />
Lungh. relative (m/ha) 104 65<br />
GIUDIZIO: NON IDONEO<br />
96<br />
P (Pianura)<br />
H (Collina)
La rete scolante è la componente artificiale del reticolo idrografico che<br />
si integra con quello naturale, riportato nelle figure 4.3.7 e 4.3.8 <strong>per</strong> i due<br />
scenari. Come riportato nell’introduzione metodologica, l’estensione della<br />
rete di scolo può essere in grado di stimare una buona pratica agricola tutte le<br />
volte che la stessa sia intesa come gestione del territorio. Di fatto la diversità<br />
delle casistiche fa sì che tale indicatore vada preso con estrema cautela. A<br />
dimostrarlo sono ancora una volta i dati forniti nella tabella 4.3.6 che<br />
riassumono le 4 situazioni riscontrate nella realtà.<br />
Figura 4.3.7 - Reticolo di scolo <strong>per</strong> le aziende di pianura (CH e OH)<br />
Nel caso di pianura si nota effettivamente una rispondenza del criterio<br />
sopra enunciato, rafforzato dall’aver notato come in pianura (nel caso<br />
specifico) c’è una tendenza a semplificare il paesaggio. Tale semplificazione<br />
è legata alla meccanizzazione ed in particolare all’avvento di mezzi sempre<br />
più potenti che danno il loro meglio in assenza di barriere quali filari e fossi.<br />
In particolare il fosso si rende poco utile con l’avvento di stagioni siccitose<br />
97
come quelle registrate negli ultimi anni, in cui la regimazione delle acque in<br />
eccesso è risultata molto bassa. A questo si può aggiungere anche una<br />
legittimazione da parte del mondo accademico che nell’ultimo decennio si è<br />
auspicato il successo dell’agricoltura di precisione, anch’essa resa<br />
maggiormente attuabile su contesti territoriali particolarmente omogenei:<br />
l’idea è quella di una intensivizzazione/estensivizzazione orientata all’<br />
automazione.<br />
Figura 4.3.8 - Reticolo di scolo <strong>per</strong> le aziende di collina (CH e OH, in blu).<br />
In rosso si evidenzia l’idrologia naturale extra-aziendale<br />
In collina la situazione è assai diversa e anzi non è raro osservare<br />
politiche di regimazione in cui l’idrologia è lasciata sviluppare in completa<br />
autonomia: nell’azienda <strong>biologica</strong> la rete di scolo è osservabile solo al confine<br />
con la strada <strong>per</strong>iferica (provinciale) mentre all’interno si osservano i lembi<br />
della rete naturale, identificabili come risorgive e lasciate correre su su<strong>per</strong>fici<br />
incolte, laddove una vera e propria erosione non può quindi aver luogo se non<br />
in forma estremamente ridotta.<br />
98
Rimane comunque la sensazione che nel contesto collinare un rapporto<br />
tra la lunghezza della rete scolante e la su<strong>per</strong>ficie aziendale dipende<br />
inevitabilmente dalla topografia, lasciando alla conduzione un ruolo di<br />
secondo piano.<br />
4.4. Questionari e Interviste<br />
Mentre nei paragrafi precedenti si è rivolta maggior attenzione a<br />
rilevamenti provenienti dalle 4 aziende seguite direttamente da questa’U.O.,<br />
gli <strong>indicatori</strong> derivanti da questionario sono stati somministrati sia a queste<br />
aziende, sulle quali è stato sviluppato il questionario, che sulle 70 aziende del<br />
campione nazionale. Di queste 38 sono risultate in pianura, 32 in collina, con<br />
una distribuzione di dimensione rappresentata in tabella 4.4.1.<br />
Tabella 4.4.1 - Distribuzione della su<strong>per</strong>ficie (SAT) delle aziende intervistate<br />
C (Conv) O (Bio)<br />
Dimensione minima (ha) 0.5 1.2<br />
Dimensione massima (ha) 120.0 108.0<br />
Dimensione media (ha) 28.9 24.9<br />
Dimensione minima (ha) 0.5 3.4<br />
Dimensione massima (ha) 140.0 99.0<br />
Dimensione media (ha) 37.7 29.5<br />
99<br />
P<br />
(Pianura)<br />
H<br />
(Collina)<br />
Nella parte metodologica, in cui si è discussa la tecnica adottata <strong>per</strong> la<br />
selezione del campione, si è descritto come lo stesso sia composto da coppie<br />
di aziende, una a conduzione <strong>biologica</strong> ed una convenzionale, prossime nella<br />
loro struttura e collocate nello stesso ambito territoriale. Pur nella<br />
consapevolezza che sia il ridotto numero delle aziende che il carattere<br />
soggettivo della selezione (ad o<strong>per</strong>a di tecnici di associazioni sindacali) non<br />
<strong>per</strong>mettono di considerare il campione valido da un punto di vista statistico,<br />
nell’ampia dis<strong>per</strong>sione del campione è stato <strong>per</strong>seguito il tentativo di evitare<br />
di ricadere su scenari troppo particolari.<br />
Problemi riscontrati nei rilevamenti - Nel rilievo tramite questionario<br />
è risultato difficile far comprendere all’agricoltore l’importanza delle<br />
informazioni richieste. Ci si è trovati talvolta di fronte ad aziende già<br />
intervistate in passato in cui l’atteggiamento critico dei conduttori sull’utilità<br />
di questo genere di indagini è mitigato solo dalla curiosità.
