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GERARDO GIANNONE<br />

I l<br />

compagno Pietro Ingrao<br />

in un congresso del Pci, rivolgendosi<br />

ai dirigenti del<br />

partito disse «non mi avete<br />

convinto» e uso quella frase<br />

così giusta in quel periodo e in<br />

quel contesto perchè è valida<br />

ancora oggi.<br />

Il percorso unitario che le<br />

confederazioni sindacali stanno<br />

attuando in questo periodo<br />

lascia presupporre la fine del<br />

Ccnl, e come negli anni 80 si<br />

cercava di nascondere quello<br />

che c’era dietro la riforma<br />

della scala mobile, ora si vuole<br />

nascondere quello che c’è dietro<br />

questa riforma: la fine del<br />

contratto collettivo nazionale<br />

di lavoro.<br />

Credo che le rassicurazioni<br />

che il sindacato sta dando e il<br />

finto referendum (vedi quello<br />

sulle pensioni e welfare) siano<br />

null’altro che il passaggio alla<br />

terza fase del mutamento iniziato<br />

nel 1986.<br />

La mor-<br />

te della scala<br />

mobile ha<br />

prodotto una<br />

disuguaglianza<br />

sociale di<br />

grande rilievo;<br />

ha portato<br />

i lavoratori a<br />

restare senza<br />

soldi alla fatidica<br />

terza<br />

settimana e<br />

a lasciare che<br />

il rinnovo del<br />

Ccnl, il quale<br />

4<br />

peraltro avviene sempre in ritardo<br />

e con accordi al ribasso,<br />

rimanesse l’unica arma di difesa<br />

dei lavoratori.<br />

I lavoratori di una grande<br />

industria potranno contrattare<br />

un fantomatico rinnovo contrattuale<br />

di secondo livello diverso<br />

da città a città ottenendo,<br />

secondo quanto prospettato dai<br />

dirigenti del sindacato, ampi<br />

benefici sia economici sia occupazionali,<br />

ma, come sempre<br />

avviene in ogni favola c’è sempre<br />

un pericolo nascosto.<br />

Ad esempio, lo stabilimento<br />

Fiat di Pomigliano che sorge su<br />

un’area di 6 Km quadrati dove<br />

lavorano 5 mila dipendenti<br />

Fiat e circa 3 mila dell’indotto<br />

interno, nella teoria potrebbe<br />

beneficiare di lauti aumenti salariali<br />

e potrebbe migliorare sia<br />

gli aspetti di sicurezza sia quelli<br />

di lavoro, però, il tutto può avvenire<br />

solo a una condizione: la<br />

produzione.<br />

Nasce la domanda: chi garantisce<br />

la produzione? Il padrone?<br />

e perché dovrebbe garantire<br />

la produzione in un sito<br />

che rivendica più soldi e più<br />

sicurezza?<br />

La domanda seppur provocatoria<br />

è sensata. A tuttoggi<br />

l’ad Marchionne ancora non ha<br />

deciso quale missione produttiva<br />

dare al sito pomiglianese. Se<br />

noi oggi fossimo in fase di trattativa<br />

contrattuale non avremmo<br />

elementi di supporto alle<br />

nostre rivendicazioni, e tra l’altro,<br />

se noi dipendenti della Fiat,<br />

Giovedì 29 Maggio 2008<br />

DIRITTI AL CAPOLINEA<br />

«La strada<br />

dello sviluppo<br />

non<br />

può essere<br />

disegnata<br />

dalle imprese,<br />

e il<br />

mercato<br />

non può<br />

essere<br />

l’unico elemento<br />

di<br />

progresso»<br />

e dipendenti dello stabilimento<br />

più grande del mezzogiorno<br />

abbiamo difficoltà a chiedere<br />

aumenti, figurarsi quelli più<br />

piccoli dove il sindacato proprio<br />

non esiste.<br />

Passare da una citazione di<br />

Ingrao a una di Andreotti è una<br />

forzatura ma permettetemi di<br />

farlo comunque: «a pensar male<br />

si fa peccato ma a volte ci si<br />

azzecca».<br />

Negli anni del dopoguerra<br />

fino agli inizi degli anni 90<br />

esisteva un sindacato di classe<br />

e di lotta, poi siamo passati<br />

ad un sindacato concertativo e<br />

partecipativo (nessuna concer-<br />

tazione ha mai dato risultati per<br />

i lavoratori) ora con la vittoria<br />

della destra Berlusconiana e<br />

con l’esclusione dei comunisti<br />

dal Parlamento si sta pensando<br />

ad un sindacato di servizio.<br />

Questa formula di fatto già<br />

