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Ddl Mastella Inchiesta Ordine Personaggio - Ordine dei Giornalisti

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Tabloid 1 / 2008<br />

Gli enti<br />

della categoria<br />

PRECARIATO / ISTITUITO UN OSSERVATORIO NAZIONALE CON SEDE A MILANO<br />

Quando la notizia<br />

vale 1 kg d’insalata<br />

Con Barzini e Montanelli abbiamo in comune la passione<br />

per il nostro “mestiere”, ma il lavoro del giornalista<br />

è sempre più insicuro, pagato quando capita e sommerso<br />

di Giuseppe Spatola*<br />

“Il mestiere del giornalista è difficile,<br />

carico di responsabilità, con orari<br />

lunghi, anche notturni e festivi, ma<br />

è sempre meglio che lavorare…”.<br />

Chissà se oggi il pensiero di Luigi<br />

Barzini, firma storica del giornalismo<br />

italiano, sarebbe lo stesso. Sì, perché<br />

di questi tempi si fa presto a dire<br />

giornalista, ma si fa prima a pensare<br />

al precariato. Oggi fare il giornalista<br />

non è certo meglio che lavorare, ma è<br />

forse il modo più difficile per “lavorare<br />

e guadagnare”.<br />

Così, dimenticando l’idea dello storico<br />

inviato del Corriere, nelle redazioni del<br />

xxI secolo una notizia vale poco meno<br />

di un chilo di insalata fresca comperata<br />

al mercato: 2 euro lordi... Insomma,<br />

altro che “call center” e neolaureati<br />

che fanno i camerieri – simbolo della<br />

precarietà del nuovo millennio. I nuovi<br />

giornalisti, che nulla hanno in comune<br />

con i Barzini o i Montanelli se non la<br />

passione per un mestiere diventato<br />

per antonomasia “sempre più insicuro,<br />

incostante e capriccioso” (citazione<br />

da una delle ultime interviste a Enzo<br />

Biagi), si riconoscono in quelli “pagati<br />

quando (e se) capita da padroni che<br />

non assumono mai”.<br />

Per essere brutale, perché la schiettezza<br />

paga ancora anche in questo<br />

mestiere, siamo diventati un esercito<br />

di lavoratori in nero che ha superato il<br />

punto del non ritorno. Basta leggere<br />

con attenzione il libro bianco sul lavoro<br />

nero, pubblicato due anni fa dalla<br />

Fnsi, per scoprire (se mai ce ne fosse<br />

bisogno) storie di violazioni, soprusi<br />

nel mondo dell’informazione, e la dittatura<br />

<strong>dei</strong> pezzi pagati sempre meno o<br />

<strong>dei</strong> contratti a tempo determinato che<br />

diventano prassi in tutte le redazioni.<br />

Purtroppo i numeri non mentono: sono<br />

soltanto 12.500 i lavoratori dipendenti<br />

delle redazioni italiane(dalla stampa a<br />

Internet, dalla tv alla radio), a fronte di<br />

circa 30 mila lavoratori precari. I primi<br />

sono i dati ufficiali dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti,<br />

i secondi vengono da una stima<br />

sugli iscritti alla cosiddetta «gestione<br />

separata» dell’Inpgi (Inpgi 2), l’istituto<br />

di previdenza dove versano i contributi<br />

tutti i redattori parasubordinati e<br />

collaboratori in diverse forme.<br />

Gli iscitti alla cosiddetta «Inpgi 2» alla<br />

fine del 2005 sono risultati 21.171, ma<br />

tra questi la vera «fascia a rischio» è<br />

composta da 10 mila lavoratori che<br />

non raggiungono i 700 euro lordi di<br />

compenso al mese. Inoltre, i soli dati<br />

Inpgi non sono sufficienti a inquadrare<br />

il fenomeno: ci sarebbero infatti altre<br />

diverse migliaia di giornalisti che lavorano<br />

senza versare contributi di<br />

A chI rIvolGersI<br />

Il gruppo di lavoro dell’<strong>Ordine</strong><br />

nazionale è formato da<br />

Massimiliano Saggese<br />

(coordinatore, massimiliano@<br />

saggese.it, cell 339/71.75.304),<br />

Nicoletta Morabito (segretario),<br />

Pasquale Barranca, Filippo Poletti,<br />

Giuseppe Spatola, Fabrizio Di<br />

Benedetto.<br />

alcun tipo perché inquadrati come<br />

“collaboratori occasionali a regime di<br />

ritenuta d’acconto”. Per non parlare<br />

poi di quel mondo del lavoro nero e<br />

del pagamento a pezzo, ancora più<br />

sfruttato (se possibile) rispetto a chi<br />

ha almeno un contratto da cococo o<br />

cocopro. Bisogna infine aggiungere<br />

2500 disoccupati che aspettano in<br />

grazia una sostituzione o un contratto<br />

a termine per poter riscoprire di essere<br />

veri giornalisti professionisti.<br />

Come poter condividere, quindi, Barzini<br />

e il suo pensiero in un’epoca storica in<br />

cui il lavoro è diventato una chimera, in<br />

un mondo in cui i pubblicisti sono usati<br />

come professionisti e i disoccupati valgono<br />

quanto la frutta venduta sui banchi<br />

del mercato? Per questa ragione l’<strong>Ordine</strong><br />

Nazionale <strong>dei</strong> <strong>Giornalisti</strong> ha dato vita a un<br />

gruppo di lavoro sui precari. Uno studio<br />

che dovrà dare un volto, una forma e<br />

soprattutto una vera identità al “precario<br />

giornalista” per trovare soluzioni in grado<br />

di risolvere, o quanto meno attenuare, i<br />

malanni della professione. Il gruppo di<br />

lavoro, che ha scelto Milano (capitale<br />

indiscussa dell’editoria nazionale) e il<br />

suo ordine come sede, è composto da<br />

pubblicisti e professionisti. L’obiettivo?<br />

Fare luce sul sommerso e capire<br />

come si è costretti a lavorare da giornalisti<br />

(pubblicisti o professionisti non<br />

c’è differenza) non avendo garanzie né<br />

contratti regolari. Come dire che fare il<br />

giornalista è sempre meglio che lavorare…<br />

a cottimo e in nero.<br />

*Consigliere nazionale<br />

dell’<strong>Ordine</strong> <strong>dei</strong> giornalisti<br />

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