La delicatezza, <strong>per</strong> non dire la difficoltà, di comunicare con<br />
l’agricoltore è del resto ben nota agli o<strong>per</strong>atori del settore, tanto che parlare<br />
con l’agricoltore richiede l’uso di tecnici interfaccia, preposti di associazioni<br />
di categoria, sindacali e consorzi (es. di irrigazione).<br />
Dal lato pratico tale problema si è trasferito sulla necessità di ricorrere<br />
ad approssimazioni ed ipotesi, alcune delle quali riportate di seguito.<br />
Non raramente la conduzione di alcuni appezzamenti, colture o solo<br />
particolari o<strong>per</strong>azioni colturali (es. mietitura) è demandata a terzi non<br />
disponendo l’azienda di mezzi particolari o non essendo conveniente<br />
utilizzare i mezzi aziendali: in tal caso l’azienda si fa comunque carico<br />
di tutte le o<strong>per</strong>azioni, <strong>per</strong> tutti i bilanci energetici e di materia.<br />
È difficile ottenere dal conduttore informazioni dettagliate su dosaggi e<br />
caratteristiche, soprattutto quando si parla di prodotti non commerciali<br />
quali concimi organici ed ammendanti.<br />
Si sono riscontrati problemi nel comprendere quale rotazione sia<br />
effettivamente condotta in azienda.<br />
Nelle rotazioni i prati (erbai pluriennali) e set-aside sono spesso non<br />
considerati nella valutazione della durata della rotazione.<br />
Sempre nelle rotazioni esistono colture alternative che non<br />
sembrerebbero modificare la rotazione ma nei confronti delle quali le<br />
o<strong>per</strong>azioni colturali non sono necessariamente le stesse: ad esempio la<br />
rotazione quadriennale con orzo o avena.<br />
Non raro è il fatto che le o<strong>per</strong>azioni colturali in <strong>per</strong>iodi in cui la coltura<br />
non è presente dipendano sia dalla coltura precedente (es. interramento<br />
stoppie) che da quella successiva (es. letamazione), <strong>per</strong> cui è stato<br />
necessario distinguere le o<strong>per</strong>azioni riguardanti strettamente una coltura<br />
da quelle intercolturali, descritte in funzione di ogni coppia ordinata di<br />
colture rilevata.<br />
Sulle o<strong>per</strong>azioni colturali si parla di o<strong>per</strong>azione principale o di aratura<br />
profonda senza specificare l’attrezzo, la potenza della trattrice o la<br />
profondità.<br />
Carenti sono le informazioni fornite sulla caratterizzazione fisicochimica<br />
del suoli aziendali.<br />
100
Per fare alcuni esempi su come tale mancanza di risposta possa avere<br />
ri<strong>per</strong>cussioni sul sistema di valutazione, si prenda in esame il caso del rilievo<br />
sui macchinari, quali macchine principali (es. mietitrebbiatrici, trattrici) e<br />
attrezzi utilizzati: individuare il bilancio energetico di un’azienda richiede di<br />
valutare i consumi di carburante (generalmente gasolio) sulle su<strong>per</strong>fici<br />
coltivate, ma non sempre il tecnico è stato in grado di dire quanto tempo <strong>per</strong><br />
unità di su<strong>per</strong>ficie è necessario <strong>per</strong> una determinata o<strong>per</strong>azione (es. fresatura).<br />
Occorre allora prima generalizzare la rappresentazione delle<br />
o<strong>per</strong>azioni, raccogliere le informazioni che si possiedono, quindi provare a<br />
generalizzarle <strong>per</strong> corredarle ai casi su cui non si hanno informazioni.<br />
Problemi simili incorrono <strong>per</strong> le concimazioni ed i trattamenti in merito ai<br />
prodotti indicati (non tutti ancora censiti nelle banche dati). Per questo si è<br />
reso necessario creare una struttura dati gerarchica, rappresentata in figura<br />
4.4.1. Sulle 70 + 4 aziende investigate sono stati osservati 157 processi<br />
composti (suddivisi in rotazione e consociazione) con un massimo di 6 <strong>per</strong><br />
singola azienda. Del totale dei processi elementari osservati, 71 sono i<br />
processi colturali (tab. B1) <strong>per</strong> 77 processi intercolturali (tab. B2), elencati in<br />
appendice B.<br />
In corrispondenza di ogni o<strong>per</strong>azione (semplice o composta) vengono<br />
quindi indicati:<br />
l’eventuale lista delle o<strong>per</strong>azioni, ciascuna individuata da un<br />
identificatore univoco ed eventualmente associata ad una lista di<br />
parametri;<br />
il numero di ripetizioni (in qualche caso l’o<strong>per</strong>azione è ripetuta durante<br />
la stagione, come lo sfalcio);<br />
la potenza della macchina utilizzata;<br />
il lavoro (h/ha): tempo-uomo necessario allo svolgimento<br />
dell’o<strong>per</strong>azione stessa; esso è utilizzato sia <strong>per</strong> la valutazione della<br />
risorsa umana impiegata che <strong>per</strong> la stima energetica e di combustibile<br />
che comporta l’utilizzo del macchinario.<br />
101