esiste, basta guardare al ruolo<br />

che hanno i servizi di assistenza<br />

fiscale e quella relativa alle<br />

pratiche Inps. Insomma i soldi<br />

che girano fra i rimborsi dei<br />

vari Caf e Previdenza abbinati<br />

alla automatica iscrizione al<br />

sindacato da parte dei pensionati<br />

(i quali sono circa il 50%<br />

del totale degli iscritti di Cgil<br />

Cisl e Uil) lascia presupporre<br />

che la voglia di volare alto sia<br />

meno forte di quella di stare sul<br />

ramo ad aspettare.<br />

Il sindacato, in questo contesto<br />

storico dove anche il sindacalismo<br />

di base viene stralciato<br />

dalle fabbriche e quando ha la<br />

forza di resistere è ridotto a puro<br />

simbolo, sta legittimando la<br />

richiesta di Confindustria e del<br />

governo di annullare quanto<br />

di buono è rimasto delle lotte<br />

degli anni settanta: il contratto<br />

collettivo nazionale di lavoro.<br />

Credo che bisogna cominciare<br />

un’altra volta a sognare<br />

tenendo ben presente ciò che<br />

avviene senza quindi dimen-<br />

primopiano<br />

Il nuovo modello dà il via al “sindacato di servizio”<br />

NUCLEARE<br />

Una falsa soluzione a un problema vero<br />

A 21 ANNI dal referendum con il quale, seppur sull’onda emotiva<br />

del disastro di Cernobyl, gli italiani hanno deciso a larghissima<br />

maggioranza di bandire la produzione di energia nucleare, ora il<br />

governo delle destre ci riprova e promette entro il 2<strong>01</strong>3 le prime<br />

pietre di tante nuove centrali nucleari nel nostro Paese. Sarebbe<br />

sbagliato liquidare la questione rubricandola nel libro dei sogni,<br />

o degli incubi, del Berlusconi quarto. Dobbiamo attrezzarci ad<br />

analizzare con serietà la questione perché questo tema sarà un<br />

banco di prova dell’opposizione sociale dei prossimi anni. Opposizione<br />

a quel progetto che si scontrerà con le crescenti, motivatissime,<br />

preoccupazioni per la crisi energetica globale. Ma<br />

tornare ora al nucleare è praticabile, conveniente e sicuro? Pare<br />

proprio di no. Per quattro validi motivi che sono noti anche ai<br />

sostenitori del nucleare e che sono alla base delle previsioni della<br />

stessa Aiea di una riduzione del nucleare su scala mondiale dal<br />

15% al 13% entro il 2030 (che poi è l’anno nel quel è prevedibile<br />

ticare il metodo usato dal direttore<br />

del Gb Vico (Fiat) di<br />

Pomigliano che ha intimorito i<br />

lavoratori attraverso lettere spedite<br />

alle famiglie, che ha cercato<br />

la partecipazione alla produzione<br />

ma non ha accettato che<br />

qualcuno potesse “disturbare il<br />

conducente”. Questo è il sintomo<br />

dell’arretramento culturale<br />

in atto.<br />

Concludo ricordando che la<br />

strada dello sviluppo non può<br />

essere disegnata dalle imprese<br />

ma che, al contrario, possiamo<br />

affermare che proprio quel modello<br />

è fallito e che il mercato<br />

non può essere l’unico elemen-<br />

che il programma nucleare italiani possa realisticamente vedere<br />

la luce)<br />

1. richiede investimenti e tempi di realizzazione ingenti;<br />

2. la materia prima, l’uranio, scarseggia;<br />

3. produce scorie pericolosissime e non smaltibili;<br />

4. non è vero che ora le centrali sono sicure.<br />

Partiamo dal primo problema. Se decidessimo oggi di riportare<br />

il nostro Paese nel club del nucleare allineandolo alla<br />

produzione elettrica media Ue da nucleare (30%), dovremmo<br />

costruire 8 reattori come quello che sta realizzando la Finlandia<br />

(il più grande al mondo), oppure 8 come gli ultimi completati in<br />

Francia, oppure 12 di quelli più grandi in costruzione in Cina o<br />

13 di quelli di tipologia russa. Quindi servirebbero tempi lunghi<br />

e investimenti economici giganteschi dei quali Belrusconi non<br />

parla. Per non parlare della scelta dei siti. Sulla realizzazione concreta<br />

delle centrali poi dovremmo andare a vedere che succede

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