Figura 4.4.1 – Rappresentazione del sistema delle entità principali utilizzate<br />
<strong>per</strong> la rappresentazione dei processi produttivi aziendali e <strong>per</strong> l’elaborazione<br />
delle informazioni rilevate<br />
Le o<strong>per</strong>azioni rilevate (tab. B3, app.B) sono ulteriormente distinguibili in:<br />
manuali;<br />
con la sola macchina principale (es. mietitrebbiatrice);<br />
con una trattrice e più attrezzi.<br />
Vanno inoltre distinte le o<strong>per</strong>azioni colturali che prevedono o meno<br />
interventi sul suolo o irrigazioni (non analizzate in dettaglio) da quelle<br />
o<strong>per</strong>azioni associate ad apporti di materiali che maggiormente interessano<br />
questa analisi, e cioè:<br />
concimazioni: fertilizzanti, letamazioni e liquamazioni;<br />
trattamenti: diserbo, difesa, antiparassitario.<br />
Nel primo caso è possibile associare all’o<strong>per</strong>azione non solo la lista dei<br />
prodotti utilizzati ma anche il dosaggio (in kg/ha), mentre nel secondo si<br />
assume quello consigliato dalla casa produttrice.<br />
Di seguito (tabella 4.4.2) è riportato un esempio di processo elementare<br />
in cui sono distinte sulle righe le o<strong>per</strong>azioni composte (date da o<strong>per</strong>azioni<br />
102
semplici svolte simultaneamente attraverso l’uso di strumenti diversi) e da cui<br />
è facilmente desumibile la grammatica e la sintassi utilizzate <strong>per</strong> la relativa<br />
parametrizzazione.<br />
Tabella 4.4.2 - Rappresentazione del processo elementare<br />
o<strong>per</strong>azione ripetizioni Potenza(CV) Lavoro (h/ha)<br />
semina 1 50 1.5<br />
(Urea_100) 3 50 1.0<br />
trinciatura;erpicatura 1 50 2.5<br />
(rame; zolfo) 1 50 1.0<br />
raccolta 1 (manuale) 50<br />
Durata dell’avvicendamento (ITc) - Tale indice, come è chiaro dalla<br />
definizione data nel capitolo precedente, premia le aziende con su<strong>per</strong>fici<br />
impiegate in rotazioni di lunga durata; dal computo sono escluse le su<strong>per</strong>fici<br />
ad uso agricolo <strong>per</strong>manente. I valori che scaturiscono dal computo sembrano<br />
indicare una certa risposta dell’indicatore, ma diseguale <strong>per</strong> i due scenari. Si<br />
evidenzia infatti come nell’approccio convenzionale la scelta della rotazione<br />
non sia molto influenzata da terreni in pendenza, cosa invece che si nota nel<br />
biologico (tab. 4.4.3); l’indicatore non è stato quindi ritenuto in grado di dare<br />
una risposta univoca <strong>per</strong> i due scenari.<br />
Tabella 4.4.3 - Valori dell’indicatore ITc (anni.)<br />
C (Conv) O (Bio)<br />
1.66 2.99 P (Pianura)<br />
2.02 1.77 H (Collina)<br />
GIUDIZIO: NON IDONEO<br />
Diversità colturale (IIc) - Questo indicatore si riferisce all’impatto<br />
paesaggistico della diversità colturale (osservabile <strong>per</strong> le 4 aziende nelle<br />
figure 4.3.5 e 4.3.6). Il risultato è buono in pianura, mentre in collina il<br />
probabile effetto della complessità del terreno spinge, in modo analogo di<br />
quanto osservato nel caso precedente, ad una riduzione della complessità nel<br />
biologico; anche qui quindi la diversa risposta dei due <strong>indicatori</strong> non <strong>per</strong>mette<br />
l’utilizzo dell’indicatore in senso generale (tab. 4.4.4).<br />
103
Tabella 4.4.4 - Valori dell’indicatore IIc (ha -1 )<br />
C (Conv) O (Bio)<br />
1.66 2.53 P (Pianura)<br />
1.85 1.65 H (Collina)<br />
GIUDIZIO: NON IDONEO<br />
Va anche riportato che nella maggioranza dei casi (aziende) il valore dei due<br />
<strong>indicatori</strong> è risultato identico a causa della ridotta incidenza nelle aziende di<br />
lunghe rotazioni e quindi di ripetizioni della stessa coltura sullo stesso<br />
insieme di appezzamenti.<br />
Contenuto in Energia Primaria (IQe) - Anche questo indicatore ha<br />
insita nella sua definizione una buona propensione ad identificare differenze<br />
ascrivibili alla tipologie di conduzione; esso non ha tuttavia evidenziato a<br />
fronte di una netta differenza tra scenario collinare e di pianura, alcuna<br />
nessuna differenza (tab. 4.4.5) tra uso di energia nel biologico rispetto al<br />
convenzionale.<br />
Tabella 4.4.5 - Valori dell’indicatore IQe (Tj/ha)<br />
C (Conv) O (Bio)<br />
1.292 1.285 P (Pianura)<br />
0.451 0.449 H (Collina)<br />
GIUDIZIO: NON IDONEO<br />
Efficienza Energetica (IEe) - L’indice, che intende confrontare le<br />
produzioni ai materiali utilizzati, mostra anch’esso significative differenze tra<br />
i due metodi di conduzione, ma con esito opposto tra collina e pianura (tab.<br />
4.4.6).<br />
Tabella 4.4.6 - Valori dell’indicatore IEe (-)<br />
C (Conv) O (Bio)<br />
0.43 0.62 P (Pianura)<br />
0.71 0.68 H (Collina)<br />
GIUDIZIO: NON IDONEO<br />
104
Bilancio dell’azoto (IQn) - Indice finalizzato a mostrare un’efficienza<br />
d’uso dei fertilizzanti attraverso la componente considerata la più importante<br />
tra i nutrienti, ma anche rilevante dal punto di vista ambientale. I valori<br />
riportati in tabella 4.4.7 <strong>per</strong> le 4 tipologie aziendali non lascia le aspettative<br />
disattese (vedi anche le conclusioni).<br />
Tabella 4.4.7 - Valori dell’indicatore IQn (kg/ha)<br />
C (Conv) O (Bio)<br />
72 2.5 P (Pianura)<br />
122 33 H (Collina)<br />
GIUDIZIO: IDONEO<br />
Bilancio del Fosforo (IQp) - Anche questo indice è, come il<br />
precedente, finalizzato a mostrare un’efficienza d’uso dei fertilizzanti<br />
attraverso un altro importante nutriente, anch’esso rilevante dal punto di vista<br />
ambientale (non <strong>per</strong> la mobilità idrologica interna al suolo ma attraverso il<br />
trasporto di su<strong>per</strong>ficie). I valori riportati in tabella 4.4.8 <strong>per</strong> le 4 tipologie<br />
aziendali non lasciano tuttavia trarre immediate conclusioni.<br />
Tabella 4.4.8 - Valori dell’indicatore IQp (kg/ha)<br />
C (Conv) O (Bio)<br />
72 -10 P (Pianura)<br />
122 33 H (Collina)<br />
GIUDIZIO: NON IDONEO<br />
105
4.5. Considerazioni sui risultati ottenuti<br />
Nei grafici sottostanti sono riportati i valori degli <strong>indicatori</strong> sui quali è<br />
stato dato un giudizio di idoneità, poiché in grado di rilevare differenze sia in<br />
un contesto collinare che in uno di pianura. Per rendersi meglio conto del<br />
grado di sensibilità degli <strong>indicatori</strong> in tal senso e della possibilità di costruire<br />
un indicatore che sintetizzi in modo univoco le differenze tra le conduzioni, si<br />
sono raffigurati i valori degli <strong>indicatori</strong> in diagrammi polari distinti <strong>per</strong> scala,<br />
che si ricorda essere quella parcellare e aziendale, quest’ultima distinta <strong>per</strong><br />
aziende con sopralluoghi diretti ed aziende intervistate. I valori rappresentati<br />
in diagrammi polari sono stati preventivamente normalizzati, ovvero riferiti al<br />
valor medio. La figura 4.5.1 dà la sintesi globale dei valori ottenuti, mentre in<br />
tabella 4.5.1 è riportata la legenda degli <strong>indicatori</strong>.<br />
Figura 4.5.1 - Rappresentazione polare dei valori medi degli <strong>indicatori</strong> <strong>per</strong> i<br />
due scenari esaminati (pianura e collina)<br />
IQ_e<br />
IL_h<br />
IQ_n<br />
IQ_h<br />
IC_n<br />
2.0<br />
1.0<br />
0.0<br />
II_ve<br />
IF_co<br />
IC_ve<br />
IC_ve<br />
II_ve<br />
106<br />
convenzionale<br />
biologico
Tabella 4.5.1 - Denominazioni degli <strong>indicatori</strong> valutati come idonei<br />
Sigla Descrizione Sigla Descrizione<br />
IQ_e Contenuto in Energia Primaria II_v Diversità di specie vegetali<br />
IF_co Tasso di respirazione del suolo IC_v Ricchezza delle specie<br />
IT_c Durata dell’avvicendamento II_ve Diversità delle specie erbacee<br />
IL_h Lunghezza delle siepi IC_ve Ricchezza di specie erbacee<br />
IC_h Numero di ambienti naturali IC_n Azoto Totale del suolo<br />
IQ_n Bilancio dell’Azoto<br />
Nei grafici (fig. 4.5.2 e fig. 4.5.3) sono riportati distintamente le<br />
risultanti dei valori <strong>per</strong> lo scenario di pianura e quello di collina.<br />
Figura 4.5.2 -<br />
Rappresentazione polare<br />
dei valori degli<br />
<strong>indicatori</strong> <strong>per</strong> il caso di<br />
pianura<br />
Figura 4.5.3 -<br />
Rappresentazione polare<br />
dei valori degli<br />
<strong>indicatori</strong> <strong>per</strong> il caso di<br />
collina<br />
IQ_e<br />
IL_h<br />
IQ_e<br />
IL_h<br />
IQ_n<br />
IQ_h<br />
IQ_n<br />
IQ_h<br />
107<br />
IC_n<br />
2.0<br />
1.0<br />
0.0<br />
IC_n<br />
2.0<br />
1.0<br />
0.0<br />
II_ve<br />
II_ve<br />
IF_co<br />
IC_ve<br />
IF_co<br />
IC_ve<br />
IC_ve<br />
II_ve<br />
IC_ve<br />
II_ve<br />
convenzionale<br />
biologico<br />
convenzionale<br />
biologico
In tutti i grafici si può notare la presenza di un incrocio tra le linee di<br />
congiungimento dei dati, dovuta al fatto che i due indici associati all’uso di<br />
energia primaria e bilancio dell’azoto crescono al crescere di inputs di<br />
materiali, e quindi evidenziano fattori tipici della conduzione convenzionale,<br />
mentre gli altri indici premiano attività più tipiche della conduzione<br />
<strong>biologica</strong>.<br />
Nel complesso (figura 4.5.1) gli <strong>indicatori</strong> che hanno mostrato più<br />
diversificazione sono quelli riferiti alla biodiversità vegetale in tutte le sue<br />
espressioni, numero di specie, di habitat e di estensione su<strong>per</strong>ficiale. Chiara è<br />
anche la diversificazione in termini di input energetici e di fertilizzanti,<br />
mentre il contenuto in carbonio e la respirazione non mostrano differenze<br />
così elevate come i primi. A mostrare le maggiori differenze tra pianura e<br />
collina sono gli indici vegetazionali associati naturalmente anche alle evidenti<br />
differenze in termini di paesaggio.<br />
Una considerazione particolare va fatta sulla sostanza organica nei<br />
suoli. Benché il giudizio sia risultato negativo, i dati hanno fatto notare come<br />
in alternativa possano essere utilizzati i valori relativi alla variabilità<br />
stagionale della concentrazione di SO. Tanto più che tale dinamicità conferma<br />
quella notata <strong>per</strong> la respirazione microbica.<br />
Considerazioni sui costi di Produzione degli Indicatori - La metodica<br />
di rilevamento ha, come prevedibile, grosse ri<strong>per</strong>cussioni sui costi di<br />
produzione del dato.<br />
A seconda della tecnica di valutazione associata all’indicatore, la<br />
valutazione dello stesso può comportare un impegno di risorse umane e<br />
finanziarie più o meno elevato, fattore che incide nella selezione degli<br />
<strong>indicatori</strong> da adottare in una determinata analisi.<br />
Il campionamento prevede una fase di determinazione dei siti da<br />
rilevare, di pianificazione delle uscite, una fase o<strong>per</strong>ativa (il campionamento<br />
vero e proprio), una di immagazzinamento (es. frigorifero) e un’analisi di<br />
laboratorio con una articolazione a sé stante (protocollo). Questo processo<br />
accomuna sia l’osservazione di grandezze fisiche che di quelle chimiche e<br />
microbiologiche dei terreni.<br />
La parte più impegnativa dal punto di vista delle risorse (umane) che<br />
devono essere simultaneamente disponibili è la prima (pianificazione) mentre<br />
quella più onerosa è senz’altro quella di laboratorio. Spesso si osserva che lo<br />
108
sforzo analitico è assai più elevato <strong>per</strong> i fluidi che <strong>per</strong> le componenti solide: in<br />
pratica, essendo le analisi <strong>ambientali</strong> condotte solitamente su suolo, acque e<br />
aria, l’impegno richiesto <strong>per</strong> il campionamento delle ultime è assai maggiore.<br />
Quella riportata nella tabella 4.5.2 che segue fornisce una stima<br />
orientativa di tipo comparativo sugli oneri <strong>per</strong> la produzione di <strong>indicatori</strong> in<br />
base alle tecniche suddette basata sulle es<strong>per</strong>ienze recenti.<br />
Tabella 4.5.2 - Valori indicativi del tempo uomo necessario alla derivazione<br />
di <strong>indicatori</strong> a partire dal protocollo sviluppato dall’analisi SABIO<br />
Campionamento/ analisi 3 <strong>per</strong>sone giorno / azienda<br />
Sopralluogo 3 <strong>per</strong>sone giorno / azienda<br />
Cartografia 2 <strong>per</strong>sone giorno / azienda<br />
Questionario 1 <strong>per</strong>sone giorno / azienda<br />
Naturalmente occorre distinguere i tempi di produzione di <strong>indicatori</strong><br />
già inquadrati in un protocollo da quelli necessari allo sviluppo del protocollo<br />
stesso (come in questa analisi).<br />
I valori sono da considerare puramente indicativi e soggetti a variazioni<br />
che come si intuisce sono estremamente sensibili a:<br />
- dimensione e complessità aziendale e del territorio;<br />
- quantità di campioni desiderati, sia in termini di risoluzione spaziale che<br />
temporale.<br />
109
110
CONCLUSIONI<br />
Questo studio ha mirato a sviluppare una metodologia di analisi dei<br />
sistemi produttivi basata su <strong>indicatori</strong> con una articolazione orientata a<br />
migliorare i numerosi sforzi compiuti in passato. Per questo nella prima parte<br />
si sono evidenziate in modo analitico le diverse modalità di approccio al<br />
problema, cercando anche di focalizzare lo studio su <strong>indicatori</strong> in grado di<br />
evidenziare differenze tra metodo biologico e convenzionale. Già in questa<br />
analisi emerge l’importanza di distinguere la scala aziendale da quella di<br />
processo produttivo.<br />
Il protocollo di rilievo, basato su 4 tecniche di osservazione ed<br />
elaborazione (campionamento ed analisi di laboratorio, sopralluoghi<br />
territoriali e rilievi vegetazionali, analisi ed elaborazioni cartografiche ed,<br />
infine, somministrazione di questionari ed analisi dei dati), ha <strong>per</strong>messo<br />
altresì di sondare <strong>indicatori</strong> con un contenuto informativo radicalmente<br />
diverso.<br />
Nel selezionare gli <strong>indicatori</strong> ci si è anche resi conto di come alcuni di<br />
essi, ampiamente utilizzati in letteratura <strong>per</strong> l’analisi dell’inquinamento<br />
ambientale da fertilizzanti e fitofarmaci, basati su informazioni a carattere<br />
geo-pedologico e idrologico, non fossero idonei a questa analisi a causa della<br />
scarsa disponibilità ed attendibilità di informazioni tecniche inerenti alle<br />
pratiche irrigue e, soprattutto, sui dettagli delle pratiche <strong>agro</strong>nomiche (es.<br />
direzione dei <strong>per</strong>corsi di lavorazione rispetto alla pendenza). Tali<br />
informazioni utilizzate <strong>per</strong> il calcolo di <strong>indicatori</strong> tradizionali dell’agricoltura<br />
sostenibile, quali quelli associati alla stima della fenomenologia erosiva, non<br />
sono infatti risultate facilmente re<strong>per</strong>ibili nè <strong>per</strong> le 4 aziende investigate<br />
direttamente dall’U.O. nè <strong>per</strong> il campione di aziende a scala nazionale.<br />
Il suddetto coinvolgimento diretto delle aziende ha <strong>per</strong>altro<br />
evidenzianto l’importanza dell’aspetto comunicativo. La mediazione da parte<br />
di associazioni di categoria è risultata essere, nel caso dei questionari diffusi a<br />
scala nazionale, indispensabile <strong>per</strong> intervenire nel territorio, dando del resto<br />
ennesima riprova di come tali agenti siano oggi gli unici in grado di attivare<br />
un dialogo tra mondo della ricerca (accademica) e quello della produzione<br />
agraria.<br />
111
Nello schema investigativo oltre a confrontare realtà biologiche e<br />
convenzionali, si è tenuta distinta la realtà collinare da quella di pianura,<br />
distinzione che ha fatto emergere come non tutti gli <strong>indicatori</strong> valutati<br />
<strong>per</strong>mettono di distinguere attività biologiche e convenzionali nei due contesti.<br />
In particolare, <strong>per</strong> quanto riguarda le analisi chimico-microbiche, il<br />
contenuto organico e la dinamicità dell’attività microbica stagionale hanno<br />
messo in luce quanto la conduzione <strong>biologica</strong> possa voler dire in termini di<br />
componente microbica, la cui influenza sulla fertilità del suolo è nota da<br />
molto tempo, con un rinnovato interesse a livello internazionale.<br />
Le analisi floristiche sono quelle che hanno manifestato la maggior<br />
efficienza nel mostrare una diversità di conduzione. Tutti gli <strong>indicatori</strong><br />
rilevabili sia a scala aziendale che parcellare hanno infatti risposto<br />
validamente alla tipologia di conduzione più che alla collocazione territoriale<br />
dell’azienda. Anche in termini di metodica di rilievo, le risorse richieste in<br />
termini di <strong>per</strong>sone e tempo (incluse le elaborazioni), hanno rivelato come essa<br />
sia la più applicabile in modo estensivo.<br />
Le analisi cartografiche si sono tutto sommato dimostrate meno<br />
confortanti di quanto atteso, anche se il dato può in parte essere imputato alla<br />
già menzionata elevata eterogeneità strutturale delle aziende e al variegato<br />
paesaggio che contraddistingue il territorio italiano.<br />
Dai rilevamenti da questionario sono invece provenuti i risultati attesi,<br />
anche se non <strong>per</strong> tutti gli indici. Le differenze di conduzione sono state infatti<br />
rese visibili sia in termini di flussi di materia ed energia che come efficienze,<br />
in entrambi i casi a favore dell’approccio biologico.<br />
Nel complesso si può quindi osservare che l’analisi condotta ha<br />
<strong>per</strong>messo di delineare una valida serie di <strong>indicatori</strong> in grado di rilevare<br />
differenze tra regime convenzionale e biologico, <strong>indicatori</strong> che <strong>per</strong>mettono<br />
oggi di tracciare i punti di forza del biologico rispetto al convenzionale da un<br />
punto di vista <strong>agro</strong>-ambientale <strong>per</strong> quel che riguarda:<br />
Aspetti microbiologici - è stato notato in modo deciso il diverso<br />
comportamento dei suoli soggetti ad un minor carico di input e di<br />
attività produttive, in termini di una popolazione microbica più<br />
sensibile alle variazioni stagionali e quindi probabilmente più vitale;<br />
una conferma dell’importanza del fenomeno potrebbe venire solo da<br />
campagne di rilievi di maggior ampiezza.<br />
112
Biodiversità - netta è risultata la differenziazione in termini di<br />
biodiversità delle fasce vegetati e dei bordi di campo, positiva dal<br />
punto di vista ecologico; con cautela va invece vista l’aumentata<br />
biodiversità associata ad un aumento dello sviluppo delle malerbe<br />
presenti sulla coltura.<br />
Input/output di energia e materiali - favorevole <strong>per</strong> il biologico è<br />
risultato anche il bilancio di sostanze nutrienti e di prodotti quali<br />
<strong>agro</strong>farmaci e carburanti, presi in considerazione attraverso l’energia<br />
interna, parametro che riassume l’interezza dei costi produttivi e <strong>per</strong><br />
la società.<br />
I maggiori problemi evidenziati dall’analisi sono da vedere<br />
fondamentalmente in chiave comunicativa. È emersa infatti l’esigenza di un<br />
approfondimento della conoscenza delle aziende ed in particolare delle<br />
tecniche <strong>agro</strong>nomiche.<br />
113
114
APPENDICE A<br />
Elenco delle specie riconosciute nelle parcelle coltivate (tab. A1), negli<br />
ambienti di pianura (tab. A2) e in quelle di collina (tab. A3).<br />
Tabella A1 - Specie e numero di individui ritrovati negli appezzamenti<br />
coltivati (i valori sono ottenuti attraverso 8 lanci casuali di una cornice<br />
quadrata di 20cm di lato, e quindi <strong>per</strong> una su<strong>per</strong>ficie esplorata complessiva<br />
di 0.32 mq)<br />
Specie CP OP CH OH<br />
Alopecurus myosuroides 4<br />
Anagallis arvensis 13<br />
Anagallis foemina 2<br />
Anagallis spp 1 5<br />
Anthemis altissima 3<br />
Avena sterilis 1 5 7<br />
Cirsium arvense 1<br />
Convolvulus arvensis 1<br />
Echinochloa Crus-Galli 1 1 1<br />
Equisetum arvense 1<br />
Equisetum Telmateia 1<br />
Euphorbia esula 6 1 3<br />
Fallopia convolvolus 2 9<br />
Galium aparine 1<br />
Legousia speculum-veneris 3 1<br />
Nigella spp. 2<br />
Papaver rhoaes 14 1<br />
Phalaris paradoxa 1 1<br />
Picris echioides 2<br />
Polygonum aviculare 1 7 6<br />
Ranunculus arvensis 2<br />
Scandix pecten-veneris 1<br />
Sinapis arvensis 1<br />
Vicia sativa 1<br />
115
Tabella A2 - Lista delle specie rilevate nelle formazioni vegetali in pianura<br />
(P)<br />
Achillea millefolium Clematis alpine Poa spp.<br />
Abutilon theophrasti Medicus Convolvulus arvensis Poa trivialis<br />
Agrimonia eupatoria Crepis spp Polygonum aviculare<br />
Agropyron repens Cuscuta Polygonum lapathifolium<br />
Agropyron spp. Cynodon spp. Potentilla reptans<br />
Alisma plantago-acquatica Cy<strong>per</strong>us spp. Ranunculus repens<br />
Alopecurus myosuroides Daucus carota Ranunculus spp.<br />
Anagallis arvensis Equisetum arvense Rumex acetosa (acetosella)<br />
Anagallis foemina Galium aparine Rumex crispus<br />
Anagallis spp Galium mollugo Salix alba (salice bianco)<br />
Aristolochia clematitis Galium verum Salvia pratensis<br />
Artemisia vulgaris Geranium dissectum Scandix pecten-veneris<br />
Avena spp. Gladiolus segetum Scolymus hispanicus<br />
Avena sterilis Glechoma hederacea Sinapis arvensis<br />
Bolboschoenus maritimus Lemna spp. Sonchus as<strong>per</strong><br />
Bromus spp. Lolium multiflorum Symphytum officinale<br />
Bromus erectus Lotus corniculatus Taraxacum Off.<br />
Bromus hordeaceus Lythrum salicaria Trifolium pratense<br />
Butomus umbellatus Matricaria chamomilla Trifolium repens (tr. Bianco)<br />
Calystegia arvensis Melandryum album Typha latifolia<br />
Calystegia sepium Myosotis arvensis Ulmus minor<br />
Chenopodium album Ornithogallum<br />
narbonense<br />
Urtica dioica<br />
Chenopodium polys<strong>per</strong>mum Papaver rhoaes Veronica anagallis-aquatica<br />
Chenopodium vulvaria Picris echioides Veronica Persica<br />
Cirsium vulgare Plantago lanceolata Vitis vinifera<br />
116
Tabella A3 - Lista delle specie rilevate nelle formazioni vegetali in collina<br />
(H)<br />
Acer campestre Eupatorium cannabinum Plantago minor<br />
Acer pseudoplatanus Festuca spp Poa pratensis<br />
Aegylops geniculata Ficus carica (fico) Poa spp.<br />
Agropyron repens Fraxinus ornus (orniello) Poa trivialis<br />
Alopecurus myosuroides Galega Off. Populus Nigra<br />
Anagallis arvensis Galium aparine Potentilla reptans<br />
Anthemis altissima Galium mollugo Prunus spinosa (prugnolo)<br />
Anthemis tinctoria Geranium dissectum Pulmonaria officinalis<br />
Artemisia vulgaris Gladiolus segetum Pyrus pyraster<br />
Arundo donax Glechoma hederacea Quercus petrea (rovere)<br />
Avena sterilis Hedysarum coronatum Quercus pubescens<br />
Bromus spp. I<strong>per</strong>icum <strong>per</strong>foratum Robinia pseudoacacia<br />
Bromus erectus juglans nigra Rosa canina<br />
Bromus hordeaceus juglansa regia (noce) Rubus caesius (rovo)<br />
Bromus Murinum Lactuca serriola Rumex crispus<br />
Bromus sterilis Lamium spp. Rumex spp.<br />
Broussonetia Papyrifera Lapsana communis Salix alba (salice bianco)<br />
Calystegia sepium Lathyrus sylvestris Sambucus nigra<br />
Cedrus atlantica Legousia spec.veneris Sanguisorba minor<br />
Centarium Umbellatum Ligustrum japonicum Scabiosa columbaria<br />
Centaurea jacea Ligustrum vulgare Sinapis arvensis<br />
Cichorium Intybus Lolium multiflorum Sonchus as<strong>per</strong><br />
Cirsium arvense Lolium <strong>per</strong>enne Spartium junceum<br />
Cirsium spp Malva sylvestris Stachis Sylvatica<br />
Cirsium vulgare Matricaria chamomilla Stellaria media<br />
Clematis vitalba Medicago lupulina Taraxacum officinale<br />
Convolvulus arvensis Melandryum album Trifolium spp.<br />
Cornus sanguinea Meliloto Offcinalis Trifolium Incarnato<br />
Coronilla varia Mentha spp. Trifolium repens<br />
Crategus monogyna Morus alba (gelso) Ulmus minor<br />
Dactylis glomerata Papaver rhoaes Urtica dioica<br />
Daucus carota Parietaria judaica Verbena officinalis<br />
Echinochloa spp Phalaris paradoxa Vicia sativa<br />
Edera helix Picris echioides Vitis vinifera<br />
Equisetum arvense Plantago lanceolata Xanthium Italicum (lappa)<br />
Equisetum Telmateia Plantago major<br />
117
118
APPENDICE B<br />
Elenco dei processi colturali (tab. B1), di quelli intercolturali (tab. B2) e delle<br />
singole o<strong>per</strong>azioni riportate nei questionari.<br />
Tabella B1 - Lista dei processi colturali esaminati<br />
Actinidia Cocomero Mais-mono Pomodoro-da-mensa<br />
Agrume Erbaio Medica Prato<br />
Albicocco Fagiolino Melanzana Radicchio<br />
Arancio Farro Melo Rovo-da-more<br />
Avena Favino Melograno Soia<br />
BarbaBietola Frumento-Duro Melone Sorgo<br />
Bietola Frumento-Duro- Nespolo Sovescio<br />
mono<br />
Carciofo Frumento-Tenero Nocciolo Spinacio<br />
Castagno Frutteto Olivo Susino<br />
Cavolfiore Girasole Ortaggio-a-foglia Tabacco<br />
Cavolo Insalata Orzo Trifoglio<br />
Cavolo-broccolo Kaki Patata Valerianella<br />
Cavolo-<br />
Lampone Pe<strong>per</strong>one Veccia<br />
cappuccio<br />
Cavolo-Verza Lattuga Pero Vite<br />
Cereale-a-paglia Limone Pesco Zucca<br />
Ciliegio Loietto Pisello-Proteico Zucchino<br />
Cipolla Mais Pomodoro-daindustria<br />
119
Tabella B2 - Lista dei processi intercolturali rilevati<br />
Avena_Erbaio Mais_Frumento-tenero<br />
Barbabietola_Mais Mais_Mais<br />
Bietola_Melanzana-Pe<strong>per</strong>one Mais_Sorgo<br />
Cavolo_Zucchino Mais_Trifoglio<br />
Cavolo-verza_Zucchino Medica_Erbaio<br />
Cece_Frumento-duro Medica_Frumento-duro<br />
Cereale-a-paglia_Mais Melanzana_Sovescio<br />
Cereale-a-paglia_Pisello-proteico Melanzana_Valerianella<br />
Cipolla_Cavolo Orzo_Avena<br />
Erbaio_Farro Orzo_Erbaio<br />
Erbaio_Frumento-duro Orzo_Favino<br />
Erbaio_Frumento-tenero Orzo_Frumento-duro<br />
Erbaio_Girasole Orzo_Medica<br />
Erbaio_Orzo Orzo_Sorgo<br />
Farro_Orzo Orzo_Trifoglio<br />
Favino_Frumento-duro Pe<strong>per</strong>one_Sovescio<br />
Favino_Orzo Pe<strong>per</strong>one_Valerianella<br />
Favino_Pisello-Proteico Pisello-Proteico_Mais<br />
Frumento-duro_Erbaio Pisello-Proteico_Medica<br />
Frumento-duro_Favino Pisello-Proteico_Orzo<br />
Frumento-duro_Girasole Pomodoro_Bietola<br />
Frumento-duro_Mais Prato_Frumento-duro<br />
Frumento-duro_Medica Radicchio_Insalata<br />
Frumento-duro_Orzo Radicchio_Lattuga<br />
Frumento-duro_Pisello-proteico Set-Aside_Frumento-duro<br />
Frumento-duro_Soia Soia_Frumento-tenero<br />
Frumento-duro_Sorgo Sorgo_Favino<br />
Frumento-duro_Trifoglio Sorgo_Pisello-proteico<br />
Frumento-tenero_Barbabietola Sovescio_Cipolla<br />
Frumento-tenero_Girasole Tabacco_Orzo<br />
Frumento-tenero_Orzo Trifoglio_Frumento-duro<br />
Girasole_Frumento-duro Trifoglio_Mais<br />
Girasole_Soia Trifoglio_Medica<br />
Girasole_Tabacco Trifoglio_Orzo<br />
Insalata_Pomodoro Valerianella_Zucchino<br />
Lattuga_Cavolo-verza Veccia_Frumento-duro<br />
Lattuga_Radicchio Zucchino_Lattuga<br />
Mais_Cereale-a-paglia Zucchino_Radicchio<br />
120
Tabella B3 - Lista delle o<strong>per</strong>azioni riscontrate nei questionari<br />
Tipo<br />
Lavorazione<br />
O<strong>per</strong>azione Tipo O<strong>per</strong>azione<br />
principale Aratura Semina Semina<br />
Aratura-profonda Semina-proporzionale<br />
Lavorazione<br />
Aratura-su<strong>per</strong>ficiale Trapianto Trapianto<br />
secondaria Affinamento<br />
Lav.<br />
Trapianto-manuale<br />
Fresatura<br />
co<strong>per</strong>tura Sarchiatura<br />
Vangatura Rincalzatura<br />
Motozappatura Interramento<br />
Lav.preliminari Intermedia Controllo Irrigazione<br />
Discatura Concimazione<br />
Estirpo-discatura Letamazione<br />
Estirpatura Liquamazione<br />
Erpicatura Trattamento<br />
Erpicatura-disco Trattamento seminativo<br />
Erpicatura-rotante Trattamento frutteto<br />
Strigliatura Trattamento manuale<br />
Lav. Messa a coltura Sistemazione Raccolta Raccolta (manuale)<br />
Interv. non invasivi Falciatura Vendemmia<br />
Trinciatura Raccolta-meccanica<br />
Trinciatura-frutteto Scuotitura<br />
Falsa-semina Trebbiatura<br />
Sfalcio / Fienagione<br />
Manutenzione- PostRaccoltat<br />
Interventi manuali su<strong>per</strong>ficiale<br />
manuali Rimozione-teli<br />
Posa-teli Rimozione-tunnel<br />
Rimozione-<br />
Pacciamatura<br />
pacciamature<br />
Manutenz.impianti Espianto<br />
Rimozione-residui<br />
Tiraggio Essicazione<br />
Manutenzione-piante Calibrazione<br />
Potatura Pulitura<br />
Legatura Cernita<br />
Diradamento Confezionamento<br />
Strecciatura Insacchettatura<br />
Scarducciatura<br />
Post Raccolta<br />
Movimentazione<br />
Dicioccatura meccanizzati Voltamento<br />
Sfemminatura Andanatura<br />
Diradamento Ranghinatura<br />
Cimatura Pressatura<br />
Stragliatura Imballatura<br />
Stolonatura Caricamento-balle<br />
Scacchiatura<br />
Defogliazione<br />
Trasporto<br />
121
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